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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI NAPOLI LORIENTALE

ANNALI DI ARCHEOLOGIA
E STORIA ANTICA
DIPARTIMENTO DI STUDI DEL MONDO CLASSICO
E DEL MEDITERRANEO ANTICO
Nuova Serie N. 15 - 16
2008-2009 Napoli
ANNALI
DI ARCHEOLOGIA
E STORIA ANTICA
Nuova Serie N. 15 - 16
Prima di copertina: statuetta fttile da Ialysos (Museo Archeologico di Rodi).
Quarta di copertina: scarabeo da Monte Vetrano, faccia inferiore (foto Soprintendenza Archeologica Salerno).
UNIVERSIT DEGLI STUDI DI NAPOLI LORIENTALE
ANNALI
DI ARCHEOLOGIA
E STORIA ANTICA
DIPARTIMENTO DI STUDI DEL MONDO CLASSICO
E DEL MEDITERRANEO ANTICO
Nuova Serie N. 15 - 16
2008 - 2009 Napoli
ISSN 1127-7130
Comitato di Redazione
Giancarlo Bailo Modesti, Ida Baldassarre, Irene Bragantini, Luciano Camilli,
Giuseppe Camodeca, Matteo DAcunto, Bruno dAgostino, Anna Maria DOnofrio, Luigi Gallo,
Patrizia Gastaldi, Emanuele Greco, Fabrizio Pesando, Giulia Sacco
Segretaria di redazione: Patrizia Gastaldi
Direttore responsabile: Bruno dAgostino
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largh.; lunghezza: lungh.; metri: m.; numero/i: n./nn.; pagina/e: p./pp.; professore/professoressa: prof.; ristampa: rist.; secolo: sec.;
seguente/i: s./ss.; serie: S.; sotto voce/i: s.v./s.vv.; supplemento: suppl.; tavola/e: tav./tavv.; tomba: T.; traduzione italiana: trad. it.
Non si abbreviano: idem, eadem, ibidem; in corso di stampa; nord, sud, est, ovest; nota/e; non vidi.
INDICE
Ch. Malamud, Entendre et voir avec Jean-Pierre Vernant p. 9
D. Ridgway, Nicolas Coldstream e lItalia 17
P. Guzzo, Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci 21
M. DAcunto, Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos 35
Ph. Zaphiropoulou, Te tumulus necropolis at Tsikalario on Naxos 49
P. Charalambidou, Te pottery from the Early Iron Age necropolis of
Tsikalario on Naxos: preliminary observations 57
M. Civitillo, Sulle presunte iscrizioni in lineare A e B da Itaca 71
J.K. Jacobsen - S. Handberg - G.P. Mittica, An early Euboean pottery
workshop in the Sybaritide 89
L. Cerchiai - M.L. Nava, Uno scarabeo del lyre-player group da Monte
Vetrano (Salerno) 97
M.A. Rizzo, I sigilli del Gruppo del Suonatore di Lira in Etruria e
nellagro falisco 105
R. Bonaudo, In rotta per lEtruria: Aristonothos, lartigiano e la metis di
Ulisse 143
B. dAgostino, Il valzer delle sirene 151
F. Croissant, Le premier kouros Parien 155
L. Chazalon - Jrme Wilgaux, Violences et transgressions dans le
mythe de Tre 167
A. Lupia - A. Carannante - M. Della Vecchia, Il muro di Aristodemo
e la cavalleria arcaica 191
G.L. Grassigli, La voce, il corpo. Cercando Eco 207
RASSEGNE E RECENSIONI
L. Cerchiai, Te Frustrations of Hemelrijk - a proposito della recensione
di J.M. Hemelrijk a R.Bonaudo, La culla di Hermes. Iconografa e
immaginario delle hydriai ceretane, Rome 2004 219
F. Pesando, Lombelico dellarcheologo. Breve nota su J. Dobbin - P. Foss,
Te World of Pompeii, London-New York 2007, J. Berry, Te complete
Pompeii, London 2007 e M. Beard, Pompeii. Te Life of a Roman
Town, London 2008 222
M.A. Cuozzo, rec. a V. Nizzo, Ritorno ad Ischia - Dalla stratigrafa della
necropoli di Pithekoussai alla tipologia dei materiali, Napoli 2007 224
H. Trziny, rec. a B. dAgostino, F. Fratta, V. Malpede, Cuma. Le
fortifcazioni. 1. Lo scavo 1994-2002, AIONArchStAnt Quad. 15,
Naples 2005 p. 231
M. Bats, rec. a M. Cuozzo, B. dAgostino, L. Del Verme, Cuma. Le
fortifcazioni. 2. I materiali dai terrapieni arcaici. AIONArchStAnt
Quad. 15, Naples 2006 233
I. Baldassarre, rec. a Peinture et couleur dans le monde grec antique, Actes
de Colloque, Muse du Louvre (10 et 27 mars 2004) sous la direction
de S. Descamps-Lequime, Muse du Louvre, Paris 2007 237
A. Taddei, rec. a Claude Vibert-Guigue, Ghazi Bisheh, Les peintures de
Qusayr Amra. Un bain omeyyade dans la bdiya jordanienne 241
RIASSUNTI
244
Ceux dentre nous qui ont eu le bonheur de tra-
vailler avec Jean-Pierre Vernant se souviennent peut-
tre dune expression qui lui venait dans le dialogue
quand il prenait son lan pour sauter une nouvelle
tape de sa rfexion, entranant avec lui son interlo-
cuteur: Ecoute voir, disait-il, aprs une pause. Cette
locution nest nullement bizarre en franais oral, elle
ne heurte pas, mais elle nest pas non plus trs rpan-
due, et il me semble bien ne lavoir entendue que
de la bouche de Jip. Au risque de surinterprter, je
suis port la gloser: coute et tu verras. Quand il
sagit dapprendre ou de comprendre, couter est un
moyen, voir est le but ou plutt cest une manire de
dsigner le but. Sil faut, pour parler de la compr-
hension, de lapprhension intellectuelle, se rfrer
lactivit dun organe des sens, loue, la vue, le
toucher (la prhension, la saisie) sont en concurrence;
mais sans aucun doute la manire la plus adquate et
en tout cas la plus usuelle dexprimer la perception
juste dune situation ou dun problme relve de la
vision: on a compris, cest--dire que dsormais on
y voit clair, les obscurits ont disparu, les choses sont
devenues videntes.
Ce trait de lexpression orale de Vernant, dans
le dialogue, mamne poser une question sur le
contenu de son uvre: en de ou au del des m-
taphores inhrentes au vocabulaire de la perception,
trouvons-nous dans ses crits une rfexion sur les
rapports entre lentendre et le voir, le sonore et le
visible dans ce que nous donne connatre la Grce
ancienne?
Ce qui frappe demble cest que le thme du
regard est un motif central de sa pense: il apparat
non seulement dans les textes qui portent expli-
citement sur limage, le miroir, le masque, mais
encore dans dinnombrables passages o Vernant
entreprend danalyser ou simplement de narrer un
mythe ou de prsenter un personnage mythique ou
pique. Il ne sagit pas, en gnral, de dtails des-
criptifs sur lacuit de la vision, lapparence des yeux
ou de notations qui relveraient du statut social du
regard (qui a le droit de regarder qui?). Toujours
cest lessentiel qui est en cause, la nature profonde,
le destin des tres saisis dans le moment o ils re-
gardent ou sont regards. Lextrme attention que
portait Vernant tout ce qui relve du visuel et du
visible et donc son extraordinaire aptitude dceler
dans les textes et mettre en lumire, en scne, les
passages qui sy rapportent, cest ce dont on peut
se rendre compte immdiatement en consultant
lIndex trs dtaill qui clt les deux volumes de
lOeuvre aux ditions du Seuil
1
: les entres il,
regard, vision, vue, spectateur etc., sont
nombreuses et pourvues dabondantes rfrences;
ENTENDRE ET VOIR AVEC JEAN-PIERRE VERNANT*
Charles Malamoud
* Ce texte est une version quelque peu remanie dun com-
munication prsente au colloque international organis par le
Collge de France, lEHESS et lEPHE Relire Jean-Pierre Vernant
les 9-11 octobre 2008 Paris.
1
Jean-Pierre Vernant, uvres Religions, Rationalit, Po-
litique, I et II, 2509 pages, Paris, Editions du Seuil, 2007,
dition prpare par Maurice Olender sur les indications de
Vernant lui-mme qui a fait le choix des textes retenus et d-
cid de lordre dans lequel ils seraient prsents. Cest cette
dition que je me rfre ici.
10 Charles Malamoud
le domaine de laudition et du sonore, en revanche,
rpertori de faon beaucoup plus lche, est beau-
coup moins bien reprsent. Il faut dire qu cet
gard lindex est quelque peu trompeur et tmoigne
dun parti pris inconscient: par exemple il ny a pas
dentre musique, alors que ce thme et ce terme
sont videmment prsents dans le texte
2
. Il ny a
pas dentre rcitation, rythme, instrument de
musique, bien que les sonorits inquitantes asso-
cies au masque de Gorg, les cris, les plaintes soient
tudies en dtail p. 1575-1585 et soient loccasion
de tout un dveloppement sur les instruments, les
sonorits, les hennissements, les grincements, les
clameurs. Il reste, malgr tout, que lindex annonce
bien les conclusions que lon tire de la lecture des cha-
pitres de Vernant: il est nettement plus sollicit par
ce que les Grecs voient que par ce quils entendent.
Il va de soi que dans cette perspective il ne faut pas
considrer la parole comme une province du sonore:
ce que nous savons de la manire dont les Grecs
pensaient ce qui est voir et de ce qui est entendre,
nous le savons, pour lessentiel, par ce quils nous en
disent, que la parole ainsi prserve ait t dabord
dite ou crite. Vernant lui-mme a mis en lumire
les conditions sociales et politiques dans lesquelles
se dploie la parole, notamment la parole publique,
et la trame dhistoire que dessine ce dploiement.
Mais le monde des sons et des bruits autres que la
parole, ou mme la parole en tant quelle est aussi
une combinaison dunits sonores, ces motifs sont
en retrait par rapport tout ce que met en uvre la
facult de voir. Il y a, pour expliquer cette ingalit,
des raisons videntes, trop videntes: ce que voyaient
les Grecs (ce que leurs textes en disent et les images
quils ont construites et qui ont subsist), nous le
voyons encore, en partie, bien que ce ne soit pas avec
les mmes yeux; nous nentendons presque rien de
ce quils entendaient: les bruits de la nature mis
part, nous pouvons difcilement nous en faire une
ide. Mais cette limitation, trs relle, ne doit pas
nous dtourner de notre question: que lisons-nous et
comment lisons-nous les textes grecs, dans ce quils
ont nous dire du rapport entre le voir et lentendre?
Il est une situation pour le moins o lentendre
et le voir sont associs, dans luvre de Vernant,
en une sorte de confrontation: ce que lil peroit
contredit ce que loreille entend ou du moins lui
apporte un complment de vrit et fait donc
apparatre le message sonore comme ce quoi la
vrit fait dfaut. Cest lhistoire dUlysse avec les
Sirnes. Vernant rsume et commente cette aven-
ture quatre reprises
3
. Il est clair quelle lui tient
cur, moins pour ce quelle nous apprend du
personnage dUlysse que pour la leon quil faut
en tirer sur la signifcation de la mort. Rappelons
la structure de ce rcit dans le texte de lOdysse.
Il comporte trois tapes:
1. Ulysse rapporte ce que Circ lui a dit en tte
tte (XII 39-54): elle lui annonce ce qui arrivera
quand avec son bateau il passera prs des Sirnes.
Elle lui apprend les malheurs qui sont le lot de
celui qui prte loreille leur voix: Elles charment
les mortels qui les approchent. Mais bien fou qui
relche pour entendre leur chant! Jamais en son
logis, sa femme et ses enfants ne ftent son retour:
car de leur frache voix, les Sirnes le charment, et
le pr, leur sjour, est bord dun rivage tout blanchi
dossements et de dbris humains, dont les chairs
se corromprent (traduction Brard). Viennent
ensuite les recommandations de Circ: quUlysse
bouche avec de la cire les oreilles de ses matelots,
que lui-mme ait les oreilles ouvertes pour entendre
les Sirnes, mais quil se fasse attacher au mt en
sorte quil lui soit impossible de cder leur appel.
2. Ulysse prend la mer et fait part ses hommes
de ce que Circ, la redoutable voix de femme,
lui avait dit lui seul: les dangers auxquels ils vont
sexposer, le moyen dy chapper (XII 144-165).
3. Ulysse en vient au rcit des vnements eux-
mmes tels quils ont eu lieu, tels quil les a vcus,
conformes ce que Circ avait prvu (XII 166-200).
Entre ces trois versions successives il y a des dif-
frences: cest seulement dans la premire, dans les
paroles de Circ Ulysse, quil est fait mention du
leimn o sont assises les Sirnes et du charnier qui
sentasse prs delles. Et cest seulement dans le rcit
quUlysse fait des vnements une fois quils se sont
accomplis que sont reproduites les paroles des Sirnes
telles quUlysse les a entendues. Dans la reconstruc-
tion ( la fois rsum et analyse) que Vernant, lecteur,
fait de cette aventure, le tas de corps pourrissants est
un lment essentiel. Il va de soi, bien que cela ne soit
pas dit explicitement dans le texte dHomre, que
ce sont l les restes des marins qui ont cd lappel
2
Il ny a pas dentre audition, auditeur, bruit, cou-
ter, entendre, oreille, silence, sourd, voix (mais on
trouvera, il est vrai, phon et siop).
3
P. 87 s., 1384, 1406 s., 2266 s., 2282.
Entendre et voir avec Jean-Pierre Vernant
11
des Sirnes. Ces ossements qui sont sur le leimn, il
nest pas dit quUlysse et ses compagnons les ont vus
4
.
Mais il est sr que cest une ralit visible, qui impose
son efroyable prsence qui vient les regarder
5
.
Ce que peroit la vue contredit le chant que font
entendre les Sirnes, rvle le mensonge contenu dans
leurs paroles. Quand elles disent Ulysse quelles lui
feront connatre, sil vient prs delles, les propos qui
clbreront lavenir la gloire des hros et donc sa
propre gloire, elles disent vrai, et mme dit Vernant,
elles lui rvlent la Vrit avec un grand V... ce
quelles disent Ulysse, dune certaine faon, cest ce
quon dira de lui, quand il aura franchi la frontire
entre le monde de la lumire et celui des tnbres,
mais elles mentent quand elles lui disent quheureux
de ce quil aura entendu, sil sarrte dans leur lot,
il pourra retourner chez lui, riche de son nouveau
savoir (XII 188). Cette promesse est dmentie par
lincontestable, lirrfutable vrit des cadavres qui
pourrissent sur place. Cette vrit est la ralit, indi-
cible, de la mort. La vrit des paroles que les Sirnes
promettent de faire entendre Ulysse, sil cde leur
appel, nest pas mise en doute. Il est bien vrai que les
exploits quUlysse aura accomplis feront de lui un
homme glorieux que les potes clbreront. Mais
une sorte de mensonge sinsinue dans cette vrit: il
nest pas vrai quaprs sa mort quelque chose doive
subsister du hros qui lui permettra dtre conscient
de sa gloire et den tirer une sorte de rconfort. Rien
ne peut compenser lhorreur de cette perte de soi:
telle est la leon quAchille enseigne Ulysse venu le
visiter dans lHads. Cest pourtant ce mme Achille
qui, alors quil tait encore vivant, proclamait dans
lIliade son choix de la belle mort: plutt mourir
au combat, jeune, en pleine possession de sa force
et de sa beaut, et acqurir une gloire immortelle
quattendre, dans les laideurs du vieillissement, une
mort inluctable, prlude loubli. Il existe donc,
dit Vernant, (p. 2282) une tension entre dune part
la gloire du mort et la ralit concrte de la mort.
Dans laventure dUlysse et des Sirnes cette tension
est illustre par une opposition entre les promesses
des paroles entendues et la prsence muette de ce qui
simpose la vue.
Les yeux ne sont pas seulement lorgane qui
constate la mort, ils peuvent tre aussi ce par quoi
la mort survient. La mort dans les yeux: si le
thme du regard est si intensment prsent dans la
pense de Vernant, cest aussi parce que les regards
schangent, et que lchange de regards est une f-
gure et la condition fondamentale de la rciprocit.
Lexemple le plus net de la rciprocit impossible est
lafrontement du mortel et de la Gorgone. Quand
on regarde une Gorgone, quand on croise le regard
de Mduse, quon soit rapide ou lent, ce quon voit
reft dans les yeux du monstre, cest soi-mme
chang en pierre, soi-mme devenu une face dHa-
ds, une fgure de mort, aveugle, sans regard (p.
138). Voir la Gorgone, cest la regarder dans les
yeux, et, par le croisement des regards, cesser dtre
soi-mme, dtre vivant, pour devenir, comme elle,
puissance de mort. Dvisager Gorg, cest, dans son
il, perdre la vue, se transformer en pierre aveugle,
opaque (p. 1518).
Seul le regard de Mduse ptrife le mortel dont
elle croise le regard: cas extrme de rciprocit dis-
symtrique. Mais si dans le face face les regards
safrontent, atteignent et afectent lautre regardeur
et ne sont pas une contemplation mutuelle, cest
que, dune manire gnrale, lil nest pas seule-
ment un organe de rception, ou plus prcisment,
que la perception visuelle nest pas une rception
passive. Dans la conception commune des Grecs,
lil est de nature igne. Aristote reconnat que
pour lensemble des philosophes il et vision sap-
parentent au feu. Le regard a souvent t considr
par les Anciens comme un rayon, aktis, mis par le
feu de lil en direction de lobjet (p. 1011 sq.).
Si le thme du regard, du visible et de la fgura-
tion de linvisible est chez Vernant lobjet de tant
de dveloppements, de tant de reprises insistantes
et de formulations frappantes, cest, nous lavons
not, parce quil rfchit, mieux que quiconque,
aux liens paradoxaux qui unissent la vision lin-
dicible, limpensable de la mort. Mais en de de
cette limite, il y a la perception du monde qui est
beau comme un dieu, et ce quoi lhomme tient
par-dessus tout: tre dans le monde humain, cest
tre vivant la lumire du soleil, voir les autres et
tre vu par eux, vivre en rciprocit, se souvenir de
soi et des autres. Cest ainsi que se dfnissent les
biens quUlysse sexpose perdre chaque tape de
4
La traduction de Philippe Jacottet (et lon voit sentasser
prs delles) ajoute au texte (La Dcouverte, 1982, p. 199).
5
Il [Ulysse] a vu ce qutait la mort, il la vu lorsquil tait
chez les Cimmriens, la bouche denfer, il la vu aussi auprs
des Sirnes qui chantaient sa gloire, depuis leur lot entour de
charognes (p. 93).
12 Charles Malamoud
sa navigation. Le lecteur peut se demander si vivre
en rciprocit serait aussi entendre les autres et
tre entendu par eux
6
.
La prminence du visuel sur tous les autres do-
maines du sensible dans luvre de Vernant nest
pas une simple constatation de lecteur. Vernant lui-
mme sen explique magnifquement dans son Intro-
duction au volume collectif publi sous sa direction,
Lhomme grec
7
. Rpondant implicitement la contri-
bution de Charles Segal, Lhomme grec, spectateur
et auditeur, Vernant crit: Pour la culture grecque,
le voir a un statut privilgi, il est valoris jusqu
occuper dans lconomie des capacits humaines une
position sans gale Dune certaine faon lhomme
est regard dans sa nature mme. Et cela pour deux
raisons, lune et lautre dcisives. En premier lieu,
voir et savoir cest tout un La connaissance est in-
terprte et exprime sur le mode du voir. Connatre
est une forme de vision. En second lieu, voir et vivre,
cest aussi tout un. Pour tre vivant il faut la fois
voir la lumire du soleil et tre visible aux yeux de
tous. Quitter la vie signife perdre en mme temps
la vie et la visibilit, abandonner la clart du jour
pour pntrer dans un autre monde, celui o, perdu
dans la Tnbre, on est dpouill tout ensemble de
sa fgure et de son regardNotre regard opre dans
le monde o il trouve sa place comme un morceau
de ce monde (p. 1912).
Peut-on, sur le modle de LHomme grec, penser
un Homme indien? Les difcults sont videntes.
On ne pourrait commencer les surmonter quen
dlimitant arbitrairement, et en assumant cet
arbitraire, le fragment du monde indien que lon
se proposerait de prendre en considration. Les
coupures ou articulations chronologiques nont pas
en Inde la mme nettet ni la mme porte quen
Grce. Et le monde indien na pas la mme unit
que le monde grec: tous les Grecs parlaient grec,
des dialectes grecs que tous les Grecs pouvaient
comprendre. Dans lInde quil est convenu dappeler
lInde ancienne (quand fnit-elle? Avec la conqute
musulmane? Peut-on dire mme que lInde an-
cienne appartient tout entire au pass?) la diversit
des langues est un fait majeur: ct du sanscrit
et des langues moyen-indiennes qui en sont issues,
les langues dravidiennes,le tamoul, en premier lieu,
safrment et donnent lieu des littratures qui
leur sont propres. Cela pos il faut bien reconnatre
quil y a des blocs de traditions, des manires de
concevoir les rapports des hommes entre eux et avec
les autres formes du vivant et lensemble du cosmos
qui constituent un vaste savoir partag, commun
tout ce qui peuple le Continent du Pommier rose.
Cest en me limitant une face de cette culture,
celle que nous font connatre les textes composs en
sanscrit, que je voudrais poser, propos de lInde,
la question quavait suscite en moi la lecture de
lOeuvre de Vernant: comment y pense-t-on le rap-
port du voir et de lentendre? Ainsi formule, dans le
prsent contexte, la question prend une tournure ou
dvoile une ambition comparatiste. Cette ambition
nest recevable que si on prcise bien le corpus de
donnes que lon prend en compte et si ces corpus
ont, dans les cultures ainsi confrontes, des analo-
gies quant leur structure propre et leur statut.
Cest ce prix, me semble-t-il, que dune part on
vite de verser dans des considrations trop vagues
sur les mentalits et que dautre part les contrastes
ou les difrences prennent sens. Cest du moins la
leon que je tire de Jean-Pierre Vernant.

Dans le cadre ainsi propos, il est clair quon est
amen souligner lextrme importance, pour la
pense indienne, de la sphre du sonore. Il serait
bien sr absurde dopposer une Inde qui coute et
entend une Grce qui regarde et voit. La Grce
a son tonnerre, ses cris, ses plaintes, sa musique et
ses chants, son acoustique, le bruit et le silence de
ses paroles. LInde, de son ct, tout autant que
la Grce, est peuple dimages, ses dieux et aussi
ceux des mortels qui par leur ascse ont acquis des
pouvoirs surnaturels ont des regards foudroyants,
les potes inspirs sont des voyants ( i) ou des
visionnaires (kavi)
8
, ses penseurs laborent des
doctrines qui sont des vues (darana), ce qui est
6
Sans doute: la vie sociale nest possible que si les partenaires
scoutent les uns les autres et mme parviennent sentendre.
Mais on voit bien la difrence, qui nest pas propre la culture
grecque: je peux voir le regard dautrui, mme le regard quil
porte sur moi, je ne peux entendre son oreille. Tout au plus
puis-je essayer dimaginer son coute ou me contenter dune
rciprocit difre, dans laquelle mon interlocuteur et moi
couterions et nous ferions entendre tour tour.
7
Edition italienne, LUomo greco, Rome- Bari, Laterza, 1991;
dition franaise, Lhomme grec, Paris, Seuil, 1993.
8
Jan Gonda, Te Vision of the Vedic Poets, La Haye, Mouton,
1963; Eye and Gaze in the Veda, Amsterdam, North Holland
Pub. Co., 1969.
Entendre et voir avec Jean-Pierre Vernant
13
vident ou clair est vu (d a, spa a), les fdles
se pressent dans les sanctuaires pour avoir la vue
(le daran) de la divinit qui y rvre (et pour tre
vus delle), cette divinit elle-mme nest vraiment
prsente dans son image que lorsqua eu lieu la cr-
monie d ouverture des yeux (ak yunme a- a), et,
bien entendu, les verbes pa, d , k , qui signifent
voir ou regarder ou examiner fournissent
nombre de termes relatifs lintelligence, la r-
fexion, linvestigation (un nom pour lactivit
intellectuelle qui se rapproche le plus de ce que nous
nommons philosophie est nvk k, de la racine
k ). LInde ne se lasse pas de crer des formes, de
combiner des couleurs, de jouer de lombre et de la
lumire, et je le rpte, de produire des textes qui
dcrivent et expliquent ces actions, sans oublier le
topos des illades dans les scnes amoureuses, ni,
dans un autre registre, celui du Veda, lobligation
faite aux hommes et aux femmes prsents sur laire
sacrifcielle, tantt dchanger des regards, tantt
de ne pas voir
9
.
Nanmoins me paraissent caractristiques de
lInde (pour lessentiel, de lInde brahmanique) les
traits que voici.
1. Au cours des cinq ou six sicles qui prcdent
le dbut de notre re se constituent des savoirs,
vrai dire des sciences, descriptives et normatives qui
portent sur le langage, toujours saisi dans son aspect
sonore: la grammaire, la phontique, la mtrique.
Par la suite les philosophes disputeront du rapport
entre son et sens
10
, mais jamais le mot ne sera conu
en dehors de sa manifestation sonore. La gram-
maire, notamment, est cultive avec zle et jouit
dun prestige incomparable; avec ses catgories, ses
procdures danalyse, elle dtermine des manires
de penser qui agissent dans dautres disciplines
11
.
La grammaire est le point dappui de philosophies
et de spculations qui sont au centre de la cration
intellectuelle de lInde ancienne
12
.
2. Dimmenses squences textuelles se trans-
mettent de gnration en gnration, pendant des
sicles, jusqu nos jours encore, oralement. Nombre
de ces textes ne sont ni rptitifs, ni lches, ni ports
par un rythme. Souvent ce sont au contraire des
textes denses, difciles, ou chaque dtail compte:
les formules de la Grammaire de P ini au premier
chef. Confer la mmoire humaine ce qui doit
tre prserv et transmis, considrer quon ne sait
vraiment que ce quon sait par cur: ces pratiques
et ces ides se sont maintenues dans lInde bien
aprs que lusage de lcriture sy fut rpandue, (les
premiers textes crits qui nous soient parvenus sont
les inscriptions dAsoka, qui datent du milieu du
III sicle avant notre re). Les savoirs essentiels sont
faits de paroles dites et entendues. Cela suppose des
mthodes dapprentissage spcifques
13
.
3. Le massif de textes le plus ancien de lInde est
le Veda, terme qui signife savoir. Un synonyme
de Veda est ruti, audition
14
. Pour les hommes
qui, du fait de leur naissance dans une des trois
plus hautes classes de la socit, sont tenus, dans
leur enfance, dapprendre le Veda (cet apprentissage
commence par une initiation qui fait deux des
deux fois ns), ce savoir ne peut tre reu que de
la bouche dun matre: on rpte ce quil dit, de la
manire dont il le dit. Lessentiel de la ruti a t
compos avant que lcriture ne ft connue. Par la
suite, il n y a jamais eu dinterdiction de mettre
par crit le texte du Veda et de le lire, mais toujours
il a t prescrit, telle est sur ce point lorthodoxie
brahmanique, de lapprendre en coutant un
matre. Cest, en principe, pour assurer la transmis-
sion correcte, orale, et, autant que faire se peut, la
comprhension du Veda, que se sont constitues les
9
Stephanie W. Jamison, Sacrifced Wife, Sacrifcers Wife, Wo-
men, Ritual, and Hospitality in Ancient India, Oxford University
Press, 1966, pp. 139-141; Ch. Malamoud, La Danse des pierres,
Paris, Seuil, 2005, pp. 147 s.
10
Madeleine Biardeau, Torie de la connaissance et philosophie
de la parole, Paris-La Haye, Mouton, 1964.
11
Louis Renou, Les connexions entre le rituel et la gram-
maire en sanskrit, Journal Asiatique, 1941-1942, pp. 105-165,
notamment la conclusion (article repris dans Louis Renou,
Choix dtudes indiennes, runies par Nalini Balbir et Georges-
Jean Pinault, Paris, Ecole franaise dExtrme-Orient, 1997,
pp. 311-371; voir aussi les rserves et prcisions de Johannes
Bronkhorst, Te relationship between liguistics and other
sciences in India, in Histoire des sciences du langage, dit par
Sylvain Auroux - E.F.K. Koerner - Hans-Josef Niederehe -
Kees Versteegh - Walter de Gruyter, Berlin NewYork, 2000,
tome I, pp. 166-173.
12
David Seyfort Ruegg, Contributions lhistoire de la
philosophie linguistique indienne, Paris, E. de Boccard, 1959;
Madeleine Biardeau, op. cit.
13
Sur la mfance de lInde brahmanique lgard de lcri-
ture, voir Ch. Malamoud, Cuire le monde, rite et pense dans
lInde ancienne, Paris, La Dcouverte,1989, pp. 295-306; Le
Jumeau solaire, Paris, Seuil, 2002, pp. 127-149 et 166-169.
Voir aussi les complments et correctifs de R. Torella, Il Pensiero
dellIndia. Unintroduzione, Rome, Carocci, 2008, p. 159.
14
Cest ce titre que cette audition quest la parole (dsigne
comme abda) fait partie, dans les darana de lorthodoxie brah-
manique, des pram a, moyens de connaissance valide, ct
du tmoignage des sens (pratyak a) et de linfrence (anumna).
14 Charles Malamoud
sciences auxiliaires, membres (a ga) de ce corps
quest le Veda lui-mme: la Grammaire, la Phon-
tique et la Mtrique dj mentionnes, et aussi la
science du Rituel (les Kalpastra) et lEtymologie
(le Nirukta).
4. Pour la tradition indienne, les difrents l-
ments dont est fait le Veda, les pomes et groupes de
pomes qui en constituent la partie la plus ancienne,
mais aussi les traits en prose de la partie la plus
rcente nont pas proprement parler dauteur, ils
ont t vus par des potes, des i, terme que la
science de lEtymologie fait driver de la racine d
voir (de mme que les dieux sont censs avoir vu
les rites que clbrent les hommes). Le pouvoir, le
talent qui leur est propre est de transposer en mots
du langage, en pomes sonores, ce dont ils ont eu
lintuition visuelle. Mais cela mme quils ont vu
est la manifestation dune parole incre, ternelle,
cache. En sorte que les paroles des pomes sont
comme une rfraction de cette parole sans com-
mencement. Nombre de pomes vdiques sont une
clbration de la parole vdique elle-mme, de la
force qui anime les potes et aussi de cette parole do
manent tous les sons du Veda et qui se rvle en tant
que telle dans le jeu des nigmes que les potes, cer-
tains moments de la crmonie sacrifcielle, se posent
les uns aux autres
15
. Il y a une desse Parole, divinit
parmi dautres dans le panthon vdique. Elle parle,
sadresse directement celui quelle inspire (coute,
toi qui es cout, rudhi ruta), montre que tout re-
pose sur elle, que cest delle que les dieux tirent tout
leur pouvoir
16
. Mais ds la fn de la priode vdique,
dans les Upani ad, se dploie une spculation sur le
brahman, labsolu dont le Veda est la manifesta-
tion sonore, le abdabrahman
17
. A vrai dire, ce qui
caractrise la pense vdique et les spculations que
le Veda a suscites, ce nest pas tant la prminence
de laudition comme mode de perception que la
nature sonore de ce quil y a percevoir, de ce dont
les potes ont la rvlation. Lemploi du verbe voir
pour dsigner la manire dapprhender une ralit
indubitablement, essentiellement sonore apparat
clairement dans la rgle de P ini selon laquelle les
mlodies (sman) du Sma-Veda sont nommes
daprs le nom du i qui les a vues
18
. Bien des sicles
aprs la priode vdique, les potes reprennent ce
thme de la parole sonore quest le brahman et qui,
ayant t vue par eux, est restitue dans leur pome.
Bhavabhti (VIII
me
sicle de notre re) semble
particulirement attach ce thme. Dans le drame
Uttararmacarita, il voque la cration de lEpope
du Rmy a par Vlmki, aprs quil a eu la rv-
lation du abdabrahman. Le dieu Brahm sadresse
alors lui en ces termes: te voil initi prsent
lAbsolu dont la Parole est lessence (prabuddhosi
vgtmani brahma i). Dis la geste de Rma. Ton
il prophtique de voyant possde un irrsistible
clat (avyhatajyotir r a te prtibha cak u )
19
.
5. Le terme usuel pour parole est abda (un
dictionnaire est un abdako a, cofret de mots),
mais abda signifie galement son ou mme
bruit. Insistons-y, la parole est doue de sens
(artha), mais ne peut tre spare de son substrat
sonore, mme quand elle nest pas efectivement
prononce. Le silence est encore une modalit de
la parole. Ni abda, ni cet autre mot pour parole, le
fminin vc, nont connu dextension ou de glisse-
ment comparables ceux de logos
20
. Elle peut tre
exalte comme divinit, comme principe suprme,
elle nest pas pour autant un synonyme de raison.
La voix, v , par quoi la parole se fait entendre,
est clbre comme partie immortelle de lme ou
comme immortelle et, en tant que telle, partie de
ltman, du soi
21
. Que la parole soit faite de sons,
et que sous cet aspect, ce titre, elle soit un lment
de lunivers, cest ce que montre aussi ce texte v-
15
Louis Renou, Lnigme dans la littrature de lInde an-
cienne, Diogne 29 (1960) pp. 37-48, repris dans Louis Renou,
LInde fondamentale, tudes dindianisme runies et prsentes
par Charles Malamoud, Paris, Hermann, 1978, 11-20; Sur la
notion de brahman (avec le concours de Lilian Silburn), Jour-
nal Asiatique, 1949, pp. 7-46, repris dans LInde fondamentale,
pp. 83-116.
16
k-Sa hit X 125. Ce texte fameux a t comment
notamment par Louis Renou, Etudes vdiques et p inennes,
tome XVI, Paris, ditions E. de Boccard, 1967, pp. 166 s. et
par Georges Dumzil, Apollon sonore et autres essais, Esquisses
de mythologie, Paris, Gallimard, 1982, pp. 13-24.
17
David Seyfort Ruegg, op. cit., p. 11.
18
P ini IV 2, 7: d a sma.
19
Uttararmacarita, II, prose aprs la strophe 5. Traduction
de Lyne Bansat-Boudon, in Ttre de lInde ancienne, sous
la direction de Lyne Bansat-Boudon, Paris, Gallimard, 2006,
Bibliothque de la Pliade, p. 870.
20
Ce qui ne veut pas dire que les composantes de logos autres
que parole sont inconnues de la pense indienne! Pour expri-
mer les notions de calcul, proportion, raison, le sanscrit a recours
notamment des drivs de la racine m, mesurer; la raison
raisonnante est rendue par des drivs de hetu, cause etc., et,
bien sr, la Logique est une discipline majeure.
21
Bhavabhti, Uttararmacarita, invocation liminaire: van-
demahi ca t v m am tm tmana kalm.
Entendre et voir avec Jean-Pierre Vernant
15
dique connu sous le nom dupani ad de la parole
tout entire, qui associe les consonnes occlusives
la terre et au feu, les sifantes au feu et lair, les
voyelles au soleil
22
.
6. Le thme vdique des pouvoirs de la parole
ne concerne videmment que ceux qui ont accs
au Veda. De mme les spculations sur lAbsolu
comme parole donneront lieu, la fn du premier
millnaire de notre re des philosophies mystiques
fort complexes qui scartent de lorthodoxie brah-
manique et quon englobe sous le nom gnrique de
tantrisme
23
. Les doctrines tantriques sur lnergie de
la parole sont le domaine, dans lInde, de ceux qui
adhrent ces courants de pense. En revanche fait
partie du savoir partag, ds la fn de la priode
vdique, lide que les cinq sens et les organes sen-
soriels qui en sont le sige correspondent chacun
un des cinq lments du monde physique, sans
quon puisse dire en quoi consiste au juste cette cor-
respondance ou cette afnit: ainsi lil et la vision
correspondent au feu, ce qui nest pas surprenant;
la langue et le got, leau; le nez et lodorat, la
terre; la peau et le toucher, lair. Quant loreille
et loue, elles correspondent lka, terme qui
signife la fois ther, ciel et espace. Or si
le ciel est un des secteurs de lunivers, lespace les
englobe tous, il est aussi le lieu des points cardinaux
(di). Loue, donc, est en rapport avec la partie la
plus vaste et, si on peut dire, la plus abstraite du
cosmos. Les potes tirent parti de cette connexion.
Ainsi Klidsa, pour dire que le dieu Vi u, aprs
un sjour sur terre, remonte au ciel, dans lka, a
cette priphrase: le dieu pntra dans son empire,
domaine du son. Le mme Klidsa, dans la bn-
diction qui ouvre le drame akuntal, numre les
cinq lments (ils font partie des huit formes sous
lesquelles se manifeste la divinit suprme, iva en
loccurrence): seul dans la liste lka est dfni
par le domaine sensoriel quil constitue, lespace,
ou lther qui occupe le tout de lunivers et qui a
pour qualit propre (gu a) la ruti, laudition
24
. Telle
est la sublimit de laudition: entendre cest avoir
rapport lespace infni. Les sculptures qui fgurent
iva dansant Chidambaram le montrent pourvu
des divers objets qui symbolisent lther et du tam-
bour, fguration du sonore en gnral et allusion
la tradition selon laquelle cest iva qui a enseign
P ini la faon de prsenter rationnellement les
phonmes du sanscrit
25
.
Revenons, pour terminer, au Veda. La partie an-
cienne, les recueils dhymnes, est faite de pomes
caractriss par leur mtre, chandas. Lhomme qui
entreprend dofrir un sacrifce est cens abandonner
son corps profane et se donner un corps nouveau,
fait de parole et de mtres, un corps qui na dautre
consistance que les textes vdiques rcits pendant la
crmonie
26
. Ces structures mtriques sont des arran-
gements numriques de syllabes: tant de syllabes dans
le vers, tant de vers dans la strophe, tant de syllabes
dans la strophe
27
. Dans les textes de la prose vdique
les formes mtriques des hymnes (indpendamment
de leur contenu, du sens des mots) sont mises en
correspondance avec telle partie du cosmos, de la
socit, du corps humain. Les auteurs de ces textes
singnient dcomposer une action ou un objet en
un nombre dlments qui soit identique au nombre
de syllabes caractristique de tel mtre et enseignent
quil y a une afnit, fonde sur cette congruence nu-
mrique, entre cet objet ou cette action et ce schma
mtrique: cet objet ou cette action sont alors sous
la protection de ce mtre (jeu tymologique sur le
nom chandas, mtre, quon fait driver de la racine
verbale chad, protger, couvrir). Ce jeu sur les
nombres est tourdissant et donne limpression dtre
parfaitement arbitraire, mais cela ne doit pas nous
faire perdre de vue ce qui sous-tend ces additions et
multiplications: cest lide que le texte des pomes
vdiques est avant une combinaison dlments so-
nores, tout le moins un chapelet de syllabes rciter
et lide aussi que ce sont les structures phoniques du
pome qui permettent de dcouper la partie extra-
textuelle du monde, den recombiner les lments
de manire les rendre signifants.
Ces remarques aideront comprendre ce qui est
en cause dans le passage vdique que voici
28
. Je
lai choisi parce quil met en question le rapport
22
Aitareya-ra yaka III 2, 5.
23
En guise dintroduction, Andr Padoux, Lnergie de la
parole, cosmogonies de la parole tantrique, Fata Morgana, 1994.
24
Klidsa, akuntal, invocation liminaire.
25
C. Sivaramamurti, Na arja in Art, Tought and Literature,
Delhi, National Museum, 1974, p. 181.
26
Charles Malamoud, La danse des pierres, op. cit., pp. 15-32.
27
En fait il faut distinguer entre syllabes brves et longues,
respecter des contraintes, notemment les cadences. Le symbo-
lisme des Brhma a nen tient aucun compte.
28
Taittirya-Brhma a I 1, 4, 1-2 complter par K haka-Sa hit
VIII 3. Cfr. Herta Krick, Das Ritual der Feuergrndung, Vienne, Verlag
der sterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wissenschaften,
pp. 62 ss.
16 Charles Malamoud
du voir et de lentendre. Il sagit dinstructions sur
lamnagement du terrain sacrifciel que le nouveau
matre de maison doit installer pour y clbrer les
rites solennels rguliers. Il faut y construire trois
foyers de briques. Dabord, prs du milieu de la
bordure occidentale, le foyer grhapatya, carr.
Puis, une distance de douze pas en direction de
lest, le foyer havanya, circulaire. Puis, prenant
pour origine un point sur la droite qui spare
ces deux foyers, on se dirige vers le sud, et, une
distance de douze pas, encore, on construit le feu
dit anvhryapacana, qui est un demi-cercle. Se-
lon certains ces distances varient en fonction de
la classe sociale (var a) laquelle appartient le
sacrifant: si cest un brahmane, huit pas; si cest
un rjanya, onze pas; si cest un vaiya, douze pas.
A quoi correspondent ces chifres? Au nombre de
syllabes dans certains des mtres vdiques les plus
employs: la strophe dite gyatr est faite de trois
squences de huit syllabes; la strophe tri ubh de
quatre squences de onze syllabes, la strophe jagat
de quatre squences de douze syllabes. Or il y a non
pas par convention, mais par nature, une afnit
entre la classe des brahmanes et le mtre gyatr,
entre la classe des k atriya et le mtre tri ubh, entre
la clase des vaiya et le mtre jagat. Un des textes
qui donnent ces instructions sur la distance qui doit
sparer les foyers ajoute: parce que le nombre de
pas est dtermin et limit, le sacrifant obtiendra
ce qui est dtermin et dlimit. Mais il peut aussi
valuer la distance dun coup dil, sans compter les
pas. Ce faisant il obtient ce qui est non dtermin,
illimit. Ici comme en dautres circonstances, lil-
limit soppose au limit, il ne lenglobe pas. Pour
avoir le tout il faut les deux. Le texte ne dit pas com-
ment on peut la fois ou successivement mesurer
et valuer lil, mais il recommande de le faire,
pour avoir les deux types de biens. Mais il saisit
loccasion de faire lloge de lil. Se rfrant un
adage bien connu selon lequel on doit croire plutt
le tmoin qui dit: jai vu que celui qui dit: jai
entendu dire, le texte ajoute: on peut dire le faux
par la parole, on peut penser le faux par lesprit,
mais lil, lui, est vrit. Celui qui construit son
autel sur un emplacement dtermin vue dil,
cest sur le vrai quil le construit. En consquence
de quoi, le matre de maison qui est en possession
dun autel quil a ainsi construit sur le vrai ne
doit pas dire le faux [ce nest pas seulement quil
ne doit pas mentir: il ne doit pas dire non quand
son devoir est de dire oui]; et donc dans sa maison
il ne doit pas y avoir de brahmane qui ne soit pas
rassasi. Notons que cet loge de lil est une sorte
dornement qui sajoute la rgle proprement dite.
Que la distance soit ralise par des pas efectus et
compts ou globalement value, elle consiste de
toute manire en units dont le nombre correspond
un nombre de syllabes, cest--dire un trait de
la parole potique en tant quelle est une substance
sonore. De mme, les empreintes des pas de la vache
quon fait venir sur le terrain du sacrifce pour tre
le prix dachat du soma et qui, cela est dit avec in-
sistance, est une fgure de la parole, de la parole du
Veda: ces empreintes sont des objets visibles qui,
parce quils sont appels pada, trace de pas, sont
destins illustrer, matrialiser ces autres pada, cette
autre signifcation du mot pada: mot; le mot,
pada, est l unit constitutive du pda, vers, qui,
lui-mme entre dans la composition de lunit su-
prieure, la strophe. La terre de ces empreintes est
recueillie, confe au sacrifant et son pouse: les
pas de la vache portent jusquau cur du sacrifce
les sonorits de la parole
29
.
29
Taittirya-Sa hit VI 1, 8, 1-5; atapatha-Brhma a III
3, 1, 1-11. Notons quune fois la vache introduite sur laire
sacrifcielle, ltape suivante, dans le droulement du rite, est
un change de regards entre lpouse du sacrifant et la Parole
ainsi prsente devant ses yeux.
Nato il 30 marzo 1927, Nicolas Coldstream ci ha
lasciato il 21 marzo 2008, pochi giorni prima della
partenza per Atene. L, la British School si accin-
geva a festeggiare non solo il suo 81 compleanno
ma anche i quarantanni e la seconda edizione del
suo Greek Geometric Pottery
1
con una giornata di
studio, dedicata poi alla sua memoria. Cos fnisce
una carriera scientifca davvero straordinaria, che
ha cambiato per sempre la nostra percezione della
Grecia e del mondo greco nei secoli preclassici.
Nicolas Coldstream era uno dei rari studiosi
di cui moltissimi altri, per molti anni e molto
volontieri, si sono ritenuti allievi, anche se non
hanno avuto la fortuna di averlo formalmente
come maestro allUniversit di Londra. Dopo il
suo ritiro dallinsegnameno universitario, ben 26
dei suoi allievi formali gli hanno presentato un
Festschrift, dal titolo evocativo Klados (cfr. Hdt.
vii.19), nel quale Paul Courbin, Vassos Karageor-
ghis e Peter Warren hanno sottolineato in quale
misura il Coldstream ha portato avanti la nostra
conoscenza della Grecia, di Cipro e dellEt del
Bronzo egea
2
. Non necessario riepilogare qui le
loro parole, anche se il contributo del festeggiato
stato arricchito in questo frattempo da notevoli
addizioni a tutti e tre questi settori: basta citare i
quattro tomi del rapporto di scavo della necropoli
settentrionale a Knossos
3
, nonch lanalisi (che
presto vedr la luce) della ceramica geometrica
proveniente dalla necropoli Toumba di Lefkandi
4
.
Forse pu destare meraviglia che manchi lItalia
da Klados come dal leggendario MA programme
diretto per anni dal Coldstream a Londra. Ma se
non compariva nella lista ufciale dei floni di
studio previsti (Studi Minoici e Micenei; la Prima
Et del Ferro della Grecia; Cipro), lItalia era in ve-
rit sempre presente nel suo insegnamento: come
hanno scritto Christine Morris e Alan Peatfeld,
Coldstream encouraged in his students a disci-
plined and profound familiarity with the material,
not just of their own particular feld of study, but
of the full range of Greek archaeology
5
. E per
Coldstream le scoperte di ceramica geometrica gre-
ca (o di tipo greco) che si sono susseguite in Italia
durante la seconda met del secolo scorso hanno
sempre costituito una parte importantissima della
full range of Greek archaeology che era indispen-
sabile alla comprensione della madrepatria e del
Levante
6
. Per nostra fortuna, tale convinzione (che
nulla doveva alla famigerata Archeologia Nuova,
NICOLAS COLDSTREAM E LITALIA
David Ridgway
1
J.N. Coldstream, Greek Geometric Pottery: a survey of ten
local styles and their chronology, London 1968; Exeter 2008
2
.
2
P. Courbin, J.N. Coldstream: English archaeologist, in C.
Morris (a cura di), Klados. Essays in honour of J.N. Coldstream
(BICS Suppl. 63), London 1995, pp. 1-7; V. Karageorghis,
J.N. Coldstream and the archaeology of Cyprus, ibidem, pp.
9-12; P. Warren, Nicolas Coldstream and the Aegean Bronze
Age, ibidem, pp. 13-14.
3
J.N. Coldstream - H.W. Catling (a cura di), Knossos North
Cemetery: Early Greek tombs (BSA Suppl. 28), London 1996.
4
In I.S. Lemos (a cura di), Lefkandi III: Te Toumba Cem-
etery. Te excavations of 1981, 1984, 1986 and 1992-4: Text
(BSA Suppl. 29), London: in corso di stampa. Il volume delle
relative tavole (Lefkandi III: Plates), compilato dal compianto
M.R. Popham con I.S. Lemos, uscito gi nel 1996.
5
Introduction, in C. Morris (a cura di), Klados cit., p. xi.
6
Fondamentali rimangono A fgured Geometric oinochoe
from Italy [nel British Museum: inv. GR 1849, 0518.18],
in BICS 15, 1968, pp. 86-96 e Some problems of eighth-
century pottery in the West, seen from the Greek angle, in
La cramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe sicle en
Italie centrale et mridionale (Cahiers du Centre Jean Brard
III), Napoli 1982, pp. 21-37; nonch lesemplare bilan
archologique, ibidem, pp. 216-222.
David Ridgway
18
o post-processuale che sia
7
) ha reso possibili non
solo le pagine riguardanti lOccidente gi nelle
prime edizioni di Greek Geometric Pottery (1968)
e Geometric Greece (1977), ma anche una serie
di studi fondamentali pi recenti che mettono a
confronto diversi centri dellOccidente con altre
parti del mondo greco
8
in unottica che va ben
oltre la ceramica geometrica. Cos, alla fne di
unaccurata disamina di Pithekoussai, Cyprus and
the Cesnola Painter, aveva occasione di osservare
a proposito della presenza di Demarato a Tarquinia
che however energetically he may have pursued
his commerce among the Etruscans, he would
not have wished to be without his land and his
horses
9
. Altrove, ha dato nuova vita al dibattito,
ancora vivace, sul tema prettamente umano dei
matrimoni misti
10
.
Particolarmente intenso stato linteresse del
Coldstream nelle scoperte efettuate dal compianto
Giorgio Buchner a Pithekoussai
11
, dove le sue visite
erano attese come quelle di pochi altri e dove chi
scrive aveva limmenso privilegio di conoscere da vi-
cino le sue doti eccezionali non solo di studioso ma
anche di essere umano. Si, sembrava (e infatti lo era)
un vero English gentleman: ma era eccezionalmente
aperto ad altre situazioni e culture, e a diferenza
di molti altri English gentlemen non le riteneva
afatto inferiori alle sue. Riusciva a farsi capire da
chiunque; e aveva un sense of humour squisito.
Questo fra laltro (una sera, a cena...) lha portato
alla defnizione (ormai famosa in certi ambienti) del
Kreis- und Wellenband Stil come spaghetti style.
Certo, nemmeno lIsola Verde poteva soppiantare la
sua amata Grecia nel suo cuore; ma con noi stava a
suo agio, e dava il meglio di s quando Buchner ed
io labbiamo invitato a studiare la ceramica geome-
trica euboica dallo Scarico Gosetti sullacropoli. Il
risultato, destinato in origine al volume Pithekoussai
II (la cui stesura fu poi abbandonata per motivi
indipendenti dalla volont dei suoi curatori), ha
visto la luce nel BSA
12
. Mostra in piccolo la stessa
straordinaria abilit di estrarre storia (e non solo
cronologia) dalle cose (e non solo dalla ceramica)
che lo aveva portato anni prima da Greek Geometric
Pottery a Geometric Greece.
Come faremo senza il Coldstream?
Non mistero a nessuno ormai che, specialmente
nel mondo anglosassone, la metodologia tradizio-
nale (ma preferisco defnirla normale) non uni-
versalmente ritenuta sufciente per le esigenze post-
moderne. Della seconda edizione del Geometric
Greece (2003) stato perfno osservato, e anche
7
V. la prefazione alla seconda edizione di Geometric Greece
900-700 B.C., London 2003, p. 3: We cannot deal here with
theoretical reconstructions of Early Greek society, often based
on anthropological analogies far removed in space and time.
8
Achaean pottery around 700 B.C., at home and in the
colonies, in D. Katsonopoulou et al. (a cura di), Helike II:
Ancient Helike and Aigialeia. Proceedings of the Second Inter-
national Conference, Aigion, 1-3 December 1995. Athens 1998,
pp. 323-334; Greek Geometric pottery in Italy and Cyprus:
contrasts and comparisons, in L. Bonfante - V. Karageorghis
(a cura di), Italy and Cyprus in Antiquity 1500-450 B.C.
Proceedings of an International Symposium held at the Italian
Academy for Advanced Studies in America at Columbia Univer-
sity, November 16-18, 2000, Nicosia 2001, pp. 227-238; Te
various Aegean afnities of the early pottery from Sicilian
Naxos, in M.C. Lentini (a cura di), Le due citt di Naxos. Atti
del Seminario di Studi, Giardini Naxos, 29-31 ottobre 2000,
Giardini Naxos 2004, pp. 40-49; da ultimo, segnalato da chi
scrive con animo particolarmente grato, Other peoples pots.
Ceramic borrowing between the early Greeks and Levantines,
in various Mediterranean contexts, in E. Herring et al. (a cura
di), Across Frontiers: Etruscans, Greeks, Phoenicians and Cypriots.
Studies in honour of David Ridgway and Francesca Romana Serra
Ridgway, London 2006, pp. 49-55.
9
In B. dAgostino - D. Ridgway (a cura di), Apoikia: Scritti
in onore di Giorgio Buchner (= AIONArchStAnt n.s. 1), Napoli
1994, pp. 77-86 (Demarato: p. 85).
10
Mixed marriages at the frontiers of the early Greek world,
in OJA 12, 1993, pp. 89-107. Sullo stesso tema v. succes-
sivamente G. Shepherd, Fibulae and females: intermarriage
in the Western Greek colonies and the evidence from the
cemeteries, in G.R. Tsetskhladze (a cura di), Ancient Greeks
West and East, Leiden-Boston-Kln 1999, pp. 267-300; I.S.
Lemos, Craftsmen, traders and some wives in Early Iron Age
Greece, in N. Chr. Stampolidis - V. Karageorghis (a cura di),
Ploev... Sea Routes ...: Interconnections in the Medterranean,
16
th
-6
th
c. B.C. Proceedings of the International Symposium held
at Rethymnon, Crete, September 29
th
-October 2
nd
2002, Athens
2003, pp. 187-195.
11
Oltre alle non poche pagine dedicate a questo centro nelle
due edizioni di Greek Geometric Pottery e Geometric Greece,
v. anche Prospectors and pioneers: Pithekoussai, Kyme and
Central Italy, in G.R. Tsetskhladze - F. De Angelis (a cura
di), Te Archaeology of Greek Colonisation: Essays dedicated
to Sir John Boardman, Oxford 1994, pp. 47-59; (con G.L.
Huxley), An astronomical grafto from Pithekoussai, in PP
51, 1996, pp. 221-224; Drinking and eating in Euboean
Pithekoussai, in M. Bats - B. dAgostino (a cura di), Euboica.
LEubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente. Atti
del Convegno Internazionale di Napoli 13-16 novembre 1996,
Napoli 1998, pp. 303-310; Some unusual Geometric scenes
from Euboean Pithekoussai, in I. Berling et al. (a cura di),
Damarato. Studi di antichit classica oferti a Paola Pelagatti,
Milano 2000, pp. 92-98.
12
Euboean Geometric imports from the acropolis of Pithe-
koussai, in BSA 90, 1995, pp. 251-267.
Nicolas Coldstream e lItalia
19
(dobbiamo credere) autore-
volmente, che Coldstream
has written a book for his
contemporaries [cio per gli
ultra-settantenni], and we
still lack a truly up-to-date
synthesis of the early Iron
Age of Greece
13
. Ma anche
la pi avanzata o antropo-
logica esegesi non pu esi-
mersi n dallidentifcazione
(e classifcazione) dei pochi
frustuli estratti faticosamente
dalla terra n dalla corretta
lettura dei loro contesti. Que-
sti sono i due grandi pilastri
che in quarantanni Nicolas
Coldstream ha dato a tutto
il mondo greco; in Italia,
sostengono gli innumerevoli
discorsi spuntati nella scia
del trade before the fag dei
secoli IX e VIII.
Mi piace fnire questo breve
saluto con la trascrizione di
un paio di frasi riguardanti
la Tapsos class scritte da
una giovane (credo) relatrice
alla riunione ateniese dedicata alla memoria del
nostro amato Maestro pochi giorni dopo la sua
morte: New questions are posed, and similarities
with, as well as diferences from, examples of this
ware deriving from Ithaka and the Achaean colonies
in Southern Italy are presented. Te aim of the
paper is not to solve but to set up new questions
13
J. Whitley, in CR 55, 2005, p. 196.
14
Te Tapsos Class reconsidered: the case of Achaea:
abstract della relazione presentata da Anastasia Gadolou al
Fig. 1. Nicolas Coldstream (a destra) con Giorgio Buchner e David Ridgway nel giardino
della casa di Coldstream a Londra.
on this specifc ware
14
. Mi pare che queste nuove
domande costituiscono un risultato emblematico
dellinsegnamento di Nicolas Coldstream in tutti
i campi che ha fatto suoi. Grazie al suo esempio,
non saranno le ultime del loro genere, n in Italia
n altrove: ma da adesso in poi dobbiamo afron-
tarle da soli.
Symposium on Greek Geometric pottery in memory of the
late Professor Nicolas Coldstream (British School at Athens,
29 marzo 2008).
A tutti ben noto il passo che Tucidide compone
come riferito ai tempi precedenti alla colonizzazione
storica greca della Sicilia: Abitarono anche i Fe-
nici tutto intorno alla Sicilia, dopo aver occupato
i promontori sul mare e le isolette adiacenti per
favorire il loro commercio coi Siculi. Ma poich i
Greci arrivarono dal mare in gran numero, abban-
donata la maggior parte del loro territorio, riunitisi
in pi stretti confni abitarono Mozia e Solunto e
Panormo (6, 2, 6).
Lo storico ci tratteggia un paesaggio riportato
ad un periodo che possiamo intendere come alto-
arcaico, funzionale esplicitamente al commercio
che si ritiene attivit predominante presso i Fenici,
quasi opposto, a quanto si legge fra le sue righe, ad
un diverso paesaggio della colonizzazione greca
della stessa isola. Anche una diversa fonte accosta
fra loro gli stanziamenti fenici in Sicilia e nelle isole
vicine, riconoscendone la causa nella fortuna che
i Fenici incontrarono, a quanto si tramanda, con
il commercio dellargento iberico
1
.
E, infatti, la scelta del luogo di fondazione dipen-
de dai motivi pi vari e dalla concomitanza di pi
cause, le quali andrebbero analizzate singolarmente,
quando sono note, e non riportate a schemi teorici
che spesso sono formulati sulla base della storia
successiva della citt
2
.
Si tenter, qui di seguito, sulla scorta delle diverse
evidenze disponibili di analizzare questa controver-
sa, per gli storici moderni, informazione che Tucidi-
de ci tramanda, tentando un esame focalizzato sulle
menzioni di isole e sulle loro funzioni allinterno
delle navigazioni ed agli stanziamenti del periodo
alto-arcaico.
Prima della guerra di Troia, secondo Tucidide
pirati erano soprattutto gli isolani, che erano Cari e
Fenici: costoro infatti abitavano il maggior numero
delle isole dellEgeo, fnch la fotta di Minosse
non riusc a bonifcarne le basi, colonizzando quegli
stessi siti (Tuc. 1, 8, 1-2)
3
.
Altre fonti letterarie documentano di stanzia-
menti, o almeno presenze, attribuiti a Fenici anche
nelle isole dellEgeo, riportandoli a tempi mitici.
Ne possiamo ricostruire lelenco, che sembra
disegnarci i punti di appoggio di una rete con pi
funzioni: anche se da ritenere che la documenta-
zione in nostro possesso sia lacunosa rispetto alla
realt antica.
Il sito pi orientale fra quelli testimoniati, e
quindi quello verisimilmente pi vicino alla terra
dorigine dei Fenici, risulta essere Ialysos, sullisola
di Rodi
4
.
Verso Occidente Tera, Melos, Oliaros e Kythera
si dispongono ad appoggiare la navigazione. Anche
Delo, secondo una menzione di Euripide, ha cono-
sciuto presenza fenicia.
Allestremo nord del mare Egeo, dellisola di
Tasos attesta Erodoto, dopo una personale autop-
sia, che vi si trovava un tempio di Eracle, eretto
dai Fenici che navigando alla ricerca di Europa
fondarono Taso; e questi avvenimenti risalgono a
cinque generazioni di uomini prima della nascita di
Eracle fglio di Anftrione in Grecia (Hdt. 2, 44, 4).
Ma linteresse dei Fenici nei confronti dellisola,
TUCIDIDE E LE ISOLE, TRA FENICI E GRECI
Pier Giovanni Guzzo
1
Diod. Sic. 5, 35, 4-5.
2
F. Cordano 1986, p. 110.
3
Cfr. S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente. Ricerche di
storia greca arcaica, Firenze 1947, pp. 256-269 per la critica
della ricerca moderna sulla talassocrazia fenicia.
4
In generale: G. Bunnens 1979, con tutte le fonti letterarie
e la bibl. prec.
Pier Giovanni Guzzo
22
e della prospiciente costa tracia, si diresse verso
obiettivi pi concreti: le miniere doro, delle quali
testimonia lo stesso Erodoto, riconoscendo come
le pi mirabili quelle le scoprirono i Fenici i
quali insieme a Taso colonizzarono questisola che
ha ancora il nome che ebbe da questo Taso fglio
di Fenicio (Hdt. 6, 47, 1).
Anche altri siti insulari, oltre a Tasos, sono
ricordati per la fondazione di un tempio ad opera
di Fenici: a Kythera quello in onore di Afrodite; a
Ialysos quello in onore di Poseidone (Diod. Sic. 5,
58, 2-3). Le divinit dedicatarie, come lEracle di
Tasos, non paiono essere casuali.
La sicura lacunosit delle fonti letterarie a dispo-
sizione ci deve impedire di giungere alla temeraria
conclusione che i tre santuari avrebbero potuto co-
stituire i tre nodi principali della rete insulare fenicia
attraverso lEgeo. Della quale si sarebbe tentati di
proporre Ialysos come cerniera di distribuzione sia
verso ovest, con termine a Kythera, sia verso nord,
con termine a Tasos.
Le fonti letterarie ricordano varie attivit svolte dai
Fenici in queste isole in quei tempi mitici. Si hanno
stanziamenti a Tera (chiamata in precedenza Kal-
liste) (Hdt. 4, 147), costituiti da Cadmo in cerca
di Europa con a capo Membliare fglio di Pecilo,
che raggiunsero la durata di otto generazioni prima
che lo spartano Tera, fglio di Antesione, fglio di
Tisameno, fglio di Tersandro, fglio di Polinice, vi
ponesse la propria colonia
5
. Ancora stanziamenti,
con la gi ricordata fondazione del tempio di Eracle
collegabile a quello posto allo stesso Eroe a Tiro
6
, e
sfruttamento delle miniere doro: in raddoppio con
analoghe attivit sulla prospiciente costa tracia
7
.
Per Ialysos, le informazioni si riducono ad attivit
cultuali: oltre al gi ricordato santuario di Poseidone,
Cadmo ofre ad Athena Lindia un calderone di bron-
zo iscritto con lettere fenicie
8
. Ma che si sia trattato di
uno stanziamento vero e proprio si potrebbe ricavare
dallessere ricordato come i Fenici ne scacciarono i
precedenti abitanti autoctoni, per poi subire lo stesso
trattamento ad opera dei Cari
9
. E dalla memoria di
una piccola citt fortifcata, di nome Achaia
10
.
Melos
11
e Oliaros
12
sembrano non permettere
osservazioni al riguardo: anche se della seconda si
tramanda unorigine sidonia.
Anche per Kythera la notizia ripetuta da Erodoto
(1, 105) e da Pausania (1, 14, 7) ci riporta solo al
tempio di Afrodite Urania, eretto da Fenici prove-
nienti da Ascalona.
Questo insieme di tradizioni, rese labili come gi
avvertito sia dal riferimento a tempi mitici sia dallo
loro (per noi) stringatezza, di sicuro lacunoso ci
autorizza solamente a ritenere la banale conclusione
che il mare Egeo fu solcato da naviganti provenien-
ti dalla costa orientale in direzione ovest e nord,
avanzando da isola in isola, e frequentando porti
in terraferma, come sembra indichino i numerosi
toponimi Phoinikous (cfr. appendice 2), attestati
dalla costa dAsia Minore alla Sicilia.
Tuttavia, sembra possibile proporre che una tale
utilizzazione delle isole possa essere vista come
distinta in due principali funzioni: peraltro non
sempre alternative fra loro. Da un lato si possono
proporre stanziamenti fnalizzati allo sfruttamento
di risorse materiali, come le miniere doro a Tasos,
o commerciali, come la possibilit di scambi con
il Peloponneso a Kythera; dallaltro la funzione
di appoggio alla navigazione, come per le restanti
localit. E, come si visto, l dove le condizioni lo
permettevano, come a Tera, si costituito uno
stanziamento di lunga durata.
Altrettanto sembra potersi dire per Ialysos.
Un tale sistema di organizzazione insulare della
navigazione e degli stanziamenti sia di supporto
sia di sfruttamento delle risorse naturali locali, si
documenta anche per la presenza ellenica nello
stesso Egeo.
La diferenza tra il sistema fenicio, per come
sembra legittimo se ne possa dire, e quello greco
consiste nella diversit dei rispettivi capisaldi in
terraferma: tralasciando, ovviamente, quella di
rispettiva origine.
Per i Fenici si pu ricordare un solo caposaldo in
terraferma: quello, mitico, di Cadmo e Telefassa in
Tracia (cfr. supra): ma da ricordare la integrazione
di Frazer al testo trdito, intesa a ritenere che anche
questa informazione vada riferita allisola e non
5
Cordano 1986, p. 22.
6
Oltre che Hdt. 2, 44, 4 cfr. Paus. 5, 25, 12.
7
Cfr. ps. Apollodoro, Bibliotheca 3, 1, 1: Bunnens 1979, p.
232.
8
Diod. Sic. 5, 58, 2-3.
9
Conone, in Photios, Bibliotheca 186, 47: Bunnens 1979,
p. 187.
10
Athen. 8, 61, 360 d-361 c: Bunnens 1979, p. 129.
11
Festo, s. v. Melos.
12
Steph. Byz. s. v. Oliaros.
Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
23
alla terraferma
13
. Mentre numerosi, non secondari
e di alta antichit sono gli stanziamenti greci sulla
costa, peraltro non tutta fenicia, di Asia Minore:
tali da divenire pienamente storici, come invece
non accade per quelli fenici, dei quali rimasero
solamente le memorie tramandate dagli eruditi, se
non per Ialysos. Potremmo aggiungere: non a caso,
considerandone la localizzazione geografca. Anche
Tucidide, nel ricordare la purifcazione di Delo ad
opera degli Ateniesi nel 426 a.C., nello stesso passo
sopra citato a proposito della presenza dei Fenici nel-
le isole dellEgeo, menziona specifcatamente solo i
Cari, in quanto documentati dalla foggia delle armi
sepolte insieme al morto e dal modo in cui ancor
oggi li seppelliscono, deposti in pi della met
delle tombe purifcate (1, 8, 1), tacendo di simile
documentazione per i Fenici, che, pure, avrebbero
dovuto, per coerenza interna alla propria esposizio-
ne, essere stati i titolari dellaltra parte di tombe
14
.
Ma sulla costa, ora siriana, libanese ed israeliana,
possiamo ricordare con certezza solamente Al-Mina
come luogo dattracco stabile di navigatori greci:
ma non di stanziamento politico ed istituzionale
15
.
Cos che pare potersi intravedere un parallelismo,
tra Greci e Fenici, sulle due opposte coste: ambedue
con ridottissime possibilit di stazioni fsse, anche
se permeabili a commerci e a contatti.
Sembra, inoltre, confgurarsi un ulteriore schema:
riferito alla diferente opportunit di insediamen-
to che ofrono le coste di terraferma rispetto alle
isole, le quali ultime andranno opportunamente
diferenziate fra quelle grandi, cio con efettiva
e variata possibilit di accogliere e mantenere nel
tempo stanziamenti fssi come ad esempio quelli
della Sicilia, e quelle piccole, che tali possibilit
invece presentano in maniera ridotta, comunque
sufciente ma con evidente accentuazione della
propria insularit. chiaro che grandezza e
piccolezza sono da intendersi come requisiti re-
lativi e non assoluti: ad esempio, in rapporto anche
al numero di coloro che intendono insediarvisi.
Se le note caratteristiche tecnologiche della
navigazione antica rendono inutile proporre
motivazioni alla necessit di utilizzare punti di
appoggio, quindi insulari, nelle rotte trans-egee, la
disponibilit di sfruttamento produttivo, sia com-
merciale sia daltra categoria, che presentavano le
opposte terreferme sono altrettanto evidenti. Cos
come la cautela, a dir poco, che le rispettive societ
applicavano a coloro che giungevano dal mare: sia
pure per scopi reciprocamente utili. Da ci si svi-
luppano le forme e le ritualit di mediazione e di
controllo, quasi di fltro di sicurezza, fra stanziati
e sopravvenienti: dal dono alla sacralizzazione
dello scambio, come nei casi dei templi a Kythera
e a Tasos, fno alla regolamentazione di speciali
statuti per alcuni determinati siti portuali, che gran
parte di noi moderni identifca come empori
16
.
Di quanto schematizzato si evidenziano i tratti
essenziali componenti nel settore orientale del
Mediterraneo: le sponde opposte del quale hanno
ospitato, fn da una remota antichit, societ sem-
pre pi istituzionalmente organizzate, in grado di
regolamentare i rapporti fra autoctoni e stranieri,
e di far osservare quanto stabilito.
Di ci rappresentazione la guerra che Minosse
port sistematicamente ai pirati Cari e Fenici, ri-
costruita da Tucidide (1, 8, 1-2), con lesito fnale
di raggiungere un ordine sia alla navigazione
sia al commercio in Egeo. Ordine, ovviamente,
che si risolse in vantaggio per i pi potenti: e che
conobbe eccezioni.
La composizione del quadro che si tentato di
tratteggiare per lEgeo diferente da quella che si
pu tentare di ricostruire per il settore occidentale
del Mediterraneo. La diferenza, in prima istanza,
non riguarda i modi dellapproccio e degli stanzia-
menti pi antichi da parte dei navigatori provenien-
ti da est, quanto la strutturazione istituzionale delle
diverse popolazioni autoctone, per quanto essa sia
ricostruibile da parte nostra.
Fenici e Greci si contendono, nella visione dei
moderni, il primato temporale nelle rotte di navi-
gazione verso Occidente. Ma per confgurarsi una
tal tenzone, i moderni sono costretti a ricorrere al
13
Bunnens 1979, p. 233.
14
Cfr., per analogia, quanto evidenziato come principale dif-
ferenza tra Fenici e Greci in Sicilia da Mazzarino 1947, p. 273.
15
Cfr. la classica esposizione dellevidenza oferta da J.
Boardman, Les Grecs outre-mer. Colonisation et commerce
archaques, Naples 1995 (traduzione da London 1980), pp. 45-
69; v. anche, pi sommariamente: M. Gras, La Mditerrane
archaque, Paris 1995, p. 141. Da ultimo: H.G. Niemeyer,
Phoenician or Greek: is there a reasonable way out of the Al
Mina debate?, in Ancient West and East 3, 1, 2004, pp. 38-50.
16
Lemporion, a cura di A. Bresson - P. Rouillard, Paris 1993;
M.H. Hansen, Emporion. A Study of the Use and meaning of
the Term in the Archaic and Classical Periods, in Tsetskhladze,
2006, pp. 143-168.
Pier Giovanni Guzzo
24
postulato della continuit delle navigazioni greche
verso Occidente fn dallepoca micenea per giungere
a quella storica, sia pure alto-arcaica. Un postulato
del genere, a quanto si ritiene essere documentato
dai ritrovamenti archeologici ad oggi noti, rimane
tale: n trova fondamento dimostrativo in altro ge-
nere di documentazione a noi pervenuta, se non in
passi letterari antichi chiaramente propagandistici
anche sul livello mitologico e cultuale.
Ci non signifca negare che si siano avuti, entro
il corso del II millennio, rapporti fra Occidente,
in particolare Sicilia ed Italia meridionale ma
anche la Sardegna e non solo, e penisola greca e,
forse, anche coste dellAsia Minore. Ma i modi
di tali rapporti sfuggono ampiamente, in specie
nellaspetto che riguarda gli stanziamenti dei na-
vigatori micenei nelle terre occidentali e la loro
continuit attraverso i secoli bui.
Al contrario, a cominciare dal passo di Tuci-
dide gi sopra ricordato (6, 2, 6)
17
, sembra che
gli Antichi riconoscessero ai Fenici non solo una
precedenza cronologica, ma anche una pi estesa
frequentazione, a scopi commerciali, riconoscibile
e riconosciuta dai Greci sopravvenienti con scopi,
invece, stanziali e, come stato di recente proposto,
almeno in parte pianifcati ex ante
18
. Ricostruzione
che pare essere parallela alle vicende tramandate a
proposito del mar Egeo.
Il modello insulare di stanziamento e commer-
cio che Tucidide attribuisce ai Fenici della Sicilia
potrebbe essere raforzato da quanto detto nella
c. d. profezia di Ezechiele, risalente al primo quar-
to del VI secolo
19
. Il condizionale dobbligo, in
quanto il testo ebraico, nel descrivere il crollo che
gli stanziamenti transmarini di Tiro subiscono a
seguito della conquista, da parte degli Assiri, della
loro madrepatria, utilizza un vocabolo che i mo-
derni traduttori rendono sia come isola sia come
costa
20
. Lalternanza, per noi, del signifcato del
vocabolo usato particolarmente frustrante per
il tentativo di documentare il nostro argomento:
ma non sembra che una delle due traduzioni vanti
argomenti pi convincenti dellaltra. Qui sar suf-
fciente ricordare quella profezia: e lincertezza per
noi del suo signifcato, che quindi non esclude la
possibilit che Ezechiele ricordasse esplicitamente
le isole come punti fermi ed importanti per la
presenza produttiva transmarina di Tiro.
Da un punto di vista archeologico, che Dunbabin
privilegiava per motivare il suo scetticismo nei con-
fronti di Tucidide, non sembra di possedere ad oggi
documentazioni di supporto, escluse ovviamente
Mozia e Palermo, ma non certo con ritrovamenti da
ritenere pi antichi di quelli che si sono efettuati in
colonie greche. Ma occorrer ricordare che da soli
circa ventanni che si venuti a conoscenza di unab-
bondante presenza di ceramica fenicia a Zancle, entro
la fne dellVIII secolo
21
. Questo sito e la cronologia
da assegnare ai reperti fnora noti non rientrano, a
stretto rigore, nel modello tucidideo: ma non se
ne potr negare il ruolo cruciale nella navigazione e,
quindi, nel commercio intermediterraneo.
Gli studiosi specialisti di storia e di archeologia
fenicia (e punica) difendono la testimonianza di
Tucidide, leggendola, sulla scia del Pareti, in chiave
modernista
22
, oppure anche ipotizzando che sia-
no le caratteristiche geomorfologiche di alcuni siti
sufcienti a sostanziare la fonte storica
23
.
17
Mazzarino 1947, pp. 317-319; Dunbabin 1948, pp. 20-22
del tutto scettico nei confronti di Tucidide, in specie a causa della
mancanza di documentazione archeologica di supporto; Brard
1963, p. 80 , invece, possibilista, se non favorevole. A proposito
della documentazione epigrafca fenicia, e in particolare delle due
iscrizioni da Nora, utilizzate di frequente come prova di una prio-
rit cronologica fenicia occorre osservare che esse sono databili tra
lultimo quarto del IX secolo e la seconda met dellVIII secolo
a.C.: M.G. Amadasi Guzzo - P.G. Guzzo 1986, pp. 59-71: in
particolare p. 66, e quindi non particolarmente risolutive della
questione. Da ultimo, a favore di una priorit cronologica fenicia:
A.J. Nijboer, Te Iron Age in the Mediterranean: a chronological
mess or trade before fag, Part II, in Ancient West and East 4,
2, 2005, pp. 255-277 (in specie p. 271); H.G. Niemeyer, Te
Phoenicians in the Mediterranean. Between expansion and colo-
nisation: a non-greek model of overseas settlement and presence,
in Tsetskhladze 2006, pp. 143-168.
18
F. Cordano, A project of Greek Colonisation from Sicily to
Etruria?, in ASAtene 84, 1, 2006 (2008), pp. 465-480.
19
Bunnens 1979, pp. 83-90.
20
Cos anche Mazzarino 1947, p. 348 nota 318.
21
G.M. Bacci, Zancle: un aggiornamento, in Euboica.
LEubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente, Atti
convegno Napoli 1996, a cura di M. Bats - B. dAgostino,
Napoli 1998, pp. 387-392: in particolare pp. 387-388 fg. 2 a-f.
22
S. Moscati, Fenici e Cartaginesi in Sicilia, in Kokalos 18-
19, 1972-1973, pp. 23-31, spec. pp. 23-25; da leggersi con le
avvertenze avanzate da E. Lepore, Otto anni di studi di storia
sulla Sicilia antica e conclusioni del Congresso, ibid. pp. 120-
145, spec. pp. 131-133. Cfr. anche V. Tusa, La problematica
archeologica relativa alla penetrazione fenicio-punica e alla storia
della civilt punica in Sicilia, in Storia della Sicilia 1, Napoli
1979, pp. 145-161, spec. pp. 146-147.
23
S.F. Bond, Penetrazione fenicio-punica e storia della civilt
punica in Sicilia. La problematica storica, in Storia della Sicilia
1, Napoli 1979, pp. 163-225, spec. pp. 165-169.
Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
25
Lo sviluppo e lapprofondimento delle ricerche
archeologiche, da supporre, porteranno nuove
evidenze di confronto utili, pi che alla lettura di
quel testo, alla sua interpretazione.
Anche perch, e qui siamo in materia non conte-
stata, ben noto che i Greci di epoca storica, nella
loro frequentazione dellOccidente mediterraneo,
si stanziano su isole: baster ricordare Ischia ed
Ampurias (cfr. Appendice 1).
Unisola, inoltre, utilizzata come avamposto
per un successivo stanziamento su terraferma: cos
accade per lisola di Platea, dalla quale i Terei si
spostarono ad Aziris e, infne, a Cirene
24
.
Talch, a pari condizioni di tecnologia di naviga-
zione ed in analoghe situazioni in rapporto con le
popolazioni indigene di terraferma, sar verisimile
(non sempre anche documentato) che Greci e Fenici
abbiano adottato uno stesso modello di compor-
tamento. Privilegiando e sfruttando la maggiore
sicurezza che unisola, o unisolata estremit di pro-
montorio, ofriva a chi era straniero in terra altrui
25
.
Non sar quindi un caso che la maggior parte nota
dei toponimi con sufsso oussa siano propri di
isole
26
. Si dibattuto sulla pertinenza linguistica di
tale sufsso, allinterno delle parlate greco-orientali:
n sembra che gli studiosi abbiano raggiunto un con-
senso fra loro, o che qualcuno di essi abbia proposto
un motivo convincente per la propria ipotesi di attri-
buzione
27
. Cos che si ritiene pi giustifcato ritenere
esser stati quei toponimi attribuiti da navigatori greci,
quasi sicuramente di origine greco-orientale, anche
per il rimando a denominazioni di siti, altrettanto
terminanti in oussa, sia del litorale di Asia Minore
sia di isole poste nel settore orientale del mare Egeo.
Circa il livello cronologico nel quale proporre
di situare tali defnizioni toponomastiche sembra
legittimo ritenerlo proprio dellalto arcaismo, quan-
do si svolsero le prime navigazioni di epoca storica
rivolte alla conoscenza del settore occidentale del
Mediterraneo
28
. La proposta si motiva non tanto
per il toponimo di Pitecusa, quanto piuttosto per
essere stata tutta una serie di tali toponimi sostituita
da altri, diversamente composti, da ritenersi, con
ogni evidenza, cronologicamente pi recenti
29
(cfr.
appendice 2).
La defnizione in cronologia assoluta di tale fase
della navigazione alto-arcaica nel settore occiden-
tale del Mediterraneo non sembra n attualmente
precisabile n tale da considerarsi univoca. La prima
difcolt diretta conseguenza della lacunosit della
documentazione archeologica e, parallelamente, di
quella letteraria antica. La seconda si riferisce alla
contemporanea presenza in quei mari di naviganti sia
fenici sia greci: cos da farci ricostruire una fuida
situazione di comuni presenze, forse non sempre
confittuali
30
, come si pu anche ricavare dal topo-
nimo Oinussa che distinse la fenicia Cartagine
31
.
Si pu anche supporre che si siano verifcate, da
parte di pi navigatori diversi fra loro, ripetute
scoperte di uno stesso luogo, a causa di ridotta
circolazione di conoscenza fra i due circuiti oppu-
re anche per motivi di auto-propaganda
32
, come
sembra potersi interpretare il vanto di Kolaios
samio per essere giunto per primo allemporio
iberico akeraton di re Argantonio
33
. Ne deriva,
quindi, che la defnizione di ambiti rispettiva-
mente considerati pertinenti, in maniera se non
esclusiva almeno predominante, ad insediamenti,
o a commerci, fenici ed altri a Greci si andata
stabilizzando e defnendo nel corso del tempo, cos
24
Hdt. 4, 156-158: Cordano 1986, pp. 24-25.
25
A.J. Graham, Collected Papers on Greek Colonization, Leiden
2001, p. 19: Te choice of an island seems to suggest they
(scil.: i Greci) had security in mind; Niemeyer 2006, p. 156.
26
Cfr. Appendice 2.
27
Cfr. da ultimo P. Rouillard 1991, p. 96 con bibl. prec.
28
G. Pugliese Carratelli, Greci dAsia in Occidente tra il
secolo VII e il VI (gi in: PdP 21, 1966, pp. 155-165), in Id.,
Scritti sul mondo antico, Napoli 1976, pp. 312-313 riferisce il
sufsso alla lingua asiano-anatolica entro la fne del II millennio
a.C., per il tramite dellattivit marinara dei Rodii micenei:
ibid., pp. 252-253.
29
Cfr. Cordano 2006 (2008), p. 466: a proposito di Siracusa,
con riferimento quindi ad un periodo non di poco anteriore
allultima generazione dellVIII secolo.
30
A. Mele, Il commercio greco arcaico: prexis ed emporie,
Naples 1979, in specie pp. 87-91.
31
Cfr. Jacob 1985, p. 265.
32
Cfr. Rouillard 1991, p. 92 che riporta le diverse fonti gre-
che che attribuiscono la scoperta dellIberia ai Samii (Hdt.
4, 152), ai Focei (Hdt. 1, 163), ai Rodii (Strab. 14, 2, 10), ai
Fenici (Strab. 3, 13-14) rispettivamente.
33
Pugliese Carratelli 1976, p. 311 intende akeraton come
immune da una mistione di indigeni e stranieri stabilmente
residenti. La mistione, tuttavia, pu essere intesa anche fra
stranieri di diversa etnia fra loro; oppure al semplice fatto del
primo arrivo di stranieri che si mescolano, sia pure tempora-
neamente, con gli Indigeni; oppure ancora al primo arrivo di
navigatori in un sito a loro fnora ignoto: cos Rouillard 1991,
p. 92. Alla priorit, almeno fra i Greci, di Kolaios nel giungere
a Tartesso sembra contrario Paus. 6, 19, 1 ss. quando riporta
del tiranno dei Sicioni Myron, vincitore con il carro allOlim-
piade trentatreesima (= 648 a.C.), che dedic bronzo tartessio:
Pugliese Carratelli, ibid., data al 638 a.C. il viaggio di Kolaios.
Pier Giovanni Guzzo
26
come anche si pu ricavare da quanto Tucidide
ricostruisce nel pi volte gi ricordato passo a
proposito della Sicilia
34
.
Anche la toponimia sembra apporti un contri-
buto a questa ipotesi interpretativa: grazie alla gi
ricordata presenza di una serie di toponimi con
sufsso oussa, indiscutibilmente ellenici, sulle
coste meridionali dellIberia, ed anche al di l delle
Colonne dErcole si deduce che Greci frequentasse-
ro quelle estreme regioni occidentali. E, per quanto
riguarda la presenza, economicamente rilevante e
non occasionale, di Fenici in ambito ritenuto di
34
Thuc. 6, 2, 6; cfr. anche Guzzo Amadasi-Guzzo 1986.
Dion 1977, p. 136 indica la fine del VII secolo come inizio
del divieto di navigazione ai Greci da parte dei Cartaginesi
nelle aree ritenute di propria pertinenza: cfr. anche Mazza-
rino 1947, passim, per analisi storica di tale periodo crono-
logico. R. Fletcher, Sidonians, Tyrians and Greeks in the
Mediterranean: the evidence from egyptianising amulets,
in Ancient West and East 3, 1, 2004, pp. 51-77 propone una
cooperazione greco-fenicia per il commercio di amuleti fino
al VII secolo.
Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
27
pertinenza ellenica lattestata denominazione di
Megalia
35
dellisoletta, corrispondente allattuale
Castel dellOvo a Napoli, nota ai Greci come Me-
garide, pu essere ascritto ad una serie di toponimi,
tipo Macalla, derivanti dalla radice semitico-occi-
dentale mkr-, con signifcato di mercato, attestata
anche, e non forse un caso sulla costa ionica tra
Sibari e Crotone
36
e su quella meridionale della
Sicilia
37
: l dove i fondatori di Gela furono messi a
mal partito da un pirata fenicio
38
, cos come, pi
35
Stat., Silvae 2, 2, 80; F. Cassola, Problemi di storia ne-
apolitana, in Atti Taranto 1985, pp. 37-81: pp. 40-45. RE
XV, 1 (1931) c. 142 lo ritiene di origine greca, ma avverte che
la quantit pone difcolt a tale assegnazione.
36
Cfr. Guzzo c. s.
37
M. Gras, La Sicile, lAfrique et les rropto, in Damarato.
Studi di antichit oferti a Paola Pelagatti, a cura di I. Berling
et alii, Milano 2000, pp. 130-134: p. 131.
38
Berard 1963, p. 79 e cfr. Dunbabin 1948, p. 327 e
nota 3 il quale, pur molto scettico sulla presenza fenicia in
Sicilia, non pu non ricordare appunto Makara (cfr. nota
precedente).
Pier Giovanni Guzzo
28
recentemente, Dionisio da Focea (Hdt. 6, 11-12;
6, 17) correva le acque iberiche a danno delle navi
e dei commerci fenici.
Agli accenni fn qui proposti sulla progressiva
defnizione di ambiti di pertinenza rispettivamente
greca e fenicia e sulla comunque continua per-
meabilit tra di essi oltre che alla comunanza del
modello insulare di stanziamento, si possono
aggiungere due ulteriori considerazioni.
La prima si riferisce alla documentata esistenza
di colonie sicuramente di origine greca su isole.
In particolare stata di recente analizzata la fon-
dazione rodia di Emporion, posta originariamente
su unisola non distante dalla terraferma, in epoca
pienamente storica
39
. Ci si assume a dimostrazio-
ne della preferenza, per quanto ovvia, a stanziarsi
su unisola in regioni lontane dai centri di prove-
nienza dei nuovi venuti ed in territorio infdo, o
ancora non ben conosciuto, gli abitanti del quale
non siano stati ancora convinti del tornaconto di
un commercio con stranieri tanto da richiedere,
o da imporre, una separazione fsica tra il proprio
territorio e la sede degli stranieri
40
.
Assimilabili, sia pure a minore scala dimensio-
nale, sono le situazioni note di documentazioni
prevalentemente archeologiche pertinenti a cul-
tura fenicia, dallisoletta di Rachgoun, posta alla
foce del fume Tafna nel Mediterraneo, a quella
di Mogador, sulla costa atlantica del Marocco
41
.
E, ancora, le colonie greche nel mare Adriatico su
isole che i rispettivi toponimi con sufsso oussa
sembrerebbero indicare essere state conosciute da
Greci in epoca precedente, se nel reale lipotesi
sopra proposta, a quella nota per i rispettivi stanzia-
menti; oppure, ancora, lavamposto tereo sullisola
di Platea, al quale si pi sopra accennato.
La seconda considerazione , invece, di natura
letteraria. Tramanda Erodoto
42
che nel gran lago
Tritonide c unisola che ha nome Fla. Si dice
che questisola dovessero colonizzarla gli Spartani in
seguito ad un oracolo. Ma lo stesso Erodoto riporta
una diversa versione: che vede Giasone giungere,
a causa del vento di borea, dal capo Malea al lago
Tritonide prima di intraprendere la sua navigazione
alla ricerca del vello doro. Dallattuale capo Bon
a tutto larco del golfo di Gabes, alla estremit
orientale del quale si trova il lago Tritonide, si
estendeva la serie degli emporia, ricordati fn da
epoca arcaica
43
. Le notizie riportate da Erodoto
si possono considerare come una duplicazione, in
ottica greca, della prima occupazione fenicia di
Taso: che viene fatta risalire ad epoca mitica
44
.
E, se non a questo stesso livello, ugualmente di
alta risalenza cronologica il quadro che si ricava, a
proposito del nostro argomento, sia dallIliade sia
dallOdissea: le isole egee, ma anche la Sicilia, sono
luoghi di mercato nei quali si incontrano Greci e
Fenici
45
.
Per tutto quanto sopra, sembrerebbe potersi le-
gittimamente dedurre i tratti fondamentali di un
modello che Tucidide ha applicato alla propria ri-
costruzione delle antichissime vicende della Sicilia.
Modello composto da un intreccio di elementi
reali, come i sicuri, e di ampia escursione crono-
logica, stanziamenti sia greci sia fenici su isole, e
di altri mitici o epici come quelli della presenza di
Fenici in Sicilia secondo Omero e della maggiore
antichit delle navigazioni piratesche fenicie
46
. E,
forse, da un parallelismo tra vicende colonizzatrici
proprio in Sicilia: sulla base di quanto egli narra
di Archia, degli Eraclidi, [che] giunto da Corinto
fond Siracusa, dopo aver scacciato i Siculi dallisola
che, ora non pi cinta dal mare, racchiude la citt
interna
47
. Il sopraggiungere di nuovi venuti, i Gre-
ci, comporta lespulsione dei precedenti insediati,
fossero questi indigeni oppure anchessi al loro
tempo sopravvenuti, i Fenici.
Nel confronto tra una situazione precedente,
tra come pu essere descritto un passato del qua-
le non sempre linformazione sicura
48
e quella
contemporanea, della quale Tucidide si sforza di
presentare la versione che a lui appare quella meglio
39
Rouillard 1991, pp. 244-281 con bibl. prec.; carta 15 a pp.
278-279; A.J. Dominguez, Greeks in the Iberian Peninsula,
in Tsetskhladze 2006, pp. 429-505: p. 444 fg. 8.
40
Rouillard 1991, pp. 246-247; Mele 1979, p. 73 ritiene
invece che la localizzazione insulare sia stata imposta dagli Iberi.
41
M. Tarradell, Historia de Marruecos. Marruecos punico,
Tetuan 1960, pp. 55-57 e 185-195 rispettivamente.
42
Hdt., 4, 178-179: cfr. Gras 2000, p. 132.
43
Gras 2000, p. 132 con bibl. prec.
44
Difende la realt della presenza fenicia a Taso Graham
2001, pp. 166-226.
45
Mele 1979, pp. 72, 87-88 con fonti.
46
Tuc. 1, 8, 1. Mazzarino 1947, pp. 121 e 270 pone non
pi in l della fne del VII secolo il termine cronologico pi
recente della difusa presenza fenicia nellEgeo.
47
Tuc. 6, 3, 2.
48
Tuc. 1, 20-21. Nel caso della Sicilia Tucidide non dispo-
neva di informazioni derivanti da scavi archeologici, come
invece aveva per Delo (cfr. infra nota 54).
Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
29
documentata
49
, lo storico non pu non ricorrere
ad argomenti, non documentati ma necessari, per
riempire quelle lacune che risaltano come tali al suo
scrupolo di completezza.
Cos esplicita la dichiarazione di metodo sul
come presenter, ricostruendoli, i discorsi pronun-
ciati durante la guerra
50
: io mi terr il pi possibile
vicino al pensiero generale
51
. Tucidide, quindi, si
costruisce un modello, economico in quanto sia
adattabile a diverse situazioni sia razionale
52
(= il
pensiero generale), che, per quanto composto
da elementi che ritiene accertati, ne accoglie di
necessit tuttavia altri non documentati, anche
se il pi possibile vicini al pensiero generale: ne
deriva, necessariamente, una parziale soggettivit
53
.
E, per la Sicilia, da supporre che la ricostruzione
presentata nei capitoli della opotoioyo di madre-
patria a proposito delle vicende insulari nellEgeo gli
sia sembrata costituisse il modello pi congruo ed
accertato. Tanto pi che la documentazione dellal-
ternarsi di presenze anelleniche nelle isole di quel
mare gli appare solida ed incontrovertibile, perch la
conoscenza, materiale e certifcata, ad essa relativa si
appalesata in fase cronologica contemporanea alla
sua personale esperienza
54
. Le vicende passate della
Sicilia, invece, sono costituite da un susseguirsi di
popoli antichissimi ed anche mitici, come i Ciclopi
e i Lestrigoni
55
, fno a giungere ai Siculi e ai Sicani,
per i quali non ricorre ad eponimi mitici
56
. Che
questi popoli siano documentati ancora nella sua
contemporaneit
57
e che si siano avute progressive
sostituzioni di nuovi venuti a precedenti abitatori
(v. supra) sono elementi, riteniamo, che Tucidide
ha utilizzato per legittimare la ricostruzione oferta
degli, invece, incerti periodi pi antichi: proprio
come la prova materiale delle sepolture di Rheneia
ha convalidato la sua pi antica storia (ricostruita!)
dellEgeo.
La soggettivit di Tucidide nel proporre la sua
versione della storia antica sembra essere compo-
sta, per quanto in particolare riguarda il nostro
argomento, dalla risalenza cronologica (e quindi
storica) che egli attribuisce alle navigazioni ed alle
fotte, come iniziali strumenti di commercio, di
conquista, di progressione nellincivilimento
58
:
da qui, anche, la sottolineatura che egli compie
del ruolo da attribuire alle isole, pur se lontane
dallEgeo, come utili, se non necessari, punti di
appoggio alle navigazioni stesse. Ad un Ateniese
che rifette sul tramonto dellimpero pericleo
59

si pu perdonare sia la mancanza di aver svolto,
o riportato, ricerche archeologiche nei diversi siti
siciliani per documentare la propria ricostruzione
del passato, sia una tale preferenza verso quellEgeo,
ponte da sempre attraversato tra Grecia ed Asia nei
due sensi, che batte contro le rive di Atene.
Appendice 1
Stanziamenti greci su isole piccole
G.R. Tsetskhladze, Revisiting ancient Greek Colonisation, in
Tsetskhladze 2006, pp. xxxiii-lxxxiii: pp. lxvii-lxxiii, con aggiunte.
Alalia: colonia focea/massaliota.
Berezan: colonia di Mileto.
Celadussae
60
.
Elaphussa
61
.
Emporion: colonia di Focea.
Fla: progettata colonia spartana.
Issa: colonia di Siracusa.
Kerkyra: colonia di Eretria, poi di Corinto.
Kerkyra Melaina: colonia di Cnido.
Leros: colonia di Mileto.
Leuka: colonia di Corinto.
Lipara: colonia di Cnido.
49
Tuc. 1, 22.
50
Tuc. 1, 22, 1.
51
J. de Romilly, Linvention de lhistoire politique chez
Tucydide, Paris 2005, p. 35.
52
Romilly 1956, p. 242; Romilly 2005, p. 36: un schma
clair, commandant la plus grande srie possible dvnements.
53
Romilly 1953, pp. LVI-LVII; Romilly 1956, p. 260; pp.
296-298.
54
Tuc. 1, 8, 1: purifcazione di Rheneia nel 426 a.C.
55
R. Sammartano, Origines gentium Siciliane. Ellanico, An-
tioco, Tucidide, Roma 1998, pp. 216-224.
56
Sammartano 1998, p. 211; p. 235.
57
Tuc. 6, 2, 4-5.
58
Cfr. Romilly 1953, p. LVII; Romilly 2005, p. 36.
59
J. de Romilly, Tucydide et limprialisme athnien. La pense
de lhistorien et la gense de luvre, Paris 1947; Romilly 1956,
pp. 261-264; pp. 276-278.
60
Braccesi 1979, passim le ritiene colonie di origine greca.
61
Cfr. nota precedente.
Pier Giovanni Guzzo
30
Melitussa (cfr. appendice 2, s. v.)
62
.
Phanagoria: colonia di Teos.
Pharos: colonia di Paros e Siracusa.
Pithecusa: colonia di Calcide ed Eretria.
Platea: avamposto della colonia terea di Cirene.
Prokonnesos: colonia di Mileto.
Samotracia: colonia di Samo.
Siracusa (Ortigia): colonia di Corinto.
Tasos: colonia di Paros.
Appendice 2
Toponimi con susso oussa tramandati dalle fonti letterarie
antiche
Aethousa (isola di Linosa
63
): Plin., N.H. 3, 92.
Aigoussa (isole Egadi: Favignana): Steph. Byz., s. v. Aigoussa.
Garcia Bellido 1940, p. 119; Dion 1977, p. 27.
Aigussai (isole Egadi): Polyb. 1, 44, 2.
Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota
17; Dion 1977, p. 27; Pugliese Carratelli 1983, p. 89.
Anthemoussa (antico nome di Samo): Strab. 14, 1, 15; Steph.
Byz., s. v. Samos.
Arginussai (isole Ayanos, a sud di Lesbo): Tuc. 8, 101; Strab.
13, 1, 68.
Besnier 1914, p. 76; Garcia Bellido 1940, p. 119 nota 2; Pugliese
Carratelli 1983, p. 92.
Brykous (citt nellisola di Carpato): ps. Scylax 99.
Besnier 1914, p. 148; Pugliese Carratelli 1976, p. 253.
Celadussae (isole di Kornat sulla costa orientale adriatica): Plin.,
N.H. 3, 152.
Beaumont 1936, p. 171 nota 94; Braccesi 1979, p. 67; DErcole
2002, pp. 12, 19
Donussa 1 (sulla costa sud del golfo di Corinto, tra Egira e
Pellene): Paus. 7, 26, 13.
Pugliese Carratelli 1983, p. 91.
Donussa 2 (Denusa, isola ad est di Nasso): Verg., Aen. 3, 125.
Besnier 1914, pp. 274-275; Pugliese Carratelli 1983, p. 92.
Drymoussa (isola al largo di Clazomene): Tuc. 8, 31, 3.
Garcia Bellido 1940, p. 119 nota 2; Pugliese Carratelli 1983,
p. 92.
Dryousa (antico nome dellisola di Samo): Steph. Byz., s. v.
Samos.
Elaious (Eleunte, citt nel Chersoneso tracio): Hdt. 9, 116.
Besnier 1914, pp. 286-287.
Elaiussa 1, successivamente Sebaste, (isoletta, odierna Ayas, sulla
costa della Cilicia): Strab. 12, 1, 4; 12, 2, 7.
Besnier 1914, p. 287.
Elaiussa 2 (isoletta davanti a capo Astipaleo): Strab. 9, 1, 21.
Elaiussa 3 (isoletta nel golfo Saronico, tra Egina e Salamina):
Plin., N.H. 4, 57.
Elaiussa 4 (isoletta di fronte a Rodi): Strab. 14, 2, 2.
Elaiussa 5 (isola allimbocco del golfo Eleatico): Strab. 13, 1, 6-7.
Elaphussa (isola di Brac sulla costa orientale adriatica = Skrip):
Steph. Byz. s. v. Brettia.
Beaumont 1936, p. 171 nota 96; Braccesi 1979, p. 67; DErcole
2002, pp. 12, 19.
Eranusa (isola di fronte a capo Lacinio di Crotone): Plin., N.H.
3, 95-98.
Vandermersch 1994, pp. 241-267: pp. 257-258.
Erikussa 1 (isole Eolie: Alicudi o Panarea): Strab. 6, 2, 11; Steph.
Byz. s. v. Erikousa.
Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota
17; Dion 1977, p. 27; Pugliese Carratelli 1983, p. 89.
Erikussa 2 (isola a nord di Corf): Plin., N.H. 4, 53; Ptol. 3,
14, 12.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17.
Gonussa (nellentroterra di Sicione
64
): Paus. 2, 4, 4; 5, 18, 7.
Pugliese Carratelli 1983, p. 91.
Haliussa (isola allestremit sud-est del golfo di Nauplion):
Paus. 2, 34, 8.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17; Pugliese Carratelli
1983, p. 91.
Ichnussa (Sardegna
65
): Plin., N.H. 7, 85; Steph. Byz., s. v. Sardo.
Carpenter 1925, p. 17; Garcia Bellido 1940, p. 118; Pugliese
Carratelli 1976, p. 253; Dion 1977, p. 27; Pugliese Carratelli
1983, p. 90.
Kalathoussa 1 (citt alla foce del Guadiana, ad ovest di Huelva):
Steph. Byz. s. v. Kalathe: presso le colonne dErcole, da Ecateo;
Ephor., in Steph. Byz., la chiama Kalathoussa.
Garcia Bellido 1940, p. 118; Pugliese Carratelli 1983, p. 90;
Jacob 1985, p. 263.
Kalathoussa 2 (citt del mar Nero): Steph. Byz., s. v. Kalathe.
Calathusa (isoletta del Chersoneso tracio): Plin., N.H. 4, 74.
Koloussa (citt sulla costa della Pafagonia): ps. Skylax 90.
62
Cfr. nota precedente.
63
Anche una fglia di Poseidone porta questo nome: Paus. 9,
20, 1.
64
Il. 2, 573 ricorda una citt di nome Gonoessa.
65
L. Breglia Pulci Doria, La Sardegna arcaica tra tradizioni
euboiche ed attiche, in Nouvelle contribution ltude de la
socit et de la colonisation eubennes, Naples 1981, pp. 61-95:
pp. 65-66; 73.
Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
31
M.H. Hansen - T.H. Nielsen (edd.), An Inventory of Archaic and
Classical Poleis, Oxford 2004, p. 959, nota 721.
Kordylussa (Sporadi merid., isola tra Stampalia e Nisiros): Plin.,
N.H. 4, 133.
Garcia Bellido 1940, p. 119, nota 2; Pugliese Carratelli 1976,
p. 253; Pugliese Carratelli 1983, p. 92.
Kotynussa (isola presso El Porto de Santa Maria, a nord di
Cadice
66
)
Schulten 1955-1957, p. 264; Pugliese Carratelli 1983, p. 90.
Kromiusa (isola di Maiorca): Steph. Byz. s. v. Kromiusa, da
Ecateo.
Carpenter 1925, p. 17; Garcia Bellido 1940, p. 118; Schulten
1955-1957, p. 252; Pugliese Carratelli 1983, p. 90; Jacob 1985,
p. 249: di incerta identifcazione.
Lagousa (isoletta delle Cicladi, tra Folegandro e Sikinos): Strab.
10, 484.
Lagoussai (isolette nel bacino orientale dellEgeo, di fronte alla
Troade): Plin., N.H. 5, 138.
Garcia Bellido 1940, p. 119 nota 2.
Lagusa (isola di fronte alla foce del fume Glaukos, sulla costa
della Caria): Plin., N.H. 5, 131.
Lopadoussa (isola di Lampedusa): Strab. 17, 3, 16.
Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese Carratelli 1976, p. 253
nota 17; Dion 1977, p. 27.
Marathoussa (isola al largo di Clazomene): Tuc. 8, 31, 3.
Marathusa (citt dellisola di Creta): Mela 2, 7.
I. Olshausen, Ueber phoenicische Ortsnamen ausserhalb des
semitischen Sprachgebiets, in RheinMus n. F. 8, 1853, pp.
321-340: p. 330.
Melitussa (incerta localit della costa orientale adriatica
67
): Polyb.
13, 10, 9; Steph. Byz. s. vv. Brettia: Melitussa.
Beaumont 1936, p. 171 nota 95; Braccesi 1979, p. 67; DErcole
2002, pp. 12, 19.
Meloessa (isola di fronte a capo Lacinio di Crotone): Plin.,
N.H. 3, 95-98.
Vandermersch 1994, pp. 241-267: pp. 257-258.
Melousa (isola di Minorca): Steph. Byz. s. v. Melousa, da Ecateo.
Carpenter 1925, p. 17; Garcia Bellido 1940, p. 119; Schulten
1955-1957, p. 252; Pugliese Carratelli 1983, p. 90.
Nagidousa (isola tra la Cilicia e la Pamflia): Steph. Byz. s. v.
Nagidos, da Ecateo.
Besnier 1914, p. 510.
Oinussa 1 (Cartagine): Steph. Byz., s. v. Karchedon.
Dion 1977, p. 27; Pugliese Carratelli 1983, p. 90; Jacob 1985,
p. 265.
Oinussa 2 (terraferma presso Cartagena): Polyaen. 8, 16, 6; Liv.
21, 22, 5; 22, 20, 4 (= Onusa).
Garcia Bellido 1940, p. 118; Pugliese Carratelli 1983, p. 90;
Jacob 1985, p. 265.
Oinussai 1 (isolette a nord-est di Chio
68
): Hdt. 1, 165, 1; Tuc.
5, 55; Steph. Byz. s. v. Oinoussai, da Ecateo.
Garcia Bellido 1940, p. 119 nota 2; Pugliese Carratelli 1983,
p. 92.
Oinussai 2 (isolette Sapienza e Schiza a sud del promontorio della
Messenia, a sud di Pilo): Plin., N.H. 4, 12, 55; Paus. 4, 34, 12.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17; Pugliese Carratelli
1983, p. 91.
Oloessa (nome mitico di Rodi): Plin., N.H. 5, 36, 132.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17.
Ophiussa 1 (nome mitico di Rodi): Strab. 14, 2, 7; Plin., N.H.
5, 36, 132-133; Steph. Byz., s. v. Rodos.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17; Dion 1977, p. 27.
Ophiussa 2 (alla foce del fume Tyras, a nord del delta del Da-
nubio): Strab. 7, 3, 16; Steph. Byz., s. v. Tyras.
Pugliese Carratelli 1983, p. 92
69
.
Ophiussa 3 (isola di Formentera): Strab. 3, 5, 1.
Besnier 1914, p. 549; Carpenter 1925, p. 17; Garcia Bellido
1940, p. 118; Schulten 1955-1957, p. 250; Dion 1977, p. 27
nota 22; Pugliese Carratelli 1983, p. 90.
Ophiussa 4 (la costa del golfo di Guascogna): Avien., Ora 148.
Festus Avienus, Ora maritima, ed. A. Berthelot, Paris 1934, p.
65; Garcia Bellido 1940, p. 118.
Ophiussa 5 (isola di Kythnos = Termia nelle Cicladi): Steph.
Byz., s. v. Kythnos.
Ophiussa 6 (isola nei pressi di Cizico): Steph. Byz., s. v. Besbikos.
Besnier 1914, p. 549.
Ophiussa 7 (altro nome dellisola di Tenos): Steph. Byz., s. v.
Tenos.
Ophiussa 8 (lintera Libia
70
): Steph. Byz., s. v. Libye.
Ophiusses, Akra (Portogallo, capo Roca, a nord della foce del
Tago): Avien., Ora 172.
Carpenter 1925, p. 33; Garcia Bellido 1940, p. 118; Schulten
1955-1957, p. 240; Pugliese Carratelli 1983, p. 90.
Phakoussa (villaggio sul ramo pi orientale del delta del Nilo):
Steph. Byz. s. v. Phakoussa, da Strab. 16, 1, 26
Besnier 1914, p. 591.
Phakussai (isola tra Nasso e Amorgo, a nord-est di Schoinussa):
Steph. Byz. s. v. Phakoussa, da Ecateo, che le chiama Phakussai
e Phakussais.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17; Pugliese Carratelli
1983, p. 92.
66
Ma cfr. Plin., N.H. 4, 22, 120: il testo dice Potimusa; la
correzione accettata dai moderni: cfr. Bunnens 1979, p. 209.
67
Cfr. Melite = isola di Mljet-Meleda: Beaumont 1936, p.
188; Braccesi 1971, p. 81.
68
Mele 1979, p. 98 nota 57: sono utilizzate dai Focei come
empori; Gras 1995, p. 140.
69
Identifcate con le isolette di Erdek nel mar di Marmara.
70
N. Berti, Scrittori greci e latini di Libyk: la conoscenza
dellAfrica settentrionale dal V al I secolo a.C., in AA. VV.,
Geografa e storiografa nel mondo classico, a cura di M. Sordi,
Milano 1988, pp. 145-165: p. 154 considera la denominazione
come epiteto poetico.
Pier Giovanni Guzzo
32
Pharmakussa (isola tra Lero e Patmo, nel golfo di Iaso): Steph.
Byz., s. v. Pharmakoussai.
Garcia Bellido 1940, p. 119 nota 2; Pugliese Carratelli 1976, p.
253; Pugliese Carratelli 1983, p. 92.
Pharmakoussai (due isolette nei pressi di Salamina, nella mag-
giore era la tomba di Circe): Strab. 9, 1, 13; Steph. Byz., s. v.
Pharmakoussai.
Phaseloussai (due isolotti libici, vicini alla foce del fume Sirios):
Steph. Byz. s. v. Phaseloussai, da Ecateo.
Garcia Bellido 1948, p. 71.
Phoinikous 1 (citt sulla costa merid. di Creta, nei pressi di
Sfaki): Strab. 10, 4, 3; Steph. Byz., s. v. Phoinikous.
Pugliese Carratelli 1983, p. 91.
Phoinikous 2 (isola della Licia): Steph. Byz., s. v. Phoinikus.
Phoinikous 3 (porto delle Messenia): Paus. 4, 34, 12.
Phoinikous 4 (porto nellisola di Cythera): Xenophon., Hell. 4,
8, 7.
Phoinikous 5 (citt nei pressi di Erythrai): Tuc. 8, 34.
Phoinikous 6 (citt e fume della Sicilia, presso capo Pachino)
Ptol. 3, 4, 4; Steph. Byz., s. vv. Akragantes; Phoinikous.
Brard 1963, p. 81; E. Manni, Geografa fsica e politica della
Sicilia antica, Roma 1981, p. 60.
Phoinikussa (isola di Lipari
71
)
Besnier 1914, p. 603; Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese Car-
ratelli 1976, p. 253 nota 17; Dion 1977, p. 27; Pugliese Carratelli
1983, p. 89.
Phoinikoussai 1 (due isole nel golfo libico, presso Cartagine):
Steph. Byz. s. v. Phoinikoussai, da Ecateo.
Phoinikoussai 2 (citt fenicia in Siria): Steph. Byz. s. v. Phoi-
nikoussai, da Ecateo.
Pitecoussai: Diod. Sic. 20, 58.
M. Gras, Pithcusses, de ltymologie lhistoire, in AION
ArchStAnt n. s. 1, 1994, pp. 127-131: p. 129 la identifca nella
regione tunisina di Tabarka.
Pithekoussai (isola di Ischia): Strab. 1, 3, 19; Steph. Byz., s. v.
Arima.
Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese Carratelli 1976, p. 253,
nota 17; Dion 1977, p. 27; Pugliese Carratelli 1983, p. 89.
Pityousa (precedente nome della citt di Phaselis): Strab. 11, 2,
14; Steph. Byz., s. v. Phaselis.
Pityus 1 (distretto nel territorio di Parium): Strab. 13, 1, 15.
Pityus 2 (o Mryo: allestremit nord-ovest del Mar Nero):
Strab. 11, 2, 14.
Besnier 1914, p. 612.
Pityussa 1 (nome dellisola di Salamina): Strab. 9, 1, 9.
Pityussa 2 (nome dellisola di Chio): Strab. 13, 1, 18.
Pityussa 3 (antico nome di Lampsaco): Strab. 13, 1, 18
72
.
Pityussa 4 (isola sulla costa della Cilicia, odierna Dana adasi):
Stadiasmus maris magni 187.
Pityussa 5 (isola di Spzzia, alla bocca del golfo di Nauplion):
Plin., N.H. 4, 56; Paus. 2, 34, 8.
Besnier 1914, p. 612; Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17;
Pugliese Carratelli 1983, p. 91.
Pityussai (isole di Ibiza e Formentera, arcipelago delle Pitiuse):
Diod. Sic. 5, 16; Strab. 3, 5, 1; Plin., N.H. 3 [76]; Avien., Ora 470.
Besnier 1914, p. 612; Carpenter 1925, p. 17; Garcia Bellido
1940, p. 118; Schulten 1955-1957, p. 256; Dion 1977, p. 27;
Pugliese Carratelli 1983, p. 90.
Pityusses, Akra (a sud-ovest di Malaga, capo Sacratif oppure
capo Sabinal): Avien., Ora 435.
Garcia Bellido 1940, p. 118; Schulten 1955-1957, p. 234; Pu-
gliese Carratelli 1983, p. 90.
Poieessa 1 (nella parte sud dellisola di Keos = Zea): Strab. 10,
486; Plin., N.H. 4, 12, 62; Steph. Byz., s. v. Poieessa.
Pugliese Carratelli 1983, p. 91.
Poieessa 2 (antico nome dellisola di Rodi): Plin., N.H. 5, 36, 132.
Polypodousa (isola di fronte a Cnido): Steph. Byz., s. v. Po-
lypodousa.
Garcia Bellido 1940, p. 119, nota 2.
Rhodanousia (odierna Arles): ps. Scymn., 206 ss.; Steph. Byz.,
s. v. Rhodanousia.
Morel 1966, p. 386
73
.
Rhodoussa v. Schinoussa.
Schinoussa (isola tra Nasso e Ios, a sud-ovest di Phakussa): Steph.
Byz., s. v. Schinoussa.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253, nota 17; Pugliese Carratelli
1983, p. 92.
Seirenussai (isolette a sud di punta della Campanella): Strab. 1,
2, 13; Ptol. 5, 1, 69; Steph. Byz., s. v. Seirenousai.
Besnier 1914, p. 707; Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese
Carratelli 1976, p. 253, nota 17; Pugliese Carratelli 1983, p. 89.
Seutlussa (Plin., N.H. 8, 43, 4) v. Teutlussa.
Sidoussa (citt della Ionia presso Erythrai): Tuc. 8, 24, 2; Steph.
Byz. s. v. Sidoussa, da Ecateo.
Syrakousai (Siracusa, oppure solo Ortigia?
74
): Steph. Byz. s. v.
Syrakousai, da Ecateo.
Besnier 1914, pp. 729-730; Garcia Bellido 1940, p. 119; Dion
1977, p. 27; Pugliese Carratelli 1983, p. 89.
71
Garcia Bellido 1940, p. 119 e Brard 1963, p. 109 = Fili-
cudi: Strab. 6, 2, 11; Plin., N.H. 3, 14, 7.
72
Oppure di Mileto: cfr. Steph. Byz. s. v. Miletos.
73
P.J. Properzio, Rhodian colonization in Iberia: Te colony
Rhode and the townlet Rhodos, in Antipolis 1, 1975, pp. 82-96.
74
P. Poccetti, Aspetti linguistici e toponomastici della storia
marittima dellItalia antica, in La Magna Grecia e il mare. Studi
di storia marittima, a cura di F. Prontera, Magna Grecia 10,
Taranto 1996, pp. 37-73: p. 72, nota 194.
Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
33
Skotoussa (citt della Tessaglia): Strab. 9, 5, 20; Steph. Byz., s. v.
Skotoussa.
Teichiussa (citt sulla costa a sud di Mileto): Tuc. 8, 26, 3; 28, 1;
Steph. Byz., s. v. Teichioessa.
Garcia Bellido 1940, p. 119 nota 2; Pugliese Carratelli 1976, p.
253, nota 17; Pugliese Carratelli 1983, p. 92.
Teutlussa (oppure: Seutlussa, isola di Seskli, nel golfo a sud di
Smirne): Tuc. 8, 42, 4; Steph. Byz., s. v. Teutlussa.
Garcia Bellido 1940, p. 119, nota 2; Pugliese Carratelli 1976, p.
253; Pugliese Carratelli 1983, p. 92
75
.
Teganussa (isoletta ad est di Oinussai 2, a sud del promontorio
Akritas): Plin., N.H., 4, 56; Paus. 4, 34, 12.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253 nota 17; Pugliese Carratelli
1983, p. 91.
Telpousa (citt dellArcadia): Paus. 8, 24, 4.
Besnier 1914, p. 758.
Tyssanousa (citt della costa sud della Caria nella penisola di
Cnido): Plin., N.H. 5, 104; Mela 1, 84.
Pugliese Carratelli 1976, p. 253.
Ydroessa (altro nome dellisola di Tenos): Steph. Byz., s. v.
Tenos.
Mi risultano tre ulteriori toponimi in oussa nella letteratura
moderna: per i quali non sono stato in grado di identifcare la
fonte antica:
Anthemoussa
Garcia Bellido 1940, p. 119; Pugliese Carratelli 1976, p. 253,
nota 17 la posizionano lungo la costa della Campania.
Aphidussa
Pugliese Carratelli 1976, p. 253; Pugliese Carratelli 1983, p. 92:
isola del mare Egeo ad ovest di Stampalia, forse una delle isole
chiamate Ophiussa, q. v. supra.
Pelagosa
Colonna 1998, p. 374, nota 55 riporta il toponimo italiano
alla classe, per quanto non menzionato in L. Braccesi, La pi
antica navigazione greca in Adriatico, in StClassOr 18, 1969,
pp. 129-147, spec. pp. 144-146 e in Braccesi 1979. Cfr. anche
J.-P. Morel, Lexpansion phocenne en Occident: dix annes
de recherches (1966-1975), in BCH 99, 1975, pp. 853-896,
spec. pp. 857-858.

