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INTRODUZIONE 1. Cosa si intende per Filologia e linguistica romanza ?


estremamente difficile circoscrivere adeguatamente una disciplina che attraversa settori disciplinari molto diversi e per la quale risulta impossibile trovare ununica definizione. E tuttavia, per specificarne lambito, giover richiamarsi alletimologia della dizione: filologia, dal greco philologos = amante del discorso, della parola che immediatamente ci riconduce allo scopo principale della disciplina, vale a dire la cura e lintelligenza del testo, analizzato in tutti i suoi aspetti attraverso un serio impegno interpretativo; linguistica: lemma formato da lingua + il suffisso istico/a (che -al femminile- serve per formare nomi astratti) che pu essere definita come la: Scienza che studia il linguaggio, le lingue e le loro reciproche influenze dal punto di vista teorico e generale, storico e descrittivo1; laggettivo romanza: dallavverbio romanice alla maniera romana, indica ci che concerne larea di quei popoli che parlano lingue derivate dal latino. Dunque oggetto della Filologia e linguistica romanza sono la letteratura romanza dal Medioevo fino alla modernit e gli idiomi romanzi indagati nel loro sviluppo storico. Filologia e linguistica risultano dunque strettamente intrecciate e necessarie una allaltra: impossibile leggere un testo se non se ne accerta prima la correttezza testuale e se non lo si restituisce al suo contesto storico-ricezionale, ma lo altrettanto se non se ne comprende lespressione scritta e se non si in grado di datare e localizzare un testo servendosi dellanalisi linguistica. Torniamo allaggettivo romanzo/a: infatti seguirne, almeno in grandi linee, la storia 2 rappresenter la migliore introduzione alle pagine che seguiranno. Dal III al VI secolo le espressioni lingua latina e lingua romana sono sinonimi, ma progressivamente la documentazione mostra una progressiva divaricazione dei due termini: latinus rimase laggettivo atto ad indicare la realt culturale di maggior prestigio e romanus il latino parlato. Per giungere per ad una pi chiara specificazione: volgare versus latino, dobbiamo arrivare al IX secolo, alla famosissima (e su cui torneremo) XVII Deliberazione del Concilio di Tours (813), in cui si invitano gli ecclesiastici a predicare in rustica romana lingua:
Visum est unanimitati nostrae, ut quilibet episcopus habeat omelias continentes necessarias admonitiones, quibus subiecti erudiantur, id est de fide catholica, prout capere possint, de perpetua retributione bonorum et aetermna damnatione malorum, de resurrectione quoque futura et ultimo iudicio, et quibus operibus possit promereri beata vita, quibusve excludi. Et ut easdem homilias quisque aperte transferre studeat in rusticam romanam linguam aut theotiscam, quo facilium cuncti possint intelligere quae dicuntur. Allunanimit abbiamo deliberato che ciascun vescovo tenga omelie contenenti le ammonizioni necessarie a istruire i sottoposti circa la fede cattolica, secondo la loro capacit di comprensione, circa leterno premio ai buoni e leterna dannazione dei malvagi, e ancora circa la futura resurrezione e il giudizio finale, e con quale opere possa meritarsi la beatitudine, con quali perdersi. E che si studi di tradurre comprensibilmente le omelie medesime nella lingua romana rustica o nella tedesca affinch tutti pi facilmente possano intendere quel che viene detto.

Dunque al sintagma romana lingua si affianca laggettivo rustica che designa non pi due diversi livelli di latino, ma due lingue diverse. Il passaggio da una allaltra infatti
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Cf. Dizionario della lingua italiana curato da Tullio De Mauro, Milano, Paravia, 2000. Storia descritta con grande finezza in un saggio di Au. Roncaglia, Tristano e anti-Tristano. Dialettica di temi e dideologie nella narrativa medievale, testi e appunti del corso a. a. 1980-1981, Roma, Bulzoni 1981, pp. 69107 (poi in Romanzo: scheda anamnestica di un termine chiave , in Il romanzo, a cura di M. L. Meneghetti, Bologna, il Mulino, 1988, pp. 209-27).

2 segnata dallazione di transferre = tradurre, mentre su un piano orizzontale la nuova lingua volgare si definisce dallopposizione con la lingua theotisca (parlata nei territori di lingua germanica dellimpero). Pochi anni dopo il sintagma lingua romana riaffora nei Giuramenti di Strasburgo, 14 febbraio 842, riportati fedelmente dallo storico Nitardo. I due nipoti di Carlo Magno: Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, nello stringere il patto di alleanza contro il fratello maggiore Lotario, si rivolgono prima al proprio esercito, poi a quello dellaltro parlando rispettivamente in romana lingua e in teudisca:
Lodhuvicus romana, Karolus vero teudisca lingua, juraverunt. (= giurarono Ludovico in lingua romana e Carlo in lingua tedesca)

Nitardo, con grande scrupolo documentario, riporta esattamente le parole del giuramento, giunte a noi attraverso un manoscritto del X secolo3. Accanto a romanus grande vitalit godr anche laggettivo romanicus = alla maniera romana , da cui deriva lespressione loqui romanice, dove lavverbio romanice denuncia
una situazione di transizione, di crisi dellunit linguistica. Quando la parlata non corrisponde pi al latino unitario della classicit e non s ancora cristallizzata in nuove unit letterarie nazionali o almeno regionali, sulla norma oggettiva prevale la modalit soggettiva: e appunto unespressione di modalit, lavverbio romanice prevale nelluso pratico sul nome, s da trasformarsi alla fine, quando le variet volga ri si normalizzeranno, esso stesso in un nome: romanz4.

Da romanice, infatti, per normale evoluzione di fonetica storica, discende il francese romanz che da aggettivo passer ben presto a sostantivo in area gallo-romanza, come si ritrova gi nel pi antico trovatore a noi noto, Guglielmo IX dAquitania (1071-1126), in Pos de chantar mes pres talenz, vv. 22-3 :
et el prec En Jesu del tron en romans et en son lati (ed egli preghi il Signore Ges del cielo, in lingua volgare e nel suo latino) 5.

Interessante, ancora, lesempio, di poco posteriore, estratto da una predica rimata della prima met del XII sec. :
Por icels enfanz los fiz en romanz, qui ne sunt letr: car mielz entendrunt la langue dont sunt des enfances us (st. 128) (Per quei fanciulli -che non sono istruiti- lo compose in lingua romanza, perch meglio capiranno la lingua cui sono abituati sin dallinfanzia)

dove laccento batte sulla necessit di rendere accessibile ad un pubblico di non istruiti la predica, pena il fallimento della scrittura stessa destinata a restare inascoltata. Il passaggio successivo riguarda lo slittamento da romanz = lingua volgare a romanz = composizione in lingua volgare, attraverso lespressione -frequentemente utilizzata-

Sul testo dei Giuramenti di Strasburgo, si veda ledizione curata e commentata K. Grtner - G. Holtus, Die erste deutsch franzsische Parallelurkunde. Zur Uberlieferung und Sprache der Stassburger Eide, in Beitrge zum Sprachkontact und zu den Urkundensprachen zwischen Maas und Rhein, Trier 1995, pp. 97-127. 4 Cf. Roncaglia, Tristano e anti-Tristano cit. , p. 19. 5 O, come traduce M. Eusebi, Guglielmo IX, Vers, Parma, Pratiche editrice 1995, p. 84, nella sua lingua.

3 mettre en romanz, cio tradurre in lingua romanza (anche se nella maggior parte dei casi non si potr certamente parlare di vera e propria traduzione):
Benoit de Sainte Maure, Roman de Troie (1165 ca.) E pur o me vueil travaillier en une estoire comencier, que de latin, on je la truis, se jai le sen et se jo puis, la voudrai si en romanz metre que cil qui nentendent la letre se puissent deduire el romanz (vv. 33-39) (E per questo voglio sforzarmi di dare inizio ad una storia che, dal latino in cui la trovo, se ne ho la capacit e la possibilit, la vorrei trasporre in lingua romanza, in modo che coloro che non capiscono il latino possano divertirsi con questopera in lingua romanza)

ed in altri testi il riferimento alla fonte latina risulti assolutamente fittizio, un modo per dare lustro alla propria opera attraverso il richiamo ad un modello autorevole :
Prologo del Cligs di Chrtien de Troyes (1170 ca.) Cil qui fist d Erec et dEnide et les comandemenz Ovide et lArt damor en roman mist . un novel conte recomance. Ceste estoire trovons escrite que conter vos vuel et retreire an un des livres de laumeire mon seignor saint Pere a Biauveis : de la fu li contes estreiz don cest romanz fist Chrestiiens (Colui che compose la storia di Erec e Enide e volse in lingua romanza i Comandamenti damore e lArte di amare di Ovidio comincia un nuovo racconto Questa storia -che voglio raccontare e riportaretroviamo scritta in un libro dellarmadio di Messer San Pierre di Beauvais, da l fu estratto il racconto dal quale Chrtien fece il suo romanzo).

Proprio letimologia di romanzo da romanice parabolare e il suo slittamento semantico da lingua volgare a composizione in lingua volgare, ci riconduce a quel nodo strettissimo che lega le nascenti lingue e letterature latine alla matrice latina, in un intreccio articolato ma assolutamente centrale per comprendere i successivi sviluppi dei nuovi idiomi. Non sar un caso che gli intellettuali pi avveduti cercheranno di fondare la nuova tradizione letteraria romanza appropriandosi e attualizzando il tesoro rappresentato dalla cultura classica, tesoro che continuer a rappresentare nel tempo un riferimento ed un serbatoio inesauribile di scienza e di sapienza. Assolutamente emblematiche in proposito le famose affermazioni di Giovanni di Salisbury (1115 ca-1180) dove lautore enuncia lidea del progresso nella tradizione, grazie alla tradizione: ma sempre di progresso si parla, anzi la tradizione stessa sembra divenire progresso6:
Itaque ea, in quibus multi sua tempora consumpserunt, in inventione sudantes plurimum, nunc facile et brevi unus assequitur; fruitur tamen etas nostra beneficio precedentis, et sepe plura novit, non suo quidem precedens ingenio, sed innitens viribus alienis et opulenta doctrina patrum. ( Metalogicon III, iv) (E cos quelle idee su cui molti consumarono la loro vita, faticando moltissimo nella loro elaborazione, ora una sola persona consegue facilmente e rapidamente; tuttavia il nostro tempo utilizza i benefici del

Riprendo il brano citato da R. Antonelli, Origini, Firenze, La Nuova Italia, 1978, p. 135, cui rinvio anche per il commento al testo.

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precedente e spesso conosce pi cose non eccellendo per il suo proprio ingegno ma usufruendo di forze esterne e della opulenta dottrina dei padri).

Allinterno di questo quadro un ruolo determinante gioca lo studio del passaggio dal latino alle lingue romanze che da questo discendono, perch il cambiamento linguistico sempre segno di un cambiamento sociale e culturale significativo e di contatti fra individui e popolazioni. Inoltre le lingue neolatine si trovano certamente in una situazione privilegiata: sono infatti lunico gruppo geneticamente affine di cui si sia conservata la fonte comune7. Cos anche
la ricerca etimologica [cio lo studio dellorigine di una determinata parola] nellarea romanza () privilegiata nei confronti delle altre lingue indoeuropee, dal momento che nella maggior parte dei casi, le 8 attestazioni latine forniscono una sicura documentata base di partenza.

2. Cosa si intende per Origini?


Il termine Origini evoca fatalmente lidea di inizio assoluto con una valenza genetico creazionistica teorizzata da quel romanticismo che aprendosi alla riscoperta del Medioevo- intrecciava il gusto del gotico all'ambizione di poter attingere l'Origine, la forma primordiale. Ma quando si volesse tentare una definizione della nozione di origini svincolata da queste prospettive, non potremmo che suggerire quel lungo e complesso processo di formazione in cui si assiste alle prime manifestazioni di una lingua ed una letteratura distinta dal latino. Ora se facile additare alcuni testi che -con buon margine di sicurezzarappresentano documenti consapevolmente espressi in una lingua nuova: pensiamo -per esempio- al famoso poemetto della S. Eulalia (IX sec.), pi difficile confinare in due spazi separati testi non pi latini e non ancora romanzi ed impossibile accertare con sicurezza un punto di partenza. Per muoversi su un terreno cos complesso potr allora essere utile porsi alcune domande preliminari: 1. Quali circostanze hanno provocato la disgregazione dello spazio linguistico e culturale latino? 2. esistita una frattura fra latino scritto e latino parlata o di contro una lunga e prolungata diglossia? 3. Quando e in che condizioni si presa coscienza che laccumulo dei cambiamenti aveva creato una frattura insanabile fra il latino e la lingua volgare; e quando e come fra i diversi volgari? 4. Perche le diverse lingue romanze sono sorte in tempi diversi? Prima di provare a ripercorrere le ipotesi che gli studiosi hanno avanzato per dirimere questioni tanto ardue, sar bene ricordare che questo lungo processo di emancipazione dal latino -che si snoda per ben sette secoli- non andr concepito in direzione unilineare: dal latino alle lingue romanze, ma come unosmosi complessa fra lingue destinate ancora per molti secoli a procedere affiancate.

2. Cosera il latino?
Allinizio dellOttocento August Schleicher propose di rappresentare le connessioni genetiche fra idiomi diversi attraverso il modello dellalbero genealogico: la lingua madre sarebbe stata una lingua oggi perduta: lindoeuropeo - probabilmente parlata intorno al

Cosa che non vale nemmeno per le lingue neoelleniche che pure discendono da una fonte a noi nota. Questi, infatti, non si sono frazionati in idiomi indipendenti, quanto piuttosto secondo distinzioni dialettali scarsamente significative. 8 M. Pfister-A. Lupis, Introduzione alletimologia romanza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, p. 39.

5 3000 a C.-, ma ricostruibile sulla base della coincidenza di pi lingue che anticamente dovevano coprire unarea molto estesa: dallEuropa al nord del continente indiano9. Anche il latino appartiene alla famiglia indoeuropea, in cui partecipa al gruppo delle lingue kentum e -com noto- era inizialmente il dialetto dei pastori che fondarono Roma. La sua espansione, che durer quattro secoli (dalla sottomissione dellItalia centrale nel 272 a.C. fino alla conquista della Dacia nel 107 d.C.), coincider dunque con la capillare penetrazione dellImpero romano durante la quale lidioma parlato dai vincitori incontra le lingue diffuse sui territori conquistati. Preliminare sar naturalmente il rapporto/confronto con laltra grande lingua di cultura: il greco che costituisce rispetto al latino una lingua di adstrato (si tratta infatti di due lingue territorialmente vicine e, da un certo momento in poi, sostanzialmente paritarie dal punto di vista del prestigio), la cui influenza si realizza in ondate successive (et arcaica; III sec. a. C.; diffusione del Cristianesimo). Il greco 1. III sec a. c Cristianesimo: chierico, monaco, befana, bestemmiare, angelo, dall'ebraico pasqua, sabato, osanns Anche alcune lingue germaniche dovrebbero pi correttamente essere considerate lingue di adstrato pur con i necessari distinguo. Un certo numero di termini risultano gi utilizzati nel latino imperiale: quali saponem (in origine un prodotto per i capelli); termini legati alla vita militare: werra, riks, wardon; termini di colore (in particolare quelli legati al mantello dei cavalli): biondo; bruno, fulvo, grigio. Il fenomeno non pu stupire quando si consideri che i romani erano in contatto con popolazioni germaniche sin dai primissimi secoli della nostra era10. Diverso il caso di quelle lingue che possono essere considerate lingue di adstrato solo rispetto a zone circoscritte: il caso del celtico nel territorio gallo-romanzo, come ci documentano i molti celtismi sopravvissuti in francese, legati allattivit agricola: charrue, charpente, chemin o allallevamento: mouton, veautre Dal sostrato Ma ancora dall'etrusco: populus, persona, catena, taberna Osco-umbro: casa, e bufalus, lupus, scrofa, lacrima, ursus Dunque il latino nella sua espansione si sovrapporr ad altre lingue di cui alcune di sicura origine indoeuropea -solo per restare in Italia pensiamo allosco, allumbro, al siculo, al venetico- ed altre di diversa origine: letrusco, il ligure, il retico. Nella maggior parte dei casi il latino verr accettato dai locali in quanto lingua di maggior prestigio e funzionale agli usi pratici, politici, amministrativi, e la sua adozione favorita dalla fondazione delle citt e soprattutto dalle istituzioni scolastiche. E tuttavia il caso dellItalia completamente latinizzata (salvo talune aree di conservazione del greco) allaltezza del I sec. d. C. non rappresenta la norma. In luoghi pi lontani dal contatto con il cuore dellImpero le lingue indigene dovettero sopravvivere per molti altri secoli: il caso del gallico, del punico, del libico. Come ci testimonia nel III sec. Ulpiano (Digest. XXXII, II) per alcuni istituti giuridici era ancora previsto luso della lingua materna:

Per un quadro introduttivo allindoeuropeo si pu consultare Le lingue indoeuropee, a cura di A. G. Ramat e P. Ramat, Bologna, Il Mulino 1997. 10 I Germani erano, infatti, non solo presenti in gran numero come mercenari nellesercito imperiale, ma addirittura erano giunti a ruoli di comando, basti ricordare il nome del generale Silico ne sotto limpero di Teodosio (fine del IV sec).

