Anno 3 n. 1 Aprile 2014 2 ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BARI MINISTERO DELLUNIVERSIT E DELLA RICERCA ALTA FORMAZIONE ARTISTICA E MUSICALE L'UNIVERSITA' DELL'ARTE Nel l a f ot o: Un moment o del l a premi azi one del X Premi o Nazi onal e del l e Ar t i , organi zzat o nel 2013 dal l ' Accademi a di Bel l e Ar t i di Bari . 3 ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BARI L'UNIVERSITA' DELL'ARTE Sede Amministrativa e Didattica Via Re David, 189/c - 70124 Bari www.accademiabelleartiba.it accademi139901@accademiabellearti.191.it Presidenza e Amministrazione Via Gobetti, 8 - 70124 Bari Tel.: 080 5566471 / Fax: 080 5574840 Sede Didattica Via Cesare Battisti, 22 - 70042 Mola di Bari (BA) Tel.: 080 4733703 / Tel.-Fax: 080 4744246 aba@accademiabelleartiba.it Nel l a f ot o: Un moment o del l a premi azi one del X Premi o Nazi onal e del l e Ar t i , organi zzat o nel 2013 dal l ' Accademi a di Bel l e Ar t i di Bari . 4 LIBRERIA ROMA Specializzata in filosofia, esoterismo, ma- gia, yoga, medicina e alimentazione na- turale, simbolismo, alchimia, massoneria, templarismo, filosofie orientali, antropo- sofia, teosofia, astrologia. Sul sito web possibile verificare la disponibilit dei libri ed effettuare ac- quisti on-line Piazza Aldo Moro, 13 - 70122 Bari tel.: 080 5211274 www.libreriaroma.it 5 34 Capelli e barba: la forza della mente di FRANCO ARDITO 40 La solitudine del Maestro di MICHELE LEONE 52 Esoterico ed essoterico di RINO GUADAGNINO 8 Le favole del cielo di ALDO TAVOLARO 7 Per chi sa leggere e scrivere e non solo compitare EDITORIALE 44 La parola sacra di ALESSANDRO LORENZO 48 V.I.T.R.I.O.L.U.M. di MARIA TERESA LAPORTA Il prossimo numero di OUROBO- ROS, di imminente uscita, sar interamente dedicato ad uno studio di Elena Frasca Odorizzi (Arthea) sulla Tabula Smaragdina di Er- mete Trismegisto. In copertina: Il Re e la Regina, tavola dello Splendor Solis di Salomon Trismosin, Manoscritto Harley 3469, presso la British Library di Londra.. Rassegna bimestrale di Studi Tradizionali ANNO 3 n. 1 Aprile 2014 Direttore Responsabile FRANCO ARDITO Redazione via G. Postiglione, 3 70126 Bari OUROBOROS si riceve in abbonamento gratuito; per richiederla inviuare il proprio indirizzo e-mail a: franco.ardito@creative-corp.it Articoli e immagini vanno inviati per e-mail a: franco.ardito@creative-corp.it Gli articoli dovranno pervenirci in formato .doc o .docx e le immagini in formato .jpg con una risoluzione non inferiore a 300 pixel/inch Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della pubblicazione pu essere riprodotta, riela- borata o diffusa senza espressa autorizzazione. della Direzione. La collaborazione avviene dietro invito. Articoli e materiali non si restituiscono. La Direzione si riserva di adattare testi e illu- strazioni alle esigenze della pubblicazione. Le opinioni espresse negli articoli impegna- no solo gli autori e non coinvolgono n rappre- sentano il pensiero della Direzione 6 7 A P R I L E N PER CHI SA LEGGERE E SCRIVERE E NON SOLO COMPITARE e abbiamo parlato anche nell'editoriale scorso; se lo Zen da un lato dichiara che "quando lallievo pronto il Maestro arriva dall'altro dice anche: Quando incontri il tuo Maestro, uccidilo. Quello che per non dice apertamen- te che quando lallievo avr ucciso il suo Maestro dovr essere pronto a prendere il suo posto, perch non ne giun- ger un altro; lUniverso non il Ministero dellIstruzione e quando non ci sar pi chi ti indica la via dovrai essere tu a diventare il Maestro di te stesso per individuarla. In caso contrario la pena sar il disorientamento e il ritorno al mondo della materia. Daltra parte la leggenda di Hiram insegna che bisogna farsi in tre per uccidere il proprio Maestro, ma a chi avr usurpato quel ruolo e non sar pronto ad assumerlo su di s, a chi si addormenter nella propria caverna con la tranquillit della presunta maestria acquisita, giungeranno nove maestri, tre volte tre, a tagliare la testa. Racconta una storia Zen: Un giorno Ekido chiese al suo Ma- estro Bankei come poteva conoscere il grado dilluminazione a cui era giunto. Bankei prese un nastro giallo e glielo pose sulle spalle dicendo: Ecco, questo il tuo grado. Ekido rimase pensieroso per tutto il giorno; alla sera, non resistendo pi, chiese aperta- mente al maestro: Non riesco a comprendere come un nastro possa definire il mio grado dilluminazione. Perch lhai messo sulle mie spalle? Togliendogli il nastro Bankei rispose: Non il colore del nastro ma il peso che hai sentito sulle tue spalle che te lo ha indicato. 8 siste in quella che fu in altri tem- pi la Gallia belgica, nelle antiche province di Champagne, Piccardia, Ile-de-France e Neustria, un certo nu- mero di cattedrali che hanno per nome Notre-Dame (quelle del XII e XIII secolo). Queste chiese permettono di tracciare sul terreno, quasi con perfetta corrispondenza, la costellazione della Vergine tale e quale si vede nel cielo. Se si confrontano i nomi delle citt dove si trovano queste cattedrali, con le stelle, si avr che la Spiga della Vergine corrispon- de a Rennes; Gamma, a Chartres; Zeta ad Amiens; Epsilon a Bayeux. Fra le piccole stelle si ritrovano vreux, tampes, Laon; tutte citt che hanno delle Notre-Dame molto antiche. Maurice Leblanc aveva gi notato, prima di tutti, che le abbazie bene- dettine del paese di Caux disegnavano sul terreno l'immagine dell'Orsa Maggiore... (Louis Charpentier, I misteri della cattedrale di Chartres). Daltra parte Claude Lvi-Strauss rileva che presso i Pawnee, trib nor- damericana del Nebraska, la distri- buzione dei villaggi, fatti di rudimen- E le favole del cielo di ALDO TAVOLARO 9 Foto in alto: Le cattedrali goti- che i Francia. Sotto: la costellazione della Vergine. 9 10 tali capanne, riproduceva una carta celeste di cui certi esemplari sono pervenuti sino a noi. C'erano almeno teoricamente nove villaggi, ciascuno collocato sotto l'invocazione d'una stella o pianeta le cui posizioni rispet- tive nel cielo erano scrupolosamente rispettate. Per restare in casa nostra, il com- plesso dei Miracoli a Pisa - Torre pen- dente, Duomo e Battistero - secondo il Guidoni riproduce sul terreno le tre principali stelle della costellazio- ne dell'Ariete. Quanto detto pu dar luogo a legittime perplessit e indur- re a chiedersi se tali interpretazioni siano frutto di fantasie umane. Ma se dal pi ampio ambito del territorio passiamo al singolo edificio architet- tonico troveremo riferimenti al Cielo molto pi precisi e addirittura inequi- vocabili. D'altronde non dimentichiamo che quando Marco Pollione Vitru- vio, architetto vissuto a Roma al tempo dell'imperatore Augusto, volle tratteggiare il profilo dell'architetto secondo un ideale suo e dell'epoca, scrisse: Deve essere abile nell'espressione scritta, esperto nel disegno, istruito nella geometria, deve conoscere alquanto di fatti storici, deve aver ascoltato con dili- genza la filosofia, intendersi un po' di musica, non deve essere digiuno di medicina, conoscere sentenze giuridiche, possedere conoscen- za dell'astronomia e delle leggi che regolano i fenomeni celesti. E facile no- tare come i verbi delle varie propo- sizioni cambino a seconda dell'im- portanza che Vitruvio attribuisce alle acquisizioni conoscitive dellarchitetto, comple- mentari alle materie squisitamente tecniche e professionali. Dove appare pi categorico, senza alquanto e senza un po', nei confronti dell'a- stronomia, e questo perch in tutti i tempi, e quindi anche prima di Vitruvio, lastronomia stata una componente essenziale dell'archi- tettura. I pi celebri monumenti del passato racchiudono nella propria struttura architettonica implicazioni astronomiche, miniaturizzazioni cosmiche, riferimenti conclamati o nasco- sti alla Terra, al Cielo, ai moti dei maggiori corpi celesti. Il complesso megalitico di Sto- nehenge in Inghilterra, ritenuto tempio druidico, risultato essere un grande calendario per determina- re l'inizio delle stagioni e un osserva- torio per prevedere le eclissi di Luna. I nuraghi di Sardegna, collegati al Sole, e i pozzi sacri in Puglia, dedica- ti alla Luna, servivano come Sto- nehenge a prevedere le eclissi lunari. Il Partenone ha la facciata rivolta verso il punto dell'orizzonte in cui sorgeva il Sole nel d in cui iniziava- Nellimmagine: Piazza dei Mira- coli in una stampa dell'800. Foto al centro: Medaglia di bron- zo con l'immagine di Marco Vitruvio Pollione. 11 no le feste Panatenaiche in onore di Minerva, in modo tale che il primo raggio dell'astro entrava nel tempio e illuminava la statua criselefantina della dea, realizzata da Fidia in oro e avorio. Sono connessi allastronomia la piramide di Cheope, nella valle di Gizeh, in Egitto, numerosi altri templi dell'Egitto, della Siria e del Libano (Abu Simbel, Baalbek, ecc.), il Pantheon a Roma, la cui cupola riproduce la sfera celeste, con il foro apicale che corrisponde al Sole e il cornicione all'equatore celeste. L'elenco potrebbe continuare, ma non lo scopo di questo studio, che non intende trattare i monumenti pi noti le- gati all'astronomia, bens quelli meno noti che possiamo rintracciare nel territo- rio pugliese. Ho accennato ad alcuni monumenti, correlati al cielo, ante- riori a Vitruvio (o all'incirca coevi, come il Pantheon), ma il connubio architettura-astronomia continua anche dopo il glorioso architetto romano. Tutto il Medioevo vede in- fatti l'architettura romanica e gotica imbevuta d'astronomia e simbolismo sacro fatto di geometria e miniaturiz- zazioni cosmiche. Quali sono, per sommi capi, que- ste implicazioni astronomiche che ritroviamo nelle costruzioni sacre? In primo luogo l'orientamento, che pu tener conto del sorgere del Sole agli equinozi o ai solstizi, ma anche di altre significazioni, come vedre- mo. Poi ci sono i valori angolari delle culminazioni solari in date di rilievo, e quindi prevalentemente ancora solstizi ed equinozi, e i valori delle latitudini dei vari luoghi in cui sorgono le costruzioni sacre: anche se la latitudine ter- restre rientra nell'ambito della geografia non biso- gna dimenticare che la Terra un corpo cele- ste, un pianeta come tutti gli altri, che la geografia studia nei particolari. Nel cam- po delle misure linea- ri troveremo sotto- multipli decimali del raggio e del diametro terrestri e di un grado di parallelo. L'orientamento L'orientamento pi frequen- te nelle costruzioni sacre quello Est-Ovest perch nell'an- tica liturgia era previsto che il sacerdote officiante fosse rivolto, sia con il viso che col palmo delle mani levate, verso il sorgere del Sole equi- noziale. Di conseguenza nelle chiese paleocristiane, quando l'altare non 12 Foto in alto: La chiesetta roma- nica di S. Giorgio a Bari. Foto in basso: Chiesa di S. Maria sull'isola di S. Nicola alle Tremiti. era addossato alla parete, ma posto tra il sacerdote e i fedeli (come ades- so dopo la riforma conciliare) l'Est coincideva con l'ingresso della chiesa, cio la facciata. Quando la posizione dell'altare mut e fu addossato alla parete, le chiese furono costruite con la parte posteriore verso Est, per cui il sacer- dote voltava le spalle ai fedeli e quindi all'ingresso della chiesa, ma continua- va a volgere il viso e il palmo delle mani verso il sorgere del Sole. In altre parole il sacerdote rimase fermo, ma si spost la chiesa nel senso che s'in- vert la posizione della facciata e delle absidi. In ogni caso l'orientamento rimase equinoziale. Ci non toglie che esistono chiese costruite sull'asse solstiziale, come la chiesetta rurale romanica (XI sec.) di S. Giorgio nel comune di Bari, orien- tata con l'abside verso il punto dell'o- rizzonte in cui sorge il Sole al Solsti- zio d'Inverno, o la chiesa di S. Maria e S. Giacomo sull'isola di S. Nicola delle Tremiti, che rivolge l'abside ver- so il sorgere del Sole al Solsti- zio d'Estate. Va ricordato che il nucleo