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MATEMATI CA 1

dipartimento di matematica
ITIS V.Volterra
San Don di Piave
Versione [09/2008.1][S-All]
I NDI CE
i algebra 1
1 algebra0 2
1.1 Introduzione 2
1.2 Insiemi numerici 2
1.3 Operazioni e propriet. Terminologia 2
1.4 Potenze ad esponente naturale ed intero 4
1.5 Massimo comun divisore e minimo comune multiplo tra numeri
naturali 5
1.6 Espressioni aritmetiche 5
1.7 Esercizi riepilogativi 9
2 insiemi 11
2.1 Introduzione 11
2.2 Rappresentazioni 11
2.2.1 Rappresentazione per elencazione 11
2.2.2 Rappresentazione per propriet caratteristica 12
2.2.3 Rappresentazione graca di Eulero-Venn 14
2.3 Sottoinsiemi 15
2.4 Operazioni 17
2.4.1 Intersezione 17
2.4.2 Unione 18
2.4.3 Differenza 18
2.4.4 Differenza simmetrica 19
2.4.5 Complementare 20
2.4.6 Prodotto cartesiano 21
2.5 Esercizi riepilogativi 24
3 monomi 27
3.1 Introduzione 27
3.2 Monomi 27
3.3 Operazioni tra monomi 29
4 polinomi 31
4.1 Polinomi 31
4.2 Operazioni 32
4.3 Prodotti notevoli 33
4.4 Divisione 36
4.5 Divisione con la Regola di Rufni 39
4.6 Esercizi riepilogativi 42
5 scomposizioni 45
5.1 Scomposizioni 45
5.2 Sintesi 53
5.3 Massimo comun divisore e minimo comune multiplo di polino-
mi 54
5.4 Esercizi riepilogativi 55
6 frazioni algebriche 57
6.1 Frazioni algebriche 57
6.2 Operazioni 58
6.3 Esercizi riepilogativi 63
7 equazioni 65
7.1 Introduzione 65
7.2 Risoluzione di equazioni in una incognita 67
7.3 Equazioni di primo grado 71
7.4 Particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 76
ii
indice iii
7.5 Problemi di primo grado 79
7.6 Esercizi riepilogativi 82
ii geometria 85
8 logica elementare 86
8.1 Concetti primitivi e denizioni 87
8.2 Postulati e teoremi 88
9 postulati di appartenenza 90
10 postulati dellordine 93
10.1 Postulato della relazione di precedenza 93
10.2 Postulato di densit della retta 93
10.3 Postulato di illimitatezza della retta 95
10.4 Postulato di partizione del piano 96
11 postulati di congruenza 97
11.1 Il movimento rigido e la congruenza tra gure 97
11.2 Postulati di congruenza 97
12 i criteri di congruenza per i triangoli 106
12.1 Denizione e classicazione dei triangoli 106
12.2 I criteri di congruenza dei triangoli 108
12.3 Esercizi 110
13 teoremi di caratterizzazione dei triangoli isosceli 111
13.1 Il primo teorema dellangolo esterno 113
13.2 Teoremi sulla disuguaglianza triangolare 114
13.3 Le simmetrie centrale e assiale 116
13.4 Esercizi 119
14 perpendicolarit 120
14.1 Denizioni e prime applicazioni 120
14.2 Ulteriori propriet dei triangoli isosceli 121
14.3 Costruzioni con riga e compasso 124
14.4 Luoghi geometrici 127
15 parallelismo 131
15.1 Denizioni e V postulato di Euclide 131
15.2 Rette tagliate da una trasversale 132
15.3 Criteri di parallelismo 133
15.4 Teorema degli angoli interni di un triangolo 136
15.5 Esercizi 138
16 quadrilateri notevoli 139
16.1 Il trapezio 139
16.2 Il parallelogramma 141
16.3 Il rombo 146
16.4 Il rettangolo 148
16.5 Il quadrato 150
16.6 I teoremi dei punti medi 151
16.7 Esercizi 154
iii contributi 156
ELENCO DELLE FI GURE
ELENCO DELLE TABELLE
iv
Parte I
ALGEBRA
1
ALGEBRA0
1.1 introduzione
In questo capitolo vengono richiamati e sintetizzati i principali argomenti di
aritmetica affrontati alla scuola media, prerequisiti indispensabili per affrontare il
nuovo corso di studi.
1.2 insiemi numerici
Distinguiamo i seguenti insiemi numerici le cui notazioni e rappresentazioni
saranno sviluppate nel capitolo sugli insiemi.
Insieme dei numeri naturali: N = {0, 1, 2, 3, }
Insieme dei numeri interi: Z = {0, 1, 1, 2, 2, }
Insieme dei numeri razionali: Q = {frazioni con denominatore diverso da zero}
Osservazione 1.2.1.
Ogni numero intero anche un razionale in quanto si pu pensare come una
frazione con denominatore uno.
Ogni numero razionale pu essere scritto in forma decimale esegendo la divisione
tra numeratore e denominatore. Viceversa, un numero decimale nito o illimitato pe-
riodico pu essere scritto sotto forma di frazione(frazione generatrice) utilizzando
le regole studiate alla scuola media che vengono proposte nei seguenti esempi:
2, 35 =
235
100
=
47
20
0, 012 =
12
1000
=
3
250
5, 36 =
536 5
99
=
531
99
=
59
11
13, 28 =
1328 132
90
=
1196
90
=
598
45
1, 9 =
19 1
9
=
18
2
= 2 (!)
1.3 operazioni e propriet. terminologia
Le operazioni tra numeri e le relative propriet possono essere riassunte nella
seguente tabella:
2
1.3 operazioni e propriet. terminologia 3
OPERAZIONI TERMINI RISULTATO PROPRIETA PRINCIPA-
LI
addizione addendi somma commutativa, associativa
sottrazione minuendo/sottraendo differenza
moltiplicazione fattori prodotto commutativa, associativa,
distributiva, legge di an-
nullamento del prodotto
*
divisione dividendo/divisore quoziente distributiva
*Legge di annullamento del prodotto: il prodotto di fattori nullo se e solo se
nullo almeno uno di essi.
Osservazione 1.3.1. In una divisione il divisore deve essere diverso da zero; se ci non
accade loperazione priva di signicato.
E opportuno ricordare che, oltre alla divisione il cui quoziente un nume-
ro decimale, esiste anche la divisione euclidea (la prima incontrata alle scuole
elementari), cos denita:
Denizione 1.3.1. Eseguire la divisione P : D signica determinare due numeri Q
(quoziente) ed R (resto) tali che
P = D Q+R con R < D
Esempio 1.3.1. Nella divisione 20 : 3 si ottiene Q = 6 ed R = 2 infatti 20 = 3 6 +2
con 2 < 3
Denizione 1.3.2. Due numeri diversi da zero si dicono concordi se hanno lo stesso
segno, discordi se hanno segno diverso.
Denizione 1.3.3. Due numeri si dicono opposti quando la loro somma zero
Esempio 1.3.2. Gli opposti di 3, 5,
3
2
,
1
7
sono rispettivamente: 3, 5,
3
2
,
1
7
Denizione 1.3.4. Due numeri si dicono reciproci (o inversi uno dellaltro) se il loro
prodotto uno.
Esempio 1.3.3. I reciproci di 1,
3
5
,
7
2
,
1
5
sono rispettivamente: 1,
5
3
,
2
7
, 5
Osservazione 1.3.2. Non esiste il reciproco dello zero in quanto nessun numero molti-
plicato per esso d uno.
1.4 potenze ad esponente naturale ed intero 4
1.4 potenze ad esponente naturale ed intero
Denizione 1.4.1. Dato a numero razionale ed n numero naturale maggiore od uguale
a 2, si denisce potenza n-esima di a il prodotto di n fattori uguali ad a:
a
n
= a a a a

n volte
e si assume a
1
= a
a si chiama base della potenza, n esponente.
Esempio 1.4.1.
2
3
= 2 2 2 = 8

3
5
_
2
=
_

3
5
_

3
5
_
=
9
25
0
5
= 0 0 0 0 0 = 0
Propriet:
a
n
a
m
= a
n+m
a
n
: a
m
= a
nm
con a ,= 0 e n > m
(a
n
)
m
= a
nm
a
n
b
n
= (ab)
n
a
n
: b
n
= (a : b)
n
con b ,= 0
Per convenzione si assume a
0
= 1 purch a ,= 0; ci estende la seconda
propriet al caso n = m infatti a
0
= a
nn
= a
n
: a
n
= 1
Per convenzione si assume che a
n
=
1
a
n
purch a ,= 0; ci, oltre che dare
signicato alle potenze con esponente intero, compatibile con le propriet ed
estende la seconda al caso n < m infatti: a
n
= a
0n
= a
0
: a
n
= 1 : a
n
=
1
a
n
Esempio 1.4.2.
2
3
=
1
2
3
=
1
8

3
7
_
2
=
1
_

3
7
_
2
=
1
9
49
=
49
9

3
2
_
3
=
_

2
3
_
3
=
8
27

_
6
13
_
1
=
13
6
Osservazione 1.4.1.
Dalla denizione di potenza e dalle convenzioni assunte si deduce che la potenza
0
0
priva di signicato.
La potenza di un numero diverso da zero con esponente pari sempre positiva,
quella con esponente dispari mantiene il segno della base.
1.5 massimo comun divisore e minimo comune multiplo tra numeri naturali 5
1.5 massimo comun divisore e minimo comune multiplo tra nume-
ri naturali
Denizione 1.5.1. Un numero naturale si dice primo se diverso da 1 ed divisibile
solo per se stesso e per 1.
Denizione 1.5.2. Un numero naturale si dice scomposto in fattori primi se scritto
come prodotto di potenze di numeri primi.
Esempio 1.5.1. Il numero 360 si pu scrivere, come prodotto di fattori, in pi modi:
360 =
2
3
3
2
5
4 2 3
2
5
2
3
3 15
.....
solo 2
3
3
2
5 la scomposizione in fattori primi di 360 perch le altre scritture contengono
anche numeri non primi (rispettivamente 4 e 15).
E possibile dimostrare che la scomposizione in fattori primi di un numero
unica (ci non sarebbe vero se anche l1 venisse annoverato tra i numeri primi).
Denizione 1.5.3. Si dice massimo comun divisore (M.C.D.) tra numeri naturali, il
pi grande divisore comune.
Per calcolare il M.C.D. sufciente scomporre in fattori primi i numeri dati e
moltiplicare i fattori comuni con il minimo esponente.
Denizione 1.5.4. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) tra numeri naturali, il
pi piccolo multiplo comune, diverso da zero.
Per calcolare il m.c.m. sufciente scomporre in fattori primi i numeri dati e
moltiplicare i fattori comuni e non comuni con il massimo esponente.
Esempio 1.5.2.
M.C.D.(8, 12, 4) = 2
2
= 4 m.c.m.(8, 12, 4) = 2
3
3 = 24
essendo 8 = 2
3
, 12 = 2
2
3, 4 = 2
2
M.C.D.(50, 63) = 1 m.c.m.(50, 63) = 2 3
2
5
2
7 = 3150
essendo 50 = 2 5
2
, 63 = 3
2
7
Denizione 1.5.5. Due numeri naturali a e b si dicono primi tra loro (coprimi) se
M.C.D.(a, b) = 1
Osservazione 1.5.1. Due numeri primi sono primi tra loro, ma due numeri primi tra
loro non sono necessariamente numeri primi (50 e 63 sono primi tra loro, ma non primi)
1.6 espressioni aritmetiche
In una espressione aritmetica le operazioni devono essere svolte nel seguente
ordine:
-potenze
-moltiplicazioni e divisioni (nellordine sinistra destra)
-addizioni e sottrazioni
Nel caso si intenda eseguire le operazioni in ordine diverso necessario
utilizzare le parentesi.
1.6 espressioni aritmetiche 6
Esempio 1.6.1.
2
3
5 6 7 : 3 +4 = 8 5 42 : 3 +4 = 40 14 +4 = 30
2
3
5 6 7 : (3 +4) = 8 5 42 : 7 = 40 6 = 34
Proponiamo alcuni esercizi svolti riguardanti la semplicazione di espressioni
aritmetiche:
Esempio 1.6.2.
_
3
4

1
4

_
5
3
2
_
:
_
3
4

3
16
__
:
7
4

_
2 +
1
2
_
2

_
1 +
1
2
_
2
=
=
_
3
16

_
7
2
_
:
_
12 3
16
__
:
7
4

_
5
2
_
2

_
3
2
_
2
=
_
21
32
:
_
9
16
__
:
7
4

25
4

9
4
=
_

21
7

32
2

16
1

9
3
_
:
7
4

25
4

9
4
=
_

7
1
6
_

4
1

7
1

25

4
1

9
4
=
25
6

9
4
=
50 27
12
=
23
12
Esempio 1.6.3.

_
_
0, 5 +2, 3
_
(0, 5 +0, 4) :
13
2

_
1
2
+
1
5
+
1
10
__
2
_

2
5
_
4

1
=
=

__
5 0
9
+
23 2
9
__
5
10
+
4
10
_
:
13
2

_
5 +2 +1
10
__
2
_

2
5
_
4

1
=

__
5
9
+
21
9
__
9
10
_

2
13


8
4

10
5
_
2
_

2
5
_
4

1
=

26
2

9
1


9
1

10
5


2
1

13
1

4
5
_
2
_

2
5
_
4

1
=

_
2
5

4
5
_
2
_

2
5
_
4

1
=

2
5
_
2
_

2
5
_
4

1
=

2
5
_
2

1
=

2
5

2
=
4
25
1.6 espressioni aritmetiche 7
Esempio 1.6.4.
_
5
7
_
3
:
_

7
5
_
2

_
7
5
_
2
:
_

5
7
_
3
=
=
_
5
7
_
3
:
_
5
7
_
2

_
5
7
_
2
:
_

5
7
_
3
=
_
5
7
_
3+2+2
:
_

5
7
_
3
=
_
5
7
_
1
:
_

_
5
7
_
3
_
=
_
5
7
_
1+3
=
_
5
7
_
4
Esempio 1.6.5.
_
_

1
2
_
2
_
3
: 2
3

1
2
_
4
: 2
11
=
=
_

1
2
_
6
: 2
3
(2)
4
: 2
11
= 2
6
: 2
3
2
4
: 2
11
= 2
6+3+411
= 2
2
= 4
Esempio 1.6.6.
_
2
7
_
2
_
14
5
_
2
:
_

4
5
_
3
+1 =
=
_
2

7
1

14
2
5
_
2
:
_

4
5
_
3
+1
=
_
4
5
_
2
:
_

4
5
_
3
+1
=
_
4
5
_
23
+1
=
_
4
5
_
1
+1
=
5
4
+1
=
1
4
1.6 espressioni aritmetiche 8
Esempio 1.6.7.
16
81
_
2
3
_
7
_

3
2
_
3
:
_
9
4
_
3
=
=
_
2
3
_
4
_
2
3
_
7
_

2
3
_
3
:
_
_
2
3
_
2
_
3
=
_
2
3
_
4
_
2
3
_
7
_
2
3
_
3
:
_
2
3
_
6
=
_
2
3
_
473+6
=
_
2
3
_
0
= 1
1.7 esercizi riepilogativi 9
1.7 esercizi riepilogativi
1.
_
1
3
+
3
4
1 +
1
2
_
:
_
3
4
+
5
2
+1
9
8
_
+
_
3
25
+
1
3
_ _
16
25
_
2.
_
1
3
+1
_
:
_
1
6
+
1
4
_

_
3
10
+
7
10
_ _
11
5
_
3.
_
_
5
6
_
2
_
3

_
_
2
15
_
3
_
2
:
_
1
9
_
4
_
1
81
_
4.
_
7
4
_
2

_
2
7
_
2

_
_
1
2
_
2
_
3
:
_
_
1
2
_
3
_
2 _
1
4
_
5.
_
5
4
_
2

_
5
4
_
3
:
_

5
4
_
6
_
5
4
_
6.
_
_
1
2
_
2
2
4
:
_
1
2
_
3
_
2
2
15
_
2
21

7.
_
3, 5 2, 05 +0, 1
_
:
8
5
+
_
6 0, 8 1, 3
_
: 0, 6 (2 +1, 3)
_
2 0, 6
_
[4]
8.
_

3
5
__
7
6
2
__
2
4
3

_
1
3

1
2
_
+
3
2
_
+
14
5
_
2
7
1
_ _

5
6
_
9.
_
4
1
2
_
2

_
1
2
_
2
+2 +
_
_
1
2
_
2
_
0
:
_
_
3
2
_
2
:
_
1
3
3
2
_
_
3

_
1
2
_
10.

_
_
1 +
1
2
_
2

1
2
2
_
2
_
1 +
_
2
2
3
_
2
_
1

:
91
3
+1
_
4
3
_
11.
_
3
5
0, 4
_
9
2
+
_
2, 3 0, 5
_
3
5

_
3
4
0, 3 +
1
3
_
3
7
0, 05
_
3
2
_
12.
_
0, 1 +0, 27
_
:
_
0, 83
7
9
_
0, 27 +1, 6 +0, 39
[3]
13.
_
2
3
2
_
2
_
1 +
1
3
_
2
:
_

1
3
_
+
_

1
2
_
3
:
_

1
2
_ _

13
12
_
14.
_
_
1 +
1
2
_
2
_
1
1
2
_
2
_
3
:
3
6
2
12
[1]
15.
_
_

3
4
_
3
:
_

3
4
_
2
_
1
_
_

2
3
_
2
:
_

2
3
_
3
_
2 _

1
3
_
16.
_
_

2
5
_
5
_

2
5
_
3

1
2
+1
_
2
_
:
_
(1)
1
_

1
6
_
3
_
+2(3)
2
_
1
4
_
17. (0, 5)
2

2
3
1 +
_
(0, 4 +0, 5)
2
: (0, 1)
2
+
2
(3)
2
_
(0, 5)
2
_

31
36
_
1.7 esercizi riepilogativi 10
18.
_
1
1
2
_
2
+
_
_
3
2
_
3
+
_
1
3
_
3
_
:
_
_
3
2
_
2

1
2
+
_
1
3
_
2
_
:
_
2 +
4
9
_

3
4
_
1
4
_
19.
__
7
6

1
2
_
:
_

9
11
__
:
_
7
9

1
3
__
4
3

14
11
_ _

1
9
_
20. (2) (1 +2)
3
(1)
_
1 2(2)
1
_
3
2[2 (2)]
3
[0]
21.

_
_
3
10

2
5
_
3
:
_
3
10

1
5
_
_
2

3
:

_
_
1
10

1
5
_
2
_
1

6
[1]
22.
_
7
3
_
:
_
7
3
_
6
+
4
7
(2)
3
_
_
3
2
_
2
:
_
3
2
_
4
_
_

3
2
_

1
3

3
+4 [1]
23.
_
8
5
2
3
_
4
: 4
4
8
5
: 16
2
[2
57
]
24.
_
_
1
3
_
5

_
1
9
_
7
_
3
:
_
1
27
_
3
3
4
: 3
7
_
_
1
3
_
45
_
25.
_
_
1
1
2
_
2
:
_
2
1
2
_
2

2
9
_
2
:
_

1
3
_
3
_

1
3
_
26.
_
2 +
1
2
__
0, 3
_
1 +
1
2
_
+
_
2
5

1
3
0, 2
__
2, 5
_
8
1
4
__
1
4
5
_
_

1
2
_
27.
_
_
35
3
_
2
:
_
7
2
_
3
_
3 _
5
4
_
2
:
_
_
15
3
_
2
:
_
3
2
_
3
_
4
: 5
2
[1]
28.
3
2
:
_
3 +
3
2
_

9
8
_
:
_

3
4

3
2
_
+
8
5
:
_

2
3
2
_ _

1
10
_
29.
_
11
3
+
7
9
_
: (8) +
1
5
__
11
2

3
5
_

7
5
_
:
__
1 +
1
3
_
7
8
_
3

1
1
4
3
1
5
[impossibile]
30.
_
2
1
2
_
2
_
4
3
4
+
1
2
_

_
1
2
2
_
2
_
3
1
2
+
1
4
_
_
1 +
1
2
_
2
[1]
2
I NSI EMI
2.1 introduzione
Il concetto di insieme un concetto primitivo; scegliamo dunque di non darne
una denizione esplicita. Con il termine insieme intendiamo intuitivamente un
raggruppamento o una collezione di oggetti, di natura qualsiasi, detti elementi.
Un insieme si dice ben denito cio Insieme da un punto di vista matematico
se si pu stabilire con assoluta certezza se un oggetto gli appartiene o no.
Esempio 2.1.1.
1. Linsieme degli insegnanti di matematica dellITIS un insieme ben denito.
2. Linsieme degli insegnanti di matematica simpatici dellITIS non ben denito perch uno stesso
insegnante pu risultare simpatico ad alcuni alunni e non ad altri.
Esercizio 2.1.1. Stabilire quali dei seguenti un insieme da un punto di vista matemetico:
1. Linsieme degli alunni dellITIS Volterra.
2. Linsieme delle alunne pi belle dellITIS Volterra.
3. Linsieme dei numeri grandi.
4. Linsieme dei divisori di 10.
5. Linsieme dei calciatori che hanno realizzato pochi goals.
6. Linsieme dei calciatori che hanno realizzato almeno un goal.
2.2 rappresentazioni
Per rappresentare un insieme si utilizzano diverse simbologie:
2.2.1 Rappresentazione per elencazione
La rappresentazione per elencazione consiste nello scrivere entro parentesi graffe
tutti gli elementi dellinsieme separati da , o da ;
Esempio 2.2.1. {3, 7, 9} la rappresentazione per elencazione dellinsieme delle cifre del numero 9373
Osservazione 2.2.1. Un oggetto che compare pi volte non va ripetuto.
Gli insiemi vengono solitamente etichettati utilizzando le prime lettere dellal-
fabeto maiuscolo. Rifacendoci allesempio 2.2.1 si pu scrivere A = {3, 7, 9}. Per
indicare che un elemento appartiene ad un insieme useremo il simbolo ; in caso
contrario il simbolo / .
Con riferimento allesempio 2.2.1 si scrive:
7 {3, 7, 9} oppure 7 A
(si noti la convenienza delletichetta A usata)
5 / A
Se vogliamo rappresentare linsieme delle lettere dellalfabeto si conviene di
scrivere:
B = {a, b, c, d, . . . , z}
per evitare di elencare tutti gli elementi. (maggiore il numero di elementi
dellinsieme e pi evidente lutilit di una tale convenzione).
11
2.2 rappresentazioni 12
Esempio 2.2.2. Dato
C = {a, 1, {2, }}
possiamo notare che ad esso appartengono 3 elementi e dunque scriviamo
a C , 1 C , {2, } C
Osservazione 2.2.2. Gli elementi di un insieme non sono necessariamente dello stesso
tipo e tra essi vi pu essere anche un insieme. Nellesempio 2.2.2 allinsieme C appartiene
linsieme {2, }. Si nota perci che 2 / C ma 2 appartiene ad un elemento di C.
Denizione 2.2.1. Si dice insieme vuoto un insieme privo di elementi.
La rappresentazione per elencazione dellinsieme vuoto {}, esso viene etichet-
tato con il simbolo
Denizione 2.2.2. Si dice cardinalit di un insieme A il numero degli elementi che gli
appartengono. Essa si indica con |A|.
Se il numero degli elementi di un insieme nito si dice che linsieme ha
cardinalit nita, in caso contrario che ha cardinalit innita.
In riferimento allesempio 2.2.2 si scrive |C| = 3 (la cardinalit di un insieme
nito un numero!)
Due esempi importanti di insiemi numerici di cardinalit innita sono lin-
sieme dei numeri naturali N = {0, 1, 2, 3, . . . } e linsieme dei numeri interi
Z = {0, +1, 1, +2, 2, . . . }.
Esercizio 2.2.1. Scrivere la rappresentazione per elencazione dei seguenti insiemi:
1. Linsieme dei numeri interi compresi tra 2 escluso e 3 compreso.
2. Linsieme dei numeri naturali compresi tra 2 incluso e 3 escluso.
3. Linsieme dei numeri naturali multipli di 3.
4. Linsieme dei numeri naturali minori di 100 che sono potenze di 5.
5. Linsieme dei numeri interi il cui quadrato minore di 16.
6. Linsieme dei numeri interi il cui valore assoluto 7 oppure 5.
7. Linsieme dei numeri naturali maggiori di 10.
2.2.2 Rappresentazione per propriet caratteristica
La rappresentazione per propriet caratteristica consiste nellesplicitare una
propriet che caratterizza tutti e soli gli elementi dellinsieme.
Esempio 2.2.3. Utilizzando la rappresentazione per caratteristica, linsieme D= {1, 2, 4, 8} pu essere
scritto come
D= {x tale che x un divisore naturale di 8}
dove x indica un elemento generico dellinsieme.
Possiamo notare che la propriet caratteristica individuata non lunica. Linsieme D pu,
infatti, essere scritto anche
D= {x tale che x una potenza naturale di 2 minore o uguale ad 8}
o usando il simbolismo matematico
D= {x | x = 2
n
, n N , 1 x 8}
Osservazione 2.2.3. Per determinare la propriet caratteristica di un insieme non
sufciente individuare una propriet di cui godono tutti gli elementi di un insieme perch
potrebbero non essere i soli ad averla.
2.2 rappresentazioni 13
Esempio 2.2.4. Dato linsieme E = {0, 2, 4, 6, 8, 10, 12} se scrivessimo E = {x | x = 2n, n
N} non avremmo individuato la propriet caratteristica perch con tale scrittura anche il numero 16
apparterrebbe allinsieme e ci palesemente errato. La scrittura corretta invece:
E = {x | x = 2n , n N , x 12}
oppure
E = {x | x = 2n , n N , n 6}
dove chiaramente esplicitato che gli elementi di E sono tutti e soli i multipli naturali di 2 minori o uguali
di 12.
Un ulteriore importante esempio di insieme numerico linsieme dei numeri
razionali
Q = {x | x =
p
q
, p, q Z , q ,= 0}
In N e in Z possibile denire il concetto di precedente e successivo di un
elemento x, rispettivamente x 1 e x +1, in quanto tra x 1 ed x ( cos come tra
x e x +1 ) non esistono altri elementi di tali insiemi.(E bene precisare che in N il
precedente di x denito solo se x ,= 0)
Diversamente in Q non possibile parlare di precedente o di successivo di un
elemento infatti:
Teorema 2.2.1. Dati 2 elementi qualunque di Q diversi tra loro, esiste un terzo elemento
di Q, compreso tra essi.
Usando la simbologia matematica :
x
1
, x
2
Q, x
1
< x
2

Ipotesi
x
3
Q

Tesi 1
| x
1
<

Tesi 2
x
3
< x
2

Tesi 3
Dim. Siano x
1
, x
2
Q con x
1
< x
2
allora
x
1
=
p
1
q
1
; e x
2
=
p
2
q
2
, p
1
, p
2
, q
1
, q
2
Z q
1
= 0, q
2
= 0
Consideriamo x
3
=
x
1
+x
2
2
allora
x
3
=
p
1
q
1
+
p
2
q
2
2
=
p
1
q
2
+p
2
q
1
2q
1
q
2
con p
1
q
2
+p
2
q
1
Z e 0 = 2q
1
q
2
Z
quindi x
3
Q (Tesi 1)
Essendo per ipotesi x
1
< x
2
allora
p
1
q
1
<
p
2
q
2
dunque (portando le frazioni allo stesso
denominatore)
p
1
q
2
q
1
q
2
<
p
2
q
1
q
2
q
1
(2.1)
x
3
=
p
1
q
2
+p
2
q
1
2q
1
q
2
=
1
2
_
p
1
q
2
+p
2
q
1
q
1
q
2
_
=
1
2
_
p
1
q
2
q
1
q
2
+
p
2
q
1
q
1
q
2
_
per (2.1)
>
1
2
_
p
1
q
2
q
1
q
2
+
p
1
q
2
q
1
q
2
_
=
=
1
2
_
2
p
1
q
2
q
1
q
2
_
=
p
1
q
1
= x
1
cio x
3
> x
1
(Tesi 2 )
x
3
=
p
1
q
2
+p
2
q
1
2q
1
q
2
=
1
2
_
p
1
q
2
+p
2
q
1
q
1
q
2
_
=
1
2
_
p
1
q
2
q
1
q
2
+
p
2
q
1
q
1
q
2
_
per (2.1)
<
1
2
_
p
2
q
1
q
1
q
2
+
p
2
q
1
q
1
q
2
_
=
=
1
2
_
2
p
2
q
1
q
1
q
2
_
=
p
2
q
2
= x
2
cio x
3
< x
2
(Tesi 3 )
2.2 rappresentazioni 14
Corollario 2.2.1. Dati due elementi x
1
e x
2
di Q , con x
1
,= x
2
, esistono inniti elementi
di Q compresi tra loro.
Dimostrazione. Per il teorema 2.1 x
3
Q | x
1
< x
3
< x
2
Ora, considerando x
1
e x
3
, per il teorema 2.1 x
4
Q | x
1
< x
4
< x
3
E facile convincerci che, ripetendo tale ragionamento si avr :
x
1
< . . . . . . < x
5
< x
4
< x
3
< x
2
Esercizio 2.2.2. Determinare la rappresentazione per elencazione dei seguenti insiemi:
A= {x Z | 3 x < 2} B = {x | x = 7n , n N , n 3}
C = {x N | 2 < x 1} D= {x | x = MCD(36, 40, 54)}
E = {x | x = 3
n
, n N, n 2} F = {x N | x < 10}
G= {x | x = 3k2 , k N , k 3} H= {x | x = 2
n
+1 , n N}
I = {x | x = 5
k
, k Z , 2 k 1} L = {x | x =
_
1
3
_
k+2
, k Z , 1 k 3}
Esercizio 2.2.3. Determinare la rappresentazione per propriet caratteristica dei seguenti insiemi:
A= {3, 2, 1, 0, 1} B = {0, 2, 4, 6, . . .} C = {2, 3, 4, 5, . . . , 99}
D= {0, 3, 3, 6, 6, 9, 9. . .} E = {1, 4, 16, 64, . . .} F = {
1
2
, 1, 2, 4}
G= {1,
1
2
,
1
3
,
1
4
, . . . ,
1
20
} H= {6, 12, 18, 24, 30} I = {2, 6, 10, 14, . . .}
Esercizio 2.2.4. Determinare la cardinalit di A= {1, {2, 3}, 4, 5, {6}} e stabilire se i seguenti elementi
appartengono ad A: 1, 2, 4, {2, 3}, {5}, 6
2.2.3 Rappresentazione graca di Eulero-Venn
La rappresentazione graca di Eulero-Venn consiste nel delimitare con una linea
chiusa una regione di piano allinterno della quale vanno collocati gli elementi
dellinsieme.
Esempio 2.2.5. Linsieme D = {x | x = 2
n
, n N , 1 x 8} sar con la rappresentazione
graca:
D
1
2
8
4
16
pertanto 1 D, 4 D, 16 / D
Esercizio 2.2.5. Rappresentare per elencazione e con i diagrammi di Eulero-Venn i seguenti insiemi:
A= {x Z | 3 x < 2}
B = {x N | 4 < x 10}
C = {x N | 3 x < 1}
D= {x Z |
5
2
< x
3
2
}
E = {x Z | x > 3}
A questo punto notiamo limpossibilit di rappresentare per elencazione e con i
diagrammi di Eulero-Venn linsieme
F = {x Q | 1 x < 2}
in quanto, non potendo parlare di successivo nellinsieme Q, la scelta degli
elementi da scrivere dopo 1 arbitraria, il cos via indicato dai puntini privo
di signicato e non esiste un ultimo elemento dellinsieme perch non esiste in
2.3 sottoinsiemi 15
Q il precedente di 2. Per questo genere di insiemi pu essere utile un nuovo tipo
di rappresentazione graca :
1

A
2

dove i punti del segmento rap-


presentano tutti i numeri razionali tra -1 incluso e 2 escluso (si conviene di indicare
con valore incluso e con valore escluso).
Osservazione 2.2.4. La retta orientata sistema di ascisse utilizzata in questa rappresen-
tazione comprende in realt, oltre a tutti i numeri razionali, altri numeri come ad esempio

2 = 1, 4142 . . . gi incontrati alla scuola media. A rigore il segmento che rappresenta F


non dovrebbe essere continuo, ma presentare dei buchi (interruzioni) in corrispondenza
dei numeri non razionali. Conveniamo tuttavia di mantenere la notazione descritta in tale
tipo di rappresentazione graca.
2.3 sottoinsiemi
Denizione 2.3.1. Dati due insiemi A e B si dice che B sottoinsieme o una parte di A
se ogni elemento di B appartiene allinsieme A.
Si scrive B A e si legge B sottoinsieme di A (o B contenuto in A) oppure
A B e si legge A contiene B. Usando il simbolismo matematico:
B A signica x B x A
Dalla denizione si ricava che B pu anche essere eventualmente coincidente con
A. Tra i sottoinsiemi di A, dunque, c anche A stesso detto sottoinsieme improprio
o banale.
Anche linsieme vuoto sottoinsieme di tutti gli insiemi e anchesso viene
chiamato sottoinsieme improprio o banale.
Ogni insieme non vuoto ha, dunque, due sottoinsiemi impropri; gli altri
eventuali sottoinsiemi si dicono propri.
Se vogliamo indicare che B sottoinsieme di A non coincidente con A stesso,
scriviamo B A (oppure A B).
Esempio 2.3.1. Dato A= {1, 2, 3, 4} linsieme B = {3, 4} un suo sottoinsieme proprio di cardinalit
2.
Esempio 2.3.2. Dato A= {1, 2, {3, 4}} l insieme :
B = {1, 2} un suo sottoinsieme proprio di cardinalit 2
C = {2} un suo sottoinsieme proprio di cardinalit 1
D= {3, 4} non un suo sottoinsieme proprio infatti 3 Dma 3 / A
E = {{3, 4}} un suo sottoinsieme proprio di cardinalit 1
Denizione 2.3.2. Due insiemi A e B si dicono uguali e si scrive A = B
se A B e A B
In tal caso, dunque, i due insiemi contengono gli stessi elementi.
Esempio 2.3.3. Dati
A= {x N | x multiplo di 2} e B = {x N| x divisibile per 2}
allora
A B
perch se x A, x multiplo di 2 dunque divisibile per 2 perci x B, inoltre
A B
perch se x B, x divisibile per 2 dunque esso multiplo di 2 perci x A. In conclusione: A= B.
2.3 sottoinsiemi 16
Denizione 2.3.3. Dato un insieme A se si considerano tutti i suoi sottoinsiemi ( propri
e impropri) possiamo formare un nuovo insieme chiamato insieme dei sottoinsiemi di
A o, pi spesso, insieme delle parti di A. Esso si indica con P(A), quindi
P(A) = {B | B A}
Esempio 2.3.4. Dato A= {a, b} sar P(A) = {{}, {a}, {b}, {a, b}}
Osservazione 2.3.1. E bene ricordare, in riferimento allesempio appena fatto che:
a A ma a / P(A)
{a} P(A) ma {a} / A
{a} non sottoinsieme di P(A) ma {a} A
e facciamo notare che le scritture {a} A e {a} P(A) sono equivalenti.
Teorema 2.3.1. Se |A| = n allora |P(A)| = 2
n
Dim. Consideriamo la sequenza:
A
0
= {} cio |A
0
| = 0 =P(A
0
) = |P(A
0
)| = 1 = 2
0
A
1
= {} cio |A
1
| = 1 =P(A
1
) = {, {}} |P(A
1
)| = 2 = 2
1
A
2
= {, } cio |A
2
| = 2 =P(A
2
) = {, {}, {}, {, }} |P(A
2
)| = 4 = 2
2
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
E sufciente notare che ogni volta che si aggiunge un elemento x ad A, la cardinalit di P(A)
raddoppia in quanto a P(A) apparterranno tutti i vecchi sottoinsiemi di A non contenenti x e
altrettanti di nuovi ottenuti dai precedenti con linserimento dellelemento x. Possiamo allora
affermare che procedendo nella sequenza:
|A
3
| = 3 =|P(A
3
)| = 2|P(A
2
)| = 2 4 = 2 2
2
= 2
3
.
.
.
.
.
.
|A
n1
| = n1 =|P(A
n1
)| = 2
n1
|A
n
| = n =|P(A
n
)| = 2|P(A
n1
)| = 2 2
n1
= 2
n
Osservazione 2.3.2. Se vogliamo determinare A tale che |P(A)| = 16 sufciente
scrivere un qualunque insieme di cardinalit 4 come pu essere {a, b, c, d}.
Non possibile, invece, determinare alcun insieme A tale che |P(A)| = 9 perch 9 non
una potenza di 2.
Esercizio 2.3.1. Determinare linsieme delle parti di A= {2, 0, 4} e di B = {2, {0, 1}}
Esercizio 2.3.2. Determinare i sottoinsiemi propri di C = {1,
2
5
, 3}
Esercizio 2.3.3. Spiegare perch non esiste alcun insieme Aper cui P(A) =
Esercizio 2.3.4. Determinare le cardinalit di P(A) e di P(P(A)) sapendo che la cardinalit di A 3
Esercizio 2.3.5. Determinare |P(P(A))| nei casi in cui |A| = 2 e |A| = 11
Esercizio 2.3.6. Stabilire quali tra i seguenti insiemi sono uguali:
A= {2, 1, 0, 1} B = {x | x = 3k, k N, k < 4} C = {0, 3, 6, 9}
D= {x | x Z, 3 < x < 2} E = {x | x = 3k, k N} F = {x | x = 3k, k N, 2 k 3}
2.4 operazioni 17
2.4 operazioni
2.4.1 Intersezione
Denizione 2.4.1. Si denisce intersezione tra due insiemi A e B linsieme, indicato
con AB, degli elementi appartenenti ad entrambi.
In simboli:
1. con la rappresentazione per propriet caratteristica
AB = {x | x A e x B}
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
A B
Esempio 2.4.1.
Dati A= {1, 2, 3, 4} e B = {2, 4, 6} sar AB = {2, 4}
Dati C = {1, {2, 3}, 4} e D= {2, 4, 6} sar CD= {4}
Denizione 2.4.2. Due insiemi A e B si dicono disgiunti se AB =
La rappresentazione graca di Eulero-Venn di due insiemi disgiunti :
A B
Osservazione 2.4.1. :
A AA = A ; A A =
A, B AB = BA (propriet commutativa)
B A AB = B
Per determinare lintersezione tra due sottoinsiemi di Q, pu essere utile la
rappresentazione graca rispetto ad un sistema di ascisse.
Esempio 2.4.2. Dati A= {x Q |
1
2
x < 5} e B = {x Q | x 0} dalla loro rappresentazione
graca:

1
2
A
5

0
B
si ricava AB
cio, con la rappresentazione per caratteristica: AB = {x Q | 0 x < 5}
Esercizio 2.4.1. Dopo aver dato la rappresentazione per elencazione degli insiemi
A= {x Z |
3
2
x < 4} e B = {x N | x
1
2
} determinare AB.
Esercizio 2.4.2. Determinare CDcon C = {x Q | 3 x <
1
2
} e
D= {x Q | x < 4 oppure x 1}
2.4 operazioni 18
2.4.2 Unione
Denizione 2.4.3. Si denisce unione tra due insiemi A e B linsieme, indicato con
AB, degli elementi appartenenti ad almeno uno di essi.
In simboli:
1. con la rappresentazione per propriet caratteristica
AB = {x | x A oppure x B}
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
A B
Con riferimento allesempio 4.1 sar:
AB = {1, 2, 3, 4, 6}
CD= {1, 2, {2, 3}, 4, 6}
e con riferimento all esempio 4.2 sar:

1
2
A
5

0
B
si ricava AB
cio AB = {x Q | x
1
2
}
Osservazione 2.4.2. :
A AA = A ; A A = A
A, B AB = BA (propriet commutativa)
B A AB = A
Esercizio 2.4.3. Dopo aver dato la rappresentazione per elencazione degli insiemi A = {x | x =
|2k 3|, k N, k 4} e B = {x | x = 2n+1, n N, n 4} determinare AB e darne la
rappresentazione per caratteristica.
Esercizio 2.4.4. Determinare C D con C = {x Q | x <
_
_

3
5
_
2
_
0
} e D = {x Q |
_

1
2
_
1
< x
_

1
2
_
2
}
2.4.3 Differenza
Denizione 2.4.4. Si denisce differenza tra due insiemi A e B linsieme, indicato con
A\ B, degli elementi appartenenti ad A ma non a B.
In simboli:
1. con la rappresentazione per propriet caratteristica
A\ B = {x | x A e x / B}
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
2.4 operazioni 19
A B
Con riferimento allesempio 4.1 sar:
A\ B = {1, 3}
C\ D= {1, {2, 3}}
e con riferimento all esempio 4.2 sar:

1
2
A
5

0
B
si ricava A\ B
cio A\ B = {x Q |
1
2
x < 0}
Osservazione 2.4.3. :
A A\ A = ; A A\ = A
B A B\ A =
AB = A\ B = A
Per questa operazione non vale la propriet commutativa, infatti, controesem-
pio:
dati A = {a, b, c, d} e B = {b, c, e, f, g} sar
A\ B = {a, d} ,= {e, f, g} = B\ A
Si conviene di indicare linsieme N\ {0} con N

, analogamente Z

= Z\ {0} e
Q

= Q\ {0}
Esercizio 2.4.5. Determinare A\ B e B\ Acon A= {0.3, 1.2, 2.5, 3
2
} e
B = {0,
1
3
,
2
5
, 9}
Esercizio 2.4.6. Determinare C\ De D\ C con
C = {x Q | 3 < x 1 oppure
1
2
< x < 2} e D= {x Q | 0 < x 1}
2.4.4 Differenza simmetrica
Denizione 2.4.5. Si denisce differenza simmetrica tra due insiemi A e B linsieme,
indicato con AB, degli elementi appartenenti solo ad A oppure solo a B.
In simboli:
1. con le precedenti operazioni insiemistiche
AB = (A\ B) (B\ A) = (AB) \ (AB)
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
A B
2.4 operazioni 20
Con riferimento allesempio 4.1 sar:
AB = {1, 3, 6}
CD= {1, {2, 3}, 2, 6}
e con riferimento all esempio 4.2 sar sufciente rappresentare AB e AB e successiva-
mente (AB) \ (AB) = AB

1
2
A
5

0
B
si ricava AB
Osservazione 2.4.4. :
A AA = ; A A = A
AB = AB = AB
A, B AB = BA
Esercizio 2.4.7. Dati A = {x | x N

, x 4} , B = {x | x N

, 1 x < 3} e C = {x | x
Z, 2 < x 3} determinare AB, AC,(A\ B) C
Esercizio 2.4.8. dati C = {x Z | x
_
1
3
_
1
x <

10
3

}
e D= {x | x = 3
k
, k Z, 1 k 2} determinare CD
2.4.5 Complementare
Denizione 2.4.6. Un insieme U si dice insieme universo (o insieme ambiente) di
un insieme A se A sottoinsieme di U
Esempio 2.4.3. Dato A= {0, 2, 4, 6, 8, 10}, possibili insiemi universo sono:
U
1
= {0, 1, 2, 3, . . . , 20}
U
2
= {x | x = 2n, n N}
U
3
= N
U
4
= Q
Denizione 2.4.7. Si denisce complementare di un insieme A rispetto ad un suo
insieme universo U linsieme, indicato con C
U
(A) o A
U
, degli elementi appartenenti ad
U ma non ad A.
Quindi
C
U
= U\ A
o, con la rappresentazione graca:
U
A
Esempio 2.4.4. Dati A= {x N | x 15} e B = {x | x = 2n+1, n N}
rispetto allinsieme universo N si avr C
N
(A) = {x N | x 16} e
C
N
(B) = {x | x = 2n, n N}
2.4 operazioni 21
Esempio 2.4.5. Dato A= {x Q

| 3 < x
5
2
} rispetto allinsieme universo Q si avr :
3
A
0

5
2

si ricava C
Q
(A)
cio C
Q
(A) = {x Q | x 3 o x >
5
2
o x = 0}
Osservazione 2.4.5.
C
U
(U) = ; C
U
() = U
A C
U
(C
U
(A)) = A
Esercizio 2.4.9. Per ciascuno dei seguenti insiemi determina due possibili insiemi
universo: A= {5, 10, 15, 20, 25, 30} , B = {
1
9
,
1
3
, 1, 3, 9, 27}
C = {x Q

| x >
1
2
}, D= {x Z | x
2
24}
Esercizio 2.4.10. Dati A= {x N | x > 10} ,B = {x N

| x 19} e
C = {x Q | x 5 o x >
3
2
} determinare :
C
N
(A), C
N
(B), C
N
(AB), C
N
(AB), C
Z
(A), C
Z
(B), C
Q
(C)
2.4.6 Prodotto cartesiano
Denizione 2.4.8. Si denisce prodotto cartesiano tra due insiemi A e B linsieme,
indicato con AB, di tutte le coppie ordinate aventi il primo elemento appartenente ad A
ed il secondo appartenente a B.
In simboli :
AB = {(x, y) | x A e y B}
Esempio 2.4.6. Dati A= {1, 2, 3} e B = {2, 4} si avr AB = {(1, 2), (1, 4), (2, 2), (2, 4), (3, 2), (3, 4)}
Gli elementi appartenenti ad AB non appartengono n ad A, n a B. Essi
sono infatti di nuova natura: la coppia costituisce una nuova entit.
Con riferimento allesempio 4.6, 1 / AB, 4 / AB invece (1, 4) AB;
(4, 1) / AB e ci dimostra limportanza dellordine allinterno della coppia.
Si raccomanda di non confondere la coppia (1,4) con {1, 4} che invece un
insieme.
Nel caso B = A si conviene di indicare AA con A
2
Osservazione 2.4.6. A A = e A =
Anche per questa operazione non vale la propriet commutativa, infatti, contro-
esempio:
dati A = {1, 2} e B = {1} sar
AB = {(1, 1), (2, 1)} ,= {(1, 1), (1, 2)} = BA
Facciamo notare che la nuova natura degli elementi di AB non permette una
sua rappresentazione con i diagrammi di Eulero-Venn, a partire da quella di A e
B.
Si introduce tuttavia, nel caso in cui A e B siano insiemi numerici, una nuova
rappresentazione graca utilizzando il piano cartesiano nel quale ogni coppia
ordinata individuata da un punto.
2.4 operazioni 22
Esempio 2.4.7. Dati A= {2, 1, 0, 1} e B = {2, 0, 1} la rappresentazione nel piano cartesiano di
AB sar:



Teorema 2.4.1. Se |A| = n e |B| = m allora |AB| = n m
Dimostrazione.
|A| = n A = {a
1
, a
2
, a
3
, . . . , a
n
}
|B| = m B = {b
1
, b
2
, . . . , b
m
}
Le coppie con primo elemento a
1
sono m, infatti esse sono:
(a
1
, b
1
), (a
1
, b
2
), . . . , (a
1
, b
m
)
Le coppie con primo elemento a
2
sono ancora m, infatti esse sono:
(a
2
, b
1
), (a
2
, b
2
), . . . , (a
2
, b
m
)
Procedendo con questo ragionamento possiamo affermare che con ogni elemento
di A si ottengono m coppie. Quindi in tutto m+m+. . . +m

n volte
coppie, cio n m
coppie.
Esercizio 2.4.11. Determinare AB e BA per elencazione e gracamente nel piano cartesiano
essendo: A= {x Z | 1 x 2} ,B = {x Z | |x| 1}
Esercizio 2.4.12. Dati A= {0,
1
2
, 1,
3
2
} e B = {1, 0, 2, 3, 4} determinare la cardinalit di P(AB)
Il teorema 2.4.1 ci permette di calcolare la cardinalit di AB se sono note le
cardinalit di A e B anche se non ne conosciamo gli elementi.
Questo non invece possibile per le altre operazioni tra A e B, infatti, non
possiamo calcolare |AB|, |AB|,|A\B|, |B\A|, |AB| perch, non conoscendo gli
elementi dei due insiemi non sappiamo quali e quanti sono comuni ad entrambi.
Possiamo per individuare quali sono i valori minimi e massimi che possono
assumere pensando alle situazioni estreme nelle quali gli insiemi sono disgiunti
oppure uno sottoinsieme dellaltro.
Quindi se, per esempio, |A| = 5 e |B| = 3 allora |A B| come valore minimo
assume valore 5 (caso in cui B A) e come valore massimo assume valore 8 (caso
in cui AB = ), scriviamo dunque
5 |AB| 8
Analogamente si determina :
0

quandoAB=
|AB| 3

quandoBA
; 2

quandoBA
|A\B| 5

quandoAB=
0

quandoBA
|B\A| 3

quandoAB=
; 2

quandoBA
|AB| 8

quandoAB=
Unattenta analisi delle cardinalit degli insiemi pu esserci daiuto nellaffronta-
re problemi la cui risoluzione pu essere svolta utilizzando una rappresentazione
insiemistica.
2.4 operazioni 23
Esempio 2.4.8. Nella mensa di una azienda con 110 operai :
i) 40 mangiano almeno il primo piatto
ii) 53 mangiano solo il secondo piatto
iii) 13 mangiano sia il primo che il secondo piatto.
Quanti operai
a) non mangiano?
b) mangiano solo il primo piatto?
c) mangiano solo un piatto?
d) non mangiano il secondo piatto?
Se indichiamo con Olinsieme degli operai (in tale contesto insieme universo) P ed S rispettivamente
linsieme degli operai che mangiano il primo piatto e linsieme di quelli che mangiano il secondo piatto, per
rispondere alle domande dovremo calcolare nellordine :
|C
O
(P S)| ; |P \ S| ; |PS| ; |C
O
(S)|
Pu essere utile allo scopo dare una rappresentazione graca del problema, con i diagrammi di Eulero-Venn,
convenendo di indicare non gli elementi appartenenti agli insiemi, ma le rispettive cardinalit.
P S
O
Dallipotesi ii) possiamo ricavare |S\ P| = 53 cio
P S
O
53
Dallipotesi iii) possiamo ricavare |P S| = 13 cio
P S
O
53 13
e dunque, utilizzando lulteriore ipotesi i) cio |P| = 40 ricaviamo che
|P \ S| = |P| |P S| = 40 13 = 27 cio
2.5 esercizi riepilogativi 24
P S
O
53 13 27
Sapendo inne che gli operai sono 110 si ricava
|C
O
(P S)| = |O| |P S| = 110 93 = 17 cio
P S
O
53 13 27
17
Dallesame attento della rappresentazione nale possiamo rispondere alle domande:
a)|C
O
(P S)| = 17 b)|P \ S| = 27 c)|PS| = 80 d)|C
O
(S)| = 44
2.5 esercizi riepilogativi
Esercizio 2.5.1. Determinare la rappresentazione per propriet caratteristica degli insiemi:
A= {
1
5
,
1
10
,
1
15
,
1
20
, . . .} B = {1, 2, 4, 8, 16, 32, 64}
C = {
1
4
,
2
9
,
3
16
,
4
25
,
5
36
. . .} D= {1, 4, 7, 10, 13, . . .}
E = {1, 3, 6, 11, 20, 37, 70, . . .}
Esercizio 2.5.2. Dati gli insiemi :
A= {x Z

| 3 x < 2}
B = {x N | 1 x 3}
determinare :
AB, AB, B\ A, AB, A(AB) , P(B\ A)
Esercizio 2.5.3. Siano
A= {x Q |
1
2
x <
_
_
2
3

18
5

9
5
_
2
+
_
1
4
25
_
_
:
_
_
1
2
5
_
2
+
3
25
_
}
B = {x Q | x
_
_
5
6

1
3
_
2
_
5
1
2
_
2
:
_
3
2
_
3
_

_
1 +
1
2
_
}
determinare : AB, AB, B\ A, C
Q
(A) , C
Q
(B)
Esercizio 2.5.4. Dati gli insiemi :
A= {x Q | x
_
2
5
_
3
_
5
2
_
2
_
_

1
2
_
5
:
_

1
2
_
2

1
2
_
6
_
+ (13)
0
}
B = {x Q | 2 < x
_
3
1
2
__
1
5
1
_
2
(3)
2

1
2
_
3
+2}
determinare: AB, AB, B\ A, B
Q
, AB
2.5 esercizi riepilogativi 25
Esercizio 2.5.5. Siano
A= {x N | 4 x 1 o 5 < x 7}
B = {x Z

| 2 < x < 4}
determinare:
AB, AB, B\ A, P(B\ A) , A(AB)
Esercizio 2.5.6. Dati gli insiemi:
A= {x Q | x E
1
)
B = {x Q | E
2
x < 2.05 }
con
E
1
=
_

_
_

2
3
+
4
5
_
2

2
3
+
4
5
_
3
_

2
3
+
4
5
_
6
_

_
1

2
3
+
4
5
_
2
:
_

2
3
+
4
5
_
3
E
2
=
__
1
1
2
_
:
_
2
1
2
_

_
1
3

1
3
_
:
_
1
3
+
1
2
__

1
4

19
9
:
_
1
1
3
_
2
determinare :
AB, AB, A
Q
, B
Q
, B\ A
Q
Si chiede inne se C = {x Q | x
37
18
} disgiunto da B.
Esercizio 2.5.7. Dati A= {{2}, {0}, {3}, {1, 2}, {0, 1, 2}} e B = {0, 1, 2}
determinare:
P(B) A, P(B) A, A\ P(B) , P(B) \ A
Esercizio 2.5.8. Siano Ae B due insiemi tali che :
AB = {(1, 1) , (0, 1) , (1, 1) , (1, 2) , (0, 2) , (1, 2)}
determinare : AB , AB, C = (AB) \ A
2
, P(C)
Esercizio 2.5.9. Siano Ae B due insiemi con |A| = 20 e |B| = 8, determinare:
1. |AB|, |AB|, |B\ A|, |AB|, |P(B) |
2. |AB| e |A\ B| sapendo che |AB| = 3
Esercizio 2.5.10. Se |A| = 8 e |B| = 7, determinare le cardinalit di :
AB, AB, A\ B, B\ A, P(A) , BA
Esercizio 2.5.11. Siano Ae B due insiemi disgiunti con |A| = 10 e |B| = 7, determinare :
|AB|, |AB|, |A\ B|, |AB|, |P(B) |
Esercizio 2.5.12. Individuare la relazione tra Ae B nei seguenti casi:
1. AB = A
2. AB = A
3. A\ B =
4. A
B
= B
Esercizio 2.5.13. Per ciascuna delle seguenti affermazioni false fornisci un controesempio:
1. AB = A
2. se |A| = 3 e |B| = 5 |AB| = 3
3. AB = A=
4. se x multiplo di 3 anche multiplo di 6
Esercizio 2.5.14. Determinare una scrittura pi semplice per i seguenti insiemi:
1. (AB) (B\ A)
2. (A\ B) (B\ A)
3. (AB) \ (B\ A)
2.5 esercizi riepilogativi 26
4. (B\ A) A
Esercizio 2.5.15. In una scuola con 150 alunni ci sono:
23 studenti che frequentano lo sportello di matematica
41 studenti che frequentano solo lo sportello di chimica
3 studenti che frequentano sia lo sportello di chimica che quello di matematica
Quanti sono gli studenti che:
1. frequentano solo lo sportello di matematica?
2. non frequentano sportelli?
Esercizio 2.5.16. In un pomeriggio assolato 20 alunni dovrebbero studiare inglese e matematica ; 8 non
studiano inglese,10 studiano matematica e 4 non studiano niente. Quanti allievi studiano entrambe le
materie?
Esercizio 2.5.17. In una classe di 20 studenti ,18 hanno visitato Venezia, 14 Roma e 5 Firenze. Sapendo
che 3 soli hanno visitato le 3 citt, 5 sia Firenze che Venezia, 3 esclusivamente Venezia, determina quanti
hanno visitato :
1. solo Firenze
2. Firenze e Roma
3. nessuna delle tre citt
4. non hanno visitato Roma
3
MONOMI
3.1 introduzione
Per rispondere alla domanda su quale sia il triplo del successivo del numero 7 si
esegue il seguente calcolo:
3 (7 +1) ottenendo come risultato il numero 24
Denizione 3.1.1. Si dice espressione aritmetica unespressione che si ottiene mediante
operazioni tra numeri.
Lespressione sopra calcolata un esempio di espressione aritmetica.
Se ora volessimo determinare il triplo del successivo di un generico numero
naturale n useremmo la scrittura:
3 (n+1)
Denizione 3.1.2. Si dice espressione algebrica unespressione che si ottiene mediante
operazioni tra numeri e lettere.
Quindi 3 (n + 1) un esempio di espressione algebrica. Sono esempi di
espressioni algebriche:
2 (a +3b)
(a +7x) x
2a +3b
2
+5c : (y 2)
Cominciamo a studiare le espressioni algebriche introducendo le pi semplici
tra esse.
3.2 monomi
Denizione 3.2.1. Si dice monomio unespressione algebrica contenente solo lopera-
zione di moltiplicazione.
Sono monomi le espressioni algebriche:
3 a b b ,
3
5
a
2
3
b
non lo sono
3 a : b ,
3
5
a +b , 2
ab
c
, 4 a
Denizione 3.2.2. Un monomio si dice ridotto a forma normale quando contiene un
solo fattore numerico, detto coefciente, ed una parte letterale in cui ogni lettera gura
una sola volta con lesponente ottenuto utilizzando la denizione di potenza.
3 a b b in forma normale si scrive 3ab
2
3
5
a
2
3
b in forma normale si scrive
2
5
ab
Altri esempi di monomi scritti in forma normale sono:

2
7
a
2
b
5
c , 2x
3
y
6
Dora in poi quando parleremo di monomi li intenderemo gi scritti in forma
normale.
27
3.2 monomi 28
osservazione: Non un monomio lespressione 2a
3
bc
2
perch una sua
scrittura equivalente
2a
3
b
c
2
nella quale compare anche loperazione di divisione.
Qualora il coefciente sia 1 si conviene di scrivere la sola parte letterale:
1a
2
b = a
2
b , 1x
2
y
3
z = x
2
y
3
z
Analogamente la scrittura a
2
b indica un monomio con coefciente 1 e parte
letterale a
2
b
Denizione 3.2.3. Si dice monomio nullo un monomio con coefciente uguale a zero.
Denizione 3.2.4. Si dice grado relativo ad una lettera di un monomio lesponente
con cui tale lettera compare nel monomio.
Esempio 3.2.1. Il grado del monomo 3a
3
b
2
c relativo
alla lettera
a 3
b 2
c 1
d 0 perch 3a
3
b
2
c = 3a
3
b
2
c 1 = 3a
3
b
2
c d
0
e 0
..........
..........
Denizione 3.2.5. Si dice grado assoluto di un monomio la somma dei gradi relativi.
Esempio 3.2.2. Il grado assoluto di 3a
3
b
2
c 6, quello di 2xy 2.
osservazione: Ogni numero diverso da zero un monomio di grado assoluto
zero (ovviamente zero anche il grado relativo ad ogni lettera).
Conveniamo di non attribuire alcun grado al monomio nullo in quanto qualun-
que valore sarebbe corretto, infatti:
0 =
0x
0
0xyz
3
.....
Denizione 3.2.6. Due monomi si dicono simili quando hanno la stessa parte letterale.
Denizione 3.2.7. Due monomi si dicono opposti quando sono simili e hanno coefcienti
opposti.
Esempio 3.2.3.
2ab , 3ab sono simili ma non opposti
7
2
a
2
b ,
7
2
a
2
b sono opposti
2
3
a ,
3
2
a , sono simili ma non opposti
5a , 5a
2
non sono simili
3.3 operazioni tra monomi 29
3.3 operazioni tra monomi
Denizione 3.3.1. La somma algebrica di monomi simili un monomio simile ad essi
ed avente per coefciente la somma algebrica dei coefcienti.
Esempio 3.3.1.
2a
2
b+3a
2
b = 5a
2
b
3xy
3
2xy
3
+xy
3
= 4xy
3
1
2
x
2
a+
3
4
x
2
ax
2
a =
1
4
x
2
a
osservazione: 3a
2
b +2ab non d come risultato un monomio (non essendo
simili i monomi) ma unespressione algebrica che deniremo in seguito.
Denizione 3.3.2. Il prodotto di monomi un monomio avente per coefciente il
prodotto dei coefcienti e per parte letterale il prodotto delle parti letterali (applicando le
propriet delle potenze).
Esempio 3.3.2.
2a
2
b
3
(3abc) = 6a
3
b
4
c
2
5
x
3
y
_

15
4
x
5
_
=
3
2
x
8
y
Denizione 3.3.3. La potenza di un monomio un monomio avente per coefciente la
potenza del coefciente e per parte letterale la potenza della parte letterale (applicando le
propriet delle potenze).
Esempio 3.3.3.
_

2
3
ab
2
_
3
=
8
27
a
3
b
6
(a
2
b
3
c)
2
= a
4
b
6
c
2
_
(3ab
2
)
3
20a
3
b
6
_
2
=
_
27a
3
b
6
20a
3
b
6
_
2
=
_
7a
3
b
6
_
2
= 49a
6
b
12
Denizione 3.3.4. Il quoziente tra due monomi una espressione algebrica che si
ottiene dividendo tra loro i coefcienti e le parti letterali.
Esempio 3.3.4.
15x
3
y
4
z : (3x
2
z) = 5xy
4
5
2
a
5
b
2
:
_
15
4
a
5
b
_
=
2
3
b
osservazione: Da 10x
3
y
2
: 2x
5
y si ottiene 5x
2
y che non un monomio.
Il quoziente tra due monomi dunque un monomio solo se il dividendo
contiene almeno tutte le lettere del divisore con grado relativo non minore.
Quando il quoziente tra due monomi un monomio il dividendo si dice
divisibile per il divisore e il divisore si dice fattore del dividendo.
Esempio 3.3.5.
_
3
4
a
3
b
6
c
3

1
4
ab
2
c
_
3

_
1
2
ab
2
_
2
_

1
16
ab
2
c
3
_
_
:
_

5
4
ab
2
c
_
2
=
_
3
4
a
3
b
6
c
3

1
64
a
3
b
6
c
3
_

_
1
4
a
2
b
4
__

1
16
ab
2
c
3
__
:
_
25
16
a
2
b
4
c
2
_
=
_
3
4
a
3
b
6
c
3
+
1
64
a
3
b
6
c
3
+
1
64
a
3
b
6
c
3
_
:
_
25
16
a
2
b
4
c
2
_
=
_
25
32
a
3
b
6
c
3
_
:
_
25
16
a
2
b
4
c
2
_
=
1
2
ab
2
c
Esercizio 3.3.1. Semplica le seguenti espressioni:
3.3 operazioni tra monomi 30

_
2xy
2

3
2
x
2
_

__
xy
2
+2xy
2
4xy
2
_

1
2
x
2
y
_
2

_
3
2
x
5
y
4
:
_
1
2
xy
_
2
3x
3
y
2
_
_

1
3
x
_

2
5
x
3
y :
_

1
5
_
+
2
3
(3x)
_
7
+
_
x
2

2
3
x
2
y : y
_
0
+5
(x+x)
3
(y)
5

1
3
xy
3
5
xy+
7
10
xy
_
_
xy
2
6xy
2
_
2
a
5n1
: a
n2
: a
n+3
+a
3n2
+3a
3n
: a
2
con n 2
Esercizio 3.3.2. Calcola il valore delle seguenti espressioni attribuendo alle lettere i valori a anco indicati:

2
3
a
3
b
2
+
1
4
_
(2ab) (ab)
1
2
3a
2
(2b
2
) 2a
2
b
2
+5a(ab
2
)
_
per a =
1
2
e
b = 3

_
2a
3
: (8a
3
)

a+ (a
2
)
2
: a
3

1
4
_
2a
8

5
2
a
2
(a
2
)
3
_
0
per a =
4
3
Esercizio 3.3.3. Dopo aver stabilito il grado relativo ed assoluto dei monomi:
15xy
4
z; 10x
3
t; xz
3
; y
3
z
2
;
3
2
z stabilire quali dividono 40x
3
y
4
z
2
Denizione 3.3.5. Si dice massimo comun divisore (M.C.D.) di monomi un monomio
di grado massimo che un fattore (o divisore) di tutti i monomi dati.
Per calcolare il M.C.D. tra monomi sufciente scegliere un qualunque mo-
nomio avente per parte letterale il prodotto di tutte le lettere comuni prese con
lesponente minore (questo afnch il monomio ottenuto sia un fattore comune).
Vista larbitrariet del coefciente del M.C.D. si conviene di assegnare ad esso
il M.C.D. tra i coefcienti, qualora questi siano interi, il numero 1 se almeno uno
di essi frazionario.
Esempio 3.3.6.
M.C.D.(30a
2
b
3
, 18a
3
c, 24a
4
b
5
c) = 6a
2
(oppure 6a
2
)
M.C.D.
_
21
13
a
3
b
2
,
7
8
ab
5
, 5ab
4
c
_
= ab
2
M.C.D.(12ab
5
, 20x) = 4
M.C.D.(5x
2
z, 9y
4
) = 1
Denizione 3.3.6. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) di monomi un monomio
di grado minimo che divisibile per tutti i monomi dati (o multiplo dei monomi dati).
Per calcolare il m.c.m. tra monomi sufciente scegliere un qualunque mono-
mio avente per parte letterale il prodotto di tutte le lettere comuni e non comuni
prese con lesponente maggiore (questo afnch il monomio ottenuto sia un
multiplo comune).
Vista larbitrariet del coefciente del m.c.m. si conviene di assegnare ad esso il
m.c.m. tra i coefcienti, qualora questi siano interi, il numero 1 se almeno uno di
essi frazionario.
Esempio 3.3.7.
m.c.m.(30a
2
b
3
, 18a
3
c, 24a
4
b
5
c) = 360a
4
b
5
c(oppure 360a
4
b
5
c)
m.c.m.
_
21
13
a
3
b
2
,
7
8
ab
5
, 5ab
4
c
_
= a
3
b
5
c
m.c.m.(12ab
5
, 20x) = 60ab
5
x
m.c.m.(5x
2
z, 9y
4
) = 45x
2
y
4
z
Esercizio 3.3.4. Determinare M.C.D. e m.c.m. tra i seguenti gruppi di monomi:
15x
2
yz
3
20y
3
10xy
2
12yz
5
10ab
4
6a
3
15b
2
4x
3
y
2
12x
5
y
2
3
y
6
27a
3
b 81a
2
b
2
9ab
3
18b
4

5
3
a
6
b
2
c
4
7
3
a
3
c
3
2ab
2a
2n
4a
n
b 6a
n
b
2
con n 0
4
POLI NOMI
4.1 polinomi
Denizione 4.1.1. Si dice polinomio unespressione ottenuta dalla somma algebrica di
monomi.
Esempio 4.1.1. Sono polinomi le seguenti espressioni:
2ab+3a
2
2b+1
1
2
a
2
+3 2a+5 a
Alloccorrenza un polinomio pu essere etichettato utilizzando una lettera ma-
iuscola seguita da una parentesi tonda contenente le lettere presenti nel polinomio;
con riferimento allesempio scriveremo:
P(a, b) = 2ab +3a
2
2b +1
Q(a) =
1
2
a
2
+3 2a +5 a
Denizione 4.1.2. Un polinomio si dice ridotto a forma normale se non contiene
monomi simili.
Relativamente allesempio precedente il polinomio P(a, b) gi in forma
normale; la forma normale del polinomio Q(a)
1
2
a
2
+8 3a
Dora in poi, quando parleremo di polinomi, li intenderemo ridotti a forma
normale.
osservazione: Ogni monomio un particolare polinomio in quanto si pu
ottenere come somma di monomi simili. Ricorrendo alla terminologia insiemistica
possiamo affermare che linsieme Q un sottoinsieme dellinsieme dei monomi
M che a sua volta sottoinsieme dellinsieme dei polinomi P.
P
M
Q
E consuetudine chiamare binomio, trinomio, e quadrinomio rispettivamente
un polinomio con due, tre, quattro monomi.
Denizione 4.1.3. Si dice grado relativo ( assoluto) di un polinomio il grado relativo
(assoluto) del monomio componente di grado maggiore.
Esempio 4.1.2. Dato il polinomio: 3b
4
2ab
3
c +
1
2
ac
3
5a
2
b
2
il grado relativo
31
4.2 operazioni 32
alla lettera
a 2 ed dato dal monomio 5a
2
b
2
b 4 ed dato dal monomio 3b
4
c 3 ed dato dal monomio
1
2
ac
3
d 0
..........
e il grado assoluto 5 ed dato dal monomio 2ab
3
c.
Esempio 4.1.3. Dato il polinomio: x
3
y
3
5
x
2
y
2
2y
2
il grado relativo
alla lettera
x 3 ed dato dal monomio x
3
y
y 2 ed dato indifferentemente da
3
5
x
2
y
2
e 2y
2
e il grado assoluto 4 ed dato indifferentemente da x
3
y e
3
5
x
2
y
2
.
Dato un polinomio, con riferimento ad una lettera, si dice termine noto il
monomio di grado zero.
Qualora il polinomio contenga una sola lettera si dice coefciente direttivo il
coefciente del monomio di grado maggiore.
Denizione 4.1.4. Un polinomio si dice omogeneo quando tutti i monomi che lo
compongono hanno lo stesso grado assoluto.
Denizione 4.1.5. Un polinomio si dice ordinato rispetto ad una lettera quando i
monomi componenti sono scritti secondo le potenze crescenti o decrescenti di quella lettera.
Generalmente si preferisce ordinare secondo le potenze decrescenti della lettera.
Denizione 4.1.6. Un polinomio si dice completo rispetto ad una lettera quando
contiene tutte le potenze di quella lettera dal grado relativo no a zero.
Esercizio 4.1.1. Stabilire grado assoluto e relativo dei seguenti polinomi e ordinarli rispetto a ciascuna
lettera:
x
2
y
3
+x
5
2xy
4
3x
3
y
2
+9y
5
2a
3
ba
4
+b
4
+8a
2
b
2
4.2 operazioni
Denizione 4.2.1. La somma tra polinomi il polinomio che si ottiene sommando i
monomi di tutti i polinomi.
Esempio 4.2.1.
(3a5ab+2) +
_
2a
2
+3 +2ab
_
= 3a3ab+5 2a
2
Denizione 4.2.2. La differenza tra due polinomi il polinomio che si ottiene sommando
ai monomi del primo polinomio gli opposti del secondo.
Esempio 4.2.2.
(3a5ab+2)
_
2a
2
+3 +2ab
_
= (3a5ab+2) +
_
+2a
2
3 2ab
_
= 2a
2
7ab+3a1
4.3 prodotti notevoli 33
In generale laddizione algebrica tra polinomi si esegue togliendo le parentesi
ai polinomi e cambiando il segno a quelli preceduti dal segno meno.
Esempio 4.2.3.
(x1) + (x2y+3) (2x+2 5y) = x1 +x2y+3 2x2 +5y = 3y
Esercizio 4.2.1.
(a
2
+ab+3b
2
) (a
2
2ab+3b
2
)
(2xyz) (3x+2y3z) (y+4xz) + (5x4z +4y)
Denizione 4.2.3. Il prodotto tra due polinomi il polinomio che si ottiene moltipli-
cando ogni monomio del primo polinomio per tutti quelli del secondo.
Esempio 4.2.4.
(3x
2
xy
4
) (2x+y
4
) = 6x
3
+3x
2
y
4
+2x
2
y
4
xy
8
= 6x
3
+5x
2
y
4
xy
8
Esercizio 4.2.2.
(2x3y)
_
1
2
y+5x
_

_
2a
2
+b
1
2
__
1
2
+b2a
2
_
(3a
2
1)(2a+1)(a
2
a+3)
Un esempio di una espressione algebrica contenente le operazioni sin qui
denite il seguente:
Esempio 4.2.5.
(x+2y)(2xy+3) 2(x
2
y
2
) + (xy)(y3) =
2x
2
xy+3x+4xy2y
2
+6y2x
2
+2y
2
+xy3xy
2
+3y =
y
2
+4xy+9y
Esercizio 4.2.3. 3(x1) (2x2)(x+2) + (2 y)(x
2
4) (4yx
2
y)
4.3 prodotti notevoli
Nel calcolo di una espressione algebrica polinomiale sono spesso presenti partico-
lari moltiplicazioni tra polinomi, anche sotto forma di potenza.Tali prodotti, detti
prodotti notevoli, si possono determinare mediante regole pratiche che permettono
di snellire i calcoli.
1. Somma per differenza
(A+B)(AB) = A
2
B
2
infatti
(A+B)(AB) = A
2
AB+ABB
2
= A
2
B
2
Esempio 4.3.1.
(2x+3y
2
)(2x3y
2
) =

conA=2xe B=3y
2
(2x)
2
(3y
2
)
2
= 4x
2
9y
4
(7x
2
1)(7x
2
+1) = 49x
4
1
(2x
2
+3y)(2x
2
3y) = 4x
4
9y
2
(5a+2b)(2b5a) = 4b
2
25a
2
Dagli esempi si nota che:
il prodotto tra la somma di due termini e la loro differenza si ottiene facendo
il quadrato del termine che mantiene il segno, meno il quadrato di quello
che cambia di segno.
Esercizio 4.3.1.
(4x+3y
2
)(4x3y
2
)
4.3 prodotti notevoli 34

_
1
2
a
3
5b
__
1
2
a
3
+5b
_

_
2
3
x
2
y+7y
4
__
7y
4

2
3
x
2
y
_
2. Quadrato di binomio
(A+B)
2
= A
2
+2AB+B
2
infatti
(A+B)
2
= (A+B)(A+B) = A
2
+AB+AB+B
2
= A
2
+2AB+B
2
Esempio 4.3.2.
(2x7)
2
= (2x)
2
+2(2x)(7) + (7)
2
= 4x
2
28x+49
(y
3
+5xy)
2
= y
6
+10xy
4
+25x
2
y
2
_

2
3
+x
2
_
2
=
4
9

4
3
x
2
+x
4
_

1
2
a3b
_
2
=
1
4
a
2
+3ab+9b
2
(x2y+3)(x2y3) = (x2y)
2
3
2
= x
2
4xy+4y
2
9
Riassumendo possiamo memorizzare che:
il quadrato di un binomio si ottiene sommando il quadrato del primo
termine, il doppio prodotto dei due termini e il quadrato del secondo
termine.
Esercizio 4.3.2.
(3x
2
xy)
2
; (2xy
2
)
2
;
_
1
2
x
3
+4
_
2
; (y
2
+3x+4)(y
2
3x4)
3. Quadrato di trinomio
(A+B+C)
2
= A
2
+B
2
+C
2
+2AB+2AC+2BC
infatti
(A+B+C)
2
=
= (A+B+C)(A+B+C)
= A
2
+AB+AC+AB+B
2
+BC+AC+BC+C
2
= A
2
+B
2
+C
2
+2AB+2AC+2BC
Esempio 4.3.3.
(2xy
2
+1)
2
= 4x
2
+y
4
+1 4xy
2
+4x2y
2
_
3
2
xy+y
2
_
2
=
9
4
+x
2
y
2
+y
4
3xy+3y
2
2xy
3
Riassumendo possiamo memorizzare che:
il quadrato di un trinomio si ottiene sommando i quadrati dei tre termini e
i doppi prodotti dei termini presi a due a due.
Analogamente il quadrato di un polinomio si ottiene sommando i quadrati
di tutti i termini e i doppi prodotti dei termini presi a due a due.
Esempio 4.3.4.
(x2y+5xy1)
2
= x
2
+4y
2
+25x
2
y
2
+1 4xy+10x
2
y2x20xy
2
+4y10xy
= x
2
+4y
2
+25x
2
y
2
+1 14xy+10x
2
y2x20xy
2
+4y
4.3 prodotti notevoli 35
Esercizio 4.3.3.
(2a+3b
2
5)
2
;
_
x
2
xy+
1
3
_
2
; (3x+2xy2y+1)
2
4. Cubo di binomio
(A+B)
3
= A
3
+3A
2
B+3AB
2
+B
3
infatti
(A+B)
3
= (A+B)(A+B)
2
= (A+B)(A
2
+2AB+B
2
)
= A
3
+2A
2
B+AB
2
+A
2
B+2AB
2
+B
3
= A
3
+3A
2
B+3AB
2
+B
3
Esempio 4.3.5.
(2x+3)
3
= (2x)
3
+3(2x)
2
3 +3(2x)3
2
+3
3
= 8x
3
+36x
2
+54x+27
(x5y
2
)
3
= x
3
15x
2
y
2
+75xy
4
125y
6
_

1
3
x
2
+2x
_
3
=
1
27
x
6
+
2
3
x
5
4x
4
+8x
3
_
a
1
4
ab
_
3
= a
3

3
4
a
3
b
3
16
a
3
b
2

1
64
a
3
b
3
Riassumendo possiamo memorizzare che:
il cubo di un binomio si ottiene sommando il cubo del primo termine, il
triplo prodotto del quadrato del primo termine per il secondo, il triplo
prodotto del quadrato del secondo termine per il primo e il cubo del
secondo termine.
Esercizio 4.3.4.
_
3
4
x+4
_
3
; (x
2
3)
3
;
_
xy
1
2
x
_
3
Abbiamo sinora imparato a calcolare la potenza di un binomio no al terzo grado.
Riscrivendo i risultati ottenuti:
(A+B)
0
= 1
(A+B)
1
= A + B
(A+B)
2
= A
2
+ 2AB + B
2
(A+B)
3
= A
3
+3A
2
B+3AB
2
+B
3
possiamo notare che il risultato formalmente sempre un polinomio omogeneo,
ordinato e completo in A e B con grado uguale a quello della potenza che stiamo
calcolando.
Osserviamo inoltre, che il primo e lultimo coefciente di ogni polinomio
risultato (nellordine in cui stato scritto) sono uguali ad 1, mentre gli altri sono
la somma dei due coefcienti vicini della potenza precedente.
Si potrebbe dimostrare, con strumenti matematici che ancora non possediamo,
che quanto osservato si pu generalizzare per calcolare una qualsiasi potenza di
binomio.
Continuando quindi lelenco delle potenze avremo:
(A+B)
3
= 1A
3
+3A
2
B+3AB
2
+1B
3

(A+B)
4
= 1A
4
+4A
3
B+6A
2
B
2
+4AB
3
+1B
4

.. .. .. ..
che ci permette di enunciare la seguente regola pratica:
la potenza n-esima di un binomio un polinomio omogeneo, ordinato e completo
di grado n i cui coefcienti si ricavano dalla seguente tabella (detta Triangolo di
4.4 divisione 36
Tartaglia) nella quale ogni numero la somma dei due numeri vicini sopra ad
esso:
1
1 1
1 2 1
1 3 3 1
1 4 6 4 1
1 .. .. .. .. 1
Esempio 4.3.6.
(2xy
2
)
5
= (2x)
5
+5(2x)
4
(y
2
) +10(2x)
3
(y
2
)
2
+10(2x)
2
(y
2
)
3
+
+5(2x)(y
2
)
4
+ (y
2
)
5
= 32x
5
80x
4
y
2
+80x
3
y
4
40x
2
y
6
+10xy
8
y
10
Esercizio 4.3.5.
(3xx
2
)
4
; (x+2y)
6
Vediamo ora due esempi di espressioni algebriche contenenti le operazioni e i
prodotti notevoli tra polinomi:
Esempio 4.3.7.
[(y
2
+1)(y1)(y+1) (y
2
+4)
2
+(2+y)(y2) +(4y)
2
+8(3y
2
)]
3
(3y
2

1)
2
26 =
[(y
2
+1)(y
2
1) (y
4
+8y
2
+16) +y
2
4+16y
2
+248y
2
]
3
(9y
4
6y
2
+1)
26 =
[y
4
1 y
4
8y
2
16 +y
2
4 +16y
2
+24 8y
2
]
3
9y
4
+6y
2
1 26 =
[y
2
+3]
3
9y
4
+6y
2
27 =
y
6
+9y
4
+27y
2
+27 9y
4
+6y
2
27 = y
6
+33y
2
Esempio 4.3.8.
(x+2y1)(x+2y+1) (x+2y+1)
2
+2(2y+x) =
(x+2y)
2
1 x
2
4y
2
1 4xy2x4y+4y+2x =
x
2
+4xy+4y
2
x
2
4y
2
4xy2 = 2
Esercizio 4.3.6.
(a+3b)
2
(a3b)
2
(3b)
4
(1 a
2
)
2
+ (a+b)(ab) +2(3ab)
2
(x
2
3x+2)
2
+x
2
(x+2)(x3) +2x(x1)
3
+x(x
2
x+10)
4.4 divisione
Per dividere un polinomio per un monomio non nullo sufciente dividere ogni
suo termine per il monomio. Lespressione algebrica ottenuta un polinomio
solo quando il monomio divisore un fattore di tutti i termini componenti il
polinomio dividendo.
Esempio 4.4.1.
(6x
2
y
3
+4xy
2
5xy
4
) :
_
2xy
2
_
= 3xy+2
5
2
y
2
Esercizio 4.4.1.
_
3
2
xy
3
z
2

1
2
xyz +x
2
y
2
z
_
:
_
1
2
xyz
_
Vogliamo ora denire ed imparare ad eseguire la divisione tra due polinomi.
Denizione 4.4.1. Dati due polinomi P e D (rispettivamente dividendo e divisore) il
quoziente Q e il resto R della divisione tra P e D sono due polinomi tali che
P = D Q+R ove il grado di R minore del grado di D
4.4 divisione 37
Per imparare ad eseguire la divisione tra due polinomi procediamo con un
esempio:
data la divisione
(x 6x
3
+2x
4
1) : (x
2
2)
ordiniamo dividendo P e divisore D e otteniamo:
(2x
4
6x
3
+x 1) : (x
2
2)
Dividiamo il monomio di grado massimo di P per quello di grado massimo di D
(essi sono ovviamente i primi monomi di P e D essendo questi ultimi ordinati).
Il risultato ottenuto, Q
1
= 2x
2
, il primo candidato quoziente mentre il primo
candidato resto si ottiene calcolando
R
1
= P D Q
1
= 2x
4
6x
3
+x 1 (x
2
2) 2x
2
= 2x
4
6x
3
+x 1 2x
4
+
4x
2
= 6x
3
+4x
2
+x 1
Poich il grado di R
1
non minore del grado di D, ripetiamo il procedimento
per la divisione R
1
: D ed otteniamo Q
2
= 6x e R
2
= R
1
D Q
2
= 6x
3
+
4x
2
+x 1 (x
2
2)(6x) = 6x
3
+4x
2
+x 1 +6x
3
12x = 4x
2
11x 1
Poich ancora il grado di R
2
non minore del grado di D, continuiamo con R
2
:
D ottenendo Q
3
= 4 e R
3
= R
2
D Q
3
= 4x
2
11x 1 (x
2
2) 4 = 11x +7
Poich nalmente il grado di R
3
minore del grado di D, possiamo scrivere
(riassumendo il procedimento svolto)
P = D Q
1
+R
1
= D Q
1
+D Q
2
+R
2
= D Q
1
+D Q
2
+D Q
3
+R
3
= (propriet distrubutiva)
= D (Q
1
+Q
2
+Q
3
) +R
3
con riferimento al nostro esempio abbiamo:
2x
4
6x
3
+x 1 = (x
2
2) (2x
2
6x +4) + (11x +7)
e quindi possiamo dire che il quoziente Q 2x
2
6x +4 e il resto R 11x +7
Il procedimento appena illustrato viene sintetizzato con la seguente regola
pratica:
P 2x
4
6x
3
+0x
2
+x 1 x
2
2 D
D Q
1
2x
4
+4x
2
2x
2
6x +4 Q
R
1
// 6x
3
+4x
2
+x 1 Q
1
Q
2
Q
3

D Q
2
+6x
3
12x
R
2
// +4x
2
11x 1
D Q
3
4x
2
+8
R = R
3
// 11x +7
Osserviamo che:
1. nella precedente tabella di divisione stato necessario completare for-
malmente il polinomio dividendo P diversamente da quanto fatto per il
divisore D.
2. il grado del quoziente Q determinato dal monomio Q
1
e quindi esso la
differenza tra il grado del dividendo P e quello del divisore D.
3. dalla denizione di divisione sappiamo che il grado del resto minore di
quello del divisore e infatti nellesempio svolto
4.4 divisione 38
gr(R) = 1 < 2 = gr(D).
E importante non commettere lerrore di pensare che il grado del resto sia
sempre inferiore di uno a quello del divisore come si pu vericare con
la seguente divisione (4x
3
5x +16) : (2x
2
3x +2) nella quale il resto ha
grado zero.
Esercizio 4.4.2.
(x
5
3x
3
+2x+x
2
2) : (x
2
x)
(10x
3
6 +9x
2
) : (2 5x
2
3x)
Proponiamoci di eseguire una divisione tra polinomi in cui compare pi di una
lettera:
(x
3
4y
3
+2xy
2
) : (x
2
+y
2
3xy)
Per utilizzare il procedimento imparato necessario stabilire rispetto a quale
lettera ordinare i polinomi.
1. divisione rispetto ad x:
x
3
+0x
2
+2xy
2
4y
3
x
2
3xy +y
2
x
3
+3x
2
y xy
2
x +3y
// +3x
2
y +xy
2
4y
3
3x
2
y +9xy
2
3y
3
10xy
2
7y
3
2. divisione rispetto ad y:
4y
3
+2xy
2
+0y +x
3
y
2
3xy +x
2
+4y
3
12xy
2
+4x
2
y
4y 10x
// 10xy
2
+4x
2
y +x
3
+10xy
2
30x
2
y +10x
3
26x
2
y +11x
3
Osservando che i quozienti e i resti ottenuti con le due divisioni sono diversi,
conveniamo di indicarli con Q(x) ed R(x) o Q(y) ed R(y) se sono stati ottenuti
rispettivamente rispetto ad x o ad y e quindi:
Q(x) = x +3y e R(x) = 10xy
2
7y
3
Q(y) = 4y 10x e R(y) = 26x
2
y +11x
3
Osservazioni:
4.5 divisione con la regola di ruffini 39
1. Nel caso particolare in cui il grado del dividendo P sia minore di quello
del divisore D, possiamo affermare che il quoziente Q il polinomio nullo
ed il resto R proprio il dividendo P infatti possiamo scrivere la seguente
uguaglianza:
P = D 0 +P con gr(P) < gr(D)
2. Qualora il resto sia nullo, il divisore D della divisione si dice fattore (o
divisore) del polinomio dividendo, infatti:
P = D Q+0 da cui P = D Q
Ovviamente anche Q sar un fattore o divisore di P ed facile convincerci
che in tal caso
P : Q = D
3. Nelle divisioni tra polinomi in pi lettere, se il resto nullo, i quozienti
ottenuti rispetto a ciascuna lettera sono uguali tra loro.
Esercizio 4.4.3.
(3a
5
4a
4
b10a
2
b
3
+4a
3
b
2
+ab
4
) : (a
2
+b
2
)

_
5
8
x
4
y
2
3
x
3
y
2
+
3
2
x
3
y
7
3
x
2
y
3
x
2
y
2
+xy
4
6xy
3
_
:
_
5
6
x
1
3
y+2
_
4.5 divisione con la regola di ruffini
Per eseguire la divisione quando il divisore un polinomio di primo grado con
coefciente direttivo unitario rispetto ad una lettera esiste una regola, detta Regola
di Rufni, che consente di determinare quoziente e resto in modo pi rapido ed
elegante.
Scegliamo di illustrare il nuovo procedimento mediante degli esempi.
Data la divisione (x
3
5x
2
+3) : (x 2), disponiamo tutti i coefcienti del
dividendo, ordinato e formalmente completo, allinterno di una tabella:
1 5 0 3
Scriviamo lopposto del termine noto del divisore nella tabella:
1 5 0 3
+2
Trascriviamo il coefciente direttivo sotto la linea orizzontale :
1 5 0 3
+2
1
Moltiplichiamo questultimo per lopposto del termine noto (+2) e scriviamo il
prodotto nella colonna successiva (quella del 5) sulla riga del 2:
1 5 0 3
+2
1
2
Sommiamo 5 e 2 riportando il risultato sotto la linea orizzontale:
4.5 divisione con la regola di ruffini 40
1 5 0 3
+2
1 3
2
Ripetiamo lo stesso procedimento moltiplicando 3 e 2, riportando nella
colonna successiva il prodotto e calcolando inne la somma:
1 5 0 3
+2
1 3 6
2 6
Iterando ancora una volta otteniamo:
1 5 0 3
+2
1 3 6
2 6 12
9
Lultima riga contiene in modo ordinato rispettivamente i coefcienti del quo-
ziente ed il resto. Il quoziente, che sappiamo essere un polinomio di grado
due, (uno in meno del dividendo essendo il divisore di grado uno) dunque
x
2
3x 6.
Il resto, che sappiamo essere un polinomio di grado zero, 9.
Un ulteriore esempio la seguente divisione
(2a
2
x
2
3x
3
+a
4
x 4a
6
) : (x +2a
2
)
Il calcolo con la regola di Rufni :
3 2a
2
a
4
4a
6
2a
2
3 8a
2
15a
4
6a
2
16a
4
30a
6
26a
6
Il quoziente ed il resto risultano rispettivamente:
Q(x) = 3x
2
+8a
2
x 15a
4
, R = 26a
6
Se avessimo voluto eseguire la divisione rispetto alla lettera a non avremmo
potuto usare la nuova regola (non avendo il divisore grado 1 rispetto ad a) e con
il metodo generale di divisione avremmo ottenuto:
Q(a) = 2a
4
+
3
2
a
2
x +
1
4
x
2
, R =
13
4
x
3
Osservazione 4.5.1. Se il coefciente direttivo non unitario possibile adattare la
regola di Rufni per eseguire la divisione. In questo caso, per, il procedimento risulta
appesantito perdendo in parte la sua rapidit esecutiva; si consiglia, dunque, di eseguire la
divisione con il metodo tradizionale.
Esercizio 4.5.1.
(x
3
13x+12) : (x+1)