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fidei commissa quocumque sermone relinqui possunt, non solum Latinum vel Graeco, sed etiam Punico vel Gallicano vel alterius cuiuscumque gentis =TR

Sar tuttavia opportuno ricordare che quelle popolazioni che scelsero e favorirono la ricezione della lingua di Roma hanno attraversato lunghe fasi di bilinguismo. Proprio il contatto con una lingua straniera ha lasciato tracce consistenti anche sul latino: i cosiddetti effetti di sostrato. E se non possiamo identificare con certezza fenomeni fonetici derivati dalle lingue indigene, per non c dubbio che il latino avesse subito un sostanziale arricchimento del patrimonio lessicale, come dimostrano i cosiddetti relitti lessicali (= quegli elementi linguistici che una lingua morta lascia nella lingua che le subentrata nelluso)11, cio quelle parole che provenivano dal gallico o da altre variet celtiche e che -come si pu agevolmente osservare- riguardano per la gran parte oggetti legati alla vita quotidiana: cos voci celtiche come becco, camisia, carrus; galliche come bracae, carrum; e i toponimi composti con -dunum (= castello); -durum (= porta). Pi incerto invece stabilire se specifiche tendenze fonetiche proprie di alcune zone siano dovute a fenomeni di sostrato. Un caso sovente ricordato: la cosiddetta gorgia toscana -cio laspirazione delle occlusive intervocaliche sorde presente in gran parte della Toscana- che secondo alcuni autorevoli studiosi, tra i quali Arrigo Castellani12, pu essere ricondotta a condizioni linguistiche proprie delletrusco, non solo si scontra con la difficolt di avere certezze sui fonemi delletrusco13, ma fino al Cinquecento non risulta in alcun modo documentabile. Il latino -che ci noto con documentazione ininterrotta solo dal III sec. a. C.- presenta nel tempo una relativa stabilit (garantita in particolare dai grandi scrittori di epoca repubblicana) ed quindi difficile distinguere fra un latino scritto nel I sec. ed uno nel III d. C. E tuttavia nel tempo dovettero certamente realizzarsi dei cambiamenti, seppure non percepiti dai parlanti e non registrati dalla lingua letteraria. Infatti, come gi sapevano gli antichi14, una lingua fissa, immutabile nel tempo unastrazione. Si rilegga quanto scrive San Girolamo (347 ca.- 420): cum et ipsa Latinitas et regionibus cotidie mutetur et tempore =(La latinit stessa si trasforma continuamente nello spazio e nel tempo). Anche la sovrapposizione del latino sulle diverse lingue dei popoli assoggettati doveva aver creato gi nel V secolo della nostra era, quando lImpero Romano cominciava a cedere alla pressione dei Barbari, non poche considerevoli differenze regionali -che chiameremo diatopiche15, destinate ad accrescersi man mano che si allentava il legame con il centro.

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Cf. A. Varvaro, Linguistica romanza. Corso introduttivo, Napoli, Liguori, 2001, p. 228. Cf. A. Castellani, Precisazioni sulla gorgia toscana [1959-1960], ora in Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza (1946-1976), 3 voll., Roma, Salerno editrice, 1980, t. I, pp. 189-212. 13 Si veda da ultimo L. Renzi-A. Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 171. 14 Daltra parte la consapevolezza della mutabilit della lingua era chiara gi nellAntichit, si rilegga quanto scrive Varrone (I sec. a. C.): Consuetudo loquendi est in motu: itaque solent fieri et meliora deteriora et deteriora meliora; verbam perperam dictam apud antiquos alios propter poetas non modo non dicuntur recte, sed etiam quae ratione dicta sunt tum, nunc perperam dicuntur. (Luso del parlare in continua evoluzione, per cui alcune forme migliori sogliono divenire peggiori e altre peggiori divenire migliori. Non solo parole erroneamente usate presso gli antichi ora sono usate correttamente per opera di alcuni poeti, ma anche parole che erano secondo la norma, ora si adoperano spropositando) e riaffiorer nei grammatici e nei grandi intellettuali tardo antichi come Agostino e Isidoro di Siviglia. 15 Variazione tra parlate diverse che si realizza nello spazio e pu oscillare da una distanza massima (tra famiglie linguistiche diverse), ad una minima (quartieri di una citt).

7 Sappiamo che Asinio Pollione (intellettuale raffinato, fondatore della prima Biblioteca pubblica a Roma) rimproverava il grande storico romano Livio per il suo forte accento patavino e lo storico Espartiano ci racconta lilarit suscitata -a causa dello spiccato accento regionale- dal futuro imperatore Adriano, spagnolo, la prima volta in cui prese la parola in Senato. Ma almeno fino ad una certa data la possibilit di riconoscere dalla parlata il luogo di provenienza di un individuo non doveva rappresentare la norma, se vogliamo prestare fede ad un gustoso aneddoto raccontato da Plinio il giovane 16 (Epist., IX, 23) di cui lo stesso Plinio sarebbe stato il protagonista:
narrabat sedisse secum circensibus proximis equitem Romanum, post varios eroditosque sermones requisisse: Italicus es an provincialis? , se respondisse: Nosti me et quidem ex studiis . Ad hoc illum : Tacitus es an Plinius ? (=raccontava che, durante gli ultimi giochi del circo un cavaliere romano sedeva vicino a lui e che, dopo vari e colti discorsi, alla sua domanda: Sei italico o di una provincia?, gli aveva risposto: Mi conosci, certo: dai miei scritti. E che quello aveva ribattuto: Sei Tacito o Plinio?.)

Altre differenze potranno essere inscritte sotto letichetta di diastratiche, cio determinate dallappartenenza a diverse classi sociali, come possiamo dedurre da un luogo sovente citato17 di Gellio 19, 10: Frontone domanda allarchitetto che dirigeva la ristrutturazione dei bagni di casa sua lammontare della spesa. Larchitetto risponde circa 300 sesterzi. Allora uno degli amici di Frontone chiosa: et praeterpropter () alia quinquaginta. Frontone non capisce il significato di praeterpropter e domanda lumi ad un grammatico presente, il quale gli risponde:
Tum grammaticus usitati pervulgatique verbi obscuritate motus quaerimus inquit quod honore quaestionis minime dignum est. Nam nescioquid hoc praenimis plebeium est in opificum sermonibus quam [] notius (= Il grammatico, stupito che fosse considerato oscuro un vocabolo familiare e divulgatissimo, disse Chiediamo qualcosa che non minimamente degna di essere investigata. Non so infatti come chiamare questo modo di dire, se del tutto plebeo o pi [] noto nel parlare degli operai che della gente colta).

Il ruolo giocato dal Cristianesimo sar molto importante oltre che sul piano storicosociale per il ruolo di coesione e di fondazione di una nuova Respublica sub Deo, anche sul piano linguistico. Infatti non solo la nuova religione immetter nella lingua parlata una folta messe di neologismi, ma ponendosi come religione degli ultimi, elegger come nuovo veicolo letterario il sermo humilis della tradizione cristiana18. Emblematica, in proposito, la famosissima frase di Agostino Melius est reprehendant nos grammatici, quam non intelligant populi (Enarrationes in Psalmos, CXXXVIII, 20) = Meglio che ci rimproverino i grammatici, piuttosto che non ci capiscano le genti.

3. Quali avvenimenti hanno provocato la disgregazione dello spazio latino?


Il mondo ormai invecchiato [] non si regge pi con quelle forze su cui prima appoggiava [] e attesta il suo tramonto con levidente decadenza di ogni cosa (Cipriano, III sec).

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Su cui si vedano le osservazioni di E. Auerbach, Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichit latina e nel Medioevo [1958], Milano, Garzanti, 1960, pp. 217-18; M. L. Meneghetti, Le origini, Roma, Laterza, 1997, pp. 37 ss. 17 Cf. G. Calboli, Latino volgare e latino classico, in Lo spazio letterario del Medioevo. Il Medioevo latino, II, La circolazione del testo, Roma, Salerno editore, 1994, pp. 11-53, a p. 19). 18 Sul punto, cf. Auerbach, Lingua letteraria cit., in particolare il capitolo Sermo humilis.

8 In realt la maggior parte degli studiosi sono concordi nellattribuire a ragioni interne di carattere storico-sociale la spiegazione profonda del cambiamento. Circa 400 anni separano la caduta dellImpero romano (476 d.C.) segnata dalla deposizione di Romolo Augustolo da parte del generale erulo Odoacre dai primi monumenti della lingua volgare e da quel Concilio di Tours dell813 che sancir lavvenuto distacco fra latino e lingua volgare. Ma chiaro che il 476 rappresenta una data utile a fissare lepilogo di un lungo processo. Certamente infatti a partire dal III secolo la macchina imperiale scossa da problemi interni ed esterni strettamente connessi: infatti la pressione di popolazioni provenienti dalle steppe asiatiche e dalle regioni nordiche, molte delle quali gi in contatto con il mondo romano, costringeva le legioni dellesercito a lunghi stanziamenti nelle diverse province. Inevitabilmente questo provoca la formazione di gruppi separati raccolti intorno ad un capo, che sar alla base di quel complesso fenomeno che gli storici definiscono anarchia militare. Anche il rapporto tradizionale fra imperatore e classe senatoria ha subito profonde alterazioni: nel confuso periodo che segue lassassinio di Commodo (192 d. C) appare chiaro che ormai detiene il potere chi controlla lesercito, come dimostra lelezione di un imperatore quale il generale africano Settimio Severo (197 d.C.). Anche il famoso editto promulgato dal figlio Marco Aurelio Antonino detto Caracalla nel 212: la concessione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dellImpero (con la sola eccezione dei dediticii, cio i barbari ancora ribelli) rappresenta senzaltro la presa datto di una trasformazione sociale ormai avvenuta. Ma essa anche un tentativo di fronteggiare la grave crisi economica aumentando il numero di coloro che erano soggetti a pressione fiscale. Lacerazioni ancora pi gravi seguiranno alla fine della dinastia dei Severi: dopo lassassinio di Severo Alessandro (235), si succedono pi di 20 imperatori fino allelezione del generale illirico Diocleziano, noto per le persecuzioni contro i cristiani. Questi, detenendo il potere per circa un ventennio, riesce a riorganizzare lo stato dal punto di vista politico, amministrativo, economico e militare. Bench la crescente minaccia dei barbari congiunta allaumento delle pressioni fiscali provochi una crisi delle citt, con un massiccio ritiro dellaristocrazia nelle campagne e la nascita di diverse forme di organizzazione economica e politica, tuttavia con lascesa al trono di Costantino e fino alla morte di Teodosio I nel 395 si aprono due secoli (et tardoantica) che attualmente gli storici della cultura tendono a valorizzare per la vitalit e la ricchezza dellesperienze culturali e per le novit sociali. in questo periodo che si assiste alla definitiva affermazione del Cristianesimo come religione di stato (nel 313 Costantino riconosce la libert di culto e nel 380 Teodosio con leditto di Tessalonica promuove il cristianesimo a religione ufficiale dellimpero), affermazione non pacifica ma anzi destinata a creare ulteriori fratture allinterno del mondo romano: cos nel IV secolo laristocrazia senatoria rappresenter la roccaforte di difesa dei valori del paganesimo e di unidentit culturale, sociale e politica ormai definitivamente destinata a vacillare. E ancora Giuliano, detto lapostata, imperatore tra il 361 e il 363 negher ai maestri cristiani linsegnamento della retorica tacciandoli di menzogna e accusandoli di ingannare i discepoli (Epist. 61):
E che dunque! Omero, Esiodo, Demostene, Erodono, Tucidite, Isocrate e Lisia non riconoscevano gli dei come guide in ogni genere distruzione? Non si consideravano dedicati gli uni a Ermes, gli altri alle Muse? Io trovo assurdo che commenta le loro opere disprezzi gli dei che loro hanno onorato () Dal momento che essi vivono degli scritti di questi autori da cui traggono il loro salario, confesseranno che la loro cupidigia spudorata e che, per qualche dracma, sono capaci di tutto.

Determinante sar inoltre la progressiva perdita del ruolo di Roma come centro dellimpero, in favore di nuove citt quali Milano, Treviri, Arles, fino alla fondazione da parte di Costantino nel 330 della nuova Roma: Costantinopoli, nel luogo dove sorgeva lantica Bisanzio. Questa nuova capitale accentuer le differenze fra le due parti dellimpero, la cui separazione verr definitivamente sancita con Teodosio. Da questo momento in poi i due imperi procederanno per strade diverse, con conseguenze disastrose sulla parte occidentale sempre pi esposta allespansione dei popoli germanici: Vandali, Alemanni, Burgundi, Svevi. fino al saccheggio di Roma da parte dei Goti guidati da Alarico (410), cui seguir un secondo nel 455 da parte dei Vandali. Ecco dunque ridisegnarsi una geografia politico-sociale tutta diversa: al mondo mediterraneo, centro della grande civilt greco-romana, si contrappone da un lato limpero bizantino e dallaltro il variegato mosaico delle nuove popolazioni provenienti dalle steppe asiatiche e dalle regioni del nord. La consegna del capo barbaro Odoacre delle insegne imperiali nelle mani di Zenone imperatore di Oriente non dunque altro che lepilogo di un lungo processo percepito in modo diverso dagli spiriti pi attenti agli eventi contemporanei. Cos San Girolamo osserva con inquietudine la disgregazione di una civilt:
Freme il mio spirito e si riempie di orrore volendo narrare le stravaganze tutte e i disordini del nostro tempo () Limpero romano, ovunque desolato, si avvicina al suo scioglimento.

E se Claudiano (370-404 d.C.) nel De Bello Gothico sembra valorizzare lapporto di nuove e pi valorose genti contrapposte alla mollezza e alla decadenza morale dei Romani, definiti inesperti dei terrori, generazione svigorita dai lussi , di contro Ammiano Marcellino, storico nato ad Antiochia fra il 332 e il 335, non esita -in una pagina notissima tratta dai Rerum Gestarum libri- a paragonare gli Unni a bestie selvagge:
Hanno membra robuste e salde, grosso collo e sono stranamente brutti e curvi, tanto che si potrebbero ritenere animali bipedi o simili a quei tronchi grossolanamente scolpiti sui parapetti dei ponti. Per quanto abbiano figura umana, sebbene deforme, sono cos rozzi nel tenore di vita da non aver bisogno n di fuoco, n di cibi conditi () Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il bene e il male, sono ambigui e oscuri quando parlano, n mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma ardono di unimmensa avidit doro

Allinizio del VI sec., dunque, il territorio che apparteneva allImpero di Roma appare ridisegnato in diversi regni romano-barbarici: unarea iberica sotto i Visigoti, la Francia sotto i Franchi che nel 507 avevano cacciato definitivamente i Visigoti, Angli Iuti e Sassoni in Inghilterra e gli Ostrogoti in Italia. Ormai il destino dellOccidente affidato alla sfida dellintegrazione fra romani e barbari, integrazione diversa da zona a zona perch le nuove popolazioni non rappresentavano gruppi compatti con abitudini e istituzioni uguali e dunque con risultati non generalizzabili. Cos Teodorico, re degli Ostrogoti sceso in Italia nel 488 dopo aver a lungo soggiornato alla corte di Costantinopoli sceglie di circondarsi di esponenti illustri dellaristocrazia romana: Cassiodoro, Simmaco, Severino Boezio. Ma lesperimento pure importante non sopravvive alla morte di Teodorico (526) il quale, gi negli ultimi anni del suo regno, scosso da conflitti fra i vari gruppi religiosi, aveva condannato a morte quegli stessi uomini che lo avevano appoggiato. Le popolazioni del settentrione dItalia, estenuate dalla lunga guerra greco -gotica (535553) con il tentativo di Giustiniano di recuperare allImpero i territori soggetti ai barbari -