originario di questa chiesa anteriore al Mille. Ma se l'orientamento secondo l'asse Est-Ovest, ossia in direzione dei punti sull'orizzonte in cui sorge e tramonta il Sole alle date degli equinozi di primavera e d'autunno, il medesimo in tutte le parti del mondo, l'orientamento solstiziale ri- chiede un calcolo (o un'osser- vazione) particolare in funzione della latitudine. Per esempio, la chiesetta di S. Giorgio, orientata verso il sorge- re del Sole al Solstizio d'Inverno, apre con l'asse Est-Ovest un angolo di 32 circa, ma se fosse costruita a Torino (latitudine 45) l'angolo sarebbe di oltre 34. Se sorgesse a Londra (lati- tudine 51) l'angolo dell'amplitudine massima sarebbe di oltre 39. Se ne deduce che l'orientamento solstiziale era pi elaborato, ancorch discen- desse da una osservazione diretta, consentita soltanto da un orizzonte non impedito da montagne, colline o altri ostacoli. Ma tentiamo di legare a tali orien- tamenti dei significati. Mentre nei templi precristiani, anch'essi orienta- ti, il riferimento era al cammino dei Sole rappresentato dal suo sorgere e tramontare agli equinozi e ai solsti- zi, col conseguente mutamento delle stagioni e quindi delle attivit agri- cole ed umane, col cristianesimo si localizzata l'attenzione su tali date le- gandole ad eventi significativi. Ges nasce nel Solstizio d'Inverno, viene concepito all'Equi- nozio di Primavera e all'Equinozio di Primavera muore. S. Giovanni Batti- sta, il Precursore, nasce al Solstizio 13 14 d'Estate e viene concepito all'E- quinozio d'Autunno. A questo punto va ricordato che al Sol- stizio d'Inverno il Sole ricomincia a salire, le giornate di luce si allungano, mentre al Solstizio d'Estate il Sole inizia la sua discesa, le giornate si accorciano e la luce gradatamente diminu- isce. L'allegoria del Bat- tista, il Precursore, che esaurisce il suo com- pito e cede il passo a Ges che salir sempre pi in alto confer- mata dal Vangelo di Giovanni (III, 30) in cui troviamo una frase del Battista che dice: Non sum ego Christus: sed quia missus sum ante illum... Illuni oportet crescere, me au- tem minui. (Io non sono il Cristo; ma sono mandato davanti a lui... Bisogna che egli cresca e che io diminuisca). Proprio come cresce il Sole dopo il Solstizio d'Inverno e diminuisce dopo il Solstizio d'Estate. Ma esistono altri orientamenti che non tengono conto del sorgere del Sole o del suo tramontare bens di alcuni significati intrinseci al valore angolare, sempre legati per all'astro- nomia. Per esempio, la cattedrale go- tica di Chartres, quella romanica di Bitonto, la chiesa templare di Payns, in Francia, sono orientate in modo tale che l'asse longitudinale delle loro navate apre con l'asse Est-Ovest un angolo di 47 (46 54' per la preci- sione). Qui entriamo nel simbolismo sacro che sposa il tema cosmico. L'angolo di 47 rappresenta il doppio dell'angolo dell'inclinazione dell'asse terrestre (23 27' attualmente, 23 31' all'epoca della costruzione delle chiese di cui stiamo trat- tando). Quarantasette gradi, quindi, rappresentano l'angolo del cono preces- sionale dell'asse terrestre, ossia quel movimento co- nico (come una trottola che perdendo velocit s'inclina) chiamato Precessione degli Equinozi, che l'asse terre- stre compie in 26.000 anni, periodo detto dagli antichi Anno Platonico o Grande Anno. In altre parole l'angolo di 47 un'allegoria della Terra, la pi propria dal punto di vista astronomico e biologico. Infatti se la Terra un pianeta che ha determinati ritmi stagionali, che vede avvicendarsi il caldo al freddo e la vegetazione con- dizionata dalle piogge e dalle calure; se l'uomo, a sua volta, correla la sua attivit al periodo della semina e del raccolto, del pascolo e della transu- manza e tira a secco la barca perch il mare diventa impraticabile; se tutta la vita sulla Terra, dalla gigantesca sequoia alla formica, obbedisce a cer- ti ritmi, ci dovuto soltanto all'in- clinazione dell'asse terrestre. Con un Immagine a lato: La Precessione degli Equinozi e l'angolo precessio- nale di circa 47. 15 asse terrestre dritto, perpendicolare al piano dell'eclittica, non avremmo ne inverno ne estate e la natura, le pian- te e luomo stesso avrebbero tuttaltro comportamento. Se vogliamo perci cercare un simbolo, il pi essenziale, il pi significativo che rappresenti la Terra quale potrebbe essere migliore dellangolo di 47, il completo respiro del Grande Anno, pari al doppio dellin- clinazione del suo asse, 23 30? Ne consegue perci che un orientamento a 47 rispetto lasse Est-Ovest intende legare il monumen- to sacro, la chiesa, la casa di Dio, alla Terra nel suo insieme, all'uomo nella sua collettivit. Vedremo comunque che altre implicazioni astronomiche legheranno i templi pi partico- larmente al luogo in cui sorgono e quindi pi limitatamente agli uomi- ni di quel luogo che, avendo fatto costruire la chiesa a proprie spese, imploravano la benevolenza del cielo sulle loro famiglie, sulle colture, sul loro lavoro. Sottomultipli del raggio e del diametro terrestri In numerose chiese e chiesette ro- maniche di Puglia troviamo elementi architettonici lunghi m 6,130 e m 12,60, ossia la milionesima parte del raggio e del diametro della Terra. In realt si tratta di venti o quaranta piedi bizantini di cm 31,50 che, a loro volta, discendono dal cubito egiziano di 63 centimetri. Qui occorre aprire una doverosa paren- tesi per dire che la maggior parte delle misure lineari dell'antichit trae origine da elementi geografici. vero che in tempi pi remoti a fornire i parametri di misurazione lineare fu il corpo umano, col braccio o cubito, col palmo, col pollice, col piede, col passo, ma in seguito troviamo dif- fuse in tutto il mondo antico misure discendenti da elementi geografici. In Egitto, Siria, Persia e altrove troviamo la parasanga, di m 6.300, e relativi sottomultipli, come il cubito egiziano di cm 63 di cui dicevamo innanzi. Si tratta di sottomultipli decimali del raggio terrestre, stimato anticamente in km 6.300, di poco maggiore rispetto alle stime attuali. Il cirenaico Eratostene, sovrinten- dente della biblioteca di Alessandria tra il III e il II sec. a. C., misur la circonferenza della Terra prendendo in considerazione un pozzo collocato a Syene (l'attuale Assuan, in Egitto) e un altro situato in Alessandria. Nel primo pozzo, a mezzod del Solstizio d'Estate, il Sole entrava perpendico- larmente nella cavit, nel secondo pozzo, alla stessa data e alla stessa A fianco: Metodo di Erato- stene per misurare la circonferenza della terra. Foto sotto: Bernardo Strozzi, Lezione di Eratostene, Museo di Belle Arti di Montreal. 16 ora, il Sole entrava inclinato di sette gradi. chiaro che Eratostene per le sue definitive misure si avvalse di re- golari gnomoni, ma anche certo che le stesse misure le avevano gi prese molto tempo prima anche gli egiziani dato che il corridoio del tempio di Abu Simbel lungo m 63, la parasanga egizia di m 6.300 e il cubito di cm 63. Ma a suggerire i parametri delle lunghezze lineari non fu soltanto il raggio terrestre, bens anche il meridiano, ossia la circonferenza. Sappiamo bene che il nostro metro, nato con la Rivoluzione Francese, la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre, ma forse non ricordiamo che nell'antica Grecia il piccolo stadio, o stadio di Aristotele, era di cento metri e quindi la quattrocentomil- lesima parte del meridiano. Discendono dal meridiano terrestre molte altre misure lineari, sempre sottomulti- pli decimali, come lo stadio nautico o persiano, la catena dell'agrimensore o mezza cate- na persiana, il piede del piccolo stadio. Un altro elemento geografico all'origine di antiche misure lineari un grado di meridiano, ossia la circonferenza terrestre di km 40.000 divisa per 360, pari a 111.111 metri. La misura pi celebre che discende dalla lunghezza di un grado di meridiano il cubito sacro di cm 55 (m 111.111 : 200.000), lunit di misura con la quale Re Salomone costru il Tempio di Gerusalemme. Ma c' anche la doppia canna, di m 5,55, la canna comune, met della pri- ma, cos come nelle misure maggiori c' lo stadio egiziano o alessandrino di m 222,22 ossia la cinquecentesima parte di un grado di meridiano. Se ci avviciniamo ai giorni nostri troviamo che la versta russa l'ottan- tesima parte di un grado di meridia- no, il li della Cina la duecentocin- quantesima parte, sino ad arrivare al miglio marino inglese, al miglio italiano e al miglio nautico che, come noto, sono di 1.852 metri, la sessantesima parte di un grado di meridiano. Nella storia delle misure lineari troviamo anche episodi curiosi, come l'atto di autorit di Enrico I d'Inghil- terra (XI - XII sec.) che decret per la iarda la distanza dalla punta del suo naso al pollice della sua mano tesa, ma la maggior parte delle misure lineari di tutti i tempi e di tutti i paesi hanno origini pi nobili della punta del naso, sia pure d'un re d'Inghilterra. La milionesima parte del raggio terrestre, ossia m 6,30, la troviamo nella larghezza della facciata della chiesetta rurale di S. Maria a Cesa- no, presso Terlizzi, nella larghezza della facciata della chiesetta di S. Giorgio a Bari, in quella di S. Eu- stachio, nel territorio di Giovinazzo, mentre la chiesa di S. Giovanni di Pat (Lecce) ha la facciata larga m 12,60. Nella cattedrale romanica di 17 Ruvo di Puglia la larghez- za dell'abside centrale di m 6,30 e la larghezza di quelle laterali di m 3,15 (misure esterne). Anche negli alzati ritroviamo queste misure: per esem- pio, la torre di S. Maria a Cesano presso Terlizzi alta m 12,60. La millesima parte di un grado di parallelo I costruttori di catte- drali gotiche di Francia, ma non soltanto loro come vedremo, tenevano conto della latitudine del luogo in cui sorgeva l'e- dificio, in quanto da tale elemento facevano discen- dere alcune misure della costruzione. A seconda della latitu- dine varia la lunghezza complessiva del cerchio di parallelo geografico e, partendo dall'equatore che il cer- chio massimo, i paralleli divengono pi piccoli salendo verso il polo. Ne consegue che se dividiamo tali cerchi per 360, come abbiamo fatto per la circonferenza terrestre quando abbiamo ottenuto per un grado il valore di km 111, otter- remo valori minori mano a mano che il parallelo sar pi vicino al polo. Se quindi all'equatore un grado lungo km 111, alla latitudine di 41 (Bari) un grado km 84, a 45 (Tori- no) km 78, a 48 (Vienna) km 73, a 49 (Parigi) km 70 circa. Di tali lunghezze i costruttori di cattedrali prendevano la millesima parte facendone, ad esempio, la lun- ghezza della navata, oppure ricavava- no la duemillesima parte facendone la lunghezza del coro. Ma vediamo concretamente con dati alla mano tale modo di procedere: Chartres sorge alla latitudine di 48 26' e la lunghezza di un grado di quel parallelo di km 73,80 (ar- rotondato a km 74). La navata della cattedrale di Chartres lunga m 74, il coro lungo m 37 (la met), la volta alta pure m 37 e il pozzo celtico profondo m 37 sotto la lastricatura del coro, per cui sommando l'altezza della volta e la profondit del pozzo abbiamo nuovamente m 74, come la lunghezza della navata ma questa volta in verticale. Reims, latitudine 49 15', lunghez- za di un grado di quel parallelo km 72. La cattedrale lunga circa m 144, ossia due volte la millesima parte del grado. Beauvais, latitudine 49 e 26', lunghezza di un grado km 72. La lunghezza totale della cattedrale m 72, quella del coro m 36, altezza totale della chiesa al di sopra del suolo m 71. Amiens, latitudine 49 53', lun- ghezza del grado km 71. I transetti della cattedrale sono lunghi m 71 circa. Ma prima di illustrare certe ana- logie che riscontriamo nelle chiese e chiesette di Puglia opportuno far Foto sopra: La cattedrale di Reims. Al centro: Struttura della cattedrale di Chartres. 