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1. In quello che sarebbe stato il suo ultimo anno di vita, il 1959, Billie Holiday incise poco. Pochissimo.

Appena dodici brani, tra il 3 e l11 marzo. Sebbene altre registrazioni siano emerse dopo la sua morte come quella del concerto allo Storyville Club di Boston, col suo trio (Mal Waldron, Roy Haynes e Champ Jones), trasmesso dallemittente radiofonica WMEX il lascito di Lady Day ammonta a quel pugno di canzoni, a quella minuscola silloge di respiri e aria, di sofferta e luminosa arte. Al suo fianco ancora Ray Ellis e la sua orchestra. Ancora lui, dopo quel dolorosissimo e stupefacente documento che Lady in Satin, opera definitiva e precaria, unica e screpolata, piena di magie e macerie. Tra i due, Ellis e Lady Day, correva unimpalpabile, e contrastante, sintonia. Lei ascoltava in continuazione Alice in Wonderland, che lui aveva arrangiato. Ellis, dopo non prima aver registrato Lady in Satin, inizi a capire quali fossero i meccanismi attraverso i quali Billie sceglieva i brani, e li faceva propri, anche se forse non era pi in grado di cantarli, perlomeno secondo il normale concetto di cantare. Da un lato, era evidente che, presentendo la fine, Lady Day si appoggiava a certe canzoni, e non altre, per raccontare la propria esistenza, la propria vita che sentiva scivolarle via dalle corde vocali; dallaltro, era cos disinteressata alla pulizia tecnica, ai problemi di esecuzione da non curarsene affatto: e non perch non potesse, dato che la voce, devastata da anni di abusi di ogni tipo si era trasformata in una specie di meraviglioso, e incontrollabile, rantolo, quanto piuttosto per una lenta trasformazione della sua pratica espressiva, incentrata sulla voce di dentro, sullimmagine aurale della propria interiorit. Cantante muscolare e virtuosistica, peraltro, Billie non lo fu mai. Ellis, invece, era arrangiatore perfezionista e scrupoloso, attento al dettaglio formale come al totale cromatico: si lasci sorprendere da Billie, durante i primi giorni di lavoro, ma listinto della techne fin con lavere il sopravvento, rendendogli

dolorosa lesperienza. Ragiovanano sugli scarti, come due abili giocatori di carte. Nella somma di due dolori, diversi e privati, lordine dei fattori ininfluente, cos come nellaritmetica dei sentimenti. E proprio a quella trattenutissima algebra del cuore Billie Holiday sembr far ricorso, incapace comera di stare in piedi, ma libera di librarsi sul filo della sua vita, per una volta potendo guardarla dallalto, aspettando che qualcosa, o qualcuno, la raggiungesse. 2. Quelle ultime registrazioni furono incise per la Verve, e, in ogni singola traccia di questo intricato tragitto, la sensazione che emerge con insopportabile chiarezza quella di unartista sempre a contatto con se stessa, sempre, in ogni momento, in grado di imprimere alle cose la giusta forza: era lei che sceglieva dove andare, non altri. Quando ci si avvicina al 1959, si fa pi forte, quasi densa e spessa, lidea che Billie sapesse che non le restavano pi molte canzoni da cantare. La dea, la bellissima, desiderata e sensuale, sirena capace di infiammare la platea con il luccicore di una gardenia tra i capelli, ora sola, incapace di guardare avanti. Prova a ragionare, a improntare una nuova strategia, ma tutto ci che le resta uno squallido appartamento e pochissimi amici. sola, ma non rassegnata. Alla fine di febbraio vola a Londra, per unapparizione televisiva. Al suo ritorno, prepara la registrazione, la seconda, con Ellis. Sarebbe stata lultima. 3. A New York marzo un tempo particolare. La primavera la si annusa tra i viali di Central Park, dalle facce stupite e stuporose che le vetrine riflettono quando la luce del giorno le illumina dribblando i grattacieli. Vien voglia di camminare, di vedere qualcuno. Lady Day, da un po, si

