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Rassegna bimestrale di StudiTradizionali


Anno 3 n. 1 Aprile 2014
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ACCADEMIA
DI BELLE ARTI
DI BARI
MINISTERO DELLUNIVERSIT
E DELLA RICERCA
ALTA FORMAZIONE ARTISTICA
E MUSICALE
L'UNIVERSITA' DELL'ARTE
Nel l a f ot o: Un moment o del l a premi azi one del X Premi o Nazi onal e del l e Ar t i , organi zzat o nel 2013 dal l ' Accademi a di Bel l e Ar t i di Bari .
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ACCADEMIA
DI BELLE ARTI
DI BARI
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Nel l a f ot o: Un moment o del l a premi azi one del X Premi o Nazi onal e del l e Ar t i , organi zzat o nel 2013 dal l ' Accademi a di Bel l e Ar t i di Bari .
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LIBRERIA
ROMA
Specializzata in filosofia, esoterismo, ma-
gia, yoga, medicina e alimentazione na-
turale, simbolismo, alchimia, massoneria,
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sofia, teosofia, astrologia.
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34
Capelli e barba: la forza della mente
di FRANCO ARDITO
40
La solitudine del Maestro
di MICHELE LEONE
52
Esoterico ed essoterico
di RINO GUADAGNINO
8
Le favole del cielo
di ALDO TAVOLARO
7
Per chi sa leggere e scrivere e non solo compitare
EDITORIALE
44
La parola sacra
di ALESSANDRO LORENZO
48
V.I.T.R.I.O.L.U.M.
di MARIA TERESA LAPORTA
Il prossimo numero di OUROBO-
ROS, di imminente uscita, sar
interamente dedicato ad uno studio
di Elena Frasca Odorizzi (Arthea)
sulla Tabula Smaragdina di Er-
mete Trismegisto.
In copertina:
Il Re e la Regina, tavola dello Splendor Solis
di Salomon Trismosin, Manoscritto Harley 3469,
presso la British Library di Londra..
Rassegna bimestrale
di Studi Tradizionali
ANNO 3 n. 1
Aprile 2014
Direttore Responsabile
FRANCO ARDITO
Redazione
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A
P
R
I
L
E
N
PER CHI SA LEGGERE E SCRIVERE
E NON SOLO COMPITARE
e abbiamo parlato anche nell'editoriale scorso; se lo
Zen da un lato dichiara che "quando lallievo pronto
il Maestro arriva dall'altro dice anche: Quando incontri il
tuo Maestro, uccidilo. Quello che per non dice apertamen-
te che quando lallievo avr ucciso il suo Maestro dovr
essere pronto a prendere il suo posto, perch non ne giun-
ger un altro; lUniverso non il Ministero dellIstruzione
e quando non ci sar pi chi ti indica la via dovrai essere
tu a diventare il Maestro di te stesso per individuarla. In
caso contrario la pena sar il disorientamento e il ritorno
al mondo della materia.
Daltra parte la leggenda di Hiram insegna che bisogna
farsi in tre per uccidere il proprio Maestro, ma a chi avr
usurpato quel ruolo e non sar pronto ad assumerlo su
di s, a chi si addormenter nella propria caverna con la
tranquillit della presunta maestria acquisita, giungeranno
nove maestri, tre volte tre, a tagliare la testa.
Racconta una storia Zen: Un giorno Ekido chiese al suo Ma-
estro Bankei come poteva conoscere il grado dilluminazione a cui
era giunto. Bankei prese un nastro giallo e glielo pose sulle spalle
dicendo: Ecco, questo il tuo grado. Ekido rimase pensieroso
per tutto il giorno; alla sera, non resistendo pi, chiese aperta-
mente al maestro: Non riesco a comprendere come un nastro
possa definire il mio grado dilluminazione. Perch lhai messo
sulle mie spalle? Togliendogli il nastro Bankei rispose: Non il
colore del nastro ma il peso che hai sentito sulle tue spalle che te
lo ha indicato.
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siste in quella che fu in altri tem-
pi la Gallia belgica, nelle antiche
province di Champagne, Piccardia,
Ile-de-France e Neustria, un certo nu-
mero di cattedrali che hanno per nome
Notre-Dame (quelle del XII e XIII secolo).
Queste chiese permettono di tracciare sul
terreno, quasi con perfetta corrispondenza,
la costellazione della Vergine tale e quale si
vede nel cielo.
Se si confrontano i nomi delle citt dove
si trovano queste cattedrali, con le stelle, si
avr che la Spiga della Vergine corrispon-
de a Rennes; Gamma, a Chartres; Zeta ad
Amiens; Epsilon a Bayeux. Fra le piccole
stelle si ritrovano vreux, tampes, Laon;
tutte citt che hanno delle Notre-Dame
molto antiche. Maurice Leblanc aveva gi
notato, prima di tutti, che le abbazie bene-
dettine del paese di Caux disegnavano sul
terreno l'immagine dell'Orsa Maggiore...
(Louis Charpentier, I misteri della
cattedrale di Chartres).
Daltra parte Claude Lvi-Strauss
rileva che presso i Pawnee, trib nor-
damericana del Nebraska, la distri-
buzione dei villaggi, fatti di rudimen-
E
le favole
del cielo
di ALDO TAVOLARO
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Foto in alto:
Le cattedrali goti-
che i Francia.
Sotto:
la costellazione
della Vergine.
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tali capanne, riproduceva una carta
celeste di cui certi esemplari sono
pervenuti sino a noi. C'erano almeno
teoricamente nove villaggi, ciascuno
collocato sotto l'invocazione d'una
stella o pianeta le cui posizioni rispet-
tive nel cielo erano scrupolosamente
rispettate.
Per restare in casa nostra, il com-
plesso dei Miracoli a Pisa - Torre pen-
dente, Duomo e Battistero - secondo
il Guidoni riproduce sul terreno le
tre principali stelle della costellazio-
ne dell'Ariete. Quanto detto pu dar
luogo a legittime perplessit e indur-
re a chiedersi se tali interpretazioni
siano frutto di fantasie umane. Ma
se dal pi ampio ambito del territorio
passiamo al singolo edificio architet-
tonico troveremo riferimenti al Cielo
molto pi precisi e addirittura inequi-
vocabili.
D'altronde non dimentichiamo
che quando Marco Pollione Vitru-
vio, architetto vissuto a Roma al
tempo dell'imperatore Augusto, volle
tratteggiare il profilo dell'architetto
secondo un ideale suo e dell'epoca,
scrisse: Deve essere abile nell'espressione
scritta, esperto nel disegno, istruito nella
geometria, deve conoscere alquanto di fatti
storici, deve aver
ascoltato con dili-
genza la filosofia,
intendersi un po' di
musica, non deve
essere digiuno di
medicina, conoscere
sentenze giuridiche,
possedere conoscen-
za dell'astronomia
e delle leggi che
regolano i fenomeni
celesti.
E facile no-
tare come i verbi
delle varie propo-
sizioni cambino a
seconda dell'im-
portanza che
Vitruvio attribuisce alle acquisizioni
conoscitive dellarchitetto, comple-
mentari alle materie squisitamente
tecniche e professionali. Dove appare
pi categorico, senza alquanto e
senza un po', nei confronti dell'a-
stronomia, e questo perch in tutti
i tempi, e quindi anche prima di
Vitruvio, lastronomia stata una
componente essenziale dell'archi-
tettura. I pi celebri monumenti
del passato racchiudono nella
propria struttura architettonica
implicazioni astronomiche,
miniaturizzazioni cosmiche,
riferimenti conclamati o nasco-
sti alla Terra, al Cielo, ai moti
dei maggiori corpi celesti.
Il complesso megalitico di Sto-
nehenge in Inghilterra, ritenuto
tempio druidico, risultato essere
un grande calendario per determina-
re l'inizio delle stagioni e un osserva-
torio per prevedere le eclissi di Luna.
I nuraghi di Sardegna, collegati al
Sole, e i pozzi sacri in Puglia, dedica-
ti alla Luna, servivano come Sto-
nehenge a prevedere le eclissi lunari.
Il Partenone ha la facciata rivolta
verso il punto dell'orizzonte in cui
sorgeva il Sole nel d in cui iniziava-
Nellimmagine:
Piazza dei Mira-
coli in una stampa
dell'800.
Foto al centro:
Medaglia di bron-
zo con l'immagine
di Marco Vitruvio
Pollione.
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no le feste Panatenaiche in onore di
Minerva, in modo tale che il primo
raggio dell'astro entrava nel tempio
e illuminava la statua criselefantina
della dea, realizzata da Fidia in oro e
avorio.
Sono connessi allastronomia
la piramide di Cheope, nella valle
di Gizeh, in Egitto, numerosi altri
templi dell'Egitto, della Siria e del
Libano (Abu Simbel, Baalbek, ecc.),
il Pantheon a Roma, la cui cupola
riproduce la sfera celeste, con il foro
apicale che corrisponde al Sole e il
cornicione all'equatore celeste.
L'elenco potrebbe continuare, ma
non lo scopo di questo studio, che
non intende trattare i monumenti pi
noti le-
gati
all'astronomia, bens quelli meno noti
che possiamo rintracciare nel territo-
rio pugliese. Ho accennato ad alcuni
monumenti, correlati al cielo, ante-
riori a Vitruvio (o all'incirca coevi,
come il Pantheon), ma il connubio
architettura-astronomia continua
anche dopo il glorioso architetto
romano. Tutto il Medioevo vede in-
fatti l'architettura romanica e gotica
imbevuta d'astronomia e simbolismo
sacro fatto di geometria e miniaturiz-
zazioni cosmiche.
Quali sono, per sommi capi, que-
ste implicazioni astronomiche che
ritroviamo nelle costruzioni sacre?
In primo luogo l'orientamento, che
pu tener conto del sorgere del Sole
agli equinozi o ai solstizi, ma anche
di altre significazioni, come vedre-
mo. Poi ci sono i valori angolari delle
culminazioni solari in date di rilievo,
e quindi prevalentemente ancora
solstizi ed equinozi, e i valori delle
latitudini dei vari luoghi in cui
sorgono le costruzioni sacre:
anche se la latitudine ter-
restre rientra nell'ambito
della geografia non biso-
gna dimenticare che la
Terra un corpo cele-
ste, un pianeta come
tutti gli altri, che la
geografia studia nei
particolari. Nel cam-
po delle misure linea-
ri troveremo sotto-
multipli decimali del
raggio e del diametro
terrestri e di un grado
di parallelo.
L'orientamento
L'orientamento pi frequen-
te nelle costruzioni sacre
quello Est-Ovest perch nell'an-
tica liturgia era previsto che il
sacerdote officiante fosse rivolto, sia
con il viso che col palmo delle mani
levate, verso il sorgere del Sole equi-
noziale. Di conseguenza nelle chiese
paleocristiane, quando l'altare non
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Foto in alto:
La chiesetta roma-
nica di S. Giorgio
a Bari.
Foto in basso:
Chiesa di
S. Maria sull'isola
di S. Nicola alle
Tremiti.
era addossato alla parete, ma posto
tra il sacerdote e i fedeli (come ades-
so dopo la riforma conciliare) l'Est
coincideva con l'ingresso della chiesa,
cio la facciata.
Quando la posizione dell'altare
mut e fu addossato alla parete, le
chiese furono costruite con la parte
posteriore verso Est, per cui il sacer-
dote voltava le spalle ai fedeli e quindi
all'ingresso della chiesa, ma continua-
va a volgere il viso e il palmo delle
mani verso il sorgere del Sole. In altre
parole il sacerdote rimase fermo, ma
si spost la chiesa nel senso che s'in-
vert la posizione della facciata e delle
absidi. In ogni caso l'orientamento
rimase equinoziale.
Ci non toglie che esistono chiese
costruite sull'asse solstiziale, come la
chiesetta rurale romanica (XI sec.) di
S. Giorgio nel comune di Bari, orien-
tata con l'abside verso il punto dell'o-
rizzonte in cui sorge il Sole al Solsti-
zio d'Inverno, o la chiesa di S. Maria
e S. Giacomo sull'isola di S. Nicola
delle Tremiti, che rivolge l'abside ver-
so il sorgere del Sole al Solsti-
zio d'Estate. Va ricordato che
il nucleo originario di questa
chiesa anteriore al Mille.
Ma se l'orientamento
secondo l'asse Est-Ovest,
ossia in direzione dei punti
sull'orizzonte in cui sorge
e tramonta il Sole alle date
degli equinozi di primavera
e d'autunno, il medesimo
in tutte le parti del mondo,
l'orientamento solstiziale ri-
chiede un calcolo (o un'osser-
vazione) particolare in funzione della
latitudine. Per esempio, la chiesetta
di S. Giorgio, orientata verso il sorge-
re del Sole al Solstizio d'Inverno, apre
con l'asse Est-Ovest un angolo di 32
circa, ma se fosse costruita a Torino
(latitudine 45) l'angolo sarebbe di
oltre 34. Se sorgesse a Londra (lati-
tudine 51) l'angolo dell'amplitudine
massima sarebbe di oltre 39. Se ne
deduce che l'orientamento solstiziale
era pi elaborato, ancorch discen-
desse da una osservazione diretta,
consentita soltanto da un orizzonte
non impedito da montagne, colline o
altri ostacoli.
