Universit di Siena - Facolt di lettere e filosofia
Manuale di Filosofia Medievale on-line http://www3.unisi.it/ricerca/prog/fil-med-online/index.htm Presentazione e periodizzazione Il periodo denominato Medioevo copre un intero millennio, dal 500 al 1500 d.C., per convenzione unanimemente accettata dagli storici. Lampio arco temporale comprende il verifcarsi di numerose e profonde trasformazioni della civilt occidentale, quella in cui la flosofa si era formata e difusa in Grecia e a Roma: la caduta dellimpero romano con la separazione dellimpero doriente a Bisanzio, la formazione dei regni romano-barbarici e la rinascita dellimpero ad opera di Carlo Magno nel IX sec.; la difusione del cristianesimo e, nel VII sec., la nascita della religione islamica; levoluzione istituzionale della chiesa come centro di potere politico e il confitto con il potere laico a partire dal X sec.; la rinascita demografca, economica e politica dopo il Mille, ed il movimento comunale nelle citt; il riformarsi di unampia rete commerciale e lo sviluppo delleconomia monetaria; le lotte contro lIslam per il predominio nel Mediterraneo; la formazione degli stati nazionali. Accanto a questi sviluppi di ordine geo-politico e ad essi strettamente connesso, il mutamento linguistico con levoluzione dal basso latino verso le lingue romanze e linnesto delle lingue volgari di ceppo germanico, celtico, anglo-sassone. Lo sviluppo del pensiero flosofco nel millennio medievale si scandisce in base a due tipi di impulso: luno esterno, extra scientifco, "sociologico", legato alla concreta disponibilit dei testi ed alle forme istituzionali della loro fruizione; laltro interno, levoluzione dellorganizzazione delle discipline e losviluppo dottrinale propriamente detto, teologico, flosofco e scientifco. Fino alla met dellXI sec. appare come motivo predominante il fattore esterno; dopo questa data si crea uno spazio di autonomia per il pensiero che permette il rinnovamento culturale dei secoli XI e XII, cui ofre un apporto determinante il contatto con la cultura islamica ed ebraica e le traduzioni; infne, nel periodo che va dal 1200 alla fne del Medioevo, la nascita delle universit determina condizioni esteriori estremamente favorevoli allevoluzione interna e alla difusione e produzione del pensiero flosofco e scientifco in altri contesti e in lingue diverse dal latino, permettendo laccelerazione e larticolazione degli sviluppi dottrinali della Scolastica. A partire dal XIV sec., contemporaneamente allevoluzione delle diverse correnti flosofche scolastiche, ha inizio il movimento di pensiero denominato Umanesimo, che si sviluppa al di fuori delle universit ed caratterizzato da una posizione fortemente polemica nei confronti della flosofa e della teologia in esse elaborate. Pertanto, negli ultimi due secoli cronologicamente appartenenti al medioevo, una parte del pensiero flosofco conosce unevoluzione che gi moderna. Daltra parte la Scolastica sopravvive nellinsegnamento universitario fn dentro let moderna propriamente detta, nei secc. XVI e XVII (seconda Scolastica). Le fonti della flosofa medievale Contrariamente alla nascita della flosofa nella Grecia del IV sec. a.C. sapere nuovo che si stacca nei contenuti e nelle forme dalla sapienza del mito-, nei secoli medievali lo studio e la pratica della flosofa si esercitano a partire da una tradizione flosofca preesistente, che necessario sia conservare che ripensare criticamente, nel confronto con una tradizione sapienziale e testuale sconosciuta al mondo greco: le scritture sacre di ebrei, cristiani e poi musulmani. Allincrocio delle idee di conservazione e di utilizzazione critica si colloca la nozione di autorit (auctoritas) (i flosof e in genere gli scrittori antichi ed i Padri della Chiesa) e quella di testo autorevole (le loro opere): fu uno dei maestri chartriani, Bernardo, a coniare nel XII sec., la signifcativa anche se ambigua metafora dei nani sulle spalle dei giganti, ripresa da molti flosof e scienziati moderni (Newton fra gli altri). Lattivit flosofca si presenta dunque inizialmente come ripresa e interpretazione di idee e testi autorevoli, e solo alla fne del medioevo comincia a prospettarsi una nozione di autore afne a quella moderna. importante