You are on page 1of 10

Il Conservatorio delle Fieschine: un esempio

di Welfare nel Settecento


di Mauro Bocci
Storia
Storia
Lancien rgime, sotto la Lanterna,
ebbe sguardo caritatevole e solidale:
istituzioni come gli ospedali di Pam-
matone e degli Incurabili, o lAlber-
go dei Poveri, o ancora il lavoro del
Magistrato della Misericordia (per
lassistenza a domicilio) e lasciti del-
le famiglie patrizie contribuivano a fa-
re dellentit statale genovese qualcosa
di assai particolare nella lotta contro
la povert e i pericoli, costantemen-
te in agguato, della umana degrada-
zione. Piuttosto che paternalistica-
mente, lintervento delle Opere pie
funzionava tuttavia come realistico
ammortizzatore sociale, concepito
nello spirito cristiano, e si rivel spes-
so un sistema efficace per allentare le
tensioni in una realt relativamente
poco equilibrata, sul piano della dis-
tribuzione della ricchezza.
Il capitolo settecentesco, nella lunga
storia del Welfare genovese, viene
spesso avvolto dallombra, a causa di
un giudizio storiografico sostanzial-
mente negativo, e assai ingiusto, che
con unoperazione a tesi vuole per
forza trovare nella Repubblica dei
Magnifici e nella sua classe dirigente
patrizia difetti tali da giustificarne
larbitraria fine politica. Nel Sette-
cento, la forbice tra ricchezza e mi-
seria si era allargata, nei territori ge-
novesi; i conti sani e il formidabi-
le credito internazionale dei finanzieri
repubblicani erano emblemi di una
invidiabile condizione di prosperit
ai piani superiori della piramide civile;
laumento della miseria, laltissimo
numero di mendicanti non costitui-
vano tuttavia una colpa di chi reg-
geva lo Stato o di chi godeva privile-
gi. La delicata congiuntura europea
soprattutto dopo la guerra dei Sette
Anni (1756-1763) e le prime avvisa-
glie della dirompente crisi francese
che port alla rivoluzione aveva ob-
bligato artigiani e piccoli commer-
cianti a rivolgersi al Monte di Piet,
la quattrocentesca istituzione che
elargiva prestiti ai meno abbienti; la
crescente pressione sulla Superba di
un contado povero e non soltanto li-
gure (che si sarebbe ostinatamente
manifestata dopo lannessione al re-
gno sardo, anche a causa degli effet-
ti nefasti, sul lungo periodo, del bloc-
co continentale napoleonico e del
blocco navale inglese) incise egual-
mente a limitare loggettiva portata
degli interventi caritatevoli.
Il dibattito sulla questione, a quel tem-
po, si fece serrato. Voci di stampo il-
luminista, tra le quali quella dellacu-
to Giovan Battista Grimaldi, si leva-
La Repubblica di Genova ha realizzato, dal Quattrocento
e fin oltre la sua formale scomparsa al Congresso di Vienna
(novembre 1814), un originale progetto di Welfare State, una politica
assistenziale nella quale lo Stato, relativamente leggero riguardo
ad altri settori, e i maggiorenti privati intervennero con una energia
difficilmente riscontrabile in altri paesi dEuropa.
35
36 Storia
rono a chiedere lavoro per i bisognosi,
cio una reale prospettiva di vita, piut-
tosto che carit lantropica. Lodevole
impostazione, che rammentava tra
laltro linsorgere di spiriti dotati di
sensibilit nuova rispetto alla tradi-
zione, e mostrava una intelligente ade-
sione genovese al Secolo dei Lumi,
della quale Agostino Lomellini, do-
ge dal 1760 al 1762, pu essere con-
siderato lemblema. Ma un simile at-
teggiamento teneva poco in conto le
obiettive difficolt nelle quali si di-
batteva la Repubblica, non sul piano
nanziario, ma nella possibilit di
creare nuove opportunit produttive.
