You are on page 1of 102

LETTERATURA

ITALIANA
DELLE ORIGINI
Unit 2
La prosa
Unit 1
La poesia
Competenze
O Saper delineare lo sviluppo della lingua italiana dal latino
sino allaffermazione dei volgari
O Saper delineare lo sviluppo della letteratura
in lingua volgare nei primi due secoli dopo il Mille
O Saper comprendere con laiuto delle note
il significato letterale di un testo letterario in lingua volgare
O Saper individuare il tema e i significati di un testo letterario
attraverso lanalisi guidata del testo
O Saper analizzare, anche in forma guidata, un testo narrativo
letterario utilizzando gli strumenti narratologici
O Saper fare lanalisi guidata di un testo poetico del Duecento
O Saper cogliere in un testo della letteratura duecentesca i
riferimenti al contesto storico-culturale in cui stato scritto
O Saper individuare le relazioni di somiglianza e differenza
tra testi di autori diversi, appartenenti al contesto
storico-letterario del Duecento
O Saper esporre lanalisi di un testo poetico o narrativo letterario
LETTERATURA
ITALIANA
DELLE ORIGINI
PARTE 3
500

Scena di scuola, rilievo funerario proveniente da Treviri,
particolare, III sec. d.C.
LINGUE E LETTERATURE: LE ORIGINI
U
n primo e fondamentale elemento che identifica una letteratura la lingua in cui scritta;
infatti si parla di letteratura italiana, inglese, francese, tedesca, russa e cos via, per ciascuna
delle diverse lingue del pianeta.
La nascita di una letteratura quindi indissolubilmente collegata alla nascita della lingua in cui si
esprime: per ricostruire le origini della letteratura italiana, come per qualsiasi altra, si dovr allora
come primo passo individuare le circostanze in cui la lingua italiana nata e si sviluppata.
La formazione della lingua italiana e delle altre lingue europee moderne un processo pluriseco-
lare, che inizia gi nel tardo Impero romano (III secolo d.C.) e si accelera in seguito alla crisi e al
crollo del V secolo, durante tutto lAlto Medioevo.
LA SITUAZIONE LINGUISTICA
DELLEUROPA ROMANA
L
espansione territoriale di Roma e lunificazione politica di gran parte dellEuropa sotto la sua
dominazione avevano determinato la progressiva diffusione del latino. Il latino era la lingua
ufficiale dello Stato, ma anche la lingua adottata per prestigio e convenienza da quasi tutte le
genti del vasto Impero. Quindi alluniversalismo politico corrispondeva luniversalismo linguisti-
co: tanti diversi popoli sottoposti a un unico potere politico, lImpero romano, e aggregati dalluso
della medesima lingua, il latino.
Non si trattava per di una lingua omogenea e uniforme. Cera il latino classico, chiamato cos
perch era quello usato dagli appartenenti alla prima delle cinque classi in cui erano suddivisi i
cittadini romani, cio le persone socialmente
pi elevate e pi colte. Questa era la lingua
della cultura, elegante e raffinata, che, grazie
al prevalente uso scritto e letterario, conserva-
va inalterate le proprie caratteristiche. Il latino
comunemente parlato era invece soggetto a
una continua trasformazione determinata dalle
aree geografiche, dai ceti sociali, dalle situa-
zioni comunicative in cui veniva utilizzato. Le
variazioni regionali e sociali erano tanto pi
marcate quanto meno radicato era il processo
di romanizzazione.
Il latino parlato era detto sermo vulgaris, cio
lingua volgare o popolare, da vulgus che signi-
fica popolo. Il termine non deve far pensare
a una lingua utilizzata soltanto dai ceti popola-
ri, ma indica piuttosto che indipendentemen-
te dallappartenenza sociale di chi la usava
per un lungo periodo fu una lingua adottata
solamente per la comunicazione orale e quoti-
diana, e dunque diversa dal latino colto, adot-
tato solo per i testi scritti.
555500 555500 500

Dal latino al volgare
Nel V secolo, con la caduta dellImpero romano, lunit politica dellEuropa occidentale si sfald
lasciando il posto alle numerose entit statali nuove, sorte con le invasioni barbariche. Con la fran-
tumazione politica venne a mancare il fattore unificante anche sul piano linguistico. Il latino classico
come lingua ufficiale decadde e luso della lingua scritta si ridusse progressivamente, mentre si af-
fermavano il latino parlato e la pluralit di lingue dei nuovi popoli stanziati nei territori dellImpero.
Il latino parlato o volgare proprio il nucleo
da cui, attraverso un lungo processo evolutivo
e con i contributi determinanti delle lingue bar-
bariche, si vennero formando molte delle lingue
europee moderne, che sono pertanto chiamate
lingue volgari.
Sono dette anche lingue romanze o neolatine
perch in esse, nonostante la presenza di influssi
di altre lingue, la matrice latina dominante. A
queste lingue appartiene anche litaliano.
Nelle regioni dellEuropa centro-settentrionale,
meno soggette allinfluenza del latino come lin-
gua duso comune, si consolidarono i ceppi lin-
guistici originari con la formazione delle lingue
germaniche. NellEuropa orientale, fuori dallor-
bita della dominazione romana, si svilupparono
le lingue slave.
PAROLE DA CONOSCERE
Si definiscono romanze le lingue volgari che, pur aven-
do avuto numerosi e diversi apporti linguistici, derivano
direttamente e prevalentemente dal latino.
Letimologia risale allaggettivo romanus, che, dopo la
caduta dellImpero, designava una popolazione che par-
lava il latino. Da romanus deriva lavverbio romanice,
che nellespressione romanice loqui significava parlare
secondo la maniera dei romani, quando il latino non
era pi la lingua prevalente. Di qui viene il termine ro-
manz, che in antico francese distingueva la lingua deri-
vata dal latino rispetto alle lingue di origine barbarica,
e infine, con lo stesso significato, laggettivo italiano
romanzo.
Sinonimo di romanzo neolatino: entrambi gli agget-
tivi designano lingue che sono il risultato della trasfor-
mazione del latino.
IL QUADRO DELLE LINGUE ROMANZE
Larea linguistica caratterizzata dalle lingue romanze o neolatine comprende gran parte dellEu-
ropa occidentale Francia, Penisola iberica, Italia e una regione dellEuropa orientale, lattuale
Romania.
Nella penisola italiana, lestremo frazionamento politico successivo alla fine dellImpero romano
comportava anche una marcata differenziazione delle lingue usate. In Italia non si form ununi-
ca lingua parlata, ma molte varianti regionali di una base linguistica comune, che Dante chiam
lingua italica o, per analogia con le lingue di area francese, lingua del s. In Italia si parla quindi
di volgare umbro, volgare toscano, ecc.
Le principali lingue che si sono sviluppate in questarea sono le
seguenti:

francese

provenzale

catalano

spagnolo (castigliano)

portoghese

italiano

rumeno
Nel Medioevo in Francia erano usate due lingue,
denominate in base ai due diversi modi di dire s:

lingua dol al Centro-Nord

lingua doc al Sud
Dalla lingua dol derivato il fran-
cese moderno.
501
LAFFERMAZIONE DELLE LINGUE VOLGARI
Le prime testimonianze scritte
Come si visto, dal V al IX secolo nellEuropa occidentale lunit linguistica si dissolse, da un lato
in seguito alla frantumazione politica dellImpero provocata dalle invasioni e dai nuovi regni bar-
barici, dallaltro a causa dellesistenza di fatto di due lingue, anche in un medesimo territorio.
Il volgare era usato nella comunicazione orale, mentre il latino continuava a essere la lingua scritta
e colta, conosciuta e usata da un numero sempre pi ristretto di persone. La civilt altomedievale
era dominata da una cultura orale; luso della lingua scritta cos come lo studio erano prerogative
esclusivamente degli ecclesiastici, tanto che chierico altro termine per indicare un ecclesiastico
era sinonimo di intellettuale. Il latino era infatti la lingua ufficiale della Chiesa, che in questo
periodo rimase lunica istituzione insieme ai grandi poteri politici come imperatori e re a con-
servare la conoscenza dellantica lingua romana e a perpetuarne luso scritto.
Latino e volgari erano quindi lingue sempre pi nettamente distinte e separate negli usi. Si pu dire
che i volgari si siano affermati come lingue autonome quando il loro uso si impose anche nella
comunicazione scritta, sottraendo progressivamente spazio allimpiego del latino.
Il IX secolo rappresent una svolta cruciale
in questo processo, perch per la prima volta
allinterno di testi redatti in latino si fece ricor-
so alluso scritto del volgare.
La svolta fu cruciale in pi sensi, in quanto
significava che:
il volgare era ormai una lingua radical-
mente diversa dal latino;
luso del volgare era divenuto essenziale
per assicurare la comunicazione;
il volgare poteva essere adottato anche
in circostanze solenni.
Non a caso questo passaggio fondamentale
avvenne in documenti di natura politica e giu-
ridica, che richiedevano una comprensione
corretta e univoca da parte dei destinatari.
Pro Deo amur et christian poblo et nostro commun salvament (francese)
In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi
(tedesco)
A livello europeo, la prima testimonianza di un uso ufficiale del volgare costituita dai Giuramenti
di Strasburgo dell842: i successori di Carlo Magno Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico
espressero la formula del giuramento prestato davanti ai loro eserciti rispettivamente in volgare
francese e in tedesco, cio nelle lingue conosciute dai loro popoli, e in queste lingue la formula
venne trascritta nella cronaca del tempo.
Linvocazione a Dio con cui si apriva la formula del giuramento Per amore di Dio e per la salute
del popolo cristiano e nostra comune manifesta con chiarezza le particolarit delle due lingue:
Pier Paolo delle Masegne e Jacobello da Bologna,
Studenti universitari, frammenti dellarca di Giovanni da Legnano,
particolare, XIV sec.
502

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte
Sancti Benedicti
So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trentanni le ha tenute
in possesso lamministrazione patrimoniale di san Benedetto
Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki
contene, et trenta anni le possette
Placito di Sessa Aurunca, 963
So che quelle terre, entro quei confini che ti mostrai e che qui sono descritti, fu-
rono di Pergoaldo e le ha tenute in possesso per trentanni
Kella terra, per kelle fini che bobe mostrai, sancte Marie , et trenta anni le
posset parte sancte Marie
Placito di Teano, 963
Quella terra, entro quei confini che vi mostrai, del monastero di santa Maria,
e trenta anni le ha tenute in possesso lamministrazione patrimoniale di santa
Maria
Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette
parte sancte Marie
Placito di Teano, 963
So che quelle terre, entro quei confini che ti mostrai, trenta anni le ha tenute in
possesso lamministrazione patrimoniale di santa Maria
I primi documenti ufficiali in un volgare italiano
In Italia, il passaggio al volgare scritto si verific oltre un secolo pi tardi; infatti il primo testo che
documenta luso scritto del volgare nella penisola il Placito di Capua del 960, un documento
notarile, per la precisione una sentenza emessa da un giudice a proposito delle propriet terriere
dellabbazia di Montecassino.
La dichiarazione a favore dellabbazia, resa in volgare dai testimoni, viene cos riprodotta fedelmente:
Negli anni immediatamente successivi questa formula, con minime varianti, si ripete in analoghi
giuramenti, sempre dellarea centro-meridionale, a proposito di contestazioni relative a propriet
terriere di monasteri e di privati.
Lincoronazione
di re Giacomo I dAragona,
miniatura, particolare
(un monaco amanuense
redige la cronaca dellevento),
XIII sec.
503
I placiti mostrano le oscillazioni tra latino e volgare, ancora molto evidenti per quanto riguarda sia
il lessico, ad esempio tebe, in latino tibi, per a te, sia la sintassi: Sancte Marie richiama il genitivo
Sanctae Mariae, forma latina corrispondente al complemento di specificazione di Santa Maria.
Per i due secoli successivi, testimonianze delladozione di un volgare italiano come lingua scritta
compaiono, oltre che in alcuni altri documenti di natura giuridica, in testi di carattere religioso
come formule di confessione e sermoni.
Ad esempio, cos scritto in una formula di confessio-
ne di origine umbra risalente alla seconda met dellXI
secolo:
Me accuso de lu corpus Domini, kio indi-
gnamente lu accepi. Me accuso de li miei
adpatrini et de quelle penitentie killi me
puseru e nno llobservai. Me accuso de lu
genitore meu et de la genitrice mia et de li
proximi mei, ke ce non abbi quella dilec-
tione ke mesenior Dominedeu commando.
[] Et pregonde te, sacerdote, ke ndore
pro me, miseru peccatore, ad dominum
nostrum Iesum Chtistum, et diemende pe-
nitentia, ke lu diabolu non me nde poza
adcusare, kio iudecatu nde non sia de tut-
te le peccata mie.
Mi accuso a proposito del corpo di Cristo, che
io ricevetti indegnamente. Mi accuso a propo-
sito dei miei confessori e delle penitenze che
essi mi imposero e che io non osservai. Mi ac-
cuso a proposito di mio padre e di mia madre
e del mio prossimo, che non ebbi verso di loro
quellamore che messer Domineddio coman-
d. [] E chiedo a te, sacerdote, che preghi per
me, misero peccatore, nostro Signore Ges
Cristo, e domando di fare penitenza, in modo
che il diavolo non mi possa accusare, che io
non sia giudicato per tutti i miei peccati.
Quello che si afferm per primo nello scritto quindi un uso pratico del volgare, dettato dalla
necessit di comunicare con destinatari non colti, che non erano pi in grado di capire il latino e
rappresentavano ormai la maggioranza della popolazione.
LE TAPPE DELLAFFERMAZIONE DEL VOLGARE SCRITTO
data documento area
842 Giuramenti di Strasburgo Europa
IX sec. Indovinello veronese Italia
960-963 Placito di Capua e altri placiti Cassinesi Italia
XI sec. Formula di confessione umbra Italia
XI-XII sec. Iscrizione di San Clemente Italia
XII sec. Sermoni subalpini Italia
Il Placito di Capua, 960.
504

Le lingue volgari: luso letterario
Per luso letterario del volgare era necessario che
maturassero altre e pi complesse condizioni.
Innanzi tutto la lingua volgare doveva essere ab-
bastanza evoluta e ricca da poter esprimere con-
tenuti complessi e articolati secondo le norme
della codificazione letteraria. Inoltre si dovevano
formare i due essenziali protagonisti della comuni-
cazione letteraria: autori e pubblico. Lesistenza di
un pubblico colto, interessato a un intrattenimento
raffinato e prestigioso, e di intellettuali laici, estra-
nei allambito ecclesiastico, portatori di una cultu-
ra con contenuti e finalit profane, ovvero non re-
ligiose, era un requisito indispensabile alla nascita
della nuova letteratura.
Dallintreccio di queste condizioni nel Basso Me-
dioevo, cio intorno al Mille, nacquero le moderne letterature nazionali. Queste si esprimevano
non pi in latino lingua sovranazionale dellImpero romano prima e della Chiesa poi ma nelle
diverse lingue locali, cio i vari volgari che ormai si erano affermati nelle diverse realt sociali e
politiche in cui era suddivisa la nuova Europa.
Esse vengono definite letterature romanze, in quanto scritte in volgare, ovvero in lingua romanza o
neolatina. La pi precoce quella nata in area francese, le cui testimonianze pi antiche risalgono
alla fine dellXI secolo. In Italia, invece, luso del volgare per comporre testi letterari compare per
la prima volta nella prima met del Duecento.
LETTERATURA ITALIANA IN LINGUA VOLGARE
Le origini
I primi testi letterari scritti in volgare comparvero in Italia quasi contemporaneamente in due regio-
ni e in due contesti culturali e sociali assai diversi.
In Umbria, tra il 1224 e il 1226, Francesco dAssisi scrisse il Cantico delle creature, un inno di lode
e ringraziamento a Dio creatore, che il pi antico testo letterario non anonimo in un volgare ita-
liano, precisamente il volgare umbro. A partire dal 1230 circa alla corte di Federico II, imperatore
e re di Sicilia, fior la lirica damore composta in volgare siciliano.
Negli stessi anni, pur se con contenuti e motivazioni differenti, con queste due esperienze poetiche
si realizzava anche in Italia il grande salto qualitativo nelluso del volgare e nasceva la tradizione
letteraria nazionale.
USO LETTERARIO DELLE LINGUE ROMANZE: LE ORIGINI
data area genere lingua
XI-XII sec. Francia centro-settentrionale poemi epici lingua dol
XII-XIII sec. Francia centro-settentrionale romanzi cavallereschi lingua dol
XI XII sec. Francia meridionale lirica cortese lingua doc
1224-fine XIII sec. Italia/Umbria poesia religiosa volgare umbro
1230-1260 Italia/Sicilia poesia siciliana volgare siciliano
1260-1280 Italia/Toscana poesia siculo-toscana volgare toscano
Perceval a cavallo, miniatura tratta da
Perceval le Gallois di Chrtien de Troyes, XIV sec.
505
Il ritardo italiano
In questo passaggio di fondamentale importanza lItalia era stata preceduta dalla Francia, dove nel
XII e XIII secolo si era gi sviluppata una rigogliosa produzione letteraria espressa nelle due lingue
romanze di quellarea. Nel Centro-Nord, dove si parlava il francese o lingua dol, nacquero la
poesia epica delle chansons de geste (canzoni di gesta) e i romanzi cortesi. Le regioni del Sud
furono invece la culla della lirica damore scritta in provenzale o lingua doc.
In Italia la nascita della letteratura in volgare avvenne dunque con oltre un secolo di ritardo rispetto
alla vicina Francia. uno scarto cronologico consistente, per il quale sono state avanzate molteplici
spiegazioni, che possono essere ricondotte a tre ordini di fattori:
1. la presenza pi forte e radicata della tradizione latina, che rallent laffermazione dei
volgari come lingue di cultura;
2. la frantumazione politica e quindi linguistica, che ostacol lemergere di un volgare
dominante;
3. il minor predominio dellaristocrazia feudale, che era stata la protagonista del sorgere
della letteratura in volgare in Francia.
Un panorama della letteratura italiana nel Duecento
A partire dal 1230 circa la letteratura in volgare italiana si consolid attraverso tre grandi filoni di
poesia, che si svilupparono autonomamente e si differenziavano per i temi trattati, larea di diffu-
sione, il volgare e le scelte formali.
NellItalia centrale, e specialmente in Umbria, si afferm, a cominciare dalla straordinaria figura di
Francesco dAssisi, una significativa produzione in versi di argomento religioso, allinterno della
quale spicca il genere della lauda, una sorta di preghiera in versi, portato alla pi alta espressione
poetica alla fine del Duecento da Jacopone da Todi.
La lirica darte di argomento amoroso, che, come si accennato, esord alla corte di Federico
II, dopo la met del Duecento trov il suo proseguimento nella poesia siculo-toscana, chiamata
cos in quanto eredit i modelli della poesia siciliana trasferendoli nella lingua e nellambiente ur-
bano della Toscana.
Sul finire del secolo la poesia damore ebbe un ulteriore sviluppo con il movimento del Dolce Stil
Novo, che si svilupp a Firenze ed ebbe fra i suoi esponenti Dante Alighieri.
NellItalia settentrionale luso del volgare letterario fu ulteriormente ritardato dalla diffusione del
francese e del provenzale. Ma nella seconda met del XIII secolo alcuni autori, come Bonvesin
de la Riva e Giacomino da Verona, adottarono i volgari padani per comporre poemetti didattico-
moraleggianti, brevi poemi finalizzati alla formazione morale dei destinatari e a sfondo prevalen-
temente religioso.
La prosa in volgare conobbe uno sviluppo pi lento e di minor rilievo artistico rispetto alla poesia,
poich legemonia del latino nella prosa era molto radicata. La produzione in prosa si afferm
a partire dalla seconda met del XIII secolo, soprattutto nelle regioni centro-settentrionali, ed
comunque molto rappresentativa delle esigenze culturali della nuova societ urbana. Infatti com-
prende soprattutto opere a scopo didattico e divulgativo, oppure epistolari e cronache, che testi-
moniano il diffuso interesse per la realt contemporanea.
Nellambito della prosa vanno ricordate anche due opere assai originali, che rappresentano lesor-
dio della prosa narrativa in Italia. Si tratta del Novellino, una raccolta anonima di cento brevi nar-
razioni, la cui composizione risale probabilmente allultimo ventennio del Duecento, e del Milione
(1298) che, mescolando cronaca e fantasia, narra il viaggio in Oriente del mercante veneziano
Marco Polo.
506

