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Alessandro Colleoni
Et tout d'un coup, d'un seul coup, le voile se dchire, j'ai compris, j'ai vu.
(Jean-Paul Sartre, La Nause)
Insito forse nella natura umana (si pensi all' incipit della Metafisica di Aristotele),
certamente tipico della cultura occidentale il desiderio di raggiungere la verit assoluta.
L'uomo ha dunque iniziato presto a domandarsi come fosse possibile conoscerla e cosa
significasse.
Il primo a dare una risposta a questo problema (posto espressamente solo pi tardi 1) fu
indubbiamente Parmenide, filosofo ancora legato alla tradizione mitica (scrive un poema
in esametri) e aristocratica2, il quale sostiene di aver ricevuto la verit attraverso un
incontro con una divinit che gli ha svelato . Il termine greco che indica questo
concetto infatti ha al suo interno una sfumatura etimologica fondamentale: la verit ci
che non (- privativo) nascosto (-), ovvero stato svelato.
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1 Da Aristotele, cfr. Ferraris 2008
2 Vegetti M., Filosofia e sapere della citt antica in Filosofie e Societ, Bologna, Zanichelli 1975
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Le cavalle che mi portano fin dove il mio desiderio vuol giungere,
mi accompagnarono, dopo che mi ebbero condotto e mi ebbero posto sulla via che dice molte cose,
che appartiene alla divinit e che porta per tutti i luoghi luomo che sa.
L fui portato. Infatti, l mi portarono accorte cavalle tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via.
Lasse dei mozzi mandava un sibilo acuto,
infiammandosi in quanto era premuto da due rotanti
cerchi da una parte e dallaltra , quando affrettavano il corso nellaccompagnarmi,
le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case della Notte,
verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo.
L la porta dei sentieri della Notte e del Giorno,
con ai due estremi un architrave e una soglia di pietra;
e la porta, eretta nelletere, rinchiusa da grandi battenti.
Di questi, Giustizia, che molto punisce, tiene le chiavi che aprono e chiudono.
[]
E la Dea di buon animo mi accolse, e con la sua mano la mia mano destra
prese, e incominci a parlare cos e mi disse:
O giovane, tu che, compagno di immortali guidatrici,
con le cavalle che ti portano giungi alla nostra dimora,
rallegrati, poich non uninfausta sorte ti ha condotto a percorrere
questo cammino infatti esso fuori dalla via battuta dagli uomini ,
ma legge divina e giustizia. Bisogna che tu tutto apprenda:
e il solido cuore della Verit ben rotonda
e le opinioni dei mortali, nelle quali non c una vera certezza.
Eppure anche questo imparerai: come le cose che appaiono
bisognava che veramente fossero, essendo tutte in ogni senso.4
agire infatti sono figlie del Sole che ci allontanano dalle case della Notte, il carro vola verso
il sole. Proprio a questo campo semantico si lega il togliersi i veli delle dee, che allude ad
un accesso privilegiato alla verit che arriva solo dopo un complesso rituale in cui
(la ) in persona a parlare. Quel che dir poi ancora pi in linea con questa
idea, infatti essa annuncia che non ci si deve affidare al mondo sensibile ( discusso in che
senso riveli ci che , e quindi si tratti di un metodo di ricerca6 o una realt oggettiva,
[] l'essere7, ma rimane una verit fondante del pensiero filosofico), a quanto percepiamo,
e si deve accettare e comprendere la verit altra, che una nuova concezione metafisica del
mondo.
Lo stesso annuncio far Platone ed il problema, con momenti di alterna fortuna,
attraverser la filosofia fino a Kant, il quale pur ammettendo un'irrinunciabile tensione
metafisica abbandoner ogni ricerca di una verit ulteriore; i romantici chiudono la
questione, almeno fino a Schopenhauer, dichiarando l'insensatezza dell'idea di cosa in s
e quindi dell'idea di svelare la verit.
Heidegger e il ritorno di
La necessit di un ritorno alla metafisica e alla verit
chiaro infatti che voi da tempo siete familiari con ci che intendete quando usate
l'espressione essente; anche noi credemmo un giorno di comprenderlo senz'altro, ma ora
siamo caduti nella perplessit. (Platone, Sofista, 244a)
Abbiamo noi oggi una risposta alla domanda intorno a ci che propriamente intendiamo
con la parola 'essente'? Per nulla. dunque necessario riproporre il problema del senso
dell'essere. Ma siamo almeno in uno stato di perplessit per il fatto di non comprendere
l'espressione 'essere'? Per nulla. dunque necessario incominciare col ridestare la
comprensione del senso di questo problema. Lo scopo del presente lavoro quello della
elaborazione del problema del senso dell'essere. Il suo traguardo provvisorio
l'interpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dell'essere in
generale8
Il Novecento, con la crisi delle certezze che lo caratterizza, cerca in maniera quasi
patologica un punto fermo, una realt. In filosofia sar in particolare Heidegger a cercare
un ritorno del concetto di nel definire l'ente nel come del suo essere svelato 9:
l'esser vero (verit) dell'enunciato va inteso come esser-svelante.10
Secondo Heidegger infatti arrivato il tempo in cui lOccidente, come terra del tramonto,
della sera (Lands des Abends) porti a termine, in una caratteristica visione ciclica, quanto
6 Calogero 1967, che sottolinea come il punto di partenza sia prettamente semantico (alla radice vi
sarebbero l'esistenza in greco del verbo e delle negazioni e ) e da qui inizi la riflessione
parmenidea, che si sposta poi su quello ontologico (cambiamento di piano e di senso) in virt della
ingenua visione che li pensava perfettamente sovrapposti e non conosceva concetti grammaticali di base,
percependo come diverse parole le forme, ad esempio, del verbo essere, inteso peraltro come costante
presenza, secondo il senso ricostruito della sua radice etimologica.
7 Ferraris 2008
8 Heidegger M., Essere e tempo, Mondadori 2011
9 ibidem
10 ibidem
enunciato nel detto di Anassimandro secondo cui l da dove le cose hanno il loro
nascimento, debbono anche andare a finire, secondo la necessit. Esse debbono infatti fare
ammenda ed esser giudicate per la loro ingiustizia, secondo lordine del tempo.
All'alba del pensiero veniva nominato e pensato lessere e si tentava ancora una
descrizione della sua essenza, ricerca che la metafisica occidentale ha poi abbandonato: Se
penseremo in base allescatologia dellessere, dovremo un giorno aspettare lestremo del
mattino nellestremo della sera, e dovremo imparare oggi a meditare cos su ci che
allestremo11. Oggi la filosofia diventa una tecnica della spiegazione e non si pensa pi, ci
si occupa di filosofia12. L'obiettivo dichiarato invertire questa tendenza.
Severino 1994
Heidegger 2008, da cui anche le citazioni precedenti non specificate
Per il significato peculiare di si veda l'Introduzione
DK, Eraclito B 123
Heidegger 1997
Heidegger 2008
Definita dunque l'essenza della verit che si svela come libert, e questa come il lasciaressere e-sistente che svela l'ente, sar necessario concentrarsi sulla totalit dell'ente (non si
pensa [] al tralasciare o all'indifferenza, ma al suo contrario. Lasciar essere il lasciarsi
coinvolgere dall'ente, [] l'engagement par l'tre pour l'tre ), per evitare la dominabilit
tecnica delle cose che si crede senza limiti, anzi in essa la verit non neppure pi
indifferenza, ma cosa ormai soltanto dimenticata. Si crea quindi una tensione essenziale
nell'uomo tra tentativo di svelare l'ente e velamento nel determinare l'indeterminabile che
porta l'uomo ad errare: nel singolo comportarsi lascia essere l'ente [] e cos lo svela ma
proprio allora vela l'ente nella sua totalit.