Abbreviazioni supplementari:
Amadasi Guzzo-Guzzo
1986
= M.G. Amadasi Guzzo - P.G. Guzzo,
Di Nora, di Eracle gaditano e della
pi antica navigazione fenicia, in Los
fenicios en la peninsula iberica, a cura
di G. Del Olmo Lete - M.E. Aubet,
Sabadell 1986, pp. 59-71.
Beaumont 1936 = R.L. Beaumont, Greek Infuence
in the Adriatic Sea before the fourth
Century B.C., in JHS 56, 1936, pp.
159-204.
Brard 1963 = J. Brard, La Magna Grecia. Storia
delle colonie greche dellItalia meridio-
nale, Torino 1963.
Besnier 1914 = H. Besnier, Lexique de gographie
ancienne, Paris 1914.
Braccesi 1979 = L. Braccesi, Grecit adriatica. Un
capitolo della colonizzazione greca in
Occidente, 2
a
ediz. Bologna 1979.
Bunnens 1979 = G. Bunnens, Lexpansion phnicienne
en Mditerrane. Essai dinterprtation
fond sur une analyse des traditions
littraires, Bruxelles-Rome 1979.
Carpenter 1925 = R. Carpenter, Te Greeks in Spain,
London 1925.
Colonna 1998 = G. Colonna, Pelagosa, Diomede e
le rotte dellAdriatico, in ArchClass
50, 1998, pp. 363-378.
Cordano 1986 = F. Cordano, Antiche fondazioni
greche. Sicilia e Italia meridionale,
Palermo 1986.
DErcole 2002 = M.C. DErcole, Importuosa Ita-
liae litora. Paysage et changes dans
lAdriatique mridionale archaque,
Naples 2002.
Dion 1977 = R. Dion, Aspects politiques de la
gographie antique, Paris 1977.
Dunbabin 1948 = T.J. Dunbabin, Te Western Greeks,
Oxford 1948.
Garcia Bellido 1940 = A. Garcia y Bellido, Las primeras
navigaciones griegas a Iberia (s. IX-
VIII a. de J.C.), in AEA 14, 1940,
pp. 97-127.
Garcia Bellido 1948 = A. Garcia y Bellido, Hispania Graeca
1, Barcelona 1948, pp. 46-78.
Mazzarino 1947 = S. Mazzarino, Fra Oriente e Occi-
dente. Ricerche di storia greca arcaica,
Firenze 1947.
Morel 1966 = J.-P. Morel, Les Phocens en Occi-
dent: certitudes et hypothses, in PdP
21, 1966, pp. 378-420.
Jacob 1985 = P. Jacob, Notes sur la toponymie
grecque de la cte mditerranenne
de lEspagne, in Ktema 10, 1985,
pp. 247-271.
Pugliese Carratelli
1967
= G. Pugliese Carratelli, Il mondo
mediterraneo e le origini di Napoli,
in Storia di Napoli 1, Napoli 1967,
pp. 99-137.
75
Garcia Bellido 1940, p. 120 e nota 1 discute ed analizza
toponimi con sufsso ssos, a cominciare da Tartessos, con-
siderandoli originari dallAsia Minore nei pressi di Rodi: ma
largomento non appare congruo.
Pier Giovanni Guzzo
34
Pugliese Carratelli
1976
= G. Pugliese Carratelli, Scritti sul
mondo antico, Napoli 1976 (= Per
la storia delle relazioni micenee con
lItalia, in PdP 13, 1958, pp. 205-
220), pp. 243-261.
Pugliese Carratelli
1981
= G. Pugliese Carratelli, Introduzio-
ne, in E. Atzeni et alii, Ichnussa. La
Sardegna dalle origini allet classica,
Milano 1981, pp. xiii-xvi.
Pugliese Carratelli
1983
= G. Pugliese Carratelli, Storia civile,
in AA. VV., Megale Hellas. Storia e
civilt della Magna Grecia, Milano
1983, pp. 5-102.
Romilly 1953 = J. de Romilly, Tucydide. La guerre
du Ploponnese. Livre I, Paris 1953.
Romilly 1956 = J. de Romilly, Histoire et raison chez
Tucydide, Paris 1956.
Romilly 2005 = J. de Romilly, Linvention de lhistoire
politique chez Tucydide, Paris 2005.
Rouilllard 1991 = P. Rouilllard, Les Grecs et la pnin-
sule ibrique du VIII
e
au IV
e
sicle avant
Jsus-Christ, Paris 1991.
Schulten 1955-1957 = A. Schulten, Iberische Landeskunde.
Geographie des antiken Spanien 1-2,
Strasbourg 1955-1957.
Tsetskhladze 2006 = G. Tsetskhladze (a cura di), Greek
Colonisation. An Account of Greek
Colonies and other Settlements overseas
1, Mnemosyne suppl. 193, Leiden-
Boston 2006.
Vandermersch 1994 = C. Vandermersch, Les les de Cro-
tone. Lgende ou ralit de la navi-
gation grecque sur le littoral ionique
du Bruttium?, in PdP 49, 1994, pp.
241-267.
1. La plastica protogeometrica greca e la statuetta
di Ialysos
Nel 1969 il rinvenimento del celebre centauro
fttile, datato attorno al 900 a.C., negli scavi della
necropoli di Lefkand riportava allattenzione della
critica le questioni relative alle forme di discontinuit
e di continuit nella plastica del Dark Age, rispetto
a quella della fne dellEt del Bronzo
1
. La tecnica
adottata con il corpo cavo realizzato al tornio, frutto
del lavoro di un vasaio, rivelava la continuit artigia-
nale rispetto alla plastica al tornio minoico-micenea.
Questa continuit era gi testimoniata in un altro
ambito geografco, nei santuari cretesi quali quello
di Haghia Triada, da un gruppo di tori ed animali
fantastici, assegnabili al passaggio tra la fne dellEt
del Bronzo e gli inizi dellEt del Ferro
2
. Si segnalava
ugualmente un piccolo gruppo di statuette pi re-
centi, deposte in tombe datate a partire dalla fne del
periodo protogeometrico che rappresentano animali
dal caratteristico corpo reso al tornio: una di cervo
ed una di cavallo provvista di ruote dalle necropoli
ateniesi
3
, unaltra di cavallo anchessa con ruote
dalla necropoli di Lefkand ugualmente di fabbrica
attica
4
, unaltra di cavallo da Skyros
5
.
La presenza nella statuetta di Lefkand della ferita
rappresentata sul ginocchio sinistro induceva ad
avanzare lipotesi che limmagine rappresentasse il
centauro Chirone, secondo una tradizione colpito
da una freccia scagliata da Herakles
6
: sarebbe cos
testimoniata una precoce circolazione del mito e
dei privilegiati rapporti dellEubea con il mondo
della Tessaglia, mitica patria dei centauri. In un mo-
mento, quale quello del Dark Age, in cui le statuette
iniziavano ad essere deposte nelle tombe, il centauro
poneva interessanti problemi su una sua possibile
funzione rituale/simbolica: il rinvenimento della
testa nella tomba 1 di Toumba e del corpo e delle
gambe nella tomba 3 della stessa necropoli rifetteva
evidentemente una divisione/decapitazione rituale e
suggeriva un qualche legame tra i due defunti. A tal
proposito assai suggestiva appare lipotesi avanzata
da A. Lebessi che i due defunti fossero legati da un
rapporto di paideia, tra un educatore ed un giovane,
UNA STATUETTA FITTILE DEL GEOMETRICO ANTICO DA IALYSOS*
Matteo DAcunto
* Un ringraziamento particolare va allEforo del Dodecanne-
so, dr.ssa Melina Philimonos, e alle ispettrici di zona dr.sse Eleni
Pharmakidhou e T. Marketou, per la loro costante disponibilit
nelle nostre campagne di lavoro al Museo di Rodi. Ringrazio il
prof. Bruno dAgostino, primo interprete del contesto ialisio di
epoca geometrica e compagno delle campagne rodie.
1
Desborough-Nicholls-Popham 1970. Sul centauro di Lefand
v. da ultima B. Eder, Der Kentaur von Lefkandi, in Zeit der
Helden, pp. 185-189. Per un quadro di sintesi della plastica proto-
geometrica concepito allepoca del rinvenimento v. Nicholls 1970.
2
DAgata 1999, pp. 64-86, tavv. 38-43; N. Kourou - A.
Karetsou, To trpo tou Epou Kpovoou otqv Hotoo Aopou,
in L. Rocchetti (a cura di), Sybrita. La valle di Amari fra Bronzo
e Ferro, Roma 1994, pp. 81-165; N. Kourou - A. Karetsou,
Terracotta Wheelmade Bull Figurines from Central Crete:
Types, Fabrics, Technique and Tradition, in R. Lafneur - Ph.P.
Betancourt (a cura di), TEXNH. Craftsmen, Craftswomen and
Craftsmanship in Te Aegean Bronze Age (Proceedings of the 6
th

International Aegean Conference, Philadelphia 1996), Aegaeum
16, Lige 1997, pp. 107-116.
3
Cervo: Kerameikos IV, p. 40, tav. 26; Guggisberg 1996, n.
221, p. 72, tav. 15.9; Lemos 2002, p. 98, tav. 98.3. Cavallo da
una tomba di bambino, Ods Amphiktyonos: O. Alexandri,
in ArchDelt 22, 1967, B1, Chr., p. 49, tav. 70a.
4
Guggisberg 1996, n. 289, p. 93, tav. 22.1; Lefkandi III, tav. 126a.
5
A. Kalogeropoulou, Aryoto oyvcotou rpyootqpou otq
Zxupo tou 7ou r ot, in ASAtene 61, n.s. 45, 1983, pp. 137-
152, spec. 151, fg. 12; Guggisberg 1996, n. 292, p. 95, tav. 22.3.
6
Secondo Apollod., Bibliotheca II, 5, 4. La ferita stata
segnalata da W.D. Heilmeyer (cfr. P. Auberson - K. Schefold,
Fhrer durch Eretria, Bern 1972, p. 158). Per lidentifcazione
con Chirone cfr. Lebessi 1996, p. 149; sulla tradizione v. M.
Gisler-Huwiler, Cheiron s.v., in LIMC vol. III, parte 1, Zrich-
Mnchen 1986, n. 1, pp. 237-238 e 247 (identifcazione non
certa). F. Caruso suggerisce con prudenza lidentifcazione
alternativa con il centauro Typhon (Caruso 2004).
36
Matteo DAcunto
rapporto metaforicamente espresso sul piano mitico
nel legame Chirone-Achille
7
. Tuttavia, come stato
osservato, la tomba contenente la testa del centauro
potrebbe essere, in base al corredo, una sepoltura
femminile, il che renderebbe problematica lipotesi
della studiosa greca
8
.
A Lefkand il centauro non rappresenta unopera
isolata, ma si inserisce in una produzione pi estesa
e continuata nel tempo (forse destinata in futuro
a coprire lintero arco del Protogeometrico). Ci
dimostrato dal rinvenimento di altre statuette
fttili
9
: una, interpretata in via ipotetica da I. Le-
mos come un altro centauro, stata rinvenuta in
un contesto domestico probabilmente pi antico
(Protogeometrico Antico o Medio)
10
; unaltra, tro-
vata di recente, di cui si conserva la testa (ancora
una volta di un centauro, secondo la scavatrice),
davvero sorprendente per la qualit plastica e per
il trattamento dei particolari modellati e dipinti
11
.
Di unattenta riconsiderazione stata oggetto
anche la piccola plastica antropomorfa cretese di
epoca protogeometrica, soprattutto in bronzo:
questa dimostra di non conoscere soluzione di con-
tinuit nel Dark Age e, al tempo stesso, testimonia
signifcative trasformazioni volumetriche e stilisti-
che (oltre che ovviamente iconografche), rispetto
a quella della Tarda Et del Bronzo. La pubblica-
zione dellimportante corpus di statuette in bronzo
rinvenute a Symi Viannou stata loccasione per
A. Lebessi per proporre una pi precisa scansione
cronologica e defnizione dei tratti caratterizzanti
la plastica protogeometrica cretese: secondo la stu-
diosa, alcune assonanze stilistiche tra la plastica di
Creta ed il centauro di Lefkand testimonierebbero
un apporto cretese nella prima plastica euboica
12
.
Recentemente, merito di N. Kourou quello
di aver tracciato un convincente quadro di sintesi
delle statuette in terracotta realizzate al tornio in
Grecia nella Prima Et del Ferro: in particolare,
la studiosa ha evidenziato il possibile ruolo attivo
svolto da Cipro nella trasmissione del tipo della
fgura femminile col corpo cilindrico cavo dal pe-
riodo miceneo alla sua ripresa nellEgeo nel corso
del periodo geometrico
13
.
La statuetta fttile di Ialysos dei primi decenni del
IX sec. a.C., che qui si presenta per la prima volta
in forma analitica, ofre spunti di rifessione e di
integrazione di questo quadro su diversi aspetti:
in primo luogo, sulla conservazione e trasmissione
nellEgeo del tipo femminile a corpo campanifor-
me nel corso del Dark Age; poi, sulla defnizione
degli ambiti geografci di infuenza relativi alle tre
produzioni plastiche meglio conosciute, quella
cipriota, quella cretese e quella euboica; infne, sul
valore simbolico che pu assumere la deposizione
della statuetta nella tomba.
2. La statuetta ed il suo contesto di rinvenimento
La statuetta di Ialysos attualmente in esposizione
nel Museo Archeologico di Rodi con il numero di
inventario 11961 (fgg. 1-2). Essa faceva parte del
corredo della tomba n. 470 deposta sul piccolo pla-
teau collinare di Platsa Daphniou, lungo le pendici
del Monte Philerimos, lacropoli di Ialysos
14
. La
tomba stata messa in luce nel 1927, nellambito
degli scavi estensivi condotti sotto la direzione di
Giulio Jacopi nella necropoli ialisia, durante il
periodo di occupazione italiana di Rodi. I risultati
furono da lui celermente pubblicati nel III volume
della serie Clara Rhodos. Una nuova pubblicazione
della necropoli protogeometrica e geometrica
in corso di preparazione da parte di chi vi scrive,
nellambito del progetto di edizione generale della
necropoli ialisia da parte dellUniversit LOrien-
tale di Napoli, diretto da Bruno dAgostino
15
.
La Tomba 470 (CXLI) di Platsa Daphniou una
deposizione ad enchytrisms di infante inumato in
7
Lebessi 1996, pp. 149-150.
8
Cfr. Caruso 2004, p. 396. Secondo Lebessi 1996, p. 149,
potrebbe essere invece un individuo giovane. La Tomba 1 di
Toumba, oltre alla testa di centauro, conteneva quattro vasi, due
braccialetti, due fbule in bronzo, due orecchini in oro e numerosi
vaghi di una collana: questi ultimi oggetti potrebbero essere degli
indicatori di genere femminile (per il contenuto della tomba
v. Lefkandi I, pp. 168-169, tavv. 157, 167 e 216). Il corpo del
centauro stato trovato sopra alle lastre di copertura della vicina
Tomba 3 di Toumba; essa conteneva cinque vasi, una conchiglia,
una fgurina fttile di animale, due lamine in oro sagomate ed
una harpe (Lefkandi I, pp. 169-170, tavv. 157, 201b,d, 168-170,
217). Questa potrebbe essere una sepoltura maschile.
9
Per le altre non menzionate qui di seguito rimando a Lemos
2002, pp. 97-101, con la relativa bibliografa.
10
Lemos 2006.
11
Irene Lemos ha mostrato il pezzo in occasione della sua
conferenza tenuta il 2 ottobre del 2008 a Napoli, presso LUni-
versit LOrientale di Napoli.
12
Lebessi 1996; Lebessi 2002, pp. 57-74, tavv. 10-13.
13
Kourou 1997, pp. 81-99; Kourou 2002; Kourou 2008,
pp. 22-24.
14
Jacopi 1929, pp. 146-147 e 149, fg. 142. Per la topografa
della necropoli di Ialysos v. Laurenzi 1936, pp. 8-10, fg. 1.
15
Per uno studio complessivo dellideologia funeraria di Rodi
in epoca protogeometrica e geometrica v. dAgostino 2006.
37
Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos
Fig. 1. Rodi, Museo Archeologico inv. 11961: statuetta fttile da Ialysos, T. 470 Platsa Daphniou (disegno dr.ssa Nadia Sergio).
un pithos, secondo il rituale riservato in epoca ge-
ometrica ed arcaica a Rodi ai non adulti
16
. Fanno
parte del corredo, deposto allesterno del pithos, due
fasche del pellegrino, un asks ornitomorfo, un
cratere di cui si conserva il piedistallo a tromba e un
amphoriskos miniaturistico trigemino
17
. Il corredo
pu essere assegnato alla fase del Geometrico Antico
(900-850 a.C.), che nella tradizione locale rifette pi
che una vera e propria prima fase del Geometrico un
attardamento del Protogeometrico
18
. Questa fase
dominata, infatti, dalle forme vascolari attestate nel
Tardo Protogeometrico (ad esempio, il tipo dellan-
fora nel vaso trigemino). Ricorrono, inoltre, ancora
i partiti decorativi caratteristici del Protogeometrico
del Dodecanneso: soprattutto i motivi a triangoli
e a clessidre campiti a reticolo; mentre sono meno
frequenti, rispetto agli stili protogeometrici di altre
regioni del mondo greco, i cerchi e i semicerchi
concentrici (questi ultimi sono presenti nel nostro
corredo sul solo piede di cratere).
Un partito decorativo pi complesso compare
sul corpo della statuetta, formando al di sopra della
fascia dipinta in basso una sorta di decorazione della
veste nel lato anteriore: in alto tra i seni presente un
pannello rettangolare campito a reticolo, in basso una
fascia con al centro due motivi a clessidra campita a
reticolo ed ai lati due motivi a cerchi concentrici con
fla di puntini nella fascia esterna e puntino centrale
(nel disegno alla fg. 1 il motivo a cerchi concentrici
del lato destro in gran parte ricostruito per analogia
con quello conservato sul lato sinistro). Questultimo
motivo trova confronti nella decorazione incisa su
un aryballos deposto in una tomba del Medio Geo-
metrico di Vati nei pressi di Lindos
19
.
16
Cfr. Laurenzi 1936, pp. 10-19; Ch.W. Gates, Burials at
Ialysos and Kameiros (Rhodes) in the mid Archaic Period, ca. 625-
525 B.C., PhD Diss. University of Pennsylvania, Ann Arbor
1979, pp. 260-264; dAgostino 2006. Il Giornale di scavo,
custodito presso lArchivio dellEphoreia del Dodecanneso a
Rodi, non fornisce dati pi precisi circa let del defunto. Il
pithos era lungo ca. 80 cm.
17
Jacopi 1929, pp. 146-147 e 149: fasche del pellegrino inv.
11962 e 11963 (fg. 142 in basso); asks ornitomorfo inv. 11965
(fg. 142 in alto a destra); cratere inv. 11965b (non riprodotto
nella foto alla fg. 142); vaso trigemino inv. 11964 (fg. 142 in
alto a sinistra: del terzo amphoriskos si conserva solo lattacco
in corrispondenza dellansa).
18
Coldstream 2008, pp. 264-266: Coldstream 2003, p. 46,
che data la tomba all early ninth century. Sul Protogeometrico
del Dodecanneso v. anche Lemos 2002, pp. 22-23 et passim.
19
I. Papachristodoulou, Ircrtptxo rupqoto oto Bott
Pooou, in ASAtene 56, n.s. 45, 1983, pp. 9-17, Tomba 1, fg. 4
38
Matteo DAcunto
Fig. 2. Rodi, Museo Archeologico inv. 11961: statuetta
fttile da Ialysos, T. 470 Platsa Daphniou (foto dellAutore).
In tale quadro di conservatorismo della seconda
fase rispetto alla prima, un possibile criterio per
tentare di determinare la cronologia di un corredo
rodio se ancora al Tardo Protogeometrico ovvero
piuttosto al Geometrico Antico rappresentato
dal maggiore o minore rigore nella resa dei motivi
39
Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos
protogeometrici e dal fatto che le linee dei semi-
cerchi rispettino o meno i limiti imposti dalla linea
orizzontale sui cui si appoggiano
20
. In generale, i
motivi decorativi dei vasi della tomba 470 conser-
vano un certo rigore geometrico e, ad esempio, nel
cratere le linee dei semicerchi non debordano, cos
come negli altri pezzi i triangoli campiti rispettano
spesso (non sempre) i loro limiti
21
. Dunque, pur
nellattribuzione del nostro corredo alla seconda
fase, quella del Geometrico Antico, come sugge-
risce N. Coldstream
22
, esso non sembra scendere
cronologicamente troppo, ma una sua datazione
attorno al primo quarto del IX sec. a.C. appare
come la meglio sostenibile.
La statuetta alta 15 cm. e presenta un diametro
di base di 9 cm. Rappresenta una fgura femminile
con corpo a campana a proflo teso sensibilmente
svasato verso il basso. Su di esso sono rappresentati
a rilievo i seni, interamente dipinti, ed applicate le
due braccia aperte ad arco in posizione orizzontale.
Esse sono poco sviluppate in lunghezza e presentano
delle mani in proporzione grandi e dal contorno
generico. Nelle mani sono distinte le cinque dita
grazie a delle incisioni pi lunghe sul lato interno.
Le spalle, le braccia e le mani sono interamente ver-
niciate. La parte posteriore del corpo risparmiata
ad eccezione della fascia dipinta in basso. Il collo
allungato e rastremato verso lalto. Su di esso sono
rappresentate due fasce, di cui quella inferiore pi
larga: forse rappresentava una collana. La testa in
asse col collo. Il volto presenta nella visione fron-
tale un contorno triangolare appuntito al mento,
dominato dagli occhi, dal naso e dalle orecchie. Il
volto e la parte superiore del cranio sono verniciati
con leccezione di alcuni particolari risparmiati. Gli
occhi sono dei grandi dischi circolari che occupano
una depressione approssimativamente circolare: essi
sono resi a risparmio con la pupilla dipinta nella
forma di un puntino. Il grande naso di forma
rettangolare larga, svasato in basso, con la rappre-
sentazione delle narici incise. Le orecchie sono rese
a rilievo ed assumono un andamento curvo verso
lalto. La bocca rappresentata grazie ad unincisio-
ne orizzontale. Il proflo del volto dominato dalla
protuberanza del naso e dalla sporgenza a punta
del mento, rispetto alla bocca rientrante. Il cranio
appiattito e la fronte assente. Immediatamente
al di sopra del naso, degli occhi e delle orecchie
rappresentato un diadema: questo reso grazie ad
una fascia risparmiata su cui rappresentata una
fla di cerchielli impressi, al centro dei quali un
puntino sovradipinto. Sul lato posteriore sono
rappresentati i due margini del diadema distanziati;
questi sono uniti, evidentemente trattenuti, da una
fascia dipinta in bruno: probabile che si inten-
desse rappresentare un diadema con decorazione
impressa a cerchielli, probabilmente in metallo, i
cui lembi erano trattenuti sul lato posteriore da un
nastro (in stofa o in pelle). Da questo nastro sul
lato posteriore ricadono i capelli (evidentemente
trattenuti dal nastro) nella forma di linee verticali
dipinte che scendono dal cranio e che terminano
su una serie di linee orizzontali.
Dal punto di vista tecnico, la veste, il collo e la
testa sono modellati al tornio, originariamente in
un corpo unico in argilla cruda. La parte campani-
forme cava internamente. Su questo corpo unico
originario la testa stata ritoccata, in parte a mano,
in parte grazie ad uno strumento a punta e ad una
piccola spatola (di cui si riconosce la traccia in pi
punti). Su di essa sono stati sovrapplicati i dischi
degli occhi, mentre i cerchielli del diadema sono
stati impressi con un unico piccolo punzone. Al
corpo sono stati applicati i seni e le braccia model-
late a mano, le cui mani sono state ritoccate con
lincisione delle dita grazie ad uno stilo sottile. Un
foro passante nel collo, che mette in collegamento la
parte interna cava con la sommit del cranio, fun-
zionale a far defuire liberamente i gas al momento
della cottura, secondo la consuetudine tecnica ben
documentata per il corpo delle statuette di animali
e centauri della Tarda Et del Bronzo e della Prima
Et del Ferro, nella coroplastica attica, cretese ed
euboica
23
. Dopo che la statuetta era stata modellata
e dipinta in tutte le sue parti, essa poteva essere
messa infne nella fornace per la cottura.
Lartigiano dimostra, dunque, una piena padro-
nanza tecnica nel campo della plastica di tradizione
vascolare e delle capacit nella rappresentazione
dettagliata e coerente dei particolari del volto:
(fla posteriore, aryballos a destra del cratere di maggiori dimen-
sioni); sulla tomba cfr. Coldstream 2003, pp. 380-381.
20
Cfr. in tal senso Coldstream 2008, pp. 266-267.
21
Uno stile protogeometrico molto corrotto documentato,
invece, nei vasi delle due tombe scavate di recente a Ialysos,
in contrada Tsimoiroi: E. Pharmakidhi, Aro to vrxpotoro
tq opoo Ioiuoou ouo yrcrtptxr tor otqv Kprootq
Pooou, in Stampolidis-Iannikour 2004, pp. 165-175, discus-
sione 175-176.
22
Coldstream 2003, p. 46; Coldstream 2008, pp. 265-267.
23
Cfr. Desborough-Nicholls-Popham 1970; Nicholls 1970;
DAgata1999; Lemos 2002, pp. 97-100.
40
Matteo DAcunto
lopera , per cos dire, in grado di rivaleggiare con
le pi impegnative statuette fttili pi o meno coeve
realizzate in Eubea, a Creta ed in Attica, se non per
le dimensioni (pi ridotte
24
) almeno per il dettaglio
nella resa del volto.
La statuetta potrebbe essere di fabbrica ialisia (o
quanto meno rodia), come suggerirebbe la presenza
del motivo a clessidra, caratteristico della tradizione
protogeometrica locale e del Dodecanneso. Inoltre,
la statuetta presenta unargilla (di colore rosa) che
sembra essere, ad unanalisi autoptica, analoga ad
un tipo ricorrente nei vasi del Tardo Protogeome-
trico-Geometrico Antico locali
25
. La vernice bruna
applicata su uningubbiatura bianca, anchessa
attestata in diversi vasi ialisii dello stesso periodo
26
.
3. Per una proposta di inquadramento tipologi-
co e stilistico: le anit con Cipro e con Creta

Come stato da lungo tempo riconosciuto da parte
della critica, le fgure femminili fttili di epoca geo-
metrica che presentano il corpo cilindrico o tronco-
conico realizzato al tornio afondano le proprie radici
nella tecnica al tornio e nelliconografa della fgura
femminile della plastica egea della Tarda Et del
Bronzo
27
. Pi in particolare, stato osservato che le
statuette geometriche rappresentano una ripresa non
della plastica tardo-minoica di Creta, ma piuttosto
di quella tardo-micenea, sviluppata nel continente
e nelle isole dellEgeo
28
. Infatti, le statuette geome-
triche ed alto-arcaiche, come lesemplare di Ialysos,
presentano il corpo cilindrico o tronco-conico dal
proflo continuo dalla base fno al torso. Questo il
tipo sviluppato nella plastica micenea: esemplifcative
sono le statue del Temple Complex di Micene
29
.
Mentre le fgure cretesi fttili tardo e subminoiche
hanno il torso distinto e sensibilmente rientrante
rispetto alla gonna cilindrica: come nelle statue
del santuario di Karph oppure in quelle di recente
rinvenute nel tempio di Kephala Vasiliks del Tardo
Minoico IIIC-Subminoico
30
.
Per quanto concerne Rodi, detta provenire
dallisola una statua femminile micenea a Monaco:
essa ha il corpo a proflo continuo, cilindrico nella
parte inferiore; ha i seni a rilievo ed il tipico gesto
della dea con le braccia alzate
31
. Nella produzione
rodio-micenea si segnalano alcuni vasi decorati
con fgure plastiche
32
. Ma assai poco probabile
che esista una continuit tra questa plastica fttile
rodia di epoca micenea e la nostra statuetta: ci
anche in ragione del fatto che, al momento, di
Rodi tra la fne del Tardo Elladico III C ed il Tardo
Protogeometrico non giunta a noi alcuna traccia
di documentazione archeologica
33
. verosimile
invece che la forma a campana della nostra statuetta
sia il frutto di un nuovo apporto, di una infuenza
esterna, forse riconducibile a Cipro.
In efetti, come osserva N. Kourou, per la fgura
femminile a corpo cilindrico e a braccia alzate,
dopo gli esemplari della Tarda Et del Bronzo,
si riscontra in linea generale un gap cronologico
fno alla ricomparsa del tipo nellavanzato periodo
geometrico: in particolare, a Samos, a Lindos, a
Lemnos, a Creta
34
. In tale periodo di vuoto lunica
regione a presentare una continuit Cipro, dove il
tipo documentato anche nel corso delle fasi Cipro
24
Ad esempio: la sola testa di Kal Chori a Creta di epoca
protogeometrica alta 27 cm. (Rethimiotakis 1998, n. 69, p.
29, tav. 74o-y); il centauro di Lefkand alto 36 cm.; il cervo
del Kerameikos alto 26,6 cm. (Kerameikos IV, p. 40, tav. 26).
25
Munsell: 7.5 YR 8/4.
26
Cfr. ad esempio in questo corredo lasks inv. 11965 (v.
supra nota 17) e gli skyphoi della T. 43 Marmaro anchessa del
Geometrico Antico (Laurenzi 1936, pp. 161-163, fg. 149, inv.
15536-15537o-r).
27
Cfr. ad esempio, Rizza 1968, pp. 217-218; Nicholls 1970;
Kourou 2002.
28
Cfr. Kourou 2002, spec. pp. 16 e 24-25.
29
Cfr. Lord W. Taylour, Te Mycenaeans, London 1983
2
, pp.
50-53, fgg. 25 e 29-31; A.D. Moore - W.D. Taylor, Te Temple
Complex. Well Built Mycenae, the Helleno-British Excavations
within the Citadel at Mycenae, 1959-1969, Oxford 1999, pp.
50-62, tavv. 12-22.
30
Su cui cfr. St. Alexiou, H tvctxq ro r ucrvcv
rtp v, in KretChron 12, 1958, pp. 179-299 (Karph: tav. ST);
Rethimiotakis 1998, passim (Karph: tavv. 59-63); B. Rutkowski,
Te Temple at Karphi, in SMEA 26, 1987, pp. 257-279, fgg.
8-9. Su Kephala Vasiliks: T. Eliopoulos, A Preliminary Report
on the Discovery of a Temple Complex of the Dark Ages at
Kephala Vasilikis, in Karagheorghis-Stampolidis 1998, pp.
301-313, spec. 307-309, fgg. 12-13.
31
Nicholls 1970, p. 7 e 27, nota 61, tav. 2b.
32
Cfr. E. Karantzali, A new Mycenaean Pictorial Rhyton
from Rhodes, in Karagheorghis-Stampolidis 1998, pp. 87-103,
discussione 103-104, spec. 95, fg. 8a-b.
33
Cfr. V.R. dA. Desborough, Protogeometric Pottery, Oxford
1952, pp. 225-233; dAgostino 2006, p. 57.
34
Kourou 2002, pp. 21-33, con la relativa bibliografa. Per
Creta cfr. un gruppo di brocche antropomorfe a braccia alzate:
J.N. Coldstream - H.W. Catling (a cura di), Knossos North Ce-
metery. Early Greek Tombs, T. 106, n. 20, vol. 1 p. 147, vol. 4
tav. 146; D. Levi, Arkades. Una citt cretese allalba della civilt
ellenica, ASAtene 10-12, 1927-1929, T. R, n. 191, p. 245, fg.
291; Stampolidis-Karetsou 1998, n. 209, p. 192. In preceden-
za, in epoca protogeometrica un kernos da Kourtes presenta
una fgurina fttile con le braccia alzate (Stampolidis-Karetsou
1998, n. 207, p. 190).
41
Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos
Geometrico I-III. Pertanto, la studiosa ipotizza in
maniera convincente che proprio Cipro, dopo aver
mutuato il tipo dallEgeo nel XII sec. a.C., abbia
svolto a sua volta un ruolo attivo nella continua-
zione e nella trasmissione di questo tipo allo stesso
Egeo nel corso del periodo geometrico
35
.
Tale quadro sembra essere avvalorato ed integrato
dallesemplare di Ialysos, peraltro gi considerato
dalla studiosa greca
36
: si tratta al momento delluni-
ca statuetta femminile con corpo campaniforme ad
essere datata con precisione nel suddetto periodo di
generale gap, anche se non rappresenta stricto sensu
il tipo a braccia alzate.
Lapparizione a Cipro del tipo miceneo a braccia
alzate e lunga veste campaniforme tra la fne del XII
e lXI sec. a.C. illustrata in questo primo momento
da due statuette assai simili da Limassol, fg. 3 (una
terza leggermente diferente)
37
. Il loro corpo pre-
senta i seni rilevati. Rispetto alla nostra statuetta la
parte inferiore della veste cilindrica, ma soprattutto
la diferenza data in questa, come in altre statuette
cipriote, dalla terminazione della veste in basso a
disco estrofesso. Il volto caratterizzato dal grande
naso e dagli occhi circolari. Una delle due statuette
cipriote raggiunge i 24 cm. di altezza, il che dimostra
che si tratta sin da questo momento di una produzio-
ne specializzata non di tipo corrente (cos come la
plastica fttile protogeometrica nellEgeo). A Cipro
documentabile una continuit del tipo femminile
col corpo cilindrico e con le braccia alzate nel corso
dei secoli seguenti (fasi Cipro Geometrico I-III)
38
.
Tale continuit ben illustrata da alcuni pezzi di
notevole qualit, quale la statuetta della Collezione
Pieridis, nella quale stata osservata una eco ancora
pi forte dei modelli cretesi-micenei
39
. Per quanto
concerne questultima statuetta, nel dettaglio della
resa del volto e del corpo non si pu riconoscere un
confronto molto stretto con lesemplare di Ialysos;
ma alcuni elementi di assonanza potrebbero essere
le mani generiche con le dita parallele (qui dipinte),
la terminazione appuntita del mento, gli occhi cir-
colari (qui appena rilevati e dipinti), la presenza del
diadema (che ricorre con frequenza nelle statuette
cipriote), il collo allungato.
Nella stessa Rodi il tipo femminile a corpo cilin-
drico o campaniforme documentato tra i votivi
fttili dellacropoli di Lindos, in una serie di esem-
plari che non possiamo datare con precisione, ma
che verosimilmente si riferiscono ad un momento
dellavanzato periodo geometrico (in efetti, gli ex-
voto degli strati arcaici sembrano iniziare attorno
35
Cfr. anche Kourou 1997, p. 85.
36
Kourou 2002, pp. 31-32.
37
Karagheorghis 1993, nn.GA(i)1-2, pp. 58-59, fg. 51,
tav. 27.1-2; Kourou 1997, fg. 5; Karagheorghis 2002, pp.
137-138, fgg. 297 (qui fg. 3)-298; Kourou 2002, pp. 18-19,
fg. 3; la terza riprodotta assieme alle altre due in Kourou
2008, p. 24.
38
Karagheorghis 1993, nn. GA(i)8-9, p. 60, tav. 27.7-8
(Cipro Geometrico I); nn. LGA(iv)1-14, pp. 82-86, tavv.
Fig. 3. Limassol, Museo Distrettuale inv. 580/8: statuetta
fttile dal santuario di Limassol-Kommissariato (da Kara-
gheorghis 2002).
26-27 (Cipro Geometrico II-III).
39
Karagheorghis 1993, n. LGA(iv)12, p. 84, tav. 37.6 (Cipro
Geometrico II-III); Kourou 1997, p. 85, fg. 6. assegnabile
al VII-VI sec. a.C. una bella statuetta dal santuario di Afrodite
a Palaepaphos al British Museum: J. Karagheorghis, Te
Goddess of Cyprus between the Orient and the Occident, in
Stampolidis-Karagheorghis 2003, pp. 353-361, discussione
361-362, spec. 357-358, fg. 3.
42
Matteo DAcunto
alla met dellVIII sec. a.C., mentre solo pochi
frammenti ceramici sono assegnabili alla fase Tar-
do Protogeometrico-Geometrico Antico
40
). Una
statuetta femminile di Lindos ha la parte inferiore
svasata e le braccia distese lungo i fanchi; presenta
diversi particolari dipinti, tra cui una serie di trattini
verticali sul collo, che potrebbero rafgurare una
collana (secondo la tradizione micenea)
41
. Unaltra
statuetta lindia, assegnabile con certezza al Tardo
Geometrico per i motivi dipinti, ha le braccia por-
tate in avanti come quella di Ialysos
42
. Mentre altre
statuette del santuario riproducono ancora il tipo a
braccia alzate di tradizione micenea
43
.
Tra le pi antiche fgurine fttili della stipe di
Lindos si segnalano alcune delle quali si conserva
la sola testa (di cui purtroppo disponiamo del solo
disegno). Esse rivelano delle afnit con la nostra
statuetta: per il naso grande e sporgente, i grandi
occhi a disco sovrapplicati, il mento stretto a punta,
la forma delle orecchie, il collo allungato
44
. Ci
suggerisce di riconoscere delle tendenze stilistiche
comuni che si afermano nella plastica rodia nel
corso del periodo geometrico.
Nella resa dei volumi e dei particolari della testa
della nostra statuetta si segnalano in particolare i
confronti, oltre che nel panorama locale (come detto,
con opere probabilmente successive), in particolare
con la plastica fttile ed in bronzo di Creta, assegna-
bile al Protogeometrico o alla fase subminoica im-
mediatamente precedente
45
. Signifcative somiglianze
possono essere riconosciute in particolare con una
statuetta fttile di animale fantastico (cosiddetta sfn-
ge) dal Piazzale dei Sacelli di Haghia Triada (questa
a corpo pieno), fg. 4
46
. Elementi di somiglianza
sono il mento appuntito, il naso sporgente, i grandi
occhi circolari a disco su cui la pupilla indicata (ma
qui ad incisione), lassenza della fronte, il diadema
legato posteriormente, su cui rappresentata una
fla di puntini, i capelli resi a linee dipinte verticali,
il collo allungato. Meno stringenti sono i confronti
con unaltra statuetta dello stesso tipo di Haghia
Triada, che presenta tuttavia la stessa concezione del
volto dai tratti marcati: grande naso ed occhi a disco
forati
47
. In mancanza di dati stratigrafci, le statuette
in questione possono essere datate esclusivamente
con criteri stilistici e in base alla decorazione dipinta.
A.L. DAgata propone di assegnarle al passaggio tra il
Tardo Minoico IIIC ed il Subminoico. Mi sembra di
poter rilevare che le somiglianze nella resa del volto
con le statuette in bronzo assegnate da A. Lebessi al
Protogeoemetrico portino a suggerirne con grande
prudenza una datazione nel corso del periodo sub-
minoico-protogeometrico (pur nella consapevolezza
di quanto le osservazioni stilistiche possano risultare
non del tutto afdabili nello stabilire la cronologia)
48
.
Nellambito della grande plastica fttile cretese
40
Questi ultimi sono i pezzi Lindos I, nn. 821-843, coll.
233-239, tav. 33.821, 825, 830, 831.
41
Lindos I, n. 1877, col. 465, tav. 82.
42
Lindos I, n. 1860, coll. 459-460, tav. 80.
43
Lindos I, nn. 1879-1880, col. 466, tav. 83.
44
Cfr. specialmente Lindos I, nn. 1887 e 1888, coll. 467-468,
tav. 83; ed anche nn. 1885-1887b, col. 467, tav. 83.
45
Per unipotesi di determinazione cronologica della plastica
cretese faccio riferimento allo studio della Lebessi (2002, pp.
57-74): la classifcazione della maggior parte dei pezzi alle varie
fasi del periodo protogeometrico stabilita esclusivamente su
base stilistica, in mancanza di stratigrafe chiuse. Ci rende
ovviamente tale classifcazione del tutto ipotetica. Punto di
riferimento di questa classifcazione la statuetta in bronzo
rinvenuta nel santuario di Komms in uno strato del Protogeo-
metrico: M. Koutroumbaki Shaw, A Bronze Figurine of a Man
from the Sanctuary at Kommos, Crete, in Ei\lapnh. To mov
timhtiko v gia to n Kaqhghth Niko lao Pla twna, Hiraklion
1987, pp. 371-382; J. Shaw - M. Shaw (a cura di), Kommos
IV. Te Greek Sanctuary, Princeton 2000, n. AB79, pp. 152,
170-171 e 187, tavv. 3.14 e 3.27; Lebessi 2002, p. 12, fg. 5.
46
DAgata 1999, n. C2.16, pp. 71 e 82, tavv. 44 e 53.
47
DAgata 1999, n. C15, pp. 71 e 81, tav. 44.
48
Cfr. Lebessi 2002, pp. 57-74, tavv. 10-13.
Fig. 4. Hiraklion, Museo Archeologico: statuetta fttile di
essere mostruoso da Haghia Triada, Piazzale dei Sacelli (da
DAgata 1999).
43
Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos
di tradizione vascolare la testa di Kal Chori,
che A. Lebessi assegna al Protogeometrico, ofre
utili elementi di confronto (pur con alcune dife-
renze): per gli occhi tondi, il naso pronunciato, la
forma triangolare del contorno del volto, il cranio
appiattito (ma con la fronte pi sviluppata), la
corona da cui si dipartono posteriormente i capelli
rappresentati da ciocche parallele
49
. La testa di Kal
Chori rappresenta la continuit (pur con elementi
di diferenza) rispetto alla tradizione delle statue
fttili di dea a braccia alzate tardo e sub-minoiche.
Parallelamente alla plastica fttile, si segnalano i
confronti per la forma della testa e per i tratti mar-
cati del volto con alcune statuette cretesi in bronzo,
49
Rethimiotakis 1998, p. 29, tav. 74; Lebessi 2002, pp.
65-66, fg. 33.
50
V. Lebessi 2002, pp. 57-74, tavv. 10-13.
51
Lebessi 2002, pp. 73-74, fg. 43.
52
Lebessi 2002, n. 12, pp. 17 e 63-70, tav. 12.
53
Morricone 1978, Tomba VII, Zona Fadil, n. 4, pp. 351-
352, fgg. 766-767; Higgins 1967, p. 20, tav. 6A.
classifcate dalla Lebessi nel Protogeometrico
50
: in
particolare, con la statuetta di autofagellatore del
British Museum forse da Kalamafka
51
e con una
statuetta femminile di Symi Viannou (che tuttavia
ha gli occhi forati, evidentemente per laggiunta di
inserti)
52
. Queste statuette protogeometriche (sia
le femminili che le maschili che tengono le armi)
hanno le braccia portate in avanti, come nella sta-
tuetta di Ialysos.
Per completare il quadro dei confronti impor-
tante sottolineare i rapporti con la vicina Kos, che
dimostra di sviluppare ugualmente una precoce
plastica fttile nellambito della tradizione vascolare.
In particolare, tra i diversi asko ornitomorf deposti
nelle tombe protogeometriche e delle prime fasi del
Geometrico nella necropoli di Kos si segnala un
esemplare. Esso presenta una terminazione anteriore
a corpo umano, i cui genitali maschili individuano
la fgura come un centauro: il pezzo ascrivibile in
base ai vasi del corredo ed ai suoi motivi decorativi al
Geometrico Antico
53
; dunque, appena pi recente
del centauro di Lefkand. Il volto assai generico,
ma vi ritroviamo i due grandi occhi a disco sovrap-
plicati ed il naso prominente. Ma in questa statuetta
il cranio pi sviluppato ed arrotondato in alto e le
orecchie sono rese con curve sensibilmente aggettan-
ti. Quanto al tipo femminile a corpo campaniforme,
Fig. 5. Kos, Museo Archeologico: statuetta fttile dalla
necropoli del Serraglio (da Morricone 1978).
Fig. 6. Eretria, Museo Archeologico: centauro da Lefkand
(da Desborough - Nicholls - Popham 1970).
44
Matteo DAcunto
esso documentato nella stessa necropoli di Kos in
due esemplari pi recenti datati attorno alla met
dellVIII sec., caratterizzati ancora dal collo allun-
gato, dal naso e dagli occhi prominenti (fg. 5)
54
.
Se invece proviamo ad istituire un confronto tra
la statuetta di Ialysos e la plastica euboica, non pos-
siamo che rilevare una sostanziale distanza delluna
rispetto allaltra. Come possibili elementi di generica
assonanza potremmo solo richiamare nel centauro di
Lefkand il contorno del volto triangolare nella parte
inferiore (fg. 6), gli occhi circolari (che tuttavia sono
cavi per laggiunta di inserti probabilmente in altro
materiale) oppure la resa delle mani con le dita incise
ad andamento parallelo
55
. Le diferenze sono invece
macroscopiche: nel centauro il cranio arrotondato
ed ampiamente sviluppato in alto; la massa dei capelli
distinta a leggero rilievo ed incisione, e vi indicata
una sola ciocca ad incisione sul lato posteriore; gli
occhi ed il naso sono pi piccoli e non invadono
completamente la testa, lasciando interamente libere
le guance; le orecchie sono pi grandi (ma almeno
in questo caso ci pu dipendere dalla natura mo-
struosa del centauro) e hanno una forma diferente;
il collo pi corto. Queste diferenze appaiono
evidenti anche nel confronto tra la statuetta ialisia
ed il centauro di Lefkand rinvenuto di recente,
per il quale la valutazione si fonda sulla eccezionale
qualit plastica e dei dettagli dipinti
56
. Tale distanza
levidente segno di unassenza di infuenza della
plastica protogeometrica euboica nella concezione
della nostra statuetta.
Mi sembra, peraltro, che alcune delle diferenze
appena enucleate siano estensibili al confronto tra
la plastica protogeometrica cretese e quella euboica.
A mio avviso, lipotetica infuenza delluna sullaltra
va notevolmente ridimensionata.
In sintesi, nella statuetta di Ialysos, oltre ad una
probabile comunanza con la vicina isola di Kos, si
pu suggerire di riconoscere due possibili apporti
geografci distinti:
nelladozione della fgura femminile al tornio a cor-
po campaniforme pu aver giocato un ruolo Cipro,
isola nella quale il tipo continua ad essere riprodotto
in maniera continuativa nei secoli a cavallo tra la
fne del II e gli inizi del I millennio a.C.;
nella concezione della volumetria e dei particolari
del volto si ravvisa una conoscenza della plastica
protogeometrica cretese, la quale presenta una
continuit nel corso del Dark Age sia nella tradi-
zione fttile vascolare che in quella bronzistica.
Si tratta, ovviamente, di due componenti non al-
ternative, ma che possono aver inciso insieme, in una
forma pi o meno signifcativa luna rispetto allaltra.
Esse risultano essere rielaborate probabilmente da un
artigiano della stessa Ialysos, comunit che sin da
un momento assai antico particolarmente aperta ai
trafci commerciali e pronta alladozione di stimoli
da quelle regioni con cui stabilisce questi contatti.
A tal proposito, senza poter scendere nel dettaglio,
va ricordato che un rapporto privilegiato tra Rodi e
Cipro rester una costante nella storia dellisola del
Dodecanneso fno al VII sec. a.C.
57
. Tale rapporto
incide nella ceramica rodia sin dalla fase del Tardo
Protogeometrico-Geometrico Antico: per lado-
zione signifcativa di forme di tradizione cipriota,
quali lasks ornitomorfo e la fasca del pellegrino,
peraltro ambedue presenti nel corredo della tomba
in questione
58
; e contemporaneamente per una pre-
ferenza per i motivi a triangoli e a losanghe campiti
a reticolo ugualmente molto difusi nella ceramica
cipriota, rispetto ai cerchi e semicerchi concentrici
preferiti dalla tradizione egea
59
. Testimonianza evi-
dente dellesistenza di precoci rapporti tra Ialysos
e Cipro la deposizione in una tomba coeva alla
470, la T. 43 Marmaro, di due lekythoi a barilotto
cipriote in White Painted Ware, che sono tra le
pi antiche attestazioni di importazioni cipriote
nellEgeo della Prima Et del Ferro
60
.
Quanto ai legami tra Creta e Rodi, si tratta di due
realt geografche e commerciali a stretto contatto sin
da una fase molto antica della Prima Et del Ferro. I
rapporti tra le due isole, almeno da certi punti di vista
54
Rispettivamente: Morricone 1978, T. 14 Serraglio, n. 101,
p. 133, fgg. 214-215 (cfr. Higgins 1967, p. 20, tav. 6e), qui
fg. 10; e Morricone 1978, T. V Zona Fadil, n. 2, pp. 347-348,
fgg. 757-760.
55
Per delle fotografe di dettaglio del centauro v. Desborough-
Nicholls-Popham 1970, tavv. 8-10.
56
V. supra nota 11.
57
Mi limito qui a richiamare i contributi pi recenti: J.N.
Coldstream, Crete and the Dodecanese: Alternative Appro-
aches to the Greek World during the Geometric Period, in
Karagheorghis-Stampolidis 1998, pp. 255-262, discussione
262-263; N.Ch. Stampolidis, Etooycyq B` Mr pou, in
Stampolidis-Karetsou 1998, pp. 102-134; N. Kourou, Rho-
des: Te Phoenician Issue Revisited. Phoenicians at Vroulia?,
in Stampolidis-Karagheorghis 2003, pp. 249-260, discussione
260-262.
58
Sulla fasca del pellegrino nel Protogeometrico - Geometrico
Antico v. Lemos 2002, pp. 79-80; Coldstream 2008, p. 264.
Sullasks ornitomorfo v. V.R. dA. Desborough, Bird Vases,
in KretChron 24, 1972, pp. 245-277; Lemos 2002, pp. 82-83.
59
Cfr. Lemos 2002, pp. 22-23.
60
Museo Archeologico di Rodi, inv. 15538a-b: Laurenzi
45
Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos
di koin, sono illustrati da elementi di comunanza nel
repertorio vascolare ed in quello delle armi in ferro
61
.
4. La questione dellidenticazione iconograca
e della funzione della statuetta
Il contesto di deposizione della statuetta quello
della tomba di un infante, di cui non abbiamo alcuna
indicazione relativa allet. Ma, come ha dimostrato
B. dAgostino, nelle necropoli rodie di epoca pro-
togeometrica e geometrica fno allincirca alla met
dellVIII sec. a.C. viene praticata una selezione molto
ristretta degli aventi diritto alla sepoltura formale
62
,
diritto da cui sembrano essere esclusi i neonati e i
bambini di pochi anni. probabile, dunque, che il
defunto della tomba 470 fosse un bambino con un
certo numero di anni ovvero un adolescente.
Nessun indizio preciso ci consente di stabilire se
si tratti di una tomba maschile o di una femminile.
Lo stesso dAgostino ha dimostrato che a Rodi fno
alla met dellVIII sec. le tombe maschili presentano
in genere un corredo di oggetti numericamente
contenuto, tutto volto a sottolineare la fgura del
guerriero-principe attraverso le armi. Al con-
trario, alla fgura femminile afdata la funzione
di esaltare lopulenza delloikos, attraverso corredi
che presentano un signifcativo numero di vasi, di
oggetti preziosi e di importazioni. Ma questa chiara
polarizzazione nellidentifcazione del genere non
ugualmente evidente per le tombe di non adulti.
Se dovessimo dare credito al sesso della statuetta,
potremmo forse immaginare che si tratti di una
defunta, il che sarebbe anche coerente con il corredo
che presenta un discreto numero di vasi: cinque pi
la statuetta. Ma evidente come queste argomen-
tazioni siano del tutto non afdabili, in quanto
fondate su un campione non signifcativo di tombe
di infanti dello stesso periodo. Questa impossibilit
di stabilire il genere del defunto rende ancora pi
incerta la questione relativa allidentifcazione ico-
nografca della statuetta e alla sua funzione.
In epoca protogeometrica, come detto, docu-
mentata in alcune regioni del mondo greco la pra-
tica di deporre nelle tombe statuette antropomorfe
(Attica e Rodi), di mostri (il centauro a Lefkand e
a Kos) e di animali (Attica ed Eubea). Nella vicina
Kos una statuetta di uccello deposta in una tomba
del Tardo Protogeometrico di bambino
63
. Questa
potrebbe ofrire un confronto per il nostro caso,
ma si pu osservare che questa statuetta poteva
essere vista come non troppo diversa dagli asko
ornitomorf deposti in un certo numero di tombe
del Dodecanneso e di altre regioni del mondo greco.
Per le statuette di cavalli su ruote mobili, gi citate,
si avanzata anche lipotesi che si trattasse di giocat-
toli, che potevano fare parte del corredo di oggetti in
possesso del bambino
64
. In efetti, la tomba ateniese
che conteneva una di queste statuette era quella di un
bambino
65
. Invece, laltro contesto rappresentato
da una tomba della necropoli di Toumba a Lefkan-
d: la statuetta dimportazione attica di cavallo con
ruote ha sulla groppa due anfore; si tratta di una
tomba femminile del Sub Protogeometrico I con
un corredo che presenta un certo numero di vasi e
di oggetti di ornamento personale (di unadulta? di
unadolescente?)
66
. Dunque, lipotesi per cos dire
minimalista che si tratti di giocattoli non afatto
necessaria: i cavalli potrebbero evocare lo status symbol
delle aristocrazie alto-arcaiche.
Cos come resta da approfondire, attraverso unana-
lisi dei contesti, la funzione di un gruppo relativa-
mente cospicuo di statuette femminili in Handmade
Ware, defnite convenzionalmente come bambole
(dolls, Puppen)
67
. Esse sono deposte in tombe per
lo pi dellAttica, ma anche di Lefkand del Tardo
Protogeometrico, al pi tardi Geometrico Antico.
Caratteristico il corpo campaniforme, su cui sono
rappresentati i seni ed una variegata decorazione
incisa. In maniera generica sono rappresentate le
braccia aperte nella forma di moncherini e la testa
su cui sono incisi gli occhi. Hanno i piedi realizzati
a parte e forati in alto per il fssaggio.
1936, pp. 162-163, fg. 149 (in seconda fla il secondo ed il
quarto vaso), che considera erroneamente i due vasi come imi-
tazioni rodie. Sono opportunamente considerate importazioni
da N. Coldstream, On Chronology: Te CG II Mystery and
its Sequel, in M. Iacovou - M. Michaelidis (a cura di), Cyprus.
Te Historicity of the Geometric Horizon (Atti Coll. Nicosia
1998), Nicosia 1999, pp. 109-118, spec. 111.
61
Per una discussione di questi aspetti rimando al volume
sulla necropoli di Ialysos che ho in corso di preparazione.
62
dAgostino 2006.
63
Morricone 1978, T. 21 Serraglio, pp. 163-165, n. 4, fg. 295.
64
Cfr. Lemos 2002, p. 100.
65
Statuetta di cavallo della tomba di Ods Amphiktyonos
citata supra in nota 3.
66
Lefkandi III, tav. 14, 58, 126a.
67
Su cui v. K. Reber, Untersuchungen zur Handgemachten
Keramik Griechenlands in der submykenischen, protogeometrischen
und der geometrischen Zeit, SIMA Pocket Book 105, Jonsered
1991, pp. 128-131; Lemos 2002, p. 95 con i relativi riferimenti
bibliografci ai contesti di rinvenimento.
46
Matteo DAcunto
la nostra statuetta una bambola, possesso di
una bambina di Ialysos e deposta poi nel suo corre-
do tombale? Lipotesi minimalista non pu essere
del tutto esclusa, ma essa appare poco convincente
alla luce di una serie di osservazioni.
In particolare, la fgura di Ialysos porta un diadema,
che probabilmente concepito come la rappresen-
tazione di una lamina in metallo prezioso decorata
a cerchielli e trattenuta sul lato posteriore da un
nastro di tessuto o di pelle. Il riferimento ad una
tipologia di Goldbnder usati come diademi, di cui
ben documentata soprattutto la serie attica di epoca
geometrica
68
. Nelle necropoli di Rodi il diadema
deposto in un certo numero di sepolture di rango
elevato, evidentemente inteso come segno di status
del defunto. A titolo esemplifcativo ricordo tre casi:
i due diademi decorati a motivi geometrici con i fori
alle estremit per il fssaggio della cinghia, deposti
nella Tomba 82 presso il tempio A di Camiro (ca.
met dellVIII sec. a.C.), sepoltura di un personaggio
maschile di altissimo rango
69
; il diadema in oro rin-
venuto vicino al cranio, assieme ad una ricca parure,
di una tomba femminile scavata di recente a Ialysos
dal Servizio Archeologico Greco, datata attorno
all800 a.C.
70
; ed i diversi diademi in oro, assieme ad
elementi di ricche parures, presenti nella tomba Z di
Exoch di epoca tardo-geometrica (nella quale sono
probabilmente mescolate pi sepolture femminili)
71
.
Allora, il diadema della statuetta di Ialysos pu desi-
gnare una fgura di rango della famiglia del defunto?
Si tratta, ad esempio, di una rappresentazione della
madre che accompagna il defunto/defunta nella
tomba ovvero nellAldil? Questa pu essere una
chiave di lettura.
Tuttavia, nel passaggio dalloggetto reale del dia-
dema al segno nella costruzione dellimmagine della
statuetta, il diadema almeno in alcuni casi senza dub-
bio identifcativo di una divinit o di una fgura per
cos dire demonica. Cercando di non allontanarsi
troppo dal punto di vista cronologico nel proporre
confronti, si possono richiamare a tal proposito i
diademi delle statue fttili precedentemente citate
di Karph e di Kephala Vasiliks a Creta: essi sono
provvisti di simboli evidentemente collegati alle fun-
zioni ed alle iconografe delle divinit in questione
72
.
Cos come nella pi antica plastica fttile di Olimpia
il diadema considerato come tipico della fgura
femminile divina: Hera
73
. Ma il diadema riferito
anche a fgure ibride, per cos dire demoniche, come
gli animali fantastici del santuario di Haghia Triada
74
.
Del resto, alcune delle fgurine deposte nelle tombe
del Dark Age possono avere avuto un valore specif-
catamente funerario ed aver rappresentato divinit o
demoni collegati con la morte. Ci potrebbe essere
suggerito dal fatto che ben due statuette di centauri
(tra le pi antiche vere e proprie rappresentazioni del
mostro) sono deposte quasi nello stesso momento
in due contesti tombali: a Lefkand e, come detto, a
Kos
75
. in questo caso il centauro inteso come un
demone della morte, in quanto fgura met umana
e met ferina, dunque fgura liminare, di passaggio?
Tale stata la prima ipotesi interpretativa del caso
di Lefkand avanzata da P. Temelis: che si trattasse
di un rituale ctonio di decapitazione di un demone
della morte
76
. Se questa fosse la chiave di lettura,
la nostra immagine potrebbe rappresentare una
divinit (o un demone) collegato con la morte:
Persefone/Kore? unaltra possibilit, senza alcun
indizio preciso. N alcuna indicazione pu venire
dal gesto delle braccia aperte della nostra statuetta
che non pu essere considerato come esclusivo di
una divinit, visto che diventa ricorrente in epoca
protogeometrica ed riferito anche ai guerrieri con
le armi
77
. Nella statuetta di Ialysos la fascia larga sul
collo pu essere intesa come una collana: ma qui
una semplice fascia piena che non ha quella stessa
caratterizzazione a perle ed a pendaglio che troviamo
nelle statue di divinit micenee e che ripresa nelle
68
D. Ohly, Griechische Goldbleche des 8. Jahrhunderts v. Chr.,
Berlin 1953.
69
G. Jacopi, Esplorazione archeologica di Camiro II, ClRh
VI-VII, Rodi 1932-33, T. LXXXII, pp. 193-201, spec. n. 7,
pp. 199-201, fg. 239; dAgostino 2006, p. 61.
70
A. Grigoriadhou - A. Iannikour - T. Marketou, Kouort
vrxpcv oro tqv Ioiuoo, in N.Ch. Stampolidis (a cura di),
Kauseiv sthn Epoch tou Calkou kai thn Prwi=mh Epoch tou
Sidhrou (Atti Coll. Rodi 1999), Aqvot 2001, pp. 373-401,
spec. 391-395, n. 7, fg. 42; dAgostino 2006, p. 60.
71
K.F. Johansen, Exochi. Ein frhrhodisches Grberfeld, 1958,
pp. 66-85, spec. 76-77 e 80-84, fgg. 181-191.
72
Su cui v. supra nota 30.
73
Cfr. W.D. Heilmeyer, Frhe Olympische Tonfguren, Ol-
Forsch VII, Berlin 1972, pp. 77-78, tav. 35.
74
DAgata 1999, nn. C2.9, C2.16, C2.24 e C2.28, pp. 79-
84, tavv. 40, 44, 47-48, 51, 53.
75
V. supra nota 53.
76
P. Temelis, in Lefkandi I, pp. 215-216 (ma lo stesso studioso
dimostra scetticismo verso questa ipotesi in Caruso 2004, p.
401). Cfr. poi Ch. Faraone, Binding and Burying the Forces of
Evil: Te defensive Use of Vodoo Dolls in ancient Greece, in
Classical Antiquity 10/2, 1991, pp. 165-205, spec. 195-196, che
analizza la statuetta nel contesto del problema delle vodoo dolls.
77
Cfr. le statuette cretesi: Lebessi 2002, pp. 57-74, tavv. 10-12;
DAgata 1999, alcune delle statuine del Gruppo D2, tavv. 82-87.
47
Una statuetta fttile del Geometrico Antico da Ialysos
divinit a braccia alzate di epoca alto-arcaica ed ar-
caica, come quelle di Cipro e di Lemnos
78
. Ma qui
vale forse la pena di fare un ultimo richiamo ad un
contesto geografcamente vicino, la tomba 14 della
necropoli del Serraglio a Kos, anche se pi recente
(allincirca della met dellVIII sec.). Questa straor-
dinaria deposizione di bambino (un maschio?) in
sarcofago accompagnata da un corredo di ben 106
vasi. Esso comprendeva anche la gi citata statuetta
femminile fttile (fg. 5), la quale presenta una col-
lana dipinta con fla di perle e pendaglio centrale
79
.
questo un attributo della divinit?
Insomma, qual era la funzione della statuetta di
Ialysos? Limmagine della madre che accompagna il
defunto? Limmagine di una divinit collegata con
la morte? Sono due tra le diverse opzioni, nellam-
bito delle quali non possibile scegliere.
Certo, noi non siamo in grado di fornire una
spiegazione fondata al mistero della divisione
del centauro di Lefkand tra le due tombe della
necropoli di Toumba. Ma almeno questo caso ci
insegna come la spiegazione minimalista, delle
bambole, non deve essere considerata come la
lectio facilior da preferire. Alcune di queste statuette
eccezionali deposte nelle tombe della Grecia del
Dark Age potevano assumere degli specifci signif-
cati simbolici ed essere utilizzate in rituali collegati
con la sfera dellindividuo e del momento della sua
morte: signifcati e rituali che per noi sono andati
irrimediabilmente perduti.
Appendice
E. Mangani ha ripubblicato di recente una
statuetta femminile fttile a corpo campaniforme
di epoca geometrica, rinvenuta in una tomba di
Camiro, il cui corredo custodito presso il Museo
Nazionale Preistorico Etnografco di Roma: Mate-
riali micenei, geometrici e orientalizzanti di Rodi,
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fgg. 10.6 e 11.1. La tomba era stata scavata da G.G.
Porro nel 1913 nel declivio a nord dellacropoli di
Camiro (G.G. Porro, Ricognizione archeologica
di Camiros, in BdA 1915, fasc. 10, pp. 283-300,
spec. 288-289 e 294, fg. 7). Si trattava di una
tomba a fossa di bambina, che conteneva, oltre alla
statuetta femminile, unaltra di volatile (purtrop-
po andata perduta), due black skyphoi, due lekythoi
di tipo cipriota ma certamente di fabbrica rodia,
una coppa biansata, e dei vaghi di collana in pasta
vitrea, alcuni a corpo di volatile: questi ultimi sono
gli indicatori del genere probabilmente femminile
del defunto. Il corredo va datato al passaggio tra
la fne del Medio Geometrico II ed il Tardo Geo-
metrico I, soprattutto sulla base della presenza dei
black skyphoi, tipo che ricorre nei contesti funerari
di Ialysos e di Camiro per lappunto in questo
momento cronologico: in termini di cronologia
assoluta la tomba si data allincirca tra la met ed
il terzo quarto dellVIII sec. a.C. Si tratta, dunque,
di una statuetta nettamente pi recente rispetto a
quella di Ialysos, ma che, assieme alle statuette di
Lindos, rifette la continuit del tipo campaniforme
di tradizione vascolare nella plastica rodia nel corso
dellVIII sec. a.C. Rispetto allesemplare ialisio, si
segnalano come elementi di confronto nella statuet-
ta di Camiro per lappunto la forma tronco-conica
a proflo continuo del corpo, lanaloga posizione
delle braccia aperte, la presenza dei seni rilevati, il
collo allungato, ma nellesemplare camirio la resa
del volto pi semplifcata ed caratterizzata da
orecchie pi sporgenti e da un proflo diverso col
naso pi prominente.
Inoltre, la statuetta di Camiro probabilmente
presentava le gambe realizzate a parte e mobili,
andate perdute (come nelle cosiddette bambole
in Handmade Ware). La loro originaria presenza
indiziata dai fori ricavati nella parte inferiore della
veste, attraverso i quali sarebbe stato fatto passare
il flo che le teneva.
Sul piano delle possibili valenze simboliche della
statuetta di Camiro, si segnalano due analogie con la
statuetta ialisia: in primo luogo, il fatto che ambedue
rappresentino una fgura femminile e siano deposte
allinterno di una tomba di bambino, di cui nel caso
di Camiro possibile stabilire il genere, probabilmen-
te femminile. Cos come interessante segnalare il
parallelo tra la tomba ialisia e quella di Camiro per la
contestuale deposizione di una statuetta femminile e
di una di volatile (che poteva essere un asks, come
quello ornitomorfo della tomba di Platsa Daphniou).
78
Su cui cfr. supra nota 34; Kourou 2002, p. 27, fgg. 8a-c.
79
Morricone 1978, p. 133, n. 101, fgg. 214-215.
48
Matteo DAcunto
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In the heart of the Ionian Cyclades, the ancient
necropolis at Tsikalario located on a bleak, rocky
plateau, commanding a rich olive trees plain of
central Naxos (fg. 1), in the area of Tragaia, near
the modern village of Tsikalario (fg. 2), is one of
the most impressive cemeteries of the Geometric
period in Greek lands.
At this site there is a complex of about twenty
fve tumuli out of which seventeen, as well as other
types of burials and buildings were investigated in
three seasons of excavation between 1963 and 1966
(fg. 3)
1
. Te tumuli, some as large as 9 to 12 m. in
diameter, were made of a stone kerb (the stones were
huge rock upright slabs) approximating to a perfect
circle and in one case to an ellipse (fgs. 4-5). Most
of them had one or more cremation pyres inside,
usually on fat ground, but also some others had
large and smaller rectangular cist graves (fg. 5),
that unfortunately had been found robbed; judg-
ing however from their dimensions they did not
probably contained the ashes or bones of cremated
persons. Te oferings were distributed between
the cremations themselves, other deposits inside,
and further burnt deposits outside, some of which
contain animal bones. Te oferings include plen-
tiful coarse ware and vessels with linear geometric
decoration painted and in fve cases incised, clay
fgurines, three of women and three of birds (fgs.
9, 11), ffty six small conico pyramidal clay
spindle whorls, iron swords and daggers, a bronze
arched fbula of East Greek type, a bronze spectacle
fbula, a silver ring, three gold bracelets of twisted
wire (fg. 8), a small fgured diadem with animal
scenes of thin sheet gold and a lot of fresh fruits
for the most fgs and grapes (fg. 10). Outside a
rectangular area given over to oferings, was a small
cist grave (fgs. 12-13) for a child, with traces of a
pyre and burnt bones.
Apart from the tumuli graves, many other com-
plexes of constructions have come to light as well as
a big peribolos (= enclosure), whose stone kerb was
not made of the usual rock upright slabs, common
for all the other tumuli = periboloi. Tis peribolos,
up to 9,40 m. across (fgs. 3, 4 right, 6), was built
with a low wall of small stone slabs in two rows, as
it was common for the constructions in the Archaic
period. No cremation pyra has been found inside
but only traces of burial ceremonies and remains
of ceremonial pyres.
Another very interesting peculiarity of this
cemetery is that there was a kind of road web
(fgs. 3, 14) in the whole area of the valley, with
two pathways conducting the visitors among the
tumuli graves to fnd their own burial construc-
tion. Te main path from low, from the plain, up
to the plateau, at the South, ended in the cemetery
entrance where a huge menhir was erected as
sema marker of the grave area (fgs. 3, 7). Te
menhir, 3,20 m. high, was a rocky huge upright
slab, laid in front of a big peribolos which was not
for burial use because it was full of thrown stones;
the menhir then was perhaps an early form of a
Hermes stele, put there at the end of the path from
low up to the plateau where the path was divided
in two others among the tumuli graves (fg. 3).
Terefore the menhir was erected in a crossroad
in order to protect the passengers, who, as they
went away from the necropolis area, used probably
THE TUMULUS NECROPOLIS AT TSIKALARIO ON NAXOS
Photini Zaphiropoulou*
* Dr. Ph. Ephor Emer. of Antiquities.
1
Doumas 1963, pp. 279-280. Papadopoulou-Zaphiropoulou
1965, pp. 515-522; 1966, pp. 391-395. See also 1983a, pp.
1-4. 2001a, pp. 285-292; 2001b, pp. 7-11.
50
Photini Zaphiropoulou
to throw stones behind them to prevent the evil.
As far as I know that is a quite rare or a unique
archaeological document for such a ceremonial
practice and especially from a so early period.
There is also another puzzling feature
2
: the
frequency of large closed vessels lying outside the
tumuli, close to the stone kerb, having a slab on
the base and another on the mouth containing
nothing but sand, which was not from the area, but
transported from somewhere else (fgs. 15-16). Te
hypothesis that these large vases, protected by slabs
as if they were ash urns or as if they contained infant
inhumations the bones of which have been decom-
posed, must be under consideration; in an infant cist
grave of this cemetery the bones of the dead child
have been found with the grave oferings as well as at
Paros, in the geometric and archaic cemetery
3
, where
the bones of infant inhumations in big vessels have
been found, almost intact, inside with the oferings.
According to the grave goods the cemetery at
Tsikalario was mainly used during the MG period
4
,
but it seems, that it continued into the 6
th
cent.
B.C. as a place of veneration probably of the ances-
tors; the peribolos of the Archaic period (fg. 6) is a
2
Coldstream 2003, p. 92.
3
Zaphiropoulou 2002, pp. 283-284 and n. 16-20; Zaphi-
ropoulou 2003, p. 8 and n. 15.
4
Coldstream 2003, p. 92; Charalambidou in this AION.
5
Coldstream 2003, p. 92.
characteristic document of this kind of veneration
activities as well as the complexes of constructions
outside the tumuli areas, which dont belong to a
settlement
5
, small or big, but they must be linked to
funerary cult and especially to the cult of the dead
and of family ancestors
6
. It is also to be noticed that
this cemetery belongs to a feudal aristocracy that
dominated in the whole Naxian land and practiced
its cult ceremonies not far away from there, in the
plain near Tragaia, at the area of Sangri, in the sanc-
tuary at the site Gyroulas, that later was dedicated
to the goddess Demeter
7
.
Te last problem that is to be considered is the
burial type of the tumuli in the South Greek lands.
Well represented in other regions of the North Greek
world in the Bronze and Iron Ages, such as in Mac-
edonia, Tessaly and Epirus
8
their appearance in the
Naxian inland is perhaps due to experiences received
during some warlike expeditions that these feudal
warriors have realized alone or with their allies, the
Euboeans, into the Northern Greece.Te weapons
among the grave oferings, the shape of the kantha-
ros type with discoid handle terminals common in
Macedonia adapted by local ceramists in the inland
of Naxos
9
, the imported Cypriot vase, all these are
elements supporting the hypothesis above, of a war-
like population adapting some impressive, unknown
to them art types as well as ways of cultural life or
of burial practices and at the same time developing
commercial connections with some wealthy cities
as i.e. with Cyprus. At the same period too, the in-
habitants of the coastal Naxos, as far as we can judge
from the ceramic evidence, have made connections
farther north with the Tessalians and closer ones
with the Euboeans, with whom they have taken part
to the colonization of a new city, in the far Ouest,
Naxos in Sicily.
In conclusion, this strange cemetery at the Naxian
highland contains some unique burial complexes
that open new horizons for the investigation of
the cult practices of the remote so called Dark
Age, changing much of our knowledge about the
extreme diversity of early burial customs in the
maritime Cycladic world.
Fig. 1. Map of the island of Naxos (A.G. Vlachopoulos [ed.],
Archaeology: Aegean Islands, Athens 2006, 272).
6
Cfr. Charalambidou in this AION, p. 61.
7
Cfr. Lambrinoudakis, Gruben, Korres, Simantoni-Bournia
et. al. 2001.
8
Snodgrass 1971, pp. 154-155, 160-163, 172-173, 257-261.
9
Charalambidou in this AION, pp. 63, 68.
51
Te tumulus necropolis at Tsikalario on Naxos
Fig. 2. General view of the plateau with the necropolis from south.
Fig. 3. Plan of the tumulus cemetery at Tsikalario.
52
Photini Zaphiropoulou
Fig. 4. Tumulus 6 and Peribolos 9.
Fig. 5. Tumulus 10.
Fig. 6. Peribolos 9.
53
Te tumulus necropolis at Tsikalario on Naxos
Fig. 11. Clay fgurine.
Fig. 7. Te menhir.
Fig. 9. Clay fgurines of birds.
Fig. 8. Gold bracelets of twisted wire.
Fig. 10. Burned fruit oferings.
54
Photini Zaphiropoulou
Fig. 14. Detail of the road web.
Figs. 15-16. Vessels outside tumuli.
Figs. 12-13. Funerary enclosure 11 with a child cist-grave.
55
Te tumulus necropolis at Tsikalario on Naxos
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Te ancient cemetery of Tsikalario is located at
the site of Alonakia near the modern village of
Tsikalario, in the area known as Tragaia in central
Naxos. Its location is breathtaking: the landscape
is rocky and isolated, a place which seems to stand
between earth and sky, appropriate for an impos-
ing necropolis
2
. Te study of the material from the
necropolis of Tsikalario was recently entrusted to
me; my research began in 2008. Te brief outline
presented in this article should therefore be con-
sidered only a preliminary report that brings some
discussion points to the table and gives an overview
of some of the methods which will be applied to the
study of the ceramic material. Tis research aims to
add new evidence to what we know about Naxian
pottery and archaeology regarding questions such
as the characteristics of production and circulation
of the ceramics from workshops in the interior of
Naxos compared with those from workshops in
Chora (Naxos Town), the main settlement and
harbour of Naxos, the use of artifacts in funerary
contexts, the relationship between wheelmade and
handmade pottery, and the nature of Naxian con-
tacts with other parts of the Greek world.
Te pottery from the cemetery includes a va-
riety of wheelmade and handmade vessels. At
Tsikalario, the relationship between wheelmade
and handmade pottery, which are present in an
approximately half-and-half ratio, becomes read-
ily apparent for the frst time in a burial context
on Naxos
3
. Te large number of handmade vessels
from Tsikalario, which served various purposes in
the context of the cemetery, may also be a result of
the sites more remote location, perhaps indicating
a workshop in the islands hinterland, likely close
to Tsikalario cemetery in the vicinity of Tragaia.
Typical examples of handmade pottery production,
usually embellished with incised and/or stamped
decorative motifs in combinations of patterns that
often indicate workshops diferent from those that
produced the handmade pottery of Tsikalario, are
also known from the South and North Cemeteries
(including Plithos) in Chora
4
.
Te possibility that a workshop existed near the
cemetery of Tsikalario is strengthened by initial
macroscopic observations of technical features of
the Tsikalario vessels. Kourou has asserted that the
Middle Geometric (MG) wheelmade painted pot-
tery from Tsikalario has a provincial character which
difers from the Naxian vessels from Chora not only
in style, but also in fabric, as the local clay used in
the vessels from Tsikalario looks very crumbly and
gritty. In contrast, the fabric of the MG vases from
Chora is fne and hard-fred, with a very distinctive
THE POTTERY FROM THE EARLY IRON AGE NECROPOLIS OF TSIKALARIO ON NAXOS:
PRELIMINARY OBSERVATIONS
1
Xenia Charalambidou
1
My warmest thanks to professor B. DAgostino for invit-
ing me to contribute to this issue of AION. I want to express
my gratitude to dr. Ph. Zaphiropoulou (Ephor Emerita of
Antiquities, Greek Archaeological Service) for entrusting the
unpublished ceramic material from the cemetery of Tsikalario
(Naxos) to me for study and fnal publication. I also wish to
thank profs. E. Simantoni-Bournia and N. Kourou for their
advice on Naxian pottery. Any errors that remain are purely my
own. My sincere thanks go to the J.F. Costopoulos Foundation
for supporting this research at its very beginning. In the fgures,
all the drawings are by the author.
2
For the excavations at Tsikalario, see Zaphiropoulou in this
issue of AION.
3
Tough scholars have recognized the close coexistence of
handmade and wheelmade pottery in other parts of the Greek
world such as Macedonia, the Naxian evidence, which comes
from a secure stratigraphical context, is still little known. For
the relationship between handmade and wheelmade pottery in
Late Bronze and Early Iron Age northern Greece, see Kiriatzi
et al. 1997, 361-368; Papadopoulos 2005, especially 416-418.
4
Kourou 1984, 108; 1999, 82-84; Zaphiropoulou 2001,
295, fg. 39; 2004, 414, fg. 3.
58
Xenia Charalambidou
black shiny glaze, sometimes applied on top of a
relatively thick layer of very pale slip
5
. Tough these
remarks hold true, it should be observed that the
fne wheelmade vessels from Tsikalario have sufered
considerable damage, likely in part because of soil
conditions and the envi-
ronment within the pyres.
In addition, there is some
evidence that slip was also
applied to at least a few of
the vessels from Tsikalario,
but the vessel surfaces are so
badly worn that only faint
traces of the slip remain. Te
picture therefore appears to
be far more complex than
formerly supposed, so that
further archaeometric analy-
sis of samples from both
Tsikalario and Chora will
be necessary to obtain more
detailed information
6
.
Te majority of the mate-
rial from the funerary struc-
tures at Tsikalario belongs to
the MG period, particularly
the MGII period, although
certain oferings, for instance
a fat pyxis in the vicinity of
the cist grave by funerary
enclosure n. 11 (see Zaphi-
ropoulou fgs. 12-13), which
will be discussed below,
can probably be dated to
the MGI period. Te main
period of the cemeterys use
seems to be the MG period,
but sporadic burials still con-
tinued in the necropolis area
as late as the Archaic period
and even later, as indicated
for example by a pointed
amphora (fg. 1a) with its
mouth overlapped by a pithos fragment decorated
with incised crosses and stamped small circles (fg.
1b)
7
. More scanty post-MGII material was also
found in the interior (perhaps originating in the
upper layers) and in the vicinity of some funerary
5
Kourou 1984, 108. For details of the techniques used to
produce pottery from the South Cemetery of Naxos Town, see
Kourou, 1999, 85-114.
6
Moreover, there are vessels from Tsikalario which include
golden and silver mica; this can probably be explained by the
geology of Naxos, in particular the formations of metamorphic
rocks (schist and gneiss) containing both golden and silver mica
that occur in the vicinity of the site (I thank Dr E. Kiriatzi,
director of the Fitch Research Laboratory at the British School
of Athens, for this information). Golden and silver mica is also
visible on vessels from Chora.
7
An inscribed stone plaque was also found in front of the
amphora (Papadopoulou-Zaphiropoulou 1966, 395. See also
Coldstream 2003, 92). Regarding the Archaic pithos fragment
a
b
a b
Fig. 1. a) Late archaic - Early Classical pointed amphora; b) Fragment of an Archaic pithos.
Fig. 2. a) Middle-Geometric tripod kalathos-shaped vessel; b) Archaic relief stand.
59
Te pottery from the Early Iron Age necropolis of Tsikalario on Naxos
structures, as well as in the buildings in areas A, B,
and C (see Zaphiropoulou fg. 3). Tis material,
among which are fragments of large plain pithoi
and at least one relief vessel, probably a stand,
found in one of the rooms of the area B complex
(fg. 2 b)
8
, raises many questions about its function.
Determining the role that these vessels played is
integral to understanding the activities that took
place after most of the funerary structures had been
constructed. One possible interpretation, although
we should stress that at this early stage of research
we cannot draw any conclusions, is that at least
some of these vessels were used for cult purposes,
including honouring the cemeterys dead. Most of
these vessels seem to be of Naxian manufacture.
Tomb cult and ancestor cult have a long tradition
on Naxos, a tradition that continued for a very
long period, as has been observed in Chora, at
Grotta and in the area known as Metropolis
9
. Te
buildings in areas A, B and C have been linked by
several scholars to funerary and chthonian cults;
others believe that the complex of rooms in area B
represents a settlement
10
.
Let us now turn to a brief survey of the shapes
of vessels found in the context of the funerary
structures of Tsikalario, mainly MG in date, with
some remarks on the most distinctive shapes. At
this point, I make no distinction between ash urns
and grave goods generally; an efort to do so will
be attempted in the near future, although it will
be severely hindered by the fact that human bone
remains from the cremations at Tsikalario rarely
survive. Te majority of the material found in the
cemetery is ceramic. For this reason, pottery can
provide us with the solidest evidence about both
production patterns and social and economic con-
ditions in the interior of Naxos.
Te wheelmade pottery from Tsikalario shows a
signifcant Atticizing favour, a feature already re-
marked in the ceramic material from the burials of
Chora
11
. Signs of local taste in wheelmade pottery
can also be observed, however, in addition to the
production of handmade pottery. Te wheelmade
pottery from Tsikalario often fnds parallels, both
in shape and in decoration, in the wheelmade ves-
sels from Chora; furthermore, the Tsikalario group
(fg. 1b), Simantoni-Bournia has pointed out that incised Xs
with stamped small circles already have a long history on Naxos
going back to the MG period. Te most typical example is in
fact from Tsikalario, a handmade tripod kalathos-shaped vessel,
probably of MGII date, found in funerary structure n. 5 (B) (fg.
2a) (Simantoni-Bournia 1998, 487-516, and especially 493-
494; for the frst publication of this vessel, see Doumas 1963,
280, pl. 325b). From the last quarter of the 7
th
and during the
6
th
century B.C., however, vessels with variations of this motif
seem to be produced mainly in Attica and in the Cyclades on
islands like Kea, Kythnos, Siphnos, Paros, and Amorgos; in the
current state of our knowledge, the limited number of such
vessels from Naxos has not favoured the possibility of local
manufacture (Simantoni-Bournia 1998, 504).
8
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1966, 395.
9
Lambrinoudakis 1988, 235-246; Antonaccio 1995, 201-
202, 246, 250; Mazarakis Ainian 1997, 188-189; Morris
2000, 246-249. Ancestral cult is also known at other sites in
the Cyclades, e.g. at Xobourgo on Tenos (Kourou 2008, 74).
10
Cultic identifcation of buildings in areas A, B, and C:
Zaphiropoulou 1983a, 2; 2001a, 292; See also Zaphiropoulou
in this AION. Temelis 1975, 24-25, 40-42; 1976, 240-241;
Lauter 1985, 170-176; Mazarakis Ainian 1997, 191-193, 330.
Area B complex identifed as a settlement: Drerup 1969, 51;
Kourou 1988, 32; Coldstream 2003, 92. Tis problem will be
discussed more fully in another paper.
11
Kourou 1999, especially 90-95; Coldstream 2003, 90-92;
2008, 165-171.
a b c d
Fig. 3. a-b) MG fat pyxis with lid; c-d) MG small mastoid jug.
60
Xenia Charalambidou
includes shapes that until now were unknown at
Naxos Town and thus increase our knowledge of
the Naxian repertoire. Among the wheelmade
closed shapes from Tsikalario, two types of pyxides
have been found, globular and fat, the latter (fg.
3a-b)
12
an Atticizing type not previously known
in the Cyclades
13
. Uncovered together with several
other oferings in the vicinity of the cist grave by
enclosure n. 11 (see Zaphiropoulou fg. 13), this
fat pyxis fnds close parallels in Attic fat MGI
pyxides
14
and may be dated to the last quarter of
the 9
th
century B.C., which would make it one of
the earliest vases among these oferings and the
ceramic material found until now in Tsikalario as a
whole, although the conservatism of Naxian potters
should be taken into account when constructing a
12
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 522, pl. 656c.
13
Coldstream 2008,169, 468.
14
Coldstream 2003, 92; 2008, 17, pl. 3f-h.
15
Examples of Naxian potters conservatism: Zaphiropoulou
1983b, 132; Kourou 1999, 92-95.
16
Some small handmade vessels were also found in and
around the same cist grave; two will be discussed below.
chronology
15
. Amphoras of the belly-handled and
neck-handled types are also represented, many of
them fragmentary, as well as a tripod pithos showing
a shape analogous to handmade tripod vessels. Te
medium-sized closed shapes that occur at Tsikalario
are represented by amphoriskoi, trefoil oinochoai,
trefoil lekythoi and jugs with horizontal rim, while
some closed vessels of small dimensions have been
found mainly in the cist grave by enclosure n. 11
discussed below (an example is the small jug with
mastoid projections in fg. 3c-d)
16
.
As regards open wheelmade vessels, four bowls
have been discovered (in pairs), while cups as well
as skyphoi (e.g. fg. 5a-b) were a very common form
of ofering, represented in two types, deep and shal-
low. Only a few mastoid cups have been found; one
Fig. 4. Tsikalario, funerary structure n. 6 (lowest level) (Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 516).
61
Te pottery from the Early Iron Age necropolis of Tsikalario on Naxos
17
MGII mastoid cup: Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965,
517, pl. 650b. Parallels for this shape of cup in the South Cem-
etery of Chora on Naxos: Kourou 1999, 60-62. Te decoration
of the cup two pairs of hatched meander hooks appears on
Cycladic drinking vessels such as cups and skyphoi and seems
to derive from a typical Attic MGII design: Coldstream 2008,
170. For the signifcance of mastoid vessels in graves, see Kourou
1999, 176. Among the grave goods inside the central cremation
pyre of funerary structure n. 6, a few iron weapons were found:
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 515.
18
High-handled kantharos with discoid terminals: Papa-
dopoulou-Zaphiropoulou 1965, 521, pl. 655b; Coldstream
2003, 92; 2008, 468.
19
Vergina: Andronikos 1952, 241-252; 1953, 146, fg. 7;
1969, 202-204; Petsas 1961-62, 218-288, pl. 102-103, 119,
150-153; Carington-Smith 1991, 339-340; Trakosopoulou-
Salakidou 2004, 271. Pydna: Karliabas, Besios and Triantafyl-
lou 2004, 344, fg. 9. Kastanas: Hochstetter 1984, 99, Taf.
240,1; Carington-Smith 1991, 339. Sites in the Chalkidike:
of them, datable to the MGII period (fg. 5c-d),
was in funerary structure n. 6 (fg. 4), inside an
elaborate handmade amphora (fg. 5e-f ) located
just above the central cremation pyre, which seems
to be connected with a male burial
17
. Kantharoi
are well represented at Tsikalario, showing varia-
tions in shape. Among these vessels, one kantharos
that has high handles with discoid terminals (fg.
6a-b), found inside the cist grave by enclosure n.
11 and dated to MGII, is a type never before seen
on Naxos; although its clay does look local, the
vessel shows probable northern Greek infuences
18
.
Kantharoi with discoid terminals were popular at
Vergina but are also known at other places in the
larger region like Pydna and Kastanas, as well as
in the Chalkidike, especially at Koukos Sykias,
Torone, A-Yianni Nikites, and Olynthus on the
Sithonia peninsula
19
. Tis type of northern Greek
kantharos with discoid terminals is thought to have
been in use for a long time, down to the Archaic
or perhaps even the Early Classical period
20
. Te
handmade version of this type of kantharos was
by far the more popular, whereas the wheelmade
version appears more rarely in Macedonia
21
. Some
variations in form may indicate a local origin for
the Tsikalario kantharos. For example, the shape
of the terminals is almost fower-like, slightly dif-
ferent from those found at Vergina; high-handled
kantharoi with discoid terminals are known only
in northern Greece, however, and it is therefore
probable that the inspiration for the form of the
Tsikalario vessel indeed came from there. Schach-
ermeyr impulsively called this kantharos and some
other vases from Tsikalario Makedonisches
22
.
Te cist grave by enclosure n. 11 (see Zaphirop-
oulou fgs. 12-13) where this kantharos was found
would seem to have been of a child because some
of the other vases in it were of small dimensions
(e.g. fg. 3c-d)
23
. Tis interment can be considered
a wealthy burial, for in addition to rare vases such
as the kantharos and a two-handled fask of Cypriot
type
24
it contained ffty-six spindle whorls, a round
bead of green glass, a bronze fbula of East Greek
type (according to Zaphiropoulou), fragments of
a bronze ornament which the excavator identifed
as a spectacle fbula, a bird-shaped clay object with
a suspension loop, two smaller bird fgurines, and
three clay fgurines of women. Some oferings in
the vicinity of this cist grave may also be connected
with the same burial (among them another bird
fgurine)
25
. Te quantity and quality of these grave
goods are at least as suggestive of the familys status
as of the deceaseds own identity
26
.
Te handmade pottery constitutes almost the half
of the ceramic material from Tsikalario. Te current
study is the frst time that such a high proportion of
handmade wares is being examined in the context
of a Naxian cemetery. Te repertoire of shapes gives
a good picture of the local craftsmanship. Many
handmade vessels show high standards of artisanal
production, while there is also a group of a few
small handmade burnished vessels. Papadopoulos
observation about the handmade pottery from Tor-
one Handmade vessels deposited in tombs served
specialized, prestigious, and ideological needs as
much as any wheelmade and painted pottery
could just as easily be applied to the handmade
vessels, most plain, some highly ornamented, that
Carington-Smith 1991, 336, fg. 3 (type 2), 339-340; Trako-
sopoulou-Salakidou 2004, 271, fg. 10; 2006/07, 48, pl. 3:1;
Papadopoulos 2005, 473.
20
Carington-Smith 1991, 342.
21
Papadopoulos 2005, 455.
22
Schachermeyer 1980, 331, Taf. 65d.
23
For this cist grave: Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965,
520-522; Zaphiropoulou 2001a, 291, fgs. 13-14.
24
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 521, pl. 656d;
Zaphiropoulou in Ploes, 258, n. 137; Zaphiropoulou 2004,
414, fg. 5.
25
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 520-522. See also
Zaphiropoulou in this AION (fgs. 9, 11). Clay bird fgurines
are also known from a burial in the South Cemetery of Chora:
Kourou 1999, 69-81. For bird fgurines in burial contexts see
also Xagorari 1996, 54.
26
McHugh 1999, 24: a child is too young to have achieved so-
cial identities that would fnd recognition by wealthy grave goods,
so these social identities must have been ascribed at birth. .
62
Xenia Charalambidou
were found not only inside the Tsikalario funerary
structures but also in their vicinity
27
. A compara-
tive study of this handmade ware together with the
wheelmade pottery found in the same contexts will
provide evidence that can help us date them and
understand their function.
Many handmade jugs from Tsikalario that can
be dated to the MG period have a horizontal rim,
short neck, and wide, spherical body with a fat or
convex base (e.g. fg. 6e-f )
28
. Another category of
handmade jugs comprises a small number of items:
the small burnished jugs, including one with a line
of incised lozenges on the handle (fg. 5i-l)
29
. Dif-
ferent types of handmade amphoras can be distin-
guished: one of them is a narrow-bodied amphora
found among the oferings placed just above the
central cremation pyre of funerary structure n. 6,
which was, as already noted, most probably a male
interment (fg. 5e-f ). Its handles were embellished
with horn-like terminals, while on the spine of the
handle is a row of inverted Vs. Inside it was the
MGII mastoid cup that dates the amphora, as stated
above. Tis vessel was manufactured with great
care, perhaps because it was intended for the main
cremation burial in the tumulus. In addition to
wheelmade amphoriskoi, handmade amphoriskoi
were also produced, signifcant examples of the
expertise of the local workshop. Two amphoriskoi
were found, one inside the child burial by enclosure
n. 11 and the other among the oferings in the
vicinity of the same grave (see Zaphiropoulou fgs.
12-13). Both of them have spherical bodies and
necks terminating in the same type of out-turned
rim on which the lid was placed. Both lids have
survived. One of them (fg. 6 c-d), adorned with a
horse fgure, looks like a local adaptation of the lids
with handles in the shape of horses found mainly
on Attic pyxides of the MGII period
30
.
Handmade pithoi come in diferent types. Sim-
ple undecorated pithoi (e.g. fg. 5g-h) occur in
diferent sizes and were clearly popular with cem-
etery users. Tey were found in several locations:
a) inside the burials; b) among oferings located
outside the cist graves of one funerary structure;
and c) among vases around the outside of another
funerary structure. At least some of them may have
been used as ash-urns.
The most impressive handmade vessels from
Tsikalario, mainly MGII in date, are undoubtedly
those which bear incised or, more rarely, a combi-
nation of incised and stamped decoration, usually
handmade tripod vases. Naxos has a great tradition
of producing handmade pithoi with incised and/or
stamped decoration, and several workshops seem
to have existed in the neighbourhood of Chora and
in the islands interior. Te fnds from Tsikalario
ofer additional information about the production
and distribution of the workshops which produced
such vessels
31
. We can distinguish a few diferent
styles of decoration among these large decorated
handmade vases. A few pithoi from Tsikalario
share the same incised patterns, for example
concentric triangles together with vertical zones
of herringbone pattern that decorate part of the
body surface as well as the tripod legs, so they are
probably products of the same workshop, or even
the same potter (fg. 6g-h and 6i-l)
32
. At Chora,
handmade pithoi frequently show diferent styles:
for instance incised decoration which features
hatched meander patterns and zig-zags, or pithoi
embellished mainly with varying combinations of
stamped small circles
33
. Some other pithoi from
Chora, however, show similarities of decoration
with the vessels from Tsikalario. In addition to
the tripod kalathos-shaped vessel from Tsikalario
(fg. 2a) whose similarities to a tripod pithos from
Chora have been discussed by Kourou, there are
handmade pithoi from Naxos Town on which con-
centric triangles or vertical zones in a herringbone
pattern also appear although usually combined
with motifs diferent from those of Tsikalario
indicating a greater number of shared decorative
features than previously recognized
34
.
Te material from Tsikalario ofers a limited range
of imports as a sign of contacts with other places
such as Attica, Paros, and the eastern Mediterra-
nean
35
. Te small number of imports found in the
cemeteries of Naxos, rural Tsikalario among them,
27
Papadopoulos 2005, 464.
28
Cfr. the form of Attic handmade jugs: Reber 1991, 30.
29
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 517, pl. 650a. Burnished
small-sized handmade vessels in tombs: Kourou 1999, 109-111.
30
Tis lid (Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 522, fg. 19)
seems to ft the handmade amphoriskos of fg. 6 c-d.
31
See also Kourou 1999, 111-114.
32
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 522, pl. 651, c-d.
33
E.g. Kourou 1999, 111-114.
34
Kourou 1999, 113-114. Pithos from Plithos: Zaphiropoulou
2001a, 295, fg. 39.
35
For the two-handled fask of Cypriot type, see n. 24.
63
Te pottery from the Early Iron Age necropolis of Tsikalario on Naxos
Fig. 5. Tsikalario, funerary structure n. 6. Characteristic MG fnds from the central cremation pyre: the skyphos a-b was
found deep within the cremation pyre, the rest of the oferings (c-l) just above the pyre.
a b
c
d
e
g h
f i
l
64
Xenia Charalambidou
may indicate the self-sufcient character of the local
inhabitants
36
.
Some preliminary observations, based on an
initial quantitative estimate, are summarized as
follows
37
: the most common wheelmade vessels
are amphorae and jugs, together with cups and
skyphoi; shallow cups are more numerous than
deep cups, while deep skyphoi are more abundant
than shallow ones. Apropos of the handmade ves-
sels from Tsikalario, the most common shape is
plainly the jug, followed by the amphora and the
pithos. Plain, unadorned pithoi are more common
than decorated tripod pithoi; the latter may be
regarded as more lavish oferings. Many of these
vessel shapes as well as many of the vessel types
also appear in the published material from the
South Cemetery of Chora, which is more limited
because the exact origin of most of the oferings
from the graves is unknown. Fifty-seven vases
from the South Cemetery have been identifed,
ffty-fve wheelmade and two handmade; study
of this material has achieved a partial reconstruc-
tion of the burial units
38
. Limitations exist also in
the case of Tsikalario, since some of the material
comes from funerary structures that had already
been robbed, which reduces our ability to reach
an overall assessment of the burial contexts in the
Tsikalario necropolis. Publication of the North
Cemetery material will furthermore help to clarify
the relationships between the ceramics from Chora
and those from Tsikalario
39
.
Who were the people who built the funerary
structures of Tsikalario, which include many
tumulus-like constructions, used them, and placed
their oferings there? Tis distinctive quasi-tumu-
lus burial type has not been previously recorded in
Naxos, though it shares some features with Iron
Age tumuli found in other regions of the Greek
world such as Macedonia
40
. Cremations, however,
common in the cemetery of Tsikalario, were also
performed in the cemeteries of Chora as a funer-
ary practice parallel with inhumation
41
. Te use of
tumulus-like structures for the Tsikalario burials
is not necessarily an indicator of a diferent ethnic
group in Tragaia (Macedonians?) but rather the
Naxians adoption of funerary elements acquired
through their contacts with other regions of the
Greek world during the Early Iron Age
42
. Ceramic
evidence can contribute to this discussion, for
most of the ceramic material from Tsikalario fnds
closer parallels in the ceramics from the burials of
Chora. Certain vases which could indicate infu-
ence from northern Greece the high-handled
kantharos with the discoid terminals, for instance
seem to be locally produced, suggesting that
there is less of this quasi-northern material than
originally thought. Te possibility that the frag-
ments of bronze found in the burial by enclosure
n. 11 (see Zaphiropoulou figs. 12-13) might
belong to a spectacle fbula should also be taken
into account, but this evidence may be insufcient
to support the hypothesis of a Macedonian com-
munity at Tsikalario when the majority of the
ceramic evidence still points to the existence of
a Naxian workshop. Other imported items show
that rural Tsikalario also had contacts with the
eastern Mediterranean, to judge from the presence
of a two-handled fask of Cypriot type, which, as
36
See Kourou 1994, 266.
37
For the present, the MNI (=Minimum Number of Individu-
als) quantifcation method has been used. Although it has more
frequently been applied to material from settlements and cult
deposits, it was chosen as a preliminary tool because it ensures
that the fragmentary material from Tsikalario will also be taken
into account. Te MNI system counts the minimum number
of vessels restored from fragments as well as the complete vases.
Te material from the necropolis was counted frst to obtain the
number of complete vessels; the number of rims and body sherds
from the fragmentary material was then added. Te quantifca-
tion was limited to complete vases, fragments of rims, and body
fragments and did not extend to bottoms and handles, although
bottoms and handles are also categorized into types, since it is
very difcult to avoid recounting items that have already been
counted according to their rims when counting handles and
bottoms. Counting body fragments from vessels which cannot
belong to the rims already quantifed proved to be very useful in
many cases: for instance, it helped in estimating the number of
post-MGII pithoi found in fragments at Tsikalario. Tis experi-
mental application uses the MNI systems rules; where it difers
is in the proportion of complete vessels to fragmentary ones,
which, as said before, is much higher in comparison with set-
tlement material. Tis quantifcation was made after restoration
and conservation of vessels and fragments had been completed
at the Naxos (Chora) Museum. According to my initial MNI
estimate more than 200 vases have been found up to now in the
necropolis of Tsikalario, although further recalculation of the
number of recovered vessels will be required as research proceeds.
For methodological details, see Arcelin et al. 1998.
38
Kourou 1999, 7.
39
Te Plithos cemetery, representing part of the North
Cemetery of Chora, will shortly be published by Photini Za-
phiropoulou and Karl Reber.
40
Cfr. Zaphiropoulou in this AION.
41
Snodgrass 1971, 156; Kourou 1999, 161-167.
42
Cfr. Zaphiropoulou in this AION. For Naxian contacts see
also Snodgrass 1971, 125; Kourou 1984, 111; 1994, 263-330.
65
Te pottery from the Early Iron Age necropolis of Tsikalario on Naxos
Fig. 6. a-b) MG high-handled kantharos; c-d) MG amphoriskos with lid; e-f ) MG jug; g-h) MG tripod pithos; i-l) MG
tripod pithos.
a
c
g
e
f i l
h
d
b
66
Xenia Charalambidou
mentioned above, was actually found in the same
cist grave as the kantharos with discoid terminals
43
.
Te question of why a community would choose
to adopt burial practices that seem unique within its
own regional context also arises in other areas of the
Greek world, as for example in Tessaly, where the
Halos tumuli present a unique pyre-cairn tumulus
combination
44
. In the case of Halos, the evidence
supporting a local origin for the occupants of the
unique tumuli there comes from the site itself: in
addition to metal artefacts, most of the pottery dis-
covered in the pyres has been recognized as belonging
to the local repertoire
45
. As Georganas points out
in the case of the Halos tumuli, the people from
Halos choose mortuary diferentiation in order to
create a new social reality, namely a new identity; an
identity which does not necessarily have to do with
a distinctive ethnic group struggling to promote its
diferent ethnic background, but with a community
trying to promote its individuality by detaching itself
from both past and contemporary traditions
46
. As
with Halos, it would be rather daring, if not indeed
reckless, in the present state of the evidence to deduce
the existence of a distinctive ethnic group trying to
promote a diferent ethnic tradition at Tsikalario.
Addressing the issue of ethnicity is always difcult;
as Hall has argued, it cannot be conducted according
to just one type of evidence but must extend across
all possible classes of evidence
47
. For the present, we
can observe that certain elements in the mortuary
habits of the community at Tsikalario signal an efort
to set it apart from Chora
48
. Te plateau on which
Tsikalario cemetery was situated commands the rich-
est valley in the interior (as Zaphiropoulou observes
in this AION). Te people who constructed these
funerary structures and placed their oferings at
least at the beginning may have been the leading
families of a community, who were trying to assert
their ownership of the valley by establishing an
impressive landmark that legitimated their claim to
the place.
From which model or models the inhabitants
of Tsikalario drew their inspiration is difcult to
discern. One reason may be that they had no inten-
tion of imitating it/them directly; rather, they may
have preferred to adapt it/them more closely to their
own world-view. For instance, the high popularity
of the kantharos type with discoid handle terminals
in Macedonia, especially at Vergina
49
, may indicate
that vessels from northern Greece could have served
as models for the kantharos from Tsikalario, whose
somewhat diferent shape and technical features
suggest it may have been locally made. As well, an
important distinction can be made between Vergina
and Tsikalario in the matter of burial practices, for
cremation is far rarer at Vergina than inhumation
in pit graves
50
.
After the main period of the use of the funerary
structures, which was the MG period, vessels of dif-
ferent categories were also being deposited, some of
them ofered in the course of activities which may be
understood as rituals for the dead. Tis long period
of cemetery use is strongly indicative of the sites im-
portance; some post-MG oferings, which go down
at least into the Archaic period, may be interpreted
as probable acts of veneration of the dead, who were
regarded as the ancestors of the people living around
Tragaia, and perhaps as a means of articulating the
communitys territorial claims.
List of the pottery
Fig. 1a. Late archaic - Early Classical pointed amphora (inv.
3921). Wheel-made, plain. H. 0,39 m., Diam. (rim) 0,145 m.,
diam. (knob-like foot) 0,042 m.
Fig. 1b. Fragment of an Archaic pithos (inv. 3922). Wheelmade,
incised and stamped decoration. Max. h. 0,265 m., max. w. 0,242
m., h. (decorative band) 0,055 m.
Fig. 2a. Middle-Geometric tripod kalathos-shaped vessel (inv.
5081). Handmade, incised and stamped decoration, Max. pres.
h. 0,26 m., max. pres. d. (body) 0,32 m.
Fig. 2b. Archaic relief stand (inv. 4000). Wheel-made, stamped
decoration, Max. pres. h. 0,20 m., max. pres. d. (body). ca.
0,244 m.
Fig. 3a-b. MG fat pyxis with lid (inv. 3881). Wheelmade,
painted decoration.
Pyxis: Max. h. 0,056 m., d. (rim) 0,136 m., max. d. (body) ca.
0,155 m., d. (base) 0,103 m., lid: max. pres. h. 0,072 m., d.
(rim) 0,13 m.
43
Papadopoulou-Zaphiropoulou 1965, 521 and pl. 656d.
44
Halos burial tumuli: Georganas 2002, 289-298, with bib-
liography; Malakasioti and Mousioni 2004, 359-363.
45
Georganas 2002, 294-295.
46
Georganas 2002, 295.
47
Hall 1995, 10.
48
Te diversity of Cycladic island funerary practices is also
stressed in Papadopoulos and Smithson 2002, 183.
49
For Vergina tumuli kantharoi, see n. 19 above.
50
Andronikos 1969, 163-166; Snodgrass 1971, 161; Geor-
ganas 2002, 293.
67
Te pottery from the Early Iron Age necropolis of Tsikalario on Naxos
Fig. 3c-d. MG small mastoid jug (inv. 3878). Wheelmade,
painted decoration. H. 0,07m, d. (rim) ca. 0,031 m., max. d.
(body) 0,053 m., est. d. (base) ca. 0,04 m.
Fig. 5a-b. MG skyphos (inv. 3830). Wheelmade, surface degra-
ded. H. 0,105 m., max. d. (rim) 0,15 m., max. d. (body) 0,17
m., d. (base) 0,071m.
Fig. 5c-d. MG mastoid cup (inv. 3826). Wheelmade, painted
decoration. H. 0,083 m., max. d. (rim) 0,117 m., max. d. (body)
0,133 m., d. (base) 0,063 m.
Fig. 5e-f. MG amphora with horn-like terminals (inv. 3825).
Handmade, incised decoration on the handle. H. 0,43 m., d.
(rim) 0,205 m., max. d. (body) ca. 0,293 m., d. (base) 0,10 m.
Fig. 5g-h. MG pithos (inv. 3827). Handmade, plain. H. 0,485
m., d. (rim) 0,251 m., max. d. (body) ca. 0,35 m., d. (base)
0,134 m.
Fig. 5i-l. MG small jug (inv. 3829). Handmade, burnished,
incised decoration on the handle. H. 0,137 m., d. (rim) 0,07
m., max. d. (body) 0,087 m., d. (base) 0,052 m.
Fig. 6a-b. MG high-handled kantharos with discoid terminals
(inv. 3876). Wheelmade, black-glazed. H. 0,123 m., max. d.
(rim) 0,115 m., max. d. (body) ca. 0,135 m., d. (base) 0,065 m.
Fig. 6c-d. MG amphoriskos with lid adorned with a horse
fgure (inv. 3790). Handmade, plain. Amphoriskos: Max. pres.
h. 0,046 m., d. (rim) 0,074 m., lid: max. h. 0,029 m., est. d.
(rim) ca. 0,07 m.
Fig.6 e-f. MG jug (inv. 3841). Handmade, plain. H. 0,313 m.,
max. d. (rim) 0,205 m., max. d. (body) ca. 0,305 m.
Fig. 6g-h. MG tripod pithos (inv. 3857). Handmade, incised
decoration. H. 0,48 m., est. d. (rim) 0,205 m., max. d. (body)
ca. 0,295 m.
Fig. 6 i-l. MG tripod pithos (inv. 3839). Handmade, incised
decoration. H. 0,645m, max. d. (rim) ca. 0,29 m., max. d.
(body) 0,445 m.
Abbreviations
D. = Diameter
Est. = Estimated
H. = Height
Max. = Maximum
Pres. = Preserved
W. = Width
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Abbreviations
(journals)
AEMQ
= To Arcaiologiko Ergo sth Makedona
kai Qra kh.
OJA = Oxford Journal of Archaeology.
Patria di Odisseo naturalmente collegata allepos
omerico e da sempre oggetto di studio da parte di
storici e flologi, Itaca rappresent, come Troia, una
meta di indagine privilegiata per coloro i quali, a
partire dallinizio del XIX secolo, si misero sulle
tracce del passato omerico della Grecia. Cos,
ancor prima che Schliemann si ponesse alla ricerca
dei resti della cittadella di Troia, laltro principale
polo di interesse di antiquari e viaggiatori fu rap-
presentato dalla ricerca della reggia del fglio di
Laerte. Dopo circa due secoli dalle prime esplora-
zioni sullisola, tuttavia, non si pu afermare che
le sue vicende di popolamento siano state oggetto
di una interpretazione univoca n, soprattutto, che
se ne possano ricostruire agilmente (nelle forme,
modalit e fnalit) le fasi risalenti alla Media e Tar-
da Et del Bronzo, di recente riportate alla ribalta
dalla notizia del rinvenimento di una iscrizione
in Lineare (A o B)
1
da Haghios Athanasios.
Il primo a prestare interesse per lisola fu W. Gell
2
,
che tra il 1800 ed il 1803 ne esplor tutte le vestigia
che potessero trovare un corrispondente con i siti
descritti dal poeta di Chio, segnalando per la prima
volta le mura ciclopiche di Pelikata. Lubicazione
in questo sito del palazzo di Ulisse fu sostenuta
da Leake
3
, che intraprese sullisola una serie di scavi
sistematici nel 1806, cui seguirono quelli di J. Lee
4
e
Philippe de Bosset
5
tra il 1810 ed 1813 e del capita-
no Guitera
6
tra il 1811 ed il 1814. Nel 1864 lisola
fu la prima meta omerica di H. Schliemann, che
vi ritorn nel 1868 e 1878, dopo gli scavi condotti
a Troia e Micene
7
. Questi scav alcune trincee ad
Aetos, Dexia, Pelikata e Haghios Athanasios senza
riuscire a rinvenire, tuttavia, niente di omerico,
ma accogliendo lipotesi, sostenuta in quegli anni da
Gell, che la reggia di Odisseo fosse ubicata nella
porzione meridionale dellisola (Aetos). Tuttavia,
la resistenza da parte dei siti qui ubicati (oltre a
questultimo, anche di Vathy) a fornire indizi suf-
fcientemente chiari a favore dellidentifcazione di
luoghi che si pretendeva omerici, determin, tra
la fne del XIX e linizio del XX secolo, il concen-
trarsi delle ricerche maggiormente sulla porzione
settentrionale dellisola, dove, oltre a Leake, anche il
geografo J. Partsch
8
riteneva che pi probabilmente
si potessero trovare i resti della citt omerica.
In questa temperie e nellambito di una campagna
estensiva nel nord e nel sud dellisola, tra il 1903 ed
1904 W. Vollgraf
9
(fnanziato, come Drpfeld, da
A.E.H. Goekoop) port alla luce i primi esemplari
di ceramica micenea dalla grotta delle Ninfe a
Polis, cui si accompagn il rinvenimento dei primi
frammenti risalenti allAntico Bronzo a Pelikata.
Ciononostante, non avendo tali siti itacensi rispettato
SULLE PRESUNTE ISCRIZIONI IN LINEARE A E B DA ITACA
Matilde Civitillo
1
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005, pp.
183-186.
2
W. Gell, Geography and Antiquities of Ithaca, London 1807.
Si ricordano, tra i primi viaggiatori che descrissero le antichit
dellisola, W.A. Goodison, A Historical and Topographical Es-
say upon the Islands of Corfu, Leucadia, Cephalonia, Ithaca and
Zante, London 1822; T.C. Kendrick, Te Ionian Islands, Lon-
don 1822; C.C.E. Schreiber, Ithaca, Leipzig 1829.
3
W.M. Leake, Travels in Northern Greece, vol. 3, London 1835.
4
J. Lee, Antiquarian Researches in the Ionian Islands, in
Archaeologia 33, 1849, pp. 36-54, tavv. II-III.
5
P. De Bosset, Essai sur mdailles antiques des les de Cphalonie
et dItaque, London 1815. Per i suoi scavi ad Aetos, condotti
tra il 1810 e il 1813, cfr. D. Knpfer, La provenance des vases
mycniens de Neuchtel, in MusHelv 27, 1970, pp. 107 ss.
6
A. Guitera, Notice sur les fouilles faites dans lle dIthaque,
au pied de la montagne, sous le chteau dUlysses et autres lieux,
in Bulletin des sciences historiques VII, Paris 1827, pp. 389-391.
Cfr. V. Brard, Ithaque et la Grce des Achens, Paris 1927, p. 205.
7
Schliemann 1869; idem, Ilios: the City and Country of the
Trojans, London 1880, pp. 45-49.
8
J. Partsch, Kefallenia und Ithaca, Gotha 1980.
9
W. Vollgraf, Fouilles dIthaque, in BSA 29, 1905, p. 151,
fg. 14.
72
Matilde Civitillo
le aspettative degli studiosi in termini di complessit
di cultura materiale ascrivibile alla Tarda Et del
Bronzo e allEt del Ferro, linteresse di questi ulti-
mi si rivolse alle altre isole dellarcipelago, tentando
una diversa localizzazione della Itaca descritta da
Omero, cui segu una lunga teoria
10
di proposte
di identifcazione caratterizzate da diversi gradi di
verosimiglianza, accompagnate da rifessioni pi o
meno infuenzate dalla descrizione omerica dellisola
nonch da interpretazioni pi o meno afrettate del
materiale archeologico che veniva progressivamente
alla luce. Cos, dagli scavi condotti a Lefkada a partire
dal 1901, Drpfeld
11
trasse la convinzione che lItaca
omerica fosse da identifcare con questisola, mentre
E.H. Goekoop
12
la identifc con Cefalonia alla
luce delle necropoli (Mazarakata, Riza e Kokkolata-
Kangelisses) scavate da P. Kavvadias nel 1908
13
.
A partire dagli anni 20 del Novecento linteresse
su Itaca fu poi riportato da Sylvia Benton
14
, che
vi condusse una serie di esplorazioni il cui frutto
(in termini di materiale raccolto) fu parzialmente
perduto a causa del terremoto del 1953. Intanto, la
Scuola Archeologica Inglese di Atene, nella convin-
zione della sua identifcazione con lItaca omerica
15
,
vi aveva intrapreso una serie di campagne di scavo
sistematiche (fnanziate da Lord Rennell
16
) sotto
la direzione di W.A. Heurtley, portando alla luce,
tra il 1930 ed il 1935, pressoch tutto ci che si
conosce a tuttoggi sul popolamento dellisola nel
Bronzo Tardo e nellantica Et del Ferro. I risultati
pi importanti furono raggiunti a Pelikata da Heurt-
ley, nonch ad Aetos e Polis dalla Benton la quale,
insieme alla H. Waterhouse, scav anche a Stavros
e Tris Langadas
17
. Nellultimo quarantennio lisola
stata nuovamente teatro di una serie di sondaggi
e di scavi, prima nellambito del Te Odyssey Project,
diretto da S. Symeonoglou
18
a partire dal 1984, e poi
nel contesto di un pi ampio progetto relativo alla
ricostruzione della storia del popolamento dellisola
dal periodo preistorico a quello moderno, intra-
preso in collaborazione dalla Scuola Archeologica
Inglese di Atene e dalla 6
th
EPKA di Patras (sotto
la direzione di C. Morgan e A. Sotiriou)
19
. Inoltre,
stata oggetto di una serie di sondaggi e scavi su
piccola scala condotti dallUniversit di Ioannina a
partire dal 1994, sotto la direzione di T. Papado-
poulos e L. Kontorli-Papadopoulou fno al 1996
e di questultima dal 1997 ad oggi. Questi ultimi,
ponendosi in continuit con le campagne svolte 60
anni prima, si sono concentrati sulla porzione set-
tentrionale dellisola, riesaminando i siti gi scavati
dagli inglesi (in particolare, dal 1994 al 2007 sono
stati svolti scavi e sondaggi a Tris Langadas, Haghios
Athanasios/Scuola di Omero, Stavros e Pelikata),
10
Il dibattito sul tema ancora aperto: per la recente proposta
di identifcazione della Itaca omerica con Paliki, la penisola
occidentale di Cefalonia, per la quale una serie di prospezioni
ed analisi geologiche sembrerebbe indicare la natura di isola
in antico, cfr. R. Bittlestone, Odysseus Unbound, Cambridge
2005. Per una ubicazione analoga dellItaca omerica, cfr. anche
G. Volterras, Kritiki Meleti peri Omerikis Ithakis, Athina 1903
e G. Le Noan, A la recherche dIthaque: essai sur la localisation
de la patrie dUlysse, Quincey-sous-Senart 2001.
11
W. Drpfeld, Alt-Ithaka: Ein Beitrag zur Homer-Frage,
Studien und Ausgrabungen aus der insel Leukas-Ithaka, Mnchen,
1927; idem, Sechster Brief auf Leukas-Ithaka: die Ergebnisse der
Ausgrabungen von 1910, Athina 1911.
12
E.H. Goekoop, Ithaque, la Grande, Athens, 1908.
13
P. Kavvadias, in Proistoriki Archaiologia, Athina 1914.
Sulle tombe di Mazarakata, cfr. anche H. Holland, Travels in
the Ionian Isles, Albania, Tessaly, Macedonia during the years
1812 and 1813, London 1815; Wolters in AM 10, 1894, p.
486. Dal 1912 gli scavi furono condotti da Kyparissis; cfr. N
Kuropooq, Kroiirvtoxo, in AD 5 (1919), pp. 83-122.
14
S. Benton, Antiquities from Ithaki, in BSA 29, 1928,
pp. 27-28.
15
Tra i contibuti recenti a supporto di questa tesi si ricordano
W.B. Stanford - J.V. Luce, Te quest for Odysseus, London 1974
e J.V. Luce, Celebrating Homers landscapes: Troy and Ithaca
revisited, New Haven 1998.
16
Lord Rennel of Rodd, Homers Ithaca: A Vindication of
Tradition, London 1927; idem, Te Ithaca of the Odyssey, in
BSA 33, 1932-33, p. 15.
17
Cfr., per i risultati degli scavi condotti della Scuola Ar-
cheologica Inglese, H.L. Lorimer - W.A. Heurtley, Excavations
at Ithaca I, in BSA 33, 1932-33, pp. 22-65; W. A. Heurtley,
Excavations in Ithaca II, in BSA 35, 1934-1935, pp. 2-44;
S. Benton, Excavations in Ithaca III. Te Cave at Polis, I in
BSA 35, 1934-35, pp. 45-73; S. Benton, Excavations in Ithaca
III. Te cave at Polis, II in BSA 39, 1938-39, pp. 1-51; W.A.
Heurtley, Excavations in Ithaka 1930-1935 [Ithaka IV], in BSA
40, 1939-40, pp. 1-13; M. Robertson - W.A. Heurtley, Excava-
tions in Ithaca, V: Te Geometric and Later Finds from Aetos,
in BSA 43, 1948, pp. 9-124; S. Benton, Second thoughts on
Mycenaean pottery in Ithaca, in BSA 44, 1949, pp. 307-312;
H. Waterhouse, Excavations at Stavros, Ithaca, in 1937, in
BSA 47, 1952, pp. 227-242; S. Benton, Further excavations at
Aetos, in BSA 48, 1953, pp. 255-361; S. Benton - H. Water-
house, Excavations in Ithaka: Tris Langadas, in BSA 68, 1973,
pp. 1-25. In aggiunta, per gli scavi efettuati tra 1929 e 1933,
si veda Y. Bquignon, in BCH 53, 1929, p. 505; 54, 1930, pp.
487-492; 55, 1931, pp. 479-481; 57, 1933, pp. 270-272. Per
pi recenti bilanci complessivi, cfr. H. Waterhouse, From Ithaca
to Odyssey, in BSA 91, 1996, pp. 301-317, Souyoudzoglou
Haywood 1999 e Steinhart-Wirbelauer 2002.
18
S. Symeonoglou, Avooxoq Ioxq, in Prakt 1984, pp.
109-121, tavv. 97-101; 1985, pp. 201-215, tavv. 102-107; 1986,
pp. 234-240, tavv. 99-104; 1990, pp. 271-278, tavv. 177-180.
19
Per una panoramica introduttiva si veda Morgan 2007,
pp. 71-86.
73
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
senza peraltro portare alla luce resti architettonici
sicuramente databili al Bronzo Tardo
20
.
Nellambito della diatriba tuttora in corso sulliden-
tifcazione pi corretta della Itaca omerica, nonch
sulla ricerca della reggia di Odisseo nella porzione
settentrionale o meridionale dellisola, rivestirebbe
di sicuro unenorme importanza il rinvenimento di
iscrizioni nelle Lineari (A e B) in uso nellEgeo del II
millennio, nonch di evidenze cospicue sicuramente
databili alla fne del Bronzo Tardo, che potessero
testimoniare il passato miceneo dellisola. A partire
dal rammarico di Schliemann, che a proposito dei
suoi sondaggi sullisola dichiar che avrebbe dato
cinque anni della sua vita per trovare uniscrizione
21
,
il miraggio di una tale scoperta si ripetuto, fno a
questo momento, due volte, risultando tuttavia fru-
strato da una pi attenta analisi dei presunti materiali
iscritti. Tale esame non ne ha confermato lattribu-
zione ai segnari A o B, giudicando i rinvenimenti in
questione privi di qualsiasi interesse per lepigrafa
propriamente detta ed escludendoli irrimediabil-
mente dal novero dei materiali iscritti con questi
sillabari, esaminati nei periodici resoconti sui nuovi
rinvenimenti e sulla distribuzione delle iscrizioni
egee
22
. In particolare, linterpretazione di due ostra-
ka provenienti da Pelikata come iscritti in Lineare
A si rivelata da subito priva di ogni fondamento,
cos come si trova ad essere altamente sospetto il
possibile segno della Lineare A (o B) individuato
su un frammento dargilla di interpretazione incerta
(immediatamente defnito tavoletta) proveniente
da un monumento circolare indagato recentemente
ad Haghios Athanasios. Tuttavia, poich in alcune
pubblicazioni anche recenti si data come acquisita
lattestazione (almeno) della Lineare A sullisola,
sembra opportuno, in questa sede, ripercorrere bre-
vemente le vicende interpretative delle millantate
iscrizioni itacensi.
Le iscrizioni in Lineare A di Pelikata
Del primo annuncio della scoperta di frammenti
iscritti provenienti da Itaca fu protagonista Paul
Faure
23
, che in una nota del 1989 comunic en-
tusiasticamente lindividuazione, tra il materiale
risalente allAE rinvenuto da Heurtley a Pelikata, di
due iscrizioni in Lineare A (fg. 1) basandosi sulla
loro pubblicazione da parte dellarcheologo inglese
24
.
Nellipotesi di Faure, le iscrizioni ricorrerebbero
incise su due ostraka, uno iscritto su due facce (n.
80) e laltro su una sola (n. 81), descritti dal loro
scopritore come incised or inscribed
25
e commen-
tati come segue: 80. Frammento recante lincisione
grossolana di una nave (?) e di quelle che sembrano
20
http://www.friendsofhomer.gr/Excavations/Excavations.
html; Kontorli Papadopoulou 2001, pp. 317-330; Kontorli
Papadopoulou-Papadopoulos 2001, pp. 65-75; Kontorli Papa-
dopoulou 2002, pp. 147-151. Per i risultati delle recenti cam-
pagne di survey condotte sullisola, cfr. J. Whitley, Archaeology
in Greece 2002-2003, in AR 49, 2002-2003, pp. 42-44; 50,
2003-2004, pp. 38-39; 51, 2004-2005, pp. 39-40.
21
apud L. Godart, Linvenzione della scrittura, Torino 1992, p. 12.
22
Cfr. Olivier 1999, pp. 213-435; Idem, Rapport 1996-
2000 sur les textes en criture hiroglyphique crtoise, en
linaire A et en linaire B, in T. Palaima et alii (a cura di),
Proceedings of the XI Mycenologicum Colloquium, Austin,
7-13 may 2000, in corso di pubblicazione; Del Freo 2007,
pp. 199-222.
23
Faure 1989, p. 2288.
24
Heurtley 1934-1935, tav. 7, fgg. 80 e 81. Il primo riferi-
mento ai due frammenti ricorre in Bquignon 1930, p. 488:
Il faut signaler aussi deux tessons qui portent des dessins: lun
reprsente avec plus ou moins de maladresse, un bateau.
25
Heurtley 1934-1935, p. 24.
Fig. 1. Ostraka incisi da Pelikata. Da Heurtley 1934-1935, tav. 7, fgg. 80 e 81.
80a 80b 81
74
Matilde Civitillo
lettere o numeri al di sopra; sullaltra faccia, marchi
grafti sommariamente. 81. Frammento con lettere
(?) incise; sotto, incerti marchi in una cornice.
Immediatamente, quindi, la natura stessa delle in-
cisioni appariva molto dubbiosa (come si evince dalla
punteggiatura adoperata da Heurtley e dal ricorso
al termine marchi), n si tentava alcun confronto
con un sistema scrittorio altrimenti conosciuto,
evidentemente per il contesto archeologico donde
provenivano i frammenti, ovvero dallarea I del sito
che, in base alla ceramica in essa rinvenuta, databile
allAE II-III (in termini di datazione assoluta
26
, ca.
2450/2350-2200/2150-2220/2150-2050/2000).
Infatti, prima di afrontare lanalisi delle incisioni
presenti sui frammenti ceramici e gli elementi che
ne ostano una interpretazione come segni di scrit-
tura, evidente che il primo problema che si pone
nella loro attribuzione al segnario della Lineare A
sta nelle conseguenze inaccettabili che avrebbe sul
piano cronologico. La lineare A fu in uso a Creta dal
MM II (se non dal MM IA
27
) al TM IB (in termini
di datazione assoluta, ca. 1950/1900-1750/1720-
1680-1600/1580), con un possibile prolungamento
nel TM II (1600/1580-1520/1480). Al di fuori
dellisola, questa scrittura attestata, nelle Cicladi, a
Kea nel MM III e nel TM IB, a Melos nel TM I e a
Tera nel TM IA; conosciuta a Citera (su un peso
dargilla) nel MM IIIB-TM IA ed ha guadagnato la
Laconia (Haghios Stephanos, ove attestata su una
placchetta di scisto di datazione incerta)
28
e, sulla
costa sud-occidentale dellAnatolia, Mileto (vergata
su frammenti di pithoi fabbricati in loco datati al TM
IB o alla transizione TM IB/II)
29
. Di conseguenza,
quella individuata da Faure sarebbe la prima iscrizio-
ne conosciuta del Mediterraneo preistorico, a fronte
di un panorama coevo totalmente illetterato
30
e in
assenza di traccia alcuna di unorganizzazione socio-
politica ed amministrativa della comunit insediatasi
a Pelikata che potesse giustifcare il ricorso ad un
sistema scrittorio di qualsivoglia natura. Queste
osservazioni, dunque, eliminano a priori non solo
la possibilit che i frammenti in questione possano
essere stati importati o introdotti nellAE II-III da
Creta o da cretesi presenti sul sito
31
ma anche, natu-
ralmente, che possano essere il risultato delluso in
loco del segnario cretese.
Tuttavia, lattribuzione al segnario A dei due ostraka
era data come certa, fno a qualche anno fa, dalla
Kontorli
32
(sebbene la abbia poi esclusa risolutamente
nelledizione del nuovo potenziale frammento iscrit-
to
33
), mentre risulta ancora accolta dubbiosamente
dalla Souyoudzoglou-Haywood
34
. Questultima,
daltra parte, ponendosi il problema cronologico,
non esclude che i frammenti in questione possano
essere interpretati come elementi intrusivi, alla luce
del fatto che il contesto archeologico dellarea I, dalla
quale provengono, risulta profondamente disturbato.
Tuttavia, un pi sicuro tentativo di datazione dei
26
S.W. Manning, Te Absolute Chronology of the Aegean Early
Bronze Age: Archaeology, Radiocarbon and History, Shefeld 1993.
27
Tale pi antica attestazione dipende dalla controversa in-
terpretazione dei sigilli di Archanes come iscritti in georglifco
minoico o in Lineare A; cfr. L. Godart, Lecriture dArkhanes:
hiroglyphique ou Linaire A?, in P.P. Betancourt - V. Karage-
orghis - R. Lafneur - W.-D. Niemeier (a cura di), Meletemata:
Studies in Aegean Archaeology Presented to Malcolm H. Wiener
as He Enters His 65
th
Year (Aegaeum 20), Lige-Austin 1999,
vol. I pp. 299-302.
28
F. Vandenabeele, La chronologie des documents en linaire
A, in BCH 109, 1985, pp. 3-20. Cfr. Gorila V, pp. 83-113,
(Concordance gnrale).
29
W.-D. Niemeier - J. Zurbach, A Linear A inscription from
Miletus (MIL Zb 1), in Kadmos 35, 1996, pp. 87-99. Si esclu-
dono dalla discussione le controverse rondelle di Samotracia (Del
Freo 2007, pp. 208-209), lostrakon di Tel Haror (A. Karnava,
Te Tel Haror Inscription and Crete: A Further Link, in R. Laf-
fneur, E. Greco (a cura di), Emporia, Aegeans in the Central and
Eastern Mediterranean, Proceedings of the 10
th
International Ae-
gean Conference/10
e
Rencontre genne internationale, Athens,
Italian School of Archaeology, 14-18 April 2004 (Aegaeum 25),
Lige and Austin 2005, vol II., pp. 837-844), considerato da
Olivier (1999, p. 430) un grafto minoizzante. Sono esclusi,
infne, i segni altamente ipotetici (probabilmente marchi di
vasaio) presenti su ostraka rinvenuti a Iasos e Rodi (Acrosciro/
Kalopetra): M. Benzi Anatolia and the Eastern Aegaean at the
time of the Troyan War, in F. Montanari (a cura di), Omero
Tremila anni dopo, Roma 2002, p. 369, nota 110.
30
A questa fase cronologica risalgono i primi espedienti
amministrativi (non scrittori) costituiti da cretule sigillate con
sigilli recanti motivi per lo pi geometrici nel Peloponneso: a
Lerna (Casa delle tegole, AE II-III), Haghios Dimitrios (AE
II) e Asine (AE II). Cfr. J. Renard, Le Ploponnse au Bronze
Ancien (Aegaeum 13), Lige 1995, pp. 287-295. Inoltre, alcuni
sigilli ed impressioni (anche in questo caso, svincolati da una
codifca scrittoria) in qualche modo precorritori del sistema
amministrativo centralizzato proprio del perido protopalaziale
ricorrono in alcuni siti cretesi: cfr. M. Perna, Il sistema am-
ministrativo minoico nella Creta prepalaziale, in V. La Rosa
- D. Palermo - L. Vagnetti (a cura di), Epi ponton plazomenoi,
Simposio italiano di Studi Egei dedicato a Luigi Bernab Brea
e Giovanni Pugliese Carratelli. Roma, 18-20 febbraio 1998,
Roma 1999, pp. 63-68.
31
Come vorrebbe Tsakos 2005, p. 36.
32
http://www.friendsofhomer.gr/Excavations/Excavations.
html, sub oppo oro tqv totoorioo tou Aqou Ioxq.
33
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005, p.
184, nota 7.
34
Souyoudzoglou Haywood 1999, p. 99.
75
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
due ostraka in esame appare sostanzialmente irrile-
vante, poich la loro analisi epigrafca dimostra non
solo che non sono iscritti in Lineare A, ma che non
recano alcuna iscrizione se non segni grafci (grafti
o marchi), con una qualche valenza (decorativa,
simbolica) che ci sfugge, ma sicuramente sprovvisti
di un valore scrittorio
35
desumibile per confronto
con altri sistemi noti adoperati nel II millennio.
Del tutto incurante di questi insuperabili problemi,
Faure istituisce, in maniera evidentemente forzata,
una comparazione tra quelli che defnisce segni
presenti sui frammenti incisi ed il sillabario della Li-
neare A, attraverso una evidente manipolazione degli
stessi, alcuni dei quali, per essere letti correttamente
(ovvero, per trovare un pur generico confronto col
sillabario minoico), si pretende dover essere ruotati,
evidenziando un procedimento ermeneutico in cui
il livello interpretativo sembra precedere lanalisi
autoptica dei segni incisi (fg. 2).
Cos, anche la normalizzazione dei segni al fne
di trovare necessariamente un confronto col segnario
A, nonch la scelta dei grafti che possano o meno
avere lo statuto di segni di scrittura, sembra a
priori condizionata dal tentativo di lettura degli
stessi, non tenendo conto non solo del contesto di
rinvenimento dei frammenti e delle conseguenze
impensabili sul piano culturale di una loro interpre-
tazione come iscritti, ma neppure delle caratteristiche
peculiari (in termini di formattazione e fnalit) delle
iscrizioni in Lineare A. I segni che Faure identifca
sui frammenti dovrebbero corrispondere, in base alla
interpretazione che ne fornisce, a 16 sillabogrammi,
la maggior parte dei quali comuni ai sillabari A e B
36
:
sulla faccia a del fr. 80, al di sopra dellincisione di
una nave (navire) si susseguirebbero AB 55, AB 13,
B 12 (non attestato in lineare A), AB 37, AB 08, AB
57, AB 30, cui seguirebbero AB 08, AB 57, AB 73 (fr.
80b); sul fr. 81, poi, comparirebbero i sillabogrammi
AB 27, AB 08, AB 37, AB 73, AB 10, AB 01, AB
06, AB 77, AB 27. Infne, entrambi i frammenti
recherebbero anche ideogrammi e cifre. Sebbene
tale confronto tra i grafti presenti sugli ostraka con
i segni succitati sia almeno improbabile, lo studioso
prosegue la sua decifrazione proponendone anche
una lettura, partendo dal presupposto (non condivi-
sibile se non per pochissimi segni) di poter leggere
sistematicamente i presunti segni della (indecifrata)
Lineare A con i valori sillabici dei segni omomorf
attestati in Lineare B. Di conseguenza, la lettura
proposta per il fr. 80a la seguente: nu(pina), me
soti[, laddove lintegrazione risulta evidentemente
preconcetta ed implica limpiego di espedienti or-
tografci del tutto estranei alla Lineare A (il segno
nu, sebbene posto in sequenza con altri, sarebbe una
abbreviazione del termine ricostruito). Infne, come
gi accennato, nelleconomia delliscrizione identi-
fcata, quei grafti che ricorrono nella parte inferiore
dellostrakon non sono considerati (non chiaro in
base a quale presupposto) segni di scrittura. La fac-
cia b del frammento, poi, recherebbe la successione
di una serie di ideogrammi il cui ductus sarebbe
ancora pi aberrante e privo di qualsiasi confronto
con la lineare A rispetto a quello dei sillabogrammi
della faccia a. Vi comparirebbero lideogramma del
cervo, del montone con la sua casa (arco di cerchio
che collega due animali) (!), del cavallo e, a destra,
del maiale nel suo recinto, ciascuno di essi ac-
compagnato da una cifra (punti o barre), del tutto
indistinguibili sul frammento.
Oltre alla mancata corrispondenza nel ductus tra
queste incisioni e gli ideogrammi della Lineare A, sul
frammento in questione si presupporrebbe un loro
impiego mai attestato in alcuna iscrizione redatta a
mezzo di questo sillabario e assolutamente inaccet-
tabile alla luce della natura e delluso dei segni di
questultimo, laddove si ipotizza una manipolazione
(decisamente non propriamente scrittoria) di tali
segni che avrebbe previsto laggiunta di incisioni
indicanti recinti o analoghi alloggiamenti per
gli animali. Al di sotto, infne, comparirebbe una
sequenza di sillabogrammi che Faure legge
io ofro
37
. Liscrizione, quindi, com-
prenderebbe sillabogrammi, ideogrammi e cifre,
dimostrando cos una spiccata fnalit ammini-
35
Per segno di scrittura si intende un elemento stabile di
un insieme fnito e numerabile di segni suscettibili di collegarsi
ad altri in un sistema di opposizioni, in cui a elementi grafci
si associno signifcati distinti ed esplicitabili linguisticamente
dalla comunit (cfr. G.R. Cardona, Antropologia della scrittura,
Torino 1991, p. 27). Si veda, inoltre, la defnizione di scrittura
fornita in L. Godart - J.-P. Olivier, Corpus Hiroghlyphicarum
Inscriptionum Cretae (tudes Crtoises 31), Paris 1996, p. 12:
Une criture mme dans ses formes les plus rudimentales
est une technique intellectuelle utilisant un support matriel
afn de transmettre, dans lespace et dans le temps, un message
bien prcis et univoque.
36
Si confrontino le tavole dei segnari Lineare A e B rispet-
tivamente in Gorila V, tavv. XXII-XXVIII e J. Chadwick - L.
Godart - J.-P. Olivier - A. Sacconi - I.A. Sakellarakis, Corpus of
Mycenaean Inscriptions from Knossos, vol. IV (Incunabula Graeca
88), Pisa-Roma 1998, pp. 293-294.
37
Faure 1989.
76
Matilde Civitillo
Fig. 2. Faure 1989, p. 2288.
77
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
strativa e sarebbe, nel caso del fr. 80a, costituita da
segni di scrittura vergati al di sopra dellincisione
di una nave (la cui identifcazione tuttaltro che
evidente), laddove sulla faccia b ricorrerebbero solo
gli ideogrammi e le cifre. Di conseguenza, lunit
testuale ipotizzata da Faure nella lettura delle due
facce imporrebbe che liscrizione, incisa prima
della cottura del vaso, richiedesse la possibilit di
poter leggere, alternativamente, il fondo e la base
del vaso che egli ipotizza essere stato dedicato.
Come gi accennato, il primo ostrakon (n. 80)
comprenderebbe, nello stesso atto scrittorio,
rafgurazioni con valore decorativo e segni iscrit-
ti
38
. Tale compresenza tra piano scrittorio e piano
visivo (ovvero tra diverse forme di modellizzazione
e decodifcazione del messaggio veicolato) non
ricorre mai sui documenti inscritti in Lineare A
o B, mentre presupposta dalle interpretazioni
fnora fornite delle iscrizioni itacensi. Inoltre,
nelle iscrizioni in Lineare A di carattere non am-
ministrativo (ovvero, vergate su supporti diversi
rispetto a tavolette o altri documenti darchivio)
non ricorrono mai ideogrammi e cifre, il che crea
un insolubile cortocircuito tra il supporto delle
presunte iscrizioni itacensi (frammenti di vaso) e
il contesto non amministrativo delle iscrizioni in
Lineare A ricorrenti su questa tipologia di materiali
attestate a Creta, nelle Cicladi e a Mileto
39
.
Liscrizione presente sulla faccia a del fr. 80, dunque,
conterrebbe una dedica ad una ninfa
40
che avrebbe
salvato il dedicante. Oltre alla quantomeno dubbia
interpretazione dei grafti come segni di scrittura e
allimpossibilit del confronto con i segni della Lineare
A, ci che suscita una perplessit anche maggiore nella
teoria di Faure che del presunto testo in Lineare
A (che nota una lingua sconosciuta ma certamente
anellenica parlata a Creta nel II millennio) si fornisca
una lettura da un punto di vista linguistico greco. Lo
stesso procedimento si trova applicato al frammento
81, anchesso recante una iscrizione dedicatoria, a
volte citata
41
come iscrizione di Aredatis. Anche in
questo frammento liscrizione sarebbe composta di
sillabogrammi, scritti nella parte superiore, e ideogram-
mi, compresi in una cornice (il che non trova alcun
confronto con lusuale layout delle iscrizioni in Lineare
A). I grafti interpretati come sillabogrammi trovereb-
bero una quantomeno forzata corrispondenza con AB
27, AB 08, AB 37, AB 73, AB 10, AB 01, AB 06, AB
77 e AB 27, molti dei quali corrisponderebbero a glif,
anche in questo caso, interpolati pregiudizialmente. La
lettura sarebbe la seguente: ]re-da-ti-mi u-a-na-ka-na
re(ija) te, donde linterpretazione: io A]redatis, dono
alla sovrana (u-a-na-ka), la dea (te) Rhea (re- ja): 100 (?)
cervi, 10 (?) montoni, 3 maiali, la cui totale arbitrarie-
t non dovrebbe avere bisogno di alcun commento.
Tuttavia, si fa notare ancora una volta linsostenibile
lettura dal punto di vista del greco miceneo, laddove
si ipotizza addirittura una variante ortografca del
termine wa-na-ka, ovo (qui scritto u-a-na-ka), e
la notazione con una sorta di sigla del termine per
dea. Infne, non necessario sottolineare linsosteni-
bile anacronismo che comporterebbe lattestazione del
teonimo Rhea nella Itaca del Bronzo Antico, donde
derivata linterpretazione delliscrizione come pro-
dotto di un retroterra pelasgico
42
, ovvero relativo a
coloro i quali, in Omero e nelle fonti storiografche e
letterarie, vengono indicati come gli antichi abitanti
della Grecia pre-ellenica, proiettando meccanicamente
tale indistinto ed altamente controverso sostrato sulla
cultura della fne del III-inizio II millennio.
38
Tale interazione tra piano scrittorio (linguistico) e piano
visivo (puramente grafco) ricorre, nelle scritture egee del II
millennio, esclusivamente sulle iscrizioni geroglifche su sigil-
lo, laddove lalta iconicit del sillabario, unita al particolare
supporto, consentiva un uso della scrittura diforme, almeno
per questo tipo di composizione, rispetto alla redazione di
documenti amministrativi, con usi oscillanti di ideogrammi
o sillabogrammi con funzione iconografca o glif con valore
puramente evocativo, simbolico o decorativo, certamente privi
di un valore propriamente scrittorio (ovvero non suscettibili
di poter essere letti foneticamente). Lunico caso in cui una
situazione analoga si presenta su un documento in Lineare B
il sasso di Kafkania (Godart 2002, pp. 213-240) dove, sulla
faccia B, compare una doppia ascia (la cui valenza non quella
di segno di scrittura ma di simbolo, al quale si applicata la
defnizione grafto) tra due sillabogrammi. Non trattandosi
di un documento amministrativo, tuttavia, nellesecuzione del
sasso sono state verosimilmente coinvolte modalit esecutive
simili a quelle illustrate per i sigilli. In questo caso, il grafto
(che si riconduce perfettamente alliconografa cultuale minoi-
ca) partecipa dello stesso atto scrittorio del sasso e pu essere
motivatamente collegato alliscrizione sillabica (ricorrente, in
questo caso, in un contesto probabilmente santuariale).
39
Cfr. Gorila IV, pp. VII-VIII, dove sono elencati tutti i
documenti non amministrativi redatti in Lineare A ed i loro
supporti: iscrizioni su vasi di pietra, iscrizioni incise su vasi
dargilla, iscrizioni dipinte su vasi dargilla, iscrizioni su supporti
architettonici in stucco, iscrizioni su supporti architettonici in
pietra, iscrizioni su supporti metallici, iscrizioni su supporti vari.
40
Si potrebbe ipotizzare che Faure fosse stato in qualche
misura infuenzato, nellindividuazione di questo nome il
ricostruito nu(pina) , dalle attestazioni del termine NYMdAIZ
su alcuni frammenti provenienti dalla grotta della baia di Polis
(la grotta delle Ninfe, appunto): cfr. Bquignon 1930, p. 490.
41
Tzakos 2005, pp. 35-36, nota 16.
42
Tzakos 2005, pp. 29-35.
78
Matilde Civitillo
Quanto al loro contesto archeologico, gli ostraka in
oggetto provengono dallarea I di Pelikata, che ha
immediatamente rappresentato uno dei principali
candidati ad ospitare il palazzo di Odisseo, oltre che
per levidenza fornita ai primi viaggiatori dal muro di
fortifcazione ciclopico individuato da Gell, anche
per il fatto che gi nel 1905 Vollgraf vi rinvenne
frammenti di ceramica micenea
43
. A corroborare tale
ipotesi, inoltre, nellambito delle logiche insediamen-
tali del nord dellisola, contribuisce la sua ubicazione
strategica su uno sperone roccioso del monte Exogi
donde possibile controllare tutti e tre i porti della
porzione settentrionale dellisola, posto allincrocio
tra le strade provenienti dalle baie di Afales, Frikes
e Polis, nonch servito da una sorgente. Le indagini
archeologiche qui efettuate hanno dimostrato che
Pelikata lunico sito dellarcipelago in cui si possa
accertare la presenza di un insediamento risalente
allAE, con una estensione stimata di circa 20.000
m
2
. La sua pi cospicua evidenza di popolamento
databile tra lAntico Elladico II (fase alla quale si
attribuisce linizio dellattivit sul sito) e III (cui data
il periodo di pi intensa occupazione)
44
, sebbene la
mancanza di una successione stratigrafca sicura non
permetta di fornire una sequenza interpretativa della
ceramica locale del tutto afdabile. Tale indicazione
cronologica dedotta dalle produzioni utilitaristiche
non tuttavia accompagnata da una rifessione
architettonica, poich sul sito non stata rinvenuta
alcuna struttura. Lunica evidenza rappresentata da
un livello AE II-III (clay layer) nellarea IV, proba-
bilmente il pi antico del sito
45
, che sembra non esse-
re disturbato, mentre non ancora possibile elaborare
ipotesi sulle fondazioni di una casa absidata, citata
dalla Kontorli, rinvenuta in seguito allapertura, nel
1994, di due trincee in localit Sobola e caratteriz-
zata da due fasi costruttive, datate allAE II e III
46
.
Quanto al gi citato muro ciclopico (i cui blocchi
di costruzione furono trovati associati a ceramica
invariabilmente datata allAE dagli inglesi
47
), di
esso sono stati rinvenuti segmenti in diferenti aree
della porzione orientale, settentrionale e occidentale
della collina da Heurtley, nonch un accesso monu-
mentale, a occidente, da Papadopoulos
48
, che ne ha
scoperto altre sezioni a occidente. A questa nuova
porzione, a diferenza delle altre, sarebbe associata
non solo ceramica preistorica ma anche pi tarda,
rinvenuta nelle immediate vicinanze, che ne rende
incerta la datazione e non fornisce elementi sicuri per
poter risolvere defnitivamente la questione del suo
periodo di costruzione. La Souyoudzoglou
49
sotto-
linea che, se il muro risalisse al Bonzo Antico, lin-
sediamento di Pelikata potrebbe trovare una chiave
di lettura nel contesto del trend verso la costruzione
di insediamenti di grandi proporzioni riscontrabile
nellEgeo di questo periodo e, nello specifco, negli
insediamenti protourbani delle Cicladi. Tuttavia,
sulla difcolt di assegnargli una datazione certa
aveva da subito attirato lattenzione Heurtley
50
, che
concludeva se ne pu ipotizzare la costruzione sia
nellAntico Elladico che nel Tardo Elladico (che ne
rappresenterebbe il terminus ante quem, poich la
successiva evidenza abitativa risale al periodo vene-
ziano), poich la ceramica AE non fornirebbe una
indicazione dirimente a causa di un certo conserva-
torismo mostrato dalle produzioni itacensi, in cui le
innovazioni sono state assunte con una certa lentezza.
La continuit abitativa sul sito fno al Tardo Elladico
non daltra parte verifcabile in tutte le aree scavate;
evidenza relativa a questa fase proviene, infatti, solo
dalle aree VI e IV. La prima ha fornito, oltre ad una
sepoltura in pithos databile allAE II-III, ceramica
mesoelladica (90 frammenti di ceramica minia grigia
e di ceramica correlata distribuiti tra questa e larea
IV) e 60 frammenti databili al TE III, 39 dei quali
pertinenti prevalentemente a basi o steli di kylikes
o krateriskoi (associati a masse di frammenti AE e
a 20 frammenti di ceramica minia). Questi ultimi,
in pessimo stato di conservazione, furono rinvenuti
allinterno di un livello di riempimento, superiore al
43
Heurtley 1934-1935, p. 1, nota 2.
44
Per una panoramica, cfr. Souyoudzoglou Haywood 1999,
pp. 93-108, 131-143.
45
Heurtley 1934-1935, pp. 13-14.
46
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos 2001, p. 66. Se
tale evidenza fosse confermata, potrebbe essere avvicinata alle
costruzioni absidate (buildings 3, 4 e 8) rinvenute sulle pen-
dici del monte Amali a Lefkada, confrontate (Souyoudzoglou
Haywood 1999, pp. 19-20) con analoghe strutture abitative
caratterizzate da murature curvilinee difuse nellEgeo della
fase AE, nelle Cicladi (Pyrgos e Paroikia a Paros), a Tsoungiza e
Korakou nella Corinzia, a Stref nellElide, o da piante absidate
come quelle attestate in Eubea (Manika), Argolide (Tirinto),
Laconia (Koufovouno) e Beozia (Tebe), nonch con le case
absidate di Olimpia-Altis e Olimpia-New Museum, pertinenti
allo stesso orizzonte cronologico.
47
Heurtley 1934-35, p. 3, tav. 3.
48
Del muro sono stati portati alla luce altri segmenti tra il
1994 ed il 1995: Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos 2001,
p. 66; Souyoudzoglou Haywood 1999, p. 10.
49
Souyoudzoglou Haywood 1999, pp. 132-134.
50
Heurtley 1934-35, p. 9.
79
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
clay layer dellAE, disturbato dalla costruzione di
una casa moderna sulla sommit della collina, in cui
Heurtely propone di individuare i resti del crollo di
una struttura abitativa micenea
51
.
In questo quadro, il contesto archeologico donde
provengono gli ostraka oggetto delle speculazioni di
Faure, larea I, non sembra fornire dati certi che ne
consentano una pi accurata interpretazione. A loro
proposito Heurtley scrive: devo ammettere di non
poter fare nulla di questi frammenti. Sembrano essere
Antico Elladici e sebbene siano stati rinvenuti in un
contesto di riempimento non stratifcato, non cera
niente che non fosse Antico Elladico in associazione
con essi. N sono stati rinvenuti in superfcie, tro-
vandosi il fr. 80 a 5 ed il fr. 81 a 9 m. al di sotto di
essa. Non penso che siano falsi moderni e non resta
che pensare che le incisioni siano state eseguite nel
periodo al quale risalgono i frammenti
52
. Gli ostraka
in questione rientrano nella classe della coarseware
53
,
che costituisce la ceramica pi rappresentata sul sito,
le cui forme pi attestate sono ciotole e coppe con
anse verticali, semi-circolari o con manici orizzontali,
in alcuni casi perforati o cornuti, la cui decorazione,
tranne che nei due esaminati e pochissimi altri fram-
menti recanti incisioni lineari
54
, consiste in cordoni
applicati. Come si accennava, larea I di Pelikata ha
rivelato un contesto fortemente disturbato, in cui si
combinano possibili resti di abitazioni e di sepolture
dispersi su unarea di circa 60 m
2
. Nellangolo nord
occidentale di questo settore stato rinvenuto un li-
vello di pietre poggianti sul suolo vergine, interpreta-
te da Heurtley
55
come resti del crollo di una struttura
abitativa per il rinvenimento, tra di esse, di utensili
domestici. Nella stessa porzione larcheologo indi-
vidu almeno tre sepolture in pithos, comprendenti
solo alcune parti degli scheletri (probabilmente di
giovani individui
56
), in associazione con denti e ossa
di animali, che ipotizz essere state intra-murarie. La
porzione occidentale dellarea risultava invece com-
posta prevalentemente di un riempimento di terra
che conteneva pietre, frammenti di pithoi, vasi, ossa
umane ed animali, denti etc., chiaramente i resti delle
sepolture in pithoi rinvenute nella porzione succitata
che, nellipotesi di Heurtley, sarebbero state ubicate
originariamente nella parte orientale del sito, ad un
livello pi alto, e solo successivamente slittate verso
quella occidentale. Intorno allarea in cui furono
trovate, vennero alla luce i resti sparsi di possibili
elementi di corredi funerari, quali ceramica fne, due
ornamenti in oro, pesi da telaio di argilla e di osso,
frammenti di fgurine di tori di argilla, due lame e
una punta di freccia di ossidiana (probabilmente
melia), una lama di bronzo, un pestello per cosmetici
di pietra e un sigillo di terracotta di identifcazione
ipotetica con inciso un fore con cinque petali ed
un cerchio nel mezzo
57
. Nella porzione orientale
dellarea I fu, infne, scavata anche una fossa stratifca-
ta di un metro di profondit (contenente frammenti
di pithoi e vasi, ossa e due frammenti di un cranio e,
al di sopra, ulteriori frammenti ceramici nonch una
zanna di cinghiale, una lama e resti lignei carbonizzati
in prossimit di pithoi frammentari) che Heurtley
interpret come bothros domestico trasformato, in
un secondo momento, in focolare.
Losservazione delle forme ceramiche, come gi ac-
cennato, data linizio di attivit in questarea I allAE
II, con una occupazione perdurante nellAE III.
Tali evidenze, singolarmente disturbate, sono state
ipoteticamente interpretate dalla Souyoudzoglou
58

