Professional Documents
Culture Documents
www.soslambrate.org
Questi Appunti di Primo Soccorso sono rivolti ai volontari soccorritori che operano nell’ambito
dell’emergenza sanitaria extraospedaliera. Non sono quindi adatti ad un pubblico “laico”.
Gli argomenti trattati sono inerenti al servizio in ambulanza: ABCDE, BLS, dolori cardiaci, lesioni,
malori, sistema 118, ecc.
LICENZA D'USO.
L'utilizzo e la riproduzione del presente manuale, sotto qualsiasi forma, a fini di vendita o
commercio, o per iniziative aventi scopo di lucro o comunque diverse da quelle consentite è
vietato senza il consenso esplicito degli autori.
La presente pubblicazione e' stata redatta nell'intento di servire la comunità, diffondere la cultura
di base ed alcuni principi fondamentali di comportamento in caso di eventi di emergenze/urgenza
che possano coinvolgere i suoi componenti; i suoi contenuti sono costantemente controllati da
SOS LAMBRATE e dagli autori ed aggiornati con la massima diligenza possibile.
Tuttavia SOS LAMBRATE, gli autori e quanti hanno collaborato con la stesura della presente
pubblicazione, declinano ogni responsabilità, diretta o indiretta, nei confronti dei Lettori e in
generale di qualsiasi terzo, per eventuali imprecisioni, errori, omissioni, danni (diretti, indiretti, punibili
e sanzionabili) derivanti dai contenuti della pubblicazione stessa.
Per conseguenza, il Lettore è avvertito che l'uso che egli faccia delle informazioni presenti in
questa pubblicazione ricade sotto la sua completa ed esclusiva responsabilità.
Nel caso in cui si utilizzino contenuti presenti in questa pubblicazione e' possibile riprodurne una
parte solo per uso personale e senza alcuna finalità di lucro e comunque sempre citando la fonte.
Tutti i marchi, così come ogni riferimento a diritti di privativa industriale non appartenenti a SOS
LAMBRATE o ai suoi autori, sono citati in funzione meramente descrittiva, senza alcun pregiudizio
per i diritti dei rispettivi titolari.
Se invece qualcuno leggendo la nostra pubblicazione crede che il suo lavoro sia stato copiato in
modo tale da configurare una violazione delle leggi sul copyright, è tenuto a notificarlo a SOS
LAMBRATE che risolverà prontamente la situazione.
Quando l’organismo perde la capacità di reagire a gravi eventi medici e traumatici si verifica il
blocco di tutte le funzioni interne, comprese quelle vitali. Lo scopo della rianimazione cardio-
polmonare (RCP) è quello di tentare di ristabilire al più presto possibile i parametri vitali così da
scongiurare la morte del paziente.
Come qualsiasi motore, anche l’organismo umano soffre quando il carburante (cioè l’ossigeno nel
sangue) comincia a scarseggiare; dapprima reagisce dando fondo alle proprie riserve, ma alla
fine, terminate anche quelle, smette di funzionare.
Tutti gli organi risentono, anche se in diversa misura, della riduzione di ossigeno nel sangue; il più
sensibile e fragile è il cervello (che è anche il più importante). Si calcola che il nostro encefalo
possa resistere “all’apnea” circa 3-5 minuti… poi muore, e noi con lui.
E’ evidente quindi quanto siano importanti sia il tempestivo riconoscimento delle condizioni
generali del paziente che la rapida attivazione della catena della sopravvivenza.
Chimata di Defibrillazione
soccorso 1-1-8 precoce ALS precoce
BLS precoce
Proprio perché in questi frangenti il tempo non ci è amico, è necessario allertare immediatamente i
soccorsi chiamando il numero gratuito 118.
Le informazioni che dobbiamo dare a chi risponde sono:
1. Dove siamo
2. Quanti feriti ci sono
3. Quali sono le loro condizioni
2
Cap 1 – Basic Life Support
PARAMETRI VITALI
I parametri vitali comprendono tutte le funzioni che determinano la vita in senso stretto.
Essi sono:
Stato di coscienza
Respiro
Battito cardiaco
Perché dunque esista vita, il cervello deve essere in grado di comunicare con l’ambiente esterno
in modo corretto, i polmoni devono provvedere all’ossigenazione del sangue e il cuore deve
spingere la massa ematica in circolo. Quando anche solo uno di questi parametri manca del tutto
si verifica l’emergenza.
a) Lo stato di coscienza è il primo parametro da valutare; come risulta intuitivo, la prima cosa
da fare è chiamare a voce il paziente per verificare che non stia solo dormendo. L’assenza
di risposta allo stimolo verbale non è però sufficiente a definire l’incoscienza: bisogna essere
certi che non esista alcuna reazione, nemmeno allo stimolo doloroso. E’ necessario quindi
“fare male” al paziente: secondo gli attuali protocolli “il massaggio ”, effettuato
esercitando una pressione sull’arcata sopraciliare, ottiene il risultato richiesto. Se anche ora
non si ottiene risposta, possiamo definire il paziente incosciente.
Ognuna delle tre funzioni vitali è strettamente collegata all’altra. Se infatti è possibile che un
paziente sia incosciente ma con respiro e battito cardiaco regolari, non è possibile che si verifichi
la condizione in cui in un paziente cosciente, respiro e battito cardiaco siano inesistenti. Le possibili
relazioni tra i parametri vitali sono in realtà semplici e deducibili:
3
Cap 1 – Basic Life Support
Indossare tutti i dispositivi di protezione (guanti, casco, giacche ad alta visibilità, ecc)
Posizionamento dell’ambulanza in luogo sicuro (possibilmente a protezione della zona
d’intervento)
Valutazione della scena = per capire la pericolosità del luogo in cui si va ad operare.
- fumo
- incendi
- materiali pericolosi (sostanze caustiche, benzina…)
- cavi elettrici in tensione
- strutture pericolanti o terreni malfermi (ponteggi, piene di fiumi, frane, ecc)
- liquidi organici (sangue, urina, ecc)
- soggetti armati (armi da fuoco, da taglio, siringhe, ecc)
- soggetti aggressivi
Richiedere l’intervento delle Forze dell’ordine e/o dei Vigili del Fuoco per rendere sicuro il territorio
prima di soccorrere il paziente.
4
Cap 1 – Basic Life Support
LA RIANIMAZIONE
La valutazione dei parametri vitali e le manovre di rianimazione cardio-polmonare (RCP) sono state
inserite in un protocollo che permette a tutti i soccorritori, laici e non, di operare secondo uno
schema preciso e univoco. Per rendere semplice l’apprendimento delle operazioni da effettuare, è
sufficiente ricordare l’acronimo ABCDE.
A AIRWAYS
NO SI
- Procedi al punto B
118
5
Cap 1 – Basic Life Support
B BREATHING
IL PAZIENTE RESPIRA?
NO SI
Arresto respiratorio:
- Ambu + mascherina + O2 = 2 insufflazioni (la mascherina deve coprire il naso e
la punta del mento)
- Se difficoltà a ventilare dopo 5 insufflazioni = 1- Ricontrolla la posizione
2- CTE (vedi cap. 3)
- Se non si è provvisti di materiale per RCP = effettuare la respirazione bocca a
bocca ricordando di tappare il naso del paziente (2 ventilazioni)
6
Cap 1 – Basic Life Support
C CIRCULATION
IL CUORE BATTE?
NO SI
7
Cap 1 – Basic Life Support
IL CUORE BATTE?
NO SI
Purtroppo le possibilità di sopravvivenza in caso di ACC sono molto basse anche nel caso in cui la
RCP venga effettuata in modo perfetto. E’ il tempo il principale fattore sfavorevole.
Si calcola che una percentuale inferiore al 2% dei pazienti riesca ad uscire dal coma.
D DISABILITY
8
Cap 1 – Basic Life Support
E EXPOSITION
ESAME TESTA-PIEDI ALLA RICERCA ACCURATA DI QUALSIASI IRREGOLARITÀ DELLA RESPIRAZIONE, DEL
BATTITO CARDIACO, DELLA CUTE, DELLO SCHELETRO:
9
2
Sistema Nervoso
- Anatomia
- Fisiologia
- Patologie
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
ANATOMIA E FISIOLOGIA
Il Sistema Nervoso è una macchina complessa e delicata, composta da un’insieme di strutture che
controllano tutte le funzioni endogene.
Il Sistema Nervoso Centrale (SNC) è formato dall’encefalo, racchiuso nella scatola cranica, e dal
midollo spinale, contenuto nel canale midollare delimitato dalle vertebre.
Il Sistema Nervoso Periferico è formato dall’insieme dei nervi che trasportano gli impulsi nervosi
motori e sensitivi dall’encefalo alla periferia e viceversa.
Il Sistema Nervoso Vegetativo coordina gli stimoli nervosi tra SNC e cuore, vasi sanguigni,
ghiandole, muscolatura liscia e visceri, stimolando o inibendo le funzioni di ognuno di essi.
Qualsiasi lesione che alteri o interrompa una data funzione vegetativa, può risultare letale per la
sopravvivenza.
12
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
A nutrire tutte le migliaia di cellule cerebrali ci pensano quattro arterie principali, due carotidi e
due vertebrali.
I neuroni sono infatti estremamente esigenti e richiedono un abbondante e costante apporto di
ossigeno (O2). Sono inoltre le uniche cellule del nostro organismo a nutrirsi del solo glucosio
(zucchero) senza saper utilizzare nessun altra fonte di energia (ad es. grassi). Dulcis in fundo, sono
cellule perenni, non in grado cioè di replicarsi. Questo
spiega perché la cellula cerebrale sia così sensibile agli
eventi avversi. Elementi fondamentali per il buon
funzionamento dell’encefalo sono dunque
l’ossigenazione ematica, la quantità di zuccheri nel
sangue (glicemia) e infine la pressione arteriosa (PA). Una
riduzione eccessiva della PA può infatti ridurre l’apporto
di sangue, e quindi di ossigeno, ai nostri neuroni.
13
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
LA VALUTAZIONE NEUROLOGICA
L’esame neurologico permette di valutare le funzioni svolte dal Sistema Nervoso al fine di
evidenziane eventuali deficit. Esso può essere suddiviso in 3 fasi:
LIVELLO:
STIMOLO VERBALE: chiamare il paziente senza scuoterlo.
STIMOLO DOLOROSO: effettuare il massaggio orbitale premendo sull’arcata
sopraciliare. Non sempre infatti l’assenza di risposta allo stimolo verbale è
sufficiente a determinare lo stato di incoscienza; è necessario “fare male” al
paziente in modo da avere la certezza assoluta che non si tratti di un sonno molto
profondo.
CONTENUTO:
E’ sufficiente porre al paziente alcune domande al fine di valutare
l’appropriatezza delle risposte. Alcuni esempi:
“Come si chiama?”
“Che giorno è oggi?”
“Ricorda cosa è successo?”
La prima valutazione dello stato di coscienza può portare alla rilevazione di tre condizioni distinte:
- Livello e contenuto di coscienza nella norma
- Livello e contenuto di coscienza assenti
- Livello e contenuto di coscienza presenti ma alterati
PERDITA DI COSCIENZA
La perdita di coscienza si verifica nel momento in cui tutte le funzioni cerebrali vengono a
mancare; livello e contenuto di coscienza saranno quindi azzerati e il paziente non risponderà né
allo stimolo verbale né a quello doloroso. Contemporaneamente l’organismo perde la capacità di
regolare qualsiasi funzione biologica; caratteristici saranno quindi:
14
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
La perdita di coscienza prolungata (cioè senza risoluzione spontanea in breve tempo), determina
lo stato di coma. La valutazione del coma non si ferma alla sola rilevazione della presenza o
assenza di coscienza, ma è in realtà più complessa. Per esigenze di semplificazione si è detto in
precedenza che nel coma non esiste alcuna risposta motoria allo stimolo doloroso; più
correttamente bisognerebbe aggiungere nessuna risposta motoria volontaria; i movimenti riflessi
infatti possono mantenersi anche negli stati più profondi di coma.
Il livello di coma si classifica mediante l’utilizzo di apposite scale graduate che permettono di
associare ad un determinato grado di incoscienza un numero o una lettera; tale sistema permette
un’immediata e semplice lettura del grado di coma. La più utilizzata dal personale medico è la
Glasgow Coma Scale (GCS), semplificata per il soccorritore laico in AVPU.
La GCS prevede la valutazione di tre parametri distinti con l’attribuizione di un punteggio finale
compreso tra un massimo di 15 (che corrisponde al normale stato di coscienza) e un minimo di 3
(che corrisponde invece ad un coma profondo).
La scala AVPU nasce come semplificazione della GCS ed è rivolta ai soccorritori sulle ambulanze:
15
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
Tutte le patologie elencate saranno riprese e esposte in maniera esaustiva nei capitoli successivi.
Non tutti i casi di perdita di coscienza sono naturalmente associate a stato di coma. Quando
l’incoscienza è transitoria, di breve durata e comporta una rapida risoluzione spontanea si parla di
sincope.
La sincope rappresenta nella maggior parte dei casi la risposta compensatoria all’ipoperfusione
cerebrale (ovvero la riduzione dell’irrorazione ematica cerebrale); la posizione eretta infatti
costringe il fluido ematico diretto al cervello a lavorare contro la forza di gravità. In condizioni
normali, il nostro sistema cardiocircolatorio è perfettamente in grado di imprimere al sangue una
pressione sufficiente a vincere le forze contrarie; è quando questo equilibrio viene a mancare che
l’organismo, per annullare la gravità, reagisce “portando la testa a livello del cuore” e ripristinando
così la circolazione ematica cerebrale. In questi casi lo “svenimento” può essere considerato come
una vera e propria terapia all’ipotensione arteriosa.
Non tutti i casi di sincope riconoscono purtroppo queste banali cause. In generale tutte le
patologie che portano al coma (elencate precedentemente) possono manifestarsi inizialmente
con una semplice perdita di coscienza transitoria; anche una forte emozione può portate allo
svenimento. E’ sempre bene effettuare un’attenta valutazione neurologica al fine di escludere le
patologie più pericolose.
Il trattamento della sincope dipende dalle condizioni del paziente e dall’ipotesi diagnostica. Nei
casi di accertata ipotensione arteriosa, è bene far sdraiare il paziente e sollevargli le gambe al fine
di facilitare il ritorno venoso al cuore ed aumentare di conseguenza la pressione arteriosa.
16
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
La sindrome più frequente è sicuramente la lipotimia. Si intende per lipotimia una condizione
caratterizzata da una transitoria riduzione del livello di coscienza associata ad un’alterazione
variabile del contenuto. Lipotimia e sincope sono spesso erroneamente considerate sinonimi l’una
dell’altra; nella prima invece manca la perdita di coscienza transitoria caratteristica della
seconda. Segni e sintomi sono invece sovrapponibili, così come le patologie d’origine. Anche in
questo caso le cause più frequenti sono l’ipotensione arteriosa e la forte emozione.
L’esame obiettivo neurologico procede, dopo la valutazione dello stato di coscienza, con lo studio
della motilità e della sensibilità degli arti superiori e inferiori. Lo scopo è evidenziare eventuali deficit
di forza e di percezione sensitiva monolaterali o bilaterali chiedendo al paziente di effettuare
qualche semplice movimento a comando.
Arti inferiori:
→ Sollevare alternativamente gamba sinistra e destra,
→ Indagare la sensibilità degli arti inferiori come per gli arti superiori.
Si definisce paresi un semplice calo di forza; paralisi o plegia l’assenza totale di forza.
17
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
MONOLATERALE BILATERALE
- Compressione encefalica locale da - Stato ansioso/isterico
massa emorragica o tumorale, - Traumatismo di entrambi gli arti
- Ostruzione di un’arteria cerebrale: ictus superiori o inferiori
e embolia cerebrale - Lesione completa del midollo
- Compressione o tromobosi di spinale,
un’arteria dell’arto, - Compressione encefalica diffusa
- Irritazione o compressione di un nervo da massa emorragica o
periferico. tumorale.
La pupilla può essere immaginata come l’obiettivo di una macchina fotografica; come
quest’ultimo infatti la pupilla è in grado di modificare il suo diametro a seconda della quantità di
luce che la colpisce aumentandone le dimensioni in caso di oscurità e rimpicciolendosi se investita
da un fascio luminoso (riflesso fotomotore). L’esame della pupilla si basa proprio sulla sua
stimolazione luminosa e sulla valutazione della sua capacità di reazione.
A volte l’osservazione delle pupille e la valutazione del riflesso fotomotore possono indirizzare il
soccorritore verso una determinata ipotesi diagnostica ed essere un importante indice di
evolutività in alcune patologie cerebrali.
MIDRIASI si definisce midriasi fissa quella dilatazione pupillare che non si modifica sotto
stimolazione luminosa; è caratteristica della morte cerebrale (irreversibile).
Pupille midriatiche si trovano anche su pazienti con alto tasso alcolico o sotto
effetto di cannabinoidi.
18
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
19
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
INSUFFICIENZA VASCOLARE
Come abbiamo già spiegato, l’encefalo è un organo estremamente sensibile alla variazioni di
ossigenazione tissutale. Quando un’arteriola cerebrale non è più in grado di garantire il corretto
apporto di ossigeno, si verifica quindi la sofferenza della porzione di encefalo tributaria di quel
vaso. La sofferenza di una frazione limitata di neuroni determina l’ICTUS CEREBRALE o il TIA (in
inglese: attacco ischemico transitorio).
DEFINIZIONI
per ictus cerebrale si intende la necrosi focale ed irreversibile del
tessuto cerebrale sofferente, ovvero la morte di un gruppo di neuroni.
per TIA si intende invece la sofferenza transitoria e potenzialmente
reversibile del tessuto cerebrale sofferente.
Le cause di Ictus e TIA sono identiche; l’unica differenza è rappresentata dalla reversibilità o meno
della sintomatologia:
ICTUS ISCHEMICO/TIA: nella maggior parte dei casi, si verifica in soggetti anziani portatori di
patologie cardiovascolari (ad esempio: ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, diabete mellito,
ecc). Frequentemente la causa è l’occlusione di un’arteriola cerebrale dovuta alla presenza al suo
interno di una placca di grasso. La patologia, proprio per la sua natura occlusiva, difficilmente va
incontro ad un peggioramento in termini di sintomi e segni. Più spesso si assiste invece ad un
miglioramento delle condizioni del paziente, segno che si è trattato probabilmente di un TIA.
Le funzioni vitali vengono in genere mantenute stabili mentre il grado evolutività è molto basso;
generalmente quindi ictus ischemico e TIA non sono da considerare patologie urgenti.
ICTUS EMORRAGICO: più frequente nei soggetti di giovane età, è spesso correlato alla
rottura di un piccolo aneurisma cerebrale congenito o conseguente ad un trauma cranico. In
questo caso, lo stato del paziente tende ad un costante e a volte molto rapido peggioramento. A
soffrire infatti non sono solo quelle cellule che ricevevano ossigeno dal vaso rotto, ma anche molte
altre, schiacciate dalla massa di sangue che nel frattempo continua ad accumularsi nella scatola
cranica. Per questo motivo il grado di evolutività è molto elevata; il 40% circa delle emorragie
cerebrali porta al decesso del paziente. L’ictus emorragico è da considerarsi dunque un’urgenza
assoluta.
20
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
SEGNI E SINTOMI
ICTUS ISCHEMICO – EMORRAGICO - TIA
Emiplegia
Deviazione della rima labiale
Afasia (difficoltà nell’eloquio) Segni di lato
Alterazione della sensibilità
Alterazione dello stato di coscienza
Cefalea (a volte da qualche giorno)
Anisocoria Segni di ipertensione endocranica
Crisi ipertensiva
Nausea ed eventuale vomito a getto
Quale che sia la causa dell’ictus, è fondamentale per il paziente che i soccorritori sappiano
riconoscerlo tramite un esame neurologico completo che valuti coscienza, motilità, sensibilità e
pupille. Il comportamento da tenere di fronte ad un paziente in cui si sospetti una lesione cerebrale
dipende ovviamente dalla sue condizioni generali ovvero dai parametri vitali; la somministrazione
di ossigeno è obbligatoria ogni qual volta si sospetti un’ipossia cerebrale. Avviare quindi il
protocollo ABCDE ponendo un’attenzione particolare all’esame neurologico al fine di individuare i
segni di ipertensione endocranica.
Nel caso di ictus ischemico, si riesce spesso ad ottenere un parziale recupero delle funzioni perse
mediante fisioterapia (nel TIA il recupero è pressoché totale), in caso di emorragia cerebrale
invece la percentuale di decessi è molto elevata; nella migliore delle ipotesi il paziente rimane con
gravi danni neurologici.
Il nostro cervello è percorso ogni millesimo di secondo da un’infinità di impulsi elettrici ed è proprio
dall’alterazione di questa rete che origina la malattia epilettica. Si tratta di una patologia ancora
poco conosciuta caratterizzata dal “corto circuito” temporaneo di una parte di cervello, ovvero
dalla scarica di corrente elettrica senza controllo. L’epilessia viene classificata in base al tipo di crisi
in cui sfocia; la forma più pericolosa per il paziente e quella che quindi il soccorritore deve saper
riconoscere e trattare è la crisi generalizzata.
DEFINIZIONE
per epilessia si intende una patologia cronica causata dalla sofferenza
di una zona di cervello che si manifesta con saltuarie crisi.