Del resto poich la verit essenzialmente libert, l'uomo storico, nel lasciar-essere l'ente,
pu anche non lasciarlo essere per quell'ente che []. In questo caso l'ente viene
occultato e contraffatto. Si impone l'apparenza [] e con essa viene alla luce la nonessenza della verit []. La non-verit deve [] venire dall'essenza della verit [] e non
diventa mai inessenziale, manifestandosi come mistero, ovvero rispetto all'errore quello
che l'ente rispetto agli enti, concetto paradossale solo per la : il mistero obliato
dell'esserci non limitato dall'oblio e rimane sia per l'uomo che si interroga sull'essere sia
per quello che se ne allontana.
Il primo per ha un mezzo per avvicinarsi alla conoscenza: l' erranza, ovvero la dimora
aperta e il fondamento dell'errore fonda allo stesso tempo la possibilit di non lasciarsi
fuorviare [] facendo esperienza dell'erranza stessa, ovvero il velamento dell'ente nello
svelare gli enti singoli. Si apre cos la strada alla vera filosofia, che domandando cerca
questa verit, in s discorde.
Ma qual' la risposta cui siamo giunti? La questione dell'essenza della verit trova la sua
risposta nell'affermazione che l'essenza della verit la verit dell'essenza. [] Il velarsi
diradante lascia essere la concordanza tra conoscenza e ente []. Poich all'essere
appartiene un velarsi diradante, esso appare inizialmente alla luce di un sottrarsi che
nasconde. Il nome di questa Lichtung 25.
In definitiva si ottenuta una definizione decisamente dinamica di verit, che ha permesso
di riportare al centro l'idea di svelamento e si trova sospesa tra la non-essenza della verit
(oscurit come mistero) e l'anti-essenza della verit (oscurit come oblio del mistero e
conseguente errare fra gli enti)26.
Ecco la verit: l'apparire alla luce di un sottrarsi che nasconde. Intanto l'uomo si dispiega
solo nella sua essenza in quanto chiamato dall'essere. Lo stare nella radura la vera esistenza dell'uomo, ovvero il suo e-statico stare-dentro, gettato dall'essere stesso nella
verit dell'essere, cui essenzialmente pi lontano e nondimeno pi vicino [] di
qualunque ente.
L'essere viene al destino in quanto esso, l'essere, si da. La scoperta della verit da parte
dell'uomo consiste nel superamento della spaesatezza di fronte al sottrarsi che nasconde
dell'essere, divenendo cos il pastore dell'essere, obiettivo di un nuovo umanismo, che
rinasca dal e dalla sua essenza apparsa all'alba del pensiero, con un pensiero pi
rigoroso di quello concettuale, che porti l'uomo, il singolo uomo cui Heidegger ha fornito
la via, ad andar oltre com' nella sua .
25 ibidem, come le citazioni precedenti
26 Galimberti 1989
Nel 1958 Lucio Fontana inizia l'ultima tappa del suo percorso artistico, che ne costituisce il
compimento: i Concetti Spaziali, o Attese. I suoi violenti tagli sulla tela sono una evidente
espressione del desiderio di raggiungere attraverso l'arte un qualcosa di ulteriore, svelare
una realt ignota che cos si apre alla nostra percezione.
Si tratta certo di uno dei gesti pi radicali della storia dell'arte 27 che si sostanzia nella
distruzione dell'opera stessa per crearne una nuova ( azzeramento e insieme
costruzione28), invadendo il campo finora intatto nell'opera pittorica, ossia la tela,
incurvata e squarciata (dunque desacralizzata) come lo spazio incurvato da Einstein.
L'ultimo residuo dell'et 'moderna' dunque superato.29
Il taglio netto come inferto da un colpo di rasoio, in realt risultato di un meticoloso e
complesso lavoro (per fare un taglio come quelli di Fontana, non occorre, vero, un
particolare sforzo, ma una precisione e un talento non comuni 30), innanzitutto un gesto
27 Bonami 2007
28 Campiglio 2008
29 Barilli 1984.
Fontana: La scoperta del cosmo una dimensione nuova, l'infinito: allora io buco questa tela, che era
alla base di tutte le arti, e ho creato una dimensione infinita, una x che per me alla base di tutta l'arte
contemporanea (Lonzi C., Autoritratto, Bari, De Donato 1969)
30 Bonami 2007
da action painting, che lascia il segno dell'artista31 di cui sono condensati la forza,
l'impulso, il pensiero, l'istinto, l'amore32. Questa idea di arte risponde prima di tutto a
esigenze dello spirito che ci spingono a cercare i valori sostanziali della natura33 attraverso
l'istinto che permette di cogliere l'immediato presente, con un dinamismo che porta
Fontana ad autodefinirsi neo-futurista e Trini a definirlo non caotico ma attratto dal caso34.
Si tratta per anche e soprattutto del tentativo di una penetrazione oltre la superficie della
tela, tradizionalmente limite invalicabile dell'opera pittorica: i Concetti spaziali arrivano a
rompere lo spazio/campo del quadro, ove il concetto di 'campo' presuppone quello di
'continuum' bidimensionale35. Lo spazio di qua dove siamo noi, ed di l, oltre ed
infinito36, in una sintesi totalizzante. Si cerca cos di sfondare la bidimensionalit, e
seppure la distanza rimanga si per aperto un varco: per rispondere all' appello di Karl
Jaspers affinch gli artisti 'rendano percepibile il trascendentalismo'' 37 Fontana sceglie di
mettere tutto se stesso in una tensione alla sintesi tra luce, colore, suono, movimento 38.
Univoci sono metodo e obiettivo: l'affermazione lucida e ferma che qualsiasi cosa
coscientemente si faccia un fare lo spazio 39, la conquista di uno spazio unitario, che si
configuri come spazio mentale, senza limitazioni fisiche40 e fonde perfino tempo e spazio (i
doppi titolo Attese41 e Concetto spaziale lo dimostrano).
L'arte si trova in un periodo latente. [] L'era artistica dei colori e delle forme paralitiche
sorpassata. L'uomo si fa sempre pi insensibile alle immagini inchiodate senza indizi di
vitalit. Le antiche immagini immobili non soddisfano pi le esigenze dell'uomo nuovo.
[] Non rappresentiamo n l'uomo n gli altri animali n le altre forme. Queste sono
manifestazioni della natura, mutevoli nel tempo, che cambiano e scompaiono secondo la
successione dei fenomeni. Le loro condizioni fisiche sono soggette alla materia ed alla sua
evoluzione. Noi ci dirigiamo verso la materia e la sua evoluzione, fonti generatrici
dell'esistenza. Prendiamo l'energia, propria della materia, la sua necessit d'essere e di
svilupparsi.42
L'arte dunque cerca di strappare con violenza il velo che copre la realt ed andar oltre,
superando limiti invalicabili per la conoscenza razionale. Nell'epoca della riproducibilit
tecnica43 dunque l'arte supera se stessa affermando con forza il rifiuto di ogni mimesis e
31 We have gone beyond art to be contemplated [], beyond art of vision to move towards the art of
action (Trini 1999)
32 Bonami 2007
33 Manifiesto Blanco (1946), in Lucio Fontana. Catalogo Generale, Electa, Milano 1986
34 Trini 1999
35 Vinca-Masini 1989
36 Fontana: i Tagli sono soprattutto un atto di fede nell'infinito, un'affermazione di spiritualit, ma anche
il nulla! La morte della materia, la pura filosofia della vita (in Campiglio 2008)
37 Rosenthal M., La riscoperta del s e ulteriori sviluppi in Action painting: dal disegno all'opera, New York,
The Solomon Guggenheim Foundation 2004
38 Campiglio 2008
39 Argan, in Vinca-Masini 1989
40 Vinca-Masini 1989
41 Crispolti (1999) interpreta il termine come polisenso: a contemplative vaguely metaphysical intention
[], an overt sexual allusion [], an archetipical abstraction
42 Manifiesto Blanco, op. cit.
43 Il concetto va inteso nel senso introdotto da Walter Benjamin in L'opera d'arte nell'epoca della sua
riproducibilit tecnica (1936).
cercando invece in ogni modo di superare l'ambito limitato della scienza, rifondando cos
il suo senso alla luce di una ricerca dell'essenza che sta dietro alla realt, a partire dal
subcosciente44 ma senza mai sfociare nell'irrazionale assoluto.