come i resti di un tumulo funerario andato distrutto,
per il quale la studiosa invoca un confronto con la
necropoli risalente allAE II di R-Graves a Steno
(Lefkada)
59
, sebbene questultima non sembri essere
stata tanto contigua allinsediamento come nel caso
di Pelikata. Quanto alle sepolture in pithos intramu-
rarie, sebbene queste siano attestate, in regioni della
Grecia occidentale, a Platygiali (Akarnania), Kirrha
(Focide) e Olimpia-Atis (Elide), la studiosa propone
di individuarne un prototipo anatolico, poich tale
pratica non era difusa a Creta n nelle Cicladi in
un livello cronologico cos antico. Allo stesso modo,
confronti con lAnatolia costiera, le Cicladi, Creta
ed il Continente greco sono stati proposti per dare
ragione dei diversi elementi culturali rintracciabili
in alcuni tratti della cultura materiale delle isole
ioniche dellAE II nel loro complesso, inserendole
nello spirito internazionale caratteristico di questa
fase
60
. Per tornare ad un tentativo di interpretazione
51
Heurtley 1939-40, pp. 9-10.
52
Heurtley 1934-35, p. 29, nota 4.
53
Souyoudzoglou Haywood 1999, p. 99.
54
Heurtley 1934-35, p. 24, tav. 7, fgg. 79a-b.
55
Heurtley 1934-35, pp. 6-8.
56
Souyoudzoglou Haywood 1999, p. 97.
57
Heurtley 1934-35, p. 36, nota 155.
58
Souyoudzoglou Haywood 1999, p. 97.
59
Cfr. Souyoudzoglou Haywood 1999, pp. 21-25.
60
Per una carrellata sulle singole ipotesi interpretative, che
ricostruiscono una popolazione mista o larrivo di immigrati,
cfr. Souyoudzoglou Haywood 1999, pp. 133-134.
80
Matilde Civitillo
dei frammenti incisi analizzati
e alla loro ipotesi minoica, la
trasmissione di una infuenza
cretese individuabile nella
ceramica AE e nel diadema
doro di Pelikata (oltre ad un
certo numero di influenze
rintracciabili nei corredi della
necropoli di Steno a Lefkada)
si ritiene attribuibile allin-
tensifcarsi di uno strutturato
network di scambi oltremarini
(tuttavia, del tutto ipotetico
per questa fase cronologica),
dove la fondazione di Kastri
a Citera avrebbe favorito
una trasmissione di elementi
anche cretesi (oltre a quelli
cicladici) verso la porzione
occidentale del Continente
greco e le isole ioniche. Tuttavia, anche se un legame,
pur indiretto, con la Creta minoica fosse accertato,
linterpretazione dei frammenti incisi non ne risul-
terebbe modifcata in alcun modo.
In conclusione, il contesto archeologico for-
temente disturbato (in cui spesso i frammenti
dellAE sono mescolati con quelli del Medio e del
Tardo Elladico), la tipologia ceramica (coarseware
AE che tuttavia continua ad essere prodotta anche
dopo questa fase) e la mancanza dellindicazione
del luogo preciso allinterno dellarea I donde
furono rinvenuti i frammenti (ove sono state ipo-
teticamente identifcate sia strutture domestiche
che resti di corredi funerari), uniti allassenza di
confronti, non permettono di formulare alcuna
ipotesi alternativa sugli ostraka nn. 80 e 81, che
lanalisi epigrafca ha dimostrato non recare alcuna
iscrizione in Lineare A.
Il segno di Haghios Athanasios
La recente ipotesi di identifcazione di un altro
segno delle lineari egee (A o B non dato chiarirlo)
si basa sullevidenza oferta da un frammento dar-
gilla di interpretazione molto dubbia identifcato
tra i rinvenimenti efettuati a partire dal 1995 dalla
missione archeologica dellUniversit di Ioannina
presso un monumento circolare identifcato dagli
archeologi come tholos. Tale struttura pertinente
allinsediamento di Haghios Athanasios/Scuola
di Omero, situato sulla collina della Melanidros
lungo le pendici del monte Exogi a 1 chilometro
a nord-est di Pelikata. Sebbene gli stessi editori
del frammento
61
rilevino, a ragione, che non si
possa defnire loggetto in questione come recan-
te una iscrizione, dato che questa defnizione si
attribuisce solo a sequenze di un minimo di due
segni
62
, ritengono di poter tuttavia individuare un
confronto tra un segno grafto sulloggetto ed
un sillabogramma della lineare A (attestato anche
in B), interpretando in via ipotetica il frammento
itacense come tavoletta frammentaria, preservata
in pessimo stato di conservazione, lunga ca. 10-11
cm., alta ca. 6-7 cm. e spessa 2 cm. (fg. 3).
Il frammento si presenta quasi completamente
ricoperto da incisioni di difcile interpretazione,
tranne che per i grafti pi profondamente incisi
di una nave e di quello che sembra essere una
sorta di tridente nella porzione destra delloggetto
immediatamente prima della frattura. Solo per
questultimo grafto (essendo il primo privo di
confronti) gli autori ipotizzano la natura di segno
di scrittura e, in assenza di possibili confronti con
61
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005, p. 184.
62
J.-P. Olivier, Les sceaux avec des signes hiroglyphiques.
Que lire? Une question de dfnition, in W.-D. Niemeier (a
cura di), Studien zur minoischen und helladischen Glyptik (CMS
Beiheft 1), 1981, p. 108.
Fig. 3. Presunta tavoletta da Haghios Athanasios, da Kontorli Papadopoulou-Papa-
dopoulos-Owens 2005, p. 185, fg. 1.
81
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
il repertorio di masons o potters marks difuse
nellEgeo o con il segnario geroglifco minoico,
lo identifcano con il sillabogramma AB 09, uno
dei pochi ad essere concordemente letto sia in Li-
neare A che B con il valore sillabico se. Per trovare
un confronto paleografco a sostegno della loro
ipotesi, gli autori conducono una ricognizione
delle attestazioni del segno nelle due lineari (in
cui ricorre in combinazione con altri segni), dalla
quale questultimo risulta attestato in tutti i centri
che hanno fornito documentazione di archivio
minoica e/o micenea
63
.
Un confronto pi preciso tra lipotizzata atte-
stazione itacense e quelle ricorrenti sui documenti
cretesi e continentali viene individuato nella ricor-
renza del segno su due rondelle iscritte in Lineare
A provenienti da Haghia Triada (datate al TM IB),
dove sembra essere usato come abbreviazione
64
.
Tuttavia, lindividuazione di tale confronto (che
sembrerebbe voler essere adoperato per confortare
linterpretazione del monumento donde proviene
loggetto iscritto come tholos, i cui pi vicini
confronti sarebbero individuabili con le tombe della
Messar, infra), non suscettibile di confermare
in alcun modo la natura di segno per lincisione
itacense n di chiarire la funzione del frammento
dargilla su cui ricorre. Oltre allosservazione teorica
che lattestazione di un segno grafco pi o meno
simile nel tracciato ad un segno delle lineari A e B
(per di pi molto poco diagnostico), isolatamente
e senza contesto, non sufciente per formulare
alcuna ipotesi n per interpretarlo come segno
di scrittura, il termine di paragone individuato
costituito dallattestazione del segno AB09 su due
documenti amministrativi non avvicinabili in alcun
modo al frammento itacense; nello specifco, come
accennato, si tratta di due rondelle, la cui funzione
ed uso nel quadro delle procedure burocratico-
amministrative messe in atto nella Creta neopa-
laziale richiede una notazione molto concisa della
transazione economica annotatavi, comprendente
(nello specifco) su una faccia un gruppo di tre
sillabogrammi e, sullaltra, il segno in questione.
Anche se il confronto si basasse esclusivamente sul
ductus del segno, daltra parte, non si potrebbe non
ritenerlo molto tenue.
Linterpretazione del frammento da parte di
L. Kontorli-Papadopoulou
65
, oltre ad accogliere
lipotesi che vi sia iscritto un segno di scrittura,
ne comprende anche una lettura delle incisioni
grafte che lo accompagnano che risulta tuttavia
difcilmente verifcabile dallanalisi del frammen-
to, nonch foriera di implicazioni storico-culturali
difcilmente sostenibili.
Avvalendosi di riprese fotografche ritoccate in
modo da mostrare in maniera dettagliata le inci-
sioni presenti sul frammento, la studiosa sostiene
la possibilit di distinguere nettamente due livelli
63
In Lineare A il segno attestato circa 60 volte negli archivi
di Haghia Triada, Zakros, Khania, Arkhanes, Prassa, Phaistos,
Knossos, Papoura e Gournia (cfr. Gorila V, pp. 165-166). In
Linerare B, AB09 attestato molto frequentemente sulle ta-
volette di Cnosso e Pilo, cos come a Micene e Tebe, ma non
sugli scarsi rinvenimenti da Khania e Tirinto.
64
Cfr. HT Wc 3004b e 3005 in Gorila II, p. 73.
65
www.friendsofhomer.gr/Excavations/Excavations.html.
Fig. 5. Disegno del frammento da Kontorli-Papadopoulou
et alii 2005, p. 186, fg. 2.
Fig. 4. Dettaglio delle incisioni grafte sul frammento di
Haghios Athanasios da www.friendsofhomer.gr/Excava-
tions/Excavations.html, fg. 30.
82
Matilde Civitillo
sovrapposti nellesecuzione del grafto (parzialmente
individuabili nel disegno pubblicato in Kadmos) di
cui si riporta di seguito la descrizione, senza, peraltro,
riuscire a trovarne un riscontro sempre puntuale nella
riproduzione fotografca e grafca disponibile. Sul
livello inferiore la studiosa distingue la rafgura-
zione di un uomo seduto e legato allalbero di una
nave (al centro), di una donna dal volto di uccello
(?) legata ad una corda nellangolo superiore destro e,
vicino a questultima, di una fgura umana in piedi,
con un ginocchio appoggiato su uno sgabello, le cui
caratteristiche (le orecchie, le dita e i piedi) sembrano
alla Kontorli proprie di un suino e la conducono
allaccostamento di questa fgura metamorfca con
lepisodio omerico in cui si descrive la trasformazione
dei compagni di Odisseo in maiali ad opera di Circe
(Od. 10.275-285). Sulla sinistra sarebbero rafgurati
i tentacoli di un polipo che si appoggia alla nave, uno
dei quali sembra alla studiosa assumere, alle estremi-
t, laspetto della testa di un cane e tenere avvinta una
testa di donna; anche in questo caso giunge puntuale
il confronto con unaltra fgura omerica, ovvero
Scilla (Od. 12.85-95). Gi in questo primo livello
dellincisione ricorrerebbe il grafto interpretato
come sillabogramma se, per lattestazione del quale
viene fornita una spiegazione che sembra rispon-
dere alla domanda che veniva posta alla fne della
pubblicazione del frammento
66
, ovvero se il segno
individuato potesse aver avuto un particolare valore
per Itaca. La studiosa, quindi, ipotizza che il silla-
bogramma in questione rappresenti, sul frammento,
labbreviazione di ortpq vo, con un ennesimo, chiaro
riferimento allepos omerico. Tale interpretazione
sembrerebbe confermata dalla lettura del secondo
livello delle incisioni presenti sul frammento dargilla,
in cui il presunto sillabogramma si ripeterebbe.
Scilla sarebbe scomparsa, ma la nave avrebbe assunto
maggiori dimensioni cos come luomo (identifcato
con Odisseo) legato al suo albero e sarebbe stata
provvista di remi ed equipaggio. Concludendo, la
Kontorli si chiede se tale lettura (invero molto dif-
cile da sostenere) non possa tradire, sul frammento
itacense, la narrazione per immagini di alcune delle
imprese di Odisseo narrate nellOdissea. Tale ipotesi,
congiunta allinterpretazione del grafto a forma di
tridente con un segno della Lineare B (sebbene non
specifcato, sembra che sia verso questa scrittura
che ora la studiosa si orienti, data la sua lettura da
un punto di vista linguistico greco), ovvero di una
scrittura attestata a Creta e sul Continente greco
in un arco di tempo compreso tra il XIV ed il XIII
secolo
67
(o in un periodo ancora precedente, se si
attribuisse il segno al sillabario A), implica quanto
meno la circolazione di nuclei mitici riguardanti le
imprese del re itacense nel suo nostos dopo la guerra
di Troia in un periodo risalente al Bronzo Tardo (o
addirittura Medio).
In realt, se piuttosto vaga appare linterpreta-
zione delle incisioni presenti sul frammento in
questione, ancora pi difcile sembra essere la de-
fnizione di questultimo come tavoletta, che ne
implica linterpretazione come documento darchi-
vio (essendo la vocazione di questo tipo di supporto
esclusivamente amministrativa) nonch lesistenza,
ad Haghios Athanasios, di un centro palatino di
matrice minoica o micenea che adoperasse in loco
gli strumenti dellamministrazione propri di quelle
societ, poich una tavoletta della tipologia e con
le fnalit di quelle egee non pu essere certo stata
importata. Una interpretazione del frammento in
questione come tale non sembra resistere (oltre che
ad una serie di osservazioni condotte pi avanti)
neppure al confronto istituito tra questo ed un
gruppo di ulteriori frammenti (nello specifco, tre)
riscoperti da Owens allAshmolean Museum di
Oxford ed interpretati come pertinenti a tavolette
mal conservate provenienti da Cnosso, recanti
segni iscritti in Lineare B
68
. Per stessa ammissione
del loro editore, la maggior parte dei frammenti
sarebbe anepigrafe, tranne due (inglobati con un
terzo col quale sarebbero stati cotti al momento
della distruzione del palazzo) che presenterebbero
liscrizione di due segni (uno su ciascun frammento)
di identifcazione impossibile o altamente contro-
versa. Recentemente, tuttavia, anche questi ultimi
sono stati eliminati dal computo dei documenti
iscritti in Lineare B in occasione dellultimo rap-
porto sulle nuove attestazioni di scritture cretesi,
laddove M. Del Freo
69
sottolinea come sia impos-
sibile essere sicuri che tali frammenti, in pessimo
66
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005, p. 185.
67
Le tavolette in Lineare B provengono da uno strato di di-
struzione del TM IIB (1520/1480-1425/1390, Room of Chariot
Tablets) e del TM IIIA1 (1425/1390-1390/1370) nel caso di
Cnosso; ad un livello del TE IIIB1 (1340/1330-1270/1250)
nel caso di Khania e del TE III B2 (1270/1250-1190/1180)
per gli archivi continentali.
68
Owens 1998-999, pp. 155-158.
69
Del Freo 2007, p. 222.
83
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
stato di conservazione e ipoteticamente scartati o
eliminati prima di un loro utilizzo, abbiano mai
recato una iscrizione. Di conseguenza, la stessa
decisione di assegnare loro una numerazione in
quanto iscrizioni (secondo la proposta di Owens,
KN X 9948, X 9949 e Xf 9950) viene considerata
arbitraria, escludendo risolutamente dalla discussio-
ne lunico confronto con un gruppo di documenti
iscritti con fnalit amministrative invocato dalla
Kontorli, Papadopoulos e Owens per il presunto
frammento iscritto di Itaca
70
. Inoltre, lipotesi di
Owens sui frammenti di Oxford si basava anche su
alcuni particolari relativi allesecuzione e allaspetto
di questi ultimi (tra i quali anche alcune impronte
digitali chiaramente distinguibili, la forma, il fatto
che fossero stati cotti accidentalmente) che, se
anche potrebbero indicare che questi fossero stati
pertinenti a tavolette preparate ma mai iscritte, ri-
sultano del tutto estranei al frammento di Haghios
Athanasios.
Nel rapporto sul suo rinvenimento, la Kontorli
rileva che questa tavoletta (come le altre ritro-
vate, infra), diversamente da quanto accade per i
documenti analoghi rinvenuti presso gli archivi e
depositi minoici e micenei (vergati su argilla cruda
e cotti casualmente dagli incendi che seguirono
la distruzione di palazzi e cittadelle), stata cotta
intenzionalmente. Di conseguenza, liscrizione
che recherebbe sarebbe stata vergata prima della
cottura con una fnalit precisa (quella di poter
restituire il suo signifcato a chiunque lavesse letta
in qualunque momento), caratteristica di iscrizioni
monumentali ma profondamente diversa da quella
che ha presieduto alla redazione, in Lineare A e B,
di documenti contabili destinati a durare un tempo
limitato fno a che, si pu presumere, non fossero
stati eliminati o ricopiati su materiale deperibile.
Una serie di altre caratteristiche del frammento
inciso, inoltre, ne scoraggia profondamente una
interpretazione come tavoletta. Infatti, diver-
samente dai documenti amministrativi iscritti in
Lineare A o B, il frammento itacense letteralmente
cosparso di grafti ed incisioni con valore evidente-
mente decorativo, simbolico o evocativo, che non
accompagnano mai le iscrizioni egee di carattere
amministrativo (come gi notato a proposito del
fr. 80a di Pelikata); anche nel caso in cui si volesse
ipotizzare che il frammento in questione non fosse
pertinente ad una tavoletta ma fosse parte di un
manufatto iscritto con fnalit non amministrative,
bisognerebbe tenere presente che lirruzione di una
rappresentazione iconografca cos articolata non
una caratteristica ricorrente in alcuna iscrizione
prodotta nellEgeo del II millennio. Di conseguen-
za, queste osservazioni spingono a concludere che,
per le sue caratteristiche, il frammento di Haghios
Athanasios non abbia nulla che ne permetta una
comparazione verosimile con nessun tipo di ma-
nufatto iscritto nelle Lineari egee, n con fnalit
amministrative n non amministrative.
Quanto al contesto di rinvenimento e alla datazio-
ne delloggetto, in base allo stato attuale della docu-
mentazione archeologica non se ne potr avanzare
alcuna ipotesi certa. Infatti, il frammento oggetto
di analisi proviene da un monumento circolare di
grandi dimensioni (8x5 m.) messo in rapporto con
lacropoli di Haghios Athanasios, noto agli abitanti
della zona dalla fne del secolo scorso e in cui il grado
di disturbo del contesto gi evidente nella segna-
lazione del suo uso come lavatoio del paese (almeno
nella porzione settentrionale)
71
. La sua esplorazione
stata intrapresa dalla Kontorli nel 1995 tra grandi
difcolt, al di sotto del livello di crollo della struttura
superiore periodicamente allagato dalla pioggia. Dal-
le esplorazioni condotte fnora, oltre ad averne indi-
viduato un ingresso a gradini sul lato orientale ed un
segmento di peribolo che lo circonda a sud e a est, la
studiosa ha potuto condurre alcune osservazioni sulla
tecnica di costruzione del monumento, costruito con
pietre non lavorate e connesse senza alcun legante,
non intonacate e a facciavista interna solo nella met
inferiore. In base a queste osservazioni preliminari,
la Kontorli ne propone una interpretazione come
tomba a tholos, individuandone un confronto con
le tombe della Messar e, nello specifco, con quella
di Haghia Kyriaki
72
. Lindicazione di un parallelo
immediato con altre tipologie di architettura fune-
raria cretese o continentale (come le tombe circolari
70
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005,
p. 184, nota 8.
71
Kontorli Papadopoulou 2001, pp. 317-330; Kontorli
Papadopoulou-Papadopoulos 2001, pp. 71-72.
72
D. Blackman - K. Branigan, Te excavation of an early
minoan tholos tomb at Ayia Kyriaki, Ayiofarango, southern
Crete in BSA 77, 1982, pp. 1-57, tavv. 1-2. Si presume che il
confronto individuato sia limitato alla tipologia e alla pianta
della tholos cretese, la quale databile, grazie ai rinvenimenti di
una notevole quantit di ceramica diagnostica, allAM I, con
successive fasi costruttive nellAM II e MM I, ovvero ad un
periodo precedente allintroduzione della Lineare A.
84
Matilde Civitillo
messeniche, ad esempio) non sembra tuttavia pos-
sibile in questo stadio della ricerca n incoraggiata
dai numerosissimi problemi cronologici e stratigrafci
presentati dal monumento.
Infatti, il lavoro di rimozione della maggior parte
dello strato di crollo superiore ha rivelato la natura
profondamente disturbata del riempimento del
monumento, privo di alcuna stratifcazione indivi-
duabile. Tra i rinvenimenti, infatti, viene enumerata
ceramica di periodo classico ed ellenistico, frammenti
di idoli dargilla e di coppe, mattoni, monete, lamine
metalliche, fbule di bronzo, ami e ossa di animali
73
,
che inducono ad usare anche molta cautela nelliden-
tifcazione della vocazione (o delle diverse vocazioni
nel tempo) della costruzione. Congiuntamente a
quanto sopra elencato, venuto alla luce quello che
la Kontorli defnisce un ryoio opto di ta-
volette di argilla e ossa di bos primigenius, al di sotto
delle quali sono stati rinvenuti due bucrani interi
74
.
Proprio questi ultimi sembrano confermarla verso
linterpretazione delledifcio come monumento fu-
nerario, in base allesistenza di confronti disponibili
sul rinvenimento in tombe, sia cretesi che conti-
nentali, di bucrani
75
. I manufatti interpretati come
tavolette, plasmate in argilla marrone chiaro, sono
stati rinvenuti in pessimo stato di conservazione: la
dimensione dei loro frammenti sembra variare da 4 a
5 cm. di lunghezza e da 0,5 a 2 cm. di spessore, e di
pochissimi sarebbero individuabili le estremit. Per
la maggior parte provengono dallesterno del mo-
numento circolare, lontani dallarea allagata, mentre
altri furono trovati al suo interno; tra questi ultimi
ricorre la tavoletta pubblicata, rinvenuta al centro
della costruzione ad una profondit di 0,50 m. dalla
superfcie e vicino ad un bucranio. Se, per una serie
di deduzioni in negativo, non possibile defnire il
segno grafto di Haghios Athanasios una iscrizione
e se non si pu interpretare il manufatto che lo reca
come tavoletta, sarebbe evidentemente di importanza
fondamentale per fornire maggiori elementi per una
sua interpretazione alternativa (come parte di un
grosso vaso o del suo orlo) la pubblicazione delle
altre tavolette, attualmente in corso di studio, che
gli editori sostengono poter recare altri segni incisi.
Tuttavia, se questa ipotesi si basasse esclusivamente
sul confronto tra i materiali di Haghios Athanasios
con i gi citati frammenti cnossi dellAshmolean
Museum, la loro natura di tavolette non potrebbe
trovarvi sostegno.
Tra i manufatti provenienti dal riempimento del
monumento sono citati
76
anche frammenti di idoli
di argilla nei quali si riconosce una matrice minoica,
comparati con tre fgurine cretesi per la postura
delle braccia. Infatti, sebbene di datazione diver-
se (due sono protopalaziali ed una postpalaziale,
ovvero relativa al periodo miceneo dellisola)
77
,
le statuette minoiche in questione presentano un
braccio sulladdome e laltro sulla spalla, rientrando
in una tipologia stilistica che fa di tali manufatti il
precedente delle statuette micenee a phi. Tuttavia,
fno ad una pubblicazione completa degli esemplari
itacensi, non se ne potr trarre alcuna informazione
circa la composizione e la cronologia del materiale
proveniente dalla cosiddetta tholos.
Questultima ubicata pi in basso e pi ad
oriente, gi da un sentiero campestre, rispetto
alla cisterna ipogeica di Haghios Athanasios, che
lunico monumento che abbia fornito traccia
di materiali risalenti al TE III. Il sito, infatti, ha
fornito, seppure labili, alcune tracce di adozione
in loco di ceramica micenea, il che ne ha favorito
una pi approfondita indagine alla ricerca della
fase micenea del popolamento dellisola, connessa
allipotesi che la citt omerica fosse ubicata al nord
di Itaca. Il sito noto col nome popolare di scuola
di Omero da una torre di avvistamento della fne
del quarto secolo
78
, dove le prime esplorazioni
archeologiche furono intraprese da Schliemann,
73
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos 2001, p. 72; http://
www.friendsofhomer.gr/Excavations/Excavations.html.
74
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005, p. 184.
75
In particolare, la studiosa istituisce un confronto con la
tholos A di Archanes-Fourni, donde proviene il cranio di un
toro (oltre che parti di un cavallo), che databile ad un periodo
compreso tra TM IIIA1 e TM IIIB, ovvero al periodo miceneo
dellisola. Cfr. E. Sapouna-Sakellaraki, Archans lpoque
mycnienne, in BCH 114, 1990, pp. 78-80.
76
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens 2005, p.
183; ww.friendsofhomer.gr/Excavations/Excavations.html.
77
Cfr. G. Rethemiotakis, Minoan clay Idols, Archaeological
Society of Athens 218, 2001, in cui i confronti con gli idoli
itacensi sono individuati in MH 15146 da Gortina (risalente al
periodo protopalaziale), p. 4, fg. 5, p. 6, fg. 9 e MH 21809 da
Kalou Pediados (ascrivibile al periodo post-palaziale), p. 13, fg. 18.
78
Schliemann 1869, p. 48: In der Nhe dieser beiden Quel-
len... befndet sich ein Gebude ohne Dach... welches die Tra-
dition als die Schule Homers bezeichnet. La tradizione locale
preferiva ricondurre il nome alla conformazione della roccia
sottostante, quale appare nellacquerello di W. Gell (1807); cfr.
Steinhart-Wirbelauer 2002, p. 61, fg. 15a. Oggi il paesaggio
appare completamente stravolto dagli scavi degli ultimi decenni.
79
Souyoudzoglou Haywood 1999, p. 95.
85
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
Vollgraf e Kyparisses
79
. Anche questo sito fu in-
dagato a partire dal 1930, come gi accennato, da
C.R. Wason e da S. Benton
80
per conto della Scuola
Archeologica Inglese di Atene, che ne rivelarono le
fasi di principale occupazione risalenti ai periodi
romano ed ellenistico
81
, sebbene fosse poi tralasciato
nelle successive campagne di scavo per il minimo
interesse che aveva dimostrato. Costoro identifca-
rono la succitata cisterna sotterranea (in un primo
momento erroneamente interpretata come tholos),
che restitu le basi di due kylikes e di una coppa
micenee
82
del TE III, sebbene la Souyoudzoglou
sottolinei che la Benton, nel suo inedito studio
su Itaca
83
, segnalasse la base di una sola kylix. In
aggiunta, un altro numero esiguo di frammenti
tardo-elladici fu rinvenuto nel 1963 al di sotto della
camera
84
. La tecnica di costruzione di questultima,
reindagata di recente dallUniversit di Ioannina,
stata genericamente paragonata dalla Kontorli
85
a
quella delle cisterne ipogeiche di Micene, Tirinto
e Haghia Irini a Kea, nonch alla fonte-cisterna di
Beycesultan. Tali confronti, uniti ai rinvenimenti
ceramici di cui sopra, conducono la studiosa a data-
re il monumento al TE III e a defnirlo uxqvotxq
xpqvq, senza che questa ipotesi, formulata solo
sulla base di un procedimento descrittivo e di un
numero esiguo di frammenti ceramici, sia sufragata
da pi perspicui rinvenimenti necessari per una sua
conferma.
Sebbene, nello stato attuale della ricerca, non ci
siano elementi sicuri per attribuire la costruzione
circolare di Haghios Athanasios al Tardo Elladico,
si ritiene che il sito (profondamente disturbato
dalloccupazione ellenistica e romana) rientri, per
le evidenze ceramiche provenienti dalla cisterna, nel
principale sistema insediamentale della porzione
settentrionale dellisola dove, a partire da Heurtley,
stato pi volte identifcato linsediamento mice-
neo di Itaca. Dopo una generale recessione rispetto
alla fase del Bronzo Antico rintracciabile, in tutte le
isole dellarcipelago, nella generale contrazione del
numero e dellestensione di siti nel Bronzo Medio,
quando lo stesso insediamento di Pelikata sembra
aver avuto una minore incidenza sul nord di Itaca
(a giudicare dalla quantit di materiale ascrivibile al
ME, molto ridotta rispetto a quello AE), al passag-
gio tra questa fase e linizio del Bronzo Tardo sembra
poter essere attribuita una rinnovata partecipazione,
da parte delle isole ioniche, ai network commerciali
egei, con una loro conseguente micenizzazione
86
. I
gradi, la natura e lincidenza di questultima, tutta-
via, non sono delineabili con sicurezza, a causa della
sua pressoch totale limitazione alle produzioni
utilitaristiche. Infatti, le evidenze architettoniche
risalenti al Bronzo Tardo sono pertinenti a strutture
isolate, delle quali le pi signifcative sembrano
essere quelle individuate sul sito di Tris Langadas
(aree TL, L e T), ubicato al di sopra della baia di
Polis, la cui continuit duso col periodo precedente
resa dubbia dal fatto che la ceramica mesoelladica
ha continuato ad essere prodotta fno al TE II. Le
prime indagini condotte sul sito portarono alla
luce, in due settori, segmenti di muri che furono
attribuiti ad una struttura ove fu rinvenuta ceramica
datata al TE IIIA1-IIIB
87
, ulteriori frammenti della
quale (congiunti a ceramica di periodo storico e
ad altri segmenti di murature) sono stati rinvenuti
in occasione delle indagini svolte sul sito a partire
dal 1995
88
. Le testimonianze architettoniche cui si
accennava sono rappresentate, nellarea L, da tre
segmenti sovrapposti di muri pertinenti ad una
struttura caratterizzata da estremit curve (come
quelle individuate di recente a Pelikata, supra) di
carattere indigeno, che dimostrano ladozione di
una tipologia di pianta da lungo tempo scompar-
sa dai principali centri di cultura micenea che,
congiuntamente al ritardo nellintroduzione della
ceramica stilisticamente attribuibile ad un prototipo
miceneo sulle isole dellarcipelago, ne indica un cer-
to ritardo culturale
89
. Tuttavia, le suddette evidenze
hanno condotto ad individuare a Tris Langadas un
possibile insediamento miceneo che rientrerebbe
in un sistema insediamentale facente capo a Pelikata
donde, dallarea VI, proviene la gi citata ceramica
80
Heurtley 1939-40, pp. 2, 10, tav. 6.1.
81
Morgan 2007, pp. 81-83.
82
Heurtley 1934-1935, pp. 33 (119d), 34 (126b); Heurtley
1939-40, pp. 2, 10, tav. 6.1.
83
S. Benton, A Guide Book to Ithaka, 1963.
84
R. Hope Simpson, O.T.P.K. Dickinson, A Gazetteer of
Aegean Civilisation, vol. I, Te Mainland and Islands, Gteborg
1979, p. 186.
85
Kontorli Papadopoulou 2001, pp. 317-330; http://www.
friendsofhomer.gr/Excavations/Excavations.html.
86
Souyoudzoglou Haywood 1999, pp. 134-142.
87
S. Benton - H. Waterhouse, Excavations in Ithaka: Tris
Langadas, in BSA 68, 1973, pp. 1-24.
88
Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos 2001, p. 68; Sou-
youdzoglou Haywood 1999, pp. 93-94.
89
Per una analisi aggiornata delle strutture architettoniche
rinvenute a Tris Langadas, cfr. Souyoudzoglou Haywood 1999,
pp. 102-103.
86
Matilde Civitillo
micenea tra quelli che Heutrley riteneva i resti del
crollo di una struttura abitativa micenea pro-
fondamente disturbati. Ubicato a breve distanza,
anche Stavros dimostra tracce di una occupazione
risalente al Bronzo Tardo (TE III A2-B), laddove
la presenza di ceramica micenea rinvenuta dagli
inglesi (few LM III sherds) stata ultimamente
confermata dalle esplorazioni archeologiche intra-
prese a partire dal 1994 dallUniversit di Ioannina
che, oltre a portare alla luce due porte pertinenti
ad una costruzione rettangolare gi individuata da
Heurtley (interpretata perhaps Mycenaean), ha rin-
venuto altri frammenti di kylikes micenee
90
. Infne,
ricordiamo che la grotta di Polis (la cui designazione
toponimica non sarebbe casuale)
91
, prospiciente al
mare e situata allestremit occidentale della baia,
naturale accesso dal mare alla porzione settentriona-
le dellisola per chi proviene da occidente, aveva gi
restituito, nel 1905, i primi frammenti di ceramica
micenea dellisola
92
.
Sebbene quindi le evidenze di unoccupazione
della porzione settentrionale dellisola nel Bronzo
Tardo siano difuse nei principali siti qui indivi-
duati, tuttavia lo stato attuale delle conoscenze non
permette di individuarvi con certezza lesistenza
di un grosso centro o di suggerire la presenza di
un palazzo, laddove lisola sembra essere stata
caratterizzata da piccoli insediamenti e fattorie con
vocazione agricola, ubicati nelle aree di massimo
potenziale produttivo. Gli stessi processi di acqui-
sizione di alcuni tratti di cultura materiale micenea
risultano ancora in larga misura ipotetici. Non
infatti defnibile con chiarezza se il processo di
micenizzazione delle isole ioniche sia da imputare
alladozione di alcuni tratti culturali tipici della
tradizione micenea (come sembrerebbero indicare
le tholoi del TE IIIA2-B/C di Zacinto e Cefalonia)
ipoteticamente introdotti dalllite (come proposto
dalla Souyoudzoglou), o ad una limitata presenza
stanziale di gruppi di Micenei allinterno di teste di
ponte fssate per fni commerciali. Le fasi di prin-
cipale acquisizione di tratti micenizzanti sembrano
aver coinciso con il TE IIIA1 ed il TE IIIA2-B/C,
quando la ceramica micenea raggiunge un buono
standard qualitativo e le tombe a camera e a tholos
emulano i modelli peloponnesiaci, probabilmente
stimolate proprio dalle regioni della Grecia occi-
dentale, dove attestato un grande incremento
nel numero dei siti in Messenia e unespansione
degli insediamenti esistenti in Elide e in Achaia.
Ad Itaca, tuttavia, la difusione di tratti culturali
micenei stata costantemente accompagnata dal
perdurare di elementi di cultura materiale tipica-
mente indigeni quali le strutture abitative con le
estremit curvilinee o la grande quantit di ceramica
fatta a mano prodotta secondo le tradizioni locali
impiegata contemporaneamente a quella micenea
, da rielaborazioni locali di elementi importati o
da acquisizioni tardive di essi. Il quadro che se ne
pu dunque trarre, alla luce delle evidenze fnora
note, sembra indicare che, dal momento della loro
acquisizione, i tratti di cultura materiale micenea si
siano sviluppati in seno alle comunit indigene con
le caratteristiche di una cultura periferica
93
. I mo-
tivi della loro acquisizione potranno essere attribuiti
alla posizione geografca delle isole ioniche, lungo
una (piuttosto ipotetica per questa fase cronologica)
rotta commerciale di collegamento tra la Grecia e
lOccidente
94
. Tuttavia, levidenza archeologica for-
nita da Itaca e dalle altre isole dellarcipelago mostra
una situazione profondamente diversa rispetto a
quella testimoniata dalle vere e proprie gateway
communities minoiche e micenee del Dodecane-
so (a Rodi) e della costa occidentale dellAnatolia
(prima fra tutte, Mileto) laddove, ad Itaca, non
attestata nessuna evidenza positiva per ladozione
del patrimonio tecnologico e/o simbolico minoico
e/o miceneo che indicherebbe limportazione di
una cultura allogena a vasto raggio (chiare struttu-
re architettoniche, evidenze dello svolgimento in
situ di pratiche religiose, sistema di pesi e misure,
afreschi etc.), ma solo limportazione/imitazione
di produzioni utilitaristiche (che potrebbe essere
avvenuta anche indirettamente) o limitazione di
alcune tipologie funerarie, probabilmente per la
autolegittimazione della lite locale.
evidente, di conseguenza, che la presenza
minoica e micenea sul sito, invocata per giustifcare
90
Heurtley 1939-40, p. 3 tav. 3; cfr. Souyoudzoglou Haywood
1999, p. 93; Kontorli Papadopoulou 2001, pp. 317-330; Kontorli
Papadopoulou-Papadopoulos 2001, pp. 65-66.
91
Heurtley 1939-40, p. 12.
92
Cfr. nota 9.
93
Souyoudzoglou Haywood 1999, pp. 140-142.
94
T. Papadopoulos - L. Kontorli Papadopoulou, Minoan
Relations with West Greece and the Ionian Islands in the Late
Bronze Age, in Proceedings of the 8
th
Cretological Congress,
Heraklion, September 1996, Heraklion 2000, Volume A2,
pp. 519-530.
87
Sulle presunte iscrizioni in Lineare A e B da Itaca
il rinvenimento di una tavoletta recante un segno
della Lineare A o B, non abbastanza strutturata
da supportare tale ipotesi. Le vie attraverso le quali
si trasmette lacquisizione di un sistema di scrittura
sono molto diverse rispetto a quelle attraverso le
quali si trasferiscono le produzioni utilitaristiche.
Limportazione di un sistema scrittorio implica
lesistenza di una struttura sociale, politica e am-
ministrativa non solo centralizzata ma, nel caso in
esame, tipicamente minoica o micenea, la cui ef-
fettiva attestazione necessita di essere rappresentata
da clusters molto pi complessi di cultura materiale.
Daltra parte, le tracce della penetrazione dei sistemi
amministrativi egei sono spesso poco evidenti (se
non del tutto assenti) anche in quei contesti dove
una presenza stanziale strutturata di gruppi di Mi-
noici o Micenei archeologicamente comprovata.
Quanto alla lineare A
95
(escludendo lattestazione
di documenti amministrativi e non redatti
con questo sistema scrittorio nelle profondamente
minoizzate Cicladi e a Citera), il suo uso attivo
attestato solo sui gi citati frammenti di pithoi (e
non su tavolette!) provenienti dallinsediamen-
to di Mileto
96
, ovvero in un contesto abitativo
enormemente pi strutturato, in riferimento ad
una presenza stanziale di Minoici, di quello che si
possa intravedere non solo nelle isole ioniche, ma
anche in altre teste di ponte o empori dove una
tale presenza pu essere ammessa con maggiore
probabilit, ad esempio a Iasos o a Rodi. Quanto
alla Lineare B, al di fuori del Continente e di Creta
possono essere solo menzionati
97
un peso di pietra
ed un frammento di kylix iscritti da Iolkos
98
, un
sasso recante una iscrizione dedicatoria da Kafkania
(Olimpia)
99
, un sigillo in avorio dalla necropoli
del Medeon (Focide)
100
ed un sigillo in ambra da
Bernstorf (Bayern)
101
. In nessuno di questi casi si
tratta di documenti amministrativi (la cui presen-
za, ripetiamo, giustifcabile solo nel contesto di
un archivio/deposito palaziale), e tutti rientrano
perfettamente negli standard tipologici e stilistici
delle iscrizioni nelle Lineari A e B, cosa che non si
pu dire nel caso delle millantate iscrizioni itacensi.
Le considerazioni condotte, dunque, portano a
concludere che i frammenti dargilla incisi, oggetto
della presente nota, non possono in alcun modo
contribuire al dibattito tuttora in corso sullidentif-
cazione della Itaca omerica e sullubicazione, sul suo
territorio, del palazzo di Odisseo, n fornire nuovi
elementi che favoriscano la discussione sui tempi, le
modalit e le forme della partecipazione dellisola al
pi vasto orizzonte culturale egeo del II millennio.
95
Non si considerano qui collegate alla difusione di pratiche
scrittorie n quali indicatori di presenze stanziali allogene le masons
marks segnalate da Kontorli Papadopoulou-Papadopoulos-Owens
2005 (p. 183 e nota 4) in Messenia. Inoltre, al di l del dibattito
circa la natura del sillabario attestato sul gi citato sasso di Kaf-
kania (Godart 2002, pp. 213-240), se ne ritiene pi verosimile
lappartenenza al segnario B, diversamente da quanto sostenuto
in G. Owens, Linear A in the Aegean: Te Further Travels of the
Minoan Script. A Study of the 30+ extra-Cretan Minoan Inscrip-
tions, in P.P. Betancourt - V. Karageorghis - R. Lafneur - W.-D.
Niemeier (a cura di), Meletemata: Studies in Aegean Archaeology
Presented to Malcolm H. Wiener as He Enters His 65
th
Year (Aegaeum
20), Lige-Austin 1999, vol. II, pp. 585-587.
96
Cfr. nota 29.
97
I due segni molto controversi vergati su due ostraka milesi
sono stati interpretati pi correttamente come marchi di vasaio;
cfr. W.-D. Niemeier, Te Mycenaeans in Western Anatolia
and the Problem of the Provenance of the Sea Peoples, in S.
Gitin - A. Mazar - E. Stern (a cura di), Mediterranean Peoples
in Transition: Tirteenth to Early Tenth Centuries B.C.E., Pro-
ceedings of the International Symposium in Jerusalem, April
3-7 1995, Jerusalem 1998, p. 37, fgg. 13-14.
98
V. Adrimi-Sismani, Muxqvotxq Icixo, in AAA 32-34,
1999-2001, p. 84, fg. 5, p. 93, fg. 17; L. Godart - V. Adrimi-
Sismani, Les inscriptions en linaire B de Dimini/Iolkos et
leur contexte archologique, in ASAtene 83 (2005), 2006,
pp. 47-70.
99
Cfr. nota 38.
100
Olivier 1999, p. 343; il sigillo stato rinvenuto in una
tomba del TE IIIC, ma si ritiene, per motivi stilistici, essere
stato eseguito in un periodo non successivo al TE IIIA1/TE
IIIB e poi ereditato.
101
R. Gebhard - K.H. Rieder, Zwei bronzezeitliche
Bernsteinobjekte mit Bild- und Schriftzeichen aus Bernstorf
(Lkr. Freising), in Germania 80 (2002), pp. 115-132. Il sigillo
datato al 1360 ca. (p. 132).
88
Matilde Civitillo
Abbreviazioni supplementari:
Bquignon 1930 = Y. Bquignon, Chronique des
fouilles et dcouvertes archologiques
dans lOrient hellnique, in BCH 54,
1930, pp. 452-528.
Del Freo 2007 = M. Del Freo, Rapport 2001-2005
sur les textes en criture hirogly-
phique crtoise, en linaire A et en
linaire B, in A. Sacconi - M. Del
Freo - L. Godart - M. Negri (a cura
di), Colloquium Romanum, Atti del
XII Colloquio Internazionale di Mice-
nologia, Roma 20-26 febbraio 2006,
vol. I, Pisa-Roma 2007, pp. 199-222.
Faure 1989 = P. Faure, Tessons inscrits du palais
de Pilikata a Ithaque, in Nestor 16.6,
sept. 1989, p. 2288.
Godart 2002 = L. Godart, Linscription de Kavkania
- Olimpie OL Zh1, in X. Arapojan-
ni - J. Raumbach - L. Godart (a cura
di), Kavkania. Die Ergebnisse der Aus-
grabung von 1994 auf dem Hgel von
Agrilitses, Mainz 2002, pp. 213-240.
Gorila II = L. Godart - J.-P. Olivier, Recueil
des inscriptions en linaire A, vol. IV
(tudes Crtoises XXI, 2), Paris 1979.
Gorila IV = L. Godart - J.-P. Olivier, Recueil
des inscriptions en linaire A, vol. IV
(tudes Crtoises XXI, 4), Paris 1982.
Gorila V = L. Godart - J.-P. Olivier, Recueil
des inscriptions en linaire A, vol. V
(tudes Crtoises XXI, 5), Paris 1985.
Heurtley 1934-1935 = W.A. Heurtley, Excavations at Itha-
ca II. Te Early Helladic settlement
at Pelikta, in BSA 35, 1934-1935,
pp. 1-44.
Heurtley 1939-40 = W.A. Heurtley, Excavations in
Ithaca 1930-35; Summary of works,
pp. 5-16; Excavations at Ithaca IV.
Summary of conclusions, in BSA 40,
1939-40, pp. 1-4.
Kontorli Papadopoulou
2001
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AE = Antico Elladico
ME = Medio Elladico
TE = Tardo Elladico
AM = Antico Minoico
MM = Medio Minoico
TM = Tardo Minoico
Te archaeological record of the Sibaritide pro-
vides ample evidence for external indigenous con-
tacts and foreign frequentation of the area prior to
the foundation of ancient Sybaris (720-710 B.C.) in
the form of imported objects found in indigenous
religious, mortuary and settlement contexts. Te
nature of these contacts has, however, remained
unclear and research on the topic has so far only
produced a range of plausible scenarios. Explana-
tions for the presence of imported goods range from
pre-colonial Greek activity to Phoenician commerce
as well as indigenous trade routes reaching outside
the Sibaritide
3
.
Research following the excavations of the Gron-
ingen Institute of Archaeology on the acropolis of
the Timpone della Motta at Francavilla Marittima
(fg. 1), approximately 12 km. north of the later
Achaean apoikia of Sybaris, between 1992 and
2004 has produced some fundamental clarifcation
of the specifc nature of both indigenous contact to
areas outside of the Sibaritide and the foreign pres-
ence in the 8th century B.C. Te results allow for
the identifcation of contacts between indigenous
communities of the Sibaritide and the Salento area.
Te primary evidence for this is the identifcation
of fragments of around 80 Salentine matt-painted
vessels in the sanctuary on the acropolis. Although
circulation over long distances of individual matt-
painted vessels is not an unknown phenomenon in
Italy, the amount of Messapian pottery (fg. 2e-g)
found on the Timpone della Motta is remarkable
and suggests actual import of indigenous pottery
from the Salento area rather than the occasional
gift exchanges among individual members of an
indigenous elite. Te Middle Geometric II-Late
Geometric Corinthian pottery, which is also
found in the sanctuary (fg. 2a-d), may very well
have arrived through this route, since Geometric
Corinthian pottery is especially frequent in the
Salento area
4
.
Foreign Euboean presence in the Sibaritide can
now also be deduced from new ceramic evidence,
which is the focus of the present article. On the
basis of this pottery we will on the following pages
argue that Euboean immigrants most likely resided
in the Sibaritide during the early Iron Age, where
they managed a pottery workshop at the foot of the
Timpone della Motta that produced a wide range
of highly Euboeanizing vessels.
At some point in time during the second quarter
of the 8th century B.C. a number of Euboean pot-
ters arrived at the indigenous Oinotrian settlement
at Timpone della Motta. Here they set up a work-
shop, which operated at least until the beginning
of the early Proto-Corinthian period, in close con-
nection to an already existing indigenous pottery
workshop and started a production of a group of
highly Euboeanizing wheel-turned pottery, which
AN EARLY EUBOEAN POTTERY WORKSHOP IN THE SIBARITIDE
1
Jan K. Jacobsen Sren Handberg Gloria P. Mittica
2
1
Tis article is part of the research project Euboean frequenta-
tion and social interaction along the Ionian South Italian coast.
Te project is generously fnanced by the Carlsberg Founda-
tion, Copenhagen, Denmark. Preliminary material studies was
made possible through research grants from the Ny Carlsberg
Foundation and the Elisabeth Munksgaard Foundation, Co-
penhagen, Denmark.
2
jan_jacobsen@hotmail.com Associated researcher, Gron-
ingen Institute of Archaeology; Sren Handberg, klash@hum.
au.dk /shhandberg@hotmail.com, PhD researcher, the Danish
National Research Foundations Centre for Black Sea Studies,
University of Aarhus, Denmark (www.pontos.dk); gloriamit-
tica@yahoo.it Specializzanda Scuola di Specializzazione in
Archeologia Classica Dinu Adamesteanu, Lecce.
3
Jacobsen 2007, 24-32, with further ref.
4
Jacobsen 2007; Jacobsen - Handberg 2009, Introduction. For
the distribution of Corinthian Geometric pottery in the Salento
area cf. DAndria 1994.
90
Jan K. Jacobsen Sren Handberg Gloria P. Mittica
we have previously named
Oinotrian-Euboean
5
. Here
it is important to stress that
the term only refers to the
geographical location of the
production, which does not
imply an indigenous stylistic
component.
Tis kerameikos was situ-
ated on a low plateau to
the south of the Timpone
della Motta ca. 300 m. from
the northern edge of the
Raganello river bed. Te re-
mains of at least two kilns are
visible on the site and several
sporadic kiln fragments have
been found across the area,
which at the present state of our knowledge appears
to cover an area of approximately 100 m2. Traces
of a contemporary indigenous settlement have
been excavated on plateau I of the Timpone della
Motta, the western extend of which is less than 200
m. east of the kerameikos area. On the other side
of the Timpone della Motta roughly 400 m. to the
northeast of the inhabited plateau I is the Macchi-
abate necropolis.

Te repertoire of the Oinotrian-Euboean produc-
tion, which at the moment amount to approxi-
mately 210 individual vessels, consists mostly of
Greek type skyphoi and indigenous type scodelle
but during the second half of the century the pro-
duction expanded to include larger craters, lekanai,
kalathiskoi, oinochoai, amphorai and bi-conical jars
decorated with typical Euboean motifs (fg. 3). Most
of the Oinotrian-Euboean pottery was found during
the excavations in the sanctuary on the uppermost
plateau of the Timpone della Motta 280 m. above
sea level. Te largest proportion has been identifed
in contexts related to the sacred buildings Vb and
Vc, which were in use in the period between ca. 800
and 660/650 B.C.
6
. Te 2008 excavations, however,
revealed examples of the Oinotrian-Euboean pottery
some distance to the east of the area of the 1992-
2004 excavations, which shows that the group was
not exclusively used in the sacred buildings Vb and
Vc but broadly used in sanctuary. Te typological
development of the Oinotrian-Euboean pottery,
based on stratigraphic sequences observed dur-
ing the excavations as well as stylistic comparison
with Italo-Geometric pottery from Pontecagnano
and Ischia as well as Greek Geometric pottery, has
already been defned
7
.
At the time of the arrival of the Euboean potters
the indigenous potters were producing handmade
matt-painted pottery of the undulating band style
particular to the area of the Sibaritide. It seems quite
certain that matt-painted pottery was produced
at the Timpone della Motta, not only due to the
peculiarity of the undulating band style and later
the cratis/fringe style, both of which are limited
to the area, but also due to the fact that a larger
misfred fragment of a late Geometric matt-painted
vessel has been found. Surface fnds collected in the
kerameikos (fg. 4c) consist exclusively of material
datable to the 8th century B.C. Apart from frag-
ments of Oinotrian-Euboean skyphoi and scodelle
the area has also yielded fragments of matt-painted
vessels, larger impasto fragments and well as numer-
ous fragments of dolia. Whereas the newly arrived
Euboean potters continued the tradition from
their homeland and made use of the turntable the
indigenous potters continued to produce the matt-
painted pottery in the coiling technique. However,
recent archaeometric analyses have shown that the
handmade matt-painted and the wheel-turned
Oinotrian-Euboean pottery were produced from
5
Jacobsen-Mittica-Handberg, 2008.
6
A preliminary excavation report is summarized in
Kleibrink 2006.
7
Jacobsen 2007, 40-52; Jacobsen-Mittica-Handberg 2008,
Fig. 1. Francavilla Marittima - Map of the archaeological site.
91 An early Euboean pottery workshop in the Sibaritide
Fig. 2a-g. Corinthian LG sherds: a) proto-kotyle (LGI); b) cup Aetos 666 type (LGI); c) kyathos; d) globular pyxis, e-g). Messapian
mat-painted vessels (closed shapes).
a
e f g
b c d
similar clay. Whether or not the diferent work-
shops extracted clay from exactly the same clay
beds remains uncertain, but suitable clay beds have
been found on the banks of the nearby Raganello
river. Te turntable was not the only technological
innovation that the Euboean potters brought with
them. Analyses have emphasized diferences in the
compactness of the fabric of the handmade matt-
painted and the Oinotrian-Euboean pottery, with
the Oinotrian-Euboean fabric being more compct
than the matt-painted fabric. Te interpretation of
this diference in compactness is still unclear but
it may account for either a diference in the treat-
ment of the clay or diferent fring temperatures.
Te kiln fragments found in the kerameikos are
of a common Greek type with perforated foor.
Similar kiln fragments were found incorporated
into the Cerchio Reale tumulus at the Macchiabate
necropolis during the excavations in the 1960s
8
.
At the time of the excavations the excavator Paola
Zancani Montuoro supposed that a kerameikos
had existed in the area of the necropolis. Since the
Cerchio Reale tumulus is contemporary with the
kerameikos Zancani Montuoros supposition seems
unlikely. Te Cerchio Reale tumulus was, as all the
tumuli at the Macchiabate, constructed with the use
of river stones collected from the Raganello river.
Te kiln fragments incorporated into the tumulus
were therefore presumably collected together with
the river stones and then subsequently incorporated
into the tumulus construction. Te topographical
location of the kerameikos on the southern side of
the Timpone della Motta as well as the fact that
kilns are still preserved in situ suggest that the kiln
fragments from the Macchiabate could come from
another early kerameikos also situated close to the
Raganello, but further to the east and closer to the
Macchiabate necropolis.
Te historical outline presented above is of course
not unique in the western Mediterranean. A similar
situation involving expatriated Greek potters has al-
ready been observed at several sites in e.g. Campania
and Etruria and most prominently at Pithekoussai
on Ischia. Already from the earliest period of the
existence of the settlement Pithekoussai housed
Greek pottery workshops, which produced close
8
Zancani Montuoro 1979.
92
Jan K. Jacobsen Sren Handberg Gloria P. Mittica
copies of imported vessels, such as drinking cups,
which in terms of style have proven difcult to dis-
tinguish from actual imports. Imitations of drink-
ing vessels such as the Aetos 666 kotylai, Tapsos
cups and early Proto-Corinthian kotylai as well
as pouring vessels such as oinochoai and lekythoi
occur regularly in the Pithekoussan graves, and in
the last quarter of the 8th century B.C. Corinthian
potters, who had immigrated from Corinth, added
to the ceramic output by producing high quality
aryballoi, produced in a local clay, which exhibit
a craftsmanship and stylistic repertoire that could
easily compete with that of Corinth itself
9
.
At the same time other workshops produced
large craters in a decorative style closely linked to
the Cesnola Painter and applying familiar Euboean
motifs such as the tree of life and horses at a
manger. Other Ischian craters were decorated with
a more mundane geometric pattern derived from an
Euboean/Cycladic origin. One such crater with a
complex geometric decoration and a Greek dipinto
from grave 168 in Pithekoussai provides a valuable
comparandum for a similarly decorated crater found
in the sanctuary on the Timpone della Motta, which
also carries a dipinto in Greek letters (fg. 4a-b)
10
.
During the second half of the 8th and the early part
of the 7th centuries B.C. workshops in Etruria, some
of which probably housed dislocated Greek potters
from Ischia, produced a range of Italo-Geometric
vessels consisting of Greek shapes decorated in an
Euboean/Boeotian and sometimes Corinthian in-
spired style with the crater as the preferred shape
11
.
Tis phenomenon is, however, not confned to
Campania and Etruria alone and Laurence Mercuri
has in a recent publication convincingly argued for
the presence of foreign potters at Canale-Ianchina,
who were involved in the production of Euboean
inspired cups and craters decorated with birds
12
.
Te Oinotrian-Euboean group from the Tim-
pone della Motta also includes a number of vessels,
which are stylistically very close to the Euboean late
Geometric fgure decorated pottery, which strongly
indicate the hands of Euboean painters. Tis is
best exemplifed by the fnd of a fragmented stand
probably pertaining to a crater (fg. 4e). Te stand
is decorated with a frieze bordered by horizontal
straight and wavy lines above and below. Te frieze
contains three grazing horses standing over triangles
with a box on top. Te drawing is consistent and the
composition well balanced, which suggest that the
painter was comfortable with this motif. Te style
is closely related to that of the Cesnola Painter and
in particular the Cesnolan inspired production at
Pithekoussai where the triangles with a box was
also used. Apart from these two places the motif
does not occur in the western Mediterranean. Some
recently published fragments from the area of the
Apollon Daphnphoros sanctuary in Eretria with
the exact same motif suggest, however, that the stand
from the Timpone della Motta was directly inspired
from the Eretrian model and not an adaption of the
Cesnola style
13
. As at Pithekoussai numerous vessels
can be attributed to the group among these a frag-
ment of a second stand depicting the hind quarters
of a horse and a vertical crosshatched separating bar.
A newly excavated fragment found in 2008 with
a representation of a bird can probably also be at-
tributed to this group (fg. 4d). Most interestingly a
fragment, which also comes from a stand, has been
found in the area of the kerameikos.
Traditionally the identifcation of the works of
Greek potters in Italo-Geometric pottery, as ex-
emplifed above, has relied foremost on a stylistic
qualitative comparison, which focuses on the degree
of correspondence between Italo-Geometric and
genuine Euboean pottery. Italo-Geometric vessels
with a more generic similarity with Greek pottery
are normally regarded as the works of indigenous
potters copying Greek prototypes. Already as early
as 1932 Alan Blakeway published a qualitative
grouping system, in which he sought to distinguish
between Greek and indigenous pottery on the basis
of style and shape
14
.
In the case of the Oinotrian-Euboean group a
range of technical observations enforce the iden-
tifcation of Greek craftsmanship. Tis is frst and
foremost evident in the use of the fast turning
potters wheel and the multiple brush. Two other
important features, the application of a shiny glaze
on the exterior and interior of the vessels and the bi-
chrome black and white decoration, refect a Greek
technological tradition. While the involvement of
9
Neeft 1987, 59-65 with further ref.
10
Buchner-Ridgway 1993, tav. 67-70.
11
On Italo-Geometric pottery cf. Blakeway 1932-33, ker-
strm 1943, Canciani 1987.
12
Mercuri 2004, 122 f.
13
Huber 2003, pl. 71, H93-H98.
14
Blakeway 1932-33, 192.
93 An early Euboean pottery workshop in the Sibaritide
Fig. 3. Vessels in Oinotrian-Euboean style: a) skyphos; b) lekane; e, i) crater; c, d, f, g, h) closed shapes.
a
b
e
f
h i
c
d
g
94
Jan K. Jacobsen Sren Handberg Gloria P. Mittica
Fig. 4. Vessels in Oinotrian-Euboean style: a-b) crater; c) skyphos; d) large vessel; e) stand from a crater in the style of the Cesnola
Painter.
a
b
c
d
e
95 An early Euboean pottery workshop in the Sibaritide
Greek potters appears obvious indigenous individu-
als are unattested. According to Blakeways criteria,
vessels which exhibit a less developed technique
and style, can be attributed to indigenous potters
attempting to achieve products that would appear
Greek. Such vessels, which for instance are unevenly
thrown and/or decorated in an insecure style, are
indeed found among the Oinotrian-Euboean pot-
tery, but the existence of an indigenous typological,
technological and stylistic fne ware tradition, which
is clearly distinct from the Greek tradition, strongly
suggests that we refrain from using such qualitative
criteria on the Oinotrian-Euboean pottery.
A comparison of the Oinotrian-Euboean and the
matt-painted pottery clearly reveals that there were
no fundamental technologic or stylistic transmis-
sion between the two workshops, which strongly
indicates that they were ethnically clearly distinct.
Indigenous matt-painted pottery was manufactured
by hand, frst by modelling clay rings and then by
polishing the surface of the vessel, a technique that
continued throughout the 8th century B.C. Te
Oinotrian-Euboean vessels on the other hand are
always wheel-thrown. A strict typological division
between the two groups is evident. Matt-painted
potters relied exclusively on indigenous shapes
such as askoi, scodelle and bi-conic jars, which
only underwent minor typological developments in
the course of the 8th century B.C. In contrast, the
Oinotrian-Euboean potters produced typical Greek
shapes, of which especially the skyphoi followed the
rapid typological development of the Geometric
skyphos in Greece itself. Two indigenous shapes,
the bi-conical jar and the scodella are, however,
found among the Oinotrian-Euboean production,
but these vessels should not be viewed as indigenous
adoption of Oinotrian-Euboean style, but rather
as the result of Greeks producing vessels destined
for indigenous consumers. Tis phenomenon is
obviously paralleled in the production of Italo-
Geometric bi-conic urns in Etruria for indigenous
recipients
15
.
Such a concept of marketing and targeting was
not unfamiliar to Euboean potters who had already
produced plates with geometric decoration for a
Phoenician market, which John Boardman describes
as a clear case of production to satisfy a particular
market in Cyprus which had taken note of Euboean
sub-Protogeometric decoration and fancied it
enough to use it
16
. When looking at the stylistic
concepts and primary motifs the diference between
Oinotrian-Euboean and matt-painted pottery is
even more pronounced. Te decorative schemes and
repertoire of motifs on the indigenous matt-painted
pottery was completely neglected by the Euboean
potters, who decorated their vessels with strictly
geometric decoration of distinct Euboean/Cycladic
origin. Te indigenous potters also remained largely
immune to the Oinotrian-Euboean style and only
occasionally adopted single Greek motifs like the
lozenge, which they incorporated into otherwise
traditional indigenous decorative systems.
Te material evidence presented above justifes the
location of an Euboean workshop at the Timpone
della Motta already sometime before the middle of
the 8th century B.C. Te clear diferences in the
productions of Oinotrian-Euboean and indigenous
matt-painted pottery presented here is, in our opin-
ion, sufcient evidence for favouring the application
of a conceptual rather than a qualitative division
in the assessment of the involvement of Greek and
indigenous craftsmen.
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1. Questo contributo dedicato alla presentazio-
ne di un eccezionale scarabeo rinvenuto durante
lesplorazione archeologica preliminare del nuovo
tracciato della SP 25 Fuorni-Gifoni Valla Piana,
nel tratto interessato dal progetto del termovaloriz-
zatore di Salerno in loc. Cupa di Siglia
1
.
Il tracciato viario incide le pendici orientali del
colle di Monte Vetrano che domina laccesso occi-
dentale della piana costiera dellAgro Picentino, in
una formidabile posizione strategica: a nord-ovest
guarda, infatti, il corridoio pedemontano solcato
dal torrente Fuorni, che conduce a Fratte e alla
Valle dellIrno; sul versante orientale rivolto verso il
corso del Picentino, controlla il percorso che risale
la media valle del fume, verso S. Maria a Vico e
Gifoni Valle Piana: una via obbligata, non a caso
ancora documentata in et medievale.
Nel corso delle II fase della I Et del Ferro il col-
le accoglie un insediamento molto articolato che
perdura fno allinizio del VII sec. a.C.: labitato,
collocato in altura, sembra interessare i rilievi del
Castello, del Tuoppolo e del Tuoppolo delle Donne
in cui si articola il colle, mentre le pendici sono
circondate dalle necropoli, di cui sono stati esplorati
estesi segmenti in loc. Porte di Ferro a nord-ovest,
Fontanelle a sud e Cupa di Siglia a est.
Un ulteriore nucleo di tombe segnalato pi
a sud in loc. Ostaglio ed stato connesso ad un
avamposto ubicato sul colle di Castel Vernieri che
chiude sulla riva destra lo sbocco nella piana del
torrente Fuorni
2
(fg. 1).
opportuno inquadrare il rinvenimento dello
scarabeo allinterno del pi ampio contesto del sito
di Monte Vetrano, delineando i caratteri salienti
della cultura materiale.
Sia a Boscarello-Cupa di Siglia che nelle localit
sopra citate, le sepolture sono organizzate per lotti,
divisi tra loro da fasce di rispetto, libere. In que-
sto ultimo caso, la fascia di risparmio rimarcata
anche da uno stretto limite in ciottoli. Allinterno
di tali ripartizioni si riconosce una pianifcazione
per nuclei familiari, articolati intorno a tombe
emergenti. Sono stati individuati almeno tre lotti
e indagate oltre cento sepolture, che presentano
diferenti tipologie sepolcrali: a fossa terragna, di
forma rettangolare con angoli smussati, rivestita
da ciottoli fuviali eterogenei (prevalentemente
calcarei, subordinatamente tufacei o arenacei), con
UNO SCARABEO DEL LYRE-PLAYER GROUP DA MONTE VETRANO (SALERNO)
Luca Cerchiai Maria Luisa Nava
1
Lo scavo stato eseguito dal Dipartimento di Beni Culturali
dellUniversit di Salerno, sotto lalta sorveglianza scientifca
della Soprintendenza archeologica, nellambito di una con-
venzione stipulata con il Commissario delegato-Sindaco di
Salerno. Lesplorazione stata programmata alla luce dei risul-
tati conseguiti attraverso la valutazione preliminare di impatto
archeologico nel quadro di unefcace e profcua collaborazione
istituzionale. Il coordinamento del cantiere stato afdato al
dott. A. Rossi; il restauro e la riproduzione fotografca dello sca-
rabeo sono stati eseguiti nei laboratori del Museo Archeologico
Nazionale dellAgro Picentino, ad opera, rispettivamente, di R.
Basso e S. Stompanato.
2
G. Tocco Sciarelli, Attivit della Soprintendenza di Salerno,
Avellino e Benevento, in Magna Grecia e Oriente mediterraneo
prima dellet ellenistica, Atti XXXIX Convegno di studi sulla
Magna Grecia (Taranto 1999), Taranto 2000, pp. 665-666;
Cinquantaquattro 2001, pp. 95-97; M.A. Iannelli, Salerno -
Montevetrano. La necropoli di Fontanelle e L. Giliberto, La
tomba n. 29 in loc. Fontanelle, in Le principesse vestite di bronzo
(Catalogo mostra, Eboli 2004), Roma 2004, rispettivamente pp.
33-40 e 41-46. Lo scavo della necropoli in loc. Boscarello-Cupa
di Siglia stato condotto dalla Soprintendenza Archeologica
di Salerno e Avellino, a seguito di esplorazioni preventive per
la costruzione del metanodotto di alimentazione alla futura
Centrale Termoelettrica di Salerno: cfr. M.L. Nava, Lattivit
archeologica nelle province di Salerno e Avellino nel 2008, in
Cuma, Atti XLVIII Convegno di studi sulla Magna Grecia,
Taranto 2008, in corso di stampa.
98
Luca Cerchiai Maria Luisa Nava
ornamentali. Le defunte sono
sepolte con i tipici abiti, chiu-
si da fbule di varia tipologia e
decorati a motivi geometrici
formati da anelli e borchiette
di bronzo.
In genere la parure perso-
nale comprende orecchini in
bronzo o in argento con vago
dambra, collane in ambra,
bracciali in bronzo, pendagli
in bronzo e in argento con
scarabei incastonati. Il brac-
ciale pi frequentemente
attestato quello omerale in
lamina di bronzo, rinvenuto
anche in pi esemplari, larga-
mente difuso in area etrusca,
laziale e campana. Si segna-
lano, inoltre, i pendenti zo-
omorf in bronzo, tipici della
cultura di Oliveto-Cairano.
Lattivit della filatura e
tessitura testimoniata dalla
diffusa presenza di fusaio-
le e rocchetti dimpasto. Il
corredo vascolare, oltre al
vasellame canonico, mostra
la presenza dello scodellone
carenato su alto piede con
anse plastiche cosiddette a
cavallino, tipico dei corredi
emergenti del vicino centro
di Pontecagnano.
Nelle tombe maschili le armi, associate talvolta a
utensili in ferro, contraddistinguono il defunto e il
relativo rango sociale. Laspetto guerriero caratteriz-
zato dalla presenza della spada in ferro con fodero in
bronzo, che ancora una volta fornisce una puntuale
analogia con la vicina Pontecagnano.
presente anche lo strumentario da fuoco, atte-
stato soprattutto da fasci di spiedi in ferro. Gli or-
namenti personali risultano essenziali e si limitano
per lo pi alla grande fbula in bronzo, da parata,
posta sul petto.
In generale il corredo vascolare risulta disposto
prevalentemente ai piedi del defunto e presenta
vasellame ceramico caratterizzato da forme e mo-
tivi decorativi tipici di Pontecagnano. Subordinato
risulta in questo caso lapporto della cultura di
Fig. 1: Il Colle di Monte Vetrano: 1) loc. Porte di Ferro; 2) loc. Fontanelle; 3) scavi
metanodotto; 4) scavi delocalizzazione SP 25 (pianta Amedeo Rossi, rielaborata da
Cinquantaquattro 2001).
la copertura costituita da un tumulo di ciottoli di
analoga natura; a cassa con lastroni di travertino
sbozzati grossolanamente; a enchytrismos nel caso
di sepolture di bambini.
Le sepolture a fossa costituiscono la tipologia pi
comune. Sono collocate ad una profondit variabile
a seconda dello status del defunto. Sono state indi-
viduate anche due sepolture a cassa (tombe 59-60)
e tre ad enchytrismos (tombe 15, 18 e 40).
Nella maggior parte dei casi si tratta di sepoltu-
re ad inumazione, ma talvolta per le deposizioni
emergenti attestata la pratica dellincinerazione:
lorizzonte cronologico di riferimento lOrienta-
lizzante Antico (fne VIII-inizi VII sec. a.C.).
I corredi femminili di maggior rilievo si carat-
terizzano per la presenza di complesse parures
99 Uno scarabeo del Lyre-Player Group da Monte Vetrano (Salerno)
Monte Vetrano. La tomba 74 (foto Sopr. Archeol. Salerno). Fig. 2. La tomba al momento dello scavo. Fig. 3. Il servizio
dei vasi di bronzo con la situla tipo Kurd, la cista, il vaso biconico e lincensiere. Fig. 4. Il servizio dei vasi di bronzo e la
navicella nuragica. Fig. 5. La navicella nuragica. Fig. 6. Lincensiere di bronzo. Fig. 7. La conocchia.
2
3
4
6
7
5
100
Luca Cerchiai Maria Luisa Nava
Oliveto-Cairano. Signifcativa la presenza, nei
corredi di maggior prestigio, di vasellame in bronzo
sia di produzione che dimitazione etrusca.
Eccezionale risulta il corredo della tomba 74, del
terzo quarto dellVIII sec., collocata in posizione
centrale rispetto alle sepolture individuate in uno
dei lotti (fg. 2). Si tratta di una tomba a fossa ad
incinerazione, in cui il ruolo di spicco della defun-
ta sottolineato sia dal rituale funerario che dagli
elementi del corredo. Di particolare interesse la
qualit e la quantit del corredo bronzeo, costitui-
to da sei forme tra cui una cista, unanfora biconica
e una situla di tipo Kurd
3
(fgg. 3-4).
Esse sono legate alle varie fasi del rituale funebre:
il banchetto, lincinerazione, la raccolta e conserva-
zione nellurna biconica delle ceneri. Precisi risultano
i confronti con esemplari dellEtruria meridionale.
Di grande rilevanza appare la presenza di una na-
vicella in bronzo, di fattura nuragica
4
(fgg. 4-5), che
accentua la diversit e limportanza del ruolo sociale
rivestito da questa defunta allinterno della propria
comunit, sottolineata altres dal rinvenimento,
3
Lassociazione dellanfora biconica con la situla di tipo Kurd
ricorre nelle T. 4461 di Pontecagnano: L. Cerchiai, Una tomba
principesca dellOrientalizzante antico a Pontecagnano, in StEtr
LIII, 1985, pp. 27-42; Idem, La situle de type Kurd dcouverte
dans la tombe 4461 de Pontecagnano, in Les princes celtes et la
Mditerrane, Paris 1998 pp. 103-08.
4
Per quanto attiene alla tipologia del nostro reperto, pu
osservarsi come, tra laltro, presenti stringenti analogie con la
navicella proveniente da Is Argiolas, Bultei. Si tratta del terzo, ed
inserito nel contesto pi antico, esemplare di navicella nuragica
rinvenuto nellItalia peninsulare: i due reperti precedentemente
noti provengono luno dal cd. Tesoro di Hera di Crotone (datato
al VI sec. a.C.) e laltro dallarea di Porto (Ostia). Non forse fuor
di luogo osservare a questo proposito come i ritrovamenti sopra
citati possano divenire indicatori per una revisione cronologica
delle testimonianze sarde, per le quali, a questo punto, sembrereb-
be non potersi escludere una dilatazione diacronica che potrebbe
estendersi oltre i termini sino ad ora indicati del Bronzo Finale,
ed abbracciare anche periodi ben recenziori. Si avverte, dunque,
la necessit di un ripensamento, almeno del termine post quem
per la classe delle navicelle nauragiche, sulla base sia di una verifca
approfondita dei contesti di provenienza, sia di una pi puntuale
analisi tipologica, che potrebbe portare allidentifcazione anche
di unevoluzione diacronica dei tipi. Sulla questione cfr. F. Lo
Schiavo, Ancora sulle navicelle nuragiche, in B. Adembri (a cura
di), AEIMNHESTOS. Miscellanea di studi per Mauro Cristofani,
Firenze 2005, pp. 192-209; A. Depalmas, Le navicelle in bronzo
della Sardegna nuragica, Cagliari 2005.
Fig. 8a-d. Monte Vetrano, scarabeo (foto Sopr. Archeol. Salerno).
a
c d
b
101 Uno scarabeo del Lyre-Player Group da Monte Vetrano (Salerno)
lungo il lato destro della tomba, di un incensiere in
bronzo (fg. 6) e di una conocchia che trova precisi
confronti in una tomba di Capua
5
(fg. 7).
Tutto ci avvalora linterpretazione che ci si possa
trovare di fronte ad un personaggio di altissimo ceto
sociale che rivestiva funzioni e cariche particolari, con
tutta probabilit anche di tipo cultuale e religioso.
Di rilevante interesse anche la sequenza strati-
grafca sottostante la paleosuperfcie utilizzata dalla
necropoli. Lanalisi geoarcheologia ha portato al
riconoscimento di un ash fall di et protostorica,
sovrimposto ad una colmata eluviale e riferibile a
fasi erosionali particolarmente accentuate della I Et
del Bronzo. I depositi eluviali protostorici sigillano
una paleosuperfcie di frequentazione riferibile al
Neolitico medio-fnale.
I dati della cultura materiale forniscono, dunque,
per Monte Vetrano limmagine di una comunit mi-
sta, cui Pontecagnano consente di insediarsi in fun-
zione di controllo ai margini del proprio territorio.
Il gruppo di Monte Vetrano marcato dalla presen-
za di componenti culturali esterne rispetto al centro
villanoviano: evidenti sono soprattutto i rapporti con
i gruppi di facies Oliveto Citra-Cairano stanziati nel
retroterra collinare dei Monti Picentini, a S. Maria
a Vico, Montecorvino Rovella (localit Castel Ne-
bulano e Madonna delle Grazie), Olevano sul Tu-
sciano; ma nella necropoli sono documentate anche
ceramiche prodotte a Capua e nella Valle del Sarno.
Nello stesso tempo il gruppo di Monte Vetrano
rivela uneccezionale propensione alle dinamiche di
scambio, evidentemente in rapporto alla funzione
di controllo del corso del Picentino: emblematico ,
a tale proposito, lindicatore costituito dalla sopra
ricordata barchetta nuragica in bronzo, che apre
nuove prospettive di ricerca.
2. Lo scarabeo (fg. 8) stato rinvenuto fuori
contesto in un settore dello scavo sconvolto da
scassi agricoli che hanno gravemente compromesso
la conservazione delle sepolture dellEt del Ferro e
dellOrientalizzante
Insieme si sono recuperati materiali ancora inqua-
drabili nel periodo fnale della II fase della Et del
Ferro (Fase II B di Pontecagnano)
6
, che consentono,
se non altro a livello di ipotesi, di datare lo scarabeo
nel III quarto dellVIII sec a.C.
Lungh. 2; largh. 1,5; h. max. 0,9; sullasse mag-
giore, fori per linserzione del pendente: diam.
0, 25 e 0,3.
Pietra grigia con venatura bianca.
Dello scarabeo resa accuratamente la testa, in
cui sono distinti a incisione il clipeo a ventaglio
e i grandi occhi a losanga. Sul corpo bombato
una linea perimetrale incisa, interrotta in corri-
spondenza dellestremit posteriore, delinea lo
sviluppo del protorace e lampiezza delle elitre
che, per, sul dorso non risultano distinte. Manca
lindicazione delle zampe. Sotto la base di ap-
poggio dellanimale ricavata nello spessore una
modanatura concava in cui, lungo lasse maggiore,
sono praticati i fori per linserzione del pendente.
Sulla faccia inferiore piatta una complessa scena
fgurata iscritta allinterno di un ovale inciso a
linea semplice. Le fgure presentano silhouettes
incise e le testa incavate con un punzone.
Scena di danza con sette personaggi e tre uccelli
intorno ad unanfora montata su un alto sostegno.
Da sinistra a destra: 1) danzatore restrospiciente,
con il corpo rivolto a sinistra; il braccio destro di-
steso lungo il corpo; le gambe sono fesse, in atto di
saltare. 2) danzatore rivolto a destra, con le braccia
ripiegate allindietro: quello destro si sovrappone
al busto della fgura 1); di quello sinistro reso
solo lavambraccio, con unincisione, praticata dal
basso verso lalto, che parte dal bacino; le gambe,
fesse, poggiano a terra. 3) fgura maschile rivolta
a destra, con le gambe fesse, poggianti a terra: con
la mano destra, sollevata e aperta, impugna una
lunga canna ricurva da cui succhia allinterno di
unanfora; il braccio sinistro disteso, con la mano
aperta appoggiata al ginocchio. 4) fgura femmi-
nile di piccole dimensioni, vestita di lunga gonna
stretta alla vita e di una sorta di mantella: rivolta
verso sinistra, solleva la testa e le braccia verso la
fgura 3). Al centro della scena: 5) grande anfora
inserita su un sostegno con gambe connesse da
5
Tomba 386: W. Johannowsky, Materiali di et arcaica dalla
Campania, Napoli 1983, pp. 100-01, tavv. IX e 2b.
6
I materiali sono costituiti da ornamenti in bronzo distribuiti
in distinte unit stratigrafche: una fbula ad arco serpeggiante a
gomito con ardiglione bifdo (Pontecagnano II. 1, 32Eb1a), una
a drago con molla e ardiglione bifdo (Pontecagnano II. 1, 32F1b),
due esemplari a sanguisuga piena (Pontecagnano II. 1, 32C9), una
fbula ad arco rivestito di vaghi dambra con stafa simmetrica
(Pontecagnano II. 1, 32C7), unarmilla (Pontecagnano II. 1, 37A1).
Sulla sequenza dellEt del Ferro di Pontecagnano cfr., da ultimo,
S. De Natale, La tabella di seriazione, in G. Bailo Modesti e P.
Gastaldi (a cura di), Prima di Pithecusa. I pi antichi materiali
greci del Golfo di Salerno (Catalogo della mostra, Pontecagnano
1999), Napoli 1999, pp. 76-83.
102
Luca Cerchiai Maria Luisa Nava
una doppia traversa orizzontale; lanfora presenta
un labbro a tesa, collo distinto, corpo afusolato
che termina con un puntale piriforme e due anse
impostate sotto il punto di massima espansione.
A destra dellanfora: 6) fautista con le gambe a
sinistra e testa e busto inclinato rivolti in direzione
opposta: suona uno strumento, probabilmente,
a due canne, in equilibrio sulla gamba sinistra
mentre solleva laltra a squadra. Sotto le sue gam-
be: 7) fgura femminile di proflo a destra, vestita
di lunga tunica e seduta su un basso cuscino: essa
sembra rivolgersi verso il sesso del fautista di
cui sostiene la gamba alzata con la mano sinistra
mentre solleva laltra, aperta, allaltezza del volto.
8) suonatore di lira stante di proflo a sinistra: egli
impugna lo strumento musicale davanti alla testa,
sollevandolo con il braccio sinistro in primo piano.
Della lira sono distinti la profonda cassa armonica,
i bracci e la traversa orizzontale da cui sono tese
quattro corde. Tra i suonatori di fauto e lira: 9)
basso elemento vegetale con estremit cuspidata
e rami sottili che spuntano dallesile fusto. Ai lati
dellanfora: 10-12) tre uccelli con alte zampe e coda
allungata: essi sono posati sulla canna ricurva della
fgura 3), su unansa dellanfora 5) e sulla gamba
sollevata della fgura 6).
3. Lo scarabeo pu essere inserito nel Lyre-Player
Group, allinterno di un gruppo ristretto di esempla-
ri di eccezionale fattura per lo stile e la complessit
delle rappresentazioni fgurate
7
.
Il confronto si fonda innanzitutto sulla resa della
morfologia dellanimale: nella testa sono distinti i
particolari del clipeo e degli occhi a losanga che
contraddistinguono un gruppo di quattro scarabei
attribuiti da J. Boardman ad una stessa mano: tra
essi, uno rinvenuto a Tarquinia e conservato presso
la Bibliothque Nationale di Parigi, reca sulla faccia
inferiore una complessa composizione su tre registri
che, stando al disegno, appare stilisticamente vicina
allesemplare di Monte Vetrano per quanto attiene
la resa delle silhouettes e delle teste dei personaggi
8
.
Un confronto ancora pi stringente istituibile
con uno scarabeo rinvenuto nellArea Sacrifcale
Nord a Eretria, recentemente ripubblicato da S.
Huber, anchesso caratterizzato dagli stilemi del
clipeo e degli occhi a losanga: sotto la base incisa
una scena di processione verso una fgura in trono,
cui partecipano un suonatore di lira, uno di tam-
burello inginocchiato e un fautista
9
.
J. Boardman ha accostato lesemplare di Eretria
ad uno scarabeo della collezione Seyrig: in questo
caso nella processione si aggiungono alla schiera
dei musici un uccello posato su una delle canne del
doppio fauto e, soprattutto, una fgura femminile
che reca sulla testa unanfora da cui emergono due
cannucce, a delineare un consumo simile a quello
rafgurato sul sigillo di Monte Vetrano
10
.
Il motivo di aspirare il liquido dallanfora me-
diante una lunga canna attestato su due esemplari
da Jalisos e Gerusalemme, dove il protagonista
dellazione , per, costituito dal suonatore di lira
seduto in trono
11
: diversa in essi anche la resa
dellanfora, con il corpo ovoide campito da un
motivo a croce, mentre nello scarabeo di Monte Ve-
trano il contenitore, per il collo e il labbro distinti,
la spalla ampia e limpostazione delle anse sotto la
carena al punto di massima espansione, richiama
la forma dellanfora cananea
12
: se il confronto
accettabile, esso pu costituire un valido indizio
della matrice levantina dellincisore
13
.
Se i confronti fondati su specifci sintagmi con-
7
Sulla classe del Lyre-Player Group essenziali sono Porada
1956, Buchner-Boardman 1966, Boardman 1990. Ad essi
si aggiungano Cristofani Martelli 1988 e Huber 2003, I, pp.
91-92. Una sintesi recentissima in T. Hodos, Local Response to
Colonization in the Iron Age Mediterranean, London and New
York 2006, pp. 67-70.
8
Boardman 1990, p. 6 n. 40, 41 (Etruria), 44 ter (Francavilla),
120 bis (Asia Minore). I disegni del dorso degli scarabei nn. 40-
41 sono riportati in Buchner-Boardman 1966, fgg. 31-32; la
foto del dorso dello scarabeo 44 ter in Boardman 1990, fg. 7b.
9
Huber 2003, O 188: I, p. 91; II, p. 61, tavv. 49, 128.
10
Boardman 1990, n. 167, p. 8, fg. 16; Dentzer 1982, p.
32 nota 118, pl. 5, fg. 27 (calco).
11
Boardman 1990, pp. 8-9, nn. 87 A (= Cristofani Martelli
1988, p. 111, fg. 8b) e 163.
12
A.G. Sagona, Levantine storage jars of the 13
th
to 4
th

century B.C., in OpAth XIV, 7, 1982, pp. 73-110: senza
pretendere il rigore di un disegno archeologico, il proflo
dellanfora sullo scarabeo potrebbe essere avvicinato ai tipi 2
e 3 della sua classifcazione. Lo stesso tipo di anfora attestato
a Pitecusa e Cuma: G. Buchner - D. Ridgway, Pithekoussai I.
La necropoli: tombe 1-723 scavate dal 1952 al 1961, MonAnt
Serie Monografca IV (LV della Serie Generale), 1993, p.
734: (IX) grezza importata, di tipo fenicio, cui si aggiunga T.
483, n. 26, p. 487, tav. 144; N. Di Sandro, La anfore arcaiche
dallo scarico Gosetti, Pithecusa, Cahiers du Centre Jean Brard
XII 1986, pp. 91-99; F. Zevi - F. Demma - E. Nuzzo - C.
Rescigno - C. Valeri (a cura di), Museo archeologico dei Campi
Flegrei. Catalogo generale. 1. Cuma, Napoli 2008, Tomba a
cremazione, senza ricettacolo (Gabrici XXXVI), p. 198 (L.
Petacco).
13
Il luogo di produzione del Lyre-Player Group oscilla, come
noto, nel dibattito tra gli specialisti tra Rodi e la Siria setten-
trionale: cfr. solo la messa a punto di Huber 2003, I, pp. 91-92.
103 Uno scarabeo del Lyre-Player Group da Monte Vetrano (Salerno)
sentono di inquadrare il nostro esemplare nellam-
bito del Lyre-Player Group
14
, unico e problematico
resta, nella sua costruzione complessa, lo schema
compositivo della scena di danza, profondamente
diversa dal motivo orientale della processione
cultuale con musici attestato, ad es., sullAnfora
Hubbard o sulle coppe fenicio-cipriote
15
.
La danza si svolge in assenza della divinit e ruota
intorno allanfora a cui si abbevera il ballerino: il
grande contenitore suscita lebbrezza alcolica dovuta
al vino o, piuttosto, ad una bevanda fermentata
come la birra che la lunga canna serve ad aspirare,
fltrandola dalle impurit
16
.
In questa prospettiva si pu ricordare come nella
tradizione iconografica orientale un confronto
signifcativo sia istituibile con la fgura di Bes raf-
fgurato su scarabei mentre balla bevendo con la
cannuccia
17
.
Ma ancora pi strette appaiono le analogie con
liconografa greca del komos
18
, cui rimandano la
nudit delle fgure maschili (compreso il suonatore di
lira), la gestualit dei ballerini, il carattere acrobatico
e, al tempo stesso, probabilmente osceno della per-
formance del fautista che danza, rivolto allindietro,
in precario equilibrio su un solo piede, sollevando
laltra gamba sopra una donna accovacciata.
Ci pone il problema dellorigine e delle eventuali
mediazioni dello schema iconografco attestato sullo
scarabeo di Monte Vetrano in cui potrebbe ricono-
scersi il prodotto di un artigiano orientale, eseguito
in un ambiente aperto allinterazione con i Greci:
infatti, se davvero pu ipotizzarsi uninterferenza
con il tema del komos, questa fltrata attraverso
le coordinate della tradizione levantina, come
assicurato dal tipo dellanfora e, soprattutto, dalla
tecnica di aspirare la bevanda con la cannuccia
19
.
Questo modo di bere continua a sussistere in
Armenia ancora ai tempi di Ciro il Giovane
20
e
signifcativamente connesso da Archiloco alla
birra dorzo (bryton) consumata da barbari come i
Traci o i Frigi
21
.
Sul flo di questa ipotesi potrebbe nascere la tenta-
zione di richiamare a confronto della scena incisa il
sistema cerimoniale del Marzeah documentato dai
testi
22
, di cui si opportunamente valorizzata lin-
cidenza in Occidente sia in rapporto allo sviluppo
del modello del simposio sdraiato sia in rapporto
al consumo cerimoniale delle carni e del vino da
parte delle aristocrazie etrusche
23
, ma si deve sot-
tolineare come limmagine dello scarabeo presenti
una autonomia irriducibile rispetto alle pratiche
descritte dalle fonti, anche se mette in scena una
non dissimile esperienza di gestione controllata
dellebbrezza.
14
Al repertorio iconografco del gruppo rimanda anche il tipo
della veste femminile della fgura 4), su cui Buchner-Boardman
1960, p. 44.
15
P. Dikaios, An Iron Age painted amphora in the Cyprus
Museum, in BSA XXXVII, 1936-37, pp. 56-72; G. Markoe,
Phoenician bronze and silver bowls from Cyprus and the Medi-
terranean, Berkeley 1985, pp. 56-59. V. Karageorghis - J. Des
Gagniers, La cramique chypriote de style fgur - Age du Fer
(1050-500 Av. J.-C.), Roma 1974 pp. 8-9. Per una discussione
del motivo del banchetto rituale con musici sul Lyre-Player
Group cfr. Buchner-Boardman 1966, pp. 48-50.
16
Cfr. ad es. Cl. Simon, Rpes, siphons ou philtres pour
pailles: developpement gyptien dun art de boire, in Sesto
congresso internazionale di Egittologia (Torino, 1991), Torino
1992, pp. 555-63; M.M. Homan, Beer and Its Drinkers: An
Ancient Near Eastern Love Story, in Near Eastern Archaeology
67, 2, 2004, pp. 84-95; sul cerimoniale del bere insieme dallo
stesso vaso cfr. anche M. Tonussi, Vasi con beccucci multipli
per banchetti cerimoniali in Mesopotamia e Anatolia nel III-II
millennio a.C., in R. Bortolin e A. Pistellato, Alimentazione e
banchetto. Forme e valori della commensalit dalla preistoria alla
tarda antichit, Venezia 2007, pp. 31-44.
17
A. Grenfell, Iconography of Bes and of Phoenician Bes-
hand Scarabs, in Proceedings of the Society of Biblical Archaeology
21, 1902, p. 32 fgg. XXXVIII-IX; sul rapporto istituibile tra
Bes e la fgura del sileno cfr. G. Capriotti Vittozzi, Il fanciullo,
il nano e la scimmia: fgure grottesche e religiosit popolare
fra Greci e Egizi, in Polis 1, 2003, pp. 141-54.
18
Cfr., ad es., il kantharos tardo-geometrico Atene, Mus.
Naz. 14447 in TesCRA II, s.v. Dance, p. 303 n. 2. Lincidenza
delliconografa greca potrebbe ulteriormente sostanziarsi nella
rafgurazione della lira a quattro corde, secondo le indicazioni
gi di Porada 1956, p. 200 che sottolinea la rarit dellattributo
nel Lyre-Player Group.
19
Pu essere interessante ricordare come unallusione allatmo-
sfera gioiosa del komos e alle sue implicazioni erotiche ricorra in
una coppa di Salamina di Cipro riedita da V. Karageorghis, Erotica
from Salamis, in RvStFenici vol. XXI Suppl. 1994, pp. 6-13.
20
Anabasi IV, 5, 26-27.
21
Archiloco, fr. 28 D, citato in Ath. X, 447 b allinterno di
un pi ampio excursus sulla birra dorzo. Sul testo molto con-
troverso del frammento, che accosta probabilmente il consumo
della bevanda ad un gioco erotico, cfr. la messa a punto di F.
Bosi, Studi su Archiloco, Bari 1990, pp. 126-31. Il frammento
di Archiloco gi valorizzato da Dentzer 1982, p. 22.
22
Sul marzeah cfr. solo lampia messa a punto di L. Miralles
Maci, Marzeah y thasos. Una institucin convivial en el Oriente
Prximo Antiguo Y el Mediterraneo, Madrid 2007.
23
O. Murray, Nestors Cup and the Origins of the Greek
Symposion, in B. dAgostino - D. Ridgway (a cura di), Apoikia.
Scritti in onore di G. Buchner, AION ArchStAnt N. S. 1, 1994,
pp. 47-54; M. Menichetti, Il vino dei principes nel mondo
etrusco-laziale: note iconografche, in Ostraka 11, 1, 1992,
pp. 75-99.
104
Luca Cerchiai Maria Luisa Nava
Bene , quindi, non sovrapporre i due livelli di
evidenza e valorizzare piuttosto la specifcit di una
costruzione iconografca di cui spetta agli specialisti
approfondire la pertinenza.
In conclusione, i dati ricavabili dalla presenza di
due eccezionali reperti allogeni rispetto alla cultura
locale, provenienti da ambiti geografcamente cos
diferenti, ma entrambi rilevanti nel quadro cultu-
rale, larea sarda per la barchetta nuragica e il Vicino
Oriente per lo scarabeo, potrebbero costituire indizi
importanti per una rilettura dei rapporti detenuti
dalle genti indigene di Monte Vetrano con le popo-
lazioni coeve, portando altres ad una rivalutazione
della funzione assunta dal gruppo locale allinterno
del sistema di mediazione degli scambi commerciali
e culturali in area tirrenica.
In questa prospettiva si pone la necessit di ap-
profondire il rapporto che intercorre tra Monte
Vetrano e il centro principale di Pontecagnano,
con particolare riguardo al suo sistema di approdi.
Sulla base dei dati fnora disponibili, la frequen-
tazione di Monte Vetrano, dopo il Neolitico e lEt
del Bronzo, riprende nella II Fase della I Et del
Ferro, quando si esaurito linsediamento perilagu-
nare del Pagliarone, cui P. Gastaldi ha giustamente
connesso le correnti di mobilit e di trafco segna-
late dalle importazioni dalla Sicilia, dalla Calabria e,
signifcativamente, dalla Sardegna, ancora databili
nella Fase Ib della sequenza locale
24
.
Abbreviazioni Bibliograche:
Boardman 1990 = J. Boardman, Te Lyre-Player Group
of Seals. An Encore, in AA 1990, 1,
pp. 1-17.
Buchner-
Boardman 1960
= G. Buchner - J. Boardman, Seals
from Ischia and the Lyre-Player Group,
in JdI 81, 1966, pp. 1-62.
Cinquantaquattro
2001
= T. Cinquantaquattro, Pontecagnano.
II.6. LAgro Picentino e la necropoli
di localit Casella, AION ArchStAnt
Quad. 13, Napoli 2001.
Cristofani Martelli
1988
= M. Cristofani Martelli, La stipe
votive di Jalisos: un primo bilancio,
in S. Dietz and I. Papachristodoulou
(edd.), Archaeology in the Dodecannese,
Copenhagen 1988, pp. 104-20.
Dentzer 1982 = J.M. Dentzer, Le motif du banquet
couch dans le Proche-Orient et le
monde grec du VII
e
au IV
e
sicle av. J.C.,
Rome, 1982.
Huber 2003 = S. Huber, Eretria XIV. Fouilles et
recherches. LAire sacrifcielle au nord
du sanctuaire dApollon Daphnphoros.
Un rituel des poques gomtrique et
archaque, Gollion 2003.
Pontecagnano II. 1 = B. dAgostino - P. Gastaldi (a cura
di), Pontecagnano II. La necropoli
del Picentino. 1. Le tombe della I Et
del Ferro, AION ArchStAnt Quad. 5,
Napoli 1988.
Porada 1956 = E. Porada, A Lyre Player from Tar-
sus and his relations, in S.S. Weinberg
(ed.), Te Aegean and the Near East.
Study presented to Hetty Goldman,
Locust Valley 1956, pp. 185-211.
24
P. Gastaldi, Pontecagnano II. 4. La necropoli del Pagliarone,
AION ArchStAnt Quad. 10, 1998. Per un inquadramento delle
importazioni sarde cfr. Eadem, Struttura sociale e rapporti di
scambio nel IX sec. a Pontecagnano e F. Lo Schiavo Bronzi
nuragici nelle tombe della Prima et del Ferro a Pontecagnano,
in La presenza etrusca nella Campania meridionale, Atti giornate
di studio, Salerno-Pontecagnano 1990, Firenze 1994, rispet-
tivamente pp. 49-59 e 61-82. Sulle dinamiche di occupazione
della zona lagunare cfr. Cinquantaquattro 2001 e G. Bonifacio,
Il porto di Pontecagnano, in AION ArchStAnt N. S. 11-12,
2004-05, pp. 235-44.
Pochi sono i sigilli del Gruppo del Suonatore di
Lira che giungono in Etruria e nellagro falisco: Gior-
gio Buchner e John Boardman nel loro fondamentale
studio sul Gruppo
1
, che si poi arricchito di ulteriori
contributi
2
, ne ricordano appena cinque esemplari,
pochissimi rispetto al nucleo di circa una novantina
di esemplari, il maggiore in assoluto, rinvenuto
anchesso in Occidente, quello di Pithekoussai
3
.
Di essi, quasi sempre rinvenuti in scavi ottocente-
schi, quattro provengono dallEtruria propria Tar-
quinia, Montalcino, Vetulonia, pi uno di generica
provenienza etrusca e uno dallagro falisco
4
.
Problematica resta invece, a mio parere, lappar-
tenenza al Gruppo del sigillo in ambra, conservato
a Monaco
5
, dove pervenuto insieme ad altri
oggetti acquistati sul mercato antiquario come
provenienti dallEtruria, proposta da J. Boar-
dman
6
, e su cui torneremo per le signifcative im-
I SIGILLI DEL GRUPPO DEL SUONATORE DI LIRA IN ETRURIA E NELLAGRO FALISCO
Maria Antonietta Rizzo
1
Boardman-Buchner 1966, con revisione e aggiornamento
in Boardman 1990.
2
Sulla classe restano fondamentali gli studi di Porada 1956,
pp. 185-211; J. Boardman, Greek Gems and Finger Rings,
London 1970, pp. 110 s.; Pithekoussai I, passim; P. Zazof,
Handbuch der Archologie. Die antiken Gemmen, Mnchen
1983, pp. 59, 61 s., 64, fg. 24i, tav. 11, 3, 5-7; cui sono da
aggiungere Martelli 1988, pp. 110-112 e aggiornamenti a nota
70; altri aggiornamenti in Martelli 1995, pp. 11 s. e nota 10;
Boardman 1994, pp. 95-100.
Ulteriori importanti contributi allo studio della classe in: I.J.
Winter, Homers Phoenicians, in Te Age of Homer. A tribute to
Emily Townsend Vermeule (edd. J.B. Carter - S.P. Morris), Au-
stin 1995, p. 267, nota 39; C. Morgan, Figurative Iconography
from Corinth, Ithaka and Pithekoussai: Aetos 666 reconsidered,
in BSA 96, 2001, p. 208 e nota 70; T. Hodos, Local Responses
to Colonization in the Iron Age Mediterranean, London-New
York 2006, pp. 67-70. Utili carte di distribuzione in O.H. Frey,
Zur Seefahrt im Mittelmeer whrend der Frheisenzeit (10.
bis 8. Jahrhundert v. Chr.), in Zur geschichtlichen Bedeutung des
frhen Seefahrt, Kolloquien zur allgemeinen und vergleichenden
Archologie 2, Mnchen 1982, p. 26, fg. 3; H.G. Niemeyer,
Die Phnizier und die Mittelmeerwelt im Zeitalter Homers, in
JRGZ 31, 1984, p. 28, fg. 21; Boardman 1990, p. 11, fg. 20;
Martelli 1995, tav. I, 2; R. Osborne, Greece in the Making 1200-
479 BC, London-New York 1996, p. 107, fg. 28; J. Bouzek,
Greece, Anatolia and Europe. Cultural Interrelations during the
Early Iron Age (St. Med. Arch. CXXII), Jonsered 1997, p. 175,
fg. 183; Huber 1998, p. 116, fg. 7; A. Hermary, Votive Ofer-
ings in the Sanctuaries of Cyprus, Rhodes and Crete during the
Late Geometric and Archaic Periods, in V. Karageorghis - Ch.
Stampolidis (edd.), Eastern Mediterranean: Cyprus-Dodecanese-
Crete 16
th
-6
th
Centuries B.C., Proceedings of the International
Symposium held at Rhethymnon, May 1997, Athens 1998, p.
271, fg. 8; Huber 2003, tav. 139. Una bibliografa completa, con
aggiornamenti fno al 2008, riportata in Rizzo 2007.
3
Per i sigilli pithekoussani si fatto sempre riferimento alla
numerazione di Boardman-Buchner 1966. Si tenga presente che
ogniqualvolta, nel corso di questo lavoro, sono citate le tombe da
cui i sigilli provengono si segue per esse la nuova numerazione
usata in Pithekoussai I. A parte i 35 esemplari provenienti dagli
scavi eseguiti nella necropoli di San Montano fno al 1961, e
i tre degli scavi del 1965, di cui uno dallacropoli (nn. 1, 19,
32) pubblicati in Boardman-Buchner 1966, nn. 1-38, e ripre-
sentati nella pubblicazione defnitiva Pithekoussai I (tranne i
nn. 1, 19, 32) restano ancora inediti unaltra cinquantina di
esemplari provenienti dagli scavi efettuati dopo il 1961 sia
nella necropoli che sullacropoli, di cui pochi accenni sono in
Boardman-Buchner 1966, p. 62. Un esemplare di questultimo
gruppo di sigilli, dalla tomba 943, con leone gradiente con capro
sul dorso e uccello davanti, riportabile ad una variante del tipo
Boardman-Buchner 1966, nn. 95, 140, stato pubblicato in
Buchner 1982, p. 276, fg. 1 (= Boardman 1990, p. 14).
4
Boardman-Buchner 1966, nn. 40-43bis
5
Boardman 1990, n. 40bis.
6
Boardman 1990, pp. 2 ss., n. 40bis, fgg. 1-2.
106
Maria Antonietta Rizzo
plicazioni suggerite, anche se in modo prudente,
dallo studioso.
Di recente inoltre stata proposta lappartenenza
al Gruppo di un altro esemplare, purtroppo ade-
spota, conservato nel museo di Tarquinia
7
.
A questi pochi sigilli provenienti dallEtruria
8