Le cause di malattia sono moltissime e comprendono praticamente tutti gli stati di sofferenza
cerebrale e ipossia:
21
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
SEGNI E SINTOMI
Perdita di coscienza con caduta a terra
Convulsioni (contrazione e rilasciamento di tutta la muscolatura
volontaria)
Spasmo della muscolatura mandibolare (rischio di recisione della
mandibola)
Salivazione profusa
Contrazione serrata della muscolatura toracica e conseguente arresto
respiratorio
I rischi cui può andare incontro il paziente, vista la natura “violenta“ della crisi, sono principalmente
legati ai traumi scheletrici e alla difficoltà respiratoria dovuta alla rigidità toracica. Durante la fase
convulsiva infatti il paziente perde il controllo della propria muscolatura e, in stato di incoscienza,
può procurarsi contusioni e ferite anche gravi. Inoltre la contrazione serrata dei muscoli respiratori
(la cui forza è davvero elevatissima) provoca la riduzione dell’espansione toracica con
conseguente ipossia generalizzata. Non dimentichiamo poi le possibili conseguenze connesse alla
semplice perdita di coscienza quali la caduta della lingua e l’aspirazione di liquido gastrico in
trachea.
Per fortuna le crisi convulsive hanno di solito una breve durata (da pochi secondi a qualche
minuto); la crisi si conclude con una fase di sopore o coma che viene chiamata fase post-critica
durante la quale il cervello ha il tempo di riprendersi dallo shock elettrico.
Esistono però casi in cui le crisi si susseguono l’una all’altra senza uno spazio temporale di recupero:
in questo caso si parla di stato di male epilettico e il rischio è l’arresto respiratorio.
Il comportamento da tenere in questi casi è piuttosto complesso: se infatti i soccorritori arrivano sul
posto quando la crisi è ancora in corso, si pone il problema di come avvicinare un paziente che si
muove continuamente e che inoltre esercita una notevole forza inconscia. E’ opportuno ricordarsi
sempre che la prima regola per chiunque si trovi a gestire una situazione simile è innanzi tutto
autoproteggersi ed evitare comportamenti pericolosi per se stessi e per gli altri. L’avvertimento
classico è quello di evitare di utilizzare le proprie mani per mantenere la bocca del paziente
aperta. La forza della contrazione muscolare è tale che vi reciderebbe le dita.
COMPORTAMENTO
Protocollo ABCDE (contattare 118)
Somministrare ossigeno ad alti flussi
Evitare che il paziente si procuri lesioni secondarie:
- Posizionare un oggetto tra i denti e un cuscino sotto la testa
- Allontanare tutti gli oggetti pericolosi
- Allentare gli indumenti stretti
Porre se possibile il paziente in pozione laterale di sicurezza
Aspettare la fine della crisi per il trasporto
Ricontrollare frequentemente i parametri vitali
Codice giallo o rosso (a seconda dei parametri)
22
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
Al giorno d’oggi esiste una vasta gamma di farmaci atti a controllare l’attività elettrica cerebrale.
E’ quindi abbastanza raro che ci si trovi a dover gestire una crisi in atto; più spesso si ospedalizza un
paziente con il sospetto che l’abbia avuta in precedenza. In questi casi l’eventualità che si presenti
una seconda crisi è bassa, ma non assente; è perciò consigliabile mantenere sempre alta la
vigilanza sulle condizioni generali del trasportato.
Le convulsioni febbrili in età pediatrica mettono sempre in allarme sia il genitore che la squadra
soccorritrice. I bambini con età inferiore a 6 anni (soprattutto sotto i 4 anni) sono fisiologicamente
predisposti a questo tipo di manifestazione; caratteristicamente la convulsione si associa ad alta
temperatura corporea e rappresenta una sorta di squilibrio elettrico del cervello, transitorio e
completamente reversibile. Gli episodi restano generalmente isolati e tendono a scomparire con la
crescita anche se esiste la possibilità che si ripresentino.
La perdita di coscienza è comune a tutte le convulsioni ed è di norma seguita dalla consueta fase
post-critica. La crisi di breve durata viene chiamata semplice e non comporta danni cerebrali
permanenti; la convulsione dovrebbe durare ore per produrre un danno cerebrale (crisi
complessa).
L’ospedalizzazione non è sempre necessaria; la decisione andrebbe presa col pediatra curante in
determinate situazioni: - Al primo episodio convulsivo in pazienti con età < 18 mesi
- In caso di crisi convulsive complesse (con durata > 15 minuti o
ripetute nelle 24 ore o in presenza di precedenti neurologici).
COMPORTAMENTO
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Contattare la CO 118
Spugnature con acqua fresca su braccia e inguine per
abbassare la temperatura corporea.
INFEZIONI CEREBRALI
Meningiti ed encefaliti sono le forme più gravi di infezione del SNC. La prima coinvolge i tre involucri
del cervello, le meningi, mentre la seconda l’intero encefalo.
Le cause possono essere batteri, virus e funghi. La pericolosità di questa patologia è legata non
solo all’infezione stessa, ma anche al rischio ambientale. Si tratta infatti di situazioni che possono
presentare un’alta contagiosità per tutti quelli che vengono a contatto con il paziente.
DEFINIZIONE
Si intende per meningite l’infezione delle meningi da
parte di batteri, virus o altri agenti.
Generalmente la storia del paziente evidenzia un precedente contatto con un malato o una
situazione ad alto rischio di infezione (ad es. un trauma cranico con frattura ossea o un intervento
chirurgico).
Il grado di contagiosità della malattia dipende dall’agente coinvolto nella genesi della meningite
e dal tempo di esposizione all’infezione. In linea di massima comunque è bene ricordare che
23
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
l’infezione si propaga per via aerogena (tramite goccioline respiratorie o secrezioni). Per non
creare un’eccessiva paura, aggiungiamo che il reale rischio di contagio resta in Italia piuttosto
basso. In ogni caso, il materiale in dotazione sulle ambulanze è sufficiente a garantire una corretta
autoprotezione.
SEGNI E SINTOMI
Alterazione dello stato di coscienza
Febbre alta
Nausea e vomito
Rigidità nucale
Fotofobia (ipersensibilità oculare alla luce)
Raramente convulsioni
COMPORTAMENTO
Indossare mascherine, guanti e occhiali di protezione
Far indossare una mascherina al paziente
Protocollo ABCDE + esame neurologico
Evitare il più possibile il contatto con eventuali secrezioni
Contattare il 118 per la destinazione più idonea
Dopo il trasporto contattare l’ospedale che se necessario
provvederà a prescrivere una corretta profilassi
antibiotica ai soccorritori.
Generalmente è un codice verde
Una terapia antibiotica mirata e tempestiva porta ad una guarigione completa. In caso contrario,
la patologia può lasciare disturbi neurologici cronici o causare il decesso del paziente.
TRAUMA CRANICO
24
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
DEFINIZIONE
Viene definito trauma cranico ogni contusione, di qualsiasi
entità, a carico della testa.
Nella valutazione del trauma, oltre al già citato ABCDE, vanno effettuati sempre l’esame del capo
alla ricerca di lesioni o fratture ossee e l’esame neurologico completo. Non bisogna dimenticare
inoltre di ricercare, nel caso di incidente domestico, le cause dell’infortunio (chiedendo ad es.
“Ricorda che cosa è successo?”, “E’ scivolato oppure ha avuto un mancamento?”, ecc…) nel
tentativo di distinguere tra un semplice infortunio dovuto alla deambulazione e una sincope.
SEGNI E SINTOMI
Contusioni, lacerazioni e fratture ossee
Segni di ipertensione endocranica
Segni di lato
Otorragia (emorragia dall’orecchio)
Otorrea o rinorrea (fuoriuscita di liquor da orecchio o naso)
Convulsioni
La fuoriuscita di liquido, trasparente come acqua, da naso e orecchio deve farci pensare al
liquido cefalo-rachidiano contenuto all’interno dei tre involucri meningei. Ciò indica chiaramente
una lesione tanto profonda da aver creato un varco nella struttura ossea che permette l’uscita
del liquor; in altre parole esiste una continuità tra ambiente e cervello. Una situazione simile viene
definita frattura della base cranica e porta spesso al decesso del paziente per la lesione cerebrale
diretta o per l’encefalite secondaria all’ingresso di batteri nella scatola cranica.
COMPORTAMENTO
Protocollo ABCDE + esame neurologico
Medicare le ferite con bendaggi NON compressivi sterili
Ricontrollare frequentemente i parametri vitali
Il codice dipende dalle condizioni riscontrate.
L’unico consiglio veramente utile da dare in questi casi è non perdere mai di vista il paziente e non
accontentarsi di una singola valutazione. Le condizioni del malato infatti possono cambiare nel
giro di pochissimo tempo.
25
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
La resezione traversa completa del midollo spinale si manifesta con l’assenza totale di ogni attività
volontaria e riflessa al di sotto della lesione e con il caratteristico shock spinale; esso è causato
dalla recisione delle fibre nervose che controllano strutture involontarie come l’attività respiratoria,
cardiaca e il tono vascolare.
SEGNI E SINTOMI
Assenza di movimenti volontari e di sensibilità al di sotto
della lesione
Respiro diaframmatico
Bradicardia e ipotensione
La frattura della porzione cervicale del midollo rappresenta certamente la lesione più pericolosa;
essa può provocare infatti un’alterazione dell’attività respiratoria che si manifesta col respiro
diaframmatico, una bradicardia importante e una vasodilatazione periferica con conseguente
ipotensione arteriosa. La presenza di shock spinale è da considerarsi sempre un’emergenza.
In caso di trauma vertebrale ogni azione che comporti il movimento della colonna può provocare
lo spostamento del frammento osseo e causare direttamente la lesione midollare. Il soccorritore
deve innanzitutto valutare la scena per capire la forza dell’impatto, effettuare l’esame fisico del
paziente ed infine utilizzare l’attrezzatura a disposizione sull’ambulanza al fine di ridurre al massimo
gli spostamenti della colonna. Per evitare danni gravi ed irreversibili, è opportuno trattare quindi
ogni paziente politraumatizzato come un possibile portatore di una lesione del midollo spinale ed
utilizzare quindi molta cautela nel suo spostamento. Il comportamento ottimale prevede
l’immobilizzazione della schiena posizionandola su un piano rigido.
26
Cap 2 – Il Sistema Nervoso
Ognuno di questi presidi va utilizzato con cautela e seguendo le tecniche esposte nel capitolo
dedicato al politrauma. Anche nel caso non sia possibile utilizzare l’attrezzatura in dotazione (per
limiti ambientali) o sia indispensabile un rapido allontanamento del paziente dal luogo del trauma,
è necessario effettuare tutte le manovre minimizzando il più possibile il movimento della colonna
vertebrale.
COMPORTAMENTO
Protocollo ABCDE + esame neurologico
Somministrazione di ossigeno
Posizionamento del collare cervicale
Barella spinale + blocca testa e ragno
Ricontrollare frequentemente i parametri vitali
Codice giallo o rosso
L’approccio al paziente politraumatizzato risulta sempre molto complesso tanto per i soccorritori
laici quanto per l’equipe medica; le difficoltà ambientali cui ci si trova di fronte e la rapidità
estrema con cui le condizioni del malato possono cambiare mettono infatti a dura prova chiunque
si trovi a gestire una tale situazione. In queste circostanze più che mai si testano le capacità
organizzative e gestionali del personale di soccorso.
27
3
Apparato Respiratorio
- Anatomia
- Fisiologia
- Patologie
Cap 3 – Apparato Respiratorio
ANATOMIA E FISIOLOGIA
30
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
Muscolo diaframma
PARAMETRI NORMALI
Frequenza respiratoria:
Adulto: circa 12 -16 atti/minuto
Bambino: circa 20 -30 atti/minuto
Neonato: circa 40 atti/minuto
La funzione respiratoria è regolata dal Sistema nervoso vegetativo che ne controlla la frequenza di
atti al minuto; si tratta però di un’azione involontaria, su cui cioè non è possibile agire
coscientemente.
31
Cap 3 – Apparato Respiratorio
L’esame obiettivo deve indagare l’atto respiratorio nel suo complesso, verificando tutti i parametri
connessi e osservando la meccanica toracica.
PARAMETRI RESPIRATORI MECCANICA TORACICA
Frequenza respiratoria - FR Modalità di espansione toracica
Profondità dell’inspirazione Contrazione dei muscoli respiratori
Rumore respiratorio
La valutazione dei parametri respiratori mette in luce il carico di lavoro richiesto per
un’ossigenazione ematica corretta. Un aumento dell’impegno respiratorio è dunque sempre indice
di un’insufficiente ossigenazione del sangue.
Caratteristicamente in questi casi troveremo:
Si definisce:
Eupnoico un soggetto con respirazione normale a riposo e con FR compresa tra
12 e16 atti/min
Dispnoico un soggetto con difficoltà respiratoria
Tachipnoico un soggetto con FR > 20 atti/min
Poplipnoico un soggetto con FR > 20 atti/min + alterazione della meccanica toracica
32
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
Segni di ipossia:
33
Cap 3 – Apparato Respiratorio
PATOLOGIE RESPIRATORIE
Le malattie che coinvolgono i polmoni sono molte; in questo caso però, al contrario di quanto
avviene per altri apparati, l’emergenza risulta relativamente semplice sia da riconoscere che da
trattare. L’unica manifestazione è infatti l’insufficienza respiratoria cauta (IRA).
Quando la quantità di ossigeno nel sangue scende sotto la soglia minima, l’intero apparato
respiratorio viene sollecitato dal Sistema nervoso vegetativo ad un iperlavoro al fine di “catturare”
più ossigeno dall’aria. Nell’encefalo infatti esistono alcuni neuroni in grado di “leggere” sia la
quantità di CO2 sia quella di O2 nel sangue circolante. Quando la prima sale (cioè quando le scorie
dell’organismo non riescono ad essere eliminate) o quando la seconda scende (ovvero quando
l’ossigeno è troppo poco), parte un impulso nervoso che fa aumentare la frequenza respiratoria
nel tentativo di risolvere il problema.
DEFINIZIONE
per IRA si intende una condizione acuta caratterizzata dalla
presenza di un’insufficiente quantità di ossigeno nel sangue.
SEGNI E SINTOMI
Alterazione dello stato di coscienza
Dispnea e tachipnea
Polso piccolo e frequente
Pallore e cianosi periferica
Sudorazione profusa
SpO2 < 95%
Paziente in posizione eretta o seduta
Respirazione a bocca aperta
Rumore respiratorio caratteristico:
- Sibili in caso di crisi d’asma
- Gorgoglio in caso di edema polmonare acuto
La carenza di ossigeno attiva le risorse organiche al fine di arginare i danni cerebrali che
rappresentano naturalmente il pericolo maggiore. Si verifica quindi una vasocostrizione periferica
col fine di convogliare la maggior quantità possibile di sangue agli organi nobili; la cianosi
ungueale è dunque la diretta conseguenza della scarsa irrorazione ematica periferica.
34
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
Per aumentare la percentuale di ossigeno nel sangue è necessario incrementare da una parte
l’ingresso di aria nei polmoni e dall’altra la quantità di sangue disponibile all’ossigenazione; questo
spiega la rilevazione di tachipnea e tachicardia.
COMPORTAMENTO
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Saturazione in aria e ossigeno
Somministrazione di ossigeno ad alti flussi con mascherina
Trasporto del paziente preferibilmente in posizione seduta
Ricontrollo frequente dei parametri respiratori
Il rischio cui si va incontro quando la concentrazione di ossigeno nel sangue scende, è ovviamente
lo stato di coma e la sofferenza cardiaca (soprattutto nei pazienti cardiopatici).
Se non trattata con tempestività dunque si può andare incontro all’arresto respiratorio e al decesso
del paziente.
ASMA BRONCHIALE
L’asma bronchiale è una delle principali cause di IRA soprattutto nei giovani e nei bambini.
DEFINIZIONE
Per asma bronchiale si intende una patologia cronica dell’apparato
respiratorio che si manifesta con occasionali crisi di broncospasmo
(ovvero il restringimento del diametro dei bronchi).
L’asma è in realtà una malattia cronica che si manifesta generalmente per cause allergiche. Si
tratta di una condizione ereditaria caratterizzata dall’eccessiva “sensibilità” delle cellule bronchiali
a qualcosa che si trova nell’aria (ad es. pollini, acari, polveri, ecc). Quando questi materiali
entrano nei polmoni tramite l’inspirazione si scatena una reazione anormale che provoca il
restringimento del diametro dei bronchi e di conseguenza la riduzione della quantità di aria in
ingresso. Così si va incontro alla crisi asmatica. Oltre ai segni e sintomi comuni a tutti i casi di
insufficienza respiratoria acuta già elencati, la crisi d’asma si riconosce anche per il rumore
respiratorio caratteristico, il sibilo, legato proprio al passaggio di aria attraverso un condotto
ristretto.
Per aprire i bronchi e permettere l’entrata di un volume d’aria corretto è necessario ricorrere a
farmaci specifici.
ENFISEMA POLMONARE
Quando il polmone perde in modo irreversibile la capacità di portare a termine il proprio lavoro
(cioè ossigenare il sangue) si verifica una condizione di lento e irrefrenabile soffocamento. E’
quanto avviene ai pazienti che soffrono di enfisema polmonare.
DEFINIZIONE
Per enfisema polmonare si intende una patologia respiratoria
cronica caratterizzata dalla progressiva e inarrestabile perdita di
tessuto polmonare funzionante; ciò costringe il paziente ad uno stato
di insufficienza respiratoria cronica.
35
Cap 3 – Apparato Respiratorio
Le cause che portano alla morte progressiva del polmone sono molte, ma senz’altro il maggiore
colpevole è il fumo di sigaretta. Il fumo infatti provoca alla lunga una tale alterazione della struttura
polmonare da rendere impossibile non solo la corretta ossigenazione del sangue, ma anche il
ritorno alla salute; si tratta infatti di una degenerazione irreversibile.
Questi pazienti si trovano ad avere spesso bisogno di un supporto di ossigeno a casa (con una
bombola) proprio perché non sono più in grado di assumerne da soli la giusta quantità. In queste
condizioni il malato purtroppo va incontro facilmente e spesso a crisi respiratorie che possono
essere anche fatali.
POLMONITE
Perfino una banale infezione polmonare può provocare una significativa riduzione della
funzionalità respiratoria. L’infezione infatti, se diffusa, può compromettere seriamente la capacità
del polmone di scambiare i gas, provocando quindi ipossia generalizzata. Sono più esposti a
questo rischio i soggetti anziani e in generale i portatori di patologie respiratorie croniche, tutti quei
pazienti cioè che anche in condizioni di salute hanno una ridotta capacità respiratoria (ad es.
enfisema polmonare, tumore al polmone, ecc).
PNEUMOTORACE
Come abbiamo già detto, il polmone funziona come un palloncino e proprio come un palloncino
può “scoppiare”. Quando questo succede, l’aria esce dal polmone e si accumula all’interno del
torace schiacciando tutte le altre strutture che vi sono contenute (di cui il più importante è il
cuore). Lo schiacciamento può essere tale da impedire al cuore di riempirsi di sangue e di contrarsi
correttamente provocando quindi l’arresto cardiaco.
Si riconoscono due forme di pneumotorace: il PNX traumatico e il PNX spontaneo. Nella maggior
parte dei casi, il pneumotorace si manifesta inseguito alla frattura di una costa che penetra nel
torace e buca un polmone causandone la chiusura completa. Il paziente si trova così a respirare
con un polmone solo.
Esiste però anche il caso in cui il PNX si manifesta in pieno benessere e senza che si sia verificato
alcun trauma. Il pneumotorace spontaneo è generalmente legato ad un’ereditaria fragilità del
tessuto polmonare che per questo può rompersi anche per piccoli sforzi. Tipico è il caso di PNX a
seguito di uno starnuto o di un colpo di tosse. Nella sezione dedicata ai traumi verrà trattato nello
specifico il comportamento da tenere in caso di PNX.
EMBOLIA POLMONARE
L’embolia polmonare è una patologia abbastanza rara e molto difficile da diagnosticare perfino
dal personale medico con la strumentazione più sofisticata. Per questo motivo risulta piuttosto
superfluo trattarla nello specifico in un testo dedicato a soccorritori laici.
Si verifica in poche parole quando qualcosa va ad ostruire la maggior parte dei vasi che
trasportano il sangue all’alveolo polmonare, impedendo così l’ossigenazione dei globuli rossi. Il
piccolo circolo viene bloccato quando nel sangue si trovano materiali che possono “incastrarsi”
nel vaso polmonare e provocarne la chiusura (ad es. aria, grasso, coaguli, ecc). Si tratta di un
evento estremamente grave soprattutto perché non esiste attualmente alcuna terapia veramente
efficace. E’ sufficiente a questo proposito sapere che una frattura scomposta di un arto (che
all’interno contiene grasso) può liberare in circolo milioni di bollicine lipidiche e causare quindi
un’embolia polmonare massiva.
36
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
SINTOMI-SEGNI
Alterazione dello stato di coscienza (anche convulsioni)
Spesso mal di testa, vertigini, nausea e vomito
Assenza di dispnea (il paziente non si accorge di respirare male)
Colorito rosso ciliegia della cute
Assenza di cianosi periferica
Saturazione nella norma!
Arresto cardio-respiratorio
COMPORTAMENTO
Prima di tutto pensarci!
Avvisare VVFF, autoproteggersi e aprire le finestre
In ogni caso rapido allontanamento dalla fonte
Se il paziente è incosciente, protocollo ABCDE
Somministrare ossigeno con mascherina ad alti flussi
Ospedalizzazione rapida
CODICE ROSSO (sempre)
SINTOMI-SEGNI
Alterazione dello stato di coscienza (anche convulsioni)
Segni di IRA e ipossia generalizzata
Pallore e cianosi della cute
Saturazione < 95%
Mai scendere in cisterne o entrare in silos senza prima la dovuta bonifica dei Vigili del fuoco.
Il comportamento da tenere sul paziente è quello classico dell’IRA.
DOLORE TORACICO
Il sintomo è ciò che viene riferito dal paziente, il segno invece è ciò che viene rilevato
direttamente. Il dolore toracico rappresenta appunto un sintomo generico riferito ad una vasta
parte anatomica e che nulla dice su quale sia la struttura sofferente.