Il poeta Walter
von der Vogelweide
compone una canzone,
miniatura tratta dal
Codice Manesse,
XIV sec.
XIn questa unit
Francesco dAssisi, Cantico di frate sole
Jacopone da Todi, O iubelo del core
Jacopone da Todi, O amore de povertate
Bernart de Ventadorn, Quando erba nuova e nuova foglia nasce
Iacopo da Lentini, Io maggio posto in core a Dio servire
Monte Andrea, S come i marinar guida la stella
Chiaro Davanzati, La splendente luce, quando apare
Compiuta Donzella, A la stagion che l mondo foglia e fora
Iacopo da Lentini, Amor uno desio che ven da core
XTracce
Umberto Saba, A mia moglie
Gabriele DAnnunzio, La sera fesolana
Testi ONLINE
Bonagiunta Orbicciani,
Tutto lo mondo si mantien
per fore
Guittone dArezzo,
Tuttor cheo dir
Gioi gioiva cosa
Guglielmo dAquitania,
Tutto gioioso
LA POESIA
unit 1
507
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
LA POESIA RELIGIOSA
IL CLIMA SPIRITUALE DEL XIII SECOLO
E FRANCESCO DASSISI
A
llinizio del XIII secolo, in Italia, la comunit cristiana era percorsa da profonde esigenze di
rinnovamento del sentimento e della pratica religiosi ispirate ai principi evangelici di povert,
carit, umilt, fratellanza. Lautentico messaggio del cristianesimo originario veniva contrapposto
ai valori della ricchezza e del potere, diventati dominanti sia nelle istituzioni ecclesiastiche sia
nellemergente societ mercantile. Un intenso fermento spirituale gi dalla fine del secolo pre-
cedente aveva dato vita a vari movimenti popolari che condannavano la decadenza morale della
Chiesa e ne chiedevano una riforma, fino a sfociare su posizioni ereticali.
Questo clima spirituale trov in Francesco dAssisi unespressione di grande forza e capacit di coin-
volgimento. Le sue radicali scelte di vita, imperniate sulla povert e sullumilt, limpegno a fianco
degli emarginati, la rigorosa attuazione dei principi dellamore universale e della pace, incarnavano
senza compromessi il messaggio evangelico e davano una risposta concreta alle ansie di rinnova-
mento religioso del suo tempo. Il movimento francescano suscit infatti una straordinaria adesione,
diffondendosi in tutti i ceti sociali ed espandendosi rapidamente gi durante la vita del santo.
Lispirazione popolare del cristianesimo di Fran-
cesco si rifletteva anche nella novit della sua
predicazione, che il santo voleva rivolgere a tutti,
senza distinzione di ceto e di cultura. Il suo lin-
guaggio era quindi semplice e immediato, acces-
sibile anche agli incolti, lontano dalle sottigliezze
teologiche medievali ma capace di trasmettere
lentusiasmo e il fervore religioso del poverello
dAssisi. Questo atteggiamento fu di fondamen-
tale importanza non solo sul piano religioso, ma
anche su quello culturale. Francesco dAssisi era
colto: conosceva il francese e il latino, che aveva
utilizzato per la maggior parte dei suoi testi, ma,
volendo diffondere il suo messaggio alla totalit
dei devoti, scrisse anche in volgare. Suo infatti
quello che viene considerato il primo testo della
letteratura italiana.
Il Cantico di frate sole
allorigine della letteratura italiana
Secondo un criterio strettamente cronologico, linizio della letteratura italiana rappresentato da
una poesia di argomento religioso: il Cantico di frate sole o Laudes creaturarum che Francesco
dAssisi, secondo la tradizione, avrebbe composto in gran parte nel 1224 e completato poco prima
della sua morte, nel 1226.
Con il Cantico luso scritto del volgare non pi soltanto occasionale n dettato da pure necessit
di comunicazione. Il testo francescano, pur avendo la destinazione pratica di inno da cantare nelle
celebrazioni, si colloca decisamente allinterno della comunicazione letteraria per il grado di ela-
borazione formale e per la densit di contenuti.
PAROLE DA CONOSCERE
La parola eresia viene dal greco hairsis che signifi-
ca scelta. Nella dottrina cattolica indica linterpre-
tazione di chi, pur continuando a definirsi cristiano,
si oppone alle verit e ai dogmi stabiliti dalla Chie-
sa. Questi ultimi costituiscono invece lortodossia,
che sempre dal greco orthdoxos, retta opinio-
ne indica il pensiero religioso conforme a quello
ufficiale.
Nel Medioevo, in particolare tra il XII e il XIII se-
colo, si svilupparono alcuni importanti movimenti
ereticali che, richiamandosi ai principi evangelici
della povert e delluguaglianza, esprimevano an-
che laspirazione degli strati popolari a una mag-
giore giustizia ed equit sociale. Furono dichiarati
eretici i movimenti dei ctari e dei valdesi, e per-
tanto duramente combattuti dalla Chiesa.
508
unit 1 LA POESIA
Infatti si pu notare che:
la lingua adottata il volgare umbro, depurato dalle forme pi popolari e nobilitato da usi
grafici, lessico, costruzioni sintattiche e grammaticali derivati dal latino e da alcune influenze,
soprattutto lessicali, delle lingue letterarie contemporanee, francese e provenzale;
il testo rivela sotto lapparente spontaneit e semplicit una costruzione studiata, ricca di
riferimenti culturali, in primo luogo alle Sacre Scritture, e di procedimenti retorici e stilistici
conformi alla solennit dellargomento;
il testo esprime, in forma sintetica e suggestiva, i punti essenziali del pensiero religioso di
Francesco dAssisi e della sua originale interpretazione del cristianesimo.
Poesia e tradizione religiosa
Negli antichi manoscritti e nelle prime biografie del santo, la composizione stata tramandata con
i due titoli di Laudes creaturarum (Lodi delle creature) e Canticum fratris solis (Cantico di frate
sole). Entrambi risalgono al linguaggio della tradizione religiosa.
Il primo titolo rimanda al modello cui si ispirava il testo e alla sua destinazione; il testo francescano
infatti una preghiera sullesempio delle laudes, come si chiamano nella liturgia i salmi in lode
di Dio cantati in determinate ore del giorno. Il termine Canticum del secondo titolo deriva dalla
Bibbia, dove indica gli inni rivolti al Signore. La dedica al sole nasce dalla posizione privilegiata
dellastro che ne fa la creatura pi vicina a Dio e, in quanto somma luce, simbolo del divino.
Le forme letterarie che hanno influenzato pi direttamente la scrittura francescana sono i salmi bi-
blici e i testi evangelici. Dai salmi deriva innanzi tutto la prosa ritmica, cio composta da versetti,
come sono chiamati i brevissimi paragrafi legati da assonanze in cui sono suddivisi i salmi biblici
e, in seguito, anche i canti liturgici. Anche lanafora Laudato si riprende una formula propria dei
salmi; i contenuti delle lodi rivolte a Dio si ispirano in particolare al salmo 148 e al Cantico dei tre
fanciulli (Daniele III,51). Ai Vangeli risalgono molte espressioni e immagini del Cantico, ad esempio
nelle strofe finali dedicate al tema del perdono e della morte.
Nato intorno al 1181 da una
ricca famiglia borghese - il
padre era un mercante tes-
sile -, Francesco visse la
prima giovent tra gli agi e i
divertimenti. Come i giovani
della sua estrazione sociale,
partecip alle vicende mi-
litari che videro la sua citt
natale impegnata contro la vicina Perugia. Proprio
in quella occasione cominci a manifestarsi una
profonda crisi spirituale, che culmin nella conver-
sione del 1206. Dopo aver rinunciato alla propria
condizione sociale e a tutti i suoi averi - per dimo-
strare il totale rifiuto dei beni materiali si spogli
anche dei propri abiti -, con un primo piccolo grup-
po di seguaci inizi una nuova vita ispirata allimi-
tazione di Cristo e allincarnazione del messaggio
evangelico. In assoluta povert, vivendo di elemo-
sina, si dedic allassistenza dei pi miseri e alla
predicazione, spingendosi fino in Africa e in Terra
Santa, dove oppose al modello aggressivo delle
Crociate il tentativo di unevangelizzazione paci-
fica. Nonostante queste scelte fossero di per s
alternative rispetto ai costumi e agli orientamenti
della Chiesa, Francesco non si scontr mai fron-
talmente con listituzione ecclesiastica, cui anzi
dimostr sempre obbedienza e subordinazione. I
rapporti con la curia romana tuttavia non furono
privi di difficolt, soprattutto per il riconoscimento
del suo nuovo Ordine, per il quale Francesco non
voleva adottare una delle regole monastiche gi
esistenti. Nel 1210 ottenne da papa Innocenzo III
una prima approvazione verbale della sua Regola,
ma solo nel 1223 Onorio III approv la nuova Re-
gola, redatta in modo da salvaguardare loriginaria
ispirazione del movimento francescano senza en-
trare in conflitto con le esigenze del papato.
Nel 1224 sul monte della Verna, dove negli ultimi
anni di vita si recava sovente in solitaria medita-
zione, ricevette le stimmate, cio le piaghe sulle
mani e sui piedi che erano i segni della crocifis-
sione di Cristo. Mor presso Assisi, nella chiesetta
della Porziuncola, nella notte tra il 3 e il 4 ottobre
1226 e nel 1228 venne proclamato santo da papa
Gregorio IX.
LAUTORE
509
510 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. Altissimu: come il successivo onnipotente,
lappellativo attribuito a Dio nel linguag-
gio biblico e liturgico. La finale in -u, che si
trova anche nei seguenti nullu, dignu, bellu,
ellu, celu, focu, tipica del volgare umbro;
bon: fonte del bene.
2. Tue so benedictione: spettano a te. Da
notare la grafia latineggiante di laude, ho-
nore, onne, benedictione che ricorre anche
successivamente nel testo.
3-4. Ad te mentovare: solo a te, Altissimo, si
addicono (se konfano) e nessun uomo de-
gno (ne dignu) di nominarti (te mentovare).
Luso della k e la desinenza -ano senza la dop-
pia in konfano sono caratteri linguistici um-
bri. Questa desinenza si trova in altre forme
verbali del Cantico: sosterano, sirano, morra-
no. Anche ne forma umbra, mentre men-
tovare potrebbe essere un francesismo (dal
francese mentevoir o dal provenzale mentau-
re) o secondo studi recenti un vocabolo
proprio dei volgari dellItalia centrale.
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so le laude, la gloria e lhonore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ne dignu te mentovare.
UN TESTO SPIEGATO
Francesco dAssisi
CANTICO DI FRATE SOLE
1224-1226
Il Cantico un inno in origine prevedeva anche la
musica di destinazione liturgica, che, sullesempio
dei Salmi, eleva la lode a Dio attraverso lelenca-
zione delle sue creature e di tutto ci che egli ha
donato agli uomini.
Tutto il creato con la sua bellezza manifesta
la potenza dellAltissimo, ed segno della sua
infinita bont; infatti le creature sono celebrate
anche come doni che Dio ha fatto alluomo. Cos
a cominciare dal sole, che porta la luce vitale
allumanit, e via via per tutte le altre: i corpi cele-
sti, preziosi per il loro splendore nella notte; laria
e lavvicendarsi delle stagioni, che garantiscono
nutrimento agli uomini; lacqua, indispensabile
alla vita; il fuoco, che risplende nelloscurit; la
terra, che madre e nutre tutti gli esseri viventi.
Persino le sofferenze, la malattia e la morte, nella
prospettiva della fede francescana, sono un segno
della misericordia divina, perch chi le sopporta in
nome dellamore di Dio verr premiato nella vita
eterna. Sono beati coloro che perdonano, coloro che sopportano con serenit il dolore,
coloro che muoiono in grazia di Dio. Solo chi muore nel peccato deve temere la morte,
perch per lui la fine della vita coincider con la morte eterna, cio la dannazione.
Metrica: prosa ritmica di versetti assonanzati con rare rime.
Giotto, La predica agli uccelli,
1290-1300 circa.
unit 1 LA POESIA 511
5-7. cum: interpretato in vari modi, come il
per dei vv. 10 e seguenti, pu significare
con oppure per mezzo di, o a causa di;
ma prevale linterpretazione cos come. La
costruzione risulta pertanto la seguente: Sii
lodato, o mio Signore, cos come tutte le tue
creature, specialmente il signore (messor) e
fratello sole, che luce del giorno (iorno) e
tu, Dio, per mezzo di lui ci illumini (Et allu-
mini noi per lui). Messor forma umbra per
messer che era il titolo attribuito nel linguag-
gio feudale ai sovrani; la i iniziale di iorno
unulteriore forma umbra.
8. ellu: esso (il sole); radiante splendore:
splendente, raggiante con grande luce.
9. de te significatione: rappresenta, simbo-
leggia te, Altissimo.
10. per: la preposizione per in questo e in tut-
ti i versetti successivi ha dato luogo a molte
interpretazioni. Il significato pi imme-
diato, e attualmente pi accettato, quello
causale: Dio lodato a causa della bellezza e
del valore delle sue creature. Ma pu essere
inteso anche come complemento dagente:
Dio lodato da parte di tutte le creature; o
mediale: Dio lodato non direttamente ma
attraverso le sue creature; o ancora strumen-
tale: Dio lodato per mezzo delle creature;
sora: sorella.
11. formate: create; clarite: luminose, un la-
tinismo.
13-14. per aere sustentamento: per laria
e per il cielo nuvoloso e per il sereno e per
qualsiasi tempo, grazie al quale dai nutri-
mento (sustentamento) alle tue creature.
16. casta: pura. La purezza dellacqua ha anche
un valore religioso; infatti lacqua che nel
battesimo purifica dal peccato.
18. per lo quale la nocte: grazie al quale il-
lumini (enallumini, il prefisso en- ha valore
pronominale, per noi) la notte per noi. Il
fuoco riprende limmagine e la funzione del
sole al v. 7.
19. iocundo: lieto, vivace; robustoso: robusto,
la desinenza -so ha valore rafforzativo.
20. sora matre: la terra creatura fra le al-
tre e quindi sorella, ma anche madre perch,
come viene esplicitato nei versetti seguenti,
d nutrimento e vita; sora e matre sono for-
me umbre.
21-22. la quale herba: che ci (ne, pronome)
alimenta e nutre (sustenta et governa, cop-
pia sinonimica), e produce diversi frutti cos
come (con, cfr. v. 5) fiori colorati ed erba.
Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu bellu et radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si, mi Signore, per sora luna e le stelle:
in celu li formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si, mi Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature di sustentamento.
Laudato si, mi Signore, per soraqua,
la quale multo utile et humile, et pretiosa et casta.
Laudato si, mi Signore, per frate focu,
per lo quale enallumini la nocte:
et ello bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
5
10
15
20
512 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
24. Et sostengo tribulatione: e sopportano
malattie e sofferenze; sostengo terza perso-
na plurale con desinenza propria dei volgari
dellItalia centrale.
25-26. Beati incoronati: beati coloro che lo
sopporteranno ( l sosterrano: l vale lo, un
pronome che si riferisce alle malattie e sof-
ferenze del versetto precedente), perch (ka)
da te, Altissimo, saranno premiati (sirano in-
coronati). La formula riecheggia il discorso
delle beatitudini (Matteo, 5,3-10).
27-28. Laudato skappare: Sii lodato, mio Si-
gnore, per la nostra sorella morte fisica, del
corpo (corporale) dalla quale nessun vivente
pu salvarsi (skappare).
29. peccata: plurale neutro di derivazione latina.
30. trovar: trover; il soggetto la morte
(v. 27); ne le tue sanctissime voluntati: in
armonia con la tua volont; da notare la for-
ma latineggiante voluntati.
31. ka male: perch la morte eterna, la dan-
nazione (la morte secunda) non far loro (no
l farr, l sta per gli, a loro e si riferisce a
coloro che muoiono in grazia di Dio) male.
Morte secunda nel senso di dannazione si
trova in Apocalisse, XX,14.
33. serviateli: servitelo, costruito alla latina
con il complemento di termine; un con-
giuntivo esortativo con lo stesso valore degli
imperativi Laudate, benedicete, rengratiate.
Laudato si, mi Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
Et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente p skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovar ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no l farr male.
Laudate e benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
Poeti del Duecento,
a cura di G. Contini, Ricciardi, Milano-Napoli 1960
25
30
RACCOGLIAMO LE IDEE
IL TESTO
Il Cantico ha una struttura circolare: esordisce
con laffermazione che solo a Dio vanno rivolte
le lodi e si chiude con linvito a tutti i creden-
ti a unirsi in questa lode al Signore, che luomo
come detto in apertura dellinno non pu
nominare, ma soltanto ringraziare e servire.
La successione delle lodi rispetta un ordine ge-
rarchico che risale alle concezioni medievali e
procede dallalto verso il basso. Dopo linvoca-
zione allAltissimo del versetto iniziale, la lode
contempla prima di tutto il sole, la creatura pi
alta e simbolo di Dio, e gli altri astri; dal mon-
do celeste passa poi ai quattro elementi aria,
acqua, fuoco, terra del mondo sublunare, per
arrivare infine alluomo. Attraverso la lode degli
uomini che con la fede vincono la morte, il canto
si chiude con il ritorno a Dio.
Secondo le fonti pi antiche la seconda parte del
Cantico, che inizia con la cosiddetta strofa del
perdono, sarebbe stata composta un anno dopo
la prima parte.
I TEMI
Nel Cantico la particolarissima religiosit fran-
cescana concentrata in parole semplici ma
di grande suggestione. Il tema centrale la ce-
lebrazione di Dio, padre amorevole di tutte le
unit 1 LA POESIA 513
creature, e, parallelamente, lamore delle crea-
ture verso il loro creatore e fra di loro, in quanto
figlie tutte dello stesso padre. Il rapporto tra la
divinit e il creato armonioso e positivo, con-
trassegnato dalla benevolenza e dalla misericor-
dia. Alla visione cupa e pessimistica che spesso
pervadeva la religiosit medievale, Francesco
contrappone una visione serena dellesistenza e
il valore della bellezza delluniverso, in cui tut-
to segno della bont divina.
Fondamentale anche il richiamo a due principi
centrali della spiritualit francescana: lobbe-
dienza e lumilt nel servire Dio, che portano
a vivere in letizia ogni esperienza, anche le pi
gravose come le sofferenze e la stessa morte.
Per questo anche le due strofe finali, chiamate
rispettivamente del perdono e della morte,
in cui stato rilevato un tono pi drammatico
rispetto alla celebrazione delluniverso naturale,
rientrano nella concezione francescana incen-
trata sul fiducioso e gioioso rapporto con Dio.
LO STILE
Le qualit formali del testo derivano soprattutto
dalla volont di adeguare lo stile allargomento
elevato e rivelano la consapevolezza stilistica e
retorica dellautore.
Oltre alla nobilitazione del volgare umbro at-
traverso latinismi e francesismi, e ai riferimenti
biblici ed evangelici, nel Cantico sono presen-
ti alcuni procedimenti retorici e alcune scelte
stilistiche che conferiscono particolare dignit
allespressione.
Si notino ad esempio lanafora con cui si apre
ciascuna strofa di lode, le ripetizioni ricorren-
ti nella formulazione delle lodi (il per seguito
dallelenco delle qualit delle creature), luso di
coppie sinonimiche (sustenta et governa; infir-
mitate et tribulatione), laccumulazione nella se-
rie di aggettivi o di azioni attribuiti alle creature,
le antitesi (nubilo et sereno, humile et pretiosa).
Molto significative sono anche le scelte delle se-
rie di aggettivi, costantemente in numero di tre
o quattro, disposti o secondo un climax ascen-
dente (il sole bellu e radiante cum grande splen-
dore) oppure secondo una sapiente alternanza
di valori: gli aggettivi riferiti allacqua in rela-
zione alla sua utilit per luomo, utile e pretiosa,
si alternano con quelli, humile e casta, che ne
esprimono il significato mistico.
Questi procedimenti non hanno per un sem-
plice scopo estetico e ornamentale, ma sono
funzionali a un messaggio che vuole ribadire il
profondo legame damore con tutte le creature e
quindi con il loro creatore.
LA METRICA
Il Cantico non propriamente un testo in versi e
non rientra in una forma metrica codificata. Si
tratta di una prosa ritmica suddivisa in strofe di
diversa lunghezza composte da versetti legati da
assonanze, con rare rime (es. stelle/belle; vento/
sustentamento; corporale/male; rengratiate/hu-
militate).
Tale scansione ritmica riprende quella dei sal-
mi ed giustificata dalloriginaria destinazione
per il canto; Francesco avrebbe composto anche
laccompagnamento musicale, che per andato
perduto.
Un particolare accorgimento retorico che con-
corre alla musicalit e alla letterariet del testo
quello del cursus (andamento in latino), una
tecnica della prosa medievale che riguardava la
collocazione ritmica delle ultime due parole di
una frase in base allaccento. Ad esempio al v. 3
Altssimo, se konfno cursus velox, poich la
successione degli accenti + / + (dove
il + indica la sillaba accentata e il quella ato-
na), mentre al v. 8 grnde splendre cursus
planus, in quanto la successione degli accenti
+ / + .
Bonaventura
Berlinghieri,
Pala di
san Francesco
e storie
della sua vita,
1235.
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
LA LAUDA
N
el ricco clima spirituale del Duecento, sempre in Umbria, intorno alla met del secolo si diffu-
se un movimento popolare che invitava tutti i credenti alla penitenza e al timore di Dio. I suoi
seguaci diffondevano la loro predicazione con processioni per le vie delle citt, intonando, oltre
agli inni della liturgia tradizionale, una nuova forma di canto in volgare che prese il nome di lauda.
Erano inni di lode alla Madonna, a Ges e ai santi, che utilizzavano la forma metrica della ballata.
Le ballate erano componimenti popolari, di argomento e destinazione profani, essendo nate per
accompagnare il ballo; il metro era caratterizzato dalla presenza di un ritornello o ripresa che
veniva cantato dal coro, mentre il solista intonava la strofa.
Nella versione religiosa della ballata, che appunto la lauda, lalternanza fra la voce solista e
quella del coro diede origine alla lauda dialogata, in cui il tema era sviluppato attraverso il dialogo
dei personaggi.
Nel Trecento la recitazione delle parti dialogiche port alla
lauda drammatica, nucleo originario della sacra rappresenta-
zione, prima forma di teatro in volgare di argomento religioso
affermatosi tra il XIV e il XV secolo.
I laudari, come sono chiamate le raccolte di laude, sono tutti
anonimi e il pi antico il Laudario di Cortona, che risale
circa al 1270.
In questa produzione si distingue lopera di Jacopone da
Todi, un autore che diede una versione molto personale del
genere della lauda.
PAROLE DA CONOSCERE
Dal latino pauper, povero, la parola
pauperismo indica gli ideali di pover-
t evangelica cui si ispiravano molti
movimenti religiosi e popolari del Me-
dioevo. Essi, in nome di tali principi,
contestavano i valori della ricchezza e
del potere diffusi nella societ mercan-
tile, che spesso intaccavano anche la
condotta del clero.
La religiosit tormentata di Jacopone da Todi
Rispetto al genere tradizionale della lauda, lopera di Jacopone da Todi presenta caratteri molto
originali. Innanzi tutto i laudari erano tradizionalmente delle raccolte anonime che esprimevano un
sentimento collettivo. Nel Laudario di Jacopone, invece, si impongono come protagoniste la storia
personale, le concezioni e la personalit dellautore, conferendo allopera un carattere di spiccata
individualit. Inoltre il temperamento appassionato e irruente di Jacopone, la sua religiosit inquie-
ta, le vicende drammatiche della sua vita danno alla raccolta un tono polemico e intensamente
emotivo, estraneo agli altri laudari.
LA TEOCRAZIA
E LA CHIESA MEDIEVALE
Il termine teocraz|a deriva dalle parole greche
thes, dio, e krtos, potere, e definisce un
governo in cui il potere politico esercitato dallau-
torit religiosa, in quanto ritenuta depositaria della
volont di Dio.
Nel Medioevo, dopo una profonda crisi verificatasi
intorno al Mille, quando la Chiesa si vide sottomes-
sa alla supremazia dellImpero, il papato riusc a
recuperare la propria autonomia. Nel corso del XII
secolo la Chiesa ristabil il proprio potere in ambito
spirituale e in tutte le questioni di carattere religio-
so, come la nomina dei vescovi. Tra la fine del XII e
linizio del XIII secolo, il papa Innocenzo III (1160-
1216) arriv a estendere il proprio potere anche in
amb|to tempora|e, cio nelle questioni di caratte-
re civile e politico. Il pontefice intervenne in tutte le
vicende europee per rafforzare il ruolo della Chie-
sa: determin la scelta del candidato allelezione
imperiale, rinsald il potere papale sui territori ita-
liani appartenenti alla Santa Sede, costrinse molti
sovrani europei a dichiararsi suoi vassalli.
La politica di Innocenzo III uno degli esempi pi
compiuti di potere teocratico. La teocrazia fu co-
munque un obiettivo ricorrente della Chiesa medie-
vale, che spesso lo persegu in antagonismo con
laltro grande potere sopranazionale, cio lImpero.
la storia
514
unit 1 LA POESIA
Molte laude di Jacopone sono ispirate a memo-
rie e a episodi autobiografici, e tutte esprimono
una religiosit tormentata e intransigente, ca-
ratterizzata da tendenze tipiche della spiritualit
medievale, che lautore visse e predic in forme
spesso esasperate e provocatorie.
Nonostante fosse un ardente francescano, la sua
visione del mondo era opposta a quella del santo
di Assisi. Alla serena letizia e allamore per il cre-
ato, Jacopone contrapponeva il disprezzo del
mondo, vale a dire la radicale condanna di tut-
to ci che appartiene alla vita terrena: il corpo,
la salute, le convenzioni sociali, la ricchezza e il
potere vanno rifiutati, perch sono solo espres-
sione del male e della negativit delluomo. Per-
sino la cultura condannata come manifestazio-
ne della vanit e della presunzione umane.
In antitesi ai valori mondani, Jacopone esaltava i valori dellascesi: la sofferenza, lumiliazione, la
malattia, la povert vanno ricercate e praticate per espiare le colpe e avvicinarsi a Dio.
La drastica svalutazione della dimensione terrena si accompagnava in lui al fervente misticismo,
cio la tensione verso lunione spirituale con Dio attraverso lamore incondizionato e labbandono
dellapproccio conoscitivo razionale.
Misticismo e disprezzo del mondo costituiscono le costanti della scrittura di Jacopone, dando vita
a unopera caratterizzata da toni di accesa polemica e di angosciato
pessimismo, sia nelle laude ispirate alle sue battaglie contro la Chiesa sia
in quelle di argomento pi strettamente morale-religioso.
PAROLE DA CONOSCERE
Il termine ascesi (dal greco skesis, esercizio) indica una
rigida disciplina fondata sul distacco dalle cose terrene per
raggiungere la purificazione dellanima e dedicarsi compiuta-
mente e degnamente alla vita spirituale. la condizione indi-
spensabile per poter accedere allunione mistica con il divino.
Il termine mistico invece deriva dal greco mystes, che indica-
va chi era iniziato ai misteri religiosi; la parola designa, come
aggettivo, un particolare modo di vivere la religiosit, diffuso
soprattutto nel Medioevo e, come sostantivo, chi pratica que-
sta visione della fede. Il mistico tende a entrare in diretta co-
municazione con Dio, sostituendo lintuizione e lilluminazione
della Grazia ai procedimenti della ragione e della logica. Que-
sta esperienza di unione con il divino perseguita attraverso
lisolamento, la meditazione e la preghiera, che permettono
al mistico di staccarsi completamente dalla dimensione sen-
sibile e immergersi in una dimensione puramente spirituale.
Il Laudario di Jacopone: struttura e stile
Il Laudario di Jacopone comprende novantadue componimenti.
La visione pessimistica delluomo e la cupa negazione del mondo predo-
minano nella prima parte, mentre nella seconda prevalgono lesaltazione
dellamore per Dio e leccezionalit dellesperienza mistica. Alla diver-
sit dei temi corrisponde una variazione dello stile: nella prima parte il
linguaggio caratterizzato da toni molto aspri e polemici, da violente
polemiche e da un lessico crudo e realistico, mentre nella seconda il lin-
guaggio pi lirico, in quanto volto a esprimere linebriante esaltazione
dellamore verso Dio.
Lo stile di Jacopone comunque estremamente personale in tutte le sue
laude. Egli infatti respingeva le scelte espressive attente ai valori estetici e
culturali: bellezza e cultura erano per lui peccaminose tentazioni e mani-
festazioni della superbia umana. Il suo linguaggio quindi volutamente
popolare e antiletterario, sia nelle scelte lessicali sia nelle costruzioni
sintattiche, entrambe molto vicine alla lingua parlata. Non mancano co-
munque forme colte e artifici retorici, che rivelano il retroterra culturale
dellautore e che producono una singolare mescolanza fra il registro alto
e quello popolare.
Paolo Uccello, Jacopone da Todi, 1435.
515
516 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. iubelo: la gioia, lesultanza dellincontro mistico con Dio.
3-6. Quanno iubel parlare: quando il giubilo diventa ardente (se scalda), obbliga luomo a can-
tare, e la lingua balbetta (barbaglia) e non sa che cosa dire (che parlare).
7-8. dentro l dolzore: non lo pu celare dentro di s, tanto grande (granne) la dolcezza ( l dol-
zore) che prova. Si noti in granne lassimilazione del gruppo consonantico -nd in -nn, tipica dei
volgari dellItalia centrale e molto frequente in Jacopone; si vedano anche Quanno per quando e
i successivi stridenno, pensanno, parlanno, vedenno che valgono stridendo, pensando, parlando,
vedendo; l dolzore una forma provenzaleggiante.
10. clamare: gridare; rafforza il cantare del v. 4.
11-14. lo cor allore: il cuore infiammato (appreso) damore cos che non lo pu sopportare (che
nol p comportare); lo fa gridare con acute strida (stridenno el fa gridare), e non si vergogna in
quel momento (e non virgogna allore).
O iubelo del core,
che fai cantar damore!
Quanno iubel se scalda,
s fa lomo cantare,
e la lengua barbaglia
e non sa che parlare:
dentro non p celare,
tant granne l dolzore.
Quanno iubel acceso,
s fa lomo clamare;
lo cor damor appreso,
che nol p comportare:
stridenno el fa gridare,
e non virgogna allore.
5
10
UN TESTO SPIEGATO
Jacopone da Todi
O IUBELO DEL CORE
seconda met XIII secolo
Il componimento sviluppa il tema dellesaltazione mistica, centrale nellesperienza esistenziale e
nel Laudario di Jacopone. Lamore assoluto verso Dio porta a una gioia che nello stesso tempo
inesprimibile e impossibile da tacere. Essa si manifesta con comportamenti estremi, incompren-
sibili per chi non conosca la natura e gli effetti della fusione dellanima con Dio.
Metrica: ballata di settenari secondo lo schema XX, ABABBX.
unit 1 LA POESIA 517
17-20. la gente calore: la gente lo deride, lo schernisce (l ha n deriso) pensando al suo modo di esprimersi (pensanno el suo par-
lato), poich parla fuori della misura consueta (esmesurato) di ci che lo infiamma (de che sente calore), cio lamore verso Dio.
22. ched mente: che invadi la mente.
23-24. lo cor convenente: il cuore diventerebbe saggio se celasse il suo stato (suo convenente); significa che il cuore non sarebbe
pi tale, cio sede di passioni incontrollabili, se riuscisse a dominarle.
25-26. non p clamore: non pu sopportare (esser soffrente) di non gridare (che non faccia clamore).
27-32. Chi non ha fore: chi non ha esperienza (costumanza), si intende dellardore mistico, ti considera impazzito, vedendo
la perdita di controllo (esvalanza) come di chi ha perso la ragione (comom ch desvanito); dentro ha il cuore ferito, colpito
dallesperienza mistica e non si rende conto di ci che avviene al di fuori di lui (non se sente da fore); costumanza un proven-
zalismo, come il successivo esvalanza, svilimento, nel senso di comportamento anomalo.
Quanno iubelo ha preso
lo core ennamorato,
la gente lha n deriso,
pensanno el suo parlato,
parlanno esmesurato
de che sente calore.
O iubel, dolce gaudio
ched entri ne la mente,
lo cor deventa savio
celar suo convenente:
non p esser soffrente
che non faccia clamore.
Chi non ha costumanza
te reputa mpazzito,
vedenno esvalanza
comom ch desvanito;
dentrha lo cor ferito,
non se sente da fore.
Poeti del Duecento, a cura di G. Contini,
Ricciardi, Milano-Napoli 1960
15
20
25
30
Jacopone da Todi, il cui vero
nome era Jacopo de Bene-
detti, nacque intorno al 1230
da una nobile famiglia. Comp
studi giuridici ed esercit la
professione di notaio, condu-
cendo una vita agiata e bril-
lante fino a che la morte dram-
matica della moglie non segn
una svolta radicale nella sua esistenza. Sul corpo
della donna, uccisa dal crollo di un pavimento nel
corso di una festa, venne infatti trovato un cilicio,
una ruvida cintura portata come strumento di peni-
tenza e di mortificazione. Questa scoperta si vuole
sia stata allorigine della repentina conversione del
poeta, che, nel 1268, abbandon la vita precedente
sottoponendosi per un decennio a privazioni, peni-
tenza e preghiera. Nel 1278 entr nellordine fran-
cescano, avvicinandosi alla corrente degli spirituali,
che sosteneva con intransigenza la regola dellas-
soluta povert.
Per questo motivo si scontr violentemente con
Bonifacio VIII (1230 ca - 1303), un pontefice che
incarnava la tradizione teocratica e combatteva le
tendenze pauperistiche.
Jacopone si oppose al papa fino al punto da con-
testarne lelezione. A causa della sua ribellione,
nel 1298 fu incarcerato e scomunicato, e questa
condanna lo torment profondamente. Ottenne la
liberazione e la revoca della scomunica soltanto nel
1303 da papa Benedetto XI, successore di Bonifa-
cio VIII. Mor la notte di Natale del 1306 in un con-
vento presso Todi.
LAUTORE
518 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
RACCOGLIAMO LE IDEE
I TEMI
Il tema fondamentale della lauda di Jacopone
la natura straordinaria dellesperienza misti-
ca. Questa rappresentata attraverso la pi si-
gnificativa delle sue espressioni: il giubilo, una
profonda esultanza interiore che trabocca in
manifestazioni estreme. La pi evidente di tali
manifestazioni lirrefrenabile impulso a co-
municare lesperienza mistica, che pure ine-
sprimibile. Il mistico che vive questo straordi-
nario momento dellincontro con Dio si esprime
con canti, grida, balbettii.
Di qui vengono lincomprensione e la derisione
delle persone comuni per i comportamenti ano-
mali ed eccessivi del mistico: lultima strofa in
particolare afferma lincolmabile distanza fra
la dimensione spirituale e quella mondana.
Risulta evidente il radicale rovesciamento dei
valori proposto dalla spiritualit di Jacopone.
Chi giunge alla contemplazione di Dio compie
unesperienza interiore che ignora le leggi razio-
nali e supera le convenzioni sociali; infatti essa
porta a comunicare con un linguaggio incon-
trollato (la lengua barbaglia, stridenno el fa gri-
dare), a eccedere la misura valore fondamen-
tale della societ aristocratica dellepoca con
espressioni esasperate (parlanno esmesurato), a
ignorare la realt (non se sente da fore).
Il mistico pertanto giudicato pazzo (mpazzito)
secondo i criteri dominanti, ma in realt nella
sua apparente follia risiede lunica verit.
LO STILE
Lo stato di esaltazione e i comportamenti che
infrangono la norma si riflettono nello stile,
caratterizzato dallenfasi espressiva e da pro-
cedimenti retorici che traducono il crescendo
dellesperienza mistica fino allo smarrimen-
to della coscienza. A questi effetti concorrono
lanafora (Quanno iubel , s fa lomo), la ri-
petizione di parole (iubel, cor, amor) e di con-
cetti (dentro non p celare, che nol p compor-
tare, non p esser soffrente), il climax (cantare,
clamare, gridare), laccumulazione con cui sono
descritte le manifestazioni del tripudio.
In questo testo il linguaggio meno realistico e
crudo rispetto a quello delle laude di argomento
polemico o politico. Tuttavia si rintraccia anche
qui una costante della lingua di Jacopone, ca-
ratterizzata da una singolare mescolanza fra il
volgare umbro (si veda ad esempio la ricorrente
assimilazione in -nn del gruppo consonantico
-nd) e il lessico colto, documentato in particolare
da frequenti provenzalismi (dolore, convenente,
costumanza, esvalanza).
LA METRICA
Ogni strofa si chiude con la rima in -ore della
ripresa. Le rime sono talvolta sostituite da asso-
nanze (vv. 3 e 5 scalda/barbaglia; vv. 21-23, gau-
dio/savio), tipiche dei componimenti popolari,
mentre ai vv. 15 e 17 c una rima siciliana (pre-
so/deriso), che testimonia la familiarit dellau-
tore con i procedimenti della lirica colta.
La sintassi spezzata e paratattica, con pause
che, tranne poche eccezioni, delimitano cia-
scun verso. Ne risulta un ritmo incalzante e
frammentario, che traduce con grande efficacia
lesplosione del giubilo e la crescente concitazio-
ne del linguaggio che lo vorrebbe comunicare.
Cristo apocalittico, affresco del duomo di Anagni,
XIII sec.
unit 1 LA POESIA 519
4. non ha rancura: non provoca n lite n
rancore (rancura).
5. latron: ladri.
6. tempestate: tempesta, bufera; in senso me-
taforico indica i rovesci della sorte.
8. face: fa.
9-10. lassa concordate: lascia il mondo
come sta (iace, dal latino iacre, giacere) e
le persone in concordia fra di loro.
11. non ha notaro: non conosce, non ha biso-
gno di giudici n di notai.
12. a corte salaro: non porta denaro (salaro)
a corte, ai potenti.
13. ridese: se la ride; avaro: avido.
14. tanta anzietate: in tanto grande ansiet,
preoccupazione, perch lavido sempre in
pena per i propri averi.
15. alto sapere: sapere profondo, vero (alto,
un latinismo).
16. soiacere: soggiacere, essere sottoposta.
17-18. en desprezzo create: avere in disprez-
zo tutte le cose terrene.
O amore de povertate,
regno di tranquillitate!
Povertate, via sicura,
non ha lite n rancura,
de latron non ha paura
n de nulla tempestate.
Povertate muore en pace,
nullo testamento face,
lassa el mondo come iace
e le gente concordate.
Non ha iudece n notaro,
a corte non porta salaro,
ridese dellomo avaro
che sta in tanta anzietate.
Povert, alto sapere,
a nulla cosa soiacere,
en desprezzo possedere
tutte le cose create []
5
10
15
Jacopone da Todi
O AMORE DE POVERTATE
seconda met XIII secolo
Questa lauda di cui vengono proposte alcune strofe tutta volta a esaltare uno dei valori
fondamentali della religiosit di Jacopone: la povert. un tema di chiara derivazione francesca-
na, che per Jacopone sviluppa secondo una prospettiva particolare e per certi aspetti opposta
a quella del santo di Assisi. Infatti la povert non solo libera luomo da tutte le preoccupazioni
concrete, ma lo spinge a disprezzare ogni cosa terrena per purificarsi e dedicarsi totalmente
allamore per Dio.
3-7 La strofa chiarisce
lesclamazione dei primi
due versi: in vita e in
morte chi non ha averi
non ha motivo di
entrare in contrasto con
i suoi simili n di nutrire
timori e preoccupazioni.
11-12 Questi versi
rivendicano la libert
nei confronti del potere,
pi facile per chi non ha
ambizioni n desiderio
di ricchezza.
15 Solo attraverso la
povert e lumilt si
raggiunge la vera
conoscenza, che non
quella del sapere
umano.
520 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
119-122 Chi non
possiede niente ha la
pi grande libert,
perch non subisce
nessun
condizionamento e
quindi, in un certo
senso, possiede tutto.
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Riconosci e indica il tipo di versi usati nella lauda.
2. Indica i versi che costituiscono la ripresa o ritornello. Che tipo di rima presentano?
3. Individua e trascrivi lo schema delle rime della prima strofa. Lo schema delle rime si ripete uguale in
tutte le strofe?
4. Quale tipo di sintassi caratterizza questa lauda?
5. Quale figura retorica tipica dello stile di Jacopone si trova in quasi tutte le strofe?
chiasmo
perifrasi
anafora
similitudine
6. Nella lauda la Povert viene personificata: quali elementi del testo realizzano la personificazione?
7. Spiega come, secondo il poeta, la Povert agisce nel mondo al momento della morte (vv. 7-10).
8. Elenca gli effetti che la Povert produce nella vita e nelle relazioni tra gli uomini.
Riflettere
9. Considera i versi 17-18: ci sono analogie o differenze con il pensiero di Francesco dAssisi? In che cosa
consistono?
10. Leggi attentamente la penultima strofa: perch la Povert ha un cuore cos grande da poter ospitare
Dio?
11. Rileggi la risposta alla domanda 2. Quali effetti ottiene lautore attraverso luso delle rime?
Scrivere
12. Raccogli tutti i dati dellanalisi e della riflessione e scrivi un testo espositivo di circa 150 parole sul
seguente argomento: Aspetti del pensiero di Jacopone nella lauda O amore de povertate.
31-32. Dio affetto: Dio non abita, non vive
(no alberga) in un cuore piccolo, angusto
(stretto), [il cuore] tanto grande quanto hai
amore (affetto).
33. s gran petto: un cuore cos grande.
121. omne: ogni; latinismo.
122. en spirto de libertate: in spirito di libert.
Dio no alberga en core stretto,
tant grande quanthai affetto.
Povertate ha s gran petto
che ci alberga Deitate. []
Povertate nulla avere
e nulla cosa poi volere;
e omne cosa possedere
en spirto de libertate.
Jacopone da Todi, Laude, a cura di F. Mancini, Laterza, Bari 1977
31
119
unit 1 LA POESIA unit 1 LA POESIA
LA LIRICA DARTE
La poesia provenzale e lamor cortese
A partire dalla fine dellXI secolo nelle corti feudali della Provenza, la regione meridionale della
Francia, fior una ricca produzione in versi, in lingua doc o lingua provenzale. Era una lirica desti-
nata al canto; prevedeva quindi un accompagnamento musicale, composto dagli stessi autori dei
versi, detti trovatori, dal verbo trobar, che significa comporre versi con musica.
Largomento principale era lamore, anche se non mancavano componimenti che trattavano te-
matiche morali e politiche, o ispirati a situazioni di corte e a vicende dellepoca. La concezione
dellamore elaborata dai trovatori era definita dagli stessi autori amor fino, cio amore perfetto;
venne chiamato secoli dopo amor cortese, in quanto strettamente legato alla vita di corte. I carat-
teri e la natura di questo particolare tipo di amore e i comportamenti che ne derivavano erano stati
teorizzati da Andrea Cappellano, un ecclesiastico francese che, nella seconda met del XII secolo,
scrisse un trattato in latino, il De Amore. Questa opera rappresent il principale riferimento teorico
dei trovatori e degli altri poeti medievali che composero versi di argomento amoroso.
In relazione a questi diversi aspetti, questa poesia viene chiamata in diversi modi:
provenzale, con riferimento alla lingua in cui scritta;
cortese, con riferimento allambiente delle corti, in cui era nata;
trobadorica, con riferimento ai suoi autori.
Lamor cortese era unesperienza molto esclusiva, riservata ai soli appartenenti allaristocrazia feu-
dale, caratterizzata dallesercizio di virt quali la generosit, la fedelt, la raffinatezza dei costumi,
la delicatezza dei sentimenti. Ma lidea centrale che contraddistingueva lamor cortese era lin-
colmabile distanza tra la donna e il poeta innamorato che, nonostante ogni suo sforzo, rimaneva
sempre inferiore alla sua amata, descritta come la sintesi di tutte le qualit fisiche e morali. Luomo
innamorato si poneva totalmente al servizio della donna, ne tesseva le lodi, le offriva obbedienza,
devozione e fedelt incondizionate, tutto ci senza mai sentirsi degno della sua benevolenza e
senza pretendere alcuna ricompensa.
evidente il rapporto tra una simile concezione dellamore e il sistema di valori feudale. La sotto-
missione dellinnamorato alla donna infatti rifletteva il rapporto gerarchico del vassallo rispetto al
feudatario. Inoltre le virt spirituali e intellettuali presupposte da questa forma di amore contribui-
vano a celebrare il primato dellaristocrazia feudale.
Le forme della poesia provenzale
La forma poetica pi frequente e pi rappresentativa della lirica provenzale la canzone, in pro-
venzale cans, termine che richiama la compresenza di parole e musica. La canzone presentava
regole molto rigide per quanto riguardava la metrica, le rime, lorganizzazione delle strofe e lado-
zione dello stile, che poteva essere leu (lieve), cio semplice e leggero, ric (ricco), vale a dire
molto ornato nel linguaggio, oppure clus (chiuso), cio ermetico, difficile da comprendere.
La lirica trobadorica ebbe unimportanza fondamentale per la poesia europea; infatti sia i conte-
nuti, e in particolare la concezione dellamore, sia le forme e gli stili dalla Provenza si diffusero in
gran parte del continente. In particolare il modello provenzale ispir il movimento del Minnesang,
canto (sang) dellamore, della devozione (Minne), nato in area germanica alla fine del XII se-
colo, e fu ripreso in Italia verso la met del XIII secolo dalla poesia siciliana.
521
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
I seguenti brani sono tratti da biografie di
trovatori; essi mostrano quali erano le virt
che identificavano lideale umano della civil-
t cortese.
Laristocrazia guerriera coltivava sempre di
pi i valori mondani, come il vigore fisico, la
raffinatezza dei costumi, la generosit, la no-
bilt dei sentimenti, e tra questi soprattutto
lamore.
Anche il comporre versi era unattivit ap-
prezzata e degna di ammirazione, che rien-
trava nel modello del perfetto cavaliere.
LEROE CORTESE
Guglielmo dAquitania
Il conte di Poitou fu uno degli uomini pi nobili del mondo, e dei pi grandi in-
gannatori di donne, e buon cavaliere darmi, e gran donnaiolo; e seppe comporre
e cantar bene.
Guglielmo dAquitania, Poesie, ed. critica a cura di N. Pasero, STEM-Mucchi, Modena 1973
Bertran de Born
Bertran de Born fu un castellano del vescovato di Prigord, signore di un castello
chiamato Hautefort. Fu continuamente in guerra con tutti i suoi vicini []. Fu
buon cavaliere, buon guerriero, buon amatore e buon trovatore, dotto e buon par-
latore, e seppe far fronte cos alla buona come alla cattiva sorte.
Le biografie trovadoriche.
Testi provenzali dei secoli XIII e XIV,
ed. critica a cura di G. Favati,
Libreria antiquaria Palmaverde, Bologna 1961
Raimbaud dAurenga
Rambaldo dAurenga fu signore di Oran-
ge e di Courthezon e di una gran quan-
tit di altri castelli. E fu nobile e
saggio, e cavaliere valente nelle
armi, e un elegante parlatore. E
molto si compiacque delle dame
onorate, e del corteggiarle ono-
revolmente. E fu valente poeta
(autore) di vers e di canzoni;
ma molto si compiacque di usa-
re rime difficili e oscure.
M. Boni, Antologia trobadorica,
II, Patron, Bologna 1966
Il Minnesnger Johannes Hadlaub,
miniatura dal Codice Manesse, particolare, XIV sec.
522
unit 1 LA POESIA 523
8. avanza: supera.
18. talento: inclinazione, desiderio.
19. veggo: vedo.
24. agli uffici lento: cos poco propen-
so allamore.
Quando erba nuova e nuova foglia nasce
e sbocciano i fiori sul ramo,
e lusignolo acuta e limpida
leva la voce e d principio al canto,
gioia ho di lui, ed ho gioia dei fiori,
e gioia di me, e pi gran gioia di madonna:
da ogni parte son circondato e stretto di gioia,
ma quella gioia che tutte laltre avanza.
Tanto amo madonna e lho cara,
e tanta reverenza e soggezione ho per lei,
che di me non ardii parlarle mai
e nulla chiedo da lei, nulla pretendo.
Ma ella conosce il mio male e il mio duolo
E quando le piace mi benefica e onora,
e quando le piace io sopporto la mancanza dei suoi favori,
perch a lei non ne venga biasimo.
Mi meraviglio come posso resistere
Che non le manifesti il mio talento:
quandio veggo madonna e la miro,
i suoi begli occhi le stanno cosi bene!
A stento mi tengo dal correre a lei.
Cos farei, non fosse per timore,
ch mai vidi corpo meglio modellato e colorito
agli uffici damore cos tardo e lento.
5
10
15
20
UN TESTO SPIEGATO
Bernart de Ventadorn
QUANDO ERBA NUOVA
E NUOVA FOGLIA NASCE
met XII secolo Lingua originale lingua doc
Pochissimo si sa di Bernart de Ventadorn, che visse in diverse corti feudali, tra le quali quella di
Enrico II dInghilterra e della moglie Eleonora dAquitania, alla quale dedic alcune sue poesie.
La sua unica fonte dispirazione fu lamore, cantato non in chiave autobiografica, ma come
sentimento puro.
I suoi testi rimasero come esempio di stile per molti poeti italiani del Duecento.
Nella lirica seguente ricorrono molti elementi che caratterizzano lamore cortese e il linguaggio
con cui esso si esprime.
Metrica: canzone.
524 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
27. involarle: rubarle.
34. bamboli: bambini.
35. niuno: nessuno.
42. vanisco: mi perdo.
47-48. Perch deso?: Perch [Amore] una volta non assedi
(distringi) madonna, prima che io sia distrutto dal desiderio?
Sola vorrei trovarla
Che dormisse o fingesse di dormire,
per involarle un dolce bacio,
poich non ho tanto ardire da chiederglielo.
Per Dio, donna, poco profittiamo damore:
fugge il tempo, e noi ne perdiamo la miglior parte.
Intenderci dovremmo a segni copertamente,
e poich ardir non ci vale, ci valga scaltrezza.
Sio sapessi gettar lincantesimo,
i miei nemici diverrebber bamboli,
si che niuno saprebbe immaginare
n dire cosa che ci tornasse a danno.
Allora so che potrei rimirare la pi gentile
ed i suoi occhi belli e il fresco viso,
e baciarle la bocca per davvero
s che per un mese ve ne parrebbe il segno.
Ahim, come muoio dal fantasticare!
Spesso vanisco tanto in fantasie,
che briganti potrebbero rapirmi
e non maccorgerei di che facessero.
Per Dio, Amore, ben facile ti fu soppraffar me
Scarso damici e senza protettore!
Perch una volta madonna cos non distringi
Prima chio sia distrutto dal deso?
A. Roncaglia (a cura di), Antologia delle letterature medievali doc e dol,
trad. A. Roncaglia, Accademia, Milano 1973
25
30
35
40
45
RACCOGLIAMO LE IDEE
LAMORE E LA PRIMAVERA
Lo sbocciare dellamore associato allo sbocciare della primavera: entrambi sono espressione di ri-
nascita e vitalit. La corrispondenza tra amore e primavera era un elemento ricorrente della lirica
trobadorica ed era destinato a diventare un topos della poesia damore. Un altro poeta provenzale,
Guglielmo dAquitania, scriveva ad esempio in una sua canzone:
Nella dolcezza della primavera
i boschi rinverdiscono, e gli uccelli
cantano, ciascheduno in sua favella,
giusta la melodia del nuovo canto.
tempo, dunque, che ognuno si tragga
presso a quel che pi brama.
unit 1 LA POESIA 525
T
E
S
T
I
E
S
T
I
E
S
C
O
N
F
R
O
N
T
O a
Espressioni molto simili troviamo nei versi di un altro famoso trovatore, Arnaut Daniel:
Alla primavera associato anche lo stato danimo del poeta innamorato, pervaso dalla gioia che gli
procurano la bellezza della natura, il sentimento che prova e soprattutto la donna che ama: tutto ci
che viene da lei gli d felicit.
LA DONNA
La donna idealizzata, in quanto perfetta e impareggiabile: il suo aspetto il meglio modellato e co-
lorito, ella la pi gentile, ma non smaterializzata; infatti il poeta descrive e ammira la sua bellezza
fisica. Di fronte a tanta perfezione, egli pienamente consapevole della propria inferiorit, tanto che
pu solo fantasticare di avvicinare la donna amata e ottenerne i favori.
In questa lirica emerge con chiarezza latteggiamento di totale subordinazione del poeta innamorato
nei confronti della donna: egli disposto ad accettare ogni suo volere, non avanza alcuna pretesa, si
preoccupa di non manifestare il suo amore per non compromettere la reputazione della dama, pur
soffrendo accetta di buon grado persino il suo rifiuto. I modi e i termini in cui il poeta esprime il suo
amore e il suo atteggiamento verso la donna sono unevidente trasposizione del rapporto feudale: la
donna la signora (madonna), che pu o meno beneficare il suo innamorato, mentre questultimo
le dimostra reverenza e soggezione, senza nemmeno ardire di rivolgerle i suoi desideri.
Dolci gorgheggi e gridi,
lai e canti e trilli
odo degli uccelli, che nel loro latino pregano
ciascuno la sua compagna, proprio come noi facciamo
alle amiche di cui siamo innamorati.
FEUDALESIMO E AMOR CORTESE
Il brano illustra il rito di investitura di un vassallo che risale al XII secolo e ha come protagonisti il
conte di Fiandra e il vassallo che gli presta giuramento. La cerimonia segue un rituale i cui gesti e le
cui parole ebbero un riflesso evidente nel codice di comportamento e nel lessico dellamore cortese.
In primo luogo, resero omaggio nel modo seguente: il conte domand al futuro
vassallo se voleva diventare suo uomo, senza riserva, e colui rispose: Lo vo-
glio. Poi, le sue mani essendo strette fra quelle del conte, accostarono il viso e si
baciarono. In secondo luogo, colui che aveva fatto omaggio impegn la sua fede
al portavoce del conte in questi termini: Prometto sulla mia fede di essere
fedele al conte Guglielmo e di conservargli, contro tutti e interamente, il mio
omaggio, in buona fede e senza inganno. In terzo luogo giur di mantenere la
promessa sulle reliquie dei santi.
Monumenta Germaniae Historica, cit. in R. Boutruche,
Signoria e feudalesimo, il Mulino, Bologna 1974
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
La nascita della lirica darte in Italia: la scuola siciliana
La denominazione scuola siciliana si riferisce a un gruppo di poeti che negli anni compresi tra il
1230 e il 1250, cio proprio durante il regno di Federico II e presso la sua corte, diedero vita alla
prima produzione poetica scritta in un volgare italiano.
Essa introduce i caratteri distintivi e la specificit di questo movimento letterario.
Il termine scuola si riferisce alluniformit di scelte tematiche e stilistiche che contraddistingue i
componimenti di questi poeti. Tutte le loro liriche sono incentrate sul tema amoroso e si ispirano in
larga misura allo stile dei trovatori provenzali. Nellopera dei siciliani, quindi, non emergono tanto
le caratteristiche individuali dei singoli autori, quanto ladesione a un modello comune.
Una componente essenziale di tale uniformit inoltre rappresentata dalladozione della lingua in
cui tutti scrissero le loro liriche: il volgare siciliano. Questa scelta linguistica non dipese dallori-
gine geografica dei poeti, che in parte erano siciliani e in parte provenivano da altre regioni della
penisola, ma dal fatto che tutti gravitavano intorno a Federico II. La sede originaria e il centro
propulsore del regno erano a Palermo, anche se il sovrano aveva una corte itinerante, che gli per-
metteva di esercitare meglio il suo controllo spostandosi costantemente nelle diverse aree del suo
regno. Il termine siciliana indica quindi lappartenenza culturale e politica dei poeti alla cerchia
federiciana, indipendentemente dalla loro provenienza geografica.
La poesia e la corte
La scuola siciliana riveste un ruolo fondamentale nella storia della letteratura italiana, perch per la
prima volta il volgare viene consapevolmente scelto come lingua per scrivere testi con finalit arti-
stiche e culturali. Lo stesso Dante Alighieri riconobbe nei poeti siciliani i fondatori della tradizione
letteraria italiana, indicando la lingua delle loro composizioni come il primo esempio di volgare
illustre, cio di un volgare elevato e raffinato.
La fioritura della poesia siciliana non si pu spiegare se non viene collocata allinterno del progetto
politico e culturale di Federico II, che perseguiva lobiettivo dellegemonia sulla penisola italiana
anche proponendo il suo regno come esempio di una cultura prestigiosa, libera e innovativa.
In ambito letterario, il modello che meglio poteva rispondere a queste esigenze era la poesia che
si era sviluppata circa un secolo prima nelle corti della Provenza e che rappresentava la tradizione
di poesia in volgare di maggior prestigio.
Alla poesia provenzale infatti si ispirarono i poeti siciliani, che trasferirono nella propria realt
politico-culturale il patrimonio stilistico e tematico dei trovatori.
Rispetto a questi ultimi, i rimatori siciliani vivevano una condizione sociale e professionale mol-
to diversa. Essi infatti erano tutti funzionari di Federico II: si trattava di giuristi, notai, burocrati,
che svolgevano compiti di altissimo livello nellammini-
strazione regia e che, su iniziativa dello stesso sovrano,
coltivavano la poesia come raffinato intrattenimento ed
espressione del prestigio culturale della corte cui appar-
tenevano.
Tra gli esponenti pi importanti va senzaltro ricordato
quello che considerato liniziatore della scuola, Iacopo
da Lentini, siciliano e notaio della corte imperiale. Sici-
liani erano anche Guido delle Colonne e Stefano Proto-
notaro, mentre meridionali ma non isolani erano Rinaldo
dAquino e Giacomino Pugliese. Tra i poeti di origine set-
tentrionale va ricordato Percivalle Doria. Scrissero versi
anche lo stesso Federico II e il figlio, re Enzo.
Capolettera miniato
raffigurante un poeta che conversa con alcune dame, XV sec.
526
unit 1 LA POESIA
I temi
Per quanto riguarda i temi, la scuola siciliana si atteneva a quello che era stato largomento princi-
pale della lirica provenzale, vale a dire lamor cortese, di cui riprese il repertorio tematico. Lide-
alizzazione della donna, la sua irraggiungibilit, la lode delle sue qualit superiori alle cose pi
belle della natura, la devozione del poeta innamorato, la sua attesa trepidante della benevolenza
dellamata sono i motivi ricorrenti anche delle poesie dei siciliani.
In questa sostanziale continuit di argomento emergono per alcune vistose differenze. Innanzi
tutto, nella realt siciliana, dominata dalla politica accentratrice di Federico II, non cera spazio per
le tematiche civili e politiche che avevano caratterizzato parte della produzione lirica provenzale, e
la poesia si concentr esclusivamente sul tema amoroso. Inoltre poich quello di Federico II non
era un regno feudale la rappresentazione del rapporto amoroso secondo i modelli della subordi-
nazione del vassallo al signore meno presente. Le poesie della scuola siciliana sviluppano piuttosto
analisi e riflessioni teoriche sullorigine e sulla natura dellamore, oppure sulle qualit dei suoi effetti.
Le forme metriche
Rispetto alla poesia provenzale, quella siciliana presenta una maggiore uniformit anche nelluso
delle forme metriche, che si riducono sostanzialmente a tre: la canzone, la canzonetta e il sonetto.
La canzone era di origine provenzale, ma i siciliani la riproposero secondo una struttura nuova
che resta come modello per la successiva lirica italiana: era composta di pi strofe o stanze, di
cui lultima, pi breve delle altre, prende il nome di congedo, utilizzava endecasillabi e settenari
alternati, ed era destinata a trattare gli argomenti pi elevati e impegnativi, con uno stile altrettanto
raffinato. La canzone diventava cos la forma metrica pi alta e insigne della lirica.
Pi discorsiva e semplice nei contenuti e nelle scelte espressive era la canzonetta, che usava versi
pi brevi, in particolare settenari.
IL REGNO DI FEDERICO II
La nascita della letteratura in volgare in Italia
strettamente legata alla figura e al disegno politico
di Federico II.
Federico era figlio di Costanza dAltavilla, erede
della dinastia normanna, e di Enrico VI di Svevia,
re di Germania e di Sicilia nonch imperatore del
Sacro Romano Impero. Alla morte prematura del
padre, Federico nel 1198, a soli quattro anni, fu in-
coronato re d| S|c|||a sotto la tutela del pontefice
Innocenzo III; nel 1212 ottenne anche la corona di
re di Germania. Assunto effettivamente il potere
nel 1216, dopo la morte del papa, nel 1220 ottenne
anche il t|to|o |mper|a|e, ma dedic la maggior
parte della sua azione politica a rafforzare lautorit
monarchica nel regno di Sicilia e a imporre la sua
volont sovrana sulle autonomie cittadine dellIta-
lia centro-settentrionale. Questo progetto lo port
a scontrarsi con il papato e con i Comuni, in una
contesa lunga e dagli esiti alterni, che si interruppe
nel 1250 per la morte improvvisa del sovrano. Il
figlio di Federico II, Manfredi, cerc di proseguire
la politica paterna, ma nel 1266 fu definitivamente
sconfitto e il regno conquistato dagli Angioini.
Nel regno di Sicilia, la pupilla dei suoi occhi,
come lui stesso lo definiva, Federico II realizz
una monarch|a accentrata e asso|uta, com-
battendo qualsiasi forma di autonomia locale sia
feudale sia cittadina, sottraendosi ai condiziona-
menti del papato e imponendo il proprio controllo
in ogni ambito della vita dello Stato. Nellesercizio
del suo potere Federico II si avvaleva di un gruppo
scelto di funzionari di sua nomina, che costituiva la
Magna Curia, da cui dipendeva tutta la burocrazia
del regno, vincolata da norme di rigida obbedienza
alla volont del sovrano.
Il progetto di fare del regno di Sicilia la base della
sua politica di potenza e prestigio, insieme ai viva-
ci interessi culturali coltivati dallo stesso sovrano,
si tradusse anche nelle iniziative volte a rendere il
regno un modello di cultura avanzata in ogni setto-
re. Federico II fond lUniversit di Napoli nel 1224
e nel 1231 riconobbe la Scuola medica di Salerno.
Presso la propria corte accolse senza pregiudizi
scienziati e filosofi di diverse nazionalit: oltre agli
italiani, soprattutto francesi e arabi. Infine incorag-
gi la nascita della prima produzione di poesia in
volgare, per questo chiamata scuo|a s|c|||ana.
la storia
527
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
La creazione pi originale e innovativa nel-
lambito metrico fu comunque il sonetto,
probabilmente inventato da Iacopo da Lenti-
ni, come stanza isolata della canzone.
Il sonetto era destinato ad affermarsi come la
forma metrica pi usata nella lirica italiana,
ma ebbe una straordinaria diffusione anche
nella poesia europea.
Con la poesia siciliana, inoltre, avvenne la se-
parazione della poesia dallaccompagnamen-
to musicale, che sostitu la lettura allascolto
della recitazione e del canto come modalit
di fruizione della poesia.
La lingua e lo stile
Le innovazioni pi significative, dalle quali emerge loriginale contribuito dei poeti siciliani, riguar-
dano lo stile e la lingua. Lo stile era caratterizzato da scelte formali preziose e raffinate, come si
addiceva alla tematica elevata e allambiente socio-culturale estremamente selezionato in cui era
fiorita la poesia siciliana. Alla nobilt dellespressione contribuiva in modo determinante la lingua.
Il volgare siciliano adottato nei componimenti poetici era infatti depurato dalle forme pi quotidia-
ne e legate al parlato e rimodellato sullesempio delle due lingue letterarie per eccellenza, il latino,
da cui derivava soprattutto la sintassi elaborata, e il provenzale, di cui era debitore particolarmente
nel lessico e negli artifici retorici. Il siciliano assumeva cos i caratteri di una lingua darte, che su-
perava i confini regionali e poteva fungere da modello per la successiva tradizione letteraria.
Le raccolte dei rimatori siciliani non ci sono pervenute nella versione originale, poich, in seguito
al crollo del regno di Federico II e allestinzione della sua scuola poetica, tranne poche eccezioni
esse andarono perdute. Furono i rimatori toscani che le trascrissero e le tramandarono, sentendosi
gli eredi di quella esperienza poetica. Nella trascrizione, per, essi modificarono il volgare siciliano
secondo i caratteri della propria lingua: i testi dei poeti federiciani vennero cos toscanizzati.
Questa operazione ha lasciato una traccia importante nella tradizione poetica italiana per quanto
riguarda le rime. Infatti il sistema fonetico del siciliano prevedeva vocali toniche diverse da quello
del volgare toscano, per cui si scriveva ad esempio ura o piaciri, che invece in toscano suonavano
ora e piacere. Ne conseguiva che per i siciliani ura costituiva una rima perfetta ad esempio con
pintura, rima perfetta che si perdeva nella trascrizione toscana ora/pintura. I copisti toscani per
mantennero questa rima, considerandola una scelta consapevole dei poeti siciliani e quindi legit-
timata dalluso di predecessori tanto illustri. La rima siciliana quindi una rima imperfetta, che
tuttavia fin dal Duecento stata adottata dai maggiori poeti, compreso lo stesso Dante, e quindi
codificata nella tradizione.
La poesia toscana della generazione di mezzo
La sconfitta definitiva degli svevi nel 1266 port allestinzione della scuola poetica siciliana. Ma gi
dal 1240 circa i testi dei poeti federiciani erano stati trascritti da poeti dellarea toscana che, nei
decenni successivi, partendo dallesperienza siciliana, diedero vita a un nuovo movimento poetico.
Questi poeti sono chiamati siculo-toscani, per indicare da un lato la permanenza delle tematiche
e dei moduli espressivi della lirica siciliana, dallaltro limportante cambiamento linguistico, con la
sostituzione del toscano al volgare siciliano. Si parla anche di generazione di mezzo, poich que-
sti poeti furono attivi fra il 1260 e il 1280 circa, collocandosi quindi sia cronologicamente sia per
lelaborazione tematica e formale fra la scuola siciliana e lo Stil Novo, il movimento letterario che
si svilupp a Firenze fra il 1280 e il 1310.
PAROLE DA CONOSCERE
La parola sonetto, dal provenzale sonet che significa
piccolo suono, sottolinea lorigine musicale di questa
forma metrica, anche se nella lirica siciliana laccompa-
gnamento musicale venne abbandonato.
un componimento dalla struttura chiusa e rigida. In-
fatti composto di quattordici versi endecasillabi sud-
divisi in quattro strofe, due quartine e due terzine. Lo
schema delle rime si ripete uguale nelle quartine:
alternate ABAB/ABAB,
incrociate ABBA/ABBA
mentre nelle terzine la combinazione pu variare:
CDC/CDC, CDE/CDE, CDC/DCD, CDE/EDC.
528
unit 1 LA POESIA
La poesia cortese nella realt cittadina
Rispetto alla tradizione cui consapevolmente si ispirava, la produzione poetica dei toscani presenta
significativi aspetti di novit, che in gran parte erano dovuti al trapianto del modello originario in
un contesto politico e sociale molto diverso.
La realt della Toscana della seconda met del Duecento era caratterizzata dalla presenza dei liberi
Comuni. Non cera quindi un potere politico accentrato, dominato dalle ferree direttive del sovra-
no, ma una realt vivace ed eterogenea, percorsa dai contrasti delle diverse citt rivali tra di loro e
da quelli di fazioni politiche contrapposte anche allinterno delle stesse citt; al loro interno emer-
geva la borghesia mercantile, che veniva assumendo un ruolo egemone nella politica comunale.
Il nuovo clima politico e sociale aveva importanti conseguenze sul ruolo dei poeti e sulla loro
attivit letteraria.
La poesia toscana non pu essere definita una scuola come quella siciliana, che era espressio-
ne di un gruppo di poeti legato a un luogo specifico, la corte di Federico II. I poeti toscani infatti
vivevano in citt diverse Lucca, Arezzo, Pistoia, Siena, Firenze e questa diversa appartenenza
generava variet nellispirazione. Inoltre essi non erano pi dei funzionari di corte, ma cittadini
che partecipavano attivamente alla vita politica della citt, impegnandosi direttamente nel dibattito
ideologico e prendendo parte alle lotte interne.
Nella nuova realt i contenuti e le finalit della poesia cambiavano, prestandosi a divenire strumen-
to di intervento nelle vicende contemporanee ed espressione delle passioni ideologiche e politiche
degli autori. Da questa situazione deriva la pi vistosa novit dei toscani rispetto ai loro prede-
cessori; infatti, accanto al tradizionale tema amoroso, essi trattavano frequentemente tematiche
morali e civili, che erano state totalmente ignorate dalla scuola siciliana.
Le forme metriche utilizzate rimanevano quelle codificate dalla scuola siciliana, sonetto e canzone
questultima riservata soprattutto agli argomenti politici cui si aggiungeva la ballata.
Il maggior esponente del movimento fu Guittone dArezzo, considerato un caposcuola, anche se
il pi antico fu forse Bonagiunta Orbicciani da Lucca. A Firenze operarono Chiaro Davanzati e
Monte Andrea.
I COMUNI
Il fenomeno dei Comuni si afferm nellItalia cen-
tro-settentrionale alla fine dellXI secolo, conobbe
il suo apogeo nel XIII secolo per poi declinare tra la
fine dello stesso Duecento e linizio del Trecento.
Si tratta di unimportante esperienza di autogo-
verno c|ttad|no, che si verific nelle regioni italia-
ne appartenenti al Sacro Romano Impero Germa-
nico. In un periodo di grande rinascita economica
e dinamismo sociale delle citt, che contempo-
raneamente vedeva il potere politico imperiale
indebolito da una lunga contesa con il papato, gli
abitanti delle citt si sostituirono nella gestione del
potere ai signori locali, laici o ecclesiastici.
Alla fondazione del Comune in Italia parteciparono
i personaggi pi in vista e potenti della popolazione
cittadina, i ricchi borghesi ma soprattutto i cosiddet-
ti milites, cio laristocrazia feudale di rango minore.
La storia dei Comuni italiani fu caratterizzata da
profonde tensioni e da una permanente instabilit
politica, derivanti da fattori esterni e interni.
Infatti i nuovi ordinamenti dovettero difendere la
propria autonomia contro gli imperatori tedeschi
- Feder|co I detto il Barbarossa nella seconda
met del XII secolo e il nipote Feder|co II intorno
alla met del secolo successivo - i quali intende-
vano restaurare pienamente il loro controllo sui
territori italiani.
Inoltre allinterno dei Comuni divenne sempre pi
aspro il conflitto tra lar|stocraz|a di origine feuda-
le, che aveva partecipato alla fondazione dei Co-
muni e allinizio ne aveva assunto la guida politica,
e la r|cca borghes|a, che rivendicava una mag-
giore partecipazione al governo della citt. Questo
antagonismo si inaspr ulteriormente nel XIII seco-
lo, quando i diversi Comuni e le diverse fazioni pre-
senti al loro interno si schierarono spesso in modo
opposto nel corso della guerra con Federico II.
A tutto ci si aggiungevano le rivalit tra le diverse
citt, impegnate a estendere la propria egemonia
sul contado, cio sui territori rurali circostanti.
La vita politica comunale fu quindi teatro di contra-
sti di interessi e di concezioni, da cui derivarono
molti mutamenti, anche repentini, e scontri anche
assai aspri, a cui partecipavano attivamente gli
esponenti pi insigni della popolazione cittadina.
la storia
529
530 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. Io mag[g]io servire: io mi sono proposto di servire Dio.
La parentesi quadra segnala integrazioni fatte dalla critica
recente rispetto alla grafia della tradizione manoscritta.
2. comio potesse gire: in modo (com) da poter andare (gire).
3. chag[g]io audito dire: del quale ho sentito parlare.
4. u: dove, forma tronca dellavverbio latino ubi; si manten:
dura per sempre; sollazzo: piacere, divertimento.
6. blonda testa e claro viso: capelli biondi e viso luminoso;
claro deriva dal latino clarus (che diffonde luce), passato
nellespressione provenzale dama au cler vis. La sintetica de-
scrizione fisica della donna riprende i canoni della bellezza
femminile della poesia provenzale.
7. non poteria gaudere: non potrei aver gioia, godimento;
gaudere, come servire del v. 1, termine tecnico della poesia
damore provenzale.
8. estando diviso: essendo separato.
9. a tale intendimento: con lintenzione.
11. portamento: indica non tanto la bellezza quanto la manife-
stazione delle qualit morali e intellettuali.
12. l morbido sguardare: il dolce sguardo.
13. ch lo consolamento: perch lo considererei (teria) per
me una grande consolazione, felicit.
14. in ghiora: nella gloria del Paradiso; ghiora forma popo-
lare.
Io mag[g]io posto in core a Dio servire,
comio potesse gire in paradiso,
al santo loco chag[g]io audito dire,
u si manten sollazzo, gioco e riso.
Sanza mia donna non vi voria gire,
quella cha blonda testa e claro viso,
ch sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.
Ma non lo dico a tale intendimento,
perchio pec[c]ato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamento
e lo bel viso e l morbido sguardare:
ch lo mi teria in gran consolamento,
veg[g]endo la mia donna in ghiora stare.
Poeti del Duecento, a cura di G. Contini, Ricciardi, Milano-Napoli 1960
5
10
UN TESTO SPIEGATO
Iacopo da Lentini
IO MAGGIO POSTO IN CORE A DIO SERVIRE
1233-1241
Iacopo da Lentini fu tra gli iniziatori della scuola siciliana e uno dei suoi massimi esponenti. Gi
gli antichi manoscritti che raccolsero la produzione poetica siciliana gli assegnarono il ruolo di
caposcuola. Anche Dante, nel canto XXIV del Purgatorio, lo sceglie come rappresentante dei
poeti della corte federiciana.
Della sua vita si hanno scarse notizie, per certo che fu funzionario di Federico II tra il 1233
e il 1240, tanto da essere indicato come il Notaro per antonomasia, e che mor intorno al 1250.
Le liriche sicuramente attribuibili a lui che ci sono pervenute sono trentotto e comprendono
tutte le forme utilizzate dai siciliani: il sonetto, di cui Iacopo da Lentini fu linventore, e poi la
canzone, la canzonetta.
In questo sonetto, uno dei suoi pi famosi e pi riusciti, il poeta esprime il proposito di andare in
Paradiso, dove per potrebbe essere felice solo insieme alla donna amata.
unit 1 LA POESIA 531
RACCOGLIAMO LE IDEE
IL TESTO
Il sonetto ha una struttura metrica e sintattica
bipartita, che riflette unanaloga distribuzione
dei contenuti. Ciascuna quartina corrisponde a
un periodo sintattico, mentre le due terzine sono
costituite da un unico e pi complesso periodo.
Nella prima quartina il poeta dichiara di voler
obbedire alle leggi di Dio nella speranza di es-
sere accolto, dopo la morte, in Paradiso. Nella
seconda, per, aggiunge che se l non dovesse
trovare la donna amata tutte le delizie celesti
non gli potrebbero bastare. Nelle terzine sembra
voler attenuare il significato di quanto ha appe-
na affermato, chiarendo che nelle sue intenzioni
non c nulla di peccaminoso, poich la pienezza
della sua felicit sta nella pura contemplazione
della donna nella gloria celeste.
I TEMI E IL POETA
Tutto il sonetto presenta loscillazione tra un at-
teggiamento devoto (il proposito di servire Dio,
il santo loco, il non voler peccare) e linsopprimi-
bile desiderio di felicit terrena, oscillazione che
manifesta il difficile rapporto tra amor sacro e
amor profano, ovvero amore per Dio e amore
per la donna. Lo stesso Paradiso presentato
come un luogo di piaceri e divertimenti, intesi
in senso molto umano e concreto (sollazzo, gioco
e riso) che contrastano con la sua sacralit (san-
to loco), al punto che la beatitudine celeste non
sarebbe compiuta senza la presenza della donna
amata. Il Paradiso appare quindi desiderabile
per il poeta, perch lo immagina come il luogo
in cui potr soddisfare in eterno i suoi deside-
ri profani. E questa prospettiva molto umana
solo parzialmente corretta dalla precisazione
espressa nelle terzine: se il poeta dice che si sen-
tirebbe appagato dalla sola ammirazione della
bellezza della sua donna, anche vero che questa
la condizione per poter essere compiutamente
e perfettamente felice. Si aggiunga inoltre che
il verbo servire, che qui indica lobbedire a Dio,
termine tecnico della lirica amorosa proven-
zale, cio un termine utilizzato con un signifi-
cato specifico, derivato dal linguaggio feudale:
servit damore era infatti la totale sottomissione
dellamante alla donna amata.
Questa doppia ispirazione, spirituale e terrena,
ha dato luogo a interpretazioni critiche anche
divergenti. Da un lato il proposito del poeta e
limmagine finale sono stati letti come un per-
corso di elevazione morale attraverso lamore,
mediato da una donna fortemente spiritualizza-
ta. Da un altro, invece, il sonetto stato visto
come espressione della contraddizione insana-
bile tra amore terreno ed etica cristiana e come
rappresentazione della beatitudine celeste, in
termini materiali e umani.
Limmagine femminile fortemente stilizzata
secondo i canoni della poesia provenzale; una
figura eterea e luminosa, rivelatrice della sua
raffinatezza interiore e consona alla sua collo-
cazione celeste. Gli aggettivi blonda e claro, che
descrivono sinteticamente laspetto fisico della
donna, sono due provenzalismi.
Fondamentale anche la funzione della vista.
Nelle terzine tre diverse parole rimandano al si-
gnificato di vedere veder, sguardare, veggendo
e il sonetto si chiude sullimmagine appagante
della visione della donna.
Lo stesso Iacopo da Lentini in un suo famoso
sonetto, Amore uno desio che ven da core, aveva
teorizzato che la vista allorigine dellesperien-
za tutta interiore dellamore.
LA METRICA
Sonetto con schema a rime alterne nelle quar-
tine (ABAB ABAB) e nelle terzine (CDC DCD).
Da notare la rima siciliana servire/dire/gire/
gaudere. Sono rime ricche dire/gaudere e inten-
dimento/portamento/consolamento. Si tratta di
procedimenti che testimoniano la perizia tecni-
ca dellautore.
La rima servire/gaudere sottolinea la problema-
tica coesistenza di propositi religiosi e desideri
terreni.
La struttura metrica e la sintassi sono scandite e
lineari nelle quartine, nelle quali il poeta espri-
me quasi con candore e semplicit la sua conce-
zione di perfetta felicit. Nelle terzine, che rap-
presentano invece linsorgere del ripensamento
e il momento della riflessione, la costruzione
sintattica e il ritmo sono pi mossi e articolati.
532 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. la stella: soggetto. Costruisci: Cos come la stella guida i
marinai.
2. che per lei vag[g]io: che grazie a lei intraprendono e
orientano il proprio viaggio.
3. e chi della: e chi per suo folle errore si allontana (si parte)
da lei.
4. tostamente: immediatamente; danag[g]io: fatica, difficolt.
5. dritta lumera: la luce giusta, sicura.
6. l mi corag[g]io: il mio cuore, si riteneva che il coraggio ri-
siedesse nel cuore; coraggio un provenzalismo.
7. pulzella: fanciulla.
8. di cui segnorag[g]io: di cui lAmore mi ha posto in con-
dizione di servit, di obbedienza.
9-10. ch: poich; fella a gir: difficile (fella) da condurre (gir);
non ag[g]io: non ho.
11. La qual: si riferisce alla donna, alla sua luce; disparere:
scomparire.
12. laove apar: dove compare.
14. s conquiso: a tal punto conquistato.
15. per voi: grazie a voi.
16. merz: per favore; diviso: separato, allontanato.
Monte Andrea
S COME I MARINAR GUIDA LA STELLA
seconda met XIII secolo
Monte Andrea era fiorentino, ma visse a Bologna. Fu attivo nella seconda met del XIII secolo e
scrisse unampia raccolta di poesie, soprattutto sonetti e una decina di canzoni. Con le sue rime
fu in corrispondenza con molti altri poeti toscani, soprattutto con Guittone e Chiaro Davanzati.
Il suo stile prezioso e ricercato; egli fu anche uno sperimentatore di novit metriche: a lui viene
fatta risalire la forma estesa di sonetto, composto di sedici versi. In questa variante del sonetto le
due quartine sono sostituite da una strofa di dieci versi, che corrisponde alla fronte della stanza
di canzone, seguita dai sei versi delle due terzine, corrispondenti alla sirma.
Il sonetto proposto presenta appunto questa forma estesa e sviluppa un tema ricorrente della
lirica cortese: la donna paragonata alla stella non solo per la sua bellezza, ma perch per il
poeta una guida sicura, che gli indica la giusta via nel viaggio dellesistenza.
8 Il poeta si riferisce
alla donna che esercita
su di lui la signoria, il
potere (segnorag[g]io):
evidente la ripresa del
tema provenzale della
servit damore.
12 La bellezza della
donna anche
espressione della sua
perfezione morale.
S come i marinar guida la stella,
che per lei ciascun prende suo vag[g]io,
e chi per sua follia si parte della
radoppia tostamente suo danag[g]io:
la mia dritta lumera qual , quella
che guida in terra me e l mi corag[g]io?
Voi, gentile ed amorosa pulzella,
di cui mha messAmor in segnorag[g]io,
ch troppo scura la mia vita e fella
a gir, se vostra lumera non ag[g]io.
La qual fa disparere ognaltra luce,
ch, laove apar vostro angelico viso,
altro splendor giamai non vi riluce.
Pulzella, poi mavete s conquiso
che sol per voi mia vita si conduce,
merz, dal vostro amor non sia diviso.
Poeti del Duecento, cit.
5
10
15
unit 1 LA POESIA 533
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Individua lo schema delle rime.
2. Dividi in sillabe i primi quattro versi della poesia. Quale tipo di verso riconosci?
3. Con laiuto dellintroduzione e delle note, fai la parafrasi del sonetto.
4. Rintraccia nel testo e trascrivi tutte le parole che appartengono al campo semantico della luce.
5. La prima strofa costruita su una lunga similitudine: analizzala completando la seguente tabella.
i due elementi della similitudine sono
la qualit comune ai due elementi della similitudine
gli effetti prodotti rispettivamente da ciascuno dei due elementi
della similitudine sono
6. Individua e trascrivi le parole con cui il poeta esalta rispettivamente le virt morali e le qualit fisiche
della donna.
virt morali qualit fisiche
7. Tra stella e pulzella (vv. 1 e 7) c una rima semantica: spiega in che cosa consiste.
Riflettere
8. Indica quali temi e motivi propri della tradizione provenzale e siciliana sono ripresi dal sonetto.
La bellezza insuperabile della donna
Lindifferenza della donna verso il poeta innamorato
La soggezione di tipo feudale rispetto alla donna amata
La descrizione dettagliata dellaspetto fisico della donna
Il paragone della donna con la divinit
9. Spiega con qualche esempio significativo se il lessico e la
sintassi del sonetto sono semplici e di immediata compren-
sione oppure complessi e ricercati.
Scrivere
10. Scrivi un testo espositivo di circa 150 parole sul seguente ar-
gomento: Il ruolo assunto dalla donna per il poeta, nella
poesia di Monte Andrea.
Dama lega le mani dellamato con fili doro,
segno di eterno amore,
miniatura dal Codice Manesse, XIV sec.
534 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. splendente luce: splendente luce; si riferisce
alla luce del sole.
3. cotantha guardare: il suo aspetto (guar-
dare) ha tanto potere (vertute).
4. che sovra splendore: che il suo splendore
superiore a qualsiasi altra fonte di luce.
5. face alegrare: d gioia; lespressione uneco
del linguaggio della lirica provenzale.
6. mirando lei: guardandola.
7. adesso: subito, immediatamente; un fran-
cesismo.
8. sormonta e passa: supera; una coppia si-
nonimica.
9. fan di lei bandiera: la prendono come sim-
bolo.
10. imperatrice costumanza: regina, cio
modello insuperabile, di comportamento
cortese; la desinenza -anza una derivazio-
ne provenzale.
11. lumera: luce.
12-14. e li pintor dimostranza: e i pittori
sono soliti (per usanza) contemplarla (la mi-
ran) per trarre esempio (trare asempro) da un
viso cos bello (s bella cera) e darne testimo-
nianza (dimostranza) a tutti.
Chiaro Davanzati
LA SPLENDENTE LUCE, QUANDO APARE
seconda met XIII secolo
I dati biografici relativi a Chiaro Davanzati sono molto incerti: vissuto nella seconda met del
Duecento a Firenze, mor probabilmente nel 1303. Dopo Guittone, il pi prolifico dei rimatori
toscani. Ha lasciato infatti quasi duecento componimenti, tra sonetti e canzoni, in cui raccoglie
leredit tematica e stilistica dei poeti provenzali e siciliani.
In questo sonetto ripropone il motivo della donna che con le sue virt diffonde la gioia. Ella
talmente colma di qualit che viene presa come esempio da tutte le altre donne e i pittori la
ritraggono per dare a tutti testimonianza della bellezza.
5 Madonna era
lappellativo attribuito
alla donna amata in
tutta la poesia damore
medievale per esprimere
la subordinazione del
poeta innamorato.
Dal latino mea domina,
significava
mia signora. I poeti
provenzali lo usavano
addirittura al maschile,
midons, che
normalmente era rivolto
al feudatario, per
sottolineare laffinit
tra la soggezione
amorosa e quella
feudale.
12-14 Il motivo del
ritratto come immagine
mentale che il poeta
conserva della donna
amata era ricorrente
nella poesia siciliana. In
particolare questi versi
riprendono limmagine
di una canzonetta di
Iacopo da Lentini.
La splendente luce, quando apare,
in ogne scura parte d chiarore:
cotantha di vertute il suo guardare,
che sovra tutti gli altri l suo splendore:
cos madonna mia face alegrare,
mirando lei, chi avesse alcun dolore;
adesso lo fa in gioia ritornare,
tanto sormonta e passa il suo valore.
E laltre donne fan di lei bandiera,
imperatrice dogni costumanza,
perch di tutte quante la lumera;
e li pintor la miran per usanza
per trare asempro di s bella cera,
per farne a laltre genti dimostranza.
Poeti del Duecento, cit.
5
10
unit 1 LA POESIA 535
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Individua lo schema delle rime e il tipo di verso usato.
2. Con laiuto delle note fai la parafrasi di ciascuna strofa.
3. Le quartine sviluppano la similitudine tra il sole e la donna; la caratteristica comune su cui si basa il
rapporto di somiglianza :
la luce che rallegra e rasserena
lo straordinario potere esercitato dal sole come dalla donna
la capacit del sole come della donna di dissipare la tristezza
la bellezza della donna e dellastro
4. Quali sono gli effetti di questa comune caratteristica, rispettivamente nel caso del sole e della donna?
5. Nella prima quartina la potenza luminosa del sole sottolineata dallantitesi scura parte/chiarore: qual
, nella seconda quartina, lantitesi corrispondente che esprime lo straordinario potere che emana
dalla vista della donna?
6. Il tema delle terzine lineguagliabile perfezione della donna: con quali argomenti il poeta esprime la
superiorit della sua amata su qualsiasi altra creatura?
7. Individua e trascrivi i termini di derivazione provenzale. Che cosa significa la presenza di questi ter-
mini nel testo poetico?
Riflettere
8. Confronta questo sonetto di Chiaro Davanzati con il sonetto di Monte Andrea S come i marinar guida
la stella. Individua somiglianze ed eventuali differenze e completa la tabella seguente:
aspetto fisico
della donna
paragoni attraverso cui viene
espressa la lode della donna
effetti della visione
della donna
somiglianze differenze somiglianze differenze somiglianze differenze
9. Ora confronta il sonetto di Davanzati con il sonetto di Iacopo da Lentini Io maggio posto in core a Dio
servire e individua, illustrandole brevemente, le principali analogie e differenze che emergono nella
rappresentazione della donna.
10. Quali elementi del sonetto rimandano alla poesia provenzale?
Scrivere
11. Sul sonetto che hai preferito fra quelli proposti, scrivi un testo espositivo-argomentativo di circa 300
parole che sviluppi i seguenti punti.
Presentazione della lirica: autore, data di composizione, movimento poetico cui appartiene.
Interpretazione dei contenuti: qual il tema del sonetto? A quale tradizione poetica si ispira? Quali
sono gli elementi che rivelano maggiormente linfluenza di questa tradizione?
Analisi dello stile: quali sono le principali caratteristiche del lessico utilizzato? Quali figure retoriche
riconosci? La sintassi semplice o complessa?
536 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. A la stagion fiora: nella stagione in cui il mondo mette
foglie e fiori (foglia e fiora sono verbi).
2. acresce: aumenta, si intensifica; fin amanti: gli amanti gen-
tili, con esplicito richiamo allamor fino della poesia proven-
zale.
3-4. alora / che gli auscelletti: mentre gli uccelletti.
5. la franca gente: le persone di animo nobile. Franco un
francesismo: come primo significato aveva libero e indi-
cava la condizione delle persone nobili.
6. e di servir inanti: e ciascuno pronto a innamorarsi; ser-
vir allude al servizio damore, secondo la dottrina dellamor
cortese.
7. in gioia dimora: attende piena di gioia; dimorare, nel senso
di indugiare, aspettare, un latinismo.
8. a me pianti: io sono preda di sgomento, smarrimento e
pianti.
9. Ca er[r]ore: poich (ca un francesismo) mio padre mi
ha messa in un doloroso conflitto.
10. e tenemi: e mi costringe; doglia: dolore.
11. donar segnore: mi vuole dare marito contro la mia vo-
lont (a mia forza).
12. diso: desiderio.
14. per: perci.
Compiuta Donzella
A LA STAGION CHE L MONDO FOGLIA E FIORA
seconda met XIII secolo
Compiuta Donzella lunica voce femminile della poesia in volgare duecentesca di cui si abbia
conoscenza. Le notizie sulla sua vita sono scarsissime e incerte: si sa che era fiorentina e che
fu in contatto con altri rimatori toscani del periodo, fra cui Guittone dArezzo. Di lei ci sono
pervenuti soltanto tre sonetti.
Il sonetto proposto tratta il tema della malmaritata, cio della fanciulla costretta controvoglia
alle nozze. Il tema, ricorrente nella tradizione popolare, sviluppato dallautrice con uno stile
elegante e ricco di riferimenti letterari.
1 Nella poesia
trobadorica il risveglio
della natura nella
stagione primaverile era
spesso associato allo
sbocciare del
sentimento amoroso.
3-8 La descrizione
lieta e festosa dei
giovani innamorati si
contrappone alla
condizione di infelicit e
solitudine della
poetessa.
14 Limmagine iniziale
della natura rigogliosa
torna nellultimo verso,
ma con un significato
rovesciato.
A la stagion che l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tut[t]i fin amanti,
e vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;
la franca gente tutta sinamora,
e di servir ciascun trag[g]esinanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
a me, nabondan mar[r]imenti e pianti.
Ca lo mio padre mha messa n er[r]ore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,
ed io di ci non ho diso n voglia,
e n gran tormento vivo a tutte lore;
per non mi ralegra fior n foglia.
Poeti del Duecento, cit.
5
10
unit 1 LA POESIA 537
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Individua lo schema delle rime.
2. Suddividi in sillabe i primi quattro versi, individua le eventuali figure metriche e riconosci il tipo di
verso usato.
3. Con laiuto delle note, fai la parafrasi di ciascuna strofa.
4. Il tema delle quartine :
la descrizione della bellezza del paesaggio primaverile
linfelicit della protagonista
lo sbocciare dellamore e della vita in primavera
la celebrazione dei comportamenti cortesi
5. Qual invece quello delle terzine?
6. Completa la tabella, elencando i comportamenti e i sentimenti dei giovani innamorati e quelli della
protagonista.
i giovani innamorati la protagonista
sentono crescere la gioia in preda allo smarrimento e al pianto
7. Individua e trascrivi tutte le parole e le espressioni che appartengono al linguaggio dellamor cortese.
8. Il lessico ti sembra semplice o raffinato? Motiva la tua risposta con qualche esempio tratto dal testo.
9. La sintassi complessa o semplice? Prevale lipotassi o la paratassi? Fai qualche riferimento al testo per
sostenere la tua risposta.
Riflettere
10. Per quali motivi, secondo te, la primavera associata allo sbocciare dellamore?
11. Qual lo stato danimo della protagonista di fronte alla bellezza della natura primaverile? Da che cosa
nasce?
12. Quali elementi propri della poesia cortese ricorrono nel testo?
Scrivere
13. In un testo espositivo-argomentativo di circa 200 parole, indica e spiega brevemente quali aspetti e
temi del sonetto analizzato rivelano una sensibilit femminile.
538 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. desio: desiderio, nel senso anche pi generale di sentimento;
ven: viene.
2. per abondanza piacimento: per la grande bellezza [che
procura piacere].
3. e li occhi amore: e gli occhi per primi generano lamore.
4. e lo core nutricamento: poi il cuore lo nutre, lo alimenta.
5-6. ben namoramento: pu esserci (Ben ) talvolta (alcu-
na fiata) chi si innamora (om amatore) senza vedere la perso-
na amata (so namoramento). In questi versi il poeta allude a
una teoria provenzale secondo cui era possibile innamorarsi
di una donna senza averla mai vista direttamente, ma solo
sentendone lodare le virt.
7. quellamor furore: il sentimento amoroso che si sente in
modo pi intenso, pi forte.
8. nas[ci]mento: nasce, ha origine.
9. ch: poich; rapresenta[n]: raffigurano, mostrano.
10. donni cosa rio: di ogni cosa che vedono le qualit buone
e cattive (bono e rio).
11. com natural[e]mente: come si presenta in natura.
12. che concepitore: che raccoglie in s tutto ci (zo), cio le
impressioni procurate dalla vista, dagli occhi.
13. imagina: letteralmente immagina, nel senso che il cuore
costruisce unimmagine mentale della persona amata che,
attraverso gli occhi, lo ha colpito con la sua bellezza; disio:
cfr. v. 1.
14. regna: presente, vive; un provenzalismo.
VERIFICA FORMATIVA
Iacopo da Lentini
AMOR UNO DESIO CHE VEN DA CORE
1233-1240
Questo sonetto di Iacopo da Lentini fa parte di una tenzone. Cos si chiamavano le discussioni
che i poeti siciliani erano soliti sostenere attraverso la composizione di sonetti in cui ciascun
autore illustrava le proprie convinzioni intorno al tema dellamore.
In questo caso la disputa verteva sulla natura dellamore ed era composta, oltre che dal sonetto
di Iacopo da Lentini qui riportato, dai componimenti di Jacopo Mostacci e di Pier della Vigna.
Il Notaro riprende qui una teoria di Andrea Cappellano, secondo cui lamore pu nascere sola-
mente dalla vista della persona amata per la sensazione di grande piacere procurata dalla sua
bellezza. Solo in seguito il cuore elabora quelloriginaria sensazione fisica e la nutre con immagini
e sentimenti, dando origine alla passione amorosa.
Amor un[o] desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento,
e li occhi imprima genera[n] lamore
e lo core li d nutricamento.
Ben alcuna fiata om amatore
senza vedere so namoramento,
ma quellamor che stringe con furore
da la vista de li occhi nas[ci]mento,
ch li occhi rapresenta[n] a lo core
donni cosa che veden bono e rio,
com formata natural[e]mente;
e lo cor, che di zo concepitore,
imagina, e [li] piace quel disio:
e questo amore regna fra la gente.
Poeti del Duecento, cit.
5
10
unit 1 LA POESIA 539
Analizzare e comprendere
1. Individua e trascrivi lo schema delle rime.
2. Dividi in sillabe i versi della prima quartina e riconosci il tipo di verso utilizzato.
3. Con laiuto delle note, fai la parafrasi di ciascuna strofa.
4. Individua nel testo le espressioni e le parole che appartengono al campo semantico del vedere.
5. Rintraccia nel testo il verso e lespressione precisa in cui il poeta indica la caratteristica delloggetto
amato che suscita linsorgere dellamore.
6. Largomento del sonetto :
la dimostrazione della superiorit della donna amata
la lode della bellezza della persona amata
la tesi dellautore circa lorigine dellamore
gli obblighi del poeta innamorato verso la donna
7. A proposito della natura dellamore lautore sostiene che:
lamore un sentimento che nasce dalla vista della persona amata
si pu amare senza aver mai visto loggetto del proprio amore
lamore un sentimento superficiale
lamore consiste solo nel piacere per la vista della persona amata
Riflettere
8. Parti dai dati che hai raccolto nellesercizio 4 e spiega per quale motivo nel testo le espressioni e le
parole che appartengono al campo semantico del vedere sono cos frequenti.
9. Spiega perch questo sonetto ha una struttura e dei contenuti di tipo argomentativo. Utilizza le infor-
mazioni dellintroduzione e delle note.
Scrivere
10. Raccogli le tue conoscenze di studio sulla poesia damore medievale e le informazioni che accompa-
gnano questo sonetto di Iacopo da Lentini. Quindi scrivi un testo espositivo di almeno 200 parole sul
seguente argomento: La concezione dellamor cortese nel sonetto Amor uno desio che ven da
core.
Sviluppa i seguenti punti:
in quale realt si colloca lamor cortese;
come si esprime a livello letterario lamor cortese;
a quale epoca e a quale contesto politico e sociale appartiene il sonetto in esame;
a quale teoria si attiene Iacopo da Lentini per spiegare lorigine dellesperienza amorosa;
qual lorigine dellesperienza amorosa secondo lautore del sonetto analizzato;
quali sono le qualit della persona amata che generano linnamoramento;
come si sviluppa il primo nucleo dellesperienza amorosa;
quali sono lo stato danimo e latteggiamento dellinnamorato.
VERIFICARE LE COMPETENZE
540 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
t
r
a
c
c
e
La lirica damore ha riproposto spesso, nel corso dei secoli, immagini e concezioni della poesia cor-
tese. La rappresentazione della donna come essere superiore alluomo, se non addirittura angelico,
diventato un topos letterario, che stato ripreso sino ai giorni nostri. Ne sono esempio la figura che
giunge al poeta traversando lalte nebulose, protagonista di una famosa poesia di Eugenio Montale,
cos come la protagonista del racconto di Italo Calvino Lavventura di uno sciatore, la cui leggerezza
ed eleganza sugli sci si contrappongono alla pesantezza e alla goffaggine di un gruppo di ragazzi.
Umberto Saba nella poesia A mia moglie riprende il tema della lode nei confronti della donna, che
viene considerata una possibilit per luomo di avvicinarsi a Dio. La poesia inoltre richiama il Canti-
co delle creature, sia nella forma della preghiera sia per la concezione religiosa che avvicina tutte le
creature delluniverso.
Al Cantico di frate sole si rif chiaramente la poesia di Gabriele DAnnunzio La sera fiesolana, che
rilegge la lode agli elementi della natura in una chiave laica e allo stesso tempo quasi fiabesca.
MOTIVI DELLA LIRICA DUECENTESCA
NELLA LETTERATURA DEL NOVECENTO
8. incede: avanza.
1-2 Ogni strofa si apre
con unapostrofe alla
donna e con il paragone
con un animale. Questo
uno dei numerosi
procedimenti di
ripetizione e ripresa che
caratterizzano la lirica e
le conferiscono un ritmo
simile a quello di una
litania.
Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nellandare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sullerba
pettoruta e superba.
migliore del maschio.
5
10
Umberto Saba
A MIA MOGLIE
Poesie, 1911
Umberto Saba, il cui vero cognome era Poli, nacque a Trieste nel 1883 e mor a Gorizia nel 1957,
un anno dopo la scomparsa della moglie, con la quale era sposato fin dal lontano 1909. La lirica
proposta risale proprio allanno del matrimonio e della prima produzione poetica dellautore:
fu composta infatti fra il 1909 e il 1910, e pubblicata per la prima volta nellanno successivo.
A mia moglie poi entrata a far parte del Canzoniere, la raccolta poetica cui Saba lavor tutta
la vita, nella sezione iniziale intitolata Citt e campagna. Nella poesia la moglie paragonata
a una serie di animali diversi, con i quali condivide qualit e tratti che ne esaltano lunicit. La
lirica quindi una particolarissima lode alla propria compagna di vita, ma celebrando tutte le
femmine dei sereni animali anche una lode a tutte le donne.
unit 1 LA POESIA 541
come son tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Cos se locchio, se il giudizio mio
non minganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessunaltra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la sua carne.
Se lincontri e muggire
lodi, tanto quel suono
lamentoso, che lerba
strappi, per farle un dono.
cos che il mio dono
toffro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che dun fervore
indomabile arda,
e cos ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
15
20
25
30
35
40
45
50
18. assonna: fa addormentare.
20. mettono voci: emettono suoni.
21. onde: con cui.
22. ti quereli: ti lamenti.
26. giovenca: mucca giovane.
27-28. libera gravezza: ancora agile (libera)
e non appesantita dalla gravidanza.
30-31. rosa/tenero: soggetto.
18-24 Questi versi
accostano alla
descrizione una sorta di
breve inserto narrativo,
come avviene anche
nelle tre strofe
successive.
42-46 Tutta questa
descrizione incentrata
sulla devozione assoluta
della cagna al padrone.
Da qui nasce il parallelo
con una santa, di cui
lanimale ha
latteggiamento
prostrato e lespressione
animata da un ardore
interiore (fervore)
indomabile.
542 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
54. angusta: stretta.
60-61. di cui/priva: senza i quali.
72. arte: abitudine, consuetudine.
77. provvida: letteralmente che provvede per tempo, quindi saggia, previdente.
82. pecchia: ape.
67-68 La rima baciata
partorire/soffrire
sottolinea il tema
del dolore che si
accompagna
inevitabilmente
alla vita.
72 Alla similitudine
si accompagna una
profonda differenza: la
moglie non si allontana
come la rondine, ma
rimane costantemente
nel suo nido.
77-81 Si pu
ipotizzare, in questi
versi, unallusione alla
celebre favola della
cicala e della formica.
Loperosit della formica
ripresa nella
successiva similitudine
con lape (pecchia).
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro langusta
gabbia ritta al vederti
salza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in s si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai questarte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi unaltra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che laccompagna.
E cos nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
e in nessunaltra donna.
U. Saba, Canzoniere, Einaudi, Torino 1961
55
60
65
70
75
80
85
unit 1 LA POESIA 543
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Analizza la prima strofa: quali tipi di verso sono utilizzati?
2. Sempre nella prima strofa, individua le rime: sono disposte secondo uno schema prestabilito o in
modo libero?
3. Rintraccia gli eventuali enjambements: sono rari o numerosi?
4. Verifica la presenza di assonanze e consonanze: usa, come campione, i primi cinque versi.
5. Ciascuna strofa si apre con la stessa espressione: Tu sei come Di quale figura retorica si tratta? Di
quale tipo di testi caratteristico questo procedimento?
6. Individua quale, delle seguenti figure retoriche, si trova nei vv. 3-4:
metafora sineddoche chiasmo antitesi
Spiega com costruita la figura retorica individuata e quale funzione ha.
7. Individua la qualit su cui, in ciascuna strofa, il poeta costruisce la similitudine tra la propria moglie e
ciascuno dei diversi animali cui la paragona, completando la seguente tabella.
strofa animale caratteristica
1 gallina semplicit, portamento regale
2
3
4
5
6
8. Il lessico usato da Saba molto semplice e quotidiano, tuttavia non mancano alcuni termini pi ricer-
cati. Illustra le due diverse scelte lessicali con qualche esempio tratto dal testo.
9. In quasi tutte le strofe la descrizione si conclude con lallusione a un medesimo tema che accomuna
la donna e gli animali. Si tratta
della semplicit della fedelt della sofferenza dellallegria
Riflettere
10. Il poeta stesso ha avvicinato questa sua poesia a una preghiera: su quali aspetti dello stile si pu
fondare questo accostamento? Utilizza le osservazioni raccolte nellanalisi.
11. Perch, secondo te, il poeta paragona la moglie a tutte le femmine dei sereni animali ma a nessunaltra
donna?
12. Per quale motivo gli animali avvicinano a Dio?
13. Quali immagini o espressioni del testo rimandano alla poesia del Duecento?
Scrivere
14. Riassumi con le tue parole la similitudine che ti ha colpito di pi e spiega per quale motivo ti sembra
particolarmente efficace o significativa.
15. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di circa 200 parole che illustri come alcune espressioni di
questa poesia e limmagine della donna delineata da Saba risentano della concezione della donna
elaborata dalla poesia del Duecento.
544 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
Gabriele DAnnunzio
LA SERA FIESOLANA
Nuova Antologia, 1899
La sera fiesolana una delle poesie pi famose di Gabriele DAnnunzio. Pubblicata per la prima
volta sulla rivista Nuova Antologia nel 1899, pochi mesi dopo la composizione, poi confluita in
Alcyone, una raccolta di ottantotto liriche in cui il poeta rievoca unestate trascorsa in Toscana,
sulle coste della Versilia. Le poesie, attraverso suggestive immagini paesaggistiche, ripercorrono i
vari momenti dellestate ed esprimono le intense emozioni con cui il poeta si immerge nella natura.
La lirica fa parte della prima sezione di Alcyone, dedicata allattesa che esploda la grande esta-
te. Essa rappresenta la campagna di Fiesole, localit presso Firenze, immersa nel crepuscolo di
una giornata della tarda primavera, che esalta la dolcezza e la purezza del paesaggio. Il poeta
innalza alla natura un inno dai toni sacrali, sottolineato dallesplicita ripresa, dal Cantico di
frate sole di Francesco dAssisi, della formula della lauda. Il legame con il modello francescano
per del tutto esteriore: alla spiritualit francescana nella lirica di DAnnunzio si sostituisce
un sentimento profano della natura, esaltata come fonte di intense emozioni e piaceri sensuali
e associata alla passione sensuale per eccellenza, lamore.
Metrica: tre strofe di quattordici versi di varia misura, intercalati da tre laude ciascuna di tre versi, di cui il primo (ende-
casillabo) rima sempre con lultimo (quinario) della strofa precedente.
1-2. Fresche sien: le mie parole nella sera siano per te fre-
sche.
3. ne la man coglie: nella mano del contadino che le coglie.
4. ancor lenta: si trattiene (attarda) ancora a compiere il la-
voro lento e faticoso (opra lenta).
5. sannera: si scurisce, poich sta scendendo il buio della sera.
6. fusto che sinargenta: il tronco che assume una sfumatura
argentea nellimbrunire appena rischiarato dalla luna che
sta sorgendo.
7. rame spoglie: rami spogli, perch le foglie sono state colte;
luso del femminile un toscanismo.
8-9. prossima velo: sta sorgendo, vicina ( prossima)
allorizzonte (soglie) di un azzurro pallido (cerule) e sembra
che distenda davanti a s una luce simile a un drappo.
10. ove giace: dove il sogno damore del poeta e della donna
(il nostro sogno) pu posarsi (si giace).
12. da lei: dalla luna, come nel verso successivo.
13. beva la sperata pace: assorba il refrigerio notturno, tregua
(pace) desiderata (sperata) durante la calura del giorno.
14. senza vederla: bench la luna non sia ancora apparsa nel
cielo.
Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il frusco che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie
silenzioso e ancor sattarda allopra lenta
su lalta scala che sannera
contro il fusto che sinargenta
con le sue rame spoglie
mentre la Luna prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a s distenda un velo
ove il nostro sogno si giace
e par che la campagna gi si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.
5
10
1-2 Il poeta si rivolge
a unanonima presenza
femminile storicamente
identificabile con
lattrice Eleonora Duse,
con cui il poeta viveva
in quegli anni e alla
quale sono dedicate le
poesie di Alcyone.
unit 1 LA POESIA 545
15. pel tuo viso di perla: il chiarore della luna paragonato
allincarnato chiaro e luminoso come una perla di un viso
femminile.
16-17. e pe cielo: e per i tuoi grandi occhi umidi dove (ove)
si raccoglie (si tace) la pioggia (lacqua del cielo). La luna
personificata in una figura femminile dagli occhi bagnati di
pianto.
19. bruiva: sussurrava, mormorava.
20. fuggitiva: passeggera, di breve durata.
21. commiato primavera: come fosse il saluto (commiato)
commosso (lacrimoso) della primavera che sta finendo. La
poesia era stata composta il 17 giugno del 1899, pochi giorni
prima dellinizio dellestate.
23. novelli rosei diti: i giovani (novelli) germogli simili a dita
infantili.
24. aura che si perde: la brezza che li sfiora e si allontana.
25-26. su l grano verde: sul grano che non ancora maturo
(biondo) ma (e) non pi verde.
27-28. su l fieno trascolora: sul fieno che ha gi subito (pat)
la falce, cio gia stato falciato, e cambia colore (trascolora)
perch appassisce.
30-31. che fan sorridenti: che danno ai colli (clivi) un tenue
colore grigio-argento simbolo di santit e serenit (sorri-
denti).
32-34. Laudata odora!: Sii lodata, o Sera, per le tue vesti
profumate (aulenti) e per la cintura (cinto) che ti stringe la
vita (cinge) come il ramo di salice (salce) stringe il fieno pro-
fumato (fien che odora). Persiste lumanizzazione della sera
che appare come una donna: le sue vesti hanno il profumo
dellerba e dei fiori, la sua cintura si pu interpretare come il
giro dellorizzonte che abbraccia il paesaggio serale o come
lalone della luna.
35-38. Io ti dir monti: io ti sveler (dir) verso quali regni
(reami) damore ci chiami il fiume, le cui sorgenti perenni
(fonti eterne) nellombra dei boschi secolari (antichi rami)
scorrono mormorando (parlano) nel silenzio sacro e miste-
rioso dei monti. I dati naturalistici il fiume Arno che nasce
dalle sorgenti del monte Falterona sono trasfigurati in im-
magini fiabesche (i reami damor) e mitiche; nella mitologia
infatti le fonti dei fiumi erano considerate luoghi abitati dal-
le divinit, per questo i monti sono definiti sacri.
Laudata sii pel tuo viso di perla,
o Sera, e pe i tuoi grandi umidi occhi ove si tace
lacqua del cielo!
Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pini dai novelli rosei diti
che giocano con laura che si perde,
e su l grano che non biondo ancra
e non verde,
e su l fieno che gi pat la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santit pallidi i clivi
e sorridenti.
Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!
Io ti dir verso quali reami
damor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne a lombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
15
20
25
30
35
15-17 la prima delle
tre laude che citano il
Cantico di Francesco
dAssisi. In esse la sera,
come gli altri elementi
naturali nel corso di
tutta la lirica, viene
personificata attraverso
una serie di metafore.
29-30 Nellappellativo
fratelli si avverte
unaltra eco
francescana. Lulivo, gi
sacro nellantichit a
Minerva, ha una lunga
tradizione di simbolo
religioso e per questo
conferisce santit al
paesaggio.
35-38 Nellultima
strofa si accentua il
tono evocativo e oscuro.
546 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
39-48. e ti dir forte: e ti sveler per quale
misteriosa ragione (per qual segreto) le colli-
ne si incurvino contro (su) i limpidi orizzon-
ti come labbra che un divieto tiene chiuse, e
[ti sveler] perch il desiderio di parlare (la
volont di dire) le renda (faccia) belle al di
l di ogni desiderio umano (oltre ogni uman
desire) e [le renda] bench mute (nel silenzio
lor) sempre nuove portatrici di conforto (no-
velle consolatrici), tanto che sembra (s che
pare) che ogni sera lanima le possa amare
con un amore pi intenso (damor pi forte).
49. pura morte: la fine (morte) della sera pura
perch essa trapassa nella notte in modo len-
to e discreto.
50-51. attesa stelle: lattesa [della notte] che
nella sera (in te) fa tremolare il brillio (palpi-
tare) delle prime stelle.
e ti dir per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
sincrvino come labbra che un divieto
chiuda, e perch la volont di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, s che pare
che ogni sera lanima le possa amare
damor pi forte.
Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per lattesa che in te fa palpitare
le prime stelle.
G. DAnnunzio, Alcyone, Mondadori, Milano 1984
40
45
50
39-40 Nel processo
antropomorfico per cui
la natura viene
umanizzata, la curva
delle colline richiama la
curva di labbra
trattenute da un divieto
di parlare. Limmagine
allude allindicibilit del
mistero della natura,
attingibile solo
dallilluminazione
poetica.
41-46 Il poeta in
grado di cogliere e
svelare il messaggio
segreto della natura e
di catturarne la bellezza
che si esprime con
modalit e linguaggi
diversi da quelli verbali.
49 Anche lultima
lauda del Cantico
di san Francesco
era rivolta alla morte.
Berthe Morisot,
Nei campi di grano
a Gennevilliers, 1875.
unit 1 LA POESIA 547
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Riconosci i versi usati nella prima strofa.
2. Individua le rime e le figure di suono presenti nella prima strofa.
3. Sempre nella prima strofa individua i versi e le espressioni che si riferiscono a sensazioni, in particolare
visive e tattili.
4. La figura retorica presente nellespressione iniziale Fresche le mie parole
chiasmo
climax
sinestesia
ossimoro
5. Nella prima edizione della poesia, lautore ne aveva scandito il contenuto dando un sottotitolo a
ciascuna delle tre strofe, e precisamente: la nativit della luna, la pioggia di giugno, le colline.
Tenendo conto di queste indicazioni, sintetizza il contenuto delle tre strofe.
6. Osserva linizio di ciascuna delle tre strofe e della lauda: quale figura retorica riconosci?
anafora
metafora
antitesi
climax
Di quale tipo di testi caratteristico questo procedimento?
Riflettere
7. Nella poesia la sera viene personificata attraverso il nome scritto con lettera maiuscola e soprattutto
con lattribuzione di caratteri e atteggiamenti propri di una donna. Individua e segnala le espressioni
con cui nella lirica altri elementi naturali vengono umanizzati.
8. Individua nel testo le espressioni che permettono di capire che la misteriosa interlocutrice la donna
amata dal poeta.
9. Nella sua celebrazione della natura il poeta si ispira indifferentemente alla tradizione religiosa fran-
cescana e alla mitologia pagana. Individua nel testo i versi in cui emergono riferimenti e immagini di
natura mitologica.
10. Elenca i sentimenti profani che con maggiore evidenza vengono espressi nella lirica.
11. Nel Cantico di frate sole le creature sono lodate in quanto testimoniano linfinita potenza e bont di
Dio. Che significato ha nella lirica dannunziana la lode della sera?
Scrivere
12. Illustra, in un testo espositivo di circa 150 parole, quale funzione dellarte e quale compito del poeta
emergono da questa lirica. Per elaborare il tuo testo, soffermati in particolare sullultima strofa.
548

