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Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica

Introduzione alla fenomenologia di Edmund Husserl


Il primo volume di Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica intitolato
Introduzione alla fenomenologia, e come tale verr trattato. La prospettiva che si intende assumere
infatti quella della filosofia teoretica, quindi si lasceranno da parte le preoccupazioni
storiografiche di contestualizzazione sia all'interno della storia della filosofia, sia all'interno del
percorso filosofico dell'autore; si tratta indubbiamente di una semplificazione ma volta a
concentrarsi sulla comprensione di un testo indubbiamente complesso in quanto estremamente
denso di concetti, scritto di getto (per pubblicarlo sul primo numero della sua nuova rivista),
riguardante problemi diversi e spesso complessi analizzati con un approccio analitico (ogni
problema considerato in tutte le sfaccettature). Si cercher per di avere un'impostazione critica,
valutando il prezzo che l'autore ci costringe a pagare per accettare le sue argomentazioni e
considerando questo come metro di valutazione per accettare o meno i ragionamenti di Husserl (ad
esempio rifiuteremmo la teoria di Berkeley perch per confutare lo scetticismo ci chiede in
cambio di accettare una posizione fortemente idealista), ed eventualmente per portare proposte
alternative.
Introduzione
La fenomenologia una scienza diversa dalle altre e fondamentalmente nuova in quanto lontana dal
modo naturale di pensare. Essa si pu per affermare, una volta compresa e sviluppata, come
scienza fondamentale della filosofia, in grado di porre in modo radicalmente nuovo i genuini
problemi filosofici attraverso un allargamento di orizzonte.
Si definisce scienza dei fenomeni, ma mentre la altre scienze si occupano di una classe specifica di
fenomeni, essa si occupa di tutti i fenomeni possibili, con un atteggiamento che le specifico:
l'atteggiamento fenomenologico. Viene spesso confusa con la psicologia empirica, in quanto si
occupa della coscienza con i suoi tipi di vissuto come punto di partenza.
L'obiettivo del primo libro portare gradualmente ad abbandonare il punto di vista naturale
partendo da esso stesso attraverso il metodo delle riduzioni fenomenologiche, per giungere poi a
superare i limiti dell'indagine naturale, conquistando infine il libero orizzonte dei fenomeni
trascendentalmente purificati (terreno d'indagine della fenomenologia pura) e mettendo a nudo i
presupposti essenziali dello stesso atteggiamento naturale.
La fenomenologia in particolare si differenzia dalle altre scienze (la psicologia, ad esempio) perch
non si occupa di dati di fatto e non si occupa di oggetti reali parti del mondo. Essa sar infatti
scienza di essenze (scienza eidetica, relativa all'eidos o Wesen), raggiunte attraverso riduzione
eidetica (dal fenomeno individuale all'essenza universale) e irreali in quanto trascendentalmente
ridotti (non parte della realt/mondo reale).
Il secondo libro si occuper dei rapporti tra fenomenologia e altre scienze (fisiche, psicologiche,
dello spirito e a priori). Il terzo libro infine tratter l'idea di filosofia, il cui fine la conoscenza
assoluta in grado di fondare ogni metafisica che voglia presentarsi come scienza rigorosa.
Si fa anche notare che le ricerche qui esposte comunque non sono definitive quanto a
chiarificazione e fissazione delle idee fondamentali.
Libro Primo: Introduzione generale alla fenomenologia pura
Sezione Prima: Essenza e conoscenza eidetica
Capitolo Primo: Dato di fatto ed essenza
Si costruisce in questo capitolo una teoria degli oggetti, un'ontologia che parte dall'esperienza, in
grado di rendere conto del rapporto tra individuo ed essenza, per giungere ad una mappa della
struttura formale di quel che si pu conoscere. Il ragionamento sta nell'ottica di individuare un
campo di indagine specifico per la filosofia come scienza rigorosa, in quanto ogni scienza si occupa

di un campo di fenomeni, ma non esistono fenomeni (dati di fatto) filosofici, n si pu accettare di


considerare la filosofia, come pensava Russell, un movimento verso la scienza in cui si prefigurano
confusamente le teorie che questa studier rigorosamente, oppure un'officina di visioni del mondo
(Weltanschauung) prive di valore scientifico. Vi sono per innegabilmente domande filosofiche,
quindi le scienze naturali non esauriscono gli ambiti della conoscenza; si giunger quindi a definire
un oggetto specifico della filosofia (saranno gli eide) tale che questa abbia valore conoscitivo e
possa quindi essere scienza (cio insieme di proposizioni vere su di un ambito specifico). Del resto
chiaro che le proposizioni filosofiche abbiano una pretesa di universalit e generalit, quindi non
possono riferirsi ad una realt empirica.
Conoscenza naturale ed esperienza
La conoscenza secondo l'atteggiamento naturale sorge con l'esperienza ed in essa permane.
L'orizzonte di tutte le possibili indagini secondo tale atteggiamento il mondo e le scienze che lo
indagano sono tutte le scienze nel senso tradizionale del termine (scienze del mondo, naturali, sia
relative al mondo materiale sia agli esseri animati nella loro natura psicofisica, ma anche scienze
dello spirito). Ad ogni scienza corrisponde un ambito specifico di ricerca, e ad ogni suo concetto
corrisponde un'intuizione come fonte originaria, intuizione in cui si manifesta la datit originaria
degli oggetti di quel determinato ambito.
L'intuizione originariamente offerente (della datit originaria dell'oggetto in carne ed ossa,
leibhaft, del suo essere qui) la percezione nel senso usuale del termine. Abbiamo esperienza
originaria delle cose fisiche nella percezione esterna, ma non pi nel ricordo, nell'immaginazione o
nell'anticipazione dell'attesa.
Abbiamo esperienza originaria di noi stessi e dei nostri stati di coscienza nella percezione interna,
ma non possiamo averla degli altri e dei loro vissuti. Intuiamo i vissuti degli altri sulla base della
percezione delle loro manifestazioni corporee per entropatia, ma questa intuizione non
originariamente offerente.
Il mondo diviene quindi l'insieme degli oggetti di esperienza possibile e della conoscenza empirica
possibile (reale, immaginabile o testimoniata dalla memoria nostra o altrui) di oggetti che poi, sulla
base di esperienze attuali, diventano conoscibili dal pensiero teoretico. Per affermare che un oggetto
esiste quindi si dovr esibire una serie di percezioni possibili e intersoggetivamente verificabili che
lo possano testimoniare. Diviene cos evidente che per esempio affermare che i sensi ingannano
indimostrabile, in quanto servirebbero testimonianze che lo dimostrino, ma si entrerebbe in
contraddizione.
In questo mondo non esiste del resto, ad esempio, l'oggetto elettrone, se non come modo di pensare
una serie di risultati della nostra percezione, i quali riveleranno invece oggetti di questo mondo.
Dati di fatto. Inseparabilit di dati di fatto ed essenza
Le scienze d'esperienza sono scienze di dati di fatto, in cui i singoli dati conoscitivi pongono il reale
individualmente, con una forma, esistente nel tempo e nello spazio. L'essere individuale di ogni
specie quindi contingente ( cos ma per sua essenza avrebbe potuto essere diversamente):
avrebbero potuto essere in un altro punto (di tempo e spazio) o avere un'altra forma, ma sono cos.
Allo stesso modo potrebbe modificarsi in qualsiasi momento.
Le leggi naturali che si derivano dall'esperienza saranno sempre soltanto regole fattuali, che
potrebbero essere completamente diverse, e peraltro presuppongono gi in se stesse che gli oggetti
da esse ordinati siano contingenti.
Questa contingenza per trova il suo limite in una necessit, che non indica il semplice sussistere
fattuale di una regola di coordinazione tra dati di fatto spazio-temporali, ma ha il carattere di una
necessit eidetica. Al senso di ogni essere contingente appartiene un'essenza, un eidos afferrabile
nella sua purezza (come abbiamo inteso prima dicendo cos ma per sua essenza avrebbe potuto
essere diversamente), inserito in una gerarchia di essenze di diverso grado di generalit.
Ogni cosa ha degli aspetti variabili entro un campo di variazione costante (posso variare la
saturazione di un colore entro una scala determinata, e comunque non potr fare in modo che non

