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LE STORIE

DI

POLIBIO
D A M EGALOPOLI
V O L G A R IZZ A T E
SOL T E S T O G R E C O D E L L O SCH W E1GH AUSER E CORREDATE DI NOTE

D A L D O T T O R E J. G. B. K O H E N
DA T R I E S T E

TOMO SESTO

MILANO
coi tipi di P aolo A ndrea Molina
Contrada dell? Jgnello, num. 963

1834

DELLE STORIE
D I P O L IB IO D A M E G A L O P O L I

a vanzi d e l libro d ecim o settim o

Olimp. I. (i) V enu to il tem po c o n c e rta to giunse Filippo, reeatosi d a D em etriade nel seno M aliaco con cinque b a r c x l i i , A . d i R, c h e ed una (a) nav r o s tr a ta , su cui egli stesso si .tro 556 vava. E ra n o insieme con lui dalla M acedonia Apollo* Estr.ant. d o ro e D em ostene s e g re ta rii, dalla Beozia B rachiH ide, e l ach eo ( 3) Cicliade , ban dito dal P eloponneso pelle cagioni d a noi in ad dietro m entovate. C on T ito venne il (4) r e A m inandro, e D ionisodoro m an dato da Attalo. D a p arte de1 popoli e delie citt furono degli Achei {5) Aristeno e Sen o fo n te, d eRodii (6) Acesiuibroto, ca pitano d a r m a t a , degli Etoli il p reto re F e n e a , e m olti altri m aestrali. Avvicinatisi al m are presso N ic e a , T ito arrestassi sul lido , e Filippo , appressatosi alla terra , (7) rim aneva in sull ancora. Invitandolo T ito a scende re , rizzatosi dalla n a v e , disse che n on scenderebbe al-

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A . d i R.

trim enti. D o m an d an d o quegl! a v ic e n d a , di che temess e ? rispose F ilip p o , non tem e r alcuno fuorch gli D e i , (8) ma diffidare della maggior p a rte di quelli eh erano presenti, sovrattutto degli Etoli. Maravigliandosi il duce r o m a n o , e dicendo essere il pericolo eguale a t u t t i , e com une (9) l o p po rtun it : Filippo ripigliando d iss e , non essere vero quanto egli asseriva. Im perciocch ove a F e n e a (10) qualche sciagura a c c a d e sse , molti sarebbono quelli che fossero p e r esercitare presso gli Etoli 1 ufficio di p reto re ; ma perito Filippo , nessuno v, avrebbe al presente (11) che s u 'M a c e d o n i regnasse. Parve a tutti che il re con arroganza incom inciato avesse P abboccam ento : tuttavia gli com and T ito d esporre ci p er cui era venuto. Rispose Filippo non a s , ma a T ito convenirsi di parlare : il perch chiese gli facesse a s a p e r e , che cosa far dovesse p e r ottenere la pace? Sem plice, disse il duce deRomani, ed (12) ap pariscente essere il discorso che a s apparteneva ; p e rocch gli com andava sgomberasse tu tta la G r e c ia , re stituisse i prigioni ed i disertori a ciascheduno; conse gnasse a Rom ani i luoghi dell1llliria , di cui erasr im possessato ( i 3) dopo la pace dell E p i r o ; e del pari rim ettesse a T olem eo le citt tu tte , che tolte si avea d op o la m orte di T olem eo Filopatore. II. T i t o , poich ebbe ci d e t t o , fermossi; indi volta tosi agli a l t r i , invit ciascheduno a dire ci che gli era stato im posto da chi l avea m andato. P rim o riprese il discorso D ionisodoro inviato d A it a l o , chiedendo la restituzione delle navi regie pigliate, nella battaglia n a vale d i C h i o , e degli uomini che in 'q u e lle e ra n o , ed il

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ristabilim ento del ( i 4 ) tem pio di V e n e r e , e del Nicefo- A . d i R rio e h egli a re a guasti. D opo di questi il navarco dei 556 Rodii Acesim broto dom and ch e F ilip p o sgomberasse ( i 5) il territo rio continentale c h egli avea loro t o l t o , m andasse i presidi! fuori di lasso e di Bargilia, e d E urom e, restituisse i (16) P erintii alla com unit di governo che aveano co B iz a n tin i, cedesse Sesto ed Abido e tutti gli em porii e porti dell Asia. D ietro i Rodii re c la m avano gli A chei C orinto e la c itt d Argo illesa. A p presso a questi vollero gli Etoli prim ieram ente che si levasse da tu tta la G recia , conform e aveau com an d ato i R o m a n i, poscia che restituisse loro in tatte le c i t t , che in addietro partecipavano del governo etolico. I II. Com e F e n e a p reto re degli E toli ebbe ci detto prese a parlare (17) A lessandro sovrannom ato I s io , u om o che avea fama d abile m an eg g iato re, e di suffi ciente oratore. Disse c o s t u i, n tr a t ta r o ra Filippo sin c eram ente la pace, n com b attere valorosam ente quan do ci fia d u o p o , m a insidiare n e colloquii e nelle conferenze, e stare in traccia delle o p po rtu n it, (18) e far cose da chi guerreggia, e nella gu erra stessa diportarsi ingiustam ente e co n m olta vilt. (19) Im perciocch causando di riscontrarsi a faccia a faccia c o nemici, in fuggendo a rd e r e saccheggiare le citt, e m erc di tale p ro cedim ento vinto guastare i prem ii de vincitori. M a co loro che prim a di lui regnavano in M acedonia n o n aver avuto cotal divisam ente , sibbene il c o n tra rio : che di continuo pugnavan all a p e r to , e di rad o distruggevan e guastavano le c itt. L a q ual cosa era manifesta a tu tti dalla g a e rra che in Asia fece A lessandro a Da*

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A. d R. r i o , e della gara ch fu fra i suoi su c c e sso ri, allr*

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quando tutti guerreggiarono peli Asia (20) c o n tr A nti gono. ( a i) L a stessa co nd o tta aver avuta coloro che a questi succedettero sino a Pirro. Concrossiach pronti fossero a cim entarsi in c a m p a g n a , tu tto facessero p e r debellarsi reciprocam ente eolie armi ; ma le c itt aver e s n ris p a rm ia te , affinch vincendo (a a) p e r queste acquistassero ric c h e z z e , e fossero d a sudditi onorati. (a 3) S term inare pe rta n to i paesi peqxiali fassi la guerra, e lasciar la g u erra stessa , essere opera di f u r o r e , e di furo r violento. C i eseguir ora F ilip p o , avendo egli (24) ta n te citt d istru tte in Tessaglia, m en tr era amico ed alleato, allorquando (a 5) usciva in fretta delle strette d E p i r o , qu a n te n o n n e-d istru sse nessuno che fece g uerra a Tessali. Avendo discorso m olto ancora in q u esta sentenza-, fin p er tal modo. In te rro g Filippo p e rc h egli ten ea con un presidio Lisimachia soggetta agli t o l i , che d a questi ricevuto avea il p reto re e h egli espulse ? P e rc h rid o tti avea in {schiavit i (a6) Giani congiunti egualm ente colla repubblica degli E to li, m entrech di questi era a m ico ? e quale scusa adduceva egli dell o c c u p a r o ra (a7) E chino e T e b e di F t i a , e F arsalo e L arissa ? A le ssa n d ro , ci d e t t o , si tacq ue. IV . Filippo (a8) appressatosi alla te r r a - p i che n o n fece d i a n z i, (a9) rizzatosi in sulla n a v e , disse aver A lessandro sciorinala u n a diceria (3o) etolica e teatrale. Im p e rc io c c h saper tu tti bene , com e nessuno volonta ria m e n te distrugge i proprii a lle a ti, e come i con d ot tieri c o stre tti sono dalle vicende d e tem pi a far m olte

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se con tra il loro Animo. Parlava an cora il re in que- A sta guisa , quando F e n e a , (3 i) che avea gli occhi assai deboli, lo ( 3 a) in terru p pe bruscam ente, dicendo ch egli d e lira v a , dappoich doveasi o vincere p u g n a n d o , o far le com andam enta di chi meglio vaieia. Filippo, sebbene fosse a mal p a r tito , n o n desistette dal suo t e n o r e , ma voltatosi disse: Q uesto, F e n e a , vede eziandio u n cieco; perciocch era egli (33) piccante, e nato fatto p e r m ot teggiar altrui. (34) Poi voltosi d i bel nuovo ad Alessan d ro disse : T u mi d o m a n d i, perch io mi sono pigliata Lisimachia ? a ffin ch , ti rispondo , p e r la vostra trascuraggine devastata n o n sia d a T r a c i , conforme ac cad de o r a , che p e r cagione di questa guerra ne ca vamm o i s o ld a ti, che n on la- presidiavano , siccome tu dici, m a la custodivano. C o Ciani non ebbio gi guer ra , m a soccorrendo Prusia che con essi guerreggiava , cooperai a disertarla p er colpa vostra. Im perocch avendo io e gli altri G reci sollecitati voi con am ba sciate , perch togliate la legge che vi dava la facolt ( 35) di pigliar preda dalla preda ; voi d ic e s te , che (36) torreste I E tolia dall E to lia , anzich questa legge. ' V. Maravigliandosi T i t o , e chiedendo che cosa ci fosse ; il re ingegnossi d isp ieg arglielo dicendo , com e gli Etoli h a n n o costum e, non solo d infestare quelli cui fanno la g u e r r a , e di guastare la loro c a m p a g n a , ma e z ia n d io , q u an do a ltri, che sono amici ed alleati degli E to li fra di loro guerreggiano, perm ettonsi nulladim eno (iy ) senza pubblica au to rit di (38) assistere a m e n d u e , e di dep red are il contado di ciascheduno. P e r tal modo n o n v ha presso gli Etoli ( 3g) confine fra 1 amicizia e

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A. d i R. P

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inimicizia ; m a a chiunque p e r qualsivoglia oggetto c on ten da sono essi pron ti nemici ed avversarli. D onde

h a n n o costoro d u n qu e adesso il diritto d accusarm i, se ( 4 o) am ico essendo degli E toli ed alleato di Prusia, feci qualche male a C ia n i, aiu tan d o i miei alleati ? E ci e h pi grave di tu tto , voi che vi erigete in rivali dei R o m a n i, e com and ate a M acedoni di sgom berare tu tta la G recia (la qual cosa p e r q u a n to generalm ente suoni s u p e rb a , tuttavia tollerabile ove la pronunzino i Ro mani , ma d e tta dagli Etoli n o n p u tollerarsi ) ; v o i , d is s i, di qual G recia volete eh io esca ? e come ne de te rm in ate i confini? Im perciocch la (4 0 maggior p arte degli Etoli n on sono Greci ; la nazione degli (4 a) Agrai e quella degli (43) A p o d o ti, e quella degli (44) Anfilochi non a p p arten en d o alla G recia. ( 45) Mi concedete a d u n q u e cotesti popoli ? V I. Rise a ci T ito . Ma, prosegu il r e , ci bastim i aver d etto co n tro gli Etoli. Q u a n to a Rodii e ad A tt a l o , p e r sentenza di giudice (46 ) im parziale, a miglior diritto dovrebbon essi restituire a noi le navi e gli uo mini presi, di quello che uoi a loro; dappoich (47) n o n abbiam o noi prim i attaccati A ttalo ed i Rodii r sibbene questi n o i , a confessione di tutti. Ci non p e r t a n t o , p e r com ando di t e , restituisco a Rodii la (48) P e r e , a d A ttalo le navi e gli uomini che sono salvi. M a le rovine del Niceforio e del tem pio di V en ere in altro m o d o non posso io r e s ta u r a r e , se n o n se m an d an d o p ia n te e giardinieri, che abbiano cura della coltivazione del luogo e del crescim ento degli alberi tagliati. Riden do nuovam ente T ito del (49) m o tte g g io , Filippo pas-

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gaio agli A c h e i, dap prim a annover i beneficii che A. di R. av ean ricevati da (So) A n tig o n o , poscia (5 i) i s u o i; ^56 d o p o questi addusse la grandezza degli onori che a re di M acedonia conferiti furono dagli Achei; e finalmente lesse il decreto della loro ribellione e del loro passag gio a Rom ani. D el qual pretesto valendosi parl molto c o n tro gli A c h e i, ap po n en do loro perfidia ed ing ratitu dine. T u ttav ia, disse, che restituirebbe Argo, ma (5 a) in to rn o a C orinto delibererebbe con T ito . V II. P o ic h ebbe cosi ragionato cogli altri, dom and a T ito , dicendo e h egli indirizzava il discorso a lui ed a R o m a n i, se credeva dover s sgom berare le c itt ed i luoghi della G recia che avea conquistati, o quelli an c o ra che ricevuti avea d a suoi maggiori? T a c e n d o que gli , s accinsero tosto a rispondergli A risteneto pegii Achei e F e n e a pegli Etoli. M a essendo gi il d presso al suo te r m in e , n o n ebbero questi agio di p a r l a r e , e Filippo chiese che gli dessero tu tti p e r iscritto le con dizioni a cui doveasi far la p a c e , dappoich essendo s o l o , n o n avea con chi consultare ; (53) laonde essere sua volont di ria n d a r e p on d erare seco le cose che gli venivano com andate. T ito non senza piacere udiva (54) le'fa c e z ie di F ilip p o , m a n o n volendo che agli al tri sembrasse n o n aver egli re n d u ta a lui la p a rig lia , cos disse : M e rita m e n te , F ilip p o , ora sei s o lo , avendo fatti perire tu tti gli amici eh 1 erano i tuoi migliori con siglieri. Il M a c e d o n e , (55 ) sogghignato a m a ra m e n te , si tacque. Allora com unicarono tutti a F ilippo p e r iscritto le loro in te n z io n i, conseguentem ente a qu anto abbiam d etto d ia n z i, e se p a ra ro n s i, stabilendo di trovarsi an-

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A. di R. cora il < 1 1 seguente in (56) Nicea. Il giorno appresso

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venne T ito al luogo d e stin a to , dov erano tutti; ma F i lippo n o n comparve. V i l i . E ssendo la giornata molto a v a n z a ta , e dispe ra n d o quasi T ito , giunse Filippo verso sera con quelli ch e 1 aveano prim a accom pagnato , consum ato avendo il d , siccome egli dicea , nell imbarazzo e nella diffi co lt che gli recavano le cose a lui im poste ; ma sicco m e sem br agli a l t r i , con anim o di torre agli Achei ed agli Etoli il tem po daccusarlo. Im perciocch partendosi il giorno antecedente veduto avea 001 erano am endue ap parecchiali a con ten dere con lui ed a lagnarsi dei fatti suoi. Il perch allora pure a p p re ssa to si, chiese al d u ce deRomani di abboccarsi con Ini privatam ente in to rn o alle em ergenti c irc o sta n z e , affinch ( 5 7) no n si facessero soltanto altercazioni da am endne le parti, m a si ponesse un qualche fine alle dispute. E d invitandolo egli sovente ed insistendo , dom and T ito a quelli che erano presenti, che cosa fosse da farsi ? C onfortandolo essi ad unirsi con l u i , e ad ascoltare ci che d ir e b b e , pres egli (58) Appio C laudio, ch e ra allora tribuno, ed agli altri disse che scostatisi un poco dal m are col ri m a n e s s e ro , m entre ch egli ordin a Filippo d uscir della nave. 11 r e , presi seco Apollodoro e D e m o ste n e , sbarc', e venuto a colloquio con T ito ragion lungo tem po. C osa allra p arlato avessero am endue difficile a dirsi. T ito pertan to dopo la p a rte n z a di Filippo espose agli altri queste cose d a parte del re. Restitui rebbe agli E toli F arsalo e Larissa, non gi (59) T eb e; ai Rodii cederebbe la Perea , ma (60) non uscirebbe ' di

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lasso e di Bargilia; agli Achei consegnerebbe C orinto A . d i R. e la citt d A rgo; aRomani darebbe i luoghi dell Illiria e tu tti i prigioni ; ad A ttalo renderebbe le n a v i , e gli uom ini presi nelle battaglie n a v a li, (61) q u an ti ve ne avea. IX. D ispiacque a tutti i presenti questo a c c o r d o , e dissero doversi prim a eseguire la risoluzione fatta in com une (lo che era chegli sgomberasse tu tta la Grecia): altrim enti vane sarebbono e di nessun vantaggio coteste condizioni parziali. Filippo , veggendo la loro garay e , tem endo insieme le accuse , preg T ito di differire il congresso al dimani , m assim am ente perciocch (6a) l ora ta rd a strigneva : ch o li persuaderebb e g li, o si lascerebbe persuadere alle cose eh esigevano. A ccor dando ci T i t o , destinarono di trovarsi sul lido di (63 ) T ro n io , e fratta n to separaronsi. Il giorno appresso vennero tutti p er tem po al luogo destinato. Filippo dopo breve discorso preg t u t t i , e singolarm ente T ito , di non in terro m pere i trattati, essendo la m aggior p arte di loro (64) ridotti a disposizioni a c c o rd e v o li, ma se possibil fosse, convenissero fra di loro circa gli oggetti controversi. C he se ci fare n o n si p o te sse , m and ereb b egli orato ri a l s e n a t o , affine di persuaderlo a conce dergli le cose a lui disputate , o di eseguire i suoi, co m andam enti. Poich Filippo ebbe recato in mezzo cota l.p a r tito , tu tti gli altri d iss e ro , doversi fare app arec chi; di guerra, e n on badare alle sue richieste. M a il ca pitan rom ano disse, non ignorare n e p p u r s, come probabil n o n era ebe Filippo facesse alcune di'quelle cose ch& da lui chiedcvansi; ma siccome la grazia che il re

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A . d i R.

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dom andava non impediva p u n to le loro n eg oziazio n i, cos (65 ) ragion volea che gli venisse accordata, fm percioccli cos pure possibil non era di conferm are alcuna cosa di quelle che trattavansi senza il s e n a t o , e (66) la stagione sovrastante essere m olto o p po rtun a p e r far esperienza della sua intenzione. C he n on p o ten d o gli eserciti operar nulla nel corso dell in v e r n o , n on era fuor di p ro p o s ito , anzi conveniente a t u t t i , m e tter da p a rte questo tem po p e r riferire al senato le presenti contingenze. X. V acconsentirono subitam ente tu tti iu veggendo che T ito non era alieno dalla relazione da farsi al se n a to , e parve loro d accordare a Filippo eh egli m an dasse u n am basceria a R o m a , e di spedir egualm ente ciascheduno di loro o ratori p e r negoziare col senato ed accusare Filippo. R iuscendo l affare a T ito nel con gresso (67) secondo il c o llo q u io , secondo la sua m ente e d i prim i suoi p e n sie ri, si mise in c o n ta n e n te a com piere i suoi disegni, assicurando s stesso con ogni dili genza , e non dando a Filippo nessuna prerogativa } perciocch concessigli due mesi di tr e g u a , gli ordin che in questo tem po consum asse la sua am basceria a R o m a , e tostam ente cavasse i presidii dalla F o c id e e dalla L ocride. (68) Dispose poi con ogn industria , che a suoi alleati in nessuna guisa fatto fosse iji quell in* tervallo di tem po oltraggio alcuno da M acedoni. S critta eh ebbe questa convenzione con Filippo, m and da s ad effetto il suo proponim ento. Sped tosto A m inandro a Roma , sapendo eh egli era abile a m a n e g g i, e che facilmente secondati avrebbe gli amici che col area ,

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in q ualunque p arte fossero p e r trarlo , oltrech avreb- A. di R* be (69) aggiunto splendore all am basceria ed eccitata 556 grande aspettazione p e r via del nom e di re. Pscia m and da p a rte sua p e r am basciadori Q u in to F a b i o , ch era (70) figlio della sorella di sua m o g lie , e Q u in to Fulvio, e con essi Appio Claudio cognom inato N erone. Pegli E toli an d a ro n o rato ri Alessandro Isio, D am ocrito c a lid o n io , D icearco tric o rie s e , Polem arco (71) arsi-' n o e s e , L am io am braciota , Nicom aco (72) a c a rn a n e ; p e fuorusciti di T u rio abitanti in A m b ra c ia , T e o d o to f e r e o , esule dalla T essaglia ed abitante in S tra to ; pegli' Achei Senofonte egieo; pel re A ttalo, Alessandro solo ; pel popolo d A tene Cefisodoro ed altri. X I. C ostoro vennero in R om a avanti che il senato deciso avesse in to rn o a m aestrati creati in quell an n o , se fosse d uopo m and are (73) am endue i consoli nella G a llia , o l uno di loro con tro Filippo. M a (74) accer tatisi gli amici di T ito che am en du e i consoli (75) re sterebbero in Italia p er cagione del pericolo che sovra stava d aGalli, en tra ti tu tti in senato, accusaron aspra m ente Filippo. Dissero adu n qu e le stesse cose ch espo ste avean gi prim a dinanzi allo stesso r e , m a questo ingegnaronsi tutti con ogni studio d inculcare al se nato , com e finattantoch Calcide, C orinto e D em etriade soggetti fossero a F i li p p o , i Greci non p otrebbono (76) concepir pensiero di libert; (77) dappoich Filippo stesso diceva, e verissima affermavan essere cotesta as serzione , che gli anzidetti luoghi erano le (78) pastoie della Grecia. Conciossiach n il Peloponneso resp irar potesse stanziando in C orinto un presidio r e g io , n i

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f. di il. L o c r ii, n i B eozii, n i Focesi p rend er a n im o , meii5 56 trech Filippo occupava (79) Calcide ed il resto del1 E u b e a ; n i T essali, n i M agneti (80) gustare giam mai la lib e rt , tenen d o Filippo co Macedoni (81) Dem etriade. Il perch se Filippo dicea che sgom brerebbe gli altri lu o g h i, ci n o n era che a p p a r e n z a , a fine di fuggire la presente tem pesta ; ma quel giorno che vor rebbe , di leggieri ridu rreb be u n altra volta i. Greci in suo potere, ove p a d ro n e fosse de luoghi summ entovat Q uindi pregava il s e n a to , o costringesse Filippo a d uscire di cotestt citt, o insistesse nel proponim ento, ed aspra gurra gli facesse. Im perciocch la p arte p i grande della guerra gi (82) era c o m p iu ta , essendo i M acedoni prim a stati dne (83 ) volte sc o n fitti, e consu m ate avendo quasi tu tte le provvigioni (84) che loro, forniva la terra. C i d e t t o , esortarono il s e n a to , n o n defraudasse i Greci della speranza di libert, u s& me.*desim o spogliasse di cos bel titolo di gloria. Quest e simili discorsi furono pronunziati dagli am basciadori d e Greci. Quelli di Filippo acconciatisi ad u n a lunga d ic e ria , nel bel principio furojj interrotti ; perciocch, interrogati se sgom brerebbono C a lc id e , C orinto e D e m e t r ia d e , dissero non avere in to rn o a ci incum beuza alcuna. Rabbuffati adunque d a padri cessarono p e r tal: guisa di ragionare. X II. Il senato sped am endue i consoli in Gallia , conform e dissi di s o p ra , e decret ch e (85 ) avesse asta r ferma la guerra c o n Filippo, d a n d o a T ito la cura, degli affari della Grecia. Essendosi col risapute p re stam ente queste c o s e , (86) tu tto procedeva a T ito se*.

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onda i t suo d e s id e r io , cooperandovi alcun p o co la A. di R fortuna, m a m olto pi perch ogni faccenda con prov- **56 videuza am m inistrava. C onciossiach fosse egli oltre ogni a ltro ro m a n o sa g a c e , e- con ta n ta aggiustatezza e prudenza conducesse n o n solo le pubbliche im p r e s e , ma eziandio i negozi! p r iv a ti, che nulla pi. E n o n di m eno era m olto g io v in e ; ch oltre tr e n t ann i nor a v e a , e fu il p rim o ch e con u n esercito pass in Greci*.

X III. (87} A me accade spesso di stupire degli erro ri St um ani, e m assim am ente in ci che riguarda a traditori. VaUs. Q u in d i soglio in to rno ad essi ragionare qu an to si c o n viene alle circostanze. Sebbene io n o n ignoro essere questo luogo alquanto (88) difficile a com prendersi ed a d efinirsi; dappoich chi debba veram ente stimarsi tra d ito re n o n pu di leggieri essere determ inato. Im p erciocch egli m anifesto , com e n coloro c h e , a cose s a lv e , (89) ferm ano societ e o a certi regi o p o te n ta ti , h an n o tosto a reputarsi traditori ; n quelli che (90) pelle vicende d e tempi recano la loro p a tria (91) d a certe amicizie e d alleanze presenti ~ad altre : ch assai ne sono lungi ; posciach sp essa cotali uom ini autori furono alle loro patrie de maggiori beni. M a affinch n o n traggiam o gli esempi da lo n ta n o , facil co m p ren d ere ci che dicem m o dalle stsse cose che abbiam o p e r m ano. (92) Im perciocch se allora Aristeno trasferiti n o n avesse gli Achei dallalleanza di Filippo a quella d e R om ani, c e rto egli che cotesta nazione al o l i b i o , tom. v t.

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A. di R. tutto sarebbe perita. Ma o r a , oltre alla sicurezza che 556 nello stesso tem po ne deriv agli Achei, della cresciuta loro p ro sp erit m anifestam ente fu autore 1 uom o suro* m entovato (g 3) m ediante quel consiglio. Il perch tu tti non com e trad ito re il c o n s id e ra ro n o , ma qual benefat to re e salvatore l o n o raro no . L o stesso djcasi degli al tri , i quali secondo le m utazioni de tem pi governano gli Stati. X IV . L ao n d e D em ostene a n c o r a , p e r molti rispetti lodevole , in ci m erita biasimo , e h egli h a d acerbis sime villanie tem erariam en te e senza distinzione colm ati gli uom ini pi illustri della G recia ; dicendo che in A r cadia C ercida e G eronim o ed (g 4 ) E ucam pida eran o trad ito ri, perch aveano societ di guerra con F ilip p o , cos in M essenia i figli di F ilia d e , N eone e T rasiloco \ in A rgo M irti, T eledam o e (96) M nasea; egualm ente in Tessaglia D aoco e Cinea ; presso i Beozii T eog ito n e e (96) Tim olao. Insiem e co n questi (97) molti altri a n noverava , nom inandoli secondo le rispettive c itt ; q u an tu n q u e tu tti gli anzidetto m olte bu on e rag ion i a d d u rre potessero in difesa del loro p r o c e d im e n to , e so vra gli altri quelli d Arcadia e di Messenia. Im percioc ch q u e s ti, (98) tra tto Filippo nel P e lo p o n n e s o , e d umiliati i L a c e d e m o n i, prim ieram ente fecero s , che tu tti gli abitanti del Peloponneso respirassero e con ce pissero idea di lib e rt ; p o s c ia , ricu perata la cam pagna e le citt che i L acedem oni tolte aveano n e loro pro speri tem pi a M essenii, a M ega lo p o lita n i, a T e g e a li , agli A rgivi, accrebbero senza dubbio le loro patrie. In benem erenza delle quali cose n o n doveano combattei,^

T9

con F ilippo e co M a c e d o n i, ma tu tta la loro possa A. di im piegare nella gloria ed o n o re di lai. C he se avessero ci fatto, o ricevendo da Filippo guernigiooe nella p a tria , o abolendo le leggi tolta avessero la libert e franchigia d e cittadini, p e r pro cacciare a s ricchezza o dominio ; degni sarebbono stati di siffatta d en o m in a zione. Ma s e , conservando i diritti della p a t r i a , diffe riro n o nel giudizio in to rn o a pubblici a f f a r i, stim ando no n essere vantaggioso alle loro c itt ci che lo era agli Ateniesi : n on dovean essi perci essere chiam ati trad i to ri da D em ostene. Ma egli m isurando ta tto sali utilit del proprio paese, e cred eud o che tulli i G reci avessero a volgere gli occhi agli A te n ie s i, altrim enti (99) doversi qualificare tr a d it o r i, mi sem bra aver e rrato e m olto de viato dalla verit : ta n to p i , che le cose che allora ai G reci accaddero non a ttestaro n o a D em ostene d aver be n e provveduto all avvenire, m a l a ttestaro n o ad E11cam pida ed a G ero nim o , e a C e rc id a , ed a figli di F iliade. Im perciocch la coutesa degli Ateniesi con F i lippo a (100) tal fine r iu s c , che le maggiori calamit e s p e rim e n ta ro u o , poich ro tti furono nella battaglia di C h ero n ea : e (101) se n o n fosse stato p e r la generosit del re e p er il suo am o re di gloria , p i lungi sareb b o n o progrediti nelle sciagure m erc del governo di D em ostene. M a per via degli uomini anzidetti fu in co m une agli A rcadi ed a Messenii procacciata salvezza ed a v v ia m e n to co n tro i L aced em o n i, e s e p a r a t a m e l e n e seguirono alle loro patrie m olti vantaggi. XV. A chi d u o q u e m eritam ente si conferisca siffatta denom inazione, difticil a determ inarsi ; ma pi s ac-

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A. di R costa alla verit colui che l app o ne a q u e lli, che negli 556 (103) sconvolgimenti estremi in grazia della p ro p ria si cu rezza ed utilit , o della dissensione col p a rtilo con tra rio , consegnano a 1 nemici le c itt ; od eziandio a quelli che in troducendo un presidio , e valendosi degli esterni aiuti peproprii desiderii e p ro p o n im e n ti, assog gettano la patria all arbitrio d e pi polenti. C ostoro tutti ( i o 3) m eritam ente si p o rra n n o nella rubrica dei traditori ; i quali nessun vero em olum ento o decoro percepirono giammai, sibbene il c o ntrario , conform e a tutti manifesto. Q uin di d a maravigliarsi , siccome dissi d a p p rin c ip io , a che m irando , e da quali ragiona* m enti indotti in cotale ( i o 4)sciauratezza precipitano. Im perciocch non rim ase giammai celato nessuno che tra d citt, esercito, o presidio : ma q u a n d an che nello stesso tem po della pratica n on fu c o n o s c iu to , 1 avve nire sem pre il discoperse. N essuno p e rta n to , quand o fu riconosciuto , ebbe vita fe lic e , m a il pi delle volte d a quelli m ed esim i, a cui co m p iacq u ero , ricevono l a deguata punizione. Conciossiach ( i o 5) valgansi sovente i capitani ed i potentati de traditori pel loro vantag gio ; ma q u a n d o non ne hau pi bisogno , li trattan o co m e tr a d i to r i , secondo D em ostene ; e b en e a diritto , stim ando che chi h a trad ita la patria ed i vecchi amici, n o n sar mai a d essi affezionato, n serber loro la fede. C he se scam pano dalle m ani di q u e s ti, n on isfuggono facilmente chi fu d a loro tra d ito ; e se pura dalle insidie d am endue si so ttra g g o n o , la fama ultrice (106) ovunque sono uomini li perseguita p e r tutta la v i t a , e molti falsi t e r r o r i , e molti veri para

21

loro dinanzi di giorno e di n o t t e , e p re sta assistenza A . di A e d suggerimenti a tu tti coloro che m editano qualche ^ 4^ m ale c o n tro di essi: finalmente n on lascia loro d im e n ticare i delitti n e p p u r nel s o n n o , ma li costringe a so g nare ogni genere d insidie e di tristi vicende , conscii com e sono dell alienazione di tu tti e dell odio univ er sale verso d i loro. T u t ta v ia , cos essendo la bisogna , n o n m anc mai u n tra d ito re a chi n ebbe m e stie ri, se n o n se a pochissimi. D onde m eritam ente d ir a s s i, che l u m a n genere sem brando il pi astuto fra i v iv en ti, a b u o n diritto p otreb b e rep utarsi il pi vile. Im p ero cch gli altri a n im a li, servendo a soli appetiti del co rp o , c a d o n o p e r questi soli; (107) laddove il genere um ano pecca cos p e r essere re tto dalle opinioni, com e p e r di fetto di ragione e p e r na tu ra . T a n to basti aver detto in siffatto argom ento. X V I. (108) Il re A ttalo era in addietro p u re g ran d e m ente o norato d a cittadini di S ic io n e , d acch egli avea loro risc a tta ta la cam pagna sacra d Apollo p e r non pochi d an ari. In benem erenza di che essi aveano a lui rizzato nella piazza un colosso di dieci cubiti presso la statu a dApollo. A llora avendo egli nuovam ente dati dieci talenti e diecimila moggi di f r u m e n to , estesero di m olto le dim ostrazioni della loro benevolenza, e gli d ecretaro n o una imagine d o r o , e fecero legge che ciaschedun anno gli si dedicasse un sacrificio. A tt a lo , conseguiti questi o n o r i , se ne a n d in G encrea. X V lI. (109) Il tira u n o N abide, lasciato a co m an d an te

22
A. d i R.

556

d Argo T im o c ra te da P e lle n e , perciocch di lui singolarm ente si f id a v a , e lui adoperava negli affari pi im portanti , ritorn in Sp arta. D opo alcuni giorni m a n d la moglie coll incarico che , giunta in A r g o , s1 occupasse di am m assare danari. Essa , col venuta , m olto ' super R abide in crudelt. Im perciocch chia m ale a s le d o n n e , quali s e p a r a t a m e l e , quali (110) uuite secondo 1 affinit , ogni genere di torm enti e di violenze loro a p p re s ta v a , finatlantoch quasi a tu tte tolse n on solo gli ornam enti d o ro , ma eziandio i vestiti pi preziosi.

FIN E D EGLI AVANZI D EL LIBRO D ECIM O SETTIM O .

SOMMARIO
A G LI AVANZI D E L L IB R O D E C IM O S E T T IM O .

G v C M MJCEDONtC.4 F U M A .

T . Q uinzio e gli a lle a ti vengon

colloqu io

con F ilippo

p r e t t o N icea Richieste d i T ito ( I ) Richieste dt A t ta lo D e R odii D egli A c h e i D e g li E to li ( l i ) O razione d e ll e tolo A le ssa n d ro con tra F ilippo ( III ) F ilippo d isp u ta cogli E to li G li E toli piglian o p r e d a d a lla p r e d a ( IV ) F ilip p o spiega che cosa ci s ia F ilippo rim brotta g li E to li ( V ) R isp o n d e a R odii e a d A tta lo E d agli A c h e i ( V I ) C hiede p a t ti s c ritti S ch erzo d i T ito co n tra F ilip p o con T ito I l colloqu io d ifferito a l seguente gio rn o ( V I I ) F ilip p o viene ta rd i P a rla separatam en te C ondizion i d i F ilippo ( V i l i ) Sono d i T ronio L affare sa p p ro va te d a s o d i C olloquio p r e s s o

rim esso n e l sen ato rom ano ( IX ) C oncedesi tre g u a a F ilip p o M a n d a m i am b a sc ia d o ri a R om a ( X ) P a sto ie de lla G recia A m b a scia d o ri d e G rec i e a l sen a to d i R om a ( X I ) d i F ilip p o innanzi la gu erra con continuata

F ilippo E p ro r o g a to il com an do a Q u in zio ( X II ).

24
Il nom e Ai tra d ito r e non d e e c o n fe rirsi tem erariam ente -

A riste n o non f u traditore ( X I I I ) D em oslene a torto a p p e ll m o lti tr a d ito r i ( X I V ) Chi sia veram ente tra d ito re P re m io d e tra d ito r i V u o m o i i l p ih sto llo f r a gli anim ati

(xv).
A tta lo i h S ic to m .

M e r iti d A tta lo v erso i Sicionii dim o stra zio n i d on ore ( X V I ).


N
jb id e

Sono rim un erali con

T N u a trO

db

a c e d e m o n i.

iF

im possessa d A rg o

C ru delt d A p e g a sua m oglie

( X V U ).

ANNOTAZIONI
A G L I A V A N ZI D E L L IB R O D E C IM O S E T T IM O .

Nella confusione che arrecano i' codici MSS., alcuni d e quali (c p e r avventura i pi antichi) riferiscono le cose qui imitate al lib. x viii , mentrech i pi recenti col xvn le incorporano ; p a r tito pi sicuro non rimaneva che di seguire T . Livio , il quale gli avvenimenti degli anni 555 e 55G comprese nel lib. xxxn, c quelli degli anni 55y e 558, che formano la materia del lib. x v m del Nostro , descrisse nel susseguente x xxm . A questa norm a saltenne lo Schwcigh. nel distribuire le materie che agli anzidetti anni appartengono , e noi 1 abbiamo seguilo. (1) t e n u t o i l tem po conce rta to . a svernare in questa provincia Avea gi , secondo Livio venne (xxxu, 3a) T ito Quinzio presa Eiatea nella Focide, e disponevasi e nella L ocride , quando u n banditore da parte del re Filippo pe r chiedere il colloquio qui ram m entato , che dev essere stato eseguito nel verno del 556 , quando in R o m a creavansi i nuovi consoli. (2 ) N a v e rostrata. Cos chiama Livio (1. c. ) quel vascello che il Nostro denom ina z r f l i h s (pristis). La circostanza che F i lippo montava questa nave non accennata da Livio.

26
(3) d e lia A e . Parteggiava costui per Filippo, e fu per tal ca gione espulso dagli A c h e i, di cui egli era stato pretore, confor m e bassi da L ivio (xxxir, 19). Il luogo in alcuno de libri ante cedenti , dove smarriti. (4) Re A m in a n d ro . Prima menzione di questo principe degli Atamani, sotto il nome di A m in a, fa il Nostro nel lib. iv, cap. 1 6 , dove leggasi la nota 71 , ed in appresso ne parla egli ancora ne libri x v w , xx, x x n . D ingegno quanto mai altri ver satile , fu costui a vicenda alleato di Filippo , degli Etoli e dei Romani. (5 ) A risten o. Questi era- stato pretore degli Achei dopo Cicliadc. Aristeneto il chiama Plutarco (in Philopoem ., pag. 363 e il Nostro parl del costui bando , tra gli

366 ) , ma L ivio scrive costantemente A riste n o , e cos Pausatila. Il Nostro 1 appella con amendue i nomi , xxv , g.
(6) A c esim b ro to . In L ivio costui nom alo Agesimbroto. (7) R im an eva in su ll n c o ra . Amerebbe lo S c h w e ig h ., se condo che dice nelle n o te , d*aver qui tradotto in a llo , in m ari m an ebai, anzich col Casaub., il quale segui Livio, in a n c h o ris sta b a l. Ma significando il f i i ' t u f t t che usa Polibio in questo luogo il trattenersi in mare , cosi ancorati com e non ancorati, conforme prova lo stesso commentatore sullautorit di Tucidide, di cui adduce parecchi p a s si, e non essendo probabile che F i lip p o , il quale era venuto ad un abboccamento, lasciato avesse il vascello su cui navigava in bala delle onde; io non volli omet tere circostanza tanto essenziale, che lo storico romano pure ri conobbe e credette necessario d esprimere. (8) M a diffidare ec. Nou solo degli E toli avea Filippo ca gione di diffidare, ma eziandio degli Achei, che Aristeno, m entrech era loro pretore , tratti avea al partito de R o m a n i, sic com e riferisce Livio al libro xxxu , 3 2 , dove leggesi 1 orazione dell anzidetto maestrato a colai fine diretta. - Del resto merita dessere notata la pi ingegnosa che vera distinzione fatta da F i lippo tra il tem ere e il diffidare , e l ipocrisia di lui c h e , gua

37
stando il territorio degli Etoli , abbrucialo avea il tempio di T e rm o con tutte le ricche suppellettili di. che era adorno ( v , 6 seg. ) , ed intorno a Pergamo avea fatto strazio de luoghi al -culto degl Iddii consecrati ( xvj, i ). Immaginavasi egli pertanto di dare alla sua paura il colore di prudenza , e di far credere com e in quell incontro fuggiva il pericolo della morte, non per difetto di co ra g gio , sibbeue peli amore che portava a sudditi, i quali , ov egli fosse p e r ito , non avrebbon avuto tostamente chi li reggesse.

(g) V

o pportu n it. Cio a dire 1 occasione e . la

facilit d

nuocersi reciprocamente ; n pu riceversi l interpetrazione del R e isk e , secondo il quale x x i f t t qui sarebbe quanto tem po con tra rio , a ffa re dubbioso. ( io ) Q u a lch e scia g u ra accadesse. Ho amato d avvicinarmi alla frase greca v x O - tltf l i , che ha un non so che di riserva e di delicatezza; pretendendo Filippo di mascherare con un cenno indiretto 1 odio estremo di eh egli ardeva contro gli Etoli , e che in quella occasione avrebbe potuto partorire la morte del loro pretore. Ci non avvertirono i traduttori latici che scrissero: tu b la lo Phaenea (ove morto fosse Fenea). ( t i ) Che su M a c e d o n i regnasse. 11 /3nnX tvrTtt che hanno tutti i M SS. colla prim a edizione non parmi , secondoch crede lo Schw eigh., tempo presente in luogo di futuro, e m olto meno approverei la correzione in questo senso fatta dal C asaubooo, il quale scrisse dappoich il x<e72t T w * f r (al pre sente) che precede , e che manca dove parlasi di Fenea , deter mina abbastanza la condizione del verbo. Ed infatti, morto F e nea , avrebbono gli E t o li, senza por tempo in m ezzo, eletto od altro soggetto idoneo al supremo maestrato; laddove tolto Filippo no n sarebbonsi tantosto potute recar le redini del governo nell m ani del suo figlio maggiore P e r se o , il quale per relazione di L iv io (xxxi, 28) 1 anno antecedente nella prima guerra co R o m ani era stato mandato dal padre ad occupare le strette della Pclagonia insieme con gente fidala che dirigeya la sua tenera et.

a8
(t? ) A p p a risc e n te. Nel testo Q t t n l f i t i t t , che lo Schweigh* dietro 1 Ernesti Dterpret elaru m , Reiske pretende che 7 * apertura , perspicu u m . Il sia quanto % J if y p c u t t ,

id q u o d nlicu i v is u m , nUum , decretam e st (ci che ad alcuno pare , e h stato risoluto, stabilito). Ma con ragione osserva lo Schw eigh. che , se tale fosse il senso di qnel participio , man cherebbe nel testo l articolo 7 . Tuttavia in ini sembrato che la chiarezza del discorso essere non dovesse una qualit che avesse a vantarsi dal duce romano ; sibbene la sua ragionevolezza, per cui balzava quasi agli occhi e facevas appariscente a chi vi pre stava attenzione. ( 3 ) D o p o la p a c e d e ll E p iro . F u questa conchiusa tra Romani e Filippo in Fenice, citt dellE p iro, mentrech ancora fervea la guerra punica. In forza d essa erano rimasi a Romani nell Illiria i Partini , e Dim allo ed altre citt di quello Stato , conforme leggesi in L ivio (x x ix , n ) . Filippo pertanto, traendo partito dall impotenza in cui erano i Romani dattendere agli af fari della Grecia , per cagione delle armi cartaginesi , avea vio lato quel trattato ed erasi insignorito de luoghi anzidetti, nel possesso de quali egli metteva grande importanza, siccome scorgesi dalla convenzione eh egli fermata avea con Annibaie , rife rita dal Nostro nel lib. v i i , 9 , dove leggasi la nota o. (1 4) T em pio d i V enere. Circa queste empiet commesse da FiUppo da vedersi il primo capitolo del lib. xvi. (1 5 ) I l territorio continentale. I l i f a t a ( Peraea , da zrifcLr. d i l , d a ll a ltr a p a rte ) questo tratto di paese chiamato da Polibio. Livio ( x x x i i , 33 ) in tal guisa ne parla : regio e s t c o n tin en tis a d v e r s u s insulam , vetu stae eoram dition is. Cosi de nomina Plinio P era ea la parte pi piccola della G iudea, ch e per rispetto.alla maggiore giace di l del Giordano ( v , i 5 , ). Cotesto territorio pertanto , che da tempi remoti apparteneva al dom inio de R o d ii, e probabilmente giacea nella Doride di rin-' contro alla punta settentrionale di Rodo , non dee confondersi

colle citt di lasso , (16) Perintii.

Bargilia ed Eurome qui tosto nominate , le L i v io , ed eziandio nella

39

quali situate erano nella Caria, seggetta allora a re d Egitto. N elle edizioni di correttissima del Drakenbrch leggesi in luogo di Perintii P anop o l i , che noa pu stare. Era Perinto citt della Tracia sull Propontide. D i lei fassi ancor menzione nel trattato di pace con Filippo riferito al lib. xviu, 17. (17) A le s sa n d r o sovran nom alo Isio. Senza questaggiunta il qualifica L ivio uomo depriocipali tra gli Etoli, e facondo quanto un Etolo poteva esserlo. (18) E f a r cose d a ch i guerreggia. Ho creduto che non debba suonar male nel nostro idioma la versione letterale del greco * w c ti 7> 7* 7 'ify * .

1 traduttori latini
seguenti

snervarono questa energica fra se, rendendola per le priet della lingua latina sopportava un all espressione del testo. t (19) Im perciocch ec.

parole : et om nia fa e e r e quaecunqtle h ostes so le n t. N la pro maggior avvicinamento

Vedem m o infatti nel principio del

lib. v di queste storie, com e F ilip p o, m enlrech gli Etoli avean invasa la Tessaglia, non venne gi seco loro a giornata, ma entrato nel loro- territorio fece col i pi orribili guasti.
-, ( 3 0 ) Contr A n tigon o.

A costui tocc

nella divisione che fu

fatta dell impero d Alessandro Magno le Panfilia , la Licia e la Frigia maggiore; ma Perdicca il quale per Arideo, fratello dA lessandro e successore di lui nella dignit regia , governava la Macedonia, gli mosse guerra. Di questa come s ebbe sbrigato V into costui ancora, occup pella morte di P erdicca, gli fu addosso Eumene , altro preten dente al trono della Macedonia. egli 1 Asia m inore tutta , quando 1 assaltarono Tolem eo signore dell E g itto , di Cirene , Cipro e Fenicia , regioni del Ponto , e Cassandro che domi dell Asia nava la Macedonia, Lisimaco che padron era della Tracia e delle Scleuco eh erasi impossessato maggiore. Di costoro pure riport egli vittoria, e fu il primo tra su ccessori d Alessandro che insieme col figlio Demetrio si eia-

3o
sero la regai benda. V . G u stin ., xm , x iv ; Diod. Sic. , x v m ,
XIX , XX.

' ( a i) L a ste ssa ec. Demetrio figlio d Antigono , assalito di bel nuovo dagli stessi nemici, tocc una grande rotta, nella quale il padre lasci la vita. Recossi poscia in M acedonia, chiamatovi da Alessandro figlio di Cassaodro , in aiuto contro il proprio fratello; ma Demetrio luccise, ed usurp la Macedonia. Movendo egli pertanto colle forze del nuovo regno per occupare l Asia , gli si fecero incontro i tre sovrani gi da giunse Pirro re d Epiro. leuco. G iu stin ., xv. (22) P er qu este a cq u ista sse ro ricch ezze. LO rsioi cangi pel primo liTUrd-xi ( esser viuti ) di tutti i c o d ici, che darebbe un senso contrario a quanto volle qui esprimer loratore, in j y i ed ebbe a seguaci il Casaubono e lo Schw eigh. Ma ove riflettasi che questo verbo non significa gi signoreggiare citt , sibbene condur eserciti, o parte di questi ; non sembra che sia gran fatto da approvarsi 1 anzidetta len tiu s im perium haberent. correzione. In tale oscurit c i porger L ivio la necessaria luce, il quale (l. c.) scrive, q u o opa^ Trattasi qui adunque di trovare un verbo di struttura simile al volgato , eh esprima possessione od acquisto di ricchezze , e 1 abbiamo nel x 7r 3 u<, gi subodorato dallo Schw eigh. , ma da lui genitivo ha Polibio. rifiutato , perciocch va costruito coll accusativo , mentrech non la& lu s ( u i x i i c ) , ma 7 7 nel Ci non pertanto ove si suppongano smar il l e i l t i t potr stare col rite nel testo le parole I h t lui vinti , cui si ag una battaglia Sconfitto da questi in

cam pale, e circondato da tanti eserciti, si arrese vilmente a Se-

xlairB-xt, e la sentenza sar: (affin ch v in ce n d o ) acqu istassero, c itt fo r n ite d i ricch ezze; lo che meglio eziandio saccorda eolie espressioni di Livio. L altra lezione proposta dallo Schw eigh.
kI x j S x i

(c h e c o sa ? ) x ) x u f i ' m i t

non pu certamente vincitore avesse a

ammettersi ; a nulla dire della bizzarra spiegazione che d il Reiske a quell assurdo iTlZrB i n , quasich il rimaner vinto dall amore pelle citt che ha conquistate.

3i
(q3 ) Sterm inare p e rta n to i p a e si ec. Livio: nam d e quorum p ossession e dim icetu r tolentem , n ih il sib i p ra e te r bellum relinquere q u o d consilium est? Dove sono da notarsi alcune cose. In primo luogo quell indeterminato trtp Z t, renduto datraduttori latini per quorum caussa , ho creduto dovere , attenendomi bIIo storico romano , qualificare per p aesi. Poscia ho rifiutato il b illu m interim ipsum relin qu ere del Casaub. , copiato, bench nelle note disapprovato dallo Schw eigh., il quale giustamente d ad iu T tr il significato di so lo , che concorda col n ih il sib i p r a e t e r di Lirio: gravissima riflessione dell Etolo , donde meglio che dall altra versione chiaro apparisce l assurdo di continuare la guerra , quando n distrutta la causa, col so lo scopo di guer reggiare ( 34) T a n te citt d istru tte . F ilippo, battuto dal consolo F laHtioino nell E p ir o , ritirassi fuggendo pelle strette de monti che da questo regno conducono nella Tessaglia, bruciando le citt, e trasbinando seco gli xxxii, <3 . uomini che poteano seguirlo. V . Livio ,

( l 5) U sciva in f r e t t a . Non piacque al Reiske la frase del N o stro , w l t t i -74 tra-vJtt, (verbalmente f a r e la f r e t ta ) se non s e 'c o lf agguati* di 7j f tv*.>ct 5x, d e l ritorno , cui lo Schw eigh. ?tterei>M d i sostituire 1 equivalente

1w * t * y y f . Ma consi

derando gli strani significati che ha talvolta questo verbo, tra i quali meno strano del presente non al certo quello di toccare ma sco n fitta , espresso per w t t n t lU t f l a t , che riscontrasi nel H k V , 1 , io D in h o ritenuto il se receperit ( si ritirasse ) della .Mftiofae latina. ,-ti{fi) Giani. V . x v , a e seg. (37) E chino. Circa 1 espugnazione di questa citt fatta da Filippo sono da leggersi i capitoli 4 > e 4 a del lib. ix. Fassi pur menzione di questa citt e delle altre che qui seguono , ritenute da F ilip p o , nel lib. xvih, 4 [(38) A p p re ss a to s i a lla terra. Livio dice aver Filippo ci fatto perch meglio fosse udito , ma non rifei isc egli il suo discorso

32
interrotto da Fenea che qui leggiamo-, spacciandosi col farne asapere che aveva il re incominciata una diceria violenta , massi mamente contro gli Etoli. (39) R izzatosi. Livio omette questa circostanza eh pur ca ratteristica in chi irritato, comera F ilippo, dalla franchezza del l avversario con impeto prende a parlare. Il Reiske osserva, freddamente che il re sedeva mentrech ascoltava i suoi accu satori, e che surse per difendersi; dappoich ritti stavano coloro che discorrevano. (3 0) Etolica. Fallace e perfida. Reiske. - T eatrale. rit . L o stesso. (3 1) Che avea g li occh i a ssa i deboli, Chfe d i tal tempra avean m asch erata ,

fama gli Etoli, ed il loro nom e era per tal conto odioso Greci . P om posa , ap p a risc e n te , ' eh esternamente avea molto splendore ed internamente poca ve

4 che

riuscir voglia,

questa particolarit , notata qui dal N ostro, non vedesi nella interpellazione di Fenea. Meglio avvisossi Livio, di porla nella ri sposta frizzante di Filippo: a d p a re t id q u id e m , inqu it P hilipp u s , etiam c o e c o : jo c a tu s in valetudinem oculorum Phaeneae. ( 3 a) in te r r u p p e sarebbe bruscam ente. ' T a t u a t i ha il lesto , quanto itliM y t, c o n tra d d isse . Ma che secoudo Esichio

presso (*) Aristofane ( Ecclesiartuzae, 5 8 8 ) i l i l v u i , eh 1 equivalente d i t i i X t y m , distinguasi da i w x f v a r , la di cui composiziqne abbastanza dimostra il suo significato d interrom pere con istrepito e villanamente. Livio scrive semplicemente interfatu s. - Del resto trasse con ragione lo Schw eigh. le parole v i tr X t l tt ( assai ) alla cecit di Fenea , espressa colla frase le t c i fiftcurit (indebolito negli o c c h i ) , e n o i l ab biamo seguito. (53 ) Piccante. Non avrei difficolt di ricevere nel testo la lezione i v S n x lts suggerita da Enrico Stefano (Thes. graec. lDg.> (*) Mi) u* v rfiT ip tt ftv& i( ftS t ct/lifw n fmf" i w x f v t y N essu n d i v o i p ria c o n tr a d d ic a , n schiam azzi.

33
t, i , col. i56o) ed approvata dallo Schweigh., io luogo del volgato vS-txTtf; dappoich B l y t n solo to cc a re , p a lpare , lad dove S t ' y i i t significa a g u zza re , re n d e re a p p u n ta lo , ed ia senso metaforico pu benissimo applicarsi all acutezza della m ente che produce i pungenti sali del discorso. (34) P oi voltosi di b el n u o v o a d A le s s a n d r o . 1 interruzione fatta ila F enea al discorso Livio , dopo e 1 arguto di Filippo

motto col quale questi spacciollo , n o n osserva il rivolgimento della parola a colui che pegli Etoli avea pero rato ; particolare che d alla risposta del macedone 1 apparenza di ragionamento ; laddove V indignari iride coepit, a cui appiccate sono le lameutanze di quel re , converte silFatta risposta in una rabbiosa invettiva. (55) D i pig lia r p re d a da lla pre d a . 11 Reiske confessa di n o n com prender bene questa frase , n 1 altra che segue di t ra rr e r Etolia d a ll E tolia , c pro p o n e u n assurda emendazione , ovverauiente , lasciando il testo i n t a t t o , una spiegazione vie pi assurda. Lo Schweigh. crede, che gli Etoli stessi inventato aves sero questo modo di dire , legittimando quasi il loro procedere. Im perciocch venivan essi per questa definizione che di questo guisa a predare ci che apparisce dalla a T. Quinzio. gi da altri era stato predato , conforme chiaro

proverbio Filippo d

Livio mette bens la cosa in bocca al re , ma non riferisce que ste significanti parole del Nostro , n la curiosit che eccitarono nel duce rom ano di conoscerne il senso. (36) T o r r e s te V E to lia d a ll E tolia. Cos disse Cicerone : ho m in e m e x h om ine e x u e re ( spogliare 1 uomo dall uomo ). E gli Etoli dissero che preferirebbono di cavare V E to lia d a ll E tolia, e di non essere pi Etoli, anzi che a brogare cotesta legge . S c h w e ig h . (3 7 ) Senza pu b b lic a auto rit . Affinch gli altri credano che siffatto ingiusto procedimento arbitrio sia d alcuni p a rti c o la r i , e non disposizione del governo. T an to rispettano i malvagi stessi l apparenza della virt, ed i delitti che comm ettono n o n osano di professare.
POLJBIQ ,

lom. FI.

34
( 38 ) A ss is te re am endue. Il Reiske leggendo in Livio: ut . . utraque p a rie A e lo lic a au x ilia con trariae p e rsa e p e acies in h a b e a n t, m ulo il v f if itp e T tf e n de codici in w u ftltc ti i j i p t I t f t i f , siccom e scrisse lo Schw eigh. nel suo testo e noi abbiamo tradotto. Meno bene suona : t r x f i f t Q t l t f t t s 7 7* t r t X i f t t v n w X ifcili che allo Schweigh. non dispiacque. (3 g) Confine f r a F am icizia e l inim icizia. N el lib. iv, c. 67 , disse il Nostro colla medesima frase che qui riscontrasi : non avere gli E lo li confine f r a la guerra e la p a c e , dove leggasi la nota 381 circa i motivi che m indussero a deviare dall in terpretazione dello Schw eigh. (4 0) A m ic o e sse n d o d e g li fitoli. Cio in pace con loro. - A l leato d i P ru sia , ch quanto socio darmi di questo re, ed unito con lui, conforme dicesi oggid, per via dun trattato offensivo e difensivo. Colesta distinzione trovasi ancora presso i Romani. V . Livio, x l v , a 5 , dove le g g e si, che a R o d ii, per intercessione di M. Porcio Catone, fu accordato che non fossero nem ici, sebbene non si volessero ricever in alleanza. (4 1) M a g g io r p a r te ec. Oltre alle nazioni qui sotto no minate che non erano greche, apparteneva agli Etoli quella degli Euritani , che al dire di Tucidide ( in , 337 ) ne formava la maggior parte , e tanto era lungi dall esser riputata greca , che parlava una lingua del lutto ignota , e tanto era barbara che cibavasi di carni crude. (43) A g ra i. Secondo Stefano bizantino avrebbe Polibio scritto nel lib . x v iu ( sbagliato pel zvn ) 7 y a f 7 5 ' A y p * lu i tS - n t, e sarebbono cotesti A g r e i non diversi dagli A g ria n i ; lo che non v e r o , essendo gli Agriani nazioue della Tracia ben lungi dall E to lia , conforme osservammo nella nota ao6 al lib. n. ' A detta di Tucidide, 11, io a , e di Strabon e, z , 449 c^ e Agre! continuamente li chiamano, passava pella loro regione l Acbeloo disceso dal Pindo. (43) A p o d o ti. Non trovasi altrimenti questa popolazione ia

35
Stefano bizantino (d i cui posseggo l'ed iz io n e d Am st. del
1 6 7 8 );

sib b en e n e fa m enzione T u cid id e (1. c. ) fra quelle dell Etolia. (44) A n filo c h i. C o sto ro , giusta S trab o n e ( 1. c. ) , non m eno qbe gli Agrei , confinavano cogli A carnani m ediante 1 Acheloo ch e bagnava am endue i paesi. (45) M i con ced ete ec. I l ridicolo d i questa parlata in ci con sistev a: prim ieram en te ch e F ilip p o p e r mezzo d u na in te rro gazione cavillosa afferm ava ch e gli E to li a lu i cedevano quelle p erd ere lasciata av reb b o n o la c o n tr a d e , le quali essi anzich

vita; poscia che gli E toli osavano di com and are a F ilip po d uscir delle citt g r e c h e , p erch le avea conquistate e le teneva colla forza , quando n o n voleano re n d ere la libert agli A n filo c h i, agli A podoli ed agli Agrei, ch e aveano in loro p o tere collo stesso diritto ch e F ilip p o i G re c i; finalm ente che p a rlav an o a p r dei G reci e trattavan o la lo ro c a u s a , no n essendo G reci essi m ede simi . R eiske. (46) Im p a r zia le . Q ui si riferisce F ilip p o m anifestam ente al1 esortazione data a Ini da R o m a u i, allorquando d o po la b a t taglia d i Chio egli correv a 1 A ttica, d i r e n d e r c o n to a d A i ta lo tHKAMZI AD OH THIBUI/ALE COMPETESTE d e g li o ltra g g i a Itti f a t t i (x v i,
27)

; e le espressioni ch e usa il N ostro in atnendue i accordam m o

luoghi sono pressoch u g u a li, leggendosi col i i Ir* e qui i i Ir x ftlii. Se n o n ch e nel lib . xvi n o n rispettiva n o ta
162

a ll l u x il significato d 'equo, giusto, p e r le ragioni addotte nella , ed in questo luogo crediam o ch e cotal a g gettivo possa benissim o am m ettere il senso d im p a rzia le , cio di chi u g u a lm e n te prop enso all un o ed all altro , senza ch e si accenni p ro p riam en te alla sua giustizia. . .(4?) N o n a b b ia m o n o i p rim i. D alla descrizione che arreca il Mostro della battaglia di C bio scorgesi che l arm ata d Attalo e d e Rodii assalt quella di F ilip p o , m en tre questi assediava u na c ilji m arittim a soggetta al re di Pergam o. (48) P erea. T e rrito rip suddito ai R od ii nell opposta riva del OPtinenle. . . .

36
(49) M otteggio. Dovea piuttosto Filippo offerirsi di man dare architetti che ristaurassero i guasti da lui fatti nel tempio di Venere e ne sacrarli che vi erano annessi : ma , empio qual egli era, di questa parte pi importante del dovuto risarcimento e pi facile ad eseguirsi non fece motto ; sibbene volt in beffe 1 altra parte eh era d miuor conto , e tuttavia una lunga oc cupazione richiedeva. (5 0) A ntigono. Costui , sovrannomato D o s o n e , era stato zio e latore di Filippo dopo la morte di Degtetrio. Collegatosi cogl Achei li avea liberati dal timore de Lacedem oni, eh' egli sog giog. V . lib. ii, i j e s e g ., 65 e seg. (5 1) I suoi. Nel principio del suo regno avea Filippo fer mato alleanza cogli Achei contro gli Etoli loro comuni n e m ici, e recati loro colle sue armi non pochi vantaggi (iv, i 5 , 26). (5 ?) In torno a C orin to. Avea Filippo occupata questa c itt , chiave di tutto il Peloponneso, siccome parecchie altre di questa parte della Grcia, allorquando egli era alleato degli Achei con tro gli Etoli (iv , 67). (53 ) L aon de essere su a volon t ec. Mancavano ne codici le parole vXttrSxi J t , e le dobbiamo al Casaub., il quale and in luogo di che vi so pertanto errato scrivendo

stitu lo Schw eigh. Ma non comprendo come questi abbia potuto ritenere la versione del primo: velie vero se re v e rti. N elle note spiega egli p e rleg e n s, relegens , ocu lis a e m ente p e r curren s, cui, se non m inganno, corrisponde il nostro riandare, siccome parmi th i v i x l y t i tfo vtx i, re n d e re a s stesso ra g ion e, ragionare seco m edesim o sia adeguatamente espresso col verbo p o n d e ra re unito ovveramente JV al pronome personale. Il R eiske Don ammette laggiunta fatta dal Casaub., e scrive f i* v k iv tr $ * t, iv i xyct itv u tt, il p e r c h i v o le r seco p o n d e ra re ec.; la qual em endazione, a dir vero, conforme gi osserv Io Schw eigh. , non affatto da rigettarsi. (54 ) Le fa c e z ie d i F ilip p o . Djie suoi motteggi sono da no tarsi in questo capitolo. Il primo quand egli , sentito che ' gli

s imponeva di sgombrare le citt della Grecia , chiese ironica* mente , se quelle pure vi erano comprese che ereditate avea dai suoi maggiori : cosa che a nessuno certamente era venuto in capo. Il secondo, al quale propriamente rispose il duce romano, malignamente alludeva al vantaggio che aveano i suoi avversarli nella loro moltitudine. (55 ) Sogghignato am aram en te. Nel testo so rriso a v en d o sardon icam en te: modo di dire tras portato dal fisico al m o rale, per denotare un riso simulato , tendente a coprire 1 amarezza dell anim o, cui la prudenza vieta di prorompere in espressioni di risentimento , sim ile al riso ap parente di quegl infelici che muoiono con distorcimenti della bocca dopo aver mangialo il ranuncolo scellerato ; ch questo 1apium risus del Mattioli in D ioscorid., lib. ir, 171, ranuuc. 3 , V apiaster sa rd u s i Plinio (xx, 11) inettamente appellato herbci S ardon ia da Solino (Polyhist. 10 ) , il quale per avventura sar stato in tempi antichi pi copioso nella Sardegna che non in altre contrade. V . F orcellini, Lcxic. tot. latin ., alla voce s a r d o niusi Ephem. nat. cur. dee. ut, ann. 11, obs. 87. (56 ) N icea. Citt de Locri Epicnem idii nel seno Maliaco. 11 -congresso de giorni antecedenti erasi tenuto in una spiaggia v i cina. Y . Liv. xxxn, 5 a, 35 ; Strab. ix, 4 2^.

3?

(5 7) N on s i fa c e s se r o soltan to a ltercazion i. Il testo ha i'ix


feti X 'ty u tx t / t i j t t tj fttpel'tpxt i i p i p i a n t i t i u t , che i traduttori latini rendettero con sufficiente esattezza: ne utrisque altereantibus v e r ta d u n ta x a t J ttn d e r e n lu r (affinch da amendue -gli altercanti non si facessero soltanto parole). Ma siccome le -altercazioni sono combattimenti di parole , lo che non che significa realmente p ugn a , sebbene leggiera e come *di scaramuccia , cosi ho ristretto -darle maggiore -propriet. (58 ) A p p io Claudio , eh e ra a llora tribuno. Allora : c h
{rascia fu p r e to re , e l a n n o d i R. 56 g fu fatto co n so lo . Reiske. C a d d e la co stui p r e tu r a Bella n n o 5 67 , e s se n d o co n so li M. Emilio

in

volgarizzando la frase per

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Lepido , e C. Flam inio Nepote. Livio, xxviu, Era egli non m eno valoroso soldato che abile negoziatore , conforme da varii luoghi del test citato storico si osserva. (59) T ebe. Cio la T ebe Fliotide, citt della Tessaglia come le due antecedenti. Lavea gi Filippo tolta colla forza agli Etoli cui serviva di nido pelle loro scorrerie a danno de paesi vicini a lui soggetti ; e vendutine gli ab ita n ti, e piantatavi una colonia di M acedoni, l'aveva egli denominata Filippopoli (V . il Nostro, v , 99 , 100). Quindi si comprende perch egli allora non volle restituirla a suoi primi padroni. (60) N o n uscirebbe d i l a s s o e d i B argilia. Queste citt situate sulla costa della C aria, e che ne loro porti poteano dar ricetto ad una discreta forza navale , erano di grande opportu nit a Filippo per sorvegliare i m ovimenti dAttalo ; non cosi la P er ea , priva di Pergam o. (61) Q u an ti ve n a v ea . N on mi dispiace il w t f f t v r t (avan zavano, erano ancor vivi) che lo Schweigh. sostituire vorrebbe al volgalo w i / i i r t da che propriamente significa essere p re se n te , lo che certamente non volea dire Filippo. (63) L 'o ra ta rd a strign eva. Il verbo <rvyxAi/u che qui usa Polibio a lui familiare per esprimere il ridursi ad angustie cosi di luoghi com e di tempi. Nel presente passo la ristrettezza re lativa al piccolo spazio che rimaneva del g io r n o , e la frase del Nostro Sifm tic 'J'i r v y x X t/ n verbalm ente: l o ra s i rid u c e , s i ristrin ge a l t a r d i , a lla sera. Giudichi il lettore con quanta esattezza abbiano rendula questa idea i traduttori latini, scriven d o : quu m p r a e se rtim o r ta (Casaub.) ingruens (Schw eigh.) ja m vesp era diem c la u d e r e t ; essendo opinione dello Schw eigh. che siffatto modo di dire sia quanto : h ora d iei con clu dit illo s in. se ra m vesperam ( 1 ora del giorno li rinchiude in tarda sera ). Peggio lErnesti a d v esperam v e rg e re i (inclinava alla sera), n on avendo giammai n y t A i i i n co tal senso n presso il Nostro n presso gli altri. L Orsini sospettando questo significato scrisse porti e distante dai possedimenti del re di

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n y i c X / n t t contro luso dell*idioma greco. - La circostanza del-

1 ora tarda k sorpassata da Livio. (63 ) T ro n io . Capitale della L o c rid e , poco distante da Nicea,
venti stadii dentro terra. Strali. , x , /fi6. (64) Itidolti ec. nim i sem bralo che 1 espressione polibiana volgarizzata so i ts ni ft < 2a lt til t J'iuS-crit v .y fi i i x t verbalm ente (65) R agion volea.

nasse con non m inore propriet e(l efficacia che nel testo. 'Ekztos/h, che latinamente fu voltato in del verbo , traducendo nel modo licere. Meglio pertanto , cred io , sarebbesi colpita la niente di Polibio e rendnta 1 immagine seguente: effici ut hoc illi c o ncederetur (cos ne seguiva che gli si dovesse ci concedere). Non isfugg all Orsini 1 inconvenienza di siffatto verbo nel significato ricevuto, o n d egli temerariamente volle sostituirvi zrf i r S t v t u ( a vrebbe conseguito pe r via d am basciata ). (6 6 ) L a stagione so v ra sta n te . Cio 1 inverno che s avvici nava, espresso nel periodo che segue. U y e m e in sta n te ha Livio ( xyxii, 5 6 ) . Infatti giunsero gli ambasciadori di Filippo e delle altre nazioni greche in R om a , quando i nuovi maestrati erano gi stati eletti; quindi nel cuore dellinverno. V. il principio del cap. xi di questo libro. (6 7 ) S e condo il colloquio. L e parole di Polibio sono : xctia l \ i rX hoyo*3 Kocet l'o* to v t x a i xoclc 7 ous y ir /i c v s , che io ho riputate abbastanza senza necessit 1 ordine delle idee. J tuX ochiare p e r tradurle let Eccola : q m im e x anim i

teralmente , senz attenermi alla versione latina , ili cui invertito sententia , ut a prin c ip io c o g ilaverat , colloquii negotium cessisset ( riuscito essendo 1 affare del colloquio secondo il suo di visamente , conforme dapprincipio avea pensato ). (6 8 ) D isp o se ec. Di questo provvedim ento e della c onven zione pe r iscritto che Quinzio fece con Filippo nulla leggesi nella relazione di Livio , il quale tace pure i nomi degli oratori m a n dati dagli altri Greci , tranne quello d A m inandro , e parecchie

4
circostanze ancora di quest ambasceria sorpassa, noti dimenticate da Polibio. (69) A ggiun to splen dore ec. Q * t l * r i * t tfi Tre/tirarla, che

Livio tradusse : speciem a d d k n ru m le g a tio n i , rendendo la frase pi compiuta. G l interpetri latini del Nostro a lui s attennero , ed io pure 1 ho segu ilo , voltando in un acconcio vocabolo ita liano il (pcttlatri*. species, ch propriamente aspetto d e co ro so , onorevole , che im pone ven erazione. Non trovo qui pertanto tra lo storico greco ed il romano la discrepanza che rinvenne il Reiske ; sibbene parmi il primo pi esatto nella sua relazioue , annoverato avendo gli ambasciadori greci e romani , laddove 1 altro i romani soli rammenta. (70) Figlio d e lla so rella d i su a moglie. Per decidere se sia figlio di fratello o di sorella iS'tXQis che ha qui Polibio

( che amendue significa il vocabolo greco) converrebbe conoscere il nome gentilizio della moglie di Quinzio. Tuttavia di qualche autorit la traduzione di L ivio che scrive s o r o ris J i li u s , com ed ie non sembri cosi al Reiske. (71) A rsin o ese.
(7 3 )

D Arsinoe , citt dell Etolia, che il Nostro , lo Checch dicano il Reiske e

nel lib. xxx, i 4> chiama A f r i t t i * , A rsin o ia . V . ix, 45 . N icom aco ricam ane.

