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Jules Verne

MASTRO ZACHARIUS

Titolo originale dellopera
MAITRE ZACHARIUS
(1854)

Traduzione integrale dal francese di M.TRIBONI
Prima edizione: 1967 Terza edizione: 1973
Propriet letteraria e artistica riservata - Printed in Italy
Copyright 1967-1973 U. MURSIA & C.
708/AC/IV - U. MURSIA & C. - Milano - Via Tadino, 29

PRESENTAZIONE
Nel racconto Mastro Zacharius, di libera fantasia, il Verne ci
mostra taluni lati giovanili e romantici della sua arte. Il racconto
vagamente modellato sulla leggenda del Faust. Anche Zacharius, il
miglior orologiaio d Ginevra, vende al diavolo la propria anima pur
di realizzare il sogno di orologi perfetti, di regolare e di vincere il
tempo, raggiungendo l'immortalit. Il racconto mette in rilievo, a
tratti con grande efficacia inventiva, l'orgoglio della scienza che
vuole sostituirsi alla fede e forse non gli sono estranei motivi e
intenti che possono persino apparire apologetici.

GIOVANNI CRISTINI

J ULES VERNE nacque a Nantes, l'8 febbraio 1828. A undici
anni, tentato dallo spirito d'avventura, cerc di imbarcarsi
clandestinamente sulla nave La Coralie, ma fu scoperto per tempo e
ricondotto dal padre. A vent'anni si trasfer a Parigi per studiare
legge, e nella capitale entr in contatto con il miglior mondo
intellettuale dell'epoca. Frequent soprattutto la casa di Dumas padre,
dal quale venne incoraggiato nei suoi primi tentativi letterari. Tent
dapprima la carriera teatrale, scrivendo commedie e libretti d'opera;
ma lo scarso successo lo costrinse nel 1856 a cercare un'occupazione
pi redditizia presso un agente di cambio a Parigi. Un anno dopo
sposava Honorine Morel. Nel frattempo entrava in contatto con
l'editore Hetzel di Parigi e, nel 1863, pubblicava il romanzo Cinque
settimane in pallone.
La fama e il successo giunsero fulminei. Lasciato l'impiego, si
dedic esclusivamente alla letteratura e un anno dopo l'altro - in base
a un contratto stipulato con l'editore Hetzel - venne via via
pubblicando i romanzi che compongono l'imponente collana dei
Viaggi straordinari - I mondi conosciuti e sconosciuti e che
costituiscono il filone pi avventuroso della sua narrativa. Viaggio al
centro della Terra, Dalla Terra alla Luna, Ventimila leghe sotto i
mari, L'isola misteriosa, Il giro del mondo in 80 giorni, Michele
Strogoff sono i titoli di alcuni fra i suoi libri pi famosi. La sua opera
completa comprende un'ottantina di romanzi o racconti lunghi, e
numerose altre opere di divulgazione storica e scientifica.
Con il successo era giunta anche l'agiatezza economica, e Verne,
nel 1872, si stabil definitivamente ad Amiens, dove continu il suo
lavoro di scrittore, conducendo, nonostante la celebrit acquistata,
una vita semplice e metodica. La sua produzione letteraria ebbe
termine solo poco prima della morte, sopravvenuta a settantasette
anni, il 24 marzo 1905.



Indice
PRESENTAZIONE ______________________________________3
MASTRO ZACHARIUS O L'OROLOGIAIO CHE HA
PERDUTO LA PROPRIA ANIMA_________________________ 5
CAPITOLO I ___________________________________________5
UNA NOTTE D'INVERNO___________________________________ 5
CAPITOLO II _________________________________________13
L'ORGOGLIO DELLA SCIENZA_____________________________ 13
CAPITOLO III_________________________________________21
UNA VISITA SINGOLARE__________________________________ 21
CAPITOLO IV_________________________________________29
LA CHIESA DI SAN PIETRO________________________________ 29
CAPITOLO V__________________________________________36
L'ORA DELLA MORTE ____________________________________ 36

MASTRO ZACHARIUS
O L'OROLOGIAIO CHE HA PERDUTO
LA PROPRIA ANIMA
CAPITOLO I
UNA NOTTE D'INVERNO
LA CITT DI GINEVRA giace sulla estremit occidentale del
lago, che ne porta il nome; il Rodano, uscendo dal lago, l'attraversa,
dividendola in due quartieri distinti, e si divide esso stesso nel centro
della citt, a cagione di un'isola, che sorge tra le due rive. Questa
disposizione topografica si ripete spesso nei grandi centri
commerciali o industriali. I primi abitanti furono attratti senza dubbio
dalla facilit dei trasporti che offriva loro la rapida corrente dei
fiumi, queste strade che camminano da s , secondo l'antico detto;
col Rodano poi sono strade che corrono.
Quando su quell'isola, ancorata come una barcaccia olandese in
mezzo al fiume, non sorgevano ancora costruzioni nuove e regolari,
un meraviglioso agglomerato di case addossate le une alle altre
presentava all'occhio una confusione assai pittoresca. La piccola
estensione dell'isola aveva costretto qualcuna di queste case ad
appoggiarsi sopra pali confitti alla rinfusa nella rapida corrente del
Rodano; queste grosse travi, annerite dal tempo, corrose dalle acque,
assomigliavano alle zampe d'un grosso gambero e producevano
talvolta effetti fantastici: fili ingialliti, tesi come quelli delle ragnatele
in mezzo a queste costruzioni secolari, s'agitavano nell'ombra come il
fogliame morto dei vecchi boschi di querce, e il fiume si sprofondava
in quella foresta tenebrosa con lugubri muggiti.
Una di queste abitazioni aeree sorprendeva per il suo strano
carattere di vetust; era la casa del vecchio orologiaio, mastro
Zacharius, di sua figlia Grande, del suo apprendista Aubert Thn e
della sua vecchia domestica, Scholastique.
Che tipo bizzarro quel mastro Zacharius! La sua et era
indefinibile; nessuno tra i pi vecchi di Ginevra avrebbe potuto dire
da quanto tempo la sua testa magra e sottile vacillava sulle sue spalle,
n il giorno in cui lo si era visto la prima volta camminare per le vie
della citt, lasciando svolazzare al vento la sua bianca capigliatura.
Quell'uomo non viveva; egli oscillava, come il pendolo dei suoi
orologi; la sua faccia secca e cadaverica assumeva tinte oscure; come
i quadri di Leonardo da Vinci, egli tendeva al nero.
Sua figlia Grande occupava la pi bella camera della vecchia
casa, da cui, attraverso un'allegra finestra, il suo sguardo andava a
posarsi melanconicamente sulle cime nevose del Giura; ma la camera
da letto e la bottega del vecchio consistevano in una specie di cantina
posta quasi a livello del fiume, il cui pavimento poggiava sui pali
stessi che reggevano la casa. Da tempo immemorabile mastro
Zacharius non ne usciva che all'ora di pranzo e per regolare i vari
orologi della citt; il resto della giornata lo passava presso un tavolo
coperto di numerosi strumenti d'orologeria, che per la maggior parte
erano stati inventati da lui.
Infatti, egli era un uomo ingegnoso; le sue opere erano molto
apprezzate in tutta la Francia e in Germania; i pi abili operai di
Ginevra riconoscevano apertamente la sua superiorit; e quale onore
per questa citt maniaca degli orologi, la quale lo additava con
orgoglio dicendo:
A lui spetta la gloria d'aver inventato lo scappamento!
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E infatti, da questa invenzione, che i lavori di mastro Zacharius
faranno meglio comprendere, ha avuto origine la vera arte
dell'orologiaio.
Ebbene, dopo avere lungamente e meravigliosamente lavorato,
Zacharius riponeva con lentezza a posto i suoi ferri, copriva con
leggere campane di vetro i pezzi pi delicati che aveva aggiustato, e
dava riposo alla ruota veloce del suo tornio; poi alzava una ribalta,

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Negli orologi, congegno che serve a garantire la regolarit del movimento.
che egli aveva aperto nel bel mezzo della stanza, e l, appoggiato per
ore intiere, mentre il Rodano trascorreva con fracasso sotto i suoi
occhi, egli s'inebriava tra quelle vaporose brume.
Una sera d'inverno, la vecchia Scholastique pose in tavola la cena,
alla quale, secondo le antiche usanze, ella prendeva parte insieme
con il giovane operaio. Quantunque gli fossero offerte vivande
accuratamente preparate in un bel vasellame bianco e azzurro, mastro
Zacharius non mangi; rispose a malapena alle dolci parole di
Grande, che era visibilmente preoccupata per la taciturnit pi
asciutta del solito di suo padre; lo stesso cicaleccio di Scholastique
passava inascoltato al suo orecchio, come quei brontolamenti del
fiume, ai quali egli non prestava pi attenzione. Dopo quel pasto
silenzioso, il vecchio orologiaio lasci la tavola, senza abbracciare
sua figlia, n dare ai suoi commensali l'usato saluto della sera; egli
disparve entro la stretta porticina che conduceva nella sua camera, e
sotto i suoi passi pesanti la scala gemette con strani scricchiolii.
Grande, Aubert e Scholastique restarono qualche minuto senza
parlare. Quella sera il tempo era scuro; le nuvole trascorrevano
pesantemente lungo le Alpi e minacciavano di sciogliersi in pioggia;
la rigida temperatura della Svizzera empiva l'anima di tristezza,
mentre i venti del sud fischiavano intorno con sinistro mugolio.
Sapete bene, mia cara signorina, disse alla fine
Scholastique, che da qualche tempo il padrone tutto chiuso in se
stesso. Capisco che non abbia avuto fame; le parole gli sono rimaste
nello stomaco, e sarebbe ben bravo il diavolo, se riuscisse a
strappargliene qualcuna!
Mio padre ha qualche segreto motivo di preoccuparsi, che io
non posso neppure indovinare, rispose Grande, mentre una
dolorosa inquietudine si manifestava sul suo viso.
Signorina, non lasciate che la tristezza invada in questo modo
il vostro cuore; voi conoscete le singolari abitudini di mastro
Zacharius; chi pu leggere sulla sua fronte i suoi pensieri segreti?
Senza dubbio gli capitata qualche noia, ma domani egli non se ne
ricorder pi e gli spiacer vivamente di aver causato preoccupazioni
alla propria figlia!
Cos parlava Aubert, fissando i suoi sguardi nei begli occhi di
Grande. Aubert, il solo operaio che mastro Zacharius avesse mai
ammesso nella intimit dei suoi lavori, poich ne apprezzava la
grande intelligenza, discrezione e bont d'animo, si era affezionato a
Grande con quella fede misteriosa, che sostiene i sentimenti pi
profondi.
Grande aveva diciotto anni; l'ovale del suo viso ricordava le
ingenue madonne esposte alla venerazione dei fedeli sull'angolo
d'una via nelle vecchie citt della Bretagna; i suoi occhi esprimevano
una grande semplicit; la si amava come la pi soave incarnazione
del sogno di un poeta. Le sue vesti erano di colore modesto, e lo
scialle bianco, che si avvolgeva intorno alle spalle, aveva quel
candore e quella fragranza che sono particolari alla biancheria di
chiesa. Ella viveva una vita profondamente religiosa in quella citt
che non era ancora divenuta preda dei rigori del calvinismo.
Allo stesso modo che mattina e sera leggeva le preghiere latine sul
messale dal fermaglio di ferro, aveva anche letto un sentimento
sconosciuto nell'animo d'Aubert Thn e aveva intuito quella viva
tenerezza che l'operaio provava per lei. In realt, per il giovane, tutto
il mondo era racchiuso in questa vecchia casa dell'orologiaio, e,
terminato il lavoro, quando lasciava la bottega di mastro Zacharius,
trascorreva il suo tempo accanto alla fanciulla.