abbia saturazione); l'insieme di questi aspetti costituir l'eidos di quella cosa, che per questo pu
essere ben definita anche struttura. Un elemento di struttura, relativo all'eidos, qualcosa che non
posso logicamente pensare in modo diverso che com' (non posso immaginare un corpo non esteso),
a differenza delle caratteristiche reali, che possono essere diversamente (un foglio bianco potrebbe
essere giallo, ma non triste).
Un oggetto individuale non qualcosa di semplicemente individuale, un questo qui, un qualcosa di
irripetibile, ma, in quanto in se stesso costituito in un determinato modo, possiede il suo
carattere specifico, la sua compagine di predicati essenziali che necessariamente gli competono,
oltre ai quali pu ricevere altre determinazioni secondarie e relative.
Questa percezione detta intuizione eidetica (intuizione di essenze come la percezione intuizione
di cose materiali) ed un'universalizzazione non arbitraria, ma richiesta necessariamente dalla
natura delle cose. Definito che vi sono caratteri strutturali infatti non sarebbe conseguenza
automatica l'esistenza di un oggetto essenza, ma per Husserl non vi criterio di evidenza pi
immediato della percezione (reale o possibile), quindi le caratteristiche strutturali che da questa si
deducono devono riferirsi a caratteri del reale.
Vedere eidetico e intuizione di qualcosa di individuale
Ogni cosa materiale ha la sua specificit eidetica, a partire da quella di cosa materiale in generale.
Tutto quel che appartiene all'essenza di un individuo pu appartenere anche ad un altro e le
generalit eidetiche delimitano regioni o categorie di individui.
Ogni essenza (quid) pu essere trasposta in un'idea. L'intuizione empirica individuale, ma pu
essere trasformata in un vedere eidetico, infatti le essenze provengono dal secondo momento della
percezione: oltre all'intuitivit vi la datit, cio la percezione di eide, che quindi si percepiscono,
non si traggono da ragionamenti o astrazioni (alla domanda che differenza c' fra rosso e giallo? si
pu rispondere solo mostrando il rosso ed il giallo, e in tal modo si far percepire l'essenza di tali
colori). Esperiamo universali.
Tuttavia questa visione eidetica pu essere adeguata (ad esempio l'essenza di suono) o inadeguata,
e non solo in modo contingente (visione pi o meno chiara e distinta), ma anche in modo essenziale,
poich alcune essenze si offrono solo da un lato in quanto le corrispondenti singolarizzazioni
individuali si offrono solo in tal modo (vedo un oggetto sempre solo da una prospettiva, quindi una
figura si arricchisce in infinitum con il succedersi delle esperienze, che per percepisco come unit
sottostante le variazioni) o nella successione (tre note come parti di una terza non esistono -in
quanto tali- senza una terza) e mai da tutti i lati.
L'essenza deve essere intesa puramente come un momento da rilevare intuitivamente nel suono
individuale, sia considerato singolarmente, sia confrontato con gli altri (come elemento comune).
Le essenze possono essere rappresentati in altri atti, come il pensiero, la parola, o come oggetti nel
senso necessariamente lato della logica. Ogni soggetto di possibili predicazioni vere del resto ha
maniere proprie di presentarsi ad uno sguardo capace di rappresentarlo ed intuirlo, prima di ogni
pensiero predicativo. L'intuizione dell'essenza infatti vedere in senso pregnante e non mera
presentificazione (o astratta generalizzazione), intuizione originariamente offerente, capace di
afferrare l'essenza in carne ed ossa. Essa per immediatamente percepita come specie diversa
dalle mere oggettivit materiali, come nettamente distinte sono le rispettive intuizioni, per quanto
strettamente legate (l'intuizione eidetica non pu avvenire se non a partire da un oggetto materiale
di cui si serve come esempio e la nostra percezione degli oggetti comprende necessariamente le
intuizioni eidetiche come libera possibilit di ideazione e quindi di orientare il proprio sguardo
verso la corrispondente essenza).
La distinzione tra le due intuizioni ricalca quella tra gli oggetti: eidos e dati di fatto, e questa netta
distinzione la base per rifiutare ogni interpretazione mistica (ad esempio platonica) dei concetti di
idea ed essenza.
Vedere eidetico e fantasia. La conoscenza eidetica indipendente da ogni conoscenza di dati di fatto
L'intuizione di essenze del resto pu avvenire (ed essere esemplificata) non solo attraverso datit

