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LUCREZIO

DATI BIOGRAFICI E CRONOLOGI Le notizie sulla vita di Lucrezio sono scarse e incerte: san Gerolamo
colloca la data di nascita nel 94 a.C., divenuto folle per un filtro damore sarebbe morto suicida a 43
anni, interrompendo alcune opere pubblicate postume da Cicerone. Alcuni studiosi collocano la sua
nascita nel 98 a.C. e la morte nel 55 a.C. poich Donato indica questanno come lanno in cui Lucrezio
mor e Virgilio assunse la toga virile. Questa data di morte sarebbe confermata da una lettera di
Cicerone al fratello Quinto (54 a.C.): si suppone che essi fossero impegnati nella pubblicazione di cui
parla Gerolamo, quindi la data giusta sarebbe quella di Donato. Le notizie riguardanti la pazzia e il
suicidio sono controverse, infatti Gerolamo non le ha desunte da Svetonio, sua fonte abituale, ma
abbia appoggiato una leggenda cristiana nata per denigrare il poeta, che si era impegnato per
affermare la mortalit dellanima e linesistenza dellaldil. Dal poema non si possono ricavare ne
conferme ne smentite alle notizie geronimiane o dedurre altri dati storico-biografici relativi alla vita
dellautore. I nomi Tito Lucretius Carus sono riportati dai codici che ci conservano lopera, i
contemporanei non parlarono del poeta a eccezione della lettera di Cicerone. Si suppone quindi che
Lucrezio vivesse nellombra, seguendo la filosofia epicurea, lontano dalla vita politica e sociale che
dipinge negativamente. La sua opera principale, il De rerum natura, dedicata a Memmio, un
optimates e pretore nel 58 a.C., descritto da Cicerone come amante della letteratura greca e poeta.
LA POETICA DI LUCREZIO E I PRECEDENTI LETTERARI Il De rerum natura un poema epico-didascalico
in esametri, diviso in 6 libri. Didascalico in quanto il suo oggetto lesposizione della filosofia
epicurea, diffusa nei territori romani, che egli voleva diffondere ulteriormente poich riteneva che
essa fosse la soluzione ai problemi esistenziali umani. Epico rimanda alla celebrazione di Epicuro. Il
titolo del poema la traduzione del greco Peri physeos (sulla natura), titolo di numerose opere greche
e di Epicuro, da cui il poeta prese ispirazione. Esso era un trattato in prosa, poich la poetica era
criticata severamente e con forti riserve. Epicuro, infatti, riteneva che la poetica non servisse alluomo
per raggiungere la verit e la saggezza, ma addirittura nociva e portatrice di favole, menzogne e un
incentivo alle passioni. Lucrezio, allinizio del poema, chiarisce la scelta della forma poetica
dichiarando che essa servisse a mediare in modo efficace contenuti salutari ma difficili: espose la
dottrina epicurea come i medici, dovendo somministrare una medicina ai bambini, cospargono la
tazza di miele. La scelta della forma poetica, inoltre, appare in sintonia con le tendenze letterarie
contemporanee, il poema didascalico era tra le forme pi congeniali del gusto alessandrino. Questo
genere poetico aveva finalit di ammaestramento e si affianc a quello eroico grazie a Esiodo che
scrisse un poema in esametri dando nozioni di agricoltura e navigazione. Ma Lucrezio si affianc al
filone scientifico-filosofico, di cui era il maggior rappresentante Empedocle (scrisse Sulla Natura).
Lucrezio lo esalta nel primo libro insieme a Ennio (punto di riferimento per lo stile e la lingua).