ritrovava in un bar, il Charlies, dalle parti della 52esima, con Lester Young. Se ne stavano al bancone, scambiandosi occhiate e ricordi, come due amanti silenziosi e complici. Lo sapevano, s che lo sapevano: non restava molto da improvvisare, erano le ultime battute di un turnaround che proprio non voleva saperne di durare ancora un po. Lady Day, almeno, aveva qualcosa cui pensare: il nuovo disco. Voleva che fosse diverso dagli altri, diverso come pu esserlo un canto del cigno. Forse chiese consiglio a Prez, forse si limit solo a guardarlo mentre lui le sorrideva. In fondo, un pezzo valeva laltro: bastava soltanto star bene in equilibrio sullo sgabello. E cantare come aveva sempre fatto. Quando entra al Metropolitan Studio, il tre marzo, Billie ha le idee chiare. Ha deciso con cura il repertorio, seguendo la sua antica norma: Quando canto una canzone deve significare qualcosa per me, qualcosa che ho dovuto vivere. Altrimenti non posso cantarla. Come fu per Lady in Satin, la scelta cade su brani che non ha mai inciso prima. Vorrei un disco come quelli di Frank Sinatra, aveva chiesto a Ray Ellis. Voleva che suonasse come i dischi di The Voice: quello scintillio degli archi, puri come il tintinnare di un gioiello, e i fiati tirati a lucido. Ci avrebbe pensato lei a rendere quelle canzoni diverse. E lattacco, All The Way, miracoloso. Billie prende il tema e lo piega a un sapere profondo e sconosciuto, appoggiandosi sugli archi e galleggiando sul ritornello, intonata e in pieno controllo dei glissati. La seduta continuer inanellando una piccola e preziosa ghirlanda di gemme: Its Not For Me To Say, Ill Never Smile Again (un vecchio successo di Sinatra, che Ellis le drappeggia addosso con labilit di un sarto parigino), Just One More Chance, dolorosamente leggiadra, con larpa e il glockenspiel a costruire la quinta di un sogno a occhi aperti. Non lavrebbe avuta unaltra possibilit, Lady Day.

E il giorno successivo, incapace di fantasticare, Billie perde smalto. E speranza. La voce pi scura, trafitta da microscopiche rughe. Lo sgabello, allimprovviso, diventato scomodo da morire. Fa fatica a tenersi in equilibrio, non riesce a poggiare sulle note, restringe il registro, il vibrato ogni tanto le sfugge. Eppure questa la voce pi bella che sia possibile ascoltare. When Its Sleepy Time Down South, Dont Worry About Me, Sometimes Im Happy, glaciale nel contrasto tra i fantasmi di Billie e la gioia contenuta dellarrangiamento, You Took Advantage Of Me, sussurrata con quel po di forza che le restava, rappresentano la testimonianza pi alta, e toccante, di un genio inimitabile. 4. In realt, Billie incise anche lundici marzo. Ma la grana della voce strana, diversa. Il sospetto, da pi parti avanzato, che il nastro su cui fu registrata Billie venne accelerato in fase di missaggio, per permettere alla precaria intonazione della cantante di adeguarsi allorchestra. Ellis ha sempre negato tale trattamento. Epper la sensazione disturbante, soprattutto nei primi due brani incisi: Therell Be Some Changes Made e Deed I Do. In All Of You e Baby Wont You Please Come Home, sebbene il timbro resti troppo stridente e civettuolo, si respira di nuovo Lady Day. E il suo respiro indimenticabile. 5. Quattro giorni dopo quella registrazione, Lester Young se ne and, lasciando vuoto il suo sgabello al Charlies. Durante il funerale la vedova di Prez non permise a Billie di cantare. 6. Dopo qualche buon ingaggio, in cui cant con grande energia, Billie Holiday fu ricoverata in ospedale il 30 maggio per un collasso. Il giorno dopo avrebbe dovuto esibirsi a Montreal. 7. Billie non lasci pi il Metropolitan Hospital fino al dieci luglio.

Proprio quel giorno il medico le permise di mangiare dolci, gelati e frutta. 8. Troppo tardi.

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