Ma tentiamo di legare a tali orien-
tamenti dei significati. Mentre nei
templi precristiani, anch'essi orienta-
ti, il riferimento era al cammino dei
Sole rappresentato dal suo sorgere e
tramontare agli equinozi e ai solsti-
zi, col conseguente mutamento delle
stagioni e quindi delle attivit agri-
cole ed umane, col cristianesimo si
localizzata l'attenzione su tali date le-
gandole ad eventi significativi. Ges
nasce nel Solstizio
d'Inverno, viene
concepito all'Equi-
nozio di Primavera
e all'Equinozio di
Primavera muore.
S. Giovanni Batti-
sta, il Precursore,
nasce al Solstizio
13
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d'Estate e viene
concepito all'E-
quinozio d'Autunno.
A questo punto va
ricordato che al Sol-
stizio d'Inverno il Sole
ricomincia a salire,
le giornate di luce si
allungano, mentre
al Solstizio d'Estate
il Sole inizia la sua
discesa, le giornate si
accorciano e la luce
gradatamente diminu-
isce.
L'allegoria del Bat-
tista, il Precursore, che
esaurisce il suo com-
pito e cede il passo a
Ges che salir sempre
pi in alto confer-
mata dal Vangelo di
Giovanni (III, 30) in cui troviamo
una frase del Battista che dice: Non
sum ego Christus: sed quia missus sum
ante illum... Illuni oportet crescere, me au-
tem minui. (Io non sono il Cristo; ma
sono mandato davanti a lui... Bisogna
che egli cresca e che io diminuisca).
Proprio come cresce il Sole dopo
il Solstizio d'Inverno e diminuisce
dopo il Solstizio d'Estate.
Ma esistono altri orientamenti che
non tengono conto del sorgere del
Sole o del suo tramontare bens di
alcuni significati intrinseci al valore
angolare, sempre legati per all'astro-
nomia. Per esempio, la cattedrale go-
tica di Chartres, quella romanica di
Bitonto, la chiesa templare di Payns,
in Francia, sono orientate in modo
tale che l'asse longitudinale delle loro
navate apre con l'asse Est-Ovest un
angolo di 47 (46 54' per la preci-
sione). Qui entriamo nel simbolismo
sacro che sposa il tema cosmico.
L'angolo di 47 rappresenta il doppio
dell'angolo dell'inclinazione dell'asse
terrestre (23 27' attualmente, 23
31' all'epoca della costruzione delle
chiese di cui stiamo trat-
tando). Quarantasette
gradi, quindi, rappresentano
l'angolo del cono preces-
sionale dell'asse terrestre,
ossia quel movimento co-
nico (come una trottola che
perdendo velocit s'inclina)
chiamato Precessione degli
Equinozi, che l'asse terre-
stre compie in 26.000 anni,
periodo detto dagli antichi
Anno Platonico o Grande
Anno. In altre parole l'angolo
di 47 un'allegoria della
Terra, la pi propria dal
punto di vista astronomico e
biologico. Infatti se la Terra
un pianeta che ha determinati ritmi
stagionali, che vede avvicendarsi il
caldo al freddo e la vegetazione con-
dizionata dalle piogge e dalle calure;
se l'uomo, a sua volta, correla la sua
attivit al periodo della semina e del
raccolto, del pascolo e della transu-
manza e tira a secco la barca perch
il mare diventa impraticabile; se tutta
la vita sulla Terra, dalla gigantesca
sequoia alla formica, obbedisce a cer-
ti ritmi, ci dovuto soltanto all'in-
clinazione dell'asse terrestre. Con un
Immagine a lato:
La Precessione
degli Equinozi e
l'angolo precessio-
nale di circa 47.
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asse terrestre dritto, perpendicolare al
piano dell'eclittica, non avremmo ne
inverno ne estate e la natura, le pian-
te e luomo stesso avrebbero tuttaltro
comportamento.
Se vogliamo perci cercare un
simbolo, il pi essenziale, il pi
significativo che rappresenti
la Terra quale potrebbe essere
migliore dellangolo di 47, il
completo respiro del Grande
Anno, pari al doppio dellin-
clinazione del suo asse, 23
30? Ne consegue perci che un
orientamento a 47 rispetto lasse
Est-Ovest intende legare il monumen-
to sacro, la chiesa, la casa di Dio, alla
Terra nel suo insieme, all'uomo nella
sua collettivit. Vedremo comunque
che altre implicazioni astronomiche
legheranno i templi pi partico-
larmente al luogo in cui sorgono e
quindi pi limitatamente agli uomi-
ni di quel luogo che, avendo fatto
costruire la chiesa a proprie spese,
imploravano la benevolenza del cielo
sulle loro famiglie, sulle colture, sul
loro lavoro.
Sottomultipli del raggio
e del diametro terrestri
In numerose chiese e chiesette ro-
maniche di Puglia troviamo elementi
architettonici lunghi m 6,130 e m
12,60, ossia la milionesima parte del
raggio e del diametro della Terra. In
realt si tratta
di venti o
quaranta piedi bizantini di cm 31,50
che, a loro volta, discendono dal
cubito egiziano di 63 centimetri. Qui
occorre aprire una doverosa paren-
tesi per dire che la maggior parte
delle misure lineari dell'antichit trae
origine da elementi geografici. vero
che in tempi pi remoti a fornire i
parametri di misurazione lineare fu
il corpo umano, col braccio o cubito,
col palmo, col pollice, col piede, col
passo, ma in seguito troviamo dif-
fuse in tutto il mondo antico misure
discendenti da elementi geografici.
In Egitto, Siria, Persia e altrove
troviamo la parasanga, di m 6.300, e
relativi sottomultipli, come il cubito
egiziano di cm 63 di cui dicevamo
innanzi. Si tratta di sottomultipli
decimali del raggio terrestre, stimato
anticamente in km 6.300, di poco
maggiore rispetto alle stime attuali.
Il cirenaico Eratostene, sovrinten-
dente della biblioteca di Alessandria
tra il III e il II sec. a. C., misur la
circonferenza della Terra prendendo
in considerazione un pozzo collocato
a Syene (l'attuale Assuan, in Egitto)
e un altro situato in Alessandria. Nel
primo pozzo, a mezzod del Solstizio
d'Estate, il Sole entrava perpendico-
larmente nella cavit, nel secondo
pozzo, alla stessa data e alla stessa
A fianco:
Metodo di Erato-
stene per misurare
la circonferenza
della terra.
Foto sotto:
Bernardo Strozzi,
Lezione di
Eratostene,
Museo di Belle
Arti di Montreal.
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ora, il Sole entrava inclinato di sette
gradi. chiaro che Eratostene per le
sue definitive misure si avvalse di re-
golari gnomoni, ma anche certo che
le stesse misure le avevano gi prese
molto tempo prima anche gli egiziani
dato che il corridoio del tempio di
Abu Simbel lungo m 63, la parasanga
egizia di m 6.300 e il cubito di cm 63.
Ma a suggerire i parametri delle
lunghezze lineari non fu soltanto
il raggio terrestre, bens anche il
meridiano, ossia la circonferenza.
Sappiamo bene che il nostro metro,
nato con la Rivoluzione Francese,
la quarantamilionesima parte
del meridiano terrestre, ma forse
non ricordiamo che nell'antica
Grecia il piccolo stadio, o stadio
di Aristotele, era di cento metri
e quindi la quattrocentomil-
lesima parte del meridiano.
Discendono dal meridiano
terrestre molte altre misure
lineari, sempre sottomulti-
pli decimali, come lo stadio
nautico o persiano, la catena
dell'agrimensore o mezza cate-
na persiana, il piede del piccolo
stadio. Un altro elemento
geografico all'origine di
antiche misure lineari un
grado di meridiano, ossia
la circonferenza terrestre di
km 40.000 divisa per 360,
pari a 111.111 metri.
La misura pi celebre che
discende dalla lunghezza
di un grado di meridiano
il cubito sacro di cm 55 (m
111.111 : 200.000), lunit di
misura con la quale Re Salomone
costru il Tempio di Gerusalemme.
Ma c' anche la doppia canna, di m
5,55, la canna comune, met della pri-
ma, cos come nelle misure maggiori
c' lo stadio egiziano o alessandrino di m
222,22 ossia la cinquecentesima parte
di un grado di meridiano.
Se ci avviciniamo ai giorni nostri
troviamo che la versta russa l'ottan-
tesima parte di un grado di meridia-
no, il li della Cina la duecentocin-
quantesima parte, sino ad arrivare al
miglio marino inglese, al miglio italiano
e al miglio nautico che, come noto,
sono di 1.852 metri, la sessantesima
parte di un grado di meridiano.
Nella storia delle misure lineari
troviamo anche episodi curiosi, come
l'atto di autorit di Enrico I d'Inghil-
terra (XI - XII sec.) che decret per la
iarda la distanza dalla punta del suo
naso al pollice della sua mano tesa,
ma la maggior parte delle misure
lineari di tutti i tempi e di tutti i paesi
hanno origini pi nobili della punta
del naso, sia pure d'un re d'Inghilterra.
La milionesima parte del raggio
terrestre, ossia m 6,30, la troviamo
nella larghezza della facciata della
chiesetta rurale di S. Maria a Cesa-
no, presso Terlizzi, nella larghezza
della facciata della chiesetta di S.
Giorgio a Bari, in quella di S. Eu-
stachio, nel territorio di Giovinazzo,
mentre la chiesa di S. Giovanni di
Pat (Lecce) ha la facciata larga m
12,60. Nella cattedrale romanica di
17
Ruvo di Puglia la larghez-
za dell'abside centrale
di m 6,30 e la larghezza
di quelle laterali di m 3,15
(misure esterne). Anche
negli alzati ritroviamo
queste misure: per esem-
pio, la torre di S. Maria a
Cesano presso Terlizzi
alta m 12,60.
La millesima parte
di un grado di parallelo
I costruttori di catte-
drali gotiche di Francia,
ma non soltanto loro
come vedremo, tenevano
conto della latitudine del
luogo in cui sorgeva l'e-
dificio, in quanto da tale
elemento facevano discen-
dere alcune misure della
costruzione. A seconda della latitu-
dine varia la lunghezza complessiva
del cerchio di parallelo geografico e,
partendo dall'equatore che il cer-
chio massimo, i paralleli divengono
pi piccoli salendo verso il polo. Ne
consegue che se dividiamo tali
cerchi per 360, come abbiamo
fatto per la circonferenza terrestre
quando abbiamo ottenuto per un
grado il valore di km 111, otter-
remo valori minori mano a mano
che il parallelo sar pi vicino al
polo. Se quindi all'equatore un grado
lungo km 111, alla latitudine di 41
(Bari) un grado km 84, a 45 (Tori-
no) km 78, a 48 (Vienna) km 73,
a 49 (Parigi) km 70 circa.
Di tali lunghezze i costruttori di
cattedrali prendevano la millesima
parte facendone, ad esempio, la lun-
ghezza della navata, oppure ricavava-
no la duemillesima parte facendone
la lunghezza del coro. Ma vediamo
concretamente con dati alla mano
tale modo di procedere:
Chartres sorge alla latitudine di
48 26' e la lunghezza di un grado
di quel parallelo di km 73,80 (ar-
rotondato a km 74). La navata della
cattedrale di Chartres lunga m 74, il
coro lungo m 37 (la met), la volta
alta pure m 37 e il pozzo celtico
profondo m 37 sotto la lastricatura
del coro, per cui sommando l'altezza
della volta e la profondit del pozzo
abbiamo nuovamente m 74, come la
lunghezza della navata ma questa
volta in verticale.
Reims, latitudine 49 15', lunghez-
za di un grado di quel parallelo km
72. La cattedrale lunga circa m 144,
ossia due volte la millesima parte del
grado.
Beauvais, latitudine 49 e 26',
lunghezza di un grado km 72. La
lunghezza totale della cattedrale m
72, quella del coro m 36, altezza totale
della chiesa al di sopra del suolo m 71.
Amiens, latitudine 49 53', lun-
ghezza del grado km 71. I transetti
della cattedrale sono lunghi m 71
circa.
Ma prima di illustrare certe ana-
logie che riscontriamo nelle chiese e
chiesette di Puglia opportuno far
Foto sopra:
La cattedrale di
Reims.
Al centro:
Struttura della
cattedrale di
Chartres.
18
cenno a un altro accorgimento che
legava simbolicamente la costruzione
sacra al luogo e quindi alla latitudi-
ne: si tratta dei sottomultipli della
lunghezza del grado di parallelo e
dellangolo della latitudine.
Angolo della latitudine del luogo
Un altro modo di legare la chiesa
al luogo in cui sorge, e quindi farne
un ponte con il cielo per i soli abitanti
di quel paese che con venerazione e
sacrificio l'hanno edificata e dedicata
alla divinit, l'inserimento nella
struttura architettonica del valore
angolare della latitudine del luogo.
