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I DIRITTI REALI CARATTERI E CATEGORIE DEI DIRITTI REALI

I diritti reali sono caratterizzati: a. Dall’immediatezza, il titolare esercita il potere sulla cosa senza
necessità della cooperazione di terzi. b. Dall’assolutezza, dal dovere di tutti i consociati dall’astenersi
dall’interferire nel rapporto tra il titolare del diritto reale e il bene che ne oggetto, e dalla possibilità di
agire in giudizio contro chiunque contesti e pregiudichi il suo diritto. c. Dall’inerenza, ossia dalla
opponibilità da parte del proprietario che può agire nei confronti di chiunque possieda il bene per
ottenerne la restituzione. La servitù di passaggio continua a gravare sul fondo anche quando la proprietà
di questi passi a terzi. Si è peraltro osservato che né l’immediatezza, né l’assolutezza, né l’inerenza
caratterizzerebbero sempre e solo i diritti reali. Si ritiene che i diritti reali costituiscano un numerus
clausus (che sia, cioè, precluso ai privati di creare diritti reali diversi da quelli espressamente disciplinati
dalla legge), siano connotati dal carattere della tipicità (che sia cioè di regola precluso all’autonomia dei
privati di modificare la disciplina legale dei singoli diritti reali). Nell’ambito dei diritti reali si è soliti
distinguere tra la proprietà e i diritti reali che gravano su beni di proprietà altrui e che sono destinati a
coesistere. I diritti reali in re aliena si distinguono in: Da non confondere con i diritti reali sono le
obbligazioni, che si caratterizzano per il fatto che la persona dell’obbligato viene individuata in base alla
titolarità di un diritto reale su un determinato bene (l’obbligo di sostenere le spese necessarie per la
conservazione della cosa comune grava su ciascun comproprietario)... Qui il resto del post Si dubita che
all’autonomia privata sia consentito creare obbligazioni reali atipiche, cioè diverse ed ulteriori rispetto a
quelle espressamente previste dalla legge. È di ostacolo anche il principio della relatività degli effetti del
contratto , infatti le obbligazioni reali sono potenzialmente destinate a gravare anche su terzi estranei al
contratto stesso. Da non confondere con l’obbligazione reale è l’onere reale, in forza del quale il
creditore per il pagamento di somme da prestarsi periodicamente in relazione ad un determinato bene
immobile, può soddisfarsi sul bene stesso, chiunque ne diventi proprietario o acquisti diritti reali di
godimento o di garanzia. L’unica ipotesi di onere reale è costituita dai contributi consortili.
I DIRITTI REALI DI GODIMENTO
I diritti reali su cosa altrui non costituiscono una parte o una frazione del diritto di proprietà, ma una
limitazione del medesimo. Diritti reali di godimento, usufrutto, abitazione, servitù prediali.
Attribuiscono al titolare il diritto di trarre dal bene talune delle utilità che lo stesso è in grado di fornire.
Diritti reali di garanzia, pegno ed ipoteca. Attribuiscono al titolare i diritto di farsi assegnare, con
prelazione rispetto agli altri creditori, il ricavato della eventuale alienazione forzata del bene. Si
distinguono i diritti reali di godimento e diritti reali di garanzia. I diritti reali di godimento comprimono
il potere di godimento che spetta al proprietario. Essi sono: superficie, enfiteusi, usufrutto, uso,
abitazione, servitù prediale.
LA SUPERFICIE
Attraverso il diritto di superficie il proprietario può derogare ad altri mediante atto scritto, il diritto
alternativo di: A. Costruire al di sopra del suolo altrui un’opera di cui il superficiario, quando l’abbia
realizzata acquista la proprietà, di conseguenza è un diritto su cosa altrui e se, il beneficiario non
costruisce entro 20 anni, ne perde il diritto. B. Mantenere una costruzione già esistente di cui il
superficiario acquista la proprietà separatamente dalla proprietà del suolo, quindi non è concepibile
l’estinzione per non uso. L’estinzione della superficie per decorso del termine, o per altra ragione, dà
luogo all’acquisto della proprietà della struttura al proprietario del suolo. Il superficiario può godere e
disporre della cosa pienamente,ma se al tempo era stato posto un termine a tale diritto, questo si
estingue alla scadenza. I diritti reali costituiti sul suolo, si estendono anche sulla costruzione, a tale
principio si fa eccezione nei casi di costituzione di ipoteche sul suolo, che non si estendono anche alla
costruzione. Salva diversa pattuizione, il perimento della struttura non estingue il diritto di superficie,
perciò il superficiario può ricostruire in base al diritto di superficie concessogli. Una analoga
separazione si può stabilire per il sottosuolo, ma non per le piantagioni.
L’ENFITEUSI
L’enfiteusi attribuisce all’enfiteuta lo stesso potere di godimento che spetta al proprietario, salvo
l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al proprietario stesso un canone periodico in denaro o in
prodotti naturali, che non può superare i limiti fissati da leggi speciali. Egli può anche mutare la
destinazione del fondo, purché non lo deteriori. È tuttavia valido il patto che vieta le innovazioni.
All’enfiteuta => dominio utile Al proprietario => dominio diretto, che si riduce al diritto al canone. Il
diritto dell’enfiteuta si estingue per non uso. L’enfiteusi può essere perpetua o a tempo, ma non può mai
avere durata inferiore di 20 anni. L’enfiteusi può essere costituita mediante contratto o testamento, o
mediante usucapione. Se costituita mediante contratto, questo può essere costituito anche in modo
diverso dalla legge, ma non derogare alcune norme specificamente indicate dalla disposizione stessa.
AFFRANCAZIONE E DEVOLUZIONE
Attraverso il diritto di affrancazione concesso all’enfiteuta, egli può acquistare la proprietà del fondo
pagando una somma pari a 15 volte il canone annuo. Tale diritto è un diritto potestativo, quindi se il
proprietario si rifiuta, l’enfiteuta può rivolgersi al giudice per una sentenza che pronuncia
l’affrancazione. Un potere inverso spetta al concedente: il diritto alla devoluzione, attraverso il quale,
egli riacquista l’estensione del suo diritto di proprietà. Mentre l’affrancazione non è subordinata ad
alcun presupposto, la devoluzione richiede l’inadempienza dell’enfiteuta per una delle seguenti ragioni:
A. Per violazione dell’obbligo di non deteriorare il fondo o di migliorarlo
B. Per la mora nel pagamento di 2 annualità del canone L’azione di devoluzione si basa sul difetto
funzionale della causa del negozio di costituzione dell’enfiteusi. Essa è concessa anche se l’enfiteusi sia
stata costituita con testamento o usucapione. Fra domanda di affrancazione e di devoluzione, la prima
prevale. Inoltre la domanda di devoluzione non preclude in alcun caso all’enfiteuta il diritto di
affrancazione.
ESTINZIONE
L’estinzione dell’enfiteusi si verifica per:
A. Il decorso del termine, se l’enfiteusi è temporanea
B. Il perimento del fondo
C. Effetto dell’affrancazione
D. In conseguenza alla devoluzione
E. Prescrizione estintiva (non uso del diritto per 20 anni) La legge accorda all’enfiteuta il diritto al
rimborso da parte del concedente, dell’aumento di valore conseguito dal fondo nei casi di devoluzione.
Miglioramenti del fondo => aumentano il reddito senza assumere il carattere di opere aventi propria
individualità. Addizioni del fondo => opere sul fondo aventi individualità. Spetta in caso di addizioni lo
ius tollendi all’enfiteuta, se questo non arreca danno al fondo,se le addizioni costituiscono dei
miglioramenti per il fondo l’enfiteuta ha diritto a compenso. Per garantirgli la riscossione, la legge
concede all’enfiteuta il diritto di ritenzione, cioè rimanere in possesso del fondo finché non sia
soddisfatto del suo credito.
L’USUFRUTTO, L’USO E L’ABITAZIONE
L’usufrutto consiste nel diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo di rispettarne la destinazione
economica. L’usufruttuario può trarre dalla cosa tutte le utilità che ne può trarre il proprietario, ma se ha
per oggetto un’area, egli non può costruirvi. L’usufrutto ha necessariamente una durata temporanea. Se
nulla è detto nel titolo di costituzione, la durata s’intende a vita dell’usufruttuario e in ogni caso la morte
di quest’ultimo ne determina l’estinzione. Tale durata non può essere superiore a 30 anni se è favorito a
favore di una persona giuridica.
IL QUASI USUFRUTTO
Qualsiasi bene può essere oggetto di usufrutto, ma se si tratta di beni consumabili è noto che essi
debbono perdere la loro individualità (denaro, cibo), in quanto l’usufrutto richiede che il bene venga
restituito secondo la sua destinazione economica, nella sua identità ed integrità. Il diritto che quindi
nasce rispetto a beni consumabili viene qualificato come quasi usufrutto. La proprietà di tali beni passa
all’usufruttuario salvo l’obbligo di restituire una stessa quantità di beni appartenente allo stesso genere.
Per quanto riguarda i beni deteriorabili, che possono essere oggetto di varie utilizzazioni che ne
diminuiscono il valore del bene, ma non lo distruggono (vestito), essi ricadono nell’usufrutto secondo
l’uso al quale sono destinati, se si tratta dunque di abiti di gala, non possono essere indossati ogni
giorno. Alla fine dell’usufrutto, l’usufruttuario è tenuto a restituirli nello stato in cui si trovano.
MODI DI ACQUISTO DELL’USUFRUTTO
Modi di acquisto dell’usufrutto possono essere: A. Usufrutto legale dei genitori sui beni del figlio B. La
volontà dell’uomo manifestata tramite contratto o testamento C. Usucapione D. Provvedimento del
giudice, che può costituire a favore di uno dei coniugi, l’usufrutto su parte dei beni spettanti all’altro a
seguito della divisione dei cespiti. In relazione all’usufrutto volontario, la costituzione avente ad oggetto
beni immobili, deve farsi per iscritto e sono soggetti a trascrizione. È inoltre soggetta a trascrizione
l’accettazione dell’eredità e l’acquisto del legato, che importino l’acquisto dell’usufrutto su detti beni.
Dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, l’importanza dell’istituto appare oggi di gran lunga
ridimensionata, poiché tutti i residui modi di acquisto dell’usufrutto sono nella pratica piuttosto rari.