CONTENUTO, STRUTTURA COMPOSITIVA E LINGUAGGIO DELLOPERA
LA MATERIA DEL POEMA Loriginalit lucreziana emerge sin dal proemio, che si apre con una
preghiera a Venere, dea progenitrice e protettrice dei Romani. evidente linfluenza del genere epico,
che prevedeva linvocazione alla divinit del proemio. La presenza di Venere ha vari significati
essendo dea dellamore, del piacere e della fecondit; simbolo della forza generatrice della natura e
della felicit che deriva alluomo dalla conoscenza e dallaccettazione delle leggi naturali. Una
contraddizione con la dottrina epicurea rappresentata dalla richiesta alla dea di assicurare la pace ai
Romani, dato che secondo essa gli dei non si interessano delle vicende terrene; ma essa un
omaggio alla tradizione letteraria. Il poeta accoglie i topoi proemiali tradizionali, con la novit
dellinvocazione di una dea, personificazione della rerum natura (argomento dellopera) e della
voluptas (scopo della vita). Dopo linno a Venere e la dedica a Memmio, il proemio prosegue con un
breve ma intenso elogio di Epicuro, eroe dellumanit. Poi il poeta, temendo che Memmio ritenga che
la dottrina fosse empia, racconta il sacrificio di Ifigenia, figlia di Agamennone, immolata con il
consenso del padre per propiziare la partenza dei greci per la guerra di Troia: per il poeta la religione
(soprattutto usata a scopi politici) spesso causa di fatti empi e scellerati. Tratta poi la fisica
epicurea: presenta la dottrina degli atomi, le particelle di cui fatta la realt, essi sono indivisibili e
innumerevoli, formano i corpi aggregandosi e si dissolvono disgregandosi. Dunque nulla si crea e nulla
si distrugge, non esiste nessuna realt al di fuori della materia degli atomi (eterna). Nellultima parte

del libro viene affermata e dimostrata linfinit delluniverso. Il libro II si apre con la contrapposizione
dellatarassia (serenit imperturbabile del saggio) con la stoltezza e linfelicit della maggior parte
degli uomini legati alle passioni. Riprende il movimento e le combinazioni degli atomi, rese possibili
dal clinamen (la deviazione o inclinazione che modifica le traiettorie verticali del movimento degli
atomi nel vuoto); afferma poi la presenza di infiniti mondi in un infinito spazio, essi si formano,
crescono ed evolvono per poi decadere e perire; anche il nostro mondo soggetto a questevoluzione.
Il libro III si apre con la celebrazione di Epicuro, tratta poi largomento delanima (principio vitale
diffuso in tutto il corpo) e la sua mortalit: lanima e lanimus (mente, la sede delle facolt razionali)
sono composti da atomi, destinati a disperdersi con la morte, in quellistante lorganismo, la coscienza
e la sensibilit si dissolvono, cos come la possibilit di sofferenza. La paura della morte quindi
fondata su credenze vane e errate (tema finale del libro). Il libro IV presenta la teoria delle sensazioni,
provocate da atomi sottilissimi aggregati (simulacra) che si staccano dagli oggetti e dai corpi,
colpendo i sensi. Vengono illustrati i sensi (vista ecc.) e il modo in cui i simulacra determinano le
immagini che vediamo nei sogni. Il finale tratta della fisiologia del sesso e la psicologia dellamore. Il
libro V si apre con un altro elogio di Epicuro, tratta delluniverso (non eterno e non creato dagli dei
vivono fuori dal mondo immortali e felici), che si formato dallaggregazione di atomi. Descrive la
terra e il cielo, il movimento dei corpi celesti, tratteggiando una sintesi della storia dellumanit (dalle
origini ferine a forme pi evolute di civilt). Lultimo libro si apre con lelogio di Atene ed Epicuro, il
suo figlio pi grande, Vengono descritti i fenomeni meteorologici e naturali, che provocano nelluomo
il timore degli di. Lultima parte del libro dedicata alle epidemie e alle loro cause, il poema si
chiude con la descrizione della peste di Atene (430 a.C.): secondo il racconto di Tucidide, Lucrezio
traccia un racconto non meno tragico e raccapricciante, ma dimostra un coinvolgimento emotivo
maggiore.
LA STRUTTURA E LA LINGUA DEL DE RERUM NATURA La struttura chiara e ordinata, solidamente
costruita e compatta. Essa caratterizzata dal fatto che i libri sono raggruppati a due a due: la prima
coppia tratta degli atomi (fisica), la seconda delluomo e del suo organismo (antropologia), la terza del
mondo (cosmologia). Manca lesposizione della dottrina morale, ma letica epicurea presente
attraverso richiami continui nei vari libri. Ogni libro ha un proemio, pi o meno ampio, e un finale che
tratta di un tema specifico, non propriamente digressivo, ma assume valore per limportanza artistica
e per lestensione. Soprattutto i finali dei libri III, IV, V, VI sono dei poemetti quasi a se stanti per
linteresse contenutistico e stilistico. Molti studiosi ritengono che il poemetto sia incompiuto e sembra
dimostrarlo che nel libro V ci sia un rimando alle sedi degli di che manca. Tuttavia la maggior parte
de difetti sembra appartenere a una tecnica e un gusto diversi e meno raffinati. Sono frequentissime
le ripetizioni di termini ed espressioni, volute e simili allepica greca. Hanno anche la funzione di
ricordare al lettore gli argomenti gi trattati e porre laccento su concetti fondamentali (iterazioni,
chiarezza ed efficacia didattica). Sono presenti vocaboli dalluso quotidiano, cos si giunge a parlare di
rusticit ed estraneit di Lucrezio allambiente culturale contemporaneo. Il carattere che segna
maggiormente il linguaggio e lo stile lucreziani la patina arcaicizzante (rimandi ad Ennio).