unit 2
LA PROSA
XIn questa unit
(Novellino) Tre novelle di belli rispuosi
Anonimo senese, Il chierico e la Madonna
(Novellino) Come uno re fece nodrire uno suo fgliuolo anni dieci
(Novellino) Qui conta come la damigella di Scalot mor per amore
di Lancialotto del Lac
Anonimo, Come santo Francesco liber la citt dAgobbio da uno fero lupo
Jacopo da Varagine, Il beato Patrizio e il penitente Nicolao
Anonimo, La predica agli uccelli
Marco Polo, Lusanze e gli costumi de Tartari
Marco Polo, Le isole del mare di Cin
Bonvesin de la Riva, Le meraviglie di Milano
(Novellino) Marco Lombardo nobile uomo di corte
XTracce
I. Calvino, Le citt e i segni: Olivia
L. Mancinelli, Il cavaliere di Tannhaus
Testi ONLINE
(Novellino)
Qui conta come
i savi astrologi
disputavano
del cielo empirio
(Novellino)
Qui conta
di messere Rangone,
come elli fece
a un giullare
Niccol
e Matteo Polo
si congedano
dallimperatore
Baldovino II a
Costantinopoli,
miniatura,
particolare,
XV secolo.
555548 555548 548
unit 2 LA PROSA
ORIGINI E CARATTERI GENERALI
L
a prosa letteraria in volgare in Italia si svilupp nella seconda met del Duecento, con alcuni
decenni di ritardo rispetto alla poesia. Nella prosa la concorrenza del latino e del francese era
molto forte. Il latino era la lingua della cultura filosofica e scientifica, mentre il francese era usato,
soprattutto nellItalia settentrionale, per la narrativa di intrattenimento, che riproponeva i contenuti
dei poemi epici e dei romanzi cavallereschi doltralpe.
La primissima produzione in prosa fu rappresentata dai volgarizzamenti, che erano la trasposizio-
ne in volgare italiano spesso con consistenti rimaneggiamenti di opere francesi o latine; solo in
un secondo tempo si ebbero dei testi originali, direttamente scritti in volgare.
Il contesto politico-sociale che favor il fiorire di questa letteratura fu quello del Comune, dove i
ceti sociali emergenti costituivano un nuovo pubblico che non conosceva il latino e aspirava a
una formazione culturale anche in funzione del ruolo egemone che voleva svolgere nella citt. Si
trattava di cittadini impegnati nella realt economica e politica, spesso di origine borghese, di flo-
ride condizioni economiche, colti anche se non necessariamente dotati di unistruzione superiore,
curiosi e interessati ad arricchire e approfondire la propria cultura.
La prosa si prestava efficacemente alla divulgazione del sapere e questa sua funzione documen-
tata dai generi e dalle tematiche di questa produzione. Un grande spazio al suo interno infatti
occupato dai testi di carattere teorico: ci sono trattati di contenuto morale, politico, retorico, che
potevano fornire al nuovo pubblico strumenti culturali utili al governo della citt; opere di natura
enciclopedica, che fornivano una sintesi delle fondamentali conoscenze tecniche e scientifiche
del tempo; o ancora cronache, cio i primi tentativi di ricostruzione delle vicende storiche delle
singole citt, che stavano molto a cuore ai protagonisti della civilt comunale.
Non a caso la maggior fioritura della prosa in volgare si ebbe in Toscana e in particolare a Firenze,
la citt dove la borghesia assunse pi precocemente e stabilmente la guida politica del Comune.
Lintento didascalico, cio di insegnamento, era comunque una costante della prosa medievale e
riguardava anche testi che non nascevano con questo unico e principale scopo. il caso di opere
come il Novellino e il Milione che, per diversi aspetti, costituiscono tappe fondamentali della civil-
t medievale e della storia letteraria italiana.
La narrativa in lingua dol
La lingua dol fu la lingua della poesia narrativa, che comprendeva i poemi epici e i romanzi
cortesi. Entrambi questi generi letterari, con cui si inaugura la letteratura in lingua romanza, eb-
bero uno straordinario successo immediato e rivestirono per tutte le letterature europee un ruolo
fondamentale e prolungato nel tempo. Essi fornirono infatti un modello stilistico, ma soprattutto
un ampio materiale tematico che venne assorbito e rielaborato in molte e diverse forme letterarie,
lasciando tracce persistenti che arrivano fino alla letteratura contemporanea. Inoltre, poich la loro
diffusione fu ampia e differenziata, affidata sia ai testi letterari sia alla tradizione orale, influenzaro-
no profondamente anche la cultura e limmaginario popolare.
I pi antichi poemi epici, denominati in Francia chansons de geste (canzoni di gesta), risalgono alla
fine dellXI secolo e si diffusero soprattutto nel XII e XIII secolo. Come lepica classica, anche lepi-
ca medievale francese si propone di celebrare e tramandare, attraverso la narrazione di imprese
eroiche ed esemplari, i valori fondativi di un popolo. Per questo motivo il racconto epico prende
spunto da grandi vicende storiche che contraddistinguono le origini di una civilt e le narra in
chiave mitica. Il coraggio, labilit guerresca, la difesa della religione cristiana, la fedelt al proprio
sovrano sono gli ideali della civilt feudale esaltati dalle canzoni di gesta.
549
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
Emblematica la pi antica e famosa di queste, La chanson de Roland, la cui prima versione risale
al 1080. La vicenda imperniata sulleroico sacrificio del paladino Rolando che si immola per di-
fendere la Francia e la cristianit dalla minaccia degli infedeli, durante la guerra che Carlo Magno
e i suoi guerrieri i paladini combatterono nel 778 contro i Saraceni di Spagna. La chanson de
Roland allorigine di numerosi altri poemi che celebrano le gesta di Carlo Magno e dei suoi suc-
cessori e che costituiscono il ciclo carolingio.
Nello stesso periodo fiorirono i romanzi cortesi, inizialmente composti in versi e solo pi tardi
anche in prosa. La parola roman, che in origine indicava qualsiasi testo in lingua romanza, gi nel
XII secolo designava un testo narrativo in versi destinato non al canto come i poemi epici, ma alla
lettura. Laggettivo cortese rimanda alla mentalit, ai costumi, ai valori delle raffinatissime corti
feudali in cui queste opere nacquero e si diffusero.
Come i poemi epici, anche i romanzi cortesi celebrano valori quali lardimento, labilit militare, la
forza, ma per esaltare non tanto un patrimonio di ideali collettivi quanto le virt del singolo cavalie-
re. Inoltre nei romanzi trovano largo spazio due tematiche totalmente assenti nel poema: lamore e
la magia. Diverse erano anche le finalit: il romanzo era un genere soprattutto di intrattenimento,
mentre il poema perseguiva anche lintento didascalico di diffondere valori e comportamenti.
I romanzi pi celebri sono quelli che ruotano intorno alle avventure del leggendario Re Art e dei
Cavalieri della Tavola rotonda, il cosiddetto ciclo arturiano o bretone.
Esisteva anche un filone classico che rielabor, rileggendole in una prospettiva medievale, le vi-
cende di alcuni famosi personaggi storici o mitologici dellantichit.
I primi e pi famosi sono il Roman de Thbes, il Roman dEneas e il Roman de Troie: essi rielabora-
vano un filone mitologico che attraverso Enea conduceva fino a Bruto, pronipote delleroe troiano
e considerato in quanto primo colonizzatore della Gran Bretagna una sorta di antenato della
stirpe britannica.
Gi nel Medioevo si distingueva tra la materia di Francia che indicava i poemi epici del ciclo ca-
rolingio, e la materia di Bretagna che raccoglieva le storie del ciclo arturiano.
La diffusione della produzione let-
teraria relativa a questi due cicli
fu massiccia in particolare in Ita-
lia. Specialmente nelle regioni del
Centro-Nord nel XIII e XIV secolo
la tradizione narrativa francese fu
assimilata dando vita alla prima
produzione in prosa. Numerosi fu-
rono i rifacimenti che utilizzavano
la stessa lingua dorigine, cio la
lingua dol, e i volgarizzamenti.
Inoltre episodi e personaggi tratti
dai poemi epici e dai romanzi cor-
tesi ispirarono i contenuti di altre
forme letterarie, in primo luogo la
novella.
Maestro di Boucicaut,
Carlo Magno torna in Francia
dopo la morte di Orlando a Roncisvalle,
miniatura tratta
dalle Grandes Chroniques de France, 1415.
550
unit 2 LA PROSA
LA NOVELLA
Una forma medievale
Nella novella confluiscono molti e differenziati modelli di forme e generi letterari, nonch elementi
della narrazione orale. Di tutto ci questo genere rappresenta la sintesi e anche il superamento.
La sua affermazione come forma narrativa dotata di specificit e autonomia risale alla fine del XIII
secolo, con la raccolta del Novellino, e raggiunge la piena maturazione artistica alla met del XIV
secolo con il Decameron di Giovanni Boccaccio.
Il termine novella deriva dal vocabolo latino novus e dal suo diminutivo novellus, che indicava
tutto ci che era nuovo, recente, e quindi anche un fatto nuovo e degno di menzione. Luso del
termine in ambito letterario per designare una forma di narrazione breve risale al pi antico titolo
del Novellino, cio Libro di novelle e di bel parlar gentile, e si afferma nel corso del Trecento.
A partire dallOttocento e soprattutto nel Novecento il termine viene progressivamente sostituito
da quello di racconto. In origine tra le due denominazioni cera una lieve differenza concernente il
contenuto, poich la novella indicava prevalentemente narrazioni di tipo realistico, mentre il voca-
bolo racconto era usato in riferimento a storie di fantasia. Tuttavia questa distinzione andata af-
fievolendosi e oggi il termine racconto sicuramente il pi usato per definire la narrazione breve.
Gli antecedenti letterari che influenzano la nascita della novella italiana nel Medioevo apparten-
gono a tradizioni culturali diverse. Si possono qui elencare sommariamente le principali:
X i fabliaux, narrazioni in versi in lingua dol caratterizzate da una marcata vena polemica e
satirica;
X i lais, anchessi narrazioni in versi di provenienza francese, in lingua dol, ma di contenuto
sentimentale e cortese;
X la narrativa orientale e in particolare araba, come la raccolta delle Mille e una notte, conosciuta
per trasmissione orale o attraverso volgarizzamenti;
X le vidas e razos, cio le presentazioni di contenuto autobiografico o di spiegazione che accom-
pagnavano le raccolte di liriche provenzali.
Un modello essenziale della novella poi rappresentato dalle narrazioni di contenuto religioso, mol-
to diffuse nel Medioevo per la corretta formazione morale dei cristiani. Se ne distinguevano due tipi:
X la legenda (dal latino, cose da leggere): narrazioni sulla vita dei santi, proposte come modello
da imitare;
X lexemplum (esempio): brevi narrazioni che proponevano in forma semplice e piacevole con-
tenuti di carattere morale.
Gli exempla, attraverso aneddoti di grande efficacia emotiva, avevano lo scopo di dimostrare la
validit degli insegnamenti religiosi e di improntare il comportamento dei fedeli a fuggire i vizi e a
seguire le virt. Queste narrazioni erano largamente utilizzate nella predicazione orale, che si rivol-
geva a un pubblico vasto e indifferenziato, ma dal XII secolo cominciarono a essere raccolte anche
in testi scritti in latino, che costituivano una sorta di repertorio cui i predicatori potevano attingere.
Sul piano stilistico il modello pi immediato della novella in origine la narratio brevis che,
secondo la retorica medievale, caratterizzava la fabula, cio il racconto di un fatto inventato con
lo scopo prevalente di evasione e intrattenimento. Infatti il racconto era breve, concentrato su
ununica azione, privo di altri elementi descrizioni, riflessioni, analisi che potessero distogliere
lattenzione dal contenuto fondamentale, lineare ed essenziale nel suo sviluppo.
Rispetto alla struttura e ai tratti stilistici del racconto breve tradizionale, la novella gi alle sue origini
introduce molti caratteri di novit, quali lambientazione spesso realistica, la concretezza delle
situazioni rappresentate, la caratterizzazione dei personaggi.
551
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
IL NOVELLINO
N
ella letteratura italiana al Novellino spetta un posto di rilievo: esso inaugura la tradizione della
narrazione letteraria breve. Lo stesso termine novella con questo significato compare per la
prima volta proprio nel Novellino.
Intorno allorigine, allautore (o gli autori), alla consistenza originale dellopera permangono ancora
oggi molti dubbi, poich il manoscritto originale non ci pervenuto e della raccolta sono state
tramandate numerose redazioni, diverse per numero e disposizione delle novelle.
comunque accertato che lopera fu scritta in ambiente fiorentino tra il 1280 e il 1300.
Il titolo del manoscritto pi antico, che risale al 1300 circa, Libro di novelle e di bel parlar gentile,
mentre il titolo attuale di Novellino fu introdotto da un letterato, monsignor Giovanni Della Casa,
in occasione di unedizione cinquecentesca.
La versione che si pu leggere oggi comprende circa cento novelle, ciascuna delle quali introdot-
ta da una rubrica che sintetizza, in poche righe, il contenuto del racconto e ne costituisce il titolo.
Nellorganizzazione delle novelle possibile riconoscere un certo ordine, anche se non rigoroso,
dato dal raggruppamento per temi e dalla disposizione gerarchica degli argomenti e dei personag-
gi, che va dai pi nobili ed elevati a quelli pi popolari e quotidiani.
PAROLE DA CONOSCERE
In latino la parola rubrica, deri-
vata da ruber, rosso, significava
creta rossa. Con questa sostanza
nellantichit si tingeva lasta su cui
veniva avvolto il rotolo di papiro o
pergamena e si scrivevano i titoli.
Analogamente nei manoscritti me-
dievali il termine rubrica indicava
tutto ci che veniva scritto in colore
rosso, cio i titoli e le lettere iniziali
dei capitoli. Per estensione il termi-
ne si us per designare i sommari di
capitoli o di parti di un libro, anche
se non scritti in rosso.
I temi, i personaggi, lo stile
Il materiale tematico della raccolta molto eterogeneo e non originale, ma ripreso sia da fonti let-
terarie sia da fonti orali. Le fonti letterarie appartengono alla tradizione latina classica e medievale,
a opere franco-provenzali, ma anche in misura consistente alla narrativa araba. Attingono a queste
fonti le novelle che hanno come protagonisti personaggi famosi, antichi saggi, sovrani, e che narra-
no episodi del passato storico o leggendario; risalgono invece probabilmente alla tradizione orale
quelle ambientate nella realt del Duecento.
Leterogeneit delle fonti si riflette nella tipologia dei personaggi, che sono cavalieri francesi come
sultani arabi, imperatori romani e filosofi greci, signori e vescovi medievali, come figure mitologi-
che e personaggi biblici.
Vincenzo Cabianca,
I novellieri fiorentini del XIV secolo,
1860.
552
unit 2 LA PROSA
Altrettanto variegata lappartenenza sociale
dei personaggi: accanto a imperatori, signori
feudali, uomini e dame di corte, grandi ecclesia-
stici, figurano anche rappresentanti del popolo,
mercanti, servitori, giullari, uomini e donne co-
muni. Ci che li accomuna una qualit del
comportamento, dellintelligenza, del linguaggio
che li rende protagonisti di un episodio degno
di essere ricordato per il suo valore esemplare.
Le novelle in generale sono molto brevi, alcune
addirittura di poche righe, secondo il modello
della narratio brevis medievale. La vicenda
presentata in modo molto stringato e la narra-
zione si concentra essenzialmente sul fatto me-
morabile il gesto nobile, il motto di spirito, la
beffa che intende proporre. Mancano quindi
ancora il gusto della descrizione di ambienti e
situazioni, della caratterizzazione psicologica
dei personaggi, dellintreccio. Tuttavia, specialmente nelle novelle di ambientazione contempo-
ranea e soprattutto fiorentina, si afferma unattenzione nuova per lidentificazione dei personaggi,
per la collocazione precisa nellambiente e nel tempo, per il dettaglio realistico.
Lo stile semplice e conciso, caratterizzato da una sintassi lineare e spesso paratattica, ma molto
efficace nel condurre la rapida narrazione alla conclusione, dove solitamente si colloca lazione o
la battuta risolutiva.
La novit del Novellino
Il Novellino costituisce un momento fondamentale nello sviluppo della novella moderna. Come
si visto, i racconti che lo compongono presentano ancora alcuni caratteri della tradizione. La
struttura, ad esempio, mantiene la sintesi e lessenzialit della narrazione proprie dellexemplum
e la finalit ancora in parte quella tipica della narrativa esemplare, cio proporre modelli di
comportamento da imitare. Tuttavia novit radicali riguardano i contenuti, i valori proposti, lo
scopo stesso del narrare vicende esemplari.
Le novit del Novellino vengono in luce gi nel Prologo, che introduce la raccolta e ne costituisce
la novella iniziale.
In questo primo testo si trovano non solo lanticipazione dei contenuti, ma lindividuazione del
pubblico e la definizione dello scopo della narrazione. In ciascuno di questi ambiti si evidenzia
con chiarezza la portata innovativa dellopera.
A proposito della materia, lanonimo autore dice che il libro si propone di tramandare la memoria
dalquanti fiori di parlare, di belle cortesie e di belli rispuosi e di belle valentie, di belli donari e di
belli amori, cio di una scelta (fiori) degli esempi pi notevoli di detti memorabili, di azioni ispirate
alle virt cortesi, di risposte pronte ed efficaci, di comportamenti valorosi e magnanimi, di vicende
amorose. Come si vede, al centro della narrazione sono posti valori propri di unetica civile e mon-
dana, che esalta, anzich svalutarle come avveniva nellottica religiosa degli exempla, qualit umane
quali lintelligenza, la prontezza e la vivacit della parola, la raffinatezza dei costumi e dei sentimenti.
Il codice di comportamento proposto a modello quindi profondamente mutato, e la stessa fun-
zione educativa non esaurisce lo scopo dellopera. Infatti le novelle potranno rallegrare il corpo
e sovenire e sostentare, vale a dire nutrire i lettori con il sapere, ma anche dilettarli, e saranno
raccontate a prode e a piacere, cio per lutilit, ma anche per il divertimento, di chi le ascolta.
La narrazione si emancipava cos dalla funzione didattica, per quanto di ispirazione laica, e riven-
dicava una funzione di puro intrattenimento; nella raccolta non mancano infatti gli aneddoti del
tutto privi di un insegnamento o addirittura di argomento licenzioso.
PAROLE DA CONOSCERE
Derivate dal latino curtis, corte, attraverso il proven-
zale cortes, nellet medievale le parole cortesia e cor-
tese si riferivano allinsieme delle qualit e dei valori
propri della corte feudale, come la nobilt, la genero-
sit, la raffinatezza, lardimento e cos via. I termini ori-
ginariamente identificavano quindi un codice morale e
culturale proprio dellaristocrazia feudale.
Lorigine dei termini gentile e gentilezza risale al lati-
no gens che indicava una stirpe, cio i discendenti di un
unico capostipite. Nel Medioevo gentilezza e gentile fi-
niscono per indicare la nobilt di origine. Con il tramon-
to dellet feudale, nella civilt comunale dellItalia del
Duecento, il sostantivo gentilezza e laggettivo gentile
perdono la connotazione strettamente legata allorigine
aristocratica per designare piuttosto la nobilt danimo,
un insieme di doti interiori e comportamenti elevati in-
dipendenti dalla nascita.
553
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
Giovanni di Ser Giovanni detto Lo Scheggia,
Scena di danza, nota come il Cassone Adimari,
particolare, 1445-1450 circa.
Il pubblico e la fortuna del Novellino
Altrettanto interessante lindividuazione dei destinatari. Lautore si rivolge innanzi tutto a chi
abbia cuore nobile e intelligenzia sottile, cio a un pubblico socialmente e culturalmente elevato,
dotato delle qualit interiori di gentilezza e intelligenza, che lo rendono capace di simigliare, ov-
vero imitare e far rivivere i comportamenti raffinati e virtuosi dei protagonisti delle novelle. Questi
primi destinatari potranno a loro volta riproporre e promuovere lassimilazione di questi modelli
a coloro che non sanno e disiderano di sapere, cio a un pubblico pi vasto e meno colto, o
addirittura illetterato.
Anche da questo punto di vista il Novellino si presenta come unopera nuova e originale: la prosa
narrativa si rivelava uno strumento letterario capace di raggiungere un pubblico ampio e di pro-
muoverne lascesa sociale e culturale, diffondendo gli ideali di origine aristocratica e cortese ele-
ganza, decoro, eloquenza, sapere presso gli strati sociali emergenti della realt urbana.
La fortuna del Novellino testimoniata innanzi tutto dalle numerose trascrizioni manoscritte che
vennero prodotte subito dopo la sua composizione. Molti racconti entrarono nellimmaginario
popolare attraverso la trasmissio-
ne orale, e furono anche ripresi
da letterati italiani e stranieri dei
secoli successivi nelle loro opere.
Episodi e personaggi del Novelli-
no si trovano infatti in opere de-
gli italiani Giovanni Boccaccio e
Matteo Maria Bandello, dello spa-
gnolo Miguel de Cervantes, del
francese Franois Rabelais.
554
unit 2 LA PROSA 555
1. Messere Azzolino: Ezzelino da Romano fu
signore della Marca Trevigiana nel XIII se-
colo; famoso per la sua spietatezza.
2. avea: aveva, come i successivi facea, capea;
novellatore: come il seguente favolatore in-
dica una sorta di giullare con il compito di
intrattenere il suo signore.
3. il quale verno: costruisci: al quale faceva
raccontare [delle storie] nelle lunghe notti
dellinverno.
4. talento: desiderio.
5. il: lo.
6. villano: erano chiamati cos gli abitanti della
campagna, chi non era cittadino; la parola
deriva dal latino villa, che indicava la casa di
campagna degli aristocratici.
7. centi bisanti: cento bisanti, monete doro bi-
zantine.
8. berbici: pecore.
9. bbene bisante: ne ebbe, ne ottenne due
per ogni moneta doro, quindi duecento pe-
core.
10. burchiello piccolino: barca molto piccola.
11. s che volta: tanto che non poteva conte-
nere (vi capea) che lo stesso contadino e una
pecora alla volta.
12. Voca: voga.
13. rest: smise, si interruppe.
14. Va oltre: vai avanti, continua a raccontare.
15. Che le pecore s che dormire: il fatto
che le pecore avrebbero impiegato un anno
per passare, cosicch nel frattempo pot co-
modamente (bene ad agio) dormire.
XXXI Qui conta duno novellatore
chavea mes[s]ere Azzolino
Messere Azzolino
1
avea uno suo novellatore
2
il quale facea favolare
quanderano le notti grandi di verno
3
. Una notte avvenne che l favolatore
avea grande talento
4
di dormire; e Azzolino il
5
pregava che favolasse. El
favolatore incominci a dire una favola duno villano
6
chavea suoi centi
bisanti
7
; il quale and a uno mercato a comperare berbici
8
, ed bbene due
per bisante
9
. Tornando con le sue pecore, un fiume chavea passato era
molto cresciuto per una grande pioggia che venuta era. Stando alla riva,
vide un pescatore povero con un suo burchiello a dismisura piccolino
10
, s
che non vi capea se non il villano e una pecora per volta
11
. Allora il villa-
no cominci a passare con una berbice e cominci a vogare: lo fiume era
largo. Voca
12
, e passa. E lo favolatore rest
13
di favolare. E Azzolino disse:
Va oltre
14
. E lo favolatore rispose: Lasciate passare le pecore, poi conte-
r il fatto. Che le pecore non sarebero passate in uno anno, s che intanto
puot bene ad agio dormire
15
.
Novellino, a cura di G. Favati, F.lli Bozzi, Genova 1970
10
UN TESTO SPIEGATO
Anonimo
TRE NOVELLE DI BELLI RISPUOSI
Novellino, 1280-1300
Le tre novelle proposte sono incentrate su quelli che nel Prologo dellopera vengono
detti i belli rispuosi, cio le battute di spirito pronte e brillanti. Nel Novellino il potere
della parola ha un ruolo centrale: esso espressione dellintelligenza e spesso anche
lo strumento per risolvere brillantemente una situazione. Come emerge dalle novelle,
larguzia e la prontezza di spirito possono caratterizzare anche personaggi appartenen-
ti a ceti popolari. Si tratta di una specie di democrazia dellingegno, che accomuna
personaggi di estrazione sociale e culturale differente.
556 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
16. Aldobrandino: Aldobrandino dei Cavalcanti, vescovo di
Orvieto dal 1271 al 1279; vivea: viveva.
17. Orbivieto: Orvieto, forma latina del nome della citt da
Urbs vetus, citt vecchia.
18. eravene: ve ne era.
19. savorosamente: con grande gusto.
20. fine appetito: buon appetito.
21. do[n]zello: servitore.
22. li scambiarei a stomaco: farei scambio con il suo stomaco.
23. disseglile: glielo rifer.
24. Va vescovado: Vai a dirgli che credo bene che scambie-
rebbe lo stomaco, ma non la condizione vescovile.
25. fedele: vassallo.
26. che tenea sua terra: che conduceva, curava la sua terra [del
signore].
27. contrada: campagna.
28. fecelsi: se lo fece.
29. Il fedele per lui: il vassallo pens fra s (si pens): poich
gli piacciono, li curer (guarder) per lui.
30. S si imprunarli: Cos decise di difendere la pianta di
fichi con arbusti spinosi (imprunarli) perch altri non li
cogliessero.
XXXIV Qui conta del vescovo Aldobrandino,
come fu schernito da un frate
Quando il vescovo Aldobrandino vivea
16
al vescovado suo dOrbi-
vieto
17
, e stando un giorno al vescovado a tavola, overano frati minori a
mangiare, ed eravene
18
uno che mangiava una cipolla molto savorosamen-
te
19
e con fine appetito
20
; il vescovo, guardandolo, disse a uno do[n]zello
21
:
Vammi a quello frate, e dilli che volentieri li scambiarei a stomaco
22
. Lo
donzello and e disseglile
23
. E lo frate rispuose: Va di a Messere che ben
credo che volentieri macambierebbe a stomaco, ma non a vescovado
24
.
Novellino, op. cit.