perci, per la comprensione dei contenuti e delle modalit di sviluppo della flosofa medievale, delineare sia quali testi e saperi antichi si sono conservati, sia come e in quali contesti sono stati letti nel corso del medioevo. Fonti 1) Le arti liberali All'inizio del VI secolo, Cassiodoro aveva raccolto in una compilazione dedicata alleducazione dei monaci l'insieme delle arti liberali che gi Agostino nel De doctrina christiana aveva identifcato col percorso della flosofa che conduce alla comprensione della Sacra scrittura: le arti del linguaggio (dette sermocinali, o Trivio: grammatica, dialettica, retorica), e le arti della misura (dette reali o Quadrivio: aritmetica, geometria, musica, astronomia). Il De nuptiis Mercurii et Philologiae di Marciano Capella (autore pagano del III sec), una enciclopedia inserita in una visione cosmologica imbevuta di platonismo, fu uno dei canali di trasmissione pi importanti di questa tradizione antica.Boezio e Alcuino scrissero compendi di tutte o alcune delle arti liberali. I testi classici associati a ciascuna di queste arti - sia che fossero semplicemente riassunti, sia che venissero efettivamente letti e commentati - rimasero per tutta l'et medievale la base della formazione culturale, come mostrano due compilazioni del XII sec., una di ambiente monastico (Hortus deliciarum di Herrade di Landsberg) e laltra di ambiente scolastico (Eptateuchon di Teodorico di Chartres). Nella stessa epoca Ugo di San Vittore compose un manuale per linsegnamento, il Didascalicon, in cui accanto alle arti liberali classifcava le arti meccaniche, ovvero i saperi tecnico-pratici fondamentali della civilt medievale (tessitura, architettura, navigazione, agricoltura, caccia, medicina, scenografa). Nelle universit le arti liberali costituivano linsegnamento propedeutico alla flosofa impartito nella facolt di base, che si chiam appunto Facolt di Arti. Fonti 2) Le enciclopedie Accanto ai trattati sulle arti liberali, il sapere standard del medioevo trasmesso dalle enciclopedie; la pi antica quella di Isidoro di Siviglia (VII sec.), che si sviluppa in uno schema dilatato e complesso, comprendente fra l' altro il diritto, la medicina, l' architettura, l' agricoltura, la scienza del calendario. Le Etymologiae di Isidoro ebbero una fortuna molto vasta e durevole e costituirono la base per testi analoghi, come il De universo, composto nel IX sec. da Rabano Mauro. Nel XII sec., grazie alle traduzioni dal greco e dallarabo, le fonti del sapere flosofco e scientifco si ampliarono in maniera consistente: ci visibile nellenciclopedia di Gugliemo di Conches, Dragmaticon philosophiae. Nel XIII secolo, a fanco dei nuovi generi letterari coltivati nelle scuole, continuano ad essere prodotte enciclopedie come il De naturis rerum di Alexander Neckham, il De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, ed infne il monumento enciclopedico del Medioevo, il quadruplice Speculum (Speculum Doctrinale, Naturale, Morale, Historiale) di Vincenzo di Beauvais, precettore dei fgli di Luigi IX di Francia. Questultima opera in parte anche il frutto della necessit di presentare la cultura del proprio tempo ad un pubblico laico. Programmi e testi enciclopedici vengono anche elaborati, in connessione con i loro progetti di riforma culturale, daRuggero Bacone e Raimondo Lullo. Questultimo autore introdusse due novit nella scrittura enciclopedica: un ordinamento di tipo sistematico basato sullo schema dellalbero (Arbor Scientiae) e lutilizzazione della lingua volgare. Fra la fne del XIII sec. e linizio del seguente si assiste alla produzione di altre enciclopedie in lingua volgare, come il francese Placide et Time, il Tesoro di Brunetto Latini; e alla traduzione di testi latini, come il Dragmaticon di Guglielmo di Conches e il De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico. Fonti 3) Le traduzioni I testi dell'antichit greca posseduti nel medioevo occidentale erano pochissimi: le Categorie e il De interpretatione di Aristotele, il Timeo di Platone, mutilo della parte fnale ma accompagnato dal commento di Calcidio (VI sec.). Dei testi delle scuole flosofche tardo antiche, a parte lIsagoge di Porfrio, si erano conservati quasi solo frammenti, citati in funzione polemica