Nel torace infatti si trovano diversi organi e tessuti e ognuno di questi può manifestare il proprio
“malessere” tramite un dolore localizzato al torace. Le caratteristiche di questo dolore variano
però a seconda di quale sia la causa che lo ha scatenato. La rilevazione di queste caratteristiche,
tramite il colloquio col paziente, può almeno indicativamente permetterci di identificare l’origine
del dolore toracico.
Mal localizzato,
- Oppressivo - come se avessi un peso sul - Infarto miocardico acuto
CUORE
torace, irradiato a giugulo e braccio - Angina pectoris
PSICHE
sinistro, - Difficoltà nella digestione
- Non influenzato né da un’inspirazione, - Crisi di ansia
profonda, né dalla pressione sul torace.
- Pleurite
Localizzato in un punto preciso,
MUSCOLI TORACICI - Dolori intercostali
- Trafittivo - come una coltellata,
COSTE o PLEURA - Traumi toracici
- Influenzato dal movimento,
POLMONE - Embolia polmonare
dall’inspirazione e dalla pressione sul
- Dissecazione aortica
torace
- Reflusso gastro-esofageo
- Associato a dispnea e IRA
38
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
IL SATURIMETRO
PRINCIPI DI OSSIGENOTERAPIA
L’ossigeno è l’unico farmaco che il soccorritore può utilizzare in servizio; le bombole, fisse e portatili,
vanno quindi sempre controllare prima di iniziare il servizio.
La formula che permette di quantificare la durata delle bombole è semplice e va memorizzata:
A = autonomia in minuti
C×P C = capacità della bombola
A= P = pressione letta sul manometro
S S = somministrazione in litri/minuto
Solitamente in caso di insufficienza respiratoria acuta si somministra ossigeno ad alti flussi, almeno
10 litri/minuto. Al denominatore quindi, anche per semplicità di calcolo, si mette 10.
Tra il personale soccorritore è diffusa la convinzione che non sia mai sbagliato somministrare
ossigeno poiché al massimo, male che vada, al paziente si fare il pieno di “aria buona”.
Nonostante questo non sia del tutto falso, la regola per tutto ciò che facciamo deve essere
un’altra; ogni azione deve essere infatti motivata da una richiesta specifica e non perché
nell’incertezza tanto vale…
L’ossigeno è utile tutte le volte che l’O2 nel sangue scende e tutte le volte che un organo soffre; in
quest’ultimo caso infatti, anche se non c’è ipossia, l’organo in questione, affaticato, può aver
bisogno di una quantità maggiore di “carburante”.
39
Cap 3 – Apparato Respiratorio
Secondo un’altra leggenda metropolitana, nel paziente con enfisema polmonare o altre
patologie ostruttive (BPCO) non bisogna somministrare mai ossigeno ad alti flussi, nemmeno in caso
di IRA. Questo è assolutamente sbagliato!! In qualsiasi caso di IRA è obbligatorio erogare ossigeno
ad almeno 10 litri/minuto.
L’unica avvertenza riguarda il rischio di arresto respiratorio che, effettivamente, nel caso di
enfisema polmonare esiste. In questi pazienti infatti, la riduzione cronica di ossigeno nel sangue
costringe il Sistema nervoso a far “lavorare” attivamente il polmone anche in condizioni di riposo al
fine di assumere più O2 dall’aria. Quando quindi si somministra ossigeno, la concentrazione di O2
nel sangue di questi pazienti sale; il Sistema nervoso, avvertendo l’aumento di O2, smette di
“ordinare” all’appartato respiratorio di lavorare e questi si ferma: ecco spiegato l’arresto
respiratorio da somministrazione di ossigeno.
Il comportamento in questi casi deve prevedere un’attenzione maggiore allo stato di coscienza
senza però dimenticare che un paziente con dispnea acuta ha sempre bisogno di ossigeno.
Per quanto riguarda la via di somministrazione, le opzioni sono due: gli occhialini e la mascherina.
40
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
La sequenza va continuata
alternando 5 colpi interscapolari
alla manovra di Heimlich fino
all’espulsione del corpo estraneo o alla perdita di coscienza del paziente. Non appena il paziente
perde coscienza attivare la sequenza ABCDE del BLS.
Protocollo BLS
Ventilazione manuale 2 insufflazioni su 5 a buon fine – se non efficaci,
ricontrollare la posizione del capo e passare al punto
successivo.
L’ostruzione delle vie aeree in un paziente pediatrico si manifesta più frequentemente che
nell’adulto sia per l’abitudine del bambino ad “assaggiare” gli oggetti, sia per le caratteristiche
anatomiche del piccolo; le vie aeree sono infatti più piccole. In questo caso il protocollo distingue
tra lattante (con età compresa tra 0 – 1 anno) e bambino (1 – 8 anni di età).
Protocollo PBLS
Ventilazione manuale Effettuare 2 insufflazioni efficaci su 5 totali – se non
efficaci, ricontrollare la posizione del capo e ripetere la
sequenza un’altra volta. Se ancora inefficace, procedi
al punto successivo.
Pacche dorsali e CTE Effettuare 5 colpi interscapolari e 5 compressioni
toraciche; al termine ricontrolla la pervietà delle vie
aeree per valutare l’efficacia della manovra, quindi
GAS e ancora le ventilazioni manuali del punto
precedente.
Protocollo PBLS
Ventilazione manuale Come nel lattante incosciente – effettuare 5
insufflazioni di cui almeno 2 efficaci – se non si
ottengono, riposizionare il capo e ripetere la sequenza
una sola volta. Procedi poi al punto successivo.
42
Cap 3 – Apparato Respiratorioo
Compressioni
sub-diaframmatiche
43
4
Apparato
Cardiocircolatorio
- Anatomia
- Fisiologia
- Patologie
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Il cuore è il motore che spinge in circolo il sangue, che a sua volta porta a tutte le cellule
dell’organismo le materie prime di cui si nutrono, ossigeno e sostanze nutritizie.
ANATOMIA E FISIOLOGIA
46
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Arteria coronaria
sinistra
47
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
La comprensione dei più rudimentali meccanismi anatomo-fisiologici alla base del funzionamento
del sistema cardiocircolatorio è fondamentale per comprendere l’origine di tutte le patologie a
carico di questo apparato.
48
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Il cuore si contrae e si rilascia seguendo una rigida ritmicità. Ogni contrazione imprime al sangue
una spinta verso la periferia con una sorta di moto pulsatorio; in parole povere il sangue si muove
durante la sistole mentre rallenta durante la diastole. La valutazione della forza impressa al sangue
durante la sistole e della sua caduta durante la diastole indicano con quanta efficacia il cuore
svolge le sue mansioni; tali forze si ripercuotono sulla pressione arteriosa. Caratteristiche di un buon
funzionamento cardiaco sono quindi ritmo e pressione arteriosa (PA).
RITMO L’onda pulsatoria viene trasmessa dal cuore fino alla periferia più
estrema attraverso le arterie; palpando quindi il decorso dell’arteria
sulla superficie cutanea si possono apprezzare le caratteristiche
principali del lavoro cardiaco. Questi punti sono detti polsi.
Polso carotideo
Polso brachiale
Polso popliteo
Polso pedidio
49
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Perché il polso periferico sia avvertibile è necessario che all’interno dell’arteria prescelta il flusso
ematico sia in quantità sufficiente a “gonfiare” il vaso e che esso raggiunga una pressione
adeguata.
A prescindere dal luogo scelto, il polso ha caratteristiche ben precise che è necessario indagare
ogni qual volta si tasta:
Ritmo e frequenza cardiaca stimati dal polso periferico corrispondono perfettamente a quanto
accade a livello cardiaco; per quanto riguarda l’ampiezza invece, una sua alterazione può
dipendere anche da patologie dell’arteria indagata (trombosi) o semplicemente dalle condizioni
atmosferiche (vasocostrizione da freddo).
50
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Per perfusione tissutale si intende la capacità del flusso sanguigno di raggiungere tutti i distretti
periferici. E’ intuitivo immaginare le conseguenze di un ridotto apporto ematico regionale:
sofferenza e ischemia per carenza di ossigeno e successiva morte cellulare.
L’ipoperfusione tissutale si manifesta logicamente con gli stessi segni di ipossia: pallore o cianosi
periferica, cute fredda, polso piccolo e di difficile valutazione, ecc.
E’ ovvio come i parametri appena elencati siano in realtà strettamente correlati l’uno all’altro;
sono infatti tutti coinvolti nel delicato meccanismo di compenso cardiocircolatorio e come tale
possono attivarsi “a cascata” in caso di pericolo. La valutazione della perfusione tissutale non può
prescindere quindi da una valutazione più generale e complessiva del lavoro svolto dall’intero
sistema.
51
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Anche la cute deve essere indagata con attenzione; se infatti può rappresentare un indice di
ipoperfusione tissutale, la sua colorazione particolare è associata anche ad altre patologie
caratteristiche.
Cute pallida Indica una lieve riduzione dell’apporto di ossigeno tissutale. Generalmente si
correla a stati di ipotensione arteriosa, alterata perfusione capillare, anemia
o stati di insufficienza respiratoria lieve o cronica.
Cute cianotica Indica invece uno stato di grave ischemia periferica per insufficiente apporto
di ossigeno regionale o generalizzato. Cause principali sono: grave
ipotensione, tutti gli shock (tranne l’anafilattico), gli stati di insufficienza
respiratoria acuta e tutte le patologie dei vasi.
Cute eritematosa La cute arrossata può suggerire la presenza di una reazione allergica locale
o generalizzata, di un’ustione, di febbre, iperglicemia, colpo di calore o di
sole.
Cute itterica L’ittero è il colorito giallognolo della cute e delle sclere oculari (la parte
bianca dell’occhio) ed è legato ad un eccesso di bilirubina nel sangue. E’
correlato a patologie del fegato (epatiti e tumori), calcolosi della colecisti,
pancreatici e tumori del pancreas.
52
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
PATOLOGIE CARDIOCIRCOLATORIE
Ogni azione che effettuiamo durante lo stato di veglia (cioè quando ci muoviamo) necessita di un
aumento di energia rispetto allo stato di quiete (cioè quando rimaniamo immobili). L’apporto
energetico, ovvero l’ossigeno veicolato dal sangue, deve quindi aumentare in proporzione allo
sforzo effettuato. E’ il cuore che garantisce questo aumento, accelerando la frequenza delle
proprie compressioni e quindi mandando in circolo una maggior quantità di sangue-ossigeno.
Tutte le patologie dovute al mal funzionamento cardiaco sono causate proprio dal disequilibrio tra
le richieste di ossigeno da parte del miocardio e il lavoro che questo deve svolgere. Perché il
muscolo cardiaco sia in grado di aumentare la propria attività (ad es. durante un esercizio fisico) è
necessario infatti fornirgli una pari aumentata quantità di ossigeno attraverso le arterie coronarie.
Quando questo non si verifica nasce la malattia cardiaca.
STATO DI SHOCK
53
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
SEGNI E SINTOMI
Alterazione dello stato di coscienza
Pallore/cianosi della cute
Sudorazione fredda profusa
Dispnea e tachipnea
Tachicardia e ipotensione arteriosa (polso piccolo e frequente)
Lo shock anafilattico si discosta lievemente dai classici segni sopra elencati in quanto si manifesta
con cute calda, arrossata e gonfia per l’edema tissutale.
Il più indicativo segno di shock è rappresentato dalla pressione arteriosa sistolica < 100 mmHg.
Tutte le tipologie di shock sono da considerare emergenze assolute e vanno ospedalizzate nel
minor intervallo di tempo possibile.
COMPORTAMENTO
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Saturimetro ed ossigeno ad alti flussi
Posizionare il paziente in posizione supina con le gambe sollevate*
Trattare dove possibile l’origine dello shock
Trasportare rapidamente in ospedale
Valutare frequentemente i parametri vitali e la PA
L’eccezione sopra menzionata dall’asterisco* si riferisce allo shock cardiogeno. Quando solleviamo
le gambe infatti facilitiamo il ritorno del sangue venoso al cuore (per la forza di gravità); nel caso in
cui il cuore sia affaticato dal troppo lavoro, aumentare il sangue da smaltire può portare ad un
ulteriore peggioramento della performance cardiaca.
Lo shock è rapidamente evolutivo e tende a peggiorare molto velocemente; è necessario quindi
monitorare di continuo i parametri vitali ed essere pronti al peggio.
SOFFERENZA CARDIACA
Il cuore soffre quando la “benzina” che ha a disposizione (trasportata dalle coronarie) non è
sufficiente a garantirgli lo svolgimento delle sue mansioni. Questo può verificarsi per una vasta
gamma di motivi:
54
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
Come per le patologie vascolari del Sistema nervoso, anche in questo caso si riconoscono due tipi
di malattia cardiaca: l’infarto miocardico acuto (IMA) e l’ischemia cardiaca.
DEFINIZIONE
Per IMA si intende la necrosi o morte irreversibile di una
porzione più o meno vasta di miocardio.
Con ischemia cardiaca invece si indica la sofferenza transitoria
e reversibile di una porzione più o meno vasta di miocardio.
La sofferenza cardiaca si manifesta più frequentemente negli anziani e nei soggetti portatori di uno
o più dei seguenti fattori di rischio:
≡ sesso maschile
≡ familiarità (avere qualcuno in famiglia che ne ha già sofferto)
≡ obesità
≡ sedentarietà
≡ fumo di sigaretta
≡ ipertensione arteriosa
≡ ipercolesterolemia (aumento del colesterolo nel sangue)
≡ diabete mellito
Area lesionata
La gravità della sofferenza cardiaca dipende dalla dimensione della
porzione di cuore malato. Il rischio nel caso in cui a soffrire sia una
larga parte di miocardio è ovviamente l’arresto cardiaco e il decesso
del paziente.
55
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
SEGNI E SINTOMI
Aspetto sofferente del paziente
Spossatezza generale
Pallore/cianosi della cute
Sudorazione fredda
Alterazione dello stato di coscienza (raro)
Dispnea
Nausea e vomito
Senso di peso alla bocca dello stomaco
Dolore toracico caratteristico: retrosternale, mal localizzato, oppressivo,
irradiato al giugulo, alla mandibola e al braccio sinistro, non influenzato
dall’inspirazione profonda, dalla pressione manuale sul torace né dalla
variazione della posizione.
Frequenza cardiaca, ritmo e pressione arteriosa possono essere alterati o
del tutto normali.
Segni e sintomi di shock cardiogeno
Il soccorritore deve per prima cosa guardare attentamente il malato; sono moltissime infatti le
informazioni che il paziente dà della propria malattia semplicemente osservando postura,
atteggiamento e sguardo. Tutte le domande che porremo poi dovranno aiutarci a definire
l’origine del dolore. Non sempre infatti un dolore toracico è sinonimo di sofferenza cardiaca. Nella
sezione che si occupa dell’apparato respiratorio sono trattate le varie tipologie di dolore toracico.
COMPORTAMENTO
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Tranquillizzare il paziente
Allentare gli abiti che stringono
Saturimetria e ossigeno ad alti flussi
Trasporto all’ambulanza con cardiopatica poi in barella
MAI farlo camminare
Ricontrollare frequentemente i parametri vitali
Materiale per RCP a portata di mano
Codice giallo o rosso
Il rischio evolutivo in questi casi dipende dall’età del paziente, dalle sue condizioni generali e dal
tempo trascorso tra la comparsa del primo sintomo e l’ospedalizzazione.
56
Cap 4 – Apparato Cardiocircolatorio
DEFINIZIONE
Per edema polmonare acuto o EPA si intende una patologia
cardiaca caratterizzata dall’aumento della pressione ematica
polmonare con conseguente accumulo di liquido negli alveoli.
SEGNI E SINTOMI
Alterazione dello stato di coscienza
Dispnea e sensazione di soffocamento che costringono il paziente
ad assumere la posizione seduta e a respirare con la bocca aperta
Pallore o cianosi della cute
Sudorazione fredda profusa
Saturazione in aria < 95%
Gorgoglio respiratorio caratteristico (tipo caffettiera, dovuto al
liquido nei polmoni)
Saliva rosata
Segni e sintomi di IMA e shock cardiogeno
L’insufficienza respiratoria acuta è piuttosto facile da diagnosticare dal momento che da una
parte i segni e i sintomi sono evidenti, dall’altra è il paziente stesso a dirvi che respira male. Tutte le
crisi respiratorie si trattano allo stesso modo; intuire qual è la causa permette di capire quanto
tempo si ha a disposizione prima che le condizioni del paziente crollino irrimediabilmente. Il
pericolo infatti è lo shock cardiogeno irreversibile e l’arresto cardio-respiratorio.
COMPORTAMENTO
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Saturimetria e ossigeno ad alti flussi
Trasporto con cardiopatica (posizione semiseduta)
MAI farlo camminare
MAI sollevargli le gambe
Materiale per RCP a portata di mano
Codice giallo o rosso
Quantificare la resistenza del malato all’insufficienza respiratoria acuta è sempre difficile, dal
momento che questa dipende da moltissimi fattori. La comparsa di shock, l’età avanzata e le
modeste condizioni del paziente (ancora prima della crisi acuta) depongono ovviamente a
sfavore e devono quindi indurci ad un trasporto rapidissimo in ospedale.
57
5
Emergenze ambientali
metaboliche ed infettive
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Al contrario di quanto si pensa l’ambiente più pericoloso per la salute non è quello lavorativo, bensì
il proprio domicilio. La maggior parte degli infortuni infatti si verifica in ambiente privato; ciò
dimostra la potenziale minaccia rappresentata dalla casa.
Secondo i dati dell’ospedale Policlinico di Milano, gli incidenti domestici più frequenti sono:
- Cadute e traumi
- Intossicazioni da agenti tossici
- Ustioni e patologie da calore
- Accidenti elettrici
- Affogamenti
- Ingestione o inalazione di corpi estranei
- Morsi di animale
LE INTOSSICAZIONI ACUTE
Le sostanze tossiche per l’organismo umano sono moltissime e sono presenti in qualsiasi ambiente e
luogo.
La maggior parte delle intossicazioni avviene in casa, mentre una percentuale molto bassa si
verifica in ambiente lavorativo nonostante la presenza di settori industriali ad alto rischio.
FARMACI
La principale fonte di intossicazione domiciliare è rappresentata dal sovradosaggio, generalmente
accidentale, di farmaci di uso comune. Il facile accesso alla “farmacia di casa” (pericoloso
soprattutto per i bambini), il ricorso sempre più frequente all’automedicazione e il mancato
controllo della corretta posologia da parte del Medico curante possono spiegare questa triste
tendenza. I sintomi e i segni dipenderanno naturalmente dal tipo di farmaco assunto, dal dosaggio
e dall’eventuale commistione di sostanze in grado di potenziarne l’effetto (ad esempio l’alcool). In
tutti i casi è opportuno contattare in Centro Anti Veleni (CAV) o recarsi in Pronto Soccorso
ricordandosi di portare con sé il blister del farmaco in questione.
60
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
DROGHE
L’Organizzazione mondiale della Sanità definisce droga “qualsiasi sostanze che, introdotta
nell’organismo, può alterarne le funzioni” comprendendo quindi la quasi totalità delle sostanze
esistenti sulla Terra, farmaci compresi.
Il confine fra farmaco e droga consiste nelle motivazioni per cui si assume la sostanza: il primo
ripristina alcune funzioni organiche danneggiate da una malattia, mentre la somministrazione della
seconda non è legata ad alcuna patologia esistente ed è assunta in pieno benessere.
Non esiste a tutt’oggi un criterio univoco di definizione di droga che non sia quello dettato dalla
legge in vigore; in altre parole nel nostro sistema sono droghe le sostanze che la legge identifica
come tali.
Indipendentemente da queste indicazioni, che variano in funzione del periodo storico e del
substrato culturale di riferimento, esistono sostanze (legali o non) che possono determinare abuso,
tolleranza e dipendenza.
FISICA PSICHICA
E’ il bisogno organico della sostanza in Rappresenta l’assuefazione psicologica
questione. La cronica somministrazione di alla sensazione di benessere e/o torpore
alcune droghe causa infatti una tale causata dall’utilizzo di droghe. Questa
alterazione dei processi biochimici, da forma di dipendenza è spesse volte più
renderne indispensabile l’ulteriore difficile da combattere di quella fisica.
assunzione. L’interruzione causa la
caratteristica crisi di astinenza.
Tutte le sostanze in grado di indurre una qualche forma di piacere psicofisico agiscono stimolando
o inibendo particolari vie neuronali a livello del Sistema Nervoso Centrale. Sono sostanze eccitanti
cocaina, crack e amfetamina (l’ecstasy associa all’effetto eccitante anche quello allucinogeno),
mentre la principale sostanza con effetto depressore sul SNC è l’eroina.
Tutte i prodotti d’abuso sono in grado di:
1. Narcotici o stupefacenti oppio – morfina – codeina – eroina = sostanze che danno un’intensa
sensazione di benessere, sedando contemporaneamente ansie e
paure. Agiscono deprimendo il Sistema Nervoso Centrale. Sono
narcotici i composti chimici derivati dall'oppio. Alcune di queste
droghe, prime fra tutte la morfina, sono usate in medicina come
potenti analgesici.
61
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
L’EROINA agisce come un potente sedativo del Sistema Nervoso Centrale. Generalmente gli effetti si
manifestano dopo pochi minuti dall’assunzione che avviene più frequentemente per via
endovenosa (alternativamente può essere inalata o fumata). L'iniezione di eroina provoca nel giro
di pochi secondi una forte sensazione di piacere ("flash") accompagnata da un’intensa euforia.
Dopo questo effetto, che dura pochi minuti, subentra una seconda fase caratterizzata da calma,
rilassatezza, soddisfazione, e distacco da quanto succede all'esterno.