si afanca ora un nuovo esemplare proveniente da
Cerveteri, dalla tomba 345 della zona del Laghetto
nella necropoli della Banditaccia
9
, particolarmente
interessante perch rinvenuto in contesto intatto,
ben databile allinizio dellultimo quarto dellVIII
secolo.
Questo sigillo va dunque ad aggiungersi agli altri
soli due esemplari di cui si conoscono i contesti
(quelli della tomba 17/XXVI della necropoli di
Montarano a Falerii e quello della fossa presso il
tumulo di Castelvecchio a Vetulonia), contesti
passati per lo pi inosservati, e che varr la pena in
questa sede di riconsiderare, in quanto permettono
di dare un ulteriore contributo al problema della
individuazione dei circuiti commerciali attraverso
i quali questi oggetti esotici sono arrivati in Occi-
dente dalle lontane zone di produzione.
Comincerei quindi con lillustrare innanzi tutto
questi tre contesti nei quali sono stati rinvenuti i
sigilli per concludere poi con alcune osservazioni
sugli altri sigilli, adespoti, rinvenuti in Etruria.
La tomba 345, scavata dalla Fondazione Lerici
negli anni 60, fa parte di un importante nucleo di
tombe a fossa dellet del Ferro rinvenute in localit
Laghetto (almeno 170)
10
, non lontano dallarea
in corso di studio da parte di L. DErme) ha restituito 220
fosse e 231 pozzetti. Una prima, preliminare, ma al momento
unica, suddivisione in fasi, basata sulle tipologie tombali,
stata fornita da Linington1980, pp. 14-19, con planimetria
a fg. 14, dove per non c indicazione della numerazione
delle tombe. Secondo un costume difuso fno agli anni 70, i
corredi delle tombe scavate dalla Fondazione Lerici in localit
Laghetto, sono stati assegnati in gran numero come quota
parte alla Fondazione Lerici, che li ha poi lasciati al Museo
Civico di Milano, e ai principi Ruspoli, proprietari dei terre-
ni. La quota parte rimasta alla Soprintendenza in corso di
revisione, in vista della pubblicazione defnitiva, da parte di
Rita Cosentino e della scrivente.
Fig. 1. Cerveteri, necropoli della Banditaccia, zona del
Laghetto, tomba 345 (scala 1:20). 1) fbule in bronzo; 2)
kyathos; 3) fuseruola; 4) fbula con arco rivestito di dischi
di ambra; 5) coppa; 6) sigillo del Gruppo del Suonatore di
Lira; 7) cerchi in bronzo; 8) anello in bronzo; 9) anforetta;
10) kyathos su piede.
7
Giovanelli 2008.
8
Ricordati peraltro in una vasta bibliografa: Boardman-
Buchner 1966, pp. 25-26, nn. 40-43 bis, fgg. 30-33; Mag-
giani 1973, p. 92; Hlbl 1979, I, pp. 222 s.; II, pp. 94 s.,
126, 140, 194 s., 200, nn. 445, 525, 559, 852-855,936, tav.
147, 2-9; Rathje 1979, pp. 170-179; Baglione 1986, p. 139,
nota 63; Boardman 1990, pp. 2 ss., fgg. 1-2; Martelli 1991,
p. 1050; D. Ridgway, in Der Orient und Etrurien, pp. 223 ss.;
M. Martelli - F. Gilotta, Le arti minori, in Etruschi 2000, pp.
455-456; Principi etruschi, pp. 124-125, nn. 68-69; p. 158, n.
106; Giovanelli 2008.
9
Taccuino Zapicchi-Lerici 8, p. 32.
10
Le tombe dellet del Ferro dello scavo Laghetto Lerici
sono 170 fosse e 23 pozzetti, un nucleo molto consistente, se
si pensa che la grande necropoli del Sorbo, lunica integral-
mente pubblicata (I. Pohl, Te Iron Age Necropolis of Sorbo at
Cerveteri, Stockholm 1972) tra le necropoli ceretane di questa
epoca (tra le quali deve essere compresa anche quella di Cava
della Pozzolana, purtroppo praticamente inedita anche se
107 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
a b
Fig. 3. Cerveteri, Laghetto tomba 345. Fibule.
Fig. 2. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira (scala 3:1).
scavata dalla scrivente nel 1999, area
che ha restituito altre decine di tombe
inquadrabili nello stesso arco crono-
logico
11
.
La tomba, rinvenuta intatta, a
fossa, lunga m. 2,90, larga m. 1,38
12
,
profonda m. 0,90 (fg. 1); si inserisce
nel tipo G del I periodo della classif-
cazione proposta da Linington per le
tombe della necropoli del Laghetto,
tipo attestato da sole cinque tombe, e
caratterizzato da fosse di dimensioni
piuttosto grandi e profonde, dalle
pareti scavate rozzamente, inclinate
e con il fondo un po incavato, e con
un riempimento di soli frammenti di
tufo e terra, ma senza pietre, soluzio-
ne che si distingue nettamente dalle
modalit di riempimento usate per
tutte le altre tombe a fossa del Laghet-
to; il Linington ipotizza che questo tipo di tomba
dovesse essere compreso entro tumuli circolari, che
potevano ospitare una, o con pi probabilit, due
o pi fosse
13
.
La tomba 345 ospitava una sepoltura femminile,
il cui corredo comprende oggetti di ornamento
personale e vasellame di impasto, di tipologie ben
attestate a Cerveteri.
Eccezionale risulta invece la presenza del sigillo
del Gruppo del Suonatore di Lira (fg. 2)
14
, in cui
11
In corso di studio da parte della scrivente. Quattro tra le
pi importanti, la 2004, 2138, 2199 e la 2257, con materiale
di importazione greca e cipriota (coppa a semicerchi penduli,
coppe del TG euboico, askos cipriota), sono gi state rese note:
M.A. Rizzo, Ceramica geometrica greca e di tipo greco da Cer-
veteri, in Atti incontro di studio Oriente e Occidente: metodi e
discipline a confronto. Rifessioni sulla cronologia dellet del Ferro
italiana, Roma 30-31 ottobre 2003, Mediterranea. Quaderni
annuali dellIstituto di studi sulle civilt italiche e del Mediterra-
neo antico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, I, Pisa-Roma
2005, pp. 333-378. Ivi stata anche pubblicata la tomba 568
del Laghetto scavi Lerici, che ha restituito una coppa del TG
Corinzio del tipo Aetos 666.
12
Le dimensioni si riferiscono alla sommit della fossa.
13
Linington 1980, pp. 15-16
14
Inv. 111320. Alt. 2; largh. 1,6; in serpentina nera.
108
Maria Antonietta Rizzo
rappresentato un suonatore di lira di fronte ad un
grande uccello dalle enormi ali sollevate, decorato
nellesergo con tratteggio verticale. Rientra nel tipo
Bordman-Buchner 1966, n. 7, anche se liconogra-
fa attestata in diverse varianti; compositivamente,
gli esemplari pi vicini al nostro sono quello rin-
venuto nella tomba 574 di Pithekoussai
15
, e quello
venuto in luce di recente nel santuario di Dioniso
ad Iria a Naxos
16
, anche se il corpo delluccello reso
sul sigillo di Cerveteri con una maggiore attenzione
15
Boardman-Buchner 1966, p. 7, n. 7, fgg. 11, 12. Pi-
thekoussai I, p. 568, n. 3, tavv. CLXXVI, 169, tomba del TG
I, di un bambino di circa 8 anni, in cui stato rinvenuto un
secondo sigillo (Boardman-Buchner 1966, p. 5, n. 4) con una
fgura alata con ununica grande ala, che tocca un disco alato
stilizzato, e con una palmetta come riempitivo.
16
Rizzo 2007, Appendice, n. 7. Simantoni-Bournia 1998,
p. 66, tav. 10, 2.
Fig. 4. Cerveteri, Laghetto tomba 345. Oggetti di ornamento personale (scala 1:2).
109 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
ai dettagli del corpo, ottenuti con una doppia serie
di linee ad intaglio. Altri esemplari riportabili alla
stessa iconografa, sempre con il suonatore di lira,
ma con alcune varianti soprattutto nella forma e
nella posizione delluccello, sono stati rinvenuti nel-
la tomba 433 di Pithekoussai
17
, nel Peloponneso
18
,
a Lindos
19
; lo stesso soggetto ritorna su un sigillo
conservato ad Oxford
20
, in uno comparso sul mer-
cato antiquario svizzero
21
, in uno dalla tomba 634
di Pithekoussai
22
: in essi luccello di dimensioni
pi piccole e con il corpo senza partizioni interne;
una variante nuova, con suonatore di doppio fauto,
invece che di lira, comparsa sul mercato antiquario
svizzero
23
.
La stessa composizione ma con una generica
fgura maschile al posto del suonatore di lira, di
fronte ad un enorme uccello senza ala spiegata,
ma sempre con partizioni interne del corpo ac-
curatamente realizzate, attestata in due sigilli
delle tombe 549 e 684 di Pithekoussai
24
, in uno
da Creta
25
, in uno gi nella collezione Dawkins
26

e in uno a Parigi
27
.
Unultima variante prevede luccello posto su una
roccia o una palmetta, come ad esempio nei sigilli
della tomba 524 di Pithekoussai
28
e da Tell Basher
29
,
entrambi con piccoli uccelli senza partizioni interne
del corpo, e del Capo Sunio
30
dove troviamo invece
una resa del corpo delluccello del tutto simile a
quella del nostro sigillo ceretano.
Il motivo, che non sembra avere un particolare
signifcato
31
, pu assumerlo nei soli casi in cui la
fgura umana inginocchiata di fronte al grande
uccello, quasi in adorazione, in una scena eviden-
temente di culto, ad esempio nei sigilli da Lindos
32

e da Itaca, Aetos
33
.
Passiamo ora ad esaminare nel dettaglio il cor-
redo: gli oggetti di ornamento personale presenti
insieme al sigillo nella tomba ceretana compren-
dono un fermatrecce in argento (fg. 4.f )
34
, di
tipo 47m Osteria dellOsa
35
; una piccolissima
fbula ad arco ingrossato in argento (fg. 4.d)
36
,
riportabile al tipo 38ll di Osteria dellOsa
37
; due
grandi fbule di bronzo a navicella (fg. 3)
38
di tipo
38dd, e decorazione i 28, di Osteria dellOsa
39
,
di un tipo ampiamente difuso in altre tombe
femminili della necropoli del Laghetto, sia dagli
scavi Lerici, sia dai recenti scavi del 1999
40
, e am-
pliamente attestata anche a Veio, Tarquinia e nel
Lazio (Osteria dellOsa, Pratica di Mare, Riserva
del Truglio)
41
; una fbula, frammentaria, ad arco
17
Tomba 433: Boardman-Buchner 1966, p. 7, n. 8, fg. 11.
Pithekoussai I, p. 447, n. 10, tavv. CLXII, 134, tomba del TG
I, di adolescente.
18
Boardman-Buchner 1966, n. 45.
19
Boardman-Buchner 1966, n. 89; Porada 1956, n. 9.
20
Boardman-Buchner 1966, n. 137; Porada 1956, n. 7.
21
Rizzo 2007, Appendice n. 23. Ancient Art of the Mediterra-
nean World & Ancient Coins 1991, n. 52.
22
Tomba 634: Boardman-Buchner 1966, p. 9, n. 9, fgg.
11, 68. Pithekoussai I, p. 617, n. 2, tavv. CLXXX, 179, tomba
del TG I, di bambino di circa otto anni. Luccello senza ala
spiegata ed aggiunta una stella come riempitivo.
23
Rizzo 2007, Appendice n. 13. Frank Sternberg AG, Zrich,
Auktion XXV, 25-26 November 1991, 94, n. 680 tav. D. Ac-
quistato dal Museum of Art and Tecnology dellUniversity of
Missouri-Columbia, inv. 92.2: S. Langdon (ed.), From Pasture
to Polis. Art in Age of Homer, Columbia-London 1993, pp.
191 s., n. 75.
24
Tomba 549: Boardman-Buchner 1966, p. 10, n. 12, fgg.
11, 67. Pithekoussai I, p. 546, n. 3, tavv. CLXXIII, 163, tom-
ba del TG I, di bambino di circa otto anni, in cui sono stati
rinvenuti altri due sigilli del Gruppo, uno con capro, uccello
e palmetta, laltro con due uccelli afrontati ai lati di un albero
e disco solare stilizzato (Boardman-Buchner 1966, nn. 17, 26,
fgg. 17, 24). Tomba 684: Boardman-Buchner 1966, p. 10, n.
13, fg. 17. Pithekoussai I, p. 663, n. 5, tavv. CLXXXVI, 189,
tomba del TG II a enchytrismos.
25
Boardman-Buchner 1966, n. 71; Porada 1956, n. 16.
26
Boardman-Buchner 1966, n. 156, fg. 62.
27
Boardman-Buchner 1966, n. 152, fg. 59.
28
Boardman-Buchner 1966, p. 10, n. 11, fgg. 11, 15. Pi-
thekoussai I, p. 523, n. 2, tavv. CLXVIII, 156, tomba del TG
I o II, ad enchytrismos.
29
Boardman-Buchner 1966, n. 123; Porada 1956, n. 45.
Nella Porada (1956) la provenienza generica, Syrian Coast
a p. 211, ma specifcata a p. 191.
30
Boardman-Buchner 1966, n. 56.
31
Boardman-Buchner 1966, p. 50.
32
Boardman-Buchner 1966, n. 91; Porada 1956, n. 13.
33
Boardman-Buchner 1966, n. 51.
34
Inv. 111321. Diam. 1,6. Del tipo a spirale semplice.
35
Osteria dellOsa, p. 390, tav. 40 (in varie tombe di IV
periodo), forma attestata anche a Roma (Esquilino tomba 18:
Early Rome 1966, fg. 71, 23) e Tarquinia (Selciatello di Sopra
tomba 93: Hencken 1968, fg. 149c).
36
Inv. 111324 b. Lungh. 1,2. Piena, e senza alcuna deco-
razione.
37
Osteria dellOsa, p. 368, tav. 37 (IV periodo); cfr. Osteria
dellOsa, tomba 562, 9, 11, 13; Castel di Decima tomba 108:
NSc 1975, fg. 47, 32.
38
Inv. 111318. Lungh. 9. Priva di parte dellago e della stafa.
Inv. 111319. Lungh. 9,1. Priva di parte dellago e della stafa.
Cave e riempite di una sostanza refrattaria, decorate con fascette
parallele entro cui corrono motivi a spina di pesce.
39
Osteria dellOsa, pp. 365-366, tavv. 35, 37.
40
Scavi Lerici Laghetto, dalle tombe 219, 223, 234, 247,
266, 268, 341, 367, 374, 410, 472. Scavi Rizzo 1999 Laghetto,
dalle tombe 2217, 2177, 2288, 2180, 2189, 2150, 2158, 2161.
41
A Veio nella fase II C (Toms 1986, fg. 31, tipo I.33); Tar-
quinia, tomba 57 Poggio dellImpiccato, tomba del Guerriero,
110
Maria Antonietta Rizzo
rivestita di dischi di ambra (fg. 4.b)
42
, avvicinabile
al tipo 39h di Osteria dellOsa
43
, di un tipo difuso
sempre in corredi di una certa importanza sia in
Etruria che nel Lazio; un anello in bronzo (fg.
4.c)
44
confrontabile con il tipo Guidi 116 variet
D
45
; cinque cerchi in bronzo, di diverse dimen-
sioni (fg. 4.g)
46
, frequentemente attestati proprio
nelle tombe ceretane
47
; un vago in pasta vitrea che
rientra nel ben noto tipo ad occhi
48
(fg. 4.e),
tipo limitato in genere a corredi caratterizzati da
segni di prestigio e/o di ruolo sia in Etruria che
nel Lazio (Osteria dellOsa tipo 89j-l)
49
.
Sono presenti anche una fuseruola dimpasto sfe-
rica con costolature verticali (fg.4.a) di tipo Guidi
tomba 9 di Poggio Gallinaro (Hencken 1968, fgg. 163 i-k, 185
e-f, 350 h-i). Osteria dellOsa, varie tombe (Osteria dellOsa,
p. 366); Riserva del Truglio, tombe 3, 28, 30 (Gierow 1966,
fg. 92, 17; Gierow 1964, fgg. 120, 13; 125, 21), Pratica di
Mare, tomba 62 (Civilt del Lazio primitivo, cat. 100, tav. 78);
momento avanzato del III periodo-periodo IVa.
42
Inv. 111323. Largh. max. 2,8; largh. min. 1,2. Restano
solo quattro dischi forati di ambra di rivestimento.
43
Osteria dellOsa, pp. 370 ss., tav. 38. Dato lo stato di
conservazione non possibile istituire confronti precisi, ma
sembra riportabile ai tipi difusi nel IV periodo laziale (39 h-i)
44
Inv. 111324a. Diam. 3,2. Semplice, a sezione circolare.
45
Guidi 1993, p. 52, fg. 23,11, (fase II A-II C).
46
Inv. 111322a: diam. 16; inv. 111322b: diam. 14,8;
inv. 111322 c: diam. 12,6; inv. 111322d: diam. 11,2; inv.
111322e: diam. 10,4, ne resta meno della met. Del tipo
semplice a sezione circolare.
47
Laghetto, scavi Lerici: 219, 223, 234, 247, 268, 341, 367,
374, 410, 472. Laghetto scavi Rizzo 1999: tombe 2288, 2296,
2180, 2189, 2150, 2203, 2209.
48
Inv. 111326. Diam. 1,2. Decorato a cerchi blu alternati
a fasce chiare.
49
Osteria dellOsa, p. 428 ss., tav. 46.
Fig. 5. Cerveteri, Laghetto tomba 345. Vasellame di impasto (scala 1:2).
111 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
3 variet B e Osteria dellOsa tipo 33a
50
e quattro
vasi di impasto bruno, unanforetta con il corpo co-
stolato (fg. 5.a)
51
di una forma pressoch esclusiva
di Cerveteri, ampiamente attestata proprio nella
necropoli del Laghetto
52
, e che si ritrova in pochi
esemplari anche a Veio, in tombe di fase II B-III A,
sia nella necropoli della Vaccareccia che in quella di
Casale del Fosso
53
; un kyathos di piccole dimensioni
(fg. 5.d)
54
confrontabile con il tipo Guidi 37 variet
B
55
, difuso anche in altri corredi ceretani, soprat-
tutto nel Laghetto
56
; un kyathos su alto piede (fg.
5.c)
57
, di forma rara, che fonde insieme elementi
tratti dalle coppe su alto piede e dai kyathoi apodi, e
con decorazione a semicerchi e costolature
58
; e inf-
ne una grande coppa (fg. 5.b)
59
, di forma piuttosto
infrequente almeno nella variante senza anse e con
piede troncoconico, attestata in due sole tombe del
Laghetto Lerici
60
, e arricchita da una decorazione
a solcature parallele sullorlo, secondo una moda
attestata a Falerii e a Veio su coppe (in genere per
con anse a bastoncello o a rocchetto) appartenenti
a corredi di fase II C-III A
61
.
La tomba presenta dunque un tipo di corredo
analogo a quelli di altre tombe a fossa femminili
del Laghetto, purtroppo non ancora pubblicate,
dove ritornano spesso associati gli stessi oggetti,
unanforetta e un kyathos (ad es. nelle tombe Lerici
410, 605), e particolari tipi di ornamento personale
deposti in numerosi esemplari ad es. le grandi
fbule a navicella riccamente decorate e le parures di
cerchi di medie e grandi dimensioni (presenti insieme
nelle tombe Lerici 219, 223, 234, 247, 268, 341,
367, 374, 410, 472, e in quelle scavo Rizzo 2288,
2180, 2189, 2150, 2161 mentre presentano le sole
identiche fbule la tomba 222, e i soli cerchi le tombe
282, 353, 377, 379, 625, 666 scavo Lerici) oltre
che prodotti esotici: mentre unica la presenza del
sigillo del Suonatore di Lira, frequenti sono invece gli
scarabei, tutti in faence, spesso montati in pendagli
girevoli ellittici (tombe Lerici 223, 247, 367, 374,
376, con ben 10 esemplari, 378, 519; tombe scavo
Rizzo 2217, 2247, 2196, 2158, 2161), i vaghi in
pasta vitrea, anche del tipo Vogelperlen (tomba 605
scavi Lerici e tomba 2161 scavi Rizzo 1999).
La tomba dunque databile, in base alla tipologia
e alle associazioni dei materiali tra la fne del terzo e
linizio dellultimo quarto dellVIII sec. a.C.

Accanto a questo nuovo contesto mi sembrato
utile esaminare, alla luce anche di nuovi studi che
hanno riguardato lagro falisco, il corredo, solo in
minima parte noto, di una sepoltura anchessa fem-
minile, la 17/XXVI della necropoli di Montarano
a Falerii, particolarmente ricca, in cui presente il
ben noto sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira
con rappresentazione di fgura umana con doppia
testa (fg. 7), e nella quale la ricorrenza di altri im-
portanti materiali, fnora tenuti in scarsa o nulla
considerazione, quali scarabei, fgurine in faence,
e soprattutto Vogelperlen, bulle doro lavorate a
sbalzo, ed anche fbule confgurate, si rivela molto
signifcativa.
La tomba 17/XXVI della necropoli di Montara-
no fa parte della pi antica necropoli fra quelle ri-
feribili allabitato di Falerii Veteres forse da mettere
in relazione allinsediamento primario localizzato
sullaltura di Vignale. Sono state scavate 110 tom-
be di cui 30 ad incinerazione e 80 ad inumazione
62

50
Inv. 111325. Alt. 2,2; diam. 2,2. Pu rientrare nel tipo
Guidi 3 variet B: Guidi 1993, p. 20, fg. 2, 2. Cfr. ad es. anche
Quattro Fontanili tomba Z 11-12: NSc 1967, p. 213, n. 6, fg.
75, femminile, e tomba AA 5-6: NSc 1967, p. 223, n. 1, fg. 82.
Osteria dellOsa, p. 311, con confronti.
51
Inv. 111327. Alt. 9,3; diam. 10,4. Corpo globulare schiac-
ciato, con parete troncoconica nella parte inferiore, costolato,
collo cilindrico, anse a nastro.
52
Tombe 266, 410, 419, 605, 646; della stessa forma ma
con laggiunta di elementi a semicerchio rilevato al centro nelle
tombe 389, 411.
53
Per la necropoli di Vaccareccia, tomba XV: Palm 1952, p.
69, n. 12; attestata in due esemplari dalla necropoli di Casale del
Fosso, tombe 1072, di fase III A, e 912. Ringrazio Luciana Drago
per avermi segnalato gli esemplari inediti di Casale del Fosso.
54
Inv. 111328; alt. con ansa 6; senza ansa 3,2; diam. orlo
5,8. Vasca troncoconica carenata, orlo verticale leggermente
inclinato; ansa a nastro bifora con orecchie, decorata con solchi
impressi orizzontali.
55
Guidi 1993, p. 30, fg. 22, 1, difuso tra fase II A e II C.
56
In particolare le tombe 343, 394, 410, 453, 605.
57
Inv. 111329. Alt. con ansa 12,5; diam. orlo 8,8. Ricom-
posto da frammenti. Vasca troncoconica, carenata e con orlo
verticale, decorata sulla spalla con cordonature e semicerchi
multipli a rilievo; allattacco della spalla con lorlo decorazione a
cordicella; ansa a nastro bifora a orecchie, decorata con triangolo
multiplo a cordicella sullorecchia e linee impresse orizzontali
allinterno. Piede a tromba.
58
Stessa forma e decorazione della vasca in esemplari, per
apodi, dalle tombe 504 e 548.
59
Inv. 111330. Alt. 8,2; diam. orlo 18,8.
60
Le tombe 419 e 517.
61
La forma attestata, in una variante con orlo pi alto e
vasca pi rigida, a Narce (ad es. necropoli de I Tuf, tomba
IX/11: Baglione-De Lucia Brolli 1990, fg. 10).
62
La tomba scavata nel 1890 pervenuta al Museo di Villa
Giulia attraverso lacquisto Feroldi il 4-7-1891. Cozza-Pasqui
1981, p. 21. Per la necropoli di Montarano nord/nord-est, (da
112
Maria Antonietta Rizzo
Fig. 6. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI.
Planimetria (da Cozza-Pasqui 1981, fg. a p. 46).
(fg. 6). Le tormentate vicende attraverso le quali
i corredi ci sono pervenuti sono state ricordate
nei lavori di revisione ed elaborazione critica dei
dati disponibili avviata in anni recenti per tutte
le necropoli falische da Paola Baglione e da Anna
Maria De Lucia Brolli, ed anche questa tomba,
illustrata in parte nel volume di Cozza-Pasqui
63
,
stata oggetto di alcune precisazioni a margine
alle carte di distribuzione elaborate dalle due
studiose e relative alle classi di materiali presenti
nelle necropoli falische
64
.
La tomba, a fossa (m. 3,15x1,25x2,20 di profon-
dit) con loculo, caratterizzata dalluso di sarcofago
di tufo, qui con coperchio testudinato (fg. 6), di un
tipo ampiamente difuso nelle necropoli falische,
sia nella necropoli di Montarano
65
, non lontano
dalla nostra, sia, pi frequentemente, a Narce, nelle
necropoli de I Tuf, della Petrina, di Pizzo Piede
e di Monte Li Santi
66
.
In generale le tombe delle necropoli falische
trovano confronti, sia tipologici, sia nella com-
posizione dei corredi, con quelle delle fasi veienti
e delle fasi III e IV A della fnitima area laziale.
Soprattutto per quel che riguarda il momento
fnale del villanoviano e le prime fasi dellOrien-
talizzante larea falisca esprime una cultura di
stampo prettamente veiente, ricca di addentellati
con la realt etrusco-meridionale e di spunti pi
autenticamente locali che le conferiscono un certo
carattere di originalit.
Un aspetto del rapporto privilegiato con il terri-
torio veiente costituito proprio dal modello della
tomba a fossa con loculo, di un tipo che risulta
difuso a Veio a partire dal terzo quarto dellVIII
secolo (nelle necropoli dei Quattro Fontanili, di
Casale del Fosso e in misura minore anche di Grotta
Gramiccia
67
), e ampiamente attestato, oltre che a
qui in poi sempre indicata semplicemente con Montarano):
Cozza-Pasqui 1981, pp. 21-87 e tav. II.
63
Cozza-Pasqui 1981, pp. 46-49; alcuni materiali della tomba
sono stati presentati a confronto di quelli di Narce, in MAL IV,
passim, e tavv. VII, IX, X, XII.
64
Una breve descrizione della tomba con datazione agli inizi
del VII secolo in Baglione 1986, p. 139, nota 63; Baglione-De
Lucia Brolli 1997, p. 158 nota 29 e passim; per la planimetria
e la tipologia della tomba, p. 167, fg. 15; per le carte di di-
stribuzione delle tipologie di materiali, si vedano: p. 168, fg.
16, per lanfora e patera di bronzo (?), attualmente disperse; p.
169, fg. 17 (per olla di impasto rosso, ma manca il riferimento
allholmos e allanforetta, di sicuro appartenenti al corredo
come si evince dalla pianta in Cozza-Pasqui 1981, fg. a p. 46,
e nella tav. VII di MAL IV); p. 170, fg. 18 (per rocchetti e
conocchia); p. 165, fg. 14, per cinturone a losanga, fbulette
rivestite in oro, fbule ad arco rivestito di ambra, ornamenti in
metalli preziosi, vaghi di ambra, scarabei e fgurine in faence.
Per tutte le necropoli falische, oltre gli articoli sopra citati si
vedano anche: Baglione-De Lucia Brolli 1990; Baglione-De
Lucia Brolli 1995.
65
Tre tombe femminili, poste nelle immediate vicinanze della
tomba qui considerata, 28/XXVIII, 15/XXVII, 2/XX.
66
Uso, questo del sarcofago, quasi sempre testudinato, attestato
a Narce in due tombe maschili (tombe 13 e 14) ed una femminile
della necropoli I Tuf; in nove tombe femminili, tutte con loculo
tranne due, la 34 e la 30/XXV, (tombe 3/XXI; 10; 14/XXVI; 15/
XXII; 16/XXIV: MAL IV, c. 411, rif. a fg. 54; 30/XXV; 34: MAL
IV, c. 135, fg. 52; 36/XXVII: MAL IV, c. 136, fg. 54, 37), tutte
con sarcofago testudinato meno la 3/XXI; in due tombe maschili,
la 1 e la 12, di cui la prima con loculo; in otto, tutte con loculo,
di cui non possibile determinare il sesso del sepolto, (tombe 2,
6, 13, 18/XXIII, 26, 28, 31, 33/XXXIII) tutte della necropoli
della Petrina A e tutte con sarcofago testudinato meno la 2 e la
26; in una tomba, la 1, a camera con tre sarcofagi della Petrina C;
in una tomba femminile con loculo, la 23, del quinto sepolcreto
a sud di Pizzo Piede; in una tomba femminile con loculo (tomba
18/XXXII: MAL IV, c. 139, fg. 56) e in cinque in cui non si
pu determinare il sesso del defunto (tombe 1, 12, 13, 14, 15,
di cui la 14 con loculo), tutte con sarcofago testudinato meno
la 1, della necropoli di Monte Lo Greco; in una con sepoltura il
cui sesso non determinato (tomba 4) della necropoli di Monte
Li Santi. Per tutte le tombe citate: MAL IV, cc. 399 ss.
67
Per Quattro Fontanili: Toms 1986, pp. 65-66; Guidi 1993,
113 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
Falerii e Narce, come gi ricordato sopra
68
, soprat-
tutto tra la fne dellVIII e la prima met del VII
sec. a.C., in altre localit dellagro falisco-capenate,
quali Capena e Corchiano (anche se in numero
pi limitato)
69
e in aree limitate del Latium Vetus
(Crustumerium, Fidene)
70
.
Comunque la tomba 17/XXVI si pone, per la pre-
senza di materiali importati, di oggetti di ornamento
particolarmente ricchi (in oro, elettro, argento, bron-
zo, ambra, faence), e di vasellame in bronzo, come
la pi ricca delle tombe di Montarano discostandosi
dallo standard presente nella necropoli.
Ben chiara la disposizione del corredo nella
pianta, se pur schematica, realizzata al momento
dello scavo (fg. 6). Nel sarcofago insieme al corpo
della defunta erano oggetti indicativi del rango so-
ciale, relativi alle attivit di tessitura, oltre a quelli di
ornamento personale (fermatrecce, spilloni, collane,
pendagli, sigilli e scarabei, bulle in oro, laminette, ben
14 fbule in oro, elettro e bronzo di varie tipologie).
Di particolare interesse si rivela la presenza del
materiale importato: oltre il sigillo del Gruppo
del Suonatore di Lira, due scarabei, due pendagli
fgurati in faence, rappresentanti Bes, e un esem-
plare di Vogelperle, unica tra tutte le tombe della
necropoli di Montarano a presentare tutte queste
categorie di oggetti insieme
71
.
Il sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira (fg. 7), del
tipo Boardman-Buchner 1966, n. 43
72
, decorato
con una fgura umana con testa doppia e coda
73
,
iconografa estremamente rara sui sigilli, che fnora
risulta attestata su un solo altro sigillo rinvenuto
nella tomba 668 di Pithekoussai (fg. 8)
74
.
In entrambi i casi le fgure toccano con le mani gli
alberi che sono loro accanto, da interpretare dunque
non come semplici motivi decorativi ftomorf di
una tipologia del resto molto semplifcata e ricor-
rente in numerosi altri sigilli
75
ma come alberi
sacri, spesse volte rappresentati, certo in forme pi
ricche ed elaborate
76
, con i quali i demoni sono in
diretta, signifcativa connessione. Lesemplare di Pi-
thekoussai si diferenzia dal nostro per le dimensioni
pi slanciate della fgura e per alcuni particolari,
ad esempio per la mancanza dellappendice a tri-
dente tra le due teste, e per il diverso rendimento
delle gambe, che sono rese con un semplice tratto
verticale senza il piede, mentre nellesemplare di
Falerii le gambe terminano con un piede, sia pure
molto stilizzato.
Credo che la diferenza non assuma quel particolare
signifcato sottolineato da Buchner e Boardman, la
diferenza cio tra un demone, ispirato alla fgura di
Bes, con gambe umane, rispetto ad uno con zampe
animali, dal momento che non si spiegherebbe allora
pp. 89, 91, 109, 110, 117-119. Per Casale del Fosso: Buranelli-
Drago-Paolini 1997, p. 64 e bibl. ivi citata a nota 10, p. 77 per
le attestazioni dellultimo quarto del VII secolo, tombe 816,
821, 1049, 819. Per Grotta Gramiccia: Berardinetti-Drago
1997, p. 52; inoltre G. Bartoloni - A. Berardinetti - L. Drago,
Veio tra IX e VI secolo a.C. Primi risultati sull'analisi comparata
delle necropoli veienti, in ArchCl 46, 1994, pp. 23-24. Per la
necropoli di Vaccareccia: NSc 1889, pp. 154-158 (II tipo). Per
Macchia della Comunit: NSc 1930, pp. 45-66 (tombe I, IV,
VII). Per Casalaccio: NSc 1935, pp. 39, 68 (Tombe I-VIII). Si
veda, per il tipo a Veio, Bartoloni-Berardinetti-De Santis-Drago
1997, pp. 92-96, in particolare p. 96.
68
Oltre alle tombe con loculo che avevano per luso del
sarcofago in tufo, ricordate a note 65-66, molte altre sono le
tombe dello stesso tipo ma con sarcofago ligneo, o senza.
Sulla tipologia si veda Baglione-De Lucia Brolli 1997, in
particolare p. 150 e nota 21.
69
Capena, necropoli di San Martino: NSc 1905, pp. 301-
361, tomba XVI. Necropoli di Monte Palombo, Monte Fiore
e Monte Tufelli: F. Di Gennaro - S. Stoddart, A review of
evidence for prehistoric activity in part of South Etruria, in
PBSR 50, 1982, pp. 1-21 (siti 36-55). Corchiano: primo e
secondo sepolcreto di Caprigliano, primo e secondo sepolcreto
del Vallone: Cozza-Pasqui 1981, pp. 219-244 (Caprigliano),
245-281 (Vallone).
70
Per Crustumerium: Di Gennaro 1988, p. 113 ss.; F. Di
Gennaro, Le tombe a loculo di et orientalizzante a Crustu-
merium, in Tusculum. Storia, archeologia e arte di Tusculum e
del Tuscolano, Roma 2007, pp. 163-176; B. Belelli Marchesini,
Necropoli di Crustumerium: bilancio delle acquisizioni e
prospettive, in Alla ricerca dellidentit di Crustumerium. Atti
giornata di studi, Roma 5 marzo 2008, Roma 2008, soprattutto
p. 5 e nota 18, fg. 10; p. 9, fg. 14 (passaggio tra il II e il IV
periodo). Per Fidene: F. Di Gennaro, Fidene e le sue necropo-
li, in Roma. Memorie dal sottosuolo. Ritrovamenti archeologici
1980-2006, Roma 2007, pp. 230-231.
71
Si veda: Baglione-De Lucia Brolli 1997, fg. 14.
72
Inv. 3121. Alt. 1,65; largh. 1,3. MAL IV, c. 379, fg. 175;
Montelius, II, tav. 309, 13; Boardman-Buchner 1966, p. 25, n.
43, fgg. 30, 33; Hlbl 1979, II, pp. 94-95, n. 445, tav. 147, 4;
Rathje 1979, p. 170, fg. X, b; Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 5;
Etruschi 2000, p. 553, n. 35.
73
Per il tipo, in particolare, Boardman-Buchner 1966, pp.
47-48.
74
Boardman-Buchner 1966, p. 6, n. 5, fg. 1, 8 (serpentina
rossa); Pithekoussai I, tomba 668, p. 665; tav. CLXXXVII, 189,
tomba del TG I, di bambina, forse di un anno (terzo quarto
dellVIII sec. a.C.); Hlbl 1979, II, p. 194, n. 852, tav. 147, 5.
75
Alberi stilizzati, a forma oblunga e trattini obliqui contrap-
posti, sono ampiamente difusi nei sigilli del Gruppo; si veda
quanto detto a proposito in Rizzo 2007, p. 62, n. 16, e rifer.
76
Alberi sacri, di varie forme, molto elaborate, sono presenti
in diversi sigilli: si veda quanto detto, sui vari tipi, in Rizzo
2007, pp. 45-46, n. 1, con rifer.
114
Maria Antonietta Rizzo
Fig. 7. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira (scala 3:1).
perch tutte le altre fgure umane (suonatori di lira,
e altri musici, pescatori, etc) presenti nei sigilli del
Gruppo abbiano le gambe rese di regola con il solo
tratto verticale, e senza piede. A mio parere si tratta
solo di una insignifcante variante di esecuzione. E
mi sembra anche difcile accettare lidea che mentre
il creatore del sigillo di Falerii era conscius of the
fact that he was adapting a Bes fgure non lo era pi
lesecutore del sigillo di Pithekoussai il quale avrebbe
ricopiato il motivo without fully understanding its
origin and so adding more familiar features
77
: la
realizzazione di entrambi si deve, a mio parere, ad un
unico atelier che attinge ad un repertorio standardiz-
zato, caratterizzato da una indiscutibile uniformit
di iconografe, pur con qualche minima diferenza
di esecuzione, e da uno stile duro ed essenziale nei
tratti, tutti elementi che fanno supporre, insieme al
numero decisamente esiguo di esemplari prodotti,
ununica ofcina operante in un ambito cronologico
e geografco molto circoscritto.
Liconografa del demone a due teste non rivela
cogenti paralleli con fgure del Vicino Oriente, an-
che se la postura e la taglia richiamano Bes, la nota
divinit egiziana adottata nellarte fenicia gi nel
II millennio in Siria. Il confronto pi pertinente
con un demone forse ittita con un corpo umano e
due teste leonine da Tell Halaf
78
.
Gli altri due sigilli presenti nella tomba sono uno
in faence e laltro in steatite bianca; nel primo (fg.
9)
79
rappresentato per tre volte il simbolo del sole
R (sole con urei e due dischi solari) e i segni men
e neb; nel secondo (fg. 10)
80
, che conservava an-
cora, come si evince dalle foto del corredo eseguite
poco dopo lo scavo, la sua montatura in argento,
allincirca ellittica, con appiccagnolo cilindrico, di
un tipo ampiamente utilizzato per sigilli in faence
fenici ed egiziani, molti dei quali rinvenuti anche
in Italia
81
, rappresentato un trofeo ftomorfo
costituito da cerchio con bollo centrale da cui si
dipartono quattro volute, due foglie lanceolate
contrapposte con nervatura centrale e trattini
obliqui, e due steli lineari terminanti a tromba.
77
Boardman-Buchner 1966, p. 58.
78
Tell Halaf III, tav. 93a; H. Frankfort, Te Art and Architec-
ture of Ancient Orient, New York 1954, p. 178.
79
Inv. 3120. Alt. 1,5. MAL IV, c. 379, fg. 176, con la de-
scrizione e lettura di Schiaparelli; Hlbl 1979, II, p. 93, n. 443,
tav. 70, 4; Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 4.
80
Inv. 3119. Alt. 1,9. MAL IV, tav. IX, 49; Hlbl 1979, II, p.
94. n. 444, tav. 70, 3; Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 3.
81
Lo stesso tipo di montatura frequentemente attestato in
Occidente (anche nelle localit fenicie di Sardegna e Spagna,
oltre Cartagine) per numerosi scarabei fenici o egiziani in steatite
bianca o faence, quasi sempre in contesti di fne VIII. Ad es.
a Pithekoussai (uno scarabeo egiziano cos montato proviene
dalla gi ricordata tomba 549: Pithekoussai I, n. 8, tav. CLX-
XIII, e appendice II, p. 793, che ha restituito anche gli altri tre
sigilli del Gruppo del Suonatore di Lira con montature uguali,
Boardman-Buchner 1966, nn. 12, 26 e Pithekoussai I, p. 547);
altri pendagli, identici, usati per sigilli del gruppo del Suonatore
di Lira sono attestati nella tomba 634 (Boardman-Buchner
1966, n. 9), nella tomba 668 (Boardman-Buchner 1966, n. 5,
fg. 8); nella tomba 662 (Boardman-Buchner 1966, n. 14, fg.
18). Per lEtruria, e solo a titolo esemplifcativo, tali montature
sono attestate a Veio (un esemplare nella tomba 2 della necro-
poli dei Tre Fontanili: NSc 1954, pp. 2-3, fg. 3, con sigillo in
ambra), a Velulonia (tre esemplari, dal Circolo dei Monili, due
comprensivi di appiccagnolo, ed uno sporadico dagli scavi del
1905, senza appiccagnolo, tutti con scarabei in steatite bianca:
von Bissing 1933, pp. 373-374, nn. 8, 9, 10, tav. XXIII; Hlbl
115 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
Il motivo compare gi su scarabei egiziani e della
Palestina
82
, che possono aver costituito un modello
di ispirazione anche per i sigilli del Gruppo del
Suonatore di lira in cui il trofeo vegetale, di un tipo
pi o meno ricco ed elaborato, ritorna in tre sigilli
di Pithekoussai
83
, in almeno sette dalla Grecia
84
, in
uno da Tarso
85
, in altri dal mercato antiquario
86
.
Altri scarabei in faence, ma anche in steatite
bianca, almeno dieci, sono presenti a Falerii e nel
territorio falisco (Narce, Vetralla, Corchiano)
87
,
1979, II, pp. 331-333, nn. 335-337; tre dal Circolo del Monile
dargento, uno senza appiccagnolo: von Bissing 1933, pp. 374-
375, nn. 11, 12a-b, 13, tav. XXII; Hlbl 1979, pp. 333-334,
nn. 338-340); a Marsiliana dAlbegna, necropoli della Banditella
(dalla tomba II, con sola montatura: von Bissing 1933, p. 376,
n. 16, tav. XXIII; Hlbl 1979, II, pp. 109-110, n. 491, tav. 89,
1; dalla tomba XXIII, di cui uno con montatura intera, con
scarabei in steatite bianca: von Bissing 1933, pp. 376-377, nn.
17-19, tav. XXIII; Hlbl 1979, II, pp. 110-111, nn. 492, 493,
496, tavv. 89, 2-3, 90, 1; dalla tomba XXXII: von Bissing 1933,
p. 377, n. 20, tav. XXIII; Hlbl 1979, II, p. 111, n. 494, tav.
90, 2; dalla tomba XLVIII: von Bissing 1933, p. 377, n. 21, tav.
XXIII; Hlbl 1979, II, pp. 113-114, n. 497; dalla tomba LVI,
senza appiccagnolo: von Bissing 1933, p. 379, n. 23, tav. XXIII;
Hlbl 1979, II, p. 111, n. 495, tav. 90, 4; dalla tomba LX: von
Bissing 1933, p. 378, n. 22, tav. XXIII; Hlbl 1979, II, p. 114, n.
498, tav. 90, 3; a Bisenzio, due dalla tomba 3 delle Bucacce con
scarabei in faence: Galli 1912, p. 431, nn. 4B-4C, fgg. 18-19, e
sei conservati al Museo Archeologico di Firenze con scarabei in
steatite bianca: von Bissing 1937, p. 420, nn. 53-58, tav. LVI;
Hlbl 1979, II, pp. 103-105, nn. 475-480); anche in questi casi
la maggior parte degli studiosi esclude una manifattura egiziana
dei pendagli a favore di una manifattura fenicia. Si veda anche
Principi etruschi, pp. 137-140, nn. 92-108 (dove sono illustrati
vari esemplari, su citati, da Marsiliana e Vetulonia, oltre a quelli
di Verucchio). Per lesemplare dalla tomba del Guerriero della
Polledrara a Vulci, con un sigillo egiziano, infra, nota 88. Per
montature simili attestate per sigilli rinvenuti in altre zone del
Mediterraneo: Rizzo 2007, pp. 60-62.
82
W.M.F. Petrie, Buttons and Design Scarabs illustrated by the
Egyptian Collection in University College London, London 1925,
tav. 8, pp. 151-156, 260-266.
83
Tomba 455 (Boardman-Buchner 1966, n. 34, fgg. 26, 28
= Pithekoussai I, tomba 455, p. 460, n. 4, tavv. CLXIII, 136,
del TG II). Per questo e lesemplare della tomba seguente 631,
si vedano anche Hlbl 1979, II, p. 195, nn. 854-855, tav. 147,
2-3 e forse Boardman 1975, p. 112, sub n. 212. Tomba 631
(Boardman-Buchner 1966 n. 35, fgg. 28, 29 = Pithekoussai I,
tomba 631, p. 614, n. 12, tav. CLXXXI, del TG II). Tomba
549 (sigillo non menzionato in Boardman-Buchner 1966,
ma presente in Pithekoussai I, T. 549, n. 6, tomba del TG I,
in cui sono stati trovati altri tre sigilli del Gruppo, quelli in
Boardman-Buchner 1966, nn. 12, 17, 26) oltre che due egiziani
(Pithekoussai I, p. 547, nn. 7-8).
84
Uno da Samos (Boardman-Buchner 1966, n. 87, fg. 41),
uno da Itaca, Aetos (Boardman-Buchner 1966, n. 50), uno da
Lindos, piuttosto rovinato (Porada 1956, n. 43; Boardman-
Buchner 1966, n. 101); uno dalla Sacred Spring di Corinto
(Boardman 1990, n. 59bis); uno da Naxos, dal santuario di
Dioniso a Iria (Simantoni-Bournia 1998, p. 66, tav. 10, 1 =
Rizzo 2007, Appendice, n. 6); due da Rodi, dal santuario di
Atena a Jalysos (Rizzo 2007, pp. 63-64, nn. 18-19, fgg. 68-72).
85
Boardman-Buchner 1966, n. 117.
86
Due dal mercato antiquario svizzero (Ancient Art of the
Mediterranean World & Ancient Coins 1991, p. 22, n. 53; Rizzo
2007, Appendice, n. 24; e Boardman 1990, n. 186); uno da
una collezione privata svizzera (Boardman 1990, n. 187); uno,
gi coll. Dawkins, venduto da Sotheby (Boardman-Buchner
1966, n. 159).
87
Sette scarabei, pi un sigillo rotondo, provengono da
Narce: uno dalla tomba 2/XLVI del secondo sepolcreto a sud
di Pizzo Piede (MAL IV, c. 381, fg. 179; c. 468, n. 9; Hlbl
1979, II, p. 90, n. 430); due dalla tomba 22/LVII del quinto
sepolcreto a sud di Pizzo Piede (MAL IV, c. 502, n. 9, fgg.
177-178; Hlbl 1979, II, pp. 90-91, nn. 431-432); uno dalla
tomba 23 del quinto sepolcreto a sud di Pizzo Piede (MAL IV,
Fig. 8 Fig. 9
Fig. 8. Pithekoussai, tomba 668. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira (da Boardman-Buchner 1966, fg. 1, 5) (scala 3:1).
Fig. 9. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI. Scarabeo in faence (scala 3:1).
116
Maria Antonietta Rizzo
oltre che ampiamente attestati in Etruria: a Veio
(una cinquantina), Cerveteri (una ventina, a cui
sono da aggiungerne almeno sei dagli scavi del 1999
nellarea del Laghetto), Tarquinia (una quarantina),
Vulci (almeno 25, a cui da aggiungere almeno
lesemplare egiziano con montatura in argento dalla
tomba del guerriero della Polledrara), Bisenzio (una
quindicina), Marsiliana (una decina), Vetulonia
(una quindicina), Populonia (almeno due)
88
.
Nella tomba sono poi presenti due pendagli fgurati
in faence, uno riproducente lintera fgura, laltro
solo la met inferiore, di Bes (fg. 11)
89
. Si tratta di
oggetti, in genere fgurine di divinit, che risultano
attestati peraltro in numerose altre tombe falische
90
.
Del resto le fgurine in faence, insieme a scarabei
e scaraboidi, e ad aegyptiaca vari, prodotti in area
rodia e levantina e ampiamente difusi in una vasta
area del Mediterraneo
91
, gi presenti in Etruria nella
c. 503, n. 14; Hlbl 1979, II, p. 91, n. 433); uno dalla tomba
1 di Philadelphia (Dohan 1942, p. 59, n. 60, tav. XXXII; Hlbl
1979, II, p. 91, n. 434); due, rotondi, dalla tomba 18/XXXII
della necropoli di Monte Lo Greco (MAL IV, c. 440, n. 11a,
tav. IX, 51; Hlbl 1979, II, p. 92, nn. 435-436). Uno scarabeo,
proveniente da Falerii, conservato al Museo archeologico di
Firenze: Hlbl 1979, II, p. 95, n. 446, tav. 70, 5. Un esemplare
rispettivamente da Corchiano e Vetralla: menzionati in Hlbl
1979, II, p. 96, nn. 447-448.
88
Hlbl 1979, II, passim. Le tombe del Laghetto 1999,
inedite, sono la 2217, 2247, 2196, 2158, 2161. Per la tomba
del Guerriero della Polledrara, scavata nel 1976, A.M. Sgubini
Moretti, in Scavo nello scavo, Viterbo 2004, pp. 150 ss., in
particolare per lo scarabeo, pp. 155, 165 (XIX-XX dinastia).
89
Inv. 3115. Alt. mass. 2,4. MAL IV 1894, tav. IX, 53; Hlbl
1979, II, p. 93, n. 441, tav. 60, 5; Cozza-Pasqui 1981, p. 47,
n. 6. Inv. 3116. Alt. mass. 2,2. Hlbl 1979, II, p. 93, n. 442,
tav. 60, 4; Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 7.

90
Necropoli di Monte Lo Greco tomba 18/XXXII, nove
fgurine, due di Bes: MAL IV, c. 379, 441, n. 11 c, tav. IX, 51,
53 (Bes); Hlbl 1979, II, pp. 84-85, nn. 394-395, tav. 60, 3;
61, 1; una di Ptah: MAL IV, c. 441, n. 11c; Hlbl 1979, II, p.
81, n. 379, sei di Pateco: Hlbl 1979, II, pp. 85-86, nn. 398-
403, tavv. 50, 3; 48, 1. Necropoli della Petrina A, tomba 36/
XXVII, due fgurine di Sachmet: MAL IV, c. 379, 422, n. 2,
tav. IX, 54; Hlbl 1979, II, pp. 81-82, nn. 380-381. Petrina
A, tomba 15/XXII, una fgurina di Sachmet (?): MAL IV, c.
410, n. 6d; Hlbl 1979, II, p. 82. n. 382. Tomba 16/XXIV:
MAL IV, c. 412, n. 12: quattro pendagli di cui uno a forma
di Bes. Tomba 17/XLIV del quinto sepolcreto a sud di Pizzo
Piede, una fgurina di Sachmet, una di Nefertem, una di Pateco:
MAL IV, c. 498, n. 4c; Hlbl 1979, II, p. 83. n. 383; p. 84,
n. 393; p. 87, n. 404. Tomba 22/LVII del quinto sepolcreto a
sud di Pizzo Piede, sette fgurine di divinit egizie: MAL IV,
c. 502, n. 10; Hlbl 1979, II, p. 89, nn. 415-421.Tomba 42 M
a Philadelphia, cinque fgurine di Sachmet ed una di Nefertem:
Dohan 1942, p. 31, n. 23, tav. XVI, 23-24; Hlbl 1979, II, p.
83, nn. 384-389. Tomba 24 M di Philadelphia, una fgurina
di Bes e tre di Pateco: Dohan 1942, p. 34, n. 29u, tav. XVII,
29; p. 34, n. 30, tav. XVII, 30; Hlbl 1979, II, p. 83, n. 397;
p. 89, nn. 412-414. Tomba 3/XLII del secondo sepolcreto a
sud di Pizzo Piede, una fgurina di Osiride, una di Iside, due di
Nefertem, una di Bes, cinque di Pateco: MAL IV, c. 470, n. 6;
Hlbl 1979, II, p. 80, n. 377, tav. 35, 2; p. 81, n. 378, tav. 35,
1; p. 83-84, nn. 390-391, tav. 45, 8; p. 83, n. 396, tav. 60, 1;
pp. 87-88, nn. 405-409, tavv. 50, 1; 47, 1; 48, 2; 50, 2; 54, 6.
Tomba 18/XXXIX del quinto sepolcreto a sud di Pizzo Piede,
una fgurina di Nefertem e una di Pateco: MAL IV, c. 498, n. 4c;
Hlbl 1979, II, p. 84, n. 392; pp. 88-89, n. 410. Tomba 23 del
quinto sepolcreto a sud di Pizzo Piede, una fgurina di divinit
egizia: MAL IV, c. 510, n. 10; Hlbl 1979, II, pp. 89-90, n. 422.
Tomba 1 a sud del sepolcreto di Monte Li Santi, sette statuette
di divinit egizie: MAL IV, c. 444, nn. 12, 13d; Hlbl 1979,
II, p. 90, nn. 424-429. Montarano, tomba 15/XXVII, quattro
statuette di Nefertem (tomba citata in MAL IV, c. 379 come
XVIII, secondo la prima numerazione; c. 379, fg. 99q, una
in tav. IX, 52) e con il n. XVIII citata ancora in Hlbl 1979,
II, p. 92, nn. 437-440, tav. 44, 3; Cozza-Pasqui 1981, p. 44.
91
Per luoghi di produzione, aree di difusione, circuiti di
distribuzione, si vedano Martelli 1991, pp. 1055-1058, e nota
31 con vasta bibl., oltre che, per la penisola italiana, von Bissing
1933, 1937 e Hlbl 1979. In particolare per Pithekoussai: F. De
Fig. 10. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI.
Sigillo in steatite bianca (scala 3:1).
Fig. 11. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI.
Statuette di Bes in faence.
117 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
fase II B di Veio
92
, sono tra le pi antiche importa-
zioni dallarea orientale attestate in Etruria, anche
se una difusione cos generalizzata, come quella
riscontrabile nei corredi falisci, non comune prima
degli inizi del VII secolo.
Tra le fgurine rappresentanti divinit egizie, cos
ben attestate in ambiente falisco ed etrusco, Bes,
che pure ha importanti attestazioni in altri siti del
Mediterraneo
93
, non tra le pi difuse, rispetto
ad esempio a quelle di Sachmet o di Nefertem: cin-
que sono gli esemplari presenti nellagro falisco
94
,
quattro provengono da Veio
95
, uno da Tarquinia
96
,
quattro da Vetulonia
97
.
Passiamo ora a esaminare gli altri oggetti di
ornamento personale, che contribuiscono con la
loro ricchezza e variet a connotare lo status della
defunta, certamente appartenente ad un rango
molto elevato (fg. 12): due fermatrecce in argento
(fg. 13.b-c)
98
, di tipo 47g di Osteria dellOsa
99
;
una spirale o armilla in bronzo (fg. 13.a)
100
del
tipo 49a var. I Osteria dellOsa
101
e uno spillone o
ago crinale di bronzo (fg. 15.a)
102
di forma rara,
forse pi prossimo a tipi difusi in et orientaliz-
zante
103
; varie collane, una di ambra
104
composta
Salvia, Un ruolo apotropaico dello scarabeo egizio nel contesto
culturale greco-arcaico di Pithekoussai (Ischia), in Hommages
Maarten J. Vermaresen, III, 1978 (a cura di M.B. De Boer - T.A.
Edrige), pp. 1003-1061; F. De Salvia, I reperti di tipo egizio, in
Pithekoussai I, pp. 761-811. Per Rodi, oltre che Martelli 1988 e
1991, G. Hlbl, Typology of form and material in classifying
small Aegyptiaca in the Mediterranean during archaic times: with
special reference to faience found on Rhodian sites, in Early Vitre-
ous Materials, Symposion 2
nd
and 3
rd
November 1984 (a cura di
M. Bibson - I.C. Frestone), British Museum Occasional Papers 56,
London 1987, pp. 115-126; e, per la Grecia, N.J. Skon - Jedele,
Aigyptiaka: a catalogue of Egyptian and Egyptianizing objects exca-
vated from Greek archaeological sites, ca. 1100-525 B.C. (Phil. Diss.
University of Pennsylvania 1994. UMI Dissertation Services, Ann
Harbor), oltre che T.H.G. James, Te Egyptian-Type objects, in
Perachora. Te Sanctuaries of Hera Akraia and Limenia, II, Oxford
1962, pp. 478-511. Inoltre: G. Hlbl, Archaische Aegyptiaca aus
Ephesos. Vorlufge Beobachtungen zu Neufunden aus dem Ar-
temision, in Die epigraphische und altertumskundliche Erforschung
Kleinasiens: Hundert Jahre Kleinasiatische Kommission. Akten des
Symposions vom 23. bis 25. Oktober 1990 (G. Dobesch - G.
Rehrenbock edd.), 1993, pp. 227-253; F. Gorton, Egyptian and
Egyptianizing scarabs. A typology of steatite, faience and paste scarabs
from Punic and other Mediterranean sites, Oxford 1996; G. Hlbl,
Funde aus Milet, VIII: Die Aegyptiaca vom Aphroditetempel
auf dem Zeytintepe, in AA 1999, pp. 345-371; Huber 2003,
pp. 96-100; G. Hlbl, gyptisches Kulturgut in der griechischen
Welt im frhen ersten Jahrtausend vor Christus (10.-6. Jh. V.
Chr.), in gypten, Griechenland, Rom. Abwehr und Berhrung,
Tbingen 2005, pp. 114-121; G. Hlbl, gyptisches Kulturgut
im archaischen Artemision, in Die Archlogie der ephesischen
Artemis. Gestalt und Ritual eines Heiligtums (a cura di U. Muss),
Wien 2008, pp. 209-221. Per Cipro vedi nota 93.
92
Es. Quattro Fontanili tomba EE7-8B, fgurina di Mut: NSc
1967, p. 130, fg. 26; Hlbl 1979, II, p. 3, n. 1, tav. 32, 1. Tomba
Yo, due fgurine di Bes, ricordate qui a nota 95 e fgurina di
Nefertem: NSc 1970, p. 266, sub n. 98, fg. 52; Hlbl 1979, II,
p. 5, n. 10, tav. 44, 1. Tomba BBo, due fgurine di Pateco: NSc
1972, p. 270, nn. 3-4, fg. 48; Hlbl 1979, II, p. 8, nn. 22-23,
tav. 48, 3. Tomba 2 a fossa della Vaccareccia, tre fgurine di Sach-
met e una di Nefertem: Palm 1952, p. 61, tav. XI, 8; Hlbl 1979,
II, pp. 3-4, nn. 3-5, tav. 38, 1-3; p. 4, n. 9, tav. 44, 2. Tomba
6 a fossa della Vaccareccia, tre fgurine di Pateco: Palm 1952,
p. 63, tavv. XVI, 40; Hlbl 1979, II, pp. 6-7, nn. 16-18, tavv.
52, 1; 54, 5. Tomba 20 a fossa della Vaccareccia, una fgurina
di Sachmet, una di Nefertem e una di Pateco: Palm 1952, p. 71,
tav. XXX, 24-25; Hlbl 1979, II, p. 4, nn. 6-7, 15, tavv. 36, 3;
43, 2; 49, 1. Tomba 24 a fossa della Vaccareccia, una fgurina
di Nefertem e due di Pateco: Palm 1952, p. 72, tav. XXXI, 6-7;
Hlbl 1979, II, p. 4, n. 8, tav. 43, 1; p. 7, nn. 19-20. Tomba
a fossa da Monte Michele, a Firenze, due fgurine di Pateco:
Hlbl 1979, II, p. 8, n. 24-25, tav. 54, 7-8. Necropoli di Casale
del Fosso: oltre alle due fgurine di Bes, dalle tombe a fossa 841
e 911, ricordate qui alla nota 95, una fgurina di Pateco dalla
tomba a fossa 912: Hlbl 1979, II, pp. 7-8, n. 21, tav. 48, 5.
93
Efeso, Erythre, Rodi (Kamiros, Jalysos, Lindos), Samos,
Paros, Perachora, Argo, Egina, Eretria, Kition, Amatunte, Creta
(Amnisos, Gortina), Al Mina: G. Clerc, in Fouilles de Kition II.
Objets gyptiens et egyptisant: scarabes, amulettes et fgurines en
pte de verre et en faence, vase plastique en faence. Sites I et II,
1959-1975, Paris 1976, pp. 118, 127-130; G. Clerc, Aegyp-
tiaca, in tudes chypriotes XIII. La ncropole dAmathonte. V.
Tombes 110-385 (a cura di V. Karageorghis - O. Picard - Ch.
Tytgat), Paris 1991, pp. 97-99.
94
Vedi nota 90.
95
Hlbl 1979, II, pp. 5-6, nn. 11-14, tavv. 59, 5; 59, 2
(Quattro Fontanili, tomba Y: NSc 1970, p. 266 ss., in cui
sono presenti anche bulle in lamina doro), necropoli della
Vaccareccia, Casale del Fosso tombe 841 e 911.
96
Hlbl 1979, II, p. 45, n. 221.
97
Hlbl 1979, II, pp. 117-118, nn. 505-508, tavv. 55, a
colori VI, 1, 57, 56, 58.
98
Inv. 3107. Diam. 3. In frammenti. A capi sovrapposti in
flo dargento con un occhiello ad una estremit. MAL IV, tav.
X, 28; Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 1.
99
Osteria dellOsa, p. 389, tav. 40. Lo stato di conservazione
del nostro pezzo non consente un preciso inquadramento.
100
Inv. 3117. Alt. mass. 3,5; diam. 4. A capi sovrapposti in
flo di bronzo.
101
Osteria dellOsa, p. 393, tav. 40 (periodo IV). Presente an-
che a Veio, es. tomba CD 11 (NSc 1976, p. 125, n. 10, fg. 30).
102
Inv. 3106. Alt. mass. 4,5; diam. testa 0,7. Privo della parte
inferiore. Con testa sferica e fusto decorato con ingrossamenti.
103
Assimilabile, solo per la forma, non per il materiale, al tipo
44c di Osteria dellOsa (Osteria dellOsa, p. 380, tav. 39). La
forma con capocchia sferica attestata in oro e metalli preziosi
su esemplari di piena et orientalizzante (es. esemplari con
capocchia sferica e foglie a giorno, di tipologia greco-orientale
dalla tomba Barberini: P. Jacobsthal, Greek Pins and their con-
nections with Europe and Asia, Oxford 1956, p. 170 s.; Oro degli
Etruschi, p. 258, n. 20; spillone dalla tomba del Littore: Oro
degli Etruschi, p. 270, n. 58).
104
Inv. 3113. Mis. mass. 2,5x1. Composta da 15 elementi
a losanga arrotondata e da quattro pendaglietti. MAL IV, tav.
118
Maria Antonietta Rizzo
IX, 20 (uno dei pendagli); Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 2e.
105
Osteria dellOsa, p. 430, tav. 46 (II-IV periodo); attestate
a Cerveteri (necropoli del Sorbo e del Laghetto), Veio (Quattro
Fontanili), nel Latium Vetus (Roma, Castel di Decima, tomba
132), in Italia meridionale (Cuma, San Marzano, Sala Consi-
lina, Torre Galli) etc.
106
Inv. 3109. Diam. vaghi 0,3/0,4. Costituita da anellini
schiacciati in pasta vitrea gialla, tranne due blu. MAL IV, tav.
IX, 42; Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 2b.
107
Guidi 1993, p. 70, fg. 25/9, 10, 11.
108
Es. tomba 8/XXXVII del V sepolcreto a sud di Pizzo Piede:
MAL IV, c. 379, c. 490, nn. 3-4; tomba 73/LII della necropoli
di Monte Cerreto: MAL IV, c. 379, c. 511, n. 3, tav. IX, 43.
109
Nella necropoli del Laghetto sono presenti in quasi tutte
le tombe femminili; luso perdura anche nelle tombe databili
nellOrientalizzante antico e Medio (ad es., nella necropoli del
Sorbo, le tombe del tumulo Ramella-Giulimondi, e le tombe
Giulimondi Elio e Pio, scavate in parte da R. Mengarelli).
110
Inv. 3108. Diam. vaghi in oro 0,5; diam. anellini in pasta
vitrea 0,2. I tre castoni centrali in oro sono cilindrici e dovevano
contenere delle pietre incastonate, perdute; in due incassi si
conservano resti di una sostanza per il fssaggio. Cozza-Pasqui
1981, p. 46, n. a.
111
Inv. 3110a-m. a,m. Due vaghi in pasta vitrea bianca.
Diam. 0,7/0,8. c,d,e,g,h. Cinque vaghi in pasta vitrea verdina.
Diam. 1, 3/1, 5. i. Un vago in pasta vitrea gialla. Diam. 1,2. f.
un vago in pasta vitrea verdina con solcature verticali. Diam. 2.
MAL IV, tav. IX, 27; Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 2c.
112
Osteria dellOsa, p. 435, tav. 46.
113
Inv. 3110. Diam. 1. Pasta vitrea blu con striature concen-
triche bianche e gialle.
114
Guidi 1993, p. 74, fg. 25/27. Si confrontino: necropoli
di Quattro Fontanili, tombe CD11 (NSc 1976, p. 126, n. 21
a, fg. 39); EF 9-10 (ibidem, p. 130, n. 3, fg. 43); EF 11-12
(ibidem, p. 138, nn. 38f-h, fg. 47); B 15-16 (ibidem, p. 154,
n. 25e-f, fg. 57); C 16 (ibidem, p. 161, nn. 33a-b, fg. 61); C
17-18 (ibidem, p. 167, nn. 14c-b, fg. 64); Zy (NSc 1972, p. 212,
n. 19, fg. 9); BBo: NSc 1972, p. 270, n. 13, fg. 48; CCio: NSc
1972, p. 272, n. 7, fg. 53; OP 3-4: NSc 1972, p. 295, n. 4, fg.
67; OP 4-5: NSc 1972, p. 299, n. 30, fg. 73 (con cinturone a
losanga, n. 11, fg. 70; fbula con fli doro n. 8, fg. 72 e fbula
con dischi dambra, n. 20, fg. 72); M 5: NSc 1972, p. 329, n.
10,3, fg. 93; CC DD 11: NSc 1967, p. 117, n. 5,2, fg. 17;
DD 7-8: NSc 1967, p, 117, n. 3,1, fg. 17; DD 10-11B: NSc
1967, p. 126, n. 5,1, fg. 22; EE 7-8B: NSc 1967, p. 132, n.
19,13, fg. 26 e n. 6, fg. 29 (ricca tomba a fossa di bambina
con borchiette doro e di bronzo lavorate a sbalzo, molte fbule
a sanguisuga e con dischi dambra, una fgurina di Mut: Hlbl
1979, II, p. 3, n. 1, tav. 32, 1; n. 18, fg. 26; armilla a spirale,
vaghi a barilotto, vaghi fusiformi in ambra, n. 19, 12, fg. 26);
tomba FF 7-8: NSc 1967, p. 156, n. 27,2, fg. 40; FF- 9-10:
NSc 1967, p. 161, n. 13, fg. 47; tomba FF 11: NSc 1967, p.
162, n. 4, 2, fg. 47.
115
Inv. 3112. Mis. mass. 1x0,5. Linventario ricorda tre
di questi elementi, forse di collana, a cilindro bombato con
decorazione a reticolo. MAL IV, tav. IX, 4 (due esemplari);
Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 2f.
116
Guidi 1993, p. 76, fg. 10/22.
117
Si confrontino gli esemplari dalle tombe G 8-9 (NSc 1975,
p. 106, n. 55, fg. 29); D8 (ibidem, p. 126, n. a, fg. 35); EE
7-8B: NSc 1967, p. 132, n. 19, 3, fg. 26.
118
Le gi citate ricche tombe femminili 223, 376, 522 scavi
Lerici e nella tomba 2161 scavi Rizzo.
119
Vetulonia: Falchi 1891, p. 70, tav. V, fg. 8 (Poggio La
Guardia); tav. VIII, fg. 11 (circolo di Bes); tav. XV, fg. 25 (II
circolo delle Pellicce).
120
Inv. 3110 b. Diam. 1. Il volatile privo della testa.
121
Pizzo Piede, tomba 23: MAL IV, c. 503, n. 9. Petrina A,
tomba 15/XXII: MAL IV, c. 410, n. 6c (cos descritta oca di
vetro con flettature di smalto verde su ali e petto).

122
Tomba D8: NSc 1975, p. 126, n. 5g, fg. 35; tomba II
7-8: NSc 1967, p. 260, n. 8, fg. 103.
123
Vetulonia: Falchi 1891, tav. V, fg. 6. Tarquinia, tomba 93
di Selciatello di Sopra: Hencken 1968, fg. 149 g.
da elementi a losanga arrotondata (tipo 89c
Osteria dellOsa) ampiamente difusi nelle tombe
dellEtruria e dellagro falisco
105
e pendagli bitron-
coconici con appiccagnolo; una con dischetti in
pasta vitrea gialla e blu (fg. 12)
106
, dischetti del
tipo Guidi 202
107
, presenti in molte altre tombe
falische
108
, ampiamente difusi a Veio gi nelle fasi
IIa-IIc, ma anche a Cerveteri tra la fne dellVIII e
il primo quarto del VII secolo
109
; una con penda-
glio centrale con tre castoni in oro allinterno dei
quali erano lenti in ambra o pasta vitrea, rimontata
con dischetti sempre in pasta vitrea (fg. 12)
110
,
diversi vaghi in pasta vitrea
111
, a melone (fg. 12),
simile al tipo 89q di Osteria dellOsa
112
, ad oc-
chi bianchi e blu (fg. 12)
113
del tipo Guidi 228,
attestati a Veio dalla fase IIA alla IIC e oltre
114
,
vaghi a barilotto con estremit svasata in sottile
lamina dargento, a volte con resti di decorazione
(fg. 14.b)
115
, tipo Guidi 234
116
, presente a Veio
gi nella fase II B
117
, attestato anche a Cerveteri in
numerosi corredi della necropoli del Laghetto
118
,
oltre che a Tarquinia e Vetulonia
119
, e, di partico-
lare interesse, le Vogelperlen (fg. 14.a)
120
, presenti
anchesse, se pur molto raramente, nellagro falisco
(es. tre vaghi dalla tomba 23 del quinto sepolcreto
a sud di Pizzo Piede e un esemplare dalla tomba
15/XXII della Petrina A
121
), ed attestate anche a
Veio (Quattro fontanili, tomba D8, II 7-8, e Ca-
sale del Fosso tomba 817)
122
, Cerveteri (Laghetto
tombe 605 e 2161, inedite), Vetulonia (tomba 32
di Poggio la Guardia), Tarquinia e Satricum
123
, con
redistribuzione secondaria a Bologna ed Este, le
quali rientrano negli athyrmata per eccellenza e che
conoscono una ampia difusione in Oriente (Ci-
pro, Anatolia centrale, Siria, Iran) e in Occidente
(Eretria, Perachora, Cuma, Pontecagnano, Capua,
S. Maria dAnglona, Policoro), dovuta allazione di
agenti levantini aferenti allenoikismos di Rodi, ove
119 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 15
Fig. 14
Fig. 16
Fig. 17
Fig. 18
a
a
a
a b
a
b
b
b
b b a
c
c
d c
Figg. 12-18. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI: Fig. 12. Collane in ambra, oro, vaghi di collana di vario
tipo, pendagli a bulla in lamina doro. Fig. 13. Spirale in bronzo (a) e fermatrecce in argento (b-c). Fig. 14.Vogelperle e vago
a barilotto. Fig. 15. Ago crinale (a) e elemento di spillone (b). Figg. 16-18. Pendagli a bulla in lamina doro.
120
Maria Antonietta Rizzo
non a caso si riscontra la massima concentrazione
(84 esemplari solo dalla stipe del tempio di Atena
a Kamiros)
124
.
Di particolare pregio e chiaro indizio della ric-
chezza del corredo sono i quindici pendagli in
lamina doro lavorata a sbalzo di forma circolare,
spesso con appiccagnolo a cilindretto cavo, di varie
dimensioni e decorazioni (fgg. 12, 16-18)
125
, dal
tipo pi piccolo e semplice con cerchielli multipli
a rilievo (fg. 16.a), anche bordati da una fla di
punti (fg. 16.b), a quelli di maggiori dimensioni
con rosetta circondata da petali (fg. 16.c), o con
cerchielli multipli circondati da petali e da una o
due fle di punti (fgg. 17-18).
La quantit delle attestazioni e lestesa distribu-
zione areale che comprende, oltre lEtruria, lagro
falisco e il Latium Vetus, anche la Campania (Sala
Consilina, San Marzano, Pontecagnano e Cuma)
126

e larea bolognese
127
, soprattutto a partire dalla met
circa dellVIII secolo, evidenzia un costume difuso
connesso ad una chiara funzione amuletica
128
.
Gli esemplari da Veio Quattro Fontanili, del tipo
di minori e maggiori dimensioni e complessit di
decorazione (tipi Guidi 150 e 232
129
) ricorrono
in contesti di fasi II B1-II C; sono presenti anche
nella ricca tomba femminile 1032 di Casale del
Fosso
130
; a Narce sono attestati gi in tombe di et
villanoviana fnale (ad es. tomba 18/XXXII della
necropoli di Monte Lo Greco) e oltre
131
e sempre
in contesti della seconda met dell VIII secolo sono
presenti a Castel di Decima, tomba 110, e Bisenzio
Olmo Bello, tomba 22
132
; persistono poi, oltre che
a Tarquinia, Bisenzio, Vetulonia, anche a Palestri-
na
133
, e in area falisca (es. Narce)
134
in associazioni
con materiale di et orientalizzante. Molti sono poi,
come spesso accade per questi oggetti in materiale
prezioso, gli esemplari adespoti
135
.
Questo tipo di pendaglio rivela particolari afnit
e corrispondenze con gli esemplari rinvenuti in vari
siti dellisola di Rodi (Jalysos, Kamiros, Lindos,
124
Martelli 1988, p. 110 e nota 68; Martelli 1991, p. 1052,
nota 13, fg. 2; Huber 1998, p. 129-132. Insieme ad altri tipi di
perle, questo tipo di vago, trattato da ultimo da B. Pulsinger,
Perlen aus dem Artemision. Mittler zwischen Mensch und
Gottheit, in Die Archlogie der ephesischen Artemis. Gestalt und
Ritual eines Heiligtums (a cura di U. Muss), Wien 2008, pp.
83-93, soprattutto p. 86, fg. 35, e bibl. a p. 91.
125
Inv. 3111a-q. a,b. Due borchie con cerchi concentrici, una
con fla di fla punti sul margine esterno (fg. 16). Diam. 1,2.
MAL IV, tav. IX, 21; Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 2d. c, n-q.
Cinque borchie con appiccagnolo cilindrico (conservato solo in
alcune) decorate con motivo a rosetta. Diam. 1,3/1,4. d. Una
borchia decorata con al centro motivo a rosetta e intorno da
una serie di petali disposti a corona. (fg. 16c). Diam. 2,5. e,f,i,l.
Quattro borchie decorate con cerchi concentrici e serie di petali
disposti a corona, e fla di punti (fg. 17). Tre conservano lappic-
cagnolo a cilindretto cavo, decorato con cerchielli concentrici.
Diam. 2,3/2,5. MAL IV, tav. IX, 22; Cozza-Pasqui 1981, p. 46,
n. 2d. m. Borchia decorata con cerchi concentrici e cerchielli
(?) o petali. Diam. 2,8. Dato lo stato di conservazione non si
pu essere sicuri che sia decorata come le quattro precedenti.
g,h. Due borchie di misure maggiori delle precedenti, ma molto
lacunose e schiacciate; decorate con cerchi concentrici, fla di
punti, motivi non ben leggibili (forse archetti ?) e due fle di
punti (fg. 18). Diam. 4.
126
F.W. von Hase, Zur Problematik der frhesten Goldfunde
in Mittelitalien, in HambBeitrArch 5, 1975, pp. 99-181, in
particolare p. 116 s., fg. 7, tav. 21, con bibl.; Gastaldi 1979,
p. 27, r, con rif.
127
Bologna, tomba Benacci 984: R. Pincelli, Le orefcerie
delle tombe villanoviane di Bologna, in AA.VV., Civilt del
Ferro, Bologna 1960, p. 373.
128
Oro degli Etruschi, p. 30.
129
Cfr. per i nostri esemplari 3111 a-b = Guidi tipo 150:
Guidi 1993, p. 60, fg. 14,8 (in bronzo e ricoperti in lamina
doro) in contesti delle fasi II B2-II C: es. tomba EE 7-8 B:
NSc 1967, p. 131, n. 15, fg. 25. Tipo 232, di dimensioni
maggiori e decorazione pi complessa: Guidi 1993, p. 74, fg.
14/17-14/18 sempre difusi nelle fasi II B2-II C: si veda ad es.
tomba EE 7-8 B: NSc 1967, p. 131, n. 12, fg. 25. Vedi anche
tombe Yo e KKLL18-19.
130
Buranelli-Drago-Paolini 1997, p. 72, fg. 17.
131
Tomba 18/XXXII: MAL IV, c. 442, n. 25, rif. solo per
confronto a tav. IX, 5, a rosetta.
Il tipo con semplici cerchi concentrici (Guidi tipo 150)
presente nella tomba 2/XLVI del secondo sepolcreto a sud di
Pizzo Piede (MAL IV, c. 468, n. 5); tomba 18/XXXII di Monte
Lo Greco (MAL IV, c. 440, n. 9, cfr. IX, 1); tomba 2/XLVI
a sud di Pizzo Piede (MAL IV, c. 468, n. 5; cfr. tav. IX, 1). Il
tipo con rosetta: tomba 3/XXI Petrina A (MAL IV, c. 402, n.
4, cfr. tav. IX, 3); tomba 29 Petrina A (MAL IV, c. 417, n. 1,
cfr. tav. IX, 3); tomba 34 Petrina A (MAL IV, c. 422; cfr. tav.
IX, 3); tomba 18/XXXII di Monte Lo Greco (MAL IV, c. 442,
n. 25, cfr. tav. IX, 3).
132
Castel di Decima tomba 110 (A. Bedini, LVIII secolo nel
Lazio e linizio dellOrientalizzante antico alla luce di recenti
scoperte nella necropoli di Castel di Decima, in PdP 32, 1977,
p. 306) e Bisenzio Bucacce tomba 10 (Galli 1912, c. 449, fg.
36), oltre che nella tomba 2 dellOlmo Bello (Oro degli Etruschi
1983, p. 251, n. 7) tutte del terzo quarto dellVIII secolo; il tipo
pi complesso, della tomba 22 presenta disco solare e crescente
lunare (dellultimo quarto dellVIII sec. a.C).
133
Tarquinia: Hencken 1968, pp. 96, 161, 193, 241, 261,
262, 298, 309, 321, 360, 367, 506, 545. Per tutti gli altri siti
ricordati si veda: Oro degli Etruschi, p. 30 e rif. ivi riportati.
134
Tombe di Narce Philadelphia 24 M (Dohan 1942, p. 34,
tav. XVII) e Copenhagen 1 della prima met del VII secolo.
135
Si vedano gli esemplari ricordati da M. Martelli, in Oro
degli Etruschi, p. 34, nota 49. Altri, adespoti, datati tra il terzo
e lultimo quarto dellVIII sec. a.C. sono presenti, ad es., nella
collezione Cini-Alliata: Etruscan Treasures from the Cini-Alliata
Collection, Rome 2004, p. 75 s., n. 82.
121 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
Exochi), in contesti del Geometrico Recente, della
seconda met quindi dellVIII sec. a.C., e signifca-
tiva la loro occorrenza in Occidente e su questo
torneremo in contesti comprendenti altri mate-
riali ampiamente attestati proprio in ambito rodio
(sigilli del Gruppo del Suonatore di Lira, statuette
in faence, Vogelperlen, fbule confgurate).
Le quindici placchette in lamina di bronzo deco-
rate a sbalzo di forma quadrata o tagliate a scala
(fgg. 19-20)
136
del tipo Guidi 151 variante A
137

sono gi presenti a Veio dalla fase II A, perdurano
fno alla fne dellVIII, e sono attestate in varie
tombe di Narce
138
.
Molte e di varie tipologie le fbule tra cui una
rivestita in flo doro (fg. 22.a)
139
, di un tipo cono-
sciuto anche a Veio
140
, e ricorrente in ambito falisco
(presente in almeno altre sei tombe femminili pro-
prio della necropoli di Montarano
141
); due ad arco
rivestito di dischi di ambra e di osso (fg. 22.b-c)
142

del tipo 39b di Osteria dellOsa
143
, difuse ampia-
mente in contesti falisci (Falerii, Narce), etruschi
(Veio, Quattro Fontanili e Vaccareccia, Cerveteri,
Tarquinia, Bisenzio)
144
e laziali (Castel di Decima,
nella tomba principesca 101, oltre che nelle 93
e 153, oltre che a Palestrina, Tivoli, La Rustica,
Lavinio)
145
; due di bronzo a navicella, di grandi
dimensioni e decorate con motivi geometrici (fg.
21)
146
, di tipo 38dd di Osteria dellOsa
147
, ampia-
mente attestate anche a Cerveteri
148
e nel Lazio
149
;
una in elettro (fg. 23.a)
150
e due di bronzo a navi-
cella con inserzioni dambra (fg. 23.b-c)
151
di tipo
38hh di Osteria dellOsa
152
, difuse ampiamente
136
Inv. 3122. Undici di forma quadrata. Mis. 2,5x3 la mag-
giore e 1,7x1,7 la minore. Alcune lacunose. Con forellini agli
angoli per lapplicazione. Decorate con rosetta centrale a punti
e fla di punti lungo il bordo o con rosetta centrale da cui si
dipartono bracci obliqui a punti. Quattro frammenti di lamina
tagliati a scala. Mis. mass. 2x1,5. Tre frammentarie. Decorate
a sbalzo con punti. Cozza-Pasqui 1981, pp. 47-48, nn. 22-24.
137
Attestato dalla fase II A alla II B2: Guidi 1993, p. 60, fg.
18,13. Per il tipo tagliato a scala, si cfr. tomba Quattro Fontanili
C 17-18 (NSc 1976, p. 165, n. 8, fg. 64).
Nella fase II B sono attestati a Veio anche esemplari di maggiori
dimensioni e in oro: Guidi tipo 151 variante B (Guidi 1993,
p. 60, fg. 10/9), ad es. dalla tomba Zy (NSc 1972, p. 209, n.
11, fg. 9), con loculo e coperchio in tufo; tomba EE 7-8 B:
NSc 1967, p. 132, n. 26, fg. 25; tomba FF 7-8: NSc 1967, p.
156, n. 30, fg. 40.

138
Necropoli della Petrina A, tomba 3/XXI: MAL IV, c. 403,
n. 7, una a tav. IX, 3 (24 esemplari e due a svastica); tomba
15/22: MAL IV, c. 410, n. 8, tav. IX, 9 (4 esemplari a zeta);
tomba 30/XXV: MAL IV, c. 419, n. 15, tav. IX, 6).
139
Inv. 3095. Lungh. mass. 3,2. Priva di molla, ardiglione e
stafa, tranne lattacco. In bronzo rivestita in flo doro ritorto
che converge al centro obliquamente da entrambe le parti.
Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 9.
140
Quattro Fontanili tomba EF 11-12: NSc 1976, p. 137, n.
22, fg. 47; tomba OP 4-5: NSc 1972, p. 295, n. 8, fg. 72, con
cinturone, perle ad occhi e fbula a dischi dambra; tomba R
3-4: NSc 1972, p. 313, nn. 4-5, fg. 81.
141
Baglione-De Lucia Brolli 1997, p. 165, fg. 14, quasi
sempre associate con fbule ad arco rivestito da dischi di ambra
e osso: la 42 Milani F, la 34/25, la 37/XX, la 9/11, la 2/XXIX
e la 18/XXX.
142
Inv. 3105, 3104. Lungh. mass. 5; 4,5. Prive di parte
dellardiglione e della stafa. A sanguisuga con arco a semplice
flo rivestito da un disco in osso e due di ambra. Molla a due
giri, stafa allungata. Cozza-Pasqui 1981, p. 47, nn. 19-20.
143
Osteria dellOsa, p. 371, tav. 38; cfr. anche tav. 35, ins. 1.
144
Veio, Quattro Fontanili, tombe W 3 ed EE 7-8 B (NSc
1970, pp. 190-193, nn. 22-23; NSc 1967, p. 131 s., nn. 16-
17, fgg. 23, 25); tomba Yo e tomba G 8-9 (NSc 1970, pp.
262-265, fgg. 48-51; ibidem, fg. 24, nn. 36-38); Vaccareccia
tomba 24 di fase IIIA: Palm 1952, p. 72, n. 1, tav. XXXI;
per Bisenzio, tomba 2: Oro degli Etruschi, p. 251, n. 6 (terzo
quarto dellVIII).
145
Per Castel di Decima: NSc 1975, p. 376; Civilt del Lazio
primitivo, p. 288; F. Zevi, Alcuni aspetti della necropoli di
Castel di Decima, in PdP 32, 1977, p. 260 (dove si dicono
presenti in una quindicina di tombe). Per Palestrina: D.E.
Strong, Catalogue of the Carved Amber in the Department of
Greek and Roman Antiquities, London 1966, pp. 54, 56 s., n.
25, tav. 11. Per Tivoli, tomba 24 A: Civilt del Lazio primi-
tivo, p. 203, n. 10, tav. XXXVIII. Per La Rustica, tomba 11:
ibidem, p. 159, nn. 27-28, tav. XXV. Per Lavinio, tomba 50:
ibidem, p. 300, n. 3.
146
Inv. 3093a-b. Lungh. mass. 7. Prive di ardiglione e stafa.
In bronzo fuso, cave, a sanguisuga, di grandi dimensioni, de-
corate con motivi geometrici, al centro fasce a spina di pesce
disposte due in senso orizzontale ed una in senso verticale ai
lati di un quadrato con fasce a tratteggio e cerchiello al centro,
seguono sopra e sotto la fascia centrale due fasce orizzontali
con una fla di cerchielli; chiudono due zone decorate con fasce
oblique convergenti a spina di pesce; nello spazio di risulta cer-
chiello. Alle due estremit del dorso fascette verticali con spina
di pesce. Molla a due giri. MAL IV, tav. X, 12; Cozza-Pasqui
1981, p. 47, n. 8.
147
Osteria dellOsa, p. 365, tavv. 37, 35.
148
Dalle tombe 219, 223, 234, 247, 266, 268, 341, 367,
374, 410, 472 degli scavi Laghetto Lerici.
149
Pratica di Mare, tomba 65 (Civilt del Lazio primitivo,
p. 305, n. 5, tav. 78), associata con fbule a dischetti di ambra
(ibidem pp. 353-354, nn. 12.10 e 13.8).
150
Inv. 3103. Lungh. mass. 1,5. priva dellardiglione, molla
e stafa. Ad ampia losanga, con due bottoni laterali e sul dorso
incasso per linsersione di un dischetto di ambra. Cozza-Pasqui
1981, p. 47, n. 10.
151
Inv. 3096, 3097. Lungh. 7; lungh. mass. 4. La prima
priva dellardiglione, la seconda dellardiglione e quasi tutta la
stafa. In bronzo fuso, a losanga ampia, con due bottoni late-
rali. La prima presenta sul dorso cinque incassi per linsersione
di dischetti di ambra (ne resta solo uno in posto); la seconda
nove. Molla a due giri, stafa molto lunga. Cozza-Pasqui 1981,
p. 47, nn. 11-12.
152
Osteria dellOsa, p. 367, tav. 37; si cfr. anche ibidem tav.
35, ins 1, con cinque incassi.
122
Maria Antonietta Rizzo
Fig. 19
Fig. 22
Fig. 23
b
b c
a
a
a
a
b
b
c
c
Fig. 20 Fig. 21
Figg. 19-23. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI: Figg. 19-20. Laminette in bronzo. Fig. 21. Fibule in bronzo
a navicella. Fig. 22. fbula rivestita in flo doro (a) e ad arco rivestito di dischi dambra e di osso (b-c). Fig. 23. Fibule in
elettro (a) e in bronzo (b-c) a navicella con intarsi in ambra.
123 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
anche nel territorio falisco (Narce)
153
, in Etruria
e Lazio
154
; una di bronzo a losanga con anellino
inserito nellardiglione (fg. 24.b)
155
di tipo 99 di
Guidi
156
, attestata nel periodo Veio II B2-II C;
due di bronzo a navicella decorate con cordoncini
orizzontali seghettati e bottoncini laterali (fg. 25.a-
b)
157
di tipo 38hh, senza inserti dambra, Osteria
dellOsa
158
; due di bronzo a sanguisuga con arco
decorato con cordoncini rilevati (fg. 25.c-d)
159
di
tipo Osteria dellOsa 38kk
160
, attestata nellagro
falisco, Veio e Lazio
161
; una di bronzo a drago (fg.
24.c)
162
di tipo 42k Osteria dellOsa
163
.
Di particolare interesse una fbula di bronzo ad
arco confgurato con volatili (fg. 24.a)
164
di una
variet difusamente documentata tra let del Fer-
ro e il primo orientalizzante
165
, presente in pochi
esemplari nelle necropoli falische (due dalla tomba
16/XXIV della Petrina,)
166
, ma nota anche a Veio,
forma Guidi 98, dove presente anche nella ricche
tombe femminili G 8-9, CD 10 e AABB
167
, oltre
che nella tomba 780 di Grotta Gramiccia
168
, e a
Tarquinia
169
.
Di incerta destinazione due lastrine in osso de-
corate con cerchielli ad intarsio, forse in ambra, e
cerchielli multipli incisi (fgg. 12, 26)
170
; lipotesi
fatta dai primi editori che le attribuivano a chiusure
di collane, con la funzione precisa di distanziare
i diversi fili che le componevano, pu trovare
conferma nella posizione, accertata al momento
dello scavo, di altri due esemplari, di dimensioni
maggiori, rinvenuti nella ricca tomba femminile
18/XXXII del sepolcreto di Monte Lo Greco a
153
Narce, tomba 2/XLVI del secondo sepolcreto a sud di
Pizzo Piede: MAL IV, c. 384, 468, n. 3, tav. X, 17; tomba 105
a Philadelphia: Dohan 1942, tav. 24, 28-29; tomba 16/X della
necropoli de I Tuf: Baglione-De Lucia Brolli 1990, fg. 6/13.
154
Veio Quattro Fontanili, tombe FF GG10 e CC 4-5 (NSc
1965, fg. 90c, j; NSc 1970, fg. 22/16. Lazio, periodo IV:
Osteria dellOsa tombe 116 e 224 (Osteria dellOsa, p. 367,
tav. 37); Roma, tempio di Antonino e Faustina, tomba AA,
con un solo inserto dambra e in forma miniaturizzata, come
quella della nostra tomba, in elettro (fg. 23a) (Early Rome
1966, fg. 46, 18), Riserva del Truglio, tomba 29 (Gierow
1964, fg. 124, 28).
155
Inv. 3102. Lungh. 4; priva di parte dellardiglione. Anel-
lino, diam. 0,8. In bronzo fuso, ad arco schiacciato a losanga
con bottoni semplici laterali, decorata da incisioni profonde
(linee verticali parallele e cerchi concentrici) sul dorso. Molla
a due giri, stafa allungata. Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 17.
156
Guidi 1993, p. 48, fg. 14/1.
157
Inv. 3098, 3099. Lungh. 6; 5,4. La seconda priva di parte
della stafa. In bronzo fuso, a losanga allargata, con due bottoni
laterali, decorate con doppio cordoncino orizzontale seghettato
e gruppi di linee che si incrociano alle estremit. Molla a due
giri; stafa molto lunga. Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 13-14.
158
Osteria dellOsa, p. 366, tav. 37. Frequenti in tombe di fne
VIII dellagro falisco: Baglione-De Lucia Brolli 1990, fg. 6, 13.
159
Inv. 3094a-b. Lungh. 7,2; 7; in una manca la punta
dellardiglione. A sanguisuga, cava, con arco decorato da gruppi
di cordoncini a rilievo e due triangoli alle estremit. Molla a
due giri; stafa molto lunga. Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 15.
160
Osteria dellOsa, p. 368, tav. 37.
161
Veio, Quattro Fontanili, tomba Xa o (NSc 1970, fg.
42, 7-8). Osteria dellOsa, tombe 222, 233, 401, 534 (Osteria
dellOsa, p. 368, IV periodo). Castel di Decima tomba 68 bis
(NSc 1975, fg. 141,1). Riserva del Truglio, tombe 29 e 30
(Civilt del Lazio primitivo, cat. 17, tav. 10/14, 16-18; Gierow
1964, fg. 125, 10-13).
162
Inv. 3100. Lungh. mass. 8. Priva dellestremit dellardi-
glione e della stafa. Con coppie di tubicini. MAL IV, tav. X,
7; Cozza-Pasqui 1981, p. 47, n. 18.
163
Osteria dellOsa, p. 378, tav. 39. Difusa nei periodi III-IV
laziali (DialArch 2, 1980, tav. 31, tipo 41A, fase IVA) a Osteria
dellOsa tombe 228, 414i; Torrino tomba A: A. Bedini, Tre
corredi protostorici dal Torrino. Osservazioni sullafermarsi e la
funzione delle aristocrazie terriere nellVIII sec. a.C. nel Lazio,
in ArchLaz 7, 1985, fg. 9, 1e, 13A.
164
Inv. 3101. Lungh. 3. Priva di parte della stafa e dellar-
diglione. In bronzo fuso, con arco a sanguisuga decorato con
due ocherelle stilizzate. Molla a due giri. Cozza-Pasqui 1981,
p. 47, n. 16 (erroneamente si fa riferimento a MAL IV, tav. X,
8 che invece di altro tipo, con protuberanze).
165
Per le fbule ad arco plastico a stafa corta e media: K.
Kilian, Das Kriegergrab von Tarquinia. Beigaben aus Metall
und Holz, in JdI 92, 1977. pp. 32, nn. 30-31, n. 3, 3 e 6, 4-5,
57-59 con rifer.; AA.VV., Proposta per una tipologia delle fbule di
Este, Firenze 1976; Gastaldi 1979, p. 38, E6, fgg. 8, 18; Guidi
1993, forma 98. Per esemplari pi recenti: Oro degli Etruschi,
p. 272 n. 66 con bibl.; F.W. von Hase,Die goldene Prunkfbel
aus Vulci, Ponte Sodo, in JbRGZM 31, 1984, p. 270 ss., fgg.
14, 16 (alcuni esemplari falisci citati a p. 275, n. 21 A-D).
Sui tipi di fbule con arco confgurato, zoomorfo, si veda, da
ultimo: M. Martelli, Appunti per i rapporti Piceno - Grecia,
in I Greci nellAdriatico nellet dei kouroi, Urbino 2007, pp.
156, con amplia bibl. e rif.
166
Tomba 16/XXIV Petrina: MAL IV, cc. 366; 411, n. 4, tav.
X, 8. Per la composizione del corredo vedi nota 232.
167
Guidi 1993, p. 48, fg. 18,4. Tomba G 8-9, di fase II C:
NSc 1976, p. 104, n. 33, fg. 27 (due esemplari); nella tomba
sono presenti numerosi vaghi di collana dei tipi presenti anche
nella nostra tomba, in pasta vitrea, in oro, in ambra (22 vaghi
tondi e 13 fusiformi) oltre che fbule a sanguisuga come la
nostra 3094 a-b (fg. 25c-d): ibidem, fg. 30. Tomba CD 10:
ibidem, p. 125, nn. 8-9, fg. 39.Tomba AABB: NSc 1972, p.
263, nn. 13-14, fg. 46, femminile e con cinturone a losanga.
168
Berardinetti-Drago 1997, p. 52, fg. 22.
169
Hencken 1968, fg. 171d (tomba M 5 fase II B, associata
con quattro scarabei in faence); fg. 174i (tomba M 6 fase II B,
associata con bulla in lamina doro e cinturone).
170
Inv. 3114. Lungh. 4,5; alt. 0,8. Di forma trapezoidale,
decorate con cinque intarsi circolari, perduti (restano solo gli
incassi) e da un motivo con cinque cerchielli, ripetuto quattro
volte, e da due cerchielli alle estremit. MAL IV, tav. IX, 12 (un
esemplare); Cozza-Pasqui 1981, p. 46, n. 2g.
124
Maria Antonietta Rizzo
Fig. 24
Fig. 26
Fig. 25
Fig. 28
Fig. 29
Fig. 27
a a
b
c
d
b
c
Figg. 24-29. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI: Fig. 24. Fibula ad arco confgurato (a), a losanga (b) con
anellino inserito e fbula a drago (c), di bronzo. Fig. 25. Fibule a navicella e a sanguisuga, di bronzo. Fig. 26. Fermaglio di
collana in osso. Fig. 27. Vasellame in impasto (da Cozza-Pasqui 1981, fg. a p. 49). Fig. 28. Olla di impasto rosso. Fig. 29.
Holmos di impasto rosso.
125 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
Narce
171
; altre due lastrine, di minori dimensioni,
provengono dalla tomba 16/XXIV del sepolcreto
della Petrina
172
e due dalla tomba 23 del quinto se-
polcreto a sud di Pizzo Piede
173
. Si tratta di oggetti,
certamente pertinenti a sepolture femminili, non
molto difusi, ma sporadicamente attestati anche a
Veio (uno dalla tomba PQ 4 di Quattro Fontanili,
ed altri, di diversa forma, pertinenti alla ricca parure
di elementi in osso della tomba femminile 377 di
Grotta Gramiccia)
174
.
Interessante poi la presenza di un cinturone di
bronzo a losanga, riccamente decorato, di tipo
villanoviano (fg. 30)
175
, riferibile al tipo di Veio
Guidi 170, Toms 1986, tipo XVII, 1
176
, oggetto
difuso anche nellagro falisco-capenate dove ne
sono stati rinvenuti almeno altri sei esemplari (tre
171
Tomba 18/XXXII, a fossa con loculo e sarcofago testudina-
to: MAL IV, c. 139, fg. 56 (con il posizionamento degli oggetti
rinvenuti); una delle due lastrine (c. 441, n. 12) riportata a
tav. IX, 11. Per il corredo vedi nota 235.
172
Tomba 16/XXIV, a fossa con loculo e sarcofago testudi-
nato: MAL IV cc. 441 ss. Le lastrine (c. 412, n. 13bis) sono
rafgurate a tav. IX, 18. Per il corredo vedi nota 232.
173
Tomba 23: MAL IV, c. 503, n. 7 (il riferimento alla tav. IX,
12 solo di confronto). Tomba a fossa con loculo e sarcofago
testudinato. Per il corredo vedi nota 236.
174
Per Quattro Fontanili: NSc 1972, p. 309, n. 10, fg.
76 con cerchielli incisi (cm. 3,8x1,8). Per Grotta Gramiccia:
Berardinetti-Drago 1997, p. 46, fg. 13, lastrine decorate con
cerchielli multipli; per queste ultime si pensato a oggetti per
ornamento delle vesti o per la flatura: G. Bartoloni - F. Delpino,
Un tipo di orciolo a lamelle metalliche. Considerazioni sulla
prima fase villanoviana, in StEtr 43, 1975, p. 5, n. 4, nota 9,
e passim.
175
Inv. 3123. Alt. mass. 14; lungh. 25,8. Piccole lacune. Del
tipo a losanga, con unestremit ripiegata ad uncino e laltra a
forma trapezoidale con i margini ripiegati in dentro e due fori
allineati al centro. Decorato a sbalzo e ad incisione; lungo tutto il
bordo borchiette; quattro fle verticali di borchiette suddividono
la superfcie in cinque settori: da sinistra, nel primo settore,
grande cerchio inciso con bugna centrale a rilievo, con due
fasce concentriche con zigzag continuo, semplice quello interno
e multiplo quello esterno, a sinistra motivo a barra costituito
da borchiette e quattro croci dalmatiche; a destra fla verticale
di triangoli campiti a tratteggio; nel secondo settore tre cerchi
multipli intersecantisi con borchia centrale a rilievo; nel terzo e
quarto settore tre cerchi multipli disposti verticalmente e quat-
tro croci dalmatiche, a sinistra fla verticale di triangoli riempiti
a tratteggio; nel quinto settore grande cerchio inciso dello stesso
tipo di quello descritto nel primo settore, tre croci dalmatiche
e, a sinistra, fla verticale di triangoli campiti a tratteggio. MAL
IV, tav. X, 31 (ma la decorazione in gran parte illeggibile);
Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 25, e fg. a p. 48.
176
Guidi 1993, p. 64, fg. 21.1, che attestato dalla fase II A
(e forse gi dalla fase I C) alla IIC. Toms 1986, p. 95, fg. 20:B.
Per la tomba I 17, NSc 1976, p. 179, fg. 27. Cinturoni sono
attestati nelle tombe OP 4-5, Z 11-12 e AA 12 A di fase II A,
nelle tombe I 17 e EE 12 di fase IIA avanzata-IIB, in nove tombe
Fig. 30a-b. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI: a-b) Cinturone a losanga in bronzo (disegno da Cozza-Pasqui
1981, fg. a p. 48.
a
b
126
Maria Antonietta Rizzo
Fig. 31a-l. Falerii, necropoli di Montarano, tomba 17/XXVI: a) Conocchia; b) Rocchetti in impasto; c) Poculum di impa-
sto rosso; d-e-h) Tazze di impasto rosso; f ) Coppa di impasto rosso; g) Coppa con decorazione white-on-red; i) Anfora di
impasto rosso; l) Oinochoe di impasto rosso.
HH 11-12, II 9-10, EE 7-8B, GG 6-7 (dimenticati nella tabella
a p. 116, ma ricordati a p. 119), Y o, FF GG 7-8, G 8-9, LL 18,
F 7-8 di fase II C, e pi tardi, nelle ricche tombe femminili Z
11-12 (NSc 1967, p. 213, n. 7, fg. 77), e TU y (ibidem, p. 345,
n. 6, fg. 100). presente anche nella tomba femminile 780 di
Grotta Gramiccia: Berardinetti-Drago 1997, p. 52, fg. 22 (dove
associato con una fbula ad arco decorato da volatili, come nella
tomba qui presa in esame) e in due tombe di Casale del Fosso, la
973 e la ricchissima tomba femminile 1032 (Buranelli-Drago-
Paolini 1997, p. 69, fgg. 19-20 b).
177
Nella tomba 36/XXVII (anchessa con loculo e sarcofago)
un cinturone a losanga con circoli concentrici intorno ai bot-
toni intramezzati da zone bulinate a spina (MAL IV, c. 371, c.
422, n. 7; il riferimento a tav. X, 31 solo per confronto). Per la
composizione del corredo vedi nota 234. Nella tomba 18/XXXII
della necropoli di Monte Lo Greco provengono due cinturoni
(MAL IV, cc. 441-442, nn. 15, 18, il riferimento a tav. X, 31
solo per confronto), decorati con i soliti bottoni e grafti a dente
di lupo. Per la composizione del corredo vedi nota 235. Non
chiaro dalle descrizioni a che tipo appartenga il cinturone della
tomba 23 del quinto sepolcreto a sud di Pizzo Piede: MAL IV, c.
504, n. 23. Per la composizione del corredo vedi nota 236. Due
cinturoni, ma del tipo a fascia rettangolare, provengono dalla
tomba 14/XXVI, tomba a fossa sempre del tipo con loculo e
sarcofago (MAL IV, c. 372, c. 408, n. 3), dove sono associati con
fuso, forcelle e ornamenti di pregio (MAL IV, cc. 408 ss.) e dalla
tomba 16/XXIV (MAL IV, c. 372, 412, n. 18, tav. X, 27); per la
composizione del corredo di questultima tomba, vedi nota 232.
178
Entrambe le tombe sono dello stesso tipo della nostra,
con loculo e sarcofago testudinato. Dalla 15/XXVII proviene
da Narce, tombe 36/XXVII della Petrina A e 18/
XXXII di Monte Lo Greco
177
; due dalla necropoli
di Montarano, tombe 15/XXVII e 2/XXIX
178
, oltre
che da Capena).
Dai circa ottanta esemplari di cinturoni conosciu-
ti si pu dedurre che essi sono ben rappresentati
nelle citt dellEtruria meridionale (Veio, Vulci,
Tarquinia, meno a Cerveteri), mentre pi rari sono
nellEtruria settentrionale (Populonia, Vetulonia,
Massa Marittima e Volterra), e abbastanza attestati
a
d
c
b
e
h
f
g
i l
e
127 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
il cinturone a losanga (MAL IV, c. 372, fg. 99z; Cozza-Pasqui
1981, p. 44, n. 13) decorato su tre zone verticali: al centro tre
bottoni rilevati con cerchi concentrici tra due fasce con mean-
dri verticali tra gruppi o fla di sottili denti di lupo; ai lati altri
tre cerchi uniti da tre fasce oblique ad un quarto cerchio; alle
estremit, come nel nostro esemplare, motivi a rombi terminanti
alle estremit con triangoli, riempiti di linee incise a bulino,
e meandro a ruota. Per la composizione del corredo vedi nota
230. Nella tomba 2/XXIX (MAL IV c. 372, ancora indicata
con il numero della prima numerazione della tomba, XXX;
Cozza-Pasqui 1981, p. 26, n. 22) il cinturone a losanga era
accompagnato da un ricco corredo, per il quale vedi nota 229.
179
Per Veio, vedi nota 176. Per Tarquinia il pi antico cintu-
rone appartiene alla tomba a cremazione principesca Arcatelle
14, della fase II A (passaggio tra II A1 e II A2: C.Iaia, Simbolismo
funerario e ideologia alle origini di una civilt urbana. Forme
rituali nelle sepolture villanoviane a Tarquinia e Vulci, e nel loro
entroterra, 1999, pp. 61-62, fg. 15:B); presenti nella tomba
Arcatelle M6 (Hencken 1968, fg. 173a) ed M4 (Hencken
1968, fgg. 169e) di fase II A2. Per Cerveteri, dove non sono
frequentemente attestati, si veda ora lesemplare della tomba
LXX di Cava della Pozzolana (L. DErme, in Scavo nello scavo.
Gli Etruschi non visti. Ricerche e riscoperte nei depositi dei
musei archeologici dellEtruria Meridionale, Viterbo 2004, pp.
121 ss., 126 s., II.c.11), per la quale proposta una datazione
nella fase avanzata II A. Gli esemplari rinvenuti nel Lazio sono
ritenuti importati dallEtruria e riferibili al II periodo laziale:
da Anzio (Gierow 1966, p. 343, fg. 97.1), dalla tomba XLIII
di Tivoli (Civilt del Lazio primitivo, pp. 196 ss., tav. XXXVI
a), da Roma, Quirinale e anfteatro Castrense (L. Pigorini, in
BPI 32, 1908, fgg. D-E). Attestati a Bologna nella fase II A2
(S. Panichelli, Sepolture bolognesi dellVIII sec. a.C., in Mi-
scellanea protostorica (a cura di G.L. Carancini), Roma 1990, p.
291, fg. 3:17); e ad Este nella fase II C (R. Peroni et alii, Studi
sulla cronologia delle civilt di Este e Golasecca, Firenze 1995,
fg. 28, 8). Vedi anche nota seguente.
180
Ringrazio Adriano Maggiani, che ha messo a mia di-
sposizione il suo lavoro sui cinturoni in corso di stampa Un
cinturone villanoviano da Volterra, in cui il nostro esemplare
di Montarano stato inserito nel tipo 3, rappresentato dagli
esemplari di Tarquinia (Hencken 1968, p. 183, fg. 169e), Po-
pulonia tomba 1 del Poggio del Mulino (F. Fedeli, Populonia.
Poggio del Molino e del Telegrafo, in G. Camporeale (a cura
di), LEtruria mineraria, Catalogo della Mostra, Milano 1985, p.
49, n. 18), Bologna tomba 543 Benacci (Montelius, tav. 74,1),
Rieti, Poggio Bustone (L. Ponzi Bonomi, Il cinturone di Poggio
Bustone, in AnnPerugia 22, 1984-85, pp. 79-87) e Fermo,
necropoli tomba 31D/1956 (L. Drago Troccoli, Rapporti tra
Fermo e le comunit tirreniche nella prima et del Ferro, in I
Piceni e litalia medio-adriatica, Pisa-Roma 1999, fg. 43). Anche
V. Olivieri, che ha in corso di stampa la sua tesi di dottorato sui
cinturoni villanoviani, discussa presso lUniversit di Roma La
Sapienza, ha inserito il cinturone di Montarano nel suo Gruppo
M, insieme agli esemplari di Tarquinia e Fermo. Per il motivo a
croci dalmatiche, presente anche sul cinturone della tomba 15/
XXVII di Montarano, si cfr. anche lesemplare dalla tomba 137
di Selciatello di Sopra di fase II B (Hencken 1968, fg. 155).
181
Inv. 3124. Alt. 7; largh. mass. 7,2. Corpo cilindrico da
cui si dipartono due branche cilindriche a semicerchio, con
estremit piana espansa, con tre forellini. MAL IV, tav. XII, 8;
Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 26.
182
Tomba 15/XXVII, con conocchia a quattro branche,
arricchita da intarsi dambra: Cozza-Pasqui 1981, p. 44, n. 14;
MAL IV, cc. 221-222, 388, fg. 99n, tav. XII, 7; (dove per
riportata come tomba XVIII di Montarano, poich si fatto
riferimento alla prima numerazione della tomba: concordanza
in Cozza-Pasqui 1981, p. 323). Tomba 2/XXIX, con conocchia
a due branche, con doppia terminazione per ciascuna di esse:
Cozza-Pasqui 1981, p. 26, n. 23; MAL IV, c. 388, tav. XII, 9
(dove per riportata come tomba XXX di Montarano, poi-
ch si fatto riferimento alla prima numerazione della tomba:
concordanza in Cozza-Pasqui 1981, p. 323).
183
Attestate in tre tombe della necropoli della Petrina, la 36/
XXVII, di un tipo elaborato, a sei braccia, con lungo stelo, per
un totale di 72.5 cm (MAL IV, c. 389; c. 422, n. 8, tav. XII, 12;
vedi per le associazioni nota 234); la 19/XX, con conocchia a
quattro braccia (MAL IV, c. 388; c. 414, n. 1, tav. XII, 10) e la
14/XXVI, con conocchia a sei braccia a fascia (MAL IV, c. 389; c.
409, n. 11, tav. XII, 11); in quattro tombe del quinto sepolcreto
a sud di Pizzo Piede, la 23, con conocchia a sei branche, simile
a quella della tomba 14/XXVI della Petrina (MAL IV, c. 504, n.
28; il riferimento alla tav. XII, 11 solo per confronto; vedi per
il corredo nota 236); la 18/XXXIX, con conocchia a due branche
(MAL IV, c. 388, tav. XII, 8, con attribuzione errata alla nostra
tomba di Montarano; c. 498, n. 8, tav. XII, 8, associata con
ornamenti preziosi, tripode e vaso di bronzo); la 15/XLIX, con
conocchia a due branche (MAL IV, c. 494, n. 11, ma con errato
riferimento alla tav. XII, 7) con fuso (c. 494, n. 12, ma con errato
riferimento alla tav. XII, 13), coltello, ornamenti preziosi, vaso in
bronzo e ben due holmoi; la 4 (con vaso di bronzo e ornamenti
preziosi); in una tomba, la 7, della necropoli di Monte Lo Greco,
a due branche (MAL IV, c. 436), con ornamenti preziosi. Per i
tipi e la difusione: Baglione-De Lucia Brolli 1997, pp. 156-157,
fgg. 8-9 (Petrina); p. 159, fg. 10 (Monte Lo Greco e Monte Li
Santi) e p. 170, fg. 18 (Montarano).
184
Guidi 1993, p. 63, fg. 8/7, fase II B1; un esemplare di
nellEtruria padana (Bologna e Verucchio) e nel Pi-
ceno (Fermo), mentre isolati esemplari provengono
da altre localit del Lazio (Roma, Tivoli, Rieti)
179
.
Il corpo non molto articolato, la ricca decorazione
a sbalzo e soprattutto la presenza di fle di bugnette
verticali alternate a quelle pi grandi, secondo uno
schema iconografco e compositivo non partico-
larmente difuso, sembrano accomunare il nostro
cinturone ad altri rinvenuti a Tarquinia, a Fermo,
Bologna, Populonia, Rieti (Poggio Bustone)
180
.
Questo oggetto risulta comunque lelemento di
pi antica cronologia, intorno alla met dellVIII
secolo o poco dopo, presente nella tomba qui presa
in esame.
Da quanto si pu dedurre dalla pianta, la conoc-
chia, del tipo a due branche (fg. 31.a)
181
, era posta
lungo il fanco sinistro della defunta; loggetto,
attestato sia nella necropoli di Montarano (due
esemplari nelle tombe 15/XXVII e 2/XXIX, con
corredi molto simili al nostro, come gi rilevato)
182
,
sia nelle altre necropoli falische (nove esemplari da
Narce)
183
, sia nelle necropoli veienti dei Quattro
128
Maria Antonietta Rizzo
Fontanili (Guidi tipo 169
184
), di Casale del Fosso
185