Come primo esempio prendiamo
la chiesa romanica di S. Maria d'An-
glona, presso Tursi in Lucania, e pi
precisamente la parte rettangolare
del presbiterio retrostante l'altare. Se
consideriamo tale elemento come un
rettangolo, e in esso tracciamo una
diagonale, l'angolo retto sar diviso
in due parti di cui una la latitudine
su cui sorge la chiesa (40) e laltra la
culminazione del Sole agli equinozi
(50). Se poi misuriamo la larghezza
del presbiterio, ossia di questo ideale
rettangolo in cui abbiamo tracciato la
diagonale, troveremo che di m 4,25.
Se teniamo presente che la lunghezza
di un grado di quel parallelo di km
85, appare evidente che la larghezza
del presbiterio ne esattamente la
ventimillesima parte.
Un discorso uguale possiamo fare
per la chiesa di S. Caterina a Bitonto
anch'essa romanica. Se consideriamo
il rettangolo costituito dalla navata
centrale, partendo dalla base dell'ab-
side sino ai primi due
pilastri (presbiterio) e in
esso tracciamo la solita
diagonale, otterremo due
angoli, di cui uno di 41
(latitudine dei luogo) e
uno di 49 (culminazio-
ne solare agli equinozi).
Anche qui la larghezza di
questo rettangolo di m
4,20. Siccome alla latitu-
dine di 41 la lunghezza
di un grado di parallelo
di km 84, appare eviden-
te che anche qui, come
in S. Maria d'Anglona,
la larghezza del presbi-
terio la ventimillesima
parte di un grado di quel
parallelo.
Non sfugge che queste implicazio-
ni geografico-astronomiche vengono
realizzate in quella parte della chiesa
che pu considerarsi il cuore del tem-
pio, trattandosi dello spazio imme-
diatamente a ridosso dell'altare, per
cui restano racchiusi in uno spazio
limitato e centrale tre elementi fon-
damentali: l'altare, che simboleggia
il cielo, il rettangolo che racchiude la
latitudine, che rappresenta la Terra e
in particolare il luogo in cui sorge la
chiesa, e il sacerdote officiante che tra
essi mediatore.
L'inserimento dell'angolo di lati-
tudine nelle fabbriche sacre molto
pi esteso di quanto si pensi. Innan-
zi tutto implicito in quelle chiese
orientate verso i solstizi perch, come
Foto sopra:
La chiesa di S.
Maria d'Anglo-
na, vicino Tursi
(Matera).
19
abbiamo detto, cambiando latitudi-
ne il Sole che sorge e che tramonta
cambia la distanza angolare dai punti
cardinali Est ed Ovest. E anche im-
plicito in quelle fabbriche che adotta-
no come misura lineare il sottomulti-
plo decimale d'un grado di parallelo;
invece conclamato negli esempi qui
sopra riportati e lo ancora pi in
quelli che seguono.
Se nella celebre chiesa dell'XI sec.
di S. Michele
di Hildesheim
(Germania)
consideriamo
il rettangolo
formato dalle
tre navate, e in
esso tracciamo
una diagonale,
otterremo un
angolo di 52,
pari a quello
della latitudine
su cui sorge la
chiesa, ed un
angolo comple-
mentare di 38
pari alla culmi-
nazione solare
equinoziale in
quel luogo.
La Pieve di Rubbiano, tra le pi
antiche del modenese, che sorge alla
latitudine di 45, ha le tre navate rac-
chiuse in un quadrato, la cui diagona-
le divide l'angolo retto in due angoli
di 45 ciascuno. La chiesa abbaziale
di S. Maria di Marola nell'Appennino
Reggiano, ha anch'essa le tre navate
racchiuse in un quadrato e si ripete
il discorso gi fatto per la Pieve di
Rubbiano. Anche questa chiesa sorge
a 45 di latitudine.
Torniamo in Puglia. La chiesa di
S. Maria e S. Giacomo sull'isola di
S. Nicola di Tremiti, latitudine di
42, se considerata nel suo nucleo
originale, prima dell'ampliamento
benedettino, mostra un rettangolo nel
quale la diagonale apre un angolo di
42. La bellissima chiesina romanica
della masseria Ottava in territorio di
Fasano (Brindisi), anch'essa conside-
rata nella parte originaria e quindi
con esclusione dellampliamento
successivo che l'ha allungata per far
posto all'accresciuto numero di fedeli,
presenta le tre navate racchiuse in un
rettangolo. Anche qui la diagonale
apre un angolo di 41, pari alla latitu-
Immagine a
sinistra:
Pianta di S. Ca-
terina a Bitonto,
con gli angoli
della culmina-
zione solare agli
equinozi.
Foto sotto:
La chiesetta roma-
nico pugliese della
masseria Ottava
Grande a Fasano
(Brindisi)
20
dine del luogo, e il discorso
potrebbe continuare chiss
per quanto se si passassero
al vaglio in questa ottica le
innumerevoli chiese maggio-
ri e minori che costellano i
nostri territori.
Angoli relativi
alle culminazioni solari
La chiesetta rurale di
S. Maria a Cesano, presso
Terlizzi, un condensato di
implicazioni astronomiche
ma anche matematiche e ge-
ometriche. Le prime notizie
su questo edificio risalgono
al 1040. Si tratta di una chie-
setta rurale a una trentina di
chilometri da Bari che oggi
svetta solitaria tra i mandor-
li, col suo corpo di fabbrica a
pianta rettangolare che s'im-
penna sulla facciata Ovest
con una torre alta m 12,60,
mentre a Est si conclude con
un'abside.
Come gi accennato in
precedenza, la facciata
larga m 6,30, milionesima
parte del raggio terrestre,
cos come la torre di m 12,60
la milionesima parte del
diametro terrestre. La pianta
di base un rettangolo molto
allungato e la sua diagonale
apre un angolo di 25, pari
alla culminazione solare,
in quel luogo, al Solstizio
d'Inverno.
Il Solstizio d'Inverno
segna l'inizio dell'anno, la
nascita del nuovo Sole (dies
natalis Solis), tant' che le
antiche religioni hanno fatto
coincidere con tale data la
nascita delle proprie divinit:
Dioniso, Osiride e suo figlio
Oro, Budda, Frey figlio di
Odino e di Frigga, Ges.
21
Inserire la culminazione solare nella
pianta della chiesa, e non altrove, ri-
chiama quindi lallegoria della nasci-
ta, e in particolare della nascita della
chiesa che, ovviamente, principia dal
tracciato di base.
La torre, che si identifica con il
prospetto della chiesa, ha una altez-
za massima sul lato Est di m 12,60,
mentre sulla facciata stata ribassa-
ta a sguscio in epoca posteriore per
far posto ad un campaniletto a vela.
Se dividiamo m 12,60 (altezza della
torre) per m 3,90 (larghezza laterale
della torre stessa) otteniamo la tan-
gente dell'angolo di 72 e mezzo circa
che rappresenta la culminazione del
Sole al Solstizio d'Estate alla latitudi-
ne di S. Maria a Cesano.
In altre parole possiamo dire che
se conduciamo una linea immagina-
ria dalla soglia della porta d'ingresso
della chiesa sino alla sommit del-
la torre, tale linea aprir col piano
dell'orizzonte un angolo di poco pi
di 72 e mezzo. Se conduciamo un'al-
tra linea immaginaria dalla stessa
sommit della torre sino all'estremit
dell'abside alla quota zero otteniamo
col piano dell'orizzonte un angolo di
49 gradi, che rappresenta la culmi-
nazione del Sole agli equinozi. La
chiesa cos vista, con le sue strutture
reali e le linee da noi immaginate,
assomiglia a un vascello (la barca di
Pietro) che veleggia dalla Terra verso
Il Cielo.
Le culminazioni solari alle date
in cui il Sole entra nei dodici segni
zodiacali sono racchiuse in Castel del
Monte, una costruzione pi simile
ad un tempio che ad un castello, e
scandiscono le proporzioni di tutti gli
spazi, dalla vasca collocata antica-
mente nel cortile sino alla recinzione
ottagonale esterna, oggi demolita,
attraverso la larghezza del cortile,
quella delle sale e la circonferenza
che racchiude il castello.
Ma Castel del Monte non il solo
edificio laico che presenta queste im-
plicazioni cosmiche: presso Bergamo,
per esempio, c il castello di Bian-
zano (XIV sec.) che, oltre a essere
orientato verso i quattro punti cardi-
nali con gli angoli del suo impianto
quadrato, regola con stupefacente
precisione le proporzioni del corpo
di fabbrica, del cortile e della torre in
relazione alle culminazioni solari al
Solstizio dInverno, agli equinozi e al
Solstizio dEstate.
Le porte solstiziali
Non infrequente che, entrando
in una chiesa, si notino delle porte
laterali che solitamente non sono una
di fronte all'altra, ma sfalsate: quella
destra pi vicina all'ingresso, l'al-
tra pi verso l'altare. Sono le Porte
solstiziali e volendo rifarsi allo spirito
cosmico degli antichi costruttori non
possiamo escludere che, una volta
orientata la chiesa verso il levar del
Sole all'equinozio, fossero ricorda-
ti simbolicamente anche i solstizi,
anch'essi tanto legati alla figu-
ra del
Cristo e
del Bat-
tista.
Si
dice
anche
che le due porte
avessero origi-
nariamente una
diversa quota
della soglia, a rap-
presentare il Sole
pi alto dell'estate
e quello pi basso
dell'inverno, ma
questa verifica
pi difficile date
le manomissioni
intervenute attra-
verso i secoli. Si
avanzata anche
l'ipotesi che le
Foto a sinistra:
La chiesetta di
Santa Maria a
Cesano, con la
facciata a torre
e le linee imma-
ginarie previste
da Tavolaro, che
fanno assomiglia-
re la chiesa ad un
vascello.
In basso: La pianta
della chiesa di S.
Basilio, a Troia, e
l'angolo formato
dalle "Porte Solsti-
ziali".
22
due porte non fossero una di fronte
all'altra perch la linea immaginaria
che le congiunge doveva aprire con la
facciata della chiesa un angolo vicino
a quello dell'inclinazione dell'asse
terrestre che all'origine dei solstizi.
Esaminando la pianta della chiesa
di Ognissanti di Pacciano, nel territo-
rio di Bisceglie, e quella di S. Basilio
di Troia ho rilevato che tale angolo,
in entrambi i casi, di 32 ovvero
la distanza angolare del Sole, alla
latitudine delle due chiese, dal punto
cardinale Est alle date dei solstizi.
I fori gnomonici
A chi si reca in visita alla celebre
cattedrale gotica di Chartres vie-
ne mostrato tra l'altro un forellino
praticato in una vetrata attraverso il
quale, a mezzod del Solstizio d'E-
state, passa un raggio di Sole che va
a cadere sul pavimento della navata,
dov una mattonella metallizzata
che lo evidenzia. Il fenomeno, oltre
ad essere segnalato da tutte le guide,
ha fatto scrivere a Louis Charpentier:
Quando questo giochetto del sole sulla la-
stra nel solstizio d'estate si produce in una
delle cattedrali pi celebri dell'Occidente,
in uno dei luoghi pi rinomati di Francia,
l'idea dell'enigma subentra nell'animo di
chiunque.
Nella chiesa S. Leonardo di Sipon-
to (anch'essa di antica nobilt, avendo
accolto per molti anni tra le sue mura
i Cavalieri Teutonici di Federico
II), il medaglione di Sole che entra
a mezzod del 21 giugno trova ad
accoglierlo un rozzo pavimento senza
contrassegni anche se, e questo no-
tevolissimo, va a cadere esattamente
al centro fra i due pilastri immedia-
tamente di fronte allingresso laterale
della chiesa (che funge da ingresso
principale perch arricchito da un
artistico portale). In altre parole chi
entrasse in chiesa al mezzod astro-
nomico del 21 giugno, si trovereb-
be, sulla destra e sulla sinistra, due
pilastri maestosi
ed esattamente tra
di essi, per terra,
un medaglione di
Sole.
Ma c' di pi:
il medaglione
di luce disegna
una rosa a undici
petali, dato che il
foro gnomonico
attraverso il quale
passa il raggio di
Sole diaframma-
to da un delizioso
rosoncino di pietra
a undici raggi.
Quanta differenza
tra il foro pratica-
to in un vetro a
Chartres e quello
di Siponto, prati-
cato nello spessore
della volta in pietra
della chiesa; tra il
raggio semplice di
Chartres che cade
in un punto qualsi-
asi della navata, sia
pure ben accolto
dalla mattonella
metallizzata, e la
rosa di luce di S.
Leonardo, che va
a marcare il centro
fra i due pilastri
su un rozzo pavi-
mento indifferente
a questo preziosi-
smo!
Il lavoro dell'astronomo di Siponto
stato ben maggiore di quello svolto
dall'astronomo di Chartres ma, come
accade sovente, minore stata la
fortuna. Una misura dell'impegno a
considerare certe sfumature tecnico-
culturali dell'architettura antica la
fornisce l'attento Cesare Brandi che,
a proposito di S. Leonardo di Sipon-
to, scrive in Pellegrino di Puglia: Nella
Nella foto:
Il medaglione
disegnato dal
sole il 21 giugno
nella chiesetta di
S. Leonardo di
Siponto.