L'opera
spazialista
rimane
dunque
essenzialmente
oggetto
di
contemplazione quasi mistica, che permette cos di avviare una sensazione
totalizzante carica di allusivit simbolica, di rimandi alla sensibilit,
all'emotivit, all'erotismo, alla vita intera insomma che l'opera riassume in
s e traspone in poesia 45, esprimendo pienamente la tensione all'assoluto .
L'artista un privilegiato: in quanto ha visto cosa sta dietro la realt si sente diverso dagli
altri, e spesso sente che gli altri vivono inconsapevoli di fondare le loro scelte ed
44 Manifiesto Blanco, op. cit.
45 Vinca-Masini 1989
L'io lirico dunque ha potuto, in un istante privilegiato52, spingersi oltre il limen del mondo
sensibile53, lontano dal consorzio umano e pronto invece ad accogliere una visione che gli
si mostra autonomamente, per quanto egli accettando di voltarsi compia un gesto di
coraggio (del resto la poetica montaliana stata definita da Calvino eroismo di antieroi
[] scavato nell'interiorit e nell'aridit e nella precariet dell'esistere54).
Lo strumento tipicamente montaliano, ed l'epifania 55: un'improvvisa intuizione di un
significato altro a partire di un elemento della vita quotidiana (aspetto che prelude al
correlativo oggettivo delle raccolte successive), che si inserisce come talvolta nel silenzio /
della campagna un colpo di fucile (Mia vita, a te non chiedo).
In un 'osso' fuori dal comune come questo, soprattutto per l'assenza del paesaggio e degli
oggetti, oltre che per il tono di poesia d'immaginazione e pensiero astratti, come
raramente in Montale, ci accorgiamo di come in realt a scatenare il miracolo sia proprio
l'elemento naturale, cio atmosferico: l'asciutta cristallina trasparenza dell'aria invernale,
che rende le cose tanto nitide da creare un effetto di irrealt, quasi che l'alone di foschia
che abitualmente sfuma il paesaggio [] s'identifichi con lo spessore ed il peso
dell'esistere56.
Quel che si compreso poi la gratuit57 del mondo, e dunque la assoluta vacuit
dell'apparente. Il miracolo (istante di grazia gnoseologico 58, solo modo per sanare [] una
lacerazione fra 'immanenza' e 'trascendenza', fra realt e soggettivit 59), che altrove apre
vie di speranza e fuga dal dramma dell'esistere (si pensi alla maglia rotta nella rete / che ci
stringe di In limine o all'odore de I Limoni60), qua rivela il nulla assoluto in maniera
empirica e razionalmente definibile, dietro la selva di fenomeni che non sono altro che
immagini su di uno schermo (un folto, un ingorgo di oggetti: alberi case colli [], pi si
carica di attributi e pi la realt si spoglia di peso61).
Va del resto considerato che la vera salute [] della poesia montaliana , sempre fuori da
questo mondo, presente e distrutto, nel sospetto d'un altro mondo, autentico e interno, o
magari anteriore e passato62. L'uomo vive in un inganno consueto (le innumerevoli
cose sono condannate ad un divorzio fra le percezioni ed il loro significato 63) e lo stesso
Montale ammetter di non esser mai riuscito a vincerlo 64, ma i pochi eletti che possono
superarlo e percepire cosa sta dietro al velo della realt rimarranno nel consorzio degli
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n. XVII, 33 (gen.-giu. 1997). Frare il critico che ha maggiormente messo in luce questo collegamento.
Contini 1974
Arrigo 2001
Calvino 1981
Concetto ben noto alla letteratura novecentesca, basti pensare ai Dubliners di Joyce.
Calvino 1977
Nel significano del termine (mancanza di un senso, di un fine nella vita dell'uomo e nel mondo che lo
circonda) inaugurato da Gide e Sartre, sulla base di Quod gratis affermatur, gratis negatur.
Contini 1974
Luperini 1992
Per cui le cose / s'abbandonano e sembrano vicine / a tradire il loro ultimo segreto
Contini 1974
ibidem
ibidem
Mi sono voltato, molte volte, ma non successo nulla di simile... Purtroppo, non sono stato degno di
veder compiersi questo disastroso miracolo (E. Montale, Cinquantanni di poesia, in Il secondo mestiere.
Prose 1920-1979, a cura di G. Zampa, Milano, Mondadori, 1996)
uomini che non si voltano ma non potranno mai pi vivere come prima, senza nemmeno
per cambiare alcunch, n in se stessi, n nella societ.
Ma perch gli uomini sono assenti dallo schermo? Forse perch il vuoto fondamentale
costellato di monadi, costellato da tanti io puntiformi che se si voltassero scoprirebbero
l'inganno, ma che continuano ad apparirci come schiere in movimento, sicure della loro
traiettoria. Negata la realt esterna65, quella realt che sta dietro alle spalle e di cui
nessuno pu garantire l'esistenza, essendo fondata su un modello induttivo, ci che egli
ha di fronte sempre il suo campo visuale, il quale si estende per l'ampiezza di tot gradi e
non pi, mentre alle sue spalle c' sempre un arco complementare in cui in quel momento
il mondo potrebbe non esserci , ecco cosa vede il poeta, voltando me stesso dentro di me
per comprendere il mondo com' quando la mia percezione non gli attribuisce colore e
forma di alberi case colli, brancoler in una oscurit senza dimensione n oggetti [],
ombre su un radar mal sintonizzato66.
Non si tratta comunque di un'affermazione di nichilismo o di scetticismo 67 per, una
fragilit ben pi profonda quella che l'autore vuole trasmetterci: se egli stesso non ha
potuto raggiungere questa condizione di cui ci d una fuggevole e assai espressiva
immagine, e chi la pu avere manterr il segreto, ecco che allora il dubbio iperbolico di
cartesiana memoria ulteriormente amplificato, in quanto in dubbio non solo la realt,
ma anche la legittimit del dubbio stesso.
L'artista stesso quindi, si trova in uno stato allo stesso tempo di incomunicabilit 68 e
impossibilit anche per lui stesso di raggiungere la verit assoluta e completa, o dubbio di
non averla raggiunta (Ceci n'est pas une pipe sar la significativa conclusione di Magritte):
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
lanimo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah luomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e lombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
s qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ci che non siamo, ci che non vogliamo.69
65 Va notato come in Vento e bandiere invece essa era pi tipicamente constatata (Il mondo esiste...) come
orizzonte entro il quale valutare la crisi dell'identit della persona.
