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con un racconto mitico che narra di una vendetta: al tempo in cui la Lidia
viveva anni di pace e prosperità, nacque tra gli uomini l'idea di
disonorare delle donne straniere. Tra esse c'era Onfale, futura regina
delle Amazzoni. Costei non si perse d'animo e attaccò la Lidia col suo
esercito, sconfiggendo la nazione. Per vendicarsi, costrinse le figlie dei
Lidi a prostituirsi nel luogo stesso in cui questi avevano violentato le
donne straniere (Ateneo: 50,13).
“Non vi sia prostituta fra le figlie d'Israele, né vi sia prostituto tra i figli d'Israele. Non
portare mercede di meretrice o prezzo di cinedo nella casa del Signore, tuo Dio, per alcun
voto, perchè ambedue sono in abominio al Signore, tuo Dio” (Deuteronomio 23,18-19). Tra
i Cananei della Palestina, la prostituzione sacra era un rito di fecondità indispensabile e
correntemente praticata fuori degli stessi templi, nelle campagne per esempio, come
pratica di supporto per la buona riuscita degli innesti delle piante da frutto. Solo con la
formazione del popolo d'Israele la pratica venne proibita.
A Biblo, al tempo dell'annuale lutto di Adone, la gente si rasava la testa e le donne che
rifiutavano di sacrificare i loro capelli dovevano darsi a degli stranieri in un giorno
determinato e il denaro che guadagnavano veniva consacrato alla dea. Una iscrizione
greca trovata a Tralles, in Lidia, attesta che la pratica della prostituzione religiosa durò sino
al secolo II della nostra era. In Armenia, le più nobili famiglie dedicavano le loro figlie al
servizio della dea Anaitis nel suo tempio di Acilisena, dove le vergini, prima del
matrimonio, si prostituivano per un lungo periodo.
A Comana, nel Ponto, un gran numero di prostitute sacre rendeva i suoi servigi alla dea:
uomini e donne accorrevano in folla da tutte le città vicine per assistere alle feste biennali
nel santuario e sciogliere i loro voti alla dea. Nella Grecia continentale, la prostituzione
sacra ebbe lunga vita nella città portuale di Corinto, grazie ai fitti scambi commerciali
intrattenuti con le città del mediterraneo orientale, dove era accettata senza scandalo. Qui
sopravvisse fino al 146 a.c., quando i Romani distrussero la città.
Altri luoghi famosi furono Paphos, a Cipro, il monte Erice in Sicilia e Locri in Italia. A
Corinto, a detta di Strabone, c'erano più di mille ierodule che ospitavano i pellegrini che
dalla città e dal Peloponneso si recavano ad Atene. Il santuario di Afrodite era infatti
situato sull'Acrocorinto, un'altura strategica per il passaggio dei traffici di terra. Per dare
un'idea del buon nome e della notorietà di quel tempio, basti citare il fatto che il corinzio
Xenofonte, vincitore delle olimpiadi del 464 a.c., donò al tempio cinquanta schiave per
ringraziare Afrodite della vittoria. Pindaro, scrivendo la 5ª Olimpica, parla di Afrodite (e del
suo tempio) come di colei “che permette alle giovani donne ospitali di far cogliere senza
affanno sul loro amabile letto il frutto della loro tenera giovinezza”.
Anche in Sicilia, sul monte Erice, si esercitava la “porneusis sacra”; quegli stessi romani
che, per motivi militari, avevano raso al suolo Corinto, rispettavano invece l'istituzione
templare sacra a Venere Ericina.
“In Grecia, la prostituzione rimase a lungo legata al sacro. Le prostitute che partecipavano
ai culti erano venerate al pari delle dee. Contribuivano al rafforzamento delle credenze, al
rispetto degli Dei, a volte anche alla prosperità delle città grazie ai doni che le venivano
fatti” (Violaine Vanoyeke, “La Prostitution en Grèce et à Rame”, Paris 1990).