18 cenno a un altro accorgimento che legava simbolicamente la costruzione sacra al luogo e quindi alla latitudi- ne: si tratta dei sottomultipli della lunghezza del grado di parallelo e dellangolo della latitudine. Angolo della latitudine del luogo Un altro modo di legare la chiesa al luogo in cui sorge, e quindi farne un ponte con il cielo per i soli abitanti di quel paese che con venerazione e sacrificio l'hanno edificata e dedicata alla divinit, l'inserimento nella struttura architettonica del valore angolare della latitudine del luogo. Come primo esempio prendiamo la chiesa romanica di S. Maria d'An- glona, presso Tursi in Lucania, e pi precisamente la parte rettangolare del presbiterio retrostante l'altare. Se consideriamo tale elemento come un rettangolo, e in esso tracciamo una diagonale, l'angolo retto sar diviso in due parti di cui una la latitudine su cui sorge la chiesa (40) e laltra la culminazione del Sole agli equinozi (50). Se poi misuriamo la larghezza del presbiterio, ossia di questo ideale rettangolo in cui abbiamo tracciato la diagonale, troveremo che di m 4,25. Se teniamo presente che la lunghezza di un grado di quel parallelo di km 85, appare evidente che la larghezza del presbiterio ne esattamente la ventimillesima parte. Un discorso uguale possiamo fare per la chiesa di S. Caterina a Bitonto anch'essa romanica. Se consideriamo il rettangolo costituito dalla navata centrale, partendo dalla base dell'ab- side sino ai primi due pilastri (presbiterio) e in esso tracciamo la solita diagonale, otterremo due angoli, di cui uno di 41 (latitudine dei luogo) e uno di 49 (culminazio- ne solare agli equinozi). Anche qui la larghezza di questo rettangolo di m 4,20. Siccome alla latitu- dine di 41 la lunghezza di un grado di parallelo di km 84, appare eviden- te che anche qui, come in S. Maria d'Anglona, la larghezza del presbi- terio la ventimillesima parte di un grado di quel parallelo. Non sfugge che queste implicazio- ni geografico-astronomiche vengono realizzate in quella parte della chiesa che pu considerarsi il cuore del tem- pio, trattandosi dello spazio imme- diatamente a ridosso dell'altare, per cui restano racchiusi in uno spazio limitato e centrale tre elementi fon- damentali: l'altare, che simboleggia il cielo, il rettangolo che racchiude la latitudine, che rappresenta la Terra e in particolare il luogo in cui sorge la chiesa, e il sacerdote officiante che tra essi mediatore. L'inserimento dell'angolo di lati- tudine nelle fabbriche sacre molto pi esteso di quanto si pensi. Innan- zi tutto implicito in quelle chiese orientate verso i solstizi perch, come Foto sopra: La chiesa di S. Maria d'Anglo- na, vicino Tursi (Matera). 19 abbiamo detto, cambiando latitudi- ne il Sole che sorge e che tramonta cambia la distanza angolare dai punti cardinali Est ed Ovest. E anche im- plicito in quelle fabbriche che adotta- no come misura lineare il sottomulti- plo decimale d'un grado di parallelo; invece conclamato negli esempi qui sopra riportati e lo ancora pi in quelli che seguono. Se nella celebre chiesa dell'XI sec. di S. Michele di Hildesheim (Germania) consideriamo il rettangolo formato dalle tre navate, e in esso tracciamo una diagonale, otterremo un angolo di 52, pari a quello della latitudine su cui sorge la chiesa, ed un angolo comple- mentare di 38 pari alla culmi- nazione solare equinoziale in quel luogo. La Pieve di Rubbiano, tra le pi antiche del modenese, che sorge alla latitudine di 45, ha le tre navate rac- chiuse in un quadrato, la cui diagona- le divide l'angolo retto in due angoli di 45 ciascuno. La chiesa abbaziale di S. Maria di Marola nell'Appennino Reggiano, ha anch'essa le tre navate racchiuse in un quadrato e si ripete il discorso gi fatto per la Pieve di Rubbiano. Anche questa chiesa sorge a 45 di latitudine. Torniamo in Puglia. La chiesa di S. Maria e S. Giacomo sull'isola di S. Nicola di Tremiti, latitudine di 42, se considerata nel suo nucleo originale, prima dell'ampliamento benedettino, mostra un rettangolo nel quale la diagonale apre un angolo di 42. La bellissima chiesina romanica della masseria Ottava in territorio di Fasano (Brindisi), anch'essa conside- rata nella parte originaria e quindi con esclusione dellampliamento successivo che l'ha allungata per far posto all'accresciuto numero di fedeli, presenta le tre navate racchiuse in un rettangolo. Anche qui la diagonale apre un angolo di 41, pari alla latitu- Immagine a sinistra: Pianta di S. Ca- terina a Bitonto, con gli angoli della culmina- zione solare agli equinozi. Foto sotto: La chiesetta roma- nico pugliese della masseria Ottava Grande a Fasano (Brindisi) 20 dine del luogo, e il discorso potrebbe continuare chiss per quanto se si passassero al vaglio in questa ottica le innumerevoli chiese maggio- ri e minori che costellano i nostri territori. Angoli relativi alle culminazioni solari La chiesetta rurale di S. Maria a Cesano, presso Terlizzi, un condensato di implicazioni astronomiche ma anche matematiche e ge- ometriche. Le prime notizie su questo edificio risalgono al 1040. Si tratta di una chie- setta rurale a una trentina di chilometri da Bari che oggi svetta solitaria tra i mandor- li, col suo corpo di fabbrica a pianta rettangolare che s'im- penna sulla facciata Ovest con una torre alta m 12,60, mentre a Est si conclude con un'abside. Come gi accennato in precedenza, la facciata larga m 6,30, milionesima parte del raggio terrestre, cos come la torre di m 12,60 la milionesima parte del diametro terrestre. La pianta di base un rettangolo molto allungato e la sua diagonale apre un angolo di 25, pari alla culminazione solare, in quel luogo, al Solstizio d'Inverno. Il Solstizio d'Inverno segna l'inizio dell'anno, la nascita del nuovo Sole (dies natalis Solis), tant' che le antiche religioni hanno fatto coincidere con tale data la nascita delle proprie divinit: Dioniso, Osiride e suo figlio Oro, Budda, Frey figlio di Odino e di Frigga, Ges. 21 Inserire la culminazione solare nella pianta della chiesa, e non altrove, ri- chiama quindi lallegoria della nasci- ta, e in particolare della nascita della chiesa che, ovviamente, principia dal tracciato di base. La torre, che si identifica con il prospetto della chiesa, ha una altez- za massima sul lato Est di m 12,60, mentre sulla facciata stata ribassa- ta a sguscio in epoca posteriore per far posto ad un campaniletto a vela. Se dividiamo m 12,60 (altezza della torre) per m 3,90 (larghezza laterale della torre stessa) otteniamo la tan- gente dell'angolo di 72 e mezzo circa che rappresenta la culminazione del Sole al Solstizio d'Estate alla latitudi- ne di S. Maria a Cesano. In altre parole possiamo dire che se conduciamo una linea immagina- ria dalla soglia della porta d'ingresso della chiesa sino alla sommit del- la torre, tale linea aprir col piano dell'orizzonte un angolo di poco pi di 72 e mezzo. Se conduciamo un'al- tra linea immaginaria dalla stessa sommit della torre sino all'estremit dell'abside alla quota zero otteniamo col piano dell'orizzonte un angolo di 49 gradi, che rappresenta la culmi- nazione del Sole agli equinozi. La chiesa cos vista, con le sue strutture reali e le linee da noi immaginate, assomiglia a un vascello (la barca di Pietro) che veleggia dalla Terra verso Il Cielo. Le culminazioni solari alle date in cui il Sole entra nei dodici segni zodiacali sono racchiuse in Castel del Monte, una costruzione pi simile ad un tempio che ad un castello, e scandiscono le proporzioni di tutti gli spazi, dalla vasca collocata antica- mente nel cortile sino alla recinzione ottagonale esterna, oggi demolita, attraverso la larghezza del cortile, quella delle sale e la circonferenza che racchiude il castello. Ma Castel del Monte non il solo edificio laico che presenta queste im- plicazioni cosmiche: presso Bergamo, per esempio, c il castello di Bian- zano (XIV sec.) che, oltre a essere orientato verso i quattro punti cardi- nali con gli angoli del suo impianto quadrato, regola con stupefacente precisione le proporzioni del corpo di fabbrica, del cortile e della torre in relazione alle culminazioni solari al Solstizio dInverno, agli equinozi e al Solstizio dEstate. Le porte solstiziali Non infrequente che, entrando in una chiesa, si notino delle porte laterali che solitamente non sono una di fronte all'altra, ma sfalsate: quella destra pi vicina all'ingresso, l'al- tra pi verso l'altare. Sono le Porte solstiziali e volendo rifarsi allo spirito cosmico degli antichi costruttori non possiamo escludere che, una volta orientata la chiesa verso il levar del Sole all'equinozio, fossero ricorda- ti simbolicamente anche i solstizi, anch'essi tanto legati alla figu- ra del Cristo e del Bat- tista. Si dice anche che le due porte avessero origi- nariamente una diversa quota della soglia, a rap- presentare il Sole pi alto dell'estate e quello pi basso dell'inverno, ma questa verifica pi difficile date le manomissioni intervenute attra- verso i secoli. Si avanzata anche l'ipotesi che le Foto a sinistra: La chiesetta di Santa Maria a Cesano, con la facciata a torre e le linee imma- ginarie previste da Tavolaro, che fanno assomiglia- re la chiesa ad un vascello. In basso: La pianta della chiesa di S. Basilio, a Troia, e l'angolo formato dalle "Porte Solsti- ziali". 22 due porte non fossero una di fronte all'altra perch la linea immaginaria che le congiunge doveva aprire con la facciata della chiesa un angolo vicino a quello dell'inclinazione dell'asse terrestre che all'origine dei solstizi. Esaminando la pianta della chiesa di Ognissanti di Pacciano, nel territo- rio di Bisceglie, e quella di S. Basilio di Troia ho rilevato che tale angolo, in entrambi i casi, di 32 ovvero la distanza angolare del Sole, alla latitudine delle due chiese, dal punto cardinale Est alle date dei solstizi. I fori gnomonici A chi si reca in visita alla celebre cattedrale gotica di Chartres vie- ne mostrato tra l'altro un forellino praticato in una vetrata attraverso il quale, a mezzod del Solstizio d'E- state, passa un raggio di Sole che va a cadere sul pavimento della navata, dov una mattonella metallizzata che lo evidenzia. Il fenomeno, oltre ad essere segnalato da tutte le guide, ha fatto scrivere a Louis Charpentier: Quando questo giochetto del sole sulla la- stra nel solstizio d'estate si produce in una delle cattedrali pi celebri dell'Occidente, in uno dei luoghi pi rinomati di Francia, l'idea dell'enigma subentra nell'animo di chiunque. Nella chiesa S. Leonardo di Sipon- to (anch'essa di antica nobilt, avendo accolto per molti anni tra le sue mura i Cavalieri Teutonici di Federico II), il medaglione di Sole che entra a mezzod del 21 giugno trova ad accoglierlo un rozzo pavimento senza contrassegni anche se, e questo no- tevolissimo, va a cadere esattamente al centro fra i due pilastri immedia- tamente di fronte allingresso laterale della chiesa (che funge da ingresso principale perch arricchito da un artistico portale). In altre parole chi entrasse in chiesa al mezzod astro- nomico del 21 giugno, si trovereb- be, sulla destra e sulla sinistra, due pilastri maestosi ed esattamente tra di essi, per terra, un medaglione di Sole. Ma c' di pi: il medaglione di luce disegna una rosa a undici petali, dato che il foro gnomonico attraverso il quale passa il raggio di Sole diaframma- to da un delizioso rosoncino di pietra a undici raggi. Quanta differenza tra il foro pratica- to in un vetro a Chartres e quello di Siponto, prati- cato nello spessore della volta in pietra della chiesa; tra il raggio semplice di Chartres che cade in un punto qualsi- asi della navata, sia pure ben accolto dalla mattonella metallizzata, e la rosa di luce di S. Leonardo, che va a marcare il centro fra i due pilastri su un rozzo pavi- mento indifferente a questo preziosi- smo! Il lavoro dell'astronomo di Siponto stato ben maggiore di quello svolto dall'astronomo di Chartres ma, come accade sovente, minore stata la fortuna. Una misura dell'impegno a considerare certe sfumature tecnico- culturali dell'architettura antica la fornisce l'attento Cesare Brandi che, a proposito di S. Leonardo di Sipon- to, scrive in Pellegrino di Puglia: Nella Nella foto: Il medaglione disegnato dal sole il 21 giugno nella chiesetta di S. Leonardo di Siponto. 