Il punto di quella discussione appare
signicativo e importante per tentare
di riconsiderare la storia genovese del
Settecento fuori da schemi storiogra-
ci piuttosto vecchi, che hanno spes-
so guardato allimpianto statale e al ver-
tice politico-sociale genovese delle-
poca con occhio particolarmente cri-
tico, considerando una sua presunta
immobilit quale premessa delline-
luttabile Anschluss sabaudo del 1814.
Queste considerazioni il cui signi-
ficato, in relazione a un secolo diffi-
cile della storia di Genova, non sfug-
ge si ripropongono dinanzi alla co-
stituzione nel 1762 alla morte di
Domenico Fieschi e per sua disposi-
zione testamentaria del Conserva-
torio Fieschi, le Fieschine, nato per
dar ricovero alle zitelle ossia figlie
di buona fama e di onesti costumi,
ma in prevalenza di condizione so-
ciale relativamente bassa, per non
interferire con altri istituti cittadini
che gi si occupavano di zitelle del-
la fascia sociale intermedia. Occorre
intanto aprire una piccola parentesi
per rammentare che la parola zitel-
la, allora, veniva utilizzata nel si-
gnificato proprio di ragazza nubile
(e letimologia richiamerebbe addi-
rittura, tramite il tedesco altome-
dioevale zitze e langlossassone ti-
te, limmagine di bambina e di lat-
tante, come ancora avviene nei dialetti
e nelle parlate popolari dellItalia me-
ridionale) e non in quello, posterio-
Le vicende della famiglia Fieschi
nei secoli XII-XIII ricostruite
nel volume, primo di una collana
promossa dalla Fondazione
Conservatorio Fieschi.
A fronte:
Un diploma del 1905 e, sotto, una
delle grandi nature morte secentesche
che arredano le sale del Conservatorio.
37
Storia
re e vagamente spregiativo, di don-
na attempata non ancora sposata.
Della vita di Domenico Fieschi (1682-
1762) non si scritto molto. Appar-
teneva al ramo dei conti di Savigno-
ne della grande famiglia guelfa, che ha
dato alla Chiesa due papi, Innocenzo
IV e Adriano V, e innumerevoli car-
dinali, e della quale un dotto saggio di
Marina Firpo, fresco di stampa nella
collana di studi della Fondazione
Conservatorio Fieschi La famiglia
Fieschi dei conti di Lavagna riper-
corre la vicenda due e trecentesca. Spo-
so di Giovannetta Pinelli, ebbe da lei
una glia, mancata in tenera et e fu
senatore estratto nel 1741 e nel 1748.
Una bella tesi di laurea di Guido Zuc-
chini Solimei, del 1997, Nuovi inter-
venti per lassistenza genovese: il
Conservatorio delle Fieschine, ha ri-
percorso invece con grande rigore la
storia originaria dellistituto, richia-
mando alcuni punti importanti sia in
s sia in relazione con la questione
storiografica del Welfare genovese del
Settecento. Scrive Zucchini Solimei
che le fanciulle alle quali doveva es-
sere data la precedenza erano quel-
le prive di entrambi i genitori, dove-
vano avere unet compresa tra i do-
dici e i ventanni ed essere state bat-
tezzate a Genova. Lessere cittadino
genovese di nascita un requisito co-
stante richiesto dagli istituti benefi-
ci genovesi tanto da suscitare in alcuni
dubbi sul reale disinteresse dellin-
tervento caritativo. Piuttosto, que-
sta norma sembra portare in primo
piano loggettiva inarginabilit con gli
strumenti caratteristici del Welfare ge-
novese dellemergenza gi sensibi-
le prima del XVIII secolo e partico-
larmente incisiva ancora nel XIX se-
colo dei fenomeni di inurbazione e
di nomadismo gravitanti sullo spazio
metropolitano. Una delle specializ-
zazioni artigianali delle fieschine fu
la creazione di fiori artificiali.
Il fondatore del Conservatorio, del re-
sto, aveva idee assai chiare, e in parte
convergenti con quelle di chi punta-
va a una revisione illuminata del si-
stema caritativo-assistenziale, sulla
destinazione del benecio. Domeni-
co Fieschi, scrive ancora Zucchini So-
limei, vuole le fanciulle capaci di
qualche abilit e di apprendere qual-
che lavoro per guadagnarsi il pane a
suo tempo, in sostanza di imparare
un mestiere che le rendesse autosuf-
38 Storia
ficienti, escludendo assolutamente
dallattivit dellistituto quella di as-
sistere le invalide e le inferme.