10 -tentativo riuscito sia in Italia che in Spagna contro i Visigoti- subiscono una nuova invasione: quella dei Longobardi. Questi, detenendo il potere per circa due secoli, provocheranno una forte cesura con la parte bizantina della penisola. Di fronte a questi crescenti turbamenti socio politici la fuga dalle citt si accentua e il fenomeno del latifondo si trasforma sempre pi in uneconomia autosufficiente, dove il proprietario terriero diviene amministratore della giustizia e lo sfruttamento di coloro che a lui erano soggetti viene almeno in parte bilanciato dalla garanzia contro le minacce esterne. Si assiste cos alla nascita di un organizzazione di carattere protofeudale attraverso la saldatura di due istituti differenti: il primo la commendatio tardo romana secondo la quale ci si affidava ad un proprietario pi ricco per sfuggire a troppo esose tassazioni; dallaltro il legame di fedelt personale che univa i guerrieri germanici ai loro capi. In questo difficile progresso di integrazione il Cristianesimo gioca un ruolo importante: dopo una prima fase di separazione, infatti, Goti, Vandali e Longobardi abbracciano larianesimo (negazione della natura divina del Cristo), ma gi nel 496 Clodoveo re dei Franchi si converte al cattolicesimo, e nel 589 Recaredo re dei Visigoti proclamer il cattolicesimo religione di stato. Si afferma inoltre in questo periodo un nuovo fenomeno destinato a giocare un ruolo essenziale nella societ medievale: il monachesimo, che vedr quelle prime isolate esperienze -nate intorno al IV secolo- trasformarsi in un sistema organizzato e autosufficiente e svolgere un ruolo determinante non solo per lopera di evangelizzazione condotta, ma anche per la funzione di organizzazione sociale svolta soprattutto nelle campagne. Inoltre -com noto- la valorizzazione nella regola monastica del lavoro, compreso quello intellettuale, favorir la nascita e lo sviluppo allinterno dei monasteri di scriptoria che rappresenteranno luoghi preziosi di copia, di conservazione e di trasmissione dei testi classici. Questo complesso equilibrio verr ulteriormente alterato con lavanzata arabo-islamica dellVIII secolo che -secondo la famosa tesi dello storico belga Henri Pirenne19rappresenterebbe la vera causa del tracollo del mondo antico. Lantagonismo con gli arabi far emergere nuove grandi dinastie, determinanti per il futuro dellEuropa romanza (e non solo romanza): cos quando Carlo Martello, re dei Franchi, riuscir a sconfiggere gli Arabi a Poitiers nel 732 fermandone lavanzata, comincia ad intrecciarsi sul piano ideologico e politico un rapporto con lunico potere universale sopravvissuto: il papato. Questo legame si stringer ancor pi con il figlio di questi Pipino il Breve proclamato re dei Franchi alla presenza di papa Zaccaria e poi con Carlo Magno il quale ponendosi come il difensore della Cristianit contro i pagani Sassoni e i mussulmani, aprir le porte a quel progetto di Sacro romano impero che rimane legato al suo nome. Come scrive lo storico francese Marc Bloch20 (I re taumaturghi..): I sovrani dellOccidente ridiventarono sacri grazie ad unistituzione nuova, la consacrazione ecclesiastica dellavvento al trono e, pi particolarmente, il suo rito fondamentale, lunzione. Con Carlo siamo dunque giunti a quella grande rinascenza del IX sec. che segner una svolta storica, politica, ma anche linguistica -ed ci che ci interessa- straordinaria, pur sostanzialmente perseguendo un obbiettivo irrealizzabile: costruire un organismo sovranazionale basato su una doppia matrice: leredit romana e la consacrazione cristiana.
19

H. Pirenne, Maometto e Carlomagno [1937], Bari, Laterza, 1939.


20

Mar c B lo c h, I r e ta u ma t u rg h i : s tu d i su l ca ra tte re so v ra n n a tu ra le a tt r ib u ito a lla p o ten za d ei re p a r tico la rmen te i n Fra n cia e in In g h il te r ra , p r e faz io ne d i J acq u e s Le Go ff, co n u n Ri co r d o d i Ma r c B lo c h d i Luc ie n Feb vr e. ( * *) - 3 . ed . T o ri no , Ei n a ud i , 1 9 9 6

11 Com noto Carlo riunir intorno a s gli intellettuali pi prestigiosi del suo tempo in una sorta di accademia, quella scuola palatina presieduta da Alcuino, monaco della Britannia, e che conta tra i suoi membri personaggi del calibro di Paolo Diacono, storico dei Longobardi, Pietro da Pisa, Paolino, Eginardo, biografo di Carlo. Ma lo sviluppo intellettuale e artistico (che conquister al IX secolo la dizione di rinascenza) si estende allarchitettura con la fondazione di palazzi, chiese e monasteri destinati a divenire sede di scuole e di scriptoria dove gli autori classici vengono copiati da professionisti della penna. Proprio questa instancabile attivit di trascrizione di codici spiega lo sviluppo di una nuova scrittura (ancora usata nei caratteri a stampa): la minuscola carolina, caratterizzata da un modulo piccolo e da una spiccata leggibilit. Alla luce di questi brevissimi cenni storici, sar dunque opportuno tenere conto che se fino al II secolo la cultura letteraria dellet imperiale appare estremamente unitaria, nei secoli seguenti si comincia ad assistere ad una differenziazione sul piano geografico che consente di distinguere tre grandi spazi: 1. regno visigoto 2. regno franco 3. regno longobardo papale e bizantino.

5. Come si realizza il cambiamento linguistico?


La filologia evoluzionistica del secolo scorso concepiva levoluzione linguistica come un fenomeno continuo senza rotture da un passaggio all'altro, e se da un lato segnava il superamento dellidea classica del cambiamento come degrado progressivo, dallaltro fondava quel metodo storico-comparativo che sar fondamentale per lo studio delle lingue romanze, ma ancora prima per la ricostruzione dellindoeuropeo. Questa troppo rigida fiducia nella regolarit dei cambiamenti fonetici da cui potevano estrarsi delle vere e proprie leggi sostanzialmente prive di eccezioni (fatta salva lazione dellanalogia ed escludendo i cultismi e i prestiti regolati da diverse leggi fonetiche) stata corretta nel tempo21. In primo luogo stata messa in dubbio l'unit di un sistema sincronico in favore della ricerca delle cause necessarie che condizionano i cambiamenti linguistici in modo permanente, senza dimenticare che nessun cambiamento linguistico inevitabile e la lingua pu sempre scegliere fra diverse soluzioni. Tra i fattori di interferenza, grande peso stato attribuito alle spinte di carattere storico, sociale e culturale. Preziose in questa direzione le acquisizioni della geografia linguistica che non solo ha mostrato, attraverso la proiezione sugli atlanti, come si realizza la sostituzione lessicale, ma ha anche definitivamente chiarito come le differenze fra le lingue siano segnate da confini linguistici graduali e come dunque sia necessario valorizzare -accanto alle grandi lingue nazionali- limportanza dei dialetti22. Pi incline a dare peso alle rotture di continuit stato lo strutturalismo della prima met del XX sec. le cui posizioni, legate in particolare alle teorie di Ferdinand de Saussure23, possono apparire talvolta anti-storiche, ma ci non dovrebbe mettere in ombra alcune acquisizioni di grande importanza: come lopposizione fra significante e significato, legati fra loro dallarbitrariet del segno linguistico; la distinzione fra diacronia e sincronia; il concetto di struttura, che implica linvito a non trattare i fenomeni fonetici isolatamente, ma a tenere conto che ogni cambiamento provoca un riassestamento del sistema complessivo. Infine la differenza fra langue e parole che verr -seppure
21

Per un quadro generale aggiornato sulla questione si veda il III capitolo del citato Manuale di linguistica e filologia romanza, di Renzi-Andreose: Il paradigma storico, pp. 85-103. 22 Sulla geografia linguistica, si veda C. Grassi, Die Sprachgeographie/La geografia linguistica, in Lexicon der Romanistichen Linguistik, a cura di G. Holtus, M. Metzeltin e C. Shmitt, t. I/1, Tbingen, Niemeyer, 2001, pp. 207-235. 23 Il Cours de lingusitique gnrale, uscito postumo nel 1916 a cura di C. Bally e A. Sechehaye, tradotto e commentato in italiano da T. De Mauro, Corso di linguistica generale, Roma, Bari, Laterza, 200016 (I ed.1967).

12 attraverso termini diversi- ripresa dalla Grammatica generativa attraverso i concetti di competenza ed esecuzione enunciati da Noam Chomsky24. Attualmente grazie soprattutto al contributo di una disciplina recente come la sociolinguistica, appare evidente che ogni comunit linguistica (dalla famiglia allo stato) presenta una variabilit pi o meno consistente determinata dalla concomitanza di diversi fattori sociali.25 Non potendo qui ripercorrere i diversi paradigmi interpretativi attraverso i quali si cercato di spiegare il cambiamento linguistico, sar bene per sottolineare come proprio e soltanto da diversi punti di vista che si pu dar ragione della variazione diatopica, cio la specificit del mutamento linguistico in rapporto allo spazio geografico.

6. Il latino volgare: etichetta operativa?


Tra 1866-68 Hugo Schuchardt condusse unaccurata analisi sulluso del vocalismo in quei testi scritti in un latino svincolato dalla rigidit della norma. Giunse alla conclusione che presentavano una serie coerente di variazioni che raccolse sotto letichetta latino volgare Vulgrlatein. Naturalmente laggettivo volgare non assume alcuna valenza di carattere sociale: lingua del volgo, ma semmai quella gi ciceroniana di lingua duso, cos nella Rhet. Ad Herennium :
Gravitatem et dignitatem et suavitatem habere in dicendo poteris, ut oratorie plane loquaris, ne nuda atque inornata inventio vulgari sermone efferatur (4, 69) (=Potrai mantenere nellesposizione sia gravit che dignit e dolcezza, affinc h pur parlando con unoratoria semplice, i concetti non vengano espressi in modo umile e disadorno in una lingua troppo usuale).

La nozione di latino volgare ha suscitato non poche perplessit e altre etichette sono state avanzate: per esempio latino tardo (Varvaro)26 o semplicemente latino (Harris e Vincent, ora Lee) 27. Qui si sceglie di conservare letichetta di latino volgare con lavvertenza di non interpretarla come contrapposizione tra un latino normativo -quasi artificioso- e una lingua unica e mutevole in diacronia, dal momento che certamente latino scritto e parlato dovettero interferire. Un altro problema centrale quello di riuscire a segnare il confine fra un latino sfigurato da numerosi volgarismi e una scrittura che non pu pi considerarsi latina, questione resa ancora pi complessa dalla veste grafica. ovvio infatti che chi sceglieva di esprimersi per iscritto in una qualsiasi variet romanza doveva necessariamente servirsi della corrispondenza fra suoni e grafie del latino. Per esempio in francese la u era palatalizzata, cio veniva pronunciata //. Poich lalfabeto latino -che constava di 23 lettere- non prevedeva nessun suono corrispondente, si mantenne la grafia u e, per non creare confusione con la vocale u, questultima verr rappresentata con il grafema ou. Unaltra tendenza quella di usare alcuni suoni con valore diacritico cio accostarli ad altri segni per cambiarne il valore. Baster ricordare un caso antico, gi documentato nei Giuramenti di Strasburgo, dove dh esprime la fricativa interdentale sonora:

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Cf. N. Chomsky e M. Halle, The Sound Patterns of English, New York 1968. Per un quadro generale, cf. G. Berruto, Fondamenti di sociolinguistica, Roma-Bari, Laterza 1995. 26 Cf. Varvaro, Linguistica romanza cit., p. 23. 27 Cf. Ch. Lee, Linguistica romanza, Roma, Carocci, 2000, p. 27.

13 Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun saluament, dist di in auant, in quant Deus sauir et podir me dunat, si saluarai eo cist meon fradre Karlo, et in adiudha et in cadhuna cosa E potremmo ricordare anche un caso pi moderno: la resa della velare davanti ad e ed i che in toscano viene rappresentata dal digramma ch. Appare comunque evidente che la grafia di una lingua risulta sempre molto pi conservativa rispetto alla pronuncia, con sfasature pi o meno forti da lingua a lingua, per questo fin dal secolo scorso sono stati elaborati degli alfabeti fonetici che rispettino il rapporto biunivoco tra suono e rappresentazione grafica.28

6. Quando si smette di parlare latino?


A questa domanda -al centro di un intenso e ancora attuale dibattito- possibile con certezza rispondere solo attraverso quei documenti che sanciscono la presa datto di una situazione come avviene nella gi ricordata XVII deliberazione del Concilio di Tours (813), consapevole espressione di una volont di riforma volta ad evitare un eccessivo scarto fra quadri ecclesiastici e popolo: quo faciulius cuncti possint intelligere quae dicuntur. Non a caso andr di pari passo con l'esortazione a "applicarsi allo studio delle lettere" (Antonelli p. 29) Come osserva Roncaglia
la tensione fra la trascendente immobilit della lingua sacra e l'immanenza della lingua pastorale giunta ad un punto di rottura E finalmente il volgare si definisce come lingua intellegibile al volgo. Ma dalla cultura latina che questa lingua cresciuta disordinatamente prende coscienza e fornisce ordine al suo empirismo disordinato. E si noti ancora che se l'impulso viene da chi accondiscende a parlare in volgare tuttavia si intravedono fermenti diversi pensiamo agli accenni delle deliberazioni conciliari contro i musici e gli istrioni.

Gli studiosi sembrano per concordi29 nelladditare nella decadenza del latino merovingico un punto di crisi estrema. Effettivamente gi in autori come Gregorio di Tours (538ca-594) si incontrano -oltre ad una fitta messe di neologismi lessicali- molte innovazioni di carattere morfologico quali: i metaplasmi di coniugazione, forme perifrastiche, un uso incerto delle desinenze e la conseguente tendenza a estendere le funzioni oblique sull'accusativo30. Non sar un caso che proprio in vari luoghi della sua Historia Francorum, Gregorio faccia riferimento al sermo rusticus o stilus rusticus per indicare un livello della lingua comprensibile agli illetterati. Dovrebbe risalire al secolo successivo il carmen scritto secondo luso volgare (iuxta rusticitatem) cui si fa riferimento nella Vita Sancti Faronis di Ildegario, vescovo di Meaux nellIle de France (seconda met del IX sec.). Ildegario ricorda che in onore del santo

Si pu far riferimento a The Principles of the International Phonetic Association , IPA, London 1958. Si veda il contributo di A. Zamboni, Dal latino tardo agli albori romanzi: dinamiche linguistiche della transizione, in Morfologie sociali e culturali in Europa fra tarda antichit e alto medioevo , Settimana di studio del Centro italiano di Studi sullalto Medioevo, XLV (3-9 aprile 1977), 2 voll. , CISAM, Spoleto 1998, II, pp. 619-698. Lo studioso, riprendendo la complessa letteratura sullargomento, conclude: Alla risposta metalinguistica e socioculturale che pone lemergere cosciente e definito di forme volgari dopo linizio del sec. IX se ne pu pertanto contrapporre una interna che stabilisce nelluniverso latino lesistenza di almeno due norme e di conseguenza stratificazioni diglottiche con un anticipo di due o tre secoli. 30 E nello pseudo Fredegario (VII sec.) accanto ad esempi di futuro perifrastico, incontriamo una notevole estensione nelluso di quod, quia per subordinate che in latino richiedevano la costruzione infinitiva.
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14 ancora vivo -quindi non oltre il terzo quarto del VII secolo- un coro di donne eseguirono un carmen iuxta rusticitatem, accompagnandolo con danze31. Va tuttavia r Per definire questo stato di lingua gli studiosi hanno proposto diverse etichette: latino circa romanum (Avalle)32; scripta latina rustica (Sabatini)33; lingua romanica (Ruggieri)34; parlato romanzo(Braccini)35, latino della parola (Meneghetti)36, che rappresentano modi diversi di interpretare il cambiamento in atto. La maggior parte degli studi convergono nellidentificare in alcune categorie di testi il terreno in cui si innesta questo latino orientato in direzione del volgare (Meneghetti, p. 55): si tratta sostanzialmente di testi documentari, storiografici, legati alla predicazione ecc.. e credo che si possano proficuamente riprendere le conclusioni di Maria Luisa Meneghetti37:
in pratica tutti i testi considerati pi compromessi in direzione del volgare rientrano, dal punto di vista funzionale, in due precise categorie: una categoria per cos dire testimoniale, legata alla necessit di tramandare un determinato testo o costrutto garantendone lesattezza anche linguistica, per ragioni di vario ordine (); e una categoria didattico-prescrittiva, dominata dalla necessit di rendere comprensibile ai destinatari un testo dotato di forte valore pragmatico ( la categoria di cui fanno parte ovviamente le omelie o le vite di santi merovinge appena citate, ma anche le raccolte di leggi e i glossari).

Nella maggior parte di questi documenti proprio laccostamento fra un latino sostanzialmente rispettoso della norma classica ed un latino ormai minato nelle sue strutture di fondo a denunciare la sopravvenuta e consapevole separazione fra due entit linguistiche diverse e non pi fra due strati della medesima lingua.