23 chiesa dai bellissimi spazi aerei, la volta a botte, le cupole vo- lanti c poi l'ennesi- ma stranezza di una formella traforata e per istorto nella vol- ta della navata. La cosa m'intrig: non era per la meridia- na, che altro poteva essere? Dovetti aspettare parecchi anni per saperlo. Ma essendo andato a Santa Caterina sul Sinai scopersi la chiave del mistero. La chiesa di Santa Caterina giustinia- nea, e certamente ha il tetto rifatto. Ma nel tetto sono state conservate due aperture, in sbieco, in corrispondenza del Sole e della Luna nel giorno di San- ta Caterina. Ecco dunque spiegata la formella di S. Leonardo, cos per storto. Il bravissimo Cesare Brandi si spiegato tutto troppo in fretta perch avr pur notato che il foro gnomonico di S. Leonardo quasi sul capo di chi si trova in chiesa, infatti la sua distanza zenitale di appena 18, e quindi pu entrare il raggio di un Sole molto alto cio estivo, mentre la festa di S. Leonardo il 26 novembre quando il Sole gi molto basso, mancando appena un mese al solstizio d'inverno. Inoltre il celebre studioso stato informato male circa il doppio foro nella chiesa di Santa Caterina del Sinai: l'apertura per lasciar passare un raggio di Sole nel giorno di Santa Caterina verosimi- le, ma un foro per un raggio di Luna nel d della Santa non astronomica- mente possibile. E infatti impossibile che ogni anno, alla stessa data, la Luna sia alla stessa fase e nello stesso punto del cielo; ci accade solo ogni 19 anni, nel rispetto del ciclo metoni- co. Quindi lipotesi di Cesare Brandi non realistica ma con unattenta indagine non dovrebbe essere difficile stabilire la vera funzione dei due fori di quella chiesa. Implicazioni matematiche Nell'architettura romanica e goti- ca massiccia la presenza del rappor- to aureo e quindi del numero d'oro 1,618 (Matila Ghyka, Le nombre d'or). Prima di addentrarci per nell'affa- scinante mondo di questa armoniosa proporzione che governa le piante e gli alzati delle chiese, le angolazioni dei timpani e dei fastigi e coinvolge nella sua divina armonia navate e transetti, cripte e portali, sar bene rinverdire alla memoria i fasti del numero d'oro. Il numero d'oro il rapporto che armonizza innanzi tutto il corpo umano. Se moltiplichiamo per 1,618 la distanza che in un individuo adul- to e proporzionato va dall'ombelico sino a terra otteniamo la sua statura. Se moltiplichiamo la distanza dal gomito alla mano con le dita tese per 1,618, otteniamo la lunghezza del braccio. La distanza che va dall'an- ca al ginocchio, moltiplicata per il numero d'oro, d la lunghezza della gamba dall'anca al malleolo. Il volto umano, inoltre, tutto scomponibile in una griglia i cui ret- tangoli hanno i lati in rapporto aureo: moltiplicando il lato minore dei ret- tangoli per 1,618 si ottiene la lunghez- za del lato maggiore. Euclide e Pita- gora concessero larghissimo spazio a 24 questo rapporto nei loro studi, ma fu Luca Pacioli, matematico del Cinque- cento, che chiam l'applicazione del numero d'oro Divina Proporzione, mentre si deve a Leonardo da Vinci l'espressione Sezione Aurea. Quando Pitagora volle dare al numero d'oro una sistemazione nel campo della geometria, trov che tale numero si otteneva dividendo il raggio di una circonferenza per il lato del decagono regolare in essa inscrit- to, e lo si otteneva anche dividendo il lato di un pentagono stellato per il lato del pentagono convesso, entram- bi inscritti nella stessa circonferenza. Inoltre lo stesso risultato veniva fuori dividendo il lato del decagono stellato per il raggio della circonferenza ad esso circoscritta. Ma se queste sono le acrobazie che il numero d'oro compie nel campo geometrico, ve ne sono altrettante nel campo aritmetico, dove emergono propriet uniche, che non hanno gli altri numeri. Innanzi tutto il recipro- co di 1,618 (cio 1:1,618) 0,618 e il suo quadrato 2,618, il che singo- lare perch le cifre dopo la virgola restano sempre uguali. Se poi si eleva al cubo il numero d'oro si ottiene 4,236, che per corrisponde anche alla somma di 1,618 al suo quadrato, 2,618. Elevando 1,618 alla quarta po- tenza risulta 6,854, ma questo valore si ottiene anche sommando il suo quadrato (2,618) col suo cubo (4,236). In altre parole il numero d'oro elevato ad una determinata potenza uguale alla somma delle due potenze precedenti; lo stesso discorso valido per il suo reciproco 0,618. Il matematico del XIII secolo Leonardo Pisano, detto Fibonacci, si accorse che il numero d'oro veniva fuori da una precisa successione di numeri, chiamata appunto Serie di Fibonacci, in cui ogni numero deriva dalla somma dei due numeri che lo precedono. La serie la seguente: 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 e via conti- nuando allinfinito; dividendo cia- scun numero della serie per quello che lo precede si ha un risultato sempre pi appros- simato a 1,618 che, per dirla in linguaggio matematico, si raggiunge allinfinito, dato che un numero irrazionale e quindi con un numero infi- nito di cifre decimali sempre diverse. Se invece dividiamo ciascun numero per il succes- sivo il risultato si approssime- r a 0,618. Sia ben chiaro che queste propriet del numero d'oro non sono comuni ad altri nu- meri, cosa questa che ha sug- gestionato moltissimi uomini come il Fibonacci, Leonardo da Vinci, Albert Drer e Luca Pacioli, il quale della divina proporzione ha detto: unica come Dio e regge, come ogni San- ta Trinit, una relazione tra tre termini e resta simile a se stessa. Nella foto sotto: Applicazioni del Numero d'Oro nella Basilica di S. Caterina a Galatina (Lecce). Nei triangoli isosceli con angolo al vertice di 108 la lunghezza del lato obliquo moltiplicata per 1,618 fornisce la lunghezza della base. 25 In matematica il numero d'oro si indica solitamente con la lettera gre- ca Phi, accostando di proposito la sua funzione di rapporto armonico al nome del celebre Fidia, architetto e scultore che lega principalmente la sua fama alle sculture dei Partenone. Ma la lettera F anche composta dallunione della verticale maschile col cerchio femminile, rappresenta quindi lunione degli opposti, rac- chiudendo quindi in s il concetto di Trinit. E concludo questa breve rassegna sulla magia del numero d'oro con le parole di uno studioso francese, Marius Cleyet-Michaud: ... il numero d'oro racchiude, come credono alcuni, la chiave della conoscenza? Verrebbe, inol- tre, alla sua dipendenza ogni opera d'arte degna di questo nome? (Marius Cleyet- Michaud, Le nombre d'or). Il numero d'oro in architettura In Puglia il numero d'oro presen- te sotto forma di triangolo nei fastigi e nei timpani di diverse chiese: Chie- sa di S. Caterina a Galatina (timpano del portale); S. Maria della Scala a Noci (fastigio e campanile a vela); S. Maria dei Miracoli ad Andria (timpa- no sull'abside quadrata); S. Domenico a Taranto (portale). In particolare, nella cattedrale di Bitonto sono in divina proporzione le tre navate com- plessive, il transetto, la sottostante cripta e gli archi della cripta. Tra le chiese minori estremamente importante quella di Ognissanti di Valenzano, dove troviamo in rappor- to aureo la pianta, comprese le absidi, il capocroce, la sezione longitudinale e gli arconi per undici volte. Chiesa minore anche quella di Ognissanti di Pacciano, col rapporto aureo pre- sente dieci volte, tra pianta, sezione longitudinale, arconi ed archi ciechi. Tra le cripte in rapporto aureo, oltre quella di Bitonto gi menzionata, va tenuta presente quella della cattedra- le di Otranto, mentre un discorso a parte merita la chiesa della Madon- na della Croce di Casaranello, dove mediante l'applicazione del rapporto aureo, nel corso delle mie ricerche, si evidenziato il livello originale della chiesa. Infatti, considerando la sezione longitudinale del transetto e dividendo per il numero d'oro sia la lunghezza dell'estradosso che quella dell'intradosso, avevo ottenuto l'al- tezza della chiesa che raggiunge una quota pi bassa dell'attuale piano di calpestio. Gli scavi hanno rivelato lesistenza del mosaico pavimentale originale alla quota cos ricavata. Questi sono solo alcuni esempi ma il rapporto aureo racchiuso anche nei triangoli dei timpani e dei fastigi. Si tratta di triangoli isosceli col verti- ce aperto a 108, che in realt deriva- no dalla combinazione del pentagono convesso e stellato inscritti in una Immagine sopra: Ricostruzione di Stonehenge con le superfici dei due cerchi di pietre che sono fra loro in rapporto aureo. 26 circonferenza, nei quali il lato obli- quo moltiplicato per 1,618 determina la lunghezza della base Il rapporto aureo applicato in architettura non esclusivit del gotico e del romanico, anzi trovia- mo tale rapporto gi nel complesso megalitico di Stonehenge, vecchio di 4000 anni, dove le superfici teoriche dei due cerchi di pietre azzurre e di sarsen stanno tra loro nel rapporto di 1,6. Poi lo troviamo ben quattro volte nella piramide di Cheope, nei sarco- fagi egiziani e in tutta l'architettura greca, per cui non ci sono dubbi circa l'antichit della conoscenza e dellap- plicazione della divina proporzione. C' per una coincidenza che pu averlo fatto prediligere dalla religione cattolica, che alla funzione armoni- ca ed estetica ha unito quella sacra: l'allegoria di Gerusalemme. Il numero 1,618 la cotangente dell'angolo di 31 43' che pure la latitudine della Citt Santa. In altre parole se immaginiamo una chiesa tracciata in un rettangolo in rapporto aureo (cosa frequentissima) e in tale rettangolo tracciamo una diagonale, essa divider l'angolo retto in due angoli, uno di 31 43', la latitudine di Gerusalemme, l'altro di 58 17' che la culminazione del Sole agli equi- nozi in quella citt. Tracciare quindi una chiesa in modo tale che le sue proporzioni richiamino la latitudine di Gerusalemme come consentire al credente, varcata la soglia, di porre il piede simbolicamente nella Citt Santa, nella terra del Cristo. Il linguaggio degli angoli I timpani e i fastigi non sempre sono triangoli con il vertice aperto a 108, ma possono presentare altre angolazioni, alcune delle quali rac- chiudono in s significati simbolici. Prendiamo ad esempio un timpano o un fastigio col vertice aperto a 126 e in esso troveremo una splendida allegoria circa la funzione della chiesa quale ponte tra il Cielo e la Terra. In- fatti, se tracciamo una circonferenza e dal centro conduciamo due raggi che aprano un angolo di 126, essi sotten- deranno una corda che rappresenta il lato di un quadrato la cui superficie uguale a quella della circonferenza tracciata. Poich nel simbolismo sacro il cerchio rappresenta il Cielo e il quadrato la Terra, il triangolo rappre- sentato dai due raggi e dalla corda ad essi sottesa rappresenta il ponte tra la Terra e il Cielo e poich tale triangolo solitamente nel timpano o nel fasti- gio, lega automaticamente la chiesa a questa funzione intermediatrice. Questo triangolo aperto al vertice di 126 lo troviamo nel timpano del portale di S. Leonardo di Siponto, nel timpano della facciata di S. Giovanni Evangelista di Lecce, nel fastigio del rudere della facciata del transetto dell'Abbazia S. Trinit di Venosa e nel portale interno, nel fastigio dei coro sul lato posteriore della chiesa di S. Maria d'Anglona, tra Tursi e Polico- Nell'immagine: L'angolo di 126 in pratica rappre- senta la quadra- tura del cerchio. L'area del quadra- to costruito sulla base del triangolo uguale a quella del cerchio che ha per raggio il lato obliquo. 