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N 99 Marzo 2016
Le Nostre Sentenze 10
Cassazione 13
Diritto Civile,
Commerciale,
Assicurativo
Le Nostre Sentenze 14
Assicurazioni, Locazioni,
Responsabilit 16
Il Punto su 17
Eventi 19
R. Stampa 20
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lavoratore dimissionario; se modifica i turni /lorganizzazione del lavoro, deve essere poi pronto a tornare
indietro. Peraltro, in concreto non si tratta di gestire un periodo limitato di 7 giorni in quanto bisogna
considerare la possibile dilatazione dei tempi in conseguenza di ritardi nellespletamento della procedura
di cui si detto sopra. La situazione , quindi, potenzialmente pi complessa di come appare in prima
battuta. Se, infatti, per ragioni organizzative e/o produttive, non potendo lasciare la posizione lavorativa
scoperta per 10/15 o ancor pi giorni, il datore di lavoro assume un altro dipendente, nel momento il
cui il dimissionario ci ripensa, vi poi il problema di dover gestire un esubero di personale e, quindi, un
licenziamento (naturalmente, dellultimo arrivato).
Dubbi interpretativi. Oltre ai problemi applicativi, non mancano neppure dubbi interpretativi sulla riforma.
La procedura si applica a tutti i dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
(fatte salve le categorie sopra ricordate) ma, per ipotesi, pu ritenersi applicabile anche in caso di
cessazione anticipata (per risoluzione consensuale o dimissioni) di un contratto a termine.
Ci premesso, la legge nulla dice su una serie di fattispecie particolari quali, ad esempio: dimissioni per
giusta causa, risoluzione del rapporto in costanza di periodo di prova, risoluzione del rapporto dei
lavoratori assunti con contratto di apprendistato nel corso del periodo formativo, risoluzione del
rapporto dei lavoratori che si dimettono in conseguenza del raggiungimento dei limiti di et per il
pensionamento. Nel silenzio della legge, la nuova procedura dovrebbe ritenersi applicabile a tutti i casi
di cui sopra.
Entro 5 giorni dalla cessazione (per qualsiasi causa) del rapporto, il datore di lavoro deve inviare una
comunicazione in via telematica al centro per lImpiego. Per i datori di lavoro pubblici e per le Agenzie
di somministrazione, il termine il giorno 20 del mese successivo. Linottemperanza a tale obbligo
prevede una sanzione compresa tra 100 e 500 euro. La riforma nulla dice in proposito e, quindi, non
chiaro se i 5 giorni decorrano, dallesito dalla procedura on line, dal ricevimento (da parte del datore)
del modulo che contiene le dimissioni (o la risoluzione consensuale), o dal termine del periodo di 7
giorni durante i quali il lavoratore pu cambiare idea oppure dalla effettiva cessazione del rapporto (in
caso di dimissioni, allo spirare del preavviso).
La legge non disciplina gli effetti della revoca delle dimissioni con riguardo agli aspetti retributivi.
Pu ragionevolmente ritenersi che, in assenza di prestazione, non vi sia diritto (per tale periodo) alla
retribuzione.
A questo punto . attendiamo ed auspichiamo un intervento legislativo chiarificatore.
Damiana Lesce
Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca
DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera,
Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trifir e Giovanna Vaglio Bianco
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1. Lart. 1 del decreto legge 338/1989 stabilisce che il calcolo dei contributi previdenziali deve fare
riferimento allimporto delle retribuzioni previsto da leggi, regolamenti e contratti collettivi. Lart. 8 del D.Lgs.
n. 138/2011 (convertito nella L. n. 148/2011), invece, disciplina il c.d. contratto di prossimit, vale a dire
laccordo collettivo siglato a livello aziendale o territoriale che, sussistendo determinate condizioni, pu
derogare le norme di legge o di contratto collettivo: (comma 1): i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a
livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente pi rappresentative sul piano
nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della
normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, () possono realizzare specifiche intese con
efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un
criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione,
alla qualit dei contratti di lavoro. Le intese possono riguardare le materie inerenti lorganizzazione del
lavoro e della produzione riferite agli aspetti elencati nel comma 2: Le specifiche intese di cui al comma 1
possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con
riferimento: a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del
lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario
ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidariet negli appalti e ai casi di ricorso alla
somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell'orario di lavoro; e) alle modalit di assunzione e disciplina
del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla
trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro,
fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del
matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di
interdizione al lavoro, nonch fino ad un anno di et del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o
dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del
lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
Richiamato il tenore letterale dellarticolo 8 del D.L. 148, il Ministero afferma che i contratti di prossimit non
possono modificare limporto della retribuzione imponibile minima da utilizzare ai fini previdenziali stabilito
dagli accordi collettivi nazionali siglati dalle organizzazioni sindacali dotate di rappresentativit comparativa.