L'eroina ha anche una potente azione depressiva sul Sistema nervoso e ottunde sia gli stimoli
esterni che quelli interni sgradevoli: il dolore, le angosce e le paure. Agli effetti piacevoli subentrano
tardivamente quelli spiacevoli: agitazione, dolori diffusi, bisogno che a poco a poco diventa
irrefrenabile di assumere un'altra dose. L’assenza della dose provoca la comparsa della crisi di
astinenza Il paziente in questa fase può essere realmente pericoloso per se stesso e per gli altri dal
momento che non mantiene alcun contatto con la realtà.
CRISI D’ASTINENZA:
Sensazione di forte ansia
Sudorazione profusa
Lacrimazione
Insonnia
Vampate di calore alternate a freddo intenso
Crampi e dolori addominali
Nausea e vomito
Diarrea
La COCAINA è una delle droghe da abuso più tossiche. Si presenta sotto forma di polvere bianca
cristallina assorbibile attraverso diverse vie: tramite la mucosa nasale (modalità di consumo più
frequente), attraverso iniezione endovenosa (insieme ad eroina in una miscela chiamata "speed
ball") o, come nel caso del crack, fumata come una sigaretta.
La cocaina può indurre dipendenza psicologica costringendo chi ne fa uso ad aumentare
costantemente le dosi. Inoltre, diversamente da quanto ritenuto precedentemente, si è dimostrato
che l'abuso di cocaina e di crack espone ad una sindrome di astinenza vera e propria durante la
62
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
quale il soggetto manifesta depressione, tremori, dolori muscolari, disturbi dell'appetito e fenomeni
di disinteresse verso il sociale. Il rischio è ovviamente il sovradosaggio o overdose.
Gli effetti della cocaina si ripercuotono sull’intero organismo. Come ogni agente stimolante, la
somministrazione causa uno stato di forte eccitazione che mima lo stato fisiologico di allerta; tutte
le reazioni dipendono dalla liberazione di grandi quantità di adrenalina, un neurotrasmettitore
implicato nelle reazioni di “scatto e fuga”. L’adrenalina agisce principalmente sul Sistema
cardiocircolatorio attivandolo in maniera inappropriata. La conseguenza principale è
rappresentata dalla vasocostrizione coronarica con conseguente IMA.
L'AMFETAMINA è un potente stimolante del SNC utilizzato per anni dagli sportivi come "energetico".
Amfetamina e derivati vengono usati illegalmente per via endovenosa, per ingestione o per via
inalatoria attraverso la mucosa nasale.
Negli ultimi anni, il consumo illegale di amfetamina è andato decrescendo per fare posto a
derivati chimicamente più facili da produrre clandestinamente, tra i quali la metamfetamina che,
al pari del crack rispetto alla cocaina, può essere fumata e possiede un effetto più duraturo e
pronunciato sul SNC.
Gli effetti sull’organismo sono sovrapponibili a quelli già elencati per la cocaina.
L’ECSTASY è una sostanza psicoattiva sintetica con proprietà stimolanti ed allucinogene. Viene
consumata generalmente in pillole, ma può essere anche sniffata o iniettata in vena. Le
manifestazioni cliniche non differiscono da quelle in tabella.
L'ALCOOL è una droga a tutti gli effetti capace di indurre fenomeni di tolleranza e di dipendenza,
psicologica e fisica.
Nei Paesi occidentali la diffusa indulgenza nei confronti di tale abitudine accompagnata alla
legalità dell'alcool stesso hanno condotto ad una accettazione socialmente condivisa dell'uso di
alcool anche quando questo si trasforma in abuso o addirittura in dipendenza. L’alcoolismo
esprime una condizione in cui l'alcool, dopo aver determinato alterazioni funzionali del Sistema
Nervoso Centrale ed un sovvertimento dello stile di vita dell'individuo, è divenuto indispensabile al
mantenimento di un sia pur precario equilibrio psicofisico.
L'alcool è un potente sedativo in grado di indurre una piacevole sensazione di euforia e di
distacco da ansie e paure; genera uno stato tossico generale dell'organismo accompagnato da
una situazione di debilitazione dovuta sia ad un insufficiente apporto alimentare per inappetenza
sia ad una riduzione dell'assorbimento e dell'utilizzazione degli alimenti introdotti. I dannosi effetti di
63
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
tipo cumulativo comprendono una vasta gamma di disturbi a carico dell'apparato digerente e
degli organi funzionalmente legati ad esso come il fegato e il pancreas. L'alcoolismo è una delle
principali cause di incidenti stradali.
Barbiturici, benzodiazepine, antidepressivi ed anticonvulsivanti sono farmaci ad effetto sedativo sul
Sistema Nervoso Centrale; l’assunzione di alcool associata all’autosomministrazione di questi
farmaci induce un importante potenziamento degli effetti sedativi aumentando il rischio di coma e
arresto cardiorespiratorio.
HASHISH e MARIJUANA derivano dalla canapa indiana, pianta originaria del subcontinente indiano e
dell’Asia centro-meridionale. I cannabinoidi possono essere assunti per via inalatoria col fumo
oppure ingeriti. Gli effetti indotti dipendono dalla dose, dalla via di somministrazione, oltre che dal
contesto ambientale e dalle caratteristiche personali del soggetto. I cannabinoidi hanno la
capacità di indurre alterazioni delle percezioni sensoriali anche se generalmente in forma molto
blanda rispetto agli allucinogeni veri e propri. Inducono sensazioni euforizzanti ed lievemente
allucinogene.
I cannabinoidi non provocano alcuna forma di dipendenza fisica, mentre possono determinare
dipendenza psicologica.
I segni ed i sintomi clinici facilmente apprezzabili dopo l’assunzione comprendono: fatuità, occhi
arrossati, incostanza e incoerenza sul piano ideativo, forte disattenzione, facile distraibilità ed
esauribilità nell'esecuzione di compiti mentali e psicofisici relativamente semplici. Difficilmente, se
non associati all’assunzione di altre sostanze (alcool, droghe di altro genere, farmaci depressori del
SNC), determinano una grave compromissione dei parametri vitali e il decesso del paziente.
Anche se poco diffuse in Italia esistono droghe assumibili per via inalatoria detti AGENTI INALANTI:
colle, colori e vernici, cherosene, gas delle bombolette spray, diluenti per vernici, smalti, benzine.
La tipologia del consumatore varia a seconda delle sostanze; inalare colla o solventi è più diffuso
fra bambini e adolescenti soprattutto in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, mentre inalare vernici e
spray è tipico di una popolazione più adulta, ciò anche in relazione alla credenza che tali
vasodilatatori possano prolungare ed intensificare l’orgasmo.
L’effetto e la tossicità di queste sostanze variano ampiamente. Tutti i prodotti suddetti sono
facilmente reperibili, economici e consentiti dalla legge.
L'abuso di sostanze volatili induce effetti simili alle sostanze ipnotico-sedative. Dosi piccole
producono euforia, eccitazione e disturbi del comportamento simili a quelli prodotti dall'alcool.
Dosi elevate danno invece effetti sgradevoli e decisamente pericolosi, con allucinazioni visive e
uditive: agitazione, tremori, confusione, debolezza muscolare, mal di testa, crampi addominali,
irritabilità, nausea e vomito. L'uso cronico può determinare inoltre ulcerazioni del naso e della
bocca, congiuntivite e riniti croniche, forte perdita di peso, affaticamento, perdita di
concentrazione, depressione, letargia, irritabilità, ostilità e paranoia.
Il rischio maggiore associato all'abuso di inalanti rimane la morte improvvisa per inibizione della
respirazione. La tossicità cronica da solventi organici può causare danni irreversibili ai reni, al
fegato, al cuore e ai polmoni. Con l'uso giornaliero è possibile che si instauri la tolleranza; alla
sospensione brusca di queste sostanze si può instaurare una sintomatologia astinenziale simile a
quella che compare negli alcoolisti.
AGENTI CAUSTCI/CORROSIVI
L’intossicazione da sostanze caustiche e corrosive rappresenta una delle più frequenti cause di
incidente domestico. Essi provocano, qualunque sia la via di contatto, danni evidenti e
modificazioni permanenti.
Per inalazione i danni possono variare da una semplice irritazione delle prime vie respiratorie fino
all’edema polmonare, alla polmonite chimica e ad alterazioni strutturali polmonari croniche con
compromissione grave della funzionalità respiratoria. L’assorbimento di alcune sostanze per via
inalatoria o cutanea può inoltre determinare intossicazione sistemica. L’assunzione per via orale
comporta invece danni meccanici al tubo digerente che si ulcera e si sfalda per il contatto diretto
con l’agente caustico e corrosivo.
64
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
La gravità e l’estensione delle lesioni dipendono da:
≡ tipo di agente lesivo,
≡ concentrazione,
≡ quantità ingerita,
≡ tempo di contatto con le mucose.
I principali agenti coinvolti sono: disinfettanti, erbicidi e insetticidi organofosforici, topicidi, canfora
e naftalina, soda caustica, ammoniaca, candeggina, detergenti, detersivi e smacchiatori, prodotti
cosmetici, acido muriatico, antiruggine e anticalcare.
Una volta introdotte nell’organismo, queste sostanze causano una lisi cellulare diffusa e un
disfacimento delle mucose con cui entra in contatto.
INALAZIONE:
→ Allontanare il paziente dalla fonte tossica e portarlo in luogo areato
→ Valutare i parametri vitali – protocollo ABCDE
→ In caso di arresto respiratorio, ricordarsi di utilizzare mascherine; non effettuare la
respirazione bocca a bocca (rischio di intossicazione anche per il soccorritore)
→ Contattare il CAV e portare con sé il flacone incriminato.
INGESTIONE:
→ Evitare di somministrare qualsiasi sostanza per via orale
→ Non stimolare il vomito
→ Valutare i parametri vitali e protocollo ABCDE
→ Contattare il CAV e portare con sé il flacone.
INTOSSICAZIONI ALIMENTARI
L’ingestione di sostanze tossiche o mal conservate causa l’intossicazione alimentare. Le cause sono
da imputare a tossine presenti nel cibo ingerito che scatenano la sintomatologia gastroenterica.
Gli agenti più spesso coinvolti sono i funghi velenosi e le conserve fatte in casa che possono
contenere sostanze tossiche pericolose (ad esempio le tossine botuliniche).
I sintomi colpiscono prevalentemente l’apparato gastroenterico: febbre, spossatezza
generalizzata, nausea e vomito alimentare, dolori addominali crampiformi e diarrea fino ad un
franco quadro di addome acuto. Nel caso di botulismo si associano ai già citati sintomi anche
cefalea, disturbo della parola e di movimento fino alla paralisi respiratoria; la tossina botulinica
infatti agisce sul SNC causando paralisi muscolare.
La terapia è sempre e solo medica; il paziente necessita di un immediato ricovero in ospedale e di
cure specifiche urgenti. In nessun caso è consigliabile somministrare al paziente alimenti, acqua o
farmaci.
65
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Il CO è un gas incolore, inodore, insapore e quindi pericoloso proprio perché se non ci si pensa,
difficilmente ci si accorge della sua presenza. Il CO è in grado, se inspirato anche in piccole
quantità, di legarsi al sangue impedendo il trasporto di ossigeno; il sangue quindi si caricherà di CO
e non porterà più O2 con conseguente ipossia di tutti gli organi.
SINTOMI-SEGNI
Alterazione dello stato di coscienza (anche convulsioni)
Spesso mal di testa, vertigini, nausea e vomito
Assenza di dispnea (il paziente non si accorge di respirare male)
Colorito rosso ciliegia della cute
Assenza di cianosi periferica
Saturazione nella norma!
Arresto cardiorespiratorio
COMPORTAMENTO
Prima di tutto pensarci!
Avvisare VVFF, autoproteggersi e aprire le finestre
In ogni caso rapido allontanamento dalla fonte
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Somministrare ossigeno con mascherina ad alti flussi
Ospedalizzazione rapida
CODICE ROSSO (sempre)
L’intossicazione da CO2 è più semplice da riconoscere rispetto a quella da CO. Anche in questo
caso si tratta di una gas incolore e inodore; è però più pesante dell’aria e per questo si accumula
a terra formando i caratteristici “laghi invisibili” dove la CO2 sostituisce l’ossigeno.
Le sorgenti più comuni sono:
- vasche, cisterne e fosse di depurazione
- silos e contenitori di foraggio
- fumo di incendi
- miniere e cunicoli sotterranei
66
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
SINTOMI-SEGNI
Alterazione dello stato di coscienza (anche convulsioni)
Segni di IRA e ipossia generalizzata
Pallore e cianosi della cute
Saturazione < 95%
Mai scendere in cisterne o entrare in silos senza prima la dovuta bonifica dei Vigili del fuoco.
Il comportamento da tenere sul paziente è quello classico dell’IRA.
67
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
LESIONI DA CALORE
Il calore agisce alterando la superficie e gli strati più profondi della cute; le conseguenze si
manifestano sia per contatto diretto con una sostanza ad alta temperatura sia per semplice
esposizione a fonti calde o in grado di generare un’elevata quantità di calore.
Tratteremo specificatamente le ustioni e il colpo di sole e di calore.
USTIONI
La cute protegge come una barriera l’intero
organismo dall’aggressione di numerosi agenti
esterni: microrganismi patogeni, insetti, ma anche
agenti atmosferici e sostanze tossiche di varia
natura. Inoltre la sua integrità permette di
mantenere costante la temperatura corporea e
di preservare l’equilibrio idrico ed elettrolitico.
Se la pellicola protettiva si altera, l’organismo
resta privo delle sue basilari barriere difensive e
diventa un facile bersaglio per ogni agente
patogeno; oltre a ciò, perde calore e liquidi
andando quindi incontro a ipotermia grave e
disidratazione marcata.
L’ustione è la manifestazione diretta del danno subito dalla superficie cutanea esposta a una fonte
di calore.
L’ustione si verifica quando la pelle viene a contatto con una sostanza lesiva in grado di alterarne
completamente la struttura: fiamme, liquidi caldi e in generale tutte le fonti di calore, sostanze
caustiche e abrasive, agenti chimici e corrente elettrica.
Il grado esprime la profondità degli strati cutanei interessati dalla patologia, mentre l’estensione
indica l’area di superficie corporea ustionata. I criteri di classificazione del grado e le modalità di
calcolo dell’estensione sono esposti di seguito.
68
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
La Regola del Nove permette di calcolare in percentuale la superficie ustionata sull’adulto e sul
bambino assegnando ad ogni parte corporea un valore numerico:
ADULTO
9% per il capo
9% per ciascun arto superiore
18% per ciascun arto inferiore
18% per la parte anteriore del tronco
18% per la parte posteriore del tronco
1% per i genitali
BAMBINO
18% per il capo
9% per ciascun arto superiore
14% per ciascun arto inferiore
18% per la parte anteriore del tronco
18% per la parte posteriore del tronco
1% per i genitali
• Complicate da lesioni del tratto respiratorio, dei tessuti molli e/o delle ossa;
• Ustioni di 2° e 3° grado che coinvolgono il volto, le mani, i piedi, l'inguine e le articolazioni
principali
• Ustioni di 3° grado che interessano più del 10% della superficie corporea
• Ustioni di 2° grado che interessano più del 30% della superficie corporea
• Ustioni di 1°grado che interessano più del 75% della superficie corporea
69
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Il paziente con ustioni estese è da considerarsi a tutti gli effetti un paziente urgente dal momento
che rischia seriamente la vita. L’alterazione della barriera cutanea e degli strati protettivi più
profondi espone l’organismo a seri pericoli:
E’ necessario quindi agire rapidamente ricordandosi prima di tutto di evitare di correre qualsiasi
inutile pericolo:
COLPO DI SOLE
Il nostro organismo mantiene costante la temperatura corporea indipendentemente dalla
temperatura esterna. Se l'ambiente è freddo compare il brivido con cui si produce calore, mentre
quando fa caldo si attiva la sudorazione con cui si disperde l’eccesso di calore. In condizioni
estreme questi sistemi possono non riuscire a mantenere una adeguata temperatura corporea o
addirittura smettere di funzionare; si manifestano allora il colpo di sole e il colpo di calore.
Il colpo di sole si manifesta dopo una lunga esposizione ai raggi solari; esso è causato dall’azione
prolungata dei raggi ultravioletti sulla pelle. Le persone con la pelle chiara e i bambini sono
generalmente più vulnerabili.
L’esposizione protratta e senza protezione del capo ai raggi ultravioletti può portare ad una grave
compromissione cerebrale legata ad una sorta di infiammazione delle meningi.
I sintomi dipendono quindi dalla sofferenza cerebrale diffusa secondaria alla stimolazione
meningea. La patologia può avere un decorso rapido e portare al decesso del paziente.
La gravità del problema dipende da quanto lungo è stato il tempo di esposizione al sole,
dall’estensione della zona colpita e dall’età del paziente. Il colpo di sole può portare a
disidratazione importante, shock ipovolemico, perdita di coscienza e coma.
70
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
COLPO DI CALORE
Il colpo di calore è un disturbo severo causato dalla concomitanza di alta temperatura, elevato
tasso di umidità e mancanza di ventilazione cui l'organismo non riesce ad adattarsi. E’
conseguente ad un’alterazione dei meccanismi di regolazione della temperatura corporea, per
cui l’organismo non riesce più a disperdere il calore in eccesso. Si manifesta tipicamente con:
Cefalea
Spossatezza generale
Alterazione dello stato di coscienza fino al coma
Segni di shock
Dispnea
Come nel colpo di sole, anche in questo caso è necessario innanzitutto allontanare il paziente
dalla fonte principale accompagnandolo in un luogo ombreggiato e ventilato. Il comportamento
risulta pressoché identico a quanto già elencato per il colpo di sole. Il rischio consta nella possibilità
che compaiano segni di shock e coma.
ELETTROCUZIONE
Fondamentale risulta quindi l’autoprotezione prima di qualsiasi soccorso; toccare una persona in
questo stato può voler dire restare folgorati con lei.
71
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
La gravità delle conseguenze dell'elettrocuzione dipende dall'intensità e dalla frequenza della
corrente coinvolta, dalla durata dell’esposizione e dagli organi coinvolti nel percorso. Gli effetti
provocati dall'attraversamento del corpo da parte della corrente elettrica sono elencati di
seguito.
La corrente erogata dall’esterno agisce alterando il fisiologico assetto elettrico alla base della
trasmissione nervosa. Il fascio elettrico si sostituisce al normale “comando” cerebrale causando
un’irregolare e massiva attivazione di tutti gli organi; ciò spiega la rilevazione di una contrazione
generalizzata della muscolatura (anche respiratoria), la presenza di FV per l’alterazione dell’attività
elettrica cardiaca e infine l’esistenza di ustioni estese alla parte attraversata dalla corrente. Lo
stesso avviene nei rari casi di folgorazione, quando cioè il paziente viene colpito da un fulmine.
Come ogni emergenza, va utilizzato il protocollo ABCDE non senza essersi accertati
preventivamente che la scena sia sicura.
72
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
LESIONI DA FREDDO
Il corpo umano è dotato di un sistema, chiamato termoregolazione, in grado di mantenere
costante la temperatura corporea; questo perché il metabolismo animale necessita di
determinate “climi” per ottimizzare le proprie funzioni.
Se la temperatura esterna scende in maniera importante, il calore corporeo viene ceduto più
velocemente di quanto venga generato. Il corpo tenta allora di adattarsi attuando diversi
meccanismi compensatori che vadano a ridurre gli sprechi inutili:
IPOTERMIA O ASSIDERAMENTO
L’ipotermia interessa l’intero organismo e porta ad un compromissione generalizzata e grave degli
equilibri metabolici. L’incapacità dei sistemi di termoregolazione di far fronte all’asimmetria tra
produzione e dispersione di calore dovute all’eccessivo freddo esterno causa un lento affievolirsi
delle attività corporee fino al decesso del paziente.
I meccanismi di compenso già citati vengono immediatamente attivati, ma la rigidità del clima
rende anche questi ultimi insufficienti a garantire la sopravvivenza del malato.
CONGELAMENTO
Per congelamento si intende il raffreddamento di una singola porzione corporea; generalmente
esso si verifica in pazienti senza fissa dimora che nelle stagioni invernali dormono all’esterno.
La patologia interessa solitamente un arto superiore o inferiore e, sebbene con prognosi migliore
dell’ipotermia, può condurre a gravi conseguenze permanenti. La vasocostrizione localizzata e il
conseguente arresto di circolo all’interno del segmento in questione infatti provocano
un’importante ischemia dell’intera regione. Il rischio se non si interviene rapidamente è
rappresentato dalla gangrena, di cui l’amputazione d’urgenza è l’unica soluzione.
INCIDENTI IN ACQUA
L’acqua può rappresentare un pericolo insidioso sia per la persona che necessita di aiuto sia per
chi accorre nel tentativo di prestare soccorso; a meno che non abbiate una preparazione
atletica, è sempre sconsigliabile entrare in acqua. Contattare il 118 e la Guardia Costiera (al
numero 1530) può di per sé concorrere a salvare una vita.
Gli infortuni, frequenti soprattutto nella bella stagione, possono avvenire sia sulla superficie dello
specchio d’acqua sia in profondità. Le conseguenze possono essere:
1. Annegamento
2. Patologie da freddo
3. Patologie da decompressione rapida e embolie polmonari gassose.
L’ANNEGAMENTO si verifica generalmente per la comparsa di sintomi e segni legati alla così detta
“congestione”, conseguente all’ingresso in acqua subito dopo il pasto. E’ buona norma aspettare
almeno 3 ore prima di buttarsi in acqua.
La digestione richiede un grande sforzo metabolico che viene garantito tramite il sequestro di
grosse quantità di sangue da parte degli organi deputati a questo compito. Mettersi a fare
qualsiasi tipo di sforzo è sempre sconsigliato nell’immediata fase post-prandiale dal momento che
non esiste sufficiente “benzina” per supportare due processi impegnativi come la digestione e il
lavoro muscolare. L’esaurimento fisico che coglie il nuotatore dunque è aggravato dai rischi legati
alla possibilità di sincope e arresto respiratorio per inalazione di acqua.