_
x
3

2
3
x
2
+
1
3
x1
_
: (x3)
(x
2
y+4xy
2
+3y
3
) : (2x+y)
Nel caso in cui il divisore sia un polinomio di primo grado con coefciente
direttivo unitario possibile determinare il resto senza eseguire la divisione
utilizzando il seguente:
Teorema 4.5.1 (Teorema del resto). Il resto della divisione tra P(x) e (x k) si ottiene
sostituendo lopposto del termine noto del divisore alla lettera del dividendo cio: R = P(k).
4.5 divisione con la regola di ruffini 41
Dim. Per denizione di divisione
P(x) = (x k) Q(x) +R
sostituendo k alla x si ottiene:
P(k) = (k k) Q(k) +R
quindi:
P(k) = 0 Q(k) +R
cio
P(k) = R
Esempio 4.5.1.
Il resto della divisione: (2x
4
+x5) : (x1) R = P(1) = 2 1
4
+15 = 2+15 = 2
Il resto della divisione: (x
2
+x2) : (x+2) R = P(2) = (2)
2
+ (2) 2 = 0
In questultimo esempio, poich il resto nullo, il divisore (x +2) un fattore
del polinomio x
2
+x 2
Pi in generale per controllare se un polinomio del tipo (x k) un fattore di
P(x) sufciente calcolare il resto (e quindi P(k)) e vedere se esso nullo; si pu
enunciare, infatti il seguente teorema:
Teorema 4.5.2 (Teorema di Rufni). Se un polinomio P(x) si annulla per x uguale a k,
un suo fattore (x k), e viceversa.
Dim. ()
P(x) = (x k) Q(x) +R
poich per ipotesi
R = P(k) = 0
allora
P(x) = (x k) Q(x)
dunque
(x k) un fattore di P(x)
()
se
(x k) un fattore di P(x)
allora
P(x) = (x k) Q(x)
dunque
P(k) = (k k) Q(x) = 0
Esempio 4.5.2. Stabilire quale dei seguenti polinomi un divisore di x
3
+3x
2
4x12:
x+1; x2; x+3
P(1) = 1 +3 +4 12 = 0 x+1 non un fattore
P(+2) = 8 +12 8 12 = 0 x2 un fattore
P(3) = 27 +27 +12 12 = 0 x+3 un fattore
Esempio 4.5.3. Determinare il valore da attribuire alla lettera t afnch x1 sia un fattore del polinomio
x
2
3x+t +4
Calcoliamo P(1) = 1 3 +t +4 = t +2 dovr essere R = 0 cio t +2 = 0 dunque t = 2
Esempio 4.5.4. Determinare un divisore di x
2
+2x15
Con il teorema di Rufni siamo in grado di determinare i divisori del tipo (xk)
Infatti calcolando P(1), P(1), P(2), P(2), . . . . . . otteniamo i resti della divisione rispettivamente
per (x1), (x+1), (x2), (x+2), . . . . . .
P(1) = 13, P(1) = 16, P(2) = 7, P(2) = 15, P(3) = 0 (x 3) un divisore
(fattore) del polinomio.
4.6 esercizi riepilogativi 42
osservazione: Per determinare un fattore di un polinomio P(x), come nellul-
timo esempio, non necessario sostituire alla x tutti i numeri interi nch si ottiene
zero, ma solo i divisori del termine noto del dividendo. Infatti dalluguaglianza:
P(x) = (x k) Q(x)
si deduce che il termine noto di P(x) il prodotto tra il termine noto di Q(x)
(indichiamolo con q) e quello di (x k), dunque esso k q e quindi k risulta
un fattore del termine noto di P(x).
Se vogliamo ora cercare un fattore di x
3
4x
2
25 i numeri da sostituire a x
saranno i divisori di 25 ovvero 1, 5, 25.
Poich P(1) ,= 0, P(1) ,= 0 ma P(5) = 0 possiamo concludere che (x 5) un
fattore del polinomio.
E opportuno far notare che non sempre un polinomio ha fattori del tipo (x k)
come il caso di x
2
+5x+2 per il quale P(1) ,= 0, P(1) ,= 0, P(2) ,= 0, P(2) ,= 0.
Esercizio 4.5.2.
Calcolare il resto della divisione: (3x
4
+6x
2
+x3) :
_
x+
2
3
_
Stabilire quale dei seguenti binomi un fattore di x
3
5x
2
+3x15:
(x1); (x2); (x4); (x5); (x+6)
Determinare due fattori di primo grado di x
4
x
3
x
2
5x30
Determinare il valore di k afnch (y+1) sia un fattore di y
3
+2ky
2
5ky6k2
Determinare k in modo che il resto della divisione: (2x
4
3x
2
+kxk) : (x+2) sia 17
4.6 esercizi riepilogativi
Esercizio 4.6.1. Calcola il valore delle seguenti espressioni:
1.
_
3
2
a
_
2
a(a3) +
_
2a
3
2
__
3
2
+2a
_

3
2
b
2
[4a
2

3
2
b
2
]
2. (ab)(a+b)
3
(a+b)(ab)
3
4ab(a
2
2b
2
)
[4ab
3
]
3. (x
2
3xy+2y
2
)
2
x(x3y)
3
3xy(x
2
+5y
2
)
[4y
4
14x
2
y
2
]
4. 8(y1)
3
+4(y1)
2
+ (y
2
4y+2)
2
y
2
(y
2
1)
[y
2
]
5. (2xy1)(2x+y+1) (2x+1)(2x3) + (y2)(y+2)
[4x2y2]
6. (x
2
2y)
2
+ (x+2y)
3
(xy)
3
3y
_
3y
2
+
5
3
x
2
_
4y
2
[x
4
+9xy
2
]
7. (x +2y 1)
2
+ (x
2
x 2y)(x
2
+x +2y) + (x
2
2)
3
+5(x
2
1)(x
2
+1) +
2(x+2y6x
2
)
[x
6
12]
8. 2(ab1)(ab+1) +
_
a
2
ab
1
2
b
2
_
2

_
ab+
1
2
b
2
_
2
a
2
(ab)
2
[2]
9.
_
1
2
ab
_
1
4
a+b
_
2
+
_
b+
1
4
a
__

1
4
a+b
_
_
a+
_
b+
1
2
a
_
3
b
2
_
3
2
a+b
_
4.6 esercizi riepilogativi 43
[
3
4
a
2
b]
10. (x1)(x+3) (x+1)
2
(x2)
2
+2(x+3)
2
(x+2y)
2
2y(x+2
1
2
y)
[12x+6]
11. [(3x1) (3x+1)]
2

_
9x
2

1
2
_
2
+
1
4
[9x
2
+1]
12. x(x2y)
3

_
(x+2y)
2
(2x+y)
2
_
2
+2xy
_
3x
2
+4y
2
15xy
_
+9y
4
[8x
4
]
13. (x
n+1
x
2
)(x
n+1
+x
2
) x
2
(x
n
+x)
2
[2x
n+3
2x
4
]
Esercizio 4.6.2. Calcola quoziente e resto delle seguenti divisioni:
1. (4x
3
5x+16) : (2x
2
3x+2)
[Q(x) = 2x+3, R(x) = 10]
2.
_
1
4
x
4
x
2
y
2
+6xy
3
6y
4
_
:
_
1
2
x
2
+xy3y
2
_
[Q(x) =
1
2
x
2
xy+3y
2
, R(x) = 3y
4
] ,
[Q(y) = 2y
2

4
3
xy+
2
9
x
2
, R(y) =
1
18
x
3
y+
5
36
x
4
]
3. (2x
3
+3x
2
2x+2) : (x+2)
[Q(x) = 2x
2
x, R = 2]
4. (2a
5
15a
3
b
2
25ab
4
b
5
) : (a3b) rispetto alla lettera a
[Q(a) = 2a
4
+6a
3
b+3a
2
b
2
+9ab
3
+2b
4
, R(a) = 5b
5
]
5.
_
a
5
+
10
3
a
4
3a
2
+
1
2
_
: (a+3)
[Q(a) = a
4
+
1
3
a
3
a
2
, R =
1
2
]
6. (64x
6
y
6
) : (16x
4
+4x
2
y
2
+y
4
)
[Q(x) = Q(y) = 4x
2
y
2
, R(x) = R(y) = 0]
7. (2a
4
6a
2
+3) : (a
2
3a1)
[Q(a) = 2a
2
+6a+14, R(a) = 48a+17]
8.
_
x
4
x
3

9
8
x
1
4
_
:
_
x
3
2
_
[Q(x) = x
3
+
1
2
x
2
+
3
4
x, R =
1
4
]
9. (2x
3
x
2
8x+4) : (2x1)
[Q(x) = x
2
4, R = 0]
Esercizio 4.6.3. Calcola il valore delle seguenti espressioni contenenti divisioni tra polinomi
1.
__
2x
4
+x
3
3x
2
+x
_
: (x
2
+x1) +x

2
4x
4
[0]
2. (x4)
2
+
__
x
2
16
_
: (4 x)

__
2x
2
13x+20
_
: (2x5)

[8x+32]
Esercizio 4.6.4. Stabilisci per quale valore di a la divisione (2x
2
ax+3) : (x+1) d resto 5
4.6 esercizi riepilogativi 44
[a = 0]
Esercizio 4.6.5. Stabilisci per quale valore di k il polinomio P(x) = 2x
3
x
2
+kx +1 3k
divisibile per x+2
[k =
19
5
]
Esercizio 4.6.6. Stabilisci per quale valore di k la divisione (2x
2
+3x+k2) : (x1) esatta
[k = 3]
Esercizio 4.6.7. Dati i polinomi : A(x) = x
3
+2x
2
x+3k+2 e B(x) = kx
2
(3k1)x+k
determina k in modo che i due polinomi, divisi entrambi per x+1 abbiano lo stesso resto
[k =
5
2
]
Esercizio 4.6.8. Verica che il polinomio x
4
x
2
+12x 36 divisibile per i binomi (x 2) e
(x+3) utilizzando il teorema di Rufni. Successivamente, utilizzando la divisione, verica che divisibile
per il loro prodotto.
Esercizio 4.6.9. Stabilisci per quale valore di a le divisioni: (x
2
+ax 3a) : (x +6) e (x
2
+x
(a+2)) : (x+3) danno lo stesso resto
[a = 4]
5
SCOMPOSI ZI ONI
5.1 scomposizioni
Nei capitoli precedenti abbiamo imparato a semplicare le espressioni algebriche
contenenti operazioni tra polinomi; nella maggior parte dei casi la semplicazione
consisteva nelleseguire la moltiplicazione (o lo sviluppo di una potenza) di poli-
nomi per ottenere come risultato un polinomio. In questo capitolo ci proponiamo
di affrontare il problema inverso, cio scrivere un polinomio, se possibile, come
prodotto di altri polinomi.
Esempio 5.1.1. Dato P(x) = x
3
+x
2
4x 4 si pu facilmente vericare che P(x) = (x
2

4)(x+1) ma anche P(x) = (x2)(x


2
+3x+2) oppure P(x) = (x2)(x+2)(x+1)
Denizione 5.1.1. Un polinomio si dice riducibile (scomponibile) se pu essere scritto
come prodotto di due o pi polinomi (detti fattori) di grado maggiore di zero. In caso
contrario esso si dir irriducibile.
Osservazione 5.1.1. Dalla denizione si deduce banalmente che:
un polinomio di primo grado irriducibile;
un polinomio di grado n pu essere scritto come prodotto di al pi n fattori di
primo grado.
Denizione 5.1.2. Si chiama scomposizione in fattori di un polinomio la sua scrittura
come prodotto di fattori irriducibili
Con riferimento allesempio la scrittura (x
2
4)(x+1) non la scomposizione in
fattori di P(x) in quanto x
2
4 non un polinomio irriducibile. La scomposizione
in fattori di P(x) invece (x 2)(x +2)(x +1) essendo ciascuno dei tre fattori un
polinomio di primo grado.
Osservazione 5.1.2. La riducibilit o irriducibilit di un polinomio legata allinsieme
numerico al quale appartengno i suoi coefcienti; pertanto alcuni polinomi che sono
irriducibili in quanto operiamo con coefcienti razionali (Q), potranno diventare riducibili
se i loro coefcienti saranno considerati nellinsieme R dei numeri reali (che contiene oltre
a tutti i razionali anche altri numeri, incontrati alla scuola media, come ad esempio

2 e
)
Un esempio di quanto osservato il polinomio x
2
2, irriducibile in Q,
riducibile in R in quanto:
(x +

2)(x

2) = x
2
x

2 +

2 x (

2)
2
= x
2
2
Per scomporre un polinomio non esistono metodi generali, ma particolari
strategie da applicare a determinate tipologie di polinomi. Una strategia gi
a nostra disposizione lapplicazione del Teorema di Rufni che permette di
determinare i fattori di primo gardo di un polinomio.
Esempio 5.1.2. Dato P(x) = x
2
25 si ottiene P(1) = 0 = P(1), P(5) = 0 quindi x5 un
fattore di x
2
25. Laltro fattore, cio x +5, si ottiene eseguendo la divisione (x
2
25) : (x 5).
Essendo P(x) = D(x) Q(x) si ha x
2
25 = (x5)(x+5)
Alla tecnica di scomposizione che utilizza il Teorema di Rufni, pur efcace e
generale, si preferiscono metodi pi snelli adatti ciascuno ad un particolare tipo
di polinomio. Illustriamo ora i principali metodi di scomposizione.
45
5.1 scomposizioni 46
1. Raccoglimento a fattor comune
Consiste nellapplicare la propriet distributiva della moltiplicazione evi-
denziando come primo fattore il M.C.D. tra i monomi del polinomio e
come secondo fattore il quoziente tra il polinomio e il M.C.D. In simboli:
A B+A C+A D = A (B+C+D)
Esempio 5.1.3.
2xy+4x
2
6x
3
y = 2x(y+2x3x
2
y)
a
2
b
3
c 5ab
2
c
2
= ab
2
c(ab5c)
7xa
2
7a
2
= 7a
2
(x1)

2
3
a
4
b
2
+
1
5
a
2
b
3
c 3a
3
b
4
c
2
= a
2
b
2
_
2
3
a
2
+
1
5
bc 3ab
2
c
2
_
12x
2
15xy = 3x(4x+5y) meglio di 3x(4x5y)
x
n+2
5x
n
= x
n
(x
2
5), (n N)
osservazioni:
(a) Quando i coefcienti sono frazionari abbiamo stabilito che il coefciente
del M.C.D. 1. E opportuno tuttavia raccogliere, in alcuni casi, anche un
coefciente non unitario come dimostrano i seguenti esempi:
4
5
a
2
b
5

4
5
ab
6
=
4
5
ab
5
(a b) preferibile a ab
5
_
4
5
a
4
5
b
_
6
7
xy
3
+
3
5
x
2
9x = 3x
_
2
7
y
3
+
1
5
x 3
_
1
2
b
2
c
3
4
c =
1
4
c(2b
2
3)
(b) Qualora il M.C.D. che raccogliamo sia un monomio di grado zero,
quella che otteniamo non una scomposizione in base alla denizione
data, tuttavia la scrittura ottenuta spesso utile per poter continuare con la
scomposizione come mostra il seguente esempio:
3x
2
75 = 3(x
2
25) =

vedi es.3.1.2
3(x 5)(x +5)
(c) La scomposizione mediante raccoglimento a fattor comune pu essere
estesa anche ad espressioni i cui addendi contengono uno stesso polinomio
come fattore; vediamone alcuni esempi:
3(x +y) 2a(x +y) x(x +y) = (x +y)(3 2a x)
(b a)
2
(b a)(2 a) = (b a)[(b a) (2 a)] = (b a)(b a 2 +
a) = (b a)(b 2)
2x(x y) +5y(y x) = 2x(x y) 5y(y +x) = 2x(x y) 5y(x y) =
(x y)(2x 5y)
Esercizio 5.1.1.
4a
2
b+16a
2
c
25a
3
b
4
5a
2
b
3
+5a
2
b
2

1
9
a
3
b
3
+
2
3
a
2
b
4
3x
n+1
y
m
+2x
n
y
m+2
(ab)
2
+2(ab) (ab)ab
3x(a1) +x
2
(a+1)
2. Raccoglimento parziale
Consiste nellapplicare il raccoglimento a fattor comune a gruppi di monomi
e successivamente effettuare il raccoglimento a fattor comune nellintera
espressione ottenuta.
5.1 scomposizioni 47
Esempio 5.1.4.
2x +4y +ax +2ay = 2(x +2y) +a(x +2y) avendo raccolto il fattore 2 nel
gruppo dei primi due monomi ed a nel gruppo dei rimanenti = (x+2y)(2 +a) avendo
raccolto a fattor comune (x+2y)
Allo stesso risultato si pu pervenire raccogliendo parzialmete tra il primo e il terzo monomio
e tra il secondo e il quarto: x(2 +a) +2y(2 +a) = (2 +a)(x+2y)
9x
2
3x3xy+y = 3x(3x1) y(3x1) = (3x1)(3xy)
5ab
2
2a
2
+6a15b
2
=
= a(5b
2
2a) 3(2a+5b
2
) = (5b
2
2a)(a3)
= 5b
2
(a3) 2a(a3) = (a3)(5b
2
2a)
11x
2
22xy+x2y = 11x(x2y) +1(x2y) = (x2y)(11x+1)
12a
2
x
2
+6ax
2
y4a
2
b2aby = 2a(6ax
2
+3x
2
y2abby) = 2a[3x
2
(2a+
y) b(2a+y)] = 2a(2a+y)(3x
2
b)
ax+abxb2cx2c =
= a(x+1) b(x+1) 2c(x+1) = (x+1)(ab2c)
= x(ab2c) +1(ab2c) = (ab2c)(x+1)
Dagli esempi svolti facile convincerci che afnch si possa applicare il
raccoglimento parziale necessario che i gruppi di monomi individuati
contengano lo stesso numero di termini.
Esercizio 5.1.2.
a
4
a
3
2a+2
y
2
3x
3
+xy3x
2
y
10p
2
4pq15p+6q
2x
2
3xy+xz 2ax+3ayaz
3. Scomposizione mediante riconoscimento di prodotti notevoli
Consiste nellapplicare la propriet simmetrica delluguaglianza alle formu-
le studiate relativamente ai prodotti notevoli. Si avr quindi:
a) Differenza tra due quadrati
Ricordando che (A+B)(AB) = A
2
B
2
si ricava
A
2
B
2
= (A+B)(AB)
Esempio 5.1.5.
9 4x
2
= (3)
2
(2x)
2
= (3 +2x)(3 2x)

1
4
x
2
1 =
_
1
2
x+1
__
1
2
x1
_
25a
2
b
4

9
16
y
6
=
_
5ab
2
+
3
4
y
3
__
5ab
2

3
4
y
3
_
16 +25x
2
= (5x+4)(5x4)
(2x 3a)
2
(x +a)
2
= (2x 3a+x +a)(2x 3ax a) = (3x
2a)(x4a)
Esercizio 5.1.3.
a
2
9b
2

25
16
a
2
1
x
2n
y
4
(2a1)
2
(1 a)
2
5.1 scomposizioni 48
b) Sviluppo del quadrato di un binomio
Ricordando che (A+B)
2
= A
2
+2AB+B
2
si ricava
A
2
+2AB+B
2
= (A+B)
2
Esempio 5.1.6.
x
2
+6x+9 = (x)
2
+2 3 x+ (3)
2
= (x+3)
2
x
4
y
2
+2x
2
y+1 = (x
2
y+1)
2
9x
2
12xy
2
+4y
4
= (3x2y
2
)
2

25
4
a
2
5ab+b
2
=
_
5
2
ab
_
2

1
4
x
2
y
2
+1 xy =
_
1
2
xy1
_
2
osserva che non sempre il doppio prodotto il
monomio centrale
Esercizio 5.1.4.
49a
2
14ab+b
2

1
4
x
2
+
1
9
y
2

1
3
xy

1
25
+
2
5
x
2
+x
4
4y
2n
12y
n
+9
c) Sviluppo del quadrato di un trinomio
Ricordando che (A+B+C)
2
= A
2
+B
2
+C
2
+2AB+2AC+2BC si
ricava
A
2
+B
2
+C
2
+2AB+2AC+2BC = (A+B+C)
2
Esempio 5.1.7.
x
2
+4y
2
+1 +4xy+2x +4y = (x)
2
+ (2y)
2
+ (1)
2
+2 (x) (2y) +
2 (x) (1) +2 (2y) (1) = (x+2y+1)
2
9x
4
+a
2
+16 6x
2
a+24x
2
8a = (3x
2
a+4)
2
x
2
y
2
6xy14x
2
y+9 +49x
2
+42x = (xy3 7x)
2
anche in questo
caso osserva che i monomi possono presentarsi in ordine sparso.
Esercizio 5.1.5.
a
2
+4x
2
+9 +4ax6a12x
16x
2
+9x
4
y
2
24x
3
y12x
2
y
3
+4y
4
+16xy
2
d) Sviluppo del cubo di un binomio
Ricordando che (A+B)
3
= A
3
+3A
2
B+3AB
2
+B
3
si ricava
A
3
+3A
2
B+3AB
2
+B
3
= (A+B)
3
Esempio 5.1.8.
x
3
+6x
2
+12x +8 = (x)
3
+3 (x)
2
(2) +3 (x) (2)
2
+ (2)
3
= (x +
2)
3
125x
6
75x
4
y+15x
2
y
2
y
3
= (5x
2
y)
3

1
27
a
3
b
3

2
3
a
2
b
2
x
3
+4abx
6
8x
9
=
_
1
3
ab2x
3
_
3
5.1 scomposizioni 49
Esercizio 5.1.6.
27x
3
27x
2
y+9xy
2
y
3

8
27
a
3
2a
2
+
9
2
a
27
8
a
3n
+3a
2n
+3a
n
+1
Vediamo ora alcuni esempi in cui per scomporre un polinomio necessario
utilizzare pi di un metodo tra quelli illustrati.
Esempio 5.1.9.
50x
5
2x
3
y
4

racc. f. c.
= 2x
3
(25x
2
y
4

diff. quad.
) = 2x
3
(5xy
2
)(5x+y
2
)
a
4
8a
2
+16

quad. bin.
= ( a
2
4

diff. quad.
)
2
= [(a2)(a+2)]
2
= (a2)
2
(a+2)
2

(x
2
9y
2
)24a
3
+ (x
2
9y
2
)36a
2
+ (x
2
9y
2
)18a+3(x
2
9y
2
)

racc. f.c.
= 3(x
2
9y
2

diff. quad.
)(8a
3
+12a
2
+6a+1

cubo bin.
) = 3(x3y)(x+3y)(2a+1)
3
x
4
a
2
x
2
4x
2
+4a
2

racc. parz.
= x
2
(x
2
a
2
)4(x
2
a
2
) = ( x
2
a
2

diff. quad.
)( x
2
4

diff. quad.
) =
(xa)(x+a)(x2)(x+2)

1
2
y
3
4y
2
+8y

racc. f.c.
=
1
2
y(y
2
8y+16

quad. bin.
) =
1
2
y(y4)
2
3x
3
9x
2
+12

racc. f.c.
= 3(x
3
3x
2
+4) poich il polinomio P(x) = x
3
3x
2
+4 non
riconducibile ad alcun prodotto notevole, dobbiamo cercare un suo fattore utilizzando il
Teorema di Rufni.
P(1) = 1 3 +4 = 0 , P(1) = 1 3 +4 = 0 (x+1) un fattore di P(x);
laltro fattore lo otteniamo eseguendo la divisione:
1 3 0 4
1
1 4 4
1 4 4
0
Q(x) = x
2
4x+4
Quindi 3x
3
9x
2
+12 = 3(x
3
3x
2
+4

Ruffini
) = 3(x +1)(x
2
4x+4

quad. bin.
) = 3(x +
1)(x2)
2
Esercizio 5.1.7.
x
5
+xy
4
2x
3
y
2
192a
8
b
7
3a
2
b
a
2
x
2
a
2
y
2
+abx
2
aby
2
x
4
+x
3
3x
2
4x4
24x36x
2
4
(a+2)x
2
6(a+2)x+9(a+2)
(3x1)
3
(3x1)
x
3
y2x
3
3x
2
y+6x
2
+3xy6xy+2
2ax
4
162ay
4
(2a5)
2
(a+2)
2
4. Scomposizione di particolari binomi e trinomi
5.1 scomposizioni 50
a) Somma di due cubi
A
3
+B
3
= (A+B)(A
2
AB+B
2
)
infatti posto P(A) = A
3
+ B
3
, per il Teorema di Rufni, essendo
P(B) = 0, un suo fattore A+B, laltro si otterr dalla divisione:
1 0 0
B
3
B
1 B B
2
B B
2
B
3
0
Q(A) = A
2
AB+B
2
quindi A
3
+B
3
= (A+B)(A
2
AB+B
2
)
Esempio 5.1.10. 8x
3
+27 = (2x)
3
+ (3)
3
= (2x+3)(4x
2
6x+9)
b) Differenza di due cubi
A
3
B
3
= (AB)(A
2
+AB+B
2
)
(la dimostrazione analoga a quella precedente)
Esempio 5.1.11. a
3
125b
6
= (a)
3
(5b
2
)
3
= (a 5b
2
)(a
2
+5ab
2
+
25b
4
)
Osservazione 5.1.3. I trinomi A
2
AB+B
2
vengono chiamati falsi qua-
drati e, come verr dimostrato in seguito, se di secondo grado, sono irridu-
cibili.(I falsi quadrati di grado superiore al secondo sono riducibili, ma con
tecniche che esulano da questo corso di studi)
Esercizio 5.1.8.
x
6
+1
27x
3
y
3
+z
9
125a
3
x
6
64 +
1
8
y
3
c) Somma o differenza di due potenze ennesime
Qualora per scomporre la somma o la differenza di due potenze enne-
sime non sia possibile ricondursi ai casi nora esaminati, possibile
dimostrare che valgono le seguenti uguaglianze:
A
n
+B
n
= (A+B)(A
n1
A
n2
B+A
n3
B
2
AB
n2
+B
n1
)
con n naturale dispari. Qualora n sia pari dimostreremo che il binomio,
se di secondo grado, irriducibile (se di grado superiore riducibile,
ma non sempre con tecniche elementari)
A
n
B
n
= (AB)(A
n1
+A
n2
B+A
n3
B
2
+ +AB
n2
+B
n1
)
qualunque sia n naturale
Esempio 5.1.12.
x
5
32 = (x2)(x
4
+2x
3
+4x
2
+8x+16)
1 +x
7
= (1 +x)(1 x+x
2
x
3
+x
4
x
5
+x
6
)
y
6
x
6
= (y
3
x
3
)(y
3
+x
3
) = (yx)(y
2
+xy+x
2
)(y+x)(y
2
xy+
x
2
) ( preferibile riconoscere la differenza di quadrati)
5. Regola somma-prodotto per trinomi
Consideriamo il trinomio di secondo grado con coefciente direttivo unita-
rio del tipo
x
2
+sx +p
e supponiamo che il coefciente s e il termine noto p siano rispettivamente
la somma e il prodotto di due numeri a e b ossia s = a +b , p = a b.
Possiamo scrivere :
5.1 scomposizioni 51
x
2
+sx +p = x
2
+ (a +b)x +a b = x
2
+ax +bx +ab = x(x +a) +b(x +
a) = (x +a)(x +b) Otteniamo dunque la seguente regola :
x
2
+sx +p = (x +a)(x +b)
con s = a +b e p = a b
Per la determinazione dei numeri a e b consigliamo operativamente di
individuare i fattori di p e tra questi scegliere quelli che hanno la somma s
desiderata.
Esempio 5.1.13.
x
2
+5x+6 = (x+2)(x+3) s = +5 = +2 +3, p = +6 = (+2) (+3)
x
2
x12 = (x4)(x+3) s = 1 = 4 +3, p = 12 = (4) (+3)
x
2
7xy+10y
2
= (x 5y)(x 2y) s = 7y = 5y2y, p = 10y
2
=
(5y) (2y)
3x
2
33x36 = 3(x
2
11x12) = 3(x12)(x+1)
Nellultimo esempio, pur non avendo il polinomio coefciente direttivo
unitario, stato possibile ricondurci alla regola somma-prodotto perch
abbiamo potuto operare il raccoglimante a fattor comune. Nei casi in cui il
coefciente direttivo rimanga diverso da 1 possibile una generalizzazione
come nel seguente esempio: dato il polinomio 6x
2
11x +3, cerchiamo due
numeri la cui somma sia ancora il coefciente di x cio 11 e il cui prodotto
sia il prodotto tra il coefciente direttivo e il termine noto, cio 6 3 = 18.
Individuati tali valori in 9 e 2 trasformiamo il trinomio nel quadrinomio
6x
2
2x 9x +3 e lo scomponiamo mediante raccoglimento parziale:
6x
2
11x+3 = 6x
2
2x9x+3 = 2x(3x1) 3(3x1) = (3x1)(2x3)
La regola somma -prodotto e la sua generalizzazione possono essere estese
anche a polinomi di grado maggiore di due del tipo ax
2n
+bx
n
+c in
quanto tale polinomio pu essere pensato come ay
2
+by +c avendo posto
y = x
n
Esempio 5.1.14.
x
4
5x
2
+4 =

x
2
=y
y
2
5y+4 = (y4)(y1) =

y=x
2
(x
2
4)(x
2
1) = (x
2)(x+2)(x1)(x+1)
2x
6
10x
3
48 = 2(x
6
5x
3
24) = 2(x
3
8)(x
3
+3) = 2(x 2)(x
2
+
2x+4)(x
3
+3)
2x
8
+3x
4
+1 = 2x
8
+2x
4
+x
4
+1 = 2x
4
(x
4
+1) +1(x
4
+1) = (x
4
+
1)(2x
4
+1)
x
4
3x
2
y
2
4y
4
= (x
2
4y
2
)(x
2
+y
2
) = (x2y)(x+2y)(x
2
+y
2
)
Esercizio 5.1.9.
x
2
11x+24
x
2
6ax55a
2
x
4
13x
2
+36
x
2
+10x+9
a
2
2ab15b
2
a
6
+2a
3
15
y
10
+2xy
5
80x
2
9x
2
3x2
6x
2
+7x10
21x
2
xy10y
2
3x
2
8xy
2
+5y
4
15x
2
+8xy
2
+y
4
5.1 scomposizioni 52
6. Scomposizione non standard
Qualora il polinomio non sia scomponibile con alcuno dei metodi illustrati
pu essere, in alcuni casi, possibile ricondurci ad essi, dopo aver opportuna-
mente scomposto alcune parti del polinomio, come dimostrano i seguenti
esempi.
Esempio 5.1.15.
x
2
4xy+4y
2

quad. bin.
25 = (x2y)
2
25

diff. quad.
= (x2y+5)(x2y+5)
x
2
9

diff. quad.
+2xy6y

racc. f.c.
= (x3)(x+3) +2y(x3)

racc.f.c.
= (x3)(x+3 +2y)
x
2
7x+6

s. p.
ax+a

racc. f.c.
= (x6)(x1) a(x1)

racc.f.c.
= (x1)(x6 a)
x
4
+x
3
+2x 4 = x
4
4

diff. quad.
+x
3
+2x

racc. f.c.
= (x
2
2)(x
2
+2) +x(x
2
+2)

racc.f.c.
=
(x
2
+2)(x
2
2 +x) = (x
2
+2)(x
2
+x2

s. p
) = (x
2
+2)(x+2)(x1)
Questultimo polinomio poteva essere scomposto anche ricorrendo al Teorema di Rufni, ma
il procedimento, seppur corretto, sarebbe risultato meno veloce ed elegante.
4a
2
4a+1

quad. bin.
y
2
+2xyx
2

opposto quad. bin.
= (2a1)
2
(y
2
2xy+x
2
) = (2a1)
2
(yx)
2

diff.quad.
=
(2a1 +yx)(2a1 y+x)
27+8a
3
+12a
2
b+6ab
2
+b
3

cubo bin.
= 27 + (2a+b)
3

somma cubi
= (3+2a+b)[93(2a+
b) + (2a+b)
2
] = (3 +2a+b)(9 6a3b+4a
2
+4ab+b
2
)
4x
4
+1

somma quad.non 2 grado
= 4x
4
+1 +4x
2

quad. bin.
4x
2
= (2x
2
+1)
2
4x
2

diff. quad.
= (2x
2
+1
2x)(2x
2
+1 +2x)
( x
2
y
2

diff. quad.
)(xy) x
2
(x+y) = (xy)(x+y)(xy) x
2
(x+y)

racc. f.c.
= (x+
y)[(xy)
2
x
2

diff. quad.
] = (x+y)(xyx)(xy+x) = y(x+y)(2xy)
x
4
+x
2
y
2
+y
4

falso quad.non 2 grado
= x
4
+x
2
y
2
+y
4
+x
2
y
2
x
2
y
2
= x
4
+2x
2
y
2
+y
4
x
2
y
2

quad. bin
=
(x
2
+y
2
)
2
x
2
y
2

diff. quad.
= (x
2
+y
2
xy)(x
2
+y
2
+xy)
Esercizio 5.1.10.
x
4
y
6
+6y
3
9
x
2
+xy+y
2
+x
3
y
3
y
2
3y+2 +xy2x
a
2
4a
2
x+4a
2
x
2
(1 2x)
2
y
3
+x
3
+6x
2
+12x+8
4x
2
9 +4ax
2
+12ax+9a
5.2 sintesi 53
5.2 sintesi
Per facilitare la memorizzazione e lapplicazione delle tecniche di scomposizione,
possiamo riassumerle e schematizzarle nel modo seguente:
Raccoglimento a fattor comune
Binomio:
1. differenza di quadrati
2. somma o differenza di cubi
3. somma o differenza di due potenze ennesime(n > 3)
Trinomio:
1. sviluppo del quadrato di binomio
2. regola somma-prodotto
Quadrinomio:
1. sviluppo del cubo di binomio
2. raccoglimento parziale
Polinomio con sei termini:
1. sviluppo del quadrato di trinomio
2. raccoglimento parziale
Scomposizioni non standard
Scomposizioni con la Regola di Rufni
5.3 massimo comun divisore e minimo comune multiplo di polinomi 54
5.3 massimo comun divisore e minimo comune multiplo di polino-
mi
Denizione 5.3.1. Si dice massimo comun divisore (M.C.D.) di polinomi, il polinomio
di grado massimo che fattore di tutti i polinomi dati.
Denizione 5.3.2. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) di polinomi, il polinomio
di grado minimo che multiplo di tutti i polinomi dati.
Dalle denizioni risulta evidente che per calcolare il M.C.D. e il m.c.m. di
polinomi necessario determinare i fattori irriducibili di ognuno di essi. Scomposti
quindi in fattori tutti i polinomi:
il M.C.D. sar il prodotto dei soli fattori comuni con il minimo esponente;
il m.c.m. sar il prodotto di tutti i fattori comuni e non comuni con il massimo
esponente.
osservazione: Poich un polinomio non cambia grado e rimane un fattore di
un altro polinomio se lo si moltiplica per una costante non nulla, a rigore (come
gi sottolineato per i monomi ) dovremmo parlare di un M.C.D. (m.c.m.) anzich
del M.C.D. (m.c.m.).
Adottiamo anche in questo caso la stessa convenzione introdotta per il coef-
ciente del M.C.D. e m.c.m. di monomi.
Esempio 5.3.1.
P
1
(x) = 18x
2
54x , P
2
(x) = 2x
2
18 , P
3
(x) = 2x
2
12x+18
Dopo aver determinato le scomposizioni:
P
1
(x) = 18x(x3) , P
2
(x) = 2(x+3)(x3) , P
3
(x) = 2(x3)
2
sar:
M.C.D.(P
1
(x),P
2
(x),P
3
(x))=2(x3)
m.c.m.(P
1
(x),P
2
(x),P
3
(x))=18x(x3)
2
(x+3)
P
1
(x) = x
2
5x+6 = (x2)(x3) , P
2
(x) = 2x
2
+2x12 = 2(x+3)(x2) ,
P
3
(x) = 5x
2
20 = 5(x2)(x+2)
M.C.D.(P
1
(x),P
2
(x),P
3
(x))=(x2)
m.c.m.(P
1
(x),P
2
(x),P
3
(x))=10(x2)(x+2)(x3)(x+3)
P
1
(x, y) = 8x
3
y
3
= (2x y)(4x
2
+2xy+y
2
) , P
2
(x, y) = 4x
2
+4xy+y
2
=
(2x+y)
2
, M.C.D.(P
1
(x, y),P
2
(x, y))=1
m.c.m.(P
1
(x, y),P
2
(x, y))=(2xy)(2x+y)
2
(4x
2
+2xy+y
2
)
P
1
(x, y) = 3x
2
30x +75 = 3(x 5)
2
, P
2
(x, y) = 5y +10 xy 2x = (5
x)(y+2)
Cos come sono scritti non si riconoscono fattori comuni.
Possiamo per scrivere P
2
(x, y) = (x5)(y+2) e quindi
M.C.D.(P
1
(x, y),P
2
(x, y))=(x5)
m.c.m.(P
1
(x, y),P
2
(x, y))=3(x5)
2
(y+2)
Avremmo potuto anche cambiare segno a P
1
(x, y) anzich a P
2
(x, y) ottenendo
P
1
(x, y) = 3[(x+5)]
2
= 3(5 x)
2
e quindi
M.C.D.(P
1
(x, y),P
2
(x, y))=(5 x)
m.c.m.(P
1
(x, y),P
2
(x, y))=3(5 x)
2
)(y+2)
ottenendo lo stesso risultato.
P
1
(x) = 8x
3
36x
2
+54x 27 = (2x 3)
3
, P
2
(x) =
9
5

12
5
x +
4
5
x
2
=
1
5
(3
2x)
2
Possiamo scegliere di cambiare P
1
(x) in (3 2x)
3
oppure P
2
(x) in
1
5
(2x3)
2
ottenendo
in entrambi i casi :
M.C.D.(P
1
(x),P
2
(x))=(2x3)
2
m.c.m.(P
1
(x),P
2
(x))=(2x3)
3
Esercizio 5.3.1.
a
2
6a+9 ; a
2
8a+15 ; a
2
4a+3
5.4 esercizi riepilogativi 55
25 x
2
; 2x10 ; 25 10x+x
2
x
3
6x
2
y+12xy
2
8y
3
; 6x+12y ; x
2
4y
2
4x
3
4 ; 2x
2
4x+2 ; 6x
2
6
10a10b6ax+6bx ; 4a
2
4b
2
; 18x
2
60x+50
5.4 esercizi riepilogativi
Esercizio 5.4.1.
1. a
5
a2 +2a
2
_
(a+2)(a
2
+1)(a+1)(a1)

2. 6a
2
x+11ax+3x
[x(2a+3)(3a+1)]
3. 2x
4
16xy
3
_
2x(x2y)(x
2
+2xy+4y
2

4. x
3
2x
2
+4x3
_
(x1)(x
2
x+3)

5.
1
4
+y
2
+z
2
y+z 2yz
_
_
1
2
y+z
_
2
_
6.
1
2
x
3

1
2
x
2
+x
_
1
2
(x2)(x+1)
_
7. x
4
x
3
8x+8
_
(x1)(x2)(x
2
+2x+4)

8. 5x
3
y
3
+
625
8
_
5
_
xy+
5
2
__
x
2
y
2

5
2
xy+
25
4
__
9. 3ax+3xy+2a+2y
[(a+y)(3x+2)]
10. a
2
b9ab
2
+20b
3
[b(a5b)8a4b)]
11. a
8
2a
4
+1
_
(a
2
+1)
2
(a+1)
2
(a1)
2

12. x
3
7x
2
+16x12
_
(x3)(x2)
2

13. ax+2bx+3ay+6by
[(a+2b)(x+3y)]
14. a
4
(x
2
+1) 10a
4
_
a
4
(x+3)(x3)

15. 16a
2
b
1
9
b
_
b
_
4a
1
3
__
4a+
1
3
__
5.4 esercizi riepilogativi 56
16. 12x
4
+32x
2
16
_
4(x
2
2)(3x
2
2)

17. 8a
3
b
3
6a
2
b
2
+
3
2
ab
1
8
__
2ab
1
2
__
18. 70a
4
+51a
2
b70b
2
_
(10a
2
7b)(7a
2
+10b)

19. y
6
7y
3
8
_
(y2)(y
2
+2y+4)(y1)(y
2
+y+1)

20. 8x
4
+4x
3
6x
2
5x1
_
(x1)(2x+1)
3

6
FRAZI ONI ALGEBRI CHE
6.1 frazioni algebriche
Denizione 6.1.1. Si dice frazione algebrica il rapporto tra due espressioni algebriche
Sono esempi di frazioni algebriche:
3a b
a +2
,
2x
2
+3x +1
x
2
4
,
3ab
2
c
5
, x
2
2x (il denominatore 1)
In questo tipo di espressioni in generale non possibile attribuire alle lettere un
qualsiasi valore perch, essendo frazioni, non possono avere zero al denominatore.
E necessario, pertanto, determinare linsieme dei valori che possono assumere
le lettere; tale insieme viene chiamato campo di esistenza (C.E.) Per la frazione
3a b
a +2
dovendo imporre che il denominatore non sia zero, avremo la condizione
a +2 ,= 0 cio a ,= 2. Quindi il campo di esistenza Q\ {2}.
Relativamente alla frazione
2x
2
+3x +1
x
2
4
, dovr essere x
2
4 ,= 0 cio, scompo-
nendo e applicando la legge di annullamento di un prodotto (x 2) (x +2) ,= 0
ovvero x 2 ,= 0 e x +2 ,= 0 quindi x ,= +2 e x ,= 2. Il campo di esistenza
dunque Q\ {2, +2}
E opportuno osservare che, diversamente dal denominatore, il numeratore pu
annullarsi, rendendo nulla la frazione; i valori per i quali zero il numeratore,
non essendo da escludere, non vanno perci determinati.
Una frazione algebrica pu essere in alcuni casi semplicata trasformandola in
unaltra equivalente applicando la propriet invariantiva delle frazioni.
Data la frazione
x
2
4
x
2
5x +6
per semplicarla procederemo nel modo seguente:
x
2
4
x
2
5x +6
=

(x 2)(x +2)

(x 2)(x 3)
=
x +2
x 3
C.E.Q\ {+2, +3}
E importante far notare che la frazione ottenuta
x +2
x 3
deve conservare il campo
di esistenza della frazione iniziale anche se potrebbe essere calcolata per x = 2;
le due frazioni sono perci equivalenti solo per i valori delle lettere per i quali
esistono entrambe.
In generale lequivalenza tra frazioni va sempre riferita al loro campo di
esistenza.
Ad esempio le frazioni
x(x +1)
2x
e
x +1
2
non sono equivalenti per x = 0 mentre
lo sono per qualsiasi altro valore.
Esempio 6.1.1. Semplicare le seguenti frazioni:
3x
2
9x
x
2
9
,
a
2
ab
a
2
2ab+b
2
,
2x
3
6x
2
+6x2
2x
2
+2x4
3x
2
9x
x
2
9
=
3x

(x3)
(x+3)

(x3)
=
3x
x+3
C.E. Q\ {3}
(E consuetudine, anzich scrivere il campo di esistenza, indicare le condizioni di esistenza (che con-
tinueremo ad abbreviare con C.E.) della frazione, nel modo seguente: x = +3 , x = 3 (oppure
x = 3)
a
2
ab
a
2
2ab+b
2
=
a

(ab)
(ab)
2
=
a
ab
C.E. a = b
2x
3
6x
2
+6x2
2x
2
+2x4
=
2(x1)
32
2

(x1)(x+2)
=
(x1)
2
x+2
C.E. x = +1 ; x = 2
Esercizio 6.1.1. Semplicare le seguenti frazioni:

x
3
3x
2
+2x
x
2
x
57
6.2 operazioni 58

xy+3x+4y+12
y
2
9

a
3
8
2a
2
3a2

4b
3
4b
2
2b
3
4b
2
+2b

1 x
2
x
3
3x
2
+3x1

y
2
3y+2
y
2
y2

x
2
10xy+25y
2
25x
2
y
2
10x
3
y+x
4
6.2 operazioni
Per operare con le frazioni algebriche si pu procedere in modo analogo a quanto
appreso con le frazioni numeriche tenendo presente che ora i fattori saranno quelli
ottenuti attraverso la scomposizione dei polinomi. E quindi sufciente illustrare
le operazioni con degli esempi.
1. Addizione algebrica
Esempio 6.2.1.

1 a
a +1

a
2
a
a +1
= C.E. a ,= 1
(1 a) (a
2
a)
a +1
=
1 a a
2
+a
a +1
=
1 a
2
a +1
=
(1 a)

(1 +a)

a +1
= 1 a

18
x
2
9

x
x +3
+
x
x 3
=
18
(x 3)(x +3)

x
x +3
+
x
x 3
= C.E. x ,= 3
18 x(x 3) +x(x +3)
(x 3)(x +3)
=
18 x
2
+3x +x
2
+3x
(x 3)(x +3)
=
6x +18
(x 3)(x +3)
=
6

(x +3)
(x 3)

(x +3)
=
6
x 3

1 xy
x
2
+xy
+
x +y
x
1 =
1 xy
x(x +y)
+
x +y
x
1 = C.E. x ,= 0, x ,= y
1 xy + (x +y)
2
x(x +y)
x(x +y)
=
1 xy +x
2
+2xy +y
2
x
2
xy
x(x +y)
=
1 +y
2
x(x +y)
6.2 operazioni 59
(Importante)
3
10 5y

y
y
2
4y +4
=
3
5(2 y)

y
(y 2)
2
C.E. y ,= 2
poich 2 y e y 2 sono fattori opposti, per calcolare il minimo comun
denominatore opportuno renderli uguali raccogliendo un segno - in uno
dei due.(Ci serve per cambiarlo di segno).
Abbiamo quindi due possibilit:
a)
3
5(y 2)

y
(y 2)
2
=
3
5(y 2)

y
(y 2)
2
=
3(y 2) 5y
5(y 2)
2
=
3y +6 5y
5(y 2)
2
=
8y +6
5(y 2)
2
b)
3
5(2 y)

y
[(2 y)]
2
=
3
5(2 y)

y
(2 y)
2
=
3(2 y) 5y
5(2 y)
2
=
6 3y 5y
5(2 y)
2
=
8y +6
5(2 y)
2
Nei due casi abbiamo ovviamente ottenuto lo stesso risultato essendo (2
y)
2
= (y 2)
2
Dallultimo esempio ricaviamo la seguente regola pratica: qualora un fattore
venga cambiato di segno dovr essere cambiato il segno anche alla frazione
che lo contiene solo se tale fattore gura con esponente dispari.
Esercizio 6.2.1. Eseguire le seguenti addizioni algebriche:

b3
b
3
b
2

4 +b
2
b
4
b
3
+
3b
2
+4
b
5
b
4

x+1
x2
+
1 x
2x+4

x
4 2x

x
2
10
x
2
4

8x
2
18y
2
4x
2
12xy+9y
2
+
24xy
9y
2
4x
2

4x
2
9y
2
4x
2
+12xy+9y
2

8x+16y
2x
2
4xy+8y
2

3x+3y
x
2
+3xy+2y
2

18xy
x
3
+8y
3
2. Moltiplicazione

16x
4
1
x
2
7x +6

x
2
6x
4x
3
+4x
2
+x
=
(4x
2
+1)

(2x +1)(2x 1)
(x 1)

(x 6)


x

(x 6)

x(2x +1)
2
= C.E. x ,= 1; x ,= 6; x ,=
0; x ,=
1
2
(4x
2
+1)(2x 1)
(x 1)(2x +1)

2x 4
xy +3x

y
3
+9y
2
+27y +27
x
2
4x +4

x
2
6y +18
=

(x 2)

(y +3)

(y +3)

3
(x 2)
2

2
3
6

(y +3)
= C.E.x ,= 0; x ,= 2; y ,= 3
x(y +3)
3(x 2)

x
2
49
27x
3
+1

1
7 x
(9x
2
3x +1) =
(x 7)(x +7)
(3x +1)
(
(
(
(
(
((
(9x
2
3x +1)

1
7 x

(
(
(
(
(
((
(9x
2
3x +1) = C.E. x ,=

1
3
; x ,= 7
6.2 operazioni 60
per il fattore 9x
2
3x +1 non sono state indicate condizioni perch,
come dimostreremo in seguito, i fattori irriducibili (somme di quadrati
e falsi quadrati) se in una lettera, non si annullano mai; se omogenei in
due lettere si annullano solo quando esse sono contemporaneamente
nulle.

(x 7)(x +7)
3x +1)

_

x 7
_
=
x +7
3x +1

a
2
b
2
a
2
+b
2

_
a
a +b
+
b
a b
_
=
=
(a b)(a +b)
a
2
+b
2

_
a(a b) +b(a +b)
(a +b)(a b)
_
=
(a b)(a +b)
a
2
+b
2

a
2
ab +ab +b
2
(a b)(a +b)
=

(a b)

(a +b)

a
2
+b
2

a
2
+b
2

(a b)

(a +b)
= 1
C.E. a, b non contemporaneamente nulli; a ,= b; a ,= +b
Esercizio 6.2.2. Eseguire le seguenti moltiplicazioni:

x
2
x2
x
2
+2x8

x
2
+5x
x+1

x
2
x20
x
2
25
3x
x+y
3x3y

2xyx
2
y
2
x
3
+xy
2
+2x
2
y

a
3
+b
3
4a
2
+4b
2

2a
4
2b
4
a
2
ab+b
2

1
a
2
b
2

8x
3
36x
2
y+54xy
2
27y
3
2x
2
+xyy
2

2x
2
3xy+y
2
2x
2
5xy+3y
2
3. Potenza

_
2x
2
x +4
_
3
= C.E.x ,= 4
8x
6
(x +4)
3

_
5x
2
9x 2
36x
5
12x
4
y +x
3
y
2
_
4
=
_
(5x +1)(x 2)
x
3
(6x y)
2
_
4
= C.E.x ,= 0; y ,= 6x
(5x +1)
4
(x 2)
4
x
12
(6x y)
8

_
y
2
y
3
+8

y
y
2
2y +4
+
1
y +2
_
2

xy
2
+4xy +4x
x(y
3
6y
2
+12y 8)
=
_
y
2
(y +2)(y
2
2y +4)

y
y
2
2y +4
+
1
y +2
_
2

x(y +2)
2

x(y 2)
3
=
C.E.y ,= 2 x ,= 0; y ,= 2
_
y
2
y
2
2y +y
2
2y +4
(y +2)(y
2
2y +4)
_
2

(y +2)
2
(y 2)
3
=
6.2 operazioni 61
_
y
2
4y +4
(y +2)(y
2
2y +4)
_
2

(y +2)
2
(y 2)
3
=
_
(y 2)
2
(y +2)(y
2
2y +4)
_
2

(y +2)
2
(y 2)
3
=
(y 2)

(y +2)
2
(y
2
2y +4)
2

(y +2)
2

(y 2)
3
=
y 2
(y
2
2y +4)
2
Esercizio 6.2.3. Eseguire le seguenti potenze:

_
2a+2b
a
2
+2ab+b
2
_
3

a
2
b
3
1 2a+a
2
_
4

_
x
2
2x
x
2
2x+1
1
_
5

_
ab
2
(a+b)
3
2x(xy)
_
3

2
4. Divisione

a
2
+10a +25
a
2
3a +2
:
a
3
+15a
2
+75a +125
3a
2
6a
=
(a +5)
2
(a 1)(a 2)
:
(a +5)
3
3a(a 2)
= C.E.a ,= 1; a ,= 2; a ,= 0

(a +5)
2
(a 1)

(a 2)

3a

(a 2)
(a +5)
3
=
Poich invertendo la frazione c un nuovo fattore a denominatore,
necessario aggiungere la condizione di esistenza a ,= 5.(avremmo
potuto, gi nel passaggio precedente, imporre a ,= 5 in quanto, in
una divisione, il divisore deve essere sempre diverso da zero)
3a
(a 1)(a +5)

3ax +6bx ay 2by


27x
3
y
3
+9xy
2
27x
2
y
:
2by +ay +3ax +6bx
y
2
+6xy 9x
2
=

(3x y)(a +2b)


(3x y)
32
:
(y +3x)(2b +a)
(y 3x)
2
= C.E.y ,= 3x;
_
x ,=
1
3
y
_

(a +2b)
(3x y)
2

(y 3x)
2
(y +3x)

(2b +a)
= C.E.y ,= 3x; a ,= 2b
1

(3x y)
2

(3x y)
2
(y +3x)
=

1
y +3x

2x
2
x 1
3
:
8x
3
+1
x +3

(x +3)(4x
2
2x +1)
x 1
= C.E.x ,= 3; x ,=
1
(2x +1)(x 1)
3
:
(2x +1)(4x
2
2x +1)
x +3

(x +3)(4x
2
2x +1)
x 1
=

(2x +1)

(x 1)
3

x +3

(2x +1)
(
(
(
(
(
((
(4x
2
2x +1)

(x +3)
(
(
(
(
(
((
(4x
2
2x +1)

x 1
=
C.E.x ,=

1
2
6.2 operazioni 62
(x +3)
2
3

a
x
2
+
x
a
2
1
a
2

1
ax
+
1
x
2
= C.E.a ,= 0; x ,= 0
a
3
+x
3
a
2
x
2
x
2
ax +a
2
a
2
x
2
=
(a +x)
(
(
(
(
(
(
(
(a
2
ax +x
2
)

a
2

x
2

a
2

x
2
(
(
(
(
(
(
x
2
ax +a
2
=
a +x

_
x +
2 x
1 +2x
_
:
_
1
1 +2x
2x x
2
_

1 +2x
2x
=
_
x +
2 x
1 +2x
_
:
_
1
1 +2x
x(2 x)
_

1 +2x
2x
= C.E. x ,=
1
2
; x ,=
0; x ,= 2
x +2x
2
+2 x
1 +2x
:
2x x
2
1 2x
x(2 x)

1 +2x
2x
=
2x
2
+2
1 +2x
:
x
2
1
x(2 x)

1 +2x
2x
=

(x
2
+1)

1 +2x


x(2 x)

(x
2
+1)

1 +2x

x
=
( non ci sono condizioni aggiunte perch x
2
+1 sempre diverso da zero)
(2 x) =
x 2

_
a
b

b
a
_
2
:
_
1
b
+
1
a
_
2
_
a
2
b
2

b
2
a
2
_
:
_
1
b
2
+
1
a
2
_ :
_
1
2b
a +b
_
2
= C.E.b ,= 0; a ,=
0; a ,= b
_
a
2
b
2
ab
_
2
:
_
a +b
ab
_
2
a
4
b
4
a
2
b
2
:
a
2
+b
2
a
2
b
2
:
_
a +b 2b
a +b
_
2
=
_
(a b)(a +b)
ab
_
2
:
(a +b)
2
a
2
b
2
(a +b)(a b)

(a
2
+b
2
)

a
2

b
2

a
2

b
2

a
2
+b
2
:
_
a b
a +b
_
2
=
(a b)
2

(a +b)
2

a
2

b
2

a
2

b
2

(a +b)
2
(a +b)(a b)
:
(a b)
2
(a +b)
2
= C.E.a ,= b

(a b)
2

(a +b)(a b)

(a +b)

(a b)
2
=
a +b
a b
Esercizio 6.2.4. Eseguire le seguenti divisioni:

x
3
49x
x
2
+14x+49
:
x
2
14x+49
2x
2
98
:
_
4x
2
_
6.3 esercizi riepilogativi 63

a
2
+ab
x
3
+x
2
y+2x
2
+2xy
:
a
3
ab
2
x
3
+4x+4x
2

a
6
b
6
ax
2
+bx
2
:
_
a
2
+b
2
_
2
a
2
b
2
x

_
a2
b1
_
2
:
_
a
2
4
2b2
_
3
6.3 esercizi riepilogativi
Esercizio 6.3.1.
1.
_
a
5a
2
3a2
+
2a1
a
2
1
_
:
_
2 +9a
_
1
a+1
+
1
a
2
1
__
_
1
5a+2
_
2.
_
x1
2x
2
+5x+3

1 3x
x
2
1
_

4x
2
9
7x2
_
2x3
x1
_
3.
_
x
2
1
x
3
+x
2
4x4

x2
x

1
x
_

2x
3
+x
2
2x
2
3x2
_
3x
4 x
2
_
4.
_
x+5
x
2
+5x+6
+
2
x+3

2
x+2
_
2
:
_
1
x+2
_
3
[x+2]
5.
_
_
x
y
+1
_
2
:
_
x
y
1
_
_

_
x
y
1
_
2
:
_
x
y
+1
_
+2 +
2x
y
_
_
x+y
y
_
2
_
6.
_
1 +
2y
xy
_

__
1
2xy
x
2
+xy+y
2
_
:
x
3
+y
3
x
3
y
3
_
2
_
xy
x+y
_
7.
__
3x
2
2
x1
+
6x2
x3
_

1
x2

x+13
x3
_
2

_
1 +
x2
x1
_
3
_
x1
2x3
_
8.
__
1
x3
+
1
1 x
_
_
x
2
4x+3
_

4
3x1
_

1
6

2
:
x
2
2x+1
3x
2
4x+1
_
x1
3x1
_
6.3 esercizi riepilogativi 64
9.
_
a+
a
a+3
+
4
a+3
_

_
_
2
a+1
1 +a
_
2
:
_
2 +3a+a
2
a
2
+2a3
_
2
_
:
_
2
a+1
+a1
_
2
_
(a+3) (a1)
2
(a+1)
2
_
10.
_
3mn
m+n
+
m+2n
mn
+
m(5n+m)
n
2
m
2
_
2
_
1
2n
m+n
_
3
_
9(m+n)
mn
_
11.
_
2
x
2
1
+
x
3
_
1 +
1
x1
+
9
x
3
x
2
__

_
1
x1
+
1
x+1
_
x
2
3x3

1
1 x
_
2
x+1
+
3
x
_
_
2x
x
2
1
_
12.

1
x+2y

1
x
2
+4y
2
+4xy

_
x
12y
2
2x
2
2xy
x2y
_
:
_
1
2yx
+
6yx
x
2
4y
2
_
[1]
13.
_
8a
2
1 +2a
2a
__
2a+
1 +4a8a
3
4a
2
1
__
2
2a1
+
4
2a+1
2
_
1
:
_
a
2a
2a+1
_
_
2a+1
2a(3 2a)
_
14.
_
2x+y
xy

x
2
+5xy
x
2
y
2
_
3
:
x
6
+y
6
2x
3
y
3
x
3
+3x
2
y+3xy
2
+y
3
+
yx
_
x
2
+xy+y
2
_
2
[0]
15.
_
_
a
2

2a
b
2
_
2
:
_
a
2

2a
b
2
_
1
_
:
_
b
a

1
b
2
4
_
[2b]
16.
_
_
1
x2

1
3 x
_
:
5 2x
x
2
+3 4x
+
_
x2
1 x
_
2
_
:
_
_
x1
x2
_
2

x1
x
2
4x+4
_
_
1
x2
_
Esercizio 6.3.2. Calcolare il valore dellespressione seguente per x = 9:
_
1
x
3
+4x
2
+x6

1
x
3
+6x
2
+11x+6
_
:
_
x
4
5x
2
+4
_
1
+
60
9 x
2
_
1
3
_
Esercizio 6.3.3. Calcolare il valore dellespressione seguente per a = 1 e b =
1
6
:
_
ab
4a
2
b
2
+
2a
2a
2
+abb
2

b
2a
2
+3ab+b
2
_

_
b
2
3a
2
a
2
1
_
[6]
7
EQUAZI ONI
7.1 introduzione
Denizione 7.1.1. Si dice equazione una uguaglianza tra due espressioni algebriche.
Dette A e B le due espressioni algebriche, lequazione si presenter nella forma:
A = B
A e B si dicono rispettivamente primo e secondo membro dellequazione.
Sono esempi di equazioni:
1. 2x +1 = x 3 (A = 2x +1, B = x 3)
2. x
2
3 = 1 (A = x
2
3, B = 1)
3. 1 x = 0 (A = 1 x, B = 0)
4. x = y +1 (A = x, B = y +1)
5. x
2
+2y = 5 z (A = x
2
+2y, B = 5 z)
6.
2x +3
x 1
= 1
1
x
(A =
2x +3
x 1
, B = 1
1
x
)
Se in una equazione sostituiamo alle lettere presenti dei numeri, i due membri
assumono anchessi valori numerici.
Con riferimento allesempio 1, se x = 1 otteniamo A = 2 1 +1 = 3 e B =
1 3 = 2 dunque luguaglianza diventa 3 = 2 ovviamente falsa; se x = 4
otteniamo, invece 7 = 7 che una vera uguaglianza.
Con riferimento allesempio 2 facile constatare che luguaglianza risulta
vericata per x = 2 e x = 2 mentre non lo , ad esempio, per x = 0, x = 1,
x = 1.
Con riferimento allesempio 4, per stabilire se luguaglianza vericata,
necessario attribuire dei valori numerici ad entrambe le lettere presenti, cio una
coppia ordinata di numeri (lordine generalmente quello alfabetico):
se x = 1 e y = 2 1 = 3 la coppia (1, 2) non verica luguaglianza
se x = 5 e y = 0 5 = 1 la coppia (5, 0) non verica luguaglianza
se x = 2 e y = 1 2 = 2 la coppia (2, 1) verica luguaglianza
se x = 0 e y = 1 0 = 0 la coppia (0, 1) verica luguaglianza
Analogamente, nellesempio 5, per stabilire se luguaglianza vericata dovre-
mo scegliere delle terne di numeri.
Denizione 7.1.2. Un numero (coppia, terna ... di numeri) si dice soluzione di una
equazione se, sostituito nei due membri, rende vera luguaglianza.
Denizione 7.1.3. Risolvere unequazione signica determinare linsieme di tutte le
sue soluzioni.
Poich per risolvere le equazioni necessario determinare dei particolari valori
delle lettere, che inizialmente non conosciamo, attribuiamo ad esse il nome di
incognite (solitamente vengono indicate con le ultime lettere dellalfabeto).
E opportuno osservare che:
65
7.1 introduzione 66
se in una equazione gura una incognita, ogni soluzione un numero, se gurano
due incognite (tre incognite,..) ogni soluzione una coppia (terna,...) ordinata.
Per determinare le soluzioni di una equazione importante tenere presente
linsieme numerico al quale appartengono i valori che possono assumere le
incognite. Se consideriamo lequazione 3x
3
x
2
= 12x 4 con x Q si pu
vericare che sono soluzioni i valori 2, 2, 1/3; se diversamente si richiede che
x N, delle tre soluzioni vericate, accettabile solo il 2. Quando non specicato
linsieme numerico al quale riferirsi, conveniamo che esso sia: Q se gura una
sola incognita, QQ (QQQ,...) se gurano due incognite (tre incognite,...).
Con riferimento allinsieme S delle soluzioni, possibile classicare una equa-
zione come segue:
determinata linsieme S non vuoto ed ha cardinalit nita (|S| N

)
impossibile linsieme S vuoto (|S| = 0)
indeterminata linsieme S ha cardinalit innita
identit tutti i valori attribuibili alle incognite sono soluzioni
Con riferimento alla forma algebrica nella quale si presenta, una equazione si
dice:
intera quando i suoi membri sono espressioni polinomiali
fratta quando lincognita gura al denominatore.
Sono esempi di equazioni intere:
x
2
+2x 1 = (x 1)(2x +3)
x +
2
3
y =
5x +1
6
Sono esempi di equazioni fratte:
x +1
x
= 3 +x
1
x 1
=
x +3
x +2
xy +3
x 2
=
y
y +1
Talvolta in una equazione compaiono delle lettere che rappresentano dei numeri
assegnati, anche se non esplicitamente precisati; esse non vengono considerate
incognite e sono dette parametri (solitamente vengono indicate con le prime lettere
dellalfabeto).
Con riferimento alle lettere presenti, unequazione si dice:
letterale o parametrica se in essa compare almeno un parametro oltre
alle incognite
numerica se non contiene altre lettere oltre alle incognite.
Sono esempi di equazioni letterali:
x +3a = (x 1)
2
+2ax +b
(una incognita: x, due parametri: a, b)
2x +5y
k 3
= (k 2)y +kx
(due incognite: x, y, un parametro: k)
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 67
Denizione 7.1.4. Due equazioni si dicono equivalenti se hanno lo stesso insieme di
soluzioni.
Sono equivalenti le equazioni x 3 = 0 e x 1 = 2 in quanto facile intuire
che linsieme delle soluzioni S = {3} per entrambe. Non sono equivalenti le
equazioni x
2
9 = 0 e x 3 = 0 pur avendo entrambe 3 come soluzione, infatti
non hanno lo stesso insieme di soluzioni essendo 3 soluzione di x
2
9 = 0, ma
non di x 3 = 0.
Ci proponiamo ora di affrontare la risoluzione delle equazioni ed iniziamo con
lo studio delle equazioni in una incognita.
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita
Il metodo per risolvere una equazione consiste nellindividuare una equazione ad
essa equivalente della quale sia immediato determinare quante e quali siano le
soluzioni.
Per arrivare a scrivere questa equazione equivalente ricorriamo ai principi di
equivalenza.
Teorema 7.2.1 (Primo principio di equivalenza). Aggiungendo o sottraendo ad en-
trambi i membri di una equazione una stessa espressione algebrica (purch esista per gli
stessi valori per i quali esistono i due membri) si ottiene una equazione equivalente a
quella iniziale.
In sintesi: A(x) = B(x) e A(x) +E(x) = B(x) +E(x) sono equivalenti
Dimostrazione. Detti S
1
linsieme delle soluzioni di A(x) = B(x) e S
2
linsieme
delle soluzioni di A(x) +E(x) = B(x) +E(x):
si ha che:
S
1
S
2
infatti se x
0
S
1
A(x
0
) = B(x
0
) A(x
0
) +E(x
0
) = B(x
0
) +E(x
0
) perch
somma di numeri uguali a due a due. Dunque x
0
S
2
ma anche:
S
2
S
1
infatti se x
0
S
2
A(x
0
) +E(x
0
)

A
1
(x
0
)
= B(x
0
) +E(x
0
)

B
1
(x
0
)
A
1
(x
0
) = B
1
(x
0
)
A
1
(x
0
) E(x
0
) = B
1
(x
0
) E(x
0
) per differenza di numeri uguali a due a
due
A(x
0
) +E(x
0
) E(x
0
) = B(x
0
) +E(x
0
) E(x
0
) cio A(x
0
) = B(x
0
) dunque
x
0
S
1
.
Poich S
1
S
2
e S
2
S
1
allora S
1
= S
2
.
Esempio 7.2.1. Lequazione:
3x +2

A(x)
= 2x 1

B(x)
applicando il primo principio equivalente a:
3x +2

A(x)
+ (2x 2)

E(x)
= 2x 1

B(x)
+ (2x 2)

E(x)
ossia:
3x +2 2x 2 = 2x 1 2x 2
eseguendo i calcoli algebrici essa diventa:
x = 3
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 68
Poich, in questultima equazione, risulta evidente che linsieme delle solu-
zioni S = {3}, possiamo concludere che S linsieme delle soluzioni anche
dellequazione di partenza.
Esempio 7.2.2. Lequazione:
x +2 = 8
applicando il primo principio equivalente a:
x +2 + (2) = 8 + (2)
eseguendo i calcoli algebrici essa diventa:
x = 8 2
da cui:
x = 6 quindi S = {6}
Esempio 7.2.3. Lequazione:
x x
2
+1 = 5 x
2
applicando il primo principio equivalente a:
x x
2
+1 +x
2
1 = 5 x
2
+x
2
1
eseguendo i calcoli algebrici essa diventa:
x = 5 1
da cui:
x = 4 quindi S = {4}
Unanalisi attenta degli ultimi due esempi ci permette di osservare e generaliz-
zare facilmente due conseguenze pratiche del primo principio di equivalenza.
principio del trasporto: Si ottiene una equazione equivalente se si tra-
sporta un termine da un membro allaltro cambiandolo di segno.
principio di cancellazione Si ottiene una equazione equivalente se si
elimina (cancella) uno stesso termine da entrambi i membri.
Teorema 7.2.2 (Secondo principio di equivalenza). Moltiplicando o dividendo en-
trambi i membri di una equazione per una stessa espressione algebrica non nulla (purch
esista per gli stessi valori per i quali esistono i due membri) si ottiene una equazione
equivalente a quella iniziale.
In sintesi le uguaglianze:
A(x) = B(x)
A(x) E(x) = B(x) E(x)
A(x)
E(x)
=
B(x)
E(x)
con E(x) ,= 0
sono equivalenti.
E sufciente dimostrare lequivalenza tra le prime due scritture in quanto la
divisione riconducibile alla moltiplicazione per il reciproco.
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 69
Dimostrazione. Detti S
1
linsieme delle soluzioni di A(x) = B(x) e S
2
linsieme
delle soluzioni di A(x) E(x) = B(x) E(x):
si ha che:
S
1
S
2
infatti se x
0
S
1
allora
A(x
0
) = B(x
0
)
e moltiplicando numeri uguali a due a due
A(x
0
) E(x
0
) = B(x
0
) E(x
0
)
Dunque x
0
S
2
ma anche:
S
2
S
1
infatti se x
0
S
2
allora
A(x
0
) E(x
0
) = B(x
0
) E(x
0
)
applicando il principio del trasporto
A(x
0
) E(x
0
) B(x
0
) E(x
0
) = 0 .
E(x
0
) (A(x
0
) B(x
0
)) = 0
e poich E(x
0
) ,= 0 per la legge di annullamento del prodotto deve essere
A(x
0
) B(x
0
) = 0
A(x
0
) = B(x
0
)
dunque x
0
S
1
.
Poich S
1
S
2
e S
2
S
1
allora S
1
= S
2
.
Esempio 7.2.4. Lequazione:
3x +2 = x 1
per il principio del trasporto equivalente a:
3x x = 1 2
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
2x

A(x)
= 3

B(x)
per il secondo principio equivalente a:
2x
1
2

E(x)
= 3
1
2

E(x)
da cui si ottiene:
x =
3
2
quindi:
S =

3
2

7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 70


Esempio 7.2.5. Lequazione:
1
2
x
3
4
=
1
3
x +1
pu essere risolta in due modi:
(a) applicando il principio del trasporto equivalente a:
1
2
x
1
3
x =
3
4
+1
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
1
6
x =
7
4
applicando il secondo principio equivalente a:
1

6
x

6 =
7

4
2

6
3
da cui si ottiene:
x =
21
2
quindi S =

21
2

(b) riducendo i due membri allo stesso denominatore diventa:


6x 9
12
=
4x +12
12
applicando il secondo principio equivalente a:

12
6x 9

12
=
4x +12

12

12
ossia:
6x 9 = 4x +12
applicando il principio del trasporto equivalente a:
6x 4x = 9 +12
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
2x = 21
applicando il secondo principio equivalente a:

2x

2
=
21
2
da cui si ottiene:
x =
21
2
(spesso si tralascia la scrittura insiemistica).
Denizione 7.2.1. Un equazione si dice ridotta a forma normale quando si presenta
nella forma: P(x) = 0 ove P(x) un polinomio.
Denizione 7.2.2. Il grado di una equazione il grado del polinomio ottenuto dopo
aver ridotto lequazione a forma normale.
7.3 equazioni di primo grado 71
Esempio 7.2.6.
20x 1 = 5x +3 portando tutti i termini a primo membro otteniamo la sua forma
normale:
15x 4 = 0 dalla quale deduciamo che di primo grado.
2x(x
2
1) 2 = x
2
(2x 3) semplicando e portando a primo membro otteniamo
la forma normale:
3x
2
2x 2 = 0 dalla quale si deduce che il grado due.
Esercizio 7.2.1. Determinare il grado delle seguenti equazioni:
3x(x1)
2
5(6x+5) = (2x+1)(2x1) (x+3)
2

x4
5
x
x+4
3
= x+1
7.3 equazioni di primo grado
In questo paragrafo proponiamo la risoluzione, mediante alcuni esempi, di
equazioni di primo grado: intere, fratte e letterali.
Equazioni intere
Lequazione:
(x 2)
3
3x(2 x) = (x 1)
3
+2
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
x
3
6x
2
+12x 8 6x +3x
2
= x
3
3x
2
+3x 1 +2
applicando il principio di cancellazione e sommando i monomi simili si
ottiene:
3x
2
+6x 8 = 3x
2
+3x +1
applicando il principio di cancellazione e del trasporto si ha:
6x 3x = 8 +1
da cui:
3x = 9
applicando il secondo principio di equivalenza si ottiene:

3x

3
=

9
3

3
ossia:
x = 3
Lequazione risolta ha una soluzione, dunque determinata. Per controllare
se la soluzione corretta sufciente sostituire nel testo, allincognita, il
valore ottenuto constatando che lequazione vericata(questo controllo
prende il nome di verica):
(3 2)
2
3 3(2 3) = (3 1)
3
+2
1
3
9(1) = 2
3
+2
1 +9 = 8 +2
10 = 10
7.3 equazioni di primo grado 72
2(3x 3) (x +3)(4x 2) 2 = (2x +1)
2
(3x 1)
2
+ (x 1)(x +2)
6x6 4x
2
+2x12x+6 2 = 4x
2
+4x+1 9x
2
+6x1 +x
2
+2xx2
4x
2
6x = 4x
2
+9x
15x = 0
x = 0 equazione determinata

x 5
4

1
2
_
x +2
3
_
= x +
1
12
(x +1)
x 5
4

x +2
6
= x +
x +1
12
3x 15 2x 4
12
=
12x +x +1
12
x 19 = 13x +1
x 13x = 19 +1
12x = 20
x =

20
5

12
3
x =
5
3
equazione determinata
Osservazione 7.3.1.
Poich il m.c.d. viene semplicato per il secondo principio di equivalenza,
possibile fare a meno di scriverlo.
Negli esempi nora esaminati abbiamo sempre isolato lincognita traspor-
tandola al primo membro. E preferibile tuttavia fare in modo che lincogni-
ta isolata abbia coefciente positivo e quindi trasportarla nel membro pi
opportuno.
Riferendoci allultimo esempio: da x 19 = 13x + 1 si ricava, portando
lincognita a secondo membro, 19 1 = 13x x cio 20 = 12x da cui,
applicando la propriet simmetrica delluguaglianza, 12x = 20 e quindi
x =
5
3
2x(x +1) + (x 2)
_
2x
1
2
_
=
_
2x
1
3
_
2

7
6
x
2x
2
+2x +2x
2

1
2
x 4x +1 = 4x
2

4
3
x +
1
9

7
6
x
4x
2
2x
1
2
x +1 = 4x
2

4
3
x
7
6
x +
1
9
m.c.d.=18
36x 9x +18 = 24x 21x +2
45x +18 = 45x +2
0 = 16
Poich luguaglianza ottenuta non mai vericata (non esiste alcun valore
dellincognita che rende uguali i due membri) possiamo concludere che
lequazione impossibile (

x ovvero S = )

2(x +1)(1 x)
3
= (1 2x)
2
3(x 1)
2
3 +
1
3
(17 5x
2
) 2x m.c.d.=3
2(1 x
2
) = 3(1 4x +4x
2
) 9(x
2
2x +1) 9 +17 5x
2
6x
2 2x
2
= 3 12x +12x
2
9x
2
+18x 9 9 +17 5x
2
6x
2x
2
+2 = 2x
2
+2
0 = 0
7.3 equazioni di primo grado 73
Poich luguaglianza ottenuta sempre vericata (qualsiasi valore dellinco-
gnita rende uguali i due membri) possiamo concludere che lequazione
una identit (x ovvero S = Q)

2(x 1)(x
2
+x +1)
5
= 3 2x +
(x
2
x +1)(x +1)
3

11 x
3
15
m.c.d.=15
6(x
3
1) = 45 30x +5(x
3
+1) 11 +x
3
6x
3
6 = 45 30x +5x
3
+5 11 +x
3
6x
3
6 = 6x
3
30x +39
30x = 45
x =
3
2
equazione determinata
Esercizio 7.3.1.
(x1)(x+1) +3 2x = 3x+ (x1)
2
(x 1)
3
+ (2x 1)(2x +1) (x 3)(x +2) = x(x +1)(x 2) + (2x 3)
2

3x
2
+1

3
5
x+
6
15
+
4
15
x+2 =
x5
5
+
2x
3

2x+3
4
+
x+5
6
+
x
2
x =
1 +2x
8

2x35
24

2x+1
7

(x1)(x2)
2
=
x2
2
2
_
1
2
x1
_
2
Equazioni fratte

1
x 1
=
2
x 2
m.c.d.=(x 1)(x 2) ; C.E.x ,= 1, x ,= 2
x 2 = 2(x 1)
x 2 = 2x 2
x = 0
Nelle equazioni fratte bisogna controllare che la soluzione non contrasti
le C.E. Nel nostro caso la soluzione accettabile, dunque lequazione
determinata.

x
2
2
x
2
8x +7

5 x
7 x
= 1 +
3 x
x 1
x
2
2
(x 7)(x 1)
+
5 x
x 7
= 1 +
3 x
x 1
m.c.d.=(x 7)(x 1) ; C.E.x ,=
7, x ,= 1
x
2
2 + (5 x)(x 1) = (x 7)(x 1) + (3 x)(x 7)
x
2
2 +5x 5 x
2
+x = x
2
x 7x +7 +3x 21 x
2
+7x
6x 7 = 2x 14
4x = 7
x =
7
4
accettabile equazione determinata

2x +1
x
2
3x

x 3
x
2
+3x
=
x
x
2
9
+
6
9x x
3
2x +1
x(x 3)

x 3
x(x +3)
=
x
(x 3)(x +3)

6
x(x 3)(x +3)
m.c.d.=x(x 3)(x +
3)
C.E.x ,=
0, x ,= 3
(2x +1)(x +3) (x 3)
2
= x
2
6
7.3 equazioni di primo grado 74
2x
2
+6x +x +3 x
2
+6x 9 = x
2
6
x
2
+13x 6 = x
2
6
13x = 0
x = 0 non accettabile equazione impossibile

x
(x +2)(2x
2
+3x 2)

3
x
2
+4x +4
=
1
x +2

2
2x 1
x
(x +2)
2
(2x 1)

3
(x +2)
2
=
1
x +2

2
2x 1
m.c.d.=(x +2)
2
(2x 1)
C.E.x ,= 2, x ,=
1
2
x 3(2x 1) = (x +2)(2x 1) 2(x +2)
2
x 6x +3 = 2x
2
x +4x 2 2x
2
8x 8
5x +3 = 5x 10
0 = 13 equazione impossibile

5x
2
6x +1
6x
3
18x
2
+18x 6

x +1
3x
2
6x +3
=
1
2x 2
5x
2
6x +1
6(x 1)
3

x +1
3(x 1)
2
=
1
2(x 1)
m.c.d.=6(x 1)
3
; C.E.x ,= 1
5x
2
6x +1 2(x +1)(x 1) = 3(x 1)
2
5x
2
6x +1 2x
2
+2 = 3x
2
6x +3
3x
2
+3 = 3x
2
+3
0 = 0 lequazione una identit
E importante far notare che non tutti i razionali sono soluzioni, in quanto il
numero 1 non attribuibile allincognita per le C.E.; per indicare le soluzioni
dobbiamo scrivere quindi: x ,= 1 ovvero S = Q{1}
Esercizio 7.3.2.

1
x1
= 1

2x+1
x+3
+
2x5
6 x
+
1
x
2
3x18
= 0

2
3

x3
x
+
x+2
3x1
=
x18
18x
2
6x

5
x
2
+2x15
+
x+2
3 x
=
5 x
x+5

6x
x
2
+4x+4
+
x
3
+8
x
3
+6x
2
+12x+8
= 1
Equazioni letterali
6x a + (2a x)
2
= 4(x +a) (2a x)(2a +x) +8a(a
1
2
x)
6x a +4a
2
4ax +x
2
= 4x +4a 4a
2
+x
2
+8a
2
4ax
6x a +4a
2
= 4x +4a +4a
2
2x = 5a
x =
5
2
a
Lequazione ha una unica soluzione che dipende dal valore assunto dal
parametro; se, ad esempio, a = 2 la soluzione x = 5, se a =
1
2
la solu-
zione x =
5
4
,... In questo caso, attribuendo al parametro un qualunque
7.3 equazioni di primo grado 75
valore numerico, otteniamo sempre una equazione determinata; altre volte
pu accadere che, per alcuni valori del parametro, lequazione non sia
determinata e quindi sia necessario classicarla mediante una opportuna
discussione.
3x 2k(1 +x) = x(1 +2k) 2x(k 1)
3x 2k 2kx = x +2kx 2kx +2x
3x 2k 2kx = 3x
2kx = 2k
kx = k per poter dividere per k applicando il secondo principio di
equivalenza, k deve essere diverso da zero:
se k ,= 0 x =
k
k
x = 1 lequazione determinata.
Resta da esaminare il caso k = 0: sostituendo nellequazione kx = k
otteniamo 0 = 0 lequazione una identit.
2 +2x = 3ax +a a
2
x
a
2
x 3ax +2x = a 2
x(a
2
3a +2) = a 2
x(a 2)(a 1) = a 2
se a ,= 2 e a ,= 1 x =
a 2
(a 2)(a 1)
x =
1
a 1
equazione determinata
se a = 2 0 = 0 identit
se a = 1 0 = 1 impossibile
3abx = ab(x +1) +a
3abx = abx +ab +a
2abx = ab +a
2abx = a(b +1)
se a ,= 0 e b ,= 0 x =
a(b +1)
2ab
x =
b +1
2b
equazione determinata
se a = 0 0 = 0 identit
se b = 0 0 = a
se a = 0 identit
se a ,= 0 impossibile
x b = ax 2
x ax = b 2
x(1 a) = b 2
se a ,= 1 x =
b 2
1 a
equazione determinata
se a = 1 0 = b 2
se b = 2 identit
se b ,= 2 impossibile

a 2x
a 1

x +1
a +1
+
x
a 1
=
x a
a
2
1
1
a 2x
a 1

x +1
a +1
+
x
a 1
=
x a
(a 1)(a +1)
1 m.c.d.(a 1)(a +1)
a ,= 1: questa non una condizione di esistenza relativa allincognita, da
controllare per laccettabilit della soluzione, essendo a un parametro. Per
a = 1 o a = 1 lequazione perde di signicato.
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 76
(a 2x)(a +1) (x +1)(a 1) +x(a +1) = x a (a +1)(a 1)
a
2
+a 2ax 2x ax a +x +1 +ax +x = x a a
2
+1
x 2ax +a
2
+a = a
2
x +2ax = 2a
2
+a
x(1 +2a) = a(2a +1)
se a ,=
1
2
(e ovviamente a ,= 1) x =
a(2a +1)
1 +2a
x = a equazione
determinata
se a =
1
2
0 = 0 identit.