S c h w eig h ., io mi veggo costretto a difendere la lezione del Casaubono che ho espressa nel volgarizzamento. N fa ostacolo l essere stata Turio , o Tireo siccome 1 appella altrove ( ix, 6 ) P o lib io , o T ir io , conforme leggesi in Livio (xxxvi, 11), (comec ch T h y rrh e u m scrivano col Gropovio e G revio ) ,ed in Stef. biz. citt dell Acarnania , d onde s inferisce che . Nicomaco > scarnane qual egli e r a , pe fuorusciti d e ssa , e non altrimenti pegli Etoli fosse andato ambasciadore a Roma ; dappoich Ambracia presa vent anni prima da Filippo agli Etoli e restituita agli Epiroti ( V . il Nostro v , 61, 6 3 ) conservavasi ancora nel1 ubbidienza di q u esti, ed appena nove anni appresso per pub blico consiglio si diede agli Etoli (Polib., x x n , 9 ; L iv , x x x v w ,

4 e seg.) , e tuttavia il Lamio qui nominato , suo cittadino , aS-

4 *
funse l ambasceria pegli Etoli. Oltrech ove dopo Lamio am braciota si ponesse punto e virgola , e si continuasse cosi : N i comaco a c a m a n e p e fu oru sciti d i T urio a b ita n ti in A m b ra cia ; ci che viene appresso resterebbe sospeso , non apparendo per chi andato fosse T e odolo f e r e o , esule ec. N recher maraviglia che un esule della Tessaglia avvocato si facesse di esuli acamani, quando si consideri clic Strato , dove colesto Teodoto fereo abitava , secondo Strahone , Plinio e Stefano, era citt dell A carnania. (75) A m e n d u e i consoli. Osserva lo Schw eigh. che questi erano A. Cornelio Cetego e Q. Minucio creati , conforme sCorgesi da Livio ( xxxn , 2 8 ) peli anno 5 5 j , ove non hassi a di menticare che questanno emerge dal calcolo di Polibio, non gi da quello dello storico rom ano, che pone gli stessi consoli nel 554* V. la prefazioncella alle annotazioni del lib. xvi. (7 4 ) A ccertatisi. Narra Livio (1. c.) che i tribuni della plebe L. Oppio e Quinto Fulvio aveano indotto il senato a decretare ad amendue i consoli la provincia d Ita lia , i quali tribuni secondo 10 Schweigh. erano forse gli amici di T ilo dal Nostro accennati. In tal caso pertanto avrebbe, a detta dello stesso commentatore, Polibio scritto zs-ezriKrftivatt J i S i* I S t t f l t v Q iX t/t, p e rsu a so 11 senato dagli am ici di Tito , ed allora plice potrebbe adottarsi la correzione del R eiske / t u t u l i t i , f a r r e sta re in luogo del sem
fitteti,

pe r modo che la sentenza sarebbe: persuaso essendo

il senato dagli amici di Tito a far restare amendue i consoli in Italia. Ma quand anche il sostantivo tanto rimoto dal verbo non ingenerasse oscurit , il silenzio di Polibio circa il grado di co testi amici di Tilo toglie ogni probabilit alla circostanza chessi fossero i tribuni nom inati da Livio. Nfe ripugoa alla lezione Vol gata il senso di a c ce rta tis i , dato da noi al w iv i i r f c in > r , e che parecchie volte riscontrasi in questa storia. (75 ) R esterebbero in Italia. E che per conseguente a Fla-* m inino verrebbe prorogato il comando nella Macedonia ; la q u al cosa grandemente incoraggiava gli ambasciadori della Gre-

4 a
eia , che tutta la loro fiducia posta aveano nella prudenza di quel capitano, ad accusar Filippo. (76) C on cepir p e n sie ro , cio ricevere nelP anim o espresse colla evidentissima frase i r u i x t A*/3i 7. (77) D a p p o ich ec. Piena di superfluit nel testo questa sentenza , ed i traduttori latini le hanno in parte conservate. I o m i sono ingegnato di ristringerla senza togliere nulla all integrit del pensiero ed all energia dell espressione. (78) P a sto ie d e lla G recia. ln'Jac v i $us 1Sf v& > c h e leggesi in Strabone , p a sto ie g re c h e ix , 4?8 , ed in le chiama il Nostro ; ma io ho creduto espressione pi esatta i l Appiano , D e reb. Maced. Ecl. 6 , ove sono citate queste parole d i Filippo. Livio pure, x x x u , 37 , ha com pedes G raeciae. (79) Calcide. Era esso il punto dell Eubea pi vicino alla Beozia , e congiunto con questa per via d un p o n te , per modo che Filippo per mare e per terra poteva inquietare dal medesimo la Beozia e le provincie ad essa adiacenti. Della opportunit che avea dinvadere il Peloponneso chi possedeva Corinto non accade parlare. (80) G u stare. Molto giudiziosamente sostitu lo Schw eigh. i y y tvrccrS-xi al volgato tue rag-dui, che nel senso daccendere n o a conviene di certo a quanto voli esprimere Polibio, n combinato con 7ir a i v S i f f a t p u , secondoch crede 1 E rn esti, significare a sp ira r a lla libert, arbitraria essendo cotale spiegazione ed ap poggiata a remote analogie. Tuttavia sembrami aver il Casaub. esagerato 1 effetto della presenza de Macedoni in Dem etriade, traducendo questo passo cosi: v t l levern salteiH gustum aliqu em libertatis p e r c ip e r e , versione che lo Schw eigh. non si cur di modificare. (81) D em etriade. Citt fabbricata da Demetrio Poliorcete re di Macedonia nel fondo del golfo Pagasetico e nel bel cuore della Magnesia, dove questo sovrano colla mira app'unto di tener a freno la test mentovala provincia non meno che la Tessaglia la spe ran za e d il divisam ento d i ria c q u ista re la libert, che il Nostro

formato avea una ragguardevole stazione n a va le, assoggettandosi insieme la deliziosa Tem pe ed i formidabili monti Ossa e Pelione. V . S lr a b ., i x , 436 . (82) E ra com piuta. Qui il codice dellOrsini recava mostruosa scrittura chegli felicemente cangib in 4 quale fu seguito dal Casaub. e dallo Schw eigh. e nella Se non che a

quest ultimo parve poscia che meglio esprimerebbe la mente di P olibio iitffir S - x i, avendo egli pi d una volta usala la frase m t a t f t Tot t r i f t t t in senso di togliere, far cessare la guerra. Ma iifU rb ici che trovasi in un codice di P a r ig i, e che nello stesso significato adoper il Nostro ( z i , 5 i ) combinato col me desim o sostantivo, s avvicinerebbe meglio alla lezione del codice Orsiniano. (83 ) D u e v o lte sconfitti. Una volta da Sulpicio neDassarezii e presso Apollonia ( Liv., x z z i , 4 o ) , 1 altra da Quinzio nelle strette dell Epiro (Id. x x x u , ia e seg.) (84 ) Che lo ro f o r n iv a la .terra. Schw eigh. legge qui * 7 y *
kx' i

Il Reiske , applaudito dallo x a lk S t X a r m , p e r m are

j ie r te r r a : aggiunta ardita non men che superflua. Im per ciocch gli amba sci adori significar voleano che Filippo trovavasi in ristrettezze per le sconfitte toccate e per la mancanza delle vettovaglie pi pronte , che sono appunto quelle di terra. Per m are non gli sarebbe stato impossibile di farsi condurre i viveri, ch questa via non gli era chiusa ; ma per la lontananza e per la invernale stagione che allora correva poca speranza poteva egli porre in siffatti sussidii. Da queste considerazioni indotto io h o ritenuta col G ronovio la scrittura volgala. . 1 (85 ) A v e s s e a sta r f e r m a la g u e rra . Ho trasportato il greco u riti esattamente nella nostra lingua; perciocch di pigne questa frase con vivacit la persistenza del senato nelle disposizioni ostili contro Filippo. 11 d u ra re t de traduttori latini sembrami meno energico. (86) T u tto p ro c e d e v a a T ito ec. Osserva lo Schw eigh. che -Queste parole sino alla fine del capo furono inserite da Suida

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nel suo dizionario , dov egli accolse eziandio qualche brano del seguente capo. (87) A me ec. Polibio fece questa digressione parlando d Aristeno che alcuni incolpavano di tradimento per aver recata 1 amicizia da Filippo a Romani. V . il N o stro , x v i i , 1 ; L iv io , x x x u , 5 a . Schw eigh. (88) Difficile a com pren dersi. A v s & ta p iltr ha il testo che con bene fu renduto in latino ju d ica tu difficilem. 0 t * p i * tras portata dalla vista materiale a quella dell animo significa con lem plazione e stu d io d alcuna cosa , non gi il giudizio d ie ne fa l intelletto e che tiene dietro alla prima operazione. Laonde JurS-sapnltt quanto difficile ad essere conosciuto mediante la contemplazione, a capire nella mente. E d a definirsi. Avrarp iy p a ip i. Che pu appena con certi limiti circoscriversi, e mal soffre d essere compreso con un acconcia e precisa defini zione . Reiske. (89) F erm ano societ. e non Leggo col G ronovio trvil iS-iptirtvs x t t t d t t t t eh una sconcor

danza , dappoich i capi del governo che fanno le societ per suadono bens i loro concittadini a darvi lassenso, ma non sono essi quelli che hanno ad essere a ci persuasi, per esprimere la qual cosa recar dovea il testo tr ttS - itlu t attivo. Oltrech il cod. Peiresciano ha dal Valesio. (90) P elle vicende de? tem pi. K* 7i r itt m p w l i f i t s , propria mente secondo le circostanze: frase al Nostro famigliariSsitna per indicare i mutamenti della fortuna, e sovrattutto in m ale, lo che non so quanto esattamente renda il latioo de traduttori: ob tem porum necessitatem . (91) D a certe am icizie ec. Bizzarra nel greco la costruzione di questo passo: aro I n n i v n n c t i f i i t u r a-p'bi Ytpat p i X /x t xc rvptpt% /*t, d a alcune p re se n ti a d altre am icizie e d a l lean ze. Il Reiske la intese bene riferendo a p resen ti le amicizie lu n 'a t, non altrimenti che Suida , presso cui leggesi questo brano, e t i n v i e i vi fu mal a proposito sostituito

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ed alleanze ; non cosi lo Schw eigh. che credette potersi com prendere 7 5 lir a Kti p i tati in genere neutro e supporre omesso vrpctyp.&lu'j, per modo che avrebbe delto (9 2 ) il Nostro goffamente anzich n : recare da lle altu a li bisogne a d a ltr e amicizie. Im perciocch cc. Siccome nella vita privata la prudenza insegna di bilanciare i doveri che prescrive lo stato da cui tracsi la sussistenza co vantaggi che il medesimo stato procaccia ; cosi nella vita pubblica colili che ha uelle mani le redini del governo dee nel c ontrarre impegni e nelladempierli m irar sempre al bene di chi ha in lui riposta la propria salvezza. Se non che pu in alcuni casi lindividuo far doi'ro si sacrificii pe r isdibilarsi della data fede e per cansare il naufragio deUouore, laddove la patria n o n debbe in nessun caso patire detrimento per disposizione di chi la regge , il quale , ove la sottragga dall influenza di un amico pericoloso qual era Filippo, non la tradisce ma la salva. (q3) M e d ia n te qu e l consiglio. Ritengo la correzione del Valesio che suggerisce di scrivere xxT i m i t o in luogo del volgalo x i t e u t t , che piacque meglio al Reiske besi col f i t t / t i k t o t non pu riferirsi e allo Schweigh. ; p e r ad altro oggetto che ad ciocch 1 *(7is che per mezzo della copula congiugner v orre buna p e rso n a la quale causa di qualche avvenimento, e che per tal guisa ne diviene il principal movente , o d ir vogliamo 1 au tore. E d di poco peso la riflessione del Reiske che al genere pi nobile d a i h s t pu acconciarsi il neutro cT<a/3ouA/. (9 4 ) E u ca m p id a . Nelle pi antiche edizioni non di Demostene leggesi Eucalpida , che il Reiske volle decidere se fosse o in un codice parigino

no il vero nom e di questo Arcade; ma riflette bene lo Schweigh. che , Eucainpida riscontrandosi non solo ed in un augustano di Demostene , m a eziandio in Pausania , questa lezione debba essere la genuina. E d infatti cos la recano le ristampe pi rcceuti di quell' insigne oratore. E questo luogo nell orazione per la corona , pag. 3 a i dell ediz. del Reiske. (9 5 ) M n asea. I codici di Polibio recano Mnasia, che il Reiske corresse attenendosi a Demostene.

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(96) Tim olao. Del costui lusso e ghiottoneria molto disse Teopom po nel lib. x l v delle cose di F ilip p o , per testimonianza d Ateneo . V a le sio. (97) M o lti a l tr i an n overava. Che secondo lui tradirono gli E l e i , i S ic io n ii, i C orinzi!, i Megaresi , gli E u b e i, ed erano ta n ti, che : il g io rn o , diceva e g li, mi verrebbe m eno, se re citar volessi i nom i de traditori . (98) T ra tto F ilippo. V . il N ostro, iz , 5 3 , donde apparisce ch e Filippo d Aminta era stato chiamato da costoro istanza ; lo cbe indica appunto l i t r i r w a r i p i t t n con moka c h e .io intesi

d esprimere nel volgarizzam ento, sembrandomi di poca forza 1 accito latino. (99) D o v e rti qualificare. Che per maggiore chiarezza abbiasi a ripetere od a supporre il fi7 che poco prima leggesi (Sii* a v t f i x ii r t t t , a v esse ro a vo lg ere gli occhi) osservazione giustis sima dello Schw eigh. ; ma che si debba sottintendervi 7 ov vero tx x ir lti ( qualch uno o ciasch ed uno) non so persuadermi. Traditori pretendeva Dem ostene che fossero tu tti i G reci w i t -

7 f E X Xntxt che non tenevano cogli Ateniesi* ed a questi tutti


egli qui si riferisce. D el resto mmi paruto che i i r t x a i i i , semplicemente chiamare , ma che merc dell i w i unito abbia forza di se p a ra la e quanto qualificazione. del Reiske il di cui senso proprio chiam are in d is p a r te , qui non significhi con cui va d istin ta nom inazione , eh

(100) A ta l f in e riusc, che ec. Non disapprovo lemeodazione ir 7 v t t f e t t A*/Si7; la quale particella che non riscontrasi nel testo , se non e r r o , necessaria per denotare il p a s s a g g io , la riuscita all esperienza che fecero gli Ateniesi. Io ho voltato questo passo , com e se il Nostro scritto avesse : S i l v i itt i f it i , i t i zr. A. (101) Se non f o s s e stalo ec. N el greco semplicemente <1 f t (se non) senza v e r b o , e segue (T> 7 p iiy x h t^ v % itc t *. 7. a . (per la generosit ec.) la qual elissi il R eiske cos s u p p lisc e: i ft) y i y t i i t , i y iy tit Siit lit < c. 7. A. Se n o n

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f o s s e n a to c i ch e nacque p e r la generosit ec. ; ma io credo che con maggior naturalezza vi si sottintenda 5 , e cos volga rizzai. I traduttori latini scrissero: n i s i . . . a n im i m agnitudo . . . o b stitisset (se la generosit . . . non avesse impedito). (103) Sconvolgim enti estrem i. Qui mi cui ora aggiugne il Nostro il qualificativo tiero , pieno. varsi , ove colui h e la regge non riferisco a quanto to ta le , in scrissi nella nota 8 9 circa il significato del vocabolo w t f M x n t , Certo che in siffatti casi la patria non pu sal afferri un partito decisivo ;

ma vi debb egli essere condotto dall'am ore del comun b e n e , e non da turpe desiderio di vendetta o di proprio vantaggio. (1 0 3) M eritam ente. Leggo collo Schw eigh. p i i f i n , non sem brandomi opportuna la correzione del Reiske in f t l l f u t , dalla quale risulterebbe questo senso : costoro tu tti e qu alsivoglia filif i n <tt uomo m oderato e c . , e Polibio avrebbe detto : xa<

7is, n avrebbe omessa la copula.


(10 4) Sciau ratezza. Qui l espressione greca mirabilmente coincide coll italiana. Sciagurato ilv ^ ie in amendue le Kngue cos luomo infelice per colpa della fortuna, come colui che colla propria Scelleratezza a s cagione di calamit. al lib. x i i , dove rendei lo stesso vocabolo

V. la nota 71

per t r is te z z a , cui

conviene pure secondo la Crusca il senso di m alizia. (10 5 ) F a lg a n si. Il R e isk e , credendo che Polibio abbia qui vute in vista le parole di Demostene , sospett che mancasse nel testo < p A , anzi conforme Schw eigh. i t giustamente il corregge lo <pfxtis, com e d amici. Quell oratore som m o per

tanto (per T esifo n te, della corona) cos scrive : e v f c y ttf . . .

7 v p tJ e lt) rv/c/3vA w tf ) l i X 1t r i t l i % fflai , nessuno


n elle a ltr e cose v a ls i d e l tr a d ito r e p e r consigliere , lo che non volle certamente esprimere il Nostro in questo luogo. 11 passo di Demostene subito appresso da lui citalo eoa singolare forza amplificato nell originale. (106) Ovunque son o uomini. IJaf* 7s 7r StXXtis tS -fa zr tif, p r e s s o g li altri uom ini ha il testo. I traduttori latini scrivono

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ubique terraru m (per tutta la terra) : figura che affievolisce 1* idea recata innanzi dall A. (107) L addove il genere umano ec. Tre cagioni assegna il Nostro agli errori in cui cadono gli uomini. f a l s e , To i. L e opinioni (propriamente il far ci che ne sem

bra buono) onde non sono al certo sedotti gli animali. . I l difetto d i ra g io n e , cio 1 offuscamento di questa per via delle p assion i, alcune delle quali , siccome 1 avarizia e 1 ambizione , sono del tutto proprie al genere umano. 3 . L a natu ra , o dir vogliamo gli appetiti che 1 uomo La comuni co viventi a lui inferiori. (108) I l re A tta lo . La stessa cosa riferisce Livio nel 1.
x x x h

4o ; se non che tace egli del colosso e della statua d oro e dei ' sacrifici! che gli abitanti di Sicione aggiunsero agli onori antichi da loro conferiti a questo sovrano, dicendo solo sommariamente;. ibi e t civilas novis hon oribus veteres regis h o n o re s auxiU (109) I l tiranno N abide. Anche di questo avvenimento Livio al luogo citato con poche parole s i . spaccia , non nominando , siccome fa Polibio, il governatore da lui lascialo in Argo, n i os servando che la donna , conforme qui leg g e si, molto pi cru delmente del marito diportossi nello scellerato ministero a lei da questo commesso. (1 0 ) U nite secon do le affinit. L iv io , copiato da traduttori la tin i, dice : p lu re s genere in ter se ju n cla s. La qual cosa fece quest astuta donna probabilmente , perch le pi ricche tra co storo pagasssero non solo per s , ma eziandio pelle parenti pi povere.

FINB DELLB ANNOTAZIONI AGLI AVANZI SEI. LIBRO DIC1MOSETTIMO.

P olirli, T.VI. Lib. X V III. JavJLjMi/.jg.

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/rie de ^ ia rrd o ttia

DELLE STORIE
D I P O L IB IO DA M E G A L O P O L I

AVANZI DEL LIBRO DECIMOTTAVO

I. ( 1 ) T i t o , non poten d o conoscere dove i nemici Olimp. erano accampati , sapendo tuttavia bene che trova- C . X L V , i A . d i R. vansi in Tessaglia, ordin a tutti che tagliassero legna 55y pello steccato , a fine di recarle seco pe bisogni em er Estr. ani . genti. La qual cosa secondo la disciplina greca sembra d a l l i b . XY I I essere impossibile, ma secondo la ro m a n a facile. Im per ciocch i Greci in cam m in ando appena reggono (i) larm adura. ed appena sostengono la fatica che loro ne de r iv a } laddove i Romani, portando gli scudi sospesi alle spalle per mezzo di legacci di cuoio , m enlrech nelle mani hann o soli (3) lanciotti, sincarican ancora (4) dello steccato. Senzacli grand presso amendue la diffe renza in questo particolare. Conciossiach i Greci sti mino quel palo migliore , che ha maggiori e pi fitti rampolli in to rno al fusto ; ma presso i Romani hanno

5o
A . d R.

5^7

i pali due o Ire b ifo rc a m e n li, e tu tto al pi quattro, c tali ne pre n d o n o (5) cbe non han n o i rami disposti alternam ente. D o nd e avviene che molto facilmente si p ortin o (sendo che un uom o solo se ne addossa tre o

q u a ttro in un fascio), e luso ne sia oltrem odo sicuro. Il palo de Greci p e r ta n to , q u and o piantato innanzi al c a m p o , prim ieram ente di leggieri pu essere strappato. Im perciocch (6) il pezzo che tiene ed nella terra conficcato essendo uno s o l o , e le prom inenze che ne spu ntan o molte e g r a n d i , ove due uom ini o tre acco s t i c i al p a l o , e p e r coteste prom inenze lo s c u o ta n o , facilmente lo traggono fuori. Ci fatto subito formasi una p o r ta p e r cagione della g r a n d e z z a , e quelli che stanno appresso si smuovono, deboli essendo glintralcia< m enti e le m u tu e insinuazioni; di cotale steccato. Ma presso i Rom ani a c c a d e il contrario} perciocch pongo* n o tosto i pali talm ente intralciati , cbe non cono6cesi agevolmente (7) a quali fusti nella te rra saldati a p p ar teng an o le p ro m in e n z e , n i fusti a quali prom inenza debbansi riferire. Del re tto n on n e p p u r possibile d introdurvi la m ano p er affe rra rli, com e quelli cb.e, son o densi ed insieme av viticch iati, ed hann o i ram i ( 3) diligentem ente appu n tati j n q u a u d an ch e rietea d i afferrarli, strappansi facilmente^ in prim o luogo, p erch (9) qualsivoglia p arte per cui si piglino trae dalla terra (10) un a fa rsa quasi assoluta ; secondariam ente perb ( d ) tiran d o un ram o solo , di necessit se ne cavana molti altri che lo seguono per. cagione del i$utuo lo ra intralciam ento. M a che due o tre abb ran ch in o siffatto, y a l o , non pun to probabile. Che se pure alcuno e o a

5i

molto sforzo giunga a svellerne un o o due, l 1 intervallo J . d i R, n o n conoscibile. ( 1 2 ) 11 perch grande essendo 1 eccellenza di cotesto steccalo , perciocch con prontezza si procaccia , con facilit si porta , ed il suo uso si curo e durevole^ egli manifesto, che se mai v ha fra i Romani alcuna pratica di guerra che degna sia d emulazione e d imitazione , questa Io , per mio avviso, certamente. II. T ito a d u n q u e , prepara te queste cose all uopo delle circostanze , prosegu a passo lento con tutto 1 esercito , e come fu da (i3) cin quanta statili discosto dalla citt di F e r a , accampossi col. Il d appresso in sul mattino sped esploratori ed in d a g a t o r i , affine di aver qualche traccia del sito dov erano i nemici e di cosa facevano. Filippo udito avendo nello stesso tempo che i Romani osteggiavano circa (i4 ) T e b e , levossi da Larissa con tutto l esercito , ed and innanzi alla volta di F e ra . Come ne fu distante trenta stadii , stabil col gli alloggiamenti ( i5 ) di b u o n o r a , e comand a lutti di rinfrescarsi. Verso il mattino fece destare i soldati, e m an d innanzi quelli eli erano soliti a precedere 1 es e r c i t o , ordinando loro di ( 1 6 ) occupare le eminenze che sovrastanno a Fera. Figli come fu chiaro mosse colle forze fuori dello steccato. Po co manc che ( 1 7 ) circa il tragitto non saffrontassero coloro che da amendue le parti erano spediti a v a n t i } perciocch essendosi reciprocam ente veduti ( 1 8 ) sotto alla vetta in picciola distanza, arrestaronsi, e p restam ente m andarono amendue significando a loro duci l a v v e n u to , e. chidfiulo che cosa avessero a fare. ( 1 9 ) Piacque ad essi di rima-

5a
4 . d i R. nere quel giorno negli accam pam enti che occupavano -, 557 e di richiam are gli altri. 11 giorno vegnente spedirono am endue circa trecen to cavalli ed altrettanti fanti leg gieri p er esplorare, fraquali m and T ito due squadroni d Etoli pella pratica che aveano d e luoghi. 1 quali in contratisi (no) sulla strada di F e ra inverso Larissa, azzuffaronsi aspram ente. P u g n a n d o la gente dell etolo E upolem o vigorosam ente , ed eccitando insieme gl Ita liani al c o m b a ttim e n to , i M acedoni ridotti furono alle, s t r e t t e , ed avendo m olto tem po scaram ucciato, separaronsi ed a n d a ro n o a loro alloggiamenti. 111. Il giorno a p p r e s s o , dispiaciuti ad am endue i siti in to rno a F e r a , p erch e ran o pieni di s te r p i, di m u ricce e d o r t i , se ne levarono. Filippo adu n qu e prese la via di ( a i ) Scotusa , cou anim o d approvigionaisi da quella c itt, e poscia ben fornito o ccup are i luoghi convenienti al suo esercito. T i t o , sospettato ci c h era p e r accadere , msse le sue forze co n tem p o rn eam ente a quelle di F ilip p o , affrettandosi di giugnere pria nel ( 3 3 ) c o n ta d o di Sotusa , e guastarvi le vettovaglie. M a siccome fra i due eserciti giaceano elevati colli, cos .n i Rom ani vedevano dove m arciavan i M a c e d o n i, n questi scorgevano quelli. Q uel d p e r t a n t o , avendo am eu d ae (a 3) com piuto il cam m ino, T ito p e r alla volta della cos detta (a'4) E re tria F tio tid e , e Filippo verso il fiume (a 5) O n c h e s to , col allo g g ia ro n o , ignorando cia scheduno ove laltro avea il campo. Il d vegnente usciron o ied a c c a m p a ro n s i, Filippo presso il cos detto (26) Mliarabio nel territorio di S c o tu s a , e T ito circa Tetidi' nella Farsalia, n o n conoscendo p e r anche la n o

53

)a posizione. dell aUro. Sopraggiunto u n rovescio d a - . . di R. c q u eo a tu o n i.o r r e n d i, (27) tu tta l aria in gom bra di 55 7 uiili calava il susseguente di verso il mattino sulla te r ra , a tale che pella densa nebbia non potea alcuno ve dere chi gli stava dinanzi apiedi. Tuttavia Filippo, im paziente di giugnere al luogo che avea stabilito , toltosi di l ( 2 8 ) prosegu con tutto 1 esercito ; ma impedito nel cammino dalla nebbia , fatta poca strada , cinse i suoi di steccato , e spedi un presidio , ordinandogli di stanziarsi sulle cime d e colli nel mezzo situati. IV . Tito accampato presso a Tetid io , ed affannoso d aver nuove d e nemici, postosi innanzi dieci squadroni di cavalleria , e da mille fanti leggieri , li s p e d , c o m a n d a n d o loro di girare il paese, cauta m ente ogni cosa investigando; i quali pro gredendo verso le alture, sav vennero nella stazione d e Macedoni senz 1 accorgersene { 2 9 ) pella oscurit della giornata. Rimasi adunque d a p principio amendue alquanto confusi, fra poco incomin ciarono a tentarsi, e ciascheduno mand avvisando la c ca d u to a respeltivi capitani. Poich in quel conflitto i Romani a suecumbere incominciarono, e furono maltrat tati dal presidio d e 1 Macedoni , inviarono nel loro cam po a chiedere soccorso. T ito , esortati gli Etoli Archid a m o ed Eupolemo , e due tribuni che (3o) presso di lui erano , li sped con cinquecento cavalli c duemila fanti. I quali come raggiunti ebbero coloro che da molto tempo scaramucciavano , prese subito la pugna u n a disposizione contraria. Imperciocch i Romani, ina nimiti dalla speranza che dava loro il soccorso , c reb bero doppiamente in valore. I Macedoni difendevansi

A. di K. da T orli, ma oppressi a v ic e n d a , ed ( 3 1) al lutto Suc^7 cum benli fuggirono verso le v e t te , e m and aro n o al re p e r aiuti. V. F i l i p p o , non cred end o m ai che quel giorno ver* re b b o n a a decisiva battaglia pelle anzidette cause, avea p e r avventura licenziati molti dal cam po a raccogliere foraggio. M a com e riseppe 1 accaduto da quelli che a quan d o a quand o inviav ansi, ( 3 a) e trasp aren d o gi la n e b b ia , esortato E ra c lid e .d a (33 ) G ir to n a , che con* duceva la cavalleria te ss a lic a , e L eonte co m an dan te delia cavalleria m a c e d o n ic a , li sped ed insiem e on loro A te n a g o ra , che avea seco tu tti i m ercen ari!, tra n n e i T raci. Unitisi questi a coloro eh e ran o nelle sta* fcioni, i M acedoni cresciuti grandem ente in forza, fu ro n o addosso a n e m ic i, e feeero a vicenda voltare i R om ani discacciandoli dalle vette. M a il .maggior im p ed im en to a sconfiggere del tu tto gli avversarii fu loro il fervore d e cavalieri etolici, i quali com battevano anim osam ente e c o n istrabocchevole audacia. Im p ercio cch gli E toli ^ q u a n to (34) negli scontri di fanteria e peli a rm a d u ra *>! pello schieram ento insufficienti sono alle battaglie cam pali , ta n to migliri son o nella cavalleria degli a ltri G r e c i , o vengano a generali o a parziali conflitti. I l p erc h allora p u re ra tte n e n d o essi l1 im peto de nem ici, n o n ftirono i Romani spinti sino a luoghi piani, m a riti r a tis i alcun p oco (35) voltarono la faccia e si ferm aro no . T ito in veggendo c h e n on solo i fanti spediti ed i cavalli piegavano, ma che eziandio p e r mezzo di q u esti t tto 1 esercito era s p a v e n ta to , usc con tu tta la sn g e n te > schierolla appi de colli. In quello un u o m o

54

dopo laltro del presidio d e Maccdotii veniva co rrend o J . Ai R, verso Filippo e gridando: O re, fuggono i nemici ; non p erdere l'occasione, che i barbari non ci resistono: tua ora la giornata, tua lopportunit! a tale che Filippo, sebbene non gli piacevano que s i t i , era tuttavia provo cato alla pugna. Imperciocch gli anzidetti colli, appel* lati (36) Teste di c a n e , sono aspri e scoscesi , ed estendonsi a ragguardevole altezza. Quindi (3y) temendo Filippo la difficolt de luoghi, dapprincipio no n acconciavasi punto al cimento ; ma spinto dalle immense lu singhe di coloro che recavano quelle nuove , comand che si traesse 1 esercito dallo steccato. VI. T i t o , messa tutta la sua gente in ordinanza , sussidiava i (38) feritori ed insieme percorreva le schie re esortandole. Il suo aringo fu breve , m a efficace e congruo all intelletto degli a s c o lta n ti; perciocch m o strando loro a dito i nemici eli erano in c o s p e t to , cos parl a suoi soldati : Non sono questi i Macedoni (3p) che voi in M acedonia preo ccu p an d o essi le vette ehe conducono (4o) nella Eordea , apertam ente sotto Sulpicio spingendovi di forza in luoghi pi alti discac ciaste, molti di loro uccidendo? Non sono questi i M a cedoni , che voi , poich ebbero preoccupate (/(i) le di sperate strette dell Epiro , merc del vostro valore co stringeste a fuggire (4 2 ) b u tta nd o le a r m i , finch arri varono (43) in Macedonia ? Come adunque vi convien ora di paventare, dovendo pugnar con esso loro a egual partito ? Quale sciagura prevedete (44) da fatti ante ce denti ? non v inspirano questi all opposto or pure c o n fidenza ? Rincoratevi a d u n q u e , o s o ld a ti, ed animosi

56
A. d i &

5^7

correte al cim ento ; perciocch , ove piaccia agli D e i , io sono certo che la presente pugna sortir tosto la stessa fine che i com battim enti anteriori. D opo avere ci d etto c o m a n d , che la destra p arte dell esercito restasse nel suo sito, e gli elefanti innanzi ad essa; ma colla sinistra e colla fanteria leggiera an d poderosa m en te addosso a nemici, I feritori ro m an i, ricevuto il sussidio d e fanti le g io n a ri , voltatisi piom barono sugli avversarli. V II. In quello F i l i p p o , veduta avendo la maggior p a rte del suo esercito gi schierata innanzi allo stec c a to , prese gli scudi brevi e la destra m et della falan g e , ed an d a v a n ti, ra pid am en te ascendendo il colle ; ed a N icno re, sovrannom alo E lefante, o rdin badasse, c h e Pai tra p arte delle forze in co n tan en te lo seguitasse. N o n s tosto i primi toccaron o la som m it, che (45) gir la schiera a sinistra e p reoccup i luoghi p i alti ; p e r ciocch avendo i feritori d e M acedoni p e r lungo spzio stretti i Rom ani e cacciatili sull altro fianco d e c o lli, trov le cime abbandonate. E ra egli anco ra in sull1 attelare la p a rte d e stra dell esercito , q u an d o vennero i m rcenarii forte incalzati da1nemici. Im percio cch co n giuntisi i fanti leggieri coll a rm ad ura grave , (46) c o n forme test d is si, ed aiutandola nel c o m b a ttim e n to , fu l o p era di costoro cme un>novo peso nella b ila n c ia ; onde gravem ente incalzarono i nemici, e molti ne ucci sero. Il re dapprincipio, com e venne vide la zuffa dei fanti leggieri n o n lungi dagli alloggiamenti d e n e m ic i, fu assai lie to ; ma q u a n d o osserv i s u o i , che voltatisi piegavano ed avean bisqgno di soccorso , fu co stretto

5t
ad

a iu ta r li, e ad entrare (4y) per occasione in decisiva A . d i R. b attaglia, sebbene la maggior parte della falange era ^ 7 ancor in cammino , e saliva le alture. Ricevuti pertanto i combatte nti , li raccolse tutti nell ala destra , cosi fanti come cavalli , ed agli scudi brevi e a quelli della f a la D g e impose (48) di raddoppiare laltezza, e d ad d en sarsi verso il fianco destro. Ci fatto , ed essendo i ne mici prossimi fu dato a falangiti 1 ordine (4 g ) d abbas sare le aste e d attaccare, e d afanti leggieri (5o) di fer marsi nelle ale. In quello T ito , ricevuti i feritori negli intervalli delle in se g n e , assalt i nemici. V i l i . N a to da am endue le parti un urto violento , ed alzatesi immense strida , mettendo ciascheduno urli guerrieri, e quelli eliera no fuori della battaglia gridan do a combattenti \ terribile spettacolo ne derivava , e tale che orrore insieme ed (5 i) angoscia eccitava. L ala destra di Filippo (52) egregiamente si diportava nella pugna, come quella che da luoghi elevati dava lassalto ed era superiore (53) pel podere delle inasse, e nell ec cellenza dell arm adura alluopo acconcia di gran lunga i nemici avanzava. Ma le altre parti dui suo esercito , quali (54) coutigui a combattenti erano distanti dagli avversarli, quali appartenenti all ala sinistra , superate appena le alture , comparivano sulle vette. T ito , veg gendo che i suoi ripararsi n on potevano dall impeto della f a la n g e , ma che quelli della sinistra erano parte o p p r e s s i, parte gi morti, e pa rte in ordine ritiravansi, rim an end o nel fianco destro soltanto speranza di sal vezza; vi si rec immantinente, ed osservando che (55) dei nemici alcuni erano addosso a combattenti, altri allora

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A. dR . discendevano dalle cime d e 'c o l l i , ed altri (5 6 ) vi stari
s i ziavano; collocati dinanzi gli elefanti, spinse le insegne co n tro i nemici. 1 M acedoni che (5 j) non aveano chi lo ro c o m a n d a sse , e non poteauo unirsi e p ren d ere la figura p ro p ria della falange , pella difficolt de lu o g h i, e perch seguendo i com battenti aveano la disposi zione d chi m a rc ia , n d n 'd i chi schierato a batta g lia : non accolsero neppure il prim im pelo de1 Rom ani, ma dalle stesse belve spaventati e sbaragliati a n d a ro n o in volta. IX . Q uesti ad unque la m aggior p a rte d e R o m a n i, inseguendoli, uccideva. M a uno detrib u n i ch era con e s s i, non avendo pi di (58) venti- in s e g n e , e preso consiglio dal bisogno del m o m e n to , molto contribu alla vittoria universale. Im perciocch veggendo che F i lippo era molto pi in l degli altri progredito e pode ro so opprim eva 1 ala sinistra de suoi ; lasciati quelli della d e s t r a , che vinceano gi m an ifestam en te, e voi* tatosi verso i c o m b a tte n ti, e fattosi loro alle spalle, at tacc i M acedoni da tergo. M a essendo tale la n a tu ra della fa la n g e , che quelli che la com pongono n o n pos sono voltarsi e com battere a corp o a c o r p o , costui in calzando uccidea coloro che gli si p aravano innanzi , e n on potevansi difendere ; finattantoch i M a c e d o n i, gittando le a r m i , costretti furono a fu g g ire, (5 g) vol tandosi ed assalendoli coloro eziandio che nella fro nte aveano piegato. Filippo dapprincipio , conform e d is s i, c o ng ettu ran do dalla p arte eh era con l u i , lusingava*! di com piala vittoria ; ma osservando allora com e i M a cedoni buttavano le a r m i , ed i nemici li assaltavano

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alle s p a ll , {60) trattosi alquanto fuori del com batti- A- Ai K m e n to con pochi cavalli e fa n ti, prospettava tu tta la ^ 7 battaglia. E scorgendo che i Rom ani nell inseguire Pala sinistra gi appressavansi alle vette d e olii, si diede a fuggire tra e n d o seco {61) sp a c c ia ta m e n e qu an ti pi p o t , T ra c i e M acedoni. T i t o , tra e n d o -dietro.a fug genti , e trovando nella som m it le sinistre file de M a cedoni test giunte sulle cime, (62) dapprim a arrestassi, te n e n d o i nmici le aste ritte , conform e h a n n o co stum e d i'U t te i M acedoni, q u a n d o si a rre n d o n o , o passano agli avveri arii: R isaputa poscia la causa dell* av v e n im e n to , ra tt n n e i suoi , (63 ) avendo in anim o di risparm iare gK avviliti. M en trech T ito volgea nell anim o questo |ftn46t o ,a k :tih i d i quelli che precedevano assaltatili dffl^l ttienrono le m a n i, ed il maggior nu m ero uc* eiteW>: p e h ig itta n d o le arm i fuggirono. :,^ L > ](6^'ElMttido d a p p e rtu tto com piuta la b a tta g lia , e vft&Stotf^i' Jtfmani , 'Filippo fe c e la ritira ta alla volta di Teimjie. fi prim o giorno attendossi circa la to rre cos Attk tPAI*sandro; e il d appresso pervenuto a G o nn o helP ingresso di T e m p e , vi rim ase con inten sio n e di toccorre quelli eh eransi salvati colla fuga. 1 R o m a n i, Seguitati avendo alcun poco i fu g g e n ti, chi spogliava m orti, chi raccozzava i prigioni; i pi correvano a sacCfiggiare il cam po d e nemici. (65 ) Ove trovati avendo gli E to li prim a di loro e n t r a t i , e stim andosi defraudati Bella dovuta u t i l i t , incom inciarono a svillaneggiare gli E t o l i , ed a m o rm o rare c o n tro il capitan , dicendo fcV egli addossava loro i p e r ic o li, e cedeva agli altri i rttttaggi. Allora p e rta n to rito rn a ti al p ro p rio accampa*

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4. d R. m ento, col p e rn o tta ro n o ; m a il d seguente raccolsero ^ 7 i prigioni e d il rim anen te delle spoglie, ed insieme pr* gremirono avviandosi a Larissa. (66) C addero d e R o mani da settdMrito; d e M acedoni m orirono in tulto da o tto m ila , e vivi ne furono presi non m eno di cinque mila. T a l fine ebbe la battaglia ebe i Romani e Filippo fecero in Tessaglia presso alle T e ste d i cane. X I. (67) Avendo io nel sesto libro lasciata la p ro messa , c h e a tem po o p p o rtu n o parei p e r fare un c on fronto fra la rm a d u ra deRom aui e quella d e .Maccdoni, e sim ilm ente.fra la ragione di schierare che usati amendue , indicando in che fra loro differiscono . cos nel peggio come nel m eglio; o ra mingegner di recare ad effetto la mia prom essa (68) in su falli propiii. Im per ciocch, siccom e lo schierapiento d eM acedoni netempi a n d a ti, d a n d o di s prnova coll' esperienza , prevalse a quelli dell Asia e della G r e c i a , e Io schieramento dei Rom ani a quelli dell Africa e di tu tte le nazioni euro pee voltate ad o ccidente , e d a nostri giorni non una volta s o la , ma sovente fu fatta la comparazione fra i respettivi uomini e sch ie ra m e n ti; cos sar opera utile e bella investigare cotal d iffe re n z a , e donde avvenga che i Rom ani vincono e rip o rta n o il prim ato nelle fa zioni di g u e rra : affinch , (69) la sola fortuna predic an do , non reputiam o felici coloro che vincono t e m e ra riam ente , conform e accade ad uomini v a n i , ma cono scendo le vere cause lodiam o ed am m iriam o i duci con ragione. O ra qu an to a com battim enti e h ebbero i R om ani con A nnibaie , ed alle sconfitte che in quelli to c c a r o n o , n o n fa m estieri che m aggiorm ente parlia-

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mo ; sendo che non per cagione dellarm a d u ra, n pel A. d ii genere dello schieram ento, ma pella destrezza d Annibaie e pella sua perspicacia ebbero a sofferire quelle rotte. La qual cosa noi abbiamo fatta palese nell atto ch esponemmo gli stessi combattimenti. E fa fede ai nostri detti primiramente 1 esito della guerra; percioc ch non cosi totfo sorse fra i Romani un capitano eh ebbe abilit simile a quella d A nnibaie, che la vit tria gli fu seguace; (70) anzi Annibaie medesimo di s a p p a ia n d o 1 armadura usata dapprincipio da suoi c o n evinse la prima b attaglia, arm incontanente i proprii soldati alla ro m an a, e da quind*inanzi sempre a tal uso conformossi. Pirro adoper non solo a r m i, ma eziandio forze italiane, collocando nelle pugne contro%Riiitttk(7i) alteiJnatataente una insegna all italiattTe<l,OiiJ1 rdpptHo a guisa di falange. Tuttavia neppur ttW*p<MtPviHCerej ma ambigui sempre gli riuscirono gli Wt, jfl*feattaglie. Intorno a queste cose pertanto egli rSi necessario che io premettessi alcune p a ro le , afBnflft ^ 4) t0 t insorgesse nessuna apparenza contraria iilftlltattr' Asserzioni. O ra ritorno al confronto che ho jjfciHe mani. X II. Come alla falang e, (y) che conserva la sua: Propriet e ia sua fo rza, niente pu resistere di frontej l$< tollerare il suo impeto , facil a comprendere per1 molte ragioni-. Imperciocch quando saddensa per com battere, luomo insieme colle armi sta (74) 'nello spazi li tre piedi. La lunghezza dell asta secondo l i n s t i t i Strine antica di sedici cubiti, ma secondo che fu accot o g a t a al vero uso, (75) di quattordici. Di questi tglie

62 A. d R. quattro lo spazio fra le due m a n i, e dietro a queste 5^7 ^ 6 ) il libramento del corpo che savventa; dond chiaro
che 1 asta di necessit sporge dieci cobiti fuori della persona di ciaschedun armato, quando progredisce cou amendue le mani spingendola su nemici. (77) Quindi avviene, che dalla seconda, e dalla terza, e dalla quarta fila ne spuntano (78) p i , e dalla quinta soli due cubiti innanzi a quelli che stanno nella prima, ove la falauge abbia la sua propriet e spessezza (79) di fronte e di profondit , conforme addita Omero in questi versi :
(8o) Scudo a scudo , elmo ad elmo , ed Uom ad uomo S appuntano, e i cimiri equicriniti Si toccano nelle lucenti creste Degli ondeggianti : s stan densi insieme.

Lo che essendo detto con verit e precisione, egli m anifesto, che necessariamente le aste di cinque file sporgono fupri di ciascheduno tra coloro che souo. nella prima fila, e di due cubiti fra di esse differiscono nella lunghezza. , X III. Dond facile porsi sotto gli occhi quanto es-i ter debba (81) l impeto e 1 avventarsi di tutta la falan ge , e quanta la sua fo rza, essendo alta sedici u o m in i, di cui quelli che eccedono .la quinta filp non possono contribuire alla pugna, il perch non avventano (8a) di rettamente le aste contro il nem ico, ma le portano in clinate in su alle spalle di quelli che stanno loro dinan z i , aifine dassicurare il luogo ch sopra il vertice del l ordinanza, rattenendo eolia spessezza delle aste tutte quelle frecce , che l a n e t t e ptyre (83 ) le prime file cader p o trebh o no . sulle posteriori. Ma costoro pollo stesso

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peso del corpo premendo gli anteriori nellatto dellag- A. di l g ressionc, rendono bens forte 1 assalto , ma a quelli 5^7 ohe sono davanti collocati fanno impossibile il voltarsi
in d ie tr o . C o t a le essend o la disposizione della falange s i n g e n e r a l e co m e in p a r t i c o l a r e , da parlars i a n c o r a p e r c o n f r o n to d ell a r m a d u r a d e R om an i , e delle p r o p r ie t e delle diffe renz e di tu t to il lo ro sc h ie r a m e n to . I Romani a d u n q u e s t a n n o a n c o r essi colle a r m i nello spazio di tr e piedi. M a sic co m e fra di loro ogni u o m o s e p a r a to muovesi alla b atta glia , p e r c io c c h (8,j) co p r o il co r p o collo sc u d o , v olt and olo o g n o r a se co n d o lo p p o r t u n i t del c o l p o , e c o m b a t t o n o colla sp a d a (85 ) di p u n t a e di t a g lio ; cos egli manif esto e h esser debdi tr e piedi a lm e n o fra be u n vano ed u n a d ista n z a

gli u om in i p e r lung o e p e r largo , se h a n n o a d o p e r a re c o n f o r m e m e n t e al bisogno. D o n d e avviene c h e u n Rom a u o sta c o n t r o d u e falangiti della p r im a f ila , per m o d o e h egli (86) c o n dieci as te r isc o n tra si e c o m b a t t e , le quali u no solo, p e r q u a n t o sia lesto, n o n p u tagliare , q u a n d o venuti sono alle m a n i , n di leggieri sforzare, (8 y) n o n p o te n d o quelli di d ie tr o r e c a r nessun vantaggio alla p r im a fila , n p er a c c r e s c e re 1 im p e to , n p e r d a r e m a g g io r efficacia alle sp a d e. Q u in d i ag e v olm ente c o m p r e n d e s i co m e n o n possibile di resis te re (li f ro n te all im p re ssio ne essa la su a p r o p r i e t d ap prin c ip io . X IV . Q u a l d u n q u e la cag io n e p e r cui v in c o n o i c i , perch i te m p i e i luoghi ad R o m a n i , e c h e cosa fa v enir m e n o quelli c h e u s a n o la f alange ? A cc ad e della falange , conservando e d il su o n e r b o , c o n f o r m e dissi

4 . di R. uopo della guerra

5S j

indeterminati, e la falange non ha se non se un tempo e un lu o g o , (88) ed un sol m o d o , in cui prestar pu 1 opera sua. Se adunque al cuna necessit costringe gli avversarii ad adattarsi ai tempi ed a luoghi della falange, quando sono per ve nire a decisiva battaglia, ragion v u o le, siccome test d issi, che coloro che valgonsi della falange riportino sempre la palma. Che se possibile fia di causarla, e ci facciasi agevolmente, come sar formidabile lanzidetta ordinanza ? E che la falange mestieri abbia di luoghi piani ed (89) ig n u d i, ed oltre a ci senza impacci, sic* come sono fossi, squarciature , (90) valli to rtu o se, ci* g lio n i, correnti di fium i, ella cosa da tutti confer mata. Imperciocch tutti i mentovati ostacoli atti sono ad imbarazzare ed a sciogliere siffatto schieramento. (91) O ra egli pressoch impossibile , od almeno molto raro di trovar luoghi di venti o pi s tad ii, in cui non v abbia nulla di somigliante ; e ci pure non sar con trastato da nessuno. Tuttavia concediamo che trovinsi cotali luoghi. Se pertanto i nemici non vorranno in essi discendere , (92) e d intorno scorrazzando guasteranno le citt e la campagna degli alleati : quale sar il. van taggio di cotale ordinanza ? Conciossiach rim anendo n e luoghi che le sono o p p o rtu n i, non che giovare agli am ici, non pu essa s medesima salvare; dappoich i trasporti delle vettovaglie saranno facilmente impediti da nem ici, quando senza resistenza s impossesseranno delle terre aperte. Che se 'abbandonando i siti proprii s accigner a qualche fazione , di leggieri sar da n e mici superata. Ma vie eziandio; alcuno discenda in siti
sodo

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p ia n i, e non assoggetti tatto il suo esercito all attacco A. di H della falange, (93) n ad una sola o p p o rtu n it, e nel- 557 1 atto dello scontro schivi alquanto di com battere; ben si vede ci eh per accadere da quanto fan ora i Romani. XV. Gonciossiach non da ragionmenti debbasi de durre ci che ora dicemmo, ma dalle cose gi avvenute. Imperciocch i Romani {94) non pareggiano la loro schie ra a quella de Maeedoni, attaccando la falange di fronte coti tutte le legioni, ma parte ne metton alle riscosse, parte si azzuffa co nemici. (95) Quindi o rispinga la falange i suoi aggressori, o venga da questi rispinta, si scioglie ei eh essa ha di proprio ; dappoich o inse guendo quelli che c e d o n o , o fuggendo quelli che l in calzano , abbandona ogni vantaggio ehe le deriva dalla natura della sua forza. Ci avvenuto, dassi a nemici che stanno alle riscosse l intervallo ed il luogo che oc cupavano quelli della falang-e ; onde non di fronte fanno impeto su di essi, ma precipitan nelle loro file da fian chi e da tergo. Essendo pertanto facile cansare le favo revoli occasioni ed i vantaggi della falange, ed impos sibile fuggire glincomodi che le sono proprii; come non ragionevole che ne veri cimenti corra gran differenza fra le mentovate ordinanze ? Eppure chi usa la falange necessario che cammini per luoghi d ogni s o rta , e che si accampi ; oltre a ci che preoccupi i siti oppor t u n i , che assedii e venga.assediato , e che s abbatta a comparse inaspettate ; perciocch tutte queste sono parti della g u erra, e decidono talvolta di tutta la vitto* PO L IB IO , tom. vi. 5

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4. di R. ria, talvolta grandemente vi contribuiscono. Nelle quaK '3', 7 tutte lo schieramento de Macedoni soggetto a molte

difficolt, e tal fiata in u tile, per non potere il soldato della falange prestar 1 opera sua n in drappello, n a corpo a corpo ; laddove il Romano pu farlo comoda mente. Imperciocch qualsivoglia R o m an o , ove armato rechisi a qualche fazione , s acconcia egualmente ad ogni luogo e tempo, e ad ogni comparsa di nemici; ed pronto ed ha la stessa disposizione, o sia d uopo combattere cou t u t ti , o con alcuna p a r te , o per inse gne , o da solo a solo. Il perch essendo lo schiera mento romano di gran lunga migliore negli usi parziali, conseguita eziandio molto maggiormente un felice suc cesso le loro imprese , che non quelle degli altri. Circa coleste cose ho stimato necessario di ragionare eoa pi p a ro le , perciocch allorquando i Macedoni furono v in ti, molti Greci s indussero a credere tal avveui* m ento simile ad una fo la , e dopo di noi molti pene ranno a sapere la c a u s a , per cui P ordinanza della fa lange inferiore all armadura romana. XVI. (96) Filippo, fatto avendo nel combattimento il possibile, sconfitto in tulle le parti della battaglia, rac colse quanti pi pot di quelli eh4 eransi dalla pugna salvati, e pella via di Tem pe (97) corse alla volta della Macedonia. In Larissa aveva egli gi spedito la notte antecedente un suo scudiere, con mandalo di distrug gere e bruciare le scritture regie. Ed in ci fece opera veramente da r e , a non dimenticarsi delle sue parti nelle sciagure. Im perocch sapeva egli bene che dareb be molte occasioni agli avversarii coutra di s e contra

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gli a m ic i, ove i Romani s impossessassero d quelle A. di R memorie. (98) Forse ci ad altri gi ac c a d u to , di 557 non aver saputo nella prospera fortuna sopportare la p o te n z a , siccome ad uomini si conviene, e di essersi nelle sciagure diportati con cautela e senno ; ma pi che in ogni altro avverassi questa cosa in F ilip p o , ed manifesto per quanto diremo in appresso. Ch siccome abbiamo chiaramente esposte le prime mosse di lui al b e n e , e la sua mutazione in peggio, e il quando , e il p e rc h , e il come ci avvenne, e narrammo con evi denza le sue pratiche in siffatta condizione; cos signi ficheremo nella stessa guisa il suo pentim ento, ed il retto giudizio , merc del quale , (99) convertito dalle percosse della fortuna, adattossi con somma ragionevo lezza alle sue circostanze. Tito dopo la battaglia, falli i convenevoli provvedimenti circa i prigioui e le altre spoglie , and verso Larissa.

XYII. Tito (100) era forte sdegnato peli avarizia de- Ambast gli Etoli nella p re d a, (101) e non volea balzando Filip6 po dal dominio lasciare gli Etoli despoti de Greci. Male sopportava ancora la loro trac o tan za, veggendo che a s intitolavano la v ittoria, e riempievano la Gre cia de loro valorosi falli. Il perch ne colloquii li trat tava alquanto superbamente, taceva degli affari comuni, ed eseguiva le faccende da s e per mezzo de suoi amici. M entrecherano entrambi avvolti in queste (102) difficolt, vennero dopo alcuni giorni ambasciadori da Filippo, ( t o 3) Demostene, Cicliada e Limueo. Coquali

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A. di R. T ito , dopo un lungo abboccamento in presenza detri-

b u n i , fece tosto tregua per quindici gio rn i, e stabil eziandio di trovarsi con Filippo nel corso di quella , a di ragionare con lui circa le cose presenti. Passato que sto colloquio amichevolmente, (io4) ribollirono doppia mente i sospetti contro Tito. Imperciocch essendo gi nella Grecia invalsa 1 avidit de d o n i, e non facendo nessuno nulla senza re g a li, ed ( io 5) avendo cotesta mo neta legittimo corso presso gli E to li, non poteron co storo c re d e re , che siffatta mutazione di T ito verso Fi lippo senza doni fosse accaduta. Non conoscendo la consuetudine e gli statuti de Romani in questo partico* la r e , ma da s stessi conghietturando ed arguendo, stimavano probabile che Filippo alle circostanze acco modandosi offerto avesse molto d a n a ro , e Tito non vi potesse resistere. Esir. XVIII. (106) Io p e rta n to , pronunziando su tempi Fciles. a(j (i;e| r0 e(j ;n generale, oserei dire di tutti i Romani, che non avrebboDO fatto nulla di somigliante ; cio avanti che imprendessero le guerre o ltrem are, sino al qual tempo serbarono i patrii costumi e statuti. Ma nei tempi presenti non m arrischierei d affermare ci di tutti ; sebbene individualmente di molti che sono in Roma confiderei d asserire, che possono in cotal parte mantenere la fede. Ed affinch non credasi che io dica cose non reali, due nomi presso tutti in estimazione io produrr a testimonio della cosa. Imperciocch Lucio Emilio , che vinse Perseo , ed (107) arbitro divenne del regno di Macedonia , dove oltre ad ogui sorta di sup pellettile e di provigine, furono trovati nel tesoro pi

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di seimila talenti d argento e d ' o ro : noti che alcuna A. diR di queste cose desiderasse, non volle neppure co suoi ^ 5 7 occhi vederle, ma ad altri ne diede l amministrazione, quantunque egli di beni di fortuna anzich abbondare difettasse. Ed essendo passato di questa vita poco dopo della guerra, volendo i suoi figli (108) carnali, Publio Scipione e Quinto Massimo , restituire alla moglie la dote^ che sommava venticinque talenti, furono in tanta ristrettezza, che non poterono (109) compiere il paga mento , se non col vendere le mobiglie e gli schiavi, ed insieme alcune possessioni. Che se ad alcuno ci sem brasse'incredibile, egli fcile d accertarsene. Im per ciocch" differenti essendo le opinioni circa molte cose presso i R om an i, e singolarmente sovra questo partico lare , per cagione delle gare che tra d essi so n o; tu t tavia chiunque ricerca trover quanto abbiam ora dtto da tutti confessato. E Publio S cipione, di costui ( n o ) figlio p er natura, e di ( n i ) Scipione chiamato il Mag giore nipote per adozione, impossessatosi di Cartagine, che avea fama dessere la pi opulenta citt della terra, di lei nulla affatto trasport nelle proprie sostanze, n comperando, n in qualsivoglia altra guisa alcuna to sa acquistando; sebbene non avea dovizioso stato, ma me diocre, ( n a ) secondo Romano. E ( n 3) non che dalla stessa Cartagine si astenesse, non permise punto che dall Africa checchessia fosse mescolato colla sua pro priet. Circa il qual uomo pure chiunque si dar a ri cercare con animo sincero , trover che la sua gloria presso i Romani in questa parte indubitata. Ma sovra

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Jt. JiH. queste cose a tempo pi opportuno tratteremo diffa* 557 saraente. Jmbase. XIX. (f 14) T ito , concertato il giorno con Filippo,
6 scrisse subito agli alleati, significando loro quando com parir dovessero al congresso: egli dopo alcuni giorni ven* o e (1 15) allentrata di Tempe nel luogo stabilito. Come i socii furono raguuati, ed essendo di questi soli compo sto il consiglio, il duce de Romani rizzatosi invit cia scheduno a dire a quapatti s avesse a fare la pace con Filippo. U re Aminandro dopo breve e modesta parlata si tacque. (116) Ch chiedeva egli facessero tutti per Jui provvedimento, affinch, partitisi i Romani della "Grecia, sopra lui non piombasse lo sdegno di Filippo ; perciocch gli Atamani erano sempre facile conquista d e Macedoni, per cagione della loro debolezza e della vicinanza del territorio. Poscia sorse (117) l etolo AJessaodro e lod T ito perch avea ragunati ti socii, af fine di deliberare sulla p a c e , e perch richiedeva ora ciascheduno del suo parere. Ma ingannarsi lui, diceva, a p a rtito , se credeva che facendo accordi con Filippo fosse p er lasciare t> a Romani la pace, o a Greci Ut li* berta ra sso d a ta, ch nessuna delle due cose era possi bile. Ma .se volesse eseguire appieno il proponimento (118) della patria , e le proprie promesse fatte a tutti i G re c i, una ola pace esservi co M acedoni, (1 1>9) baicare Filippo <3al re g n o , Io he era eziandio -molto fa* ile, ove non si lasciasse sfuggire la presente occasione. poich ebbe pi ancora padato ia questa senten za, fin il discorso. XX. T ito rispose dicen d o, com egli andava errato

non solo intorno alla volont de R o m ani, ma eziandio A. di R intorno al suo p roponim ento, e sovrattutto in ci che 5^7 riguardava all utilit de Greci ; perciocch i Romani n o n is te r m in a v a n o to st o c o l o r o con cui la prima volta g u erreg g ia v an o . Di ci fa fede quanto avvenne loro c o n A n n ib ale e c o C a r t a g i n e s i , da quali comech mali gravissimi pa tis sero , q u a n d o fu in loro arbitrio di trat ta rl i q u a n t o r ig o r o s a m e n te avessero v o lu to , non preci p i t a r o n o (120) il po p o lo cartaginese nelle estreme scia g ure. C o s egli n o n ave r av u to intendimento di far g u e r r a im pla cabil e a F ilip p o ; col quale , se avanti la b a t ta g l ia avesse voluti fare i suoi comandamenti, avreb be p r o n t a m e n t e c o n c h iu s a la pace. Il perch maravigliavasi come e s se n d o allora lu t ti presenti (121) acolloquii p e r la p a c e , o r a si d im o s lr a v a n irreconciliabili. F o rs e , disse, p e r c h v i n c e m m o ? M a ci la cosa pi pazza. ( l a i ) C o n cio ssiach d e b b a n o gli uomini nell alto di g u erreggia re es sere molesti ed ira ti, vinti generosi e di alto a n im o , e vincitori m o d e r a i ! , dolci e benevoli. Voi p e r t a n t o m e s o rta te o r a al contrario. Tuttavia aGreci ancora m o lto utile c h e u m iliato sia il regno de M a c e d o n i , c h e sp e n to venga n o n gi; dappoich ben pre sto p r o v e r e b b o n o la perfidia de Traci e de Galli, con f o r m e sovente av venuto . Sembrare a lui assolutamente ed a R o m a n i c h e col e r a n o , che se Filippo sostenesse di far ci c h e in a d d i e t r o gli era stato imposto dagli a lle a ti, si dovesse ac c o r d a rg li la pace , richiedendo an cora il se n a to della sua se n tenz a. Gli ( i a 3) Etoli essere p a d r o n i di d elib er a re sulle p r o p r ie bisogne. Volendo po scia F enea dire che inuliii erano tutte le cose innanzi

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ri. di R. a quel tempo fatte; perciocch Filippo, ove si sottrae^
55.7 se da quel frangente, ricomincerebbe le stesse faccen de : Tito subitamente (12 4) alzossi dal seggio, ed istizzito disse : Or ( i a 5) cessa F enea di farneticare; che io talmente manegger la p a c e , che Filippo neppur vo lendo potr offendere i Greci. Allora pertanto cos si se? pararono. XXL II d appresso venne il re , ed il terzo essendo tutti raccolti al consiglio, entr Filippo e con destrezza e prudenza tronc limpeto di tutti contro di lui. Im perciocch disse, che accorderebbe e farebbe ogni cosa in addietro a lui imposta da Romani e dagli alleati; circa il resto darebbe larbitrio al senato. Ci detto gli altri tutti si tacquero. Ma 1 etolo Fenea : P e rc h , dis se , o F ilip p o , non ci restituisci Larissa pensile , Fars a lo , Tebe di F t i a , ed (127) Echino? Filippo pertanto rispose, se le prendessero; ma T ito d isse, non dover essi delle mentovate citt prendersi alcuna, (128) fuor ch Tebe di Ftia. Conciossiach essendosi egli coll e sercito appressato a Tebe , ed invitati avendo i suoi abitanti (129) darsi alla fede de R om an i, non aver essi voluto farlo ; il perch o r a , venuti essendo per diritto di guerra in suo potere, da lui dipendere il pi gliare intorno ad essi quelle deliberazioni che pi gli gradirebbono. Fenea montando in ira ed affermando, essere debito che gli Etoli riavessero le citt che in ad dietro alla loro repubblica appartenevano; (<3o) pri mieramente perch avean ora militato co Romani ; po scia (1 3 1) pe patti dell alleanza dapprincipio stabiliti, secondo i quali di ci che verrebbe preso in guerra le

suppellettili sarebbono deRomani, e le citt degli Etoli: A. di A Tito rep lic , errar essi ia amendue le cose; dappoich la societ era scio lta, allorquando fecero pace con F i lip po , abbandonando i Romani. ( i 3 a) E quand anche restasse 1 alleanza , dover essi ricuperar e p ren d ersi, non quelle citt che spontanee si diedero alla fede dei Romani ( conforme bau ora fatto tutte le citt di T es saglia ) , sibbene quelle che avrebbono pigliate colla forza. XXII. Piacque agli altri quanto disse Tito ; ma gli Etoli 1 udirono a m alin cu o re, e ne nacque un cotal principio di grandi mali. Imperciocch da questa dis sensione e da siffatta scintilla fra poco s accese la guerra coatra gli Etoli e contr Antioco. Ma la principal causa che spinse Tito alla pace si fu l aver egli sen tito , che Antioco ( i 33) conducevasi dalla Siria con un esercito , marciando alla volta dell Europa. Quindi pa ventava , non Filippo appigliatosi a cotesta speranza, si desse a presidiare le citt, ed a prolungare la guerra, e giunto un altro console , la somma delle geste a quello si riferisse. Il perch accord a Filippo , con forme avea chiesto , una tregua di quattro m esi, con ci che desse tosto a Tito dugento ta le n ti, e conse gnasse il figlio Demetrio in ostaggio eoa alcuai altri ( i 34 ) degli am ici, e pella conclusione mandasse nego ziatori a R o m a , e si rimettesse nell arbitrio del senato. Poscia si separarono, dandosi { i 35) circa la somma delle cose reciproca fe d e , affinch ove la pace nou avesse effetto, T ito restituisse a Filippo i dugento ta lenti e gli stalichi. Indi mandarono tutti ambasciadori

74
A. d fi. a R o m a , chi per cooperare alla p a c e , chi per conira*

557

viaria.

Estr.ant.

X X III. ( ( 36) P er qual cagione noi tu t ti , ingannati dagli stessi uomini e dalle stesse c o s e , non possiamo desistere dalla stoltezza ? Imperciocch frodi di cotal sorta furono gi da molti praticate. E che usinsi (137) ad altri con prospero successo non dee forse recar maraviglia \ ma sibbene che ci avvenga a coloro che la sorgente sono di siffatta malvagit. L a causa di ci si , che non hanno alla mano il bel dettato di (138) Epi* carmo :
( 3 9 ) Rammenta d esser sobrio e diffidente: I nervi questi son della prudenta.

( i 4 o) M edione, citt presso l Etolia. Polibio nel decimottavo. Il gentilizio, Medionio. (Stef. Bizant.)

Estr. Vales.

XXIV. Attalo cess di vivere. (1 4 0 Intorno al quale dover che aggiungiam ora, conforme abbiamo costume di fare intorno agli a ltr i, un conveniente discorso. Im perciocch costui nessun altro (i4*) esterno sussidio avea dapprincipio sortito peli acquisto del re g n o , se non se la ricchezza; la quale maneggiata con prudenza ed ardire presta realmente grande servigio in tutte le im prese, ma senza le anzidette qualit alla maggior parte divenne cagione di m ali, e finalmente di perdi-

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g r a n d e m e n t e c o n trib u isc e a c o r r o m p e r e il c o r p o e l a n im a . P ochissimi so no p e r t a n t o gl ingegni c h e colla forza delle dovizie val gono a d is cacciare ques ti mali. Il p e r c h d e g n a d a m m ir a z io n e la m a g n a n im it del summ e o t o v a t o , il quale a nes su n al tr o i n t e n to us i suoi d a n a r i , f u o rc h all acqu is to del r e g n o , di cui nu ll a p u dirsi di pi g r a n d e o di pi nobile. E d in com in ci egli la s u d d e tta im p re sa n o n solo benefizii c grazie c o n f e r e n d o agli a m i c i , m a ezia nd io con o p e r e di g u e r r a . C oncio ssiach ( 14 ^) vinti in batta glia i G a l l i , e h e r a n o a q u e tc m pi in Asia la pi form idabil e ed agguerita n a z io n e , d a q u e s to fatt o die de prin cipio al r e g n o , ed ( 144 ) allo r d a p p r i m a si pales re. C o ns egu ita q u e s ta di g n it , e vissuto a v e n do s e tta u ta d u e a n n i , d e quali q u a r a n t a q u a t t r o r e g n , d ip o rto ssi con grand is sim a m o d e s tia e gravit verso ( 145) la moglie ed i figli, se rb la fede a tu tti gli alleati e d a m i c i , e m o r (146) nelle stesse b el lissime a z io n i, c o m b a t t e n d o pella li bert d e Greci. M a ci c h e ogni altr a cosa av anza si , c h e a v e n d o lasciati q u a t t r o figli a d u l t i , stabil cos b e n e gli affari del r e g n o , c h e p e r v e n n esso i m p e r t u r b a t o (147) a figli dei figli. **/>7

ione. Imperciocch e invidia partorisce e insidie, e A. di Jt.

.................( 148 ) I m p e d i r e b b o n A n tio c o di p a s sa r e col1 a r m a ta , n o n p e r cagio n e di nimicizia, m a p e r ti m o re c h e r in f o r z a n d o F i l i p p o , diveuisse u n osta co lo alla li b e r t d e G re ci. (Suida).

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i. di t i

XXV. :Nel coasolato di Claudio M arcello, poich ^ 7 qusti avea^ assunto il magistrato, vennero is Roma gli ^ ' (149) ambasciadori mandati da Filippo , e quelli da parte di Tilo e degli alleati, pella convenzione da farsi con Filippo. Essendosene fatte molte parole in sedato, fu preso di'confermare gli accordi ; ma recatosi il par* tito al popolo, Marco stesso, desiderando di fare il tra gitto; in Grecia , contraddisse , m olto 1s affatic a far ( i 5o) rompere il trattato. Ci non pertauto il popolo ratific la pace secondo la volont di Tito. Ci ese guito , .costitu subito il senato dieci uomini illustri , e spedili! perch insieme con Tilo amministrassero gli affari.della G recia, e consolidassero la libert de suoi abitanti. Parl eziandio in senato dalleanza Damosseno da Egia,,ambasciadore degli Achei. Ma essendo'in quel mentre nata un a lte rc a to n e , perciocch gli Elei di presenza contendevano cogli Achci pella Triflia, i Messemi: per ( i 5 i ) Asine e Pilo, chrano allora alleate dei R om ani, e gli Etoli per ( i 5a) Erea ; ne fu rimessa la deliberazione a .dieci. Queste furono le cose trattate in senato.

im bate.

XXVI. In Grecia dopo la battaglia alle Cinoscefale, svernando Tito in ( i 53) E ia te a , i Beozii desiderosi di ricondurre la loro gente che avea militato sotto Filippo, mandarono a Tito ambasciadori per un salvocondotto. Questi volendo attirarsi la benevolenza de Beozii, per ciocch ( 154 ) avea sospetto dAntioco, prontam ente vi acconsent. Ritornati subito -tutti dalla M acedonia, e

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con essi ( 155) Brachilla > immantinente crearono costai A. di R beotarca; e gli altri egualmente che aveanfam a dessere ^ 7 amici della casa di Macedonia o n o ra ro n o , e promos sero non meno di prima. M andarono eziandio un am basceria a Filippo per ringraziarlo del ritorno delia loro giovent, ( i 56) guastando il favore avuto da Tito. L e quali cose veggendo Z eusippo, e P isistrato, e tutti coloro cherano reputati amici de Romani, ne rimasero dolenti, presagendo tavvenire, e temendo per s stessi e po loro propinqui ; sendo che bene sapevano come , s e i Romani partissero dalla G recia, e Filippo stesse loro allato, rinforzando sempre la fazione ad essi contraria , non sarebbono punto sicuri nello stato di Beozia. Il perch accordatisi, ( i 58 ) mandarono amba sciadori a Tito in Eiatea, ove seco lui abboccatisi, molti e varii discorsi fecero in questo particolare, dimostran dogli l ira della moltitudine contro di loro , e la ingra titudine <dfct*HMgo. E d aliai fine bast loro l animo di d ire , che se ( i 5 ) togliendo di mezzo Brachilla non p a v e n ta s s e ro il ppolo , gli amici de Romani non avrebbono sicurezza dopo la partenza dell esercito. T ito , sentito c i , disse eh gli non prendeva parte a ^toesta im presa, ma che non impedirebbe quelli che la VBMl Sf o eseguire. P e r ultimo impose loro di/ parlarne c&tif Alssamene pretore1degli Etoli. Zeusippo ubbid e n ebbe pratica coll autidetto j il quale essendo tosto persuaso , ed avendo*approvati i lro detti , destin tre %iovani etoli e tre itaKaai, che avessero a porre le mani addosso a Brachilla.