dell'esperienza, ma anche della libera fantasia. Anche immaginando una figura spaziale
irrealizzabile, ottenuta dalla mia immaginazione mutando caratteristiche di figure spaziali, potr
trarre l'essenza di spazialit (ad esempio), con le sue caratteristiche (colore, ), oltre che quella
relativa a quella specifica forma, che mai avrei avuto nella percezione (fatto che per riguarda
fattori meramente empirici evidentemente, e non legati al concetto di forma, quindi inessenziali). Si
pu giungere a conoscenze anche adeguate di queste essenze pur senza averne intuizioni legate alla
percezione. Per questo motivo l'afferramento intuitivo di un'essenza non implica alcuna esistenza
reale, non ne si pu ricavare alcun dato di fatto (nemmeno la semplice esistenza). Ma come ogni
pensare su dati di fatto presuppone l'esperienza, cos ogni pensiero o asserzione su essenze pure
necessita del vedere eidetico.
Giudizi su essenze e giudizi di validit eidetica generale
Il giudicare su essenze per non la stessa cosa del giudicare eidetico: le essenze non sono gli
oggetti su cui il discorso eidetico giudica. E allo stesso modo le essenze possono presentarsi alla
coscienza senza divenire oggetto di giudizio.
Il giudicare su essenze poi non nemmeno la stessa cosa del giudicare su individui assunti come
casi particolari dell'essenza, nella maniera dell' in generale. Per esempio nella geometria pura non
si formulano giudizi sugli eide di triangoli, rette... ma su triangoli, rette... in generale. Questi giudizi
hanno per il carattere della generalit eidetica. Essi infatti necessitano di una forma di intuizione
eidetica, l'afferramento dell'essenza, che si fonda su casi particolari ma da essi astrae, e non
necessita di concretezza (posso studiare le propriet di un triangolo che immagino, senza
disegnarlo). Vi insomma un legame fra giudizi eidetici e giudizi in generale: ogni giudizio su
un'essenza pu essere convertito in un giudizio incondizionatamente generale sui casi particolari di
questa essenza in quanto tale.
Generalit e necessit
Ogni particolarizzazione eidetica di uno stato di cose eideticamente universale una necessit
essenziale, motivo per cui generalit e universalit sono collegate. Non vanno per confuse la
generalit e la necessit eidetica: la coscienza di un giudizio in cui uno stato di cose dato come
particolarizzazione di una generalit eidetica sar apodittica (o apoditticamente necessaria), mentre
il giudizio stesso sar conseguenza apodittica del giudizio universale cui si riferisce.
Il ragionamento qui svolto sul rapporto tra generalit, necessit e apoditticit vale anche al di fuori
della sfera eidetica pura: l'applicazione di una verit geometrica a un caso della natura un dato di
fatto in quanto realt individuale, ma necessit eidetica in quanto conseguenza di una generalit
eidetica.
Non si deve poi confondere l'illimitata generalit con la generalit eidetica: tutti i corpi sono
estesi una proposizione con validit eidetica; tutti i corpi sono pesanti no, in quanto esprime
uno stato di fatto che potrebbe essere diversamente. Posso pensare un corpo non pesante, non ha
senso pensare ad un corpo non esteso. Il primo ha validit generale incondizionata, il secondo no.
Scienze di dati di fatto e scienze eidetiche
Le scienze puramente eidetiche (logica pura, matematica pura, ) sono in ogni passaggio libere da
qualunque posizione di dati di fatto, ovvero in esse nessuna esperienza in quanto esperienza pu
avere una funzione fondamentale e insostituibile. Se ha qualche funzione non interviene in quanto
esperienza: per chi si occupa di geometria le figure che disegna e la loro esistenza non costituiscono
affatto il fondamento della sua intuizione e del suo pensiero sulle relative essenze geometriche.
Nelle scienze naturali invece la situazione profondamente diversa: chi se ne occupa osserva ed
esperimenta, l'esperire per lui l'atto fondante (scienze di dati di fatto e scienze d'esperienza sono
quindi definizioni equivalenti), mentre nelle scienze eidetiche l'atto fondante il vedere eidetico.
In queste gli assiomi eidetici, stati d'essenze intuiti in maniera immediatamente evidente,
costituiscono il fondamento da cui dedurre stati mediati a partire da principi di evidenza immediata.
Ogni passo di questa fondazione mediata quindi apodittico ed eideticamente necessario. L'essenza

di una scienza puramente eidetica sta quindi nel seguire procedimenti esclusivamente eidetici, ossia
che non assumano stati di cose che non abbiano validit eidetica e si offrano immediatamente nella
loro datit originaria, o da questi siano dedotti. In questo senso va l'ideale pratico di una scienza
eidetica esatta che soltanto la recente matematica ha cercato di realizzare attraverso
l'assiomatizzazione (riduzione della matematica ad un sistema di assiomi matematici di base
autoevidenti unito ad un sistema di assiomi logici e a tutte le deduzioni che da questi si ricavano).
In tal senso importante per tutte le scienze eidetiche pure l'ideale della matematizzazione (intesa
come assiomatizzazione).
Rapporto di dipendenza tra scienza di dati di fatto e scienza eidetica
Il senso di una scienza eidetica esclude a priori ogni intrusione dei risultati delle scienze empiriche.
Da dati di fatto conseguono sempre e solo dati di fatto.
Le cose stanno diversamente per le scienze empiriche: nessuna di queste infatti potrebbe esistere
qualora fosse priva di conoscenze eidetiche e quindi indipendente dalle scienze eidetiche formali (i
principi della logica, fondamentali per fondare mediatamente i giudizi delle scienze stesse, ma
anche della matematica e della geometria) o materiali (ogni dato di fatto include una compagine
eidetica di ordine materiale che determinano le leggi cui quelle date singolarit di fatto sono
vincolate).
Regione ed eidetica regionale
Ogni concreta oggettualit empirica subordinata, con la sua essenza materiale, ad un genere
materiale supremo, una regione di oggetti empirici. Alla pura essenza regionale corrisponde poi una
scienza eidetica regionale, o ontologia regionale. Questa pensata a sua volta ramificata in diversi
livelli di discipline ontologiche corrispondenti ai singoli componenti generici della regione.
Ogni scienza empirica, subordinata ad una regione, si riferisce dunque per essenza, oltre che alle
discipline formali, a quelle ontologiche regionali. Ogni scienza di dati di fatto ha cio fondamenti
teoretici essenziali in ontologie eidetiche. L'esplorazione dei fatti empirici infatti necessariamente
influenzata dal patrimonio di conoscenze che hanno un rapporto di validit incondizionata con tutti i
possibili oggetti della regione. L'eidos della regione infatti rappresenta una necessaria forma
materiale per tutti gli oggetti di tale regione.
Alle scienze fisiche quindi corrisponder l'ontologia della natura. E la possibilit di una scienza
sperimentale della natura completamente razionalizzata (l'obiettivo delle scienze razionalizzare
l'empirico) sar intrinsecamente legata allo sviluppo della corrispondente scienza eidetica. Anche
dal punto di vista pratico del resto le possibilit prestazionali di una scienza cresceranno con il suo
approssimarsi allo stadio razionale, legato anche alla solidit dei suoi fondamenti, indagati dalle
scienze eidetiche. Lo dimostra ad esempio la fisica, la cui epoca d'oro iniziata quando la
geometria, giunta ad essere scienza eidetica pura, ha cominciato a fecondare il mondo fisico.
Regione e categoria. La regione analitica e le sue categorie
In ogni regione si rivolti non alle essenze come oggetti, ma agli oggetti delle essenze che sono
subordinati a quella specifica regione. Va notato peraltro come oggetto sia un titolo che vale per una
variet di formazioni, che per non stanno tutte sullo stesso piano, ma rimandano ad un'oggettualit
originaria e rispetto a cui le altre paiono semplici variazioni. Si tratta del concetto di categoria. Nel
caso della regione materiale, ad esempio, questo privilegio tocca alla cosa stessa, in
contrapposizione a propriet fisiche, relazione,
La categoria di una regione infatti da un lato rimanda alla regione stessa, dall'altro mette in
rapporto una determinata regione materiale con l'essenza formale di oggetto in generale e con le
categorie formali ad esso pertinenti, ambiti pertinenti necessariamente ad una ontologia formale
come scienza dell'oggetto in generale.
L'essenza formale e le categorie formali permettono di definire la regione formale, che si aggiunge
alle regioni materiali e in un certo senso ad esse si oppone, in quanto l'essenza formale una mera
forma essenziale, un'essenza completamente vuota, che in virt della sua forma conviene a tutte le