1
x 1

1
2a 1
+
1
(x 1)(2a 1)
= 0 m.c.d. (x 1)(2a 1) ;
C.E.x ,= 1, a ,=
1
2
(per a =
1
2
lequazione perde di signicato)
2a 1 x +1 +1 = 0
x +2a +1 = 0
x = 2a+1 perch la soluzione sia accettabile deve essere 2a+1 ,= 1 a ,= 0
Quindi se a ,= 0 (e ovviamente a ,=
1
2
) lequazione determinata; se a = 0
lequazione impossibile.
Esercizio 7.3.3.
(a3)x = a
2
9
ab(1 x) +2x = 3ax+ (3a+2)(3a2) ab(x1)

1
2
(a+b)
2
x = (2a2b)
1
2
+
1
2
x(a
2
+b
2
)

x1
a3
+
x+1
a2
=
4(a
2
6) 2
a
2
5a+6

xa
ab
+
3x+2b
a+b

5b
a+b
=
bxa
2
a
2
b
2

a
x1
+
3x
x+1
=
3x
2
1 x
2

1 b
x
+
2
1 b

1 +b
x
=
2
1 +b
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado
Nelle equazioni di primo grado lobiettivo stato quello di isolare lincognita; nel
caso in cui ci sia stato possibile, ovvero lequazione sia risultata determinata,
abbiamo sempre ottenuto ununica soluzione.
Qualora lequazione sia di grado superiore al primo una possibile strategia
risolutiva consiste nel:
- portare lequazione a forma normale
- scomporre in fattori il polinomio ottenuto
- determinare i valori che annullano i singoli fattori (detti zeri del polinomio).
Ci permette di risolvere lequazione in virt della legge di annullamento di
un prodotto.
Esempio 7.4.1. x(x 1) = 2
x
2
x = 2
x
2
x 2 = 0
(x 2)(x +1) = 0
x 2 = 0 x = 2
x +1 = 0 x = 1
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 77
Osservazione 7.4.1. Questa strategia risolutiva non applicabile ad ogni equazione
in quanto permette di determinare tutte le soluzioni solo se il polinomio della forma
normale scomponibile in fattori tutti di primo grado. Dellequazione x
3
2x 1 = 0
possiamo determinare solo la soluzione x = 1 in quanto, scomponendo il polinomio,
in (x +1)(x
2
x 1) non riusciamo, con le tecniche sinora a nostra disposizione, a
determinare gli zeri di x
2
x 1
Teorema 7.4.1. Una equazione di grado n, ha al massimo n soluzioni.
Dimostrazione.
Sia P(x) = 0 lequazione ridotta a forma normale con P(x) di grado n per
ipotesi. Se una soluzione dellequazione, x un fattore di primo grado di
P(x) per il Teorema di Rufni.
Poich P(x) ha al massimo n fattori di primo grado, lequazione ha al massimo
n soluzioni.
Esempio 7.4.2.
3x(x
2
+10) = 21x
2
3x
3
+30x = 21x
2
3x
3
+30x 21x
2
= 0
3x(x
2
7x +10) = 0
3x(x 2)(x 5) = 0
3x = 0 x = 0
x 2 = 0 x = 2
x 5 = 0 x = 5
Quindi lequazione ha tre soluzioni.
x
4
= 16
x
4
16 = 0
(x 2)(x +2)(x
2
+4) = 0
x 2 = 0 x = 2
x +2 = 0 x = 2
x
2
+4 = 0 non ha soluzioni perch somma di una quantit non negativa ed una
positiva.
Quindi lequazione ha due soluzioni.
Osservazione 7.4.2. Nellultimo esempio abbiamo visto che il fattore x
2
+4, che sappia-
mo essere irriducibile, non ha zeri. Questo risultato pu essere esteso a tutti i polinomi
irriducibili di grado superiore al primo (non abbiamo ancora gli strumenti per dimostrarlo).
In particolare non hanno zeri i falsi quadrati e le somme di quadrati.
x
2
(x +1) 4 = (x +2)(x 2) 27
x
3
+x
2
4 = x
2
4 27
x
3
+27 = 0
(x +3)(x
2
3x +9) = 0
x +3 = 0 x = 3
x
2
3x +9 = 0 non ha soluzioni (x
2
3x +9 un falso quadrato)
Quindi lequazione ha una soluzione.
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 78

2x 1
x 1
+
4x 2
x
2
4x +3
=
3(x 1)
3 x
2x 1
x 1
+
4x 2
(x 1)(x 3)
=
3(x 1)
x 3
m.c.d.(x 1)(x 3) ; C.E.x ,=
1, x ,= 3
(2x 1)(x 3) +4x 2 = 3(x 1)
2
2x
2
6x x +3 +4x 2 = 3x
2
+6x 3
2x
2
3x +1 = 3x
2
+6x 3
5x
2
9x +4 = 0
(5x 4)(x 1) = 0
5x 4 = 0 x =
4
5
x 1 = 0 x = 1 non accettabile
Quindi lequazione ha una soluzione.
4x + (4x 1)(x +2) = 4x(x +3) +1
4x +4x
2
+8x x 2 = 4x
3
+12x
2
+1
4x
2
+11x 2 = 4x
3
+12x
2
+1
4x
3
+8x
2
11x +3 = 0
(x +3)(2x 1)
2
= 0
x +3 = 0 x = 3
(2x 1)
2
= 0 (2x 1)(2x 1) = 0
2x 1 = 0 x =
1
2
2x 1 = 0 x =
1
2
Quindi lequazione ha tre soluzioni delle quali due coincidono con il valore
1
2
,
ovvero lequazione ha due soluzioni distinte.
(x 2)
3
(x
2
+1) = 2x(x 2)
3
(x 2)
3
(x
2
+1) 2x(x 2)
3
= 0
(x 2)
3
(x
2
+1 2x) = 0
(x 2)
3
(x 1)
2
= 0
(x 2)
3
= 0 x = 2 tre soluzioni coincidono con 2 in quanto:
(x 2)
3
= (x 2)(x 2)(x 2)
(x 1)
2
= 0 x = 1 due soluzioni coincidono con 1 in quanto:
(x 1)
2
= (x 1)(x 1)
Quindi lequazione ha due soluzioni distinte delle quali tre coincidono con il valore
2 e due con il valore 1; in totale ha dunque cinque soluzioni.
Denizione 7.4.1.
Si dice che , soluzione di una equazione, ha molteplicit m se il polinomio della forma
normale dellequazione ha come fattore (x )
m
.
Se la molteplicit uno , la soluzione si dice semplice.
Esempio 7.4.3.
x
2
(x +7)(3x 1)
3
= 0
x
2
= 0 x = 0 con molteplicit due
x +7 = 0 x = 7 soluzione semplice
(3x 1)
3
= 0 x =
1
3
con molteplicit tre.
Quindi lequazione ha sei soluzioni delle quali tre distinte.
7.5 problemi di primo grado 79
x(x +1)
3
+
3
(x 2)
2
=
3x 3
x
2
4x +4
+
3
2 x
x(x+1)
3
+
3
(x 2)
2
=
3x 3
(x 2)
2

3
x 2
m.c.d. (x2)
2
; C.E.x ,=
2
x(x +1)
3
(x 2)
2
+3 = 3x 3 3x +6
x(x +1)
3
(x 2)
2
+3 = 3
x(x +1)
3
(x 2)
2
= 0
x = 0 x = 0 soluzione semplice
(x +1)
3
= 0 x = 1 con molteplicit tre
(x 2)
2
= 0 x = 2 con molteplicit due, non accettabile.
Quindi lequazione ha quattro soluzioni di cui due distinte.
Esercizio 7.4.1.
x
3
= 4x
(x+1)(25x
2
+10x+1) = 0
3x
2
(8x
3
+12x
2
+6x+1) = (7x2)(2x+1)
3

3x
x2
+
4
x+3
2 =
16x2
x
2
6 +x

(x
2
6x+9)(x1)
x+1

3x+3
x
2
2x3
=
4x+9
x+1

3
x1
+
2x
x+3
=
10
x
2
+2x3
7.5 problemi di primo grado
Consideriamo lequazione 2x =
1
2
x +12, essa pu essere interpretata come la
descrizione algebrica dellaffermazione: il doppio di un numero pari alla sua
met aumentata di 12. Questultima pu essere la sintesi di un problema concreto
quale ad esempio: determinare il peso di un sacco di farina sapendo che due
sacchi pesano 12 chilogrammi in pi di mezzo sacco.
Per rispondere a questo problema sufciente risolvere lequazione iniziale;
ottenuta la soluzione x = 8 possiamo concludere che un sacco di farina pesa 8
chilogrammi.
Una equazione, quindi, pu essere interpretata come la descrizione algebrica
di un problema. Ci proponiamo, in questo paragrafo, di partire, viceversa, da
un problema per arrivare alla sua soluzione, determinando e risolvendo una
equazione che ne sia la traduzione algebrica. Per fare questo necessario, dopo
aver letto con attenzione il testo del problema, individuare lincognita (o le
incognite) con le sue eventuali limitazioni (dette anche vincoli ) e utilizzare i dati
per scrivere lequazione ( o le equazioni ) risolvente.
Proponiamo alcuni esempi di problemi risolvibili con una equazione ad una
incognita di primo grado o di grado superiore, ma riconducibile al primo.
1. Determinare due numeri naturali consecutivi la cui somma sia 31.
Il problema chiede di determinare due incognite ( i due numeri naturali
n
1
, n
2
) tuttavia essi sono esprimibili con una sola incognita; infatti, posto
n
1
= x il minore, il suo consecutivo n
2
= x +1.
In questo caso come vincolo ricaviamo x N. L equazione risolvente :
x + (x +1) = 31
che ha per soluzione x = 15 ed accettabile perch soddisfa il vincolo.
7.5 problemi di primo grado 80
Possiamo concludere che i numeri naturali richiesti sono n
1
= 15, n
2
= 16.
(Alla stessa conclusione saremmo arrivati ponendo n
2
= x ed n
1
= x 1,
con il vincolo x N

), ma in tal caso lequazione risolvente avrebbe avuto


come soluzione x = 16 )
2. Determinare due numeri naturali pari consecutivi il cui prodotto 168.
n
1
= x
n
2
= x +2
x N (vincolo)
x(x +2) = 168
x
2
+2x = 168
x
2
+2x 168 = 0
(x +14)(x 12) = 0
x +14 = 0 x = 14 non accettabile (vedi vincolo)
x 12 = 0 x = 12 n
1
= 12, n
2
= 14
3. Luca, Carlo e Anna sono tre fratelli. Carlo ha 10 anni pi di Luca ed Anna
ha il doppio dellet di Luca. Determinare le loro et sapendo che il prodotto
delle et dei maschi supera di 21 il prodotto delle et di Luca ed Anna.
e
L
= x (x rappresenta let in anni)
e
C
= x +10
e
A
= 2x
x N (vincolo)
x(x +10) = x 2x +21
x
2
+10x = 2x
2
+21
x
2
10x +21 = 0
(x 3)(x 7) = 0
x 3 = 0 x = 3 e
L
= 3, e
C
= 13, e
A
= 6
x 7 = 0 x = 7 e
L
= 7, e
C
= 17, e
A
= 14
Osserviamo che questo problema ha due soluzioni possibili.
4. Dividere il numero 13 in due parti in modo che la differenza dei loro
quadrati, diminuita di 42 valga 23.
n
1
= x
n
2
= 13 x
0 x 13 (vincolo)
x
2
(13 x)
2
42 = 23
x
2
169 +26x x
2
42 = 23
26x 211 = 23
26x = 234
x = 9 n
1
= 9, n
2
= 4
5. Determinare un numero di due cifre aventi per somma 11, sapendo che
il numero dato, diminuito di 5 uguale al triplo del numero ottenuto
invertendo le cifre.
Indichiamo con C
d
e C
u
rispettivamente la cifra delle decine e la cifra delle
unit del numero n da determinare; dunque n = 10C
d
+C
u
.
C
d
= x
7.5 problemi di primo grado 81
C
u
= 11 x
x N, 1 x 9 (vincolo)
10x + (11 x) 5 = 3[10(11 x) +x]
10x +11 x 5 = 330 30x +3x
9x +6 = 330 27x
36x = 324
x = 9 C
d
= 9, C
u
= 2
Il numero richiesto 92
Esercizio 7.5.1.
Determinare due numeri dispari consecutivi sapendo che la differenza dei loro quadrati 56.
In una banca lavorano 52 persone. I diplomati sono 7 in pi dei laureati, mentre quelli senza
diploma sono la met dei laureati. Calcola il numero di laureati, diplomati e non diplomati della
banca.
Un animatore di un centro turistico vuole dividere un gruppo di 23 bambini in due squadre formate
luna dal doppio dei bambini dellaltra. Quanti bambini formano ogni squadra?
In un negozio si sono vendute 27 paia di calzini, alcuni di lana, altri di cotone. Un paio di calzini di
lana costa 7, 5 euro, di cotone 6 euro. Se lincasso totale stato di 180 euro quante paia di calzini
di ogni tipo si sono vendute?
Lucia raccoglie in un prato un mazzolino di trifogli e quadrifogli; sapendo che i trifogli sono 32 pi
del quintuplo dei quadrifogli e che in tutto ci sono 172 foglie, quanti sono i trifogli e i quadrifogli?
7.6 esercizi riepilogativi 82
7.6 esercizi riepilogativi
1. (x+2) (x+5) (x+3)
2
= (x+2) (x1) x(x+1) [3]
2. (x+2)
3
+x
3
+8x
2
= [x+2x(x+4)](x+3) (x+2)
2
[impossibile]
3. (2 3x)
2
4x(2x5) 4 = x(x+4) [0]
4. 2x+ (x+2)
3
(x1)
3
= 9(x+1)
2
7x [identit]
5.
2x3
6
+
2 x
4
+
3x+4
5
=
2x1
12

3
20
[2]
6.
(x+1)
3
4

(x+2)
3
9
=
x
3
4 +x
2
12
+
(x1)(x
2
+x+1)
18
_

3
7
_
7.
(x2)(x+3)
9

(x+1)(x4)
6
=
(x2)
2
2

25x36 8x
2
18
[identit]
8.
x6
5

x24
6
+
5x144
12
=
x+4
8

_
3
4
x19
_

_
5
6
x24
_
[36]
9.
x
2
x
3
8
+
3
x
2
+2x+4
=
1
x2
[10]
10.
3
x+3

3x
x
2
+6x+9
= 0 [impossibile]
11.
2x
1 2x
+
2x+1
2x1
=
2
2x+1
_
3
2
_
12.
3x
x3
+
x
x4
=
(2x1)
2
12
x
2
7x+12
[1]
13.
2
x
2
1

3
(1 x)
2
+
1
x
2
+2x+1
= 4
_

(1 +2x
(x
2
1)
2
_
[identit con
x = 1]
14.
x
x+2

2(x
2
3
x
2
+2x
=
3 x
x
[impossibile]
15.
12(x+5)
6x
2
11x10
=
10
2x5

8
3x+2
[0]
16.
3
8x
2
36x+36

2x+5
12 4x
=
x+5
2x3
[12]
17. (3x10)
2
+36x189 = (2x6)
2
[5]
18. x
2
(x
2
5) = 4 [1 2]
19. x(x3)(x+3) +12x = 6x(x1) [0; 3con molt. due]
20.
5x2
(x1)
2
+
3x+4
1 x
=
x+2
x
2
2x+1
[0]
21.
3 +x
1 +x

34
15
+
1 +x
3 +x
= 0 [2; 6]
22. (x
2
6x+8)(x
2
12x+35) = 0 [2; 4; 5; 7]
7.6 esercizi riepilogativi 83
23. x
4
x
3
x+1 [1 con molt. due]
24. 4x13 =
13x4
x
2
_
1;
1
4
; 4
_
Esercizio 7.6.1 (Equazioni letterali).
1. a(a5)x+a(a+1) = 6(x1)
_
a = 2, 3 x =
a+3
3 a
; a = 2 identit ; a = 3 impossibile
_
2. (a+b)(x2) +3a2b = 2b(x1)
_
a = b x =
2ba
ab
; a = b = 0 identit ; a = b = 0 impossibile
_
3. (x+a)
2
(xa)
2
+ (a4)(a+4) = a
2
_
a = 0 x =
4
a
; a = 0 impossibile
_
4. x(x+2) +3ax = b+x
2
_
a =
2
3
x =
b
2 +3a
; a =
2
3
e b = 0 identit ; a =
2
3
e b = 0 impossibile
_
5. (xa)
2
+b(2b+1) = (x2a)
2
+b3a
2
_
a = 0 x =
b
2
a
; a = 0 e b = 0 identit ; a = 0 e b = 0 impossibile
_
6.
a
2
9
a+2
= a3
_
a = 3 e a = 2 x =
a+2
a+3
; a = 3 identit ; a = 3 impossibile ; a = 2 perde di signicato
_
7.
x
a2
+
x2
a+2
=
4
a
2
4
[a = 2 e a = 0 x = 1 ; a = 0 identit ; a = 2 perde di signicato]
8.
x
xa
+
1
x+a
= 1
_
a = 0 e a = 1 x =
a(a1)
a+1
; a = 0 oppure a = 1 impossibile
_
9.
4
3a2
+1 =
19
2x(2a5)
+
3
2
_
a =
2
3
e a =
5
2
x =
3a2
2a5
; a =
2
3
oppure a =
5
2
impossibile ; a =
2
3
identit
_
7.6 esercizi riepilogativi 84
Esercizio 7.6.2 (Problemi di primo grado).
1. Un cane cresce ogni mese di
1
3
della sua altezza. Se dopo 3 mesi dalla nascita alto 64 cm, quanto
era alto appena nato?
[27 cm]
2. La massa di una botte colma di vino di 192 kg mentre se la botte riempita di vino per un terzo
la sua massa di 74 kg. Trovare la massa della botte vuota.
[15 kg]
3. Carlo e Luigi percorrono in auto, a velocit costante un percorso di 400 chilometri ma in senso
opposto. Sapendo che partono alla stessa ora dagli estremi del percorso e che Carlo corre a 120 km/h
mentre Luigi viaggia a 80 km/h, calcolare dopo quanto tempo si incontrano.
[2 ore]
4. Un orista ordina dei vasi di stelle di Natale che pensa di rivendere a 12 euro al vaso con un
guadagno complessivo di 320 euro. Le piantine per sono pi piccole del previsto, per questo
costretto a rivendere ogni vaso a 7 euro rimettendoci complessivamente 80 euro. Quanti sono i vasi
comprati dal orista?
[80]
5. Un contadino possiede 25 tra galline e conigli; determinare il loro numero sapendo che in tutto
hanno 70 zampe.
[15 galline e 10 conigli]
6. Un commerciante di mele e pere carica nel suo autocarro 130 casse di frutta per un peso totale
di 23, 5 quintali. Sapendo che ogni cassa di pere e mele pesa rispettivamente 20 kg e 15 kg,
determinare il numero di casse per ogni tipo caricate.
[80 pere e 50 mele]
7. Determina due numeri uno triplo dellaltro sapendo che dividendo il primo aumentato di 60 per il
secondo diminuito di 20 si ottiene 5.
[240 ; 80 ]
8. Un quinto di uno sciame di api si posa su una rosa, un terzo su una margherita. Tre volte la
differenza dei due numeri vola sui ori di pesco, e rimane una sola ape che si libra qua e l nellaria.
Quante sono le api dello sciame?
[15]
9. Per organizzare un viaggio di 540 persone unagenzia si serve di 12 autobus, alcuni con 40 posti
a sedere e altri con 52; quanti sono gli autobus di ciascun tipo?
[7 autobus da 40 posti e 5 da 52]
10. Il pap di Paola ha venti volte let che lei avr tra due anni e la mamma, cinque anni pi giovane
del marito, ha la met dellet che avr questultimo fra venticinque anni; dove si trova Paola oggi?
Parte II
GEOMETRI A
8
LOGI CA ELEMENTARE
In questo paragrafo introduttivo esporremo alcuni concetti fondamentali che
saranno diffusamente utilizzati nel seguito di questo corso di geometria. In
particolare, cercheremo di connotare il concetto di proposizione logica e dei principi
fondamentali della cosiddetta logica aristotelica, senza la pretesa di esaurire tale
argomento in modo rigoroso.
Nel seguito supporremo di aver ssato una volta per tutte un linguaggio qual-
siasi, come, ad esempio, litaliano, o la teoria degli insiemi, oppure il linguaggio
matematico in generale. Di tali linguaggi converremo di utilizzare solo frasi sintat-
ticamente corrette e di senso compiuto, che chiameremo frasi ben formate. Tutte le
frasi ben formate non saranno ulteriormente studiate da un punto di vista sintatti-
co, bens verranno interpretate in base alla loro verit o falsit. I valori vero e falso
non verranno esplicitamente deniti, ma saranno intesi come nozioni primitive
che supporremo di essere sempre in grado di esplicitare in modo oggettivo, cio
non condizionate dal giudizio soggettivo del singolo individuo.
In base a tali premesse possiamo dare la seguente
Denizione 8.0.1. Si denisce proposizione logica una frase ben formata per cui ha
signicato chiedersi se vera o falsa.
Le proposizioni logiche, o semplicemente proposizioni, devono soddisfare i
principi della logica aristotelica, di seguito enunciati.
1. Principio di non-contraddizione: una proposizione non pu essere contempo-
raneamente vera e falsa.
2. Principio del terzo escluso: una proposizione deve essere o vera o falsa, non
esiste una terza possibilit.
Indicheremo le proposizioni con le lettere maiuscole dellalfabeto: P, Q, R, e cos
via.
Le proposizioni possono essere:
proposizioni elementari o atomiche: esse sono le proposizioni pi sem-
plici, le quali non possono essere scomposte in proposizioni di livello pi
semplice;
proposizioni composte o molecolari: esse si ricavano dalla composizione
di proposizioni atomiche.
Per legare le proposizioni atomiche in modo da ottenere le proposizioni mo-
lecolari si utilizzano i connettivi logici. Deniremo ora i connettivi logici che
utilizzeremo diffusamente nel testo.
Denizione 8.0.2. Data la proposizione P, si denisce negazione di P la proposizione
che assume valore di verit opposto rispetto a P. Notazione: P, e si legge P negato.
Denizione 8.0.3. Date le proposizioni P e Q, si denisce disgiunzione inclusiva di
P e Q la proposizione che risulta falsa solo nel caso in cui P e Q sono entrambe false, vera
negli altri casi. Notazione: P Q, e si legge P vel Q.
Denizione 8.0.4. Date le proposizioni P e Q, si denisce disgiunzione esclusiva di
P e Q la proposizione che risulta vera nel caso in cui P e Q hanno valore di verit opposto,
falsa negli altri casi. Notazione: P

Q, e si legge P aut Q.
86
8.1 concetti primitivi e definizioni 87
Denizione 8.0.5. Date le proposizioni P e Q, si denisce congiunzione di P e Q la
proposizione che risulta vera solo nel caso in cui P e Q sono entrambe vere, falsa negli
altri casi. Notazione: P Q, e si legge P et Q.
Denizione 8.0.6. Date le proposizioni P e Q, si denisce implicazione materiale
da P a Q la proposizione che risulta falsa solo nel caso in cui P vera e Q falsa, vera
negli altri casi. Notazione: P =Q, e si legge se P, allora Q. La proposizione P si dice
premessa, mentre la proposizione Q si dice conclusione.
Nel seguito, riguardo limplicazione materiale, saremo interessati solo al caso in
cui sia P che Q sono entrambe proposizioni vere, e parleremo di deduzione logica
che indicheremo ancora col simbolo =. La premessa verr detta ipotesi, mentre
la conclusione verr detta tesi. Diremo altres che P condizione sufciente per
P =Q, mentre Q condizione necessaria per P =Q.
Denizione 8.0.7. Date le proposizioni P e Q, si denisce equivalenza logica di P e
Q la proposizione che risulta vera nel caso in cui sia P che Q hanno lo stesso valore di
verit, falsa negli altri casi. Notazione: P Q, e si legge P se, e solo se, Q.
Lequivalenza logica , pertanto, una doppia implicazione e si pu intendere
come la proposizione P = Q Q = P. Si possono ripetere le stesse
considerazioni della deduzione logica, in quanto nel seguito studieremo solo il
caso in cui sia P che Q sono vere. Entrambe le proposizioni sono sia condizione
necessaria che sufciente.
8.1 concetti primitivi e definizioni
Gli oggetti di studio della geometria piana sono ovviamente le gure geometri-
che piane, quali le rette, i triangoli, i quadrati, e cos via. Le gure geometri-
che, prima ancora di essere studiate, vanno descritte precisamente. Per non
possibile denire esplicitamente ogni oggetto allorch si voglia costruire un
linguaggio rigoroso come quello matematico. Alcune gure geometriche, pertanto,
non saranno denite esplicitamente, costituendo i cosiddetti enti primitivi, o gure
primitive, della geometria.
Assumeremo che gli enti primitivi della geometria piana siano
piano
retta
punto.
Come si pu osservare, la scelta delle gure che sono enti primitivi caduta su
oggetti particolarmente semplici e ben ssati nella nostra mente dallintuizione.
Attraverso essi sar possibile denire esplicitamente le altre gure geometriche,
dalle pi semplici a quelle via via pi complesse.
Quando deniremo esplicitamente una nuova gura geometrica seguiremo i
seguenti criteri:
1. descriveremo rigorosamente e nel modo pi semplice la nuova gura
geometrica a partire dagli enti primitivi o da altre gure gi denite;
2. assegneremo ad essa un nome.
Vediamo alcuni esempi.
Denizione 8.1.1. Due rette aventi un punto in comune si dicono incidenti.
La precedente un esempio di denizione in cui vengono direttamente coinvolti
gli enti primitivi retta e punto.
8.2 postulati e teoremi 88
Denizione 8.1.2. Si denisce parallelogramma un quadrilatero avente i lati opposti
a due a due paralleli.
In questa seconda denizione vengono coinvolti oggetti pi complessi, i quadri-
lateri. Inoltre, si fa uso della relazione di parallelismo tra rette. Entrambi i concetti
devono essere stati deniti in precedenza.
8.2 postulati e teoremi
Una volta denita una gura geometrica si procede allo studio delle sue propriet
attraverso enunciati, che naturalmente speriamo essere veri. Per gli enti primitivi,
non deniti esplicitamente, si enunceranno delle proposizioni particolari che
verranno considerate come autoevidenti senza richiedere una verica esplicita.
Tali proposizioni sono i postulati o assiomi della geometria piana.
Un postulato un enunciato della geometria che si assume identicamente vero senza
che venga richiesta una verica diretta.
Attraverso i postulati
1. elenchiamo le propriet degli enti primitivi (non deniti esplicitamente), per
cui alcuni postulati costituiscono delle denizioni implicite degli enti primitivi
stessi; oppure
2. esprimiamo regole precise che ci aiuteranno a sviluppare la nostra teoria in
modo rigoroso;
3. deduciamo le propriet delle altre gure geometriche, ponendo altres delle
intrinseche limitazioni alle costruzioni geometriche possibili.
Il numero e la scelta dei postulati devono soddisfare le seguenti propriet:
1. coerenza: non si possono enunciare postulati in contraddizione tra loro;
inoltre, se da essi si deduce la proposizione P, non si pu dedurre anche la
proposizione P, cio la negazione di P;
2. indipendenza: un postulato non si deve dedurre da altri postulati;
3. completezza: il numero dei postulati deve essere adeguato afnch si
possano dedurre le propriet delle gure geometriche oggetto di studio.
Le propriet delle gure geometriche denite esplicitamente andranno dedotte
e vericate rigorosamente, dando vita ai teoremi.
Un teorema un enunciato la cui validit sancita da una sequenza di deduzioni detta
dimostrazione.
Dallenunciato si distinguono
1. le ipotesi, proposizioni vere che costituiscono le premesse da cui partire;
2. le tesi, le proposizioni che vogliamo dedurre a partire dalle ipotesi.
La dimostrazione di un teorema una sequenza ordinata di proposizioni, lultima delle
quali proprio la tesi. Ciascuna proposizione della dimostrazione si deduce logicamente o
dai postulati, o dalle denizioni, o da teoremi precedentemente dimostrati.
In questo corso le dimostrazioni verranno condotte come segue. Intanto verran-
no esplicitate ipotesi e tesi in modo preciso e completo, in relazione ad una gura
costruita con estrema cura. Il blocco relativo alla vera e propria dimostrazione
suddiviso nelle seguenti tre colonne:
la prima colonna riporter un numero progressivo per ogni passo;
la seconda colonna conterr una certa proposizione;
8.2 postulati e teoremi 89
la terza colonna la giusticazione rigorosa della validit della proposizione,
con eventuali riferimenti a righe precedenti, denizioni, assiomi, teoremi
precedentemente dimostrati, regole pratiche.
Alle volte, per, le dimostrazioni verranno condotte in modo discorsivo perch
non si prestano al tipo di esposizione descritto in precedenza.
Vediamo un esempio esplicativo, senza avere la pretesa di una immediata
comprensione
Teorema 8.2.1. In ogni triangolo, la somma degli angoli esterni congruente a due
angoli piatti.
C
A B D
Hp: D

BC angolo esterno triangolo ABC


Th: D

BC

= A

CB+B

AC
Dimostrazione. Prolunghiamo il lato AB dalla parte di B.
1. D

BC+A

BC

= angoli adiacenti
2. A

BC+A

CB+B

AC

= teorema degli angoli interni
3. D

BC

= A

CB+B

AC 1., 2., supplementari di uno stesso


angolo
Come si pu notare la ne di una dimostrazione indicata da un quadratino
vuoto sulla destra.
La struttura della dimostrazione illustrata in precedenza quella di una dimo-
strazione detta diretta: a partire dalle ipotesi, in modo diretto, attraverso tutti i
passaggi descritti, si giunge alla verica delle tesi.
Esiste, per, anche una dimostrazione indiretta, detta dimostrazione per assur-
do, la quale si pu descrivere nel modo seguente. Indichiamo con Hp le ipotesi e
con Th la tesi del nostro teorema. Supponiamo ora di negare la validit della tesi
e procediamo ad analizzare le conseguenze logiche di tale assunzione. In generale
esse porteranno ad uno dei seguenti casi:
un postulato risulta falso;
le Hp risultano false;
un teorema precedentemente dimostrato risulta falso.
Evidentemente ci non possibile per il principio di non contraddizione, in
quanto una proposizione non pu essere contemporaneamente vera e falsa. Pertan-
to le conseguente dellassunzione che Th falsa ci portanto ad una contraddizione,
o come altrimenti si dice, ad un assurdo. Lassurdo nato dallaver supposto
la tesi falsa, quindi, per il principio del terzo escluso, essa dovr essere vera,
concludendo in questo modo la dimostrazione del teorema.
9
POSTULATI DI APPARTENENZA
In questa sezione iniziamo ad enunciare i postulati della Geometria euclidea. Lo
studio dei postulati di fondamentale importanza per la comprensione dello
sviluppo che daremo allintero corso. Essi, come gi sottolineato nella precedente
sezione, stabiliscono in modo preciso le propriet degli enti primitivi, e, con
le regole logiche elementari, permettono di dare un fondamento rigoroso alle
propriet delle gure geometriche che studieremo e dimostreremo rigorosamente.
Tutte le gure geometriche saranno sempre intese come insiemi di punti.
Postulato 1. Per due punti distinti passa una ed una sola retta.
A
B
r
Il postulato asserisce che una retta univocamente determinata da due punti.
Essa , intuitivamente, come lavete sempre immaginata, vale a dire come un
oggetto geometrico rappresentabile attraverso luso di un righello.
Postulato 2. Ogni retta contiene almeno due punti.
A
B
r
P
In effetti dedurremo che la retta contiene inniti punti.
I punti che appartengono ad una retta si dicono allineati. Dal primo postulato si
deduce che due punti sono sempre allineati.
Postulato 3. Esistono almeno tre punti non allineati.
Pettanto, considerata una retta r, esiste sicuramente un punto P / r.
Teorema 9.0.2. Due rette distinte r ed s hanno al massimo un punto in comune.
Hp: r ,= s
Th: r s = {P}

r s =
P
r
s
Dimostrazione. Se le due rette non hanno punti in comune, allora segue immedia-
tamente la tesi. Supponiamo che r s ,= .
90
91
1. Per assurdo r s = {P, Q}
2. P r P s 1., denizione intersezione
3. Q r Q s 1., denizione intersezione
4. r = s 2., 3., postulato di appartenenza della
retta
5. r ,= s Hp
6. Contraddizione 4., 5.
7. r s = {P} 6.
Denizione 9.0.1. Due rette aventi un punto in comune si dicono incidenti.
Postulato 4. Per tre punti distinti e non allineati passa uno ed un solo piano.
Il piano , pertanto, univocamente determinato da tre punti distinti, purch non
appartengano alla stessa retta.
Postulato 5. Se una retta ha due punti in comune col piano, allora interamente
contenuta nel piano.
Dai postulati di appartenenza si deducono i seguenti risultati.
Teorema 9.0.3. Una retta r ed un punto A / r individuano univocamente un piano .

A
B
C
r
Hp: r, A tali che A / r
Th: esiste unico
Dimostrazione. .
1. r, A tali che A / r Hp
2. esistono B, C rdistinti postulato di appartenenza della retta
3. A, B, C tre punti didtinti e non
allineati
1., 2.
4. esiste unico 3., postulato di appartenenza del piano
Teorema 9.0.4. Due rette distinte r ed s individuano univocamente un piano .

C
B
A
r
s
92
Hp: r ,= s
Th: esiste unico
Dimostrazione. Dimostremo il teorema solo nel caso r s = {A}.
1. r s = {A} Hp
2. esistono B, A r distinti postulato di appartenenza della retta
3. esistono C, A s distinti postulato di appartenenza della retta
4. A, B, C tre punti distinti e non
allineati
2., 3.
5. esiste unico 3., postulato di appartenenza del piano
10
POSTULATI DELL ORDI NE
10.1 postulato della relazione di precedenza
Intuitivamente possiamo pensare di stabilire un verso di percorrenza sulla retta,
in modo tale che resti denita una relazione di precedenza tra punti. Questa
operazione ricorda quella di ordinamento dei numeri. Il seguente postulato
chiarisce la situazione ed enuncia le propriet della relazione cos costruita.
Postulato 6. Su una retta possibile pressare due orientamenti opposti. Una volta
ssato uno dei due versi, resta denita una relazione di precedenza tra punti, denotata
col simbolo o col simbolo ~, di modo che A B signica A precede B, mentre B ~ A
signica B segue A. La scelta del verso arbitraria. La relazione di precedenza gode delle
seguenti propriet, qualunque siano i punti A, B e C della retta:
A
B
C
r
1. Propriet di tricotomia: una sola tra le seguenti vera
A B A B B A
2. Propriet transitiva
A B B C = A C
10.2 postulato di densit della retta
In questo paragrafo cominceremo a denire i sottoinsiemi della retta.
Denizione 10.2.1. Siano r una retta orientata, A B due suoi punti. Si denisce
segmento di estremi A e B la parte di retta costituita da tutti i punti P r tali che
A P B, oppure P A, oppure P B. Se A B, il segmento si dice nullo, ed
costituito da un unico punto.
A
B
r
Il segmento di estremi A e B si denota col simbolo AB o BA indifferentemente.
La retta che contiene il segmento si chiama sostegno.
Denizione 10.2.2. Due segmenti si dicono consecutivi se hanno un estremo in comu-
ne. Due segmenti si dicono adiacenti se sono consecutivi e se hanno lo stesso sostegno,
cio giacciono sulla stessa retta.
Denizione 10.2.3. Siano dati n punti P
1
, P
2
, ..., P
i
, P
i+1
, ..., P
n1
, P
n
. Si denisce
linea spezzata o poligonale lunione di due o pi segmenti P
1
P
2
, P
2
P
3
,...,P
n1
P
n
tali che P
1
P
2
e P
2
P
3
sono consecutivi, P
2
P
3
e P
3
P
4
sono consecutivi, e cos via. I punti
P
1
, P
2
, ..., P
i
, P
i+1
, ..., P
n1
, P
n
si dicono vertici, i segmenti P
1
P
2
, P
2
P
3
,...,P
n1
P
n
si dicono lati della poligonale. Se i punti P
1
(iniziale) e P
n
(nale) sono distinti la
poligonale si dice aperta, se P
1
P
n
la poligonale si dice chiusa o poligono.
93
10.2 postulato di densit della retta 94
A
1
A
2
A
3
A
4
A
5
B
1
B
2
B
3
B
4
B
5
Nel seguito, intenderemo (con abuso di linguaggio) poligono di n lati la parte di
piano limitata i cui conni sono stabiliti dagli n lati del poligono, lati compresi. La
parte che non include i punti dei lati sar la sua parte interna.
Postulato 7. Sia r una retta orientata e siano A e B due suoi punti distinti, con A B.
Allora esiste un punto P r, distinto da A e B, tale che A P B .
A B P
r
Corollario 10.2.1. Sia AB un segmento non nullo. Allora esso contiene inniti punti.
B P A
r

Dimostrazione. Siano A e B gli estremi distinti del segmento con A B. Dallas-
sioma di densit, esiste un punto C diverso dagli estremi tale che A C B;
applicando ancora lassioma di densit, tra A e C esiste il punto D, distinto da
essi, tale che A D C; e cos via, applicando ripetutamente il postulato di
densit.
Pertanto, un segmento o contiene un unico punto (segmento nullo) o contiene
inniti punti. Inoltre, il fatto che ogni segmento ha sempre una retta come sostegno
conduce al seguente
Corollario 10.2.2. La retta un insieme innito di punti.
Dimostrazione. Ogni segmento non nullo un sottoinsieme di una retta (sostegno).
Poich esso un insieme innito di punti, segue la tesi.
Teorema 10.2.1. Per un punto A del piano passano innite rette.

A
B
C
r
Dimostrazione. Il piano univocamente determinato da un punto A e da una retta
r tale che A / r. La retta r contiene inniti punti tutti distinti da A, per cui
possibile costruire innite rette passanti per A e per ciascun punto di r, in base al
postulato di appartenenza della retta.
10.3 postulato di illimitatezza della retta 95
Denizione 10.2.4. Sia C un punto del piano, linsieme delle innite rette passanti per
C si dice fascio proprio di rette di centro C.
Teorema 10.2.2. Il piano contiene inniti punti e innite rette.

C
P
1
P
2
B
A
Dimostrazione. Baster dimostrare che il piano contiene innite rette. Il piano
univocamente determinato da tre punti distinti e non allineati A, B e C, in base
al postulato di appartenenza del piano. I punti A e B individuano univocamente
la retta AB, la quale giace completamente sul piano perch ha i punti A e B in
comune con esso. Ciascuna retta (sono innite) individuata da un qualunque
punto P AB e dal punto C giace completamente nel piano perch ha in comune
con esso i punti P e C. Contenendo il piano innite rette, esso contiene anche
inniti punti in quanto ogni retta contiene inniti punti.
Introduciamo ora un altro sottoinsieme della retta.
Denizione 10.2.5. Sia r una retta orientata e sia P un suo punto. Si denisce semiret-
ta di origine P ciascuna parte in cui il punto P suddivide la retta. Lorigine P appartiene
ad entrambe le semirette, le quali si dicono semirette opposte.
P
r
Le semirette verranno denotate con le lettere minuscole dellalfabeto; altre volte
si indicheranno come AB dove la prima lettera A indica lorigine della semiretta,
mentre la seconda indica un qualunque punto della semiretta diverso dallorigine.
Corollario 10.2.3. La semiretta un insieme innito di punti.
Dimostrazione. Lasciata per esercizio.
10.3 postulato di illimitatezza della retta
Postulato 8. Sia r una retta orientata e sia P un suo qualsiasi punto. Allora esiste un
punto A r tale che A P, ed esiste un punto B r tale che P B.
A
B
P
r
10.4 postulato di partizione del piano 96
Il postulato di illimitatezza esprime la seguente idea intuitiva: la retta non ha n
un inizio n una ne. Diremo che essa un insieme illimitato di punti. Osserviamo
che la propriet di essere un insieme illimitato pi forte di quella di essere un
insieme innito. Infatti, il segmento un insieme innito di punti ma non un
insieme illimitato di punti. Schematicamente
illimitato = infinito
infinito

= illimitato
10.4 postulato di partizione del piano
Postulato 9. Siano dati il piano e la retta r contenuta in esso. Allora la retta r
suddivide il piano in due parti
1
e
2
aventi le seguenti propriet:
per ogni coppia di punti A, B
1
tali che A, B / r, il segmento AB interamente
contenuto in
1
e ABr = ;
per ogni coppia di punti A
1
e B
2
tali che A, B / r, il segmento AB ha
intersezione non vuota con la retta r.
Denizione 10.4.1. Le parti
1
e
2
dellassioma precedente si dicono semipiani. La
retta r, parte comune dei due semipiani, si dice origine dei semipiani.
Si deduce facilmente che anche i semipiani sono insiemi inniti di punti. Inoltre,
essi sono da una parte limitati dalla propria origine, mentre dallaltra sono
illimitati.
11
POSTULATI DI CONGRUENZA
11.1 il movimento rigido e la congruenza tra figure
In matematica opportuno utilizzare il simbolo di uguaglianza = con molta
attenzione. Abbiamo in precedenza convenuto di pensare le gure geometriche
come insiemi di punti, ragion per cui bisogna essere coerenti col linguaggio della
teoria degli insiemi. In particolare, richiamiamo la seguente denizione.
Denizione 11.1.1. Due insiemi A e B si dicono uguali se hanno gli stessi elementi.
Nella geometria intuitiva si soliti considerare uguali due gure che hanno le
stesse dimensioni, anche se sono costituite da punti diversi del piano. Tutto ci
non in accordo con la denizione data in precedenza, se vogliamo procedere
con rigore.
Denizione 11.1.2. Un movimento rigido una procedura ideale che porta una gura
geometrica da una posizione del piano ad unaltra senza che ne vengano modicate le
dimensioni. Due gure e

che si corrispondono mediante un movimento rigido sono


dette congruenti o isometriche e si scrive

=

.
C
A
B
A

Si deduce che due gure geometriche uguali sono congruenti, ma due gure
congruenti non sono necessariamente uguali. Tutto ci riassunto dallo schema
=

=

=

= =

11.2 postulati di congruenza


I postulati di congruenza sanciscono le propriet della relazione di congruenza,
nonch stabiliscono regole sulla composizione di gure geometriche di base, quali
segmenti e angoli.
Postulato 10. Siano dati un segmento AB ed una semiretta orientata a di origine C.
Allora esiste un unico punto D a tale che AB

= CD.
A
B
C
D
AB

= CD
Il postulato stabilisce una regola per il confronto tra segmenti. Da esso si deduce
che
97
11.2 postulati di congruenza 98
1. se il punto E tale che C E D, allora CE minore di AB, notazione
CE < AB;
A
B
C
D
E
2. se il punto E tale che C D E, allora CE maggiore di AB, notazione
CA > AB.
A
B
C
D
E
Postulato 11. Ogni segmento congruente a s stesso. Se AB

= CD e CD

= EF, allora
AB

= EF.
Il postulato asserisce semplicemente che la relazione di congruenza tra segmenti
gode delle propriet riessiva e transitiva. Inoltre, evidentemente, le due scritture
AB

= CD e CD

= AB sono equivalenti, per cui la relazione di congruenza tra
segmenti gode dellulteriore propriet simmetrica.
Denizione 11.2.1. Si denisce punto medio di un segmento non nullo il punto in-
terno M tale AM

= MB. Ogni retta del fascio proprio di centro M diversa dal sostegno
AB si dice mediana del segmento AB.
A B M
AM

= MB
Possiamo ora esporre come costruire in modo effettivo lunione o somma di
due segmenti, in sintonia con i postulati di congruenza enunciati in precedenza.
Siano AB e CD due segmenti. Con un movimento rigido trasportiamo il se-
condo segmento in modo tale che C B e si ottengano due segmenti adiacenti.
Il segmento AD cos ottenuto si dice il segmento somma di AB e CD. Resta
cos denita loperazione di addizione tra segmenti, la quale gode delle usuali
propriet, vale a dire associativa, commutativa, dellelemento neutro (il segmento
nullo).
A B C D
C
D
AD

= AB+CD
11.2 postulati di congruenza 99
Possiamo ora esporre come costruire in modo effettivo lunione o somma di
due segmenti, in sintonia con i postulati di congruenza enunciati in precedenza.
Siano AB e CD due segmenti. Con un movimento rigido trasportiamo il se-
condo segmento in modo tale che C B e si ottengano due segmenti adiacenti.
Il segmento AD cos ottenuto si dice il segmento somma di AB e CD. Resta
cos denita loperazione di addizione tra segmenti, la quale gode delle usuali
propriet, vale a dire associativa, commutativa, dellelemento neutro (il segmento
nullo).
La differenza ABCD di segmenti verr denita a patto che non si verichi la
condizione AB < CD. Consideriamo, pertanto, tali segmenti con la condizione
posta:
se AB

= CD, allora si conviene di assumere che la differenza ABCD sia
il semento nullo;
se AB > CD, allora con un movimento rigido trasportiamo il secondo
segmento in modo tale che C A e i due segmenti abbiano lo stesso
sostegno; per lipotesi fatta risulta A D B. Il segmento DB il segmento
differenza di AB e CD.
Resta cos denita unoperazione di sottrazione tra segmenti, con la ipotizzata
limitazione.
Postulato 12. Siano A, B, e C tre punti della retta orientata r tali che A B C,
e siano D, E, e F tre punti della retta orientata s tali che D E F. Se AB

= DE e
BC

= EF, allora AC

= DF. Inoltre, se AC

= DF e AB

= DE, allora BC

= EF.
Il postulato asserisce che segmenti che sono somma o differenza di segmenti
congruenti sono a loro volta congruenti.
Denizione 11.2.2. Siano a e b due semirette orientate aventi la stessa origine V. Si
denisce angolo ciascuna parte in cui le semirette dividono il piano. Il punto V si chiama
vertice e le semirette lati dell angolo, i cui punti sono comuni alle due parti.
V
Con riferimento alla denizione precedente, siano dati i punti A a e B b. Si
converr di orientare i due angoli individuati in senso antiorario.
A
B
V
b
a

In base alla gura, langolo avr come primo lato a e come secondo lato b, di
contro langolo avr come primo lato b e come secondo lato a. Essi verranno
denotati entrambi con A

VB, purch non sorgano dubbi, dal contesto, a quale


angolo ci si riferisca.
Per parte interna di un angolo intenderemo i punti dellangolo che non appar-
tengono ai suoi lati. Per parte esterna dellangolo intenderemo i punti che non
appartengono allangolo.
11.2 postulati di congruenza 100
Denizione 11.2.3. Si denisce angolo convesso langolo la cui parte interna non
contiene i prolungamenti dei lati. Langolo la cui parte interna contiene i prolungamenti
dei lati si dice angolo concavo.
V
convesso
concavo
Denizione 11.2.4. Un poligono si dice convesso se i prolungamenti di tutti i suoi lati
non passano al suo interno, altrimenti si dice concavo.
Postulato 13. Siano dati un angolo A

VB ed una semiretta orientata UD di origine U.


Allora esiste ununica semiretta orientata UC di origine U tale che A

VB

= C

UD.
V
A
B
U
D
C
A

VB

= C

UD
Il postulato stabilisce una regola per il confronto tra angoli. Da esso si deduce
che
1. se la semiretta UD interna allangolo A

VB, allora langolo C

UD minore
dellangolo A

VB, notazione C

UD < A

VB;
B
D
U V U
D
C
A C
C

UD< A

VB
2. se la semiretta UD esterna allangolo A

VB, allora langolo C

UD mag-
giore dellangolo A

VB, notazione C

UD > A

VB
11.2 postulati di congruenza 101
D
B
U V U
D
C
A C
C

UD> A

VB
Postulato 14. Ogni angolo congruente a s stesso. Dati tre angoli , e : se

=
e

= , allora

= .
Denizione 11.2.5. Due angoli si dicono consecutivi se hanno il vertice ed un lato in
comune.
Cominciamo ora a denire alcuni angoli particolari.
Denizione 11.2.6. Si denisce angolo giro langolo avente come lati due semirette
coincidenti.
V
a b
I punti delle due semirette sovrapposte individuano il cosiddetto angolo nullo,
il quale lunico angolo che ha parte interna vuota. In base alla denizione
langolo giro costituito da tutti i punti del piano.
Possiamo ora esporre come costruire in modo effettivo lunione o somma di
due angoli, in sintonia con i postulati di congruenza enunciati in precedenza.
Siano un angolo di primo lato a e secondo lato b con vertice V (indicato
con a

Vb), un angolo di primo lato c e secondo lato d con vertice W(indicato


con c

Wd). Con un movimento rigido trasportiamo il secondo angolo in modo


tale che V W e c b; si ottiene cos un angolo di vertice V, primo lato a e
secondo lato b (indicato con a

Vd), detto angolo somma di e , a patto che non


sia maggiore di un angolo giro. Resta cos denita unoperazione di addizione
tra angoli per cui valgono le usuali propriet, vale a dire associativa, commutativa,
propriet dellelemento neutro (angolo nullo). Si scriver = +.
La differenza di angoli verr denita a patto che non si verichi la
condizione < . Facendo riferimento alle notazioni precedenti
se

= , allora congruente allangolo nullo;
se > , allora con un un movimento rigido trasportiamo il secondo
angolo in modo tale che V W e c a, per cui sicuramente la semiretta d
interna allangolo ; si considera cos langolo di vertice V, primo lato c
e secondo lato b (indicato con c

Vb), detto angolo differenza di e .


Resta cos denita unoperazione di sottrazione tra angoli, con la ipotizzata
limitazione.
11.2 postulati di congruenza 102
Postulato 15. Dati gli angoli , ,

, se

=

e

=

, allora +

=

.
Se

< e

<

e se

=

e

=

, allora

=

.
Il postulato asserisce che angoli che sono somma o differenza di angoli con-
gruenti sono a loro volta congruenti.
Denizione 11.2.7. Si denisce angolo piatto langolo avente come lati due semirette
opposte, cio luna il prolungamento dellaltra.
V
a
b
In base alla denizione ciascun angolo piatto un semipiano, per cui si ottiene
immediatamente il seguente
Corollario 11.2.1. Ciascun angolo piatto congruente alla met di un angolo giro.
Pertanto tutti gli angoli piatti sono congruenti.
Dimostrazione. Infatti, con un movimento rigido si ottiene che i due semipiani
sono perfettamente sovrapponibili.
Denizione 11.2.8. Sia dato un angolo di vertice V. Si denisce bisettrice dellangolo
la semiretta di origine V che divide langolo in due parti congruenti.
V
a
c
b


=
Denizione 11.2.9. Dato un angolo piatto e condotta la sua bisettrice, ciascun angolo
che si viene a determinare si dice angolo retto.
V
a
b
c


=
11.2 postulati di congruenza 103
Pertanto, ciascun angolo retto congruente alla met di un angolo piatto.
Per estensione, due rette incidenti che formano quattro angoli retti si dicono
perpendicolari. Studieremo in maggior dettaglio la relazione di perpendicolarit
tra rette in un prossimo capitolo.
Conveniamo di utilizzare le seguenti notazioni. Un qualunque angolo piatto
verra indicato con la lettera greca ; di conseguenza langolo giro verr denotato
con 2, mentre ogni angolo retto verr denotato con

2
.
Denizione 11.2.10. Si denisce asse del segmento AB la retta a che perpendicolare
al segmento nel suo punto medio.
A M B
a
Vediamo ora di denire particolari relazioni su coppie di angoli.
Denizione 11.2.11. Due angoli si dicono complementari se la loro somma con-
gruente ad un angolo retto; due angoli si dicono supplementari se la loro somma
congruente ad un angolo piatto.
Denizione 11.2.12. Due angoli si dicono opposti al vertice se i lati delluno sono i
prolungamenti dei lati dellaltro.
V
a

a
b
evidente che due rette incidenti individuano due coppie di angoli opposti al
vertice.
Stabiliamo le seguenti importanti propriet.
Teorema 11.2.1. Angoli complementari di uno stesso angolo sono congruenti.
Hp: +

=

2
+

=

2
Th:

=
11.2 postulati di congruenza 104
Dimostrazione. .
1. +

=

2
Hp
2. +

=

2
Hp
3. +

= + 1., 2., propriet transitiva
4.

= 3., differenza di angoli congruenti
Allo stesso modo si dimostra
Teorema 11.2.2. Angoli supplementari di uno stesso angolo sono congruenti.
Denizione 11.2.13. Due angoli consecutivi si dicono adiacenti se sono anche supple-
mentati.
V
c a
b
La relazione di consecutivit tra due angoli pi generale della relazione di
adiacenza, come illustrato dal seguente schema
e adiacenti = e consecutivi
e consecutivi

= e adiacenti
Allo stesso modo
e adiacenti = e supplementari
e supplementari

= e adiacenti
in quanto due angoli supplementari possono occupare parti di piano arbitrarie.
Teorema 11.2.3. Angoli opposti al vertice sono congruenti.
V


=
Hp: e angoli opposti al vertice
Th:

=
11.2 postulati di congruenza 105
Dimostrazione. Indichiamo con langolo adiacente sia ad che a .
1. +

= angoli adiacenti
2. +

= angoli adiacenti
3. +

= + 1., 2., propriet transitiva
4.

= 3., supplementari di uno stesso angolo
12
I CRI TERI DI CONGRUENZA PER I TRI ANGOLI
In questa sezione studieremo una delle gure geometriche pi importanti: il
triangolo. La conoscenza delle denizioni e delle propriet che riguardano i
triangoli sono fondamentali per lo studio delle gure geometriche pi complesse.
In particolare, i criteri di congruenza dei triangoli costituiranno una tecnica
molto potente nella conduzione delle dimostrazioni nel seguito di questo corso.
Dedurremo diversi teoremi fondamentali per i triangoli, studieremo le due pi
semplici isometrie: le simmetrie centrale e assiale.
12.1 definizione e classificazione dei triangoli
ben nota la seguente
Denizione 12.1.1. Si denisce triangolo un poligono avente tre lati.
Ogni triangolo ha tre vertici e tre angoli interni. Sulla base di caratteristiche
particolari di lati e angoli possibile classicare i triangoli.
Denizione 12.1.2. Si denisce triangolo scaleno un triangolo in cui non ci sono lati
congruenti.
C
A B
Il triangolo scaleno evidentemente il triangolo pi generale e ogni propriet
valida per esso sar ereditata da ogni altro triangolo particolare, con gli opportuni
aggiustamenti. Si vedr pi avanti che in un triangolo scaleno non ci sono angoli
congruenti.
Denizione 12.1.3. Si dice triangolo isoscele un triangolo avente almeno due lati
congruenti. Un triangolo isoscele in cui tutti e tre i lati sono congruenti detto triangolo
equilatero.
C
A B
C

osservazione: Risulta evidente che la deduzione


ABC equilatero = ABC isoscele
risulta corretta, mentre quella inversa no. La situazione pu essere illustrata
attraverso il seguente diagramma di Eulero, nel quale E rappresenta linsieme dei
triangoli equilateri, I quello dei triangoli isosceli.
106
12.1 definizione e classificazione dei triangoli 107
E
I
In un triangolo isoscele, langolo formato dai due lati congruenti detto angolo
al vertice, il lato che si oppone allangolo al vertice base canonica, gli angoli adiacenti
alla base canonica angoli alla base.
In un triangolo equilatero, ciascun angolo pu essere riguardato sia come angolo
alla base, sia come angolo al vertice.
Classichiamo, ora, i triangoli sulla base degli angoli.
Denizione 12.1.4. Si denisce triangolo acutangolo un triangolo in cui tutti gli
angoli sono acuti, cio minori di un angolo retto.
A B
C
Denizione 12.1.5. Si denisce triangolo ottusangolo un triangolo avente un angolo
ottuso, cio maggiore di un angolo retto e minore di un angolo piatto.
C
A B
Denizione 12.1.6. Un triangolo con un angolo retto si dice triangolo rettangolo. I
lati dellangolo retto sono denominati cateti, il terzo lato ipotenusa.
C
A B
Denizione 12.1.7. In un triangolo, si denisce mediana di un lato, il segmento
condotto dal punto medio del lato stesso al vertice opposto ad esso.
Le mediane di un triangolo sono tre; proveremo che si incontrano in un punto
detto baricentro, che per ogni triangolo un punto interno.
12.2 i criteri di congruenza dei triangoli 108
C
A
B
M
N
P
G
Denizione 12.1.8. In un triangolo, si denisce bisettrice di un angolo interno, il
segmento di bisettrice dellangolo stesso, condotto dal suo vertice e avente come secondo
estremo un punto del lato opposto.
Le bisettrici di un triangolo sono tre; proveremo che si incontrano in un punto
detto incentro, che per ogni triangolo un punto interno.
C
A B
I
A ciascun angolo interno di un triangolo si associa una coppia di angoli, come
segue.
Denizione 12.1.9. In un triangolo, si denisce angolo esterno associato ad un angolo
interno, ciascuno dei due angoli adiacenti ad esso, formati da uno dei suoi lati e dal
prolungamento dellaltro.
C
A
B
D
E
Il fatto che gli angoli esterni associati ad un angolo interno siano due pu
sembrare una complicazione, ma essa viene immediatamente fugata dalla gura
precedente che ispira il seguente
Teorema 12.1.1. Gli angoli esterni associati ad un angolo interno sono congruenti.
Dimostrazione. Sono opposti al vertice.
12.2 i criteri di congruenza dei triangoli
La congruenza conserva sia le dimensioni che la forma delle gure geometriche. In
particolare, due triangoli sono congruenti se ciascun lato del primo congruente
al lato corrispondente del secondo, e cos anche per gli angoli. Occorre pertanto
confrontare tra loro sei informazioni per ciascun triangolo. I criteri di congruenza
dei triangoli ci assicurano, invece, che sono sufcienti tre informazioni per ciascun
triangolo, a patto che siano opportune.
12.2 i criteri di congruenza dei triangoli 109
Teorema 12.2.1 (Primo criterio di congruenza). Se due triangoli hanno ordinatamente
congruenti due lati e langolo da essi formato, allora essi sono congruenti.
C
A B
C

Hp: AB

= A

BC

= B



B

=

B

Th: ABC

= A

Dimostrazione. Con un movimento rigido trasportiamo il triangolo A

come
segue. Poich

B

=

B

, trasportiamo langolo

B

sopra langolo

B, in modo che
B vada su B. Siccome AB

= A

e BC

= B

, anche A cade su A e C su C.
Avendo i tre vertici coincidenti, i due triangoli risultano congruenti.
Teorema 12.2.2 (Secondo criterio di congruenza). Se due triangoli hanno ordinata-
mente congruenti due angoli e il lato tra essi compreso, allora essi sono congruenti.
C
A B
C

Hp:AB

= A



A

=

A



B

=

B

Th: ABC

= A

Dimostrazione. Con un movimento rigido trasportiamo il triangolo A

come
segue. Poich AB

= A

, AB si sovrappone a AB; siccome



A

=

A



B

=

B

,
la retta AC si sovrappone ad AC, il lato BC si sovrappone a BC; sapendo che
due rette incidenti sincontrano in un solo punto, si deduce che anche il vertice
C si sovrappone a C. Avendo i tre vertici coincidenti, i due triangoli risultano
congruenti.
Teorema 12.2.3 (Secondo criterio di congruenza generalizzato). Se due trian-
goli hanno ordinatamente congruenti due angoli e un lato qualunque, allora essi sono
congruenti.
La dimostrazione del secondo criterio generalizzato verr esposta nel capito sul
parallelismo.
Teorema 12.2.4 (Terzo criterio di congruenza). Se due triangoli hanno ordinatamente
congruenti i tre lati, allora essi sono congruenti.
La dimostrazione del terzo criterio di congruenza omessa.
Come gi accennato, i criteri di congruenza dei triangoli saranno uno strumento
potente per condurre gran parte delle dimostrazioni di questo corso. In parti-
colare, diamo le seguenti regole pratiche, delle quali alcune sono unimmediata
conseguenza dei postulati di congruenza.
12.3 esercizi 110
Regola pratica 1. Se si desidera dimostrare che due segmenti sono congruenti, allora
si considerano due triangoli che hanno quei segmenti come lati, si dimostra che i due
triangoli sono congruenti, quindi si applica la seguente
Regola pratica 2. In triangoli congruenti, ad angoli congruenti si oppongono lati
congruenti.
Regola pratica 3. Se si desidera dimostrare che due angoli sono congruenti, allora si
considerano due triangoli che hanno quegli angoli come angoli interni, si dimostra che i
due triangoli sono congruenti, quindi si applica la seguente
Regola pratica 4. In triangoli congruenti, a lati congruenti si oppongono angoli con-
gruenti.
Regola pratica 5. Se AB

= CDe EF

= GH, allora AB+EF

= CD+GHe ABEF

=
CDGH, allorquando la differenza tra segmenti ha signicato in base alle regole in
merito gi denite.
Regola pratica 6. Se

A

=

B e

C

=

D, allora

A+

C

=

B+

D e

A

C

=

B

D,
allorquando la somma e la differenza tra angoli hanno signicato, in base alle regole in
merito gi stabilite.
Nelle dimostrazioni dei teoremi, lapplicazione dei criteri di congruenza sar
evidenziata con le diciture abbreviate 1 c.c., 2 c.c., 3 c.c., 2 c.c.g..
12.3 esercizi
1. Sia C un punto dellangolo convesso X

OY e A e B due punti dei lati OX


e OY dellangolo tai che OA

= OB. Dimostra che i triangoli BCO e ACO
sono congruenti.
2. Sia ABC un triangolo. Sulla bisettrice dellangolo B

AC considera due punti


D ed E tali che AD

= AB e AE

= AC. Dimostra che BE

= DC.
3. Disegna due triangoli congruenti ABC e A

. Sui lati congruenti AB e


A

, considera i punti D e D

in modo che AD

= A

. Dimostra che gli


angoli C

DB e C

D

sono congruenti.
4. Disegna un angolo A

VB e la sua bisettrice VC. Da un punto E della bisettrice


traccia una retta che forma con la bisettrice due angoli retti. Questa retta
interseca i lati dellangolo nei punti A e B. Dimostra che AO

= BO.
5. Disegna il triangolo ABC, con AB > AC. Traccia la bisettrice AD dellangolo

A. Dal punto D traccia una semiretta che formi con la bisettrice stessa un
angolo congruente allangolo A

DC. Tale semiretta incontra AB nel punto E.


Dimostra che CD e DE sono congruenti.
6. Disegna i triangoli congruenti ABC e A

. Dimostra che le bisettrici di


due angoli congruenti sono congruenti.
7. Dimostra che due triangoli, che hanno congruenti due lati e la mediana
relativa ad uno dei due, sono congruenti.
8. Disegna due segmenti congruenti AB e DE. Costruisci su essi due triangoli
equilateri ABC e DEF. Dimostra che i triangoli sono congruenti. Puoi
dimostrare ancora la congruenza se costruisci sui due segmenti due triangoli
isosceli?
13
TEOREMI DI CARATTERI ZZAZI ONE DEI TRI ANGOLI
I SOSCELI
In questo paragrafo enunceremo e dimostreremo importanti propriet che caratte-
rizzano i triangoli isosceli. Cominciamo col notissimo
Teorema 13.0.1 (Teorema diretto per i triangoli isosceli). In ogni triangolo isoscele,
gli angoli alla base sono congruenti.
C
A B
D E
Hp: ABC isoscele AC

= BC
Th: A

BC

= B

AC
Dimostrazione. Costruzione: prolunghiamo i lati AC e BC, dalla parte di A e di
B, e scegliamo rispettivamente su tali prolungamenti due punti D ed E tali che
AD

= BE; congiungiamo, quindi, B con D, A con E.
1. Consideriamo i triangoli BCD e
ACE
2. AC

= BC Hp
3. AD

= BE costruzione
4. CD

= CE 2., 3., somma di segmenti congruenti
5.

C in comune gura
6. BCD

= ACE 2., 4., 5., 1 c.c.
7. AE

= BD 6., 5., si oppongono ad angoli congruen-
ti
8. C

AE

= C

BD 6., si oppongono a lati congruenti


9. Consideriamo i triangoli ABD e
ABE
10. AB in comune gura
11. ABD

= ABE 3., 7., 10., 3 c.c.
12. B

AE

= A

BD 11., si oppongono a lati congruenti


13. A

BC

= B

AC 8., 12., differenza di angoli congruenti


Corollario 13.0.1. I triangoli equilateri sono equiangoli, cio hanno tutti e tre gli angoli
congruenti.
Dimostrazione. Semplice esercizio.
111
112
Vale anche il viceversa del teorema diretto.
Teorema 13.0.2. (Teorema inverso per i triangoli isosceli) Ogni triangolo con due
angoli congruenti isoscele.
C
A B
D E
Hp: A

BC

= B

AC
Th: ABC isoscele
Dimostrazione. Si utilizza la stessa costruzione del teorema diretto.
1. Consideriamo ABD e ABE
2. C

AD

= C

BE

= gura
3. A

BC

= B

AC Hp
4. B

AD

= A

BE 2., 3., differenza di angoli congruenti


5. AD

= BE costruzione
6. AB in comune gura
7. ABD

= ABE 4., 5., 6., 1 c.c.
8. AE

= BD 7., si oppongono ad angoli congruenti
9. A

EB

= A

DB 7., si oppongono a lati congruenti


10. A

BD

= B

AE 7., si oppongono a lati congruenti


11. C

AE

= C

BD 3., 10., somma di angoli congruenti


12. Consideriamo CDB e CAE
13. CDB

= CAE 8., 9., 11., 2 c.c.
14. AC

= BC 13., si oppongono ad angoli congruenti
15. ABC isoscele 14., denizione triangolo isoscele
Corollario 13.0.2. Un triangolo equiangolo anche equilatero.
Dimostrazione. Chiaro.
osservazione: I teoremi diretto e inverso per i triangoli isosceli si possono
riassumere dicendo che: un triangolo isoscele se, e solo se, gli angoli alla base sono
congruenti (simbolo ). Pertanto, fermo restando che la denizione di trian-
golo isoscele quella gi data, possiamo esprimerla in maniera alternativa come:
triangolo isoscele quel triangolo che ha almeno due angoli congruenti. Lestensione ai
triangoli equilateri evidente.
13.1 il primo teorema dellangolo esterno 113
13.1 il primo teorema dellangolo esterno
Nel paragrafo 6.1 abbiamo introdotto il concetto di angolo esterno di un triangolo.
Conosciamo gi la relazione che sussiste tra un angolo interno e la coppia di
angoli esterni ad esso associati: langolo interno e ognuno degli angoli esterni sono
adiacenti. Ci chiediamo ora se sussistono relazioni tra ciascun angolo esterno e gli
angoli interni ad esso non adiacenti. La risposta affermativa ed stabilita dai
due teoremi dellangolo esterno, e, in questo paragrafo, enunciamo e dimostriamo
solo il primo.
Teorema 13.1.1 (Primo teorema dellangolo esterno). In ogni triangolo, un angolo
esterno maggiore di ciascun angolo interno ad esso non adiacente.
A B
C
D
M
F
Hp: A

BC+C

BD

= A

BC+A

BD

=
Th: A

BE > C

AB, C

BD > A

CB
Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che C

BD > A

CB. Costruzione: Conside-


riamo il punto medio M del lato BC, conduciamo la semiretta AM, di origine
A, e su di essa individuiamo il punto F tale che AM

= MF, per cui F interno
allangolo esterno C

BD. Congiungiamo F con B.


1. C

BD > C

BF F interno a C

BD
2. Consideriamo i triangoli ACM e
BFM
3. CM

= MB per costruzione
4. AM

= MF per costruzione
5. A

MC

= B

MF angoli opposti al vertice


6. ACM

= BFM 3., 4., 5., 1 c. c.
7. M

BF

= A

CB 6., si oppongono a lati congruenti


8. C

BD > A

CB 1., 7.
A B
C
M
E
F
Dimostriamo, inne, che A

BE > C

AB. Costruzione: Consideriamo il punto


medio M del lato AB, conduciamo la semiretta CM, di origine C, e su di essa
13.2 teoremi sulla disuguaglianza triangolare 114
individuiamo il punto F tale che CM

= MF, per cui F interno allangolo esterno
A

BE. Congiungiamo F con B.


1. A

BE > A

BF F interno a A

BE
2. Consideriamo i triangoli ACM e
BFM
3. AM

= MB per costruzione
4. CM

= MF per costruzione
5. A

MC

= B

MF angoli opposti al vertice


6. ACM

= BFM 3., 4., 5., 1 c. c.
7. M

BF

= C

AB 6., si oppongono a lati congruenti


8. A

BE > C

AB 1., 7.
13.2 teoremi sulla disuguaglianza triangolare
Nel precedente paragrafo abbiamo dedotto che in un triangolo isoscele a lati
congruenti si oppongono angoli congruenti, e viceversa. Ci chiediamo ora se
possibile determinare una relazione tra un lato e langolo opposto in un triangolo
scaleno. La risposta affermativa ed stabilita dai seguenti teoremi.
Teorema 13.2.1. Consideriamo un triangolo che abbia due lati non congruenti. Allora a
lato maggiore si oppone angolo maggiore.
A B
C
D
Hp: AC < AB
Th: A

BC < A

CB
Dimostrazione. Poich AC < AB, si considera un punto D interno al segmento
AB tale che AC

= AD.
1. A

CD < A

CB CD interno allangolo A

CB, per
costruzione
2. Consideriamo il triangolo ACD
3. AC

= AD costruzione
4. ACD isoscele 3., def. triangolo isoscele
5. A

CD

= A

DC 4., teorema diretto triangoli isosceli


6. A

DC < A

CB 1., 5.
7. Consideriamo il triangolo BCD
8. A

DC > A

BC 1 teorema dellangolo esterno


9. A

BC < A

CB 6., 8., propriet transitiva del <


Le propriet che seguono sono i noti teoremi della disuguaglianza triangolare,
gi studiati in maniera intuitiva durante la scuola media.
13.2 teoremi sulla disuguaglianza triangolare 115
Teorema 13.2.2 (Primo Teorema della disuguaglianza triangolare). In ogni trian-
golo, un lato qualunque minore della somma degli altri due.
C
A B
D
Hp: ABC triangolo, AB lato qualunque
Th: AB < AC+BC
Dimostrazione. Costruzione: prolunghiamo il lato BC, dalla parte di C, di un
segmento CD

= AC; congiungiamo D con A.
1. Per assurdo AB > AC+BC
2. AC

= CD costruzione
3. ACD isoscele 2., denizione triangolo isoscele
4. A

DC

= D

AC 3., teorema diretto triangoli isosceli


5. AB > CD+BC 1., 2.
6. AB > BD 5., somma segmenti adiacenti
7. Consideriamo ABD
8. A

DB > D

AB 6., a lato maggiore si oppone angolo


maggiore
9. D

AB

= D

AC+C

AB unione di angoli consecutivi


10. A

DB < D

AB 9.
11. Contraddizione 8., 10.
12. AB < AC+BC 11.
Teorema 13.2.3 (Secondo Teorema della disuguaglianza triangolare). In ogni
triangolo, un lato maggiore della differenza degli altri due, qualora questultima abbia
signicato.
Hp: ABC triangolo, AB lato qualunque, BC AC
Th: AB > BCAC
Dimostrazione. Con riferimento alla dimostrazione e alla gura del primo teorema
della disuguaglianza triangolare
1. BC < AB+AC primo teorema disuguaglianza triango-
lare
2. AC

= AC propriet riessiva
3. BCAC < AB+ACAC compatibilit di < con
4. BCAC < AB 3.
Vale anche il viceversa del teorema 13.2.1
13.3 le simmetrie centrale e assiale 116
Teorema 13.2.4. Consideriamo un triangolo che abbia due angoli non congruenti. Allora
ad angolo maggiore si oppone lato maggiore.
C
A B D
Hp: A

BC < A

CB
Th: AC < AB
Dimostrazione. Costruzione: Poich A

BC < A

CB, conduciamo la semiretta di ori-


gine C, che incontra AB in D, tale che D

CB

= A

BC.
1. Consideriamo BCD
2. D

CB

= A

BC costruzione
3. BCD isoscele 2., teorema inverso triangoli isosceli
4. CD

= BD 3., denizione triangolo isoscele
5. Consideriamo ADC
6. AC < AD+CD primo teorema disuguaglianza triango-
lare
7. AB

= AD+DB somma segmenti adiacenti
8. AB

= AD+CD 4., 7.,
9. AC < AB 6., 8.
13.3 le simmetrie centrale e assiale
Lo studio delle simmetrie molto importante in Geometria. In questo paragrafo
studieremo le rappresentazioni delle simmetrie centrale e assiale e le denizioni
che daremo saranno operative, vale a dire stabiliranno una procedura precisa per
cui, a partire da una data gura, sar possibile costruire, con riga e compasso, la
gura simmetrica. Proveremo che le simmetrie centrale e assiale sono isometrie,
cio conservano le dimensioni.
Diamo intanto la seguente
Denizione 13.3.1. Sia O un punto del piano; si denisce circonferenza di centro O
linsieme dei punti del piano P equidistanti da O. Ciascuno dei segmenti OP, al variare
di P sulla cironferenza, si chiama raggio della circonferenza.
Studieremo in modo approfondito la circonferenza nel secondo anno di corso.
Denizione 13.3.2. Siano dati un punto O, detto centro di simmetria, ed un punto
qualsiasi P del piano. Si denisce simmetrico di P rispetto a O il punto Q ottenuto
come segue:
1 si traccia la retta OP
2 si descrive la circonferenza di centro O e raggio OP
3 si individua lintersezione Q della circonferenza con la retta OP, dalla parte oppo-
sta a P rispetto a O.
In una simmetria centrale, il centro di simmetria lunico punto del piano che
ha come simmetrico s stesso.
13.3 le simmetrie centrale e assiale 117
osservazione: Per costruire il simmetrico di un segmento AB si determinano
i simmetrici dei due estremi A e B ottenendo, rispettivamente, A

e B

, quindi
A

il simmetrico del segmento dato. Per un qualunque poligono di n lati


si procede in modo analogo determinando il simmetrico di ogni singolo vertice
ottenendo cos il poligono simmetrico.
Stabiliamo la seguente notazione. In generale, per denotare che la gura geo-
metrica G simmetrica della gura F rispetto al centro di simmetria O, si scrive

O
(F) = G. evidente che, in base alla denizione operativa, risulta
O
(G) = F,
cio la gura simmetrica di G rispetto ad O la gura F.
fondamentale la seguente propriet.
Teorema 13.3.1. La simmetria centrale unisometria, cio il simmetrico di un segmento
un segmento congruente al primo.
O
B

B
A
A

Hp: AO

= OA

BO

= OB

Th: AB

= A

Dimostrazione. La gura precedente illustra la costruzione del simmetrico di AB


rispetto ad O.
1. Consideriamo i triangoli AOB e
A

OB

2. AO

= OA

Hp
3. BO

= OB

Hp
4. A

OB

= A

OB

angoli opposti al vertice


5. AOB

= A

OB

2., 3., 4., 1 c. c.


6. AB

= A

5., si oppongono ad angoli congruenti


Nella sezione sul parallelismo dimostreremo che i due segmenti sono anche
paralleli. In generale, in una simmetria centrale ad ogni retta corrisponde una retta
parallela alla prima.
Vediamo ora la denizione operativa di simmetria assiale.
Denizione 13.3.3. Siano dati una retta a, detta asse di simmetria, ed un punto
qualsiasi P del piano. Si denisce simmetrico di P rispetto ad a il punto Q ottenuto
come segue:
1 si traccia la retta r perpendicolare ad a e passante per P
2 si individua lintersezione a r = {C}
3 si determina il simmetrico Q di P rispetto a C.
In una simmetria assiale, ogni punto dellasse di simmetria ha come simmetrico
s stesso.
Le argomentazioni dellosservazione precedente valgono anche per la simmetria
assiale.
13.3 le simmetrie centrale e assiale 118
Stabiliamo la seguente notazione. In generale, per denotare che la gura geo-
metrica G simmetrica della gura F rispetto allasse di simmetria a, si scrive

a
(F) = G. evidente che, in base alla denizione operativa, risulta
a
(G) = F,
cio la gura simmetrica di G rispetto ad a la gura F.
Teorema 13.3.2. La simmetria assiale unisometria, cio il simmetrico di un segmento
un segmento congruente al primo.
A B
A

C
D
a
Hp: AD

= DA

BC

= CB

Th: AB

= A

Dimostrazione. Costruiamo il simmetrico A

di AB rispetto allasse a. Siano C e


D i punti dintersezione rispettivamente con le perpendicolari per B e A allasse.
Tracciamo i segmenti AC e A

C.
1. Consideriamo i triangoli ACD e
A

CD
2. CD in comune
3. AD

= DA

Hp
4. A

DC

= A

DC

=

2
Hp
5. ACD

= A

CD 2., 3., 4., 1 c. c.


6. AC

= A

C 5., si oppongono ad angoli congruenti


7. A

CD

= A

CD 5., si oppongono a lati congruenti


8. Consideriamo i triangoli ACB e
A

CB

9. BC

= CB

Hp
10. B

CD

= B

CD

=

2
Hp
11. A

CB

= A

CB

10., 7., differenza di angoli congruenti


12. ACB

= A

CB

6., 9., 11., 1 c. c.


13. AB

= A

12., si oppongono ad angoli congruenti


Denizione 13.3.4. Una gura geometrica F dotata di centro di simmetria Ose risulta

O
(F) = F, cio la gura simmetrica rispetto ad O di F F stessa.
Denizione 13.3.5. Una gura geometrica F dotata di asse di simmetria a se risulta

a
(F) = F, cio la gura simmetrica rispetto ad a di F F stessa.
13.4 esercizi 119
13.4 esercizi
1. Nel triangolo isoscele ABC, di base AB, prolunga i lati CA e CB dalla parte
della base. La bisettrice dellangolo supplementare di

A incontra il prolun-
gamento del lato BC nel punto E. La bisettrice dellangolo supplementare
di

B incontra il prolungamento del lato AC nel punto F. Dimostra che
ABF

= ABE.
2. Disegna un triangolo isoscele ABC in modo che la base AB sia minore del
lato obliquo. Prolunga il lato CA, dalla parte di A, di un segmento AE
congruente alla differenza fra il lato obliquo e la base. Prolunga poi la base
AB, dalla parte di B, di un segmento BF

= AE. Congiungi F con C ed E.
Dimostra che CF

= EF.
3. Sui lati congruenti del triangolo isoscele ABC, di vertice C, disegna due
segmenti congruenti CE e CF. Congiungi E con B, poi A con F; indica con D
il loro punto dintersezione. Dimostra che anche il triangolo ABD isoscele.
4. Sui due lati obliqui del triangolo isoscele ABC, di base AB, disegna, ester-
namente al triangolo, i triangoli equilateri BCD e ACE. Congiungi A con
D e B con E, poi indica con F il punto intersezione dei segmenti ottenuti.
Dimostra che
a) AD

= BE
b) CF bisettrice di A

CB.
5. Disegna un triangolo isoscele ABC, di base BC e langolo

A acuto. Traccia
le altezze BH e CK relative, rispettivamente, ai lati AC e AB e prolunga tali
altezze, dalla parte di H e K, dei segmenti HB

= BH e KC

= CK. Sia A

il
punto dintersezione della retta BC

con la retta B

C. Dimostra che
a) ABC

= AC

B

= AB

C
b) il triangolo A

isoscele.
14
PERPENDI COLARI T
14.1 definizioni e prime applicazioni
In questa sezione deniremo la relazione di perpendicolarit tra rette. Essa
fondamentale per le procedure di costruzione con riga e compasso, quindi per la
costruzione di una vasta categoria di gure geometriche.
Denizione 14.1.1. Due rette incidenti r ed s si dicono perpendicolari se dividono il
piano in quattro angoli congruenti. Notazione: rs. Il punto dintersezione si chiamma
piede.
r
s
Si deduce immediatamente che i quattro angoli congruenti sono retti.
La relazione di perpendicolarit tra rette gode solo della seguente propriet:
rs sr
detta propriet simmetrica, essendo r ed s rette del piano.
Estendiamo ora il concetto di perpendicolarit a semirette e segmenti.
Denizione 14.1.2. Due semiretterette si dicono perpendicolari se le le loro rette so-
stegno sono perpendicolari. Allo stesso modo, due segmenti si dicono perpendicolari se
le le loro rette sostegno sono perpendicolari.
Teorema 14.1.1. Sia data una retta r e sia P un punto, su di essa o esterno; allora
unica la retta s passante per P e perpendicolare a r.
P
B
s
r
A C
Hp: P / r P s rs
Th: s unica
120
14.2 ulteriori propriet dei triangoli isosceli 121
Dimostrazione. Dimostreremo il teorema solo nel caso specicato nelle ipotesi,
cio P / r. Costruzione: sia A il punto dincontro della retta s con la retta r.
Tracciamo per P una retta t che incontra r in B.
1. Per assurdo t ,= s con tr
2. P

AB

= /2 Hp
3. P

BC

= /2 1.
4. P

AB

= P

BC 2., 3., propriet transitiva


5. Consideriamo il triangolo BAP
6. P

BC > P

AB 1 teorema dellangolo esterno


7. Contraddizione 3., 6.
8. s unica
Ciascun lato di un triangolo pu essere riguardato come base del triangolo
stesso. Ha senso, pertanto, la seguente
Denizione 14.1.3. In un triangolo, si denisce altezza relativa ad un lato (base),
il segmento perpendicolare alla base condotto ad essa dal vertice opposto, il cui secondo
estremo il piede della perpendicolare stessa.
Ogni triangolo ha tre altezze, ciascuna relativa ad un lato. Solo nel caso dei
triangoli ottusangoli le altezze relative ai due lati dellangolo ottuso si costruiscono
esternamente ad esso, utilizzando i prolungamenti dei lati stessi. Inoltre, provere-
mo che le tre altezze si incontrano in un punto, esterno al triangolo solo per i
triangoli ottusangoli, interno per tutti gli altri.
C
A B D
C

In un triangolo rettangolo, i cateti sono perpendicolari e ciascuno di essi altez-


za relativa dellaltro. La terza altezza denominata altezza relativa allipotenusa.
Per i triangoli rettangoli possibile enunciare i criteri di congruenza in modo
semplicato, poich essi hanno la caratteristica di avere un angolo retto.
Teorema 14.1.2. (Criteri di congruenza dei triangoli rettangoli) Se due triangoli
rettangoli hanno ordinatamente congruenti due lati qualunque, oppure un lato qualunque
e un angolo diverso da quello retto, allora essi sono congruenti.
Dimostrazione. Esplicitarla come esercizio nei seguenti semplici casi: due cateti
ordinatamente congruenti, un lato qualunque ed un angolo acuto ordinatamente
congruenti.
14.2 ulteriori propriet dei triangoli isosceli
Ritorniamo ad occuparci dei triangoli isosceli, enunciando importanti propriet
che giusticano un gran numero di costruzioni geometriche.
Teorema 14.2.1. In ogni triangolo isoscele, laltezza relativa alla base, la mediana della
base e la bisettrice dellangolo al vertice coincidono.
14.2 ulteriori propriet dei triangoli isosceli 122
C
A B H
Hp: AC

= BCCHAB
Th: AH

= HBA

CH

= B

CH
Dimostrazione. .
1. Consideriamo i triangoli AHC e
BHC
2. A

HC

= B

HC

= /2 Hp
3. CH in comune gura
4. AC

= BC Hp
5. AHC

= BHC 2., 3., 4., criterio di congruenza dei
triangoli rettangoli
6. AH

= HB 5., terzi lati
7. A

CH

= B

CH 5., 6., si oppongono a lati congruenti


Hp: AC

= BCAH

= HB
Th: CHABA

CH

= B

CH
Dimostrazione. .
1. Consideriamo i triangoli AHC e
BHC
2. AH

= HB Hp
3. CH in comune gura
4. AC

= BC Hp
5. AHC

= BHC 2., 3., 4., 3 c.c.
6. A

CH

= B

CH 5., si oppongono a lati congruenti


7. A

HC

= B

HC 5., si oppongono a lati congruenti


8. A

HC+B

HC

= angoli adiacenti
9. A

HC

= B

HC

= /2 7., 8.
10. CHAB 9.
Hp: AC

= BCA

CH

= B

CH
Th: CHABAH

= HB
Dimostrazione. .
1. Consideriamo i triangoli AHC e
BHC
14.2 ulteriori propriet dei triangoli isosceli 123
2. CH in comune gura
3. AC

= BC Hp
4. A

CH

= B

CH Hp
5. AHC

= BHC 2., 3., 4., 1 c.c.
6. AH

= HB 5., si oppongono ad angoli congruenti
7. A

HC

= B

HC 5., si oppongono a lati congruenti


8. A

HC+B

HC

= angoli adiacenti
9. A

HC

= B

HC

= /2 7., 8.
10. CHAB 9.
Vale anche il viceversa.
Teorema 14.2.2. Se in un triangolo ABC
1. laltezza relativa ad AB e la mediana di AB coincidono, oppure
2. laltezza relativa ad AB e la bisettrice dellangolo

C coincidono, oppure
3. la bisettrice dellangolo

C e la mediana di AB coincidono
allora il triangolo isoscele di base AB.
A B
C
H
D
Hp: AH

= HBA

CH

= B

CH
Th: ABC triangolo isoscele
Dimostrazione. Le dimostrazioni dei primi due asserti sono semplici esercizi, ra-
gion per cui dimostreremo solo il terzo. Costruzione: con riferimento alla gura
precedente, prolunghiamo la bisettrice CH, dalla parte di H, di un segmento
HD

= CH, quindi congiungiamo A con D.
14.3 costruzioni con riga e compasso 124
1. Consideriamo i triangoli AHD e
BHC
2. AH

= HB Hp
3. CH

= HD costruzione
4. A

HD

= B

HC angoli opposti al vertice


5. AHD

= BHC 2., 3., 4., 1 c.c.
6. A

DH

= B

CH 5., si oppongono a lati congruenti


7. BC

= AD 5., si oppongono ad angoli congruenti
8. A

CH

= B

CH Hp
9. A

DH

= A

CH 6., 8., propriet transitiva


10. ADC triangolo isoscele 9., teorema inverso triangoli isosceli
11. AC

= AD 10., def. triangolo isoscele
12. AC

= BC 7., 11., propriet transitiva
13. ABC triangolo isocele 12., def. triangololo isoscele
Da queste caratterizzazioni dei triangoli isosceli discende immediatamente che
gli unici triangoli dotati di asse di simmetria sono proprio i triangoli isosceli. In
particolare, i triangoli equilateri sono dotati di tre assi di simmetria.
14.3 costruzioni con riga e compasso
In questo paragrafo esporremo le procedure operative per effettuare alcune co-
struzioni con riga e compasso. Con la riga sar consentito solo tracciare linee, ma
non effettuare misure.
Evisentemente una circonferenza univocamente determinata dal suo centro e
dal suo raggio. Circonferenze con raggi congruenti sono congruenti.
Problema 14.3.1. Data la retta r e dato il punto P, costruire la retta s perpendicolare ad
r e passante per P.
1 caso: P r
1. Si punta il compasso in P e con apertura arbitraria si descrive una
circonferenza;
2. si individuano i punti dintersezione A e B della retta r con la circon-
ferenza;
3. si punta il compasso in A e con apertura AB si descrive una circonfe-
renza;
4. si punta il compasso in B e con apertura BA si descrive una circonfe-
renza;
5. si individuano i punti dintersezione C e D delle due circonferenze;
6. si conduce la retta CD: essa la retta s perpendicolare ad r e passante
per P.
14.3 costruzioni con riga e compasso 125
P A B
C
D
r
s
2 caso: P / r
1. Si punta il compasso in P e si descrive una circonferenza che incontra
la retta r nei punti didtinti A e B;
si ripetono i passi 3., 4., 5., 6., del caso precedente.
Problema 14.3.2. Data la retta r e dato il punto P, costruire la retta s parallela ad r e
passante per P.
1 caso: P r. Non si descrive alcuna costruzione in quanto s = r.
2 caso: P / r
1. Si costruisce la retta t perpendicolare ad r utilizzando la costruzione
del problema precedente (2 caso);
2. si costruisce la retta s perpendicolare ad r utilizzando la costruzione
del problema precedente (1 caso);
la retta s cos costruita parallela alla retta r di partenza.
Dimostreremo nel capitolo sul parallelismo la propriet: due rette perpendicolari
ad una stessa retta sono tra loro parallele.
Problema 14.3.3. Dato il segmento non nullo AB, costruire il suo punto medio M.
1. Si punta il compasso in A con apertura AB e si descrive una circonferenza;
2. si punta il compasso in B con apertura BA e si descrive una circonferenza;
3. siano C e D i punti dintersezione delle due circonferenze;
4. si conduce ls retta CD;
5. si determina il punto dintersezione M tra il segmento AB e la retta CD:
esso il punto medio del segmento.
A B M
C
D
14.3 costruzioni con riga e compasso 126
Nella costruzione precedente, la retta CD anche asse del segmento AB.
Pertanto gia risolto il seguente
Problema 14.3.4. Dato il segmento non nullo AB, costruire il suo asse.
Inne, analizziamo una costruzione che riguarda gli angoli.
Problema 14.3.5. Dato langolo a

Vb, costruire la sua bisettrice.