23
chiesa dai bellissimi
spazi aerei, la volta
a botte, le cupole vo-
lanti c poi l'ennesi-
ma stranezza di una
formella traforata e
per istorto nella vol-
ta della navata. La
cosa m'intrig: non
era per la meridia-
na, che altro poteva
essere? Dovetti
aspettare parecchi
anni per saperlo.
Ma essendo andato
a Santa Caterina
sul Sinai scopersi la
chiave del mistero.
La chiesa di Santa
Caterina giustinia-
nea, e certamente
ha il tetto rifatto.
Ma nel tetto sono
state conservate due
aperture, in sbieco,
in corrispondenza
del Sole e della Luna
nel giorno di San-
ta Caterina. Ecco
dunque spiegata
la formella di S.
Leonardo, cos per
storto.
Il bravissimo
Cesare Brandi si
spiegato tutto
troppo in fretta
perch avr pur
notato che il foro
gnomonico di S. Leonardo quasi sul
capo di chi si trova in chiesa, infatti
la sua distanza zenitale di appena
18, e quindi pu entrare il raggio
di un Sole molto alto cio estivo,
mentre la festa di S. Leonardo il 26
novembre quando il Sole gi molto
basso, mancando appena un mese al
solstizio d'inverno. Inoltre il celebre
studioso stato informato male circa
il doppio foro nella chiesa di Santa
Caterina del Sinai: l'apertura per
lasciar passare un raggio di Sole nel
giorno di Santa Caterina verosimi-
le, ma un foro per un raggio di Luna
nel d della Santa non astronomica-
mente possibile. E infatti impossibile
che ogni anno, alla stessa data, la
Luna sia alla stessa fase e nello stesso
punto del cielo; ci accade solo ogni
19 anni, nel rispetto del ciclo metoni-
co. Quindi lipotesi di Cesare Brandi
non realistica ma con unattenta
indagine non dovrebbe essere difficile
stabilire la vera funzione dei due fori
di quella chiesa.
Implicazioni matematiche
Nell'architettura romanica e goti-
ca massiccia la presenza del rappor-
to aureo e quindi del numero d'oro
1,618 (Matila Ghyka, Le nombre d'or).
Prima di addentrarci per nell'affa-
scinante mondo di questa armoniosa
proporzione che governa le piante e
gli alzati delle chiese, le angolazioni
dei timpani e dei fastigi e coinvolge
nella sua divina armonia navate e
transetti, cripte e portali, sar bene
rinverdire alla memoria i fasti del
numero d'oro.
Il numero d'oro il rapporto che
armonizza innanzi tutto il corpo
umano. Se moltiplichiamo per 1,618
la distanza che in un individuo adul-
to e proporzionato va dall'ombelico
sino a terra otteniamo la sua statura.
Se moltiplichiamo la distanza dal
gomito alla mano con le dita tese per
1,618, otteniamo la lunghezza del
braccio. La distanza che va dall'an-
ca al ginocchio, moltiplicata per il
numero d'oro, d la lunghezza della
gamba dall'anca al malleolo.
Il volto umano, inoltre, tutto
scomponibile in una griglia i cui ret-
tangoli hanno i lati in rapporto aureo:
moltiplicando il lato minore dei ret-
tangoli per 1,618 si ottiene la lunghez-
za del lato maggiore. Euclide e Pita-
gora concessero larghissimo spazio a
24
questo rapporto nei loro studi, ma fu
Luca Pacioli, matematico del Cinque-
cento, che chiam l'applicazione del
numero d'oro Divina Proporzione,
mentre si deve a Leonardo da Vinci
l'espressione Sezione Aurea.
Quando Pitagora volle dare al
numero d'oro una sistemazione nel
campo della geometria, trov che
tale numero si otteneva dividendo il
raggio di una circonferenza per il lato
del decagono regolare in essa inscrit-
to, e lo si otteneva anche dividendo
il lato di un pentagono stellato per il
lato del pentagono convesso, entram-
bi inscritti nella stessa circonferenza.
Inoltre lo stesso risultato veniva fuori
dividendo il lato del decagono stellato
per il raggio della circonferenza ad
esso circoscritta.
Ma se queste sono le acrobazie che
il numero d'oro compie nel campo
geometrico, ve ne sono altrettante nel
campo aritmetico, dove emergono
propriet uniche, che non hanno gli
altri numeri. Innanzi tutto il recipro-
co di 1,618 (cio 1:1,618) 0,618 e il
suo quadrato 2,618, il che singo-
lare perch le cifre dopo la virgola
restano sempre uguali. Se poi si eleva
al cubo il numero d'oro si ottiene
4,236, che per corrisponde anche
alla somma di 1,618 al suo quadrato,
2,618. Elevando 1,618 alla quarta po-
tenza risulta 6,854, ma questo valore
si ottiene anche sommando il suo
quadrato (2,618) col suo cubo (4,236).
In altre parole il numero d'oro elevato
ad una determinata potenza uguale
alla somma delle due potenze precedenti;
lo stesso discorso valido per il suo
reciproco 0,618.
Il matematico del XIII secolo
Leonardo Pisano, detto Fibonacci,
si accorse che il numero d'oro veniva
fuori da una precisa successione di
numeri, chiamata appunto Serie di
Fibonacci, in cui ogni numero deriva
dalla somma dei due numeri che lo
precedono. La serie la seguente: 1,
2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 e via conti-
nuando allinfinito; dividendo cia-
scun numero della serie per
quello che lo precede si ha un
risultato sempre pi appros-
simato a 1,618 che, per dirla
in linguaggio matematico, si
raggiunge allinfinito, dato
che un numero irrazionale
e quindi con un numero infi-
nito di cifre decimali sempre
diverse. Se invece dividiamo
ciascun numero per il succes-
sivo il risultato si approssime-
r a 0,618.
Sia ben chiaro che queste
propriet del numero d'oro
non sono comuni ad altri nu-
meri, cosa questa che ha sug-
gestionato moltissimi uomini
come il Fibonacci, Leonardo
da Vinci, Albert Drer e Luca
Pacioli, il quale della divina
proporzione ha detto: unica
come Dio e regge, come ogni San-
ta Trinit, una relazione tra tre
termini e resta simile a se stessa.
Nella foto sotto:
Applicazioni del
Numero d'Oro
nella Basilica
di S. Caterina a
Galatina (Lecce).
Nei triangoli
isosceli con angolo
al vertice di 108
la lunghezza
del lato obliquo
moltiplicata per
1,618 fornisce la
lunghezza della
base.
25
In matematica il numero d'oro si
indica solitamente con la lettera gre-
ca Phi, accostando di proposito la
sua funzione di rapporto armonico
al nome del celebre Fidia, architetto
e scultore che lega principalmente la
sua fama alle sculture dei Partenone.
Ma la lettera
F
anche composta
dallunione della verticale maschile
col cerchio femminile, rappresenta
quindi lunione degli opposti, rac-
chiudendo quindi in s il concetto di
Trinit.
E concludo questa breve rassegna
sulla magia del numero d'oro con
le parole di uno studioso francese,
Marius Cleyet-Michaud: ... il numero
d'oro racchiude, come credono alcuni, la
chiave della conoscenza? Verrebbe, inol-
tre, alla sua dipendenza ogni opera d'arte
degna di questo nome? (Marius Cleyet-
Michaud, Le nombre d'or).
Il numero d'oro in architettura
In Puglia il numero d'oro presen-
te sotto forma di triangolo nei fastigi
e nei timpani di diverse chiese: Chie-
sa di S. Caterina a Galatina (timpano
del portale); S. Maria della Scala a
Noci (fastigio e campanile a vela); S.
Maria dei Miracoli ad Andria (timpa-
no sull'abside quadrata); S. Domenico
a Taranto (portale). In particolare,
nella cattedrale di Bitonto sono in
divina proporzione le tre navate com-
plessive, il transetto, la sottostante
cripta e gli archi della cripta.
Tra le chiese minori estremamente
importante quella di Ognissanti di
Valenzano, dove troviamo in rappor-
to aureo la pianta, comprese le absidi,
il capocroce, la sezione longitudinale
e gli arconi per undici volte. Chiesa
minore anche quella di Ognissanti
di Pacciano, col rapporto aureo pre-
sente dieci volte, tra pianta, sezione
longitudinale, arconi ed archi ciechi.
Tra le cripte in rapporto aureo, oltre
quella di Bitonto gi menzionata, va
tenuta presente quella della cattedra-
le di Otranto, mentre un discorso a
parte merita la chiesa della Madon-
na della Croce di Casaranello, dove
mediante l'applicazione del rapporto
aureo, nel corso delle mie ricerche,
si evidenziato il livello originale
della chiesa. Infatti, considerando la
sezione longitudinale del transetto e
dividendo per il numero d'oro sia la
lunghezza dell'estradosso che quella
dell'intradosso, avevo ottenuto l'al-
tezza della chiesa che raggiunge una
quota pi bassa dell'attuale piano di
calpestio. Gli scavi hanno rivelato
lesistenza del mosaico pavimentale
originale alla quota cos ricavata.
Questi sono solo alcuni esempi ma
il rapporto aureo racchiuso anche
nei triangoli dei timpani e dei fastigi.
Si tratta di triangoli isosceli col verti-
ce aperto a 108, che in realt deriva-
no dalla combinazione del pentagono
convesso e stellato inscritti in una
Immagine sopra:
Ricostruzione di
Stonehenge con le
superfici dei due
cerchi di pietre che
sono fra loro in
rapporto aureo.
26
circonferenza, nei quali il lato obli-
quo moltiplicato per 1,618 determina
la lunghezza della base
Il rapporto aureo applicato in
architettura non esclusivit del
gotico e del romanico, anzi trovia-
mo tale rapporto gi nel complesso
megalitico di Stonehenge, vecchio di
4000 anni, dove le superfici teoriche
dei due cerchi di pietre azzurre e di
sarsen stanno tra loro nel rapporto di
1,6. Poi lo troviamo ben quattro volte
nella piramide di Cheope, nei sarco-
fagi egiziani e in tutta l'architettura
greca, per cui non ci sono dubbi circa
l'antichit della conoscenza e dellap-
plicazione della divina proporzione.
C' per una coincidenza che pu
averlo fatto prediligere dalla religione
cattolica, che alla funzione armoni-
ca ed estetica ha unito quella sacra:
l'allegoria di Gerusalemme.
Il numero 1,618 la cotangente
dell'angolo di 31 43' che pure la
latitudine della Citt Santa. In altre
parole se immaginiamo una chiesa
tracciata in un rettangolo in rapporto
aureo (cosa frequentissima) e in tale
rettangolo tracciamo una diagonale,
essa divider l'angolo retto in due
angoli, uno di 31 43', la latitudine di
Gerusalemme, l'altro di 58 17' che
la culminazione del Sole agli equi-
nozi in quella citt. Tracciare quindi
una chiesa in modo tale che le sue
proporzioni richiamino la latitudine
di Gerusalemme come consentire
al credente, varcata la soglia, di porre
il piede simbolicamente nella Citt
Santa, nella terra del Cristo.
Il linguaggio degli angoli
I timpani e i fastigi non sempre
sono triangoli con il vertice aperto
a 108, ma possono presentare altre
angolazioni, alcune delle quali rac-
chiudono in s significati simbolici.
Prendiamo ad esempio un timpano
o un fastigio col vertice aperto a 126
e in esso troveremo una splendida
allegoria circa la funzione della chiesa
quale ponte tra il Cielo e la Terra. In-
fatti, se tracciamo una circonferenza e
dal centro conduciamo due raggi che
aprano un angolo di 126, essi sotten-
deranno una corda che rappresenta il
lato di un quadrato la cui superficie
uguale a quella della circonferenza
tracciata. Poich nel simbolismo sacro
il cerchio rappresenta il Cielo e il
quadrato la Terra, il triangolo rappre-
sentato dai due raggi e dalla corda ad
essi sottesa rappresenta il ponte tra la
Terra e il Cielo e poich tale triangolo
solitamente nel timpano o nel fasti-
gio, lega automaticamente la chiesa a
questa funzione intermediatrice.
Questo triangolo aperto al vertice
di 126 lo troviamo nel timpano del
portale di S. Leonardo di Siponto, nel
timpano della facciata di S. Giovanni
Evangelista di Lecce, nel fastigio del
rudere della facciata del transetto
dell'Abbazia S. Trinit di Venosa e nel
portale interno, nel fastigio dei coro
sul lato posteriore della chiesa di S.
Maria d'Anglona, tra Tursi e Polico-
Nell'immagine:
L'angolo di 126
in pratica rappre-
senta la quadra-
tura del cerchio.
L'area del quadra-
to costruito sulla
base del triangolo
uguale a quella
del cerchio che ha
per raggio il lato
obliquo.