essenze possibili e che, in virt della sua universalit formale, subordina a s anche le pi elevate
generalit materiali. La regione formale a sua volta non qualcosa di coordinato alle regioni
materiali, non essendo nemmeno una regione in senso proprio, ma invece una vuota forma di
regione in generale, rispetto a cui le regioni sono formaliter sottoposte.
Il motivo della subordinazione del materiale rispetto al formale sta quindi nel fatto che l'ontologia
formale racchiude in s allo stesso tempo le forme di tutte le possibili ontologie e prescrive alle
ontologie materiali una comune legalit formale. Alla base di questa stanno verit immediate
fondamentali che fungono da assiomi nelle discipline puramente logiche e che sono a loro volta
costituite dalle categorie logiche, o categorie della regione logica dell'oggetto in generale e che
esprimono le determinazioni costitutive e necessarie di un oggetto in quanto tale. Queste categorie
saranno dette analitiche, in opposizione al concetto di sintetico.
Esempi di categorie logiche sono i concetti di propriet, determinazione caratteristica, stato di cose,
relazione, identit, uguaglianza, insieme, numero, intero, parte, genere, specie, ecc.
Sono categorie logiche poi anche le categorie del significato, ovvero i concetti fondamentali
inerenti la proposizione, le sue varie forme e parti... e la logica apofantica, in quanto verit relative
al significato possono essere direttamente correlate a verit relative all'oggetto e viceversa, ma
costituiranno comunque un gruppo separato dalle categorie oggettuali formali in senso proprio, in
modo che non si possano confondere i concetti come significati e le essenze formali che in questi
trovano la loro espressione.
Oggettualit sintattiche e substrati ultimi. Categorie sintattiche
Le categorie ontologico-formali possono essere suddivise in due categorie che suddividono l'intera
regione formale:
categorie sintattiche o oggettualit sintattiche: ogni oggetto, nella misura in cui pu essere
esplicato, riferito ad altri oggetti, ovvero logicamente determinato, assume diverse forme
sintattiche (unit, pluralit, numero, ordine, ); possono poi costituirsi forme di tal genere
ma di ordine superiore (relazioni tra oggetti, pluralit di unit, membri di serie ordinate...); si
pu quindi costituire un pensiero predicativo con espressioni di significato e sintattiche.
Tutte queste oggettivit categoriali possono quindi costituire il substrato per nuove
formazioni categoriali.
categorie-substrati o substrati ultimi: la gerarchia di substrati indicata per le categorie
sintattiche rimanda a dei substrati ultimi, oggetti di primo ed ultimo grado che non siano pi
formazioni sintattico-categoriale, n contengano alcunch delle forme ontologiche mero
correlato di funzioni cogitative (negare, riferire, contare...). Ad esempio vi saranno tutte le
entit individuali. Le categorie sintattiche saranno quindi derivazioni sintattiche a partire da
questi substrati ultimi. A livello di giudizi poi possiamo svolgere un simile procedimento,
fino a giungere a termini ultimi, che non contengono in s pi nessuna traccia di messa in
forma sintattica.
Genere e specie
Ogni essenza si inserisce in una gerarchia di specie e generi, che risulta limitata agli estremi dalle
ultime differenze specifiche, cio dalle singolarit eidetiche, da un lato, che hanno necessariamente
sopra di s essenze pi generali ma hanno sotto di s particolarizzazioni (rispetto a cui sarebbero
specie esse stesse perci non sarebbero pi differenze specifiche ultime), e da un genere supremo
dall'altro, che non ha nulla sopra di s. Il rapporto tra genere e specie pu essere paragonato a quello
tra intero e parte proprio per questa sua caratteristica di essere contenuto.
In campo logico il genere supremo il significato in generale e ogni determinata forma di membro
proposizionale una singolarit eidetica. La proposizione in generale un genere intermedio.
In campo matematico il numero in generale genere supremo, l'uno, il due sono singolarit
eidetiche.
Questi rapporti implicano che nell'essenza particolare sia contenuta immediatamente o
mediatamente quella pi generale in un senso determinato da afferrare, conformemente alle sue

peculiarit, nell'intuizione eidetica.


Generalizzazione e formalizzazione
I rapporti di generalizzazione e specificazione vanno nettamente distinti dall'universalizzazione
dell'elemento materiale in qualcosa di puramente logico e dal suo viceversa. La generalizzazione si
distingue dalla formalizzazione e cos la specificazione dalla deformalizzazione, intesa come
saturazione di una vuota forma logico-matematica o di una verit formale. Il tipo di subordinazione
tra genere e specie infatti non puramente logica, come nel secondo caso, nel quale non possibile
affermare sensatamente che il generale contenuto nel particolare (la variet euclidea
l'universalizzazione formale del concetto di spazio, ma non una generalizzazione, in quanto non
possiamo dire che in essa sia contenuto in concetto di spazio).
Tutte le categorie ontologico-formali devono essere considerate singolarit eidetiche che hanno il
loro genere supremo nell'essenza di categoria ontologico-formale in generale. L'essenza ad
esempio non affatto genere supremo delle essenze di rosso, triangolo, ; l'oggetto in generale
non genere supremo degli oggetti qualsiasi. Sono entrambe singolarit eidetiche ontologicoformali. Cos ogni inferenza determinazione particolare dell'inferenza in generale, ecc.
Non per questo per le forme pure sono generi rispetto alle proposizioni o alle inferenze materiali,
sono piuttosto differenze ultime dei generi logici di proposizione, inferenza... che hanno come
genere ultimo il significato in generale.
Vi inoltre una netta differenziazione fra la sussunzione di un questo qui sotto un'essenza e la
subordinazione di un'essenza ad una specie superiore o ad un genere.
Si differenziano infine gli usi del termine ambito: ogni essenza che non sia differenza ultima ha un
ambito eidetico, un ambito di specie e un ambito di singolarit eidetiche. Ogni essenza formale ha il
suo ambito formale o matematico. Inoltre ogni essenza in generale ha il suo ambito di
singolarizzazioni universali (questo qui). Infine l'ambito empirico allude ad una restrizione della
sfera dell'esistente in virt di una posizione di esistenza con esso intrecciata.
Le categorie substrato. L'essenza substrato e il tode ti
Si distinguono substrati pieni o materiali (cui corrispondono oggettualit sintattiche materiali) e
substrati vuoti (cui corrispondono oggettualit formate a partire da essi come variazioni del vuoto
qualcosa). In questa seconda classe vi sono ogni forma di inferenza, ogni numero, ...
I substrati materiali invece costituiscono i nuclei di tutte le formazioni sintattiche e vi appartengono
le categorie substrato, che si ordinano in due campi: essenza ultima materiale totalmente informe e
questo qui (il tode ti aristotelico) o pura singolarit (non si usa l'espressione individuo in quanto
sottintenderebbe l'idea di indivisibilit). Questi due campi sono per connessi: ogni questo qui ha la
sua compagine essenziale materiale, che ha il carattere di un'essenza ultima substrato materiale.
Oggetti indipendenti e non-indipendenti. Il concreto e l'individuo
Una forma materiale non-indipendente in quanto rimanda necessariamente ad un substrato di cui
forma. In questo senso forma e substrato sono essenze impensabili l'una senza l'altra. Ad esempio la
forma categoriale oggetto non-indipendente rispetto a tutte le materie d'oggetto...
Per i substrati ultimi materiali in particolare si profilano due possibilit: che si costituiscano o meno
non-indipendenze unilaterali o reciproche nei confronti di altre essenze, condizione necessaria
perch perch vi sia una singolarit d'essenza (per esempio la qualit sensibile rimanda
necessariamente all'estensione, che a sua volta necessariamente estensione di una qualit ad essa
unita, di una qualit che la copre). Un'essenza non-indipendente si dice astratto, una
assolutamente indipendente si dice concreto.
Un questo qui la cui essenza piena si dice individuo. L'individuo l'assoluto logico cui rimandano
tutte le variazioni logiche. Genere e specie sono invece intrinsecamente non-indipendenti. Le
singolarit eidetiche quindi si dividono anch'esse in astratte e concrete, e due singolarit del
medesimo genere non potranno essere unite in un'unica essenza (le differenze ultime sono
incompatibili tra loro), quindi ogni singolarit inserita in un contesto conduce ad un sistema