1. Si punta il compasso nel vertice V e si descrive una circonferenza di raggio
arbitrario;
2. si individuano i punti dintersezione A e B della circonferenza rispettiva-
mente con i lati dellangolo a e b;
3. si conduce il segmento AB;
4. si costruisce il punto medio M del segmento AB;
5. si conduce la semiretta VM di origine V: essa la bisettrice dellangolo
a

Vb.
Siamo ora in grado di denire il concetto di proiezione ortogonale.
Denizione 14.3.1. Siano assegnati un punto P ed una retta r. Si denisce proiezione
ortogonale di P su r il piede della retta perpendicolare ad r condotta da P.
P
r
P

La proiezione ortogonale di un punto sempre un punto. Se P r, allora la


proiezione ortogonale di P il punto stesso.
Denizione 14.3.2. Siano assegnati un segmento AB ed una retta r. Si denisce proie-
zione ortogonale di AB su r il segmento contenuto in r i cui estremi sono i piedi delle
rette perpendicolari ad r condotte da A e B.
A
B
A

r
14.4 luoghi geometrici 127
Se il segmento tale che il suo sostegno non incidente la retta, allora la
sua proiezione ortogonale un segmento ad esso congruente. Se il segmento
perpendicolare alla retta, allora la sua proiezione ortogonale un punto della
retta. Se il segmento contenuto nella, allora esso e la sua proiezione coincidono.
A B
A

r
C
D
C

s
14.4 luoghi geometrici
Esistono gure geometriche che si possono descrivere attraverso una propriet
comune a tutti i loro punti.
Denizione 14.4.1. Si denisce luogo geometrico linsieme di tutti e soli i punti del
piano che soddisfano una data propriet.
I luoghi geometrici che caratterizzeremo in questo paragrafo sono lasse di un
segmento e la bisettrice di un angolo.
Teorema 14.4.1. Siano AB un segmento e a il suo asse. Allora un punto P sullasse a
se, e solo se, eqidistante dagli estremi A e B del segmento.
In altre parole: lasse di un segmento il luogo geometrico dei punti equidistanti dagli
estremi del segmento.
A B M
P
a
Hp: a asse di AB P a
Th: PA

= PB
Dimostrazione. Sia M il punto medio di AB.
14.4 luoghi geometrici 128
1. Consideriamo il triangolo ABP
2. PM mediana di AB Hp, a asse di AB
3. PMAB Hp, a asse di AB
4. PM altezza relativa ad AB 3.
5. ABP triangolo isoscele di base AB 2., 4., teorema di caratterizzazione
triangoli isosceli
6. PA

= PB 5., def. triangolo isoscele
A B M
P
a
Hp: P a PA

= PB
Th: a asse di AB
Dimostrazione. Sia M il punto medio di AB.
1. Consideriamo il triangolo ABP
2. PA

= PB Hp
3. ABP triangolo isoscele di base AB 2., def. triangolo isoscele
4. PM mediana di AB M punto medio di AB
5. PM altezza relativa ad AB 3., 4., teorema caratterizzazione trian-
goli isosceli
6. PMAB Hp, 5.
7. a asse di AB 4., 6., def. di asse di un segmento
Teorema 14.4.2. Siano a

Vb un angolo e c la sua bisettrice. Allora un punto P sulla


bisettrice c se, e solo se esso eqidistante dai lati a e b dellangolo.
In altre parole: la bisettrice di un angolo il luogo geometrico dei punti equidistanti
dai lati dellangolo.
14.4 luoghi geometrici 129
V
a
b
c
P
A
B
Hp: c bisettrice di a

Vb P c
Th: P equidistante da a e b
Dimostrazione. Costruzione: Da P c conduciamo le perpendicoari ai lati a e b
dellangolo rispettivamente in A e in B.
1. Consideriamo i triangoli AVP e
BVP
2. V

BP

= V

AP

=

2
costruzione
3. AVP e BVP triangoli rettangoli 2., def. triangolo rettangolo
4. VP in comune gura
5. A

VP

= B

VP Hp, c bisettrice di A

VB
6. AVP

= BVP 3., 4., 5., criterio di congruenza triangoli
rettangoli
7. AP

= BP 6., si oppongono ad angoli congruenti
8. P equidistante da a e b 7.
V
a
b
c
P
A
B
Hp: P c equidistante da a e b
Th: c bisettrice di a

Vb
Dimostrazione. Costruzione: identica alla prima parte della dimostrazione.
14.4 luoghi geometrici 130
1. Consideriamo i triangoli AVP e
BVP
2. V

BP

= V

AP

=

2
costruzione
3. AVP e BVP triangoli rettangoli 2., def. triangolo rettangolo
4. AP

= BP Hp
5. VP in comune gura
6. AVP

= BVP 3., 4., 5., criterio di congruenza triangoli
rettangoli
7. A

VP

= B

VP 6., si oppongono a lati congruenti


8. c bisettrice di A

VP 7., def. bisettrice di un angolo


15
PARALLELI SMO
In questa sezione studieremo uno dei concetti pi affascinanti e controversi della
geometria: il parallelismo. Esso ci introduce allo studio di gure geometriche di
grande interesse, alla deduzione di propriet generali utili allo studio di gure di
ulteriore complessit, in particolare i quadrilateri notevoli.
15.1 definizioni e v postulato di euclide
Denizione 15.1.1. Due rette r e s si dicono parallele se si verica una delle seguenti
condizioni
r s
r s =
Se r e s sono parallele, allora si scrive r|s.
Osservazione 15.1.1. Dalla denizione si intuisce che due rette parallele o sono coinci-
denti, oppure non hanno alcun punto in comune.
Euclide, riguardo al parallelismo, introdusse nei suoi Elementi un postulato
alquanto misterioso e tuttaltro che ovvio, che con linguaggio moderno possibile
enunciare nel modo seguente.
Postulato 16 (V postulato di Euclide). Siano r una retta e P un punto esterno ad essa;
allora esiste ed unica la retta s parallela a r e passante per il punto P.
P
r
s
Il V postulato di Euclide (denominato anche, signicativamente, postulato delle
parallele), esprime non solo lesistenza della retta s, ma anche la sua unicit: ogni
altra retta passante per P sar incidente la retta r. Per circa duemila anni si
pensato che tale propriet si potesse dedurre dagli altri postulati, ma a cavallo
dei secoli XVIII e XIX si nalmente provato che il postulato delle parallele
indipendente dagli altri assiomi. Si possono, per, costruire geometrie in cui
questo postulato non vale, o per quanto attiene lesistenza della retta parallela
s o per la sua unicit. Queste geometrie vengono denominate geometrie non-
euclidee. Di contro, la geometria che studiate in questo corso, per cui vale il V
postulato di Euclide, denominata geometria euclidea.
Il seguente teorema esprime le propriet della relazione di parallelismo tra
rette.
Teorema 15.1.1 (Propriet del parallelismo). La relazione di parallelismo tra rette
gode delle seguenti propriet:
R) r|r propriet riessiva
S) r|s s|r propriet simmetrica
T) (r|s s|t) =r|t propriet transitiva
131
15.2 rette tagliate da una trasversale 132
Dimostrazione. R) La propriet riessiva discende direttamente dalla denizio-
ne di rette parallele, vale a dire: una retta parallela a s stessa.
S) Supponiamo che le due rette siano distinte. Allora
r|s r s = s r = s|r
in quanto lintersezione tra insiemi gode della propriet commutativa.
T) Supponiamo che le tre rette siano distinte. Per assurdo, sia r t = {P};
allora risulta sia P r che P t. Pertanto per il punto P esterno alla retta s
passano due rette distinte r e t parallele ad essa, in contraddizione con il
quinto postulato di Euclide. Si conclude che r t = , e quindi r|s.
Denizione 15.1.2. Si denisce fascio improprio di rette un insieme di rette tutte
parallele tra loro.
possibile estendere la nozione di parallelismo a semirette e segmenti, con la
dovuta attenzione.
Denizione 15.1.3. Due semirette si dicono parallele se le rette sostegno sono parallele.
Due segmenti si dicono paralleli se le rette sostegno sono parallele.
15.2 rette tagliate da una trasversale
In questo paragrafo vogliamo studiare le gure che vengono a determinarsi
quando consideriamo una coppia di rette qualsiasi r ed s che incontrano entrambe
una terza retta t. Si parla di coppie di rette tagliate da una trasversale. Come facile
immaginare, tali rette individuano una serie di angoli i cui vertici sono i due
punti dintersezione della trasversale con ciascuna delle altre due rette. Tali angoli,
a coppie, assumono una precisa denominazione. Osserviamo attentamente la
seguente gura.
r
s
t
1
5
2
6
3
7
4
8
Denizione 15.2.1. Siano date le rette r ed s tagliate dalla trasversale t come in gura.
Esse individuano otto angoli che, a coppie, vengono denominati come segue:
1. le coppie di angoli (3, 6) e (4, 5) si dicono angoli alterni interni;
2. le coppie di angoli (1, 8) e (2, 7) si dicono angoli alterni esterni;
3. le coppie di angoli (3, 5) e (4, 6) si dicono angoli coniugati interni;
4. le coppie di angoli (1, 7) e (2, 8) si dicono angoli coniugati esterni;
5. le coppie di angoli (1, 5), (3, 7), (2, 6) e (4, 8) si dicono angoli corrispondenti.
15.3 criteri di parallelismo 133
15.3 criteri di parallelismo
Il nostro studio ora si concentra sullanalisi del seguente problema. Considerate
due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t ci chiediamo quali sono le
condizioni che regolano le coppie di angoli della denizione 1.4. La risposta a tale
quesito risiede nei seguenti teoremi.
Teorema 15.3.1 (Teorema fondamentale). Siano date due rette r ed s tagliate dalla
trasversale t. Se coppie di angoli alterni interni sono congruenti, allora le rette r ed s
sono parallele.
P
A
B
C
D
r
s
t
Hp: B

AC

= A

BD
Th: r|s
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per assurdo.
1. Per assurdo r s = {P}
2. Consideriamo il triangolo ABP
3. B

AC

= A

BD Hp
4. B

AC > A

BD 1 teorema angolo esterno


5. Contraddizione 3., 4.
6. r|s 5.
Dal teorema fondamentale seguono immediatamente i seguenti teoremi.
Teorema 15.3.2. Siano date due rette r ed s tagliate dalla trasversale t. Se coppie di
angoli alterni esterni sono congruenti, allora le rette r ed s sono parallele.
A
B
C
D E
H
F
G
r
s
t
15.3 criteri di parallelismo 134
Hp: F

AC

= D

BG
Th: r|s
Dimostrazione. .
1. F

AC

= D

BG Hp
2. F

AC

= H

AB angoli opposti al vertice


3. D

BG

= E

BA angoli opposti al vertice


4. H

AB

= E

BA 2., 3., transitivit congruenza


5. r|s 4., teorema fondamentale
Teorema 15.3.3. Siano date due rette r ed s tagliate dalla trasversale t. Se coppie di
angoli coniugati interni (rispettivamente esterni) sono supplementari, allora le rette r ed
s sono parallele.
Hp: C

AB+A

BE

=
Th: r|s
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema utilizzando come ipotesi solo una coppia
di angoli coniugati interni, riferendoci alla gura precedente.
1. C

AB+A

BE

= Hp
2. H

AB+C

AB

= angoli adiacenti
4. H

AB

= E

BA 1., 2., differenza di angoli congruenti


5. r|s 4., teorema fondamentale
Corollario 15.3.1. Se le rette r ed s sono entrambe perpendicolari ad una retta t, allora
esse sono parallele.
r
s
t
rs
Dimostrazione. Gli angoli coniugati interni formati dalle rette r ed s tagliate dalla
trasversale t sono entrambi retti, quindi supplementari.
Teorema 15.3.4. Siano date due rette r ed s tagliate dalla trasversale t. Se coppie di
angoli corrispondenti sono congruenti, allora le rette r ed s sono parallele.
La dimostrazione un semplice esercizio.
Il fatto notevole che vale il viceversa delle proposizioni precedentemente
dimostrate.
Teorema 15.3.5 (Teorema inverso del fondamentale). Siano date due rette parallele r
ed s tagliate dalla trasversale t; allora coppie di angoli alterni interni sono congruenti.
15.3 criteri di parallelismo 135
A
B
C
D
E
r
s
t
u
Hp: r|s
Th: B

AC

= A

BD
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo di negare la tesi, per cui possiamo pen-
sare B

AC < A

BD. Si conduca per B la semiretta u in modo che B

AC

= E

BA. In
virt del V postulato di Euclide la semiretta u non pu essere parallela a r, per
cui sia E il punto dintersezione tra r e u. Considerato il triangolo ABE, risulta
che B

AC un suo angolo esterno. La condizione B

AC

= E

BA contraddice il 1
teorema dellangolo esterno. Conclusione: B

AC

= A

BD.
Corollario 15.3.2. Siano date due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t; allora
coppie di angoli alterni esterni sono congruenti.
Corollario 15.3.3. Siano date due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t; allora
coppie di angoli coniugati interni ed esterni sono supplementari.
Corollario 15.3.4. Siano date due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t; allora
coppie di angoli corrispondenti sono congruenti.
Le dimostrazioni dei corollari sono semplici esercizi.
Possiamo riassumere le propriet viste nel modo seguente.
Teorema 15.3.6 (Criteri di parallelismo). Siano date due rette r ed s tagliate dalla
trasversale t; allora r|s se, e solo se, si verica una delle seguenti condizioni
1. coppie di angoli alterni interni sono congruenti;
2. coppie di angoli alterni esterni sono congruenti;
3. coppie di angoli coniugati interni ed esterni sono supplementari;
4. coppie di angoli corrispondenti sono congruenti.
Teorema 15.3.7. Siano date due rette parallele r ed s. Allora tutti i segmenti aventi
estremi sulle rette e ad esse perpendicolari sono congruenti.
In altre parole, due rette parallele hanno tra loro distanza costante.
r
s
A C
B D
15.4 teorema degli angoli interni di un triangolo 136
Hp: r|s, ADr, s BCr, s
Th: AD

= BC
Dimostrazione. Con riferimento alla gura precedente
1. Conduciamo il segmento AB
2. Consideriamo i triangoli ABC e
ABD
3. r|s Hp
4. ADr, s BCr, s Hp
5. ABC e ABD triangoli rettangoli 4.
6. AB in comune
7. C

AB

= D

BA a.a.i. formati da r|s e AB


8. ABC

= ABD 5., 6., 7., 2 c.c.g.
9. AD

= BC 8., si oppongono ad angoli congruenti
15.4 teorema degli angoli interni di un triangolo
Vedremo in questo paragrafo diverse applicazioni importanti dei criteri di paralle-
lismo. Cominciamo subito con uno dei pi noti teoremi sui triangoli.
Teorema 15.4.1. In ogni triangolo, la somma degli angoli interni congruente ad un
angolo piatto.
A B
C D E
r
Hp: ABC triangolo qualunque
Th: A

BC+A

CB+B

AC

=
Dimostrazione. Conduciamo per C la retta r parallela al lato AB, che per il V
postulato di Euclide unica.
1. AB|r costruzione
2. B

AC

= D

CA a.a.i. formati da AB|r e AC


3. A

BC

= E

CB a.a.i. formati da AB|r e BC


4. D

CA+E

CB+A

CB

= gura
5. A

BC+A

CB+B

AC

= 2., 3., 4.
Pertanto, la conoscenza di due angoli di un triangolo individua univocamente
il terzo angolo.
Conseguenze immediate sono i seguenti corollari.
Corollario 15.4.1 (Secondo criterio di congruenza generalizzato). Se due trian-
goli hanno ordinatamente congruenti due angoli e un lato qualunque, allora essi sono
congruenti.
Dimostrazione. In base al teorema degli angoli interni si pu applicare il secondo
criterio di congruenza.
15.4 teorema degli angoli interni di un triangolo 137
Corollario 15.4.2 (Secondo teorema dellangolo esterno). In ogni triangolo, ciascun
angolo esterno congruente alla somma degli angoli interni ad esso non adiacenti.
A B D
C
D

BC

= A

CB+B

AC
Hp: D

BC angolo esterno triangolo ABC


Th: D

BC

= A

CB+B

AC
Dimostrazione. Prolunghiamo il lato AB dalla parte di B.
1. D

BC+A

BC

= angoli adiacenti
2. A

BC+A

CB+B

AC

= teorema degli angoli interni
3. D

BC

= A

CB+B

AC 1., 2., differenza di angoli congruenti


Corollario 15.4.3. In ogni triangolo, la somma degli angoli esterni congruente a due
angoli piatti.
A B
C
F
E
D
Hp: D

BC, A

CE, B

AF angoli esterni triangolo ABC


Th: D

BC+A

CE +B

AF

= 2
Dimostrazione. Prolunghiamo i lati AB, dalla parte di B, BC, dalla parte di C, CA,
dalla parte di A.
1. D

BC+A

BC

= angoli adiacenti
2. A

CE +A

CB

= angoli adiacenti
3. B

AF +C

AB

= angoli adiacenti
4. D

BC + A

BC + A

CE + A

CB +
+B

AF +C

AB

= 3
1., 2., 3., somma membro a membro
5. A

BC+A

CB+C

AB

= teorema degli angoli interni
6. D

BC+A

CE +B

AF

= 2 4., 5., differenza membro a membro
Teorema 15.4.2. La somma degli angoli interni di un poligono convesso di n lati
congruente a n2 angoli piatti.
15.5 esercizi 138
A
B
C
D
E
P
Hp: ABCDE... poligono convesso di n lati
Th:

A+

B+

C+

D+

E +...

= (n2)
Dimostrazione. La gura precedente rappresenta un pentagono per ssare le idee,
noi ragioniamo pensando che esso abbia n lati, con n > 3. Congiungiamo il
punto interno P con i vertici del poligono, si vengono a determinare n trian-
goli. La somma degli angoli interni di tutti i triangoli congruente a n; per
ottenere la somma degli angoli interni del poligono dobbiamo sottrarre alla
somma precedente langolo giro di vertice P. Si ottiene, pertanto, n 2, da cui
la tesi.
Applicando il teorema precedente, si ottiene che la somma degli angoli interni
di un qualunque quadrilatero congruente a (4 2)

= 2, mentre per un
ottagono convesso (8 2)

= 6.
Corollario 15.4.4. La somma degli angoli esterni di un qualunque poligono convesso
congruente a due angoli piatti.
La dimostrazione lasciata per esercizio.
15.5 esercizi
1. Sia ABC un triangolo e sia CH la bisettrice dellangolo

C. Da un punto
D ,= H del lato AB si conduca la retta r parallela alla bisettrice CH. Si
dimostri che la retta r interseca le rette AC e BC in due punti che hanno la
stessa distanza dal vertice C.
2. Dato il triangolo ABC, sia D il punto dintersezione delle bisettrici degli
angoli

A e

B. Condurre per P la retta parallela al lato AB, che incontra i lati
AC e BC nei punti E ed F rispettivamente. Dimostrare che EF

= AE +BF.
3. Due segmenti AB e CD hanno il punto medio M in comune. Dimostrare
che le rette AC e BD sono parallele.
4. Dagli estremi di un segmento AB, nello stesso semipiano individuato dalla
retta AB,
16
QUADRI LATERI NOTEVOLI
In questa sezione affronteremo lo studio dei trapezi e dei parallelogrammi. Le
propriet di tali gure, note come quadrilateri notevoli, si deducono facilmente
applicando i criteri di parallelismo studiati nel capitolo precedente.
In particolare studieremo i parallelogrammi speciali, vale a dire rombo, ret-
tangolo e quadrato. Classicheremo i parallelogrammi in base alla cosiddetta
gerarchia dei parallelogrammi, procedendo dal generale al particolare nello spirito
del sistema ipotetico-deduttivo.
16.1 il trapezio
Denizione 16.1.1. Si denisce trapezio ogni quadrilatero avente due lati opposti pa-
ralleli. I due lati paralleli si dicono rispettivamente base minore e base maggiore, gli altri
due si dicono lati obliqui.
A B
C D
Teorema 16.1.1. In ogni trapezio, gli angoli adiacenti a ciascun lato obliquo sono sup-
plementari.
Esercizio 16.1.1. Dimostrare il teorema precedente.
Come per i triangoli, esistono trapezi speciali, i quali hanno propriet pi
interessanti dei trapezi generali.
Denizione 16.1.2. Un trapezio si dice isoscele se ha i lati obliqui congruenti.
A B
C D
Le propriet sugli angoli interni che enunceremo ricordano quelle relative ad
un triangolo isoscele, con le ovvie differenze determinate dalla diversa forma
geometrica.
Teorema 16.1.2. In ogni trapezio isoscele, gli angoli adiacenti a ciascuna base sono
congruenti.
Hp: AB|CD AD

= BC
Th: D

AB

= A

BC A

DC

= B

CD
139
16.1 il trapezio 140
A B
D C
H K
Dimostrazione. Costruzione: si conduca da D il segmento DHAB e da C il seg-
mento CKAB.
1. Consideriamo AHD e CKB
2. AD

= BC Hp
3. DH

= CK costruzione, distanza tra rette parallele
costante
4. A

HD

= B

KC

=

2
costruzione
5. AHD

= CKB 2., 3., 4., c.c. triangoli rettangoli
6. D

AB

= A

BC 5., si oppongono a lati congruenti


7. D

AB+A

DC

= Hp, adiacenti ad AD
8. A

BC+B

CD

= Hp, adiacenti a BC
9. A

DC

= B

CD 6., 7., 8., supplementari di angoli


congruenti
Dal precedente teorema si deduce il seguente
Corollario 16.1.1. In ogni trapezio isoscele, le diagonali sono congruenti.
Hp: AB|CD AD

= BC
Th: AC

= BD
A B
D C
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD.
1. Consideriamo ABD e ABC
2. AB in comune gura
3. AD

= BC Hp
4. D

AB

= A

BC Hp, angoli alla base maggiore


5. ABD

= ABC 2., 3., 4., 1 c.c.
6. AC

= BD 5., si oppongono ad angoli congruenti
16.2 il parallelogramma 141
Le diagonali incontrandosi, supponiamo nel punto O, dividono il trapezio in
quattro triangoli, a due a due opposti rispetto ad O, che soddisfano le seguenti
propriet.
Teorema 16.1.3. Le diagonali di un trapezio isoscele, incontrandosi nel punto O, lo
dividono in quattro triangoli, dei quali due triangoli sono isosceli e aventi gli angoli
ordinatamente congruenti, mentre gli altri due triangoli sono congruenti.
A B
C D
O
Pi precisamente, osservando la gura, i triangoli AOB e COD sono isosceli e
hanno gli angoli ordinatamente congruenti, mentre i triangoli AOD e BOC sono
congruenti.
Esercizio 16.1.2. Dimostrare il teorema 16.1.3.
Con riferimento allultima gura, sintuisce che un trapezio isoscele non
dotato di centro di simmetria, perch, in caso contrario, il punto O sarebbe punto
medio di entrambe le diagonali. Per ci chiediamo se esso non sia dotato di asse
di simmetria.
Teorema 16.1.4. In ogni trapezio isoscele, lasse comune delle due basi asse di simme-
tria del trapezio. Tale asse passa per il punto dintersezione delle diagonali.
16.2 il parallelogramma
Lo studio dei parallelogrammi importante perch costituisce una solida pre-
messa allo studio dei rombi, dei rettangoli e dei quadrati, gure geometriche
dotate di forti propriet che trovano applicazione in numerosi problemi di grande
interesse. I rombi, i rettangoli e i quadrati sono dei particolari parallelogram-
mi, come sintetizzato dal seguente diagramma, che riproduce la gerarchia dei
parallelogrammi.
Parallelogrammi
Rombi Quadrati Rettangoli
Denizione 16.2.1. Si denisce parallelogramma un quadrilatero avente i lati opposti a
due a due paralleli.
16.2 il parallelogramma 142
A B
C D
Le propriet dei parallelogrammi si deducono facilmente utilizzando i criteri di
parallelismo.
Teorema 16.2.1. In ogni parallelogramma, gli angoli adiacenti ad un lato sono supple-
mentari.
A B
C D
Hp: AB|CD BC|AD
Th:

A+

D

=
Dimostrazione. Sono coppie di angoli coniugati interni.
Esercizio 16.2.1. Sia ABCD un parallelogramma; si conducano le bisettrici degli angoli

A e

B, adiacenti al lato AB, che sincontrano nel punto E. Dimostrare che il triangolo
ABE rettangolo.
Teorema 16.2.2. In ogni parallelogramma, gli angoli opposti sono congruenti.
Esercizio 16.2.2. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.2.3. In ogni parallelogramma, ciascuna diagonale lo divide in due triangoli
congruenti.
A B
C D
Hp: AB|CD BC|AD
Th: ABC

= ACD
Dimostrazione. .
1. Consideriamo ABC e ACD
2. AC in comune gura
3. A

BC

= A

DC angoli opposti parallelogramma


4. B

AC

= A

CD a.a.i. formati da AB|CD e AC


5. ABC

= ACD 2., 3., 4., 2 c.c.g.
16.2 il parallelogramma 143
Teorema 16.2.4. I lati opposti di un parallelogramma sono congruenti.
Esercizio 16.2.3. Dimostrare il corollario.
Il teorema che segue di fondamentale importanza nella deduzione di una
forte propriet dei parallelogrammi.
Teorema 16.2.5 (Teorema delle diagonali). In ogni parallelogramma, le diagonali
hanno lo stesso punto medio.
A B
C D
O
Hp: AB|CD BC|AD
Th: AO

= OC BO

= OD
Dimostrazione. .
1. Consideriamo ABO e CDO
2. AB

= CD lati opposti parallelogramma
3. A

BO

= C

DO a.a.i. formati da AB|CD e BD


4. B

AO

= D

CO a.a.i. formati da AB|CD e AC


5. ABC

= ACD 2., 3., 4., 2 c.c.
6. AO

= OC BO

= OD 5., R2
Corollario 16.2.1. Ogni parallelogramma dotato di centro di simmetria, esso il punto
dincontro delle diagonali.
A B
C D
O
Hp: AB|CD BC|AD ACBD = {O}
Th: O centro di simmetria ABCD
Dimostrazione. Nella dimostrazione che segue si far riferimento alla gura rela-
tiva al Teorema delle diagonali.
16.2 il parallelogramma 144
1. Consideriamo ABCD
2. ACBD = {O} Hp
3. O AC 2.
4. AO

= OC Teorema delle diagonali
5.
O
(A) = C def. operativa simmetria centrale
6. O BD 2.
7. BO

= OD Teorema delle diagonali
8.
O
(B) = D def. operativa simmetria centrale
9.
O
(ABCD) = ABCD 4., 7., i parallelogrammi hanno gli stessi
vertici
10. O centro di simmetria ABCD 9.
Ci chiediamo, ora, quali sono le condizioni afnch un quadrilatero sia un
parallelogramma. Vedremo che le condizioni necessarie enunciate in precedenza
sono anche condizioni sufcienti. Prima di enunciarle, consideriamo la seguente
propriet.
Teorema 16.2.6. Un quadrilatero avente gli angoli adiacenti ad uno stesso lato supple-
mentari un parallelogramma.
Esercizio 16.2.4. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.2.7. Un quadrilatero avente coppie di angoli opposti congruenti un paral-
lelogramma.
Esercizio 16.2.5. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.2.8. Un quadrilatero avente coppie di lati opposti congruenti un paralle-
logramma.
A B
C D
Hp: AB

= CD AD

= BC
Th: ABCD parallelogramma
Dimostrazione. Conduciamo la diagonale AC.
1. Consideriamo ABC e ACD
2. AB

= CD Hp
3. AC in comune gura
4. AD

= BC Hp
5. ABC

= ACD 2., 3., 4., 3 c.c.
6. A

CB

= A

DC 5., si oppongono a lati congruenti


7. AD|BC 6., criterio di parallelismo
8. C

AB

= A

CD 5., si oppongono a lati congruenti


9. AB|CD 8., criterio di parallelismo
10. ABCD parallelogramma 7., 9., def. parallelogramma
16.2 il parallelogramma 145
Teorema 16.2.9. Sia ABCD un quadrilatero con le diagonali aventi lo stesso punto
medio. Allora esso un parallelogramma.
A B
C D
O
Hp: AO

= OC BO

= OD
Th: ABCD parallelogramma
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD che si incontrano in O.
1. Consideriamo ABO e OCD
2. AO

= CO Hp
3. DO

= BO Hp
4. A

OB

= C

OD angoli opposti al vertice


5. ABO

= OCD 2., 3., 4., 1 c.c.
6. O

DC

= O

BA 5., si oppongono a lati congruenti


7. AB|CD 6., criterio di parallelismo
8. AB

= CD 5., si oppongono ad angoli congruenti
9. ABCD parallelogramma 6., 7., due lati opposti paralleli e
congruenti
Teorema 16.2.10. Un quadrilatero avente due lati opposti sia paralleli che congruenti
un parallelogramma.
A B
C D
Hp: AB|CD AB

= CD
Th: ABCD parallelogramma
Dimostrazione. Conduciamo la diagonale AC.
1. Consideriamo ABC e ACD
2. AB

= CD Hp
3. AC in comune gura
4. C

AB

= A

CD ang. alt. int. formati da AB|CD e AC


5. ABC

= ACD 2., 3., 4., 1 c.c.
6. A

CB

= A

DC 5., si oppongono a lati congruenti


7. AD|BC 6., criterio di parallelismo
8. ABCD parallelogramma Hp, 7., def. parallelogramma
16.3 il rombo 146
16.3 il rombo
Denizione 16.3.1. Si denisce rombo ogni quadrilatero equilatero.
Pertanto, il rombo un quadrilatero con tutti i lati congruenti.
A
B
C
D
Si deduce immediatamente il seguente
Corollario 16.3.1. Il rombo un parallelogramma.
Esercizio 16.3.1. Dimostrare il corollario precedente.
Il rombo ha, pertanto, tutte le propriet dei parallelogrammi.
Corollario 16.3.2. In ogni rombo, ciascuna diagonale lo divide in due triangoli isosceli
congruenti.
A
B
C
D
Esercizio 16.3.2. Dimostrare il corollario precedente.
Segue la seguente importante propriet.
Teorema 16.3.1. Le diagonali di un rombo sono perpendicolari e bisettrici degli angoli
opposti.
A
B
C
D
Hp: AB

= BC

= CD

= DA
Th: ACBD, AC bisettrice

A e

C, BD bisettrice

B e

D
16.3 il rombo 147
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD che si incontrano in O.
1. Consideriamo ACD
2. AD

= CD Hp
3. ACD triangolo isoscele 2.
4. AO

= CO Teorema delle diagonali
5. DO mediana AC 4.
6. DO altezza relativa AC propriet triangoli isosceli
7. ACBD 6.
8. DO bisettrice

D propriet triangoli isosceli
Il completamento della dimostrazione un semplice esercizio.
Analizziamo la dimostrazione precedente. I triangoli isosceli congruenti ACD e
ABC hanno la base AC in comune; tenuto conto che le rispettive altezze AO e BO
sono contenute nella retta BD, i due triangoli hanno lo stesso asse di simmetria.
Un ragionamento analogo pu essere ripetuto per i triangoli isosceli congruenti
ABD e BCD. Pertanto, segue il seguente
Corollario 16.3.3. Le diagonali di un rombo sono suoi assi di simmetria.
Vediamo quali sono le condizioni sufcienti afnch un quadrilatero sia un
rombo.
Teorema 16.3.2. Un parallelogramma con due lati consecutivi congruenti un rombo.
A B
C D
Hp: ABCD parallelogramma, AB

= BC
Th: ABCD rombo
Dimostrazione. .
1. AB

= CD BC

= AD Hp, lati opposti parallelogramma
2. AB

= BC Hp
3. AB

= BC

= CD

= DA 1., 2., propriet transitiva
4. ABCD rombo 3., denizione rombo
Esercizio 16.3.3. Dimostrare che un quadrilatero con le diagonali perpendicolari non
necessariamente un rombo.
Teorema 16.3.3. Un parallelogramma con le diagonali perpendicolari un rombo.
A B
C D
16.4 il rettangolo 148
Hp: ABCD parallelogramma, ACBD
Th: ABCD rombo
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD che si incontrano in O.
1. Consideriamo AOB e AOD
2. A

OB

= A

OD

=

2
Hp
3. AO in comune gura
4. BO

= DO Hp, Teorema delle diagonali
5. AOB

= AOD 2., 3., 4., 1 c.c.
6. AB

= AD 5., si oppongono ad angoli congruenti
7. ABCD rombo 5., Hp, lati consecutivi congruenti
Teorema 16.3.4. Un parallelogramma avente una diagonale bisettrice di un angolo un
rombo.
A B
C D
Hp: ABCD parallelogramma, D

AC

= C

AB
Th: ABCD rombo
Dimostrazione. Tracciamo la diagonale AC.
1. Consideriamo ACD
2. D

AC

= C

AB Hp
3. D

AB

= D

CB Hp, angoli opposti parallelogramma


4. B

AC

= D

CA Hp, a.a.i. formati da AB|CD e AC


5. D

AC

= D

CA 2.,4., propriet transitiva


6. ACD isoscele 5., teorema inverso triangoli isosceli
7. AD

= DC 6., denizione triangolo isoscele
8. ABCD rombo 7., Hp, lati consecutivi congruenti
16.4 il rettangolo
Denizione 16.4.1. Si denisce rettangolo ogni quadrilatero equiangolo.
Poich la somma degli angoli interni di un quadrilatero congruente ad un
angolo piatto, gli angoli di un rettangolo sono tutti retti.
A B
C D
16.4 il rettangolo 149
Si deduce immediatamente il seguente
Corollario 16.4.1. Il rettangolo un parallelogramma.
Esercizio 16.4.1. Dimostrare il corollario precedente.
Il rettangolo ha, pertanto, tutte le propriet dei parallelogrammi.
Teorema 16.4.1. Le diagonali di un rettangolo sono congruenti.
A B
C D
Hp: ABCD rettangolo
Th: AC

= BD
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD.
1. Consideriamo DAB e ABC
2. D

AB

= A

BC Hp, denizione rettangolo


3. AD

= BC lati opposti rettangolo
4. AB in comune gura
5. DAB

= ABC 2., 3., 4., 1 c.c.
6. AC

= BD 5., si oppongono ad angoli congruenti
Consideriamo un rettangolo ABCD, le sue diagonali AC e BD sincontrano nel
punto O, centro di simmetria. Lasse del lato AB coincide ovviamente con lasse
del lato CD. Poich un rettangolo un parallelogramma, le diagonali si tagliano
scambievolmente a met, pertanto, per il teorema precedente, si ha che AO

= BO.
Si deduce che i due triangoli isosceli congruenti ABO e DOC hanno lo stesso asse
di simmetria, che lasse di simmetria comune ai lati opposti del rettangolo AB e
CD. Ripetendo argomentazione analoga per i lati opposti AD e BC, e i triangoli
isosceli congruenti DAO e COB, si deducono le seguenti propriet.
Teorema 16.4.2. Siano ABCD un rettangolo, AC e BD le diagonali che sincontrano
nel punto O; siano, inoltre, M, N, P e Q rispettivamente i punti medi dei lati AB, BC,
CD e DA; allora
1. i triangoli ABO e DOC sono triangoli isosceli congruenti;
2. i triangoli DAO e COB sono triangoli isosceli congruenti;
3. MP NQ = {O};
4. le rette MP e NQ sono assi di simmetria del rettangolo.
Un quadrilatero avente le diagonali congruenti non necessariamente un
rettangolo. Lalunno diligente non mancher di vericarlo.
16.5 il quadrato 150
Teorema 16.4.3. Se un parallelogramma ha almeno un angolo retto, allora un rettan-
golo.
Dimostrazione. Semplice esercizio.
Teorema 16.4.4. Se un parallelogramma ha le diagonali congruenti, allora un rettan-
golo.
A B
C D
Hp: ABCD parallelogramma, AC

= BD
Th: ABCD rettangolo
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD.
1. Consideriamo DAB e ABC
2. AD

= BC lati opposti parallelogramma
3. AB in comune gura
4. AC

= BD Hp
5. DAB

= ABC 2., 3., 4., 3 c.c.
6. D

AB

= A

BC 5. Si oppongono a lati congruenti


7. D

AB+A

BC

= Hp, a.c.i. formati da AD|BC e AB
8. D

AB

= A

BC

=

2
6., 7.
9. ABCD rettangolo 8., parallelogramma con almeno un
angolo retto
16.5 il quadrato
Denizione 16.5.1. Si denisce quadrato ogni quadrilatero sia equilatero che equiango-
lo.
Il quadrato , pertanto, lunico poligono regolare di quattro lati. Le sue propriet
sono il compendio di tutte le propriet dei parallelogrammi studiati nora, con
laggiunta di caratteristiche ancora pi esclusive.
A B
C D
Teorema 16.5.1. Il quadrato sia parallelogramma, sia rombo, sia rettangolo.
Esercizio 16.5.1. Dimostrare il corollario precedente.
Facendo tesoro di quanto studiato nei precedenti tre paragra, i teoremi che
enunceremo sono immediata conseguenza di propriet gi dimostrate. Pertanto, lo
studente diligente non mancher di esplicitarne completamente le dimostrazioni,
lasciate per esercizio.
16.6 i teoremi dei punti medi 151
Corollario 16.5.1. Siano ABCD un quadrato, AC e BD le diagonali che sincontrano
nel punto O; siano, inoltre, M, N, P e Q rispettivamente i punti medi dei lati AB, BC,
CD e DA; allora
1. le diagonali dividono il quadrato in quattro triangoli rettangoli isosceli congruenti;
2. il quadrato ha quattro assi di simmetria; essi sono le diagonali e le rette MP e NQ.
Corollario 16.5.2. Un parallelogramma un quadrato se ha
1. le diagonali congruenti e una di esse bisettrice di un angolo;
2. le diagonali perpendicolari e congruenti.
16.6 i teoremi dei punti medi
In questo paragrafo dimostreremo importanti propriet che riguardano i triangoli
e i quadrilateri. Esse si deducono utilizzando le propriet dei parallelogrammi.
Teorema 16.6.1 (Dei punti medi per i triangoli). In ogni triangolo, la retta passante
per i punti medi di due lati parallela al terzo lato. Inoltre, il segmento staccato su di
essa da tali punti medi congruente alla met del terzo lato.
A B
C
N
M
D
Hp: ABC triangolo AM

= CMCN

= BN
Th: MN | ABMN

=
1
2
AB
Dimostrazione. Costruzione: condotta la retta MN, si individua su di essa un
punto D tale che MN

= ND; si congiunge, quindi, D con B.
1. Consideriamo i triangoli MNC e
BND
2. CN

= BN Hp
3. MN

= ND costruzione
4. M

NC

= B

ND angoli opposti al vertice


5. MNC

= BND 2., 3., 4., 1

c.c.
6. C

MN

= B

DN 5., si oppongono a lati congruenti


7. AM| BD 6., criteri parallelismo
8. CM

= BD 5.,si oppongono ad angoli congruenti
9. AM

= CM Hp
10. AM

= BD 8., 9.,propriet transitiva
11. ABDM parallelogramma 7.,10., lati opposti paralleli e congruenti
12. MN | AB 11., denizione di parallelogramma
13. MD

= AB 11., lati opposti parallelogramma
14. MN

=
1
2
MD costruzione
15. MN

=
1
2
AB 13.,14., propriet transitiva
16.6 i teoremi dei punti medi 152
Vale anche il viceversa.
Teorema 16.6.2. In ogni triangolo ABC, se la retta parallela al lato AB che incontra i
lati AC in M e BC in N stacca il segmento MN

=
1
2
AB, allora M punto medio di AC
e N punto medio di BC.
A B
C
N
M
D
Hp: MN | ABMN

=
1
2
AB
Th: AM

= MCBN

= NC
Dimostrazione. Costruzione: si individui sulla retta MN il punto D tale che MN

=
ND; quindi si congiunga D con B.
1. Consideriamo ABDM
2. MN

= ND costruzione
3. MN

=
1
2
AB Hp
4. AB

= MD 2., 3.
5. MN | AB Hp
6. ABDM parallelogramma 4., 5., lati opposti paralleli e congruenti
7. AM| BDAM

= BD 6., lati opposti parallelogramma
8. Consideriamo MNC e BDN
9. M

NC

= D

NB angoli opposti al vertice


10. C

MN

= N

DB a.a.i. formati da AM| BD e MD


11. MNC

= BDN 2.,9.,10., 2

c.c.
12. BN

= NC 11., si oppongono ad angoli congruenti
13. MC

= BD 11., si oppongono ad angoli congruenti
14. AM

= MC 7.,13., propriet transitiva
In modo analogo si dimostra la seguente propriet:
Teorema 16.6.3. In un triangolo , se la parallela ad un lato condotta per il punto medio
di un secondo lato, allora essa incontra il terzo lato nel suo punto medio.
Esercizio 16.6.1. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.6.4. In ogni trapezio, la retta passante per i punti medi dei lati obliqui
parallela alle basi.
A B E
C D
M N
16.6 i teoremi dei punti medi 153
Hp: ABCD trapezio AM

= MBBN

= NC
Th: MN|AB
Dimostrazione. Costruzione: conduciamo la semiretta DN che incontra la retta AB
in E.
1. Consideriamo i triangoli CDN e
BEN
2. BN

= NC Hp
3. C

ND

= B

NE angoli opposti al vertice


4. AB|CD Hp, basi del trapezio
5. D

CN

= N

BE angoli alterni interni formati da


AB|CD e BC
6. CDN

= BEN 2., 3., 5., 2 c.c.
7. DN

= NE 6., si oppongono ad angoli congruenti
8. Consideriamo il triangolo AED
9. AM

= MD Hp
10. MN|AB 2., 9., teorema dei punti medi per i
triangoli
Allo stesso modo possibile provare il seguente
Teorema 16.6.5. In ogni parallelogramma, la retta passante per i punti medi di due lati
opposti parallela agli altri due lati.
Passiamo ora a dimostrare una propriet dei quadrilateri alquanto sorprendente.
Teorema 16.6.6 (Dei punti medi per i quadrilateri). Il quadrilatero che si ottiene
congiungendo i punti medi dei lati di un quadrilatero qualunque un parallelogramma.
A B
C
D
M
N
P
Q
Hp: ABCD quadrilatero AM

= MBBN

= NCCP

= PDDQ

= QA
Th: MNPQ parallelogramma
Dimostrazione. Costruzione: si conduca la diagonale AC del quadrilatero ABCD.
16.7 esercizi 154
1. Consideriamo il triangolo ABC
2. AM

= MB Hp
3. BN

= NC Hp
4. MN | ACMN

=
1
2
AC 1.,2., 3., teorema dei punti medi
5. Consideriamo il triangolo ACD
6. AQ

= QD Hp
7. CP

= PD Hp
8. QP | ACQP

=
1
2
AC 5.,6.,7., teorema dei punti medi per i
triangoli
9. MN | QP MN

= QP 4.,8., propriet transitiva di paralleli-
smo e congruenza
10. MNPQ parallelogramma 9., lati opposti paralleli e congruenti
Esercizio 16.6.2. Dimostrare che il parallelogramma che si ottiene congiungendo i punti
medi dei lati di un rombo (rispettivamente un rettangolo) un rettangolo (rispettivamente
un rombo). Estendere il risultato ai quadrati.
16.7 esercizi
1. Dato un parallelogramma ABCD, dimostrare i vertici opposti B e D sono
equidistanti dalla diagonale AC.
2. Sia ABCD un parallelogramma ed E il punto medio del lato AB. Le rette
DE e BC si incontrano in T. Dimostrare che DBTA un parallelogramma.
3. Dato un parallelogramma ABCD, si prendano sui lati opposti AB e CD due
segmenti congruenti AE e CF. Dimostrare che DEBF un parallelogramma.
4. Sia ABCD un parallelogramma; le bisettrici degli angoli

A e

B sincontrano
nel punto F CD. Dimostrare che AB

= 2BC.
5. Nel trapezio ABCD le bisettrici degli angoli alla base maggiore si incontrano
nel punto E della base minore. Dimostrare che la base minore congruente
alla somma dei lati obliqui. Supposto, inne, che il trapezio sia isoscele,
dimostrare che E punto medio della base minore.
6. Dimostrare che, se un parallelogramma ha le altezze relative a due lati
consecutivi congruenti, allora esso un rombo.
7. Dimostrare che, se in un trapezio le bisettrici degli angoli adiacenti alla
base minore sintersecano in un punto della base maggiore, allora la base
maggiore congruente alla somma dei lati obliqui.
8. Sia dato un rombo ABCD e sia O il punto dintersezione delle diagonali.
Prendiamo un punto E appartenente al segmento AO ed un punto F ap-
partenente al segmento CO tali che i segmenti AE e CF siano congruenti.
Dimostrare che il quadrilatero EBFD un rombo.
9. Dato un trapezio isoscele ABCD con le diagonali perpendicolari, dimostrare
che il quadrilatero che ha per vertici i punti medi dei lati del trapezio un
quadrato.
10. Sia dato un triangolo ABC e sia AL la bisettrice dellangolo

A. Sia P il punto
dintersezione con il lato AC della retta per L parallela al lato AB e sia Q
il punto dintersezione con il lato AB della retta per L parallela al lato AC.
dimostrare che il quadrilatero LPAQ un rombo.
16.7 esercizi 155
11. Sia ABCD un parallelogramma ed E il punto medio del lato AB. Le rette
DE e BC si incontrano in T. Dimostra che DBTA un parallelogramma.
12. Sia ABC un trapezio isoscele di base maggiore AB e base minore CD; le
diagonali AC e BD si intersecano in O. Dimostra che i triangoli AOB e
DOC sono isosceli e che i triangoli ADO e COB sono congruenti.
13. Nel trapezio ABCD le bisettrici degli angoli alla base maggiore si incontrano
nel punto E della base minore. Dimostra che la base minore congruente
alla somma dei lati obliqui.
14. Disegna un triangolo isoscele FAD di base FA. Prolunga il lato FD di un
segmento DC congruente a FD, congiungi C con A.
Dimostra che il triangolo FAC rettangolo.
Indica con M il punto medio di AC e congiungi M con D. Dimostra
che DM contenuto nellasse del segmento AC.
Con centro in A e raggio AD traccia un arco che incontra il prolunga-
mento di DM nel punto B. Dimostra che il quadrilatero ABCD un
rombo.
Parte III
CONTRI BUTI
colophon
Questo lavoro stato realizzato conL
A
T
E
X2

usando una rielaborazione dello stile


ClassicThesis, di Andr Miede, ispirato al lavoro di Robert Bringhurst Gli Elementi
dello Stile Tipograco [1992]. Lo stile disponibile su CTAN.
Il lavoro composto con la famiglia di font Palatino, di Hermann Zapf. Le
formule matematiche sono state composte con i font AMS Euler, di Hermann
Zapf e Donald Knuth. Il font a larghezza ssa il Bera Mono, originariamente
sviluppato da Bitstream Inc. come Bitstream Vera. I font senza grazie sono gli
Iwona, di Janusz M. Nowacki.
Versione [09/2008.1][S-All]
CONTRI BUTI
Erica Boatto
Algebra - Insiemi
Beniamino Bortelli
Graci
Roberto Carrer
Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto
Morena De Poli
Laboratorio matematica
Piero Fantuzzi
Algebra - Insiemi
Carmen Granzotto
Funzioni
Franca Gressini
Funzioni
Beatrice Hittahler
Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Lucia Perissinotto
Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Pietro Sinico
Geometria I
Settembre 2008
Dipartimento di Matematica
ITIS V.Volterra
San Don di Piave
MATEMATI CA 3
dipartimento di matematica
ITIS V.Volterra
San Don di Piave
Versione [09/2008.0][S-All]
I NDI CE
i numeri e funzioni 1
1 numeri 3
1.1 Premessa 3
1.2 Tipi di numeri 3
1.3 Propriet fondamentali 4
1.4 Uguaglianze e disuguaglianze 5
1.5 Equazioni e disequazioni 9
1.5.1 Equazioni algebriche 9
1.5.2 Una disgressione sui graci 9
1.5.3 Disequazioni e sistemi di disequazioni algebriche 10
1.5.4 Equazioni e disequazioni con modulo 13
1.5.5 Equazioni e disequazioni irrazionali 20
1.5.6 Esercizi riassuntivi 25
2 appendici 26
2.1 Cosa e dove 26
2.2 Naturali e Interi 26
2.3 Reali 27
2.4 Numeri interi e calcolatori 27
2.5 Numeri reali e calcolatori 27
3 funzioni 28
3.1 Introduzione 28
3.2 Denizioni 30
3.3 Graci 34
3.4 Tipi di funzioni 36
3.5 Operazioni 40
3.6 Propriet notevoli 47
ii funzioni trascendenti 50
4 funzioni trascendenti 51
4.1 Introduzione 51
4.2 Funzioni esponenziali e logaritmiche 51
4.2.1 Potenze ad esponente naturale, intero e razionale 51
4.2.2 Potenze ad esponente reale 52
4.2.3 Funzione esponenziale elementare 53
4.2.4 Funzione logaritmica 53
4.2.5 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche ele-
mentari 56
4.3 Funzioni goniometriche 59
4.3.1 Introduzione alla goniometria 59
4.3.2 Richiami geometrici 62
4.3.3 Archi associati (per seno e coseno) 63
4.3.4 Archi associati (per tangente e cotangente) 66
4.3.5 Funzioni inverse 66
4.3.6 Equazioni e disequazioni goniometriche elementari 67
4.3.7 Formule goniometriche 71
4.3.8 Formule di addizione e sottrazione 71
4.3.9 Formule di duplicazione 73
4.3.10 Formule di bisezione 74
4.3.11 Formule di prostaferesi 75
4.3.12 Formule di Werner 76
4.3.13 Formule razionali in tangente 76
4.3.14 Esercizi riassuntivi proposti 79
ii
indice iii
iii geometria analitica 81
5 introduzione 82
5.1 Introduzione 82
6 il piano cartesiano 83
6.1 Punti e segmenti 83
7 le rette 88
7.1 Equazioni lineari 88
7.2 Relazioni e formule 92
8 le trasformazioni 101
8.1 Simmetrie 101
8.2 Traslazioni 106
8.3 Cambio di scala 109
8.4 Rotazioni 117
9 le coniche 122
9.1 Introduzione 122
9.2 La parabola 122
9.3 La circonferenza 130
9.4 Lellisse 137
9.5 Liperbole 141
10 i vettori del piano 149
10.1 Segmenti orientati 149
10.2 R
2
149
11 i numeri complessi 150
11.1 Forma algebrica 150
11.2 Forma trigonometrica ed esponenziale 150
iv contributi 151
ELENCO DELLE FI GURE
ELENCO DELLE TABELLE
iv
Parte I
NUMERI E FUNZI ONI
Elenco delle tabelle 2
Un elenco completo dei numeri reali:
1) 0,14159265358979323846264338327950288419716939937510582097494459230781640628620899 . . .
2) 0,86280348253421170679821480865132823066470938446095505822317253594081284811174502 . . .
3) 0,84102701938521105559644622948954930381964428810975665933446128475648233786783165 . . .
4) 0,27120190914564856692346034861045432664821339360726024914127372458700660631558817 . . .
5) 0,48815209209628292540917153643678925903600113305305488204665213841469519415116094. . .
6) 0,33057270365759591953092186117381932611793105118548074462379962749567351885752724. . .
7) 0,89122793818301194912983367336244065664308602139494639522473719070217986094370277. . .
8) 0,05392171762931767523846748184676694051320005681271452635608277857713427577896091. . .
9) 0,73637178721468440901224953430146549585371050792279689258923542019956112129021960. . .
10) 0,86403441815981362977477130996051870721134999999837297804995105973173281609631859 . . .
11) 0,50244594553469083026425223082533446850352619311881710100031378387528865875332083 . . .
12) 0,81420617177669147303598253490428755468731159562863882353787593751957781857780532 . . .
13) 0,17122680661300192787661119590921642019893809525720106548586327886593615338182796 . . .
14) 0,82303019520353018529689957736225994138912497217752834791315155748572424541506959 . . .
15) 0,50829533116861727855889075098381754637464939319255060400927701671139009848824012 . . .
16) 0,85836160356370766010471018194295559619894676783744944825537977472684710404753464 . . .
17) 0,62080466842590694912933136770289891521047521620569660240580381501935112533824300 . . .
18) 0,35587640247496473263914199272604269922796782354781636009341721641219924586315030. . .
19) 0,28618297455570674983850549458858692699569092721079750930295532116534498720275596 . . .
20) 0,02364806654991198818347977535663698074265425278625518184175746728909777727938000 . . .
21) 0,81647060016145249192173217214772350141441973568548161361157352552133475741849468 . . .
22) 0,43852332390739414333454776241686251898356948556209921922218427255025425688767179. . .
23) 0,04946016534668049886272327917860857843838279679766814541009538837863609506800642 . . .
24) 0,25125205117392984896084128488626945604241965285022210661186306744278622039194945 . . .
25) 0,04712371378696095636437191728746776465757396241389086583264599581339047802759009 . . .
26) 0,94657640789512694683983525957098258226205224894077267194782684826014769909026401 . . .
27) 0,36394437455305068203496252451749399651431429809190659250937221696461515709858387 . . .
28) 0,61515709858387410597885959772975498930161753928468138268683868942774155991855925 . . .
29)0,99725246808459872736446958486538367362226260991246080512438843904512441365497627 . . .
30) 0,80797715691435997700129616089441694868555848406353422072225828488648158456028506 . . .
31) 0,01684273945226746767889525213852254995466672782398645659611635488623057745649803 . . .
32) 0,5593634568174324112507606947945109659609402522887971089314566913686722874894051 . . .
33) 0,60101503308617928680920874760917824938589009714909675985261365549781893129784821 . . .
34) 0,68299894872265880485756401427047755513237964145152374623436454285844479526586782 . . .
35) 0,10511413547357395231134271661021359695362314429524849371871101457654035902799344 . . .
36) 0,03742007310578539062198387447808478489683321445713868751943506430218453191048481 . . .
37) 0,00537061468067491927819119793995206141966342875444064374512371819217999839101591 . . .
38) 0,95618146751426912397489409071864942319615679452080951465502252316038819301420937 . . .
39) 0,62137855956638937787083039069792077346722182562599661501421503068038447734549202 . . .
40) 0,60541466592520149744285073251866600213243408819071048633173464965145390579626856 . . .
41) 0,10055081066587969981635747363840525714591028970641401109712062804390397595156771. . .
42) 0,57700420337869936007230558763176359421873125147120532928191826186125867321579198 . . .
43) 0,41484882916447060957527069572209175671167229109816909152801735067127485832228718 . . .
44) 0,35209353965725121083579151369882091444210067510334671103141267111369908658516398. . .
45) 0,31501970165151168517143765761835155650884909989859982387345528331635507647918535 . . .
46) 0,89322618548963213293308985706420467525907091548141654985946163718027098199430992 . . .
47) 0,44889575712828905923233260972997120844335732654893823911932597463667305836041428 . . .
48) 0,13883032038249037589852437441702913276561809377344403070746921120191302033038019 . . .
49) 0,76211011004492932151608424448596376698389522868478312355265821314495768572624334 . . .
50) 0,37634668206531098965269186205647693125705863566201855810072936065987648611791045 . . .
51) 0,33488503461136576867532494416680396265797877185560845529654126654085306143444318. . .
52) 0,58676975145661406800700237877659134401712749470420562230538994561314071127000407 . . .
53) 0,85473326993908145466464588079727082668306343285878569830523580893306575740679545 . . .
54) 0,71637752542021149557615814002501262285941302164715509792592309907965473761255176. . .
55) 0,56751357517829666454779174501129961489030463994713296210734043751895735961458901. . .
56) 0,93897131117904297828564750320319869151402870808599048010941214722131794764777262. . .
57) 0,24142548545403321571853061422881375850430633217518297986622371721591607716692547 . . .
58) 0,48738986654949450114654062843366393790039769265672146385306736096571209180763832 . . .
59) 0,71664162748888007869256029022847210403172118608204190004229661711963779213375751 . . .
.
.
.
1
NUMERI
1.1 premessa
Scopo di questo capitolo di presentare le propriet fondamentali dei numeri
reali. Per capire bene la loro importanza e in cosa differiscono dagli altri numeri
necessario confrontarli tutti assieme e vericarne le propriet. I numeri reali sono
il fondamento su cui costruiremo la quasi totalit delle conoscenze matematiche
del triennio. In questo e nel prossimo capitolo ci occuperemo delle propriet
fondamentali dei reali e della loro esistenza. Allo studente potr sembrare strano
che ci si debba preoccupare dellesistenza di numeri che si usano in continuazione;
in effetti largomento delicato e riguarda un p tutta la matematica; in fondo in
questa disciplina si parla continuamente di oggetti che non hanno alcuna esistenza
reale: sono pure costruzioni del pensiero; allora che senso pu avere parlare di
esistenza? ci occuperemo pi estesamente di questo nel prossimo capitolo.
1.2 tipi di numeri
Sono noti dal biennio i numeri naturali indicati con N
N = {0, 1, 2 . . . }
i numeri interi indicati con Z (dal tedesco Zahl, numero)
Z = { 2, 1, 0, 1, 2, . . . }
i numeri razionali indicati con Q
Q = {
m
n
| m, n Z, n = 0}
si noti che non li abbiamo elencati ordinatamente come nel caso di N e Z anche
se questo possibile
1
.
I numeri reali indicati con R dei quali non possiamo dare una elencazione o
una denizione precisa ora; ci accontentiamo - almeno per ora - di pensare che
contengano tutti i numeri di cui abbiamo avuto la necessit di parlare come le
radici
2
o .
Possiamo pensare che questi insiemi numerici siano luno contenuto nellaltro -
come dire, inscatolati -
N Z Q R
poich i positivi di Z coincidono con N e le frazioni del tipo
m
1
coincidono con Z
mentre R si pu pensare come unione di Q e degli irrazionali. Matematicamente
sarebbe pi corretto dire che luno contiene una immagine dellaltro ma pensarli
direttamente come sottoinsiemi non ha conseguenze decisive.
Naturalmente questi insiemi sarebbero poco interessanti se non vi fossero
denite anche le operazioni di somma e prodotto. Non parliamo delle operazioni
di sottrazione e divisione poich - come sappiamo - si possono pensare inglobate
rispettivamente nella somma e nel prodotto. La sottrazione ab la pensiamo come
una abbreviazione
3
della somma a + (b) e la divisione
a
b
come abbreviazione
4
del prodotto a
1
b
.
1 Appendice A.
2 Alcuni studenti avranno gi una nozione pi precisa di numero reale.
3 Avendo denito i numeri negativi.
4 Avendo denito il reciproco.
3
1.3 propriet fondamentali 4
1.3 propriet fondamentali
Le propriet pi importanti delle operazioni sono le seguenti
5
:
a + (b +c) = (a +b) +c Associativa della somma (P.1)
a +0 = 0 +a = a Elemento neutro della somma (P.2)
a + (a) = (a) +a = 0 Esistenza opposto (P.3)
a +b = b +a Commutativa della somma (P.4)
a(bc) = (ab)c Associativa del prodotto (P.5)
a1 = 1a Elemento neutro del prodotto (P.6)
aa
1
= a
1
a = 1 Esistenza inverso (P.7)
ab = ba Commutativa del prodotto (P.8)
a(b +c) = ab +ac Distributiva (P.9)
Dove a, b, c sono numeri qualsiasi e a = 0 nel caso P.7; inoltre i numeri 0 e 1 sono
unici
6
.
Queste prime 9 propriet sono quelle che ci permettono di risolvere i problemi
di natura algebrica cio quelli legati alle equazioni o ai sistemi di equazioni.
Per affrontare i problemi di natura analitica - di cui ci occuperemo nel seguito -
diventano altrettanto centrali le propriet legate alle disuguaglianze (<, >, , ).
Indichiamo con P linsieme dei numeri positivi, intendendo con ci che possano
essere naturali, interi, razionali o reali.
Le propriet che risultano centrali sono:
Legge di tricotomia (P10)
Per ogni numero a, vale una sola delle seguenti:
a = 0 (i)
a P (ii)
a P (iii)
Se a P e b P, allora a +b P Chiusura per la somma (P11)
Se a P e b P, allora ab P Chiusura per il prodotto (P12)
Le propriet sopraelencate non valgono tutte negli insiemi N, Z
7
. Valgono per
negli insiemi Q, R e questo ci dice che linsieme di queste propriet non suf-
ciente per distinguere linsieme Q dallinsieme R; in altre parole, per distinguere
i razionali dai reali bisogna introdurre una ulteriore propriet
8
.
Deniamo ora le relazioni di disuguaglianza:
Denizione 1.3.1.
a > b se a b P
a < b se b > a
a b se a > b o a = b
a b se a < b o a = b
Come si pu notare, tutte le usuali relazioni di disuguaglianza sono denibili a
partire dalla denizione dellinsieme P. In particolare sottolineiamo che a > b
solo unaltro modo di dire che b < a e che possiamo usare a b quando
sappiamo che uno dei due a < b o a = b vero ma non entrambi ecc.
5 Notiamo che - come dabitudine - non si usa il puntino per indicare il prodotto.
6 Per chi ama le perversioni: il fatto che 0 = 1 andrebbe esplicitamente asserito; non vi modo di
dimostrarlo usando le altre propriet.
7 Per esercizio si scoprano quelle che non sono valide trovando dei controesempi.
8 Lulteriore assioma sar introdotto in un capitolo successivo.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 5
1.4 uguaglianze e disuguaglianze
Altre relazioni di uguaglianza importanti che non dobbiamo assumere come
postulati ma che possiamo dimostrare:
x R 0x = x0 = 0 (1.1)
Legge annullamento del prodotto
a, b R ab = 0 a o b = 0 (1.2)
Il signicato di
0
0
(1.3)
a, b R (a)b = (ab) a(b) = (ab) (1.4)
a R a = 0 1/(1/a) = a (1.5)
a, b R a, b = 0 1/(ab) = (1/a)(1/b) (1.6)
a R a = 0 1/(a) = (1/a) (1.7)
Relazioni di disuguaglianza:
La relazione (e anche la ) un ordinamento totale (1.8)
Riessiva x R x x
Antisimmetrica siano x, y R se x y e y x allora x = y
Transitiva siano x, y, z R se x y z allora x z
Totalit dellordine x y oppure y x
il termine totale che compare nella propriet indica che tutti i numeri sono
confrontabili e questo si deduce dalla P10 (Tricotomia). La relazione < (e natu-
ralmente anche la >) pure un ordinamento totale; in questo caso per bisogna
sostituire la propriet Riessiva con la Irriessiva: x R x < x falsa. Le
relazioni , si dicono disuguaglianze in senso debole mentre le <, > si dico-
no disugaglianze in senso forte. Nel seguito useremo indifferentemente tutte le
relazioni (<, >, , ) secondo la convenienza del momento.
Ulteriori propriet e regole di calcolo con disuguaglianze:
Proposizione 1.4.1. Siano x
1
, x
2
, y
1
, y
2
R. Se x
1
y
1
e x
2
y
2
allora x
1
+x
2

y
1
+y
2
. Lultima disuguaglianza forte se e solo se almeno una delle altre due lo .
La proposizione resta vera se sostituiamo la relazione con una qualsiasi delle
altre (naturalmente sempre la stessa).
Dimostrazione. Per la denizione 1.3.1 da x
1
y
1
si ha y
1
x
1
P oppure y
1
x
1
=
0 e da x
2
y
2
si ha y
2
x
2
P oppure y
2
x
2
= 0. Per la propriet P11 si ha
y
1
x
1
+y
2
x
2
P cio y
1
+y
2
(x
1
+x
2
) P oppure y
1
+y
2
(x
1
+x
2
) = 0
che per denizione signica x
1
+x
2
< y
1
+y
2
oppure x
1
+x
2
= y
1
+y
2
e quindi
x
1
+x
2
y
1
+y
2
. Analogamente per le altre disuguaglianze.
Questa proposizione dice che le disuguaglianze dello stesso verso possono essere
sommate membro a membro. La stessa cosa non si pu dire per le moltiplicazioni:
ad esempio da 2 1 e 3 1 si ottiene 6 1 evidentemente falsa. Il
comportamento delle disuguaglianze rispetto alla moltiplicazione riassunto
nelle seguenti proposizioni:
Proposizione 1.4.2. Siano x, y, z R. Se x y e z > 0 allora xz yz; se z < 0 allora
xz yz. Analogamente per i casi < e >.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 6
Dimostrazione. Se x y e z > 0 allora z P e per la denizione 1.3.1 si ha yx P
oppure yx = 0. Quindi per la propriet P12 si ha (yx)z = yzxz P o yzxz =
0 e quindi xz < yz o xz = yz da cui xz yz.
Se x y e z < 0 allora z P e si ha y x P oppure y x = 0. Quindi (y
x)(z) = (yz xz) = xz yz P o xz yz = 0 (anche per 1.4). Perci yz <
xz o yz = xz e in denitiva yz xz. Analogamente per le altre disuguaglianze.
In particolare dalla 1.4.2 con z = 1 si ottiene la regola: se si cambiano i segni ad
ambo i membri di una disuguaglianza questa si inverte.
Proposizione 1.4.3. Siano x
1
, y
1
, x
2
, y
2
R. Se 0 x
1
y
1
e 0 x
2
y
2
allora
x
1
x
2
y
1
y
2
. Analogamente per i casi < e >.
Dimostrazione. Primo caso: supponiamo x
2
> 0. Allora per x
1
y
1
e la proposizione
precedente si ha: x
1
x
2
y
1
x
2
; e se y
1
> 0 da x
2
y
2
si ottiene y
1
x
2
y
1
y
2
; quindi
x
1
x
2
y
1
x
2
= y
1
x
2
y
1
y
2
e per transitivit (1.8) x
1
x
2
y
1
x
2
y
1
y
2
. Se invece
y
1
= 0 allora anche x
1
= 0 (dimostrarlo) e quindi x
1
x
2
= 0 e y
1
y
2
= 0 da cui la tesi.
Secondo caso: sia x
2
= 0 allora anche x
1
= 0 (dimostrarlo) e quindi x
1
x
2
= 0. Il prodotto
y
1
y
2
= 0 se uno dei due = 0 (1.2), altrimenti > 0: in ogni caso 0 = x
1
x
2
y
1
y
2
.
Analogamente per le altre disuguaglianze.
Proposizione 1.4.4. Siano x, y R. Se 0 x e 0 y allora 0 xy. Se 0 < x e 0 < y
allora 0 < xy. Se x < 0 e y < 0 allora 0 < xy. Se x < 0 e 0 < y allora xy < 0.
osservazione: La proposizione 1.4.4 esprime la nota regola dei segni: ++ =
+, = +, + = , + = .
Proposizione 1.4.5. x R x
2
0. Se x = 0 allora x
2
> 0. I quadrati sono positivi.
Proposizione 1.4.6. x R se x > 0 allora 1/x > 0. Se x < 0 allora 1/x < 0.
Denizione 1.4.1. Si dice valore assoluto di x R il |x| =
x x 0
x x 0
Questa denizione sottolinea che x > 0 se x < 0. Osserviamo anche che il
valore assoluto ha signicato solo se sono presenti numeri negativi e quindi gli
opposti dei numeri (non in N) e che non ha il signicato di numero senza segno,
ma semplicemente il numero o il suo opposto. Utile sottolineare che |x| sempre
positivo salvo il caso x = 0.
Il fatto pi importante che riguarda il valore assoluto :
Teorema 1.4.1 (Disuguaglianza triangolare). x, y R
|x +y| |x| +|y|
Dimostrazione. Procediamo per casi:
Caso x 0, y 0: allora abbiamo x+y 0 e quindi, per denizione, |x+y| = x+y =
|x| + |y| e vale proprio luguaglianza.
Caso x 0, y 0: allora x +y 0 e quindi |x +y| = (x +y) = (x) + (y) =
|x| + |y| e di nuovo vale luguaglianza.
Caso x 0, y 0: in questo caso dobbiamo dimostrare che |x+y| xy. Si presentano
due casi: se x+y 0 allora dobbiamo far vedere che x+y xy cio y y che sar
certamente vero perch y 0 e quindi y 0. Nel secondo caso se x+y 0 dobbiamo
dimostrare che x y x y cio x x che certamente vero dato che x 0 e
quindi x 0.
Caso x 0, y 0: la dimostrazione identica alla precedente scambiando i ruoli di x e y.
osservazione: Il teorema ci dice che il modulo della somma non uguale
alla somma dei moduli; dalla dimostrazione si vede che lo solo nel caso che i
numeri abbiano lo stesso segno: entrambi positivi o entrambi negativi. Negli altri
casi vale la disuguaglianza stretta come si vede negli esempi seguenti.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 7
esempi.
1. | + (3)| = 3 < || +| 3| = +3
2. |

2 + (1)| =

2 1 < |

2| +| 1| =

2 +1
3. |1 +

3| = 1 +

3 = |1| +|

3|
4. | 5

5| = 5 +

5 = | 5| +|

5|
Il prodotto e il quoziente si comportano molto meglio:
Proposizione 1.4.7. x, y R si ha |xy| = |x||y| (il modulo del prodotto uguale al
prodotto dei moduli). Se y = 0 allora anche |
x
y
| =
|x|
|y|
(il modulo del quoziente uguale al
quoziente dei moduli).
Terminiamo il capitolo con una considerazione generale: sensato chiedersi
perch si dimostrano tutte queste propriet dei numeri che sembrano (e sono)
ovvie e perch si scelto di assumere come propriet indimostrate (assiomi)
le P.1 - P12 che sono altrettanto ovvie. La risposta non semplice e coinvolge
questioni molto complesse e profonde che non sono affrontabili in un corso di
studi secondario; non in tutta generalit perlomeno. Lo studente impara a conoscere
i numeri e a lavorarci sin dalle scuole elementari ma il problema di stabilire cosa
i numeri veramente sono resta una questione incerta
9
. Anche in questo corso
impareremo ad usare i numeri e a conoscerne ulteriori propriet ma con una
consapevolezza maggiore: ci renderemo conto che, anche non sapendo bene cosa
sono i numeri, certamente dovranno avere le propriet P.1 - P12. Vedremo anche
che quelle propriet non sono sufcienti per risolvere tutti i problemi che siamo
in grado di porci e che dovremo estenderle in modo decisamente innovativo.
9 Come dice V.A.Zorich in Mathematical Analisys I: I numeri in matematica sono come il tempo in
sica: tutti sanno cosa sono ma solo gli esperti li trovano difcili da capire.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 8
esercizi
Esercizio 1.4.1. Dimostrare le propriet delle uguaglianze (1.4).
Esercizio 1.4.2. Dimostrare le propriet delle disuguaglianze (1.8).
Esercizio 1.4.3. Dimostrare la proposizione 1.4.5.
Esercizio 1.4.4. Dimostrare la proposizione 1.4.6.
Esercizio 1.4.5. Dimostrare la proposizione 1.4.7.
1.5 equazioni e disequazioni 9
1.5 equazioni e disequazioni
In questo paragrafo useremo le propriet e gli assiomi dei numeri razionali e reali
per risolvere alcune equazioni e disequazioni algebriche, razionali, irrazionali e
con moduli. Naturalmente, in alcuni casi, si tratter di un ripasso di nozioni gi
viste nel biennio.
1.5.1 Equazioni algebriche
Esempio 1.5.1. esempio
1.5.2 Una disgressione sui graci
Lo studente ha gi usato i graci per rappresentare le soluzioni delle disequazioni
e dei sistemi di disequazioni algebriche incontrate nel biennio. Illustriamo le
convenzioni che assumiamo nel tracciare i graci.
grafico di intersezione. Viene usato quando si risolve un sistema di
disequazioni o quando la disequazione porta ad un sistema equivalente come nel
caso delle frazionarie
10
.
O 1 7 4

3 4 +

3
Assumiamo di tracciare una linea che rappresenta lasse delle x sulla quale
ssiamo gli estremi degli intervalli calcolati. Tracciamo una linea continua (una
per ogni disequazione) che rappresenta gli intervalli dove la singola disequazione
soddisfatta. Inne tratteggiamo larea che rappresenta lintersezione di tutte le
soluzioni delle disequazioni.
grafico dei segni. Viene usato quando si risolve una disequazione in cui
compaiono prodotti o quozienti in cui il segno complessivo della disequazione
dipende dai segni dei singoli fattori.
O 7 1 5
+ +
Assumiamo di tracciare una linea che rappresenta lasse delle x sulla quale
ssiamo gli estremi degli intervalli calcolati. Tracciamo una linea continua (una
per ogni fattore) che rappresenta gli intervalli dove il fattore positivo e una
linea tratteggiata dove il fattore negativo. Inne indichiamo, applicando la
regola dei segni, con segni + e le zone corrispondenti. Per maggiore chiarezza
cerchiamo con un circoletto i segni nelle zone che rappresentano soluzioni della
disequazione.
In entrambi i tipi di graco assumiamo di congiungere con linee verticali gli
estremi degli intervalli ai corrispondenti valori sullasse delle x: con linea continua
se lestremo compreso, altrimenti con linea tratteggiata.
Ricordiamo che, in molti casi, pu essere necessario tracciare pi graci per la
stessa disequazione o sistema e non escluso che si debba tracciare, per lo stesso
problema, graci di entrambi i tipi.
10 O delle modulari e irrazionali come si vedr presto.
1.5 equazioni e disequazioni 10
1.5.3 Disequazioni e sistemi di disequazioni algebriche
Ricordiamo che il polinomio di secondo grado ax
2
+bx +c assume valori positivi
o negativi in funzione del valore del discriminante = b
2
4ac; per la precisione
se a > 0, cosa a cui possiamo sempre ricondurci eventualmente cambiando tutti
i segni, e > 0 allora il polinomio positivo esternamente allintervallo delle
soluzioni e negativo internamente; se = 0 allora il polinomio sempre positivo
tranne nellunica radice; se < 0 allora il polinomio sempre positivo.
Esempio 1.5.2. Risolvere la disequazione
(3x2)
2
+3 < 5x (2x1)
2
9x
2
12x+4 +3 5x+4x
2
4x+1 < 0
13x
2
21x+8 < 0
= 441 416 = 25 > 0
x =
21

25
26
x
1
= 1 x
2
=
8
13
per quanto detto, le soluzioni sono:
8
13
< x < 1, in intervalli: ]
8
13
, 1[.
Esempio 1.5.3. Risolvere il sistema di disequazioni
_

_
2x(x+5) > 3(x+1)
2
x
2
+4x+3 > 3(x1)
2
2x
2
+x+1 > 0
tutte le disequazioni sono di secondo grado, quindi semplichiamo e calcoliamo i discriminanti
_

_
2x
2
+10x > 3x
2
+6x+3
x
2
+4x+3 > 3(x1)
2

3
= 1 8 = 7 < 0
_

_
x
2
4x+3 < 0
x
2
5x < 0

3
= 1 8 = 7 < 0
_

1
= 16 12 = 4 > 0

2
= 25 > 0

3
= 1 8 = 7 < 0
per quanto detto si ha
_

_
x = 2

4 3 = 2 1 formula ridotta
x(x5) < 0 disequazione spuria
x R
_

_
x
1
= 1 x
2
= 3
x
1
= 0 x
2
= 5
x R
_

_
1 < x < 3
0 < x < 5
x R
riportiamo su un graco di intersezione
O 5 1 3
quindi le soluzioni sono: 1 < x < 3, in intervalli: ]1, 3[.
Ricordiamo che le disequazioni di grado superiore al secondo si risolvono cer-
cando di scomporre in fattori il polinomio della disequazione normalizzata
11
.
Poi si studier il segno dei vari fattori e si riporter in un graco dei segni.
Analogamente per le disequazioni frazionarie.
11 Ridotta in forma normale con lo 0 a destra.
1.5 equazioni e disequazioni 11
Esempio 1.5.4. Risolvere la disequazione di terzo grado
x
3
4x
2
+x+6 < 0
osserviamo che il polinomio x
3
4x
2
+x+6 si annulla per x = 1 e quindi
12
divisibile per il binomio
x+1. La divisione ci consente di scrivere
x
3
4x
2
+x+6 = (x
2
5x+6)(x+1) = (x3)(x2)(x+1) trinomio di secondo grado
riportiamo su un graco dei segni i tre fattori ottenuti
O 3 2 1
+ +
quindi le soluzioni sono: x < 1 2 < x < 3, in intervalli: ] , 1[ ]2, 3[.
Esempio 1.5.5. Risolvere la disequazione frazionaria
(x+1)
3
1
(x1)
3
+1
> 1
osserviamo che numeratore e denominatore sono rispettivamente differenza e somma di cubi e quindi si
scompongono nel modo seguente
(x+1)
3
1
(x1)
3
+1
> 1
(x+1 1)((x+1)
2
+ (x+1) +1)
(x1 +1)((x1)
2
(x1) +1)
> 1

x(x
2
+3x+3)

x(x
2
3x+3)
> 1 x = 0

x
2
+3x+

3
x
2
+3x

3
x
2
3x+3
> 0
6x
x
2
3x+3
> 0
studiamo i segni di numeratore e denominatore. N > 0 per x > 0. D > 0: osserviamo che =
9 12 = 3 < 0 e quindi D> 0 x R. Riportando in graco dei segni
O
+
quindi le soluzioni sono: x > 0, in intervalli: ]0, +[.
12 T. del resto.
1.5 equazioni e disequazioni 12
esercizi Alcuni esercizi su disequazioni e sistemi di disequazioni algebriche.
1.
_

_
2x
2
> 3(9 x)
x
x 5
5
< 5x +
64
5
(x +4)(2x +5) > 0
(3 < x < 32)
2.
_

_
x
2
2
+
x +1
5
> 2
x 2
7

x
2
1
2
< 3
(1 x)(x 3)(x +2) < 0
(2 < x < 1 x > 3)
3.
x 2
x 1
<
x
2
x
2
3x +2

x 1
2 x
(x < 3 x > 2
4. x
3
3x +2 0 (x < 2)
5. x
4
+x
3
7x
2
x +6 0 (x 3 1 x 1 x 2)
6.
2x +1
2x 1
+
x
2
+1
x
5x
7.
x
2
x 1
+
x
2x 3
3x (0 x < 1
5
4
x <
3
2
x 2)
8. 9x
4
46x
2
+5 0 (

5 x
1
3

1
3
x

5)
1.5 equazioni e disequazioni 13
1.5.4 Equazioni e disequazioni con modulo
Ricordiamo la denizione di modulo o valore assoluto di un numero reale:
|x| =
x x 0
x x 0
equazioni. Ci proponiamo di risolvere lequazione
|f(x)| = k
con f(x) espressione nella variabile x e k R.
Si presentano tre casi:
Se k < 0, allora lequazione impossibile, poich, come gi detto, |x|
0, x R.
Se k = 0, allora lequazione con modulo equivalente alle equazioni
f(x) = 0
cio alla
f(x) = 0
Se k > 0, allora lequazione con modulo equivalente alla coppia di
equazioni
f (x) = k
che si risolvono separatamente.
Esempio 1.5.6. Risolvere lequazione
|4x| = 5
Per quanto detto si ha
4x = 5 cio x =
5
4
4x = 5 cio x =
5
4
Osserviamo che lequazione in esame solo apparentemente di primo grado; se cos fosse avrebbe una
sola soluzione come ben noto. Se pensiamo ai possibili valori della espressione |4x|, cio alla funzione
13
f(x) = |4x| ci rendiamo conto che potr assumere due volte il valore 5.
x
y
f(x) = |4x|
5
5
4

5
4
13 Come si vedr nel capitolo sulle funzioni.
1.5 equazioni e disequazioni 14
Consideriamo lequazione con modulo pi generale
|f (x)| = g(x)
con f (x) e g(x) espressioni nella variabile x. Essa equivalente allunione dei
sistemi misti
_
_
_
f(x) 0
f(x) = g(x)

_
_
_
f(x) 0
f(x) = g(x)
Esempio 1.5.7. Risolvere lequazione
|x
2
1| = x+1
Per quanto detto si ha
_
_
_
x
2
1 0
(x
2
1) = x+1

_
_
_
x
2
1 0
x
2
1 = x+1
vale a dire
_
_
_
1 x 1
x
2
+x = 0

_
_
_
x 1 x 1
x
2
+x2 = 0
_
_
_
1 x 1
x
1
= 0 x
2
= 1

_
_
_
x 1 x 1
x
1
= 2 x
2
= 1
Le soluzioni quindi sono x = 1 e x = 0.
osservazione: Il fatto che la soluzione x = 1 compaia in entrambi i sistemi (ma
nellunione viene contata una sola volta) dipende dalla denizione di modulo che abbiamo dato:
lo zero compare due volte, sia come numero positivo che come negativo; come sappiamo 0 = 0,
lopposto di 0 0 stesso e questo lunico numero che ha questa propriet.
disequazioni. Consideriamo la disequazione con modulo
|f (x)| < k
con k R. Risulta
se k 0, la disequazione risulta impossibile;
se k > 0, allora la disequazione risulta equivalente al sistema di disequazioni
_
_
_
f (x) > k
f (x) < k
Per la disequazione con modulo
|f (x)| k
con k R, risulta
se k < 0, allora la disequazione impossibile:
se k = 0, allora la disequazione equivalente allequazione
f (x) = 0
1.5 equazioni e disequazioni 15
se k > 0, allora la disequazione equivalente a
k f(x) k
che equivalente al sistema di disequazioni
_
_
_
f (x) k
f (x) k
Nel graco abbiamo disegnato la f(x) completa e la parte negativa ridisegnata po-
sitiva in corrispondenza a f(x). Si pu constatare che i valori di x che soddisfano
la |f(x)| k sono quelli compresi fra lasse x e la retta ad altezza k cio quelli che,
dopo aver esplicitato il modulo, sono compresi fra le rette ad altezza k e k.
x
y
f(x) f(x)
k
k
Esempio 1.5.8. Risolvere la disequazione
|x
2
8x+10| 3
Si ha
3 x
2
8x+10 3
vale a dire
_
_
_
x
2
8x+10 3
x
2
8x+10 3
_
_
_
x
2
8x+7 0
x
2
8x+13 0
_
_
_
x = 4

9 = 4 3
x = 4

3 = 4

3
_
_
_
x
1
= 7 x
2
= 1
x
1
= 4 +

3 x
2
= 4

3
_
_
_
7 x 1
4

3 x 4 +

3
Riportando in graco di intersezione:
O 1 7 4

3 4 +

3
1.5 equazioni e disequazioni 16
Le soluzioni sono: 1 x 4

3 4 +

3 x 7. In intervalli: [1, 4

3] [4 +

3, 7].
Pi in generale, le disequazioni con modulo
|f (x)| < g(x) e |f (x)| g(x)
sono equivalenti rispettivamente ai sistemi di disequazioni
_
_
_
f (x) > g(x)
f (x) < g(x)
e
_
_
_
f (x) g(x)
f (x) g(x)
Esempio 1.5.9. Risolvere la disequazione

x7
x+5

< x
Si ha
x <
x7
x+5
< x
vale a dire
_
_
_
x7
x+5
> x
x7
x+5
< x
Risolviamo la prima disequazione frazionaria:
x7
x+5
> x
x7 +x
2
+5x
x+5
> 0
x
2
+6x7
x+5
> 0
Numeratore: x = 3

16 = 3 4 x
1
= 7, x
2
= 1. Quindi N> 0 per x < 7 x > 1.
Denominatore: x+5. Quindi D> 0 per x > 5.
Riportando in graco dei segni:
O 7 1 5
+ +
Soluzioni: 7 < x < 5 x > 1.
Risolviamo la seconda disequazione frazionaria:
x7
x+5
< x
x7 x
2
5x
x+5
< 0
x
2
4x7
x+5
< 0
x
2
+4x+7
x+5
> 0
Numeratore: x = 2

3 < 0. Quindi N> 0 x R.


Denominatore: x+5. Quindi D> 0 per x > 5.
Riportando in graco dei segni:
O 5
+
Soluzioni: x > 5.
Riportiamo le soluzioni delle due disequazioni in un graco di intersezione:
1.5 equazioni e disequazioni 17
O 7 5 1
Le soluzioni nali sono: x > 1. In intervalli: ]1, +[.
Sia data la disequazione con modulo
|f (x)| > k
con k R, risulta
se k < 0, allora vericata per tutti i valori di x nel dominio di f (x);
se k = 0, allora vericata per tutti i valori di x nel dominio di f (x), esclusi
quelli per cui f (x) = 0;
se k > 0, allora la disequazione equivalente a
f (x) < k f (x) > k
Questultimo caso si capisce bene se si tiene presente il graco 1.5.4.
Per la disequazione
|f (x)| k
con k R, risulta
se k 0, allora vericata per tutti i valori di x nel dominio di f (x);
se k > 0, allora la disequazione equivalente a
f (x) k f (x) k
Pi in generale, le disequazioni
|f (x)| > g(x) e |f (x)| g(x)
sono equivalenti rispettivamente a
f (x) < g(x) f (x) > g(x)
f (x) g(x) f (x) g(x)
Esempio 1.5.10. Risolvere la disequazione
x
2
2
|x4|
< 1
Osserviamo che il C.E. x = 4 e che il denominatore sempre positivo per i valori consentiti. Possiamo
quindi moltiplicare per |x4|.
x
2
2 < |x4| |x4| > x
2
2
Per quanto detto risulta
x4 > x
2
2 x4 < 2 x
2
x
2
x+2 < 0 x
2
+x6 < 0
= 1 8 < 0 x =
1

25
2
=
1 5
2

x x
1
=
3
2
, x
2
= 2

x
3
2
< x < 2
Le soluzioni sono
3
2
< x < 2. In intervalli: ]
3
2
, 2[.
1.5 equazioni e disequazioni 18
Pu capitare di dover risolvere equazioni o disequazioni con pi di un modulo.
In questi casi basterebbe applicare pi volte le soluzioni discusse in precedenza;
questo procedimento conduce, nella maggioranza dei casi, ad una situazione
molto complicata in cui facile commettere errori di calcolo; per questo decidia-
mo di scomporre lequazione-disequazione in pi sistemi equivalenti usando la
denizione di modulo. Vediamo due esempi.
Esempio 1.5.11. Risolvere lequazione
|x1| = 1 + |x|
Riportiamo in graco di segni i due moduli che compaiono nellequazione:
O 1
|x|
|x1|
Come si vede le zone sono tre: x 0, 0 x 1, x 1; scriviamo i corrispondenti sistemi misti per le
tre zone:
_
_
_
x 0
x+1 = 1 x

_
_
_
0 x 1
x+1 = 1 +x

_
_
_
x 1
x1 = 1 +x
_
_
_
x 0
1 = 1 indeterminata

_
_
_
0 x 1
2x = 0 x = 0

_
_
_
x 1
1 = 1 impossibile
x 0 x = 0

Soluzioni nali: x 0, in intervalli: [0, +[


Esempio 1.5.12. Risolvere la disequazione
|x1| < 1 + |x+1|
Riportiamo in graco di segni i due moduli che compaiono nellequazione:
O 1 1
|x+1|
|x1|
Come si vede le zone sono tre: x 1, 1 x 1, x 1; scriviamo i corrispondenti sistemi per le tre
zone:
_
_
_
x 1
x+1 < 1 x1

_
_
_
1 x 1
x+1 < 1 +x+1

_
_
_
x 1
x1 < 1 +x+1
_
_
_
x 1
1 < 0

_
_
_
1 x 1
2x > 1

_
_
_
x 1
0 < 3 x R


1
2
< x 1 x 1
Soluzioni nali: x >
1
2
, in intervalli: ]
1
2
, +[
1.5 equazioni e disequazioni 19
esercizi Alcuni esercizi sui moduli.
1. |5x 4| = 3
2. |x 7| = x
3. |2 5x| < 3 ]
1
5
, 1[
4. |3x +2| > 5 (x <
7
3
x > 1 in intervalli: ] ,
7
3
[]1, [)
5.

3x +
2
x

> 5 (x = 0, ] , 1[]
2
3
,
2
3
[]1, +[)
6.

3x 4
x

x (x = 0, ]0, 1] [4, +[)


7.
2
x
+|x +1| < 1
8.
|x
2
+1|
x +1
x 1
9. x 2 < |x| R
1.5 equazioni e disequazioni 20
1.5.5 Equazioni e disequazioni irrazionali
Una equazione o disequazione si dice irrazionale se al suo interno lincognita
compare almeno una volta sotto il segno di radice n-esima. Particolare attenzione
14
bisogna prestare, come vedremo, al caso in cui n un intero pari.
equazioni. Consideriamo lequazione irrazionale
n
_
f (x) = g(x)
con n > 1 naturale, f (x) e g(x) funzioni algebriche nella variabile x.
Supponiamo n dispari, allora lequazione irrazionale equivalente allequa-
zione razionale
f (x) = (g(x))
n
Non poniamo alcuna condizione su f(x) poich la radice di indice dispari
di un numero reale esiste sempre.
Supponiamo n pari, allora lequazione irrazionale equivalente al sistema
misto razionale
_

_
f (x) 0
g(x) 0
f (x) = (g(x))
n
In caso di indice pari sappiamo che la radice esiste solo se il radicando
positivo, da cui la condizione su f(x); la condizione su g(x) si rende
necessaria perch la radice di un numero reale sempre positiva o nulla.
Esempio 1.5.13. Risolvere lequazione
3
_
2x
3
x
2
+2x1 = 2x1
2x
3
x
2
+2x1 = 8x
3
12x
2
+6x1 6x
3
11x
2
+4x = 0 x(6x
2
11x+4) = 0
applicando la legge di annullamento del prodotto
x
1
= 0 6x
2
11x+4 = 0
x
1
= 0 x =
11 5
12
Soluzioni nali: x
1
= 0 x
2
=
1
2
x
3
=
4
3
Esempio 1.5.14. Risolvere lequazione
_
2x
2
+x+5 = x+

5
per quanto detto lequazione risulta equivalente al sistema misto
_

_
2x
2
+x+5 0
x+

5 0
2x
2
+x+

5 = x
2
+2

5x+

5
_

_
< 0
x

5
x
2
+ (1 2

5)x = 0
_

_
x R
x

5
x(x+1

5) = 0
_

_
x R
x

5
x
1
= 0 x
2
= 2

5 1
considerando che 2

5 1 >

5, entrambe le soluzioni sono accettabili. Soluzioni nali: x


1
=
0 x
2
= 2

5 1.
14 Lo studente ne cosciente se ha studiato i radicali nel biennio.
1.5 equazioni e disequazioni 21
disequazioni. Sia data la disequazione irrazionale
n
_
f (x) < g(x)
con n > 1 naturale, f (x) e g(x) funzioni algebriche nella variabile x.
Supponiamo n dispari, allora la disequazione irrazionale equivalente alla
disequazione razionale
f (x) < (g(x))
n
Supponiamo n pari, allora la disequazione irrazionale equivalente al
sistema di disequazioni razionali
_

_
f (x) 0
g(x) > 0
f (x) < (g(x))
n
In caso di indice pari la condizione che f(x) 0 la condizione di esistenza
della radice. La condizione su g(x) si impone perch deve essere maggione
di un numero positivo o nullo.
Esempio 1.5.15. Risolvere la disequazione
3
_
3x
2
3x1 < 1 x
3x
2
3x1 < 1 3x+3x
2
x
3
x
3
< 2
estraendo la radice cubica, le soluzioni sono: x <
3

2
Esempio 1.5.16. Risolvere la disequazione
_
x
1
x
< x1
per quanto detto la disequazione risulta equivalente al sistema
_

_
x
1
x
0
x1 > 0
x
1
x
< x
2
2x+1
_

_
x
2
1
x
0
x > 1
x
2
1x
3
+2x
2
x
x
< 0
_

_
x
2
1
x
0
x > 1
x
3
3x
2
+x+1
x
> 0
Non abbiamo evidenziato la condizione x = 0 perch gi contenuta nella condizione di esistenza della
radice.
Risolviamo la prima disequazione:
x
2
1
x
0
Segno del numeratore: N 0 per x 1 x 1. Segno del denominatore: D > 0 per x > 0.
Passando al graco dei segni:
O 1 1
+ +
1.5 equazioni e disequazioni 22
Le soluzioni sono [1, 0[ [1, +[.
Risolviamo la terza disequazione:
x
3
3x
2
+x+1
x
> 0
Il numeratore di terzo grado per cui sar necessario scomporre il polinomio. Osservando che il esso si
annulla per x = 1 sappiamo
15
che divisibile per x 1, da cui si deduce che x
3
3x
2
+x +1 =
(x
2
2x 1)(x 1). Non volendo usare la divisione si pu osservare che x
3
3x
2
+x +1 =
x
3
x
2
2x
2
x+2x+1 = x
2
(x1) 2x(x1) (x1) = (x
2
2x1)(x1) con
lo stesso risultato. Siamo ricondotti alla
(x
2
2x1)(x1)
x
> 0
Passando al graco dei segni:
O 1

2 1 +

2 1
+ + +
Riassumendo
_

_
1 x < 0 x 1
x > 1
x < 1

2 0 < x < 1 x > 1 +

2
che riportiamo in graco dintersezione
O 1 1
1

2
1 +

2
Soluzioni nali: x > 1 +

2, in intervalli: ]1 +

2, +[.
Sia data la disequazione irrazionale
n
_
f (x) > g(x)
con n > 1 naturale, f (x) e g(x) funzioni algebriche nella variabile x.
Supponiamo n dispari, allora la disequazione irrazionale equivalente alla
disequazione razionale
f (x) > (g(x))
n
Supponiamo n pari, allora la disequazione irrazionale equivalente allu-
nione dei sistemi di disequazioni razionali
_
_
_
f (x) 0
g(x) < 0

_
f (x) 0
g(x) 0
f (x) > (g(x))
n
i due sistemi si spiegano osservando che possiamo avere soluzioni valide
sia nel caso g(x) < 0 che nel caso g(x) 0; nel primo caso baster che la
15 Per il teorema di Rufni.
1.5 equazioni e disequazioni 23
radice esista (f(x) 0) e sar ovviamente maggiore di un numero negativo;
nel secondo caso, con entrambi i membri positivi o nulli bisogner anche
elevare alla n.
Osserviamo che nel secondo sistema la condizione di esistenza f(x) 0
superua dato che poi f(x) deve essere maggiore di una potenza pari.
Quindi si avr
_
_
_
f (x) 0
g(x) < 0

_
_
_
g(x) 0
f (x) > (g(x))
n
Esempio 1.5.17. Risolvere la disequazione
_
2x
2
1 > 2x1
per quanto detto la disequazione risulta equivalente ai sistemi
_
_
_
2x
2
1 0
2x1 < 0

_
_
_
2x1 0
2x
2
1 > 4x
2
+4x+1
_
_
_
x
2

1
2
2x > 1

_
_
_
x
1
2
2x
2
+4x+2 < 0
_
_
_
x

2
2
x

2
2
x >
1
2

_
_
_
x
1
2
(x+1)
2
< 0

_
_
_
x

2
2
x

2
2
x >
1
2
Il secondo sistema non da soluzioni mentre per il primo usiamo un graco dintersezione
O

2
2

2
2

1
2
Soluzioni nali: x

2
2
, in intervalli: [

2
2
, +[.
1.5 equazioni e disequazioni 24
esercizi Alcuni esercizi su equazioni e disequazioni irrazionali.
1.

2x
2
7x +4 = 1 (
1
2
, 2)
2.
3

x
3
x
2
+x 8 = x 2 (0,
11
5
)
3.

x
2
+3x +9 = x 3
4.

3x +1

5x 1 = 0 (1)
5.

x
2
+3 > 3x 1 (x < 1)
6. x

25 x
2
> 7
7.

4 9x
2
> x +2 (
2
5
< x < 0)
8.
_
3(x
2
1) < 5 x (7 < x 1; 1 x < 2)
9.
3

x
3
+2 > x 1
10.

x
2
+3x +10 > x +2 (2 < x <
3
2
)
11.

x
2
+x +2 > x 4 (1 x 2)
12.

x +2 +

x 5

5 x (5)
13.

x +1 >
1

x1
(x >

2)
14.
x

x1
x
2
+2
> 0 (x 1)
15.
x

x
2
2x3
x
2
x
0 (x 1)
1.5 equazioni e disequazioni 25
1.5.6 Esercizi riassuntivi
1.

x +2 +

x 2 >
2

x +2
(x 2)
2.
3

x
3
2x
2
2x +5 > x 1 (x < 2 x > 3)
3.