27
di Daniela Gagliano
edizionigagliano@gmail.com
Un viaggio di sola andata attraverso la filosofia, la biologia molecolare e la fisica quantistica, che si integra
con la spiritualit per raggiungere linteriorit delluomo e riportarci alla grandezza dellesistenza, ma in
particolar modo alla grandezza di noi stessi che siamo artefici ed esperti artigiani della nostra personale
esperienza nel qui e ora della nostra vita. Tutto Uno. Noi siamo Uno. In noi c una scintilla divina che
vibra e si mette in accordo con tutto il reale, trasformando ogni cosa si trovi sulla propria traiettoria dazione.
CARMEN DI MURO
ESSERE AMORE
dal Pensiero alla Materia
28
ro, nel fastigio del tran-
setto della cattedrale di
Taranto, nel fastigio di
S. Domenico anche di
Taranto e nello pseu-
do-protiro della
chieset-
ta della masseria Ottava nel territorio
di Fasano (Brindisi).
Dopo l'angolo di 108 e quello di
126 c' quello di 144, che ha lo stesso
significato simbolico di quello di 126
perch si ottiene tracciando un trian-
golo che abbia per base la lunghezza
della circonferenza di un cerchio e per
altezza il raggio dello stesso cerchio.
In altre parole anche qui la superfi-
cie del cerchio uguale a quella del
triangolo che diviene ponte tra il Cielo
e la Terra. Questo tipo di triangolo
era molto usato negli architravi delle
costruzioni pagane, tuttavia lo trovia-
mo in un bassorilievo nell'Abbazia S.
Trinit di Venosa.
Da notare che in tutti questi angoli
la somma delle cifre che li compongo-
no d sempre 9, ossia il triplo ternario
e questa constatazione ci avvia verso
la mistica pitagorica. Ma
prima di passare oltre
abbiamo ancora un
grosso debito da pagare
alla chiesetta rurale
di S. Maria a
Cesano,
in territorio di Terlizzi, che racchiude
nella pianta di base l'angolo di culmi-
nazione del Sole al Solstizio d'Inverno
e negli alzati gli angoli di culmina-
zione, del Solstizio d'Estate e degli
equinozi. Nonostante questa chiesina
si distenda e s'innalzi nell'obbedien-
za di tali angolazioni, trova modo di
racchiudere in s per tre volte il rap-
porto aureo in elementi architettonici
fondamentali. Infatti se dividiamo i
6,30 metri di larghezza della facciata,
e quindi della chiesa, per 1,618 otte-
niamo m 3,89 che rappresentano la
larghezza della torre (m 3,90). Cos
se moltiplichiamo m 6,30 per 1,618
otteniamo m 10,19 vicinissimi alla
lunghezza reale della chiesa senza tor-
re che m 10,25. Da notare che queste
due lunghezze ottenute (m 10,19 e m
3,90) si sovrappongono tra loro deter-
minando lo spessore dei
diaframma che divide la
torre dalla chiesa. La ter-
za applicazione del rap-
porto aureo la troviamo
nella collocazione della
crociera, infatti se divi-
diamo per 1,618 l'intera
lunghezza del manufatto
(chiesa pi torre), pari a
13,60 metri, otteniamo m
8,40, vicinissimi agli 8,50
metri di distanza dell'as-
se della crociera dalla
facciata della chiesa.
N poteva mancare in
questo gioiello di chiesa,
che gronda di implica-
zioni cosmiche, astrono-
miche e matematiche, il
Immagine a destra:
Triangolo aperto a
144; la sua area
uguale a quella
del cerchio che ha
per raggio l'altessa
del triangolo.Un
timpano con queste
caratteristiche pone
la chiesa in diretto
contatto col cielo,
rappresentato dal
cerchio.
Foto sotto:
L'angolo a 126
nella chiesa di S.
Maria a Cesano.
29
30
pi significativo e simbolico angolo,
quello di 126, riportato nel fastigio
sul lato posteriore della chiesa.
l'angolo che simboleggia il ponte tra il
Cielo e la Terra, che chiude la chiesa
nella sua parte terminale come un
suggello.
A S. Maria a Cesano determinante
anche il ruolo svolto dalla mistica
del numero 3. Tre sono, infatti, le
applicazioni del rapporto aureo, tre
gli angoli di culminazione solare, tre
le porte esterne della chiesa (due delle
quali sono murate). Inoltre l'angolo
della fronte cuspidata (126) se som-
mato cifra per cifra (1 + 2 + 6) d
nove, triplo ternario. Lo stesso si dica
per il suo angolo supplementare (54)
in cui 5 + 4 d 9; analogo discorso
vale per gli angoli aperti sulla corda
(27) 2 + 7 = 9 e, infine, per 180 e
per 63, la met di 126.
Mistica pitagorica
Il filoso-
fo greco
Giam-
blico
scrisse un libro su Pitagora che
intitol "Vita pitagorica". In
esso racconta tra l'altro che
Pitagora ricevette la visita
di Abari, un sapientissi-
mo vecchio sacerdote
di Apollo di origine
scita (oggi diremmo
russo) che, di ritor-
no da un viaggio
in Grecia, si ferm
in Italia a rendergli
omaggio. Abari, in
segno di amicizia e
devozione, don a Pita-
gora la sua freccia d'oro,
con la quale egli viaggiava
superando agevolmente fiumi,
stagni e paludi, mentre Pitagora, per
usargli attenzione, gli mostr la sua
coscia d'oro. Preso alla lettera, questo
scambio di cortesie appare favoloso
e incomprensibile, ma occorre inter-
pretarne il vero significato perch si
tratta di un linguaggio in chiave.
Abari dunque possedeva una frec-
cia d'oro senza la quale, secondo
Giamblico, non era capace di
trovare la strada. Viene spon-
taneo di pensare pi realisti-
camente ad una bussola e
non inverosimile che un
popolo, quello scita, quin-
di iperboreo, calato nelle
caligini di quelle latitudini,
coi cieli senza stelle e colmi
di nubi, prima di ogni altro
avesse avvertito la necessit di
surrogare la Stella Polare con
un artifizio alternativo avvalen-
dosi del magnete. Scontato perci
che la bussola non fosse conosciu-
ta alle nostre latitudini,
Abari, donandola a
Pitagora, comp
un gesto di grande
amicizia.
Per ricambiare una
simile attenzione occor-
reva un dono di altrettanta
31
importanza e utilit, ecco allora Pita-
gora mostrare ad Abari la coscia
d'oro.
Pitagora, che aveva a
lungo approfondito la
geometria, si era par-
ticolarmente soffer-
mato sul pentagono,
segnatamente su
quello stellato (segno
di riconoscimento dei
suoi adepti). Questo
sta a significare che
aveva messo a fuoco
la divina proporzione,
il rapporto aureo e quindi
il numero d'oro 1,618; infatti
la stella a cinque punte racchiu-
de, nell'intersecarsi delle sue linee,
rapporti che implicano il numero
d'oro semplice, al quadrato e al cubo.
Ora la coscia, intesa come Coxa, ossia
anca, considerata nella sua interez-
za e cio sino al ginocchio, sezione
aurea dell'intera gamba sino al malleolo.
Quando Giamblico dice che Pitagora
mostr ad Abari la sua coscia d'oro
bisogna quindi intendere che rivel
al vecchio sacerdote il meraviglioso
meccanismo del rapporto aureo e tut-
te le sue innumerevoli implicazioni e
applicazioni.
Ma per Pitagora era di estrema
importanza anche la Tetraktys, ossia
i primi quattro numeri (1, 2, 3, 4),
la cui somma dieci, e che da soli
bastano non solo a tradurre gli
accordi della lira e ad esprime-
re il segreto dell'armonia dei
suoni, ma anche l'armonia
delle sfere celesti.
Questa Tetraktys per
Pitagora la chiave
dell'eterna natura, la
radice ultima delle
cose, la grande sua
rivelazione all'u-
manit. Basti
pensare che i
suoi disce-
poli recitavano la seguente preghiera:
Benedici noi, o divino numero che generi
gli Di e gli uomini; o sacro tetraktys, che
contieni la radice e la fonte della creazione
che eternamente si rinnova. Ma anche
la circonferenza era sacra per Pita-
gora, il quale raccomandava che i
templi avessero la loro pianta di base
racchiusa in essa cos come gli alzati,
quasi fossero idealmente contenuti in
una sfera.
Dopo queste necessarie premesse
vediamo ora quanto resta degli inse-
gnamenti pitagorici e per quanti se-
coli sono stati osservati. Abbiamo gi
detto che enorme in Puglia (ma non
soltanto in Puglia) il numero delle
chiese medievali che rispettano nelle
piante e negli alzati il rapporto aureo,
ma anche la Tetraktys presente ed un
esempio l'abbiamo nella chiesa di S.
Basilio di Troia dove troviamo nella
pianta di base la larghezza del tran-
setto (misure esterne) pari ad uno, la
larghezza della facciata pari a due, la
lunghezza del transetto pari a tre e la
lunghezza della chiesa, abside com-
presa, pari a quattro. In questa chie-
sa, inoltre, se misuriamo la distanza
che va dall'ingresso sino all'altare e
la dividiamo per 1,618 raggiungia-
mo, partendo dall'ingresso, un punto
che il centro della circonferenza
che racchiude la chiesa (come voleva
Pitagora). Infine in rapporto aureo
il rettangolo che racchiude le tre
navate.
Identica in ogni particolare
alla chiesa di S. Basilio di
Troia la chiesa dei Santi
Pietro e Marcellino di
Seligenstadt (Germania)
del IX sec. Anche qui,
se attribuiamo alla
larghezza del tran-
setto il valore uno
(sempre misure
esterne) la fac-
ciata assume
il valore
Al centro in alto:
Chiesa di S.
Basilio a Troia e
le sue inplicazioni
pitagoriche.
In basso:
Ls sacra Tetraktys
Pagina a sinistra:
Pitagora
32
due, la lunghezza del transetto il
valore tre e la lunghezza della chiesa,
abside esclusa, il valore quattro. Inol-
tre, se dividiamo per 1,618 la distanza
tra l'ingresso e l'altare ne otteniamo
la sezione aurea; questa rappresenta
la distanza fra lingresso della chie-
sa e il centro di una circonferenza
che racchiude interamente la chiesa,
lambendo i quattro angoli pi esterni.
Per buona misura
si nota infine che
in rapporto aureo
anche il rettangolo
comprendente le
tre navate, misura-
to allinterno.
La Tetraktys si
trova anche nei
rosoni delle chiese,
non solo in quelli a
dieci raggi (1 + 2 +
3 + 4), ma anche in
quelli a ventiquat-
tro raggi (1 x 2 x 3
x 4). Pare proprio
che tra rapporto
aureo, Tetraktys e
templi inscritti in una circonferenza
Pitagora continui ad aleggiare nellar-
chitettura sacra ben 1500 anni dopo
la sua morte.
Se poi si considerano gli angoli
pi significativi che si ottengono
disegnando una stella a cinque punte
o un rettangolo aureo, si scorgono
i vincoli astronomici che legano la
Puglia a questa geometria pitagorica.
Infatti se in un rettangolo in rapporto
aureo tracciamo una diagonale, uno
degli angoli in cui viene ripartito
langolo retto di circa 32, ossia il
valore dellamplitudine massima del
sole alle latitudini pugliesi. In altre
parole ai Solstizi dInverno e dEstate
il sole sorge circa 32 pi a destra e
pi a sinistra del punto cardinale Est.
Altrettanto fa al tramontare rispetto
al punto Ovest. Inoltre un angolo
fondamentale della stella a cinque
punte (che, come abbiamo detto, il
condensato della divina proporzione)
l'angolo di 72, l'altezza che il sole
raggiunge a mezzod del Solstizio
dEstate alle latitudini pugliesi. Come
dire che a mezzod del 21 giugno il
sole alto sullorizzonte 72 gradi.
Da quanto esposto, sia pure
accennato, appare chiaro che gran-
dissima parte dellarchitettura sacra
affonda per molti secoli le sue radici
nel pitagorismo, che continua a
informare larte cristiana in quei
tracciati fondamentali che hanno
per protagonista il numero, poich
la scienza pitagorica , di per se
stessa, contemplazione dellEssere
nel suo principio eterno, immutabi-
le, incorruttibile qual appunto il
numero. Aristotele, nel Protrettrico,
narra di Pitagora che, interrogato
sul fine per il quale luomo stato
generato, risponde: Per osservare
il cielo. E come in Pitagora si fon-
dano i culti del cielo e del numero,
la collocazione geografica della
Puglia consente che in questa terra
larchitettura ispirata al pitagorismo
si leghi, con la sua geometria, alle
culminazioni e alle amplitudini
massime del Sole, che del cielo il
simbolo pi sfolgorante.