E ci in quanto la predetta norma non annovera limponibile minimo contributivo - rispetto al quale opera
comunque un limite inderogabile di rilievo costituzionale dettato dellart. 36 - tra le materie che possono
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In prosieguo, sono stati resi operativi i controlli formali sul predetto elenco dei lavoratori per verificare la
conformit del file CSV al foglio 1 dellallegato 3 della Circolare 197/15.
Da ultimo, con il Messaggio n. 1007 del 3 marzo 2016, lINPS ha fornito le seguenti indicazioni:
per consentire alle aziende e agli intermediari di adeguarsi definitivamente ai predetti controlli, la fase transitoria
prevista dalla Circolare n. 197/15 si protrarr fino al 31 marzo 2016. Pertanto, prorogato sino al 31 marzo
2016 il termine entro il quale consentito inviare la domanda di CIGO senza allegare contestualmente il file nel
formato CSV che potr, quindi, essere inviato successivamente. Lallegato dovr, comunque, essere
trasmesso entro il 30 aprile 2016;
dal 1 aprile 2016 le domande prive dellallegato CSV, o con un CSV non conforme a quanto previsto dal
foglio 1 dellallegato 3 della Circolare 197/15, non saranno pi accettate dal sistema informatico dellINPS;
le domande che il sistema informatico dellINPS non ha accettato per mancato superamento dei controlli
relativi al file CSV nei giorni dal 26 febbraio al 3 marzo 2016 (data del Messaggio) potranno essere ripresentate
entro il 21 marzo 2016;
entro il 30 aprile 2016 le Sedi INPSinviteranno le Aziende che hanno presentato una domanda di cassa prima
del 26 febbraio 2016 con un allegato non conforme a ripresentare il file in formato CSV. Il file dovr essere
ripresentato entro il termine di 15 giorni dalla richiesta; il termine perentorio e il mancato rispetto produrr la
reiezione della domanda per carenza di documentazione.
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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE
LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER SOPPRESSIONE DEL POSTO DI UN
LAVORATORE GI COLLOCATO IN MOBILIT E REINTEGRATO
(Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 2016)
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Nel caso di specie, il Giudice ha riscontrato la presenza effettiva di un giustificato motivo oggettivo di
licenziamento, consistente nella soppressione della posizione lavorativa occupata precedentemente dal
lavoratore, senza che il ricorrente fosse in grado di indicare eventuali posizioni alternative che avrebbero
potuto essergli assegnate. Neppure, secondo il giudicante, varrebbero a inficiare la legittimit del
licenziamento il fatto che il lavoratore non sia mai stato concretamente reintegrato in servizio o il fatto
che le motivazioni su cui esso si fondato siano le medesime gi infruttuosamente utilizzate per intimare
il licenziamento collettivo. La sentenza riconosce, infatti, che il datore di lavoro libero di intimare al
lavoratore un nuovo licenziamento - ove ne sussistano i requisiti - anche sulla base di motivazioni gi
poste a fondamento di un precedente licenziamento inficiato da nullit o comunque inefficace,
risolvendosi detta rinnovazione nel compimento di un negozio diverso dal precedente. dunque
possibile, nel caso in cui sia ordinata la reintegrazione nel posto di lavoro di un ex dipendente, licenziato
in seguito a una procedura di riduzione del personale viziata, licenziare nuovamente lo stesso per
soppressione del posto di lavoro - a condizione che sussistano i presupposti per detto licenziamento anche adducendo le medesime ragioni di fatto che si trovavano alla base del licenziamento collettivo.