DIRITTI DELL’USUFRUTTUARIO
I diritti dell’usufruttuario sono: A. Possesso della cosa, l’usufruttuario non può conseguire il possesso se
non ha fatto l’inventario e dato garanzia. Se tale possesso è già esercitato da altri, egli attraverso l’actio
confessoria o vindicatio ususfrutctus può richiedere l’accertamento dell’esistenza del diritto ed ottenerne
la condanna del terzo al rilascio del possesso. B. Frutti naturali o civili della cosa, la proprietà dei frutti
naturali si acquista con la separazione, i frutti civili si acquistano giorno per giorno in relazione della
durata del diritto. All’usufruttuario spettano i frutti naturali separati durante l’usufrutto e i frutti civili
maturati giorno per giorno fino al termine dell’usufrutto. Tuttavia in relazione ai frutti naturali prodotti
da un fondo rustico, la ripartizione tra proprietario ed usufruttuario ha luogo, in proporzione della durata
del rispettivo diritto nell’anno agrario. Secondo lo stesso criterio della ripartizione dei frutti si
ripartiscono anche le spese necessarie per la loro produzione. C. Potere di disporre, l’usufruttuario può
cedere ad altri il suo diritto, contro un corrispettivo o mediante donazione, inoltre può concedere ipoteca
sull’usufrutto stesso. S’intende che la cessione non può danneggiare il nudo proprietario, l’usufruttuario
si estinguerà al termine o con la morte non dell’acquirente, bensì del primo usufruttuario. Egli può
anche dare in locazione le cose che formano oggetto del suo diritto e concederle in godimento a terzi
(comodato). Le locazioni concesse dall’usufruttuario, dovrebbero di regola, estinguersi alla sua morte,
ma il legislatore ha concesso che tali locazioni in corso possano proseguire per la durata stabilita, a
condizione che la locazione e la durata risultino da atto pubblico o da scrittura privata con data certa, e
non oltre 15 anni dalla cessazione dell’usufrutto. Se l’usufrutto si estingue per effetto del termine
fissato, termine di cui il locatario era a conoscenza, la locazione non può protrarsi oltre l’anno in corso.
OBBLIGHI DELL’USUFRUTTUARIO
Gli obblighi dell’usufruttuario si ricollegano al dovere di restituire la cosa al termine del suo diritto, o il
valore se si tratta di quasi usufrutto. Egli è tenuto: A. Ad usare la diligenza del buon padre di famiglia
nel godimento della cosa B. A non modificare la destinazione della res C. A fare, salvo dispensa,
l’inventario e prestare garanzia, a presidio dell’osservanza degli obblighi di conservazione e restituzione
dei beni. L’usufruttuario è inoltre tenuto alle spese, agi oneri relativi alla custodia della cosa,
all’amministrazione, alla manutenzione ordinaria, alle imposte, ai canoni, alle rendite fondiarie e agli
altri pesi che gravano sul reddito. Sono a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie, che
superano i limiti della conservazione della cosa e delle sue utilità per la durata della vita umana.
ESTINZIONE DELL’USUFRUTTO
L’estinzione si verifica: 1. perla scadenza del termine o per la morte dell’usufruttuario 2. per la
prescrizione estintiva ventennale 3. per la consolidazione, ossia riunione dell’usufrutto e della nuda
proprietà nella stessa persona 4. per il totale perimento della cosa 5. per l’abuso che faccia
l’usufruttuario del suo diritto La consolidazione può anche essere l’effetto della rinuncia
dell’usufruttuario, che benché avvantaggi il proprietario opera automaticamente e quindi pur dovendo
essere fatta per iscritto se riguarda beni immobili, non occorre la forma dell’atto pubblico. La legge non
ha vietato all’usufruttuario di apporre miglioramenti, ma a differenza dell’enfiteusi, ha limitato il credito
dell’usufruttuario, alla minore somma tra la spesa e l’aumento di valore della cosa per effetto del
miglioramento. Per le addizioni l’usufruttuario ha lo ius tollendi qualora l’esercizio non arrechi danno
alla cosa, tranne che il proprietario non preferisca ritenere le addizioni, nel qual caso egli deve la minor
somma tra lo speso ed il miglioramento.
USO ED ABITAZIONE
L’uso e l’abitazione sono tipi limitati di usufrutto: A. l’uso consiste nel diritto di servirsi di un bene, se è
fruttifero di raccoglierne i frutti limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia. B. L’abitazione
consiste nel diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia. Questi
due diritti si distinguono dall’usufrutto sotto l’aspetto quantitativo: l’usuario ha le stesse facoltà
dell’usufruttuario ma solo entro il limite indicato. I diritti d’uso ed abitazione, a differenza
dell’usufrutto, non si possono dare in locazione né cedere. Essi si estinguono con la morte del titolare ,
pertanto non possono formare oggetto di disposizione testamentaria.
LE SERVITU’
Servitù prediale => è i8l peso imposto ad un fondo servente, per l’utilità di un altro fondo dominante,
appartenente a proprietari diversi. Il fondo dominante si avvantaggia della limitazione gravante sul
fondo servente. La servitù può consistere anche nella maggiore comodità del fondo, ad es. la servitù può
consistere nella limitazione di impe4dire al fondo servente la possibilità di costruire, al fine di non
impedire al fondo dominante una vista panoramica. Se il fondo è destinato all’industria si possono
costituire delle servitù che incrementino la industria stessa => servitù industriali. L’utilità può anche
essere rivolta ad un edificio da acquisire o da costruire, in questo caso, il diritto reale non può nascere se
non quando l’edificio sia stato costruito, prima di allora si avrà un rapporto obbligatorio soggetto a
estinzione decennale. Non fanno parte delle servitù prediali, quelle servitù a favore di una persona =>
servitù irregolari. Tali non sono ammesse dalla legge, onde evitare di appesantire ulteriormente il diritto
di proprietà. Nulla vieta al proprietario di concedere liberamente il passaggio o l’esercizio della caccia,
ad altri sul proprio fondo, ma in tal caso da vita ad un rapporto obbligatorio e non ad un diritto reale. I
principi fondamentali in materia di servitù sono: 1. servitus in facendo consistere nequit: la servitù può
imporre al proprietario del fondo un dovere negativo di non facere, o di sopportare, perciò le spese per
le opere necessarie al fondo servente di regola sono a carico del proprietario del fondo dominante. 2.
nemini res sua servit: presuppone che i fondi appartengano a proprietari diversi. È concessa la
possibilità di servitù nei casi in cui il proprietario di uno dei fondi è semplicemente comproprietario
dell’altro fondo. 3. praedia vicina esse debent: i fondi devono trovarsi ad una vicinanza tale da
permettere l’esercizio della servitù e quindi la sua utilità. La servitù di passaggio può essere costituita
anche quanto tra i due fondi vi sia un fondo intermedio, i cui proprietari abbiano dato consenso al
passaggio. Nel caso in cui il proprietario del fondo servente è tenuto ad una prestazione positiva
(facere), si hanno due rapporti distinti: A. il rapporto reale di servitù B. un rapporto obbligatorio
congiunto ed accessorio a quello reale Questi obblighi positivi (riparare la presa d’acqua), servono
soltanto a rendere possibile l’esercizio della servitù. La successiva onerosità di queste prestazioni,
rimane un fenomeno indifferente agli effetti del contratto. Le servitù si distinguono in: • apparenti e non
apparenti • affermative e negative continue discontinue
COSTITUZIONE
La costituzione può avvenire in due modi: A. per imposizione della legge => servitù coattive B. per
volontà dell’uomo (contratto testamento) => servitù volontarie La costituzione può avere luogo anche
per effetto della usucapione e della destinazione del padre di famiglia.
LE SERVITU’ COATTIVE O LEGALI
In vista di un fondo privo di un accesso alla via pubblica, la legge si preoccupa di attribuire un diritto
potestativo per ottenere una servitù sul fondo altrui. Il proprietario del fondo servente ha il diritto ad una
indennità. La legge mi attribuisce il diritto di ottenere una servitù, ma affinché questa sia costituita
occorre o un contratto se l’altro proprietario acconsente alla servitù spontaneamente, o una sentenza da
parte del giudice che faccia nascere la servitù determinandone l’indennità. Finché l’indennità non viene
pagata il proprietario del fondo servente può opporsi all’esercizio della servitù. Solo per alcune ipotesi
specifiche, la legge prevede che la servitù possa nascere in forza di un atto amministrativo da parte della
P.A. Il venir meno delle condizioni che avevano determinato la costituzione della servitù, ne giustifica la
richiesta di estinzione. I limiti legali sono stabiliti per contemperare le esigenze delle proprietà vicine,
pertanto è prevista una reciprocità del sacrificio o della limitazione imposta dalla legge. Con la servitù
legale il legislatore impone il peso della servitù, e quindi, qui non vi è nessuna reciprocità. Mentre
rispetto ai limiti legali, la reciprocità giustifica il motivo per cui non è previsto nessun compenso. I
limiti legali sono costituiti nell’interesse del privato, è permesso derogare alle disposizioni legislative
che regolano i limiti stessi, costituendo per atto scritto, servitù che consentano al vicino ciò che
altrimenti gli sarebbe vietato. Una servitù del genere può costituirsi anche in forza dell’usucapione, se
ricorrono le condizioni richieste. Ad es. se ho tollerato per 20 anni che il vicino piantasse alberi a una
distanza inferiore da quella prescritta, potrò impedirgli di piantarne dei nuovi, ma non potrò imporgli di
abbattere quelli che egli ha piantato per 20 anni. Le figure più importanti di servitù sono: A. acquedotto
coattivo => il proprietario è tenuto a consentire il passaggio delle acque e di linee teleferiche sia che
servano ai bisogni della vita, sia che servano ad usi agrari o industriali. Anche quando l’acqua non è
necessaria ma utile. Occorre inoltre che chi intende avvalersi della servitù non abbia modo di far passare
l’acqua altrimenti senza eccessivo dispendio e disagio. Ogni proprietario è tenuto a far passare per i suoi
fondi le condutture elettriche. B. Passaggio coattivo => nel caso in cui il proprietario non può procurarsi
un accesso alla via pubblica, o una uscita senza un eccessivo dispendio o disagio. Di conseguenza
nemmeno il fatto che il fondo abbia già un accesso alla via pubblica è di intralcio alla costituzione della
servitù nelle due ipotesi: a. Via sia bisogno di ampliare l’accesso esistente per il transito dei veicoli
anche a trazione meccanica. La legge mira ad assicurare il godimento del bene nel modo più ampio. b. Il
passaggio esistente sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non possa essere ampliato. Purché
tale esigenza sia legata alle esigenze della agricoltura e dell’industria, ovvero ad esigenze da parte di
portatori di handicap. Il sacrificio che s’impone al fondo servente deve essere in tutti i casi il minore
possibile. La via breve deve essere preferita in quanto sia anche la meno dannosa, ma se essa arrecasse
un danno maggiore, al criterio della brevità deve sostituirsi quello del minor danno. Con la cessazione
della interclusione cessa anche la servitù.