e di Grotta Gramiccia
186
, oltre che in quella cere-
tana del Laghetto
187
e in quelle laziali di Osteria
dellOsa (tipo 51b
188
), di Castel di Decima (tomba
210)
189
e di Satricum (tomba XII)
190
, posto spesso
in alternanza al fuso, e talvolta accompagnato da
rocchetti o da fuseruole, testimonia ancora una
volta come la tessitura, alla quale si attribuiva
per tradizione particolare importanza e dignit,
concorra in questo momento a sottolineare lalto
status sociale della defunta
191
. Sempre allinterno
del sarcofago sembrano essere stati rinvenuti i tre
rocchetti dimpasto (fg. 31.b)
192
, due del tipo
Guidi 2 a e uno del tipo del tipo 1c
193
.
Pi in basso posizionata, nella planimetria, la
ruota in bronzo fuso con innesto (fg.15.b)
194
, perti-
nente secondo la Bietti Sestieri ad un tipo di spillone
(o ad utensile?) (Osteria dellOsa tipo 44d)
195
, pre-
sente in un solo altro corredo falisco
196
, raramente
attestato a Veio
197
e presente in almeno due tombe
della necropoli del Laghetto a Cerveteri
198
.
Nel loculo laterale, secondo un costume difuso a
Falerii, trovavano posto i vasi del corredo (fg. 27),
tutti di impasto rosso lucido, tranne due coppe de-
corate in white-on red, perfettamente identifcabili
nel disegno eseguito al momento dello scavo.
Lholmos (fg. 29)
199
di piccole dimensioni, costi-
tuito da base a campana, con cordoni orizzontali
che suddividono la superfcie in registri sovrap-
posti, decorati con bugne e motivi a triangoli e
cerchi realizzati a traforo, bulla centrale ornata
da grosse bugne, e campana superiore liscia, pu
essere riportato al tipo IX A Benedettini
200
, atte-
stato, anche nella variante a due bulle gi a partire
dallultimo quarto dellVIII secolo
201
. Lholmos
presente spessissimo in tombe, in genere femminili,
dellagro falisco, e attestato sia in impasto rosso che
bruno, sia in red-on-white che in white-on-red
202
, e
conocchia presente nella tomba RSy di fase II B1: NSc 1972,
p. 384, n. 10, fg. 126; un altro nella tomba G 8-9 di fase II C.
185
Tombe 934 e 952, citate in Buranelli-Drago-Paolini 1997,
p. 69, e nota 37 (tipo a due branche).
186
Tomba 744: Berardinetti-Drago1997, p. 60, fg. 31 (del
tipo a quattro branche).
187
Due esemplari dalla tomba 2156 del Laghetto scavi Rizzo
1999, del tipo a quattro branche.
188
Osteria dellOsa, p. 396, tav. 41.
189
A. Bedini - F. Cordano, La formazione della citt nel
Lazio. Periodo III (770-730-720 a.C.), in DialArch 2, 1980,
p. 102, n. 56, tav. 20, del III periodo laziale.
190
Waarsenburg 1995, p. 353, n. 12.8, tav. 60.
191
Osteria dellOsa, p. 512 ss.; per Veio, Bartoloni-Berardi-
netti-De Santis-Drago 1997, pp. 96-100.
192
Inv. 3125. Lungh 4; diam. 1,7. Inv. 3126. Lungh. 5:
diam. 2,5. Inv. 3127. Lungh. 5,5; diam. 3,4. Il 3126 ha estre-
mit bombate; gli altri due piane. MAL IV, tav. XII, 18 (un
rocchetto); Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 28.
193
Tipo 2a: Guidi 1993, p. 20, fg. 21/4; tipo 1c: ibidem, p.
20 fg. 21/3, tutti attestati dalla fase II A alla II C.
194
Inv. 3118. Alt. 2,3; diam. 2,8. In bronzo fuso a forma di
ruota e innesto cilindrico, cavo. MAL IV, tav. XII, 15; Cozza-
Pasqui 1981, p. 48, n. 27.
195
Osteria dellOsa, p. 380, tav. 39, attestato in tombe del II
periodo (77, 429, 471, 529) e confrontato con un esemplare
da Pontecagnano, a otto raggi, di fase IB: B. dAgostino - P.
Gastaldi, Pontecagnano II. La necropoli del Picentino. I. Le tombe
della prima et del Ferro, Napoli 1988, tav. 21, tipo 33C.
196
Dalla tomba 2/XLVI del secondo sepolcreto a sud di Pizzo
Piede: MAL IV, c.469, n. 17; cfr. tav. XII, 15.
197
Tomba FF 11: NSc 1967, p. 162, n. 7, fg. 47; tomba 377
di Grotta Gramiccia (Berardinetti-Drago 1997, p. 46, fg. 13).
198
Tombe 247 e 381 scavi Lerici.
199
Inv. 3084. Alt. 19; diam. 13,5. MAL IV, tav. VII, 7.;
Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 31, e fg. a p. 49.
200
Benedettini 1997, pp. 36 ss, p. 62, fg. 12, IX A.
201
In genere realizzati in impasto rosso: es. tomba 17/XXX
di Monte Lo Greco (MAL IV, c. 439, n. 27); tomba 29 della
Petrina A (Firenze inv. 74236); tomba 19/XXXIV di Montarano
(Cozza-Pasqui 1981, p. 53, n. 24).
202
Ad es. Narce, necropoli della Petrina, solo nelle tombe
femminili, 29, 21/XXXI, 14/XXVI, 16/XXIV dove trova posto
in genere nel loculo, in tutte associato con ornamenti preziosi
(per le specifche associazioni della tomba 16/XXIV vedi nota
232); nelle tombe maschili 6/XVIII, 4/XLVIII del terzo sepol-
creto a sud di Pizzo Piede, nella prima associato con coltello,
spiedi e ornamenti preziosi, nella seconda con lancia, spada,
ornamenti preziosi e vasi di bronzo; nelle tombe maschili 12, 8/
XXXVII, 9, 3 e femminili 15/XLIX e 11 del quinto sepolcreto
a sud di Pizzo Piede, associati con lancia, ornamenti preziosi, e
con spada e scalpello nella 12, e con spada, pugnale, elementi
di carro e morsi, nella 8/XXXVII; nelle tombe maschili 1/XLV,
4/XXXVIII e femminili 2/XLVI del secondo sepolcreto a sud
di Pizzo Piede, associato con lancia, elementi di carro, alari e
vaso in bronzo (1/XLV), lancia, spada, elementi di carro, or-
namenti di pregio, vaso e tripode in bronzo (4/XXXVIII); con
forcella, elementi di carro, ornamenti preziosi, ambre fgurate,
vaso in metallo prezioso, vaso in bronzo (2/XLVI); nelle tombe
femminili 17/XXX, 18/XXXII e 5 della necropoli di Monte Lo
Greco, associato in tutte con ornamenti preziosi, e nella tomba
18/XXXII con due cinturoni; nelle tombe 8, maschile, e 3 ed 1
femminili della necropoli di Monte Li Santi, nella prima asso-
ciato con lancia, rasoio e ornamenti preziosi, nella seconda con
fuseruola, rocchetto, coltello, vaso bronzeo e ornamenti preziosi.
Esemplari in impasto rosso sono attestati in altre sei deposi-
zioni della necropoli di Montarano (oltre la nostra, inspiegabil-
mente non segnalata nella tabella di distribuzione di Baglione-
De Lucia Brolli 1997, fg. 17, quattro tombe femminili e una
maschile, 41/XXXIX, 40 Brizio-Bologna, 19/XXXIV, 6/XXXVI
doppia) e, in almeno ventitre a Narce: in quattro tombe fem-
minili del sepolcreto A della Petrina (29, 18/XXIII, 14/XXVI,
16/XXIV); in due tombe del sepolcreto C sempre della Petrina
(una maschile, la 2/XLVII, e una femminile, la 1/XXVIII); in
due tombe femminili della necropoli di Monte Lo Greco (la
17/XXX e la 5); in otto tombe della necropoli di Monte Li
129 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
ricorre spesso anche in tombe laziali
203
. La presenza
dellholmos particolarmente signifcativa nelle
tombe con loculo laterale dellarea falisca: a Narce
il 60% degli holmoi sono stati rinvenuti in tombe
di questo tipo ed ancora maggiore (il 72%) la loro
frequenza a Faleri
204
.
La planimetria eseguita al momento dello scavo ci
consente di identifcare la posizione precisa dellhol-
mos rispetto alla defunta e la conseguente ripartizio-
ne funzionale dei vasi di accompagno, potori e per
mescere che formano un servizio standardizzato ed
enucleato rispetto al resto del corredo, e a cui sono
riservati spazi di pertinenza precisi.
Lo studio delle associazioni vascolari fatta per i
corredi falisci e laziali di facies tardo-villanoviana e
proto-orientalizzante e lanalisi dei fattori ideologici
che si individuano nellholmos evidenziano senza
dubbio la sua appartenenza a servizi potori dedicati
allostentazione e al consumo del vino
205
.
Allholmos si accompagnano infatti nella tomba
di Falerii unolla, un poculum, sei coppe, unanfora
ed unoinochoe. Lolla (fg. 28)
206
, in origine su
piede, di un tipo piuttosto comune nella necro-
poli di Montarano, dove per si presenta pi spesso
apoda
207
. Il poculum (fg. 31.c)
208
trova confronto
soprattutto in esemplari ceretani gi in tombe
dellet del Ferro, anche se il tipo va afermandosi
in contesti soprattutto di et orientalizzante
209
.
Delle tre coppe di impasto rosso, due (di cui una
su piede) sono costolate (fg. 31.e,h)
210
, ed hanno
i loro diretti referenti in quelle metalliche, ben at-
testate del resto proprio nellagro falisco
211
, mentre
la terza, su piede e con anse ad anello (fg. 31.d)
212
,
appartiene ad una forma piuttosto rara, attestata in
un esemplare dalla tomba VI di Poggio Buco
213
.
Anche la coppa emisferica con orlo espanso de-
corato a bugnette (fg. 31.f )
214
, che trova diretto
confronto in pochissimi altri esemplari delle ne-
cropoli falische
215
, imita nella decorazione modelli
metallici, secondo un uso attestato anche in altre
Santi (due tombe femminili, la 1 e la 18 e una tomba maschile,
la 8, pi altre cinque tombe degli scavi Mengarelli: Baglione-
De Lucia Brolli 1997, fg. 12, con qualche incongruenza tra
le presenze degli holmoi a fg. 10 e quelle a fg. 12; risultano
illeggibili inoltre i numeri delle tombe di questultimo scavo a
fg. 12e); in cinque tombe del quinto sepolcreto a sud di Pizzo
Piede (tombe 8, maschile, 15, femminile, e 2, 14, 19 di sesso
indeterminabile); in una tomba maschile, la 4, del secondo se-
polcreto a sud di Pizzo Piede; per tutte le tombe citate di Pizzo
Piede: Baglione-De Lucia Brolli 1997, fg. 13.
203
Es. tomba femminile XII del tumulo C di Satricum
del periodo IV A: Waarsenburg 1995, p. 352, n. 12.1, tav.
60 (senza bulla, con la campana divisa in due settori con
triangoli); un altro esemplare anche dalla tomba V, maschile:
Waarsenburg 1995, p. 94, n. 5.1, tav. 17, della met del VII
secolo (pi slanciato nella campana, con risega, bulle e due
fle di triangoli).
204
Si vedano i dati statistici forniti dalla Benedettini 1997,
pp. 42 ss.
205
M. Gras, Cantare, socit trusque et monde grec, in
Opus 3, 1984, p. 325 ss. e bibl. ivi riportata; A. Siegfried, Ein
Holmos mit Greifenprotomenlebes: zur Frage des Verhltnisses
zwischen Calefattoi und Holmoi, in Italian Iron Age Artifacts
in the British Museum, London 1986, p. 250; A. Bedini, Lin-
sediamento di Laurentina Acqua Acetosa, in Roma. Mille anni
di civilt, Verona 1992, p. 83; F. Sirano, Il sostegno bronzeo
della tomba 104 del fondo Artiaco di Cuma e il problema
dellorigine dellholmos, in Studi sulla Campania preromana,
Roma 1995, p. 32, e nota 145 con bibl. ivi riportata; Benedet-
tini 1997, pp. 55 ss.
206
Inv. 3083. Alt. Mass. 11; diam. orlo 11,2; diam. mass.
14. Priva del piede. Corpo sferico compresso, breve collo con
orlo espanso. Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 30.; gli autori fanno
lipotesi si trattasse di olla su alto piede, poi rotto: cfr. MAL
IV, c. 247, fg. 108.
207
In altre tre tombe femminili, la 40 Brizio-Bologna, la
21 Milani E, la 6/XXXVI, in due maschili, la 5/XXXVIII e
la seconda fossa della 6/XXXVI, e in una non determinata, la
seconda fossa della 21 Milani E; in tre tombe risulta associata
con lholmos: Baglione-De Lucia Brolli 1997, fg. 17.
208
Inv. 3092. Alt. 13,5; diam. orlo 15,2; diam. mass. 18,5.
Corpo troncoconico appena convesso, orlo concavo decorato
con tre linee impresse. MAL IV, c. 259, fg. 123; Cozza-Pasqui
1981, p. 49, n. 39, e fg. a p. 49.
209
Laghetto, tomba 381.
210
Inv. 3090. Alt. 10; diam. orlo 22; diam. mass. 26,2.
Superfcie abrasa in pi punti. Vasca troncoconica con co-
stolature verticali, carena alla spalla, orlo rientrante decorato
con due solcature, anse a rocchetto, di cui una forata, piede
basso a tromba. Cozza-Pasqui 1981, p. 49, n. 38, e fg. a
p. 49. Inv. 3091. Alt. 6,5; diam. orlo 15,6. Ricomposta da
frammenti e con alcune scheggiature. Vasca troncoconica con
costolature verticali, che proseguono fn sul collo, carena alla
spalla, orlo verticale rientrante decorato con una solcatura,
anse a rocchetto piene. MAL IV, tav. VII, 8.; Cozza-Pasqui
1981, p. 49, n. 37, e fg. a p. 49.
211
Ad es. tombe 36/XXVII e 4/XXXIV della necropoli della
Petrina a Narce: MAL IV, c. 423, n. 13; 202, fg. 88; ibidem,
c. 404, n. 10; c. 202, fg. 88.
212
Inv. 3089. Alt. 7; diam. orlo 13,7. Vasca emisferica, breve
collo con orlo espanso, piccole anse verticali ad anello, piede
troncoconico. MAL IV, tav. VII, 9; Cozza-Pasqui 1981, p. 49,
n. 36, e fg. a p. 49.
213
Bartoloni 1972, p. 68, n. 11, fg. 32, tav. XXX d.
214
Inv. 3087. Alt. 6; diam. orlo 13. Corpo emisferico, apoda,
con orlo espanso orizzontale decorato con bugnette due fori
per la sospensione. Cozza-Pasqui 1981, pp. 48-49, n. 35, e
fg. a p. 49.
215
Necropoli della Petrina A tomba 29 (MAL IV, c. 418, n.
17); necropoli di Montarano, tomba 2/XXIX (Cozza-Pasqui,
p. 26, n. 29; cfr. tav. VIII, 14).
216
Tomba 2/XXIX, coppa su piede: Cozza-Pasqui 1981, p.
130
Maria Antonietta Rizzo
forme presenti in corredi falisci
216
, oltre che laziali
(Fidene, Crustumerium, Osteria dellOsa)
217
, so-
prattutto della prima met del VII secolo.
Lanfora con collo cordonato (fg. 31.i)
218
appar-
tiene ad una forma alquanto rara, che deriva dalle
brocchette con corpo emisferico schiacciato ed orlo
con solchi orizzontali, con decorazione per dipin-
ta, attestate soprattutto a Veio
219
, mentre loinochoe
con lungo collo, gi avvicinabile al tipo qutum (fg.
31.l)
220
, nota nelle necropoli falische
221
, oltre che
in numerose tombe di Cerveteri, dove risulta difusa
dallet tardo villanoviana e per gran parte del VII
secolo, citt che ne fu il principale, se non lunico,
centro di produzione
222
, mentre non mancano
presenze a Tarquinia
223
.
Le due coppe emisferiche, di un tipo difuso
anche in impasto rosso o bruno
224
, nel nostro caso
decorate nella tecnica white-on-red con doppia fla
di triangoli riempiti a punti (fg. 31.g)
225
, rientrano
nel tipo A della Micozzi, attestato da pochissimi
esemplari e tutti dallagro falisco: una con zig-zag
sotto lorlo e linee orizzontali dalla tomba XI di
Narce a Chicago
226
e due con reticolato e cerchi
concentrici dalla tomba 50 della necropoli di
Monte Lo Greco a Narce, attualmente disperse
227
.
Perduti risultano un vaso di rame e un lebete,
forse del tipo ad orlo perlato, che potrebbero con-
fermare una datazione tra la fne dellVIII e linizio
del VII secolo. Da notare la presenza anche di due
spiedi in ferro con occhiello
228
.
La tomba, in base allanalisi del corredo, potrebbe
trovare una sua collocazione cronologica tra la fne
dellVIII e linizio del VII secolo, insieme ad altre
tombe della necropoli di Montarano (tomba 2/
XXIX
229
, tomba 15/XXVII
230
) e delle necropoli di
Narce (necropoli della Petrina A, tomba 15/XXII
231
,
26, n. 29. Tomba XIX, calice: Davidson 1972, p. 19, n. 8.
Tomba 30/XXV, piattello su piede: MAL IV, c. 420, n. 30, cfr.
con forma metallica rappresentata a tav. VIII, 10, pertinente
alla tomba 36/XXVII della necropoli della Petrina A (MAL
IV, c. 423, n. 16).
217
Di Gennaro 1988, p. 116, nota 23, ove sono ricordati
anche i bacini falisci delle tombe 17/XXVI e 2/XXIX di Mon-
tarano; Osteria dellOsa forma 107 var. 1c (Osteria dellOsa,
tav. 32), su piede.
218
Inv. 3088. Alt. 13,5; diam. orlo 6,8; diam. mass. 12. Priva
di parte di unansa. Corpo sferico schiacciato, decorato con
cordonature verticali con decorazione a cordicella, collo cilin-
drico con tre linee impresse, orlo espanso piano; anse a nastro
pizzicate sul punto di massima espansione. MAL IV, tav. VII,
10; Cozza-Pasqui 1981, p. 49, n. 40, e fg. a p. 49.
219
Es. dalla ricca tomba di guerriero EE 10 B: NSc 1967, p.
138, n. 3, fg. 28. Nella necropoli di Montarano lanfora una
forma molto poco attestata, nella tomba femminile 34/XXV e
nella tomba 32/XVIII, in cui non possibile distinguere il sesso
del defunto, Baglione-De Lucia Brolli 1997, fg. 17.
220
Inv. 3085. Alt. 18, diam. mass. 12. Corpo sferico, assot-
tigliato verso il fondo, alto collo con becco ad uccello, ansa a
nastro. Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 32, e fg. a p. 49.
221
Secondo sepolcreto a sud di Pizzo Piede, tomba 2/XLVI:
MAL IV, c. 248, fg. 111, tav. VII, 13. Necropoli di Monta-
rano, tomba 10/XXXI: Cozza-Pasqui 1981, p. 38, n. 40, fg.
a p. 37, n. 4.
222
G. Colonna, Nomi etruschi di vasi, in ArchCl 25-26,
1973-74, p. 140, n. 3, tav. XXXV; Gli Etruschi di Cerveteri,
Modena 1986, pp. 54, nn. 10-11 con cfr.; REE 1963, p. 206 s.,
n. 3, tav. XXXIV c; Musei Civici di Padova. Museo archeologico,
raccolta etrusca, Padova 1987, p. 25, n. 2; M. Martelli, Del
Pittore di Amsterdam e di un episodio del nostos odissaico.
Ricerche di ceramografa etrusca orientalizzante, in Prospettiva
50, 1987, pp. 4 ss., in part. p. 11, fg. 26; A. Coen, Complessi
tombali di Cerveteri con urne cinerarie tardo-orientalizzanti,
Firenze 1991, p. 70 con bibl. e rif.
223
F. Buranelli, La necropoli villanoviana Le Rose di Tar-
quinia, Roma 1983, pp. 67, n. 2, fg. 67, 2, 100, tipo n. 4
(tomba LIX).
224
Ad esempio quattro esemplari dalla tomba a fossa con
loculo 22/XL della necropoli del Cavone di Monte Li Santi a
Narce (MAL IV, c. 249, fg. 112; c. 462).
225
Inv. 3086b. Alt. 6; diam. orlo 9,3. Corpo emisferico, orlo
rientrante, apoda; decorata con vernice bianca con due fle di
triangoli sovrapposti, con i vertici in alto e riempiti con punti,
separate da una linea orizzontale. Inv. 3086 a. Alt. 6,5; diam.
orlo 9,5. Corpo emisferico, orlo rientrante, apoda; decorata con
vernice bianca con fla di rombi riempiti con punti, e compresa
tra due linee orizzontali. Cozza-Pasqui 1981, p. 48, nn. 33-34,
fg. a p. 49; Micozzi 1994, p. 290, nn. 68-69.
226
Micozzi 1994, n. 67.
227
Micozzi 1994, nn. 70-71. Si possono confrontare anche
con esemplari italo-geometrici da Tarquinia: es. CVA Tarquinia
III, p. 52, tav. 38, 10 (con triangoli sotto lorlo).
228
I pezzi non sono reperibili. La loro esistenza documentata
in Cozza-Pasqui 1981, p. 48, n. 29. Lungh. 66. Cfr. MAL IV,
tav. XII, 24.
229
Tomba femminile 2/XXIX (Cozza-Pasqui 1981, pp. 24-26)
con numerose fbule con arco rivestito di dischi di ambra e di
osso (n. 5) e a navicella con insersioni di bottoncini di ambra
(nn. 7-8), un cinturone a losanga (n. 23), una conocchia (n. 23),
e tra la ceramica, una coppa emisferica con bugnette, sullorlo
(n. 29; cfr. tav. VIII, 14).
230
Tomba femminile 15/XXVII (XVIII nella prima nu-
merazione riportata in MAL IV, cc. 219-221, fg. 99, e cos
ancora in Hlbl 1979) (Cozza-Pasqui 1981, c. 44), con un
ricco corredo comprendente, tra laltro, una fbula doro (nn.
2-3), unaltra con arco rivestito in pasta vitrea (fg. 99t; cfr. tav.
X, 19; Cozza-Pasqui, n. 9), vaghi del tipo ad occhi (n. 1a-b),
quattro fgurine di Nefertem in faence (fg. 99q, una in tav. IX,
52; Hlbl 1979, II, p. 92, nn. 437-440), laminette in bronzo
tagliate a svastica (fg. 99v; Cozza-Pasqui 1981, n. 11), un
cinturone a losanga (fg. 99z; Cozza-Pasqui 1981, n. 13), una
conocchia (fg. 99n, tav. XII, 7; Cozza-Pasqui 1981, n. 14),
vasellame e sostegni in bronzo (fg. 99a-d).
231
Tomba femminile 15/XXII (MAL IV, cc. 409-410), con
ricco corredo in cui si segnalano oggetti pertinenti ad orna-
131 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
tomba 16/XXIV
232
, tomba 30/XXV
233
, tomba 36/
XXVII
234
; necropoli di Monte Lo Greco, tomba 18/
XXXII
235
, tomba 23 del quinto sepolcreto a sud di
Pizzo Piede
236
), con la stessa struttura architettonica,
e che presentano analoghe tipologie e associazioni
di materiali senza per raggiungere la ricchezza
della nostra.
interessante comunque notare che il sigillo del
Gruppo del Suonatore di Lira compaia ancora una
volta in una tomba femminile, di rango vista la
ricchezza della sepoltura, accolto come un amuleto
esotico (insieme agli altri due sigilli in faence e con i
pendagli di Bes), ed accompagnato, non casualmen-
te, da altri oggetti di ornamento personale, come le
bulle di lamina doro e le Vogelperlen, che conoscono
una grande difusione soprattutto a Rodi.
Importante, sebbene piuttosto problematico, an-
che lultimo contesto dal quale proviene un sigillo del
Gruppo del Suonatore di Lira, quello di Vetulonia.
Non lontano dal tumulo di Castelvecchio fu
individuata, a circa m. 8,60 a nord del limite del
tamburo, una fossa (m. 4,40x5 circa) che risultava
per ampiamente manomessa, anche se il sigillo,
insieme a vasellame bronzeo e altri materiali cera-
mici, oltre che a numerosi oggetti di ornamento
personale, stato rinvenuto su una banchina
evidentemente sfuggita al saccheggio
237
. Al di l
dellinterpretazione della fossa e della sua relazione
con il tumulo tenendo conto che al momento
dello scavo non furono individuati resti di ossa e
che non stato possibile determinare se si trattasse
di cremazioni o di inumazioni resta comunque in-
dubbio che i materiali rinvenuti nella loro posizione
originaria su questa banchina sembrano pertinenti,
in base alla tipologia degli ornamenti personali, ad
una sepoltura femminile, di cui ancora una volta
evidenziato il ruolo della donna come tessitrice
mento personale, tra cui: spirali in bronzo (n. 1, tav. X, 30),
fbule a navicella con intarsi in ambra (n. 3; cfr. tav. X, 15),
cilindretti fusiformi e pendaglietti in ambra (nn. 5a, b) e una
scimmietta (n. 5d; cfr. tav. IX, 21), vaghi ad occhi, anellini in
faence e una Vogelperle (nn. 6a-c), frammenti di statuina di
Sachmet (?) in faence (n. 6d; cfr. tav. IX, 54; Hlbl 1979, II, p.
82, n. 382), quattro lamine bronzee tagliate a scala (n. 8; una
rafgurata a tav. IX, 9); presente anche lholmos.
232
Tomba femminile 16/XXIV (MAL IV, cc. 411-412), del cui
ricco corredo si segnalano: fbule con arco rivestito di dischi di
ambra e osso (n. 3) e solo ambra (n. 2; cfr. tav. X, 16), due fbule
ad arco confgurato con volatili (n. 4, con errato riferimento a
tav. X, 8), due fbule con arco ricoperto da flo doro ritorto (nn.
8-10), due scarabei in ambra, del tipo attestato a Vetulonia (n.
11a, tav. IX, 23), pendaglietti in ambra a mandorla (n. 11b-c,
cfr. tav. IX, 20), pendaglietto ad ascia (n. 11d, tav. IX, 16) e a
scimmietta seduta (n. 11e, cfr. tav. IX, 21), vaghi del tipo ad
occhi (n. 12), quattro pendagli in faence di cui uno di Bes (n. 12;
cfr. tav. IX, 51, non compreso in Hlbl 1979), un cinturone a
fascia (n. 18, tav. X, 27), lastrine pertinenti a fermagli di collana
in avorio (n. 13bis, tav. IX, 18); presente un holmos.
233
Tomba femminile 30/XXV (MAL IV, cc. 419-420) da
cui si segnalano: spirali in flo dargento (n. 1; cfr. tav. X, 28),
due fbule a sanguisuga riccamente decorate (nn. 6-7; cfr. tav.
IX, 42), cinque fbule con dischi dambra (nn. 8-10; cfr. tav.
X, 16), un pettine di bronzo di forma pentagonale (n. 13a, tav.
IX, 55), laminette bronzee a svastica e quadrate con punti a
sbalzo (nn. 14-15, tavv. IX, 7; IX, 6), un fuso (n. 17; cfr. tav.
XII, 13), due spiedi (n. 18, tav. XII, 24), vasellame di bronzo,
tra cui un sostegno (n. 19, tav. VIII, 3), un bacile ad orlo perlato
(n. 21; cfr. tav. VIII, 14), e, tra le ceramiche, un piattello con
orlo a bugnette (n. 30; cfr. tav. X,8), tre coppe emisferiche con
decorazione a greca sotto lorlo (n. 29; cfr. fg. 112).
234
Tomba femminile 36/XXVII (MAL IV, cc. 422-423), con
ricco corredo di cui si segnalano: spirali in flo dargento (n. 1;
cfr. tav. X, 28), due grandi fbule in bronzo con decorazione
incisa (n. 3; cfr. tav. X, 12), due fgurine di Sachmet in faence
(n. 2, tav. IX, 54; Hlbl 1979, II, pp. 81-82, nn. 380-381), un
cinturone (n. 7; cfr. tav. X, 31), una conocchia (n. 8, tav. XII,
12), un cucchiaio in bronzo (n. 10, tav. XII, 22), una piastra
in bronzo a croce (pettorale) (n. 9, tav. XII, 20), vasellame in
bronzo (nn. 12-15, fgg. 96, 95, 88; cfr. tav. VIII, 13).
235
Tomba femminile 18/XXXII (MAL IV, cc. 440-443),
con corredo di grande ricchezza, tra cui si segnalano: elaborate
fbule in ambra cui sono appese armille (n. 1, tav. X, 16), o
pendagli bronzei trapezoidali (n. 2; cfr. IX, 59), catene di fbule
inflate luna nellaltra (n. 4, tavv. X, 20, 22), fbule con arco
rivestito di flo doro ritorto (n. 7), pendagli a bulla in oro con
cerchielli concentrici e a rosetta (n. 9; cfr. tav. IX, 1; n. 25, cfr.
tav. IX, 3), pendaglietti in oro a fgura umana (n. 26, tav. IX,
25), ambre, tra cui vaghi afusolati (n. 10; cfr. tav. IX, 20),
una fgurina nuda (n. 10; cfr. tav. IX, 22), un pendaglietto a
scimmia (n. 10, tav. IX, 21), nove statuette in faence, tra cui
due di Bes, una di Ptah, sei di Pateco, pi due sigilli rotondi (n.
11c, tav. IX, 51 e 53; Hlbl 1979, II, pp. 84-85, nn. 394-395,
379, 398-403; 435-436), fermagli di collana in avorio (n. 12,
tav. IX, 11), ben due cinturoni a losanga (n. 13; cfr. tav. X, 31,
e n. 28), un elemento di telaio (n. 15, fg. 180, tav. XII, 19),
un fuso (n. 16, tav. XII, 13), un pettine in bronzo (n. 17; cfr.
tav. IX, 55), vasellame bronzeo (nn. 29-30, fg. 97, tav. VIII,
2,4). presente anche un holmos decorato in red-on-white (n.
30, tav. VII, 21).
236
Tomba femminile 23 (MAL IV, cc. 503-504): con due
fbule ad arco confgurato ad uccelli (n. 4; cfr. tav. X, 8), tre
Vogelperlen (n. 9), una fgurina in faence (n. 10; Hlbl 1979,
II, pp. 89-90, n. 422), due pendaglietti in ambra a forma di
scimmia (nn. 11-12; cfr. tav. IX, 21), sei pendaglietti di ambra
a fuso (n. 13), un pendaglio con dente di cinghiale (n. 22), uno
scarabeo in faence (n. 13; non riportato in Hlbl 1979), un
cinturone di forma non determinabile (n. 23), una conocchia
(n. 28; cfr. tav. XII, 11) oltre che vasellame in bronzo.
237
Camporeale 1966, pp. 28 ss.; alla banchina sono perti-
nenti gli oggetti della lista D, pp. 34 ss., nn. 48-187; Martelli
1991, pp. 1057-1058 (con proposta di datazione a inizi VII);
D. Ridgway, Archaeology in Central Italy and Etruria 1962-
1967, in ArchRep 1967-68, p. 44.
132
Maria Antonietta Rizzo
238
Camporeale 1966, p. 41, n. 166, fg. 30c; Boardman-
Buchner 1966, p. 26, n. 43bis; Camporeale 1969, p. 100, tav.
XXXIV, 8; Maggiani 1973, p. 92; Hlbl 1979, II, p. 126, n.
525; Principi etruschi, p. 158, n. 106; Giovanelli 2008.
239
Boardman-Buchner 1966, n. 23, fg. 21; Pithekoussai I,
p. 622, n. 1, del TG I di bambino.
240
Boardman 1990, nn. 132ter, e 126bis, fg. 22.
241
Boardman-Buchner 1966, n. 84, fg. 39.
242
Boardman-Buchner 1966, n. 145.
243
Boardman-Buchner 1966, n. 62; Porada 1956, fg. 41.
244
Boardman-Buchner 1966, n. 73; Porada 1956, fg. 42.
245
Boardman-Buchner 1966, n. 40.
246
Boardman-Buchner 1966, p. 54; Hlbl 1979, I, pp.
222-223.
247
Camporeale 1966, p. 41, nn. 162-164, fg. 32b-d, f-h;
Camporeale 1969, p. 99, tav. XXXIV, 10-12 (Nefertem), p. 99,
tav. XXXIV, 9 (Pateco); Hlbl 1979, p. 117, nn. 502-504, tav.
41, 2-4; e pp. 118-119, n. 509, tav. 54, 1.
248
Vedi note 90, 92.
249
Vedi nota 90.
250
Camporeale 1966, p. 40, nn. 158-160, fgg. 21b, 31, 6c
(in ambra); p. 41, n. 161, fg. 21c (ambra e pasta vitrea). Per
il pendaglietto a forma di scimmia dal circolo dei Monili: D.
Massaro, Le ambre di Vetulonia, in StEtr 17, 1943, p. 42, n.
28, tav. IV, 23a-b; I. Falchi, in NSc 1885, p. 102, tav. VII, fg.
4. Per lo scaraboide: due dalla terza fossa del secondo circolo
delle Pellicce (inv. 6969-6970) e uno dal circolo del Tridente
(inv. 7321). Si cfr. anche lesemplare, ma in ambra, dalla tomba
16/XXIV sel sepolcreto della Petrina A: MAL IV, c. 383, 412, n.
11 a, tav. IX, 23, in cui ricorre anche un pendaglietto a forma
di scimmia (cfr. tav. IX, fg. 21).
251
Camporeale 1966, p. 37, nn. 68-72, fg. 22b.
252
Camporeale 1966, p. 40, nn. 155-157, fg. 29e.
253
Camporeale 1966, p. 40, n. 149, fg. 30a-b.
254
Montelius, II, tav. 182,1 (circolo dei Monili); Falchi 1891,
p. 106 (Circolo di Bes); sugli spilloni di Vetulonia: G. Karo,
Le orefcerie di Vetulonia. Parte prima, in Studi e materiali di
archeologia e numismatica I, 1899-1901, pp. 266 ss.
255
Camporeale 1966, pp. 38-39, nn. 82-83, fg. 24a-b; nn.
84-85; nn. 86-106 (non illustrate). Per le fbule si riportata
la classifcazione di Sundwall usata dalleditore della tomba.

256
Camporeale 1966, p. 39, nn. 107-108, fg. 25a; nn. 109-
112; nn. 113-115, fg. 26a-b; nn. 116-119.
257
Camporeale 1966, p. 39, nn. 120-125, fg. 22a.
258
Camporeale 1966, p. 39, nn. 126-127, fg. 25b-c; nn.
128-129, fg. 2a-b.
come attesta la presenza di una fuseruola e di ben
43 rocchetti.
Del corredo, in parte illustrato nella prima edi-
zione della tomba, risultano far parte molti vasi in
bronzo e oggetti di ornamento personale (fbule,
fermatrecce, armille in oro, elettro e bronzo, colla-
ne in ambra), anche importati (collane, pendagli,
statuette in faence e un sigillo del Gruppo del
Suonatore di Lira).
Il sigillo del Suonatore di Lira (fg. 32)
238
presenta
un grande uccello dalle ali spiegate, un falcone, al
di sopra del quale un disco solare alato, mentre
sulla sinistra un motivo a stella; il motivo icono-
grafco riporta al tipo Boardman-Buchner 1966,
n. 23, presente su un sigillo della tomba 622 di
Pithekoussai
239
, su due da Cipro, di cui uno da
Haghia Irini
240
, su uno da Samos
241
, e su uno di pro-
venienza sconosciuta, acquistato forse in Cilicia
242
,
i quali sono per arricchiti di due palmette ai lati
del disco solare; il sigillo dal santuario di Arthemis
Orthia
243
invece mantiene le due palmette, ma non
il disco solare.
Varianti del tipo si hanno su un sigillo da Creta
244
,
con due piccoli volatili che prendono il posto delle
palmette sulle ali del falcone, e sul sigillo dallEtru-
ria alla Bibliothque Nationale di Parigi
245
, con una
pi articolata scena, quasi disposta su due registri
diversi, su cui torneremo a breve.
Si tratta comunque del ben noto motivo del
falcone egiziano, secondo uniconografa ampia-
mente ripresa, cos come tanti altri motivi egiziani,
nellarte fenicia e del Vicino Oriente
246
.
Tra gli oggetti di importazione rinvenuti nella
fossa, tre fgurine in faence di Nefertem e una di
Pateco
247
dei soliti tipi gi sopra ricordati a propo-
sito degli esemplari di Veio e dellagro falisco
248
;
da segnalare anche le collane con dischetti in pasta
vitrea e ambra, variamente ricomposte dagli scava-
tori, dei tipi gi esaminati nella tomba 17/XXVI di
Falerii
249
, cui sembrano pertinenti un pendaglietto
a forma di scimmia in ambra e uno scaraboide
in faence decorato soltanto con semplici striature
sul dorso, di un tipo piuttosto raro attestato in al-
tre due tombe di Vetulonia e in una di Narce, (in
questultima in ambra)
250
.
Tra gli oggetti pertinenti allornamento personale
sono presenti almeno tre armille a capi sovrapposti
(fg. 36.b)
251
, tre fermatrecce in elettro
252
, uno spil-
lone con capocchia circolare decorato a granulazio-
ne in oro (fg. 33)
253
, che si colloca come uno degli
oggetti pi tardi del corredo, di una foggia attestata
anche nel Circolo dei Monili e nel Circolo di Bes
254

e moltissime fbule, per le quali preferisco mantene-
re, non avendone potuto fare un esame autoptico, la
classifcazione proposta dal primo editore: ventidue
fbule a sanguisuga di bronzo, di cui due di grandi e
venti di medie e piccole dimensioni, e tre di elettro,
di forma Sundwall G IIa
255
, tredici fbule ad arco
ingrossato di forma Sundwall B IIob (fg. 36.c)
256
,
sei fbule a sanguisuga di forma Sundwall F Ioa
(fg. 36.a)
257
, quattro fbule a navicella di forma
Sundwall F I (fg. 36.d, e, f, h)
258
, due fbule ad
133 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
a b
c
d
f
h
g
e
Fig. 32
Fig. 33
Fig. 34 Fig. 35 Fig. 36
Figg. 32-36. Vetulonia. Fossa di Castelvecchio: Fig. 32. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira (scala 3:1). Fig. 33. Spil-
lone in oro (da NSc 1966, p. 42, fg. 30). Fig. 34. Oinochoe di fabbrica fenicia (?) (da NSc 1966, p. 45, fg. 33). Fig. 35.
Reggivasi in bronzo (da NSc 1966, p. 37, fg. 20). Fig. 36.a-b. Fibula ed armilla in bronzo (da NSc 1966, p. 38, fg. 22).
Fig. 36.c-d-e. Fibule in bronzo (da NSc 1966, p. 40, fg. 25). Fig. 36.f-g-h. Fibule in bronzo e ad arco rivestito da dischi in
ambra (NSc 1966, p. 41, fgg. 27-28).
134
Maria Antonietta Rizzo
259
Camporeale 1966, p. 39, nn. 130-131, fg. 28.
260
Camporeale 1966, p. 37, n. 65, fg. 21a. Montelius, II,
tavv. 183,9; 190,1; 197,7; 198,11.
261
Camporeale 1966, p. 38, n. 80, fg. 19e.
262
Camporeale 1966, p. 35-35, nn. 48-53, fgg. 16-17. Si cfr.
gli esemplari presentati in StEtr 23, 1954, p. 174 (variante A2).
263
Camporeale 1966, pp. 36-37, nn. 54-61, fg. 18.
264
Camporeale 1966, p. 37, n. 64, fg. 20. F. Messerschmiedt,
Die Kandelabern von Vetulonia, in StEtr 5, 1931, p. 71 ss.
(i reggivasi delle tavv. 5-6 sono tutti da Vetulonia), ma altri
esemplari provengono da Marsiliana e Vulci. A Vulci, nella
tomba del Carro, datata intorno al 680-670 a.C., stato rin-
venuto un reggivasi cui era appeso un aryballos rodio cretese
(A.M. Sgubini Moretti, La tomba del Carro di bronzo, Vulci,
in Etruschi 2000, p. 568-570, n. 42; M. Martelli, La ceramica
greco-orientale in Etruria, in Les Cramiques de la Grce de lest
et leur difusion en Occident, Paris-Naples 1978, p. 153, n. 10).
265
Per Quattro Fontanili: Guidi 1993, pp. 87 e 117 ss.; per
Grotta Gramiccia: Berardinetti-Drago 1997, p. 54. Per Osteria
dellOsa: Osteria dellOsa, pp. 400 s.
266
Cfr. CVA Firenze 1, IV B k-l, tav. 14,3; 8-10; 12; 14-15; 23.
267
Camporeale 1966, p. 41-42, nn. 168-169, fgg. 34a, 35a;
nn. 170-175, fg. 34c, di cui una appesa al reggivasi. Si ricordano
anche altri frammenti di tazze, nn. 176-181.
268
Camporeale 1966, p. 43, n. 186, fg. 37a; n. 187, fg. 37b;
Camporeale 1969, p. 112, tav. XLIII, 2.
269
Camporeale 1966, p. 41, n. 167.
270
M.W. Prausnitz, Die Nekropolen von Akhziv und die
Entwicklung der Keramik vom 10. bis zum 7. Jahrhundert v.
Chr. in Akhziv, Samaria und Ashdod, in Phnizier im Westen,
pp. 39 ss., in particolare oinochoe a bocca trilobata tipo 729 di
Akhziv, p. 43, fg. 4b; M.W. Prausnitz, Red-polished and Black-
on-Red wares at Akhziv and Cyprus in the Early - Middle Iron
Age, in Praktika tou protou diethnous Kyprologikou Synedriou,
Nicosia 1969, Nicosia 1972, pp. 151-156. Per esemplari dalle
necropoli fenicie di Chaldaea e Joya, in Libano: S.V. Chapman,
A Catalogue of Iron Age Pottery from Cemeteries of Khirbet
Silm, Joya, Qray and Qasmieh of South Lebanon, in Berythus
21, 1972, p. 88, fg. 10, n. 171; R. Saidah, Fouilles de Khald.
Rapport prliminaire sur le premiere et dexime campagnes
1961-62, in Bull. Mus. Beyrouth 19, 1966, p. 73, n. 41. Da
confrontare con altri esemplari rinvenuti nella stipe dellAthe-
naion di Jalysos (inediti; ad es. inv. 5203).
271
Non giustifcata appare una datazione alla fne del VII-
inizi VI proposta dal primo editore (Camporeale 1966, p. 51),
e gi messa in discussione in Martelli 1991, p. 1038, nota 30.
272
Boardman-Buchner 1966, nn. 40, 41, 42; Boardman
1990, n. 40bis.
273
Rizzo 2007, nn. 11, 13, fgg. 48-49, 53-55 e riferimenti
a pp. 54-58.
arco rivestito di dischi di ambra di forma Sundwall
F II b (fg. 36.g)
259
.
Da segnalare inoltre una triplice catenella con
pendaglietti con ocherelle alle estremit
260
, una
piastra circolare con decorazione ad archetti
261
di
incerta destinazione, e, tra il vasellame metallico
anse di situle frammentarie di bronzo martellate
262
,
alcuni vasi frammentari tra cui una coppa umbilicata
emisferica
263
, un reggivasi con cinque coppie di ganci
(fg. 35)
264
.
Oltre alla presenza di due spiedi integri, peraltro at-
testati in contesti tombali spesso indipendentemente
dal sesso e dallet del defunto
265
, tra le ceramiche si
segnalano due kantharoi
266
, sei kyathoi, una ciotola
e una coppetta su piede
267
di impasto buccheroide
di tipi ben noti a Vetulonia e, pi rari, un kantharos
e una coppa di impasto con tracce di decorazione
applicata
268
, tutti inquadrabili entro il primo quarto
del VII secolo.
Ma di particolare interesse loccorrenza di una pic-
cola oinochoe trilobata (fg. 34)
269
, rinvenuta appesa
al reggivasi, di una forma assolutamente estranea al
repertorio ceramico etrusco di questo periodo, e che
la documentazione fornita dalleditore, oltre che il
tipo di vernice rossa con decorazione a linee nere
sovraddipinte, mi porterebbe ad attribuire a fabbrica
vicino orientale, probabilmente fenicia (cfr. Black-
on-red III di VIII-VII sec. a.C.)
270
.
In ogni caso lesame complessivo dei materiali
presentati consente una datazione intorno allinizio
del VII secolo o poco dopo
271
.
Ancora una volta da notare la ricorrenza in una
deposizione femminile di un sigillo del Suonatore di
Lira, accompagnato da oggetti di produzione rodia o
levantina (pendagli in faence, oinochoe di probabile
fattura fenicia).
Pochi accenni sugli altri sigilli del Gruppo del
Suonatore di Lira rinvenuti in Etruria, per i quali
non si hanno notizie sui contesti di rinvenimento,
o addirittura sui luoghi di provenienza
272
.
Interessante si rivela il sigillo, proveniente gene-
ricamente dallEtruria, conservato alla Bibliothque
Nationale di Parigi (fg. 37), che si distingue non solo
per la sintassi, piuttosto innovativa, con il disporre su
due registri sovrapposti due grandi fgure, soluzione
rarissima nei sigilli del Gruppo, ma anche per la
notevole qualit della realizzazione.
Il registro superiore occupato da un leone, con
due piccoli cervidi (uno sulla groppa e uno tra le zam-
pe posteriori) che aferra una preda umana, molto sti-
lizzata, mentre il registro inferiore occupato dal ben
noto motivo del falcone ad ali spiegate. Per il falcone
si rimanda a quanto detto a proposito dellesemplare
della fossa di Castelvecchio a Vetulonia.
Per quanto riguarda il primo registro, mentre in
molti altri sigilli compare la fgura del leone gra-
diente
273
, rara la scena del leone che attacca un
135 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
274
Rizzo 2007, n. 10, fgg. 45-47.
275
Boardman 1990, n. 44ter, fgg. 7-8. Gi precedentemente
Boardman (J. Boardman Te Greeks Overseas. Teir early Co-
lonies and Trade, II ed., London 1980, p. 277, nota 65), aveva
defnito imaginary la presenza di iscrizioni. Il sigillo invece
corredato da uniscrizione fenicia con il nome del proprietario
per P. Zancani Montuoro - M.G. Guzzo Amadasi, Francavilla
Marittima, in AttiMGrecia 15-17, 1974-75, pp. 58-64, tavv.
22-23, e M.G. Guzzo Amadasi, Note epigrafche, in VicOr 2,
1979, pp. 3 ss., tav. Ib; da uniscrizione aramaica con la frma
dellartefce per G. Garbini, in PdP 33, 1978, pp. 224-226.
276
Rizzo 2007, nn. 10, 12.
277
Buchner 1979, p. 278, fg. 1.
278
Ancient Art of the Mediterranean World & Ancient Coins
1991, p. 23, n. 63.
279
Rizzo 2007, n. 7, fgg. 37-39.
280
Porada 1956, fg. 14; Boardman-Buchner 1966, n. 92.
281
Porada 1956, fg. 15; Boardman-Buchner 1966, n. 135.
282
Boardman-Buchner 1966, n. 52.
283
Boardman-Buchner 1966, n. 158, fg. 64.
uomo, peraltro gi abbattuto sotto le sue zampe;
i tratti, pur di difcile lettura, ci orientano verso
questa precisa iconografa che per ora attestata
solo da un altro esemplare della stipe di Jalysos
274
,
dal momento che resta problematica la lettura del
ben noto e discusso esemplare dalla tomba 69 della
necropoli di Macchiabate a Francavilla Marittima,
con leone gradiente, e in cui Boardman propone
di vedere nei segni sotto e tra le zampe anteriori
del leone una fgura umana giacente e non resti di
lettere, fenicie o aramaiche, come vorrebbero altri
studiosi
275
.
Il tipo di leone con un capro o cervo sulla groppa
ritorna su due esemplari di Jalysos
276
, oltre che su
un sigillo dalla tomba 943 di Pithekoussai
277
.
Il motivo del leone che assale un uomo co-
munque ampiamente difuso in iconografe vicino
orientali, ed anche attestato su scaraboidi e scara-
bei fenici e nord siriani: valga ad esempio un sigillo
dal mercato antiquario svizzero
278
.
Passando ad un altro dei sigilli rinvenuti in Etru-
ria, quello di Montalcino, presso Siena, conservato
alla Bibliothque Nationale di Parigi (fg. 38), esso
presenta un pescatore che regge un enorme pesce,
secondo un iconografia raramente attestata:
presente infatti in tre soli esemplari, uno da Jaly-
sos
279
, uno da Lindos
280
e uno dalle coste siriane
281
.
Altrettanto rara limmagine del pesce, reso in
modo analogo a quello dei sigilli sopra citati, che
da solo occupa tutto il campo fgurato, come in due
esemplari uno da Itaca, Aetos
282
e laltro gi nella
collezione Dawkins
283
.
probabile che limmagine, come quella al-
trettanto rara con la caccia, faccia riferimento ad
imprese di abilit nel catturare animali, siano essi
di terra che dacqua.
Fig. 37
Fig. 38
Fig. 39
Fig. 37. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira, dallEtruria (da Boardman-Buchner 1966, fg. 30, n. 40). Parigi, Biblio-
thque Nationale (Scala 3:1).
Fig. 38. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira da Montalcino (da Boardman-Buchner 1966, fg. 30, n. 42). Parigi, Bi-
bliothque Nationale (Scala 3:1).
Fig. 39. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira da Tarquinia (da Boardman-Buchner 1966, fg. 40, n. 41). Parigi, Biblio-
thque Nationale (Scala 3:1).
136
Maria Antonietta Rizzo
284
Boardman-Buchner 1966, n. 41.
285
il caso, ad esempio, del sigillo di Cuma (Boardman-
Buchner 1966, n. 39, fg. 30) in cui la decorazione, disposta
su due registri, presenta in alto una teoria di tre cervi e in
basso una fla di quattro uccellini sovrastati da un grande disco
solare alato, o quello di alcuni sigilli con registri sovrapposti
in cui si susseguono solo elementi geometrici, ad es., nel lato
B del sigillo a prisma dalla Fenicia (Boardman-Buchner 1966,
n. 139, fg. 51b), in un sigillo da Tarso (Buchner-Boardman
1966, n. 142, fg. 52), o in due da Jalysos (Rizzo 2007, nn.
21-22, fgg. 76-81).
286
Rizzo 2007, n. 1, fgg. 16, 20.
287
Boardman-Buchner 1966, n. 39 fg. 30.
288
Boardman-Buchner 1966, n. 68.
289
Porada 1956, n. 38; Boardman-Buchner 1966, n. 136.
290
Rizzo 2007, n. 14, fgg. 56-58.
291
Porada 1956, n. 37; Boardman-Buchner 1966, n. 78.
292
Porada 1956, n. 37a; Boardman-Buchner 1966, n. 129.
293
Boardman-Buchner 1966, n. 24, fg. 21. Pithekoussai I,
tomba 284, n. 16, tav. CLI,110, con coda per a rettangolo; si
tratta di una tomba del TG II, di due bambini di 12 e 5 anni.
294
Boardman-Buchner 1966, n. 107, fg. 42.
295
Boardman 1990, n. 181.
296
Porada 1956, fg. 5; Boardman-Buchner 1966, n. 125.
297
Boardman-Buchner 1966, n. 114.
298
Boardman 1990, nn. 113bis, fg. 12; 113ter.
299
Boardman 1990, nn. 113quarter; 113. 5.
300
Rizzo 2007, nn. 5-6.
301
Si vedano i confronti riportati in Boardman-Buchner
1966, p. 48, nota 45.
Ma il pi interessante da un punto di vista
iconografco certamente il sigillo, purtroppo
frammentario, proveniente da Tarquinia, anchesso
conservato alla Bibliothque Nationale di Parigi
284
con un programma fgurativo disposto su tre re-
gistri (fg. 39), caso unico per i sigilli del Gruppo,
soprattutto trattandosi di scene fgurate di un certo
impegno, visto che nei pochi casi in cui questa
sintassi decorativa adottata si tratta di semplici
animali o gruppi di animali o di motivi geometrici
sovrapposti
285
.
Nel primo registro sono rafgurati piccoli uccelli
disposti in fla, nel secondo una scena di oferta o di
banchetto, che vede un suonatore di lira seduto ed
una suonatrice di tamburello ai lati di una tavola di
oferte (o di un altare?), nel terzo due fgure maschili
inginocchiate ai lati di una fgura femminile con
le braccia alzate, certamente una divinit. Si tratta
quindi di uno dei rari sigilli in cui compaiono scene,
ben due, relative a banchetti sacri e manifestazioni
di culto.
Il motivo del primo registro trova ampli confronti
su altri sigilli del Gruppo in cui fle di uccellini
sono disposti come unico motivo decorativo, ad
es. quattro uccelli nella faccia A del sigillo a prisma
di Jalysos
286
, nei sigilli da Cuma
287
, con doppio
registro, da Rhenea
288
e dalle coste siriane
289
; tre
uccelli su un altro sigillo da Jalysos
290
, nei sigilli di
Chios, Kato Phanai
291
e di Cipro, Haghia Irini
292
,
in un sigillo dalla tomba 284 di Pithekoussai
293
; nel
sigillo a quattro facce da Carchemish
294
oltre che in
un sigillo ora a Malibu
295
.
Le scene presenti sugli altri due registri, sono,
come gi detto, estremamente rare e, certamente,
relative a riti.
La scena con la tavola di oferte (o altare ?) ai lati
della quale sono un suonatore di lira e una suona-
trice di tamburello trova precisi riscontri nel sigillo,
con questunica scena disposta su tutta la superfcie,
da Cipro Haghia Irini
296
; la scena da interpretare
come un banchetto rituale cui partecipano musici,
secondo uniconografa piuttosto comune nellarte
del Vicino Oriente, che sui sigilli rappresentata
in maniera sintetica, quasi sempre con i soli musici
che comunque bastano gi a suggerirne lambien-
tazione. Del resto anche i suonatori di lira seduti,
che cos spesso compaiono sui sigilli, anche in altre
varianti compositive ad es. di fronte ad una suo-
natrice di tamburello, come in un sigillo di Tarso
297

ed in uno da Gaziantepe (Aintab) in collezione
privata olandese
298
; o di fronte a un grande pesce,
o a una sfnge su sigilli sempre da Gaziantepe
299
, o
con otre o con albero su due sigilli da Jalysos
300

trovano un diretto riferimento in analoghe fgure
(in rilievi, bronzetti, scaraboidi) di ambito siriano
e levantino
301
.
Le scene pi complesse relative a offerte e
banchetti sacri compaiono solo su esemplari di
eccezionale qualit, due dei quali provenien-
Fig. 40. Sigillo con scena di oferta gi collezione Seyrig (da
Boardman 1990, p. 8, fg. 16) (Scala 3:1).
137 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
302
Huber 1998, p. 114, n. 1; Huber 2003, p. 91. Ritrovato
negli scavi del 1900: K. Kourouniotis, in Praktik, 1900 (1901),
p. 54, ma non compreso in Boardman-Buchner 1966.
303
Boardman 1990, n. 62 quater, fg. 17; Huber 1998, 114-
115, n. 2, fg. 2; Huber 2003, 61, n. 188, tav. 49, 128.
304
Boardman-Buchner 1966, n. 162, fg. 66.
305
Boardman 1990, n. 167.
306
J.M. Dentzer, Le motif du banquet couch dans le Proche-
Orient et le monde grec du VII
e
au I
e
sicle avant J.-C., Paris 1982,
p. 32, n. 118, fg. 27.
307
Porada 1956, fg. 10; Boardman-Buchner 1966, n. 90.
308
Boardman-Buchner 1966, n. 83.
309
Boardman-Buchner 1966, n. 160; Porada 1956, fg. 11.
310
Ancient Art of the Mediterranean World & Ancient Coins
1991, p. 22, n. 59; Rizzo 2007, Appendice n. 29.
311
Giovanelli 2008, con unimmagine scarsamente leggibile.
Ringrazio Maria Cataldi, direttore del Museo di Tarquinia, per
avermi dato la possibilit di un esame autoptico sul sigillo, che
misura cm. 1,8 x 1,5; le foto sono di M. Benedetti.
ti da Eretria, uno dal
santuario di Apollo
302
,
laltro dallarea sacrifi-
cale a nord dello stesso
santuario
303
; in entrambi,
ma in modo speculare un
sigillo rispetto allaltro,
compaiono quattro per-
sonaggi in processione,
un suonatore di lira, una
fgura inginocchiata con
tamburello, un suonatore
di doppio fauto e unof-
ferente, che avanzano
verso una fgura seduta in
trono, mentre su un altro sigillo acquistato a Smir-
ne e gi nella collezione Arndt
304
, compaiono solo
tre fgure in processione, un suonatore di lira, con
un grande albero terminante a palmetta, secondo
uniconografa usata per gli alberi sacri, un suona-
tore di doppio fauto e un altro personaggio, che si
dirigono verso una fgura seduta con un fore (?):
ma in tutti manca la grande tavola con le oferte.
Pi problematica, almeno a giudicare dallunico
disegno conosciuto (fg. 40), vedrei lappartenenza
al Gruppo del Suonatore di Lira del sigillo, gi
nella collezione Seyrig, proposta, pur con una pre-
cisazione, confdently, da Boardman
305
; in esso,
che presenta in esergo una fla di ben dieci uccelli-
ni, secondo una sintassi decorativa assolutamente
estranea al Gruppo, la complessit della scena
ancora maggiore: ben sette fgure si accalcano nel
piccolo spazio, di cui cinque in processione verso
la divinit seduta, ed una dietro il trono. Le cin-
que fgure sono, in sequenza, un suonatore di lira,
uno di tamburello, uno di doppio fauto, quindi
musici, un portatore di grande anfora, tenuta sul
capo, e un portatore, con un particolare copri-
capo conico, di un capro sollevato in alto per le
zampe, quindi oferenti: sia la sintassi decorativa,
sia la complessit della scena che liconografa dei
personaggi (soprattutto il portatore di animale) sia
lo stile che lesecuzione dellintaglio mi sembrano
assolutamente estranei al Gruppo del Suonatore
di Lira, e sembrano invece aver rapporto con altri
prodotti di area vicino-orientale, forse mesopota-
mica
306
.
La scena presente sul terzo registro del sigillo di
Tarquinia, con i due personaggi inginocchiati ai lati
di una divinit femminile, non ha trovato fnora
diretti corrispettivi se non in due sigilli, uno da
Lindos
307
ed uno da Chios Emporio
308
, nei quali
la divinit sostituita per da un albero sacro o un
altare sormontato da un disco solare alato, mentre
nel sigillo di provenienza sconosciuta a Toronto,
i due fedeli non sono pi inginocchiati ma sono
seduti
309
ed in quello comparso sul mercato anti-
quario svizzero
310
sono in piedi.
Di particolare interesse invece il nuovo sigillo
di recente pubblicato di cui si conosce solo una
generica provenienza tarquiniese (fg. 41a-b)
311
, in
cui sembra potersi riconoscere unanaloga scena di
culto, con una fgura femminile con lunga veste a
campana, decorata con tratti verticali, e due devoti
inginocchiati, tutti sormontati da un grande disco
solare alato.
Senza dubbio il pezzo si diferenzia da tutti gli
Fig. 41. Sigillo del Gruppo del Suonatore di Lira da Tarquinia. Tarquinia, Museo arche-
ologico (Scala 3:1).
138
Maria Antonietta Rizzo
312
Secondo i vecchi libri di entrata al museo tarquiniese, il
pezzo (con il n. dingresso 2110) stato acquistato insieme ad
altri due scaraboidi in corniola dal sig. Nettuno Mantovani;
non possibile risalire allanno di acquisto; riportata anche
una generica provenienza dalla Civita.
313
Giovanelli 2008, p. 75.
altri del Gruppo per lo stile delle fgure (piuttosto
fuide ma molto sommarie ed afrettate, realizzate
con tratti disposti in modo confuso a suggerirne i
contorni), per alcuni particolari iconografci dellab-
bigliamento (veste pieghettata, disco solare alato
lasciato incompleto), per la resa dellintaglio poco
preciso e spesso reso con uninusuale sottilissima
incisione, per la decorazione sul dorso (lineette
oblique e minuscoli cerchielli disposti in fla, men-
tre nei sigilli del Gruppo il dorso o liscio o sono
segnate le elitre): permangono, a mio parere, molti
dubbi sullappartenenza del sigillo al Gruppo del
Suonatore di Lira.
Senza arrivare a mettere in dubbio lautenticit
dello scaraboide (che non comunque in serpentina
verde) potrebbe per sorgere qualche dubbio sulla
realizzazione dellincisione in et antica, oltre che
per le motivazioni di carattere stilistico, iconogra-
fco e tecnico, anche per le modalit con le quali il
sigillo pervenuto al museo tarquiniese
312
.
E anche lipotesi che possa trattarsi di una ma-
nifattura locale da proporre eventualmente solo
per questultimo sigillo, ma non per laltro della
Bibliothque Nationale di Parigi, con analoga scena
di adorazione, di cui si discusso sopra, il quale
risulta per esecuzione e particolari iconografci in
perfetta sintonia con gli altri del Gruppo dif-
cile da accettare, cos come non mi pare sostenibile
lidea, suggerita dalleditore, che i due sigilli siano
addirittura stati eseguiti su commissione per un
complesso sacro tarquiniese
313
.
Dovremmo dunque ammettere che nellVIII
secolo fossero gi operanti in Etruria, o nellItalia
meridionale, maestri intagliatori orientali dei qua-
li peraltro non ci sono al momento giunte altre
signifcative testimonianze di attivit? Oppure si
tratterebbe di imitazionidi sigilli esotici da parte
di maestranze locali alle quali si dovrebbe allora
ragionevolmente attribuire una produzione pi
vasta che invece al momento vedremmo limitata
ad una o due sole attestazioni (questo sigillo ed un
altro di Monaco di cui parleremo tra poco), peraltro
sicuramente poco riuscite?
Anche il sigillo di Monaco, in ambra, decorato
con un grifone dalle ampie ali e rivestito di grem-
biule, con una sorta di palmetta sopra la testa
(fg. 42), attribuito da Boardman al Gruppo del
Suonatore di Lira
314
, giunto al museo attraverso
il mercato antiquario, insieme ad un gruppo di
metalli e oggetti in osso che si dicono provenienti
dallEtruria, risulta alquanto problematico.
Innanzi tutto fa rifettere il materiale in cui in
sigillo intagliato, lambra: sarebbe questo lunico
caso in cui questa sostanza verrebbe usata nella
produzione dei sigilli del Gruppo, che assommano
ormai a circa trecento pezzi; anche se una resina
simile allambra ricordata da Boardman essere pre-
sente in Libano, non plausibile il fatto che non ci
siano giunte altre sicure testimonianze materiali del
suo utilizzo
315
. In secondo luogo anche liconografa
e lo stile non si addicono propriamente a quelli del
Gruppo: la fgura del grifone, che peraltro si ritrova
su due soli sigilli, uno da Paros e uno da Cipro Ha-
ghia Irini
316
, in questo caso sembra pi ispirata alle
iconografe del grifone usate dai sigilli propriamente
fenici che non a quelle note per i sigilli del Gruppo
del Suonatore di Lira; in terzo luogo la montatura
di cui il sigillo fornito, che costituita s da un
anello ellittico con un tubicino per appiccagnolo,
ma con un castone di altezza doppia che di fatto
ingloba ed oblitera lo scaraboide, di una tipologia
assolutamente anomala per i sigilli.
Ancora una volta, tenendo conto di quanto os-
servato, piuttosto che pensare ad una manifattura
locale che avrebbe poi creato in ambra questo
unico pezzo imitando nello stile gli esemplari del
Gruppo del Suonatore di Lira, e dal momento che
le altre produzioni di scaraboidi e sigilli etruschi in
ambra, realizzate in un certo numero di esemplari a
Veio e Vetulonia e Narce presentano nella maggior
parte dei casi decorazioni con semplici cerchielli
o motivi lineari, anche se non manca qualche rara
fgurina umana o zoomorfa stilizzata ma ispirata a
tuttaltra tradizione fgurativa
317
non si potrebbe
pensare forse, ad unabile rielaborazione moderna?
difcile, a mio parere, ipotizzare in un ambito
cronologico cos alto (lVIII sec. a.C.) lattivit
di intagliatori stranieri o di imitatori locali sulla
314
Boardman 1990, n. 40bis.
315
Boardman 1990, p. 4, e nota 12.
316
Boardman-Buchner 1966, nn. 69, 130.
317
Boardman 1990, pp. 3-6, fgg. 3 (da Veio), 4-5 (da Vetu-
lonia). Per Veio: NSc 1954, p. 3, fgg. 2d, 3; NSc 1963, p. 221,
fg. 94; NSc 1965, p. 130, fg. 52, dd 2-4. Per Vetulonia: StEtr
139 I sigilli del Gruppo del Suonatore di lira in Etruria e nellagro falisco
base di due sigilli che presentano cos importanti
e signifcative anomalie, per materiale usato, per
iconografe, per stile e per tecnica, rispetto agli altri
esemplari del Gruppo.
Concludendo, i pochi esemplari del Gruppo del
Suonatore di Lira che giungono nellItalia centrale,
alcuni di notevole importanza per le iconografe rare
in essi presenti (mostro a due teste, scene di oferta
o banchetti sacri: fgg. 7, 39), sono da intendere
come amuleti, slegati dalla loro originaria funzione
sfragistica che, sola, ne giustifcherebbe altre impli-
cazioni di pi complesso signifcato (dediche legate
ad esigenze cultuali); ci attestato in modo chiaro
dai contesti di rinvenimento, tombe nella quasi to-
talit dei contesti accertati in Occidente; ed anche
in Grecia, dove sono stati ritrovati in gran numero
in santuari soprattutto in area rodia (Jalysos, Lindos
e Kamiros) ed insulare (Eretria, Naxos, Despotik,
Paros, Chios e Delos), oltre che nei santuari di
Delf, Capo Sunio, Egina, Corinto e Sparta
318
, non
sono interpretabili altro se non come oferte votive
di particolare pregio, dedicate da fedeli cos come
altri amuleti e oggetti di ornamento personale, ma
senza che ci sia alcun rapporto con la loro originaria
funzione n tra il luogo di culto e le scene rappre-
sentate sui sigilli.
Essi giungono in Etruria, almeno nei pochi casi
in cui il contesto ci permette una serie di osserva-
zioni pi puntuali, insieme a tipi di oggetti che
sono particolarmente attestati in alcune aree del
Mediterraneo orientale, soprattutto a Rodi (oltre ai
sigilli stessi, fgurine in faence, Vogelperlen, pendagli
a bulla in lamina doro, fbule ad arco confgurato),
isola da identifcare ragionevolmente come il centro
produttore della maggior parte di queste classi di
materiale, eloquenti indicatori del fusso muovente
dal bacino orientale dellEgeo. E Rodi sembra con-
fgurarsi sempre pi come uno dei vettori, forse il
principale pur non sottovalutando il ruolo certo
importante che devono avere avuto gli Euboici
almeno in alcune aree del Mediterraneo, e in ben
precisi ambiti cronologici
319
del loro smistamen-
to verso Occidente, dove dunque mercanti rodi,
1931, p. 55 s., tav. 2, 6; 2,5; 3,5; Hlbl 1979, II, tav. 148, 3,
6. Si tratta di un vero sigillo, con immanicatura a colonnina,
nel caso dellesemplare di Vetulonia con fgura umana e due
cervi (?): StEtr 5, 1931, p. 52 s, tav. 3b; Boardman 1990, fg.
4; problematico lo scaraboide edito in StEtr 5, 1931, pp. 50-
52, fg. 3a; Boardman 1990, fg. 5, per il quale si discussa
lattribuzione a fabbrica etrusca, greca o fenicia; i due ultimi
sigilli sono stati ritenuti da von Bissing di manifattura etrusca
ma copie di sigilli orientali (peraltro mai rinvenuti in Occiden-
te). Per Narce: tomba 16/XXIV della necropoli della Petrina A
(MAL IV, c. 412, n. 11a, tav. XII, 23).
318
Per ci che riguarda Rodi, ai quindici esemplari del
santuario di Atena a Lindos e ai tre del santuario dellacropoli
di Kamiros, gi conosciuti, se ne aggiungono almeno 23 dal
santuario di Athana a Jalysos (Rizzo 2007), portando a circa
una cinquantina dunque gli esemplari rinvenuti nellisola,
che, per quanto riguarda il mondo greco, diventa il luogo in
cui attestato il maggior numero di sigilli del gruppo. Laltro
nucleo particolarmente interessante, soprattutto per la pre-
senza di elaborate iconografe, quello di Eretria, di recente
riesaminato dalla Huber, con due sigilli dal santuario di Apollo
Daphnephoros e quattro dallarea sacrifcale a nord di esso
(Boardman 1990, n. 62quater, e Rizzo 2007, Appendice, nn.
1-5). Interessanti anche le presenze attestate, sia pure in un
numero di esemplari molto ridotto, in altri santuari greci: due
sigilli provengono dai recenti scavi nel santuario di Dioniso
a Iria a Naxos (Rizzo 2007, Appendice, nn. 6-7), e almeno
uno dal santuario di Mandra a Despotik, isoletta nei pressi
di Antiparos (Rizzo 2007, Appendice, n. 8), tre dal Delion di
Paros (Boardman-Buchner 1966, nn. 69-70 e Rizzo 2007,
Appendice, n. 9), cinque dal santuario di Kato Phanai a Chios
(Boardman-Buchner 1966, nn. 77-81) e uno da un deposito
votivo di Emporio (Boardman-Buchner 1966, n. 83), quattro
da Delos (Boardman-Buchner 1966, nn. 64-67) e, nella Gre-
cia continentale, due da Delf (Boardman-Buchner 1966, nn.
54-55), due dal santuario di Capo Sunio (Boardman-Buchner
1966, nn. 56-57), uno da Egina (Boardman-Buchner 1966, n.
58), uno dal santuario di Demetra e Kore (Boardman 1990,
n. 59bis) ed uno dalla Sacred Spring di Corinto (Boardman
1990, n. 59ter), tre dal santuario di Artemis Orthia a Sparta
(Boardman-Buchner 1966, nn. 60-62).
319
B. dAgostino, Relations between Campania, Sou-
Fig. 42. Sigillo in ambra con grifone (da Boardman 1990,
p. 2, fgg. 1.2). Monaco, Antikensammlungen.
140
Maria Antonietta Rizzo
levantini in genere, e forse soprattutto Fenici e
penso soprattutto ai Phoenicians of Jalysos di
Coldstream
320
hanno con ogni evidenza mono-
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Lo statuto dellartigiano in Grecia sembra condi-
zionato anche nel lungo periodo da una ambiguit
strutturale che ne investe, da una parte, il ruolo
sociale, dallaltra lo statuto metaforico e che, come
ha dimostrato B. dAgostino, possibile riconoscere
ed inquadrare al livello del paradigma mitico; tale
ambiguit sembra superata solo dopo Solone, quan-
do sulla ceramica diventeranno ricorrenti le frme
degli artigiani, praticamente assenti nel periodo
precedente
1
. Allo stesso tempo, la pubblicazione
del libro di A. Snodgrass ha riaperto il dibattito sul
ruolo degli artigiani nella difusione dei valori e del
patrimonio immaginario legati allepica omerica,
per altra via difusi da aedi e cantori
2
.
In Etruria , forse, possibile cogliere uneco di
questa ambiguit che, tuttavia, sembra qui ap-
prodare a soluzioni diverse. Capacit scrittoria e
conoscenza dellepos omerico caratterizzano, infatti,
la realizzazione del celebre cratere di Aristonothos
(fg. 1): il vaso, rinvenuto in una sepoltura cereta-
na e databile intorno alla met del VII sec. a.C.
3
,
presenta un complesso programma decorativo sul
quale si sofermata lattenzione degli studiosi,
che si inserisce pienamente nel clima di relazioni
instauratosi nel Mediterraneo allindomani della
prima colonizzazione greca. Su uno dei lati raf-
fgurato uno scontro navale tra due imbarcazioni
tipologicamente diferenti, in cui sono state ricono-
sciute una nave greca e una etrusca e che, piuttosto,
prescindendo dalla controversa identifcazione degli
equipaggi (Greci/Etruschi; Etruschi/Siracusani),
sembra alludere ai pericoli del mare sullo sfondo
dei difcili equilibri realizzatisi nel Mediterraneo
det coloniale.
IN ROTTA PER LETRURIA: ARISTONOTHOS, LARTIGIANO E LA METIS DI ULISSE*
Raffaella Bonaudo
* Il presente contributo sviluppa alcune suggestioni nate da
uno studio presentato al XVII International Congress of Clas-
sical Archaeology (AIAC Congress), Meetings Between Cultures
in the Ancient Mediterranean - Incontri tra Culture nel Mondo
Mediterraneo Antico, Roma, 22-26 Settembre 2008, in corso
di pubblicazione on-line (Bonaudo c.s.). Desidero ringraziare
il prof. M. Harari per le osservazioni mosse in quella sede e alle
quali spero di poter qui rispondere almeno in parte. Lapprofon-
dimento che qui si presenta non sarebbe stato possibile senza
le sollecitazioni, i suggerimenti e gli spunti che ha sottosposto
alla mia attenzione L. Cerchiai, che, ormai da tempo, non si
ancora stancato di dedicarsi con afetto alla mia formazione.
Particolarmente profcue sono state per me le chiacchierate con
M. Menichetti e M. DAcunto, che mi hanno generosamente
messo a disposizione le loro specifche competenze. Un ulti-
mo grazie va a B. dAgostino e a P. Gastaldi che, oltre ad aver
discusso con me di alcune problematiche, mi hanno permesso
con estrema pazienza e afetto di pubblicare questo contributo.
1
dAgostino 2001 con bibliografa relativa, in particolare F.
Coarelli, Artisti e artigiani in Grecia, Roma 1980.
2
A. Snodgrass, Homer and the artists, Cambridge 1998 (gi
in parte anticipato in Homer and the Greek Art, in I. Morris
- B. Powell (a cura di), A new companion to Homer, Leiden-
New York-Kln 1997). Cfr. anche, rispetto al dibattito, B.
dAgostino, Alba della citt, albe delle immagini e A. Snodgrass,
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Greco (a cura di), Alba della citt, albe delle immagini? Da una
suggestione di Bruno dAgostino, Atene 2008, pp. 9-20 e 21-30.
3
Roma, Musei Capitolini, inv. 172 (gi Coll. Castellani);
Martelli 1987, pp. 263-265, L. Giuliani, Bild und Mythos.
Geschichte der Bilderzhlung in der griechischen Kunst, Mn-
chen 2003, pp. 96-114, Dougherty 2003, Izzet 2004, tutti
144
Rafaella Bonaudo
Sullaltro lato del vaso (fg.
2) dipinto il celebre epi-
sodio omerico dellacceca-
mento del Ciclope da parte
di Odisseo: cinque uomini
nudi e barbati, armati di
spada a tracolla, spingono da
sinistra un palo ad accecare
Polifemo, seduto sulla destra
e sbilanciato mentre con la
mano prova ad allontanare
la punta dal volto. Lultimo
dei guerrieri rappresentato
di spalle, puntellato alla
grotta, forse per imprimere
al palo un movimento rota-
torio. Alle spalle del Ciclope
si erge una rastrelliera per il
formaggio sulla quale so-
vrapposta in orizzontale una
coppa; tra i Greci e Polifemo
e al di sopra della rastrelliera
si sviluppa liscrizione con la
frma dellartigiano.
In un recente contributo
ho provato a dimostrare
come lo schema iconografco
adottato sul cratere ceretano
sottolinei la agriotes del Ci-
clope non in quanto tale, ma inserendolo allinter-
no di un universo destrutturato che coinvolge le
pratiche dellospitalit, in particolare in relazione
al consumo del vino
4
. A diferenza delle rafgu-
razioni coeve dellepisodio
5
, mancano sul vaso di
Aristonothos elementi che caratterizzino immedia-
tamente Polifemo sotto il segno del mostruoso: il
Ciclope non si distingue dagli assalitori n per la
taglia maggiore n per la presenza di particolari
somatici di natura ferina. E, tuttavia, fn da questo
momento cronologico gi la posizione potrebbe
con bibliografa e inquadramento dellopera. Particolarmente
signifcativo ed ancora valido B. Schweitzer, Zum Krater des
Aristonothos, in RM 62, 1955, pp. 78-106, per lanalisi flologi-
ca degli elementi decorativi e morfologici e per la ricostruzione
della carriera dellartigiano.
4
Bonaudo c.s. Il testo omerico insiste molto sullassenza di
themis per connotare la sauvagerie dei Ciclopi e, in particolare,
Odisseo stesso si appella alla xeineion themis nel rivolgersi al
suo improbabile ospite (Od. IX, 268). Sul problema dellospi-
talit nel poema, G.A. Privitera, Lalterno ritmo di morte e
ospitalit nelle avventure di Odisseo, in GIF, 43, 1991, pp.
3-19, Id., Il ritorno del guerriero. Lettura dellOdissea, Torino
2005. In questo senso la descrizione dellisola dei Ciclopi si
pone in forte opposizione rispetto a quella dei Feaci, stabilitisi
a Scheria proprio per fuggire i Ciclopi, come sottolineato tra
gli altri in Dougherty 2003, pp. 43-47 e Mauduit 2006, pp.
116-129.
5
Anfora protoattica, Eleusis, Mus., LIMC s.v. Kyklopes 17 (=
Odysseus 94); cratere protoargivo, Argos, Mus. C. 149, LIMC
s.v. Odysseus 88.
6
In Od. IX, 372 si usa il verbo anaklinesthai.
7
Bonaudo c.s. con bibliografa.
Fig. 1. Cratere di Aristonothos: scontro navale (Roma, Musei Capitolini, inv. 172) (da
Martelli 1987).
costituire una marca iconografca signifcativa:
Polifemo , infatti, semisdraiato al suolo
6
e solleva
leggermente una gamba assumendo una posizione
che nella tradizione arcaica diventa caratteristica
dei satiri
7
, alludendo in maniera non equivoca
allo stato debbrezza, mentre i suoi ospiti stanno
in piedi di fronte a lui. Ancor pi signifcativa,
in questo senso, sembra inoltre la posizione della
coppa, che non esibita verso gli ospiti, ma nascosta
alle spalle del Ciclope, in posizione orizzontale e,
quindi, non funzionale alla bevuta, ma quasi con-
145 In rotta per lEtruria: Aristonothos, lartigiano e la metis di Ulisse
e la relazione con le prati-
che connesse allospitalit e
alloferta del vino acquista
maggiore pregnanza se si va-
lorizza, come recentemente
suggerito, luso funzionale
che il cratere riveste nel corso
del simposio
13
. Lepisodio di
Polifemo si confgura in que-
sto senso come un ammo-
nimento: il vino deve essere
mescolato con lacqua per
evitare di incorrere nellerro-
re del Ciclope e soccombere.
Losservazione permette
di riconoscere una relazione
non casuale tra le diferenti componenti del prodot-
to vascolare che tenga conto allo stesso tempo del
programma iconografco e della forma funzionale,
ofrendo la possibilit di inquadrare correttamen-
te il contesto del consumo del vaso e di precisare
luniverso culturale della committenza.
Daltra parte, se questo vero, necessario inter-
rogarsi sulla possibilit che esista un apporto attivo
dellartigiano alla realizzazione dellopera e alla crea-
zione di un patrimonio immaginario condiviso con
la committenza, esplicitato attraverso lapposizione
della frma sul vaso.
Liscrizione rientra allinterno di un formulario
canonico, che prevede il nome dellartigiano seguito
dal verbo poieo
14
, secondo un uso che in questo
periodo allude probabilmente alla coincidenza
del ceramista con il ceramografo
15
. Analogamente
8
Od. IX. 244-249.
9
Od. IX. 296-297; 343 ss.
10
Mauduit 2006, pp. 109-136.
11
Od. II, 19; IX, 215, 494. Linterpretazione potrebbe assume-
re maggiore evidenza se messa in relazione con la rafgurazione
dello stesso episodio sempre in Etruria sul pithos white-on-red,
New York, Coll. Fleischman. Sul pithos il Ciclope indossa una
veste a rete di tipo cerimoniale e siede su uno sgabello dalle
gambe modanate, con un totale stravolgimento della natura
del personaggioche pu difcilmente essere casuale (Micozzi
2005, p. 262). Ancora una volta, tuttavia, i particolari iconogra-
fci svelano luniverso destrutturato rispetto alle pratiche ospitali
in cui si muove Polifemo, che beve anche qui da solo, senza
porgere la coppa e attingendo direttamente dallanfora il vino
non mescolato, cfr. Bonaudo c.s. Dubbi sullautenticit del vaso
sono stati avanzati ancor pi in seguito allesame condotto da
F. Gaultier sulla pisside della stessa classe a Parigi con la nascita
di Atena, in K. Geppert - F. Gaultier, Zwei Pasticci und ihre
Folgen. Die Bildmotive der Caeretaner Pyxiden D 150 und D
151 im Louvre, in Der Orient und Etrurien. Zum Phnomen
des Orientalisierens im westlichen Mittelmeerraum, 10-6. Jh. v.
Chr. Akten des Kolloquiums, Tbingen 12-13. Juni 1997,
Pisa 2000, pp. 211-218. Non cos per esempio Micozzi 2005,
p. 256, con bibliografa precedente ed inquadramento del vaso
allinterno della produzione white-on-red. Sugli aspetti legati alla
rappresentazione di episodi omerici nella produzione etrusca
orientalizzante, in relazione alle dinamiche coloniali nel bacino
del Mediterraneo e alla tradizione omerica, Bonaudo c.s.
12
Cos, per diversi motivi, in particolare Martelli 1987, p.
264; M. Torelli, La religione, in Rasenna, Milano 1986, pp.
171-172; M. Menichetti, Archeologia del potere. Re, immagini e
miti a Roma e in Etruria in et arcaica, Milano 1994, pp. 50-51;
Dougherty 2003; Izzet 2004.
13
Izzet 2004, pp. 203-207.
14
Per luso di epoisen invece di epoiesen, Gallavotti 1980, pp.
1029-1031; Wachter 2001, pp. 29-30, con bibliografa.
15
Jefery 1961, pp. 58 ss.; dAgostino 2003, con bibliografa.
Sulle frme degli artigiani etruschi in et arcaica, G. Colonna,
Firme arcaiche di artefci nellItalia centrale, in RM 82, 1975,
pp. 181-192.
Fig. 2. Cratere di Aristonothos: laccecamento di Polifemo (Roma, Musei Capitolini,
inv. 172) (da Martelli 1987).
nessa in un nesso sintagmatico alla rastrelliera per
il formaggio: Polifemo beve da solo, consumando
puro sia il latte appena cagliato
8
sia il vino oferto da
Odisseo, associandoli entrambi ad un banchetto di
carne umana
9
. Nellimmagine del cratere, dunque,
latteggiamento del Ciclope contrasta con le norme
dellospitalit: proprio la prossimit del mostro
allumano fa emergere in maniera pi evidente la
sua sauvagerie; lorrore provocato dal suo compor-
tamento percepito con tanta maggiore evidenza
in quanto si confgura come una deviazione dalle
norme che regolano la vita sociale
10
ed per que-
sto motivo che Polifemo merita espressamente la
defnizione di agrios
11
.
Lincontro con laltro assume, dunque, in rela-
zione allepisodio rafgurato sul cratere unimpor-
tanza straordinaria ed un valore paradigmatico
12
,
146
Rafaella Bonaudo
alle altre iscrizioni coeve, la
frma posta a complemento
della zona fgurata, in una
posizione di grande eviden-
za ad esibire a un tempo
lorgoglio dellartigiano e la
sua competenza scrittoria
che, a un livello cronologico
cos antico, deve ritenersi
tuttaltro che scontata
16
, ancor pi in presenza
di un programma iconografco cos strutturato e
complesso come quello del cratere ceretano.
E, tuttavia, il nome stesso dellartigiano sembra
svelare alcune peculiarit che richiedono un esame
approfondito ed un corretto inquadramento sia ri-
spetto al contesto storico in cui il vaso si inserisce sia
in relazione allarticolato programma rappresentato.
Lidentifcazione dellartigiano come Aristono-
thos stata recentemente messa in dubbio da R.
Wachter
17
, che, partendo dal presupposto che
nellomicron barrato vada riconosciuto un phi,
ha avanzato la lettura Aristomphos, un nome non
altrimenti attestato, che risulterebbe un composto
di aristos con omph, canto. La lettura proposta
potrebbe essere particolarmente suggestiva, se se ne
valorizzasse la relazione con limmagine epica, ma
non sembra necessaria. Luso dellomicron barrato
al posto dellomicron con la croce per il theta non
isolato
18
e ricorre, per esempio e, forse, non a caso,
nella coeva iscrizione cumana di Tataie
19
.
Le osservazioni proposte sembrano, dunque, con-
fermare la lettura Aristonothos: il nome, ugualmente
privo di ulteriori attestazioni
20
, si confgura come
un composto ossimorico di aristos con nothos, a
signifcare con una buona dose di autoironia, il
migliore dei mezzo sangue
21
.
Alcuni studiosi hanno provato ad interpretare il
nome in chiave realistica come allusione alla con-
dizione semiservile dellartigiano
22
; recentemente
V. Izzet ha, invece, avanzato alcune proposte in-
terpretative, in stretta connessione con limmagine
rappresentata. Secondo la studiosa il nome Aristo-
nothos, collocato in posizione enfatica tra la schiera
dei Greci e Polifemo, segnerebbe allo stesso tempo
una cesura e una sorta di mediazione tra Odisseo
(aristos) e il Ciclope (nothos); nello stesso modo in
cui lartigiano iscrive il nome Aristonothos per unire
insieme due entit incompatibili, egli usa lacceca-
mento di Polifemo per mettere insieme due universi
diferenti di elementi ugualmente incompatibili:
divino e mortale, civilizzato e barbaro
23
.
possibile proporre una lettura diferente che
non prescinda dalla scena dipinta sul vaso. Aristo-
nothos non rientra nella tipologia dei nomi parlanti,
come quelli ex arte di Eugrammos, Eucheir e Diopos,
che, giunti in Italia al seguito di Demarato, sono
collocati dalla tradizione mitistorica nello stesso
contesto cronologico
24
, o come quelli un po pi
recenti di Kleitias ed Ergotimos, che frmano il
cratere Franois. Esaminando questo vaso, M.
Torelli ha valorizzato la posizione della frma dei
due artigiani, che si ripete due volte sulla superfcie
fgurata, enfatizzando, nella complessa architettura,
due momenti di lettura del programma, il punto di
partenza e lakm del racconto mitico, fnalizzato
ad esaltare i legami e i valori della genealogia
25
. Allo
stesso modo, ma con esiti diferenti, Aristonothos fr-
ma la scena dellaccecamento
26
, autoproclamandosi
con un nome parlante che sottolinea il carattere
16
dAgostino 2003.
17
Wachter 2001, pp. 29-30.
18
Jefery 1961, pp. 136, 188; Gallavotti 1980, pp. 1013 ss.
19
Gallavotti 1980, ibid. con bibliografa.
20
Izzet 2004, pp. 196-197, con bibliografa.
21
M. Torelli, Storia degli Etruschi, Roma - Bari, p.134.
22
Per esempio, F.-H- Pairault-Massa, Iconologia e politica
nellItalia antica, Milano 1992, p. 19.
23
Izzet 2004, pp. 200-201.
24
Sui nomina ex arte e sulle tradizioni relative alla inventio
artium in particolare in relazione alla coroplastica, M. Torelli, in
Studi in onore di F. Magi (Nuovi Quaderni Ist. Arch, Perugia),
Perugia 1979; Id., Polis e palazzo. Architettura, ideologia
e artigianato greco in Etruria tra VII e VI sec. a.C., in Ar-
chitecture et socit de larchasme grec la fn de la Rpublique
romain Actes Colloque International, Roma 2-4 Dicembre
1980, Paris-Rome 1983, pp. 471-495, con bibliografa. Sulla
tradizione pliniana dellinvenzione della plastice cfr. anche L.
Cerchiai, A proposito degli artifces pliniani (Pl., N.H., XXXV,
152), in M. Borghi Jovino (a cura di), Tarquinia e le civilt del
Mediterraneo, Atti Convegno internazionale, Milano 2004,
Milano 2006, pp. 297-306.
25
M. Torelli, Le strategie di Kleitias. Composizione e programma
fgurativo del vaso Franois, Verona 2007,
26
Sull'importanza della posizione delle frme vascolari sulla
ceramica attica fgurata, per orientare ed enfatizzare la lettura
Fig. 3. Aryballos di bucchero dalla T. 1 di Volusia: iscrizione (da G. Colonna in REE
56, 1991) e proposta di lettura (da D.F. Maras, Note sullarrivo del nome di Ulisse in
Etruria, in StEtr 65-68, 2002).
147 In rotta per lEtruria: Aristonothos, lartigiano e la metis di Ulisse
eccellente di non avere genealogia. Liscrizione
sembra, in questo senso, istituire una relazione
paradigmatica tra Aristonothos e Odisseo, che vince
Polifemo in quanto Outis/Nessuno, in virt di una
metis che non scaturisce dal sangue.
Uneco della percezione di Odisseo in Etruria
come paradigma mitico dellartigiano si pu co-
gliere se si accetta la lettura fornita da D.F. Maras
delliscrizione incisa prima della cottura su un
aryballos di bucchero da una tomba di Volusia, nel
territorio veiente, databile alla fne del VII sec. a.C.,
in cui il vasaio si proclama discendente di Uthuzte,
il nome etrusco di Odisseo (fg. 3)
27
. Liscrizione si
colloca nella posizione centrale di un fregio orna-
mentale, di cui costituisce parte integrante, compo-
sto di due elementi fgurati di stile sub-geometrico
lineare, una barca vista dallalto e un cavallo.
possibile chiedersi se non sia possa instaurare
una relazione puntuale tra Odisseo e i due elementi
fgurati, che vada oltre lallusione al celebre strata-
gemma per prendere Troia e al nostos. Nei poemi
dellimmagine, F. Lissarrague, Epiktetos egraphen: the writing
on the cup, in S. Goldhill, R. Osborne (a cura di), Art and text
in Ancient Greek Culture, Oxford 1994, pp. 12-27.
27
D.F. Maras, Note sullarrivo del nome di Ulisse in Etruria,
in StEtr 65-68, 2002, pp. 237-249; liscrizione stata pubblicata
da G. Colonna in REE 56, 1991, n. 42.
28
N. Lubtchansky, Le cavalier Tyrrhnien. Rpresentations
equestre dans lItalie archaque, Rome 2005, pp. 14-16.
29
A. Schnapp-Gourbeillon, Lions, heros, masques. Les rpre-
sentations de lanimal chez Homre, Paris 1981, pp. 169-178.
30
Il. X, 355 ss. Lepisodio rappresentato raramente e, per
let arcaica, solo sullanfora calcidese Malibu, Getty Mus.
96.AE.1 (riprodotta in J.B. Carter, S.P. Morris, Te ages of
Homer. A tribute to E.T. Vermeule, Austin 1998): Diomede
ritratto mentre sta per sgozzare Rhesos; in analoga attitudine
Odisseo, che si distingue iconografcamente dal compagno
solo per lattributo della faretra, sta per trafggere un altro dei
Traci, mentre sulla base del registro sono dipinti i corpi degli
altri undici compagni di Rhesos, tra i quali si muovono i cavalli.
Particolarmente interessante per linterpretazione dellepisodio
qui seguita, oltre allattributo dellarco di Odisseo, il fregio di
giovani cavalieri che corre sulla spalla del vaso.
31
Il. X, 480-481.
32
Il. X, 498-501. solo Diomede a pensare di impossessarsi
dei carri, ma viene dissuaso da Atena (503-514).
33
Od. IV, 600 ss.
omerici non compare il cavallo montato: lanimale
, piuttosto, funzionale al tiro del carro da guerra
28

e, tuttavia, ci non impedisce che si riconoscano
nel racconto epico animali dotati di particolari
caratteristiche e che ad essi si attribuisca esplici-
tamente il valore di agalma
29
. Lunica eccezione di
cavallo montato costituita dalla razzia dei cavalli
di Rhesos compiuta da Odisseo e Diomede nel
corso della scorreria notturna (fg. 4)
30
. Odisseo
organizza lassalto dividendosi i compiti con Dio-
mede: a questo uccidere i Traci, a lui occuparsi dei
cavalli
31
. Tuttavia, il suo comportamento tradisce
apparentemente una scarsa familiarit delleroe
con gli animali: sciolti i cavalli, li lega insieme con
cinghie e li spinge fuori battendoli con larco, senza
prendere la frusta dal carro
32
. Linadeguatezza di
Itaca allallevamento dei cavalli , del resto, ricor-
data in un passo della Telemachia
33
, in cui, sempre
allinterno del cerimoniale connesso allo scambio di
doni, Telemaco rifuta loferta dei cavalli da parte
di Menelao, proprio a causa delle caratteristiche
Fig. 4. Anfora calcidese con luccisione di Rhesos (Malibu, Getty Mus. 96.AE.1) (da J.B. Carter, S.P. Morris, Te ages of
Homer. A tribute to E.T. Vermeule, Austin 1998).
148
Rafaella Bonaudo
dellisola: nessuna isola buona per i carri o ricca
di prati, Itaca meno di tutte. E, per, nel corso del
suo exploit antieroico, Odisseo riesce a trafugare i
cavalli in silenzio, li fa passare tra i cadaveri dei Traci
senza farli imbizzarrire, li guida con destrezza, prima
di partire al galoppo e istituisce in questo modo il
paradigma mitico della tattica del cavaliere, fondata
sul ricorso alla prudenza e alla metis che, unite alle
capacit guerriere di Diomede, conducono a buon
fne limpresa
34
, ancor pi perch messa sotto il
segno di Atena, la divinit della quale M. Detienne
ha valorizzato il ruolo nelle operazioni di doma dei
cavalli, in particolar modo grazie allinvenzione del
morso
35
.
La stessa perizia mostrata nella conduzione del
cavallo lega Odisseo alla nave e ne fa leroe della
plane. Rispetto alla navigazione si misura la distan-
za che separa leroe, ma allo stesso tempo anche
i Feaci e quanti non siano agrioi, dai Ciclopi. Il
testo omerico insiste, infatti, sul fatto che uno
dei caratteri specifci della loro sauvagerie derivi
dal non conoscere la carpenteria nautica, nono-
stante abitino unisola dotata di ottimi approdi
36
.
Rispetto alla doma del cavallo e alluso della nave
si concretizza lo scarto tra Odisseo e Polifemo: il
primo, nonostante abiti unisola non adatta allal-
levamento di questi animali, riesce grazie alla sua
prudenza a governarli; laltro rinuncia, invece, ad
utilizzare il mezzo principale attraverso il quale
possibile incontrare gli uomini e i loro borghi.
Ed proprio in quanto uomo di mare, nel senso
tecnico
37
, che Odisseo vince il Ciclope: non ,
forse, un caso, infatti, che il palo adoperato per
accecare Polifemo sia paragonato al trapano di un
asse navale
38
e che Polifemo, accecato e adirato,
qualifchi Odisseo come oligos, outidanos, akikys
39
.
Lontano dagli eroi iliadici, Odisseo si confgura
piuttosto come un eroe di tipo diverso, connesso
alla metis, al mare, allo scambio, allartigianato,
richiamando in un certo senso la contraddizione
e lambiguit di fondo che connota lo statuto
dellartigiano mitico per eccellenza che Efesto,
34
L. Cerchiai, Recensione a N. Lubtchansky, Le cavalier
Tyrrhnien. Rpresentations equestre dans lItalie archaque, Rome
2005, in AIONArchStAnt, n.s. 11-12, 2004-2005, p. 364.
35
M. Detienne, Il morso magico, in M. Detienne, J.P. Ver-
nant, Le astuzie dellintelligenza nellantica Grecia, Bari 1999,
pp. 139-159.
36
Od. IX, 125 ss.
37
Sul vocabolario connesso alla carpenteria per indicare anche
combattuto tra la sua sapienza e la deformit del
suo corpo
40
.
Una conferma in questa direzione pu venire se
si prova ad attribuire un valore non semplicemente
decorativo ai motivi secondari. Sotto le anse del
cratere di Aristonothos , infatti, dipinto un granchio
(fg. 5): come ha dimostrato M. Detienne, lanima-
le, caratterizzato da un movimento obliquo e dalle
estremit ricurve, che assumono le stesse caratteri-
stiche e lo stesso nome delle tenaglie del fabbro, si
confgura come un doppio di Efesto
41
: limmagine
sembra in questo senso precisare la lettura della
scena, enfatizzandone gli aspetti pi propriamente
legati ad un sapere e ad una metis di tipo artigianale,
quale quella di Odisseo nellideare lo stratagemma
del palo per accecare il Ciclope.
Le osservazioni proposte permettono, forse, di
recuperare, dunque, un ulteriore messaggio sotteso
alla composizione del programma decorativo del
cratere di Aristonothos e istituiscono una relazione
Fig. 5. Cratere di Aristonothos: particolare dellansa (da
CVA Musei Capitolini II, Italia 39).
lattivit dellaedo, F. Bertolini, Odisseo aedo, Omero carpen-
tiere: Odissea 17. 384-385, in Lexis 2, 1988, pp. 145-164.
38
Od. IX, 383-388.
39
Od. IX, 515.
40
dAgostino 2001, pp. 42-44.
41
M. Detienne, I piedi di Efesto, in M. Detienne - J.P.
Vernant, Le astuzie dellintelligenza nellantica Grecia, Bari
1999, pp. 194-207.
149 In rotta per lEtruria: Aristonothos, lartigiano e la metis di Ulisse
non casuale tra i due lati del vaso. evidente,
tuttavia, che il messaggio formulato da Aristono-
thos diventi pienamente comprensibile solo se si
presuppone il clima di straordinaria apertura
verso lo straniero vigente a quellepoca a Cerve-
teri e nelle altre citt etrusche e latine
42
, favorito
dai legami strettissimi con lambiente euboico
coloniale
43
.
in questo ambito marginale rispetto al mon-
do greco che, grazie alla progressiva acquisizione
dellautocoscienza professionale, gli artigiani, af-
francati dai legami di subordinazione dalle casate
aristocratiche della madrepatria, potevano pi
facilmente apporre la frma sul proprio vaso, grazie
alle circostanze socio-economiche favorevoli e al
feeling che in ambito euboico si era stabilito tra
la scrittura e il vaso, sullo sfondo del simposio
44
.
Abbreviazioni supplementari:
Bonaudo c.s. = R. Bonaudo, Eroi in viaggio:
Odisseo dalla Grecia in Etruria,
in Meetings Between Cultures in the
Ancient Mediterranean - Incontri
tra Culture nel Mondo Mediterraneo
Antico, Atti del XVII International
Congress of Classical Archaeology
(AIAC Congress), Roma, 22-26
Settembre 2008, in corso di pub-
blicazione on-line.
dAgostino 2001 = B. dAgostino, Lo statuto mitico
dellartigiano nel mondo greco, in
AIONArchStAnt, n.s. 8, 2001, pp.
39-44.
dAgostino 2003 = B. dAgostino, Scrittura ed artigia-
ni sulla rotta per lOccidente, in S.
Marchesini - P. Poccetti (a cura di),
Linguistica e storia. Sprachwissenschaft
ist Geschichte. Scritti in onore di Carlo
De Simone, Pisa 2003, pp. 75-84.
Dougherty 2003 = C. Dougherty, Te Aristonothos
Krater. Competing stories of confict
and collaboration, in C. Dougherty
e L. Kurke (a cura di), Te cultures
within ancient culture. Contact, con-
fict, collaboration, Cambridge 2003,
pp. 35-56.
Gallavotti 1980 = C. Gallavotti, La frma di Aristo-
nothos e alcuni problemi di fonetica
greca, in Philias Charin. Miscellanea
di studi classici in onore di Eugenio
Manni, Roma 1980, pp. 1011-1031
Izzet 2004 = V. Izzet, Purloined letters: the Ari-
stonothos inscrption and krater, in
K. Lomas (a cura di), Greek Identity
in the Western Mediterranean. Papers in
honour of B. Shefton, Leiden-Boston
2004, pp. 191-210.
Jefery 1961 = L.H. Jefery, Te local scripts of Ar-
chaic Greece, Oxford 1961.
Martelli 1987 = M. Martelli (a cura di), La ceramica
degli Etruschi, Milano 1987.
Mauduit 2006 = C. Mauduit, La Sauvagerie dans
la posie grecque dHomre Eschyle,
Paris 2006.
Micozzi 2005 = M. Micozzi, White-on-red. Miti
greci nellOrientalizzante etrusco,
in B. Adembri (a cura di), AEIM-
NESTOS. Miscellanea di studi per
Mauro Cristofani, Firenze 2005, pp.
256-266.
Wachter 2001 = R. Wachter, Non-Attic Greek Vase
Inscription, Oxford 2001.
42
G. Colonna, La cultura orientalizzante in Etruria, in G.
Bartoloni et alii (a cura di), Principi etruschi tra Mediterraneo e
Europa Catalogo della mostra, Bologna 2000, p. 61.
43
A questo stesso ambito territoriale riconduce i caratteri
epigrafci delliscrizione Jefery 1961, pp. 239 ss.
44
dAgostino 2003.
La tradizione iconografca di et arcaica relativa alle
sirene ancora piuttosto esigua: io stesso ho avuto
modo di riconsiderarla a proposito dellaryballos
corinzio di Boston con Odisseo e le Sirene
1
.
In seguito, ho creduto di poter riconoscere una
rappresentazione dello stesso mito nel celebre
frammento di cratere da Pithecusae, frmato da
...inos (fg. 2)
2
. Lidentifcazione era suggerita dal
motivo che si intravvede a sinistra della fgura,
presso il margine destro del frammento, al dil di
quella che potrebbe essere ancora parte della fgura
alata
3
: come dimostra il confronto con un vaso da
Lefkandi
4
, esso rappresenta infatti laplustre di una
nave. Nonostante la distanza cronologica, lo stesso
schema, lo stesso modo di rappresentare la sirena,
si ritrova nellanfora ceretana (fg. 3) eponima
del Pittore della Sirena-Assurattasche, edita dalla
Martelli
5
e databile al 630 ca. a.C.
Si tratta dunque di uno schema iconografco
elaborato in ambiente euboico utilizzando un
motivo orientale, e da questo trasmesso al mondo
etrusco e a Caere.
Probabilmente il dossier iconografco relativo
alle sirene pu essere arricchito di unaltra testimo-
nianza. Si tratta di un frammento rinvenuto dalla
compianta I. Vokotopoulou a Sani nella penisola
Calcidica (fg. 1).
Il frammento, pertinente ad un vaso di forma
chiusa
6
, ha una rappresentazione senza confron-
ti: come riconosce la Vokotopoulou si tratta di
tre fgure alate che si tengono per mano. Lunica
quasi interamente conservata la fgura centrale. Il
IL VALZER DELLE SIRENE
Bruno dAgostino
1
B. dAgostino, Le Sirene, il Tufatore e le Porte dellAde,
in AIONArchStAnt IV, 1982, pp. 43-50, ora in B. dAgostino
- L. Cerchiai, Il mare, la morte, lamore, Roma 1999, pp. 53-
60. Le immagini pi antiche, riferibili al mito, sono soltanto
due, e proveniengono da Naukratis e da Cnidos. In entrambe
lidentifcazione della scena solo ipotetica.
2
Cfr. B. dAgostino, Scrittura e artigiani sulla rotta per lOc-
cidente, in S. Marchesini - P. Poccetti (a cura di), Linguistica e
storia - Sprachwissenschaft ist Geschichte - Scritti in onore di Carlo
De Simone, Pisa 2003, pp. 75-84. Per una buona riproduzione
del frammento, cfr. P. Orlandini, in Megale Hellas, Milano
1983, pp. 332-3, fg. 282 (foto); G. Buchner, Recent work
at Pithekoussai (Ischia), 1965-71, in Archaeological Reports
1970-71, p. 67 fg. 8 (disegno).
3
Lestremit dellaltrala, o forse della coda?, come negli uccelli
rappresentati sulla pisside alla nota 33.
4
Lefkandi I, p. 267, tavv. 274 (918), 284 (11).
5
M. Martelli, Del Pittore di Amsterdam e di un episodio del
nostos odissaico. Ricerche di ceramografa etrusca orientalizzante,
in Prospettiva 50, 1987, pp. 4-14, fgg. 17-20, che suppone una
derivazione diretta dagli Assurattaschen.
6
I. Vokotopoulou, `Apotxo trpo otq Zovq Xoixtotxq, in
`Apoto Moxroovto, Hrrto otrvr ourooto,1989 too I,
Oroooiovxq 1993, pp. 179-236: p. 209, fg. 13 (pp. 189 s.): fr.
MQ 12697. Larticolo stato ripubblicato in I. Vokotopoulou,
`Hrrtpcttxo xot Moxroovtxo Mrirtqoto, Atene 2001, II, pp.
453-510, fg. a p. 483. Il frammento proviene, insieme ad altri,
da uno scavo di emergenza in loc. Marina. Nel sito, frequentato
dal tardo periodo tardo-protogeometrico, localizzato un san-
tuario allaperto dedicato probabilmente ad Artemide, con un
periodo di grande foritura tra il VII ed il V sec. a.C.
Questo breve articolo era nato per
il Convegno organizzato dalla
Universit Federico II in memoria
di Stefania Adamo Muscettola,
sempre vivissima nel ricordo e nel
quotidiano rimpianto.
152
Bruno dAgostino
busto, eretto, ricoperto da un corpetto aderente,
con manica larga dalla quale esce un braccio sottile
che si allarga in una mano schematica, a forma di
pinna. Il corpo forma un angolo con il busto, ed
afusolato, ma si allarga allestremit in uno scuro
vestito scampanato, dal quale sporgono due esili
gambe umane. La spalla sinistra, lunica superstite,
sormontata da unala resa con singole piume ad
uncino, che nella parte inferiore sono arricchite
da una parziale campitura in nero. Il volto, reso
con una semplice linea di contorno, ha una accon-
ciatura di tipo dedalico: spessa e diritta sul capo,
discende sulla spalla con una banda triangolare.
Locchio, frontale, ha il contorno arcuato e una
grande pupilla nera, ed accostato allorecchio,
sinuoso e allungato. Della fgura a destra si conser-
vano solo parte dellala e la mano, unita a quella
della fgura centrale. Della fgura a sinistra, oltre
allala, si conserva anche proflo: la fronte, bassa
e arcuata, ricoperta dai capelli, il naso grosso
e appuntito.
La Vokotopoulou data il vaso agli inizi del VI
sec. a.C. e, sulla base di alcuni persuasivi confronti
stilistici, lo attribuisce ad ambiente eolico
7
.
Unica e senza confronti rimane fno ad ora la
rappresentazione. Secondo la Vokotopoulou, le tre
fgure femminile librate in volo nellaria possono
identifcarsi con le tre Gorgoni, che sarebbero rap-
presentate prima del taglio della testa di Medusa.
evidente il riferimento alla celeberrima anfora di
Eleusi
8
, e tuttavia tra le due scene le analogie sono di
fatto inesistenti. Sullanfora protoattica infatti, due
delle tre gorgoni sono rappresentate in fuga verso
destra, in un elegante passo di danza. La terza, che
sembra futtuare nellaria, proprio Medusa, ormai
priva del capo; ma lapparenza non deve trarci in
inganno, infatti se la fgura appare di prospetto,
come librata nellaria, ci si deve solo allefetto
della prospettiva ribaltata; dobbiamo quindi imma-
ginarla distesa al suolo, ormai priva di vita. Inoltre
le tre sorelle sono aptere, a diferenza delle fgure del
frammento di Sani. Quanto a queste, il rapporto tra
il busto ed il corpo, incomprensibile in una fgura
umana, quello abituale nella rappresentazione
delle sirene, nelle quali il busto umano si innesta
verticale su un corpo di uccello; la decorazione a
rombi che ricopre il corpo potrebbe voler suggerire
un piumaggio. Loriginalit di questa rappresen-
tazione sta piuttosto nellaver voluto marcare la
natura di questi strani esseri, attraverso laggiunta
dei piedi umani.
Nonostante la mancanza di confronti, mi sembra
difcile non riconoscere tre sirene nelle fgure del
vaso di Sani. Ma questa conclusione non priva di
7
E. Walter-Karydi, Aeolische Kunst, AntK 7, Beiheft 1970, p.
3. tavv. 4, 6, 8. Ma cfr. anche, della stessa A., Samos VI. 139 nn.
1048 (da Nysiros) per la capigliatura e 1100 e 1001 (da Rodi)
per la resa delle ali.
8
Cfr. J. Boardman, Early Greek Vase Painting, London 1998,
fg. 209.
Fig. 1. Sani (Calcidica), frammento di vaso MO 12697 con
le Sirene (da I. Vokotopoulou, in Apoo Moxroovo).
Fig. 2. Ischia, Museo di Villa Arbusto Frammento di
cratere pitecusano con la frma del vasaio ....inos.
153 Il valzer delle Sirene
implicazioni. Infatti in tutta la tradizione pi antica,
da Omero a Esiodo, le Sirene sono sempre due;
esse compaiono in numero di tre in Occidente, in
una tradizione che nel suo complesso risale tutta
a Timeo
9
. Essa doveva avere tuttavia precedenti
molto pi antichi: infatti indiziata in Licofrone,
nei versi in cui il poeta racconta per la prima volta
la storia del loro suicidio (vv. 712 ss.), ed ben
noto di quale e quanta erudizione fosse portatore
il poeta, che conosceva bene le tradizioni remote
del mondo greco. Non certo un caso se la pi
antica attestazione relativa al suicidio delle Sirene
sembra debba riconoscersi sui frammenti di un vaso
da Naukratis allincirca coevo al vaso di Sani
10
. La
presenza di tre sirene documentata, intorno al 520
a.C., su una oinochoe attica a fgure nere
11
.
La possibilit di far risalire agli inizi del VI sec. la
tradizione antica relativa allesistenza di tre sirene
assume un particolare signifcato dal momento che
il documento che la attesta proviene da un una
delle citt euboiche della Calcidica
12
. Ci rende
ancor pi verisimile quanto stato del resto gi
ipotizzato, circa lapporto della colonizzazione
euboica alla localizzazione di questi esseri mitici in
Occidente
13
. Naturalmente sarebbe anche di gran-
de interesse poter determinare con precisione il
luogo dove stato prodotto il vaso. Lattribuzione
ad ambiente eolico, proposta dalla Vokotopoulou,
darebbe una particolare coloritura al legame con
ambienti coinvolti nel processo di colonizzazione,
e nella difusione del mito delle Sirene.
Fig. 3. Milano, Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche, anfora da Cerveteri con nave e Sirena (da M. Martelli,
in Prospettiva 50, 1987).
9
Sullargomento, cfr. L. Breglia Pulci Doria, Le Sirene, il
canto, la morte, la polis, in AIONArchStAnt IX, 1987, pp. 65-99:
sui versi di Licofrone, p. 76; la citazione testuale tratta da p. 87.
10
Cfr. O. Touchefeu-Meynier, Tmes Odyssens dans lart
antique, Paris 1968, pp. 144 s., tav. XXIII. 1.
11
Cfr. O. Touchefeu-Meynier, Tmes Odyssens dans lart
antique, Paris 1968, p. 148, tav. XXIII. 3-4.
12
Tu. IV. 109. 3 ricorda che la citt fu fondata da Andros.
Sul signifcato di queste tradizioni, cfr. A. Mele, Calcidica e
Calcidesi. Considerazioni sulla tradizione, in M. Bats - B.
dAgostino (a cura di), Euboica, Napoli 1998 pp. 217 ss.
13
Cfr. L. Breglia Pulci Doria, Le Sirene, il canto, la morte,
la polis, in AIONArchStAnt IX, 1987, pp. 88 ss.
En 1998, loccasion dun colloque dont les actes
ne devaient fnalement paratre que dix ans plus
tard, javais, dans une communication consacre
aux premires kors cycladiques
1
, mis sur lorigine
des reprsentations masculines dans la statuaire
parienne une hypothse que ds lanne suivante
la dcouverte dun document exceptionnel me pa-
rut venir conforter: un torse de kouros inachev,
malheureusement acphale et bris au-dessus des
genoux, mais dont larrachement du bras droit
indiquait clairement que celui-ci tait repli et ap-
pliqu sur la poitrine, selon un schma qui aurait
pu sembler banal sil ne stait agi, prcisment,
dun kouros. Bien que la publication, aussitt
prpare par les responsables du Muse de Paros,
ait t quelque peu retarde
2
, elle nen prcda pas
moins celle de notre colloque (dont les lenteurs
exceptionnelles nous laissrent, comme on a vu,
le temps de la rfexion), et il me fut possible de
la citer en note
3
, mais sans entrer dans le dtail
dune dmonstration dont les prmisses seraient
restes inaccessibles au lecteur tant que les actes
du colloque dAthnes ntaient pas eux-mmes
publis. Puisque cest aujourdhui chose faite, et
que lensemble du dossier est dsormais disponible,
il ma sembl quil ntait pas inutile dy revenir,
ne serait-ce que pour soumettre lpreuve dune
illustration prcise une hypothse qui me parat,
du moins dans ltat actuel de la documentation,
navoir rien perdu de sa valeur.
Quon me permette dabord de rappeler bri-
vement les donnes du problme, tel que javais
tent de le poser ds 1998. Cherchant mieux
comprendre, par une analyse systmatique des
trouvailles dliennes, les dbuts de la statuaire
fminine dans les Cyclades, javais t demble
frapp par une constatation: quelle que ft la date
retenue pour la conscration de lofrande naxienne
de Nikandr
4
, son antriorit tait considrable
un demi-sicle au moins par rapport aux autres
statues de marbre trouves lArtmision de Dlos,
notamment A 4062, o lon ne devait plus hsiter
reconnatre lune des plus anciennes kors pa-
riennes
5
. Cela signifait quentre les environs de 630,
date probable de la premire, et la priode 580/570,
o lon pouvait situer la seconde, il ne fallait pas
esprer reconstruire une volution continue du
type de la kor: les deux ateliers semblaient au
contraire stre dvelopps de manire tout fait
indpendante, les Pariens commenant reprsen-
ter la fgure fminine une poque o les Naxiens
lavaient depuis longtemps oublie au proft du type
masculin du kouros, dont ils devaient demeurer
les matres incontests jusque vers le milieu du VI
e

sicle. Ainsi les deux types majeurs de la statuaire
archaque, loin dvoluer paralllement, semblaient,
au moins dans les Cyclades, stre construits pour
ainsi dire lun contre lautre, sans doute dans un
contexte de concurrence entre les cultes faussement
jumeaux dArtmis et dApollon, en mme temps
que dantagonisme entre les deux grandes cits
insulaires. Comme la srie des statues fminines
pariennes, inaugure vers 580 lArtmision de
Dlos par les trois kors A 3996, A 4062 et A
4070, puis illustre notamment par les deux kors
de Cyrne et la kor de Naoussa, se prolongeait
LE PREMIER KOUROS PARIEN
Francis Croissant
1
Croissant 2008.
2
Kourayos-Dtoratou, pp. 57-72.
3
Croissant 2008, p. 326, note 76.
4
Croissant 2008, pp. 311-314.
5
Croissant 2002. Croissant 2008, pp. 319-320.
156
Francis Croissant
de manire continue et cohrente jusque dans la
seconde moiti du sicle, alors quaucun kouros
srement parien ne paraissait antrieur aux annes
550/540
6
, il tait assez clair que le type tait rest
jusque-l, au moins dans le sanctuaire dApollon,
une exclusivit naxienne. Et lon devait se deman-
der si son apparition relativement tardive dans les
ateliers pariens ne concidait pas simplement avec le
retrait des Naxiens dont semble stre accompagne
la mainmise de Pisistrate sur Dlos.
Quoi quil en soit, le tmoignage de la documen-
tation dlienne
7
obligeait admettre que le type du
kouros ne stait dvelopp dans les ateliers pariens
quenviron une gnration aprs celui de la kor.
Et dans ces conditions lon devait sinterroger sur
le sens de la relation structurelle troite, souvent
releve, qui unissait les deux sries. Non quelle
ft en elle-mme surprenante, puisquelle reftait
dabord, et avec une vidence exceptionnelle, lexis-
tence dune identit stylistique parienne; mais en
raison de la manire dont elle avait t gnralement
interprte. Car lun des traits caractristiques des
torses pariens, le large dveloppement des paules,
tires vers larrire pour faire saillir les pectoraux, qui
a t, en quelque sorte tout naturellement, dfni
comme athltique propos des kouroi, nest pas
moins accentu chez les kors, et cela ds le dbut
de la srie. On ne peut donc gure, mme pour les
torses masculins, se satisfaire ici dune explication
naturaliste, et il est clair quil sagit plutt dun
fait de structure, rsultant dun choix stylistique
8
,
et dont il ne faudra pas stonner de constater la
prsence ds les origines. Ainsi les kors de Cyrne
ne devaient sans doute nullement leur carrure pa-
nouie, comme lavait cru J.G. Pedley, ladaptation
dun prototype masculin antrieur
9
, dont on na
dailleurs aucune trace, mais, compte tenu du dca-
lage chronologique entre les deux sries, on pouvait
mme se demander si ce ntait pas linverse, et si la
structure suppose athltique des premiers kouroi
pariens
10
ntait pas en fait directement hrite des
statues fminines de la premire moiti du sicle.
Mais une telle hypothse, qui remettait en cause
la conception, devenue traditionnelle depuis les
deux grands recueils de G. Richter, selon laquelle le
kouros et la kor formaient une sorte de couple ty-
pologique
11
, risquait de se heurter au scepticisme,
et restait vrai dire difcile dmontrer partir
de la documentation existante. La dcouverte du
kouros inachev entr en 1999 au Muse de Paros
sous le n 1377 fut donc cet gard une heureuse
surprise, puisquil fournissait en sa faveur un argu-
ment supplmentaire. Car le schma exceptionnel
adopt en loccurrence par le sculpteur appelait de
toute manire une explication, et ctait peut-tre
l quil fallait la chercher.
Comme lont soulign les auteurs de la publica-
tion, ce schma ne difre du schma habituel que
sur un point: la position du bras droit repli sur
la poitrine. Mais cela seul suft faire problme,
car les parallles sont rares. Ainsi Y. Kourayos et S.
Dtoratou ont-ils d se contenter en la matire de
deux statuettes en albtre de Naucratis
12
, dont il
faut bien dire que la parent avec le kouros parien
est purement iconographique. Mme si lon admet,
comme il le font en adoptant la date, videmment
arbitraire, fournie par le classement anatomique de
Richter (qui les classait dans son Orchomenos-
Tera Group), que ces statuettes sont antrieures
notre kouros, on ne saurait gure de toute faon
y chercher le modle dont sest inspir le sculpteur.
Tout au plus pourra-t-on dire que ce modle, dori-
gine phnicienne, et probablement transmis aux
Grecs par la plastique chypriote dans le premier
quart du VIe sicle, tait celui qui leur avait dj
servi laborer, vers 580, un nouveau type de statue
fminine
13
, dont les premires kors pariennes ne
sont quun exemple parmi dautres. Mais le fait est
que ce schma du bras repli sur la poitrine, qui
ntait nullement spcialis dans son milieu dori-
gine
14
, avait t trs vite, sans quon puisse savoir
exactement pourquoi, exclusivement afect par
6
Croissant 2008, p. 320-324.
7
Si lon ne tient pas compte des deux kouroi A 4045 et A 3997,
abusivement considrs par certains comme pariens: Croissant
2008, p. 324, et ci-aprs p. 162.
8
Ce quadmet du reste implicitement J. Ducat, GDlos 2005,
pp. 92-93: Si les Naxiens aimaient surtout les courbes douces,
les Pariens recherchaient les formes athltiques.
9
Voir Croissant 2008, p. 323.
10
Par ex. ceux de Cyrne (Kouroi 1970, 63b; Pedley 1971, pp.
41-42, pl. 8, 3-4; Pedley 1976, n. 30, p. 42), de lArchgsion
de Dlos (Dlos A 3990: GDlos 2005, p. 93 fg. 11) ou de
lAsclpieion de Paros (Louvre MA 3101: Kouroi 1970, 116).
11
G. Richter prsentait explicitement son second livre comme
a companion volume to my Kouroi (Korai 1968, p. vii).
12
British Museum B441 et B 442: Kouroi 1970, 59 et 60.
13
Qui avait au moins un prcdent, la Dame dAuxerre: sur
lorigine orientale du geste et ses premires adaptations crtoises,
notamment Gortyne, voir Martinez 2000, p. 22.
14
Voir par ex. Hermary 1989, 67, 68 646, 670.
157
Le premier kouros parien
Fig. 1. Paros A 249, buste de kouros: a) prof. dr.; b) face; c) dos (= Zaphiropoulou 2002, fg. 1, 2, 4).
Fig. 2. Dlos A 3997, buste de kouros: a) prof. dr.; b) face; c) dos (clichs EFA, Ph. Collet).
Fig. 3. Dlos A 4045, torse de kouros: a) prof. dr.; b) face; c) dos (clichs EFA, Ph. Collet).
1a
2a
3a 3b 3c
2b 2c
1b 1c
158
Francis Croissant
les Grecs aux reprsentations fminines (quon ait
cherch ou non lexpliciter par la prsence dune
ofrande tenue dans la main), alors que le schma
gyptien des deux bras tendus, aux poings ferms,
appliqus contre les cuisses, simposait demble
dans la statuaire masculine
15
. Son utilisation pour
un kouros vers le milieu du sicle dans un atelier
parien nen est que plus surprenante. Aussi les au-
teurs de la publication se sont-ils eforcs de trouver
dautres exemples de cette anomalie. Mais ni le kou-
ros de Copenhague, ni le kouros naxien de Grotta
ne sauraient tre considrs comme tels. Le premier,
qui est efectivement lun des plus beaux spcimens
de la srie parienne, ne doit pas tre antrieur la
fn du VI
e
sicle
16
, et la position ouverte des paules
aussi bien que larrachement du bras droit sur le
ventre au-dessus de la hanche excluent la restitution
dun schma comparable celui du torse 1377: il
parat abusif en tout cas dinterprter la profonde
cassure qui a emport le pectoral gauche comme
larrachement du bras repli
17
. Quant au kouros de
Grotta, que V. Lambrinoudakis a interprt avec
beaucoup de vraisemblance comme un coureur
18
, il
rpond un projet tout difrent, et na videmment
rien faire dans ce dossier.
Il reste que le nouveau kouros, si lon met part
le geste du bras droit, sintgre sans difcult dans
la srie dj nombreuse, et exceptionnellement
cohrente, des statues masculines pariennes
19
:
Y. Kourayos et S. Dtoratou le rapprochent fort
justement du kouros de lAsclpieion et du kouros
de Cyrne
20
. On pourrait naturellement y ajou-
ter plusieurs kouroi dliens, gnralement dats
comme les prcdents du troisime quart du VI
e