Ad esse ci si rivolgeva con rispetto per avere delle preghiere e dei sacrifici in aiuto ad
imprese politiche e militari, come in occasione delle guerre persiane contro il re Serse.
Quando la battaglia arrise ai Greci, le ierodule di Corinto vennero onorate come dee; si
eressero statue ed ex voto in loro onore, i loro nomi furono scolpiti in un'epigrafe posta nel
tempio assieme a un'epigramma che gli dedicò il poeta Simonide. Più di duecento anni
dopo la distruzione del tempio di Corinto, i cristiani eressero sul posto una chiesa. San
Paolo, nella Lettera ai Corinzi, li rimprovera per averlo fatto su dei luoghi... infami.
Negli antichi miti non vi è traccia di pornografia, perché essa è una invenzione della
modernità. Nei miti, gli organi sessuali sono simboli del potere creativo-distruttivo, sacro e
inviolabile, di Eros e Venere, veicoli di energie che mettono l'uomo in comunicazione
diretta con Dio.
Un cavaliere è pronto a dare la sua vita per difendere la propria amata, che, in cambio, gli
promette fedeltà e si dedica al suo ruolo di madre e amante. Nel caso di donne-guerriere,
queste aderiscono ugualmente allo stesso codice cavalleresco, e combattono a fianco dei
cavalieri.
IEROPORNIA
È provato che i cananei di Palestina (i fenici erano ritenuti i cananei del nord) adoravano
una divinità praticamente identica alla Astarte/Isthar dei fenici: Asherat, la “Paredra di
Yahweh”: il nome derivava dal palo sacro “asher” che le era dedicato, usanza testimoniata
dalla stessa Bibbia, dove si dice che re Salomone fece costruire un tempio dedicato ad
Asherat e a Moloch. Oltre al tempio, Salomone fece innalzare anche l' asher (palo sacro),
davanti al tempio: un simbolo fallico, dal momento che la stessa divinità era considerata la
dea della fertilità.
(Nota: nella Bibbia è riportato che Salomone “derogò” dalle Legge dei padri innalzando
templi alle divinità dei cananei e degli ammoniti, “giustificando” tutto ciò con il fatto che,
Salomone aveva sposato molte donne, tra cui cananee ed ammonite: fu per questo che
Salomone decise di innalzare tali templi “pagani”: nella fattispecie ad Asherat ed a Moloch.
Tutto ciò non deve meravigliare dato che il culto ebraico, in origine, non era ancora
strettamente monoteistico. Moloch (a cui non solo Salomone e Saul sacrificarono, ma
anche altri re della tradizione biblica) non era altro che uno dei tanti attributi (signore,
padrone, re) dello stesso dio adorato dagli ebrei, vale a dire Yahweh. Tanto gli Ammoniti,
tanto i Beniamiti, tanto i Moabiti, tanto gli Ebrei adoravano lo stesso dio, seppur in forme
diverse. Si trattava del dio Amon che il sommo sacerdote Mosè, insieme ad altri sacerdoti
della stessa casta sacerdotale, aveva “esportato” in Palestina nel XIV secolo a.c., dopo
aver abbandonato l'Egitto a causa delle persecuzioni scatenate dal faraone Akhenaton,
adoratore del dio solare Aton, contro i sacerdoti del culto di Amon. Sappiamo che Yahweh
non è il nome del dio degli ebrei, essendo tale parola formata dalla “vocalizzazione” del
tetragramma YHWH, il quale altro non era se non l'acronimo che sottindeva le seguenti
parole ebraiche: “Yo He Wa He”, il cui significato era: “Io Sono Colui Che È”. Ma anche
Amon, in Egitto, era indicato da un trigramma: “NPN”, acronimo che sottende la frase “Nuk
Pu Nuk”, il cui significato è: “Io Sono chi Sono”).