Unofferta di opportunit, dunque,
piuttosto che un semplice ricovero ca-
ritativo: e a questo punto si legava an-
che la volont di mantenere listituto
sotto la protezione del Serenissimo
Governo, evitando ingerenze eccle-
siastiche: le eschine non doveva-
no assumere le forme di una comuni-
t religiosa e dovevano essere libere di
rientrare nella societ, per farne pie-
namente parte con un proprio ruolo
e una propria collocazione. Del resto,
soltanto alcuni anni dopo la creazio-
ne di questo Conservatorio, anche
lAlbergo dei Poveri avrebbe adotta-
to regole non troppo diverse.
Con questo progetto, il Conservato-
rio rimasto in 245 anni di storia la
pi importante istituzione filantro-
pico-assistenziale privata di Genova,
capace fino a oggi di rinnovarsi nel
tempo, sotto la direzione della fami-
glia Fieschi e dal 1829 sotto lammi-
nistrazione dei suoi eredi pi diret-
ti. Gente schiva, come doveva essere
Domenico Fieschi, e non bramosa di
apparire alla gloria del mondo per la
propria attivit benefica, al punto di
pregare chi scrive di serbarla nella-
nonimato; gente che senza clamori
ma con entusiasmo e umano calore
cerca da s o attraverso segnalazioni
discrete (per sottrarsi ai rischi di de-
teriori compiacenze, caratteristici di
tanti carrozzoni assistenziali), con
caparbia sensibilit i soggetti da aiu-
tare, che adesso non sono pi le zi-
telle, ma giovani meritevoli ai qua-
li offrire unoccasione di studio.
Il Conservatorio Fieschi, dil delle be-
nemerite sue attivit, sidentica anche
con un sito architettonico importante
nel paesaggio urbano genovese, n gi
per dimensioni, 16 mila metri quadra-
ti. Ledicio, la cui prima pietra ven-
A fronte:
I ritratti di Domenico Fieschi,
fondatore del Conservatorio,
e della moglie Giovannetta Pinelli.
Sotto: Sansone e Dalila
di Giovanni Raffaele Badaracco.
39
Storia
40 Storia
ne posta nel gennaio 1763 e che ven-
ne completato in otto anni, fu eretto
sulle mura dello Zerbino, al limite
estremo della Genova di allora, lonta-
no dal centro antico, in una zona do-
minante, nella quale dal Seicento gi
erano stati costruiti numerosi conventi;
e la sede del Conservatorio rispett in
certo modo quella architettura, ma-
gniloquente ma austera. Il progetto del-
limponente palazzo venne affidato al-
larchitetto ticinese Simone Cantoni
(1739-1818), esponente del primo neo-
classicismo europeo e assai attivo al-
lora in Lombardia e in Liguria: rap-
presentante della corrente del buon
gusto, Cantoni (che era glio dar-
te) viene ricordato a Genova soprat-
tutto per la ricostruzione di Palazzo
Ducale e nel 2004 Nicoletta Osanna
Cavadini gli ha dedicato unimportante
monograa. Un attento e appassiona-
to scrittore-storico torinese, Davide
Bertolotti, parlando del Conservato-
rio nel libro Viaggio nella Liguria ma-
rittima (1832) poteva scrivere che era
la bellissima tra le lantropiche isti-
Sotto:
La sala computer e una stanzetta
tipo nellala delledicio attrezzata
a Casa dello Studente nel 2006.
A fronte:
La chiesa, latrio e foto depoca
dellaltare decorato con ori articiali,
specializzazione artigianale
delle eschine.
Storia
tuzioni della Liguria. Esso farebbe glo-
riosa la memoria di un potente mo-
narca, non che dun cittadino privato.