(160) Imperciocch non v ha testimone pi formi dabile, n accusatore pi tremendo della coscienza che nell animo di ciascheduno alberga. ( Margine del cod Urbin. )

XXVII. (161) In quel tempo vennero da Roma i d ic c i, per cui doveansi governare gli affari della Gre chi , recando il decreto del senato intorno alla pace con Filippo. Contenevasi nel decreto ci che segue : Fossero liberi i Greci tutti d 1Europa e di A s ia , e si

reggessero colle proprie leggi. Quelli che soggetti erano a Filippo , e le citt da lu presidiate, consegnasse Filippo a'Rom ani (162) avanti la celebrazione dei giuochi istmici. Euromo , ( i 63 ) Pedasa , Bargilia , e la citt de Jasseij egualmente che Jtbido , Taso, Mirina , Perinto , fossero messe in libert , e cavate le guernigioni che vi erano. Circa la liberazione de' Ciani scri vesse Tito a Prusia in conformit del decreto del se nato. I prigioni ed i disertori tutti restituisse Filippo a Romani, dentro allo stesso tempo; egualmente le navi coperte, (164) tranne cinque vascelli^ e la nave da sedici ordini. Desse eziandio mille talenti, la met su bito , e la met in rate di dieci anni.
X XV III. Divulgatosi pella Grecia questo d e c re to , erano tutti di buon animo e lietissimi : i soli Etoli do lenti di non avere conseguito ci chebbero sperato, con tro di -quello m orm oravano, dicendo esservi parole e non fa tti, e dalle stesse espressioni del decreto trae vano , per suscitare chi gli ascoltava, probabili ragioni

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di tal sorta : Dicevano essere nel decreto due sentenze A. di Jt circa le citt presidiate da Filippo; Pana che imponeva ^ 7 a Filippo di levare le guernigioni, e di consegnare le citt a Romani ; l altra di levar le guernigioni, e di li berare le citt. Quelle pertanto che avean ad essere libe rate venir indicate col n o m e , ed essere le citt dAsia ; m a quelle che sarebbonsi consegnate a Romani essere manifestamente le citt dEuropa, cio a d ir e ( i 65 )O reo, E re tria , Calcide , Demetriade , Corinto. Donde facil mente comprendere tutti, che i ceppi della Grecia pas seranno da Filippo a R om an i, e che succeder una tramutazione di p a d ro n i, non gi la liberazione dei Greci. Cos andavano gli Etoli ragionando senza posa. Tito partitosi da Eiatea co dieci, e giunto in Anticira, pass tosto il mare e venne in Corinto , dove fu con quelli a consiglio, e deliber intorno alla somma degli affari. Ma (166) soperchiando l accusa degli E to li, e creduta essendo da alcuni, fu Tito costretto a fare molti e vani discorsi (167) nel consiglio, dando a conoscere c h e , ove volessero acquistarsi intieramente le lodi dei G re c i, e meritarsi la fede nniversale, che i Romani avean dapprincipio fatto il tragitto non pel loro van taggio, ma pella libert della Grecia, avessero a sgom berare tutti i luoghi, ed a liberare tutte le citt presi diate ora da Filippo. Nacque cotale difficolt nel con siglio, perciocch intorno alle altre citt erasi prima in Roma stabilito, ed i dieci teneano dal senato ordini precisi ; ma intorno a Calcide, Corinto e Demetriade era stato loro concesso libero arb itrio , per cagione di Antioco, affinch avendo rispetto atempi deliberassero

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A. di R sulle anzidette citt a loro piacere. Imperciocch il r
557 mentovalo da lungo tempo macchinava l impresa del-

1 Europa. Alla perfine persuase Tito al consiglio di li


berare subito C o rin to , e di consegnarlo agli Achei, secondoch aveano dapprima convenuto ; ma la rocca di C o rin to , Demetriade e Calcide ritenne. XXIX. Poich fu ci decretato, sopraggiunto il tem po degiuochi istmici, e concorrendo pressoch da tutta la terra gli uomini pi illustri, peli aspettazione di ci eh era per avvenire, molti e varii discorsi si fecero du ra ste tutta la solennit. Chi diceva essere impossibile che i Romani si tenessero lungi da alcuni luoghi e citt ; chi asseriva che d a luoghi pi celebrati starebbonsi lo n ta n i, ed occuperebbono i meno appariscenti, ma che potevano prestar loro la medesima utilit, e cotesti luoghi disegnava tosto (168) al compagno, non rifinando tra loro di ciarlare. Mentrech gli uomini erano in tali dubbiezze, ragunatasi la moltitudine nello stadio p er vedere i giuochi, si fece innanzi il b an d ito re, ed imposto silenzio al popolo per mezzo d un trom betta, recit questo editto: II senato de' Romani ed (169) il capitano proconsole Tito Quinzio , vinto avendo in guerra Filippo ed i Macedoni, fanno liberi, esenti da presidii e da tributi, ed abilitano a governarsi colla leggi patrie , i Corintii, i Focesi, (170) 1 Locresi, gU E ubei , gli (171) Achei F tioti , i M agneti, i T essali , i Perrebii. Levatosi tosto alle prime parole un plauso im m enso, alcuni non udirono 1 editto , altri il voleana udire un altra volta. Ma la maggior parte della gente non vi credeva, e stimava di sentire come in sogna

8r

cotali d etti, attesa la stravaganza del caso. Laonde J. di R. (179) tutti ad una voce rinnovato limpeto gridavano ; ^ 7 progredissero il banditore ed il trom betta nel bel mezzo dello stad io , e fossero ripetute le stesse cose : volendo gli u o m i n i , s e c o n d o c h a m e sembra , non solo udire , m a ez ia n dio ved e re colui c h e parlava, perciocch non p r e sta v a n o fede a q u a n t o erasi recitato. Ma come il ban ditore , r ic o n d o t to s i nel m e z z o , e calmato il tumulto p e r o p e r a del t r o m b e t t a , recit nello stesso modo le cose di p rim a , p r o r u p p e ta n t o applauso , che chi ora legge il fatto n on Io si pu facilmente figurare. Poich alla fine cess 1 a p p l a u s o , nessuno pi bad minima m e n te agli atleti, m a tutti discorrevano, chi fra di loro, chi d a s a s, ed e r a n o quasi fuori di senno. Eziandio d o p o i giu ochi dall ec cesso della gioia per poco nonu c c ise ro T i t o nel r in g ra z i a m e n to . Imperciocch alcuni v o le nd o gu ar d a rlo in fac cia e salutarlo loro salvatore , altri ingegnandosi di to c ca rg li la m a n o , e la maggior p a r t e g ittan do c o r o n e e b en d e , (173) pressoch il lace r a r o n o . (174) E se b b en e paresse il ringraziamento so verchio , p u tu tta via dirsi con fiducia che molto era inf erio re alla g r a n d e z z a dellazione. Conciossiach am* mirabil f o s s e , co m e i R o m a n i (175) ed il loro duce T ito a tale volo nt si conducessero, che ogni spendio soste nesse ro e d ogni pericolo in grazia della libert dei G re ci. E r a g r a n d e cosa ancora l avere adoperate forze adeguate all im presa. La maggiore pertanto si fu che la fortuna n o n si oppose punto al suo disegno, m a che tutto in un tempo (176) concorse per m o d o , che con polibio, tom. v a 6

8a
4. di R. un solo bando tutti i Greci che abitano 1 Asia e I Eu-

5^7

ropa divennero liberi, esenti da presidii e da trib a li, ed abilitati a governarsi colle proprie leggi. . XXX. Term inata la solennit , (177) negoziarono dapprima cogli ambasciadori d Antioco , e gl imposero d astenersi dalle citt libere dell Asia , di non far guerra (178^ a nessuna, e di sgomberare tutte quelle che soggette erano a Tolemeo ed a F ilip p o , ed allora da lui occupate. Oltre a ci gl' intimarono di non passare in Europa con un esercito ; dappoich a quel tempo nessuno fra i Greci guerreggiava coll a ltr o , ed a nes suno serviva. Dissero finalmente che alcuni di loro recberebbonsi ad Antioco. Con questa risposta Egesianatte e Lisia ritornarono al re. Poscia introdussero tutti quelli eh erano venuti da parte delle nazioni e delle citt, ed esposero loro il decreto del consiglio. I Mace doni adunque chiamati (179) O resti, perciocch eransi uniti a Romani durante la g u erra, (180) riebbero le loro leggi; liberarono pure i P erreb ii, (181) i Dolopi, ed i Magneti. A Tessali, oltre la lib ert, concedettero gli Achei F tio ti, tranne T ebe di F tia e Farsalo ; per ciocch gli Etoli facean molto gareggiamento (182) in torno a F a rs a lo , dicendo che loro appartenere dovea giusta la prima convenzione : e lo stesso asserivano di Leucade. Quelli del consiglio rimisero gli Etoli per queste citt alla deliberazione del sen ato ; ma i.Focesi e Locresi accordaron loro che avessero come prima in comunit di governo. Corinto e la Trifilia, ^ i 83 ) ed Ere a restituirono agli Achei. Oreo ed Erelria ancora parve api di dare ad ( 184 ) Eumene. Ma siccome T ito

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dissentiva dal consiglio, cos non fu ratificata la riso* A. di R. fazione. II perch vennero poco appresso queste citt ^ 7 liberate dal sen a to , e con esse (185 ) Caristo. Diedero ancor a (186) Pleurato (187) Licnide e (188) P a rto , che sono nell Illiria, ma erano soggette a Filippo. Ad Aminandro accordarono di possedere le castella che nella guerra tolte avea a Filippo. XXXI. I commissari!, poich ebbero gli affari cos disposti, (189) divisero tra di loro le incumbenze. P u blio (190) L e n tu lo , navigato in ver Bargilia, liberolla ; Lucio S te rtin io , andato in (191) Efestia, in Taso e nelle citt della T racia, fece lo stesso. Ad Antioco av* viaronsi Publio Villio e Lucio Terenzio; Gneo Cornelio a Filippo, col quale abboccatosi presso T e m p e , parl degli altri affari, di cui era incaricato, e Io consigli di mandare ambasciadori a Roma per chiedere alleanza, af finch non sembrasse ch egli temporeggiando stesse aspettando larrivo d Antioco. Avendo il re acconsen tito al suo suggerimento, separatosi tosto da lui, venne (192) al congresso di Term o, e fattosi al cospetto della m o ltitudine, esort gli Etoli con lunga diceria a per severare nel primo loro divisamento , ed a conservarsi la benevolenza de Romani. Essendosi molti a lui acco stati , e lagnandosi alcuni con dolce e civile maniera del ndti aver loro i Romani dato parte ne buoni suc cessi , e che nop aveano attenuti i primi accordi \ altri rampognandolo , e dicendo che i Romani senza di loro non avrebbono messo piede nella Grecia , n vinto F i lippo se non per mezzo di loro : Gneo non istim op p ortuno di difendere ciascuna di queste cose , ma esor-

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A. di R. tolli a mandare ambasciadori a Roma, perch conseguii5^7 sero dal senato tutto ci chera giusto; Io che s indus
sero a fare. Tal fine ebbe la guerra con Filippo.

X X X II. (193) II re Antioco grandemente agognava E fe so , per cagione del suo opportuno sito ; perciocch sembra essere qual rocca situata verso le citt dellionia e dell Ellesponto , cos per terra , come per m a re , e contro 1 Europa prestar sempre a re dell Asia un co* modissimo propugnacolo. (Suida).

Ambasc.

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( fd 4) Procedendo l impresa secondo il desiderio di A ntioco, mentre ch egli era in Tracia navig a lui (195) Lucio Cornelio in Selimbria. Questi era 1 ambasciadore spedito dal senato per fare la pace fra Antioco e Tolemeo.

X XX III. (196) Circa quel tempo vennero de dieci commissarii Publio Lentulo da B argilia, Lucio T eren zio e Publio Ovilio da Taso. Essendosi tosto annunziato al re il loro arrivo, ragunaronsi tutti in pochi giorni in (197) Lisimachia. Vi furono per avventura ancora nello stesso tempo (198) Egesianatte e Lisia eh erano stati spediti a Tito. I colloqui! privati del re co Romani erano al tutto schietti ed amichevoli; ma fattasi poscia una sessione comune pelle bisogne universali, gli affari presero una disposizione ben diversa. Im perciocch

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Lucio Cornelio chiedeva che Antioco cedesse quante A. di R citt egli avea pigliate nell Asia gi soggette a Tolem e o , e con grande impegno lo scongiurava di sgom- . berare quelle che appartenevano a Filippo; dicendo che (199) ridicolo sarebbe se Antioco sopravvenisse a pren dersi i premii della guerra che i Romani fatta aveano a Fi* lippo. Esortavalo pure ad astenersi dalle citt che rggevansi colle proprie leggi. Finalmente diceva maravi gliarsi , con qual divisamento egli passato fosse in E u ropa (200) con tante forze terrestri e tante navali. Im perciocch a chi diritto estima altra idea non rim a nere , se non se eh egli siasi proposto d attaccare i Romani. Gli ambasciadori ro m an i, ci detto , si ta cquero. XXXIV. Il re d isse, primieramente stupire con qual diritto seco lui contendevano pelle citt d Asia ; ap partener di ci fare a ciaschedun altro anzich a Ro mani. In secondo luogo chiedea che non si mescolas sero n punto n poco negli affari dellAsia; dappoich egli non s intrometteva minimamente in quelli dell Italia. In Europa essere passato con forze (ao i) per ria cquistare le citt del Chersoneso e della Tracia ; p er ciocch il dominio di que luoghi a lui pi che ad ogni altro spettava. Conciossiach fosse dapprincipio questa la signoria di Lisimaco; (202) ed avendolo Seleuco as salito e vinto in guerra, tutto il reame di Lisimaco es sere p er diritto d armi divenuto propriet di Seleuco. Ne tempi appresso, distratti essendo i suoi maggiori da altri affari, aver prima T o lem eo , poscia Filippo stac cati questi luoghi e fattili suoi. Egli non averli ora

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A. di R. acquistati assaltando Filippo in tempi di travaglio, ma

riacquistati valendosi dell opportunit eh erasi a lui offerta. Restituendo in patria i Lisimachii, dimprovviso sterminati da T r a c i , e rifabbricando la loro c itt , non recar alcuna offesa a Romani \ posciach faceva c i , disse , non con animo di attaccarli, ma (ao 3) per apparecchiare la residenza a Seleuco. L e citt d Asia che reggonsi a repubblica , non per comando de Romani dover conseguire la lib e rt , sibbene per grazia di lui. Le differenze con Tolemeo avrebb egli condotte a fine con soddisfazione di questo ; dappoich risoluto avea di stringere con lui non solo am icizia, ma insieme con questa (204) parentado ancora. XXXV. (ao 5) Stimando Lucio Cornelio doversi chia* mare i Lampsaceni e gli S m irn ei, e dar loro abilit di parlare, fu ci eseguito. Vennero da parte deLampsaceni Parm enione e P ito d o ro , da parte degli Smirnei Cirano. Discorrendo costoro con franchezza, il r e sde gnato, perciocch sembrava che rendessero ragione ai Romani delle contese seco lui av u te, interruppe Parmenione dicendo : Cessa oramai di tanto favellare : ch non innanzi a R om ani,, ma innanzi a Rodii mi piace d i discutere questa controversia. Cos si sciolse allora il congresso, senza che in nessun modo s accor dassero. ............ (206) S e , come suol d irs i, corrono 1 ultimo arin g o , si rifuggiranno presso i R om ani, ed a questi arrenderanno s stessi e la citt. (Suida).

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XXXVI. Molti, a dir vero, bramano le opere audaci A. di ed illustri,! ma pochi s arrischiano d imprenderle. (207) E p p u r ebbe Scopa assai migliori occasioni (208) che non ebbe Cleotnene di cimentarsi e di tentare cose ardite. Imperciocch questi, prevenuto da nemici, si rid u sse alla sola s p e r a n z a clic avea ne famigliari ed am ici ; e tutta v ia q u e s ta p u r e 11011 a b b a n d o n , ma q u a n t o fu possibile s p e rim en to lla , p r e f e r e n d o di gran lu n g a u n bel m o r ir e ad un viver tu r p e . Ma S c o p a , se b b e n e aiu tato fosse d a u n a p o d e r o s a mano di soldati, e d avesse 1 o cc asion e favorevole , essen d o il re ancora f an c iu llo , m e n tr e c li in dugiava e d elib erav a fa soprap preso . I m p e r c i o c c li c o m e (uog) Aliatomene couobbe e h egli raccogli eva gli amici nella p r o p r i a casa , e con essi c o n s u l t a v a , m a n d a t e a lcu n e g u ard ie il- chiam al consiglio. Costu i c a d d e ta n t o d a n i m o , che non os (210) di pro seg uire nel suo i n t e n t o , n chiamato dal re gli b a s t il cuo re d ubbid ire : eccesso d el quale non vh maggiore. Allora s avvide A ri s to m e n e della sua stol te zz a, e c i r c o n d la casa di sold ati e delefanti; poscia m a n d a lui T o l e m e o di E u m e n e c o n gente ^ordinan dogli di c o n d u r l o seco , ove di b u o n grado ubbidisse ; se n o n , colla forza. E n t r a t o T o l e m e o in cas&j dom eh* be significato clic il re c h ia m a v a S c o p a , dapfprmoipio n o n b a d q u esti a ci che dicevasi, niaguardftn(k>fi** T o l e m e o , r im a s e cos m o lto t e m p o , quasi maftadiiGUld o lo , e m a ra vig li andosi della su a audacia. Ma- oolite T o l e m e o fattosi in n a n z i a r d i t a m e n t e il prese .pblTCStito,
al lo ra pr eg gli a s ta n t i di s o c co rre rlo . Entralf eU M Bdp

pi s o ld ati, ed avendo alcnno indicalo che (24 1) di

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A. diS. fuori erano circondati, cedendo alla presente necessit,

segu insieme cogli amici. XXXVII. Giunt nel consiglio, il re accusollo con poche p a ro le, dopo di lui (2 12) Policrate test venuto da Cipro, e finalmente Aristomene. E ra del resto lac cusa di tutti conforme a quanto abbiamo pur ora detto; se non che fu alle cose anzidette aggiunto il congresso cogli am ici, e la disubbidienza alla chiamata del re. Perloch il condannarono non solo tutti quelli del con siglio, ma eziandio (21 3) gli ambasciadori degli stranieri eh erano presenti ; ch Aristomene , quando era per accusarlo , prese seco molti altri uomini illustri dalla G re c ia , e gli Etoli eziandio mandati in ambasceria per trattare la p a c e , fra cui trovavasi (21 4 ) Dorimaco di Nicostrato. Pronunciata 1 ac cu sa, rispose S c o p a , ed jngegnossi di recare alcune difese; ma non gli badando nessuno peli assurdit delle cose proferite , fu egli su bito insieme cogli amici condotto in carcere. Aristome ne , sopraggiunta la notte , uccise Scopa , e lutti i suoi parenti ed amici cpn veleno ; ma a Dicearco apprest strumenti da tortura e fruste , e s il tolse di v ita , fa cendogli scontare la dovuta pena a nome di tutti i Greci. (2x5) Questi era quel D icearco, che F ilippo, al lorquando si propose di assaltare per tradimento le isole C icladi, e le citt dell E llespo n to, cre duce di tutta l a r m a ta , e capo di tutta limpresa. II quale spe dito essendo ad una manifesta scelleratezza, non che non credesse di commettere qualche enormit, nell ec cesso della sua demenza suppose di spaventare uomini e Dei. Imperciocch ovunque approdava erigeva due

a lta r i, P uno alP Empiet, P altro alla Perfidia, e sopra A. di R quelli sacrificava , ed innanzi ad essi si prostrava , co* me innanzi a Divinit. Il perch sembrami aver egli ri cevuta la conveniente punizione e dagl Id d i, e dagli uomini. Imperciocch governato essendosi in vita con tro n a tu ra , meritamente gli tocc un destino contro natura. Agli altri Etoli che voleano ritornare a casa il re permise d andarsene colle robe. XXX VIII. L avarizia di Scopa fa nota eziandio mentre visse, dappoich avanz tutti gli uomini in cu pidigia; ma dopo la sua morte il divenne ancora mag giormente , pella quantit d oro e di suppellettili che presso di lui trovossi. Imperciocch giovatosi delPopera di ( a i 6) C arim orto, uottoo senza carit e dedito al vi no , mise affatto in fondo il reame. I cortigiani, poich mandarono a buon: effetto la faccenda degli E to li, oc cuparono tosto in fare (a i 7) la proclamazione del re ; (218) non richiedendolo, a dir v ero , per anche l e t , ma stimando che gli affari prenderebbono qualche con sistenza, e ricomincerebbero ad andare per lo migliore, ove si divulgasse che il re fosse gi divenuto arbitro di s stesso. F atto adunque un magnifico ap p arato , ese guirono la bisogna conformemente alla dignit re g ia , essendosi Policrate acquistato fama d avere maggior m en te contribuito alP impresa. Conciossiach quest uo m o sino da tempi del padre di T o lem eo , essendo an c o r giovine, era in riputazione di non cederla a nes s u n o della co rte , n in fedelt, n in geste. Lo stesso e r a egli sotto il re presente; perciocch essendogli stata affidata in tempi pericolosi e varii l amministrazione di

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9
A. di R. Cipro e de proventi che se ne traggono, non solo con*
5^7

serv l isola al reai fanciullo , ma vi raccolse ancora grande quantit di d a n a ro > eh1 egli allora giugnendo recava al r e , consegnato avendo il governo di Cipro a (a 19) Tolemeo da Megalopoli. P er le quali cose con seguito avendo ne' tempi appresso molta estimazione dovizia, progredito poscia nell et trascorse ad ogni libidine, e men una vita scostumata. L a stessa fama sort in vecchiezza Tolemeo (220) d Agesarco. Intorno a q u ali, come verremo a qtte te m p i, non esiteremo d esporre l turpitudini che la potest loro accompa gnarono.

FIN E D EG L I AVANZI D EL LIBRO DECIMOTXAVO.

SOMMARIO
AGLI AVANZI D E L LIBRO DECIM OTTAVO.

F l K E B E ILA P U M A G V E U A UACEDOXICA.

I soldati romani portano in marciando i pali petto stec cato Lo steccato de Romani migliore di quello de Greci < I ) Tito e Filippo in Tetsaglia ( 11-111) Principio della battaglia alle Teste di cane ( IV ) Gli Etoli com battono valorosamente ( V ) Proseguimento della pugna ( V1-VII-VII1 ) Filippo vinto da Quinzio ( IX ) Fugge _ Gli Etoli metlon a sacco il campo di Filippo Fine della battaglia ( X) Confronto della milizia de'Ma cedoni con quella de Romani Perch i Romani sono in guerra superiori a tutte le altre nazioni In quali cose avanzasse Annibale i Romani Milizia di Pirro ( XI ) Falange condensata Aste della falange ( XII ) Forza, propria della falange ( XIII ) Incomodi della falange ( g XIV ) Lo schieramento romano migliore della falange ( XV ) Filippo si ritira in Macedonia Comanda che abbrucinsi le carte regie Si diporta con saviezza n elf av v e rta fortuna ( XVI ).

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QtJlXZlO AC C O BD A LA PAC K A FlLIPPO.

Avarizia e millanteria degli Etoli Quinzio concede tregua a Filippo La rettitudine di Tito sospetta agli Etoli ( XVII ) Astinenza de Romani Esempio di L. Emilio E di P. Scipione ( XVIII ) Colloquio di Tito e degli alleati circa la pace da darsi a Filippo ( XIXXX) Colloquio con Filippo a Tempe ( XXI) Origine della guerra cogli Etoli e con Antioco Quinzio sollecita la pace con Filippo ( X X I I ) Furbi presi colle proprie arti Dettato d Epicarmo Mediorie citt d elf Acarnania ( XXIII).
M o trs s
lo d e d' A t t a l o .

Aitalo procacciassi il regno colla virt E con essa il rassod Ambasceria de Rodii ad Antioco ( XXIV ).
P
ace

con F

il ip p o

con ferm ata

dal

sekato

popolo rom am o.

M. Claudio Marcello console Tenta invano d? impedire la pace V alleanza cogli Achei non fermata ( XXV ).

i
ArrsKtMEMTi de B iozii. Ingratitudine de Beozii verso Tito Brachilla beotarca ( XXVI ).
D
ie c i c o m m issa r i is s is m e

eoa Q uinto

POH CON IV ASSETTO GLI

A F F A SI D ELIA GtEOlA.

Decreto del senato circa la pace con Filippo ( XXVII) Lamentarne degli Etoli Quinzio a consiglio co dieci commissarii Corinto restituito agli Achei I Romani riten gono la rocca di Corinto ( XXVIII ) Giuochi istmici I l decreto del senato intorno alla libert deGreci per mesto

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di banditore recitato (*J XXIX) Quinzio risponde agli am basciadori Antioco D sesto alle cose della Grecia ( X XX) I commissarii romani vanno in diverse parti Gneo Cornelio recasi presso Filippo e gli Etoli ( XXXI ).
A r r o t i e A Briaco.

Efeso opportuna tioco ( X X X I I ) sposta d Antioco ( e de Lampsaceni (

ad Antioco L. Cornelio viene ad A n Richieste de' Romani ( X X X I U ) Ri X X X I V ) Ambasciadori degli Smirnei


X X X V ).
A ffari
d

E g it t o .

Scopa tenta novit chiamato dal re ( X X X V I ) Condannato Ucciso Dicearco martoriato e messo a morte ( X X X V I I ) Rubamenti di Scopa Carimorto Procla mazione del re Policrate, governatore di Cipro Tolemeo da Megalopoli ( X X X V I I I ).

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI DEL LIBRO DECIM OTTAVO.

11 Casaub. ha inserito nel lib. xvu, molti articoli che noi, seguendo lo Schweigh., abbiamo col presente incorporali. Cole sta disposizione verremo indicando al margine de rispettivi testi. V. la introduzione alle note del lib. xvu. (i) Tito ec. Tutta questa parte della storia di Polibio ha Livio quasi colle stesse parole espressa ( xxxm , 5 e seg. ) , ed egli medesimo il confessa apertamente nel cap. io dell anzidetto libro cosi scrvendo : Noi abbiam seguito Polibio , autore di non incerta fedet cos in tutte le geste de?Romani come prin cipalmente in quelle della Grecia . Schweigh. (a) V armadura. In luogo dell assurdo r*p*Zt che hanno qui tutti i lib ri, quasich i soldati greci a stento potessero reg gere le proprie carni, leggo n tv m t collo Schweigh. il quale tolse questa emendazione da un traduttore tedesco di Polibio. Ed in fatti significa cotesto vocabolo non solo le bagaglie militari , ma eziandio le armi che portavan indosso, siccome scorgesi da Esichio e da Polluce. (3) Lanciotti Ho stimato di non potere con espressione pi

acconcia volgarizzare il ymtatvt del testo, arma propriamente dei


Galli alpini , ma che aflottata fu da Rom ani ancora , presso quali costoro militava a solilo. Che diversa fosse i dall asta il

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sappiamo da Livio , il quale dove descrive le arm adure de R o mani ( v in , 8 ) dice , che i fanti leggieri degli astati portavano

hastam gaesaque , cio u n asta e parecchie di siffatte gcsc. La ragione per cui un g aesum solo non bastava loro ( che due ne
portassero i Galli ce lo riferisce Virgilio, ^Eneid., vili, 6 6 1 - 1 , e C lau dia n o , De land. Stilic. , lib. 11 ) si era p erche serviva da getto , conforme scorgesi da Cesare ( De bel. gal. , ni , 4 ) > da Festo che lo chiama cleg. x i ) e da Sosipatro

grave jaculum , da Properzio ( lib. iv , che l appella tTJct i x s 7 / e v , specie


E real

di dardo ; sebbene per la sua lunghezza , maggiore di quella


de dardi comuni , avrebbe potuto appartenere alle aste. mente tfofi ikrtir,p >1 , asta tutta di f e r r o , lappellano i lessi cografi ( V . la nota g al secondo libro di questo volgarizza m e n t o ) , nel quale particolare d essere tutto di metallo sem bra che differisse dal pilum , che secondo Yegezio ( D e re milit., ir, i 5 ) era lungo cinque piedi e m e z z o , ed al dire di Servio ( iE n eid ., vii ,
664

) importava quanto il gaesum de Galli e la

sarissa de' Macedoni. tando ivreus rtvs senso di solo.

Ilastas tradusse lo Schweigh. con

poca

esattezza, meglio il Casaub. pila, sebbene questi sbagli in vol

yuU ovt , ipsa pila: pron o m e che qui ha il

(4) Dello steccalo. Il Reiske am erebbe che si leggesse la i % * p u d e g l i steccati , nella supposizione che l'ut oixtpopxr la v iv i nel seguente periodo a questo sostantivo si riferisse; e cosi la intesero il Casaub. e lo Schweigh. che tradussero : ipsorum vallorum. differentia. A me pertanto sem brato che cotesto p r o n o m e sia da rapportarsi a Greci ed a R o m an i , lo che io espressi colle parole: presso amendue, ma p e r maggiore chiarezza vi aggiunsi le altre : in questo particolare. (5) Che non hanno i rami ec. A questo luogo alquanto oscuro no p arreca nessuna luce Livio, il quale lo sorpass, forse,

secondoch giudica il Reiske, perch a suoi tempi gi i codici di Polibio a questo passo erano viziati. Il Casaub. vi pose i se gni di due lacune, e suppl ad esse io questo modo: Et quiderri ii sumuntur valli, in quibus surculi ab uno latere sint enali, non ab utroque alternalim. (Prendono pali ne quali i rampolli nati sieno da un lato, non da amendue alternatamente). Il Rei ske e lo Schweigh. non riconoscono nel testo cotali mancanze, comech 1 ultimo copiato abbia il sapplimento del Casinbono. Siffatte Confusioni ebber orgine, per mio avviso dal non avere gl interpetri del Nostro compreso il vero senso della voce >>A{. La particolarit narrata qui appresso, che i Romani facil mente portavano tre o quattro pali in un fascio, ha fatto credere a quelli che i fusti nel lato dove luno allaltro adagiavansi non avessero prominenze; ma siccome coleste prominenze tutto al pi erano quattro, quandanche state fossero disposte sopra amendue i lati non avrebbono gran fatto impedito il combaciamento dei pali ; seguatamente se occupata ne avessero la parte pi vicina alla cima, e ciascbdun paio d esse sorto fosse, sebbene da lati diversi, dallo stesso punto del fusto : il quale collocamento in opposizione ( itim ii flit u t ) , e non altrimenti in alternazione ( ) , o dir vogliamo, in avvicendamento di parti, che maggiore spazio dell altro richiede. Quindi chiara l assurdit dell emendazione proposta dal Reiske, il quale per togliere ogni difetto dal testo vorrebbe che si omettesse la particella negativa vx avanti iraAAag; quasich la maggior facilit di portare i pali ridondasse a Romani dall alterna posizione de rami che ne spuntavano. (6)11 pezzo che tiene. Ta fin tfn ltv t, cio quella parto del palo , che per essere conficcata in terra tiene saldo tutto il resto. Lo Scaligero ed il Reiske senza ragione sospettarono che Polibio scritto avesse xp*lclftt>ot, la parte contenuta dalla terra , conforme ha gi osservato lo Schweigh. (7) A quali fu sti. Err lo Schweigh. dicendo che pi sopra in due luoghi il Nostro chiam impni! i rami, laddove qui fa

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significare Io stesso vocabolo tronchi; dappoich furono nel secondo luogo i rami da lui appellati, quasi nascerne sporgenti da un fbsto , la qual cosa ben diversa- da t<pv<rit , chesprime il nascer fu o ri detta terra, e con tutta propriet pufr applicarsi ad un tronco che innanzi <P essere tagliato esce della terra in eai ha la radice. Nel primo degli anzidetti luoghi a dir vero scritto i * p h n tt, ma da correggersi in r i f i n i r , (8 ) Diligentemente appuntati. Adeo acuti, dice Livio , ut neque prehendi quod tentatur . . .. . possit. Quindi non com prendo come il Reisk, contro l'autorit d uno storico che avea Polibio sotto gli occhi e conoscer dovea il costume della propria nazione, e contro il buon senso eziandio, abbia qui potuto leg gere infcoptitvi, ovveramente da {( , lisciati, levigati. Corresse adunque opportunamente il Casaub. 1 iw t ftitttf volgalo tu *wo%vfcptitm da appuntare. (9 ) Qualsivoglia parte per cui si piglino. T iir + tlit fittiti. TlpttrficX attacco, assalto , e per metonimia ( tras paio di denominazione ) il luogo o la parte della cosa , donde la possiamo attaccare. Quindi sono wptr/StJka que siti da quali i tronchi posson afferrarsi e strapparsi, conforme interpetr il Reiske . Schweigh. ( 1 0 ) Una fo n a quasi assoluta. Io non mi seno appagato della versione latiba : propriam per se firmitatem habet ( ha di per s uoa propria saldezza ) ; ch , a nulla dire della inutile ripetizione di per s e propria, l ivlcxpiltip del testo appostoa c fitu fiit h espressione assai pi energica e precisa , il di cui valore non doveasi lasciar perire. ( 1 1 ) Tirando un ramo solo. Le Schweigh. con usa notai eruditissima illustra e corregge questo passo , eh egli pr pone di scrivere in questo modo : Ai7iptt f 7r pi* (oppure 7 U t ftItti) tw ivtrpttitf ictpu/tit tm 9 >xir9 *i irti&ofitttvc feci @ittfliit. Alta quale scrittura io faccio le seguenti riflessioni. T* 7} eh emendazione
P o lib io ,

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tom . vt.

della Scaligero, mi pia?e meglio di 7 l i t /t ia t, e perch 7 comodamente si sostituisce a tfit 7, che forse Polibio noa. volle ripetere, e perch twi<rv*/ztti pu stare senz articolo , siccome pi sopra.sta i m X a iiftirtt. Collo stesso Scaligero ame rei meglio di mutare tit AA*Avr ipivX txt in AAifAaf 5., che non qui wAA*r w n S tp ttu s in -AAr w ti& t/itnvf , couforme piace allo Schweigh. che vi sottiotende ( p a l i ) , giacch pi ragionevole il riferir queste parole al wfV3Ar che precede, che non al %*p*xs che segue. N de sembrare strano che cotesti molti che cedono sieno rami anzich pali, dappoich allo smuoversi de* rami tiene dietro necessaria mente quello de tronchi. ( 1 2 ) I l perch ec. Ove si trasportino le parole 7# 7c7< % ifut (di cotesto steccato) dopo Sta<pps, siccome fu eseguilo nella versione latina e nel nostro volgarizzamento , non 6 a qui d uopo supplire a nessuna mancanza , conforme fece il Reiske, salvoch. a quella di 'iris dovuta allo Schweigh. , o d l**p%imc proposta dallo Scaligero. (13) Cinquanta stadii. Livio ha sex fere millia, che a otta Stadi! per miglio sarebbero circa quarantotto stadii. 11 Reiske considerando questa differenza sospett un errore nel testo ; ma se riflettasi al fere (quasi) di Livio, il quale non voli esprimere una piccola frazione di miglio, cotal apparenza derrore svanir. (14) Tebe. Quella di Flio , provincia della Tessaglia. (15) Di buon ora. Vicinissima essendo Fera a Larissa ( se condo la misurazione di Tolemeo l/ 6 di grado ) poca era la strada che nel primo giorno avea latto Filippo coll esercito j quindi non 4 a maravigliarsi se di buonora giugnesse col dovegli stabil il campo, ed ordinasse a soldati di curare il corpo, onde la mattina susseguente per tempissimo, siccome fece, andare incontro a'nemici. Non osservarono ci gl ioterpetri latini che scrissero : Suis edixit , ut mature omnes corpora curarent, (or din asuoi che tutti di buonora si rinfrescassero), per esprimere il quale senso nel testo, volle lo Schweigh. nelle note che dopo

D8

aiitlfaloifivrat si ponesse virgola, ed i t*pm si unisse a quel che segue, e si cancellassero le virgole dopo *f* e w att. ( 1 6 ) Occupare le eminenze. Leggo collo Schweigh. im/SA><, seguendo l autorit di Livio, il quale (x x x m , 6 ) scrisse : A d occupandos super urbem tumulo non ad superandos , eh corrisponderebbe al volgalo vzrtfP&hMit. Per tal guisa pu re stare intatto i l l a l t x(c\Qt'att che il Gronovio, per difendere la lezione de*libri, mutar volea in T*t ( 1 7 ) Circa il tragitto. Itp 7i trspfiXn, cio intorno al sito per dove dall una parte del colle all opposta si passava , eh era peli appunto la cima di quello. Circa collium cacumina (circa le cime decolli) tradussero il Casaub. e lo Schweigh. lo non ho rifiutata la versione letterale del vocabolo greca, sull esempio del .Dante che cant (Inf., xix, 1 2 8 - 9 ). Sin men portb sovra l colmo dell arco Che dal quarto al quinto argine tragetto. Oltrech traghettar V Alpe disse il Casa , leu. 7 3 , e Bruto in Cicer., epist. ad famil. x i , ep. 9 . Si se Alpes Antonius irajecerit. Onde qui pure poteasi dire, senza ledere la propriet della favella latina : circa trajectum. ( 18 ) Sotto alla vetta. Grave abbaglio, secondo m e, presero qui tutti gli editori ed interpreti di Polibio seguendo la falsa le zione de codici, liti iptptir, pel buio. Adhuc obtinente noclurna caligine (regnando ancora loscurit notturna) Reiske. I n caligine, per caliginem (nelloscurit, pelloscurit) Schweigh. Manco male che in piccolissima distanza si fossero potuti reci procamente accorgere della loro presenza, sebbene penato avrebbono certamente a vedersi. Ma non eran essi partiti , siccome leggiamo poco sopra, in sull albeggiar del giorno? ([vzrt 7ir *Sitn*). Adunque ragion volea che quando giunsero poco lungi dalla cima del colle non fosse buio. Taccio che *7, ifieuon iitra 7i) ipipt 1 conveniva dire per esprimere 1 attuai csi~

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I CO stenza delle tenebre. Leggasi pertanto x tp v ft in luogo dr i f J, anche coll autorit di Livio, il quale non facendo motto di oscurit scrive : pari ferme, intervallo ab jitgo ( quasi a pari distanza dalla vetta ). (19) Piacque ad essi. Ingegnosamente suppl il Reiske Ih lacuna eh qui nel testo colle seguenti parole : t t Ji lahln feti 7ff i/tip* ttpttm t fi'tinr . 7. A.. Il Casati., copiato dall Schweigh. avea nella traduzione espressa la stessa senteoaa ; s r non che il primo sattenne pi a Livio che scrisse: Et ilio quidem d ie , nullo inito certamine , ad castra revocati sunL (ao) Sulla strada di Fera. Tutti i codici recano iv i 7 7S 4>tpi, che, strana frase essendo anzich no, lOrsiui ed il Rei ske cangiarono in 7St 4npS coll omissione del 7, spiegandola il secondo coram Pheris , in oculis oppidi (dinanzi a F era, al cospetto della citt), e proponendo ancora itr 7 7 > <S>tpt, sottintendi ptipin, l7t <p'tptvrn ms wpit Aptrrat, nelle parti di Fera che menano a Larissa. Lo Schweigh. scrisse: evi 7iS t 7. Q. Ma non potrebbesi coll autorit di Senofonte, nel quote ( Cyrop., v, 1 1 , 3 7 ) riscontrasi 7J u r) B < */8 uA>*., la strada verso BabUone, qui leggere 7jT iv i IS t 9tpS> eoa pochissima alterazione della scrittura Volgata? Io lho inlsa in questo modo traducendo il presente passo. (ai) Scotusa. V. la nota aa3 al lib. x. (2 2 ) Contado di Scotusa. X xttvr(* chiama Polibio il paese ed i campi intorno a Scotusa , donde Filippo trar volea le vet tovaglie a lui necessarie. Scotussaeus ager in Livio, xxxm, 6 . (a3) Compiuto il cammino ec. u tirxths ha il Nostro eoa omissione di 7J* / Senofonte, dietro l esempio citato alla nota ao, non avrebbe omesso larticolo 7 (iwi 71ii . . . Epirpixi) che d al discorso maggior chiarezza ed eleganza. Con elissi pili enorme avrebbe Polibio nel lib. in, cap. 7 9 , usato questo verbo, se non avessimo col dimostrato essere la lezione volgala contraria alla mente dell aulore. V. la nota a8 g allo stesso libro.

IOI {aj) Eretria Ftiotide. 1 libri talli qui danno soltanto la prima lultima lettera < p-s della provincia o del distretto in etti era questa citt. L Orsini sospett che s avesse a leggere ( di Farsaglia ), indotto credo in errore da un passo di Strabone , x , pag. 447 . che pone cotesta Eretria nella Vici nanza d i Farsala. Propos egli ancora Qtpttfctt, comech gli eserciti si fossero un b u on tratto allontanati dadintorni di Fera, nella quale affatto improliabil opinione fu egli seguito dal CasauIxmo. Pi ragionevolmente s attenne lo Schweigh. a Livio che
dice : ad Erelriam PhthiotiiHs.

(i5)
8)

chiama Onochonus. Livia (2 6 ) Melambio. Luogo

Oncheslo. Sem bram i lo stesso fiume che Plinio (iv, i5, pure ha supra amnem Onchestum.

di questo nome era nella Beocia. di poco conto debb essere stato que sto , non altrimenti che Te ldio, dappoich non trovansi presso i geografi. Lo Schweigh. non so che si voglia citando a propo sito di questo nome il M sx iftfiitt d'Esichio, che significa uomo di tenebrosa vita. Non pertanto seoza verisimiglianza la sua opinione che abbiasi a leggere M tkip tw iti, tempio di Hfelampo, che secondo Pausania (Attic., 44) era adorato in Egostene della Megaride. Cosi p otrebbe Tetidio essere stato un tempio di Tet i d e , conforme credette 1 astore de viaggi del giovine Anacarsi. (2 7 ) Tutta laria ingombra di nubi. Ahf non ogni aria, sibbene una quasi oscura , -caliginosa , torbida , quando come un fum mo sparso peli aria gira dinanzi agli occhi e sembra im brattare ed offuscare la nitidezza della luce . Reiske. Molta evi denza ha questa descrizione die fa il Nostro dun grande e scuro temporale, in cui 1 aria pare tutta convertita io un nero fummo che dalle nubi discende sulla terra. Livio 1 ha debolmente imi tato , scrivendo : nubibus in terram demissis. (a8 ) Prosegu. Credo anch io col Reiske che wpeitt sia la vera lezione, non in fi tti , and intorno , gir , perciocch il divisamente di Filippo non era di girare i colli per venire alle (nani con Quinzio; sibbene gli dovea star a cuore di andare sol
Una citt

102
lecitamente innanzi, affine di prevenire il nemico nella occupa* sione vantaggiosa de colli; la qual cosa egli aveasi proposta sino dal momento che mosse da Larissa incontro a Romani che ac campati etano intorno a Tebe. V. sopra al cap. a. (3 9 ) Pella oscurit della giornata. Propriamente pella diffi colt di vedere chera in quel giorno, lo che il Nostro con mi rabile aggiustatezza e concisione espresse per Si* 7 J&o-tzrltr 7<f ptip*{. Livio : propter obfusam caliginem ( pella nebbia intorno sparsa ). (30) Presso di lui. Viziata al crto la scrittura de codici che recano w*p i i l t v t (presso gli Etoli): ma neppure il Casaub., seguilo dallo Scaligero e dallo Schweigh., s appose al vero , scrivendo v*p iv i tv, cb sollecismo. Miglior la correzione dell Orsini tmp' ivlm , n error sarebbe w*f iv i et; sibbenc doppio errore trf iv i Si, suggerito dallo stesso, contro la gram matica e contro il fatto; dappoich presso i Romani e non presso gli Etoli erano i tribuni innanzi che Qu'mzio con questi li spe disse. Secondo Livio pertanto noa tutti furon Etoli ( maxime Etolorum sono sue parole) ; quindi da credersi che i tribuni vesser sotto il loro comando de fanti romani. (31) A l tutto succumbenti. Accetto la correzione dello Schw., che mulb 77r t t i s in 7tt tK tit, sottintendendo trpMyftxri} perciocch quantunque Polibio dicesse nel principio del libro che i Macedoni aggravati erano dlia loro armdura, ci non per tanto non da supporsi che questa fosse la cagione della loro disfatta , anzich il fossero i soccorsi giunti a Romani. A nuKa dire che lo stesso verbo *a.lufiaptvrcn (essere aggravato) us il Nostro in prlando qui sopra di sticcumbere che fecero alla superiorit dH presidio macedonico i Romani dapprima arrivati, i quali certamente non rimasero oppressi dal peso delle loro armi. (Si) E trasparendo gi la nebbia. Ho rendute a rigore le parole di Polibio : tpi%x%t citi Jlapxittvmis, che n il Riske n lo Schweigh. sembrano d ansr comprese. Il primo le inter-

i o3
petr : transmiltenie nebula diem ( la nebbia trasmettendo it giorno); l altro confondendo la trasmissione della luce attra verso della nebbia coll apparire della luce in sul far del giorn ( anrendtre i quali fenomeni espresse il Nostro qui e nel cap. 4 di questo libro col verbo ), stim che la trasparenza fosse nello stesso giorno. Ma fallo sta che la nebbia medesimn crasi renduta trasparente, perciocch meno densa e pi atta n ricevere la luce. Poca evidenza ha la traduzione latina: citnt jam lucis splendori cederei nebula (cedendo la nebbia allo splendore della hice). Livio dice : et jam juga montiam detexerat nebula. ( ed avea gi la nebbia scoperte le cime de monti ) : con poc verit , giacch la nebbia in diradandosi abbandona prima g K strali inferiori dell aria , poscia sparisce da luoghi pi alti. (33) Girtona. Citt tessalica della Perrebia. 11 Casaub. per isbaglio scrisse 7s> T tflv tltv , quasich fosse costui da Gorline s citt di Creta. Ma forse deesi attribuir 1 errore al tipografo ; dappoich nella traduzione leggesi Gjrrtonium. Quindi fece bene il Gronovio a richiamare nel testo la lezione de codici. (34) Negli scontri di fanteria. Essendo in tulli i libri it il Casaub. riconobbe la nullit di questa espressione c la salt a pi pari. Il Gronovio, volendo rimediarvi, ne fece v tJ itc tf, nelle fazioni di campagna , e non avvert che in tal senso iriSuttle, ovveramente mutitele dovea scriversi; oltrech acombatlimenli in luoghi piani e campestri la cavalleria appuuto, sella quale tanto valeano gli Etoli , maggiormente confassi. Fu giudiziosa F emendazione del Reiske , ricevuta dallo $chweigh., in we$x*7t, sottintendi iy S n , opposto all izr-auttls che segue. Della quale inferiorit di cotesta nazione nelle pugne a piedi ha gi discorso il Nostro nel lib. iv, cap. 8 . (35) Voltarono la faccia. Fecero levoluzione U ptilufithis che abbiamo spiegala nella noia io 4 del lib. x, ragionando degli esercizi! della .cavalleria greca. Della stessa frase si valse di sopra l A. riferendo la fuga de Romani dalla cima de colli. (56) Teste di cane. Stefano Bizantino a questo nome cita

io4
1 undecimo libro di Polibio , sbagliando il numero , e ne fa utt Solo colle: x lQ tt lit fyirtttfu'vr, quando la descrizione che qui ce -abbiamo ed il plurale xlJictX) abbastanza indicano cberano una serie d eminenze, simili nella loro configurazione a teste di cane. (3 7 ) Temendo. Il Casaub. prese wpf*pit>K in senso atti vo , e tradusse prospiciens ( vedendosi dinanzi ). Il centesto, a dir vero, non rifiuta cotale significato , cui lo Schweigh. di luogo nella sua versione; comech nelle note egli faccia cono1 scere , citando parecchi passi di Polibio dove questo verbo ri scontrasi , eh esso corrisponde a guardarsi da alcuna cosa, 'averne tintore. (38) Feritori. Cio coloro che aveano' gi appiccata la zuffa, chiamati dal Nostro w ftK itfttiv tih t. Circa la convenienza di questo vocabolo , molto usaito dagli storici del trecento ( che lo scriveano/editori ) per esprimere colai genere di pugnatori, ab biamo gi altrove ragionato. (3 9 ) Che voi in Macedonia preoccupando essi le vette* Erano queste propriamente tra i Dassarezii ( popolazione libera secondo Plinio (iv, 1 ) situata dietro l Epiro) e gli Eordei, gente Macedonica. Quindi non, pu reggere la legione d alcuni codici approvata dal Reiske < quasich dalla Macedonia, cui non appartenevano i Dassarezii, coteste alture conducessero in una regione non macedonica. Ma non pu ammettersi neppure wpcx*lt%eVl<tc in M axttfttf*, preoccupando in Macedonia , che hanno altri codici che piacque allo Schweigh.,, dappoich erano quelle immense il confine tra i Macedoni ed i Dassarezii. Di che, credo, accortosi gi il Casaub., invert nella traduzione le parole del testo pei* modo che ne risulta questa sentenza: che v o i , preoccupando essi in Macedonia ( non le alture che iti Macedonia ) le allure che conducono nell1 ordea (quos iti Ma cedonia vos, quum fauces insiderent quibus aditur Eordaea). Lo Schweigh. adott nella versione questa trasposizione di parole ,

o5 che noi (pure non esitammo di ricevere, senza farne motto nella lunga nota eh egli dedic a questo passo. (4o) Nella Eordea. Non citt , ma regione della Macedonia era questa , siccome riferiscono Tolemeo e Stefano Bizant. , che due di questo nome ne ravvisa nella Macedonia. Alla qual du plicit mira forse 1 Eordeae di Plinio. (ii) Le disperale, fio amato meglio di rendere letteralmente il vocabolo greco ivriwKrptttcts, il quale con evidenza singolare esprime la somma difficolt di superare quelle vette, che non at tenermi alla fredda traduzione latina : illas vias invias ( quelle strade impraticabili). Dovettero pertanto allora i. Romani la vit toria allo stratagemma loro insinuato da un principe degli Epirot, il quale da una guida pratica deluoghi fece scortare quattro mila fanti e trecento cavalli alla pi alta cima del monte, sicch riuscirono alle spalle del nemico. V. Livio, xxxm , 11 e seg. > dov descritto quel fatto d arme, nel quale i Macedoni perdet tero due mila uomini. (4a) Buttando le armi. Leggo collo Schweigh. ptyatlae, eh in tutti codici MM. L edizione prima ha fty x tltr , cui il Casaub. prepose 1 articolo !, formando un membro di pe riodo senza verbo che il regga. Il quale articolo e pur voglia conservarsi, far d uopo scrivere t piatti (gittarono), e lasciando dovrassi farvi precedere 7i, conforme sugger il Reiske (allorquando gittarono). (43) In Macedonia. Secondo Livio giunsero essi in Tessaglia. Le alture, sforzate da Romani, aveano a tramontana la Macedo nia ed a levante k Tessaglia. Filippo dubitava dapprincipio quale |trada dovesse prendere; finalmente si decise pellultimo di questi paesi, chera suo alleato. Col, levata la gente, guast ogni cosa, affinch i nemici non se ne impossessassero. Non potendosi sup porre che Polibio incorso fosse in errore cos grossolano, io sa* rei tentato di scrivere qui Ir Q ttraxf* (in Tessaglia), siccome nel periodo antecedente &ae-ttpnli<? (in Dasarezia). (44) Da'fatti antecedenti. Il Casaub. credendo che il genitivo

to6 '
isolato 7St ^Tfoytyoilm dipendesse da un genitivo smarrito net testo, pose alcuni punti denotanti lacuna, e suppl nella traduzione alla meglio la supposta mancanza. Tutto pertanto sembrami ac comodato ove prepongasi a quel genitivo la particella *, che io lio espressa nel volgarizzamento. (45) Gir la schiera. nps>t/3ee/s, cio fece la vaptp/iiXii, o dir vogliamo la intromissione delle file nel modo che 'abbiam descritto nella nota 1 1 1 del lib. z , dirigendosi al lato manco. Molto inesatta 1 idea che di questa evoluzione danno gl interpetri latini, scrivendo : confestim ad sinislram signa convertii, et locis superioribus occupatis aciem ibi direxl ( tosto gir le insegne, ed occupali i luoghi pi alti , col diresse la schiera ) ; laddove la nuova direzione data alla schiera precedere' dovea 1 occupazione delle alture. (4 < S ) Conforme test dissi. Alla fine del capitolo antecedente (4y) Per occasione. DeRomani osserva Livio che nel primo scontro seguirono piuttosto la necessit che loccasione della pu gna ; de Macedoni dice qui Polibio il contrario nel secondo az zuffamento. Donde si scorge che neparliti decisivi la imperiosa necessit sovente di migliori consigli suggeritrice, che non 1 opportunit alla quale non si sono per anche acconciale tutte le disposioni. (48) Di raddoppiare Palletta. Sedici essendo le file schierate nella falange, Filippo ordin che ne facessero trentadue, affinch, dice Livio, la schiera fosse pili lunga che larga, e per conse guente merc della sua massa offerisse una pi vigorosa resistenza all impeto de nemici. Ma non per ci era d uopo, siccome pre tende il Reiske, che le nuove file si facessero con nuovi soldati, e pu lo storico romano non essersi ingannalo riferendo , che per eseguire siffatto condensamento fu tolta met della fronte. (4g) D'abbassare le aste. Qui ha ragione il Reiske che Livio non comprese il Mostro, interpretando 7r n > ftr te tt, hastis posilis ( deposte le aste ) , le quali, secondo lui pella loro lunghezza imbarazzavano ; il perch supponeva egli

t0 *5
che combattessero colle spade, lo che non fu al certo costum della falange; (50) Di fermarsi nelle ale. Il verbo omesso secondochi osserva lo Schweigh. in tutti i dizionarii , significa a detta di lai quanto ho qui espresso, e non fc senza fondamento il suo sospetta che Livio , non avendo qui Capito il tsto greco , sti masse meglio di sorpassare questa circostanza. (51) Angoscia eccitava. Omisero affatto i traduttori latini il tanto energico iru.pcttrla.hit'i iy v tfu t, che fu bene compreso dal Reiske , la cui spiegazione qui apponiamo capace di dare an goscia , chs poteva metter altrui Umore' ed affanno sull esito dell impresa. (5?) Egregiamente si diportava. La vivacissima frase Xx/izrpt itrtiX irlt Kctlk ter meritava , a dir vero , una traduzione che pi si fosse approssimata al testo del freddissimo pugnam admodum secundam faciebat del Casaubono e dello Schweigh. Gloriosamente disimpegnavasi nella pugna avrebbe forse pi esattamente renduto il testo , se del disimpegnarsi in questo senso si trovassero esempli ne buoni scrittori. (53) Pel podere delle masse. massa, secondo la definizione che ne d il Grassi (Dizionar. inilit. ital.) una colonna ed un grosso di truppe serrato insieme, e non si usa che nelle grandi operazioni di guerra . A ci parmi che accennasse il Nostro colle parole 7S fiifit 1 s m ( verbalmente col peso dello schieramento ). (54) Contigui a combattenti. Era questa la battaglia di mez zo , media acies , secondo Livio, quae proprior dextrum corna e ra t , pi vicina all'ala destra che combatteva, ma stava l in atto di -spettatrice , quasich la pugna non le appartenesse : stabat spectaculo velul nihil ad se pertinentis pugnae intenta. (55) Dei nemici. Bene si avvisarono 1 Orsini ed il Casaub. di cancellare il 7?r che in tutti i libri precede al 7i t atXtft.lmt, e che conservare vollero gli altri interpetri del Nostro mettendo dopo irtXifiliti un segno di lacuna , la quale empierono con

loS
$ * .iyyn t o con iv tiftia t, qualificazioni superflue amendue, e la prima eziandio falsa, attesoch la sola ala destra costituita era in falange. (56) V i stanziavano. Sostiene il Reiske che qui andasse smarrita la parola *wfatti, inoperosi, stando alla relazione di Livio che citala abbiamo nella nota 54- Ma io temo forte non Livio prendesse un abbaglio , stimando inoperosit ci eh era tattico divisamente ; dappoich la schiera di mezzo, conforme di sopra vedemmo, non combatteva per essere distante dagli avver sarli , e dovea stanziar alcun tempo e non progredire , affinch l ala sinistra che allora giugnea potesse mettersi in ordine di battaglia. (5 7 ) Non aveano chi loro comandasse. Filippo, tuttoccnpato Beffala destra ch era vincitrice, abbandonate avea le altre parti dell esercito alla disposizione de duci subalterni, i quali opera vano ciascheduno di per s , secondocb credean opportuno al1 emergenza , combattendo innanzi dessere schierati, ed invano affaticandosi d unire in falange tutte le forze. (58) Venti insegne. L insegna a que tempi composta era 4i i3o uomini; sommavan adunque tutti i soldati'duemila sei cento . Schweigh, (5q) Voltandosi ec. L'ala sinistra deRomani che ceduto avea all impeto della falange macedonica e nel ritirarsi voltala la fronte, la rivolt verso i nemici, come prima questi assaltali fu rono dall ardito tribuno, al quale per disposizione della falange resistere non poteano. (6 0 ) Trattosi alquanto ec. Secondo il Reiske f>pa%t sarebbe in quest luogo ir) lt /*i f t lev ( P ^ UDa breve parte di tempo .){ ma io sono persuaso che la brevit sia rela tiva allo spazio anzich al tempo, giacch non si vede che Fi lippo siasi pi ricongiunto collesercito. ( 6 1 ) SpaccialamenU. Non ho creduto di dover negligere, sic come fece lo Schweigh. (il Casaub. scrisse subito), 1 espressione <> Ita nu/ptv, con cui volle significare Polibio che Filippo nella

ig
fuga raccoglieva soldati traci e macedoni, secondochi nella fretta 1 occasione ( x*iper) glieli offeriva. (6 1 ) Dapprima arrestassi. Essendo 7t la lezione V o lg a ta
con susseguente segno di lacuna, il Reiske v introdusse cifrale. Meglio avvisossi lo Schweigh. scrivendo 7r ap%ks, eh p ro priam ente frase polibiana significante dapprincipio ; laddove tt 1x7s pxuls (non la~s p%ct7{) leggesi di sopra in questo stesso c ap ito lo, ed a p ra li ne libri iv , 7 6 , e v m , 3. Ma stando alle parole di Livio : repente . . . paullisper conslituit signa , che hanno molta evidenza , no n vuoto cosi: lals f i n segn qui versione. una sarebbe meglio d" em pier quel

Xiyoi %pinet 'fstirlii, arreslossi di repente alcun poco colle insegne ? Il Casaubono
grande lacuna , e la sorpass del tutto nella

(63) Avendo in animo. Mi sono giovato della frase di Livio: in animum habebat, c h proprio il xp/iat del Nostro nel senso pi acconcio al presente luogo di divisare , decidere , aver per fermo , cui non corrisponde 1 aequum. esse jadicans de tradut tori latini. (64) Essendo dappertutto ec. Molto pi circostanziata che non in Livio presso il Nostro la descrizione della fuga di F i lippo , conforme di leggieri pu scorgere chi fa il confronto tra amendue. (65) Ove trovati ec. Nulla in Livio di questa sopraffazione degli E t o l i , che provoc la mormorazione de R o m an i contro il loro capitano. (6 6 ) Caddero ec. Livio, rigettando le annoverazioni esagerate che della perdita de Macedoni in quella battaglia fecero (*) V a
(*) Questi storici e L. Sisenna, autor egli pure di storici annali, erano con temporanei , siccome attesta Vellejo Patercolo nel lili. II t e di cinquant* anni circa posteriori a Polibio, conciossiach trovisi che Sisenna vivesse aJtempi di Siila (Vos*., de Hist. l a t . , lib. 1, cap. 10). Valerio sovrattutto immensamente aggrandiva i nu meri , conforme hassi da Livio nell* esposizione di questa pugna, e con pi forti espressioni nel lib. xxxvil) , 38.

I IO lerio (Aoziate) e Claudio (Quadrigario), dice espressamente daver seguito Polibio, come colui che fornisce sicure notizie cos di tutte le geste deRomani, come principalmente di quelle che av vennero in Grecia . (6 7 ) Avendo io nel sesto libro ec. Tra i frammenti del lib. v* di Polibio scoperti da Mons. Mai leggcsi alla fine del primo fram mento: ZI ti i lt7( ve fi lpxtiylxs (cerca nellarticolo dellarte di condurre eserciti). In questo articolo che pi non esiste probabil che contenata sia la promessa fatta dal Nostro e di cui egli ora si sdebita , dappoich in nessun altra parte del sesto libro se ne trova traccia. Era pertanto questo il luogo pi conve niente per inserirvi siffatto confronto ; giacch la differenza appunto delle armadnre romana e macedonica fu la precipua causa della rotta di Filippo. Io alcuni codici, tra quali vha un Marciano, desso tratto fuori del suo sito, quasich nou vi ap partenesse. (6 8 ) In sufa tti proprii. Cio corroborando co fatti quanto sar per dire , e rendendo quasi palmare cotesta differenza me diante la pratica esposizione delle evoluzioni che convengono alluna ed allaltra armadura. Questo sembrami il senso della frase tzr i v l i t IS t zrpxsa/r qui usata dal Nostro. (6 9 ) La sola fortuna predicando. Da altro simile passo di Polibio indotti (1 1 , 38), dove leggesi 7#^^ fin x iy in , ivS*ftS t i t <ii v f ' t posero il Casaub., I Orsini c lErnesli qui pure la virgola dopo 7 lfcV X tyciln , donde viene che il f i l i t i si riferisca a ci che segue: Non reputiamo coloro felici. Lo Schweigh. ritenne questo senso nella traduzione, quantunque nel lesto ponesse le virgole dopo fi iti, nella quale interpunzione noi 1 abbiamo seguito , sembrandoci risultarne una sentenza pi ragionevole. (7 0 ) Anzi Annibaie medesimo. Varia essendo qui la scrittura de codici, il Casaubono pose 7 avl'os, e lo Schweigh.. con poca differenza < 7 < * iv i et, poscia lo stesso. A me pertanto sembra da preferirsi la lezione dellOrsini, il quale, avendogli il

ii r

suo codice presentalo i 7i * *u7'r, con piccola imitazione ne fece ti yt x'tvVos, cb quanto : siquidtm e tip s e (che s.chelo stesso, aozi lo slesso ). 11 poscia starebbe qui isolato, dod precedendo nulla a cui possa riferirsi ; perciocch cangi Anni baie armadura dopo la prima battaglia della quale parlasi in ap presso , e non aspett l esito della guerra di sopra mentovato. (7 1 ) Alternatamente ec. Misto adunque era lo schieramento usato da Pirro contra i Romani. Colle insegne intendeva egli di cogliere il vantaggio dellagilil propria alla distribuzione italiana, e formando delle piccole masse a modo di falange trar volea profitto dalla solida resistenza che offre questo genere di collo camento a Macedoni familiare. La stessa alterazione d armadure greca e romana propone il Macchiavelli nel terzo libro dellArte della guerra, ignorando per quanto sembra come tanti secoli in nanzi a lui era gi stata esegaila. - Affinch pertanto si serbasse la dovuta proporzione tra' le parti dell esercito , dovea bens la ra iif* ordinata in falange essere pi numerosa dellinsegna schie rata alla romana , quella essendo pi densa di questa , ma alla prima non conveniva certamente la qualificazione di coorte che le diedero il Casaub. e lo Schweigh., mercecch era dessa la de cima parte della legione, laddove l insegna, vexillum , conteneva giusta Livio (vili, 8 ) soli sessantadue uomini. duuque da cre dersi che cotesta rtrilf fosse un drappello, manipulus , com posto, a detta di Livio (1. c.), di tre insegne, pari a centottantasei uomini ( secondo la ragionevole correzione di Lipsio , De milit. rom., lib. 11, dial. 3), ed a due centurie a'tempi di Polibio (V. la nota 85 al lib. ut ). - Del resto affatto gratuita 1 opinione dello Schweigh. che il drappello della falange sia lo stesso che il < r !itlctyftct rammentato da Eliano e da Arriano , e che consi steva di duecento cinquantasei uomini , o la 7*|<r che ne avea la met. E nulla altres ha che fare la rwn'f* qui accennata coi branchi in che gllllirii dividevano il loro esercito. V. il Nostro, 1 1 , 3 , e col la nota 1 1 ; checche ne dica lo stesso commenta tore, - A maggior chiarezza tolsi dalla versione latina la deter-

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ininazione aWitaliana aggiunta allinsegna, ondevitare lequivoco che T insegna pure schierata fosse a guisa di falange. (7 2 ) Non insorgeste nessuna apparenta ec. Il verbo i i l t p f /r m che qui riscontrasi non pu, conforme stimano lErnesti' e Io Schweigh., essere sinonimo di i t l n n , contraddire, con trattare, che si dice delle persone e non delle cose. 11 perchparve allo Schweigh. che ftnSit ( nessuno alcuna cosa opponga) sabbia a leggere, e non semplicemente,/tn iit, com nel testo. 11 vero significato di questo verbo risulta dalla sua analisi, ifiip a/ittt equivale ad apparire , venir al cospetto > manifestarsi alla vista , cui la preposizione c>71 d il senso contrario. Non and lungi dal vero il Casaubono che cos volt questo passo : ne quid esset quod sententiae nostrae vel in speciem repugnaret ( affinch nulla v abbia che, neppur in apparenza, ripugnasse al nostro parere ). (7 3 ) Che conserva ec. Nel lib. xn, 1 9 - a i, ha Polibio ragio nato di passaggio su veri modi di schierare la falange ; le quali cose meritano d essere confrontate con quanto egli qui ne parla di proposito. (7 4 ) Nello spazio di tre piedi. Formanti la maggior larghezza dell uomo , che prendesi da una mano all altra , quando amendue stanno pendenti, ma sollevate dalle cosce, perch possan. agire. Secondo Eliano ed Arriano questo spazio di due cubiti, eguale peli appunto a tre piedi. (7 5 ) Di quattordici. Lo Schweigh. nota qui e nel periodo seguente le differenze tra le asserzioni di Polibio e quelle degli altri tattici antichi bens ma a lui di parecchi secoli posteriori v e che probabilmente non poteano, siccome il Nostro, conoscere, la falange per propria esperienza. Giovami credere che non sar biasimato se trascurai siffatti confronti. (7 6 ) Il libramento del corpo che s'avventa. Cio lo slancio che dassi il corpo nell atto dassaltare, per cui la sna parte su periore si spinge innanzi ed esce della perpendicolare , ma lui" tavia si tiene in equilibrio peli allargamento della sua base pr

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dotto dalla distensione delle gambe. Che se it pezzo dell asta compreso tra le due mani, allorquando messa in resta per f rire, suppongasi lungo due cubiti, la delazione del torace dalla
perpendicolare avr la medesima distanza e c o prir a ltri due cubiti dell asta , cio la estremit che sporge indietro fuori della m ano. - Tlpcf3e\iy clie secondo la nostra traduzione

lavventamento del corpo , non sem bra essere stato bene com preso dallo Schweigh. , il quale spiega questo vocabolo la parte anteriore dell asta che si caccia avanti , che spunta fu o ri della mano ;
1

equilibrio non risultando da cotesta parte , e d esprimendo sif


1

fatta voce

attitudine della persona che in avventandosi si gitla

i n n a n z i , w fe/xxtla. 1 . Meglio la intese il Casaub. che scrisse:

una curn libramento posticae partis ultra illud quod praetendilur (insieme col lib ram en to della pa rte posteriore - dellasta oltre quello che si protende). ( 7 7 ) Quindi avviene. V e d u to a b bia m o che il combattente della falange nell avventar il colpo coll asta spinge innanzi l e stremit del suu corpo , perco rren do c o n questo una linea che lia la lunghezza di due cubiti p e r m odo che , tenendo conto dei d ue cubili compresi fra le due m a n i , dieci cubili soli sporgon i n fuori delle aste che sono nella p rim a (ila. Nella seconda fila perdesi, oltre allo spazio occupato dalla m entovata curvatura del soldato , quello ancora dell uom o schierato nella fila anteriore , cio sei cubiti , e cos ne rim an g on otto. P e r la stessa ragione nella terza fila ne vanno perduti otto, aggiungendosi alla p ro p ria p erdita sempre quella delle file che stan n o davanti ; nella quarta dieci e nella quinta d o d ic i, che detratti da tutta la lunghezza di quattordici , n e danno per questa fila soli due. Eliano nella T a t tica , a cui s attenne il Montecuccoli ( Aforismi dell arte bellica, ? 3 ) , falsamente riferisce che le sarisse della prim a fila erano venissero a raggua pi corte , e le altre addietro di m an o in m ano pi lunghe, ac ciocch' quelle delle file posteriori abbassate gliarsi eolie punte a quelle della prima. ( 7 8 ) Pi. Cio di due cubiti che rim angono alla quinta fila.

POLIBIO , Ioni. v i.