1
x

1
x
2
+x
1

> 2 (2 < x <


2
3
; x = 1)
4. |x
2
1| +|x| > 5 (x < 2 x > 2)
5.
_
_
x 1
x +1
_
2
> 1
6.
x|x 1|
x +1
> 0 (x < 1 0 < x < 1 x > 1)
2
APPENDI CI
2.1 cosa e dove
Nellinsieme Npossiamo risolvere equazioni ma solo entro certi limiti; ad esempio
lequazione 2x 4 = 0 ha soluzione x = 2 ma lequazione 2x +4 = 0 ha soluzione
x = 2 che non appartiene a N; un discorso analogo vale per Z considerando
le equazioni 2x +4 = 0 e 2x +3 = 0; questultima ha soluzione
3
2
, un numero
razionale; in generale possiamo dire che lequazione ax + b = 0 ha sempre
soluzione solo se x pu assumere valori in Q. E ragionevole chiedersi quali altri
problemi possano richiedere lintroduzione di nuovi numeri.
Dalla geometria noto che un quadrato con lati di
misura 1 ha diagonale di misura x che deve soddi-
sfare il teorema di Pitagora, cio x
2
= 1
2
+1
2
, vale
a dire x
2
= 2. Questa equazione di secondo grado
ha come soluzioni i numeri

2 e

2 che non sono


razionali.
1
1 x
=
2
Riportiamo per comodit la dimostrazione di questo fatto:
Proposizione 2.1.1. Il numero

2 / Q
Dim. Per assurdo. Supponiamo che esistano numeri interi m e n relativamente primi, tali che

2 =
m
n
. Elevando al
quadrato si ottiene 2 =
m
2
n
2
dove m
2
e n
2
non hanno fattori comuni e - in particolare - non sono entrambi pari. Anche
m e n, di conseguenza, non sono entrambi pari perch il quadrato di un numero dispari
1
dispari
2
. Semplicando
otteniamo 2n
2
= m
2
da cui si deduce che m
2
pari e cos anche m, cio 2n
2
= (2k)
2
= 4k
2
da cui n
2
= 2k
2
.
Allora anche n
2
e n sono pari; questa una contraddizione perch avevamo stabilito che m e n non potevano essere
entrambi pari.
esercizi
2.2 naturali e interi
I numeri appartenenti ad N, chiamati comunemente numeri naturali, non sod-
disfano tutte le propriet elencate nel paragrafo 1.2. La propriet P.1 certamente
vale ma la P.2 vale solo se consideriamo 0 N ed quello che faremo
3
. Quindi
per noi
N = {0, 1, 2, . . . }
Le propriet P.3 e P.7 certamente non valgono quindi considerando quanto detto
nel paragrafo 2.1 e riettendo sulle dimostrazioni delle regole elencate nel para-
grafo 1.4, concludiamo che linsieme N molto povero algebricamente. Tuttavia
questi numeri sono importanti per molti motivi non ultimo il fatto che gran parte
della matematica si fonda su di essi
4
e che li usiamo per contare, procedimento
senza dubbio fra i pi primitivi. Non secondario il fatto che abbiano un ruolo
centrale in molte questioni informatiche e algoritmiche
5
. Lo strumento pi impor-
tante che abbiamo a disposizione per fare dimostrazioni con i numeri naturali il
seguente:
1 Cosa centrano i dispari?
2 Dimostrare per esercizio
3 Non tutti gli autori fanno questa scelta.
4 Un famoso matematico, Kronecker, soleva dire che i numeri naturali sono creati da Dio, il resto
opera delluomo.
5 Si veda il paragrafo 2.4 e il documento Laboratorio Matematica.
26
2.3 reali 27
Principio 1 (Induzione matematica). Sia x N e P una certa propriet dei naturali;
indichiamo con P(x) il fatto che la propriet P valga per il numero x. Allora il principio
afferma che P(x) vera per tutti gli x naturali se sono vericate le seguenti:
P(0) vera (1)
se P(k) vera, allora P(k +1) vera (2)
Osservazione 2.2.1. Lenunciato sembra certamente strano e ancor pi strano che lo si
debba considerare un Principio. La sua utilit (anzi, indispensabilit) si potr comprendere
solo con molti esempi. Il principio equivalente alla propriet seguente:
Principio 2 (Buon ordinamento). Sia A N un insieme di numeri naturali non
vuoto. Allora A ha un elemento minimo.
Lequivalenza dei due principi si pu facilmente dimostrare (vedere esercizi
riassuntivi) e il Buon ordinamento sembra molto pi evidente e facile da accettare.
Si ricordi comunque che nessuno dei due dimostrabile usando le propriet P.1
. . . P12.
Esercizio 2.2.1. Ogni numero naturale pari o dispari
6
.
Ricordiamo che un numero si dice pari se della forma 2k per un qualche intero
(naturale) k e si dice dispari se della forma 2k +1.
Buon ordinamento. Sia A linsieme dei numeri naturali che non sono ne pari ne dispari. Dimostre-
remo che A vuoto. Per assurdo: sia A non vuoto; allora per il Buon ordinamento sia m A
minimo che non sia ne pari ne dispari; consideriamo m1, non pu essere pari perch se
m1 = 2k allora m = 2k+1 e sarebbe dispari e quindi m / A; analogamente m1 non
pu essere dispari perch se m1 = 2k+1 allora m= 2k+2 = 2(k+1) = 2k
1
e sarebbe
pari quindi m / A; concludiamo che m1 A non essendo ne pari ne dispari. Questo
assurdo perch m1 < m ma m era il minimo di A.
Induzione matematica. Sia P(x) la propriet essere pari o dispari. Per il principio di induzione
dobbiamo dimostrare che P(0) vera: infatti 0 = 2 0 e quindi pari. Dimostriamo ora la
propriet 2). Supponiamo che P(k) sia vera per un qualche valore k, dobbiamo far vedere che
allora vera anche P(k+1).
Siccome P(k) vera, k sar pari o dispari. Se k pari allora k = 2he k+1 = 2h+1 dispari,
quindi P(k+1) vera. Se Se k dispari allora k = 2h+1 e k+1 = 2h+2 = 2(h+1) = 2h
1
pari, quindi P(k+1) vera. In ogni caso P(k+1) vera.
esercizi
2.3 reali
esercizi
2.4 numeri interi e calcolatori
esercizi
2.5 numeri reali e calcolatori
esercizi
6 Ma non ovvio?, dir lo studente.
3
FUNZI ONI
3.1 introduzione
La nozione che vogliamo studiare quella di funzione. Lo studente ha gi
incontrato questa nozione in precedenza ma la sua importanza tale che si rende
necessario riprenderla e approfondirla. In futuro le funzioni saranno riprese
molte volte e ancora molte volte sar necessario approfondire questo concetto;
anzi, non crediamo di esagerare se diciamo che nei prossimi tre anni ci occupero
sostanzialmente di funzioni.
A scopo puramente illustrativo esaminiamo alcuni esempi di funzioni.
Denizione 3.1.1 (Provvisoria). Una funzione una regola che associa ad un certo
numero un altro numero.
Esempio 3.1.1. la regola che associa ad ogni numero il suo quadrato.
Esempio 3.1.2. la regola che associa ad un numero positivo la sua radice quadrata.
Esempio 3.1.3. la regola che associa ad ogni numero x = 1 il numero
x
3
+3
x1
.
Esempio 3.1.4. la regola che associa ad ogni numero s che soddisfa 3 s 5 il numero
s
s
2
+1
.
Esempio 3.1.5. la regola che associa al numero 1 il numero 5, al numero 15 il numero
12

, a tutti i
numeri diversi dai precedenti il numero 16.
Esempio 3.1.6. la regola che associa a tutti i numeri irrazionali il numero 0, a tutti i numeri razionali il
numero 1.
Esempio 3.1.7. la regola che associa ad un numero reale il numero 0 se nelle cifre decimali del numero
compaiono un numero nito di cifre pari altrimenti 1.
Dagli esempi emergono le seguenti osservazioni:
Una funzione una regola qualsiasi che associa numeri a numeri e non una
regola per la quale esiste una espressione algebrica che la rappresenta.
Non necessario che la regola si applichi a tutti i numeri noti. In qualche
caso pu essere anche poco chiaro a quali numeri la regola si applichi (per
es. 3.1.7).
Sembra necessario dare un nome allinsieme dei numeri per i quali ef-
fettivamente si pu calcolare il valore della funzione. Tale insieme si dir
dominio
1
.
Le funzioni elencate sottolineano la necessit di usare una qualche notazione
specica per indicarle. In generale useremo le lettere f, g, ecc. per le funzioni
e le lettere x, y ecc. per indicare i numeri. Il valore che la funzione associa
al numero x si indicher con f(x) che si legge f di x e che si dice anche il
valore di f in x o anche limmagine di x.
1 Nel prossimo paragrafo tutte le denizioni saranno raccolte in modo ordinato.
28
3.1 introduzione 29
Un modo pi ordinato per denire le funzioni precedenti il seguente:
f(x) = x
2
per ogni x (3.1)
g(x) =

x per ogni x 0 (3.2)


h(x) =
x
3
+3
x 1
per ogni x = 1 (3.3)
r(s) =
s
s
2
+1
per ogni numero s tale che 3 s 5 (3.4)
s(x) =
_

_
1 se x = 5
15 se x =
12

16 ad ogni altro x
(3.5)
t(x) =
_
_
_
0 per ogni x irrazionale
1 per ogni x razionale
(3.6)
u(x) =
_
_
_
0 se nelle cifre decimali del numero x compaiono innite cifre pari
1 per ogni altro x
(3.7)
osservazione: spesso, nellindicare funzioni, si potranno usare delle abbre-
viazioni come, ad esempio, la funzione
v(t) =
t
t 1
t = 1
potr essere indicata come
v(t) =
t
t 1
senza specicare il dominio; in questo caso ovvio che si intende come dominio
linsieme dei numeri per i quali ha senso calcolare la funzione.
osservazione: molta attenzione va prestata al seguente fatto: le due funzioni
r(x) = x +
x +1
x 1
t(y) = y +
y +1
y 1
sono la stessa funzione. Anche se i nomi delle funzioni e delle lettere che indicano
i numeri sono diverse.
Invece nel caso noi scrivessimo:
r(x) = x +
x +1
x 1
3 x 0
t(y) = y +
y +1
y 1
dovremmo considerare diverse le due funzioni dato che il dominio non coincide.
osservazione: ricordiamo anche che, nonostante sia decisamente una perver-
sione, luso delle lettere che abbiamo indicato rappresenta la consuetudine ma non
un obbligo; quindi perfettamente lecito denire una funzione in questo modo (e
ci sono contesti in cui si fa):
x(f) = f +
f +1
f 1
3.2 definizioni 30
in questo caso il nome della funzione x mentre i numeri si sostituiscono alla
lettera f.
Prima di procedere ad una pi precisa denizione di funzione necessario
capire bene cosa esattamente caratterizza la nozione di funzione. Nella denizione
3.1.1 provvisoria abbiamo parlato di regola qualsiasi che associa ad un numero
un altro numero. Come precisiamo la nozione di regola? In effetti sarebbe trop-
po complicato restringere il signicato della parola regola per ottenere lesatto
intendimento dei matematici quando pensano al concetto di funzione. Alla ne,
come spesso succede in matematica, quello che conta il risultato nale: che cos
una funzione? per ogni elemento x del dominio dobbiamo conoscere lelemento
a cui viene associato cio f(x) e quindi sostanzialmente una coppia ordinata
2
(x, f(x)); una funzione diventa uninsieme di coppie che possiamo rappresentare,
per esempio per f(x) = x
3
, con una tabella:
x f(x) = x
3
1 1
1 1

2
3
3

2 2

2 2

3
oppure come elenco:
f = {(1, 1), (1, 1), (

2,
_
2
3
), (
3

2, 2), (
3

2, 2), (,
3
), . . . }
Per trovare il numero associato al numero 1 basta scorrere lelenco e trovare
la coppia (1, 1) e cos via. Supponiamo ora di avere una funzione denita dal-
linsieme: g = {(1, 3), (2, 5), (1, 6), (3, 5), . . . } chi sar limmagine del numero 1?
Troviamo la coppia (1, 3) ma anche la coppia (1, 6) quindi non sar possibile dire
che g(1) = 3 e neanche che g(1) = 6); la funzione g non ben denita: non
univoca. La condizione di univocit la caratteristica pi importante della nozione
di funzione.
Pensare alle funzioni come regole pi semplice che pensarle come insiemi
di coppie ma questultimo modo pi rigoroso e permette di condurre pi
facilmente le dimostrazioni: si tratta di una denizione pi astratta. Naturalmente
nessuno pu vietarci di pensare alle funzioni come a delle regole.
esercizi
3.2 definizioni
Deniamo il concetto di coppia.
Denizione 3.2.1. Per coppia (a, b) si intende linsieme ordinato dei due elementi a e
b, non necessariamente distinti, in cui ha rilevanza lordine.
osservazione: evidente che la coppia (a, b) si distingue dallinsieme {a, b}
perch mentre {a, b} = {b, a} per le coppie si ha (a, b) = (b, a) cio nelle cop-
pie rilevante lordine degli elementi. Inoltre, mentre la coppia (a, a) contiene
effettivamente due elementi, linsieme {a, a} si riduce ad {a}.
Denizione 3.2.2. Si denisce Prodotto cartesiano di due insiemi A e B linsieme di
tutte le possibili coppie (a, b) con a A e b B e si scrive:
AB =
_
(a, b) | a A, b B
_
2 La denizione al prossimo paragrafo.
3.2 definizioni 31
Esempio 3.2.1.
A= {1, 2, 3}
B = {1, 2}
AB =
_
(1, 1), (1, 2), (2, 1), (2, 2), (3, 1), (3, 2)
_
BA=
_
(1, 1), (1, 2), (1, 3), (2, 1), (2, 2), (2, 3)
_
BB = B
2
=
_
(1, 1), (1, 2), (2, 1), (2, 2)
_
Naturalmente A e B non necessariamente sono insiemi numerici:
Esempio 3.2.2.
A= {1, 2, 3}
B = {r, t}
AB =
_
(1, r), (1, t), (2, r), (2, t), (3, r), (3, t)
_
BA=
BB = B
2
=
_
(r, r), (r, t), (t, r), (t, t)
_
E naturalmente A e B non necessariamente sono insiemi niti:
Esempio 3.2.3.
A= {1, 2}
B = N
AB =
_
(1, 0), (2, 0), (1, 1), (2, 1), (1, 3), (2, 3), . . .
_
BA=
BB = B
2
=
_
(0, 0), (0, 1), (1, 0), (2, 0), (1, 1), (0, 2), (0, 3), (1, 2), . . .
_
Denizione 3.2.3. Si chiama funzione un insieme di coppie di numeri tali che se due
coppie hanno lo stesso primo elemento allora sono la stessa coppia (univocit). In simboli:
se (a, b) e (a, c) appartengono alla funzione allora b = c.
Denizione 3.2.4. Si chiama dominio di una funzione f linsieme dei numeri a per i
quali esiste un b tale che la coppia (a, b) appartiene a f. Per la denizione precedente
ovvio che tale b unico e si indicher con f(a) e si chiama immagine di a. In questo
caso a si dice anche controimmagine o anche immagine inversa di b; evidente che la
controimmagine di un numero non sempre unica e quindi si dir spesso linsieme delle
controimmagini. Si chiama codominio qualsiasi insieme che contenga tutti i numeri b tali
che (a, b) appartenga a f.
osservazione: nella denizione 3.2.4 vi una chiara asimmetria fra dominio
e codominio. Il motivo risiede nella centralit della nozione di univocit che
dipende solo dal dominio.
osservazione: nella denizione 3.2.3 abbiamo parlato genericamente di nu-
meri senza specicare di che tipo sono. Sottointendiamo che si tratta di numeri
reali (R). Naturalmente nessuno vieta che per particolari funzioni il dominio sia
limitato a sottoinsiemi di numeri quali i naturali (N) o gli interi (Z) o i razionali
(Q) o qualche sottoinsieme degli stessi.
osservazione: dalla denizione risulta chiaro che le nostre funzioni sono
numeriche, vale a dire mandano numeri in numeri. Come lo studente gi sapr,
possibile denire funzioni pi astratte che associano tra loro oggetti che non sono
numeri: per esempio possiamo pensare ad un procedimento che associa ad ogni
studente di una classe il suo nome oppure il suo numero di telefono ecc. Queste
associazioni si chiamano applicazioni o mappe e sono denibili fra insiemi di
oggetti qualsiasi. Non studieremo questo argomento in questo contesto.
3.2 definizioni 32
Spesso useremo la seguente forma graca per indicare una funzione:
f : A B
x f(x)
f indica la legge che denisce la funzione
linsieme A il dominio della funzione
linsieme B il codominio della funzione
Spesso useremo anche il simbolo f(A) = {insieme delle immagini f(x) con x A}
Come esempi di funzioni valgono quelli gi esposti in 3.1; aggiungiamo qualche
altro caso.
Esempio 3.2.4. Sia A= {0, 1, 2, 3} e B = N. Consideriamo
f : AB
x 3x+1
Abbiamo quindi f = {(0, 1), (1, 4), (2, 7), (3, 10)}. In questo caso f(A) = {1, 4, 7, 10} e naturalmen-
te f(A) B.
Esempio 3.2.5. Sia f la funzione che esprime il volume V di un cubo in funzione della lunghezza l del
suo lato.
f : R
+
R
+
l V = f(l) = l
3
Ricordiamo che R
+
(ma anche R
>
) indica linsieme dei numeri reali positivi. Il domino di questa funzione
potrebbe comprendere anche il numero 0 supponendo che anche il cubo di lato 0 abbia signicato. Anche in
questo caso abbiamo ovviamente f(R
+
) R
+
. Problema: ha senso porre f(R
+
) = R
+
?
Esempio 3.2.6. Sia g la funzione che associa ad ogni numero pari la sua met e ad ogni numero dispari la
met del numero precedente:
g : N N
n g(n) =
_
n
2
se n pari
n1
2
se n dispari
Esempio 3.2.7. Sia h la funzione che esprime la frequenza percentuale di un certo gruppo di studenti
suddivisi secondo classi di statura.
Statura (cm) Percentuale
150 x < 160 15.1
160 x < 170 20.3
170 x < 175 28.1
175 x 180 18.2
180 < x < 190 13.4
x 190 5.9
In questo caso la funzione denita mediante una tabella.
Problema: la funzione h effettivamente una funzione? Come la descrivereste in termini di
coppie?
3.2 definizioni 33
esercizi
Esercizio 3.2.1. Stabilire se le seguenti relazioni di R in R sono funzioni:
f(x) =
_
_
_
x +1 se x 0
x
2
3 se x 0
g(x) =
_
_
_
x
2
se x 2
2x +1 se x 2
Esercizio 3.2.2. Determinare il dominio delle funzioni:
f(x) = x
2
+3x g(x) =
2
x
2
+3x
h(x) =
_
x 1
x
k(x) =
3
_
x +1
x 1
t(x) =
_
|x| 1
x
2
1
Esercizio 3.2.3. Data la funzione f(x) =
2
3
x, calcolare:
1. le immagini tramite f di x
1
= 3 e di x
2
=
7
2
2. le controimmagini di y
1
= 8 e di y
2
=
4
3
Esercizio 3.2.4. Date le funzioni f(x) = 2x + 1 e g(x) =
1
2
x 4, determinare, se
esistono, i valori di x per cui le due funzioni hanno la stessa immagine.
Esercizio 3.2.5. Analogamente per le funzioni f(x) =
x
2
1
2
e g(x) =
2x
2
+1
4
3.3 grafici 34
3.3 grafici
La nozione di piano cartesiano si assume come gi nota dal biennio. Ricordiamo
che una coppia di numeri reali (a, b) rappresenta un punto del piano e che
viceversa un punto del piano rappresentato da una coppia di numeri reali.
Riassumiamo in un disegno la struttura del piano cartesiano con le coordinate dei
punti nei vari quadranti:
x
y
(0, 0)
(1, 1) (1, 1)
(1, 1) (1, 1)
(a, b)
(a, 0)
(0, b)
E evidente che se una coppia di numeri rappresenta un punto, una funzione, che
un insieme di coppie, sar rappresentabile mediante un insieme di punti. Infatti
si pu dare la seguente:
Denizione 3.3.1. Sia f una funzione
f : A B
x f(x)
si chiama graco della funzione f linsieme dei punti del piano cartesiano:
G(f) = {(x, f(x)) | x A}
Ecco alcuni esempi di graci di funzioni di cui abbiamo parlato:
0 1 2 3 1 2
1
2
3
1
x
y
f(x) = x
2
g(x) =

x
0 1 2 1 2 3
1
2
3
1
2
3
x
y
h(x) =
1
x1
3.3 grafici 35
0 1 2 3 4 5 6 1 2 3 4
1
2
3
1
x
y
f(s) =
s
s
2
+1
3 < s < 5
Per costruire il graco di una funzione sar necessario procurarsi un certo
numero di coppie che poi saranno disegnate sul piano cartesiano. Ovviamente
sar possibile calcolare e disegnare tutte le coppie appartenenti alla funzione solo
se queste sono in numero nito. Nel caso di innite coppie se ne disegneranno
alcune
3
e poi si congiungeranno i punti ottenuti mediante archi di curva che
ragionevolmente rappresenteranno i punti mancanti.
Esempio 3.3.1. Sia f la funzione f = {(1, 3), (1, 5), (3, 4), (
1
2
, 1)}
0 2 4 2
1
2
3
1
2
x
y
(1, 3)
(1, 5)
(3, 4)
(
1
2
, 1)
Esempio 3.3.2. Sia g la funzione
g : R R
x 2x
In questo caso sappiamo che la funzione rappresentata da una retta e quindi baster calcolare le coordinate
di due soli punti: x = 1 da cui g(1) = 2 e x = 2 da cui g(2) = 4
0 2 4 6 2 4
2
4
2
4
x
y
(1, 2)
(2, 4)
Esempio 3.3.3. Sia g la funzione
h : R
>
R
x
1
x
3 Nel corso di studi si vedranno molte altre tecniche per tracciare graci di funzioni.
3.4 tipi di funzioni 36
0 2 4 6 2 4
3
3
x
y
A
B
C
A(1, 1)
B(2,
1
2
)
C(4,
1
4
)
In questo esempio si vede come sia necessario congiungere i punti calcolati con archi di curva per
avere un graco realistico; naturalmente se si calcola un numero maggiore di punti si ha maggiore
aderenza al graco corretto.
esercizi
Esercizio 3.3.1. Tracciare i graci delle seguenti funzioni reali:
f(x) = 2x
g(x) =
1
3
x 2
h(x) = x
2
1
r(s) = |x 1| +1
s(x) =
_
_
_
x +1 se x < 2
1
2
x +3 se x 2
3.4 tipi di funzioni
Tra tutte le funzioni numeriche ne distinguiamo alcune classi
4
particolarmente
importanti.
Una delle funzioni pi importanti certamente la funzione identica
I : A A
x x
La funzione associa ad ogni numero x se stesso. E composta quindi dalle coppie
(x, x). Notiamo che il dominio identico al codominio.
Funzioni polinomiali
f : A B
x a
n
x
n
+a
n1
x
n1
+. . . a
1
x +a
0
Sono i classici polinomi e il valore della funzione si calcola sostituendo alla x il
numero a. Il grado n del polinomio il grado della funzione.
Un caso particolare di funzione polinomiale la funzione costante
4 Il problema della classicazione delle funzioni non particolarmente semplice ma questo, per
fortuna, riguarda solo i matematici.
3.4 tipi di funzioni 37
f : A B
x c
che associa ad ogni elemento del dominio il numero c; si ottiene come polinomio
di grado 0.
Esempi:
f(x) = x
2
g(x) = x
4

2x
2
+1
h(x) = x
5
1
Funzioni razionali
f : A B
x
a
n
x
n
+a
n1
x
n1
+. . . a
1
x +a
0
b
k
x
k
+b
k1
x
k1
+. . . b
1
x +b
0
Sono quozienti di due polinomi e si richiede, naturalmente, che il polinomio
b
k
x
k
+b
k1
x
k1
+. . . b
1
x +b
0
al denominatore non sia sempre nullo. Notare
bene: non sia sempre nullo: questo signica che pu valere 0 per qualche valore
di x ma non per tutti.
Esempi:
r1(x) =
x
x 1
r2(x) =
x
4
1
x
2
+2
r3(x) =
x
2
3
1
s(x) =
_
_
_
3
x1
se x > 1
1 se x 1
La stranezza della funzione r3(x) testimonia soltanto che le funzioni polinomiali
possono essere considerate casi particolari delle funzioni razionali.
Funzioni irrazionali
u(x) =
x

x 1
v(x) =

x
2
1
x
2
+2
z(x) = 5x

1
2
=
5

x
osservazione: spesso linsieme delle funzioni razionali e irrazionali vengono
indicate come funzioni algebriche cio funzioni per le quali limmagine si calcola
con un numero nito di operazioni di somma, differenza, prodotto, quoziente
ed estrazione di radice su un elemento del dominio; questa denizione non
strettamente rigorosa ma la useremo anche noi.
3.4 tipi di funzioni 38
osservazione: in tutti gli esempi precedenti non abbiamo specicato il domi-
nio delle varie funzioni. Questa mancanza non deve essere considerata un errore
ma semplicemente una scorciatoia. Signica che il dominio delle varie funzioni,
dipendendo dalle operazioni algebriche che vi compaiono, deve essere considerato
il pi grande possibile. In altre parole: se in una funzione algebrica non compare
esplicitamente il dominio, questo si intende composto da tutti i numeri per i
quali le operazioni di calcolo della funzione hanno senso. Spesso questo insieme
viene distinto dal dominio e chiamato campo di esistenza. Potremmo dire che il
campo di esistenza di una funzione il pi grande dominio possibile. Per esempio
la funzione r ha campo di esistenza R{1} mentre la s e la t hanno campo di
esistenza R. La funzione u ha campo di esistenza A = {x R | x > 1} poich la
radice quadrata esiste solo se il numero 0 e il denominatore della frazione non
pu essere nullo. La funzione v ha campo di esistenza A = {x R | x 1 o x 1
} per motivi analoghi.
Funzioni goniometriche
sin : R [1, 1]
x sinx
cos : R [1, 1]
x cos x
tan : A R A = R{

2
+k}
x tanx
Queste funzioni sono forse note ad alcuni studenti dal corso di sica del biennio.
In ogni caso saranno studiate a breve data la loro straordinaria importanza nelle
applicazioni. Si tratta di funzioni periodiche, cio i loro valori si ripetono innite
volte.
x
y
O
1
1
sinx
x
y
O
1
1
cos x
x
y
O

2
tanx
3.4 tipi di funzioni 39
esercizi
Esercizio 3.4.1. Per ciascuna delle seguenti funzioni indicare se razionale (intera o
fratta) o irrazionale e determinarne il campo di esistenza:
f(x) =
x
3
x
2x +1
g(x) =

7x +1
2
h(x) = 3

x +1
r(s) = 2x
s(x) =
2
_
(x +1)
2
3.5 operazioni 40
3.5 operazioni
Sulle funzioni possiamo agire con operazioni che ci consentono di ottenere altre
funzioni.
Denizione 3.5.1. Siano f e g due funzioni.
Per ogni valore di x per cui ha senso deniamo f +g e la chiamiamo somma, la funzione
tale che
(f +g)(x) = f(x) +g(x)
e deniamo f g e la chiamiamo prodotto, la funzione tale che
(f g)(x) = f(x) g(x)
osservazione: il dominio della funzione somma o prodotto lintersezione
dei domini delle funzioni componenti (vedi esempi).
Esempio 3.5.1.
f(x) = x
2
g(x) =

1 x
La funzione somma sar:
(f +g)(x) = x
2
+

1 x
Il dominio (campo di esistenza) di f R mentre quello di g x 1; perci il dominio di f +g sar
lintersezione dei due, vale a dire x 1.
Esempio 3.5.2.
f(x) = x
2
g(x) =
1

1 x
La funzione prodotto sar:
(f g)(x) =
x
2

1 x
Il dominio (campo di esistenza) di f R mentre quello di g x < 1; perci il dominio di f g sar
lintersezione dei due, vale a dire x < 1.
Loperazione di gran lunga pi importante la composizione o prodotto di
composizione di funzioni:
Denizione 3.5.2. Siano f e g due funzioni
f : A B
x f(x)
g : B C
x g(x)
la funzione composta di g e f, detta anche g tondino f, la funzione che manda ogni x
di un opportuno dominio in (g f)(x) = g(f(x)), cio
g f : A C
x g(f(x))
osservazione: il dominio di g f composto da tutte le x del dominio di
f tali che f(x) contenuto nel dominio di g. Questo perch, per poter calcolare
lelemento g(f(x)), il numero f(x) deve appartenere al dominio di g. Il codominio
di g f sar C perch lultima funzione applicata g.
Un graco pu chiarire meglio la situazione:
A
f
-
B
C
g
?
g

f
-
3.5 operazioni 41
osservazione: osserviamo anche che la funzione composta pone f alla destra
di g quando apparentemente f dovrebbe comparire a sinistra. Il motivo risiede
nel fatto che la f la prima funzione che viene applicata e quindi nella notazione
funzionale g(f(x)) deve essere posta vicino alla x, cio a destra. Questo giustica
il fatto che meglio dire g tondino f piuttosto che la funzione composta di f e g. Un
altro motivo importante che g f diversa da f g come si vedr dagli esempi.
Esempio 3.5.3.
f(x) = x
2
g(x) =

1 x
In questo caso
(g f)(x) = g(f(x)) = g(x
2
) =
_
1 x
2
come si pu notare il calcolo di (g f)(x) semplice: si applica a x la funzione f ottenendo il numero
f(x) che poi andr sostituito nella funzione g al posto di x.
Il campo di esistenza di f R mentre quello di g x 1. Il campo di esistenza della funzione g f si
ottiene osservando che il codominio di f R

ma solo i numeri x tali che x 1 appartengono al campo di


esistenza di g; quindi solo i numeri x
2
1, cio 1 x 1, sono ammissibili nel campo di esitenza
di g f. Lo stesso risultato si ottiene semplicemente osservando lespressione algebrica di g f e cio

1 x
2
; la radice calcolabile solamente per i valori del radicando 0, cio 1 x
2
0, x
2
1, da
cui il risultato gi trovato.
Osserviamo che la funzione composta f g
(f g)(x) = f(g(x)) = f(

1 x) = (

1 x)
2
conludiamo che la funzione (f g) molto diversa dalla (g f). Il campo di esistenza della (f g)
x 1.
Esempio 3.5.4.
g(x) =

1 x
Possiamo comporre la funzione g con se stessa
(g g)(x) = g(g(x)) = g(

1 x) =
_
1

1 x
Il campo di esistenza di g x 1 mentre quello di (g g) : 1

1 x 0, 1

1 x,
1 1 x, x 0; quindi nalmente 0 x 1. Notiamo che il campo di esistenza ben diverso da
quello di g.
Esempio 3.5.5. La funzione
f(x) =
_
3x
_
1 +x
2
pu essere pensata come la composizione delle funzioni
g(x) =

x h(x) = 3x
_
1 +x
2
mentre la funzione h pu essere pensata come il prodotto delle funzioni
m(x) = 3x n(x) =
_
1 +x
2
e nalmente la funzione n la composizione delle funzioni
p(x) =

1 +x q(x) = x
2
perci abbiamo
f(x) = (g (m (p q)))(x)
La nozione pi importante legata a quella di composizione di funzioni quella di
funzione inversa.
3.5 operazioni 42
Denizione 3.5.3. Sia f una funzione
f : A B
x f(x)
diciamo funzione inversa della f la funzione g (se esiste) tale che
(g f)(x) = x x A
e
(f g)(x) = x x B
nel caso la funzione g esista la si indica con f
1
e quindi
(f
1
f)(x) = x x A (f f
1
)(x) = x x B
Esempio 3.5.6. Sia f la funzione tale che f(x) = 2x, cio
f : R R
x 2x
allora f
1
=
x
2
; infatti
(f f
1
)(x) = f(
x
2
) = 2
x
2
= x x R
e
(f
1
f)(x) = f
1
(2x) =
2x
2
= x x R
x
y
2
4
f(x) = 2x
x
y
2
4
f(x) = 2x
4
2
f
1
(x) =
x
2
Osserviamo che la funzione inversa consente di tornare indietro, cio partendo
da x la f porta in f(x) e la f
1
riporta in x. Per vale anche il viceversa: se
partiamo da x e applichiamo la f
1
questo ci porta in f
1
(x) e poi applicando la
f ritorniamo in x.
Nella seconda gura abbiamo disegnato entrambe le funzioni f e f
1
e possiamo
osservare come il loro graco sia simmetrico rispetto alla retta bisettrice del primo
quadrante. Tale retta il graco della funzione f(x) = x come ci si dovrebbe
aspettare.
Questo fatto vale sempre: il graco della funzione inversa simmetrico di
quello della funzione diretta, rispetto alla bisettrice del primo quadrante
5
.
5 Lo studente virtuoso pu cercare di dimostrarlo.
3.5 operazioni 43
Esempio 3.5.7. Sia f la funzione tale che f(x) = x
2
, cio
f : R R
x x
2
in questo caso la funzione inversa non esiste; infatti per tornare indietro dopo aver quadrato
un numero devo estrarre la radice quadrata, quindi la funzione inversa non pu che essere

x; ma allora si avrebbe:
(f
1
f)(x) = f
1
(x
2
) =
_
x
2
ma

x
2
0 mentre se noi partiamo con x < 0 non ritorniamo pi nella stessa x; in
pratica se x = 2
(f
1
f)(2) = f
1
(4) =

4 = 2
che non va bene. Peggio ancora se tentiamo di comporre nel senso opposto: (f f
1
)(x) =
f(

x) ma non possiamo inserire alcun numero negativo nella composizione.


x
y
2 2
4
f(x) = x
2
? ?
Lultimo esempio suggerisce che ci devono essere delle condizioni afnch la
funzione inversa possa esistere. Il primo problema che nella funzione 3.5.7 com-
paiono coppie diverse - per lesattezza due - con la stessa immagine: {(1, 1), (1, 1), (2, 4), (2, 4) . . . }
e questo signica che quando torniamo indietro, cio applichiamo la funzione
inversa, abbiamo due numeri da associare a ciascuna immagine; dovremmo for-
mare cos le coppie: {(1, 1), (1, 1), (4, 2), (4, 2), . . . } e questo non possibile per
la denizione di funzione.
1
1
2
2
1
4
1
1
2
2
1
4
f(x) f
1
(x)
?
?
Diamo perci la seguente:
Denizione 3.5.4. Sia f una funzione
3.5 operazioni 44
f : A B
x f(x)
diciamo che la funzione iniettiva se
x
1
= x
2
=f(x
1
) = f(x
2
) x
1
, x
2
A
La funzione dellesercizio 3.5.7 non iniettiva perch ad esempio x
1
= 2 e
x
2
= 2, si ha x
1
= x
2
ma f(x
1
) = f(2) = 4 = f(x
2
) = f(2). La non iniettivit
non permette di tornare indietro univocamente mediante la funzione inversa
e quindi quetultima non esiste. Liniettivit non sufciente per livertibilit
delle funzioni; infatti sempre nellesempio 3.5.7 in cui il codominio R, questo
dovrebbe diventare dominio della funzione inversa; ma, come abbiamo osservato,
linversa la radice quadrata e questa non esiste per x < 0. Il problema che
linsieme di tutte le immagini f(x), che indichiamo con f(A) (f(R) nel nostro
esempio), non ricopre tutto il codominio e quindi, per alcuni valori di f(x) non
possiamo tornare indietro.
Diamo perci la seguente:
Denizione 3.5.5. Sia f una funzione
f : A B
x f(x)
diciamo che la funzione suriettiva se
f(A) = B
in altri termini, se
y B (codominio di f) x A (dominio di f) tale che y = f(x)
Evidentemente la funzione 3.5.7 non suriettiva mentre la funzione dellesempio
3.5.6 iniettiva e suriettiva e questo basta perch sia invertibile. Mettendo assieme
le due cose abbiamo:
Denizione 3.5.6. Una una funzione f si dice biiettiva o biunivoca se iniettiva e
suriettiva.
Per quanto detto, una funzione biiettiva invertibile
6
Esempio 3.5.8. Sia f la funzione tale che f(x) =

x
2
+1, cio
f : R R
x
_
x
2
+1
Il campo di esistenza della funzione R poich x
2
+1 sempre positivo. Per calcolare limmagine scriviamo
lequazione f(x) =

x
2
+1, anzi sostituiamo f(x) con y per comodit di scrittura,
y =
_
x
2
+1
Questa equazione ci dice che y non sar mai negativo, anzi non sar mai minore di 1 e quindi limmagine
f(R) = R e perci la funzione non suriettiva. Alla stessa conclusione si arriva osservando che se
prendiamo un y R tale che y < 1 non ci sar alcun x R tale che f(x) = y.
La funzione non risulta invertibile perch non biiettiva; per possiamo restringere il codominio in modo
che lo sia; rideniamo la funzione in questo modo:
6 Questa affermazione andrebbe rigorosamente dimostrata ma ci accontentiamo della evidenza
illustrata negli esempi.
3.5 operazioni 45
f : R B
x
_
x
2
+1
con B = {x R | x 1} Cerchiamo ora di risolvere lequazione y =

x
2
+1 rispetto a x; in altre
parole cerchiamo i numeri x che hanno come immagine un particolare y. Se ne trovassimo uno solo allora la
funzione sarebbe iniettiva; in caso fossero pi duno non lo sarebbe.
y =
_
x
2
+1 y
2
= x
2
+1 x
2
= y
2
1
e quindi
x =
_
y
2
1 vale a dire x =
_
y
2
1 e x =
_
y
2
1
concludiamo che ogni y, cio f(x), immagine di due x distinti e quindi la funzione non iniettiva e
perci non invertibile. Anche in questo caso possiamo modicare la denizione di f per renderla iniettiva,
intervenendo, in questo caso, sul dominio:
f : R

B
x
_
x
2
+1
con B = {x R | x 1}.
Ricordiamo che con R

intendiamo i numeri reali positivi o nulli (si dice anche non negativi).
La funzione diventa iniettiva poich solo la soluzione x =
_
y
2
1 ora accettabile. Quindi la funzione
inversa sar f
1
(y) =
_
y
2
1. Dato che questultima una funzione a tutti gli effetti, possiamo
cambiare le lettere per indicarla: f
1
(x) =

x
2
1, come gi evidenziato nella denizione
7
.
Osserviamo che con semplici restrizioni sul dominio e codominio di una funzio-
ne possibile renderla biiettiva e quindi invertibile. Si tenga presente che ci non
sempre possibile e neanche sempre facile. I motivi per cui le funzioni inverse
sono importanti sar chiarito pi avanti quando si risolveranno alcuni particolari
tipi di equazioni.
7 Questo punto risulta molto delicato per la comprensione dello studente: sembra infatti che il
cambiamento di lettere sia del tutto arbitrario; in effetti lo .
3.5 operazioni 46
esercizi
Esercizio 3.5.1. Vericare che la funzione
f :
_
x R | x
1
2
_

_
x R | x
1
4
_
x x
2
+x
biunivoca.
Determinarne la funzione inversa, vericando che f
1
f = I e che f f
1
= I, dove I
la funzione identica.
Esercizio 3.5.2. Date le funzioni reali:
f(x) = |2x 1|
g(x) = x
2
+2x
h(x) =
2
3
x 1
discuterne la invertibilit, eventualmente restringendo il dominio e/o il codominio per
renderle invertibili. Determinarne le funzioni inverse, vericandone la correttezza e
tracciarne il graco.
Esercizio 3.5.3. Date le funzioni :
f(x) = x 2
g(x) = x
2
h(x) = 3x +2
restringerne il dominio allinsieme degli interi Z e quindi vericare che (f g) h =
f (g h).
Esercizio 3.5.4. Date le funzioni reali:
f(x) = x
3
g(x) = x 4
determinare e confrontare f g e g f.
Esercizio 3.5.5. Date le funzioni reali:
f(x) =

x
g(x) =
1
x
determinare e confrontare f g e g f.
Esercizio 3.5.6. Date le funzioni reali:
f(x) =
2x 1
5
g(x) = x
2
della funzione f determinarne linvertibilit ed eventualmente linversa. Determinare e
confrontare le funzioni f g e g f.
3.6 propriet notevoli 47
3.6 propriet notevoli
Denizione 3.6.1. Una funzione f si dice PARI se
f(x) = f(x) x dominio di f
Esempio 3.6.1.
| | : R R
x |x|
La funzione valore assoluto una funzione pari, infatti | x| = |x| x R
x
y
x
x
f(x) f(x)
Osserviamo che il graco di una funzione pari simmetrico rispetto allasse y.
Denizione 3.6.2. Una funzione f si dice DISPARI se
f(x) = f(x) x dominio di f
Esempio 3.6.2.
f : R R
x x
3
La funzione eleva al cubo una funzione dispari, infatti (x)
3
= x
3
x R
x
y
x x
f(x) = f(x)
f(x)
Osserviamo che il graco di una funzione dispari simmetrico rispetto allorigine
degli assi.
Denizione 3.6.3. Una funzione f si dice crescente nellinsieme I se
x
1
x
2
=f(x
1
) f(x
2
) x
1
, x
2
I
Denizione 3.6.4. Una funzione f si dice strettamente crescente nellinsieme I se
x
1
< x
2
=f(x
1
) < f(x
2
) x
1
, x
2
I
3.6 propriet notevoli 48
Denizione 3.6.5. Una funzione f si dice decrescente nellinsieme I se
x
1
x
2
=f(x
1
) f(x
2
) x
1
, x
2
I
Denizione 3.6.6. Una funzione f si dice strettamente decrescente nellinsieme I se
x
1
< x
2
=f(x
1
) > f(x
2
) x
1
, x
2
I
Tutto ci si vede bene dai graci:
x
y
x
1
x
2
f(x
1
)
f(x
2
)
Strettamente cres.
x
y
x
1
x
2
f(x
1
)
f(x
2
)
Strettamente decr.
x
y
x
1
x
2
f(x
1
)
f(x
2
)
Crescente
x
y
x
1
x
2
f(x
1
)
f(x
2
)
Decrescente
Denizione 3.6.7. Una funzione f si dice periodica di periodo T se
f(x +T) = f(x) x dominio di f
Gli esempi pi importanti di funzioni periodiche sono le funzioni goniometriche
che si studieranno fra poco e i cui graci potete osservare qui 3.4
Esempio 3.6.3. Onda quadra di periodo T = 4:
f : R R
x f(x) =
_
2 per 4n x < 2 +4n
2 per 2 +4n x < 4(n+1) n Z
0 3 6 3 6
3
3
x
y
T = 4
3.6 propriet notevoli 49
esercizi
Esercizio 3.6.1. Date le funzioni:
f(x) =

|x 2| 2

g(x) =
_
_
_

1 x
2
se 1 < x < 1
x
2
1 se x 1 o x 1
h(x) = x 2n per n < x 2n+1 n Z
1. indicarne il dominio e tracciarne il graco
2. dal graco dedurre gli intervalli di crescenza e decrescenza e leventuale periodicit
3. analizzare leventuale parit/diparit
Parte II
FUNZI ONI TRASCENDENTI
4
FUNZI ONI TRASCENDENTI
4.1 introduzione
Le funzioni nora incontrate erano di tipo algebrico, cio esprimibili attraverso un
numero nito di operazioni algebriche su R (addizione, moltiplicazione, divisione,
elevamento a potenza ed estrazione di radice). Sono algebriche, per esempio, le
seguenti funzioni:
f
1
(x) = 2x
3
4x
2
+5 (polinomiale)
f
2
(x) =
2x +1
2x 3
(razionale fratta)
f
3
(x) =

x 2 (irrazionale)
Vogliamo ora introdurre un nuovo tipo di funzioni, non esprimibile come le
precedenti, che diremo funzioni trascendenti. Si tratta di funzioni dette esponenziali/-
logaritmiche e goniometriche. Con la teoria degli sviluppi in serie (somme innite)
vedremo, molto pi in l, che anche le funzioni trascendenti si possono esprimere
attraverso un numero, per innito, di operazioni algebriche. Per questo, in ge-
nerale, il calcolo del valore di tali funzioni in un punto assegnato pu avvenire
solo per approssimazioni. Vedremo che, per esempio, la funzione che chiameremo
esponenziale in base e (numero di Nepero, con il quale prenderemo condenza
fra breve) f(x) = e
x
esprimibile attraverso la seguente somma innita
e
x
= 1 +x +
x
2
2!
+
x
3
3!
+. . . +
x
n
n!
+. . . x R
Quindi
e 1 +1 = 2
oppure
e 1 +1 +
1
2
=
5
2
ma anche
e 1 +1 +
1
2
+
1
6

8
3
e cos via, a seconda del grado di precisione voluto.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche
4.2.1 Potenze ad esponente naturale, intero e razionale
Denizione 4.2.1. Sia a R ed n N

; diremo potenza n-esima di base a, e


scriveremo a
n
, il prodotto di n fattori uguali ad a:
a
n
= a a. . . a
. .
n volte
e assumeremo che a
1
= a.
Propriet:
51
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 52
P
1
) a
n
a
m
= a
n+m
a R, n, m N

P
2
) a
n
: a
m
= a
nm
a R

, n, m N

, n > m
P
3
) (a
n
)
m
= a
nm
a R, n, m N

P
4
) (a
n
)(b
n
) = (ab)
n
a, b R, n N

P
5
) (a
n
) : (b
n
) = (a : b)
n
a, b R, b = 0 n N

Per convenzione si assume che


a
0
= 1 a R

cos facendo la convenzione compatibile con la seconda propriet nel caso n = m


! Per convenzione si assume che
a
n
=
1
a
n
a R

, n N
cos facendo si dato signicato alle potenze ad esponente intero e la nuova
denizione risulta compatibile con le propriet su esposte. Per convenzione si
assume che
a
m
n
=
n

a
m
a R
>
, n N

, m Z
cos facendo si dato signicato alle potenze con esponente razionale e la nuova
denizione risulta compatibile con le propriet su esposte. Nella pratica la scelta
della base potrebbe anche essere meno restrittiva in relazione ai diversi esponenti.
Esempio 4.2.1. 0
2/3
=
3

0
2
=
3

0 = 0 mentre 0
1/3
non esiste in R perch non esiste il reciproco
di 0 !
Esempio 4.2.2. (2)
1/3
=
3

2 =
3

2 mentre (2)
1/2
non esiste in R essendo negativo il
radicando e pari lindice di radice !
Esempio 4.2.3. La funzione y = x
1/2
denita x R

mentre y = x
1/3
denita x R, invece
y = x
1/2
denita x R
>
, inne y = x
1/3
denita x R

.
4.2.2 Potenze ad esponente reale
Teorema 4.2.1 (Teorema di monotonia delle potenze). Le potenze di un numero reale
maggiore di 1 crescono al crescere dellesponente razionale e quelle di un numero reale
compreso fra 0 e 1 decrescono al crescere dellesponente razionale.
a
r
> a
s
r > s a R
>
, a > 1, r, s Q
a
r
< a
s
r > s a R
>
, 0 < a < 1, r, s Q
Denizione 4.2.2. Sia a R
>
e R; si denisce potenza ad esponente reale a

lelemento di separazione delle 2 classi contigue di numeri


A = {a
r
|r Q, r }
e
B = {a
s
|s Q, s } .
A e B sono separate e godono della propriet dellavvicinamento indenito
( perci ammettono un unico elemento di separazione, a

, appunto). Valgono
anche per le potenze ad esponente reale le consuete propriet delle potenze ed
anche il teorema di monotonia sopra citato.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 53
4.2.3 Funzione esponenziale elementare
Denizione 4.2.3. Sia a R
>
; diremo funzione esponenziale la funzione denita
ponendo
exp
a
: R R
x y = a
x
il cui graco in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale risulta:
x
y
0
x
y
0 x
y
0
Osserviamo che la funzione :
monotona decrescente costante monotona crescente
assume valori positivi assume valore 1 assume valori positivi
passa per (0, 1) passa per (0, 1)
asintotica al semiasse asintotica al semiasse
positivo delle x negativo delle x
iniettiva non iniettiva iniettiva
diventa anche suriettiva n suriettiva diventa anche suriettiva
restringendo il codominio restringendo il codominio
a R
>
, quindi invertibile a R
>
, quindi invertibile
osservazione: particolarmente frequente risulta luso della funzione espo-
nenziale in base e (detto numero di Nepero ); essendo e 2.7, la funzione
esponenziale che ne risulta crescente. Analogamente per la base 10, anche
questa molto usata.
4.2.4 Funzione logaritmica
Denizione 4.2.4. Sia a R
>
, a = 1; diremo funzione inversa della funzione esponen-
ziale o funzione logaritmica, la funzione denita ponendo
exp
1
a
= log
a
: R
>
R
x y = exp
1
a
(x) = log
a
x
il cui graco in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale risulta il
simmetrico rispetto alla bisettrice del I e III quadrante dei graci precedenti:
x
y
0
x
y
0
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 54
osservazione: particolarmente frequente risulta luso della funzione logarit-
mica in base e (detto numero di Nepero ); essendo e 2.7, la funzione logaritmica
che ne risulta crescente. Analogamente per la base 10, anche questa molto usata.
Si conviene di indicare il logaritmo in base e di x con lnx e il logaritmo in base 10
di x con logx.
Esempio 4.2.4. log
2
8 = 3 poich, essendo stata denita la funzione logaritmica come inversa di quella
esponenziale, log
2
8 lesponente da assegnare alla base 2 per ottenere largomento 8. Quindi deve risultare
2
3
= 8.
Esempio 4.2.5. log
3
1
27
= 3 infatti: 3
3
=
1
27
.
Esempio 4.2.6. log
a
1 = 0 infatti: a
0
= 1, a R
>
, a = 1.
Esempio 4.2.7. log
a
a = 1 infatti: a
1
= a, a R
>
, a = 1.
Esempio 4.2.8. log
2
3

2 =
1
3
infatti: 2
1
3 =
3

2.
Dimostriamo ora alcune propriet dei logaritmi richiamando alcune propriet
degli esponenziali:
L
1
) log
a
mn = log
a
m+log
a
n a R
>
, a = 1, n, m R
>
L
2
) log
a
m
n
= log
a
mlog
a
n a R
>
, a = 1, n, m R
>
L
3
) log
a
m
y
= y log
a
m a R
>
, a = 1, m R
>
, y R
L
4
) log
a

= log
a
m a R
>
, a = 1, m R
>
, R

L
5
) (log
a
b) (log
b
c) = log
a
c a, b, c R
>
, a, b = 1
Dim. L
1
)
posto log
a
m = x si ha a
x
= m
posto log
a
n = y si ha a
y
= n
per la propriet P
1
) risulta che m n = a
x
a
y
= a
x+y
quindi x +y = log
a
mn
da cui log
a
m+log
a
n = log
a
mn.
Dim. L
2
)
posto log
a
m = x si ha a
x
= m
posto log
a
n = y si ha a
y
= n
per la propriet P
2
) risulta che
m
n
=
a
x
a
y
= a
xy
quindi x y = log
a
m
n
da cui log
a
mlog
a
n = log
a
m
n
.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 55
Dim. L
3
)
posto log
a
m = x si ha a
x
= m
elevando ambo i membri alla y si ha (a
x
)
y
= m
y
per la propriet P
3
) risulta che a
xy
= m
y
quindi xy = log
a
m
y
da cui y log
a
m = log
a
m
y
.
Dim. L
4
)
posto log
a
m = x si ha a
x
= m
elevando ambo i membri alla si ha (a
x
)

= m

per la propriet P
3
) risulta che a
x
= (a

)
x
= m

quindi x = log
a

da cui log
a
m = log
a

.
Dim. L
5
) (Formula del cambiamento di base)
posto log
a
b = x si ha a
x
= b
posto log
b
c = y si ha b
y
= c
per la propriet P
3
) risulta che c = b
y
= (a
x
)
y
= a
xy
quindi xy = log
a
c
da cui (log
a
b) (log
b
c) = log
a
c.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 56
4.2.5 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche elementari
Si tratta di risolvere equazioni e disequazioni del tipo
a
x
b log
a
x b ove a R
>
, a = 1
Vediamo come si risolvono attraverso alcuni esempi.
Esercizio 4.2.1.
2
x
= 4 esprimiamo 4 come potenza in base 2
2
x
= 2
2
essendo la funzione esponenziale iniettiva
x = 2
Esercizio 4.2.2.
2
x
> 4 esprimiamo 4 come potenza in base 2
2
x
> 2
2
essendo la funzione esponenziale monotona crescente
x > 2
Esercizio 4.2.3.
2
x
< 4 esprimiamo 4 come potenza in base 2
2
x
< 2
2
essendo la funzione esponenziale monotona crescente
x < 2
Dal punto di vista graco interessante osservare qual linterpreta-
zione geometrica degli esempi fatti. Si osserva che lascissa del punto
P dintersezione fra le curve di equazione y = 2
x
e y = 4 proprio
la soluzione dellequazione.
x
y
0
(2, 4)
Esercizio 4.2.4.
(
1
3
)
x
= 27 esprimiamo 27 come potenza in base
1
3
(
1
3
)
x
= (
1
3
)
3
essendo la funzione esponenziale iniettiva
x = 3
Esercizio 4.2.5.
(
1
3
)
x
> 27 esprimiamo 27 come potenza in base
1
3
(
1
3
)
x
> (
1
3
)
3
essendo la funzione esponenziale monotona decrescente
x < 3
Esercizio 4.2.6.
(
1
3
)
x
< 27 esprimiamo 27 come potenza in base
1
3
(
1
3
)
x
< (
1
3
)
3
essendo la funzione esponenziale monotona decrescente
x > 3
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 57
Dal punto di vista graco interessante osservare qual linterpre-
tazione geometrica degli esempi fatti (le unit di misura per i due
assi sono diverse). Si osserva che lascissa del punto P dintersezione
fra le curve di equazione y = (
1
3
)
x
e y = 27 proprio la soluzione
dellequazione.
x
y
0
(3, 27)
Esercizio 4.2.7.
2
x
= 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi lequazione impossibile
Esercizio 4.2.8.
2
x
= 8 non possiamo esprimere 8 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi lequazione impossibile
Esercizio 4.2.9.
2
x
< 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione impossibile
Esercizio 4.2.10.
2
x
0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione impossibile
Esercizio 4.2.11.
2
x
> 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione sempre vericata
Esercizio 4.2.12.
2
x
0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione sempre vericata
Esercizio 4.2.13.
2
x
< 8 non possiamo esprimere 8 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione impossibile
Esercizio 4.2.14.
2
x
8 non possiamo esprimere 8 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione impossibile
Esercizio 4.2.15.
2
x
> 8 non possiamo esprimere 8 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione sempre vericata
Esercizio 4.2.16.
2
x
8 non possiamo esprimere 8 come potenza in base 2 ma
2
x
> 0 x quindi la disequazione sempre vericata
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 58
Esercizio 4.2.17.
2
x
= 7 esprimiamo 7 come potenza in base 2
2
x
= 2
log
2
7
essendo la funzione esponenziale iniettiva
x = log
2
7
Esercizio 4.2.18.
2
x
< 3 esprimiamo 3 come potenza in base 2
2
x
< 2
log
2
3
essendo la funzione esponenziale monotona crescente
x < log
2
3
Esercizio 4.2.19.
(
1
3
)
x
> 5 esprimiamo 5 come potenza in base
1
3
(
1
3
)
x
> (
1
3
)
log
1
3
5
essendo la funzione esponenziale monotona decrescente
x < log1
3
5
Esercizio 4.2.20.
e
2x
3e
x
4 0
poniamo e
x
= t ed otteniamo:
t
2
3t 4 0
1 t 4
da cui, ritornando alla variabile x, si ha:
1 e
x
4
ed inne, tenendo conto che e
x
> 0 per ogni x reale:
x ln4.
Esercizio 4.2.21.
log
2
x = 3 C.E.: x > 0
log
2
x = log
2
2
3
avendo espresso 3 come logaritmo in base 2
x = 8 soluzione accettabile
Esercizio 4.2.22.
log
3
x > 1 C.E.: x > 0
log
3
x > log
3
3
1
avendo espresso 1 come logaritmo in base 3
x >
1
3
confrontando con le condizioni
x >
1
3
Esercizio 4.2.23.
log1
2
x > 0 C.E.: x > 0
log1
2
x > log1
2
(
1
2
)
0
avendo espresso 0 come logaritmo in base
1
2
x < 1 ma confrontando con le condizioni
x 0 1
risulta 0 < x < 1
4.3 funzioni goniometriche 59
Esercizio 4.2.24.
ln
2
xlnx2 0 C.E.: x > 0
poniamo lnx = t ed otteniamo:
t
2
t 2 0
t 1, t 2
da cui, ritornando alla variabile x, si ha:
lnx 1, lnx 2
ed inne, intersecando con le condizioni di esistenza:
0 < x e
1
, x e
2
.
4.3 funzioni goniometriche
0
1
2

1
2

3
2
3

2
3

3
2

3
2

2
5
6

5
6

3
2

3
2
1
2

1
2

2
3
4

3
4

2
2

2
2

2
2

2
2
1
4.3.1 Introduzione alla goniometria
Consideriamo le circonferenze concen-
triche in O di raggio r
i
> 0 ; langolo
al centro individua su ciascuna gli
archi l
i
.
O
r
1
r
2
r
3

l
1
l
2
l
3
Dalla geometria elementare sappiamo che gli insiemi
1 Figura trovata allindirizzo: http://melusine.eu.org/syracuse/metapost/cours/gosse/trigo.html
4.3 funzioni goniometriche 60
R = {r
1
, r
2
, r
3
, ...}
e
L = {l
1
, l
2
, l
3
, ...}
sono 2 classi di grandezze direttamente proporzionali. Pertanto si ha che:
l
1
: r
1
= l
2
: r
2
= l
3
: r
3
= ...
tale rapporto costante ed origina la seguente
Denizione 4.3.1. diremo misura in radianti di un angolo al centro di una circonfe-
renza il rapporto (costante) fra larco da esso individuato e il raggio.
=
l
r
osservazione: la misura in radianti, essendo rapporto di grandezze omoge-
nee, risulta un numero puro.
Determiniamo ora la misura in radianti di alcuni angoli notevoli. Dalla geo-
metria elementare sappiamo che la lunghezza della circonferenza di raggio r

C = 2r
Langolo giro, angolo al centro corrispondente a tale arco, misura in radianti
l
r
=
2r
r
= 2
Si ricavano quindi facilmente le misure in radianti dellangolo piatto
l
r
=
r
r
=
dellangolo retto
l
r
=

2
r
r
=

2
e, in generale, mediante la proporzione
=

180

si pu ricavare la misura in radianti di un angolo, nota quella in gradi, o


viceversa.
osservazione: dalla teoria della misura noto che il rapporto fra 2 grandezze
omogenee uguale al rapporto fra le relative misure rispetto a qualunque unit
di misura
A
B
=
mis(A)
mis(B)
4.3 funzioni goniometriche 61

0
30

/6
45

/4
60

/3
90

/2
120

2/3
135

3/4
150

5/6
180


... ...
Dalle osservazioni fatte n qui, non restrittivo limitarsi a lavorare con la
circonferenza di raggio r = 1.
Denizione 4.3.2. Diremo circonferen-
za goniometrica la circonferenza di rag-
gio unitario con centro nellorigine O di
un sistema di riferimento cartesiano Oxy.
x
y
O
A(1, 0)
B(0, 1)
A

(1, 0)
B

(0, 1)
Osservazione 4.3.1. Poich =
l
r
, lavorando con la circonferenza goniometrica, angolo
e arco hanno la stessa misura.
Per posizionare un angolo , misurato in radianti, al centro della circonferenza
goniometrica, abbiamo bisogno di alcune convenzioni:
1. il primo lato dellangolo coincide con il semiasse positivo delle x;
2. assumiamo come verso di percorrenza positivo degli archi quello antiorario.
A origine degli archi
=

6
=

4
x
y
O
A
B
A

Detto P il punto di intersezione fra il secondo lato dellangolo e la circonfe-


renza goniometrica, diamo le seguenti denizioni.
Denizione 4.3.3. Diremo seno di un angolo (al
centro della circonferenza goniometrica), misurato in
radianti, lordinata del punto P.
Denizione 4.3.4. Diremo coseno di un angolo
(al centro della circonferenza goniometrica), misurato in
radianti, lascissa del punto P.
x
y
O
A
B
A

P(cos , sin)
4.3 funzioni goniometriche 62
Teorema 4.3.1. Prima relazione fondamentale della goniometria
sin
2
+cos
2
= 1,
Dimostrazione. Applichiamo il Teorema di Pitagora al triangolo rettangolo OPH:
OH
2
+PH
2
= OP
2
da cui la tesi.
4.3.2 Richiami geometrici
Ricordiamo alcune classiche applicazioni del Teorema di Pitagora. Consideriamo
il triangolo rettangolo isoscele:
O H
P

O

=

P

= /4

H

= /2
OP = 1
OP = OH

2
Consideriamo il triangolo rettangolo semi-equilatero:
O H
P

O

= /3

P

= /6

H

= /2
OP = 1
PH = OH

3
Consideriamo il triangolo rettangolo semi-equilatero:
O H
P

O

= /6

P

= /3

H

= /2
OP = 1
OH = PH

3
Se i triangoli sopra considerati vengono ora riferiti alla circonferenza goniome-
trica in modo che OH si sovrapponga al semiasse positivo delle x e OP coincida
con un suo raggio, si ottiene facilmente la seguente tabella di valori delle funzioni
goniometriche seno e coseno di angoli notevoli:
sin cos
0 0 1
/6 1/2

3/2
/4

2/2

2/2
/3

3/2 1/2
/2 1 0
4.3 funzioni goniometriche 63
osservazione:
sin(+2k) = sin, k Z
poich il punto P di riferimento lo stesso. Analogamente sar:
cos(+2k) = cos , k Z
Questa relazione ci consente di osservare che seno e coseno sono funzioni
dellangolo , denite come segue:
sin: R R cos: R R
x y = sinx x y = cos x
ove si inteso essere x la misura in radianti dellangolo x; diremo pertanto che
tali funzioni godono della propriet di periodicit con periodo T = 2, esssendo
questo il minimo dellinsieme {2k, k N

}.
4.3.3 Archi associati (per seno e coseno)
In questa sezione, mostreremo come il calcolo delle funzioni goniometriche seno e
coseno di particolari archi sia riconducibile a conoscenze geometriche elementari.
Consideriamo un angolo e il pun-
to P
1
ad esso associato, il suo supple-
mentare associato a P
2
, langolo
+ associato a P
3
e lesplementare
di associato a P
4
.
x
y
O
A
B
A

P
1
P
2
P
3
P
4
Dal graco si deduce facilmente che:
sin = sin( ) = sin( +) = sin() = sin(2 )
cos = cos( ) = cos( +) = cos() = cos(2 )
Consideriamo ora un angolo e il
punto P ad esso associato, il suo
complementare /2 associato a Q.
x
y
O
A
B
A

P
Q
H K

Osserviamo che i triangoli OPH e OQK sono congruenti:


1. OP

= OQ (raggi stessa circonferenza)
2. O

HP

= O

KQ

= /2
3. H

OP

= O

QK

=
4.3 funzioni goniometriche 64
Si deduce quindi che:
sin(/2 ) = cos
cos(/2 ) = sin
Ci giustica il nome dato alla funzione goniometrica coseno che dal latino
signica complementi sinus ( cio seno del complementare).
osservazione:
sin() = sin
cos() = cos
Queste propriet ci consentono di concludere che le funzioni seno e coseno
sono rispettivamente dispari e pari.
Esamiamo ora i graci delle funzioni seno e coseno detti rispettivamente si-
nusoide e cosinusoide. La periodicit delle funzioni ci permette di rappresentarle
in un qualunque intervallo di ampiezza 2 e la loro simmetria ci suggerisce di
scegliere [, ].
Graci sinusoide e cosinusoide
x
y
O

1
1
x
y
O

1
1
Detti P il punto di intersezione fra il secondo lato dellangolo e la circonferenza
goniometrica, Q il punto di intersezione fra il secondo lato dellangolo o il suo
prolungamento e la retta tangente alla circonferenza goniometrica nel punto A di
coordinate (1, 0), R il punto di intersezione fra il secondo lato dellangolo o il
suo prolungamento e la retta tangente alla circonferenza goniometrica nel punto
B di coordinate (0, 1), diamo le seguenti denizioni.
Denizione 4.3.5. Diremo tangente di un an-
golo (al centro della circonferenza goniometri-
ca), misurato in radianti, lordinata del punto
Q.
Denizione 4.3.6. Diremo cotangente di un
angolo (al centro della circonferenza goniome-
trica), misurato in radianti, lascissa del punto
R.
x
y
O
A
B
A

P
Q
H

R
s
P(cos , sin)
Q(1, tan)
R(cot , 1)
Teorema 4.3.2 (Seconda relazione fondamentale della goniometria).
tan =
sin
cos
, =

2
+k, k Z
4.3 funzioni goniometriche 65
Dimostrazione. Consideriamo i triangoli rettangoli OHP e OAQ; essi sono simili:
1. O

HP

= O

AQ

=

2
2. P

OH

= Q

OA

=
3. O

PH

= O

QA

=

2

pertanto i lati corrispondenti sono in proporzione:
PH : OH = QA : OA
da cui facilmente si ricava la tesi.
Teorema 4.3.3 (Terza relazione fondamentale della goniometria).
cot =
cos
sin
, = k, k Z
Dimostrazione. La dimostrazione del tutto analoga alla precedente.
osservazione: dalle suddette relazioni si deduce che:
tan cot = 1, = k

2
, k Z
sin cos tan cot
0 0 1 0 non esiste
/6 1/2

3/2

3/3

3
/4

2/2

2/2 1 1
/3

3/2 1/2

3/3
/2 1 0 non esiste 0
osservazione:
tan(+k) = tan, k Z
poich il punto P di riferimento lo stesso. Analogamente sar:
cot(+k) = cot , k Z
Questa relazione ci consente di osservare che tangente e cotangente sono
funzioni dellangolo , denite come segue:
tan: R{k

2
, k Z} R
x y = tanx
cot : R{k, k Z} R
x y = cot x
ove si inteso essere x la misura in radianti dellangolo x; diremo pertanto che
tali funzioni godono della propriet di periodicit con periodo T = , esssendo
questo il minimo dellinsieme {k, k N

}.
4.3 funzioni goniometriche 66
4.3.4 Archi associati (per tangente e cotangente)
In questa sezione, mostreremo come il calcolo delle funzioni goniometriche tan-
gente e cotangente di particolari archi sia riconducibile a conoscenze geometriche
e goniometriche elementari. Dalle relazioni fondamentali e dalle considerazioni
sugli archi associati fatte su seno e coseno, si deduce facilmente che:
tan = tan( ) = tan( +) = tan() = tan(2 )
cot = cot( ) = cot( +) = cot() = cot(2 )
Allo stesso modo, dalle relazioni fondamentali e dalle considerazioni sugli archi
complementari fatte su seno e coseno, si deduce facilmente che:
tan(/2 ) = cot
cot(/2 ) = tan
Ci giustica il nome dato alla funzione goniometrica cotangente che dal latino
signica complementi tangens ( cio tangente del complementare).
osservazione:
tan() = tan
cot() = cot
Queste propriet ci consentono di concludere che le funzioni tangente e cotan-
gente sono dispari.
Esamiamo ora i graci delle funzioni tangente e cotangente detti rispettiva-
mente tangentoide e cotangentoide. La periodicit delle funzioni ci permette di
rappresentarle in un qualunque intervallo di ampiezza e la loro simmetria ci
suggerisce di scegliere [

2
,

2
].
4.3.5 Funzioni inverse
In questa sezione, renderemo biiettive le funzioni goniometriche e deniremo le
loro inverse. Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = sinx.
sin: [/2, /2] [1, 1]
x y = sinx
La funzione goniometrica y = sinx con le restrizioni operate sul dominio e
sul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa anche
monotona crescente.
Denizione 4.3.7. Diremo funzione in-
versa della funzione goniometrica y =
sinx o funzione arcoseno, la funzione cos
denita
arcsin: [1, 1] [/2, /2]
x y = arcsinx
x
y
O
y = x
Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = cos x.
cos: [0, ] [1, 1]
x y = cos x
4.3 funzioni goniometriche 67
La funzione goniometrica y = cos x con le restrizioni operate sul dominio e
sul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa anche
monotona decrescente.
Denizione 4.3.8. Diremo funzione in-
versa della funzione goniometrica y =
cos x o funzione arcocoseno, la funzione
cos denita
arccos: [1, 1] [0, ]
x y = arc cos x
x
y
O
y = x
Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = tanx.
tan: ] /2, /2[R
x y = tanx
La funzione goniometrica y = tanx con le restrizioni operate sul dominio e
sul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa anche
monotona crescente.
Denizione 4.3.9. Diremo funzione in-
versa della funzione goniometrica y =
tanx o funzione arcotangente, la funzio-
ne cos denita
arctan: R ] /2, /2[
x y = arctanx
x
y
O

2
y = x
Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = cot x.
cot : ]0, [R
x y = cot x
La funzione goniometrica y = cot x con le restrizioni operate sul dominio e
sul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa anche
monotona decrescente.
Denizione 4.3.10. Diremo funzione in-
versa della funzione goniometrica y =
cot x o funzione arcocotangente, la
funzione cos denita
arccot : R ]0, [
x y = arccot x
y

2
0
x

4.3.6 Equazioni e disequazioni goniometriche elementari


Sono del tipo sinx b e cos x b. Per la loro risoluzione si proceda come
negli esempi seguenti.
Esercizio 4.3.1. sinx =
1
2
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura
4.3 funzioni goniometriche 68
x =

6
+2k
x =
5
6
+2k x
y
O
A
B
A

1
2

6
5
6
Esercizio 4.3.2. sinx >
1
2
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura

6
+2k < x <
5
6
+2k
x
y
O
A
B
A

1
2

6
5
6
Esercizio 4.3.3. sinx <
1
2
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura
5
6
+2k < x <
13
6
+2k
oppure:
7
6
+2k < x <

6
+2k
x
y
O
A
B
A

1
2

6
5
6
osservazione: la soluzione di una disequazione goniometrica generalmente ununione
di intervalli limitati; la periodicit della funzione consente una scrittura sintetica mediante la scelta
di uno qualunque di questi intervalli.
Esercizio 4.3.4. sin2x =

2
2
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura
2x =

4
+2k,
2x =
3
4
+2k,
cio
x =

8
+k,
x =
3
8
+k
x
y
O
A
B
A

2
2

4
3
4
4.3 funzioni goniometriche 69
ove si intende che k Z (di seguito intenderemo senzaltro sottintesa tale posizione).
Esercizio 4.3.5. sin(2x+

3
) =

3
2
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura
2x+

3
=

3
+2k,
2x+

3
=
2
3
+2k,
cio
x = k,
x =

6
+k
x
y
O
A
B
A

3
2

3
2
3
Esercizio 4.3.6. 2sin
2
xsinx1 0
poniamo
sinx = t 2t
2
t 1 0
le soluzioni dellequazione associata sono:
t
1
=
1
2
e t
2
= 1
quindi la disequazione vericata per:
t
1
2
; t 1
per la posizione fatta
sinx
1
2
; sinx 1
ovvero, vista la denizione di seno di un angolo
sinx
1
2
; sinx = 1
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura
7
6
+2k x
11
6
+2k
x =

2
+2k x
y
O
A
B
A

1
2 11
6
7
6
Esercizio 4.3.7. 2cos
2
xcos x1 < 0
poniamo
cos x = t 2t
2
t 1 < 0
le soluzioni dellequazione associata sono:
t
1
=
1
2
e t
2
= 1
quindi la disequazione vericata per:

1
2
< t < 1
4.3 funzioni goniometriche 70
per la posizione fatta

1
2
< cos x < 1
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura

2
3
+2k < x <
2
3
+2k
x = 2k
x
y
O
A
B
A

1
2
2
3
4
3
Esercizio 4.3.8.
2sinx+1
cos x
0
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura e studiamo il segno dei fattori riportandolo in
un graco di segno
2sinx+1 0
sinx
1
2
cos x > 0
x
y
O
A
B
A

1
2 7
6
11
6
le soluzioni sono:

6
+2k x <

2
+2k.
7
6
+2k x <
3
2
+2k.
Esercizio 4.3.9.
_
2sinx+1 0
cos x > 0
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura e risolviamo separatamente le 2 disequazioni
riportandone le soluzioni in un graco di sistema
2sinx+1 0
sinx
1
2
cos x > 0
x
y
O
A
B
A

1
2 7
6
11
6
le soluzioni sono:

6
+2k x <

2
+2k.
4.3 funzioni goniometriche 71
4.3.7 Formule goniometriche
Dimostreremo di seguito alcune formule di particolare rilevanza per le molteplici
applicazioni allinterno di equazioni e disequazioni goniometriche.
4.3.8 Formule di addizione e sottrazione
1. cos() = cos cos +sinsin , R
2. cos(+) = cos cos sinsin , R
3. sin() = sincos sincos , R
4. sin(+) = sincos +sincos , R
Dim. (1.)
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in gura
x
y
O
A
B
A

P
R
Q

A(1, 0)
P(cos(), sin())
Q(cos , sin)
R(cos , sin)
da considerazioni di geometria elementare si deduce che
d(A, P) = d(Q, R)
e ricordando la formula della distanza fra 2 punti del piano si ottiene:
_
(cos() 1)
2
+sin
2
() =
_
(cos cos )
2
+ (sinsin)
2
da cui
cos
2
() 2 cos() +1 +sin
2
() =
= cos
2
2 cos cos +cos
2
+sin
2
2 sinsin+sin
2

cos
2
() +sin
2
()
. .
1
+1 2 cos() =
= cos
2
+sin
2

. .
1
+cos
2
+sin
2

. .
1
2 cos cos 2 sinsin
avendo usato la 1
a
relazione fondamentale e semplicando
2 cos() = 2 cos cos 2 sinsin
inne dividendo per 2 ambo i membri si ottiene la tesi, ovvero
cos() = cos cos +sinsin
4.3 funzioni goniometriche 72
Dim. (2.)
cos(+) = cos( ()) =
= cos cos() +sinsin() =
= cos cos sinsin
avendo usato la formula precedente, la parit della funzione coseno e la
disparit della funzione seno.
Dim. (3.)
sin() = cos(/2 ()) = cos((/2 ) +) =
= cos(/2 ) cos sin(/2 ) sin =
= sincos cos sin
avendo usato le formule precedenti e le propriet delle funzioni coseno e
seno.
Dim. (4.)
sin(+) = cos(/2 (+)) = cos((/2 ) ) =
= cos(/2 ) cos +sin(/2 ) sin =
= sincos +cos sin
avendo usato le formule precedenti e le propriet delle funzioni coseno e
seno.
osservazione: le formule relative alle funzioni tangente e cotangente si
ricavano usando le relazioni fondamentali:
tan() =
sin()
cos()
=
sincos sincos
cos cos +sinsin
=
=
tantan
1 +tantan
, , , = /2 +k
avendo opportunamente diviso numeratore e denominatore per cos cos e
posto le necessarie condizioni di esistenza. Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.10.

3sinxcos x > 1
osserviamo che

3 = tan

3
e sostituiamo quindi nella disequazione:
tan

3
sinxcos x > 1
sin

3
cos

3
sinxcos x > 1
moltiplichiamo ambo i membri per cos

3
=
1
2
e otteniamo:
sinxsin

3
cos xcos

3
>
1
2
moltiplichiamo ambo i membri per 1 e utilizziamo la formula di addizione per il coseno:
cos(x+

3
) <
1
2
la disequazione cos ottenuta del tipo sopra svolto ed ha come soluzione:
2
3
+2k < x+

3
<
4
3
+2k
da cui:

3
+2k < x < +2k
4.3 funzioni goniometriche 73
4.3.9 Formule di duplicazione
1. cos 2 = cos
2
sin
2
= 2 cos
2
1 = 1 2 sin
2
R
2. sin2 = 2 sincos R
Dim. (1.)
cos 2 = cos(+) = cos cos sinsin = cos
2
sin
2

avendo utilizzato le formule di addizione. Inoltre, usando la 1


a
relazione fonda-
mentale, si ottengono le altre forme equivalenti:
cos 2 = cos
2
sin
2
= cos
2
(1 cos
2
) = 2 cos
2
1
cos 2 = cos
2
sin
2
= (1 sin
2
) sin
2
= 1 2 sin
2

Dim. (2.)
sin2 = sin(+) = sincos +sincos = 2 sincos
avendo utilizzato le formule di addizione.
osservazione: le formule relative alle funzioni tangente e cotangente si
ricavano usando le relazioni fondamentali:
tan2 =
sin2
cos 2
=
2 sincos
cos
2
sin
2

=
=
2 tan
1 tan
2

= /4 +k/2
avendo opportunamente diviso numeratore e denominatore per cos
2
e posto le
necessarie condizioni di esistenza. Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.11. sin2x = sinx utilizziamo la formula di duplicazione per il seno:
2sinxcos xsinx = 0
raccogliamo sinx a fattor comune:
sinx(2cos x1) = 0
per la legge di annullamento del prodotto otteniamo:
sinx = 0, cos x =
1
2
da cui:
x = k, x =

3
+2k
Proponiamo ora per lo stesso esercizio una diversa strategia risolutiva:
sin2x = sinx
osserviamo che 2 angoli hanno lo stesso seno quando sono uguali oppure quando sono supplementari (a
meno di multipli interi di 2) e quindi:
2x = x+2k, 2x = (x) +2k
da cui:
x = 2k, x =

3
+k
2
3
notiamo che le soluzioni ottenute sono del tutto equivalenti alle precedenti.
4.3 funzioni goniometriche 74
4.3.10 Formule di bisezione
1. cos

2
=
_
1 +cos
2
R
2. sin

2
=
_
1 cos
2
R
Dim. (1.)
cos 2 = 2 cos
2
1 2 cos
2
= 1 +cos 2
cos
2
=
1 +cos 2
2
cos =
_
1 +cos 2
2
cos

2
=
_
1 +cos
2
avendo utilizzato le formule di duplicazione.
Dim. (2.)
cos 2 = 1 2 sin
2
2 sin
2
= 1 cos 2
sin
2
=
1 cos 2
2
sin =
_
1 cos 2
2
sin

2
=
_
1 cos
2
avendo utilizzato le formule di duplicazione.
osservazione: le formule relative alle funzioni tangente e cotangente si
ricavano usando le relazioni fondamentali:
tan

2
=
sin

2
cos

2
=

_
1 cos
2

_
1 +cos
2
=
_
1 cos
1 +cos
= = +2k
=
sin
1 +cos
= = +2k
=
1 cos
sin
= k
avendo usato le formule di bisezione per ottenere la prima delle tre forme
equivalenti e avendo moltiplicato numeratore e denominatore opportunamente
per 1 +cos (rispettivamente per 1 cos ) per ottenenere la 2
a
e la 3
a
e posto
le necessarie condizioni di esistenza. Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.12. cos
2
x
2
= cos x
utilizziamo la formula di bisezione relativa al coseno:
1 +cos x
2
= cos x usando opportunamente i
principi di equivalenza, otteniamo: cos x = 1 da cui: x = 2k.
4.3 funzioni goniometriche 75
4.3.11 Formule di prostaferesi
1. sinp +sinq = 2 sin
p +q
2
cos
p q
2
p, q R
2. sinp sinq = 2 cos
p +q
2
sin
p q
2
p, q R
3. cos p +cos q = 2 cos
p +q
2
cos
p q
2
p, q R
4. cos p cos q = 2 sin
p +q
2
sin
p q
2
p, q R
Dim. (1.)
Riprendiamo le formule di addizione e sottrazione relative alla funzione seno:
sin(+) = sincos +sincos
sin() = sincos sincos
sommando membro a membro otteniamo:
sin(+) +sin() = 2 sincos (1)
ponendo
_
+ = p
= q
risulta che
_
_
_
=
p +q
2
=
p q
2
da cui sostituendo nella (1) si ottiene la tesi.
osservazione: le altre 3 formule si ricavano in modo del tutto analogo, con-
siderando a coppie le formule di addizione o sottrazione relative alla sola fun-
zione seno o coseno e sommando oppure sottraendo opportunamente membro a
membro.
osservazione: le formule di prostaferesi relative alle funzioni tangente e
cotangente si ricavano usando le relazioni fondamentali e le formule dimostrate.
tanp +tanq =
sinp
cos p
+
sinq
cos q
=
sinpcos q +sinqcos p
cos pcos q
=
=
sin(p +q)
cos pcos q
p, q = /2 +k
Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.13. sin3xsinx > 0
utilizziamo la 2
a
formula di prostaferesi e otteniamo:
2cos 2xsinx > 0
come visto precedentemente, ci riferiamo alla circonferenza goniometrica come in gura e studiamo il segno
dei fattori riportandolo in un graco di segno:
4.3 funzioni goniometriche 76
cos 2x 0

2
+2k 2x

2
+2k

4
+k x

4
+k
sinx 0
x
y
O
A
B
A

le soluzioni sono:
2k < x <

4
+2k;
3
4
+2k < x < +2k;
5
4
+2k < x <
7
4
+2k.
4.3.12 Formule di Werner
Sono le formule inverse delle precedenti.
1. sincos = 1/2(sin(+) +sin()) , R
2. cos cos = 1/2(cos(+) +cos()) , R
3. sinsin = 1/2(cos(+) cos()) , R
Dim. (1.2.3.)
Si applicano le formule di prostaferesi al secondo membro.
Si far uso di tali formule prevalentemente nel calcolo integrale.
4.3.13 Formule razionali in tangente
1. sin =
2 tan

2
1 +tan
2

2
= +2k
2. cos =
1 tan
2

2
1 +tan
2

2
= +2k
Dim. (1.)
sin = sin2

2
=
2 sin

2
cos

2
1
=
2 sin

2
cos

2
sin
2

2
+cos
2

2
=
2 sin

2
cos

2
cos
2

2
sin
2

2
+cos
2

2
cos
2

2
=
4.3 funzioni goniometriche 77
2 sin

2
cos

2
cos
2

2
sin
2

2
cos
2

2
+
cos
2

2
cos
2

2
=
2 tan

2
tan
2

2
+1
che la tesi, con le dovute condizioni di esistenza.
Dim. (2.)
cos = cos 2

2
=
cos
2

2
sin
2

2
1
=
cos
2

2
sin
2

2
sin
2

2
+cos
2

2
=
cos
2

2
sin
2

2
cos
2

2
sin
2

2
+cos
2

2
cos
2

2
=
cos
2

2
cos
2

2

cos
2

2
sin
2

2
sin
2

2
cos
2

2
+
cos
2

2
cos
2

2
=
1 tan
2

2
tan
2

2
+1
che la tesi, con le dovute condizioni di esistenza.
Esercizio 4.3.14.

3sinxcos x > 1
utilizziamo le formule razionali in tan
x
2
e, sotto la condizione x = +2k cui vincolato luso delle
stesse, otteniamo:

3
2tan
x
2
1 +tan
2
x
2

1 tan
2
x
2
1 +tan
2
x
2
> 1
moltiplicando ambo i membri per 1 +tan
2
x
2
si ha:
2

3tan
x
2
1 +tan
2
x
2
> 1 +tan
2
x
2
semplicando e razionalizzando otteniamo:
tan
x
2
>
1

3
Riferiamoci ora alla circonferenza goniometrica come in gura

6
+k <
x
2
<

2
+k
da cui

3
+2k < x < +2k
x
y
O
A
B
A

2
7
6
3
2
t
4.3 funzioni goniometriche 78
non rimane ora che controllare se le condizioni aggiuntive poste per poter utilizzare le formule razionali
costituiscono delle soluzioni. Sostituendo x = +2k nella disequazione data, si ottiene: 0 +1 > 1 che
evidentemente assurda. Pertanto le soluzioni sono:

3
+2k < x < +2k
che coincidono con quelle trovate utilizzando le formule di addizione. Proponiamo ora, per lo stesso esercizio,
una ulteriore strategia risolutiva che richiede conoscenze elementari di geometria analitica.