LE SERVITU’ VOLONTARIE
Quando un fondo non si trova nella situazione utile ad acquistare una servitù in forza di legge, il
proprietario può stipulare un contratto con il proprietario del fondo servente che gli consenta di
costituire una servitù volontaria. Tale contratto deve essere stipulato per iscritto ed è soggetto a
trascrizione. La servitù può essere imposta anche per testamento. L’accettazione di eredità che comporti
l’acquisto di una servitù, è anch’essa soggetta a trascrizione. Inoltre si possono costituire servitù
mediante usucapione o destinazione del padre di famiglia. In questi due ultimi modi possono costituirsi
anche le servitù apparenti, per le servitù non apparenti occorre necessariamente un contratto o un
testamento. Servitù apparenti => all’esercizio di queste servitù sono destinate delle opere visibili e
permanenti, che rendono palese l’esistenza di un peso, cioè che rendono manifesta la soggezione alla
servitù. Destinazione del padre di famiglia => quando una parte di un fondo necessita di trarre
utilizzazione dall’altra parte del fondo stesso, se tale fondo viene suddiviso dal padre a due persone
diverse e quindi due nuovi proprietari, si intende automaticamente costituita una servitù a favore della
parte che necessita trarre utilità dall’altra servente. Occorre semplicemente che nell’atto che provoca la
divisione dei due fondi, non vi sia inserita una dichiarazione contraria che escluderebbe la nascita della
servitù.
ESERCIZIO DELLA SERVITU’
L’esercizio della servitù è regolato dal titolo (contratto testamento sentenza), se manca il titolo dalla
legge. La legge stabilisce che si ricomprende nel diritto di servitù tutte quelle facoltà accessorie utili
all’esercizio stesso della servitù. Modo => è la modalità in cui l’esercizio della servitù deve svolgersi. È
discussa l’ipotesi che possa usucapirsi anche il modo. Se la servitù non apparente, non potendosi
usucapire la servitù non si può usucapire neanche il modo. Ma se la servitù è apparente, non si può
usucapire un modo diverso se questo è già determinato nel titolo, se il modo non è determinato nel titolo
allora è ammissibile l’usucapione. Le servitù devono essere esercitate civiliter, cioè con il minor
aggravio possibile del fondo servente. Le spese necessarie per la conservazione della servitù, sono a
carico del proprietario del fondo dominante. Peraltro è consentito alle parti disporre diversamente
creando una obbligazione propter rem. Il proprietario del fondo servente sul quale grana tale
obbligazione, può liberarsene rinunziando alla proprietà del fondo in favore del proprietario del fondo
dominante. In questo caso venendo meno la causa per cui egli è obbligato, si estingue anche
l’obbligazione.
ESTINZIONE DELLA SERVITU’
Le servitù si estinguono: a. Per la rinuncia da parte del titolare fatta per iscritto: se essa a contro un
corrispettivo, occorre un contratto; se essa avviene per libera decisione del titolare basta un atto
unilaterale. b. Per scadenza del termine se la servitù è a tempo. c. Per confusione, quando il proprietario
del fondo dominante acquista la proprietà del fondo servente e viceversa. d. Per prescrizione estintiva
ventennale (non uso). Servitù affermative => attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere
di facere un’attività nel fondo servente, a tale potere corrisponde un pati del fondo servente. Servitù
negative => attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere di vietare qualche cosa al
proprietario del fondo servente, il quale è tenuto a non facere. Il proprietario del fondo dominante nella
deve fare se non vigilare affinché l’altro non violi il suo divieto. In caso di violazione, tocca al
proprietario del fondo dominante chiamare in giudizio l’altro, se questo non esercita tale diritto per 20
anni, l’inerzia conduce all’estinzione del diritto stesso. La servitù non si estingue per intero, ma solo per
le opere per cui non vi è stata reazione. Le servitù affermative Continue Discontinue L’attività
dell’uomo è antecedente Il fatto dell’uomo deve essere all’esercizio della servitù. Ad es. concomitante
all’esercizio della l’acqua scorre da sé all’interno di servitù. Esercito la mia servitù di una conduttura già
realizzata dal passaggio quando passo sul uomo. fondo altrui. Se la servitù è continua il proprietario La
prescrizione comincia a non deve far nulla per ritrarre dalla decorrere dall’ultimo atto di servitù l’utilità
voluta. esercizio (l’ultima volta che sono La prescrizione comincia a decorrere passato dal fondo).
quando si è verificato un fatto contrario all’esercizio della servitù. (rottura del acquedotto). La
cessazione di fatto di usare della servitù (crolla l’edificio da cui esercitavo la servitù di veduta) e
cessazione dell’utilità (si inaridisce la sorgente da cui attingevo acqua), non fanno estinguere la servitù,
purché lo stato dei luoghi può nuovamente mutare e la servitù risorgere. Si ha in questo caso
sospensione o quiescenza della servitù: l’estinzione non si verifica se non quando è decorso il termine
per la prescrizione. La servitù si conserva per intero, per non uso può estinguersi il diritto, non il modo
che non ha valore autonomo.
TUTELA DELLA SERVITU’
Azione confessoria => chi afferma essere titolare chiede una pronuncia giudiziale di accertamento del
diritto di servitù, nel caso in cui vi siano impedimenti, anche una pronuncia di condanna alla loro
cessazione ed alla rimessione delle cose in pristino, oltre che la risarcimento del danno. Legittimato
attivamente => colui che si afferma titolare della servitù. Legittimato passivamente => il soggetto che
avendo un rapporto attuale con il fondo servente, contesta l’esercizio della servitù. L’attore deve fornire
prova della servitù. L’azione confessoria ha carattere petitorio e il suo accoglimento presuppone
l’accertamento del diritto alla servitù. A tutela dello stato di fato della servitù, possono esperirsi le azioni
possessorie di reintegrazione e di manutenzione.
IL POSSESSO LE SITUAZIONI POSSESSORIE
Può aversi la situazione di colui che pur non avendo un diritto, tuttavia si comporta come se lo avesse e
ne esercita il contenuto. Tale esercizio di fatto sulle cose dà luogo alle situazioni possessorie. Tra le
situazioni possessorie occorre distinguere la detenzione che è il vero e proprio possesso (corporee t
animo) e il possesso mediato (solo animo). La detenzione consiste nell’avere la disponibilità di fatto di
una cosa, ossia di utilizzarla (corpus), pur riconoscendo che essa è di altri, cui si deve render conto
dell’uso del bene. Se colui che ha di fatto il possesso della cosa (corpore) ha anche l’animus possidendi,
cioè l’intenzione di esercitare su di essa i poteri di un diritto reale di godimento, si ha il possesso pieno.
Possesso mediato solo animo, il soggetto pur non avendo la materiale disponibilità del bene nutre
l’animus possidendi esercitando la signoria del bene per mezzo di un’altra persona, che ha la detenzione
della cosa. Ad es. Il caso della locazione. Il codice limita la figura del possesso ai poteri corrispondenti
ai diritti reali. Oggetto del possesso sono i beni materiali, tranne quelli dominicali che non possono
formare oggetto di relazioni giuridiche private.
RAGIONI DELLA TUTELA DEL POSSESSO
Le ragioni per cui l’ordinamento tutela il possesso sono: • Tutelando la situazione possessoria, la legge
assicura allo stesso proprietario, che di solito è anche colui che esercita i poteri connessi alla proprietà,
una difesa rapida ed efficace. • Impedendo che si arrechi violenza o molestia al possessore, si conserva
la pace tra i consociati, quindi nessuno può farsi giustizia da sé togliendo la cosa all’altro. La legge
assicura al possessore o detentore una protezione che ha carattere provvisorio, perché è destinata a
cadere qualora risulta la mancanza del diritto. Vi sono altri vantaggi attribuiti al possessore come la
possibilità di acquistare il bene per usucapione, la posizione di convenuto nell’azione di rivendica, per la
quale l’attore deve fornire l’onere della prova, non essendo sufficiente la dimostrazione che il convenuto
non ha diritto al possesso. Nello ius possessionis: l’insieme dei vantaggi che il possesso di per sé genera
a favore del possessore, è soprattutto il diritto alla tutela possessoria. Nello ius possidendi: consiste nel
diritto di chi abbia effettivamente titolo a possedere la sua cosa. Il possesso non è un diritto bensì una
situazione di fatto produttiva di effetti giuridici.
L’ACQUISTO E LA PERDITA DEL POSSESSO
L’acquisto del possesso avviene: 1. in modo originario: con l’apprensione della cosa e il conseguente
godimento. Non si ha l’acquisto, se questo si verifica per mera tolleranza altrui, chi potrebbe impedire
l’acquisto del corpus se ne astiene per spirito di amicizia, gentilezza cordialità buon vicinato ecc. non
può dare luogo all’acquisto del possesso l’astensione del proprietario ad una facoltà che rientra nel suo
diritto di proprietà (atto facoltativo). 2. in modo derivativo: con la consegna, delle chiavi per gli
immobili. Vi sono figure di traditio ficta il cui bene rimane nelle mani della stessa persona, ma muta
l’elemento psicologico dell’animus. Traditio brevi chi era detentore diveniva possessore. Il costituto
possessorio con il quale il possessore cessa di possedere per sé e comincia a possedere per altri.
Compossesso: il possesso acquistato da più persone. La perdita del possesso si verifica per il venir meno
di uno o di entrambi gli elementi del corpus e animo. Per la perdita del corpus occorre la sua stabile
irreperibilità o irrecuperabilità. Il possesso degli animali selvatici si perde allorché essi riacquistino la
loro naturale libertà, quello degli animali mansuefatti allorché essi perdano la consuetudo reverendi. Per
quanto riguarda gli immobili la dottrina ritiene che il possesso può conservarsi anche il forza della sola
persistenza dell’animus nonostante si sia perduta la disponibilità fisica, ma limitatamente al tempo entro
cui si può esercitare l’azione di spoglio.
RAPPORTO TRA DETENZIONE E POSSESSO
L’art. 1141 stabilisce cha basta fornire la prova della detenzione e spetterà a chi nega il possesso
dimostrare che chi detiene la cosa l’ha ricevuta per un titolo che esclude l’animus sibi habendi ( ad es è
stato immesso nel fondo in qualità di affittuario). Presunzione di possesso intermedio => basta che il
possessore dimostri di possedere ora e di aver posseduto in un tempo più remoto, ciò basta a far
presumere che abbia posseduto anche nel periodo intermedio. Spetta a chi sostiene il contrario
dimostrare che tale possesso fu interrotto. Invece il possesso attuale non fa presumere il possesso
anteriore. Poiché per lo più il l’acquisto della proprietà produce l’acquisto anche del possesso, è
ragionevole presumere che il possesso abbia avuto inizio dalla data del titolo. Il mutamento della
detenzione in possesso può avvenire solo per una delle seguenti ragioni: 1. causa proveniente da un
terzo: il quale affermi di essere proprietario o titolare di un diritto reale e trasferisca il diritto al
detentore. 2. opposizione del detentore: l’atto con cui il detentore rende noto al possessore, mediante
atto giudiziale o stragiudiziale, sia anche mediante atti univoci, l’intenzione di continuare a tenere la
cosa non più come detentore, ma per conto e in nome proprio. Il potere esercitato può corrispondere a
quello che esercita un proprietario un usufruttuario o ancora il titolare di un’enfiteusi.