&

i i

L aver riferito questo avverbio al dieci eh nel periodo prece dente fece parere al Reiske oscura tutta questa disposizione. (7 9 ) Di fronte e di\ profondit. K? iirirlalti 1 n i xlt witparlaliit nel testo del Casaubono e dello Schweigh. Alcuni codici pertanto in luogo d izrtrlalnt recano w flrl*ISi, altri zrftrlSt. Quest ultimo non conviene affatto, significando wpt07 *7 ns capo, soprastante, eh nel primo posto per cagione di dignit , e nelle schiere colui che semplicemente sta davanti ad un altro , quand anche non sia nella prima fila , la quale come tosto vedremo qui indicata. Tputri l nt St xiy/ilat c > m tftf>ifltrptrSht ai fitti&it Itls otrirBit. Schol. Sophocl. ad OEdip. tyran., vers. 4 1 * ~ T lpultrlilti sono pro priamente i soldati collocati nella prima fila che formano la fronte dell esercito, conforme hassi da Esichio ; quindi credo che Po libio cosi scrivesse, avendo egli voluto indicare la spessezza della falange in largo ed in lungo ; la prima delle quali dimensioni visibile nella fila che sta di fronte, e l altra in quelle che eoa essa si congiungono ad angolo retto e formano la profondit di tutta la massa. Luomo che in una di queste ultime file si ritrova acconciamente si esprimerebbe per txrttlitlm, definito da Suida 7 xi%cv im 'r h l tt y f t t t t t , colui che nel battaglione da dietro schierato , laddove wfrltit h chi sta da fianco. La trascuranza di queste indagini ha partorita la mostruosa versione latina: pone et ad latus (dappresso ed in fianco). Scrivasi adun que xalit zrptiltrliltit, tei kT izrirlalnt nell accusativo , ch questo caso richiede il x7 esprimente collocazione in battaglia. (8 0 ) Scudo a scudo ec. lliad ., xm , i3i e seg. (8 1 ) Limpeto e Vavventarsi, "zipeits xcc wptpehn che nella traduzione latina fu cosi circoscritto : cum parrectis sarissis in hostem incumberet (allorquando la falange - colle aste protese va addosso al nemico), per modo che (impeto) si rife risce alla falange , e ( protendimento ) alle sarisse. Ha 1 aggiunta di porrectis sarissis del tutto superflua , non pa

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tendo la falange in altra guisa assaltare il nemico. Quindi p ii ragionevole dapplicare amendue i sostantivi alla falange medesi ma , in cui il principio (P attivit, anzich alle aste che se guono passivamente il moto loro impresso da guerrieri. (8 2 ) Direttamente le aste contro il nemico. Ho accettata la spiegazione che d Io Schweigh. a xxP xtSf, desunta dalla frase parecchie volte usata da Polibio, 7> *7* 7im , stare in battaglia contro alcuno ; minuzioso essendo il viritim (ad uno ad uno) del Casaubono, che Io Schweigh. pertanto non cangi nella traduzione. N mi dispiacerebbe x*7 IpSt* dalla stesso proposto, essendo *7ic/3AAi<r Vxt" trxplrrxt, seconda eh egli riflette, propriamente calare le aste per colpire, e fix%x!p<ti significando presso il Nostro ( 11, 33) spadeche in direzione orizzontale vibransi contro i nemici. Se non che Tuna o l altra sola di queste voci sarebbe bastata per ren dere chiara la sentenza. (83) Le prime file. Qui non improbabile che Polibio scritta abbia' w ptrlxlSt, secondoch. leggesi nel maggior numero decodici ; dappoich prime file sono queste per rispetta a quelle che stanno loro dietro, non gi per essere le pi avanzate. > (8 4 ) Copron il corpo collo scudo. Il soldato della falange, impegnate avendo amendue le mani neHa lunga e pesante sarissa, non poteva usare lo scudo, n tampoco la spada, cui il romana dava di piglio dopo aver lasciati i dardi, che nel principio del combattimento impugnava colla destra. (85) Di punta e di taglio. La scrittura volgala tic xxlx(ptfxs *a\ Sixipimtif, che non pu stare , 7xQept* essendo la calata del colpo che taglia e Sta/pine la separazione delle parti dallo stesso taglio prodotta; onde non vi sarebbe differenza alcuna tra 1 uno e 1 altro modo di colpire. pertanto da con siderarsi che kx xQoptt pigliasi talvolta in senso di urto violento, spinta con impeto, lo che pu benissimo accordarsi col ferire di punta , non altrimenti che l (u lx Q tfx t, spiegato da Lipsia

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(De mil. rom., lib. in , dial. 5) e translattone (per trasporto), perciocch, die egli, la spada in pungendo tirasi a vicenda e si trasporta. Adottando siffatta interpretazione potrebbe lasciarsi t Jtaifirttis, che nel significato di ferita di taglio leggesi in un frammento di Suida; se non che volendo Polibio descrivere Inatto di ferire e non lasua conseguenza, chfe la divisione delle parti, reodesi probabile laltra supposizione del Lipsio eh ex Jiptnut sia la vera lezione: termine occorso gi nel lib. n, 33, e da noi col dilucidato nella n. 1 1 8 . - Or che diremo dell ix JtifrtMf, nel significato di puntura, ideato dal Salinasio ed approvato dal Gronovio, dal Reiske, dall Ernesti e dallo Schweigh., vocabolo non conosciuto da' lessicografi , quantunque possa legittimamente essere derivato da S n tftn , traforare, trapassare , siccome lo Siapns da (8 6 ) Con dieci aste. Nel cap. antecedente vedemmo che nella falange le aste di cinque file spuntavano in fuori e minacciavan il nemico. Ora stando un -soldato romano contro due falangiti , egli chiaro che da dieci aste poteva essere ferito. (8 7 ) Non potendo quelli di dietro ec. Nell? addensala fa* lange de Macedoni le file posteriori premono col loro peso le anteriori ed aggiungon loro forza. Ci non avviene presso i Ro mani , che schierati sono pi largamente ed in intervalli due volte pi grandi-, e le spade con che feriscono usarsi, non pos sono se non se da quelli ohe occupano la prima fila, laddove le sarisse in istretto spazio raccolte prestansi vicendevolmente forza ed efficacia . Schweigh, (8 8 ) Ed un sai moda. y i n t , le quali parole cosi isolate non piacquero al Reiske n allo Schweigh. 11 primo sugger di scrivere: x v tte ftf* tt y ttc t (ed un genere di nemici) , espressione che in luogo d apportar luce al testo maggiormente l ' oscura, non dicendoci quale debba essere cotesto genere. N meglio s appose* lo Schweigh. recando in mezzo x* 7s a * yi> er(ed uo sol genere di luoghi) ; dappoich '{ix 7*r ( un

luogo ) abbastanza spiega la cosa. Resta dunque che fritti ai applichi alla qualit della battaglia, che una sola poteva essere, Combinandosi quelle condizioni che permettevano il libero agire della falange. (8 9 ) Ignudi. Quae nec arboribus vestita sint, parafrasato fu latinamente il che noi abbiamo renduto colta voce italiana Corrispondente, senza temere che ne ridondi al testo' oscurit. (go) Falli tortuose. Sutayxn'xt, cio un piano compreso e Confinato da molti gomiti ed angoli che forma una continuato serie di monti di cotti, quali da amendue i lati lo fiancheg giano. (9 1 ) Ora egli pressoch impossibile. Vedasi a questo pro posito quanto scrive il Nostro nel lib. x u , cap. 1 9 . (g) E dintorno scorrazzando. T ltfitT tftv tfttttt, che non passim fines incorsando (qua e l facendo scorrerie pe confini) Conforme leggesi nella traduzione latina ; conciossiach qui non trattisi di leggiere scaramacce e stratagemmi, quali fannosi nella guerra dagli antichi italiani chiamata guerriata ( V. Grassi, Diz. vtnilit, tom. 1 , pag. 1 6 8 ), sibbene duna grande diversione ese guita con poderose forze, onde rendere inutile al nemico tutto il suo apparecchio di battaglia. (g3) N ad una sola opportunit. Cio non ne esponga che lina parte ed in tempi diversi , schivando tratto tratto il com battimento e poscia ritornandovi. 11 Casaub. prese dalla prima edizione noi Tir tr* in luogo del *) de M SS., e tradusse : uno edemque tempore, lo che ben diverso dalla sentenza del lesto. - K<fisa qui quanto occasione , opportunit di com battere , non precisamente periculum, conforme il volt lo Schweigh., e cui nel greco corrisponderebbe siccome nel nostro idioma cimento. (g4) Non pareggiano ec. Sembrerebbe che t%ia*ra,Slts fosse relativo all estensione della fronte ; ma considerando come , nel caso che i Romani avessero fatta la loro fronte pi breve che non era quella della falange, le file di questa sarebbonsi spezzate

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ed avrebbono col mettersi addietro cresciuta la sua spessezza, convien dire che siffatto pareggio appartenesse a tutto il corpo eh era in battaglia. Ci non espressero i traduttori latini scri vendo : Non enim aciem suam M acedoniche adaequant longi

tudine R ohahi. (g5 ) Quindi ec. Nella fine del cap. antecedente disse Polibio
che lartifizio di eludere la forza della falange consisteva in cau sare il combattimento nel punto dell assalto , ritornando poscia alla carica ; e qui scorgesi che con cotesta foggia di pugnare proponevansi lo scopo di spostare la falange colle reciproche ag gressioni e ritirate, onde distruggere il vantaggio chessa trae dal sito che occupa. (96) Filippo ec. Riprende qui Polibio il filo della storia in terrotto dal confronto .delle arm adure romana e macedonica, che Livio omise. (97) Corse alla volta della Macedonia, 'cip/tim ha il Nostro nel senso di lanciarsi f muoversi con impeto : espressione che molto s addice alla fuga di Filippo dopo la sua rotta. Macedoniarn effuso cursu peliit, dice Livio. - E ra questa strada la pi breve p er giugnere nella Pieria, provincia macedonica, a traverso i monti che sono tra la Tessaglia e la valle di Terape. (98), Forse ci ec. Pare generalmente pi difficil cosa il reggersi senza vacillare sull apice della prosperit che non il di fendersi con successo da colpi dell avversa fortuna. La speranza di sempre maggiori beni che inebbria il ricco ed il potente , e 1 adulazione che il gonfia di superbe voglie sono gli occulti ne mici che scavano il precipizio sotto a suoi piedi ; laddove le sciagure , inspirando nell animo di chi le soffre umilt e carita tevoli affetti, hanno per compagni , segnatamente in hi speri ment gi gl inganni dello stato o pp osto, l avvedutezza e lo spassionato contegno in tutte le azioni , fonti della pi durevole felicit in terra. (99) Convertito dalle percosse delta fortuna. Male tradusse il Casaubono : Una cum mutata fortuna mutatus ipse, e perch

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V una cum non espresso nel testo, che ha semplicemente pula iStp u ntt senza che vi preceda la perticella rvpt, e perch non andava omesso quell energico che indica le sciagure, rotte-, percosse, che furono gli strumenti onde si valse la fortuna per ridurre Filippo a miglior senno. ( 1 0 0 ) Eraforte sdegnato. Mancava nel testo questo vert>o che il Casaub. suppl nella sua versione con exosa eroi (avaritia), e lo Schweigh. con ra/tt, graviter tulit. Io supposi smarrito ymt*Klt7!t, che indica propriamente provare nellanimo grande dolore per un offesa ricevuta. Tlptaint^t, era offeso , stim il Gronovio che avesse scritto Polibio, ed il Reiske, non disappro vando questa scrittura , propone JvtipirltTle, f u dispiacente , 10 che s avvicina al succensebat di Livio (xxxm , n ) . ( 1 0 1 ) E non folea. Che i Tf sia qui abbreviato da tlla , poscia , conforme suppone lo Schweigh. , noi comporta il con* testo del periodo. Forse ha ragione il Reiske che mette t il t , m a , dapprincipio cos: t i l t *. 7. a., siccome leggest in Livio: sed et succensebat, la qual lezione fa credere che sia perduto il principio del discorso. (ioa) Difficolt. Lasciando nel volgarizzamento a Svr%p<rlioie 11 suo proprio significato, io mi sono avvicinato alla frase greca quanto lo ha permesso l indole della favella itatiana. Male con venirci inter utrosque che hanno i traduttori latini esprime piut tosto la dissensione gi stabilita tra i Romani e gli Etoli , che non gli ostacoli all amicizia che tra ainendue insorgevano. (io3) Demostene, Cidiada e Limneo. Intorno a primi da ledersi il cap. i del lib. xvn. Avanti pertauto che questi giugnessero era , secondoch riferisce Livio , venuto nel campo ro mano un araldo, in vista per chiedere tregua finattantoch aves sero seppelliti i morti , ma in effetto per domandare licenza di spedire gli ambasciadori, che da Livio non sono nominati. Che cosa poi tra di loro trattassero non iscorgesi n dal Nostro n da Livio. ' ' 1 ' " " 'l ' 1 <io4) Ribollirono . . . i sospetti. Non volli lasciare ioespresso

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quel repentino ardore nato negli animi feroci degli Etoli pella ritenutezza di Quinzio verso di loro, renduto nel testo per ifx u tlt 7i Int at^/ias, destossi la fiamma de sospetti. Non credetti pertauto d aggiugnere degli E toli, siccome fecero il Casaub. e lo Schweigh. (105) Avendo cotesla moneta. Nel testo &: la i %ttfuxlZptf 'tlitv tpiurtvtft'titv, verbalmente: essendo questo conio le gittimato. In latino fu %*paxljp voltato : morum nota ; ma io ho stimato di poter conservare la figura molto opportunamente qui introdotta dal Nostro. (106) Io pertanto. Con grande ingegno ha lo Schweigh. tra di loro innestati questi frammenti , dispersi negli estratti antichi e valesiani e nelle ambascerie, per modo che ne risult un in* tiero preziosissimo, ed in alcune parti eziandio pi esatto della relazione che d Livio degli stessi avvenimenti. (107) Arbitro. Cio tale che dispone a suo talento d una cosa o persona che ha in suo potere ; questa essendo la forza della voce x ifto t, donde x v ftv t , confermare colla propria autorit, e x lfts , tue, autorit. Potitus est de traduttori latini non esprime abbastanza. (108) Carnali. Comech questo aggettivo non si apponga che a fratelli e sorelle nati dagli stessi genitori (V. la Crusca a questa voce) ; tuttavia l ho preferito a naturali (che tale suona il xctltt (firn del testo), ondevitare lequivoco che ne potrebbe nascere. Siccome presso i Romani , singolarmente sella classe nobile, frequentissimo era l aso dell adozione, cosifilius naturalis era tra di loro opposto ad adoptivus : qualificazione che non stata ricevuta nell idioma italiano. (iog) Compiere il pagamento. Nella versione latina neglette furono le parole ttt l'iXtt che sarebbonsi potute rendere per penitus. Ed al certo non sarebbe stato mestieri d alienar tante cosa, se non doveasi pagare intieramente la dote. (110) Figlio per natura. Qui non ho alterata la frase greca,

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leggendosi tosto appresso 1 opposto , figlio per adozione, onde viensi ad evitare ogni equivoco. ( m ) Scipione chiamato il maggiore. La maggioranza d et altre volte espressa dal Mostro collaggettivo wptrfiilm il vec
chio ( V . ix, 2 2 , e col la nota 8 2 ; x x v ri, 1 9 ; x x x i, 2 0 ), e n o n trpttrihptf, il pi vecchio. Q ui p e r t a n t o volle P olib io c o n s e r v a r e il q ualificativo a d o p e r a t o Ha R o m a n i , cio m ajo r ( il m a g giore ), e scrisse , se co n d o il suo uso , fiiy*.!, il g r a n d e , e n o n f i i y x x f l t p t : n el c o m p a r a tiv o .
( 1 1 2 ) Secondo Romano. 'S ls 'ia fta ltc , cio p e r q u a n t o p otea ch iam arsi m e d io c r e lo stato d u n R o m a n o . C h e se p a r a g o n ia m o

questo m o d o d i d i r e con un sim ile di T u c i d i d e , citato da E li a n o (V ar. l i i s t . , x h , 5o) e dal V alesio al p r e s e n te passo, n e c o n c lu d e r e m o c h e a R o m a so lta n to , d o v e p i o n e , q u a n d o altr o v e questi sarebbe affluivano stato le ricchezze Hr di ta n ti paesi c o n q u i s ta l i, co n s id crav a si m e d io c r e la f o rtu n a di S c i dovizioso.

sx.

aSiictli lizru r, sono p a r o l e di T u c i d i d e (iv, 8 4 ) i A x k scfuif i i n o s . non era ( Brasida) senza fa condia, qual Laccdemonio ;
eli q u a n to d i r e : in L aced cm o n ia la d d o v e iu a l t r o paese non era co stu i tenuto faco nd o , a v r e b b e g o d u ta siffatta r ipu ta zio n e.

Cosi scrisse L iv io ( x x x u , 35) d A le s sa n d ro p r i n c i p e d egli E to li :

vir , ut inter /Etolos ,


c o n d o ). ( 1 13) N o n che ec.

f 'acundus { u o m o , se con d o E to l o , fa
C o n r a g io n e d ispiac qu e al R e is k e il p i Se

tti dopo

t l t t , c h e s a r e b b e ezian d io b r u t t o p leo u as m o .

n o n n a c q u e siffatta v o ce d a iu cu ria di siile , p o t r e b b e sospettarsi collo S c h w e i g h . che d a u n a glossa siasi nel testo in tro d o tta. ( j i ^ ) 7 ito* ec. C o n f r o n t a n d o q u es to cap ito lo lo se g u o n o c o n q u a n t o scrisse L iv i o nello e gli altr i c h e stesso p r o p o s ilo , si

tr o v e r c h e lo sto rico r o m a n o , d a q u a lc h e n o n essenziale c i r c o sta n za in fuori, c h e a n d e r e m o al N o s tr o , p e r f i n o n elle p aro le. n o t a n d o , r ig o ro s a m e n te s allenile

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( i i 5) A lt entrata di Tempe. Non a socii, ma a Filippo fu, secondo Livio, destinato questo luogo, per il colloquio. (ti6) Ch chiedeva egli. A delta di Livio non domand Aminandro se non se la sicurezza della Grecia , n raccomand in particolare , siccome presso il Nostro , la propria c^usa. (117) V etolo Alessandra. L oratore degli Etoli non da Livio nominato. (118) Della patria. Cio di Roma. (119) Balzare Filippo dal regno} oppure ucciderlo, aggiugne Livio , amendue i partiti essendo facili. Ove pertanto riflettasi che la uccisione di Filippo non si sarebbe necessariamente tirata dietro la distruzione del regno macedonico, troverassi pi ragio nevole che gli Etoli, conforme apparisce dal Nostro , ci non chiedessero dal duce romano. (rio) I l popolo cartaginese. Quinzio , dopo avere nominato Annibaie ed i Cartaginesi parlando de mali che fecero patire ai Romani, come scese a ragionare della punizione che questi loro ne diedero , omise Annibaie. N a torto ; dappoich 1 odio che cagione fu di quelle lunghe ed atroci guerre non procedeva , siccome presso i Macedoni, dal solo mal talento del loro capo , sibbene era desso molto tempo innanzi ad Annibaie radicato negli animi d amendue le nazioni, alle quali per conseguente e non atemporarii duci riuscir doveano funeste le capitali sconfitte. (131) A colloquii. Parecchi abboccamenti aveano prima della battaglia avuti Quinzio e gli alleati con Filippo, conforme scorgesi dal lib. xvn , cap. 1 e seg. A ci alludendo scrisse Livio (xxxm, 12): cum Philippo ipso quoties ventimi in colloquium? Male adunque mutarono lOrsini ed il Casaub. in 7<v m xxiyov (singolare) il 7S t rvM cyuj del maggior numero decodici, con ragione approvato dallo Schweigh. (133) Conciossiach debbano ec. Osserva lo Schweigh. che questa sentenza fu dal Casaub. tratta nel testo dal margine di qualche codice, che fu forse lUrbinate. LOrsini l ha riportata tra i frammenti isolati di Polibio; ma io credo che sia qui a sua

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luogo, considerando che Quinzio rinfaccia agli Etoli 1 esortarlo che faceano alla massima contraria. (ia 3) Etoli ec. Questa facolt concessa agli Etoli di far la pace con Filippo, ovveramente di continuare con lui la guerra, non espressa da Livio , ed infatti sembra cotal chiusa poco prudente dopo la pacifica proposizione diretta a tutti gli alleati. (ia4) Aliossi. Questa parola manca nel testo , ed il Reiske felicemente,la suppl con ita rla t. Cotesto movimento enfalioo non rammentato da Livio. (i6) Cesta Fenea di farneticare. Cessate, gli fa dir Livio, di tumultuare dove f a <f uopo consultare , dalle quali parole si dovrebbe concludere, che non Fenea solo , ma qualche altro capo degli Etoli ancora avesse indecentemente alzata la voce per contraddire a Quinzio. 11 verbo Xtifili (delirare, farneticare) del Nostro contiene un rimprovero assai pi pungente che tutto ro vesciasi sul solo Fenea. (126) Tronc l'impeto. Il repressit detraduttori latini non m' parato abbastanza corrispondente all iwttft$1 del testo, eh propriamente succidere lat., troncare, levar repentinamente di mezzo alcuna cosa. (127) Echino. All assurdo i^ i ii che recano i codici, il Casaubono sostitu ', & %ttt tolto da Livio (xxxm , i 3 ) con appro vazione del Gronovio , del Reiske e dello Schweigh. (128) Fuorch Tebe di Ftia. Male si espresse Livio scriven do : disceptatio inter imperalorem romanum et Aetolos orla est de Thebis , quasich Quinzio avesse agli Etoli accordate le altre citt da Tebe in fuori. La disputa pertanto era insorta circa la restituzione di Larissa pensile, Farsalo ed Echino, che volon tarie eransi arrese aRomani, e non siccome Tebe per conquista e diritto di guerra. | (129) A darsi. Suppongo anch io col Gronovio e collo Schweigh. mancare nel testo vnfctitvtct, a cui ragio nevolmente possa riferirsi Yiv fiovXtidtixi (non aver essi voluto) che segue. Che a queste ultime parole debba, secondocb parve

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al Reiske, sottintendersi vufaxAi& f*/, non vollero essere In* vitati opinione poco accettabile. (3o) Primieramente. Assai bene interpetr il Reiske tutto questo luogo , che nfe il Casaubono n Livio stesso compresero. Due ragioni, dice questo commentatore, allegavano gli Etoli per dimostrare che Tebe era sua . (Se non che err in questo il valentuomo, non altrimenti-che Livio. - V. sopra la n. n g . che gli-Etoli pretendeano di provare appartener loro per diritto le altre citt, non gi Tebe, la quale i Romani di buon grado ad essi concedevano). La prima di coleste ragioni si fu 1 aver essi nella presente guerra deRomani con Filippo prestata a questi fed el opera d alleati ; pella qual fid e attuale era giusto , di cevano, che i Romani restituissero loro le citt state prima di loro giurisdizione ed impero. Fu questo il primo argomento dedotto dal pi recente servigio loro a pr de Romani. L altro tolto dall7 antichit de tempi e de trattati anteriori, essendosi con quel primitivo patto stabilito, che di tutte le citt le quali sarebbonsi oppugnate colle armi sociali la preda data fosse a Romani , il contado e gli edifizii agli Etoli. Tito Quinzio osserva manifestamente questa distinzione nella seguente risposta, obiettando prima all ultimo argomento dedotto dalla societ c dal trattato antico , come il trattato fosse gi buona pezza vio lato dagli Etoli. Poscia ritorna egli al primo loro argomento, la di cui forza sta nell opera recentemente dagli Etoli prestata. Vi concedo , dice Flaminino , che voi ci siete stali utili in questa guerra ; ma non perci vi sono dovute tante citt, quante voi ingiustamente chiedete. Per questa assistenza t tutto al pi, vi siete meritata Tebe (su questa dunque non aggiravasi la contesa). Le altre, Larissa, Echino, Farsalo , perch domandale, nel lespugnazione delle quali nulla f u lopera vostra P Che spon taneamente si sono esse a noi arrese. Livio pertanto ed il Casaubono non distinsero 1 alleanza antica dalla presente, quegli non nominandola punto, l altro separando il tir (o ra ) da >( ebbero guerreggiato ), e riferendolo a

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lite ttik tn (torsi le citt) , dalla quale separazione nasce egual mente 1 oscurit della quale si rendette colpevole lo storico ro mano non facendo differenza alcuna tra Jl antica alleanza e la nuova. ( i 3 i ) Pe' patti ec. Di qpest alleanza veggasi il Nostro nel lib. x , cap. 3g. (i3a) E quarte?anche restasse. Imperfetto al certo, secondoch osserva lo Schweigh. nelle note appi di pagina, il testo li 7i k fitftit Vi, desiderando l infinito qualche altro verbo ehe il regga , e che all anzidetto spositore sembr poter essere n y % * firtn i onde la sentenza sarebbe: e quand anche egli ac cordasse che resti. Ma pi brevemente e coll alterazione d una lettera sola pub convertirsi fiitttt in f ilin i, la quale scrittura fu da noi supposta. Si durare adhuc societaiem illam folveiubt, tradusse il Casaub. (133) Conducevasi. hanno manoscritti che io non comprendo perch non piacesse aglinterpetri di Polibio, trovan dosi in senso di condur eserciti presso lui ed altri autori non solo i y t *, ma eziandio (V. Xenop., Cyroph., vii, 9, ag), il cui preterito perfetto nell infinito Laonde non pu riceversi n 1 ?*< ( venire ) dell Orsini e del Casaubono, n 1* del Reiske, abbreviato, siccome crede lo Schweigh., in e significante contro la verit storica esser arrivato (dappoich Antioco era bens uscito della Siria, ma non per an che arrivato). Resterebbe la difficolt, che lanzidello verbo nella forma attiva non meno che nella passiva regge laccusativo della cosa ; il perch qui scriversi dovea oppur 7r tfvtapttt e non fti 7 Jvifituf. Ma non assurdo il supporre che, come il verbo italiano da noi usato, abbia il greco ancora il si gnificato neutro passivo. (134) Degli amici. Nella pompa d Antioco Epifane descritta da Polibio (xxxi,'3) distinguousi yli Eteri (compagni) dagli amici. Intorno a primi vedi la nota 147 al lib. v. Gli altri pertanto sembrano essere stali in maggior estimazione presso il re , dap

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poich osserviamo che prescelti furono in questa occasione ad ostaggi insieme col figlio maggiore di Filippo. (135) Circa la somma delle cose. Nella traduzione latina A al tutto omessa questa particolarit espressa nel testo colle parole vtp 1 "tXut, n vi si tenne conto dell tip' a che non ha qui altrimenti il solito significalo di a condizione che , ma, suona come l abbiamo volgarizzato, e corrisponde al latino propterea quod. (136) Per'qual cagione ec. A delta di Snida scrisse ci Po libio d un traditore domestico. Ma al Reiske parve che gl in gannati fossero gli Etoli, i quali trassero i Romani nella Grecia per averli ministri delle rapine chLessrcitavano , e poscia dagli stessi Romani furono aggirati. Osserva pertanto lo Schweigh. che i Romani non usarono contro gli Etoli n frode n malvagit , e Polibio era ben lungi dall indurre i Greci in siffatta opinione. Quindi approva egli bens la prima parte di questa spiegazione, non gi la seconda a cui nulla sostituisce. Io tengo con Suida, e perch probabile chegli avesse sott occhio queste storie tutte intiere ( V. la nostra prima prefazione nel tom. i , pag. io ) , e perch troviam ripetuto in occasione dun altro affare egualmente privalo (xxxi, ai), cio della fuga di Demetrio da Roma, il verso d Epicarmo citato alla fine del presente frammento. (137) A d altri. Cio a tali che non sono malvagi n astuti , e per conseguente nou si guardano da siffatte frodi. (138) Epicarmo. Filosofo e poeta comico siracusano, che ud Pitagora, e scrisse altres sulla natura delle cose e sulla medicina del bestiame. Di lui parlano Cicerone, Tuscul., 1, 8; Columella, 1, 1 e vii, 3; Plinio, xx, 9. ( i3g) Rammenta ec. Cicerone (De pelit. consul., Cap. 10) cos volta questo verso, celebre presso l antichit: > illud teneto ( attienti a quella sentenza d Epicarmo ) : nervos atque artus esse sapientiae , non temere credere ( il non cre dere gratuitamente essere i nervi e gli articoli della sapienza ) i

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donde scorgesi il significato che ha.qui * f 5 pi*, non conosciuto da Lessicografi. (i4o) Medione. Circa questa citt dell' Acarnaqia veggasi la nota 6 al lib. ii , dove ne trattammo distesamente. ( i4>) Intorno al quale ec. Livio (che il Valesio io commen tando questo luogo chiama la scimmia di Polibio ) ci fornisce pure ul lib. x x x i i i , ai, l elogio d Aitalo, ma senza il bel cor redo delle riflessioni che leggonsi presso il Nostro su pericoli e sul retto uso delle ricchezze. (143) Esterno sussidio. Ed il Valesio e lo Schweigh. omi sero , nel tradurre , le parole 7S i i*7$ che debbono riferirsi al precedente uAi tp iJiti. Negli aiuti, dice il Nostro , che traggonsi da fuori , contrarii a quelli che sono in noi , siccome ardire, senno , bont e c ., Aitalo non ebbe dalla fortuna che le sole ricchezze ; quindi n nascita , n favore di partito , n altra circostanza che il potesse promovere alla suprema dignit. Un altro esempio del buon uso delle ricchezze, che dalla privata condizione inalzarono al regno chi le possedette, vedemmo in L. Tarquinio Prisco ( v i, 58 ). - Derivavano le ricchezze di cotesto Aitalo, secondoch riferisce Strabone ( u n , pag. 6a3- a 4 ), dal1 eunuco Filetero zio di lu i, il quale impossessatosi del castello di Pergamo , dov egli era governatore per Lisimaco uno dei successori d Alessandro Magno che vi serbava il suo tesoro , seppe soslenervisi per ben vent anni , con lusinghe aggirando Tolemeo Cerauno uccisore di Seleuco Nicatore che avea tolto di mezzo Lisimaco. Che se per rispetto aRomani i sovrani del1 Asia possono considerarsi come stranieri, uon inverisimile che U t t*7f siccome genitivo di e! abbia a spiegarsi degli , tra gli estranei. (143) Vinti in battaglia i Galli. Ci non pertanto non abbass a segno che cessassero dal dominare, conforme leggesi i n Livio ( x x x v i i i , 16). Il primo passaggio di costoro in Italia avvenne, a detta di Pausania (x , a3), l anno terzo della venti cinquesima olimpiade, che corrisponde allanno 476 di Roma se

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condo l era varroniana. Ve 1! avea ehiamati Nicomede 1 re df Bitinia, onde opporli alle fazioni interne ed aprincipi greci che gli minacciavano la perdita del trono. Prnsia I , successore di lui, ne fece grande scempio, menlrech devastavano le citt del) Ellesponto (Polib., v, 111), ed Eumene pure , zio d Attalo I, diede loro , stando a Giustino ( xxvn , 3 ) , una rotta segnalata. Lo stesso Attalo pertanto avea gi avuta limprudnza di fare ad una loro trib passare l Ellesponto, affinch lo soccorresse con tro Acheo ; ma ridotto a mal partito dalla loro ferocia e disub bidienza, li rimise l donde li avea tolti (P o lib ., v, 77, 78). In appresso ricusando egli di pagare il tributo che i potentati dell Asia loro aveano accordato, onde si stessero cheti , fu da loro attaccato e li viose. V. la nota 320 al lib. v. (i44) Allor dapprima si pales ec. 11 Golzio presenta una medaglia in cui Filetero chiamato re ; ma osserva il Vi sconti (Iconogr. grec., tom. 11, pag. a63, nota) che o quella me daglia falsa, o accenna a qualche altro re di Pergamo, i quali hanno tutti sulle loro medaglie usato il nome di Filetero. L Eu mene poi che Giustino (1. c.) male chiama re di Bitinia, e Dio gene Laerzio pure nella vita d Arcesilao ( iv , pag. 106, ediz. di Londra , 1664 ) intitola r e , e che non pu essere stato altri che il fratello di Filetero, il quale portava questo nome, anteriore ad Attalo f ( perch super in battaglia, seeopdo lo stesso Giu stino, Antioco Gerace zio dAntioco Magno ch era di quest At talo contemporaneo), cotesto Eumene ha in favore della sua di gnit regia due autorit che non possono stare appetto a quella di Polibio e di Strabono, e forte mi maraviglio come il Valesio, non contraddetto in ci da posteriori interpreti, abbia anzi pre stato fede alle prime che alle seconde. - Altro errore commise il Valesio qualificando Filetero avo dAttalo, quando era eunuco e fratello di suo padre, nomato altres Attalo. {145) La moglie ed i figli. Strabene ( 1. c. ) ci fa a sapere che Apollonide fu il nome di quella, e che questi chiamavansi Eumene , Attalo , Filetero , Ateneo. V. I elogio che di quest

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donna esemplare tesse il Nostro nel lib. xxm , io , dov chia mata Apolloniaie. ( 46) Nelle stesse bellissime azioni. Le medesime parola quasi ripete Polibio negli estratti delle ambascerie, cap. a3 (xxu, 3). Narra Plutarco (in Flaminino , pag. 372) come il re Attalo, mentrech aringava i Beozii in favore di Flaminino con gran dissimo impeto ed animo esaltato per indurli alla societ col popolo romano , da repentina vertigine soprappreso cadde a terra , e di l trasportato in nave poco appresso spir . Falesia. (147) A figli A ffig li. Regn dopo di lu il figlio maggioreEumene, e dopo la morte di questo il minore Aitalo II, al quale succedette Aitalo III, figlio d Eumene, che mor senza prole e> lasci il reame aRomani. Suida cita da antico autore un oracolo della Pizia, che predisse ad Attalo I (chiamandolo T*vpi*tp*r, Torocornuto, in allusione alla vittoria da lui riportata su Galli)la discendenza regia siuo alla terza generazione. (48) Impedirebbon Antioco. Parlasi in questo frammenta senza dubbio de Rodii, i'quali, secondo Livio ( x x x i i i , 2 0 ) , in, torno all epoca in cui avvenne la morte <Attalo mandarono di cendo ad Antioco che, ov egli b o b si arrestasse coHe sue forze, gli anderebbon incontra, non per odia alcuno, ma affinch noi lasciassero unirsi con Filippo ed essere aRomani dimpedimento alla liberazione della Grecia. Quindi molto opportunamente col loc lo Schweigh. cotesto pezzo nel presente luogo.. (49) Ambasciadori. Erano questi stati preceduti dalla let-> tera che scritta avea Flaminino al senato circa, la sua vittoria, e che col non meno ohe in ragunanza al popolo fu recitata. Pe quali prosperi successi decretaronsi cinque giorni di ringra ziamenti agl Iddi. ( 5o) Rompere il trattato. Dicendo che la pace era si-> ululata e fallace , e che Filippo si ribellerebbe ove si togliesse 1 esercito dalla Macedonia. Interrogato il popolo su. colai affare, ad istanza de tribuni, tulle le trib confermarono la pace. Cosi
? q lib io , tom .

VI.

i3o
riferisce la cosa Livio ( xxxm , u5 ) o d poco divcrsameotc dal Nostro. (i5 i) Asine. Due citt v avea che portavano qoesto no le , 1' una nella Laconia, l altra nella Messenia, amendue mariti ne, circa le qoali sono da vedersi Straboae, Vm, pag. 363, e P us., v , 34- A detta del secondo abitavano gli Asiuei dapprima lel1 Argolide presso ErmioDe ; ma poich distrutta fu la loro iil dagli Argivi, fuggirono nel Peloponneso, dove i Lacedeuior i li accolsero e traspiantarono sulla costa della Messenia. I ci dici lutti recavano w p An'v, la qual Asio D o n essendo n nel Peloponneso n altrove, 1 Orsini giudiziosamente ne fece A i me. (i5?) E rea. Dell Arcadia presso a confini degli Elei, sulla sponda destra dell Alfeo. ( i53) Elatea. Capitale della Focide, la quale provincia confina a settentrione ed a ponente colla Beozia. Livio ( x x x m , .17 ) scrive che Quinzio svernava in Atene, del qual errore debbonsi accagionare i copisti ; giacch egli stesso al cap. 3 1 dice che Quintio , pubblicato eh ebbe il decreto circa le condizioni dlella pace, venuto da Roma , da Elalea pass in Aolici ra. <i54) Ave* sospetto <f Antioco. Ai 7* wptpmr!h1/ Tu A i 7 il qual verbo us altre volte Polibio (V. sopra, cap. 5 ) in senso di preveder in m la parte. Anche Livio ha: Antiocho rege jam suspecto. Quindi inopportuna l emendazione del1 Orsini in (155) Brachilla. Era costui , a detta di Livio, stato coman dante de Beozii che militalo aveano nell esercito di Filippo. 11 non aver (atto Polibio menzione di questa circostanza, che s c o rgesi da Livio , induce a credere d i egli ne abbia gi parlato altrove. (156) Guastando il favore ec. Quasich, sono parole di Li vio , per riguardo di Filippo avesse loro concessa questa grazia. ( 5 7 ) Stesse loro allato. Di singoiar forza , secondocb mi pare, quel w */1 A $uft aggiunto a ptit n e trascurato da tra duttori latini. La sentenza questa : l assenza de Romani fa

i 3i
rebbe st che Filippo maggiormente saccosterebbe, premerebbe quasi i fiauchi a Beozii, onde la fazione a lui favorevole si rea* desse potente e distruggesse quella che parteggiava pe Romani. Phiippo ex propinquo socios adjuvante scrive Livio. ( 158) Mandarono ambasciadori. Elataeam se conferunt (van no in Eiatea). Fu questo passo male tradotto, quasich tutti vi si recassero , lo che non espresse al certo Polibio col verbo wptr ffi'tvtt che racchiude 1 idea d ambasceria. Di questa pertanto e del suo risultaraento nulla leggesi in Livio. (i 5 q) Togliendo di metto BrachiUa. La uccisione di costui, la fuga di Zeusippo per questo misfatto ed il suo ricovero presso i Romani sono distesamente narrati da Livio ( xxxiii, ?8 ). Dei vani sforzi di Quinzio per rimetterlo nella patria leggasi il No stro , XXIII, a. (160) Imperciocch non v ha ec. Osserva lo Schweigh. chequesta sentenza tolta dal margine del codice Urbinate fu dettata da Polibio in narrando la fuga di Zeusippo-, dappoich in tal occasione appunto leggesi imitata da Livio ( xxxnt, a8 ) , le cui parole sono queste: Zeuxippus tamen . . . nocte perfugit Tanagram , suam magis conscientlam quam j-udicium hominum nultius rei consociorum meluens. (i6t) In quel tempo. Livio tratt questo argomento nel l i b . x x x i i i , cap. 3o; ma riscontransi in lui alcune circostanze di verse da' quelle che leggonsi B e l Nostro. (i6a) Avanti la celebrazione. Di questo termine prescritto a. Filippo per la consegna delle qui mentovate citt Livio non fa. motto , n tampoco del comandamento datogli di consegnare al Romani le citt da lui presidiate : omissione gravissima , sendoch gli Etoli ne presero occasione , siccome vedrem tosto , di censurare questo decreto. ( 63) Pedasa. Secondo Stefana citt delta Caria. - Mirina citt dell isola Lemno. Del modo con cui Filippo rasi impos sessato di questi luoghi veggasi il Nostro, xv, a i, a4 > xvi, 94 e ag-54.

i 3a
( 164) Tranne cinque vascelli e la nave da sedici ordinii. lu questo particolare molto differisce Livio dal Nostro. Seconde lo storico romano doveano le navi essere consegnate e non re stituite, lo che importa che Filippo consegnar dovette le proprienavi. Non rammenta egli i cinque vascelli e della nave di sedici palchi dice , contro ci che asserisce Polibio : quin et regiam unam (tradere) inhabilisprope m agnitudinit, quam sexdecim versus remorum agebant. ( E perfino - consegnerebbe - la sola regia di grandezza pressoch inabile al maneggia, che sedici file di remi menavano). ( |65) Oreo. Citt forte dell Eubea situata nella parte setten trionale dell isola sul golfo eh tra questa e la Tessaglia. Eretria dopo Calcide la pi ragguardevole citt dell Eubea sul, golfo che a mezzod separa 1 isola dall Attica. Le altre tre citt qui rammentate erano quelle che nel lib. xvn, 11, nominate C or rono pastoie della Grecia, dove possono, consultarsi 1 note 78. e 80. (166) Soperchiando, Con lunga circoscrizione , che io non ripeter, renduto fu in latino il significante verbo, che propriamente esprime il crescere che (a una cosa senza mi-, sura , non altrimenti che il nostro soperchiare. (167) Nel consiglio. Quinzio, temendo non le male lingue degli Etoli togliessero a Greci la fiducia che riposta aveano nei Romani, era in sull affrancare perfino quelle citt eh'essendo da, lui presidiate gli davan sicurezza contro Ir macchinazioni d An tioco. Al quale divisamente del duce vedesi che t dieci, merc delle facolt, ottenute dal senato, si opponevano. Quindi nacquero, le difficolt nel consiglio ed il temperamento preso di cedere la sola Corinto, ritenendone pertanto la rocca. A maggior chiarezza del testo vi ho aggiunto il nominativo i Romani, conforme fu fatto nella traduzione latina. {168) A l compagno ec. ' A vTet tt*!P a u lir, gli uni cogli al-, t r i , non apud se quisque , ogn uno per s , nella propri4 mente , siccome tradusse il Casaub., per esprimere il qual sm$

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YreVbe superfluo 1 ule) che 1 Orsini appunto cn questo in lendimento separ dalle parole che seguono , frapponendovi una virgola. Sbagli poi del tutto lo stesso interpetre il significato di \vftn X cyicn , facendone m mutuis dissertalionitus ; dappoich i vftriXt-ybt (secondo la sua origine; facile trovlor di parole) giusta Esichio e Suida quanto fX&ttpot, purlalor vano, ciar latore , ed il verbo nello stsso senso riscontrasi presso il Nostro nel Irb. xxvi, io. (169) Il capitano proconsole. Livio (xxxin, 3a) ha soltanto imperator. Polibio vi aggiugne viriti et, console, quantunque Flaminino fosse stato console 1 anno passato , ed ora ne facesse le funzioni con prorogazione di comando. Lo stesso titolo gli d Plutarco. (170) I Lcresi. Livio: Locrenses omnes ( tutti ), forse per ch v avea varie popolazioni di questo nome diversamente so1 vranoomate : Ozoli , Epicnemidii, Opunzii ; a tacere degli Epitefirii che abitavano in Italia. (171) Achei Flioti. Non sono questi da confondersi cogli Achei del Peloponneso. Era la loro provincia situata tra la Tessaglia ed il golfo Maliaco , e siccome vedrei tosto ( cap. 3o ) fu essa da Quinzio e dal suo consiglio unita alla Tessaglia. - Valorosis sima nazione era stata questa al dire di Strabone ( vili, p. 365 ) in antichissimi tempi, ed andata con Pelope nel Peloponneso abit la Lafconia. - Aveva egli (Quiocio), dice Livio, annoverati tutti i popoli chi erano stati sotto il dominio di Filippo: circostanza essenziale che non comprendo perch omessa fosse dal Nostro ; chi non volesse supporre che per negligenza del copiatore la sentenza che la conteneva pi non si legga. La Magnesia e la Perrebia , sebbene a rigore appartenevano alla Tessaglia , se ne consideravano tuttavia staccate, per la importanza marittima delluna e terrestre dell altra, chiusa da altissimi mouti. V. Strab., ix, pag. 45g; Plin., iv, 16, 9. (173) Tutti ad una voce ec. Bene corressero il Reiske e lo Schweigh. il volgalo i t 7it (per modo che alcuno) in w it 7<r,

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cui corrisponde il Liviano unusqusque ( ciascheduno ) ; giacch non uno solo, sibbene tutti ragion vuole che gridassero. Restano da spiegarsi le parole i{ AMf fftSe, che i traduttori latini affatto sorpassarono. Erasi alquanto acchetato il rumore destato dalla lettura del decreto , ed incominciava a dar luogo alla du bitazione presso la maggior parte del volgo, quando invse tutta la moltitudine il desiderio di udire un altra volta quell incredi bile bando, e rinnovossi V impeto (ecco 1 i f XXns quasi con altro impeto ) che proruppe in grida universali. (173) Pressoch il lacerarono. Non pu ammettersi il volgftto Ji'iXvnti, conforme vorrebbe il Reiske, perciocch cf<Ai<r suona sciogliere, ch quanto dividere a bellagio un corpo nella sue parti , la qual cosa non sarebbe al certo accaduta in tanto tumulto. N tampoco mi piace Stixtvritr, lapidarono, n <f<*AAvew, fecero perire, entrambi proposti dallo Schweigh. Aiiplacerarono , misero a brani, sarebbe il verbo pi ac concio ad esprimere il pericolo che corse allora Flaminino , se troppo non si allontanasse dalla scrittura delibri. Salvossi Quin zio , dice Livio , merc della forza, che la sua giovent ( aveva egli allora trentatr anni ) e 1 immenso gaudio percepito da quella gloria gli somministravano. (174) E sebbene paresse ec. Questo elogio della magnanimit de Romani a pr della greca libert mette Livio ( xxxm , 33 ) in bocca a Greci medesimi recatisi a casa dopo la fine de giuo chi. Polibio il racchiude in un ragionamento col quale, secondo il suo solito, egli mira a rappresentare a suoi compatriotti il va lore de Romani assistito dalla fortnna , innanzi a cui forza era che ogni resistenza svanisse. V. la prima nostra prefazione nel tom. i, pag. 16. (175) Ed il loro dace. Lo Schweigh. vorrebbe che in luogo del volgalo iv i S i si leggesse vTn (lo stesso duce), donde se guirebbe una esaltazione del duce sopra i Romani in sostenere spese e pericoli. La qual cosa essendo assurda , io non mutai nulla nel testo.

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(t^6) Contorse, ito espresso U m into pttpit che it Reiske Sosttnilo vutle all t kJ pepitit de lib ri, riteojendo il quale avrei tradotto t riuscirono a tale ec. Il Casaub. e lo Schweigh. volta rono pure questo passo nel senso della corresione fatta dal Reiske. (177) Negoziarono. Chi? Qui tizio ed i dieci , conforme dice Livio. Romani aggiunsero i traduttori latini : nominativo troppo generale. ,, (178) A nessuna. Leggo col Reiske pttiifipti e sottintendo w xn ( a nessuna citt ) , n altrimenti p iA i coll* Orsini, n trp'it col Casaub. ( non far guerra a nessuno ) ( giacch prima e poi parlasi di citt e non di persone. (179) Oresti. L origine di Costoro era veramente dati Epiro, ed appartenevano essi a Molossi, gente epirotica colla quale con finavano. V. Stef. bizant. ; Strab., v ii, pag. 3a6. Quindi non Ha maravigliarsi se soli tra le popolazioni macedoniche ruppero la fede a Filippo. (180) Riebbero le loro leggi. ' i ipnot iip ttn ha il Casaub., <pt~r*t 1 Orsini co MSS., amendue male ; ma nep pure proposto dallo Schweigh. qui conviene , sibbene egualmente da lui suggerito, eh 1 aoristo primo di pt'ipti, siccome lo liXiv$ip*r*t, che precede, del rispettivo suo verbo. (181) I Dolopi. Eran costoro tessali, ed il loro paese giaceva a ponente di quello de Flioti , co quali in tempi antichissimi formavano una nazione che ubbidiva allo stesso re. V. Stefano, Sliabone, lx, pag. 434(i8a) Intorno a Farsalo. E non intorno a Tebe, della quale miseramente erano gli Etoli stati spogliati da Filippo che) fattala sua , ne vendette gli abitanti e v introdusse una' colonia di M a-* cedobi ( v, 100 ). Il perch avanti la battaglia egli non la volle loro restituire j quando pronto era a cedere Farsalo. Ma circa Tebe che ab antico appartenuto avea agli Etoli Quinzio non inovea quistione, e gliela lasciava di buon grado, per quanto ci

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dispiacesse a Filippo; non cos Farsalo occupata dagli Etoli diirante la guerra per le ragioni addotte sopra al cap. a i dallo stesso duce romano. (183) Ed Erea. Qui era nel testo una lacuna , segnata dal Casaub. , ma da lui supplita nella traduzione colle parole di Livio ( xxxm, 34 ) , secondo 1 indicazione dell Orsini. Giugnea dessa sino a ed Eretria ancora , ed il greco che in luogo di lei leggesi nel testo il tolse lo Schweigh. dal Palmieri. (184) Eumene. Morto Attalo, pervenne il regno al suo figlio, di questo nome secondo , giacch il padre di lui era stato figlio del fratello d un altro Eumene , il quale giusta alcuni ( V. la nota >45 ) era stato insignito del titolo di re. ( 85) Carisio. Citt ragguardevole dellEubi sulla sua punta meridionale, di rincontro ad Audro , la pi settentrionale delle Cicladi. (186) Plearato. Era questi re deUllliria, figlio di Scerdilaida e padre di Genzio. V. la nota i5 al lib.'11. (187) Lcnide. Citt dellIlliria secondo Stefano che la scrive nome che corrisponde precisamente al Lichnidus di Livio (xxvii, 3a e xlviii, g, 10, ao), dove riscontrasi nellaccu sativo Liehnidum , conforme osserva il test citato geografo. quindi falsa la lezione Lycus e Lgnus che recano le edizioni liviane , n senza menda il Stt del Nostro. Strabone in un luogo (v ii, pag. 3a3) l appella ( Licnidio ) , e poco appresso (pag. 3ay) Ai%rtvi7* (Licnunte), che maggiormente s avvicina alla scrittura frequentata da Livio. (188) Parto. la chiama ancora Stefano , citando il Nostro. Presso nessun altro autore trovasi questa citt che deve essere stala la capitale de Parlini ( Polib., 11, 11 e vii , 8 ) , o Parteni siccome li chiama Plinio (V. la nota 34 al lib. 1 1 ). (i8g) Divisero tra di loro le incumbenze. Qui sembrami il testo mutilato, non polendo tftifita t rtp: iu ltls significar altro che divisero $ partirono , distribuirono s stessi , senza che si esprima a qual oggetto. Io mi sono attenuto a Livio che (xxxm ,

55) scrisse : partili muna inter se , c suppongo smarrite nel greco le parole: t u l * aro*i/iut tpytc, od altre simili. Del resto da notarsi che , essendo i commessarii stati spediti dal senato C o lle stesse facolt che avea il supremo duce , non f u questi che diede loro le rispettive destinazioni, sibbene le si die> dero essi di propria autorit, staccandosene cinque pelle faccende di fuori, e cinque rimanendo presso Quinzio pelle bisogne pitk vicine. (igo) Lenitilo ec. Grandi quistioni insorte sono tra i com mentatori di Polibio circa i nomi di questi legati , che riscon tra c i variamente storpiati ne codici, per modo che pongon il nostro autore in contraddizione con si stesso. Onde appianare coleste difficolt non v ha , credo , spediente migliore che di rintracciare gli anzidelti nomi tra coloro che intorno a quetempi incaricati furono d altri pubblici ministeri ; conciossiach non possa dubitarsi che il senato a tanto importante affare, qual era il presente, non abbia eletti uomini di provata abilit nemaneggi dello stato. Nella quale ricerca ne sar guida T. Livio, come co lui , che in serie non interrotta ci presenta la storia di quei tempi. Ora troviamo nel lib. xxx, i , P. Lenitilo e P. Fllio mandali l anno di Roma 551 a governare , luno la Sardegna , 1 altro la Sicilia , ed il secondo pretore collo stesso Flaminino l anno 554 (***'> 49) e console nel 555 (F a s t consul.) Lucio Stertinio e non altrimenti Sterennio , Sterenino , Titilio , con forme hanno i libri, fu proconsole in Ispagna lanno 554 > e L. Terenzio edile lo stesso anno (Liv., xxxi, 5o), e Gneo Cornelio ( Lentulo ) console nel 553 ( xxxu, 37 ) e proconsole in Ispagna con L. Sierlinio. Che se nelle pi antiche edizioni di Livio (eseguite sopra uno o due manoscritti in cui solo k contenuto il lib. x x x i i i di questo storico ) leggesi L. Termo in luogo di L. Sierlinio, cotal lezione al certo sbagliala; giacch v ebbe bens in quell epoca un Quinto (Minucio) Termo tribuno della plebe, poscia edile Curale, indi pretore, non gi un Lucio ( xxx, 4 ;

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xxxrr, 27; xxxm, a4); laonde in tale ipotesi ancora resta da sce-> gliersi tra L. Slertinio e Q. Termo. (191) Efestia. Citt in Lemno secondo Stefano, mediterranea a detta di Tolemeo. Di sopra, cap. 27 , abbiam Veduto Mirina , altra citt della stessa isola dichiarata libera da dieci. Non adunque da dubitarsi che Slertinio, per mandare ad effetto questa, francazione si riducesse in Efestia. Del resto sono cos Lemno come Taso situate nel mar Egeo, tra le coste della Macedonia e della Tracia. (199) A l congresso di Termo. Non alle Termopile, sic come scrisse Livio, falsamente interpetrando il Nostro, e ripet nella sua traduzione il Casaubono ; ch 1 * annuo congresso degli Eloli tenevasi in Termo, conforme riferisce Polibio stesso (v, 8) e Strabone (x, pag. 463) , nel qual luogo poteva il commessario trovare raccolta la moltitudine di questo popolo , non gi alle Termopile, dove, secondo la giusta riflessione del Palmieri, egli non si sarebbe avvenuto che ne due deputali ( Pitagori ) che gli Eloli , siccome gli altri popoli della Grecia, vi mandavano. (193) I l re Antioco. Riferisce Livio (xxxm, 3 8 ) che questo re svern in Efeso lo slesso anno eherano accadute le cose qui di sopra narrate. Laonde convien credere che il presente fram mento appartenga agli avvenimenti dellanno antecedente, oppure ebe Antioco in brevissimo tempo abbia espugnala quella impor tante citt marittima dell Ionia, che a detta di Strabone ( xiv, pag. 64a ) era l emporio pi grande di tutte le citt dellAsia di qua del Tauro. Fu dessa pertanto, secondoch narra S. Girola mo al cap. xi di Daniele, 1 ultima fra le citt dell* Asia domi nate da Tolemeo che Autioco soggiog. (194) Procedendo l impresa ec. Raccogliesi da Livio (xxxm, 38) che Antioco , uscito nella primavera colle sue forze navali da Efeso, tragitt nell Ellesponto , dove s uni a lui 1 esercii intorno a Lisimachia , che giaceasi distrutta da Traci, e 'eh egli rifabbric e provvide d abitanti. Quindi mosse colla met del* l esercito per guastare la Tracia, dovera Selimbria, situata sulla Proponlide tra Bizanto e Periato (Tolemeo, 111, 11).

i3g
(195) Lucio Cornelio. Dubita lo Schweigh. a quale famiglia appartenesse cosi questo Lucio, come laltro Gneo, uno dedieci. Ma, se non m inganno, erano essi amendue Lentuli. Del secondo abbiamo ragionato nella nota 191 ; di Lucio trovasi chegli era stato nella Spagna successore di Scipione, donde ritorn ovante, e fu poscia creato console con P. Viliio lanno 555 (Ltv., xxvm, 8; xxxi, 90, 49). (196) Circa quel tempo ec. Che L. Terenzio e P. Viliioj osserva lo Schweigh., venuti fossero da Taso , dov erano dap prima andati (cap. 3 i), non da maravigliarsi, essendo quell isola tanto vicina alla Tracia, nella quale trovavasi allor Antioco; ma come nello stesso tempo, continua 1 anzidetto spositore , vi giugnesse L. Lentulo dalla distantissima Bargilia nella Caria , dov era stato mandato per liberare que Greci dal dominio di Filippo , non si comprende facilmente. Ma , per mio avviso , sparisce questa difficolt ove riflettasi, che questo commessario, spacciatosi dallincumbenza addossatagli, se ne ritorn a Quinzio allorquando arrivarono in Tracia Antioco e gli altri due com messarii; lo che avendo egli risaputo cammin facendo, ed essendo libero da impegni, and pure a quella volta. Gueo Cornelio che di faccende pi rilevanti e scabrose era stato incaricato ( V. il cap. 3 i ) non ne pot cosi tosto venire a capo, onde raggiugner quelli che cougregaronsi con Antioco in Lisimachia. (197) Lisimachia. Intorno all origine ed alla vantaggiosa si tuazione di questa citt veggasi la nota 89 al lib. v. (198) Egesianatle e Lisia. Di costoro parl gi il Nostro nel cap. 3o di questo libro. (199) Ridicolo sarebbe. La ridicolezza di quest atto emersa sarebbe "Malia cessione che bonariamente avrebbono fatta i Ro mani ad Antioco de premi! della vittoria eh essi riportarono sopra Filippo, td vero ferendum non esse ( ma ci non aversi a tollerare ) scrive Livio ( xxxm, 39 ) , mirando pi alla soperchieria d Antioco che non alla supposizione che abbiamo test esposta. (200) Con tante forze terrestri e tante navali. La ripetizione

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del pronome quantitativo aggi'ugne forza al discorso; quindi lli trasportata dal testo nel volgarizzamento. Omnibus navaliBns terrestribusque copili dice Livio con egual precisione , ma eoa minore slancio. (201) Per riacquistare le citt ec. Una notabile lacuna in Livio ( xxxm, 4 ) PU A supplirsi dal Nostro a un di presso nel seguente modo: nec ex Philippi quidem adversa fortuna spoli<f ulla se petisse, aut adversus Romanos in Europam trajecisse,
sed o r ukbes H e ll e s p o h ti a c T b k a c ia e h e c c p e r a r e t. T o tjm - EHM

fu e tit (qU O VCtO omnia quae illius fuissent jure belli Seleuci facta tini), existi* mare suae ditionis esse. (202) Ed avendolo Seleuco ec. Della miseranda catastrofe di Lisimaco per le armi di Selenco , soli successori d Alessandro Magno allora superstiti , da leggersi Giustino ( xvn, i, 2 ). Del resto avea gi Antioco nell intimare la guerra allo stesso Tolemeo per la Celesiria messe in campo le medesime ragioni , onde vendicare a s hi possessione di quella provincia (Polibio, v , 67 ). (ao3) Per apparecchiare la residenza a Seleuco. Era questi suo figlio maggiore , che gli succedette sotto il nome di Filopa* tore. Partitosi per la spedizione qui narrata gli avea il padre af-. fidate le redini dello Stato (V. Maccab., 11, ig, v( 23), e sembra che mentre ancor vivea procacciare gli volesse un reame in quelle parli. (204) Parentado ancora. Died egli al figlio di Tolemeo che regn poscia col cognome dEpifane la figlia Cleopatra in isposa (Polib., x x v i i i , 17 ). Secondo Livio eran essi gi uniti in amist ed accingevansi a divenire parenti, anzi Appiano (Syriac., 3) li dice affini ( n y y n u s ) e prossimi a divenire consanguinei ( x*<firh7s ). Sebbene a malgrado di tanti legami di sangue , stretti pi d una volta tra i re di Siria e d Egitto, non poterono spe gnersi gli odii che tra di loro ardeano. Lo stesso T. Epifane, a nome ancora della moglie, eh era pi affezionata alla casa del
BA N C KEGIOSEM, C V t l A B TE A EEGKVH L y .I I M A C S !

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marito che non a quella del padre , mand ambasciadori a Ro ma per congratularsi dell espulsione d Antioco dalla Grecia , e morto questo preparavasi egli alla guerra contro il cognato Se leuco , quando fu sorpreso dalla morte ( V. Livio, xxxvn, 3; S. Girolamo sopra Daniele, zi, 17 e seg. ). (ao5) Stimando ec. Mentrech Antioco andava conquistando le citt libere dell Asia , Smirna e Lampsaco , forti di mura e d armata giovent , accingevansi alla difesa. Qual parte avessero poi i Rodii in questa controversia, nella quale Antioco amava d' averli giudici , non pu chiarirsi dalle relazioni degli storici che ne rimangono. Certo egli che non poteano gran fatto es sergli amici , dappoich ( V. sopra il frammento rapportato di Suida nel cap. 34 ) protestato gli aveano che non lascerebbona passarsi dinanzi la sua flotta. (306) Se y come suoi dirsi. Cita questo frammento Suida senza nominare Polibio , a cui non pertanto pare che debbasi attribuire , trovandosi scritto nel margine del codice Urbinate , dov lestratto antico compreso dal cap. 33 sino al 35. Le citt delle quali in esso si parla erano forse Smirna e Lampsaco, tra vagliate da Antioco , e che 1 ultima loro speranza riponevano ne Romani. (207) Eppur ebbe Scopa ec. Sommariamente avea gi il Nostro nel lib. xm , 3 , ragionato della costui avarizia e della mala fine a cui per cagione d essa era capitato in Alessandria. Intorno alla morte eroica di Cleomene , poich eragli fallito it disegno di sottrarsi dalle insidie de suoi nemici, veggasi it c. 38 e seg. del lib. v. (208) Che non ebbe Cleomene. Posciach tutti i MSS. colla prima edizione hanno ** K X te/iittvt, io preferisco, per sugge rimento dello Schweigh. nelle note appi di pagina, di leggere XAioftutvs solo che non 4 KXttft'itni, introdotto nel testo dal1 Orsini e ritenuto dal Casaub. e dallo stesso Schweigh. (209) Aristomene. Dopo luccisione dAgatocle, tutore infedele del re Tolemeo Y aucor fanciullo, ebbe costui in Egitto il ma

1 42
neggio de pubblici affari : ed acquistassi la fam a , dice Polibio ( xv, 3 i ), daver ottimamente e con somma integrit diretto il re ed il reame. (aio) Di proseguire nel suo intento. TIpiTlttt 7Si {iU Don tentare quae consentanea erant suis consiliis (tentar ci che accordavasi co snoi consigli), conforme leggesi nelle versioni la tine ; giacch 7< e tf? r significa propriamente i fatti e gli avve nimenti che susseguonsi con ordine non interrotto , ed in tal senso troviamo questa frase altrove usata dal Nostro ( i, 5 i ; l, 54 ) Siffatta sentenza io mi son ingegnato d esprimere nel vol garizzamento. (s u ) Di fu o ri erano circondali. K 7i> 1 wtp/rl*rit Stxrtpifts 7t t t t . verbalmente: ed annunziando alcuno il circondamento di ju o ri, non gi di quelli di fu o r i, come vor rebbe che s intendesse lo Schweigh., proponendo di leggere 7i 7St !*, a dispetto de libri che hanno solamente lti (2 1 3 ) Policrale. Prode guerriero era costui ed avea prestato nella milizia grandi servigi a Tolemeo Filopatore, e nella battaglia di RafTa comandato un corpo di scelta cavalleria (Polib., v, 65). Le geste sue ulteriori toccate sono in parte dal Nostro nel cap. susseguente e nel cap. 16 del lib. xxm. ( s i3) Gli ambasciadori degli stranieri. T Si 75 vptr/tvlSt. Lo Schweigh. disapprova il doppio articolo e vor rebbe cancellare il secondo ; lo che anderebbe bene se fosse qui avverbio. Ma siccom esso fa le veci di sostantivo , nel qual senso labbiamo anche tradotto, cos a lui relativo il pri mo segnacaso e laltro appartiene al sostantivo (< avpurxpl/lity che segue. (314) Dorimaco. Era gi costui stato compagno di Scopa in alcune scellerate spedizioni , ed avea brucialo il tempio Dodonea e commesse altre violenze , conforme scorgesi da varii luoghi del Nostro (iv, 16, 5 7, 67; v, 11; ziti, 1); quindi non sarebbe da maravigliarsi s egli in quella occasione parlato avesse in favore di Scopa. Ma ci non apparisce da quanto scrive Polibio, e no

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so donde lo Schweigh. uell iodico storico tratta abbia la noti zia chegli tentasse invano di scusare il suo coinpatriotta, reo di morte. (ai5) Questi era ec. Di costui e dell impresa affidatagli da Filippo altre tracce non trovansi che le presenti , u si conosce tampoco la sua patria; se non cbe era egli probabilmente etolo, siccome gli altri capi che militavano sotto Scopa. Fu pertanto costume di quel re il valersi della schiuma de ribaldi nella ese cuzione de suoi tradimenti. Cos prestgli opera efficace contro i Rodii quell Eraclide tarenlino che , tradito avendo la sua pa tria a Romani, ricover a lui come venne scoperto che tradirla voleva a Cartaginesi (xm, 4)- Cos ebb egli a ministro e consi gliere d iuiquitadi quel Demetrio Fario cbe trad a vicenda gli lllirii, i Romani e gli Etoli (V. Polib., n, n ; ni, <6; v, 19). (ai6) Carimorto , uomo sema carit. In luogo del concreto pone qui Polibio l astratto, scrivendo : yp m i fy tt a%*pi'tli)ltt lti Xaptftiplev ai ft'i&i* (imperciocch prendendo a compagno dell opera la sgraziataggine ed ubbriachezza di Carimorto ) : strano modo in vero d esprimersi , ma che tuttavia non privo di grazia, ove si consideri il giuoco di parole che V ha provocato, conforme bene osservano il Valesio ed il Gro novio. Se non che sembra cosa assurda che Scopa, per ispogliare il regno siasi servito d un uomo mal graziato ; quando a tal uopo richiedevasi pi presto una persona crudele bens, ma di svegliato ingegno , anzich sciamannata ed insulsa. Or che di remo dell Ernesti, il quale consister fa cotesta in un ingegno inetto alV amministrazione degli affari e tlupido? Alla quale inconvenienza riguardando il Casaub. mise innanzi a%upii7ti a. un segno di lacuna , come di guasto nel testo , e uon la tradusse altrimenti. Meglio la intese il Reiske spiegando questa voce saevitatem , crudelitatem , immanitatem , inhumanitatem. Moi labbiamo presa in questo significato, e ci siamo studiati di conservare il vezzo della sua somiglianza nel suono del nome e del carattere con che distinguevasi quell omaccio.

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(ai7) La proclamazione. Precisa traduzione del greco -. uXtiMfi, voltato dal Casaub. consueta solemnia , quando quis rex salutatur. A nostri giorui dicesi questa cerimonia incorona zione. (218) Non richiedendolo . . . P et. Aveva Tolemeo allora tredici anni appena, conforme seorgesi dalla iscrizione di Rosetta pubblicata da Ameilhon ; quando per le leggi non poteva essere proclamato che avendo quattordici anni compiuti. V. Visconti Iconografia. Voi. n i , pag. 353, nota. (219) Tolemeo da Megalopoli. Lo stesso che Tolemeo dAgesarco pi sotto nominafo. Aveva egli scritta , secondoch rife risce Ateneo (vi, pag. 246) la storia di Tolemeo Filopatore, pa dre di Epifane, ed a buon diritto, siccome osserva il Vossio (De hist. graec. , lib. 1, cap. 18 ), dappoich per benefizio di questo re erano stati gli Achei liberati dal timore di Cleomene, distrut tore di Megalopoli , conforme distesamente narra il Nostro nel libro quinto di queste storie. (220) D'Agesarco. La scrittura volgala Agesandro, die va corretta j perciocch Agesarco leggesi costantemente in Atenea ( x, pag. 4a5 ; xm, pag. ), e Clemente alessandrino ed Arnobio cos pure il chiamano. Crede lo Schweigh. eh egli fosse lo stesso, il quale col cognome di Macrone narrasi nel lib. 11, cap. 10, de Maccabei che abbandonasse Cipro affidatogli da To-. lemeo Filomelore ( figlio e successore d Epifane ), e passasse ad Antioco Epifane. Ma il nostro Agesarchide ebbe, siccome Poli-* bio qui asserisce, il governo di Cipro non da Filomelore, sih-> bene da Policrate nella fanciullezza d Epifane*

F I N I DELLE ANNOTAZIONI AGLI AVANZI S I L LIBRO DBCIMOTTAVCk

DELLE STORIE
D I PO L IB IO DA M E G A L O PO L I

FRAMMENTI D EL LIBRO DECIMONONO

o l ib io

d i c e , c h e in u n sol g io rn o fu ro n o , p e r c o

m a n d o di C a to n e , sm a n te lla te di m u r a le citt (i) di q u a del (lume Beti. E d e r a n esse b e n m o l t e , e pie n e d u o m in i bellicosi. ( P l u t a r c o n e l G at. m a g g .). (2) V avea u n g ran d iss im o n u m e r o di prigioni ( r o m a n i ) , fatti n ella g u e r r a p u n i c a , c h e A n n i b a i e , n o n essendo essi risc a tta ti d a s u o i, avea v e n d u ti. P r o v a della lo ro m o ltitu d in e s i a , c h e P o libio s c r i v e , esser quella f a c c e n d a c o s ta ta agli A chei c e n to ta le n ti : ave n d o essi stabilito il p rez zo di c i n q u e c e n to d e n a r i p e r t e s t a , d a restitu irsi a p a d r o n i. I m p e r c i o c c h mille d u g e n to t o c c a r o n o di qu ella ra g io n e all A caia. A rro g e o ra in p r o p o r z io n e q u a n t i p ro b a b ile sia c h e to c c a s s e r o a t u t t a la G re c ia . ( T . Livio, xxxiv, 5 o).
p o lib io

, toro. vi.

10

ANNOTAZIONI
A I F R A M M E N T I D E L L IB R O D E C IM O N O N O .

e s c r iss e

Polibio in questo libro gli avvenimenti degli anni

55 g e 56o , di cui quelli che spettano alla Storia romana narrati

sono da Livio nel lib. x x x i y . I pi importanti appartengono alla guerra di Spagna , condotta e gloriosamente compiuta da Catone. (i) Di qua del fiume Beli. Da Livio ( xxxtv, 17 ) apparisce che Catone avea disarmate le popolazioni di qua dell Ebro, per toglier loro ogni occasione di ribellarsi, e che, essendosi molti per tal cagione data la m orte, egli, convocati i senatori di tutte le citt , e rappresentato loro come pel migliore della Spagna ci avea fatto, e richiestili invano del loro consiglio, onde nel modo pi dolce ottener la loro sommissione; finalmente si ridusse al partito di sfasciare in un giorno le mura delle .stesse citt. Ap piano pure, presso il quale ( Hispan. xli ) leggesi lo stratagemma che us Catone per fare dagli'Spagnuoli medesimi diroccr quelle mura, dice che le citt intorno al fiume Ebro furono cosi trat tate. Ove pertanto riflettasi che* a detta di Livio atesso, non solo i Celtiberi, che abitavano la parta centrale della Spagna molto al di l dellEbro, ma eziandio i Turdjetaai e i Turduli, il cui paese bagnava il Beti, avean riprese le armi contro i Ro mani , sembrar dovr pi verisimile che lultimo di questi fiumi fosse il confine di siffatti smantellamenti. (a) V* avea ee. Questo brano di Livio (xxxiv, 5o ) non con tenuto nel testo dello Schweigh. ho io tolto dalla collezione degli avanzi spettanti a libri certi di Polibio, che lo stesso edi tore inser nel suo 5. volume. Finisce, a dir vero, cotal brano presso lo Schweigh. colle parole che noi voltammo : Da resti tuirsi a padroni, ma affinch meglio si facesse ragione della-, quantit grande de prigioni romani di cui parlasi in questo luo go , continuai il testo di Livio sino al compimento della materia.

DELLE STORIE
D I P O LIB IO DA. M EG A LO PO L I

AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO

I. ( i) A l l e s s e r t r e n t a degli a p o c l e t i , c h e sedessero O lim p. a consiglio (2) col r e .................... ( 3) Egli p e r ta n to r a g u n gli a p o c le ti, e (4) p r o p o se la d e lib e ra z io n e c irc a i presenti affari. ( S u id a ).

5 t )2

II. ( 5) A vendo A n tio c o m a n d a t a u n a m b a s c e r ia a ^mlasc.


B e o z i i , qu esti risp o se ro agli a m b a sc ia d o ri } c h e q u a n d o il r e fosse p e r venire a lo ro , essi c o n s u lte r e b b o n o c irc a le cose di cui e r a n o richiesti.