3sinxcos x > 1
la disequazione risulta equivalente al sistema:
_

3sinxcos x > 1
sin
2
x+cos
2
x = 1
ponendo sinx = Y e cos x = X e sostituendo nel sistema si ha:
_

3Y X > 1
Y
2
+X
2
= 1
Riferiamoci ora alla circonferenza goniometrica come in gura
I punti della circonferenza di equa-
zione Y
2
+X
2
= 1 comuni al
semipiano di equazione

3Y
X > 1 sono tutti e soli quel-
li dellarco PQ non passante per
A; essendo inne i punti P e
Q associati agli angoli

3
e
rispettivamente, le soluzioni sono:

3
+2k < x < +2k.
x
y
O
A(1, 0)
P(
1
2
,

3
2
)
Q(1, 0)

3Y X = 1

3Y X > 1
4.3 funzioni goniometriche 79
4.3.14 Esercizi riassuntivi proposti
1) 2
1
5
12x
=
1
25
12x
[x =
1
2
]
2) log
2
log1
2
(x 3) > 0 [3 < x <
7
2
]
3)
16 8x +x
2
3
x

3
0 [x <
1
2
, x = 4]
4) 2
x+2
2
x+1
2
x
2
x1
2
x2
= 1 [x = 2]
5) log
2
1 +x
1 x
+1 < 0 [1 < x <
1
3
]
6)
9
x
4 3
x
+3
log1
3
|x|
0 [1 < x < 0]
7)
_
1
2
_

9x
2
< 32 [3 x 3]
8)
_
1
2
_

9x
2
< 32 [3 x 3]
9)
_
3
x
2
81 < 0
1 log
2
(2x 1) > 0
[
1
2
< x <
3
2
]
10) log
3
(x 2) log
3
x +1 < log
3
(4 x) [2 < x < 3]
11) 2 log1
2
(x +2) log1
2
(4x +7) [
7
4
< x

3, x

3]
12) log
4
|x| log
|x|
(x
2
+1) =
1
2
[{}]
13) 1 +2 log
9
x
2
log
3
(x +1) log1
3
(x +2) [
1
2
x 2 ma x = 0]
14) lnx 2 log
x
e = 1 [x = e
2
, x =
1
e
]
15)
log
2
(5x x
2
) 2
3
x
x
2
4
0 [1 x 4 ma x = 2]
16) log
x
(2x 1) > 1 [x >
1
2
ma x = 1]
17) sin5x 1 = 0 [x =

10
+
2k
5
]
18) cos
_

6
x
_
<

3
2
[
5
3
+2k < x < 2k]
19) 3 tan
2
x 2

3 tanx 3 = 0 [x =

6
+k, x =

3
+k]
20) sin2x = 2 cos x [x =

2
+k]
4.3 funzioni goniometriche 80
21)
1 2 sinx
tanx 1
0 [

4
+2k < x <

2
+2k,
5
6
+2k
x <
5
4
+ 2k,

2
+ 2k < x

6
+
2k]
22) log

2
2
sinx > 1 [2k < x <

4
,
3
4
+ 2k < x < +
2k]
23)
sin3x +sinx
2 sin
2
x cos x
0 [k < x <

2
+k]
20) 2 sinx = sin2x [x = k]
21)
1 2 cos x
tanx
0 [2k < x

3
+2k,

2
+2k < x <
+2k,
3
2
+2k < x
5
3
+2k]
22) log

3
2
cos x > 1 [

6
+2k < x <

2
+2k,
3
2
+2k <
x <
11
6
+2k]
23)
cos
2
x sin
2
x
cos x +cos 3x
< 0 [

2
+ 2k < x <
3
2
+ 2k, x =
3
4
+
2k,
5
4
+2k]
24) (cos x +sinx)
2
= 1 +2 sinx cos x [x R]
25) ln(cos
2
x 3) = 2 [{}]
Parte III
GEOMETRI A ANALI TI CA
5
I NTRODUZI ONE
5.1 introduzione
82
6
I L PI ANO CARTESI ANO
6.1 punti e segmenti
Denizione 6.1.1. Si dice sistema di riferimento di ascisse o asse di ascisse, una
retta orientata sulla quale ssato un punto O detto origine e una unit di musura.
Nasce in tal modo una corrispondenza biunivoca (o funzione biiettiva) fra i
punti della retta e i numeri reali, che associa ad ogni punto P della retta un
numero reale.
O 1 P
Denizione 6.1.2. Preso un punto P su un asse di ascisse, si dice coordinata ascissa
di P, o semplicemente ascissa, e si scrive x
P
, la misura del segmento OP rispetto alla
unit di misura, se P segue O; lopposto di tale misura se P precede O.
Denizione 6.1.3. Si dice sistema di riferimento cartesiano ortogonale monome-
trico linsieme di 2 rette orientate e perpendicolari, sulle quali ssata la stessa unit di
misura. Il punto O dintersezione delle rette, chiamate assi rispettivamente delle ascisse
(o delle x) e delle ordinate (o delle y), viene detto origine del sistema.
Gli assi dividono il piano in 4 angoli retti detti, rispettivamente, I, II, III e IV
quadrante.
x
y
O
1
1
I II
III IV
Nasce in tal modo una corrispondenza biunivoca (o funzione biiettiva) fra i
punti del piano e le coppie ordinate di numeri reali, che associa ad ogni punto
P del piano la coppia ordinata (x, y) di numeri reali le cui componenti sono
rispettivamente le ascisse dei punti P
1
e P
2
(nel senso della denizione 2.1.2),
proiezioni ortogonali del punto P rispettivamente sugli assi x e y.
Convenzionalmente, per evitare ogni ambiguit, x ed y vengono dette ascissa
ed ordinata di P.
R
2
P (x, y)
83
6.1 punti e segmenti 84
x
y
O
1
1
P
P
1
P
2
Teorema 6.1.1. Dati 2 punti P(x
P
, y
P
) e Q(x
Q
, y
Q
) risulta che la loro distanza
d(P, Q) = PQ =
_
(x
Q
x
P
)
2
+ (y
Q
y
P
)
2
Dimostrazione. Consideriamo 2 punti P e Q come in gura e sia H il punto di
intersezione delle parallele agli assi rispettivamente x ed y condotte da P e da Q.
x
y
O
P
Q
P
1
P
2
Q
1
Q
2
H
Il triangolo PHQ risulta evidentemente rettangolo ed applicabile ad esso il
teorema di Pitagora:
PQ
2
= PH
2
+HQ
2
Osserviamo che:
PH = P
1
Q
1
= |OQ
1
OP
1
| = |x
Q
x
P
|
HQ = P
2
Q
2
= |OQ
2
OP
2
| = |y
Q
y
P
|
dove notiamo che la presenza del modulo motivata dalla assoluta generalit
delle posizioni dei punti P e Q nel piano.
Sostituendo nella relazione precedente, si ha:
PQ
2
= |x
Q
x
P
|
2
+|y
Q
y
P
|
2
Estraendo inne la radice quadrata di entrambi i membri ed eliminando i moduli,
essendo essi elevati alla seconda, otteniamo:
d(P, Q) = PQ =
_
(x
Q
x
P
)
2
+ (y
Q
y
P
)
2
6.1 punti e segmenti 85
Osservazione 6.1.1. Nel caso in cui x
Q
= x
P
, cio il segmento PQ risulta parallelo
allasse y, la formula precedente si riduce a
d(P, Q) = PQ = |y
Q
y
P
|
Nel caso in cui y
Q
= y
P
, cio il segmento PQ risulta parallelo allasse x, la formula
precedente si riduce a
d(P, Q) = PQ = |x
Q
x
P
|
Esercizio 6.1.1. Dati i punti A(1, 0), B(2, 4) e C(2, 1), calcolare il perimetro del
triangolo ABC.
Calcoliamo le misure dei tre lati:
AB =
_
(x
A
x
B
)
2
+ (y
A
y
B
)
2
=
_
(1 2)
2
+ (0 4)
2
=

9 +16 =

25 =
5
BC =
_
(x
B
x
C
)
2
+ (y
B
y
C
)
2
=
_
(2 2)
2
+ (4 (1))
2
=

0 +25 =

25 = 5
AC =
_
(x
A
x
C
)
2
+ (y
A
y
C
)
2
=
_
(1 2)
2
+ (0 (1))
2
=

9 +1 =

10
Pertanto risulta:
2p = AB+BC+AC = 5 +5 +

10 = 10 +

10
Naturalmente il calcolo di BC poteva essere fatto pi semplicemente con la formula
ridotta
BC = |y
B
y
C
| = |4 (1)| = 5.
x
y
O
1
1
A
B
C
Denizione 6.1.4. Si dice punto medio di un segmento di estremi A, B il punto M
di AB tale che AM

= MB.
Teorema 6.1.2. Dato il segmento AB di punto medio M e un punto O apparetente alla
retta per AB, risulta che OM

=
OA+OB
2
.
Dimostrazione. Riferiamoci alla gura ove, per semplicare la dimostrazione, la
retta considerata orientata:
O A M B
OM

=
OM+OM
2

=
OA+AM+OBMB
2

=
OA+OB
2
Osservazione 6.1.2. Se la retta orientata un asse di ascisse di origine O e x
A
e x
B
sono le ascisse di A e B, risulta evidentemente che lascissa di M
x
A
+x
B
2
.
Con riferimento ad un sistema di assi cartesiani ortogonali, determiniamo ora
le coordinate del punto medio M del segmento AB.
Teorema 6.1.3. Dati i punti A(x
A
, y
A
), B(x
B
, y
B
) il loro punto medio M
_
x
A
+x
B
2
,
y
A
+y
B
2
_
.
Dimostrazione. Riferiamoci alla gura
6.1 punti e segmenti 86
x
y
O
A
M
B
A
1
A
2
M
1
M
2
B
1
B
2
Poich M il punto medio di AB, per il teorema di Talete, si ha che M
1
lo
di A
1
B
1
e M
2
lo di A
2
B
2
. Per losservazione precedente x
M
=
x
A
+x
B
2
e
y
M
=
y
A
+y
B
2
.
Esercizio 6.1.2. Dati i punti A(1, 0), B(2, 4) e C(2, 1), calcolare i punti medi dei lati
del triangolo ABC. Chiamiamo rispettivamente M, N, P i punti medi dei lati AB, BC e
AC.
M
_
x
A
+x
B
2
,
y
A
+y
B
2
_
= M
_
1 +2
2
,
0 +4
2
_
= M
_
1
2
,
4
2
_
= M
_
1
2
, 2
_
N
_
x
B
+x
C
2
,
y
B
+y
C
2
_
= N
_
2 +2
2
,
4 1
2
_
= N
_
4
2
,
3
2
_
= N
_
2,
3
2
_
P
_
x
A
+x
C
2
,
y
A
+y
C
2
_
= P
_
1 +2
2
,
0 1
2
_
= P
_
1
2
,
1
2
_
= P
_
1
2
,
1
2
_
.
x
y
O
1
1
A
B
C
M
N
P
Con riferimento ad un sistema di assi cartesiani ortogonali, determiniamo ora
le coordinate del baricentro G del triangolo di vertici A, B, C.
Teorema 6.1.4. Dati i punti A(x
A
, y
A
), B(x
B
, y
B
) e C(x
C
, y
C
) il loro baricentro
G
_
x
A
+x
B
+x
C
3
,
y
A
+y
B
+y
C
3
_
.
Omettiamo la dimostrazione.
6.1 punti e segmenti 87
x
y
O
A
B
C
M
N
L
G
Esercizio 6.1.3. Dati i punti A(1, 0), B(2, 4) e C(2, 1), calcolare il baricentro del
triangolo ABC.
Chiamiamo rispettivamente M, N, P i punti medi dei lati AB, BC e AC e Gil barcentro
del triangolo.
Utilizzando la formula precedente, si ha:
G
_
x
A
+x
B
+x
C
3
,
y
A
+y
B
+y
C
3
_
= G
_
1 +2 +2
3
,
0 +4 1
3
_
= G
_
3
3
,
3
3
_
=
G(1, 1)
x
y
O
1
1
A
B
C
G
M
N
P
7
LE RETTE
In questo capitolo tratteremo le pi semplici curve del piano, ossia le rette, che
lallievo ha gi incontrato nello studio della Geometria Euclidea come concetti
primitivi.
7.1 equazioni lineari
Teorema 7.1.1. Ad ogni equazione di primo grado in x, y del tipo ax + by + c = 0
con a, b, c R e a, b non contemporaneamente nulli, corrisponde una retta del piano
cartesiano e viceversa.
Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che ad ogni equazione di primo grado in
x, y del tipo ax +by +c = 0 con a, b, c R e a, b non contemporaneamente nulli,
corrisponde una retta del piano cartesiano.
A tale scopo distinguiamo i seguenti casi:
1. se a = 0 allora lequazione diventa
by +c = 0 cio y =
c
b
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano la cui
ordinata costantemente uguale a
c
b
; si tratta perci di una retta parallela
allasse delle x.
Nel caso particolare in cui anche c = 0, lequazione diventa y = 0 che
rappresenta lasse delle x.
2. se b = 0 allora lequazione diventa
ax +c = 0 cio x =
c
a
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano la cui
ascissa costantemente uguale a
c
a
; si tratta perci di una retta parallela
allasse delle y.
Nel caso particolare in cui anche c = 0, lequazione diventa x = 0 che
rappresenta lasse delle y.
x
y
O
x =
c
a
y =
c
b
3. se c = 0 allora lequazione diventa
ax +by = 0
cio, supponendo non nulli a, b (altrimenti ci si riconduce ad uno dei casi
precedenti)
88
7.1 equazioni lineari 89
y =
a
b
x
e ponendo
a
b
= m si ottiene
y
x
= m
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano per i
quali costante il rapporto fra ordinata e ascissa; dimostriamo che si tratta
di una retta passante per lorigine del sistema di riferimento.
Infatti, presi 2 punti P, Q per i quali risulti costante il rapporto fra ordi-
nata e ascissa, consideriamo i triangoli OP
1
P e OQ
1
Q essendo P
1
e Q
1
le
proiezioni di P e Q rispettivamente sullasse x.
Essi sono simili per avere una coppia di lati in proporzione e langolo fra
essi compreso congruente perch retto. Pertanto P
1

OP

= Q
1

OQ e quindi i
punti P, O e Q risultano allineati.
x
y
O
P
Q
P
1
Q
1
P
2
Q
2
4. se a, b, c = 0 allora lequazione esplicitabile rispetto a ciascuna delle 2
variabili, in particolare rispetto alla y:
y =
a
b
x
c
b
e ponendo
a
b
= m e
c
b
= q si ottiene
y = mx +q
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano del caso
precedente traslati verticalmente della quantit q; pertanto si tratta di una
retta non passante per lorigine e non parallela agli assi.
x
y
O
Q(0, q)
y = mx
y = mx +q
Dimostriamo ora che ad ogni retta del piano cartesiano corrisponde una equazione
di primo grado in x, y del tipo ax + by + c = 0 con a, b, c R e a, b non
contemporaneamente nulli.
A tale scopo distinguiamo i seguenti casi:
7.1 equazioni lineari 90
1. Consideriamo una retta parallela allasse delle x; i suoi punti sono caratte-
rizzati dallavere ordinata costante. Pertanto sono descritti dallequazione
y = k.
2. Consideriamo una retta parallela allasse delle y; i suoi punti sono carat-
terizzati dallavere ascissa costante. Pertanto sono descritti dallequazione
x = h.
x
y
O
x = h
y = k
3. Consideriamo una retta passante per lorigine. Presi su di essa 2 punti P e
Q di proiezioni rispettivamente P
1
e Q
1
sullasse delle ascisse, osserviamo
che i triangoli OP
1
P e OQ
1
Q sono simili per avere congruenti, oltre all
angolo retto, gli angoli di vertice O. Pertanto i lati corrispondenti sono
in proporzione; in particolare PP
1
: OP
1
= QQ
1
: OQ
1
. Da ci si deduce
che rimane costante il rapporto fra lordinata e lascissa di un qualunque
punto della retta considerata, che pertanto descritta dallequazione
y
x
= m
ovvero y = mx.
x
y
O
P
Q
P
1
Q
1
P
2
Q
2
4. Consideriamo una retta non passante per lorigine e non parallela agli assi
che intersechi lasse y nel punto Q(0, q). La retta passante per lorigine
e ad essa parallela ha equazione y = mx come appena dimostrato nel
precedente caso. Daltra parte la retta presa in esame ottenuta traslando
verticalmente la retta per lorigine della quantit q. Essa pertanto descritta
dallequazione y = mx +q.
7.1 equazioni lineari 91
x
y
O
Q(0, q)
y = mx
y = mx +q
Osservazione 7.1.1. Il coefciente m della x nellequazione y = mx+q viene chiamato
coefciente angolare della retta. Vedremo in seguito il suo signicato geometrico, ma
possiamo n dora osservare che esso legato alla inclinazione della retta rispetto al
semiasse positivo delle x. Risulta evidente pertanto dallultimo punto della precedente
dimostrazione, che rette parallele hanno lo stesso coefciente angolare.
Osservazione 7.1.2. Il termine noto q nellequazione y = mx + q viene chiamato
intercetta e rappresenta lordinata del punto di intersezione della retta con lasse delle y.
Osservazione 7.1.3. Lequazione della retta nella forma ax +by +c = 0 viene detta
implicita; nella forma y = mx +q detta esplicita.
Tutte le rette del piano possono essere rappresentate da una equazione in forma sia
implicita che esplicita, tranne le parallele allasse delle y che non sono esplicitabili.
Esercizio 7.1.1. Tracciare i graci delle seguenti rette:
r : x +2 = 0
s : 2y 1 = 0
t : x y +3 = 0
v : 2x +y = 0
w : x +3y 3 = 0.
La retta r parallela allasse y; la sua equazione, esplicitata rispetto ad x, risulta
x = 2.
La retta s parallela allasse x; la sua equazione, esplicitata rispetto ad y, risulta
y =
1
2
.
x
y
O
1
1
r
s
E appena il caso di ricordare che per due punti distinti del piano passa una ed una
sola retta.
Lequazione della retta t, esplicitata rispetto alla y, risulta y = x +3; determiniamo
due punti di t, sostituendo alla variabile indipendente x due valori qualunque e ricavando
i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
3 0
0 3
7.2 relazioni e formule 92
x
y
O
1
1
t
A
B
Lequazione della retta v, esplicitata rispetto alla y, risulta y = 2x; determiniamo due
punti di v, sostituendo alla variabile indipendente x due valori qualunque e ricavando i
corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 0
1 2
x
y
O
1
1
v
B
Lequazione della retta w, esplicitata rispetto alla y, risulta y =
3 x
3
; determinia-
mo due punti di w, sostituendo alla variabile indipendente x due valori qualunque e
ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 1
3 0
x
y
O
1
1
w
A
B
7.2 relazioni e formule
Denizione 7.2.1. Diremo che il punto P(x
0
, y
0
) appartiene alla retta di equazione
ax +by +c = 0 se le sue coordinate vericano lequazione.
7.2 relazioni e formule 93
Esercizio 7.2.1. Data la retta di equazione 2x 3y+6 = 0 vericare se i seguenti punti
le appartengono: P(0, 2), Q(1, 1), R
_

3
2
, 1
_
, S(

3,

3).
Sostituiamo le coordinate di P(0, 2) nellequazione della retta: 0 6 + 6 = 0 P
appartiene alla retta data.
Sostituiamo le coordinate di Q(1, 1) nellequazione della retta: 2 3 +6 = 0 Q
non appartiene alla retta data.
Sostituiamo le coordinate di R
_

3
2
, 1
_
nellequazione della retta: 3 3 +6 = 0
R appartiene alla retta data.
Sostituiamo le coordinate di S(

3,

3) nellequazione della retta: 2

3 3

3 +6 =
0 S non appartiene alla retta data.
x
y
O
1
1
R
P
Q
S
Denizione 7.2.2. Si dice fascio improprio di rette linsieme di tutte le rette del piano
parallele ad una retta data.
Teorema 7.2.1. Lequazione di un fascio improprio di rette parallele alla retta base di
equazione y = m
0
x con m
0
ssato in R :
y = m
0
x +k al variare di k in R.
Lequazione del fascio improprio di rette parallele allasse y :
x = h al variare di h in R.
Dimostrazione. Consegue direttamente dal Teorema 7.1.1.
Esercizio 7.2.2. Scrivere lequazione della retta parallela alla retta di equazione y =
2
3
x
passante per il punto P
_
3
2
, 0
_
.
La retta cercata appartiene al fascio improprio di rette parallele alla retta data:
F : y =
2
3
x +k
imponiamo ora il passaggio per P: 0 = 1 +k
da cui k = 1 e quindi lequazione cercata y =
2
3
x 1
7.2 relazioni e formule 94
x
y
O
1
1
P
k = 1
y =
2
3
x 1
Esercizio 7.2.3. Dato il fascio improprio di equazione F : 2x y k +1 = 0, determi-
nare le rette:
1. passante per lorigine;
2. passante per P(1, 1);
3. che individuano con gli assi cartesiani un triangolo di area 1.
1. Scriviamo lequazione del fascio in forma esplicita: y = 2x k +1
imponiamo il passaggio per O(0, 0): 0 = k +1
da cui k = 1 e quindi lequazione cercata y = 2x;
2. Imponiamo il passaggio per P(1, 1): 1 = 2 k +1
da cui k = 2 e quindi lequazione cercata y = 2x 1;
x
y
O
1
1 P
k = 2 k = 1
y = 2x 1
y = 2x
3. Ricordiamo che le coordinate degli eventuali punti di intersezione fra due rette sono
le soluzioni del sistema lineare formato dalle loro equazioni. Pertanto le coordinate
dei punti di intersezione della generica retta del fascio con gli assi cartesiani sono
la soluzione del sistema
_
y = 2x k +1
y = 0
ossia il punto A
_
k 1
2
, 0
_
7.2 relazioni e formule 95
e la soluzione del sistema
_
y = 2x k +1
x = 0
ossia il punto B(0, 1 k).
Larea del triangolo cercato pertanto:
1
2
|1 k|

k 1
2

ed imponendo che essa valga 1, si ha:


|1 k| |k 1|
4
= 1
|k 1| |k 1| = 4
(k 1)
2
= 4
da cui k = 1 oppure k = 3.
x
y
O
1
1
2
1
2
k = 3 k = 1
y = 2x 2
y = 2x + 2
Denizione 7.2.3. Si dice fascio proprio di rette linsieme di tutte le rette del piano
passanti per un punto dato, chiamato centro o sostegno del fascio.
Teorema 7.2.2. Lequazione di un fascio proprio di rette di centro C(x
0
, y
0
) :
y y
0
= m(x x
0
) oppure x = x
0
al variare di m in R.
Dimostrazione. Consideriamo la generica retta passante per C(x
0
, y
0
); essa pu
essere verticale e avere equazione x = x
0
; altrimenti del tipo y = mx +q ().
In questultimo caso, dovendo C appartenere alla retta, si ha che
y
0
= mx
0
+q
da cui q = y
0
mx
0
che sostituito nella equazione () d
y = mx +y
0
mx
0
e, inne, raccogliendo a fattor comune
y y
0
= m(x x
0
).
Esercizio 7.2.4. Scrivere lequazione della retta parallela alla retta di equazione y =
2
3
x
passante per il punto P
_
3
2
, 0
_
.
7.2 relazioni e formule 96
La retta cercata appartiene al fascio proprio di rette di centro il punto P (evidentemente
non pu essere parallela allasse y):
F : y 0 = m
_
x
3
2
_
imponiamo ora la condizione di parallelismo con la retta data: m =
2
3
e, sostituendo:
y =
2
3
_
x
3
2
_
quindi lequazione cercata y =
2
3
x 1.
x
y
O
1
1
P
m =
2
3
y =
2
3
x 1
Osservazione 7.2.1. Lequazione della retta passante per i punti P
1
(x
1
, y
1
) e P
2
(x
2
, y
2
)
con x
1
= x
2

y y
1
=
y
2
y
1
x
2
x
1
(x x
1
)
ovvero
y y
1
y
2
y
1
=
x x
1
x
2
x
1
Infatti baster sostituire le coordinate di P
2
nellequazione del fascio di rette di centro P
1
e ricavare, quindi, il coefciente angolare m.
Se x
1
= x
2
allora la retta passante per i punti P
1
(x
1
, y
1
) e P
2
(x
2
, y
2
) verticale e la
sua equazione risulta, ovviamente, x = x
1
.
Se y
1
= y
2
allora la retta passante per i punti P
1
(x
1
, y
1
) e P
2
(x
2
, y
2
) orizzontale
e la sua equazione risulta, ovviamente, y = y
1
.
Teorema 7.2.3. Siano r ed s 2 rette del piano non parallele agli assi di equazione rispet-
tivamente y = mx +q e y = m

x +q

. Esse risultano perpendicolari fra loro se e solo


se m m

= 1 ossia m =
1
m

.
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema nel caso in cui r ed s passino per lorigine.
Ci non costituisce una restrizione poich abbiamo gi osservato che rette parallele
hanno lo stesso coefciente angolare.
Proviamo dapprima che se le rette sono perpendicolari allora m m

= 1
(ovviamente, dallipotesi segue che m ed m

sono entrambi non nulli).


7.2 relazioni e formule 97
x
y
O
P
P

Q
r
s
Con riferimento alla gura osserviamo che P, Q, P

hanno la stessa ascissa x,


il triangolo OP

P rettangolo in O e OQ la sua altezza relativa allipotenusa.


Applichiamo, quindi, il 2

teorema di Euclide al triangolo OP

P :
OQ
2
= PQ QP

Le ordinate di P e P

sono necessariamente discordi, nel nostro caso risulta essere


negativa lordinata di P

, pertanto risulta:
x
2
= mx (m

x)
semplicando e moltiplicando per 1 otteniamo:
m m

= 1
Viceversa, se vale la relazione m m

= 1 allora vera anche la x


2
= mx
(m

x), da cui discende che il triangolo OP

P rettangolo essendo ad esso


applicabile il 2

teorema di Euclide.
Osservazione 7.2.2. Se m = 0 allora r parallela allasse x ed s parallela allasse y
ed m

non esiste.
Il caso risulta del tutto simmetrico qualora sia m

= 0.
Teorema 7.2.4. Sia r una retta del piano, non parallela allasse delle y, di equazione
y = m
1
x +q
1
e sia P(x
P
, y
P
) un generico punto del piano.
La distanza di P dalla retta r
PH =
|m
1
x
P
y
P
+q
1
|
_
m
2
1
+1
ove H il piede della perpendicolare condotta da P ad r.
Dimostrazione. Il fascio di rette di centro P(x
P
, y
P
) ha equazione
F : y y
P
= m(x x
P
)
(manca, ovviamente, lequazione della retta del fascio parallela allasse delle y,
caso che verr trattato a parte).
Nel caso in cui la retta r sia parallela allasse delle x, ossia del tipo y = k, risulta
banalmente PH = |y
P
k| come del resto deducibile dalla formula con m = 0.
Se r non parallela allasse delle x, fra tutte le rette per P scegliamo la perpendi-
colare ad r, sostituendo mcon
1
m
1
nellequazione del fascio; inne intersechiamo
tale perpendicolare con la retta r ottenendo il punto H.
7.2 relazioni e formule 98
x
y
O
P
H
y = m
1
x +q
1
Mettiamo a sistema lequazione della retta r con lequazione del fascio di rette
di centro P:
_
y = m
1
x +q
1
y = m(x x
P
) +y
P
_
_
_
y = m
1
x +q
1
y =
1
m
1
(x x
P
) +y
P
_
_
_
y = m
1
x +q
1
m
1
x +q
1
=
1
m
1
x +
x
P
m
1
+y
P
Risolviamo la seconda equazione fuori dal sistema:
_
m
1
+
1
m
1
_
x =
x
P
m
1
+y
P
q
1
da cui
x =
x
P
+m
1
y
P
m
1
q
1
m
1
m
2
1
+1
m
1
=
x
P
+m
1
y
P
m
1
q
1
m
2
1
+1
ritornando al sistema otteniamo le coordinate del punto H:
_

_
x
H
=
x
P
+m
1
y
P
m
1
q
1
m
2
1
+1
y
H
=
m
1
x
P
+m
2
1
y
P
+q
1
m
2
1
+1
Inne, utilizzando la formula della distanza fra 2 punti, determiniamo la
distanza cercata:
PH=

_
_
m
2
1
x
P
m
1
y
P
+m
1
q
1
m
2
1
+1
_
2
+
_
y
P
m
1
x
P
q
1
m
2
1
+1
_
2
=
=

_
m
4
1
x
2
P
+m
2
1
y
2
P
+m
2
1
q
2
1
2m
3
1
x
P
y
P
+2m
3
1
q
1
x
P
2m
2
1
q
1
y
P
+y
2
P
+m
2
1
x
2
P
+q
2
1
2m
1
x
P
y
P
2q
1
y
P
+2m
1
q
1
x
P
_
m
2
1
+1
_
2
=
=

_
m
2
1
_
m
2
1
+1
_
x
2
P
+
_
m
2
1
+1
_
y
2
P
+
_
m
2
1
+1
_
q
2
1
2m
1
_
m
2
1
+1
_
x
P
y
P
+2m
1
_
m
2
1
+1
_
q
1
x
P
2
_
m
2
1
+1
_
q
1
y
P
_
m
2
1
+1
_
2
=
=

m
2
1
x
2
P
+y
2
P
+q
2
1
2m
1
x
P
y
P
+2m
1
q
1
x
P
2q
1
y
P
_
m
2
1
+1
_ =
=

(m
1
x
P
y
P
+q
1
)
2
_
m
2
1
+1
_ =
=
|m
1
x
P
y
P
+q
1
|

m
2
+1
come volevasi dimostrare.
Nel caso in cui la retta r sia parallela allasse delle y, ossia del tipo x = h, risulta
banalmente PH = |x
P
h|.
Osservazione 7.2.3. Nel caso in cui il punto P appartenga alla retta r risulta banal-
mente PH = 0 come del resto deducibile dalla formula del teorema essendo nullo il
numeratore.
Esempio 7.2.1. Dati la retta r di equazione y =
3
2
x +3 e il punto P(2, 1) determinare
la distanza di P da r.
Applichiamo la formula del teorema:
7.2 relazioni e formule 99
PH =
|m
1
x
P
y
P
+q
1
|

m
2
+1
=

3
2
2 1 +3

_
9
4
+1
=
5
_
13
4
=
10

13
=
10

13
13
.
Esercizio 7.2.5. Dopo aver scritto lequazione della retta s passante per P(1, 2) e perpen-
dicolare alla retta r di equazione y = x1, determinare perimetro ed area del quadrilatero
PQRS ove Q il punto di intersezione della retta r con lasse delle y, R il punto di inter-
sezione della retta s con lasse delle x ed S il punto di intersezione fra la perpendicolare
allasse delle x passante per R e la parallela allasse delle x passante per P.
La retta s appartiene al fascio proprio di rette di centro P
F : y = m(x 1) +2
poich s perpendicolare ad r, il suo coefciente angolare lantireciproco di 1 ossia 1.
Quindi
s : y = x +3
Per determinare il punto Q, intersechiamo la retta r e lasse delle y:
_
y = x 1
x = 0
ossia Q(0, 1).
Per determinare il punto R, intersechiamo la retta s e lasse delle x:
_
y = x +3
y = 0
ossia R(3, 0).
Per determinare il punto S, intersechiamo la retta perpendicolare allasse x passante
per R e la retta perpendicolare allasse y passante per P:
_
x = 3
y = 2
ossia S(3, 2).
Per calcolare il perimetro abbiamo bisogno delle misure dei lati:
PQ =
_
(x
P
x
Q
)
2
+ (y
P
y
Q
)
2
=
_
(1 0)
2
+ (2 +1)
2
=

1 +9 =

10
QR =
_
(x
Q
x
R
)
2
+ (y
Q
y
R
)
2
=
_
(3 0)
2
+ (0 +1)
2
=

9 +1 =

10
RS = |y
R
y
S
| = 2
SP = |x
S
x
P
| = 2
da cui 2p = 2

10 +4.
Osserviamo che i lati del quadrilatero sono coppie di lati consecutivi congruenti; le
diagonali del quadrilatero sono perpendicolari; si tratta di un romboide, la cui area
calcolabile mediante la formula:
d
1
d
2
2
=
QS PR
2
calcoliamo le misure delle diagonali:
QS =
_
(x
Q
x
S
)
2
+ (y
Q
y
S
)
2
=
_
(3 0)
2
+ (2 +1)
2
=

9 +9 = 3

2
PR =
_
(x
P
x
R
)
2
+ (y
P
y
R
)
2
=
_
(1 3)
2
+ (2 0)
2
=

4 +4 = 2

2 larea
richiesta :
A =
3

2 2

2
2
= 6.
7.2 relazioni e formule 100
x
y
O
1
1
r
s
P
Q
R
S
y = x 1
y = x + 3
8
LE TRASFORMAZI ONI
In questo capitolo esamineremo alcune trasformazioni del piano allo scopo di
semplicare lo studio di particolari curve riconducendolo a casi notevoli.
8.1 simmetrie
Sia P(x, y) un generico punto del piano; il suo simmetrico rispetto allasse delle x
P
1
(x, y), rispetto allasse delle y P
2
(x, y), rispetto allorigine P
3
(x, y),
rispetto alla bisettrice del I e del III quadrante (o I bisettrice) P
4
(y, x).
x
y
O
P
P
1
P
2
P
3
P
4
H K
L
M
N
y = x
Dalla gura si deducono facilmente le congruenze dei triangoli POL e P
1
ON,
POL e P
2
OL, POL e P
3
ON, POL e P
4
OH. Per la dimostrazione dellultima
congruenza si osservi che il triangolo POP
4
isoscele sulla base PP
4
.
Esempio 8.1.1. Data la retta r di equazione y = 2x + 2 scrivere le equazioni delle
sue simmetriche rispetto allasse delle x, allasse delle y, allorigine, alla I bisettrice e
rappresentarle gracamente.
1. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e la sua simmetrica rispetto
allasse delle x.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i loro simmetrici
rispetto allasse delle x:
x y
0 2
1 0
Chiamiamo A
1
il simmetrico di A e osserviamo che il simmetrico di B B stesso.
101
8.1 simmetrie 102
x
y
O
1
1
A
A
1
B
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B ha equazione
y y
A
1
y
B
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
x
A
1
ovvero
y (2)
0 (2)
=
x 0
1 0
quindi lequazione richiesta y = 2x 2.
Osservazione 8.1.1. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire y con y nellequazione della retta r per ottenere lequazione della simme-
trica cercata.
2. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e la sua simmetrica rispetto
allasse delle y.
Determiniamo i simmetrici di A e B rispetto allasse delle y:
x y
0 2
1 0
Chiamiamo B
1
il simmetrico di B e osserviamo che il simmetrico di A A stesso.
x
y
O
1
1
A
B
1 B
y = 2x + 2
La retta passante per A e B
1
ha equazione
y y
A
y
B
1
y
A
=
x x
A
x
B
1
x
A
ovvero
y 2
0 2
=
x 0
1 0
quindi lequazione richiesta y = 2x +2.
Osservazione 8.1.2. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con x nellequazione della retta r per ottenere lequazione della simmetrica
cercata.
8.1 simmetrie 103
3. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e la sua simmetrica rispetto
allorigine.
Determiniamo i simmetrici di A e B rispetto allorigine:
x y
0 2
1 0
Chiamiamo A
1
il simmetrico di A e B
1
il simmetrico di B .
x
y
O
1
1
A
A
1
B
1 B
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y (2)
0 (2)
=
x 0
1 0
quindi lequazione richiesta y = 2x 2.
Osservazione 8.1.3. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con x e y con y nellequazione della retta r per ottenere lequazione
della simmetrica cercata.
4. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e la sua simmetrica rispetto
alla I bisettrice.
Determiniamo i simmetrici di A e B rispetto alla I bisettrice:
x y
2 0
0 1
Chiamiamo A
1
il simmetrico di A e B
1
il simmetrico di B .
8.1 simmetrie 104
x
y
O
1
1
A
A
1
B
1
B
y = 2x + 2 y = x
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y 0
1 0
=
x 2
0 2
quindi lequazione richiesta y =
x
2
1.
Osservazione 8.1.4. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con y e y con x nellequazione della retta r per ottenere lequazione della
simmetrica cercata. Infatti dallequazione y = 2x + 2, scambiando x con y, si
ottiene x = 2y +2, da cui 2y = x 2 ed inne y =
x
2
1.
Esempio 8.1.2. Data la retta r di equazione y = 2x +2, rappresentare gracamente le
funzioni di equazione y = |2x +2| e y = 2|x| +2.
1. Deniamo la prima delle funzioni date
y = |2x +2| =
_
2x +2 se 2x +2 0
2x 2 se 2x +2 < 0
ossia
y = |2x +2| =
_
2x +2 se x 1
2x 2 se x < 1
Si tratta, quindi, di 2 semirette che possiamo disegnare utilizzando i graci del
precedente esercizio.
x
y
O
1
1
x = 1
y = 2x + 2 y = 2x 2
B
8.1 simmetrie 105
Il graco della funzione assegnata costituito dalle 2 semirette a tratto continuo.
Osservazione 8.1.5. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato dise-
gnare il graco della funzione senza modulo, ossia y = 2x +2, eliminare la parte
di graco collocata sotto lasse delle x e sostituirla con la sua simmetrica rispetto
allo stesso asse.
x
y
O
1
1
y = |2x + 2|
B
2. Passiamo alla seconda parte dellesercizio.
y = 2|x| +2 =
_
2x +2 se x 0
2x +2 se x < 0
Si tratta, quindi, di 2 semirette che possiamo disegnare utilizzando i graci del
precedente esercizio.
x
y
O
1
1
A
y = 2x + 2 y = 2x + 2
Il graco della funzione assegnata costituito dalle 2 semirette a tratto continuo.
Osservazione 8.1.6. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato dise-
gnare il graco della funzione senza modulo, ossia y = 2x +2, eliminare la parte
di graco collocata a sinistra dellasse delle y e simmetrizzare la parte restante
rispetto allasse delle y.
8.2 traslazioni 106
x
y
O
1
1
A
y = 2|x| + 2
8.2 traslazioni
Sia P(x, y) un generico punto del piano; se operiamo una traslazione orizzontale
otteniamo P
1
(x +a, y); se operiamo una traslazione verticale otteniamo P
2
(x, y +
b); se operiamo una traslazione sia orizzontale che verticale otteniamo P
3
(x +
a, y +b).
x
y
O
P P
1
P
2
P
3
Osserviamo che se a > 0 la traslazione orizzontale verso destra, se a < 0 la
traslazione orizzontale verso sinistra; se b > 0 la traslazione verticale verso
lalto, se b < 0 la traslazione verticale verso il basso.
Esempio 8.2.1. Data la retta r di equazione y = 2x +2 scrivere le equazioni della retta
traslata verso destra di 2, di quella traslata verso il basso di 1 e di quella traslata sia verso
destra di 2 che verso il basso di 1.
1. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella traslata verso destra
di 2.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti traslati verso
destra di 2:
x y
2 2
1 0
Chiamiamo A
1
e B
1
tali punti.
8.2 traslazioni 107
x
y
O
1
1
A A
1
B
B
1
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y 2
0 2
=
x 2
1 2
quindi lequazione richiesta y = 2x 2.
Osservazione 8.2.1. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con x 2 nellequazione della retta r per ottenere lequazione della retta
cercata. Infatti dallequazione y = 2x + 2, sostituendo x con x 2, si ottiene
y = 2(x 2) +2, da cui y = 2x 4 +2 ed inne y = 2x 2.
2. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella traslata verso il basso
di 1.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti traslati verso il
basso di 1:
x y
0 1
1 1
Chiamiamo A
1
e B
1
tali punti.
8.2 traslazioni 108
x
y
O
1
1
A
A
1
B
B
1
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y 1
1 1
=
x 0
1 0
quindi lequazione richiesta y = 2x +1.
Osservazione 8.2.2. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire y con y +1 nellequazione della retta r per ottenere lequazione della retta
cercata. Infatti dallequazione y = 2x + 2, sostituendo y con y + 1, si ottiene
y +1 = 2x +2, da cui y = 2x +2 1 ed inne y = 2x +1.
3. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella traslata verso destra
di 2 e verso il basso di 1.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti traslati verso
destra di 2 e verso il basso di 1:
x y
2 1
1 1
Chiamiamo A
1
e B
1
tali punti.
8.3 cambio di scala 109
x
y
O
1
1
A
A
1
B
B
1
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y 1
1 1
=
x 2
1 2
quindi lequazione richiesta y = 2x 3.
Osservazione 8.2.3. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con x 2 e y con y+1 nellequazione della retta r per ottenere lequazione
della retta cercata. Infatti dallequazione y = 2x +2, sostituendo x con x 2 e y
con y +1, si ottiene y +1 = 2(x 2) +2, da cui y = 2x 4 +2 1 ed inne
y = 2x 3.
Osservazione 8.2.4. In generale vale la seguente regola pratica:
dati i numeri reali a e b,
1. per ottenere una traslazione orizzontale di a basta sostituire x con x a nelle-
quazione della curva data (se a > 0 allora la traslazione verso destra, se a < 0
allora la traslazione verso sinistra);
2. per ottenere una traslazione verticale di b basta sostituire y con y b nellequa-
zione della curva data (se b > 0 allora la traslazione verso lalto, se b < 0 allora
la traslazione verso il basso).
Evidentemente i casi a = 0 e b = 0 corrispondono alle traslazioni nulle.
8.3 cambio di scala
Sia P(x, y) un generico punto del piano; se operiamo un cambio di scala rispetto
alle ascisse otteniamo P
1
(hx, y); se operiamo un cambio di scala rispetto alle
ordinate otteniamo P
2
(x, ky); se operiamo un cambio di scala sia rispetto alle
ascisse che rispetto alle ordinate otteniamo P
3
(hx, ky). Supponiamo h, k R

.
8.3 cambio di scala 110
x
y
O
P
P
1
P
2
P
3
x
hx
y
ky
Osserviamo che se h > 0 il trasformato P
1
appartiene allo stesso quadrante;
se h < 0 il trasformato del punto P appartiene al quadrante simmetrico rispetto
allasse delle y; in particolare, se h = 1 il punto P non varia, se h = 1 il punto P
viene trasformato nel suo simmetrico rispetto allasse delle y; se |h| < 1 la distanza
dallorigine del trasformato minore della distanza dallorigine di P (parleremo
di contrazione); se |h| > 1 la distanza dallorigine del trasformato maggiore della
distanza dallorigine di P (parleremo di dilatazione).
Osserviamo che se k > 0 il trasformato P
2
appartiene allo stesso quadrante;
se k < 0 il trasformato del punto P appartiene al quadrante simmetrico rispetto
allasse delle x; in particolare, se k = 1 il punto P non varia, se k = 1 il punto P
viene trasformato nel suo simmetrico rispetto allasse delle x; se |k| < 1 la distanza
dallorigine del trasformato minore della distanza dallorigine di P (parleremo
di contrazione); se |k| > 1 la distanza dallorigine del trasformato maggiore della
distanza dallorigine di P (parleremo di dilatazione).
Rappresentiamo in gura i trasformati di P rispetto alle ascisse con diversi
valori di h.
x
y
O
P
P
1
P
2
P
3
P
4
P
5
h = 1 h =
1
2
h = 2 h = 1 h =
1
2
h = 2
2 1 4 2 1 4
Osservazione 8.3.1. Se h = k il cambio di scala rispetto ai due assi utilizza la stessa
costante di proporzionalit e quindi O, P e il trasformato di P sono allineati. In tal caso
parleremo di omotetia di rapporto h.
8.3 cambio di scala 111
x
y
O
P
P
1
P
2
P
3
P
4
P
5
2 1 4
2 1 4
1
1
2
2
1

1
2
2
Esempio 8.3.1. Data la retta r di equazione y = 2x +2 scrivere le equazioni della retta
trasformata mediante dilatazione di rapporto 2 rispetto alle ascisse, di quella trasformata
mediante contrazione di rapporto
1
2
rispetto alle ordinate, di quella trasformata contem-
poraneamente mediante dilatazione di 2 rispetto alle ascisse e contrazione di
1
2
rispetto
alle ordinate e di quella trasformata mediante omotetia di rapporto 2.
1. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata mediante
dilatazione di rapporto 2 rispetto alle ascisse.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 2
2 0
Chiamiamo B
1
il trasformato di B e osserviamo che il trasformato di A A stesso.
x
y
O
1
1
A
B
1
B
y = 2x + 2
La retta passante per A e B
1
ha equazione
y y
A
y
B
1
y
A
=
x x
A
x
B
1
x
A
ovvero
y 2
0 2
=
x 0
2 0
8.3 cambio di scala 112
quindi lequazione richiesta y = x +2.
Osservazione 8.3.2. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato so-
stituire x con
x
2
nellequazione della retta r per ottenere lequazione della ret-
ta cercata. Infatti dallequazione y = 2x + 2, sostituendo x con
x
2
, si ottiene
y = 2
_
x
2
_
+2 ed inne y = x +2.
Osservazione 8.3.3. Dallesempio proposto deduciamo che il segmento AB vie-
ne trasformato nel segmento AB
1
che risulta chiaramente dilatato rispetto al
precedente.
2. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata mediante
contrazione di rapporto
1
2
rispetto alle ordinate.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 1
1 0
Chiamiamo A
1
il trasformato di A e osserviamo che il trasformato di B B stesso.
x
y
O
1
1
A
A
1
B
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B ha equazione
y y
A
1
y
B
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
x
A
1
ovvero
y 1
0 1
=
x 0
1 0
quindi lequazione richiesta y = x +1.
Osservazione 8.3.4. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire y con 2y nellequazione della retta r per ottenere lequazione della retta cerca-
ta. Infatti dallequazione y = 2x +2, sostituendo y con 2y, si ottiene 2y = 2x +2
ed inne y = x +1.
Osservazione 8.3.5. Dallesempio proposto deduciamo che il segmento AB vie-
ne trasformato nel segmento A
1
B che risulta chiaramente contratto rispetto al
precedente.
8.3 cambio di scala 113
3. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata contem-
poraneamente mediante dilatazione di 2 rispetto alle ascisse e contrazione di
1
2
rispetto alle ordinate.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 1
2 0
Chiamiamo A
1
e B
1
tali punti.
x
y
O
1
1
A
A
1
B B
1
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y 1
0 1
=
x 0
2 0
quindi lequazione richiesta y =
x
2
+1.
Osservazione 8.3.6. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con
x
2
e y con 2y nellequazione della retta r per ottenere lequazione della
retta cercata. Infatti dallequazione y = 2x +2, sostituendo x con
x
2
e y con 2y,
si ottiene 2y = 2
_
x
2
_
+2, da cui 2y = x +2 ed inne y =
x
2
+1.
Osservazione 8.3.7. Dallesempio proposto deduciamo che il segmento AB viene
trasformato nel segmento A
1
B
1
che risulta contemporaneamente dilatato di 2 e
contratto di
1
2
quindi congruente al precedente.
4. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata mediante
omotetia di rapporto 2.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
8.3 cambio di scala 114
x y
0 4
2 0
Chiamiamo A
1
e B
1
tali punti.
x
y
O
1
1
A
A
1
B B
1
y = 2x + 2
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y (4)
0 (4)
=
x 0
2 0
quindi lequazione richiesta y = 2x 4.
Osservazione 8.3.8. Dallesempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-
tuire x con
x
2
e y con
y
2
nellequazione della retta r per ottenere lequazione
della retta cercata. Infatti dallequazione y = 2x+2, sostituendo x con
x
2
e y con

y
2
, si ottiene
y
2
= 2
_

x
2
_
+2, da cui y = 2x +4 ed inne y = 2x 4.
Osservazione 8.3.9. Dallesempio proposto deduciamo che il segmento AB viene
trasformato nel segmento A
1
B
1
che risulta chiaramente dilatato rispetto al prece-
dente. Inoltre la retta r e la sua trasformata sono parallele e, come gi noto dallo
studio della geometria, i triangoli OAB e OA
1
B
1
sono simili.
Osservazione 8.3.10. In generale vale la seguente regola pratica:
dati i numeri reali non nulli h e k,
1. per ottenere un cambio di scala rispetto alle x di rapporto h basta sostituire x
con
x
h
nellequazione della curva data (se |h| > 1 allora si ha una dilatazione, se
|h| < 1 si ha una contrazione);
2. per ottenere un cambio di scala rispetto alle y di rapporto k basta sostituire y con
y
k
nellequazione della curva data (se |k| > 1 allora si ha una dilatazione, se |k| < 1
si ha una contrazione).
Evidentemente i casi h = 1 e k = 1 si riducono alle identit;
i casi h = 1 e k = 1, come precedentemente analizzato, si riducono alle simmetrie
rispetto allasse y e rispetto allasse x.
8.3 cambio di scala 115
Esercizio 8.3.1. Rappresentare gracamente la curva di equazione y =

x 2
2

.
La curva richiesta si ottiene con lapplicazione successiva delle seguenti trasformazioni
alla retta di equazione y = x:
1. una dilatazione di rapporto 2 rispetto alle ascisse (oppure, indifferentemente, una
contrazione di rapporto
1
2
rispetto alle ordinate);
2. una traslazione verso destra di 2;
3. una simmetria della parte di graco con ordinata negativa rispetto allasse delle x
lasciando invariata la rimanente;
4. una traslazione verso il basso di 1;
5. una simmetria della parte di graco con ordinata negativa rispetto allasse delle x
lasciando invariata la rimanente.
Infatti, si ha che:
1. per operare la dilatazione richiesta sufciente sostituire x con
x
2
nellequazione
y = x, ottenendo y =
x
2
;
x
y
O
1
1
A
A
1
B
B
1
y = x
y =
x
2
2. per operare la traslazione richiesta sufciente sostituire x con x2 nellequazione
y =
x
2
, ottenendo y =
x 2
2
;
x
y
O
1
1
A
2
A
1
B
2
B
1
y =
x 2
2
y =
x
2
8.3 cambio di scala 116
3. per operare la simmetria richiesta sufciente applicare il valore assoluto al secon-
do membro dellequazione y =
x 2
2
, ottenendo y =

x 2
2

;
x
y
O
1
1
A
2
A
3
B
2
= B
3
y =
x 2
2
y =
|x 2|
2
4. per operare la traslazione richiesta sufciente sostituire y con y+1 nellequazio-
ne y =

x 2
2

, ottenendo y +1 =

x 2
2

cio y =

x 2
2

1;
x
y
O
1
1
A
4
B
4
A
3
B
3
y =
|x 2|
2
1
y =
|x 2|
2
5. per operare la simmetria richiesta sufciente applicare il valore assoluto al secon-
do membro dellequazione y =

x 2
2

1, ottenendo y =

x 2
2

.
8.4 rotazioni 117
x
y
O
1
1 A
4
= A
5
B
4
= B
5
C
4
C
5
y =
|x 2|
2
1
y =

|x 2|
2
1

8.4 rotazioni
Sia P(x, y) un generico punto del piano; se operiamo una rotazione del segmento
OP rispetto allorigine O di angolo otteniamo P
1
(x
1
, y
1
); ci proponiamo di
dimostrare che
_
x
1
= xcosysen
y
1
= xsen+ycos
x
y
O
P
P
1
H H
1

Anteponiamo alla dimostrazione una denizione.


Il punto P del piano individuato univocamente dalle sue coordinate cartesiane
(x, y) come visto allinizio del capitolo. Alternativamente, possibile individuarlo
mediante coordinate polari (r, ), legate alle precedenti coordinate dalle relazioni
_
x = rcos
y = rsen
ove r R

e 0 < 2.
8.4 rotazioni 118
x
y
O
P
H

x
y
r
Rinviamo per una trattazione pi completa al capitolo Numeri complessi.
Riprendiamo la dimostrazione, facendo riferimento alle gure e alla denizione
precedenti ed alle formule di addizione e di sottrazione per il coseno e per il seno:
_
x
1
= rcos(+) = r(coscossensen) = xcosysen
y
1
= rsen(+) = r(sencos+cossen) = xsen+ycos
Esempio 8.4.1. Data la retta r di equazione y =
x
4
1 scrivere lequazione della
trasformata mediante rotazione rispetto allorigine di

2
.
Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata mediante
rotazione.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
4 0
4 2
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 4
2 4
Chiamiamo A
1
e B
1
i trasformati di A e di B.
8.4 rotazioni 119
x
y
O
1
1
A
B
A
1
B
1
y =
x
4
1
La retta passante per A
1
e B
1
ha equazione
y y
A
1
y
B
1
y
A
1
=
x x
A
1
x
B
1
x
A
1
ovvero
y 4
4 4
=
x 0
2 0
quindi lequazione richiesta y = 4x +4.
Osservazione 8.4.1. Dalle formule di trasformazione, con =

2
, si ha
_
x
1
= y
y
1
= x
da cui
_
x = y
1
y = x
1
inne, sostituendo nellequazione della retta r, otteniamo x
1
=
y
1
4
1 da cui y
1
=
4x
1
+4 che effettivamente lequazione della retta richiesta, naturalmente eliminando
gli indici.
Osservazione 8.4.2. La retta r e la sua trasformata sono effettivamente perpendicola-
ri,infatti i loro coefcienti angolari sono antireciproci.
Esercizio 8.4.1. Data la retta r di equazione y =

3x scrivere lequazione delle trasfor-


mate mediante rotazione rispetto allorigine di
2
3
e di
2
3
.
1. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata mediante
rotazione di
2
3
.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 0
1

3
Detti, rispettivamente, O e A tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
8.4 rotazioni 120
x y
0 0
2 0
Chiamiamo A
1
il trasformato di A e osserviamo che il trasformato di O O stesso.
x
y
O
1
1
A
A
1
y =

3x
La retta passante per O e A
1
ha equazione y = 0 essendo, evidentemente, coinci-
dente con lasse delle ascisse.
Osservazione 8.4.3. In questo caso non conveniente utilizzare le formule di
trasformazione
_

_
x
1
=
1
2
x

3
2
y
y
1
=

3
2
x
1
2
y
direttamente nellequazione della retta r in quanto risulta laborioso ottenere le
relazioni inverse.
Osservazione 8.4.4. Una retta passante per lorigine viene trasformata in una
retta anchessa passante per lorigine.
2. Dapprima rappresentiamo gracamente la retta data e quella trasformata mediante
rotazione di
2
3
.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valori
qualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 0
1

3
Detti, rispettivamente, O e A tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 0
1

3
Chiamiamo A
1
il trasformato di A e osserviamo che il trasformato di O O stesso.
8.4 rotazioni 121
x
y
O
1
1
A
A
1
y =

3x
La retta passante per O e A
1
ha equazione y =

3x essendo, evidentemente,
simmetrica della retta r rispetto allasse x.
Osservazione 8.4.5. Anche in questo caso non conveniente utilizzare le formule
di trasformazione
_

_
x
1
=
1
2
x +

3
2
y
y
1
=

3
2
x
1
2
y
direttamente nellequazione della retta r in quanto risulta laborioso ottenere le
relazioni inverse.
9
LE CONI CHE
9.1 introduzione
In questo capitolo esamineremo alcune curve piane notevoli, chiamate sezioni
coniche o pi semplicemente coniche. Il nome deriva dal fatto che esse sono
originate dallintersezione fra una supercie conica indenita a 2 falde e un piano
non passante per il vertice del cono.
Ciascuna delle precedenti curve pu essere anche denita come luogo geome-
trico di punti del piano come vedremo nel seguito.
9.2 la parabola
Denizione 9.2.1. Diremo parabola il luogo geometrico dei punti del piano equidi-
stanti da un punto sso F detto fuoco e da una retta ssa d detta direttrice.
F
P
d
Osservazione 9.2.1. La parabola una curva aperta, simmetrica rispetto alla retta pas-
sante per il fuoco e perpendicolare alla direttrice. Chiameremo vertice lintersezione di
tale asse di simmetria con la parabola stessa.
Teorema 9.2.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, siano
F(0, p) il fuoco e d : y = p la direttrice della parabola P.
Dimostriamo che lequazione della parabola y = ax
2
ove a =
1
4p
.
Dimostrazione. Sia P(x, y) il generico punto del piano; P P se e solo se PF = PH
essendo H la proiezione ortogonale di P su d.
122
9.2 la parabola 123
x
y
O
F
P
H y = p
PF =
_
x
2
+ (y p)
2
PH = |y +p|
uguagliando i secondi membri ed elevando al quadrato:
(
_
x
2
+ (y p)
2
)
2
= (|y +p|)
2
sviluppando i prodotti notevoli:
x
2
+y
2
2py +p
2
= y
2
+2py +p
2
semplicando ed esplicitando rispetto ad y si ha:
y =
1
4p
x
2
inne, ponendo a =
1
4p
si conclude.
Osservazione 9.2.2. Il vertice della parabola considerata nella dimostrazione del teore-
ma coincide con lorigine del sistema di riferimento e il suo asse di simmetria coincide
con lasse delle y.
Osservazione 9.2.3. Quando risulta a > 0 cio, equivalentemente, p > 0, il fuoco
sta sopra la direttrice e diremo che la parabola volge la concavit verso lalto. Quando
risulta a < 0 cio, equivalentemente, p < 0, il fuoco sta sotto la direttrice e diremo che
la parabola volge la concavit verso il basso. Ovviamente, dalla posizione fatta, non potr
mai essere a = 0.
Operiamo ora una traslazione della parabola in modo che il nuovo vertice sia
V(x
V
, y
V
). Come gi visto nel capitolo delle trasformazioni del piano, sufciente
sostituire x con x x
V
e y con y y
V
nellequazione di P:
y y
V
= a(x x
V
)
2
sviluppando i calcoli ed esplicitando rispetto alla y risulta
y = ax
2
2axx
V
+ax
2
V
+y
V
poniamo ora b = 2ax
V
e c = ax
2
V
+y
V
, ottenendo quindi la forma canonica o
normale dellequazione generica di una parabola con asse parallelo allasse delle
y:
P : y = ax
2
+bx +c
di vertice V(x
V
, y
V
) essendo x
V
=
b
2a
e y
V
=

4a
.
Infatti, dalle posizioni precedenti b = 2ax
V
e c = ax
2
V
+ y
V
, ricaviamo
x
V
=
b
2a
, sostituiamo nella seconda relazione c = a(
b
2a
)
2
+y
V
, ottenendo
cos anche y
V
= a
b
2
4a
2
+c =
b
2
4ac
4a
da cui si conclude utilizzando la ben
nota posizione = b
2
4ac.
9.2 la parabola 124
x
y
O
V
Osservazione 9.2.4. Il vertice un punto della parabola ed quindi preferibile, calcola-
tane lascissa, ottenerne lordinata per sostituzione.
Esempio 9.2.1. Disegnare il graco della parabola P di equazione y = x
2
x 2.
Dapprima calcoliamo le coordinate del vertice: V
_
1
2
,
9
4
_
.
Ovviamente lasse di simmetria della parabola ha equazione x =
1
2
.
Osserviamo che, essendo a = 1 > 0, la concavit rivolta verso lalto e poich lordi-
nata del vertice negativa, la parabola interseca sicuramente lasse delle x in due punti
distinti A e B, di cui calcoliamo le coordinate.
_
y = x
2
x 2
y = 0
_
x
2
x 2 = 0
y = 0
_
x
1,2
=
1
2
y = 0
I punti cercati sono, quindi, A(1, 0) e B(2, 0).
Osserviamo che, in generale, la parabola pu intersecare lasse delle x in 2 punti distinti
o in 2 punti coincidenti o in nessun punto, come risulta evidente risolvendo lequazione
di 2

grado associata
ax
2
+bx +c = 0
.
Determiniamo ora il punto C di intersezione con lasse delle y, osservando che esso
esiste sempre.
_
y = x
2
x 2
x = 0
_
y = 2
x = 0
Il punto cercato , quindi, C(0, 2).
Osserviamo che, in generale, il punto di intersezione della parabola con lasse delle y
C(0, c)
.
Calcoliamo anche le coordinate del punto D simmetrico di C rispetto allasse della
parabola: D(1, 2).
9.2 la parabola 125
x
y
O
1
1
V
A B
C D
Esercizio 9.2.1. Determinare e rappresentare gracamente la parabola P con asse paral-
lelo allasse delle y passante per A(1, 0), C(0, 3) e D
_
5
2
,
7
4
_
.
La parabola cercata ha equazione
y = ax
2
+bx +c
; imponiamo il passaggo per i punti dati:
passaggio per A(1, 0): 0 = a b +c
passaggio per C(0, 3): 3 = c
passaggio per D
_
5
2
,
7
4
_
:
7
4
=
25
4
a +
5
2
b +c
mettendo a sistema le 3 condizioni:
_

_
a b +c = 0
c = 3
7
4
=
25
4
a +
5
2
b +c
_

_
a b = 3
25a +10b = 5
c = 3
_

_
a b = 3
5a +2b = 1
c = 3
_

_
a = 1
b = 2
c = 3
la parabola ha equazione
y = x
2
+2x +3
il suo vertice V(1, 4) e lasse ha equazione x = 1. Per rappresentare con maggior
precisione la parabola richiesta, determiniamo anche le coordinate dei simmetrici rispetto
allasse dei punti dati: B(3, 0) il simmetrico di A, E(2, 3) lo di C e F
_

1
2
,
7
4
_
di D.
x
y
O
1
1
V
A B
C
D F
E
9.2 la parabola 126
Esercizio 9.2.2. Determinare e rappresentare gracamente la parabola P con asse paral-
lelo allasse delle y di vertice V(0, 1) e passante per P(4, 3).
La parabola cercata ha equazione
y = ax
2
+bx +c
imponiamo il passaggo per i punti dati:
passaggio per V(0, 1): 1 = c
passaggio per P(4, 3): 3 = 16a +4b +c
ricordiamo inoltre che lascissa del vertice data dalla formula x
V
=
b
2a
, da cui
0 =
b
2a
;
mettendo a sistema le 3 condizioni:
_

_
c = 1
16a +4b +c = 3
b = 0
_

_
a =
1
4
b = 0
c = 1
la parabola ha equazione
y =
1
4
x
2
1
il suo asse coincide con lasse delle y, i suoi punti di intersezione con lasse delle x si
determinano, come visto precedentemente, risolvendo lequazione associata x
2
4 = 0:
A(2, 0) e B(2, 0); il simmetrico di P Q(4, 3).
x
y
O
1
1
V
A B
P Q
Esercizio 9.2.3. Data la parabola di base di equazione y = x
2
, calcolare larea del
triangolo individuato dalle tangenti alla parabola P, ottenuta traslando quella data verso
il basso di 1, condotte dal punto P
_
1
2
, 1
_
e la secante nei punti di tangenza.
Lequazione della parabola P si ottiene sostituendo y + 1 ad y nellequazione della
parabola di base:
y +1 = x
2
e quindi
y = x
2
1
.
Il fascio di rette di centro P
_
1
2
, 1
_
ha equazione
F : y (1) = m
_
x
1
2
_
(manca, ovviamente, lequazione della retta del fascio parallela allasse delle y, che scrivia-
mo a parte: x =
1
2
e che, comunque, essendo una retta verticale, non pu essere tangente
alla parabola P).
9.2 la parabola 127
Mettiamo a sistema lequazione della parabola P con lequazione del fascio di rette di
centro P:
_
_
_
y = m
_
x
1
2
_
1
y = x
2
1
_

_
y = m
_
x
1
2
_
1
m
_
x
1
2
_
1 = x
2
1
_

_
y = m
_
x
1
2
_
1
x
2
mx +
1
2
m = 0
Le ascisse dei punti di intersezione fra P e la generica retta del fascio F si ottengono
risolvendo la seconda equazione del sistema e sono reali e coincidenti (vale a dire la retta in
questione tangente) se il di tale equazione nullo. Riacaviamo quindi ed imponiamo
che sia 0:
m
2
2m = 0 da cui m
1
= 0 ed m
2
= 2; abbiamo cos ricavato i coefcienti angolari
delle due rette del fascio F che risultano essere tangenti a P; scriviamo ora le equazioni
di tali rette tangenti:
t
1
: y = 1
t
2
: y = 2x 2
Determiniamo ora le coordinate dei punti di tangenza fra P e t
1
:
_
y = 1
y = x
2
1
_
y = 1
1 = x
2
1
_
y = 1
x
1
= x
2
= 0
il punto di tangenza coincide con V(0, 1);
determiniamo ora le coordinate dei punti di tangenza fra P e t
2
:
_
y = 2x 2
y = x
2
1
_
y = 2x 2
2x 2 = x
2
1
_
y = 2x 2
x
1
= x
2
= 1
_
y = 0
x
1
= x
2
= 1
il punto di tangenza B(1, 0).
Larea richiesta quella del triangolo VPB, per calcolare la quale conveniente prendere
come base VP e come altezza la distanza di B dalla retta di equazione y = 1: VP =
1
2
,
BH = 1 quindi
A =
1
2
1
2
=
1
4
.
x
y
O
1
1
V
A B
P H
t
1
t
2
Esercizio 9.2.4. Data la parabola P di equazione y = x
2
2x, determinare le equazioni
delle parabole P
1
e P
2
rispettivamente ruotate di

2
e di

2
.
9.2 la parabola 128
1. Dalle formule di trasformazione, con =

2
, si ha
_
x
1
= y
y
1
= x
da cui
_
x = y
1
y = x
1
inne, sostituendo nellequazione della parabola P, otteniamo: x
1
= (y
1
)
2
2y
1
da cui x
1
= y
2
1
+2y
1
che lequazione della parabola richiesta, naturalmente
eliminando gli indici.
P
1
: x = y
2
+2y
Per rappresentare gracamente P e P
1
, determiniamo alcuni punti notevoli della
prima e i corrispondenti trasformati della seconda:
x y
1 1
0 0
2 0
3 3
1 3
chiamiamo tali punti rispettivamente V(1, 1) (il vertice), O(0, 0) e B(2, 0) (le
intersezioni con lasse x), C(3, 3) e D(1, 3).
x y
1 1
0 0
0 2
3 3
3 1
chiamiamo tali punti rispettivamente V
1
(1, 1) (il vertice), O(0, 0) e B
1
(0, 2) (le
intersezioni con lasse y), C
1
(3, 3) e D
1
(3, 1).
Osservazione 9.2.5. La parabola P
1
ha asse di simmetria parallelo allasse delle
x, la sua equazione del tipo
x = ay
2
+by +c
e si ottiene dalla generica equazione di una parabola con asse parallelo allas-
se delle y semplicemente scambiando x con y. Tutte le formule precedenti sono
riutilizzabili previo scambio dei ruoli delle due variabili.
x
y
O
1
1
V
B
C D
V
1
B
1
C
1
D
1
9.2 la parabola 129
2. Dalle formule di trasformazione, con =

2
, si ha
_
x
1
= y
y
1
= x
da cui
_
x = y
1
y = x
1
inne, sostituendo nellequazione della parabola P, otteniamo: x
1
= (y
1
)
2

2(y
1
) da cui x
1
= y
2
1
+2y
1
che lequazione della parabola richiesta, natural-
mente eliminando gli indici.
P
2
: x = y
2
+2y
Per rappresentare gracamente P e P
2
, riutilizziamo i punti notevoli della prima
e i corrispondenti trasformati della seconda:
x y
1 1
0 0
2 0
3 3
1 3
chiamiamo tali punti rispettivamente V(1, 1) (il vertice), O(0, 0) e B(2, 0) (le
intersezioni con lasse x), C(3, 3) e D(1, 3).
x y
1 1
0 0
0 2
3 3
3 1
chiamiamo tali punti rispettivamente V
2
(1, 1) (il vertice), O(0, 0) e B
2
(0, 2)
(le intersezioni con lasse y), C
2
(3, 3) e D
2
(3, 1).
x
y
O
1
1
V
B
C D
V
2
B
2
C
2
D
2
9.3 la circonferenza 130
Esercizio 9.2.5. Disegnare il graco della funzione di equazione y = x
2
3|x| +2.
y = x
2
3|x| +2 =
_
x
2
3x +2 se x 0
x
2
+3x +2 se x < 0
Determiniamo alcuni punti delle 2 parabole, disegnandone quindi i graci facendo atten-
zione ad eliminare le parti non richieste.
x y
3
2

1
4
1 0
2 0
0 2
3 2
chiamiamo tali punti rispettivamente V
1
_
3
2
,
1
4
_
(il vertice), A
1
(1, 0) e B
1
(2, 0) (le
intersezioni con lasse x), C(0, 2) e D
1
(3, 2).
x y

3
2

1
4
1 0
2 0
0 2
3 2
chiamiamo tali punti rispettivamente V
2
_

3
2
,
1
4
_
(il vertice), A
2
(1, 0) e B
2
(2, 0)
(le intersezioni con lasse x), C(0, 2) e D
2
(3, 2).
x
y
O
1
1
V
1
A
1
B
1
D
1
V
2
A
2
B
2
D
2 C
Osservazione 9.2.6. Sarebbe bastato osservare che la funzione data pari e, quindi,
disegnare il graco della parabola di equazione y = x
2
3x +2 in corrispondenza alle
sole ascisse positive o nulle ed inne simmetrizzarlo rispetto allasse delle ordinate.
9.3 la circonferenza
Denizione 9.3.1. Diremo circonferenza il luogo geometrico dei punti del piano equi-
distanti da un punto sso C detto centro. Tale distanza comune viene detta raggio.
9.3 la circonferenza 131
C
r
P
Osservazione 9.3.1. La circonferenza una curva chiusa, simmetrica rispetto al centro
e rispetto ad ogni retta passante per il centro.
Teorema 9.3.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, siano
C(, ) il centro ed r il raggio della circoferenza C.
Dimostriamo che lequazione della circoferenza x
2
+ y
2
+ ax + by + c = 0 ove
a = 2, b = 2 e c =
2
+
2
r
2
.
Dimostrazione. Sia P(x, y) il generico punto del piano; P C se e solo se PC = r.
x
y
O
C
r
P
PC =
_
(x )
2
+ (y )
2
uguagliando ad r ed elevando al quadrato:
(x )
2
+ (y )
2
= r
2
sviluppando i prodotti notevoli:
x
2
2x +
2
+y
2
2y +
2
= r
2
disponendo in modo diverso i termini:
x
2
+y
2
2x 2y +
2
+
2
r
2
= 0
inne, ponendo a = 2, b = 2 e c =
2
+
2
r
2
si conclude.
Osservazione 9.3.2. Dalle posizioni a = 2, b = 2 e c =
2
+
2
r
2
si
ottengono le relazioni inverse =
a
2
, =
b
2
e r =
_

2
+
2
c.
Le equazioni della circonferenza nelle forme
C : (x )
2
+ (y )
2
= r
2
(1)
oppure
C : x
2
+y
2
+ax +by +c = 0 (2)
si dicono canoniche o normali.
Osservazione 9.3.3. Al variare dei valori dei coefcienti delle equazioni (1) o (2) si pos-
sono ottenere alcuni casi notevoli che esamineremo ora; bene, tuttavia, tenere presente
che essi sono sempre riconducibili al caso generale.
9.3 la circonferenza 132
1. se = = 0 o, equivalentemente, a = b = 0 allora il centro della circonferenza
coincide con lorigine; lequazione (1) diventa x
2
+y
2
= r
2
e la (2) si riduce a
x
2
+y
2
+c = 0;
2. se = 0 o, equivalentemente, a = 0 allora il centro della circonferenza appartiene
allasse delle y;
3. se = 0 o, equivalentemente, b = 0 allora il centro della circonferenza appartiene
allasse delle x;
4. se c = 0 allora la circonferenza passa per lorigine del sistema di riferimento
(come si deduce facilmente anche dal fatto che le coordinate (0, 0) vericano la sua
equazione);
5. se = 0 o, equivalentemente, a = 0 e c = 0 allora il centro della circonferenza
appartiene allasse delle y, la circonferenza passa per lorigine e il raggio uguale
al modulo dellordinata del centro; lequazione (1) diventa x
2
+ (y )
2
= r
2
e
la (2) si riduce a x
2
+y
2
+by = 0;
6. se = 0 o, equivalentemente, b = 0 e c = 0 allora il centro della circonferenza
appartiene allasse delle x, la circonferenza passa per lorigine e il raggio uguale
al modulo dellascissa del centro; lequazione (1) diventa (x )
2
+y
2
= r
2
e la
(2) si riduce a x
2
+y
2
+ax = 0;
7. se r = 0 allora la circonferenza degenera in un solo punto coincidente con il suo
centro.
Osservazione 9.3.4. Lequazione nella forma (2) potrebbe rappresentare linsieme vuoto
qualora nel ricavare il raggio si ottenga la radice quadrata di un numero negativo.
Esempio 9.3.1. Disegnare il graco della circonferenza di equazione C : x
2
+y
2
+4y+
3 = 0.
Ci riconduciamo alla forma (1):
(x )
2
+ (y )
2
= r
2
e utilizziamo il metodo cosiddetto del completamento dei quadrati:
x
2
+ (y
2
+4y +4) 4 +3 = 0
(x 0)
2
+ (y +2)
2
= 1
e ricaviamo = 0, = 2 e r = 1; calcoliamo ora qualche altro punto della circonferenza
per rappresentarla gracamente.
x y
0 1
0 3
1 2
1 2
chiamiamo tali punti rispettivamente A(0, 1), B(0, 3), E(1, 2) ed F(1, 2).
x
y
O
1
1
r
A
B
E F C
9.3 la circonferenza 133
Alternativamente, si potevano utilizzare le relazioni inverse ottenute sopra per ricavare
le coordinate del centro e la misura del raggio dallequazione di partenza nella forma (2):
=
a
2
= 0, =
b
2
= 2, r =
_

2
+
2
c =

4 3 = 1
Esercizio 9.3.1. Determinare e rappresentare gracamente la circonferenza C di centro
C(2, 0) e raggio r = 2. Determinare e rappresentare, inoltre, le equazioni delle rette
tangenti alla C passanti per il punto P(3, 2).
Utilizziamo lequazione di una circonferenza nella forma (1):
(x +2)
2
+y
2
= 4
e, svolgendo i calcoli, si ottiene
x
2
+y
2
+4x = 0
che la forma (2) semplicata di uno dei casi notevoli.
Per rappresentare con maggior precisione la circonferenza richiesta, determiniamo gra-
camente per simmetria le coordinate di qualche altro punto.
x
y
O
1
1
r
A
B
D
C
P
Il fascio di rette di centro P(3, 2) ha equazione
F : y 2 = m(x 3)
(manca, ovviamente, lequazione della retta del fascio parallela allasse delle y, che scri-
viamo a parte: x = 3 e che evidentemente non pu essere tangente alla circonferenza
C).
Mettiamo a sistema lequazione della circonferenza C con lequazione del fascio di rette
di centro P:
_
y = m(x 3) +2
x
2
+y
2
+4x = 0
_
y = mx 3m+2
x
2
+m
2
x
2
+9m
2
+4 6m
2
x +4mx 12m+4x = 0
_
y = mx 3m+2
(1 +m
2
)x
2
+2(2 +2m3m
2
)x +9m
2
12m+4 = 0
Le ascisse dei punti di intersezione fra C e la generica retta del fascio F si ottengono
risolvendo la seconda equazione del sistema e sono reali e coincidenti (vale a dire la retta
in questione tangente) se il (in questo caso il

4
) di tale equazione nullo. Ricaviamo
quindi

4
ed imponiamo che sia 0:
(2 +2m3m
2
)
2
(1 +m
2
)(9m
2
12m+4) = 0
(4+4m
2
+9m
4
+8m12m
2
12m
3
) (9m
2
12m+4+9m
4
12m
3
+4m
2
) = 0
21m
2
+20m = 0
9.3 la circonferenza 134
da cui m
1
= 0 ed m
2
=
20
21
abbiamo cos ricavato i coefcienti angolari delle due rette del fascio F che risultano
essere tangenti a C; scriviamo ora le equazioni di tali rette tangenti:
t
1
: y = 2
t
2
: y =
20
21
x
6
7
x
y
O
1
1
r
A
B
D
C
P
t
1
t
2
Esercizio 9.3.2. Determinare e rappresentare gracamente la circonferenza C passante
per A(6, 1), B(5, 4) e D(4, 5).
La circonferenza cercata ha equazione
x
2
+y
2
+ax +by +c = 0
imponiamo il passaggo per i punti dati:
passaggio per A(6, 1): 36 +1 +6a +b +c = 0
passaggio per B(5, 4): 25 +16 +5a +4b +c = 0
passaggio per D(4, 5): 16 +25 +4a +5b +c = 0
mettendo a sistema le 3 condizioni si ha:
_

_
6a +b +c = 37
5a +4b +c = 41
4a +5b +c = 41
e sottraendo membro a membro le equazioni a due a due (prima e seconda, seconda e
terza):
_

_
a 3b = 4
a b = 0
6a +b +c = 37
_

_
b = 2
a = b
6a +b +c = 37
_

_
a = 2
b = 2
c = 23
la circonferenza cercata ha equazione
x
2
+y
2
2x 2y 23 = 0
il suo centro C(1, 1) e il raggio r = 5. Per rappresentare con maggior precisione la
circonferenza richiesta, determiniamo gracamente per simmetria le coordinate di qualche
altro punto.
9.3 la circonferenza 135
x
y
O
1
1
r
A
B
D
E
F
G
C
Osservazione 9.3.5. Qualora risulti a = b nella forma (2), il centro appartiene alla
prima bisettrice.
Esercizio 9.3.3. Determinare le equazioni delle circonferenze C
1
e C
2
(r
1
< r
2
) tangenti
ai semiassi positivi di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale e passanti per il
punto A(1, 2). Calcolare, inoltre, le coordinate dellulteriore punto B di intersezione fra
C
1
e C
2
e quelle dei punti di intersezione fra la circonferenza C
1
e la parabola P di
equazione y = x
2
+2x +1.
Le circonferenze cercate, tangenti ai semiassi positivi, devono avere il centro apparte-
nente alla prima bisettrice e nel primo quadrante, quindi del tipo C(, ) con > 0 e il
raggio r = ; pertanto le equazioni sono del tipo:
(x )
2
+ (y )
2
=
2
e, sviluppando i calcoli, si ha:
x
2
+y
2
2x 2y +
2
= 0
imponendo, ora, il passaggio per A(1, 2) si ottiene:
1 +4 24+
2
= 0
da cui
2
6+5 = 0 ed inne
1,2
=
1
5
otteniamo, quindi, le equazioni delle due circonferenze cercate:
C
1
: x
2
+y
2
2x 2y +1 = 0
C
2
: x
2
+y
2
10x 10y +25 = 0
Per determinare lulteriore punto di intersezione fra C
1
e C
2
, mettiamo a sistema le 2
equazioni:
_
x
2
+y
2
2x 2y +1 = 0
x
2
+y
2
10x 10y +25 = 0
e sottraendo membro a membro si ha:
_
8x +8y 24 = 0
x
2
+y
2
2x 2y +1 = 0
_
x +y 3 = 0
x
2
+y
2
2x 2y +1 = 0
_
y = 3 x
x
2
+ (3 x)
2
2x 2(3 x) +1 = 0
_
y = 3 x
2x
2
6x +4 = 0
_
y = 3 x
x
2
3x +2 = 0
_
y = 3 x
x
1,2
=
1
2
Ritroviamo, naturalmente, le coordinate del punto A:
_
x
1
= 1
y
1
= 2
ed inoltre le coordinate dellulteriore punto di intersezione B:
_
x
2
= 2
y
2
= 1
9.3 la circonferenza 136
x
y
O
1
1
A
B
D
E
F
G
H
K
C
1
C
2
Per determinare i punti di intersezione fra C
1
e P, mettiamo a sistema le 2 equazioni:
_
x
2
+y
2
2x 2y +1 = 0
y = x
2
+2x +1
_
x
2
+y
2
2x 2y +1 = 0
x
2
2x +y 1 = 0
e sottraendo membro a membro si ha:
_
y
2
3y +2 = 0
y = x
2
+2x +1
_
y
1,2
=
1
2
y = x
2
+2x +1
da cui, sostituendo prima y
1
= 1, si ha:
_
y
1
= 1
x
2
+2x = 0
_
y
1
= 1
x
1,2
=
0
2
abbiamo cos ottenuto le coordinate del punto D:
_
x
1
= 0
y
1
= 1
e le coordinate del punto B gi noto:
_
x
2
= 2
y
1
= 1
Sostituendo quindi y
2
= 2 si ha:
_
y
2
= 2
x
2
+2x 1 = 0
_
y
2
= 2
x
3
= x
4
= 1
abbiamo ottenuto le coordinate del punto Agi noto con doppia molteplicit:
_
x
3
= x
4
= 1
y
2
= 2
x
y
O
1
1
A
B D
E
C
1
9.4 lellisse 137
9.4 lellisse
Denizione 9.4.1. Diremo ellisse il luogo geometrico dei punti del piano per i quali
costante la somma delle distanze da due punti ssi F
1
ed F
2
detti fuochi. Tale somma
costante sia k.
P
F
1
F
2
Osservazione 9.4.1. Lellisse una curva chiusa, simmetrica rispetto alla retta passante
per i fuochi e allasse del segmento avente i fuochi per estremi. Chiameremo vertici le
intersezioni di tali assi di simmetria con lellisse stessa.
Teorema 9.4.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, siano
F
1
(c, 0) ed F
2
(c, 0) (con c > 0) i fuochi dellellisse E.
Dimostriamo che lequazione dellellisse
x
2
a
2
+
y
2
b
2
= 1 con 2a = k e b
2
= a
2
c
2
.
Dimostrazione. Sia P(x, y) il generico punto del piano; P E se e solo se PF
1
+
PF
2
= k.
P
F
1
F
2
x
y
O
PF
1
=
_
(x c)
2
+y
2
PF
2
=
_
(x +c)
2
+y
2
quindi, ponendo k = 2a:
_
(x c)
2
+y
2
+
_
(x +c)
2
+y
2
= 2a
isolando la prima radice ed elevando al quadrato:
x
2
2cx +c
2
+y
2
= 4a
2
4a
_
(x +c)
2
+y
2
+x
2
+2cx +c
2
+y
2
9.4 lellisse 138
semplicando ed isolando la radice:
a
_
(x +c)
2
+y
2
= a
2
+cx
elevando al quadrato (la condizione di realt garantita dalla osservazione nale)
e semplicando:
(a
2
c
2
)x
2
+a
2
y
2
= a
2
(a
2
c
2
)
dividendo ambo i membri per a
2
(a
2
c
2
) e ponendo a
2
c
2
= b
2
si conclude
(si conviene di assumere anche b > 0).
Osservazione 9.4.2. I vertici dellellisse considerata nella dimostrazione del teorema
coincidono con le sue intersezioni con gli assi del sistema di riferimento e tali assi sono
proprio anche gli assi di simmetria della curva.
Osservazione 9.4.3. Quando i fuochi sono posizionati come nella dimostrazione del
teorema si dice che lasse focale coincide con lasse delle x e lellisse centrata nellorigine;
risulta a > c ed anche a > b; lellisse si presenta schiacciata in orizzontale ed collocata
nel rettangolo delimitato dalle rette di equazioni x = a e y = b.
F
1
F
2 A
1
A
2
B
1
B
2
c
b
a
. .
a
x
y
O
Analogamente, si prova che, quando lasse focale coincide con lasse delle y e lellisse
centrata nellorigine, risulta invece b > c ed anche b > a; lellisse si presenta schiacciata
in verticale ed collocata nel rettangolo delimitato dalle rette di equazioni x = a e
y = b.
F
1
F
2
A
1
A
2
B
1
B
2
c
a
b

.
.

b
x
y
O
Lequazione dellellisse nella forma
x
2
a
2
+
y
2
b
2
= 1
9.4 lellisse 139
detta canonica o normale.
I vertici sullasse x sono A
1
(a, 0) e A
2
(a, 0); i vertici sullasse y sono B
1
(0, b)
e B
2
(0, b).
Se lasse focale coincide con lasse x, i fuochi sono F
1
(c, 0) e F
2
(c, 0) e c
2
=
a
2
b
2
;
se lasse focale coincide con lasse y, i fuochi sono F
1
(0, c) e F
2
(0, c) e c
2
=
b
2
a
2
.
Esempio 9.4.1. Disegnare il graco dellellisse E di equazione x
2
+4y
2
= 1.
Ci riconduciamo alla forma normale:
x
2
+
y
2
1
4
= 1
i vertici sullasse x sono A
1
(1, 0) e A
2
(1, 0); i vertici sullasse y sono B
1
_
0,
1
2
_
e
B
2
_
0,
1
2
_
B
1
B
2
A
1
A
2
x
y
O
1
1
Esercizio 9.4.1. Disegnare il graco dellellisse E di equazione 4x
2
+y
2
= 4. Determi-
nare, inoltre, le equazioni delle rette tangenti passanti per il punto P(0, 3).
Ci riconduciamo alla forma normale
x
2
+
y
2
4
= 1
i vertici sullasse x sono A
1
(1, 0) e A
2
(1, 0); i vertici sullasse y sono B
1
(0, 2) e
B
2
(0, 2)
Il fascio di rette di centro P(0, 3) ha equazione
F : y 3 = mx
(manca, ovviamente, lequazione della retta del fascio parallela allasse delle y, in questo
caso proprio lasse y ma che evidentemente non pu essere tangente allellisse E).
Mettiamo a sistema lequazione dellellisse E con lequazione del fascio di rette di centro
P:
_
_
_
y = mx +3
x
2
+
y
2
4
= 1
_
_
_
y = mx +3
x
2
+
m
2
x
2
+6mx +9
4
= 1
_
y = mx +3
(4 +m
2
)x
2
+6mx +5 = 0
Le ascisse dei punti di intersezione fra E e la generica retta del fascio F si ottengono
risolvendo la seconda equazione del sistema e sono reali e coincidenti (vale a dire la retta
in questione tangente) se il (in questo caso il

4
) di tale equazione nullo. Riacaviamo
quindi

4
ed imponiamo che sia 0:
9m
2
20 5m
2
= 0
9.4 lellisse 140
4m
2
20 = 0
m
2
= 5
da cui m
1
=

5 ed m
2
=

5
abbiamo cos ricavato i coefcienti angolari delle due rette del fascio F che risultano
essere tangenti a E; scriviamo ora le equazioni di tali rette tangenti:
t
1
: y =

5x +3
t
2
: y =

5x +3
A
1
A
2
B
1
B
2
P
t
1
t
2
x
y
O
1
1
Esercizio 9.4.2. Determinare lequazione dellellisse E di vertice A
1
_
3
2
, 0
_
e passante
per P(1, 1) e le sue intersezioni con la circonferenza C di centro lorigine e raggio r =

2.
Lellisse cercata ha equazione
x
2
a
2
+
y
2
b
2
= 1
imponiamo il passaggo per i punti dati:
essendo A
1
_
3
2
, 0
_
un vertice: a =
3
2
passaggio per P(1, 1): b
2
+a
2
= a
2
b
2
mettendo a sistema le 2 condizioni:
_
_
_
a =
3
2
b
2
+a
2
= a
2
b
2
_

_
a =
3
2
5
4
b
2
=
9
4
_

_
a =
3
2
b =
3

5
Lellisse cercata ha equazione
x
2
9
4
+
y
2
9
5
= 1
ossia
E : 4x
2
+5y
2
= 9
La circonferenza cercata ha equazione
(x 0)
2
+ (y 0)
2
= 2
ossia
C : x
2
+y
2
= 2
Mettiamo ora a sistema le equazioni delle 2 curve:
_
4x
2
+5y
2
= 9
x
2
+y
2
= 2
_
4x
2
+5y
2
= 9
4x
2
+4y
2
= 8
_
4x
2
+5y
2
= 9
y
2
= 1
da cui y
1,2
=
1
+1
e quindi, sostituendo nel sistema, si ottengono i punti richiesti:
P(1, 1), Q(1, 1), R(1, 1) e S(1, 1).
9.5 liperbole 141
A
1
A
2
B
1
B
2
P
Q
R S
x
y
O
1
1
H J
K
L
9.5 liperbole
Denizione 9.5.1. Diremo iperbole il luogo geometrico dei punti del piano per i quali
costante il modulo della differenza delle distanze da due punti ssi F
1
ed F
2
detti fuochi.
Tale differenza costante sia k.
F
1
F
2
P
Osservazione 9.5.1. Liperbole una curva costituita da due rami aperti, simmetrica
rispetto alla retta passante per i fuochi e allasse del segmento avente i fuochi per estremi.
Chiameremo vertici le intersezioni della retta dei fuochi con liperbole stessa.
Teorema 9.5.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, siano
F
1
(c, 0) ed F
2
(c, 0) (con c > 0) i fuochi delliperbole I.
Dimostriamo che lequazione delliperbole
x
2
a
2

y
2
b
2
= 1 con 2a = k e b
2
= c
2
a
2
.
Dimostrazione. Sia P(x, y) il generico punto del piano; P I se e solo se |PF
1

PF
2
| = k.
9.5 liperbole 142
x
y
O F
1
F
2
P
PF
1
=
_
(x c)
2
+y
2
PF
2
=
_
(x +c)
2
+y
2
quindi, ponendo k = 2a:
|
_
(x c)
2
y
2

_
(x +c)
2
+y
2
| = 2a
solo per una convenienza di calcolo, anzich elevare direttamente al quadrato,
preferibile distinguere i casi PF
2
> PF
1
o PF
1
> PF
2
;
supponiamo dapprima che sia PF
2
> PF
1
:
_
(x +c)
2
y
2

_
(x c)
2
+y
2
= 2a
isolando la prima radice ed elevando al quadrato:
x
2
+2cx +c
2
+y
2
= 4a
2
+4a
_
(x c)
2
+y
2
+x
2
2cx +c
2
+y
2
semplicando ed isolando la radice:
a
_
(x c)
2
+y
2
= cx a
2
elevando al quadrato (la condizione di realt garantita dalla condizione nale) e
semplicando:
(c
2
a
2
)x
2
a
2
y
2
= a
2
(c
2
a
2
)
dividendo ambo i membri per a
2
(c
2
a
2
) e ponendo c
2
a
2
= b
2
si conclude
(si conviene di assumere anche b > 0).
In maniera del tutto analoga, se PF
1
> PF
2
si giunge allo stesso risultato.
Osservazione 9.5.2. I vertici delliperbole considerata nella dimostrazione del teore-
ma coincidono con le sue intersezioni con lasse x del sistema di riferimento e gli assi
coordinati sono proprio anche gli assi di simmetria della curva.
Osservazione 9.5.3. Quando i fuochi sono posizionati come nella dimostrazione del teo-
rema si dice che lasse focale coincide con lasse delle x e liperbole centrata nellorigine;
risulta c > a ed anche c > b e liperbole collocata esternamente alla striscia delimitata
dalle rette x = a.
9.5 liperbole 143
x
y
O
F
1
F
2 A
1
A
2 a
b
c
. .
c
Analogamente, si prova che, quando lasse focale coincide con lasse delle y e liperbole
centrata nellorigine, risulta ancora c > b ed anche c > a e liperbole collocata
esternamente alla striscia delimitata dalle rette y = b e la sua equazione del tipo
x
2
a
2

y
2
b
2
= 1 con 2b = k e a
2
= c
2
b
2
.
x
y
O
F
1
F
2
B
1
B
2
b
a
c

.
.

c
Lequazione delliperbole nelle forme
x
2
a
2

y
2
b
2
= 1 (1)
x
2
a
2

y
2
b
2
= 1 (2)
detta canonica o normale.
Nella forma (1) i vertici sono A
1
(a, 0) e A
2
(a, 0); nella forma (2) i vertici sono
B
1
(0, b) e B
2
(0, b).
Se lasse focale coincide con lasse x, i fuochi sono F
1
(c, 0) e F
2
(c, 0) e c
2
=
a
2
+b
2
;
se lasse focale coincide con lasse y, i fuochi sono F
1
(0, c) e F
2
(0, c) e c
2
=
b
2
+a
2
.
Osservazione 9.5.4. Liperbole lunica conica per la quale esistono 2 rette passanti per
il centro di simmetria la cui distanza dal generico punto della curva tende a zero. Tali
rette sono dette asintoti. Le equazioni degli asintoti sono:
y =
b
a
x
9.5 liperbole 144
in entrambe le forme.
La dimostrazione relativa trascende le attuali conoscenze necessitando della Teoria dei
limiti.
Risulta interessante notare che le equazioni degli asintoti sono ottenibili semplicemente
annullando il complesso dei termini di secondo grado nelle equazioni canoniche (1) e (2).
Osservazione 9.5.5. Qualora a = b nellequazione canonica delliperbole, si dice che
liperbole equilatera. In tal caso gli asintoti coincidono con le bisettrici dei quadranti.
Esempio 9.5.1. Determinare vertici, fuochi, asintoti delliperbole di equazione 16x
2

9y
2
= 144 e rappresentarla gracamente. Ripetere lesercizio con lequazione 16x
2

9y
2
= 144.
Per la prima parte dellesercizio ci riconduciamo alla forma (1) dividendo per 144 ambo
i membri:
x
2
9

y
2
16
= 1
gli asintoti delliperbole sono quindi le rette di equazione y =
4
3
x; i vertici sono A
1
(3, 0)
e A
2
(3, 0) e i fuochi F
1
(5, 0) e F
2
(5, 0).
x
y
O
1
1
F
1
F
2 A
1
A
2
y =
4
3
x y =
4
3
x
Per la seconda parte dellesercizio ci riconduciamo alla forma (2) dividendo per 144
ambo i membri:
x
2
9

y
2
16
= 1
gli asintoti delliperbole sono quindi le rette di equazione y =
4
3
x; i vertici sono B
1
(0, 4)
e B
2
(0, 4) e i fuochi F
1
(0, 5) e F
2
(0, 5).
x
y
O
1
1
F
1
F
2
B
1
B
2
y =
4
3
x y =
4
3
x
9.5 liperbole 145
Esercizio 9.5.1 (NOTEVOLE). Data liperbole I di equazione x
2
y
2
= 4, rap-
presentarla gracamente; determinare, quindi, lequazione e la rappresentazione graca
delliperbole I
1
ruotata di

4
.
Ci riconduciamo alla forma (1) dividendo per 4 ambo i membri:
x
2
4

y
2
4
= 1
liperbole , evidentemente, equilatera e i suoi asintoti sono quindi le bisettrici dei quadr-
tanti; i vertici sono A
1
(2, 0) e A
2
(2, 0).
x
y
O
1
1
A
1
A
2
y = x y = x
Applichiamo le formule relative alla rotazione con =

4
:
_
x
1
= xcosysen
y
1
= xsen+ycos
_

_
x
1
=

2
2
x

2
2
y
y
1
=

2
2
x +

2
2
y
Sommando dapprima e, poi, sottraendo membro a membro si ha:
_
x
1
+y
1
=

2x
x
1
y
1
=

2y
_

_
x =
x
1
+y
1

2
y =
y
1
x
1

2
sostituendo nellequazione di I otteniamo:
_
x
1
+y
1

2
_
2

_
y
1
x
1

2
_
2
= 4
sviluppando i calcoli, semplicando ed eliminando gli indici, si ottiene inne
I
1
: xy = 2
9.5 liperbole 146
x
y
O
1
1
A
1
A
2
P
1
P
2
Osservazione 9.5.6. Liperbole equilatera di equazione generale
x
2
a
2

y
2
a
2
= 1 ovvero
x
2
y
2
= a
2
sempre riconducibile, mediante una rotazione di

4
, ad una iperbole
avente per asintoti gli assi cartesiani la cui equazione
xy =
a
2
2
Naturalmente, se la rotazione invece di

4
, liperbole equilatera ottenuta ha le stesse
caratteristiche della precedente e la sua equazione
xy =
a
2
2
Generalmente si assume
a
2
2
= k e quindi lequazione di uniperbole equilatera riferita
ai propri asintoti si presenta nella forma
xy = k (3)
Osserviamo che se k > 0 i 2 rami di iperbole giacciono nel I e nel III quadrante; se k < 0
giacciono invece nel II e nel IV.
x
y
O
k > 0
k > 0
k < 0
k < 0
9.5 liperbole 147
Esercizio 9.5.2 (NOTEVOLE). Data la funzione di equazione y =
3x 1
2x +1
dimostrare
che si tratta di uniperbole equilatera riferita ai propri asintoti traslata e disegnarne il
graco.
y =
3x 1
2x +1
=
3
2
x
1
2
x +
1
2
=
3
2
x
1
2
+
3
4

3
4
x +
1
2
=
_
3
2
x +
3
4
_

_
3
4
+
1
2
_
x +
1
2
=
3
2
+

5
4
x +
1
2
y
3
2
=

5
4
x +
1
2
_
y
3
2
__
x +
1
2
_
=
5
4
si deduce che la curva data uniperbole, ottenibile mediante semplici traslazioni da quella
di base del tipo (3):
xy = k
con k =
5
4
, come volevasi dimostrare.
Per rappresentarla gracamente trasliamo quindi liperbole di base verso sinistra di
1
2
e verso lalto di
3
2
, trovandone anche alcuni punti per un disegno pi accurato.
congure/coniche.409
Osservazione 9.5.7. La funzione di equazione y =
ax +b
cx +d
con a, b, c, d R, c = 0 e
ad = bc, viene detta funzione omograca ed una iperbole equilatera riferita ai propri
asintoti traslata.
Infatti:
y =
ax +b
cx +d
=
a
c
x +
b
c
x +
d
c
=
a
c
x +
b
c
+
ad
c
2

ad
c
2
x +
d
c
=
_
a
c
x +
ad
c
2
_

_
ad
c
2

b
c
_
x +
d
c
=
a
c
+

adbc
c
2
x +
d
c
y
a
c
=

adbc
c
2
x +
d
c
_
y
a
c
_
_
x +
d
c
_
=
ad bc
c
2
()
si deduce che la curva data uniperbole, ottenibile mediante semplici traslazioni da quella
di base del tipo (3):
xy = k
con k =
ad bc
c
2
, come volevasi dimostrare.
Per rappresentarla gracamente trasliamo quindi liperbole di base orizzontalmente di

d
c
e verticalmente di
a
c
, trovandone eventualmente alcuni punti per un disegno pi
accurato.
Nella pratica sufciente disegnare gli asintoti
asintoto verticale: x =
d
c
asintoto orizzontale: y =
a
c
determinare alcuni punti per sostituzione e, quindi, essendo noto landamento della
curva, disegnarne il graco.
Inne analizziamo cosa accade nellequazione y =
ax +b
cx +d
nei seguenti casi:
1. se c = 0 e ad = bc allora lequazione diventa y =
ax +b
d
che rappresenta
gracamente una retta non parallela agli assi;
9.5 liperbole 148
2. se c = 0 e ad = bc allora lequazione diventa y =
a
c
che rappresenta gracamente
una retta parallela allasse delle x;
3. se c = 0 e ad = bc allora
se d = 0 allora lequazione diventa y =
b
d
che rappresenta gracamente una
retta parallela allasse delle x;
se d = 0 allora la frazione algebrica
ax +b
cx +d
perde di signicato.
Osservazione 9.5.8. Risulta interessante notare che le equazioni degli asintoti sono otte-
nibili semplicemente annullando il complesso dei termini di secondo grado nellequazione
(), come del resto accade anche per le equazioni canoniche (1) e (2).
10
I VETTORI DEL PI ANO
10.1 segmenti orientati
10.2
2
149
11
I NUMERI COMPLESSI
11.1 forma algebrica
11.2 forma trigonometrica ed esponenziale
150
Parte IV
CONTRI BUTI
colophon
Questo lavoro stato realizzato conL
A
T
E
X2

usando una rielaborazione dello stile


ClassicThesis, di Andr Miede, ispirato al lavoro di Robert Bringhurst Gli Elementi
dello Stile Tipograco [1992]. Lo stile disponibile su CTAN.
Il lavoro composto con la famiglia di font Palatino, di Hermann Zapf. Le
formule matematiche sono state composte con i font AMS Euler, di Hermann
Zapf e Donald Knuth. Il font a larghezza ssa il Bera Mono, originariamente
sviluppato da Bitstream Inc. come Bitstream Vera. I font senza grazie sono gli
Iwona, di Janusz M. Nowacki.
Versione [09/2008.0][S-All]
CONTRI BUTI
Erica Boatto
Algebra - Insiemi
Roberto Carrer
Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto
Morena De Poli
Laboratorio matematica
Piero Fantuzzi
Algebra - Insiemi
Carmen Granzotto
Funzioni
Franca Gressini
Funzioni
Beatrice Hittahler
Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Lucia Perissinotto
Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Pietro Sinico
Geometria I
Settembre 2008
Dipartimento di Matematica
ITIS V.Volterra
San Don di Piave
Esercizi Matematica 3
Dipartimento di Matematica
ITIS V.Volterra
San Don`a di Piave
Versione [09/10][S-All]
Introduzione
Gli esercizi presentati in questo volume, seguono la stessa struttura capitolo, sezione, sottosezione
del corrispondente testo di teoria.
Gli esercizi non sono distribuiti in ordine rigoroso di dicolt`a; si possono trovare prima esercizi pi` u
dicili e dopo esercizi pi` u facili; in ogni caso la dicolt`a `e compatibile con lo sviluppo della teoria nel
testo corrispondente. Valgono due sole eccezioni : ci sono esercizi contrassegnati con un asterisco (*) o con
due asterischi (**): i primi sono da considerare esercizi dicili e i secondi molto dicili ; in ogni caso,
come tutti ben sanno, la dicolt`a `e una pura opinione.
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Indice
I Numeri e Funzioni 1
1 Numeri 2
1.1 Tipi di numeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Propriet`a fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.3 Uguaglianze e disugaglianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2 Appendici 5
2.1 Naturali e interi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
3 Funzioni 7
3.1 Denizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
3.2 Graci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
3.3 Tipi di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
3.4 Operazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
3.5 Propriet`a notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
II Funzioni Trascendenti 10
4 Funzioni trascendenti 11
4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
4.2 Funzioni goniometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
4.3 Esercizi riassuntivi sulle funzioni trascendenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
III Contributi 18
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Parte I
Numeri e Funzioni
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Capitolo 1
Numeri
1.1 Tipi di numeri
1.2 Propriet`a fondamentali
1.3 Uguaglianze e disugaglianze
Esercizio 1.3.1. Risolvere le disequazioni.
1.