LXXIV Qui conta una novella duno fedele e duno signore
Uno fedele
25
dun signore, che tenea sua terra
26
, essendo a una stagione
i fichi novelli, il signore passando per la contrada
27
, vide in su la cima dun
fico un bello fico maturo; fecelsi
28
cogliere. Il fedele si pens: da che li piac-
ciono, io li guarder per lui
29
. S si pens dimprunarli
30
, e di guardarli.
20
30
Pietro da Rimini,
Cena dellabate Guido, affresco
dellabbazia di Pomposa (FE),
XIV sec.
unit 2 LA PROSA 557
31. s le ne grazia: gliene port (le ne portoe)
una grande quantit (soma), credendo di
entrare nelle sue grazie, di ottenere la sua
riconoscenza; soma era unantica unit di
misura.
32. s si tenne bene scornato: si ritenne cos
beffato.
33. fanti: servi.
34. comand volto: ordin che lo legassero
[il vassallo] e prendessero (togliessero) quei
fichi e a uno a uno glieli gettassero in faccia.
35. Domine, te lodo!: Signore, ti ringrazio!
36. nuova cosa: stranezza di questo comporta-
mento.
37. andaro: andarono.
38. El signore cos: il signore gli chiese per-
ch diceva cos.
39. incorato: consigliato.
40. donolli: gli fece dei doni.
RACCOGLIAMO LE IDEE
LA STRUTTURA DEL TESTO
Tutte e tre le novelle hanno una struttura sem-
plice ed essenziale, caratteristica della narratio
brevis. Gli elementi del racconto sono limita-
ti allindispensabile e lo sviluppo della storia
stringato. In generale le novelle si articolano in
pochi nuclei narrativi:
la situazione iniziale con la presentazione dei
personaggi e dellambiente in cui si svolge la
storia;
levento centrale, che per il protagonista rap-
presenta un problema, una situazione di dif-
ficolt;
la conclusione della narrazione in cui si veri-
fica il superamento della difficolt grazie alla
battuta di spirito.
Ciascuna di queste unit narrative sviluppata
in modo estremamente conciso: dei protago-
nisti, quando si tratta di personaggi realmente
vissuti, vengono citati soltanto il nome e la con-
dizione sociale; lambiente indicato senza de-
scrizioni; il fatto ricostruito nei suoi elementi
indispensabili.
Uneccezione rispetto a questa costruzione line-
are rappresentata dalla prima novella, poich
in essa si trova un racconto nel racconto. Il mec-
canismo della novella sfrutta sapientemente il
mestiere del protagonista: essa narra del giullare
di Ezzelino da Romano che costretto a narrare
una storia. Proprio nella sua attivit di narratore
il giullare trova la via duscita per la situazione
problematica in cui si trova, il non poter dormi-
re per le pretese del suo esigente signore.
40
Quando furono maturi, s le ne portoe una soma, credendo venire in sua
grazia
31
. Ma quando li rec, la stagione era passata, che nerano tanti che
quasi si davano a porci. Il segnore, vedendo questi fichi, s si tenne bene
scornato
32
, e comand a fanti
33
suoi che l legassero, e togliessero que fi-
chi, e a uno a uno gli le gittassero entro il volto
34
. E quando lo fico li vena
presso allocchio, e quelli gridava Domine, te lodo!
35
i fanti, per la nuova
cosa
36
, landaro
37
a dire al signore. El signore disse perchelli dicea cos
38
.
E quelli rispuose: Messere, perchio fui incorato
39
di recare psche: che
sio lavesse recate, io sarei ora cieco. Allora il signore incominci a ridere,
e fecelo sciogliere e vestire di nuovo, e donolli
40
per la nova cosa chavea
detta.
Novellino, op. cit.
558 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
In questa novella la struttura complessa e ri-
vela una matura padronanza degli strumenti
narrativi.
Infatti il testo costruito secondo un doppio
piano del racconto. Il narratore racconta non
solo la vicenda di Azzolino e del suo favellato-
re, ma anche la storia che questultimo racconta
al suo padrone per sottrarsi al compito di intrat-
tenerlo a lungo, vale a dire la favola di uno villano
che impiega un anno a traghettare le sue pecore.
I CONTENUTI E I PERSONAGGI
Le novelle proposte forniscono una rassegna
degli ambienti sociali pi frequentemente rap-
presentati nel Novellino: lambiente degli eccle-
siastici, quello dellaristocrazia e delle corti si-
gnorili, ma anche quello pi popolare.
Il sistema dei personaggi molto elementare e
si riduce alla coppia protagonista-antagonista,
anche se sullo sfondo specialmente nella no-
vella del vescovo Aldobrandino e in quella del
signore e del suo fedele si muovono altre figure
anonime, che per danno concretezza e vivacit
allambiente rappresentato.
In queste novelle i personaggi appartengono
allepoca in cui venne scritta lopera e in due di
esse si tratta di personaggi conosciuti o addirit-
tura famosi.
Lambientazione contemporanea permette di
tratteggiare un quadro sintetico ma realistico
della societ del tempo nei suoi diversi aspetti: la
contrapposizione tra protagonista e antagonista
rinvia pi in generale ai complessi problemi che
attraversavano la realt sociale e politica.
Nello scambio di battute tra il frate e il vescovo
Aldobrandino, che invidia la florida salute del
fraticello ma si tiene ben stretti i suoi privilegi
vescovili, si intravede la coesistenza, talvolta
conflittuale, tra la Chiesa potente e quella che
aveva fatto una scelta di povert.
Ezzelino da Romano, signore celebre per la sua
crudelt, come lanonimo nobile della terza no-
vella proposta, incarna la prepotenza che a volte
caratterizzava laristocrazia.
Lironia e lastuzia consentono per lo sciogli-
mento bonario di questi contrasti in nome del
superiore valore dellingegno, che viene ricono-
sciuto anche a personaggi di condizione sociale
inferiore. infatti significativo che in tutte e tre
le novelle la battuta risolutiva, e quindi la vitto-
ria nella schermaglia verbale (novella XXXI) o
nello scontro di volont (novelle XXXIV e LX-
XIV), sia attribuita al personaggio socialmente
inferiore. Anzi il potere della parola tale che
riesce a produrre un cambiamento concreto del-
la situazione: il favellatore grazie alla sua trovata
pu finalmente dormire e il fedele non solo si
sottrae allimmeritata punizione, ma ottiene un
ricco risarcimento.
I personaggi non sono descritti in modo detta-
gliato, tuttavia sono fortemente caratterizzati
sia per la loro precisa collocazione sociale sia per
alcuni tratti tipici che emergono dalla pur con-
cisa presentazione. Ad esempio il frate realisti-
camente e vivacemente rappresentato nellatto di
mangiare con gusto la sua cipolla; Ezzelino da Ro-
mano appare insensibile e irremovibile nellesige-
re che il giullare faccia il suo dovere; il vassallo
sinceramente devoto al suo signore e preoccupato
di fargli piacere, ma anche calcolatore nellatten-
dersi una ricompensa per il dono dei fichi.
LO STILE
La narrazione essenziale corre veloce alla conclu-
sione rappresentata dal motto arguto finale. Pre-
valgono la paratassi e luso del discorso diretto
con brevi dialoghi fra i protagonisti, che rendono
realistica la narrazione. Il linguaggio asciutto
ma vivace, con alcune costruzioni popolari o ti-
piche della lingua parlata, come lanacoluto nel
primo periodo della terza novella e luso dei due
imperativi Va di a Messere, per Vai a dire
nella battuta del frate della seconda novella.
Fanciulla
nobile
nellatto di
raccogliere
delle
melegrane,
miniatura
tratta dal
Tacuinum
Sanitatis
di Vienna,
XIV sec.
unit 2 LA PROSA 559
1. contio: racconto.
2. E fue: ci fu; formula di apertura che non d
indicazioni n di tempo n di luogo.
3. Donna: la Madonna.
4. per: con.
5. macola: macchia; un latinismo e indica il
peccato.
6. Allegrati tue: rallegrati.
7. engenerasti eternale: hai generato lo
splendore del lume eterno; allude a Ges.
8. matre non maritata: madre non sposa; allu-
de alla verginit della Madonna.
9. fattura lauda: opera di creatura ti loda.
10. che tu perpetuale: che tu preghi sempre
per noi.
11. infermoe: si ammal.
12. turbare: turbarsi, inquietarsi.
13. la Nostra Donna li: la Madonna gli.
14. acci meco: affinch tu possa rallegrarti
per leternit vieni (vienne) con me.
15. Per questo contio: Con questo racconto.
16. se nonne fine: non pu fare che una buo-
na morte.
Uno altro contio
1
udirete di grande autorit. E fue
2
uno chierico lo
quale era molto devoto a la Donna
3
; lo quale si studiava molto di conso-
larla contro lo dolore de le cinque piaghe di Cristo per
4
queste parole che
dicea continuamente. Allegrati, genitrice di Dio, vergine senza macola
5
!
Allegrati tue
6
, l[a] quale ricevesti allegrezza dallangelo! Allegrati tu, la
quale engenerasti la chiaritae de lo lume eternale
7
! Allegrati, madre, alle-
grati, santa genitrice di Dio! Tu se sola madre non maritata
8
; ogni fattura
di criatura ti lauda
9
. O genitrice di luce, preghiamoti che tu sia per noi
pregatrice perpetuale
10
.
Avvenne che questo chierico infermoe
11
, s come tutti infermiamo e
moriamo; e incominciassi molto a turbare
12
per la paura de la morte. E
la Nostra Donna li
13
apparve e disse: O figliuolo mio, perch ti spaventi
tue di tanta paura? Tu mhai cotante volte annunziato allegrezza! Allegrati
tue. E acci che tue tallegri eternamente vienne con meco
14
.
Per questo contio
15
potemo vedere che chi serve a tale Donna non pu
fare se nonne buona fine
16
.
C. Segre - M. Marti, La prosa del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli 1959
10
Anonimo senese
IL CHIERICO E LA MADONNA [CONTIO 5]
Conti morali, fine XIII secolo
Il racconto proposto tratto da
una tra le pi popolari raccolte di
exempla medievali, i Conti morali,
unantologia di dodici conti, cio
racconti, di un anonimo autore
senese della fine del XIII secolo.
Le storie sono la rielaborazione di
exempla della tradizione altome-
dievale originariamente scritti in
latino. I protagonisti sono frati,
monache, eremiti le cui vicende
hanno lo scopo di portare grande
profitto alleducazione morale del
buon cristiano.
Monaco in preghiera, decorazione della chiesa benedettina
di Roccavivara (CB), particolare, VIII sec.
1 Lexemplum faceva
appello a unautorit o
alla tradizione per
rafforzare la credibilit
e la forza persuasiva.
Il protagonista
(uno chierico) spesso
anonimo, personaggio-
tipo e non individuo,
perch la sua vicenda
vuole avere un valore
universale.
12 Al momento della
morte il chierico devoto
assistito e rincuorato
dallapparizione
della Madonna.
560 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Riscrivi lexemplum in italiano contemporaneo. Per riportare le parole dei personaggi, usa il discorso
indiretto.
2. Nel testo ci sono indicazioni circa il tempo e il luogo in cui si svolge la vicenda?
3. Del chierico protagonista del racconto
viene data una descrizione psicologica
viene data una descrizione fisica
viene indicata una sola caratteristica
non viene data alcuna descrizione
4. Individua nel testo lespressione che collega esplicitamente la vicenda del chierico alla condizione di
tutti gli uomini.
5. Individua nel racconto il punto in cui viene espresso il messaggio morale.
Questo messaggio viene argomentato?
Spiega la tua risposta.
Riflettere
6. Spiega qual il messaggio morale che lexemplum vuole trasmettere.
7. Spiega quale comportamento vuole indurre nei destinatari la vicenda narrata nellexemplum.
8. Perch nel testo viene dato tanto spazio alle preghiere che il chierico rivolge alla Madonna?
Scrivere
9. In un testo di circa 150 parole, illustra le caratteristiche tipiche dellexemplum che si trovano in questo
racconto.
Madonna col Bambino,
affresco della chiesa
di Santa Maria
di Castello a Genova,
particolare, XIII sec.
unit 2 LA PROSA 561
1. Come cose: Come un re fece allevare un suo figliolo per
dieci anni in tenebrose caverne, e come le fanciulle gli piac-
quero pi delle altre cose.
2. i providero: i saggi astrologi previdero.
3. segli vedere: se egli non fosse rimasto dieci anni senza
vedere il sole, avrebbe perso la vista.
4. il fece guardare: lo fece custodire.
5. il tempo detto: per il tempo indicato.
6. gioie: gioielli.
7. dettoli dimoni: avendogli detto che le fanciulle erano de-
moni, diavoli (pi avanti domoni).
8. domandaro: chiesero.
9. qual graziosa: quale di esse [cio di tutte le belle cose] gli
fosse pi gradita, gli piacesse di pi.
10. dicente: dicendo.
11. Che cosa donna!: Che cosa tirannica la bellezza
delle donne!, cio che potere straordinario ha la bellezza
femminile.
Anonimo
XIV COME UNO RE FECE NODRIRE UNO
SUO FIGLIUOLO ANNI DIECI IN TENEBROSE
SPILONCHE, E COME LE DONZELLE
LI PIACQUERO SOPRA LALTRE COSE
1
Novellino, 1280-1300
Quella che segue una delle novelle pi brevi del Novellino. Pi di altre conserva la forma
e il tono dellexemplum per la collocazione spazio-temporale indefinita della vicenda e
per la tematica morale. La somiglianza tuttavia apparente, poich nella finalit si
differenzia decisamente dallexemplum.
A uno re nacque uno figliuolo; i savi strolagi providero
2
che, segli non
stesse anni dieci che non vedesse il sole, che perderebbe il vedere
3
. Allora il
re il fece guardare
4
in tenebrose spelonche il tempo detto
5
, poi lo fece fuori
trarre e dinanzi lui mettere molte gioie
6
e cose belle e di belle donzelle,
nominandole a lui tutte per nome; e, dettoli le donzelle essere dimoni
7
,
poi lui domandaro
8
qual desse pi li fosse graziosa
9
. Rispose: I domoni.
Allora lo re di ci si maravigli molto, dicente
10
: Che cosa tiranna
bellore di donna!
11
.
Novellino, op. cit.
1 Linizio tipico della
narrazione atemporale
dellexemplum.
Giacomo Jacquerio (?),
I nove Prodi e le nove Eroine,
affresco del castello della
Manta di Saluzzo,
particolare, 1430.
562 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Riscrivi la storia narrata nella novella in italiano contemporaneo.
2. Individua la rubrica: ti sembra simile a quella delle novelle gi analizzate?
Quali sono le eventuali differenze?
3. Linizio della novella tipico
della narrazione realistica
della narrazione fiabesca
della narrazione epica
della narrativa medievale
Spiega la tua risposta.
4. I personaggi e lambiente della storia vengono descritti? Motiva la tua risposta con qualche riferimento
al testo.
5. Individua e segnala nel testo, sottolineandole con colori diversi, le parti in cui usato il discorso indi-
retto e quelle in cui usato il discorso diretto.
6. Nella costruzione del periodo prevale la paratassi o lipotassi? Fai qualche esempio tratto dal testo.
Riflettere
7. Rileggi la battuta del re con cui si conclude la novella: ti sembra che esprima una valutazione della
risposta del figlio o una semplice constatazione? Spiega la tua risposta.
8. Secondo te la novella intende fornire un insegnamento morale o illustrare con un aneddoto il compor-
tamento umano? Motiva brevemente la tua risposta.
9. La storia ti sembra realistica o fiabesca?
Spiega la tua risposta.
Scrivere
10. Scrivi un testo espositivo di circa 150 parole che
illustri le principali caratteristiche per cui que-
sta novella riprende il modello dellexemplum e
quelle per cui se ne allontana.
Andrea di Buonaiuto, I demoni,
affresco della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze,
particolare, 1365-1367.
unit 2 LA PROSA 563
1. varvassore: feudatario.
2. avea: aveva, come il successivo dicea, diceva.
3. reina: regina.
4. fusse aredata: fosse preparata, allestita.
5. sciamito: tessuto di seta pesante vellutata.
6. piue: pi.
7. borsa: la piccola borsa che si usava appendere alla cintura
dellabito.
8. nfrascritto tenore: dellargomento che si dir pi sotto,
pi avanti. unespressione tipica dei documenti notarili.
9. imprima: prima.
10. ci che va innanzi: ci che succede prima.
11. Cammalot: Camelot, la leggendaria corte di re Art.
12. ristette: si ferm.
13. grido: notizia.
14. i cavalieri dismontarono: i cavalieri e i baroni scesero.
15. vi venne: si rec sulla riva dove si era fermata la barca.
16. forte: molto, forte qui ha valore avverbiale.
17. sanza niuna: senza nessuna.
18. arnese: tutti gli ornamenti che adornavano la barca.
19. Fe: fece.
20. Trovaro: trovarono.
21. Fecela: la fece.
Una figliuola duno grande varvassore
1
s am Lancialotto del Lac oltre
misura. Ma elli non le voleva donare suo amore, imperci chelli lavea
2