Affaticamento e irrequietezza
Dispnea e inalazione di acqua
Attivazione del riflesso della tosse
Laringospasmo
Perdita di coscienza
Arresto cardiorespiratorio
74
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
EMERGENZE METABOLICHE
Il termine “emergenza metabolica” non indica propriamente una patologia, quanto una
condizione comune a diverse malattie. Con questo termine si indicano tutte quelle patologie che
possono determinare in fase acuta un importante sbilanciamento degli equilibri organici.
Rientrano in questa categoria quasi tutte le malattie che coinvolgono il Sistema endocrino (=gli
ormoni); la più frequente è certamente il diabete.
DIABETE
Il diabete è una malattia cronica che coinvolge il metabolismo dei glucidi (zuccheri).
Nel soggetto sano l’aumento degli zuccheri nel sangue (glicemia = quantità di glucosio nel
sangue) inseguito al pasto stimola il pancreas a produrre e liberare in circolo un particolare
ormone, l’insulina; questa ha il compito di “ordinare” a tutte le cellule (encefalo compreso) di
assumere questi zuccheri dal circolo ematico come fonte di nutrimento.
La sua carenza impedisce la riduzione fisiologica della glicemia e provoca una sorta di digiuno
forzato di tutti gli organi. E’ quanto avviene nella malattia diabetica.
Esistono due tipi di diabete, una forma giovanile che necessita di insulina a vita e una forma senile
per cui sono sufficienti dei farmaci ipoglicemizzanti orali. Entrambi i tipi sono caratterizzati
comunque dalla tendenza all’iperglicemia dovuta alla riduzione di insulina in circolo.
I pazienti diabetici corrono purtroppo molti rischi; se da una parte infatti possono andare incontro a
crisi di iper e ipoglicemia, dall’altra la malattia li predispone alla cardiopatia. L’eccesso cronico di
zuccheri nel sangue provoca l’accumulo di questo materiale in tutti i vasi arteriosi (aterosclerosi)
con conseguente rischio di IMA, TIA, ictus cerebrale, insufficienza renale, aneurisma dell’aorta
addominale, cecità ecc.
Le più frequenti complicanze restano comunque le crisi iperglicemia e ipoglicemica; i principali
segni e sintomi sono in tabella.
IPOGLICEMIA IPERGLICEMIA
Alterazione dello stato di coscienza Alterazione dello stato di coscienza
fino al coma fino al coma
Sudorazione profusa Cute calda e asciutta
Cute fredda, umida e pallida Alito maleodorante
Segni di shock Segni di shock
Sebbene entrambe siano situazioni molto gravi, risulta di gran lunga più pericolosa l’ipoglicemia.
L’encefalo infatti, non ricevendo più la sua unica fonte di sostentamento, comincia rapidamente a
dare segni di cedimento (alterazione dello stato di coscienza, sopore, coma), soffre e infine muore.
Il rischio è quindi una lesione cerebrale diffusa ed irreversibile.
75
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
EMERGENZE INFETTIVE
Le malattie infettive continuano a rappresentare una causa importante di malattia e morte nella
popolazione, come testimoniano anche le nuove emergenze sanitarie quali la SARS, il
bioterrorismo, la “mucca pazza” e l’influenza aviaria.
La SARS ha messo in luce anche in Paesi dotati di servizi sanitari di alto livello, insufficienze e limiti dei
sistemi sanitari nella loro capacità di risposta alle emergenze infettive: per mancanza di
coordinamento tra i diversi servizi, per carenza di sistemi informativi adeguati, per incapacità delle
strutture di laboratorio di rispondere in modo tempestivo ed accurato alle nuove esigenze, per
insufficiente preparazione del sistema a controllare i rischi infettivi associati all’assistenza sanitaria.
Questi limiti sono risultati più evidenti in occasione dell’emergenza SARS, ma limitano di fatto la
capacità dei sistemi sanitari di prevenire e controllare tutte le malattie infettive.
Negli ultimi anni sono state segnalate numerose infezioni sostenute da patogeni prima sconosciuti;
sono riemerse inoltre infezioni considerate oramai sotto controllo. Tra le infezioni emergenti o
riemergenti vi sono la tubercolosi, nuovi ceppi influenzali, l’HIV/AIDS, la malaria e più recentemente
la SARS. Tra i fattori che contribuiscono alla selezione e diffusione delle malattie infettive vi sono la
globalizzazione dei viaggi, la resistenza agli antibiotici, l’aumento del numero di persone
immunocompromesse in seguito a trattamenti chemioterapici o trapianto d’organo). Un ulteriore
possibile pericolo è rappresentato dal bioterrorismo.
SARS
La SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Severa) è una malattia infettiva acuta che interessa
prevalentemente l’apparato respiratorio. Viene anche definita polmonite atipica.
Essa è stata identificata con certezza soltanto a partire dal febbraio 2004 dopo avere fatto la sua
comparsa in focolai epidemici in alcune aree del Sud-Est Asiatico; tali focolai hanno dapprima
coinvolto in modo particolare ambienti ospedalieri ma in seguito hanno riguardato anche altri
settori della popolazione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha confermato che la causa della SARS è un nuovo
tipo di virus che appartiene alla famiglia dei Coronavirus, virus che causa nell’uomo circa il 50% dei
comuni raffreddori.
La trasmissione dell’infezione avviene principalmente mediante contatti stretti o ravvicinati con una
persona ammalata; si parla in questo caso di trasmissione aerogena. La malattia può essere
trasmessa portando a contatto con bocca, occhi e naso, le mani o altri oggetti contaminati di
recente (poche minuti/ore) con goccioline infette.
La polmonite atipica si manifesta generalmente dopo un periodo di incubazione di 2-7 giorni:
Febbre alta
Malessere generale
Tosse secca
Dispnea
Più raramente si possono associare sintomi gastrointestinali
La SARS, pur essendo una malattia respiratoria severa, evolve spontaneamente verso la guarigione
in circa l’80% dei casi, anche senza la necessità di ricorrere a terapie particolarmente impegnative.
In circa il 10-20 % dei casi la malattia assume invece mostra un andamento più grave e richiede
terapie di sostegno impegnative (ossigenoterapia, ventilazione assistita, rianimazione).
La mortalità media per SARS, sulla base dei dati comunicati dall’OMS, è attualmente intorno al 8%
(dato aggiornato al 16 maggio 2004). In persone anziane con età > 60 anni e che presentino altre
malattie di base (malattie croniche dell’apparato cardiocircolatorio o respiratorio, diabete, ecc),
la mortalità per SARS può essere molto più elevata.
Il personale soccorritore non ha e non può avere alcuna preparazione specifica che permetta di
porre diagnosi domiciliare di SARS; di conseguenza non è possibile richiedere un controllo del
paziente direttamente a casa. E’ sufficiente ricordare i principali sintomi della malattia e sapere
che colpisce più frequentemente soggetti che hanno compiuto nelle ultime settimane viaggi in
Paesi a rischio.
76
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
L’autoprotezione resta il cardine del trattamento; indossare e fare indossare al paziente quindi
mascherine e guanti è assolutamente obbligatorio. Il trasporto, previo contatto con la Centrale
Operativa 118, va effettuato in un centro dotato di strutture d’isolamento.
TUBERCOLOSI
La tubercolosi o TBC è una malattia batterica causata da un agente patogeno chiamato
Mycobacterium tuberculosis o bacillo di Koch.
Si tratta di un’infezione molto comune e largamente diffusa in Italia soprattutto in una fascia di età
superiore ai 50 anni. Negli ultimi decenni la diffusione del battere si è ridotta notevolmente tanto
che si è arrivati quasi ad eliminare il rischio di nuova infezione. La recente ondata migratoria che
sta interessando l’Italia come tutta l’Europa ha in realtà portato ad un sensibile aumento
dell’incidenza della malattia.
I germi della Tubercolosi possono penetrare nell'organismo attraverso le mucose (respiratoria, orale,
intestinale) o attraverso la cute, anche se quest’ultima è un'evenienza estremamente rara. Dopo il
contagio il bacillo provoca una reazione infiammatoria nella sede di entrata (più frequentemente il
polmone) che generalmente guarisce con la formazione di una cicatrice. Il decorso e le modalità
evolutive della Tubercolosi sono molto varie in rapporto soprattutto alla reattività e alla sensibilità
dell'ospite verso l'infezione e alla via di contagio e diffusione del microrganismo.
La particolarità di questa infezione è legata all’impossibilità da parte dell’organismo umano di
eliminarlo completamente; il bacillo infatti si protegge dall’azione del Sistema immunitario
producendo attorno a sé una struttura granulomatosa che lo rende di fatto immune ai tentativi di
eliminazione. Caratteristicamente quindi l’infezione si accompagna a sintomi respiratori simil-
influenzali che possono regredire spontaneamente e che allo stesso modo possono riproporsi
ciclicamente.
Il nostro Sistema immunitario riesce ad arginare l’infezione al sito di ingresso del battere; il nodulo
granulomatoso, chiamato complesso primario resta infatti generalmente silente tutta la vita.
La riattivazione della malattia si verifica spesso nel paziente debilitato, denutrito o infetto da altri
patogeni, in cui si riscontra comunque uno stato di immunocompromissione. Il bacillo di Koch può
allora diffondersi con facilità e causare un’importante alterazione multiorganica (respiratoria,
gastrointestinale, urinaria, articolare, ecc).
L’unica terapia è rappresentata dalla somministrazione di antibiotici specifici.
MENINGITE
Con il termine MENINGITE si intende un'infiammazione delle membrane del cervello e del midollo
spinale provocata da diversi agenti patogeni quali batteri, virus, funghi e parassiti; tra questi ultimi
uno dei principali e più pericolosi è il meningococco.
Il meningococco è l'agente patogeno più frequentemente coinvolto nella genesi di meningite nei
Paesi occidentali. Colpisce prevalentemente i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti. Circa il 5-
10% della popolazione è portatore "sano", ossia asintomatico, del batterio, che risiede nel naso o
nella cavità orale. Per motivi ancora sconosciuti la malattia si sviluppa solo in una piccola parte dei
portatori;
ancora oggi il 10% dei pazienti muore a causa della meningite da meningococco.
Le vittime sono in maggior parte neonati, bambini e ragazzi; i sopravvissuti possono rimanere
invalidi a vita.
Allo stato attuale è disponibile un vaccino estremamente efficace contro il meningococco di
gruppo C. In Gran Bretagna grazie ad un programma di vaccinazione su scala nazionale, dal 1999
il numero di casi di malattia da meningococco C tra i bambini e i giovani al di sotto dei 24 anni si è
ridotto del 95%. Questo risultato di grande successo lascia ben sperare e fa auspicare l'utilizzo del
vaccino anche in altri Paesi.
Al suo esordio la meningite batterica può presentare sintomi molto generici simili a quelli di altre
malattie da raffreddamento. Anche per questo, considerando che la maggior parte dei casi di
meningite si verifica nei mesi invernali, si comprende quanto sia difficile diagnosticarla
precocemente.
77
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
I disturbi più comuni sono elencati nelle figure e riassunti nella finestra colorata.
Febbre
Spossatezza generale
Nausea e vomito
Cefalea
Rigor nucale: rigidità del collo
Fotofobia: intolleranza alla luce
Alterazione dello stato di coscienza: dal sopore al coma e alle convulsioni
La meningite può portare a gravi danni neurologici. L’infezione infatti può diffondere dalle meningi
fino al tessuto cerebrale e spinale. A questi danni si aggiungono inoltre le conseguenze legate
all’ipertensione endocranica per la pressione delle meningi infiammate e tumefatte sull’encefalo.
Tra gli effetti più frequenti ci sono i problemi dell'udito; si calcola che circa il 10% dei bambini con
meningite batterica soffra di un certo grado di sordità permanente.
Un'altra delle conseguenze che si verificano a seguito della malattia meningococcica è la cecità
permanente o una menomazione parziale della vista. Le aree del cervello responsabili del senso
della vista rimangono danneggiate dai pericolosi rialzi di pressione che si verificano durante la fase
acuta della malattia.
78
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
La forte pressione e l'infezione che si sviluppano all'interno del cervello possono avere anche altri
effetti a lungo termine. Può insorgere una forma di epilessia postinfettiva, condizione che richiede
un trattamento farmacologico per tutto il resto della vita allo scopo di impedire la crisi acuta.
Si possono verificare inoltre: difficoltà d'apprendimento e disturbi comportamentali direttamente
attribuibili alla malattia meningococcica. Questi effetti sulla normale funzione cerebrale possono
andare da lievi alterazioni del Quoziente Intellettivo e difficoltà di concentrazione fino a gravi
problemi di apprendimento e a improvvise e perfino violente alterazioni dell'umore e del
comportamento. L'entità del danno a lungo termine dipende in massima parte dal grado di
progressione dell'infezione al momento del trattamento.
PEDICULOSI
Per PEDICULOSI si intende il contagio da parte di parassiti chiamati pidocchi. Questi esseri si
localizzano prevalentemente nei peli pubici e a livello della capigliatura e danno un intenso prurito
oltre ad un notevole disagio. L’infestazione colpisce soprattutto le piccole comunità scolastiche e,
nonostante sia credenza comune, non è associata alle scarse condizioni igieniche del paziente. La
malattia, anche se estremamente contagiosa, è assolutamente benigna e si cura associando ad
un semplice farmaco antiparassitario ad uso topico la rasatura della zona colpita e la disinfezione
accurata dei capi d’abbigliamento.
SCABBIA
La scabbia e’ una malattia infettiva altamente contagiosa causata da un microscopico insetto
chiamato acaro (Sarcoptes scabiei); l’acaro è in grado di vivere praticamente in qualsiasi habitat
nutrendosi di frammenti organici quali schegge di pelle, muffe, batteri, ecc. Gli acari sono dunque
onnipresenti nell’ambiente che ci circonda.
La trasmissione interumana avviene inseguito a contatti intimi e prolungati con persone malate,
quali i rapporti sessuali o la stretta convivenza che si verifica nelle scuole, nelle caserme, nei
dormitori ecc.
La scabbia, diversamente da quanto si crede, non è una malattia necessariamente legata
all’igiene personale; tende infatti a manifestarsi in individui di qualsiasi livello sociale, occupazione
e fascia di età.
La scabbia è caratterizzata da un sintomo soggettivo importate: il prurito. Quest’ultimo inizialmente
localizzato in prossimità dei glutei e degli spazi interdigitali, in seguito diviene generalizzato e si
aggrava di notte.
L’eruzione scabbiosa è caratterizzata clinicamente da un elemento patognomonico della
malattia: il cunicolo. Questa particolare lesione corrisponde al percorso (una sorta di nido) scavato
dall’acaro femmina attraverso lo strato corneo dell’epidermide. Sempre a carico della cute del
paziente infetto è frequente il riscontro di tutta una serie di manifestazioni aspecifiche: lesioni da
grattamento, lesioni escoriate e a volta con sovrainfezione batterica e croste. Come nel caso della
pediculosi, la terapia prevede l’utilizzo topico di un farmaco specifico.
In entrambi i casi, al soccorritore si chiede innanzitutto di autoproteggersi evitando qualunque
contatto cutaneo diretto con la persona infetta; indossare quindi tutti i dispositivi presenti sul mezzo
costituisce un obbligo assoluto. Il trasporto va effettuato, previa comunicazione alla Centrale
Operativa 118, in un centro dotato di un’area di isolamento. La sanificazione dell’ambulanza al
termine del trasporto è obbligatoria.
MALATTIE ESANTEMATICHE
Col termine MALATTIE ESANTEMATICHE si indicano diverse patologie accomunate generalmente dalle
manifestazioni cutanee. Si tratta di numerose malattie di origine virale caratteristiche dell’età
prescolare/scolare e comunemente benigne.
→ VARICELLA → SCARLATTINA
→ MORBILLO → QUARTA MALATTIA
→ PAROTITE → QUINTA MALATTIA
→ PERTOSSE → SESTA MALATTIA
→ ROSOLIA
79
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Il contagio avviene tramite contatto diretto con la saliva del paziente infetto o col liquido
contenuto nelle vescicole o ancora tramite le goccioline respiratorie che si liberano durante un
colpo di tosse, uno starnuto o semplicemente parlando a distanza ravvicinata.
La manifestazione cutanea varia da semplici macchioline rosso scuro a vescicole o papule con
diffusione caratteristica della patologia in questione; parotite e pertosse non danno alcun
esantema cutaneo.
La trattazione in questo manuale non si spingerà nell’elencazione dettagliata dei segni e dei
sintomi delle diverse forme virali.
Le malattie esantematiche sono generalmente benigne, ma possono essere associate a gravi
conseguenze soprattutto se il contagio avviene in età adulta o peggio durante la gravidanza. Le
conseguenze più infauste sono rappresentate dai danni neurologici permanenti conseguenti ad
un’encefalite da varicella, morbillo, parotite e pertosse. Nel caso della scarlattina si può invece
andare incontro ad una patologia detta malattia reumatica che colpisce articolazioni, reni e
valvole cardiache. La rosolia infine, se contratta dalla madre durante la gravidanza, colpisce
direttamente il feto causando importanti danni permanenti nel nascituro.
La pratica della vaccinazione rappresenta una delle più grandi conquiste della medicina
moderna. Essa consiste nell'introdurre nell'organismo virus (vivi e attenuati o uccisi o loro
componenti) oppure batteri (interi o loro frammenti) oppure tossine in grado di stimolare il sistema
immunitario a produrre anticorpi specifici. Questi, per effetto della memoria immunitaria, saranno
pronti a difenderci dall'infezione nell'eventualità di una successiva esposizione al microrganismo
verso il quale siamo stati vaccinati. L'immunizzazione tramite vaccinazione si colloca pertanto al
primo posto delle strategie sanitarie del prossimo millennio.
Vaccinarsi dunque non solo conviene, ma è anche un dovere nei confronti della comunità.
Il soccorritore che non abbia già contratto l’infezione durante l’infanzia deve attenersi alle più
rigide norme di autoprotezione.
La SIFILIDE è causata da un batterio chiamato Treponema pallidum il cui contagio avviene per
contatto con le mucose infette.
In principio la malattia si manifesta con una lesione tipica, chiamata sifiloma, caratterizzata da una
piccola ulcera dolorosa localizzata ai genitali (fase primaria). La patologia può regredire
spontaneamente e ripresentarsi, generalmente 2-6 mesi più tardi, con un’eruzione cutanea diffusa
associata a sintomi generici quali febbre, cefalea e dolori muscolari (fase secondaria). Il 50% dei
malati va incontro successivamente ad una rapida e gravissima diffusione del batterio a encefalo,
cuore e sangue (fase terziaria) cui fa seguito il decesso del paziente.
Al giorno d’oggi grazie all’utilizzo di antibiotici specifici e alle campagne di prevenzione, la sifilide
non rappresenta più un pericolo per i Paesi industrializzati.
La GONORREA è un’infezione batterica che colpisce prevalentemente gli organi riproduttivi maschili
e femminili; anche in questo caso, il contagio avviene per contatto.
Trai sintomi e i segni principali, ricordiamo:
→ Bruciore alla minzione
→ Prurito nell’area infetta
→ Fuoriuscita di pus dai genitali
80
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Il rischio in caso di gonorrea è legato alla possibilità di diffusione interna agli organi addominali
(tube, utero, vescica, peritoneo) con conseguente danno multiorganico anche irreversibile; inoltre
può essere contratta dal feto al momento del parto (al passaggio attraverso il canale vaginale).
Trattata per tempo con antibiotici specifici la malattia può essere tranquillamente curata.
Le infezioni virali genitali sono spesso causate dall’ HERPES SIMPLEX, lo stesso coinvolto nella genesi
della meglio nota “febbre sul labbro”. Il contagio avviene per semplice contatto con secrezioni
organiche infette.
La lesione virale si manifesta con piccole vescicole dolorose e pruriginose, dapprima umide poi
secche, localizzate sugli organi genitali o in zone limitrofe. Si tratta di lesioni generalmente benigne;
l’infezione è caratterizzata però dall’estrema “resistenza” del virus al tentativo di eliminazione da
parte del nostro Sistema Immunitario. Il virus infatti tende a recidivare, ripresentandosi cioè dopo un
periodo di tempo variabile. Ciò è legato alla sua capacità di “nascondersi” nei gangli nervosi, da
cui periodicamente riemerge.
Per ora non sono disponibili farmaci in grado di debellare completamente il virus; i farmaci in
commercio ne riducono comunque i sintomi e diminuiscono la frequenza e l’intensità delle
recidive. Il controllo del partner è obbligatorio.
Se la malattia colpisce la donna in gravidanza, può mettere in pericolo il feto ed anche il neonato
qualora durante il parto naturale si verifichi il contatto tra bimbo e lesioni infette della madre.
Le EPATITI VIRALI raggruppano diverse infezioni che colpiscono il fegato ma che, pur avendo quadri
clinici simili, differiscono dal punto di vista epidemiologico ed immuno-patogenetico.
Ad oggi sono noti 5 tipi di epatite determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori: epatite A,
epatite B, epatite C, epatite D (Delta), epatite E. In circa il 10-20% dei casi tuttavia l’agente
responsabile dell’epatite resta ignoto.
La pericolosità di alcune forme di epatite è legata in larga parte alla tendenza alla cronicizzazione;
in altre parole la malattia non viene debellata, ma progredisce col trascorrere del tempo (anni)
fino a portare a gravi forme di insufficienza epatica (cirrosi) o alla formazione di forme tumorali
epatiche.
81
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Le origini del virus dell'AIDS non sono chiare; gli studi sembrano riscontrarne la presenza in Africa
intorno agli anni 70.