1 2x
3 + 2x

3
_

5
2
x 1, x =
3
2
_
2. |2x + 1| > |3x 2|
_
1
5
< x < 3
_
3. |x |2x 3|| < 4
_

1
3
< x < 7
_
3. |x |2x 3|| < 4
_

1
3
< x < 7
_
4.
x
2
2x 3
9 x
2
0 [?]
5.
9x
2
+ 6x + 1
x
4
+ 16
0 [?]
6.
x
5
+ 3
1 x
8
0 [?]
7.
x
2
10
9x
2
+ 6x + 3
< 0 [?]
8. x
4
2x
2
15 0 [?]
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
1.3 Uguaglianze e disugaglianze 3
Esercizio 1.3.2. Risolvere le disequazioni.
1.
_
x
3
+ 2x
2
9x 18 0
x
4
10x
2
+ 9 0
(3 x 2 ; x = 3)
2.
_

_
x 2
x 1

x
2
x
2
3x + 2

x 1
2 x
x 3
x
2
x

x + 3
x
2
+ x

2 3x
x
2
1
(x > 2)
3.
x
2
6x + 5
2x
2
7x + 6
0 (1 x <
3
2
; 2 < x 5)
4.
(x
2
+ 3)(x
2
4x + 3)
x
2
4x + 4
0 (1 x 3 ma x = 2)
5. x
3
x
2
5x 3 < 0 (x < 3 ma x = 1)
6.
(x
4
1)(x
5
+ 32)
(x
6
+ 1)(x
3
27)
0 (x 2 ; 1 x 1 ; x > 3)
7. 3 x
2
1 < 8 (2 |x| < 3)
8.
2x
4
+ 3
x
6
64
0 (2 < x < 2)
9. |x
2
x| < 1 (
1

5
2
< x <
1+

5
2
)
10.
|2x + 1| 1
5 |x 2|
0 (3 < x 1 , 0 x < 7)
11.

x
2
4x > 1 x (x 4 , x <
1
2
)
12.
1|4x3|
|2x3|3
0 (?)
Esercizio 1.3.3. Risolvere le disequazioni.
1.
3
_
8x
3
+ 1 > 2x + 1 (?)
2.

x 1 < 3 (?)
3.
_
2x
2
x > x (?)
4.
_
2x
2
x x (?)
5.

2x
2
x x
x
2
4x + 3
0 (?)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
1.3 Uguaglianze e disugaglianze 4
Esercizio 1.3.4. Risolvere le disequazioni.
1*.

x
2
4x 1 + x
|x| 2
0 (2 < x
1
2
)
2.
|x 1| |x|

x
2
+ 3 2
0 (1 < x
1
2
; x > 1)
3.
|x 1| |x|

x
2
+ 3 2
0 (1 < x
1
2
; x > 1)
4. x >
3

3x
2
2x (0 < x < 1 ; x > 2)
5.
_
||x + 3| 2| 1 > 0 (x < 6 ; 4 < x < 2 ; x > 0)
6.
_
_
_

2x
2
+ x 3 x + 1 > 0

2x + 1
x 3

< 2
(x
3
2
; 1 < x <
5
4
)
7.
2x 1

x
2
3x + 2

x
4
+ 3 + 4
> 0 (
1+

13
6
< x 1 ; x 2)
8.
|x 1| |x 2|
|x
2
9|
0 (x
3
2
ma x = 3)
9.

x + 1

x
2
+ 3x
|x|
0 (0 < x 1 +

2)
10.
_
x + 1
x 1
< 2 (x 1 ; x >
5
3
)
11.

25 x
2
+ x 7 0 (3 x 4)
12. 13 x

x + 7 < 0 (x > 9)
13.
2x

x
2
3x
x
2
16
0 (4 < x 0 ; x > 4)
14. x
2
4|x| + 3 < 0 (1 < |x| < 3)
15.
|x|
3
27
|x|
2
1
< 0 (1 < |x| < 3)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Capitolo 2
Appendici
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
2.1 Naturali e interi 6
2.1 Naturali e interi
Esercizio 2.1.1. Per ogni intero n 1 dimostrare che
1 + 2 + 3 + + n =
n(n + 1)
2
Esercizio 2.1.2. Per ogni intero n 1 dimostrare che
1 + 3 + 5 + + (2n 1) = n
2
Esercizio 2.1.3. Per ogni intero n 1 dimostrare che
1
2
+ 2
2
+ 3
2
+ n
2
=
1
6
n(n + 1)(2n + 1)
Esercizio 2.1.4. Per ogni intero n 1 dimostrare che
1
3
+ 2
3
+ 3
3
+ n
3
=
n(n + 1)
2
2
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Capitolo 3
Funzioni
3.1 Denizioni
Esercizio 3.1.1. Sia
f(x) =
x
|x|
denita per x = 0; calcolare f(1), f(1), f(2), f(123). Cosa si deduce?
3.2 Graci
Esercizio 3.2.1. Determinare il campo di esistenza delle seguenti funzioni.
1. f
1
(x) =
x
2
+ 3 2. f
2
(x) = 2x
2
1
3. f
3
(x) = 3x
2
+ 1 4. f
4
(x) = x
3
5. f
5
(x) =

x 6. f
6
(x) = x

1
2
7. f
7
(x) = |x| + x 8. f
8
(x) = |x| + x
9. f
9
(x) =
1
x + 2
10. f
10
(x) =
1
x 2
11. f
11
(x) =
3
x
12. f
12
(x) =
x
|x|
13. f
13
(x) =
_
0 se x 0
1 se x > 0
14. f
14
(x) =
_
0 se x < 0
1 se x > 0
15. f
15
(x) =
_
x
2
se x < 0
x se x 0
16. f
16
(x) =
_

_
x
3
se x 0
1 se 0 < x < 2
x
2
se x 2
Esercizio 3.2.2. Disegnare un graco approssimato delle funzioni dellesercizio precedente, calcolandone
anche alcune immagini per valori arbitrari del campo di esistenza.
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
3.3 Tipi di funzioni 8
Esercizio 3.2.3. Data la funzione f : R R, x x
2
4x la si rappresenti gracamente e si
dica se `e biiettiva; in caso contrario , renderla tale per x 2 ed indicare con f
1
la restrizione di f
cos` trovata. Determinare linversa di f
1
e rappresentarla gracamente. Inne, risolvere la disequazione
2 +

4 x x.
(f
1
1
: {x R : x 4} {y R : y 2} , x 2 +

4 x; S : 0 x 4)
Esercizio 3.2.4. Con riferimento allesercizio precedente, rappresentare gracamente la funzione y =
g(x) = f(x) e risolvere la disequazione g(|x|) > 3 anche per via graca.
(x < 3 ; 1 < x < 1 ; x > 3)
Esercizio 3.2.5. Rappresentare gracamente la curva di equazione y = f(x) = (x 2)
3
+ 1 partendo
dalla curva base y = x
3
; determinare, quindi, la funzione inversa f
1
e vericare che f f
1
`e la funzione
identica.
(f
1
(x) = 2 +
3

x 1)
3.3 Tipi di funzioni
3.4 Operazioni
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
3.5 Propriet`a notevoli 9
3.5 Propriet`a notevoli
Esercizio 3.5.1. Stabilire quali delle funzioni seguenti sono pari, dispari o nessuna delle due. E oppor-
tuno considerare prima il campo di esistenza.
1. f
1
(x) = x 2. f
2
(x) = 2x
2
3. f
3
(x) = x
2
1 4. f
4
(x) = x
3
5. f
5
(x) =

x 6. f
6
(x) =
1
x
7. f
7
(x) = |x| 8. f
8
(x) = |x| + x
Esercizio 3.5.2 (*). Dimostrare che una funzione denita per tutti i numeri pu`o essere scritta come
somma di una funzione pari e una funzione dispari. Suggerimento: considerare la funzione
g
p
(x) =
f(x) + f(x)
2
Esercizio 3.5.3. Dimostrare che la somma di funzioni dispari `e dispari e che la somma di funzioni pari
`e pari.
Esercizio 3.5.4. Stabilire nei casi elencati quale sia il tipo della funzione prodotto dimostrando il
risultato:
prodotto di funzioni pari
prodotto di funzioni dispari
prodotto di una funzione pari per una funzione dispari
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Parte II
Funzioni Trascendenti
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Capitolo 4
Funzioni trascendenti
4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche
Esercizio 4.1.1. Tracciare un graco approssimato delle funzioni.
1. y = 2
|x|+1
2. y = 2
|x|
+ 1 3. y = 2
|x+1|
Esercizio 4.1.2. Risolvere le equazioni esponenziali.
1. 2
(2x1)(3x2)
2
58x
4
x(3x1)
= 16
2x
(8
7+x
)
7x
2.
2
3
5
x1
+ 5 5
x
5
x+2
+
298
3
= 0
3.

8
x
+ 4 2

x
2
= 5 2
x
2
4. 9
x+2
+ 9
x2
= 82
5. 2 3
x

x
2
1
9
x+1

x
2
1
+ 75 = 0 6. 2
|x|
8 4
|x|1
+ 1 = 0
Esercizio 4.1.3. Risolvere le equazioni logaritmiche.
1. 3
log
3
x
= 2 log1
3
_
1
3
_
x
2. log
2
(1 + x) log
2
(1 x) = 1
3. log
2
1
2
3x + log1
2
3x 2 = 0 4. log
3
(x 1) log
9
x
2
+ log

3
x
2
= 0
Esercizio 4.1.4. Risolvere le disequazioni logaritmiche-esponenziali.
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche 12
1. log
6
(x 1) + log
6
(x 2) < 1 (?)
2. log1
2
(x
2
+ 2) + log
2
(x 2) log1
2
(x + 1) (?)
3. (log1
2
x)
2
+ log1
2
x 2 0 (?)
4. | ln(3
x
2)| < 1 (?)
Esercizio 4.1.5. Risolvere le disequazioni logaritmiche-esponenziali.
1. 3
x
81 (x 4)
2.
_
2
5
_
x
< 0 ()
3. (0, 1)
x
100 (x 2)
4. 32
x
16 (x
4
5
)
5. 3

x+1
< 9 (1 x < 3)
6.
_
1 6
1+x
0
3
x
+ 5 > 0
(x 1)
7.
2
x
1
2
x
8
0 (0 x < 3)
8. 3
2x
10 3
x
+ 9 < 0 (0 < x < 2)
9. 4
x
> 7 (x > log
4
7)
10. 3
x+1
+ 3
x1
= 4
x
+ 2
2x1
(x = log3
4
9
20
)
11.
5
2
_
2
5
_1
x

_
5
2
_
x+2
> 0 (x < 0)
12. 3
x
2
81 < 0 (2 < x < 2)
13. 125
x

25
x
5
(x 1)
14.
_
1
2
_

9x
2
< 32 (3 x 3)
15. 2
1
5
12x
=
1
25
12x
(x =
1
2
)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche 13
16.
e
2x
1
e
x
0 (x 0)
17. 2
x+2
2
x+1
2
x
2
x1
2
x2
= 1 (x = 2)
18.
3
2x
4 3
x
+ 3
|x| 1
0 (x < 1 ; x 0 ma x = 1)
19.
3
x
2
_
1
5
_
x
3
0 (log1
5
3 < x log
3
2)
20. log
2
x x 1 risolvi gracamente...
21. log
2
x + log
x
2 =
17
4
(x =
4

2 ; 2
4
)
22. log
2
log1
2
(x 3) = 1 (x =
13
4
)
23. log
3
x log
x
9 =

x + 3 ()
24. log1
2
(x
2
4x +3) log1
2
(x 2) log1
2
(x +1) (x > 3)
25. log log(x
2
15) < 0 (4 < |x| < 5)
26. log
x
(2x 1) > 1 (x >
1
2
ma x = 1)
Esercizio 4.1.6. Risolvere le disequazioni logaritmiche-esponenziali.
1. log
x
2
_
x
2
+ 1
_
0 (x < 1 ; x > 1)
2. log
2
x
2
_
2
x
2
+
_
|x|
_
1 ()
3.
x
3
+ 1

x + 1
2
2x
5 2
x
+ 4
(1 x < 2 ma x = 0 ; x 3)
4. (e
x
1)(e
2x
5e
x
+ 3) 0 (x < ln
3
2
)
5. log
2
x+1
x1
log
1
2
x
2
3x+2
x
2
+1
< 0 (3 < x < 1 e x > 2
6.
e
x
e
x
2
> 1 (1 x < 2 ma x = 0 ; x > ln(1 +

2)
7.
ln x+ln 2
ln(154x)
2 (?)
8. log
2
(x
2
3x + 3) > 0 (?)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche 14
9. log
2
x+1
x1
log1
2
(x+4)
2
x
2
1
< 0 (?)
10. |5
3x
9| < 4 (?)
11.
| ln x|
(ln x1)
2

1
2
(?)
12. 25
x
2
log
2
61
< 5
x1
(?)
13.

|1e
x
|1
e
x
4
1 (?)
14. 20 ln
2
x + 31 ln x 9 > 0 (?)
15. log
x
2(2 + x) < 1 (?)
16. (log
x
2)(log
2x
2)(log
2
4x) > 1 (?)
17. log
3
|x
2
4x|+3
x
2
+|x5|
0 (?)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
4.2 Funzioni goniometriche 15
4.2 Funzioni goniometriche
Esercizio 4.2.1. Calcolare il valore delle espressioni.
1. [cos(
3
2
) sin(2 ) sin(

2
+ ) cos( + )]
2
tan cot( + )
2.
sin

6
+ 1 cos

6
sin

3

cos

3
+

32
2
sin
2
4
Esercizio 4.2.2. Tracciare un graco approsimato delle funzioni.
1. y = sin |2x| + 3 2. y = 2 cos(

4
x) 3. y = || tan x| 1
Esercizio 4.2.3. Vericare le seguenti identit`a.
1. cos
4
sin
4
= 2 cos
2
1 2.
sin
3
cos
3

sin cos
= 1 + sin cos
3. sin tan +
1
tan
= sec 4. cos
2
(tan + cot ) = cot
5.
sin + 1
sin
cot
=
cot
1 sin
sin
6.
tan
2
1
tan
= (sin cos )(
1
cos
+
1
sin
)
7. sin
2
4 sin
2
2 = sin 6sin 2 8. cos
2

2
sin
2
+
2
= cos cos
9. tan 4 =
4 tan (1 tan
2
)
tan
4
6 tan
2
+ 1
10.
1 cot tan( )
cot + tan( )
= tan
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
4.2 Funzioni goniometriche 16
Esercizio 4.2.4. Risolvere le equazioni.
1. sin 2x cos x = 2 sin x 1 2. sin
2
x 2 sin xcos x (

3 + 3) cos
2
x = 0
3. 3 sin x

3 cos x + 3 = 0 4. sin
3
x + cos
3
x = 0
5. 3 + 3 cos 2x sin
2
x
2
= 0 6. sin
2
(

4
3x) sin
2
2x = 0
7. |sin
x
2
| = 1 cos x 8. sin
2
3x + 2 cos
2
3x + cos x = 6
Esercizio 4.2.5. Risolvere le disequazioni.
1.
4 sin
2
x + 2(1

3) sin x

3
| sin x|
< 0 (?)
2.
tan
4
x 9
| cos x|

2
2
< 0 (

4
+k < x <

4
+k ;

3
+k < x <
2
3
+k
ma x =

2
+ k)
3.
sin x + cos x 1
| tan x 1|
0 (2k x < d

2
+ 2k ma x =

4
+ 2k)
4.
arcsin(x
2
1)

18x
2
9x + 1
< 0 (1 < x <
1
6
;
1
3
< x < 1)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
4.3 Esercizi riassuntivi sulle funzioni trascendenti 17
4.3 Esercizi riassuntivi sulle funzioni trascendenti
Esercizio 4.3.1. Determinare il C.E. delle seguenti funzioni reali di variabile reale
1. f(x) = log
|x1|2
(2x
2
x 3) (x < 1 ma x = 2 ; x > 3 ma x = 4)
2. f(x) = log
2
log1
4
x (0 < x < 1)
3. f(x) = log
x
2
4|x| + 3

x
(0 < x < 1 ; x > 3)
5. f(x) =
_
x
5
+ 32
x
4
+ 3x
2
(x 2 ma x = 0)
6. f(x) =

x
4
5x
2
+ 4 (x 2 ; 1 x 1 ; x 2)
7. f(x) =
_
(1 2 log
2
x) log1
2
5 (x

2)
8. f(x) =
_
2
x
+
4
2
x
4
|5
x
1| log |x + 1|
(x R {0, 1, 2})
9. f(x) =
_
log
2
(x + 1) 3 (x 7)
10. f(x) =
ln x

1 + cos x
(x > 0 ma x = + 2k, k Z
+
)
11. f(x) =
ln(1 sin
2
x)
|xe
sin x
|
(x R

2
+ k, k Z
_
)
12. f(x) =
ln(| sin x + cos x|)
3
2 sin x
4 3
sin x
+ 3
(x R ma x =

4
+ k, k,

2
+ 2k con k Z)
13. f(x) =
3
_
1
x
2
+ 9
_
x
2
6x + 12

2x + 1
3 x

(x R
_

1
2
, 3
_
)
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Parte III
Contributi
[09/10] ITIS V.Volterra San Don` a di P.
Contributi e licenza
Erica Boatto Algebra I - Algebra II - Insiemi
Beniamino Bortelli Graci
Roberto Carrer Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto
Morena De Poli Laboratorio matematica
Piero Fantuzzi Algebra I - Algebra II - Insiemi
Caterina Fregonese Analisi (Integrazione) - Esercizi
Carmen Granzotto Funzioni - Analisi (Integrazione)
Franca Gressini Funzioni
Beatrice Hittahler Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - Analisi
Lucia Perissinotto Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - Analisi
Pietro Sinico Geometria I - Geometria II
La presente opera `e distribuita secondo le attribuzioni della Creative Commons.
La versione corrente `e la .
In particolare chi vuole redistribuire in qualsiasi modo lopera, deve garantire la presenza della prima di
copertina e della intera Parte Contributi composta dai paragra: Contributi e licenza.
Settembre 2009
Dipartimento di Matematica
ITIS V.Volterra
San Don`a di Piave
Matematica 4
Dipartimento di Matematica
ITIS V.Volterra
San Don`a di Piave
Versione [09/10.1][S-All]
Indice
I Calcolo dierenziale 1
1 Numeri reali 2
1.1 Insiemi di numeri reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Intorni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Completezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2 Successioni numeriche reali 10
2.1 Successioni numeriche reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3 Limiti e funzioni continue 14
3.1 Generalit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3.2 Teoremi sui limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3.3 Operazioni sui limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.4 Continuit`a delle funzioni reali di variabile reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.6 Limiti fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.7 Punti di discontinuit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
3.7.1 Esercizi riassuntivi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4 Derivate e funzioni derivabili 37
4.1 Denizione e signicato geometrico di derivata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
4.2 Calcolo e regole di derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
4.3 Regola di De LHospital . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
4.4 Continuit`a e derivabilit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4.5.1 Esercizi riassuntivi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
5 Studio del graco di una funzione reale 57
5.1 Campo di esistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
5.2 Simmetrie e periodicit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
5.3 Segno della funzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
5.4 Limiti e asintoti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
5.5 Derivata prima e segno relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
5.6 Derivata seconda e segno relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
5.6.1 Esercizi riassuntivi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
6 Integrazione 82
II Contributi 83
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Parte I
Calcolo dierenziale
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Capitolo 1
Numeri reali
1.1 Insiemi di numeri reali
I concetti fondamentali dellAnalisi Matematica che ci apprestiamo a studiare limiti, funzioni continue,
derivate si fondano sulle propriet`a dei numeri reali e, in particolare, sulle propriet`a degli insiemi di
numeri reali ; per questo iniziamo con un paragrafo che ne denisce la sostanza e le propriet`a.
Denizione 1.1.1. Siamo a, b numeri reali con a < b, allora chiamiamo intervalli limitati i seguenti:
[a, b] = x R [ a x b intervallo chiuso
]a, b[ = x R [ a < x < b intervallo aperto
[a, b[ = x R [ a x < b
]a, b] = x R [ a < x b
Denizione 1.1.2. Siano a un numero reale, allora chiamiamo intervalli illimitati i seguenti:
[a, +[ = x R [ x a
]a, +[ = x R [ x > a
] , a] = x R [ x a
] , a[ = x R [ x < a
Naturalmente possiamo denire ] , +[= R osservando che lintero insieme dei reali pu`o essere
considerato un intervallo.
Useremo, anzi, abbiamo gi`a usato, tutti questi intervalli ma di particolare importanza risultano i primi
due ai quali abbiamo dato un nome specico.
Esempio 1.1.1. Studiare il campo di esistenza della funzione f(x) = ln(1 x
2
).
Si tratta di risolvere la disequazione 1 x
2
> 0, che, dopo rapidi calcoli, fornisce la soluzione : ] 1, 1[ cio`e un intervallo
aperto.
Esempio 1.1.2. Studiare il campo di esistenza della funzione g(x) =

1 x
2
.
Si tratta di risolvere la disequazione 1 x
2
0, che, dopo rapidi calcoli, fornisce la soluzione : [1, 1] cio`e un intervallo
chiuso.
Esempio 1.1.3. Studiare il campo di esistenza della funzione h(x) =
_
x + 2
x 1
.
Si tratta di risolvere la disequazione
x + 2
x 1
0, che, dopo rapidi calcoli, fornisce la soluzione : ] , 2] ]1, +[ cio`e
lunione di intervalli illimitati.
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1.1 Insiemi di numeri reali 3
Gli insiemi di numeri reali possono essere molto pi` u complicati di un semplice intervallo o anche di
unioni di intervalli. Per esempio si considerino gli insiemi A = x R [ x =
1
n
; n N

oppure
B = x R [ xirrazionale: non sono certamente un intervallo. In ogni caso possiamo dare alcune
denizioni che ci aiuteranno perlomeno a catalogarli.
Denizione 1.1.3. Sia A R un insieme di numeri reali; diciamo che A `e superiormente limitato se
c R [ x A : x c. In questo caso c si dice maggiorante di A. Diciamo che A `e inferiormente
limitato se c R [ x A : x c. In questo caso c si dice minorante di A. Diciamo che A `e limitato
se lo `e superiormente e inferiormente. Un insieme che non sia limitato (superiormente, inferiormente) si
dice illimitato (superiormente, inferiormente).
E evidente che se esiste un maggiorante (minorante) di A allora ne esistono inniti.
Esempio 1.1.4. Sia A = [1, 1[; A `e certamente limitato; infatti 1 `e un minorante e 1 `e un maggiorante.
Dallesempio notiamo che i maggioranti (minoranti) non necessariamente appartengono allinsieme.
Esempio 1.1.5. B = {x R | x N} = {0, 1, 2, }; `e limitato inferiormente con 0 minorante; non `e limitato
superiormente
1
.
Esempio 1.1.6. A = {x R | x =
1
n
: n N

} = {1,
1
2
,
1
3
, ,
1
n
, }; `e limitato superiormente con 1 maggiorante; `e
limitato inferiormente perch`e linsieme contiene solo numeri positivi e quindi un qualsiasi numero negativo `e minorante; ma
anche 0 `e minorante perch`e certamente 0 <
1
n
n N

. Possiamo osservare che 0 `e il pi` u grande fra i minoranti.


Lesercizio precedente ci suggerisce che se un maggiorante appartiene allinsieme allora altri non vi possono
appartenere perch`e non sarebbero pi` u maggioranti; analogamente per i minoranti. Abbiamo perci`o la
denizione:
Denizione 1.1.4. Sia A R un insieme di numeri reali; se A `e superiormente limitato e c A `e
un maggiorante allora c `e unico e si dice il massimo di A. Se A `e inferiormente limitato e c A `e un
minorante allora c `e unico e si dice il minimo di A.
Lesempio 1.1.6 mostra che linsieme A ha massimo 1 ma non ha minimo: questo perch`e il pi` u grande
fra i minoranti, 0, non appartiene allinsieme. Come dire: linsieme A non ha un primo elemento ma ha
un ultimo elemento (1).
Esempio 1.1.7.
A = [1, 2] minimo = 1 massimo = 2
C =] 1, 2] minimo massimo = 2
C =] 1, 2[ minimo massimo
D =] 1, +[ minimo = 1 massimo
Lesempio 1.1.7 mostra che lintervallo aperto non ha ne massimo ne minimo per`o i numeri 1 e 2 che
sono rispettivamente il pi` u grande minorante e il pi` u piccolo maggiorante, sono una specie di surrogato
di minimo e massimo. Diamo perci`o la denizione:
Denizione 1.1.5. Sia A R un insieme di numeri reali; se esiste c R che sia il massimo fra i
minoranti questo si dice lestremo inferiore di A e si indica con inf A. Se esiste c R che sia il minimo
fra i maggioranti questo si dice lestremo superiore di A e si indica con sup A.
Esempio 1.1.8. A = [2, 5[; `e limitato inferiormente con minorante 2 che appartiene allinsieme e quindi ne `e il minimo.
E limitato superiormente perch`e 5 `e un maggiorante. Non `e il massimo perch`e non appartiene allinsieme. Dimostriamo
che 5 `e lestremo superiore: [5, +[ `e linsieme di tutti i possibili maggioranti; osserviamo che ha minimo 5 che quindi `e il
minimo fra i maggioranti.
1
Lo studente `e in grado di fornirne una dimostrazione?
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1.1 Insiemi di numeri reali 4
Purtroppo non `e sempre cos` semplice dimostrare che un certo numero `e lestremo superiore (o inferiore)
di un insieme. Riprendiamo in considerazione una semplice variante lesempio 1.1.6:
Esempio 1.1.9. A = {x R | x = 1 +
1
n
: n N

} = {1 + 1, 1 +
1
2
, 1 +
1
3
, , 1 +
1
n
, } Banalmente 2 `e il massimo.
Invece il minimo non esiste per`o 1 `e un buon candidato per essere estremo inferiore. E un minorante perch`e tutti i numeri
del tipo 1+
1
n
sono maggiori
2
di 1 per`o non `e immediato percepire che sia anche il massimo fra i minoranti e questo perch`e il
nostro insieme, stavolta, non `e un intervallo. In eetti non tutti i numeri maggiori di 1 appartengono allinsieme e quindi si
potrebbe dubitare del fatto che 1 sia proprio il pi` u grande fra i minoranti. In ogni caso se dimostriamo che i numeri maggiori
di 1 non sono minoranti siamo a posto. Per assurdo supponiamo che esista un numero 1 + > 1 che sia maggiorante di A;
questo implica che 1 + > x, x A, cio`e 1 + > 1 +
1
n
, da cui >
1
n
n N e quindi n >
1

n N; ma questultima
disuguaglianza ha molte soluzioni e quindi il nostro 1 + non pu`o essere maggiorante e abbiamo un assurdo.
Come si vede la dimostrazione che un numero `e estremo inferiore (o superiore) non `e immediata e come
lesempio illustra, la tecnica usata per la dimostrazione non `e il richiamo alla denizione di estremo
inferiore (o superiore) ma una applicazione del teorema seguente (la cui dimostrazione lasciamo per
esercizio):
Teorema 1.1.1. Lestremo superiore di un insieme di numeri reali A `e lunico numero c, se esiste, che
ha le seguenti propriet`a:
1. c `e un maggiorante
2. qualunque sia > 0, c non `e maggiorante di A
Analogamente si ha
Teorema 1.1.2. Lestremo inferiore di un insieme di numeri reali A `e lunico numero c, se esiste, che
ha le seguenti propriet`a:
1. c `e un minorante
2. qualunque sia > 0, c + non `e minorante di A
A questo punto `e lecito porsi la domanda: ma quali sono le condizioni perch`e inf A e sup A esistano?
A questa domanda risponderemo in dettaglio nel paragrafo 1.3 ma riassumiamo qu` le propriet`a sinora
esposte.
Riassumendo: Sia A un insieme di numeri reali; se A `e limitato superiormente allora ammette sup A
che `e unico; se sup A A allora `e anche massimo. Se A `e limitato inferiormente allora ammette inf A che
`e unico; se inf A A allora `e anche minimo.
Esercizi
Esercizio 1.1.1. Determinare (se esistono) lestremo superiore, lestremo inferiore, il minimo, e il
massimo dei seguenti insiemi:
1. A
1
= x R [ x =
2n + 5
5n
, n N

2. A2 = x R [ x =
n 1
n + 1
, n N

3. A
3
= x R [ x = (1)
n
n 1
n
, n N

4. A
4
= x R [ x = 1 3
n
, n N

5. A5 = z R [ z =
x
y
x, y ]1, 2]
2
Facile dimostrazione.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
1.2 Intorni 5
1.2 Intorni
Quando possiamo dire che due numeri (punti) reali sono vicini o lontani ? Questo `e certamente un concetto
relativo: per esempio i numeri 3, 14 e 3, 15 sono vicini se sono misure in metri (la dierenza `e 0, 01 cio`e 1
cm) di qualche grandezza ma sono lontani se sono misure in anni-luce (quanto sar`a la dierenza in m?).
Risulta che la nozione importante `e quella di pi` u vicino o meno vicino piuttosto che la reale consistenza
numerica della vicinanza. A questo proposito `e fondamentale la denizione seguente:
Denizione 1.2.1. Si dice intorno di un numero (punto) x R un qualsiasi sottoinsieme U R che
contenga un intervallo aperto contenente x.
In sostanza vogliamo che sia : x ]a, b[ U R. La richiesta di questa doppia inclusione sembra
inutilmente complicata; in realt`a la denizione consente di avere come intorni di un punto anche insiemi
molto complicati: la cosa non `e importante, basta che contenga un intervallo aperto con dentro il punto.
Esempio 1.2.1. Sia x = 1 allora i seguenti sono tutti intorni di x:
1. U
1
=]0, 2[
2. U
2
=]0.2, 1.3[
3. U
3
= [0, 3]
4. U
4
= [1, +[
mentre i seguenti non sono intorni di x:
1. U
5
=]1, 2[
2. U
6
=]0.2, 1[
3. U
7
= [0, 1]
4. U
8
= [1, 0]]2, +[
5. U
9
=] 1, 0] {1}
Linsieme U
9
non `e intorno di 1 nonostante 1 U
9
perch`e, in qualche modo, questultimo `e isolato.
La nozione di intorno ci permette di avvicinarci ad un numero sempre pi` u: basta considerare una
successione di intorni del numero via via pi` u piccoli: per il numero 1, per esempio, possiamo considerare
gli intorni del tipo ]a, b[ con 0 < a < 1 e 1 < b < 2.
A volte torna utile denire anche intorni parziali di un numero:
Denizione 1.2.2. Si dice intorno destro di un numero (punto) x R un qualsiasi sottoinsieme U R
che contenga un intervallo aperto a destra che abbia x come estremo inferiore. Si dice intorno sinistro di
un numero (punto) x R un qualsiasi sottoinsieme U R che contenga un intervallo aperto a sinistra
che abbia x come estremo superiore.
Esempio 1.2.2. Sia x = 1 allora [2, 1] `e intorno sinistro e ]1, 5[ `e intorno destro di 1.
Risulter`a utile il seguente:
Teorema 1.2.1. Lunione e lintersezione di due intorni (o di un numero nito dintorni) di un numero
`e anchessa intorno del numero.
Lasciamo la dimostrazione allo studente pignolo.
Saranno molto usate anche le seguenti:
Denizione 1.2.3. Si dice intorno di pi` u innito un qualsiasi sottoinsieme U R che contenga un
intervallo illimitato a destra (]a, +[). Si indica usualmente con U
+
. Si dice intorno di meno innito
un qualsiasi sottoinsieme U R che contenga un intervallo illimitato a sinistra (] , b[).Si indica
usualmente con U

. Si dice intorno di innito un qualsiasi sottoinsieme U R che contenga un


intervallo illimitato a sinistra (] , b[) e un intervallo illimitato a destra (]a, +[). Si indica usualmente
con U

.
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1.2 Intorni 6
Consideriamo il seguente problema: lintervallo U =]0, 1[, come sottoinsieme di numeri reali, `e intorno
di tutti i propri punti? La risposta `e certamente s`; infatti se c ]0, 1[ abbiamo la catena di inclusioni
c ]0, 1[]0, 1[ e quindi, per denizione, U `e intorno di c. Invece, se consideriamo linsieme U
1
=]0, 1] R
non possiamo dire altrettanto: il problema `e che linsieme U
1
`e solamente intorno sinistro del numero
1 e quindi non possiamo aermare che `e intorno di tutti i propri punti. Questa osservazione porta alla
seguente, importante, denizione:
Denizione 1.2.4. Linsieme A R di numeri reali si dir`a aperto se `e intorno di tutti i suoi punti.
Linsieme B R di numeri reali si dir`a chiuso se il suo complementare in R
3
`e aperto.
La nozione di insieme aperto/chiuso risulta essere molto importante nello studio dellanalisi ma questo
fatto non pu`o essere reso esplicito ora; lo sar`a pi` u avanti quando si saranno studiate ulteriori propriet`a
delle funzioni.
Valgono i seguenti teoremi (che lasciamo da dimostrare al solito studente volenteroso):
Teorema 1.2.2. Lintersezione di un numero nito e lunione di un numero qualsiasi di insiemi aperti
`e un insieme aperto.
Teorema 1.2.3. Lintersezione di un numero qualsiasi e lunione di un numero nito di insiemi chiusi
`e un insieme chiuso.
Lultima nozione importante per lo studio dellanalisi riguarda i numeri che risultano innitamente
vicini ad un certo insieme. Questo ci consente di avvicinarci quanto vogliamo al numero in questione
sempre rimanendo dentro linsieme. Vediamo la denizione:
Denizione 1.2.5. Sia A R e c R. Si dice che c `e un punto di accumulazione per A se in ogni
intorno di c cadono inniti punti di A. Non `e necessario che c A.
Esempio 1.2.3. Sia A =]1, 2[, allora 1 `e punto di accumulazione per A. Infatti, se U `e intorno qualsiasi di 1, conterr`a un
intervallo ]a, b[ tale che a < 1 < b e quindi in questo intervallo cadono tutti i numeri compresi fra 1 e b se b < 2 altrimenti
tutti i numeri compresi fra 1 e 2: in ogni caso inniti numeri di A. Per la stessa ragione anche 2 `e punto di accumulazione per
A. Osserviamo che 1 e 2 non appartengono ad A. Osserviamo anche che ogni altro punto di A `e banalmente di accumulazione
per A.
Non sempre le cose sono cos` semplici.
Esempio 1.2.4. Sia A = {x R | x =
1
n
, n N

} = {1,
1
2
, ,
1
n
, }. Facciamo vedere che 0 `e di accumulazione per
A. Se U `e un qualsiasi intorno di 0 allora contiene un intervallo aperto che contiene 0 e quindi sar`a del tipo ]a, b[ con
a < 0 e b > 0. E evidente che nellintervallo ]0, b[ cadono inniti numeri di A: infatti baster`a vedere per quali valori di n
`e soddisfatta la
1
n
< b; risolvendo si ha: n >
1
b
e quindi sono inniti. Intutivamente la cosa `e del tutto chiara: i numeri
1
n
positivi diventando sempre pi` u piccoli si avvicinano a 0 sempre di pi` u.
Osserviamo che linsieme A, contrariamente al caso dellesercizio precedente, non ha altri punti di accumulazione.
Dimostriamo, ad esempio, che
1
3
non `e di accumulazione: ricordiamo che la denizione di punto di accumulazione prescrive
che in ogni intorno del numero cadano inniti punti di A; se noi troviamo anche un solo intorno che non soddisfa la propriet`a
allora il punto non `e di accumulazione. Sia U intorno di
1
3
, e supponiamo che U contenga lintervallo aperto ]0.3, 0.4[ `e
subito evidente che in questo intervallo cade un solo il numero di
1
3
: quindi il numero non `e di accumulazione. Con analoga
dimostrazione si procede per gli altri.
Osservazione importante Spesso si deve considerare quello che accade per numeri innitamente grandi
(positivi, negativi o entrambi) e quindi diventa comodo supporre che questi inniti siano punti e siano
di accumulazione per un insieme A. Si tratta di una pura convenzione di linguaggio poich`e gli innti
3
Come noto dal biennio, il complementare di un insieme A contenuto in un insieme B `e linsieme dei punti di B tolti i
punti di A.
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1.2 Intorni 7
non sono numeri. In eetti se un insieme `e, ad esempio, superiormente illimitato contiene numeri che
sono arbitrariamente grandi, senza alcun limite: `e quindi possibile avvicinarsi allinnito quanto si vuole
sempre rimanendo allinterno dellinsieme; in questo caso `e comodo dire che linnito `e di accumulazione
per linsieme. In generale, quando diciamo che c `e unaccumulazione intendiamo che pu`o essere un numero
qualsiasi o un innito.
Esercizi
Esercizio 1.2.1. Studiare i seguenti insiemi (limitati superiormente, inferiormente, estremo superiore-
inferiore, massimo-minimo, punti di accumulazione):
1. A = x R [ x =
2n + 5
5n
, n N

2. B = x R [ x =
n
2
1
n
2
, n N

3. C = x R [ x = 1 3
n
, n N

4. D = z R [ z =
x
y
x, y ]1, 2]
5. E =] 1, 0[]0, 1]
6. F =]1, +[
7. G = [1, 3[4
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1.3 Completezza 8
1.3 Completezza
In questo paragrafo riprendiamo brevemente la discussione sui numeri reali iniziata nel volume Matema-
tica 3. Nel capitolo Numeri abbiamo discusso le 12 propriet`a fondamentali dei numeri che consentono lo
sviluppo dellalgebra. Per arontare i temi dellAnalisi Matematica, compito di questo volume, abbiamo
bisogno, come gi`a anticipato, di una ulteriore propriet`a (assioma) che permette di distinguere decisamente
fra numeri razionali (frazioni) e numeri reali. Riportiamo per comodit`a le prime 12 propriet`a enunciate
dei numeri:
Siano a, b, c numeri qualsiasi e P linsieme dei numeri positivi.
a + (b +c) = (a +b) +c Associativa della somma (P.1)
a + 0 = 0 +a = a Elemento neutro della somma (P.2)
a + (a) = (a) +a = 0 Esistenza opposto (P.3)
a +b = b +a Commutativa della somma (P.4)
a(bc) = (ab)c Associativa del prodotto (P.5)
a1 = 1a Elemento neutro del prodotto (P.6)
aa
1
= a
1
a = 1 Esistenza inverso (P.7)
ab = ba Commutativa del prodotto (P.8)
a(b +c) = ab +ac Distributiva (P.9)
Dove e a ,= 0 nel caso P.7.
Legge di tricotomia (P10)
Per ogni numero a, vale una sola delle seguenti:
a = 0 (i)
a P (ii)
a P (iii)
Se a P e b P, allora a +b P Chiusura per la somma (P11)
Se a P e b P, allora ab P Chiusura per il prodotto (P12)
Come gi`a osservato, queste propriet`a non permettono di distinguere fra razionali e reali. Per esem-
pio, la

2 e tutte le radici di numeri che non sono quadrati non `e razionale e questo sarebbe gi`a un
motivo suciente per la loro introduzione; ma lo studio dellanalisi matematica ci pone un problema
altrettanto spinoso: se un insieme di numeri `e limitato superiormente allora esiste lestremo superiore? e
analogamente, se un insieme di numeri `e limitato inferiormente allora esiste lestremo inferiore?
Esistenza dellestremo superiore
Se A R, A ,= , e A `e limitato superiormente, allora A ha un estremo superiore. (P.13)
Lesistenza dellestremo superiore va postulata, non `e dimostrabile. Con questo assioma distinguiamo
denitivamente i numeri razionali dai reali nel senso che per i razionali questo assioma non vale. Per
esempio linsieme dei razionali che soddisfano la disequazione x
2
< 2 `e certamente superiomente limitato
perch`e, per esempio, 3 `e un maggiorante, ma non esiste il minimo fra i maggioranti perch`e dovrebbe
essere proprio la radice di 2 che non `e razionale.
Lesistenza dellestremo inferiore per gli insiemi inferiormente limitati non occorre sia postulata, si
pu`o dimostrare a partire da P.13.
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1.3 Completezza 9
Teorema 1.3.1. Sia A R, A ,= limitato inferiormente. Sia B linsieme di tutti i minoranti di A.
Allora B ,= , B `e limitato superiormente e lestremo superiore di B `e lestremo inferiore di A.
Dimostrazione. Lasciata per esercizio.
Vale, ovviamente, anche il seguente
Teorema 1.3.2. Se un insieme ha un estremo superiore (inferiore), questi `e unico.
Dimostrazione. Per assurdo, se A ammette due estremi superiori, diciamo x e y allora si avrebbe x y
perch`e y `e un maggiorante e x `e il pi` u piccolo maggiorante; ma si avrebbe anche y x perch`e x `e un
maggiorante e y `e il pi` u piccolo maggiorante; perci`o x = y. Analogamente per lestremo inferiore.
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Capitolo 2
Successioni numeriche reali
2.1 Successioni numeriche reali
Denizione 2.1.1. Diremo successione una funzione denita in N.
Denizione 2.1.2. Diremo successione numerica reale una funzione denita da N in R.
Con le consuete notazioni relative alle funzioni scriveremo:
s : N R
n a
n
Si conviene di denire termine generale della successione limmagine a
n
in cui n viene chiamato indice;
inoltre spesso si indentica la successione con linsieme delle sue immagini, cio`e
a
0
, a
1
, a
2
, ..., a
n
, ...
o, sinteticamente,
a
n

nN
Denizione 2.1.3. Diremo che la successione numerica reale a
n

nN
converge (oppure `e convergente)
a l R se
> 0, n N[ n > n [a
n
l[ <
In pratica, tutti i termini della successione da un certo punto in poi ( proprio da n in avanti) risultano
compresi fra l e l + perch`e la loro distanza da l `e inferiore ad .
Per ogni scelta di positivo `e sempre possibile trovare un n opportuno e la denizione risulta tanto
pi` u interessante quanto pi` u `e piccolo poich`e in quel caso si rende ancor pi` u evidente la vicinanza degli
a
n
(da n in poi) ad l.
In tal caso scriveremo
lim
n+
a
n
= l
Denizione 2.1.4. Diremo che la successione numerica reale a
n

nN
diverge (oppure `e divergente) se
M > 0, n N[ n > n [a
n
[ > M;
diremo che diverge (oppure `e divergente) positivamente se
M > 0, n N[ n > n a
n
> M;
diremo che diverge (oppure `e divergente) negativamente se
M > 0, n N[ n > n a
n
< M
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2.1 Successioni numeriche reali 11
In pratica, tutti i termini della successione da un certo punto in poi ( proprio da n in avanti) risultano
maggiori di M oppure minori di M perch`e diventano in valore assoluto grandi a piacere.
Per ogni scelta di M positivo `e sempre possibile trovare un n opportuno e la denizione risulta tanto
pi` u interessante quanto pi` u M `e grande poich`e in quel caso si rende ancor pi` u evidente l aumentare
degli a
n
(da n in poi).
In tali casi scriveremo, rispettivamente,
lim
n+
a
n
=
lim
n+
a
n
= +
lim
n+
a
n
=
Altrimenti, diremo che la successione numerica reale a
n

nN
`e indeterminata .
Esempio 2.1.1. Discutere il carattere (cio`e dire se `e convergente, divergente o indeterminata) della successione di
termine generale
a
n
=
1
n
.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 1):
a
1
= 1, a
2
=
1
2
, a
3
=
1
3
, a
4
=
1
4
, a
5
=
1
5
, ...
la successione converge a 0 poich`e
> 0, n N| n > n |
1
n
0| <
infatti la disequazione
n >
1

`e evidentemente vericata, per ogni scelta di , da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera
1

.
0 1 2 3 4 5
1
2
3
4
x
y
Esempio 2.1.2. Discutere il carattere della successione di termine generale
a
n
=
n + 1
n + 2
.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 0):
a
0
=
1
2
, a
1
=
2
3
, a
2
=
3
4
, a
3
=
4
5
, a
4
=
5
6
, ...
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
2.1 Successioni numeriche reali 12
osserviamo che possiamo riscrivere il termine generale
a
n
=
n + 1
n + 2
=
(n + 2) 1
n + 2
= 1
1
n + 2
ed i primi termini
a
0
= 1
1
2
, a
1
= 1
1
3
, a
2
= 1
1
4
, a
3
= 1
1
5
, a
4
= 1
1
6
, ...
la successione converge a 1 poich`e
> 0, n N| n > n |1
1
n + 2
1| <
infatti la disequazione
n + 2 >
1

`e evidentemente vericata, per ogni scelta di , da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera
1

2.
Esempio 2.1.3. Discutere il carattere della successione di termine generale
a
n
= e
1
n .
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 1):
a
1
= e, a
2
= e
1
2 =

e, a
3
= e
1
3 =
3

e, a
4
= e
1
4 =
4

e, a
5
= e
1
5 =
5

e, ...
la successione converge a 1 poich`e
> 0, n N| n > n |e
1
n 1| <
infatti la disequazione
1 < e
1
n < 1 +
`e equivalente a
ln(1 ) <
1
n
< ln(1 +)
ove non `e restrittivo porre 1 > 0 (essendo piccolo a piacere) e si osserva che essendo ln(1 ) < 0 la prima parte
della disequazione `e sempre soddisfatta; per risolvere la seconda parte della stessa passiamo ai reciproci cambiando verso e
otteniamo
n >
1
ln(1 +)
la quale `e evidentemente vericata, per ogni scelta di , da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera
1
ln(1+)
.
Esempio 2.1.4. Discutere il carattere della successione di termine generale
a
n
=
n
2
4
n + 2
.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 0) e riscriviamo il
termine generale
a
n
=
n
2
4
n + 2
=
(n + 2)(n 2)
n + 2
= n 2
ed i primi termini
a
0
= 2, a
1
= 1, a
2
= 0, a
3
= 1, a
4
= 2, ...
la successione diverge a + poich`e
M > 0, n N| n > n n 2 > M
infatti la disequazione
n 2 > M
`e evidentemente vericata, per ogni scelta di M, da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera M + 2.
Esempio 2.1.5. Discutere il carattere della successione di termine generale
a
n
= ln n.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 1):
a
1
= 0, a
2
= ln 2, a
3
= ln 3, a
4
= ln 4, a
5
= ln 5, ...
la successione diverge a + poich`e
M > 0, n N| n > n ln n > M
infatti la disequazione
ln n > M
`e evidentemente vericata, per ogni scelta di M, da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera e
M
.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
2.1 Successioni numeriche reali 13
Esempio 2.1.6. Discutere il carattere (cio`e dire se `e convergente, divergente o indeterminata) della successione di termine
generale
a
n
= cos n.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 0):
a
0
= 1, a
1
= 1, a
2
= 1, a
3
= 1, a
4
= 1, ...
la successione `e indeterminata poich`e risulta
a
n
= (1)
n
che per n pari vale 1 e per n dispari vale -1.
Esempio 2.1.7. Discutere il carattere della successione di termine generale
a
n
= 2
(1)
n
n
.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n `e 0):
a
0
= 1, a
1
=
1
2
, a
2
= 4, a
3
=
1
8
, a
4
= 16, ...
la successione `e indeterminata poich`e risulta
a
n
= 2
n
per n pari e
a
n
=
1
2
n
per n dispari.
Studiare il carattere delle seguenti successioni numeriche reali di cui `e dato il termine generale:
1. a
n
=
3n 2
2n 3
[convergente a
3
2
]
2. a
n
= e
n
2
[convergente a 0]
3. a
n
= ln(5n + 7)
[divergente positivamente]
4. a
n
= sin(n

2
)
[indeterminata]
5. a
n
= (1)
n
tan
1
n
[convergente a 0]
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
Capitolo 3
Limiti e funzioni continue
3.1 Generalit`a
Introduciamo il capitolo con lesempio storicamente signicativo del calcolo della lunghezza della circon-
ferenza. Arontiamo il problema costruendo i poligoni regolari inscritti e circoscritti alla circonferenza
osservando che:
il perimetro di qualunque poligono inscritto `e minore del perimetro di qualunque poligono circo-
scritto;
aumentando il numero dei lati dei poligoni, diminuisce la dierenza fra i perimetri dei poligoni con
lo stesso numero di lati, rispettivamente inscritto e circoscritto;
Dalle osservazioni fatte ne consegue che i 2 insiemi dei perimetri dei poligoni, rispettivamente inscritti
e circoscritti, costituiscono 2 classi di grandezze contigue che ammettono quindi un unico elemento di
separazione: proprio la lunghezza della circonferenza.
Dal punto di vista dellAnalisi il problema potrebbe essere arontato mediante la costruzione di 2
successioni, rispettivamente i perimetri dei poligoni regolari inscritti e circoscritti:
s
3
, s
4
, s
5
, ...
S
3
, S
4
, S
5
, ...
si pu`o dimostarare, con luso della trigonometria, che tali successioni sono convergenti verso lo stesso
valore L che quindi si assume come lunghezza della circonferenza. Ci`o signica che
> 0, n N[ n > n [s
n
L[ <
e, analogamente, che
> 0, n N[ n > n [S
n
L[ <
cio`e, come abbiamo gi`a visto, si scrive anche
lim
n+
s
n
= L
e, analogamente,
lim
n+
S
n
= L.
Cercheremo nel seguito di generalizzare il procedimento suesposto ad una qualunque funzione reale
di variabile reale.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.1 Generalit`a 15
Denizione 3.1.1. Sia y = f(x) una funzione reale di variabile reale di dominio D e sia c unaccumu-
lazione per D; diremo che
lim
xc
f(x) = l
se
V
l
, U
c
[ x U
c
Dc f(x) V
l
cio`e, ssato comunque un intorno del limite, deve esistere un intorno dellaccumulazione tale che, preso
un qualunque punto x appartenente a tale intorno e al dominio, esclusa al pi` u laccumulazione stessa,
accade che la sua immagine appartiene allintorno del limite inizialmente considerato
La denizione generale appena data si traduce nei casi particolari come segue:
limite nito per una funzione in un punto cio`e l, c R:
lim
xc
f(x) = l
se
> 0, U
c
[ x U
c
Dc [f(x) l[ <
limite nito per una funzione allinnito cio`e l R, c = :
lim
x
f(x) = l
se
> 0, U

[ x U

D [f(x) l[ <
limite innito per una funzione in un punto cio`e c R, l = :
lim
xc
f(x) =
se
M > 0, U
c
[ x U
c
Dc [f(x)[ > M
limite innito per una funzione allinnito cio`e l, c = :
lim
x
f(x) =
se
M > 0, U

[ x U

D [f(x)[ > M
Osservazione. Di particolare utilit`a risultano, in taluni casi, le denizioni di limite destro e sinistro in un
punto c: diremo che
lim
xc
+
f(x) = l
se
V
l
, U
c
[ x U
c
D x R[x > c f(x) V
l
e lo chiameremo limite destro della funzione in c. Analogamente si denisce il limite sinistro di f(x) in c.
Esempio 3.1.1. Usando la denizione di limite, vericare che
lim
x2
x
2
5x + 6
x 2
= 1
> 0, U
2
| x U
2
R

{2}

x
2
5x+6
x2
+ 1

<
Risolviamo la disequazione

x
2
5x+6
x2
+ 1

< ottenendo

(x2)(x3)
x2
+ 1

< da cui |(x 3) + 1| < ed inne


|x 2| <
che rappresenta lintorno di 2 cercato.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.2 Teoremi sui limiti 16
Esempio 3.1.2. Usando la denizione di limite, vericare che
lim
x
1
x
2
+ 2
= 0
> 0, U

| x U

1
x
2
+2

<
Risolviamo la disequazione

1
x
2
+2

< ottenendo x
2
+ 2 >
1

da cui x
2
>
1

2 ed inne
x <
_
1

2, x >
_
1

2
che rappresenta lintorno di cercato.
Esempio 3.1.3. Usando la denizione di limite, vericare che
lim
x5
ln(x + 5)
2
=
M > 0, U
5
| x U
5
R {5} ln(x + 5)
2
< M
Risolviamo la disequazione ln(x + 5)
2
< M ottenendo (x + 5)
2
< e
M
da cui

e
M
< x + 5 <

e
M
ed inne
5

e
M
< x < 5 +

e
M
che rappresenta lintorno di 5 cercato.
Esempio 3.1.4. Usando la denizione di limite, vericare che
lim
x

1 x = +
M > 0, U

| x U

] , 1]

1 x > M
Risolviamo la disequazione

1 x > M ottenendo 1 x > M


2
da cui x > M
2
1 ed inne
x < 1 M
2
che rappresenta lintorno di cercato.
3.2 Teoremi sui limiti
Teorema 3.2.1 (Teorema di unicit`a del limite). Il limite di una funzione f(x), reale di variabile reale,
per x che tende ad una accumulazione c per il suo dominio D, se esiste, `e unico.
Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che il limite non sia unico. Nel caso nito, si avrebbe l
1
,= l
2
ossia, per esempio, l
1
< l
2
; per denizione di limite si ha
> 0, U
1
c
[ x U
1
c
Dc [f(x) l
1
[ <
> 0, U
2
c
[ x U
2
c
Dc [f(x) l
2
[ <
cio`e
> 0, U
1
c
[ x U
1
c
Dc l
1
< f(x) < l
1
+
> 0, U
2
c
[ x U
2
c
Dc l
2
< f(x) < l
2
+
in particolare in U
1
c
U
2
c
D risulta che
l
2
< f(x) < l
1
+
cio`e anche
l
2
< l
1
+
ovvero
l
2
l
1
< 2
che contraddice lipotesi che sia positivo piccolo a piacere.
In maniera del tutto analoga si lavora nel caso innito.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.2 Teoremi sui limiti 17
Teorema 3.2.2 (Teorema della permanenza del segno). Se una funzione f(x), reale di variabile reale,
per x che tende ad una accumulazione c per il suo dominio, ha limite non nullo allora esiste un intorno
di c in cui la funzione assume lo stesso segno del suo limite.
Dimostrazione. Supponiamo che il limite esista nito e positivo. Per denizione di limite si ha
> 0, U
c
[ x U
c
Dc [f(x) l[ <
cio`e
> 0, U
c
[ x U
c
Dc l < f(x) < l +
in particolare per =
l
2
risulta che
l
l
2
< f(x)
ovvero
f(x) >
l
2
> 0
Analogamente si lavora nel caso nito e negativo e nei casi inniti.
Teorema 3.2.3 (Teorema del confronto o dei 2 carabinieri). Siano f(x), g(x), h(x) tre funzioni reali di
variabile reale denite in un intorno di una comune acculmulazione c ove risulti f(x) g(x) h(x) e
sia inoltre
lim
xc
f(x) = l = lim
xc
h(x)
allora anche
lim
xc
g(x) = l
Dimostrazione. Per denizione di limite si ha
> 0, U
c
[ x U
c
Dc [f(x) l[ <
> 0, U
c
[ x U
c
Dc [h(x) l[ <
cio`e
> 0, U
c
[ x U
c
Dc l < f(x) < l +
> 0, U
c
[ x U
c
Dc l < h(x) < l +
in particolare risulta che
l < f(x) g(x) h(x) < l +
cio`e
l < g(x) < l +
che equivale ad aermare che
lim
xc
g(x) = l
Analogamente si procede nei casi inniti.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.3 Operazioni sui limiti 18
3.3 Operazioni sui limiti
1. Casi niti: siano lim
xc
f
1
(x) = l
1
e lim
xc
f
2
(x) = l
2
con l
1
, l
2
R allora
lim
xc
[f
1
(x) +f
2
(x)] = l
1
+l
2
lim
xc
[f
1
(x) f
2
(x)] = l
1
l
2
lim
xc
f
1
(x) f
2
(x) = l
1
l
2
lim
xc
f
1
(x)
f
2
(x)
=
l
1
l
2
l
2
,= 0
lim
xc
[f
1
(x)[ = [l
1
[
lim
xc
f
1
(x)
f
2
(x)
= l
l
2
1
l
1
> 0
2. Addizioni con i limiti (almeno un caso innito):
siano lim
xc
f
1
(x) = l e lim
xc
f
2
(x) = con l R allora lim
xc
[f
1
(x) +f
2
(x)] =
siano lim
xc
f
1
(x) = + e lim
xc
f
2
(x) = + allora lim
xc
[f
1
(x) +f
2
(x)] = +
siano lim
xc
f
1
(x) = e lim
xc
f
2
(x) = allora lim
xc
[f
1
(x) +f
2
(x)] =
Osservazione. Se invece lim
xc
f
1
(x) = + e lim
xc
f
2
(x) = allora nulla si pu`o dire! In tal caso
parleremo di forma indeterminata del tipo +.
3. Moltiplicazioni con i limiti (almeno un caso innito):
siano lim
xc
f
1
(x) = l e lim
xc
f
2
(x) = con l R

allora lim
xc
f
1
(x) f
2
(x) =
siano lim
xc
f
1
(x) = e lim
xc
f
2
(x) = allora lim
xc
f
1
(x) f
2
(x) =
Osservazione. Se invece lim
xc
f
1
(x) = 0 e lim
xc
f
2
(x) = allora nulla si pu`o dire! In tal caso parleremo
di forma indeterminata del tipo 0 .
Osservazione. Per la determinazione del segno di valgono le solite regole dei segni.
4. Divisioni con i limiti (almeno un caso innito o nullo):
siano lim
xc
f
1
(x) = l e lim
xc
f
2
(x) = 0 con l R

allora lim
xc
f
1
(x)
f
2
(x)
=
siano lim
xc
f
1
(x) = l e lim
xc
f
2
(x) = con l R allora lim
xc
f
1
(x)
f
2
(x)
= 0
siano lim
xc
f
1
(x) = e lim
xc
f
2
(x) = l con l R allora lim
xc
f
1
(x)
f
2
(x)
=
Osservazione. Se invece lim
xc
f
1
(x) = 0 e lim
xc
f
2
(x) = 0 allora nulla si pu`o dire! In tal caso parleremo
di forma indeterminata del tipo
0
0
.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.4 Continuit`a delle funzioni reali di variabile reale 19
Osservazione. Se invece lim
xc
f
1
(x) = e lim
xc
f
2
(x) = allora nulla si pu`o dire! In tal caso
parleremo di forma indeterminata del tipo

.
Osservazione. Per la determinazione del segno di valgono le solite regole dei segni.
5. Potenze con i limiti (almeno un caso innito o nullo):
In tal caso `e opportuno osservare che f
1
(x)
f
2
(x)
= e
f
2
(x) ln f
1
(x)
e quindi il calcolo del limite della
potenza `e ricondotto al calcolo del limite di un prodotto. Poich`e lunica forma indeterminata per
il prodotto `e 0 ne consegue che se f
2
(x) 0 e ln f
1
(x) allora f
1
(x) + oppure
f
1
(x) 0
+
; se invece f
2
(x) e ln f
1
(x) 0 allora f
1
(x) 1. Da ci`o si deduce che risultano
forme indeterminate anche quelle del tipo +
0
, 0
0
e 1

.
3.4 Continuit`a delle funzioni reali di variabile reale
Diamo di seguito una delle fondamentali denizioni di tutta lAnalisi matematica.
Denizione 3.4.1. Sia y = f(x) una funzione reale di variabile reale e sia c un punto di accumulazione
per il suo dominio; diremo che la funzione `e continua in c se
lim
xc
f(x) = f(c)
Se invece c `e un punto isolato per il dominio allora diremo che la funzione `e continua in c.
Osservazione. I teoremi e le operazioni visti sopra sono banalmente estendibili al caso di funzioni continue
in c con lovvia sostituzione di l
1
e l
2
con f
1
(c) e f
2
(c).
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari
Teorema 3.5.1. La funzione costante f(x) = k `e continua su tutto lasse reale.
Dimostrazione. Preso c R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
lim
xc
k = k
cio`e la funzione `e continua su tutto lasse reale, essendo
> 0, U
c
[ x U
c
[f(x) l[ <
nel nostro caso
[k k[ = 0 <
vericata per ogni valore reale di x.
Teorema 3.5.2. La funzione identit`a f(x) = x `e continua su tutto lasse reale.
Dimostrazione. Preso c R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
lim
xc
x = c
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari 20
cio`e la funzione `e continua su tutto lasse reale, essendo
> 0, U
c
[ x U
c
[f(x) l[ <
nel nostro caso
[x c[ <
che rappresenta lintorno U
c
cercato.
Osservazione. Conseguenza immediata dei primi due teoremi sulla continuit`a e dei precedenti sui limiti,
`e la continuit`a delle funzioni polinomiali e razionali fratte (naturalmente nei loro domini).
Teorema 3.5.3. La funzione esponenziale elementare f(x) = a
x
`e continua su tutto lasse reale.
Dimostrazione. Preso c R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
lim
xc
a
x
= a
c
cio`e la funzione `e continua su tutto lasse reale, essendo
> 0, U
c
[ x U
c
[f(x) l[ <
nel nostro caso
[a
x
a
c
[ <
cio`e
a
c
< a
x
< a
c
+
a > 1 log
a
(a
c
) < x < log
a
(a
c
+)
0 < a < 1 log
a
(a
c
+) < x < log
a
(a
c
)
che rappresentano nei rispettivi casi lintorno di c cercato.
Teorema 3.5.4. La funzione logaritmica elementare f(x) = log
a
x `e continua nel suo dominio (per
x > 0).
Dimostrazione. Preso c > 0 esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
lim
xc
log
a
x = log
a
c
cio`e la funzione `e continua nel suo dominio, essendo
> 0, U
c
[ x U
c
[f(x) l[ <
nel nostro caso
[log
a
x log
a
c[ <
cio`e
log
a
c < log
a
x < log
a
c +
a > 1 a
log
a
c
< x < a
log
a
c+
0 < a < 1 a
log
a
c+
< x < a
log
a
c
che rappresentano nei rispettivi casi lintorno di c cercato.
Teorema 3.5.5. La funzione sinusoidale elementare f(x) = sin x `e continua su tutto lasse reale.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari 21
Dimostrazione. Preso c R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
lim
xc
sin x = sin c
cio`e la funzione `e continua su tutto lasse reale, essendo
> 0, U
c
[ x U
c
[f(x) l[ <
nel nostro caso
[sin x sin c[ <
cio`e
sin c < sin x < sin c +
arcsin(sin c ) + 2k < x < arcsin(sin c +) + 2k
intervalli tra i quali si trova lintorno di c cercato.
Teorema 3.5.6. La funzione cosinusoidale elementare f(x) = cos x `e continua su tutto lasse reale.
Dimostrazione. Preso c R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
lim
xc
cos x = cos c
cio`e la funzione `e continua su tutto lasse reale, essendo
> 0, U
c
[ x U
c
[f(x) l[ <
nel nostro caso
[cos x cos c[ <
cio`e
cos c < cos x < cos c +
arccos(cos c ) + 2k < x < arccos(cos c +) + 2k
intervalli tra i quali si trova lintorno di c cercato.
Osservazione. Conseguenza immediata dei teoremi sulla continuit`a e dei precedenti sui limiti, `e la conti-
nuit`a delle funzioni tangente, cotangente e ottenute mediante operazioni elementari su funzioni continue
(naturalmente nei loro domini).
Osservazione. In maniera analoga si pu`o dimostrare che composte di fuzioni continue sono continue
(naturalmente nei loro domini) e che inverse di funzioni continue sono continue (naturalmente nei loro
domini).
Osservazione. Si pu`o dimostrare che per una fuzione f(x) continua e monotona crescente su un intervallo
reale I di estremi a, b con a < b(anche inniti) si ha
lim
xa
+
f(x) = inf f(x)
xI
lim
xa

f(x) = sup f(x)


xI
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari 22
Analogamente se si fosse trattato di una funzione monotona decrescente. In particolare osserviamo che
lim
x
e
x
= 0
lim
x+
e
x
= +
lim
x0
+
ln x =
lim
x+
ln x = +
Diamo di seguito gli enunciati di tre teoremi riguardanti le funzioni continue denite su un intervallo
chiuso e limitato, anteponendo alcune denizioni di cui ci serviremo.
Denizione 3.5.1. Diremo massimo assoluto per una funzione reale denita in un dominio reale il
massimo, se esiste, dellinsieme delle immagini.
Denizione 3.5.2. Diremo minimo assoluto per una funzione reale denita in un dominio reale il
minimo, se esiste, dellinsieme delle immagini.
Teorema 3.5.7 (Teorema di Weierstrass). Una funzione continua denita su un intervallo chiuso e
limitato ammette minimo e massimo assoluti.
Teorema 3.5.8 (Teorema dei valori intermedi). Una funzione continua denita su un intervallo chiuso
e limitato assume tutti i valori compresi fra il minimo e il massimo assoluti.
Teorema 3.5.9 (Teorema degli zeri). Una funzione continua denita su un intervallo chiuso e limitato
che assume valori discordi agli estremi, si annulla almeno una volta allinterno dellintervallo.
Facendo uso della continuit`a delle funzioni elementari e dei teoremi sui limiti, calcolare i seguenti
limiti.
Esempio 3.5.1. lim
x1
(x
2
3x +2) trattandosi di una fuzione continua, `e suciente sostituire ad x il valore 1; si ottiene
cos`
lim
x1
(x
2
3x + 2) = 0
Esempio 3.5.2. lim
x2
1
x 2
la fuzione non `e continua in 2 ma `e suciente usare le operazioni sui limiti nei casi inniti;
si ottiene cos`
lim
x2
1
x 2
=
Osservazione. La notazione usata riassume i 2 casi
lim
x2
+
1
x 2
= +
lim
x2

1
x 2
=
e in tal caso ammetteremo che il limite dato esiste.
Esempio 3.5.3. lim
x3
e
1
x3
la fuzione non `e continua in 3 ma `e suciente usare le operazioni sui limiti nei casi inniti
disinguendo per` o il caso destro dal sinistro; si ottiene cos`
lim
x3
+
e
1
x3
= +
lim
x3

e
1
x3
= 0
Osservazione. Per il teorema dellunicit`a del limite, diremo che il limite dato non esiste.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari 23
Esempio 3.5.4. lim
x0
sin
1
x
non esiste poich`e, per x che tende a 0,
1
x
tende allinnito e, dato che la funzione sinusoidale
`e periodica, essa assume tutti i valori compresi fra -1 e 1 innite volte in ogni intorno di innito; viene, quindi, a mancare
lunicit`a del limite.
Esempio 3.5.5. lim
x
ln
_
1 +
1
x
_
la fuzione non `e continua in 2 ma `e suciente usare le operazioni sui limiti nei casi
inniti; si ottiene cos`
lim
x
ln
_
1 +
1
x
_
= 0
Osservazione. La notazione usata riassume i 2 casi
lim
x+
ln
_
1 +
1
x
_
= 0
lim
x
ln
_
1 +
1
x
_
= 0
Esempio 3.5.6. lim
x2
2x
2
5x + 2
x
2
4
numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti si calcolano per
sostituzione; si ottiene per`o la forma indeterminata
0
0
che suggerisce la scomposizione in fattori dei polinomi:
lim
x2
(2x 1)(x 2)
(x + 2)(x 2)
= lim
x2
2x 1
x + 2
la funzione razionale fratta ottenuta `e ora continua in 2, perci`o `e suciente sostituire e
si ottiene cos`
lim
x2
2x
2
5x + 2
x
2
4
=
3
4
Esempio 3.5.7. lim
x1

x + 5 + 2x
x + 1
numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti si calcolano per
sostituzione; si ottiene per` o la forma indeterminata
0
0
che elimineremo moltiplicando sia il numeratore che il denominatore
per una stessa quantit`a:
lim
x1
(

x + 5 + 2x)(

x + 5 2x)
(x + 1)((

x + 5 2x))
= lim
x1
x + 5 4x
2
(x + 1)((

x + 5 2x))
= lim
x1

4x
2
x 5
(x + 1)((

x + 5 2x))
=
= lim
x1

(x + 1)(4x 5)
(x + 1)((

x + 5 2x))
= lim
x1

4x 5

x + 5 2x
la funzione ottenuta `e ora continua in -1, perci`o `e suciente
sostituire e si ottiene cos`
lim
x1

x + 5 + 2x
x + 1
=
9
4
Esempio 3.5.8. lim
x
2x
3
4x + 1
5x
3
+ 2x
2
numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti risultano inniti;
si ottiene perci`o la forma indeterminata

che elimineremo raccogliendo sia a numeratore che a denominatore la potenza


di grado massimo:
lim
x
x
3
(2
4
x
2
+
1
x
3
)
x
3
(5 +
2
x
)
= lim
x
2
4
x
2
+
1
x
3
5 +
2
x
=
2
5
poich`e ciascuna delle frazioni tende a 0.
Esempio 3.5.9. lim
x
2x
3
+ 5x
2
2
x
2
+ 2x + 3
numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti risultano inniti;
si ottiene perci`o la forma indeterminata

che elimineremo raccogliendo sia a numeratore che a denominatore la potenza


di grado massimo:
lim
x
x
3
(2 +
5
x

2
x
3
)
x
2
(1 +
2
x
+
3
x
2
)
= lim
x
x
2 +
5
x

2
x
3
1 +
2
x
+
3
x
2
= poich`e, come nellesercizio precedente, la frazione tende a 2 e
tendendo x allinnito, in base ai teoremi visti, il limite del prodotto risulta innito.
Esempio 3.5.10. lim
x
x
4
x
2
+ 3x 4
6x
5
2x
4
+x 1
numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti risultano
inniti; si ottiene perci`o la forma indeterminata

che elimineremo raccogliendo sia a numeratore che a denominatore la


potenza di grado massimo:
lim
x
x
4
(1
1
x
2
+
3
x
3

4
x
4
)
x
5
(6
2
x
+
1
x
4

1
x
5
)
= lim
x
1
x

1
1
x
2
+
3
x
3

4
x
4
6
2
x
+
1
x
4

1
x
5
= 0 poich`e, come nellesercizio precedente, la frazione tende a
1
6
e tendendo x allinnito, in base ai teoremi visti, il limite del prodotto risulta zero.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari 24
Osservazione. Dagli ultimi tre esempi si deduce facilmente la regola generale per il calcolo del limite di
un rapporto di polinomi quando x tende allinnito:
lim
x
a
0
x
n
+a
1
x
n1
+... +a
n
b
0
x
m
+b
1
x
m1
+... +b
m
=
a
0
b
0
se n = m
se n > m
0 se n < m
Procediamo ora fornendo due denizioni che permettono il confronto fra funzioni tendenti allinnito.
Denizione 3.5.3. Diremo che una funzione f(x) `e un innito per x che tende a c se
lim
xc
f(x) =
Denizione 3.5.4. Date due funzioni f(x) e g(x) innite per x che tende a c, se
lim
xc
f(x)
g(x)
=
k R

allora diremo che f(x) e g(x) sono inniti dello stesso ordine
allora diremo che f(x) `e un innito di ordine superiore rispetto a g(x)
0 allora diremo che f(x) `e un innito di ordine inferiore rispetto a g(x)
non esiste allora diremo che f(x) e g(x) sono inniti non confrontabili
Osservazione. Nel caso in cui addirittura
lim
xc
f(x)
g(x)
= 1
diremo che f(x) e g(x) sono inniti equivalenti e si usa la notazione
f(x) g(x)
Osservazione. Dagli esercizi visti sopra si deduce facilmente che, per x che tende allinnito, un polinomio
`e equivalente al suo termine di grado massimo; inoltre, lo studio delle funzioni trascendenti aveva gi`a messo
in luce che, per x che tende a + la funzione logaritmica crescente `e un innito di ordine inferiore a
qualsiasi potenza positiva di x, che a sua volta `e un innito di ordine inferiore rispetto alla funzione
esponenziale crescente. Per esprimere questultima relazione, che potr`a essere provata solo in seguito, si
usa la notazione: per x +
log
a
x << x

<< a
x
con a reale maggiore di 1 e per ogni reale positivo.
Enunciamo, ora, due teoremi di particolare utilit`a nel calcolo dei limiti che coinvolgono funzioni
innite.
Teorema 3.5.10 (Principio di sostituzione degli inniti equivalenti ). Se f
1
(x), f
2
(x), g
1
(x), g
2
(x) sono
inniti per x che tende a c e f
1
(x) f
2
(x), g
1
(x) g
2
(x) allora
lim
xc
f
1
(x)
g
1
(x)
= lim
xc
f
2
(x)
g
2
(x)
se i limiti esistono.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.5 Continuit`a delle funzioni elementari 25
Teorema 3.5.11 (Principio di eliminazione degli inniti ). Se f(x), g(x), a(x), b(x) sono inniti per x
che tende a c, a(x) e b(x) sono inniti di ordine inferiore rispettivamente a f(x) e g(x) allora
lim
xc
f(x) +a(x)
g(x) +b(x)
= lim
xc
f(x)
g(x)
se i limiti esistono.
Esempio 3.5.11. lim
x+
x + ln x
2x

x
= lim
x+
x
2x
=
1
2
avendo utilizzato i principi enunciati sopra.
Esempio 3.5.12. lim
x+
2
x
+ 5x
3
3
x
6
3

x 1
= lim
x+
2
x
3
x
= lim
x+
_
2
3
_
x
= 0 essendo, per x che tende a +, (x 1)
equivalente a x e avendo utilizzato i principi enunciati sopra, le propriet`a delle potenze e delle funzioni esponenziali.
Esempio 3.5.13. lim
x+
log
2
(x + 3
5

x + 2)
log
3
2x +

x
= lim
x+
log
2
(x)
log
3
2x
= lim
x+
ln x
ln 2
ln 2x
ln 3
= lim
x+
ln x
ln 2x

ln 3
ln 2
= = lim
x+
ln x
ln x + ln 2

ln 3
ln 2
=
ln 3
ln 2
essendo, per x che tende a +, (x+3
5

x + 2) equivalente a x, (2x+

x) equivalente a 2x, avendo utilizzato


i principi enunciati sopra e le propriet` a dei logaritmi.
Esempio 3.5.14. lim
x+
(

x
2
+ 1 x) i due addendi tendono rispettivamente a + e perci` o si ottiene la forma
indeterminata + che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore per

x
2
+ 1 +x:
lim
x+
(x
2
+ 1) x
2

x
2
+ 1 +x
= lim
x+
1
_
x
2
_
1 +
1
x
2
_
+x
= lim
x+
1
|x|
_
1 +
1
x
2
+x
poich`e x tende a + si ha |x| = x pertanto
si ottiene:
lim
x+
1
x
_
_
1 +
1
x
2
+ 1
_ = 0 poich`e la quantit` a dentro parentesi tende a 2 e x tende a +.
Esempio 3.5.15. lim
x
(

x
2
+ 1x) i due addendi tendono entrambi a + perci` o non si ha una forma indeterminata
e il limite `e facilmente calcolabile:
lim
x
(

x
2
+ 1 x) = +
Osservazione. Se lesercizio fosse stato proposto nella forma
lim
x
(
_
x
2
+ 1 x)
sarebbe stato necessario distinguere i due casi come fatto sopra.
Esempio 3.5.16. lim
x
(

x
2
+ 3x x) in base allosservazione precedente, dovremo distinguere i due casi:
lim
x+
(

x
2
+ 3x x) i due addendi tendono rispettivamente a + e perci` o si ottiene la forma indeterminata
+ che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore per

x
2
+ 3x +x:
lim
x+
(x
2
+ 3x) x
2

x
2
+ 3x +x
= lim
x+
3x
_
x
2
_
1 +
3
x
_
+x
= lim
x+
3x
|x|
_
1 +
3
x
+x
poich`e x tende a + si ha |x| = x pertanto
si ottiene:
lim
x+
3x
x
_
_
1 +
3
x
+ 1
_ = lim
x+
3
_
1 +
3
x
+ 1
=
3
2
poich`e il denominatore tende a 2.
lim
x
(

x
2
+ 3x x) i due addendi tendono entrambi a + perci` o non si ha una forma indeterminata e il limite `e
facilmente calcolabile:
lim
x
(

x
2
+ 3x x) = +
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.6 Limiti fondamentali 26
Esempio 3.5.17. lim
x1

x + 3 2x
x 1
numeratore e denominatore sono funzioni continue nei loro domini e i loro limiti
risultano zero; si ottiene perci` o la forma indeterminata
0
0
che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore
per

x + 3 + 2x:
lim
x1
(

x + 3)
2
(2x)
2
(x 1)(

x + 3 + 2x)
= lim
x1
4x
2
+x + 3
(x 1)(

x + 3 + 2x)
= lim
x1
(x 1)(4x 3)
(x 1)(

x + 3 + 2x)
= lim
x1
4x 3

x + 3 + 2x
la funzione
ottenuta `e ora continua in 1, perci` o `e suciente sostituire e si ottiene cos`
lim
x1
4x 3

x + 3 + 2x
=
7
4
Esempio 3.5.18. lim
x8
3

x 2

x + 1 3
numeratore e denominatore sono funzioni continue nei loro domini e i loro limiti
risultano zero; si ottiene perci` o la forma indeterminata
0
0
che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore
per (
3

x
2
+ 2
3

x + 4)(

x + 1 + 3):
lim
x8
((
3

x)
3
2
3
)(

x + 1 + 3)
((

x + 1)
2
3
2
)(
3

x
2
+ 2
3

x + 4)
= lim
x8
((x 8)(

x + 1 + 3)
(x 8)(
3

x
2
+ 2
3

x + 4)
= lim
x8

x + 1 + 3
3

x
2
+ 2
3

x + 4
la funzione ottenuta `e
ora continua in 8, perci`o `e suciente sostituire e si ottiene cos`
lim
x8

x + 1 + 3
3

x
2
+ 2
3

x + 4
=
1
2
3.6 Limiti fondamentali
Esaminiamo ora due limiti notevoli, uno dei quali sar`a anche dimostrato, detti primo e secondo limi-
te fondamentale, di particolare interesse per le molteplici conseguenze che da essi discendono. Essi si
presentano come forme indeterminate del tipo, rispettivamente,
0
0
e 1

.
lim
x0
sin x
x
= 1 (I)
lim
x
_
1 +
1
x
_
x
= e (II)
Teorema 3.6.1 (I limite fondamentale). Se x `e la misura in radianti di un angolo allora risulta
lim
x0
sin x
x
= 1
.
Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che
lim
x0
+
sin x
x
= 1
non `e restrittivo supporre che langolo (la cui misura in radianti coincide con la misura dellarco associato)
sia compreso fra 0 e

2
; dalla goniometria e dalla geometria sintetica sappiamo che:
sin x x tan x
dividiamo tutti e tre i membri per sin x (che `e positivo e non modica, quindi, il verso) ed otteniamo:
1
x
sin x

1
cos x
applichiamo il teorema del confronto per x che tende a zero da destra; le funzioni estremanti tendono
entrambe banalmente a 1 e quindi risulta:
lim
x0
+
x
sin x
= 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.6 Limiti fondamentali 27
da cui, per il teorema sul limite del reciproco di una funzione, si conclude la prima parte della dimostra-
zione.
Essendo, inne, la funzione y =
sin x
x
pari, risulta che anche il
lim
x0

x
sin x
= 1
da cui la tesi.
Esempio 3.6.1. lim
x0
sin 3x
2x
ci riconduciamo al I limite fondamentale:
lim
x0
sin 3x
3x

3x
2x
= lim
x0
sin 3x
3x

3
2
poniamo 3x = z e osservando che se x tende a 0 anche z tende a 0, otteniamo:
lim
z0
sin z
z

3
2
=
3
2
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli e , si prova facilmente che:
lim
x0
sin x
x
=

Esempio 3.6.2. lim


x0
tan x
x
ci riconduciamo al I limite fondamentale:
lim
x0
sin x
cos x
x
= lim
x0
sin x
x

1
cos x
= 1
Esempio 3.6.3. lim
x0
arcsin x
x
ci riconduciamo al I limite fondamentale con la posizione arcsin x = z da cui x = sin z
con z tendente a 0:
lim
z0
z
sin z
= 1
Esempio 3.6.4. lim
x0
arctan x
x
ci riconduciamo al I limite fondamentale con la posizione arctan x = z da cui x = tan z
con z tendente a 0:
lim
z0
z
tan z
= 1
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli e , si prova facilmente che:
lim
x0
tan x
x
=

lim
x0
arcsin x
x
=

lim
x0
arctan x
x
=

Esempio 3.6.5. lim


x0
1 cos x
x
2
ci riconduciamo al I limite fondamentale moltiplicando numeratore e denominatore per
1 + cos x:
lim
x0
1 (cos x)
2
x
2
(1 + cos x)
= lim
x0
(sin x)
2
x
2

1
1 + cos x
= lim
x0
_
sin x
x
_
2

1
1 + cos x
=
1
2
Esempio 3.6.6. lim
x0
1 cos 5x
x
2
ci riconduciamo al I limite fondamentale moltiplicando numeratore e denominatore per
1 + cos 5x:
lim
x0
1 (cos 5x)
2
x
2
(1 + cos 5x)
= lim
x0
(sin 5x)
2
x
2

1
1 + cos 5x
= lim
x0
_
sin 5x
x
_
2

1
1 + cos 5x
=
25
2
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.6 Limiti fondamentali 28
Osservazione. In generale, dato il numero reale non nullo , si prova facilmente che:
lim
x0
1 cos x
x
2
=