donato alla reina
3
Ginevra. Tanto am costei Lancialotto, chella ne venne
alla morte. E comand che quando sua anima fosse partita dal corpo, che
fusse aredata
4
una ricca navicella coperta dun vermiglio sciamito
5
, con
un ricco letto ivi entro, con ricche e nobili coperture di seta, ornato di
ricche pietre preziose; e fusse il suo corpo messo in questo letto, vestita di
suoi piue
6
nobili vestimenti e con bella corona in capo, ricca di molto oro e
di molte pietre preziose, e con ricca cintura e borsa
7
. E in quella borsa avea
una lettera, chera dello nfrascritto tenore
8
. Ma imprima
9
diciamo de ci
che va innanzi
10
la lettera.
La damigella mor di mal damore, e fu fatto di lei ci che disse. La
navicella, sanza vele, fu messa in mare con la donna. Il mare la guida a
Cammalot
11
. E ristette
12
alla riva. Il grido
13
and per la corte. I cavalieri
e baroni dismontarono
14
de palazzi. E lo nobile re Art vi venne
15
, e ma-
ravigliavasi forte
16
chera sanza niuna
17
guida. Il re entr dentro: vide la
damigella e larnese
18
. Fe
19
aprire la borsa. Trovaro
20
quella lettera. Fece-
la
21
leggere. E dicea cos: A tutti i cavallieri della Tavola Ritonda manda
10
Anonimo
LXXXII QUI CONTA COME LA DAMIGELLA
DI SCALOT MOR PER AMORE
DI LANCIALOTTO DEL LAC
Novellino, 1280-1300
Con questa novella si passa allargomento indicato nel Prologo come i belli amori,
cio gli amori nobili. Sono novelle che in gran parte traggono la materia dai romanzi
cavallereschi, in particolare del ciclo arturiano. Attraverso le vicende amorose, felici o
sfortunate, di personaggi ormai diventati famosi anche presso il pubblico italiano, ve-
nivano proposti i valori cortesi per eccellenza: i sentimenti elevati, i costumi raffinati, i
comportamenti magnanimi, la fedelt fino alla morte.
questa la sorte della protagonista della novella: la giovane, perdutamente innamorata
di Lancillotto e non ricambiata, finir per morire damore. Prima di morire, ella aveva
scritto una lettera che spiegava la causa della sua morte e costituiva quasi un ammo-
nimento a chi fosse responsabile delle sofferenze damore.
1 Lepisodio
dellinfelice amore della
dama di Escalot per
Lancillotto
(Lancialotto del Lac)
risale a un romanzo
francese in prosa
del XIII secolo dal titolo
La mort de roi Artu.
La storia dellamore di
Lancillotto per la regina
Ginevra, moglie di re
Art, era una delle pi
famose dei romanzi del
ciclo bretone.
564 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
22. manda salute: saluta.
23. perchio venuta: per quale motivo sono giunta alla morte.
24. monsignore: nel senso di mio signore.
25. che gi mercede: costruisci: che io non seppi pregare abba-
stanza che mi amasse, tanto che egli mi ricompensasse (aves-
se di me mercede), nel senso che ricambiasse il mio amore.
26. lassa: infelice.
27. ben amare: lamor cortese, lamor fino.
20
salute
22
questa damigella di Scalot, siccome alla migliore gente del mondo.
E se voi volete sapere perchio a mia fine sono venuta
23
, s per lo migliore
cavaliere del mondo e per lo pi villano, cio monsignore
24
messere Lan-
cialotto di Lac, che gi nol seppi tanto pregare damore, chelli avesse di me
mercede
25
. E cos, lassa
26
!, sono morta per ben amare
27
, come voi potete
vedere.
Novellino, op. cit.
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Individua i fatti principali e i personaggi che agiscono nella storia.
Nella novella i fatti si succedono secondo lordine cronologico o ci sono delle anticipazioni e delle
retrospezioni? Motiva la tua risposta facendo riferimento alle parole del testo.
2. Indica in quale parte della novella prevale la descrizione e in quale prevale invece lazione.
3. La parte descrittiva serve a
alleggerire la narrazione sottolineare la nobilt e la raffinatezza della protagonista
divertire il lettore rafforzare il tono realistico della narrazione
4. Individua tutti gli elementi che concorrono a rappresentare la nobilt e leleganza dellambiente in cui
si svolge la vicenda.
Riflettere
5. Perch il mare conduce la barca proprio a Camelot?
6. Spiega il significato dellaccusa che la damigella di Escalot nella sua lettera rivolge a Lancillotto.
7. Individua tutti gli elementi della storia che rimandano alla tradizione cortese.
8. La novella di tipo realistico o immaginario? Motiva la tua risposta indicando gli elementi della storia
che giustificano la tua scelta.
9. Qual , secondo te, lo scopo di questa novella?
Scrivere
10. Riassumi la storia in un testo di 150 parole.
11. In un testo espositivo di circa 250 parole, illustra i caratteri dellamor cortese che costituisce largomen-
to di questa novella. Nella redazione del tuo testo puoi sviluppare i seguenti punti:
condizione sociale dei personaggi;
ambientazione della vicenda;
natura dellamore della damigella di Escalot;
stile con cui scritta la lettera della damigella;
atteggiamento di Lancillotto.
21 In questa
espressione villano si
contrappone
a nobile, cortese.
La damigella di Escalot
definisce cos
Lancillotto perch,
rifiutando il suo amore,
egli venuto meno ai
doveri della cortesia.
unit 2 LA PROSA unit 2 LA PROSA
LA NARRATIVA RELIGIOSA
I FIORETTI DI SAN FRANCESCO
I
Fioretti di san Francesco fanno parte del nutrito filone della lette-
ratura francescana che cominci a fiorire subito dopo la morte del
santo. Lopera fu composta da un anonimo frate toscano tra il 1370 e
il 1390, come volgarizzamento di un testo latino scritto tra la fine del
Duecento e i primi anni del Trecento, dal titolo Actus beati Francisci
et sociorum ejus (Atti del beato Francesco e dei suoi compagni).
quindi una delle pi tarde espressioni della letteratura francescana,
ma rispetto alle precedenti scritte in latino ebbe una grande diffusio-
ne e contribu in modo determinante alla costruzione dellimmagine
pi popolare del santo di Assisi.
Lanonimo frate minore non si limit a tradurre in volgare toscano
loriginale latino, ma lo adatt a un pubblico pi ampio, utilizzando
un linguaggio accessibile e scegliendo cinquantatr episodi esemplari
della figura e della predicazione di san Francesco. Il termine fioretti
indica proprio la raccolta antologica di aneddoti notevoli, da ricor-
dare: con questo significato ricorrente nella letteratura medievale e
compare anche nel Novellino.
Tra exemplum e novella
Per largomento e le finalit i Fioretti rientrano nella tradizione delle legende e delle opere agiogra-
fiche, e in quella dellexemplum morale. Infatti largomento la celebrazione, anche leggendaria,
della figura del santo attraverso momenti particolarmente significativi del suo operato, e lintento
fondamentale quello edificante. Come gli exempla, lopera vuole portare i fedeli a condurre una
vita virtuosa e propone gli episodi della vita del santo e i suoi insegnamenti come modelli da imi-
tare. Il tono per molto diverso.
Coerentemente con la natura della particolare esperienza religiosa francescana, per indurre i fedeli
al pentimento e alla rettitudine i Fioretti non fanno leva, come gli exempla, su terrificanti immagini
di punizione e non si esprimono con cupe invettive contro il peccato e i peccatori. Nella raccolta
prevale unatmosfera serena e rassicurante: anche quando san Francesco nelle sue prediche che
nei Fioretti hanno ampio spazio ammonisce i peccatori, il tono sempre lieve e fiducioso, im-
prontato alla comprensione e al perdono, tema fondamentale della religiosit francescana. Liden-
tificazione dei destinatari con il modello morale proposto poggia sulla forte suggestione esercitata
dalla carica umana di san Francesco, sullimmediatezza della sua predicazione, sulla sua presenza
affettuosa e solidale a fianco dei pi umili e dei pi semplici.
I Fioretti si distinguono dalla tradizionale letteratura religiosa anche per le caratteristiche della nar-
razione, che sono vicine a quelle proprie della novella e rivelano un gusto per il narrare non unica-
mente finalizzato alla trasmissione del messaggio morale. Infatti il racconto articolato e mosso,
con ampie parti dialogiche e descrittive, lambientazione realistica, con riferimenti a situazioni e
persone concrete in cui il pubblico poteva riconoscersi, ma nello stesso tempo le azioni e le parole
del santo sono immerse in unatmosfera fiabesca che cattura le emozioni, il linguaggio semplice
e facilmente comprensibile.
I Fioretti di san Francesco, anche per limmediata popolarit, costituiscono quindi un momento
fondamentale nellevoluzione delle forme narrative della letteratura italiana.
565
566 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. Agobbio: Gubbio, cittadina umbra vicino ad Assisi.
2. contado: la campagna circostante.
3. eziandio: anche.
4. in tanto che: al punto che.
5. per che sappressava: poich spesso si avvicinava.
6. della terra: dalla citt.
7. seglino: se essi.
8. chi solo: chi lavesse incontrato da solo.
9. vnnono a tanto: giunsero al punto.
10. niuno era ardito: nessuno aveva il coraggio di.
11. agli uomini: verso gli uomini, gli abitanti.
12. s lupo: volle uscire dalla citt incontro a questo lupo.
13. al tutto lo ne sconsigliavano: glielo sconsigliassero del tutto.
14. confidenza: fede, fiducia.
15. E dubitando altri: E mentre gli altri temevano; questa co-
struzione del verbo dubitare un latinismo.
16. inverso: verso.
17. veggendo molti cittadini: alla presenza di molti cittadini.
18. frate: fratello.
19. dalla parte di Cristo: in nome di Cristo.
20. n a persona: n ad alcuna persona.
21. immantanente: non appena.
22. ristette: smise.
23. E fatto il comandamento: E non appena [il santo] glielo
ebbe ordinato.
24. gittssi: si butt.
Al tempo che santo Francesco dimorava nella citt dAgobbio
1
, nel con-
tado
2
dAgobbio appar uno lupo grandissimo e terribile e feroce, il quale
non solo divorava gli animali, ma eziandio
3
gli uomini; in tanto che
4
tutti
i cittadini stavano in grande paura, per che spesso sappressava
5
alla cit-
t. E tutti andavano armati, quando uscivano della terra
6
, come seglino
7

andassero a combattere, e con tutto ci non si potevano difendere da lui,
chi in lui si scontrava solo
8
. E per paura di questo lupo vnnono a tanto
9
,
che niuno era ardito
10
uscir fuori della terra.
Per la qual cosa santo Francesco, avendo compassione agli uomini
11

della terra, s volle uscire fuori a questo lupo
12
, bench i cittadini al tutto lo
ne sconsigliavano
13
. E facendosi il segno della santa croce, usc fuor della
terra, egli co suoi compagni, tutta la sua confidenza
14
ponendo in Dio.
E dubitando altri
15
dandare pi oltre, santo Francesco prende il cam-
mino inverso
16
il luogo ove era il lupo. Ed ecco che, veggendo molti cit-
tadini
17
, i quali erano venuti a vedere questo miracolo, il detto lupo si fa
incontro a santo Francesco con la bocca aperta, e appresandosi a lui, santo
Francesco s gli fa il segno della croce e chiamalo a s, e dice cos: Vieni
qua, frate
18
lupo, io ti comando dalla parte di Cristo
19
che tu non facci
male n a me n a persona
20
. Mirabile cosa a dire, immantanente
21
che
santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristet-
te
22
di correre. E fatto il comandamento
23
, venne mansuetamente come
uno agnello, e gittssi
24
a piedi di santo Francesco a giacere.