III. (6) M eutreclr A n tio c o so ggiornav a in C a l c i d e , Ambasc.


in sul prin cip io dell i n v e r n o , v e n n e r o a lui a m b a sc ia do ri : C a r o p o dalle genti d E p i r o , e C allisU ato d alla is ta n z a , che citt degli Elei. (7) Gli E p ir o ti fac ea n o 12

n o n li m e tte sse in n a n z i te m p o in g u e r r a c o R o m a n i ,

dappoich vedea come i primi (ira tutti i Greci giaceano verso l Italia. Che se egli potesse, stanziando a confini dell Epiro , procacciar loro sicurezza, essi il riceverei)* b o n o , dissero, nelle citt e neporti. Ma se non ri

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A. di R. solvesse di ci fare al presente, chiesero perdonasse

56a

loro, se temessero la guerra cherano per recare loro i Romani. Gli Elei il pregavano mandasse soccorsi alla loro c itt ; perciocch avendo gli Achei decretata la g u e rra , paventavano non quelli gli assaltassero. (8) Il re rispose agli E piroti, che manderebbe ambasciadori a trattare di quanto spettasse alla comune utilit j ed agli Elei sped mille fanti , dando loro a condottiero (9) Eufane di Creta. IV. I Beoiii erano gi da lungo tempo in cattivo sta to , grandem ente distanti dallantica prosperit e gloria della loro repubblica. Imperciocch avendo essi grande fama e potenza conseguite (10) a tempi di Leuttra, non so come di continuo nelle et susseguenti amendue le anzidette cose scem aro n o , (11) e sovrattutto avendo a pretore Ameocrito. Q uindiunanzi non solo scemarono, m a voltatisi alla parte c o n tra ria , spensero eziandio, p e r quanto fu in loro , la gloria primiera. Conciossiaeh , avendoli gli Achei eccitati alla guerra cogli E to li, unitisi al partilo di quelli, e facendo seco loro alleanza, guerreggiarono poscia incontanente contro gli Etoli. E d avendo gli Etoli assaltata la Beozia con nn esercito, ed uscendo essi a campo con tutte le forze mentrech gli Achei faceano ragunata ed erano p er venire al loro soccorso, non aspettaron il costoro arriv o , ed affrontaronsi cogli Etoli. M a sconfitti in battaglia, tanto cad dero d animo , che dopo quella faccenda non osarono d entrare in alcuna gara (ia ) d onore, n partecipa- rono a veruna fazione, ed a verun combattimento co*

iSsir VL

i t o

G re c i, per pubblico decreto ; sibbene gittatiai a ban- J . di l chettare ed a gozzovigliare, fiaccarono non solo i cor* p i , ma gli animi loro ancora. V. Nel quale affare ( i 3), per esporre sommariamente ogni parte della loro stoltezza, in tal guisa si diporta* rono. Dopo 1 anzidetta ro tta abbandonarono tosto gli Achei, ed accostarono la nazione agli Etoli. E d avendo questi (i 4) ancora dopo qualche tempo impresa laguer* ra contro Demetrio padre di F ilip p o , lasciaronli a vi cenda , e , venuto Demetrio con un esercito in Beozia, senza mettersi ad alcun cim ento, assoggettaronsi affatto a Macedoni. Tuttavia rimasa essendo una piccola scin tilla dell1 avita gloria , v ebbe alcuni cui dispiaceva il presente stato e 1 assoluta ubbidienza a Macedoni. Il perch grande ( i 5) rivalit nelle bisogne civili insurse fra costoro ed (16) Asconda 6 N e o n e , antenati di Bra c h ila , ch questi allora sovra gli altri co Macedoni tcneano. Ci non pertanto vinse finalmente la fazione d Asconda pella seguente congiuntura. A ntigono, il quale dopo la morte di Demetrio fu tutore di F ilip p o , navigando per certe (17) pratiche verso lestremit della Beozia alla volta di (18) L a rim n a , n ata essendo di re pente (i.g) una bassa marea , diede in secco co suoi vascelli. Divulgatasi frattanto la voce, che Antigono cor rerebbe il paese , N e o n e , allora comandante della ca valleria , girando con tutti i cavalli d e' Beozii affine di guardar la c o n tra d a , sopraggiunse alla gente d Anti gono ^ eh era per quell accidente nel maggiore im ba razzo ; e potendo recare gran danno a Macedoni, parve che conira la loro aspettazione li risparmiasse. Agli al-

i5o
4. dR. tri Beozii piacque ctestazione ; ma iT b a n i non lap-

56 a

provarono punto. Antigono p e rta n to , sopravvenuta fra poco la piena, e ritornate a galla le navi, ebbe a Neone il maggior grado, per non averl in quella contingenza attaccato , e (ao) compi la divisata navigazione in Asia. Quindi in appresso, vinto avendo lo spartano Cleome ne , e divenuto padrone della L aco n ia, lasci Brachilla governatore della citt. N soltanto questo provvedi mento fece alla costoro famiglia , ma di continuo , quando egli, quando F ilip p o , fornendo loro sempre roba e fo rze, abbatterono presto in T eb e la fazione contraria, e tutti costrinsero a parteggiare coMacedoni, tranne pochissimi. T al principio adunque ebbe nella casa di Neone il favore de 1Macedoni, e laccrescimento delle sostanze. VI. L a repubblica de Beozii pervenn a tanto di de pravazione , che p er venticinque , anni circa non fu presso di loro amministrata la giustizia, n intorno a contralti de p artico lari, n intorno alle (a i) pubbliche accuse^ dappoich i magistrati an n u n zian d o , quali pre sidii , quali spedizioni g en erali, (23) recidevano sempre 1 occasione di render giustizia , ed alcuni de pretori distribuivan eziandio a poveri i danari pubblici. Donde apprese la moltitudine ad attenersi a l o r o , ed a pro cacciar loro le prime cariche, affinch per opera di essi non fossero soggetti a dar ragione delle ingiustizie e de d e b iti, e sempre nuovi emolumenti conseguissero merc della grazia de magistrati. A siffatta (a 3) corru zione contribu la maggior parte O fe lta, inventando oguora qualche cosa di n u o v o , che al presente sem-

i5 i

brava recar vantaggio alla p le b e , ma poscia dvea per* A. d R der tolti senza contrasto. A questo tenne dietro unaltra (a 4) infelice smania. Imperciocch chi non avea figliuoli non lasciava m orendo la facolt a quelli che gli erano pi prossimi di paren tad o , siccome in addietro presso di loro era costum e, ma davasi a gozzoviglie' ed alla cra p u la , e le partecipavano cogli amici. Molti ancora che aveano prole distribuivano alle brigate la maggior parte delle sostanze ; per modo che v avea non pochi B eozii, cui stavano apparecchiate pi cene in un mese di quello che il mese ha giorni. 11 perch i Megaresi che tale costituzione odiavano , ricordatisi dellalleanza cbe anticamente aveano cogli Achi, inclinarousi di bel nuovo a questi ed al loro partito. Conciotsiach i Megaresi dapprincipio si reggessero a comune cogli A ch ei, sino da tempi di Antigono G onata; ed allor quando Cleomene (a 5) stanziossi nell Istmo , interclusi unironsi a Beozii (26) collassenso degli Achei. Ma poco innanzi a tempi di cui ora p a rlo , non andando loro a versi il governo de Beozii voltarons nuovamente agli Achei. I Beozii pertanto sdegnati del vedersi disprezzare, uscirono armati contro i Megaresi con tutte le loro for ze ; e (37) non facendo i Megaresi alcun conto della loro presenza , quelli pieni d ira si misero ad assediare ed assaltare la loro citt. Ma sopraffatti da panico ter rore , e dalla voce che veniva Filopemene cogli Achei, lasciarono le scale alle m u ra, e fuggirono precipitevolmente a casa.
V II. I. Beozii a v e n d o u n g o v ern o di tal in d o le cau sa ro n o p e r singo iar v e n t u r a le vicende d e te m p i di F i-

*52

di R. lippo e dAntioco; ma {a8) in appresso non uscirono saf-

56 a

vi; ch la fortuna j come se a bello studio ne li volesse com pensare, sembr andar loro addosso gravem ente, conforme rammenteremo nelle cose che seguiranno.. (29). La maggior parte de Beozii adduceva a pretesto dell uccisione di Brachilla, 1 alienazione da R om ani, ( 30) e la spedizione che avea fatta T ito contro Coronea, pegli ammazzamenti che faceansi de Romani sulle stra de ; ma la verit si e r a , che i loro animi trovavansi (3 1) male disposti pelle anzidelte cagioni. Imperciocch approssimandosi il r e , usciron ad incontrarlo i princi pali de Beozii, ed abboccatisi con l u i , e benignamente tra tta to lo , il condussero in Tebe. V ili. (32) A n tio co , soprannomatd il G ra n d e , con forme narra Polibio nel libro vigesimo, venuto in Cal cide dE u b e a , celebr le n o z z e , essendo in et di cinquant a n n i, ed avendo imprese due grandissime c o se , la liberazione de G re c i, siccom egli annunziava, e la guerra contro i Romani. Innamoratosi adunque d una vergine calcidese, quando era tempo di guerreggiare, ogni cura poneva negli sponsali, dandosi a ber v in o , e dilettandosi a crapulare. E ra costei g|ia di Cleoptolem o , illustre cittad in o , ed in bellezza tutte le altre avanzava. Compiute le nozze in C alcide, pass, col linverno, non facendo alcun provvedimento pegli affari imminenti. E pose alla fanciulla il nome (33) d Eubia (Buonavita). (34) Vinto in battaglia, fugg in Efeso colla novella sposa. (A teneo, 1 . x , c. 10).

i53
IX .

F e n e a , pretore degli Etoli, poich (35) Eraclea Amb venne in potere de R om ani, veggendo la tempesta che circondava 1 E tolia, e recandosi innanzi agli occhi ci 1 C X L V II, eh era p er accadere- alle altre c itt , risolvette di man- A . di & d ar ambasciadori a (36) Manio p er tregua e pace. Preso 563 questo p a rtito , sped A rchedam o, Pantaleone e Cale* so ; i quali abboccatisi col capitano de R om ani, acconciaronsi a lungo discorso } m a interrotti nel p a rla re , ne furon impediti. Imperciocch Manio disse, eh egli allora non avea te m p o , distratto essendo dalla distri buzione delle spoglie d Eraclea ; e fatta una tregua di $ e c i g iorni, disse che manderebbe seco loro (37) Lu cio , cui riferissero ci di che abbisognavano. Come fu conclusa la treg ua, e Lucio se ne venne con essi in ( 38) I p a ta , molto si parl della presente bisogna. Gli Etoli pertanto difendevano la loro c a u s a , ad ducendo gli amichevoli servigi che ab antico prestati aveano a Romani. Ma L u c io , troncando il loro fervore, disse non convenire colai sorta di difesa a tempi presenti ; dappoich avendo essi medesimi annullati i benefici! di prima ,.e linimicizia attuale derivata essendo dagli Eto* l i , nessun giovamento recato avrebbono i beneficii di prima a tempi d adesso. Il perch , lasciate le d ifese, Consigli loro di volgersi alle p reg h iere, e di supplicar il console, che perdonasse a loro falli. Gli E to li, en trati ( 3g) in lunga discussione sullemergenza, decisero di rimettere tutto a Manio , e di darsi alla fede de Ro mani $ non conoscendo la forza di questa voce, ma ,ijjdotti in errore dal nome di f e d e , quasi che per cagione li, questa, a vesser a sperimentare (4) pi facile mise-

154
4. d m ricordi. Ma presso i Romani hanno egual valore il ri-

^63

mettersi alla fe d e ed il concedere al vincitore l'arbitrio (40 sopra s stesso. >


X. F a tta questa risoluzione, m andarono Fenea con L u c io , per significare a Manio senza indugio ci che avean decretato. F en ea come fu al ca p ita n o , difese presso di lui la causa degli E to li, ed alla fine disse :

aver i suoi determinato d i darsi alla fe d e de Romani,


E ripigliando Manio : (4 >) dite voi ci daddovero ? e quegli affermando : adunque continu il co n so le, pri-> mieramente nessuno di voi dovr passare in A s ia , n i privatamente , n per pubblico decreto ; in secondo Ino* g o , mi consegnerete (43) Dicearco e (44) Menestrato d E p ir o , il qual era venuto con aiuti a Naupatto , ed insieme (45) il re Aminandro , (46) e quegli Atamani che seco lui alla vostra parte passarono* Fenea inter* rompendolo disse : Ma ci che tu da noi ch ie d i, o ca pitano , non n g iu sto , n conforme a costumi de* Greci. Manio allora, (47) non tanto sdegnato, quanto con animo di renderlo capace della situazione degir E to li, e di spaventarlo con ogni mezzo : E v o i, disse, (48) mi ciarlate di greci costum i, e (4g) discorrete di ci eh dovere e convenienza, poich vi siete rimessi alla mia fede? voi, che io far p o r in catene, ove a me piaccia. Ci detto fece p ortar delle c a te n e , e m etter a ciascheduno (5 o) un anello di ferro intorno al colio. F e nea e tutti i suoi compagni sbalordirono e rimasero m u ti, non altrimenti che se (5 i) sciolta fosse in loro la forza del corpo e dell anim a, per linaspettato in- contro. Ma Lucio ed alcuni altri de tribuni presnti

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pregavano Manio di non appigliarsi a nessun grave par- A. d i i tito contra co sto ro , dappoich erano pure ambascia- 563 dori. E d avendo quegli assen tito , incominci Fenea a parlare. Disse , che cos e g li, come gli eletti farebbono i suoi com andam enti, ma che aveano mestieri della moltitudine se ci eh egli imponeva avea ad essere ratificato. Rispondendo M a n io , eh egli dicea b e n e , ( 5a) chiese Fenea una tregua d altri dieci giorni. E d essendogli questa pure accordata, si separarono. Giunti in Ipata , esposero agli eletti 1 accaduto ed i discorsi fatti. Gli E to li, come sentirono queste c o s e , allor ap pena s avvidero della loro scioccbezza , e della neces sit che li premeva. Il perch risolverono di scrivere alle c itt , e di convocare gli E to li, affine di deliberar intorno alle cose che loro ccrmandavansi. M a divulga tasi la fama di ci eh era avvenuto a F enea ed a suoi colleghi, tanto ne inferoc la m oltitudine, che nssano volle neppur andare al Consiglio. Avendo adunque (53) l impossibilit vietato di deliberare intorno a comandamenti ricevuti, ed approdato essendo ad un tem po (54) Nicandro dall Asia in F alara nel seno Malia c o , donde avea salpato, il quale espose la benignit del re (55) verso di l o r o , e le promesse che gli avea fatte peli avvenire : ancor meno curaronsi che la pace avesse (56) effetto. Laonde come furono passati i giorni della tregua , rest nuovamente agli Etoli la guerra. XI. Ma (5?) non da tacersi il caso avvenuto a Ni- \ candro. Ritorn costui da Efeso in (58) Falara il duo decimo giorno dacch erasi p a rtito , e trovati i Romani ancora intorno ad E ra c le a , ed i Macedoni levatisi da

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A. di S. L a m ia , ma non lungi dalla citt accampati ; i danari

$63

rec inaspettatamente in Lamia , ma eg li, mentre che di notte tempo impegnavasi d entrare furtivamente in Ipata fra i due cam pi, s abbatt ad un (5 g) posto de1 M acedoni, e fu condotto a Filippo in aul bel mezzo del convito, per avere la mala ventura dall ira di l u i , o per essere consegnato a Romani. Come fu la cosa an nunziata al r e , comand .subito a quelli che ne aveano lincumbenza (60) di ristorare N ica n d ro , e di trattarlo in tutto il resto colla pi benevole cura. Dopo qualche tempo egli stesso alzatosi da tav o la, and a trovar Ni candro , ed avendo molto biasimata la sciocchezza de* gli Etoli nella loro pubblica co n d o tta, i quali dapprin cipio ebbero fatti venir in Grecia i R o m an i, e poscia Antiocoi esortolli tuttavia si dimenticassero del passato, si attenessero alla sua am icizia, (6i) e non volessero trarre profitto dalle sue sciagure per insultarlo con dan no reciproco. Queste ccfse adunque raccomand a Ni candro di riferire a capi degli E to li, e lui esort a rammentarsi del benefizio ricev u to , e mand con suf* fidente sc o rta , ordinando a coloro che n erano inca ricati di metterlo salvo in Ipata. Nicandro , uscito mi racolosamente di tale congiuntura, ritorn allora asuoi, e nel tempo susseguente (6a) dopo questo principio visse amico della casa di Macedonia. Il perch di poi a tempi della guerra di Perseo , legato dall anzidetto favore , e male inducendosi ad operare contro i disegni di quel re , venne in sosp etto , e fu accusato, e final mente chiamato a Roma cess col di vivere.

if>7 (63) Gorace , monte fra Gallipoli Naupatto. ( Stef. A . d il Bizant. ) (64) A peranzia, citt della Tessaglia. Polibio nel vigesimo. Il gentilizio Aperanti. (Stef. Bizant.) 563

X II. In quel tempo ritorn ancora da Roma (65) Tarn* Ambasc. basceria che vi aveano spedita i Lacedem oni, delusa *4 nelle sue speranze : gli oggetti della quale erano (66) gli statichi (67) e le terre. Il senato intorno alle terre disse, che darebbe gli opportuni ordini agli ambasciadori (68) da lui mandati \ circa gli sfatichi voler p er anche d e liberare. Ma per ci che spetta agli (69) esuli antichi m aravigliarsi, come gli Achei non li riconducessero a c a s a , dappoich S parta era liberata.

X III. Intorno allo stesso tempo il senato diede udien- Ambasc za agli ambasciadori di F ilip p o , i quali erano venuti (70) per esporre la benevolenza e la propensione che Filippo avea dim ostrata a Romani nella guerra contro Antioco. Il senato, comebbe ci sentito , sciolse incon tanente suo figlia Demetrio dall obbligo d ostaggio , e promise ancora d assolverlo da tributi, ove gli serbasse la fede nellimminente congiuntura. Licenzi egualmente gli statichi de L aced em on i, tranne (71) Armeno , fi- gliuolo di N a b id e , il quale poscia mor di malattia.

F IN E D EG L I AVANZI D E L LIBRO V IG ESIM O ,

SOMMARIO
AGLI AVANZI D EL LIBRO VIGESIM O.

jdrocueTt degli Eloli eousullanQ con Antioco ( I) Ri sposta de Beozii agli ambascvlori d Antioco ( II).
A
m b a sc e r ia degli

p id o t i

degli

toli

ad

n t io c o .

Antioco sverna in Calcide Richieste degli Epiroti Richieste degli Elei Risposta del re ( HI).
D
ella r e p u b b l ic a db'

e o z ii.

Gloria antica de' Beozii scemata Ameocrit pretore I Beozii associati cogli Achei contro gli Etoli ( IV) S uniscono agli Etoli < 5*arrendono a Macedoni Neone , beoiio, demerita d Antigono Brachilla , figlio di Neone, governatore di Sparta ( V) Situazione disperata della re pubblica de Beozii Ofelta Brigate di banchettalori I Megaresi da Beozii passano agli Achei 1 Beozii invano attaccano i Megaresi ( VI) Ricevono Antioco ( VII).
S ponsali
d'

n t io c o

in

C a l c id e .

Eubia, maritaia ad Antioco Antioco vinto, ritorna in Asia ( Vili).

i 59
Gt &UA
be'

R O M A tt COGII E

t o l i.

Eraclea presa da Romani Gli Etoli chiedono pace al console Manio Acilio Si danno alla fed e dtp Romani < IX) Leggi dettate agli Etoli * Gli ambasciadori degli Etoli spaventati colle catene Accordasi tregua agli Etoli Gli Etoli ricusano le leggi loro imposte ( X) Vicende deir etolo Nicandro ( XI).
A m b a s c e u a d e L a c e d e m Os i a R o m a

Risposta data agli ambasciadori dal senato ( XI1).


A
m basceu a di

iu t f o a

R o m a m i.

Filippo propenso a* R om ani Demetrio statico rimesso al padre Annetto figlio 'di Nabide ( XIII),

ANNOTAZIONI
A G LI AVANZI D E L LIBRO V IG ESIM O.

r 3 g i

Gl , argomenti di questo libro trattati sono da Livio nel lib. xxxv, ed abbracciano gli anni 561 e 56i D. R. Se non che lo Schweigh. vi comprese eziandio tutto lanno 563 ; ma scrivendo le note si accorse del suo errore, trovato avendo nel cod. del Valesio dopo il cap. 7 indicata la fine del lib. xx. Lo stesso in conveniente accadde a noi pure, e per la medesima cagione non ci fu dato di sfuggirlo. * (1) Elessero ec. Amendue i frammenti raccolti nel cap. 1 rigcontransi nel lib. xxxv di Livio quasi colle stesse parole del Nostro ; il primo alla fine del cap. 4 5 , il secondo al principio del cap. 46. Circa gli apocleti degli Etoli veggasi il cap. 5 del lib. iv e col la nota 17. ( 3 ) Col re. Era questi il re Antioco che gli Etoli chiamaron in Europa, venuti a contesa co Romani, che saziar non volevano l immensa loro avidit a danno degli altri Greci. V. x v n i,
17-2 2 .

(3) Egli pertanto ec. Da Livio (l. c.) hassi che cotesta deli berazione segu il giorno appresso, ed avea per oggetto principale la determinazione del luogo donde s avesse ad incominciare la guerra.

i6 t
(4) Propose. Ho voluto conservare la frase greca che lo Schweigh. trascur , scrivendo semplicemente detiberavit, forse perch sattese a Livio in cui leggesi consultabai. Ma fatto sta che Jta fltlX itt itiiiS tv quanto produsse, mise innami la con sulta, affinch gli eletti, consideratala, esponessero la loro opi nione. , (5) Avendo Antioco . Moveaoo gli Etoli cielo e terra, onde trarre gli altri stati della Grecia nellalleanza che fermata aveano eou Antioco. Ma gli Achei fedeli rimasero a Romani, eda Beozj venne la risposta ambigua che qui leggesi (Liv., xxxv, 5o). Ci che le altre nazioni intorno a siffatto particolare sentissero . ri ferito dal Nostro nel seguente capitolo. 1 MSS. fanno <t><A/zr-v, che il Reiske dietro Livio corresse in (6) Mentrech Antioco ec. Queste ambasciate riferite sono da Livio nel lib. xxxvi, c. 5 , secndo il quale avvennero nella sta gione invernale in Sul' finire dell anno 56a e nel principio del 563, allorquando iu Roma creavansi i nuovi consoli Scipione ed Acilio. . . . (7) Gli Epiroti ec, Costoro coglier voleano, conforme dicesi, due colombi ad una fa.va; guadagnarsi la grazia del re, mostran dosi disposti a riceverlo nelle citt e ne prti j e nou guastarla co Romani, ricusando d entrare subitamente nella lega con An tioco. Livio, si diffuse nell esporre la causa di questo contegno, ed da maravigliarsi che il Nostro non ne facesse motto; chi non supponesse che lepitomatore recisa abbia questa parte della narrazione. (8) I l re rispose. Secondo Livio fu 1 imbarazzo che dett ad Antioco questa risposta, molto appariscenti essendo le scuse ad dotte dagli Epiroti ; comech non oscurameute ne trasparisse la loro mala voglia di far causa comune con quel sovrano. (9) Bufane. Rene s avvis Io Schweigh. di toglier 1 accento circonflesso dell 1 1 in che finisce questo nome , dappoich colai desinenza contratta da t non lammelte ne nomi proprii. LOrsini il pose, seguito dagli altri editori, attenendoci, ove ascoltiamo POLIBIO , tom . FI. I I

162

1 anzidetto commentatore , a Livio, il quale pertanto , scrivendo cum Etiphane, si valse d un nome della terza declinazione (Eu~ phanes, ) , non meno che Polibio usando Evpttne ( *s ). (io) A'tem pi di Leuttra, cio della vittoria che presso questa citt, comandati da Epaminonda, riportarono sopra gli Spartani} il che era avvenuto due secoli innanzi alle geste qui riferite. : ( n ) E soprattutto. Queste parole non sono nel testo, ma per mio avviso vi debbon essere aggiunte ove non vogliasi che Polibio espresso abbia un assurdit ; cio , cbe Ameocrito fosse stato pretore in tutti i tempi posteriori alla battaglia di Leuttra, ne quali .segu la depravazione de Beozj. Il greco sonava probabil mente *) ftmXtrr *. 7. A. Lo Schweigh. si con tenta d osservare , come non eragli noto che di questo pretore de Beozj si trovasse menzione presso alcun altro autore, o quali fossero le principali geste sotto il governo di lui. (la) V onore. T i (delle cose belle). Abbiam gi os servato altrove che i Greci trasportavano l espressione di Bello dal fsico al morale ; onde 7 erano presso di loro i modi e le azioni che fanno gradevol impressione nell* animo, come la bellezza nel senso. Noi volto abbiamo cotesto sentimento al1 ornamento di lode con cui esaltansi le virtuose e magnanime geste, badando pi alla soddisfazione che da queste ritrae lamor proprio d chi n l autore, che non alla dolcezza che ne de riva all intelletto ed al cuore di chi le contempla. (i3) Per esporre sommariamente. Il testo verbalmente cosi suona: I l sommario della particolare stoltezza f u da loro ma neggiato in questa guisa : modo stranissimo d esprimersi, ohe non pu dar altro senso se non se quello da noi esposto. Glinterpetri latini voltarono inesattamente le parole, t%ttp(r$n wmf vltls 7o* 1f i n t i Ititi 11 : Quae res ila evenil. (<4) Ancora. Non volli trasandare il '< omsso da tradut tori, ed indicante la ripresa delle armi cberano state deposte da gli Eloli dopo la rotta data a Beozj. (i5 ) Rivalit ec. Nelle democrazie, pella mancanza d una Vfl-

i63
loot superiore che impone alle passioni, de' particolari, svolgonsi sovente delle pericolose fazioni che otto la specie di zelo patrio inelton in pericolo e talvolta a fondo lo Stato, siccome qui ac cadde a' Beozj che, grandemente decaduti dall' antico valore, fa* vorivano la vile politica professala dai partigiani de- Macedoni, anzich la generosa de loro svversarii. (16) Asconda e Neone. Se il primo di questi capi visse atempi di Demetrio, padre di Filippo, fu egli probabilmente 1 avo di Brachilla contemporaneo di Filippo. Neone poi, eh ebbe con Antigono, di Demetrio successore, lincontro qui sotto descritto, sarebbe in tal ipotesi stato suo padre. Circa Brachilla veggasi il lib. xviii, c. 36. (17) Pratiche, cio trattati segreti con que del paese a lai fa vorevoli ; i quali trattali, conforme osserva lo Schweigh., signi fica spesso il Nostro col vocabolo wpi%nt che qui leggesi, e dond tolta la voce italiana che vi corrisponde. (18) Larimna. Due citt vavea di questo nome, 1 una detta superiore nella Locride allo sbocco del fiume Cefiso nel mare ; 1 altra nell estremiti della Beozia, situala essa pure sul m are, deve lo stesso Cefiso, uscito del lago Copaide, dopo aver var cato sotterra uno spazio di trenta stadii, risorge e form* una foce di mollo inferiore alla prima. V. Strab., ix , pag. 406-7 ; Plin., iv , 13 ; Pausan., ix , a3. (19) Una bassa marea. ' Api-mahf la chiama il Nostro, che secondo i Lessicografi il contrario di uXnpt/itp, (wXnpt* la chiama il Nostro poco appresso ) innondatione, aita marea. Esichio definisce questo vocabolo: Unpitr/it strtv **rscf/ii (giusta alcuni Atawt7i<) l i vf*p x< w iX n tp% tl*n siccit, dove l acqua retrocede ( assorbita) e poscia ritorna. Eustazio alla Periegesi di Dionisio scrive : kpw m lis 'erri tvpaif* k *' i m iim in c v^altt mptcStxi j siccit ed assorbimento per iodico deir acqua. Dalle quali definizioni manifesto che in questo luogo si accenna alla sola epoca del flusso, quando l acqua ritirasi dalla costa ; dappoich allora accade che ne grandi

164
movimenti del mare, eccitati dalla congiunzione ed opposizione degli astri maggiori, singolarmente intorno agli equinozii e s o l stizi , allora, dissi, accade che il fondo delle acque presso il lido rimanga scoperto e producansi le secche. Quindi fu male la surriferita V oce greca voltata in latino aestus maris , con che si denota semplicemente il corso periodico delle acque marine senza rispetto al suo reciproco avvicinamento alla costa ed allontana mento dalla medesima. In tal senso fu detto : Aestus maris secundus et adversus ( V. Porcellini JLex. alla voce aestus), e Plinio ( i h , 97 ) scrisse : Aestus maris accedere et reciprocare maxime mirum; dal quale passo scorgesi cbe il flusso, o dir vo gliamo la retrocessione del m are, corrisponde a reciprocano aestus : frase che amerei di leggere qui in vece dello schietto aestus. (so) Compii la divisata navigazione iti Asia. Suppone il Reiske che tir 7< qui si abbia a leggere in luogo d tic 7i 'Ari** ; giacch., die egli, chi dalla Macedonia va in Asia non ha bisogno di navigare presso alla costa della Beozia. Ma osserva opportunamente lo Schweigh. che Antigono, detta di Polibio, avea qualche affare nella Beozia ; quindi vi and egli apposita mente, qualunque fosse il porto donde sciogliesse, e poscia na vig ip Asia. (31) Pubbliche accuse. Male, per mio avviso, fu renduto il xa?i tyxXnftal* per publicae controversiae. Nel terzo periodo i questo capitolo espongonsi gli oggetti della ri&utata giustizia colle parole iS tx ift* !* seti iiptiXifiala , ingiustizie e debiti , che corrispondono appunto alle accuse pubbliche (delitti crimi nali ) , ed alle violazioni de contratti ( trasgressioni civili ). ( 2 3 ) Recidevano sempre ec. Mi sono ingegnato d avvicinarmi alla forza della greca frase ty xeni tu lti Jtx& toitriitt, eh propriamente : troncare , tor di mezzo il rendimento di giusti zia , non gi it differre (differire) jurisdictionem de traduttori latini. Vi pertanto, se non m inganno, sottinteso il sostantivo / occasione che vi bo aggiunto ; dappoich i presidii e le sp$-

i65
dizioni generali erano i pretesti speciosi che opponevansi allop portunit di far pubblica , e privata giustizia. Nel lib. x iiv , i leggesi JucetitStrf* col-dativo. (a3) Corruzione. Questa parola manca nel testo. Il Valesio vi suppl con ch quanto mala disposizione, e che gi iu tal senso us il Nostro al principio del presente capitolo. Lo Schweigh. credette che si potesse riempiere questo vuoto eoa *alarretri (costituzione)) ovverameate J ix $ 9-tpt> (corruzione). 10 ho adottato quest ultimo vocabolo che meglio del valesiano esprime 1 eccesso di deperimento a cui giunta era la repubblica de* Beozii. (?{) Infelice smania. Queste parole mi sembrano render me* glio il ?Af i del testo che non il pravum et infetix gsriTUTVM del Valesio, copiato dallo Schweigh. z fX tt del pari che l italiano smania non significano gi condotta, tenor di vita siccome Vinstitutum de Latini , sibbene un veemente ed infrenabile desiderio cbe porta 1 animo verso qualche oggetto; e tal era appunto il furore con cui i Beozii consumavano le loro sostanze in godimenti sensuali. (a5) Stanziassi. O ^ i n u i S i n abbia scritto Polibio, ovvermente irpttttStn , il senso del testo cbe Cleomene colloc le sue forze nell istmo, tlt Tot '\rS-ftot, affine di stare dinanzi al Peloponneso, e coprirlo dall irruzione che minacciava di farvi Antigono. A d isthmum praesedit fu questo passo male tradotto; dappoich sebbene altrove, conforme osserva il Valesio , Livio abbia reso il verbo che qui riscontrasi per praesidere , pos egli 1 1 paese presieduto nel dativo : praesidere Epiro ( xzxvi, 5 ), avendolo il Nostro (x x , 3 ) messo nel genitivo: iSt'H w tfptvQuindi s avvis bene lo Schweigh. di supporre scritto : n /a ik iS m 7? IIt)nvoitiira S v iifih t lif Tot 'lr&ftot, stanzi le fo rze neir istmo dinanzi al Peloponneso. Circa il fatto vedi il Nostro, ii , 5a. 1 ' . (26) Coll' assenso degli Achei. Siccome i Beozii erano in quella guerra alleali d Antigono Gonata ( Polib. , (i , 65 ) , non

16 6
altrimenti che gli Achei ; cosi permisero questi a* Megaresi, si tuali di l dell istmo, e per conseguente ridotti nell* impossibi lit di unirsi cogli Achei, -permisero loro , dissi, d accomunarsi ce Beozii. (27) Aon facendo ec. Ben indolenti e sciocchi sarebbono stati i Megaresi, se, per semplice disprezzo de loro nemici, ab bandonato avessero tutto il loro contado alle poderose forze de* Beozii, ed esposta la loro citt al pericolo dell ultimo eccidio. Se non che lavvicinamento di Filopemene con un esercito dAebei avea loro inspirata tanta fiducia. Quindi non parmi assurda 1 opinione del Valesio , che da Beozii e non altrimenti da Me garesi movesse cotal disprezzo ; ignoto essendo a primi come gli Achei venissero a soccorso degli altri. N sarei alieno dal leggere collo stesso interpetre : Ovcfxc f i (7 B<'/>) *<p im i x i y t i , 7i l wmftwtms 7Zi A%*iSr ti* iiShifinSitlu (meglio, <*7Ut ir * 7. A. ti* j non facendone conio 1 Beozii , e non considerando la venuta degli Achei. Sebbene la nessuna considerazione in che, secondo il Valesio, avrebbon i Beozii tenute le forze degli Achei, contraddice in qualche modo al timor panico che gli invase, come udirono 1 loro venula. 11 perch io amerei di sostituire i y i tth lm i (igno rando) ad i* }iSt/fm 3i i 7* i. , (28) In appresso. Cio a tempi della guerra di Perseo; ch allora caddero i Beozii nelle maggiori sciagure, siccome narra Livio nel lib. xlii, c. 43 e segg. Valesio. (29) La maggior parie. Come questo estratto possa peli'inter posizione d un semplice tvi (dunque) appiccarsi collantecedeate, secondoch vorrebbe lo Schweigh. , io noi veggo. Piuttosto da supporsi eh* esso vada unito al racconto dell uccisione di Brachilla interrotto nel lib. x v m , 26, di cui non gi precisa mente V i continuazione, sibbene la fine. Quanto manca al Nostro pu ripetersi da Livio ( x x x i i i , 38), dalle parole: Fuga comitum ec. sino alla fine del capitolo. (30) E la spedizione ec. I particolari di questa impresa leg-

167
gonw in Livio,
x x x iii,

99. Avendo chiesto i Romani che i Beozii


e p a g as sero u n a g r o ss a m u lta , c i Beozii la p a c e ad

c o nseg n assero l o ro i c o n v o l i fo rze c o n t r o ( S i) C oronea.

n o n p o t u t o o t t e n e r nu lla , a n d Q u inzio con u n a p a r t e delle sue Finalm ente ebbero e q u e co n d izio n i p e r in tercess io n e degli Achei. 6 * 7 ou i7 f

Male disposti. Q u e s ta e s p r e s s i o n e , c r e d o , r e n d e il del testo m eglio c h e 1animorum corruptio d e t r a


Al R e is k e n o n piacque co tal p a r tic ip io , eli egli

d u t t o r i latin i.

p r o p o s e d i c a n g ia r e in k*%k 1ov>, e lo S c h w e i g h . stim a c h e si possa so ttin te n d e r ivtiXXti'lpiaftitoi hrat . R o m a n i ). Ma superflua s e m b r a m i so n o n el p r i n c i p i o d el p e rio d o . il N o s t r o , che

erano alienati ( d a

1 u n a e l a ltr a su p p o sizio n e ,

o v e a kx %zk! ouflts si riferisca n o le p a ro le Ttppxrit tt%ov ch e

La verit pertanto si era , dice adducevano colai pretesto avendo gli animi mal
la se rie degli a v v e n im e n ti n a rra ti da

disposti.
(32) Antioco. Se si c o n s id e ri tu tta ch e p r e c e d e t t e r o alla sco n fitta p o c h e p aro le in t o r n o e fuga d i q uesto r e , ristrig n esse.

L iv io ( x x x v i , 11 se g .), n o n p o t r c r e d e r s i c h e il N o s tro a cos a co tal fatto si Q u i n d i da attrib u irs i a d A ten eo il m esch in o s u n to c h e qui 11 r ip o rta to . (33) DEubia.S.B/oixt leggesi in A ten eo e n ella co p ia d i qu esto b r a n o fatta qui dallo S c h w e i g h . , q u a s ic h A n tio co d Eubea. d ato avesse Ma siccom e alla sua n o v ella sp o s a il n o m e d ell isola

A p p ia n o ( S y r i a c 2 0 ) scrisse "livfitxi se n za l ; cosi d a s u p p o r s i che il r e i n n a m o r a t o , o n o r a r v o le n d o a d u u te m p o la p a tr ia della m o g lie e la m o g lie stessa, applicasse a q u esta u n n o m e d i b u o n a u g u r io c h e si p r o n u n z ia ss e c o m e q u ello d ell isola d o -

v essa

era nata.

(34) Vinto in battaglia. D u e cose s v e n t a r o n o 1 im p re s a d A u tioco : il n o n a v e r egli d a to re tta al consiglio d A n n i b a i e c a r ta g inese , r ic o v e ra to alla sua c o r t e , di t r a r r e F i l i p p o d o n ia n ella sua alleanza , ed il lita r e n e l suo esercito d ie tr o il p es sim o esem p io q u a r tie ri d in v e r n o . E d a ta n to g iu n se r e di M ace rila ssam en to della disciplina m i d a lu i d ato n e il suo a c ce cam en to clic ,

16 8

essendo Filippo ancora in forse circa il partilo eh egli avea fa pigliare , os di provocarlo con un g r^ e insulto cbe il decise a parteggiar coRomani. Imperciocch, invasa avendo la Tessaglia come giunse alle Cinoscefale e vide ancor sparse ed insepolte le ossa de Macedoni morti nella battaglia in quel luogo accaduta, le fece raccorre in odio di Filippo il quale, avuta questa nuova, mand tosto avvisando il duce romano dell irruzione fatta da Antioco, e congiunse poscia seco lui le proprie forze (V. Livio, xxxvi, c. 7, 8; Appian., Syriac. 16). Del resto fa si grande la disfatta d' Antioco, che di tulio 1 esercito che trovavasi intorn a lui non scamparono che cinquecento, e dei diecimila ch egli avea recati seco dall Asia un piccolissimo numero, siccome rife risce Livio ( xxxvi, 19) sullautorit di Polibio, il cui testo con tenente la descrizione della battaglia non ci fu conservato. (35) Eraclea. Era questa citt ( altre ve ne avea di questo nome ) nella Trachinia , provincia della Tessaglia, sul seno Maliaco e prossima alle Termopile , dove poc anzi era stato rollo Antioco. Apparteneva essa, conforme scorgesi dal lib. x , c. 4* del Nostro, agli Etoli , i quali tanto per questa perdita rimasero scoraggiati, che mandarono tosto oratori pella pace al console romano ; laddove alcuni giorni prima aveano spediti ambasciadori in Asia per richiamare il re e rinnovare )a guerra ( Livio, xxxvi, 97 ) (36) Manio Acitio Glabrone console che vinse in battaglia Antioco. Livio (1. c.) non dice ch gli ambasciadori etoli chiesta aveano una tregua oltre la pace, n che Fenea gli avea mandati, n riferisc egli il loro nome siccome fa il Nostro. (37) Lucio Valerio Fiacco cbe insieme con M. Porcio Catone fu in quella guerra legato consolare sotto Acilio. (38) Ipata. Altra citt della Tessaglia appi del monte E t, posseduta dagli Etoli. A delta dApulejo (A s. aur., lib. 1) eri essa celebre pelle sue maghe e la principale di tutta la Tessaglia-, siccome lo potrebbe indicar il suo nome che suona suprema , somma; ma in tempi pi antichi nonr sembra essere stata di tanta considerazione, dappoich Strabone ( che decadute diceva

suoi giorni tutte le citt tessale, tranne Larissa (ix, p. 43o), e Plinio non la rammentano neppure. Tuttavia da credersi che non del tutto incospicua fosse nell et in cui accaddero i fatti qui descritti, servendo essa agli Etoli di luogo di pubblica ra dunanza (L i v., xxxvi, a6). Ne fanno menzione ancora Luciano e Tolemeo. (39) In lunga discussione. Livio (1 . c.) dice che questa riso luzione sembr a tutti la sola salutare ; perciocch, ragionavate -essi, sarebbonsi vergognati i Romani di offendere chi preseola vasi supplicando, e rimarrebbe tuttavia in potere degli Etoli di fare ci che loro piacesse, ove la fortuna mostrato avesse un miglior partito. Donde scorgesi che, a senso degli Etoli, la frase darsi alla Jede del nemico > che oggid si direbbe arrendersi a discrezione , era quanto implorare la sua generosit. (40) Pi Jacile. Recando i codici XtttTiptv , il Reiske pro pose Yttpttltptv e lo Schweigh. mpt%iipt7ipttt , pi pronta. All Orsini piacque meglio i v i u l t f t v , pi mite ; ma a me non i sembrata assurda la scrittura Volgata, che oltre al senso di Uscio ha eziandio quello che ho qui espresso. (4>) Sopra s stesso, n i fi i7S parmi che recar dovesse il testo in luogo del volgalo 1/1 i t i tv, che propriamente esprime la terza persona, intorno a lui stesso. Nel seguente capitolo leg gesi in plurale rp ic tvltvs , dare s i stessi , non gi ivleus semplicemente. (4?) Dite voi Ci daddovero ? Ha maggior efficacia questa breve e vibrata interrogazione che non l ammonizione pesata di Livio : Etiam atque etiam videle , A eto li , ut ista permittatis ( Badate bene assai, o Etoli, come ci concediate ). (43) Dicearco. Costui fu gi mandato per ambasciadore da gli Elafi a Roma (x v u , 10) in occasione della pace da stabi lirsi con Filippo: poscia inviato fu da medesimi ad Antioco, affinch lo eccitasse alla guerra contro i Romani. Liv., xxxv, . Schweigh. ( 4 4 ) Minestraio. Livio 1 appella Menestas, e dice chentrato

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l'JO eoa ua presidio ia Nanpatto lavea spiota alla ribellione. Ma siccome Naupatto era citt etolica , cosi noo aveva essa mestieri della gaeroigiooe introdottavi da costui per dichiararsi nemica de Romani ; sibbene pi ragionevole il credere che, con forme riferisce il Nostro, gli aiuti recatile da Menestrato le cre scessero forza per resistere a* nemici. Del resto da tenersi col Reiske che il Meneslas di Livio (Menetas haooo il Grooovio ed il Grevio ) sia un abbreviazione di Menestrato, siccome lo *AAigc di 'A*-AA*f di A rtX X sitiftt, e pres so il Nostro ancora ( iv ) 16) Afiu tis di A ftiiattfptr. (45) II re Amm anir. Circa costui leggasi la nota 70 al lib. iv , e x x i, 27; xvii , t , 10 ; xvm , 19, 3o. (46) E quegli Atamani. Eran costoro, second Livio, i mag giorenti di questa nazione ( principes Atamanum ) che insieme col loro re , sino allora alleato de Romani, indussero gli Etoli a ribellarsi. Questa al certo era ragiooe pi che sufficiente, per ch Manio ne volesse prender vendetta ; sebbene anche il sem plice passaggio al partito degli Eloli, gi in guerra co Romani, conforme suonano le parole di Polibio, degni li rendesse di po sizione. (47) Non tanto ec. Questo bel tratto descrivente la disposi zione danimo in che trovavasi il duce romano, allorquando egli spaventava gli Etoli con minacce, al lutto omesso da Livio, il quale dopo il discorso del console dice, che finalmente gli Etoli s' accorsero della condizione in cui erano. (48) M i ciarlate ec. 'EAAroxv77f, ch quanto <AAi|>iKevf x iy tv f x tw tT li, la discorrete alla greca : frase passata nella lingaa latina, leggendosi in Terenzio ( Heaulont., 11, 3 , 1), sermones caedimus. Il Nostro pertanto sembra dare a questo verbo un significalo pi esteso , aveodolo nel lib. xxvt, 5 usato per affaticarsi acquistar il favore de' Greci. (49) Discorrete. Enrico Stefano, seguito dallo Schweigh., cor reggeva il Aiy t t volgato in x ytvt, sedotto, secondoch a ine pare , dalla frase Ialina verit facete , cbe alla greca di questa

l'Jl luogo corrisponde. Ma Senofonte (Cyrop., i , 6 , t 3 ) ha t< 7<> Aiy t t tw iin m T t, Ni pub essergli accordalo che, conservando il singolare, abbiasi ad omettere il wif innanzi al I t i wpt-ntHit, donde risulterebbe il senso di tener conto, fa r stima di quanto conviene ; perciocch Manio rinfacciati avea agli Etoli i loro pre cisi discorsi su ci che credevano g iusti ed alle greche istituzioni conveniente. (50) Un anello di ferro. In che cosa consistesse la particolariti dello raj che ha qui il testo non mi fu possibile di rin tracciare. Esprime propriamente qusto vocabolo un cane neona to che in latino dicesi catulus, e nel senso metaforico, usato da Greci, ladoperarono iTlomaui ancora, i quali oltracci lap pellavano canis e calellus. (V. Plaut. Casin., ir, 6, 57; Curcul., v , 3 , i3). Se non che nasce in me il dubbio che non lanello con cui stringesi il collo de re i, sibbene quello che loro si ap plica alle gambe con siffatta voce si denoti, dappoich trovasi tra gli avanzi di Lucilio il seguente verso : Cum manicis , catulo t collarique ut fugitivum D eportem ..................... Dond chiaro che differenti sono catulus e collare , e Nonio che ci ha conservato questo verso spiega , collare vinculi genut quo collum astringitur ; sebbeue n egli n Francesco Dousa , raccoglitore delle sparse membra di Lucilio e suo commentatore, (anno motto alcuDO del significato che ha catulus nel citato luogo. Per la qual cosa io m induco a credere che Polibio fosse qui poco esatto nell applicazione di cotal termine , e convengo coll Ernesti, il quale nel dizionario manuale attribuisce a r*vAf il senso traslato di compedes , che noi diremmo ceppi Livio non parla che di catene, e fa circondare gli ambasciadori etoli di littori. (5 1) Sciolta fosse ec, Tl*pmxtxtptttti ho.) 7*7# x< 7r , verbalmente : sciolti ne corpi e nelle anime, Quanta evidenza iti questa rappresentazione delleffetto d un

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sommo spavento, e quanto appetto ad essa langue il cenco ch ne d Livio con queste parole: Tum fraeta Pheneae 'ferocia , Aetolisque aliis est (Allora fu rotta la ferocia a Fenea 'ed agli altri Etoli ) ! (5a) Chiese Fenea ec. Aveano gli Etoli gi prima ottenuta una tregua di dieci giorni peli eseguimento della presente amba sceria (V. sopra c. 9 ) ; quindi non vuoto il w i \ n , , rursus, che'(naie omise Livio nel suo testo. (53) V impossibilit vietato. Ha renduta pi precisamente che per me si potuto la frase greca 7 Sv>7s xtrXitail t f , la quale sebbene non ha il pregio dell eleganza, racchiude in s un non so che di forza e d evidenza , cbe meritava d essere conservato nel volgarizzamento. Sembra vedere in quellastratto la inesorabile necessit porsi fra gli oratori e la inferocita molti tudine ed impedire tra di loro ogni comunicazione. Igttur cum per hoc iptum statini institui non potuisset deliberatio tra dusse questo passo lo Schweig. con lungo e fiacco avvolgimento di parole, ed il Casaub. con pi larga circoscrizjone : Igitur cum rei difficultas, quae Aetolorum vires superabat, impediti ut de iis quae imperabanlur deiberaretur. (54) Nicandro. Sappiamo da Livio (xxxvi, 26 ) che pochi giorni innanzi alla caduta d Eraclea gli Etoli mandata aveano in Asia un ambasceria ad Antioco per invitarlo a tragittare nuo vamente in Grecia con forze terrestri e navali, e se non potesse eseguir la passata chiedevano gli accomodasse di danari ed aiuti. (55) Verso di loro. *<r ivTtr la lezione volgala, cio verso di lui. (N jcandro); ma meglio sarebbe 'Kit iv i tue, cbe.il Ca saub. seguito dallo Schweigh. espresse nella traduzione -latina , scrivendo: Propensum regis animum in Aetolorum gentem. 11 B o lo pronome relativo da me usato non. parmi che rechi oscurit al testo. (56) Effetto. Csi m sembrato di dover .voltare qui cbe propriamente significa termine,. estremit , ultimo punto ma secondo Esicbio ammette ancora il setuo di x i t i t ,, scioglir

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m tn lo , esito. Poco stava a cuora agli Etoli, non gii che la pace avesse un termine , sibbene che la guerra lo avesse ; per ciocch desideravano la continuazione di questa. Al contrario non caleva loro che venissero a fausto scioglimento ed a buon esito le pratiche di pace eh eransi introdotte. (5?) Non ec. Filippo, conoscendo 1 alta riputazione in che quest uomo era presso la sua gente, volle in tal incontro ob bligarselo con un segnalato benefizio, onde conciliarsi un utile amico per qualche rivolgimento della fortuna che gli avrebbe permesso, di rompere la sua forzata aljeanza co Romani, i quali egli ben comprendeva eh erano nemici naturali di tutti i Greci, e che l una nazione contro laltra aizzavano per soggiogarle tutte. (58) Falara. La via pi breve che da questo porto conduceva ad Ipata era tra le due citt di Lamia ed Eraclea. Livio dice che Nicandro vi s incamminava per viottoli a lui noli. (5q) Posto. Sull autorit del Montecuccoli (V. Grassi, Dizion. milit., art. Posto) ho qui usata questa voce senza la qualificazione d avanzalo. In latino pure si esprime siffatto genere di guardie che, secondo il surriferito Grassi, guardano 1 estrema fronte ed i fianchi dell esercito, e le opere esteriori d una piazza col semplice statio. Caes. B. G., v , i 5 : Qui erant in slatione pr castris collocati; Liv.,- in, 5 : Stationes ante porlas. Laonde qui pure le parole di Livio : In stationem Macedonum incidit intendonsi dun posto avanzalo de Macedoni, e sono la precisa traduzione di quelle del Nostro: 'Zptxrtrtt ? tic 7cut w p tx tttv t lit t in i. Secondo Suida npKtic quanto colui che fa la guardia dinanzi ad un accampamento, o ad una fortezza. (6o) Di ristorare Nicandro. Secondo Livio il fece Filippo seder seco a mensa, non essendo questa al suo arrivo per anche levata ; lo che al certo non volle qui dire il Nostro , che poco appresso narra essersi Filippo alzato da tavola per abboccarsi eoo Nicandro.

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(G) E non volessero ec., cio non si unissero co* Romani cbe lui Filippo avean abbassato, affine di cavar guadagno dalle sue disgrazie; dappoich alla fine ne risulterebbe danno a tutti e due, che il comun nemico agognava di porsi sotto i piedi. Glioterpetri latiui sembrano non aver bene compreso il testo tradu cendo rvttm ptfSa/itit 7t **T ix x ix m t xulpats, adversis re bus suis invicem insultare atque insidiari (insultar ed insidiare vicendevolmente alle sue sciagure ) , non trovandosi nel greco cotesto avvicendamento d insulti e d insidie. II vero significato di questa sentenza emerge, se non vo errato, da una piccola tra sposizione: Svnatf*P*/rn> I t l t xa/ptit x tif *XXX*t , insul tare insieme (re , co Romani ) alle sue sciagure , facendosi male reciprocamente. (6?) Dopo questo principio. O \ tirr i ritti abbia scritto Polibio, o r v r r ir tttt, conforme ha il cod. Bavaro, amendue questi vo caboli significano incominciamento, origine , singolarmente il secondo in molli luoghi del Nostro. N v ha pertanto ragione di preferirlo collo Schweigh. nella supposizione eh esso valga famigliarit, conoscenza ; quasich avesse voluto dire Polibio , che dal momento in cui Nicandro contrasse questa famigliarit con Filippo egli fu amico della sua casa; ch famigliarit non si contrae con alcuno se non se per lungo conversare, e questa era la prima volta che Filippo tratt amichevolmente Nicandro. Laonde nulla provano gli esempli che cita lo Schweigh. da li bri xxvii, i 3 , e xxix, 8 , dove parlasi di antiche amicizie. (63) Corace. Monte altissimo, secoudo Livio (xxxvi, 3o ) , nella situazione qui indicata, donde nel salire precipitarono molte giumente dell esercito romano e non pochi uomini furono dan neggiati. Secondo Strabone ( x , pag. 45o ) desso il monte pi grande dell Etolia e confina coll Et , pel quale appunto avanti di giugner al Corace pass Manio Acilio (V. Liv., I. c. ). (64) Aperanzia. Pervenuto che fu il duce romano in Naupatto, il re Filippo mand a lui chiedendogli il permesso di riprendersi le citt macedoniche cb erausi unite ad Antioco. Gliele conce

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dtte Acilio ; sicch egli entr in Demetriade, poscia nella Do lopia ed io Aperanzia ed in alcune citt della Perrebia ( Liv., xxxvi. 33): paesi tutti della Tessaglia. (65) V ambasceria. Di questa non fa motto Livio il quale , conforme osserva lo Schweigh., le cose a Greci appartenenti non descrive con tanta accuratezza quanto lo storico greco. Riferi-> se egli solo ( xxxvi, 35 ) che Acilio and con T. Quinzio Flaminino al congresso degli Achei io Egio, dove trattossi, ma senza effetto, della restituzione de fuorusciti spartani. Conviene credere pertanto che, mentre i deputati romani erano congregati iu Egio, da Lacedemone si recasse a Roma cotesta legazione, ond esser in Grecia apportatrice degli ordini favorevoli del se nato intorno alle cose che chiedevano. (66) Gli stalichi. Erano questi da T. Quinzio stati imposti a Nabide, siccome bassi da (Livio ( xxxiv , 35 ) : Obsides darei (Nabis) quinque, quos imperatori romano placuisset; filium in his suum. La restituzione de quali, nota lo Schweigh., non po tevano gli Spartani domandare n al congresso degli Achei, n a T. Flaminino ; dappoich spettava essa al senato. (67) E le terre , cio quelle della costa marittima di Sparta, che T. Quinzio in un colle castella di quella spiaggia avea con segnate agli Achei (Liv., xxxvu, 3o ). Queste, dopo l uccisione di Nabide, non furono restituite a Lacedemoni, comech gli Achei li ricevessero nella loro lega. (68) Da lui. Bene mut l Orsini il wap iv i Ut de MSS. in wf iv 7 f, e fu giudiziosamente seguito dalle edizioni posteriori, essendo questo pronome relativo a ' a-uy*A7 f , il -senato ; n comprendo che cosa inducesse lo Schweigh. a ristabilire la scrit tura Volgata, non altrimenti che se il senato rimessi avesse gli ambasciadori spartani ad altri legati dagli stessi Spartani in Egio mandati. (69) Esuli antichi. Questi abitavano,secondoch racconta Livio (xxxvm, 3o seg.), nelle terre tolte a Nabide, con grave dispia cere de Lacedemoni, a quali levavano la comunicazione cu) ma

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re i ed erano tra di loro molti, a detta di Livio (xxxiv, 37), che da lunghi anni vi dimoravano, dacch Lacedemone occupata era da tiranni, e quindi con ragione chiamavansi if^ t i i a t , antichi Ora quantunque Acilio e T. Quinzio proponessero nella congregazione degli Achei di ricondurli in patria-, non fu ci eseguito se non se due anni appresso per opera di Filopemene ( Liv., xxxviii, 3i ). La restituzione degli esuli non compresa nelle inchieste fatte dall ambasciata spartana al senato; ma io: sarei inclinalo a collocarvela, aggiugnendo al testo 7Si poyuftii dopo 7Si if i if ut . Lo Schweigh. crede che non la si riscontrinei Nostro, perciocch era contenuta nella quistione delle terre io cui gli esuli, postivi dagli Achei, esercitavano delle ostilit' contro la patria. (70) Per esporre ec. Secondo Livio (xxxvi, 35) eran essi ve nuti per congratularsi della vittoria e per chiedere al senato il permesso di sacrificar in Campidoglio, e collocare un dono doro' Del tempio di Giove. pi probabile pertanto che l oggettoreale dell ambasciata sia stato ci che ne narra il Nostro,- seb bene l apparenza fosse quella eh espone lo storico romano. Troppo importava a Filippo d essere assolto da tributi, e sovrattutlo di ricuperare il figlio per non metter in quella occasione sotto gli occhi al senato i suoi meriti nella guerra test cos fe licemente finita. (71) Armeno. Osserva lo Schweigh. che ' Affili presso il Nostro il genitivo di Afpttixt. Armenes il chiama Livio, e riferisce (xxxiv, Si) che Quinzio il trasse in trionfo insieme con Demetrio figlio di Filippo.

FINE DELLE ANNOTAZIONI AGLI AVANZI DSL LI URO VIGESIMO.

DELLE STORIE
D I PO LIB IO DA M EG A LO PO LI

AVANZI DEL LIBRO VIGESIMOPRIMO

I. A.P!>fci*A fa annunciata a Roma (i) la vittoria na Ambasc. v a ie , che bafidironsi primieramente al popolo (a) nove 16 giorni di ferie, nelle quali tutti dimettono i lav o ri, e Olimpsacrificano agH* D ei in ringraziamento de prosperi sue* c e s s i.P o f e c ia ( 3) f a r o n o condotti innanzi -al senato 564 ( 4) gli ambasciadori mandati d ag liE to li o da Manio. Poich d Jtm m d tie Te p arti si fecero molte parole^ parve al senato di proporre agli Etoli due sentenze: o dessero a lai 1 arbitrio d ogni lor c o s a , o pagassero incontanente mille talen ti, e loro nemici ed amici re potassero quelli de Romani. M a chiedendo gli Etoli che spiegasse chiaram ente di quali cose avessero a dar gli l arbitrio , non ammise il senato distinzione. Il per ch rimase fra di loro la guerra.

II. Allorquando (5) Anfissa era assediata da Manio Amba supremo duce de R o m an i, (6) il popolo d Atene, sen 17
POLIBIO , tom . r i . 1a

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4 . di R. tila la miseria degli Anfissi, e l arrivo di Publio Sci-

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p io n e, sped u 1 ambasceria con Echedem o, incarican dola di salutare Lucio e P u b lio , ed insieme di tentar un accordo cogli Etoli. I quali arrivati Publio (7) ac colse lietamente e fece loro cortesia, scorgendo che utili gli sarebbono pe disegni che avea in animo. Im perciocch voleva egli ridurre a buoni termini gli affari degli Etoli ; e se noi ascoltassero era sua determinazione di lasciarli al tu tto , e di passare in Asia, sapendo bene che il fine della guerra e di tutta l impresa non era il soggiogare la nazione degli E to li, ma l impossessarsi dell Asia, vinto che fosse Antioco. Q uindi come prima gli Ateniesi ram m entarono la p a c e , egli benignamente ascoltolli, e confortolli a ten tar egualmente lanimo de* gli Etoli. Echedemo e gli altri eh erano se c o , mandati alcuni in n a n z i, ed incamminatisi poscia eglino stessi p er Ipata , ragionarono di p^ce co supremi m agistrati. degli Etoli. Questi acconsentirono prontam ente , ed elessero alcuni che trattassero co Romani. I quali come vennero a P u b lio , il trovarono accampato (8) sessanta ' stadii distante da A nfissa, e fecero lunga diceria, ram m entando i loro meriti verso de Romani. (9) Ma essen dosi Publio gi prima molto benignamente con essi interten u to , e prodotte avendo le sue gesta in Ispagn ed in Africa, ed esposto in qual guisa egli trattava i popoli di que luoghi cbe in lui confidavano!, ed opinato finalmente dover essi pure rimettersi alla sua fede \ dapprincipio tutti quelli eh erano presenti concepirono buone speranze che ben tosto si darebbe compimento alla pace. Ma p o ich , avendo gli Etoli dim andato a

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qua patti questa dovea fa rsi, Lucio espose, che di due A. di R condizioni aveano la scelta: o di arrendere ogni lor cosa **64 a discrezione, o di pagare subito mille tale n ti, e di avere gli stessi nemici ed amici che avean i Romani ; gli Etoli presenti gravemente se ne adontarono, peri ciocch (io) la dichiarazione nou corrispondeva alla parlata di prima. Se non che dissero che avrebbono rU ferite a suoi le ricevute comandamenta. III. Costoro adunque ritornarono per consultare circa le cose anzidette , ed Echedmo , recatosi dagli e le tti, ne tenne con essi discorso. L uno de partiti impossibi.l era d eseguirsi pella moltitudine de danari ; 1 altro li spaventava, perciocch erano stali gi prima ingannati, allorquando acconsentendo di rimettersi allarbitrio de Romani per poco non furono messi in catene. 11 per* ch imbarazzati e non sapeudo che fa rsi, mandarono di bel nuovo gli stessi a p re g a re , o di scemar la som ma de d a n a ri, affinch potessero pagare, (i i) o di ec cettuare dall arbitrio gli uomini cittadini e le donne. Questi furon a Publio , e gli esposero cotal risoluzione. Ma dicendo Lucio che alle condizioni test enunciate egli avea facolt dal senato : se ne ritornaron costoro un altra volta. E ch ed em o , accompagnatili in I p a t a , consigli agli E to li, dappoich al presente era loro im pedito di conseguir la p a c e , chiedessero tregua, e pro cacciatasi una dilazione de mali che li m inacciavano, mandassero ambasciatori al senato: che (12) al certo ot* terrebbono ci che dimandavano; diversamente ( i 3) stes sero alla vedetta di qualche o p p o rtu n it, sendoch i loro affari a peggiore stato non potrebbon esser ridotti,

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4. d R- sibbene a migliore p er molte cause. Sembrando agli 5 6 /f Etoli che Echedemo parlasse b e n e , risolverono di man
dare unambasciata pella tregua. Venuti a Lucio il sup plicarono concedesse loro al presente una tregua di sei m esi, affinch potessero far un ambasceria al senato. Publio p e rta n to , da lungo tempo intento all impresa dell Asia , persuase al fratello di acconsentire a cotal inchiesta. Scritti adunque gli a c c o rd i, Manio , sciolto lassedio , consegn a Lucio tutto l'esercito e gli appa rati , e tosto se ne and co tribuni a Roma. IV. ( 14 ) I F o c e e si, parte aggravati ( i 5) dalle stanze d e' Romani rimasi colle nav i, parte male sopportando (16) le imposizioni, si ribellarono. (S n id a ).
Ambasc.

Circa quel tempo ( 1 7 ) ! magistrati de Foceesi, te-e m end il fermento della moltitudine per cagione della penuria di g ra n o , e p er la gara degli Antiochisti, spe dirono ambasciadori a (18) Seleuco, ch era a1 confini del loro territorio ; pregandolo di non avvicinarsi alla c i t t , dappoich aveansi proposto di star cheti e di aspettare 1 esito della g u e rra , poscia ubbidirebbono a ci che loro sarebbe imposto. (19) Erano fra i legati ad detti alla fazione di Seleuco A ristarco, Casandro e Rodone : contrarii a lui e propensi a Romani Egia e Gelia. Furono costoro a Seleuco, il quale tosto si ac cost ad Aristarco ed agli altri del suo p a rtito , e tras cur Egia ed i suoi seguaci. Ma udito il fermeuto della - moltitudine, e la scarsezza del grano, senza dar udien*

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za , ed intertenersi con quelli eh erano v en u ti, (ao) A. di A 564 si spinse verso la citt. V. Il portafuoco, di cui valevas (a i) Pausistrato na varco de R odii, era (22) un recipiente. Da amendue le parti della prora due ncore giacevan insieme presso linterna superficie delle pareti navali, nelle quali erano congegnate pertiche che colle punte estendevansi nel mare. Sulla cima di queste era attaccato ad una catena di ferro il recipiente pieno di fuoco ; per modo che (a 3) negli assalti di fronte e di fianco lanciavasi il fuoco nella nave nemica, ma dalla propria era molto distante per causa dellinclinazione. (S u id a). (24) Panfilida, navarco de Rodii, sembrava a tutte le Esir, opportunit pi acconcio di Pausistrato ; perciocch Vales, avea (a 5) ingegno pi profondo, ed era pi costante che audace. Conciossiach molti (26) uomini dabbene uon facciano giudizio dalla ragione che conduce ad operare, m a dagli eventi. Cos questi avendo test prescelto Pausistrato, appunto perch era attivo ed audace, caddero tosto nella sentenza contraria (27) pella sciagura sof ferta.

VI. F rattan to vennero in Samo lettere a (28) Lucio Ambasc. Emilio e ad Eum ene dal console L u c io , e da Publio *9 S cip io ne, in cui esponevasi il trattato di tregua eh erasi concluso cogli E t o l i , e la partenza delle forze di terra verso 1 Ellesponto. L a stessa cosa fu annunziata ad Antioco ed a Seleuco {29) dagli Etoli.

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VII. l a G re cia, giunta essendo agli Achei un amba sceria da parte del re Eumene per chiedere alleanza, il Ambasc. popolo acheo raccolto a parlamento ferm olla, e sped 20 (3o) gente armata*, mille fanti e cento cavalli, capita nati da (3 i) Diofane megalopolitano.
4 . i R.

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Estr.

Faes.

Diofane megalopolitano avea gran pratica nelle fac cende guerresche, perciocch nella lunga guerra con Nabide in su confini di Megalopoli, essendo stato sem pre sotto gli ordini di Filopemene , ebb egli il vero uso delle cose militari. Oltre a questo d aspetto e di vigore del corpo era l anzidetto imponente e formidabile ; ma ci eh principale, era egli valoroso guerriero, ed egregiamente adoperava le armi. ' V ili. Il re Antioco invase (3a) il territorio di P er gam o, ma sentito ( 33) l arrivo d E um ene, e veggendo che non solo le forze navali, ma (34) le terrestri ezian dio gli venivan addosso, divis di trattare la pace co R o m an i, ed insieme con Eumene e co Rodii. Levatosi adunque con tutto 1 esercito venne in E le a , ed occu p ata certa altura di rincontro alla citt, vi colloc la fan teria, ed i cavalli, eh erano pi di seimila, attel presso alla citt stessa. Egli, messosi fra am endue, mand in citt (35) a Lucio per la pace. Il capitano de Rom ani, convocati i Rodii ed E um ene, pregolli di dire ci che loro pareva circa il presente affare. (36) Eudemo pertanto e Panfilida non erano alieni dalla pace; ma il re disse, non esser la pace per ora n d ecorosa, n possibile. Im perciocch, disse, come potr essa

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avere un esito deco roso, se la facciamo dentro alle A. di R. mura ? Anzi non vha modo alcuno di farla al presente. 64 Imperciocch co m e, non aspettando il console, potr senza il suo assenso esser confermata la convenzione ? Oltre a ci, ove vavesse qualche (3^) indizio d accordo con Antioco, possibile non sarebbe di ricondurre a casa, n le forze navali, n le terrestri, se prima il popolo ed il settato non ratifichino la nostra risoluzione. Re sta , che aspettando la loro sentenza, noi qui sver niamo e non facciam n u lla , ma consumiamo le vetto vaglie e gli apparecchi nostri e degli alleati ; poscia ^ ove non piaccia (38) a quelli che ne hanno il potere di ratificar la pace, rinnoviamo dapprincipio la guerra, lasciandoci sfuggire la presente occasione, nella q u ale, volendo gl Id d ii, possiamo al tutto finirla. Cos parl Eumene. L u c io , approvato il suo consiglio, rispose ad A n tio co , che innanzi all arrivo ( 3g) del console non poteasi far la pace. A ntioco, udito c i , guast incon tanente il territorio degli Eleiti } in appresso rimase Seleuco in questi luoghi j ed Antioco marciando senza in terruzione, invase il cos detto campo di Tebe ; ed abbattutosi ad una campagna fertile e ridondante di b e n i, riempi 1 esercito d ogni sorta di prede.

IX. Il re Antioco, giunto in Sardi (4o) dall anzi- Amba detta spedizione, mand tostamente a Prusia invitati22 dolo di stringere seco societ. Prusia ne tempi ad dietro non era alieno dall accomunarsi con Antioco \ perciocch forte temeva , non i Romani passassero in Asia per disfare tutte le signorie. Ma poich gli fu re-

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A. di R. cala una lettera da fratelli Lucio e Publio, ed egli la

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prese e (40 lesse t u t ta , (4a) ebbe 1 animo alquanto confortato, e concep un ragionevole presentimento dell avvenire ; valendosi Publio nel suo scritto di molti e chiari argomenti per procacciarsi fede. Conciossiach adducesse difese, non solo della propria intenzione, ma eziandio di quella di tutti i Romani; i quali dimo strava, come, non che tolto avessero ad alcuno degli antichi re il suo dominio, aveano per giunta creati nuovi signori, altri aggranditi, ed in molte parti ampliato il loro impero. Di che recavansi.in mezzo (43 ) gli esempli d Indibile e Colicante in Ispagna , di Massanissa ia Africa, di Pleuralo in llliria ; i quali tutti di signorotti comuni e di poco conto aveano fatti re da tutti rico nosciuti. Lo stesso dicevano in Grecia avere sperimen tato Filippo e Nabide : F ilip p o , cui vinto in guerra , e ridotto a dare statichi e trib u ti, per una picciola dimo strazione di benevolenza fatta loro adesso, restituirono il figliuolo, ed insieme i giovani eh erano seco lui ia ostaggio , assolsero da1 trib u ti, e rendettero molte citt cbe gli furono prese in guerra. Nabide che , potendolo al tutto sterminare , risparmiarono , bench fosse tiran n o , ricevuti i consueti pegni di fede. Alte quali cose ri guardando , confortavano Prusia con quella lettera, non temesse pel suo dom inio , ed abbracciasse con fiducia il partito de Romani : che non sarebbe per pentirsi di colai risoluzione. P ru sia , ci u d ito , mut sentenza, e come fu a lui Gaio Livio con altri ambasciadori, abban don affatto la causa d Antioco, poich s ebbe, con quelli abboccalo. Antioco decaduto da siffatta speranza,

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and in E fe so , ed argom entando, che solo ove si as- A. di Jt sic u ra sse della potest, del mare impedir potrebbe il tra- ^64 gitto < 3elle forze terrestri del nem ico , e respinger al tutto la guerra dall Asia , si propose di cimentarsi ad uua battaglia navale, e di decidere gli affari per mezzo di marittimi combattimenti.

X. Antioco, dopo ( 44 ) la sconfitta navale , ( 45) per- Amia deado il tempo in Sardi, ed andando a rilente in ogni cosa , come sent il passaggio de nemici, abbattuto da nimo e disperato, risolvette di m ancar ambasciadori agli Scipioni pella pace. Eletto a ci Eraclide da Bixanzio, spedillo, dandogli queste incumbenze : offerisse di ceder Lampsaco, Smirna ed (46) Alessandria, (47) don de la guerra avea avuto principio ; egualmente tutte le citt dell Eolide e dell Ionia , che con essi parteggia rono nella presente g u e rra , se le volessero prendere. Oltre a ci proponesse di dare la met dello spendio fatto nella guerra contro di lui. Questi ordini adunque ebbe l inviato da esporre in pubblico ; ma altri n ebbe per Publio (48) in p riv ato , che indicati saranno 1da noi in appresso partitamente. Giunto nell Ellesponto 1 an zidetto am basciadore, e trovati i Romani ancora nella medesima stazione jlov eransi attendati dapprima sul passo; dapprincipio fu lie to , stimando che molto gio verebbe al suo intento il rimanere denemici nello stesso luogo , ed il non muoversi ad ulteriori imprese. Ma sentito , che Publio era ancora sulla costa di l, n ebbe dispiacere, dipendendo lesito degli affari massimamente dalla sua voloiit. Cagione del rimanere l esercito nel-

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A. di E. laccampamento di p rim a, e dellessersi separato Pu-

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blio da soldati, si fa la dignit saa di Salio. Sono (4g) S a lii, (5 o) conforme dicemmo nel T rattato del go verno de R om ani, uno de (5 i) tre collegi, per mezzo de quali si eseguiscono in Roma i pi solenni sagrificii, ed in qualsivoglia luogo trovinsi cotesti S a lii, (5 a) non passan oltre per trenta giorni, finch durano le cerimonie. Ci avvenne allora a Publio ; perciocch accignedosi l esercito a passare Io sorprese questa epo* c a , per modo che non pot cangiare di sito. Laonde dovette Scipione staccarsi dall esercito, e rim aner iti E u ro p a , e le forze tragittate restar dov e ra n o , senza poter continuare le operazioni j aspettando lanzidetto. XI. E ra clid e, giunto che fu Publio dopo alcuni gior ni , chiamato a colloquio nel consiglio, espose le incumbenze ricevute; dicendo che Antioco sgombrerebbe (53) Lampsaco , Smirna ed Alessandria, non meno che tu tte le citt dell Eolide e dellio n ia, che aveano par teggiato co Romani : oltre a ci sassumerebbe la met della spesa fatta nella presente g u e rra , e molte altre cose aggiunse in questo sen so , esortando i Romani a non cimentar troppo la fortuna, dappoich eran uomi n i, n ad estender in infinito la loro potenza, ma a circoscriverla tutto al pi sino a confini dell Europa : ch cos pure sarebbe grande e marayigliosa, non es sendovi giunto alcuno innanzi a loro. Che se assoluta mente (54 ) appropriarsi volessero una parte dell Asia ancora, la limitassero : giacchi il re sarebbe per calare a tutto ci chera possibile. F atto questo discorso parve al consiglio che il capitano rispondesse, come non

187

mezza , ma tutta la spesa giusto era che sborsasse An- A. di A tio c o , dappoich la guerra nata era dapprincipio, nou 564 p er colpa di lo ro , ma di lui. Q uanto alle citt, dovesse egli non solo liberare quelle dell Eolide e dell Ionia , in a abbandonare tu tta la signoria di qua del Tauro. L ambasciadore p e rta n to , udite queste cose dal consi glio, perciocch le richieste sorpassavano di gran lunga le sue instruzioni, non disse n u lla, e si astenne dal venir a pubblico colloquio ; sibbene coltivava Publio con molto fervore. X II. E preso il tempo op p o rtu n o , parl intorno alle incumbenze che per lui avea. Erano queste : primiera m ente , che il re gli renderebbe il figlio senza riscatto ( 55) (perciocch avvenne, che nel principio della guerra il figlio di Scipione fosse fatto prigioniero dalla gente d A n tio co); in secondo luogo disse, esser il re ora pronto a dargli quanta moneta egli avrebbe in d icata, e ad accomunare poscia con lui le entrate del re g n o , ove cooperasse alla pace dal re offerta. Publio rispose, (56) che accettava la promessa (5 j) circa il figliuolo, e gliene saprebbe il maggior grado ove attenesse la paro la. Ma in ci che spetta alle altre c o s e , disse andar lui e r ra to , ed al tutto deviare dal proprio vantaggio, non solo nel privato colloquio che seco te n e v a , ma eziandio in quello eh ebbe col consiglio. Imperciocch se fatte avesse queste proposte allorquando era padrone di Lisimachia e dell ingresso del Ghersoneso, avrebbe (58) di leggieri conseguito lintento. Del p a r i, se sgom berati questi luoghi venuto fosse all Ellesponto con un esercito, e mostrando d impedirci il tragitto ci avesse

i88
4.

di R. fatta quest ambasciata , avrebb egli cos ancora otte564 nuto quanto avea chiesto. Ma poich avendo laseiate
passar in Asia le nostre forze, e ricevuto non solo il freno, ma eziandio (59) il cavalcatore, ci manda unam basceria per domandare la pace (60) con parit di con* dizioni, (61) giusto che non la o tten g a, e resti deIuso nelle sue speranze. Il perch lo ammoniva di con* sigliarsi meglio ne suoi affari, e di considerare la vera situazione delle cose. In iscambio della promessa circa il figliuolo, impegnavasi di dargli un consiglio degno dell offertagli grazia : Io esortava cio a condiscender a t u t t o , ed a non combattere co Romani in modo al* cuno. Eraclide , udito c i , se ne ritorn , e rifer ogni cosa al re partitamente. Antioco, stimando che non gli potrebbon esser imposte condizioni pi gravi se fosse stato (62) vinto in battaglia, si rimase dal pensar alla p a c e , e procacciossi da ogni lato quanto era necessario a pugnare.