7. Attraverso quali fonti scritte possiamo studiare il latino volgare?


Se dunque lo spazio in cui si consuma il cambiamento loralit, che per definizione non lascia traccia di s, attraverso quali canali possiamo conoscere e verificare laffior are di una serie di mutazioni della norma classica? A questo fine possono segnalarsi alcuni ambiti privilegiati: 1. Gli autori latini quando usano espressioni della lingua parlata. Preziosi si rivelano gli autori arcaici, perch attivi in unet in cui la norma era meno rigida, e in particolare gli autori di teatro. Questi, indulgendo nel gusto del comico, del dialogo, della freschezza della battuta -come Plauto nelle Commedie (254 ca.-184 a. C.) e Terenzio (190-159 a. C)offrono esempi di una lingua meno sostenuta dove affiorano tendenze non entrate nella

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Il testo stato oggetto di animati dibattiti. Sulle varie ipotesi che si sono succedute intorno a questo testo, si veda Meneghetti, Le origini cit., pp. 65-67. 32 Cf. D. S. Avalle (a cura di), Latino circa romanum e rustica romana lingua , Padova, Antenore 1970 (I ed. 1964). 33 F. Sabatini, Dalla Scripta latina rustica alle scriptae romanze , in Id., Italia linguistica delle origini. Saggi editi dal 1956 al 1996, a cura di V. Coletti, R. Coluccia, N. De Blasi e L. Petrucci, Lecce, Trepuzzi, 1996, t. I, pp. 219-265. 34 R. M. Ruggieri, Romanit e romanicit, in Acta philologica della Societas Academica Dacoromanica, V (1966), pp. 117-26. 35 Cf. M. Braccini, Latino e parlato romanzo nellAlto Medioevo: perorazione per un divorzio non rinviabile , in Echi di memoria. Scritti di varia filologioa, critica e linguistica in ricordo di Giorgio Chiarini , a c. di G. Chiappini, Alinea Editrice, Firenze 1988, pp. 17-34. 36 La nozione di latino della parola mira proprio a a proporre unetichetta pi elastica che sottolinei, in primo luogo, la provenienza del costrutto implicato da una situazione originaria quandanche puramente mentale- di non compromissione con il codice della scrittura Cf. Meneghetti, Le origini cit., p. 56. 37 Cf. Meneghetti, Le origini cit., pp. 57-8.

15 norma classica. Come osserva Barbara Spaggiari38: il relativo quoius, -a, -um, che non trova cittadinanza nel latino classico, compare gi in Plauto ed alla base di varie forme romanze (log. kuyu; sp. cuyo; port. cujo): prova questa della sua esistenza ininterrotta a livello parlato. Ma anche un autore ritenuto un vero e proprio modello normativo come Marco Tullio Cicerone (106- 43 a.C.) nelle sue Epistole utilizza un linguaggio molto pi sciolto, cos nellepistola ad Attico (X, 16, I): ad te dederam litteras de pluribus rebus, cum ad me bene dall'ebraico mane Dionysius fuit (quando era venuto da me Dionisio, gli avevo dato epistole per te relative a molti argomenti)* dove possiamo osservare i costrutti preposizionali ad te, ad me in luogo del dativo e lavverbio rafforzato da bene. Naturalmente il genere epistolare (seppure anche nelle sue realizzazioni pi modeste non risulti immune da codificazioni) si rivela particolarmente interessante quando costituita da una scrittura privata, svincolata quindi dai registri alti, per esempio le circa 300 lettere provenienti dallEgitto scritte per lo pi da militari su papiri e tavolette cerate. Grande interesse rivestono anche autori che parodizzano il latino scritto, come Petronio (+ 65 d.C) in un celebre episodio del Satyricon: la Coena Trimalchionis, dove mette in bocca ad alcuni dei suoi personaggi e soprattutto a Trimalchione esponente di quei liberti arricchiti che venivano dallo spazio greco, espressioni di carattere popolare e plebeo. 2. Gli autori di trattati tecnici: di agricoltura e allevamento, a partire dal pi antico: Marco Porcio Catone (234-149 a. C), per proseguire con Columella (I sec. d.C) e Palladio (IV sec. d.C.); i trattati di veterinaria come la Mulomedicina Chironis (IV sec. d.C.); i libri di cucina, come quello di Apicio. 3. Una fonte preziosa costituita dagli autori cristiani proprio per lo sforzo di intelligibilit che guida la scrittura. Questa scelta verso un linguaggio facilmente comprensibile affiora gi nella pi antica traduzione della Bibbia: la Vetus latina (II d. C) e verr ripresa nella Vulgata di San Girolamo. merito della scuola di Nimega avere sostenuto gi alla fine del XIX sec. che il latino cristiano andava ritenuta una Sondersprache, una lingua speciale, ricca di grecismi, semitismi, volgarismi. Come stato osservato relativamente ad un luogo del Vangelo di Luca, 4, 4: scriptum est quia non in solo pane uiuit homo Esso contiene un grecismo volgare, la dichiarativa con quia invece dellinfinitiva, calco di (bench preparato da alcuni sintagmi latini del tipo doleo quod) e antecedente del nostro che; e un semitismo , la preposizione in con valore strumentale (di solo pane) 39. 4. I grammatici latini specialmente quando segnalano errori pi comuni sia nella morfologia che nella pronuncia. In questa direzione, una particolare importanza rivela lAppendix Probi (probabilmente scritta a Roma fra III-IV sec. d. C.) 40 conservata nel ms.Vindob. 17 di Vienna, in appendice ad una grammatica di Probo, che contiene nella III parte un elenco di 227 parole volgari da evitare: es. auris non oricla; Calida non calda; viridis, non virdis; vinea non vinia; vetulus non veclus. E proprio quei volgarismi rivelano tratti che si affermeranno nelle lingue romanze quali luso dei diminutivi, la monottongazione di au in o; la sincope della postonica, la tendenza della e in iato a trasformarsi in semivocale.

Cf. B. Spaggiari, Il latino volgare, in Lo spazio letterario del Medioevo. Il Medioevo latino, I. La produzione del testo, Roma, Salerno editrice, t. I, pp. 81-119, p. 83, n. 9.
39 40

38

Cf. Traina-Bernardi Perini, Propedeutica cit., p. 7, n. 5. Ma secondo altri, come Renzi-Andreose, Manuale di linguistica cit., p.173 , il testo andrebbe collocato nel VVI sec.

16 Di grande interesse anche un glossario conservato in un codice databile al IX sec. e proveniente dallabbazia di Reichenau dove la voce latina viene affiancata da quella volgare. 5. I lessicografi : particolarmente interessante Isidoro, vescovo di Siviglia (570 ca.636), autore di 20 libri di Etimologie, vera e propria summa dello scibile del tempo, soprattutto dove spiega alcuni volgarismi. Cos (Etim., XVII, 7-9) Mella, quam Greci loton appellant, quae vulgo propter formam et colorem fabam syricam dicitur. 6. Le iscrizioni soprattutto quelle di carattere privato, dove per ignoranza degli scalpellini troviamo tracce di volgarismi assenti nelle epigrafi ufficiali e che a differenza di queste rimangono nel luogo dove furono scritte consentendoci anche una localizzazione linguistica. Tra le pi note ricordiamo quelle pompeiane di cui possediamo un sicuro terminus ante quem nel 79 d. C. (data eruzione Vesuvio) e che sono state protette dallingiuria del tempo proprio dalla cenere. Ecco per esempio liscrizione che si legge allinterno di una pittura41:
Quisquis ama valia, peria qui nosci amare Bis tanti peria, quisquis amare vota.

(= Viva chi ama, muoia chi non sa amare. Due volte muoia chi impedisce di amare) dove si pu osservare la scomparsa della dentale finale t nella III persona verbale (valia, peria invece valeat, pereat); lesito di j da atona in iato; nosci(= non scit) invece di nescit. Molto interessanti, infine, sono alcune formule magiche impresse su lamine di piombo, le cosiddette defixionum tabellae (II o III sec. d. C.)usate per difendersi dal malocchio e provenienti per la gran parte dallAfrica. 7. Grammatica comparata e lessico delle lingue romanze Quando gli esiti romanzi convergono possibile postulare lesistenza di una forma non documentata in latino. Le forme ricostruite solo su base comparativa si scrivono precedute da un asterisco: es: *potre> (diverso dal lat. class. posse) it. potere; fr. pouvoir; sp. por. poder *quaglare > fr. coillier; it coagulare *pram (e non prum): it. cat. sp. port. pera; fr. poire Addirittura nel fondamentale dizionario di Meyer-Lbke il Romanisches etymologisches Wrterbuch (1911-20) il 10% delle forme sono contrassegnate da asterisco, anche se quasi un secolo di ricerche linguistiche ha ovviamente alterato queste percentuali e molte forme sono oggi riccamente documentate. 9. Gli errori dei copisti Infine alcune informazioni possono ricavarsi anche dalle grafie dei manoscritti attraverso gli sbagli dei copisti, anche se si tratta per lo pi di documentazione posteriore allet carolina, assai rari sono infatti i codici conservati anteriore a questa data.

41

Per liscrizione, sovente citata, cf. V. Vnnen, Introduzione al latino volgare [1963], Bologna, Ptron 19803, p. 69 fr.

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PARTE II

0. Premessa Come si diceva, il confronto fra le lingue romanze rivela non solo la dipendenza genetica da una medesima lingua madre, ma anche una folta messe di tendenze (fonetiche, morfologiche, sintattiche, lessicali) comuni che non vengono cancellate dalle innovazioni particolari che si realizzano nelle diverse lingue romanze. Tuttavia proprio per sfuggire al rischio -lucidamente messo in rilievo da Alberto Varvaro- di dare limpressione che questo latino volgare sia una forma diversa di latino, in cui si ritrovano in un solo sistema pancronico tutte le scorrettezze di luoghi, tempi ed autori diversi e che le lingue romanze in quanto ne riflettono in qualche modo almeno una parte delle deviazioni dalla norma, finiscono per essere considerate discendenti esclusivamente dal latino volgare42, sar bene premettere che i cambiamenti rispetto alla norma latina qui riportati, andranno letti come tendenze che si realizzano non contemporaneamente nellinsieme della Romnia.

1. Fonetica

Minima premessa glottologia ...43 L'emissione di un suono linguistico si realizza quando l'aria emessa dai polmoni incontra gli ostacoli costituiti dagli organi fonatori disposti in punti diversi della bocca. Gli organi fissi coinvolti nella fonazione sono: i denti gli alveoli (cavit della mascella e della mandibola contenente la radice del dente) il palato gli organi mobili: le labbra il velo palatino la faringe Sar anche opportuno percepire la differenza fra suoni sordi e sonori: nella pronuncia dei suoni sordi, infatti, la glottide -cio lo spazio fra le corde vocali- aperta e passa pi aria, dunque il suono emesso risulta molto pi energico, mentre nellemissione dei suoni sonori la glottide chiusa e vibrano le corde vocali. Per il resto apparir immediatamente chiaro che nellarticolazione di /t/ o /d/ risultano coinvolti i medesimi organi fonatori.

Classificazione dei suoni


Tutti i suoni linguistici rientrano in due classi principali 1. la classe delle vocali44: quando l'aria emessa dai polmoni non incontra nessun'ostacolo da parte degli organi fonatori. Le differenti caratteristiche delle vocali sono determinate dalla forma assunta dalla cavit orale (posizione della lingua e forma delle labbra); 2. la classe delle consonanti: quando l'aria emessa dai polmoni incontra diversi ostacoli da parte degli organi fonatori.
42 43

Cf. Varvaro, Linguistica romanza cit., p. 203. Per un buon manuale di riferimento, si veda L. Canepari, Introduzione alla fonetica, Torino, Einaudi, 1979 (III ed). 44 Canepari, Introduzione alla fonetica cit., p. 22, preferisce l'uso di vocoidi e contoidi.

18 I suoni vengono classificati secondo il modo di articolazione (cio il modo in cui bloccano del tutto o solo in parte la fuoriuscita dell'aria) e il luogo di articolazione. Per il modo di articolazione distingueremo fra suoni OCCLUSIVI: cos detti perch bloccano completamente l'aria accostando due parti degli organi fonatori. FRICATIVI: poich non bloccano l'aria completamente, essa nel fuoriuscire emette una sorta di frizione. AFFRICATI: sono quei suoni dove l'aria prima bloccata viene poi liberata: da un'occlusione si passa ad una frizione. Essi quindi pur percepiti come suoni unitari (pensiamo a zia) sono in realt suoni composti come dimostra l'ascolto alla rovescia d'enunciati che li contengono incisi su nastro magnetico...45 (), per cui [tsia] diventa ]aist]. Infine distingueremo le consonanti NASALI -realizzate attraverso il passaggio dell'aria soltanto dal naso-, le LATERALI -articolate col sollevamento della lingua e la conseguente occlusione del canale orale, con emissione dellaria ai suoi lati- e le VIBRANTI suoni alla cui produzione concorre un organo che vibra-. Per il luogo: cio quei punti dellapparato fonatorio in cui gli organi vengono in contatto, aumentando cos le possibilit di articolare suoni diversi: labbra, denti, alveoli ecc Si riporta in appendice la tabella secondo l'IPA _______________________ VOCALISMO Ora (Renzi p, 91) il punto di partenza dei cosiddetti Neogrammatici verso la fine dell'800 il metodo STORICO-Comparativo. Si parte dalla comparazione dell'esito delle lingue romanze e si risale a ritroso verso la lingua madre. Il cuore del metodo l'idea che in una lingua gli stessi esiti si trasformano nello stesso modo in tutte le parole. Ovvero esiste una regolarit nei cambiamenti fonetici come c' nei fenomeni naturali, dunque la ricerca linguistica ha carattere scientifico. Si arriva alla formulazione di leggi fonetiche pur corrette da eccezioni per es quei casi in cui l'evoluzione vocalica condizionata dal contesto fonetico (renzi, p. 92) : a. ANAFONESI cio e davanti a gruppi palatali consonantici si chiudono in I Meraviliam Familiam Tinea b. caso del francese dove A tonica latina diventa E, es marem> mer. Ma ci sono possibili esiti diversi, 1. Se in sillaba chiusa resta A 2.se a preceduta da pal. dittonga in IE CANEM> CHIEN, caput> chief 3. se seguita da nasale> AI riprodotto ancora nella grafia moderna dove per il suono monottongato MANUM> main FAMEM> faim c. ANALOGIA che consiste nell'attrazione che una forma subisce da parte di un'altra . Si considerino i dativi italiani CUI/ LUI, solo cui direttamente derivato dal latino mentre ILLUI forma ricostruita su analogia, in lationo sarebbe stato ILLI d. I CULTISMI Si tratta di forme non trasmesse per via popolare ma ripescate per via colta, es OCULARE/ occhio ; veglia vigilia; teglia tegola Cbum> cibo discum> disco/ desco I cultismi in genere pronunciati aperti perch le vocali aperte sono le pi numerose

45

Cf. Canepari, Introduzione alla fonetica cit., p. 42.

19 E. PRESTITI che possono essere fonte di irregolarit, es GIOIA <gaudium un francesismo Tra i cambiamenti di maggiore rilievo che si sono realizzati sul piano fonetico andr ricordato il collasso del sistema quantitativo: il latino conosceva infatti la distinzione tra vocali lunghe e brevi con valore distintivo: VNIT = egli venne; VNIT= egli viene. La distinzione fra lunghe e brevi coinvolgeva anche le consonanti, ma mentre queste erano rappresentate dalla grafia (per es. -Renzi, p. 193- immo= anzi e imus = il pi basso) le vocali normalmente non presentavano distinzioni S= bocca S= osso erano scritti come OS. Naturalmente -anche se scarsamente percepibile- anche l'italiano presenta delle distinzioni di lunghezza vocalica, ma sono dipendenti dalla posizione: PANE (a: lunga e /n/ breve) PANNE (/a/ breve e n: lunga). Per altro da questo si capisce che in italiano la lunghezza consonantica un tratto distintivo, cosa che non avviene in nessun'altra lingua romanza. Alla luce delle iscrizioni pompeiane possibile affermare che gi nel I sec. d. C. "il sistema fonologico del latino volgare si era semplificato: l'opposizione fra vocali lunghe e brevi non era pi distintiva, ma era diventata predicibile in base al contesto sillabico. Si raggiunta (...) la complementariet di vocale e consonante: se la consonante lunga, la vocale breve e viceversa"(Renzi, p. 195). Cane lunga, canne breve. "Si raggiunta quella che si pu chiamare la complementarit di vocale e consonante: se la consonante lunga, la vocale breve e viceversa" Secondo Roncaglia46 lipotesi pi probabile per spiegare il collasso della quantit (che rappresenta comunque una tendenza pan-indoeuropea) supporre la concomitanza di un processo interno: il prevalere dell'intensit espiratoria sull'accento melodico, e di cause esterne: parlanti che non sono pi in grado di distinguere le lunghe dalle brevi. In questo senso si tratterebbe di un fenomeno che trova la sua spinta propulsiva dalla periferia del mondo greco-romano. Come osserva S. Agostino:
cur pietatis doctorem pigeat, imperitis loquentem, ossum potius quam os di cere, ne ista syllaba non ab eo quod sunt ossa, sed ab eo quod sunt ora, intellegatur, ubi afrae aures de correptione vocalium vel productione non iudicant? (De doctrina christiana IV , x, 24) (Ma allora perch il maestro di piet, parlando a gente inesperta, dovrebbe aver ritegno a dire ssum piuttosto che os, per far capire che os va collegato con ossa e non con ora (bocca), dato che le orecchie degli africani non percepiscono la lunghezza e la brevit delle vocali? ).