La vecchia Scholastique vedeva chiaro in tutto ci, ma non diceva
nulla; la sua loquacit s'occupava di preferenza delle disgrazie del
suo tempo. Non si tentava neppure di trattenerla; era come una di
quelle scatole musicali, che si fabbricavano a Ginevra; una volta
preso l'avvio, si sarebbe dovuto romperla per impedirle di suonare
tutte le sue musichette.
Vedendo Grande immersa in un doloroso silenzio, la domestica
si alz dalla sua vecchia sedia di legno, mise un cero sulla punta d'un
candeliere, lo accese e lo pose presso una piccola Madonna di cera
posta in una nicchia di pietra. Avevano l'abitudine d'inginocchiarsi
davanti a quella Madonna protettrice del focolare domestico, per
chiederle protezione durante la notte; ma Grande rimase silenziosa
al suo posto.
Ebbene, mia cara signorina, esclam Scholastique con
sorpresa, la cena finita, ed giunto il momento di darci la buona
notte. Volete stancare i vostri occhi in una lunga veglia?... Ah! Santa
Vergine! Eppure proprio il caso di dormire e di cercare un po' di
gioia in qualche bel sogno. Nei tempi tristi in cui viviamo, chi mai
pu sperare in un giorno di felicit?
Non sarebbe forse il caso di chiamare il medico per mio padre?
domand Grande.
Un medico! grid la vecchia domestica; ha forse dato
ascolto qualche volta alle fantasie dei medici e ai loro consigli? Ci
possono ben essere dei medici per gli orologi, ma non certamente per
il corpo umano.
Che cosa fare allora? mormor Grande. Si rimesso al
lavoro o andato a riposare?
Grande, rispose dolcemente Aubert, qualche contrariet
morale rende inquieto mastro Zacharius. Ecco tutto.
E voi la conoscete, Aubert?
Forse.
Diteci di che si tratta, esclam vivamente Scholastique,
spegnendo il cero da buona massaia.
Da pi giorni, Grande, accade qualcosa d'incomprensibile; gli
orologi fatti e venduti da vostro padre si fermano improvvisamente.
Gliene stato riportato un gran numero; egli li ha smontati con
attenzione; le molle erano in buono stato, le ruote perfettamente a
posto; egli li ha rimontati con cura anche maggiore; ma a dispetto
della sua abilit, sono rimasti ferrai.
Qui sotto c' il diavolo! esclam Scholastique.
Cosa intendete dire? domand Grande; questo fatto mi
sembra naturale; tutto ha un limite sulla terra e l'infinito non pu
uscire dalle mani dell'uomo.
Tuttavia, rispose Aubert, vero che in tutto questo vi
qualcosa di strano e di misterioso. Io stesso ho prestato il mio aiuto a
mastro Zacharius nel ricercare le cause di questi strani guasti e non
sono riuscito a trovarle; e pi d'una volta i ferri mi sono caduti di
mano per un sentimento d'impotenza e di disperazione.
E allora, riprese Scholastique, perch dedicarsi a questo
dannato lavoro? forse naturale che un piccolo strumento di rame
possa muoversi da s e indicare le ore? Avreste dovuto accontentarvi
della meridiana!
Voi non parlereste cos, Scholastique, se sapeste che la
meridiana fu inventata da Caino!
Signore Iddio, cosa mi dite!
Credete, riprese ingenuamente Grande, che si possa
pregar Dio di ridonare il movimento agli orologi di mio padre?
Senza dubbio, rispose il giovane operaio.
Ecco delle preghiere inutili, brontol la vecchia domestica,
ma il cielo terr conto dell'intenzione.
Il cero fu riacceso; Scholastique, Grande e Aubert si
inginocchiarono sul pavimento di pietra, e la giovinetta, con la sua
voce tremante, preg per l'anima di sua madre, per la santificazione
della notte, per viaggiatori e i prigionieri, per i buoni e i cattivi e
soprattutto per le sconosciute tristezze di suo padre.
Poi queste tre pie persone si rialzarono con un po' di fiducia in
cuore, poich avevano deposto i loro dolori nel seno di Dio.
Aubert sal nella sua camera, Grande sedette pensierosa alla
finestra, mentre gli ultimi riflessi della luce si spegnevano sulla citt;
e Scholastique, dopo aver versato un po' d'acqua sui tizzoni accesi e
tirato due enormi catenacci, si gett sul suo letto, dove non tard a
sognare che moriva di paura.
Frattanto l'orrore di quella notte d'inverno era cresciuto; talvolta il
vento s'insinuava insieme con i vortici del fiume tra i pali che
sostenevano la casa, e questa ne tremava tutta; ma la giovinetta,
pienamente assorta nella sua tristezza, non pensava che a suo padre;
dopo le parole d'Aubert Thn, la malattia di mastro Zacharius aveva
preso ai suoi occhi proporzioni fantastiche; le pareva che quella
preziosa esistenza diventasse puramente meccanica e si muovesse
stentatamente sopra i suoi vecchi cardini.
D'improvviso la persiana, spinta violentemente dal vento, batt
contro la finestra; Grande trasal e si alz di scatto, senza
comprendere il motivo di quel rumore, che l'aveva scossa dal suo
torpore. Tuttavia la sua emozione si calm; ella apr l'imposta; le
nubi s'erano squarciate e una pioggia torrenziale scrosciava sui tetti
circostanti. La giovinetta si spinse fuori per afferrare la persiana
sbatacchiata dal vento, ma ebbe paura; le parve che la pioggia e il
fiume, confondendo le loro acque gorgoglianti, sommergessero
quella povera casa, il cui tetto scricchiolava da tutte le parti. Volle
scappare dalla stanza; ma scorse sotto i suoi piedi il riverbero di un
lume, che doveva uscire dallo stanzino di mastro Zacharius e in uno
di quei sinistri momenti di calma, nei quali gli elementi scatenati
sembrano riposarsi, il suo orecchio fu colpito da suoni lamentosi.
Tent di richiudere la finestra, ma non pot riuscirvi; il vento la
respingeva con violenza, come un ladro che cerca di introdursi in una
casa.
Grande credette d'impazzire dal terrore... Che cosa faceva suo
padre?... Apr l'uscio, che le scapp di mano e sbatt rumorosamente
sotto l'impeto della tempesta; cos si trov nella stanza oscura, dove
avevano cenato, giunse a trovare a tastoni la scala che conduceva alla
bottega di mastro Zacharius e vi si lasci scivolare pallida e
tremante.
Il vecchio orologiaio stava ritto in piedi in mezzo alla stanza, che
rintronava ai muggiti del fiume; i suoi capelli irti gli conferivano un
aspetto sinistro; parlava e gesticolava, senza vedere, senza udire.
Grande rimase sulla soglia, agghiacciata di spavento.
la morte! diceva mastro Zacharius con voce cavernosa.
la morte!... Perch vivere ormai se ho disperso la mia esistenza per
il mondo! Poich io, mastro Zacharius, io sono l'anima di tutti
codesti orologi; una parte di me stesso, che io racchiusi in ciascuna
di quelle casse di ferro, di argento, d'oro! Ogni volta che uno di
questi maledetti orologi si ferma, io sento che il mio cuore cessa di
battere, perch io li regolai sulle sue stesse pulsazioni!...
E parlando in questo strano modo, il vecchio gett lo sguardo sul
suo tavolo da lavoro. Vi si trovavano tutti i pezzi di un orologio, che
egli aveva accuratamente smontato. Egli prese una specie di cilindro
vuoto, chiamato bariletto, e nel quale sta rinchiusa la molla; ne trasse
la spirale d'acciaio, la quale, invece di distendersi secondo le leggi
dell'elasticit, rimase arrotolata su se stessa come una vipera
addormentata; essa sembrava legata, rattrappita, come quei vecchi
cui il sangue non scorre pi nelle vene. Mastro Zacharius si prov
inutilmente a svolgerla con le sue magre dita, la cui ombra fantastica
si allungava smisuratamente sulla parete, e poco dopo egli la lanci
con un terribile grido di collera attraverso la botola nei neri gorghi
del Rodano.
Grande restava immobile, con i piedi inchiodati in terra, senza
respiro, senza moto; avrebbe voluto ma non poteva avvicinarsi a suo
padre; era in preda ad una specie di vertiginosa allucinazione. D'un
tratto ud nell'ombra una voce mormorare al suo orecchio:
Grande! mia buona Grande! Il dolore vi tiene ancora desta!
Risalite, vi prego, la notte fredda.
Aubert! mormor a bassa voce.
Non dovrei forse soffrire anch'io delle vostre stesse tristezze?
Queste dolci parole rincuorarono la giovinetta; ella s'appoggi al
braccio
dell'operaio e gli disse:
Mio padre molto malato, Aubert; voi solo potete guarirlo.
Questo turbamento interiore non pu placarsi solo con l'assistenza
amorosa della figlia. Egli ha la mente sconvolta da un fatto piuttosto
normale, e lavorando con lui ad aggiustare i suoi orologi, voi lo
ricondurrete alla ragione; perch non vero, vi pare, aggiunse
ancora tutta sgomenta, che la sua vita possa influire sul
movimento dei suoi orologi?
Aubert non rispose.
Ma allora, questo di mio padre sarebbe forse un mestiere
condannato dal cielo? soggiunse Grande atterrita.
Non lo so, rispose l'operaio, riscaldando tra le sue mani
quelle ghiacciate della giovinetta. Ma tornate nella vostra camera,
povera fanciulla, e lasciate che l'angelo dei sogni ispiri qualche
speranza al vostro cuore.
Grande risal lentamente nella sua camera e stette fino al sorgere
del giorno, senza che il sonno scendesse sulle sue palpebre, mentre
mastro Zacharius, muto e impassibile, fissava il fiume, che scorreva
rumorosamente sotto i suoi piedi.
CAPITOLO II
L'ORGOGLIO DELLA SCIENZA
LA SCRUPOLOSIT del mercante ginevrino negli affari
divenuta proverbiale; egli d'una probit rigida e d'una onest
persino eccessiva. Quale non doveva dunque essere la tristezza di
mastro Zacharius, nel vedere che quegli orologi da lui costruiti con
tanta attenzione gli venivano respinti perch non camminavano pi.
Ora, questi orologi si fermavano d'improvviso, senza alcun
motivo apparente; le ruote erano in buono stato e perfettamente
fissate al loro posto; le molle soltanto avevano perduto la loro
elasticit. L'orologiaio cerc inutilmente di cambiarle: le ruote
restavano immobili. Questi fatti straordinari danneggiarono
immensamente la reputazione di mastro Zacharius: la sua abilit, le
sue magnifiche invenzioni avevano pi d'una volta fatto nascere sul
conto suo sospetti di stregoneria, che ora ripigliavano consistenza. La
voce giunse anche a Grande, e la fanciulla trem spesso per suo
padre, quando uno sguardo male intenzionato si soffermava su di lui.
Tuttavia, il giorno successivo a quella notte d'angoscia, mastro
Zacharius parve rimettersi al lavoro con un po' di fiducia: il sole
mattutino gli ridiede coraggio. Aubert non tard a raggiungerlo, e ne
ricevette un saluto pieno di affabilit.
Sto meglio; disse, non so che strani dolori di capo mi
abbiano oppresso ieri; ma il sole li ha dissipati insieme con le nubi.
In verit, maestro, la notte non mi piace, n per me, n per voi!
Hai ragione, Aubert. Se mai un giorno tu dovessi diventare un
grande uomo, comprenderai che il giorno ti necessario come il
cibo; un sapiente deve pur concedere qualcosa alle adulazioni del
resto degli uomini.
Maestro, ecco il peccato di superbia che torna a impadronirsi di
voi.