66 Calvino 1977
67 A me mancano i conforti dello scetticismo assoluto, e beninteso quelli del rigoroso idealismo (E. Montale,
L'arte spettacolare, in Il secondo mestiere, ibidem)
68 Contini 1974: alone di silenzio, incarnazione dell'iato fra senso e verit
69 20 luglio 1923, in Ossi di Seppia
Come la condizione del Nulla, anche l'idea di poesia qui espressa (posta dall'autore ad
aprire gli Ossi di seppia) potrebbe essere definita una tipica espressione culturale del
Novecento, un secolo che ha visto artisti di ogni genere descrivere le limitazioni di
espressione del proprio mezzo mediante il mezzo stesso 70. La teologia negativa, come la
critica ha definito questo concetto, porta il poeta a una progressiva assunzione di
consapevolezza del dimesso ruolo che egli stesso viene ad assumere che rasenta toni quasi
struggenti nel definire la propria condizione (non dimenticata la lezione crepuscolare, e
del resto questo aspetto rende Ossi di seppia un libro fecondamente contraddittorio71), ma
anche contemporaneamente di vera e propria invidia 72 per l'uomo che se ne va sicuro (non
si dimentichi il Leopardi del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia e, seppure in
un senso differente, de Il passero solitario).
La sua funzione non negata, anzi affermata con forza nella sua negativit elegiaca (pur
rimanendo la vaga speranza di cangiare in inno l'elegia73), come condizione e come
programma: l'assenza di una pratica del linguaggio come funzione direttamente
rivelativa, l'uso negativo delle categorie definitorie, la poesia sempre pi energicamente
ributtata gi dai gradini della 'scala a Dio', l'allegorizzazione piuttosto per immagini
dissimili che per analogia, lo scrivere in chiave e per pseudologia ironica saranno la scelta
positiva opposta a quella dei detentori delle formule definitive74. I poeti laureati (I limoni)
ancora una volta sono denigrati in nome di un ideale diverso di poesia, strettamente
legata al nostro esistere di esseri umani75. Questo paradosso vitale 'leopardiano' porta allo
stesso tempo ad una vera e propria furia di nominazione e gesticolazione lessicale, ed
unendosi ad impotenza e disgregazione dell'io spinge, per autoprotezione, a creare un
fittissimo reticolo di evidenze formali76.
Il poeta dunque non pu aprire mondi, rivelare la verit assoluta facendosi bocca del Dio
come i maestri di verit arcaici77 (si pensi al rapporto di Omero con la ), ma solo
limitarsi a quello che in Delta sar espresso con un ossimoro decisamente pregnante: tutto
ignoro di te fuor del messaggio / muto che mi sostenta sulla via . Alla poesia non chiede
pi di quel che chiede alla vita (l'aporia del resto gnoseologica ma anche e soprattutto
etica) quindi: mia vita, a te non chiedo lineamenti / fissi, volti plausibili o possessi. / Nel
tuo giro inquieto ormai lo stesso / sapore han miele e assenzio (Mia vita a te non chiedo)
Il rapporto fra i due testi citati del resto si inserisce nel romanzo di formazione verso
un'accettazione stoica della terra e della scelta morale, dal momento felice dell'incanto allo
70 Odifreddi P., Il diavolo in cattedra, Torino, Einaudi 2003, pagg. 216-221
L'espressione utilizzata propriamente per Gdel, ma lo stesso Odifreddi inserisce in questo clima anche
Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello, 8 e 1/2 di Fellini, 4'33'' di John Cage e le tele monocrome di
Yves Klein. Non sono esclusi dal discorso L'opera aperta di Eco, le teorie della cosmologia inflazionaria e
l'idea di diritto delle societ democratiche (qui intese nel senso popperiano del miglioramento continuo a
piccoli passi).
71 Luperini 1992
72 Luperini (2001) parla di disprezzo e piet, da una parte e invidia, dall'altra.
73 Riviere, in appendice a Ossi di Seppia
74 Jacomuzzi 1978
75 Montale E., ancora possibile fare poesia? in Sulla poesia, Milano, Mondadori 1998
76 Mengaldo 1978, op. cit.
77 Marcel Detienne in I maestri di verit nella Grecia arcaica li identifica, per il mondo greco, in: il poeta
ispirato, l'indovino profeta, il mago ed il re di giustizia.
spaesamento e alla frammentazione che investe non solo la realt oggettiva ma anche
quella soggettiva78, verso l'affermazione della divina indifferenza di Spesso il male di
vivere (lo stesso / sapore hanno miele e assenzio sentenzia il poeta in Mia vita, a te non
chiedo). Si aggiunga una strenua volont di resistere di un soggetto depotenziato e
periclitante, che sta smarrendo la fiducia nella corrispondenza analogica tra significante e
significato, tra io e mondo, di fronte alla rivelazione vertiginosa del 'nulla' che si manifesta
anche nella 'decisione' apparentemente classica dello stile, pur sapendo che queste alte
forme recingono il vuoto79. Del resto bruciare / questo, non altro il mio significato dice il
poeta in Dissipa tu se lo vuoi, conclusione che pur nella consapevolezza della mancanza di
senso afferma ancora una possibilit di sacrificio e di luce80.
Se con Forse un mattino tornava in auge la critica all'adaequatio, ora la capacit stessa
del poeta ad entrare in discussione, perdendo l'autoevidenza tipica del discorso poetico in
senso stretto, almeno nella tradizione precedente 81. Ormai superata la fine dell'infanzia,
non esiste pi l'anima come forma ed quindi in discussione tanto la possibilit stessa
della conoscenza, quanto il soggetto stesso82, almeno nella forma del soggetto della
tradizione ottocentesca che tutto sa e a tutto d forma ed la misura di tutte le cose83.
L'autore compie quello che Jacomuzzi definisce non-poesia, ovvero l'elogio della balbuzie
e della loquacit del silenzio. Se infatti la consapevolezza della critica situazione in cui il
linguaggio versa lo porta ad allontanarsi da ogni netta presa di posizione per una poesia
che prometta di svelare le res dietro ai verba, l'immagine di poeta-vate che gli si cercher
di attribuire da lui assolutamente negata, tanto da affermare: la pi vera ragione di chi
tace (So l'ora in cui la faccia pi impassibile).
La consapevolezza dell'impossibilit dello svelamento diviene nuova
affermazione di s e del proprio ruolo, che entrer per in crisi fino a
culminare con la perdita del senso stesso del fare poesia nella societ
postmoderna (nelle ultime raccolte), senza per che si perda la poesia in s.
Luperini 2001
Luperini 1992
ibidem
Non va comunque dimenticato il progressivo allontanamento da un'idea forte di poesia gi presente in
diversi autori precedenti a Montale e che certamente lo influenzano, fra cui vanno ricordati Corazzini
(Desolazione del povero poeta sentimentale) e il futurista Palazzeschi (Lasciatemi divertire).
82 Luperini 1992
83 Barberi Squarotti G., Montale o il superamento del soggetto in La poesia di Eugenio Montale, Milano,
Librex 1983
comunque sempre meno del conoscibile, non resta per i membri della
comunit che l'accettazione , come gi auspicato dal nunzio che aveva per primo
narrato l'aspetto violento e selvaggio di Dioniso, ma ne conosceva anche i piaceri:
Questo dio dunque, chiunque egli sia, o signore,
accoglilo in questa citt. In tutto infatti potente,
e anche in questo: si dice abbia donato
ai mortali la vite che placa gli affanni. (vv. 769-774)
La fisica ha accettato di non poter conoscere con certezza lo stato di una particella (ad
esempio un elettrone, come nel caso dell'esperimento delle due fessure), poich la luce
necessaria per poter osservare e quindi individuare la posizione e le altre caratteristiche di
un corpo (svelare implica infatti un'attivit dello svelante) muterebbero la situazione e
dunque i risultati, ad esempio cambiando il livello energetico di un elettrone quindi
imponendo una posizione che prima non aveva.