LE QUALIFICAZIONI DEL POSSESSO
Occorre distinguere a seconda che il possessore abbia o meno anche lo ius possidendi (cioè sia o meno
anche proprietario della cosa), nel primo caso si parlerà di possesso legittimo, nel secondo caso di
possesso illegittimo. La figura generale del possesso del non proprietario si articola in possesso in buona
fede, possesso in mala fede, possesso vizioso, ossia viziato da violenza o clandestinità.
POSSESSO IN BUONA FEDE
Possesso in buona fede => colui che ha acquistato la materiale disponibilità del bene, ignorando di
ledere l’altrui diritto, sempre che la sua ignoranza non dipenda da colpa grave. In materia di possesso la
buona fede si presume, chi intende contestarla ha l’onere di provare la mala fede. Non occorre che la
buona fede perduri per tutta la durata del diritto, è sufficiente che vi sia al momento dell’acquisto.
LA SUCCESSIONE NEL POSSESSO E L’ACCENSIONE DEL POSSESSO
Alla morte del possessore, il possesso continua in capo al suo successore a titolo universale, con
medesime caratteri (buona o mala fede o viziosità) che aveva rispetto al defunto => successione del
possesso, ciò avviene anche in mancanza di una apprensione materiale, in quanto ne ignora
l’appartenenza all’eredità. L’erede subentra nella stessa posizione in cui si trovava il defunto.
Accensione del possesso => è applicabile solo a chi acquista il possesso a titolo particolare,
(compratore, legatario, ecc) e purché acquisti egli stesso il possesso. L’acquirente a titolo particolare
acquista un possesso nuovo diverso da quello del suo dante causa. Il successore a titolo particolare può:
sommare al periodo in cui egli ha posseduto anche i periodi in cui hanno posseduto i suoi dante causa,
tale somma può risultare utile a fini dell’usucapione, dell’azione di rivendicazione, dell’azione di
manutenzione, ossia ogni volta che assuma rilievo la durata del possesso.
EFFETTI DEL POSSESSO L’ACQUISTO DEI FRUTTI E IL RIMBORSO DELLE SPESE
Il proprietario può agire con l’azione di revindica per far ottenere la restituzione della cosa posseduta da
altri. In tal caso il possessore in buona fede non è tenuto a restituire i frutti che abbia percepito. Per
determinare il momento in cui il diritto del possessore in buona fede sui frutti cessa, bisogna tener
presente che la sentenza retroagisce al momento della domanda. Perciò i frutti percepiti durante la lite
spettano al proprietario (effetti anticipati del giudicato). Il possessore risponde non solo dei frutti
percepiti durante la lite, ma anche di quelli che avrebbe potuto percepire utilizzando la diligenza media.
Il possessore di mala fede deve restituire la cosa con tutti i frutti sa partire dal momento in cui ha avuto
inizio il possesso, salvo quelli per i quali sia già maturata la prescrizione. Le spese si distinguono in
necessarie, utili e voluttuarie. Spese necessarie => servono per la produzione dei frutti. Il possessore
tenuto alla restituzione dei frutti ha diritto al rimborso delle spese. Le altre spese necessarie si
distinguono in ordinarie e straordinarie. Spese utili => che hanno aumentato il valore della cosa e quindi
da considerarsi dei miglioramenti, il rimborso è dovuto purché sussistano al tempo della restituzione, sia
al possessore in buona che mala fede. Tuttavia per quanto concerne l’importo del rimborso per il
possesso in buona fede l’indennità deve corrispondere alla misura dell’aumento di valore per effetto dei
miglioramenti, al possessore in mala fede nella minor somma tra lo speso e il migliorato. Per le
addizioni si applicano le regole applicate in materia di accensione. Al possessore in buona fede è
riconosciuto il diritto di ritenzione, la facoltà di non restituire finché non gli sia corrisposta l’indennità
dovutagli. Le spese voluttuarie non sono rimborsabili.
L’ACQUISTO DELLA PROPRIETA’ IN FORZA DELLA REGOLA POSSESSO VALE TITOLO
Ricollegabile alla tutela del possesso è l’acquisto di una cosa mobile, in forza di un titolo d’acquisto
proveniente a non domino (cioè da chi non sia proprietario del bene alienato). In tal caso l’acquirente
non ne dovrebbe acquistare la proprietà restando soggetto al rischio di restituzione al vero proprietario.
Ma eccezionalmente il legislatore tutela le alienazioni compiute a non domino, ovviamente a talune
condizioni: 1. che l’acquirente abbia stipulato un valido atto di acquisto, cioè che possa vantare un titolo
idoneo al trasferimento della proprietà. 2. che l’acquirente abbia pure già acquistato il possesso del bene
(possesso vale titolo), il legislatore tutela solo se vi sia già stata traditio, altrimenti tutela il precedente
dominus. 3. che l’acquirente sia in buona fede, ossia ignori che l’alienante non aveva diritto di disporre
della cosa, purché tale ignoranza non derivi da sua colpa. La proprietà sia acquista quindi, libera da
diritti altrui sulla cosa (se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede dell’acquirente. La buona
fede è esclusa se l’acquirente conosce l’illegittima provenienza della cosa e ciò anche quando ritenga
erroneamente che colui da cui ha acquistato sia divenuto proprietario in forza dell’usucapione e ciò non
risponde al vero.
LA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO TRA ACQUIRENTI DI COSE MOBILI
Nei contratti avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o il trasferimento
di un diritto reale, tale trasferimento si verifica con il semplice consenso manifestato dei contraenti. Non
occorre la consegna della cosa, basta l’accordo a produrre il trasferimento. Spese straordinarie: superano
il limite della conservazione della cosa e delle sue utilità, devono essere rimborsate sia al possessore in
buone che in mala fede. Spese ordinarie: servono per la ripartizione ordinaria, e sono rimborsabili
quando il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, altrimenti il rimborso non è dovuto. Se
l’alienante aliena la cosa a più persone si considera proprietario colui che ne ha stipulato il contratto di
vendita per primo. Ma se colui che pur avendo stipulato il contratto successivamente, detiene
materialmente la cosa, in questo caso il possesso vale titolo. Egli ne diverrà proprietario, e l’altro
acquirente potrà richiedere il risarcimento all’alienante. Quindi un bene mobile alienato a più persone,
ne diviene proprietario colui che in buona fede ne ha acquistato per prima il possesso, anche se il suo
titolo è di data posteriore.
LE AZIONI POSSESSORIE
Contro l’altrui azione violenta è consentita anche l’autodifesa. Perciò posso oppormi alla violenza
mentre questa è in atto, se invece la violenza è cessata devo ricorrere al giudice. Il possessore spogliato
o molestato è tutelato con particolari azioni possessorie, che si contrappongono alle azioni petitorie,
ossia azione negatoria, azione confessoria, che possono essere fatte valere solo da chi afferma di essere
titolare della proprietà o di un diritto reale di godimento, indipendentemente che l’attore abbia o meno il
possesso del bene. Le azioni possessorie assicurano una tutela di carattere soltanto provvisoria. Il
convenuto in un giudizio possessorio non può proporre il giudizio petitorio, finché non si sia risolto il
primo (divieto del cumulo del giudizio petitorio con quello possessorio). Tale regola soffre di deroga nel
caso in cui ne potrebbe derivare per il proprietario o per il titolare di un diritto reale di godimento un
danno irreparabile. L’AZIONE DI REINTEGRAZIONE O SPOGLIO
Azione di reintegrazione o spoglio => garantisce tutela giuridica a chi viene con violenza od
occultamente spogliato della disponibilità del bene stesso. Per spoglio si intende la privazione totale o
parziale della disponibilità del bene. Esso si dice violento o clandestino quando si attua contro la volontà
dell’attuale possessore o detentore. L’azione di reintegrazione è esperibile solo quando lo spoglio risulta
accompagnato dall’animus spogliandi cioè dall’intenzione del suo autore. La legittimazione attiva => ad
esercitare l’azione spetta a chi abbia il possesso a titolo di usufrutto o di servitù, sia che egli possegga
legittimamente o illegittimamente o che ne abbia acquistato il possesso con violenza o clandestinità.
Spetta al detentore o al possessore per conto del quale deteneva lo spogliato il recupero del possesso. La
legittimazione passiva => compete all’autore materiale dello spoglio e a chi si trovi nel possesso del
bene, in virtù di un acquisto fatto nella consapevolezza dell’avvenuto spoglio. L’azione non è esperibile
contro un acquirente di buona fede, lo spogliato in questo caso potrà agire contro lo spoliator con
l’azione di risarcimento del danno e contro l’acquirente con l’azione petitoria, a condizione che fosse e
sia rimasto proprietario del bene. L’azione di reintegrazione può essere esperita contro lo spoliator
quand’anche sia titolare del diritto e tendi di difendersi l’eccezione, infatti lo spoliator deve prima
ripristinare la situazione quo ante abusivamente mutata, dopo potrà agire giudizialmente per far valere
contro il possessore il suo diritto. La proposizione dell’azione è soggetta decadenza di un anno che
decorre dal sofferto spoglio ovvero dal giorno della sua scoperta. Nel caso in cui lo spoglio non sia stato
né violento né clandestino, chi l’abbia subito può reagire con l’azione di manutenzione.
L’AZIONE DI MANUTENZIONE
L’azione di manutenzione è volta a: 1. reintegrare nel possesso del bene chi sia stato vittima di uno
spoglio non violento né clandestino. 2. far cessare le molestie o turbative di cui sia stato vittima il
possessore. Per tali si intende una attività che arrechi un apprezzabile disturbo tanto attentati materiali
(molestie di fatto), quanto atti giuridici (molestie di diritto). La giurisprudenza afferma che l’azione di
manutenzione sia esperibile solo in presenza del animus turbandi cioè consapevolezza che il proprio atto
arreca pregiudizio. La legittimazione attiva: spetta al possessore di un immobile, si una universalità di
mobili o di un diritto reale su un immobile, inoltre occorre che il possessore molestato abbia già il
possesso da oltre 1 anno, in modo continuo e non interrotto. Ovvero qualora abbia acquistato il possesso
con violenza o clandestinità, che questi ultimi siano cessati da almeno 1 anno. L’azione di manutenzione
è soggetta al termine di decadenza di 1 anno dall’avvenuto spoglio ovvero dal giorno in cui ha avuto
inizio la molestia. Se vi sono stati diversi atti di molestai, il tempo decorre da un anno dalla prima
molestia.