Come si vede la perdita della distinzione quantitativa costringe il sistema ad una profonda riorganizzazione che solo in una parte della Romania (parte dell'Italia meridionale e Sardegna, la cosiddetta zona Lausberg 1939) fornisce un esito semplificato e defonologizzato, altrove le vocali lunghe cominciano ad essere pronunciate come chiuse e quelle brevi come aperte, secondo un processo di riduzione che vede le 10 vocali toniche latine passare alle 7 del latino volgare. Sul perch di questo passaggio possibile rispondere con Renzi p. 195 "Per loro natura, le vocali lunghe (e tese cio ottenute con un maggior sforzo muscolare) tendono ad innalzarsi e quindi a chiudersi, e viceversa quelle brevi (e rilassate cio ottenute con un minor sforzo) ad abbassarsi e dunque ad essere aperte". Si pensi all'inglese sheep pecora e fish pesce.

a
A

46

Cf. Au. Roncaglia, Leffondrement de la quantit phonologique latine , in Romanobarbarica, 6 (1981-1982), pp. 291-310.

20 Da questo schema si deve partire per spiegare poi i successivi cambiamenti sopravvenuti nelle lingue romanze. Per esempio nel siciliano E viene a coincidere con I e O con U. Esempi: FLUM > it. filo; fr., pr. fil;
VNUM VTAM> vita, sp. prov. vida, fr vie AMCAM> amica, sp. prov amiga, fr MLLEM> fr. mil PILUM> it. pelo; fr. pr. Pel SITEM MINUS CRUM> it. cero RTEM CANDLAM VLAM> it sp. prov vela, fr. veile DNTEM FRRUM> it. ferro; fr. pr. fer MDICUM PTRAM FCUM > it. SOLA> it sp. CRDAM PRTUM

amie

foco (>fuoco) ; fr. feu; pr. foc (talvolta anche fuec) prov sola, fr. soule, seule

SLEM> it. sole OCTOBREM GLAM > BCCAM MRUM> LUCEM

it. pr. gola; fr. goule;

it. muro; fr. pr. mur

Per comprendere le conseguenze provocate dal collasso della quantit, sar necessario preliminarmente ricordare le norme che regolano laccento latino, che possono riassumersi in tre punti fondamentali: a. nelle parole bisillabe laccento cade sulla prima, quindi non si hanno parole tronche: c-nem; b. nelle parole di tre o pi sillabe laccento cade sulla penultima se questa lunga: monre, sulla terzultima se breve: spere; c. laccento in una parola di tre o pi sillabe non pu cadere oltre la terzultima qualunque sia la quantit: ad-h-be-o. Tuttavia laccento determinato non solo dalla quantit della vocale, ma anche dalla posizione, per esempio: una vocale breve seguita da due o pi consonanti era considerata lunga per posizione, perci se penultima portava laccento. Con la perdita della distinzione quantitativa queste regole non hanno pi ragione di esistere (infatti la legge della penultima venuta a perdere il fondamento su cui poggiava)

21 e l'accento conserva -salvo eccezioni- la posizione che portava in latino assumendo un valore pertinente e distintivo termini come ncora< ancram e ancra < hanc hram si oppongono per la posizione dell'accento. (vedi anche trdito / tradto) "Con ci l'accento cessa di essere accessorio (...) e si ha una fonologizzazione dell'accento" (Renzi p. 194) cio assume valore distintivo. Tuttavia gi al tempo di Augusto si erano verificate delle eccezioni: 1. Se una vocale breve precedeva una consonate occlusiva + r (muta cum liquida) non era considerata lunga per posizione e dunque laccento tendeva a ritrarsi: NTGRUM> intro (ntegro un cultismo). Possiamo rappresentare le vocali del latino volgare anche secondo uno schema definito triangolo vocalico nel quale vengono rappresentate agli estremi le vocali pi alte: i e u e al vertice la vocale centrale a: anteriori o palatali posteriori o velari i u e o e o a centrale

Una vocale si dice in sillaba libera o aperta quando posta alla fine della sillaba stessa, implicata o chiusa quando la sillaba termina per consonante: es: ca-ne/ cam-po. MONOTTONGHI e DITTONGHI La tendenza alla riduzione di oe> > e era gi attiva nel latino classico e dunque coinvolge le parole che ancora presentavano il dittongo: es. POENA> it. sp. port. cat. prov.: pena ; fr. peine. Molto precoce dovette essere anche la riduzione di ae > > es laetus> leto> lieto. se vogliamo prestar fede al sarcasmo di Lucilio nei confronti di un pretore urbano del II sec. a. C.: Caecilius, che proprio giocando sul doppio senso di urbanus (riferito a pretore e cittadino) lo chiama Cecilius e non Caecilius e lo accusa di non essere un pretor urbanus bens rusticus! Si trova inoltre documentato nei graffiti pompeiani (I sec. d.C.) sotto forma di ipercorrettismo (=correzione erronea di una forma o pronuncia esatta, ritenuta scorretta per apparente analogia con altre forme relativamente scorrette): AEGISSE = avere fatto per EGISSE; e dovette certamente precedere il grande fenomeno della palatalizzazione. La monottongazione di au > -che solo alcune lingue romanze conoscono- doveva essere una tendenza del latino rustico come ci documentano i cosiddetti allotropi (= forme che provengono dalla medesima base etimologica, ma presentano esiti fonologici diversi) : es. Claudius / Cldius; caupo = oste / cpa = ostessa e si riflette in alcuni esiti romanzi quali CAUDAM> it. coda; pr. coa; fr. queue, FAUCEM > foce ma dovette presto esaurirsi per fare posto ad una monottongazione di au> alla quale partecipano solo alcune lingue romanze (per esempio non il prov, il port e il rumeno): Questa monottongazione dovette realizzarsi in et romanza abbastanza avanzata, certo posteriore alla dittongazione di < dal momento che < au non ha seguito identica sorte47.
47

Cf. Au Roncaglia, La lingua dol, Roma, Edizioni dellAteneo, 1971, p. 87.

22 es. AURUM> oro; fr. cat or; port ouro; prov rom aur. Pi in generale si pu osservare che le vocali toniche aperte sono state soggette al cosiddetto dittongamento spontaneo, ma secondo criteri diversi da una lingua allaltra. Cos, per esempio in italiano dittongano solo le vocali aperte in sillaba libera MLEM>miele; in francese anche le vocali chiuse in sillaba aperta danno vita a dittonghi discendenti: TLAM> teil> toil in spagnolo anche le vocali aperte in sillaba implicata: FRRUM> hierro VOCALISMO ATONO Diversamente dalle vocali toniche le atone si riducono a 5 vocali perch fuori daccento tutte le vocali sono chiuse. Inoltre nel latino volgare si assiste spesso alla sincope della postonica (vale a dire della vocale che segue la tonica) soprattutto in parole proparossitone (o sdrucciole, cio accentate sulla terzultima). I graffiti pompeiani recano masclus per masculus (MASCULUS: it maschio; fr. masle>mle; sp. port macho); subla per SUBLA (= scalpello), ma gi nel latino della Lex Agraria (111 a. C.) troviamo la tendenza alla sincope in particolare fra una liquida e unocclusiva o fra due nasali, es. domneis per dominis e Quintiliano ci racconta che Augusto riteneva la pronuncia non sincopata calidus (e non caldus) come una pedanteria. Gi in Orazio troviamo soldus per soldus Solido era il nome di una moneta d'oro emessa dagli antichi romani (it SOLDO; fr. SOL> sou; sp. SUELDO; pg SOLDO) Per altro queste forme sincopate sono gi registrate nell'Appendix Probi AURIS non ORICLA (orecchia; oreille, sp. Oreja; port. orelha Tuttavia la sincope della vocale atona dovette realizzarsi in tempi diversi, come suggerisce il triplice esito di FABLA> fola/ favola/ fiaba (con metatesi cio alterazione dell'ordine originario dei suoni: fabula>fabla>*flaba>fiaba) e il doppio esito di TEGULA> tegola/teglia, e probabilmente dovettero convivere a lungo due diverse tendenze. Se allarghiamo lo sguardo allinsieme della Rmania, vedremo che gli esiti della sincope si presentano nelle diverse lingue romanze secondo modalit differenti: la forte tendenza alla sincope dell area gallo-romanza si contrappone a quella meno estesa dellarea iberica e quella assai scarsa dell italiano e del rumeno. Mirabiliam> meraviglia, prov. Meravelha, fr. merveille VOCALI IN IATO "Nel latino volgare si assiste ad un processo di semplificazione della struttura sillabica volto ad eliminare gli iati cio l'incontro di due vocali contigue formati da i e brevi +vocale": djurnum> di-ur-num> diur/ num. Infatti nello iato due suoni sono giustapposti senza un elemento disgiuntivo (la consonante) con conseguente difficolt articolatoria che pu essere risolta in vario modo. Cos da forme come ho-di-e si passati -gi in et imperiale ad una nuova ricomposizione e divisione sillabica: HO-DIE con l'evoluzione di a semivocale cio un suono intermedio fra vocale e consonante palatale j (altrimenti detta JOD), ter-tj-um> TER-TIUM. La semiconsonante jod era pronunciata come /i/ (iole), ma gi in epoca imperiale tende a confondersi con d e seguendo le sorti del nesso dj: es. ICUM> it. gioco; fr. jeu; pg. jogo; sp. Juego, rom. joc e pg jogo. Fanno eccezione l'italiano centro meridionale e il sardo nuorese dove la iod si conserva. Prove della consonantizzazione di jod si hanno, per esempio, nelle iscrizioni, dove troviamo forme come zanuario per ianuario.Altri esempi:

23 IUNGERE> giungere IAM> gi Si determina uno spostamento di accento dal momento che l'accento non pu cadere su una semivocale. Parallela la tendenza di a chiudersi in I, es vinea> viniam; lanceam> lancia, palam> paliam > paglia. Nell'Appendix Probi molte sono le indicazioni in questo senso CAVEA non CAVIA, CALCEUS non CALCIUS. Ci spiega perch nel latino imperiale si assista ad una serie di ricomposizioni, in particolare: a. nelle parole latine nelle quali la penultima usciva in o in ed era in iato laccento invece di cadere sulla terzultima come previsto dalle regole latine tendeva a spostarsi perch la e e la i seguite da vocali atone sono semivocali: FILOLUM> fililum> figliolo MLEREM>mlirem> mogliera. b. Nelle parole latine nelle quali la penultima usciva in u ed essendo in iato si trasformava in semivocale, laccento tendeva invece a ritrarsi: es. BATTRE>bttuere, con successivo assorbimento della u in iato (incontro di due vocali che non formano dittongo): > it. battere; fr. batre. Il latino infatti non conosceva la consonante FRICATIVA LABIODENTALE SORDA esempio da Dante Purg. XII, 25 ss Dopo la velata profezia di Odoriso, Dante vede scolpito sul pavimento della prima cornice, numerosi esempi di superbia punita. Dante come un perfetta enigmista scrive le prime quattro terzine facendole iniziare con la lettera V, le secondo con la lettera O, le terze con la lettera M, ad indicare lacrostico VOM: l uomo e la sua superbia. Nella grafia antica V e u minuscola indicavano sia la semivocale che la vocale. La distinzione grafica si realizzer solo nel 1500. E tuttavia gi all'altezza del I sec d.C abbiamo grafie che ci indicano un mutamento di suono, probabilmente vicino a quello di una fricativa bilabiale sonora. Spagnolo saber. Questo suono poi passato ad una fricativa labiodentale V. Lavare> laare > lavare, in spagnolo questo suono se intervocalico fricativa bilabiale, se invece all'inizio di parola passa a B anche se la grafia rimane V es VINUM> vino (pron BINO) CONSONANTISMO Passiamo ora alle consonanti, che organizzeremo in uno schema complessivo che dia conto da un lato del luogo in cui un determinato suono viene articolato e dall'altro del modo Occlusiva : une consonante una consonante articolata bloccando completamente la fuoriuscita dellaria a livello della bocca, della faringe e della glottide, poi improvvisamente rilasciata Fricative Il fono viene prodotto mediante un restringimento tra alcuni organi nella cavit orale, che si avvicinano senza tuttavia chiudersi completamente come nelle occlusive: l'aria continua a fuoriuscire, passando attraverso la stretta fessura formatasi e provocando in tal modo un rumore di frizione. Si noti che una consonante fricativa, per sua stessa natura, una consonante continua, nel senso che pu essere prolungabile a piacere, a differenza per esempio delle consonanti occlusive.

24

Affricate Nella fonetica articolatoria, una consonante affricata (o pi semplicemente affricata) una consonante, classificata secondo il suo modo di articolazione, prodotta in due fasi successive: una fase occlusiva e una fase fricativa. Le consonanti affricate sono note anche con il nome (pi trasparente) di occlu-costrittive. - Laspirata H gi al tempo di Cicerone era pronunciata soltanto nelle parole di origine greca, dando vita ad una serie di ipercorrettismi, cio di aspirazioni fuori luogo, come ci dice Nigidio Figulo (I sec. a. C)48 ( rusticus fit sermo, si adspires perpram). La scomparsa dell-h fra due vocali dovette essersi realizzata gi in epoca arcaica, infatti non impedisce la contrazione: es. ne homo> ne hemo> nemo (non un uomo nessuno) e per Quintiliano la pronununcia deprendere per deprehendere rappresenta una normale abbreviazione non diversa da vitasse per vitavisse. In seguito dovette perdersi in posizione iniziale e a partire dal III secolo sono frequenti casi di iscrizioni senza h o con h usata a sproposito: es abeo, hossa... Come scrive Agostino nelle Confessioni(I, 18):
ut qui illa sonorum vetera placita teneat aut doceat, si contra disciplinam grammaticam sine adspiratione primae syllabae hominem dixerit, displiceat magis hominibus quam si contra tua praecepta hominem oderit, cum sit homo. (= e chi ha studiato o insegna quelle antiche norme dei suoni, se, contrariamente alle regole della grammatica, abbia pronunziato la parola homo senza laspirazione della prima sillaba, urta di pi gli uomini che non odiando, contro la tua legge, un uomo, uomo egli stesso).

Sar la tradizione scolastica medievale che reintegrer laspirazione dando vita a una pronuncia quale miki invece di mihi che ha lasciato traccia in alcuni termini dotti quali annichilire, nichilismo. -Le velari C e K venivano pronunciate esattamente nello stesso modo, al punto che il k usato preferibilmente prima di A, era gi ritenuta da Quintiliano (I sec. d. C.) una consonante inutile. Tuttavia a partire dal III sec. documentato lintacco della velare sebbene questa palatalizzazione si realizz in tempi diversi nei vari territori dellImpero, cos alla fine del IV secolo San Girolamo -oriundo della Dalmazia e discepolo di Elio Donato- doveva conoscere il suono velare di K di fronte a vocale palatale, visto che ritiene il k un doppione della c, mentre la paronomasia (=figura retorica che consiste nellavvicinare parole di suono uguale o simile, ma semanticamente differenti per suggerire unaffinit di senso) usata dal contemporaneo Ausonio (nato a Burdigala, attuale Bordeaux) fra salo, solo, caelo sembra suggerire non solo un suono palatale di c, ma addirittura unavvenuta assibilazione, come nel francese ciel (pronuncia siel). Att Dire meglio Dovette realizzarsi in pi ondate successive, di cui la pi antica - attestata dal II sec. d. C.- si realizza di fronte a iod proveniente da vocale palatale in iato, ed fenomeno panromanzo: es. conscientia> consientia come si ritrova nelle iscrizioni e si ricava dai grammatici del IV secolo: iustitia cum scribitur, tertia syllaba sic sonat, quasi constet ex tribus litteris t, z et i (Papirio, ap. Keil, Gramm. Lat. VII, 216). Anche Servio ci documenta il fenomeno: Media: di sine sibilo proferenda est : Graecum enim nomen est, et Media provincia est (In Verg, Georg., II, 126 Thilo). Qualche esempio: Dopo il III sec. lintacco palatale delle consonanti occlusive dentali e velari di fronte a vocali palatali dovette diffondersi in gran parte della Romnia (ad eccezione della Romnia orientale) e si ritrover in tutte le parlate romanze (anche se non con i medesimi risultati, si pensi allitaliano cielo dove il suono corrisponde ad unaffricata palatale sorda e al franc. ciel dove il medesimo grafema corrisponde ad una fricativa palatale sorda = siel) fatta eccezione per il sardo e il dalmatico che conoscono la palatalizzazione solo davanti ad i.

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Cf. Aulo Gellio, XIII, 6, 3.