Superbia, Aubert! Distruggi il mio passato, annienta il mio
presente, disperdi il mio avvenire, e mi sar permesso di vivere
nell'oscurit. Povero ragazzo, che non comprendi le cose sublimi cui
si ricollega tutta intera la mia arte! Non sei tu dunque che un
semplice strumento fra le mie mani?
Eppure, mastro Zacharius, rispose Aubert, pi di una
volta io ho meritato i vostri elogi per il modo con cui aggiusto i pezzi
pi delicati dei vostri orologi!
Senza dubbio; tu sei un buon operaio, che io amo; ma, quando
lavori, tu credi di avere fra le tue dita solo rame, oro o argento; tu
non senti il palpito di questi metalli, che il mio genio fa vivere, non li
sent palpitare come cose vive! Perci tu non morirai della morte
delle tue opere!
Mastro Zacharius rimase silenzioso dopo queste parole; ma
Aubert cerc di riprendere la conversazione:
In realt, mi piace vedervi lavorare cos senza tregua! Voi
sarete pronto senz'altro per la festa della nostra corporazione, poich
vedo che questo orologio di cristallo procede rapidamente.
Senza dubbio, Aubert, esclam il vecchio orologiaio, e
non sar per me piccolo onore l'aver potuto tagliare e lavorare questa
materia, che ha la durezza del diamante. Ah! Louis Berghem ha fatto
una gran cosa, perfezionando l'arte del gioielliere, che ci permette di
pulire e di forare le pietre pi dure!
Mastro Zacharius, in quel momento, teneva fra le mani dei piccoli
pezzi d'orologeria in cristallo tagliato e di squisita fattura; le ruote, i
perni, la calotta erano della stessa materia, e in questo lavoro di
grandissimo impegno egli aveva dato prova di un talento
eccezionale.
Non vero, riprese, mentre le sue guance s'imporporavano,
che sar bello veder palpitare questo orologio attraverso il suo
trasparente viluppo, e contare le pulsazioni del suo cuore?
Scommetto, maestro, che non sbaglier di un solo secondo in
un intero anno.
E vinceresti senza dubbio la scommessa! Non vi ho forse
messo dentro l'essenza pi pura di me stesso? Forse che sbaglia il
mio cuore?
Aubert non os alzare gli occhi in faccia al maestro.
Parla francamente, soggiunse con accento melanconico il
vecchio, non mi hai mai preso per pazzo? Non mi credi talvolta
vittima di bizzarre allucinazioni? S, eh? Ho letto spesso negli occhi
di mia figlia e nei tuoi la mia condanna. Oh! grid con dolore,
quale pena non essere compresi neppure dalle creature che pi si
amano al mondo! Ma a te, Aubert, io dimostrer che ho ragione. Non
scuotere la testa, perch rimarrai stupefatto; il giorno in cui mi
ascolterai con attenzione vedrai che ho scoperto i segreti
dell'esistenza, i segreti dell'unione misteriosa dell'anima con il corpo.
Cos parlando Zacharius si accendeva di superba fierezza. I suoi
occhi brillavano di un fuoco soprannaturale e l'orgoglio lo dominava
in tutte le sue fibre. E in verit, se mai orgoglio ha potuto dirsi
legittimo, questo era appunto l'orgoglio di mastro Zacharius.
L'orologeria, fino al suo tempo, era rimasta per cos dire allo
stadio infantile dell'arte. Dal giorno in cui Platone, quattrocento anni
prima di Cristo, aveva inventato l'orologio notturno, specie di
clessidra, che indicava le ore della notte con il suono di un flauto, la
scienza rest pressoch stazionaria; gli artigiani si dedicavano pi
all'arte che alla meccanica; fu l'epoca dei magnifici orologi in ferro,
rame, legno, perfino in argento, finemente cesellati, come un'opera
del Cellini. Si aveva un capolavoro di cesellatura, che misurava il
tempo in modo molto imperfetto, ma si aveva un capolavoro.
Quando l'immaginazione dell'artista non mirava alla perfezione
formale, si ingegnava di costruire quegli orologi con personaggi
semoventi, e con carillons, il cui effetto era regolato in modo assai
divertente. Oltre a ci, chi si occupava a quei tempi di regolare il
cammino del tempo? Il diritto non aveva ancora fissato
rigorosamente termini e scadenze; le scienze fisiche e astronomiche
non fondavano i loro calcoli sopra misure scrupolosamente esatte;
non vi erano banche, che si chiudessero a ora fissa, n convogli, che
partissero allo scoccare d'un minuto secondo; alla sera si suonava il
coprifuoco e la notte si scandivano a voce le ore in mezzo al silenzio.
Certo, si viveva meno a lungo, se la vita si misura secondo la
quantit degli affari, ma si viveva meglio. La mente s'arricchiva di
quei nobili sentimenti, che nascono dalla contemplazione dei
capolavori, e l'arte non si realizzava con tanta fretta. Si costruiva una
chiesa in due secoli; un pittore non faceva che qualche quadro
durante tutta la sua vita; un poeta non componeva che una sola opera
eminente, ma erano altrettanti capolavori, che venivano affidati
all'ammirazione dei secoli.
Quando le scienze esatte fecero finalmente dei progressi,
l'orologeria segu il loro corso, ma fu sempre trattenuta da una
difficolt insormontabile: la misura regolare e continua del tempo.
Ora, fu proprio nel bel mezzo d'una situazione simile che mastro
Zacharius invent lo scappamento, il quale gli permetteva di ottenere
una regolarit matematica, sottoponendo il movimento a una forza
costante. Questa invenzione aveva fatto girar la testa al vecchio
orologiaio; la superbia si era impossessata della sua mente e, come il
mercurio che sale nel termometro, aveva toccato la temperatura della
pura follia; per via d'analogia egli si era lasciato trascinare a
conseguenze di carattere materialistico: immaginava d'aver scoperto i
segreti dell'unione dell'anima con il corpo.
Ora, quel giorno, vedendo che Aubert Thn lo ascoltava con
attenzione, gli disse con accento semplice e convinto:
Sai tu, ragazzo mio, che cosa la vita? Hai forse indovinato
l'azione di quelle molle, che producono l'esistenza? Hai fissato lo
sguardo in te stesso? Con gli occhi della scienza avresti potuto
vedere il rapporto intimo che esiste tra l'opera di Dio e la mia, perch
appunto sul modello delle sue creature che io ho copiato la
combinazione delle ruote dei miei orologi.
Maestro, rispose con vivacit Aubert, voi paragonate una
macchina d'acciaio e di rame a questo soffio di Dio chiamato anima,
che d vita al corpo, come la brezza mette in movimento i fiori. Ci
possono essere delle ruote invisibili, che facciano muovere le nostre
gambe e le nostre braccia? Quali pezzi sarebbero cos ben combinati,
da far nascere in noi i pensieri?
Non questo il problema, rispose il maestro con dolcezza,
ma con l'ostinazione del cieco che cammina verso il precipizio;
per comprendermi, ricordati lo scopo dello scappamento, che io ho
inventato. Quando vidi l'irregolarit dei movimenti di un orologio,
compresi che il movimento racchiuso dentro di lui non gli bastava;
era necessario sottoporlo alla regolarit di un'altra forza
indipendente; indovinai che il pendolo, le cui oscillazioni sono
regolari e di uguale durata, avrebbe potuto rendermi questo servizio;
ma a poco a poco le sue oscillazioni diminuivano e alla fine
cessavano. Ora, non fu forse una sublime trovata quella di restituirgli
la forza perduta per mezzo di quello stesso movimento dell'orologio,
che esso doveva appunto regolare?
Aubert fece un segno d'assenso.
E ora, Aubert, continu il vecchio orologiaio accalorandosi,
getta uno sguardo in te stesso. Non comprendi dunque che ci sono
in noi due forze distinte: quella dell'anima e quella del corpo, vale a
dire un movimento e un regolatore? L'anima il principio della vita,
dunque il movimento; ch'esso sia prodotto da un peso, da una molla
o da una influenza celeste, non per questo meno vero che esso nel
cuore. Ma senza il corpo questo movimento sarebbe inuguale,
irregolare, impossibile; cos il corpo viene a regolare l'anima; come il
pendolo, esso soggetto a oscillazioni regolari: e ci tanto vero,
che si sta male quando il bere, il mangiare, il sonno, in una parola le
funzioni del corpo non sono regolate. Come nei miei orologi, l'anima
rende al corpo le forze perdute con le sue oscillazioni. Che cosa
dunque questa unione intima del corpo e dell'anima, se non uno
scappamento meraviglioso, per mezzo del quale le ruote dell'uno
vanno ad ingranare in quelle dell'altra? Ebbene, questo ci che io
ho indovinato, trovato, applicato, e non ci sono pi segreti per me in
questa vita, la quale, in fondo, non che una macchina ingegnosa!
Mastro Zacharius era sublime nella sua allucinazione, nella quale
credeva d toccare gli ultimi misteri dell'infinito. Ma sua figlia
Grande, ferma sulla soglia dell'uscio, aveva udito tutto; ella si
precipit nelle braccia del padre, che la strinse convulsamente a s.
La fanciulla piangeva.
Che cosa hai, figlia mia? le domand mastro Zacharius.
Aubert non os alzare gli occhi in faccia al maestro.
Parla francamente, soggiunse con accento melanconico il
vecchio, non mi hai mai preso per pazzo? Non mi credi talvolta
vittima di bizzarre allucinazioni? S, eh? Ho letto spesso negli occhi
di mia figlia e nei tuoi la mia condanna. Oh! grid con dolore,
quale pena non essere compresi neppure dalle creature che pi si
amano al mondo! Ma a te, Aubert, io dimostrer che ho ragione. Non
scuotere la testa, perch rimarrai stupefatto; il giorno in cui mi
ascolterai con attenzione vedrai che ho scoperto i segreti
dell'esistenza, i segreti dell'unione misteriosa dell'anima con il corpo.
Cos parlando Zacharius si accendeva di superba fierezza. I suoi
occhi brillavano di un fuoco soprannaturale e l'orgoglio lo dominava
in tutte le sue fibre. E in verit, se mai orgoglio ha potuto dirsi
legittimo, questo era appunto l'orgoglio di mastro Zacharius.
L'orologeria, fino al suo tempo, era rimasta per cos dire allo
stadio infantile dell'arte. Dal giorno in cui Platone, quattrocento anni
prima di Cristo, aveva inventato l'orologio notturno, specie di
clessidra, che indicava le ore della notte con il suono di un flauto, la
scienza rest pressoch stazionaria; gli artigiani si dedicavano pi
all'arte che alla meccanica; fu l'epoca dei magnifici orologi in ferro,
rame, legno, perfino in argento, finemente cesellati, come un'opera
del Cellini. Si aveva un capolavoro di cesellatura, che misurava il
tempo in modo molto imperfetto, ma si aveva un capolavoro.
Quando l'immaginazione dell'artista non mirava alla perfezione
formale, si ingegnava di costruire quegli orologi con personaggi
semoventi, e con carillons, il cui effetto era regolato in modo assai
divertente. Oltre a ci, chi si occupava a quei tempi di regolare il
cammino del tempo? Il diritto non aveva ancora fissato
rigorosamente termini e scadenze; le scienze fisiche e astronomiche
non fondavano i loro calcoli sopra misure scrupolosamente esatte;
non vi erano banche, che si chiudessero a ora fissa, n convogli, che
partissero allo scoccare d'un minuto secondo; alla sera si suonava il
coprifuoco e la notte si scandivano a voce le ore in mezzo al silenzio.