o apologetica nelle opere dei primi Padri cristiani oppure raccolti in antologie, forilegi, catene. Molte opere erano per sopravvissute grazie alle traduzioni siriache efettuate da cristiani nestoriani fuggiti dall'Impero Romano d'Oriente nella Siria per motivi religiosi nel IV-V sec., ed erano state in gran parte tradotte in arabo. Nel XII sec., intensifcatisi gli scambi culturali in tutta l'area del Mediterraneo, nelle zone di confne (Spagna, Sicilia, Italia meridionale) alcuni intellettuali (fra cui spiccano Ugo di Santalla, Ermanno di Carinzia, Adelardo di Bath, Roberto di Chester -il traduttore del Corano-, Bartolomeo da Messina) dettero impulso ad un'opera di traduzione dei testi scientifci e flosofci, che divennero immediatamente oggetto di studio, arricchendo i contenuti della cultura occidentale e assecondandone lo sviluppo. In particolare veicolarono idee aristoteliche prima della traduzione dei testi dello stesso Aristotele e introdussero l'idea di origine ermetica della possibilit per l'uomo di modifcare la natura. Poich difcilmente si trovavano traduttori che fossero padroni sia della lingua araba che di quella latina, molte volte l'interpretazione del testo era efettuata da un "mediatore" orale (spesso ebreo), che leggeva testo nella lingua volgare al "traduttore; e questi lo traduceva dal volgare al latino, mettendolo per scritto. In altri casi, soprattutto nell'Italia meridionale dove in diversi luoghi la lingua greca era ancora in uso, vennero tradotti direttamente i testi greci. Fonti 4) Il corpus aristotelico Fra le traduzioni sia dallarabo che dal greco rivestono particolare importanza quelle dei testi di Aristotele, auctoritas flosofca di primo piano grazie agli scritti logici fno allora conosciuti, indicati col nome collettivo di Logica vetus. Le prime opere ad essere tradotte in latino furono gli altri scritti dell'Organon. Le traduzioni dal greco furono opera di Giacomo Veneto (Analitici secondi; parte degli Elenchi sofstici; Fisica; De anima; parte della Metafsica e dei Parva naturalia), di Enrico Aristippo e di un gruppo di traduttori anonimi, d'ambiente italiano (Analitici primi, Topici, De generatione et corruptione, Ethica vetus, Metafsica quasi completa). A Gerardo da Cremona sono invece dovute le traduzioni dall'arabo di Analitici secondi, Fisica, De caelo, De generatione et corruptione, Meteorologica, nonch del pi importante degli scritti attribuiti ad Aristotele che circolarono nel Medioevo, il Liber de causis, che era in realt una compilazione dalla Elementatio theologica di Proclo realizzata nel circolo flosofco di al-Kindi. L'interesse per il completamento dell'Organon era legato allo sviluppo della logica nelle scuole, al quale forn un impulso decisivo sul piano dell'elaborazione epistemologica e delle tecniche di argomentazione. I libri fsici si inserirono nel dibattito sullo statuto dell'idea di natura, rinnovandone contenuti e metodo. Linsieme delle opere aristoteliche dette impulso alla trasformazione della flosofa da nozione generica a disciplina strutturata, suddivisa nei tre rami della fsica, della metafsica e dell'etica: fu questa la nozione di flosofa posta alla base dellinsegnamento nella Facolt di Arti delle nascenti universit. Nella seconda met del XIII sec. le traduzioni dei testi aristotelici vennero sottoposte ad un accurato lavoro di revisione e di vero e proprio rifacimento ad opera del domenicano Guglielmo di Moerbeke, collaboratore di Tommaso d'Aquino. Queste traduzioni costituirono lo standard della lettura di Aristotele fno alle nuove versioni dal greco efettuate in et umanistica. Accanto ai testi autentici di Aristotele, si difusero alcuni testi di origine araba a lui attribuiti: il Liber de causis e la Theologia Aristotelis, elaborati nel circolo di al- Kindi; e il Secretum secretorum, un trattato che metteva in scena il flosofo greco come maestro di Alessandro Magno, e che costitu un importante esempio di trattatistica politica (specula principis) ma anche un veicolo di conoscenze astrologiche ealchemiche. POLITICA Genesi e struttura del concetto - Il termine politica designa quella parte della rifessione flosofca rivolta allessenza, origine e valore dello stato. Il termine pu indicare: la dottrina del