25 In particolare le consonanti che presentano modificazioni importanti sia in inizio di parola sia all'interno sono le occlusive velari che davanti a vocale palatale si trasformano in affricate: es. Kervum> cervo fr cerf pronuncia zerf serf civitatem> citt sit gelum> gelo gallum> gallo fr jal (pronuncia fino al XIII sec gial poi jal) "In questo caso possiamo parlare dell'acquisizione di una nuova opposizione distintiva detta FONOLOGIZZAZIONE. Per es. (p. 155) in italiano come in quasi tutte le variet romanze a differenza del sardo e del dalmatico si assiste alla palatalizzazione di K G davanti a vocale palatale, forse con fase intermedia di occlusiva prepalatale ancora presente in friulano. Assai meno estesi sono i territori coinvolti nella palatalizzazione delle velari davanti ad a, limitata a talune zone alpine e a gran parte del dominio gallo-romanzo eccezion fatta per una parte a nord (Normandia e Piccardia) e una a sud (Guascogna, Guyenne, Languedoc, Bassa Provenza). Es. GAUDIUM CAVALLUM CAPUT Per la labiovelare -qu la tendenza gi in epoca classica alleliminazione dellappendice labiale davanti alla vocale u chiaramente documentata da un luogo di Velio Longo: Si fa questione se equus si debba scrivere con una u o con due () allorecchio bastava che si scrivesse con una sola u, ma lanalogia ne richiede due. E anche nellAppendix Probi si raccomanda: equus non ecus. Ma pi in generale le grafie delle iscrizioni documentano largamente la tendenza alla caduta di u di fronte a vocali diverse da a: conda invece di quondam; cis per quis; e ipercorrettismi quali quiesquit per quiescit. Esempi: quid> che/ que Laqueus> laccio quaerere Quadrum> quadro/ carr Qualem> quale, ma il rumeno care postula una base analogica *calem Parallelamente si assiste alla palatalizzazione e alla spirantizzazione di dj e tj . Durante il II e III secolo la semivocale jod venne ad intaccare locclusiva dentale t che assunse il medesimo valore di cj e pronunciata come una fricativa sorda /ts/. Da qui la pronuncia ecclesiastica e postclassica di tj come fricativa dentale sorda /ts/ es. PLATA> piazza, fr. place; sp. haz, port. face; rom. fa; e di /dj/ in /dz/ , evoluzione identica a quella di /j/: es. hodie> oggi. diurnum> giorno V equivaleva alla semivocale u, poich era espressa da un medesimo segno. E la grafia manterr a lungo questo doppio valore, si pensi a UOM dantesco LENIZIONE INTERVOCALICA In posizione intervocalica, le consonanti possono essere soggette ad un processo di lenizione: le consonanti doppie tendono a scempiarsi e le consonanti semplici intervocaliche ad indebolirsi di uno o pi gradi a seconda delle varie lingue. Lenizione significa 'ammorbidimento' o 'indebolimento' (dal lat lenis, come nella radice di 'lenire'), e si riferisce al cambio da una consonante considerata dura ad una considerata morbida (fortis lenis). Il criterio per decidere se una consonante di un tipo o dell'altro

26 variabile, ma in generale, la scala la seguente: consonanti sorde (/p t k/) consonanti sonore (/b d g/) fricative sonore (/v D G/). La lenizione diacronica si trova, ad esempio, nel passaggio dal latino allo spagnolo, dove le consonanti intervocaliche sorde a met parola (/p t k/) vengono cambiate nelle loro controparti sonore (vita vida, caput cabo, caecus ciego). v Si tratta di un fenomeno in cui il francese spinge molto pi avanti linnovazione (da sorde a sonore, da occlusive a fricative, giungendo talvolta fino al dileguo), mentre litaliano, per esempio, si presenta pi conservativo. Fata Vita caballus esempio, i dialetti gallo-italici attestano una sistematica lenizione, o sonorizzazione, delle consonanti sorde in posizione intervocalica, mentre l'italiano standard, derivato dal toscano (specialmente fiorentino) che territorialmente si trova al di sotto dell'isoglossa La Spezia-Rimini, non presenta che eccezionalmente il fenomeno (la parola luogo, da lat. locus, uno dei pochi esempi). La stessa assenza riscontrata nei dialetti italiani meridionali. Ebbene, la lenizione intervocalica un fenomeno riscontrabile in tutte le lingue attuali che hanno come sostrato una lingua celtica, cio in tutta la cosiddetta Romania (pron. Romnia) occidentale, che comprende, per indicare soltanto le lingue maggiori, lo spagnolo, il portoghese, il francese e, appunto, i dialetti gallo-italici del nordItalia. Molti studiosi attribuiscono pertanto la lenizione dei dialetti gallo-italici proprio al sostrato gallico. Certamente antica -e documentata gi dal I sec. d. C. attraverso le frequenti confusioni fra b e v/ nelle iscrizioni- la spirantizzazione dellocclusiva labiale sonora b che, in posizione intervocalica, veniva ad assumere un valore simile a quello della fricativa bilabiale //. Levoluzione ulteriore a fricativa labiodentale v si realizza in gran parte delle lingue romanze: es. CABALLUM> fr. cheval ; it. cavallo; pg. cavalo. In rumeno giunge al dileguo: cal mentre in spagnolo e catalano mantiene il valore della fricativa bilabiale //: sp. caballo. I casi di mantenimento di di b sono cultismi NOBILEM o forme tarde ROBERTUM Qualche esempio da Varvaro: -PP- cuppam> coppa/ fr. coupe/ sp. Copa -ripa/ rive/ribe sapere/saveir /sabere cavallo/ cheval/ caballo, pg. cavalo, rom. cal vaccam/ vache/ vaca vitam/vie/vida LACUM AMICUM STRATAM
CONSONANTI CHE SI TROVANO IN FINALE ASSOLUTA.

27 La sparizione di m finale documentata fin dallepoca pi arcaica, come si evince dalle iscrizioni e dalla metrica latina dove elisa dinanzi a vocale. Inoltre concordemente i grammatici: Quintiliano, Velio Longo, Pisciano, ci informano sul fenomeno di m caduca49. "La m serviva ad indicare con la vocale precedente gran parte degli accusativi singolari: fabulam ed alcune terminazioni verbali della I pers sing. Audiam futuro del vb audire." Anche per -s possibile documentare -fin dallepoca arcaica- una tendenza allinstabilit (alla quale seguir in epoca classica una reazione), per esempio lesametro di Ennio (Ann. 377): Nos sums Romani qui fimus ante Rudini per rispettare la scansione metrica prevede che non si tenga conto della s di sums50. Le iscrizioni, inoltre, ci documentano una debolezza della s al nominativo singolare (amicus). Questa s -che dunque svolgeva una importante funzione di marcare il soggettoscomparir completamente in Italiano e Rumeno per sopravvivere invece, pi a lungo, nella Romnia occidentale, vale a dire nelle lingue gallo-romanze e in quelle iberiche (portoghese, catalano, sardo). _____________________________

2. Morfologia
0. Premessa: La morfolgia quella parte della grammatica che studia il modo in cui i morfi cio elementi dotati di significato si combinano fra di loro per formare i lessemi e le parole della lingua. Il morfo dunque l'unit minima di espressione della parola: es. PAROL morfo lessicale (significato principale della parola) A morfo che contiene il valore grammaticale quindi il singolare e il femminile. Il latino era una lingua sintetica nel senso che gran parte delle funzioni sintattiche erano indicate attraverso i casi (che servivano ad esprimere anche il numero singolare o pluraleed il genere: maschile, femminile o neutro) e le desinenze (cio quei morfemi variabili che aggiunti al tema di un verbo o di un nome servono a modificare le varie forme del nome o del verbo), mentre le lingue romanze tendono a forme e costruzioni analitiche, sia sul piano nominale che verbale. Alla base del processo di cambiamento morfologico (v. Renzi , pp. 150 ss) vi sono tre processi: 1. Analogia 2. Rianalisi 3. Grammaticalizzazione. L'analogia tende a sopprimere gli allomorfi cio diverse realizzazioni del medesimo morfemo in presenza, ad esempio, di fm rizotoniche e rizoatone (es siede, sediamo)> nego / neghiamo Grammaticalizzazione per esempio il suffisso mente per la formazione degli avverbi . Mens mentis all'ablativo con valore di 'atteggiamento', 'stato d'animo', e con aggettivo ad esso accordato. Viene reinterpretato come morfema grammaticale.

1. NOMI Il latino, essendo una lingua sintetica esprimeva le sue funzioni sintattiche dai CASI attraverso i quali si indicavano a. funzione b. numero c. genere e le DESINENZE utili a modificare le forme del nome e del verbo. Il sistema della flessione nominale latino stato sottoposto nel tempo a importanti modificazioni dovute -almeno in parte- alla perdit della quantit e alla caduta delle consonanti finali, che possono essere cos sintetizzate: a. Riduzione delle declinazioni da 5 a 3 : infatti la IV (che -come la V-conteneva meno parole) viene assimilata alla II (es. fructs, mans eccil cui genitivo non pi fructus,
49

Cf. M. Niedermann, Prcis de phontique historique du latin, Paris 1906, trad. it. Elementi di fonetica storica del latino, Bergamo 1948, pp. 101-102. 50 Cf. A. Traina - G. Bernardi Perini, Propedeutica al latino universitario, Bologna, Patron 1982 (3 ed), pp. 105106.

28 ma fructi ) e la V alla I ( es. facies diventa facia)51. Si giunge cos a tre tipi: un femminile in A: tipo rosa; un maschile in O: tipo muro; una classe maschile e femminile in E: botte, cane b. Nella categoria del genere vale a dire (masch., femm., neutro) il cambiamento pi significativo rappresentato dalla graduale scomparsa del neutro (salvo in rumeno) assorbito dal maschile: es. caelum diventa caelus (nel neutro infatti nominativo e accusativo singolare uscivano infatti in um, con la perdita delle consonanti finali, la confusione con il maschile era quasi inevitabile) o dal femminile: infatti la desinenza in -a del neutro plurale, tipo folia induce a reinterpretare questi termini come singolari collettivi.52 c. riduzione dei casi della flessione desinenziale da 6 a 2 (nominativo e accusativo), con conseguente sviluppo di un ricco sistema di preposizioni per indicare gli altri casi. In particolare grande spazio conquistano costrutti con il de per indicare il genitivo e con ad per indicare il dativo, che in latino venivano adoperati per indicare rispettivamente il complemento di materia (de + ablativo): es. pocula de auro = coppa doro e il complemento di moto a luogo (ad + accusativo, ad indicare un moto di avvicinamento). Le preposizioni, cio quelle parti invariabili del discorso che fungono da raccordo fra i diversi elementi della proposizione o due diverse proposizioni, non possono essere considerate uninnovazione del latino volgare. Alcune infatti erano usate nel latino classico, in particolare per indicare le azioni di movimento: ad, de, cum, contra. in, supra. Alcune prevedevano sia l'accus. che l'abl. come per es. IN, SUB, SUPER Tuttavia secondo Renzi, p. 188 erano assenti nell'indoeuropeo Altre sono delle neoformazioni, cos ad+abante> avanti; de + intro> dentro ecc.. Renzi richiama lattenzione sulla possibile concomitanza di due fattori: la tendenza alla caduta delle consonanti finali e il fatto che la presenza di alcune preposizioni latine che servivano ad indicare precise funzioni (es. cum + ablativo = complemento di compagnia, o in+ accusativo= compl. di moto a luogo) rendevano ridondante e perci inutile luso dei
51

La IV e la V declinazione erano infatti quelle meno rappresentate. Lo slittamento dalla IV alla II si spiega facilmente, basti considerare lidentit dei sostantivi della II e della IV al nominativo e allaccusativo: murus/ fructus e murum/fructum. A facilitare lassorbimento della V nella I avr certo contribuito il fatto che i nomi della V sono tutti femminili (tranne il sostantivo DIES = giorno, che maschile salvo quando indica: un giorno fissato; la data di una lettera; il valore generico di tempo).
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Alcune lingue hanno un solo genere e trattano tutti i sostantivi nella stessa maniera da un punto di vista grammaticale. La maggior parte delle lingue indoeuropee ha da uno a tre generi, tradizionalmente chiamati generi grammaticali piuttosto che classi nominali, ma la maggior parte delle lingue BANTU (africane) ne ha da dieci a venti.. Il sistema delle classi nominali sempre accompagnato da apposito gruppo di suffissi o prefissi che modificano determinate parole mostrando contemporaneamente il genere del nome alle quali si riferiscono. Criteri comuni per distinguere i generi nominali includono: animato e inanimato razionale e non razionale umano e non umano maschile e altro umano maschile e altro maschile e femminile maschile, femminile e neutro forte e debole aumentativo e diminutivo

29 casi. Laffiorare gi nei graffiti pompeiani di taluni errori conferma non solo come la garanzia dellespressione del complemento fosse affidata alla preposizione pi che al morfema casuale, ma anche una chiara tendenza ad estendere luso dellaccusativo per lespressione di qualsiasi caso obliquo (cio diverso dal soggetto che compie lazione). Non si pu escludere -almeno per alcune lingue romanze- un passaggio intermedio attraverso una declinazione tricasuale (cio nominativo, dativo, accusativo) come parrebbero suggerire i cosiddetti pronomi personali clitici (cio formati da monosillabi atoni preposti o posposti ad unaltra parola):
NOMINATIVO: it. egli / fr. il DATIVO: it. gli/ fr. lui ACCUSATIVO: it. lo / fr. le

: egli mangia; il mange gli parlo; lui parle lo guardo; je le regarde

Tuttavia non ne abbiamo alcuna documentazione, mentre evidentissimo il punto darrivo: la totale scomparsa dei casi. Per la gran parte -inoltre- le parole romanze derivano dallaccusativo, anche se non mancano rari casi di nomi derivati dal nominativo, o doppi esiti che nel tempo possono aver assunto significati non del tutto coincidenti. Per esempio limparisillabo della III srpens serpntis recava allaccusativo serpntem, da cui abbiamo un doppio esito SERPENS > serpe SERPENTEM> serpente 1. b. La formazione del plurale Lalternanza di numero (cio la differenza fra singolare e plurale) rappresentata in due modi diversi nelle lingue romanze: 1. La Romnia occidentale (lingue ibero romanze, gallo romanze, retoromanze e sarde) con il plurale sigmatico: -s. La -s deriva dallaccusativo plurale latino: es. murus-i : acc. pl. muros > murs ; rosa-ae : acc. pl rosas > fr. roses; cat. sp. rosas 2. La Romnia orientale (dalmatico, rumeno, italiano) con il plurale vocalico cio con alternanza vocalica o/i; a/e. Per spiegare la formazione di questo secondo plurale possono avanzarsi due ipotesi diverse: a. i morfemi e i deriverebbero rispettivamente dal nominativo della I declinazione: es. rosae> it. rose; rum. e dalla II declinazione MURI> muri e il morfema in -i si sarebbe esteso per analogia ai nomi della III: VULPES> volpi. b. Oppure anche per la Romnia orientale il punto di partenza sarebbe laccusativo: es. rosas che attraverso una vocalizzazione della -s (come quella che avviene in POST> poi) diventerebbe rosai>rosae. Analogamente per il maschile partiremmo dallaccusativo plurale dei nomi della III in es> is >i. 2. Aggettivi Per gli aggettivi (laggettivo quella parte variabile nel genere e nel numero ch e aggiunge una parte del discorso) sopravvivono solo due classi: il tipo bonus e il tipo fortis, con una spiccata tendenza per ad impoverire la seconda a vantaggio della prima. 2.1. comparativi- superlativi Unaltra caratteristica del latino volgare la scomparsa del comparativo organico che lascia poche tracce in aggettivi di grande frequenza (es. it. migliore, peggiore) ed un numero pi alto di comparativi in ior in franc. antico, cf. bellezour<*BELLATIOREM, o graigno(u)r <GRANDIOREM), mentre si fa sempre pi strada nel latino comune il comparativo formato per mezzo degli avverbi magis, plus. Gi Ennio (fine del III sec. a. C.) usava plus miser e negli scrittori cristiani sono numerose le forme plus onerosus ecc. Il

30 territorio della Romania presenta magis nelle aree laterali (Spagna, Portogallo, Romana) e plus nelle centrali (Italia, Rezia, Gallia). 3. Articolo Ignoto al latino classico l'articolo ha la funzione di attualizzare il nome ed uno degli aspetti pi importanti di quella tendenza analitica che caratterizza le lingue romanze rispetto al latino. "Il greco ha sviluppato l'articolo definito relativamente presto, ma comunque dopo Omero e quello indefinito nel periodo medievale (...)" p. 191 Nel caso delle lingue romanze dobbiamo immaginare un cambiamento avvenuto per gradi. I due articoli determinativo e indeterminativo servono a precisare: a. quello determinativo la classe di individui nel loro complesso (es. il bambino non si pu picchiare) e quello indeterminativo un rappresentante della classe (es. in quel giardino c un bambino). b. Inoltre si usa larticolo determinativo quando ci si riferisce a qualcosa di noto a chi parla o a chi ascolta (es. voglio aggiustare la televisione), o di contro, quello indeterminativo quando si introduce un elemento non conosciuto (es. voglio comprarmi una televisione). Nel latino volgare si assiste ad un fenomeno di indebolimento del pronome dimostrativo ille e ipse all'articolo determinativo assente in latino, (il sardo e in parte il catalano ed il guascone lo sviluppano da ipse). La nascita dell'articolo dai pronomi dimostrativi si pu seguire abbastanza bene nei testi basso latini, per esempio nella Peregrinatio Aeteriae ad loca sancta (IV sec)53, dove serve ad indicare un elemento noto: Per valle illa, quam dixi ingens =per quella valle che dissi grande La funzione di indicare la classe probabilmente rappresenta unevoluzione successiva che pu dirsi compiuta intorno al IX secolo. Per rimediare allo squilibrio del sistema verranno inseriti pronomi dimostrativi rafforzati dal deittico ecce: ECCE HOC> pr . so; it. ci ; ECCE +ISTE >fr. iceste; ATQUE+ ICESTE+HIC> pr. Aquest. Nelle lingue romanze si assiste anche allo sviluppo di un articolo indeterminativo dal numerale unus54. Sostanzialmente unus prende il posto di quidam che viene considerato un aggettivo indefinito In tutte le variet romanze esso precede il nome, tranne in romeno dove segue come enclitico lupul Probabilmente anche lo sforzo di tradurre testi greci (durante i primi anni del Cristianesimo) nei quali l'articolo era presente, dovette spingere alla formazione dell'articolo nel latino volgare.