Questo concetto chiaramente espresso dal ben noto principio di indeterminazione di
Heisenberg, che afferma: non possibile misurare contemporaneamente e con precisione
assoluta sia la posizione sia la velocit e quindi l'energia di una particella 87. La motivazione
va individuata contemporaneamente nella dualit onda-particella (derivata dagli studi di
De Broglie) e nella conseguente (ontologica?) non-localit della materia. L'effetto
epistemologico disastroso in quanto significa che sta nella natura stessa della particella
non avere tali caratteristiche fino al momento della misurazione, che da un certo punto di
vista le impone. Lo stesso Heisenberg arriva a commentare: Nellambito della realt le cui
connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono ad
86 Espressione husserliana (cfr. La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale)
87 Formulazione tratta dal manuale Chimica di M. Bosia, Paravia 2004
una completa determinazione di ci che accade nello spazio e nel tempo; laccadere
(allinterno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) piuttosto rimesso
al gioco del caso e l'immagine scientifica che veniamo a costruirci del mondo cessa di
essere una vera e propria immagine intrinseca della natura 88.
La formulazione di questo principio segna una vera e propria crisi nel lavoro di
Heisenberg, che alla fine di una lunga serie di esperimenti formula l'impossibilit di
trovare quanto cercava, ma non scoraggia la sua stessa ricerca, che grazie alla
collaborazione con Bohr (sono i fautori della cosiddetta interpretazione di Copenhagen
che interpreta in maniera ontologica la non-localit) lo porta a definire la possibilit di
costruire un'interpretazione probabilistica di questo problema. Probabilit per che non si
baser sull'uso che la meccanica classica faceva della statistica, ovvero come
approssimazione per mancanza di strumenti precisi o leggi definitive, ma costituir una
realt insita nella natura stessa.
Proseguendo su questa linea Shrdinger, il quale per con il famoso paradosso del gatto
rifiuta un'interpretazione ontologica dell'indeterminazione, arriva infine alla formulazione
della sua nota equazione, che ci permette di determinare la funzione d'onda () come
h
(r ,t )= H (r , t) dove (r , t) rappresenta appunto
ampiezza di probabilit: i
2 t
la funzione d'onda, ovvero l'ampiezza della probabilit (concetto che mutua dalla
meccanica classica, applica alla teoria ondulatoria e reinterpreta in chiave statistica), H
l'operatore Hamiltoniano, che permette di definire l'energia completa di un sistema
(sommando l'energia cinetica all'energia potenziale, pi propriamente definisce lo stato
quantico del sistema) in un determinato momento e posizione.
Questa visione fece inizialmente fatica ad affermarsi proprio per il suo carattere
apparentemente di disfatta, tanto che negli ambienti universitari si era diffusa questa
canzone irrisoria89:
Con la sua psi Erwin pu
di calcoli farne un bel po'.
Ma una cosa nessuno sa:
cosa significhi la psi in realt.
La complessit dell'idea del resto avvi un proliferare di interpretazioni epistemologiche
differenti, fra cui vanno ricordate:
Interpretazione statistica (Born e Einstein): sulla base di risultati sperimentali,
ipotizzo che il quadrato della funzione donda in un punto fosse la misura della
densit di probabilit che in tale punto vi sia lelettrone. La funzione d'onda non si
applica ad un sistema individuale, ad esempio una singola particella, ma un
valore matematico astratto, di natura statistica, applicabile ad un insieme di sistemi
o particelle.
Intepretazione di Copenhagen (Bohr e Heisenberg): Le affermazioni probabilistiche
della meccanica quantistica sono irriducibili, nel senso che non riflettono la nostra
conoscenza limitata di qualche variabile nascosta. Nella fisica classica, si ricorre alla
probabilit anche se il processo deterministico in modo da sopperire a una nostra
88 ber quantenmechanische Kinematik und Mechanik, Mathematische Annalen, 1926
89 Reminiscences of Heisenberg and the Eary Days of Quantum Mechanics, Felix Bloch, in Phisics Today,
dicembre 1976
frase: Chiunque crede di aver capito la meccanica quantistica non lha capita
abbastanza da capire di non averla capita .
Dimensioni nascoste
Primo Levi apre con queste parole I sommersi e i salvati, a ricordare la spinta a raccontare
quello che era stato che aveva caratterizzato la sua esperienza. Oltre alla chiara matrice
catartica, va sottolineato anche un altro significato che lo stesso autore ci esplicita: i militi
delle S.S. si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: In qualunque modo
questa guerra finisca, la guerra contro di voi l'abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarr
per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli creder.
[] E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la
gente dir che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti: dir che
sono esagerazioni della propaganda alleata, e creder a noi, che negheremo tutto, e non a
voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla. [] Quasi tutti i reduci [...] ricordano un
sogno che ricorreva spesso nelle notti di prigionia, vario nei particolari ma unico nella
sostanza: di essere tornati a casa, di raccontare con passione e sollievo le loro sofferenze
passate rivolgendosi ad una persona cara, e di non essere creduti, anzi, neppure
ascoltati.107
La distanza storica rischia di rendere questo incubo realt, se infatti nei primi momenti
successivi alla Shoah l'impatto sulla comunit mondiale con una esperienza di tale portata
ha impedito che anche solo si potesse immaginare di dubitarne, negli anni successivi sono
potute nascere le storiografie revisionista e poi negazionista. La radice di questo fatto va
cercata innanzitutto nella distanza storica ( quando i figli dei figli delle vittime dei lager
saranno scomparsi la messa in discussione del genocidio avr lo stesso impatto emotivo
che potrebbe avere l'incredulit rispetto a, diciamo, la strage erodiana degli innocenti 108),
nella volont (e capacit) nazista di nascondere ogni prova ( il regime nazista aveva posto
le basi per il negazionismo di oggi grazie soprattutto alla natura di non-monumenti per
eccellenza109 delle camere a gas e dei campi), ma anche in due processi, che sottolinea
Bauman110, interni alla stessa coscienza collettiva dell'evento, ovvero la progressiva
specializzazione e riduzione a pura ricerca scientifica della storiografia ad esso relativa e la
105Zinn H., Storia del popolo americano dal 1492 a oggi, Milano, il Saggiatore 2007
106Coleridge S.T., The Rime of the Ancient Mariner, vv. 582-85 in Levi 1986
107Levi 1986
108Pisanty 1998
109Pisanty 1998
110Prefazione a Bauman Z., Modernit e olocausto, Bologna, il Mulino 1992
questi fattori e, attraverso una critica fredda e razionalista, negano la veridicit delle
testimonianze, applicando poi la logica del falsus in uno falsus in omnibus 113: la falsit di
un dato (anche numerico) all'interno di una testimonianza mette in dubbio la validit
dell'intero processo.
Questo fine viene poi raggiunto attraverso strumenti diversi:
fonti: per dare apparenza di storicit e scientificit al loro lavoro bombardano il
lettore di dati e citazioni, ottenendo di buttare fumo negli occhi114. Il metodo
quello descritto da Schopenhauer: quando si vuole trarre una certa conclusione non
la si lasci prevedere, ma si faccia in modo che l'avversario ammetta senza
accorgersene le premesse una per volta e in ordine sparso, altrimenti tenter ogni
sorta di cavilli; oppure, quando non si certi che l'avversario le ammetta, si
presentino le premesse di queste premesse, si facciano pre-sillogismi, ci si faccia
ammettere le premesse di molti di questi pre-sillogismi [...], si occulti dunque il
proprio gioco finch non stato ammesso tutto cio di cui si ha bisogno 115. Si attiva
cos nel lettore la logica [] induttiva dell'exemplum [] esclusivamente retorica e
priva di valore dimostrativo. [] Il negazionista approfitta dello stordimento del
lettore per proporgli perentoriamente una chiave di lettura che, come per magia,
dissolve tutti i dubbi e le incertezze116.
citazioni: si usano i metodi del decontestualizzare i testi (senza citare le proprie
fonti, cosicch il lettore fatichi a controllarle) e del farne un'analisi testuale
alternativamente a seconda di quale permette maggiormente di mettere in
discussione le affermazioni di chi sta raccontando, grazie anche alla contestazione
di contraddizioni interne o con altre fonti, selezionando le stesse (completamente
sordi a ogni affermazione che contraddica le proprie idee) e citando in maniera
parziale le testimonianze117, inserendosi anche a sottolineare puntigliosamente
aspetti dubbi in ogni passo (metodo delle parentesi quadre e della punteggiatura)
scetticismo estremo: il negazionista colui per il quale ogni errore equivale a una
menzogna, e dietro ad ogni menzogna si nasconde un progetto di falsificazione, si
nega il principio di carit interpretativa che risponderebbe al Lettore Modello delle
testimonianza. Quando ha in tal modo creato scompiglio [] subentra il pi
chiuso dei fondamentalismi118.
razionalismo: ogni errore viene considerato contraddizione e quindi segno di
falsit, non si considerano minimamente emozione, memoria e valutazioni
approssimative (si pensi ai molti casi di confutazioni basate su aspetti quantitativi).