10
20
UN TESTO SPIEGATO
Anonimo
COME SANTO FRANCESCO LIBER
LA CITT DAGOBBIO DA UNO FIERO LUPO
Fioretti di san Francesco, 1370-1390
Il fioretto narra uno dei pi celebri miracoli del santo. Ammansendo il lupo feroce (fiero),
animale fiabesco per antonomasia, san Francesco libera i cittadini di Gubbio da una
terribile minaccia e, nello stesso tempo, li porta a meditare sullancor pi pericolosa
minaccia del peccato e a convertirsi a loro volta al bene.
g g
unit 2 LA PROSA 567
25. malefci: mali.
26. guastando: ferendo.
27. licenzia: permesso.
28. ogni gente: ogni persona.
29. mormora: si lamenta.
30. gli: li.
31. atti: movimenti.
32. osservare: rispettare, obbedire.
33. tenere pace: mantenere questo accordo di pace.
34. dare le spese continuamente: dare da mangiare per sem-
pre.
35. mentre viverai: finch tu vivrai.
36. imper che: infatti.
37. taccatter: otterr per te.
38. mi faccia fede di questa promessa: mi dia assicurazione di
voler mantenere questa promessa.
39. per ricevere fede: per ricevere questa assicurazione.
40. dimesticamente il puose: come un animale domestico lo
pose.
41. sanza dubitar di nulla: senza temere nulla.
42. fermare: concludere, confermare.
43. forte: molto.
44. subitamente: velocemente.
45. di che: per cui.
46. traggono: vanno, si dirigono.
47. ragunato ivi: radunato l.
48. per li peccati pestilenze: a causa dei peccati Dio permet-
te che si verifichino tali sciagure [come la presenza di un
lupo feroce].
30
40
50
Allora santo Francesco gli parla cos: Frate lupo, tu fai molti danni in
queste parti, e hai fatto grandissimi malefci
25
, guastando
26
e uccidendo le
creature di Dio sanza sua licenzia
27
. E non solamente hai uccise e divorate
le bestie, ma hai avuto ardimento duccidere e di guastare gli uomini, fatti
alla immagine di Dio, per la qual cosa tu se degno delle forche come ladro
e omicida pessimo, e ogni gente
28
grida e mormora
29
di te, e tutta questa
terra t nimica. Ma io voglio, frate lupo, far pace fra te e costoro, s che tu
non gli
30
offenda pi, ed eglino ti perdoneranno ogni offesa passata, e n
gli uomini n i cani ti perseguiteranno pi.
Detto queste parole, il lupo con atti
31
di corpo e di coda e dorecchi e
con inchinare il capo mostrava daccettare ci che santo Francesco di-
ceva e di volerlo osservare
32
. Allora santo Francesco disse: Frate lupo,
da poi che ti piace di fare e di tenere questa pace
33
, io ti prometto chio ti
far dare le spese continuamente
34
, mentre che tu viverai
35
, dagli uomini
di questa terra, s che tu non patirai pi fame, imper che
36
io so bene
che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich io taccatter
37
questa
grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi prometta che tu non nocerai mai a
niuno uomo n a niuno animale. Promettimi tu questo? . E il lupo, con
inchinare di capo, fece evidente segnale che prometteva.
E santo Francesco dice: Frate lupo, io voglio che tu mi faccia fede di
questa promessa
38
, a ci che io me ne possa fidare . E distendendo santo
Francesco la mano per ricevere fede
39
, il lupo lev su il pi dinanzi, e di-
mesticamente il puose
40
sopra la mano di santo Francesco, dandogli quel
segnale di fede che poteva. Allora disse santo Francesco: Frate lupo, io
ti comando nel nome di Ges Cristo che tu venga con meco sanza dubitar
di nulla
41
, e andiamo a fermare
42
questa pace al nome di Dio . E il lupo,
ubbidiente, se ne va con lui come uno agnello mansueto.
Di che i cittadini, veggendo questo, forte
43
si maravigliavano. E subita-
mente
44
questa novit si seppe per tutta la terra; di che
45
ogni gente, grandi
e piccoli, maschi e femmine, giovani e vecchi, traggono
46
alla piazza a ve-
dere il lupo con santo Francesco. Ed essendo ragunato ivi
47
tutto il popolo,
lvasi su santo Francesco e predica loro, dicendo tra laltre cose come per
li peccati Iddio permette cotali pestilenze
48
, e troppo pi pericolosa la




568 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
49. troppo lupo: molto pi pericolosa la fiamma dellin-
ferno, che dovr durare in eterno per i dannati, della rabbia
del lupo.
50. entro mallevadore: mi faccio garante.
51. promsono di nutricarlo: promise di nutrirlo; il plurale
usato per concordanza a senso con popolo.
52. fuori della porta: fuori della porta della citt, allesterno
delle mura cittadine.
53. malleveria chi ho fatta: garanzia che ho dato.
54. Onde sopra: pertanto, a causa di questo atto e di quelli
narrati prima.
55. pace del lupo: pace fatta con il lupo.
56. sanza lui: senza che facesse del male a nessuno e che nes-
suno lo facesse a lui.
57. nutricato: nutrito.
58. Finalmente: infine.
60
70
80
90
fiamma dello nferno, la quale ha a durare eternamente a dannati, che non
la rabbia del lupo
49
, il quale non pu uccidere se non il corpo; quanto
dunque da temere la bocca dello nferno, quando tanta moltitudine tiene
in paura e in terrore la bocca duno piccolo animale! Tornate dunque,
carissimi, a Dio, e fate degna penitenza de vostri peccati, e Iddio vi libere-
r del lupo nel presente, e nel futuro dal fuoco eternale.
E fatta la predica, disse santo Francesco: Udite, fratelli miei: frate lupo,
che qui dinanzi a voi, ha promesso, e fttomene fede, di fare pace con
voi e di non offendervi mai in cosa veruna, se voi gli promettete di dargli
ogni d le spese necessarie. E io entro mallevadore
50
per lui che l patto
della pace egli osserver fermamente . Allora il popolo tutto a una voce
promsono di nutricarlo
51
continuamente. E santo Francesco innanzi a
tutto il popolo disse al lupo: E tu, frate lupo, prometti dosservare i patti
della pace a costoro, che tu non offenderai n gli animali n gli uomini n
niuna creatura? . E il lupo, inginocchiandosi e chinando il capo, e con atti
mansueti di corpo e di coda e dorecchi, dimostrava, quanto possibile, di
voler osservare loro ogni patto.
Dice santo Francesco: Io voglio, frate lupo, che, come tu mi desti fede
di questa promessa fuori della porta
52
, cos qui, dinanzi a tutto il popo-
lo, mi dia fede della tua promessa, e che tu non mi ingannerai della mia
malleveria chi ho fatta
53
per te . Allora il lupo, levando il piede ritto, s
lo puose in mano a santo Francesco. Onde, tra di questo atto e degli altri
detti sopra
54
, fu tanta ammirazione e allegrezza in tutto il popolo, s per la
divozione del santo e s per la novit del miracolo e s per la pace del lupo
55
,
che tutti cominciarono a gridare a cielo, lodando e benedicendo Iddio, il
quale aveva mandato loro santo Francesco, che per li suoi meriti gli aveva
liberati dalla bocca della crudele bestia.
E poi il detto lupo vivette due anni in Agobbio, ed entravasi dimestica-
mente per le case a uscio a uscio, sanza far male a persona e sanza esserne
fatto a lui
56
, e fu nutricato
57
cortesemente dalle genti, e andatasi cos per
la terra e per le case, e giammai niuno cane gli abbaiava dietro. Final-
mente
58
, dopo due anni, frate Lupo si mor di vecchiaia. Di che i cittadini
molto si dolevano, imper che, veggendolo andare s mansueto per la cit-
t, si ricordavano meglio della virt e della santit di santo Francesco. A
laude di Cristo. Amen
G. Contini, Letteratura italiana delle origini,
Sansoni, Firenze 1970


p
unit 2 LA PROSA 569
RACCOGLIAMO LE IDEE
IL TESTO
Il fioretto ha una struttura semplice e lineare
data principalmente dallordine cronologico
secondo cui sono ricostruiti gli eventi.
La predica di san Francesco agli abitanti di
Gubbio, che rappresenta il fulcro della narra-
zione, in quanto messaggio morale edificante,
incastonata in due lunghi episodi che hanno
una propria autonomia narrativa. Il primo il
racconto del vero e proprio miracolo; il secondo
illustra laccordo di pace stretto con lanimale
davanti a tutti gli abitanti della citt e la paci-
fica convivenza che da quel momento si stabil
tra gli uomini e la belva. In entrambi gli episodi
in primo piano ci sono san Francesco e il lupo,
delineati con unacuta e precisa osservazione,
ma non viene trascurata lambientazione della
scena, prima nella campagna circostante la citt
e poi nella piazza cittadina.
I PERSONAGGI
San Francesco il protagonista assoluto del
racconto; la sua figura costruita in primo luo-
go attraverso le sue parole, che occupano gran
parte del testo. Il personaggio del santo appare
circonfuso di virt soprannaturali, che per
non gli tolgono concretezza e umanit; infatti
anche presentato come affettuosamente parteci-
pe della vita degli abitanti della citt.
Anche il lupo, nel fioretto, diviene un personag-
gio. Animale fiabesco per eccellenza, qui rap-
presentato in modo realistico nei suoi atteggia-
menti e movimenti. La sua conversione resa
proprio attraverso la trasformazione: allaggres-
sivit, rappresentata allinizio dalla bocca spa-
lancata e dalla corsa frenetica, si sostituisce lat-
teggiamento domestico e mansueto: si stende ai
piedi del santo, china la testa, gli tende la zampa.
Anche i comportamenti e i sentimenti dei cit-
tadini di Gubbio sono presentati con realistica
concretezza. Allinizio la loro condotta do-
minata dal terrore per la ferocia del lupo e dalla
preoccupazione per il proposito di san France-
sco di avvicinarlo, paure che lasciano il posto
allo stupore e alla curiosit per il miracolo. In-
fine la popolazione accoglie la liberazione dalla
crudelt del lupo con sollievo, ma anche con un
pi religioso sentimento di riconoscenza e di de-
vozione che rende il popolo di Gubbio pi dispo-
sto a osservare gli insegnamenti del santo.
REALISMO, FIABA, SIMBOLISMO
Nella narrazione si intrecciano pi dimensioni:
realistica, fiabesca, simbolica, che permettono
uninterpretazione a pi livelli del racconto.
Sono elementi realistici la collocazione tempo-
rale precisa, la descrizione dei comportamenti
dei personaggi, la puntuale ricostruzione del
dialogo e della predica di san Francesco, il pre-
ciso e circostanziato contenuto del patto con il
lupo, che ricalca fedelmente limpianto degli ac-
cordi stretti fra gli uomini.
La dimensione fiabesca data in primo luogo
dalla presenza del lupo e dalla sua caratterizza-
zione. Il lupo, che era una reale minaccia per co-
munit prevalentemente rurali e pastorali come
quelle antiche, fin spesso per rappresentare
il male, i pericoli, le paure. Il lupo di Gubbio
descritto come una creatura straordinaria: era
grandissimo e terribile e feroce; inoltre era invin-
cibile perch, per quanto armati come per una
battaglia, i cittadini non avevano speranza di
salvarsi se lo incontravano da soli. Anche il lieto
fine con il lupo ormai mansueto che vive in
pace e in armonia con gli uomini e gli animali
della citt, e anzi addirittura rimpianto quan-
do muore di vecchiaia appartiene alle modalit
narrative proprie della fiaba. La trasformazione
del lupo e la conclusione positiva della vicenda,
tuttavia, sono ricondotte non a elementi fanta-
stici ma a un evento soprannaturale il mira-
colo pienamente accettato come naturale nella
prospettiva cristiana del racconto.
Tra gli elementi simbolici, il pi importante
ancora una volta il lupo. Nella tradizione me-
dievale il lupo era associato al peccato e al de-
monio, ai quali lo accomunava la malvagit e la
forza distruttiva. Questa corrispondenza simbo-
lica presente nel fioretto, che per ne propone
anche il superamento. Il lupo di Gubbio, gra-
zie alla dolce persuasione francescana, si lascia
ammansire, perde i suoi attributi minacciosi e
distruttivi e diventa lesempio vivente della pos-
sibilit di vincere il male.
570 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
JACOPO DA VARAGINE E LA LEGENDA AUREA
La Legenda aurea del frate domenicano Jacopo da Varagine (Varazze) una raccolta di vite dei
santi proposte a scopo di educazione morale e religiosa. Scritta in latino poco dopo la met del
Duecento, uno degli esempi pi significativi del genere agiografico. Ebbe una grandissima diffu-
sione e costitu a lungo un repertorio per i predicatori medievali, che vi trovavano storie terrificanti
o edificanti con cui spronare i fedeli a vivere rettamente.
Sul piano letterario costituisce, insieme alle raccolte di exempla, uno dei presupposti dello sviluppo
della novella.
Il beato Patrizio e il penitente Nicolao
Il beato Patrizio predicava in Irlanda e ne cavava pochissimo frutto; chiese al-
lora al Signore di mostrar qualche segno che spaventasse e facesse pentire tut-
ti. Su ordine del Signore tracci in un certo posto con la bacchetta un grande
cerchio; ed ecco che la terra dentro al cerchio si spalanc e apparve un pozzo
immenso e profondissimo. Fu rivelato al beato Patrizio che quello era un luogo
del purgatorio, e in questo luogo chiunque fosse disceso non avrebbe avuto pi
penitenze da fare n alcun altro purgatorio pi da scontare; quasi mai nessuno
sarebbe per tornato indietro, e chi ne fosse tornato doveva esserci comunque
restato dalla mattina fino alla mattina seguente. Ci entravano in molti ma non
tornavano indietro. Molto tempo dopo che era morto Patrizio un nobiluomo
di nome Nicolao, che aveva commesso molti peccati, pentitosi delle sue colpe,
volle affrontare il purgatorio di San Patrizio. [] E scese nel pozzo. [] Una
folla di diavoli gli venne attorno dicendo: Comincerai ora a sentirti oppresso
e torturato. Ed ecco apparire un tremendo e
grandissimo fuoco, [] i diavoli lo presero e lo
gettarono in quel fuoco tremendo; ma appena
sent il male grid: Ges Cristo figlio vivo di
Dio misericordia del peccato mio, e subito
il fuoco si spense. Allora andato ancor oltre,
vide degli uomini bruciare vivi nel fuoco,
frustati dai diavoli con lame di ferro roven-
te fin dentro ai budelli; [] avanz ancora
e scorse un gran pozzo da dove usciva un
fumo orrendo e una insopportabile puzza; e
uscivano fuori anche uomini incandescenti
che sembravano scintille incandescenti di
ferro, ma i diavoli li ributtavano dentro
Jacopo da Varagine, Legenda aurea,
trad. e adatt. di E. Cavazzoni, Bollati Boringhieri,
Torino 1993
San Patrizio,
vetrata della chiesa episcopale di Ognissanti a San Francisco,
particolare, XIX sec.
T
E
S
T
I
E
S
T
I
E
S
C
O
N
F
R
O
N
T
O a
unit 2 LA PROSA 571
1. frate Masseo: come frate Silvestro, frate Agnolo e frate Ia-
copo da Massa, nominati successivamente, erano tra i primi
confratelli entrati nellOrdine francescano.
2. trassi: si tolse.
3. domandalo: gli chiese.
4. suora Chiara e alla sirocchia: Chiara fu la fondatrice del-
lOrdine femminile francescano delle Clarisse; la sorella (si-
rocchia, forma tipica dei volgari dellItalia centrale) unaltra
monaca dello stesso ordine, pertanto consorella di Chiara.
5. tha eletto altri: ti ha scelto non solo (pur) per te stesso, ma
anche (ma eziandio) per la salvezza (salute) degli altri.
6. per essa: grazie a essa.
7. prend: prese.
8. sanza considerare smita: senza preoccuparsi della via o
del sentiero (smita un latinismo).
9. e giunsono: essi giunsero.
10. uno castello Cannario: un paese (castello) chiamato
Cannario, oggi Cannara, presso Assisi.
11. si puose: cominci.
12. tenessono: facessero.
13. E le rondini fervore: e mentre le rondini restavano in
silenzio, l predic con tanto fervore.
14. non lasci: non lo consent.
15. si part indi: se ne and di l.
16. Bevagno: oggi Bevagna, altro paese vicino ad Assisi.
17. arbori allato alla via: alberi (arbori, forma latineggiante)
lungo la via.
18. sirocchie: sorelle, la traduzione mantiene il femminile del
nome latino per uccelli.
E dopo il mangiare santo Francesco chiama frate Masseo
1
nella selva;
e qui, dinanzi a lui, e trassi
2
il cappuccio facendo croce delle braccia, e
domandalo
3
: Che comanda il mio signore Ges Cristo?. Rispuose frate
Masseo che a frate Silvestro e a suora Chiara e alla sirocchia
4
Cristo avea
risposto e rivelato che la sua volont si che tu vada per lo mondo a
predicare; per chegli non tha eletto pur per te solo, ma eziandio per la
salute degli altri
5
. Allora santo Francesco, udita chebbe questa risposta
e conosciuta per essa
6
la volont di Cristo, si lev su e con grandissimo
fervore disse: Andiamo al nome di Dio. E prend
7
per compagno frate
Masseo e frate Agnolo, uomini santi. E andando con impeto di spirito
sanza considerare via o smita
8
, e giunsono
9
a uno castello che si chiama
Cannario
10
. E santo Francesco si puose
11
a predicare, comandando pri-
ma alle rondini che cantavano, chelle tenessono
12
silenzio infino a tan-
to chegli avesse predicato. E le rondini ubbidendolo, ivi predic in tanto
fervore
13
, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per divozione gli
voleano andare dietro e abbandonare il castello. Ma santo Francesco non
lasci
14
, dicendo loro: Non abbiate fretta, e non vi partite; e io ordiner
quello che voi dobbiate fare per salute dellanime vostre. E allora pen-
s di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E cos lasciandoli
molto consolati e bene disposti a penitenza, si part indi
15
, e venne tra
Cannario e Bevagno
16
. E passando oltre con quel fervore, lev gli occhi, e
vide alquanti arbori allato alla via
17
in su quali era quasi infinita moltitu-
dine duccelli; s che santo Francesco si maravigli, e disse a compagni:
Voi maspetterete qui nella via, e io andr a predicare alle mie sirocchie
18

10
20
Anonimo
LA PREDICA AGLI UCCELLI
Fioretti di san Francesco, 1370-1390
Il fioretto della predica agli uccelli tra i pi famosi: ha ispirato molti affreschi e dipinti
sulla vita del santo e ha alimentato la popolarit dellimmagine di Francesco dAssisi
come cantore dellamore universale e della bellezza del creato.
19 Il terzo Ordine
francescano
cosiddetto perch viene
dopo quello dei frati e
quello delle monache.
composto dalle
persone che, pur
rimanendo nello stato
laicale, si impegnano
a seguire i precetti
francescani.
20 La parola
consolato ricorrente
nei Fioretti e indica lo
stato di beatitudine e di
pace interiore che le
parole del santo
producevano in chi lo
ascoltava.
572 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
19. subitamente: immediatamente.
20. vennono: si avvicinarono.
21. stettono: stettero.
22. mentre che predicare: fino a che san Francesco ebbe fi-
nito di predicare.
23. non si partivano: non si allontanavano.
24. insino a tanto: fino a che.
25. E secondo che recit: E secondo quello che raccont.
26. andando si moveva: bench san Francesco si avvicinasse
a loro e le sfiorasse con il saio (cappa), nessuna (niuna) si
muoveva.
27. sustanzia: il contenuto essenziale.
28. tenute a Dio: obbligate verso Dio.
29. il vestimento duplicato e triplicato: il piumaggio a pi
strati degli uccelli.
30. appresso: poi, inoltre.
31. riserv: conserv.
32. acci che vostra: affinch la vostra specie.
33. diputato: destinato.
34. pasce: nutre.
35. E con ci sia cosa che: e bench.
36. onde: per cui.
37. e per guardatevi: e per questo evitate.
38. vi studiate: sforzatevi.
39. alie: ali.
40. varietade: variet [di specie].
41. familiaritade: amicizia, familiarit.
42. Finalmente: Infine.
43. licenzia: libert.
44. divisono: divisero.
45. meriggio: sud.
46. aquilone: nord.
30
40
50
uccelli. Ed entr nel campo e cominci a predicare agli uccelli cherano
in terra. E subitamente
19
quelli cherano in su gli arbori, vennono
20
a lui; e
insieme tutti quanti stettono
21
fermi, mentre che santo Francesco compi
di predicare
22
. E poi anche non si partivano
23
, insino a tanto
24
chegli die-
de loro la benedizione sua. E secondo che recit
25
poi frate Masseo a frate
Iacopo da Massa, andando santo Francesco da loro e toccandole colla cap-
pa, niuna per si moveva
26
. La sustanzia
27
della predica di santo France-
sco fu questa: Sirocchie mie uccelli, voi siete molto tenute a Dio
28
vostro
creatore, e sempre ed in ogni luogo il dovete laudare; per che vha dato il
vestimento duplicato e triplicato
29
; appresso
30
, vha dato libert dandare
in ogni luogo; e anche riserv
31
il seme di voi nellarca di No, acci che
la spezie vostra
32
non venisse meno nel mondo. Ancora gli siete tenute
per lo elemento dellaria chegli ha diputato
33
a voi. Oltra questo, voi non
seminate e non mietete; e Iddio vi pasce
34
e davvi i fiumi e le fonti per
vostro bere; davvi i monti e le valli per vostro rifugio; e gli arbori alti per
fare il vostro nido. E con ci sia cosa che
35
voi non sappiate filare n cucire
Iddio vi veste, voi e vostri figliuoli, onde
36
molto vama il Creatore, poi
chegli vi fa tanti benefici; e per guardatevi
37
, sirocchie mie, del peccato
della ingratitudine, ma sempre vi studiate
38
di lodare Dio. Dicendo loro
santo Francesco queste parole, tutti quanti quegli uccelli cominciorono ad
aprire i becchi, distendere i colli, aprire lalie
39
e riverentemente chinare
i capi insino in terra; e con atti e con canti dimostravano che le parole
del Padre santo davano a loro grandissimo diletto. E santo Francesco in-
sieme con loro si rallegrava e dilettava, e molto si maravigliava di tanta
moltitudine duccelli e della loro bellezza e varietade
40
e della loro atten-
zione e familiaritade
41
; per la qual cosa egli con loro devotamente lodava
il Creatore. Finalmente
42
, compiuta la predica, santo Francesco fece loro
il segno della croce, e diede loro licenzia
43
di partirsi. Allora tutti quegli
uccelli in schiera si levarono in aria con maravigliosi canti; e poi, secondo
la croce chavea fatta loro santo Francesco, si divisono
44
in quattro parti. E
una parte vol inverso loriente, laltra inverso loccidente, la terza inverso
il meriggio
45
e la quarta inverso laquilone
46
. E ciascuna schiera andava
cantando maravigliosamente. In questo significando che, come da santo
32-33 La predica agli
uccelli riecheggia nei
toni e nei contenuti il
Cantico di frate sole,
a cominciare
dallappellativo fraterno
attribuito agli uccelli e
dallinvito a lodare il
Signore.
37-41 Questo passo
riprende esplicitamente
brani evangelici che
avevano ispirato anche
alcuni versi del Cantico.
Simbolicamente un
invito ad affidarsi al
Signore, che nella sua
infinita bont provvede
alle sue creature.
unit 2 LA PROSA 573
47. gonfaloniere: colui che porta il gonfalone, il vessillo; in
questo caso la croce.
48. eglino: essi.
49. per lui e per li suoi frati: da parte dello stesso santo e dei
suoi confratelli.
50. a modo che uccelli: come gli uccelli.
51. commettevano: affidavano.
60
Francesco gonfaloniere
47
della croce di Cristo era stato loro predicato e
sopra loro fatto il segno della croce, secondo il quale eglino
48
si dividevano
cantando in quattro parti del mondo; cos la predicazione della croce di
Cristo, rinnovata per santo Francesco, si doveva per lui e per li suoi frati
49

portare per tutto il mondo; li quali frati, a modo che uccelli
50
, non posse-
dendo alcuna cosa propria in questo mondo, alla sola Provvidenza di Dio
commettevano
51
la lor vita. A laude di Cristo. Amen
G. Contini, op. cit.
60-64 Il paragone tra
il volo degli uccelli e i
frati francescani
permette di ribadire i
precetti fondamentali
dellOrdine: il compito
della predicazione da
portare in tutto il
mondo e il dovere
dellassoluta povert.
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Il fioretto si pu suddividere in quattro parti:
dialogo tra san Francesco e i suoi confratelli;
predicazione a Cannario;
predica agli uccelli presso Bevagno;
allegoria del volo degli uccelli.
Costruisci il riassunto del fioretto, sintetizzando il contenuto di ciascuna delle parti individuate.
2. La narrazione segue lordine cronologico?
3. La narrazione realistica? Motiva la tua risposta con opportuni esempi tratti dal testo.
4. Il testo presenta:
solo narrazione sequenze narrative alternate a sequenze dialogiche, descrittive e riflessive
solo riflessioni solo sequenze narrative e descrittive
5. Rintraccia nel testo il punto in cui viene anticipato il miracolo narrato pi estesamente nellepisodio
centrale della predica agli uccelli.
6. Osserva lo stile con cui scritto il fioretto: il lessico semplice o ricercato? La sintassi lineare o
complessa? Porta alcuni esempi a sostegno delle tue risposte.
Riflettere
7. Individua e illustra brevemente latteggiamento di san Francesco di fronte al comportamento degli
uccelli. Quale caratteristica della personalit del santo emerge dal suo atteggiamento?
8. Individua ed elenca i valori della religiosit francescana che emergono in questo episodio.
Scrivere
9. Scrivi un breve testo espositivo-argomentativo che illustri le caratteristiche narrative che avvicinano
questo fioretto alla forma della novella.
10. Se hai studiato il Cantico di frate sole, scrivi un testo che individui le affinit di stile e di temi presenti
nel Cantico e nel fioretto della predica agli uccelli.
Discorso [di san Francesco] agli uccelli,
miniatura, 1300 circa.
LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
TRA NARRAZIONE E CRONACA
IL MILIONE
L
opera pi nota della letteratura italiana medievale, conosciuta anche da chi non si occupa di
letteratura, un libro che nella sua redazione originale peraltro andata perduta non venne
scritto in volgare italiano bens in lingua dol.
Il Milione infatti un libro scritto a due mani, in quanto nacque dalla collaborazione fra Marco
Polo, il protagonista del viaggio nel lontano Oriente che costituisce il contenuto dellopera, e
Rustichello da Pisa, un letterato che, come molti scrittori dellepoca, conosceva il francese e lo
aveva utilizzato nelle sue rielaborazioni dei romanzi cortesi. Il Milione fu scritto durante lanno di
prigionia a Genova dal 1298 al 1299 condiviso dai due personaggi; Marco Polo forn il ricchis-
simo materiale delle sue memorie di viaggio, cui lo scrittore Rustichello diede una veste letteraria.
Questultimo adott il francese forse perch era la lingua che gli era pi abituale per la scrittura,
ma anche perch alla fine del Duecento
la lingua dol era ancora largamente ege-
mone in Italia per la prosa letteraria.
A raccontare le esperienze di Marco Polo
Rustichello. In alcuni capitoli la voce
che racconta , invece, quella dello stesso
protagonista.
Anche quando racconta in prima persona,
per, Polo non parla quasi mai di s e del-
le proprie esperienze da un punto di vista
soggettivo, per quello che hanno signifi-
cato per lui; lascia invece tutto lo spazio
al resoconto del viaggio e alla descrizione
dei luoghi, degli abitanti, dei costumi di
quelle remote e misteriose regioni.
Marco PoIo nacque a Vene-
zia nel 1254 da una famiglia
di importanti mercanti. Pochi
anni dopo la sua nascita, il
padre e lo zio partirono per
un primo viaggio in Oriente
giungendo fino a Cambaluc,
lodierna Pechino, allora ca-
pitale dellimpero dei Tartari,
dove stabilirono ottimi rapporti con limperatore, il
Gran Khan Kubilai. Intorno al 1271, appena due
anni dopo il ritorno dal primo viaggio, i Polo ripar-
tirono per un secondo viaggio in Oriente, questa
volta accompagnati anche dal diciassettenne
Marco. Seguendo la cosiddetta via della seta,
raggiunsero di nuovo Pechino. Qui il giovane Polo
seppe conquistarsi la fiducia di Kubilai, che gli as-
segn numerosi incarichi diplomatici e addirittura
gli affid il governatorato di una lontana provincia
dellimpero. Cos Marco Polo ebbe modo di visita-
re molte regioni dellEstremo Oriente e di venire a
contatto con diverse popolazioni, di cui pot co-
noscere le usanze. Nel 1295 fece ritorno a Vene-
zia con un viaggio che, a differenza di quello di
andata, si svolse soprattutto per mare. Tornato in
patria partecip alla guerra di Venezia contro Ge-
nova, venendo catturato nel 1298 durante la batta-
glia di Curzola. Durante la prigionia a Genova, con
il compagno di cella Rustichello da Pisa scrisse
il Milione, resoconto dei viaggi in Oriente. Liberato
nel 1299, torn allattivit di mercante e mor a Ve-
nezia nel 1334.
LAUTORE
Partenza di Marco Polo da Venezia,
miniatura, 1400 circa.
574
unit 2 LA PROSA
Un libro, molti generi
Il Milione non facilmente classificabile, poich in esso convergono generi letterari diversi. A un
primo e pi immediato livello si tratta della cronaca di un viaggio, un reportage, come si direb-
be oggi. Infatti illustra in modo dettagliato e puntuale le conoscenze raccolte da Marco Polo nei
ventiquattro anni trascorsi in Asia, di cui diciassette presso la corte imperiale di Pechino, durante
i quali ebbe dal Gran Khan diversi incarichi diplomatici che lo portarono a conoscere gran parte
dellEstremo Oriente. Il resoconto dei viaggi e delle missioni offre una ricchissima messe di infor-
mazioni, che permise gi allepoca di ricostruire con discreta attendibilit una carta geografica
dellAsia e unimmagine concreta e realistica di un paese fino ad allora del tutto sconosciuto. Da
questo punto di vista il libro quindi anche un trattato geografico.
Lattenzione per gli usi e i costumi delle popolazioni, la spregiudicata curiosit per le credenze e le
superstizioni di quelle lontane civilt, linteresse tipico del mercante per gli aspetti delleconomia
ne fanno anche unopera di tipo etnografico, che descrive cio le tradizioni e le usanze dei popoli.
Sulle regioni e sui regni visitati vengono date anche informazioni storiche.
Accanto a questi dati documentari, nel Milione si trovano anche inserti di tipo leggendario e fia-
besco, che appartengono piuttosto al genere della narrativa davventura. Queste parti in alcuni
casi sono dovute alla conoscenza indiretta di fatti e di luoghi, come il Tibet e il Giappone, che
Polo non ebbe modo di osservare personalmente ma di cui rifer notizie avute da altri; in altri casi
derivano dallattrazione tipicamente medievale per il favoloso e il meraviglioso. Daltra parte
proprio questa componente fantastica e leggendaria suscit grande interesse presso il pubblico dei
lettori medievali e non solo, decretando il grande e immediato successo dellopera e contribuendo
a creare il mito di un Oriente avvolto in un fascino esotico e misterioso.
Le diverse versioni e la struttura
Il Milione fu redatto nel 1298; di questa prima e originale stesura non rimasta per alcuna traccia.
In compenso appena pochi anni dopo la composizione cominciarono a circolare numerose versio-
ni e traduzioni in latino, in francese letterario e in altre lingue europee tanto che se ne contano
oltre centotrenta diverse redazioni manoscritte. Altrettanto numerose furono le pubblicazioni a
stampa, di cui la prima risale al 1477. Questa straordinaria diffusione il segno delleccezionale
fortuna del libro, che, anche grazie alla redazione originale in lingua dol, ebbe immediatamen-
te una circolazione a livello europeo. Nessuna delle versioni conosciute rispetta completamente
loriginale, per quanto riguarda sia la completezza dei contenuti sia la correttezza della traduzione.
Una delle pi attendibili, che alla base della conoscenza dellopera in Italia, un volgarizzamento
di area toscana risalente ai primi anni del Trecento.
Nelle pi antiche versioni in francese il titolo dellopera Le divisament dou monde (La descrizio-
ne del mondo) oppure Livre des merveilles (Libro delle meraviglie). Il titolo consueto viene dal
soprannome di Emilione, dato alla famiglia Polo dal nome di un antenato.
Data la molteplicit delle redazioni, la definizione della struttura del Milione non univoca. Tut-
tavia, sulla base di confronti e della versione toscana di cui si detto, il libro composto di oltre
duecento capitoli ciascuno preceduto da una rubrica che ne sintetizza largomento.
I primi diciotto capitoli costituiscono il prologo, cio la relazione dei due viaggi in Oriente com-
piuti dai Polo, al secondo dei quali partecip lo stesso Marco, del suo soggiorno alla corte di Ku-
bilai Khan e del rientro per mare a Venezia. in questa prima parte che si trovano le informazioni
geografiche pi dettagliate in quanto lautore fornisce indicazioni precise sulla collocazione delle
localit, le distanze, le caratteristiche del paesaggio. I successivi capitoli hanno una struttura di tipo
enciclopedico, poich descrivono le regioni visitate durante il viaggio e in occasione delle missioni
diplomatiche compiute da Marco Polo, o riferiscono notizie raccolte su luoghi che il viaggiatore
veneziano non conobbe direttamente. In questa parte allimpostazione documentaria e trattatisti-
ca, fondata su informazioni precise e oggettive, si alternano parti narrative, in cui prevale la vena
novellistica e di invenzione.
575
576 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. Da che Tartari: Dato che ho cominciato
a parlare dei Tartari.
2. lo verno: durante linverno.
3. paschi: pascoli.
4. di state: durante lestate.
5. [a]sai: assai, molti.
6. feltro: panno di lana o di altre fibre di ori-
gine animale.
7. prtallesi: se le portano.
8. egli: sta per il plurale essi.
9. per chegli: poich essi.
10. pertiche fanno: i pali di legno con cui le
costruiscono.
11. sempre mezzodie: rivolgono sempre la
porta verso mezzogiorno, cio a sud.
12. per che suso: per quanto vi piova sopra.
13. le fanno camegli: le fanno condurre da
buoi e cammelli.
14. ucellare e fatti doste: andare a caccia di
uccelli e combattere (fatti doste; oste un
latinismo).
15. pomi de faraon: manguste.
16. vi n: ve n.
17. giumente: cavalla e.
18. per che lnno per: poich la considerano.
19. guarda: guardano, francesismo per custo-
discono.
Da che cominciato de Tartari
1
, s ve ne dir molte cose. Li Tartari
dimorano lo verno
2
in piani luoghi ove nno erba e buoni paschi
3
per loro
bestie; di state
4
in luoghi freddi, in montagne e in valle, ov acqua e [a]sai
5

buoni paschi. Le case loro sono di legname, coperte di feltro
6
, e sono ton-
de, e prtallesi
7
dietro in ogni luogo ovegli
8
vanno, per chegli
9
nno
ordinate s bene le loro pertiche, ondegli le fanno
10
, che troppo bene le
possono portare leggeremente. In tutte le parti ovegli vogliono queste loro
case, sempre fanno luscio verso mezzodie
11
. Egli nno carette coperte di
feltro nero che, per che vi piova suso
12
, non si bagna nulla che entro vi
sia. Egli le fanno menare a buoi e a camegli
13
, e n su le carette pongono
loro femmine e loro fanciugli. E s vi dico che le loro femmine comperano
e vendono e fanno tutto quello che agli loro mariti bisogna, per che gli
uomini non sanno fare altro che cacciare e ucellare e fatti doste
14
. Egli
vivono di carne e di latte e di cacci[a]gioni; egli mangiano di pomi de fa-
raon
15
, che vi n
16
grande abondanza da tutte parti; egli mangiano carne
di cavallo e di cane e di giumente
17
di buoi e di tutte carni, e beono latte
di giumente. E per niuna cosa luomo non toccarebbe la moglie de laltro,
per che lnno per
18
malvagia cosa e per grande villania. Le donne sono
buone e guarda
19
bene lonore de l[oro] signori, e governano bene tutta la