4. VERBO
Ci sono sei tempi (latino: tempora) nella lingua Latina. Sono:

Presente, (Latino: praesens) che indica azioni che stanno avvenendo nel momento in cui si parla: Lo schiavo porta la brocca di vino.

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Si tratta del resoconto del pellegrinaggio in Terrasanta compiuto - alla fine del IV sec. d. C.- da una monaca, Egeria, probabilmente originaria della Galizia, chiamato Itinerarium (o Peregrinatio) Egeriae ad loca sancta. Il testo tradito da un codice dellXI sec. proveniente da Montecassino, ma attualmente conservato alla Biblioteca Comunale di Arezzo (n. 405). 54 Che sostituisce presto quidam a norma di grammatica un aggettivo indefinito con il valore di un solo.

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Imperfetto, (Latino: imperfectum): descrive le azioni che stavano accendendo per un periodo di tempo: La folla stava incoraggiando i gladiatori. Futuro semplice, (Latino: futurum simplex) usato per azioni che non sono ancora iniziate, ma che lo saranno in un certo momento: Egli scriver la lettera domani. Perfetto, (Latino: perfectum) descrive azioni del passato che sono concluse: Egli insegn al ragazzo. Piuccheperfetto, (Latino: plusquamperfectum) descrive azioni pi in l nel passato: Egli ebbe insegnato al ragazzo. Futuro anteriore, (Latino: futurum exactum) usato per azioni che saranno completate in un certo momento nel futuro: Per domani, egli avr inviato la lettera.

Ci sono tre modi grammaticali (Latino: modi):


Indicativo, (Latino: indicativus) che afferma fatti indiscutibili: Lo schiavo sta portando le botti di vino Congiuntivo, (Latino: coniunctivus) usato per esprimere possibilit, necessit, intenzioni: necessario che il centurione sconfigga i barbari. Imperativo, (Latino: imperativus) usato per fare ordini: "Tu, schiavo, porta le botti di vino!".

Ci sono cinque forme verbali nominali, dette anche modi verbali indefiniti:

Infinito Gerundio Participio Supino (questi tre sono nomi verbali) Gerundivo (questi due sono aggettivi verbali).

Ci sono due diatesi (Latino: genus):


Attiva, (Latino: activum) in cui il soggetto compie l'azione: lo schiavo porta le botti Passiva, (Latino: passivum) in cui il soggetto subisce l'azione: la botte portata dallo schiavo.

Andr in generale considerato che l'analogia "la prima responsabile delle eccezioni alle leggi fonetiche. Gli elementi morfologici all'interno dello stesso paradigma tendono infatti ad influenzarsi reciprocamente. In particolare l'analogia opera attraverso due processi: il quarto proporzionale e il livellamento. Per es amabam>amavA passa ad O per livellamento sul tema del presente amo. Le sostanziali modificazioni subite dal sistema verbale possono sintetizzarsi in alcune tendenze di massima: la spinta alla regolarizzazione con la eliminazione di ci che non rientra immediatamente in una norma riconoscibile ed applicabile e la spinta a sostituire forme complesse con perifrasi composte attraverso laccostamento di pi forme semplici. Nel primo gruppo possiamo collocare: 1. Tutti i verbi deponenti (forma verbale passiva, ma con significato attivo, si tratta di verbi che esprimevano azioni che operavano sul soggetto stesso o : "i grammatici li hanno chiamati verbi deponenti, pensando erroneamente che avessero "deposto", quindi perduto, la forma attiva, conservandone per il significato" wikipedia.) vengono assorbiti nella forma attiva (es. nasci, mori sostituito da nascere, morire): Hortor io esorto

32 Sequor Vereor Largior io seguo io temo io dono

Esistevano anche VERBI SEMIDEPONENTI I verbi semideponenti hanno forma attiva nel presente e derivati, ma forma passiva con significato attivo nel perfetto e derivati: - audeo, -es, ausus sum, audre osare - gaudeo, -es, gavisus sum, gaudre godere 2. Gran parte dei verbi irregolari vengono regolarizzati: in particolare verbi di larga frequenza come esse, posse, velle. Il primo diventa *essere, pur conservando il presente atematico, gli altri saranno rifatti partendo dal perfetto (potui; volui), sul modello habui : habere = potui : x, onde x = potre. Qui agisce il principio del IV proporzionale p. 151 che "si fonda sulla tendenza di una lingua ad assegnare forme uguali a significati uguali" nel caso particolare ai due infiniti Nel secondo gruppo rientrano: 1. Il passivo organico
1 Coniugazione 2 Coniugazione 3 Coniugazione am-or mon-or leg-or aud-or 4 Coniugazione

scompare e viene sostituito da perifrasi con linfinito presente seguito dallausiliare essere (amor amatus sum) .Tanto pi che il latino conosceva sia forme sintetiche che analitiche (amatus sum= sono stato amato, che con la perdita delle fm sintetiche diverr sono amato) 2. Il futuro semplice organico
1 Coniugazione 2 Coniugazione 3 Coniugazione 4 Coniugazione am-bo mon-bo leg-am aud-am

scompare e viene sostituito da perifrasi con linfinito presente seguito dal presente dellausiliare avere (amabo amare habeo), perifrasi gi esistente in latino classico del tipo scribere habeo (cf. partir mai al verso 24) che per aveva in s unidea di necessit, idea che si perde a favore di una pi generica nozione temporale proiettata nel futuro. Il rumeno realizza il futuro aiutandosi con il verbo volere: voiu cnta. Varie sono le ragioni che possono avere contribuito a questo disfacimento, intanto le forme del futuro si prentavano estremamente disomogenee per cui si incontrava es. amabo accanto a timebo, dicam, audiam. Inoltre la tendenza alla spirantizzazione di B>V crea confusioni ulteriori con l'imperfetto. Scompaiono in quasi tutta la Rmania i seguenti tempi: 1. futuro anteriore (amavero= io avr amato); 2. perfetto congiuntivo (amaverim=che io abbia amato); 3. imperfetto congiuntivo (amarem=che io amassi) sostituito dal piucheperfetto (amavissem= che io avessi amato); 4. supino (amatum= a amare); 5. infinito perfetto (amavisse, sostituito da habere amatum, avere amato); 6. participio futuro (amaturus= che amer); 7. imperativo futuro (amato= amerai). Si crea invece una nuova serie perifrastica di tempi del passato formata dal participio passato seguito dalle forme dellausiliare avere (habeo amatum, habebam amatum, habui amatum ...).

33 Renzi p. 150: Riporta sotto la denominazione di "cambiamento sintattico" il passaggio secondo il quale il verbo habere dal valore dio "possedere" passa a svolgere un ruolo di verbo ausiliare. Punto di partenza dovr essere una perifrasi del tipo habeo epistulam scriptam in cui il vb seguito da 2 complementi di cui il secondo un predicativo dell'oggetto e dunque si comporta come un aggettivo e non vi relazione tra habeo e scriptam (il sogg pu essere diverso). In questo caso il cambiamento si realizza in forza di uno svuotamento semantico del vb habeo, dunque il perno della predicazione si sposta sul participio e epistulam diviene l'oggetto di scriptam. Appare inoltre un nuovo modo del verbo: il condizionale sconosciuto al latino dove invece lespressione del dubbio o dellipotesi veniva rappresentato tramite il modo congiuntivo. Il condizionale viene formato mediante perifrasi formate dallinfinito del verbo + le forme del perfetto o dellimperfetto dellausiliare avere (amare habebam, amare habui): cantare habet > cantar ha > canter (futuro) cantare habuit > cantar ebbe > canterebbe (condizionale) utile ricordare che in francese e spagnolo e in diversi dialetti italiani, il condizionale si originato in maniera diversa, risultando dalla combinazione tra l'infinito e le forme all'IMPERFETTO del verbo avere. In questi idiomi si avranno cos delle forme del tipo partiria (o partirait) al posto di partirebbe. Quest'ultima comunque la forma - di origine toscana - in uso nell'italiano moderno, dato che ha soppiantato quella del tipo partiria. Tutto ci non ha impedito il successo secolare di forme del tipo avria oppure dovria al posto di avrebbe e dovrebbe. Le due parti che costituiscono il condizionale erano ancora distinti in spagnolo e portoghese antico (e ancora port moderno) VENDE^ LOS-IAMOS Altri spostamenti interni alle coniugazioni sono i seguenti: 1. Fusione tra II e III coniugazione salvo che allinfinito (per es. in italiano distinguiamo fra tenre parossitono e crdere proparossitono) dove pure si erano verificati numerosi scambi (metaplasmi): es. spere, cdere dalla III alla II, o viceversa dalla II alla III ridre, respondre 2. I verbi in -io della III vengono attratti nella IV coniugazione (es fgere> fuggire) o in -eo della II (es. floreo, da florre a florire).

3. La sintassi
Sar innanzi tutto opportuno ricordare che le tre parti in cui si divide la grammatica difficilmente possono essere separate, perch mutamenti fonetici, morfologici e sintattici si condizionano e si implicano necessariamente. Il latino aveva una costruzione sostanzialmente libera per ci che concerne la disposizione del soggetto e delloggetto: es. Petrus ama Paulum, anche se con una pi accentuata tendenza a collocare il verbo in posizione finale, preceduto dal complemento oggetto. Finch le desinenze casuali si mantennero salde e almeno fino a quando almeno la -s segnacaso del nominativo non scomparve, confusioni erano difficili. Ma quando55 nella parte orientale della Romnia (compresa lItalia) la -s cess di essere pronunciata, divenne obbligatorio mantenere un ordine fisso, che nelle lingue romanze di solito:

55

La s finale aveva gi in et Repubblicana subito un notevole indebolimento, ma era stata ripristinata dai grammatici, cfr. Wartburg, Ausgliederung der romanischen Sprachrume, Bern 1950, pp. 20-31 (tr. it. La frammentazione linguistica della Romania, con introd. di A. Varvaro, Roma 1980).

34 soggetto + verbo + complemento oggetto, anche se sono ammesse altre soluzioni, salvo in francese dove il rispetto dellordine SVO -prescindendo da casi particolariobbligatorio56. In questa direzione si osservi che tutte le lingue romanze possiedono caratteristiche tipologiche diverse dal latino ma simili fra di loro, non solo in questa tendenza/necessit a porre il verbo alla fine, ma pi in generale nella tendenza ad invertire l'ordine latino MODIFICATORE-MODIFICATO a favore dell'ordine MODIFICATO MODIFICATORE. Questo appare in una serie di esempi a cominciare dai nomi composti: vexilli/fer =porta bandiera (anche eccezioni v. Terrae-motus) ,o aggettivo+ sostantivo come pinguis puer= bambino grasso arte astringere= legare strettamente ecc Inoltre la tendenza ad una struttura del periodo pi lineare, conduce al sopravvento della paratassi (cio una sequenza di frasi fra loro coordinate) sullipotassi preferita dal latino (uso delle proposizioni subordinate).

4. Il lessico del latino volgare


Come noto, il lessico il luogo maggiormente soggetto a influssi esterni, ma anche a trasformazioni legate al mutare dellideologia, della mentalit, del costume. Scrive von Wartburg57:
Chi si proposto la meta di esplorare il vocabolario di un popolo, deve studiare anche tutta la sua vita, i suoi metodi di lavoro, i suoi attrezzi, le sue concezioni etiche e religiose, i suoi usi e costumi, il suo abbigliamento con i relativi cambiamenti di moda.

possibile distinguere allinterno del patrimonio lessicale di una lingua tre diverse sezioni: 1. Forme ereditarie cio le parole ereditate per tradizione ininterrotta, alle quali andranno aggiunte le derivazioni e composizioni. 2. Le forme dotte cio riattinte direttamente dal latino attraverso una filiera dotta. Il latino continuer, infatti, a rappresentare nel tempo un serbatoio sempre attivo: davvero quell'altro Vocabolario dal quale tutti gli scrittori classici italiani, prosatori e poeti ..., dal padre Dante fino agli stessi compilatori del Vocabolario della Crusca, incessantemente e liberamente derivarono tutto quello che parve loro convenevole58.Di solito laspetto fonetico che rivela il latinismo, come mostrano i seguenti casi: VTIUM> vezzo (fm. ereditaria) / vizio (fm. dotta); DSCUM> desco (fm. ereditaria) / disco (fm. dotta), ma unutile spia pu venire dallaspetto morfologico, come nel caso dei derivati dal nominativo, es. carme, certame, imago ecc... o comparativi organici come priore, seriore, ulteriore. 3. I prestiti. Si parla di prestiti quando una lingua trae un vocabolo da unaltra per ragioni non sempre facili da rintracciare (talvolta la parola indigena si perde perch aveva perso il suo carattere espressivo o perch sono sopravvenute ragioni di ordine sociale). I prestiti possono essere assimilati o meno al sistema linguistico proprio di una determinata lingua: per es. per la lingua italiana si pensi a guerra, guanto contro computer, tram. Presenza precoce di germanismi guerra, wardor, wartjan Naturalmente la maggior parte del lessico delle lingue romanze deriva dal latino, pur attraverso un certo numero di innovazioni che soprattutto quando vanno ad investire la sfera semantica rappresentano indizi interessanti sulle condizioni sociali e sulla

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Sui cambiamenti dellordine delle parole dal latino alle lingue romanze, cf. L. Renzi, La tipologia dellodine delle parole e le lingue romanze, in Linguistica, XXIV (1984), pp. 27-59. 57 Grundfragen der etymologischen Frorschung, in Neue Jahrbcher fr Wissenschaft und Jugendbildung, 7 (1931), p. 145. Cito dalla traduzione riportata da Pfister e Lupis, Introduzione alletimologiacit., pp. 140-41 58 Cos Leopardi nella prima delle Annotazioni alla canzone ad Angelo Mai.

35 psicologia collettiva dellambiente in cui quei fenomeni hanno avuto origine59: valga per tutti lesempio della scomparsa di domus in favore di casa = capanna, che sottolinea un fenomeno sociale di grande entit: la tendenza allabbandono delle citt in favore delle campagne. Secondo Renzi (p. 160 ma io non concordo) i fattori socio culturali sono meno importanti di 1, omofonia cio tendenza a sostituire forme monosillabiche con altre dotate di maggior corposit , rimpiazzare lessemi semanticamente neuti con altri pi marcati MANDUCARE e non EDERE Quando vi necessit di creare una nuova parola si pu ricorrere al cambiamento semantico che funziona per ASSOCIAZIONE METAFORICA: gru CONTIGUITA' o metonimia Bucca CONTIGUITA' TRA SIGNIFICANTI iecur ficatum Volendo tuttavia mettere a fuoco alcuni specialissimi caratteri del lessico latino volgare potremmo rilevare queste tendenze: 1. la tendenza a far prevalere le forme concrete su quelle astratte, come dimostra il caso di lemmi con doppio significato: per es. ptare ritenere e potare, di cui sopravvive solo la seconda accezione. Per comprendere le caratteristiche particolari del latino volgare sar preliminarmente opportuno tenere conto che per la latinit la differenza stilistica si gioca in gran parte sul piano lessicale, come si evince dalle serie sinonimiche dove la tendenza quella ad eliminare termini esclusivamente letterari: cos della serie equus (cavallo da sella), sonpes (destriero) caballus (ronzino, cavallo castrato, usato come cavallo da tiro) lunica voce che sopravvive per via ereditaria il termine di uso quotidiano: caballus. 2. La tendenza ad estendere lo spettro semantico di termini delluso quotidiano. Per esempio per designare il fuoco, il latino aveva una voce indoeuropea: ignis che viene sostituita con focus (voce di etimo malsicuro)= focolare domestico (it. fuoco; fr. feu; sp. fuego; port. fogo; rum. foc), contrapposto ad ara che era quello della divinit. Cos un glossario tardivo spiega focus enim ignis est e le lingue romanze non conservano tracce di ignis, se non in termini di derivazione dotta, quali ignifugo ecc 3. Sovente termini pi espressivi sembrano sovrastare altri percepiti come meno significativi: cos lirregolare edere mangiare se in area iberica viene sostituito da comedere (sp. e port. comer), altrove viene soppiantato da manducare (intensivo di mandere denominale dal nome del buffone da farsa Manducus) che significava dimenare le mascelle. O ancora plorare viene messo in ombra da laniare se lagnarsi che significava graffiarsi e da plangere graffiarsi il petto. Interessanti anche alcune sostituzioni che si realizzano nella sfera corporea vanno nella direzione di privilegiare il vocabolo corposo di forte espressivit i termini afferenti alla sfera corporea come bccam gota che prende il significato di bocca e viene rimpiazzato da gotam (dal gallico *gauta); gamba dal lat. tardo gambam = zampa, allorigine un termine di veterinaria; pancia pantices = intestini. 4. Tendono inoltre a sparire parole ritenute troppo esili per es. s = bocca (che oltretutto rischiava di trovarsi in collisione omofonica con ssum variante popolare di os-ossis, variante difesa da Agostino (De Doct. Christ. IV, 3): Cur pietatis doctorem pigeat imperitis loquentem, ossum potius quam os dicere?, ne ista syllaba non abe eo quod sunt 'ossa', sed ab eo quod sunt 'ora' intellegatur, ubi aufrae aures de correptione vocalium vel productione non iudicant? (=Ma allora perch il maestro di piet, parlando a gente inesperta, dovrebbe aver ritegno a dire ossum piuttosto che os, per far capire che os va collegato con ossa e non con ora(bocca), dato che le orecchie degli africani non percepiscono la lunghezza e la brevit delle vocali? ).