separato di generi e specie e quindi a generi supremi separati. Pur rimanendo separate per anche le
differenze ultime possono relazionarsi: per quanto quel rosso conduca al genere supremo di qualit
visiva in generale mentre quella determinata figura conduca al genere supremo di figura spaziale, le
propriet fisiche presuppongono le propriet spaziali.
Chiameremo inoltre generi concreti quelli che hanno sotto di s dei concreti, e viceversa gli astratti.
Una cosa reale, un vissuto... sono generi astratti; una figura spaziale, una qualit visibile... sono
generi concreti.
Regione e categoria nella sfera materiale. Conoscenze sintetiche a priori
La regione la complessiva e suprema unit di generi appartenenti ad un concreto, cio il legame
che conferisce per essenza unit ai generi supremi relativi alle differenze ultime osservabili
all'interno del concreto.
L'ambito eidetico della regione abbraccia la totalit dei complessi concretamente unificati dalle
differenze di questi generi, mentre l'ambito individuale comprende la totalit di tutti gli individui
possibili pertinenti a tali essenze concrete.
Ogni essenza regionale d luogo a verit sintetiche essenziali che si fondano su di essa in quanto
essa stessa un'essenza di genere, ma non sono mere particolarizzazioni di verit ontologico-formali.
L'insieme di verit sintetiche che si fondano nell'essenza regionale costituisce il contenuto
dell'ontologia regionale. L'insieme complessivo di questi assiomi regionali (in senso kantiano
sintetici a priori) delimita e definisce l'insieme delle categorie regionali ed per ogni regione una
classe di assiomi irriducibile a quelle relative alle altre regioni, a partire dalle categorie o concetti
sintetici fondamentali.
Questi concetti non esprimono semplicemente delle particolarizzazioni di categorie meramente
logiche, ma si contraddistinguono per il fatto di esprimere, in virt degli assiomi regionali, quanto
appartiene propriamente all'essenza regionale, ossia esprimono in generalit eidetica cosa si debba
attribuire sinteticamente e a priori ad un oggetto individuale della regione. L'applicazione di tali
concetti ad individui specifici quindi apoditticamente ed assolutamente necessaria e regolata dagli
specifici assiomi (sintetici) regionali.
Vi infine l'ontologia formale che si affianca alle ontologie regionali (a quelle materiali o
sintetiche) da un punto di vista estrinseco. Il suo concetto regionale di oggetto determina un
peculiare sistema di assiomi e quindi l'insieme delle categorie formali, che sono per analitiche.
Conclusione delle considerazioni logiche
Il ragionamento svolto fin qui stato di carattere puramente logico, parte della struttura
fondamentale di ogni possibile conoscenza o di oggettualit di conoscenza che procedono dalla
logica pura, per tracciare uno schema in conformit al quale tutti gli individui devono poter essere
determinati secondo leggi e concetti. Sono state cos fondate le diverse ontologie regionali a partire
da principi sintetici a priori, e non soltanto su principi della logica pura.
Sorge qui l'idea di un compito: determinare nell'ambito delle nostre intuizioni i generi supremi e
cos ripartire tutti gli esseri individuali intuibili secondo regioni dell'essere di cui ciascuna
circoscrive una scienza eidetica ed empirica che si distingue in linea di principio da tutte le altre,
senza che questa distinzione escluda l'intrecciarsi delle scienze stesse.
Prima di poter avviare una classificazione delle scienze per necessario un ulteriore
approfondimento logico, per risolvere i problemi preliminari e quindi giungere alla distinzione delle
regioni ontologiche.
Capitolo secondo: Fraintendimenti naturalistici
Introduzione alle discussioni critiche
Fino ad ora non si sono esplicitati rapporti con la tradizione filosofica in quanto si sono chiarificati
concetti ed espressioni che risultavano di volta in volta necessari e cos si proseguir. Il concetto
stesso di filosofia non viene presupposto, ma definito (come filosofia epoche): sospendere

interamente il giudizio nei riguardi del contenuto dottrinale di tutte le filosofie precedentemente
date e compiere tutte le dimostrazioni nell'ambito di questa sospensione.
Questo non impedisce di prendere in considerazione lo sviluppo storico della filosofia nelle sue
varie correnti per potersi confrontare, soprattutto per quanto riguarda i temi qui discussi, pur
rimanendo nell'ambito dell'epoche. Infatti una discussione dei fondamenti della filosofia (e quindi di
ogni filosofia) indipendente da ogni scienza filosofica, dal possesso della sua idea e del suo
contenuto dottrinale.
Ci si confronta innanzitutto con l'empirismo, la cui negazione delle idee, delle essenze e delle
conoscenze eidetiche va direttamente contro le idee qui espresse e la cui diffusione (soprattutto nei
circoli scientifici), in seguito al grande sviluppo delle scienze, rende necessario prenderlo nella
giusta considerazione, dato che rischia di minare la fondazione eidetica delle scienze stesse.
L'identificazione empiristica di esperienza e di atto originariamente offerente
L'empirismo nasce da un'esigenza sacrosanta: far valere il diritto della ragione autonoma come
unica autorit in materia di verit. Giudicare razionalmente quindi significa conformarsi alle cose
stesse, risalire dai discorsi e dalle opinioni alle cose per come si offrono ed eliminare tutti i
pregiudizi teorici. L'empirista per crede che tutte le scienze nascano dall'esperienza e fondino
sull'esperienza immediata il loro sapere, e che questa convinzione sia rispondente all'obiettivo
sopraindicato. L'unica scienza sarebbe dunque quella sperimentale e idee ed essenze sarebbero
null'altro che residui metafisici di cui necessario liberarsi. Datit eidetiche e oggetti irreali non
sarebbero altro che un ritorno a entit idealistiche o perfino scolastiche che ostacolano la scienza.
Tutto ci si fonda su fraintendimenti e pregiudizi, a partire dal punto fondamentale: si scambia
l'esigenza del ritorno alle cose stesse con la riduzione all'esperienza di ogni fondazione della
conoscenza. Il pregiudizio sta nell'affermare senza giustificazioni che l'esperienza richieda una
fondazione meramente empirica, senza aver prima valutato i giudizi stessi che si intende fondare.
La scienza genuina e l'assenza reale di pregiudizi richiedono giudizi immediatamente validi, che
traggano la loro validit direttamente da intuizioni originalmente offerenti.
L'immediato vedere, non soltanto il vedere sensibile, empirico, ma il vedere in generale costituisce
la sorgente ultima di legittimit di tutte le affermazioni razionali ed ha tale funzione legittimante
solo in quanto originalmente offerente. In tal senso l'eventualit che visioni diverse in date
circostanze entrino in contraddizione non invalida il ragionamento, in quanto il vedere pu essere
per sua stessa natura essere imperfetto ed quindi soggetto a convalida o confutazione da parte di
visioni pi precise o complete.
L'empirismo come scetticismo
Si propone quindi di sostituire l'esperienza con la pi generale intuizione, respingendo quindi l'idea
che la sola scienza possibile sia empirica.
L'empirismo stesso del resto si dimostra intrinsecamente scettico: baster chiedere ad un empirista
cosa giustifichi le sue asserzioni generali quali ogni pensare valido si fonda sull'esperienza o le
affermazioni logiche e argomentative (ad esempio la struttura del sillogismo, dell'induzione e della
deduzione, gli assiomi di base...) quando l'esperienza offre solo dati individuali e mai generali ed
egli non pu appellarsi all'evidenza delle essenze in quanto nega la loro esistenza, e non esistono
per lui verit che non provengano dall'esperienza stessa (e pare difficile considerare empirico il
principio di non contraddizione). Si tratta evidentemente di una concezione assurda e priva di
fondamenti certi, almeno per come stata posta fino ad ora. Nella letteratura empiristica del resto
difficilmente si trovano tentativi seri di risolvere questi problemi, che rispettino le norme di rigore
che essi vorrebbero imporre a tutte le scienze, non partendo da opinioni pregiudiziali ingiustificate.
Qui si vuole partire invece da ci che sta prima di ogni punto di vista: dalla sfera complessiva del
puro dato intuitivo, che precede ogni pensare teorizzante, da tutto ci che si pu vedere ed afferrare
senza lasciarsi accecare dai pregiudizi, non vedendo intere classi di datit autentiche.
Se positivismo la fondazione assolutamente libera da pregiudizi di tutte le scienze sul positivo,
cio su quel che si afferra originalmente, allora siamo noi i veri positivisti, non permettendo ad