Linnovazione dellopera segnalata dal lessico, straboccante di termini scientifici e filosofici latini
che traducono quelli greci. Lucrezio, infatti, lamenta la povert della lingua latina e colma le lacune
attraverso i calchi, termini gi esistenti in latino che assumono nuove accezioni tecnico-filosofiche,
eccezionale anche il ricorso a prestiti, parole greche traslitterate.
LUCREZIO POETA DELLA RAGIONE Lucrezio lotta per far prevalere la luce rasserenante della verit, il
suo scopo, sulle tenebre dellignoranza. Gli uomini si affannano perseguendo falsi scopi e non si
rendono conto che la natura richiede solo lassenza di dolore fisico e spirituale, ottenibile appagando i
bisogni elementari. Il piacere consiste nellassenza e nella cessazione di dolori e desideri, la felicit
coincide con latarassia, resa possibile dalleliminazione delle paure irrazionali e dalle passioni
perturbatrici (amore, odio ecc.): egli conduce la sua battaglia contro tali paure e passioni in nome
della ragione. La portata anticonformistica lucreziana evidente nella condanna dellambizione
politica e della lotta per il potere: la scelta giusta vivere appartati, lasciando stare le fatiche (come
la guerra). Tra le passioni che impediscono il raggiungimento dellatarassia e della voluptas c
lamore (tormentoso e costantemente insoddisfatto), dal cui appagamento nasceranno dolore e
disgusto. Le forme di stoltezza pi gravi sono la paura della morte (nasce dallimmortalit dellanima
e castighi ultraterreni) e degli di (essi vivono fuori dal mondo, beati ed eterni, incuranti delle

faccende umane, luniverso non stato creato dagli di ma dallaggregazione degli atomi). Lucrezio
smentisce la teoria secondo la quale il mondo sia stato creato per luomo da una mente esterna,
dicendo che se cos fosse la vita sulla natura non sarebbe cos complicata. Lucrezio descrive un
quadro pessimistico e desolato della condizione umana, per questo gli stata attribuita una visione
pessimistica contrastante con lepicureismo. Laccentuazione dei lati negativi ha un fine polemico: il
poeta vuole confutare la fede in un dio creatore, lottimismo naturalistico e lantropocentrismo delle
altre correnti filosofiche (provvidenzialismo e finalismo). La tesi del pessimismo stata sostenuta da
studiosi ostili alle ideologie lucreziane a causa delle posizioni materialistiche e antireligiose:
laffidamento alla ragione era visto dagli studiosi come una visione tragica e disperata dellesistenza.
Ma non si pu definire pessimista chi afferma con convinzione che luomo possa trasformare
positivamente una situazione esistenziale difficile e dolorosa, sconfiggendo la sofferenza e
conquistando la felicit. Nonostante ladesione totale nei confronti della dottrina epicurea, affiora una
sottile inquietudine e un senso di sconforto nella visione desolata del mondo nellopera. Linstabile
equilibrio tra la fiducia nella ragione e le tentazioni del dubbio sono accentuate nellultima parte del
De rerum natura, quando si tratta largomento della peste di Atene: strano che unopera scritta per
liberare luomo dalle paure tratti un argomento agghiacciante e angosciante. Secondo alcuni studiosi
sta proprio qua lincompletezza dellopera, altri lo collegano con la depressione del poeta, altri ancora
ritengono sia la rappresentazione simbolica e metaforica della vita non epicurea: il trionfo della morte
contrapposto allelogio di Epicuro e di Atene, ma anche al trionfo della vita nellinno a Venere. Questo
contrasto fra i proemi e il finale voluto da Lucrezio. Il De rerum natura, non cerca una conclusione,
ma essa gi presente nel proemio dellopera. Il poeta consapevole dei mali del mondo ed
convinto che lunico modo per distruggerli sia affidarsi alla ragione.