10
UN TESTO SPIEGATO
Marco Polo
LUSANZE E GLI COSTUMI DE TARTARI
Milione, 1298
I brani riportati, con alcune omissioni, sono un esempio dellinteresse che Marco Polo
dimostra per i paesi visitati e del suo metodo di osservazione e di descrizione. La popola-
zione descritta in queste pagine quella dei Tartari, come venivano chiamati in Occidente
i Mongoli. Nel Duecento limpero mongolo si era esteso in gran parte dellodierna Cina,
il Catai di Marco Polo. Il Gran Khan Kubilai, cio limperatore tartaro, nel 1267 aveva
trasportato la capitale dove oggi sorge Pechino. La parte centrale del Milione illustra le
citt, le caratteristiche del paesaggio, la fauna di questo vasto territorio, ma soprattutto
le attivit, le usanze e le tradizioni delle popolazioni incontrate.
unit 2 LA PROSA 577
20. infino in C: fino a cento.
21. dae: d la dote.
22. nno veritier[a]: considerano di pi.
23. biade: letteralmente sono i cereali per gli
animali, ma qui indica per esteso i raccolti.
24. fannogli riv[er]enza: gli tributano gran-
de onore e rispetto.
25. fannogli: qui nel senso di costruiscono.
26. dal lato manco: sul lato sinistro.
27. tolgono ungogli: prendono della carne
grassa e ungono.
20
30
famiglia. Ciascheuno puote pigliare tante mogli quantegli vuole pigliare
infino in C
20
, se egli e da poterle mantenere; e luomo dae
21
a la mad[r]
e de la femina, e la femina non d nulla a luomo; ma nno per migliore e
per pi veritier[a]
22
la prima moglie che laltre. Egli nno pi figliuoli che
laltra gente per le molte femine. Egli prende per moglie le cugine e ogni
altra femina, salvo la madre; e prendono la moglie del fratello, segli muo-
re. Quando piglia moglie fanno grandi nozze.
Sappiate che loro legge cotale, chegli nno un loro idio ch nome
Natigai, e dicono che quello dio terreno, che guarda loro figliuoli e loro
bestiame e loro biade
23
. E fannogli grande onore e grande riv[er]enza
24
,
che ciascheuno lo tiene in sua casa. E fannogli
25
di feltro e di panno, e l
tengono in loro casa; e ancora fanno la moglie di questo loro idio, e fan-
nogli figliuoli ancora di panno. La moglie pongono dal lato manco
26
e li
figliuoli dinanzi: molto gli fanno onore. Quando vegnono a mangiare, egli
tolgono de la carne grassa e ungogli
27
la bocca a quello dio e sua moglie e


Marco Polo alla presenza del Gran Khan,
miniatura tratta da Le Livre des Merveilles,
particolare, 1410.
578 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
28. gittanne stae: ne versano dentro la porti-
cina (usciolo) dove lo conservano.
29. beono: bevono.
30. cnciallo: lo lavorano, come il successivo
chimallo: lo chiamano.
31. chemmisi: si tratta della bevanda turca qu-
imiz.
32. pelli vai: pelli di zibellino e di ermellino
e di vaio; sono tutte pellicce molto pregiate.
33. arnesi: attrezzi.
34. sono valuta: hanno un grande valore.
35. darchi saiutano: usano gli archi.
36. troppi buoni arcieri: arcieri molto (troppi)
abili.
37. in loro dosso: addosso.
38. vale[n]tri duramente: molto valorosi.
39. travagliare: sono in grado di sopportare
fatiche.
40. quando bisognar: quando sar necessario.
41. egli: in tutto il testo il narratore passa indif-
ferentemente dal singolare al plurale, ma si
deve intendere sempre essi.
42. di loro prendono: di animali cacciati da
loro.
43. pascendo: pascolando.
44. gli bisogna: gli serve.
45. sostengono [male]: sopportano fatica e
sofferenze.
46. meno spesa: meno costano.
47. che pi vivono: sono pi longevi.
48. sono per: sono fatti apposta per.
49. saettano tuttavia: continuano a lanciare
frecce.
50. e gli loro volgoro: e i loro cavalli si girano.
51. gli credono cacciandogli: credono di
averli sconfitti respingendoli.
52. e e eglino: sono loro, cio i nemici, a es-
sere sconfitti.
53. per saette: a causa delle loro, cio dei Tar-
tari, frecce.
54. E quando prodezza: costruisci: E quan-
do i Tartari vedono che i cavalli dei loro ne-
mici sono morti, allora si rivolgono contro di
loro e li sconfiggono con la loro prodezza.
40
50
60
a quegli figliuoli. Poscia pigliano del brodo e gittanne gi da lusciolo ove
stae
28
quello idio. Quando nno fatto cos, dicono che lor dio e sua famiglia
e la sua parte. Appresso questo mangiano e beono
29
; e sappi[a]te chegli
beono latte di giumente, e cnciallo
30
in tal modo che pare vino bianco:
buono a bere, e chimallo chemmisi
31
.
Loro vestimenta sono cotali: gli ricchi uomini vestono di drappi doro
e di seta, e ricche pelli cebelline e ermine e de vai
32
e de volpi molto ric-
camente; e li loro arnesi
33
sono molto di grande valuta
34
. Loro arme sono
archi, spade e mazze, ma darchi saiutano
35
pi che daltro, ch egli sono
troppi buoni arcieri
36
; in loro dosso
37
portano armadura di cuoio di bufalo
e daltre cuoia forti.
Essi sono uomini in battaglie vale[n]tri duramente
38
. E dirovi come egli
si posson travagliare
39
pi che laltri uomini, ch, quando bisognar
40
,
egli
41
andr e star un mese senza niuna vivanda, salvo che viver di latte
di giumente e di carni di loro cacciagione che prendono
42
. Il suo cavallo
viver derba chandr pascendo
43
, che no gli bisogna
44
portare n orzo
n paglia. Egli sono molto ubidienti a loro signore; e sappiate che, quando
bisogna, egli andr e star tutta notte a cavallo, e l cavallo sempre andar
pascendo. Egli sono quella gente che pi sostengono travaglio e [male]
45
,
e meno vogliono di spesa
46
, e che pi vivono
47
, e sono per
48
conquistare
terre e regnami. []
Egli vincono le battaglie altres fuggendo come cacciando, ch fuggen-
do saettano tuttavia
49
, e gli loro cavagli si volgoro
50
come fossero cani; e
quando gli loro nemici gli credono avere isconfitti cacciandogli
51
, e e sono
sconfitti eglino
52
, per ci che tutti li loro cavagli sono morti per le loro
saette
53
. E quando li Tartari veggono gli cavagli di quegli che gli cacciano
morti, egli si rivolgono a loro e sconfiggoli per la loro prodezza
54
, e in que-
sto modo nno gi vinte molte battaglie.

unit 2 LA PROSA 579
55. diritti Tartari: Tartari puri.
56. sono bastardi: sono numerosi gli incroci
di popoli diversi.
57. usano au Ca[t]a: quelli che vivono nel Ca-
tai; Catai il nome dato alla Cina; au la
preposizione francese per in mantenuta
nel volgarizzamento.
58. se mantengono idoli: sono politeisti,
mentre i Tartari, come aveva descritto pri-
ma, adorano una sola divinit.
59. e nno legge: e hanno abbandonato la
loro tradizione.
60. e quegli saracini: quelli che abitano nelle
regioni orientali hanno adottato le usanze
dei saraceni.
61. Egli persona: se uno ha rubato (imbolato)
una cosa di scarso valore, non deve perdere
la vita, cio non viene condannato a morte.
62. E gli dato X: E gli vengono date in pro-
porzione alla gravit delloffesa 7, o 12 o 24
bastonate, e possono giungere fino a 107,
ma sempre aumentano la pena aggiungen-
do 10 bastonate.
63. non si segnato: non custodito ma tut-
to marchiato.
64. conosce rimandal[o]: conosce il marchio
del padrone e lo restituisce.
65. peccore guardano: le pecore e i piccoli
animali sono attentamente custoditi.
66. alotta: allora.
67. che si faccia: adatta.
68. E di questo ardono: E di questo matri-
monio fanno fare i documenti, poi li bru-
ciano.
69. e queglino per: e quelli, i due fanciulli
morti, vengono considerati come.
70. bisanti: monete bizantine.
71. si tengono: si considerano.
70
80
Tutto questo chio v contato e li costumi, vero de li diritti Tartari
55
;
e or vi dico che sono molto i bastardi
56
, ch quegli che usano au Ca[t]a
57
,
se mantengono li costumi deglidoli
58
, e nno lasciata loro legge
59
, e quegli
che usano in levante tegnono la maniera degli saracini
60
.
La giustizia vi si fa s comio [vi] diroe. Egli vero se alcuno e imbolato
una picciola cosa, chegli [non] ne debbia perdere persona
61
. E gli dato
VII bastonate o XII o XXIV, e vanno infino a le CVII, secondo cha fatta
lofesa; e tuttavia ingrossano giugne[ndo]ne X
62
. E se alcuno tolto tanto
che debbe perdere persona o cavallo o altra grande cosa, s tagliato per
mezzo con una ispada; e se egli vuole pagare IX cotanto che non vale la
cosa chegli tolta, campa la persona.
Lo bestiame grosso non si guarda, ma tutto segnato
63
, ch colui chel
trovasse, conosce la nsegna del signore e rimandal[o]
64
; peccore e bestie
minute bene si guardano
65
. Loro bestiame molto bello e grosso.
Ancora vi dico unaltra loro usanza, ci che fanno ma[trimoni] tra loro
di fanciulli morti, ci a dire: uno uomo uno suo fanciullo morto; quan-
do viene nel tempo che gli darebbe moglie se fosse vivo, alotta
66
fa trovare
uno chabbia una fanciulla morta che si faccia
67
a lui, e fanno parentado
insieme e danno la femina morta a luomo morto. E di questo fanno fare
carte, poscia lardono
68
, e quando veggono lo fumo in aria, alotta dicono
che la carta vae nellaltro mondo ove sono li loro figliuoli, e queglino si
tengono per
69
moglie e per marito nellaltro mondo. Ancora fanno dipi-
gnere in carte uccegli, cavagli, arnesi, bisanti
70
e altre cose assai, e poscia
le fanno ardere, e dicono che questo sar loro presentato nellaltro mondo,
cio a loro figliuoli. E quando questo fatto, eglino si tengono
71
per pa-
renti e per amici, come se gli loro figliuoli fossero vivi.
Ora vabiamo contate lusanze e gli costumi de Tartari [].
M. Polo, Milione, Divisament dou monde,
a cura di G. Ronchi, Mondadori, Milano 1982

580 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
RACCOGLIAMO LE IDEE
IL TESTO
Nelle pagine proposte, la popolazione dei Tar-
tari viene presentata e descritta ordinatamente,
secondo il metodo che era stato esplicitamente
enunciato nel capitolo di esordio del libro.
La descrizione inizia con una breve digressione
storica, brano non riportato qui, che riassume
la genealogia degli imperatori tartari dal fonda-
tore, Gnghiz Khan, a Kubilai, il protettore di
Marco Polo, e illustra i riti che accompagnavano
la morte e la sepoltura degli imperatori.
Quindi il testo passa alla descrizione puntua-
le delle usanze della popolazione che lo stesso
viaggiatore veneziano aveva potuto osservare.
Vengono descritte le abitazioni, le relazioni fa-
miliari, la religione, le attivit produttive, la tat-
tica militare, la giustizia. Le osservazioni appar-
tengono alle diverse prospettive secondo cui un
popolo pu essere presentato: quella geografica,
quella socio-economica, quella etnografica e
culturale. Il quadro che ne risulta cos comple-
to ed esauriente.
IL METODO DI MARCO POLO
Nel tracciare il resoconto del suo viaggio e della
sua permanenza in Oriente, lattenzione di Polo
concentrata soprattutto sulla natura e le usan-
ze dei popoli incontrati. Questo interesse ben
documentato dal brano proposto, ed confer-
mato da molti altri brani del Milione.
Lo sguardo dello scrittore di tipo etnografico
e antropologico, cio interessato a cogliere gli
aspetti peculiari delle tradizioni e delle culture
delle popolazioni che ha avuto modo di cono-
scere. Inoltre, soprattutto quando affronta que-
sti argomenti, uno sguardo di tipo scientifico,
il pi possibile aderente alla verit e oggettivo.
Marco Polo era pienamente consapevole di aver
conosciuto delle grandissime meraviglie e gran
diversitadi delle genti, come viene detto nel ca-
pitolo dapertura del libro. Tuttavia, per quan-
to tutte le cose viste possano apparire curiose
e inusuali a un visitatore straniero, Polo non
esprime meraviglia o sorpresa, ma le presenta in
tono distaccato e neutrale. Fornisce tutte le in-
formazioni, in modo anche minuzioso, ma senza
formulare giudizi o interpretazioni. Il suo un
intento informativo e pratico: come un repor-
ter moderno raccoglie tutti i dati che si rivelano
interessanti al suo occhio esperto di mercante e
viaggiatore e li mette a disposizione di un pub-
blico curioso, ma anche di coloro mercanti e
viaggiatori come lui che dovessero intrapren-
dere viaggi in quelle lontane terre. Nel Proe-
mio e nella Conclusione del Milione questa
finalit esplicita: il libro si rivolgeva a coloro
che volevano sapere e intendeva fare qualcosa
che fosse utile e di cui si sentiva il bisogno.
LO STILE
Lo stile molto essenziale. Il lessico semplice
e sobrio; la descrizione procede attraverso enun-
ciati chiari e paratattici; il discorso costruito
in modo ordinato e simmetrico, attraverso para-
grafi che illustrano i diversi aspetti esaminati. I
paragrafi e i periodi spesso iniziano con formu-
le ricorrenti (Egli sono, E fannogli, E quan-
do, Sappiate che, La loro legge cotale, i
loro vestimenti sono cotali, Ancora vi dico)
determinando un andamento del discorso per
accumulazione. Questo procedimento crea
leffetto dello stupore destato dal susseguirsi di
esperienze curiose o meravigliose.
Il carattere prodigioso sta nelle cose stesse, che
non hanno bisogno di essere enfatizzate con uno
stile elaborato. Un eccesso di ornamenti, di ag-
gettivazione, di procedimenti retorici avrebbe
anzi compromesso il senso di verit e autenticit
che Polo voleva comunicare.
Lesercito del Gran Khan attacca il ribelle re di Mien,
miniatura tratta da Le Livre des Merveilles, 1410.
unit 2 LA PROSA 581
1. Mangi Cataio: sono i nomi con cui nel Mi-
lione vengono chiamate la Cina meridionale
e la Cina settentrionale.
2. i meglio idoli: gli idoli pi importanti.
3. reverenza: rispetto.
4. non trattenervisi: non buona cosa, non
opportuno soffermarsi su questo argomento.
5. prende: cattura.
Dovete sapere che glidolatri di queste isole sono della stessa natura di
quelli del Mangi e del Cataio
1
. Sappiate che glidolatri di queste isole, come
quelli degli altri paesi, hanno degli idoli con testa danimale; di bue, di
maiale, di cane, di montone e di molte altre bestie. Ci sono degli idoli che
hanno una testa con quattro volti; degli altri che han tre teste, una al suo
giusto posto e le altre due ai lati, su ognuna delle due spalle. Ce ne sono
di quelli che hanno quattro mani; degli altri che ne hanno dieci; degli
altri che ne hanno mille. Questi ultimi sono i meglio idoli
2
che abbiano,
quelli a cui portano maggior reverenza
3
. Quando i cristiani domandano a
codesti idolatri perch facciano i loro idoli in maniere cos disparate, essi
rispondono: Ce li hanno lasciati i nostri padri ed erano cos quando ce li
hanno lasciati. Cos li lasceremo noi ai nostri figli e a quelli che verranno
dopo di noi.
La vita di codesti idolatri un insieme di tali stravaganze e di diavolerie
che non torna bene il trattenervisi
4
sopra in questo libro: sarebbe troppo
brutto ad udirsi per dei cristiani. Lasceremo perci di costoro e vi conte-
remo di altre cose.
Una cosa sola vi dir: voglio che sappiate che quando un idolatra di
queste isole prende
5
qualcuno che non sia dei loro amici, se non in grado
di riscattarsi con denaro, invita tutti i parenti e gli amici: Io voglio, dice,
che veniate a mangiare con me in casa mia. Ed il piatto che ammannisce
loro luomo che ha preso. Cotto, sintende. Reputano la carne umana la
migliore vivanda che avere si possa.
10
20
Marco Polo
LE ISOLE DEL MARE DI CIN
Milione, 1298 Lingua originale francese
Questa descrizione fa parte dei capitoli del Milione in cui vengono illustrate regioni che
Marco Polo non visit personalmente: lIndia e le isole dellEstremo Oriente, tra cui il
Giappone, che si trovano nel tratto di oceano allora chiamato mare di Cin. Proprio per-
ch non frutto della sua personale osservazione, in questo caso la descrizione meno
scientifica e assume un tono leggendario e fiabesco. Tuttavia, in nome dellautenticit e
della verit che si era riproposto di rispettare, lautore precisa che non si tratta di notizie
di prima mano. Inoltre, pur riferendo informazioni meravigliose e straordinarie, presta
particolare attenzione agli aspetti pi concreti e pratici, come le ricchezze naturali, i
prodotti pi pregiati o le caratteristiche delle rotte di navigazione.
Il brano proposto nella traduzione di Luigi Foscolo Benedetto, che nel 1932 cur la
prima edizione integrale moderna dellopera.
1 Si tratta del
Giappone, che Polo
chiamava Cipangu, e
delle altre isole tropicali
dellEstremo Oriente.
Marco Polo non vi era
arrivato personalmente
e riferisce notizie
ricevute da altri.
582 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
I favolosi abitanti delle
remote terre dOriente,
miniatura tratta da
Le Livre des Merveilles,
1410.
6. di contro al Mangi: di fronte al Mangi, cio alla Cina me-
ridionale.
7. a levante: a est, rispetto alla Cina.
8. piloti: propriamente sono i timonieri.
9. legno daloe: legno molto pregiato e profumato da cui si
estraeva anche lincenso.
10. briga: fatica.
11. Zaitun: lodierna Chin-Chiang-hsien, sullo stretto di For-
mosa. Nel Medioevo era uno dei pi importanti porti della
Cina.
12. Chinsai: oggi Hang-Chow. Era stata la capitale del Mangi,
cio della Cina meridionale, prima della conquista da parte
dei Tartari, il cui imperatore Kubilai Khan pose la capitale
a Cambaluc, lattuale Pechino.
13. stentano: impiegano. Il verbo stentano esprime lidea della
difficolt del viaggio.
14. Mar dInghilterra o Mare della Roccella: lo stretto della
Manica e il Golfo di Biscaglia, sulle coste francesi, chiama-
to cos dal nome del porto di La Rochelle.
30
40
Ma qui lasceremo di questo e torneremo al nostro argomento. Dovete
sapere che il mare, ove si trovano le isole di cui parliamo, si chiama Mare
di Cin, cio mare che di contro al Mangi
6
: nella lingua degli abitanti
di queste isole la parola Cin equivale a Mangi. Questo mare a levante
7
.
Vi sono, a detta dei bravi piloti
8
e dei bravi marinai che vi navigano, e che
sono bene informati, 7448 isole, la maggior parte delle quali sono abitate.
E si noti che in tutte quelle isole non nasce albero da cui non esca un forte
e gradevole odore e che non sia di grande pregio; di un pregio non infe-
riore, ad esempio, a quello del legno daloe
9
; ed anche maggiore. Ci sono
inoltre molte preziose spezie di qualit varie. Si aggiunga che in quelle iso-
le nasce in grande abbondanza del pepe bianco come la neve, senza contar
quello nero. una cosa che ha del prodigio la gran valuta delloro e delle
altre cose preziose che si trovano in quelle isole. Ma devo dirvi che son s
lontane che briga
10
non lieve landarvi. Certo grande il profitto e il gua-
dagno che ci fanno andandovi le navi di Zaitun
11
e di Chinsai
12
; ma un
viaggio in cui stentano
13
un anno. Vanno allinverno e tornano nellestate.
Perocch soffiano in quel mare due sole specie di vento: uno che li porta e
laltro che li riporta. Luno soffia destate e laltro dinverno. E sappiate che
questa contrada a una grandissima distanza dallIndia. Vi far ancora
notare che questo mare, anche se vi ho detto che si chiama Mare di Cin,
non altro che il Mare Oceano. Lo chiamano Mare di Cin, come si direb-
be Mar dInghilterra o Mare della Roccella
14
. Allo stesso modo dicono in
quella contrada Mare di Cin, Mare dIndia e simili. Ma sempre sintende
con quei nomi il Mare Oceano.
26 Il nome Cin
prevalse su quello di
Mangi dopo larrivo dei
Portoghesi.
34 Il pepe era una
delle spezie pi costose
e ricercate in Occidente.
Il suo commercio era
molto redditizio.
40 Il testo si riferisce
ai monsoni, venti
stagionali che spirano
verso sud-ovest dalla
primavera allautunno e
in direzione nord-est
dallautunno alla
primavera. Le navi
partivano alla volta
delle isole orientali
dinverno quando
avevano i venti a favore,
e tornavano sempre
sfruttando il vento
favorevole destate.
unit 2 LA PROSA 583
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Largomento trattato nel brano
la navigazione di Marco Polo verso le isole dellEstremo Oriente
i popoli, la natura e leconomia delle isole dellEstremo Oriente
la condanna delle usanze e delle tradizioni dei popoli che abitano le isole dellEstremo Oriente
lo scarso interesse commerciale delle isole dellEstremo Oriente
2. Elenca gli aspetti delle regioni descritte che vengono presi in considerazione nel testo.
Distingui, tra gli aspetti individuati, quali appartengono allambito:
etnografico;
geografico;
economico.
Quale di questi aspetti, secondo te, descritto in modo pi analitico e dettagliato?
3. Individua nel testo le espressioni che sottolineano maggiormente gli aspetti straordinari dei paesi e dei
popoli descritti.
4. Individua le osservazioni relative allisolamento e quindi al mistero delle regioni descritte.
5. La costruzione sintattica in generale semplice o complessa? Fai qualche esempio.
Riflettere
6. Le descrizioni e le informazioni sono spesso introdotte da formule identiche o simili, ad esempio do-
vete sapere, sappiate, una cosa vi dir, devo dirvi. Quale effetto producono queste ripetizioni?
7. Nel brano vengono riportate notizie straordinarie e stravaganti, come le caratteristiche delle divinit
delle popolazioni e il loro cannibalismo. Ti sembra che lautore esprima valutazioni a questo proposi-
to? Motiva la tua risposta con riferimenti al testo.
8. Quali aspetti del brano ti fanno pensare a un libro di viaggi e quali a un racconto immaginario?
Scrivere
9. Scrivi un testo espositivo di 250 parole dal titolo: Una descrizione della Cina in una pagina del Mi-
lione.
10. Descrivi un luogo i cui aspetti paesaggistici, o le cui tradizioni e consuetudini, ti hanno particolarmen-
te colpito e interessato, mettendoti nei panni di un viaggiatore che lo vede per la prima volta.
50
Ma ormai lasceremo di questa contrada e di queste isole, essendo trop-
po fuori di mano ed anche per il fatto che noi non siamo stati sul posto. Si
aggiunga che il Gran Khan non ci ha che vedere: non gli fanno tributo e
non gli sono di alcun rendimento
15
.
M. Polo, Il libro di Messer Marco Polo, cittadino di Venezia, detto Milione,
dove si raccontano le meraviglie del mondo; ricostruito criticamente
e per la prima volta tradotto integralmente in lingua italiana da Luigi Foscolo Benedetto,
Treves, Milano 1932
15. non gli fanno rendimento: non versano tributi al Gran Khan e non contribuiscono alla sua
ricchezza, in quanto non sono suoi sudditi.
584 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
BONVESIN DE LA RIVA E LE MERAVIGLIE DI MILANO
Bonvesin de la Riva visse allincirca tra il 1240 e il 1315. Il suo nome rimanda alla zona, Ripa di
Porta Ticinese, di cui era originaria la sua famiglia e dove abit lui stesso dal 1290 circa fino alla
morte. Fu un famoso maestro di grammatica e scrittore; compose opere di argomento didattico-
moraleggiante sia in versi sia in prosa, utilizzando il latino e il volgare.
Le meraviglie di Milano un trattato scritto in latino, col titolo originale di De magnalibus urbis
Mediolani, in cui Bonvesin celebra la prosperit e la grandezza della sua citt.
Nel brano proposto emergono la vivacit e il dinamismo commerciale di Milano, presentata dallau-
tore come un luogo ricco di opportunit economiche, e lalto livello della convivenza civile raggiunto
dalla popolazione.
Le meraviglie di Milano
Entro la citt, quattro volte allanno, si tengono mercati generali, e cio: il gior-
no della ordinazione del beato Ambrogio; la festa del beato Lorenzo; lAssun-
zione della beata Madre di Dio e la festa del beato Bartolomeo. A tutti questi
mercati mirabilmente affluiscono, in numero quasi incalcolabile, venditori e
compratori delle varie merci. Inoltre, in due giorni di ciascuna settimana, cio il
venerd e il sabato, in diverse parti della citt si tiene un mercato comune. Anzi,
ci che conta di pi, anche ogni giorno quasi tutti i beni necessari agli uomini
vengono esposti in abbondanza non solo in luoghi determinati, ma nelle piazze,
e messi in vendita con gridi di richiamo. Anche nei borghi e nelle ville del no-
stro contado si tengono molte fiere, che si ripetono tutti gli anni in giorni fissi.
In molte di tali localit si tengono fiere settimanali, e a tutte concorrono in gran
numero mercanti e compratori. Da quanto s detto sopra risulta evidente che
nella nostra citt chi ha sufficiente denaro vive ottimamente, sapendo di avere
a portata di mano tutto quanto pu dare piacere alluomo.
Risulta anche altrettanto evidente che qui, a meno che non sia una nullit, qual-
siasi uomo, purch sia sano, pu ottenere guadagni e dignit secondo il proprio
stato. E a questo punto si noti che qui, come abbondano i beni temporali, cos
prospera feconda anche la popolazione. Vedendo infatti nei giorni di festa folle
di uomini dignitosi, sia nobili sia popolani, che
si divagano; e anche i crocchi chiassosi di fan-
ciulli che corrono senza posa di qua e di l, e i
gruppi dignitosi e le dignitose schiere di matro-
ne e di vergini, le quali, con una dignit che si
direbbe di figlie di re, vanno e vengono oppure
stanno sulle porte delle case: chi potrebbe dire
di aver trovato mai, al di qua o al di l del mare,
uno spettacolo di folla cos meraviglioso?
Bonvesin de la Riva, Le meraviglie di Milano,
Bompiani, Milano 1974
Il mercato cittadino, miniatura tratta da Le chevalier errant, XIV sec.
T
E
S
T
I
B
E
S
T
I
E
S
C
O
N
F
R
O
N
T
O a
unit 2 LA PROSA 585
Figura di giullare,
affresco del Real Monasterio di Sigena,
Spagna, particolare, XII sec.
1. fue: fu.
2. cittade robe: citt dove si donavano molte vesti
(robe, francesismo).
3. niuna: nessuna.
4. nesciente appo lui: ignorante, stolto rispetto a lui.
5. avea: aveva.
6. sentenzia: risposta esemplare, motto.
7. non niuna: nessuna.
8. E s se tu: eppure tu sei.
9. tu trovasti miei: tu hai trovato pi persone simili
a te [cio rozze e ignoranti] di quanto non ne abbia
trovate io simili a me.
XLIV Duna questione
che fu posta ad uno uomo di corte
Marco Lombardo fue
1
nobile uomo di corte e savio
molto. Fue a uno Natale a una cittade dove si donava-
no molte robe
2
, e non nebbe niuna
3
. Trov un altro
uomo di corte, lo qual era nesciente appo lui
4
, e avea
5

avute robe. Di questo nacque una bella sentenzia
6
;
ch quello giullare disse a Marco: Che ci, Marco,
chi ho avute sette robe, e tu non niuna
7
? E s se tu
8