Certo, si viveva meno a lungo, se la vita si misura secondo la
quantit degli affari, ma si viveva meglio. La mente s'arricchiva di
quei nobili sentimenti, che nascono dalla contemplazione dei
capolavori, e l'arte non si realizzava con tanta fretta. Si costruiva una
chiesa in due secoli; un pittore non faceva che qualche quadro
durante tutta la sua vita; un poeta non componeva che una sola opera
eminente, ma erano altrettanti capolavori, che venivano affidati
all'ammirazione dei secoli.
Quando le scienze esatte fecero finalmente dei progressi,
l'orologeria segu il loro corso, ma fu sempre trattenuta da una
difficolt insormontabile: la misura regolare e continua del tempo.
Ora, fu proprio nel bel mezzo d'una situazione simile che mastro
Zacharius invent lo scappamento, il quale gli permetteva di ottenere
una regolarit matematica, sottoponendo il movimento a una forza
costante. Questa invenzione aveva fatto girar la testa al vecchio
orologiaio; la superbia si era impossessata della sua mente e, come il
mercurio che sale nel termometro, aveva toccato la temperatura della
pura follia; per via d'analogia egli si era lasciato trascinare a
conseguenze di carattere materialistico: immaginava d'aver scoperto i
segreti dell'unione dell'anima con il corpo.
Ora, quel giorno, vedendo che Aubert Thn lo ascoltava con
attenzione, gli disse con accento semplice e convinto:
Sai tu, ragazzo mio, che cosa la vita? Hai forse indovinato
l'azione di quelle molle, che producono l'esistenza? Hai fissato lo
sguardo in te stesso? Con gli occhi della scienza avresti potuto
vedere il rapporto intimo che esiste tra l'opera di Dio e la mia, perch
appunto sul modello delle sue creature che io ho copiato la
combinazione delle ruote dei miei orologi.
Maestro, rispose con vivacit Aubert, voi paragonate una
macchina d'acciaio e di rame a questo soffio di Dio chiamato anima,
che d vita al corpo, come la brezza mette in movimento i fiori. Ci
possono essere delle ruote invisibili, che facciano muovere le nostre
gambe e le nostre braccia? Quali pezzi sarebbero cos ben combinati,
da far nascere in noi i pensieri?
Non questo il problema, rispose il maestro con dolcezza,
ma con l'ostinazione del cieco che cammina verso il precipizio;
per comprendermi, ricordati lo scopo dello scappamento, che io ho
inventato. Quando vidi l'irregolarit dei movimenti di un orologio,
compresi che il movimento racchiuso dentro di lui non gli bastava;
era necessario sottoporlo alla regolarit di un'altra forza
indipendente; indovinai che il pendolo, le cui oscillazioni sono
regolari e di uguale durata, avrebbe potuto rendermi questo servizio;
ma a poco a poco le sue oscillazioni diminuivano e alla fine
cessavano. Ora, non fu forse una sublime trovata quella di restituirgli
la forza perduta per mezzo di quello stesso movimento dell'orologio,
che esso doveva appunto regolare?
Aubert fece un segno d'assenso.
E ora, Aubert, continu il vecchio orologiaio accalorandosi,
getta uno sguardo in te stesso. Non comprendi dunque che ci sono
in noi due forze distinte: quella dell'anima e quella del corpo, vale a
dire un movimento e un regolatore? L'anima il principio della vita,
dunque il movimento; ch'esso sia prodotto da un peso, da una molla
o da una influenza celeste, non per questo meno vero che esso nel
cuore. Ma senza il corpo questo movimento sarebbe inuguale,
irregolare, impossibile; cos il corpo viene a regolare l'anima; come il
pendolo, esso soggetto a oscillazioni regolari: e ci tanto vero,
che si sta male quando il bere, il mangiare, il sonno, in una parola le
funzioni del corpo non sono regolate. Come nei miei orologi, l'anima
rende al corpo le forze perdute con le sue oscillazioni. Che cosa
dunque questa unione intima del corpo e dell'anima, se non uno
scappamento meraviglioso, per mezzo del quale le ruote dell'uno
vanno ad ingranare in quelle dell'altra? Ebbene, questo ci che io
ho indovinato, trovato, applicato, e non ci sono pi segreti per me in
questa vita, la quale, in fondo, non che una macchina ingegnosa!
Mastro Zacharius era sublime nella sua allucinazione, nella quale
credeva di toccare gli ultimi misteri dell'infinito. Ma sua figlia
Grande, ferma sulla soglia dell'uscio, aveva udito tutto; ella si
precipit nelle braccia del padre, che la strinse convulsamente a s.
La fanciulla piangeva.
Che cosa hai, figlia mia? le domand mastro Zacharius.
Se io avessi qui soltanto una molla, rispose ponendosi la
mano sul cuore, non vi amerei tanto, padre mio!
Zacharius guard fissamente la figlia e non rispose.
D'un tratto emise un grido, port la mano sul cuore e cadde
svenuto sulla sua vecchia poltrona di cuoio.
Padre mio! Che cosa avete?
Aiuto! grid Aubert. Scholastique!
Scholastique non venne subito. Avevano picchiato alla porta di
casa; ella era andata ad aprire e solo poco dopo fece ritorno in
bottega. Ma prima che avesse aperto bocca, il vecchio orologiaio,
avendo ripreso i sensi, le disse:
Io ho sentito, mia vecchia Scholastique, che tu mi stavi
portando un altro di questi maledetti orologi che si fermato!
Gesummaria! proprio la verit, rispose Scholastique,
consegnando un orologio a Aubert.
Oh! Il mio cuore non s'inganna, disse dolorosamente il
vecchio con un triste sospiro.
Frattanto, Aubert aveva caricato l'orologio, ma non andava pi.
CAPITOLO III
UNA VISITA SINGOLARE
LA POVERA GRANDE avrebbe probabilmente visto la propria
vita spegnersi come quella di suo padre, se il pensiero d'Aubert Thn
non l'avesse sostenuta.
Il vecchio orologiaio veniva meno visibilmente; le sue facolt
tendevano a scemare, concentrandosi sopra un unico pensiero; per
effetto di una funesta associazione di idee, egli collegava ogni cosa
con la sua mania: la vita reale sembrava essersi ritirata da lui per far
posto a quella esistenza fantastica delle ombre e delle potenze
nascoste; avvenne che qualche rivale male intenzionato risuscit le
dicerie diaboliche, che erano state diffuse a proposito dei lavori di
mastro Zacharius.
La notizia dei guasti inspiegabili che si manifestavano nei suoi
orologi fece una straordinaria impressione sugli orologiai di Ginevra.
Che cosa significavano quegli arresti improvvisi e i singolari rapporti
che essi sembravano avere con la vita di Zacharius? Erano misteri
tali, che non si potevano considerare senza un segreto terrore.
Siccome tutte le diverse classi della citt, dal garzone di bottega al
signore, si servivano degli orologi di Zacharius, non ci fu alcuno che
non potesse giudicare da se stesso la stranezza del fatto, poich
questo bizzarro incidente si rinnovava dappertutto. Qualcuno, ma
inutilmente, volle andare da lui; mastro Zacharius era gravemente
ammalato, la qual cosa permise alla figlia di sottrarlo a queste visite
che degeneravano in continui alterchi.
Le medicine e i medici furono impotenti di fronte a questo
deperimento organico, di cui non si arrivava a scoprire la causa.
Sembrava talvolta che il cuore del vecchio cessasse di battere, poi le
sue pulsazioni tornavano a farsi sentire.
Esisteva allora l'abitudine di sottoporre i lavori degli artigiani,
dopo un certo tempo, all'approvazione del popolo. I capi delle varie
corporazioni cercavano di distinguersi con la novit o perfezione
delle loro opere e fu appunto tra di essi che la condizione di mastro
Zacharius trov la pi rumorosa compassione; ma era una
compassione interessata: i suoi rivali tanto maggiormente lo
compiangevano, quanto la sua malattia lo rendeva meno temibile. Si
ricordavano bene dei suoi magnifici orologi con personaggi
semoventi, dei suoi orologi con carillon, che destavano
l'ammirazione generale e si vendevano ai pi alti prezzi nelle citt di
Francia, di Svizzera e di Germania.
Grazie per alle cure amorose e continue di Grande e di Aubert,
la salute di mastro Zacharius parve migliorare un poco, e in questa
specie di tregua, che la convalescenza gli concedeva, egli riusc a
staccarsi dai pensieri che lo ossessionavano. Sua figlia lo costrinse a
uscire di casa e a rinvigorirsi al tepore del sole di primavera. Del
resto, era necessario che egli si allontanasse da quella bottega, ove si
affollavano sempre i suoi clienti malcontenti. Vi rimase invece
Aubert, caricando e ricaricando inutilmente quegli orologi ribelli.
Egli a volte si cacciava le mani tra i capelli, temendo di impazzire
come il suo principale.
Grande guidava invece i passi di suo padre lungo le strade pi
tranquille della citt; a volte, sostenendo il braccio di mastro
Zacharius, si avviava verso Sant'Antonio, da cui la vista spazia sulla
vetta di Coligny e sul lago. Qualche volta, nelle belle mattinate, si
potevano vedere disegnati sull'orizzonte i picchi giganteschi del
monte Buet. Grande designava per nome tutte queste localit quasi
sconosciute a suo padre, che sembrava aver perduto la memoria, ed
egli provava un piacere infantile a sentire queste cose, il cui ricordo
si era dileguato dalla sua mente. Mastro Zacharius si appoggiava alla
figlia e quelle due teste, l'una bianca, l'altra bionda, si confondevano
nello stesso raggio del sole cadente.
Accadde cos che il vecchio orologiaio si accorse alla fine che non
era solo al mondo. Vedendo la figlia tanto giovane e bella e se stesso
cos vecchio e sfinito, pens che dopo la sua morte ella sarebbe
rimasta sola e senza appoggio, e guard intorno a s e intorno a lei.
Molti giovani operai di Ginevra l'avevano gi corteggiata; ma
nessuno aveva ottenuto d'entrare in quel recesso impenetrabile, nel
quale la famiglia viveva; fu dunque naturale che in questi lucidi
intervalli della sua esistenza la scelta del vegliardo si fermasse sopra
il buon Aubert Thn. Una volta formulato questo pensiero, egli not
ben presto che quei due giovani erano cresciuti con le stesse idee e le
stesse credenze, e i battiti dei loro cuori gli parvero isocroni, come
disse un giorno a Scholastique.
La vecchia domestica, letteralmente incantata da quella parola
(per quanto non ne avesse compreso il significato) giur sulla sua
santa protettrice che tutta la citt lo avrebbe saputo in un quarto
d'ora; mastro Zacharius dur gran fatica a calmarla, e ottenne
finalmente da lei che su questo segreto serbasse un silenzio, che ella
tuttavia non seppe mai mantenere.
Sicch, all'insaputa di Grande e d'Aubert, si parlava gi in tutta
Ginevra del loro prossimo matrimonio. Accadde tuttavia che, durante
simili conversazioni, si udisse sovente uno strano sogghigno e una
voce che diceva:
Grande non sposer Aubert.
Se coloro che parlavano si volgevano dalla parte da cui proveniva
la voce, si trovavano a faccia a faccia con un vecchietto piccolo, che
nessuno conosceva.
Che et aveva quell'uomo strano? Nessuno avrebbe potuto dirlo.
Si indovinava che doveva esistere da un gran numero di anni o di
secoli, ma questo era tutto. Una grossa testa schiacciata poggiava su
due spalle la cui larghezza uguagliava l'altezza del corpo, la quale
non oltrepassava i tre piedi. Questo personaggio avrebbe figurato
bene sulla mensola di una pendola; il quadrante avrebbe
naturalmente trovato posto nella sua faccia, e il pendolo avrebbe
oscillato a suo bell'agio sul petto. Il suo naso poteva essere scambiato
per lo stilo di una meridiana, tanto era sottile e acuto; i suoi denti
storti e a superficie smussata somigliavano a quelli di una ruota e
digrignavano tra le labbra; la sua voce aveva il suono metallico di
una campana, e si poteva sentire il suo cuore battere come il tic tac di
un orologio. Questo ometto, le cui braccia si muovevano come le
sfere su un quadrante, camminava lento e a sbalzi, senza mai voltarsi
indietro. Chi lo avesse seguito, avrebbe scoperto ch'egli faceva un
miglio all'ora e che il suo cammino era press'a poco circolare.