sicle
21
. Mais limportance particulire de celui-ci
tient prcisment son lieu de dcouverte, Paros
mme, comme la petite statue du Louvre, laquelle
il doit tre, nous le verrons, sensiblement antrieur.
Par sa seule existence il invite donc sinterroger
concrtement sur les dbuts de la statuaire mascu-
line dans les ateliers pariens.
A Dlos au moins nous avons vu que la situation
paraissait assez claire: alors que les uvres naxiennes
abondent dans la premire moiti du sicle, au-
cun des kouroi srement attribuables Paros ne
semble antrieur 550/540. Je sais bien que lon
sest eforc, la suite de J. Ducat, de combler ce
qui apparaissait comme une lacune fortuite en
reconnaissant une origine parienne deux kouroi
incontestablement anciens, A 3997 et A 4045, et
susceptibles ce titre de constituer les pendants
masculins des premires kors pariennes, A 3996,
A 4070 et A 4062
22
. Mais ne considrer que les
documents, une premire constatation simpose: sil
y a bien entre ces deux uvres des afnits prcises
(fg. 2-3), elles nont en revanche rien de commun
ni avec nos kouroi pariens de la seconde moiti du
sicle, ce qui pourrait la rigueur sexpliquer par la
chronologie, ni mme, ce qui est franchement pa-
radoxal si lon veut quelles soient sorties du mme
atelier et la mme poque, avec les trois kors
de lArtmision. Or dans la mesure o la fliation
directe, du point de vue structurel, entre celles-ci,
notamment A 4062, qui est la plus complte, et
les kors de la seconde moiti du sicle nest plus
dmontrer
23
, on ne voit pas pourquoi le type mas-
culin, sil remontait vraiment au premier quart du
sicle, naurait pas suivi la mme volution.
Quant la rcente publication dun petit buste
masculin (fg. 1), trouv cette fois Paros
24
, mais
en ralit, au moins pour le moment, trs isol sur
le site, je ne crois pas, comme je lai dj indiqu
25
,
quelle ait vraiment modif les donnes du pro-
blme: Ph. Zaphiropoulou, qui le compte, avec
les kouroi de Dlos A 4045 et A 3997, parmi les
plus ancien kouroi conservs de lcole parienne
26
,
ne sest pas explique sur la difrence de structure,
pourtant fagrante, entre la tte presque cubique
15
On comparera de ce point de vue les kouroi de Sounion (par
ex. Kouroi 1970, 2) aux colosses gyptiens du Nouvel Empire
(par ex. Woldering 1963, pl. p. 167).
16
Bien que G. Richter lait class dans son Melos Group (Kou-
roi 1970, 117, pp. 107-108), ni la structure accentue du bassin,
ni la chevelure ondule, qui voque les coifures des personnages
dOltos et dEuphronios (Arias-Hirmer, pl. 104 et 111), ne sont
videmment gure imaginables au milieu du sicle.
17
Kouroi 1970, p. 107: Large hole in front of thorax. Pedley
1976, n. 25, p. 40, pour qui la position du bras droit suggest an
innovative approach to problems of posture and gesture, mais
qui date nanmoins le kouros (avec le kouros du Louvre), de 550,
ne mentionne dailleurs mme pas ce dtail.
18
Lambrinoudakis 1986, pp. 109-110, fg. 1.
19
Kourayos-Dtoratou 2004, p. 67 et note 62.
20
Kourayos-Dtoratou 2004, pp. 68-71.
21
GDlos 2005, pp. 92-93.
22
Voir GDlos 2005, p. 92, o leur origine parienne est toujours
afrme, et en dernier lieu Croissant 2008, p. 324.
23
Zaphiropoulos 1986, pp. 101-104. Croissant 2002, pp.
53-62. Croissant 2008, pp. 319-323.
24
Muse de Paros, inv. A 249. Zaphiropoulou 2002, pp.
103-107.
25
Croissant 2008, p. 324 note 68.
26
Zaphiropoulou 2002, p. 107.
159
Le premier kouros parien
de A 249
27
et celle de Dlos A 3997, que sa forme
extrmement allonge rapproche videmment des
ttes naxiennes (fg. 1b, 2b). Si ce curieux document
est bien une production locale, ce qui nest aprs tout
que probable
28
, on ne saurait donc raisonnablement,
en tout cas pas plus que les deux kouroi dliens, le
considrer comme un anctre direct du torse 1377.
Et force est de supposer, en ltat actuel de la docu-
mentation, que les sculpteurs pariens avaient labor
un modle original de fgure fminine un bon quart
de sicle avant de se soucier de lui donner un qui-
valent masculin. Mme sil faut videmment, sur un
site dont lexploration est en cours, et peut rserver
bien des surprises, rester prudent, le fait est que les
fouilles rcentes de Despotiko, prs dAntiparos
29
,
ont plutt confrm ce point de vue. Car si lon y a
trouv des fragments de kouroi, ce qui na rien de
surprenant dans un sanctuaire dApollon, ceux que
lon peut dater de la premire moiti du VI
e
sicle
ntaient pas de production locale: la tte la mieux
conserve, date de 580 par le fouilleur, est mme
trs certainement naxienne
30
.
Mais de ce que la cration dun type de kouros
dans les ateliers pariens ait t une rponse directe
aux occasions nouvelles qui sofrirent eux dans
le sanctuaire de Dlos au moment du retrait, sans
doute relativement progressif, des Naxiens, il ne
sensuit pas ncessairement quelle ait eu lieu sur
place, et cest ce que vient opportunment nous
rappeler la dcouverte Paros de ce torse inachev.
Car il est au moins probable que la difusion Dlos
du nouveau type masculin stait accompagne
Paros mme de recherches et dexprimentations
pralables, dont 1377 pourrait justement constituer
le seul tmoin conserv.
Lhomognit frappante du groupe des kouroi
dliens, dont les afnits directes avec le kouros
de lAsclpieion garantissait par ailleurs lidentit
parienne, semble en fait avoir plus ou moins dcou-
rag toute tentative de classement chronologique
interne: lensemble dlien a t globalement dat
de 550/540
31
, et le kouros du Louvre, bien quon
lui ait parfois reconnu, juste titre dailleurs, mais
sans en tirer clairement les consquences, des
traits plus volus
32
, y demeure plus ou moins
implicitement inclus. Mais le rsultat est un sys-
tme relativement ferm, dont la forte cohrence
stylistique a trop longtemps masqu la probable
disparit chronologique
33
, et o il est signifca-
tif que Kourayos et Dtoratou aient eu quelque
27
Quelle souligne dailleurs juste titre, mais en ajoutant, ce
qui tonnera davantage, quil sagit dun trait caractristique des
kouroi pariens (Zaphiropoulou 2002, pp. 105-106). Il suft
de tenter une comparaison prcise avec la tte ronde, aux joues
rebondies, du kouros du Louvre MA 3101 pour se convaincre quil
sagit ici de tout autre chose. Sur la structure des ttes pariennes,
voir Croissant 2002, pp. 55 et 58 fg. 17-22.
28
Le marbre, blanc grain fn, peut seulement tre considr
comme provenant des les (Zaphiropoulou 2002, p. 104 et 106).
Mais en admettant quil sagisse de marbre local, on ne pourra
gure comprendre ce petit kouros que comme une tentative
exprimentale, et plutt maladroite, pour adapter un modle
emprunt la petite plastique de terre cuite phnicienne ou ph-
nicisante: la coifure no-ddalique, qui est sans parallle exact
dans la sculpture grecque (sauf peut-tre, mais cela ne mne pas
grand-chose, la stle botienne de Dermys et Kittylos: Kouroi
1970, 11), comme la structure massive de la tte ne trouvent gure
dquivalents que parmi les fgurines chypriotes (par ex. Fourrier
2007, pl. V et VII). Quant au rapprochement invoqu par Ph.
Zaphiropoulou (Zaphiropoulou 2002, p. 105), il ne concerne
en tout cas que la nappe de cheveux dorsale, et de toute faon ne
parlerait pas en faveur dune origine parienne, puisque le kouros
dEleusis (Kouroi 1970, 87) dont la tte allonge est aussi dif-
rente que possible de celle dA 249, a t gnralement considr
comme naxien (voir notamment Pedley 1976, pp. 33-34, qui le
rapprochait du kouros Berlin 1555).
29
Kourayos-Burns 2005, pp. 161-165
30
Kourayos-Burns 2005, pp. 164-165, fg. 36.
31
GDlos 2005, p. 92 (J. Ducat): Ces uvres ont t sculptes
vers 550-540 dans du marbre de Paros Les kouroi de Dlos
donnent un bon exemple du style parien au milieu du VI
e
s..
32
Notamment J. Ducat, qui jugeait la fexion du bras tonnante
avant 540, mais considrait comme normal que sur ce point
les sculpteurs pariens fussent en avance (Ducat 1971, p. 232).
Pedley 1976, p. 40, tout en y relevant an exploration of move-
ment and space unknown in products of Naxian workmanship,
le datait tout de mme de 550; Rolley 1994, p. 254-255, plus
logiquement, proposait 540-530. Compar Paros 1377, comme
au kouros de Cyrne et Dlos 3990, MA 3101 se distingue en
efet des trois autres la fois par des proportions plus trapues et
une attitude plus souple. Et ces difrences, notamment le profl
sensiblement fchi du bras, sufsent, au sein dune srie aussi visi-
blement homogne, poser un problme de chronologie relative:
il est clair en tout cas que le kouros du Louvre ne doit pas tre
le plus ancien. Si hasardeux que soient les critres anatomiques
sur lesquels se fonde la chronologie de Richter, lun des aspects
les moins contestables de son classement est en efet de mettre
en vidence une libration progressive du mouvement. Ce nest
dailleurs pas un hasard si les parallles que lon peut trouver
ces bras lgrement fchis et presque entirement dtachs du
corps se trouvent dans son Anavyssos-Ptoon 12 Group (Kouroi
1970, pp. 113-125): de profl, le bras du kouros du Louvre est
directement comparable celui du kouros de Munich et du
kouros de Kroisos, voire du kouros du Ptoion MN 12, dont les
mains ne sont toutefois dj plus relies aux cuisses que par un
tenon conventionnel.
33
De ce point de vue sa cohrence ne repose en fait que sur celle
que lon veut bien accorder au Melos Group, de G. Richter, o
lun des traits caractristiques de la structure parienne langle
trs ferm des aines tait arbitrairement utilis comme un indice
chronologique (Kouroi 1970, p. 91). Sur ce problme mthodo-
logique, voir dj Rolley 1978, p. 48. Toute cette chronologie des
160
Francis Croissant
4
5
6
7
8
9
Fig. 4. Cyrne, kor I. Face. Fig. 5. Cyrne, torse de kouros. Face. Fig. 6. Cyrne, kor II. Face. Fig. 7. Cyrne, kor I. Dos.
Fig. 8. Cyrne, torse de kouros. Dos. Fig. 9. Cyrne, kor II. Dos.
161
Le premier kouros parien
Fig. 10. Paros 1377, torse de kouros. Face. Fig. 11. Cyrne, torse de kouros. Prof. dr. Fig. 12. Paros 1377, prof. g. Fig. 13.
Id., dos. Fig. 14. Cyrne, kor I. Prof. dr. Fig. 15. Cyrne, kor II. Prof. dr.
10 11
12
13
14 15
162
Francis Croissant
difcult situer le nouveau kouros. Le premier
parallle invoqu le kouros de Cyrne est in-
contestablement pertinent, et nous allons y revenir.
Mais ni le rapprochement illusoire, nous lavons
vu, du point de vue typologique avec le torse de
Copenhague
34
, ni la comparaison avec le kouros
du Louvre, qui est trs probablement plus rcent,
ne nous apprennent autre chose que ce que nous
savions dj, savoir que 1377 est une cration
parienne. Cest aussi naturellement ce qui justife
le dernier rapprochement invoqu, avec le torse
1282, dcouvert en 1993 Paros
35
et dat par les
fouilleurs de 520-510. Que celui-ci soit construit
sur le mme schma que ses prdcesseurs du mi-
lieu du sicle nest pas douteux, mais je ne pense pas
quil sufse pour autant de calculer la moyenne
entre ces extrmes pour assigner 1377 une date
plausible. Vers 530, date propose par les deux
savants grecs, on ne voit vraiment pas quelle place
pourrait occuper dans lvolution du type parien
cet trange kouros au bras repli sur la poitrine,
selon une formule abandonne, mme dans la sta-
tuaire fminine, depuis le second quart du sicle.
Et cest pourquoi il faut revenir sur la proximit
directe, quils ont justement souligne, entre 1377
et le kouros de Cyrne.
Ce kouros, trouv en 1966, et rapidement pu-
bli
36
, na pas suscit le mme intrt que les deux
kors qui furent dcouvertes avec lui, et dont N.
Zaphiropoulos devait montrer vingt ans plus tard,
dans un article fondamental, toute limportance
pour la dfnition et lhistoire du style parien
lpoque archaque
37
. Le fait est pourtant que ces
trois statues, bien quelles ne bnfcient toujours
pas de lillustration photographique quelles m-
riteraient
38
, portent ensemble un prcieux tmoi-
gnage. Les kors, attribues dabord un atelier
de Chios
39
aux caractres assez mal dfnis, mais
o il est signifcatif que Dlos A 4062 leur ait t
dj associe, sont aujourdhui trs gnralement
reconnues comme les hritires directes de celle-ci,
ce qui oblige supposer la prsence en Cyrnaque,
partir des environs de 560, de sculpteurs pariens,
dont la tradition se maintiendra dailleurs peut-tre
jusque dans le dernier quart du sicle
40
. Quant
au kouros, sil fut au contraire trs tt considr
comme parien
41
, cest indpendamment des kors,
qui ne fguraient pas ses cts dans la liste des
attributions au workshop of Paros de J.G. Pedley.
Quen publiant les trois statues, pourtant trouves
dans le mme contexte, celui-ci ne se soit mme
pas pos la question dune ventuelle relation sty-
listique entre elles illustre bien toute la force de nos
catgories modernes, et leur capacit occulter la
ralit concrte: il allait de soi, en quelque sorte, que
le kouros ne ft confront qu dautres kouroi, de
mme que les kors ne pouvaient tre compares
qu dautres kors. Aussi, tandis que pour les deux
kors les statues samiennes fournissaient les points
de repres demands
42
la kor I tant juge plus
proche de lHra de Chramys, la kor II de
la Philipp du Groupe de Gnlos , le kouros
devait-il chercher, assez laborieusement dailleurs,
sa place dans le classement de G. Richter: proche
certains gards du Tenea-Volomandra Group,
en mme temps quil prsentait des afnits avec le
groupe Anavyssos-Ptoon 12
43
, il se retrouvait f-
nalement assign au Melos Group, mais au dbut
de celui-ci
44
. Le rsultat tait une chronologie che-
lonne sur prs dun quart de sicle la kor I vers
570, la kor II vers 560, le kouros vers 550 dont il
nest pas besoin de souligner le caractre artifciel. Il
suft en efet de regarder les trois statues cte cte
pour sentir quil et mieux valu les comparer entre
kouroi pariens serait en ralit reprendre, en tenant compte du
fait que la structure de rfrence reste la mme tout au long de
la srie: on la retrouvera pratiquement inchange, nous lavons
vu propos du kouros de Copenhague, dans le dernier quart du
VI
e
sicle, comme dans les premires annes du V
e
sicle avec le
kouros dAnaphi, plus connu sous le nom dApollon Strangford
(British Museum D 475: Kouroi 1970, 159.), dont la fliation par
rapport au kouros de lAsclpiion a t releve depuis longtemps
(Croissant 1983, pp. 122-123, pl. 37).
34
Ci-dessus n. 16.
35
Kourayos-Dtoratou 2004, pp. 70-71, fg. 16-18. Zaphiro-
poulou 2008, p. 55 (n 2: torse A 1281; n 3: base A 1282) et
60-61, fg. 2.
36
Pedley 1971, pp. 39-46, pl. 6-8.
37
Zaphiropoulos 1986, pp. 97-100.
38
Lillustration des deux articles de J.G. Pedley est trs com-
plte, mais la reproduction en est techniquement mdiocre, et la
photographie des deux kors publie par Cl. Rolley, qui est bien
meilleure, soufre dune prise de vue en contre-plonge, qui la
rend peu utilisable (Rolley 1994, fg. 254).
39
Pedley 1982, pp. 183-191, pl. 22-25.
40
Il est en efet difcile de ne pas rapprocher les deux kors trou-
ves dans le Sanctuaire (Korai 1968, 168 et 169) des kors dliennes
de la fn du sicle (Korai 1968, 147-152; GDlos 2005, p. 94).
41
Pedley 1976, p. 42, note 30.
42
Pedley 1971, pp. 45-46.
43
Pedley 1971, p. 41: the rather stockier proportions and the
greater freedom of the contour line indicate afnity with Anavyssos-
Ptoon 12 Group.
44
Pedley 1971, p. 42: a date early in the Melos Group.
163
Le premier kouros parien
elles que de leur chercher des parallles externes:
car elles rvlent demble une identit structurelle
profonde, qui rend les contours de ces torses, de face
et de dos comme de profl, quasiment superposables
(fgs. 4-9, 11, 14-15). Dans la mesure o lopposi-
tion iconographique ne favorisait videmment pas
ici lassimilation formelle, il est clair, nous lavons
dit, que celle-ci correspond un choix stylistique:
Pedley, dans son premier commentaire des deux
kors, soulignait dailleurs leur complte originalit
par rapport aux uvres dj connues. Et lexplica-
tion quil en donna par la suite, en tentant de les
intgrer sa reconstitution des dbuts de latelier
de Chios, reposait sur une intuition juste, dont
nous allons voir quil suft sans doute dinverser
la conclusion: constatant une relation structurelle,
notamment dans le model du dos, entre ces pre-
miers torses fminins, qui lui semblaient marquer,
vers 580, en rupture avec la tradition ddalique,
un nouveau dpart dans lhistoire de la sculpture
grecque, et les torses masculins apparus ds la fn
du VII
e
sicle, il formulait en efet sans hsitation
lhypothse dune dpendance des premiers par
rapport aux seconds
45
.
Pourtant, si lon regarde sans a priori les trois
statues de Cyrne, tout ce que lon pourra constater
est quelles sont construites sur un schma commun:
vrai dire la forme particulire du torse, dont les
contours sinscrivent dans un systme de courbes
quilibres que jai dj eu loccasion de dcrire,
propos justement de la kor A 4062 de Dlos
46
, cre
entre le kouros et les kors une unit si visible quil
parat vain de chercher opposer ici deux structures,
respectivement masculine et fminine. La seule vi-
dence, ce stade, est celle dune reprsentation idale
et indifrencie du corps humain, dont chaque
statue constitue une interprtation particulire, grce
des lments de difrenciation dordre anato-
mique, gestuel, ou ornemental comme la coifure ou
le vtement qui fonctionnent comme des attributs
Fig. 16. Statues pariennes, essais de restitution: a) Cyrne, kor II;
b) Paros 1377: c) Cyrne, kouros. a
b
c
45
Pedley 1982, p. 191: Dependance on kouroi may also be seen
in the back wiews of of the korai of this group where the torsos
are perhaps modelled after a masculine prototype.
46
Croissant 2002, p. 54.
164
Francis Croissant
secondaires. Il est donc aussi vain de se demander si
ces bras aux muscles rebondis, ces paules largement
arrondies, tires en arrire pour gonfer la poitrine,
sont rellement athltiques que de parler dem-
bonpoint propos des statues samiennes
47
, ou de
juger les kouroi attiques maigres ou nerveux
48
.
Car il sagit dans tout les cas de partis pris formels:
ici les volumes musculaires des bras des paules,
des seins ou des pectoraux rpondent aux longues
courbes sinueuses qui enveloppent le torse, le bassin
et les jambes et dont le vtement, dans la version
fminine, qui doit tre en fait la version originale,
garantit la continuit et lquilibre visuels.
Cest dire quune chronologie relative interne est
ici fort alatoire: entre les deux kors, elle ne pour-
rait se fonder que sur le dcor du chitn, en allant,
dune manire en ralit tout fait arbitraire, du plus
simple au plus complexe, ou sur larrangement de
la chevelure dans le dos, qui tablirait en revanche
un lien direct entre la kor I et le kouros. La vrit
est quaucun lment objectif ne nous permet, quoi
quon en ait dit
49
, de mesurer prcisment lcart
chronologique qui sparait peut-tre ces trois sta-
tues, ni mme dexclure absolument quelles soient
contemporaines. Les quelques repres dont nous dis-
posons pour une datation absolue doivent donc tre
utiliss avec la plus extrme prudence. Mais lint-
rieur de la srie parienne, on peut saccorder en tout
cas tenir Dlos A 4062 pour plus ancienne que les
kors de Cyrne, que lon ne saurait par ailleurs non
plus trop loigner des statues samiennes de lpoque
de Chramys. Quelle que soit la distance relle entre
les grandes kors jumelles et le groupe de Gn-
los
50
, on vient de voir toutefois quil tait illusoire
de tirer de tels rapprochements des dates prcises:
il y a en ralit beaucoup plus de points communs
entre les trois statues de Cyrne que chacune delles
nen a avec lun ou lautre des documents samiens.
Et le traitement des cheveux tant tout simplement
sans parallle, sauf prcisment chez les kouroi
51
, il
ne reste gure exploiter que le motif de la chute
du chitn sur les pieds nus, et il ne saurait gure
fournir quun terminus post quem. La kor dlienne
pouvant tre date vers 570, et les statues de Samos
dans la dcennie 570/560
52
, il me semble donc que
les annes 560/550 constitueraient pour celles de
Cyrne un cadre assez vraisemblable.
Cest sans doute au cours de cette priode que
les sculpteurs pariens, afn de pouvoir faire face
la demande nouvelle qui leur tait adresse dans le
sanctuaire de Dlos, durent commencer raliser
des fgures masculines, et la relation troite, releve
par Kourayos et Dtoratou, entre 1377 et le kouros
de Cyrne est donc dune importance cruciale. De
face et de dos comme de profl (fgs. 5, 8, 10-13), les
deux torses savrent quasiment identiques du point
de vue structurel: les seules difrences tiennent
vrai dire dune part ltat dinachvement de 1377
qui paissit sensiblement les volumes , dautre
part, naturellement, au geste du bras droit repli
sur la poitrine. Il est donc extrmement tentant de
supposer que le sculpteur navait pas t chercher trs
loin lide de cette posture atypique, sans prcdent
dans la statuaire masculine: soucieux de crer un type
de kouros original, et qui ft proprement parien, il
avait dabord choisi dadapter directement le modle
de fgure fminine labor depuis une vingtaine dan-
nes dj dans les ateliers de Paros, celui dont la kor
de Dlos A 4062 constitue la premire reproduction
connue, et sur lequel seront construites aussi bien
les deux kors de Cyrne que la kor de Naoussa
53
.
De fait, il suft aujourdhui dinverser par symtrie
le contour de la kor II de Cyrne
54
pour obtenir
du bras et de lpaule disparus du kouros 1377 une
restitution graphique tout fait vraisemblable (fg.
16b). Entre celles de la kor II (fg. 16a) et du kou-
ros de Cyrne (fg. 16c), dont le sculpteur, tout en
conservant pour lessentiel le mme schma, avait
47
Surtout quand on veut y voir une indication sur lge du
modle vivant: cest ainsi par ex. que sexpliquerait la difrence
de proportions entre les grandes kors de Chramys et la kor
au livre de Berlin (Kyrieleis 1995, p. 21).
48
Il suft par ex. de comparer les kouroi pariens des uvres
comme le kouros Milani ou le kouros de Munich (Kouroi 1970,
70 et 135) pour comprendre que cette tentation dune description
naturaliste est la fois irrsistible et irrmdiablement dcevante.
Car mme si les lments anatomiques mis en valeur par chaque
style sont sans doute lorigine efectivement emprunts des mo-
dles naturels difrents, il est clair que leur exploitation plastique
rpond en fn de compte, dans chaque cas, une logique structurelle
beaucoup plus que naturelle.
49
Voir ci-dessus, note 41-43.
50
Sur la fragilit de nos critres en la matire, voir Duplouy
2006, pp. 237-238.
51
Comme le soulignait lui-mme Pedley, sans se rendre
compte quil sagissait essentiellement de kouroi pariens, et que
par consquent ce type de coifure tait dabord un trait de style
(Pedley 1982, p. 187).
52
Voir en dernier lieu Duplouy 2006, pp. 195-201.
53
Dlos A 4062: Croissant 2002, p. 59 fg. 23. Paros 802:
Zaphiropoulos 1986, pp. 94-96, pl. 36-37. Croissant 2008, p.
320, fg. 16-21.
54
De ce point de vue plus proche du kouros inachev que la kor I,
dont la main est place un peu plus haut sur la poitrine.
165
Le premier kouros parien
choisi de lintgrer la typologie gyptienne, sans
doute pour rivaliser plus directement avec les kouroi
naxiens, qui illustraient brillamment celle-ci Dlos
depuis un demi-sicle, cette image complte
55
du
nouveau torse de Paros prend toute sa signifcation.
Car elle permet den mieux comprendre le caractre
exprimental, et montre comment la transformation
progressive, au sein dune mme tradition stylistique
et sans modifcation profonde de la structure de
rfrence, dun type lorigine conu pour raliser
des statues fminines drapes a pu aboutir la gense
du kouros. Bien entendu il a d sagir dun proces-
sus relativement court, et la succession suggre par
ces trois images est dordre logique bien plus que
chronologique. Car si notre hypothse est exacte, le
kouros de Cyrne doit tre postrieur, mme de peu,
au torse de Paros, tandis que la kor II, qui nous a
servi ici de rfrence, ne lui est pas elle-mme nces-
sairement antrieure, dans la mesure o le modle
quelle reproduit tait de toute faon plus ancien. Les
auteurs de la publication, bon droit surpris quune
uvre aussi matrise et t brusquement abandon-
ne un stade dj fort avanc de son excution, ne
cachaient pas leur embarras, allant jusqu invoquer
la possibilit dune mort prmature du sculpteur. Si
lon admet ce qui prcde, il serait videmment ten-
tant de voir plutt dans linachvement de ce travail
une sorte daveu de perplexit, et comme une ultime
apprhension de lartiste ou de son commanditaire
devant un projet dont lintransigeance identitaire
56

avait pu les sduire, mais qui comportait videmment
un risque de marginalisation typologique, surtout
au sein dune srie dont lhomognit stait dj
bien afrme, non seulement Dlos mais dans
lensemble du monde grec. Et dailleurs, mme si la
trs haute qualit de lbauche qui nous est parvenue
peut nous faire regretter que ce projet nait pas abouti,
il nous faut bien constater aujourdhui quil tait en
efet sans avenir.
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Gluptikh . Afie rwma sth mnh mh tou
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Cheramyes, in AntPlast 24, 1995,
pp. 7-36.
55
Le schma des ttes est emprunt aux quelques documents
pariens bien conservs cet gard, notamment le sphinx de Dlos
A 583, le kouros de lAsclpieion de Paros (Louvre MA 3101), et
la tte Iolas (Rolley, in BCH 102, 1978, pp. 41-50). Voir Croissant
2002, p. 55 et 58 fg. 17-20.
56
Au sens o J. Ducat parlait de style botien intransigeant
(Ducat 1971, p. 209).
166
Francis Croissant
Lambrinoudakis 1986 = W. Lambrinudakis, Die Physio-
gnomonie der sptarchaischen und
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klassische griechische Plastik (Mainz
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Pedley 1971 = J.G. Pedley, Te Archaic Favissa at
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Pedley 1976 = J.G. Pedley, Greek Sculpture of the
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Mainz 1976.
Pedley 1982 = J.G. Pedley, A Group of Early Sixth
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Chios, in AJA 86, 1982, pp. 184-185.
Rolley 1978 = Cl. Rolley, Tte de kouros parien,
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Rolley 1994 = Cl. Rolley, La sculpture grecque, I,
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Zaphiropoulos 1986 = NZ Zortpo rouio, Apot x xr
xo pr tq Ho pou, in H. Kyrieleis (ed.),
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Zaphiropoulou 2002 = Ph. Zapheiropoulou, Un petit
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Prost (d.), Identits et cultures dans
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Zaphiropoulou 2008 = dN Zortporou iou, H roptovq
yiurttxq xot ot rpctoropot oqtoupyot
tq, in Y. Kourayos - F. Prost (d.),
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archaque (Actes du colloque inter-
national organis par lEphorie des
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des Cyclades et lEcole franaise
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BCH Suppl. 48, 2008, pp. 55-71.
Woldering 1963 = I. Woldering, Egypte. Lart des
Pharaons, Paris 1963.
Dans le mythe de Tre, Procn et Philomle,
homme et femmes se rendent assurment coupables
de bien des crimes: viol, mutilation, meurtre, can-
nibalisme et fnissent tous mtamorphoss en
oiseau. Servons-nous, une fois de plus, de la trame
qui nous est parvenue de la pice de Sophocle pour
en rsumer lintrigue
1
: Pandion, roi dAthnes
donne sa flle Procn marier au roi des Traces,
Tre. Ils sen vont vivre dans ces lointaines contres
et y ont un fls, Itys. Se languissant de sa famille,
Procn demande son mari daller chercher sa
sur Philomle. Sur la route du retour, Tre viole
Philomle et lui coupe la langue pour quelle nen
dise rien. Philomle russit cependant avertir sa
sur en tissant le rcit de ses malheurs. Les deux
surs se vengent: elles tuent Itys et le font manger
Tre; puis elles lui rvlent quil a mang son fls.
Tre se lance leur poursuite pour les tuer et tout
le monde est transform en oiseau: Procn en ros-
signol (adn), Philomle en hirondelle (chlidn)
et Tre en huppe (pops).
Telle est la version la plus courante de ce mythe,
que nous retrouvons ensuite rsume dans la Bi-
bliothque du Pseudo-Apollodore (III, 14, 8) ou
dveloppe par Ovide dans ses Mtamorphoses (VI,
412 sq.), ce dernier texte tant assurment le plus
comment par les philologues. Mais les variantes
sont bien sr nombreuses, que ce soit dans lencha-
nement des faits, le nom des personnages ou bien
encore la localisation des vnements. Cest ainsi
que pour Tucydide (II, 29), Tre tait en fait
originaire de Daulis, en Phocide, alors occupe par
les Traces
2
, tandis que dautres sources dplacent
une partie ou la totalit des vnements Tbes
ou Mgare
3
. La plus ancienne attestation littraire,
Odysse, XIX, 518-523, sloigne ainsi sur bien des
points de lintrigue que la tragdie de Sophocle a
rendu clbre:
Vois la flle de Pandareus, la chanteuse verdire,
Quand elle module un beau chant au retour du printemps,
Toujours perche au plus pais des bocages feuillus,
Elle rpand sur tous les tons ses roulades presses,
Pleurant sur son cher Itylos, ce fls du roi Zthos,
Quun jour avec le bronze elle avait tu par mprise (aphradia)
4
.
Lun des scholiastes de lOdysse explicite cette
allusion: Zthos pouse Adon, flle de Pandareos,
et il leur nat Itylos et Nis. Adon tue son fls Itylos,
une nuit, le prenant pour le fls dAmphion, jalouse
quelle est de la mre de celui-ci, parce quelle a six
enfants, alors quelle-mme nen a que deux. Zeus
la condamne un chtiment et elle le prie de la
VIOLENCES ET TRANSGRESSIONS DANS LE MYTHE DE TRE
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
1
Cfr. fragments 581-595b Radt, et la reconstitution de la
pice propose par Fitzpatrick 2001, ainsi que les remarques
rcentes de Jouanna 2007, 664-665.
2
Les Athniens voulaient obtenir lalliance de Sitalks, fls de
Trs et roi de Trace. Ce Trs, pre de Sitalks, avait fond le
puissant royaume des Odryses, quil avait tendu la plus grande
partie du reste de la Trace. Cependant une grande rgion de
la Trace est aussi indpendante. Ce Trs na pas le moindre
rapport avec Tre, qui avait pous Procn, flle de Pandin,
dAthnes. Ces deux hommes ntaient pas non plus de la mme
Trace. Lun, Tre, habitait Daulis, ville de la contre quon
appelle maintenant la Phkide et qui tait alors occupe par les
Traces, et cest l que les femmes commirent sur Itys lattentat
(ergon) que lon sait. Aussi bien les potes, en parlant du rossignol,
lappellent-ils loiseau de Daulis. Il est vraisemblable du reste
que Pandin maria sa flle Tre, en raison de la proximit des
deux pays; les deux princes pouvaient se porter rciproquement
secours; tandis que plusieurs journes de route les sparaient des
Odryses. Chez Apollodore (Bibliothque, III, 14, 8 [193-195]),
Daulis est le lieu de la mtamorphose.
3
Cfr. Mihailov 1955.
4
Trad. Frdric Mugler, Actes Sud, 1995.
168
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
transformer en oiseau; Zeus fait delle un rossignol;
et elle se lamente toujours sur Itylos, comme le dit
Phrcyde
5
.
Dune variante lautre, apparaissent des
constantes, qui constituent les lments les plus
anciens et le plus souvent voqus dans les sources
littraires
6
, la mtamorphose en oiseau et la plainte
dsormais incessante de la mre meurtrire de son
propre fls
7
.
Ce mythe a suscit ces dernires annes de
nombreux commentaires, un succs que nous ne
dmentirons pas
8
. Ltude que nous proposons,
constitue de deux parties,
sinscrit dans une dmarche
anthropologique et se fonde
sur des sources diffrentes
(images et textes), afin de
faire apparatre une arti-
culation dans la lecture du
mythe.
Les questions qui nous
ont occups sont celles de
lenchanement des crimes
commis, tel quil peut tre re-
constitu au fl des variantes
et des sources, de leur expli-
cation et de leur hirarchi-
sation. Lenseignement qui
peut tre tir des sources ico-
nographiques et des sources
littraires est en efet de ce
point de vue contrast. Si,
au dbut du V
e
s. av. J.-C.,
une srie de peintures sur
vase met en scne le mythe et
reprsente exclusivement les
crimes commis par les prota-
gonistes fminins, partir de
la seconde moiti de ce sicle,
les sources littraires attri-
buent des crimes tout aussi
monstrueux au principal protagoniste masculin,
Tre, et au fl du temps insistent de plus en plus
clairement sur sa responsabilit. Cest ce contraste
que nous voudrions tout dabord montrer, avant
den proposer une interprtation.
I - Les images du mythe: regards sur les femmes
Une toute petite srie dimages attiques met en
scne cette histoire en larticulant autour de trois
pisodes. La srie ne comporte que sept ou huit
reprsentations, si lon carte huit images habituel-
5
Scholie Odysse XIX, 518, cite par Biraud-Delbey 2006,
26, n. 4.
6
Voir par exemple les nombreuses rfrences la plainte du
rossignol runies par Letoublon 2004, 88 sq.
7
Dans les Travaux et les Jours (v. 568), Hsiode voque Pan-
dionis, lhirondelle la plainte sonore, et selon lien, le corpus
hsiodique mentionnait le banquet au cours duquel le pre d-
vore son propre fls: Hsiode dit que le rossignol est le seul des
oiseaux se dtourner du sommeil et veiller toute la nuit; que
lhirondelle ne veille pas toute la nuit, et quelle a perdu la moiti
du sommeil. Ils subissent ce chtiment cause de lexprience
perptre en Trace, lors de ce banquet criminel (lien, Histoires
varies, XII, 20 = Hsiode, fr. 312, trad. Ph. Brunet, LGF, 1999).
8
Parmi les tudes les plus rcentes, signalons Frontisi-Du-
croux 2003; Letoublon 2004; Monella 2005; Biraud-Delbey
2006. Pour la bibliographie, voir Chazalon 2003.
Fig. 1. Ble HC 599 (coll. Cahn) - Coupe attique fgures rouges. Peintre de Magnon-
court [von Bothmer]. Vers 500 av. J.-C.
169 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
lement ajoutes la liste suite une lecture errone
ou abusive
9
. Ce nombre bien faible nous oblige
rappeler que les interprtations anthropologiques
ncessitent normalement plus de donnes pour
atteindre une analyse vritablement fable. Mais,
liconographie grecque nous pose souvent ce pro-
blme: faut-il renoncer toute interprtation face
un corpus moindre, voire face un hapax? Tout
en insistant sur le fait que lon doit accueillir avec
prudence les rsultats de lanalyse, il me semble quil
ny a pas lieu de sinterdire ltude, dautant que les
quelques vases retenus fonctionnent clairement sur
des analogies, des rfrences internes la mise en
image du mythe.
Les images qui nous intressent savrent tre
luvre de quelques peintres de vases attiques dans
les quarante premires annes du V
e
s. av. J.-C.
Les textes prsentant une narration de ce mythe
tant nettement plus tardifs, on peut considrer
quil sagit l du premier rcit articul que nous
connaissions. Or, et ce nest pas l la moindre de
ses originalits, la petite srie assemble prsente
trois moments difrents du mythe. Malgr cette
diversit, cette recherche de lexpression visuelle, les
peintres mettent laccent presque systmatiquement
sur la faute des femmes.
Le crime implacable de la mre, la complicit
active de la sur
Le meurtre nous est prsent dans toute son
horreur sur une coupe fragmentaire du peintre de
Magnoncourt (fg. 1)
10
. La scne apparat dans le
mdaillon interne; elle se rvle en fn de boisson,
mettant sous les yeux du buveur le meurtre de
lenfant par la mre. Ce dvoilement est dautant
mieux mis en scne que la coupe nest pas dcore
lextrieur; or, les reprsentations des salles de
symposion nous le montrent souvent, les coupes
sont suspendues au mur de telle sorte que lon en
voit les reprsentations externes. Ici la coupe est
simplement vernie en noir lextrieur, neutre: rien
nannonce la cruelle surprise.
Liconographie grecque ne manque pas de
meurtres denfant particulirement violents. Il
suft de rappeler le sort visuel qui est fait Astya-
nax. Les textes nen signalent rien, mais les images
grecques de lIlioupersis reviennent abondamment
sur le thme: lenfant est massacr par Noptolme.
Pire, saisi par une jambe, il devient larme dont se
sert Noptolme pour tuer son grand-pre grands
coups. Priam et Astyanax disparaissent dans un
mme crime, extermins par le fls dAchille. Une
afaire dhommes.
Le mdaillon de la coupe de Ble est autrement
atroce: il sagit avant tout dun meurtre commis
par des femmes. La scne a lieu dans un espace
que rien ne qualife, except un fourreau dpe
suspendu au mur, qui permet de dire lintrieur
dune pice. Des deux femmes, il reste surtout
limage de la meurtrire, lautre femme tant
presque entirement perdue dans la lacune. On en
devine assez pour constater que les deux femmes
sont lgamment habilles dun long chiton au
tissu fn et transparent, la mode de lpoque
qui laisse entrevoir la silhouette du corps nu. La
meurtrire est bien coife, une bandelette dans
les cheveux, embellie par des boucles doreille. Ce
nest pas, loin de l, la premire meurtrire montre
dans liconographie grecque; mais il semble que
le peintre de Magnoncourt ait fait attention la
distinguer visuellement des femmes armes dpe
que lon voit tuer Orphe: celles-l sont thraces,
tatoues, bien difrentes de Procn lAthnienne.
De fait, les femmes armes dpe ne sont pas si
frquentes. Clytemnestre est reprsente avec une
double hache. Andromaque, se dfendant au cours
de lIlioupersis, emploie le pilon, arme ironique et
fminine blessant autant lorgueil que le corps des
guerriers grecs. Il existe quelques images montrant
Mde tuant ses enfants avec une pe; mais cest
en trangre, habille comme telle, quelle est
reprsente. Quelques autres images introduisent
limage de femmes armes dpe: elles sont alors en
groupe, plusieurs dentre elles avec une pe. Sur la
coupe de Rome
11
, la tte dcapite, que lune dentre
elles porte, fait penser une scne concernant des
mnades et Penthe. La reprsentation dune belle
femme, bien habille et joliment pare brandissant
une pe na rien de banal
12
; elle joue au contraire
sur des contrastes savamment calculs.
9
Pour les arguments permettant de revoir la liste: Chazalon
2003, 136-148.
10
Coupe attique du peintre de Magnoncourt. Vers 500 av.
J.-C. Ble HC599. LIMC VII Procn n. 3.
11
Coupe attique fgures rouges. Rome, Villa Giulia 2268.
LIMC VII, Pentheus, n. 44.
12
Il existe quelques autres images, uniques. Sur une coupe
du cercle du peintre dEuaion, vers 450 av. J.-C., la flle de
Plias tient lpe; un chaudron se trouve derrire elle (Ble,
Antikenmuseum. LIMC I Alkandre 532). Sur une hydrie qui
170
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
Lpe, une arme de tueur
Lpe nest pas une arme de femme. Aucune arme
na vocation tre utilise par une femme. Il sagit
avant tout dune arme appartenant la panoplie du
hros, au mme titre que ses lances, son bouclier,
ses cnmides et son casque. Mais lpe signife bien
plus quune arme quelconque. Dans lIliade, les
combats raconts se font la lance; au chant VII,
le duel entre Hector et Ajax (v. 245-275) est centr
sur cette arme, puis chacun combat avec une pierre
pour atteindre le bouclier de lautre. La tombe
de la nuit fait arrter la bataille, juste au moment
o ils se seraient attaqus lpe. Cette pe est
bel et bien la dernire arme que lon emploie, celle
que lon dgane pour tuer, pour achever lennemi.
Liconographie refte cette interprtation. Pour
montrer le duel, noble et valeureux, le peintre de
vase prfre souvent reprsenter le moment du df
o chaque guerrier brandit sa lance et brave son
adversaire sur un pied dgalit
13
. Sans chercher
gnraliser, on constatera que les images de deux
guerriers se dfant lpe ne semblent pas avoir
retenu lattention. Lorsquelles existent, le contexte
est bien difrent, comme par exemple les scnes
de la querelle des hros pour les armes dAchille.
Ajax et Ulysse dganent leur pe
14
, quils soient
habills en citoyen ou en hoplite, et sont retenus par
leurs compagnons. Lemploi de cette arme apparat
comme inappropri; ces pes ne seraient-elles pas
empoignes pour suggrer, en plus de la ferme
attitude des compagnons, que ce duel fraternel ne
doit pas avoir lieu?
De fait, les images montrant un guerrier arm
de son pe ne sont pas sans voquer cette longue
tradition visuelle de mise mort dun adversaire
monstrueux. Les reprsentations damazonoma-
chies sont trs instructives de ce point de vue.
Lexemple dune amphore du groupe de Toronto
305 (fg. 2)
15
nous permettra dappuyer cette inter-
prtation. Sur une face, deux guerriers safrontent
au-dessus dun troisime tomb et sur lautre face,
Hracls combat contre deux amazones. Dun ct,
nous nous trouvons donc devant ce df qui oppose
deux guerriers habills en hoplite, tous deux avec
une lance, une pe dont on voit le fourreau, un
bouclier rond, des cnmides et un casque corinthien.
Mme si larmement difre lgrement (un casque
cimier haut pour lun, cimier bas pour lautre et
une cuirasse pour celui de gauche), rien nest propos
dans limage pour distinguer les adversaires. Impos-
rappelle le peintre de la Nekya, vers 450-440 av. J.-C., une
femme debout, de face, tient une pe; une femme (himation
relev sur la nuque) est allonge ses pieds sur un matelas, un
coussin sous la tte. La scne nest pas identife; une erreur de
lecture qualifant la femme couche de jeune garon a fait croire
une reprsentation du mythe de Tre (LIMC VII, Prokne 8.
Prague, Univ. Charles 60.31).
13
Voir par exemple la clbre amphore du Louvre G1 du
peintre dAndokids. Denoyelle 1994, n. 41.
14
Voir lamphore du peintre de Munich 1410, duellistes en
hoplite, Munich 1411 (Schefold 1992, fg. 298) ou la coupe du
peintre de Brygos, duellistes en civil, Londres E69 (Boardman
1975, fg. 247).
15
Amphore col du groupe de Toronto. Naples 81110 (LIMC
I, Amazones, n. 33).
Fig. 2. Naples, Muse National 81110 - Amphore col attique fgures noires. Groupe de Toronto [Beazley]. Vers 520 av. J.-C.
a b
171 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
sible didentifer le Grec ou le Troyen; impossible
de comprendre qui est en train de gagner ou qui
est venu secourir le guerrier tomb
16
. Limage est si
frquente quelle en est banale. Aucun des guerriers
ne sacharne sur le guerrier tomb pour lachever,
mais un nouveau df est relev.
Lautre face reprend la mme structure visuelle pour
reprsenter le combat tout en introduisant un dca-
lage qui met en scne la perception bien difrente
que le spectateur grec a dune amazonomachie. Les
trois personnages sont presque dans la mme posi-
tion. Mais Hracls, dans un lan plein de fougue,
jambe leve, pe brandie, calme dun geste lAma-
zone qui arrive vers lui, tandis quil est occup tuer
celle qui tombe. Le bras gauche tendu, main ouverte,
il semble temporiser: il ny a pas de df valeureux
possible avec une Amazone. Paradoxe absolu pour
un Athnien, elles reprsentent un vritable monde
lenvers du point de vue du citoyen hoplite qui se
considre comme le rempart de la cit, et constituent
une menace permanente pour le monde civilis.
Aussi en image sont-elles constamment combattues
soit par le hros civilisateur Hracls, soit par le
hros athnien Tse
17
. Les Amazones reprsen-
tes ici sont dautant plus dangereuses quelles sont
habilles en hoplite grec, avec hoplon, cuirasse,
lance, pe; seul leur casque attique est inhabituel
chez les hoplites grecs qui portent en gnral, sur les
vases attiques fgures noires, un casque corinthien.
Les Amazones sont ainsi rapproches dAthna qui
endosse toujours cette poque un casque attique
avec ou sans paragnathides, comme le souligne aussi
Martin Bentz: Le casque attique, forme mixte entre
le casque ionien et le casque chalcidien, apparat
lpoque archaque et classique exclusivement dans
la peinture; au VI
e
s. cest le casque prfr pour
Athna et les Amazones
18
. Equipes en hoplite mais
portant le casque attique, les Amazones ne peuvent
que choquer profondment; elles sont, visuellement
aussi, rendues monstrueuses par ces usurpations
de costume. Il ny a donc aucune surprise voir
Hracls, qui na rien dun hoplite, se prcipiter sur
lAmazone tombe pour lexcuter dun coup dpe.
Si cette amphore rvle par un jeu de contre-
points particulirement clairant des systmes
de valeurs opposs, elle nest pas unique en son
genre: il est frquent
19
de voir utilis ce schma qui
montre autre chose quune simple bataille et suggre
lanantissement des Amazones. On constatera
que cest lpe qui est presque systmatiquement
employe (dans la fourchette chronologique de la
deuxime moiti du VI
e
s. et de la premire moiti
du V
e
s. av. J.-C.). Lpe dgane est une faon de
dire le massacre, dinsister sur la tuerie. Elle nest pas
montre indifremment dans limage. Une autre
arme peut certes lui tre substitue, lpe nest pas
indispensable la comprhension de limage; mais
lorsquon la montre utilise, lpe suggre quelque
chose dinluctable, la mort immdiate et non pas
le combat, une forme dextermination. Comment
ne pas ajouter cette analyse, la scne dAchille
plongeant son pe dans la gorge de Penthsile
sur la coupe de Munich
20
?
Linversion des rles sur la coupe du peintre de
Magnoncourt nen est que plus fagrante: ce nest
plus un homme qui tue une femme, un hros qui
tue un monstre; cest une femme qui brandit cette
arme dexcution contre un garon, une arme dont
on nchappe pas et qui dit la dfaite inluctable de
la victime. Limage, dj immdiatement horrible
pour le spectateur contemporain, sen trouve leste
dune cruaut plus intense.
Culpabilit des femmes
Cette reprsentation du crime des deux femmes,
la meurtrire gauche, la sur, droite, tenant
lenfant qui se dbat, met indniablement laccent
sur la culpabilit des femmes. Limage voque aussi
latmosphre des images de lIlioupersis: la coupe
dOnsimos
21
o Noptolme assassine Priam
suppliant en se servant dun Astyanax dsarticul
dans la mort; lhydrie Vivenzio
22
o le fls dAchille
brandit une pe trs semblable la machaira du
sacrifce et achve le vieux Priam rfugi sur lau-
tel, son petit-fls ensanglant sur les genoux. Les
commentateurs
23
ont soulign quel point la scne
insiste visuellement sur le rapprochement dans la
16
Ducrey 1987, 201-211.
17
Lissarrague 1991, 247.
18
Bentz 1998, 47.
19
Voir par exemple LIMC I, Amazones nn. 2, 3, 6, 7, 8, 9,
16, 17, 26, 27, 28, 36, 37, 41, 44, 51, 62, 70, 77, 83.
20
Coupe attique fgures rouges, peintre de Penthsile, vers
460 av. J.-C. Munich 2688. Robertson 1992, 161.
21
Coupe attique fgures rouges dOnsimos. Vers 500-490
av. J.-C. Rome, Villa Giulia. Williams 1991.
22
Hydrie attique fgures rouges du peintre de Klophrads.
Naples 81669. Boardman 1975, fg. 135.
23
Voir notamment Laurens 1985; Touchefeu 1983.
172
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
mort de Priam et dAstyanax, sur la violence de leur
destin et lextinction de leur ligne horriblement,
grotesquement mise en scne. Ces images, bien
connues au dbut du V
e
s. av. J.-C., viennent les-
prit lorsquon voit cette autre extermination dune
ligne. La mre tue son fls avec laide de sa sur
et teint sa descendance dans le ventre du pre.
Encore une histoire de famille qui se termine mal.
Pas dvocation du repas cannibale du pre dans
cette image (les lacunes ne laissent pas non plus
beaucoup de place une ventuelle allusion). Mais
le peintre de Magnoncourt produit une autre image
(fg. 3)
24
sur le mme thme qui propose peut-tre
cet aspect. La position de la mre et celle de lenfant
sont presque identiques. Elle brandit lpe, agrippe
lenfant par les cheveux pour le maintenir et cherche
sa gorge avec la pointe de larme. Comme sur lautre
image, lenfant se dbat, gesticule; ici il supplie trs
clairement, le bras droit tendu, main ouverte vers
le menton de sa mre. Une seule femme dans cette
image, la meurtrire, la mre, suggre par une ins-
cription, Aedonai, qui voque immanquablement
Adon, le rossignol
25
. Le peintre de Magnoncourt
nest pas toujours dans lapproximation du texte:
deux reprises sur ces images, il nomme lenfant
rcalcitrant, Itys. Deux autres inscriptions dans ce
tondo de coupe: un banal kalos adress Panaitios
(qui surprend toujours dans un contexte aussi hor-
rible, mais quil faut sans aucun doute dconnecter
du thme reprsent) et un plus rare kale, inscrit dans
la prdelle sous la scne de la femme meurtrire... pa-
radoxe? lextrieur de la coupe, les scnes de satyres
et mnades introduisent une atmosphre de violence
autrement plus comprhensible dans le contexte.
La pice dans laquelle saccomplit le meurtre est
davantage meuble que sur la premire image du
peintre. Autre analogie, un fourreau dpe est sus-
pendu au mur; mais on y voit aussi, sur la gauche,
une lyre. Lenfant est plaqu contre une klin re-
couverte dun matelas et dun coussin pli en deux.
Devant la klin, le meuble reprsent a une forme
trange, entre la simple trapza (les deux lignes hori-
zontales marquant le plateau) et le tabouret, du fait
de ces pieds inhabituels pour une trapza, en forme
de pattes de lion trs recourbes et resserres
26
. La
pice peut tre interprte comme une chambre
coucher ou comme une salle de banquet du fait de
la prsence dune trapza.
Le peintre de Magnoncourt construit deux
images trs voisines et trs violentes de la mise
mort dun enfant par une femme. Lenfant est
toujours nomm Itys. Dans lune des images il est
clairement pris entre deux femmes, tandis que sur
lautre, il est montr victime dune seule femme;
Adon est voque, mais la klin et trapza indi-
quent un espace qui peut tre celui dune salle de
banquet faisant allusion au futur repas cannibale.
Ces lments permettent dinterprter ces scnes
comme les premires reprsentations connues du
mythe impliquant deux surs dans le crime dItys,
celles qui seront appeles, vraisemblablement aprs
la pice de Sophocle
27
, Procn et Philomle.
Ces deux images dune cruaut visuelle soutenue
sont les seules reprsenter le crime dans toute
sa brutalit, la dtermination impitoyable de la
24
Coupe attique fgures rouges du peintre de Magnoncourt.
Munich 2638. LIMC VII Prokn, n. 2.
25
Voir Harrison 1887.
26
Voir par exemple sur la coupe attique fgures rouges du
peintre du Mariage. Vers 470 av. J.-C. Compigne, muse Vi-
venel, 1090. Cit des Image 1984, 91: le tabouret sur lequel la
femme pose ses pieds prsente peu prs la mme forme; mais
comme toujours, les pattes de lion rentrantes sont trs resserres,
ce qui nest pas le cas sur le vase du peintre de Magnoncourt.
27
Hourmouziades 1986.
Fig. 3. Mnich, Antikenslg 2638.9191 - Coupe attique
fgures rouges. Peintre de Magnoncourt [Beazley]. Vers
490 av. J.-C.
173 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
mre et de la sur, la gesticulation pathtique
de lenfant. Elles sont luvre dun seul peintre.
Les autres images, tout aussi atroces, ne montrent
pourtant pas la mise mort: elles lvoquent avec
une efcacit glaante.
Variations visuelles sur un meurtre
Quelques annes peine aprs les trouvailles
visuelles du peintre de Magnoncourt, Makron pro-
pose sa version iconographique du thme (fg. 4).
Encore une fois, pour montrer le crime des deux
femmes, cest un tondo de coupe qui est choisi;
quant aux rprsentations extrieures, elles sont
nouveau sur une thmatique dionysiaque.
Les deux femmes sont cte cte lintrieur dun
mdaillon qui sert de ligne de sol. Lorsquil ny a pas
de prdelle sur laquelle faire reposer les pieds des per-
sonnages, la tactique des peintres est alors de suivre
un schma dans lequel deux personnages reprsen-
ts scartent lgrement vers le haut (suivant une
construction en V) de faon viter un dsquilibre
visuel
28
. Les deux femmes sont donc simplement
debout, elles se regardent, instaurant un lien vident
de complicit visuelle. Le meurtre nest pas montr,
il est en suspens comme le jeune garon tenu par
les bras. Makron procde par une srie dallusions
visuelles qui font grand efet. Lpe est au cur de
cette image et au centre de laction que le spectateur
attend. Rarement le temps aura t si bien voqu:
tout fonctionne comme si le geste du meurtre, len-
fant qui se dbat, bref limage cre par le peintre
de Magnoncourt, tait sur le point de saccomplir.
La coupe tant complte, les deux femmes sont
enfn entirement visibles. droite, la sur viole
demandant vengeance; elle soulve Itys, docile, sans
mouvement, confant et innocent, par dune double
bandelette en rehaut rouge. Tout dans cette image
est la limite: la femme est la limite de la mnade
avec ses cheveux dnous et quelque peu bourifs
(malgr une bandelette en rehaut rouge); son geste est
la limite du diasparagmos avec cette faon de tenir le
gamin, bras largement carts. Cette attitude voque
bien sr celle des mnades qui arrachent les corps et
qui tirent chacune sur un bras, comme par exemple
28
Voir par exemple la coupe du peintre de Penthsile
(Ferrare 9351) ou une autre de Makron (Berlin, Staat. Mus.
F2290).
29
Couvercle de lkanis, non attribu, vers 430 av. J.-C. Paris,
Louvre G445 (LIMC VII Pentheus 24). Voir aussi le psykter
dEuphronios Boston 10.221.
Fig. 4. Paris, Louvre G147 - Coupe attique fgures rouges.
Makron [Beazley]. Vers 480 av. J.-C.
sur le couvercle de lkanis de Paris
29
. Tout suggre
lafolement de la femme, sa sauvagerie potentielle
qui sera endigue par la furieuse dtermination
de sa sur, que lon sait prte cuisiner Itys. Cette
rapide allusion la mania
30
contraste avec lenfant
30
Jenni March propose de reconnatre les flles de Minyas
sacrifant Hippasos Dionysos. (March 2000). Cette interpr-
tation ne justife pas la prsence de lpe et surtout ne tient pas
compte du lien manifeste qui existe entre cette coupe et celles
du peintre de Magnoncourt tablissant un jeu de variations
signifcatif entre les difrents schmas visuels.
a
b
174
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
candide, qui ne se dbat pas
encore, qui ne supplie pas. Il
regarde simplement vers sa
mre. Celle-ci prsente un
aspect plus convenable, les
cheveux coifs et retenus par
un bandeau; mais elle lve
les mains dans un geste trs
ostentatoire. Le fait quelle
ait les doigts trs carts et les
mains retournes vers larrire
nest pas vritablement une
observation pertinente pour
comprendre son attitude.
On retrouve ce geste sur
lenvers de la coupe (fg. 4a)
et mme sur dautres coupes
de la mme poque, comme
sur la coupe du peintre de
la Gigantomachie de Paris
(Londres, BM E 70) o lun des symposiastes et le
petit pais renversent la main de la mme faon: le
geste est la mode cette poque, dans des contextes
trs difrents qui ne permettent pas den saisir
lintention
31
. Sur la coupe de Makron, la mre a les
deux mains leves: ce redoublement des bras levs
attire lattention du spectateur et donne envie de
dire que Makron a cherch par ce biais signaler que
laction de la mre tait sur le point de saccomplir.
Bientt elle va saisir son pe, bientt son fls va
gesticuler, prisonnier de sa tante, bientt elle va le
tuer. La violence de limage rside entirement dans
le surgissement latent du crime des femmes et dans
la confance inapproprie quon (le fls) leur fait.
La rvlation du repas cannibale
Vers 470 av. J.-C., un peintre du groupe de Naples
3169 pourrait tre linventeur (ou reprendre lin-
vention) dune autre faon de dire le mythe (fg. 5).
Il sagit dun cratre colonnettes assez grand (42
cm. de haut)
32
: sur la face B, des jeunes hommes
discutent tandis que sur la face A, bien en vue, se
droule un autre pisode du mythe. gauche les
deux femmes, nettement distingues par leur chiton
(tissus difrents) et par leur coifure senfuient vers
la gauche en se retournant et en levant les bras
carts dans un geste que lon interprte habituel-
lement comme de frayeur ce qui semble justif
ici aussi. Dans la partie droite de limage, Tre
se lve prcipitamment de la klin en brandissant
contre les femmes son pe (dans le fourreau). Alors
que le dessin est particulirement soign, lespace
intrieur reprsent est rempli danomalies qui
viennent renforcer limpression de dsquilibre. La
colonne (avec chapiteau ionique) na pas dancrage
dans le sol; la trapza est difcile dfnir: elle se
dtache mal de la klin, il faut envisager que T-
re enjambe klin et trapza dun mme geste (un
vritable bond) , elle est recouverte de lanires qui
font penser ces tranches de viande que lon voit
souvent dans ce contexte, mais qui se prsentent
ici sous un aspect difrent, avec des dimensions
difrentes entre elles. Sagirait-il des restes dItys?
Quoi quil en soit, un repas a eu lieu dans cette salle
de banquet, un repas cannibale: on voit la jambe
de lenfant dpasser du panier qui se trouve sous la
trapza. On peut se demander si le peintre na pas
volontairement construit cet espace bancal pour
crer un phnomne dembotements multiples
qui dirige le regard vers cette bote do dbordent
les restes du fls.
Il ne sagit pas de la corbeille fond arrondi qui
accompagne habituellement les symposiastes; mais
dune bote rectangulaire, orne de deux registres
31
Contrairement aux interprtations assez anachroniques
o lon veut reconnatre une femme qui cherche se faire
comprendre par le langage des signes. Cfr. Sparkes 1985, 31;
March 2000, 129-131.
32
Rome, Villa Giulia 3579 maintenant, a Civita Castellana.
Merci a F. Boitani et M. De Lucia pour la nouvelle photo.
Fig. 5. Rome, Villa Giulia 3579 - Cratre colonnettes attique fgures rouges. Groupe
de Naples 3169 [Beazley]. Vers 470 av. J.-C.
175 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
de lignes ondules verticales qui voquent imman-
quablement des traces sanglantes. Cette corbeille
rvlant lhorreur du repas de Tre renvoie trs
clairement lunivers des femmes par sa forme de
bote: ces botes sont en gnral reprsentes dans
le gynce ou dans le cadre du mariage
33
; elles
contiennent le patrimoine de la femme, ordinaire-
ment tissus et bijoux. Le peintre a choisi dinsister
sur le rle des femmes en montrant une bote qui
fait rfrence leurs possessions, ce dont elles sont
responsables en tant que matresse de maison. Une
telle bote nentre normalement pas dans lespace
de la salle de banquet
Pire, cette bote renvoie aussi au domaine de la
mre. Certes, lenfant est plus normalement couch
dans un liknon
34
, mme si cela est rarement reprsen-
t. Mais on ne peut sempcher dvoquer un autre
enfant clbre, dont liconographie se dveloppe au
dbut du V
e
s. av. J.-C. et qui est si profondment li
Procn et Philomle: il sagit dErichthonios, leur
grand-pre... Lenfant Erichthonios est plac dans
une corbeille par sa mre Athna et les peintres
de vases saccordent pour prsenter cette corbeille
comme une bote, comme par exemple sur la plik
du peintre dErichthonios (fg. 6). Cest un enfant
protg par une mre prvenante que lon voit install
dans cette bote; une bote dans laquelle Aglauros et
Hers ne peuvent sempcher de regarder... La bote
de Procn au contraire semble rvler delle-mme
son horrible contenu.
Les deux surs sont reprsentes sur le cratre
comme des victimes efrayes, sans dfense (lpe
qui a servi tuer nest pas l pour les protger)
poursuivies par la colre de Tre. Elles ressemblent
ces nombreuses femmes que lon voit pourchas-
ses dans les scnes rotiques de lpoque
35
. Cette
allure innocente est bien entendu contredite par la
prsence de leur bote et de ce quelle rvle de la
duplicit de la femme. On pourrait mme ajouter
que cette bote dvoile quelque chose de leur chien-
nerie, puisquelle se trouve lemplacement sous la
trapza o les chiens viennent manger les restes
36
:
lhorreur du sort fait Itys vient redoubler lhorreur
du repas cannibale. Limage que construit le peintre
fait fonctionner de redoutables symtries: symtrie
des femmes apeures qui senfuient dans un mme
geste, symtrie des corps masculins, la jambe de Tre
faisant pitoyablement cho la jambe dpassante
dItys. Ces femmes que lon reprsente dans une
forme dinnocence pudique (geste du voile, port du
sakkos) sont accuses par le pire des signes, leur bote
do merge la jambe bien identifable de lenfant et
des restes informes voquant le dpeage indispen-
sable la cuisson des viandes.
Limage fait penser au texte dAchille Tatius
37
et
lekphrasis auquel se livre son personnage: Je me
tournai (jtais, par hasard, devant latelier dun
peintre) et vis un tableau expos, dont la signifcation
symbolique tait la mme: il reprsentait le rapt de
Philomle et son viol par Tre, ainsi que lhistoire de
la langue coupe. Le droulement du drame tait en-
tirement expos sur la peinture: le voile brod, Tre
et le repas. [] Sur le reste du tableau, les femmes
montraient Tre, dans une corbeille (rv xovq ),
les restes de son repas, la tte dun petit enfant et ses
mains; et elles riaient, et, en mme temps, avaient
peur. Tre tait reprsent bondissant du lit, tirant
son pe contre les deux femmes, la jambe portant
contre la table, et celle-ci ntait ni dans sa position
normale ni terre: elle avait lquilibre instable dun
33
Lissarrague 1995.
34
Voir la coupe du peintre de Brygos (Vatican) o lon voit
lenfant Herms dans un liknon.
35
Sourvinou-Inwood 1987.
36
Voir par exemple lhydrie attique du peintre dAntim-
ns. Berlin, Antikensammlung F1890 (Schefold 1992, fg.
223). Voir la fgure du chien charognard: Mainoldi 1984,
p. 104-109.
37
Achilles Tatius, Leucipp et Clitophon, Livre V, chap. 3-5
(trad. P. Grimal, Gallimard, 1958, p. 953-956).
Fig. 6. Pelik attique fgures rouges. Peintre dErichthonios.
Vers 440-430 av. J-C. Londres, British Museum E 372.
176
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
objet sur le point de tomber. La description de
cette partie du tableau pourrait sans difcult tre
attribue la reprsentation du vase de Villa Giulia.
Mme si cette image est pour linstant la seule de
liconographie grecque qui nous soit parvenue, il
semble que cette mise en scne de la rvlation du
repas cannibale ait eu un large succs ds la premire
moiti du V
e
s. av. J.-C., puisquelle a manifestement
t adopte et sest poursuivie dans le temps.
Mais on remarquera que lautre partie du tableau,
longuement voque dans la description dAchilles
Tatius, ne trouve pas dantcdent aussi ancien: Une
servante se tenait debout, tenant le voile pli; Philo-
mle tait ct delle, le doigt tendu vers le voile, et
montrait les images brodes; Procn hochait la tte
devant ce quelle lui montrait et jetait des regards
terribles, remplie de rage par ce quelle voyait. Ce qui
tait brod, ctait le Trace Tre en train de lutter
avec Philomle pour la contraindre lamour. La
jeune femme avait les cheveux en dsordre, la cein-
ture dnoue, la tunique dchire, sa poitrine tait
moiti nue, sa main droite cherchait atteindre les
yeux de Tre, de la gauche, elle ramenait sur ses seins
des lambeaux de sa tunique. Tre tenait Philomle
dans ses bras, attirant son corps contre le sien autant
quil pouvait et sur le point de raliser ltreinte.
Telle tait limage que le peintre avait reprsente,
brode sur le voile. Les crimes de Tre pourtant
lorigine du droulement du mythe ne sont pas
mis en image dans la premire moiti du V
e
s. av.
J.-C. On ne connat pas dimages de cette poque
reprsentant Tre violant et mutilant Philomle. Le
texte dAchilles Tatius nous montre que plus tard (
une poque que lon ne peut prciser) limage sera
invente.
Une autre allusion visuelle au repas de Tre
pourrait tre lue sur une coupe dun peintre proche
du peintre de Magnoncourt (fg. 7)
38
, vers 490 av.
J.-C. Les faces externes ne sont pas fgures; seul le
tondo prsente un homme, visiblement perturb
(tte renverse en arrire, bouche ouverte) qui se
lve prcipitamment de sa klin, une pe la main.
Lendroit est celui du banquet comme en tmoigne
la corbeille suspendue. Les arguments en faveur
dun Tre au sortir du repas cannibale sont faibles,
mais rendus vraisemblables par confrontation avec
limage du cratre.
Mtamorphose
La mtamorphose des protagonistes nest pas
voque dans le tableau dcrit dans le texte
dAchilles Tatius. Elle est simplement raconte
au chapitre 5 pour rpondre la question quelle
est la lgende reprsente sur ce tableau?; mais
elle nest pas mise en scne. Les peintres de vase
se sont pourtant ingnis construire une image
qui puisse rendre compte de la mtamorphose
des trois personnages. Ils choisissent une solution
graphique inhabituelle pour montrer les femmes et
lhomme transforms en oiseau. Les trois images
que lon connat optent toutes pour cette formule:
la mtamorphose est signale par un oiseau sur la
tte de la personne. On comprend bien linten-
tion: la juxtaposition des deux corps pour dire
la mtamorphose
39
. Lide est dautant plus claire
que ce mode de reprsentation de la mtamorphose
est employ depuis longtemps pour les scnes o
Ttis se transforme continuellement pour tenter
dchapper ltreinte de Ple.
La premire image connue (vers 490-480 av. J.-C.)
est celle dune petite amphore fgures noires du
peintre de Diosphos (fg. 8) sur laquelle les femmes
senfuient dans une course anime, poursuivies par
38
Coupe attique fgures rouges groupe de Torvaldsen,
proche du peintre de Magnoncourt et du premier Douris
(Florence, Museo Archeologico Etrusco 80565. ARV
2
455).
39
Frontisi-Ducroux 2003, 78-84.
Fig. 7. Florence, Muse Archologique 80565 - Coupe at-
tique fgures rouges. Proche du peintre de Magnoncourt
[Beazley]. Vers 490 av. J.-C.
177 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
Tre
40
. Les oiseaux, simplement poss sur leurs
ttes restent calmes; mais les nombreuses inscrip-
tions insres dans limage semblent rpercuter le
cri de Tre/la huppe qui les poursuit. Ces inscrip-
tions bien lisibles ne forment pas des mots, mais
des sons traduits en onomatopes, uou, uouou,
uuou, uuou (avec, cette poque, lupsilon de
phontique u et non ) qui rappellent indniable-
ment le cri de la huppe le son ou rpt deux ou
trois fois voqu aussi, de faon onomatopque,
tant par le nom grec de la huppe, epops, que par
son nom latin, upupa. Sur la face A, linscription
tuut place devant le visage de la femme, suggre
plutt le nom dItys, cri de lamentation lanc par
sa mre, tandis que le personnage de Tre est en-
vironn par les inscriptions uou et uouou
41
. Il
est difcile de dire que loiseau est un rossignol...
comment le reconnatre? On peut cependant re-
lever que loiseau pos sur la tte de la deuxime
femme sur la face B a des ailes difrentes, mme
sil na aucune des caractristiques qui qualifent
la seule reprsentation dhirondelle que nous
connaissions, celle qui annonce le printemps sur
une plik attique fgures rouges
42
. Sur le cratre
colonnettes dAgrigente (fg. 9), la poursuite est
tout aussi vive
43
; le gmissement des oiseaux est
inaudible (non inscrit) mais lagitation dont ils font
preuve, ailes battantes sur la tte des femmes est
explicite. La troisime image (fg. 10) est la seule,
malheureusement fragmentaire, prsenter la m-
tamorphose de Tre, identif, si besoin tait, par
une inscription, Trp[ru]. Loiseau est immobile,
placide; il ne ressemble en rien au rapace (pervier
ou faucon) dont parle Eschyle
44
, mais voque peut-
tre dj la huppe si lon considre que la petite
aigrette quil a sur la tte est une rserve volontaire
et nest pas accidentellement cre par la ligne r-
serve du dcor (ce qui est difcile afrmer) le
bec court est cependant loin du bec trs long et
recourb caractristique des huppes.
Ce type de mtamorphose par juxtaposition,
dautant plus rare quil est habituellement rserv
une divinit, permet de rvler sans entrave vi-
suelle les corps des protagonistes. La srie est dune
40
Les deux faces du vase sont thmatiquement lies; une
femme est reprsente deux fois. Voir pour ce type de procd,
Snodgrass 1987.
41
Merci Michel Bats pour lanalyse des inscriptions. Deux
formes de sigma dans ces inscriptions: un sigma 3 branches
( la fn de iuuis) (type S3 dImmerwhar), et un sigma 2
branches (partout ailleurs, type S11 dImmerwhar), qui se
retrouvent dans les inscriptions de la premire moiti du V
e

(Late Archaic et Early Classical), le second toujours lintrieur
dun mot, le premier lintrieur ou en fnale: ce peintre nest
pas un analphabte, il connat lusage des lettres de lalphabet
et ses inscriptions ne sont pas ranger dans la catgorie des
fausses inscriptions.
42
Leningrad 615. Vers 510-500 av. J.-C. Rhfel 1984, 27,
fg. 14.
43
Un troisime personnage gauche senfuit. Le cratre tant
trs restaur cet endroit, il est impossible de lidentifer: il ou
elle porte un vtement travers par une double ligne verticale...
qui pourrait aussi tre une restauration.
44
Eschyle, Les Suppliantes, 57-62.
Fig. 8. Naples, Muse National 145468 - Amphore attique fgures noires. Peintre de Diosphos [Beazley]. Vers 490 av. J.-C.
a b
178
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
grande cohrence de ce point de vue. Les deux
surs sont toujours distingues lune de lautre, par
leur vtement, leur coifure, leur geste ou encore,
dans le cas de lamphore du peintre de Diosphos,
par les oiseaux difrents poss sur leur tte. Quel
que soit le thme reprsent, meurtre ou poursuite,
les femmes gardent une certaine matrise de leur
corps: pas de tte renverse en arrire, pas de bouche
grande ouverte, signes habituels dun bouleverse-
ment, tout au plus voit-on quelque agitation dans
les scnes de poursuite. La rage, la violence de leur
vengeance est assez froidement mise en scne. Leurs
gestes restent somme toute mesurs, au point que
deux peintres envisagent, sur les deux cratres de
la srie, de montrer une des femmes dans un geste
de pudeur (voile ou himation relev dune main)
caractristique des nymphes alors que lautre femme
est ostensiblement coife du sakkos. Il y a peut-tre
ici la volont de marquer la difrence entre la sur
non marie et lpouse.
Toutes les reprsentations du mythe mettent
laccent sur le rle nfaste des femmes, que ce soit
le meurtre, le repas cannibale servi ou mme la
mtamorphose: sur deux images, celle-ci concerne
les femmes et uniquement les femmes. Elles sont
visuellement punies par cette bestialisation alors
que Tre est pargn. Or la transformation en
oiseau nengendre pas seulement la lamentation;
elle voque aussi les murs cannibales de ces
animaux. Paradoxalement on constatera que la
mtamorphose de Tre nest reprsente que trs
tard, vers 470-460 av. J.-C., sur la plus rcente des
images qui nous soit parvenue.
De fait, les crimes de Tre sont pratiquement
absents du corpus iconographique. On ne le voit
pas commettre le viol qui est lorigine de toute
lhistoire. La mutilation nest pas reprsente non
plus; mais il est possible que ce soit un pisode
invent plus tard, peut-tre par Sophocle
45
. Mme
lorsquil se rend involontairement coupable de can-
nibalisme, limage ninsiste pas, ne le bestialise pas.
Contrairement aux images plus tardives (voir supra
lekphrasis dAchille Tatius) et aux textes postrieurs,
Tre nest pas montr comme un Trace, ni mme
simplement un barbare. Quelle que soit limage qui
le reprsente, il est compltement hellnis: pas la
moindre allusion au costume thrace si bien connu
lpoque. Nous sommes loin du roi Lycurgue rendu
fou par Dionysos et tuant son fls quil prend pour un
cep de vigne. Sur une hydrie de Cracovie
46
, le Trace
est trs clairement identif comme tel: non seule-
ment il porte les embades et la zeira, utilise comme
arme une double hache, mais sa coifure (cheveux
flasses et barbe pointue) le caractrise aussi comme
thrace et barbare...
Tre porte au contraire chiton court et hima-
tion, quand il nest pas montr dans une nudit
hroque avec un simple himation sur les paules,
voire avec le ptase du chasseur ou voyageur sur
la tte (comme Tse): il est entirement grec.
Certes, sur le cratre de Villa Giulia, sa barbe peut
Vers 450 av. J.-C. H.: 36 cm.; D.: 14 cm. Cracovie, Muse
National, 1225. Frontisi-Ducroux 2003, p. 115.
a b
Fig. 9. Agrigente, MAN, coll. Pirandello - Cratre colonnettes attique fgures rouges. Reli au peintre de Syracuse [LC].
Vers 470 av. J.-C.
45
Le vtement tiss servant raconter ce que Philomle, muette,
ne peut pas dire est mentionn par Sophocle: fr. 586 Radt.
46
Hydrie attique fgures rouges. Maniriste tardif (Beazley).
179 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
tre considre comme un peu longue par rapport
aux barbes grecques; certes, il porte un bracelet sur
lamphore du peintre de Diosphos (fminisation
qui est plutt le fait dun barbare); mais il me
semble quil serait exagr de tirer de ces minces
dtails quelque conclusion.
Son attitude surtout est frappante dans les
poursuites et mtamorphoses. Sur lamphore du
peintre de Diosphos, il court grandes enjambes,
lpe dans la main droite, vers le bas et brandis-
sant devant lui le fourreau de lpe dgane; sur
le cratre reli au peintre de Syracuse, la posture
est similaire (on voit le haut du fourreau dpasser
derrire le sakkos de la premire femme) et sur le
fragment du groupe des Niobides, on voit que le
bras droit est baiss et le gauche tendu en avant:
tout indique que Tre prend la mme position
que sur les autres images. Or cette attitude sera
popularise par les Tyrannoctones de Critios et
Nsiots (le groupe est lgrement postrieur
lamphore du peintre de Diosphos). Clbre, le
geste est souvent adopt dans liconographie des
vases pour les poursuites... rotiques. Tre dont
la violence nest pas mise en scne se retrouve ainsi
au cur dimages connotations rotiques bien
dplaces dautant plus que sa mtamorphose
nest envisage quune seule fois.
Lanalyse du corpus des images sur vases grecs
montre une grande cohrence dans la faon de
considrer le mythe. Le fait que larc chronolo-
gique concern soit assez bref, une quarantaine
dannes, renforce certainement cette cohrence.
Tout se passe comme si le crime de lhomme
navait pas eu lieu; on ne le mentionne pas. Malgr
la diversit des scnes inventes pour prsenter le
mythe, seules les fautes des femmes sont montres.
Le crime de la mre avec la complicit de sa sur
est dnonc avec force; lextermination de la ligne
dont elles se rendent coupables est ce qui retient
lattention des peintres de vases.
II - Les sources littraires: le crime initial de
Tre
La tragdie de Sophocle ne peut tre date
avec certitude, chacun saccordant cependant
la considrer comme antrieure la comdie
dAristophane, les Oiseaux, joue en 414, et vrai-
semblablement postrieure 431
47
. Elle ne peut
donc tre que postrieure aux images que nous
avons prsentes, ces dernires schelonnant des
annes 500 aux annes 460. Pour autant que nous
puissions en juger, ces reprsentations semblent
pourtant assez bien correspondre lintrigue choisie
par lauteur tragique, tout en se focalisant, comme
nous lavons montr, sur le crime commis par les
deux femmes, Procn et Philomle: deux lments
essentiels sy retrouvent en efet, le meurtre dItys
par les deux femmes et le fait quil soit donn
manger son pre.
Lun des fragments prservs de la pice hirar-
chise dailleurs les crimes commis, en reconnaissant
le caractre insens (anous) du comportement de
Tre, mais en attribuant aux deux femmes une
plus grande folie (anousters) encore: Il tait fou;
mais bien plus folles encore ces femmes en leur
vengeance atroce. Celui des mortels qui, bless en
sa colre, applique son mal un remde pire nest,
pour ses maux, quun pitre mdecin
48
.
Dans le mme sens, la version donne par Ho-
mre, puis Phrcyde (cfr. supra) ne mentionne que
le meurtre involontaire dun fls par sa mre.
Il nen reste pas moins que cette tragdie porte le
nom du protagoniste masculin, et est la premire
source indiquer le traitement que Tre infige
47
Cfr. Gernet 1935, Dobrov 1993, March 2000 et 2003.
48
Frgt 589 (Stobe, XX, 32), trad. fr. J. Grosjean, Gallimard,
Fig. 10. Reggio Calabria 27202 - Hydrie attique fgures
rouges. Groupe des Niobides [Beazley]. Vers 470-460 av. J.-C.
Bibliothque de la Pliade, 1967. Ces vers seraient prononcs
par Apollon selon Fitzpatrick 2001, 100.
180
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
la sur de son pouse, lenchanement des crimes
devenant ds lors canonique, les premiers crimes
le viol et la mutilation revenant donc Tre.
Quelle importance ds lors accorder ces actes?
Comment les interprter? Lintrigue du mythe de
Tre, nous lavons vu, combine au moins deux
des transgressions majeures, le meurtre dun parent
proche, en loccurrence dun fls par sa mre, et
lanthropophagie, Tre dvorant Itys son insu.
De quelle autre transgression ce meurtre et cet
endocannibalisme sont-ils la rponse?
Le comportement de Tre peut tre dnonc de
bien des points de vue, puisquil associe la trahison
des relations dhospitalit et de protection entre
parents par alliance, le viol, ladultre; chacun de
ces motifs est une nouvelle source dindignation,
et par lhorreur de ses crimes, Tre brouille les
distinctions habituelles
49
.
Comparons deux listes dHygin. Celui-ci dresse
un bref inventaire des femmes qui commirent des
unions sacrilges (quae contra fas concubuerunt,
Fab. 253):
Jocaste avec son fls dipe. Plopia, avec son
pre Tyeste. Harpalyc, avec son pre Clymnus.
Hippodamie, avec son pre nomaus. Procris
avec son pre Erechthe; naquit ainsi Aglaurus.
Nyctimn, avec son pre Epopeus roi de Lesbos.
Mnphron, avec sa flle Cylln, en Arcadie, et avec
sa mre Blias. (trad. J.-Y. Boriaud, CUF)
Les seules relations mentionnes sont donc les
incestes entre consanguins de gnration difrente.
Le rcapitulatif de ceux qui mangrent leurs en-
fants lors dun banquet (qui flios suos in epulis
consumserunt, Fab. 246) ajoute par contre Tre
deux des noms dj cits:
Treus fls de Mars, Itys, issu de Procn. Tyeste
fls de Plops, Tantalus et Plisthns, issus dArop.
Clymnus fls de Schne, son fls issu dHarpalyc,
sa flle. (trad. J.-Y. Boriaud, CUF)
Dans la mythologie grecque, les fgures embl-
matiques du pre dvorant son fls ont galement
commis linceste avec leur flle, et ces deux actes sont
souvent assimils dans les tudes anthropologiques:
le fait de dvorer son enfant est lalimentation ce
quest linceste lgard de lunion sexuelle et matri-
moniale
50
. La seule exception serait donc Tre, qui
a viol la sur de son pouse. Il est donc possible
de considrer, tant donn la gravit des crimes
imputables Philomle, que le mythe de Tre
repose galement sur la dnonciation dun inceste,
cette fois-ci non plus dans la proche consanguinit,
mais dans lafnit. Telle est du moins lhypothse
propose par Franoise Hritier, ce qui a suscit
une controverse quil convient dvoquer ici lon-
guement.
Tre et linceste du deuxime type
Rappelons quau point de dpart de la rfexion
mene par cette anthropologue sur les prohibitions
matrimoniales se trouvent les recherches menes au
Burkina Faso, et consacres plus particulirement
la socit samo. Dans cette socit, lexplication
des prohibitions en termes de groupes de parent
unilinaires se rvle trs insufsante puisque ces
prohibitions sont cognatiques et que les interdits
dans lafnit sont galement trs importants. Le
champ de linceste lui-mme se rvle plus vaste que
le chercheur ne limaginait au dbut de sa recherche,
et la dfnition traditionnelle, un rapport htro-
sexuel entre deux individus consanguins ou afns,
doit tre modife pour englober notamment les
relations homosexuelles et les relations entre deux
parents par lintermdiaire dun tiers.
Dans un ouvrage publi en 1994, Les deux surs
et leur mre, F. Hritier poursuit son tude des
prohibitions matrimoniales ou sexuelles jusqualors
ngliges dans la littrature anthropologique, et
largit la dfnition traditionnelle de linceste en
proposant dy inclure ce quelle nomme linceste
du deuxime type, dfni comme la prohibition
dune relation sexuelle ou dun mariage entre per-
sonnes non consanguines, mais relies entre elles par
lintermdiaire dun de leurs consanguins. La prise
en compte de ces interdits permet de complter la
thorie lvi-straussienne dveloppe dans les Struc-
tures lmentaires de la parent
51
par une thorie
des humeurs, accordant toute son importance la
transmission ou au contact de substances physiques
49
Sur le thme de la bestialit de Tre, voir Scarpi 1982,
213-225.
50
Pour le monde grec, cfr. Moreau 1979. Voir galement
Rundin 2004.
51
Lvi-Strauss 1967. Cfr. Hritier 1979, 210.
181 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
ou psychiques. De manire gnrale, linceste peut
ainsi tre apprhend comme la mise en rapport
de substances corporelles considres comme iden-
tiques: Lexistence dun inceste du deuxime type
nous conduit concevoir la prohibition de linceste
comme un problme de circulation de fuides dun
corps un autre. Le critre fondamental de linceste,
cest la mise en contact dhumeurs identiques. Il
met en jeu ce quil y a de plus fondamental dans
les socits humaines: la faon dont elles construi-
sent leurs catgories de lidentique et du difrent.
Cest en efet sur ces catgories quelles fondent leur
classifcation des humeurs du corps et le systme de
prohibition/sollicitation qui rgit leur circulation
52
.
En proposant une telle thorie, F. Hritier
sincrit clairement dans la continuit des travaux
lvi-straussiens, fondateurs dune anthropologie
structurale au sein de laquelle ltude des repr-
sentations, de lefcacit symbolique
53
, occupe
une place primordiale. Son matrialisme
54
af-
fch (cest--dire lintrt port aux corps et aux
substance corporelles, leurs transmissions, leurs
mlanges et leurs mises en contact) et limportance
accorde aux conceptions de la procration et de la
transmission hrditaire tmoignent cependant de
loriginalit de sa dmarche.
Dans Les deux surs et leur mre, F. Hritier revient
plusieurs reprises sur le monde grec, et sintresse
aux interdits et transgressions (linterdit athnien de
la demi-sur maternelle, dipe)
55
comme aux
conceptions grecques, et plus particulirement aris-
totliciennes, de la procration
56
. Invitant ainsi les
historiens davantage confronter normes sociales,
rcits mythiques et thories philosophiques, ses
travaux suscitrent cependant une vive polmique
en insistant sur ltendue des interdits dans lafnit
en Grce ancienne.
Lun des exemples retenus est celui du mythe de
Tre, dans la version quen donne Ovide dans les
Mtamorphoses (VI, 412 sq.). Franoise Hritier
insiste sur le sentiment de culpabilit de Philomle
lgard de sa sur, le viol commis par Tre se
doublant dun inceste; le mythe serait donc un
tmoignage du fait que lunion avec deux surs
serait condamnable en Grce ancienne
57
.
Autre chercheur du Laboratoire dAnthropologie
sociale fond par Claude Lvi-Strauss, Laurent
Barry reprend cette question dans un article intitul
Hymen, Hymne! Rhtoriques de linceste dans
la tragdie grecque
58
, avant tout consacr au thme
des Danades. Il remarque quen Grce ancienne,
les sources les plus nombreuses et les plus expli-
cites pouvant tre interprtes en termes dinceste
du deuxime type concernent les relations avec
des afns directs des consanguins de gnrations
conscutives, i.e. des conjoints (ou concubins) de
nos ascendants (Phnix, dipe, Moschin) ou
descendants (Phdre, Kallias) directs
59
. Il poursuit
sa rfexion en voquant son tour Tre: Si, main-
tenant, nous nous penchons sur les prohibitions
touchant aux allis de mme gnration, force est
de constater que les sources pouvant tre perues
comme dfavorables ces unions se font bien plus
rares, et quelles ne concernent plus cette fois que
le seul genre littraire: cest la lgende de Tre qui
abuse de sa belle-sur, celle de Tyeste, toujours
avec sa belle-sur, la femme dAtre, et, ventuelle-
ment, la msaventure dHracls que Tespis dupe
en envoyant successivement au cours dune mme
nuit ses cinquante flles partager sa couche l o le
hros croit nen connatre quune. () Pour nous
rsumer, si nous pouvons aisment admettre que
certaines catgories dinterdits dans lafnit (celle
des allis des ascendants et descendants directs)
sont assez clairement rprouves par la morale
grecque et que ces prohibitions sont passibles dune
interprtation base sur le concept dinceste du
deuxime type, cela ne semble pas tre le cas pour
52
Hritier 1994, 11.
53
Lvi-Strauss 1949; cfr. Aug 1979; voir galement Izard-
Smith 1979 et plus rcemment, Philosophie 2008.
54
Cfr. Hritier 1996, 23: Je me considre comme matria-
liste: je pars vritablement du biologique pour expliquer com-
ment se sont mis en place aussi bien les institutions sociales que
des systmes de reprsentations et de pense, mais en posant en
ptition de principe que ce donn biologique universel, rduit
ses composantes essentielles, irrductibles, ne peut pas avoir
une seule et unique traduction, et que toutes les combinaisons
logiquement possibles, dans les deux sens du terme math-
matiques, pensables , ont t explores et ralises par les
hommes en socit; et 1996, 234: La matire premire du
symbolique est le corps, car il est le lieu premier dobservation
des donnes sensibles.
55
Hritier 1994, 56-67.
56
Hritier 1994, 295-303.
57
Hritier 1994, 63. Franoise Hritier avance lide que
Philomle croit alors sa sur morte, mais que cela ne modife
en rien son sentiment. Une telle lecture des vers est cependant
errone, car aucun moment Procn nest prsente comme
dfunte dans ce rcit.
58
Barry 2005.
59
Barry 2005, 307.
182
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
les catgories des afns de mme gnration
60
.
En consquence, le drame des Danades peut tre
interprt, selon sa propre hypothse, non pas tant
comme le refus dun mariage entre parents, mais
plutt comme la dnonciation du mariage avec
toutes les parentes, de lhybris des gyptiades, donc
de tous les hommes dune famille vouloir acca-
parer toutes les femmes dune autre
61
, fusionner
deux lignes pour nen former quune seule
62
.
Si, pour Franoise Hritier comme pour Laurent
Barry, linterdit pesant sur linceste dit du deu-
xime type peut donc tre considr comme lune
des caractristiques majeures du systme de parent
grec, son extension fait lobjet dun dbat.
Points de vue critiques
Bernard Vernier et Jean-Baptiste Bonnard ont,
quant eux, catgoriquement rejet toute exis-
tence dun inceste du deuxime type en Grce
ancienne. Anthropologue spcialiste de la Grce
contemporaine, B. Vernier a publi de nombreux
articles critiques lgard de lapproche prconise
par Fr. Hritier
63
et dfendu son tour une thorie
unitaire des prohibitions, avec lide que celles-ci
sont instaures pour tablir les conditions dune
bonne collaboration entre les membres de la famille
et entre eux et les membres dautres familles, et pour
empcher le dchanement de la violence lint-
rieur et entre les familles. Sil y a un invariant en ce
domaine, cest bien lide, partout prsente, selon
laquelle la rivalit sexuelle entre proches parents est
une source de grandes catastrophes
64
.
En ce qui concerne le monde grec, il reprit dans un
article publi dans les Annales EHESS, les uns aprs
les autres, les exemples donns par F. Hritier pour
critiquer la lecture qui en a t faite et enrichit sa
dmonstration de nombreux autres cas. La conclu-
sion est sans appel: Linceste du deuxime type ne
semble pas plus exister chez les Hittites quen Grce
antique ou dans la Bible
65
. Il nen tire cependant pas
la conclusion oppose que ces relations entre afns
pourraient tre favorises: elles ne suscitent selon
lui quindifrence dans la socit grecque; il nest
donc pas possible non plus dinverser lhypothse
en afrmant que le cumul de lidentique nest pas
interdit, mais recherch, il faut tout simplement dire
que la question ne se pose pas en Grce ancienne.
Commentant le mythe de Tre, toujours partir
de la version livre par Ovide dans les Mtamor-
phoses, il rejette donc linterprtation incestueuse
pour passer en revue toutes les fautes commises par
Tre, sufsantes en elles-mmes pour expliquer la
vengeance de Procn: Le texte dOvide nonce
toutes les facettes du crime de Tre. Il a dsobi
son beau-pre. Il est rest insensible ses pleurs
et la grande tendresse quil avait pour sa flle. Il
a t infdle sa femme. Il a viol une parente, sa
belle-sur, et lui a ravi son honneur. Il a fait enfn
de deux surs des rivales ennemies en prenant sa
belle-sur comme concubine, violant ainsi toutes
les lois du mariage. () Le texte parle bien de
rivalit, mais aucun moment dinceste avec la
sur. Si les deux surs avaient t prises dans une
relation homosexuelle et incestueuse, elles auraient
d prouver lune pour lautre une horreur qui
napparat aucun moment dans lhistoire. Mais
pourquoi Procn sert-elle son fls innocent son
mari? De mme que Tre en violant Philomle
et en lui tant la langue (la parole) a en quelque
sorte dtruit un membre de la famille de Procn, de
mme celle-ci, en tuant Itys, supprime un membre
de la famille de Tre. Lenfant est ici peru comme
donn au pre et sajoutant sa famille. En le tuant,
Procn annule ainsi ce don quelle regrette rtros-
pectivement
66
.
Jean-Baptiste Bonnard, dans un article publi
dans la Revue historique
67
, se livre au mme exercice
que B. Vernier et se montre tout autant critique
lgard des analyses proposes par Fr. Hritier pour
le monde grec. voquant cette fois-ci, non plus
Ovide mais les sources grecques dpoque classique,
notamment Sophocle, il remarque qu aucune loi
en Grce ninterdit un veuf dpouser la sur de
son pouse dcde et que ce qui est en cause
60
Barry 2005, 307-308.
61
Barry 2005, 314.
62
Barry 2005, 315; voir galement Barry 2008, 221 (le mythe
de Tre est donn comme exemple de lassociation entre inceste
et endocannibalisme).
63
Voir notamment Vernier 1996a et Vernier 1999. Cfr. ga-
lement Vernier 1996; Vernier 2004; Vernier 2006.
64
Vernier 2004, 105.
65
Vernier 1996a, 195; cfr. galement Vernier 1999, 63: Je
pense avoir montr ailleurs quun rexamen attentif du dossier
de la Grce antique (mythologie et thtre) fait apparatre que
Franoise Hritier classe parfois comme inceste du deuxime
type et interdites des relations qui ne le sont pas. Quand il y a
rellement prohibition, elle sexplique dans une autre logique
que celle quelle nous propose.
66
Vernier 1996a, 189.
67
Bonnard 2002.
183 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
dans cette lgende, cest la violence de Tre. ()
Cest parce quil a viol (avec plusieurs rcidives),
squestr et mutil la jeune flle, que Tre sera
lobjet de la vengeance des deux surs
68
.
Les analyses de F. Hritier sont sans aucun doute
trop rapides et souvent contestables dans le dtail,
mais elles soulvent des questions qui sont loin
dtre rgles, et qui divisent historiens et hellnistes
depuis longtemps.
Dans son article de 1899, rest une rfrence
essentielle sur linceste en Grce ancienne, Gustave
Glotz dfendait lide quil nexistait dans le monde
grec aucun interdit pour cause dafnit
69
. Ludovic
Beauchet tait parvenu la mme conclusion
70
.
Pour ces deux auteurs, lafaire Kallias par exemple,
la relation dun homme avec la mre et la flle
71
, ne
peut donc pas tre considre comme un inceste.
De nombreux autres chercheurs, au cours de leurs
travaux, prsupposent pourtant le contraire
72
, d-
montrant ainsi labsence de consensus chez les hel-
lnistes. Dailleurs, dans leur synthse sur le mariage
en Grce du VI
e
s. av. J.-C. lpoque dAuguste,
A.-M. Vrilhac et C. Vial reprennent la thse de F.
Hritier et notent que les interdits de mariage en
raison de la parent par le sang sont tonnamment
limits chez les Grecs ( et que) cette dfnition
trs restrictive de linceste du premier type (union
entre proches parents par le sang) est difcile
interprter, et ce dautant plus quelle va de pair
avec une vive rprobation pour linceste du second
type (union avec le partenaire sexuel dun proche
parent), seulement, il est vrai, lorsquil touche un
ascendant ou un descendant
73
. Lobservation de ce
paradoxe ne saccompagne pas, malheureusement,
dun approfondissement de la question.
La controverse suscite par la publication des Deux
surs et leur mre porte sur deux points: lexistence
dinterdits dans lafnit en Grce ancienne, et la
pertinence de la thorie des humeurs pour rendre
compte des interdits observs. Ce dernier point ne
pourra retenir notre attention dans cet article, tant
les sources sont minces. Il parat clair cependant que
les substances biogntiques le sang, le sperme no-
tamment jouent un rle important dans le monde
grec, en tant que vecteurs et mtaphores de la pa-
rent
74
. Ds lors, lhorreur suscite par une relation
incestueuse peut jouer sur lidentit de substances
des partenaires, voire dplacer dans lafnit une
proximit tout dabord consanguine: cest ainsi
que dans dipe Roi de Sophocle, lemploi deux
reprises (v. 260 et 460) du terme homosporos de
mme semence stigmatise les relations entrete-
nues successivement par deux consanguins, dipe
et son pre, avec une mme femme, Jocaste
75
. Mais
de tels cas sont trop peu nombreux pour nourrir une
rfexion approfondie dans le cadre de cet article.
Inceste et interdits dans lanit en Grce
ancienne
Reste donc la question de lexistence dinterdits
dans lafnit, et donc, de manire plus gnrale, de
la dfnition de linceste en Grce ancienne.
En labsence de texte comparable au Lvitique
(18, 6-25) ou bien encore aux Institutes de Gaius,
la dlimitation exacte des prohibitions sexuelles et
matrimoniales entre parents en Grce ancienne reste
bien malaise. Une mme incertitude entoure les
sanctions appliques aux incestueux
76
.
Le vocabulaire grec antique ne possde pas de
terme spcifque pour dsigner les relations sexuelles
ou matrimoniales illicites. La rprobation suscite
par de tels actes peut tre indique par des pri-
phrases prcisant leur caractre illicite ou impie:
il sagit dactes contraires la loi, au nomos ou la
thmis (e.g. Euripide, Hracls, 1316 et 1341; X-
nophon, Cyropdie, 5.1.10), de mariages impies
(gamos anosios, e.g. Aristophane, Grenouilles, 850;
Sophocle, dipe Colone, 945-6; Euripide, Electre,
600, 926-7; gamos asebs, e.g. Eschyle, Suppliantes,
10), et la mention de personnes lgendaires, en
quelque sorte hros ponymes des diffrentes
relations prohibes, peut permettre un auteur
de stigmatiser une conduite, de manire gnrale
ou particulire. Platon par exemple mentionne
68
Bonnard 2002, 86.
69
Glotz 1899, 455.
70
Beauchet 1897, I, 176-177.
71
Cfr. Andocide, Sur les mystres.
72
Voir par exemple Vrilhac-Vial 1998, 93; Cohen 1991, 227;
Dalmeyda 1930; Dauvillier 1960. La position de Broadbent
1968, 152-3 est plus nuance.
73
Vrilhac-Vial 1998, 373-4. Dans cet ouvrage, le mythe de
Tre est voqu p. 96, dans un paragraphe consacr aux incestes
du deuxime type, mais nest pas particulirement comment.
74
Cfr. Wilgaux 2006; Brul 2007.
75
Wilgaux 2006, 343-4.
76
Sur linceste en Grce ancienne, outre les rfrences prc-
demment cites notes 69 et 70, voir Moreau 1979; Rudhardt
1982; Karabelias 1989; Mlke 1996.
184
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
Tyeste, dipe et Macare (Lois, 838c) pour illus-
trer la prohibition des unions avec la flle (Plopia,
flle de Tyeste), la mre (Jocaste, mre ddipe)
et la sur (Canac, sur de Macare)
77
. De fait,
les trois relations interdites qui sont constamment
rappeles par les auteurs grecs dpoque classique
et qui font lobjet de la rprobation la plus claire
sont, pour un homme, la sur (de mme mre),
la mre et la flle
78
.
Mais la reconnaissance et linterprtation des
interdits ne sont pas aises, et ce pour plusieurs
raisons.
Tout dabord, les expressions qui les dsignent, et
notamment la plus frquemment utilise lpoque
classique gamos anosios , peuvent dsigner tout
mariage contraire aux lois divines, aux lois de la
nature ou bien encore la morale, mme sil nest
pas entre parents
79
.
Dans Electre (600, 926-927), Euripide emploie
cette expression propos du mariage de Clytem-
nestre et dEgisthe, cousin germain dAgamemnon,
quil a assassin. Chez Denys dHalicarnasse (An-
tiquits romaines, IV, 30, 1), cest le remariage de
Lucius Tarquin avec la flle cadette de Tullius, qui
suit de peu la mort de leurs prcdents poux, le
frre de Lucius Tarquin pour lune, lautre flle de
Tullius pour lautre, qui est ainsi stigmatis. Toute
relation lintrieur dun sanctuaire ou avec une
prtresse astreinte la virginit ou labstinence
peut galement tre considre comme une union
impie
80
.
Les qualifcatifs dhosios (permis par la loi divine,
sacr, pieux) et danosios (impie, sacrilge),
deusebes (pieux, irrprochable) et dasebes (im-
pie, sacrilge), peuvent ainsi sappliquer en Grce
ancienne une trs grande varit de situations met-
tant en cause les hommes et les dieux, et indiquent
de manire gnrale le respect ou la transgression
de rgles sociales et religieuses
81
. Un mariage, qua-
lif danosios ou dasebs, et qui selon nos propres
critres devrait tre considr comme incestueux,
peut donc en fait tre rejet par les Grecs pour
bien dautres raisons que la parent commune, de
mme que des actes peuvent tre dnoncs comme
contraires aux nomoi ou la thmis pour des raisons
trs variables.
Il faut ensuite remarquer que les sources littraires
antiques tmoignent clairement dune stigmatisa-
tion de plus en plus prononce des unions entre
proches, que ce soit entre afns ou entre consan-
guins, au fur et mesure que lon avance dans le
temps, les sources paennes ne se difrenciant pas
de ce point de vue des sources chrtiennes dans les
premiers sicles de notre re
82
: les jugements sont
plus svres, les prohibitions plus explicites. La
condamnation dune union lpoque romaine,
que la source soit grecque ou latine, nindique donc
pas pour autant que cette union tait galement
rprouve en Grce lpoque classique
83
.
Pour les deux raisons que nous venons dvoquer,
lorsque lun des scholiastes des Grenouilles dAris-
tophane, au vers 850, cite lamour de Phdre, et
la tragdie dEuripide, Hippolyte, comme exemple
danosios gamos
84
, rien ne permet dafrmer que
pour Euripide lui-mme lamour dune belle-mre
pour son beau-fls tait considr comme inces-
tueux.
Ces difcults cependant ne sont pas propres
aux hellnistes, et le droit franais contemporain
est dailleurs riche denseignements: si en efet une
union entre trs proches parents ne peut avoir de
reconnaissance lgale, du point de vue matrimonial
comme du point de vue de la fliation, les relations
77
Sur lexemplarit des histoires ddipe et de Tyeste, voir
Aristote, Potique, 1543a7 sq., et Else 1957.
78
Voir notamment Euripide, Andromaque, 173-178; Platon,
Lois, VIII, 838a-d; Platon, Rpublique, V, 9, 461b9-c6; Xno-
phon, Mmorables, IV, 4, 19-23; Xnophon, Cyropdie, V, 1, 10.
79
Voir les remarques de Patterson 1998, 154-157.
80
Voir e.g. Pausanias VII, 18-21; Hygin, Fab., 185; Muse,
Hro et Landre, 123-127.
81
Sur ces notions, voir notamment Burkert 1985; Parker
1983; Adkins 1960; Moulinier 1950; Vernant 1982; Rudhardt
1992; Connor 1988.
82
Voir sur ce dernier point Moreau 2002.
83
Voir par exemple la manire dont les sources dpoque
romaine voquent les unions successives de Stratonice avec
Sleucos puis son fls Antiochos, cfr. Plutarque, Dmtrios 31
et 38; Appien, Syr. 59-62; Valre Maxime 5.7.1.
84
Kot yo ou o voot ou ir yrt, oto to ou tq v r pooqvot
rv Irroiutou ov o Oqoru r Irroiutq ror, to tcv
`Aoo vcv, q ouvqrt oov or trir oot to v r pcto oto tq v
Irroiutou ocpoouvqv, oyovp pqoooot Il mentionne
galement les mariages sacrilges, du fait quelle-mme (i.e.
Phdre) sprit dHippolyte, le fls que Tse eut dHippolyt,
lune des Amazones, mais nayant pu assouvir sa passion cause
de la chastet dHippolyte, elle se suicida en se pendant. Plus
gnralement, les diverses scholies dAristophane, Grenouilles,
850, dveloppent lexpression anosios gamos en donnant les
exemples des enfants dEole, de Phdre et dHippolyte mais
aussi de Pasipha et de son amour monstrueux pour un taureau,
sen tenant des exemples crtois.
185 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
sexuelles elles-mmes ne sont pas sanctionnes tant
quelles ne stablissent pas entre deux personnes
dont lune a autorit sur lautre et quelles ne sont
pas contraintes. lire le code pnal, un observateur
extrieur pourrait donc croire que seule la relation
sexuelle entre parents et enfants, et plus particu-
lirement entre un pre et sa flle, est lobjet dune
rprobation forte, alors que les tudes anthropo-
logiques dmontrent lenvi une perception bien
plus difuse de linceste, stigmatisant, avec une plus
ou moins grande intensit, les unions entre frres
et surs de mme sang, mais aussi entre personnes
vivant sous le mme toit, quels que soient leurs liens
de parent et de consanguinit
85
.
Nous ne pouvons donc pas partir du principe que
toute prohibition devrait ncessairement apparatre
explicitement dans nos sources et tre sanctionne
par le droit ou la coutume. Ainsi que nous lapprend
le Contre Tomnestos de Lysias, nous devons au
contraire tenir compte du fait que certains mots
ne pouvaient tre prononcs ou crits, du fait de la
gravit de la faute quils exprimaient
86
, et nous de-
vons nous demander, la suite de Diskin Clay
87
, si
linceste ntait pas prcisment en Grce ancienne
lapporhton, lindicible par excellence?
Il nest pas de plus possible dopposer simple-
ment le prohib au permis: entre le formellement
interdit et le prfrable, les conceptions grecques
passent par une suite de gradations fnes et dau-
tant plus difciles interprter quelles peuvent
se rvler subjectives et quil est donc ncessaire
de les contextualiser. Des rapports sexuels ou
des mariages peuvent tre dsapprouvs sans
tre interdits, et des relations interdites ont pu
tre ralises. Limportant ds lors est dtudier
lensemble des transgressions prsentes dans un
rcit, une intrigue, afn den dmler les liens, la
manire dont elles se rpondent et se hirarchi-
sent. Ainsi que le montre Howard S. Becker, il
convient dafrmer que la dviance nest pas une
proprit simple, prsente dans certains types de
comportements et absente dans dautres, mais le
produit dun processus qui implique la rponse
des autres individus ces conduites. () Bref, le
caractre dviant, ou non, dun acte donn dpend
en partie de la nature de lacte (cest--dire de ce
quil transgresse ou non une norme) et en partie
de ce que les autres en font
88
.
Retour Tre
De ce point de vue, lintrigue du Tre de Sophocle
associe donc les violences subies par Philomle un
meurtre entre parents et lanthropophagie, et
accorde ces trois crimes une mme importance:
ce sont les actes commis par Tre qui expliquent
dsormais la gravit de la vengeance mise en uvre,
sans bien sr disculper les deux protagonistes fmi-
nins. Quelle que soit la manire dont cette version
du mythe sest construite, quel quen soit lauteur,
cet enchanement permet donc dinterprter le viol
de Philomle comme une transgression majeure
des normes grecques, et de lassimiler un inceste.
Ds le IV
e
s. av. J.-C., cette assimilation est bien
plus explicite dans un passage de La Samienne.
Dans cette comdie de Mnandre, Dmas, un
Athnien, est tomb amoureux dune Samienne,
Chrysis, et la prise pour matresse. Durant son
absence, son fls adoptif, Moschion, a des relations
secrtes avec la flle du voisin, et la met enceinte.
sa naissance, lenfant est conf Chrysis qui
vient elle-mme de perdre un enfant. Au retour de
Dmas et de son voisin, Nikratos, les quiproquos
se succdent. Dmas croit que lenfant est bien de
Chrysis, et dcouvre que le pre est son propre fls.
Il considre que la responsabilit incombe Chrysis
et dcide de la chasser. La scne suivante montre la
raction de Nikratos lorsquil apprend de la bouche
de Dmas cette version de lhistoire (v. 485-520,
trad. J.-M. Jacques, CUF):
Moschion. Ce nest pas bien grave, ce qui est
arriv, pre, des milliers de gens lont dj fait.
Dmas. O Zeus! Quelle insolence! -Alors je vais
te poser la question devant tout le monde: de qui
est-il cet enfant? Dis-le donc Nikratos, si a ne
tefraie pas!
Mo. Par Zeus, bien sr, mais je suis efray de le
lui dire, lui? a va le fcher!
Nikratos. Non, mais tu es le dernier des derniers!
Je commence tout juste souponner lhorrible
chose qui sest passe! (urovortv yop opoot tqv
tuqv xot toorqo to yryovo oit rotr)
85
Voir par exemple Martial 1998, ainsi que Fine-Martial
2006.
86
Par ex. le terme patrophonos, meurtrier de son pre.
87
Clay 1982. Sur la dik kakgorias, voir Mlze Modrze-
jewski 1998.
88
Becker 1985, 37.
186
Ludi Chazalon Jrme Wilgaux
Mo. Ca y est, je suis fchu!
De. Tu vois ce que je veux dire Nikratos?
Ni. Et comment! Cest pouvantable! Les amours
de Tre, ddipe, de Tyeste et de tous les autres,
pour autant quon en sache quelque chose ce nest
rien du tout ct de ce que tu as fait (c rovortvov
rpyov c to Tqprc irq Ototrou tr xot Ourotou
xot to tcv oiicv, ooo yryovo qtv rot oxouoot,
txpo rotqoo).
Mo. Moi?
Ni. Tu as eu cette audace! Tu nas pas recul?
Dmas, il te faudrait le courage dAmyntor pour
laveugler.
De. ( Moschion) Cest ta faute, si prsent il
sait tout.
Ni. Qui donc pourrais-tu respecter? De quoi
nes-tu pas capable? Et je te donnerais ma flle en
mariage? Je prfrerais encore et l je touche du
bois avoir pour gendre Diomnestos
89
: au moins
tout le monde me plaindrait.
De. Je voulais que a reste entre nous.
Ni. Ne sois pas un esclave, Dmas, si ctait mon
lit quil avait souill, jamais ni lui ni sa complice
nauraient loccasion de recommencer. Demain ma-
tin, jarriverais le premier au march et je vendrais
cette femme. Je dshriterais mon fls. Alors il ny
aurait pas un coifeur vide, pas une promenade,
mais tous seraient l installs ds laube parler de
moi, et reconnatre que Nikratos est un homme,
et quil a justement poursuivi un meurtre!
Mo. Quel meurtre!
Ni. Jappelle meurtre tout ce quon fait quand
on se rvolte!
() Ni. Jenrage sa vue; tu oses me regarder,
barbare? Pire quun Trace
90
?.
La scne est comique, et Nikratos se ridiculise
par lexcs de ses reproches (la relation sexuelle
est assimile un meurtre). Il est clair cependant
quune relation entre un fls et la matresse de son
pre est perue comme criminelle. Le vocabulaire
employ (o or qo, ro vortvov r pyov, u pt c, ot
ou vc), les allusions dipe et Tyeste lattes-
tent, et le rapprochement efectu avec Tre,
deux reprises, est bien sr suggestif: la fn du IV
e

sicle, les relations entre afns, du vivant du parte-
naire qui avait cr la relation dafnit, constituent
des adultres considrs comme particulirement
monstrueux, ds lors assimils des incestes entre
consanguins.
Si les seules relations de parent prohibes expli-
citement mentionnes dans les sources grecques des
V
e
et IV
e
sicles sont des relations de consanguinit,
le mythe de Tre, tel quil est trait par les auteurs
de cette priode, constitue un bon exemple du
fait quentre ces interdits, qui correspondent ce
que nous-mmes appelons inceste, et des relations
interdites par la loi pour des motifs autres que la
proximit parentale, tel que ladultre, apparat une
catgorie intermdiaire de relations qui font lobjet
dune dsapprobation certaine et sont assimiles
aux relations entre consanguins sans tre tout
fait confondus avec celles-ci. Les adultres entre
afns sont dautant plus condamnables, sacrilges,
quils se commettent entre parents. Le vocabulaire
employ pour dcrire et dnoncer ces relations, les
allusions frquentes des hros incestueux, nous
incitent les considrer comme des litotes de lin-
ceste, pour reprendre lexpression de M. Delcourt
91
.
Il est ds lors frappant de constater que si les
sources les plus anciennes, littraires et iconogra-
phiques, mettent avant tout en scne les crimes f-
minins, les sources postrieures Sophocle insistent
dsormais sur lunion infme ralise par Tre et ne
cessent de la dnoncer
92
. La manire dont Pausanias
rsume lintrigue dans sa Prigse est de ce point de
vue loquente: On dit que Tre, qui tait lpoux
de Procn, dshonora Philomle, agissant ainsi
contre la loi des Grecs (kata nomon), et de plus il
mutila la jeune flle et obligea les femmes en tirer
vengeance (I, 5, 4, trad. M. Yon, Maspero, 1983).
Premire occurrence dans nos sources de la bar-
barie de Tre et du viol commis sur Philomle,
la tragdie de Sophocle attribue donc cet acte
une valeur symbolique dune mme porte que
le meurtre dun enfant par sa mre et lanthropo-
phagie, et dplace dsormais sur Tre lattention
des commentateurs. En apportant une explication
aux actes fminins, lenchanement des crimes,
89
Nous ne savons pas de qui il sagit.
90
Nouvelle allusion Tre bien sr.
91
Delcourt 1959, 64. Cfr. galement Ghiron-Bistagne 1982;
Ghiron-Bistagne 1985.
92
Outre Ovide bien videmment, citons par exemple Antholo-
gie Palatine, 9.70.2, hou themitn lechen, la couche interdite;
Achille Tatius, Leucipp et Clitophon, V, 4, ers paronomos,
amour illgitime.
187 Violences et transgressions dans le mythe de Tre
runissant les trois transgressions majeures du
monde grec, souligne ainsi la gravit des faits im-
puts Tre, et ds lors, la tragdie de Sophocle
peut tre interprte comme le tmoignage dune
claire rprobation lgard des unions entre afns,
du vivant du conjoint, rprobation de plus en plus
sensible au cours des sicles suivants. Ce qui pour-
rait ntre considr que comme un moment parmi
dautres de llaboration du mythe nous parat donc
pouvoir tre apprhend, dun point de vue anthro-
pologique, comme une construction symbolique
particulirement rvlatrice dune volution des
mentalits et des normes sociales.
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1. Lo scavo dellarea occidentale
La ripresa del progetto Kyme
1
ha oferto loppor-
tunit di indagare un nuovo ampio settore che si
ubica ad ovest della Porta Mediana, a 160 m. di
distanza da questa e, fno a tempi molto recenti,
occupato da un ippodromo clandestino
2
.
La determinazione del sito stata motivata dalla
esigenza di defnire landamento delle fortifcazioni
settentrionali nel tratto pi occidentale che, appros-
simandosi alla linea di costa, doveva ricongiungersi
con la cinta che in alto proteggeva lacropoli. La
consultazione preliminare della cartografa storica e
delle fotografe aree aveva favorito la suggestione di
un percorso viario e di un accesso di raccordo tra la
porta documentata sullacropoli, la citt bassa ed il
mare. Ad avvalorare lipotesi della presenza di una
porta marina concorre, del resto, la documentazio-
ne darchivio che, sulla scorta delle indagini condotte
dal Fiorelli cita espressamente lesistenza di tre porte
sul fronte nord delle mura di cui una poco lungi
dal mare
3
. Come vedremo le evidenze rimesse in
luce hanno vanifcato tali suggestioni, rimandando
a future indagini la ricerca della porta occidentale.
Per consentire una puntuale strategia di scavo
stato deciso di efettuare una campagna di perfora-
zioni geoarcheologiche ubicate sulla prosecuzione
delle fortifcazioni esterne individuate presso la
porta mediana
4
. I risultati sono stati molto soddi-
sfacenti per quanto riguarda la verifca dello stato
di conservazione delle strutture antiche: le mura di
epoca ellenistica e tardo-arcaica intercettate dalle
perforazioni, infatti, risultano conservate per circa
4 m. di altezza, corrispondenti a 9 flari di blocchi
5
.
Accanto a tale dato positivo, per, risultato subito
evidente un elemento di preoccupazione che ha
fortemente compromesso e condizionato lo svolgi-
mento delle indagini, ed in particolare il recupero
del contesto oggetto della presente relazione. Le
rilevazioni geologiche, infatti, hanno verifcato
laforare della falda freatica a quote estremamente
superfciali, circa 1,9 m. dal piano campagna, con
conseguente risalita delle acque di superfcie in
condizioni di clima umido sino alla quota di circa
1,5 m. slm rendendo necessario limpianto di un
sistema di well-points.
A seguito della rimozione delle manomissioni mo-
derne e post antiche
6
larea apparsa intensamente
IL MURO DI ARISTODEMO E LA CAVALLERIA ARCAICA
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
1
Desidero esprimere i miei ringraziamenti al prof. B.
dAgostino che ha accompagnato e seguito sempre la mia
formazione e che mi ha oferto la possibilit di collaborare alle
ricerche sulle fortifcazioni di Cuma.
La ripresa del progetto, con la direzione scientifca del prof.
Bruno dAgostino, ha avuto inizio nellautunno del 2004 e si
protratta, con brevi soluzioni di continuit, fno al mese di
aprile 2006. Larea di interesse misura 38,5 m. di lunghezza per
23,5 m. di larghezza.
2
I risultati scientifci delle indagini precedentemente con-
dotte sono raccolti in Cuma 1, con bibliografa precedente.
Una recente puntualizzazione sullo sviluppo delle fortifcazioni
settentrionali stata oferta da B. dAgostino, V. Malpede, La
citt greca: mura e impianto urbano, in Museo Archeologico
Campi Flegrei 1, pp. 130-133.
3
Tali notizie sono state riportate da Adelia Pelosi, Premessa per
la ripresa delle indagine a Cuma, in AIONArchStAnt 15, 1993,
pp. 59-76, in particolare p. 62; Cuma 1, p. 18.
4
Le indagini geoarcheologiche sono state condotte dalla
Tecno In s.p.a. con la direzione del dott. Lucio Amato e la
collaborazione della dott.ssa Carmela Guastaferro.
5
Le mura tardo-arcaiche si conservano per 4,6 m. di altezza,
con 2 flari in ortostati e 7 in assise piane; le mura ellenistiche
per 3,81 m., con tutti i flari in assise piane.
6
Il settore di indagine risultato fortemente compromesso
da interventi moderni relativi allallestimento di un ippodromo
clandestino, con la conseguente ubicazione di una pista per
le corse e, sul lato sud dellarea, linstallazione di ambienti di
servizio con piano in cemento.
192
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
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)
.