LE AZIONI DI DENUNCIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO
La denuncia di nuova opera spetta al proprietario, al titolare di un diritto reale di godimento o al
possessore che abbia ragione di temere che una nuova opera iniziata da meno di 1 anno e non terminata
possa arrecare danno alla cosa oggetto del suo diritto. Il giudice può vietare o permettere la costruzione
dell’opera, stabilendo le opportune cautele. La denuncia di danno temuto nel caso in cui vi sia pericolo
di un danno grave e prossimo derivante da qualsiasi edificio, albero o altra cosa, (non da una persona),
senza che ricorra l’ipotesi di nuova opera. Il giudice dispone i provvedimenti necessari per ovviare al
pericolo e impone idonea garanzia per i danni eventuali.
LA COMUNIONE CONTITOLARITA’ DI DIRITTI REALI
Comunione => un diritto soggettivo può appartenere a più persone, le quali sono contitolari del
medesimo diritto. Nessuno comproprietario ha la titolarità esclusiva della cosa, il diritto di ciascuno
investa la cosa nella sua totalità. Comunione pro diviso => se si fa luogo alla divisione, assegnando a
ciascuno una parte fisica individuata. La quota rappresenta la misura di diritto di ciascuno sulla cosa, se
la cosa produce frutti, questi si dividono in proporzione della quota => comunione per quote.
Comunione legale tra coniugi e comunione tacita familiare, in esse il bene appartiene unitariamente al
gruppo. La comunione per quote può essere: A. Volontaria: le parti mettono di comune accordo in
comune la proprietà B. Incidentale: scaturisce dalla volontà della legge C. Forzosa: scaturisce
dall’esercizio di un diritto potestativo da parte di uno dei futuri contitolari (comunione forzosa del
muro). Comunione ereditaria => che dipende non soltanto dalla legge o dalla volontà del defunto, ma
anche dall’accettazione degli eredi.
DIRITTI ED OBBLIGHI DEI CONTITOLARI
La comunione è regolata dal titolo, in mancanza si applicano le seguenti regole: A. Godere della cosa
comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di parimenti servirsene. B.
Disporre della propria quota, alienandola o ipotecandola, non può disporre né della cosa altrui né
dell’intero. Deve contribuire alle spese necessarie in proporzione della propria quota.
Nell’amministrazione della comunione, il codice segue il criterio per cui ciascuno ha diritto di
partecipare alle deliberazioni relative alla cosa comune, attribuendo rilievo alla maggioranza dei
condomini, le cui deliberazioni vincolano anche coloro che sono dissenzienti (principio maggioritario).
La maggioranza è calcolata in base al valore delle quote. Per gli atti di ordinaria amministrazione è
sufficiente la maggioranza semplice (metà + 1). Il negozio giuridico nel quale è espressa la
deliberazione della maggioranza si chiama atto collegiale. Fino a prova contraria si presume che ciascun
condomino amministri nel consenso degli altri. Per tale ragione egli può locare la cosa comune, agire in
giudizio. Può anche essere formato un regolamento per l’ordinaria amministrazione ed il miglior
godimento della cosa comune. L’amministrazione può essere delegata a uno o più partecipanti, o anche
essere delegata ad un estraneo, il quale nei limiti stabiliti rappresenta i comunisti. Innovazioni => ossia
le modifiche della destinazione della cosa possono essere deliberate da una maggioranza qualificata 2/3
del valore complessivo, purché ricorrano le condizioni stabilite dall’art. 1108: l’innovazione arrechi
vantaggio a tutti, senza pregiudicare il godimento di alcuno e senza importare una spesa eccessivamente
gravosa. Gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione devono essere approvati dai 2/3 senza
pregiudicare l’interesse di ciascuno. La minoranza dissenziente ha il diritto di impugnare la delibera
davanti al giudice. La maggioranza non è sufficiente per gli atti di alienazione della cosa comune, per i
quali è richiesto assenso di tutti. Al comproprietario spettano le stesse azioni che competono al
proprietario. La legge dà il diritto a ciascun proprietario di richiedere in qualsiasi momento lo
scioglimento della comunione, e inoltre vieta che le parti possano convenzionalmente vincolarsi a
rimanere in comunione per un tempo superiore ai 10 anni.
IL CONDOMINIO NEGLI EDIFICI
Quando gli appartamenti di un edificio non appartengono alla stessa persona, ogni proprietario ha la
piena disposizione del proprio appartamento, ma vi sono parti dell’edificio strutturali e funzionali, che
appartengono in comunione a tutti i condomini. Si tratta di comunione necessaria, in quanto non è
soggetta a scioglimento. Tali parti appartengono esclusivamente agli abitanti dell’edificio pro quota, in
genere rappresentata in millesimi. Per l’uso e l’amministrazione di tali parti, sono previsti 2 organi: uno
deliberativo (l’assemblea dei condomini) ed uno esecutivo (l’amministratore). Si applicano alle
assemblee le regole degli organi collegiali: A. Per la validità delle deliberazioni tutti i condomini devono
essere invitati a parteciparvi, inoltre devono intervenirvi un numero tale da essere rappresentativo di una
parte determinata dalla legge (quorum). B. Per l’approvazione è sufficiente la maggioranza semplice o
qualificata secondo i casi, che vincola la minoranza (principio maggioritario), la maggioranza è
calcolata non solo in base al numero delle persone, ma anche a quello delle quote. L’Assemblea ha il
compito di nominare l’amministratore, di decidere le innovazioni e le opere di manutenzione
straordinaria, di stabilire il regolamento di condominio, di approvare il preventivo delle spese e il
rendiconto della gestione. Per l’alienazione delle parti comuni occorre il consenso di tutti. Ciascuno può
alienare la propria unità immobiliare congiunta alla quota di partecipazione delle parti comuni. È dato a
ciascun condomino il potere di impugnare la deliberazione che risulti viziata. L’Amministratore è tenuto
a curare l’osservanza del regolamento, l’esecuzioni delle delibere assembleari, riscuotere i contributi,
compiere gli atti conservativi, occuparsi della manutenzione ordinaria e del funzionamento dei servizi
comuni. Ha inoltre l’obbligo di rendere annualmente il conto della sua gestione, ha la rappresentanza
anche processuale dei condomini. Quando vi siano più di 10 partecipanti è obbligatorio il regolamento
di condominio circa l’uso delle cose e la ripartizione delle spese. Il regolamento ha natura di atto
collettivo e può essere impugnato dai condomini dissenzienti.
LA MULTIPROPRIETA’ Multiproprietà => operazione economica, volta ad assicurare al
multiproprietario un potere di godimento su di un’unità immobiliare, completamente arredata, ma solo
per un determinato e normalmente invariabile periodo di ogni anno, mentre negli altri periodi compete
analogo potere agli altri multiproprietari. Consente l’acquisto della disponibilità di unità attrezzate in
zone generalmente turistiche a fronte di un esborso iniziale relativamente contenuto ed oneri di gestione
accessibili, grazie al fatto che i costi vengono ripartiti tra i multiproprietari. Per dar veste giuridica alla
comunione bisogna: 1. in forza di un normale rogito notarile viene venduta a ciascun multiproprietario
una quota in comproprietà pro indiviso di un complesso residenziale. 2. a ciascuno viene fatto accettare
un regolamento della comunione, che statuisce il principio dell’uso promiscuo della cosa attraverso da
un lato, una divisione topografica del godimento, dall’altro lato un frazionamento cronologico del
godimento del bene. Il legislatore è intervenuto in attuazione della direttiva 94/97/CE introducendo una
serie di previsioni volte a garantire che chi effettua un acquisto in multiproprietà presti un consenso
informato.
LA PROPRIETA’ IL CONTENUTO DEL DIRITTO Tutte le proprietà sono inviolabili. Un tempo
diritti politici, come il diritto al voto, erano subordinati al possesso di un determinato censo. La formula
dello Statuto riteneva la proprietà privata espressione della libertà dell’individuo. L’art. 832 riprende
molto la definizione del cod. francese del 1804, enunciando il principio secondo cui al proprietario
spetta il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo. La proprietà attribuisce al
titolare: a. Il potere di godimento, decidendo se, come e quando utilizzarlo, direttamente o
indirettamente (locazione). b. Il potere di disposizione, ossia cedere ad altri, in tutto o in parte, diritti
sulla cosa. Il potere è pieno ed esclusivo. La proprietà in linea di principio è caratterizzata da: a.
Assolutezza, il titolare può fare tutto ciò che voglia della cosa perfino distruggerla b. Esclusività, ha
infatti, il diritto di vietare ogni ingerenza da parte di terzi, con totale arbitrio e discrezionalità, ma entro i
limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. Ha carattere eccezionale
ogni interevento volto a limitare i poteri del proprietario, che si caratterizzerebbero per l’ulteriore
connotato della elasticità, ossia la capacità di riespandersi automaticamente non appena cessata la causa
della loro compressione. In realtà l’assolutezza e l’esclusività, sono accettabili solo se riferite ai beni di
uso strettamente personale. Per i beni utilizzati nell’esercizio di attività d’impresa o come capitale
produttivo di rendita, l’ordinamento non può rimettere integralmente al proprietario le scelte utilizzo o
non. Il cod. civ. disciplina in modo differenziato la proprietà rurale, la proprietà edilizia, la proprietà di
beni che interessano la produzione nazionale, la proprietà di beni d’interesse storico e artistico, dettando
per ciascuna categoria una serie di previsioni. Nella Carta Costituzionale la proprietà non solo non viene
più dichiarata inviolabile, ma non viene neppure disciplinata tra i principi fondamentali, né fra i diritti di
libertà, essa è contemplata nel titolo relativo ai rapporti economici. La proprietà privata è riconosciuta e
garantita dalla legge e non è consentito al legislatore ordinario sopprimere l’istituto della proprietà
privata. Tuttavia il legislatore potrebbe escludere la proprietà privata per quanto riguarda una
determinata categoria di beni: ai fini di utilità generale la legge può riservare o trasferire allo Stato, ad
enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si
riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano
carattere di preminente interesse generale. È lasciato al legislatore il compito di determinarne i modi di
acquisto, di godimento ed i limiti, allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a
tutti. Il legislatore è legittimato ad intervenire per delineare singole categorie di beni, per i poteri che
competono al proprietario, con interventi conformativi, al fine di garantire che si realizzi una funzione
sociale da collegarsi sia all’esigenza di realizzare uno sfruttamento economicamente efficiente dei beni,
sia all’esigenza di instaurare più equi rapporti sociali. Le proprietà si atteggiano diversamente a seconda
dell’oggetto cui si riferiscono e/o del soggetto cui competono. La proprietà si caratterizza in fine: a. Per
la sua imprescrittibilità, che si riferisce non alla proprietà, ma all’azione di rivendicazione della stessa.