Causa seguita da Claudio Ponari e Giorgio Molteni
Social Media
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ALTRE SENTENZE
LA CORTE DI APPELLO DI MILANO SI UNIFORMA ALLA CASSAZIONE: LAVORARE SINO A 70
ANNI UNA OPZIONE, NON UN DIRITTO
(Corte dAppello di Milano, 4 marzo 2016)
Con la sentenza n. 331/2016, pubblicata il 4 marzo 2016, la Corte di Appello di Milano, che in passato si
era pronunciata in senso diverso, prende atto della pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione
n. 17589/2015 e la fa propria. Oltre al tema dellinquadramento dellINPGI, con riferimento allambito di
applicabilit dellart. 24, comma 4, D.L. n. 201 del 2011 (convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214),
viene confermato che deve escludersi la sussistenza in capo al lavoratore di un diritto soggettivo
potestativo alla prosecuzione dellattivit lavorativa fino al raggiungimento del 70 anno di et.
La disposizione dellart. 24, comma 4, non crea alcun automatismo, ma si limita a prefigurare condizioni
previdenziali di incentivo alla prosecuzione dello stesso rapporto per un lasso di tempo che pu
estendersi fino ai settanta anni di et. La norma, quindi, stabilisce soltanto la possibilit che, grazie
alloperare di coefficienti di trasformazione calcolati fino allet di settanta anni, si determinino le
condizioni per consentire ai lavoratori interessati di proseguire nel rapporto di lavoro oltre i limiti previsti
dalla normativa di settore. A tal fine, tuttavia, necessario il consenso (alla prosecuzione del rapporto) da
parte del datore di lavoro. Lultima parte del comma 4 dellart. 24, D.L. n. 201 del 2011 non pu
costituire in s titolo per lattribuzione di un diritto potestativo a permanere in servizio sino a settantanni.
Bisogna, infatti, considerare il contesto normativo in cui lestensione della tutela dellart. 18 Statuto
Lavoratori allevidenza ricollegata allipotesi in cui le parti abbiano consensualmente ritenuto di
procrastinare la durata del rapporto, in presenza delle condizioni di adeguamento pensionistico fissate
dallo stesso comma 4.
Causa seguita da Giacinto Favalli e Damiana Lesce
IL RICORSO NULLO SE IL LAVORATORE RIVENDICA DIFFERENZE RETRIBUTIVE, SENZA
SPECIFICARE LE RAGIONI DI DIRITTO DELLA DOMANDA
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Con sentenza n. 5574 del 22 marzo 2016 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimit del
licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che utilizza i permessi della legge n. 104/1992
per tutelare i suoi interessi in luogo di quelli del parente bisognoso di cure: nel caso di specie, stato
accertato che il dipendente si era recato presso labitazione del parente disabile solo quattro ore e
tredici minuti, ovvero il 17,5 del tempo totale concesso. La Suprema Corte ha rilevato che tale
condotta dimostra un sostanziale disinteresse per le esigenze aziendali e costituisce una grave
violazione dei principi di correttezza e di buona fede: in particolare, stato accertato che, ai fini della
lesione del vincolo fiduciario, non rileva la circostanza che il lavoratore non abbia utilizzato i permessi
per svolgere altra attivit lavorativa bens la condotta abusiva, che tale pur non essendo necessaria
la continuit ed esclusivit nellassistenza del disabile.
LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE RIFIUTA DI ESEGUIRE LA PRESTAZIONE
IN SEDE
Con sentenza n. 5056 del 15 marzo 2016 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimit del
licenziamento disciplinare intimato alla lavoratrice, intenzionata a continuare lo svolgimento della
propria prestazione da casa, contrariamente a quanto richiesto dal datore; in particolare, la
dipendente ha rilevato che lo svolgimento delle mansioni presso la sede aziendale le avrebbe
comportato un aggravio della prestazione. La Suprema Corte ha evidenziato che rientra nella
potest organizzativa del datore di lavoro decidere la sede di svolgimento della prestazione ed ,
dunque, legittimo lordine che impone di mutare il relativo luogo di lavoro dal domicilio
dellinteressata ai locali aziendali. N, peraltro, si pu affermare che la casa della dipendente
costituisce un prolungamento dellazienda, laddove, al massimo, il domicilio potrebbe configurarsi
come dipendenza aziendale rilevante ai soli fini della competenza territoriale ex art. 413 c.p.c..