diritto e della morale (ovvero la rifessione intorno al concetto di bene esposta da Aristotele nellEtica Nicomachea); la teoria dello stato (ovvero la descrizione dello stato ideale e la determinazione del migliore degli stati possibili), in accordo con la Politica aristotelica; infne larte o la scienza del governo (esposta nel Politico di Platone, che il mondo latino medievale non conobbe). Lantropologia aristotelica, secondo cui luomo una creatura politica, e la sua analisi delle diferenti forme di governo, insieme alla concezione agostiniana essenzialmente negativa- della citt terrena, costituiscono i cardini della rifessione politica medievale. La flosofa politica nellalto medioevo - A partire dallVIII secolo, con il crollo defnitivo delle strutture sociali che avevano caratterizzato la romanit, si assiste ad un processo di afermazione dellautorit papale che raggiunge, con papa Gregorio II (731-41) e lepisodio della falsa donazione di Costantino, uno dei suoi momenti di maggiore intensit. Si origina in questo periodo e inizia a difondersi, a partire da ambienti vicini alla curia pontifcia, quella forma di auto-rappresentazione unitaria dellOccidente latino, che sar destinata a dominare la rifessione politica medievale. Il progetto politico papale non prevedeva, in principio, alcuna esplicita strategia di esclusione o marginalizzazione del potere imperiale, che cercava piuttosto di integrare, seppure sotto la specie della sottomissione al potere del pontefce. In questo orizzonte politico, al sovrano (cristiano) era afdato il compito di reggere, guidare e proteggere il popolo di Cristo nel corso del suo cammino storico, in una sostanziale convergenza di interessi fra papato ed impero gi visibile nel regno di Pipino. Con lavvento di Carlo Magno, tuttavia, la regalit imperiale franca riusc a svincolarsi dalla posizione di subalternit assunta nei confronti dellautorit pontifcia, per riconquistare la pienezza del potere, che si riteneva discendere direttamente da Dio, anche se attraverso il tramite del suo vicario terrestre: limperatore si pose anchesso come vicario di Dio, giacch il compito a lui afdato (vegliare sul popolo di Cristo) lo investiva di un carattere sacrale paragonabile a quello del sacerdozio. Alcuino di York descrive esplicitamente le prerogative di questa fgura di imperatore avvocato della Chiesa, custode dellortodossia e modello di tutte le virt, il cui potere non proviene dalla nobilt del sangue ma si radica nella fede e nella rettitudine del suo comportamento, che deve rifuggire la violenza e perseguire lumilt, la misericordia e la carit, sul modello dei profeti dellAntico Testamento. Con la translatio imperii ed il rinnovamento della maest imperiale romana, concretizzatesi con lincoronazione di Carlo Magno nel dicembre dell800, si comp il processo di identifcazione fra cristianit ed Impero: lo stato imperiale divenne, di fatto, il principio ordinatore ed il fattore di controllo politico della civitas terrena agostiniana, al quale dovevano sottomettersi tutti gli altri poteri e le altre forme di organizzazione. Sviluppo e declino dellideologia regale carolingia - La sopravvivenza e lo sviluppo di questa ideologia sono testimoniate dalle opere di numerosi scrittori carolingi: Smaragdo (m. 830 ca.) e Agobardo di Lione (760-840), che evidenziano il carattere sacro del potere imperiale; mentre Giona dOrlans (780-842/43), probabilmente infuenzato dal progressivo declino della dinastia di Carlo, sottolinea invece come fatte salve le prerogative imperiali sia necessario riconoscere al sacerdozio un ruolo preminente;Incmaro di Reims (806 ca.