Il quadro clinico della malattia viene descritto per la prima volta negli USA soltanto nel 1981 ed
evidenziato in Italia nel 1983. Per un accordo internazionale il virus dell'AIDS viene chiamato HIV o
Human Immunodeficiency Virus.
La parola AIDS significa "Sindrome da Immunodeficienza acquisita"; sindrome perché si presenta
come un insieme di patologie correlate a un'unica causa, immunodeficienza perché il virus agisce
minando le capacità del nostro Sistema Immunitario di difendersi dagli agenti esterni, e acquisita
perché la si contrae per contagio.
Il virus penetra nell'organismo per via parenterale ovvero tramite il passaggio di sangue da malato
a sano:
≡ Per via ematica trasfusioni di sangue o emoderivati, scambio di siringhe e aghi
infetti
≡ Per via sessuale tutti i rapporti sessuali non protetti, nella coppia etero o omo,
soprattutto con partner occasionali sono a rischio di
contagio; inoltre la trasmissione può avvenire tramite
secrezioni vaginali e sperma.
≡ Per via verticale da madre infetta a figlio durante la gravidanza, il parto o
l’allattamento al esno.
NON si trasmette tramite sudore, lacrime, urine, feci e saliva anche se il virus del HIV è
contenuto in tali liquidi biologici, ma non in concentrazione sufficiente per essere
contagioso e a meno che non esistano lesioni orali o gengivali con conseguente perdita di
sangue. Pertanto non esiste possibilità di contagio attraverso bicchieri, tazze, stoviglie e
posate, biancheria, anche intima.
Una volta contratto, il virus agisce limitando progressivamente le difese immunitarie e portando
quindi il malato ad una condizione di estrema fragilità nei confronti di qualsiasi agente esterno,
compresi quei microrganismi normalmente non patogeni per l’uomo.
Con il termine sieropositività si indica la presenza nel sangue del paziente infetto di anticorpi contro
il virus del HIV. Gli anticorpi sono delle molecole prodotte dal nostro sistema di difesa allo scopo di
distruggere ciò che può essere dannoso; purtroppo nel caso del HIV gli anticorpi non sono
sufficienti a debellare la malattia dal momento che la rapida moltiplicazione del virus all'interno
dell'organismo ne altera la funzione difensiva. Quando il Sistema Immunitario diventa troppo
debole, iniziano a svilupparsi infezioni e/o forme tumorali, particolari perché generalmente di
difficile osservazione nella persona sana e non immunodepressa: allora e solo allora il paziente da
sieropositivo diventa malato di AIDS.
Il sieropositivo infatti non è malato di AIDS e non necessariamente si ammalerà in futuro; egli è solo
portatore asintomatico. L’assenza di sintomi e segni specifici nelle fasi iniziali della malattia da una
parte impedisce al paziente l’accesso precoce alle terapie, dall’altra rende il portatore
inconsapevole della sua condizione e di conseguenza una possibile fonte di contagio.
82
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
- FASE III Fase sintomatica o AIDS conclamato: durante la quale i pazienti cominciano
a manifestare malattie opportunistiche, secondarie all'immunodepressione.
Il complesso correlato all'AIDS comporta: febbre, diarrea cronica, calo ponderale >10% del peso
corporeo e infezioni opportunistiche di varia natura, quali infezioni fungine e erpetiche, polmoniti
batteriche, infezioni del tessuto cerebrale e da neoplasie (sarcoma di Kaposi).
La caratteristica principale del virus HIV è che non è in grado di riprodursi autonomamente;
necessita infatti di una cellula ospite di cui sfrutta l'apparato riproduttivo. L'obiettivo delle attuali
terapie contro il virus HIV è di impedire la sua moltiplicazione all'interno delle cellule. Per
raggiungere questo risultato si utilizzano farmaci che bloccano la replicazione del virus agendo su
enzimi cellulari che sono indispensabili alla replicazione stessa; purtroppo ad oggi nessuno dei
farmaci antiretrovirali finora sperimentati è in grado di assicurare la guarigione, nonostante la
terapia migliori notevolmente la qualità e la prospettiva di vita dei malati.
La migliore terapia è rappresentata dunque dalla prevenzione degli atteggiamenti a rischio, dalla
diffusione di una cultura socio-sanitaria su larga scala, dal semplice accesso all’utilizzo dei farmaci
specifici anche da parte di categorie deboli e dall’utilizzo del preservativo come mezzo di barriera.
MORSO DI ANIMALE
Il morso di un animale non comporta generalmente alcuna conseguenza tranne la ferita stessa
sulla superficie cutanea. Esistono però eccezioni a questa regola.
In qualsiasi tipo di soccorso, la prima fase prevede sempre la valutazione dei parametri vitali
seguendo il già citato protocollo ABCDE.
Nel caso di morsi di animale, è necessario prima di tutto valutare l’estensione e la profondità della
ferita stessa dal momento che le principali complicanze sono rappresentate proprio da infezioni ed
emorragie.
Gli insetti della famiglia degli imenotteri (ape, calabrone, vespa) hanno un pungiglione attraverso
cui iniettano nella pelle un veleno che solitamente provoca esclusivamente problemi locali.
Tuttavia, in soggetti allergici, si possono avere reazioni anche molto gravi.
Nella sede della puntura si forma immediatamente una chiazza gonfia, rossa e dolente. Il dolore in
genere scompare entro 2 ore, mentre il gonfiore può aumentare ancora per 24 ore.
Se le punture sono numerose (soprattutto se dovute a calabrone), si possono avere sintomi
generali, quali vomito, diarrea, mal di testa e febbre legati alle grandi quantità di veleno inoculato.
Punture localizzate alla lingua e alla bocca in genere possono provocare problemi di
respirazione conseguenti al gonfiore della parte lesa che ostacola il flusso di aria in ingresso. Infine,
in soggetti ipersensibili, si possono avere sintomi di allergia fino allo shock anafilattico. In questi casi
comunque è necessario, dopo la consueta valutazione dei parametri vitali, lavare la ferita ed
effettuare una medicazione semplice. L’ospedalizzazione è necessaria ogni qual volta si presentino
segni e sintomi di una compromissione estesa e di shock.
83
Cap 5 – Emergenze ambientali, metaboliche ed infettive
Più grave risulta invece la morsicatura di un serpente velenoso:
primo fra tutti la vipera.
La vipera europea è un serpente lungo circa un metro, di colore
grigio-marrone, talora rossastro o giallastro, con una striscia a zig-
zag sul dorso. La testa è triangolare ed è più larga del corpo. E'
presente pressocchè in tutta Italia, sia in pianura che in media
montagna; in inverno va in letargo, per risvegliarsi in primavera. Il
suo habitat ideale sono le pietraie, i cumuli di sterpi, l'erba alta,
soprattutto delle zone esposte al sole e nelle giornate di sole
caldo che seguono un periodo di pioggia. Non attacca mai se
non viene disturbata, in genere accidentalmente perchè pestata o perchè si sente minacciata da
una mano incautamente appoggiata su di un sasso vicino.
Il morso di vipera non è quasi mai mortale per un adulto o per un bambino di età superiore a 6-8
anni; il bambino piccolo, invece, può subire conseguenze gravi, anche mortali. La gravità dipende
dalla quantità di veleno iniettato (minore se la vipera ha da poco morso un altro animale) e dalla
sede del morso (più pericolosi i morsi al collo o alla testa, meno quelli agli arti inferiori).
In caso di morso di vipera, sulla pelle sono ben evidenti due forellini distanziati di circa 6-8 mm, da
cui fuoriesce sangue misto a siero, circondati da un alone rosso.
Ben presto, la zona colpita diviene bluastra, molto gonfia e dolente.
Se la quantità di veleno iniettata col morso è notevole, possono comparire altri sintomi:
→ Non incidete la ferita nè succhiate o aspirate il sangue: il veleno entra in circolo per via
linfatica e solo in piccolissima parte col sangue; inoltre, rischiereste a vostra volta
l'avvelenamento per l'entrata in circolo del veleno attraverso lesioni anche piccole della
mucosa della bocca!
→ Non somministrate il siero antivipera: si stima che in Europa muoiano più persone per la
scorretta somministrazione del siero che per il morso di vipera!
→ Non date da bere nulla
→ Non fate camminare il paziente che è stato morso: ciò favorirebbe l'entrata in circolo del
veleno
84
6
Apparato digerente e
genitourinario
- Anatomia
- Fisiologia
- Patologie
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
ANATOMIA E FISIOLOGIA
86
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
La bocca è la porta di ingresso del cibo; qui il materiale subisce una prima frammentazione
mediante la secrezione salivare e la masticazione dentaria. Il bolo così formato viene spinto dalla
lingua prima nella faringe, quindi nella laringe (vie comuni all’apparato respiratorio) e infine
nell’esofago. L’esofago è un condotto semi-muscolare che si trova dietro la trachea; grazie
all’azione dell’epiglottide (una membrana che chiude la trachea ad ogni deglutizione) il cibo
viene immesso nell’esofago e non nelle vie aeree inferiori. Dall’esofago il bolo giunge nello
stomaco che rimescola gli alimenti e che svolge una funzione di deposito temporaneo. E’
nell’intestino tenue e crasso che avviene la vera fase di microframmentazione e di assorbimento
delle particelle solide e dei liquidi, grazie all’aiuto delle secrezioni digerenti prodotte da fegato e
pancreas; ciò che resta non serve e viene quindi espulso con le feci.
L’apparato riproduttivo e urinario sono spesso associati in un unico sistema complesso. Gli organi
che ne fanno parte infatti nell’uomo interagiscono fra loro svolgendo mansioni dell’uno o dell’altro
apparato. Nella donne invece i due sistemi sono distinti.
Il compito dell’apparato urinario consiste nel depurare il sangue dalle scorie metaboliche e
nell’eliminazione delle stesse attraverso la produzione di urina.
Il sistema riproduttivo si trova nella pelvi adagiato sulle ossa del bacino.
Nell’uomo l’apparato riproduttivo è formato da:
87
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
L’apparato riproduttivo femminile comprende invece:
Per quanto riguarda la sfera femminile, un segno più chiaro è la perdita di sangue dalla vagina
(metrorragia), segno che va comunque distinto dal normale ciclo mestruale. Tratteremo più
approfonditamente la questione nel capitolo sulle emergenze osterico-ginecologiche.
Tutte queste comunque si manifestano con i soliti sintomi e segni di shock e di addome acuto.
Riconoscerli quindi è più importante che incaponirsi sulla diagnosi.
88
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
L’ESAME DELL’ADDOME
L’esame obiettivo si prefigge lo scopo di individuare la fonte patogena attraverso la raccolta dei
sintomi, l’ispezione, l’auscultazione e la palpazione. Come abbiamo già visto in precedenza, il
sintomo “dolore” risulta di fondamentale importanza per risalire alla sede sofferente; purtroppo
questa regola non è valida per la regione addominale.
L’esame obiettivo in questo caso mostra infatti una particolare complessità legata alla singolare
innervazione dolorifica che rende molto difficoltoso risalire all’organo malato; se è vero che una
terminazione nervosa raggiunge generalmente un solo organo (e di conseguenza il tipo di dolore e
la sua sede potranno facilmente ricondurre alla fonte), nell’addome un filamento può sfioccarsi su
più visceri e determinare quindi un dolore diffuso che mal correla con la sede algogena. Per tali
motivi la trattazione in questo manuale sarà rapida e limitata.
ISPEZIONE DELL’ADDOME
La tappa primaria di qualsiasi valutazione medica deve sempre essere l’osservazione complessiva
del malato. La postura, l’espressione del volto, la colorazione della cute e l’ispezione diretta
dell’addome possono infatti indirizzare verso una determinata patologia.
PALPAZIONE SUPERFICIALE
Dal momento che l’addome non è un involucro rigido, palpandolo si possono tastare molti degli
organi che contiene determinandone quindi forma e dimensioni. Al soccorritore interessa verificare
la rigidità della parete addominale e individuare il punto dolente; tutte le restanti valutazioni sono
di pertinenza strettamente chirurgica. E’ sempre sconsigliabile palpare l’addome di una donna
incinta, primo perché non saremmo in grado di desumerne alcuna informazione e secondo
perché non abbiamo alcuna preparazione ad hoc.
→ Paziente supino
→ Scoprire l’addome
→ Palpare col palmo aperto delicatamente
89
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
PATOLOGIE DELL’ADDOME
Le malattie gastro-intestinali, anche se raramente mortali, sono spesso molto difficili da
diagnosticare perfino per un bravo medico. I sintomi e i segni sono infatti quasi tutti uguali e non
permettono quindi di distinguere l’origine del dolore.
Ci soffermeremo sull’addome acuto, sulle emorragie gastro-intestinali e sulle emergenze ostetrico-
ginecologiche.
ADDOME ACUTO
Col termine addome acuto si indica una condizione patologica caratterizzata dal coinvolgimento
del peritoneo; l’interessamento di questa membrana indica che la malattia si è estesa a tutti gli
organi addominali con conseguente rischio di decesso per il paziente.
L’addome acuto dunque non è di per sé una patologia; più che altro rappresenta l’espressione
clinica di più patologie accomunate dal coinvolgimento peritoneale.
Quasi tutte le malattie che colpiscono l’addome possono, una volta che si diffondono, portare ad
un quadro di addome acuto. Le principali sono:
Tutte queste malattie si manifestano con generici segni e sintomi di shock, senza però alcuna
caratteristica particolare che permetta a un soccorritore di distinguerne l’origine precisa.
A prescindere dalla causa che lo ha scatenato l’addome acuto si manifesta sempre con un
dolore addominale sospetto.
SEGNI E SINTOMI
Segni e sintomi di shock
Malessere generale e spossatezza
Dolore addominale: sordo – mal localizzato – che costringe il paziente ad
accovacciarsi flettendo le gambe sull’addome
Addome teso alla palpazione e fortemente reattivo (il paziente reagisce
alla pressione digitale con grande sofferenza)
L’addome acuto va sempre trattato come un’emergenza non differibile proprio perché
rappresenta la manifestazione di patologie gravi . La rilevazione di segni di shock deve indurci
comunque a velocizzare il trasporto in ospedale.
La rottura di un aneurisma dell’aorta addominale rappresenta senz’altro il caso più grave perchè
rapidamente evolutivo.
90
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
L’aorta è una grossa arteria (di quasi 3 centimetri di diametro) che origina
dal ventricolo sinistro e che trasporta il sangue ossigenato in tutto
l’organismo. Essa percorre tutto il nostro corpo dal torace all’addome,
dove si biforca per scendere negli arti inferiori.
Quando la sua parete perde elasticità e robustezza, tende a dilatarsi
formando una sacca chiamata aneurisma. Tutti i pazienti con
ipertensione arteriosa, diabete mellito e in generale problemi alla
circolazione possono soffrire di aneurisma dell’aorta addominale (AAA).
La parete dell’aorta, nel punto in cui si dilata, è più fragile e alla lunga
può fissurarsi o addirittura rompersi completamente dando origine ad
un’emorragia tale da essere mortale. Un’emorragia del genere va
dunque trattata in un tempo brevissimo.
I sintomi e i segni, oltre a quelli già citati di shock emorragico, si possono
dedurre facilmente:
SEGNI E SINTOMI
Alterazione dello stato di coscienza fino al coma
Ipotensione arteriosa e tachicardia segni di shock
Dispnea e tachipnea
Sudorazione fredda
Arti inferiori: freddi – pallidi o cianotici – dolenti – assenza dei polsi periferici
(femorale, popliteo e pedidio)
In caso di shock quindi, la presenza di arti inferiori freddi, cianotici e in cui è impossibile sentire i polsi
arteriosi periferici deve farci sospettare un aneurisma dell’aorta addominale in rottura e di
conseguenza indurci a una rapidissima ospedalizzazione.
Il comportamento è lo stesso di tutti gli stati di grave shock. Il codice è sempre ROSSO.
Purtroppo un paziente con AAA rotto ha scarsissime possibilità di arrivare vivo in ospedale vista la
quantità di sangue che rapidamente perde. In caso di fissurazione invece, le chance di salvezza
sono legate alla velocità con cui il malato arriva in sala operatoria.
91
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
Questi tre sintomi si manifestano molto frequentemente nelle patologie più comuni dell’apparato
urinario; riconoscerle significa spesso poter azzardare una diagnosi.
Colica renale è causata dalla presenza di uno stop al naturale sbocco dell’urina dal rene alla
vescica; tale impedimento è spesso rappresentato da un calcolo, ovvero un “sassolino” di
materiale che si deposita dove non dovrebbe. La sensazione dolorifica in questo caso è molto
violenta e i motivi sono correlati alla continua contrazione della muscolatura dell’uretere nel
tentativo di spingere in vescica l’oggetto che ostruisce.
Il paziente riferirà quindi un intenso dolore al fianco, che si irradia anteriormente e verso
l’inguine e che tende ad aumentare e ridursi come una morsa; a questo si aggiungono dolore
alla minzione (disuria), sensazione di dover continuamente urinare (pollachiuria) e a volte
saranno presenti anche tracce di sangue nelle urine (ematuria); il paziente è tipicamente
molto agitato e in continuo movimento alla ricerca di una posizione che alleggerisca il suo
dolore (posizione antalgica). L’assenza di una posizione antalgica associata ai sintomi riferiti dal
paziente consentono di azzardare una diagnosi. La colica renale può risolversi
spontaneamente se il nostro organismo riesce alla fine ad espellere il calcolo; in ogni caso non
compromette mai i parametri vitali e non rappresenta quindi un’emergenza.
Infezioni delle vie urinarie si tratta di infezioni spesso batteriche assolutamente benigne. La
forma più frequente è la cistite che si manifesta tipicamente nelle donne (per motivi
anatomici). La sintomatologia è caratterizzata da disuria o stranguria, pollachiuria, a volte lieve
ematuria, febbre e malessere generale. Manca il caratteristico dolore della colica renale.
Anche in questo caso non esiste motivo di urgenza.
Tumori come per tutti gli altri organi, anche quelli dell’apparato urinario possono essere colpiti
dalla patologia tumorale. Le forme neoplastiche sono tante e della più varia natura; è quindi
superfluo trattarle in questo testo. L’emergenza in questi casi è correlata all’eventualità di una
massa addominale che causa un addome acuto da occlusione intestinale o di un importante
sanguinamento. Il comportamento da tenere in questi casi non presenta comunque variazioni
rispetto a tutte le altre forme di urgenza.
Insufficienza renale l’incapacità acuta o cronica del rene a svolgere le sue funzioni depurative
può essere causa di grossi problemi. Le cause che portano all’insufficienza renale sono
moltissime e spaziano a 360° (legate a ipovolemia/ipotensione prolungate per lo più, ma
anche infettive, tossiche, neoplastiche, congenite, ecc.). La perdita totale della depurazione
renale costringe il paziente alla dialisi. L’insufficienza renale acuta può condurre al coma
(come uremico) per accumulo di metabolici tossici non più eliminati con le urine.
92
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
EMORRAGIE
Si classificano in:
≡ ARTERIOSE il sangue esce a zampillo seguendo le contrazioni del cuore
≡ VENOSE esce a macchia d’olio e in modo continuo
≡ MISTE emorragie di sangue arterioso e venoso insieme
EMATEMESI Sangue rosso vivo o scuro emesso dalla bocca e proveniente dal
primo tratto dell’apparato digerente (esofago, stomaco e duodeno).
1. Le patologie che più comunemente danno un’ emorragia di colore rosso vivo dalla
bocca sono la perforazione di un’ulcera gastrica o duodenale e la rottura di varici
esofagee; quest’ultima è legata alla fragilità delle arterie dell’esofago dovuta alla
presenza di una grave malattia del fegato (ad es. cirrosi). La perdita acuta di
sangue può essere molto abbondante e va quindi trattata come un’emergenza.
2. La presenza di sangue scuro (chiamato “vomito caffeano” perché assomiglia ai
fondi di caffè) invece indica un’emorragia cronica, ovvero la perdita goccia a
goccia di piccole quantità di sangue da un punto non specificato dell’apparato
digerente. Proprio perché si tratta di un’emorragia lenta, il sangue assume una
colorazione quasi nera dovuta alla sua digestione (processo che richiede tempo e
che quindi è impossibile per un’emorragia acuta).
MELENA Sangue scuro digerito misto a feci emesso dal retto e proveniente
dall’ultimo tratto dell’apparato digerente (intestino tenue e crasso).
Anche in questo caso si tratta di un’emorragia cronica e tanto lenta
da permettere la digestione del sangue perso. Spesse volte
ematemesi e melena si manifestano insieme.
EMOTTISI-EMOFTOE Sangue rosso vivo emesso dopo un colpo di tosse proveniente dai
polmoni. Infezioni (tipica è la tubercolosi), tumori e traumi toracici
(con PNX) possono causare quest’emorragia polmonare.
93
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
L’utilizzo di cinghie e lacci (o cravatte, cinture e stringhe) va limitato ai casi di emorragia arteriosa
massiva. Ricordatevi di allentare la stretta ogni 15 minuti (per 2 min circa) per permettere
l’ossigenazione cellulare.
In
94
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
PATOLOGIE GINECOLOGICHE
Per la sua posizione intra-addominale, le malattie ginecologiche danno sintomi e segni spesso
aspecifici del tutto simili a patologie di altri organi: dolore addominale, nausea e vomito.
Un segno più chiaro è la perdita di sangue dalla vagina (METRORRAGIA), segno che va comunque
distinto dal normale ciclo mestruale. L’emorragia vaginale o uterina può essere causata da una
serie infinita di patologie; elencarle non ha molto senso, è sufficiente ricordare le principali:
gravidanza extra-uterina, minaccia di aborto, rottura di utero o di ovaia.
Tutte queste comunque si manifestano con i soliti sintomi e segni di shock e di addome acuto.
Riconoscerli quindi è più importante che incaponirsi sulla diagnosi.