193 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
occupata. Sul lato settentrionale stato possibile
individuare la prosecuzione delle fortifcazioni
nella loro complessa articolazione planimetrica, che
nello sviluppo diacronico vede potenziare il sistema
difensivo attraverso laggiunta di nuove cinte. Cos
come documentato presso la Porta Mediana
7
, le
nuove fortifcazioni serrano al loro interno quelle
pi antiche: mediante strutture in scaglie e briglie
che si addossano alle cortine precedenti, gli archi-
tetti greci hanno potuto garantire la coesione dei
vari sistemi (fg. 1)
8
.
Elementi di novit rispetto a quanto sino ad ora
noto del sistema difensivo della citt bassa sono
stati il riconoscimento di una pi antica fase delle
fortifcazioni rinvenuta solo per un breve tratto e
lindividuazione di una torre che si addossa alla
cortina tardo-arcaica in epoca classica.
La nuova fortifcazione (alto-arcaica), ascrivibile
sulla base dei materiali rinvenuti tra la fne del VII
e gli inizi del VI a.C., inglobata allinterno dei due
sistemi a doppia cortina e presenta fodere interne in
grosse scaglie e terrapieno centrale. La disposizione
dei blocchi riprende lo schema di messa in opera
quadrata con cortine fortemente a scarpa, ma uti-
lizza moduli dimensionali inferiori
9
. La medesima
irregolarit si riscontra nelle fodere interne, qui
realizzate con grosse scaglie che si incastrano tra
loro andando a colmare gli interstizi tra i blocchi
della cortina, solo appena sbozzati sulla faccia non
a vista. Lampiezza complessiva della fortifcazione
risulta di 2,63 m., larghezza misurata nel punto
pi elevato conservato, non essendo nota la quota
dimposta non determinabile, purtroppo, lam-
piezza alla base.
7
Cuma 1, pp. 7-19 e pp. 23-52.
8
Le planimetrie sono state realizzate dallo studio Calcagno
e Associati, la sezione stratigrafca e le foto di scavo sono opera
di chi scrive, i disegni dei materiali sono della dott.ssa Nadia
Sergio che ha curato anche la rielaborazione della sezione; le
fotografe dei resti faunistici e lelaborazione dei grafci sono di
Alfredo Carannante e Marianna Della Vecchia.
9
I blocchi rilevabili mostrano valori compresi tra 0,32-0,28
m. di altezza, per 0,45-0,40 m. di spessore e 0,80-0,35 m. di
lunghezza.
Fig. 2. Sezione stratigrafca nord-sud del comparto ellenistico (scala 1:50).
194
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
La torre a pianta rettangolare, con diaframma
interno a croce
10
, fa invece parte di una sistema
funzionale al sostegno di nuove e possenti macchine
da guerra di cui si riconosce una seconda attestazio-
ne 53 m. ad oriente. Limpianto delle torri appare
realizzato almeno nella seconda met del IV sec.
a.C., come suggeriscono i pochi materiali rinvenuti
in associazione con le strutture
11
.
In epoca ellenistica, infne, viene aggiunto lultimo
raddoppiamento alle fortifcazioni: lunghe briglie
che si appoggiano alla cortina tardo-arcaica creano
concamerazioni di circa 2,8 m. di lunghezza e 1,8-
2,2 m. di larghezza, andando quasi ad annullare
laggetto delle torri, comprese e nascoste allinterno
del nuovo sistema.
In epoca tardo ellenistica si registra una trasforma-
zione funzionale dellarea, che sebbene parziale, ha
comportato notevoli modifche alle strutture preesi-
stenti. Il circuito interno delle mura viene in questo
punto sostanzialmente annullato, a difesa della citt
restano solo le cortine esterne di epoca ellenistica.
Sul versante interno, infatti, si realizza un edifcio
per manifestazioni sportive uno stadio il cui im-
pianto prevede gradinate per il pubblico in blocchi
di tufo (verosimilmente divelti dalle cortine interne)
che si afacciano su un pista il cui tracciato non
stato rinvenuto poich esterno allarea di indagine.
A tale impianto, la cui realizzazione sembra porsi
tra la fne delle guerre annibaliche e il 150 a.C.,
verr aggiunto tra la seconda met del II e gli inizi
del I a.C. un Tribunal rilevato su doppio podio
12
.
Ledifcio a partire dal II d.C. andr in disuso,
come comprovano limpianto di una fornace e la
discarica di potenti strati di accumulo sulle sue
gradinate che vengono ora completamente obli-
terate. In corrispondenza del Tribunal, in questo
stesso periodo, si assiste ad una trasformazione
dellambiente che viene destinato ad una nuova
ed al momento non precisata funzione. Lassetto
planimetrico della struttura non subisce modifche,
se non allesterno di essa: ai lati est ed ovest, in posi-
zione simmetrica rispetto al vano, si realizzano due
piccole vaschette in cui vengono raccolte le acque
piovane, attraverso un sistema di troppo pieno le
stesse venivano convogliate verso lesterno tramite
canalette, realizzate rilavorando i blocchi delle
gradinate dei flari superiori.
A giudicare dai dati raccolti, sul fronte settentrio-
nale esterno le fortifcazioni restano ancora in uso,
la loro decadenza sembra ascrivibile a partire dal
periodo tardo antico, momento in cui sono tagliate
le trincee di spoglio dei blocchi.
1A. Le indagini nel comparto ellenistico
La necessit di puntualizzare la cronologia della
fase ellenistica delle fortifcazioni ha portato alla
decisione di svuotare dagli strati di emplekton una
delle sue concamerazioni
13
. Le indagini si sono
concentrate nel comparto aderente al muro peri-
metrale est della torre di epoca classica. Lo scavo ha
raggiunto la profondit massima di -1,65 m. slm
(h. totale 3,30 m.), quota alla quale la risalita della
falda freatica ha reso necessario arrestare le indagini,
impedendo la rimozione esaustiva del contesto in
esame (fg. 2).
La successione degli strati risulta caratterizzata
da accumuli composti prevalentemente da grosse
scaglie di tufo giallo oppure da taglime di tufo,
risultanti dalla rifnitura in situ dei blocchi, alter-
nati a strati con matrice prevalentemente limosa di
colore grigio, questi ultimi verosimilmente asportati
dallarea esterna alle mura.
I primi due strati della sequenza risultano
composti da un getto di scaglie di tufo disposte
in modo caotico; tra i materiali rinvenuti si regi-
stra la presenza di frammenti ascrivibili ad epoca
tardo-antica / altomedievale che fanno pensare ad
un rimaneggiamento della stratigrafa nei suoi livelli
10
La torre nel suo sviluppo complessivo misura 6,4 m. di
lunghezza per 4,6 m. di larghezza.
11
Tra i pochi elementi diagnostici frammenti di coppette a
vernice nera di produzione attica e neapolitana riferibili alle
specie Morel 2710 e 2780 e un piccolo frammento di coperchio
di lekane a fgure rosse della seconda met del IV a.C.
12
Lo studio del monumento curato dal dott. Marco Giglio
nellambito di un Dottorato di Ricerca svolto presso LUniversit
agli Studi di Napoli LOrientale; M. Giglio, La scoperta dello
stadio di Cuma e una iscrizione osca di magistrato, in Museo
Archeologico Campi Flegrei 1, p. 302. Notizia del ritrovamento
stata presentata al XLVIII Convegno della Magna Grecia,
Taranto 2008, i cui atti sono di prossima edizione.
13
Tra i pochissimi elementi diagnostici recuperati, un orlo
di coppetta Morel serie 2424 ed un orlo di patera Morel specie
1520 databili agli inizi del III sec. a.C., un fondo di skyphos
attribuibile alle serie della fne del IV inizi del III a.C. Con le
medesime fnalit di puntualizzazione cronologica un analogo
intervento di scavo era stato condotto presso la porta mediana,
dove era stato svuotato il secondo comparto ellenistico del brac-
cio ovest della porta. Gli elementi diagnostici qui rinvenuti in
maggiori attestazioni hanno consentito di porre la costruzione
dellampliamento ellenistico nella prima met del III sec. a.C.,
Cuma 1, pp. 49-52.
195 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
pi superfciali
14
. Seguono nella sequenza gli strati
32067 e 32068 che si caratterizzano per la drastica
riduzione delle scaglie e la prevalenza del taglime di
tufo. A partire dalla quota assoluta di 0,0m slm si
riconosce un potente strato a matrice limo-sabbiosa
di colore grigio, ben addensato, che ha restituito
frequenti reperti ceramici e laterizi a alto indice di
frammentariet, ma anche ciottoli di fume, frustuli
carboniosi e reperti malacologici ed osteologici
(32069). Le caratteristiche compositive dello strato
ed i reperti in esso rinvenuti fanno pensare che il
terreno sia stato asportato dal retrostante ambiente
palustre. Povero di materiali risulta, invece, lo strato
sottostante, composto nuovamente da un getto di
scaglie e taglime di tufo giallo (32075).
Lultimo strato rinvenuto che colma interamente
il comparto (32076) si caratterizza per la matrice
limosa di colore grigio; come lo strato 32069,
anchesso restituisce frequenti frustuli carboniosi,
litici arrotondati e frammenti ceramici prevalente-
mente ad alto indice di frammentariet. La forma-
zione di tale strato conseguenza di unopera di
livellamento dellarea interna alla concamerazione,
dopo il taglio operato nella stratigrafa pi antica
per la posa delle strutture di fondazione
15
. Tra i
materiali rinvenuti nello strato, di grande interesse
risultano due punte di freccia piramidali in bronzo
del cd. tipo scita a tre alette
16
(fg. 3, nn. 1, 2) e
gli abbondanti reperti faunistici in giacitura secon-
daria riconducibili ad individui di Equus caballus,
Bos taurus, Canis, Ovis vel Capra, Sus, specie che,
come vedremo, si ritroveranno anche nei contesti
sottostanti ed in signifcativa correlazione con essi
17
.
Con la rimozione dello strato 32076, alla quota
di -0,58 m. slm, stata individuata la fossa di fon-
dazione delle strutture ellenistiche e, lungo il lato
14
Si tratta degli strati UUSS 32043, 32066; tra i materiali
datanti un frammento di coperchio di ceramica da fuoco
databile tra il II ed il IV d.C. e un frammento di parete dipinta
a bande larghe.
15
In questo strato era la coppetta a vernice nera della serie
Morel 2424 databili agli inizi del III sec. a.C.
16
Nellambito del tipo con tre alette, le punte sembrano
riconducibili a due tipi distinti, il primo trova confronti pun-
tuali nella tomba 207 di Buccino dellultimo terzo del VII
a.C., Johannowsky 1985, fg. 207, n.19, con distribuzione e
bibliografa precedente alle pp. 122-123; il secondo si riconosce
nel tipo 3B,5 three edged, barbed riportato da Snodgrass la
cui difusione sembra attestarsi a partire dal VII secolo fno
al periodo ellenistico, A.M. Snodgrass, Early Greek Armour
and Weapons, Edinburgh 1964, p. 153, fg. 10. Un esemplare
analogo al secondo tipo attestato a Cuma e ritenuto di origine
greca, stato riconosciuto a Pontecagnano negli scavi condotti
nellarea dellabitato dalla missione danese, B. Tang (a cura di),
Hellenistic and Roman Pontecagnano. Te Danish Excavation in
propriet Avallone. 1986-1990, Naples 2007, cat. MM13, p.
144, 4, fg. 118.
17
Come sar evidente dallanalisi del contesto nella sua
interezza, la presenza dei resti, in realt, appare imputabile ad
una seconda manomissione, intervenuta in occasione della
costruzione delle mura ellenistiche. Ad eccezione dei resti di
Equus, naturalmente risulta difcile stabilire quali di essi siano
efettivamente pertinenti al giacimento sottostante e quanti non
siano invece da attribuire ad apporti successivi.
Fig. 3. I materiali datanti dai contesti esaminati (A. scala 1:1; B. scala 1:2 - Disegni di N. Sergio).
1 2
3 4
5
6
7
8
A
B
196
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
occidentale, la prima delle tre riseghe di fondazione
della briglia ovest del comparto (32086). Il fondo
del taglio non stato toccato, il suo svuotamento,
infatti, stato interrotto a 1,15 m. di profondit
(-1,68 m. slm) a causa delle citate difcolt legate
allinnalzamento della falda. I dati registrati con i
sondaggi geoarcheologici consentono tuttavia di
porre la quota dimposta delle strutture ellenistiche
a -2,28 m. slm, circa 0,6 m. pi in basso. Occorre
segnalare che la quota di spiccato delle mura elle-
nistiche coincide con quella rilevata per la torre
di epoca classica, i cui blocchi di fondazione si
individuano allincirca a -0,60 m. slm, sembra per-
tanto che tra lerezione della torre e la realizzazione
dellampliamento delle mura in epoca ellenistica
non si sia registrato alcun innalzamento del piano
di frequentazione esterno.
La fossa di fondazione ellenistica risulta riempita
con gettate progressive di scaglie (32077, 32084,
32094) intercalate da uno strato di taglime di tufo
(32085). Presso langolo costituito dalla briglia
32012 ed il muro tardo-arcaico 32001, tra gli strati
32077 e 32085, si interpone una concentrazione
di scaglie e reperti osteologici pertinenti ad animali
di grossa taglia, immersi in scarsa matrice di colore
scuro (32082). Da tale US proviene un frammento
di antefssa nimbata con decorazione in bianco e
rosso, verosimilmente pertinente ad un esemplare
recuperato nel deposito di resti faunistici 32140,
tagliato dalla fossa di fondazione; appare pertanto
lecito ritenere che almeno una parte dei reperti oste-
ologici siano in giacitura secondaria ed in origine
pertinenti al medesimo contesto.
Al centro della concamerazione si distingueva
nettamente lo strato aderente alla cortina esterna di
epoca tardo-arcaica, inciso dallo scavo delle fosse di
fondazione ellenistiche (32078). Laccumulo, la cui
formazione sembra imputabile a fenomeni naturali,
sembra essersi formato per sedimentazione progres-
siva; nella sezione dello strato sono visibili, infatti,
laminazioni millimetriche costituite da intercala-
zioni di livelli sabbiosi e livelli limosi. La matrice
risulta molto ben addensata e di colore grigio scuro
e restituisce frustuli carboniosi frequenti, reperti
malacologici molto frammentati, litici arrotondati
e frequenti frammenti ceramici a alto indice di
frammentariet. Tra i materiali diagnostici pochi
frammenti di coppette a vernice nera consentono di
porre lo strato genericamente alla fne del IV secolo
a.C.
18
(fg. 3, nn. 3-4). Rimosso lo strato naturale
32078 stato distinto un secondo strato di forma-
zione naturale la cui matrice risulta francamente
sabbiosa, a granulometria medio-grossolana e di
colore grigio. Anche in questo caso sono presenti
materiali a vernice nera ascrivibili alla fne IV sec.
a.C. (32104)
19
(fg. 3, nn. 5-7). A meridione, lungo
i blocchi della cortina esterna tardo-arcaica, corre
un modesto avallamento riempito da uno strato a
matrice limo-sabbiosa e dalla composizione ete-
rogenea (32103). Esso si formato a seguito del
percolare, lungo la parete obliqua della cortina, delle
acque piovane che hanno disturbato e rimescolato i
sedimenti naturali qui depositati. Coperto dalla US
32104 e disturbato dalla US 32103, un ulteriore
strato di formazione naturale (32108). La tessitura
della matrice risulta ben addensata, il colore bruno e
la granulometria molto sottile; restituisce frequenti
frustuli carboniosi con flamenti nerastri nel corpo
dello strato, imputabili a tracce di materia organica
decomposta. Lo strato restituisce vari frammenti
di ossa animali a basso indice di frammentariet e
reperti ceramici non spiccatamente diagnostici
20
.
Vista nella sua complessit la sequenza di strati di
formazione naturale sembra costituire un contesto
omogeneo, anteriore alla realizzazione delle fortif-
cazioni ellenistiche e verosimilmente coevo alla fase
di frequentazione documentata dalla costruzione
della torre a pianta rettangolare.
18
Oltre a frammenti pi antichi, tra cui un frammento di
antefssa nimbata a palmetta diritta della met del VI a.C., gi
nota a Cuma in varie aree, serie Rescigno C2105, pp. 204-208;
Cuma 2, fg. A, TTA 507, p. 206; J.P. Brun - P. Munzi, Il san-
tuario periurbano settentrionale, in Museo Archeologico Campi
Flegrei 1, pp. 137-156, in particolare p. 143, sono stati trovati
vari frammenti a vernice nera, tra cui una coppetta del tipo
monoansato specie Morel 6210 (fg. 3, n. 3) ed una coppetta
forse pertinente alla specie Morel 2980 (fg. 3, n. 4).
19
Tra i materiali presente un coperchietto solo vagamente
assimilabile alla serie Morel 9121 per la confgurazione della
calotta ma non per il pomello, la serie si riferisce ad esemplari
da Volterra datati tra fne IV e III sec. a.C., Montagna Pasqui-
nucci, La ceramica a vernice nera dal Museo Guarnacci di
Volterra, in MEFRA, 84, 1972, 2, pp. 269-498, fg. 4, n. 172
(fg. 3, n. 5); accanto a questo 4 coppette ad orlo rientrante
le cui dimensioni rendono purtroppo difcile un corretto
riferimento tipologico, una di esse sembra riferibile al tipo
Agor XII, n. 832 della seconda met del IV a.C. (fg. 3, n.
6), un altro esemplare rimanderebbe invece alla specie Morel
2780, probabilmente alle serie databili a partire dalla fne del
IV a.C. (fg. 3, n. 7).
20
Tra i frammenti, pareti di vernice nera genericamente
riferibili alle produzioni del IV sec. a.C.
197 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
La formazione della sequenza sembra imputabile
ad un progressivo apporto di depositi limo-sabbiosi
che hanno inglobato i materiali che nel corso del
tempo si erano depositati nellarea esterna alle mura
anche per efetto della costruzione della torre. La
puntualizzazione cronologica degli strati, nonch
losservazione che la loro quota di rinvenimento
risulta coincidente con quella delle riseghe di fon-
dazione dei muri perimetrali della torre, infatti,
sembra avvalorare la messa in fase degli strati con
la struttura: seconda met / fne del IV secolo a.C.
Lasportazione dello strato 32108 (a partire dalla
quota di -1,27m. slm) ha riportato alla luce nuovi
strati di formazione naturale in cui giacevano rile-
vanti concentrazioni di resti faunistici. La prima di
queste si compone di un modesto insieme di parti
animali che non conservano pi loriginaria connes-
sione anatomica (32136). Tra le specie riconosciute
compaiono: Bos taurus, Canis, ed Equus caballus. La
concentrazione si riconosce in prossimit del margine
del cavo di fondazione della briglia ellenistica ed
da questo tagliato; essa si conserva solo per una mo-
desta fascia di circa 0,40 m. di lunghezza e 0,20 m.
di larghezza. I resti poggiano su un deposito limoso
di modesto spessore di origine naturale (US 32137)
costituito da terreno cineritico a granulometria
limosa, di colore grigio con matrice addensata ed
omogenea. Il margine di defnizione con lo strato
soprastante (32108) difuso, netto con quello infe-
riore. Lo strato si estende su tutta la zona risparmiata
dalle fosse di fondazione delle strutture ellenistiche,
mentre a sud aderisce alla faccia a vista esterna della
cortina tardo-arcaica (32001). Linterfaccia superiore
in lieve pendenza verso nord, lo spessore modesto.
Ai non numerosi reperti scheletrici rinvenuti nello
strato stato attribuito il numero di US 32138, gli
individui riconosciuti appartengono alle specie Ovis
vel Capra, Sus, Canis, Equus caballus, questultima
in particolare presente con un elevato numero di
attestazioni. I materiali ceramici associati registrano,
invece, una forte riduzione non ofrendo agganci
cronologici certi.
Coperto dallo strato 32137, alla quota di -1,46 m.,
si riconosce su tutta larea risparmiata dai cavi di
fondazione uno strato di spessore assai modesto
con margini di defnizione netti, caratterizzato da
una matrice cineritica a granulometria limosa e
da un colore nero (32139); sul lato meridionale,
non interessato dai cavi di fondazione, tale strato
aderisce alla faccia a vista della cortina esterna di
epoca tardo-arcaica. La colorazione nerastra del
limo risulta caratteristica di un ambiente riducente
a scarsa energia e indica una fase di deposizione di
sedimenti sottili ricchi di sostanza organica in un
contesto che viene sommerso per efetto della de-
posizione dei sedimenti limosi soprastanti (32137).
Sigillato dallo strato 32139 si rinviene un interes-
sante deposito di resti faunistici emergenti alla quota
assoluta di -1,44 / -1,54 m. slm (32140)
21
(fg. 4).
Su tre lati il contesto compromesso dalle fosse di
fondazione di epoca ellenistica; a sud si appoggia
alla cortina esterna di epoca tardo-arcaica. Le parti
scheletriche risultano deposte in un insieme molto
concentrato, spesso sovrapposte tra loro. Si ricono-
scono resti di individui adulti di Equus caballus e
di Canis. Di questultimo si conservano numerose
parti riconducibili a varie porzioni anatomiche lun-
go il limite est del contesto, tagliato dalla fossa di
fondazione della briglia 32012, in sovrapposizione
ad alcuni resti di Equus caballus.
In molti casi le ossa conservano connessione ana-
tomica. Lungo il limite nord del contesto, ancora in
connessione, sono i resti di vertebre cervicali di un
cavallo il cui capo stato tagliato dalla fossa di fon-
dazione della briglia est, 32011, mentre la porzione
distale degli arti posteriori tagliata dalla fossa per la
briglia ovest, 32012. Alcuni resti appaiono in conti-
guit, ma privi di connessione, altri ancora occupano
posizioni non naturali, indizio di manomissioni suc-
cessive. Il deposito non stato rimosso integralmente
a causa dellimprovviso innalzarsi della falda freatica
che ha reso impossibile la prosecuzione dello scavo.
Restano dunque imprecisati lentit complessiva
dei reperti faunistici ed il loro piano di deposizione;
pochi elementi suggeriscono invece la pertinenza
cronologica del contesto. Accanto ai resti sono
stati recuperati, infatti, un frammento di antefssa
nimbata, forse del tipo a palmetta rovescia
22
, cui ap-
partiene anche il piccolo frammento recuperato nel
riempimento della fossa di fondazione della briglia
ellenistica (US 32082) ed un frammento di grosso
bacino con ansa orizzontale allorlo e decorazione
21
Con il numero 32140 si indicato linsieme dei resti sche-
letrici, con il numero 32142 la pulizia dello strato ed i materiali
archeologici associati ai resti.
22
Dellesemplare si conserva solo parte del nimbo e del ton-
dino con decorazione bicroma in bianco e rosso.
198
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
sub-geometrica
23
(fg. 3, n. 8). Le manomissioni di
epoca classica ed ellenistica rendono indeterminabile
lestensione del contesto, lo scavo dellemplekton della
torre adiacente, infatti, non ha raggiunto le quote
toccate in questo settore
24
.
Seppure limitato nella sua estensione il giaci-
mento risultato di grande interesse, per la natura
dei resti faunistici, per la loro stessa coerenza, ma
soprattutto per le tracce antropiche in essi rico-
nosciute che ne suggeriscono uninterpretazione
fortemente suggestiva.
A. Lupia
2. Analisi archeozoologiche
sui resti faunistici dal
comparto ellenistico
I reperti faunistici prove-
nienti dalle unit stratigraf-
che 32076 e 32136-40, per la
loro particolare abbondanza
e concentrazione, sono stati
oggetto di analisi archeozo-
ologiche.
Le analisi sono state volte
alla determinazione tassono-
mica dei resti, al calcolo del
numero minimo degli indi-
vidui, alla determinazione
della taglia e dellet di morte
degli stessi e allo studio tafo-
nomico delle tracce al fne di
ricostruire il signifcato dei
contesti.
Linsieme costituito da
453 reperti riconducibili a
ossa e denti di mammiferi di
media e grande taglia.
In particolare, lunit stra-
tigrafca 32076 che costitu-
isce il pi profondo livello
dellemplekton di epoca el-
lenistica ha restituito 30 resti di Equus (due denti
e frammenti di 19 coste, di 5 vertebre cervicali e
toraciche, di un ischio, di unulna, di una tibia e
di un femore). Cinque resti presentano tracce di
scarnifcazione e tre di rosicchiamento da parte di
mammiferi di medie dimensioni. Altre tracce an-
tropiche presenti non sono riconducibili a processi
di macellazione. Il femore appare tagliato di netto
allaltezza dellepifsi distale e quasi troncato; singole
incisure profonde prodotte da fendenti o da colpi
di punta sono presenti su due vertebre e sullepifsi
prossimale della tibia.
23
La produzione con impasti convenzionalmente defniti
chiaro-sabbiosi si inquadra tra il VI ed il IV sec. a.C., tipica di
area etrusco-laziale, ampiamente attestata anche in Campania,
A. Scordia, Ceramica dimpasto sabbioso, in P. Pensabene - S.
Falzone (a cura di), Larea sud-occidentale del Palatino tra let
protostorica e il IV secolo a.C.: scavi e materiali della struttura ipogea
sotto la cella del Tempio della Vittoria, Roma 2001, pp. 219-222;
a Roma il bacino con decorazione dipinta presente a partire
dagli inizi del VI a.C. e costituisce una forma difusa soprattutto
nel corso del V per giungere, con esemplari spesso non decorati,
fno al IV sec. a.C. Lesemplare cumano rimanda in particolare
ad un tipo noto a Caere e ritenuto vicino agli esemplari corinzi
con orlo a collare di fne VI-V sec. a.C., tipo N 10 a.1. presente
a Caere con un solo esemplare, G. Nardi, Bacini e sostegni, in
M. Cristofani (a cura di), Caere 3.2. Lo scarico arcaico della Vigna
Parrocchiale, Roma 1991, pp. 381-382, fgg. 551, 579.
24
Tale scavo stato infatti sospeso per ragioni di sicurezza
alla profondit di -1 m.
Fig. 4. Il deposito di reperti faunistici al momento del rinvenimento, US 32140.
199 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
Alcune ossa sono caratterizzate da una colorazio-
ne biancastra e da una fessurazione delle superfci
riconducibili a fenomeni di ossidazione.
Due premolari e un frammento di mascellare di
un bovino adulto sono stati pure rinvenuti nellUS
32076 insieme ai resti equini, a cinque resti di
almeno due ovicaprini (due denti, una vertebra e
frammenti di radio e femore rosicchiati), agli undici
resti di almeno due suini (diversi denti, frammenti
di mascellare e mandibolare e una scapola). Lo stes-
so strato conteneva pure quattro resti (una falange,
un metacarpale, una tibia e una vertebra) di almeno
un cane adulto.
Le US 32136, 32137 e 32138, che rappresentano
una sequenza di apporti progressivi nellambito di
un unico evento naturale che ha interessato larea
antistante le mura nel corso della seconda met-fne
del IV sec. a.C., contenevano 37 resti di cavallo:
tre frammenti cranici e uno di mandibolare con
alcuni denti, 12 vertebre (5 cervicali, 3 toraciche,
4 lombari), una costa, frammenti di 4 omeri, di un
radio, di unulna, di due metacarpali, di 5 coxali, di
3 astragali e di tre metatarsali. Tracce di disarticola-
zione e scarnifcazione sono presenti su almeno tre
vertebre, due degli omeri, su unulna, su un coxale
e su un astragalo. Tre resti presentano anche gnaw
mark. Nelle stesse US sono stati rinvenuti 33 resti
di cane: 5 denti e un frammento di occipitale, 13
vertebre (8 toraciche, 3 lombari, 2 caudali), uno
sternale, una costa, un sacro, una tibia, una fbula,
un metatarsale e 3 falangi. Una delle vertebre di
cane presenta tracce di rosicchiamento da parte di
un altro carnivoro di medie dimensioni.
Due metatarsali destri di bovino e uno di ca-
provino insieme a un epistrofeo e una vertebra
cervicale troncata di netto di un giovane suino
completano linsieme faunistico delle US 32136,
32137 e 32138.
Una decina di reperti presentano un annerimento
del tessuto osseo spugnoso e delle superfci esterne.
Tale colorazione riconducibile alla permanenza
di tali ossa in ambiente riducente piuttosto che a
tracce di combustione.
Un altro strato ricco di reperti archeozoologici
rappresentato dalla US 32140, deposito pertinente
alla fase tardo-arcaica. In esso sono stati rinvenuti
235 resti di cavallo: 8 frammenti di ossa craniali,
tre di mandibolare con diversi denti, un atlante
e tre epistrofei, 47 altre vertebre (8 cervicali, 23
toraciche, 16 lombari), 3 frammenti di sacro, 74
frammenti di coste, 6 porzioni di scapole, 5 di ome-
ri, 4 radi, 2 ulne, 5 metacarpali, 4 coxali, 5 porzioni
di femori e 7 di tibie, 3 calcanei e15 falangi oltre a
diverse ossa carpali e tarsali.
52 resti mostrano tracce di scarnifcazione e/o
disarticolazione antropica e 29 tracce di rosicchia-
mento da parte di carnivori di medie dimensioni.
Altre tracce perimortali presenti sui resti equini
della US 32140 non sono riconducibili a processi
di macellazione o al rovistamento alimentare. Due
vertebre toraciche, un osso zigomatico e una costa
presentano un foro profondo; una tibia destra pre-
senta diverse tracce di fendenti; dallepifsi distale
di un femore destro stata staccata una scheggia
ossea da un colpo inferto di punta mentre un fe-
more sinistro presenta uno sfondamento della parte
mediana per un fendente.
NellUS 32140 sono stati pure rinvenuti due
zigomatici di caprovino e 78 resti di cane: un
epistrofeo, 22 vertebre (5 cervicali, 10 toraciche,
7 lombari), 3 sternali, 39 frammenti di coste, un
coxale, 5 metacarpali e 7 falangi.
Osservando la distribuzione e lorientamento
degli elementi anatomici nella US 32140, si notano
alcuni resti ancora in connessione anatomica (tra
tutti un insieme di vertebre cervicali di cavallo),
altri che presentano una contiguit ma non una
connessione (come un insieme di metatarso, prima
e seconda falange di cavallo e linsieme delle vertebre
di cane) e altri ancora che risultano dislocati rispetto
alle altre ossa circostanti (ad esempio una scapola
in prossimit di un sacro di cavallo).
La sovrapposizione di elementi anatomici corri-
spondenti di individui diversi e la presenza dello
scheletro di cane tra le ossa di cavallo sembra sugge-
rire un accumulo degli individui o di loro porzioni.
Linsieme dei dati, sebbene ancora poco rielabo-
rato, sembra indicare un intervento di dislocazione
sui resti lasciati esposti o un accumulo non ordinato
di intere porzioni anatomiche solo parzialmente de-
composte. Un maggior ordine sembra riscontrabile
nella disposizione delle ossa del cane.
Linsieme dei dati archeozoologici ricavati
dallanalisi dalle diferenti US mostra una costante
presenza nelle varie unit dei resti di cavallo segnati
da tracce di disarticolazione e scarnifcazione e da
gnaw mark, nonch da tracce di fendenti e colpi di
punta non associabili a processi di macellazione.
Tali dati, insieme alla costante presenza dei resti
di cane, suggeriscono la provenienza comune dei
200
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
resti faunistici da un unico deposito originario,
quello ancora riconoscibile nella US 32140, pi
volte rimaneggiato e autorizza a trattare i reperti
provenienti dalle varie unit stratigrafche come
insieme unitario. Il diferente stato di conservazione
e la diferente colorazione dei reperti rinvenuti negli
strati inferiori rispetto a quelli degli strati superiori
riconducibile a processi secondari.
2A. Determinazione tassonomica e calcolo del
numero minimo
Linsieme faunistico analizzato composto dai
resti archeozoologici di cinque taxa di mammiferi:
Equus, Canis, Bos, Ovis/Capra e Sus. Mancano
completamente resti di altri vertebrati e resti ma-
lacologici. I reperti appaiono in un buono stato
di conservazione attribuibile alle caratteristiche
del sedimento inglobante, un fango umido, e
allambiente riducente che ha limitato i processi di
ossidazione delle ossa.
Tra i reperti, scarsissimi sono i resti di Bos taurus (5
reperti, rappresentanti l1% dellinsieme). Due por-
zioni distali dei metatarsali destri di bovino adulto
(che indicano un numero minimo di 2 individui)
e alcuni frammenti cranici tra cui una porzione di
mascellare sinistro con alcuni molari. Mancano altri
resti degli arti posteriori o altre porzioni scheletriche.
Nessun reperto appare combusto.
Scarsi sono pure i resti di ovicaprini (8 reperti,
rappresentanti il 2% dellinsieme). La presenza di
un dente premolare deciduo e di un terzo molare
indica che gli individui sono almeno due, di cui uno
giovane ed uno adulto. Sono riconoscibili tracce di
macellazione ma nessuna traccia di combustione.
Anche per quanto riguarda i resti di suino (13
reperti, rappresentanti il 3% dellinsieme) possi-
bile identifcare almeno due individui, uno giovane
ed uno adulto, di cui ci sono giunte solo porzioni
dello scheletro assiale: vertebre, denti e frammenti
cranici. Manca qualsiasi resto di scheletro appen-
dicolare (arti).
Maggiormente rappresentato il taxon Canis,
con 116 reperti costituenti il 26% dellinsieme
faunistico. I resti sono riconducibili ad almeno due
individui (due tibie destre), di cui un giovane e un
adulto. Nessun resto presenta tracce di macellazio-
ne o di combustione ma sono riconoscibili alcune
tracce di rosicchiamento da parte di carnivori di
medie dimensioni.
La presenza di un femore intero ha permesso di
ricostruire laltezza al garrese di almeno uno dei
cani: 59 cm.
La gran parte dei reperti (304, corrispondente al
68% dellinsieme) rappresentata tuttavia da resti
scheletrici di equidi riconoscibili, mediante analisi
della struttura dentaria, come esemplari di Equus
caballus, escludendo la presenza di asino (fg. 5). Il
calcolo del Numero Minimo fornisce un dato di
almeno cinque individui.
In base allanalisi dello stato di fusione delle epifsi
delle ossa lunghe possibile afermare che almeno
quattro dei cavalli erano adulti e di et superiore
ai 18-24 mesi e che almeno due di questi avevano
superato i 3-3,5 anni di et. Dei cinque cavalli, un
individuo presenta forti patologie ossee: fusione di
una prima ed una seconda falange ed escrescenze sul
corpo di alcune vertebre cervicali, toraciche e lom-
bari (fg. 6). Tali dati paleopatologici indicano forme
artritiche avanzate legate ad una intensa attivit nel
trasporto di carichi pesanti. Gli altri quattro cavalli
erano, invece, in ottime condizioni fsiche e dotati di
una muscolatura possente, come possibile leggere
dalle impronte muscolari sulle ossa.
Lo studio osteometrico delle sole ossa lunghe in-
tere rinvenute (due tibie ed un terzo metatarsale) ha
permesso di calcolare laltezza al garrese di almeno
uno dei cavalli: circa 139 cm.
2B. Tracce antropiche
Sulle ossa compaiono diversi cut marks. Tracce di
disarticolazione e scarnifcazione sono leggibili sui
resti di bovini, suini e ovicaprini. Nessun resto di
cane presenta invece tracce antropiche.
Pi complesso il discorso per quanto riguarda
i resti di cavallo. 70 di essi, su 304, presentano
diferenti cut mark: 23 reperti con tracce riferibili
Fig. 5. Percentuali del numero dei resti per taxa.
201 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
ad azioni di scarnifcazione, otto con tracce di
disarticolazione e 39 con entrambe. Le tracce di
scarnifcazione sono particolarmente abbondanti
e si rinvengono su tutte le parti anatomiche: dalle
ossa craniche alle ossa carpali e tarsali, dal sacro
alle mandibole. Mancano completamente invece
tracce di combustione e di depezzamento. Tali dati
indicano che le carcasse furono smembrate al fne
di rimuovere le fasce muscolari.
Alcune tracce antropiche non sono, tuttavia, rife-
ribili a processi di macellazione. Segni di colpi inferti
con singoli fendenti sono presenti su sei resti: tre fe-
mori, due tibie, una vertebra cervicale (fg. 7) ed una
toracica. In uno dei due femori il fendente caus lo
sfondamento della parte mesiale (fg. 8) fno alla cavit
midollare. Un altro femore presenta, invece, la traccia
di un profondo colpo di punta allaltezza del ginocchio
(fg. 9) che caus il distacco di una scheggia dosso. Un
terzo femore fu troncato di netto nella parte distale da
un fendente. Altri tipi di tracce antropiche leggibili
sulle ossa sono fori di notevole profondit in relazione
al loro diametro non assimilabili a quelli creati dalla
pressione dei canini di carnivori. Tali fori sono stati
individuati su un frammento di osso zigomatico, su
due vertebre toraciche (di cui uno a sezione quadran-
golare, fg. 10) e su una costa e sono la traccia lasciata
dalla penetrazione di punte acuminate di dimensioni
compatibili con punte di freccia.
2C. Gnaw marks
Altri segni non trascurabili sono i difusi gnaw
mark, segni di rosicchiamento, riconoscibili su 34
resti di cavalli, cani e caprovini. Diverse ossa di
cavallo alcune vertebre, tra cui un atlante, e le
estremit di un femore, di un omero, di una falange
e di un ileo appaiono rosicchiate fno al tessuto
Fig. 6. Prima e seconda falange di Equus caballus fuse per patologia artritica (US 32140).
Fig. 7. Vertebra cervicale di Equus caballus in veduta ventrale con tracce di fendente e tracce di rosicchiamento (US 32140).
Fig. 8. Femore sinistro di Equus caballus con sfondamento della parte mesiale dovuta a un colpo fendente (US 32140).
Fig. 9. Femore destro di Equus caballus con traccia di un colpo di punta nella porzione distale (US 32140).
Fig. 10. Vertebra toracica di Equus caballus con foro a sezione quadrangolare sul corpo vertebrale causato da una punta di
freccia (US 32140).
7 8
6
9
10
202
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
spugnoso da carnivori di medie dimensioni; non
compaiono, invece, tracce di rosicchiamento opera-
to da roditori. Alcune impronte di denti premolari
impresse nelle vertebre permettono di identifcare
gli scavenger come canidi. Gli gnaw mark sono
associati sui resti equini alle tracce di macellazione
e ci indica che lazione di sciacallaggio avvenne
sulle ossa gi scarnifcate.
2D. Stato di conservazione
Considerando lo stato di conservazione, linsieme
faunistico presenta due caratteri distinti.
I resti archeozoologici provenienti dagli strati
inferiori (US 32136-32140) dellarea scavata
appaiono in ottime condizioni e non presentano
alcuna traccia di fessurazione per disseccamento. La
maggior parte di essi appare di colore bruno-giallo
ocraceo mentre alcuni presentano la superfcie di
color nero. Un femore e un omero, pur presentando
losso compatto color giallo ocra, sono caratterizzati
da un tessuto spugnoso completamente nero. Tali
dati sono riconducibili alla permanenza delle ossa
nel sedimento fangoso riducente semianossico piut-
tosto che allesposizione a tracce di combustione.
I resti archeozoologici provenienti dagli strati su-
periori dellarea scavata (in particolare US 32076)
appaiono in buone condizioni di conservazione, ma
mostrano fessurazioni da disseccamento secondario
e sono caratterizzati da un colore bianco-grigiastro.
da escludere qualsiasi esposizione al fuoco dei
resti; la colorazione dei reperti attribuibile esclu-
sivamente alle condizioni tafonomiche.
A. Carannante - M. Della Vecchia
Conclusioni
Le analisi archeozoologiche efettuate sui resti
provenienti dalle unit stratigrafche 32076, 32136-
32138 e 32140 mostrano una costanza nelle specie
presenti, nelle tracce antropiche ed in quelle di
rovistamento alimentare che indica con chiarezza la
provenienza dei reperti faunistici da un unico depo-
sito iniziale. Larticolazione del deposito faunistico in
pi strati distinti richiede dunque una spiegazione
che suggerisca la possibile ricostruzione degli eventi.
Il contesto 32140, aderente alla cortina tardo-
arcaica, successivo alla costruzione della stessa,
datata tra la fne del VI e gli inizi del V sec. a.C.
25
,
come dimostrato dai pochi materiali rinvenuti in
associazione, ma soprattutto dalla sequenza stra-
tigrafca riconosciuta. La frequente contiguit e
talvolta la connessione degli elementi anatomici
provenienti da tale strato indica la giacitura prima-
ria dei resti archeozoologici.
Laccumulo dei sedimenti limosi di colore nera-
stro (32139) al di sopra del giacimento faunistico
rapportabile ad una successiva fase di decan-
tazione di fanghi in ambiente riducente. Ad un
momento successivo si ascrivono i resti rinvenuti
nelle US 32136, 32137 e 32138, ritrovati senza
alcun ordine e privi di contiguit e connessione
tra gli elementi anatomici. Le caratteristiche de-
posizionali di tali unit indicano una giacitura
secondaria, conseguente ad un rimaneggiamento
del deposito originario. I materiali faunistici rima-
neggiati furono successivamente ricoperti da una
sequenza di sedimenti a granulometria variabile
(US 32108, 32104, 32078) che hanno restituito
reperti databili nellambito della seconda met-fne
del IV secolo a.C.; sempre in questo periodo
che si pone la costruzione della torre a pianta
rettangolare attigua al contesto considerato. La
stessa realizzazione dei cavi di fondazione dei muri
perimetrali della torre pu quindi spiegare la ma-
nomissione di una parte delloriginario accumulo
di ossa e la sua rideposizione nei livelli soprastanti.
Linsieme dei depositi fnora descritti risulta
ulteriormente disturbato dallampliamento delle
mura di epoca ellenistica. Le fosse di fondazione
delle briglie e della cortina, infatti, tagliano su tre
lati i contesti in esame. In particolare, il ritrova-
mento, lungo il limite nord dello strato 32140,
delle vertebre cervicali ancora in connessione di
un cavallo il cui capo stato tagliato dalla fossa
di fondazione della briglia est, evidenzia come
il deposito sia stato tranciato dallo scavo per le
strutture ellenistiche. Dal riempimento della fossa
di fondazione della briglia ovest, peraltro, pro-
viene un piccolo frammento di antefssa nimbata
che, seppure privo di contiguit, certamente
riconducibile allesemplare rinvenuto nello strato
32140
26
. La porzione dei materiali archeozoologici
25
Sulla datazione di tale fase si rimanda a Cuma 1, pp. 9-11.
Cuma 2, pp. 8-10, p. 153.
26
Si tratta del piccolo frammento di nimbo riconosciuto nello
strato 32082 di cui si detto in precedenza.
203 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
asportata dal contesto US 32140 e dagli strati ad
esso sovrapposti (US 32136-32139) a seguito dello
scavo delle fosse di fondazione fu pertanto ricol-
locata nella concamerazione ellenistica andando
a costituire il primo strato dellemplekton: lUS
32076. La comune origine dei resti faunistici da
un unico accumulo pi volte rimaneggiato legit-
tima una lettura unitaria dei dati archeozoologici.
I resti di bovini, suini e ovicaprini con le loro
tracce di macellazione sono riconducibili ad un
normale consumo alimentare di tali specie. La
maggiore incidenza di tali resti negli strati 32076 e
32136-32138, potrebbe peraltro indicare unorigi-
ne diversa ed al momento non supportata dai dati
raccolti
27
; dal deposito originario 32140 proven-
gono, infatti, solo due frammenti riconducibili a
caprovini, accanto a ben 235 resti di equini e 78
frammenti di cane tutti pertinenti ad uno stesso
esemplare.
Lanalisi dei resti di cavallo ofre un quadro la cui
interpretazione si rivela ben pi complessa. Nella
presentazione dei risultati
raggiunti, naturalmente, va
tenuta in debita considera-
zione la parzialit del conte-
sto esaminato; estendendo
lo scavo nelle aree attigue
non si pu escludere che il
giacimento faunistico risulti
pi articolato nelle sue com-
ponenti tassonomiche.
Le tracce antropiche, non
correlabili ai processi di
macellazione sulle ossa equi-
ne, sono tutte perimortali
e indicano che gli animali
subirono ferite profondissi-
me immediatamente prima
della morte. Tali ferite furo-
no inferte mirando ad aree
precise del corpo dei cavalli,
soprattutto la parte alta degli
arti posteriori, la parte bassa
del collo e la testa (fg. 11).
Le tracce di fendenti, che
arrivano in un caso a sfondare e in un altro a tron-
care i femori, sono da attribuire a violenti colpi di
taglio inferti con lame, mentre un colpo di punta
di una lama sembra essere la causa del distacco
di una scheggia ossea sulla parte distale anteriore
di un terzo femore. I profondi fori presenti sulle
vertebre, su una costa e sullosso zigomatico sono,
invece, riferibili alla penetrazione di punte acumi-
nate rapportabili per dimensioni e forma a frecce.
qui il caso di ricordare il rinvenimento delle due
punte di freccia in bronzo recuperate nello strato
32076, contenente peraltro anche molti resti di
equini in giacitura secondaria
28
. Naturalmente lo
stato dellevidenza non consente di associare le armi
alle ferite, ma probabile che frecce di questo tipo
siano state usate nel corso dellevento traumatico
che ha portato alla morte degli animali. La tipologia
delle frecce rimanda a quella impiegate dagli arcieri
sciti e che, attraverso questi, ha infuenzato anche
larmamento greco di epoca arcaica
29
.
Linsieme dei dati analizzati permette di afermare
27
In questo caso la tentazione di associare i reperti ai resti
di un sacrifcio, forse connesso allerezione delle fortifcazioni,
appare molto forte, ma la frammentariet dei dati priva la loro
lettura della necessaria garanzia di univocit.
28
Come illustrato in precedenza la formazione di tale strato
imputabile allo scavo delle fosse di fondazione ellenistiche ed
alla rideposizione allinterno del comparto del terreno rimosso.
29
A.M. Snodgrass, Armi ed armature dei greci, Roma 1991,
Fig. 11. Distribuzione delle tracce antropiche non correlabili a processi di macellazione
sulle diverse porzioni anatomiche di Equus caballus.
204
Aurora Lupia Alfredo Carannante Marianna Della Vecchia
che almeno alcuni dei cavalli furono coinvolti in una
dura battaglia. Il concentrarsi delle ferite sulla parte
alta degli arti posteriori sembra ben corrispondere
allaltezza di colpi inferti da fanti. La morte dei cavalli
sopravvenuta dopo breve tempo a causa delle ferite
riportate o per abbattimento, come dimostrato dalla
mancanza di tracce di ricostruzione del tessuto osseo
che caratterizza le ferite perimortali.
Lelevata percentuale di tracce di macellazione
attesta, tuttavia, che le carcasse dei cavalli furono
sfruttate a scopo alimentare. La maggior parte di
tali tracce sono riferibili ad azioni di scarnifcazione
piuttosto che alla disarticolazione; tale dato suggeri-
sce unattenta rimozione delle fasce muscolari dalla
testa alle zampe con una scarsa cura, tuttavia, delle
comuni pratiche di macellazione. Sulle ossa equine
manca, infatti, qualsiasi traccia di depezzamento:
nessun resto presenta tracce della suddivisione in
porzioni tipica della macellazione antica che preve-
deva il taglio delle coste in prossimit delle vertebre,
il taglio trasversale delle vertebre e il distacco degli
arti nel punto di articolazione allo scheletro assiale.
Tali dati, in un contesto culturale per il quale il
consumo di carne equina non attestato e nel quale
le pratiche di macellazione seguono in genere rego-
le stabilite, sembrano suggerire una macellazione
atipica, fatta da persone non specializzate e forse in
maniera frettolosa. Unazione volta al procacciamento
di carne sicuramente estranea alle regole del tempo e
probabilmente legata a situazioni di crisi riconduci-
bili a periodi attraversati da importanti eventi bellici.
La presenza di gnaw mark attesta labbandono
delle carcasse scarnifcate allattivit di rovista-
mento alimentare da parte di carnivori di medie
dimensioni. Tale attivit di sciacallaggio pu ben
spiegare la dislocazione delle singole ossa equine
come pure delle porzioni di carcassa con le ossa
ancora in connessione anatomica.
La presenza dei resti di cani nel deposito enig-
matica. A diferenza degli altri resti archeozoologici,
le ossa di questo taxon non presentano tracce di
ferite inferte, n di macellazione, si pu dunque
escludere un loro utilizzo a fni alimentari. Lassenza
di tracce di combustione permette di escludere
anche un coinvolgimento in pratiche rituali. I cani
presenti nel deposito potrebbero essere i responsa-
bili del rovistamento alimentare riconosciuto sui
resti degli altri mammiferi, sebbene la carcassa di
almeno uno dei cani fu tuttavia anchessa oggetto
di sciacallaggio.
A. Carannante - A. Lupia
Commento

Lattento recupero e la tempestiva analisi del
giacimento faunistico qui presentato si devono
alla determinazione e allimpegno della dr.ssa A.
Lupia, che prontamente ne ha intuita limportanza,
sollecitando la mia attenzione e la collaborazione
del dr. Carannante.
Il contesto che emerge dal loro studio estrema-
mente suggestivo: esso giaceva allesterno della cor-
tina tardo-arcaica, deposto sul piano di campagna
coevo alla costruzione di quella cortina.
Come ho avuto modo di ricordare in varie
circostanze, la situazione ambientale ricostruibi-
le allesterno della porta mediana, di fronte alle
mura settentrionali della citt, corrisponde con lo
scenario descritto dalla fonte di Dionigi di Alicar-
nasso a proposito della battaglia di Cuma del 524
a.C.
30
. Lesercito degli assalitori viene costretto in
una angusta fascia di terreno paludoso, stretto tra
la laguna e le mura; il loro numero esorbitante,
carratteristica essenziale di una armata barbarica,
si rivela unarma a doppio taglio, che impedisce ai
cavalieri di compiere liberamente le loro evoluzioni;
cos che i difensori, assai meno numerosi, riescono
ad imporre la loro vittoria. Si tratta di un topos,
ricorrente in situazioni del genere, nelle quali la
metis, la pronoia del greco si scontra con la hybris,
la mancanza di misura del barbaro. Ma, nel caso
di Cuma, la fgura retorica era suggerita da una
perfetta conoscenza dei luoghi, che spesso emerge
nel racconto di Dionigi ed merito della sua fonte.
pp. 110-113. Per la distribuzione in Italia meridionale di tali
frecce, Johannowsky 1985, pp. 122-123, con bibliografa pre-
cedente, lautore sottolinea come la presenza di tali manufatti
ricorra, oltre che in sepolture di guerrieri, anche nei santuari
come prede consacrate.
30
D.H. VII, 3.4.1-3. Sulla battaglia del 524 a.C., e il ruolo
della cavalleria cumana, cfr. Lubtchansky 2005, pp. 130 ss. Sullo
scenario storico cfr. da ultimo A. Mele, Cuma tra VI e V secolo,
in Atti XXVI Convegno di Studi Etruschi e Italici su Gli Etru-
schi e la Campania settentrionale, novembre 2007, c.s., e la sua
relazione Cuma in Opicia tra Greci e Romani in occasione del
XLVIII Convegno di Studi della Magna Grecia su Cuma svoltosi
a Taranto nellautunno del 2008 che, grazie alla generosi dellA.,
ho potuto leggere prima della pubblicazione.
205 Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
Si tratta dunque di un paesaggio storico, ca-
pace di evocare con le sue stesse caratteristiche,
lambientazione e le dinamiche di eventi antichi. I
cavalli da noi rinvenuti sono caduti in uno scontro
di cavalleria avvenuto al tempo di Aristodemo. Lo
dimostra la loro statura possente, il tipo delle ferite
che ne hanno determinato la morte. Sicuramente
non si tratta per della battaglia del 524 a.C., in cui
Aristodemo, poco pi che giovinetto
31
, si impone
come il pi valoroso dei giovani cavalieri cumani:
scenario di quella battaglia furono le mura del pe-
riodo arcaico, successivamente inglobate da quelle
fatte costruire dal tiranno.
Indipendentemente da quanto emergeva dalla
serrata analisi delle fonti sul mondo euboico e le
fondazioni euboiche della Magna Grecia, ed in par-
ticolare sul circostanziato racconto delle vicende di
Aristodemo e della battaglia di Cuma, si perpetuava
un serrato dibattito tra gli storici moderni, che ri-
proponeva due questioni di fondo: se nella Grecia
arcaica esisteva una vera e propria cavalleria, com-
posta cio di guerrieri che combattono a cavallo; se
questo genere di cavalleria avesse efettivamente in
et arcaica limportanza decisiva che le attribuiscono
le fonti storiche di et ellenistica e romana.
Per comprendere limportanza di questi dati, oc-
corre ricordare brevemente i termini del problema
32
.
Il dibattito rimonta agli inizi del 900, quando W.
Helbig sostenne che non esisteva in Italia una vera
e propria cavalleria prima del IV sec. a.C.: prima di
quellepoca, i cavalieri erano in realt opliti a cavallo.
Il dibattito, che aveva una importanza determinante
per la ricostruzione della storia sociale e politica di
Roma arcaica, oppose A. Alfldi e A. Momigliano in
una serrata polemica durata circa ventanni a partire
dalla met del secolo. La tradizione tramandata da
Dionigi a proposito della battaglia di Cuma lunica
fonte relativa alla cavalleria campana e alla sua impor-
tanza decisiva in uno scenario di battaglia riferibile
al periodo arcaico. Ancora in anni recenti questa
tradizione, da alcuni studiosi
33
, veniva giudicata
anacronistica, sostenendo che, allepoca, la guerra di
tipo oplitico doveva essere dominante. Loperazione
aveva implicazioni di vasta portata, dal momento
che lesame della tradizione letteraria relativa alle
citt dellEubea mostra come la pratica equestre
fosse un elemento importante nella strutturazione
sociale e nella stessa paideia aristocratica; questo
legame appare particolarmente evidente dallesame
delle fonti relative alla societ cumana del tempo
di Aristodemo
34
. Raramente capita che levidenza
archeologica possa avere una rilevanza decisiva in
problemi storici di questa portata: dai dati che sono
stati presentati possibile ricavare una volta per
tutte una risposta afermativa ai quesiti che sono
stati al centro del dibattito storico, confermando in
modo impressionante la descrizione di una battaglia
simile a quella tramandata da Dionigi di Alicarnas-
so, dalla quale prese le mosse la carriera del tiranno
Aristodemo.
B. dAgostino
Abbreviazioni supplementari:
Agor XII = B.A. Sparkes - L. Talcott, Black and
plain pottery of VI
th
, V
th
, IV
th
century
B.C. (Te Athenian Agor XII), Prin-
ceton 1970.
Cuma 1 = B. dAgostino - F. Fratta - V. Malpe-
de, Cuma. Le fortifcazioni 1. Lo scavo
1994-2000, Napoli 2005.
Cuma 2 = M. Cuozzo - B. dAgostino - L.
Del Verme, Cuma. Le fortifcazioni
2. I materiali dai terrapieni arcaici,
Napoli 2006.
Johannowsky 1985 = W. Johannowsky, Corredo tombale
da Buccino con punta di freccia
scitica, in AIONArchStAnt VII,
1985, pp. 115-123.
Lubtchansky 2005 = N. Lubtchansky, Le cavalier tyrrh-
nien - Reprsentations questres dans
lItalie archaque, Rome 2005, pp.
130 ss.
Morel 1981 = J.P. Morel, Cramique campanienne,
les formes, Rome 1981.
Museo Archeologico
Campi Flegrei 1
= F. Zevi et alii (a cura di), Museo Ar-
cheologico dei Campi Flegrei. Catalogo
generale. 1. Cuma, Napoli 2008.
Rescigno 1998 = C. Rescigno, Tetti campani, Roma
1998.
31
La defnizione di antipais indica una classe det tra i 16
e i 18 anni.
32
Lubtchansky 2005, pp. 1 ss.
33
K.-W. Welwei, Die Machtergreifung des Aristodemos von
Kyme, in Talanta 3, 1971, pp. 44-55.
34
A. Mele, Aristodemo, Cuma e il Lazio, in M. Cristofani
(a cura di), Etruria e Lazio arcaico, Roma 1987, pp. 155-177;
Lubtchansky 2005, pp. 23 ss., e ora le relazioni di A. Mele
citate supra alla nota 30.
1. Una ninfa rara
Si tributa onore a una statua in bronzo di Eco,
che riesci a vedere penso mentre porta la mano
alle labbra
1
. lunica trattazione iconografca
antica che si sofermi positivamente, almeno un
istante, sullimmagine della ninfa. Qualche secolo
dopo, infatti, Ausonio sottolineava linutilit dello
sforzo degli artisti di dare un volto e un corpo,
aggiungerei a una dea, a cui fa dire: dipingi il
suono, se vuoi dipingere qualcosa che assomigli a
me
2
. In efetti difcile conferire una forma a un
personaggio, la cui unica caratteristica distintiva
ha a che fare con la voce. Secondo il gesto indicato
da Filostrato, infatti, la si vedeva su un quadro nel
triclinio 49 dealla Domus dei Dioscuri
3
, ma an-
che, alcuni secoli prima, su unhydria a fgure rosse
in compagnia di Artemide
4
. Sono queste pressoch
le uniche rappresentazioni sicure di questa ninfa,
altrimenti inferita esclusivamente sulla base della
presenza di Narciso
5
.
Il fatto potrebbe stupire, in considerazione anche
dellalta frequenza del tema di Narciso, che a Pom-
pei, per esempio, si qualifca come il soggetto in
assoluto pi attestato
6
. Afacciarsi sullincontro tra
Narciso ed Eco appare, oggi come allora, afacciarsi
su un quadro terribilmente sbilanciato: da un lato
uninesauribile sequenza di studi, un moltiplicarsi
progressivo di prospettive, dallaltro paradossalmen-
te, considerando che il lato di Eco, troviamo il
silenzio. Ridare ad Eco la sua parola il tentativo
di questo breve studio.
2. Uno specchio da fuggire
Narciso non solo. Non per lo stuolo di giovani
innamorati, maschi e femmine, che nelle versioni
note si muovono come una massa indistinta sullo
sfondo
7
. Nemmeno per le migliaia di occhi che nei
secoli hanno fssato, interrogandosi variamente, il
suo specchiarsi immobile, vero cuore pulsante di
una macchina simbolica, un dispositivo generato-
LA VOCE, IL CORPO. CERCANDO ECO
Gian Luca Grassigli
1
Philostr., Im. II, p. 34.
2
Aus., Epigr. 11, p. 8; cfr. Kay 2001, pp. 94-97.
3
Pompei, VI, pp. 6-7; PPM IV, pp. 952 s.
4
Berlin, Staat. Mus. 3238; vd. Bazant-Simon 1986, nota 2,
p. 682.
5
Tale riconoscimento, per quanto probabile, non assume
valore di certezza, dal momento che la versione ovidiana non
lunica tradizione esistente del racconto di Narciso (Barchiesi
2007, p. 180). Fa eccezione un mosaico di Antiochia (House
of the Bufet Supper), in cui la ninfa, non peculiarmente
caratterizzata dal punto di vista iconografco, viene segnalata
dalliscrizione (Levi 1947, pp. 136 s., fg. 23c); per la tratta-
zione dellimmagine di Eco vd. Bazant-Simon 1986, che ne
individuano la funzione come doppio di un personaggio che
sofre, pi sulla base della tradizione letteraria, tuttavia, (cfr.
in questo senso Bonadeo 2002), che su quella iconografca,
poich il suo riconoscimento risulta in generale ipotetico, per
quanto probabile.
6
Colpo 2006, che ha peraltro il merito di mettere in evidenza
lautonomia di una rifessione formale sul tema sostanzialmente
romana; per le rappresentazioni di Narciso in tutto il mondo
romano vd. Rafn 1992. La bibliografa sulla fgura di Narciso
pressoch sterminata; rimando ai Recenti Barchiesi 2007, pp.
175 ss. e a Colpo-Grassigli-Minotti 2007.
7
multi illum iuvenes, multae cupiere puellae, Ov., Met.
III 353; ma anche Conone in Fozio, Bibl. 186.134b.28-135a.4
presenta un Narciso che ha in spregio Eros e il gran numero di
amanti che lo avvicina.
Just as Oedipus has to be male,
Echo has to be female
Spivack 2004, 26.
208
Gian Luca Grassigli
re di isotopie narrative suscettibili di render conto
dei numerosi piani di lettura e di interpretazione ai
quali stato sottoposto, dallantichit fno a oggi
8
.
Narciso non solo, prima di tutto, perch avvolto
nella trama dei rifessi di Eco.
Eco, piuttosto, sola. Lo nellimmagine ter-
ribile che lascia di lei Ovidio, dopo il rifuto di
Narciso: ma il disprezzo la scaccia a celarsi nei
boschi. Dentro alle fronde / ripara il rossore del
volto e da allora abita grotte deserte e nella sua
fne orribile:
Di lei non rimane che voce e ossa: / la voce non
cambia, le ossa si fngono sasso, a quanto si narra
9
.
Eco, dunque, cos sola che in antico nulloque
in monte videtur e anche oggi, per quanti occhi
di studiosi abbiano scrutato Narciso, vergando
pagine importanti, praticamente nessuno ancora la
vede: not only do I notice a singular absence of in-
dependent attention to the narrativization of Echo
[], but also an ignoring of the frame
10
. Basta,
da sola, la forza dattrazione del protagonista della
vicenda a spiegare questa scarsit dattenzione?
sufciente pensare al suo carattere maschile,
nemmeno cos nettamente defnito, per altro,
per spiegare il suo potere di oscuramento della
presenza di Eco, se, come vero, solo la critica
femminista ha puntato unattenzione autonoma
e specifca su di lei?
11

Viene in mente il passo di un libro luminoso e
struggente, in cui si narra la scoperta delleco da
parte di una bambina: Chi risponde al suo appel-
lo dal fondo del bosco? [...] Vorrebbe saperlo. Ma
allora bisognerebbe attraversare il villaggio, passare
in mezzo alle case vuote e poi cercare i sentieri che
scalano il pendio. Alla fne della giornata, tuttavia,
dopo tanta strada percorsa, ci si volta verso la valle
e si chiama per lultima volta. La voce risponde
ancora; proviene ormai dallaltro versante delloriz-
zonte dove sintravede il villaggio lasciato al mattino
e, gi in fondo, la casa con la fnestra che sovrasta
laiuola di ghiaia, con lunico albero che spinge fno
al balcone di pietra i rami nudi e, dietro le imposte
aperte, il volto immaginario del bambino che grida
e che non crescer
12
.
Il lungo viaggio allinseguimento di Eco riporta,
dunque, al punto di partenza, dentro la nostra casa,
in fondo al nostro essere. Eco, rimandando la nostra
voce, rinvia a noi stessi. Non si tratta, non ancora,
di guardare in uno stagno placido unimmagine
che lusinga e che coglie le nostre forme, gettando
le reti di una fascinazione dolce, languida e silen-
ziosa. Rifessi da Eco, cogliamo piuttosto il grido
della nostra voce, che ritorna sola e inascoltata,
literazione infnita della parola, la nostra parola, il
cui ripercuotersi invano scarnifca, devasta il corpo:
la magrezza le secca la pelle, svaporano tutti gli
umori
13
. Eco, dunque, sembra proprio uno spec-
chio da fuggire.
3. Un incontro
Inventando Eco, Ovidio inventa Narciso.
attraverso la narrazione di questo incontro che il
poeta costruisce quella macchina simbolica, che
ha goduto di tanta fortuna nella cultura europea.
Poco importa, infatti, che esista una tradizione
legata al nucleo tematico degli efetti dannosi di
un bel giovane che si specchia
14
, cos come non
risultano decisive le precedenti versioni intorno
a una ninfa di nome Eco. Narciso ed Eco, infatti,
per come li conosciamo noi, ossia per il posto da
loro occupato nella cultura antica e poi in quella
dellEuropa, cominciano ad esistere nel momento
in cui Ovidio li fa incontrare
15
. Questi nomi, prima
di questo incontro, erano altro da loro.
Non , dunque, mettendosi sulle sparute tracce
8
E. Pellizer in Bettini-Pellizer 2003, p. 149.
9
Ov., Met. 3, pp. 393-394 e 398-399 (trad. L. Koch).
10
Spivack 1993, p. 23.
11
Spivack 1993; vd. anche Raval 2003.
12
Forest 2005, p. 23.
13
Ov., Met. 3, pp. 397-398 (trad. L. Koch).
14
La versione pi antica quella di Conone, in Fozio, Bibl.
186.134b.28-135a.4; prelude al nucleo tematico legato a
Narciso anche il racconto del bellissimo Eutelida, un giovane
che ammirando insistentemente il proprio corpo rifesso, fn
col gettarsi il malocchio, come racconta Plut., Quaest. Conv.,
p. 681 a-c, riportando i versi di Euforione. La bibliografa su
Narciso, ovviamente, vastissima, rimando per la questione del
Narciso pre-ovidiano a Pellizer 2003, pp. 45 ss., con bibl. prec.
15
Le posizioni sulla possibilit dellesistenza dellincontro
tra Eco e Narciso prima di Ovidio, di cui non si comunque
ancora trovata traccia, sono divergenti e misurate tra chi ritiene
imprudente escluderla e chi al contrario ritiene imprudente
presupporla. Per il primo caso vd. Hutchinson 2006, p. 81, per
quanto poi riconosca, ed il fatto importante, un contributo
decisivo dellinvenzione di Ovidio nellelaborazione dellepi-
sodio stesso (Te episode demonstrates Ovids inventiveness
and his massive scale, but also his ability to compress meaning
into the pithiest of language, p. 83); per il secondo caso vd.
Barchiesi 2007, pp. 180 s. (laltra grande innovazione di Ovi-
dio, accanto a quella di Narciso autoconsapevole lo spazio
concesso allintreccio con la leggenda di Eco). Per la questione
vd. anche Bonadeo 2003, nota 57, p. 92.
209 La voce, il corpo. Cercando Eco
di Narciso nella poesia ellenistica, che si pu fare
luce sullinvenzione ovidiana
16
, ma ragionando su
Eco e sul suo incontro con il giovane cacciatore,
pensato in latino e scritto in latino, perch, ed
uno dei tanti paradossi di questa straordinaria
narrazione, senza il linguaggio, il Narciso ovidia-
no non esisterebbe
17
. Questo vero non solo per
lo straordinario artifcio linguistico messo in atto
da Ovidio
18
, ma anche perch il suo incontro con
Eco vive nel linguaggio. Mentre, infatti, la seconda
tappa del percorso di Narciso, ossia lapparizione del
suo doppio rifesso, inscritta prima di tutto nella
dimensione visiva, il rapporto con Eco nega in gran
parte del suo sviluppo tale facolt, per dispiegarsi e
risolversi sostanzialmente nella parola.
Se, dunque, non vi dubbio, che esistano nuclei
tematici e fgure, che attraversano la tradizione
greca, sviluppati intorno sia alla fgura di un gio-
vane che si specchia, chiamato o meno Narciso,
e alle conseguenze del suo specchiarsi, sia a una
ninfa bellissima capace di imitare ogni suono, ci
che manca nella letteratura ellenistica la loro
relazione e ci che presumibilmente continuer
a mancare, nonostante il dispiegarsi a ventaglio
delle ricerche, lincontro, tutto latino, dei due
personaggi. Solo nel momento in cui Ovidio li
far incontrare, Eco e Narciso hanno cominciato
a vivere.
4. Prima di Ovidio: (re)inventando Eco
Il rigore razionalista di Lucrezio biasima tutti
coloro che erano pronti a scambiare leco per la
voce degli spiriti
19
. Ovidio, invece, attribuendo
unidentit vivente a questo fenomeno e soprat-
tutto assegnando ad esso un corpo, e un corpo
femminile, fa agire i suoi aspetti inquietanti e
misteriosi, che da sempre lo caratterizzano agli
occhi degli uomini. Infatti, nei rifessi di questa
voce, ovvero nei rifessi della propria voce, Narciso
si smarrisce.
Prima di Ovidio, tuttavia, Eco non aveva mai
smarrito nessuno; o forse Pan, ma non irretendolo
in una rete di rimandi sonori, bens semplicemen-
te sconvolgendolo con la propria bellezza. Alcuni
raccontano, infatti, che Eco non fosse una ninfa,
bens la fglia di una ninfa, da cui avesse ereditato
un aspetto mirabile. Educata dalle Muse, acquist
unabilit sublime nella danza, nel canto, nel suono
degli strumenti musicali, che unita alla sua grande
bellezza, ne accrebbe il potere di seduzione. Ma Eco,
come si addice a una fanciulla, fuggiva gli amori,
decisa a conservare la propria purezza. Vedendola
e ascoltandola, tuttavia, Pan si inebri del deside-
rio di lei, crescendo progressivamente la passione
folle di fronte alla sincera e reiterata ritrosia della
fanciulla. Cos, accecato dallodio per lennesimo
rifuto, le scaten contro la violenza del suo seguito
di pastori e caprai, che la dilaniarono, spargendo le
sue membra in regioni lontane, quasi prefgurando
la corsa in ogni direzione della sua voce. Ma la Terra,
per amore delle Ninfe, ricopr i suoi resti, dando a
Eco una giusta sepoltura e per volont delle Muse
concesse alla sua voce di risuonare ancora, capace
come un tempo di imitare qualunque altro suono.
Per questo, ogni volta che Pan modula il suo fauto,
udendo un suono analogo, si lancia in furibonde
corse per valli e boschi, alla ricerca di colei che,
nascosta, ne imita la musica
20
. Unaltra versione,
in verit poco attestata e tarda, suggerisce che Eco
abbia ceduto alla seduzione di Pan
21
.
NellEpitafo di Adone, invece, troviamo unEco
diversa, che soccorre Afrodite nella condivisione
del dolore senza speranza per la morte dellamato,
amplifcandone il lamento
22
. E, dal momento che
la poesia rimanda poesia, nellEpitafo di Bione,
autore di quello appena citato per la morte di
Adone, accorre anche Eco, a piangere il grande
16
Anche la pi recente analisi intorno alla presenza di Narciso
nel papiro P. Oxy. 4711 (Hutchinson 2006), sia pur importante,
non aggiunge informazioni nuove sul piano della tradizione
mitologica (Barchiesi 2007, p. 176).
17
Bettini 1993, p. 113, che insiste sul ruolo essenziale della
grammatica nellinvenzione dellepisodio.
18
Cfr. da ultimo Barchiesi 2007, pp. 181 ss.; ma in generale
tutti i commentatori insistono su questi aspetti.
19
Lucr., d.r.n. IV 568-581 (580-583): Haec loca capripedes
Satyros Nymphasque tenere / fnitimi fngunt et Faunos esse loqu-
untur / quorum noctivago strepitu ludoque iocanti / adfrmant
vulgo taciturna silentia rumpi.
20
La fonte principale che contiene il racconto nella sua
interezza Long., III, 23; Eco fugge Pan anche in Mosch. 6, pp.
1-3 e Nonn., Dion. II pp. 119-148. Usa in senso comico Eco,
invece, Aristoph, Tesmoph, 1056, ss., in esplicita polemica con
Euripide, nella cui Andromeda Eco verosimilmente giocava un
ruolo di rilievo. Per unanalisi dettagliata delle fonti su Eco vd.
ora Bonadeo 2003, pp. 78-93; J. Bazant - E. Simon 1986, p.
680; sempre utile RE, s.v. Echo.
21
AP 16, 154, 1; 233, 1. Unanalisi in Bonadeo 2003, pp.
88-93.
22
Bio, Adon. epitaph. I, pp. 37 ss.; per questa attitudine di
Eco anche in contesti letterari successivi vd. Bonadeo 2002.
210
Gian Luca Grassigli
23
Mosco, Epitafo di Bione.
24
il prodotto di unoperazione squisitamente letteraria
[], scaturito dallintento di fornire a una manifestazione
della natura, curiosa, ma fondamentalmente nota, un doppio
mitologico che ne sussumesse le caratteristiche e, tramite la sua
storia o la sua azione, potesse riassumerne e rappresentarne i
meccanismi di produzione, Bonadeo 2003, pp. 80 s.
25
Bonadeo 2002.
26
Barchiesi 2007, p. 181.
27
Uso ancora la traduzione di L. Koch.
28
Barchiesi 2007, p. 185.
29
Ov., Met. III, p. 369; ingeminat voces auditaque verba
reportat.
poeta scomparso, ma, non potendo pi imitarne
la voce, resta muta, viene inaspettatamente ridotta
al silenzio
23
.
In generale, come si pu vedere, nella tradizione
precedente linvenzione di Ovidio, abbiamo a che
fare con una fgura che pi personifcazione, e
quindi aition
24
, che personaggio vero e proprio, dal
momento che non instaura nessuna vera relazione
con laltro. Appare, in generale, o strumento di en-
fasi e dilatazione del lamento funebre
25
ovvero nelle
forme generiche di una ninfa, o meglio della fglia
di una ninfa, oggetto delle insidie erotiche di Pan,
da cui, in quanto fanciulla, fugge ostinatamente. In
generale, dunque, questa fgura si muove in un con-
testo erotico, non solo per la sua bellezza e per il tema
del desiderio di Pan, ma anche perch di norma il
lamento funebre a cui d voce si sviluppa per la morte
di un amante. Di tale contesto erotico, tuttavia, Eco
protagonista passiva, non venendo mai implicata
in un rapporto damore: oggetto di desiderio, Eco
prima di Ovidio non capace di desiderare.
5. Un corpo per Eco
Ad Ovidio questa Eco non basta. Non possibile
raccontare una storia damore, soprattutto se si tratta
della prima attestazione dellamore come fenome-
no umano, quindi potenzialmente normale
26
,
nellopera che va scrivendo, con una fgura che
solamente scappa, che nega se stessa. Nelle mani
del poeta confuiscono i vari rivoli della tradizione
che diviene, tuttavia, materia fresca da plasmare.
Nel dare una fgura viva al fenomeno fsico della
rifessione sonora, accettandone dalla tradizione
la natura femminile, ma assegnandole autono-
mamente una formidabile propensione amorosa,
Ovidio stabilisce anche un nuovo e diverso carattere
strutturale di questo personaggio, che costituisce
anche il senso profondo del suo essere drammatico.
Da un lato, infatti, secondo la tradizione, destina
Eco a vivere esclusivamente nel rifesso, ci che la
lega indissolubilmente a Narciso, ma insieme, asse-
gnando per primo ad essa la capacit di desiderare,
le conferisce la spinta ad uscire dalla dinamica del
rifesso, creando una tensione drammatica tutta
interna al personaggio, che costituir anche il
motivo guida dellepisodio. Ma per connotare Eco
come personaggio capace di desiderare, Ovidio
deve riscattarne dalla tradizione il corpo: in questa
nuova storia Eco non ha un corpo solo per Pan,
ma possiede un corpo prima di tutto per se stessa.
6. La ninfa fatta di voce
Ma ecco che bara, il poeta, o gioca abilmente con
il lettore, confondendo tradizione e innovazione, nel
momento in cui introduce a sorpresa Eco come vo-
calis nymphe, la ninfa fatta di voce
27
. Il suo ingresso
inaspettato. Ovidio, infatti, sta ancora parlando
di Narciso, mostrandolo intento alla caccia, dopo
aver fatto cenno al suo orgoglio durissimo, che
gli fa respingere ogni proferta amorosa ugualmente
di giovani e di fanciulle. Quandecco che, nascosta
nel bosco, lo scorge Eco, la ninfa fatta di voce.
Nel momento in cui appare, tuttavia, Eco non solo
ha ancora un corpo, ma un corpo che funziona da
protagonista attivo di tutta la vicenda; in questo senso
il poeta fnge, o semplicemente mischia le carte, non
svelando ancora la novit dirompente della sua Eco.
Enunciando lesistenza della ninfa nella sfera della
vocalit, infatti, il poeta si richiama esplicitamente
alla tradizione esistente, tenendo ancora nascosta in
questa maniera la dimensione della corporeit, che
la ninfa, invece, vive pienamente.
Al verso successivo Ovidio riaferma il concetto e
la ninfa fatta di voce, viene nominata, diventan-
do resonabilis Echo, quindi colei che rimanda la
voce. Appare dunque costretta a quel prefsso re-,
da cui sar perseguitata nel racconto
28
, che da
un lato lindice della sua esistenza nella vocalit e
dallaltro il segno costante e ineludibile della sua
costrizione a rifettere. Eco, infatti, non parla mai
per prima, ma in presenza di qualcuno che parli,
ne ripropone la voce: riduplica i suoni, rimanda le
parole che ascolta
29
. Mentre fssa la caratteristica
strutturale di Eco, confgurandone di conseguen-
211 La voce, il corpo. Cercando Eco
za laspetto principale, Ovidio introduce anche
il nucleo del racconto di Narciso, compreso nel
mondo assolutamente circoscritto dello specchiarsi,
del rapporto defnitivo con unimmagine, visiva o
sonora, restituita e moltiplicata. Nello stesso tem-
po, tuttavia, defnendo per entrambi i protagonisti
lo stretto limite della sfera desistenza vincolata al
rifesso, mette in evidenza il diverso modo di agire.
Il resonabilis, infatti, mostra il carattere attivo di
Eco, la qualifca come generatrice di rifessi, mentre
Narciso si porr inesorabilmente come spettatore
o, se si vuole, fruitore del rifesso.
Eco, tuttavia, non cos da sempre, e anche in
questo Ovidio si mostra uno straordinario ma-
nipolatore della tradizione. Un tempo, anzi, era
dotata di grande facilit di parola, al punto da
essere solita a intrattenere Giunone mentre Giove,
irrimediabilmente fedifrago, si dilettava con una
qualche ninfa
30
. , dunque, nella sfera erotica che
Eco usava la sua fresca e sapiente loquacit, anche
se non a proprio vantaggio, bens per consentire le
scorrerie amorose del supremo tra gli dei. Venne
per il giorno in cui Giunone scopr il sotterfugio.
Cos, gonfa dira, decise di punire Eco proprio
nello strumento usato per il ripetuto inganno, to-
gliendole la possibilit di adoperare liberamente la
parola e condannandola a rimandare quella altrui.
Ma proprio allora, nel momento in cui era divenuta
prigioniera nel cerchio chiuso del rifesso sonoro,
Eco avrebbe voluto la creativit della sua parola,
ne avrebbe avuto bisogno fnalmente per se stessa.
Eco, infatti, aveva incontrato Narciso.
7. Il desiderio di Eco
Lo vede mentre vaga, solo, per una campagna
solitaria. Lo vede e se ne innamora, anzi, dice pi
forte Ovidio, vidit et incaluit, lo vide e si infam-
m di lui
31
. La ninfa, fno a poco prima cos brava
a parlare, ora costretta a tacere, pu solo seguirlo
di nascosto, per stargli vicino, ma pi lo segue e
pi arde di passione.
Dopo pochi versi, dunque, il corpo di Eco diventa
protagonista; ma non in senso tradizionale, quale
oggetto di desiderio, bens come soggetto poten-
temente attivo:
La scalda, inseguendolo, un fuoco sempre pi
prossimo: / al modo che in cima alle torce divampa,
/ se appena lo sfora la famma, lo zolfo impaziente.
/ Ah, quante voglie le vengono di accostarlo con
dolci parole, / di volgergli tenere suppliche! La
sua natura ribelle, / non le permette di aprire un
discorso
32
.
In questi versi appare lassoluta crudelt e la raf-
natezza insieme della punizione infitta da Giunone:
nel momento in cui Eco divenuta consapevole
del proprio corpo, si trova privata della voce, che
risulta uno strumento indispensabile per attingere
pienamente alla corporeit. La privazione dellau-
tonomia della parola, dunque, si rivela come una
forma di inibizione della sessualit di Eco
33
.
Occorre ricordare, a questo punto, la simmetria
incompiuta, tracciata tra Eco stessa e il personaggio
che introduce la storia di Narciso, ossia Tiresia.
Anche questultimo, infatti, stato punito da
Giunone, e sempre per questioni legate alla sfera
sessuale, dal momento che aveva sostenuto durante
una disputa tra Giove e Giunone, appunto, che le
donne godono di una parte maggiore di piacere
rispetto agli uomini
34
. Indispettita, la dea lo priv
della vista, ma Giove per bilanciare in qualche modo
tale menomazione, lo dot del dono della profezia.
La storia, dunque, procede parallelamente a quella
di Eco fno al momento del risarcimento, al quale
evidentemente la ninfa, che pure aveva sempre
sostenuto Giove, non pare avere diritto
35
.
In ogni caso, nei pochi versi sopra citati appare il
cambiamento radicale a cui Ovidio ha sottoposto
Eco. Da fanciulla o ninfa concentrata sulla conser-
vazione della proprio verginit, Eco diviene una
donna che desidera e che, come tale, capace di
assumere liniziativa. Il desiderio della ninfa, infatti,
diviene il vero motore dellepisodio, a cui Narciso
corrisponde in particolare nel suo gi evidente
bisogno di defnirsi in quanto rifesso.
Mentre la donna, o la ninfa, osserva in segreto
la vita di Narciso nel bosco, vive un cambiamento
profondo rispetto alla tradizione. Lamore che cresce
in lei, il desiderio che brucia, le fa abbandonare lob-
bligo della consueta ritrosia femminile di fronte al
rapporto erotico, ossia infrange il codice del corretto
atteggiamento della donna nella retorica amorosa,
30
Ov., Met., III, pp. 356-369.
31
Ov., Met. III, p. 371.
32
Ov., Met. III, pp. 371-377, (trad. L. Koch).
33
Raval 2003, pp. 211 ss.
34
Ov., Met. III, pp. 316-348.
35
Spivack 1993, p. 00.
212
Gian Luca Grassigli
per assumere un paradigma comportamentale tut-
to legato allidentit maschile: anzich fuggire per
pudicizia e timore loccasione dellincontro sessuale,
Eco assume i modi virili dellaggressione, diventa
ella stessa cacciatrice.
Si delinea cos un tema che scorre sotterranea-
mente lungo tutto lepisodio, e che non sempre
stato colto, o almeno adeguatamente approfondito,
quale quello dellinversione di genere, ossia dellat-
titudine dei due personaggi a rifutare le regole del
corretto comportamento, che identit sessuale ed
et imporrebbero loro, secondo lottica delle societ
antiche, per assumerne altre di segno opposto o
diverso: nel racconto ovidiano, infatti, Narciso, il
maschio, a sedurre ed Eco, la femmina, a diventare
linnamorato che insegue
36
.
8. Un incontro riesso
Nel momento in cui la ninfa vorrebbe prendere
liniziativa nei confronti del giovane sprovvista
del suo pi efcace strumento tradizionale, ossia la
parola. Vorrebbe, ma non pu. Pu solo aspettare
che sia il giovane stesso a parlare, per ri-fetterne a
proprio vantaggio la voce. Qui Ovidio inizia un
abilissimo e sempre pi intenso gioco di corrispon-
denze tra Narciso, che parla, e questa voce che gli
rimanda, ma con un senso e un intento diverso, le
sue parole.
Fin dal primo momento, dunque, lincontro
scandito nel rifesso. Un rifesso sonoro naturalmen-
te, che vede da un lato Eco rimandare limmagine
vocale di Narciso e dallaltro il giovane, che cerca
di decifrare il rifesso di se stesso, in unattitudine
che prodromo dello sviluppo successivo della sua
vicenda. Ma soprattutto un rifesso imperfetto, per-
ch Eco interviene nellunico limitato spazio che le
concesso. Ella, infatti, non si limita a rimandare il
suono di Narciso, ma intervenendo per quello che
pu sulla sonorit da rinviare, introduce un nuovo
signifcato nelle parole di Narciso, che culmina
nel coeamus, uniamoci, ossia facciamo lamore,
replicato a huc coeamus, riuniamoci, ovvero ve-
diamoci, pronunciato da Narciso
37
. Cos facendo
Eco cerca di uscire dalla propria condizione di realt
speculare, di superare il limite assoluto impostole
dalla punizione di Giunone, e quindi di trasformare
in dialogo ci che dialogo non potrebbe essere. Di
fronte a un rifesso imperfetto, in quanto deviato
dalla ninfa, Narciso si perde, perch le parole che gli
ritornano, in quanto (ri)fesse da Eco, non sono pi
solo sue, appaiono le stesse senza esserlo. il primo
grande fraintendimento in questa dimensione del
rifesso, di cui vive lincontro.
Accade cos che il ragazzo, diviso dal gruppo fdato
dei suoi compagni, / domandi: C forse qualcu-
no? e Qualcuno Eco risponda. / Stupito, lui
lascia vagare lo sguardo da tutte le parti, / gridando
a gran voce: Su, vieni!, e la ninfa richiama al suo
chiamare. / Si gira: di nuovo non viene nessuno.
Perch mi fuggi? / domanda, e riceve le stesse
parole che ha detto appena. / Ma insiste, e linganna
lo scambio di voci riverberato: / Riuniamoci dice,
e non c frase al mondo / che lei sarebbe pi lieta
di rendergli. Uniamoci, Eco / risponde. Esaltata
lei stessa da quello che ha detto, / sbuca dal bosco,
smaniosa di stringergli al collo le braccia
38
.
In questo primo incontro, dunque, Ovidio mette
in scena la ricerca da parte della ninfa di un rifesso
imperfetto. Se per Narciso le parole ritornano ugua-
li, la sua stessa voce che risuona, per Eco si tratta
di un tentativo disperato di esistere, non rifessa,
come Narciso, e nemmeno come un passivo rifet-
tere, bens come un rifesso imperfetto, unico modo
concessole per afermare la propria individualit.
Per Eco la dimensione circoscritta del rifesso una
prigionia: essere specchio non le basta.
Eco, dunque, appare vittima del rifesso, non
semplicemente perch vi costretta, ma perch,
in maniera opposta da Narciso, non trova in esso
alcuna soddisfazione. Lafermazione di Eco, la
proclamazione della propria individualit reclama
36
Pellizer 2003, pp. 55 e 155 ss., che si richiama al modello
del cacciatore nero, cos come in Vidal-Naquet 1981, e gi
mirabilmente enucleato in Vidal-Naquet 1968. Resta, in ogni
caso, ancora da defnire il valore e i modi di applicazione di
questo modello, concepito per la grecit classica, nellambito
della cultura romana, per di pi primo imperiale. Per questa
lettura di Narciso vd. anche Frontisi-Ducroux 1998, pp. 175 ss.;
sullesistenza di paradigmi comportamentali rigidamente
canonizzati in relazione a identit di genere esiste ormai una
bibliografa assai vasta, ricordo perci alcuni tra gli interventi
di carattere generale: Pellizer 1982, Zeitlin 1996.
37
Una vasta letteratura dedicata specifcamente a questo
dialogo sviluppato con abilit straordinaria da Ovidio; per tutti
rimando al recente Barchiesi 2007, pp. 188 ss.
38
Ov., Met. III, pp. 379-389. Ho usato qui la traduzione
bella ed efcace di L. Koch.
213 La voce, il corpo. Cercando Eco
un incontro, invoca la presenza dellaltro. Eco si
ribella, cercando di trasformare invano il proprio
ribattere i suoni altrui in un rispondere, di poter
incontrare il giovane virando segretamente le sue
stesse parole. Crede, cos, che il signifcato che
assegna ai suoi discorsi rilanciati possa giungere a
Narciso, mentre per il giovane si tratta semplice-
mente di un ritorno sonoro dei propri. Non c
spazio per questo incontro. Eco cerca di parlare,
ma costretta a deformare un rifesso, mentre
Narciso, che parla, vuole dialogare solo con la
propria immagine sonora. Se Eco condannata
a specchiare, Narciso aspira gi a rapportarsi in
maniera esclusiva col proprio doppio scaturito
dal rifesso. Non c spazio per laltro nel mondo
univoco della rifessione
39
.
9. Lapparizione del corpo
Allora Eco si libera, cerca di oltrepassare il confne
impostole dalla punizione di Giunone. Mentre le
loro voci risuonano ancora nel silenzio, cos iden-
tiche e cos profondamente diferenti, intrecciate
da unidentit e insieme da un fraintendimento
irrisolvibile, allimprovviso irrompe dal bosco, dove
fno ad allora era rimasta nascosta, cercando di ab-
bracciare lamato. Egressaque silva, dice Ovidio,
a sottolineare proprio lo sbucare, il venire fuori
di qualcosa che prima, almeno per Narciso, non
cera. In questo unico gesto, in questo subitaneo
apparire sulla scena Eco infrange insieme sia lo
spazio rigorosamente delimitato del rifesso, in cui
era costretta a vivere, sia il paradigma del compor-
tamento femminile in amore.
I due aspetti, in verit, appaiono fortemente con-
nessi. Anzich porsi dinanzi allo specchio, infatti,
come ogni donna dovrebbe fare per defnire e curare
se stessa, Eco agisce come specchio, specchio, ri-
mandando limmagine altrui, sia pure solo sonora;
anzich arretrare dinanzi alla bramosia possessiva
del desiderio maschile, ella se ne fa carico e avanza
con lintento di possedere lamato. Linversione nel
paradigma comportamentale di Eco mette in luce
una corrispondente inversione operata da Narciso,
che, pur maschio, fugge e lancia la sua maledizione,
defnitiva e tutta femminile alla ninfa: Morirei,
piuttosto che cedermi a te
40
.
Lirrompere di Eco trasporta la situazione dalla
condizione aerea e impalpabile del rifesso a quella
drammaticamente concreta e carnale della realt
dialogica, nella quale Narciso destinato a perdersi.
Ma il dialogo passa per la messa in gioco del corpo
di Eco. Ella, che aveva fuggito le lusinghe di Pan,
che aveva chiuso il proprio corpo alle richieste di
un dio, ora lo agisce, lo pone disperatamente al
centro dellincontro con Narciso, ma cos facendo
incontra il disprezzo, il rifuto di s. Eco, scopre
che ci che per lei era una prigionia, lo spazio cir-
coscritto del rifesso, per il giovane cacciatore la
condizione di vita irrinunciabile, il suo margine di
sicurezza. Insieme la ninfa scopre che il rifesso, col
suo carattere obliquo, solo in apparenza fedele alla
realt, ma di fatto capace di declinare la realt stessa
in una surrealt a s stante, lunica dimensione in
cui Narciso aveva potuto incontrarla, riconoscendo
in lei se stesso.
La scelta di Eco di superare il suo ruolo di spec-
chio, di uscire dalla dimensione, conseguenza
della punizione divina, di esistere semplicemente
come doppio perfetto di Narciso, e quindi il suo
tentativo di virare verso un fne suo proprio le
parole del giovane, dissolvono la dimensione del
rifesso, mediante linserzione forzosa e impossibile
dellaltro, espressa attraverso la messa in gioco del
proprio corpo. Nel momento in cui, colei che aveva
agito come pura onda sonora, semplice rifesso della
voce di Narciso, irrompe dal bosco come realt, il
giovane, privato del suo doppio vocale, rimasto
solo, non pu che fuggire. Scegliendo la direzione
contraria a tante fgure letterarie, ossia uscendo
dallo specchio, riacquistando il corpo negato, Eco
sgretola lesistenza del doppio, mettendo quindi
in fuga Narciso, che, invece, nello specchio di l a
poco entrer.
10. Una questione di immagine: il corpo di Eco
Lapparizione del corpo di Eco ha messo in fuga
Narciso. Lo vediamo scappare, irritato da quella
maledizione fulminante, pi adatta alle ritrosie di
una vergine, che al necessario ardore di un giovane
cacciatore: Morirei, piuttosto che cedermi a te.
Eppure Eco una ninfa, una donna bellissima.
Perch, allora, tutto questo disprezzo da parte di
Narciso? Cosa c di sbagliato ai suoi occhi nel
corpo di Eco?
39
Pellizer 1984.
40
Ov., Met. III, p. 391.
214
Gian Luca Grassigli
Il corpo di Eco. Il corpo, bellissimo, di una donna.
Eppure, agli occhi dei maschi, la bellezza assoluta
ed espressa del corpo femminile, pu apparire in-
quietante. Pan, labbiamo visto, fu cos divorato dal
desiderio di lei, che prefer dilaniarla, piuttosto che
guardarla senza poterla possedere. Narciso, invece,
la scaccia, esprimendole tutto il suo disprezzo.
Si tratta, non v dubbio, di una questione legata
alla visione di quel corpo di donna. La reazione di
Narciso certamente legata alla sfera visiva, che
per la prima volta nel rapporto con Eco entra in
gioco. Ma anche, ancora una volta, una questione
di parole: la dimensione sonora, del resto, quella
entro cui si muove tutta questa storia.
Si tratta di parole scritte e pronunciate in latino.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che lincontro
di Narciso e di Eco non una storia della grecit:
sono greci i luoghi, i nomi, i protagonisti, il tempo.
Ma una storia inventata in latino e raccontata in
latino. Nella lingua di Ovidio, e dei suoi lettori,
Echo un nome. Un nome esotico, come mostra
quella insolita h al centro della parola, che sa
dei posti incantati del mito, dei paesaggi sacri e
misteriosi della Grecia. Ma soltanto un nome.
Un nome che non indica il fenomeno fsico della
rifrazione sonora, che pure esiste, di cui pure gli
eruditi latini hanno scritto, ma che descrive sola-
mente quella ninfa bellissima celata tra gli alberi
o nascosta tra le rocce a ripetere le nostre parole.
Eco , dunque, una persona, un personaggio, non
un fenomeno fsico.
Quando Orazio, aprendo un carme dedicato alla
celebrazione della storia di Roma e allesaltazione
di Augusto, si rivolge alla Musa Clio, chiedendole
quale nome leco disseminer per lecumene, deve
usare la formula imago vocis, per indicare il fe-
nomeno della ripetizione del suono
41
. Alla stessa
maniera imago vocis, leco che rimbomba tra
nude rocce in un paesaggio descritto da Virgilio
42
.
Anche Lucrezio nel suo serissimo e amaro trattato,
che indaga la vera natura della realt, nel mo-
mento in cui deve disfarsi delle ridicole opinioni
di chi crede che dietro alla rifessione sonora vi
sia lopera di creature misteriose, chiama leco
imagine verbi
43
.
Ma lo stesso Ovidio che ci svela la via, proprio
mentre narra dellincontro tra Eco e Narciso. Nel
momento in cui, infatti, descrive leco, linganno
del suono ripetuto che prende Narciso, non usa il
nome del suo personaggio, bens la consueta for-
mula imago vocis
44
.
Leco, dunque, per i latini prima di tutto im-
magine, fgura, parvenza, sia pure sonora
45
. Latti-
tudine della ninfa, dunque, contiene in s lidea di
impalpabilit. Il suo nome greco d corpo a ci che
vincolato a essere immagine, fgura di qualcosa di
altro da s. Vocalis nymphe, la ninfa fatta di voce,
la defnisce Ovidio, come abbiamo visto, proprio
allinizio del racconto, quando in realt nella sto-
ria ella ha ancora ben saldo il suo corpo forente
di bellezza. Ma un epiteto, il segno di un nome
che manca in latino, e che evoca la costrizione ad
esistere come specchio, come rifesso impalpabile,
come corporeit negata.
Uscendo dal segreto del bosco, dunque, Eco viene
meno al suo destino, al signifcato stesso della sua
natura: cessa di esistere come fgura, come imma-
gine sonora in cui Narciso ritrova se stesso, nel
tentativo ultimo e disperato di incontrare Narciso,
abbandonando il carattere fuido e mutevole del suo
essere, per afermare unimmagine unica, defnitiva,
corporea, che corrispondesse soltanto a lei. Ma il
corpo di Eco poteva esistere solo in quanto celato,
afnch la ninfa agisse da specchio, si proponesse
liberamente quale immagine sonora delle voci
altrui.
Una volta esibito e afermato come tale, infatti,
il suo corpo inizia a dissolversi:
ma le resta invischiato lamore e cresce, sopra il
dolore del rifuto. / Linsonnia e gli afanni consu-
mano il fragile corpo, / la magrezza le secca la pelle,
svaporano tutti gli umori. / Di lei non rimane che
voce ed ossa:
46
.
Se la consunzione, che la divora fno a consumarla
completamente, assume, dunque, nel racconto il
topos della pena damore, la causa profonda del
dissolvimento del suo corpo da riconoscersi nel
tentativo di uscire dal suo destino di specchio. Solo
a questo punto, infatti, diventa efettivamente vo-
calis nymphe, e non allinizio del racconto, come
pure la presenta Ovidio. Adesso, infatti, che ha
perduto la concretezza della sua presenza corporea,
41
Hor., carm., I, pp. 12, 4; vd. a proposito della formula
imago vocis, Scivoletto 1985, p. 165.
42
Verg., geor, IV, p. 50.
43
Lucr., d.r.n., IV, p. 570 s.
44
Ov., Met., III, p. 385; cfr. Barchiesi 2007, pp. 180 s.
45
Sullidentit tra rifesso sonoro e rifesso ottico, Arist., de
anim. II, p. 8 (419b).
46
Ov., Met. III, pp. 394-398, (trad. L. Koch).
215 La voce, il corpo. Cercando Eco
il suono ci che vive in lei
47
, ed ella ha superato,
ma nella direzione contraria al suo desiderio, la
discrasia tra il suo nome e il suo bisogno di esistere.
Solo a questo punto si svela la fnezza e la crudelt
della pena infittale da Giunone: la negazione della
parola, ossia il farsi specchio delle parole altrui,
implica la negazione del corpo e quindi limpossi-
bilit di amare.
Il prezzo che la ninfa deve pagare per esistere
la rinuncia alla corporeit, in quanto asserzione di
individualit: solo celando il proprio corpo pu
funzionare come specchio perfetto, pu farsi sor-
gente di immagine altrui.
Mettendo in gioco il suo corpo, dunque, in un
ultimo tentativo di incontro con il giovane caccia-
tore, la ninfa distrugge lo specchio sonoro in cui
Narciso aveva cominciato a rifettersi e col quale
stava intrecciando il suo dialogo senza risposte,
come di l a poco avrebbe fatto con la sua immagine
comparsa sul velo dellacqua. Narciso inorridisce
allinganno: cacciatore di rifessi, aveva scoperto che
dietro allimmagine esisteva altro da s.
11. La parola di Eco
Eravamo partiti dalla minima quantit di atte-
stazioni fgurate di Eco, collegandola alla difcolt
di conferire una forma a una ninfa che ha a che
fare sostanzialmente con la voce, ma siamo arrivati
allidea pi complessa, non senza implicazioni me-
taforiche, della negazione della sua corporeit. Una
negazione che, in un certo senso, stata ereditata
anche dalla critica moderna, che ha ignorato nella
sostanza unanalisi autonoma della fgura di Eco,
vista pressoch esclusivamente in funzione della
defnizione della fgura di Narciso.
stato merito di un approccio femminista
lenfasi sulla mancanza di unanalisi specifca della
fgura di Eco, ma la prospettiva da cui condurre
lanalisi deve delinearsi senza dubbio sullo sfondo
di un orizzonte pi ampio. In ogni caso, se di
Narciso si fatto un paradigma di comportamento
o di una certa attitudine psicologica, la dramma-
ticit dilaniante di Eco stata sostanzialmente
trascurata.
Come abbiamo visto allinizio, non solo Eco
rimanda allinutilit e alla solitudine della nostra
voce, che ritorna a noi senza risposta, ma dopo
la strada faticosa percorsa per coglierne lorigine
giungiamo, ci ricorda il racconto citato in apertu-
ra, alla nostra casa, al cuore del nostro essere, dove
dietro le imposte aperte, e quindi al di l di un
confne reale e impalpabile, come il velo dacqua
su cui pendeva il desiderio di Narciso, scorgiamo
il volto immaginario del bambino che grida e
che non crescer. il volto di Narciso, quindi,
il tragitto a cui Eco ci conduce, ma quel grido
disperato, che segna limpossibilit di crescere, che
stigmatizza la dura prigione di un confne invali-
cabile, pronunciato da un volto che ha le nostre
sembianze. Eco, quindi, racconta di una doppia
sconftta, scandita dal perdersi della nostra parola
rifutata e insieme dal rischio della sua immobile
contemplazione, che nega spazio a parole fuori di
noi, come accadde a Narciso.
Per questo Eco non poteva essere che donna,
perch solo il femminile conosce, impressa a fuo-
co, la sorte crudele dellesclusione e, bruciando,
getta luce sulla morte simbolica di chi, chiudendo
ad ogni altro da s, si consuma.
Solo un poeta, non certo il mesto tentativo di
razionalizzazione di un archeologo, poteva rispon-
dere alla fgura dilaniante plasmata da Ovidio;
ecco allora il grido di Pedro Salinas alla donna
amata, Cristal. Espejo, nunca!
48
: che era stato
anche il sogno impossibile di Eco.
Abbreviazioni supplementari:
Barchiesi 2007 = in A. Barchiesi - G. Rosati (edd.),
Ovidio, Metamorfosi, volume II, libri
III-IV, Milano.
Bazant-Simon 1986 = J. Bazant - E. Simon, s.v. Echo,
LIMC III, pp. 680-683.
Bettini 1992 = M. Bettini, Il ritratto dellamante,
Torino 1992.
Bonadeo 2002 = A. Bonadeo 2002, Il pianto di Eco.
Riflessioni sulla presenza delleco
in alcune trasposizioni letterarie del
planctus, in QUCC 71, 2, 2002,
pp.133-145.
47
Ov., Met. III, p. 401, sonus est qui vivit in illa.
48
Trovo la poesia in M. Rosso (ed.), I poeti del Ventisette,
Venezia 2008, p. 74.
216
Gian Luca Grassigli
Bonadeo 2003 = A. Bonadeo, Mito e natura allo
specchio. Leco nel pensiero greco e latino,
Pisa 2003.
Colpo 2006 = I. Colpo, Quod non alter et alter
eras. Dinamiche fgurative nel reper-
torio di Narciso in area vesuviana, in
Antenor 5, 2006, pp. 57-91.
Colpo-Grassigli-
Minotti 2007
= I. Colpo - G.L. Grassigli - F.
Minotti, Le ragioni di una scelta.
Discutendo attorno alle immagini di
Narciso a Pompei, in Eidola, 4, 2007,
pp. 73-118.
Forest 2005 = Ph. Forest, Tutti i bambini tranne
uno, Padova 2005 (trad. it. di Lenfant
ternel, Paris 1997).
Frontisi-Ducroux 1998 = F. Frontisi-Ducroux - J.-P. Vernant,
Ulisse e lo specchio. Il femminile e la
rappresentazione di s nella Grecia
antica, Roma 1998 (trad. it. di Dans
loeil du miroir, Paris 1997).
Hutchinson 2006 = G.O. Hutchinson, Te Metamor-
phosis of Metamorphosis: P. Oxy.
4711 and Ovid, in ZPE 155, 2006,
pp. 71-84.
Kay 2001 = N.M. Kay, Ausonius. Epigrams,
London 2001.
Levi 1947 = D. Levi, Antioch Mosaic Pavements,
London 1947.
Pellizer 1982 = E. Pellizer, Favole didentit. Favole
di Paura. Storie di caccia e altri rac-
conti della Grecia antica, Roma s.d.
(ma 1982).
Pellizer 2003 = E. Pellizer, in M. Bettini - E. Pellizer,
Il mito di Narciso. Immagini e racconti
dalla Grecia a oggi, Torino 2003.
Rafn 1992 = B. Rafn, s.v. Narkissos, in LIMC, VI,
pp. 703-711.
Spivack 1993 = G.C. Spivack, Echo, in New Literary
History, 24, 1993, pp. 17-43.
Raval 2003 = S. Raval, Stealing the Language:
Echo in Metamorphoses 3, in P.
Tibodeau - H. Haskell (ed.), Be-
ing there together. Essays in honor of
Michael C.J. Putnam, Afton (Minn.)
2003, pp. 209 ss.
Scivoletto 1985 = N. Scivoletto, s.v. Eco, in EV, II,
Roma1985, pp. 165-166.
Vidal-Naquet 1968 = P. Vidal-Naquet, Le chasseur noir
et lorigine de lphbie athnienne,
in Annales E.S.C., 23, 1968, 947-964.
Vidal-Naquet 1981 = P. Vidal-Naquet, Le chasseur noir.
Formes de pense et formes de la societ
dans le mond grec, Paris 1981.
Zeitlin 1996 = F. Zeitlin, Playing the Other. Gender
and Society in Classical Greek Litera-
ture, Chicago1996.
RASSEGNE E RECENSIONI
219
Rassegne e recensioni
Te Frustrations of Hemelrijk*
Short note on J.M. Hemelrijks review of: Raf-
faella Bonaudo La culla di Hermes. Iconograa e
immaginario delle hydriai ceretane, Rome 2004 in
BABesch (82, 1, 2007, pp. 277-80).
J.M. Hemelrijk has written an extremely negative
review of Bonaudos book.
As this criticism comes from the author of the
most systematic work on the hydriai of Caere
1
this
would be of great concern, if it were not for the
fact that the review is undermined by regrettable
prejudices and serious methodological errors, and
proves to be a very unfortunate mistake.
Let us examine his methodology: the rules of the
game allow a piece of work to be criticised when
one does not agree with the formulation of the
argument or the results, in order to ofer a dialectic
contribution and not just taking the opportunity to
rant. Reasons need to be given for the disagreement
and the arguments that lead to diferent results must
be stated clearly, so that readers can also form their
own opinions.
Tere is no trace of this basic principle in the
review: it is a priori censorship and the only criteria
for validating H.s statements are the scholars own
convictions (expressions aimed at reassuring us
such as we may expect, to my mind, I am afraid,
I think are scattered throughout the text).
As a result there is nothing to be done except to
return to the origins of H.s thought, which are for-
tunately clarifed at the end of the review: In short,
in the course of the last ffty years, an ominous feeling
has taken possession of me whispering: to understand
Greek vase paintings one should not be too learned.
Tis praise of ignorance is only seemingly coarse;
it instead betrays the sceptical prejudice of a man
of the world (me whispering) who is convinced of
his own cultural superiority and who is not open to
any kind of debate. In this specifc case, I am not
talking about dialogue with Italian scholars who
are simply a waste of time
2
but H. is not even
open to engage with the people of the past and, in
particular, with the iconographic sources, which can
be enjoyed only through the rational parameters
of ons own education.
Tis then is the original sin of Bonaudos book:
having attempted to apply the sharpest (or most ag-
gressive) H. suggests, hidden in brackets methods
of iconography.
But this becomes a deadly sin when the attempt
is applied to the Etruscans who will remain forever
barbarians and so are simply not to be compared
to the Greeks: So does Bonaudo: since the Etruscans
of Caere were, she says, almost wholly Greek, the
Caeretan hydriae may, she believes, be regarded as an
Etruscan class of pottery. Tis is very misleading,
for the hydriaeare genuinely East Greek.
Tis quote clearly refects Hs method: based on
crudely discrediting the opinion of others, he at-
tributes to his opponents statements they never
made. For example, this is the case of H.s bizarre
conclusion, which he attributes to Bonaudo, that
the Etruscans of Caere were almost wholly Greek.
However, a more signifcant methodological error
is the unquestioning faith H. places in common sens
as an exegetic device which, as always, creates more
problems than it can resolve. What does it mean for
H. the fact that the Caere hydriai are genuinely East
Greek? Probably he means but as usual reviews are
vague that the rich iconographic repertoire depend-
ed exclusively on the ethnic origins of the craftsmen
and bore no relation to the Etruscan clients?
So how can we explain what scholars have long
since pointed to with regard to East-Greek Painters
in Etruria: that only on their arrival in the West do
they start narrating by images, creating a complex
universe of mythological themes, a universe that is
not documented in the production of their home
country
3
?
Once again it is impossible to fnd an illuminating
solution in this review, but instead it can be found
in Caeretan Hydriae, where the hypothesis is put
forward that the vases were produced for use by the
Greek merchants at Pyrgi
4
.
* Text translated by Christian Biggi.
1
Hemelrijk 1984.
2
One must be resigned to the fact that H. does not like Italians
(above all if Italian intellectuals), and he expresses his views in
the following way in Four New Campana Dinoi, a New Painter,
Old Questions, in BABesch 82, 2, 2007, p. 389 note 127: I may
perhaps say that, personally, I do at not all appreciate the Italian habit
of writing in Italian, compelling me to spend much time in trying to
understand forid intellectual Italian prose.
3
M. Martelli, Un askos del Museo di Tarquinia e il problema
delle presenze nord-ioniche in Etruria, in Prospettiva 27, 1981,
pp. 10-11: Tutti questi pittori che operano in Etruria rappresentano,
nellambito stesso della ceramografa nord-ionica, una componente
particolarmente dotata e colta... A diferenza dei loro connazionali
() i ceramograf installatisi in Etruria soddisfano, dunque, una
committenza aristocratica gi avvezza alla cultura fgurativa vei-
colata dalle anfore tirreniche.
4
Hemerlijk 1984, pp. 160, 193. For an opposing opinion, see
J.R. Jannot, Les hydries de Caer ou le problme dune culture
mixte: propos dun livre rcent, in RA 1986, 2, pp. 371-376:
there would have been time to change idea.
220
Rassegne e recensioni
Obviously this way everything comes together
with a disarming simplicity and perhaps, con-
tinuing along these lines, we could suppose (as
hypothesising costs nothing) that the provenance
of vases from the chamber tombs of the Caere
necropoleis, and not from Pyrgi, is a result of suc-
cessive exchange mechanisms or could even be
attributed to the Greek origins of the dead (thus
returning to the Etruscans of Caerealmost wholly
Greek): Bonaudo was indeed wrong to neglect such
a weighty hypothesis in her book.
H.s approach does not provide a solution: the
iconography of the hydriai does not depend on
the rules of a meaningful programme, or, if such a
programme existed, it would in any case irremedi-
ably exclude the Etruscans who are branded by their
ethnic inferiority. Te hypothesis of an Etruscan
infuence on the production of Greek craftsmen
living in Etruria is, according to H., inadmissible
for reasons of cultural inferiority.
To follow this line of reasoning would mean that
there is no longer any reason to look for a signifcant
relationship between the iconographic themes within
the corpus or between images on the same vase; there
would be no reason to think about the specifcity
of the fgures or the choice of gesture. In a system
where each element is deprived of meaning or the
possibility of exploring ancient thinking with its
specifc categories of thought and values through
images so as to understand (what?), it is sufcient
simply not to study (one should not be too learned).
So let us look at the results that such a refned
critical approach leads to.
H.s prevalent exegetic device can be defned as
satisfed banalization: the episodes represented on
the hydriai express a joyful universe shared by us-
ers and artisans full of layful wit. Tis is the case
with the Busiris scene (Bonaudos explanation is
far-fetched and humourless)
5
, and with the rearing
horses represented on the reverse of the hydriai, that
the painters depicted with pleasure and which they
[the painters] could be certain would please their
customers, Etruscan or Greek.
In this use of images rooted in a climate of joyful-
ness, it is useless to expect that H. would explain the
(not at all obvious) cultural logic, subject to shared
aesthetic codes (naturally East Greek) between
Greeks and Barbarians. Evidently there is a natural
tendency common to all people of taste: besides
Herakles is a model of courage and heroism for all
ancient human kind and it is always a pleasure to
see him on a vase.
In the face of such certainties H.s errors and
misinterpretations become less important, but it is
only fair to mention at least some of them.
For example, the hurried judgement with which
the Scholar deals with the sacrifce scene with oxen
depicted on the Copenhagen National Museum
13567 hydria (Bonaudo, cat. 15), is exemplary,
which he defnes as an ordinary scene such as there
are many.
What a shame that in 1979 J.-L. Durand, in La
Cuisine du sacrife en pays grec (one can ignore the
Italian, but surely not the French) underlined the
extraordinary character of this vessel Ce vase invite
se demander quel rapport de sens entretiennent des
images sur mme support: on peut voir ici combines
scnes de chasse sur une face, de sacrifce sur lautre.
In particular Durand emphasised how the scene
of sacrifce contained a very unusual display of the
instruments connected with the slaughter of the vic-
tim the axe, the skyphos that served as a sphageion
and in particular, the machaira Il ne peut en tout
cas sagir de porter en procession linstrument de lgor-
gement qui doit rester invisible, mais plutt de mettre
en place le instruments de la mort sanglantCest le
moment o la violence est exactement sur le point de
rpondre la douceur dans le rapport homme/bte
6
.
All mere trifes according to H., since what counts
is to be able to scorn the possibility of there being
any signifcance of the animal sacrifce theme in
the hydriai repertoire, with the themes values that
were culturally and politically fundamental for the
archaic Caere aristocracy.
On the issue of the rearing horses depicted
on the back of the hydriai, H. delivers a pitiful
performance by criticising Bonaudos hypothesis
of creating a relationship between the group of
animals and the rape of Europe, which are associ-
ated (who knows why the craftsman did so) on the
Villa Giulia 50643 hydria (Bonaudo, cat. 13). Te
Scholar writes with incomparable refnement that:
clearly she [Bonaudo] does not realize that the horses
are big stallions! and so cannot be linked to the
theme of the kores erotic apprenticeship (as far as
can be supposed, since once again H. limits himself
5
With regard to the Busiris episode see J.L. Durand, Hros cru
ou hte cuit: histoire quasi cannibale dHrakls chez Busiris, in
F. Lissarrague - F. Telamon (eds), Image et cramique grecque
(Actes Colloque Rouen, nov. 1982), Rouen 1983, p. 167:
Positivement il [Hrakls] fait exploser avant son instauration
le sacrifce aux chairs humaines; ngativement il rvle ce que tout
sacrifce comporte en soi: tuer pour manger.
6
Durand 1979a, pp. 177-78.
221
Rassegne e recensioni
to an exclamation mark). But this is not the issue
in question, since Bonaudo (p. 39 f.) discusses
the group of rearing horses in the wider context of
equestrian iconography in the hydriai corpus. She
does not look at the nature of the stallions that so
attracts H.s attention, but their opposition to the
animals being ridden and/or being yoked to the
cart due to the absence of the bit.
Tis hypothesis is completely correct on an icono-
graphic level, although we can disagree about the
consequences, but it is necessary to respond to it if
we want to express a worthwhile opinion: unlike
H., who for reasons of negligence does not use the
method of demonstration.
Te myth of banalization is an irresistible attrac-
tion for H. Te satyrs grape-picking in the presence
of Dionysus on the Villa Giulia hydria (Bonaudo,
cat. 9) is nothing more than a festive chorus of
satyrsa very common theme indeed. It is obvi-
ously only chance that the theme of the vine recurs
contemporaneously in Caere on the exceptional
vase known as the Ricci Hydria, in a sequence that
places the god, the plant and the sacrifce together,
which has no parallel even in the Greek sphere
7
.
And what can we say about the brilliant manner
in which H. quickly dismisses the association be-
tween the god of wine and the panther: why upset
the notion of metis (who was Detienne after all?)
when the feline is Dionysus special pet, as indispen-
sable to him as his beard! [it is useless to repeat that
the exclamation mark is H.s]?
Te pointed remark about Dionysus beard speaks
volumes about the seriousness of the whole, but the
climax comes when analysing the scene of the blind-
ing of Polyphemus depicted on a Villa Giulia hydria
(Bonaudo, cat. 20). Woe betide should we associate
it to the risk of drinking wine since the cyclops is
drinking, though he is being blinded: evidently, ac-
cording to H, the pleasure of seeing images removed
any ability the vessels owners had to think.
Only in one case does H. venture into an exegetic
attempt: when, in the famous scene of the theft
of the oxen depicted on the Louvre E702 hydria
(Bonaudo, cat. 3), he proposes the identifcation
of the veiled fgure next to the small Hermes as
Apollo and not Maia.
According to H. this character undoubtedly
represents Apollo and Bonaudo is mistaken not to
have noticed that her interpretation difers from the
accepted one.
Apart from the fact that when Bonaudo privileges
the identifcation of Maia she accepts a hypothesis
put forward by N. Ploutine in his frst edition of the
vase
8
, on what basis does H. identify the veiled fgure
as Apollo? On the fact that he is mourning for the
loss of the cattle and therefore has pulled the cloak over
his head, as if mourning the death of his dear ones.
As can be seen it is a heterodox hypothesis, to say
the least, with Apollo lamenting the disappearance
of the oxen as if they were his own relatives. It is
difcult to make this compatible with the tone of
the mythical episode as it is celebrated, for example,
in the Hymn to Hermes. Here there is no tragedy
but instead the celebration of Maias young sons
metis, the related introduction of livestock rearing
and a meat diet, Apollos indulgent wrath pacifed
by the gift of the tortoise shell lyre: exactly the
humorous atmosphere mentioned earlier by H.
and, now, rapidly forgotten that can be found in
the scene depicted on the Caere hydria, if we accept
the interpretation proposed by Bonaudo.
In putting forward his hypothesis H. should, for
methodological reasons, have supported it with
iconographic evidence, citing examples in which
Apollo goes into mourning over the theft of the
herd. He should have applied the philological
method (which is also hard work: one should be
learned) adopted by Bonaudo (pp. 60-61) when she
proposes the identifcation of the trolley on which
Hermes cradle is placed as the trapeza of sacrifce:
whether her hypothesis is correct or not, it is sub-
stantiated by the iconographic detail, never before
considered, of the crossbar that joins the furniture
legs, never seen before in the case of beds.
It is not surprising that such a detail is not dis-
cussed by H. for whom the object is undeniably a
pram: a baby-mattress put on the top of the trolley,
serving as a baby-bed. We could continue, but it
is not worth it: H. has committed a frustration
foul as football slang puts it, because of what G.
Colonna, with his usual incisiveness, has written
in the preface to Bonaudos book (p. 8) in relation
to Caeretan Hydriae: this study is not un tentati-
vo, del tutto superfuo di aggiornare un buon libro
7
With regards to the Hydria Ricci see Durand 1979b; A.-F.
Laurens, Pour une systhmatique iconografque: lecture du
vase Ricci de la Villa Giulia, in Iconographie classique et iden-
tits rgionales (=BCH 14, 1986), pp. 45-56; L. Cerchiai, Il
programma fgurativo dellHydria Ricci, in AK 38, 1995, 2,
pp. 81-91: obviously according to H., cited in footnote 2, this
work which is fruit of an imaginative hyper-interpretation, and
as it is in Italian it can be wholly ignored.
8
CVA Louvre 9 (France 14), III F a, p. 9, tavv. 8, 3-4; 10, 1-7.
222
Rassegne e recensioni
apparso solo ventanni fa. invece un tentativo di
andare oltre quel libro e di afrontare quel che in esso
manca, ossia una lettura approfondita e integrale del
ricco immaginario presente sulle idrie.
It might be difcult to admit, but that is the way
it is.
Luca Cerchiai
Additional abbreviations:
Durand 1979a = J.-L. Durand, Du rituel comme
instrumental, in M. Detienne and J.-
P. Vernant (eds), La cuisine de sacrifce
en pays grec, Paris 1979, pp. 167-81.
Durand 1979b = J.-L. Durand, Btes grecques.
Propositions pour une topologique
des corps manger, in M. Detienne
et J.-P. Vernant (eds), La cuisine de
sacrifce en pays grec, Paris 1979, pp.
133-65.
Hemerlijk 1984 = J.M. Hemelrijk, Caeretan Hydriae,
Mainz am Rhein 1984.
mancano: nel primo caso, questi si apprezzano
soprattutto nelle parti di sapore pi antiquario
(condizione femminile; il mondo della politica,
etc.) e nelle sintesi dedicate ad aspetti particolari
della archeologia pompeiana (forme dellabitare a
Pompei e Ercolano; aspetti dellartigianato artisti-
co delle citt vesuviane, etc.); anche nel secondo,
i meriti sono soprattutto concentrati nelle schede
dedicate alla storia degli studi delle citt vesuviane,
nella parti dedicate alla vita nella citt e nelleccel-
lente apparato iconografco.
Ci che delude profondamente invece la parte
pensata di entrambi i libri, quella cio che do-
vrebbe fare il punto con quanto realmente oggi si
conosce delle citt vesuviane, sia attraverso la stesura
di articoli appositamente dedicati allargomento
(Dobbins-Foss), sia con il supporto di una serie
di esemplifcazioni anche di carattere ricostruttivo
ricorrendo, secondo una moda sempre pi difusa,
ad accattivanti ma talvolta imprecisi acquerelli
(Berry). In entrambi i casi, infatti, dopo aver riper-
corso le principali tappe della ricerca sullo sviluppo
urbano e monumentale della citt, i risultati sinte-
tizzati o divulgati sono fermi al 2003. Si dir: motivi
editoriali hanno impedito di aggiungere ulteriori
dati, anche se alcuni autori hanno sentito la neces-
sit di inserire qualche riferimento bibliografco pi
recente di quella data (tra questi: C. Chiaramonte,
R. Tybout, J.-A. Dickmann, A. Wallace-Hadrill);
ma le esigenze editoriali non possono rappresentare
una giustifcazione, specie se i risultati delle pi
recenti ricerche sono gi stati pubblicati. Chi scrive,
insieme a Maria Paola Guidobaldi, ha redatto nel
2006 una semplice guida agli scavi di Pompei ed
Ercolano nella quale stato inserito e discusso tutto
ci che era stato acquisito fno a quel momento
grazie allesecuzione di scavi stratigrafci, in modo
tale che, anche a costo di qualche imprecisione, il
lettore fosse messo al corrente di un percorso di
ricerca e di un dibattito scientifco divenuti molto
intensi negli ultimi anni. Nel caso del libro curato
da Dobbins-Foss, inoltre, il desiderio di riunire in
maniera quasi compulsiva quante pi voci possibili
ha ingenerato inconvenienti anche buf, come
quello di proporre per la stessa abitazione pompe-
iana (la Casa del Chirurgo) ben quattro diferenti
cronologie: una molto alta (J.-P. Adam, one of th
earliest houses in the town, p. 99, didascalia alla fg.
8,1); una medio-alta (K. Peterse, fourth century
BC, p. 383); una medio-bassa (C. Chiaramonte,
third century BC, p. 146) e, infne, una molto
bassa (R. Jones, no earlier than 200 BC, p. 392);
Lombelico dellarcheologo.
Breve nota su J. Dobbin - P. Foss, Te World of
Pompeii, London-New York 2007, J. Berry, Te
complete Pompeii, London 2007 e M. Beard,
Pompeii. Te Life of a Roman Town, London 2008.
Questa non vuole essere una recensione a due
libri su Pompei di diverso tenore, ma accomunati
dagli stessi pregi e, soprattutto dagli stessi difetti,
usciti quasi contemporaneamente nel corso del
2007; vuole essere solo una segnalazione ai lettori,
sperando che gli inconvenienti notati nella lettura
di entrambi i testi siano scongiurati per il futuro.
Il primo libro consiste in una serie di articoli
redatti da qualificati studiosi e vorrebbe porsi
come una sorta di enciclopedia pompeiana del III
millennio; il secondo, scritto da un solo autore,
un testo di alta divulgazione che intende ofrire una
panoramica su tutti i principali aspetti della storia,
dellarcheologia e della vita di Pompei e degli altri
centri vesuviani. Come si accennava, i pregi non
223
Rassegne e recensioni
naturalmente, in questo caso, la responsabilit non
dei singoli autori, che espongono le loro convin-
zioni sulla base di unesperienza di studio maturata
con tempi e modi diversi, ma dei curatori, incapaci
di saper organizzare il testo, facendo dialogare fra
loro gli estensori dei singoli contributi nel caso di
cos evidenti discordanze. Ma come si diceva, grave
stato soprattutto il fatto di aver considerato come
defnitivi i dati conosciuti direttamente dagli autori
allepoca dei loro lavori pompeiani, tralasciando
tutto ci che stato fatto successivamente; talvolta,
tale manchevolezza raggiunge quasi punte di in-
volontario ridicolo, come nel caso (Dobbins-Foss)
della pubblicazione di tutte le piante di Pompei
(beninteso, in un apposito, modernissimo CD!) in
cui compare ancora la Porta di Capua, che ormai
da anni sappiamo non essere mai esistita grazie ai
risultati conseguiti dai colleghi giapponesi (acqui-
sizione tra laltro non sfuggita a C. Chiaramonte
Trer, che ad essi fa riferimento nel suo contributo
(p. 143), evidentemente non letto con attenzione
dai curatori). Imperdonabile sul piano scientifco
invece constatare che John Dobbins ha scritto un
lungo articolo sullorganizzazione monumentale
del Foro di Pompei prescindendo completamente
da ogni riferimento allarticolo di Filippo Coarelli
sullo stesso argomento pubblicato ormai da quattro
anni e accennando solo in una nota alla importan-
tissima (ri)scoperta della dedica di Lucio Mummio
allinterno del Santuario di Apollo (p. 181, nota
84), che sottovalutazione tanto pi grave perch
compiuta da chi, nonostante gli anni dedicati allo
studio dellarea sacra, a quella dedica non aveva mai
fatto cenno e non aveva mai avvertito la necessit
di cercarla fra i basamenti visibili allinterno del
peribolo. Cos come altrettanto imperdonabile
che sia il libro di Dobbins-Foss che quello di Berry
considerino le uniche acquisizioni per la ricostru-
zione della pi antica fase di Pompei le proprie e
quelle delle unit di ricerca che hanno operato nel
sito durante la loro attivit, in un periodo grosso
modo coincidente con gli anni 1995-2001. Tutta-
via, dopo quella data altre equipes hanno lavorato
a Pompei, anche in aree di un certo interesse sia
per la topografa storica della citt che per i suoi
monumenti (Tempio di Venere, area dellAltstadt,
Regiones V, VI, VII e IX, necropoli di Porta Noce-
ra), proponendo tutta una serie di acquisizioni che
meritavano almeno di essere riassunte e discusse; e
questa mancanza ancora pi grave dal momento
che queste unit di ricerca hanno pubblicato i loro
risultati: non basta, come fa J. Berry, citare il volu-
me Nuove Ricerche ad Ercolano e Pompei, uscito nel
2005 (a proposito, sono stati da poco pubblicati gli
atti del secondo Convegno Internazionale, lo segna-
lo a chi volesse scrivere un instant book su Pompei),
se poi dei contenuti in esso presenti non si tiene
il minimo conto. Con buona pace degli autori di
entrambi i libri, la ricerca nelle citt vesuviane non
si fermata dopo il termine delle loro indagini; se
ne avessero tenuto conto, avrebbero evitato di dare
come acquisite alcune conclusioni, che, basate su
letture rivelatesi assolutamente parziali e in gran
parte distorte, hanno mostrato presto una certa
inconsistenza.
Desidero terminare queste poche considerazioni
sui libri di J.J. Dobbins e di J. Berry con una piccola
preghiera rivolta ai colleghi che giungono sempre
pi numerosi a Pompei per contribuire alla cono-
scenza di questo straordinario sito archeologico:
continuate a leggere ci che viene pubblicato anche
dopo il termine dei vostri lavori e discutetene anche
serratamente i risultati, perch questo di benefcio
a ogni tipo di scienza, anche alla nostra che per sua
natura imperfetta; diversamente si corre il rischio
di contemplare solo il proprio ombelico.
Infne, una nota sul recentissimo libro di M.
Beard, che potrebbe essere anche tradotto a breve
in italiano e dunque attirare lattenzione di un
pubblico sempre assetato di saggistica non propria-
mente specialistica. Abituati ad alcune intelligenti
provocazioni intellettuali dellAutrice, si pensava
a qualcosa di diverso da un insieme un po disorga-
nico di considerazioni molto soggettive sulla citt
vesuviana. Daltra parte non poteva essere altrimen-
ti, scorrendo le poche pagine di una bibliografa
che sembra rispondere al tipico criterio selettivo
dellacquisto compulsivo al supermercato, con cita-
zioni di testi quasi tutti in inglese e poco assimilati
da una lettura frettolosa. Dunque, un libro di non
si sentiva la necessit, fatto solo per aumentare il
numero dei presunti saggi di alta divulgazione su
Pompei pubblicati negli ultimi anni da studiosi che
evidentemente vantano come una medaglia una
incursione tra gli studi pompeianistici.
Fabrizio Pesando
224
Rassegne e recensioni
quarto paragrafo, invece, tratta problemi connessi
alla stratigrafa ed alla datazione della tomba 168,
il contesto della coppa di Nestore
2
. Il quinto
paragrafo esamina la cultura materiale e la com-
posizione dei corredi. Il quarto capitolo, dedicato
alle controverse questioni riguardanti la cronologia
assoluta, costituisce la reale conclusione del volume.
Seguono due utili appendici costituite da tabelle
riepilogative dei contesti considerati e delle loro
articolazioni cronologiche, rituali e sociali. Chiu-
dono il volume le tavole fuori testo (tavv. 1-11) che
illustrano la rassegna tipologica e tre pieghevoli de-
dicati al matrix dei gruppi sepolcrali ed alla tabella
di seriazione (tavv. 12-14).
Il campione sottoposto ad analisi comprende tutte
le tombe edite in Pithekoussai I relative al periodo
compreso tra TGI e MC: particolare attenzione
dedicata alle fasi pi antiche della necropoli
(TGI-MPC). Il numero complessivo dei contesti
stratigrafci sui quali lA. ha operato di 618 unit,
includendo nel campione anche la tomba 944 edita
in altra sede
3
.
La presente nota si propone di discutere prin-
cipalmente gli aspetti metodologici del lavoro
sofermandosi su alcuni nodi problematici che, in
tale prospettiva, saranno trattati separatamente.
Stratigraa e matrix della necropoli
Dal punto di vista metodologico, il principale
punto di forza del lavoro la valorizzazione della
stratigrafa orizzontale e verticale della necropoli:
si tratta di un aspetto troppo spesso trascurato o
sottovalutato dalle edizioni di scavo e dai manuali
di tecnica archeologica
4
.
Sotto questo aspetto, il sepolcreto di S. Montano
rappresenta un caso emblematico, come hanno
avuto modo di sottolineare in pi occasioni gli
editori ed altri studiosi. Esso testimonia in modo
esemplare, infatti, come lesame stratigrafco delle
necropoli costituisca un campo di indagine che ofre
potenzialit di grande portata per lanalisi e linter-
pretazione, non soltanto per quanto concerne le
questioni connesse alla cronologia relativa e assoluta
ma, sopratutto, per la comprensione delle ideologie
della comunit di riferimento e per la ricerca delle
4
Per la valorizzazione della stratigrafa delle necropoli, cfr., per
esempio, A.M. Bietti Sestieri, Protostoria. Teoria e pratica, Roma
1996, pp. 74-75 con bibliografa precedente; M. Cuozzo - A.
dAndrea, Proposta di periodizzazione del repertorio locale di
Pontecagnano tra la fne del VII e la met del V sec. a.C., alla
luce della stratigrafa delle necropoli, in AIONArchStAnt, XIII,
1991, pp. 47-114; C. Tronchetti, Metodo e strategie dello scavo
archeologico, Roma 2004.
V. Nizzo, Ritorno ad Ischia Dalla stratigraa della
necropoli di Pithekoussai alla tipologia dei mate-
riali, Napoli 2007 (Collection du Centre Jean
Brard), pp. 230, 39 gure nel testo, 14 tavole
fuori testo inclusi tre dpliants pieghevoli.
Il volume propone una rilettura della monumen-
tale edizione della necropoli di S. Montano ad opera
di G. Buchner e D. Ridgway (1993), con la fnalit
di ricostruire, attraverso una sistematica analisi
stratigrafca e tipologica, la sequenza delle sepolture
e di afrontare alcune delle controverse questioni
connesse con la cronologia relativa ed assoluta delle
fasi pi antiche dellinsediamento greco.
Si tratta di una impresa indubbiamente ardua,
che ha il merito di ricondurre lattenzione su alcu-
ne delle problematiche pi complesse poste dalla
necropoli di Pithecusae e, soprattutto, di trattare, a
partire da unopera che costituisce uno dei capisaldi
per larcheologia del Mediterraneo e per la storia
della colonizzazione greca in occidente, la que-
stione della cronologia della fase avanzata dellEt
del Ferro, argomento spinoso che, come noto,
stato al centro del dibattito archeologico degli
ultimi anni. Da tale punto di vista, il testo si pone
in diretta continuit con il contributo presentato
dallA. con G. Bartoloni nellambito del recente
convegno Oriente e Occidente 2005
1
.
Il volume articolato in quattro capitoli e corre-
dato da due appendici.
Il primo capitolo, dedicato alla stratigrafa della
necropoli, illustra e discute le modalit di struttu-
razione del sepolcreto presentando, in conclusione,
il diagramma stratigrafco dei gruppi funerari (tavv.
12-13 fuori testo); il secondo, riservato alla meto-
dologia della classifcazione tipologica, costituisce
la necessaria premessa teorica al quinto capitolo
contenente la tipologia dei materiali ed alla tabella
di seriazione presentata nella tav. 14 fuori testo. Il
terzo capitolo, che afronta lanalisi della sequenza
della necropoli, suddiviso in cinque paragraf
corredati da 38 fgure incluse nel testo: i primi tre
paragraf sono destinati rispettivamente alla com-
posizione demografca (par. 1-2), allanalisi dei riti
funebri e della struttura delle tombe (par. 3); il
1
Pithekoussai I; Bartoloni-Nizzo 2005, pp. 409-436; per
una visione di sintesi sulle opposte teorie cronologiche che si
sono afrontate nellambito del convegno, cfr. B. dAgostino,
Conclusioni, in Oriente e Occidente, 2005, pp. 661-663.
2
Pithekoussai I, pp. 212-223 ed Appendice I; Ridgway 1984,
pp. 71-74.
3
G. Buchner - D. Ridgway, Pithekoussai 944, in AIONArch-
StAnt, 5, 1984, pp. 1-9.
225
Rassegne e recensioni
modalit di rappresentazione demografca e sociale.
A partire da queste premesse, dati di notevole
interesse emergono dalla redazione del matrix della
sequenza dei gruppi funerari identifcati sul terreno
il primo per la necropoli di Pithecusae, ad eccezione
di un tentativo parziale da parte di Neeft
5
e della
tabella di seriazione dei contesti che, con il supporto
delle tavole di riepilogo presentate in appendice,
hanno il pregio di sintetizzare, in una griglia cro-
nologica strutturata, le informazioni rilevanti ai fni
della comprensione dellandamento della necropoli.
Come noto una delle caratteristiche principali
dellorganizzazione cimiteriale di S. Montano la
rigorosa regolamentazione cui dimostra di obbedire
la distribuzione delle sepolture che appare program-
mata e defnita fn dal momento dellimpianto del
sepolcreto
6
. Lo spazio funerario si presenta segmen-
tato in appezzamenti, in base alla concentrazione
sincronica e diacronica delle sepolture sovrapposte e
agglutinate secondo lespressione di G. Buchner
in sequenze stratigrafche complesse. Lindividua-
zione di queste aree di sepoltura elitarie dotate di una
peculiare organizzazione planimetrica, che sottolinea
il legame esistente tra le sepolture in esse contenute
ed appare anteporre laspetto della concentrazione
areale allinterno dello stesso lotto allintegrit delle
singole deposizioni, ha indotto ad avanzare lipotesi
che tale frazionamento del tessuto sepolcrale sia da
attribuire ad una celebrazione del vincolo di parentela
ed a riconoscere nei nuclei funerari dei veri e propri
family plots, secondo la defnizione degli editori
7
. I
lotti, che spesso uniscono in sequenza tombe divise
da brevi scarti cronologici, sono caratterizzati da una
pianifcazione che, in diversi casi, persiste nel lungo
periodo ed hanno permesso di stabilire precise cor-
relazioni tra un ampio nucleo di sepolture comprese
soprattutto nellarco cronologico TGI-TGII/MPC.
Il diagramma stratigrafco proposto dallA. acquista
particolare rilievo poich lindividuazione del mecca-
nismo dei family plots da parte di Buchner non mai
stata seguita da una sistematica ricostruzione delle
sequenze dei singoli gruppi sepolcrali: la stratigrafa
dei lotti, pertanto, pu essere oggi dedotta soltanto
dalle indicazioni dei rapporti fsici tra le tombe
menzionati da Buchner e Ridgway nelledizione
della necropoli. Da tale circostanza deriva anche un
margine di arbitrariet nellinterpretazione del dato
archeologico, come sembrano dimostrare alcune
diferenze nelle ricostruzioni delle sequenze degli
appezzamenti proposte da autori diversi
8
.
Tramite la ricomposizione dei dati stratigrafci
menzionati in Pithekoussai I, lA. ha potuto ri-
conoscere 52 gruppi, met dei quali localizzati
nel settore A del sepolcreto, gli altri in quello B,
composti da un minimo di due fno ad un massi-
mo 82 contesti, per un totale di 532 tombe legate
da relazioni fsiche (p. 15). Tra tutti si distingue
il gruppo A01, il lotto del quale fa parte la tomba
168 che, per lentit delle sovrapposizioni dirette
rappresenta un nodo essenziale per la ricostruzione
della sequenza della necropoli tra TGI e TGII (9
tumuli; 11 sovrapposizioni dirette, p. 16 e nota 35).
Su queste basi lA. ha proceduto alla redazione
del matrix dei gruppi funerari strutturando le ra-
mifcazioni stratigrafche allinterno di una griglia
cronologica relativa strettamente connessa alla
sequenza tipologica della cultura materiale locale.
La sequenza ancorata ai punti di saldatura costi-
tuiti dalla ceramica dimportazione, soprattutto di
fabbrica corinzia, e da alcuni contesti di carattere
eccezionale, come la tomba 325, contenente il noto
scarabeo di Bocchoris
9
, che hanno consentito di
proporre, a conclusione del lavoro, una convincente
periodizzazione della necropoli.
Pi opinabile, la considerazione della quota e della
posizione reciproca delle tombe sul livello del mare
come ulteriore criterio di correlazione trasversale per
stabilire la posizione relativa di tombe appartenenti
a gruppi diversi o poste su rami diversi del medesi-
mo gruppo, qualora ci non sia stato possibile sulla
sola base stratigrafca e sullanalisi delle associazioni.
Linsospettata afdabilit di tali osservazioni, per
lA. da porre in relazione con il progressivo innal-
zamento del terreno dovuto al dilavamento delle
colline circostanti
10
. Tuttavia, si tratta di un principio
di carattere meccanicistico, la cui validit, come linea
di tendenza, andrebbe valutata caso per caso.
In questa fase del lavoro, nellintento di valoriz-
zare le complesse articolazioni della sequenza, che
travalicano i limiti di una ordinaria suddivisione
per fasi, lA. ha introdotto la nozione di livello
(p. 16), basato sulla considerazione complementare
dellentit delle sovrapposizioni stratigrafche dirette
e della variabilit della cultura materiale allinterno
di ciascuna fase. Il concetto di livellocostituisce
sicuramente uno strumento interessante ed utile a
5
Neeft 1987, pp. 302 ss.
6
Cfr. in particolare, Buchner 1975; Ridgway 1984, pp. 63-70;
dAgostino 1985, p. 56; Neeft 1987, pp. 302-308; Cerchiai 1999;
Bartoloni-Nizzo 2005, p. 409.
7
Buchner 1975, pp. 70 ss.; Ridgway 1984, p. 68; Pithekoussai I.
8
Neeft 1987, pp. 302 ss.; Cerchiai 1999.
9
Pithekoussai I, pp. 378-382 ed Appendice II; Ridgway
1984, p. 82.
10
Bartoloni-Nizzo 2005, pp. 413-414.
226
Rassegne e recensioni
porre in risalto la vasta gamma di informazioni desu-
mibile dalla stratigrafa delle necropoli ma pu anche
esporre al rischio di cadere in rigidi automatismi, se
si attribuisce a tali articolazioni un immediato valore
cronologico.
La complementare valutazione dei diversi fattori
analizzati (stratigrafa, tipologia dei materiali, rituale,
quote) ha condotto ad articolare il matrix dei gruppi
funerari in 31 livelli numerati in ordine progressivo
dal pi antico al pi recente, dal 10 al 40. Il livello
pi antico della sequenza il n. 10: ad esso sono stati
attribuiti soltanto quattro contesti, in parte composti
da reperti sporadici (447; 571bis; 611; 574bis) che
segnalano, per lA., tramite loccorrenza di materiali
di tipo indigeno e di tipo greco, un momento di oc-
cupazione non regolare della necropoli, daltronde,
gi individuato a suo tempo da Buchner e Ridgway.
Si tratta di quella fase di transizione tra MGII e TGI
cui risalgono i noti frammenti ceramici provenienti
dallo Scarico Gosetti
11
.
Tipologia e seriazione
Per quanto riguarda la tipologia dei materiali, la
formalizzazione dei dati si basa sullelaborazione
di una sorta di formula tipologica accompagnata
da una scheda corrispondente, con lo scopo di
riassumere, oltre agli aspetti strettamente connessi
alla tipologia, anche fattori legati alle fabbriche e
allarea di produzione, alla cronologia relativa ed alla
distribuzione in base al rito e al sesso (pp. 14-15).
Tra le novit introdotte dallA., va segnalata la
scelta di includere nella tipologia, oltre a tutti i ma-
teriali provenienti dai 618 contesti tombali, anche i
reperti citati dagli editori nelle schede introduttive
delle tombe ma non inseriti nel catalogo e la mag-
gioranza dei materiali sporadici trattati nella parte
fnale (p. 13)
12
. Una delle esigenze primarie stata
considerata la costituzione di una struttura aperta
secondo il modello proposto nelle tipologie di
Pontecagnano
13
, in modo da consentire una futura
implementazione.
Tuttavia il sistema delle formule tipologiche, che
nel corso dellanalisi ha avuto sicuramente il pregio
di sintetizzare i dati emersi dalla lettura stratigrafca
e tipologica della necropoli, risulta poco trasparente
e di difcile comprensione per il lettore. Allo scopo
di rendere pi agevole la lettura dei dati presentati,
sarebbe stato sicuramente preferibile improntare le
schede tipologiche ad una maggiore trasparenza,
limitando la procedura formulare alle tabelle ed ai
grafci, opportunamente corredati da ampie didascalie
esplicative.
Lesito del lavoro di classifcazione tipologica ha
condotto allelaborazione di una tabella di seriazione
(tav. 14 fuori testo) costruita in stretta correlazione
con la griglia stratigrafca evidenziata dal matrix della
necropoli. Il diagramma stratigrafco e la seriazione
sembrano confermare, in larga misura, la sequenza
locale fornita da Buchner e Ridgway in accordo con
il quadro cronologico proposto da Coldstream nel
1968 per la Grecia. Indicatore privilegiato e fossile
guida per la cronologia relativa delle fasi pi antiche
del sepolcreto considerata loinochoe di produzione
locale nelle sue trasformazioni morfologiche e de-
corative (p. 23). Loinochoe rappresenta infatti una
costante nei corredi delle prime fasi della necropoli,
in quanto componente basilare del rituale funerario,
e costituisce un punto di riferimento prezioso soprat-
tutto per la sequenza del TGI e per il passaggio al
TGII, poich uno dei pochi elementi della sequenza
pithecusana pi antica la cui evoluzione possa essere
seguita ininterrottamente. A partire dalle osservazioni
gi avanzate da Buchner e Ridgway, lA. ribadisce
con il supporto della stratigrafa e della seriazione,
il valore cronologico di alcuni aspetti tipologici e
delle loro variazioni: oltre alla morfologia del corpo
globulare negli esemplari pi antichi, tendente
allovoide nei tipi successivi sono valorizzate sia
la conformazione dellansa, per la quale ribadita
la recenziorit del tipo a nastro rispetto a quello a
bastoncello, sia lassetto della decorazione del collo,
dove la disposizione continua senza dubbio po-
steriore a quella riservata alla parte frontale. Meno
comprensibile risulta la priorit cronologica che lA.
attribuisce alloinochoe locale rispetto alle principali
ceramiche datanti del TGI, cio le kotylai Aetos
11
Per la fase pi antica della necropoli, cfr. Ridgway 1984;
Pithekoussai I. Sul materiale di tipo indigeno che rimanda ad
un orizzonte cronologico anteriore allinizio del TGI, ed in
particolare per la fbula della tomba 547bis, cfr. Bartoloni-Nizzo
2005, pp. 415 ss. Sui materiali greci pi antichi dello Scarico
Gosetti (MGII/TGI), cfr. Coldstream 1995, pp. 251-252;
Ridgway 2000; Ridgway 2004a; Ridgway 2004b e nota 14.
Per quanto riguarda la numerazione dei livelli del matrix, lA.
ha scelto di lasciare liberi i primi numeri per permettere un
eventuale ampliamento.
12
Le convenzioni adottate per la formalizzazione dei materiali
fanno riferimento ai dizionari terminologici dellICCD: G.
Bartoloni et alii (a cura di), Materiali dellet del Bronzo fnale
e della prima et del Ferro, Dizionari terminologici 1, Firenze
1980; F. Parise Badoni (a cura di), Ceramiche dimpasto dellet
orientalizzante in Italia. Dizionario terminologico, Nuova serie
1, Roma 2000.
13
In particolare, B. dAgostino - P. Gastaldi, Pontecagnano II.
La necropoli del Picentino 1. Le tombe della Prima et del Ferro,
(AION ArchStAnt, Quad. 5), Napoli 1988.
227
Rassegne e recensioni
666 e gli skyphoi del tipo Tapsos con pannello.
Questa osservazione, proposta nel contributo del
2005 e riafermata nel volume attraverso la scansione
stratigrafco-cronologica, risulta ridimensionata, in
primo luogo, da considerazioni interne allevidenza
analizzata: se, infatti, i corredi contenenti le cerami-
che datanti caratterizzano i livelli dal 14 al 16,
tuttavia non si pu non considerare lalta incidenza
delle kotylai e degli skyphoi appartenenti ai medesimi
tipi attestati tra i materiali sporadici, in quantit su-
periore alle ceramiche in contesto (p. 84; nota 170).
Occorre ricordare, inoltre, che, rispetto allestensione
complessiva della necropoli, verifcata dai successivi
sondaggi, la parte edita risulta limitata ad unarea
corrispondente al 5/10% ca., localizzata in una zona
periferica che non comprende, verosimilmente, il
versante pi antico delloccupazione funeraria, come
gli editori hanno pi volte dichiarato
14
.
Analisi demograco-sociale e metodologie
statistiche
Un discorso a parte necessario per lanalisi
demografco-sociale e le metodologie statistiche.
Si tratta della parte meno condivisibile del lavoro
di Nizzo dal punto di vista teorico e metodologico.
Per quanto riguarda luso della statistica diversi
problemi avrebbero potuto essere evitati attraver-
so lapporto di un adeguato lavoro di quipe, che
avrebbe facilitato laccesso a metodologie pi duttili
oferte dalla tecnologia odierna.
Suscita serie perplessit la terminologia impiegata:
gli esiti di oltre 30 anni di dibattito nel campo della
archeologia della morte impongono, ad esempio,
ladozione della distinzione tra sesso biologico e ge-
nere per le attribuzioni culturalmente determinate,
ma soprattutto sarebbe auspicabile che fosse ormai
espunto dal vocabolario di una archeologia sociale
che voglia confrontarsi con le discipline antropolo-
giche e storiche il termine razza (matrimoni inter-
razziali, p. 29; Tali circostanze sembrerebbero ef-
fettivamente avvalorare lipotesi della pertinenza alla
razza indigena , p. 31; ecc.) al quale impossibile
attribuire una valenza neutra per le implicazioni
storiche e culturali di cui portatore
15
.
Aspetti non meno problematici presenta lanalisi
statistica, illustrata dai grafci presentati nelle fgure
1-38. In primo luogo si sente la mancanza di un
paragrafo introduttivo diretto ad esplicitare i criteri
delle scelte metodologiche e delle convenzioni adot-
tate. Notevoli perplessit desta, per esempio, laver
relegato nelle note (in particolare, nota 66) una serie
di rifessioni sulle scelte operate nellelaborazione
statistica, che comportano una presentazione non
uniforme dei dati ed accorpamenti dei livelli
scaturiti dal matrix. Sarebbe stato utile, inoltre, qui
come altrove, un uso pi ampio ed esplicativo delle
didascalie delle fgure, che avrebbe consentito una
pi agevole e rapida lettura dei risultati delle analisi
statistiche, dei diagrammi e delle tavole tipologiche.
Discutibile appare anche la scelta delle tecniche
adottate per il trattamento dei dati. Come noto,
ladozione di metodologie statistiche per lanalisi dei
contesti funerari stata oggetto di molteplici contro-
versie di tipo teorico e metodologico: in particolare
tra gli anni 80 e 90 diverse voci dellarcheologia
europea hanno criticato gli approcci matematico-
statistici derivati dalla New e Processual Archeo-
logy, basati sul presupposto teorico dellesistenza di
un rapporto diretto tra societ e costume funerario
ed utilizzati, secondo una logica puramente quanti-
tativa, per misurare oggettivamente la ricchezza dei
corredi o lenergy expenditure. Tuttavia, pi di recente,
diversi studiosi sono giunti ad una rivalutazione
delladozione delle metodologie statistiche multiva-
riate tradizionalmente impiegate per il trattamento
dei dati funerari (cluster analysis, analisi fattoriale,
analisi della variabilit funeraria), a patto che esse
siano utilizzate con le dovute cautele ed in maniera
qualitativa e oppositiva, come base di analisi e non
come sostituto dellinterpretazione
16
. Lautore sceglie
14
Bartoloni-Nizzo 2005, pp. 414-424, a proposito di Cold-
stream 1968, pp. 302 ss.; Pithekoussai I; D. Ridgway, Seals, sca-
rabs and people in Pithekoussai I, in AA. VV., Periplous. Papers
on classical art and archaeology presented to Sir John Boardman,
London 2000, pp. 235-243; Ridgway 2000; Ridgway 2004b.
15
Sulla distinzione tra sesso biologico e genere, si veda, per
una prospettiva di sintesi, M. Diaz Andreu, Identit di genere
e archeologia, in N. Terrenato (a cura di), Archeologia teorica,
Firenze 2000, pp. 361-388; Cuozzo 2007. Nellambito della
ampia letteratura sui problemi connessi allidentit etnica ed
alla dimensione storica e antropologica delle nozioni di razza
e cultura, si veda, per esempio, B. Trigger, Storia del pensiero
archeologico, Firenze 1996 (trad. it.); I. Hodder-R. Preucel
(eds.), Contemporary archaeology in theory, Oxford 1996; J.
Hall, Ethnic identity in Greek antiquity, Cambridge 1997; U.
Fabietti, Lidentit etnica, Roma 1999; J.L. Amselle, Branche-
ments. Anthropologie de luniversalit des cultures, Paris 2000; M.
Aug - J.P. Colleyn, Lantropologia del mondo contemporaneo,
Milano 2006 (trad. it); Cuozzo 2007.
16
Per la critica alluso interpretativo delle tecniche statistiche
cfr.; dAgostino 1985; Cuozzo 1994; per una recente rivalu-
tazione della statistica come base di analisi per lo studio delle
necropoli, si veda, ad esempio, F. McHugh, Teoretical and
quantitative approaches to the study of funerary practices, BAR-IS,
Oxford 1999; M. Parker Pearson, Te archaeology of death and
burial, Phoenix Mill, 1999; A. DAndrea - F. Niccolucci (a cura
di), Archeologia computazionale, Firenze 2000.
228
Rassegne e recensioni
di non confrontarsi con questo tipo di rifessione
metodologica. Nel caso della necropoli di Pithecusae
sarebbe stato interessante per esempio procedere ad
un esame della variabilit funeraria, la cui utilit
nel caso della necropoli pithecusana stata ribadita
da vari autori
17
, mentre limpiego di un sistema GIS
avrebbe reso pi agevole interrogare contempora-
neamente levidenza stratigrafca, i dati demografci
e sociali, la tipologia dei materiali. Al contrario, lA.
ha optato per una serie di analisi tematiche e per
lutilizzo di statistiche elementari, di tipo descrittivo,
illustrate tramite istogrammi di frequenza o grafci a
torta, con il risultato di valorizzare soltanto alcuni
aspetti e non sempre in maniera signifcativa o cor-
retta da un punto di vista statistico.
Per quanto riguarda, ad esempio, le osservazio-
ni sullandamento demografco (fg. 1) i risultati
appaiono fortemente condizionati, dalla scelta di
procedere secondo i livelli del matrix o attraverso il
loro accorpamento (TGI-MPCI; TPC: coppie di
livelli; MPCII: tre livelli; C, da livelli singoli a tre
livelli) e, pertanto dalla disomogeneit degli inter-
valli di tempo considerati. Non signifcative da un
punto di vista statistico appaiono, inoltre, le analisi
relative alle percentuali del rapporto tra classi det-
rito/cronologia (fgg. 2, 4-5) e soprattutto quelle
relative alla ratio tra individui di genere maschile e
femminile, sia a causa dellalta incidenza della ca-
tegoria N. Id (non identifcato; fg. 2), sia per la
costante unifcazione con la categoria problematica
degli adolescenti (fgg. 6a-c).
Aspetti interessanti emergono dai risultati della verif-
ca della rappresentativit demografca della necropoli
18
,
per quanto riguarda la ratio adulti/non adulti che con-
ferma il quadro gi noto con percentuali adeguate alle
societ agricole preindustriali: sarebbe stato utile indaga-
re ulteriormente il signifcato dellapparente decremento
nel numero delle deposizioni in corrispondenza dei
livelli cronologici 15-16, 27-28, 31-33, tutti corrispon-
denti a momenti di passaggio (fgg. 4-5). Al contrario
poco convincenti risultano, le osservazioni a proposito
delleventuale assenza di deposizioni femminili nei livelli
pi antichi della necropoli, data lesiguit delle analisi
antropologiche disponibili e la rilevante percentuale dei
contesti non determinati (pp. 28-29-30).
Per quanto riguarda le osservazioni sui diversi
rituali utilizzati, la struttura delle tombe, la com-
posizione dei corredi, le conclusioni dellA. non
sembrano introdurre particolari novit rispetto al
quadro noto.
Pi efcaci appaiono le analisi riguardanti la distri-
buzione delle classi ceramiche (fgg. 21 ss.), soprat-
tutto quelle condotte facendo riferimento al numero
reale degli esemplari (fgg. 23, 29 ss.) poich il dato
percentuale, in presenza di un campione non sempre
consistente, pu risultare fuorviante. Qualche annota-
zione interessante si riscontra nella distribuzione delle
importazioni di provenienza corinzia, che afancano,
soprattutto a partire dal TGII, la preponderante pro-
duzione locale. In particolare, lA. ribadisce il signi-
fcato sociale dello sfoggio di questa classe nelle prime
fasi di vita della necropoli (p. 37), poich essa risulta
di esclusivo (TGI) o prevalente (TGII) appannaggio
delle cremazioni ed in questo ambito, degli individui di
genere maschile. Sarebbe stato interessante proseguire
la ricerca, considerando anche la distribuzione areale
delle importazioni corinzie, che sembra privilegiare
soprattutto alcuni lotti funerari, in primo luogo il
gruppo A01, come ha dimostrato una recente analisi
19
.
Lesame della composizione dei corredi conferma
lassenza di servizi distinti per genere o classe det
ma qualche linea di tendenza, che merita una futura
valutazione, sembra emergere per alcune categorie
morfologiche: per esempio, la distribuzione degli ary-
balloi appare privilegiare il genere maschile, sia nelle
tombe a cremazione che nelle inumazioni (p. 38). Un
simile comportamento orientato degli aryballoi,
stato notato nellOrientalizzante di Pontecagnano
20
.
Un ambito che avrebbe meritato un approfondimen-
to lincidenza di indicatori archeologici anomali
nel quadro della complessa problematica relativa al
rapporto tra componente greca ed elemento indigeno
(note 42 e soprattutto 156). LA. infatti ripropone una
attribuzione delle tombe ad inumazione con struttura
semplice ed assenza di corredo o con corredo molto
povero, alla componente indigena (p. 31). Al contra-
rio, sarebbe stato opportuno discutere nel dettaglio
tutti quei casi, nei quali la possibilit di una eventuale
incidenza del fattore etnico, sia pure connessa a
fenomeni di marginalit topografca, non sembra pre-
vedere la negazione della persona sociale del defunto,
che conserva il diritto alla sepoltura formale spesso con
laccompagnamento di corredi di un certo impegno;
ne risulta un quadro composito che stato oggetto di
rifessione in anni recenti da parte di B. dAgostino e
L. Cerchiai. Avrebbe meritato, ad esempio, una attenta
17
dAgostino 1994; dAgostino 1999; Cerchiai 1999.
18
Sulla questione della rappresentativit demografca e sociale
delle necropoli, cfr. I. Morris, Burial and ancient society. Te
rise of the Greek city state, Cambridge 1987.
19
L. Cerchiai, Stili e tendenze del commercio corinzio nel
basso Tirreno, in Corinto e lOccidente: metodi e discipline a
confronto, Atti del XXXIV convegno di studi sulla Magna Grecia
(Taranto 1994), Napoli 1995, pp. 607-622.
20
Cuozzo 1994, p. 279-280.
229
Rassegne e recensioni
valutazione il signifcato non solamente recessivo at-
tribuibile alle strategie di rappresentazione alternative
al rituale della cremazione attuate attraverso la cultura
materiale e la scelta di una pratica peculiare come la de-
posizione rannicchiata che potrebbero svelare lazione
di ideologie alternative a quella dominante
21
.
La cronologia
Il volume ripropone, con qualche approfondi-
mento, le tesi cronologiche esposte nel contributo
edito con G. Bartoloni negli atti del convegno
Oriente e Occidente 2005, che lA. richiama pi
volte ad integrazione delle argomentazioni sulla
cronologia assoluta presentate nel testo
22
.
Obiettivo esplicito la dimostrazione di come i
risultati stratigrafco-tipologici emersi dal lavoro,
forniscano una indipendente conferma alle
linee essenziali del quadro cronologico tradizionale
proposto da Coldstream, nel 1968, per la sequenza
greca (p. 834). Come gi nellarticolo del 2005, il
lavoro di Nizzo pertanto intende, in primo luogo,
contrapporsi alle recenti revisioni delle cronologie
tradizionalmente in uso per la fase avanzata della
prima et del ferro e lOrientalizzante.
La questione, come noto, ha origine dai risultati
di una serie di campagne di analisi dendrocronolo-
giche e radiometriche che hanno condotto, prima
in sede europea e pi di recente anche in Italia, ad
opera di un gruppo di studiosi di ambito protostori-
co, ad una nuova impostazione dellinquadramento
cronologico in uso per let del Bronzo e del Ferro,
con datazioni che rialzano di quasi un secolo (da un
secolo a 60 anni ca.) la cronologia tradizionale. Una
posizione opposta, diretta a rimarcare le incongruen-
ze che ladozione delle date suggerite dalle analisi
scientifche, ancora parziali e incomplete per quanto
riguarda lItalia, comporterebbero nellambito del
sistema basato sui sincronismi tra le cronologie
relative dellEt del Ferro e dellOrientalizzante, le
date provenienti dalle fonti storiche e le cronologie
greche e vicino-orientali, sostenuta da un secondo
gruppo di studiosi
23
. Un terzo orientamento iden-
tifcato dagli studi che hanno promosso un tentativo
di adattare i risultati dei dati dendrocronologici e
radiometrici agli schemi di periodizzazione della
protostoria italiana, con esiti non univoci.
A partire da tali premesse, il volume riprende ed
argomenta le conclusioni cronologiche avanzate
nellarticolo del 2005 (tav. 38) con lausilio di una
tabella dei parallelismi che evidenzia la trama di
corrispondenze tra la periodizzazione pithecusana,
corredata dalla scansione in livelli, e le principali
sequenze locali della penisola (Osteria dellOsa, Veio
e Pontecagnano; fg. 39)
24
.
Le datazioni proposte nel volume risultano an-
corate a due referenti fondamentali: da un lato
la sequenza fornita dal diagramma stratigrafco
in accordo con tutti gli elementi che permettono
una saldatura con la cronologia assoluta, dallaltro,
una ipotesi circa lattivit di una bottega e/o di un
artigiano delle oinochoai tardo-geometriche. In
questa ottica, lA. riaferma, in primo luogo, il te-
minus post-quem ineludibile costituito dalla tomba
325 con lo scarabeo di Bocchoris, che, nellordito
della sequenza relativa, si colloca in corrispondenza
del livello 24 del TGII. In secondo luogo ribadi-
to il ruolo di protagonista attribuito alloinochoe
di fabbrica locale nella sua evoluzione tipologica.
La sostanziale uniformit formale, decorativa e
dimensionale degli esemplari riferibili al periodo
pi antico, infatti, ha portato ad ipotizzare che tale
produzione possa essere ricondotta ad ununica
bottega o addirittura ad un singolo artigiano attivo
ininterrottamente per un periodo di circa 25/30
anni da collocare tra linizio del TGI (transizione tra
il livello 10 e il livello 12 del matrix) fno al livello
20 del TGII (p. 84).
Su queste basi lA. propone come inizio delloc-
cupazione regolare della necropoli una data non
anteriore al 745-740 a.C. (p. 84). Tale fase sarebbe
21
dAgostino 1994; dAgostino 1999; Cerchiai 1999, so-
prattutto p. 669.
22
Bartoloni-Nizzo 2005.
23
B. dAgostino, Conclusioni in Oriente e Occidente 2005,
p. 662. Per le diverse posizioni a confronto si vedano, oltre
a Bartoloni-Nizzo in particolare, i contributi di M. Botto,
B. dAgostino, R.C. De Marinis, N. Kourou, A. Njboer, R.
Peroni-A. Vanzetti e gli interventi di A.M. Bietti Sestieri in
Oriente e Occidente 2005. Il bilancio pi aggiornato quello di
F. Delpino, Misurare il tempo, valutare le misure del tempo.
Il dibattito sulla cronologia dellet del Ferro italiana, in Anne
Lehorf (a cura di), Construire le temps. Histoire et mthodes
des chronologies et calendriers des derniers millnaires avant notre
re en Europe occidentale. Actes XXX colloque international de
Halma-Ipel. UMR 8164 (CNRS. Lille 3. MCC), 7-9 dcembre
2006, Lille. Glux-en-Glenne 2008 (=Bibracte 16), 2009. pp.
293-298. Una posizione intermedia proposta da M. Bettelli,
Roma. La citt prima della citt: i tempi di una nascita, Roma
1997 e da M. Pacciarelli in Oriente e Occidente 2005, pp. 81-90.
24
Bartoloni-Nizzo 2005, tabella p. 423. In particolare, sono
evidenziate le corrispondenze tra il TGI di Pithecusae e la fase
IIIB laziale, segnalando una leggera anteriorit dei contesti
laziali pi antichi rispetto alle prime tombe di Pithecusae ed un
parallelismo con le fasi IIB-IIC di Veio-Quattro Fontanili e con
la parte iniziale e centrale del IIB di Pontecagnano. Per quanto
riguarda il TGII di Pithecusae, esso sembra complessivamente
coincidere con la fase IVA1 laziale, e con lOrientalizzante
Antico di Veio e di Pontecagnano.
230
Rassegne e recensioni
stata preceduta da un periodo di occupazione non
regolare documentata dai rinvenimenti considerati
nel livello 10 del matrix, riferibile al passaggio tra
MG e TGI. Per quanto riguarda la transizione dal
TGI al TGII, nel volume riafermato il termine
cronologico del 720 a.C. sostenuto dal Coldstream
mentre per il passaggio dal TGII/PCA al MPC, in
luogo del 690 a.C. del Coldstream, lA. opta per una
data intorno al 680 a.C. gi suggerita da Neeft nel
suo lavoro sugli aryballoi protocorinzi
25
.
Mentre ampiamente convincenti risultano le basi
stratigrafche e crono-tipologiche per la riaferma-
zione dellinizio del TGII, qualche dubbio destano
sia la data iniziale del TGI (745/740 a.C.) sia la pre-
ferenza del 680 a.C. per la transizione al MPC. In
primo luogo, nonostante le interessanti osservazioni
proposte nel volume a partire dallindividuazione dei
livelli stratigrafci, ci si chiede se sia davvero possibi-
le o consigliabile tentare di raggiungere un dettaglio
analitico che permetta di connettere direttamente
tali livelli alla durata complessiva delle singole fasi e,
dunque, di giungere una approssimazione inferiore al
decennio per la prima occupazione della necropoli o
per larticolazione interna del TGI-TGII. In secondo
luogo, per quanto riguarda il TGII, proprio tra la
fne dellVIII e gli inizi del VII sec. a.C. che levi-
denza fornita dal matrix diventa pi labile a causa
di una generalizzata contrazione nel numero delle
deposizioni, in concomitanza di quel fenomeno di
abbandono e parziale spopolamento gi riconosciuto
da tempo non soltanto nella necropoli ma anche
nei principali settori dellabitato. Tale contrazione
sarebbe da connettere, secondo vari autori, allazio-
ne di pi cause complementari, quali lotte interne,
la progressiva afermazione politico-economica di
Cuma, eventi naturali
26
. Sul versante della cronologia
assoluta, va notato, infne, che, nonostante le critiche
avanzate a riguardo, sembra resistere ancora per il
passaggio TGII-MPC, il supporto esterno fornito
dal noto sincronismo costituito dalla sequenza di
Tarso, ed in particolare, dalla presenza dellaryballos
di transizione dal globulare allovoide in uno strato
precedente la distruzione di Sennacherib del 696 a.C.
Questi elementi sembrano consigliare una linea di
prudenza indicando piuttosto una conferma, anche
in questo caso, delle date proposte a suo tempo da
Coldstream e dagli editori, cio il 750 per la prima
fase della necropoli ed il 690 per linizio del MPC
27
.
In conclusione va sottolineato che, nel quadro con-
troverso emerso negli ultimi anni dal dibattito sulla
cronologia dellEt del Ferro, il lavoro di V. Nizzo ar-
reca un contributo signifcativo alla valorizzazione del
patrimonio ideologico e materiale della necropoli di
una apoikia di tipo particolare
28
quale Pithecusae,
le cui potenzialit per la comprensione delle dinami-
che storiche, culturali e cronologiche di un momento
cruciale per il mondo tirrenico e mediterraneo, sono
ancora ben lungi dal potersi considerare esaurite.
M.A. Cuozzo
Abbreviazioni supplementari:
Bartoloni-Nizzo 2005 = G. Bartoloni- V. Nizzo, Lazio proto-
storico e mondo greco: considerazioni
sulla cronologia relativa e assoluta della
terza fase laziale, in Oriente e Occidente
2005, pp. 409-436.
Buchner 1975 = G. Buchner, Nuovi aspetti e problemi
posti dagli scavi di Pithecusa con par-
ticolari considerazioni sulle orefcerie
di stile orientalizzante antico, in Con-
tribution ltude de la socit et de la
colonisation eubennes, Cahiers du Centre
Jean Brard II, Napoli 1975, pp. 59-86.
Cerchiai 1999 = L. Cerchiai, I vivi e i morti. I casi
di Pitecusa e Poseidonia, in Confni
e frontiera nella grecit doccidente,
Atti del XXXVII Convegno di Studi
sulla Magna Grecia, (Taranto 1997),
Napoli 1999, pp. 657-679.
Coldstream 1968 = J.N. Coldstream, Greek geometric
pottery, London1968
Coldstream 1995 = J.N. Coldstream, Euboean geo-
metric imports from the acropolis of
Pithekoussai, in BSA, 90, 1995, pp.
251-267.
Cuozzo 1994 = M. Cuozzo, Patterns of organisation
and funerary customs in the cemetery
of Ponte cagnano (Salerno), during
the orientalising period, in Journal
of European Archaeology, 2.2, 1994,
pp. 263-298.
25
Neeft 1987.
26
Pithekoussai I. Ridgway 1984, pp. 44-49; pp. 105-106. Sulle
cause di tale fenomeno, cfr. per esempio, dAgostino 1994, in
particolare, pp. 19-20 e nota 4 con bibliografa precedente; cfr.
anche S. De Caro - C. Gialanella, Novit pitecusane. Linse-
diamento di Punta Chiarito a Forio dIschia, in M. Bats - B.
dAgostino (a cura di), Euboica. LEubea e la presenza euboica
in Calcidica e in Occidente, Atti del Convegno Internazionale
(Napoli 1996), Napoli 1998, pp. 337-353.
27
Cfr. di recente, le osservazioni di B. dAgostino in Oriente
e Occidente 2005, pp. 437-440, in particolare pp. 238 s.
28
dAgostino 1994.
231
Rassegne e recensioni
Cuozzo 2007 = M. Cuozzo, Ancient Campania.
Cultural interaction, political borders
and geographical boundaries, in G.
Bradley - E. Isayev - C. Riva (eds.), An-
cient Italy. Regions without boundaries,
Exeter 2007, pp. 224-258.
dAgostino 1985 = B. dAgostino, Societ dei vivi,
comunit dei morti: un rapporto
difcile, in DialArch, III S., 3, 1985,
pp. 47-58.
dAgostino 1994 = B. dAgostino, Pitecusa. Una
apoikia di tipo particolare, in. B.
dAgostino - D. Ridgway (cura di),
Apoikia. Scritti in onore di Giorgio
Buchner, in AIONArchStAnt, N. S. 1,
1994, pp. 19-36.
dAgostino 1999 = B. dAgostino, Pitecusa e Cuma tra
greci e indigeni, in La colonisation
grecque en Mditerrane occidentale,
Atti Convegno Napoli 1995, Roma
1999, pp. 51-63.
Neeft 1987 = C.W. Neeft, Protocorinthian subgeome-
tric aryballoi, Amsterdam 1987.
Oriente e Occidente
2005
= G. Bartoloni - F. Delpino (a cura di),
Oriente e Occidente: metodi e discipline
a confronto. Rifessioni sulla cronolo-
gia dellEt del Ferro in Italia, Atti
dellincontro di studi (Roma 2003),
Roma 2005.
Pithekoussai I = G. Buchner - D. Ridgway, Pi-
thekoussai I. La necropoli: tombe
1-723 scavate dal 1952 al 1961, in
MonAnt, LV. Serie monografca IV,
Roma 1993.
Ridgway 1984 = D. Ridgway, Lalba della Magna
Grecia, Milano 1984.
Ridgway 2000 = D. Ridgway, The first western
Greeks revisited, in D. Ridgway et
alii (eds.), Ancient Italy in its Mediter-
ranean setting (Studies in honour of
Ellen Macnamara), London 2000,
pp. 179-192.
Ridgway 2004a = D. Ridgway, Refections on the
early Euboens and their partners in
the Centrale Mediterranean in A.
Mazarakis-Ainian (a cura di), Oropos
2004, pp. 141-152.
Ridgway 2004b = D. Ridgway, Euboeans and others
along the Tyrrhenian seabord in the
8th century B.C., in K. Lomas (ed.),
Greek identity in the western Mediterra-
nean, Leiden-Boston MA, pp. 15-33.
B. dAgostino, F. Fratta, V. Malpede, Cuma. Le for-
ticazioni. 1. Lo scavo 1994-2002, AIONArchStAnt
Quad. 15, Naples 2005 (avec appendice de A. dAn-
drea), 268 p., 140 g. noir et blanc et 4 pl. couleur
dans le texte, 1 volume de 15 plans HT en dpliants.
Trois ans seulement aprs le volume Cuma.
Nuove forme di intervento per lo studio del sito antico
(Naples 2002), qui prsentait un bilan complet de
nos connaissances sur les fortifcations de Cumes,
lquipe de lOrientale nous propose avec une clrit
remarquable le rsultat des travaux mens essentiel-
lement sur lenceinte nord, autour de la porte M-
diane et de la porte Orientale, et accessoirement
sur lenceinte sud entre 1994 et 2002.
Le volume est accompagn dun fascicule de
planches avec de nombreux dpliants souvent utiles
(pl. 1, plan gnral de Cumes, et dune faon gnrale
plans densemble des fouilles), quelquefois incom-
modes. Par exemple, les dpliants 2 ou 5 regroupent
plusieurs illustrations qui auraient pu fgurer ailleurs
dautres formats. La mise en plan des coupes et
lvations de la pl. 5 auraient t plus lisibles sur
la pl. 3, au 1/100 (dpliant 4 feuillets) que sur la
pl. 4 au 1/50 (grand dpliant trs incommode 12
feuillets). Sur la pl. 5, on complique encore la lecture
en appelant fg. A la coupe II du plan, et fg. L la
coupe AA.
Lintroduction (p. 7-18), due Br. dAgostino,
rassemble les principaux rsultats de la recherche et
fait donc ofce de conclusion. Je la commenterai en
mme temps que chacun des chapitres qui suivent.
Le systme de priodisation envisag comprend 10
grandes priodes, dont 5 pour lantiquit pr-by-
zantine. La priode archaque (I) prvoit une phase
Ia VIII
e
-VII
e
s., non atteste dans les fouilles 1994-
2002, mais il sagit dune sage prcaution comme on
le verra plus loin.
Chacune des trois parties est organise de la mme
manire. Une description synthtique de la fouille,
dcline par priodes, accompagne de nombreuses
photographies en noir et blanc de trs bonne qualit
(auxquelles il faut ajouter quelques fg. en couleurs
numrotes de A H, pas trs faciles trouver) et
de planches de profls ou de photos des cramiques
importantes pour la datation, est suivie dun cor-
pus analytique des faits archologiques (le systme
denregistrement est inspir du systme Syslat). On
aurait souhait lintgration dans le texte de quelques
dessins (plans et coupes) mme schmatiques qui
auraient clarif le discours sans que lon soit oblig
davoir recours aux dpliants mentionns supra.
232
Rassegne e recensioni
pensent que, entre la porte et un grand collecteur,
le parement externe de la phase Ic (2 assises en
panneresses, 2 assises en carreaux) est superpos
trois assises conserves de la phase Ib (2 assises en
panneresses, 1 en carreaux). Dans cette phase, les
orthostates sont irrgulirement disposs en bou-
tisse de faon lier le parement au contre-parement
en clats de tuf. Les cotes semblent beaucoup plus
hautes louest qu lest de la porte.
Le collecteur qui passe en oblique sous les fonda-
tions de la muraille dans la phase Ic pose de nom-
breux problmes. Cest une canalisation double,
dont on na pas les dimensions exactes: la couverture
tait large de 4 m. et le canal avait au moins 1 m. de
profondeur, ce qui, compte tenu des murs latraux
et du mur central, devait laisser un specus de 2,50
m
2
. Vers le sud, quelques blocs laissent penser que le
collecteur intra-muros tait orthogonal la muraille.
Il nest pas banal de faire passer une canalisation de
cette ampleur sous le rempart proximit dune
porte; encore moins de la faire passer en oblique.
Gnralement, les exutoires sont pratiqus sous le
sol de la voie, dans la porte, pour ne pas afaiblir la
muraille, et pour pouvoir accder plus facilement
la canalisation; et si lon doit passer sous la muraille,
on le fera plutt angle droit. Je me demande si
nous navons pas l la trace, comme dans la porte
nord de Glanum, dun dplacement du passage. La
premire porte, relative la phase Ia (non atteste
ici, mais dont lexistence est certaine), pouvait cor-
respondre au trac du collecteur (cfr. galement la
porte Sacre du Dipylon Athnes). Ce serait alors,
comme Mgara Hyblaea, une porte oblique. Lors
de la reconstruction de lenceinte (ds la phase Ib?
coup sr dans la phase Ic), la porte serait dplace
vers lest, devenant orthogonale au rempart (ce qui
facilite laccs la ville), mais la canalisation conserve
son trac primitif.
A la phase Ic appartiendrait galement un foss
imposant (largeur au moins 10 m., prof. 7 m.) sans
doute franchi par un pont au niveau de la porte. Les
fouilleurs envisagent plutt une rampe, mais je ne
vois pas ce qui permet dexclure un pont avec des piles
de pierre et un tablier de bois. Cette muraille (attri-
bue dAristodme) est rapproche par Br. dAgos-
tino de la muraille-digue fouille par Cavallari et
Orsi autour de la porte ouest de Mgara Hyblaea.
Lauteur na pu prendre en compte les conclusions
du volume Mgara Hyblaea 5, paru fn 2004, et a
fortiori des travaux de 2006 sur la porte ouest. On
ne croit plus gure aujourdhui la muraille-digue,
il sagit simplement dun agger, dabord simple
Le chantier qui a donn le plus dinformations sur
la muraille est celui de la porte Mdiane.
Phase I (priode archaque)
On sarrtera surtout sur la premire priode
(phases Ib et Ic) de la porte Mdiane. De cette
phase sont conservs dans la partie est du secteur
le parement externe, en pierre de taille avec fruit,
le mur latral est de la porte et le dpart du pare-
ment interne (p. du rempart 4,90 m.). A larrire
de chaque parement se trouvent des contre-pare-
ments en pierres plates (scaglie) 21032 et 21034,
caractristiques des remparts archaques de Cumes.
Le remplissage (les auteurs adoptent le terme
demplecton, et mme au pluriel emplecta, tout en
reconnaissant son inadquation) a t trs remani
aux poques ultrieures et ne peut servir la data-
tion du rempart. Seules les couches infrieures (US
21089/21090: cotes entre 3,50 m. et 2,49 m. sur
le niveau de la mer), datables au second quart du
VI
e
s., seraient relatives la premire fortifcation
archaque (phase Ib). Les fouilleurs envisagent aussi
une hypothse alternative: que les contre-parements
soient lis au remaniement tardif du rempart. Il me
semblerait plus simple que les niveaux infrieurs
de la stratigraphie (pl. 5, D, US 22090 et empier-
rement 21099) soient les vestiges dun premier
rempart antrieur la priode Ib. Une telle hypo-
thse saccorderait avec ma conviction personnelle
que les colonies anciennes comme Cumes taient
dotes de grandes enceintes urbaines ds le VII
e
s.
au moins. Elle serait dautant plus sduisante que
Br. dAgostino a prsent depuis, lors du congrs de
Tarente de septembre 2008, les rsultats (en cours
de publication) de la fouille dun nouveau secteur
plus louest, dans lequel a t mise en vidence
une nouvelle phase du rempart archaque, date vers
600. Il est regrettable que les conditions du chantier
naient pas permis dexplorer davantage lespace de
la rue pomriale intra-muros, seul moyen de com-
prendre les rapports des diverses phases de lagger
avec les niveaux de circulation et dhabitat intra-
muros et de rpondre la question, cruciale, de la
date du premier rempart de Cumes. Cette phase Ib
est rapproche par Br. dAgostino du rempart est
de Slinonte, peu prs contemporain.
Durant la phase Ic (fn du VI
e
s.), le rempart
est doubl vers lextrieur et vers lintrieur pour
atteindre une paisseur de 7,30 m. La technique
de construction est peu prs la mme que dans
la phase prcdente, les deux premires assises en
panneresses, les suivantes en carreaux. Les fouilleurs
233
Rassegne e recensioni
Par la suite, lenceinte continue de fonctionner,
comme limite entre ville et ncropole, jusquau VI
e
s. de notre re.
Ce volume est extrmement important pour
lhistoire des fortifcations de Cumes et de sa topo-
graphie. On sait prsent que la ville avait atteint
son extension maximale en tout cas ds la fn du VI
e