Ambasc.

24

X III. Dopo la vittoria che i Romani riportarono so* p r A ntioco, (63 ) ricevute ancora Sardi e le castella , venne (64 ) Museo mandato da Antioco per banditore. Il q u a le , accolto da Publio amorevolmente, disse , (65 ) aver il re in animo d inviar ambasciadori per trat* tare della somma degli affari. Quindi chiedea fosse dato salvocondotto a quelli che arriverebbono. Essendo ci stato concesso, colui se ne ritorn. Dopo alcuni gio rni vennero ambasciadori dal re A ntioco, Z e u s i, stato in addietro satrapa della L id ia , ed A n tip atro , figlio di suo fratello. Questi attesero a ritrovarsi pria col re

i8p
Eum ene^ tem en d o , non per cagione della passata ini micizia fosse pi bramoso d offenderli. Ma scorgendolo contra la loro aspettazione moderato e d o lc e , adoperaronsi tosto per ottenere udienza. Chiamati adunque nel consiglio, si diffusero in molti e varii discorsi, esortando i Romani a dimostrarsi clementi e magnanimi nella vittoria^ essendo, diceano , ci p er giovare, non tanto ad Antioco , che a Romani m edesim i, (66) posciach la fortuna avea loro dato il dominio e la si gnoria della tetra. Del re s to , continuarono, esser loro principale scopo linformarsi, che cosa dovean fare per conseguire la pace e l amicizia de Romani. I membri del consiglio, che in una sessione anteriore aveano gi intorno a queste cose deliberato, ordinarono a Publio d esporre quanto fu da loro decretato. XIV. Questi disse: I Romani, n quando han vinto (67) sono assai gravi a n em ici, (68) n quando furon vinti si avvilirono. Il perch ora pure avrebbono la stessa risp osta, che ricevettero p r i a , quando innanzi alla battaglia erano venuti all Ellesponto. Dovessero cio uscir d? Europa , e di tutta V Asia di qua del Tauro f oltre a ci dare a Romani (69) quindicimila talenti euboici pelle spese della guerra , de quali cin quecento subito , e due mila cinquecento poich il po
di A

564

polo avrebbe confermata la pace ; i rimanenti in do* dici anni , dando ciaschedun anno mille talenti; resti tuir ad Eumene i quattrocento talenti che gli doveano, ed il frumento restante secondo la convenzione fatta poi padre ; consegnar insieme Annibaie cartaginese ; Setolo (70) Toante , l'acarnane (71) Mnasiloeo , e

190 d. di R. Filone ed Eubulide (7) calcidesi . In pegno di ci 564 desse Antioco immantinente venti statichi , che sareb-

bono assegnati. Queste cose pronunci Publio a nome di


tutto il consiglio. Avendo Antipatro e Zeusi acconsentito glie condizioni, parve a tutti che si spedissero amba sciadori a Roma per eccitare il senato ed il popolo a ra tificare la convenzione. Cos allora separaronsi. I giorni appresso i Romani mandarono lesercito (j) aquartieri. Dopo alcuni d venuti gli statichi in Efeso , tosto s ac cinsero Eumene e gli ambasciadori de Romani e quelli dAntioco a navigare verso Roma. Vi andarono pure ambascerie da R o d o , e da S m irn a , e quasi da tutte le nazioni e dagli stati di qua del Tauro.

F IN E D EG LI AVANZI D EL L IB B 0 VIGESIM OPRIMO.

SOMMARIO
AGLI AVANZI D E L LIBRO VIGESIM OPRIM O.

G u e r r a E t o l ic a .

v p p l c A z i o n i a Roma Ambasciadori degli Eloli ( I ) L. e P. Scipioni vengon in Grecia Gli Ateniesi intercedono pegli Etoli Ambasceria degli Etoli agli Scipioni Non f a frutto ( II) Gli Etoli consultano cogli ambasciadori ateniesi Ottengono tregua dagli Scipioni Manio Acilio lascia la provincia ( 111).

G uerra de R o m b it i

cor Arnoco.

Presidio de Romani in Focea Ambascera de Foceesi a Seleuco, figlio dAntioco ( IV ) Seleuco muove alla volta di Focea Barili di Pausistrato che caricavansi di fuoco Gli uomini giudicano dall esito, non secondo la ragione ( V ) Lucio Emilio, comandante della flotta ( V I) Diafane , duce degli aiuti achei ( V II) Antioco tratta la pace Emilio si consiglia co socii Orazione dEumene La pace rigettata ( V i l i ) Antioco sollecita Prusia Gli Scipioni scrivono a Prusia E gli mandano G. Livio ambasciadore 1 Romani tragittano lEllesponto ( IX) Proposiiioni pubbli/che d Antioco agli Scipioni 1 Romani alle stame presso V Ellesponto P. Scipione ascritto a l col fegio deSalii ( X ) Orazione deltambasciadore dAntioco r

192 Risposta del console ( X I) Propositioni private agli Scipioni Risposta di Publio La guerra continua ( X II) I Romani simpossessano di Sardi Ambasciadori dAntioco, Zeusi ed Antipatro Chieggono la pace ( X III) Condi zioni della pace Mandansi ambasciadori a Roma ( X IV ).

ANNOTAZIONI
a g l i A v a n z i d e l l i b r o v ig e s im o p rim o .

O s s e r v a

lo S che vei gh : c h e d e li bri post i t r a il vig es im o ed am b a s c e r i e , n da quelli delle v i r t e d e vizii

il vi ges im o sesto n e s s u n o n o m i n a t a m e n t e c i t a t o , e ch e n d a gli estratti delle ap p ar is ce da q u a lib ri pre si sieno gli est rat ti elle sp e t ta n o a q ue sta p a r t e della storia. Se n o n c h e nel cod . P e i r e sc ia n o d o p o l e st r a t t o c o m p r e s o nel cap. fine
7

leggesi : T t ? m r 7 ou * . libro della

xhynv ljt
S to ri a di

tfitov

tTToptxi ,

del vi g es im o

P o li b i o ; la o n d e ci cb e segue tolto d al lib. xx i.

H a fin do v e

ques to si estendesse, e d o v e in co m i n ci as se il lib. s s , e ci a s c h e d u n o d e susse gu ent i n o n p u cono sc er si. Q u i n d i , p e r d is tr ib u ir e in giusto o r d i n e gli avan zi di cotesti l i b r i e r i d u r r e o g n i cosa ed i t o r e segni la h a seg ui to p a r t e vi rt e d e intrin se ci degli ba tt a g l i a nella all a n n o in cui a v v e n n e , il s u r r i fe r i t o la serie degli stessi e s tra tt i d el le vi z i i , p a r t e i n o m i d e consoli , od

a m b a s c e r i e e delle alt ri

a r g o m e n t i , o quelli e h ' e m e r g o n o d al l o r d i n e tenu to da Livio. ( 1 ) La vittoria navale. E qui d An ti oc o e d il suo c o m a n d a n t e acceuaata P les se n id a q u a l e C. L i v i o , c o m a n d a n t e d e l l a r m a t a r o m a n a , v in se la flotta pr es s o C h i o , della qu ale d a v ed er si L iv i o alla fine de l x x x v i . Reiske.

(1 ) Nove giorni di fe r ie . Liv io


trattato 1 ' affare degli Etoli.

(xxxvii,

) dic e sol tan to , c h e


senato

d o p o gli alti di d e v o z i o n e (seaindnm religionem) fu nel

rp u u io , tom. ri.

i3

>94
(3)

Furono condotti. Non piacque al Reiske il w fanjyn


ud

(condussero) che richiede mancarvi

nominativo; quindi

c r e d e te g li

a ,m p Tei T/rat (T . Q u in z io ), come colui che, a

detta di Livio , prest assistenza agli ambasciadori etoli io quel l incontro. Ma opportunamente osserva lo Schweigh. che fami-; gliare al Nostro siffatto modo di d ire, e che sottinteudonsi i consoli, od in assenza di questi il pretore urbano, i quali aveano l incumbeqza o il diritto di farlo. (4)

Gli ambasciadori, ecc. da maravigliarsi coin dopo gli

inutili sforzi degli oratori etolici presso il loro popolo onde ot tenere l assenso alla pace co Romani ( V . il libro antecedente, cap. io verso la fine), si recassero essi tuttavia a Roma ed im-? plorassero la misericordia del senato. Ma ove si rifletta che cosi

9 Manio conte al successore di lui P. Scipione stava molto a


cuore di pacificare gli E to li, per non essere da loro impediti nella spedizione che meditavano contro Antioco in Asia; di leg gieri si comprender come l autore principale di siffatta amba sceria fosse Manio , il quale perci appunto , cred io , trovasi qui nominato, L iv io , non considerando questa circostanza , tace di Manio. (5 ) Anfista. Citt forte de Locri Q z o li, posseduta allora da gli E to li, siccome Naupatto, eh era l altro luogo principale di quella provincia

; marittimo il secondo, mediterraneo il primo,

y . Strab an e, P lin io , Tolomeo. Di questo assedio prla diffusamente L ivio (z x x v u , 5 e seg.). (6)

11 popolo d Atene. Nemico implacabile della casa di Ma

cedonia sino da tempi di Filippo d Aminta ebe ayealo soggio gato , favoriva esso lutti i G reci che coi Macedoni guerreggia vano. La qual cosa conoscendo gli E to ji, come giunse loro la addosso un esercito , nuova della sconfitta d Antioco in A s ia , e che i R om ani, non accordando a s la p ace, mandavan loro ricorsero alla intercessione degli Ateniesi (xxii , 8). E gi eraosi questi adoperati in pacificare gli Etoli con Filippo nel primo passaggio phe i Ronfani fecero in Qrecia (Liv., x x v n ,

)i

finch ) riflette lo storico romano, Filippo non ti mescolasse ne gli affari della Grecia e minacciasse la sua libert. Quindi fu che Perseo, ia vita lo avendo i re dell Asia e le citt della G recia ad uairsi con lui contro i R om an i, onor d ambascerie i R o d ii, i Bizantini ed i Beozii, ma degli Ateniesi non leone maggior conto che degli altri stati gre^i cui mand semplici lettere (Polib., x x v n ,

195

5 ; x z x i x , 3 i Liv.,

x l ii,

46 ) - Del resto usavano gli A te

niesi molta prudenza ed ufficiosit verso i R o m a n i, i quali be nevoli in parecchie occasioni loro si dimostrarono, singolarmente nellaccordare ad essi il possesso delle isole di Deio e di Lenno, riferito dal Nostro a l lib. (7)
x x x ii

, 1.8.

Accolte . 'A ir tifiltiftittf da leggersi col cod. dellOrsini,


B avaro , scrisse

e cosi hanno le edizioui meuo quella dello Schweig. il quale, seguendo il cod. gnifica

, da lui stesso
si

poscia disapprovato, perciocch riconobbe che

accorre in ospitalit (hospilio excipere), anzich far sem

plicemente altrui buona cera. (8) Sessanta sladii, eguali a sette miglia e mezzo. Lo Schweigh. tradusse : odo ferm e patsuum milita, e secondo Livio non erano essi cbe seimila. Notisi la preposizione 1 (i,n), ch quanto .en tro , non oltre ( a sessanta stadii ) , usata altre volte dal Nostro nella determinazione degli spazj di distanza e destensione. (V. iv, 4 o ; i x , 8 ). (9)

Ma essendosi, ecc. Narra Livio (x x x v ti, 7 ) che gli am

basciadori ateniesi aveano prima parlato ia favore degli Etoli con Publio Scip ione, dal quale ebbero una risposta clemente. Quindi osserva con ragione lo Schweigh. che non dpvea tentarsi il volgalo

v fc liftt, sostituendovi wpcttltptt (pi mite), siccome

fece il G ron ovio, n , conforme piacque al R e isk e , lasciandolo in ta tto , porre Lucio in luogo di Publio; alla quale proposizione pare che questo ili. Commentatore indotto fosse dallerronea tra duzione del Casaub. : Quum Pablius benignius adhufi et humanius qoAtt a tea eos excepisset, quasich due volte avesse Pu blio parlato oon essi. .

i cj6
(io)

La dichiarazione, ecc. Eppure areali ~g ii Publio incoi

raggiati a rimettersi nella sua fede; che tal era il discorso d prima qui accennato. Se non che riusc loro nuova 1 alternativa delle due proposizioni, e dalla gravezza, anzi impossibil esecu zione della prima arguvan il pericolo d accondiscender all altra. (n )

O di eccettuare, ecc., eh fe quanto dire: disponessero

della roba , ma non delle persone libere, le quali, ove concessa lor avessero sovra tutto facolt illimitata, poteano trarre in isebiayit. Livio ( x x x v n , 7 ) non rammenta le dtfnne, led: il Nostra le distingue da cittadini forse pella ragione , che non eran atte siccome questi al governo della repubblica. - Del resto avea presso i Greci la denominazione di pi ristretta che quella di

wtXtliKot una ' estensione cittadino presso i popoli tnoderbi, c

n erano esclusi tutti coloro ch esercitavano arti non liberali,-

fitairei. ( V . il Nostro, x , 16 , e col la nota 129). (12) A l certo. Kx) f i n era qiii stato renduto dal Casaub. pet fortasse enini, e cos il testo non riusciva difettoso, siccome parve all Orsini, il quale considerando il solo i , se , chentra
e che comprendevansi sotto la qualificazione di in siffatta abbreviatura, stim doversi chiudere il senso con conforme credette

**\m t tg<F (se ottenessero. - Starebbe bene); n sarebbe ne


cessario di supporre la p ro p o sto n e elittica , lo Schweigh. - Starebbe mai

x > in luogo di ac< S i, che se condo Eschio hanno lo stesso v a lo re , e sarebbe dopo il ftit omesso un altro xx, donde risulterebbe *<t< f t i t ifj xx), mo do di dire che riscontrasi in Senofonte ( Cyrop., vm , 4? 8 ) per
certamente ? (1 3) Stessero

canolo

alla vedetta. 'Ho arrischiata questa frase , tradu V ((ptSftvm che mi sembrato assai espressivo; dappoi

ch non minor attenzione e scaltrzza richiedesi per afferrare qualsivoglia favorevol occasione e trarne profitto d i quella cha addimauda la buona riuscita di un insidia per il compimento d uno stratagemma militare. ' ( 4) 1

Foceesi. Chs questo frammento serbatoci da Suida ap-

l 91
partenga a Polibio ne fa fede L iv i o , che lo rapporta pi princi pio del c. 9 , 1. xxxvii. . (1 5) Dalle stanze. Il participio

iwirhtBpiivtptm i stato daii hospitio recipere juss.

oom m etitatoridi Suida male interpretato , e. neppur Enrico Ste r p o ne colse bene il senso voltandolo propoDe Lo Schweigh, , cbe nella traduzione segue Stefano, nelle note

SCativis gravati. Pi precisamente Livio: Gravia bibskka navium erant. A questo storico ci siamo attenuti, usando il vo cabolo stam e, cbe in senso di quartieri dinvernp trovasi presso
il Davanzatii (16) (17)

Le imposizioni. Erano queste, secondo L ivio , cinquecento I magistrati. Q uesti, a detta di L iv io , e gli ottimati te

toghe e cinquecento sottane ( tunica ). nevano cp Rom ani; laddove la moltitudine dava pi ascolto alle suggestioni de partigiani d Antioco. Finattantoch stanziava col la (lotta de R o m an i, la fazione a questi avversa nulla movea. Ma come prima la fame li costrinse ad andarsene insieme collai guernigione, e ad approdare in Cana, altro porto pi seltenlrionaie dell E o lid e , donde aveano pi facili le comunicazioni eoa Eumene re. di Pergamo loro alleato, gli Antiochisti alzaron il capo e tentarono novit. (18)

Seleuco figlio d Antioco, che il padre, secondo che ri

ferisce L iv io , avea lasciato con un esercito nell Eolide per te nere a freno le citt marittime. (19) Erano f r a i legali. L ivio omette nn che i nomi di que sti ambasciadori la fazione ci appartenevano, T ambasceria stessa e tutto ci che segue nel Nostro. {io) Si spinse. In tal occasione non a dubitarsi che Seleuco non

S impossessasse di F tcea, la quale veggiamo poscia in L i

vio ( x x x v n , 5 s ) espugnata da Romani; sebbene in questo sto rico nulla rinviensi circa la sua occupazione fatta dalle forze del re di Siria. ( 3 1 ) Pausistrato. Costui PaUsimaco chiamalo da Appiano (Syriac. , a 3 , 3 4 )* In Polieno (Slratagem . , v , 4 7 ) trovasi un Nausistrato navarco de Rodii ; ma non ' certo eh egli fosse-

quello del Nostro, conforme tiene lo Schweigh.; dappoich narra cotesto autore un ritrovamento di lui diverso da quello che ri ferisce Polibio. (22) Un recipiente. V arii significai del vocabolo stofane

198

itnpttt th

qui riscontrasi espsti sono d i Esichio e dillo Scoliaste d 'A r i*

(Equit h i , 0, v. 1 1 49 ) Udo d essi, addotto dallo S co li w vfQ lftt , crto ingegno fa tto coh arte per portar fuoco; ma siccome da quqsta descrizine non risulta la forma di
liaste, sembra tolto dal Nostro, e cos suona: cotal vaso, cos ho creduto di dargli un nome generale espri mente solo la sua attitdine a portar le materie contenutevi. II

trulla di L iv io , trasferito nelle traduzioni latine, deriva secondo c ., lib. 4 ) dal greco Ifvi'Atn , d i specie di bic- cbiere (cos credo dee leggersi, non gi Ipvfixfo, catino, piat to , siccome ba il F o rcellin i, n 7 , mestola, secondoch
Varrone ( l. piace allo Scaligero, rassomigliando il primo di questi vocaboli pi i latino ). Infatti il Forcellini alla voce

trulla adduce molti

esempli dond manifesto che il suo senso principale vaso da bere ; sicch io mi persuado che il vaso del quale trattasi in que sto luogo avea la forma di tazza o di boccale. TloptQp* yytl ttiip i* , vasi di ferro portanti fuoco, li chiama Appiano (1. c.). (a 3) Negli assalti di fronte ec. Uapt Ts wa/iftfitXtt. L o Schweigh. amerebbe che si leggesse significando 111). comunemente presso il Nostro

uxftftfitX un accampamento, o

lo schieramento delle file per inierposizione ( x , 2 1, nota stengo che ix

Consultisi pertanto la nota 1 1 , al lib. x v , dove coll Ernesti so nelle terrestri, cio

zrapm/teX f pelle battaglie navali q u a n to !* wmdi fronte , in ischitra , il quale

modo di dire non pn applicarti se non se agli attacchi (alti d tutta la fro n te, non gi all impeto delle singole n a v i, meglio espresso dell

tftfitXh che qui leggesi.

(24) Panfilida. Ucciso Pausistralo in uno scontro navale col1 armata d Anliocp comandata da Polissnida, i Rodii gli sosti tuirono Eudauio, capitauo meno valoroso del prim o, ina pi

cauto (L iv ., x x x m , n , 12 ). Tuttavia aggiunsero a lui in ap presso Panfilida, il quale, a giudicare dal quadro che ue fa il N ostro, era di migliori qualit militari fornito che non Eudamo. (a5 ) Ingegno pik profondo. 7j f l i r t i , piti pro fondo di natura , d indole. Qui Qirtc per talento, o dir vo gliamo disposizione innata nell animo che rende l uomo atto a certo studio o professione. L* attributo di profondit equivale a sodezza e perseveranza nelle imprese , e tali qualit erano in Pan filida. (26)

J99

Uomini dabbene. Sembrando forse assordo al traduttore * plerique. Ma siccome iytt& ct pr uomo di buon bonus vir de Latini ; cosi non ho stimato di

latin o , che uomini buoni e di conto giudichino del valore altrui dagli eventi( ha egli omesso 1 <iy<tS-o del testo ed rendette per

cuore e di semplici costum i, anzich di mente svegliata, non altrimenti che il (27) sorpassarlo, dandogli il conveniente significato.

Pella sciagura, cio pella rotta e morte di Pausistrato ,

cagionata dall audacia con cui affronti un armata nemica molto alla sua. superiore ( L iv ., 1. c. ). (28)

Lucio E m ilio, di cognome Regillo. Questi, che Polibio

distingue qui col solo pronome di L ucio, era pretore e stanziava in Samo coll* armata che gli fu col consegnata da C . Livio. Nella stessa isola venne ad incontrarlo il re Eumene (Liv., x xx v n , 14 ) , presso il quale nulla leggesi di siffatti annnnzii recati aduci romani ed a sovrani dell Asia. (29) Dagli Etoli. Non disperavano costoro che nel corso della tregua si presntasse loro qualche propizia occasione di rannodare cfcn Antioco la interrotta alleanza ; quindi gli fecero sapere l acCaduto, lo he i certo non avrebbon fatto se conseguita aves sero la pace da Romani. (3 0)

Gente armata. Nel testo f i *t(trnhs, propriamente gio


V oce

vani ; ma presso il Nostro ha questa

sovente il valore di

soldali, senza riguard all'et. E d infatti eran costoro, a detta di Livio. ( x x x v n , 20), tutti veteran i. Del resto significa r

200
talvolta uomo ia et virile, e tal da Senofonte

(Ages.* i , 6-)

qualificato Agesilao, allorquando in et di quarantanni prese le

(Anliq. rom., x ) fiiy a * ) i i i i k i i^yor, opera granfie e virile , e nello stesso (D e eloquent. Demosth.) ft'ty* *<ei titftx, animo grande e virile. (3 i) Diofane megalopblitano. Confrontisi colla presente rela zione quanto scrive il Nostro di questo capitano al lib. x x x n i ,
redini dello stato. Cos leggesi in Dionigi; d Alicarnassa

II. territorio di Pergamo. Credo anch io collo Schweigh. n.tpyxpttw conforme ap punto volgarizzai, in luogo di 7 o ntpyu.fj.ci giacch non era
che abbiasi a scrivere nel testo 7J Antioco entrato nella citt di Pergam o, capitale del regno, sibbene nella sua campagna. Avea pertanto, secondo Livio (x x xm , 18), Seleuco 1 incumbenza d'oppugnare grosso esercito. ( 33 ) L arrivo P ergam o , raentrechi Antioco soo padre stanziava non lungi, dal campo di lui con un

c. io. ( )

dEumene. Questi trova vasi in Samo co duci

romani e rodii, ritornati dalla spedizione della Liei?, quando gli giunse la nuova dell irruzione, che Antioco avea fatta ne suoi stati. (34)

Le terrestri. Eran queste ) esercito romana c h e , giunto

col console ia Macedonia, iacea gli apparecchi necessari! per tra gittare l Ellesponto e venire in Asia (L iv ., 1 . c.). (35) A Lucio , cio a L . Emilio,, che insieme con Eunaene approdato era in Elea c o lf armata romana e quella de soci!. ( ) Eudemo. Abbiami, gi detto eh Eudamo l* appella L ivio. Il trovarlo qui nominato avanti Panfilida conferma quanto ab biamo asserito di sopra n^la nota a, ^hegli, fu eletto,a coman dante della flotta subito dopo la morte di Pausistr^to t ilia che L R o d ii, avendolo conosciuto molto inferiore, a questo, ufficio del suo predecessore, gli aggiunsero un collega di maggior t vaglia. . (3 ?) Indizio. Non panni ebe cnptti possa esser quanto uw*ypafin, abbozzo } preliminari, conforme ha creduto il Reiske.

aoi
Quand anche, diceva Eumene , in Antioco apparisse qualche se gno eh egli calar volesse ad accordi per n oi onorevoli , la qual cosa lo stesso Eumene avea dapprima negato, perciocch essi al leali trovavansi allora chiusi io E lea; quand anche, diceva, ci fosse, noi non potremmo far la pace ed andare ciascheduno alle respetti ve patrie senza te r ali f k azione del senato e del popolo. (38)

A quelli , al popolo ed al senato, mentovati nel periodo

anteriore, ed accennati pure nel principio del presente colle pa role : la loro sentenza. Cos ha Livio : Deinde si ita visum sii iisy penes quos potestas fuerit. II cod< Bavaro e probabilmente anche quello, deli Orsini arrecano il corrispondente pronome che g li editori tutti hanno omesso, sebbene k> Schw eigh., avvedutosi di . tale mancanza , volle nelle note' chte k>. si ristabi lisse. Tuttavia non resta per tal modo sanato questo logo. sarebbe quanto : Se loro non fosse dato,

ipertpe&so, sta in poterey laonde u t ft rqitri w*fp se non avessero la f a colt di f a r la. piace-, lo .ch e n o n e lo stessa che noti pia cesse loro, di ec. , conforme ragion vuole che intendesse di dire
f i r n yle Eujnene. Per uscire di. siffatto labirinto non abbiamo miglior g ^ a di JJviO j le di cui parole rendule greche cos sonerebbono:

tw ttT i t (f* )

(r$/n)

tTs va p trrt , e cosi le bo

^Vispoftate nel volgaritipento; -Giustamente osserva lo Scbw . cljy. 1|E .parole Tj debbon essere, state aggiunte al testo <<, il da qualche antico copista, come interpretazione dello quale pertanto si riferisce al popolo ed al senato ,

Tct <fi/*ct-

l i th riyjtktivtLt.. (3g) Del console. Non so persuadermi che t& in* 7r abbi#
scritto Polibio; Y l'q tia le ben sspsa che L. Scipione aspettalo dalla Macednia ' coll esercito era console in quell anno. N mi piace il ripiego proposto dallo Sch w eigh., che v&ia-<t7.(quasi console assoluto) sia la vera lezione sul modello di dappoich' assoluto era beits Gem e'sarebbe se si lggesse 7

iv ru ifirc /f;
il cnsole.

il dittatre, non g ii

t,Tt vzt-uler , lo stesso con

202
so le, a coi spettavi il trattare la pace e concluderla , salva la
ratificazione di Roma ? (40) DalV antidetta speditione. Mentrechfc Seleuco assediava

Pergamo ed infestava la costa marittima, Antioco devastava tutta la campagna del regno di Pergamo e prendeva le citt. Alla fioe si (idusse in Sardi, capitale della Lidia ( L iv ., i n v i , 20, a i ) . battaglia a3 , Secondo il Reiske sarebbe questa spedizione stata la

navale presso S id a , riferita da Livio nel lib. c it ., cap.

nella quale 1 armala d Antioco ebbe la peggio. Ma quantunque dopo questo fatto egli abbia mandato a Prusia per indurlo a stringere seco alleanza, il suo arrivo in Sardi avvenne prim a, e l invito a Prusia non sped che dopo la sua partenza da Sardi, siccome narra L ivio al cap. a 5. Oltrech meritava bens il nome di

rrptiu, speditione , la corsa che fece Antioco pel territorio

d Eum ene, non g ii la pugna navale in cui rimase sconfitto , quand anche v i fosse stato presente.

(41) Lesse tutta. La lezione volgala corresse giudi ziosamente il Gronovio in Simntyiclr, significando y n u i leggere e non altrimenti yitm rxtit. P er la preposizione itm acquista cotesto verbo il senso di legger ogni cosa contenuta in una scrittura, leggerla da capo a fond. (4 a) Ebbe f animo ec. I j i m i ti , gli si ferm la

mente dalla fluttuazione in cui l avea messa il timore cbe i Ro


mani venissero in Asia per conquistarla e per abolire le sovra nit.

Maxime confirmatus est animus regis, dice di lui Livi

colla stessa frase, in riferendo la venula dell ambasceria manda tagli da Roma. (43 )

Gli esempli et. L iv io , esponendo le Stesse cose che reca

ia mazzo il Mostro, ebbe talvolta l avvertenza di variarle, onde non apparire del tutto plagiario. Cosi sono presso di lui Indi-' bile e C o lla n te accennati soltanto colla qualificazione di regoli spagnuoli ; all opposito magnificata al sommo la fortuita pro cacciata da Romani a Massinissa , eh messo a paragone co p.A grandi re della terra. Di Pleurato non die egli nulla. Anche

ao3
nelle relazioni de benefizi! conferiti a Filippo e dell indulgenza usata verso Nabide omise L ivio alcune circostanze addotte da P o lib io , ed altre dai questo tralasciate ne aggiunte. Tuttavia da credersi che la lettera di Scipione, quale n la trasmise il No stro , sia pi genuina di quella che ne offre L iv io , e lo stesso dicasi degli altri documenti che trovatisi presso amendue gli sto r ic i; dappoich Polibio ebbe peli amicizia di Scipione Emiliano a sua disposizione tutti gli scritti che serbavansi nel Campita-* glio. (V . la prna nostra Prefazione, tom. i , pag. i 3). Quanto utile fsse a' Romaoi siffatta leale condotta abbastanza il dimostra l evento. O ve oppressi'avessero i popoli soggiogati ed annientate le case dominanti, o presto o tardi una congiura generale avrebbe posto fine al loro impero. Ma i benefizii, finch fresca la me moria delle sciagure che furono per mezzo d essi alleviate, in generano fiducia, .d il conquistatore che n largo a vinti si procaccia per tal Via alleati ed amici che giovevoli gli riescono a dilatare e consolidar il suo stato. Morto Filippo ribellossi la Macedonia , Cartagine, debellata e risparmiata irrit i suoi vinci tori con nuovi in su lti, Corioto viol gli ambasciadori di chi avea liberata l Grecia ; ma invano : non poteron essi sfuggire r ukimo eccidio ohe rec loro una nazione per tante vittorie reti ti ut invincbile. E perfino le molte guerre intestine, che per due et senza posa la desolarono, non valsero ad arrestare il corso de suoi trionfi. Le G a llie , M itridate, Cleopatra ne sono spaventevoli pruove. (44)

La sconfitta navale. Questa accadde presso Mionnes


Accennolla

nell io n ia , ed i descritta da Livio ( x x x v tn , 3 b).

Polibio alla fine dell antecedente capitolo. G li avvenimenti qui' narrati trovansi in L ivio a cc. 34-36 del libro test citato. (45) Perdendo il tempo. H apitt l t \ s , lasciandosi sfuggire le occasioni. Ma quali occasioni propizie poteva egli avere dopo la doppia rotta navale da lui toccata , e senza spc* ranza com egli era di soccorsi di terra dopo l alleanza fermata da Prusia co Romani 1

Rei gerendae temporibus consumtis de

204
traduttori latini frase assurda, giacch le occasioni non-si con sumano come il tempo. Nostro

Rei gerendae tempus non dimisit scrisse

cp maggior propriet Nepote ( Alcib., 8 ) ; ed altrove us il

KolawtelieQ-xt 7cus xp/pcvr nel senso di perder; gillar via le occasioni. Ma w aftt, esprme qui negligenza,-onUssione nata da avvilim en to, e pi xaipt't potrebbon essere le sciagure
iu .che era avvolto Antioco, e ch a . gli avean fiaccato il nerbo dell animo.

bio,

Negligeva egli , avrebbe in questa'sentenza detto Poli le sue. calamit, non ne facea nessun- conto , e sfavasi in Sardi colle mani a cintola , finch lo scosse la nuova Jet
passaggio de Romani. (46) Alessandria , coll aggiunta di

Troade , dette ancora se

condo Plinio ( v , Za, 3 3 ) Antigoaia, aveva un edceUeute' porto non lungi dal promontorio Sigeo, dove stanziarono le navi gre che che andate erano alla spedizione di. Troia, . (47) -

Donde la guerra ec. I Rom ani, poich liberata ebbero e dell Eolide, e con forze di terra' e d i
Europa; Per la qual casa man dar agli

la Grecia da F ilippo, vedevano.con gelosia Antioco soggiogare le citt libere dell Ionia mare metter piede in

dapprima Sulpicio, poscia L . Cornelio ambasciadori; ima il re. qbe avea gi appiccate pratiche cogli Etoli e con Nabide toranno di Sp arta, i quali avean ad aprirgli la strada della G re cia, scu sassi col pretesto eh era venuto in Europa per- riedificare Lisi machia ed acconciarla a sede del suo .secondogenito Seleuco. Ma innanzi ogni cosa volle espugnar le citt qui m inate, segnata-, mente le due prime eh erano fortissime ed importanti pdla loro posizione m arittim a, e eh egli, perci temeva di lasciarsi dietro le spalle. .( L iv.,, x x x m , 3 8 ; x r x v , 4 a ) (48 ) fri, privato.. Y e d i sotto al cap. 12. . .

' <

(49) I Salii. Sacerdoti di Marie., istituiti da Nutna Pompilio in numero di dodici, chegli scelse fra i patrizii, e ehe postia foronoaccresciuti d altri dodici da Tulio O stilio.D oveauo questi ilprimo' di marzo levare {lai tempio,di quel Dio gli< ancili (scudi, fatti ad imitazione di quello che Piuma finse esser caduto dal cielo qual

2g5
pegno dato da Giove della durata e potenza di Roma ) , e per trenta giorni con' cotesti scudi appesi al collo , saltando ((fonde trassero il nome ) e cantando le lodi del N um e, giravano per la citt. V . Liv., i, ao, 37; Valer. Mass., 1, 1, 95 Serv., v ili, v. a 85 ; O vid.,

ad Aeneid. Fast, i h , v . a 5g e seg. fio) Conforme dicemmo ec. Questa descrizione de collegi sa

cerdotali non trovasi pi fra gli avanzi del lib. vi. La festa de gli ancili* celebrava il primo di marzo ; quindi' potrebbe que-^ sto estratto riferirti anebe all anno seguente di Roma 565 .

Schweigh. (5 i) Tre collegi. O ltre quello de Salii v avea il collegio de


pontefici, incaricato della giurisdizione religiosa, e quello degli auguri, deputato sopra i prodigii (5 a)

e le espiazioni. Non passan oltre. Il testo qui viziato, non gi man

chevole d alcuna parola , siccome stim il Casaub., che pose un asterisco in segno di lacuna. Il Reiske credette di supplirvi ' con or con

xp*, i quali non debbono (passar oltre); tua essendo que

sto pronome relativo a' Salii, non conveniva chiudere il periodo

t l tX iti e liti. Ponendo p in luogo di pi 1l&fStt/mt sparisce la lacuna, ed il senso corre benissimo. L o
fichweigh. crede che manchino pi parole di quelle supplite dal

'Et els (trtp n iX i 7i/ () xxi ! untatura,p i l i , , , pin petiufxt > 111 * . 1 , A ., nel quale (trattato) abbiamo ancora fatto conoscere, come colesti Salii ec., o qual
R e isk e; e forse scrisse Polibio: che cosa di simile. (53) Lampsaco ec. T ra le citt offerte a' Romani trovasi no minata in Livio ( x x x v n , 55 ) anche Lisim achia, che Antioco avea gi lasciata ; affinch, sono parole d Eraclide presso questo storicq , Europa. (54) in non si dicesse eh egli voglia ritenere qualche cosa in

Appropriarsi. EwrtSpiTlnt voltarono i traduttori latini abslrahere , togliendolo da Livio, il quale non pretese di retar
parole del Nostro. or-

fler In questo discorso le precise

ao6 r ip titn spiega Esichio * f * 73 r7i f , eh quanto render tuo calla fo n a , impossessarsi , non gi staccare, tor via. (55) Perciocch avvenne ec. Livio scrive ( x x x v u , 34 ) cho
gli autori non andavano d accordo circa il lu o g o , il tempo e l occasione della costui prigionia, e reca in mezzo alcune opi siccome nioni su questo particolare , senza rammentar il N o stro , alla sentenza del quale, se spiegata 1 avesse , egli al certo, fece sovente, avrebbe dato qualche peso. Laonde sembra che

alte sole parole che qui Ieggonsi limitata sia la relazione cbe d i Polibio di cotal fatto. (56)

Che accettava ec. Presso L ivio (x x x v u , 3 6 ) quest*


all ambasciadore

l ultima parte della risposta data da Publio lui fece. Ed

. d Antioco ; quando fu la prima delle proposizioni he questi a qui lo storico romano inconseguente a s mede

Omnium prim um , filium ei sine pretio reddilurum regem , dixit. M a , siccom egli premise al
simo , avendo poc anzi detto : discorso di Scipione un esordio in cui rinfacciava ad Eraclide che non conosceva n i R o m an i, n s loro d u c e , n la con dizione di chi lo avea mandato ; cos doveva egli incominciare dagl interessi che spettavan a' R o m a n i, poscia parlare de suo i, finalmente rammentare ad Antioco la bassa fortuna in che la guerra lo avea ridotto. Ed accade non di rado a L iv io , che per isciorinare un qualche squarcio d eloquenza egli tradisca la sto rica probabilit. Il N ostro, dopo le brevi parole intorno al fi glio , entra a ragionare delle faccende d A ntio(;o, non con un altiero rimbrotto , sibbene con un amorevole osservazione circa

1 errore del re e del suo inviato sul proprio lor vantaggio.


In generale la risposta di Publio presso il Nostro .pi digni tosa ed umana, presso Livio pi oratoria ed acerba. (57) Circa il figliuolo. Bene corresse 1 * Orsini il k * 7* 7*5 in a de MSS. in x x t* Tei v ic i , dappoich x t* nel senso di circa alcuna cosa , per rispetto , in relazione ad essa , si co struisce coll accusativo, e va erralo Io Schweigh. credendo che

ac>7
pu tollera! il geaitiyo ancora. Pi sotto ricorre lo stesso modo di dire, ma i M SS. tutti accordansi nell accusativo. s t a , d ice : T i%*

Di leggieri. Appiano (Sjrr., a g ) t riferendo questa rispof il f t i t a li 7 EAAitwf7 7iJ tp ix x m , forse (avrebbe conseguito il suo intento) se guardava ancora il suo passaggio deli Ellesponto. Ha il
del Nostro non ha il senso di 7<t, conforme credette

(58 )

F E rnesti, e con ragione nota lo S ch w eigh ., che esseodo il pri mitivo significato di questa voce il Casaub. che voltollo (5 g)

presto, subito, eeleremente, facile colse nel segno, perciocch facil

mente si ottiene la cosa che presto si acquista.

Il cavalcatore, /ugum ( il giogo ) ha L iv io , cui forse

sembrato troppo goffo il paragone del vincitore col cavalcatore,

iwifittlif. Ma peggio assai k il far ricevere al vinto e freno e


giogo, assomigliandolo a cavallo ed insieme a bue. L o spirito del confronto usato da Polibio questo : Chi regge un corsiero, per quanto lo in fren i, noi avr del tutto in suo potere , ove non gli prema il dorso colla persona. Cos ad A ntioco, non solo discacciato d Europa , ma inseguito eziandio in Asia non ri maneva pi l arbitrio di s stesso. Ben altro adunque che li bera la traduzione che ci porge Livio di questo passo, siccome sostiene il Reiske ; n bassi a credere collo stesso commentatore, che il codice eh egli ebbe presente diversa cosa recasse. Appiano ( Sjrr., 09 ) conserv la giusta similitudine del Nostro. (60) Con parit di condizioni. Tlif) S txxiritti letti, le quali, come egregiamente spiega il R e is k e , sono quando le due parti litiganti o guerreggianti dividono tra s i danni a porzioni egua li. Disceptatio (61) Giusto

ex aequo tradusse qui bene Livio. . Sbagliarono il Reiske e lo S ch w e igh ., propo nendo di scrivere vi per i<s7a>; ai. Lalt (adunque)
sta sempre assoluto nel principio tenziale, la del periodo, non dipeudente nella seconda parte di questo, come 1 ** eh congiunzione po quale d al verbo che la segue il senso ottativo 0 ; . Congiuntivo, conforme <jui accade, V edi (gram olatici-

2 o8
(fa)

Vinto in battaglia. Quantunque sconfitto fosse in Europa


che distrutte, gli restavano le milizie di terra

da Manio A c ilio , e lr sue forze navali in due scontri rimanes sero poeo men tassi ad una cesi proprie come de suoi alleati dell Asia , e con esse cimen grande battaglia riuscitagli funesta, la descrizione della quale non trovasi pi tra gli scritti di P olibio, sbbene in Livio ( x x x v i i , 38 - 4o). (63) f o r z a ) , siccome fu qui tradotto

Ricevute. UpaX*ftP*tti* non capere, (prendere colla ; ma accettare chi

si arrende. Disfatto l ' esercito d Antioco non potevano pi i luo ghi vicini al teatro della battaglia far resistenza, e dovettero darsi a discrezione. (64)

Museo, -Livio, che racconta questi fatti nel C. 45 del

lib. c it ., non d il nome del banditore, n si estende-, siccome il Nostro , nei particolari della sua missione. (65 ) Avere

il re in anima.

in tutti i codici: lezione

che 1 Orsini propose di cangiar in vAir$<u,

volere, e che fu

adottata dal Casaub. L o Schweigh. ritenne la scrittura Volgata , e con ragione;'giaech non conveniva che chi era in situazione di dover pregare cosi si esprimesse. Petiil (Zeuxis), diee L iv io , impetravitque, ut oratores mittere liceret regi. Ecco il linguag gio cbe al vinto competevasi. La deliberazione, il consulto cosa che si mette in mezzo per essere esaminata ed approvata, non cosi la comunicazione dell ultima volont. V . la nota i s i al lib. i. (66)

Posciaeh. Davano qui i MSS. iiwtp , se condizionativo,


, ma richiede

che non conviene col passalo indicativo rebbe il futuro

vi daranno, saranno per darvi. Quindi fu savio divisamento del Reiske di mutarlo in itri/trtp, cui corrisponde
Anche Livio dice in questo senso:

precisamente la voce da noi usata.

In hae vietoria quae vos dominos orbis terrarum fecil.


terra ; ma si consideri eh era questo il linguaggio

Vero egli che molto mancava a* Romani per compiere il con quisto della 4 qn re vinto che implorava merci,

Sono assai gravi. Il comparativo fittpvtptvt non partni, siccome erede il Reiske, che debba far sottintendere 7S S tittt, pi grave del dovere , ovveramente j<r*i as* w j i tuciitriti, di quello eh erano prima di vincere. Siccome nel latino cosi
(67) nel greco denota il comparativo sovente grande intensit zion e, ed ha senso assoluto. (68) JV d a-

a 9

quando fu ro n vinti. Ho introdotta nel volgarizzamento


ren

la giunta proposta dall Orsini , e forte mi maraviglio, come il Casaub., non sospettando neppur una mancanza nel lesto, dette cT(o7i. L o Schweigh. pose soltanto

Vtvlt per nunquam, quasich potesse aver il senso daun segno di lacun a, ma

nelle note non mena buona al Reiske l asserzione che il discorso possa stare senza il supplimento test mentovato. Livio non omise la seconda parte e scrisse : babilmente del su o , (69)

Neque eos secundae res exlulerunt, nec adversae minuerunt, ma molte altre cose vi aggiunse, pro
in mera pom pa, e ad esaltamento della magnanimit de Romani.

Quindici mila talenti euboici. Nella pace dopo la prima


i vincitori

guerra punica, che dur molto pi della presente, e con non minori apparecchi di mare e di terra fu condotta, contentaronsi di tremila dugento talenti euboici ( 1 , 6a in fine e

63 in principio) da pagarsi in dieci anni. Ma i Romani eran


allora meno potenti, e tanto esausti da quella lunga lotta, in cui pi duna rotta toccarono, che non lavrebbono potuta con buon successo continuare ; laddove a tempi d Antioco le loro forze erano di molto cresciute, ed i prosperi eventi di tutte le fazioni che contro di lui sostennero renduti li aveano vie pi formida bili. Quindi non da stupire se di tanta somma aggravarono il re di Siria appetto a quella che imposero a Cartaginesi ; comec h i 'probabile non sia che il primo maggiori ricchezze degli ultimi possedesse. Quanto al valore del talento gasi la nota ito i al primo lib r o , dove dugento hanno POLIBIOj a essere tremila euboico vegprego il lettore di ret corrispondenti a i4

tificar una svista nella somma de talenti, che in luogo di mille dugento ,

tom. v i.

2 10 76,800,000 scslerzii, ed a 7,680,000 lire di Francia. Sul quale ragguaglio pag Antioco a Romani 347>5oo.ooo seslerzii, eguali a 54,75o,ooo lire in moneta francese. La prima di queste somme in sesterzii si esprimerebbe nello stile dellantica Roma con septin-

genties sexagies octies ; la seconda con trigeses txniies quadringenties septuagies quinquies. (70) Toante. Pretore degli E lo li, fu il primo che indusse
costoro a mandar ambasciadori a re per incitarli contro i R o mani ( L iv . , x x x v , 1 2 ) , ed egli slesso fu poscia mandato ad Antioco (col, c. 5 a; e x x x v i, 7 e 2 6 ). Confronta Polibio x n , >4. Schweigh. (71) Mnasiloco. Cosi scrive questo nome P o lib io , anebe nel susseguente libro, c. 26, e Mnasimaco e Mnesiloco di Livio sono storpiature de copisti ; che che ne senta lOrsini. 11 Drakenborchio s appose al vero proponendo per Livio la lezione del No stro. Era costui de primati degli Arcanani e , comperato dal re , gli avea conciliata la sua nazione e tratto nella sua sentenza eziandio C lito , che allora in qualit di pretore presiedeva all repubblica. (72)

Calcidesi. Di Calcide nell Eubea , che parteggi con An

tioco e dov ebbe i quartieri dinverno. 1 due qui nominali sem brano essere stati autori della ribellione iti favore del re, sebbene non trovasi altra traccia di loro n presso il N ostro, n presso Livio. (73) jC quartieri. Si maraviglia lo Schweigh. che il Casaub., ti-aducendo questo luogo, copi da Livio: In hiberna dimiserunt, sembrandogli che alla stagione che allora correva ( era la fine d aprile ) le stanze de soldati non potessero dirsi quartieri din verno. Ma finita la guerra le milizie dovean essere distribuite pelle citt , e cotali alloggiamenti poteansi in un senso largo chiamare

hiberna, dappoich egualmente che in questi vi prendevano ri


poso. Cos diconsi in italiano quartieri , secondo (il Grassi (Diz. mil.), le citt o i paesi, dove tiensi a svernar T esercito , o a

riposar nella state, o dopo un' aspra fazione.

Del resto

211
abbiamo da L iv io , che le citt per cui distribuironsi le fo n * romane furono Magnesia sul Meandro, T ra lles, ed E feso , citt dell Ionia e della Lidia poco tra di loro distanti. (74) E quelli d.Antioco. O't 7 / > 7*5 A 7l*%ov. Queste parole ho aggiunte al testo per insinuazione dello Schweigh. In fatti Livio dice espressamente, che dal re vennero al console gli ambasciadori destinati per Roma.

E t legati, qui Romani in n i,

ttnerunU.

FINE DELLK ANNOTAZIONI AGLI AVANZI DEti LIBRO VI B IS IMO M IM O .

Pohbic.T. YlLib.XXH, inprmc-Tav.IV.

,/jr'n J ta

DELLE STORIE
DI POLIBIO DA M EGALOPOLI

AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO SECONDO

I. (i) H issesdo gi la state vicina, dopo la vittoria Olim riportata daRomani soprAntioco, (2) vennero il re Eum e n e , e gli ambasciadori dAntioco, e quelli de Rodii g g j e delle altre nazioni. Imperciocch quasi tutti gli abi- 4 mb. a5 tanti dell Asia m andarono subito dopo la battaglia ambasciadori a R o m a , avendo tutti ogni loro speranza dellavvenire collocata nel senato. II quale, come giun sero , (3 ) accolse tutti amorevolmente ; e sovra gli altri il re Eumene, c u i, e nell andargli incontro, e nel pre* sentargli (4) i doni d ospitalit fecero amplissimi onori, e dopo di lui a Rodii. Poich venne il tempo dell ud ien z a, introdussero prima il r e , e chiesero dicesse con franchezza ; che cosa amava di conseguire dal se nato. Disse E u m en e, che se da altri ottener volesse qualche benefizio, egli gioverebbesi del consiglio de R o m an i, per non desiderar nulla oltre il d o v ere, n chieder alcuna cosa superiore alla convenienza ; ma

24 J . diR. ora eh egli col trovavasi per Impetrar grazia eia1 Ro565 m an i, stimava il miglior partito lasciar ad essi 1 arbi trio sopra s ed i suoi fratelli. Rizzatosi (5) uno de pi
vecchi, e confortatolo a non temere ma ad esporre ci che gli sembrava, sendoch il senato era disposto a fa vorirlo iu tutto ci che fosse possibile; rimase nella sua sentenza. Passato alquanto di tempo in siffatti discorsi, il re usc, e (6) quelli di dentro deliberarono ci che avean a fare. Parve loro pertanto di esortar Eumene ad indicare con fiducia il motivo per cui era venuto: per ciocch egli meglio di ciaschedun altro sapeva ci che al suo proprio interesse conveniva, non meno che le bisogne dell Asia. F atta questa risoluzione, fu richia m ato; ed avendo uno de pi vecchi (< j) esposto quanto fu deciso, fu egli costretto a ragionar intorno al suo proponimento. II. Disse a d u n q u e, che (8) delle cose che a s ap partenevano uon volea far motto ; sibbene che fermo nella sua sentenza al tutto si rimetteva alla loro discre zione. Di un oggetto solo affannarsi, delle richieste de Rodii; il perch egli erasi allora indotto a parlare delle presenti circostanze. Esser quelli venuti a procac ciare il vantaggio della loro patria con non minore zelo (9) di quello eh egP impiegava pelle cose del proprio regno ; ma i loro discorsi avere un apparenza contra ria al loro reale divisamento. Facil essere ci a cono scersi ; p erciocch, ove sar loro dato ingresso, di ranno , che sono venuti non per chiedervi la bench minima c o s a , n con animo d offenderci per alcun m o d o , m a aggirarsi la loro ambascera sulla libert de*

2l5
Greci che abitano l Asia. Lo che aggiugneranno , non d. di t essere per riuscire loro tanto g r a to , quanto a voi con- ^65 venevole, e conforme alle opere passate. T a l e , disse, sar (io) la maschera della loro orazione; ma col fatto il contrario di tutto ci troverassi. Im perciocch, se le citt , conforto essi fanno instanza , saranno liberate , la loro potenza crescer a dism isura, e la nostra in cerio modo sar disfatta : ch il nome di libert e di governo franco ce le rapir t u t t e , non solo quelle che verran ora lib era te, ma quelle ancora eh erano in ad dietro a noi soggette, poich manifesto sar 1 animo vostro, tutte ad essi (t i) aggiugneralle. T al la natura di questo affare, che riconoscendo da loro la propria li bert , quanto al nome saranno lor socii, ma in fletto pronti eseguiranno i loro com andam enti, fattisi debi tori del maggiore benefzio. Q u in d i, o P a d r i , vi pre ghiamo (ia) siate guardinghi in questo p articolare, af finch senz avvedervene non aggrandiate alcuni amici oltre al dovere, altri senza ragione abbassiate, benefi cando insieme coloro che vi furono sempre n em ici, e trascurando e disprezzando i veri amici. III. Io pertanto in qualsivoglia altra cosa cederei ( i 3) ogni mio diritto a chiunque senza ostinazione ; ma la nostra amicizia la benevolenza che nudro per voi non le cederei giam m ai, per quanto in m e , a nessuno de viventi. E sembrami che mio p a d r e , se vivesse, le medesime parole che io pronunzierebbe. Im percioc ch egli fra tutti quelli (i4) che dimorano nell Asia e nella Grecia fu il primo a stringere con voi amicizia ed alleanza, e conservolle colla maggiore costanza sino

2 16
A. di R. alla fine de suoi giorni, non solo nell intenzione, ma

565

eziandio ne fatti. Conciossiach in tutte le guerre della Grecia vi fosse egli compagno , ed a queste fornisse assai pi forze di terra e di mare che non gli altri al leati , e contribuisse moltissime provvigioni, e sostenes se gravissimi pericoli, ( i 5) e finalmente passasse di questa vita in mezzo a' lavori della guerra F ilippica, mentre che esortava i Beozii alla vostra amicizia ed alleanza. Io succeduto a lui nel governo, serbai la volont del padre : ch il superarla sarebbe stato impos sibile : ma ne fatti lo avanzai: sendoch i tempi me glio a me che a lui (16) arrecaron il cimento del fuoco. Imperciocch ingegnandosi Antioco di (17) darci la fi glia , e di accomunarci a tutti i suoi interessi, resti tuendo tosto le citt eh' era osi d a noi alienate, e pro mettendoci poscia che farebbe ogni c o s a , se prendes simo parte alla guerra contra di voi : noi fummo tanto lontani dall accettare nulla di c i , che con forze ter restri e marittime maggiori di quelle degli altri alleati pugnammo insieme con voi contra Antioco, e con mol te provvigioni soccorremmo a vostri bisogni ne tempi pi scabrosi , ed a tutti i pericoli ci esponemmo co* vostri duci senza pretesti. Finalmente sostenemmo di lasciarci inchiudere nella stessa Pergam o, ed assediare con rischio della vita e del re g n o , pella benevolenza che portiamo al vostro popolo. IV. (18) Sicch, o Romani, avendo molti di noi veduto co propri! o c c h i, e tutti conoscendo che noi diciamo la verit, egli giusto che facciate per noi u a corri spondente provvedimento. Imperciocch sarebbe l e-

ai7
stremo dell indegnit, se Massanissa, il quale non solo A. vi fu nem ico, ma alla fine (19) ancora con pochi ca- valli presso di noi ricover, per avervi in una guerra sola contra i Cartaginesi serbata la fede, faceste re della maggior parte dellAfrica; e Pleurato che nullaltro ope r , fuorch vi rimase fedele, creaste il pi potente siguore dellIlliria; e noi che (so) sino dal tempo de no stri maggiori grandissimi ed eccellenti servigi vi abbiamo p re sta ti, in nessun conto foste per tenere. Che cosa dunque da voi chieggo ? e qual favore conviensi che io da voi ottenga ? II dir con franchezza , dappoich mi confortaste ad esporvi ci che a me pare. Se risoluto avete di ritener alcuni luoghi dell Asia situati di qua dal T a u ro , cbe in addietro erano sotto il dominio di A ntioco, noi grandemente desideriamo che ci avven ga ; perciocch supponiamo che regneremo colla mag gior sicurezza, essendo vostri vicini, e massimamente partecipando della vostra potenza. Ma se non giudi cate di ci fa re , e preferiate di sgomberar 1 Asia in tieramente , a nessuno diciamo esser pi giusto che voi cediate i premii nati dalla vittoria , che a noi. Ma ella opera pi bella il liberar le citt schiave : sibbene, se queste non avessero osato di parteggiare con Antioco; ma posciach ebbero tanto ardire , egli molto pi bello di rendere le convenienti grazie a veri a m ici, che non di beneficar quelli che sono stati nemici. V. Eumene p e rta n to , avendo sufficientemente par lato , se ne and. Il senato accolse il re e la sua dice ra con animo b enigno, e propenso era a far lutto il possibile in suo favore. Dopo di Ini volean introdurre

ai8 4 . dR. i R odii; m a avendo tardato alcuni de 1 loro ambascia*

565

J or; ^ chiamarono gli Smirnei. Costoro fecero molte protestazioni della loro benevolenza e pronta volont, dimostrata a. Romani nella presente g u e rra ; (a i) ma siccome opinione universale, che di tutte le citt li* bere dell Asia questa fu (23) la pi tenace di fede, cos non istimiamo necessario d esporre il loro discorso. D ietro a questi entrarono i Rodii, e poich brevemente ebbero prodotto quanto fu da loro (23) privatamente operato a pr de' R o m an i, vennero subito al proposito della patria; ove dissero (24) tristissima congiuntura esser loro insorta nell ambasceria, che quel re con cui avea* no la maggior famigliarit cos (a 5) in pubblico, come in p riv ato , la natura degli affari renduto abbia lr avversario. Imperciocch e alla propria patria sem brare bellissimo , ed a* Romani convenientissimo , che sieno fatti liberi i Greci dell Asia , ed ottengano di governarsi colle proprie leggi : cosa a tutti gli uomini la pi cara. Ma ad Eumene ed a1 suoi fratelli ci non esser punto vantaggioso ; dappoich ogni m onar chia per sua natura odia l eguaglianza , e cerca che t u t t i , e se non altro i pi che fia possibile sien a loro soggetti ed ubbidienti. Ma sebbene cos sia la faccenda^ tuttavia dicevano esser persuasi, che conseguirebbono l in te n to , non perch possano pi d Eumene presso i R o m an i, ma perch pareva loro di proporre cose pi giuste, e senza dubbio pi utili. Che se i Romani non potessero in altro modo rim eritar E u m eu e, che con segnandogli le citt, eh erano state libere, con ragione recherebbe imbarazzo' cotal emergenza ; perciocch o

m g

trascurar dovrebbesi il Vto amico, o tener poco conto J . din dell onest e del dovere, ed oscurare e abbatter (26) la gloria de proprii fatti. Ma se ad amendue queste cose potr sufficientemente provvedersi, qual difficolt vavr ancora in siffatto particolare? (27) C h , siccome in u a suntuoso convito, vha quanto basta per tutti e ne avan za ; giacche avete facolt di donar chi vi piace la Li* eaonia, ia frig ia dell* Ellesponto, e la Pisidia^ oltre a ci il Cbersoneso (28) e le terre d Europa che con questo confinano, (29) una sola delle quali aggiunta al reame dEumene renderlo pu dieci volte pi grande di quello eh adesso; e se tutte queste 0 la maggior pat te gli assegnate^ non sar egli inferiore a qualsivoglia altro dominio. VI. E dunque in vostra p o te s t , o P a d r i, e di ma gnificamente aggrandire gli amici ^ (3o) e di non ab* batter lo splendore delle vostre inslituzioni; dappoich lo scopo delle vostre opere non eguale a quello degli altri u o m in i, sibbene diverso. Imperciocch gli altri tutti corrono alle imprese guerresche, incitati dalla voglia di soggiogar popoli e di acquistare c i t t , vettova g lie, n av i: laddove voi (3 i) procacciaste che nulla di tutto ci vi faccia m estieri, assoggettato avendo al vo stro potere ogni cosa nella terra abitata. Di che adun que avete ancor d uopo ? ed a qual fine dovete voi fare cosi valido provvedimento ? Manifestamente per conseguir lode e gloria presso gli u om in i, (32) che difficilmente si acquistano , ma pi difficilmente , ove acquistate s ie u o , si conservano. La qual cosa voi per questa guisa conoscerete. Guerreggiaste contra Filippo

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R. e tutto sofferiste in grazia della libert de Greci $ che


questo v avete p ro p o sto , e questo premio da cotal guerra riportaste, altro nessuno. E tuttavia pi di questo vi com piaceste, che de (33) tributi imposti a' Car taginesi , e ben a diritto. Imperciocch loro comune propriet degli u o m in i, ma 1 onest , e ci che appar tiene alla lode ed all o n o re , degl Iddii e di que mortali che pi alla natura di loro s avvicinano. La pi illustre adunque delle vostre opere si la libera zione de G re c i, a cui se ora aggiugnete ci che ne conseguita, la gloria vostra perverr al suo colmo \ ma ove lo trascu riate, egli chiaro che si scemer (34) eziandio quella che in addietro vi siete acquistala. Noi p e rta n to , o P a d r i, che abbracciata abbiamo la vostra v o lo n t, e prendemmo con voi parte a maggiori com battimenti ed ( 35) a pi gravi p ericoli, non abbando niamo neppur ora il partito degli amici ;*ma quanto credemmo esser a voi conveniente ed utile , non indu giammo di rammentarvi con franchezza, non mirando ad a ltro , n tenendo altra cosa in maggior cnto che il dovere. I Rodii a d u n q u e, in cos p arla n d o , parvero a tutti aver (36) con moderazione ed onest ragionato intorno alle presenti circostanze. VII, Dopo questi (3y) introdotti furono gli ambasciadori dA n tioco, Antipatro e Zeusi. I quali avendo par lato come chi supplica e si raccom anda, (38) il senato approv F accordo fatto da Scipione in Asia ; ed aven dolo dopo alcuni giorni il popolo ancora conferm ato, fecero intorno a siffatte condizioni un (3g) solenne trat tato (4o) con Antipatro. Poscia introdussero tutte le

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altre ambascerie cbe venute erano dall A sia; cui die* A. dtt. dero breve udienza, spacciando tutte colla stessa rispo- 565 sta: la qual era che manderebbono dieci ambasciadori, i quali giudicherebbono tutte le controversie delle citt. Data siffatta risposta, crearono dieci leg a ti, a quali diedero larbitrio sopra ogni particolarit. Circa la som ma degli affari stabilirono che tutti gli abitanti di qua dal T auro , eh erano stati soggetti ad Antioco doves sero darsi ad E u m en e, tranne (4 0 la Licia e la parte della Caria, eh sino al fiume Meandro, le quali aves sero ad essere de Rodii. T u tte le citt greche , che pagavan tributo ad A ttalo , il pagassero ad Eumene, e quelle soltanto che ad Antioco eran tributarie fossero francate. Date a dieci queste norme peli amministra zione del t u t to , li spedirono al console (4a) Gneo in Asia. Poich fu ogni cosa accom odata, vennero nuo vamente i Rodii innanzi al sen a to , domandando che si farebbe della citt di (43 ) Soli nella Cilicia ? per ciocch , dissero , l affinit cbe aveano con essa impo neva loro il dovere di prender cura di lei : eh i Solii erano colonia d Argo , non altrimenti che i Rodii} don de dim ostrarono, dover essi per cotal fratellevole pa rentela a buon -diritto conseguire la libert de Romani in grazia de Rodii. 11 s e n a to , udito c i , chiam gli ambasciadori d Antioco ; e dapprima ordin (44) che Antioco sgomberasse tutta la Cilicia ; ma non accet tando ci A ntipatro , perch era contra i t r a tta ti, fu ripigliato il discorso di Soli. Ma insistendo gli amba sciadori su questo punto con grande impegno 5 il se nato licenziolli, ed introdotti i R odii, espose loro l oc-

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A. di R. corso con A ntipatro, ed aggiunse cbe tutto farebbe

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ove j fiodii avessero irrevocabilmente ci risoluto. Es sendosi gli ambasciadori contentati della premura di mostrata dal sen a to , e dicendo che nulla di pi ricer cavano : rimasero le cose sul piede di prima. (45) E ra no gi in sulle mosse i dieci e gli altri am basciadori, quando approdarono a^Brindisi in Italia gli Scipioni e Lucio Emilio , che vinto avean Antioco nella battaglia navale. Q u e sti, dopo alcuni giorni entrati in R om a, menarono trionfo. V ili. (4^) Aminandro re degli A tam ani, stimando, d aver gi stabilmente ricuperato il dom inio, spedi am basciadori a Roma ed agli Scipioni in A sia, i quali eran ancora ne dintorni d Efeso, parte scasandosi (47 ^ dell aver fatto ritorno nel regno per mezzo degli Etoli, parte accusando Filippo; ma sovrattutto pregandoli che il ricevessero nuovamente nell alleanza. Gli Etoli cre dendo esser loro l'occasione opportuna per riacquistare l Anfilochia e l A peranzia, si proposero di far una spedizione ne' mentovati luoghi. Ed avendo il pretore (48) Nicandro raccolto un esercito da tutto il popolo, in vasero l Anfilochia; i di cui abitanti essendosi quasi tutti spontaneamente a rre s i, passarono nellA peranzia, la quale essendosi pure a loro di buon grado accostata, marciarono nella (49) Dolopia. Qui fecero gli abitanti alcun poco vista di difendersi, come per serbare la feda a Filippo ; ma recatasi innanzi gli occhi la sorte degli A tam a n i, e la fuga di F ilip p o , pentironsi tosto- e si strinsero cogli Etoli. Dopo cotal prospero successo de-

Am b.*6

223

gli affari, Nicandro ricondusse l esercito a casa , p a - A. di R rendogli d aver assicurati gli affari degli Etoli coll a* ^65 cquisto delle nazioni e de luoghi a n z id e tti, per modo che nessuno avrebbe potuto molestare il loro territorio. Poco dopo questi avvenimenti, ed essendo gli Etoli insuperbiti dell accaduto , giunse la notizia della bat taglia in Asia , nella quale risapendo che Antioco era statv intieramente disfatto, turbarousi di bel nuovo. E come venne Damotele da R o m a, ed annunzi che la guerra continuava, e che Marco Fulvio tragittava colle sue forze per attac carli, al tutto scoraggiaronsi e non seppero a qual partito appigliarsi nellimminente pericolo. Piacque adunque loro di mandare pregando i Rodii e gli Ateniesi a spedire per essi ambasciadori a R o m a , che placassero l ira de R o m an i, e liberassero in qualche modo 1 Etolia da mali che le sovrastavano. M andarono pure de suoi ambasciadori a R o m a , (5 o) Alessandro sovrannomato Is io , e F e n e a , e eoa essi (5 i) Calippo d Ambracia , e Licopo.

IX. (5 a) Vennero pertanto al capitano de Romani Amb ambasciadori dall Epiro, e seco lui abboccaronsi circa la spedizione dell Etolia. Consigliavanlo costoro di an* d ar ad oste contro Ambracia : ( ch allora gli Am* bracioti governavansi in comune cogli Etoli ) , adducendo in ra g io n e, che per conjbattere con eserciti, ove gli Etoli discendessero alla p u g n a , erano per av ventura bellissimi i contorni dell anzidetta citt , ed ove per vilt ricusassero, aver essa buona posizione per un assedio} perciocch il territorio (53 ) abbondava

A.

a 24 di R, d ogni cosa necessaria alla costruzione delle opere; ed jj fiume (54) Aracto che corre presso alla citt contribui
rebbe a fornir 1 esercito del bisognevole, dappoich era s ta te , ed alla sicurezza delle opere. Il capitano, sembrandogli buono il consiglio degli ambasciadori, condusse I esercito peli Epiro nell Ambracia, Giunto c o l , e non osando gli Etoli di andargli incontro, gir la citt bene esam inandola, e spinse con fervore 1 as sedio. Gli ambasciadori pertanto spediti a R o m a, os servati da (55) Sibirto figlio di Petrato e sorpresi pres so a Cefallenia , condotti furono in (56) Caradra. Pia cque dapprincipio agli Epiroti di deporre questi uomini in Buchezio, e di custodirli diligentem ente; ma dopo pochi giorni ne chiesero il p rezzo , per cagione della guerra che aveano cogli Etoli. Era fra questi Alessan d r o , per avventura il pi ricco di tutti i G reci, e gli altri (5 ^) non erano, a dir v e r o , scarsi di fortune, ma di gran lunga a quello inferiori di sostanze. E dappri m a domandarono da ciascheduno cinque talenti; lo cbe agli altri non dispiacque: ch anzi vi acconsentirono, avendo sovra ogni cosa a cuore la loro salvezza. Ma Alessandro diceva non poter ci accordare , dappoich soverchia sembravagli la so m m a, e vegliando le notti lagnavasi, che perder dovea cinque talenti. Gli Epiroti preveggendo l1 avvenire, e temendo non risapessero i Romani eh essi aveai^a trattenuti gli ambasciadori a s m a n d a ti, e per lettere gli eccitassero, e comandassero loro di porre quella gente in lib e rt , condiscesero a chiedere da ciascheduno tre talenti. Avendo gli altri con piacere accettata la proposizione, dati mallevadori

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se ne andarono; ma Alessandro disse che non darebbe A . d m . pi dun talento,, e ci essere ancor troppo. Finalmente ^65 rimase per disperato in c a rc e re , quantunque fosse vec chio ed avesse una facolt d oltre dugento talenti. Io eredo eh' egli anzi avrebbe lasciata la vita che dare tre talenti. (59 ) T an to l avarizia e la cupidigia di posse dere fissa nell animo d alcuni. Tuttavia cospir allora la fortuna colla sua sordidezza per modo che fu da tutti lodata ad approvata la sua pazzia per cagione dellesi to. Im perciocch, venute dopo pochi giorni lettere da Roma circa la loro dim issione, egli solo fu liberato senza danaro. Gli Etoli , conosciuto il suo caso , rieles- sero Damotele ad ambasciadore per Roma. 11 quale poich ebbe navigato sine a (59) L e u c a d e , avvisato che M. Fulvio avanzavasi coll esercito pelPEpiro verso Am bracia , rinuRsi all ambasceria , (6o) e se ne ritorn in Etolia.

X. (61) Gli E to li, assediati dal console Marco F ui- Gero vio, pugnarono valorosamente contro le macchine e gli arieti eh erano stati accostati. Im perciocch q u eg li, ?assedK avendo afforzato il suo ea tn p o , spinse innanzi dalla ^ parte del (6a) Pirreo tre opere nel piano, distanti fra di l o r o , ma nella stessa direzione; la quarta dalla parte del tempio d* E sculapio, e la quinta di rincontro alla rocca. E succedendo P accostamento con energia d a tutti i luoghi ad un te m p o , quelli di dentro aspetta vano ci che fosse per avvenire con grande spavento. Ora essendo le mura vigorosamente battute dagli arieti,
P o lib io ,

tom. r i.