GRAVIDANZA E PARTO
LA GRAVIDANZA E IL TRAVAGLIO
Il bambino in fase di sviluppo cresce in un organo materno dotato di spessa parete muscolare
chiamato utero e prende il nome di feto. Al termine del periodo di gravidanza, l'utero inizia a
contrarsi e a dilatarsi a livello della cervice, per consentire al prodotto del concepimento di
fuoriuscire mediante l'attraversamento della vagina o canale del parto.
Nel corso della gravidanza, parallelamente al feto, si sviluppa un organo formato sia da tessuti
materni che fetali, la placenta, che consente gli scambi metabolici e dell'ossigeno tra sangue
materno e quello fetale.
Il sangue materno non circola attraverso il corpo del feto, che ha un proprio sistema circolatorio: il
sangue fetale attraversa la placenta, viene a contatto con il sangue materno, effettua gli scambi
e torna al feto tramite i vasi contenuti nel cordone ombelicale.
95
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
La gravidanza a termine ha durata di 9 mesi; per la precisione l’unità di misura è la settimana e il
termine è compreso tra 37 e 40 settimane e viene conteggiata a partire dal primo giorno dopo
l'ultima mestruazione.
PRIMO TRIMESTRE
E’ la fase più delicata, si gettano infatti le fondamenta di tutti gli organi vitali. Inoltre durante
questa prima fase avviene l’impianto dell’embrione alle pareti dell’utero; di conseguenza
traumi e urti possono provocare il distacco della cellula e l’aborto.
SECONDO TRIMESTRE:
Viene completata la messa a punto di molti organi; l’ultimo ad entrare in funzione è il
polmone.
TERZO TRIMESTRE:
E’ la fase finale dell’assemblaggio; il feto cambia posizione (si mette a testa in giù) in
preparazione al parto.
Una volta giunto il termine di gravidanza, il corpo della donna si appresta a espellere il feto ed
entra in travaglio. Per travaglio si intende un periodo più o meno lungo (da un paio di ore a una
giornata intera) durante il quale il collo dell’utero comincia a dilatarsi per permettere il passaggio
della testa del feto; in genere dura una decina di ore in caso di primo figlio, mentre può essere
brevissimo al secondo. La così detta “rottura delle acque” indica la lacerazione del sacco
amniotico e la fuoriuscita del liquido che protegge il nascituro dagli urti; il bimbo è pronto ad
uscire.
Le doglie sono causate dalle contrazioni uterine, e sono descritte come un dolore nella parte
bassa della schiena. Con il proseguire del travaglio, il dolore diventa più percepibile e localizzato
nell'addome inferiore.
96
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
IL PARTO A DOMICILIO
La cosa più importante da valutare, è accertare se il parto sia realmente imminente o se vi sia
ancora un certo tempo a disposizione.
Raccogliere tutte le informazioni utili al fine di capire di quanto tempo si ha a disposizione prima
della fase espulsiva :
Il liquido amniotico è generalmente chiaro (color acqua di roccia): un liquido verdastro o giallo-
marrone (liquido tinto di meconio) può indicare sofferenza respiratoria fetale durante il travaglio
Se questa prima indagine ha evidenziato che siamo nelle strette vicinanze del parto (contrazioni
con frequenza di 2 minuti o inferiore, testa del bambino visibile all’ispezione o dilatazione di circa 9-
10 cm e irrefrenabile senso di spingere), NON si deve procedere al trasporto della paziente ma
dobbiamo prepararci perché il bimbo nascerà in casa. In verità il compito di medici, infermieri e
soccorritori si esaurisce nella sola assistenza al parto; se non avvengono complicanze infatti la
natura è perfettamente in grado di cavarsela da sola.
L’ambulanza è dotata di un particolare kit per il parto d’urgenza perché utto il materiale da
utilizzare in questo frangente deve essere sterile per evitare la contaminazione batterica del
neonato (il bimbo infatti non possiede ancora anticorpi).
Questo kit contiene :
COMPORTAMENTO
mantenere la calma
Osservare l'ambiente circostante, cercando di ottenere la maggior riservatezza possibile
per la madre
posizionare la paziente supina sul letto a gambe divaricate (meglio con il fianco dx
leggermente sollevato -> posizione ginecologica)
Indossare gli indumenti chirurgici protettivi (guanti, camice, cappellino, visiera)
preparare il kit del materiale necessario
Fate in modo che ci sia sempre qualcuno alla testa della madre, per fornire supporto emotivo, ma
soprattutto per monitorare i parametri vitali
97
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
1 3
2
4 5
FIGURA 1 la contrazione uterina spinge il feto verso l’esterno; la prima parte che
compare è la testa del piccolo. Questa è effettivamente la porzione più
grossa dell’intero corpo del feto. Una volta uscita la testa quindi il resto non
dovrebbe creare problemi.
- Sostenere la testa del neonato delicatamente
- Mai tirare a sé il corpo del feto per aiutarne l’espulsione
98
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
Ricordarsi sempre di chiudere il cordone ombelicale come prima manovra (entro 1-2 min dalla
nascita). Durante tutto il tempo che trascorre tra la nascita e il clampaggio del cordone infatti il
sangue fetale passa nel corpo materno; ogni istante trascorso equivale quindi a una certa
quantità di sangue fetale perso.
Il clampaggio prevede l’utilizzo di due pinze klemmer : posizionare prima la pinza in prossimità del
feto (circa 15 cm) e secondariamente quella vicino al corpo materno (a circa 15 cm dall’altra);
non strizzare mai il cordone in direzione del feto,ma in direzione della madre; questo perché al
momento del taglio in ospedale non ci siano schizzi di sangue.
I motivi sono in realtà solamente burocratici (chi taglia il cordone è infatti per legge la persona che
deve fare la denuncia di nascita all’anagrafe)
Il neonato va ora coperto con cura per evitare la disidratazione e l’abbassamento della
temperatura corporea e dato alla madre.
NON è opportuno lavare il neonato, in quanto è preferibile che mantenga lo strato di vernice
caseosa protettivo fino al suo arrivo in ospedale.
Ricorda di annotare, ai fini legali, la data e l’ora della nascita, quando cioè il bambino è stato
espulso completamente.
Il neonato va adagiato su un fianco, con la testa posizionata leggermente più in basso rispetto al
corpo: in questo modo viene favorito il drenaggio delle secrezioni dalla bocca e dal naso.
La vitalità del bambino viene valutata uno e cinque minuti dopo la nascita mediante una scala di
valutazione detta Indice di Apgar che, valutando cinque segni clinici ed attribuendo ad essi un
punteggio da 0 a 2, consente sommando i vari punteggi di collocare il neonato in tre diverse
fasce.
0 1 2
ASPETTO Cianotico o Rosa o colore tipico del Rosa o colore tipico del
Colore della pelle pallido neonato (mani e piedi blu) neonato in tutto il corpo
PULSAZIONI
Assente Inferiore a 100 battiti/minuto Superiore a 100 battiti/min
Frequenza cardiaca
99
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
"FASCE" di vitalità:
• Tra 0 a 3 indica una sofferenza grave, che può necessitare del supporto PBLS o ACLS
• Tra 4 e 6 indica una sofferenza moderata
• Tra 7 e 10 indica una sofferenza molto lieve o assente
La maggior parte dei neonati presenta un punteggio compreso fra 7 e 9 alla valutazione del primo
minuto, e tra 8 e 10 alla seconda ai cinque minuti.
Qualunque neonato che dopo cinque minuti presenti un punteggio uguale o inferiore a sette,
dovrà essere rivalutato anche ai dieci minuti.
Trasporto in ospedale
E’ obbligatorio comunque controllare i parametri vitali della madre e del neonato prima di
muoversi.
Il trasporto deve essere effettuato con cautela; il neonato infatti è ancora legato alla madre dal
cordone ombelicale. Se i parametri vitali dei due pazienti lo permettono è possibile trasportarli sia
sdraiati che seduti. Non è consigliabile invece far camminare la neomamma.
100
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
Nonostante siano rare, le complicanze connesse al parto sono molto numerose. Il comportamento
da tenere in questo caso è quello classico dell’emergenza seguendo la sequenza ABCDE sia per la
madre che per il neonato.
Le complicanze più comuni sono:
- Eclampsia
- Parto podalico (il feto non si è girato ed esce di piedi)
- Parto gemellare
- Parto pretermine
- Emorragia materna (distacco di placenta, placenta previa, ecc)
- Morte intrauterina (il feto nasce morto e va rianimato)
GESTOSI ED ECLAMPSIA
Gestosi ed eclampsia meritano una breve trattazione a parte vista la gravità della situazione e il
rischio di decesso per madre e figlio.
La gestosi è una patologia della gravidanza che si manifesta generalmente nell’ultimo trimestre
con un’ipertensione arteriosa materna di origine sconosciuta; essa può sfociare nella crisi
eclamptica da trattare come un’emergenza assoluta.
DEFINIZIONI
Per gestosi si intende una sindrome che compare nella seconda metà della
gravidanza, caratterizzata da:
→ aumento della pressione arteriosa (ipertensione),
→ perdita di proteine con le urine (proteinuria),
→ gonfiori agli arti inferiori (edemi)
→ alterata coagulazione (rischio emorragico).
Le cause della malattia, ancora in parte sconosciute, sono da ricercarsi in alterazioni della
placenta che, danneggiata, libera in circolo varie sostanze tossiche. La complicanza principale e
più pericolosa è rappresentata dalla crisi eclamptica.
SEGNI E SINTOMI
Alterazione dello stato di coscienza fino al coma o alla crisi convulsiva
Dolori addominali diffusi
Nausea e vomito
Quadro di addome acuto
Crisi ipertensiva
Parto prematuro – distacco di placenta – morte intrauterina
101
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
Urgenze prima del parto
La pre-eclampsia si distingue
dall'eclampsia per l'insorgenza di
convulsioni o coma.
1. Paziente in decubito laterale sx
• Emorragia massiva dalla 2. Curare lo shock
vagina 3. NON chiudere la gambe della
• Dolori e sintomi simili al donna
Emorragia
travaglio di parto, in caso di 4. Porre un assorbente all'apertura
eccessiva ante-
placenta previa (distacco vaginale. NON inserire nulla in
partum
“prematuro” della placenta) vagina
• Segni dello shock 5. Ossigeno in maschera ad alta
concentrazione
1. Trasportare la paziente
immediatamente
• Dolore addominale acuto
2. Paz. in posizione antishock
Gravidanza • Emorragia vaginale
3. Trattare lo shock
ectopica • Segni dello shock
4. Ossigeno in maschera ad alta
concentrazione
• Sensazione di lacerazione
all'interno dell'addome 1. Ossigeno ad alta concentrazione
• Dolore 2. Trasporto immediato
Rottura dell'utero • Travaglio prolungato 3. Trattare lo shock
• Emorragia di lieve entità 4. Eventuale RCP
• Shock
102
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
1. ALLERTARE 1-1-8
2. Trasporto in posizione anti-shock in
Prolasso del Presentazione del cordone decubito laterale sinistro
cordone ombelicale prima della testa del 3. Somministrare Ossigeno
ombelicale bambino 4. Avvolgere il cordone prolassato
con teli sterili inumiditi
1. assistere al secondamento
Emorragia post- 2. valutare lo shock e trattarlo
Perdita ematica superiore ai 500 ml
partum 3. somministrare ossigeno
4. posizione antishock
Per la Legge Italiana, è considerato
Bambino nato Valutare la possibilità di eseguire BLS e
nato morto il neonato che non abbia
morto RCP pediatrica
emesso alcun vagito
103
Cap 6 – Apparato digerente e genitourinario
VIOLENZA CARNALE
Purtroppo non è infrequente che il soccorritore sia chiamato ad intervenire in un caso di stupro.
Pochi medici e soccorritori sanno in realtà come comportarsi di fronte a una tale evenienza. Il vero
aiuto che possiamo dare ad una paziente in queste condizioni è non cancellare le prove che si
porta addosso e naturalmente medicare le eventuali ferite sugli arti.
La paziente va accompagnata in un ospedale attrezzato per questo tipo di eventi. A Milano per
esempio solo la clinica Mangiagalli è fornita di tutta la strumentazione necessaria per raccogliere i
campioni richiesti. Portare quindi il malato nel posto sbagliato di fatto annulla le possibilità di
rintracciare il colpevole.
Per la legislatura italiana, il reato di stupro è denunciabile solo a discrezione dell’offeso; questo
significa che è necessaria la denuncia della vittima perché si possano aprire le indagini.
104
7
Urgenze-emergenze
pediatriche
- Pediatric Basic Life Support
- Ostruzione delle vie aeree
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
Forse nessun'altra emergenza crea tanta ansia quanta ne crea affrontare un bambino in
condizione critica. Per un particolare impatto emotivo le fasi iniziali della rianimazione e
stabilizzazione del paziente avvengono spesso in modo caotico, in un contesto nei quale è difficile
riflettere, organizzare le idee e coordinare gli sforzi. Gli operatori sanitari già esperti nell'emergenza
dell'adulto si sentono spesso disorientati dalle peculiarità dei paziente in età evolutiva.
Inoltre la natura "progressiva" delle emergenze pediatriche che si manifestano inizialmente in modo
non molto apparente, comporta spesso una sottovalutazione iniziale della gravità.
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA
L'impegno respiratorio si manifesta nel bambino con dispnea, tachipnea, rientramenti respiratori,
stridore inspiratorio, gemito espiratorio, prolungamento dell'espirazione associato a fischi e sibili,
oppure, in caso di alterazioni neurologiche o muscolari, bassa frequenza respiratoria, scarsi
movimenti toracici o addominali, rumori respiratori ridotti o assenti all'ascoltazione, ridotto tono
muscolare e depressione dello stato di coscienza.
Un bambino che non piange ed è indifferente all'ambiente e alle procedure rivela un severo
impegno respiratorio che prelude all'esaurimento delle forze, che si manifesta con irregolarità del
respiro, alterazione della coscienza ed infine crisi d'apnea. La cianosi è un segno di ipossiemia
marcata; l'evidenza di questo segno dipende strettamente dal livello di emoglobina ematica, oltre
che dal color e della pelle.
Dal punto di vista anatomico inoltre le vie aeree del bambino sono più piccole e di calibro inferiore
a quelle dell’adulto.
106
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
IPOVOLEMIA E SHOCK
- Aumento del tempo di riempimento capillare, cioè del tempo necessario perché si abbia
il ritorno del normale colorito cutaneo dopo la compressione dell'area sotto esame, ad
esempio dell'estremità di un dito (unghia).
- Riduzione della temperatura delle estremità, notevole differenza di temperatura tra le
aree normalmente più calde, ad esempio la faccia, e le aree periferiche normalmente
più fredde, ad esempio i piedi.
- Pallore; un pallore isolato del volto può esprimere una reazione di dolore e/o di paura del
bambino, ma la persistenza e la diffusione alle estremità di questo segno rappresentano
un indice di ipovolemia.
- Ampiezza e frequenza dei polsi periferici.
- Sensazione della sete, indice di disidratazione e ipovolemia.
- Diminuzione della produzione di urina, fino alla totale scomparsa (anuria).
- Depressione della fontanella cranica nel neonato e nel lattante sono sempre segno di
ipotensione e ipovolemia marcata (disidratazione dell’encefalo).
Se due o più di questi segni sono presenti è molto probabile che il bambino sia in stato di shock o
comunque in una situazione di pericolo imminente.
In Pediatria l'arresto primitivo del circolo per fibrillazione o tachicardia ventricolare è raro e
riguarda, per lo più, i bambini affetti da malformazioni cardiovascolari, operati e non, dallo
scompenso cardiaco terminale e da alcune cardiopatie che predispongono alle aritmie.
107
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
LE ETA’ PEDIATRICHE
Nel corso di un'emergenza l'età del paziente può non essere conosciuta. L’anno d'età è cruciale e
rappresenta il momento di passaggio fra le tecniche "neonato-lattante" e quelle "bambino". In
generale però sarebbe più opportuno non basarsi sull’età, ma sulla “massa” del bambino, in
quanto le corporature dei bambini alla stessa età possono essere molto diverse.
108
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
A AIRWAYS
Lo stato di coscienza e reattività del bambino si stabilisce parlando ad alta voce ("come stai?" "apri
gli occhi") e, in caso di mancata reazione, con uno stimolo doloroso, come un pizzicotto.
Movimenti bruschi o lo scuotimento del paziente sono da evitare.
IL PAZIENTE REAGISCE?
SI
NO
- Procedi ai punto B-C-D-E
Nel lattante è importante eseguire un'estensione moderata dei capo o meglio il mantenimento in
posizione neutra; un'iperestensione, infatti, può determinare un collasso della trachea a causa
dello scarso supporto cartilagineo di quest'organo nelle prime fasi della vita (per la posizione
neutra possiamo aiutarci posizionando uno spessorino sotto le spalle del piccolo paziente).
Nel sollevamento del mento le dita devono essere posizionate sulla mandibola evitando di
comprimere le parti molli del collo.
109
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
B BREATHING
IL PAZIENTE RESPIRA?
SI
NO
- Posizione laterale di sicurezza
- Mascherina + O2
- OPACS
- Vedi valutazione pediatrica II
Se il paziente non respira: eseguire 5 ventilazioni lente e progressive della durata di 1,5 secondi
ciascuna, con tempo d'inspirazione ed espirazione uguali. E' necessario verificare che il torace e
l'addome si espandano durante le insuffiazioni e si abbassino tra un'insufflazione e l'altra.
La tecnica d'insufflazione differisce in base all'età dei paziente e alla possibilità di utilizzare mezzi
aggiuntivi:
110
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
insuffla 5 volte lentamente (1-1.5 sec. per insufflazione) nelle vie aeree;
mentre insuffli osserva che il torace e l'addome si alzino;
tra un insufflazione e l'altra osserva che il torace e l'addome si abbassino;
mantieni costantemente pervie le vie aeree tenendo il mento sollevato con uno o due dita.
111
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
C CIRCULATION
NEONATO E LATTANTE
BAMBINO
IL CUORE BATTE?
SI
NO
- Torna al punto B
- Ricontrollare i parametri vitali
- Vedi valutazione pediatrica II
COMPRESSIONI TORACICHE
Se il polso centrale è assente non sussiste un’attività cardiaca efficace. In assenza di un polso
centrale è necessario instaurare una circolazione artificiale per mezzo di compressioni toraciche. Il
massaggio cardiaco si effettua sempre in combinazione con la ventilazione artificiale.
112
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
NEONATO E LATTANTE
BAMBINO
fai scivolare l’indice e il medio di una mano lungo il margine costale inferiore fino ad
incontrare lo sterno
Poni due dita, l’indice e il medio, nella parte bassa dello sterno in modo che il dito medio
sia a contatto con la giunzione sterno-costale prima individuata;
la posizione per il massaggio si trova appoggiando il palmo dell’altra mano sullo sterno
subito al di sopra delle due dita.
Metodica di compressione
Il bambino deve essere supino disteso su una superficie rigida. Per il lattante la superficie rigida può
essere l'avambraccio o una mano del soccorritore, oppure le dita di entrambe le mani nella
tecnica a due mani.
113
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
114
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
TRATTAMENTO
NEONATO E LATTANTE
Queste due tecniche vengono applicate in sequenze diverse a seconda dello scenario:
Continuare la sequenza fino a quando arrivano i soccorsi avanzati o fino a quando non si risolve il
problema, cioè il paziente respira autonomamente o può essere ventilato.
BAMBINO
Le tecniche necessarie per disostruire un bambino sono quattro: la manovra di Heimlich, le pacche
interscapolari, le compressioni toraciche esterne e le compressioni subdiaframmatiche o
addominali.
Manovra di Heimlich:
Si utilizza solo nel bambino cosciente e si può eseguire con paziente
in piedi o seduto.
116
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
Compressioni subdiaframmatiche:
Tutte queste tecniche vengono applicate in sequenze diverse a seconda dello scenario:
dopo la prima sequenza 1-6 sostituisci nella seconda sequenza 1-6 le 5 compressioni toraciche con
5 compressioni subdiaframmatiche; nelle sequenze successive alla seconda le compressioni
toraciche e quelle addominali sono alternate per ogni ciclo :
5 compressioni toraciche nella terza sequenza 1-6,
5 compressioni epigastriche nella quarta sequenza 1-6
e così via.
Continuare la sequenza fino a quando arrivano i soccorsi avanzati o fino a quando non si risolve il
problema, cioè il paziente respira autonomamente o può essere ventilato.
Nel bambino incosciente con anamnesi certa si eseguono immediatamente 5 pacche dorsali + 5
compressioni toraciche successivamente si esegue la sequenza descritta precedentemente.
117
Cap 7 – Urgenze-emergenze pediatriche
1. Mai cominciare l’esame del paziente dalla testa (impaurireste il piccolo inutilmente);
meglio partire quindi dagli arti superiori ed inferiori = motilità e simmetria dei movimenti.
2. Osservazione dei genitali esterni = la presenza di ecchimosi o tumefazioni indica un
trauma addominale.
3. Torace = la frequenza respiratoria nel lattante è di circa 40 atti/minuto e il respiro è molto
superficiale quindi di difficile valutazione. E’ consigliabile posizionare due dita sull’addome
per percepire meglio l’atto respiratorio.
4. Colonna vertebrale = a causa del maggior peso della testa, le lesioni della colonna sono
più frequenti che nell’adulto.