27 di Daniela Gagliano edizionigagliano@gmail.com Un viaggio di sola andata attraverso la filosofia, la biologia molecolare e la fisica quantistica, che si integra con la spiritualit per raggiungere linteriorit delluomo e riportarci alla grandezza dellesistenza, ma in particolar modo alla grandezza di noi stessi che siamo artefici ed esperti artigiani della nostra personale esperienza nel qui e ora della nostra vita. Tutto Uno. Noi siamo Uno. In noi c una scintilla divina che vibra e si mette in accordo con tutto il reale, trasformando ogni cosa si trovi sulla propria traiettoria dazione. CARMEN DI MURO ESSERE AMORE dal Pensiero alla Materia 28 ro, nel fastigio del tran- setto della cattedrale di Taranto, nel fastigio di S. Domenico anche di Taranto e nello pseu- do-protiro della chieset- ta della masseria Ottava nel territorio di Fasano (Brindisi). Dopo l'angolo di 108 e quello di 126 c' quello di 144, che ha lo stesso significato simbolico di quello di 126 perch si ottiene tracciando un trian- golo che abbia per base la lunghezza della circonferenza di un cerchio e per altezza il raggio dello stesso cerchio. In altre parole anche qui la superfi- cie del cerchio uguale a quella del triangolo che diviene ponte tra il Cielo e la Terra. Questo tipo di triangolo era molto usato negli architravi delle costruzioni pagane, tuttavia lo trovia- mo in un bassorilievo nell'Abbazia S. Trinit di Venosa. Da notare che in tutti questi angoli la somma delle cifre che li compongo- no d sempre 9, ossia il triplo ternario e questa constatazione ci avvia verso la mistica pitagorica. Ma prima di passare oltre abbiamo ancora un grosso debito da pagare alla chiesetta rurale di S. Maria a Cesano, in territorio di Terlizzi, che racchiude nella pianta di base l'angolo di culmi- nazione del Sole al Solstizio d'Inverno e negli alzati gli angoli di culmina- zione, del Solstizio d'Estate e degli equinozi. Nonostante questa chiesina si distenda e s'innalzi nell'obbedien- za di tali angolazioni, trova modo di racchiudere in s per tre volte il rap- porto aureo in elementi architettonici fondamentali. Infatti se dividiamo i 6,30 metri di larghezza della facciata, e quindi della chiesa, per 1,618 otte- niamo m 3,89 che rappresentano la larghezza della torre (m 3,90). Cos se moltiplichiamo m 6,30 per 1,618 otteniamo m 10,19 vicinissimi alla lunghezza reale della chiesa senza tor- re che m 10,25. Da notare che queste due lunghezze ottenute (m 10,19 e m 3,90) si sovrappongono tra loro deter- minando lo spessore dei diaframma che divide la torre dalla chiesa. La ter- za applicazione del rap- porto aureo la troviamo nella collocazione della crociera, infatti se divi- diamo per 1,618 l'intera lunghezza del manufatto (chiesa pi torre), pari a 13,60 metri, otteniamo m 8,40, vicinissimi agli 8,50 metri di distanza dell'as- se della crociera dalla facciata della chiesa. N poteva mancare in questo gioiello di chiesa, che gronda di implica- zioni cosmiche, astrono- miche e matematiche, il Immagine a destra: Triangolo aperto a 144; la sua area uguale a quella del cerchio che ha per raggio l'altessa del triangolo.Un timpano con queste caratteristiche pone la chiesa in diretto contatto col cielo, rappresentato dal cerchio. Foto sotto: L'angolo a 126 nella chiesa di S. Maria a Cesano. 29 30 pi significativo e simbolico angolo, quello di 126, riportato nel fastigio sul lato posteriore della chiesa. l'angolo che simboleggia il ponte tra il Cielo e la Terra, che chiude la chiesa nella sua parte terminale come un suggello. A S. Maria a Cesano determinante anche il ruolo svolto dalla mistica del numero 3. Tre sono, infatti, le applicazioni del rapporto aureo, tre gli angoli di culminazione solare, tre le porte esterne della chiesa (due delle quali sono murate). Inoltre l'angolo della fronte cuspidata (126) se som- mato cifra per cifra (1 + 2 + 6) d nove, triplo ternario. Lo stesso si dica per il suo angolo supplementare (54) in cui 5 + 4 d 9; analogo discorso vale per gli angoli aperti sulla corda (27) 2 + 7 = 9 e, infine, per 180 e per 63, la met di 126. Mistica pitagorica Il filoso- fo greco Giam- blico scrisse un libro su Pitagora che intitol "Vita pitagorica". In esso racconta tra l'altro che Pitagora ricevette la visita di Abari, un sapientissi- mo vecchio sacerdote di Apollo di origine scita (oggi diremmo russo) che, di ritor- no da un viaggio in Grecia, si ferm in Italia a rendergli omaggio. Abari, in segno di amicizia e devozione, don a Pita- gora la sua freccia d'oro, con la quale egli viaggiava superando agevolmente fiumi, stagni e paludi, mentre Pitagora, per usargli attenzione, gli mostr la sua coscia d'oro. Preso alla lettera, questo scambio di cortesie appare favoloso e incomprensibile, ma occorre inter- pretarne il vero significato perch si tratta di un linguaggio in chiave. Abari dunque possedeva una frec- cia d'oro senza la quale, secondo Giamblico, non era capace di trovare la strada. Viene spon- taneo di pensare pi realisti- camente ad una bussola e non inverosimile che un popolo, quello scita, quin- di iperboreo, calato nelle caligini di quelle latitudini, coi cieli senza stelle e colmi di nubi, prima di ogni altro avesse avvertito la necessit di surrogare la Stella Polare con un artifizio alternativo avvalen- dosi del magnete. Scontato perci che la bussola non fosse conosciu- ta alle nostre latitudini, Abari, donandola a Pitagora, comp un gesto di grande amicizia. Per ricambiare una simile attenzione occor- reva un dono di altrettanta 31 importanza e utilit, ecco allora Pita- gora mostrare ad Abari la coscia d'oro. Pitagora, che aveva a lungo approfondito la geometria, si era par- ticolarmente soffer- mato sul pentagono, segnatamente su quello stellato (segno di riconoscimento dei suoi adepti). Questo sta a significare che aveva messo a fuoco la divina proporzione, il rapporto aureo e quindi il numero d'oro 1,618; infatti la stella a cinque punte racchiu- de, nell'intersecarsi delle sue linee, rapporti che implicano il numero d'oro semplice, al quadrato e al cubo. Ora la coscia, intesa come Coxa, ossia anca, considerata nella sua interez- za e cio sino al ginocchio, sezione aurea dell'intera gamba sino al malleolo. Quando Giamblico dice che Pitagora mostr ad Abari la sua coscia d'oro bisogna quindi intendere che rivel al vecchio sacerdote il meraviglioso meccanismo del rapporto aureo e tut- te le sue innumerevoli implicazioni e applicazioni. Ma per Pitagora era di estrema importanza anche la Tetraktys, ossia i primi quattro numeri (1, 2, 3, 4), la cui somma dieci, e che da soli bastano non solo a tradurre gli accordi della lira e ad esprime- re il segreto dell'armonia dei suoni, ma anche l'armonia delle sfere celesti. Questa Tetraktys per Pitagora la chiave dell'eterna natura, la radice ultima delle cose, la grande sua rivelazione all'u- manit. Basti pensare che i suoi disce- poli recitavano la seguente preghiera: Benedici noi, o divino numero che generi gli Di e gli uomini; o sacro tetraktys, che contieni la radice e la fonte della creazione che eternamente si rinnova. Ma anche la circonferenza era sacra per Pita- gora, il quale raccomandava che i templi avessero la loro pianta di base racchiusa in essa cos come gli alzati, quasi fossero idealmente contenuti in una sfera. Dopo queste necessarie premesse vediamo ora quanto resta degli inse- gnamenti pitagorici e per quanti se- coli sono stati osservati. Abbiamo gi detto che enorme in Puglia (ma non soltanto in Puglia) il numero delle chiese medievali che rispettano nelle piante e negli alzati il rapporto aureo, ma anche la Tetraktys presente ed un esempio l'abbiamo nella chiesa di S. Basilio di Troia dove troviamo nella pianta di base la larghezza del tran- setto (misure esterne) pari ad uno, la larghezza della facciata pari a due, la lunghezza del transetto pari a tre e la lunghezza della chiesa, abside com- presa, pari a quattro. In questa chie- sa, inoltre, se misuriamo la distanza che va dall'ingresso sino all'altare e la dividiamo per 1,618 raggiungia- mo, partendo dall'ingresso, un punto che il centro della circonferenza che racchiude la chiesa (come voleva Pitagora). Infine in rapporto aureo il rettangolo che racchiude le tre navate. Identica in ogni particolare alla chiesa di S. Basilio di Troia la chiesa dei Santi Pietro e Marcellino di Seligenstadt (Germania) del IX sec. Anche qui, se attribuiamo alla larghezza del tran- setto il valore uno (sempre misure esterne) la fac- ciata assume il valore Al centro in alto: Chiesa di S. Basilio a Troia e le sue inplicazioni pitagoriche. In basso: Ls sacra Tetraktys Pagina a sinistra: Pitagora 32 due, la lunghezza del transetto il valore tre e la lunghezza della chiesa, abside esclusa, il valore quattro. Inol- tre, se dividiamo per 1,618 la distanza tra l'ingresso e l'altare ne otteniamo la sezione aurea; questa rappresenta la distanza fra lingresso della chie- sa e il centro di una circonferenza che racchiude interamente la chiesa, lambendo i quattro angoli pi esterni. Per buona misura si nota infine che in rapporto aureo anche il rettangolo comprendente le tre navate, misura- to allinterno. La Tetraktys si trova anche nei rosoni delle chiese, non solo in quelli a dieci raggi (1 + 2 + 3 + 4), ma anche in quelli a ventiquat- tro raggi (1 x 2 x 3 x 4). Pare proprio che tra rapporto aureo, Tetraktys e templi inscritti in una circonferenza Pitagora continui ad aleggiare nellar- chitettura sacra ben 1500 anni dopo la sua morte. Se poi si considerano gli angoli pi significativi che si ottengono disegnando una stella a cinque punte o un rettangolo aureo, si scorgono i vincoli astronomici che legano la Puglia a questa geometria pitagorica. Infatti se in un rettangolo in rapporto aureo tracciamo una diagonale, uno degli angoli in cui viene ripartito langolo retto di circa 32, ossia il valore dellamplitudine massima del sole alle latitudini pugliesi. In altre parole ai Solstizi dInverno e dEstate il sole sorge circa 32 pi a destra e pi a sinistra del punto cardinale Est. Altrettanto fa al tramontare rispetto al punto Ovest. Inoltre un angolo fondamentale della stella a cinque punte (che, come abbiamo detto, il condensato della divina proporzione) l'angolo di 72, l'altezza che il sole raggiunge a mezzod del Solstizio dEstate alle latitudini pugliesi. Come dire che a mezzod del 21 giugno il sole alto sullorizzonte 72 gradi. Da quanto esposto, sia pure accennato, appare chiaro che gran- dissima parte dellarchitettura sacra affonda per molti secoli le sue radici nel pitagorismo, che continua a informare larte cristiana in quei tracciati fondamentali che hanno per protagonista il numero, poich la scienza pitagorica , di per se stessa, contemplazione dellEssere nel suo principio eterno, immutabi- le, incorruttibile qual appunto il numero. Aristotele, nel Protrettrico, narra di Pitagora che, interrogato sul fine per il quale luomo stato generato, risponde: Per osservare il cielo. E come in Pitagora si fon- dano i culti del cielo e del numero, la collocazione geografica della Puglia consente che in questa terra larchitettura ispirata al pitagorismo si leghi, con la sua geometria, alle culminazioni e alle amplitudini massime del Sole, che del cielo il simbolo pi sfolgorante. Nell'immagine: A Castel del Monte i punti dove sorge e tramonta il sole ai solstizi disegnano un rettangolo in rapporto areo 33 34 34 N capelli e barba: la forza della mente di FRANCO ARDITO ella Bibbia scritto (Giudici, 16-21): Ora poich essa [Dalila] lo importunava ogni giorno con le sue parole e lo tormentava, egli ne fu annoiato fino alla morte e le apr tutto il cuore e le disse: Non mai passato rasoio sulla mia testa perch sono un nazireo di Dio dal seno di mia madre; se fossi rasato, la mia forza si ritirerebbe da me, diventerei debole e sarei come un uomo qualunque... Essa lo ad- dorment sulle sue ginocchia, chiam un