s., sans doute ds la premire moiti du VI
e
s. si lon
en croit le rsultat des fouilles sur lenceinte nord,
peut-tre mme ds les premiers temps de la colonie
(tombes du fonds Artiaco ds la fn du VIII
e
s.), ce qui
serait bien en accord avec les rsultats des recherches
rcentes sur lurbanisme grec en Occident (Mgara
Hyblaea, Slinonte). Lexistence de murs internes,
qui avait fait croire dabord plusieurs phases dans
lextension de la cit, doit sexpliquer par des murs
de terrassement ou de tmnos.
En dpit de quelques critiques essentiellement
formelles, il sagit dune trs belle publication, trs
dtaille, qui permet au lecteur attentif de relire les
stratigraphies et de les critiquer sil y a lieu. La cra-
mique des terre-pleins archaques est prsente dans
le vol. 2 (infra). On attend la suite avec beaucoup
dimpatience.
Henri Trziny, CNRS, Centre Camille Jullian,
Aix-en-Provence.
M. Cuozzo, B. dAgostino, L. Del Verme, Cuma. Le
forticazioni. 2. I materiali dai terrapieni arcaici.
AIONArchStAnt Quad. 15, Naples 2006, 258 p.,
76 g. et 28 pl. en noir et blanc, 4 pl. en couleurs.
Malgr son titre, le volume est consacr essentielle-
ment au mobilier cramique, incluant instrumentum
et terres cuites architectoniques; seule ltude des
scarabes concerne une autre matire. On ignore
lexistence ventuelle de monnaies ou dobjets en os
ou en mtal.
Aprs une brve, mais trs utile, introduction
destine rappeler le contexte archologique stra-
tigraphique des trouvailles (avec renvois au volume
prcdent) dans les remblais correspondant aux
constructions archaque (vers 560) et tardo-archaque
(vers 510/500) du rempart, un appendice (p. 12-
13) prsente la classifcazione delle argille, qui, en
ralit, ne concerne que deux classes de cramique
locale (argilla grezza et argilla depurata) et est
reprise assez inutilement pour largilla grezza seule,
p. 58-59.
parement, puis double parement, dont lpaisseur
est la consquence de la technique de construction
agger, progressivement renforc.
Phase II. Priode classique
Au dernier quart du V
e
s. sont btis en avant de
la porte (jusque l simple passage axial) deux bras
(construits selon la technique des caissons, rare avant
le IV
e
s.) qui constituent de fait une avant-cour dont
le seul parallle serait celui de la porte principale de
Stratos (que Winter date cependant au dbut de
lpoque hellnistique). Les autres parallles cits
relvent du principe, assez difrent, de la porte
tenailles, si bien que le dispositif de Cumes apparat
plutt isol, et devrait peut-tre tre mis davantage en
rapport avec le foss dfensif et le pont mentionns
supra. Noter la prsence de signes lapidaires visibles
sur photographie mais non prcisment dcrits.
Lavant-cour est dcale vers louest par rapport
laxe probable de la porte.
Phase III. Priode hellnistique
Dans la premire moiti du III
e
s. (phase IIIa),
le rempart est renforc lextrieur (mais aussi
lintrieur lest de la porte) par un nouveau mur
contreforts (en assises plates) appuy sur le parement
du mur archaque, selon un principe de construction
bien connu dans les murs de Naples. Aprs le dbut
du II
e
s. (phase IIIb), lextrmit nord de lavant-
cour est ferme pour constituer une classique porte
chambre, avec passage double. Dans la premire
moiti du I
er
s. (phase IIIc), le foss est combl et sur
son emplacement stablit une rue pomriale externe;
lenceinte subit quelques remaniements en opus re-
ticulatum. Entre le milieu du I
er
s. av. J.-C. et la fn
du I
er
s. de n. ., lenceinte est restaure, puis le foss
est combl, la porte prend un aspect monumental,
et la voie est dalle.
On insistera moins sur le chantier de la porte
Orientale, o ont t galement mises au jour les
trois phases principales de lenceinte (Ib, Ic, IIIa).
Le rempart mridional a t tudi la suite def-
fondrements. La phase de la premire moiti du VI
e

s. napparat pas. Dans la partie qui sappuie sur les
premire pentes du Monte Grillo, le mur archaque
tardif comportait peut-tre simplement une courtine
extrieure adosse au relief naturel, sans courtine
intrieure. A lpoque classique, le systme dfensif
est renforc par un bastion, puis doubl lpoque
hellnistique comme dans les secteurs nord tudis
prcdemment.
234
Rassegne e recensioni
La prsentation sarticule ensuite en deux parties
consacres respectivement aux difrentes classes de
mobilier et aux catalogues dinventaire, individu
par individu, des pices retenues en fonction de leur
pertinence, pour chacune des phases des terre-pleins
du rempart, archaque (prsentation par US non
remanies) et tardo-archaque (globalement).
La premire partie est divise en quatre chapitres,
sans titre ni introduction. Autant le chapitre III est
clairement consacr aux amphores et le chapitre
IV aux mobiliers cramiques autres que la vaisselle
(lampes, instrumentum, terres cuites architecto-
niques) ct des scarabes, autant les chapitres I et
II proposent des regroupements qui ne sont pas im-
mdiatement comprhensibles. Jai cru comprendre
que les diverses classes analyses suivaient lordre
chronologique de leur date dapparition en chrono-
logie absolue et que la coupure entre le chapitre I et le
chapitre II recouvrait celle entre les phases archaque
et tardo-archaque du rempart (mais, par exemple,
dans le chapitre II, la ceramica in argilla grezza et la
ceramica in argilla depurata sont prsentes dans les
deux phases). Il est vrai que ce choix de prsentation
par catgorie cramique pouvait simposer, dans la
mesure o les couches, mises en place au moment
de la construction des deux phases du rempart et
ayant livr le mobilier prsent, sont des remblais
forte proportion de matriel rsiduel matriel
dhabitat de la deuxime moiti du VII
e
s. ou dune
ncropole du Premier ge du fer, selon les auteurs ,
et que certaines parties ont t fortement remanies
lpoque romaine. Ce mode de prsentation nous
prive cependant dune vision de comparaison facile
entre les deux priodes de construction du rempart,
ainsi dconnectes au niveau des cramiques, quun
tableau rcapitulatif aurait pu attnuer et, en tout cas,
mieux qualifer. On aurait aim, aussi, savoir si les
couches US 21100, 21101 du secteur 10 (qualif en-
core parfois de secteur 8, par exemple p. 133 ou 138,
bien que la note 10, p. 8, signale le changement de
numrotation par rapport au volume I) sur lesquelles
est dif le rempart dat vers 560 contenaient ou
non du mobilier contemporain et antrieur et si elles
reposaient ou non sur un substrat vierge. Lexistence
dune phase plus ancienne du rempart (fn VII
e
-dbut
VI
e
s.), rvle au cours du Congrs de Tarente 2008
partir dun autre secteur de fouille, donne cette
question toute son importance.
Chaque classe de cramique est analyse trs ef-
cacement et utilement dans son intgralit en une
srie dtudes comprenant un tableau quantitatif
par forme reprsente, une description des caract-
ristiques techniques et une analyse des difrentes
formes, accompagne dun bilan comparatif pre-
nant en compte lapport des trouvailles cumaines
par rapport divers sites campaniens et italiques.
Deux classes locales (ceramica in argilla grezza et
ceramica in argilla depurata acroma) ont fait, en
outre, lobjet dune nouvelle typologie fonde sur
les caractristiques morphologiques des vases. Il
faut souligner tout lintrt que reprsentent, pour
le chercheur, ces diverses monographies dans la
connaissance de classes de cramique difusion in-
ternationale et rgionale. Pour ma part, en fonction
de mes comptences et de mes centres dintrt, je me
permettrai de signaler faits notables, interrogations
et remarques de dtail.
Particulirement suggestive est ltude (Marias-
sunta Cuozzo), parmi les cramiques fnes les plus
anciennes (fn VII
e
-milieu VI
e
s.), des cramiques
protocorinthiennes (100 individus), italo-go-
mtriques (207 individus) et corinthiennes (40
individus) qui pose le problme, toujours ambigu,
des productions dimportation et dimitation, mais
surtout de la distinction entre des productions pi-
thcussaines (largement prsentes, semble-t-il, en
fonction des comparaisons avec les vases de lhabitat
et de la ncropole de Pithcusses) et des productions
cumaines, malgr de nouvelles analyses archom-
triques. Une distinction apparat, en tout cas, claire-
ment, au niveau des formes fonctionnelles de vases
majoritaires, entre cramiques protocorinthiennes/
corinthiennes (vases boire: skyphoi, kotyles et
canthares) et italo-gomtriques (vaisselle de table:
cuelles, plats et lkans).
cheval sur les deux priodes des remblais du
rempart, on trouve, dans les cramiques fnes, le buc-
chero trusque (Laura del Verme) et les cramiques
de type grec-oriental (Amelia Tubelli). Le bucchero
sottile du VII
e
s., originaire dtrurie mridionale,
est peu reprsent (5 individus?, 66 fragments). En
revanche, le bucchero de transition et pesante est
bien prsent (115 individus) et, en presque totalit,
de production campanienne, dans les formes de
coupes, en opposition nette, par exemple, avec les
importations trusques mridionales de Gaule ou
de Sardaigne o dominent largement les canthares.
Par ailleurs, les coupes ioniennes sont reprsentes
dans presque toutes les variantes (A2, B1, B2, B3),
lexception de la forme A1. Les plus nombreuses
sont de loin les coupes B2 (198 individus), recueillies
pour la plupart dans les remblais du terre-plein tardo-
archaque; ce fait associ aux deux seuls individus du
terre-plein archaque est un signe, parmi dautres,
235
Rassegne e recensioni
que ce dernier est constitu, comme le relve B.
dAgostino (p. 133), au tout dbut de la production
de ces vases, vers 580/560. Sil nest plus contestable
dabaisser la fourchette chronologique des coupes
B2, il parat ncessaire de faire de mme pour toutes
les autres variantes par rapport la chronologie trop
resserre de Vallet-Villard. Un autre fait notable est
la confrmation dune production coloniale occiden-
tale de ces coupes dites ioniennes, Cumes comme
en plusieurs autres centres, non seulement pour les
coupes B2, mais aussi pour les coupes A2 et B3. Mais,
dimportation grecque orientale claire, il faut signaler
deux fragments de calice de Chios et un dune vrai-
semblable nocho du style des Chvres sauvages.
Les cramiques fnes incluent, aussi, les produc-
tions attiques fgures et vernis noir (Margherita
Nigro). Tous les fragments de cramique fgure
proviennent du terre-plein tardo-archaque, sont
fgures noires et appartiennent la deuxime moiti
du VI
e
s., do leur absence du terre-plein archaque
dont ils confrment la datation avant 550. A ct
de quelques fragments damphore ou de lcythe, les
vestiges appartiennent tous des formes de vases
boire (coupes lvre et coupes bandes). Cest le cas,
galement, des vases vernis noir (1555 fragments
pour 102 individus) dont une partie, minoritaire
(?), semble de production locale. Bizarrement, ces
cramiques vernis noir ne fgurent pas dans le ca-
talogue, mais les renvois aux planches se trouvent en
note au fl de leur prsentation dans le texte. Sur le
sujet, M. Nigro ouvre opportunment des comparai-
sons avec dautres sites de Campanie, mais de faon
trop gnrique, qui ne permet pas de comprendre
rellement les ressemblances et les difrences avec
le facis de Cumes.
Venons-en aux cramiques communes. Les auteurs
ont distingu entre des cramiques in argilla grezza,
associes par la chronologie et le rpertoire des
cramiques in argilla depurata acroma (Margherita
Nigro), et des cramiques in argilla depurata a de-
corazione lineare (Mariassunta Cuozzo), prsentes
seulement partir de la deuxime moiti du VI
e
s.,
dans le remblai tardo-archaque. Les rcipients des
deux premires catgories trouvent leur place dans
une typologie nouvelle, ouverte, simple et efcace,
mme si le rpertoire des vases en argile pure ne
recoupe quen partie celui des vases en argile gros-
sire, puisquil ne comporte, videmment, aucun
rcipient de cuisson. Le lien ntant plus fait, sauf
exception, avec les divers groupes de pte dfnis
prcdemment, faut-il en conclure que les formes
sont faonnes indifremment dans tous les groupes
possibles? Lauteur estime ne pas disposer de donnes
quantitatives sufsantes (390 individus in argilla
grezza pour le terre-plein tardo-archaque) pour une
prsentation fonctionnelle du facis. Comme elle
signale, cependant, les rcipients qui prsentent des
traces de passage au feu, il est possible de noter que
la forme de base du rcipient de cuisson est lolla
fond plat, alors que la chytra nest reprsente que
par 3 individus (+ 1 dimportation) et la lopas par
un seul. Dans le contexte de Cumes grecque, une
telle caractristique apparat plus campanienne
que grecque, bien atteste Pithcusses, Capoue
ou Pontecagnano, alors que cest la chytra fond
bomb qui prdomine encore cette poque
Velia, comme Athnes ou Corinthe; il est donc
important de savoir si, comme le dit lauteur (p. 74),
les chytrai de Cumes peuvent tre fondo piano o
convesso. A ce compte, si labsence de la caccab du
rpertoire local ou des importations apparat logique,
alors quelle est devenue courante Athnes ds le
dernier quart du VI
e
s., la prsence dune lopas est
assez remarquable cette date, comme le note M.
Nigro, puisquelle nest atteste par ailleurs que dans
lpave de la Pointe Lequin 1A et Velia. Signalons
que toutes trois sont vasque arrondie, comme toutes
les lopades jusqu la fn du V
e
s., et que le profl
carn restitu, fg. 24c, 140.X.10, comme modle,
est donc anachronique, car il apparat seulement
au IV
e
s. Je crois aussi que les formes 130, dfnies
comme des coupes-couvercles, doivent tre consid-
res strictement comme des coupes/bols: la vaisselle
grecque est dj une vaisselle spcialise et rarement
hybride. Comme les formes de rcipients destins
la table sont quasiment absents des cramiques fnes
et des cramiques communes en argile grossire, il
revient la catgorie des cramiques en argile pu-
re achrome ou bandes de fournir lessentiel des
cruches, pichets, nochos et olps, mais aussi des
cuelles (notamment mono-anses, trs difuses
dans le monde grec, particulirement ionien) et des
lkans, probables plats de service.
Un gros chapitre (Sveva Savelli) est, juste titre,
consacr aux amphores de transport dans la mesure
o presque toutes les catgories connues en Mditer-
rane occidentale sont prsentes Cumes. Lauteur
connat bien les problmes qui les concernent et les
dbats quelles ont suscits. En ce qui concerne les
chronologies, la fouille du rempart de Cumes ne peut
que fournir deux termini post quos pour lapparition
de telle ou telle catgorie. En fait, seules les amphores
SOS sont prsentes dans le terre-plein archaque
et absentes du terre-plein tardo-archaque. Les
236
Rassegne e recensioni
amphores les mieux reprsentes sont dans lordre
dcroissant les amphores corinthiennes A, les am-
phores grco-occidentales, les amphores in ogiva di
tipo fenicio-occidentale a fondo piano, les amphores
la brosse et les amphores trusques. Parmi les
amphores la brosse, un fragment damphore de
production non-attique, retrouv dans le terre-plein
archaque et jusquici uniquement attest dans la
deuxime moiti du VI
e
s., permet den remonter
la datation. Pour les amphores corinthiennes A, S.
Savelli se rfre ltude en cours, par J.-Chr. Sou-
risseau, de la ncropole de Rifriscolaro Camarine,
qui situe sans difcult les exemplaires cumains
entre le milieu du VII
e
le dbut du VI
e
s., dont
certains en position rsiduelle dans le remblai du
terre-plein tardo-archaque. Au sein des amphores
grco-occidentales, on distingue maintenant deux
catgories, dfnies par J.-Chr. Sourisseau (1997) et
confrmes par plusieurs analyses archomtriques
(Abbas, indit; Gassner/Sauer 2003), entre des
amphores dites corinthiennes B de type ancien,
de production sybarite et dautres ateliers calabrais,
et des amphores dites ionio-massalites, dateliers
divers, pratiquement de toutes les cits grecques de
Mditerrane occidentale, de Marseille la Calabre.
A Cumes, S. Savelli a identif, dans le remblai du
terre-plein tardo-archaque, des fragments des deux
types damphores corinthiennes B de type ancien
et une srie de fragments de type ionio-massalite
dorigine locrienne. Pour les amphores trusques,
elle reconnat Cumes les types 3A (dont un fond
provenant du terre-plein archaque), 3C et 4 de la
typologie de M. Py. En distinguant amphores in ogiva
di tipo fenicio-occidentale a fondo piano et amphores
trusques, S. Savelli aborde par une discussion serre,
mais prudente, un dbat typologique et chronolo-
gique important, qui intresse aussi la Gaule mri-
dionale. Dans ces amphores in ogiva di tipo fenicio-
occidentale a fondo piano, retrouves toutes (sauf une)
dans le remblai du terre-plein tardo-archaque, elle
a raison de globaliser les types 1/2 et 5 de M. Py (si-
gnalons ce propos que, dans la fgure 38, les profls
reprsents ne sont pas ceux de la typologie de M. Py,
mais un doublon de la typologie de M. Gras EMA
1-2); pour M. Py, le type 5 reprsentait, dailleurs,
une volution rcente, de la deuxime moiti du VI
e

s. (amphores de lpave de Bon-Port), du type 1/2.
S. Savelli donne la prfrence la fliation qui mne
de lamphore ogive phnicienne du dbut du VIII
e

s. lamphore fond plat (type Py 1/2/Gras EMA)
en milieu trusque et trusco-campanien en passant
par les amphores ischitaines de type Buchner A et B
bien dates dans la ncropole partir du troisime
quart du VIII
e
et au VII
e
s., vraisemblables prototypes
aussi des amphores phniciennes occidentales (types
Bartoloni B3, fn VIII
e
-milieu VII
e
s., et C1, deu-
xime moiti VII
e
-dbut VI
e
s.). Reste, en fonction
de la date de transmission du modle, la difcult
distinguer, tout particulirement pour Cumes, entre
productions ischitaines et productions trusques de
Campanie sur la seule base de lobservation visuelle.
Il faudra attendre des analyses archomtriques
(programme en cours avec lUniversit Federico II
de Naples) pour en dcider plus srement.
La seconde partie du volume est occupe par
les catalogues dinventaire des fragments retenus
comme identifables ou signifcatifs, 157 pour le
terre-plein archaque, 516 pour pour le terre-plein
tardo-archaque, ventuellement accompagns de
photos et illustrs, si ncessaire, par un profl dans les
28 planches regroupes la fn du volume. Chaque
notice est trs dtaille (trop? do des rptitions),
mais on ne sen plaindra pas. En outre, quatre pages
en couleurs prsentent quelques fragments de cra-
mique et de terres cuites architectoniques, et surtout
des bords damphores qui paraissent plutt superfus
aprs les remarques de S. Savelli sur les difcults
se fer aux observations de couleur.
On voit donc toute la richesse et lampleur de
ce volume qui sert la fois dargumentaire pour la
datation des deux tats du rempart, prsents dans
le volume I et de tableau analytique pour la connais-
sance du facis de consommation des productions
cramiques Cumes au VI
e
s. av. J.-C. Comme je lai
dj dit, je pense quun tableau rcapitulatif aurait t
le bienvenu de mme quune synthse sur lvolution
du facis, mme si les artisans de ce beau travail ont
estim que la base de donnes linterdisait du fait de
limportance des remaniements et de linsufsance
quantitative des chantillons.
Michel Bats, CNRS, UMR5140,
Montpellier/Lattes
237
Rassegne e recensioni
Peinture et couleur dans le monde grec antique, Actes
de Colloque, Muse du Louvre (10 et 27 mars 2004)
sous la direction de S. Descamps-Lequime, Muse du
Louvre, Paris 2007.
Il volume si compone di quattordici relazioni pre-
sentate nellomonimo convegno tenutosi nel 2004 al
Museo del Louvre, e sottolinea gi nel titolo il punto
di vista privilegiato e specifco con il quale ci si pro-
posti di esaminare la pittura antica: il problema del
colore. Partendo dallingente patrimonio pittorico
recentemente recuperato nelle tombe principesche
macedoni e dalla fortunata possibilit che esso ofre di
un esame autoptico e di un giudizio complessivo, tec-
nico e stilistico, oltre che di un solido inquadramento
cronologico, nel Colloquio si afronta lesame di questi
importantissimi documenti, per altro gi ampiamente
editi e commentati, attraverso un unifcante fltro
critico e concettuale: lesperienza del colore di cui
essi sono testimonianza, come conoscenza tecnica e
insieme come fattore emozionale, capace di rivelare
inaspettati saperi artigianali specifci -chimici e fsici-
e insieme la consapevole funzionalizzazione di questi
accorgimenti tecnici ad elementi espressivi.
Si tratta di un punto di vista che obbliga ad allargare
lo sguardo dai documenti pi strettamente pittorici a
tutte le superfci colorate, architettoniche e sculto-
ree, di marmo o di terracotta e permette di verifcare
limportanza che il mondo antico accordava al colore,
recuperando, almeno intellettualmente, lesperienza
di accesa policromia riservata nellantichit allocchio,
policromia ora in gran parte perduta e documentabile
solo attraverso macrofotografe, fotografe a luce ra-
dente, a infrarossi e a inforescenza di ultravioletti. (B.
Bourgeois - Ph. Jockey, Le marbre, lor et la couleur.
Nouveaux regards sur la polychromie de la sculpture
hellnistique de Dlos, pp. 163-92; V. Jeammet - C.
Knecht - S. Pags Camagna, La couleur sur les terres
cuites hllenistiques: les fgurines de Tanagra et Myrina
dans la collection du Muse du Louvre, pp. 193-204).
La colorazione artifciale investe in antico anche i
pavimenti a mosaico, applicata sia agli interstizi tra le
tessere, per eliminare la parcellizzazione del disegno e
restituirne lunit pittorica, sia sulle tessere stesse, per
realizzare sfumature di colori di difcile reperibilit
tra le pietre: tutto sempre funzionale ad una accen-
tuazione di vivacit cromatica, quella stessa inseguita
dalla pittura (A.M. Guimier-Sorbets, De la peinture
la mosaique: problme de couleurs et de techniques
lpoque hllenistique, pp. 205 -218).
Lo specifco sguardo complessivo alla policromia,
proprio perch stato possibile tecnicamente indivi-
duare le materie prime messe in opera, stabilendone le
provenienze vegetali o minerali e le propriet chimiche
e fsiche, e recuperando in qualche modo persino il
gesto tecnico che ha presieduto alla loro applicazione,
ha evidenziato subito la omogeneit e linterdipenden-
za dei saperi tecnici, una vera koin pittorica estesa a
tutto ci che col colore ha attinenza: componenti chi-
miche dei pigmenti e dei leganti, mescola preventiva
o sovrapposizione delle materie coloranti per captare
efetti di luce, preparazione delle superfci.
Questo documentato incrocio di esperienze si rivela
inoltre funzionale alla ricerca degli stessi efetti, negli
afreschi, nelle fgurine in terracotta, nel marmo e nel
mosaico e si presta ad interessantissime e inedite osser-
vazioni, pur lasciando irrisolto il dubbio se le diverse
capacit si assommavano in uno stesso artigiano o se
esistevano specializzazioni tecniche specifche.
La individuazione e il recupero del trionfante co-
lorismo delle superfci antiche, oggetto anche recen-
temente di approfondite indagini (cfr. bibliografa
nellarticolo di B. Bourgeois) non una scoperta
odierna: si pensi, per larchitettura, ai colorati envois
del Grand Prix de Rome e, per la scultura, alle tracce
di colore evidenti sui marmi della fossa dei Persiani
sullAcropoli, rinvenuti nel 1885-86; ciononostante
indubbio che la policromia del mondo antico continua
a rimanere tuttora una esperienza astratta e prevalen-
temente intellettuale, faticosamente recuperabile nel
nostro immaginario educato da secoli al falsifcante
candore di statue e architetture: si tratta infatti di un
dato che obbliga a rivoluzionare un secolare sistema di
valori che sono alla base dei giudizi estetici sul mondo
antico, soprattutto greco e che, evidenziando in questa
produzione una inedita aspirazione al realismo, obbli-
ga ad attribuire alla Grecia una alterit che fnora le
abbiamo disconosciuto (B. Bourgeois, p. 190).
altrettanto evidente tuttavia che la accettazione
di questa realt il solo modo per recuperare con-
cretamente e nella sua interezza la cultura visuale
degli antichi e comprenderne a fondo il rapporto
con la realt, dato che la cultura visiva si adegua alla
conoscenza del reale e le immagini, oltre che forma
del comunicare, sono anche una forma del conoscere.
Alla defnizione di questa cultura visuale, piuttosto
che ad una semplice illustrazione della pittura in s,
sembrano funzionalizzati positivamente i vari inter-
venti del Colloquio, che afrontano il problema da
diversifcate angolazioni.
Le ricerche si giovano in maniera innovativa di
una rilettura delle fonti flosofche contemporanee,
soprattutto delle rifessioni di Aristotele sulla perce-
zione dei fenomeni sensibili. Lindividuazione di una
238
Rassegne e recensioni
Gli esami dei pigmenti impiegati e le tecniche variate
della loro applicazione rivelano conoscenze precise e
ben assimilate delle propriet fsiche dei materiali, dei
loro comportamenti e della loro possibilit di interagire
con altri materiali, tanto che alcuni fenomeni come la
trasformazione in nero del rosso cinabro, presente nelle
metope della Tomba dellaltalena da Cirene al Louvre,
in Macedonia non mai documentata e denuncia lin-
sufciente livello tecnico dellartigiano libico. Luso di
colori sovrapposti si rivela funzionale ad efetti estetici
ricercati e consapevoli: il blu steso sul nero rende pi
morbido e quindi meno impenetrabile il colore di
fondo; il blu sul grigio realizza quelle vibrazioni ottiche
che rompono la bidimensionalit uniforme grazie alla
diferente tessitura dei due strati; la porpora, molto
preziosa e costosa, pu essere sostituita, con efetti
simili, da lacche vegetali che per altro presentano una
maggiore durabilit, altro accorgimento che il pittore
antico dimostra di perseguire.
Al contrario individuabile nelle pitture macedoni
una notevole povert nella stesura degli strati di pre-
parazione: nelle architetture il colore veniva dato diret-
tamente sulla pietra grigia; nelle pitture vere e proprie,
non sono mai documentati i cinque strati che, molto
pi tardi, Vitruvio suggerir come necessari per otte-
nere un afresco durevole. Si aggiunga che la constatata
presenza di polvere di marmo nellimpasto dellultimo
strato di queste pitture denuncerebbe la assenza, nei
documenti esaminati, della tecnica dellafresco sosti-
tuita anche nella pittura murale, dalla tecnica della
tempera con sovradipinture a secco. Si tratta di una
osservazione importante, anche se tuttora in discussio-
ne, che confermerebbe tecnicamente lipotesi, gi da
tempo sostenuta nella letteratura archeologica, che la
esperienza pittorica del mondo greco sia intimamente
legata e dipendente dalla pittura di cavalletto
Tutti questi approfondimenti tecnici, oltre ad arric-
chire le nostre conoscenze, forniscono utili protocolli
di riferimento per identifcare le stesse tecniche, quan-
do si presentano in altri ambiti geografci, testimonian-
za inoppugnabile di infuenze e contatti culturali. Essi
forniscono inoltre validi suggerimenti per intervenire
correttamente nel restauro delle stesse opere.
Alla defnizione della complessit della esperienza
del colore nella antichit contribuiscono quindi la
conoscenza dei fenomeni della visione, lanalisi del-
le materie coloranti, e linteresse per i testi antichi
consacrati alla storia delle scienze e delle tecniche. La
lettura incrociata di testi letterari, flosofci e tecnici
si apre a signifcati nuovi e a pi sottili consapevo-
lezze nel confronto con i ritrovamenti archeologici,
rivelando una ricchezza di conoscenze e una variet
compresente variet di tecniche in uso nelle pitture di
recente rinvenimento infatti la concreta spia di una
conoscenza elaborata della percezione soggettiva dei
colori, proprio nel senso sottolineato da Aristotele,
il quale inoltre,cercando di rendere conto di questa
percezione, ci descrive, rivelandoceli, i modi in cui
operavano gli atelier di pittura che procedevano per
giustapposizione, sovrapposizione e melange: sono
appunto queste alcune delle tecniche operative che
riscontriamo nei monumenti macedoni. (A. Rouveret,
La couleur retrouve. Dcouvertes de Macdoine et textes
antiques, pp. 69-80).
Allinterno di una discussione tra realt e percezione
della realt si situano anche le soluzioni sperimentate
nella pittura per suggerire la terza dimensione e lin-
serimento delle fgure nello spazio (H. Brekoulaki,
Suggestion de la troisime dimension et traitement de la
perspective dans la peinture ancienne de la Macdoine,
pp. 81-94).
Ponendosi paradossalmente nellottica delle fonti
flosofche contemporanee Platone e Aristotele so-
prattutto con la loro insistenza sulla inesattezza delle
rappresentazioni fgurate, volutamente modifcate e
deformate in funzione di una illusoria e ingannevole
evocazione della realt, possibile individuare e isolare
queste deformazioni e inesattezze nelle pitture mace-
doni; ma questo permette di cogliere concretamente il
modo di procedere creativo e innovativo dellartigiano
antico che con luso dei colori ma anche di scorci
audaci tende a raggiungere un efetto di volume o
di spazialit pur senza applicare nessuna regola di
prospettiva geometrica e senza mai abbandonare un
policentrismo di natura empirica.
Le incongruit e il disaccordo di linee nella scena del
ratto della Tomba di Persefone, ad Aigai, la negligenza
dei dettagli e le approssimazioni del disegno che loc-
chio moderno coglie sulla base di un altro codice di
riferimento, non tolgono nulla alla forza espressiva che
questi dipinti riescono a raggiungere; anzi la perdita di
correttezza del particolare compensata dalla ricercata
espressione di movimento e ritmo dellinsieme o dalla
forza espressiva capace di rendere la psicologia. Tutto
si integra in un sistema particolare di rappresentazio-
ne e percezione della realt, in cui la linea e il colore
rispondono a funzioni multiple.
Precisazioni altrettanto interessanti derivano dalle
ricerche centrate specificamente sulla natura dei
colori e sul modo di usarli (H. Brecoulaki, Splendeur
ou durabilit. Peintures et couleurs sur les tombeaux
macdoniens, pp. 95-120; A. Rouveret - Ph. Walter,
Couleur et matires dans les peintures hellnistiques du
Muse du Louvre, pp. 121-132).
239
Rassegne e recensioni
modo di stendere e usare il colore, promuovendo tutti
questi espedienti tecnici a strumento signifcativo di
selettive comunicazioni emozionali.
La composizione aperta e molto dinamica dello
schema del ratto si giova di un uso energico e teso
della linea, incisa con molti pentimenti nello strato
umido e utilizzata come mezzo espressivo principale
per creare volumi e spazi, per annullare il valore tetto-
nico del fondo e restituire limpressione dello scorcio.
Coerentemente luso parco del colore accompagna e
sottolinea lesasperazione del movimento in funzione
drammatica, perch la nuova iconografa, che da
questo momento sar anche prevalente, afda alla
drammaticit del rapimento la rappresentazione della
angoscia del distacco dalla vita.
Sullo schienale del trono di marmo della Tomba di
Euridice invece, dove Hades e Persefone compaiono in
uno schema iconografcamente tradizionale, immobili
su di una quadriga, la linea di contorno non ha nessuna
funzione creativa e determinante, anzi la composizione
simmetrica, equilibrata e frontale della coppia che
appare inquadrata nella divaricazione dei cavalli della
quadriga, sembra lesatto contrario dellesasperato
movimento presente nella pittura della Tomba di
Persefone: evocazione divina e auspicio di benevola
accoglienza agli inferi, essa ignora completamente lo
strappo della morte. Nessuna diferenza presentano al
contrario le due pitture nella stesura dei colori ottenuti
con la sovrapposizione di sfumature per modellare i
volumi e per defnire i dettagli.
Questa cosciente selezione dei motivi, la loro sa-
piente impaginazione e il diverso inserimento spaziale
sembrano rivelare la fondamentale consapevolezza
che la struttura formale pi che la scelta tematica
a qualifcare il messaggio e insieme documenta una
compresente ricchezza di linguaggi espressivi.
Altre pi complesse soluzioni nella rappresentazione
dello spazio fgurativo sono visibili sul grande fregio
di paesaggio, con cacce, dipinto al di sopra del fregio
dorico della cd. Tomba di Filippo II a Verghina, solo
di poco pi recente delle precedenti (Ch. Saatsoglou-
Paliadeli, La peinture de la Chasse de Vergina, pp. 47-
56). La mancanza di schizzo preparatorio denuncia che
la composizione stata studiata nellatelier e trasposta
mediante cartoni sulla superfcie umida, sulla quale
tuttavia sono visibili solo i tratti incisi delle punte
delle lance oltre ai contorni di qualche fgura. Alcune
osservazioni tecniche, come la mancata identifcazione
di giornate di lavoro e la evidente sovrapposizione di
successivi strati di colore a secco, confermano che non
siamo in presenza di un afresco, come gi notato in
tutti gli altri documenti macedoni. Completamente
di applicazioni che le fonti letterarie note, con le loro
lacune, non avevano lasciato capire completamente,
nella sottigliezza dei loro meccanismi. La letteratura
artistica aveva coniato infatti termini adeguati a def-
nire alcuni accorgimenti tecnici, come fusione ottica,
linea funzionale, gradazione e impasto dei colori, colori
rifessi, cangiantismo (tonos, lumen, splendor, harmogh,
ecc.), parole che erano giunte fno a noi conservando
la astrattezza di fenomeni senza riscontro concreto:
con i nuovi trovamenti siamo ammessi a una visione
diretta delle realt sottese a queste defnizioni; al reale
salto di qualit nelle nostre conoscenze si aggiunge
inoltre la consapevolezza che non siamo in presenza
di fenomeni distesi nel tempo ma tutti compresenti
in quel periodo di straordinaria foritura culturale che
la seconda met del IV sec. a.C.
Il ventaglio di pitture macedoni che costituisce la
base documentaria di tutti i nuovi approfondimenti,
presentato, nelle relazioni sui singoli monumenti, con
fnezza di osservazioni e ricchezza di documentazione.
Le pitture sono tutte pertinenti a monumenti funerari
al pi alto livello di committenza, e garantiscono che
le pi avanzate acquisizioni tecniche nella resa dello
spazio, con laiuto del colore e della conoscenza degli
efetti di luce, che troveranno il loro sviluppo fno
allet augustea, sono presenti nellet di Alessandro
Magno.
Nelle tombe di Mieza (K. Rhomiopoulou, Tombeaux
macdoniens: lexemple des spultures dcor peint de
Miza, pp. 15-26) i contrasti cromatici sono funzio-
nalizzati alla evidenza plastica degli elementi vegetali; il
colore viola degli abiti nelle fgure un efetto cercato
e raggiunto mediante la sovrapposizione del blu egi-
ziano sul rosa; lapplicazione di un sottostrato grigio
al bianco del fondo diminuisce consapevolmente il
contrasto cromatico per realizzare in qualche modo
uno sfumato efetto atmosferico.
Nella necropoli di Aigai due rappresentazioni
dello stesso mito di Hades e Persefone (A. Kottaridi,
Lpiphanie des dieux des Enfers dans la ncropole royale
dAigai, pp. 27-46) sono realizzate con tali profonde
diferenze iconografche e stilistiche da far dubitare
della loro coerenza cronologica, se altri dati non la
confermassero con certezza. Nella Tomba di Persefone,
infatti,il mito rafgurato nella inedita e drammatica
iconografa del ratto mentre, sulla spalliera del trono
di marmo rinvenuto nella Tomba di Euridice, nella
stessa necropoli reale, esso presente nella immobile
iconografa della epifania delle divinit. La diversit dei
due dipinti non si realizza solo nello schema iconogra-
fco, ma anche e soprattutto nella tecnica esecutiva,
nellinserimento prospettico delle fgure e persino nel
240
Rassegne e recensioni
assente inoltre in questa pittura lelemento dise-
gnativo grafco, e il senso di profondit spaziale in
cui le fgure si muovono ottenuto mediante un uso
sapiente e funzionale della modulazione del colore e
della dimensione variata delle fgure: un espediente
che suggerisce una realt ambientale, pi che un
paesaggio, nella quale la rappresentazione vive e che
unifca i diversi episodi.
In particolare questa pittura, con i suoi discussi
riferimenti ad episodi reali e altamente simbolici, si
distingue dalle rafgurazioni mitologiche inserendosi
in un contesto storico con valenze dinastiche. Senza
entrare nella discussione sulla identificazione dei
personaggi rafgurati, tra i quali,come noto, vi
Alessandro giovinetto, va comunque segnalata lipo-
tesi qui espressa che, accomunando questo dipinto a
quello che ha fornito il modello al celebre mosaico
pompeiano della Battaglia di Alessandro, attribuisce
entrambi ad Apelle o pi precisamente ad Aristeides II,
fglio di Nicomacho e autore, secondo le fonti, di una
caccia e di una battaglia. Ambedue i dipinti sarebbero
stati commissionati al pittore non da Cassandro ma
da Alessandro III.
Il colore ormai usato con assoluta padronanza delle
sue infnite possibilit espressive nel fregio dipinto
all esterno della straordinaria tomba rinvenuta ad H.
Athanassios, ad ovest di Salonicco, datata allultimo
quarto del IV sec. a.C. (M. Tsimbidou-Avloniti, Les
peintures funraires dHagios Athanassios, pp. 57-68).
La policromia molto accesa investe anche gli elementi
architettonici, palmette e acroteri, mentre nel fregio,
inedita e innovativa narrazione di un simposio mace-
done nella villa di un hetairos reale, la composizione
centralizzata, con la convergenza di due gruppi di
partecipanti verso il banchetto centrale, accentua la
illusione di profondit spaziale che le diverse dimen-
sioni delle fgure sottolineano; inoltre fngendo che la
cerimonia si svolga nel buio illuminato dalle faccole, si
promuove il colore nero-blu del fondo su cui si staglia
il corteo a realistica rappresentazione della notte.
Le novit che le pitture macedoni documentano per-
mettono di riprendere in esame la produzione pittorica
di et ellenistica di altri ambiti geografci per verifcare,
se esistono, le infuenze tecniche o tematiche e il lavoro
di citazioni e rimandi. La omogeneit delle conoscenze
tecniche individua infatti aree di omogeneit culturale
anche se la variet delle scelte iconografche documenta
la autonoma capacit dei vari ambiti storici di funzio-
nalizzare la tecnica a discorsi autonomi e originali.
Due importanti monumenti rispettivamente di
ambito etrusco e magno greco sono oggetto di riesame
nel Colloquio.
Il restauro a cui stato recentemente sottoposto il
sarcofago delle Amazzoni da Tarquinia ha chiarito
le caratteristiche tecniche delle pitture eseguite sulle
pareti di alabastro non gessoso. (A. Bottini, Le cycle
pictural du sarcophage des Amazones de Tarquinia:
un premier regard, pp. 133-148). I tre strati di pre-
parazione di bianco di piombo, i colori mescolati
delle fgurazioni applicati mediante leganti organici,
il colore astratto del fondo, nero sui lati brevi, rosa sui
lati lunghi, risultato dalla fusione del rosso cinabro
col bianco di piombo della preparazione, sono tutti
dati che avvicinano tecnicamente questa opera alle
produzioni pittoriche macedoni, rivelando un bagaglio
di conoscenze tecniche comuni a tutto il bacino del
Mediterraneo, frutto della rapida circolazione di saperi
e conquiste tecniche tipica del mondo ellenistico.
altrettanto evidente invece che liconografa del
sarcofago, dipendente da un modello trasferito con
uno schizzo inciso sulla preparazione e ripreso col
pennello, nel ritmo dei gruppi di combattenti che si
contrappongono e nella distribuzione dei soggetti della
fgurazione, profondamente innovatrice rispetto a
schemi di tradizione ellenica e nello stesso tempo fssa
i nuovi schemi iconografci che saranno ripresi dal lin-
guaggio fgurativo occidentale (ipogeo Palmieri, cista
di Vulci). Le decorazioni della panoplia, che trovano
paralleli nelle armi rinvenute in Apulia, la anomala
presenza delle quadrighe, la rafgurazione di una
Amazzone seminuda, denunciano che la rielaborazione
del tema avvenuta in ambito tarantino o in un centro
magno greco, sia pure con una interazione di elementi
diversi. Si tratta, come sempre, di appropriazione attiva
delle conquiste tecniche e di ridefnizione autonoma
delluniverso di esperienze e di modelli che le fgura-
zioni evocano e alle quali fanno riferimento.
Uguale conoscenza tecnica ma profonda originalit
di scelte decorative si trova nella straordinaria tomba
dipinta di Napoli, nota dallottocento ma recuperata
solo di recente a importante testimonianza dello
specifco ellenismo napoletano (V. Valerio, Obser-
vations sur le dcor peint de la tombe C du complexe
monumental des Cristallini, Naples, pp. 149-162).
Coerente la conoscenza approfondita delluso del
colore funzionale anche al risalto plastico degli oggetti
che si fngono appesi al muro e sui quali, come sulla
patera aurea istoriata, si riesce a evocare, col solo uso
dello sfumato, una decorazione repouss. Sulle pareti
di tufo preventivamente ricoperte da successivi strati
di spessore variabile di bianco (calcite e caolinite), le
fgurazioni sono state trasferite con laiuto di incisioni
preparatorie, a mezzo fresco con la sovradipintura a
secco dei particolari. Le articolazioni architettoniche
241
Rassegne e recensioni
sono evidenziate da colori contrastanti mentre un ine-
dito fregio su fondo blu-nero, sottolinea, nella stanza
superiore, lincontro delle pareti con la copertura a
doppio spiovente. Frutto di autonome scelte e senza
confronti la sequenza ripetuta dei moduli di cui si
compone il fregio che alternano grif retrospicienti
afrontati a un fore e testine variamente atteggiate, di
faccia e di proflo, il tutto reso con rapide pennellate,
direttamente, senza linea di contorno. Tipicamente
magno greca la valenza funeraria della testa di Me-
dusa che qui appare in una inedita versione, come
testa scolpita a rilievo e dipinta, inserita nella parete di
fondo e con legida completata in pittura sulla stessa
parete di fondo.
Il volume, arricchito da una splendida documen-
tazione fotografca, si presenta come la pi completa
disanima delle problematiche della pittura antica, la
pi aggiornata, nella pluralit dei percorsi critici che
scandiscono i molti aspetti di questa produzione, e
ne rivelano laspetto di operazione concettuale oltre
che oggetto di progressive conoscenze tecniche. Lo
sguardo incrociato che questa raccolta di saggi tra loro
strettamente connessi proietta sulla pittura antica non
porta solo a stimolanti risultati conoscitivi, ma ci apre
ad una conoscenza profonda e originale dellatteggia-
mento mentale del periodo preso in esame.
Ida Baldassarre
fa parte a pieno titolo di quel nutrito gruppo di
residenze che esponenti dellaristocrazia omayyade
costruiscono ai margini fra steppa desertica e aree a
maggior densit abitativa. Defnite di volta in volta
come castelli del deserto o come luoghi di svago
e di ritiro per la classe dominante, esse ricoprivano
con ogni probabilit un ruolo di controllo nello
sfruttamento di vaste estensioni agricole, benef-
cianti di rafnati sistemi di irrigazione ereditati dalla
grande propriet terriera pre-islamica.
I siti maggiori, vale a dire i veri e propri castelli,
come Qa r Kharana nella steppa giordana (circa
710 d.C.), Qa r al- ayr al-Sharq a nord-est di
Palmira, Qa r al- allbat a nord-est di Amman
e Qa r al- ayr al-Gharb, sulla direttrice fra Da-
masco e Palmira (gli ultimi tre esempi tutti datati
entro la prima met del sec. VIII), sono connotati
da una dignit architettonica tale da aver portato
Richard Ettinghausen e Oleg Grabar ad afermare
senza mezzi termini come: Te Umayyad period
is unusual in the Middle Ages for the astonishing
wealth of its secular art, and especially architecture
e relativamente alla dislocazione di tali complessi
che: Most of what we know of Umayyad secular
architecture come from this unique socio-economic
setting and not from large cities of the empire
(Te Art and Architecture of Islam 650-1250, New
Haven-London 1994
2
, p. 45).
Le risorse idriche e la loro efciente irreggimen-
tazione fecero s che gli impianti termali assolves-
sero una funzione sostanziale nellambito di tali
insediamenti, funzione che trascende il semplice
perseguimento del benessere per assumere conno-
tati di rappresentanza e richiedere quindi adeguate
dimensioni e apparato decorativo: il caso pi spetta-
colare sempre nel secondo quarto dellVIII secolo
forse quello del bagno di Khirbat al-Mafar, in
attuale territorio israeliano, con la sua ricchissima
decorazione musiva pavimentale di gusto geome-
trizzante e i suoi stucchi parietali.
A Qu ayr Amra la decorazione parietale dipinta
a caratterizzare fortemente gli ambienti di un or-
ganismo dallaspetto esterno altrimenti abbastanza
modesto. Il repertorio iconografco di questo ciclo
di pitture il pi esteso di epoca omayyade a essere
giunto fno a oggi quanto mai vario e possiede
con ogni evidenza pi modelli di riferimento. An-
tecedenti ellenistici sono infatti ben riconoscibili
nelle personifcazioni della Poesia e della Storia
accompagnate da iscrizioni in greco o nelle scene
marine; tratti pi originali presiedono invece alla
rafgurazione dello zodiaco nella cupola del calida-
C. Vibert-Guigue, Ghazi Bisheh, Les peintures de
Qusayr Amra. Un bain omeyyade dans la bdiya
jordanienne [Jordanian Archaeology, vol. I; Institut
Franais du Proche-Orient - Department of Anti-
quities of Jordan], Beyrouth 2007, pp. I-IX; 1-226,
tavv. 1-150; ISBN 978-2-35159-049-2.
Il palazzo-bagno di Qu ayr Amra (secondo quar-
to dellVIII sec.), edifcio fra i pi signifcativi del
periodo omayyade (661-750 d.C.), sorge nellodier-
no deserto giordano, 85 km. a est della capitale
Amman. Il complesso costituito da tre organismi
architettonici distinti realizzati in blocchi di calcare:
una sala di udienza, un impianto termale (con
tepidarium e calidarium) e un serbatoio.
Nonostante le dimensioni relativamente ridotte
e la semplicit dellarticolazione, Qu ayr Amra
242
Rassegne e recensioni
rium; una diretta infuenza iranica si pu scorgere
poi alla base della scena dei sei sovrani nella navata
ovest della sala di udienza. A queste caratteristi-
che distintive di unarte ancora in fase formativa si
unisce il rifesso del gusto personale del commit-
tente per la varietas: ed ecco avvicendarsi scene di
caccia, di bagno, fgure di lottatori, arcieri, atleti,
acrobati, quadri di vita pastorale e di costruzione di
edifci (molto probabilmente ledifcio che si vede
innalzare proprio la residenza di Qu ayr Amra); il
tutto descritto con grande vivacit accompagnata
da non poche ingenuit formali.
La derivazione delle iconografe e i tratti distintivi
della committenza di Qu ayr Amra sono stati da
tempo al centro dellattenzione dei numerosi studi
dedicati al suo ciclo pittorico, fn dallepoca della
sua riscoperta (1898) per merito di Alois Musil.
Diverso il discorso riguardante la documentazione
grafca che, a motivo del precario stato di conser-
vazione delle superfci dipinte e della patina nera
dovuta a pi cause (agenti atmosferici, uso degli
ambienti come rifugio per le popolazioni nomadi
etc.), rimasta fno agli anni 70 del XX secolo
pi o meno esclusivamente basata sui disegni a
colori che il pittore viennese Alphons L. Mielich
esegu nel 1901 in collaborazione con la missione
Musil. I disegni di Mielich, eseguiti allindomani
di una ripulitura empirica delle pitture efettuata
dallequipe di Musil, rivestono a tuttoggi notevole
importanza quale testimonianza dello stato delle
pitture allinizio del 900.
Negli anni 1971-74 una collaborazione fra Gior-
dania e Spagna dette luogo a una prima campagna
di restauro delle pitture, coordinata da Martn
Almagro. Lintervento di risanamento fu accom-
pagnato dallapplicazione di un fssativo e dalla
ridipintura di alcune aree, la cui estensione, malau-
guratamente, non venne documentata. Parte di tali
riprese fu tuttavia eliminata nel 1996, nel corso di
una seconda campagna di restauro, caratterizzata da
minore invasivit e coordinata da Antonio Almagro.
Entrambe le missioni ebbero tuttavia il merito in-
discutibile di produrre il rilievo architettonico del
monumento e una documentazione fotografca a
colori delle pitture.
solo nel 1989, con un progetto ideato dallIns-
titut Franais du Proche-Orient in collaborazione
con il Department of Antiquities of Jordan, che si
giunge a eseguire un rilievo della decorazione in
scala 1:1, volto a ofrire una restituzione quanto
pi possibilmente flologica dello stato delle su-
perfci. Accanto al rilievo, ultimato nel 2005, si
proceduto ad analizzare le cause di deterioramento
nonch a tentare di ricostruire lo spettro cromatico
originario. A ci si afanca la costruzione di un
interessante repertorio dei grafti presenti sulle
pareti (fnora inediti).
Il dossier in tal modo raccolto d vita a un cor-
poso album di documentazione grafca, con testo
introduttivo ridotto al minimo indispensabile. Nella
Introduction a frma di Gazi Bisheh (pp. 3-23; in
francese, con trad. in inglese e in arabo) si ha tuttavia
modo di tracciare il quadro storico del monumento e
della committenza della sua decorazione. Segue una
sezione curata da Claude Vibert-Guigue e intitolata
La documentation archologique (pp. 25-34):
qui viene descritto il successivo avvicendarsi degli
interventi conservativi dalla fne del XIX secolo a
oggi con particolare attenzione ai metodi di restauro
impiegati, per fnire con lillustrazione delle linee
guida del progetto franco-giordano.
Il catalogo delle pitture (pp. 35-46) fornisce un
elenco completo delle singole scene, suddivise per
ambienti di pertinenza, a cominciare dalla sala
delle udienze e dalla cosiddetta alcova del trono,
per poi passare agli annessi est e ovest e alle terme
vere e proprie (tepidarium e calidarium). Ciascuna
voce del catalogo corredata da una breve scheda
identifcativa e descrittiva. Il catalogo si chiude con
una note pigraphique et palographique (p. 46)
relativa alliscrizione dipinta sul muro meridionale
dellalcova del trono.
La sezione conclusiva del testo (pp. 47-50) contie-
ne lintroduzione alle tavole, le convenzioni grafche
e le abbreviazioni delle referenze bibliografche
riportate nelle didascalie.
Il nucleo del volume invece formato da 150
tavole in bianco e nero e a colori suddivise fra
rilievi architettonici, apparato fotografco, rilievi
dello stato attuale delle superfci dipinte e disegni ri-
costruttivi del supposto aspetto originario del ciclo.
Nessun dubbio sussiste sul fondamentale appor-
to del volume quale strumento di presentazione
del monumento e della sua decorazione interna.
Nondimeno si avverte ora la necessit accanto a
un album di sifatte proporzioni di un apparato
testuale di carattere scientifco che tenga conto e
faccia il punto sulla nutrita bibliografa precedente
e che possa presentare con maggiore agio di siste-
matizzazione i dati scaturiti dal rilievo.
Alessandro Taddei
Universit di Roma La Sapienza
RIASSUNTI
Riassunti
244
P.-Ch. Malamud, Entendre et voir avec Jean-Pierre
Vernant
Tis paper presents a few remarks on the way
Jean-Pierre Vernant perceives and analyses the
relation between seeing and hearing in Ancient
Greece. As a contrast to Greece, where the im-
portance of seeing is overwhelming, in Ancient
India, speech as voice and sound is the way the
Absolute manifests itself and although the poets
are described as seers, what they see is made of
sound and speech as sound is the subject matter of
systematic speculations, myths and explanations
of the ritual.
D. Ridgway, Nicolas Coldstream e l'Italia
Tis obituary essay notes the lasting contributon
made by Nicolas Coldstream (30 March 1927
21 March 2008) to the understanding of the
pre-Classical Greek world. Te archaeological
record of Italy and Sicily played a crucial role in
his two major works (Greek Geometric Pottery,
1968; 2008
2
; Geometric Greece 900-700 B.C.,
1977; 2003
2
), and in many papers devoted to the
material from individual sites. His uvre is disin-
guished throughout by an extraordinary capacity
to extract history as well as chronology from the
archaeological record and nowhere more so than
at Giorgio Buchners Pithekoussai, where he was
a frequent and welcome visitor.
P.G. Guzzo, Tucidide e le isole, tra Fenici e Greci
Te ancient sailor technology by Phoenicians and
Greeks used the islands, so frequent in the Mediter-
ranean Sea, as landing-places during the navigation.
Evidence of this use is found in the literary sources
as well as in the place names. Among the last ones
those with the sufx -oussa are studied, and it is
made a list of them. Moreover, the islands were
used as safe places to have relations with mainland
population, of which they didnt trust. Te analysis
about this subject confutes what has been trans-
mitted by Tucydides (6,2,6) about the previous
presence in Sicily of Phoenicians compared to the
Greek presence. Te reconstruction made by the
Historian has been compared with other passages
of his own text, which suggest the interpretation
here proposed.
M. Dacunto, Una statuetta fttile del Geometrico
Antico da Ialysos
Tis paper deals with the clay female fgurine
which was found in the tomb 470 in the plot
Platsa Daphniou at Ialysos (Rhodes). Tis fgurine
dates back as early as 900-875 BC. Its wheel-made
body and the head with pronounced features
may show infuences from the Dark Age plastic
productions of Cyprus and Crete. Te function of
this statuette and its identifcation are not clear.
It is unlikely that the fgurine was a doll. Some
iconographic details, as the diadem, and its com-
parison with other statuettes buried in the Dark
Age tombs suggest two alternative interpretations:
the statuette could represent a rank fgure, as the
mother, or otherwise a death goddess or demon,
as Persephone / Kore.
PH. Zaphiropoulou, Te tumulus necropolis at
Tsikalario on Naxos
In the Cyclades archipelago of the Aegean Sea a
most impressive tumulus necropolis of the Geomet-
ric period has come into light on a rocky plateau
of central Naxos.
At this site there is a complex of about twenty-fve
tumuli out of which seventeen were investigated.
Te tumuli, some as large as 9-12m in diameter,
were made of a stone kerb (the stones were huge
rock upright slabs) approximating to a perfect cir-
cle; most of them had one or more cremation pyres
inside but also some others had large and smaller
rectangular cist graves. Te oferings include coarse
ware, painted vessels and many small objects. Also
there was a kind of road web among the tumuli
and a huge menhir, a rocky huge upright slab
3,20m high, erected at the main entrance of the
cemetery as a marker of the grave area.
Tis cemetery was used during the MG period
but it seems that it continued into the 6
th
century
B.C., as a place of veneration of the ancestors who
belonged to a feudal aristocracy.
X. Charalambidou, Te pottery from the early Iron
Age necropolis of Tsikalario on Naxos
Pottery from the imposing necropolis of Tsika-
lario in central Naxos is the main focus of this study,
which aims to ofer new information about the
nature of production and circulation of ceramics
from workshops in inland Naxos compared with
Riassunti
245
those from workshops in Chora (Naxos Town),
the use of artifacts and the relationship between
wheelmade and handmade pottery in funerary
contexts, and the nature of contacts that this cem-
eterys users had with other regions of the Greek
world. Comprehensive examination of the ceramic
material gives an overview of the complexities of
the evidence, contributing to the identifcation of
various shapes and types of local material, an as-
sessment of the degree to which it was infuenced
by production from other regions, and an estimate
of the quantity of imported ware. Such fndings
will shed light on the identity of the people who
built, buried, and made oferings at the funerary
structures of Tsikalario.
M. Civitillo, Sulle presunte iscrizioni in lineare
A e B da Itaca
In debating the still open question of Homer's
Ithaca proper identifcation, the fnding of any
Linear A and/or B inscriptions would be of capi-
tal importance in reconstructing the way and the
extent the Island took part in the wider Aegean
cultural landscape of the II millennium B.C.
Te issue of fndings with Linear A or B in-
scriptions has been recently brought forth since
a highly suspect sign has been identifed by L.
Kontorli-Papadopoulou, T. Papadopoulos and
G. Owens on a tablet discovered in the so-called
water-logged tholos tomb of Aghios Athanasios/
School of Homer. Te site is not far from Pelikata,
where Paul Faure, in 1989, enthusiastically an-
nounced the discovery (based on W.A. Heurtelys
excavations) of two ostaka inscribed in Linear A,
which actually have shown to be unrecognizable as
any of the second millennium writing systems we
already know. Moreover, the examination of the
recent inscribed object from Aghios Athanasios
has allowed to conclude that it should be expunged
from the corpus of Minoan or Mycenaean inscrip-
tions. As a result, these alleged inscribed objects
dont seem to be able to advance the ongoing debate
on Homers Ithaca proper identifcation.
J.K. Jacobsen - S. Handberg - G.P. Mittica, An
early Euboean pottery workshop in the Sibaritide
Euboean presence in the 8
th
century B.C. in Italy
is foremost recognized in Sicily, Campania and
southern Etruria. Research on recently excavated
material from the sanctuary on the Timpone della
Motta close to present day Francavilla Marittima,
CS, however, shows that Euboeans were also well
acquainted with the south Italian Ionian coast.
Genuine Euboean imported ceramics and the
recent identifcation of a local pottery workshop,
which specialized in highly Euboeanizing vessels,
providethe material evidence for a Greek presence
in Francavilla Marittima before the middle of the 8
th

century B.C. Tis article outlines the archaeological
evidence for possible Greek infuence on indigenous
religious rites on the Timpone della Motta during
the 8
th
century B.C.
L. Cerchiai - M.L. Nava, Uno scarabeo del Lyre-
Player Group da Monte Vetrano (Salerno)
Te study aims to give a preliminary report on
archaeological discoveries at the site of Monte Ve-
trano, at the right bank of the Picentino River, near
the main Villanovan settlement of Pontecagnano
(Salerno).
It ofers an outline of the topographical organiza-
tion and material culture of the necropolis, dating
between EIA2 (Pontecagnano Phase II B) and the
beginning of Orientalizing period (second half of
the 8
th
century B.C. - frst years of the 7
th
).
A detailed analysis is also dedicated to a seal of the
Lyre-Player Group, decorated with an exceptional
scene of dance, comparable to the iconography of
the Greek komos.
M.A. Rizzo, I sigilli del Gruppo del Suonatore di Lira
in Etruria e nell'Agro Falisco
The very limited corpus of the Lyre-Player
Group seals from Etruria and the Faliscan ager (5
pieces) gains one more specimen from the grave
345 of the Banditaccia necropolis in the area of
Laghetto at Cerveteri and representing a lyre
player in front of a big bird. Te seal was found
with a female burial which the objects of personal
adornment and the vases date between the end of
the third and the beginning of the last quarter of
the 8
th
century.
We also reconsider the contexts of two seals from
the same group, the grave 17/XXVI from Mon-
tarano at Falerii (containing a seal with a double
headed monstrous creature) and the trench from
Castelvecchio at Vetulonia (containing the seal
with a hawk and a winged solar disk). Both con-
texts are dated between the end of the 8
th
and the
Riassunti
246
beginning of the 7
th
century and belong to female
burials of high status as it is revealed by the objects
of personal adornment (belt, golden, electrum and
bronze fbulae, jewellery, weaving tools).
Te recurring presence in the contexts containing
Lyre Player seals of several objects (repouss gold
leaf bullae, faence scarabs and fgurines, Vogelperlen,
fbulae with birds) which are especially attested in
some areas of the Eastern Mediterranean, particu-
larly on Rhodes, seems to identify the island as the
producing center of most of these types of objects
and probably also their main carrier toward West.
Very interesting are also the other seals from the
group coming from Etruria (fgg. 37-39), with
images representing articulated cult scenes or rare
depictions of lions or fshermen. To them we can
add two more examples from the antiquarian
market (Figs. 40, 42), and a new specimen from
Tarquinia (Fig. 41), whose belonging to the Group
is, however, highly questionable on the base of their
material, iconography and style.
R. Bonaudo, In rotta per l'Etruria: Aristonothos,
l'artigiano e la metis di Ulisse
Te study examines the status of the craftsman
in Etruria during the Recent Orientalizanting,
moving from the famous crater of Aristonothos,
with the blinding of Polyphemus, an Homeric
epic theme, associated at the same time to the
signature of the vase-painter. Te analysis of the
iconographical scheme emphasizes the agriotes of
the Cyclops world, especially related to his un-
structured drinking wine behaviour, stating the
context of the krater consumption and the cultural
universe of the client. On this way, the study tries
to examine the active role of the artisan for the
creation of an imaginary shared with the client and
expressed through the signing. Te analysis of the
name of the craftsman, which is not in the type
of the nomina ex arte, establishes a paradigmatic
relationship between Aristonothos and Odysseus,
who wins Polyphemus as Outis, None, using a metis
that doesnt come from the blood but seems to
be related to a specifc knowledge and craftsman-
ship. Far from the heroes of the Iliad, Odysseus
appears as a diferent type of hero, connected with
the metis, the sea, the trade, the craft, recalling
the contradiction and ambiguity characteristic of
the mythical artisan Hephaestus. Te connection
seems emphasized on the Aristonothos krater by the
presence under the handles of a crab, the animal
which represents the double of the god, as shown
by M. Detienne.
B. dAgostino, Il valzer delle Sirene
In 1989, reporting on an archaic sanctuary found
recently in Sani of Halkidiki, I. Vokotopoulou
presented a sherd of a fgured vase showing three
winged beings with female head, torso and legs and
bird body, holding each other by hands.
Moving from the famous protoattic amphora of
Eleusis, She interpreted the fgures as the Gorgons.
Comparing this image with other archaic ones,
the A. instead proposes to identify them with the
Sirens. If this proposal may be shared, the image
appears as the oldest document of an already known
Western tradition fxing in three the number of
the Sirens, against the consolidated one, according
to which the Sirens are always two.

F. Croissant, Le premier kouros parien
In his earlier research on the beginnings of
Cycladic female statuary, the author points out
that three Parian korai the frst known were
ofered in the Delian Artemision at around 570
B.C. However, no Parian kouroi are known be-
fore 550/540 B.C. Tis male statuary must have
been created in the workshops of Paros to satisfy
a new demand, after the Naxian sculptors retired
from Delos. Doesnt this type represent a direct
descendant of the female type created in the
2
nd
quarter of the century? Published in 2004,
an unfnished kouros torso discovered in Paros
seems to support this theory. He shows the same
structure recognised in Parian kouroi, excepting
one unusual feature: the right arm is folded up
and applied to the chest, similar but symmetrical
to that seen on Parian korai, especially the korai
from Cyrene. Comparing this unfnished kouros
with the korai from Cyrene and the kouros which
were discovered in the same place shows their
similar structure and indicates that they were
made at around the same time. Tus, the Parian
torso must be interpreted as one of the earliest
attempts, quite isolated, to adapt the female type
to a new male fgure.
Riassunti
247
L. Chazalon - J. Wilgaux, Violences et transgressions
dans le mythe de Tre
Only few Attic vases certainly display the myth
of Tereus and its variants, but these images, dating
from the frst half of the ffth century B.C., focus
exclusively on crimes committed by the female
protagonists and stigmatize in no way the character
of Tereus.
Actually, his role in the sequence of the crime is
increasingly highlighted by literary sources from
the second half of the ffth century (the Sophocles
tragedy delivers what becames the canonical ver-
sion of the myth), and the declaration against
the rape committed by Tereus becomes more
and more virulent. Setting upon the rape of the
wifes sister a symbolic value comparing with the
murder of relatives (murder of Itys) and with the
anthropophagy, literary sources reveal its trans-
gressive nature, equating it to an incest, in this
way testifying the changing of the attitudes and
of the social norms.
A. Lupia - A. Carannante - M. Della Vecchia,
Il muro di Aristodemo e la cavalleria arcaica
Te renewal of Kyme project provided an op-
portunity to explore a new area, about 160 m in
the west of Porta Mediana, used recently as illegal
racetrack, discovering a new tract of the northern
city walls.
Te excavation, confrming the builiding history
already known, brought to light a new and oldest
phase of the fortifcations, few remains of which
have been recognized at Porta Mediana too. In the
second half of the fourth century B.C. rectangular
towers were added to the late-archaic wall. Te
latest strenghtening of the city wall dates from the
Hellenistic age.
A stratigraphical test inside the Hellenistic walls
exposed a layered deposit with a large amount of
archaeozoologycal fnds. Te set of sample fauna,
in primary (late sixth-early ffth century B.C.) and
secondary (from classical to III B.C.) deposition,
consists mainly of the remains of Equus caballus
(about 68% of the total, with fve individuals at
least) and Canis familiaris with sporadic presence of
cattle, swine and caprovines. Te remains of horses
have no trace produced by slaughtering process, but
slash wounds from downward sabre cuts, strokes
with point, and piercing by arrows on diferent
anatomical parts.
Te data, refering to a fght occurred at the end
of the sixth century, recall the scenery of the Battle
of Cuma dating to the 524 B.C., as described by
Dionysius of Halicarnassus, concluding the debate
about the cavalry in Italy during the Archaic period.
G.L. Grassigli, La voce, il corpo. Cercando Eco
Echos silence is refected in the silence of the
archaeological literature about Echo. Does it ex-
ist an Echos point of view in her meeting with
Narcissus?
Tis paper deals with Echos attitude and behav-
iour in the relationship with Narcissus acts and
presence. Underlining her behavioural strategy,
knowingly swaying between female and male pat-
terns, it is pointed out the central role of her beau-
tiful and female body. Concealing and unveiling
her body, Echo builds up her identity, but, at the
end, she can exist only by the denial of her body.
Moreover, is Echo a metaphor of our words?
Finito di stampare nel mese di dicembre 2009
dalle Edizioni Lu
Via G. Galilei, 38 - Chiusi (Siena)
nello stabilimento Friulstampa, Majano

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