LEGITTIMO LINTERVENTO DI INTEGRAZIONE DEL CCNL PER EVITARE IPOTESI DI
DISCRIMINAZIONE
Con sentenza n. 4689 del 10 marzo 2016 la Corte di Cassazione ha affermato che il giudice,
interpretando il contratto collettivo, ben pu individuare un criterio suppletivo per connotare gli
obblighi del datore in modo da evitare che le lavoratrici siano penalizzate, ad esempio, nel
trattamento economico in ipotesi non espressamente disciplinate dalla fonte contrattuale. Nel caso
di specie, il contratto collettivo, al fine di valutare la retribuzione di risultato, considerava (tra laltro) la
qualit della prestazione individuale - intesa come presenza in servizio - e, in particolare, considerava
come presenza solo le ferie e le assenze obbligatorie per legge: la lavoratrice era stata, invece,
assente per congedo di maternit facoltativo e, per tale motivo, non le era stata corrisposta la
retribuzione di risultato. La Corte territoriale ha quindi operato un intervento di integrazione della
fonte contrattuale, facendo riferimento a quanto percepito dalla lavoratrice lanno precedente al fine
di determinare, in via equitativa, lammontare della retribuzione di risultato. A tal riguardo, la Suprema
Corte ha rilevato che tale intervento di integrazione del contratto ex art. 1374 c.c. trova corretto
fondamento nel fatto che la penalizzazione della lavoratrice in maternit contraria a principi generali
affermati dalle norme comunitarie (direttiva 2006/54/CE), oltre che dallo Statuto dei lavoratori.
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Civile, Commerciale,
Assicurativo
PRETESA ILLEGITTIMA SEGNALAZIONE ALLA CENTRALE RISCHI: ONERI PROBATORI IN CAPO
ALLATTORE
(Tribunale di Lodi sentenza n. 139, 25 febbraio 2016)
Un cliente, correntista di una Banca, conveniva in giudizio la medesima per chiedere il risarcimento di
pretesi danni anche allimmagine, poich listituto aveva segnalato alla Centrale Rischi della Banca dItalia
il passaggio a sofferenza di un credito verso la cliente, connesso allacquisto di determinati warrants su
disposizioni del correntista.
La causa era avviata decorsi 5 anni dalla segnalazione; peraltro solo dopo linstaurazione del giudizio,
lattore formulava anche una richiesta di cancellazione della segnalazione.
La Banca si costituiva ritualmente, evidenziando la legittimit della propria condotta anche in relazione alla
normativa in materia esistente allepoca, nonch alla situazione debitoria del correntista.
Inoltre, rilevava linesistenza di qualsivoglia prova di danno e linammissibilit della nuova domanda
concernente la cancellazione della segnalazione dallo storico della Centrale dei Rischi, poich non
formulata tempestivamente.
Il Tribunale, con la sentenza in esame, ha respinto le pretese dellattrice asserendo che - a prescindere
dalle dissertazioni sulla normativa vigente allepoca per le situazioni di segnalazione da parte degli istituti
di credito alla Centrale Rischi - la correntista non ha fornito la bench minima prova dellesistenza di
qualsivoglia pregiudizio n, tantomeno, il nesso di causalit fra un presunto danno e la segnalazione
compiuta dalla Banca.
E ancora, la circostanza che lattrice abbia rilevato solo nel 2013 la segnalazione (risalente al 1999),
costituiva chiara dimostrazione che la medesima non aveva avuto alcun effetto pregiudizievole, neppure
sullimmagine e sulla reputazione.
In tale contesto risulta del tutto superfluo - secondo il Tribunale - un qualsivoglia accertamento in ordine
ad eventuali inadempimenti di obblighi contrattuali in capo allIstituto di Credito, poich anche un ipotetico
inadempimento non comporta un danno in re ipsa. Per la stessa ragione, non stata accolta anche la
richiesta di determinazione equitativa del danno. Questultima presuppone, infatti, la certezza
dellesistenza del pregiudizio e limpossibilit di valutarlo nel suo preciso ammontare.