Peraltro la proprietà non si può perdere per non uso, bensì per l’usucapione che altri abbia a
perfezionare. b. Per la sua perpetuità, se a un diritto è apposto un termine finale di durata, allora non lo
si può più qualificare come proprietà.
LA PROPRIETA’ EDILIZIA
A conclusione di una lunga e travagliata evoluzione normativa, oggi fatta eccezione per alcuni interventi
minori, l’attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio è subordinata: a. Al previo
rilascio da parte dell’autorità comunale di un permesso di costruire, quanto agli interventi di nuova
costruzione e di maggior impatto, quanto agli interventi di ristrutturazione urbanistica. Il permesso di
costruire può essere rilasciato solo se l’intervento da realizzare sia conforme alle previsioni degli
strumenti urbanistici e della disciplina urbanistico – edilizia vigente, e comporta l’obbligo della
corresponsione, a favore del Comune, di un contributo di costruzione commisurato all’incidenza degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione. b. Alla denunzia di inizio attività, da presentarsi
all’autorità comunale, almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, accompagnata da una
relazione a firma del progettista che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti
urbanistici. Al fine di evitare l’abusivismo edilizio la legge fa ricorso a strumenti amministrativi e di
tipo privatistico: a. Sanziona con la nullità gli atti, aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di
diritti reali su terreni, ove non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica. b. Sanziona con la
nullità gli atti aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali su edifici, la cui
costruzione sia iniziata dopo il 17 marzo 1985 ove non risultino permesso per costruire. c. Vieta alle
aziende erogatrici di servizi pubblici di somministrare forniture per l’esecuzione di opere prive di
permesso di costruire, con la sanzione della relativa nullità dei contratti. d. Impone a chi abbia violato
disposizioni che regolano l’attività edilizia l’obbligo di risarcire i danni che i terzi abbiano
eventualmente sofferto e se si tratta di disposizioni tese a disciplinare i rapporti di vicinato, consente ai
vicini di chiedere la "riduzione in pristino" cioè l’eliminazione delle opere abusive. Qualunque
interevento deve essere conforme agli strumenti urbanistici. L’art. 117 Cost. demanda oggi alla potestà
legislativa delle Regioni la materia del governo del territorio, che sicuramente ricomprende
l’urbanistica. La urbanistica prevede che la pianificazione del territorio avvenga attraverso il piano
regolatore generale, destinato ad indicare per tutto il territorio comunale la divisione, e il piano
particolareggiato di esecuzione destinato ad indicare in dettaglio le reti stradali, i principali dati
altimetrici di ciascuna zona. La legislazione successiva ha introdotto in alternativa al P.P. una varia
gamma di possibili strumenti attuativi: il piano per l’edilizia economica e popolare, il piano per gli
insediamenti produttivi, il piano di recupero, ecc. Inoltre la legge conosce meccanismi di tipo
privatistico: convenzione di lottizzazione in forza della quale, a fronte dell’autorizzazione del Comune
di un piano di lottizzazione, proposto dai proprietari della ree interessate, questi ultimi si assumono una
serie di impegni nei confronti del Comune stesso (ad es. la cessione gratuita di aree per le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria). Non ha ancora trovato soddisfacente soluzione il problema delle
sperequazioni fra i diversi proprietari: altro è infatti una destinazione a verde pubblico, altro è una
destinazione a zona residenziale che consente invece al proprietario di lucrare la rendita di posizione
dell’area, in funzione della sua edificabilità.
ESPROPRIAZIONE E INDENNIZZO
La proprietà privata può essere nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi
d’interesse generale. La norma tende a ricercare un punto di equilibrio fra l’interesse del proprietario e il
pubblico interesse. La Costituzione prevede che la posizione del privato possa essere sacrificata solo in
presenza di un interesse generale, di una previsione legislativa che lo consenta (riserva di legge), di un
indennizzo. Il trasferimento della titolarità di un bene dal precedente proprietario(espropriato) ad un
altro soggetto, pubblico o privato si tratta di espropriazione traslativa. La Corte costituzionale ha
ritenuto che rientrino nella nozione di espropriazione, anche quelle limitazioni che siano tali da svuotare
di contenuto il diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile, o
tanto da determinare il venir meno o una penetrante incisione del suo valore di scambio.=>
espropriazione larvata o limiti espropriativi. Si distinguono da un lato le disposizioni, che si riferiscono
ad intere categorie di beni, sottoponendo tutti i beni ad un particolare regime di godimento e di
disposizione, e dall’altro lato disposizioni che si riferiscono invece a singoli cespiti, annullandone o
diminuendone in modo apprezzabile il valore di scambio. Le prime non rientrano nel concetto di
espropriazione, bensì in quello di conformazione del contenuto del diritto di proprietà e
conseguentemente non comportano indennizzo. Le seconde rientrano nel concetto di espropriazione e
necessitano di indennizzo. Il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
espropriazione per pubblica utilità, prevede ora che nella nozione di espropriazione rientri non solo
l’ipotesi di passaggio del diritto di proprietà, ma anche quella del vincolo sostanzialmente espropriativi,
ovvero quella in cui il fondo sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore
per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà. La determinazione
dell’indennizzo non necessariamente deve consistere in un risarcimento integrale del pregiudizio
economico sofferto dall’espropriato, non è richiesto che l’indennizzo sia pari al valore venale o di
mercato del bene, dovendo piuttosto rappresentare un vero ristoro del pregiudizio conseguente
all’espropriazione. Il D.P.R. 2001 prevede ora che: a. In caso di espropriazione di un’area non
edificabile, l’indennizzo è pari al suo valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente
praticate sul fondo e il valore dei manufatti edilizi realizzati, se l’area non è affettivamente coltivata,
l’indennizzo è pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura prevalente nella zona ed al
valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati. Al proprietario spetta una indennità aggiuntiva,
determinata in misura pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente
praticata. b. In caso di espropriazione di un’area edificabile, l’indennizzo è pari all’importo diviso per
due e ridotto nella misura del 40%, risultante dalla somma del valore venale del bene e del reddito
dominicale netto rivalutato, moltiplicato per 10. c. In caso di espropriazione di vincolo sostanzialmente
espropriativo, l’indennizzo è commisurato all’entità del danno arrecato effettivamente. d. In caso di
espropriazione di una costruzione legittimament5e edificata, l’indennizzo è pari al suo valore venale. Al
fine di incentivare la cessione volontaria della proprietà la legge prevede che il corrispettivo della
cessione sia, di regola, maggiore rispetto all’indennizzo. In passato si è spessa verificata l’ipotesi in cui
la P.A. abbia realizzato un’opera pubblica occupando illegittimamente un fondo privato, senza aver
prima adottato un valido provvedimento espropriativo o d’occupazione d’urgenza, ovvero nonostante la
scadenza del termine previsto per quest’ultima. In tal caso la giurisprudenza aveva ritenuto che in
conseguenza della radicale trasformazione dell’area con sua irreversibile destinazione ai fini pubblici, la
P.A. acquisisse ex lege la proprietà della stessa (occupazione acquisitiva), con l’obbligo però di risarcire
al privato il danno subito in conseguenza della perdita del proprio diritto dominicale. Il D.P.R. 2001 ha
invece previsto che nell’ipotesi in discussione l’acquisto del fondo si verifichi no già automaticamente,
bensì in forza di un atto di acquisizione rimesso alla discrezionalità della P.A. che deve altresì
determinare la misura del risarcimento del danno che compete al proprietario.
GLI ATTI EMULATIVI
Al proprietario sono preclusi gli atti di emulazione, ossia quegli atti che non hanno altro scopo che
quello di nuocere o arrecare molestia ad altri, vietando così l’abuso del diritto soggettivo. Perché l’atto
di godimento di un bene sia vietato debbono concorrere due elementi: 1. elemento oggettivo, ossia
l’assenza di utilità per il proprietario 2. elemento soggettivo, ossia l’intenzione di nuocere o arrecare
molestia agli altri, non giustificato da alcun interesse e lesivo di interessi del vicino. Non incorre nel
divieto degli atti emulativi, il comportamento omissivo del proprietario, quand’anche finalizzato a
nuocere al vicino (ad es. colui che abbia fatto crescere volontariamente degli arbusti spontanei nel
proprio fondo allo scopo di precludere al vicino una visuale di particolare suggestione.
LIMITI LEGALI DELLA PROPRIETA’
I limiti posti alla proprietà privata si distinguono in due grandi categorie: 1. limiti di interesse pubblico
2. limiti di interesse privato
LIMITI DI INTERESSE PUBBLICO: numerose e significative norme sono disposte sul tema ad es.
di requisizioni e di vincoli ed obblighi temporanei, disposti quando ricorrono gravi ed urgenti necessità
pubbliche; in tema di ammassi imposti allo scopo di regolare la distribuzione di determinati prodotti
agricoli o industriali nell’interesse della produzione nazionale; in tema di espropriazioni di beni che
interessano la produzione nazionale, che può essere disposta quando il proprietario abbandona la
conservazione, coltivazione o l’esercizio di beni che interessano la produzione nazionale; in tema di
riordinamento della proprietà rurale; di bonifica; di vincoli idrogeologici; di servitù pubbliche; ecc. Al
fine del pubblico interesse, il codice fa ricorso ad una pluralità di strumenti tecnici diversi:
dall’impostazione di limiti e vincoli ai poteri del proprietario, alla previsione di obblighi positivi, fino
alla incentivazione o all’obbligo della costituzione di consorzi tra i proprietari. A tutela del patrimonio
storico e artistico della nazione postula un particolare regime dominicale. Con riferimento ai beni
culturali, il codice dei beni culturali e del paesaggio, impone al proprietario, la dichiarazione
dell’interesse culturale, tutta una serie di limiti: a. sia quanto al potere di godimento assoggettando ad
autorizzazione del sopraintendente l’esecuzione su di essi di opere e lavori di qualunque genere
imponendo al proprietario l’obbligo di garantire la conservazione. b. Sia quanto al potere di
disposizione, ad es. prevedendo l’obbligo di denuncia al Ministero dei beni e le attività culturali degli
atti che trasferiscono, in tutto o in parte; il diritto di prelazione dello Stato in caso di alienazione a titolo
oneroso. L’art 44 Cost. prevede che la legge imponga al proprietario degli obblighi e dei vincoli alla
proprietà terriera privata, allo scopo di assicurare il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi
rapporti sociali. In attuazione della normativa comunitaria del Trattato CE 176, sono stati presi diversi
provvedimento in materia di gestione dei rifiuti, di inquinamento idrico, inquinamento atmosferico,
acustico, elettromagnetico, di difesa del suolo, ecc. Inoltre qualunque fatto doloso o colposo in
violazione di disposizioni di legge, o di provvedimenti adottati in base a legge, che comprometta
l’ambiente arrecando danno, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato. A
richiedere il risarcimento spetta allo Stato o agli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del
fatto lesivo. Il giudice dispone ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile,
in ogni caso condannandolo al risarcimento dei danni. Nell’ipotesi in cui non sia possibile una precisa
quantificazione del danno, il suo ammontare è dal giudice determinato in via equitativa.