- 882 ca.) arriva ad afermare che limperatore vincolato sia dalla legge divina che da quella umana: in questa prospettiva lunzione sacra, lungi da renderlo indipendente dal potere papale, lo vincola ancor pi al suo controllo. Sempre Incmaro chiarifca quali siano i doveri del sovrano: combattere le guerre giuste contro gli infedeli e amministrare la giustizia in modo rigoroso. Al termine della sua parabola evolutiva, la fgura del principe cristiano carolingio, codifcata idealmente dal sinodo di Magonza dell813, verr fortemente ridimensionata da quello di Santa Macra (881): lautorit regale si trova in posizione nettamente subalterna rispetto a quella pontifcia, e deve fronteggiare non solo gli attacchi della Chiesa, ma anche quelli di una nobilt in forte ascesa. Il periodo ottoniano e lascesa dellautorit pontifcia - In questo nuovo quadro di riferimento il sovrano, esaurita la sua funzione di guida del popolo di Cristo, dovr riconoscere al pontefce il suo ruolo preminente e la sua indipendenza dazione: in un simile contesto, la mediazione operata dal papa nel conferimento da parte di Dio del potere regale al sovrano, si confgura come una vera e propria sanzione pontifcia dellautorit regia. Il ruolo del pontefce come guida universale e come detentore della potestas di attribuire il titolo imperiale fu riafermato gi dai papi Niccol I (858-867) e Giovanni VIII (872-882). Gli imperatori del periodo ottoniano, in special modo Ottone I (912-973, imperatore dal 962) ed Ottone III (980- 1002, imperatore dal 983), tentarono di restaurare la supremazia imperiale, ma il loro progetto non and in porto; questet, anzi, segn linizio di un periodo di ascesa della fgura pontifcia, destinata a prendere il sopravvento su quella imperiale, come mostrano lanonimo De ordinando pontefce (1047-48) e la Disputatio synodalis (1062) di Pier Damiani. In questo mutato panorama politico, non solo si dichiarava vana qualsiasi pretesa imperiale di preminenza nei confronti della maest pontifcia, ma si arrivava addirittura negare che al sovrano fosse delegata in toto lamministrazione temporale dellintera cristianit. La funzione provvidenziale dellimperatore rimaneva quella di governare la cristianit, ma senza autonomia rispetto al magistero papale e senza pi prerogative di carattere sacrale: esso poteva essere considerato, tuttal pi, come il primo fra i principi cristiani. Unulteriore limitazione al potere imperiale costituita dalla progressiva afermazione di una variante fortemente sacralizzata del concetto di corpo mistico della Chiesa: Umberto da Silvacandida (m. 1061 ca.), ad esempio, nellAdversus simoniacos, sottolinea la necessit che tutti gli elementi che lo compongono, siano essi principi, ecclesiastici o fedeli, partecipino dello Spirito Santo in eguale misura. Umberto ribadisce che nel novero della vita ecclesiastica impossibile distinguere in maniera netta fra ci che pertiene alla sfera spirituale e ci che pertiene a quella materiale, per quanto la funzione sacra della chiesa renda opportuno che essa non si comprometta con la gestione del potere mondano. Lo scontro fra i due grandi lumi - Un momento di duro scontro fra papato ed impero fu quello che vide fronteggiarsi Gregorio VII (1015/1020-1085, papa dal 1073), lenergico pontefce autore del Dictatus papae ed iniziatore della riforma che porta il suo nome, ed Enrico IV (1050-1106, imperatore dal 1056). La potestas pontifcia rimane lunica autorit sia per quanto concerne la materia spirituale, sia nelle questioni mondane, e il ruolo del principe diviene talmente marginale da essere paragonabile a quello di ogni altro peccatore sulla faccia della terra: il paragone con i due grandi luminari celesti, il sole e la luna, costituisce la metafora di questo rapporto. Laspra polemica che vide i sostenitori dellautorit papale fra cui si annoverano Anselmo di Lucca (m. 1083), Bonizone di Sutri (1045 ca.-1091) e Manegoldo di Lautenbach (1030/1040-dopo il 1103) contrapporsi ai pubblicisti di parte imperiale, culmina nel celebre concordato di Worms (1122), che comunque lungi dal chiudere la contesa. Anselmo di Havelberg (1099-1158) nei Dialogi ed in maniera pi convinta Ottone di Frisinga (fra laltro zio del Barbarossa, 1114-1158) nei Gesta Friderici imperatoris e nellHistoria de duabus civitatibus, cercano di rilegittimare lautorit mondana dellimperatore, che partecipa alla realizzazione del piano provvidenziale stabilito da Dio secondo la teoria agostiniana delle due citt: ma il quadro di riferimento resta dominato da una indiscussa supremazia pontifcia. Sviluppando questa linea argomentativa, Onorio Augustodunense (fne del sec. XI-1157 ca.), nella Summa gloria arriva a riconoscere allautorit dellimperatore (anche se in maniera indiretta) addirittura un carattere divino: a questi, infatti stata afdata dalla Chiesa la spada temporale, afnch vengano mantenute, sulla