Non distinguono la somiglianza che giustifica e quella che discredita 119, anzi,
negano l'esistenza della prima. Lo scopo negare alle testimonianze l'aggancio con
113Principio del diritto romano usato come titolo in un articolo del negazionista americano Bradley Smith,
cit. in Pisanty 1998
114Pisany 1998
115Schopenhauer cit. in Pisanty 1998
116Pisanty 1998
117Pisanty 1998: Il gioco negazionista semplice: si prende un'affermazione, la si isola dal proprio contesto
storico immediato e la si giudica a partire dal proprio punto di vista. Cos straniata, essa apparir
necessariamente inverosimile e insostenibile.
118Pisanty 1998
119Bloch M., Apologia della storia, Torino, Einaudi 1969
I Metamorphoseon libri sono una delle opere pi discusse della letteratura latina, e uno
dei temi di maggiore interesse critico il significato dell'XI libro. Infatti se i dieci libri
precedenti costituiscono fondamentalmente un'unit di tono (fatta eccezione per l'inserto
della fabella di Amore e Psiche), che potremmo definire boccaccesco, con l'undicesimo
abbiamo uno scarto che ha portato Concetto Marchesi a definirlo affatto nuovo e inatteso e
Winkler a dire che addirittura diventiamo lettori per una seconda volta e rileggiamo sotto
questa luce l'intero romanzo. Che poi si tratti effettivamente di un Isisbuch come vogliono
autori come Merkelbach, si tratti di una pura parodia che ci ha tutti ingannati come
propone Winkler o sia da considerare pi plausibile un'idea di spiritosa spiritualit (Fo), di
tensione fra la ribalderia milesia e il misticismo platonico (Walsh) che ci porti ad educare il
lettore attraverso l'ironia, con Apuleio novello Socrate 130, in ogni caso non si potr negare
l'importanza del processo che porta attraverso il motivo della curiositas alla (almeno
apparente) conversione di Lucio, ed quindi possibile indagarne il significato.
La curiositas di Lucio e Psiche
Lucio, protagonista del romanzo, mosso da una ingenita curiositas (IX, 13) che va di pari
passo con quella sorta di naturale che l' admiratio (I, 4) e con una conseguente
iucunditas (I, 2) che sar preso ribaltata. Egli quindi spinto a cercare allo stesso tempo
piaceri terreni e segrete arti magiche, che trova nella moglie Panfile, maga.
Questa sua scelta verr presto per mal ripagata, infatti appena tenta di applicarsi
anch'egli in tale arte si trova trasformato non in un volatile libero di librarsi nel cielo, ma in
un ben pi volgare asino. Se egli quindi inizia una vita di progressiva degenerazione, non
viene meno per la sua caratteristica principale, anzi, nello stadio imbestialito, la curiosit
elevata alla seconda potenza (Fo), dato che l'asino nel folclore greco era l'animale curioso
per eccellenza, ed inoltre lo stesso personaggio a dirci (IX, 13) che l'unico suo solacium
era la prospettiva privilegiata che si era guadagnato: tutti, tenendo in poco conto la mia
presenza, dicevano e facevano quel che volevano. diventato un curiosus aloquin et
inquieti procacitate praeditus asinus (IX, 42).
Interessante anche indagare cosa egli scopre con questa sua curiosit: quello descritto dal
nostro narratore infatti un mondo crudo, utilitaristico, senza scrupoli, dominato da
spinte amorali e malvagie (Fo), in cui l'unica consolazione che ad essere colpiti dalla
sventura sono allo stesso modo buoni e malvagi, senza che vi sia alcun ordine o speranza
di giustizia, sotto la guida di una Fortuna caeca e nefaria, che non si cura dell'uomo n
tanto meno di una qualche legge divina (fas).
Il nostro personaggio dunque ha cercato di raggiungere una verit ulteriore attraverso il
piacere (la vita estetica direbbe Kierkegaard) e poi la magia, ma si ritrovato ad avere come
unico sollievo di fronte alla gratuit della vita una sterile curiosit pettegola, che se
permette all'autore di inserire sapientemente a incastro novelle di diverso genere e tono,
non porta per a fare nessun passo avanti in una verit che invece si rivela sempre pi
130Questa interpretazione favorito dalla conversazione che apre la scena del romanzo e richiama
chiaramente l'apertura del Simposio platonico, e in cui compare perfino un personaggio di nome Socrate.
Significativo anche che questo sia l'unico aspetto rintracciabile (se non a livello puramente testuale) che
paia anticipare una dimensione spirituale o filosofica prima dell'ultimo libro.
volendo dare un quadro delle prospettive che la verit ha nella filosofia contemporanea, in
quanto la scelta ricade evidentemente su due importanti autori che condividono una
visione, per quanto decisamente diversa, di realismo. Nell'ottica tuttavia dell'indagare il
futuro del concetto di verit come svelamento e dunque del rapporto fra mondo interno ed
esterno dunque necessario scegliere questo tipo di approccio, in quanto nelle prospettive
antirealistiche di autori come Rorty o Vattimo si ormai abbandonato questo tipo di
indagine, asserendo in maniera diversa la morte della verit stessa, e rinunciando quindi a
ogni tentativo di svelare una realt ultima, sia essa negata o meno.
sense data, the same dispositions, etc. It is absurd to think his psychological state is one bit
different from mine: yet he 'means' beech when he says 'elm' and I 'mean' elm when I say
elm. Cut the pie any way you like, 'meanings' just ain't in the head!134
Ma se i significati non sono nella mente, allora il concetto non pi, quasi da
neoplatonici, l'essenza delle cose, ma semplicemente ci che ci permette di usare le
immagini della sensibilit collegandole tra loro (componente concettuale e fattuale si
amalgamano nella conoscenza fino ad essere indistinguibili), e non implica nemmeno la
comprensione (l'esempio citato una persona che sotto ipnosi su richiesta parla
giapponese -ovvero una serie di suoni insensati che ritiene siano giapponese- e una
volta risvegliata dice di non sapere cosa stesse dicendo), dunque non ci sono
presentazioni mentali che si riferiscano necessariamente a oggetti esterni . Il significato si
correla all'oggetto in virt di un'operazione sociale, una relazione causale fra i parlanti ed
il referente reale del termine; il significato dunque fissato dal riferimento e trasmesso
dalla competenza semantica dei parlanti, che trarranno i significati primi dalle asserzioni
degli esperti in materia, in grado di fissare precisi riferimenti, che rimarranno per
convenzioni sociali, e dunque significato e credenze rimarranno separati.