LINNO A VENERE (vv.1-43) Il proemio del grande poema didascalico di Lucrezio, il De rerum natura,
fondamentale per introdurre i temi fondamentali alla base delloperazione letteraria, filosofica e
culturale che il poeta si prefigge con la propria opera. Lapertura del testo dedicata allinvocazione a
Venere (Aeneadum genetrix), dea dellamore e principio vitale della continuit dellesistenza, cui
Lucrezio chiede innanzitutto intercessione affinch circonfonda di lepos (v. 15 e v. 28; ovvero di grazia
e bellezza poetica) il proprio arduo impegno di divulgazione e spiegazione della filosofia di Epicuro nel
mondo romano. La seconda richiesta poi quella che la dea, simbolo di pace, si rivolga al dio della
guerra Marte per assicurare a Roma un periodo di pace in una situazione drammatica come quella
delle guerre civili (v. 41: hoc patriai tempore iniquo). Non manca la dedica e la captatio
benevolentiae del protettore patrizio, Gaio Memmio (v. 26: Memmiadae nostro; v. 42: Memmi clara
propago), che diventa il destinatario ideale del progetto di Lucrezio: presentare e diffondere
lepicureismo tra le lites culturali di Roma, invitandole alla scoperta di una filosofia estranea al mos
maiorum ma che per Lucrezio doveva costruire lasse portante delle conoscenze scientifiche e degli
insegnamenti etici del nuovo ceto dirigente. Lo stile di questo proemio particolarmente sublime,
come richiede limportanza del momento e la solennit dellargomento: troviamo allora genitivi
singolari e plurali con desinenze arcaiche (in -ai e in -um), forme particolari e poco usate di sostantivi
e verbi, luso di allitterazioni e di serie di aggettivi in successione, la costruzione di immagini tanto
elaborate quanto memorabili, lattenzione nella scelta delle congiunzioni subordinanti per scandire le
proprie argomentazioni scientifico-filosofiche. Attraverso questo stile elevato e retoricamente
elaborato, Lucrezio vuole trasmettere al proprio lettore il senso di novit straordinaria della parola e
degli insegnamenti di Epicuro (presentati ad esempio nel proemio del secondo libro), e invitarlo in un
difficile viaggio (estetico e gnoseologico al tempo stesso) mai intrapreso prima da alcun esser umano.
Metro: esametro dattilico.
ELOGIO DI EPICURO (vv.62-79) e LEPICUREISMO NON PU ESSERE ACCUSATO DI EMPIET (vv.80-101)
Ai vv.62-79 si legge quindi lelogio di Epicuro, che viene indicato come il primo ad aver avuto il
coraggio di liberarsi dalloppressione della religio e ad aver cos permesso allumanit intera
di vincere la superstizione e le paure da questa generate. Per Lucrezio, il filosofo colui che ha
liberato lumanit da una condizione di servit e di dipendenza, restituendo agli uomini la dignit e la
libert di ragione. Nei vv.62-71 Lucrezio delinea la vita terrestre prima della liberazione del genio di
Epicuro. Lucrezio insiste particolarmente sul primato del suo maestro: ai vv.66-67 si pu notare la
ripetizione in poliptoto di primum (come avverbio) e primus (come aggettivo), che poi ritorna a
v.71 in corrispondenza della cesura semiquinaria. Si veda poi linsistenza sullavverbio contra, posto

alla fine di due versi consecutivi (vv.66-67), secondo la figura retorica dellepifora, che rafforza
limmagine di Epicuro come strenuo oppositore della tradizione. Il filosofo greco infatti presentato
come un eroico combattente in virt non delle sue doti fisiche ma del suo acume intellettuale: egli
infatti stato lunico pensatore capace di penetrare la vera natura del mondo e delluniverso e di
trasmettere agli altri uomini la giusta comprensione del cosmo e delle sue leggi, nonch del senso
della vita umana. Dal v.80 Lucrezio si rivolge direttamente al lettore e lo invita a non temere lempiet
della dottrina epicurea. Secondo lautore, non lepicureismo con la sua critica alla religiosit
tradizionale a portare luomo verso azioni contrarie alla morale, ma proprio la religio che ha
condotto gli uomini a gesti di grave empiet. Tra tutti, Lucrezio sceglie lesempio emblematico del
sacrificio di Ifigenia, uccisa dal padre Agamennone per placare lira degli dei (soprattutto Artemide) e
assicurare una felice navigazione agli Achei verso Troia. Si deve notare come Lucrezio prediliga la
versione del mito meno diffusa e meno edulcorata: non a lieto fine, bens quella raccontata da Eschilo
nel prologo dellAgamennone, in cui Ifigenia, presentata come una vittima muta e riluttante alla
morte, realmente sacrificata dal padre. Solo questa versione del mito, infatti, consentiva al poeta di
mettere in luce come dalla piet religiosa possano nascere azioni empie. Dellepisodio mitico, Lucrezio
descrive solo i momenti precedenti il sacrificio, concentrandosi soprattutto sulla caratterizzazione
psicologica del personaggio di Ifigenia: attraverso i suoi occhi vediamo il padre vicino allaltare, i
sacerdoti che celano larma del sacrificio e gli occhi pieni di lacrime dei concittadini; poi la ragazza
viene trascinata allaltare e fatta inginocchiare. La descrizione del sacrificio, come gi in Eschilo,
taciuta, mentre una lapidaria sententia conclude e commenta lintero episodio: tantum religio potuit
suadere malorum (ovvero: la religio pot persuadere a compiere cos grandi mali).

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