Il palo “sacro” veniva eretto sia in prossimità del tempio
dedicato ad Asherat, sia nei luoghi aperti e, soprattutto, sulle
verdi colline, gli “alti luoghi” biblici su cui sorgevano i templi
di Astarte-Asherat, ove si praticava la “ieropornia”, la
prostituzione “sacra” (sia delle sacerdotesse che dei
sacerdoti eunuchi). Uno di questi luoghi fu la Foresta del
Libano, dove fu eretto un tempio, sulla cima del Monte
Libano, preposto alle pratiche ieroporniche delle hierodules
(prostitute sacre).
In quel luogo, in seguito, si andarono a prostituire numerosi Greci che accordavano alla
sodomia un valore religioso e ne facevano il simbolo di una virilità trascendente. Lo
conferma il testo di un'iscrizione ritrovata in un tempio di Apollo: “Crimone ringrazia gli dei
per aver sodomizzato Bathycle, cogliendone così la sua purezza”.
(Nota: vi è inoltre il caso del famoso “Hieros Lokhos”, il “battaglione sacro” dell'esercito
tebano, corpo assai temuto, capace di sconfiggere perfino gli spartani, costituito da amanti
omosessuali che tramite i loro rapporti sessuali si scambiavano coraggio e valore. Roberto
Calasso ne ha adombrato il significato nel libro “Le Nozze di Cadmo e Armonia”).
Fatto sta che, sulla rupe cilindrica dai fianchi scoscesi ed inaccessibili, sull'area che oggi è
occupata dal castello normanno, sorse il famosissimo tempio di Venere. citato anche da
Strabone (il Castello di Venere), pieno di schiave che i Siciliani e gli stranieri offrono alla
dea dopo aver fatto un voto. Il culto fu iniziato dai Sicani i quali elevarono una piccola ara,
scoperta al cielo, nel centro del “Thèmenos”, ossia il recinto sacro alla dea (dove avveniva
il rito della ieropornia). Successivamente, gli Elimi e i
Fenicio-Cartaginesi accrebbero la fama del santuario,
che divenne noto tra tutti i popoli del Mediterraneo.
Attorno alle mura del santuario svolazzavano tutto l'anno grandi schiere di colombe
bianche e solo verso la metà del mese di agosto esse si allontanavano ed avevano allora
inizio le feste in onore di Venere, le Anagogie, che segnavano la fine dell'anno rituale.
Durante il periodo di assenza delle colombe, il tempio veniva ornato in attesa del loro
ritorno che avveniva puntualmente dopo nove giorni. Esse, guidate da una loro simile dalle
penne rosse (Venere), si posavano sulle mura del tempio ed allora cominciavano con
grande solennità i riti delle feste Katagogìe. Dopo le guerre puniche, la pax romana
assegnò a protezione della fortezza e del rituale ieropornico un corpo di duecento
legionari, i “Venerei”, che diciassette città siciliane ebbero l'onore e l'onere di mantenere.
Negli anni che seguirono, il tempio conobbe il suo massimo splendore, la città fu meta di
magistrati ed altre personalità che giungendovi non trascuravano di recare omaggio alla
dea: lo stesso Verre, propretore in Sicilia
nel I sec., offrì a Venere Ericina una statua
argentea di Cupido che, sembra, fosse
stata rubata. La cura del tempio spettò al
questore di Lilibeo che aveva l'obbligo di
risiedere ad Erice per buona parte
dell'anno. Nell'anno 75 a.C. fu Cicerone a
tenere la questura di Lilibeo e questo
periodo fu particolarmente fiorente per la
città e per il tempio. Durante gli scavi del
1932, sotto il castello sarebbero state
ritrovate tracce di un camminamento e di
una scala sotterranea. Venne scoperto
anche un tratto di pavimento in mosaico
oggi ormai scomparso. Sembra, inoltre,
che il tempio di Venere fosse di modeste
proporzioni e che fosse ubicato da oriente
ad occidente. Ancora visibile oggi rimane il
cosiddetto “pozzo di Venere” dove,
secondo il mito, le belle sacerdotesse si
immergevano prima e dopo il sacro rito...
Erycina venus
STUPRI DI GUERRA
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