uomo adatto e gli fece radere le sette trecce del capo. Egli cominci a infiacchirsi e la sua forza si ritir da lui. Allora essa gli gri- d: Sansone, i Filistei ti sono addosso!. Egli, svegliatosi dal sonno, pens: Io ne uscir come ogni altra volta e mi svinco- ler. Ma non sapeva che il Signore si era ritirato da lui. Sansone era un nazireo ed era quindi consacrato a Dio; da Dio proveniva la sua forza ed era nei suoi capelli che, secondo i precetti del nazireato, egli non aveva mai taglia- to. Una volta rasati il Signore si ritir da lui ed egli perse tutta la propria forza. I capelli erano il segno della presenza di Dio in lui e la sede delle facolt che questa presenza gli assicu- rava; un simbolo comune a molte re- 35 35 ligioni e culti, che prescrivono barba e capelli lunghi per i loro adepti, ma comune anche alliconografia clas- sica, per la quale saggi, pensatori e filosofi dellantichit erano muniti di fluenti barbe e di lunghe capigliature. Le valenze relative a capelli e bar- ba sono numerose e diverse. La pi corrente che la barba e i capelli lun- ghi, specialmente nelluomo anziano, siano il segno dellet e della saggez- za, il simbolo delle esperienze vissute e dellequilibrio maturato; ma, al di l di considerazioni di tipo strettamente paradigmatico, altre significazioni intervengono a proposito di questi attributi, connettendoli alla capacit di attivare energie superiori. La Maddalena, dopo aver lavato i piedi del Cristo con unguento di nardo, li asciug con i propri capelli, come se intendesse assimilare attra- verso la propria chioma il percorso spirituale del Messia, simboleggiato dai suoi piedi. Nel medio evo le stre- ghe venivano rasate prima di essere mandate al rogo, quasi a privarle con questatto della loro forza malefica, e nel V secolo i re merovingi, che veni- vano chiamati Re taumaturghi per la Nella foto: Domenico Fiasella detto il Sarzana, Sansone e Dalila. 36 loro facolt di guarire gli infer- mi con il solo tocco delle mani, portavano barba e capelli lunghi e fluenti divisi nel centro. Nella loro societ essi avevano instau- rato una vera e propria gerarchia in base alla lunghezza dei capel- li: coloro che erano sotto la loro autorit li portavano pi corti, in relazione al loro rango, e se essi volevano escludere le pretese al trono di qualche parente inde- siderato gli tagliavano i capelli prima di relegarlo in monastero. Probabilmente per questa connessione fra capelli lunghi e capacit superiori lusanza della barba e dei capelli fluenti fu particolarmente osteggiata dal Cristianesimo. Nel 1073, il Papa Gregorio VII viet l'uso della barba tra il clero; nel 1096 l'arcivescovo di Rouen annunci che gli uomini che portavano la barba sarebbero stati scomuni- cati dalla Chiesa e un decreto ecclesiastico analogo fu promul- gato a Venezia nel 1102. Daltronde fin dal tempo dei guerrieri Sciti, passando per i Visigoti fino a giungere agli indiani dAmerica, lablazione dello scalpo effettuata sui nemici vinti non significava solo la conquista di un trofeo di guerra, ma rappresentava un vero e proprio ritua- le che permetteva di impadronirsi della forza dell'avversa- rio, in modo da accrescere la propria e di non consen- tire alla vit- ti- ma di vendicarsi nemmeno da morto. Nel pensiero yogico i capelli sono considerati lestensione della Sushum- na, il canale di energia che corre lungo lasse cerebro-spinale e intorno al quale si avvolgono Ida e Pingala, le Ndi che trasportano le due polarit energetiche e che sono rispettiva- mente associate allenergia lunare e a quella solare; essi agiscono come unantenna energetica e come regola- tori del Prna per consolidare lener- gia che scorre attraverso i Chakra. Secondo questa concezione i capelli, e i peli in generale, sono antenne che creano connessioni col campo magnetico terrestre, stabiliz- zando i sistemi di energia del corpo. Certamente monaci rasati esistono in numerose religioni, ma appunto questa caratteristica rappresenta il Foto a destra: Un indiano d'America strappa lo scalpo ad un soldato americano. In basso: Jacques de Molay 37 distacco da ogni legame col mondo; da sempre, infatti, un uomo rasato a zero stato riconosciuto come sottomesso a qualche severa disciplina che lo estranea dalla materialit. Scrive Sujan Singh, mae- stro di Kundalini Yoga: Sulla sommit della testa situato il Decimo Cancello, o Chakra del- la Corona. Normalmente questo coperto da capelli che agiscono come antenne per proteggere la sommit della testa dal sole e per canalizzare lenergia del sole e la vitamina D. Molti Yogi (come anche i Sikh, per una precisa nor- ma legata alla loro religione) non tagliano i capelli o li annodano sulla cima della testa sul proprio centro solare, che per gli uomini in corrispondenza della fontanella anteriore. Lo scopo di canaliz- zare lenergia radiante di ognuno: ci permette che questa venga concentrata ed allineata ai chakra, aiutando a mantenere la concen- trazione e lequilibrio necessario per qualsiasi tipo di pratica. Non molto dissimile dalle conce- zioni yoga la teoria per la quale i capelli sarebbero unestensione del sistema nervoso, e quindi possono essere considerati come nervi esterio- rizzati, un tipo di sensori altamente evoluti che, come se fossero anten- ne, trasmettono gran quantit di informazioni che sono poi processate dal cervello, dal sistema limbico e dalla neocorteccia. Non solo, essi emetterebbero anche energia elettro- magnetica nel mondo circostante. Ad avallare questopinione inter- viene una ricerca del Dipartimento della Guerra USA che, durante la Guerra del Vietnam, avrebbe inviato alcuni esperti a setacciare le riserve degli Indiani dAmerica, alla ricerca di scout giovani, forti e addestrati a muoversi furtivamente su un aspro terreno. Cercavano soprattutto uo- mini con eccellenti abilit di insegui- mento e venivano avvicinati indivi- dui di cui si aveva documentazione circa la perizia in sopravvivenza ed inseguimento. Accadde tuttavia una cosa incre- dibile: qualsiasi fosse labilit che essi possedevano nella riserva, sem- brava improvvisamente scomparire sul campo. Per rendersi conto dei motivi di questo fallimento il gover- no statunitense commission allora unindagine a un Istituto di ricerca, dalla quale emerse che le reclute, una volta tagliati i capelli, come richiesto dallesercito, non erano pi in grado di sentire il nemico, n di accedere al loro Foto sotto: Re Clodoveo in un dipinto di Franois Louis Dejuinne. 38 sesto senso, n di fare riferimento alla loro intuizione, n di leggere i segni sottili o accedere a informazioni extrasensoriali. LIstituto di ricerca reclut quindi altri Indiani con le medesime caratte- ristiche, ai quali non vennero tagliati i capelli e che furono testati in varie aree. Poi furono messe insieme cop- pie di uomini che avevano ricevuto lo stesso punteggio su tutti i test; furono lasciati a uno dei due i capelli lunghi mentre allaltro fu fatto un taglio militare, quindi furono sottoposti an- cora una volta ai test. Il ri- sultato fu che luomo con i capelli lunghi ripetutamente mantenne un alto punteggio mentre laltro fall i test in cui preceden- temente aveva ricevuto un punteggio alto. I risultati della ricerca indussero lIstituto a raccomandare che agli scout indiani non si applicasse il regolamentare taglio dei ca- pelli previsto dallesercito. Secondo la scienza, nell'uomo il pelo ha perso la sua funzio- ne originaria di difesa con- tro l'abrasione e di isolamen- to contro la perdita di ca- lore; la sua quasi scomparsa, tranne che dalla testa e da poche altre parti del corpo, sembra da collegarsi alla perdita di significato sessuale conse- guente l'acquisizione della stazione eretta, che valorizza altri attributi. Pur tuttavia il corpo continua ad essere cosparso di peli che, se hanno perso la loro finalit di protezione, hanno comunque una funzione ben definita, pur se non ancora chiara. Ci sono situazioni nelle quali i peli del corpo si drizzano: quando sincontra Foto sopra: Ritratto di Curley, scout del Settimo Cavalleggeri del Generale Custer, unico sopravvissuto nella battaglia del Little Big Horn 39 qualcuno che si ammira particolar- mente, o in momenti di gioia inten- sa e inaspettata, o anche nel caso di eccitazione sessuale. E come se il pelo corporeo si connettesse col mondo circostante, per avvertire e trasmettere percezioni. Ci rendiamo conto di uninconscia sensazione di pericolo dallinsorgere della pelle doca, determinata dal repentino rizzarsi dei peli sul corpo; lo stesso accade, per esempio, a chi ha paura dei cani quando ne incontra uno; dal suo canto lanimale ne percepisce la paura, probabilmente attraverso lo stesso meccanismo. Per contro, accarezzare i capelli a qualcuno contribuisce al suo rilassa- mento fino a indurlo al sonno, men- tre accarezzarsi la barba favorisce la concentrazione, proprio in quanto latto dellaccarezzare isola barba e capelli dallambiente circostante. Troppo poco luomo accarezza il suo pelo e lo considera organo sensoriale - scrive liridologo naturopa- ta Marco Patton nel suo lavoro Il capello organo sensoriale, vitale alla vita dell'uomo - Sicu- ramente nel capello della fase arcaica era pi presen- te la funzione sensoriale, poi con le- voluzione della razio- nalit si limitato tale aspetto. Patton continua sostenendo che questo fenomeno riscontrabile nelle due zone dette Corona esterna, vicina al cervelletto, legata alla sfera emozionale e da cui si espandono onde elettromagnetiche, e Corona interna, dedicata dalla razionalit, che non emette onde emozionali. Il fenomeno visibile attraverso lence- falogramma che monitora lattivit neuronale. I capelli della Corona esterna sono pi forti e non cadono mai, garanten- do la capacit di connettersi al mon- do dellintuizione e delle emozioni per lintero arco della vita. La larga tonsura a forma di aureola dei mona- ci, eliminando i capelli relativi alla- rea razionale, comporterebbe perci come risultato unattivit percettiva di tipo prevalentemente intuitivo, pi adatta ad eliminare influenze razio- nali nella percezione del divino. Foto sotto: Monaci domenica- ni con la caratteri- stica tonsura 40 N on esistono scuole o percorsi che portano alla Maestria, perch i maestri veri non possono che insegna- re a gesti e a mezze parole e questo un fatto ontologico indiscutibile. Mi tornano in mente le parole di Gioac- chino da Fiore nella sua introduzione al trattato sullApocalisse di Giovanni: Ma forse, giacch dico queste cose, io mi attribuisco una delle due eventualit, di modo che avrei la presunzione di arrogarmi il merito della scienza? Assolutamente no. Piuttosto io, che mi riconosco nelluna del tutto insufficiente, nellaltra temo molto il giudizio. Poich, anche se non posso credere di essere sapiente, se non per stupidit, tuttavia non potrei scusarmi di ignorare ci che sono tenuto a dire, se non per falsi- t. Parler, quindi, come potr, nel caso contrario indicher con dei cenni. E se non posso imitare gli uomini, imiter lanimale senza intelligenza, o altrimenti luomo la solitudine del maestro di MICHELE LEONE 41 Nella foto: Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia. 42 privo di parola, che a cenni va indicando ci che ha visto. . Neanche letimologia della parola "maestro" ci di aiuto se affrontata solo da un punto di vista intellettuale e razionale, anche se nellorigine parte del segreto e nella parola, nel verbo, sono lessenza e la forza; forza di fare o non fare, capacit di portare dalla potenza allatto e nellatto, di feconda- re e rendere fertile la terra che porter nuovi frutti. Ecco, tra le altre cose il Maestro un instancabile aratore e se- minatore che non sempre vedr i frutti del suo lavoro. Il Maestro vede pi lontano o pi in profondit solo perch ha pi stru- menti, o sulla specola. Egli non pi grande o migliore, ha solo consumato pi a lungo i suoi sandali ed ha un mag- gior numero di calli. Alla forza, e non solo della parola, il Maestro coniuga la dolcezza e la cura tipici del femminile. In esso vi sono ampia- mente sviluppate le due met del cielo, e diver- samente non potrebbe essere: questa comparte- cipazione non fa di lui un essere confuso in quanto sa e manifesta ci che , questa compartecipazione potrebbe portarlo metafisica- mente a divenire landrogino del pensiero ermetico. Ogni Maestro diviene tale per una sua propria strada, non possibile identi- ficare una strada comune verso la vera Maestria, gli unici punti che potreb- bero essere di contatto tra queste strade cos diverse e cos simili potrebbero essere la fatica e la rinun- cia. E per fatica e rinuncia non bisogna intendere una Nella foto: Prahalad Jani, un "sadhu" (sant'uo- mo) conosciuto come "Mataji" (Manifestazione della Grande Madre). 