autorit alcuna, nemmeno alle moderne scienze naturali, di privarci del diritto di riconoscere tutte le
modalit di intuizione come sorgenti legittime di conoscenza. Quando parlano le scienze della
natura, le ascoltiamo, ma non sempre son loro a parlare, specie in ambiti come la teoria scientifica
della conoscenza. E questo porta rifiutare l'asserto fondamentale dell'empirismo: che non vi sia altro
che dati empirici e che, ad esempio, gli assiomi logici da essi derivino.
Oscurit da parte idealistica
Anche nel campo opposto domina l'oscurit: si assume un pensiero puro, a priori, e si respinge la
tesi empiristica, ma non si giunge a comprendere l'esistenza di un puro intuire come modo di datit
con cui le essenze si offrono come oggetti come le realt individuali si offrono all'esperienza; non si
riconosce che ogni evidenza, comprese le verit assolutamente generali, rientrano nel concetto di
intuizione offerente. Si parla di evidenza ma invece di metterla in relazione col vedere comune si
allude ad un sentimento di evidenza che costituirebbe un sentimentale, mistico, index veri per il
giudizio, rendendo in pratica indistinguibile un giudizio vero da uno falso (nel senso di fedele alla
realt e livello di chiarezza) se non sulla base di un sentimento di chiarezza. Tutto ci perch non si
appreso ad analizzare la coscienza nelle sue modalit in maniera intuitiva invece di costruire
teorie dall'alto.
L'accusa di realismo platonico. Essenza e concetto
Ha destato scandalo che si attribuisca alle essenze il valore di oggetti reali intuibili attraverso
un'intuizione come le cose reali, tanto da rendere chi lo sostiene un presunto platonico.
Tale ragionamento infatti innegabilmente una errata ipostatizzazione platonica qualora si
considerino sinonimi oggetto e oggetto naturale, nonch realt e realt naturale, ma non quella la
nostra intuizione, in quanto l'oggetto definito diversamente (e non certo come stante in un
trascendente iperuranio), ad esempio come soggetto di un enunciato affermativo vero, nozione
fondamentale nel discorso scientifico. Si noti che con questa definizione qualunque elemento ideale
un oggetto, ad esempio la nota do o il numero 2.
Alla domanda cos' un'essenza? del resto possibile dare una sola risposta esauriente, la stessa che
risponde alla domanda cos' il rosso? o ad altre simili: portando esempi che spingano a percepire
quell'essenza specifica. Come faccio del resto a dire che c' la mia mano, se non guardandola?
Tutti fanno quotidianamente uso di tali essenze nel pensare e formulare giudizi, ma tale operazione
viene negata in sede di discussione gnoseologica. Se questi pregiudizi gnoseologici possono
soddisfarci dal punto di vista teorico, non potranno modificare quello che le essenze sono e
rimangono, ovvero oggetti. Non si vuol qui sostenere l'esistenza del triangolo in senso metafisico,
ma che il triangolo ha tre lati.
Si pu rispondere che in realt si tratta di pure ipostatizzazioni grammaticali nate da eventi psichici
di astrazione. Alla luce di questa idea si inventano nuovi fenomeni psichici tali da sostituire le
essenze con concetti, ovvero formazioni psichiche.
Dato un numero io posso averne esperienze profondamente diverse, ma vi innegabilmente
qualcosa che permane e sarebbe assurdo considerarlo formazione psichica in quanto si andrebbe
contro la preesistenza del senso del discorso aritmetico rispetto a qualsiasi teoria. Se quindi i
concetti sono formazioni psichiche entit quali i numeri non potranno essere concetti.
Spontaneit dell'ideazione. Essenza e finzione
Si obietter che i concetti (e quindi le essenza) sono costruzioni psicologiche, in quanto
scaturiscono dall'astrazione a partire da qualcosa di individuale, tant' vero che attraverso
l'immaginazione possibile costruirne di nuovi a nostro arbitrio, ad esempio un centauro che suona
un flauto. Ebbene indubbiamente la libera finzione si compie liberamente e ci che si produce
spontaneamente un prodotto dello spirito, ma non affatto qualcosa di psichico, non esiste n
nella realt, n nell'anima, n nella coscienza, n altrove, niente, una completa finzione: il
vissuto nell'immaginazione non il centauro, ma l'immagine del centauro. Allo stesso modo quando
si astrae non l'essenza ad essere il prodotto di tale operazione, bens la coscienza di tale essenza.