Come ha spiegato Donald Davidson 135, questa teoria ha determinato una rivoluzione
antisoggettivista nella filosofia successiva, che si liberata del cartesianesimo husserliano
ancora imperante per quanto meno mettere in dubbio in maniera pi libera il rapporto
soggetto-oggetto.
Brains in a vat e la confutazione di scetticismo e realismo metafisico
Il pi famoso esperimento teorico portato da Putnam raccontato nel primo capitolo di
Reason, Truth and History, e ripresenta in maniera originale il problema del cartesiano
genium aliquem malignum (idea rielaborata poi nella nota trilogia cinematografica di
Matrix): non forse possibile che invece di esistere come corpi noi tutti siamo invece
cervelli in una vasca di sostanze nutritive collegati a sofisticati sistemi ultra-tecnologici che
ci fanno credere di muoverci e vivere nel mondo reale?
Innanzitutto va allontanata ogni velleit metafisica o religiosa: l'ipotesi puramente
funzionale alla riflessione sulla verit, e non all'ammissione dell'esistenza di qualche entit
esterna (magari divina), tanto che l'autore sottolinea che nella sua ipotesi il mondo sarebbe
nato in questo modo (con i cervelli, la vasca, i computer...) in maniera totalmente casuale
(anche se non esclude la possibile presenza di un mad scientist).
Ci detto, l'argomentazione si concentra sulla possibilit di una cervello nella vasca di
comprendere che si trova in tale situazione, e la risposta negativa. Infatti, anche se questi
si chiedesse se un cervello in una vasca intenderebbe comunque se un cervello in una
vasca, ovvero non farebbe riferimento agli oggetti reali, bens agli unici che ha
conosciuto, ovvero quelli che il sistema gli ha permesso di vedere. 136 Dunque si
134Putnam, H. (1975/1985) The meaning of 'meaning' in Philosophical Papers, Vol. 2: Mind, Language and
Reality, Cambridge University Press, p. 227. L'esempio ripreso anche in Reason, Truth, and History.
135Davidson, D. (2001) Subjective, Intersubjective, Objective. Oxford: Oxford University Press
136Il fatto che questi oggetti non corrispondano a quelli esterni evidente in quanto sono solo risposte a
determinati input del sistema stesso (magari da dei programmatori che avevano visto quelli reali), ed
anche in quanto anche nel caso la Terra scompaia e gli oggetti reali con essa, i cervelli nella vasca
continueranno a vedere alberi, case o strade, che in realt non esistono pi. Quello che i cervelli hanno
autoescludono la tesi che un individuo sia effettivamente cervello in una vasca e quella che
formula tale individuo dicendo sono un cervello in una vasca, in quanto nell'ipotesi
stessa il cervello in una vasca non cervello in una vasca, ovvero non ne
consapevole.
Dimostrato quindi che non possibile sostenere di essere brains in a vat, in quanto non
potremo avere mai la certezza di esserlo o meno, Putnam afferma che la verit fisica non
metafisica, ovvero il fatto che esista un mondo coerente in cui siamo cervelli in una
vasca non significa affatto che lo siamo realmente. A questo si aggiunge il famoso entia
non sunt multiplicanda praeter necessitatem : se dobbiamo rispettare il rasoio ockhamiano
e il mondo funziona anche senza questa ipotesi, perch complicarci con ipotesi comunque
indimostrabili? La vexata quaestio legata alla dicotomia apparenza\realt
fondamentalmente il frutto di un'illusione trascendentale, basata sull'idea della necessit
di un rimando da parte delle cose a una realt altra.
L'uomo non pu elevarsi a vedere con l'occhio di Dio, quindi perdono di senso sia la
visione dello scettico (che peraltro autoconfutante, secondo il tipico argomento
antiscettico) sia quella del realista metafisico (visione che peraltro egli aveva adottato nella
prima fase del suo pensiero), in quanto entrambi partono dal presupposto che esista un
noumeno indipendente dal soggetto. La comunicazione fra mente e mondo diretta,
non mediata; il mondo deve recuperare la visione pre-filosofica del suo rapporto con la
realt, su basi per fondate.
Un nuovo tipo di realismo
L'indagine di Putnam si concentra anche sulla necessit di un'analisi delle condizioni a
priori del pensare (che non sono da confondere con un'idea analitica di verit a priori, da
lui quinianamente rifiutata), rappresentare, riferirsi e delle altre forme di pensiero e
dunque sul come fondare, con quella che egli definisce una terza via137 (dopo le due
precedentemente confutate), la conoscenza.
Egli infatti costruisce kantianamente un tipo di costruttivismo (non si pu scegliere uno
schema che non fa altro che 'copiare' i fatti, perch nessuno schema concettuale una mera
'copia' del mondo) che gli permetta di non dover scegliere fra platonismo e puro
nominalismo, arrivando a sostenere che persino la matematica si occupi di oggetti (non
reali ma astrattamente possibili) e genericamente ipotizzando una costruzione mentale a
partire dall'esperienza, che comunque non rimanda ad un mondo esterno, o almeno non lo
include nel proprio campo di interesse. La mente ed il mondo costruiscono insieme la
mente ed il mondo. Per quanto il mondo debba esistere in qualche modo
indipendentemente dalla mente umana, la sua struttura per come noi la percepiamo nasce
da funzioni della mente stessa che non le sono ontologicamente indipendenti, ed hanno
dunque una loro coerenza (accettabilit razionale). L'unico criterio per decidere cosa
sia un fatto quanto razionale accettarlo.
Per prima cosa in ogni caso egli confuta anche altre visioni, tra cui quella coerentista
sono solo informazioni linguistiche, senza alcun legame con la realt esterna.
137Putnam H. in un'intervista a Piattelli M. (1998), Putnam: Gi le mani dalla scienza, Corriere della Sera, 31
luglio 1998: Piu' di tutto, va fiero del suo libro sul realismo, nel quale costruisce una 'terza via' tra il
relativismo concettuale e l'idea che il mondo esterno ci impone, alla lunga, un unico sistema di concetti.
classica (anche qualora trovassimo un'idea che sia ipoteticamente valida in tutti i mondi
possibili, non avremo comunque alcun legame di necessit con il mondo esterno) e quella
di Kuhn, secondo cui la scienza non si misura con la corrispondenza ma con prove ed
errori. Negando quest'ultima afferma l'idea secondo cui se non fosse vera la maggior parte
delle nostre credenze, poich molte di esse hanno valore regolativo non saremmo
sopravvissuti. Per quanto dunque sia pi probabile che siano sbagliate, essendo noi noi
ancora vivi diviene pi probabile il contrario.
Verrebbe dunque da chiedersi se non si possa considerare l'idea di Field (simile a quella
della D'Agostini) secondo cui x si riferisce a y se e solo se x legato da R a y. Il problema
ora l'esistenza di infiniti candidati per R, su cui spesso trionfa l'idea fisicalista che riporta
in auge il modello standard.
Ad esso Putnam oppone la sua idea di realismo interno (dal volto umano) o
prospettiva internista, che sostiene che chiedersi di quali oggetti consista il mondo
abbia senso soltanto all'interno di una data teoria o descrizione . Ne nasce dunque un
coerentismo sui generis secondo cui un segno che viene usato in un tal modo da una
comunit di persone pu corrispondere a dati oggetti all'interno dello schema concettuale
di quelle persone, senza minimamente sfociare in un relativismo accomodante.
In questa prospettiva, se anche esistesse un mondo esterno, ci sarebbero troppe
corrispondenze,e per trovare quella corretta si dovrebbe uscire dall'orizzonte fenomenico
per entrare nel mondo reale, oppure avere gi in partenza la conoscenza di ci che si
vuol conoscere, entrambi casi impossibili, motivo per cui il realismo interno anche un
pluralismo (un realista metafisico, dice Putnam, non potr mai accettare metafisicamente
la doppia natura della luce, ad esempio), ed accetta cos che possa esistere pi di una
descrizione del mondo.