troppo migliore e pi savio di me. Qual la ragione?.
E Marco rispuose: Non per altro, se non che tu tro-
vasti pi de tuoi che io non trova delli miei
9
.
Novellino, op. cit.
10
VERIFICA FORMATIVA
Anonimo
MARCO LOMBARDO
NOBILE UOMO DI CORTE
Novellino, 1280-1300
La novella proposta fa parte di quelle dedicate ai belli rispuosi. Queste novelle sono tra le pi
brevi del Novellino: la loro efficacia consiste infatti nella velocit della narrazione concentrata
sulla battuta finale.
Il protagonista di questa storia Marco Lombardo, un uomo di corte della seconda met del XIII
secolo, noto per la sua dirittura morale e per la sua saggezza. A Marco Lombardo un giullare,
altro personaggio vicino alla corte, pone una questione, cio una domanda che voleva essere
imbarazzante, e a cui il protagonista risponde con una fulminea battuta.
586 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
Analizzare e comprendere
1. Chi sono i personaggi che compaiono nella novella? Quali ruoli ricoprono?
2. Come vengono costruiti questi personaggi?
Ci sono descrizioni delle loro caratteristiche?
I personaggi appartengono al medesimo ambiente sociale? Il loro ruolo sociale pari?
3. I personaggi e la vicenda appartengono allepoca in cui fu scritta la novella o a unepoca diversa? Da
che cosa lo si deduce?
4. In quale ambiente si svolge la vicenda narrata?
5. Osserva la costruzione del periodo: prevale lipotassi o la paratassi? Il discorso diretto o quello indi-
retto?
6. La novella incentrata sui cosiddetti belli rispuosi: in quale parte del Novellino questo argomento
viene elencato insieme agli altri che costituivano loggetto delle novelle?
7. Spiega che cos la rubrica e individuala nel testo.
Riflettere
8. Spiega il significato della risposta di Marco Lombardo alla domanda del giullare.
9. Con la domanda che pone a Marco Lombardo, il giullare voleva
dimostrargli la sua ammirazione
mettere alla prova la saggezza di Marco
dimostrare a Marco di valere pi di lui
criticare lingiustizia delle corti
10. La risposta di Marco Lombardo contiene un giudizio sullambiente della corte. un giudizio
positivo, perch nella corte le persone nobili e sagge vengono sempre riconosciute per i loro meriti
negativo, perch nella corte tutti sono stolti e ignoranti come dimostra di essere il giullare
parzialmente negativo, perch nella corte non sempre le persone nobili e sagge
vengono riconosciute per i loro meriti
positivo, perch tutti gli uomini di corte
sono nobili e retti come il protagonista
11. Marco Lombardo allinizio della novella
definito nobile uomo di corte e savio mol-
to. Perch importante questa definizione?
Scrivere
12. Utilizza le tue conoscenze di studio e i dati
che hai raccolto nellanalisi e scrivi un te-
sto espositivo-argomentativo di almeno 150
parole che illustri i motivi per cui la novella
proposta rientra nel genere della narratio bre-
vis (narrazione breve).
VERIFICARE LE COMPETENZE
Gentiluomo con il suo entourage
partecipa a una colazione allaperto,
miniatura tratta dal Livre de chasse de Gaston Phbus, XV sec.
unit 2 LA PROSA 587
t
r
a
c
c
e
IL MONDO MEDIEVALE
NELLA LETTERATURA CONTEMPORANEA
La prosa del Duecento ha rappresentato per secoli e fino a oggi uninesauribile miniera di temi, storie,
personaggi cui gli scrittori si sono ispirati interpretandoli e riproponendoli secondo la propria sensibi-
lit e la cultura della propria epoca. Il Milione di Marco Polo ha inaugurato la letteratura di viaggio
che, soprattutto dalla fine del Quattrocento, con let delle grandi scoperte geografiche, si arricchita
di opere in cui lesplorazione e il viaggio reali o immaginari costituiscono lo spunto di riflessioni
o lo sfondo di storie dinvenzione.
Tra le pi recenti riproposte dellopera di Marco Polo, una delle pi originali e innovative quella
che Italo Calvino realizz con Le citt invisibili. Il libro un rifacimento del Milione come disse lo
stesso autore ma, allopposto delloriginale, mette in
crisi proprio la possibilit di descrivere oggettivamen-
te la realt. Calvino fu anche un lettore e conoscitore
appassionato della narrativa medievale, cui si ispir in
molti suoi romanzi.
Il mondo medievale narrato nei poemi epici e nei ro-
manzi cavallereschi, come le vicende e i personaggi
della storia del Medioevo, hanno alimentato molta nar-
rativa moderna, soprattutto a partire dallOttocento.
Ancora ai nostri giorni questo mondo offre agli scrittori
molti spunti, sia per storie di carattere fantastico sia per
romanzi che rispettano la verit storica, ma vi proietta-
no tematiche e riflessioni del presente. Ne un esem-
pio il romanzo Gli occhi dellimperatore, della scrittrice
contemporanea Laura Mancinelli, che ricostruisce uno
dei momenti e uno dei personaggi pi affascinanti della
storia medievale: il regno di Sicilia del Duecento e il suo
sovrano Federico II.
Italo Calvino
LE CITT E I SEGNI: OLIVIA
Le citt invisibili, 1972
Le citt invisibili di Calvino una moderna interpretazione del tema del viaggio, meta-
fora delle inquietudini e degli interrogativi contemporanei. La suggestione dei paesaggi
esotici e misteriosi tratti dal Milione offre allo scrittore lo spunto per la descrizione di
cinquantacinque citt immaginarie, ciascuna chiamata con un nome di donna. I brevi
ritratti delle citt sono racchiusi in una cornice costituita dai dialoghi tra Marco Polo,
reduce dalle sue missioni nei territori dellimpero dei Tartari, e il Gran Khan, entrambi
alla ricerca di una verit sempre sfuggente. La cornice dialogica e la descrizione delle
citt descrivono un paesaggio puramente mentale, in cui sono simbolicamente rappre-
sentate la contraddittoriet e linafferrabilit del reale.
Frederick Bansky,
illustrazione per Le citt invisibili di Italo Calvino, 1997.
588 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
1. gorgiera dametista: collare di ametiste, pietre dure di color
violetto.
2. vapore ipocondriaco: velo di malinconia; letteralmente
lipocondria un disturbo psichico di tipo depressivo che si
manifesta con la convinzione di soffrire di malattie in realt
inesistenti.
3. ti trastulli: ti diverti, ti distrai; il trastullo propriamente
un gioco infantile.
4. liquame: liquido marcio, frutto della putrefazione.
5. secondare: assecondare, compiacere.
6. umor nero: malinconia, tristezza; lespressione risale alla
antica medicina, che associava questo stato danimo al li-
quido nero emesso dalla bile.
7. penuria: scarsit.
8. euforia: entusiasmo, sensazione di benessere e ottimismo.
9. delusive: che arrecano delusione.
10. computare carati: calcolare il numero preciso dei carati;
il carato unit di misura delloro e delle pietre preziose, in
particolare dei diamanti.
10
20
30
Le labbra strette sul cannello dambra della pipa, la barba schiacciata
contro la gorgiera dametiste
1
, gli alluci inarcati nervosamente nelle panto-
fole di seta, Kublai Kan ascoltava i resoconti di Marco Polo senza sollevare
le ciglia. Erano le sere in cui un vapore ipocondriaco
2
gravava sul suo cuore.
Le tue citt non esistono, forse non sono mai esistite. Per certo non esiste-
ranno pi. Perch ti trastulli
3
con favole consolanti? So bene che il mio impero
marcisce come un cadavere nella palude, il cui contagio appesta tanto i corvi
che lo beccano che i bamb che crescono concimati dal suo liquame
4
. Perch
non mi parli di questo? Perch menti allimperatore dei tartari, straniero?
Polo sapeva secondare
5
lumor nero
6
del sovrano. S, limpero malato
e, quel che peggio, cerca di assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie esplo-
razioni questo: scrutando le tracce di felicit che ancora sintravvedono, ne
misuro la penuria
7
. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare
lo sguardo sulle fioche luci lontane.
Alle volte il Kan era invece visitato da soprassalti deuforia
8
. Si sollevava
sui cuscini, misurava a lunghi passi i tappeti stesi sotto i suoi piedi sulle aiole,
saffacciava alle balaustre delle terrazze per dominare con occhio allucinato
la distesa dei giardini della reggia rischiarati dalle lanterne appese ai cedri.
Eppure io so diceva che il mio impero fatto della materia dei cri-
stalli, e aggrega le sue molecole secondo un disegno perfetto. In mezzo al
ribollire degli elementi prende forma un diamante splendido e durissimo,
unimmensa montagna sfaccettata e trasparente. Perch le tue impressioni
di viaggio si fermano alle delusive
9
apparenze e non colgono questo proces-
so inarrestabile? Perch indugi in malinconie inessenziali? Perch nascondi
allimperatore la grandezza del suo destino?
E Marco: Mentre al tuo cenno, sire, la citt una e ultima innalza le sue
mura senza macchia, io raccolgo le ceneri delle altre citt possibili che scom-
paiono per farle posto e non potranno pi essere ricostruite n ricordate.
Solo se conoscerai il residuo dinfelicit che nessuna pietra preziosa arriver
a risarcire, potrai computare lesatto numero di carati
10
cui il diamante fi-
nale deve tendere, e non sballerai i calcoli del tuo progetto dallinizio.
Olivia lultima citt della categoria Le citt e i segni e la sua descrizione mette in
crisi proprio la possibilit di rappresentare la realt con un discorso oggettivo e inconte-
stabile. La realt sempre complessa e molteplice, e il discorso che cerca di fissarla a
sua volta proteso a descriverla e nello stesso tempo dominato dai percorsi del pensiero
che si allontanano da quella stessa realt. I segni, anzich essere spiegazioni del reale,
moltiplicano le ipotesi del possibile.
15 Il tema della
molteplicit e
dellambiguit emerge
sia dalla cornice sia
dalle descrizioni che
Marco fa a Kublai
delle citt.
unit 2 LA PROSA 589
11. significare: esprimere.
12. palazzi di filigrana: palazzi decorati con sottili e fini tra-
fori.
13. bifore: finestre suddivise da una colonnina, tipiche dellar-
chitettura medievale.
14. patio: cortile interno, circondato da porticati.
15. fuliggine: deposito nerastro della combustione.
16. ressa: affollamento.
17. cicalano: chiacchierano.
18. rafia: fibra tessile derivata dalle foglie da un particolare
tipo di palma.
19. pensili: sospesi.
20. mandrino fresa: albero rotante di una macchina uten-
sile che trasmette il moto a un utensile (fresa) che girando
modella il materiale da lavorare.
21. estuario: foce di un fiume.
22. d la stura: d libero sfogo.
23. sarcasmi: ironia malevola.
40
50
Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai, che non si deve mai confon-
dere la citt col discorso che la descrive. Eppure tra luna e laltro c un
rapporto. Se ti descrivo Olivia, citt ricca di prodotti e di guadagni, per
significare
11
la sua prosperit non ho altro mezzo che parlare di palazzi di
filigrana
12
con cuscini frangiati ai davanzali delle bifore
13
; oltre la grata
dun patio
14
una girandola di zampilli innaffia un prato dove un pavone
bianco fa la ruota. Ma da questo discorso tu subito comprendi come Oli-
via avvolta in una nuvola di fuliggine
15
e dunto che sattacca alle pareti
delle case; che nella ressa
16
delle vie i rimorchi in manovra schiacciano i
pedoni contro i muri. Se devo dirti delloperosit degli abitanti, parlo delle
botteghe dei sellai odorose di cuoio, delle donne che cicalano
17
intreccian-
do tappeti di rafia
18
, dei canali pensili
19
le cui cascate muovono le pale
dei mulini: ma limmagine che queste parole evocano nella tua coscienza
illuminata il gesto che accompagna il mandrino contro i denti della fre-
sa
20
ripetuto da migliaia di mani per migliaia di volte al tempo fissato per
i turni di squadra. Se devo spiegarti come lo spirito di Olivia tenda a una
vita libera e a una civilt sopraffina, ti parler di dame che navigano can-
tando la notte su canoe illuminate tra le rive dun verde estuario
21
; ma
soltanto per ricordarti che nei sobborghi dove sbarcano ogni sera uomini
e donne come file di sonnambuli, c sempre chi nel buio scoppia a ridere,
d la stura
22
agli scherzi ed ai sarcasmi
23
.
Questo forse non sai: che per dire dOlivia non potrei tenere altro di-
scorso. Se ci fosse davvero unOlivia di bifore e di pavoni, di sellai e di tes-
sitori di tappeti e canoe e estuari, sarebbe un misero buco nero di mosche,
e per descrivertelo dovrei fare ricorso alle metafore della fuliggine, dello
stridere di ruote, dei gesti ripetuti, dei sarcasmi. La menzogna non nel
discorso, nelle cose.
I. Calvino, Le citt invisibili, Einaudi, Torino 1984
Irne Boulanger Michaud, Olivia,
illustrazione per Le citt invisibili di Italo Calvino, 2003.
34 La descrizione di
Olivia quella di una
citt dallaspetto
fiabesco ed esotico,
caratterizzata
dalleleganza
architettonica
e dalla raffinatezza.
41 La laboriosit di
Olivia sintetizzata
nellimmagine di lavori
tradizionali, come quelli
dei sellai e delle
tessitrici.
44 La molteplice
realt di questa citt
invisibile non pu essere
colta da un unico
discorso; immagini di
raffinatezza, di
operosit, di palazzi e di
sobborghi industriali si
sovrappongono, in una
visione che non pu
essere definitiva e
univoca.
54 Lessenza della
citt, di ogni citt
dellimpero, come di
tutta la realt umana,
consiste in una
molteplicit che rende
falsa ogni descrizione
che si limiti a un solo
aspetto.
590 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Individua le contraddizioni e le opposizioni presenti nella cornice per quanto riguarda:
lo stato danimo del Kan;
latteggiamento del Kan;
la rappresentazione che Kublai Kan fa del proprio impero.
2. Individua nella cornice i particolari (lessico, immagini, oggetti descritti) che evocano latmosfera eso-
tica e favolosa comunemente associata allidea dellOriente.
3. In base agli elementi del testo, possibile collocare nel tempo e nello spazio la citt di Olivia secondo
le due rappresentazioni che ne vengono date? Motiva la tua risposta con riferimenti al testo.
4. Individua le parole e le immagini che, nella descrizione della citt, evocano una dimensione idealiz-
zata e fiabesca.
Individua quelle che evocano invece una dimensione pi concreta e realistica.
Riflettere
5. Individua le descrizioni del lavoro umano presenti nel brano: quali diverse immagini del lavoro rap-
presentano?
6. La descrizione della citt fatta da Calvino, secondo te, evoca una citt del passato o piuttosto una citt
contemporanea? Motiva brevemente la tua risposta.
7. Nella conclusione, Marco Polo rovescia la sua descrizione iniziale della citt: che cosa significa questo
rovesciamento?
La vera Olivia un misero buco nero di mosche
Olivia un misto di aspetti diversi e anche opposti
La descrizione iniziale di Olivia era una menzogna
Marco Polo vuole ingannare il Kan
8. Spiega il significato dellaffermazione conclusiva di Marco Polo: La menzogna non nel discorso,
nelle cose.
Scrivere
9. Raccogli le osservazioni che hai ricavato attraverso lanalisi e la riflessione. Scrivi un testo espositivo
di circa 150 parole dal titolo: Olivia, una delle citt invisibili di Calvino.
10. Scrivi un testo argomentativo di 200 parole sul seguente argomento: Oggi che nel mondo non ci
sono pi luoghi inesplorati, possiamo esplorare con sguardo diverso i luoghi che conosciamo.
unit 2 LA PROSA 591
1. Castel del Monte siciliani: Castel del Monte, situato nelle Murge, in Puglia, tra Foggia e Bari,
fu una delle residenze della corte di Federico II. I baroni erano i feudatari sui quali Federico
voleva imporre il proprio potere accentrato.
2. indugiare: dedicarsi con tranquillit.
3. rapinosi: travolgenti.
Verr a prenderti, aveva detto limperatore, o mander qualcuno
che ti conduca a me.
Passarono molti anni, e un giorno mand un cavaliere a prenderla.
Federico era rimasto vedovo della seconda moglie ed ora chiamava a s
Bianca e il figlio Manfredi. Li chiamava da Castel del Monte, dove era
trattenuto dai continui disordini di quei baroni meridionali e siciliani
1

che creavano scompiglio anche quando gli erano troppo fedeli.
Limperatore cominciava ad essere vecchio e stanco. Vecchio di una vita
troppo intensamente vissuta, stanco di un tempo che per lui trascorreva
troppo veloce, e non gli lasciava spazio per indugiare
2
negli studi che gli
erano pi cari. Il suo grande trattato sulla falconeria e la caccia con gli
uccelli ra paci procedeva cos lentamente che spesso la polvere si posava
sulle carte aperte sullo scrittoio, e che lui a nessuno permetteva di toccare.
A quelle carte sognava di poter dedicare interi giorni, ascoltando accanto
a s il respiro quieto della giovane Bianca, che ora doveva diventare sua
sposa.
Ma una stanchezza insolita gli impediva di percorrere tutta lItalia per
andare a prenderla, con uno di quei suoi viaggi fulminei e rapinosi
3
, in
cui passava giorni e notti a cavallo, senza fermarsi n per mangiare n per
10
Laura Mancinelli
IL CAVALIERE DI TANNHAUS
Gli occhi dellimperatore, 1993
Il brano costituisce un capitolo del romanzo Gli occhi dellimperatore, in cui lautrice,
docente di Storia medievale, ha voluto proiettare sullo sfondo storico dellimpero di
Federico II e della straordinaria civilt da lui favorita nel regno di Sicilia esperienze e
situazioni esistenziali del presente.
La vicenda narrata si ispira alla straordinaria vita di personaggi storici, in primo luogo
limperatore Federico II, e a vicende realmente avvenute. In particolare trae spunto dalla
verit storica dellamore tra Federico II e Bianca Lancia dei conti dAgliano, in Piemonte.
Incontratisi quando limperatore era sposato con Jolanda di Brienne, Federico e Bianca
ebbero una relazione adulterina da cui nacque Manfredi, destinato a succedere al pa-
dre sul trono di Sicilia. Secondo alcune antiche fonti, rimasto vedovo, Federico avrebbe
ceduto alle suppliche di Bianca, sposandola dopo molti anni di separazione.
Il capitolo proposto, accogliendo in parte questa versione, presenta limperatore che
finalmente decide di richiamare presso di s Bianca e il figlio Manfredi. Poich si sente
ormai vecchio e stanco, ma forse ancor pi perch limminente ricongiungimento provoca
in lui unintensa emozione e una trepidazione inconsueta per un grande sovrano, affida
questo compito a un suo fedele cavaliere, Tannhuser.
8 Tutto lepisodio
narrato dal punto di
vista dellimperatore,
non pi giovane e al
culmine del potere. In
seguito alla decisione di
mandare a prendere
Bianca, amore della sua
giovinezza, egli si trova
a ripensare a tutta la
sua esistenza.
11 Federico II scrisse
un trattato sulla
falconeria dal titolo
De arte venando cum
avibus (Larte di
cacciare con gli
uccelli). Durante tutta
la sua vita si era
dedicato con grande
passione a questa
attivit, che sotto il suo
regno conobbe una
grande diffusione
presso la nobilt,
divenendo simbolo di
costumi aristocratici.
592 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
4. Federico Italia: Federico I di Svevia, im-
peratore del Sacro Romano Impero dal 1155
al 1190, combatt a lungo contro le pretese
autonomistiche dei Comuni italiani, asso-
ciati nella Lega lombarda. Suo figlio Enrico
VII spos lultima erede normanna, Costan-
za dAltavilla; da questa unione nacque Fe-
derico II.
5. Monferrato: regione del Piemonte dove si
trova Agliano.
6. lontano tedeschi: Federico II era anche
re di Germania, ma concentr la sua attivit
politica nella riorganizzazione del regno di
Sicilia e nel tentativo di riaffermare il con-
trollo imperiale sui Comuni italiani.
20
30
40
50
dormire, come faceva suo nonno, il grande Federico Barbarossa, nelle sue
campagne in Italia
4
. Ma quelle del Barbarossa erano campagne di guerra.
Non avrebbe mai, Federico I, attraversato lItalia per amore. Non si conce-
deva follie il grande nonno, di cui rinnovava il nome e la gloria.
Ma lui, s. Lui, Federico II, aveva attraversato pi volte lItalia, o aveva
allungato i suoi viaggi, per ve der comparire tra le colline del Monferrato
5

il castello dei conti Lancia, i suoi vassalli fedeli, e per rinno vare a Bian-
ca una promessa che da lungo tempo richiedeva di essere onorata. E per
vedere, soprattut to, quella luce damore che splendeva negli occhi di lei,
e pareva non scolorarsi mai, n per la distanza che li separava, n per il
tempo che passava.
E ora, ora che il momento tanto atteso era giunto, ora che il destino
aveva reso a lui la libert dal vincolo coniugale, e tra una contesa e laltra
poteva concedersi un varco al suo viaggio damore, ora le forze gli veni-
vano meno. Limperatore era stanco, e guardava triste dagli spalti del suo
castello pi amato, dove tutto era pronto per ricevere la novella sposa. Lui,
Federico, le sarebbe andato incontro a un giorno di strada, forse, o ai con-
fini del regno, se le forze lo assistevano.
Eppure non era vecchio, anche se i capelli ingrigivano precocemente
diradandosi, quei capelli biondo rossi che aveva ereditato dagli antenati
normanni, da sua madre Costanza dAltavilla, insieme al regno di Sicilia,
la terra tanto amata, che lo aveva tenuto lontano dalla Germania, dai suoi
principi e dai suoi doveri, come andavano ripetendo i signori tedeschi
6
.
E avevano ragione, certamente; ma alla sua vita, a se stesso, aveva con-
cesso cos poco, lui che era limperatore, la somma potenza di Occidente.
Che cosa gli era venuto da tanto potere? lodio del papa, linvidia dei prin-
cipi, le rivolte dei baroni, e lo scrupolo, perch no? di non aver fatto mai
abbastanza il suo dovere.
Il tempo per s, il tempo dellamore, degli studi, delle danze e delle cac-
ce, aveva dovuto rubarlo ai suoi doveri, come un ladro, come uno scolaro
che si nasconde ai maestri.
E ora gli mancavano le forze per andare a incontrare la sposa.
Maestro, sono forse malato? chiese al vecchio imam che aveva fatto
chiamare nella sala della torre volta a settentrione. Una grande stan-
chezza appesantisce le mie membra, e mi trattiene dal partire per questo
viaggio da tanti anni atteso.
Il vecchio Ben Zargan lo guard a lungo negli occhi tenendogli una
mano paternamente sulla spalla.
28 Nel desiderio
dellimperatore viene
ripreso il tema, centrale
nella concezione
dellamor cortese, dello
sguardo come canale
privilegiato
dellinnamoramento.
38 Federico II mor
nel 1250 allet di 56
anni. La vicenda narrata
in queste pagine risale
agli anni successivi alla
morte della seconda
moglie, Elisabetta
dInghilterra, avvenuta
nel 1241.
48 Limperatore
conosceva sei lingue,
scrisse versi poetici e
trattati teorici, si
interess di varie
discipline, dalla filosofia
alla scienze naturali,
dalla geometria
allalgebra, dalla
medicina allastrologia.
La straordinaria
personalit
di Federico II fu
riconosciuta gi dai suoi
contemporanei, che gli
attribuirono
lappellativo di Stupor
mundi, meraviglia
del mondo.
52 Nella civilt
islamica imam, che
significa guida, oltre a
indicare chi guida la
preghiera, un titolo
dato a chi eccelle nel
campo del sapere.
Federico II aveva
ospitato presso la sua
corte scienziati, filosofi
ed eruditi musulmani.
unit 2 LA PROSA 593
60
70
80
90
Federico, io non sono un medico, lo sai. La mia scienza pu solo de-
cifrare i segni del tuo animo. Ed ora vedo che gioia e timore vi si fondono
insieme, come giusto. Chi ama non pu non provar timore al momento
di realizzare ci che ha desiderato per tanto tempo.
Non la prima volta che amo e mi accingo a sposare la donna amata.
N ho mai provato un tale timore.
Forse la prima volta che il tuo cuore si impegna a fondo. Non a caso
sei ricorso persino alla magia per tenere legata a te la donna lontana, con-
tro il mio parere, ricordi?
S, lo so. Ma una blanda magia di sole formule sacre, affidata a pochi
versi appresi dalle donne siciliane, che ho trasposto in lingua per farne
dono alla contessa Bianca. Un gioco, pi che altro.
S, ricordo quei versi, belli, non so se per merito tuo o delle maghe
siciliane:
Passa per gli occhi il dardo che va al cuore.
Finch si incontrano gli sguardi degli amanti,
oltre pianure, colli e monti,
nessuno potr sciogliere il nodo dellamore.
Poesia, Federico. Questa la tua magia. Per questo non te ne ho mai
rimproverato. E se ora provi timore, vuol dire che sei uomo prima che
imperatore. Forse sei stanco. Manda uno dei cavalieri pi fidi
7
a prendere
la sposa, come daltra parte uso dei re.
Fece chiamare il cavaliere di Tannhaus, e quando lebbe di fronte lo
guard a lungo in silenzio. Guardava i folti capelli neri delluomo che gli
stava inginocchiato davanti, e i grandi occhi scuri che tacevano in atto di
domanda.
Sai perch ti ho fatto chiamare? chiese limperatore.
No, signore, rispose luomo.
Alzati e siediti l, di fronte a me. Cavaliere di Tannhaus, il tuo impe-
ratore ha bisogno di te. Ma non ti manda in battaglia, aggiunse sorri-
dendo, Poich aveva visto il gesto con cui il cavaliere aveva posto la destra
sullimpugnatura della spada. Ha bisogno di te perch stanco, forse
vecchio e forse malato, e non pu assolvere personalmente un compito che
lonore gli impone e lamore.
Il cavaliere guardava il suo imperatore con grandi occhi stupiti, doman-
dandosi che mai gli avrebbe chiesto il suo signore, e poich questi alquan-
to taceva, disse:
Disponete di me e della mia vita signore, poich entrambi vi appar-
teniamo.
Limperatore riprese a parlare con lo sguardo perso oltre la finestra, ol-
tre i monti, verso settentrione.
7. fidi: fidati, fedeli.
72 I versi richiamano
temi tipici della poesia
provenzale e siciliana.
A Federico II sono
attribuiti alcuni
componimenti poetici.
80 Si tratta di un
personaggio storico,
cavaliere e poeta, erede
dei Minnesnger,
che partecip alla
VI crociata indetta
da Federico II nel 1228.
Non a caso Federico
affida questo compito
a un cavaliere che era
anche un poeta
damore.
594 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
8. dossi: colline.
9. invidiosa: che ha impedito, contrastato il realizzarsi dei desideri.
10. scudiero: chi era al servizio del cavaliere, seguendolo nelle sue imprese e prendendosi cura
delle sue armi e cavalcature.
11. ti spiccherai: ti allontanerai, partirai.
12. vi ridurrete: vi dirigerete.
100
110
120
130
Tu dovrai lasciare questa terra di Puglia che tanto ami per un lungo
viaggio: ma sar per breve tempo. Qui tornerai, e non da solo. In terra di
Monferrato mi attende una donna, la pi cara al mio cuore che sia al mon-
do, e mio figlio, il giovane Manfredi. L dovrai andare e condurli qui, dove
io legittimer con le nozze la madre e il figlio.
Tacque a lungo pensoso. Poi riprese come parlando a se stesso:
Per tanto tempo avevo atteso questo momento, sognato la mia caval-
cata di gioia verso lamore, io che tante volte ho percorso lItalia per far
guerra, riportare lordine e la pace. Tante volte ho fatto questo viaggio
rivolgendo nella mente come sorprendere i miei nemici, colpirli nel vivo,
vendicare le offese e riconquistare ci che mi era stato tolto. E mi arro-
vellavo notte e giorno in questi pensieri, pur cavalcando per dossi
8
e per
pianure, senza mai sosta, senza riposo. Ma un giorno, pensavo, far que-
sto viaggio in nome dellamore, andr dove mi attende la mia contessa, e
vedr splendere nei suoi occhi la luce dellamore.
Si volse verso il cavaliere, e continu:
La vita invidiosa
9
mi ha negato questa gioia, ora che il mio tempo
futuro si affolla di ombre, e il mio orizzonte si stringe in cerchio sempre
pi piccolo: e io nulla posso fare, nulla, io che sono luomo pi potente del
mondo. Vedi, Tannhuser, a questa debolezza che mi insidia le membra,
io devo sottomettermi, come un uomo qualsiasi, come ogni povero conta-
dino di questi che coltivano le mie terre.
E poich il cavaliere faceva mostra di voler dire qualcosa di rassicuran-
te, Federico con un gesto gli tronc la parola in bocca, e continu:
So che mi sei fedele, e per questo affido a te il compito di condurre
in Puglia la mia donna. Non una battaglia questa a cui ti mando, ma
una grande prova di onore. E non mancheranno pericoli ed agguati.
Partirai per il Monferrato con un solo scudiero
10
, affinch i miei nemici
non sospettino nulla. Dal castello di Agliano ti spiccherai
11
quando vorr
madonna Bianca, ma il pi presto possibile, io ne prego te e lei. Di l vi ri-
durrete
12
, con il mio figliuolo e con tutto il seguito che la mia donna vorr,
sulla spiaggia di Lavagna, in terra dei Genovesi, e proseguirete per via di
mare per rendere il viaggio meno gravoso. Tu conosci gi il cammino ver-
so Lavagna, e le genti del Monferrato conoscono quei luoghi.
Dopo una pausa limperatore riprese:
Tu vedrai, Tannhuser, una bella spiaggia intatta, spoglia di case e di
castelli, dove solo pochi pescatori gettano le reti. Sapre su quella riva lunga
e sabbiosa un fiume profondo e largo, tra sponde verdi di pioppi e saliceti.
Qui troverete allancora un vascello, al comando di Stefano, pirata genove-
se, che fedele mi da molto tempo e, bench giovane, esperto di condurre
navigli per acque note. Costeggerete la riviera dei Genovesi fino alle foci
105 Con rimpianto e
nostalgia, Federico
pensa a quanto spesso i
doveri di imperatore lo
avessero costretto a
ignorare i suoi desideri
pi autentici.
123 La fedelt e
lonore erano principi
fondamentali su cui si
reggeva il codice
cavalleresco.
134 Limpresa che
Tannhuser deve
portare a compimento
richiama le avventure e
le prove che i cavalieri
dovevano affrontare
narrate in molti romanzi
cavallereschi.
unit 2 LA PROSA 595
13. le febbri: la malaria, molto diffusa in passato lungo le coste basse e nelle zone paludose.
14. esangui: pallide.
140
150
160
del Magra, e poi gi verso meridione. Se dovrete prendere terra, potrete
farlo alle foci di questo fiume o presso di Sarzana: ma tutta questa costa
pericolosa per paludi che nutrono le febbri
13
, e allora, se non necessario,
non scendete a terra, riparatevi nei porti, nelle rade, solo se vi tempesta
di mare. Ma dopo il lido di Carrara malfido ogni porto, ogni insenatura
pu essere un agguato. Stefano il Genovese conosce queste coste e vi sar
guida sicura. Ma poich voglio che anche tu sappia, Tannhuser, quali
sono i rischi del viaggio soprattutto quando condurrai carico a me s pre-
zioso, bada di evitare tutte le coste e i porti delle terre del papa, che nulla
avrebbe s caro come prendere in ostaggio persone della mia famiglia. Solo
dopo aver passata Gaeta troverete ancora approdi sicuri.
Limperatore tacque stringendo s convulsamente le mani che le nocche
apparivano esangui
14
. Poi, scuotendo la testa, continu:
N sarebbe pi sicuro il viaggio per terra: troppi sono i castelli guel-
fi nella terra dUmbria e di Toscana, e le citt che obbediscono al papa,
palesemente o celatamente. Se vi occorrer toccar terra per tempesta o
altra cosa, preferite le coste di Sardegna, dove ho pi amici e meno nemici.
Stefano il Genovese, che buon pirata, e fedele, come solo i pirati sanno
essere, vi sar guida sicura fino a che toccherete riva in terra di Napoli, e l
vi mander incontro i miei uomini, e se potr, verr io stesso.
Tacque e rivolse il viso a guardar fuori della finestra, poi si volt e disse
bruscamente:
Dio protegga te e chi ti ho affidato, e fece un cenno di congedo al
cavaliere.
Si volse di nuovo alla finestra, da cui entravano le ombre della sera, e la
tristezza dilag negli occhi chiari.
L. Mancinelli, Gli occhi dell imperatore, Einaudi, Torino 1993
Capolettera miniato
raffigurante
Federico II re di Sicilia,
XV sec.
153 In quegli anni
Federico II era
impegnato in
unestenuante guerra
contro il papa e lo
schieramento dei
Comuni guelfi,
comerano chiamati gli
alleati del papato nella
lotta con lImpero.
596 LETTERATURA ITALIANA DELLE ORIGINI
LAVORARE SUL TESTO
Analizzare e comprendere
1. Indica il periodo e il luogo in cui ambientato lepisodio narrato.
2. Con laiuto delle note, individua nel racconto gli elementi personaggi, situazioni, luoghi che appar-
tengono alla verit storica.
3. Quali sono invece, secondo te, gli elementi della narrazione che sono frutto dellimmaginazione
dellautrice?
4. Distingui nel brano sequenze narrative, descrittive, dialogiche, riflessive. Quale tipo ti sembra che
prevalga?
5. Individua i tratti che costituiscono la personalit di Federico II.
Riflettere
6. Individua nel brano gli elementi che rimandano alla concezione dellamore cortese.
7. Quale rapporto viene configurato nel brano tra limperatore e Tannhuser?
Secondo te, perch limperatore descrive con tanta precisione litinerario del viaggio al suo cava-
liere?
8. Perch limperatore triste?
9. Qual , a tuo parere, il tema trattato nel brano attraverso la vicenda narrata?
Lirraggiungibilit della donna amata La gloria di cui si era coperto limperatore
Lo stato danimo irrequieto dellimperatore La fedelt dellimperatore verso Bianca Lancia
10. Verifica se il ritmo della narrazione lento o veloce. Motiva la tua risposta, utilizzando anche i dati
raccolti nellanalisi.
Quale carattere deriva alla narrazione dal ritmo che hai individuato?
Scrivere
11. Sintetizza in un testo di circa 30 parole la vicenda narrata nel capitolo proposto.
12. In un testo di circa 250 parole, descrivi la personalit dellimperatore Federico II come emerge dallepi-
sodio narrato.
Glossario LETTERATURA DELLE ORIGINI
exemplum narrazione breve di carattere morale.
fabliaux narrazioni in versi in lingua dol caratterizzate da
una marcata vena polemica e satirica.
lais narrazioni in versi di provenienza francese, in lingua dol,
di contenuto sentimentale e cortese.
lauda canto di preghiera in volgare; la raccolta di laude si chia-
ma laudario.
lingua doc volgare usato nella Francia del Sud.
lingua dol volgare usato nella Francia centro-settentrionale.
lingue romanze le lingue volgari in cui dominante la matrice
latina; sono anche dette neolatine.
novella forma di narrazione breve di argomento realistico.
rima siciliana rima di i con e chiusa e di u con o chiu-
sa, derivata dalla trascrizione in toscano dei versi della poesia
siciliana.
rubrica breve testo che precede la novella, ne sintetizza il conte-
nuto e ne costituisce il titolo.
trovatori autori della poesia provenzale, dal verbo trobar, che
significa comporre versi con musica.
volgare il latino parlato comunemente dalla popolazione (vol-
go) nel periodo dellAlto Medioevo, che si era lentamente allon-
tanato dal latino parlato nellantica Roma; dopo il Mille diven-
t anche lingua scritta.
597 INDICE
LINGUE E LETTERATURE: LE ORIGINI 500
LA SITUAZIONE LINGUISTICA DELLEUROPA ROMANA 500
Dal latino al volgare 501
LAFFERMAZIONE DELLE LINGUE VOLGARI 502
Le prime testimonianze scritte 502
I primi documenti ufficiali in un volgare italiano 503
Le lingue volgari: luso letterario 505
LETTERATURA ITALIANA IN LINGUA VOLGARE 505
Le origini 505
Il ritardo italiano 506
Un panorama della letteratura italiana nel Duecento 506
UNIT 1 LA POESIA 507
LA POESIA RELIGIOSA 508
IL CLIMA SPIRITUALE DEL XIII SECOLO E FRANCESCO DASSISI 508
Il Cantico di frate sole allorigine della letteratura italiana 508
Francesco dAssisi, Cantico di frate sole 510
LA LAUDA 514
La religiosit tormentata di Jacopone da Todi 514
Jacopone da Todi, O iubelo del core 516
Jacopone da Todi, O amore de povertate 519
LA LIRICA DARTE 521
La poesia provenzale e lamor cortese 521
LEROE CORTESE 522
Bernart de Ventadorn, Quando erba nuova e nuova foglia nasce 523
FEUDALESIMO E AMOR CORTESE 525
La nascita della lirica darte in Italia: la scuola siciliana 526
La poesia e la corte 526
I temi 527
Le forme metriche 527
La lingua e lo stile 528
Iacopo da Lentini, Io maggio posto in core a Dio servire 530
Monte Andrea, S come i marinar guida la stella 532
Chiaro Davanzati, La splendente luce, quando apare 534
Compiuta Donzella, A la stagion che l mondo foglia e fiora 536
Iacopo da Lentini, Amor uno desio che ven da core 538
PAROLE DA CONOSCERE
romanze, neolatino
PAROLE DA CONOSCERE
eresia, ortodossia
UN TESTO SPIEGATO
PAROLE DA CONOSCERE
pauperismo
PAROLE DA CONOSCERE
ascesi, mistico
UN TESTO SPIEGATO
UN TESTO SPIEGATO
TESTI A CONFRONTO
PAROLE DA CONOSCERE
sonetto
UN TESTO SPIEGATO
VERIFICA FORMATIVA

PARTE 3
LETTERATURA
LETTERATURA ITALIANA
DELLE ORIGINI
598 INDICE
Umberto Saba, A mia moglie 540
Gabriele DAnnunzio, La sera fiesolana 544
TESTI ONLINE B. Orbicciani, Tutto lo mondo si mantien per fore
Guittone dArezzo, Tuttor cheo dir Gioi gioiva cosa
Guglielmo dAquitania, Tutto gioioso
UNIT 2 LA PROSA 548
ORIGINI E CARATTERI GENERALI 549
La narrativa in lingua dol 549
LA NOVELLA 551
Una forma medievale 551
IL NOVELLINO 552
I temi, i personaggi, lo stile 552
La novit del Novellino 553
Il pubblico e la fortuna del Novellino 554
Anonimo, Tre novelle di belli rispuosi 555
Anonimo senese, Il chierico e la Madonna [contio 5] 559
Anonimo, XIV Come uno re fece nodrire uno suo figliuolo 561
Anonimo, LXXXII Qui conta come la damigella di Scalot 563
LA NARRATIVA RELIGIOSA 565
I FIORETTI DI SAN FRANCESCO 565
Tra exemplum e novella 565
Come santo Francesco liber la citt dAgobbio da uno fiero lupo 566
Jacopo da Varagine, Il beato Patrizio e il penitente Nicolao 570
Anonimo, La predica agli uccelli 571
TRA NARRAZIONE E CRONACA 574
IL MILIONE 574
Un libro, molti generi 575
Le diverse versioni e la struttura 575
Marco Polo, Lusanze e gli costumi de Tartari 576
Marco Polo, Le isole del mare di Cin 581
Bonvesin de la Riva, Le meraviglie di Milano 584
(Novellino), Marco Lombardo nobile uomo di corte 585
Italo Calvino, Le citt e i segni: Olivia 587
Laura Mancinelli, Il cavaliere di Tannhaus 591
TESTI ONLINE (Novellino) Qui conta come i savi astrologi
disputavano del cielo empirio
(Novellino) Qui conta di messere Rangone,
come elli fece a un giullare
BIOGRAFIE DEGLI AUTORI Appendice 1A
PARTE 1 POESIA GLOSSARIO Appendice 11A
PARTE 2 TEATRO GLOSSARIO Appendice 13A
TRACCE
MOTIVI DELLA LIRICA
DUECENTESCA NELLA LETTERATURA
DEL NOVECENTO
PAROLE DA CONOSCERE
rubrica,
cortesia, cortese,
gentile, gentilezza
UN TESTO SPIEGATO
UN TESTO SPIEGATO
TESTI A CONFRONTO
UN TESTO SPIEGATO
TESTI A CONFRONTO
VERIFICA FORMATIVA
TRACCE
IL MONDO MEDIEVALE
NELLA LETTERATURA
CONTEMPORANEA
GLOSSARIO
LETTERATURA
DELLE ORIGINI
596

You might also like