*5

226 di R. cd i merli strappati dalle travi falcate: tentarono quelli 565 della citt di opporsi a queste cose, gittando sugli arie*
ti per via di mazzacavalli masse di p io m b o , e p ie tre , e tronchi di querce : ed avviluppando le falci eoa an core di ferro, (63 ) ritirandole dentro le m u ra , per modo c h e , rottasi sul merlo 1 a s t a , impossessavansi delle falci. Oltre a ci , facendo frequenti sortite, com battevano animosamente , assaltando quando di Dotte coloro che guardavano le opere , quando di giorno apertam ente la stazioni d iu rn e , e mandavan in lungo l assedio. (64 ) Imperciocch Nicandro essendo fuori della citt; ed avendovi mandati cinquecento cavalli, i quali en traro n o nella c i t t , sforzato il frapposto steccato de nemici ; co m an d , cbe nel giorno stabilito uscendo as saltassero il nem ico, ed egli dividerebbe seco loro il pericolo. Essi pertanto sortirono animosamente dalla c i t t , e pugnarono con valore ; ma tardato avendo Ni* c a n d ro , o che temesse il pericolo, o che credesse ne cessari! gli affari ne quali intertenevasi, and loro fal lita l impresa. XI. (65) (Conciofossech molte citt superassero gli avversarii, eziandio dopo l abbattimento delle mura, sic* come avvenne ad Ambracia ), Imperciocch battendo i Romani cogli arieti contiqnacfiQnte le m u r a , ne (66) cadeva sempre qttajfihe pezzo ; tuttavia : non poterono pelle ruine entrar in c i t t , ch quelli di dentro rifab bricavano il muro, e gli Etoli pugnavano valorosamente

32 7

sopra la parte rum ata. Q uindi disperando di prender A. di la citt' colla forza , si volsero allo scavare. M a da co- ^65 testo artifizio ancora furono respinti, opponendo quelli di dentro maggior ingegno militare , conforme render manifesto il progresso del discorso, ed accorgendosi essi del costoro ritrovamento. I Romani pertanto af forzarono (67) 1 opera mezzana delle tre che gi prima esistevano, e riparandola diligentemente con g raticci, rizzaron una (68) galleria parallela al m uro, lunga circa dugento piedi \ e da questa incominciando scavarono 6enza posa d e notte a vicenda. P e r molti giorni quelli di dentro non se ne avvidero , recando essi fuori la terra per via della mina; ma come il cumulo della ter ra esportata fecesi grande e visibile a1 cittadin i, i so prastanti degli assediati scavaron assiduamente un fosso di d e n tr o , parallelo al muro ed alla galleria eh era (6g) dinanzi alle torri. Pervenuti ad una giusta profon dit , posero dall un Iato del fosso presso al muro suc cessivamente (70) vasi di rame ben sottilmente lavorati, siccome bacini ed altri simili $ e passando per il fosso presso a q u e s ti, udivano lo strepito di coloro che in ternam ente scavavano. Poich notaron il luogo che indicavan alcuni de vasi (71) per consenso: (c h risuonavan essi allo strepito di fuori : ) scavarono di dentro un altra fossa sotterra attraverso di quella eh era gi fatta sotto il m u ro , coll intenzione d incontrarsi co nemici dalla parte opposta. Essendo ci tosto acca duto , perch i Romani non solo eran giunti al muro sotto terra, ma avean eziandio puntellato un buon trat to del m uro da amndue le parli della fossa ^ incontra-

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A. iti R. ronsi. E dapprincipio combatterono coire lance sotto

565

ten.a ma poich non potevano fare gran fru tto , co prendosi amendue cogli scudi e co graticci : propose alcuno agli assediati di mettersi davanti una botte con veniente alla larghezza della mina, di forarne il fondo, e (72) passatovi un tubo di ferro (? 3) eguale alla lun ghezza del vaso , riempier la botte con piuma leggiera, e gittar un po di fuoco sull imboccatura proprio della botte; poscia posto intorno alla bocca un (7 $ coperchio di ferro pieno di buchi sicuramente introdur la botte nella fossa colla bocca voltala verso i nemici; e quando fossero ad essi vicini, (y5 ) otturati dappertutto i labbri del vaso, (76) lasciar due fori da amendue le parti, per cui spingendo le lance non lasciassero venir avanti gli avversarli ; indi preso un folle, di quelli che adoperano i fa b b ri, e adattatolo (77) al tubo di fe rro , soffiare fortemente il fuoco posto nelle piume presso alla boc ca , traendo sempre il tubo tanto pia fuori, quanto pi ardevano le piume. F a tta ogni cosa conforme test dissi, molto fummo si svolse (78) e di un acrimonia singo lare pella natura delle pium e, il quale tutto portossi nella mina de7 nemici ; per modo che i Romani erano assai m a ltrattati, n potevano impedire n tollerar il fummo nella mina. X II. In quel mentre gli ambasciadori degli Ateniesi e de Rodii vennero nel campo de Romani, per recare agli Etoli assistenza nel conseguimento della paee. Vi and pure Aminandro re degli A tam ani, ingegnandosi di trarre gli Ambracioti da mali onderano circondati,

mi. 3 8

22g

essendogli stato concesso da Fulvio uu salvocondotto A. diR. a tempo; dappoich era egli molto affezionato agli Am- ^65 b ra cio ti, per avere buona pezza soggiornato in quella citt (79) durante 1 esilio. Vennero eziandio dopo po chi giorni da parte degli Acarnaui alcuni che condu cevano Damotele ed i suoi compagni di legazione, im perciocch M arco, (80) udito il loro caso, scrisse aTuriei, che si recassero a lui. Come furono tutti raccolti, si diedero con ardore a trattar la pace. Aminandro adun que, giusta il suo proponimento, esortava con insisten za gli Ambracioti a salvare s stessi ; non essere ci lu n g i, ove a miglior consiglio volessero appigliarsi. E d avvicinatosi sovente alle m ura e parlato avendo loro di queste cose , parve ad essi di chiamarlo in citt. Avendogli il console permesso d e n tra re , egli vi a n d , e si mise a ragionare cogli Ambracioti del presente stato degli affari. Gli ambasciadori degli Ateniesi e de Rodii furono al capitano de R o m an i, e con varii di scorsi tentarono di placare la sua collera. (81) A D a motele pertanto ed a F enea sugger alcuno d attenersi a Gaio Valerio ed a coltivarlo. (84) E ra questi figlio di quel M a rc o , che il primo ferm l alleanza cogli Etoli, e fratello uterino del Marco, che allora era duce supremo : giovine di singoiar attiv it, (83 ) e per tal conto principalmente in somma riputazione presso il capitano. Questi sollecitato da Damotele , e stimando esser affare a s appartenente il patrocinare gli E to li, pose ogni studio e fervore a trar quella nazione dalle sciagure che le sovrastavano. Siccome adunque da tutte le parti coti impegno in questa faccenda si adopera-

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A. di A. v a n o , cos fa dessa recata a compimento. Impercoc^65 ch gli A m bracioti, persuasi dal r e , si rimisero nell arbitrio del capitano de R o m an i, e consegnarono la c i t t , a condizione che gli Etoli se ne andassero sopra la p aro la , (84) lo che fu in primo luogo da essi ec cettuato , come da quelli che serbavano la fede agli alleati. X III. M arco a questi patti concluse la pace cogli Etoli : Ricevessero i Romani subito dugento talenti eu boici , trecento in sei anni, ciaschedun anno cinquanta. Restituissero aRomani tutti i prigioni e disertori, che presso di s aveano , (85 ) in sei mesi senta riscatto. Non avessero in comunanza di governo, n poscia ac

cettassero nessuna citt di quelle che dopo il passaggio di Tito Quinsio erano state prese da Romani, od avea no fa tta con essi amicizia. (86) Fossero i Cefalleni tutti esclusi da questo trattalo. Questo fu allora (87) Io sboz
zo de principali articoli di questa pace. Ma era d uopo prim ieram ente che gli Etoli gli approvassero, poscia che ne fosse fatta relazione a Roma. Gli Ateniesi adun que ed i Rodii rimasero c o l , aspettando la sentenza degli E to li, e Damotele ritorn a casa co suoi com pagni per esporre agli Etoli quanto fu lor accordato. Approvaron essi i patti in com plesso, perciocch tu tti superavano la loro aspettazione ; se non che eran al quanto titubanti circa le citt che in addietro seco lo ro in comune governavansi, ma finalmente acconsentirono alle proposte. M a rc o ,-ricevuta A m bracia, licenzi gli Etoli sulla parola ; ma le (88) scu ltu re, le s ta tu e , e le tavole port via dalla c itt, di cui ne avea m o lte , es-

a3f

sendo Ambracia stata la residenza di Pirro. Gli fu ezian- . di K dio d ata una corona del peso di ceacinquanta ta- ^G5 lenti. Poich ebbe le cose p er tal guisa am m inistrate, marci verso luoghi mediterranei dell E to lia , m ara vigliandosi che nessuno degli Etoli gli veniva incontro. Giunto ad Argo d Anfilochia, distante da Ambracia (89) eentottanta s tad ii, vi pose il campo. C ol recossf a lui D am otele, ed avendogli esposto, come gli Etoli ebbero risoluto di confermare l accordo seco lui stabi lito , separaronsi e se ne andarono, gli Etoli a casa, e Marco in A m bracia, dove arrivato saccinse a traghet tare l esercito in Cefallenia. Gli E to li, eletti ad amba* sciadori Fenea e N ic a n d ro , li spedirono a Roma pella pace : ch nessuna delle cose anzidette era ratificata, se il popolo rom ano non l approvava. XIV. Costoro adunque, presi gli ambasciadori deRodit e degli Ateniesi, navigaron al loro destino. Marco ancora mand Gaio Valerio ed alcuni altri am ici, per soste nere la pratica della pace. Venuti a Roma si ritmovell lira contro gli Etoli p er cagione del re Filippo, il quale stimando che (90) lAtamania e la Dolopia gli fos sero state ingiustamente tolte dagli E to li, mand pre gando i suoi amici nel senato che aiutassero il suo risentimento , e non ammettessero 1 accordo. Il perch essendo gli Etoli e n tr a ti, il senato appena bad a quanto dicevano ; m a alle preci de Rodii e degli Ate niesi (91) si commosse e diede retta. Conciossiach (93) Damide figlio d Icesia sembrasse parlar b e n e , e fra le altre cose usar nel suo discorso (93) un esempio acconcio al presente caso. Di$s egli, che a buon diritto

232 4. di R. erano sdegnati cogli E to li, perch grandemente b en e '

565

ficati da R o m ani, non gliene aveano renduto m erito , ma recato l impero romano in grave pericolo, accen dendo la guerra con Antioco. In ci pertanto errare il sen a to , che (g 4) sugli Etoli tutti portava la collera. Im perciocch avveniva nelle repubbliche alla plebe lo stesso che accade .il m a r e , il q u a le , quanto alla sua n a tu ra , sempre sereno e tranquillo, ed in generale di tal fatta , che non reca molestia alcuna a chi gli si ap p ressa, e lo sperimenta ; ma quando p er furia di . venti si sconvolge ed costretto a muoversi contro na tura , nulla v ha di lui pi terribile e spaventoso: lo che avveravasi peli appunto negli Etoli. Impercioc ch , finattanto che rimasero incontam inati, furon essi (g 5) fra tutti i Greci i pi benevoli e costanti coope ratori alle vostre imprese. M a non s tosto soffiarono dall Asia T oante e D icearco, e dall Europa (96) Menesta e Damocrito scombuiarono la m oltitudine, e la costrinsero a dir e a fare ogni cosa contro natura ; che mal avvisati , contro di voi m acchinarono, ma furon a s stessi cagione di sciagure. Dovete voi pertanto verso di quelli esser implacabili; ma avere compassione della moltitudine e con lei pacificarvi, conoscendo che ritornata in sua bala, ed aggiugnendosi agli altri beneficii la salvezza da voi ricev uta, essa vi sar nuova m ente la pi affezionata fra tutti i Greci. L Ateniese con questo discorso persuase al senato di far la pace cogli Etoli. XV. F atto il decreto da P a d r i , ed approvato dal p o p o lo , fu fermata la pace. Le condizioni della me*

233

de si ma furono le seguenti : Conservaste il popolo degli A. di R. Etoli (97) sema frode il dominio e la signoria delpo - **^5 polo romano , non lasciasse passare pel suo territorio e pelle sue citt (98) alcun esercito che andasse con tra i Romani, n i loro sodi ed amici ; n lo fornisse di provvigione con pubblico consiglio ; ( (99) avessero gli stessi amici e nemici, che avean i Romani,) e se i Romani facessero guerra ad alcuno , il popolo degli

Eloli ancora facesse a lui guerra. Restituissero gli Eto li ( 100), i fuggiaschi ed i prigioni tutti de'1 Romani e degli alleali (tranne quelli che (101) preti in guerra ri tornarono in patria , e furono ripresi, e quelli che di vennero nemici de Rom ani , mentrech gli Etoli con questi militavano ) fra cento giorni dopo la sanzione del trattato, alP arconte di Corcira. Che se in questo, tempo, alcuni non si trovassero , allorquando fossero scoperti li rimettessero senza frode ; ed a 'questi dopa il (rattato non fosse concesso il ritorno in Etolia. Des sero gli Etoli, d argento non peggiore delV attico, su bito dugento talenti euboici al proconsole eh era in Grecia ; la terza parte de quali in oro , se volessero , in vece d 1argento , (102) dando per dieci mine d 'a r gento una d'oro. Dal giorno in cui sarebbe giurata la convenzione pagassero ne primi sei anni , per ciaschedun anno, cinquanta talenti, e rimettessero i danari a Ronia. Consegnassero gli Etoli al console quaranta, statichi, non pi. giovani di dodici anni} n pi vecchi di quaranta, per sei anni, quali i Romani prescegliessero , n vi fossero compresi il capitano , e il cornane dante della cavalleria, e il pubblico scrivano, e quelli

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4. din. (io 3) che dianzi erano stati ostaggi in Roma; e se qual565 uno degli statichi morisse, ne sostituissero un altro. De Ce/alleni non si parlasse nel trattato. Le campa gne e le citt e gli uomini eh gi furono degli Etoli menlr1 erano consoli ( io 4) Tito (Lucio) Quinzio e Gneo Domizio , e che prese furono di poi, o vennero nelV amicizia de*Romani, nessuna di coteste citt, e nessuno di coloro che in esse trovavansi, accettassero. La citt ed il territorio < 2 ( io 5) Emada appartenesse agli Acarnani. Prestato il giuramento a queste condizioni, fu
compiuta la pace. T al esito ebbero la guerra contro gli E to li, ed in generale gli affari della Grecia.
Amb. 29

XVI. Allorquando in Roma fervean le pratiche pella convenzione con A ntioco, e trattavasi cogli ambasciadori venuti da ogni parte dell1 A sia, ed in Grecia ardea la guerra colla nazione degli E to li, fu posto fine in Asia (106) alla guerra co Gallogreci, conforme ora verremo narrando. XVII. (107) M oagete, tiranno di (108) Cibira , era crudele ed astuto , ed ben degno che non di v o lo , ma con accuratezza si faccia di lui menzione. Avvicinandosi pertanto (109) Gneo M anlio, console ro m an o , a G ibira, e mandato essendo ( n o ) Elvio a d esplorare la intenzione di M oagete, spedi costui am basciadori , chiedendo non si guastasse il suo territorio, dappoich era amico de R om an i, e farebbe tntto ci che gli sarebbe ordinato. E d insieme con questi detti

E str.F al.

Amb. 3o

a35
porgeva quindici talenti ( i 11) da farne una corona. Le A . di quali cose avendo Elvio u d ite , disse che si asterrebbe dalla campagna 5 ma pella somma degli affari confortollo a m andar ambasciadori al console, ed egli coll esercito gli terrebbe dietro. F atto c i , e mandato avendo Moagete cogli ambasciadori > 1 fratello a n c o ra , Gneo riscontratili nel cam m ino, diresse loro parole piene di minacce e d acerbit ; dicendo che non solo era Moagate pi alienato da Romani che qualsivoglia altro potentato dell Asia , (11 a) ma che tu tta la sua forza aveva impiegata alla distruzione dell impero ro m a n o , ed era p i 'd e g n o di (11 3) gastigo e punizione cbe non d amicizia. Gli ambasciadori spaventati dalla dimostrazione dira, lasciarono le altre incumbenze, ed il pregarono di venir a colloquio con Moagete. Avendovi egli acconsentito, ritornarono in Cibira. Il giorno appresso usc il tiranno cogli am ici, in povero ed umil vestito e senza pompa, e nello scusarsi piangeva la sua impotenza e la debolezza delle citt da lui dominate ,, e supplicava Gneo che accettasse i quindici talenti. Si gnoreggiava egli le citt di C ib ira , di (11 4) Sillio e di ( i i 5 ) Temenopoli. Gneo strabiliato della costui sfron tatezza , altro non gli disse, c h e , ove non desse cin quecento talenti (116) di b u o n g ra d o , non solo gua sterebbe la cam pag na, ma la citt eziandio assedierebbe e m etterebbe a sacco. Q uindi Moagete paven tando dell avvenire, pregava nulla di ci facesse, ed a poco a poco cresceva la somma. Finalmente persua se a Gneo di prender cento ta le n ti, diecimila staia di frumento , e di riceverlo per amico.

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A. di R.

XVIII. Allorquando Gneo Manlio pass il Game d lsiooda , richiedendolo di soccorsi. Imperciocch (118) i Termissesi, dissero, chiamati quelli di (119) Filom elio, avean devastata la loro cam pagna, e saccheg giata la c i t t , ed ora assediar la ro c c a , in cui eransi rifuggiti tutti i cittadini colle mogli e co figli. Lo che avendo Gneo udito, promise loro molto graziosamente di soccorrerli, e reputando guadagno siffatta congiuntura , marci per alla volta della Panfilia . G n e o , appressatosi a T erm esso , pattu con costoro am icizia, prendendo cinquauta talenti, e lo stesso fece cogli (120) Aspendii. Ri cevuti poi ambasciadori dalle altre citt della Panfilia, ed inspirata loro negli abboccamenti la test mentovata persuasione , liber (121) gl Isiondei dall assedio, e ri prese il cammino verso la Gallogrecia. XIX. Gneo, presa la citt di (122) Cirmasa, e molta preda, lev le tende. Marciando a fianco depaludi, ven nero a lui ambasciadori da ( i 23) L isin o e, rimettendosi alla sua discrezione. I quali avendo a c c ettati, invase il territorio de Sagalassei, e toltane gran preda aspettava qnal fosse per essere l intenzione de cittadini. Venati poscia am basciadori, gli accolse , e presa una corona di cinquanta ta le n ti, e ventimila staia d orzo ed altret tante di frumento li ricevette per amici. XX. Gneo M an lio , console ro m a n o , sped amba sciadori al gallogreco (124) Eposognato , per indarlo a m andar oratori a regoli de Gallogreci. E d Eposognato

565 (117) C olobato, vennero a lui ambasciadori dalla citt A m b 3 1

Amb. 3a

Amb. 33

237

mand ambasciadori a Gneo, pregandolo di non levare A. di R. s tosto il c a m p o , n di m etter le mani addosso a ^65 Galli ( i a 5) Tolistobogii} dappoich egli stesso anderebbe ambasciadore a que reg o li, e proporrebbe loro l amicizia, (126) e gl indurrebbe a recarsi ad ogni onesta condizione.

(127) G n e o , console ro m an o , passato oltre, fece un Suida ponte sul fiume (128) Sangario, ch era profondissimo rAAs e non si potea guazzare. Accampatosi presso a questo fium e, vennero a lui (129) Galli da parte d Attide e B attaco , principali sacerdoti della Madre degli Dei di ( i 3o) Pessinunte, con ( i 3 i ) imaginette e pettorali ; di cendo che la Dea gli annunziava vittoria e potenza. Costoro accolse Gneo benevolmente. TrovndosijGneo presso alla piccola citt di ( i 3 a) Gord ie o , giunsero ambasciadori da Eposognato, indicando eh egli erasi messo in cam m ino, ed avea parlato co regoli de Gallogreci $ ma che questi non calarono a nessun amichevole accordo , ed eransi ragunati co figli e colle mogli e con tutte le loro sostanze nel monte chiamato (1 33) O lim po, pronti a combattere. 33

XXI. (1 34) Ortiagonte , regolo de Galli d Asia, Estr.V accignevasi a trasferire in s stesso il dominio di tutti , i Gallogreci, ed a quest uopo era di molti mezzi for nito cos dalla n a tu r a , come dall uso. Imperciocch era egli benefico e m agnanim o, ed affabile ne eolioquii e prudente ; e , ci che presso i Galati maggior-

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A . d i R. m ente m o n tav a, valoroso ed abile nelle bisogne di 565 guerra.

Plutarco. ( i 35 ) Allorquando i Romani sotto Gneo Manlio vin Della vir t delle sero in battaglia i Galli d A sia, avvenne che Chiomara dorme moglie d Ortiagonte fosse fatta prigioniera con altre

donne. Il centurione che lavea presa us militarmente la sua f o r tu n a , e la viol ; come quegli eh era gros solano ed intem perante nella libidine e nell avarizia. Tuttavia fu egli soggiogato dall amore del d a n a ro , ed essendogli offerto molt oro pella donna , la condusse , perch fosse risc a tta ta , in un sito ch era nel mezzo diviso da un fiume. Come i Galli a questuopo venuti, tragittata l a c q u a , diedero a lui ( ( 36 ) loro, e presero C h io m ara, questa con un cenno impose a uno d essi che colpisse il Romano che labbracciava cordialmente. U bbidito avendo colui e tagliata al centurione la testa, essa alzolla e nel suo grembo avvoltala se ne and. Come giunse presso il marito e gli gitt dinanzi la te sta , egli maravigliatosi, disse : O d o n n a , quanto bella la fede ! S davvero, rispos e lla , ma pi bello si , che un solo viva, il quale si giacque meco. A co stei, dice Polibio , d aver parlato in S a rd i, e di aver am mirato il suo coraggio e la sua prudenza.
Amb 34

X X II. M entre che i R o m an i, (>37) vinti ch ebbero i Galati, eran accampati nedintorni della citt di ( i 38 ) A n cw a, ed il console Gneo Manlio era per andare in nanzi ; vennero a lui ambasciadori da T e tto s a g i, pre gandolo lasciasse le forze in quel sito , e progredisse

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egli il giorno appresso in nn luogo di mezzo fra i due A . d i A eserciti; ch verrebbero eziandio i loro regoli, (139) p er ^65 trattare la pace. V acconsent G n e o , e comparve se condo il concertato con cinquecento cavalli; m a i regoli allora non vennero. Ritornato ne suoi alloggiamen ti , vennero di bel nuovo gli am basciadori, adducendo certi ( i 4 o) pretesti in iscuia de regoli, e pregandolo venisse un altra volta ; ch manderebbono gli nomini principali per trattare della somma degli affari. Gneo il prom ise, ma rimase nel proprio campo , e spedi At talo con alcuni tribuni e trecento cavalli. I Galli ven nero giusta il convenuto, e ragionarono delle loro bi sogne , ma dissero che non potevano recar a fine le cose di cui rasi p a rla to , n confermar alcuna deci sione ; sibbene verrebbon il di vegnente i regoli, e con durr ebbon a termine ci eh erasi p a ttu ito , se il con sole Gneo pure vi fosse presente. Avendo promesso Attalo che verrebbe Gneo, separaronsi. Facevan i Galli queste dilazioni ed aggiravan i Romani con animo di trasportare sull altra sponda dell (1 4 0 Ali quanti po tevano delle mogli e de fig li, e delle robe , e sovrattutto di p re n d e re , ove andasse loro fa tto , il console romano ; se n , di ucciderlo ad ogni modo. Con que sto proponimento aspettavan il giorno appresso larrivo de R o m an i, tenendo pronti da mille cavalli. G n e o , udito d a Attalo che verrebbon i re g o li, e prestatagli fede usc conforme solea con cinquecento cavalli. Era* 110 per avventura i giorni addietro usciti dal campo de Romani i tagliatori di legne ed i foraggiatori verso quel la p a rte , (14) dove il presidio de cavalli accam pa-

2 4.0
A. di R. gnava il console al colloquio. La qual cosa essendo aF-

lora pure accadu ta, e molti usciti, rdinaron i tribuni che que cavalli ancora eh erano soliti a presidiare i foraggiatoti andassero a quella volta. La sortita de quali fu un favorevole caso nel frangente che sovra* stava. X X III. ( i 43 ) Fulvio, per mezzo di segrete pratiche-, occup di nottetempo una parte della r o c c a , e v in trodusse i Romani. (8 uida). ( i 44 ) F ilopem ene, pretore degli A chei, movendo eerta accusa contro i Lacedemoni!, ricondusse in citt i fuorusciti, ed uccise ottanta S p a rta n i, conforme dice Polibio, ecc. (Plutarco).

Ami. 35

XXIV. A que te m p i, mentrech nell Asia svernar Olimp. JI capitano de Romani Gneo Manlio (14 ^) ' n E feso, correndo lultimo anno della presente Olim piade, ven566 nero ambasciadori dalle citt greche dell Asia-, e d a molte altre , recando corone a Gneo pella vittoria ri portata su Galli. Imperciocch gli abitanti tutti di qua' del T auro non erano tanto lieti dell abbassamento d Antioco, perch vedeansi liberati, chi da tributi, chi da presidii, e tutti in generale dalla suggezione regia , quanto dell esser loro tolto il tim ore ( 146 ) de barbari,, e di trovarsi francati dalla costoro insolenza e perfidia. Vennero eziandio da parte d Antioco (147) Museo , & da Galli am basciadori, per inform arsi, a quali condi zioni avessero a conseguire l amicizia de Romani. N e

24l
ten n e ro egualmente da Ariarate re della Cppadocia, il A . d i R. quale avendo collocate le sue speranze in A n tio co , ed ^66 avuta parte nella battaglia contro i Romani, temeva ed era in forse pel suo stato. I l perch m andando sovente ambasciadori, volea sap e re, che cosa dare o far dovesse ( i 48 ) per im petrar perdono al s h o errore. Il capitano, lodate tu tte le ambascerie delle c i t t , e ricevutele be* nignamente, licenzioUe. AGalli pertanto rispose, chegli aspettava il re E u m e n e , e d allora avrebbe con essi tra tta to , ed agli oratori d Ariarate disse, che ove des sero (*49) seicento talenti avrebbono la pace. Gollambasciadore d Antioco stab il, che sarebbe venato col1 esercito ( i 5 o) a confini della P anfilia, per prendere duemila e cinquecento ta le n ti, ( 15 1) ed il frumento che dar dovea a soldati suoi avanti la pace , secondo la convenzione fatta cn Lucio Scipione. Indi purific l esercito, e posciach ( i 5 a) la stagione il permetteva^ prese seco Attalo e partissi, e giunto lottavo giorno in ( i 53 ) Apamea , vi rimase tre d. Nel quarto levossi di l , e prosegu a marce forzate. Pervenuto il terzo gior-. no nel laogo concertato cogli ambasciadori d Antioco> vi pose il campo. L venne a lui M u seo , pregandolo di tratten e rsi, perciocch ritardavano le carra e gli animali che portavan il frumento ed il danaro;- ondegli sindusse ad aspettare tre giorni. V enute le provvigioni, il frumento ( i 54 ) divise all esercito, ed il danaro con* segn ad uno de trib u n i, con ordine di condurlo iu Apamea. XXV. Avendo sentito che il comandante del presi*
p o lib io

tom. r i.

*6

242 A. diR. dio posto da Antioco in (1 55 ) Perga, n menava fuori


566 ]a guernigione, n egli stesso usciva della c i t t , mosse coll esercito contro Perga. Avvicinatosi alla c itt , gli venne incontro il capo del presid io , pregandolo sup plichevolmente, non si affrettasse di condannarlo, dap poich avea fatta cosa cbe spettava al suo dovere: che commessa essendo la citt alla sua fede da A ntioco, egl intendeva di serbarla , finattantoch colui che glie* 1* avea affidata gli avesse manifestato ci che ne dovea fare i finora pertanto nessuno avergli fatto sapere al* cuna cosa. 11 perch domandava ( i 56 ) trenta giorni, a fine di m andar a chiedere al re come dovea diportarsi. Gneo, veggendo che Antioco in tutte le altre cose avea esattamente osservati gli accordi, gli concedette di man d ar a consultare il r e ; e ( i 5 ^) dopo alcuni di sentita la volont di l u i , arrese la citt. F rattan to i dieci le gati ed il re Eumene approdarono in Efeso in sull in cominciar della s ta te , e poich furonsi per due giorni ristorati dalla navigazione, salirono in Apamea. Gneo ricevuta la nuova del costoro arriv o , sped il fratello Lucio con quattrom ila uomini agli (( 58 ) O roandesi, incaricandolo di riscuotere per amore o per forza i da nari che ancora doveano giusta l accordo. Egli levatosi coll esercito prosegu, facendo ogni diligenza p er raggiugner Eumene. Arrivato in Apamea, e trovatovi il r e co d iec i, eonsigliossi con loro circa gli affari- (159). Parve adunque loro di confermar primieramente la convenzione giurata ad Antioco, sulla quale non s a vesse a far altre p aro le, ma a norm a dello scritto con cluder la pace.

243
XXVI. (160) I particolari del trattato erano a un di A . d presso come segue : Fosse amicizia fr a Antioco ed i 566 Romani in perpetuo , ove quegli eseguisse gli articoli del trattata. Non concedesse il re Antioco , n i suoi subalterni, il passaggio pel loro territorio a''nemici dei Romani e de'1loro alleati , n fornissero loro alcuna

cosa necessaria. Lo stesso facessero i Romani ed i toro alleali verso Antioco ed i suoi subalterni. Non guerreggiasse Antioco cogl'1isolani, n cogli Europei. Sgomberasse (161) lo citt, le campagne , le terre , le fastello (162) di qua del monte Tauro sino al fiume A l i , e dalla valle del Tauro sino a gioghi, dov1esso inclina verso la Licaonia. Non recasse fuori nulla , se non te le armi che portano i soldati; e se per avven tura questi avessero tolta qualche altra cosa , la resti tuissero alle stesse citt. Non desse ricetto ad alcun suddito del re Eumene , o soldato , od altri che fo ste . Se alcuni di quelle citt che i Romani tolgon ad A n tioco , fossero ( i 63 ) nel costui esercito , li rimettesse in Apamea. Che se alcuni del regno d'1Antioco fossero (164) presso i Romani o i loro alleati , avessero la f a colt e di restare , se volessero, e di andarsene. Resti tuissero Antioco ed i suoi subalterni i servi de1 Romani e de' loro alleali , i prigioni, 1 disertori, e tutti quelli che da qualsivoglia parte venuti fossero in lor potere. Consegnasse Antioco , ove gli fosse possibile , A nni baie d>Amilcare cartaginese > e Mnasiloco acarnanef e Toante etolo, Eubulide e Filone calcidesi, ( i 65 ) e tutti gli Etoli che avean occupate le prime cariche , (166) e tutti gli elefanti, n altri avesse. .{167) Consegnasse

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i. di li. altres le navi lunghe, colle vele e cogli attrezzi, e 566 non avesse pi di dieci navi coperte, n alcuna (168) da corso con trenta rem i , (169) neppur ad uopo d'uria guerra da lui incominciala. (170) Non navigasse olire il fiume Calicadno ed il promontorio Sarpedone, tranne se conducessero tributi, o ambasciadori, o sta tichi. Non fosse permesso ad Antioco di levar gente da'paesi soggetti a?Romani, n accoglieste t fuorusciti. Tutte le cose de1Rodii e de loro alleati comprese nel reame d Antioco, fossero de Rodii, come innanzi alla guerra da lui mossa ; e se dovesse a loro del danaro , fosse questo esigibile} e se qualche cosa (171 ) fosse loro stata tolta , si ricercasse e restituisse. Gli effetti appartenenti a*Rodii fossero esenti da gravezze, come avanti la guerra. Che se Antioco date avesse ad altri alcune citt di quelle chegli dovea rendere, facess'egli uscire di queste ancora i presidii e la gente. Se alcuno poscia a lui ricorresse, noi accettasse. Desse Antioco (173) a' Romeni del miglior argenta attico dodici mila talenti in dodici anni, dando ciaschedun anno mille talenti; ed il talento non pesasse meno d ottanta lib bre romane ; (173) oltracci quattrocento quarantamila moggia di frumento. A d Eumene (174) desse (ijS ) trecencinquanta talenti ne prossimi cinque anni in rate annue, (176) al tempo conveniente , come a? Romani. Pel frumento, (177) conforme Cavea stimato il re A n tioco, pagasse centoventisette talenti, e mille dugentotto dramme, che il re Eumene avea acconsentito di pren dere, (178) ci convenendo meglio al suo tesoro. Desse 1 Antioco venti statichi, cambiandoli di tre in tre anni,

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non p giovani di diciott a n n i , n pi vecchi di quarantacinque. Se nelle rate da sborsarsi (179) fosse qualche discrepanza , si compensasse V anno seguente. (<8o) Se alcune delle citt o nazioni, contro cui pat tuito che Antioco non guerreggi, fossero le prime a fargli guerra, avesse Antioco facolt di guerreggiare ; (1 8 1 ) ma la signoria di queste nazioni 0 citt non avesse , n le ricevesse per amiche. (182) Circa le of fese che nascessero fr a di loro provocassero in giudici. Se volessero amendue di comune consenso aggiugner qualche cosa al trattato o levarne , fosse loro le cito di farlo. Giurata la convenzione a questi p a t t i ,
sped il capitano ( 183 ) im m antinente Q uinto Minucio Term o e suo fratello.L u c io , che avean test recati i danari dagli Oroandesi, nella Siria, con ordine di pren dere il giuramento dal r e , e la ratificazione de partico lari del trattato. A Q uinto F a b io , comandante delle forze nav ali, mand lettere per c o rrie ri, com andando gli ( 184 ) andasse tosto a P atara, e, ricevute le navi che col erano , le (1 85 ) bruciasse. XXVII. In (186) Apamea i dieci legati e Gneo dace Amb. supremo de R o m an i, poich ebbero sentiti tu tti quelli che col erano co n co rsi, a coloro che contendevano pel territorio o p er d a n a ri, o per qualche altro og getto , assegnarono citt di reciproco aggradim ento, ove s1 avessero a giudicar le loro controversie. E circa la somma degli affari fecero cotale disposizione. Q uante erano (187) citt libere che in addietro pagavan tributo ad Antioco, ed allora serbavano la fede aRomani, frandi il 566

246 t. diR. carono da tributi ; e quante pngavan imposizione ad 566 A ita lo , ordinarono che la stessa gravezza pagassero ad Eumene. Quelle che, abbandonala lamicizia dei Romani, militato aveano eoa Antioco, vollero clie ad Eum ene pagassero il tributo stabilito con Antioco. I Colofoni! / abitatori di (188) N o zio , i (189) Cumei ed i Milassesi assolsero da ogni tributo. (190) A Clazomenii aggiun sero in dono l isola di Drimussa. AMilesii restituirono la (191) campagna s a c ra , che per cagione figa) delle guerre aveano pria sgomberata. I Chii, e gli Smirnesi, e gli Eritrei avvantaggiarono in ogni cosa , e diedero loro quel territorio che ciascheduno al presente desi derava., e che stimavan esser a s dovuto; avendo ri guardo alla benevolenza ed allo 2elo che in quella guerra ebbero a Romani dimostrati. Restituiron ezian dio a Foceesi il patrio governo ed il territorio che prim a aveano. Poscia negoziarono co R o dii, e diedero loro la (193), Licia, e della Caria le terre sino al fiume M enandro . tranne (194) Telmisso Circa il re Eum ene ed i suoi fratelli fecero nel trattato con Antioco ogni possibile provvedim ento, ed in Europa gli aggiunsero il C hersoneso, e Lisimachia, e le castella, e la campa gna a questi confinanti, che Antioco signoreggiava ; in Asia la Frigia all Ellesponto, e la Frigia M ag n a, e la Misia che (19^) Prusia in addietro gli avea to lta , la Licaonia , la Miliade , T ra ile , Efeso , Telmisso. Questi doni fecero ad Eumene. P er ci che risguarda la Pan filia , siccome Eumene diceva eh era di q u a , e gli atnbasciadori d Antioco di l del T a u r o , cos non sa pendo che cosa decidere rimisero l affare al senato.

247

E d avendo regolate pressoch tutte le faccende, e mas A . d i R, simamente le pi necessarie, partironsi alla volta del- 566 l E llesponto, con animo (196) d 'a ssic u rare cammin facendo le cose spettanti a1Galati.

F IN E D E G L I AVANZI D EL LIBRO V lq fS IM O SECONDO.

SOMMARIO
GLI AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO SECONDO.

E v U BSE ED I R o b l t .

T o tr i i p o p o li deir A sia sono inten ti a l senato romano Orazione d E um ene a l senato romano I l senato gli d anim o ( 1) E um ene ripiglia la sua diceria ( II III IV) I l senato approva i detti d Eum ene. A m basciadori degli Smir* n esi A m basciadori de R odii Orazione de R odii ( V) conferm ata la pace cogli E loli ( VI.) Sono decretati dieci legati d a m andarsi in A sia I R o dii pregano p t SoHi G li Scipioni e Regilo rito m a n a Rom a ( VII).
G u E tt tJ E t o l i c a .

A m in a n d ro s i scusa presso gli Scipioni G li Etoli so g giogano V A n filo ch ia , A pera n tia , e la D olopia D amotele m andato am basciadore a R om a M . Fulvio va conira g li Etoli ( V i li ) Consulta cogli E piroti O ppugna A m b ra * eia A m basciadori degli E to li p r e s i dagli E p iroti A va rizia A lessa n d ro Isio aiutata dalla fo r tu n a . Damotele m andato u n altra volta a R om a ( IX) O ppugnazione d A m bracia e su a vigorosa resistenza ( X -X I) T ratta si la pace cogli E toli ( XII) loro d ata la pace A m bracia antica regia d i P irro A rgo A njilochico ( XIII) V anno a R om a am basciadori dagli E to li, da R odii > e d a g li A teniesi O razione d e l t ateniese D am ide in fa v o r e degli E loli ( X IV ) conferm ata la pace cogli E toli ( XV).

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G l'BttlA c o ' G a l io h e c i .

Principio della guerra ( X VI) M o a g ete, tiranno d i Ci bira & arrende a M anlio ( X VII) Colobato , fiu m e I s o n d a , citt Term esso A sp end o ( XVIII) Cirm asa L isinoe Sagalasso ( XIX) Eposognato, amico d R om ani ~ Tolistobogii G alli della M adre Id ea G ordieo , citt Olimpo delP A sia ( XX) O rtiagonte, re golo deGallogreci Chiom ara, m oglie dtOrtiagonte ( XXI) I Tettosagi tendono insidie a R om ani ( XXII).
G tE C IA x P e l o p o it s e s o .

Sam e presa d a l console F ulvio F uorusciti ricondotti in Sparta ( XXIII).


G x . M a h UO a cco m o d a u A r t ah i d ell A s ia .

M anlio risponde agli am basciadori delle citt A m basciadori de G a lli, e d i A ria ra te M anlio riceve da A ntioco d a nari e fr u m e n to (% X XIV) Comandante d e l presidio d i Perga A rrende la citt a M anlio V engono da R om a i dieci legati ( X XV ) O roandesi M anlio conferisce co dieci legati ' Trattato con A ntioco ( X X V I) I dieci le gati stabiliscono le cose dell A sia ( XXVII)

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI D EL LIBRO VIG ESIM OSECON DO.

(t) ssbkdo ec. 11 contenuto di questo estratto nel libro x x v n , 5 i e segg. di Livio. (2) Vennero. Dell ambasciadore romano, che fu L. Aurelio Gotta, qui non si fa motto, ma convien credere die fosse gi stato dal Nostro nominato ; dappoich, secondo Livio (1 . c.), fu egli il primo che in senato, poscia nella radunanza del popolo, espose per comandamento de Padri quanto fu eseguito' in Asia. (3) A ccolse. Bene cangi qui il Reiske in il V ol gata n S i g i f t i n t , secondo Esichio, quanto w f d t n X f t t n c , aspettato , ma prendesi eziandio nel senso di as sum ere , ricevere alcuna c o s a , non gi daccoglier una persona. Cosi va corretto in che lo Schweigh. nel lib. x x i , 2 tolse dal cod. Bav. 1 ~ (4) I d o n i ospitalit. L autia chiamavanli i Romani, ed erano comunemente le spese che per ordine del senato facevansi dal questore agli ambasciadori delle nazioni amiche. Deriva cotal nome dal lauto trattamento con cui accoglievansi, e che con sisteva non solo nella magnificenza de conviti, conforme opina Festo, nta eziandio, secondo C arisio, nella preziosit delle

suppellettili che loro donavansi. Livio tace di cotesti regali, forse perch era superfluo il dirlo a Romani. (5) Uno de p i vecchi. Questa circostanza, omessa da L ivio, fa conoscere' in quanta venerazione i Romani tenessero let se nile, e quanta autorit le attribuissero. Io prescrivo a l senato, dice presso Cicerone (de Senect ., 6) Catone il censore ottuage nario , che cosa esso ha a f a r e , e com e. (6) Q uelli d i dentro. Lo Schweigh., stando alla scrittura vol gala eh i T *tic t, suppose con ragione che mancasse la voce rly ttX tttt j ma siccome in tal ipotesi superfluo sarebbe lt 7r, cosa nota essendo che il senato deliberava dentro alla curia, io propongo di leggere ! J 't iT t t: frase al Nostro famigliare, dove dee farsi distinzione tra coloro che trovansi dentro a spazi! chiusi ' ed altri che sono fuori di questi , siccome tra gli assediati e gli assediami. Allora non mancherebbe nulla a render chiara l e spressione. (7) Esposto. Io non tengo col Reiske che debbasi sostituire ad aroefi/a,7 of giacch non sarebbe stato de cente che uno de pi vecchi senatori avesse fatta la funzione di lettore (conforme agiorni nostri farebbe un secretario), recitando il decreto disteso dal senato intorno alle faccende d Eumene; seb bene non improbabile, che per dare maggior autorit alla loro sentenza incaricassero uno de pi attempati tra di loro ad ese guirne la sposizione. (8) Delle cose che a s appartenevano. La modesta prote stazione che qui leggesi fu omessa da L ivio, lo che fatto viep pi grave, quantoch il sincero rimettersi dEumene nella vo lont de:Romani spicca vivamente appetto alla falsit deRodii. (9) D i quello eh egli. S e , conforme piacque al Reiske, da ritenersi Y A v ltv t che hanno i M S S ., in confronto dellemenda zione in i v i et fatta dall O rsin!, ci non hassi a fare pella ra gione indicata dall alemanno commentatore , quasich il plurale comprendesse ancora i fratelli dEuraene ; sibbene perciocch in progresso di discorso, parlando il re in prima persona, usa egli

25a
pure il plurale che d alle cose dette da un grave personaggio un non so che di solenne e di dignitoso. (io) L a maschera. 9 x i x t ( * ha il testo, che i traduttori la tini rendettero per colore. Io ho creduto di serbar meglio la pro priet della favella italiana , usando quel vocabolo per esprimere un aspetto non vero ed illudente all immaginazione. ( n ) Aggiugnerolle. Il sostantivo che a questo verbo si rife risce il nom e d i libert , che riscontrasi nel principio dell apodosi del presente periodo. Nella versione latina si credette di render il contesto pi chiaro introducendo un nuovo sustantivo: Eadem que res ( e la stessa cosa ). Io non votli farlo, temendo dinfievolire la forza del pensiero espresso dal Nostro, e paren domi che non possa riuscir oscuro questo luogo a chi il legge con qualche attenzione. (13) Siate guardinghi. Qui non facea d uopo che il Casaub. (seguito dallo Schweigh.) cangiasse il volgato vtriiS ir^-xi, adot tato anche dallOrsini, in *-<cfir$<c< ; perciocch sebbene Esichio scriva questo verbo coll * , gli altri lessicografi tutti arrecano 11. Si consulti la nota aH v *-<Sftttat dEsichio nelledizione dellAlberti. (1 3) Ogni mo diritto. Oscuro anzich n qui il testo , n d'altronde che da Livio pu essergli recata luce. I n aliis rebus (sono parole di questo storico) cestisse in tra fin e m ju r is mei cuilibet videri m aim , quam nim is perlinaciter in obtinendo eo co n ten d isse, e questo al certo il senso che rappresentar volle Polibio, e cui si avvicin il Casaub. ponendo la virgola dopo ir<t7f ; non gi lo Schweigh. che la pose prim a, riferendo cotal aggettivo al r x f x ^ n f n r u t f t che segue, ma che richiede' rebbe l avverbio t r x t l S t , a l t u l t o , affa tto cederei. Tuttavia nella traduzione copi egli il Casaub. Ci pertanto che reca il maggior imbarazzo a questo luogo si lo strano significato at tribuito a S i n , che sta per dovuto , s i co m p ete, con elissi del pronome personale a me. (1 4) Che dim orano. Non piacque al Reiske il p u titim i, dicen

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dolo fiacco c superfluo, e parecchi altri verbi propose di sosti tuirvi. Lo Schweigh. credette che'possa affatto omettersi. Ma Livio certamente il trov nel Nostro, avendolo trasportato nel suo testo che cosi suona : Q ui p rim u s om nium A siam Graeciamque mcOLEHTiatt ; e ben mi maraviglio, coin il Reiske ebbe ad asserire che da Livio nulla trar vi potesse a favore della sua sentenza, o contro la medesima. Attalo, osserva lo Schweigh., venne a cognizione de Romani per mezzo degli Etoli de quali era amico (Polib., ir , 65 ) , ed appena l anno di R. 543 fu egli compreso nellalleanza de Romani cogli Etoli (Liv., xxvr, ^4 )(1 5) E finalm ente. Qui pure il Reiske non consult Livio; al trimenti non avrebb gli corretto il Nostro, proponendo di scri vere i t <*<<>, ovveramente i t m e i m i , che corrisponde all italiano quasi che dissi. P o strem o , dice lo storico romano, . . . . in ipsa conclone inde m ortuus ec. Laonde liisr7 qui pleonastico, e non gi mitigativo della pressoch immodesta espressione dEumene , conforme stim il succitato commentatore. Della costui morte narra Livio (xxxm ; 2) che, incomin ciato avendo a ragionare de meriti di s e de suoi maggiori, cosi verso tutta la Grecia come in particolare verso la nazione de Beozj, e non potendo, tardo e debole com egli era , soste nere la fatica del parlare, ammutol e stramazz. Il suo elo gio fu tessuto da Polibio nel lib. xvm , a 4. (16) A rrecaron il cimento d e l fu o c o . mmi tanto piaciuta questa allegora, che non dubitai di trasportarla verbalmente dal testo nel nostro idioma , dove io credo eh essa non faccia trista figura. Livio cansolla , ed i traduttori latini ne scemarono la forza cos tramutandola: Ut t e l v t in igne Jides m ea probaretur. (17) D arei la fig lia . Questo plurale non pu certamente ab bracciare i fratelli d Eumene , conforme vedemmo nella nota 9 che il Reiske suppone del primo numero de pi che riscontrasi nel presente discorso, e conforme potrebbesi credere di tutta la serie de plurali che segue in questo e nel prossimo capitolo. (18) Sicch. Qui manca la rimembranza cl?e presso Livio fa Eumene dell assistenza da s prestata a Scipione giuuto coll e

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sercito nellEllesponto, cui venne incontro colla sua armala, a malgrado che Antioco da una parte e Seleuco dallaltra accam pati fossero intorno alla sua capitale. Trattandosi dun merito cotanto segnalato io suppongo che lepitomatore di Polibio saltato labbia a pi pari, anzich Livio appiccato alla diceria del rei (19) A ncora. Parve allo Schweigh. di porre dopo questa pa rola ua segno di lacuna, avendovi aggiunto Livio e x to r r is , e x p u ls u s , om issis om nibus copiis ; ma colesta non ' che unam plificazione di quelle che famigliari sono allo storico romano. Sibbene leggo col Grooovio f t t l i Itim i e non 7S i -* 1 , non avendo Massan issa dopo la sua disfatta potuto salvare bitta la cavalleria. Cum turm a equitum scrive L ivio, ed il'C asaub., comech lasciasse il testo intatto , tradusse bene: Cum paucis equitibus. (ao) S ino d a l tempo. Suon male allo Schweigh. Si* w ( t y i m i , cui propose di sostituire mm wp . , ovveramente S i i r f y i i m i x'< i \ * l S i , per mezzo demaggiori e di noi stessi. 10 non veggo questa necessit, dappoich Stt sta qui nel senso d estensione , e significa p e r tutta la vita degli antenati. (ai) M a siccome ec. Livio dice che la loro ambasceria fu b reve, e che il senato lodolli molto per aver essi preferito di ridursi agli estremi, anzich arrendersi al re. (aa) La p i tenace d i fe d e . n i t r i t i t t , propriamente quelli che p i la d u ra ro n o , che colla maggior insistenza persevera rono , il qual senso meglio s accorda colla espressione di Livio da noi citata nella nota antecedente, che non la versione latina; Sum mo studio amicitiam hos coluisse Rom anorum . (a3 ) Privatam ente , cio per proprio consiglio e senz associar le loro armi a quelle d altra nazione. Infatti scorgesi da .Livio ( x x x v i, 45 ; xxxvn , 9 ) eh essi aveano mandata una flotta a Romani in aiuto contro AntioCo e ch e, sconfitti dall armata avversaria, ripigliarono le offese e furono vincitori ( xxxvn, io , 1 i , a 3 , 24). Nella guerra di Filippo ad essi ascriversi debbe 11 merito principale della rotta navale toccata da Macedoni ( Po-

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lib., x v i , 9 - i o ). Livio fa loro a questo proposito rammentare amendue le guerre, di Filippo e d Antioco. (a4) T ristissim a congiuntura. molto inferiore all'energia del testo il perqu am incom ode usuvenisse de traduttori latini. I f i k i l , leggesi in L iv io , nobis tota nostra actione , neque d iffieilius neque m olestius e s t , lo che maggiormente s avvicina al ft'ty ir r tt v iftw lm ft del Nostro. T 7t p tty lrrt ir m p tirip tm n w uA/i< trovasi nel lib. n ( c. 5 y, che noi voltammo: Lottare con tro la pi gravi sciagure. (a5) I n pubblico in privalo. Legava lo stato di R o d i , non meno che singoli cittadini ( cosi la discorre Livio ) pubtriLo diritto dospitalit col re Eumene, lo che quanto importasse {*so i Greci abbiam gi detto altrove. (?6) L a gloria. L Orsini considerando che il verbo oscurare male si adatta al volgalo riAf (fine), e che L i vio ha: G loriam P hilippi bello p artam - deform aretis, propose di scriver lo l ho seguito , non trovandomi appagato dalla ragione del Reiske, che approva lo Schweigh., doversi qui intendere per r i x t t il fr u ito e F em olum ento della guerra Filippica : potendosi i frutti d una fatica hens annullare , d i struggere , ma non gi oscurare. (27) Che siccom e ec. Non assapor Livio le vivaude imban dite in questa similitudine , e le credette forse inferiori alla di gnit della Storia. 1 Rodii pertanto , comech, a detta di Cice rone (Orat. 8) non approvassero la dicitura lauta e quasi gras sa de Curii loro vicin i, non agguagliavano la pulitezza de gli Ateniesi , e quindi pub loro condonarsi un paragone da cui orecchie attiche rifuggirebbono , n dee dispiacere all esatto storico di riferirlo. (a8) E le terre ec. Appartengono queste alla Tracia, che con una lingua di terra unita al Chersoneso. Quindi hassi a leg gere col Reiske e collo Schweigh. cio X ipptinru. e non altrimenti 7*7 , siccome hanno i Mss. e l Orsini, n tampoco l a t l a i t , conforme scrisse il Casaub.

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(ag) U na sola delle quali. Mutilati essendo qui i testi a pen na , in vario modo vi supplirono i commentatori. L Orsini pre senti ebbe le parole di L iv io , quando in tal guisa corresse : tic > /S*{ Ajo-S* S vftlr& a t, i t ir r 7 ts w f t r i t S it i a , p o tete d o n a r a ch i volete , una delle quali (province) aggiunta a . . 11 Casaub. conserv la lezione dell O rsini, ma con ragione os serv lo Schweigh. esser t t t i t I t r t t un sollecismo, in luogo del quale converrebbe porre i t 'i t i nel easo retto. Tanto mag giormente mi maraviglio come lo stesso Schweigh. diede la pre ferenza ad i i 7<> eh egualmente contrario alle regole gram maticali ; a meno che a J iic tlx t non si sostituisca l infinito cffRitengasi adunque, per mio avviso, affine daccordarsi c o n v iv io e non violare le leggi dello scriver corretto, i> 7<. (3 0) E d i non abba tter ec. Pi freddamente disse Livio : E t n o n decedere in stituto vestro. Io non volli lasciar perire nel volgarizzamento il brio della frase greca. (3 1) Procacciaste. Avea gii sospettata l Orsini che il volgalo w tw in **n avrebbesi a cangiare in w t w t i i i t u l t , ovveramente che , lasciando quello , debbasi aggiugnere la voce $*}. L a prima di queste proposizioni piacque al Casaub. ; la seconda allo' Schweigh. Io mi sono appigliato allo prima, regola essendo deltabuona critica di preferir tra due emendazioni quella che con minor alterazione del testo produce un senso ragionevole. A c o tal lezione s avvicinano le parole di Livio : Quum orbis te r r a rum in ditione v e tlra sii. (3 a) Che difficilm ente ec. Bene avvis il Reiske, ed a lui attenendosi lo Schweigh., di leggere per Jo r% tpitrtpn, e S v r % tftr r tff in luogo di ^ x X i w i l x t t . L Orsini empi la lacuna dei Mss., conformandosi a quanto scrive Livio : Q ua e p a ra re et quaerere arduum f u i t , nescio an tueri difficilius sii. (33) T rib u ti. Qui pure fu felice l emendazione del Reiske chemut Q t/iifo lt in (pipati. La sentenza che segue intorno al maggior prezzo che ha 1 onore sovra la moneta ( i p y i p i t t ) Io indica abbastanza. Lo storico romano omise tutto questo luogo

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veramente sublime con nessun vantaggio del discorso da lui dettato. (34) Eziandio quella. Io non legger n x * 7 zrpti col1 O rsini, n * * w fft col Reiske , e molto meno k * v p ft co Mss. , sibbene xa'i 7* t r p /i, onde star in correlazione col 7 7yis pttltptcs che precede. (35) A ' p i gravi pericoli. Lo Schweigh., scrivendo: E t m a xim a certam ina et pericula sincero vobiscum anim o adiim us , sembra che approvasse la lezione dell O rsini, il quale mut 1 i X n S n i ( x i i J i i t n ) in , sebbene nelle note egli difenda la scrittura Volgata. Ma ove si consideri che x X n S ttis significa non soltanto v e r o , sin c e r o , ma ancora fo r te , g r a v e , siccome xJw & iief Q e/ltf che riscontrasi presso il Nostro ( nr x j 5 ) e fii% n Ai)S-(ii) (battaglia terribile) ( m , 11 5 ) la corre zione dell Orsini troverassi inopportuna. (36) Con m oderazione e d onest. Livio cosi chiude : A p ta m agnitudini rom anae oratio vestra e s t , qualificando grandezza romana la carit verso gli amici ed il consigliare azioni magna nime , siccome allora facevano i Rodii. (37) In trod otti fu r o n o . V . la nota 3 al lib. xxi. (38) I l senato approv. Questo stesso avean, a detta di Livio, chiesto gli ambasciadori d Antioco. (3g) Solenne trattato. Accompagnavano le antiche nazioni co testi trattali con cerimonie religiose , affinch avessero maggiore solidit : cio sacrificavansi delle vittime , e sopra queste amendue le parti giuravano. Quindi la frase greca o ptiti ltft.itir ( tagliar i giuramenti ) e la latina fo e d u s icere , fe r ir e . Presso gli Ebrei ancora era in uso siffatta formalit , il primo esempio della quale vedesi nel patto che fece Dio con Abramo (Gen., 15, v. 9 e segg. ). Ed adoperavan essi ancora per esprimerla una simile frase nnl *1113 ( tagliar il patto ). (4oi) Con A ntipatro. Costui era secondo Livio , principe della legazione e figlio del fratello d"Antioco , conforme gi rifer il Nostro al cap. i 3 del lib. xxj, rotiB iO j to m . it i . tj

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(4 1) L a L icia e la parte della Caria. La prima di queste provin ce situata a levante della seconda, ed amendue si estendono si no al mare situato a settentrione ed oriente dell isola di Rodo. La Caria pertanto non fu tutta ceduta a R odii, giacendo parte di quella al di l i del fiume Meandro. Ma la L icia , tranne T elmisso (V. sotto cap. 27) alla foce dello Xanto, venne tutta in po tere di quegl isolani, non giugnendo essa a tramontana neppnr al Meandro, che bagna il paese de Telemisonii confinanti coLicii (V. Totem., V . 2). Quindi ftt%p 7S M a ta tS p tv relativo a 7t

7Jr K a p /a t , non gi alla Licia, ed io non dubiterei di leggere v i 7*i A v u l a t , tanto meno che il Nostro costrusse altrove Ai coll accusativo ( v i , i 3) ; checch sia il parere di tutti gli editori che dall Orsini in poi scrissero : IIA 7*r A vu a e x u t 7iU K ap/as l a pt. 7. M . L e p a rti della Licia e della Ca
ria che sono d i qua d e l fiu m e M eandro. (4 a) Gneo. Era questi Gneo Manlio Vulsone che con M. Ful vio Nobiliore era succeduto nel consolato a L. Cornelio Scipione. (V. L iv ., xxxvii ,47)* (43) Soli. Ragguardevol era questa citt situata sul mare, ma, fattasi in appresso quasi vuota d abitanti , Pompejo la ripopol cogli avanzi de pirati della Cilicia da lui distrutti, e noinolla Pompejopoli. Laveano, secondo alcuni, fondata gli Achei (non gli Argivi ) ed i Rodii ; quindi 1 affinit che questi con lei vanta vano (V. Strabone, xiv, p. 671). Fu essa patria dello stoico C risippo e dell astronomo Arato, i di cui versi leggonsi tradotti da Cicerone. (44) Che A ntio co ec. Da Livio non iscorgesi cbe i Romani avessero ci chiesto ; sibbene, die egli, che i Rodii , volendo la libert di Soli, domandavano tutta la Cilicia e di varcar i gioghi del Tauro. Ed infatti, essendo questa citt pi vicina alla Siria che non i paesi che concedevansi a Rodii , ragionevol era il timore degli ambasciadori d Antioco che costoro avessero in animo di disporre di tutta la provincia e d avvicinarsi loro confini.

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(45 ) E rano gi. La narrazione di Polibio fu in questo luogo compendiata dal compilatore di questi estratti , siccome fu fatto sovente , parte nel principio, parte nella fine de medesimi. Schw eigh. Leggasi in Livio la descrizione di questo trionfo, cbe super in magnificenza e ricchezza quello menalo dall Africano fratello di Lucio. (46) A m inandro. Questo avvenimento trattato da Livio nel lib. xxxvm , 3. (47) D ell aver fa tto ritorno ec. Come una mano di congiu rati , distribuitasi pelle citt dell Atamania, inducesse gli abi tanti ad espeller i presidii del re Filippo, mentrech Aminandro comparve con mille Etoli a confini, come poscia Filippo, en trato nell Atamania con due mila uomini costretto fosse da ne mici a lasciarla con grave perdita, ed a ritirarsi precipitosamente in Macedonia narra distesamente Livio (xxxvm , 1 , a ). (48) N ica ndro. Costui avea ricondotto Aminandro nel suo regno. (49) D olopia. Questa provincia non avea prima appartenuto agli E toli, siccome l Anfilochia e 1 Aperanzia , ma era stata sempre del re Filippo. (5 0) A lessandro sovrannom ato Isio. Di costai insieme eoa Fenea , eh era allora pretore degli E to li, fu gi altrove fatta menzione nl colloquio di T . Quinzio e degli Etoli con Filippo, x v u , 4 Schw eigh. (5 1) Calippo. Ne codici qui una sconcia lezione, dalla quale non si pu cavar nulla. Io ho seguito il Reiske, che da Afw'a e a i ir ty fece K h m 's v j Damippo, egualmente da lui proposto, essendo pi dissimile dalla scrittura Volgata. Lo Schw. pose nel testo e nella traduzione un asterisco. X i f t w a 7< i " A Atiwo (Charopam e t A fypum ) scrissero lOrsini ed il Casaub. (5 a) V ennero ec. Questo capitolo la continuazione dell an tecedente , conforme scorgesi da Livio ( x x x v i i i , 3 ). Egli per ci che io li ho legati colla voce pertanto. (53) A bbondava ec. Non mi dispiace il volgato che

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rifiutarono il Reiske e lo Schweigh., dappoich l aggettivo 'itpS -etc, abbondevole , s riferisce sempre presso i buoni autori agli oggetti di cui abbondanza ; laddove tv x a iff* , opportu nit , proposta dal Reiske, non ha siffatta qualificazione, e meno iv x 'tp tt , fa cilit , introdotta dallo Schweigh. , di cui pertanto questi pentissi nelle note. Cos scrisse il Nostro (in , 90) ylcts i q i i t t t f , gran copia di viveri, ed ia Senofonte ( Oecon v, 4) leggesi itp& oitlal* iyct& k, beni in grande abbondanza, e molti altri esempli potrebbonsi addurre in conferma di questa nostra asserzione. - N disdirebbesi vfuAfuer , buon legnam e, ovveramente Sa*, m ateria qualunque da costruzione, al quale vocabolo s avvicinerebbe 1 espressione di Livio : copiamque m ateriae. (54 ) A ra cto , Livio chiama questo fiume Aretonte, e cos scrs se qui 1 Orsini. Ma non altrimenti che il Nostro hanno vAf% S e f , A ra ch th u s Strabone , Plinio e Tolemeo , il primo de quali ne descrive il corso, e dite che per il medesimo si naviga dal mare in Ambracia facendo pochi stadii. (55) Sibirto fig lio di Pelrato. Ripudi il Reiske questi nomi siccome non greci, e sostitu al primo Sim oeta 2 t/ttfl* v , aven do gi il Gronovio cangiato in T lilfu ltv , di P etreo , il secon do. Ma ove si consideri che gli Epiroti non meno che gl Illirii ed i T r a c i, a detta di Strabone (vii , pp. 325 , q5) , cingevano i fianchi della Grecia ed erano barbari , nou recher maraviglia se usassero talora nomi che non aveano perfettamente il suona greco. 11 perch ho creduto di lasciar il testo intatto. Del resto tutto questo racconto omesso da Livio , che il risguard forse cnme una digressione di poca importanza ; laddove il Nostro espose cotesto fatto con tanta accuratezza , probabilmente pell applicazione morale a cui esso gli forn 1 argomento. (56 ) Caradra. Di questa citt dellEpiro fece gi Polibio men zione nel lib. i v , 63 , pia non trovasi essa presso nessun altro autore. Secondo Strabone (vu i, p. 369) vavea una citt di que sto nome nella Messenia. Un altra C aradra pone Stefano Bis*

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Bella Focide. Qui leggesi X ip x fp c t che 1 Orsini mut in Xp x tS p tt. Probabilmente era essa un porto non lungi da Bucbeto , o , come la chiama Strabone ( v it , p' 3 s i ) e noi scri vemmo , Buchezio, Bu/7<or, ne Cassiopei, dove poscia gli Epiroti deposero gli ambasciadori da loro presi , a maggiore si curezza , essendo luogo , secondo 1 anzidetto geografo, alquanto infra terra. (57) N on e ra n o , ec. Con ragione aggiunse qui il Casaubono t x x x S v r ltp tti s ma perch egli dovesse scrivere t i f l t t i , conforme credette lo Schweigh., io noi comprendo. Meno mi va a sangue quanto il Reiske propone da leggersi: r t t J i At i m e 7? f i n xXXeti ivcfitce x x d v r lip i r t 7s fiU is , vaA f t At/w ird-xt x . 7. A. G li a ltr i a nessuno cedevan in fortuna , ma d i gran lunga a quegli eran , ec. Sibbene approvo n A 7i in luogo di f i , mancando dapprima il f l i t . (58 ) Tanto e etc. Due parti ha lavarizia. L una la smania di accrescere le proprie sustanze, e questa propriamente avi d it , donde deriva ab aro ed avarizia. L altra consiste nell esser oltremodo tenace di quanto si possiede, privandosi per non ispendere di ci che gli altri uomini tengono in maggior conto , sic come fece qui l etolo Alessandro ; e questa m iseria, sordidezza. Polibio consider queste due passioni complessivamente , quan tunque possano ancora andar disgiunte* e raro non sia il vedere degli avari che menano gran fasto, e dei miseri che sono tutti in sul risparmiare, senza che s affatichino di fare grossi avanzi. (5 g) Leucade. Non so come venisse in mente al Reiske , che con Leucade , ma il promontorio L icim na in Corcira fosse il luogo dove approd Damotele, quando chi naviga dallEtolia versa l Italia non ha bisogno di passare innanzi alla seconda di queste isole, che giace pi di sopra di rincontro alle coste dell Epiro ; sibbene sabbatte tosto alla seconda. V . la Carta della Grecia nel 1. volume. (60) E se ne ritorn in Etolia. Ma giunto che fu il console in

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Ambracia, gli Etoli il mandaron a lui per ambasciadore insieme con Fenea (xxxviti, 8). (61) G li E to li ec. Tolto questo ragguardevole frammento d un libro uscito a Parigi nel i 6 g3 , in cui oltre all Operetta di Eroae il giovine che visse sotto limperator Eraclio, sui modi di opporsi allassedio e di respingerlo, sono contenuti i lavori daltri antichi matematici. Il Casaub. lavea gi estratto dal Codice ma noscritto che trovavasi nella Biblioteca regia , e posto alla fine della sua traduzione tra i frammenti di Polibio presi da vari! scrittori. Erone, a dir vero, tace il nome dellautore dond egli ha tratta questa narrazione ; ma per avviso del Casaub. chiunque mediocremente versato nella lettura del Nostro il riconoscer per suo, oltrech ne fa fede Livio , il quale tutta questa storia volt da Polibio. La citt assediata era Ambracia, confrm fc facile a scorgersi dalle cose antecedenti. (63) P irrto . Regia di Pirro re d Epiro il quale, secondochfe Polibio asserisce nel c. 32 di questo libro, avea stabilita la sua residenza in Ambracia. Sembra pertanto questo edilzio essere stato il pi forte, posciach disposte furono contro di esso le macchine in tre file, sebbene potrebbe darsi che gli assedianti ci facessero pella maggior comodit che dava loro il site cam pestre. F aciliori aditu a campo adversus P yrrh eum dice Livio (xxkviii, 5 ). (63) R itirandole. [I volgato trattenendo rnon d un senso corrispondente al rimanente del testo ; quindi bene mtitollo il Casaub. in i t t r i r S t l t t , e pijopportunamente propose lo Schweigh. * * lx r v ? 7te . Cosi la intese Livio scrivendo: In interiorem partem m uri trahentes assereni. (64 ) Im perciocch N ica ndro. Quest altro frammento aggiunse lo Schweigh. al prim o, togliendolo egualmente da Erone, dap poich n ebbe trovato il contenuto in Livio; sebbene Erone verso il fine ristrignesse il racconto non usando le parole di Po libio conforme chiaro da Livio, il quale narra pi distesamente questa fazione. Ci che a questo frammento precede , e che Io

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Schweigh. crede appartenere al Nostro per mio avviso tutto dErone , il quale facendo conoscer il pericolo del non osservar* negli stratagemmi gli appuntamenti, parla in prima persona : A Z 7*v7a y i f C h i perci diciam o, ed adduce in esem pio il presente fatto. (65 ) Conciofossech. Questo periodo chiuse Io Schweigh. tra cancelli, non essendo abbastanza certo eh esso appartenga a Po libio. lo non esiterei d attribuirlo ad Erone, il quale, scritto avendo un trattato istruttivo , corrobora i precetti e le massime da lui proposte cogli esempi, che a quelli, siccome qui vedesi, tengono dietro ; laddove lassunto di Polibio la storica sposi zione dei fatti, dondegli sovente trae per chiusa utili ammaestra menti. Tratt Polieno ancora (Stratagem . V I, 17) cotesto ar gomento , con fedelt sponendo tutte le circostanze della cosa , ma meno sattenne alle espressioni del Nostro di quello che fece Livio. (66) Cadeva. Nel luogo di questo verbo era nel testo una la cuna che lo Schweigh. riempi felicemente con tw t n 0 * 7itin .

(67) L opera m ezzana cio quella cheretta avevano dirimpetto al tempio d Esculapio tra il Pirreo e la rocca. V . il capo 10. Fu preferita-la mezzana, credio, affinch al bisogno le altre che le erano al fianco la difendessero. (68) Galleria. Circa questo vocabolo in che ho voltata la * ri di Polibio veggasi la nota i 56 al primo libro. (69) D inanzi alle torri. Appartenevano queste alle opere riz zate dagli assedianti per collocarvi i soldati con cui oppugnavano la citt. (70) F asi d i ram e. Di questi tace Livio ; li rammenta bens Polieno con queste parole: Aisr7 t 1 , (posero sottili vasi di rame l uno dopo l altro.) (71) Per consenso. Quantunque tra i vasi messi per la lun ghezza del fosso e la mina scavata dai Romani vi fosse molta terra, tuttavia le percosse degli strumenti di ferro con cui ese-

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guivasi la scavazione , propagate attraverso del terreno m olle, scuotevano l elastico metallo dei vasi che essendo vuoti rimbom bavano. Ma cotesto suono non davano se non se i vasi che era no nella pi breve distanza dai lavoratori, ai quali gli assediati riuscir dovevano facendo un taglio di traverso ad angolo retto col fosso. Laonde nqn bene intese Polieno la faccenda scrivendo : T itp fa i iynxpr/** I t f i i t l n ; a meno che non abbiasi col a leggere che presso il Nostro significa sempre traver sale, in direzione retta, opposta all obbliqua. V . 1 , 22 , V I , 28. I^cosi lus Erodoto (IV , 101) dicendo, che r ?s S x v S -ix it 7 * w ixa p rt* (la linea traversale della Scizia) avea quattromila stadii, opponendola a 7* epB-iit (linea perpendicolare) che ne aveva al trettanti. Laonde male interpret Esichio questo vocabolo *-Aym , ku S-' tu3 t7< ? Q tp ftttx (obbliqua, non condotta in dire zione retta), dandole egual significato con Nel mede simo errore h caduta la Crusca (anche nell ultima edizione di Pdova) spiegando traverso, obliquo, non diritto, ed il Forcellini tradncendo trans versus, obliquus, **?<*. Concludiamo pertanto che transversus e obliquus, traverso ed obliquo, e w \* y t* s differiscono tra di loro per modo che il primo di que sti vocaboli nei tre idiomi esprime la direzione orizzontale della linea formante angolo retto colla verticale , donde risulta la m i surazione n o rm a le , o dir vogliamo a sq u a d ra , e la seconda si gnifica la deviazione della linea dall angolo retto , o congiungasi con un altra orizzontale, o con tale che tirata a perpendicolo, sicch ne venga nn angolo acuto, od un ottuso nella guisa che segue.