Il Tribunale, infine, ha ritenuto inammissibile la domanda volta ad ottenere la cancellazione della
segnalazione dallo Storico della Centrale Rischi, in quanto formulata tardivamente e non potendosi la
stessa considerare quale mera esplicitazione della domanda dedotta con latto di citazione.
Allesito, quindi, sono state respinte le domande formulate verso la Banca con condanna dellattrice al
pagamento delle spese di causa.
Causa seguita da Vittorio Provera
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ASSICURAZIONI, LOCAZIONI,
RESPONSABILIT
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
COMPENSO DEL
MEDIATORE
LOCAZIONE RINNOVO
TACITO
LETTERE DI PATRONAGE
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MALA GESTIO
IMPROPRIA
RESPONSABILIT DEL
VETTORE AEREO
ASSICURAZIONE SULLA
VITA
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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera
AMPLIAMENTO DELLA RESPONSABILIT CIVILE DEGLI AMMINISTRATORI DI
SOCIET DI CAPITALI
Le Societ di capitali, soprattutto se operanti nei settori finanziari ed assicurativi (quindi anche sottoposte
a controlli degli organi di vigilanza), sono oggetto di una complessa e sempre pi articolata disciplina
normativa e regolamentare, che impone ai membri dellOrgano Gestorio, anche se non esecutivi, una
condotta oltremodo attenta e proattiva.
Al riguardo, assume particolare rilievo una recente sentenza della Corte di Cassazione (pronuncia
pubblicata il 9 novembre 2015 n. 22848 Sez. I Civile), la quale ha delineato taluni importanti principi che
determinano un ampliamento del contesto di possibile responsabilit di questa figura. Il caso prende
spunto da un provvedimento della Banca dItalia del 14 maggio 2008 n. 301, con il quale erano state
irrogate sanzioni amministrative a tre Amministratori non esecutivi di una Banca, per mancati rilievi in
ordine a molteplici e gravi irregolarit nella conduzione dellIstituto. Avverso il provvedimento
sanzionatorio era stata proposta opposizione dagli interessati avanti alla Corte dAppello di Roma; la
quale respingeva il ricorso con decreto del 13 febbraio 2009. In tale provvedimento si era affermato,
innanzitutto, che gli Amministratori non esecutivi debbono esercitare sui Consiglieri Delegati i necessari
opportuni controlli, come risulta dal nuovo testo dellart. 2392 C.C. da porre in relazione con quanto
previsto dallart. 2381 C.C. Nella specie, le infrazioni rilevate in sede ispettiva, atteso il loro numero, la
gravit e coinvolgendo interi comparti operativi, avrebbero dovuto essere tempestivamente percepiti da
Amministratori attenti ed oculati, ancorch sprovvisti di compiti esecutivi.
Il decreto e stato quindi oggetto di ricorso avanti alla Suprema Corte ad opera di uno dei Consiglieri
sanzionati.
Due sono stati i motivi allegati: (i) linesistenza di un coinvolgimento del medesimo nelle indagini penali
(al contrario dellAmministratore Delegato coinvolto in ipotesi di associazione a delinquere finalizzato a
sottrarre denaro alla Banca), da cui doveva conseguire lesclusione di condotte colpose; (ii) una
illegittima inversione dellonere probatorio, poich il provvedimento della Banca dItalia si sarebbe limitato
ad elencare una serie di fatti, affermando, apoditticamente, che un diligente amministratore (ancorch
non esecutivo) non poteva ignorare i medesimi.
La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha affrontato la questione riguardante i limiti ed i presupposti
della responsabilit degli amministratori privi di delega nel nuovo sistema di diritto societario, delineato
dalla riforma del 2003. In punto si ribadito, innanzitutto, che lattuale art. 2392 C.C. ha superato
qualsiasi ipotesi di responsabilit, oggettiva quindi riconducibile solo alla mera carica ricoperta.
Al contrario, la nuova norma prevede che vi sia uno specifico comportamento colposo che pu
consistere o nellinadeguata conoscenza del fatto altrui; o nel non essersi diligentemente e utilmente
attivato al fine di evitare un determinato evento.
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LAmministratore, nel primo, caso colpevole laddove non ha rilevato i segnali di una illecita gestione da
parte dei Consiglieri delegati, in presenza di sintomi individuabili con la diligenza richiesta dalla carica
ricoperta. In proposito, tuttavia, non si pu circoscrivere la conoscibilit al fatto che di tali segnali non vi
fosse traccia nei cosiddetti flussi informativi imposti dallart. 2381 comma 6 C.C..