I LIMITI POSTI NELL’INTERESSE PRIVATO
I limiti posti nell’interesse privato concernono con la proprietà di beni immobili e di fondi e regolano i
rapporti tra le proprietà vicine. Il riconoscimento in capo a ciascuno dei titolari, di un potere di godere in
modo pieno del proprio fondo, darebbe inevitabilmente luogo a conflitti tra i loro contrapposti interessi.
Al fine di contemperare tali conflitti, il codice detta una serie di regole in materia di rapporti di vicinato,
oltre che di immissioni, anche di distanze, luci e vedute, acque. A. Distanze L’art 873 regola le distanza
tra edifici, disponendo che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere
tenute a distanza non minore di 3 metri tra loro. Nessuna parte del fabbricato, con esclusione dei soli
canali di gronda, possono trovarsi a distanza inferiore a quella prescritta di 3 metri. Se l’immobile risulta
a distanza inferiore, il vicino può agire per la rimozione dell’opera abusivamente realizzata, nonché per
il risarcimento del danno sofferto. È fatta salva dalla legge, l’ipotesi in cui gli strumenti urbanistici
locali richiedano una distanza tra edifici maggiore dei 3 metri previsti dal cod. civ. In quest’ultimo caso:
a. Se la previsione risulta destinata a disciplinare proprio le distanze tra costruzioni nei rapporti
intersoggettivi di vicinato, la sua violazione legittima il vicino ad agire per la rimozione dell’opera e per
il risarcimento del danno. b. Se la previsione risulta invece dettata esclusivamente per tutela di interessi
generali, la sua violazione legittima il vicino solo per il risarcimento del danno, non per la riduzione in
pristino. Il codice contempla una serie di disposizioni avente ad oggetto i muri tra proprietà limitrofe. Il
proprietario confinante ha diritto di acquisire, mediante sentenza costitutiva ove l’altro proprietario non
vi consenta, la comproprietà del muro che si trovi sul confine, ma al solo scopo di fabbricare in
appoggio allo stesso, il muro che si trovi a distanza inferiore di 1,5 m. dal confine. Chi acquisisce la
comproprietà del muro deve all’altro un importo pari alla metà del valore del muro e del suolo cui
insiste, nel caso in cui il muro non si trovi sul confine, un importo pari al valore dell’area da occupare
con la nuova costruzione. Il codice prevede anche della distanze per quanto riguarda pozzi, cisterne,
fosse e tubi, per fabbriche e depositi pericolosi o nocivi. Le distanze minime dal confine sono previste,
in considerazione del pericolo di frane che possono derivare, per fossi e canali, nonché in
considerazione della opportunità di evitare al fondo del vicino possibili pregiudizi derivanti dal
propagarsi delle radici, dal protendersi dei rami, dall’immissione di ombra ed umidità, per le
piantagioni. B. Luci e vedute Le aperture nel muro contiguo al fondo vicino si distinguono in: a. Vedute
o prospetti, che consentono di guardare sul fondo del vicino, senza l’ausilio di mezzi meccanici, ma di
sporgere i capo su di esso (prospicere), per vedere di fronte (vedute dirette), od obliquamente (vedute
oblique), o lateralmente (vedute laterali). Il proprietario del muro contiguo può aprire in esso delle
vedute, a tutela della riservatezza del fondo vicino, nel rispetto delle distanze minime dal confine. Il
proprietario del fondo contiguo non può chiuderle, anzi se costruisce sul suo deve rispettare le distanze
minime stabilite. b. Luci, consentono il passaggio di aria e luce non permettendo tuttavia la vista sul
fondo del vicino. La legge prescrive che la luce abbia determinate caratteristiche: sia dotata di inferriata,
sia munita di grate di metallo a maglie strette, l’apertura sia situata a determinate altezze minime, ecc.
=> luce regolare. Se l’apertura non rispetta tali caratteristiche costituisce una luce irregolare, e il vicino
ha diritto di esigere, in ogni momento, che la stessa sia resa regolare. Il proprietario ha sempre la facoltà
imprescrittibile, di aprire delle luci nel suo muro, tuttavia il vicino può in ogni tempo, chiuderle, ma solo
se costruisce in aderenza o in appoggio al muro nel quale le luci, non importa se regolari o meno,
risultano aperte. c. Acque, la legge dispone che tutte le acque superficiali o sotterranee, ancorché non
estratte dal suolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo
criteri si solidarietà. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne, al servizio di fondi agricoli o di
singoli edifici è libera. L’art. 909 disciplina invece le acque private. ESTENSIONE DELLA
PROPRIETA’ In linea verticale, la proprietà fondiaria si estenderebbe all’infinito, oggi l’art. 840 dispone
che il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che svolgano a tale profondità nel
sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle. La
proprietà così, si estende a quella sola parte del sottosuolo suscettibile di utilizzazione, secondo un
criterio di normalità. Analogo principio anche per il soprasuolo. Una limitazione all’estensione della
proprietà al di sopra e al di sotto del suolo si ha quando venga costituito un diritto di superficie. Il
proprietario ha la facoltà di cintare il proprio fondo e di impedire l’accesso a chiunque, salvo che vi entri
per l’esercizio della caccia, ovvero per costruire o riparare un muro o altra sua opera che si trovi sul
confine o presso di esso., ovvero per riprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l’animale
che vi si sia riparato sfuggendo alla custodia. Le consuetudini consentono talora l’accesso ai fondi altrui
(specie i zone di montagna) per passeggiarvi, per raccogliere fiori o funghi, sciare, ecc.
LE IMMISSIONI
Il proprietario è legittimato a qualsiasi attività di terzi che abbia a svolgersi sul suo fondo di immissioni
materiali. Egli non può invece opporsi di regola, ad attività che si svolgano sul fondo del vicino. È
peraltro frequente il propagarsi nelle proprietà circostanti, di immissioni immateriali. In questo caso
occorre distinguere: a. Se le immissioni rimangono al di sotto della soglia della normale sopportabilità,
chi le subisce deve sopportarle. b. Se le immissioni superano la normale tollerabilità, ma sono
giustificate da esigenze della produzione, chi le subisce non ha diritto di farle cessare, ma può solo
ottenere un indennizzo in danaro per il pregiudizio arrecato. c. Se le immissioni superano la normale
tollerabilità senza essere giustificate, che la subisce ha diritto che, per il futuro, ne venga inibita la
prosecuzione, e per il passato, che gli sia riconosciuto l’integrale risarcimento del danno eventualmente
sofferto. La tollerabilità o meno va valutata caso per caso, tenendo conto della condizione dei luoghi,
cioè, della loro destinazione naturalistica ed urbanistica, delle attività normalmente svolte nella zona, del
sistema di vita e delle abitudini di chi vi opera. Non rilevano, invece, né le condizioni soggettive (ad es.
un soggetto particolarmente irritabile, né l’attività da quest’ultimo svolta. Se l’immissione supera la
normale tollerabilità proviene dalle attività produttive, occorre bilanciare le esigenze dell’industria, con
le ragioni del proprietario. Sarà ammesso, salvo come detto un indennizzo a favore delle proprietà
danneggiate, solo: a. Se non sia eliminabile o riducibile attraverso accorgimenti tecnici non
particolarmente onerosi. b. Se la cessazione della attività produttiva causerebbe ala collettività un danno
grave. Si può anche tener conto della priorità di un determinato uso, ad es. chi costruisce in adiacenza di
una affina sa benissimo a quali immissioni si espone. Discusso è invece, la possibilità di eliminare tale
immissione, quando questa pregiudichi la salute dei soggetti operanti sul fondo che la subisce, ovvero
all’integrità dell’ambiente.
MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETA’
È possibile acquistare la proprietà a titolo derivativo, che importano la successione nello stesso diritto
già appartenente ad altri; e a titolo originario, che determina la nascita di un nuovo diritto. Sono modi di
acquisto a titolo derivativo: il contratto la successione a causa di morte l’espropriazione per pubblica
utilità la vendita forzata dei beni del debitore la confisca, ecc. Sono modi di acquisto a titolo originario:
1. l’occupazione 2. l’invenzione 3. l’accensione 4. l’usucapione 5. il possesso in buona fede di beni
mobili A. L’occupazione, presa di possesso in via permanente e definitiva, di cose mobili che non sono
di proprietà di nessuno o abbandonate. Non sono soggetti ad occupazione, in quanto appartenenti allo
Stato i beni immobili vacanti. Eccezionalmente possono acquistarsi per occupazione i mammiferi e gli
uccelli facenti parte della fauna selvatica, abbattuti nel rispetto delle disposizioni di legge previste a
riguardo. Le api e gli animali mansuefatti che si instaurano nel fondo, ne diventano proprietà del titolare
se nessun proprietario li reclama, allo stesso modo per effetto di consuetudine si acquista la proprietà
anche di frutti spontanei come funghi, tartufi, ecc. B. L’invenzione, riguarda solo le cose mobili
smarrite, queste debbono essere restituite al proprietario, consegnandole al sindaco, trascorso un anno se
non si presenta il proprietario, la proprietà spetta a colui che l’ha trovata. Se il proprietario si presenta, al
trovatore spetta un premio proporzionale al valore della cosa smarrita. Una particolare forma di
invenzione è quella del tesoro, esso diviene immediatamente di proprietà del titolare del fondo in cui si
trova, ma se è trovato per solo effetto del caso nel fondo altrui, spetta per metà al proprietario e per metà
al ritrovatore. C. L’accensione, opera in caso di stabile incorporazione di beni di proprietari diversi: il
proprietario della cosa principale acquista la proprietà delle cose che vengono in essa incorporate.
L’accensione può essere: a. L’accensione di mobile ad immobile, il proprietario del suolo acquista ex
lege la proprietà di quanto venga da chiunque incorporato. Il suolo è sempre considerato cosa principale,
anche quando le cose incorporate dovessero avere un valore di mercato maggiore. Tale regola diventa
derogabile mediante accordo delle parti , che possono decidere di costituire un diritto di superficie.