Nell'immagine:
A Castel del
Monte i punti
dove sorge e
tramonta il sole ai
solstizi disegnano
un rettangolo in
rapporto areo
33
34 34
N
capelli e barba:
la forza
della mente
di FRANCO ARDITO
ella Bibbia scritto (Giudici,
16-21): Ora poich essa [Dalila] lo
importunava ogni giorno con le sue parole
e lo tormentava, egli ne fu annoiato fino
alla morte e le apr tutto il cuore e le disse:
Non mai passato rasoio sulla mia testa
perch sono un nazireo di Dio dal seno di
mia madre; se fossi rasato, la mia forza si
ritirerebbe da me, diventerei debole e sarei
come un uomo qualunque... Essa lo ad-
dorment sulle sue ginocchia, chiam un
uomo adatto e gli fece radere le sette trecce
del capo. Egli cominci a infiacchirsi e la
sua forza si ritir da lui. Allora essa gli gri-
d: Sansone, i Filistei ti sono addosso!.
Egli, svegliatosi dal sonno, pens: Io ne
uscir come ogni altra volta e mi svinco-
ler. Ma non sapeva che il Signore si era
ritirato da lui.
Sansone era un nazireo ed era
quindi consacrato a Dio; da Dio
proveniva la sua forza ed era nei suoi
capelli che, secondo i precetti del
nazireato, egli non aveva mai taglia-
to. Una volta rasati il Signore si ritir
da lui ed egli perse tutta la propria
forza. I capelli erano il segno della
presenza di Dio in lui e la sede delle
facolt che questa presenza gli assicu-
rava; un simbolo comune a molte re-
35 35
ligioni e culti, che prescrivono barba
e capelli lunghi per i loro adepti, ma
comune anche alliconografia clas-
sica, per la quale saggi, pensatori e
filosofi dellantichit erano muniti di
fluenti barbe e di lunghe capigliature.
Le valenze relative a capelli e bar-
ba sono numerose e diverse. La pi
corrente che la barba e i capelli lun-
ghi, specialmente nelluomo anziano,
siano il segno dellet e della saggez-
za, il simbolo delle esperienze vissute
e dellequilibrio maturato; ma, al di l
di considerazioni di tipo strettamente
paradigmatico, altre significazioni
intervengono a proposito di questi
attributi, connettendoli alla capacit
di attivare energie superiori.
La Maddalena, dopo aver lavato
i piedi del Cristo con unguento di
nardo, li asciug con i propri capelli,
come se intendesse assimilare attra-
verso la propria chioma il percorso
spirituale del Messia, simboleggiato
dai suoi piedi. Nel medio evo le stre-
ghe venivano rasate prima di essere
mandate al rogo, quasi a privarle con
questatto della loro forza malefica, e
nel V secolo i re merovingi, che veni-
vano chiamati Re taumaturghi per la
Nella foto:
Domenico Fiasella
detto il Sarzana,
Sansone e Dalila.
36
loro facolt di guarire gli infer-
mi con il solo tocco delle mani,
portavano barba e capelli lunghi
e fluenti divisi nel centro. Nella
loro societ essi avevano instau-
rato una vera e propria gerarchia
in base alla lunghezza dei capel-
li: coloro che erano sotto la loro
autorit li portavano pi corti, in
relazione al loro rango, e se essi
volevano escludere le pretese al
trono di qualche parente inde-
siderato gli tagliavano i capelli
prima di relegarlo in monastero.
Probabilmente per questa
connessione fra capelli lunghi
e capacit superiori lusanza
della barba e dei capelli fluenti
fu particolarmente osteggiata
dal Cristianesimo. Nel 1073, il
Papa Gregorio VII viet l'uso
della barba tra il clero; nel 1096
l'arcivescovo di Rouen annunci
che gli uomini che portavano la
barba sarebbero stati scomuni-
cati dalla Chiesa e un decreto
ecclesiastico analogo fu promul-
gato a Venezia nel 1102.
Daltronde fin dal tempo dei
guerrieri Sciti, passando per i
Visigoti fino a giungere agli indiani
dAmerica, lablazione dello
scalpo effettuata sui nemici
vinti non significava solo la
conquista di un trofeo di
guerra, ma rappresentava
un vero e proprio ritua-
le che permetteva di
impadronirsi della
forza dell'avversa-
rio, in modo da
accrescere
la propria
e di non
consen-
tire
alla
vit-
ti-
ma di vendicarsi nemmeno da morto.
Nel pensiero yogico i capelli sono
considerati lestensione della Sushum-
na, il canale di energia che corre
lungo lasse cerebro-spinale e intorno
al quale si avvolgono Ida e Pingala, le
Ndi che trasportano le due polarit
energetiche e che sono rispettiva-
mente associate allenergia lunare e
a quella solare; essi agiscono come
unantenna energetica e come regola-
tori del Prna per consolidare lener-
gia che scorre attraverso i Chakra.
Secondo questa concezione i
capelli, e i peli in generale, sono
antenne che creano connessioni col
campo magnetico terrestre, stabiliz-
zando i sistemi di energia del corpo.
Certamente monaci rasati esistono
in numerose religioni, ma appunto
questa caratteristica rappresenta il
Foto a destra:
Un indiano
d'America strappa
lo scalpo ad un
soldato americano.
In basso:
Jacques de Molay
37
distacco da ogni legame col
mondo; da sempre, infatti,
un uomo rasato a zero stato
riconosciuto come sottomesso
a qualche severa disciplina che
lo estranea dalla materialit.
Scrive Sujan Singh, mae-
stro di Kundalini Yoga: Sulla
sommit della testa situato il
Decimo Cancello, o Chakra del-
la Corona. Normalmente questo
coperto da capelli che agiscono
come antenne per proteggere la
sommit della testa dal sole e per
canalizzare lenergia del sole e la
vitamina D. Molti Yogi (come
anche i Sikh, per una precisa nor-
ma legata alla loro religione) non
tagliano i capelli o li annodano
sulla cima della testa sul proprio
centro solare, che per gli uomini
in corrispondenza della fontanella
anteriore. Lo scopo di canaliz-
zare lenergia radiante di ognuno:
ci permette che questa venga
concentrata ed allineata ai chakra,
aiutando a mantenere la concen-
trazione e lequilibrio necessario
per qualsiasi tipo di pratica.
Non molto dissimile dalle conce-
zioni yoga la teoria per la quale i
capelli sarebbero unestensione del
sistema nervoso, e quindi possono
essere considerati come nervi esterio-
rizzati, un tipo di sensori altamente
evoluti che, come se fossero anten-
ne, trasmettono gran quantit di
informazioni che sono poi processate
dal cervello, dal sistema limbico e
dalla neocorteccia. Non solo, essi
emetterebbero anche energia elettro-
magnetica nel mondo circostante.
Ad avallare questopinione inter-
viene una ricerca del Dipartimento
della Guerra USA che, durante la
Guerra del Vietnam, avrebbe inviato
alcuni esperti a setacciare le riserve
degli Indiani dAmerica, alla ricerca
di scout giovani, forti e addestrati a
muoversi furtivamente su un aspro
terreno. Cercavano soprattutto uo-
mini con eccellenti abilit di insegui-
mento e venivano avvicinati indivi-
dui di cui si aveva documentazione
circa la perizia in sopravvivenza ed
inseguimento.
Accadde tuttavia una cosa incre-
dibile: qualsiasi fosse labilit che
essi possedevano nella riserva, sem-
brava improvvisamente scomparire
sul campo. Per rendersi conto dei
motivi di questo fallimento il gover-
no statunitense commission allora
unindagine a un Istituto di ricerca,
dalla quale emerse che le reclute, una
volta tagliati i capelli, come richiesto
dallesercito, non erano pi in grado
di sentire il nemico, n di accedere al loro
Foto sotto:
Re Clodoveo in un
dipinto di Franois
Louis Dejuinne.
38
sesto senso, n di fare riferimento alla loro
intuizione, n di leggere i segni sottili o
accedere a informazioni extrasensoriali.
LIstituto di ricerca reclut quindi
altri Indiani con le medesime caratte-
ristiche, ai quali non vennero tagliati
i capelli e che furono testati in varie
aree. Poi furono messe insieme cop-
pie di uomini che avevano ricevuto lo
stesso punteggio su tutti i test; furono
lasciati a uno dei due i capelli lunghi
mentre allaltro fu fatto un taglio
militare, quindi furono sottoposti an-
cora una volta
ai test. Il ri-
sultato fu che
luomo con i
capelli lunghi
ripetutamente
mantenne un
alto punteggio
mentre laltro
fall i test in
cui preceden-
temente aveva
ricevuto un
punteggio
alto. I risultati
della ricerca
indussero
lIstituto a
raccomandare
che agli scout
indiani non si
applicasse il
regolamentare
taglio dei ca-
pelli previsto
dallesercito.
Secondo
la scienza,
nell'uomo il
pelo ha perso
la sua funzio-
ne originaria
di difesa con-
tro l'abrasione
e di isolamen-
to contro la
perdita di ca-
lore; la sua quasi scomparsa, tranne
che dalla testa e da poche altre parti
del corpo, sembra da collegarsi alla
perdita di significato sessuale conse-
guente l'acquisizione della stazione
eretta, che valorizza altri attributi.
Pur tuttavia il corpo continua ad
essere cosparso di peli che, se hanno
perso la loro finalit di protezione,
hanno comunque una funzione ben
definita, pur se non ancora chiara. Ci
sono situazioni nelle quali i peli del
corpo si drizzano: quando sincontra
Foto sopra:
Ritratto di Curley,
scout del Settimo
Cavalleggeri del
Generale Custer,
unico sopravvissuto
nella battaglia del
Little Big Horn
39
qualcuno che si ammira particolar-
mente, o in momenti di gioia inten-
sa e inaspettata, o anche nel caso
di eccitazione sessuale. E come se
il pelo corporeo si connettesse col
mondo circostante, per avvertire e
trasmettere percezioni. Ci rendiamo
conto di uninconscia sensazione di
pericolo dallinsorgere della pelle
doca, determinata dal repentino
rizzarsi dei peli sul corpo; lo stesso
accade, per esempio, a chi ha paura
dei cani quando ne incontra uno; dal
suo canto lanimale ne percepisce la
paura, probabilmente attraverso lo
stesso meccanismo.
Per contro, accarezzare i capelli a
qualcuno contribuisce al suo rilassa-
mento fino a indurlo al sonno, men-
tre accarezzarsi la barba favorisce la
concentrazione, proprio in quanto
latto dellaccarezzare isola barba
e capelli dallambiente circostante.
Troppo poco luomo accarezza il suo
pelo e lo considera organo sensoriale
- scrive liridologo naturopa-
ta Marco Patton nel suo
lavoro Il capello organo
sensoriale, vitale alla
vita dell'uomo - Sicu-
ramente nel capello
della fase arcaica
era pi presen-
te la funzione
sensoriale,
poi con le-
voluzione
della razio-
nalit si
limitato
tale
aspetto. Patton continua sostenendo
che questo fenomeno riscontrabile
nelle due zone dette Corona esterna,
vicina al cervelletto, legata alla sfera
emozionale e da cui si espandono
onde elettromagnetiche, e Corona
interna, dedicata dalla razionalit,
che non emette onde emozionali. Il
fenomeno visibile attraverso lence-
falogramma che monitora lattivit
neuronale.
I capelli della Corona esterna sono
pi forti e non cadono mai, garanten-
do la capacit di connettersi al mon-
do dellintuizione e delle emozioni
per lintero arco della vita. La larga
tonsura a forma di aureola dei mona-
ci, eliminando i capelli relativi alla-
rea razionale, comporterebbe perci
come risultato unattivit percettiva
di tipo prevalentemente intuitivo, pi
adatta ad eliminare influenze razio-
nali nella percezione del divino.
Foto sotto:
Monaci domenica-
ni con la caratteri-
stica tonsura
40
N
on esistono scuole o percorsi che
portano alla Maestria, perch i
maestri veri non possono che insegna-
re a gesti e a mezze parole e questo
un fatto ontologico indiscutibile. Mi
tornano in mente le parole di Gioac-
chino da Fiore nella sua introduzione
al trattato sullApocalisse di Giovanni:
Ma forse, giacch dico queste cose, io mi
attribuisco una delle due eventualit, di
modo che avrei la presunzione di arrogarmi
il merito della scienza? Assolutamente no.
Piuttosto io, che mi riconosco nelluna del
tutto insufficiente, nellaltra temo molto il
giudizio. Poich, anche se non posso credere
di essere sapiente, se non per stupidit,
tuttavia non potrei scusarmi di ignorare ci
che sono tenuto a dire, se non per falsi-
t. Parler, quindi, come potr, nel caso
contrario indicher con dei cenni. E se non
posso imitare gli uomini, imiter lanimale
senza intelligenza, o altrimenti luomo
la
solitudine
del maestro
di MICHELE LEONE
41
Nella foto:
Giorgio
De Chirico,
Piazza d'Italia.
42
privo di parola, che a cenni va indicando
ci che ha visto. .
Neanche letimologia della parola
"maestro" ci di aiuto se affrontata
solo da un punto di vista intellettuale e
razionale, anche se nellorigine parte
del segreto e nella parola, nel verbo,
sono lessenza e la forza; forza di fare
o non fare, capacit di portare dalla
potenza allatto e nellatto, di feconda-
re e rendere fertile la terra che porter
nuovi frutti. Ecco, tra le altre cose il
Maestro un instancabile aratore e se-
minatore che non sempre vedr i frutti
del suo lavoro.