terra, giustizia e ordine. Alla spada temporale, tuttavia, fa da contrappeso quella spirituale, che mantiene il potere di destituire di legittimit il sovrano, qualora deviasse dal compito afdatogli dal pontefce. Su posizioni simili si attestano pure Simone di Tournai (Institutiones de sacra pagina, del 1165) e Tommaso Beckett (1117-1170), che pagher con la vita il suo rifuto nei confronti delle pretese del re dInghilterra Enrico II (1133-1189). Un convinto sostenitore della separazione del potere temporale da quello spirituale Geroh di Reichesberg (1093-1169): pur condannando gli ecclesiastici usurpatori di beni e poteri terreni, e riafermando lestraneit della Chiesa rispetto alle questioni politiche ed amministrative, egli aferma in modo netto la supremazia della spada spirituale su quella temporale, in virt della sua funzione di salvaguardia dellordine morale e religioso dellintera comunit cristiana. Let dei glossatori - Nel mutato quadro socio-politico dei sec. XI e XII, con la crescita dellurbanizzazione e la ripresa delleconomia, il rinvigorirsi della cultura giuridica romanistica e la ripresa della concezione carolingia del potere temporale portano ad una nuova concezione del potere regale, svincolato dal piano sacrale e carismatico e fondato sulla legge delluomo piuttosto che su quella di Dio. Un esempio di questo nuovo milieu intellettuale costituito dagli anonimi Trattati di York e dal De consacratione pontifcium et regium, ove il ridimensionamento dello status del pontefce si accompagna allafermazione del primato del potere dei sovrani su quello dei sacerdoti. Protagonisti di questo nuovo panorama culturale furono gli esponenti dei principali centri di elaborazione della nuova scientia iuris (soprattutto Ravenna e Bologna), a cui si deve la codifca di quella parte del diritto nota come ius commune, fondata su un ordinamento giuridico e legislativo mutuato dalla romanit imperiale - rappresentata dal Corpus iuris civilis giustinianeo - e distinta dalla scienza giuridica elaborata dalla Chiesa. Secondo i giuristi e glossatori, sussisterebbe un legame strettissimo fra il concetto di diritto e la suprema autorit dellimpero: la fgura dellimperatore torn cos al centro della scena politica, riguadagnando le prerogative di autorit ed autonomia che erano venute a mancarle in conseguenza della riforma gregoriana. Il tentativo repubblicano di Arnaldo da Brescia - A met del XII sec., anche a causa dei mutamenti avvenuti sul piano socio-politico, un tentativo non solo teorico di ridefnire il concetto stesso di diritto alla sovranit ebbe come protagonista Arnaldo da Brescia (fne dellXI sec.-1155), il quale propendeva per una ferma rinuncia da parte della Chiesa ad ogni compromissione con lambito del potere temporale, pur non individuando il legittimo detentore di esso nella fgura dellimperatore, quanto piuttosto nel popolo, che allimperatore lo trasferisce mediante la lex. La vicenda di Arnaldo ed il suo esperimento repubblicano terminarono tuttavia presto, quando - nel 1155 - venne condannato al rogo come eretico, anche grazie al decisivo sostegno garantito da Federico Barbarossa, fondatore della dinastia degli Hohenstaufen, al papa Eugenio III. Il declino dellistituzione imperiale ed il ritorno di Aristotele - In seguito al sostanziale fallimento del tentativo messo in atto dagli Hohenstaufen per consolidare la struttura istituzionale dellimpero e trasformarlo in una forma stabile di amministrazione statale, si assiste ad un progressivo declino dellautorit imperiale, a vantaggio di nuove entit politico-istituzionali: le nascenti realt comunali italiane e tedesche e le grandi monarchie di Francia ed Inghilterra. Anche il panorama intellettuale subisce notevoli modifche: a partire dal recupero del sapere di matrice greca ed araba e dalla nascita dellistituzione universitaria. La mentalit agostiniana, per cui listituzione statale era una sorta di male necessario, connaturato alla natura umana, lasci progressivamente spazio alla componente empirica del pensiero aristotelico: la difusione di opere come l'Etica Nicomachea e la Politica contribu a far s che le forme di amministrazione statale fossero oggetto di attenzione in s, piuttosto che considerate ombre scomposte della citt celeste agostiniana. La scuola domenicana - Il rinnovato statuto epistemologico del concetto di politica fu variamente declinato dai maggiori pensatori del XIII secolo. Mentre al centro dellimpianto teorico del domenicano Tolomeo da Lucca (m. 1326) - continuatore del De regimine principum di Tommaso dAquino - rimase la concezione agostiniana, (tanto da relegare linfuenza esercitata dal nuovo corso scolastico al solo livello linguistico), un altro esponente della medesima scuola, Remigio deGirolami (1247 ca.