Nel caso dell'ideazione o dell'astrazione si ha a che fare con processi spontanei, mentre la
spontaneit inessenziale alla coscienza sensibilmente offerente: l'oggetto individuale pu
manifestarsi e venire appreso coscienzialmente senza una spontanea attivit verso di esso. Non vi
quindi alcuna ragione, se non una serie di pregiudizi confusi, per identificare la coscienza di
un'essenza con l'essenza stessa, e quindi per psicologizzare quest'ultima.
Distinte quindi essenze dalla coscienza delle stesse resta da discutere l'esistenza delle essenze stesse
(ovvero del loro statuto reale e non immaginativo), la cui messa in discussione rientra nei tipici
argomenti scettici. Si pensi alla percezione delle realt sensibili: si possono percepire cose reali,
ma anche dubbie ed illusorie (inconsistenti), ed infine possono darsi alla coscienza come
semplicemente aleggianti davanti a noi come per cos dire reali, per cos dire inconsistenti, ecc. Lo
stesso avviene per le essenze: possono essere intese correttamente, falsamente (si pensi ad un'idea
geometrica errata), La visione eidetica avviene con le stesse modalit della percezione sensibile,
e non dell'immaginare.
Il principio di tutti i principi
Nessuna teoria concepibile, per quanto assurda, potr comunque indurci in errore, qualora ci
atteniamo al principio di tutti i principi: ogni intuizione originalmente offerente una sorgente
legittima di conoscenza, tutto ci che si d originalmente nell'intuizione (per cos dire in carne ed
ossa) da assumere come esso si d, ma anche soltanto nei limiti in cui si d). Dunque qualsiasi
teoria pu attingere la sua verit solamente dalle sue datit originarie, pu trovare il suo principium
fondativo solamente in affermazioni che si limitino ad esprimere tali realt nel modo che il
principio di tutti i principi suggerisce.
In tal senso chi si occupa di scienze naturali ha tutto il diritto di perseguire il principio secondo cui
l'unica fonte per sostenere affermazioni riguardanti dati di fatto naturali l'esperienza. Allo stesso
modo chi si occupi di scienze di essenze o chiunque voglia enunciare principi generali dovr
seguire un principio parallelo, che non potr essere lo stesso in quanto gi la fondazione della
conoscenza di dati di fatto empirici non data nell'evidenza empirica stessa, come del resto ogni
principio e conoscenza eidetica in generale.
Il positivista come studioso della natura nella prassi,
lo studioso della natura come positivista nella riflessione
Il positivista de facto rifiuta le conoscenze essenziali solo quando riflette filosoficamente
lasciandosi ingannare dai sofismi degli empiristi, ma non certo nella concreta prassi scientifica, in
cui ben noto che un ruolo fondante nell'aspetto di teorizzazione svolto dalle discipline logicomatematiche, che palesemente non procedono empiricamente, n si valgono di osservazioni
sperimentali o sperimentabili. Attribuire le conoscenze logiche, matematiche e geometriche ad una
tradizione di esperienze accumulate nella storia significa affidarne i fondamenti ad una serie di
esperienze sconosciute ed ipotetiche, quando ve ne sono di reali e accuratamente controllate nella
loro funzione e nella loro portata. Il fisico matematico sperimenta a partire dalle regole
matematiche, non accontentandosi di esperienze prescientifiche o di concezioni istintive e ipotesi
intorno a sedicenti esperienze ereditarie. Se le intuizioni geometriche fossero intuizioni derivanti da
esperimenti di fantasia, perch i fisici non fanno affatto uso di questa stessa fantasia?
Evidentemente perch esperimenti compiuti nell'immaginazione sarebbero immaginari.
La miglior risposta a tali argomentazioni resta comunque il rendere evidente il reale senso
intrinseco delle affermazioni matematiche, e per farlo sufficiente invitare a considerare non teorie
filosofiche (empiriste o meno), ma a rivolgersi alla coscienza, nella quale afferriamo in piena
evidenza gli stati di cose assiomatici. Affidandoci pienamente a questa intuizione non avremo alcun
dubbio sul fatto che negli assiomi si esprimano pure connessioni di essenze, senza alcuna intrusione
di dati di fatto empirici. Per comprendere questi aspetti non si deve filosofare o psicologizzare, ma
attuare il pensiero matematico e geometrico e determinare il loro senso sulla base di analisi dirette.
Ci non significa che non abbiamo ereditato delle disposizioni conoscitive dalle conoscenze delle
generazioni passate, ma per la questione relativa al senso ed al valore delle nostre conoscenze la

storia di queste eredit tanto indifferente quanto lo la storia del rapporto dell'uomo con l'oro
nella determinazione del suo valore.
Scienze dell'atteggiamento dogmatico e scienze dell'atteggiamento filosofico
Coloro che indagano scientificamente la natura quindi parlano scetticamente della matematica e di
ogni elemento eidetico, ma procedono dogmaticamente nella loro metodologia eidetica. Questo del
resto ha permesso di concentrare gli sforzi sulle tematiche propriamente scientifiche e sulla ricerca
del metodo dell'indagine scientifica stessa, abbandonando l'indagine delle problematiche che una
reale accettazione dello scetticismo avrebbe comportato (sulla possibilit del mondo esterno, ...).
Questo abbandono d comunque adito a riflessioni scettiche, tanto che se scienze eidetiche
consolidate come la matematica possono venire accettate a partire da pregiudizi empirici, diviene
complesso inserire in questo sistema le altre scienze di essenze.
Il giusto atteggiamento nell'ambito di indagini delle scienze empiriche mettere consapevolmente
da parte ogni scetticismo insieme con ogni filosofia della natura o teoria della conoscenza ed
accogliere le oggettualit della conoscenza dove veramente si trovano, indipendentemente da ogni
difficolt di carattere gnoseologico.
Si traccia quindi una distinzione:
scienze dell'atteggiamento dogmatico: rivolte alle cose, incuranti di ogni problematica
gnoseologica o scettica; prendono le mosse dalla datit originaria delle loro cose e ricercano
cosa esse offrano immediatamente e cosa se ne possa mediatamente ricavare riguardo ad
esse e al loro territorio in generale
scienze dall'atteggiamento filosofico (o gnoseologico): trattano il problema della
conoscenza, risolvono i problemi dello scetticismo e quindi analizzano le possibilit
conoscitive nei vari ambiti delle scienze dogmatiche
Finch non si sar raggiunta una teoria della conoscenza chiara e rigorosa rimarr giusto impedire
ogni sovrapposizione di ambiti fra le due categorie, evitando cos ostacoli nel lavoro scientifico
pratico.
Sezione seconda: La considerazione fenomenologica fondamentale
Capitolo primo: La tesi dell'atteggiamento naturale e la sua messa fuori circuito
Il mondo come atteggiamento naturale: io e il mondo che mi circonda
Il punto di partenza l'atteggiamento naturale: io trovo immediatamente ed intuitivamente davanti
a me un mondo, che si estende infinitamente nello spazio ed soggetto ad un infinito divenire nel
tempo, e ne ho esperienza. Grazie alle diverse modalit della percezione sensibile le cose corporee
sono qui per me, a portata di mano (vorhanden), sia che io presti loro attenzione sia che non lo
faccia. Lo stesso vale per gli esseri animati, come gli uomini: sono qui per me, indipendentemente
dalla mia attenzione, e rapportandomi a loro (parlando, ) comprendo immediatamente le loro
rappresentazioni, i loro pensieri, i loro sentimenti,
Non per necessario che oggetti ed esseri animati si trovino nel mio campo percettivo
direttamente: insieme agli obiecta direttamente percepiti sono qui per me anche obiecta reali in
quanto determinati, pi o meno noti, senza essere percepiti o intuitivamente presenti. So che dietro
alle mie spalle sta un muro, anche se ho lo sguardo rivolto dalla parte opposta; un sapere che per
non ha nulla a che fare con un pensare concettuale e che soltanto con il dirigersi dell'attenzione su
quegli obiecta diviene un intuire chiaro.
Neanche qui (nell'ambito della compresenza) per si esaurisce il mondo che mi coscienzialmente
alla mano: si estende senza limiti, poich ci che attualmente percepito in parte attraversato da
un orizzonte di realt indeterminata offerta alla coscienza in maniera oscura. Attraverso
presentificazioni successive il cerchio della determinatezza si allarga sempre pi, con il campo
percettivo attuale come ambito centrale, ma l'orizzonte nebuloso mai pu essere completamente
determinato, a causa dell'infinitezza di ci che mi sta attorno.
Un analogo ragionamento vale per quanto riguarda l'ordine temporale, che bilateralmente infinito

(verso il passato ed il futuro).