Infatti, a fronte di sintomo di pericolo o di patologia del fatto illecito posti in essere dai delegati percepibili con la citata ordinaria diligenza imposta al Consigliere anche non operativo - questi tenuto
ad attivarsi per richiedere ogni utile informazione, anche al di fuori dei canali codificati. In tal modo
verrebbe soddisfatto anche il requisito del citato art. 2381 ult. co. C.C., che impone agli Amministratori
di agire in modo informato. Quale necessario corollario del principio sopra indicato si pone, per i Giudici
di legittimit, lulteriore obbligo di attivazione, ovvero di assunzione di tutte quelle iniziative rientranti nelle
attribuzioni dellAmministratore privo di deleghe volte ad impedire le condotte da cui possa derivare
danno alla Societ (ad esempio: convocando il Consiglio di Amministrazione, sollecitando la revoca di
delibere illegittime, o inviando richieste scritte allOrgano Gestorio delegato di desistere dallattivit
dannosa, o impugnando le delibere ex art. 2391, o segnalando al PM o allAutorit di vigilanza tali
condotte, ecc).
Sul punto concernente lonere probatorio, si statuito, nella sentenza in esame, che il soggetto
promotore delliniziativa inerente una asserita responsabilit deve allegare e provare - a fronte di inerzia
degli amministratori non delegati - lesistenza di quei segnali di allarme (anche impliciti nelle anomale
condotte gestorie) che avrebbero imposto ai Consiglieri non operativi di richiedere idonee supplementari
informazioni, anche attraverso canali alternativi e comunque di attivarsi per limitare/impedire le condotte.
Permane , invece, in capo agli stessi Amministratori lonere di dimostrare: (i) lesistenza di valide ragioni
che abbiano impedito di percepire i richiamati sintomi di allarme; (ii) in alternativa, di aver tenuto
appropriata condotta attiva, potenzialmente idonea a scongiurare il danno.
Peraltro, in materia di sanzioni amministrative degli Organi di Vigilanza, opera una presunzione di colpa
con conseguente inversione dellonere probatorio (con regime analogo alla responsabilit contrattuale
dellAmministratore verso le societ).
Nella sentenza, infine, si sottolinea che i doveri di cui sopra sono considerati ancora pi pregnanti,
allorch si tratti della gestione di societ bancarie, ove vi una rilevanza pubblicistica di interessi protetti
dalla normativa, cosicch si richiedono doti di professionalit elevate, a cui consegue un regime di
responsabilit ancor pi rigoroso.
In conclusione, la pronuncia risulta innovativa poich - focalizzando lattenzione sul dovere di diligenza
gravante sui consiglieri non esecutivi ed introducendo il concetto di conoscibilit, acquisibile anche
tramite lattivazione di canali informativi diversi da quelli istituzionalizzati dalla normativa - dilata in modo
rilevante i doveri dei medesimi, imponendo agli stessi condotte molto pi attente e professionali, sia in
fase di acquisizione di informazioni che di conseguenti iniziative.
probabile che la pronuncia condizioner le determinazioni delle Corti di Merito, anche considerando
lattuale momento, in cui il tema della gestione delle societ bancarie oggetto di particolari attenzioni,
sia mediatiche che giudiziarie.
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Video e Eventi
JOB24 - Il Sole 24 Ore: 7/3/2016
Un anno di Jobs Act. Il mestiere del giuslavorista ai tempi del Jobs Act.
ARCHIVIO EVENTI
Brescia, 24 Marzo 2016
Incontro Associazione Industriale Bresciana: Controlli a distanza sull'attivit dei lavoratori
Relatore: Giacinto Favalli
VIDEO
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Rassegna Stampa
DIRITTO24 Il Sole 24 Ore:23/3/2016
Ampliamento della responsabilit civile degli Amministratori di societ di capitali
di Vittorio Provera
di Damiana Lesce
di Damiana Lesce
VIDEO: Molestie e violenza nei luoghi di lavoro Quanto ecace laccordo imprese-sindacato?
di Tommaso Targa
di Damiana Lesce
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