Allinizio dellOttocento, del resto, il
grandioso edicio di cinque piani si-
stemato in una suggestiva cornice
paesistica era considerato dallano-
nimo estensore della Descrizione di
Genova (1818) il primo stabilimen-
to di Genova, forse senza eguale in Eu-
ropa. La struttura originaria inalte-
rata al 90 per cento (un incendio, nel
1950, distrusse una sezione di tetto del-
lala ovest; una struttura, peraltro di
non inquietante impatto stata inse-
rita per consentire il passaggio di ascen-
sori) e ogni intervento viene sottopo-
sto al giudizio, spesso puntiglioso, del-
le competenti sovrintendenze. Queste
ultime hanno anche supervisionato il
restauro delledicio, negli anni No-
vanta, effettuato dallattuale ammini-
strazione agli esterni, agli interni e se-
gnatamente alla chiesa, con un pro-
gramma di intensi interventi, volti an-
zitutto a salvaguardare le caratteristi-
che e la peculiarit dellimmobile.
Oggi si accede al Conservatorio, e al
suo spazio per cos dire museale, at-
traverso lentrata di servizio di Mu-
ra dello Zerbino; si accede dunque,
senza quasi mediazione, a quello che
era lo spazio esistenziale delle e-
schine (che raggiungevano il nume-
ro di duecento appena una decina dan-
ni dopo lentrata in funzione dello sta-
bilimento): ci chiediamo, mentre at-
traversiamo gli ampi corridoi sotto le
candide e alte volte, in compagnia di
uno squisito antrione, quale potesse
essere la prima reazione di una zitel-
lina del secondo Settecento o del pri-
mo Ottocento abituata magari a vi-
vere negli stretti, angusti e irregolari vi-
coli e nelle piccole case della citt sto-
rica dinanzi a volumi di tanta pu-
lizia formale e di tanto respiro per un
interno. Il Conservatorio poteva in ef-
fetti considerarsi una sorta di citt nel-
la citt, in gran parte autosufficiente,
un poco sul modello delle corti del-
le famiglie patrizie genovesi del tardo
Medioevo. La chiesa, dalla pianta ir-
regolare, non pu essere considerata
Storia
una semplice cappella; cos come il tea-
trino, attualmente ridotto dalla pre-
senza di un tramezzo, se considerato
nella sua integrit, non appare molto
pi modesto per dimensioni di certe
strutture operanti in citt fra Settecento
e primo Ottocento. I mobili che sin-
contrano sono sobri; eleganti, in mol-
ti casi, ma senza alcuna esibizione: que-
sto ambiente vissuto esprime a suo
modo un aspetto peculiare la cultura
abitativa genovese del XVIII secolo. La
quadreria, per numero e per soggetti
(prevalentemente sacri, ma non man-
cano tre sorprendenti vanitas, nature
morte con strumenti musicali), rievo-
ca quella media di un nobile genove-
se dellepoca; a una felice attivit di ac-
quisizione appartengono le ceramiche
e i soprammobili, introdotti in un se-
condo momento (vi spiccano alcuni de-
liziosi blu Savona), poich non
molto opportuno porre a contatto ra-
gazzine, per quanto disciplinate, con
suppellettili fragili e magari rare. Lim-
pressione generale di compostezza.
Una consistente parte delledicio, in
corrispondenza allingresso nobile, in
salita delle Fieschine, dopo aver ospi-
tato istituti scolastici, occupata ora
da una attrezzata Casa dello Studen-
te, che supplisce alla chiusura per la-
vori di quella di via Asiago. Gli inter-
ni collettivi e le camere, ben riniti, so-
no stati realizzati nel 2006, gli studenti
ospitati sono in prevalenza stranieri.
Nelle spaziose sale di lettura campeg-
giano in riproduzione gli ovali effi-
gianti, quasi in un circolare gioco de-
mozioni che copre 245 anni di una glo-
riosa storia, Domenico Fieschi e Gio-
vannetta Pinelli, che si erano potuti ap-
prezzare nellala della quadreria.
La marmorea Immacolata
di Pasquale Bocciardo (sopra)
e altare dorato con cherubini
per lesposizione dellAltissimo.
A fronte:
Crocisso in avorio e paliotto ricamato
del XVIII secolo.
Da pag. 33 a pag. 39 le foto sono state
realizzate dallo Studio Nicolini.

You might also like