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Cf. B. Migliorini, Storia della lingua italiana, (1958) Milano, Bompiani 1995, p. 42

36 Deboli si rivelano inoltre le parole che non rientrano in una determinata famiglia lessicale, il caso di pera sostituito da bisaccium= doppio sacco; di uber= mammella, su cui prevale: mammllam, la forma diminutiva di mamma, affiancata da forme espressive quali: pppam e tttam. 5. Anche il grandissimo sviluppo dei termini costituiti dalle derivazioni per mezzo di suffissi (in particolare diminutivi e vezzeggiativi che vengono a sostituirsi alla forma piena come avis/ avicellum; fratrem/ fratellum; nucem/ nuceolam) sottolineano la tendenza verso una lingua di carattere familiare affettivo. Si noti che -anche in questo caso- molte lemmi formati sul diminutivo indicano parti del corpo: orecchia <auricula < auris cervello <cerebellum < cerebrum spalla < spatulam dim- di spatha spatola unghia < ungula neoformazioni quali *genuculum. 6. (da Asperti)
Alla diffusione del Cristianesimo riferibile la trasformazione semantica di termini: per esempio, VIRTUTEM passa da "coraggio (specialmente guerriero)" a "virt morale", il grecismo MARTYREM da "testimone" a "martire", cio chi innanzitutto "testimone della fede"; inoltre il verbo del latino classico LOQUI viene sostituito con PARABOLARE e il termine PARABOLA (dal greco PARABOL = comparazione, similitudine) passa a indicare estensivamente "parola" in generale, in relazione alla predicazione di Ges.

Da internet Per motivi analoghi al verbo semplice di preferisce talvolta il verbo iterativo, es.: prima fase salire = saltare saltare = continuare a saltare pinsere = pestare pistare = continuare a pestare seconda fase saltare = saltare pistare = pestare italiano saltare pestare

Un settore importante quello dei mutamenti di significato. Si ricorda ancora, ad-riparare significava in origine giungere alla riva (lat. ripa) e poi signific genericamente giungere in qualsiasi luogo, cio arrivare.Ma si ha anche il fenomeno inverso, da un significato generico si va ad un significato specifico, per es.: cognatus da parente a fratello della moglie e ci cognato; necare da uccidere a uccidere nellacqua (ad necare = annegare). Vi sono poi mutamenti di significato che dipendono da un uso metaforico del vocabolo, per es.: caput testa sostituito da testa, che in origine significava vaso di coccio; papillio (papillionem) farfalla prende il significato di tenda di un accampamento, cio padiglione (le tende dellaccampamento con i loro colori e forme facevano pensare a grandi farfalle). Per i contatti che Roma ebbe con la Grecia fin dai primi tempi, molti grecismi erano entrati gi nel latino classico, per es.: schola scuola; cathedra cattedra; calamus penna per scrivere; camera soffitto fatto a volta; basilica complesso di edifici con varie destinazioni pubbliche. Con il Cristianesimo entrarono dei nuovi grecismi, per es.: ecclesia = chiesa; episcopus = vescovo; angelus = angelo; martyr = martire. La nuova religione adatt ai nuovi significati antichi grecismi (per es.: basilica prese il significato attuale). Un mutamento di significato avvenuto in ambienti cristiani allorigine di parola

37 e parlare, il grecismo parabola (dal greco parabol comparazione, similitudine) era usato dai traduttori latini delle Sacre Scritture per indicare le brevi storie, gli esempi allegorici citati da Ges nelle prediche, il termine indic poi la parola di Ges, la parola di Dio, e quindi con unestensione del significato, la parola in generale; a questo punto il termine del latino classico verbum parola cadde dalluso; da parabola si svilupp parabolare = parlare. PARTE III

LE LINGUE NEOLATINE
Si chiama Romnia il territorio in cui si parla una delle lingue romanze e viene abitualmente distinta in Romnia nuova (dove la lingua neolatina stata importata pi tardi) e Romnia perduta. Per il primo caso pensiamo allo spagnolo parlato in America latina e per il secondo allAlbania o allAfrica del nord. A queste distinzioni di massima andranno aggiunte i massicci spostamenti delle recenti immigrazioni che modificano un quadro stabile fino a un ventennio fa. Come si visto la progressiva trasformazione del latino, sar certamente stata il risultato di processi complessi, di carattere sociale, storico, politico. Varr comunque la pena accennare alle ragioni pi frequentemente addotte per spiegare il frazionamento del latino in diverse lingue romanze60: A. La differenza cronologica nella colonizzazione delle varie Provinciae: Secondo Gustav Grber (1884)61 infatti le differenze linguistiche fra gli idiomi romanzi potrebbero spiegarsi con lo stato di evoluzione del latino nel particolare momento in cui una regione stata latinizzata. Come osserva Varvaro: "Cos il sardo sarebbe pi conservatore del francese ed ambedue pi conservatori del romeno, perch il sardo continuerebbe un latino piuttosto arcaico, quale era attorno alla met del sec. III av. Cr., quando la Sardegna fu conquistata e se ne cominci la latinizzazione; il francese continuerebbe il latino quale era nella met del sec. III av. Cr., quando la Sardegna fu conquistata e se ne cominci la latinizzazione; il francese continuerebbe il latino quale era nella seconda met del sec. I av. Cr., quando cominci la latinizzazione delle Gallie conquistate da Giulio Cesare; il romeno infine rappresenta il latino quale era diventato all'inizio del sec. II d. Cr., quando Troiano conquist la Dacia."62 In verit lo stesso Grober osservava che a Sicilia non presentava una lingua conservatrice pur essendo una delle pi antiche province romane. Inoltre questa spiegazione non tiene conto della mobilit delle persone e delle influenze linguistiche fra comunit di indiviui in contatto. B. I veicoli di latinizzazione: ci si chiesti infatti se le differenze non possano essere riconducibili alle particolari modalit della latinizzazione. In particolare alcuni studiosi hanno distinto una Romnia occidentale latinizzata dallalto (dalla scuola) ed una orientale dove la latinizzazione stata mediata da soldati e contadini. C. La differenza fra le lingue del sostrato: Come si detto, nellapprendere la nuova lingua possibile che un parlante mantenga nella pronuncia alcuni tratti dellidioma di appartenenza, tratti che riemergerebbero nel momento di crisi dellunit linguistica latina. D. Il superstrato: Linflusso dei popoli che si sono venuti a sovrapporsi alle genti che parlavano latino .

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Sul punto si veda la limpida sintesi offerta Varvaro, nel cap. 40 Teorie ed ipotesi sul passaggio dal latino al romanzo, in Linguistica romanza cit., pp. 215-223. 61 Cfr. G. Grber * 62 Varvaro, Linguistica romanza cit., p. 217,

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2. Classificazione delle lingue romanze


La classificazione delle lingue romanze solleva una serie di problemi e il numero stesso si presenta oscillante a seconda che gli studiosi attribuiscano o meno ad un certo idioma la dignit di lingua. Qui considereremo 9 lingue divise in 4 sottogruppi63: 1Balcano romanzo Rumeno 2Italo-romanzo Italiano Sardo Latino 3. Gallo-romanzo Francese Provenzale e Guascone Catalano 4. Ibero-romanzo Spagnolo Portoghese Sar opportuno, per riepilogare, rivedere alcuni tratti distintivi che ci consentono almeno di distinguere fra un testo italiano, uno francese ed uno provenzale. 1. Vocalismo: il francese palatalizza a tonica in sillaba libera. - il francese elide tutte le vocali finali / il provenzale tutte tranne A - il francese e l'italiano monottongano AU Lenizione BIBLIOGRAFIA Si forniscono qui (organizzati in ordine di pubblicazione) solo i titoli di manuali di riferimento generali utilizzabili anche da studenti. Chi volesse approfondire specifiche questioni potr trovare- soprattutto nei pi recenti- utili e ricchi rinvii bibliografici: C. TAGLIAVINI, Le origini delle lingue neolatine, [ 1949], Bologna, Patron 1972. A. VARVARO, Storia, problemi e metodi della linguistica romanza, Napoli, Liguori, 1980. Lexicon der romanistichen Linguistik, a cura di G. Holtus, M. Metzeltin, Ch. Schmitt, Tbingen, Niemeyer, 1988 ss. (degli otto volumi previsti ne sono attualmente usciti sette); CH. LEE, Linguistica romanza, Roma, Carocci, 2000. A. VARVARO, Linguistica romanza. Corso introduttivo, Napoli, Liguori, 2001 L. RENZI-A. ANDREOSE, Manuale di linguistica e filologia romanza, Bologna, Il Mulino, 2003 Sulle Origini delle letterature romanze: R. ANTONELLI, Origini, Firenze, La Nuova Italia, 1978; L. PETRUCCI, Il problema delle Origini e i pi antichi testi italiani, in Storia della lingua italiana, t. III. Le altre lingue, a cura di L. Serianni e P. Trifone, Torino, Einaudi 1994, pp. 5-73. A. VARVARO, Origini romanze, in Storia della letteratura italiana, diretta da E. Malato, Roma, Salerno, 1995, t. I, pp. 137-74.
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A queste potrebbe aggiungersi il dalmatico il cui ultimo parlante, Antonio Udina, morto nel 1898 e il francoprovenzale, cfr Renzi e Varvaro**. Ma pensiamo al fatto che uno dei padri della linguistica romanza Friedrich Diez considerava solo sei lingue: portoghese, spagnolo, francese, provenzale, italiano e rumeno.

39 M. L. MENEGHETTI, Le origini, Roma, Laterza, 1997.

INDICE PARTE I
1. Cosa si intende per Filologia e linguistica romanza ? 2. Cosa si intende per Origini? 3. Cosera il latino? 4. Quali avvenimenti hanno provocato la disgregazione dello spazio linguistico latino? 5. Come si realizza il cambiamento linguistico? 6. Il latino volgare: etichetta operativa? 7. Attraverso quali fonti scritte possiamo studiare il latino volgare? PARTE II 0. Premessa Parte III LEGENDA Le sbarrette oblique indicano trascrizione fonologica, cio quando si voglia indicare il FONEMA=cio quellelemento dotato di carattere distintivo, tale da distinguere due forme di significato diverso, es. tane e pane. ___ Testi I giuramenti di Strasburgo (Les serments de Strasbourg)
Ergo XVI kal marcii Lodhuvicus et Karolus in civitate que olim Argentaria vocabatur, nunc autem Strazburg vulgo dicitur, convenerunt et sacramenta que subter notata sunt, Lodhovicus romana, Karolus vero teudisca lingua, juraverunt. Ac sic, ante sacramentum, circumfusam plebem alter teudisca, alter romana lingua, alloquuti sunt. Lodhuvicus autem, quia major natu, prior exorsus sic coepit: "Quotiens Lodharius me et hunc fratrem meum, post obitum patris nostri, insectando usque ad internecionem delere conatus sit nostis. Cum autem nec fraternitas nec christianitas nec quodlibet ingenium, salva justicia, ut pax inter nos esset, adjuvare posset, tandem coacti rem ad juditium omnipotentis Dei detulimus, ut suo nutu quid cuique deberetur contenti essemus. In quo nos, sicut nostis, per misericordiam Dei victores extitimus, is autem victus una cum suis quo valuit secessit. Hinc vero, fraterno amore correpti nec non et super populum christianum conpassi, persequi atque delere illos noluimus, sed hactenus, sicut et antea, ut saltem deinde cuique sua justicia cederetur

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mandavimus. At ille post haec non contentus judicio divino, sed hostili manu iterum et me et hunc fratrem meum persequi non cessat, insuper et populum nostrum incendiis, rapinis cedibusque devastat. Quamobrem nunc, necessitate coacti, convenimus et, quoniam vos de nostra stabili fide ac firma fraternitate dubitare credimus, hoc sacramentum inter nos in conspectu vestro jurare decrevimus. Non qualibet iniqua cupiditate illecti hoc agimus, sed ut certiores, si Deus nobis vestro adjutorio quietem dederit, de communi profectu simus. Si autem, quod absit, sacramentum quod fratri meo juravero violare praesumpsero, a subditione mea necnon et a juramento quod mihi jurastis unumquemque vestrum absolvo". Cumque Karolus haec eadem verba romana lingua perorasset, Lodhuvicus, quoniam maior natu erat, prior haec deinde se servaturum testatus est: "Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d'ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fadre Karlo et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fadra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fadre Karle in damno sit". Quod cum Ludhovicus explesset, Karolus teudisca ligua si hec eadem verba testatus est: "In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi, fon thesemo dage frammordes, so fram so mir Got geuuizci indi mahd furgibit, so haldih thesan minan bruodher, soss man mit rehtu sinan bruher scal, in thiu thaz er mig so sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the, minan uuillon, imo ce scadhen uuerdhen". Sacramentum autem quod utrorumque populus, quique propria lingua, testatus est, romana lingua sic se habet: "Si Lodhuuigs sagrament que son fadre Karlo jurat conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non l'ostanit, si io returnar non l'int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha contra Lodhuuuig nun li iu er". Teudisca autem lingua: "Oba Karl then eid then er sinemo bruodher Ludhuuuige gesuor geleistit, indi Ludhuuuig, min herro, then er imo gesuor forbrihchit, ob ih inan es iruuenden ne mag, noh ih noh thero nohhein, then ih es iruuenden mag, uuidhar Karle imo ce follusti ne uuirdhit". Quibus peractis Lodhuwicus Renotenus per Spiram et Karolus juxta Wasagum per Wizzunburg Warmatiam iter direxit.

Si dibatte se si tratti di una zona di transizione tra dominio d'oc e d'oil, ma come osserva Renzi, p. 241 "il suo aspetto conservativo ed arcaizzante non riflette uno stadio aurorale del francese (...) ma dipende probabilmente dal ricorso a grafie e a forme della scripta latina merovingica ... unico riferimento per gli scriventi" Cfr Deus, populum sapere, fratrem ecc

Collegamenti Il sito dell'Accademia francese: www.academiefrancaise.fr Il sito dell'O.I.F. (Organisation Internationale pour la Francophonie): www.francophonie.org Giornale elettronico sulla francofonia: www.voxlatina.com ABC de la langue franaise: languefrancaise.free.fr Testi della Bibliotheca Augustana: www.fh-augsburg.de/~harsch/gallica/Auteurs/f_alpha.html La bibbia in francese: www.gospelcom.net/ibs/bibles/french/index.php

41 CURIOSITA' Perch S in inglese La ragione perch si usa la s come desinenza plurale in inglese risale allantenato di tutte le lingue indoeuropee, il protoindoeuropeo, che si parlava in Europa circa 12-15mila anni fa, prima che partorisse il latino, il greco e il protogermanico (questultimo il bisnonno dellinglese). In inglese, abbiamo conservato il plurale indoeuropeo in s, il quale gi andava emarginandosi nel dominio romanzo durante lepoca classica, ma nonostante ci, sopravvissuto nello spagnolo, il catalano, il ladino e il sardo, le quali come linglese sono lingue sigmoidali (hanno il plurale in s). Insomma, linglese come lo spagnolo ha semplicemente ereditato quella parte del patrimonio indoeuropeo, mentre litaliano ci ha rinunciato, con la lenificazione progressiva della desinenza plurale, partendo da s e finendo in i.

Il tedesco una delle lingue germaniche moderne con la grammatica pi complessa, a causa della presenza dei casi e della conseguente declinazione dei sostantivi (per molto ridotta nella lingua moderna) e degli aggettivi. I casi in tedesco sono quattro: nominativo, accusativo, dativo e genitivo. I sostantivi (che come le parti del discorso sostantivate si scrivono sempre con l'iniziale maiuscola, ad esempio: das Ich, l'Io oppure das Essen, il mangiare) presentano tre generi: maschile, femminile e neutro.

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