43 qualche forma di nichilismo, o influen- ze di una qualsivoglia religione rivela- ta; fatica e forza bisogna intenderle in senso neutro se non positivo. Qualun- que atleta sa che per ottenere risultati deve faticare, allenarsi e sforzarsi. La fatica questo sforzo, questo impe- gno costante, questo allenamento per andare oltre, per superare quei limiti che non sono determinati aprioristi- camente ma che egli percepisce come limiti ed in un qualche modo si sforza di superare. La rinuncia un concetto difficile da esprimere, perch ci a cui rinuncia ogni potenziale Maestro diverso. Da certi punti di vista rinun- cia alla compagnia; il Maestro, reale o potenziale, deve esperire nella solitudi- ne degli stati di coscienza e dellessere, alcune soglie non possono essere var- cate che da un unico individuo, senza aiuto alcuno. Il Maestro deve essere un viaggiatore senza bagaglio e deve essere pronto a lasciarsi indietro quanto ha di caro, nel materiale e nello spirituale. Da certi punti di vista, egli deve essere pronto alla morte, egli deve esperire la morte e le morti siano esse simboliche, come nelle antiche iniziazioni, siano esse psichiche o dellanima. Il maestro in qualche modo un ritornato da oscure regioni. Non uno spavaldo, anzi egli teme, e pi di altri, queste morti, ma sa che sono necessarie e le affronta con i propri mezzi e strumenti, sapendo ogni volta che non torner mai pi come prima, o addirittura che potreb- be non tornare. La rinuncia, la fatica, la necessit della morte sono solo alcuni degli aspetti che si incontrano sulla strada della Maestria e nessuno pu preve- dere se e quando gli si proporranno le prove che lo trasformeranno in Mae- stro. Non esistono collegi di Maestri che chiamano al loro interno aspiranti Maestri, al pi esistono Comunioni di iniziati che chiamano altri a divenire iniziati, ma questo un altro discorso. I Maestri non si di- chiarano mai tali, spesso allinizio del loro percorso non hanno neanche la consape- volezza di esserlo, e quand'anche avessero coscienza in tal senso non agirebbero mai nel loro interesse, ma solo per quello del discepoli col quale si rapportano. Il Maestro, per quanto nelle sue possibilit, indica, fornisce strumenti e supporta, aiuta pi o meno da vicino; si fa carico dei pesi ed aiuta a meglio trasportarli o lavorarli. Il Maestro entra nellaltrui mare nero nella consapevolezza che potrebbe affogare. Il suo femminile recide gli eventuali cordoni ombelicali, per permette a chi si appoggiato a lui di camminare da solo, lontano e saldo. Questa la solitudine del Maestro: donarsi e ridonarsi in un infinito ciclo. E vedere crescere piante o foreste nei luoghi che ha frequentato; vedere giovani intraprendere nuove imprese; sorridere mentre scioglie legami. E tornare a sedere sulla sua specola e gioire per il lavoro fatto, e allo stesso tempo godere della inevitabile malin- conia di un lavoro che finisce. Il Maestro in realt non mai solo, perch come madre feconda ha una moltitudine di figli che porteranno per il mondo ci che egli ha trasmesso; come tutte le madri gioir per questo, e allo stesso tempo ne soffrir. Foto sopra: Paramahansa Yogananda, yogi e guru, segua- ce e propagatore del Kriya Yoga. 44 l simbolismo della Parola Sacra racchiude in s i concetti di inconoscibilit e di impronuncia- bilit, tanto che verrebbe da chiedersi se essa sia impronunciabile perch inconosciuta o, piuttosto, inconosciu- ta perch impronunciabile. Laddove si pensasse che simboli e parole siano due forme di espressione separate fra loro si commetterebbe un grave errore. In quanto forme di espressione, e quindi di formulazione esteriore, del pensiero, esse altro non sono che elementi rappresentativi del- le idee, che traducono esteriormente; in tale ottica il linguaggio stesso, e dunque le parole, altro non sono che una forma di simbolismo. Secondo Ren Gunon il sim- bolismo appare particolarmente adatto alla natura umana che, per le sue caratteristiche, non pu certo definirsi come pura intelligenza: la pura intelligenza, infatti, non neces- siterebbe di alcuna forma esteriore per conoscere la verit, e tanto meno per comunicare con altre pure in- telligenze. Non trascuriamo il fatto che vi sono scritture e alfabeti, come quello ebraico e cinese per esempio, che hanno carattere ideografico, sono costituite da simboli che rappresenta- no la parola che esprime quella data immagine, come peraltro gi accade- va per i geroglifici dellantico Egitto. Vi , invero, ununica differenza fra parola e simbolo, che per rende complementari queste due forme di comunicazione: mentre il linguaggio, essendo analitico e discorsivo, risulta pi calzante alla ragione umana, il I la parola sacra di ALESSANDRO LORENZO 44 45 45 la parola sacra di ALESSANDRO LORENZO simboli- smo intuiti- vo, e quindi consono alle esigenze della intelli- gibilit. Il simbolismo , almeno potenzialmente, uno strumento di comprensione della verit a cui tutti possono accedere secondo le proprie possibilit intellettuali, proprio per- ch immediatamente fruibile e in gra- do di accelerare la com- prensione pi di quanto non possa fare la parola in quanto il primo opera proprio a livello intuitivo, e non razionale come accade per la seconda. Prima che di Parola Sacra, a que- sto punto, sembra pi opportuno par- lare di Lingua Sacra. A tal proposito potremmo aiutarci rifacendoci alle 46 esperienze ed alla tradizione orien- tale (indubbiamente una delle pi risalienti), in particolar modo a quella dei Veda, quei testi antichissimi che la tradizione vuole essere stati scritti dalle divinit che crearono il mondo; testi che solo uomini saggi hanno potuto comprendere, prestando poi le loro voci al fine di tramandarne la co- noscenza: veri e propri intermediari della Parola Sacra. Veda significa appunto Conoscen- za, ma una conoscenza che niente ha a che fare con la semplice com- prensione intellettuale dei concetti e che, piuttosto, si basa su unespe- rienza percettiva superiore. Uomini saggi perch capaci di non disperdere la propria mente nellascolto di una miriade di parole futili, ma in grado di ascoltare una voce superiore che dichiara la suprema verit e cono- scenza. E la vera conoscenza origina proprio dalla Parola Sacra, che non semplice comprensione del significato letterale ma un suono che reca il si- gnificato della pi profonda Essenza, il senso trascendente che infonde alla parola il suo potere creatore. E solo la conoscenza e lattribu- zione del giusto nome che consentono la creazione dellordinamento supe- riore che, solo, attribuisce alle cose la giusta collocazione nellordine natu- rale del mondo; i rishi, i saggi della tradizione vedica, possedendo tale conoscenza, contribuivano allOrdine superiore, diventando cos gli Archi- tetti del Mondo. Per i cristiani In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio; in una sola parola la Crea- zione. Il Verbo o Logos il Pensiero e la Parola di Dio, o almeno ci che luomo intende designare come tale; il Suo intelletto espresso attraverso la Creazione. La Creazione la manifestazione del Verbo, ci a dire che il mondo e tutto ci che esiste leffetto o la ma- nifestazione del Soffio o della Parola divina e, se volessimo immaginare il linguaggio divino strutturato come lalfabeto ebraico o cinese, vale a dire composto da ideogrammi, potremmo affermare che la Creazione il sim- bolo di quella Parola. Perch affermare che luomo fatto a immagine e somiglianza di Dio se non per significare che luomo il simbolo di Dio stesso? Luomo lidea di Dio espressa attraverso il Logos divino; questo che probabil- mente sintende allorquando si affer- ma che lordine naturale, il kosmos, simbolo e somigliante dellordine divino, che ci che in basso analogo a ci che in alto, per cui il microco- smo specchio del macrocosmo. Luomo frutto della Creazione che, a sua volta. frutto del Verbo. Luomo dunque lincarnazione del Verbo, il suo coronamento. Il respiro dellAssoluto pervade tutto il Creato: Egli nel sole, nel cielo, nella terra, nellaria e nel fuoco poich, quando la parola del Supremo divenne Logos, furono colmati gli abissi del Nulla. 47 48 T ema simbolico fondamentale, ricco di variegate sfumature esoteriche, questo termine fa parte della simbologia alchemica, insieme al Sale, allo Zolfo e al Mercurio, che rappresentano i principi tradizionali della struttura umana: il primo espri- me il principio di ogni corporeit, la materia prima del nostro mondo, il secondo lo spirito e il terzo lanima, la dimensione psichico-animica e la mente. Lacrostico ermetico stato attri- buito a Basilio Valentino, lalchimista quattrocentesco autore di numerosi testi alchemici, che ne avrebbe parla- to per primo nella sua opera Azoth, pubblicata a Francoforte nel 1613. Un ulteriore richiamo al VITRIOL lo tro- viamo poi nel Viridarium Chymicum di Daniel Stolcius von Stolcenberg, stampato a Francoforte nel 1624. LAlchimia una delle pi impor- tanti Scienze Tradizionali, o Scienze Madri, i cui adepti in occidente, da Zosimo di Panopoli a Fulcanelli, si propongono di ottenere la Pietra Filosofale, lElisir di lunga vita e la trasmutazione dei metalli vili in oro, attraverso la realizzazione della Grande Opera. Giovanni di Rupescissa scriveva che lAlchimia il segreto di riuscire v.i.t.r.i.o.l.u.m. di MARIA TERESA LAPORTA 48 49 a fissare il sole che si trova nel cielo della nostra persona, cos che possa illu- minarla dallinterno e inondare con il principio della luce, e con la luce stessa, i nostri corpi e i nostri cuori. Fine ultimo lilluminazione. Loro della conoscenza si collega allo sviluppo del settimo chakra, il Sa- hasrara Chakra (Loto dai mille petali) detto anche Chakra della Corona, posto alla sommit del capo; per giungervi necessario un lungo percorso di purificazione e di sublimazione, gra- duale e costante. Il piccolo e timido seme la cui pianta avr raggiunto tale livello, e cio il centro della coscienza cosmica, avr compiuto la lunga risa- lita lungo lalbero della vita, attraver- so la terra, lacqua, laria e il fuoco, fino a fondersi con le energie celesti. Nellacronimo V.I.T.R.I.O.L.U.M. risiede il senso complessivo dellarti- colata e complessa simbologia relati- va alla spoliazione ed allimpatto con una realt inimmaginabile ove, quasi sulla soglia dellInferno, tutto sembra destare timore, paura e angoscia. Nella letteratura alchemica V.I.T.R.I.O.L.U.M. deriva dalla espressione latina Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occul- tum Lapidem - Veram Medicinam, che significa: Visita linterno, le parti pi nascoste della terra (e di te stesso) e purificandoti, affinan- do e illuminando sempre di pi la tua materia psichica, troverai la pietra nascosta, pietra preziosissima celata ai tuoi occhi. Questa la vera medicina. Questa pietra nascosta, celata nelle profondit della propria coscienza, altro non che la Pietra Filosofale, lunica che, metaforicamente, in grado di trasmutare il vile, grezzo e opaco Piombo in pre- zioso e risplendente Oro. In questa frase sintetizzato lOpus Magnum, la