Il Maestro vede pi lontano o pi in
profondit solo perch ha pi stru-
menti, o sulla specola. Egli non pi
grande o migliore, ha solo
consumato pi a lungo i
suoi sandali ed ha un mag-
gior numero di calli.
Alla forza, e non solo
della parola, il Maestro
coniuga la dolcezza e la
cura tipici del femminile.
In esso vi sono ampia-
mente sviluppate le due
met del cielo, e diver-
samente non potrebbe
essere: questa comparte-
cipazione non fa di lui un
essere confuso in quanto
sa e manifesta ci che ,
questa compartecipazione
potrebbe portarlo metafisica-
mente a divenire landrogino
del pensiero ermetico.
Ogni Maestro diviene tale per una sua
propria strada, non possibile identi-
ficare una strada comune verso la vera
Maestria, gli unici punti che potreb-
bero essere di contatto tra
queste strade
cos diverse e
cos simili
potrebbero
essere la
fatica e
la rinun-
cia. E per
fatica e
rinuncia
non bisogna
intendere
una
Nella foto:
Prahalad Jani, un
"sadhu" (sant'uo-
mo) conosciuto
come "Mataji"
(Manifestazione
della Grande
Madre).
43
qualche forma di nichilismo, o influen-
ze di una qualsivoglia religione rivela-
ta; fatica e forza bisogna intenderle in
senso neutro se non positivo. Qualun-
que atleta sa che per ottenere risultati
deve faticare, allenarsi e sforzarsi.
La fatica questo sforzo, questo impe-
gno costante, questo allenamento per
andare oltre, per superare quei limiti
che non sono determinati aprioristi-
camente ma che egli percepisce come
limiti ed in un qualche modo si sforza
di superare. La rinuncia un concetto
difficile da esprimere, perch ci a cui
rinuncia ogni potenziale Maestro
diverso. Da certi punti di vista rinun-
cia alla compagnia; il Maestro, reale o
potenziale, deve esperire nella solitudi-
ne degli stati di coscienza e dellessere,
alcune soglie non possono essere var-
cate che da un unico individuo, senza
aiuto alcuno.
Il Maestro deve essere un viaggiatore
senza bagaglio e deve essere pronto a
lasciarsi indietro quanto ha di caro, nel
materiale e nello spirituale. Da certi
punti di vista, egli deve essere pronto
alla morte, egli deve esperire la morte
e le morti siano esse simboliche, come
nelle antiche iniziazioni, siano esse
psichiche o dellanima. Il maestro in
qualche modo un ritornato da oscure
regioni. Non uno spavaldo, anzi egli
teme, e pi di altri, queste morti, ma sa
che sono necessarie e le affronta con
i propri mezzi e strumenti, sapendo
ogni volta che non torner mai pi
come prima, o addirittura che potreb-
be non tornare.
La rinuncia, la fatica, la necessit
della morte sono solo alcuni degli
aspetti che si incontrano sulla strada
della Maestria e nessuno pu preve-
dere se e quando gli si proporranno le
prove che lo trasformeranno in Mae-
stro. Non esistono collegi di Maestri
che chiamano al loro interno aspiranti
Maestri, al pi esistono Comunioni di
iniziati che chiamano altri a divenire
iniziati, ma questo un altro discorso.
I Maestri
non si di-
chiarano mai
tali, spesso
allinizio del
loro percorso
non hanno
neanche la
consape-
volezza di
esserlo, e
quand'anche
avessero
coscienza in
tal senso non
agirebbero
mai nel loro
interesse,
ma solo per
quello del
discepoli
col quale si
rapportano.
Il Maestro,
per quanto nelle sue possibilit,
indica, fornisce strumenti e supporta,
aiuta pi o meno da vicino; si fa carico
dei pesi ed aiuta a meglio trasportarli
o lavorarli. Il Maestro entra nellaltrui
mare nero nella consapevolezza che
potrebbe affogare. Il suo femminile
recide gli eventuali cordoni ombelicali,
per permette a chi si appoggiato a lui
di camminare da solo, lontano e saldo.
Questa la solitudine del Maestro:
donarsi e ridonarsi in un infinito ciclo.
E vedere crescere piante o foreste nei
luoghi che ha frequentato; vedere
giovani intraprendere nuove imprese;
sorridere mentre scioglie legami. E
tornare a sedere sulla sua specola e
gioire per il lavoro fatto, e allo stesso
tempo godere della inevitabile malin-
conia di un lavoro che finisce.
Il Maestro in realt non mai solo,
perch come madre feconda ha una
moltitudine di figli che porteranno per
il mondo ci che egli ha trasmesso;
come tutte le madri gioir per questo,
e allo stesso tempo ne soffrir.
Foto sopra:
Paramahansa
Yogananda,
yogi e guru, segua-
ce e propagatore del
Kriya Yoga.
44
l simbolismo della Parola Sacra
racchiude in s i concetti di
inconoscibilit e di impronuncia-
bilit, tanto che verrebbe da chiedersi
se essa sia impronunciabile perch
inconosciuta o, piuttosto, inconosciu-
ta perch impronunciabile.
Laddove si pensasse che simboli e
parole siano due forme di espressione
separate fra loro si commetterebbe
un grave errore. In quanto forme di
espressione, e quindi di formulazione
esteriore, del pensiero, esse altro non
sono che elementi rappresentativi del-
le idee, che traducono esteriormente;
in tale ottica il linguaggio stesso, e
dunque le parole, altro non sono che
una forma di simbolismo.
Secondo Ren Gunon il sim-
bolismo appare particolarmente
adatto alla natura umana che, per
le sue caratteristiche, non pu certo
definirsi come pura intelligenza: la
pura intelligenza, infatti, non neces-
siterebbe di alcuna forma esteriore
per conoscere la verit, e tanto meno
per comunicare con altre pure in-
telligenze. Non trascuriamo il fatto
che vi sono scritture e alfabeti, come
quello ebraico e cinese per esempio,
che hanno carattere ideografico, sono
costituite da simboli che rappresenta-
no la parola che esprime quella data
immagine, come peraltro gi accade-
va per i geroglifici dellantico Egitto.
Vi , invero, ununica differenza
fra parola e simbolo, che per rende
complementari queste due forme di
comunicazione: mentre il linguaggio,
essendo analitico e discorsivo, risulta
pi calzante alla ragione umana, il
I
la parola
sacra
di ALESSANDRO LORENZO
44
45 45
la parola
sacra
di ALESSANDRO LORENZO
simboli-
smo intuiti-
vo, e quindi consono
alle esigenze della intelli-
gibilit. Il simbolismo , almeno
potenzialmente, uno strumento di
comprensione della verit a cui tutti
possono accedere secondo le proprie
possibilit intellettuali, proprio per-
ch immediatamente fruibile e in gra-
do di accelerare la com-
prensione pi di quanto
non possa fare la parola in
quanto il primo opera proprio
a livello intuitivo, e non razionale
come accade per la seconda.
Prima che di Parola Sacra, a que-
sto punto, sembra pi opportuno par-
lare di Lingua Sacra. A tal proposito
potremmo aiutarci rifacendoci alle
46
esperienze ed alla tradizione orien-
tale (indubbiamente una delle pi
risalienti), in particolar modo a quella
dei Veda, quei testi antichissimi che
la tradizione vuole essere stati scritti
dalle divinit che crearono il mondo;
testi che solo uomini saggi hanno
potuto comprendere, prestando poi le
loro voci al fine di tramandarne la co-
noscenza: veri e propri intermediari
della Parola Sacra.
Veda significa appunto Conoscen-
za, ma una conoscenza che niente
ha a che fare con la semplice com-
prensione intellettuale dei concetti
e che, piuttosto, si basa su unespe-
rienza percettiva superiore. Uomini
saggi perch capaci di non disperdere
la propria mente nellascolto di una
miriade di parole futili, ma in grado
di ascoltare una voce superiore che
dichiara la suprema verit e cono-
scenza. E la vera conoscenza origina
proprio dalla Parola Sacra, che non
semplice comprensione del significato
letterale ma un suono che reca il si-
gnificato della pi profonda Essenza,
il senso trascendente che infonde alla
parola il suo potere creatore.
E solo la conoscenza e lattribu-
zione del giusto nome che consentono
la creazione dellordinamento supe-
riore che, solo, attribuisce alle cose la
giusta collocazione nellordine natu-
rale del mondo; i rishi, i saggi della
tradizione vedica, possedendo tale
conoscenza, contribuivano allOrdine
superiore, diventando cos gli Archi-
tetti del Mondo.
Per i cristiani In principio era il
Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era
Dio; in una sola parola la Crea-
zione. Il Verbo o Logos il Pensiero
e la Parola di Dio, o almeno ci che
luomo intende designare come tale;
il Suo intelletto espresso attraverso la
Creazione.
La Creazione la manifestazione
del Verbo, ci a dire che il mondo e
tutto ci che esiste leffetto o la ma-
nifestazione del Soffio o della Parola
divina e, se volessimo immaginare
il linguaggio divino strutturato come
lalfabeto ebraico o cinese, vale a dire
composto da ideogrammi, potremmo
affermare che la Creazione il sim-
bolo di quella Parola.
Perch affermare che luomo
fatto a immagine e somiglianza di
Dio se non per significare che luomo
il simbolo di Dio stesso? Luomo
lidea di Dio espressa attraverso il
Logos divino; questo che probabil-
mente sintende allorquando si affer-
ma che lordine naturale, il kosmos,
simbolo e somigliante dellordine
divino, che ci che in basso analogo
a ci che in alto, per cui il microco-
smo specchio del macrocosmo.
Luomo frutto della Creazione
che, a sua volta. frutto del Verbo.
Luomo dunque lincarnazione del
Verbo, il suo coronamento. Il respiro
dellAssoluto pervade tutto il Creato:
Egli nel sole, nel cielo, nella terra,
nellaria e nel fuoco poich, quando
la parola del Supremo divenne Logos,
furono colmati gli abissi del Nulla.
47
48
T
ema simbolico fondamentale,
ricco di variegate sfumature
esoteriche, questo termine fa parte
della simbologia alchemica, insieme
al Sale, allo Zolfo e al Mercurio, che
rappresentano i principi tradizionali
della struttura umana: il primo espri-
me il principio di ogni corporeit, la
materia prima del nostro mondo, il
secondo lo spirito e il terzo lanima,
la dimensione psichico-animica e la
mente.
Lacrostico ermetico stato attri-
buito a Basilio Valentino, lalchimista
quattrocentesco autore di numerosi
testi alchemici, che ne avrebbe parla-
to per primo nella sua opera Azoth,
pubblicata a Francoforte nel 1613. Un
ulteriore richiamo al VITRIOL lo tro-
viamo poi nel Viridarium Chymicum
di Daniel Stolcius von Stolcenberg,
stampato a Francoforte nel 1624.
LAlchimia una delle pi impor-
tanti Scienze Tradizionali, o Scienze
Madri, i cui adepti in occidente, da
Zosimo di Panopoli a Fulcanelli,
si propongono di ottenere la Pietra
Filosofale, lElisir di lunga vita e
la trasmutazione dei metalli vili in
oro, attraverso la realizzazione della
Grande Opera.
Giovanni di Rupescissa scriveva
che lAlchimia il segreto di riuscire
v.i.t.r.i.o.l.u.m.
di MARIA TERESA LAPORTA
48
49
a fissare
il sole che si trova nel cielo della
nostra persona, cos che possa illu-
minarla dallinterno e inondare con
il principio della luce, e con la luce
stessa, i nostri corpi e i nostri cuori.
Fine ultimo lilluminazione.
Loro della conoscenza si collega allo
sviluppo del settimo chakra, il Sa-
hasrara Chakra (Loto dai mille petali)
detto anche Chakra della Corona, posto
alla sommit del capo; per giungervi
necessario un lungo percorso di
purificazione e di sublimazione, gra-
duale e costante. Il piccolo e timido
seme la cui pianta avr raggiunto tale
livello, e cio il centro della coscienza
cosmica, avr compiuto la lunga risa-
lita lungo lalbero della vita, attraver-
so la terra, lacqua, laria e il fuoco,
fino a fondersi con le energie celesti.
Nellacronimo V.I.T.R.I.O.L.U.M.
risiede il senso complessivo dellarti-
colata e complessa simbologia relati-
va alla spoliazione ed allimpatto con
una realt inimmaginabile ove, quasi
sulla soglia dellInferno, tutto sembra
destare timore, paura e angoscia.
Nella letteratura alchemica
V.I.T.R.I.O.L.U.M. deriva dalla
espressione latina Visita Interiora
Terrae Rectificando Invenies Occul-
tum Lapidem - Veram Medicinam,
che significa: Visita linterno, le
parti pi nascoste della terra (e di
te stesso) e purificandoti, affinan-
do e illuminando sempre di pi
la tua materia psichica, troverai la
pietra nascosta, pietra preziosissima
celata ai tuoi occhi. Questa la vera
medicina. Questa pietra nascosta,
celata nelle profondit
della propria coscienza,
altro non che la Pietra
Filosofale, lunica che,
metaforicamente, in
grado di trasmutare il vile,
grezzo e opaco Piombo in pre-
zioso e risplendente Oro. In questa
frase sintetizzato lOpus Magnum, la
Grande Opera del processo denomi-
nato Mysterium Magnum, la cono-
scenza delle forze sottili della natura
che consente di giungere al Lapis
Philosophorum e allElisir Vitae.