Era da poco tempo che egli vagava, o meglio camminava in giro
per la citt; ma si era gi potuto osservare che ogni giorno, nel
momento in cui il sole passava sul meridiano, egli si fermava davanti
alla chiesa di San Pietro e ripigliava il suo cammino dopo i dodici
colpi del mezzogiorno; all'infuori di questo momento preciso, pareva
che egli sorgesse all'improvviso in tutte le conversazioni in cui si
parlasse del vecchio orologiaio, e la gente si chiedeva con un certo
spavento quale relazione ci potesse essere tra mastro Zacharius e
questo essere misterioso. Si not inoltre che egli non perdeva mai di
vista il vecchio e la figlia nelle loro passeggiate.
Un; giorno Grande, mentre passava sulla Treille, avvert che egli
la guardava e rideva, e si strinse a suo padre con un movimento
istintivo di paura e di angoscia.
Che cosa hai, mia Grande? chiese mastro Zacharius.
Non so, rispose inquieta la figlia.
Ti trovo mutata, ragazza mia! disse il vecchio orologiaio.
Non vorrei che anche tu ti ammalassi... Ebbene, aggiunse poi con
un triste sorriso; bisogner che io ti curi, e ti curer molto bene.
Oh, padre mio! Non nulla; ho solo freddo; suppongo che
sia...
Che cosa? Parla dunque, Grande!
La presenza di quest'uomo che ci segue di continuo, rispose
a voce bassa.
Mastro Zacharius si volse verso il vecchietto.
In verit, esso va bene, disse egli con aria di soddisfazione,
sono appunto le quattro. Non hai nulla da temere, figlia mia; non
un uomo, un orologio.
Grande guard suo padre con spavento. Come mai Zacharius
aveva potuto leggere le ore sul viso di quella strana creatura?
A proposito, continu il vecchio orologiaio, senza pi
occuparsi di questo incidente, sono alcuni giorni che non vedo
Aubert.
Eppure non ci ha mai lasciato, rispose Grande, i cui
pensieri, a questo nome, presero un corso pi lieto.
Che fa dunque?
Lavora, padre mio.
Ah! Lavora ad aggiustare i miei orologi, non vero? Ma non ci
arriver mai, perch essi non hanno bisogno di una riparazione ma di
una resurrezione .
Grande rest in silenzio.
Bisogner che io sappia se ne sono stati portati degli altri di
quegli orologi dannati, sui quali il diavolo ha gettato una
maledizione!
Dopo queste parole, mastro Zacharius si chiuse in un mutismo
assoluto, fino al momento in cui arriv davanti alla porta di casa e
per la prima volta, mentre Grande saliva tristemente alla sua
cameretta, egli entr nella bottega.
Nell'attimo in cui egli ne oltrepassava la soglia, uno dei tanti
orologi sospesi alla parete suon le cinque; di solito quelle pendole
numerose, mirabilmente regolate, battevano le ore
contemporaneamente e il cuore del vecchio esultava del loro
accordo; ma quel giorno tutte le varie sonerie si misero in moto una
dopo l'altra con grande irregolarit, sicch, durante un quarto d'ora,
l'orecchio rimase assordato dal loro battere successivo. Mastro
Zacharius soffriva atrocemente; non poteva star fermo; andava
dall'uno all'altro di codesti orologi, supplicandoli vivamente di
suonare a tempo, come un direttore d'orchestra che non fosse pi
padrone dei suoi orchestrali.
Quando l'ultimo suono venne a morire, la porta della bottega si
apr, e mastro Zacharius rabbrivid dalla testa ai piedi, vedendo
innanzi a s lo strano vecchietto, il quale lo guard fisso e gli disse:
Maestro, non potrei intrattenermi qualche istante con voi?
Chi siete? domand bruscamente l'orologiaio.
Un confratello, e nulla pi. Io sono colui che ha l'incarico di
regolare il sole.
Voi regolate il sole? replic con vivacit Zacharius, senza
batter ciglio; ebbene non vi faccio per nulla i miei complimenti! Il
vostro sole va male, e per andar d'accordo con lui noi siamo obbligati
ora ad accelerare, ora a rallentare i nostri orologi!
Per il piede forcuto del diavolo! grid il mostruoso
personaggio. Voi avete ragione, mastro Zacharius; il mio sole non
segna sempre mezzogiorno alla medesima ora; mai in breve si sapr
che ci proviene dal movimento della terra intorno a lui, e si
inventer una specie di giorno medio, che eliminer queste
differenze.
E io, io sar ancora vivo a quell'epoca? domand il vecchio
orologiaio, i cui occhi si erano animati d'uno strano splendore.
Senza dubbio, replic il vecchietto ridendo; potete forse
credere che morirete?
Oim! Io per sono molto malato!
Infatti, parliamo di ci. Per Belzeb! Questo ci condurr
appunto a quanto volevo dirvi.
E cos parlando lo strano personaggio salt senza far complimenti
sulla vecchia poltrona di cuoio e incroci le gambe l'una sopra l'altra
alla maniera di quelle ossa scarnificate che i decoratori di paramenti
funebri incrociano sotto le teste di morto; poi riprese con accento
ironico:
Vediamo, mastro Zacharius, cosa succede dunque in questa
buona citt di Ginevra? Si dice che la vostra salute peggiori e che i
vostri orologi abbiano bisogno di medicine!...
Allora voi capite, voi credete che ci sia un rapporto intimo fra
la loro esistenza e la mia? grid Zacharius.
Io suppongo che questi orologi abbiano dei difetti, abbiano
persino dei vizi. Se questi bricconi non hanno una condotta molto
regolare, giusto che paghino per le loro sregolatezze; mi sembra
che avrebbero bisogno di mettersi un po' in ordine.
Che cosa intendete per difetti? disse mastro Zacharius
arrossendo per l'intonazione sarcastica, con cui queste parole erano
state pronunciate. Non hanno forse diritto d'essere fieri della loro
nascita e della loro bellezza?
Non troppo, non troppo; rispose il vecchietto. Essi
portano un nome illustre e sul loro quadrante sta incisa una firma
celebre in tutto il mondo; essi hanno il privilegio esclusivo di entrare
fra le pi nobili famiglie, ma da qualche tempo si guastano e voi non
potete farci nulla, mastro Zacharius. Il pi inetto dei garzoni
orologiai di Ginevra potrebbe darvi dei punti.
A me? A me? A Mastro Zacharius?! grid il vecchio con un
terribile moto d'orgoglio.
A voi, mastro Zacharius, che non potete restituire la vita ai
vostri orologi.
Ma, ci accade perch ho la febbre, sicch l'hanno anch'essi,
rispose il vecchio orologiaio, mentre un sudore freddo gli correva
per tutto il corpo.
Ebbene, essi moriranno con voi, dal momento che voi siete
incapace di ridonare elasticit alle loro molle.
Morire! No, voi l'avete detto. Io non posso morire, io, il primo
orologiaio del mondo; io, che per mezzo di questi congegni d'ogni
specie e di queste ruote diverse ho saputo regolare il movimento con
precisione assoluta. Non ho forse assoggettato il tempo a leggi esatte,
e non posso io disporne come voglio? Prima che un'abile mano, un
genio sublime venisse a ordinare regolarmente queste ore
scompigliate, in che immensa incertezza era immersa la umanit! A
quale movimento sicuro potevano riferirsi gli atti degli uomini? Ma
voi, uomo o diavolo che siate, voi non avete dunque mai pensato alla
grandezza della nostra arte, che chiama tutte le scienze in suo aiuto?
No! No! Mastro Zacharius non pu morire! Perch, avendo io
regolato il tempo, questo finirebbe con me; esso tornerebbe a
quell'infinito, da cui il mio genio seppe strapparlo, e si perderebbe
irreparabilmente nell'abisso senza fondo del nulla. No, no, io non
posso morire, come non pu morire il Creatore di questo universo,
che sottoposto alle sue leggi. Io sono diventato suo uguale e ho
diviso la sua potenza. Mastro Zacharius ha creato il tempo, se Dio ha
creato l'eternit.
Il vecchio orologiaio assomigliava in quel momento all'angelo
ribelle, che si era levato contro il suo Creatore. Il vecchietto lo
accarezzava con lo sguardo e sembrava ispirargli tutto quello sfogo
d'empiet.
Ben detto, maestro, rispose. Belzeb aveva meno diritti
di quanti ne abbiate voi per paragonarsi a Dio! La vostra gloria non
deve perire; perci il vostro servo vuole offrirvi il mezzo di domare
questi orologi ribelli.
Qual questo mezzo? Qual ? grid Zacharius.
Lo saprete il giorno successivo a quello in cui mi avrete offerto
la mano di vostra figlia.
La mano di Grande?
Appunto.
Il cuore di mia figlia non libero, rispose seriamente
Zacharius a questa domanda, che non parve n sorprenderlo n
offenderlo.
Be'!... Ella non il meno bello dei vostri orologi, ma finir per
fermarsi.
Mia figlia?... Grande?... Mai!
Ebbene, ritornate ai vostri orologi, mastro Zacharius! Caricate
e ricaricate i vostri orologi; preparate il matrimonio di vostra figlia e
del vostro operaio!... Temprate le molle fatte del vostro migliore
acciaio; benedite il vostro futuro genero e la sua fidanzata, ma
ricordatevi che i vostri orologi non andranno mai, e che Grande non
sposer Aubert.
E subito il vecchietto usc, ma non tanto presto che mastro
Zacharius non potesse sentire suonare le sei nel suo petto.
CAPITOLO IV
LA CHIESA DI SAN PIETRO
INTANTO LO SPIRITO e il corpo di mastro Zacharus si
andavano indebolendo sempre pi. Solo uno straordinario
eccitamento lo ricondusse ancor pi violentemente di prima ai suoi
lavori di orologeria, dai quali sua figlia non sapeva pi come
distrarlo.
La sua superbia era cresciuta dopo quella empia conversazione,
cui il misterioso visitatore l'aveva proditoriamente trascinato; e
perci egli decise di dominare, con la forza del suo genio e del suo
lavoro, quel malefico influsso che incombeva su di lui. Visit
dapprima i vari orologi della citt affidati alla sua sorveglianza; si
assicur con una ispezione scrupolosa che le ruote fossero in buono
stato, solidi i perni e i contrappesi esattamente equilibrati. Non ci fu
pezzo, ch'egli non esaminasse; ascolt perfino, col raccoglimento di
un medico che ausculta il petto di un malato, le campane della
soneria; il bronzo era perfettamente sonoro. Nulla lasciava credere
che quegli orologi fossero sul punto d'essere ridotti al silenzio.
Grande e Aubert lo accompagnavano spesso in queste sue visite.
Il vecchio orologiaio avrebbe dovuto compiacersi nel vedere queste
due nobili creature tanto sollecite della sua salute; e certo egli non si
sarebbe tanto preoccupato della sua prossima fine, pensando che la
sua esistenza doveva continuare in quella dei suoi figli, se avesse
riconosciuto che in essi si trasfonde sempre qualcosa della vita del
padre.
Il vecchio orologiaio, rientrato in casa, riprendeva i suoi lavori
con una impazienza febbrile; quantunque fosse persuaso di non
riuscire nel suo intento, non voleva rassegnarsi e smontava e
rimontava senza tregua gli orologi che venivano riportati alla sua
bottega.
