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passim). Questidea di una prima trasformazione economica moderna o immediatamente pre-moderna, in cui il
Massachusetts e la Cina meridionale vengono egualmente
coinvolti in un ruolo attivo, e non passivo, quella che pi
interessa al nostro autore.
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oggettive dellesistenza, possono essere studiati individualmente e in maniera approfondita. Qui lo sguardo pu
arrivare pi in profondit, lo studioso pu trovare risposte pi credibili alla domanda: cosa si nasconde dietro parole quali borghesi, lavoratori, contadini, patrioti, ribelli,
possidenti, feudatari, banditi, schiavi, ricchezza, povert,
legittimit, ingiustizia?
Unultima notazione. Poco spazio riservato da Bayly allItalia, e nessun libro di storici italiani figura nella
sua bibliografia. Non gliene facciamo una colpa perch
sappiamo quanto poco la nostra storiografia conti nella
riflessione internazionale. Si consideri per questo brano: Nel 1870, sotto la guida di un Piemonte in via di
rapida industrializzazione e modernizzazione, lItalia si
unific definitivamente. [] Bench specialmente al Sud
i latifondisti vi mantenessero un grande potere, una piccola classe media industriale con proprie basi a Torino
e Milano, adottando consapevolmente il toscano come
lingua parlata, seppe dare al paese un certo grado di consistenza (p. 239).
Il Piemonte non assunse la guida del movimento nazionale per il suo livello di industrializzazione (lindustrializzazione non era nemmeno cominciata a quella
data), non so immaginare cosa si intenda per piccola
classe media industriale di Torino e Milano. Non questo il periodo in cui fu fatta la scelta del toscano come
lingua nazionale, e non comprendo comunque perch
mai questa scelta dovrebbe essere attribuita a una e non
a unaltra frazione regionale della classe dirigente della nuova Italia. Eppure Bayly sa, e scrive, che al 1870
llite dirigente, anche in Paesi pi avanzati dellItalia,
era composta da professionisti, notabili, possidenti, e in
una misura davvero modesta da industriali. Siamo evidentemente di fronte a una difficolt nel definire realisticamente i gruppi sociali-locali che va imputata alla
storiografia cui il nostro autore attinge, anche se a lui
va imputata una qualche mancanza di senso critico.
ironico che nella trattazione di un caso specifico, magari marginale, lo stereotipo dellindustrializzazione come
motore immoto della modernit riacchiappi anche lui,
cos impegnato a confutarlo in linea generale. Mi confermo nellidea che la relazione tra storia globale e storie
nazionali (per non dire delle storie locali) resti proble-
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