Grande Opera del processo denomi- nato Mysterium Magnum, la cono- scenza delle forze sottili della natura che consente di giungere al Lapis Philosophorum e allElisir Vitae. Il V.I.T.R.I.O.L.U.M. un miste- rioso messaggio, un invito rivolto a chi desidera scendere negli abissi del proprio inconscio, quasi un regressus ad uterum, come dice Mircea Eliade, 49 50 Nell'immagine: Simbolo del VITRIOL, tavola tratta da "Azoth" di Basilio Valentino. per prendere consapevolezza delle forze che si muovono nel proprio mondo interiore. E una sollecitazio- ne alla ricerca profonda del proprio S, della propria anima, un impera- tivo alla ricerca interiore. Un uomo che conosce perfettamente se stesso conosce lintera natura e conquista quei poteri spirituali che in lui sono latenti. Una volta che lattenzione rivolta al proprio interno un nuovo mondo si apre: la discesa agli inferi, la Nekia di dei ed eroi, il regno oscuro delle ombre e dei mostri, lingresso nelli- gnoto mondo dellAde e la successiva risalita-rinascita, la resurrezione, tema presente i molti riti iniziatici dellantichit, come i Misteri di Eleu- si, quelli di Iside, quelli di Adone, che sono altres allegorie della ciclicit stagionale della natura. Solo qui, come indica il detto latino, possiamo trovare la medicina che purifica e guarisce il proprio Io dai condiziona- menti e dagli attaccamenti del passa- to, dal profondo dolore inconscio che attanaglia la vita delluomo. Liniziato sa che deve essere au- dace nellaffrontare loscurit della propria anima, poich la discesa nellinconscio non priva di perico- li. Solo chi avr il coraggio, lardore di liberarsi dalla finzione mentale e illusoria della vita quotidiana otter- r la vera vita con la trasmutazione; liniziato che, come lalchimista, sa trasmutare il piombo nelloro della conoscenza, trasformer la sua vuota esistenza in quella degli Dei che lhanno creato. Liter perfectionis che procede dal buio alla luce allude al passare dal- la doxa allaleteia, dallopinione alla verit. La morte iniziatica termine- r con la rinascita che avverr solo quando, superate le cortine del vuoto e del superficiale, squarciati i veli con cui il falso mondo materiale ci avvol- ge, si inizier a scorgere la luce della Verit. Nella mitologia leroe penetra negli Inferi per lottare contro mostri e demoni; la Grande Madre, che anche dea della fertilit, gli appare come un essere terribile, spesso come la Signora della Morte, ma per pre- miare il suo coraggio gli offre cono- scenza e saggezza. In sintesi V.I.T.R.I.O.L. nel siste- ma alchemico rappresenta la Nigredo, lOpera al Nero, cio la prima morte trasformata nella morte cosciente e nellautomatica autorigenerazione in un veicolo materiale pi perfetto, atto a permettere un pi agile cammino 51 sulla via iniziatica. Il VITRIOL anche lacido che tutto corrode (il Leone Verde), quindi un potentissimo elemento in grado di provocare le trasformazioni pi elevate e indurre ci che inferiore ad ascendere alle sfere superiori, spirituali. Il processo di rettificazione infatti tale da produrre un orienta- mento delle energie verso lalto, verso luniversale, sottraendolo allattrazio- ne del sensibile. Se le profondit oscu- re dellanima sono di ostacolo alla ricerca della Verit, proprio da esse che deve sprizzare la luce. E tra le tenebre che deve essere spinta linda- gine profonda racchiusa nel socratico , che nel tempio di Delfo ha allinterno il corrispettivo , Conosci te stesso e cono- scerai Dio, quella divinit che risiede luminosa al centro della Coscienza, quella natura divina che va riconqui- stata in piena consapevolezza. La natura umana reintegrata nella sua originaria nobilt divina, sicch il simbolismo alchemico essenzialmente una ontologia, una dottrina dellessere. La restaurazione della perfezione aurea presuppone lunificazione di tutte le potenzialit interiori nella coniunctio opposito- rum, nellandroginia primordiale. Punto di partenza di tutto lo stato di semplicit e di purezza della Ma- teria Prima, che la rende atta a rice- vere la prima vibrazione del Fiat Lux delliniziazione. NellAthanor, lofficina alchemica della Rettificazione, solo pochi porta- tori di sistro ricercano faticosamente se stessi e i significati pi profondi dellessere. Per affrontare il buio pi buio del buio, per scoprire il tesoro della Cosa Meravigliosa racchiusa nel tenebroso carcere del corpo, il Miracu- lum di Asclepio, sono indispensabili volont, coraggio, silenzio e azione. LEssere come una goccia dacqua che rifluisce nel mare, ma ne uscir priva di impurit. Solo quando una rosa fiorir nel cuore di ogni uomo e di ogni donna, solo allora saremo capaci di vedere, e di udire il suono dellanima, e di conoscere le segrete scie luminose che sintrecciano fra tutti; solo allora riusciremo a rico- noscere lamore che opera in ogni persona e in ogni cosa. Nella ricerca della Verit gli uomini fanno due pas- si avanti e uno indietro: la vita li getta indietro ma la sete della verit e lostinato volere li spingono avanti: E chiss? Forse un giorno raggiungeranno la Verit vera. (Anton Cecov). 52 esoterico e essoterico di RINO GUADAGNINO 52 53 P are che lesoterico e lessoterico costituiscono le due facce di una sola medaglia: due facce distinte e uno solo il materiale. Si suole anche comparare questa dualit, unica nella sua concezione, al simbolismo della- razzo, dove lincrociarsi della trama e dellordito e la struttura del tessuto conformano il disegno visibile del tappeto. Ci sarebbe dunque una fac- cia interna, occulta ed invisibile, gra- zie alla quale possibile la manifesta- zione esterna del disegno, il colore e lapparenza sensibile dellarazzo, che riconosciamo come tale per queste caratteristiche, bench sia ovvio che se non fosse per la disposizione e in- crociarsi della trama e lordito, e per lintelligenza che ha ordinato la sua struttura, questo arazzo non sarebbe altro che una confusione senza senso, un caos, vale a dire che non sarebbe. dunque evidente che esiste un primato fra una faccia e laltra del tappeto, essendo quella interna ante- riore e origine dellesterna, la quale ha una ragione dessere subordinata alla prima, bench sia complementa- re ad essa. Allinterno e occulto ubbi- disce lesterno ed evidente, cos come la parola preceduta dal pensiero, ed lessenza di questo pensiero ci che produce e giustifica la parola. In qua- lunque cosa e in qualunque azione avviene lo stesso: lesoterico d luogo allessoterico, e conformandolo gli concede la sua validit. Ricordiamo che questa doppia corrispondenza pertanto reciproca, e si esprime in forma simultanea, che fa s che luna e laltra si complemen- tino in un tutto, anche se dobbiamo chiarire che agli occhi dei sensi ci che prima si osserva la faccia bril- lante e luminosa di qualunque espres- sione, la quale ci porta poste- riormente a scoprire il significato del- Nella foto: Il Cristo Velato, Cappella Sansevero a Napoli. 53 54 la struttura occulta della trama che ci appare cos invisibile e interna. Vale a dire che ci che dal punto di vista del creatore dellopera il primo e princi- pale, dalla prospettiva della creatura che osserva lopera che conside- ra come la realt si mostra come unoscura causa secondaria rispetto a ci che capace di vedere nellarazzo. La relazione di preminenza dunque invertita luna rispetto allaltra, ben- ch si pu anche avvertire che al di l di questa opposizione entrambi gli aspetti si coniugano nellunit dello- pera, sia questa unazione o una cosa. La Tradizione ha lavorato sempre con questi due concetti, che non si escludono, ma che al contrario non possono essere luno senza laltro, e li ha associati unanimemente con i simboli del cielo e della terra che visualizza come le due met, supe- riore ed inferiore, di una sfera. Ed entrambi costituiscono il corpo della sfera, bench il cielo, con il Sole nel suo centro, ci che origina la vita nel nostro pianeta. Mentre linterno o lesoterico quasi non percettibile, essendo essenziale, lesterno o essoterico si manifesta in forma molteplice e visibile. Il primo riferito alla qualit e alla sintesi, il secondo alla quantit ed al molteplice. E mentre luomo ordinario, immerso nelle tenebre del profano, ammira e venera il quantita- tivo, unica cosa che nel suo stato gli dato osservare, liniziato conosce e lavora con il qualitativo, ovvero il sacro. Cercando di comprendere i simboli, diventa indispensabile avere unidea chiara su due aspetti opposti e complementari che ogni simbolo possiede: lessoterico e lesoterico. Lessoterico lesterno, la forma vi- sibile che unenergia determinata as- sume per manifestarsi nel mondo dei sensi, e che varia secondo il tempo, lo spazio e il livello della realt in cui si esprime. Lesoterico (dal greco eso- terikos), significa linterno, locculto e non manifesto, la parte segreta del simbolo che non altro che unener- gia, idea o forza che ogni segno sacro contiene, e che nei nostri lavori ci che veramente interessa apprendere, conoscere e sperimentare. Le scienze ordinarie studiano il simbolo unica- mente dal punto di vista esteriore, e pertanto possono percepire soltanto le apparenti differenze fra le varie tradi- zioni e le diverse scienze, non poten- do stabilire fra queste relazioni vere, come quelle che la nostra Scienza Esoterica potr darci, poich questa conosce lidentit profonda delle ener- gie a cui si riferisce, che trascendono 55 la loro apparenza formale e permet- tono la connessione con quella realt metafisica che solo attraverso lesote- rico potremo percepire. Lesoterico pertanto unificante e rischiarante e arriveremo a comprenderlo soltanto quando saremo disposti a trapassare e penetrare le semplici apparenze delle cose e dei simboli, permettendo che questi ci rivelino le energie Oc- culte che possiedono. In questo modo possiamo penetrare in altri spazi del nostro essere, altre aule ed ambiti curiosamente uniti nella memoria, che saranno i passi primi allingresso nella nostra Chiesa; e pertanto com- pletamente atemporale. Volendo esagerare, per, si potreb- be considerare un esoterismo essoteri- co ed un essoterismo esoterico. Voglio dire che tecnicamente quando c una discorso simbolico, chi conosce la chiave pu comprende- re il significato del messaggio; poich la chiave disponibile a chi fa parte del gruppo, a chi sta dentro, allora il messaggio esoterico (riferito a chi sta dentro). ma il messaggio pubbli- co e chiunque, pur non conoscendo la chiave, pu interpretarlo secondo la sua sensibilit; in questo caso exoterico (riferito a chi sta fuori). Ma la chiave non da considerarsi in modo troppo materialista. la chiave la ricevono gli iniziati. Ma l'iniziazio- ne pu a sua volta essere reas un rito e quindi esistono iniziazioni exote- riche. Pi o meno tutte le religioni sono iniziazioni exoteriche. Ossia c' un simbolismo, ma alla fin fine dietro i simboli c' solo sentimentalismo e fideismo, nessuna vera conoscenza.Vi anche il caso di iniziazioni naturali, cio la possibilit che talune indivi- dualit abbiano una sensibilit tale da penetrare i misteri. Esse hanno cio ricevuto una iniziazione anche se non hanno partecipato a rituali; hanno semplicemente maturato nella propria vita una consapevolezza ed un discernimento della verit. Ad ogni modo, ammettendo un insegnamento circa la verit, di so- lito esso non consiste solo di nozio- ni, ma soprattutto di tecniche. Chi apprende le tecniche e le applica, quando considera le nozioni ne pu apprezzare la squisitezza esoterica. Chi si limita al messaggio, percorre la via exoterica. Ma la via exoterica percorsa con tutta la persona, piena- mente vissuta, pu portare alla vera iniziazione (alla partecipazione della verit) cos come le tecniche pratica- te superficialmente e con bramosia di conoscenza possono portare ad una iniziazione illusoria. Nella foto: Pinturicchio, Al- legoria del Monte della Sapienza, Pavimento del Duomo di Siena. 56