Aubert, dal canto suo, s'industriava inutilmente di scoprire le
cause di quei guasti inesplicabili.
Maestro, diceva, tutto questo non pu derivare che
dall'usura dei perni e degli ingranaggi.
Tu ti diverti dunque ad uccidermi a poco a poco? gli
rispondeva violentemente mastro Zacharius. Questi orologi sono
forse l'opera di un fanciullo? Forse che, per timore di pestarmi le
dita, ho lavorato male la superficie di questi pezzi di rame? Non l'ho
forgiato io stesso questo metallo, affinch avesse una maggior
durata? Queste molle non sono state temprate con la massima
perfezione? C' forse un olio pi fine per lubrificarle? Tu stesso
convieni che tutto ci impossibile, e confessi dunque che ci si
immischiato il diavolo!
E poi, dal mattino fino alla sera, affluivano di continuo nella casa
di mastro Zacharius i clienti malcontenti e arrivavano fino a lui, che
non sapeva cosa rispondere.
Quest'orologio resta indietro! diceva l'uno, e io non
riesco pi a regolarlo!
Questo, soggiungeva un altro, ci mette tutta la sua
ostinazione; si fermato n pi n meno come il sole di Giosu.
S vero, ripeteva la maggior parte dei malcontenti, che
la vostra salute influisce sopra i vostri orologi, curatevi, mastro
Zacharius, e guarite.
Il vecchio guardava tutta quella gente con occhi stravolti e non
rispondeva che scuotendo la testa o con tristi parole:
Aspettate i primi giorni di bel tempo, amici... la stagione, in
cui la vita si rianima nei corpi indeboliti; bisogna che il sole venga a
riscaldarci tutti!
Bell'affare, se i nostri orologi devono essere malati durante
l'inverno! Sapete, voi, mastro Zacharius, che il vostro nome scritto
in tutte lettere sui loro quadranti? Non fate proprio onore alla vostra
firma!
Accadde infine che il vecchio, vergognandosi di questi rimbrotti,
trasse dal suo antico scrigno istoriato alcune monete d'oro e
ricomper gli orologi diventati inutili. A questa notizia i clienti
accorsero in folla, e il denaro in quella povera casa si esaur in breve
tempo. Ma almeno fu salva la probit ginevrina del mercante.
Grande fu molto lieta dell'onest dimostrata dal padre che tuttavia la
gettava nella miseria, e ben presto anche Aubert offr i suoi risparmi
a mastro Zacharius.
Che avverr di mia figlia? diceva il vecchio orologiaio,
ridestandosi talvolta, in questo totale fallimento, ai sentimenti
dell'amore paterno.
Aubert non os rispondere che egli aveva il coraggio d'affrontare
l'avvenire e sentiva una profonda devozione per Grande. In quel
giorno mastro Zacharius l'avrebbe chiamato con il nome di genero
per assicurare l'esistenza di sua figlia e smentire quelle funeste
parole, che ronzavano ancora al suo orecchio: Grande non sposer
Aubert .
Tuttavia, con questo sistema di risarcire i danni agli altri, il
vecchio orologiaio giunse a spogliarsi di tutto; i suoi vasi antichi
passarono in mani estranee; egli vendette alcuni magnifici paraventi
di quercia finemente scolpiti, che rivestivano le pareti della sua casa;
alcuni ingenui quadri dei primi pittori fiamminghi non rallegrarono
pi lo sguardo di sua figlia; e tutto, persino i preziosi strumenti che il
suo genio aveva inventato, tutto fu venduto per indennizzare i
compratori.
Solo Scholastique non voleva ascoltar ragioni su questo punto; ma
i suoi sforzi non potevano impedire agli importuni danneggiati di
arrivare fino al suo padrone e di uscire poco dopo con qualche
oggetto prezioso. Allora il suo brontolio e i suoi rimbrotti
echeggiavano in tutte le vie dell'isola, ove la si conosceva da molti
anni; ella s'affaticava a smentire le voci di stregoneria e di magia che
correvano intorno al suo padrone; ma siccome in fondo ella stessa era
persuasa della loro verit, snocciolava preghiere sopra preghiere per
ottenere il perdono delle sue pie menzogne.
Era stato notato apertamente che da lungo tempo l'orologiaio
aveva abbandonato il compimento dei suoi doveri religiosi; per il
passato egli accompagnava Grande alle funzioni e pareva trovasse
nella preghiera quella gio spirituale che essa diffonde nei cuori e
nelle menti privilegiate, giacch il pi sublime esercizio dello
spirito. Questo volontario allontanamento del vecchio dalle pratiche
religiose, insieme con le sue nuove abitudini, aveva in qualche modo
legittimato le accuse di sortilegio; perci, nel doppio intento di
ricondurre suo padre a Dio e al mondo, Grande decise di chiamare
in suo soccorso la religione. Pens che la piet aistiana avrebbe
potuto ridare vita a quell'anima languente; ma i suoi dogmi d'umilt e
di fede dovevano combattere una superbia indomabile; essi urtavano
contro quell'orgoglio della scienza che riconduce tutto a se stessa,
senza risalire alla sorgente infinita, da cui sgorgano i primi principi.
In tali circostanze, la giovinetta cerc di convertire il padre alla
religione e la sua influenza fu cos efficace che il vecchio orologiaio
promise di assistere la domenica seguente alla messa grande nella
chiesa di San Pietro. Grande ebbe un momento d'estasi e di felicit,
come se il cielo si fosse aperto davanti ai suoi occhi. Scholastique
non pot trattenere la sua gioia ed ebbe finalmente argomenti decisivi
contro le malelingue, che accusavano d'empiet il suo padrone. Ella
ne parl alle sue vicine, alle sue amiche, alle sue nemiche, a chi la
conosceva e anche a chi non la conosceva.
Davvero, noi non possiamo credere a quello che voi ci
raccontate, donna Scholastique, le veniva risposto. Mastro
Zacharius ha sempre agito di comune accordo con il diavolo!
Voi allora non vi ricordate, replicava Scholastique, i bei
campanili, in cui suonano gli orologi del mio padrone. Quante volte
egli ha fatto suonare l'ora della preghiera e quella della messa!
Senza dubbio, si rispondeva; ma non ha forse inventato
anche macchine che si muovono da s, e che sanno fare il lavor di
un uomo in carne e ossa?
Forse che un figlio del demonio, ribatteva la donna
incollerita, avrebbe saputo fare quel bell'orologio di ferro, che la
citt di Ginevra non fu abbastanza ricca per comperare? A ogni ora
vi appariva scritta una bella sentenza morale, e un buon cristiano che
si fosse conformato a questi suggerimenti sarebbe andato dritto dritto
in paradiso! un lavoro del diavolo questo?
Questo capolavoro, che era stato realizzato una ventina d'anni
prima, aveva infatti portato alle stelle la gloria di mastro Zacharius;
ma in quella stessa circostanza le accuse di stregoneria erano state
generali; d'altronde il ritorno del vecchio alla chiesa di San Pietro
avrebbe dovuto ridurre le malelingue al pi assoluto silenzio.
Mastro Zacharius, senza ricordarsi pi di questa promessa fatta
alla figlia, era tornato nella sua bottega. Dopo aver sperimentato la
sua impotenza nel ridonare la vita a quegli orologi morti, egli decise
di tentare se potesse farne dei nuovi; abbandon tutti quei corpi
inerti, tutti quegli orologi che si fermavano per la citt, e si rimise a
condurre a termine l'orologio di cristallo, di cui tutti i pezzi erano
stati cos scrupolosamente preparati. Ma ebbe un bel fare, un
bell'adoperare gli strumenti pi perfetti, impiegare i rubini e i
diamanti adatti a resistere all'attrito dei perni, a comporre insomma
un capolavoro; terminato finalmente l'orologio, la prima volta che lo
caric, gli si spezz tra le mani.
Il povero vecchio nascose questo avvenimento a tutti, perfino alla
figlia; ma d'allora in poi la sua vita non assomigli pi che alle
ultime oscillazioni di un pendolo; egli andava deperendo e
indebolendosi, senza che pi nulla giovasse a restituirgli la forza di
un tempo; sembrava che le leggi della gravit, agendo direttamente
sopra di lui, lo trascinassero inesorabilmente nella tomba.
Quella domenica, cos impazientemente, cos ardentemente
desiderata da Grande arriv alla fine. Il tempo era bello e la
temperatura mite; gli abitanti di Ginevra se ne andavano
tranquillamente per le vie della citt, discorrendo allegramente del
ritorno della primavera. Grande, prendendo con cura il braccio del
vegliardo, si diresse verso San Pietro, mentre Scholastique li seguiva,
portando loro il libro delle preghiere. La gente li guardava passare
con quella curiosit indiscreta che destava il loro strano aspetto: il
vecchio si lasciava condurre come un bambino, o piuttosto come un
cieco. I fedeli di San Pietro lo videro entrare nella chiesa con un
sentimento di sgomento; essi fecero persino l'atto di ritrarsi, mentre
egli si avvicinava.
Gi risonavano i canti della messa e Grande si diresse verso il
suo solito banco, e vi si inginocchi col pi profondo raccoglimento.
Mastro Zacharius si ferm presso di lei, in piedi.
Le cerimonie religiose si svolsero con la solennit che
caratterizzava quell'epoca di fede; ma il vecchio non credeva. Egli
non implor la piet del cielo con le invocazioni del Kyrie;
2
col
Gloria in excelsis non cant la magnificenza di Dio; la lettura del
Santo Vangelo non lo trasse dalle sue meditazioni materialistiche ed
egli dimentic di associarsi agli altri nell'atto di fede del Credo; il
superbo vecchio rimaneva immobile, senza sedersi, senza
inginocchiarsi, insensibile e muto, come una statua di marmo; e
persino nel momento solenne in cui il campanello annunzi il
miracolo della transustanziazione egli non si inchin minimamente e
guard diritto l'ostia consacrata che il sacerdote alzava sui fedeli
genuflessi.
Grande guard suo padre piangendo; abbondanti lacrime
bagnarono il suo libro delle preghiere.
In questo punto l'orologio di San Pietro suon le undici e mezzo;
mastro Zacharius si volt con un triste sorriso verso quel vecchio
campanile, che parlava ancora cos bene. Egli ebbe l'impressione che
il quadrante interno lo guardasse fissamente, che i numeri delle ore
brillassero come se fossero stati segnati con tratti di fuoco; e che le
lancette dardeggiassero scintille elettriche attraverso le loro punte
aguzze.
La messa ebbe termine. Era uso che lAngelus
3
si recitasse a
mezzogiorno, e i sacerdoti prima di abbandonare il presbiterio,
aspettarono che l'ora suonasse all'orologio del campanile. Ancora
qualche istante, e quella preghiera sarebbe salita al cuore della
Vergine.
Ma d'improvviso si ud un rumore stridulo. Mastro Zacharius
lanci un grido...
La grande sfera del quadrante, arrivata sul punto che segna il
mezzogiorno, s'era arrestata di colpo, e mezzogiorno non suon.
Grande si precipit in soccorso del padre, riverso sulla sedia,
senza pi segni apparenti di vita, e che venne trasportato fuori della

2
Il Kyrie una invocazione che si recita o si canta all'inizio della messa, dopo
l'introito . Il Gloria in excelsis, cui si accenna pi oltre, un inno di lode e il
Credo un atto di fede.
3
Angelus una preghiera alla Madonna che si recita al mattino, al mezzogiorno
e alla sera. Le sue parole ricordano il saluto dell'Angelo il quale annunci alla
Vergine che sarebbe stata madre di Dio.
chiesa.
il colpo mortale , pens Grande.