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Traversa, orizzon-

Cos la inlese pure il Yossio ( E lym olog. obliquus) dietro Festo e Giuseppe Scaligero. (72) Passatovi. N il volgalo x \ n * r * i l x t (riempiuto), n il X t t i n t t l x s (levigato) del Gronovio possono tollerarsi, e la sola lezione corretta quella dello Schweigh. w i f t t t i r a i x t da noi espressa. A l i t i t i ( trasmesso ) ha nello stesso senso Polieno, che il Casaub. male tradusse alliganles. (73) Eguale alla lunghezza. Nel testo ir ti 1 * Ttv%tt, eguale a l v a so , lo che non pu ammettersi. Quindi sospett con ra gione lo Schweigh. che Polibio scritto abbia il quale vocabolo noi rendemmo nel volgarizzamento. (74) Coperchio d i fe rro pieno d i buchi. Nulla dice Polieno della materia di cotesto coperchio ; ma ragion vuole eh esso fosse di ferro e non di legno, onde nell introduzione del fuoco non si accendesse e consumasse le piume, innanzich potessero col (iimmo e col mal odore che se ne dovea svolgere produrre l effetto divisato. Del resto corregge opportunamente lo Schweigh.

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il x fttr fta ltii , segature, che leggesi in Polieno, facendone, siccom nel Nostro, I p tiftilu i ; colla qual lezione si accorda anche Livio : P er operculi fo ra m in a . ( j 5) O tturati e c . , cio riempiuto lo spazio tra la botte e le pareti della mina da amendue i la ti, affinch stesse salda nel l atto che vi si accendeva il fuoco e si ritirava il tubo. (76) L asciar d ue fo ri. Qui sembra Grone aver infedelmente copiato il Nostro, dappoich ed il buon senso vieta di credere, cbe due sole lance sporgenti in fuori a fianchi della botte aves sero potuto tener lontani i nemici, e Livio dice: P e * opercoli ron jM B J praelongae hastae quas sarissas v o c a n t, a d submovendos hosles prom inebant ( Pe fori del coperchio sporgevano lunghissime lance che chiamano sarisse, onde allontanare i ne mici ). In Polieno nulla trovasi circa questa particolarit delle sarisse. Se non che reca difficolt 1 otturamento de fori nel coperchio per le sarisse introdottevi, e la circostanza c h e , ar dendo le piume, venivano a pigliar fuoco eziandio le aste di legno, per cui difficile rendevasi il loro' maneggio. 11 perch sar forse stata la faccenda come la narra il testo dErone , ma le lance' in vece duscir parallele da loro buchi saranno state man date fuori obliquamente per modo , che le punte molto tra di loro s avvicinavano, e probabilmente s incrocicchiavano. (77) A l tubo d i f e r r o , cio all estremit del tubo che guar dava gli assediati. F olle fa b r ili ad caput fistu la e imposito scrive Livio. La bocca dove stava il fuoco era voltala verso i Romani. 1 (78) E d i un acrim onia singolare. Questa non consisteva gi nel fetore che mandano le piume abbruciale, conforme si espri me Livio, sed acrior etiam fo e d o quodam odore; sibbene nello sviluppamelo della pungentissima ammoniaca con cui infettano laria tutte le sostanze animali nell atto che il fuoco le distrugge, ma singolarmente le parli pelose ed ossee. (79) D urante lesilio. Avea costui parteggiato per Antioco contro i Romani; m a, poich Antioco fu vinto da questi colla iuto di Filippo, vennero gli Atamani in potest del re di Mace

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doni. Aminandro , temendo desser fatto prigione, ritirossi in Ambracia colla moglie e co figli. Liv., xxxvi, 9 , >4. (80) Udito il loro caso. Gli Acarnani aveano posti agguati a Damotele e Fenea che dal console ritornavan a casa, e presili condotti li avean a Turio. (Circa il noine della qual citt , che il Mostro scrive diversamente in varii luoghi, vedasi la nota 108 al lib. tv). Gli E toli, inimicatisi tutti i loro vicini per le invasioni e rapine che continuamente ne paesi di questi eserci tavano , correvano sempre siffatti rschi. Cos vedemmo nel cap. 9 di questo libro un altra loro ambasciata intercettata dagli Epiroti. (81) A D am otele ec. Questi nel loro abboccamento col con sole, innanzi che presi fossero dagli Acarnani, aveano presso di lui commiserata la loro nazione, ma ottenuta un acerba risposta coll imposizione di durissime condizioni pel conseguimento della pace, erano ritornati a suoi, siccome hassi da Livio. (8a) Era questi ec. Gli Etoli, nella speranza dimpossessarsi dell Acarnania , aprirono aRomani la via nella Grecia collegan dosi con questi contra Filippo, il quale trattato fermato fu dal M. Valerio Levino qui nominato. V . Livio, x x v i, 24. (83) E p e r ta l conto ec. La lezione dell Orsini perfezionata dal Casaub. da preferirsi a quella del Reiske che adott lo Schweigh. Imperciocch la xp * ts te a tin i (giovanil attivit) era appunto la dote p e r c u i , 5 , egli era in credito, trirriv*p cttts Ut, (l ultima parola fu aggiunta dal Casaub.) presso il console, e pi distinta riesce per tal modo la lode di C. Valerio di quello che dicendo: n f a f i i , i t . . . . *r r t v ip t n tt ( fornito di giovanil attivit, egli era ec.) (84) L o c h e , cio eccettuarono gli Etoli , che come alleati avean loro prestato soccorso, dall arrendersi all arbitrio de Ro mani , siccome essi avean fatto. Erano pertanto gli Ambracioti alleali degli Etoli nel senso pi ristretto, vale a dire, reggevansi colle loro leggi e mandavano deputali alla congregazione etolica,

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sebbene non ne dipendessero intieramente) come quelli che in origine erano Epiroti. (85) In sei m esi sen ta riscatto. Questa circostanza sfugg alla diligenza di L iv io , che tutto il resto del trattato copi esatta mente. , (86) Fossero i C efaleni tu tti esclusi. Eransi costoro meritata singolarmente lira de Romani, perciocch, mentre le forze na vali di questi unite a quelle de Rodii combattevano contro lar mata dAntioco nelle acque di Samo , aveano intercetta co loro vascelli la comunicazione dell' Italia colle coste etolicbe. Per la qual cosa dovettero entrare nel suo stretto delle navi dall Italia e da Rodo. V . Livio, xxxvm , >3 . (87) L o s b o tto . Il trattato stesso per esteso, approvato dal senato e dal popolo , leggesi nel cap. i 5 di questo libro. (88) S c u ltu re , statue. Distingue il Nostro iy x X ftm 1* da t J p i i t l t e , il primo de quali vocaboli il genere comprendente ogni maniera di scultura, laddove il secondo denota una specie di quella , cio l immagine d una persona espressa in pietra od altra solida materia. Deriva pertanto ty x X ftx da y u X X ir S u i, rallegrarsi, e significa propriamente secondo Esichio ogni cosa di che luomo si diletta, tip' 2 Ite iy x X X tltti. Usollo gi Omero II. A v. 144 per ornam ento, ed Eschilo, S u p p lic ., v. 200 ed Anacreonte, Od. 53 , v. 5 per delizia ; ma in appresso, quando le belle A rti, e singolarmente la scultura, giunsero a quella per fezione che ancor ammiriamo negli avanzi dell antichit, furono per eccellenza cos nominate tutte le produzioni che in rilievo alcun, oggetto rappresentano; laddove la voce x t S f i x e , da i t f uomo, non fu applicata se non se a quelle sculture che hanno forma umana. Nello stesso modo distinsero i Romani signtt da statuae, conforme fece Plinio il giovine scrivendo (L. 1, epist. 20 ) : Statuas , signa , picturas. pertanto signum quanto f i gura , im m a g in e, effig ie, ma d i rilievo. Quindi disse Virgilio (A en. ix, v. 263) A spera signis pocula, e (L. v, v. 536 ) Cratera im pressum signis, e (L. 1, v. 652 ) Pallam signis auroque rigen-

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te m ; ne quali passi tutti esprinionsi figure promioenti dal me tallo o da una ricca stoffa. L uso del nostro idioma non ammette che il vocabolo che ho prescelto., concossiach gli altri che ho di sopra rammentati significhino egualmente le imitazioni a di segno che le plastiche. (8g) Cenloltanta s ta d ii , pari a miglia yentidue e mezzo* R i giriti duo m illia ab Am bracia abest scrive Livio, ed i traduttori latini del Nostro: T ria fe rm e et viginti m illia passuam distai ; la qual iqesattezza, a dir vero, poteasi cansare. (90) V A tam ania e la D olopia. A queste aggiugne Livio lAnfilochia, che Filippo non potea dire essergli stata ingiustamente tolta, dappoich era sempre stata provincia etolica, non altri menti che 1 Aperanzia, conforme leggesi nel cap. 8 di questo libro. (91) Si commosse. "E ttift**, M utatus est eoram anim us tradusse il Casaub. approvalo dal Reiske e dallo Schweigh., malamente attribuendo al verbo itlp tT tr& ai il senso di resipiscere , m utare anim um reverenlia et pudore e t recordatione meliors senten tia e; lo che non fu certamente allora il caso del senato , il quale fu scosso bens ed intenerito dalleloquenza dell oratore ateniese, ma non gi ridotto a m iglior senno , n i p e r venerazione e pudore e p e r lo sovvenire t? una m iglior sentenza tratto a cangiar animo , siccome crede lanzidelto com mentatore. Senzach Polibio prende sempre nel si gnificato di com m oversi, e Livio cos sembra daverlo qui in teso scrivendo: A theniensis l e g a t u s .............eloquentia edam videtur u o risss. (g) D amide fig lio d icesia. Leone il chiama Livio. Il nome del padre credette il Gronovio che fosse Icesio, l*n t t , giacch tale riscontrasi nella legazione 81 (xxvin , 16). Ma la persona ed il nome damendue sono diversi, Jxso-jaf, H icesius, coll aspirazione forte e coll o nell ultima sillaba essendo quello del1 oratore milesio col rammentato , ed I x tr ta t coll aspirazione lene e colla in fine, dovendosi leggere qui con Livio che scrisse

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Icesiae fiiu s (xxxvm, 10). N trovo tampoco necessario di can giare , conforme fece lo Schweigh., il volgato in . (g3) Un esempio ee. La similitudine qui riportata era tra i G re c i, singolarmente tra gli Ateniesi, citatissima , di maniera che come luogo comune oratorio puossi considerare, da nessuno pertanto quanto dal Nostro qui amplificato. Lo si trova presso Demostene nell orazione sulla falsa ambasceria, donde lo trasse Antonio, non senza far cenno della sua origine nel discorso ad Ottaviano dopo la uccisione di Giulio Cesare (V . Appiano, B ell. civ. in , 20 ) , e Cicerone ancora (p r Claent., 49) se ne valse come di cosa trita, ed il Nostro 1 avea gii adoperata nel lib. x i, 2 9 , dove consultisi la nota i 34 - Livio con pgcbe parole si spaccia, conosciuta chiamando siffatta similitudine. (94) Sugli E lo li tutti. Ho espressa la lezione congetturata dallo Schweigh., ile r i t i u t I t i t ' A i l t X t u t , ch molto ragionevole, innocente dovendo reputarsi la nazione della colpa di pochi mal vagi che l aveano sedotta. (g5) F ra tu tti i Greci i p i benevoli ec. Abbiam gii detto che per opera degli Etoli i Romani posero piede in Grecia, ed abbassaron i Macdoni ; ma allora nessun falso e venale consi gliere influito avea oella loro volont. (96) M enesta , o dir vogliamo M enestrato , introdottosi eoa forze in Naupatto, fece resistenza a Romani (V . x x , io, nota 44). D am ocrito era stato mandato dagli Etoli a Nabi per su scitare i Lacedemoni conira i Romani. (V . Liv., xxxv, 12). T oante and ambasciudore ad Antioco per raffermarlo nel divi samente di passar in Europa (Polib., xxi, >4 ) V icearco, fra tello di Toante, prima di costui recossi da Antioco , spedito da Toante ch era allora pretore. (Liv., 1 . c.) (97) Senza fr o d e . AtfA* j cio non facendo segreti maneggi con altri poteutati, tendenti a disturbare colai dominio., n ma scherando i pubblici perversi consigli sotto il nome d arbitrii privati, confbrm erano soliti di praticare gli Etoli in danno degli alui stati della G recia, con cui apparentemente viveano io pace.

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AAr il vocabolo greco cbe siffatto senso esprime, cui in latino corrisponde, non semplicemente dolus , cbe pu esser anche lodevol astuzia osata contro i malvagi, sibbene dolus malu s , che adoper qui Livio. Frode nella nostra favella pro priamente, siccome la diffinisce il Buti (Dante, Inf. n ) inganno occulto alla vicendevole fe d e . - Ma fors siffatta clausola in questo luogo straniera a Polibio, non trovandosi essa ne MSS., ed avendola lOrsini soltanto per congettura introdotta dal testo di Livio. Pi sotto in questo medesimo cap. leggesi % m f\t U x v , che Livio rendette egualmente per sine dolo malo. (98) A lcu n esercito. Zoppica ne MSS. la sentenza, perciocch vi manca 1 accusativo. Suppl il Reiske a tal difetto ponendo (i nemici), che lo Schweigh. non dubit di ricevere nel testo. Ma meglio mi piace,r r /ilti (esercito), sospettato dallo stesso nelle note, e perch to trovo in Livio : 2Ve quem ex e rc itum eie., e perch un esercito che veniva contro i Romani non potea qualificarsi col nome di nemico per rispetto agli Etoli che gli avrebbono dato passaggio per il loro territorio. .(99 ) -Avessero g li stessi am ici e nem ici che avean i Romani. Ho chiuse queste parole tra cancelli, giacch non so persuadermi che sieno di Polibio. L Orsini le ha introdotte nel testo, tradu cendole da L iv io , il quale pertanto nulla dice d am ici : H osles eosdem habeto , quos populus rom anus , e con doppia ripeti zione soggiugne: A rm aq ue in eos f e r t o , bellum que p a riler ge rito , le quali superfluit non cadono nello stile del Nostro. (100) I fuggiaschi. Suppone il Gronovio, e lo Schweigh. gli acconsente, che siccome Livio distingue perfugas ( disertori ) e fugitivos (servi fuggiti), cos nel Nostro ancora abbiasi a leggere: Tvt Si iv Ie fttX o v f, levi S f* w t1* t * 7 . A. Ma siccome Sfaw'iltts significa in generale uno che fugge , o sia schiavo che si sottrae dal padrone, o soldato che passi al nemico ; cos non credo necessaria colai aggiunta. Af*sri 7 <v7x w tX iftiit per

combattere fuggendo in senso al certo non vituperoso riscontrasi

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io Senofonte (Agesil., r, a3 ); tanto esteso loso di quella voce, eziandio ne suoi derivali. (101) P resi in guerra ec. Costoro o erano fuggiti dalla pri gionia, e ripresi meritavano punizione, o rimaudali a casa sulla fede che pi non combatterebbono contro i nemici che avean usata loro tanta generosit (conforme praticasi ancora nelle pre senti guerre ) , violarono il loro giuramento e portaron di bel nuovo le armi contro gli stessi nemici , e per tal conto si ren dettero indegni di perdono. (102) D ando p e r dieci mine. La mina antica avea 75 dram me , ma Solone la ridusse a 100 , e questo era il valore della mina comunemente detta attica o nuova ( V . Plin., z z i , c. u lt, Rhem n. F ann., de ponder. et m ensur. v. 3 ? e seg., Georg. A gricola, de po n d en b . grttecis, lib. v). D um p r argenteis decem aureus unus va le re t, dice Livio, quasich avessero a dare un moneta d010 per dieci dargento, nel quale caso avrebbon avute i Geeci mine effettive d argento del peso di dieci dramme, c mine effettive d oro equivalenti a dieci di coleste monete d ar gento. - A nostri giorni cresciuto il valore dell oro per ri spetto all'argento sino alla proporzione del 14 per 1, forse pella grande quantit di quest ultimo metallo uscito delle miniere d America. (103) C he dia n zi erano sta li ec. Ho seguita la lezione 7i r w p f l i p t i i f t n p t e i t l v t proposta dallo Schweigh. ha lOrsini che il Casaub. pi correttamente scrisse 7>. Amendue ebbero forse presente il testo Liviano; Q ui ante obses fu e r it; ma giustamente riflette lo Schweigh. che al Nostra famigliare il congiugnere w p t t p t t col participio presente. (104) T ilo (Lucio) Quinzio e Gneo D om kio. 1 codici manescrtti hanno Lucio in luogo di Tito , ed infatti quegli e non questi ebbe Gneo Domizio a collega nel consolato. Ha colesti consoli non guerreggiarono in Grecia ; quindi giudic il Perizonio (Qbserv. hist. c. ) che Polibio andasse errato nel porre in sieme gli anzidetli consoli, e che in questo luogo si accennasse

2^3
II ano in cu! Tito Quinzio e Sesto Elio erano io Roma insi gniti della suprema dignit. Ma che, oltre al Nostro, Livio an cora , presso cui leggonsi gli stessi nomi , prendesse abbaglio in tal particolare difficile a credersi. - Ove pertanto si consideri che , allorquando Tito Quinzio, nove anni avanti cbe fosse fer mato il presente trattato , venne in Grecia , gli Etoli erano al leati de Romani , e che nel consolato appena di P. Cornelio Scipione e Manio Acilio Glabrione, successori immediati di L. Quinzio e Gneo Domizio, si scopersero loro nemici coll eccitar Antioco a scender in Europa; sar manifesto che dopo i consoli test mentovati, i quali figurano in questo trattato di pace, i Romani presero loro delle citt o eolia forza o per accordo, a che di siffatte citt e de loro abitanti qui si trattasse. Per la qual cosa non volli del tutto rigettare il pronome di L ucio. (105 ) Eniada. Giaceva questa citt alla foce del fiume Acheloo che , disceso dal Pindo, divideva 1 Etolia dall Acarnania. For mavano le acque intorno ad essa uno stagno che la rendeva forte. V . Polib. v , 65 , e col, la nota ay 3 ; Strab. x , p. 45^ } Plio. IV, 3. (106) A lla guerra de G allogrtei. Questa e distesamente nar rata da Livio nel lib. x x x v m , n -a 8 . La condusse il console Gn. Manlio- Vulsone, poich fu debellato Antioco, col quale i regoli di quella nazione , tranne uno, eransi collegati. (107) M oagete. . Di costui vedasi Livio ( x x x v i i i , i 4) e l'am basceria 3 a di Polibio che sembra unita con questo frammento. Fu. pertanto questo nome di M oagete famigliare a tiranni di Cibira ; che cos appellavasi pure quell ultimo il quale , a delta di Slrabone , scaccialo fu da Murena a tempi della guerra di Mitridate , con estinzione della sua tirannide. Valesio. Avanti il Yalesio fece gi questa osservazione il Casaub. nelle note al luogo qui citalo d Slrabone. - Del resto, se prestiam fede a quanto qui scrive il Nostro, non vero ci che asserisce Stra bene , aver cotesti- regoli governato tempra il loro stato con moderazione. ?olipjo^ to m . r i . 1.8

(108) Cibira. Erano i Cibirati, se ascoltiamo Strabone ( s u i , p. 63 1), originar] da Caballidi della Lidia (anzi della L icia , dov era parte della Cabalila, o Carbalia, conforme alcuni la chia mano ) mentrech 1 altra era nella Panfilia ( V . i Geografi ) , e fabbricarono la loro citt , cui diedero la circonferenza di cento stadii, a confini della Pisidia. Plinio (, a8) e Tolemeo (r , i ) la pongono nella Frigia ; 1 ultimo nella stessa latitudine della Pisidia, ma in non piccola distanza da suoi confini. Con questi pertanto non sono da confondersi i Cibirati minori che occupa vano una striscia della costa marittima della Panfilia (Strabone, x iv, p. 667). - Allo Schweigh. sembrato cbe parecchie cose abbia omesso il compilatore degli estratti delle ambascerie dopo questo periodo che n o i, attenendoci al suo esempio, separato abbiamo da quanto segue. Ma consultando Livio ci parata senza fondamento cotesta separazione , e che poche parole man chino all integrit della narrazione, quelle cio che lo stesso Schweigh. nelle note appi di pagina aggiunse dopo 7 j K i/ifu (,a Cibira ) : N ec legalio ulta a M oagete veniebai, le quali pa role, per legarle col testo, converrebbe render greche in questo modo : < iw M**y7. (log) Gneo M anlio. Parmi da preferirsi la lezione del codice dell Orsini che non conosce T tu U v , a quella del Bav. che lo arreca , perciocch posto il pronome ( che presso il Nostro ri scontrasi sovente senza il seguito degli altri nomi, trattandosi di persona principale negli avvenimenti da lui esposti ) , superflua diviene la qualificazione di console romano * pi dignitosa per tanto del semplice pronome. (n o ) Elvio. Dopo questo pome credo che convenga supplire da Livio : Con quattromila fanti e cinquecento cavalli. ( i n ) Da f a m e una corona. L espressione che qui usa Poli bio fa conoscere che Moagete offer al duce romano , non gi una corona -del valore di quindici talenti , sibbene tanl oro che bastasse a fortnsrue una corona del peso mentovato. T al la forza di questa frase : TIpoh! t u r r t f i u t t i w ' in

7A7*i>> porse una corona d a quindici talenti. Laonde bene


s appose Gio. Fed. Gronovio (il quale non dee confondersi con Giac. Gronovio editore di Polibio , che sostenne anzi trattarsi qui d una corona effettiva ) leggendo in Livio : Et in coronant auream quindecim talenta adferebant. Infatti solevano mandare gli alleati e gli amici al duce vincitore una certa quantit d oro che appellavasi coronario, e con cui quasi gli cigDevan il capo. Molti esempli di questa fatta raccolse Giusto Lipsio nellOpera D e M agnitud. R om an., lib. 11, cap. g. - Pi sotto narrasi aver Moagete insistito che Gneo accettasse , non gi la corona, ma i quindici talenti. ( u ) M a che tu tta la sua f o n a . Tra la incertezza de MSS. e le varie lezioni proposte dagli illustratori di Polibio ho seguito lo Schweigh. che scrive: K77i 7>< Tir f p i t >**: modo di d ire, siccome la frase latina , intendere om nes vires , eh esat tamente vi corrisponde, elegante insieme ed energico. ( n 3) Gas Ugo e punizione. 'Z w irrftQ n s *< II primo di questi vocaboli significa riprensione e puriimento lieve affioe di correggere chi ha mancato a suoi doveri, da iir ir r fiip tn , c o n vertire , perciocch in tal guisa si converte il traviato e si rimette nella buona strada ; non altrimenti cbe castigare suona quasi render casto e mondo dalle macchie dellanimo. Ma punizione non meno che x i x a n t h la vendetta che per pub blica autorit prendesi dal delinquente ad esempio e spavento de malvagi. ( n 4) Sillio. ZAf< > la chiama Stef. Bizant. e la vuole citt della Frigia. Alcuni pertanto, die egli, la pongono nella Panfilia. Livio pure la denomina Sjrleum, e cosi il Casaub. nella sua edi zione di Polibio. Arriano (De exped. A lex., 11, p. 26) saccorda co MSS. del Nostro che hanno Syllium . S/Ar, Siluum l appella Tolomeo (v, 5 ). (11 5) Tem enopoli. Livio in luogo di questa citt mette A lim n e che non trovasi in alcun altro autore. In A lin d a mutolla 1 Or sini , la quale, siccome osserva il Reiske, citt della Caria ,

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ben lungi da Cibira. Forse ha ragione lo Schweigh. che T t / t i r tix , Tem enia abbia scrilto Polibio, citt secondo Stefano della Frigia, e probabilmente non lontana dalle altre due che insieme con lei formavano la Cibiratide, ed allora dovrebbesi leggere 7j* T t f t t i t U t , o , per discostarsi meno dalla scrittura volgala,

7JV T i/tlil/*)
(116) D i buon grado. A me non pare , siccome al Reiske, che dura sia qui la frase /t tl * ftiy'aX tit % xpZt, e che meglio starebbe f<7F. Diceva il duce romano a Moagete, che la somma di danaro eh egli a lui chiedeva non solo non dovea gravarlo, ma che anzi, per redimere con essa il suo stato e tutta la sua fortuna, darla dovesse con grande piacere ; il qual modo desprimersi non ha niente di strano. Gli esempli che lalemanno commentatore trae da Polibio stesso per difendere la sua ipotesi non distruggono la ragionevolezza della lezione Volgata ; senza che non fanno essi al presente caso, tratlandovisi di grazia ac cordata ( x x i i , 18 j xxiv , 10 ) , o chiesta con grande instanza (xxvi, 6). (117) Colobato. Livio il denomina Cobulato ; ma non trovan dosi presso i geografi nessun fiume , n dell un nome n dell altro , convien credere che fosse il C ataratte , il quale mette foce nel mare di Panfilia presso la citt d Olbia. Varcato cotesto fiume , a met circa del suo corso , trovasi Pisinda ; e questo . per mio avviso, il vero nome d Isionda che trovasi in amendue gli storici, n altrimenti Is in d a , conforme piacque all Orsini, eh citt dell Ionia molto distante da siti che allora occupava lesercito romano. - Non lascer pertanto questo luogo senza tentar di correggere alcuni altri storpii nella descrizione che fa Livio di questa marcia , e prender per iscorta Tolemeo. D a Cibira, die egli, s i condusse V esercito pella campagna d e i SUtdesi, ma Sinda , a detta di Stefano e Tolemeo (vii, a), citt del gran seno Indiano, ed i suoi abitanti appellansi Sindae, non Sindenses ( Sindesi ) : leggasi adunque de Sanesi, cio di Sanis , situata presso a Cibira verso mezzod. E passato presso il fiu m e

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C antare , accam post. Un fiume di questo nome nessuno cono sce; ma fatto sta che per inoltrarsi nelle regioni meridionali era d nopo a Manlio passare il M ean dro , che dovr quindi sosti tuirsi all ignoto Caolare. Poscia d a l fo n te d e l fiu m e L isi. Alto silenzio di questo fiume presso tutti gli autori. desso il fiume Lieo, che il console romano , proseguendo verso mezzod, co steggiava finch giunse alla sua sorgente , d onde voltatosi a le vante pervenne al Cataratte di cui abbiamo di sopra ragionato. (( 18) I Term essesi. Era Termesso nella Panfilia, vicina a Pi sinda, n lungi da Cibira. Non m'interterr sulle varianti di T e lm is s u s , Telm enses e T h erm en ses, cbe non hanno appoggio alcuno. (n g ) Filomelio. Citt della Frigia maggiore ricordata da Stra bone (xn, p. 573), e da Tolemeo e da Stefano. La lezione Vol gata nel Nostro < hX cftvX n corrotta; oltrech non la citt ma gli abitanti debbon essere stati chiamati da Termessesi. Quindi scrisse bene 1 Orsini 0 <A/iAi7;. (ta o ) A spendii. Cittadini d Aspendo nella Panfilia sull Eurimedonte , non molto lontana dal mare, n gran fatto distante da Termesso. V . Strabone, Plinio Stefano. Tolemeo la sorpassa. Cicerone (P err. 1, 20) la chiama citt antica e nobile. (ta l) G l Isio ndei. Leggi i Pisindei , It'uc n i f i i t . V . la nota 117. (laa) C im a sa . Livio e Tolemeo Cormasa chiamano questa citt della Pisidia , e 1 aggiunta di v i \ t t che qui riscontrasi una qualificazione appartenente ni suo nome. Male quindi avvisossi G. F . Gronovio di scriver presso Livio a d Cormasam u rbem in luogo del volgato a d Cormasam. (ia 3) L isinoe. Livio pure cosi la scrive. la L ysin ia di T o lemeo, ancor essa nella Pisidia, siccome Sagalesso che segue, la quale a detta di Strabone ( x u , p. 569 ) appellavasi ancora Seigesso. Plinio ( v, a 4 ) la denomina ancora Sagalesso. Erano se condo Arriano (D e exped. A le x ., 1, p. 97) i suoi abitanti belli cosissimi , e fecero gi resistenza ad Alessandro Magno ; quindi

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non da maravigliarsi se indugiarono alquanto d arrendersi ai Romani. ( i? 4) Eposognato. Fra i regoli della Gallogracia costui solo riferisce Livio (xxxvw , 18) che conservato si fosse nell amicizia d Eumene, ed avesse ricusato di mandar aiuti ad Antioco contro i Romani. (la 5 ) Tolistobogii. Plinio pure ( v , 4a ) d loro questo no me. Livio ( xxxviir, 16) li cliiama Tolistoboii, e cosi Appiano ( S y r., 43); Tolemeo (v, 4) T holibosti. Secondo Livio (1 . c., a8) erano i Tettosagi, altra nazione gallica, coloro presso cui Epo sognato s offerse di andare in persona , onde indurli alla pace. (ia6) E gP indurrebbe. I due futuri infiniti v t / n r S x i , . . , mal ti c w *f* rT riT * t che reca ledizione del Casaub. hanno im barazzato lo Schweigh., il quale dapprima introdusse nel testo w ttf r r n n l* t , ma letta avendo l emendazione del Reiske wi. . w a p * r n r tr $ * i , s i confidare, esser persuaso ch e g t indurrebbe , appigliossi a questa. Ma, a dir vero, stentata rie sce anzich no questa doppia persuasione , e purch si eviti la duplicit del futuro , la sentenza corre benissimo. Il perch io leggo trtin t& Mt . . . i v i t ut w a fir r a tu i , ponendo il secondo verbo nel presente. (137) G n eo , console romano. Questo brano trasse il Valesio da due luoghi di Suida ( rAA< e S * y y i f t s ) attribuendoli a Polibio , comech non sia apposto nel Lessicografo il nome del 1 autore. Livio narra le stesse cose nel lib. X xxvm , c. 17. (138) Sangario. Attraversata ch ebbe Manlio gran parte della F rig ia , arriv a confini de Tolistoboii, dond' esce il qui men tovato fiume da un monte che Livio chiama Adoreo. (lag) G alli. Avean costoro, secondo Festo, tratto il nome dal fiume G a llo , le cui acque bevea chi dedicavasi al servizio di Cibele, onde pretendevasi che infuriasse a segno da torsi la vi rilit. 11 loro capo , a detta di Tertulliano e Firmico Materno, chiamavasi Arcigallo (A rchigallus ). Io ho pertanto sospetto che il noine d A tlid eam an te della Madre degli Dei che primo

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esegu in s stesso la crudel operazione , imitata poscia da sa cerdoti di quella Dea , che siffatto nome, dissi, fosse presso di essi ereditario, e s imponesse sempre al loro capo. Egli al meno da notarsi che qui lo si riscontra appartenente al primo tra que sacerdoti, e , sebbene leggasi in Polibio semplicemente con ottimo divisameoto vi aggiunse lo Schweigh. la qualificazione di antstites ; cotnechfe non sia improbabile che abbia scritto il Nostro. Livio non fa motto di questi due sacerdoti maggiori. (13 0) P essinunte. Citt de Galli Tolistoboii, dovebbe origine il culto di Cibele, e donde si sparse pella Grecia e pass ezian dio a Roma lanno 54g nel consolato di Scipione e Crasso. Ge neralmente la si pone nella Frigia , perciocch furono gi , se condo Strabone ( xn, p. 571), parte di questa provincia le terre occupate da Galli. (1 3 1) Im m aginette. T iw tv r , cio sculture in basso rilievo che que sacerdoti portavano nelle mani e che probabilmente rappresentavano geste della Dea , al culto della quale erano de dicati. - P ettorali, , figurine appese al petto, come quella che vedesi nella sacerdotessa massima di Cibele disegnata nel Museo Pio-Clementino (T . 7 , tav. 18 , ediz. di Milano ) e l altra nell Arcigallo del Museo Capitolino, la prima delle quali una medaglia su cui scolpita la testa di Giove barbato che veneravasi sul monte Ida , e l altra rappresenta Atlide. Veggasi Dionigi d Alicarnasso, A ntiq . rom . , 1 . 11, c. 19. - Livio (I. c.) dice semplicemente cum iasignibus sus (colle loro insegne). ( i 3 a) Gordieo. Celebre questo luogo nella storia del grande Alessandro pel nodo fatale eh egli colla sua spada ivi disciolse. T i f S t t t , G ordium , il chiamano L iv io , Arriano e Plutarco, ma Stefano scrive come il Nostro T fS n 7t. - A tempi di Stra bone ( x u , p. 569 ) non conservava esso le vestigie di citt, ma era villaggio, e gi quando scrivea il Nostro sembrava molto degradato dall antica sua importanza. La sua situazione difficile a determinarsi. Secondo Arriano ( 1 , verso la fine) era esso

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nella parte della Frigia che guarda l Ellesponto, sul fiume Sangario. Stefano il colloca nella parte opposta, a confini della Frigia colla Cappadocia , e a detta di Giustino (x i, 7 ) sarebbe esso stato tra la Frigia maggipre e minore. In tale perplessit d uopo ricorrere a Livio , giusta il quale era questa, eh egli e tutti gli altri autori citati chiamano citt (oppidum ) , in egual distanza fra tre mari , 1 Ellesponto , la spiaggia di Sinope ed il lido de Cilici marittimi. Ora sappiamo dallo stesso storico che i Romani, passato il ponte del Sangario, camminarono lungo la sua sponda, quando i Galli della Magna Madre vennero ad essi incontro da Pessinunle. Il giorno appresso giunsero in Gordio , che per conseguente giacer dovea sul medesimo fiume e poco lungi da esso , e Stefano err grandemente collocandola presso la Cappadocia che lontanissima dal Sangario. Per ciip che riguarda alla sua posizione centrale fra i tre mari, facil a convincersene gittando gli occhi sulla carta dell Asia minore inserita a p. 66 del terzo volume di questo volgarizzamento. ( 33) Olimpo. Questo esser non potea n 1 Olimpo della Misia, conforme piacque ad Appiano ( S y r . , ) > n l Ida della Frgia minore , che talvolta con quello veniva confuso ( Strab., x , p, 470 ) = monti troppo lontani dalla Galazia, alla cui radice il console romano pervenuto non sarebbe il giorno susseguente, conforme riferisce Livio ( xxxvm , 20 ). Io credo che cotesto monte fosse 1 O lyssa di Tolemeo . O gassys di Strabone ( xir , p. 5 6 1 , 62 ) , altissimo e di diffidi accesso , fra il paese de'Tet tosagi e la Paflagonia , donde non era lungi Ancira, nobile citt al dire dello storico romano (c. 34)1 e metropoli giusta Tolomeo, dieci sole miglia distante dall accampamento de Tettosagi, alla quale giunse il console innanzi d attaccar i nemici. Il qual er rore , incorso ne MSS. pi antichi di Polibio, pass eziandio nella storia di Livio. ( 34) Ortiagonle ec. Stima con ragione lo Schweigh. che que sto frammento non sia al suo luogo, ma che l elogio qui riferito scritto fosse in occasione della morte di questo regolo , e porsi debba nel lib. xxm dopo quello d Apolloniade moglie dAttalo;

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perciocch Ortiagonte erasi sottrailo dalla strage che patirono gli altri Galli e ritirato nel suo regno , siccome racconta Livio (1 . c .) , dove mori lasciando , secoudoch hassi da Suida, un fi glio che gli succedere. (1 35) A lloraquando te . Che tutta questa narrazione tolta fosse dal Nostro arguisce lo Schweigh. dal confronto con Livio (xxxvm, 34) e dall ultimo periodo di questo capitolo , dove Plutarco cita Polibio. Ma in Livio riferite sono parecchie circostanze che il Nostro sorpassa, ed il trovarsi questo citato da Plutarco alla fine appena del racconto per farci soltanto sapere eh, egli quella vir tuosa donna conosciuta avea ed ammirata , non prova siffatta asserzione. (1 36) V oro. Era questo , secondo Livio , un talento attico , conforme avean pattuito , ed il centurione fu ucciso, mentrech il pesava. - Del resto narra Livio , e cosi probabile che Po libio ancora raccontasse il fatto, che la donna comandato ebbe il suo ammazzamento non con un cenno , siccome scrive Plutar co . dappoich il centurione 1 avrebbe capito , sibbene con pa role nel suo linguaggio ; a tacere d altre importanti differenze nelle due descrizioni, che dimostrano, a mio parere , la diver sit de loro autori. (137) F in ti eh ebbero i Calati. Vedi Liv. xxxvm , 19-24. Brevemente tocc questo luogo Appiano (<Syr., 4 ?)) dove continua 1 argomento eh espone Polibio nel presente estratto , sul quale confrontisi Livio ( 1. c. ) cap. 25 . Schw eigh. (1 38) A n d ra . Intorno a questa citt ed alla sua posizione veggasi qui sopra la nota i 33, ( 3g) Per trattare la pace. Qualunque condizione di pace, fa loro dir Livio , sarebbe ad essi pi grata della guerra : la qual offerta muover dovea il duce romano ad accordar loro il chiesto abboccamento. Il perch io credo difettivo il testo di Polibio per colpa de copiatori, e sarei inclinato a soggiugnervi la sen tenza espressa da Livio a un di presso, con queste parole : *h t ( S iu X in it ) a v iti w tt fi u a r fttltt g i p i l 'S i i l I t v w t X t f t f

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(la qoal pace al tutto accoglieranno con piacere anzich la guerra ). (140) Pretesti. Questi erano secondo Livio impedimenti reli giosi (religione objecta), i quali qui pure non so indurmi a cr dere che il Nostro abbia del tutto omessi. ( 141) A li. H alys fiume grande che separa la Galaza la Paflagonia dalla Cappadocia , celebre pella rotta che al suo passo tocc Creso da Ciro , affidato nelle ambigue predizioni degli oracoli (H erodot., lib. 46 e seg.). ( i 4a) D ove il presidio. Molto occup cotesto passo gli edi tori e commentatori di Polibio , corrotto essendo ne MSS. Il Casaub. vi suppose una lacuna ; il Gronovio vi cancell a l cune parole, il Reiske finalmente tutto lo stravolse leggendo : E a- 7* a v i* fttfn wurtiUrB-xi 7* f / , 1zr-f <*14 ip t J f t / t t t i fi ti tv e , solendo , protetti da un sufficiente num e ro d i c a v a lie ri, uscir in quelle p a r l i , in cui uscivan i cava lieri , che servivano d i presidio agli am basciadori che anda an a l colloquio. Il filo che pi sicuramente ci condurr fuori di questo labirinto ci porger Livio. Narra questi che i tribuni mandaron i raccoglitori di legne ed i foraggiato in quella parte dove avea ad esser il colloquio , affinch cos i cavalieri che solevan accompagnarli, come quelli che scortavan il cnsole pre stassero loro maggior salvezza. Quindi sembra da preferirsi, la lezione dello Schweigh. itt %p*ft'tictis 7*7* i w\ 7 o rvA w f t v e f t n i i f iViv<riir, servendosi del presidio de ca valli usciti a l luogo del colloquio. ( 43) Fulvio. L ^ O v^ kc che qui nominano i testi di Suida sospettiamo che sia corruzione di 4><vA/3<c , Fulvius. Al qual sospetto comprender aggiugnersi grande verisimiglianza chi con frontare vorr ci che Livio ( xxxvm , ag ) espose circa la pre sa di Same , citt di Cefallenia , colle seguenti parole , senza pertanto far espressa menzione di tradimento : Rom ani nocle p e r arcem , quarn C yatidem v o c a n t, m uro superato, in fo r u m pervenerunt. Samaei, poslquam captam u rb ii parlem ab hosti-

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bus j e n s e r u n t , cum conjugibus e t iberis in m ajorem con fugiunt arcem. La parte della citt che lo storico greco dice es sere stata presa da Romani fu quella che Livio chiama Ciatide e rappresenta distinta dalla rocca maggiore. La qual cosa abba stanza s accorda col greco. Imperciocch se una parte sola della rocca presa fu da Romani , ragion vuole che laltra parte fosse da questa separata per via di muro e di fortificazioni, e potesse prestare ancora a cittadini un rifugio sicuro, n Schw eigh. (144) Fiopemene ec. Il fatto narrasi distesamente da Livio (xxxvm , 39-34)j n bassi a dubitare ch egli non l abbia tutto tolto dal Mostro. L accusa qui rammentata era , che avendo 1 Romani date a custodia agli Achei le castella e le terre sulla costa marittima della Laconia, dove collocata fu la maggior parte de fuorusciti, uno di questi luoghi era stato oppugnato dagli Spartani con qualche uccisione. Se ne appellarono questi a Romani, i quali diedero una risposta confusa , onde Filope mene profitt per ricondurre i fuorusciti con un esercito d A* chei. In tal occasione mand egli al supplizio ottanta cittadini , fece abbellire le mura di Sparta ed abol le leggi di Licurgo, che per settecento anni eransi conservate. Pausania (vili, 5 1 ) narra un poco diversamente le circostanze di questa catastrofe. (1 45) I n Efeso. Qui avea il console, a detta di Livio (xxxvm, 37) data la posta agli oratori che i Galli dopo la loro sconfitta gli ebbero mandati ; giacch all avvicinarsi dell autunno abban don egli le fredde vicinanze del Tauro, onde piantar i quartieri d inverno sulla costa del mare. L ' argomento di questa amba scera da Livio trattato nel cap. 37 del lib. succitata. (146) De b arbari, cio de Galli che a quando a quando faceano scorrerie ne paesi vicini, e carichi di roba e d uomini alle case loro ritornavano. T o lera b ilio r , sono parole di Livio , regia servitus e r a t , quam fe r ila s im m anium barbaro rum , in certusque in dies fe r r a r , quo velut te m p e s ta e o s populantes inferret. (147) Museo. Costui era gi venuto da parte d Antioco qual

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banditore a Scipione per annunziare lambascera che il re tara preparando ( i n , >3 ) ( 148) P er im petrar perdono. A malgrado che felicissima sia 1 emendazione del Casaub., che il w upxrrirtrB-ai de codici ri tenuto dall Orsini mnt in tr a fu tlin v B - * t , e la suffraghi ezian dio il testo di Livio , a d veniam petendam ; ci non pertanto pu , cred io , difendersi la scrittura volgala, giacchi non punto assurdo il d ire, cbe Ariarate per impetrare la pace abbia posto innanzi agli occhi del console ( cbe tal h il significato di w u f t r r i t u t ) l errore e l inconsideratezza Tir iy tti c c t . Nulla dico delle correzioni proposte dal Reiske, la di cui inconvenien za fu abbastanza dimostrata dallo Schweigh. (149) Seicento talenti. Non so che cosa inducesse G. F . Gro novio a sostituire in Livio , cherasi attenuto al Nostro, ducenta talenta. La somma imposta dal console ad Ariarate non era al certo esorbitante , quando al tiranno di Cibira , meno potente assai del re di Cappadocia, chiesta ne avea una nou molto in feriore. (1 5 0) j f confini della P a n filia , s* intende colla Pisidia. Che Diod. Siculo chiamato abbia il primo di questi paesi Licaom'a , conforme asserisce il Reiske, non vero ; perciocch sebbene nella descrizione delle province dell Asia (zviu, p. 63 o) egli non faccia menzione della Panfilia , da credersi cbe I abbia com presa nella denominazione della Pisidia, non gii della Licaonia, messa da lui coll Armenia e colla Cappadocia sotto un cielo invernale. (1 5 1) E d il fru m e n to . Osserva lo Schweigh. che questo fu omesso nel trattato che stipul L. Scipione con Antioco (V. xxr, >4 ). Livio pure non ne fa motto. - Il Reiske crede che il volgato iv i / , cangiato dall Emesti in A v i t i , possa sostenersi riferendolo a Museo ed al suo seguito. Ma quanto sarebbe stato assurdo, se Manlio incaricato avesse gli ambasciadori d Antioco a distribuire il frumento a soldati romani ! Alla fine del capo leggesi eh egli fece cotesta distribuzione.

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( i 5 a) L a stagione il perm etteva. 11 Casaubono traduce : A p petente ja m v e r e , ed infatti le ambascere esposte in questo ca pitolo eseguivansi in primavera , siccome dice espressamente Li vio (xxxviu , 37 ). L Ernesti crede che a debba sottintendersi a u l i t . per modo che il senso sarebbe : L a sta gione prestandosi , offerendosi opportuna ; lo che non mi di spiace, essendo nel significato di perm ettere un poco duro. (1 53 ) Apam ea. Citt della Frigia tagliata dal Meandro che non lungi da lei avea le sue sorgenti presso Celene , antica ca pitale della Frigia, a quetempi abbandonata (Liv., xxxviu, i 3). (1 54) Divise. Recavano i MSS. ift'tlp m , di cbe nelle edizioni si fece if tt lf ti n , misur. Ma riflettendo che 1livio scrive -.frum entum exercitui d i r i d i t u r aderisco all O rsini il quale suppone Terrore dei Codici derivato da tfitp tn che sembra essere la vera scrittura. (1 55) Perga. Citt della Panfilia mediterranea, e per quauto apparisce da Plinio ( v , a 6) in situazione montuosa , quindi atta a far resistenza. Di lei e del suo tempio sacro a Diana veggasi Strabone, xiv, p. 5 6 7, e Cic. 1 in F err., 20. (1 56 ) Trenta giorni. Nel testo A $ trentanove, intorno al quale numero cos ragiona l Orsini. Liyio (xxxvni, 37) scrive: Tri gin ta dierum tempus poscens. Sembra pertanto che presso Poli bio scritto fosse dapprincipio "Ip iix a S f nftipctt, e poscia ne sia Stato fatto dal libraio, che con segni esprimer volea quel numero, A 9-, ritenendo lultima lettera 3r. Io ho ricevuta questa corre zione. (157) Dopo alcuni d. Queste parole furono dimenticate nelle versioni del Casaub. e dello Schweigh. ( 158 ) Oroandesi. In Plinio riscontrasi (v, a6) Oroanda citt della Pisidia, e (37) Oenoanda citt della Licia. Tolomeo non ha Oroanda sibbene la Oenoanda di Licia (v, 3 ) rammentata pure da Stefano. Dalle quati autorit sedotto G. Fed. Gronovio volle che in Livio si leggesse Oenoanda, mentrech i chiaro che dell O-

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roanda pisidica ia quello storico noa meao che nel Nostro s i tratti. Uoa terza denominazione di questa citt , nata parmi dalla confusione delle altre due, leggesi in Strabone (xjii, p. 6 3 i), Oenoandrum , dove parlasi della pisidica. la tanta perplessit non piacque a noi d abbandonare la lezione Volgata di Polibio e di Livio. Del rimanente qual danaro fosse quello che trattene vano gli Oroandesi, e sotto qual pretesto il facessero, non iscorgesi n dallo storico greco, n dal romano. Se vero , secondoch narra quest nltimo, che Manlio a confini della Paufilia ricevette soli i 5 oo talenti, gli altri mille che pagar dovevansi giusta i patti sarannosi trovati in Oroanda. (59) Parve adunque loro. Molte erano le faccende per cui i dieci commessarii vennero in Asia , ma la pi importante di tutte e quella che alle altre doveva precedere era la distesa particolarizzata del trattato di pace con Antioco. Questo adunque presero dapprima a confermare e sanzionare in nome del senato e popolo romano ; poscia il ridussero in forinola, pro testandosi che non faceva mestieri d altre discussioni, ma che venirsi doveva alla conclusione , attenendosi alla prima scritta sommaria cbe era stata mandata a Roma, e col ratificata. Ecco per mio avviso la sentenza di questo periodo che il Casaub. ha espresso nella sua traduzione, ma che al Reiske non attalent, avendo egli preferito dapplicar a Polibio la protestazione di non far altre parole nel proposito, al qual uopo mut la frase *-<<r& ti Vai JiaXvnif, che a siffatto senso non sacconcia, in w n -

to-S-Hi 7J tTiiyjw i. Lo Schweigh. rimase fluttuante tra le due spiegazioni; ma secondo me non v ha bisogno di grande ponde razione per conoscere quale desse sia la pi ragionevole. 1 legati avrebbon potuto disputare cogli ambasciadori d Antioco sovra i singoli articoli del trattato, ma Polibio non aveva certamente che aggiugnere ai medesimi rapportandoli siccome scritti furono di comune consenso. (160) I particolari. Livio ha: F oedus in haec verba con scriptum est, con maggior somiglianza alle espressioni del Nostro

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che non la versione latina che abbiamo sott'occhi : Ejus foederis fo r m u la (lo che non Sittltt n ) qua de rebus singulis cavebatur (nozione non contenuta nelle parole 7 5 1 * 7i ftip ts) talis f u i t ( I tt 1i t i v i propriamente fe r e talis ). (161) L e c itt , le campagne. Queste parole sino alla fine del periodo mancano nel testo, e lOrsini le ha supplite da Livio. Lo Schweigh. ha scritto giudiziosamente ad H alyn invece di Tanaim , che grossolano errore gi da altri avvertito. (163) D i qua del m onte Tauro. I due punti estremi della li nea che segnar dovea il confine tra gli stati d Antioco e quelli degli altri potentati dellAsia, erano a mezzod il promontorio CheIidonio nel mare della Licia , ed a settentrione la foce dell Ali nel Ponto Eussino. Dal primo incomincia secondo Strabone (xiv, p. 666) il monte Tauro, il quale salendo verso tramontana si prolunga per la Pisidia, poscia si volge a levante ed attraversa la Licaonia che divide dalla Cappadocia, dove l Ali ha le sue sorgenti (Strab., xn, p. 5 4 6 , 568). ( 63) N e l costui esercito, Livio : Cum rege A nliocho in tra q u t Jin es ejus re g n i , lo che ha maggior estensione del p ilc cf**f t t t t t di Polibio; e forse v ebbe qui altra espressione cui pi si avvicinava quella dello storico romano. (i6 i) Presso i Romani. Suppl l Orsini da Livio le parole i* 7j f A i l io%v /3u tn X ila f, ma giustamente osserva lo Schweigh. che adottando colesto supplimento, conviene far precedere *(* o veramente rr al 77r l i t u f t c t f e t t , con cui principia il pe riodo. (| 65 ) E tu tti gli E to li ec. Di questi non fa motto Livio , e neppur il Nostro nell abbozzo del presente trattato riferito al lib. xxi, c. 14. Forse vi si comprendevano i pretori che a quei tempi avevano governata la repubblica degli Etoli, ed in tal caso in luogo dello strano * u > * f potrebbe leggersi r r ( a m y t f - i f x t N mi dispiace 1" u x iltts proposto dal Reiske, che pi sappros sima al testo; dappoich gli altri Etoli che, siccome Toante, do

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veansi consegnare, esercitate avevano le loro funzioni quali am basciadori fuori di caia. (166) E tu tti gli elefanti. Dopo queste parole leggevansi nel testo le seguenti: lour ir A xccp(et, che erano in A pa m ea Ma considerando che non trovansi n in Livio, n in Appiano, ed essendo di per s assurde, giaceh Apamea rimasa era ai Ro mani, e quand anche lavesse tenuta Antioco, questi avrebbe po tuto altrove serbar degli elefanti; le ho dipennate. L Orsini ha qui ripetuto V ia tS e u di con cui sono espresse le altre resti tuzioni, e forse non ci starebbe male ponendo anche Livio tra dito. (167) Consegnasse altres ec. Molto differisce questo luogo da quello che vi corrisponde in Livio. Non ammette questi le navi coperte (tc a a p fix lx s ) sibbene actuarias (leggiere) vuole che fossero le dieci permesse di tenere ad Antioco, le quali non po tessero avere pi di trenta remi; quando Polibio'queste appunto esclude. Pi adunque si concede secondo il Nostro al re, percioc ch i vascelli coperti erano di maggior portata (v . 1 , ao). Ol tracci accordavansi nel trattato, secondo Polibio, le navi leggiere che muovonsi con meno di trenta remi (proibite essendo quelle solamente che ne avevano trenta); laddove, stando a Livio, que ste pure erano vietate. Appiano (<S^r., 39) satteane al Nostro in quanto che egli fa conceder ad Antioco le navi coperte (se non che parla egli di dodici e non di dieci), n discordar volle da Livio tacendo delle leggiere, che egli per conseguente suppose non permesse. L Orsini ed il Reiske si sono in varj modi ingegnati di conciliare i due storici. Lo Schweigh. sta di mezzo e non decide nulla, lo pertanto trovo il testo del Nostro abba stanza chiaro , e tengo piuttosto che nei MSS. di Livio occorsa sia qualche menda, la pi grossolana delle quali certamente il neve m onerem e x b elli causa , per cui fu proposto : Neve minorem ea, neve eas. (168) D a corso. La celeril con cui moveansi queste navi le rendeva singolarmente atte alle manovre di sorpresa, lo che

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parrhi che Polibio espresso abbia col qualificativo che suona adoperar forza ed insieme agilit nello spingere un corpo. (169) N ep p u r a d upo ec. Un articolo apposito di questo trat tato, che leggesi qui sotto, permtte ad Antioco di guerreggiare contro le citt e le nazioni che vietato gli era d attaccare , ove queste fossero le prime a muovergli guerra. Tali erano, conforma fu detto di sopra, gl isolani e gli Europei. Da questi in fuori eragli lecito dincominciare la guerra con tutti gli stati; ma nep pur in tal caso poteva egli avere un maggior numero di vascelli de qui prescritti. Tanto era il timore eh egli ne abusasse per qualche lontana spedizione. (170) N o n navigasse e t. Plinio ( v , 3 7 ) chiama Calicadno fiume , e gli fa seguir tosto il promontorio Sarpedone, che tro vasi bens in Livio , ma non^ne codici e nelle edizioni del No stro. Strabone a dir vero, (xui, p. 637) non dice se fosse fiume, ma dal contesto si comprende che per tale lo avesse. Ecco le sue parole : Eyj-f 7v K u X ix a J n u ( sottintende w t l i f t t : eh ss fosse promontorio scritto avrebbe 7?r K. ) x 7Ut X apw tJt t t 'in p u t. Tolemeo l appella K x i S t t t (Calidno). Quindi sba gli Appiano (1. c.) nominandoli tutti e due proniontoriL Erano cotali confini stabiliti alla navigazione d Antioco nella Gliela , provincia eh era a lui rimasa e donde non volevano eh egli si dipartisse , affinch non inquietasse le nazioni greche dell Asia. (171) Fosse loro stata tolta. Io non ho stimato di sostituire col Reiske lAi/flSn (da iw o W w ij , lasciar indietro) al volgato ( da a m t^ a p t^ A t u t, tor via ) , sostituzione che non dispiacque alla Schweigh.; e perch Livio ha si q u id ablatum est , e perch i Rodii con bea maggior diritto chieder poteano che fosse loro restituito ci eh era stato ad essi tolto al lorquando , scoppiata la guerra con Antioco, sgomberaron i suoi stati, di quello che pretender risarcimento pegli effetti che nella precipitosa loro partenza aveano abbandonati e smarriti.
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j f R im a n i del m iglior argento attico. Potrebbe darsi cbe superflua fosse d introdotta dal margine di qualche codice la voce 'V u ft* l K che non ha Livio, siccome pretende il Reiske, sebbene non male la difenda Io Schweigh. dicendo che Polibio distinguer volle i tributi che Antioco dovea a Romani da quelli che assunto orasi di pagare ad Eumene. Ma^puoto al certo non fa 1 epiteto A p ftrtv , conforme opinione dello stesso Reiske, indi candosi con esso l ottima lega Che aver dove l argento indi pendentemente dal suo peso. N 1 omise Livio scrivendo : jtr g enti p ro b i ec. (173} Oltracci. Ecco il frumento dimenticato nella prima di stesa sommaria del presente trattato di pace, cos dal Nostro co me da Livio. V . sopra la nota i 5 i . Del resto fa di grande aiuto all Orsini ed allo Schweigh. it tsto di Livio per supplire alle mancanze cbe qui si riscontrano nel greco; dappoich falsa vi la numeratone delle moggia: Q 'xa l p i, cinquecento e quaranta, per < p *( /e, manea la voce f t t / f t t t v c , e non trovasi a chi s avessero a dare li 35 o talenti che seguono. (174) D e tte . Pu egualmente tenersi il i t i * qui aggiunto dal1 Orsini e 1 m ir tftl che scrisse lo Schw eigh., significando non meno p a g a r un tributo, un debito , cbe redd ere presso i Latini. (V . Forcellini, L e x . tot. lat. alla voce reddere, e X en o p h ., Oecon., iv, 11). Livio pertanto nella relazione della prima scritta ( xxxvn , 45 ) ha uoa sol volta red d i E u m eni quadringenta ta le n ta , ma in tutto it presente trattato nsa il verbo dire. Mi sorprende che nel Dizionario dellErnesti que sto senso non sia registrato. (175) T teeencinquanta. Ho dipennato il nove aggiunto a 35 o che leggesi in tutti i libri scritti e stampati, ri perch Livio non Io conosce, e s ancora perch incomoda sarebbe nascita la distribuzione di cotesta somma in cinque anni. pertanto inge gnosa T opinione dello Schweigh. intorno aeinquanta talenti che al re Eumene in tal modo detraevansi da 4op eh' erano stati dapprima seco lui pattuiti. (V. P olib., xxi 4 14 ; Liv. , x x xv ti,

{5 ). Siccome , dice quel dotto , a Romani furono subito pagati Soo talenti a sconto de i 5 ooo stabiliti, cos ad Eumene pure furono sborsati 5o che difiUcaronsi da (oo a lui dovuti
(176) A l tem po conveniente ec. Livio rbtiigne tutt questo articolo in poche parole: E um eni . . . intra ^ttinquennaon d ato, e tanto basta per la chiarezza della csa-. Polibio voli essere pi diffuso , ed imbarazz i suoi commentatori che (Eversamente tro varono scritto il testo ne rispettivi codici. Noi non riferiremo le loro conghietture, ma ci permetteremo d introdurre una pic cola emendazione che, se non andiamo errati, sar per dissipare ogni oscurit. JLtrtfl*XXtpun ha certamente il snso di conve n ire., com petersi, esser dovuto, quindi 7 * tupS pu rendersi colle parole eh abbiamo espresse ; m i *< 77r y * p t* U n che siegue non ist bene sfensa interpostone della particella comparativa i t (com e), e 1' che lo Schweigh. pro pone d interpolarvi produce una strana costruzione che rende superfluo 1 antecedente Sufficiente il dire : A l tem po in c u i , n fa d uopo aggiugner al tempo la determina zione conveniente. L iw S /S v r i p o i, staccato dat periodo che viene dietro ed appiccato alla fine di qusto, fa nascere una sto machevole ripetizione, che sostituendo i t A i non necessaria. (177) Conform e f avea stim ato il re A ntio co . Livio : Q uod aestim atione fia t. Secondo la qual espressione la stima era an cora da farsi ; n vi si nomina Antioco. Essendo pertanto il valsente determinato , e persino indicata la frazione del talento che vi si dovea aggiugnere , convien dire che Livio male s* ap ponesse ; chi Don amasse di leggere : Q uoad aestim atione f i a t , p e r quanto la stim a (gi fatta dal re Antioco ) a questa somma corrisponda. (178) Ci convenendo meglio a l suo tesoro. La scrittura volgala ia v lit non pu in nessun modo riceversi, o diasi a y< il suo senso naturale di tesoro , cum ulo d i da n a ro proveniente dalle pubbliche gravezze , o si spieghi col Reiske questo vocabolo granaio da considerarsi come danaro.

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Io propongo quindi di leggere v a p tr r tifu ttt ( </*Ao*7< la X m tl ) i v i tv , la qual sentenza ho rendula nel volgarizzamento. (179) F osse qualche discrepanza. Questo caso. sorpassalo da Livio, Il Reiske interpetra le parole del Nostro cosi : S i q u id desiderabitur* q u o d solutum noti sit, adeoque adhuc debeat ur, e quanto al senso non v ha che opporre. Se non che il verbo ha.qui una evidenza particolre, e quantunque pro priamente significhi non accordarsi , differire, pu esso tuttavia nel nostro idioma ancora conservarsi per indicare difetto iu.ua pagamento, donde nasce discrepanza tra la somma dovuta e quella che si riceve. (180) S e alcuna delle citt, delle isole e delle province dEu ropa , conform stabilito nel principio del trattato. ^Livio le chiama socii del popolo romano, e tali eran alcune nazioni ap punto , poich furono debellate e pacificale , siccome . gli Etoli ed i Macedoni ; altri erano antichi alleati de Romani, siccome i R o d ii, il re Eumene e gli Achei. (181) M a la signoria ec. Cio se fossq per vincerle in guer ra , lo che Livio accenn con queste parole , che il Casaubono adott nella versione di Polibio : B um ne quam urbem belli fu re te n ea t. Schw eigh. (182) Circa le offese e c ., quelle cio che insorger potessero tra Antioco ed ) socii del popolo romano. E gi s'intende che in siffatte emergenze provocato avrebbono al giudizio degli stessi Romani, i quali di molte liti composero tra i potentati cosi del1 Europa come dell Asia , conform noto dalla storia. - Livio aggiugne : A u t , s i utrisque plaeebit , bello ; clausola affatto ta ciuta dal Nostro , e poco probabile , dappoich per tal modo i Romani sarebbonsi spogliali del diritto d intervenire nelle que rele de socii, del qual diritto eran essi meritamente gelosi. ( 83) I l console. Era questo il secondo anno in cui prorogavasi a Gn. Manlio e M. Fulvio il comando supremo dell eser cito in Asia, mentrech erano consoli C. Livio e M. Valerio, di che il nuovo console Emilio Lepido , creato dopo i test men

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tovati, fece in senato grande lam entala (Liv, ?xxvui, 35, {a). Tuttavia Manlio chiamato da Livio c o n tu l, meglio tr p tl n y t (dupe supremo ) dal Nostro. Proconsole il vogliono i traduttori latini contro 1 autorit d amendue gli storici antichi. Io ho se guito Polibio , eh espresse la dignit militare , astenendosi dalle qualificazioni civili im ititi e i t l w t l t f , console e proconsole. ( 84) A nda sse tosto a Patarq. Bene mut la Schweigb. il m ix ii ( nuovamente ) del testo , che a nulla pu riferirsi , in w tp x t,!/* * (tosto, subitamente); seguendo Livio che ha: iti P alara e xttm p lo profeiteereiur. la frotta era al certo necessaria, affinch indugiando non si trafugasse qualche va scello. - Era Patara grande citt e porto della Licia (V. Strab-, x iv , p. 666 ), ( 85) L e bruciaste. In Livio leggesi concideret, c rem are tq ne, e poscia quinquaginta tectas naves aut co n cid ii, a u t crem anti. Forse scrisse il Nostro non Jtwpir*i. semplicemente, ni c<k tif/ttt } xa*Wf>Ti , il qual verbo , secondoch riflette il Reiske , pi usilato del fittw pn& ttt. ( 186) I n A pam ea ec. Parecchie cose omesse sono tra questa ambasceria e la precedente che supplirsi possono da Livio- (xxavw, 3g ) , il quale pertanto nulla dice delle citt destinate da Manlio pella restituzione degli oggetti controversi. L e parole * * 7 ?i A n / i i n i furono aggiunte al' testo dal compilatore delle lega zioni per soccorrere alla memoria, attesa t interruzione del. fila degli avvenimenti. Livio che di questo sussidio non avea bisogno suppone noto a leggitori il hiogo in cui avvennero queste di scussioni. (187) Citt libere. Queste erano state in addietro secondo Li vio soltanto stipendiane d Antioco, n vi si dice che fossero i t t l t i t p t t t (tali che reggevansi colle proprie leggi). Tuttavia ne cessario che it fossero ; giacch il tributo appunto il prezzo con cui una citt o una nazione s redime dal servaggio d* un grande potentato che unirla potrebbe a suoi dominii. Siffatte citt godettero doppio beneficio : franche rimasero da tributi ed PQUBio , to n i . Y l.

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ebbero governo libero, conforme dice Appiano: A m k t m 7j> Q tp vt * l i v l t t i f t t v t *$**** (188) N ozio. Citt marittima dell ionia presso a Colofone, che a tempi di Plinio ( v 3 i ) pi non esisteva. Una spiaggia di questo nome atta a ricever navi era nella parte occidentale dell isola di Chio , conforme riferisce Strabone (xm , p, 645 ). (189) I Carnei. Era Cuma la citt principale dellEolide, patria g i , secondo Strabone ( xm, p. 633 ) , dEsiodo e dello storico Eforo , e che attribuivasi eziandio-1 onore d aver dato nascita ad Omero. - i M ila n e si. Citt mediterranea della Caria era Milassa , intorno alla quale vedi il Nostro i v i , 34 e la nota 3 7 dello stesso libro. (190) A Clazomenii. La costoro citt era situata sopra uno stretto tra il promontorio Argennio e Smirna , nel quale spazio sono molte isolette annoverate da Plinio (v, a8 ) e fra queste D rym ussa , eh quanto dire selvosa. 1 MSS. e lOrsini hanno D rom ussa ; Tucidide (vm , 3 i ) D rim yssa che con Pelle e Maratussa ( V . P lin ., 1 . c. ) egli dice aggiacenti a Clazomene: iw tx u p tim t l a i t K \* a p tita it. Livio scrive D rym usa. (ig i) L a campagna sacra. Livio : Quam ipsi ( Milesii ) sa crarli vocant. Chiamavan i Greci sacro un territorio che non poteva esser violato colle arm i, per venerazione di qualche in* Elide u fi signe tempio che vi esisteva. Cos era sacra .tuttst 1 Peloponneso la merc del tempio di Giove Olimpio (Polib., iv, 73, e col la nota 3 o4); cos lo era la campagna intorno a Delfo in grazia del suo celebratissimo tempio ed oracolo. Qual motivo avessero i Milesii per appellare sacra quella loro campagna non trovasi in nessun autore. Forse considerava!? essi. tale il terreno che circondava il vastissimo loro tempio descritto da Slraboue ( xiv , p. 634 ) in cui era 1' oracolo di Apollo Didimeo. . (192) D elle guerre. Leggo collo Schweigh. I tit v t X t / t v f , dappoich due guerre sostennero i Milesii contro Filippo e contro Antioco. Il Reiske preferisce la lezione volgala w X i p i / t v i , ne mici , e crede che per questi s intendano i Macedoni sotto F i

lippo, Rovente dal Nostro in addietro cos denominati.' - Dopo i Milesii riferisce Livio le aggiunte fatte a quelli d Hio! e di Dardaoo , sfuggite all attenzione del- compilatore Polibiano.' . (193) L a Licia e della Caria ec. , cio la Licia tutta e'della Caria quella parte c h eg iu gn e sino al fam e Meandro j l aUra eh . di l di questo fiume situata essendo verso la Frigia e la Lidia.. Leggo quindi, non co libri 7} Atixt'at xa.) K x ft x i, n col-Gronovio e col Reiske A v u /x t x a } Kttpixe I l i ftt%p) M<itJ p o v V tU ft V 9 sibbene liti A vk / u i x x t 7JV Kapi*/ 7 p&i%p 7 . M. zr. Tedi la nota 4 < a questo libro. Nella stessa sen tenza scrisse Livio (x rx v n y 56 ") : R hodiis L ycia data . . . E a quoque his p ars data est Cariae , quae propior Rhodum insa larti trans Maeandrum. (per rispetto alla Frigia) est. (ig i) Telmisso. Q u i, a dir vero, hanno i MSS. e > ! Orsini Telmesso,- ma pi sotto T elm isso , che fu ritenuto dal Casaub. e dallo Schweigh. Telmisso la chiamano pure Livio , Strabono e Stefano; ma Plinio e Tolemeo lappellano Telmesso. ' Pi sotto dicesi eh Eumene ebbe, questa citt , probabilmente affioch egli nel suo porto , coperto da un promontorio, tener potesse una forza navale che al bisogno ingrossarsi potea con quella devicini R odii, a guardia d Antioco , cui era stato assegnato per limite di navigazione il promontorio Sarpedone nella Cilicia , ed i cui possedimenti ucominciavano presso alla medesima citt, a fronte della quale erano le isole Chelidonie, donde calcolavasi l incominciamento del monte Tauro. Cicerone, per isbaglio credo di memoria, la pone nella Caria (de D ivinai., 1, 4 1)> nella quale provincia non comprendo come lo Schweigh. pure inclinato sia a collocarla. (ig 5 ) Che Prusia ec. Io ho qui abbandonata la lezione V o l gata di Polibio, eh certamente corrotta , e in appigliai a Li vio. Il Casaub. attribuendo al v x p ir x tv r x la il senso di appro p ria rsi , conquistare, che questo verbo non ha , tradusse : M ysos quos prius ipse subegerat. Ma siffatta sentenza affatto op posta a quella eh espresse L iv io , avendo secondo questo Prusia

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e non Eumene ia addietro conquistata la Mista. Ha qualche aspetto di convenienza il significato in cui prendesi talvolta lanzidetto verbo di co n cilia rsi , rendersi am ici ; quasich cotesto popolo , sebbene non suddito d Eumene, gli fosse statp aacor prima bene affezionato. Ma Livio parla espressamente di resti-* tu tio n e , lo che fa conosaere esser coloro stati al re di Pergamo soggetti. N i credo che possa leggessi ia L iv ia , quos P r u in e re x adem erat (che il re Eumene tolta avea a Prusia), conforme suppone lo Schweigh. che fosse menle dell Orsini ; giacch ia tal caso non v avea bisogno di restituzione. Propongo adunque di scrivere : Ovs w p ih p tt wapir*tv<r*l , che gi prim a acconciavasi a ripigliare, ovveram ente evf izpttpi i v i ( in luogo di iu T it ) ( il qual nome s u forse celato io w tt ft f ) i f i / i t i , che Prusia dapprim a gli tolse. -* Lo Schweigh. riconobbe la necessit di corregger il testo Polibiaoo ma non gli bast l animo di levare un guasto tanto enorme; (196) D assicurare. La principal disposizione presa da commessarii per contenere ne dovuti limiti quelle feroci popolazioni fu, secondoch scorgasi da Livio ( xxxvnt, 4o), dinterdir laro il vagare con armi, e di costringerli a non uscire del loro territorio.

ritte

DELLE ANNOTAZIONI a o l i

AVANZI DEL LIBRO VtCKSIMO SECONDO

DEL VI TOMO.

INDICE
D ELLE COSE CON TEN UTE IN QUESTO S E STO TOM O.

iiajtizzjM BM ro degli a v a n ti d e l libro declmo&ettimo Pag. 5 Sommario d eg li a va nti d e l libro decimosettimo . . . a3 A nno ta zio n i agli avanzi d e l libro decimoseUimo . . a5 Volgarizzam nto d eg li.a va n zi del libro decimotiavo . 4{> Sommario degli a v a n zi d e l libro dcimottavo . . . 91 A nnota zio n i agli avanzi d e l libro decimoltavo . . . V olgarizzam ento d ei fr a m m e n ti d e l libro decim ono no. i 45 A nnota zio n i ai fra m m en ti d e l libro decim onono . . 146 V olgarizzam ento degli avanzi d e l libro vigesimo . . <47 Som mario degli avanzi d e l libro v ig e sim o ..................... i 58 A nn otazioni agli a van zi del libro vigesimo . . . . 160 Volgarizzam ento degli a van zi tlel libro vigesim oprim o 177 Som mario degli avanzi d el libro vigesim oprimo . . . tgf A nn otazioni afeft avanzi d e l libro vigesim oprimo . . i g 3 Volgarizzam ento degli avanzi d e l libro vigesimosecondo a i 3 Som mario degli avanzi del libro vigesimosecondo < . a 48 A nnotazioni agli avanzi d e l libr vigesimosecondo . . a 5 o

INDICE
DELLE TAVOLE

m -Ja Tessaglia, Ub. x r m in principio . . . . . Pag. 49 N . 5 M e d a g lie , cio d i T. Q. Flam iitino, di Perseo, ..................... ..... in e d i E um ene I I Chersonesus T h r a c ic a , et T h ra ckt . . . . . . . 84 N . 3 M edaglie , cio d i A n tio c o , d i A r ia r a te , e di P r u s ia , lib. m i in principio . . . . . . . . . ai 5

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