Finalmente dunque Putnam pu affermare nettamente: il concetto stesso di quella
corrispondenza trascendentale della nostra rappresentazione con il mondo reale non
altro che un non senso, privati della vecchia idea realistica della verit come
corrispondenza e dell'idea positivista della giustificazione fissata con 'criteri' pubblici, non
ci resta che considerare la nostra ricerca di migliori concezioni della razionalit []
guidata dalla nostra idea di bene.
Per chi infine ancora non fosse convinto del realismo interno, Putnam fornisce anche
un'argomentazione pragmatica: se il realismo metafisico plausibile, esso diviene sterile,
in quanto porta necessariamente a rinunciare a ogni tesi su com' il mondo (perch
inaccessibile), mentre il realismo interno ne accetta diverse descrizioni basate sulla
coerenza interna. La verit divenuta accettabilit razionale . Lo svelamento
ha ormai perso ogni consistenza, in quanto non esiste pi alcun velo da
levare.
La fine della dicotomia fatto-valore
La base su cui si fonda quindi la nuova concezione di verit dunque una sorta di
coerentismo fondato sull'etica, e dunque basato sulla fine della dicotomia fra etica e
gnoseologia, fatto e valore. Dice lui stesso: sostengo, in breve, che il 'mondo reale'
dipende dai nostri stessi valori. La tesi positivistica che insisteva sull'intrinseca
irrazionalit dei valori pare controintuitiva, in quanto non ci sentiamo affatto esonerati dal
La filosofa Franca D'Agostini avvia la sua riflessione 138 a partire dalla constatazione della
stranezza del concetto di verit sottolineato da Austin, e cerca di indagare nelle teorie
della verit che si sono succedute nella storia della filosofia quali siano i caratteri di questa
stranezza, arrivando a definire una nuova concezione che lei stessa definisce realismo
aletico, in netto contrasto con idee come ad esempio quelle del suo professore Gianni
Vattimo (il cosiddetto pensiero debole). Il suo obiettivo di giustificare il significato
usuale del termine V perch quando dico 'Quel che Ruby ha detto vero', non intendo
dire che le parole di Ruby sono convincenti, o coerenti con altre cose che sappiamo, o che
utile crederci. Intendo dire che le cose stanno proprio cos come lei dice. Il suo obiettivo,
avrebbe detto Platone, di salvare () il concetto di verit a partire da un'analisi
approfondita della sua stessa natura.
Le caratteristiche di V
Innanzitutto la verit dispensabile, ovvero il predicato V ('vero') pu comparire e
scomparire in una frase, anzi pare ridondante nell'uso quotidiano ( Dio esiste equivale a
vero che Dio esiste). Anche nel mondo ipotizzato da Van Inwagen 139 in cui mai si utilizzino
essere e i suoi composti nulla cambierebbe, lo stesso vale per vero che.
Il coerentismo sulla base di questo propone di sostituire all'idea di verit quella di accordo
tra persone e quindi di coerenza interna ad un sistema convenzionale, ed anzi chi decreta
l'addio della verit lo fa coincidere con la base stessa della democrazia140.
Ma non possibile eliminare la verit, poich essa un concetto ubiquo, infatti esso
universalmente presupposto, la verit se ne va dei nostri enunciati . Se questa ubiquit
potrebbe sembrare ridondante, tuttavia la verit si scopre essere un'arma scettica, infatti
richiamata quando ci si trova in un momento di dubbio ed quindi necessario richiamarla
per verificarne le condizioni, ma essa scettica anche nel senso greco di , ovvero di
ricerca sempre aperta a livello epistemologico, ma definitiva a livello gnoseologico. Lo
scetticismo passa da teoria conoscitiva a regola empirica fondamentale.
Abbiamo nel frattempo completato il modello semantico tarskiano che D'Agostini ama
138L'idea qui espressa corrisponde a una sintesi delle conclusioni che si traggono dal testo (da cui
provengono le citazioni in corsivo) e dalla conferenza citati in bibliografia
139Van Inwagen P., Being, Existence and Ontological Commitment, in Ryan W. (cura) et al.,
Metametaphysics. New essays on the foundation of ontology, Oxford, Clarendon 2009
140Vattimo G., Addio alla verit, Roma, Meltemi 2009
Conclusioni
Il concetto di nasce come forte affermazione di svelamento e rimane come tale a
riferimento anche negli innumerevoli sviluppi della cultura successiva, che costretta pi
volte a misurarsi con la sua tensione naturale a svelare un qualcosa che stia oltre. Ma in
tutte le manifestazioni umane si sempre manifestata anche una tendenza diametralmente
opposta, ovvero una sorta di desiderio di autolimitazione che porta ad abbandonare ogni
tentativo di superare la pura datit del mondo abbandonando ogni metafisica, per quanto
sia sempre una scelta sofferta. Emblematica di questo binomio la conclusione
wittgensteiniana: il mio lavoro consiste di due parti: di quello che ho scritto, ed inoltre di
tutto quello che non ho scritto. E proprio questa seconda parte quella importante
quello che non ho scritto, quello che non detto poich non dicibile scientificamente la
parte pi importante142.
Di fronte ad ogni rinuncia per c' sempre stato un tentativo di moderarla oppure di
ritornare ad un'idea pi piena di verit, basti pensare alle dispute epistemologiche sul
senso dell'indeterminazione in meccanica quantistica o al tentativo di Heidegger di
vincere l' e riaprire le porte all'essere.
La filosofia contemporanea vede diversi autori che vorrebbero riportare la verit alla sua
forza originaria, in un panorama la cui tendenza comunque l'estremizzazione del
pensiero nichilista novecentesco (si pensi al postmoderno ed al pensiero debole). Anche
questi autori per devono fare i conti con quello che stato, ed ecco visioni che tendono al
pragmatismo o devono comunque basarsi su di un ideale pluralista. Il concetto di
rimarr una importantissima fonte di dibattito e di spunti, ma non potremo pi coglierne
la forza originaria. Dovremo forse applicarvi la stessa nostalgica ma disillusa riflessione
che un importante classicista scrisse presentando un'opera che riassumeva gli aspetti
salienti del mondo greco antico143:
Come potremmo noi oggi vedere la luna con gli occhi di un greco? L'ho potuto
sperimentare io stesso, al tempo della mia giovinezza, durante il mio primo viaggio in
Grecia. Navigavo di notte, di isola in isola; disteso sul ponte, guardavo il cielo sopra di
me, dove la luna brillava, luminoso volto notturno che spandeva un suo chiaro riflesso,
immobile e danzante sull'oscurit del mare. Io ne ero incantato, affascinato da quel dolce e
strano chiarore che bagnava i flutti addormentati; ero commosso come da una presenza
femminile, vicina e lontana insieme, familiare eppure inaccessibile, il cui splendore fosse
giunto a visitare l'oscurit della notte. E' Selene mi dicevo, notturna misteriosa e lucente;
Selene che io vedo. Quando, molti anni dopo, vidi sullo schermo del mio televisore le
immagini del primo astronauta lunare, che saltellava pesantemente, col suo scafandro di
cosmonauta, nello spazio squallido di una desolata periferia, all'impressione di sacrilegio
che provai si un il sentimento doloroso di una lacerazione che non avrebbe potuto essere
sanata: il mio nipotino, che come tutti ha contemplato quelle immagini, non sar pi
capace di vedere la luna come a me accaduto: con gli occhi di un greco. La parola Selene
divenuta ormai un riferimento puramente erudito: la luna quale appare oggi in cielo non
risponde pi a quel nome.
Pisa, ETS 2007
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