-1319), dedic maggiore attenzione allo sviluppo delle nuove realt comunali. Remigio, autore del De bono pacis e del De bono communi, elabora una teoria politica ove luomo concepito aristotelicamente come animale politico, il cui polo di aggregazione naturale sono le nascenti realt cittadine e comunali. Lo stato immaginato da Remigio, tuttavia, una istituzione di matrice cristiana, il cui governo deve essere ispirato a principi di giustizia ed eguaglianza, in vista della redenzione dal peccato. Due sono le fnalit dello stato: una schiettamente terrena, ed una pi marcatamente sovrannaturale. Per conseguire il fne sovrannaturale, ossia la pace spirituale necessario che sia raggiunta e mantenuta la pace temporale: questo compito afdato alla spada temporale del principe, sulloperato del quale vigila la fgura del papa, dotata di una autorit morale e spirituale indiscussa e in grado di intervenire in questioni di carattere mondano e temporale afnch questo equilibrio non sia messo in pericolo da una poco consona condotta da parte del potere politico. La crisi dei due grandi lumi - Il progressivo declino dei due grandi universalismi che avevano dominato il panorama intellettuale e politico nel periodo precedente rappresentati dal papato e dall impero coincide con una crescente legittimazione, sul piano politico, dei comuni e delle grandi monarchie. Proprio di queste ultime forme di organizzazione statale e di governo si occup Egidio Romano, che nel De regimine principum (1277-79) elabora una teoria politica di stampo monarchico, mutuando elementi derivanti dalla tradizione politica aristotelica e da quella agostiniana. Lo stato monarchico lunica formazione istituzionale in grado di garantire alluomo una vita virtuosa: senza una forma di governo che mitighi i tratti pi deteriori della natura umana, infatti, anche la societ pi virtuosa rischierebbe di degenerare in breve tempo. Si rende perci necessaria una sovranit quasi incarnazione dello spirito della legge - svincolata da qualsiasi altra forma di amministrazione, di legislazione e di potere (sia essa politica o spirituale), che si ponga come medium vivente fra la legge naturale ed eterna stabilita da Dio e la legge positiva, sua attuazione terrena. Un ulteriore esempio di difesa delle prerogative del potere regio costituito dallopera del francese Giovanni Quidort (Giovanni da Parigi, 1269-1306): nel suo De potestate regia et papali (1302-3), sono riafermate in maniera decisa le prerogative del re, mentre vengono aspramente criticate le velleit pontifcie. Al vescovo di Roma non pu essere riconosciuto alcun potere circa la designazione dei sovrani temporali, scelti da popolo ed investiti direttamente da Dio. A fondamento della teoria di Giovanni si trovano ancora una volta caratteri aristotelici, venati da concezioni politiche di stampo democratico e popolare: la migliore forma di governo per lui quella mista, in cui la componente popolare faccia da contrappeso allautorit del sovrano e dellaristocrazia, mentre la netta divisione di poteri fra il pontefce e il sovrano mira soprattutto a mettere al riparo questultimo dalla pretesa pontifcia di poter deporre il principe la cui condotta fosse stata giudicata insoddisfacente. La facolt di deporre un sovrano , secondo Giovanni, di esclusivo appannaggio di coloro che lo hanno idealmente issato sul trono, mentre allimperatore va riconosciuta la possibilit di esimere il suo popolo dal vincolo di obbedienza nei confronti di un papa che si sia macchiato di colpe gravi, e quella di invitare il concilio - o i cardinali che hanno eletto il pontefce- a deporlo. Alla limitazione dellautonomia del pontefce sul piano eminentemente politico va ad aggiungersi il tentativo di