Inoltre viene fatta eccezione all’ipotesi della accensione invertita, per la quale il proprietario del fondo
finitimo, che in buona fede, sconfina costruendo un edificio sul fondo altrui, se tale edificio sul terreno
altrui non ha una propria autonomia funzionale, e se il proprietario del fondo occupato non fa
opposizione entro 3 mesi dal giorno in cui la costruzione ha avuto inizio, l’autore dello sconfinamento
può chiedere che il giudice gli trasferisca la proprietà del suolo occupato, a fronte del pagamento di una
somma pari al doppio del valore della superficie occupata. b. L’accensione di immobile ad immobile, si
articola nelle seguenti figure: • L’alluvione, che consiste nell’accrescimento successivo ed
impercettibile, dei fondi rivieraschi a fiumi e torrenti, per l’azione dell’acqua corrente, talli terreni
appartengono al proprietario del fondo incrementato. • L’avulsione, consiste nell’unione al fondo
rivierasco di porzioni di terreno staccati da un altro fondo per forza istantanea dell’acqua corrente, tali
porzioni appartengono al proprietario del fondo incrementato, che è tenuto a pagare all’altro proprietario
una indennità nei limiti del maggior valore recato al suo fondo dall’alvusione. Non costituiscono ipotesi
di accensione né terreni abbandonati dalle acque correnti, né i terreni abbandonati di un fiume che si
forma un nuovo letto, né quella di isole che si formano nel letto di fiumi o torrenti, venuti ora a far parte
del demanio pubblico. c. L’accensione di mobile a mobile, che dà luogo alle seguenti figure • L’unione,
che consiste nella congiunzione di beni mobili appartenenti a proprietari diversi che vengono a formare
un tutto inseparabile senza dar luogo ad una cosa nuova: la proprietà diventa comune. Se una della due
cose si può considerare principale, il suo proprietario acquista la proprietà del tutto (salvo l’obbligo di
corrispondere una somma di denaro), in quest’ultima ipotesi ricorre in fenomeno dell’accensione. •
Specificazione, è la creazione di una cosa nuova con beni mobili appartenenti ad altri, se è maggiore il
valore della mano d’opera allora la proprietà spetta allo specificatore che deve pagare al proprietario il
valore della materia; se è invece maggiore il valore della materia, la proprietà spetta al proprietario della
materia, che deve pagare il prezzo della mano d’opera.
AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETA’
A difesa della proprietà sono esperibili le azioni petitorie, che hanno natura reale, volte a far valere un
diritto reale:
A. L’AZIONE DI RIVENDICAZIONE: è concessa a chi afferma di essere proprietario di un bene, ma
non ha il possesso, al fine di ottenere l’accertamento del suo diritto di proprietà, e la condanna alla
restituzione di chi detiene il possesso del suo bene. Legittimato attivamente chi sostiene di essere
proprietario senza possesso. Legittimato passivamente, colui che detiene la cosa. Egli può essere
estromesso dal giudizio, indicando la persona in nome per conto di cui detiene il bene. È sufficiente che
il convenuto detenga la cosa al momento della domanda giudiziale, anche se successivamente l’ha
ceduta ad altri, l’azione potrà essere proseguita legittimamente nei suoi confronti, anche se non potrà
avere effetto restitutorio. Il convenuto sarà obbligato a recuperare la cosa per l’attore a proprie spese, o a
corrispondergli il valore oltre al risarcimento del danno. Il proprietario può comunque rivolgersi
direttamente al nuovo possessore per la restituzione. L’attore ha l’onere di dimostrare il suo diritto di
proprietà, in tal senso se l’acquisto è a titolo originario gli basterà fornire la prova di tale titolo, se
l’acquisto è a titolo derivativo, l’attore dovrà dare la prova oltre che del suo titolo di acquisto, anche del
titolo di acquisto dei precedenti proprietari fino ad arrivare ad un acquisto originario. Rispetto ai beni
mobili sarà sufficiente che l’attore provi, che qund’anche avesse acquistato da chi non era legittimo
proprietario, abbia comunque acquistato la proprietà per effetto della regola possesso vale titolo, avendo
a suo tempo ricevuto in buona fede un titolo idoneo a trasferirgli la proprietà. Rispetto ai beni immobili
e mobili registrati, occorre invece che l’attore provi che quand’anche avesse acquistato a non domino,
avrebbe comunque acquisito la proprietà in forza dell’usucapione, ovvero attraverso successione
all’accessione del possesso. Il convenuto si trova un una posizione più comoda rispetto all’attore in
quanto egli può limitarsi ad attendere che l’attore provi il suo diritto. L’azione di rivendicazione è
imprescrittibile. Essa però deve essere rigettata se il convenuto dimostra di averne acquistato la
proprietà per usucapione. Dall’azione di rivendicazione si distingue quella di restituzione, quest’ultima
presuppone che l’attore agisca in giudizio vantando un diritto alla restituzione, nascente da un rapporto
contrattuale, ovvero dalla sua risoluzione, dalla sua scadenza, ecc. nell’azione di restituzione non
occorre inoltre, la prova del diritto di proprietà, ma basta quella della obbligazione di restituzione.
B. L’AZIONE DI MERO ACCERTAMENTO DELLA PROPRIETA’, riconosciuta a chi, abbia o
non abbia possesso della cosa, ha interesse ad una pronuncia giudiziale che affermi con l’efficacia del
giudicato il suo diritto di proprietà. L’azione è rivolta a rimuovere la situazione di incertezza venutasi a
creare in ordine alla proprietà di essa.
C. L’AZIONE NEGATORIA, concessa al proprietario di un bene al fine di ottenere l’accertamento
dell’inesistenza di diritti reali vantati da terzi sul bene stesso, oltre che la condanna alla cessazione delle
conseguenti molestie e turbative ed al risarcimento del danno. Poiché l’azione è rivolta soltanto
all’accertamento della libertà del bene, l’attore non deve fornire la prova del suo diritto di proprietà, ma
è sufficiente che dimostri un valido titolo di acquisto. Sarà il convenuto a dover dimostrare l’esistenza
del diritto che vanta. Anche l’azione negatoria è imprescrittibile. Ma deve essere rigettata qualora il
convenuto dimostri di aver acquistato il diritto vantato per usucapione.
D. L’AZIONE DI REGOLAMENTO DEI CONFINI, presuppone l’incertezza del confine tra due
fondi, non sono contestati i rispettivi titoli di proprietà, bensì incerta è sola l’estensione di essa. La prova
dell’ubicazione del confine può essere fornita con ogni mezzo, in mancanza di altri mezzi il giudice si
atterrà al confine delineato dalle mappe catastali. Tale azione è imprescrittibile.
E. L’AZIONE PER APPOSIZIONI DI TERMINI, presuppone la certezza dei confini e serve a far
apporre o a ristabilire i segni lapidei, simboli del confine tra due fondi, che manchino o siano divenuti
irriconoscibili.
L’USUCAPIONE NOZIONE E FONDAMENTO
Il possesso protratto per un certo lasso di tempo fa acquistare, attraverso l’usucapione, la titolarità del
diritto (proprietà, usufrutto, servitù, ecc ), corrispondente alla situazione di fatto esercitata. Usucapione
=> modo di acquisto a titolo originario dei diritti reali di godimento escluse le servitù non apparenti.
L’usucapione ha lo scopo di favorire colui che si occupa di un bene rendendolo produttivo. Se non
ricorresse l’usucapione la proprietà non avrebbe limiti. Bisogna distinguere l’usucapione dalla
prescrizione estintiva, ove entrambe hanno come fattore principale il tempo e l’inerzia del proprietario,
ma nella prescrizione questi elementi danno luogo all’estinzione, mentre nell’usucapione danno luogo
all’acquisto del diritto. Inoltre la prescrizione si riferisce a tutti i diritti, mentre l’usucapione si riferisce
soltanto alla proprietà e ai diritti reali di godimento. Anche in tema di usucapione si applicano le norme
relative al computo dei termini e alla cause di sospensione e di interruzione studiate in tema di
prescrizione.
PRESUPPOSTI DELL’USUCAPIONE:
a. IL POSSESSO Presupposti dell’usucapione sono il possesso e il tempo. Per possesso si intende quello
di buona fede tanto quello di mala fede, purché non sia vizioso. In quanto la legge non può proteggere
gli acquisti avvenuti con violenza. Cessata la violenza o la clandestinità, la vittima dello spoglio del
possesso può agire per ottenerne il recupero, se egli omette di agire significa che tollera che altri
posseggano la cosa. Il possesso vizioso giova all’usucapione dal momento in cui è cessata la violenza o
la clandestinità. È invece irrilevante ai fini dell’usucapione la detenzione. Il possesso per poter dar luogo
ad usucapione deve essere: 1. continuato per un certo lasso di tempo, peraltro la legge agevola la prova
della durata del possesso attraverso le presunzioni di possesso intermedio e di possesso anteriore. 2.
ininterrotto: non deve subire interruzione alcuna né civile né naturale. Interruzione civile => avviene per
effetto degli artt. 2943-2945. Interruzione naturale => quando il possessore perde il possesso del bene. Il
possesso si ritiene perduto solo quando chi lo ha perso non ha agito per il recupero entro un anno dallo
spoglio.
PRESUPPOSTI DELL’USUCAPIONE: b. IL TEMPO Si distingue l’usucapione ordinaria da quella
abbreviata. Usucapione ordinaria => si compie in 20 anni Usucapione abbreviata => per gli immobili 10
anni; per i mobili registrati 3 anni. Per l’usucapione abbreviata oltre al possesso non vizioso e senza
interruzione occorrono: 1. la buona fede 2. un titolo idoneo in astratto a trasferire la proprietà o il diritto
reale di godimento su un immobile, titolo inefficiente in concreto in quanto stipulato da colui che non
era titolare del diritto. Tale titolo deve essere valido. 3. la trascrizione del titolo => i 10 anni o 3 anni
decorrono dalla data della trascrizione. Alle universalità di mobili si applica un regime analogo. Per i
beni mobili non registrati l’usucapione acquista rilevanza solo quando manca il titolo o la buona fede,
altrimenti l’acquisto della proprietà si verifica istantaneamente. Quando manca il titolo ma non la buona
fede, l’usucapione si compie in 10 anni. Quando mancano entrambi occorrono 20 anni. L’acquisto
avviene ex lege nel momento stesso in cui matura il termine normativamente previsto. Ai fini della
certezza dell’usucapione, potrebbe avere interesse a promuovere un giudizio di accertamento
dell’intervenuta usucapione, ma comunque la sentenza in questione avrebbe carattere dichiarativo e non
costitutivo. È discusso se all’usucapione debba riconoscersi una efficacia retroattiva.

USUCAPIONE SPECIALE PER LA PICCOLA PROPRIETA’ RURALE


Il termine normale per i beni immobili di 20 anni è stato ridotto a 15 anni per i fondi rustici con annessi
fabbricati situati in comuni che per legge siano classificati come montani, ovvero per i fondi con
fabbricati che abbiano un reddito dominicale iscritto al catasto non superiore ai 180,76 €. Per gli stessi
beni un termine di soli 5 anni per il caso dell’usucapione abbreviata.

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