Mastro Zacharius, ricondotto in casa, fu posto a letto in uno stato
di completo sfinimento. La vita non si manifestava pi che alla
superficie del suo corpo, come le ultime nubi di fumo, che vagano
intorno a una lampada appena spenta.
Quando riprese i sensi, Aubert e Grande erano chini su di lui. In
quel momento supremo l'avvenire, davanti ai suoi occhi, prese la
forma del presente; egli lo previde: vide sua figlia sola, abbandonata,
senza appoggio.
Figlio mio, disse allora ad Aubert, io ti do per sposa mia
figlia; e stese la mano verso i due giovani, che si videro cos uniti
davanti a un letto di morte.
Ma a questo punto il vecchio si sollev con un movimento di
collera; le parole del piccolo vecchietto gli tornavano alla memoria.
Io non voglio morire! grid. Non posso morire! Io,
mastro Zacharius, non devo morire!... I miei libri... i miei conti!
E cos dicendo, si slanci verso un libro, nel quale stavano scritti i
nomi dei suoi clienti e gli oggetti, che aveva loro venduto; egli lo
sfogli con frenesia e il suo dito scarno si arrest sopra una pagina.
Ecco! disse. Ecco quel vecchio orologio di ferro che
vendetti a Pittonaccio! il solo che non mi stato ancora riportato...
Dunque esiste ancora, va ancora, vive ancora!... Ah! Io lo voglio! Lo
ritrover; lo terr con tanta cura che la morte non avr alcun potere
su di me!
E svenne.
Aubert e Grande, dopo essersi scambiata un'occhiata, si
inginocchiarono presso al letto del vegliardo e pregarono insieme.
CAPITOLO V
L'ORA DELLA MORTE
PASSARONO ANCORA alcuni giorni d'angoscia, e mastro
Zacharius, quell'uomo quasi morto, si rialz dal suo letto di dolore e
ritorn alla vita per effetto di un eccitamento straordinario: viveva
d'orgoglio. Ma Grande non si illuse; il corpo e l'anima di suo padre
erano perduti per sempre.
Lo si vide occupato a raccogliere le sue ultime risorse, senza
prendersi cura dei suoi; mostrava un'energia e una rapidit
incredibili, camminando, frugando, mercanteggiando i suoi
capolavori e mormorando parole misteriose. .
Un mattino Grande discese nella sua bottega; mastro Zacharius
non cera.
Per tutto quel giorno lo aspett ma mastro Zacharius non torn.
Grande pianse tutte le sue lacrime durante questa assenza, poi
anche le lacrime inaridirono, giacch suo padre non ricomparve.
Aubert corse per la citt e si fece la triste convinzione che il
vecchio fosse partito.
Seguiamolo, seguiamo mio padre, grid Grande, quando il
giovane operaio le rifer questa dolorosa notizia.
Ma dove pu essere? si chiese Aubert.
Una ispirazione illumin d'improvviso la sua mente; gli tornarono
alla memoria le ultime parole di mastro Zacharius... L'orologiaio non
viveva pi che in quel vecchio orologio di ferro che non gli era stato
riportato; mastro Zacharius doveva essersi messo a cercarlo.
Aubert comunic questo segreto pensiero a Grande.
Guardiamo il libro di mio padre, disse la fanciulla.
Tutti e due entrarono nella bottega... Il libro era aperto sul tavolo.
Tutte le consegne fatte dall'orologiaio, e che gli erano state poi
riportate per via della irregolarit mostrata dai vari orologi, erano
cancellate da una mano tremante, tutte, meno questa:
Venduto al signor Pittonaccio un orologio di ferro con soneria e
personaggi semoventi, e depositato nel suo castello d'Andernatt .
Era quell'orologio che a ogni ora mostrava alcune sentenze
morali e di cui la vecchia Scholastique aveva parlato tanto e con
tanti elogi.
Mio padre l!
Corriamo, rispose Aubert; possiamo ancora salvarlo!
Non per questa vita, mormor Grande, ma almeno per
l'altra.
Sia lodato il Signore, Grande! Il castello d'Andernatt sorge
nelle valli del Dent-du-Midi, a una ventina d'ore di strada da
Ginevra. Partiamo subito.
Quella sera stessa Aubert e Grande, seguiti dalla vecchia
domestica, se ne andavano camminando per la strada che costeggia il
lago di Ginevra. Percorsero cinque leghe durante la notte, non
essendosi fermati n a Bessinge n a Hermance, dove sorge il celebre
castello dei Mayor. Passarono a guado e non senza fatica il torrente
della Dranse e in ogni luogo chiedevano notizie di Zacharius. Ma ben
presto ebbero la certezza che camminavano sulle sue tracce.
L'indomani, al cader del giorno, dopo aver passato Thonon,
arrivarono a Evian, di dove la costa svizzera del lago si svolge per
una distesa di dodici leghe; ma i due fidanzati non avvertirono
l'incanto di quei luoghi. Essi andavano come spinti da una forza
sovrumana: Aubert, appoggiato a un nodoso bastone, offriva il
braccio ora a Grande, ora alla vecchia Scholastique, attingendo dal
cuore una energia suprema per sostenere le sue deboli compagne.
Parlavano delle loro sofferenze, delle loro segrete speranze e
percorrevano cos quella bella strada che costeggia il lago e che si
prolunga ai piedi del ristretto altipiano, che collega le rive del lago
alle alte montagne dello Chablais. In breve toccarono Bouveret, nel
punto in cui il Rodano si getta nel lago di Ginevra.
Di qui abbandonarono il lago e il cammino divenne pi faticoso in
quella regione montuosa. Vionnaz, Chesset, Collombey, villaggi
sperduti, furono presto alle loro spalle. Ma erano stanchi, avevano i
piedi sanguinanti per le rocce aguzze che affioravano dal terreno. E
di mastro Zacharius nessuna traccia.
Eppure bisognava ritrovarlo, ed essi non chiesero ospitalit e
riposo n a quelle borgate isolate, n al castello di Monthey, che con
i suoi dintorni divenne poi appannaggio di Margherita di Savoia.
Finalmente, sul cadere del secondo giorno, arrivarono, pi morti che
vivi, all'eremitaggio di Notre-Dame di Sex, posto alla base del Dent-
du-Midi e situato a 600 piedi sul livello del Rodano.
L'eremita li ricevette tutti e tre, mentre cominciava a scendere la
notte; gli infelici non avrebbero potuto camminare oltre, e dovettero
riposarsi.
L'eremita non diede loro alcuna notizia di Zacharius. A stento si
poteva sperare di ritrovarlo ancora vivo, in mezzo a quelle sperdute
solitudini. La notte era profonda, l'uragano infuriava sulla montagna,
e le valanghe rotolavano dalle cime sconvolte.
I due fidanzati, seduti accanto al focolare dell'eremita, gli
raccontavano la loro dolorosa storia. Le loro vesti bagnate dalla neve
si asciugavano in un angolo, e il cane di fuori guaiva lamentosamente
e mandava latrati, che, uniti al sibilo della bufera, formavano strani
lamenti.
La superbia, disse l'eremita ai suoi ospiti, ha perduto un
angelo creato per il bene; questa la pietra d'inciampo in cui urtano i
destini degli uomini; alla superbia, principio di tutti i vizi, non si pu
opporre alcun ragionamento, giacch per la sua stessa natura il
superbo non vuole ascoltare consigli... Non resta dunque che pregare
per lui.
Tutti e quattro stavano per inginocchiarsi, quando i latrati del cane
raddoppiarono, e fu picchiato alla porta dell'eremitaggio.
Aprite in nome del diavolo!
La porta cedette sotto un urto violento e apparve un uomo
scarmigliato, con gli occhi stravolti, a malapena vestito.
Mio padre! grid Grande. Era infatti mastro Zacharius.
Dove sono? disse. Sono forse gi entrato nell'eternit?...
Il tempo finito, le ore non suonano pi... le lancette si fermano!
Padre mio! ripet Grande con una cos straziante
commozione che il vegliardo parve ritornare nel mondo dei vivi.
Tu qui, mia Grande? grid; e anche tu, Aubert!... Ah, i
miei cari fidanzati, voi venite a sposarvi nella nostra vecchia chiesa!
Padre mio! disse Grande, afferrandolo per il braccio,
ritornate alla vostra casa a Ginevra, ritornate con noi!
Il vecchio si sottrasse alla stretta di sua figlia e torn verso la
porta, dove la neve gi si ammucchiava.
Non abbandonate i vostri figli! esclam Aubert.
Perch, rispose tristemente il vecchio orologiaio, perch
tornare in quei luoghi, che la mia vita ha gi abbandonato, e dove una
parte di me stesso gi per sempre sepolta?.
La vostra anima non morta! gli rispose l'eremita con
accento grave.
La mia anima!... Oh, no, le sue ruote sono ancora buone!... Le
sento muoversi con regolarit...
La vostra anima immateriale! La vostra anima immortale!
riprese l'eremita con energia.
S, come la mia gloria!... Ma essa rinchiusa nel castello
d'Andernatt, e io voglio riaverla!
L'eremita si fece il segno della croce. Scholastique era quasi morta
di paura; Aubert sosteneva Grande tra le sue braccia.
Il castello d'Andernatt abitato da un dannato, rispose
l'eremita, un dannato che non saluta la croce del mio eremitaggio!
Padre mio, non ci andate!
Voglio la mia anima! Essa mia!
Trattenetelo, trattenete mio padre! grid Grande.
Ma il vecchio aveva oltrepassato la soglia e si era slanciato
nell'oscurit, gridando:
La mia anima! Voglio la mia anima!
Grande, Aubert e Scholastique si precipitarono sui suoi passi.
Essi camminavano per sentieri impraticabili, sui quali mastro
Zacharius andava come l'uragano, spinto da una forza irresistibile. La
neve turbinava intorno a loro e confondeva i suoi fiocchi bianchi con
la schiuma dei torrenti straripati.
Nel passare davanti alla cappella innalzata in ricordo del massacro
della legione tebana, Grande, Aubert e Scholastique si fecero
rapidamente il segno della croce. Mastro Zacharius non si lev
neppure il berretto.
Finalmente, in mezzo a quella regione selvaggia, apparve il
villaggio di vionnaz. Anche un cuore di ferro sarebbe rimasto
turbato vedendo quella borgata sperduta in mezzo a quelle orribili
solitudini. Il vegliardo pass oltre. Si diresse verso sinistra ed entr
nella pi cupa delle gole del Dent-du-Mdi che manda verso il cielo
le sue cime aguzze.
E subito apparve davanti a lui un rudere vecchio e scuro, come le
rocce su cui poggiava.
la! l! grid il vecchio, affrettando di nuovo la sua
corsa sfrenata...
Il castello d'Andernatt non presentava pi, gi a quell'epoca, che
un cumulo di rovine. Una grossa torre, vecchia, diroccata, lo
dominava e sembrava minacciare con la sua caduta i vecchi pignoni
che s'alzavano ai suoi piedi. Quei grandi ammassi di pietre facevano
una spaventosa impressione. Si intuiva che in mezzo a
quell'ingombro di macerie si aprivano sale tenebrose dai soffitti
crollati e vi erano immondi covi di vipere.
Una porticina stretta e bassa, che si apriva sopra un fossato pieno
di macerie, dava accesso nel castello d'Andernatt. Quali abitanti
erano passati di l? Non lo si sa. Senza dubbio qualche margravio,
mezzo brigante e mezzo signore, aveva soggiornato in quel castello.
Al margravio erano succeduti i banditi o coloro che battevano
monete false, impiccati sul luogo stesso dei loro delitti. E la leggenda
diceva che, nelle sere invernali, Satana veniva a dirigere i suoi
sabba
4
sul pendio dei profondi abissi, in cui scompariva l'ombra di
quelle rovine.