Il V.I.T.R.I.O.L.U.M. un miste-
rioso messaggio, un invito rivolto a
chi desidera scendere negli abissi del
proprio inconscio, quasi un regressus
ad uterum, come dice Mircea Eliade,
49
50
Nell'immagine:
Simbolo del
VITRIOL, tavola
tratta da "Azoth"
di Basilio Valentino.
per prendere consapevolezza delle
forze che si muovono nel proprio
mondo interiore. E una sollecitazio-
ne alla ricerca profonda del proprio
S, della propria anima, un impera-
tivo alla ricerca interiore. Un uomo
che conosce perfettamente se stesso
conosce lintera natura e conquista
quei poteri spirituali che in lui sono
latenti.
Una volta che lattenzione rivolta
al proprio interno un nuovo mondo
si apre: la discesa agli inferi, la Nekia
di dei ed eroi, il regno oscuro delle
ombre e dei mostri, lingresso nelli-
gnoto mondo dellAde e la successiva
risalita-rinascita, la resurrezione,
tema presente i molti riti iniziatici
dellantichit, come i Misteri di Eleu-
si, quelli di Iside, quelli di Adone, che
sono altres allegorie della ciclicit
stagionale della natura. Solo qui,
come indica il detto latino, possiamo
trovare la medicina che purifica e
guarisce il proprio Io dai condiziona-
menti e dagli attaccamenti del passa-
to, dal profondo dolore inconscio che
attanaglia la vita delluomo.
Liniziato sa che deve essere au-
dace nellaffrontare loscurit della
propria anima, poich la discesa
nellinconscio non priva di perico-
li. Solo chi avr il coraggio, lardore
di liberarsi dalla finzione mentale e
illusoria della vita quotidiana otter-
r la vera vita con la trasmutazione;
liniziato che, come lalchimista, sa
trasmutare il piombo nelloro della
conoscenza, trasformer la sua vuota
esistenza in quella degli Dei che
lhanno creato.
Liter perfectionis che procede dal
buio alla luce allude al passare dal-
la doxa allaleteia, dallopinione alla
verit. La morte iniziatica termine-
r con la rinascita che avverr solo
quando, superate le cortine del vuoto
e del superficiale, squarciati i veli con
cui il falso mondo materiale ci avvol-
ge, si inizier a scorgere la luce della
Verit. Nella mitologia leroe penetra
negli Inferi per lottare contro mostri
e demoni; la Grande Madre, che
anche dea della fertilit, gli appare
come un essere terribile, spesso come
la Signora della Morte, ma per pre-
miare il suo coraggio gli offre cono-
scenza e saggezza.
In sintesi V.I.T.R.I.O.L. nel siste-
ma alchemico rappresenta la Nigredo,
lOpera al Nero, cio la prima morte
trasformata nella morte cosciente e
nellautomatica autorigenerazione in
un veicolo materiale pi perfetto, atto
a permettere un pi agile cammino
51
sulla via iniziatica.
Il VITRIOL anche lacido che
tutto corrode (il Leone Verde), quindi
un potentissimo elemento in grado
di provocare le trasformazioni pi
elevate e indurre ci che inferiore
ad ascendere alle sfere superiori,
spirituali. Il processo di rettificazione
infatti tale da produrre un orienta-
mento delle energie verso lalto, verso
luniversale, sottraendolo allattrazio-
ne del sensibile. Se le profondit oscu-
re dellanima sono di ostacolo alla
ricerca della Verit, proprio da esse
che deve sprizzare la luce. E tra le
tenebre che deve essere spinta linda-
gine profonda racchiusa nel socratico
, che nel tempio di
Delfo ha allinterno il corrispettivo
, Conosci te stesso e cono-
scerai Dio, quella divinit che risiede
luminosa al centro della Coscienza,
quella natura divina che va riconqui-
stata in piena consapevolezza.
La natura umana reintegrata
nella sua originaria nobilt divina,
sicch il simbolismo alchemico
essenzialmente una ontologia, una
dottrina dellessere. La restaurazione
della perfezione aurea presuppone
lunificazione di tutte le potenzialit
interiori nella coniunctio opposito-
rum, nellandroginia primordiale.
Punto di partenza di tutto lo stato
di semplicit e di purezza della Ma-
teria Prima, che la rende atta a rice-
vere la prima vibrazione del Fiat Lux
delliniziazione.
NellAthanor, lofficina alchemica
della Rettificazione, solo pochi porta-
tori di sistro ricercano faticosamente
se stessi e i significati pi profondi
dellessere. Per affrontare il buio pi
buio del buio, per scoprire il tesoro
della Cosa Meravigliosa racchiusa nel
tenebroso carcere del corpo, il Miracu-
lum di Asclepio, sono indispensabili
volont, coraggio, silenzio e azione.
LEssere come una goccia dacqua
che rifluisce nel mare, ma ne uscir
priva di impurit. Solo quando una
rosa fiorir nel cuore di ogni uomo
e di ogni donna, solo allora saremo
capaci di vedere, e di udire il suono
dellanima, e di conoscere le segrete
scie luminose che sintrecciano fra
tutti; solo allora riusciremo a rico-
noscere lamore che opera in ogni
persona e in ogni cosa. Nella ricerca
della Verit gli uomini fanno due pas-
si avanti e uno indietro: la vita li getta
indietro ma la sete della verit e lostinato
volere li spingono avanti: E chiss? Forse
un giorno raggiungeranno la Verit vera.
(Anton Cecov).
52
esoterico e
essoterico
di RINO GUADAGNINO
52
53
P
are che lesoterico e lessoterico
costituiscono le due facce di
una sola medaglia: due facce distinte
e uno solo il materiale. Si suole anche
comparare questa dualit, unica nella
sua concezione, al simbolismo della-
razzo, dove lincrociarsi della trama
e dellordito e la struttura del tessuto
conformano il disegno visibile del
tappeto. Ci sarebbe dunque una fac-
cia interna, occulta ed invisibile, gra-
zie alla quale possibile la manifesta-
zione esterna del disegno, il colore e
lapparenza sensibile dellarazzo, che
riconosciamo come tale per queste
caratteristiche, bench sia ovvio che
se non fosse per la disposizione e in-
crociarsi della trama e lordito, e per
lintelligenza che ha ordinato la sua
struttura, questo arazzo non sarebbe
altro che una confusione senza senso,
un caos, vale a dire che non sarebbe.
dunque evidente che esiste un
primato fra una faccia e laltra del
tappeto, essendo quella interna ante-
riore e origine dellesterna, la quale
ha una ragione dessere subordinata
alla prima, bench sia complementa-
re ad essa. Allinterno e occulto ubbi-
disce lesterno ed evidente, cos come
la parola preceduta dal pensiero, ed
lessenza di questo pensiero ci che
produce e giustifica la parola. In qua-
lunque cosa e in qualunque azione
avviene lo stesso: lesoterico d luogo
allessoterico, e conformandolo gli
concede la sua validit.
Ricordiamo che questa doppia
corrispondenza pertanto reciproca,
e si esprime in forma simultanea, che
fa s che luna e laltra si complemen-
tino in un tutto, anche se dobbiamo
chiarire che agli occhi dei sensi ci
che prima si osserva la faccia bril-
lante e luminosa di qualunque espres-
sione, la quale ci porta poste-
riormente a scoprire il
significato del-
Nella foto:
Il Cristo Velato,
Cappella Sansevero
a Napoli.
53
54
la struttura occulta della trama che ci
appare cos invisibile e interna. Vale a
dire che ci che dal punto di vista del
creatore dellopera il primo e princi-
pale, dalla prospettiva della creatura
che osserva lopera che conside-
ra come la realt si mostra come
unoscura causa secondaria rispetto a
ci che capace di vedere nellarazzo.
La relazione di preminenza dunque
invertita luna rispetto allaltra, ben-
ch si pu anche avvertire che al di
l di questa opposizione entrambi gli
aspetti si coniugano nellunit dello-
pera, sia questa unazione o una cosa.
La Tradizione ha lavorato sempre
con questi due concetti, che non si
escludono, ma che al contrario non
possono essere luno senza laltro,
e li ha associati unanimemente con
i simboli del cielo e della terra che
visualizza come le due met, supe-
riore ed inferiore, di una sfera. Ed
entrambi costituiscono il corpo della
sfera, bench il cielo, con il Sole nel
suo centro, ci che origina la vita
nel nostro pianeta.
Mentre linterno o lesoterico quasi
non percettibile, essendo essenziale,
lesterno o essoterico si manifesta in
forma molteplice e visibile.
Il primo riferito alla qualit e
alla sintesi, il secondo alla quantit
ed al molteplice. E mentre luomo
ordinario, immerso nelle tenebre del
profano, ammira e venera il quantita-
tivo, unica cosa che nel suo stato gli
dato osservare, liniziato conosce
e lavora con il qualitativo, ovvero il
sacro. Cercando di comprendere i
simboli, diventa indispensabile avere
unidea chiara su due aspetti opposti
e complementari che ogni simbolo
possiede: lessoterico e lesoterico.
Lessoterico lesterno, la forma vi-
sibile che unenergia determinata as-
sume per manifestarsi nel mondo dei
sensi, e che varia secondo il tempo, lo
spazio e il livello della realt in cui si
esprime. Lesoterico (dal greco eso-
terikos), significa linterno, locculto
e non manifesto, la parte segreta del
simbolo che non altro che unener-
gia, idea o forza che ogni segno sacro
contiene, e che nei nostri lavori ci
che veramente interessa apprendere,
conoscere e sperimentare. Le scienze
ordinarie studiano il simbolo unica-
mente dal punto di vista esteriore, e
pertanto possono percepire soltanto le
apparenti differenze fra le varie tradi-
zioni e le diverse scienze, non poten-
do stabilire fra queste relazioni vere,
come quelle che la nostra Scienza
Esoterica potr darci, poich questa
conosce lidentit profonda delle ener-
gie a cui si riferisce, che trascendono
55
la loro apparenza formale e permet-
tono la connessione con quella realt
metafisica che solo attraverso lesote-
rico potremo percepire. Lesoterico
pertanto unificante e rischiarante e
arriveremo a comprenderlo soltanto
quando saremo disposti a trapassare
e penetrare le semplici apparenze
delle cose e dei simboli, permettendo
che questi ci rivelino le energie Oc-
culte che possiedono. In questo modo
possiamo penetrare in altri spazi del
nostro essere, altre aule ed ambiti
curiosamente uniti nella memoria,
che saranno i passi primi allingresso
nella nostra Chiesa; e pertanto com-
pletamente atemporale.
Volendo esagerare, per, si potreb-
be considerare un esoterismo essoteri-
co ed un essoterismo esoterico.
Voglio dire che tecnicamente
quando c una discorso simbolico,
chi conosce la chiave pu comprende-
re il significato del messaggio; poich
la chiave disponibile a chi fa parte
del gruppo, a chi sta dentro, allora il
messaggio esoterico (riferito a chi
sta dentro). ma il messaggio pubbli-
co e chiunque, pur non conoscendo
la chiave, pu interpretarlo secondo
la sua sensibilit; in questo caso
exoterico (riferito a chi sta fuori). Ma
la chiave non da considerarsi in
modo troppo materialista. la chiave
la ricevono gli iniziati. Ma l'iniziazio-
ne pu a sua volta essere reas un rito
e quindi esistono iniziazioni exote-
riche. Pi o meno tutte le religioni
sono iniziazioni exoteriche. Ossia c'
un simbolismo, ma alla fin fine dietro
i simboli c' solo sentimentalismo e
fideismo, nessuna vera conoscenza.Vi
anche il caso di iniziazioni naturali,
cio la possibilit che talune indivi-
dualit abbiano una sensibilit tale
da penetrare i misteri. Esse hanno
cio ricevuto una iniziazione anche
se non hanno partecipato a rituali;
hanno semplicemente maturato nella
propria vita una consapevolezza ed
un discernimento della verit.
Ad ogni modo, ammettendo un
insegnamento circa la verit, di so-
lito esso non consiste solo di nozio-
ni, ma soprattutto di tecniche. Chi
apprende le tecniche e le applica,
quando considera le nozioni ne pu
apprezzare la squisitezza esoterica.
Chi si limita al messaggio, percorre
la via exoterica. Ma la via exoterica
percorsa con tutta la persona, piena-
mente vissuta, pu portare alla vera
iniziazione (alla partecipazione della
verit) cos come le tecniche pratica-
te superficialmente e con bramosia
di conoscenza possono portare ad
una iniziazione illusoria.
Nella foto:
Pinturicchio, Al-
legoria del Monte
della Sapienza,
Pavimento del
Duomo di Siena.
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