2
2
Procediamo ora fornendo due denizioni che permettono il confronto fra funzioni tendenti a zero e
rendono molto pi` u agevole il calcolo di un limite qualora questo si riconduca al I limite fondamentale.
Denizione 3.6.1. Diremo che una funzione f(x) `e un innitesimo per x che tende a c se
lim
xc
f(x) = 0
Denizione 3.6.2. Date due funzioni f(x) e g(x) innitesime per x che tende a c, se
lim
xc
f(x)
g(x)
=
k R

allora diremo che f(x) e g(x) sono innitesimi dello stesso ordine
allora diremo che f(x) `e un innitesimo di ordine inferiore rispetto a g(x)
0 allora diremo che f(x) `e un innitesimo di ordine superiore rispetto a g(x)
non esiste allora diremo che f(x) e g(x) sono innitesimi non confrontabili
Osservazione. Nel caso in cui addirittura
lim
xc
f(x)
g(x)
= 1
diremo che f(x) e g(x) sono innitesimi equivalenti e si usa la notazione
f(x) g(x)
Dagli esempi svolti sopra e dalle denizioni date, segue immediatamente che, per x che tende a 0,
sono innitesimi equivalenti le seguenti funzioni:
x sin x
x tan x
x arcsin x
x arctan x
1
2
x
2
1 cos x
Osservazione. Dalla denizione di innitesimi equivalenti, discende che funzioni identicamente nulle in
un intorno di c non possono essere equivalenti (infatti , in nessun caso, il limite del loro rapporto potrebbe
dare 1).
Enunciamo, ora, due teoremi di particolare utilit`a nel calcolo dei limiti che coinvolgono funzioni
innitesime.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.6 Limiti fondamentali 29
Teorema 3.6.2 (Principio di sostituzione degli innitesimi equivalenti ). Se f
1
(x), f
2
(x), g
1
(x), g
2
(x)
sono innitesimi per x che tende a c e f
1
(x) f
2
(x), g
1
(x) g
2
(x) allora
lim
xc
f
1
(x)
g
1
(x)
= lim
xc
f
2
(x)
g
2
(x)
se i limiti esistono.
Teorema 3.6.3 (Principio di eliminazione degli innitesimi ). Se f(x), g(x), a(x), b(x) sono innitesimi
per x che tende a c, a(x) e b(x) sono innitesimi di ordine superiore rispettivamente a f(x) e g(x) allora
lim
xc
f(x) +a(x)
g(x) +b(x)
= lim
xc
f(x)
g(x)
se i limiti esistono.
Esempio 3.6.7. lim
x0
sin 2x + arcsin x
2
2 arctan 3x
tan 5x + arcsin
2
x
= lim
x0
2x +x
2
2 3x
5x +x
2
= lim
x0
2x 6x
5x
=
4
5
essendo, per x che
tende a 0, sin 2x equivalente a 2x, arcsin x
2
equivalente a x
2
, arctan 3x equvalente a 3x, tan 5x equivalente a 5x e (arcsin x)
2
equivalente a x
2
ed avendo utilizzato i principi enunciati sopra.
Esempio 3.6.8. lim
x

6
sin(

6
x)
_
1 cos(x

6
)
= lim
z0
z
_
1
2
z
2
avendo posto z = x

6
ed essendo, per z che tende a 0, sin(z)
equivalente a z e 1 cos z equivalente a
1
2
z
2
. Dobbiamo a questo punto distinguere due casi: lim
z0
+
z
z

2
=

2 e
lim
z0

2
=

2
Esempio 3.6.9. lim
x
sin
2 1
x
1 cos
_
3
x
_ = lim
z0
z
2
1
2
(3z)
2
=
2
9
avendo posto z =
1
x
ed essendo, per z che tende a 0, sin
2
z
equivalente a z
2
e (1 cos 3z) equivalente a
1
2
(3z)
2
Esempio 3.6.10. lim
x0
sin x x
x
3
in questo caso non `e possibile sostituire (sin x x) con (x x) = 0 poich`e, come `e
stato precedentemente osservato, la funzione identicamente nulla non `e equivalente ad alcun inntesimo; lesercizio non `e
risolvibile con le attuali conoscenze.
Proponiamo, a questo punto, una serie di esercizi in cui si utilizza anche il II limite fondamentale.
Esempio 3.6.11. lim
x
_
1 +
3
x
_
2x
= lim
x
_
1 +
3
x
_ x
3
6
= lim
x
_
_
1 +
3
x
_ x
3
_
6
= lim
z
__
1 +
1
z
_
z
_
6
= e
6
avendo posto
z =
x
3
e utilizzato il II limite fondamentale oltre alla propriet` a della potenza di potenza.
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli e , si prova facilmente che
lim
x
_
1 +

x
_
x
= e

Esempio 3.6.12. lim


x
_
1 +
1
x
_
x
2
= lim
x
_
1 +
1
x
_
xx
= lim
x
__
1 +
1
x
_
x
_
x
dobbiamo distinguere i due casi: lim
x+
__
1 +
1
x
_
x
_
x
=
+ mentre lim
x
__
1 +
1
x
_
x
_
x
= 0 avendo utilizzato il II limite fondamentale e i limiti relativi alla funzione esponenziale.
Esempio 3.6.13. lim
x
_
1 +
1
x
2
_
x
= lim
x
_
1 +
1
x
2
_
x
2

1
x
= lim
x
_
_
1 +
1
x
2
_
x
2
_
1
x
= 1 avendo utilizzato il II limite
fondamentale e i limiti relativi alla funzione esponenziale.
Esempio 3.6.14. lim
x
_
1+x
2+x
_
x
il rapporto tra polinomi entro parentesi tende a 1, si ottiene perci`o la forma indeterminata
1

che elimineremo riconducendoci al II limite fondamentale: lim


x
_
1 +
1
x
1 +
2
x
_
x
= lim
x
_
1 +
1
x
_
x
_
1 +
2
x
_
x
=
e
e
2
=
1
e
avendo
utilizzato il II limite fondamentale e gli esercizi precedenti.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.6 Limiti fondamentali 30
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli e , si prova facilmente che
lim
x
_
+x
+x
_
x
= e

Osservazione. Usando la posizione z =


1
x
, si prova facilmente che il II limite fondamentale `e equivalente
al seguente limite
lim
x0
(1 +x)
1
x
= e
Esempio 3.6.15. lim
x0
ln(1 +x)
x
= lim
x0
1
x
ln(1 + x) = lim
x0
ln(1 + x)
1
x = 1 avendo usato una propriet`a dei logaritmi e
losservazione precedente.
Esempio 3.6.16. lim
x0
log
a
(1 +x)
x
= lim
x0
1
x
log
a
(1 +x) = lim
x0
log
a
(1 +x)
1
x = log
a
e (a > 0, a = 1) avendo usato una
propriet`a dei logaritmi e losservazione precedente.
Esempio 3.6.17. lim
x0
e
x
1
x
ci riconduciamo al II limite fondamentale con la posizione z = e
x
1 da cui x = ln(1+z)
con z tendente a 0:
lim
z0
z
ln(1 +z)
= 1 avendo usato lesercizio precedente.
Esempio 3.6.18. lim
x0
a
x
1
x
(a > 0, a = 1) ci riconduciamo al II limite fondamentale con la posizione z = a
x
1
da cui x = log
a
(1 +z) con z tendente a 0:
lim
z0
z
log
a
(1 +z)
=
1
log
a
e
= ln a avendo usato lesercizio precedente.
Osservazione. Dagli esempi svolti sopra e dalle denizioni date, segue immediatamente che, per x che
tende a 0, sono innitesimi equivalenti le seguenti funzioni:
x ln(1 +x)
x e
x
1
Esempio 3.6.19. Dato il numero reale non nullo , calcoliamo lim
x0
(1 +x)

1
x
riscriviamo in modo opportuno
lespressione a numeratore lim
x0
e
ln(1+x)

1
x
= lim
x0
e
ln(1+x)
1
x
= lim
x0
e
x
1
x
= lim
x0
x
x
= essendo, per x che
tende a 0, ln(1 +x) equivalente a x, e
x
1 equivalente a x.
Osservazione. Dallesempio svolto sopra e dalle denizioni date, segue immediatamente che, per x che
tende a 0, sono innitesimi equivalenti le seguenti funzioni:
x (1 +x)

1
con numero reale non nullo.
Esempio 3.6.20. lim
x0
(1 + arcsin x)
1
sin x = e essendo, per x che tende a 0, arcsin x equivalente a x, sin x equivalente a x.
Esempio 3.6.21. lim
x0
(cos x)
1
x
2
= lim
x0
(cos x 1 + 1)
1
x
2
= lim
x0
(
x
2
2
+ 1)
1
x
2
= e

1
2 =
1

e
essendo, per x che tende a 0,
(cos x 1) equivalente a
x
2
2
.
Esempio 3.6.22. lim
x0
e
2x
e
x
x
= lim
x0
e
2x
1 + 1 e
x
x
= lim
x0
2x x
x
= lim
x0
x
x
= 1 essendo, per x che tende a 0, (e
2x
1)
equivalente a 2x e (1 e
x
) equivalente a x.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.7 Punti di discontinuit`a 31
Esempio 3.6.23. lim
x0
x cos
1
x
x
= lim
x0
cos
1
x
non esiste poich`e, per x che tende a 0,
1
x
tende allinnito; pertanto gli
innitesimi x cos
1
x
e x non sono confrontabili.
Procediamo ora fornendo due denizioni che permettono il confronto fra funzioni tendenti allinnito.
Denizione 3.6.3. Diremo che una funzione f(x) `e un innito per x che tende a c se
lim
xc
f(x) =
Denizione 3.6.4. Date due funzioni f(x) e g(x) innite per x che tende a c, se
lim
xc
f(x)
g(x)
=
k R

allora diremo che f(x) e g(x) sono inniti dello stesso ordine
allora diremo che f(x) `e un innito di ordine superiore rispetto a g(x)
0 allora diremo che f(x) `e un innito di ordine inferiore rispetto a g(x)
non esiste allora diremo che f(x) e g(x) sono inniti non confrontabili
Osservazione. Nel caso in cui addirittura
lim
xc
f(x)
g(x)
= 1
diremo che f(x) e g(x) sono inniti equivalenti e si usa la notazione
f(x) g(x)
Osservazione. Dagli esercizi visti sopra si deduce facilmente che, per x che tende allinnito, un polinomio
`e equivalente al suo termine di grado massimo; inoltre, lo studio delle funzioni trascendenti aveva gi`a messo
in luce che, per x che tende a + la funzione logaritmica `e un innito di ordine inferiore a qualsiasi
potenza positiva di x, che a sua volta `e un innito di ordine inferiore rispetto alla funzione esponenziale.
Per esprimere questultima relazione, che potr`a essere provata solo in seguito, si usa la notazione:
x +
ln x << x

<< e
x
per ogni reale positivo.
3.7 Punti di discontinuit`a
Denizione 3.7.1. Data una funzione reale di variabile reale f(x), sia x
0
R un punto di accumulazione
del suo dominio; diremo che x
0
`e un punto di discontinuit`a di I specie se esistono niti ma diversi i seguenti
limiti
lim
xx
+
0
f(x)
e
lim
xx

0
f(x)
In tal caso chiameremo salto della funzione f in x
0
la quantit`a S =

lim
xx
+
0
f(x) lim
xx

0
f(x)

.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.7 Punti di discontinuit`a 32
Esempio 3.7.1. Discutere gli eventuali punti di discontinuit` a della seguente funzione:
f(x) =
|x|
x
Lunico eventuale punto di discontinuit`a della funzione data `e, ovviamente, x
0
= 0 e poich`e
lim
xx
+
0
f(x) = lim
x0
+
|x|
x
= lim
x0
+
x
x
= 1
lim
xx

0
f(x) = lim
x0

|x|
x
= lim
x0

x
x
= 1
si tratta di una discontinuit` a di I specie con salto S = 2.
Denizione 3.7.2. Data una funzione reale di variabile reale f(x), sia x
0
R un punto di accumulazione
del suo dominio; diremo che x
0
`e un punto di discontinuit`a di II specie se non esiste o `e innito almeno
uno dei seguenti limiti
lim
xx
+
0
f(x)
e
lim
xx

0
f(x)
Esempio 3.7.2. Discutere gli eventuali punti di discontinuit` a della seguente funzione:
f(x) =
2x + 1
x + 3
Lunico eventuale punto di discontinuit`a della funzione data `e, ovviamente, x
0
= 3 e poich`e
lim
xx
0
f(x) = lim
x3
2x + 1
x + 3
=
si tratta di una discontinuit`a di II specie. Osserviamo che la retta di equazione x = 3 costituisce un asintoto verticale per
il graco della funzione data.
Denizione 3.7.3. Data una funzione reale di variabile reale f(x), sia x
0
R un punto di accumulazione
del suo dominio; diremo che x
0
`e un punto di discontinuit`a di III specie se esiste nito il limite
lim
xx
0
f(x)
ma il valore della funzione in x
0
non esiste oppure `e diverso da tale limite.
In tal caso diremo che la discontinuit`a `e eliminabile ponendo che
lim
xx
0
f(x) = f(x
0
)
Esempio 3.7.3. Discutere gli eventuali punti di discontinuit` a della seguente funzione:
f(x) =
x
2
3x + 2
x 1
Lunico eventuale punto di discontinuit`a della funzione data `e, ovviamente, x
0
= 1 e poich`e
lim
xx
0
f(x) = lim
x1
x
2
3x + 2
x 1
= lim
x1
(x 1)(x 2)
x 1
= lim
x1
(x 2) = 1
ma la funzione non `e denita in x
0
= 1, si tratta di una discontinuit`a di III specie. Eliminiamo la discontinuit` a ponendo

f(x) =
f(x) se x = 1
1 se x = 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.7 Punti di discontinuit`a 33
Esempio 3.7.4. Discutere gli eventuali punti di discontinuit` a della seguente funzione:
f(x) =
x + 2 se x 0
sin 3x
x
se 0 < x
1
x
se x >
Gli eventuali punti di discontinuit`a della funzione data sono, ovviamente, 0 e ; poich`e
lim
x0

f(x) = lim
x0

(x + 2) = 2
lim
x0
+
f(x) = lim
x0
+
sin 3x
x
= 3
il punto x = 0 `e una discontinuit`a di I specie con salto S = 1. Analogamente si procede per il punto x = e poich`e
lim
x

f(x) = lim
x

sin 3x
x
= 0
lim
x
+
f(x) = lim
x
+
1
x
= +
il punto x = `e una discontinuit`a di II specie e la retta di equazione x = `e un asintoto verticale da destra per il graco
della funzione.
Esempio 3.7.5. Determinare gli eventuali valori reali di k anch`e la funzione
f(x) =
e
x
1
x
se x = 0
k se x = 0
sia continua su tutto lasse reale.
Lunico eventuale punto di discontinuit`a della funzione data `e, ovviamente, x = 0 e poich`e
lim
x0
f(x) = lim
x0
e
x
1
x
= 1
mentre il valore della funzione in 0 `e k, anch`e essa sia continua su tutto lasse reale deve essere k = 1.
3.7.1 Esercizi riassuntivi proposti
Usando i teoremi sui limiti e la continuit`a delle funzioni elementari, provare che:
1. lim
x2
x
2
+1
x
2
1
=
5
3
2. lim
x

3 sin x2 cos x
3x
=
1
2
3. lim
x0
+
sin
_
1
ln x
_
= 0
4. lim
x+
e
3x
= 0
5. lim
x0
+
2 ln x
3+e
x
=
6. lim
x2

2x4
x
= 0
7. lim
x1
+
3x2

x
2
1
= +
8. lim
x0
+
7x
2
2x+1
x
2
+x
= +
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.7 Punti di discontinuit`a 34
9. lim
x
arctan(1 +e
x
) =

4
10. lim
x+
tan(
1
x
)

x
2
+x
= 0
Usando anche le tecniche per eliminare la forma indeterminata
0
0
, provare che:
1. lim
x2
x
2
3x+2
x
2
+x6
=
1
5
2. lim
x1
x
3
x
2
+2x2
x
2
1
=
3
2
3. lim
x1
x
3
1
x
4
1
=
3
4
4. lim
x5
x
2
3x10
x
2
10x+25
=
5. lim
x1
x
3
+4x
2
+5x+2
x
2
x2
= 0
6. lim
x1

x+1

x
2
+32
=

2
2
7. lim
x1

x
2
+2x+21
x+1
= 0
8. lim
x0
1+x

1+x

1+x1
= 1
9. lim
x1
4

x1

x1
=
1
2
10. lim
x3
+

x3

x+1

2(x1)
=
Usando anche le tecniche per eliminare la forma indeterminata

o +, provare che:
1. lim
x
3x
2
+2x+1
x
2
+x6
= 3
2. lim
x
x+1
x
2
1
= 0
3. lim
x
x
3
1
x
2
1
=
4. lim
x
x
6
3x10
x
2
10x+25
= +
5. lim
x+

1+x
2
4x3
=
1
4
6. lim
x

1+x
2
4x3
=
1
4
7. lim
x

x
2
+3
x+1
= 1
8. lim
x+
(

x
2
+ 4x + 3 x) = 2
9. lim
x
(

x
2
+ 4x + 3 x) = +
10. lim
x
(

x
2
3x + 1

x
2
1) =
3
2
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.7 Punti di discontinuit`a 35
Usando anche il I limite fondamentale, provare che:
1. lim
x0
sin 3x
6x
=
1
2
2. lim
x0
sin 3x
sin 2x
=
3
2
3. lim
x0
tan 5x
tan 7x
=
5
7
4. lim
x0
2x+3 sin 5x+tan
2
x
x+sin
2
x3 tan x
=
17
2
5. lim
x0
1cos x
2x sin x
=
1
4
6. lim
x0
1cos x
tan
2
x
=
1
2
7. lim
x

3
sin(x

3
)
x
2

2
9
=
6

8. lim
x0
sin x
x
=

, ,= 0
9. lim
x0
sin
3
2x
2x
3
= 4
10. lim
x0
arcsin x+2x
arctan x+3x
=
3
4
Usando anche il II limite fondamentale, provare che:
1. lim
x0
(1 +x)
5
x
= e
5
2. lim
x
(1 +
2
x
)
x
= e
2
3. lim
x
(1 +
1
3x
)
x
=
3

e
4. lim
x
(1 +
x
x
)
x
= e

5. lim
x0
(1 + sin x)
1
tan x
= e
6. lim
x
_
x+1
x+2
_
x
=
1
e
7. lim
x0
e
3x
1
5x
=
3
5
8. lim
x0
e
x
e
x
x
= 2
9. lim
x0
ln(1+x
2
)
sin
2
x
= 1
10. lim
x0
e
x
2
cos x
x
2
=
3
2
11. lim
x0

2(1cos x)
x
= 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
3.7 Punti di discontinuit`a 36
Determinare gli eventuali punti di discontinuit`a delle seguenti funzioni reali di variabile reale, indi-
candone la specie:
1) f(x) =
x 1
[x 1[
[x = 1, I specie]
2) f(x) =
2x 5
3 2x
[x =
3
2
, II specie]
3) f(x) =
x + 1
3
2
x
9
[x = 0, I specie; x = 1, II specie]
4) f(x) =
x
2
7x + 10
3x x
2
2
[x = 1, II specie; x = 2, III specie]
5) f(x) =
_

_
sin x
x
, x < 0
x
2
+ 1, x > 0
[x = 2, III specie]
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
Capitolo 4
Derivate e funzioni derivabili
In questo capitolo aronteremo il concetto di derivata che `e uno dei pi` u importanti dellAnalisi Matema-
tica e delle sue applicazioni.
4.1 Denizione e signicato geometrico di derivata
x
y
P
Q
x
0
x
0
+h
Data una funzione reale f(x) continua in un intorno I di x
0
R, siano P(x
0
, f(x
0
)) e Q(x
0
+h, f(x
0
+
h)) due punti appartenti al suo graco (ove si intende x
0
+h I); detti rispettivamente incremento della
variabile dipendente e indipendente le quantit`a
y = f(x) = f(x
0
+h) f(x
0
)
e
x = (x
0
+h) x
0
= h
diremo rapporto incrementale di f relativo ad x
0
la quantit`a
f(x)
x
=
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.2 Calcolo e regole di derivazione 38
Dalla teoria della Trigonometria e della Geometria Analitica, sappiamo che il rapporto incrementale `e
il coeciente angolare m
PQ
della retta passante per i punti P e Q che risulta secante il graco della
funzione data:
m
PQ
=
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
Osserviamo che, al tendere, lungo la curva, del punto Q verso il punto P, cio`e al tendere di h a 0, la
secante PQ tende alla tangente in P alla curva stessa. Diamo, dunque, la denizione seguente:
Denizione 4.1.1. Diremo derivata prima della funzione f(x) nel punto x
0
il limite, se esiste nito, del
rapporto incrementale di f relativo ad x
0
per h che tende a 0 e scriveremo
lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= f

(x
0
)
In tal caso diremo che la funzione f `e derivabile in x
0
.
Osservazione. Per indicare la derivata prima di una funzione f possiamo utilizzare anche i seguenti
simboli: (Df)(x
0
),
_
df(x)
dx
_
x=x
0
.
Osservazione. Essendo la derivata un limite, anche per essa ha senso denire la derivata destra:
lim
h0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= f

+
(x
0
)
e la derivata sinistra:
lim
h0

f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= f

(x
0
)
Denizione 4.1.2. Diremo che una funzione f(x) `e derivabile in un intervallo I se lo `e in ogni punto
di I. Qualora f(x) fosse denita agli estremi di I, sar`a suciente che f(x) ammetta derivata destra
nellestremo sinistro e derivata sinistra in quello destro.
4.2 Calcolo e regole di derivazione
Esaminiamo ora alcuni esempi di calcolo di derivata, tutti di importanza fondamentale.
Esempio 4.2.1. f(x) = k lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
k k
h
= lim
h0
0
h
= 0 si pu` o osservare che la derivata cos`
calcolata rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; poich`e la tangente
alla funzione data `e, in questo caso, la funzione stessa (retta parallela allasse delle ascisse), il suo coeciente angolare `e,
ovviamente, nullo.
Esempio 4.2.2. f(x) = x lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
(x
0
+h) x
0
h
= lim
h0
h
h
= 1 si pu`o osservare che la
derivata cos` calcolata rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; poich`e
la tangente alla funzione data `e, in questo caso, la funzione stessa (bisettrice del primo e terzo quadrante), il suo coeciente
angolare `e, ovviamente, unitario.
Esempio 4.2.3. f(x) = x
2
lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
(x
0
+h)
2
x
2
0
h
= lim
h0
2hx
0
+h
2
h
= lim
h0
h(2x
0
+h)
h
=
2x
0
si pu`o osservare che la derivata cos` calcolata rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla funzione
data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare dellascissa del punto considerato.
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 39
Osservazione. Dallesempio sopra svolto e dallAlgebra segue che con f(x) = x
n
per n N risulta
lim
h0
(x
0
+h)
n
x
n
0
h
= n x
n1
0
Osservazione. Si pu`o dimostrare addirittura che con f(x) = x

per R risulta
lim
h0
(x
0
+h)

0
h
= x
1
0
Esempio 4.2.4. f(x) = e
x
lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
e
x
0
+h
e
x
0
h
= lim
h0
e
x
0
e
h
e
x
0
h
= lim
h0
e
x
0
(e
h
1)
h
=
e
x
0
si pu`o osservare che la derivata cos` calcolata rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla funzione
data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare dellascissa del punto considerato.
Osservazione. Dallesempio precedente e da un limite gi`a calcolato, segue che con f(x) = a
x
(a > 0, a ,= 1)
risulta
lim
h0
a
x
0
+h
a
x
0
h
= a
x
0
ln a
Esempio 4.2.5. f(x) = ln x lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
ln(x
0
+h) ln x
0
h
= lim
h0
ln
_
x
0
+h
x
0
_
h
= lim
h0
ln
_
1 +
h
x
0
_
h
=
lim
h0
ln
_
1 +
h
x
0
_
h
x
0

1
x
0
=
1
x
0
si pu` o osservare che la derivata cos` calcolata rappresenta il coeciente angolare della retta
tangente alla funzione data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare dellascissa
del punto considerato.
Osservazione. Dal precedente esempio e da un limite calcolato, segue che con f(x) = log
a
x (a > 0, a ,= 1)
risulta
lim
h0
log
a
(x
0
+h) log
a
x
0
h
=
1
x
0
log
a
e
Esempio 4.2.6. f(x) = sin x lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
sin(x
0
+h) sin x
0
h
=
= lim
h0
sin x
0
cos h + cos x
0
sin h sin x
0
h
= lim
h0
sin x
0
(cos h 1) + cos x
0
sin h
h
=
= lim
h0
_
sin x
0
cos h 1
h
+ cos x
0
sin h
h
_
= cos x
0
si pu`o osservare che la derivata cos` calcolata rappresenta il coeciente
angolare della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al
variare dellascissa del punto considerato.
Esempio 4.2.7. f(x) = cos x lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= lim
h0
cos(x
0
+h) cos x
0
h
= sin x
0
(la dimostrazione `e
del tutto analoga al caso precedente); si pu`o osservare che la derivata cos` calcolata rappresenta il coeciente angolare
della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare
dellascissa del punto considerato.
Teorema 4.2.1 (Linearit`a delloperatore di derivazione). Date le funzioni reali di variabile reale f
1
(x)
e f
2
(x) derivabili in un punto x
0
e le costanti reali
1
e
2
si ha
(
1
f
1
+
2
f
2
)

(x
0
) =
1
f

1
(x
0
) +
2
f

2
(x
0
)
Dimostrazione. La dimostrazione discende immediatamente dalla denizione di derivata e dalla linearit`a
delloperatore di limite.
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 40
Esempio 4.2.8. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = 3 sin x + 5x
4
; si ha
y

= 3 cos x + 5 4x
3
= 3 cos x + 20x
3
Esempio 4.2.9. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = 2
3

x
4
x
= 2 x
1
3 4 x
1
; si ha
y

= 2
1
3
x
1
3
1
4 (1)x
11
= 2
1
3
x

2
3 + 4 x
2
=
2
3
3

x
2
+
4
x
2
Teorema 4.2.2 (Derivata di un prodotto). Date le funzioni reali di variabile reale f
1
(x) e f
2
(x) derivabili
in un punto x
0
si ha
(f
1
f
2
)

(x
0
) = f

1
(x
0
) f
2
(x
0
) +f
1
(x
0
) f

2
(x
0
)
Dimostrazione. Applicando la denizione di derivata alla funzione prodotto otteniamo
(f
1
f
2
)

(x
0
) = lim
h0
f
1
(x
0
+h) f
2
(x
0
+h) f
1
(x
0
) f
2
(x
0
)
h
aggiungendo e togliendo a numeratore la quantit`a f
1
(x
0
) f
2
(x
0
+h), si ha
lim
h0
f
1
(x
0
+h) f
2
(x
0
+h) f
1
(x
0
) f
2
(x
0
+h) +f
1
(x
0
) f
2
(x
0
+h) f
1
(x
0
) f
2
(x
0
)
h
=
= lim
h0
f
2
(x
0
+h) (f
1
(x
0
+h) f
1
(x
0
)) +f
1
(x
0
) (f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
))
h
=
= lim
h0
_
f
2
(x
0
+h)
f
1
(x
0
+h) f
1
(x
0
)
h
+f
1
(x
0
)
f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
)
h
_
=
= f

1
(x
0
) f
2
(x
0
) +f
1
(x
0
) f

2
(x
0
)
Esempio 4.2.10. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = (2x 5) e
x
; si ha
y

= 2 e
x
+ (2x 5) e
x
= (2x 3)e
x
Teorema 4.2.3 (Derivata di un quoziente). Date le funzioni reali di variabile reale f
1
(x) e f
2
(x) derivabili
in un punto x
0
si ha
_
f
1
f
2
_

(x
0
) =
f

1
(x
0
) f
2
(x
0
) f
1
(x
0
) f

2
(x
0
)
(f
2
(x
0
))
2
Dimostrazione. Applicando la denizione di derivata alla funzione quoziente otteniamo
_
f
1
f
2
_

(x
0
) = lim
h0
f
1
(x
0
+h)
f
2
(x
0
+h)

f
1
(x
0
)
f
2
(x
0
)
h
=
aggiungendo e togliendo a numeratore la quantit`a f
1
(x
0
) f
2
(x
0
), si ha
lim
h0
f
1
(x
0
+h) f
2
(x
0
) f
1
(x
0
) f
2
(x
0
+h)
h(f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
))
=
= lim
h0
f
1
(x
0
+h) f
2
(x
0
) f
1
(x
0
) f
2
(x
0
) +f
1
(x
0
) f
2
(x
0
) f
1
(x
0
) f
2
(x
0
+h)
h(f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
))
=
= lim
h0
f
2
(x
0
) (f
1
(x
0
+h) f
1
(x
0
)) f
1
(x
0
)(f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
))
h(f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
))
=
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.2 Calcolo e regole di derivazione 41
= lim
h0
_
f
2
(x
0
+h)
f
1
(x
0
+h) f
1
(x
0
)
h
f
1
(x
0
)
f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
)
h
_
f
2
(x
0
+h) f
2
(x
0
=
=
f

1
(x
0
) f
2
(x
0
) f
1
(x
0
) f

2
(x
0
)
(f
2
(x
0
))
2
Esempio 4.2.11. Calcolare la derivata della funzione di equazione y =
3x 1
5 x
; si ha
y

=
3 (5 x) (3x 1) (1)
(5 x)
2
=
15 3x + 3x 1
(5 x)
2
=
14
(5 x)
2
Esempio 4.2.12. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = tan x =
sin x
cos x
; si ha
y

=
cos x cos x sin x (sin x)
(cos x)
2
=
cos
2
x + sin
2
x
(cos x)
2
=
1
cos
2
x
= 1 + tan
2
x
Teorema 4.2.4 (Derivata di una funzione di funzione). Date le funzioni reali di variabile reale f(x) e
g(x) derivabili rispettivamente in x
0
e f(x
0
) e nellipotesi che esista g f si ha
(g f)

(x
0
) = g

(f(x
0
)) f

(x
0
)
Omettiamo la dimostrazione; chiariamo, invece, con una serie di esempi lapplicazione della regola
enunciata.
Esempio 4.2.13. Calcolare la derivata della funzione di equazione y =
_
x
2
+ 1
_
3
; si ha
y

= 3
_
x
2
+ 1
_
2
2x = 6x
_
x
2
+ 1
_
2
Esempio 4.2.14. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln(3x 5); si ha
y

=
1
3x 5
3 =
3
3x 5
Esempio 4.2.15. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = e
x
2
; si ha
y

= e
x
2
(2x) = 2xe
x
2
Esempio 4.2.16. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = sin
3
x = (sin x)
3
; si ha
y

= 3 (sin x)
2
cos x = 3 sin
2
xcos x
Esempio 4.2.17. Calcolare la derivata della funzione di equazione y =
_
1 + ln
2
x; si ha
y

=
1
2
_
1 + ln
2
x

_
2 ln x
1
x
_
=
2 ln x
2x
_
1 + ln
2
x
=
ln x
x
_
1 + ln
2
x
Esempio 4.2.18. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln |x|; si ha
y =
ln x se x > 0
ln(x) se x < 0
e, quindi
y

=
1
x
se x > 0
1
x
(1) =
1
x
se x < 0
da cui
y

=
1
x
, x = 0
il che equivale ad aermare che la derivata del logaritmo del modulo di x pu`o essere calcolata come se il modulo non ci
fosse!
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.2 Calcolo e regole di derivazione 42
Osservazione. Data la funzione reale di variabile reale f(x) con f(x) ,= 0 risulta che
y = ln [f(x)[ =
ln f(x) se f(x) > 0
ln(f(x)) se f(x) < 0
e, quindi
y

=
1
f(x)
f

(x) se f(x) > 0


1
f(x)
(f

(x)) =
1
f(x)
se f(x) < 0
da cui
y

=
f

(x)
f(x)
, f(x) ,= 0
il che equivale ad aermare che la derivata del logaritmo del modulo di f(x) pu`o essere calcolata come
se il modulo non ci fosse!
Esempio 4.2.19. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln

x
2
3x + 2

; si ha
y

=
2x 3
x
2
3x + 2
Osservazione. Date le funzioni reali di variabile reale f(x) e g(x) con f(x) > 0 risulta che
y = [f(x)]
g(x)
= e
ln[f(x)]
g(x)
= e
g(x)ln[f(x)]
quindi `e
y

= e
g(x)ln[f(x)]

_
g

(x) ln[f(x)] +g(x)


f

(x)
f(x)
_
cio`e, in denitiva:
y

= [f(x)]
g(x)
_
g

(x) ln[f(x)] +g(x)


f

(x)
f(x)
_
Esempio 4.2.20. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = x
x
= e
xln x
; si ha
y

= e
xln x
(1 ln x +x
1
x
) = x
x
(ln x + 1)
Teorema 4.2.5 (Derivata della funzione inversa). Data la funzione reale di variabile reale f
1
inversa
della funzione reale di variabile reale f si ha
_
f
1
_

(x
0
) =
1
f

(y
0
)
essendo y
0
= f(x
0
) e f

(y
0
) ,= 0.
Omettiamo la dimostrazione; chiariamo, invece, con alcuni esempi lapplicazione della regola enun-
ciata.
Esempio 4.2.21. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = arcsin x; `e, evidentemente, x = sin y; si ha
y

=
1
cos y
=
1
_
1 sin
2
y
=
1

1 x
2
avendo tenuto conto che, nellintervallo di invertibilit`a della funzione sinusoidale, cos y =
_
1 sin
2
y con segno positivo.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.2 Calcolo e regole di derivazione 43
Esempio 4.2.22. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = arctan x; `e, evidentemente, x = tan y; si ha
y

=
1
1 + tan
2
y
=
1
1 +x
2
avendo utilizzato la seconda forma della derivata della funzione tangente.
Esempio 4.2.23. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln x; `e, evidentemente, x = e
y
; si ha
y

=
1
e
y
=
1
x
avendo ritrovata la derivata della funzione logaritmica gi`a calcolata per via diretta.
A conclusione di questa sezione, forniamo la seguente tabella riassuntiva.
funzione derivata
k 0
x

x
1
sin x cos x
cos x sin x
tan x
1
cos
2
x
= 1 + tan
2
x
cot x
1
sin
2
x
= (1 + cot
2
x)
e
x
e
x
a
x
a
x
ln a
ln x
1
x
log
a
x
1
x
log
a
e
arcsin x
1

1 x
2
arccos x
1

1 x
2
arctan x
1
1 +x
2
arccot x
1
1 +x
2
f(x) +g(x) f

(x) +g

(x)
f(x)g(x) f

(x)g(x) +f(x)g

(x)
f(x)
g(x)
f

(x)g(x) f(x)g

(x)
g
2
(x)
[f(x)]
g(x)
[f(x)]
g(x)
_
g

(x) ln[f(x)] +g(x)


f

(x)
f(x)
_
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.3 Regola di De LHospital 44
Completiamo con la denizione di derivata n-esima.
Denizione 4.2.1. Diremo derivata n-esima o derivata di ordine n di una funzione reale di variabile
reale in x
0
la derivata della derivata (n-1)-esima e scriveremo
f
(n)
(x
0
) =
_
f
(n1)
_

(x
0
), n N

Osservazione. Per indicare la derivata n-esima di una funzione f possiamo utilizzare anche i seguenti
simboli: (D
n
f)(x
0
),
_
d
n
f(x)
dx
n
_
x=x
0
. Inoltre osserviamo che la prima scrittura necessita della parentesi
tonda se lordine della derivata `e espresso in cifre arabe mentre pu`o essere omessa se `e espresso in numero
romano.
Esempio 4.2.24. Calcolare la derivata seconda della funzione di equazione y = e
3x
; si ha
y

= 3e
3x
e quindi
y

= y
(2)
= 9e
3x
Esempio 4.2.25. Calcolare la derivata n-esima della funzione di equazione y = ln(1 +x); si ha
y

=
1
1 +x
y

= y
(2)
=
1
(1 +x)
2
y

= y
(3)
=
2
(1 +x)
3
y
IV
= y
(4)
=
2 3
(1 +x)
4
y
V
= y
(5)
=
2 3 4
(1 +x)
5
e quindi
y
(n)
= (1)
n+1
(n 1)!
(1 +x)
n
Esempio 4.2.26. Calcolare la derivata n-esima della funzione di equazione y = sin x; si ha
y

= cos x
y

= y
(2)
= sin x
y

= y
(3)
= cos x
y
IV
= y
(4)
= sin x
e quindi
y
(n)
=
(1)
k
sin x se n = 2k
(1)
k
cos x se n = 2k + 1
4.3 Regola di De LHospital
Enunciamo ora, senza dimostrarlo, un importante teorema da cui discende una regola pratica che permette
di risolvere alcune forme indeterminate del tipo
0
0
oppure

[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave


4.3 Regola di De LHospital 45
Teorema 4.3.1. Date le funzioni f(x) e g(x) entrambe innitesime (o entrambe innite) per x c, se
esiste il
lim
xc
f

(x)
g

(x)
allora risulta
lim
xc
f(x)
g(x)
= lim
xc
f

(x)
g

(x)
Esempio 4.3.1. Calcolare lim
x+
x
e
x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata
+
+
e applichiamo la regola appena enunciata
lim
x+
x
e
x
H
= lim
x+
1
e
x
= 0
avendo segnalato luso della regola di De LHospital in modo opportuno.
Esempio 4.3.2. Calcolare lim
x+
ln x
x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata
+
+
e applichiamo la regola appena enunciata
lim
x+
ln x
x
H
= lim
x+
1
x
1
= 0
avendo segnalato luso della regola di De LHospital in modo opportuno.
Esempio 4.3.3. Calcolare lim
x+
e
x
x
2
5x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata
+
+
e applichiamo la regola appena enunciata
lim
x+
e
x
x
2
5x
H
= lim
x+
e
x
2x 5
H
= lim
x+
e
x
2
= +
avendo segnalato luso della regola di De LHospital in modo opportuno.
Osservazione. Lultimo esempio, generalizzato a rapporti fra polinomi di grado qualunque e funzioni
esponenziali o funzioni logaritmiche, iterando lapplicazione della regola tante volte quante necessarie per
eliminare lindeterminazione, dimostra ci`o che gi`a era stato anticipato sullordine di innito delle funzioni
polinomiali, esponenziali e logaritmiche.
Ricordiamo la notazione usata: per x +
log
a
x << x

<< a
x
con a reale maggiore di 1 e per ogni reale positivo.
Esempio 4.3.4. Calcolare lim
x0
sin x x
x
3
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata
0
0
e applichiamo la regola appena enunciata
lim
x0
sin x x
x
3
H
= lim
x0
cos x 1
3x
2
H
= lim
x0
sin x
6x
=
1
6
avendo segnalato luso della regola di De LHospital in modo opportuno.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.4 Continuit`a e derivabilit`a 46
Esempio 4.3.5. Calcolare lim
x0
+
xln x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata 0 () che riconduciamo alla forma indeterminata

+
prima di applicare la regola appena enunciata
lim
x0
+
xln x = lim
x0
+
ln x
1
x
H
= lim
x0
+
1
x

1
x
2
= lim
x0
+
(x) = 0
avendo segnalato luso della regola di De LHospital in modo opportuno.
Osservazione. Calcolare lim
x
x + sin x
x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata

ma non `e possibile applicare la regola appena


enunciata in quanto
lim
x
1 + cos x
1
non esiste,
mentre il limite iniziale `e calcolabile banalmente e vale 1.
4.4 Continuit`a e derivabilit`a
Ci proponiamo ora di esaminare nel dettaglio il legame tra i concetti di continuit`a e derivabilit`a di una
funzione reale di variabile reale.
Teorema 4.4.1. Una funzione derivabile in x
0
`e ivi continua.
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che, in x
0
, il limite coincide con il valore della funzione, cio`e che
lim
xx
0
f(x) = f(x
0
)
ovvero che
lim
h0
f(x
0
+h) = f(x
0
)
Infatti:
lim
h0
f(x
0
+h) = lim
h0
_
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
h +f(x
0
)
_
= f(x
0
)
poich`e lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
esiste nito essendo la funzione derivabile per ipotesi e quindi
lim
h0
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
h = 0
Osservazione. Il teorema non `e invertibile! Una funzione pu`o essere continua in x
0
senza essere ivi
derivabile. Ne `e un classico controesempio la funzione f(x) = [x[ che risulta banalmente continua su
tutto lasse reale e quindi anche in 0; invece la sua derivata in 0 non esiste, essendo
f(x) =
x se x < 0
x se x 0
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.4 Continuit`a e derivabilit`a 47
e, quindi
f

(x) =
1 se x < 0
1 se x > 0
da cui
lim
x0

(x) = 1
lim
x0
+
f

(x) = 1
Non pu`o infatti esistere nito il limite del rapporto incrementale, cio`e la derivata, se limite destro e sinistro
sono diversi! In questo caso parleremo di punto angoloso, cio`e di un punto del graco della funzione nel
quale le tangenti da destra e da sinistra sono diverse (e, quindi, non esiste ununica tangente).
Dal teorema appena dimostrato (la derivabilit`a implica la continuit`a), discende che se una fun-
zione non `e continua in un punto allora non `e neppure ivi derivabile. Dallosservazione si deduce anche
che una funzione pu`o essere continua in un punto senza essere ivi derivabile. Analizziamo ora in dettaglio
le situazioni di continuit`a senza derivabilit`a che si possono presentare nello studio del graco di una
funzione.
Denizione 4.4.1. Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in un punto x
0
di accumu-
lazione per il suo dominio, diremo che essa ammette in x
0
un punto angoloso se esistono nite ma diverse
le derivate destra e sinistra in x
0
, ossia
lim
h0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= f

+
(x
0
) R
lim
h0

f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= f

(x
0
) R
con
f

+
(x
0
) ,= f

(x
0
)
cio`e, dal punto di vista geometrico, il graco della funzione ha in x
0
due diverse tangenti oblique.
Esempio 4.4.1. Discutere gli eventuali punti di non derivabilit` a della funzione f(x) = | ln x|.
La funzione f(x) = | ln x| risulta banalmente continua su tutto il suo dominio e quindi anche in 1; invece la sua derivata in
1 non esiste, essendo
f(x) =
ln x se 0 < x < 1
ln x se x 1
e, quindi
f

(x) =

1
x
se 0 < x < 1
1
x
se x > 1
da cui
lim
x1

(x) = 1
lim
x1
+
f

(x) = 1
pertanto si tratta di un punto angoloso con tangenti, rispettivamente al ramo sinistro e destro del graco, aventi equazioni
t
1
: y = x + 1
e
t
2
: y = x 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.4 Continuit`a e derivabilit`a 48
x
y
y = | ln x|
y = x 1 y = x + 1
Denizione 4.4.2. Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in un punto x
0
di accumu-
lazione per il suo dominio, diremo che essa ammette in x
0
una cuspide se
lim
h0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= +
lim
h0

f(x
0
+h) f(x
0
)
h
=
oppure
lim
h0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
=
lim
h0

f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= +
cio`e, dal punto di vista geometrico, il graco della funzione ha in x
0
una doppia tangente verticale.
Esempio 4.4.2. Discutere gli eventuali punti di non derivabilit` a della funzione f(x) =
_
|x|.
La funzione f(x) =
_
|x| risulta banalmente continua su tutto lasse reale e quindi anche in 0; invece la sua derivata in 0
non esiste, essendo
f(x) =

x se x < 0

x se x 0
e, quindi
f

(x) =

1
2

x
se x < 0
1
2

x
se x > 0
da cui
lim
x0

(x) =
lim
x0
+
f

(x) = +
pertanto si tratta di una cuspide con doppia tangente verticale di equazione
t : x = 0
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.4 Continuit`a e derivabilit`a 49
x
y
y =
_
|x|
Denizione 4.4.3. Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in un punto x
0
di accumu-
lazione per il suo dominio, diremo che essa ammette in x
0
un esso a tangente verticale se
lim
h0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= +
lim
h0

f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= +
oppure
lim
h0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
=
lim
h0

f(x
0
+h) f(x
0
)
h
=
cio`e, dal punto di vista geometrico, il graco della funzione ha in x
0
ununica tangente verticale.
Esempio 4.4.3. Discutere gli eventuali punti di non derivabilit` a della funzione f(x) =
3

x.
La funzione f(x) =
3

x risulta banalmente continua su tutto lasse reale e quindi anche in 0; invece la sua derivata in 0 non
esiste, essendo
f

(x) =
1
3
3

x
2
x = 0
da cui
lim
x0

(x) = +
lim
x0
+
f

(x) = +
pertanto si tratta di un punto di esso (che, in questo caso, viene anche detto esso ascendente) a tangente verticale di
equazione
t : x = 0
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 50
x
y
y =
3

x
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale
Enunciamo ora e dimostriamo alcuni teoremi sulle funzioni derivabili.
Teorema 4.5.1 (di Rolle). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in [a, b], derivabile
in ]a, b[ con f(a) = f(b) allora esiste almeno un punto c ]a, b[ tale che f

(c) = 0.
Dimostrazione. Se la funzione `e costante allora la sua derivata `e sempre nulla, come precedentemente
dimostrato, ed il teorema risulta banalmente vericato.
Supponiamo, quindi, che la funzione non sia costante; per il Teorema di Weierstrass essa ammette minimo
e massimo assoluti in [a, b]: almeno uno dei due deve essere assunto in ]a, b[ (altrimenti la funzione sarebbe
costante!), supponiamo, per esempio, che sia il massimo, cio`e M = f(x
0
) essendo M il valor massimo
della funzione e x
0
in ]a, b[. Pertanto si ha:
f(x
0
+h) f(x
0
) (1)
f(x
0
h) f(x
0
) (2)
essendo h un incremento positivo della variabile indipendente tale che risulti x
0
h [a, b]; dividiamo le
disuguaglianze (1) e (2) rispettivamente per h e h:
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
0 (1)
f(x
0
h) f(x
0
)
h
0 (2)
passiamo ora al limite per h che tende a 0:
limh 0
+
f(x
0
+h) f(x
0
)
h
= f

+
(x
0
) 0 (1)
limh 0

f(x
0
h) f(x
0
)
h
= f

(x
0
) 0 (2)
poich`e, per ipotesi, la funzione `e derivabile in ]a, b[, quindi anche in x
0
, deve essere
f

+
(x
0
) = f

(x
0
) = 0
ed x
0
`e il punto c che cercavamo.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 51
Dal punto di vista geometrico, osserviamo che il graco della funzione ha, nel punto di ascissa c,
tangente orizzontale, ossia parallela alla retta passante per gli estremi.
DISEGNO
Teorema 4.5.2 (di Cauchy). Date due funzioni reali di variabile reale f(x) e g(x), continue in [a, b],
derivabili in ]a, b[ con g

(x) ,= 0 allora esiste almeno un punto c ]a, b[ tale che


f

(c)
g

(c)
=
f(b) f(a)
g(b) g(a)
.
Dimostrazione. Osserviamo che lipotesi g

(x) ,= 0 garantisce che il denominatore g(b)g(a) sia anchesso


diverso da zero (se, infatti, fosse g(b) = g(a), per il Teorema di Rolle si avrebbe g

(c) = 0 per un qualche


c ]a, b[. Consideriamo la funzione
h(x) = [f(b) f(a)] g(x) [g(b) g(a)] f(x)
e verichiamo per essa le ipotesi del Teorema di Rolle: h(x) `e, banalmente, continua in [a, b] e derivabile
in ]a, b[; inoltre
h(b) = f(a) g(b) +g(a) f(b) = h(a)
pertanto esiste almeno un punto c in ]a, b[ tale che h

(c) = 0 cio`e
h

(c) = [f(b) f(a)] g

(c) [g(b) g(a)] f

(c) = 0
da cui
[g(b) g(a)] f

(c) = [f(b) f(a)] g

(c)
e quindi
f

(c)
g

(c)
=
f(b) f(a)
g(b) g(a)
Teorema 4.5.3 (di Lagrange o del valor medio). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua
in [a, b], derivabile in ]a, b[ allora esiste almeno un punto c ]a, b[ tale che f

(c) =
f(b) f(a)
b a
.
Dimostrazione. Si tratta del Teorema di Cauchy con g(x) = x.
Dal punto di vista geometrico, osserviamo che il graco della funzione ha, nel punto di ascissa c,
tangente parallela alla retta passante per gli estremi. Osserviamo anche che il Teorema di Rolle `e un caso
particolare del Teorema di Lagrange.
DISEGNO
Vediamo ora due importanti conseguenze del Teorema di Lagrange che saranno particolarmente utili
nello studio di funzione.
Teorema 4.5.4 (prima conseguenza). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in [a, b],
derivabile in ]a, b[ con f

(x) = 0, x ]a, b[ allora f(x) = k, x [a, b] con k costante reale.


Dimostrazione. Presi x
1
, x
2
tali che a x
1
< x
2
b, applichiamo il Teorema di Lagrange allintervallo
[x
1
, x
2
]:
f

(c) =
f(x
2
) f(x
1
)
x
2
x
1
= 0
essendo c opportuno in ]x
1
, x
2
[; da cui
f(x
2
) = f(x
1
)
e la funzione risulta quindi costante in [x
1
, x
2
]. Data larbitrariet`a di x
1
, x
2
si ha la tesi.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 52
Teorema 4.5.5 (seconda conseguenza). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in [a, b],
derivabile in ]a, b[ con f

(x) > 0, x ]a, b[ allora f(x) `e crescente x [x


1
, x
2
]. Data larbitrariet`a di
x
1
, x
2
si ha la tesi.
Dimostrazione. Presi x
1
, x
2
tali che a x
1
< x
2
b, applichiamo il Teorema di Lagrange allintervallo
[x
1
, x
2
]:
f

(c) =
f(x
2
) f(x
1
)
x
2
x
1
> 0
essendo c opportuno in ]x
1
, x
2
[; da cui
f(x
2
) > f(x
1
)
e la funzione risulta quindi crescente in [a, b].
Del tutto analogo `e il caso in cui la derivata `e negativa e la funzione decrescente.
Esempio 4.5.1. Data la funzione di equazione y =
_
|x| siano, rispettivamente, O, A, B, C i punti del suo graco di
ascisse 0, 1, -1, 4. Trovare lequazione delle tangenti al graco nei punti dati, dire se `e applicabile il Teorema di Rolle in
[1, 1], Lagrange in [0, 4] e in caso aermativo determinare gli eventuali punti c relativi.
Calcoliamo le coordinate dei punti dati: O(0, 0), A(1, 1), B(1, 1), C(4, 2); inoltre calcoliamo anche la derivata prima
della funzione in quanto essa rappresenta il coeciente angolare della retta tangente alla curva nel punto considerato.
f

(x) =

1
2

x
se x < 0
1
2

x
se x > 0
considerando dapprima il punto O, si ha:
lim
x0

(x) =
lim
x0
+
f

(x) = +
pertanto O(0, 0) `e una cuspide con doppia tangente verticale di equazione
t
O
: x = 0
Considerando il punto A, si ha:
f

(1) =
1
2
lequazione della retta tangente alla curva in A `e y 1 =
1
2
(x 1) cio`e
t
A
: y =
1
2
x +
1
2
oppure `e del tipo y =
1
2
x +q ed imponendo il passaggio per A si ottiene q =
1
2
da cui, nuovamente
t
A
: y =
1
2
x +
1
2
Considerando il punto B, si ha:
f

(1) =
1
2
lequazione della retta tangente alla curva in B `e y 1 =
1
2
(x + 1) cio`e
t
B
: y =
1
2
x +
1
2
oppure `e del tipo y =
1
2
x +q ed imponendo il passaggio per B si ottiene q =
1
2
da cui, nuovamente
t
B
: y =
1
2
x +
1
2
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 53
Considerando il punto C, si ha:
f

(4) =
1
4
lequazione della retta tangente alla curva in C `e y 2 =
1
4
(x 4) cio`e
t
C
: y =
1
4
x + 1
oppure `e del tipo y =
1
4
x +q ed imponendo il passaggio per C si ottiene q = 1 da cui, nuovamente
t
C
: y =
1
4
x + 1
Non `e applicabile il Teorema di Rolle in [1, 1] perch`e la funzione non `e derivabile in O; `e applicabile, invece, il teorema
di Lagrange in [0, 4] e il punto del graco in cui la tangente `e parallela alla retta passante per gli estremi O e C (y =
1
2
x)
`e proprio il punto A, come evidente dai calcoli precedenti; daltra parte `e ricavabile ponendo
f

(c) =
f(4) f(0)
4 0
1
2

c
=
1
2
da cui c = 1.
4.5.1 Esercizi riassuntivi proposti
Calcolare la derivata prima delle seguenti funzioni reali di variabile reale:
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 54
1) f(x) = (2x + 1)
2
[f

(x) = 4(2x + 1)]


2) f(x) = x
3
+ 2x
2
3 [f

(x) = 3x
2
+ 4x]
3) f(x) = (x 3)(x
2
+ 3x + 2) [f

(x) = 3x
2
7 ]
4) f(x) =
2x
2
x
2
+ 1
[f

(x) =
4x
(x
2
+ 1)
2
]
5) f(x) =
x
3
1
x
3
+ 1
[f

(x) =
6x
2
(x
3
+ 1)
2
]
6) f(x) =
x
2
+ 2x + 4
2x
[f

(x) =
x
2
4
2x
2
]
7) f(x) =
3

x
2
[f

(x) =
2
3
3

x
]
8) f(x) =
4

x
1
4

x
[f

(x) =
1 +

x
4x
4

x
]
9) f(x) =
x

x
x +

x
[f

(x) =

x
(x +

x)
2
]
10) f(x) = 3 +x + sin x [f

(x) = 1 + cos x]
11) f(x) = 5 sin xcos x [f

(x) = 5 cos 2x]


12) f(x) = sin
2
x [f

(x) = sin 2x ]
13) f(x) =
1 + cos x
cos x
[f

(x) =
sin x
cos
2
x
]
14) f(x) =
sin x
1 + tan
2
x
[f

(x) = cos x(3 cos


2
x 2)]
15) f(x) = tan
2
x
1
cos x
[f

(x) =
sin x(2 cos x)
cos
3
x
]
16) f(x) = x
3
ln x [f

(x) = x
2
(ln x
3
+ 1)]
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 55
17) f(x) =

xln x [f

(x) =

x
x
(ln

x + 1)]
18) f(x) =
1
xln x
[f

(x) =
1 + ln x
x
2
ln
2
x
]
19) f(x) = (x
2
+ 1)e
x
[f

(x) = (x + 1)
2
e
x
]
20) f(x) = (sin x + cos x)e
x
[f

(x) = 2e
x
cos x]
21) f(x) =
e
x
e
x
e
x
+e
x
[f

(x) =
4
(e
x
+e
x
)
2
]
22) f(x) = (x
2
+ 1) arctan x [f

(x) = 2xarctan x + 1]
23) f(x) = (1 x
2
) arcsin x [f

(x) =

1 x
2
2xarcsin x]
24) f(x) = arctan
x
2
[f

(x) =
2
4 +x
2
]
25) f(x) = arcsin
1
x
[f

(x) =
1
x

1
]
26) f(x) = arcsin e
x
[f

(x) =
e
x

1 e
2x
]
27) f(x) = arctan x + arctan
1
x
[f

(x) = 0]
28) f(x) = x

x
[f

(x) = x

x
1
2
_
1 +
1
2
ln x
_
]
29) f(x) = (cos x)
sin x
[f

(x) = (cos x)
sin x
(cos xln sin x sin xtan x)]
30) f(x) = x
1
ln x
[f

(x) = 0]
31) f(x) = ln(

1 +e
x
1) ln(

1 +e
x
+ 1) [f

(x) =
1

1 +e
x
]
32) f(x) = ln cos arctan
e
x
e
x
2
[f

(x) =
e
x
e
x
e
x
+e
x
]
33) f(x) =

a
2
x
2
+a arcsin
x
a
[f

(x) =
_
a x
a +x
]
Problemi:
1. Trovare le equazioni delle rette tangenti alla parabola di equazione y = x
2
2x + 3 nei suoi punti
di ordinata 6.
[y = 4x + 2; y = 4x 6]
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
4.5 Teoremi del calcolo dierenziale 56
2. Trovare le equazioni delle rette tangenti alla curva di equazione y =
x
2
3
x
3
nei punti in cui essa
interseca lasse x ele equazioni delle rette tangenti parallele allasse x.
[2x 3y 2

3 = 0; 2x 3y + 2

3 = 0; y =
2
9
]
3. Trovare le equazioni delle rette tangenti alla funzione omograca di equazione y =
2x + 4
x 3
parallele
alle rette di equazione 5x + 8y = 0; 5x + 2y = 0
[5x + 8y + 9 = 0; 5x + 8y 71 = 0; 5x + 2y + 1 = 0; , 5x + 2y 39 = 0]
Discutere continuit`a e derivabilit`a delle seguenti funzioni reali di variabile reale:
1) f(x) = [x
2
9[ [continua x R; (3, 0) punto angoloso con tangenti y = 6x+18
e y = 6x 18, (3, 0) punto angoloso con tangenti y = 6x + 18
e y = 6x 18 ]
2) f(x) =
_
[x + 2[ [continua x R; (2, 0) cuspide con tangente verticale x = 2]
3) f(x) =
5

1 x [continua x R; (1, 0) esso a tangente verticale x = 1 ]


4) f(x) =
1 x
2
x
2
5x + 4
[continua x R 1, 4;derivabile in x R 1, 4]
5) f(x) =
_
_
_
sin x, x < 0

x, x 0
[continua x R; (0, 0) punto angoloso con tangenti y = x e x = 0]
Facendo uso della regola di De LHospital, provare che:
1. lim
x0
(1 +x)
1
x
= 1
2. lim
x0
+
xe
1
x
= +
3. lim
x0
sin x x
x
3
=
1
6
4. lim
x+
e
x
x
n
= +, n N
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
Capitolo 5
Studio del graco di una funzione
reale
Tutti gli strumenti n qui forniti vengono utilizzati per lo studio di una funzione reale di variabile reale,
nel quale essi trovano la loro pi` u completa applicazione. Diamo di seguito uno schema generale che
permette di ottenere le informazioni necessarie per la costruzione del graco.
5.1 Campo di esistenza
Le abilit`a acquisite nei primi tre anni di Scuola Secondaria di II grado riguardo le propriet`a delle funzioni
algebriche e trascendenti, ci consentono ora di esplicitare le condizioni necessarie anch`e una funzione
reale di variabile reale possa esistere. Si tratta, in generale, di risolvere un sistema di disequazioni del
tipo:
C.E. :
_

_
ogni denominatore deve essere diverso da zero
ogni radicando con indice di radice pari deve essere maggiore o uguale a zero
ogni argomento di logaritmo deve essere maggiore di zero
ogni argomento di arcoseno o arcocoseno deve essere compreso fra -1 e 1, estremi inclusi
Esempio 5.1.1. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = x
3
3x + 2
Trattandosi di una funzione razionale intera si ha
C.E. : x R
Esempio 5.1.2. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) =
x
2
x 1
Trattandosi di una funzione razionale fratta si ha
C.E. : x ,= 1
Esempio 5.1.3. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) =
3
_
x
3
x
2
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.1 Campo di esistenza 58
Trattandosi di una funzione irrazionale con radicando intero e indice di radice dispari si ha
C.E. : x R
Esempio 5.1.4. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = (x
2
4)e
x
Trattandosi del prodotto tra una funzione razionale intera e una esponenziale si ha
C.E. : x R
Esempio 5.1.5. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = ln

1 x
2

Trattandosi di una funzione logaritmica si ha


C.E. : x ,= 1
Esempio 5.1.6. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = 2 sin x + cos 2x
Trattandosi di una funzione goniometrica intera si ha
C.E. : x R
Esempio 5.1.7. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
Trattandosi di una funzione inversa di una goniometrica si ha

1 x
2
1 +x
2

1
ossia
1
1 x
2
1 +x
2
1
1 x
2
1 x
2
1 +x
2
_
1 x
2
1 x
2
1 x
2
1 +x
2
_
2 0
x
2
+ 2 0
da cui
C.E. : x R
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.2 Simmetrie e periodicit`a 59
5.2 Simmetrie e periodicit`a
A questo punto va controllato se la funzione data gode di simmetrie elemetari e/o di periodicit`a mediante
lutilizzo delle relative denizioni.
Ricordiamo la denizione di funzione pari, ossia con graco simmetrico rispetto allasse delle ordinate:
f(x) = f(x), x C.E.
e di funzione dispari, ossia con graco simmetrico rispetto allorigine:
f(x) = f(x), x C.E.
Naturalmente, qualora il C.E. della funzione non sia un insieme simmetrico rispetto allo 0, non ha alcun
senso controllare se la funzione `e pari o dispari. In questa sede non consideriamo simmetrie diverse da
quelle elemenatri viste sopra perch`e di trattazione meno immediata.
Ricordiamo la denizione di funzione periodica di periodo T:
f(x +kT) = f(x), x C.E., k Z
Qualora la funzione risulti periodica `e suciente studiarla e disegnarne il graco allinterno di un periodo
opportunamente scelto.
Esempio 5.2.1. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) = x
3
3x + 2
Essendo f(x) = x
3
+ 3x + 2 diverso sia da f(x) che da f(x), la funzione non `e n`e pari n`e dispari;
non pu`o, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.2. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) =
x
2
x 1
Essendo f(x) =
x
2
x 1
diverso sia da f(x) che da f(x), la funzione non `e n`e pari n`e dispari; non
pu`o, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.3. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) =
3
_
x
3
x
2
Essendo f(x) =
3

x
3
x
2
diverso sia da f(x) che da f(x), la funzione non `e n`e pari n`e dispari; non
pu`o, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.4. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) = (x
2
4)e
x
Essendo f(x) = (x
2
4)e
x
diverso sia da f(x) che da f(x), la funzione non `e n`e pari n`e dispari; non
pu`o, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.5. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) = ln

1 x
2

Essendo f(x) = ln

1 x
2

= f(x), la funzione `e pari; non pu`o, evidentemente, essere periodica.


[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.3 Segno della funzione 60
Esempio 5.2.6. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) = 2 sin x + cos 2x
Essendo f(x) = 2 sin x+cos 2x diverso sia da f(x) che da f(x), la funzione non `e n`e pari n`e dispari;
essendo f(x +2) = 2 sin(x +2) +cos 2(x +2) = f(x), evidentemente, `e periodica di periodo T = 2.
Perci`o `e suciente studiare la funzione e rappresentarne il graco nel solo intervallo [0, 2].
Esempio 5.2.7. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicit`a della funzione
y = f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
Essendo f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
= f(x), la funzione `e pari; non pu`o, evidentemente, essere periodica.
5.3 Segno della funzione
Studiare il segno della funzione data signica ricavare dove risulta
f(x) > 0
f(x) = 0
f(x) < 0
e a tale scopo `e suciente, per il principio di esclusione, risolvere, per esempio, la sola disequazione
f(x) 0
Vengono cos` determinati gli eventuali punti di intersezione del graco della funzione data con lasse delle
ascisse e le regioni del piano nelle quali esso deve trovarsi.
A questo livello `e interessante cercare anche leventuale punto di intersezione del graco della funzione
data con lasse delle ordinate.
Esempio 5.3.1. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = x
3
3x + 2
Essendo f(x) = (x 1)
2
(x +2) (scomposizione eettuata tramite la regola di Runi) si deve risolvere la
disequazione
(x 1)
2
(x + 2) 0
cio`e, gracamente
x -2 1
da cui risulta
x 2 (si annulla per x = 2, 1)
Indichiamo con A(2, 0) e B(1, 0) le intersezioni del graco con lasse delle ascisse e con C(0, 2)
lintersezione con lasse delle ordinate.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.3 Segno della funzione 61
Esempio 5.3.2. Studiare il segno della funzione
y = f(x) =
x
2
x 1
Si deve risolvere la disequazione
x
2
x 1
0
cio`e, gracamente
x 0 1
da cui risulta
x > 1, x = 0 (si annulla per x = 0 e non esiste per x = 1)
Indichiamo con O(0, 0) lintersezione del graco con entrambi gli assi coordinati.
Esempio 5.3.3. Studiare il segno della funzione
y = f(x) =
3
_
x
3
x
2
Si deve risolvere la disequazione
3
_
x
3
x
2
0
cio`e, gracamente
x 0 1
da cui risulta
x 1, x = 0 (si annulla per x = 0, 1)
Indichiamo con O(0, 0) lintersezione del graco con entrambi gli assi coordinati e con A(1, 0) lulteriore
intersezione del graco con lasse delle ascisse.
Esempio 5.3.4. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = (x
2
4)e
x
Si deve risolvere la disequazione
(x
2
4)e
x
0
cio`e, gracamente
x -2 2
da cui risulta
x 2, x 2 (si annulla per x = 2)
Indichiamo con A(2, 0) e B(2, 0) le intersezioni del graco con lasse delle ascisse e con C(0, 4)
lintersezione con lasse delle ordinate.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.3 Segno della funzione 62
Esempio 5.3.5. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = ln

1 x
2

Si deve risolvere la disequazione


ln

1 x
2

0
ossia

1 x
2

1
1 x
2
1 ; 1 x
2
1
x
2
2 ; x
2
0
cio`e, gracamente
x

2
-1 0 1

2
da cui risulta
x

2, x

2, x = 0 (si annulla per x =

2, 0 e non esiste per x = 1)


Indichiamo con A(

2, 0) e B(

2, 0) le intersezioni del graco con lasse delle ascisse e con O(0, 0)


lintersezione con entrambi gli assi.
Esempio 5.3.6. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = 2 sin x + cos 2x
Si deve risolvere la disequazione
2 sin x + cos 2x 0
ossia
2 sin x + 1 2 sin
2
x 0
da cui
2 sin
2
x 2 sin x 1 0
ovvero
1

3
2
sin x
1 +

3
2
cio`e, gracamente
x
y
O
A
B
A

3
2
+
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.4 Limiti e asintoti 63
da cui risulta
0 x +; 2 x 2 (si annulla per x = 2 , +)
( essendo = arcsin

3 1
2
)
Indichiamo con A( + , 0) e B(2 , 0) le intersezioni del graco con lasse delle ascisse, con
C(0, 1) lintersezione con lasse delle ordinate e con D(2, 1) lulteriore punto calcolato nellestremo
destro dellintervallo di studio.
Esempio 5.3.7. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
Si deve risolvere la disequazione
arcsin
1 x
2
1 +x
2
0
ossia
1 x
2
1 +x
2
0
cio`e, gracamente
x 1 1
da cui risulta
1 x 1 (si annulla per x = 1)
Indichiamo con A(1, 0) e B(1, 0) le intersezioni del graco con lasse delle ascisse e con C
_
0,

2
_
lintersezione con lasse delle ordinate.
5.4 Limiti e asintoti
Vanno calcolati i limiti negli eventuali punti di discontinuit`a e, se necessario, sulla frontiera del C.E.. Si
possono presentare alcuni casi notevoli:
1. se risulta
lim
xc
f(x) = , c R
allora la funzione ha un asintoto verticale di equazione
A.V. : x = c
2. se risulta
lim
x
f(x) = k, k R
allora la funzione ha un asintoto orizzontale di equazione
A.Or. : y = k
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.4 Limiti e asintoti 64
3. se risulta
lim
x
f(x) =
allora la funzione potrebbe avere un asintoto obliquo di equazione
A.Ob. : y = mx +q
se
m = lim
x
f(x)
x
, m R

e
q = lim
x
[f(x) mx], q R
A questo livello pu`o essere interessante cercare le eventuali intersezioni del graco con gli asintoti
orizzontali e obliqui.
Esempio 5.4.1. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = x
3
3x + 2
Basta calcolare lim
x
f(x) cio`e
lim
x
_
x
3
3x + 2
_
=
perci`o la funzione potrebbe avere asintoti obliqui; pertanto va calcolato il seguente
lim
x
x
3
3x + 2
x
= +
da cui deduciamo che non vi `e alcun asintoto obliquo (n`e di altro tipo!)
Esempio 5.4.2. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) =
x
2
x 1
Bisogna calcolare sia lim
xc
f(x) cio`e
lim
x1

x
2
x 1
=
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto verticale di equazione
A.V. : x = 1
ed anche lim
x
f(x) cio`e
lim
x
x
2
x 1
=
perci`o la funzione potrebbe avere asintoti obliqui di equazione y = mx + q; pertanto vanno calcolati i
seguenti
lim
x
x
2
x 1
x
= 1 = m
e
lim
x
_
x
2
x 1
x
_
= 1 = q
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto obliquo di equazione
A.Ob. : y = x + 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.4 Limiti e asintoti 65
Esempio 5.4.3. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) =
3
_
x
3
x
2
Basta calcolare lim
x
f(x) cio`e
lim
x
3
_
x
3
x
2
=
perci`o la funzione potrebbe avere asintoti obliqui di equazione y = mx + q; pertanto vanno calcolati i
seguenti
lim
x
3

x
3
x
2
x
= 1 = m
essendo
3

x
3
x
2
x; inoltre
lim
x
_
3
_
x
3
x
2
x
_
=
1
3
= q
essendo
3

x
3
x
2
x =
(
3

x
3
x
2
x)(
3
_
(x
3
x
2
)
2
+x
3

x
3
x
2
+x
2
)
3
_
(x
3
x
2
)
2
+x
3

x
3
x
2
+x
2
=
x
2
3
_
(x
3
x
2
)
2
+x
3

x
3
x
2
+x
2

x
2
3x
2
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto obliquo di equazione
A.Ob. : y = x
1
3
Esempio 5.4.4. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = (x
2
4)e
x
Basta calcolare lim
x
f(x) cio`e, distinguendo
lim
x
(x
2
4)e
x
= +
perci`o la funzione potrebbe avere un asintoto obliquo di equazione y = mx + q; pertanto va calcolato il
seguente
lim
x
(x
2
4)e
x
x
=
da cui si deduce che non c`e asintoto obliquo a ; ed inoltre
lim
x+
(x
2
4)e
x
= lim
x+
x
2
4
e
x
= 0
da cui si deduce che la funzione ha un asintoto orizzontale a + di equazione
A.Or. : y = 0
Esempio 5.4.5. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = ln

1 x
2

Bisogna calcolare sia lim


xc
f(x) cio`e
lim
x1

ln

1 x
2

=
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto verticale di equazione
A.V. : x = 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.5 Derivata prima e segno relativo 66
(e, vista la simmetria, anche un ansintoto verticale di equazione A.V. : x = 1 )
ed anche lim
x+
f(x) cio`e
lim
x+
ln

1 x
2

= +
perci`o la funzione potrebbe avere un asintoto obliquo di equazione y = mx + q; pertanto va calcolato il
seguente
lim
x+
ln

1 x
2

x
= 0
da cui si deduce che non c`e asintoto obliquo a + (e, vista la simmetria, neppure a ).
Esempio 5.4.6. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = 2 sin x + cos 2x
non risulta necessario in quanto la funzione `e continua su tutto lasse reale e periodica.
Esempio 5.4.7. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
Basta calcolare lim
x+
f(x) cio`e
lim
x+
arcsin
1 x
2
1 +x
2
=

2
da cui si deduce che la funzione ha un asintoto orizzontale di equazione
A.Or. : y =

2
(vista la simmetria, sia a + che a ).
5.5 Derivata prima e segno relativo
Va calcolata la derivata prima f

(x) della funzione data e di questa va studiato il segno; studiare il segno


della derivata prima signica ricavare dove risulta
f

(x) > 0
f

(x) = 0
f

(x) < 0
e a tale scopo `e suciente, per il principio di esclusione, risolvere, per esempio, la sola disequazione
f

(x) 0
Vengono cos` determinati, come dimostrato nella seconda conseguenza del Teorema di Lagrange, gli
intervalli in cui la funzione `e crescente (f

(x) > 0), decrescente (f

(x) < 0) e i punti a tangente orizzontale


(f

(x) = 0). Detta c lascissa di uno di tali punti, quindi f

(c) = 0, e supposto che la funzione data sia


continua in un intorno di c, con riferimento a tale intorno si possono presentare le seguenti situazioni:
1. se f cresce in un intorno sinistro di c e decresce in un intorno destro di c allora f ammette in c un
punto di massimo relativo M(c, f(c));
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.5 Derivata prima e segno relativo 67
2. se f decresce in un intorno sinistro di c e cresce in un intorno destro di c allora f ammette in c un
punto di minimo relativo N(c, f(c));
3. se f cresce in un intorno sinistro di c e cresce in un intorno destro di c allora f ammette in c un
punto di esso ascendente F(c, f(c)) a tangente orizzontale;
4. se f decresce in un intorno sinistro di c e decresce in un intorno destro di c allora f ammette in c
un punto di esso discendente F(c, f(c)) a tangente orizzontale.
Pi` u in generale, diremo che la funzione f ammette in c un punto di massimo relativo (o locale) se
esiste un intorno di c in cui risulta f(x) f(c); ci`o implica che vi possono essere punti di massimo
relativo a tangente non orizzontale, addirittura di non derivabilit`a. Analogamente per il minimo relativo.
Nellipotesi in cui la funzione abbia in c un punto di continuit`a ma dubbia derivabilit`a, `e necessario
calcolare il
lim
xc
f

(x)
per ottenere informazioni sul comportamento della funzione in prossimit`a di c attraverso la pendenza
delle tangenti.
Esempio 5.5.1. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = x
3
3x + 2
Si ha
y

= 3x
2
3 = 3(x + 1)(x 1)
si deve risolvere la disequazione
3(x + 1)(x 1) 0
cio`e, gracamente
x -1 1

(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x 1, x 1 (si annulla per x = 1)
Indichiamo con M(1, 4) il massimo relativo e con N B(1, 0) il minimo relativo.
Esempio 5.5.2. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =
x
2
x 1
Si ha
y

=
2x(x 1) x
2
(x 1)
2
=
x(x 2)
(x 1)
2
si deve risolvere la disequazione
x(x 2)
(x 1)
2
0
cio`e, gracamente
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.5 Derivata prima e segno relativo 68
x 0 2 1

(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x 0, x 2 (si annulla per x = 0, 2 e non esiste per x = 1)
Indichiamo con M O(0, 0) il massimo relativo e con N(2, 4) il minimo relativo.
Esempio 5.5.3. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =
3
_
x
3
x
2
Si ha
y

=
3x
2
2x
3(x
3
x
2
)
2
3
=
x(3x 2)
3
3
_
(x
3
x
2
)
2
si deve risolvere la disequazione
x(3x 2)
3
3
_
(x
3
x
2
)
2
0
cio`e, gracamente
x 0 1
2/3

(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x < 0, x
2
3
, x ,= 1 (si annulla per x =
2
3
e non esiste per x = 0, 1)
Indichiamo con N
_
2
3
,
3

4
3
_
il minimo relativo.
In 0 c`e un punto di continuit`a ma non derivabilit`a, poich`e dal calcolo del lim
xc
f

(x) risulta
lim
x0
x(3x 2)
3
3
_
(x
3
x
2
)
2
= lim
x0

3x 2
3
3
_
x(x 1)
2
=
O(0, 0) `e pertanto una cuspide ed anche un massimo relativo (ma non a tangente orizzontale!) per la
funzione.
In 1 c`e un punto di continuit`a ma non derivabilit`a, poich`e dal calcolo del lim
xc
f

(x) risulta
lim
x1
x(3x 2)
3
3
_
(x
3
x
2
)
2
= +
A(1, 0) `e pertanto un esso ascendente a tangente verticale per la funzione.
Esempio 5.5.4. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = (x
2
4)e
x
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.5 Derivata prima e segno relativo 69
Si ha
y

= (2x x
2
+ 4)e
x
si deve risolvere la disequazione
(x
2
+ 2x + 4)e
x
0
cio`e, gracamente
x
1

5 1 +

5

(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
1

5 x 1 +

5 (si annulla per x = 1

5)
Indichiamo con N(1

5, f(1

5)) il minimo relativo e con M(1 +

5, f(1 +

5)) il massimo relativo.


Esempio 5.5.5. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = ln

1 x
2

Si ha
y

=
1
1 x
2
(2x) =
2x
x
2
1
si deve risolvere la disequazione
2x
x
2
1
0
cio`e, gracamente
x 0 -1 1

(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
1 < x 0, x > 1 (si annulla per x = 0, e non esiste per x = 1)
Indichiamo con O(0, 0) il massimo relativo.
Osservazione. La derivata di una funzione pari (dispari) `e dispari (pari).
Esempio 5.5.6. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = 2 sin x + cos 2x
Si ha
y

= 2 cos x + 2(sin 2x) = 2 cos x 4 sin xcos x = 2 cos x(1 2 sin x)


si deve risolvere la disequazione
2 cos x(1 2 sin x) 0
cio`e, gracamente
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.5 Derivata prima e segno relativo 70
x
y
O
A
B
A

1
2 5
6

6
decresce
cresce
cresce
decresce
cresce
decresce
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza); da cui risulta
0 x

6
,

2
x
5
6
,
3
2
x 2 (si annulla per x =

6
,

2
,
5
6
,
3
2
)
Indichiamo con M
1
_

6
,
3
2
_
e M
2
_
5
6
,
3
2
_
i massimi relativi, con N
1
_

2
, 1
_
e N
2
_
3
2
, 3
_
i minimi
relativi.
Esempio 5.5.7. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
Si ha
y

=
1

1
_
1 x
2
1 +x
2
_
2

2x(1 +x
2
) (1 x
2
)2x
(1 +x
2
)
2
=
2x

x
2
(1 +x
2
)
si deve risolvere la disequazione
2x

x
2
(1 +x
2
)
0
cio`e, gracamente
x 0

(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x < 0 ( non si annulla mai , e non esiste per x = 0)
In 0 c`e un punto di continuit`a ma non derivabilit`a, poich`e dal calcolo del lim
xc
f

(x) risulta, distinguendo


lim
x0

2x

x
2
(1 +x
2
)
= lim
x0

2x
[x[(1 +x
2
)
= 2
M C
_
0,

2
_
`e pertanto un punto angoloso ed anche un massimo relativo (ma non a tangente orizzon-
tale!) nonch`e massimo assoluto, cio`e il valore massimo assunto dalla funzione nel suo dominio.
Osservazione. La derivata di una funzione pari (dispari) `e dispari (pari).
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 71
5.6 Derivata seconda e segno relativo
Va calcolata la derivata seconda f

(x) della funzione data e di questa va studiato il segno; studiare il


segno della derivata seconda signica ricavare dove risulta
f

(x) > 0
f

(x) = 0
f

(x) < 0
e a tale scopo `e suciente, per il principio di esclusione, risolvere, per esempio, la sola disequazione
f

(x) 0
Vengono cos` determinati, come `e senzaltro possibile dimostrare ma esula dagli obiettivi di questo testo,
gli intervalli in cui la funzione volge la concavit`a verso lalto (corrispondenti alle zone in cui risulta
f

(x) > 0), volge la concavit`a verso il basso (corrispondenti alle zone in cui risulta f

(x) < 0) e i punti


in cui la derivata seconda si annulla. Detta c lascissa di uno di tali punti, quindi f

(c) = 0, e supposto
che la funzione data sia continua in un intorno di c, con riferimento a tale intorno si possono vericare le
seguenti situazioni:
1. se f volge la concavit`a verso lalto in un intorno sinistro di c e volge la concavit`a verso il basso in
un intorno destro di c allora f ammette in c un punto di esso F(c, f(c)) o di cambio di concavit`a.
2. se f volge la concavit`a verso il basso in un intorno sinistro di c e volge la concavit`a verso lalto in
un intorno destro di c allora f ammette in c un punto di esso F(c, f(c)) o di cambio di concavit`a.
Se invece nellintorno di c, ove risulti sempre f

(c) = 0, non c`e cambio di concavit`a, allora signica


che in c la funzione ha un punto di massimo o di minimo relativo; in questo caso esso deve essere stato
gi`a scoperto con lo studio della derivata prima.
Ricordiamo che la funzione pu`o avere un punto di esso anche se non ammette in esso derivate prima e
seconda (come gi`a visto nel caso di essi a tangente verticale).
Inne, pu`o essere richiesto di calcolare lequazione della retta tangente al graco della funzione in un
punto di esso; essa, come gi`a visto in precedenza, `e data da
t
F
: y f(c) = f

(c)(x c)
Esempio 5.6.1. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = x
3
3x + 2
Si ha
y

= 6x
si deve risolvere la disequazione
6x 0
cio`e, gracamente
x 0

[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 72
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavit`a verso lalto o verso il basso); da cui risulta
x 0 (si annulla per x = 0)
Indichiamo con F C(0, 2) il esso.
Esempio 5.6.2. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =
x
2
x 1
Si ha
y

=
(2x 2)(x 1)
2
(x
2
2x)2(x 1)
(x 1)
4
=
2
(x 1)
3
si deve risolvere la disequazione
2
(x 1)
3
0
cio`e, gracamente
x 1

(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavit`a verso lalto o verso il basso); da cui
risulta
x > 1 ( non si annulla mai, non esiste per x = 1)
Non ci sono essi perch`e il cambio di concavit`a avviene in corrispondenza di un punto di non continuit`a.
Esempio 5.6.3. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =
3
_
x
3
x
2
Da y

=
1
3
(x
3
x
2
)

2
3
(3x
2
2x) si ha
y

=
1
3
[
2
3
(x
3
x
2
)

5
3
(3x
2
2x)
2
+ (x
3
x
2
)

2
3
(6x 2)] =
2
9
1
(x 1)
3
_
(x
3
x
2
)
2
si deve risolvere la disequazione

2
9
1
(x 1)
3
_
(x
3
x
2
)
2
0
cio`e, gracamente
x 1 0

(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavit`a verso lalto o verso il basso); da cui
risulta
x < 1, x ,= 0 (non si annulla mai, non esiste per x = 0, 1)
Indichiamo con F A(1, 0) il esso a tangente verticale.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 73
Esempio 5.6.4. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = (x
2
4)e
x
Si ha
y

= (x
2
4x 2)e
x
si deve risolvere la disequazione
(x
2
4x 2)e
x
0
cio`e, gracamente
x
2

6 2 +

6

(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavit`a verso lalto o verso il basso); da cui
risulta
x 2

6, x 2 +

6 ( si annulla per x = 2

6)
Indichiamo con F
1
(2

6, f(2

6)) e F
2
(2 +

6, f(2 +

6)) i essi.
Esempio 5.6.5. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = ln

1 x
2

Si ha
y

=
2x
2
2 4x
2
(x
2
1)
2
= 2
x
2
+ 1
(x
2
1)
2
si deve risolvere la disequazione
2
x
2
+ 1
(x
2
1)
2
0
cio`e, gracamente
x -1 1

(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavit`a verso lalto o verso il basso); da cui
risulta
x R (non si annulla mai, non esiste per x = 1)
Non ci sono essi.
Esempio 5.6.6. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = 2 sin x + cos 2x
Si ha
y

= 2 sin x + 2(2 cos 2x) = 2(sin x + 2 4 sin


2
x) = 2(4 sin
2
x sin x 2)
si deve risolvere la disequazione
2(4 sin
2
x sin x 2) 0
ossia
sin x
1

33
8
, sin x
1 +

33
8
cio`e, gracamente
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 74
x
y
O
A
B
A

33
2
+
1+

33
2

alto alto
alto alto
basso basso
basso basso
(avendo segnalato gli intervalli di concavit`a verso lalto e il basso); da cui risulta
x , + x 2 (si annulla per x = , , +, 2 )
( essendo = arcsin
1 +

33
8
), = arcsin

33 1
8
)
Indichiamo con F
1
(, f()), F
2
( , f( )), F
3
( +, f( +)) e F
4
(2 , f(2 )) i essi.
Esempio 5.6.7. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = arcsin
1 x
2
1 +x
2
Si ha, lavorando per x > 0, y

=
2
1 +x
2
da cui
y

=
4x
(1 +x
2
)
2
si deve risolvere la disequazione
4x
(1 +x
2
)
2
0
e, ricordando che la derivata di una funzione dispari `e pari, si ha, gracamente
x 0

(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavit`a verso lalto o verso il basso); da cui risulta
x ,= 0 ( non si annulla mai , non esiste per x = 0)
GRAFICI FUNZIONI
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 75
0 1 2 3 4 1 2 3 4
2
4
2
x
y
y = x
3
3x + 2
0 2 4 6 2 4 6
2
4
2
4
x
y
y =
x
2
x 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 76
0 2 4 2 4
2
4
2
x
y
y =
3

x
3
x
2
0 2 4 6 2 4 6
4
8
12
4
8
x
y
y =
x
2
4
e
x
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 77
0 2 4 2 4
2
4
2
x
y
y = ln |1 x
2
|
0 2 4 6 8 2
2
4
2
x
y
y = 2 sin x + cos 2x
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 78
0 2 4 2 4
2
4
2
x
y
y = arcsin
1 x
2
1 +x
2
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 79
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 80
5.6.1 Esercizi riassuntivi proposti
1) f(x) = (x 1)
2
(x + 3) [C.E.:R; max x =
5
3
, min x = 1; esso x =
1
3
]
2) f(x) = x
3
+ 2x
2
3 [C.E.:R; max x =
4
3
, min x = 0; esso x =
2
3
]
3) f(x) = 6x x
3
[ C.E.:R; max x =

3, min x =

3; esso x = 0]
4) f(x) = (x 3)(x
2
+ 3x + 2) [C.E.:R; max x =
_
7
3
, min x =
_
7
3
; esso x = 0 ]
5) f(x) = 2x(x + 4)
3
[ C.E.:R; no max, min x = 1; esso x = 4 ]
6) f(x) =
x 2
x
2
1
[C.E.:x R1; asintoti: y = 0, x = 1 ; max x = 2+

3, min
x = 2

3; no essi]
7) f(x) =
x
2
1
x
2
+ 2x
[C.E.:x R2, 0; asintoti: y = 1, x = 2, x = 0 ; no max, no
min; esso x =
1
2
]
8) f(x) =
x
3
x
2
1
[C.E.:x R1; asintoti: y = x, x = 1 ; max x =

3, min
x =

3; esso x = 0 ]
9) f(x) =
1
2x [x
2
3[
[C.E.:x R 1, 3; asintoti:y = 0, x = 1, x = 3 ; max x = 1,
min (cuspidi) x =

3 ; no essi ]
10) f(x) =
x
2
(x 2)
2
[C.E.:x R 2; asintoti: y = 1, x = 2 ; no max, min x =
0; esso x = 1 ]
11) f(x) = x

1 x [C.E.:x 1; max x =
2
3
, no min; esso x = 0]
12) f(x) = x +

x
2
2x [C.E.:x 0, x 2; asintoti: y = 1, y = 2x 1; no max, no min; no
esso]
13) f(x) = (x 1)
3

x
2
[C.E.:R; max (cuspide) x = 0, min x =
2
5
; esso x =
1
5
]
14) f(x) =
x

x + 1
[C.E.:x > 1; asintoto: x = 1; no max, no min; no esso]
15) f(x) =
3
_
x
2
(x + 3) [C.E.:R; asintoti: y = x + 1; max x = 2, min (cuspide) x =
0; esso x = 3 ]
16) f(x) = xln
2
x [C.E.:x > 0; max x = e
2
, min x = 1; esso x = e
1
]
17) f(x) =
x
ln x
[C.E.:x > 0, x ,= 1; asintoto: x = 1; no max, min x = e; esso
x = e
2
]
18) f(x) = ln(2 x
2
) [C.E.:[x[ <

2; asintoti: x =

2; max x = 0, no min; no essi]


19) f(x) = ln
x
2x + 1
[C.E.:x <
1
2
, x > 0; asintoti:y = ln 2, x =
1
2
, x = 0; no
max, no min; no essi]
20) f(x) = ln
2
x ln x
2
[C.E.:x > 0; asintoto: x = 0; no max, min x = e; esso x = e
2
]
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 81
21) f(x) = (x + 1)e
x
[C.E.:R; asintoto: y = 0; max x = 0, no min; esso x = 1]
22) f(x) = xe
|x2|
[C.E.:R; max x = 1, min (punto angoloso) x = 2; no esso]
23) f(x) = [x 1[e
x
[C.E.:R; max x = 2, min (punto angoloso) x = 1; esso x = 3 ]
24) f(x) = e
1
x
[C.E.:x R 0; asintoto: y = 1, x = 0; no max, no min; esso
x =
1
2
]
25) f(x) =
e
x
2e
x
1
[C.E.:x R ln 2; asintoti: y = 0, y =
1
2
, x = ln 2; no max
no min; no essi]
26) f(x) = 2 sin x 2 sin
2
x [C.E.:Rstudio in [0, 2]; max x =

6
,
5
6
, min x =

2
,
3
2
; 4 essi]
27) f(x) = sin x +

3 cos x [C.E.:Rstudio in [0, 2]; max x =



6
, min x =
7
6
; essi x =
2
3
,
5
3
]
28) f(x) = sin [x[ + sin x [C.E.:Rstudio in [, ]; max x =

2
, no min; no essi ]
29) f(x) = sin
2
x(1 cos x) [C.E.:Rstudio in [, ]; 2 max, min x = , 0, ; 4 essi ]
30) f(x) =
cos x

1 sin x
[C.E.:x R
_

2
+ 2k
_
studio in [0, 2]; discontinuit`a di I specie
in x =

2
; no max, no min; esso x =
3
2
]
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
Capitolo 6
Integrazione
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
Parte II
Contributi
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Don` a di Piave
Contributi e licenza
Erica Boatto Algebra I - Algebra II - Insiemi
Beniamino Bortelli Graci
Roberto Carrer Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto -
Matematica 5
Morena De Poli Laboratorio matematica
Piero Fantuzzi Algebra I - Algebra II - Insiemi
Caterina Fregonese Analisi (Integrazione) - Esercizi
Carmen Granzotto Funzioni - Analisi (Integrazione)
Franca Gressini Funzioni
Beatrice Hitthaler Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - Analisi - Matematica 5
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Settembre 2009
Dipartimento di Matematica
ITIS V.Volterra
San Don`a di Piave

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