Mastro Zacharius non fu affatto spaventato da quell'aspetto
sinistro. Arriv alla porticina e nessuno gli imped di passare. Un
grande e tenebroso cortile apparve ai suoi occhi. Nessuno gli imped
di attraversarlo. Egli sal una specie di piano inclinato, che
conduceva a uno di quei lunghi corridoi, le cui arcate sembrano
spegnere la luce del giorno sotto le loro pesanti volte. Nessuno gli
sbarr il passo. Grande, Aubert e Scholastque lo seguivano sempre.
Mastro Zacharius, come guidato da una mano invisibile, sembrava
sicuro della sua strada e camminava con passo rapido. Arriv cos a

4
Erano detti sabba certi presunti convegni di streghe e di diavoli che si
tenevano il sabato, solitamente in luoghi solitari e selvaggi.
un vecchio uscio tarlato, che vacill sotto i suoi colpi, mentre i
pipistrelli tracciavano cerchi obliqui intorno alla sua testa. Una sala
immensa, conservata meglio delle altre, si apr davanti al suo
sguardo. Alte formelle scolpite ne rivestivano i muri sulle quali
ombre, larve e lemuri
5
sembravano agitarsi confusamente. Alcune
finestre lunghe e strette, simili a feritoie, tremavano per l'infuriare
della bufera.
Giunto nel mezzo della sala, mastro Zacharius mand un grido di
gioia.
Sopra un basamento di ferro accostato alla muraglia era posato
quell'orologio, in cui si concentrava tutta la sua vita. Questo
capolavoro senza uguale rappresentava una vecchia chiesa romanica
con i suoi contrafforti in ferro battuto e il suo pesante campanile, in
cui stava una soneria completa per l'Ave Maria, l'Angelus, la messa, i
vespri, la compieta e la benedizione della sera. Sopra la porta della
chiesa, che si apriva all'ora delle funzioni, era intagliato un rosone,
nel centro del quale si muovevano due sfere, e l'archivolto del quale
riproduceva le dodici ore del quadrante scolpite in rilievo. Fra la
porta e il rosone, come aveva raccontato la vecchia Scholastque, si
leggeva in un riquadro di rame una sentenza sul modo d'impiegare
ogni parte della giornata. Mastro Zacharius aveva ordinato questa
successione di sentenze con una sollecitudine tutta cristiana; le ore
della preghiera, del lavoro, dei pasti, della ricreazione e del riposo si
succedevano secondo la disciplina religiosa e dovevano
infallibilmente guidare alla salute eterna chi avesse osservato con
scrupolo le loro prescrizioni.
Mastro Zacharius, ebbro di gioia, stava per impadronirsi di questo
orologio, quando dietro di lui scoppi una stridula risata.
Egli si volse e, al lume di una lucerna fumosa, riconobbe il
vecchietto di Ginevra.
Voi qui? grid Zacharius.
Grande ebbe paura. Si strinse al fianco del fidanzato.
Buon giorno, mastro Zacharus! disse l'ometto.
Chi siete voi?

5
Secondo antiche credenze, i lemuri erano ombre di defunti che tornavano in
terra a molestare i vivi.
_ Il signor Pittonaccio, per servirvi. Voi siete venuto a darmi
vostra figlia! Vi siete ricordato delle mie parole: Grande non
sposer Aubert .
Il giovane operaio si slanci contro Pittonaccio, che gli scapp
come una ombra.
Fermatevi, Aubert! grid mastro Zacharus.
Buona notte, disse Pittonaccio, e disparve.
Padre mio, grid Grande, fuggiamo da questo luogo
maledetto! Padre mio!...
Mastro Zacharus non era pi l. Inseguiva per le stanze diroccate
l'ombra di Pittonaccio. Scholastique, Grande e Aubert restarono
accasciati in quella sala immensa. La giovane era caduta sopra un
sedile di pietra; la vecchia domestica s'inginocchi accanto a lei e
preg. Aubert rimase in piedi a vegliare sulla fidanzata. Alcuni
pallidi barlumi serpeggiavano nell'ombra, e il silenzio non era
interrotto che dal lavoro di quegli animaletti, che rodono il legno
vecchio, e il cui rumore segna il tempo dell' orologio della morte .
Alle prime luci del giorno essi s'arrischiarono tutti e tre per le
scale interminabili, che circolavano sotto quell'ammasso di pietre.
Per due ore si aggirarono cos, senza incontrare anima viva e senza
udire che un'eco lontana, la quale rispondeva alle loro grida. Ora si
trovavano sepolti a cento piedi sotto terra, ora dominavano dall'alto
quelle montagne selvagge.
Il caso li ricondusse infine nella vasta sala, che li aveva accolti
durante quella notte d'angoscia. Essa non era pi vuota. Mastro
Zacharus e Pittonaccio vi discorrevano insieme, l'uno in piedi e
rigido come un cadavere, l'altro accoccolato sopra una lastra di
marmo.
Zacharus, avendo veduto Grande, and a prenderla per mano e
la condusse verso Pittonaccio, dicendole:
Ecco il tuo padrone e signore, figlia mia! Grande, ecco il tuo
sposo! Grande trem dalla testa ai piedi.
Mai! grid Aubert, la mia fidanzata.
Mai! rispose come un'eco lamentosa Grande. Pittonaccio si
mise a ridere.
Volete dunque la mia morte? grid mastro Zacharus.
L, dentro quell'orologio, l'ultimo di tutti quelli usciti dalle mie mani,
che ancora cammina, chiusa la mia vita, e quest'uomo mi ha detto:
Quando io avr tua figlia, quest'orologio ti apparterr . E
quest'uomo non vuole ricaricarlo! Pu spezzarlo e precipitarmi nel
nulla! Ah! figlia mia! Non mi ami dunque pi?
Padre mio! sospir Grande, riprendendo i sensi.
Se tu sapessi quanto ho sofferto lontano da questo principio
della mia stessa esistenza! riprese il vecchio. Forse non si
aveva cura di questo orologio! Forse si lasciava che le sue molle si
consumassero e che le sue ruote uscissero dai perni! Ma ora, con le
mie stesse mani, voglio tener ferma e salda questa salute cos cara,
giacch bisogna che io non muoia, io, il grande orologiaio di
Ginevra! Guarda, figlia mia, come quelle sfere procedono con passo
fermo e sicuro. Fa' attenzione, ecco che stanno per suonare le cinque,
ascolta bene e leggi la bella sentenza, che si presenter ai tuoi occhi.
Suonarono infatti le cinque al campaniletto di quell'orologio,
diffondendo un rumore strano, che si ripercosse dolorosamente
nell'anima di Grande, e sul riquadro di rame apparvero in lettere
rosse le seguenti parole:
Bisogna mangiare i frutti dell'albero della scienza .
ubert e Grande si guardavano con sgomento. Non erano pi le
sagge sentenze dell'orologiaio cristiano; sicuramente il soffio di
Satana era passato di l. Ma mastro Zacharius non vi fece neppure
caso e riprese:
Capisci, Grande mia? Io vivo! Vivo ancora! Ascolta il mio
respiro uguale, guarda come il sangue circola nelle mie vene... No!
Tu non vorrai uccidere tuo padre e accetterai come sposo
quest'uomo, affinch io diventi immortale e raggiunga la potenza di
Dio!
A queste empie parole Scholastique si fece il segno della croce e
Pittonaccio emise un ululato di gioia.
E poi, Grande, tu sarai felice con lui! Vedi, quest'uomo il
tempo; la tua esistenza sar regolata con una precisione assoluta.
Grande! Poich io ti diedi la vita, tendi la vita a tuo padre!
Grande, mormor Aubert, sono io il tuo fidanzato.
Ma pur sempre mio padre! rispose Grande accasciandosi.
Grande tua, disse mastro Zacharius, e ora,
Pittonaccio, manterrai la tua parola.
Ecco la chiave di quell'orologio, rispose l'ometto.
Zacharius afferr una lunga chiave, che assomigliava ad un serpe
attorcigliato; corse all'orologio e si mise a caricarlo, con nervosa
rapidit. Lo stridere delle molle aveva un suono raccapricciante.
L'orologiaio girava, girava la chiave, senza che il suo braccio si
stancasse; sembrava che questo movimento di rotazione non
dipendesse pi dalla sua volont. Egli girava sempre pi
rapidamente, con strane contorsioni, finch cadde sfinito.
Eccolo caricato per un secolo! grid con gioia terribile.
Aubert scapp dalla sala come, un pazzo. Dopo lunghi giri, trov
l'uscita di quel castello maledetto e si slanci nella campagna. Torn
all'eremitaggio di Notre-Dame di Sex; parl al sant'uomo con accenti
cos disperati che egli acconsent ad accompagnarlo la sera stessa al
castello d'Andernatt.
Se durante quelle ore d'angoscia Grande non aveva pianto fu
perch le lacrime si erano disseccate nei suoi occhi.
Mastro Zacharius non abbandonava quell'immensa sala; a ogni
istante andava ad ascoltare il battito regolare del vecchio orologio e
sorrideva con una gioia disumana.
Intanto erano suonate le dieci, e con gran terrore di Scholastique
sul riquadro di rame erano apparse queste parole:
L'uomo pu divenire simile a Dio .
Il vecchio non si sentiva per nulla offeso da quelle empie
sentenze, anzi le leggeva con delirio e si compiaceva in questi
pensieri di superbia, mentre Pittonaccio s'aggirava intorno a lui e lo
avviluppava in una serie di cerchi tortuosi e fantastici.
L'atto di matrimonio doveva essere sottoscritto a mezzanotte.
Grande quasi esanime, non vedeva, non sentiva e non capiva pi
nulla; il silenzio non era interrotto che dai gemiti del vecchio e dai
sarcasmi di Pittonaccio, al quale pi di una volta le unghie
s'allungarono smisuratamente.
Suonarono le undici; Zacharius trasal e con voce allegra lesse
queste parole: L'uomo deve essere lo schiavo della scienza e per lei
deve sacrificare parenti e famiglia .
S, grid, non vi che la scienza a questo mondo!
Le lancette avanzavano con mosse serpentine sul quadrante e
mandavano fischi da vipere; i battiti dell'orologio erano precipitosi e
lugubri.
Mastro Zacharius non parlava pi. Egli aveva il rantolo, e dal suo
petto oppresso non uscivano che parole smozzicate.
La vita!... La scienza!
Questa scena aveva due nuovi testimoni: l'eremita e Aubert.
Zacharius era accasciato al suolo, Grande, accanto a lui, pi morta
che viva, pregava... D'improvviso si ud lo scatto secco che precede il
suono delle ore. Zacharius si rizz:
Ecco la mezzanotte! grid.
L'eremita distese la mano verso il vecchio orologio, e la
mezzanotte non suon.
Mastro Zacharius mand allora un grido, che certamente fu sentito
persino nell'inferno, quando sull'orologio apparvero queste parole:
Chi tenter di rendersi uguale a Dio sar dannato in eterno .
Il vecchio orologio scoppi con il fragore di un fulmine; la molla
ne schizz fuori e salt attraverso la sala con mille contorsioni
fantastiche. Il vecchio le corse dietro, cercando invano di prenderla e
gridando:
La mia anima! La mia anima! ..
La molla infernale saltava e rimbalzava davanti a lui senza che
egli riuscisse a prenderla.
Infine Pittonaccio l'afferr d'un balzo , con un'orribile
bestemmia, sprofond sotterra.
Mastro Zacharius cadde rivers. Era morto.
- Il corpo dell'orologiaio fu sepolto in mezzo ai picchi selvaggi
d'Andernatt. Poi Aubert e Grande tornarono a pregare per lui a
Ginevra, e durante i lunghi anni di felicit che Dio accord loro si
sforzarono di riscattare l'anima di quell'infelice, invasato
dall'orgoglio della scienza.

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