minare la predominanza (anche simbolica) del vescovo di Roma, persino nellambito delle questioni teologiche. Nello scontro fra pubblicisti di parte regale e pontifcia interviene anche Egidio Romano, a distanza di ventanni dal De regimine principum (1277-79). Modifcando profondamente la propria posizione, nel trattato De potestate ecclesiastica, del 1301, Egidio difende posizioni di stampo ierocratico, sostenendo lassoluta superiorit dellautorit pontifcia nei confronti di qualsiasi altra forma di potere. Largomentazione, venata di agostinismo e non priva di frequenti richiami alla simbologia biblica, ove il sostrato flosofco della questione rimane solo accennato, si pone su un piano di contiguit rispetto alla contemporanea polemistica politica (in particolare autori come Enrico di Cremona, m.1312; Jacopo Capocci di Viterbo, m.1308; Agostino Trionfo,1243-1328) ed in linea di continuit con il dettato pontifcio di alcune celebri bolle di Bonifacio VIII (Unam Sanctam [1302], Ausculta flii [1301]). Pur non potendo analizzare nello specifco la posizione assunta da Dante Alighieri allinterno di questa controversia, indispensabile ricordare come la sua Monarchia (1311-13), ove la reciproca autonomia del potere imperiale e di quello papale d vita alla metafora dei 'due soli', sia stata considerata unopera eretica, tacciata di averroismo, addirittura condannata formalmente nel 1328 dal cardinale Bertrand de Poujet e posta al rogo. Marsilio da Padova e la concezione terrena dello Stato - Una reazione di simile durezza fu riservata aMarsilio de Mainardini (Marsilio da Padova) ed alla sua opera. Nella teoria politica elaborata da Marsilio, stato ed impero non hanno fnalit etiche o religiose: il loro unico per quanto insostituibile valore risiede nel fatto che queste forme di convivenza sono fondamentali per il mantenimento di quella condizione di pace generale (defnita anche salute oppure buona disposizione) che necessaria per la sopravvivenza del genere umano. Nel Defensor pacis (1324), infatti, si trova una ampia e sistematica trattazione della teoria dello Stato (aristotelicamente deifnita politia) e dei rapporti che debbono intercorrere fra la societ politica e la comunit dei fedeli. Il contesto socio-politico in cui Marsilio si trova ad operare, forse pi della stessa lettera dellopera, pu indurre a pensare che fatte salve le prerogative genuinamente democratiche del modello di Stato da lui concepito la sua idea di popolo possa essere rappresentata da quella parte di cittadini naturalmente sana e non deformata: tuttavia nel Defensor non ci si soferma esplicitamente n sulla forma di governo da preferire n sui criteri per la sua nomina. Appare certo, invece, che allinterno dellorganizzazione dello Stato il potere deve rimanere unico ed indivisibile, con lovvia conseguenza che ogni velleit ecclesiastica rimane frustrata. In questa prospettiva le pretese ierocratiche avanzate dalla gerarchia ecclesiastica risultano del tutto prive di fondamento, e di pertinenza della chiesa rimane la sola funzione evangelizzatrice: la predominanza della fgura del pontefce risulta perci fortemente ridimensionata, a tutto vantaggio dellistituto conciliare, che rimane tuttavia assolutamente privo di potere coercitivo in ambito mondano. Le tesi di Marsilio vennero immediatamente condannate negli ambienti vicini alla curia pontifcia, soprattutto in autori come Guglielmo Amidani di Cremona o Alvaro Pelagio (autore di un De planctu Ecclesiae), strenui oppositori della visio politica elaborata da Marsilio. Essa tuttavia non rimase confnata nel novero della speculazione teorica, ma ebbe rifessi pratici molto importanti: Marsilio, infatti, nel 1328 fu lorganizzatore della cerimonia con cui Ludovico il Bavaro venne incoronato imperatore per mano di Sciarra Colonna, rappresentante del popolo romano, unico detentore della potestas di attribuzione del potere imperiale. La concezione terrena dello Stato codifcata da Marsilio, sebbene fortemente avversata dagli ambienti flo-papali, godette di ampia popolarit non solo fra i suoi contemporanei, ma contribu in maniera decisiva allo sviluppo del dibattito intorno alle dottrine politiche per tutto lUmanesimo passando per let della Riforma e fno al XVII secolo. (EDI)