Posso variare il mio punto di vista nello spazio e nel tempo e procurarmi percezioni sempre nuove,
pi o meno chiare, in modo da produrre in me un'illustrazione intuitiva di ci che possibile e
presumibile. Cos, nella coscienza data, mi trovo sempre in rapporto ad un solo e medesimo mondo,
per quanto mutevole nel contenuto, che mi costantemente alla mano ed io stesso ne faccio parte.
Non solo un mondo di cose, ma anche di valori, di beni e un mondo pratico. Anche i caratteri di
valore (una cosa pu essere piacevole, brutta, gradita...) e pratici (lo scopo di un oggetto d'uso) sono
parte costitutiva degli oggetti, che sono alla mano come tali, e un analogo ragionamento vale per
animali e persone.
Il cogito. Il mio mondo circostante naturale e i mondi circostanti ideali
Al mondo nel quale mi trovo, che il mio mondo circostante, di riferisce il complesso delle mie
varie e mutevoli spontanee attivit di coscienza: l'indagine scientifica, l'esplicazione e
l'elaborazione concettuale nella descrizione e le altre attivit della coscienza teorizzante.
Considerando questo, i multiformi atti e stati del sentimento e della volont e la percezione del
mondo che si d all'io, si ottiene quello che Cartesio ha definito cogito ed vissuto tanto da chi vi
riflette e lo afferma, quanto da chi non se ne preoccupa o lo nega, come forma fondamentale di ogni
vivere attuale.
Questo rapporto con il mondo per non esaurisce la totalit delle mie esperienze: non ogni cogito ha
per cogitatum oggetti o stati di cose del mondo, ci si occupa anche di numeri o leggi matematiche,
ad esempio, che non si trovano certo nel mondo della realt naturale. Io percepisco del resto
l'insieme di tali oggetti come un mondo aritmetico, ma si tratta di un'idea diversa di essere-qui-perme, tant' vero che si manifesta solo quando sono aritmeticamente atteggiato, mentre il mondo
naturale si manifesta costantemente come alla mano. E del resto l'acquisire mondi come quello
aritmetico non modifica affatto il mio rapporto con il mondo naturale, poich essi non hanno
rapporti d alcun genere.
Gli altri soggetti egologici e il mondo circostante naturale intersoggettivo
Tutto quel che vale per me, per quel che so a partire dall'esperienza del mondo che ho, vale anche
per gli altri uomini, che accolgo come soggetti egologici che esperiscono come me il loro mondo
circostante, che io considero lo stesso unico mondo oggettivo che percepisco io, solo ciascuno lo
vede da una specifica prospettiva e a questo consegue una diversit di vissuti, ricordi, campi
percettivi... che comunque non inficia la nostra possibilit di comprenderci e l'univocit del mondo.
La tesi generale dell'atteggiamento naturale
Riguardo all'atteggiamento naturale stata svolto un frammento di descrizione pura, anteriore ad
ogni teoria, nel senso di opinione pregiudiziale di qualsiasi specie; sarebbe ora necessario
continuare per ottenere una descrizione che abbracci sistematicamente ed esaurisca in ampiezza e
profondit quanto reperibile nell'atteggiamento naturale, e rimarr come uno dei compiti della
fenomenologia.
La tesi generale dell'atteggiamento naturale quindi che io trovo costantemente alla mano, di
fronte a me, l'unica realt, cui appartengo io come anche gli altri uomini, che si rapportano a tale
realt come lo faccio io (ma da prospettive diverse), cio assumendola come esistente per come si
offre. Qualsiasi nostro dubbio od opinione in proposito non potr modificare tale tesi in quanto il
mondo come realt sempre e comunque presente.
Le scienze dell'atteggiamento naturale, che sostituiranno le ingenue scienze empiriche, hanno come
obiettivo la maggior comprensione possibile di tale realt in tale atteggiamento.
Mutamento radicale della tesi naturale. Messa fuori circuito, messa tra parentesi
Invece di permanere in tale atteggiamento, noi vogliamo mutarlo radicalmente, per abbandonare
l'atteggiamento naturale in favore di quello della fenomenologia. Va tuttavia considerato che la tesi
dell'atteggiamento naturale non sta sopra l'esperienza, ma accompagna ogni momento della nostra

vita.
Tutto ci che del mondo naturale dato alla coscienza presenta il carattere di essere alla mano, sul
quale possibile fondare un giudizio esplicito di esistenza, che esprime un carattere gi implicito
nell'esperire originario appunto come carattere di 'alla mano' pur senza essere oggetto di pensiero.
Una simile strada stata percorsa da Cartesio con il suo dubbio universale con uno scopo
decisamente diverso: portare alla luce una sfera dell'essere assolutamente indubitabile. Il dubbio ci
servir come espediente metodico. Esso rientra nel campo della nostra libert: possiamo tentare di
dubitare di qualsiasi cosa e anche di tutto, per quanto ne rimarremo certi in base ad un'evidenza
pienamente adeguata. Si tratta tuttavia di un'operazione contraddittoria, in quanto non possibile in
un unico atto di coscienza dubitare di un essere e rimanere coscienti del suo carattere irrefutabile di
essere alla mano. Questa constatazione per non un semplice passaggio dalla tesi all'antitesi, n
da una tesi ad una supposizione ingiustificata o dubbio: non rinunciamo alla tesi che abbiamo posta,
non modifichiamo la nostra convinzione, essa tuttavia subisce una modificazione, ovvero noi la
mettiamo tra parentesi, o fuori gioco. La tesi quindi un vissuto, che non possiamo negare, ma non
ne facciamo alcun uso. Non si tratta di una situazione di privazione, ma di una peculiare condizione
della coscienza che si aggiunge alla semplice tesi originaria e le fa subire una conversione di valore.
Nel tentativo di dubbio (che costituisce una tesi) la messa fuori circuito si realizza in e con una
modificazione dell'antitesi, ovvero nel porre l'ipotetica posizione del non essere che forma la base
complementare del tentativo di dubbio.
Mentre Cartesio spinge tale punto all'estremo di giungere ad una negazione universale, quel che qui
si intende ricavare da tale ragionamento solo il concetto di messa tra parentesi o fuori circuito,
che non necessariamente connesso al dubitare.
Riguardo a ogni tesi noi possiamo esercitare in piena libert questa peculiare epoche, una
sospensione del giudizio che per compatibile con l'indiscussa convinzione della verit. Essa non
va confusa n con un puro immaginare, in cui la convinzione di irrealt di quanto si immagina
rimane viva, n con il presupporre che qualcosa sia in un certo modo.
L'epoche fenomenologica
A questo punto si pu pensare di mettere tra parentesi ogni tesi relativa all'oggettualit, sostituendo
al dubbio universale un'epoche universale che per non realmente universale, altrimenti sarebbe
impossibile la fondazione di una scienza: ad essere messa tra parentesi sar la tesi generale inerente
all'essenza dell'atteggiamento naturale.
Non sto affatto negando o mettendo in dubbio l'esistenza del mondo (come fossi un sofista od uno
scettico), ma esercitando l'epoche fenomenologica. In questo modo metto fuori circuito tutte le
scienze che si riferiscono al mondo naturale e, per quanto mi paiano solide, non faccio alcun uso di
quanto esse considerano valido, anche se perfettamente evidente, nell'ambito delle verit relative a
questo mondo.
Non si tratta nemmeno di una richiesta positivistica (Comte) di messa tra parentesi dei pregiudizi
che turberebbero la pura oggettivit dell'indagine, n della costituzione di una scienza libera da
teorie o libera dalla metafisica.
Il mondo, per come viene esperito nell'atteggiamento naturale, privo da ogni teoria, cio come viene
concretamente esperito, diviene per noi ora privo di validit, va messo tra parentesi, e con esso tutte
le scienze e le teorie, per valide che siano.

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