5. Testa = fino al primo anno di età, le ossa craniche del bimbo presentano delle zone molli
(fontanelle) e quindi più fragili. L’eventuale rigonfiamento del cranio è indice di
ipertensione endocranica (vedi Sistema nervoso centrale).
peso pressione
età polso respiro
approssimativo sistolica
0-2 mesi 3 kg 100-170 30-60 60
3 mesi 6 kg 100-170 30-60 60
6 mesi 8 kg 100-170 30-60 60
1 anno 10.0 kg 90-170 30-60 70
2 anni 12.5 kg 90-170 30-60 70
3 anni 14.5 kg 70-130 20-40 70
4 anni 17.0 kg 70-130 20-40 70
5 anni 18.5 kg 70-130 20-40 80
6 anni 21.0 kg 60-110 15-30 80
7 anni 23.0 kg 60-110 15-30 80
8 anni 25.0 kg 60-110 15-30 80
9 anni 28.0 kg 60-110 15-30 80
10 anni 32.0 kg 60-100 10-30 90
11 anni 35.0 kg 60-100 10-30 90
12 anni 40.0 kg 60-100 10-30 90
13 anni 45.0 kg 60-100 10-30 90
118
8
Apparato
muscoloscheletrico
- Anatomia
- Fisiologia
- Patologie
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
L’approccio al paziente
traumatizzato rappresenta
sempre un grosso impegno
per il soccorritore sia per la
difficoltà d’azione sul luogo
dell’intervento sia per le
condizioni in cui versa il
paziente.
Per comprendere a fondo la
complessità della patologia è
necessario prima conoscere
le lesioni traumatiche dei
singoli apparati e le loro
complicanze più gravi.
Tratteremo quindi le ferite
cutanee e viscerali in
generale e le principali
problematiche legate a lesioni
muscolari e ossee.
Lo scheletro costituisce la struttura portante del corpo; esso è formato dalle ossa, variamente unite
fra loro da formazioni più o meno mobili che prendono il nome di articolazioni.
Lo scheletro del soggetto adulto è formato da 206 ossa, che formano i due segmenti dello
scheletro:
cranio
arti (superiori e inferiori)
vertebre
spalle
gabbia toracica
cintura pelvica
sterno
120
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
121
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
Le ossa si classificano in base alla loro forma in:
OSSA LUNGHE se la lunghezza prevale sulle altre dimensioni (ad es. omero e femore)
OSSA PIATTE se la larghezza prevale sulle altre dimensioni (ad es. coste, sterno,
ossa del cranio e del bacino)
OSSA BREVI se le dimensioni sono pressoché uguali (ad es. le falangi)
L’osso è un tessuto vivo costituito da minerali di varia natura e da molecole elastiche; ciò rende
questa struttura tanto resistente quanto leggera e flessibile.
All’interno delle ossa piatte si trova il midollo osseo, ovvero l’organo deputato alla formazione degli
elementi corpuscolari del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Nelle ossa lunghe è
invece contenuto grasso di deposito.
Le articolazioni costituiscono il
sistema di connessione tra due o
più segmenti ossei e
rappresentano gli snodi e le
“cerniere” che consentono il
movimento; a questa struttura
aderiscono poi i legamenti che
saldano e mantengono stabile
l’articolazione stessa.
All’osso infine aderiscono i muscoli che si ancorano sulla struttura rigida per poi esercitare la loro
funzione motoria.
I muscoli determinano il movimento di tutte le parti del nostro organismo. Questo grazie alla loro
caratteristica principale: la contrattilità, ovvero la capacità di modificare la propria forma.
La loro particolare conformazione anatomica permette infatti l'accorciamento (contrazione) e
l'allungamento (rilasciamento) del muscolo stesso; il movimento avviene attraverso lo scorrimento
di fibre vicine le une sulle altre.
122
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
LESIONI CUTANEE
Come già esposto altrove, la cute protegge l’intero organismo dall’azione degli agenti esterni e
rappresenta quindi una sorta di barriera; ogni interruzione di questa pellicola crea un varco tra noi
e l’ambiente circostante. L’osservazione della cute (temperatura, colore, umidità, gonfiore) ci può
dare inoltre moltissime informazioni sullo stato di organi interni contusi o traumatizzati.
Le ferite cutanee si classificano in base all’agente lesivo e alla natura della ferita stessa:
L’immediato pericolo in caso di ferita è costituito dalla perdita di sangue che si determina per la
rottura di vasi sanguigni. Nella maggior parte dei casi, trattandosi di vasi di piccolo calibro, il
sanguinamento tende a cessare spontaneamente per l’attivazione dei fisiologici meccanismi
coagulativi; naturalmente quando questi meccanismi sono alterati o insufficienti, la fuoriuscita di
sangue sarà massiva col rischio di dissanguamento e shock ipovolemico (vedi cap. 4-5).
Il secondo pericolo connesso alle ferite è costituito dalle infezioni, malattie causate da microbi
penetrati attraverso la breccia aperta dalla ferita.
L’attenta osservazione del malato e la consueta valutazione dei parametri vitali devono
comunque rappresentare la prima tappa di ogni soccorso.
123
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
FERITA SUPERFICIALE
Lavare la ferita con disinfettante
Coprire con bendaggio semplice
Una particolare attenzione va posta alle ferite profonde associate a eviscerazione o amputazione
o ancora da taglio e da arma da fuoco. In questi casi infatti le condizioni del paziente possono
essere compromesse e peggiorare rapidamente per la presenza di emorragie profuse (esterne o
interne) o perforazione di organi profondi.
EVISCERAZIONE - AMPUTAZIONE
Valutazione dei parametri vitali e protocollo ABCDE
Lavare abbondantemente con fisiologica: il disinfettante può essere assorbito e
immesso nel circolo ematico
Medicare con materiale sterile
Sospettare sempre gravi emorragie
In caso di amputazione: portare in Pronto Soccorso anche la porzione amputata
conservandola nel ghiaccio
Rapido trasporto in ospedale
124
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
Data la sua robustezza ed elasticità, il sistema portante del nostro organismo è solitamente in
grado di sopportare senza risentirne grandi sollecitazioni esterne; la presenza di malattie croniche
delle ossa (osteoporosi) e l’età avanzata del paziente tendono però ad indebolire questa struttura
rendendola di conseguenza più fragile.
Le patologie di questo apparato sono riconducibili in larga parte a traumi di elevata intensità; tutti i
grossi traumi domestici e della strada possono provocarne un serio danneggiamento.
Si riconoscono:
Î LUSSAZIONE Fuoriuscita dei capi articolari dalla sede naturale senza ritorno
spontaneo alla posizione originale.
125
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
DISTORSIONI E LUSSAZIONI
DISTORSIONE LUSSAZIONE
Dolore intenso Dolore estremamente intenso
Gonfiore dell’articolazione Gonfiore dell’articolazione
Colore bluastro della cute dovuto Tumefazione dura della parte colpita
alla fuoriuscita di sangue all’interno e evidente asimmetria anatomica
del tessuto Difficoltà estrema del movimento
Difficoltà del movimento
La lussazione più frequente è quella che colpisce l’articolazione scapolo-omerale, ovvero la spalla.
In questi casi è sempre opportuno effettuare una visita specialistica al fine di escludere una frattura
(anche microscopica) o ridurre la lussazione.
Il soccorritore non può far altro che immobilizzare l’arto in modo da minimizzare i movimenti e
applicare del ghiaccio sulla cute al fine di ridurre l’edema tissutale.
FRATTURE
La frattura rappresenta generalmente la conseguenza di un forte trauma diretto
anche se è possibile che si verifichino spontaneamente.
Nonostante l’osso coniughi in sé resistenza ed elasticità, esso può andare incontro a
lesioni parziali o totali di un segmento scheletrico a seguito di lesioni anche banali;
l’età avanzata e le patologie della mineralizzazione ossea aumentano
naturalmente il rischio di incorrere in tali fratture.
La pericolosità legata a questa patologia è data più che dalla rottura dell’osso
stesso, dall’eventuale lacerazione di organi e tessuti vitali:
126
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
LESIONI NERVOSE
CONTAMINAZIONE BATTERICA
Previa l’attenta osservazione del malato e la valutazione dei parametri vitali, è dunque sempre
necessario ricercare i segni di circolo ed esaminare la sensibilità distale.
Generalmente le fratture composte e non
esposte non sono associate a complicanze a
breve termine di alcun genere. E’ possibile
invece che si verifichi, dopo qualche tempo dal
trauma (ore o giorni), una crisi respiratoria acuta
dovuta alla liberazione dalla cavità interna
dell’osso di goccioline lipidiche che viaggiando
nel circolo ematico vanno ad ostruire i vasi
polmonari: in questi casi si parla di embolia
polmonare grassosa (vedi cap. 3).
Quando invece il moncone osseo abbandona
la sua sede ed lesiona addirittura la cute soprastante fino ad essere visibile all’esterno, è molto
probabile che sussista una lacerazione nervosa o vascolare e bisogna quindi agire in fretta: è
questo il caso di una frattura scomposta ed esposta.
Tutte le volte che ci si trova di fronte ad una frattura, bisogna ricordarsi di non muovere il paziente
fino alla completa immobilizzazione dei monconi. Il movimento infatti può provocare un’ulteriore
dislocazione dei frammenti ossei e causare quindi lesioni vascolari e nervose.
COMPORTAMENTO
Valutazione parametri vitali e protocollo ABCDE
Ricerca di segni di circolo e di sensibilità a valle della frattura
Ricerca di segni di emorragia e shock
MAI riportare il moncone osseo nella posizione neutra
Se frattura esposta: medicazione con fisiologica e garze sterili
Immobilizzare e sostenere l’arto fratturato
127
Cap 8 – Apparato muscolo scheletrico
128
9
Aspetti legali del soccorso
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
Da questa trattazione si dimostrerà che l’essere VOLONTARI non rende immuni da responsabilità,
qualora si agisca con leggerezza e non rispettando leggi, regolamenti e direttive.
Nel caso specifico dei volontari la Corte di Cassazione (Cass. Pen. 6687/97) considera in senso
oggettivo l’esercizio del Pubblico Servizio con riguardo esclusivamente alla connotazione
pubblicistica dell’attività concretamente svolta dal soggetto, prescindendo quindi dalla natura
pubblica o privata dell’ente al quale quell’attività sia riferibile (non interessa cioè se si svolge
un’attività a favore o in riferimento ad un ente pubblico o privato, l’importante è che l’attività
svolta sia di carattere pubblico – interessi cioè la popolazione).
Quello che interessa è che comunque si agisca sotto il controllo o l’autorizzazione di un ente
pubblico e la Pubblica Assistenza svolge infatti la sua opera in convenzione con il Servizio Sanitario
Nazionale. (presenza di una convenzione e/o una concessione con una pubblica
amministrazione).
Il Volontario è Incaricato di Pubblico Servizio nel momento in cui “entra in servizio”, e tale qualifica
dura fino al termine del turno del servizio medesimo secondo gli orari stabiliti dalla Associazione.
( firma sul foglio o riconoscimento effettuato via radio dalla C.O.).
Non esistono differenze pratiche tra il Soccorritore occasionale e il Soccorritore Volontario per
quanto riguarda le manovre da effettuarsi in caso di soccorso, le differenze sussistono per quanto
riguarda alcuni obblighi legali; entrambi però sono chiamati a rispondere dei danni inflitti a
persone o cose a causa di un loro comportamento superficiale. Se un Soccorritore occasionale
mette in atto delle manovre di primo soccorso, la diligenza richiesta dalla legge (ovvero la
capacità, la conoscenza delle manovre) sarà quella del Soccorritore Volontario. (Se non si è
Soccorritori Esecutori e si effettua per esempio una rianimazione, bisogna saperla fare!).
130
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
Il Volontario però, può incorrere in ulteriori problemi di rilevanza penale, in quanto ad esso
competono doveri specifici.
Diritti: L'unico vantaggio di questa qualifica è che esiste una aggravante che comporta un
aumento di pena fino ad un terzo per coloro che compiono un reato a danno di un soggetto
appartenente a tale categoria
La legge 675/96 ( tutela della privacy ) delinea quali sono i cosiddetti dati sensibili che non possono
essere trattati ( trasmessi, divulgati ecc…) senza il permesso dell’interessato ( quindi che devono
essere mantenuti “privati” dal Soccorritore che ne viene a conoscenza a causa del servizio ):
art. 22 – “…i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose,
filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od
organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita sessuale….omissis…..”.
Il Volontario ha comunque sempre l'obbligo della discrezione, sia durante che dopo il servizio.
Il Volontario divulga il segreto ( a differenza di medici o avvocati ) solo se interrogato dall'Autorità
Giudiziaria.
Perchè si concretizzi una qualsiasi responsabilità da parte del personale non medico, devono in
generale sussistere tre condizioni:
- la presenza di un atto illecito o di un fatto doloso o colposo,
- la sussistenza di un danno alla persona ( paziente ),
- il nesso causale, ossia il legame logico e consequenziale tra il comportamento
dell'operatore e l'evento dannoso.
Visto che l’atto illecito normalmente non sarà voluto (almeno che non si sia degli assassini travestiti
da Soccorritori), esso sarà colposo e non doloso.
Si ravvisa la colpa quando vi sia un errore inescusabile, quando il Soccorritore si sia allontanato
nettamente dalla diligenza e competenza media, cioè dal comportamento che ci si attende da
un soccorritore con quella formazione e quell'esperienza.
131
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
E' difficile inquadrare le possibili responsabilità per gli operatori del soccorso attraverso riferimenti
normativi (leggi o regolamenti) dal momento che sono a tutt'oggi insufficienti; appare quindi
opportuno riferirsi all'ordinamento giuridico generale.
Aspetto penalistico
Due sono gli illeciti prospettabili:
- Esercizio abusivo della professione esecuzione manovre di competenza medico-
infermieristica).
- Omicidio o lesioni personali derivanti da comportamento doloso (volontario) o colposo.
Nella prassi comune si indicano le manovre che egli, solo dopo aver frequentato il Corso apposito
di Primo Soccorso, ed aver sostenuto e superato i relativi esami di verifica, può legittimamente
eseguire e le tecniche che deve conoscere per essere definito tale e non procurare danni
all’assistito:
• riconosce e valuta parametri vitali e principali alterazioni,
• esegue bene e con efficacia le manovre rianimatorie di base ( BLS ),
• protegge e medica temporaneamente le ferite,
• somministra ossigeno secondo i protocolli,
• immobilizza colonna, bacino ed arti,
• pratica le emostasi,
• assiste un parto in emergenza,
• trasporta un paziente, seguendo i protocolli e utilizzando le attrezzature idonee,
• sottrae un malato o un ferito ad imminenti situazioni di pericolo,
• consegna il paziente al personale medico trasmettendo ciò di cui è a conoscenza,
• sa autoproteggersi con l’uso dei presidi in dotazione all’ambulanza. ( guanti, maschere,
caschi, camici….).
132
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
A rendere meno difficile e pericolosa la posizione del Soccorritore il Codice Penale prevede una
norma definita “scusante” in quanto toglie l’antigiuridicità, cioè la qualificazione come illecito di un
atto compiuto. Ciò significa che un comportamento normalmente qualificabile come illecito (civile
o penale), viene “scusato” quando viene messo in atto per prevenire un danno più grave” ad una
persona.
Non si ravvisa quindi l'insorgenza di responsabilità nel praticare alcune manovre lesive della sfera
personale altrui, in quanto ci si trova nella situazione ascrivibile allo "stato di necessità" ( art.54 C.P. )
che prevede la non punibilità per chi si trova ad agire costretto dalla necessità di salvare sè o altri
dal pericolo di un danno grave alla persona. ( morte, arresto cardiaco....ecc) anche senza il
consenso della persona che si definisce, in questo caso, presunto.
La Corte di Cassazione ha assolto recentemente un equipaggio di un’ambulanza di primo
soccorso che, nell’effettuare una manovra di rianimazione, ha rotto lo sterno del paziente (che si è
poi salvato). Il massaggio cardiaco ha quindi causato una lesione (sanzionabile secondo il codice
penale), ma questo è stato eseguito correttamente e per stato di necessità, ovvero per salvare la
vita del paziente, nel rispetto dei protocolli del 118.
In altri gesti “normali” e “quotidiani” (es: tagliare i vestiti di un paziente per applicare una
steccobenda o per rianimare, mandare in cortocircuito con il defibrillatore il peacemaker di un
paziente in ACC) del soccorritore possono ravvisarsi gli estremi di un illecito : questi saranno scusati
ogniqualvolta l’intrusione nella sfera giuridica del paziente sia proporzionale allo stato di necessità
in cui si trova (esempio banale: sarà scusabile tagliare i vestiti di un paziente in ACC o con una
frattura, probabilmente non sarà scusabile tagliare i vestiti di un paziente per prendergli la
pressione..).
Bisogna quindi ricordare che l’uso di attrezzi e la messa in pratica di particolari manovre sono leciti
solo ed unicamente se la situazione lo richiede veramente o se l’emergenza ci autorizza in piena
legalità a seguire determinate prassi.
Il Volontario non può in alcun caso compiere diagnosi e diagnosticare la morte, compito esclusivo
del medico.
Per questo motivo le manovre rianimatorie vanno comunque eseguite anche in caso di palese
decesso( che a noi può sembrare tale ), fino all’arrivo in Pronto Soccorso e alla consegna del
paziente ad un medico, o fino all’arrivo sul posto di un medico che certifichi il decesso.
133
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
La rianimazione può non essere iniziata dal Soccorritore solo in quattro specifici casi: soggetto in
avanzato stato di decomposizione, decapitazione, carbonizzazione, sfinimento del Soccorritore ).
In caso contrario si rischia di incorrere in una denuncia per omissione di atti d’ufficio (e non
omissione di soccorso che vale solo per il normale cittadino) se non addirittura per omicidio
colposo, qualora l’esame autoptico (autopsia) attesti un nesso di casualità tra il mancato e veloce
intervento dell’equipaggio e la morte del paziente.
Ricordiamo inoltre che per consegna del paziente in PS, non si deve intendere solo il mero atto
materiale, ma anche e soprattutto trasmettere le notizie cliniche e tutti i segni oggettivi ed obiettivi
al personale che lo prende in consegna.
La presenza di un medico sul posto. Può capitare che sul luogo dell’intervento sia casualmente
presente un medico: una volta qualificatosi egli ha diritto di prendere il controllo della situazione e i
Soccorritori non potranno ostacolarlo nella sua opera, anche se questi, poco esperto delle
attrezzature dell’ambulanza, compie manovre che appaiono non consone. ( Il Soccorritore in
questo caso è bene che si offra di aiutare con le manovre adeguate! )
In questo caso i Soccorritori possono rifiutarsi di compiere direttamente sul paziente gli atti richiesti
dal medico ( es. ricerca di un accesso venoso, defibrillazione ecc..che sono manovre che non
competono al Soccorritore ma ad un IP o personale comunque abilitato ) ma in ogni caso il
sanitario deve essere invitato a salire sull’ambulanza e a portare a termine l’intervento di soccorso
fino all’arrivo in ospedale; in caso di rifiuto è buona norma essere in possesso delle sue generalità.
Se sul posto è presente la Guardia Medica, e questi chiede di poter salire in ambulanza col
paziente, questo è generalmente ammesso.
E’ buona norma consigliarsi con la G.M. anche sul codice di gravità, di cui se ne prende
responsabilità.
134
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
Affinché il consenso sia valido è necessario che sia dato da una persona in grado di intendere e di
volere e che sia stata informata con precisione sulle modalità di un determinato tipo di intervento e
soprattutto dei rischi e delle conseguenze finali di una terapia (consenso informato).
Nel caso di un individuo capace di intendere e di volere che rifiuti il trattamento dei Soccorritori e
l’eventuale trasporto, egli non può essere costretto a seguire i Volontari contro la sua volontà né
caricato a forza in ambulanza ( reato di violenza privata ), ma i Volontari solo potranno adoperarsi
per convincere il paziente a seguirli.
Anche nel caso in cui il pz o i parenti - anche di minori – pretendano trattamenti diversi ricordarsi
che chiunque ha diritto al soccorso ma non alla gestione del soccorso, nessuno può scegliere
come essere soccorso. Il rifiuto di trattamenti o presidi equivale al rifiuto del soccorso.
In caso di rifiuto è necessario comunicarlo alla C.O. e far firmare al pz il foglio apposito; se il pz si
rifiutasse anche di firmare il foglio non si può far altro che annotare il suo rifiuto e restare in contatto
con la C.O.
Nel caso di paziente incosciente, il consenso si ritiene presunto (stato di necessità/ silenzio assenso),
ed anche nel caso di paziente che dopo un tentato suicidio si ritrova a dover essere ricoverato.
( per legge si ritiene non in grado di intendere e volere ed a questa condizione farà senz’altro
capo la suddetta richiesta di ricovero con TSO-Trattamento Sanitario Obbligatorio-. Nel caso si arrivi
sul posto e si supponga un tentato suicidio – palese – o questo venga riferito dai presenti, è sempre
opportuno avvertire la CO che provvederà alle incombenze del caso ).
Qualora il soggetto sia un minore o un infermo di mente sarà il suo rappresentante legale, genitore
o tutore a decidere a proposito del consenso, ricordando però che queste figure hanno l’obbligo
giuridico di tutelare la salute di chi non è in grado di farlo da solo.
Infatti qualora le figure legali che rappresentano minore o infermo di mente si oppongano ad un
trattamento che ai Soccorritori appare indispensabile per evitargli un grave danno, questi devono
in ogni caso comunicarlo alla C.O. ( esiste infatti un preciso dovere proprio dei tutori che è quello
primario di tutelare la salute di quei particolari soggetti ).
In deroga all’obbligo di manifestazione del consenso, il legislatore ha previsto casi in cui esso non è
richiesto: le vaccinazioni obbligatorie e il trattamento sanitario obbligatorio. ( TSO ).
Ricordiamoci che, per avere il consenso, i Volontari devono riuscire ad ottenere un buon livello di
comunicazione con il paziente, armarsi di pazienza ed adottare tutte le tecniche verbali di
persuasione del caso.
135
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
Il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) rappresenta l’eccezione alla regola secondo la quale
ogni atto medico-chirurgico imposto con la forza è contrario alle regole della deontologia ed agli
ordinamenti giuridici.
La Costituzione infatti dichiara all’art. 323 che "…nessuno può essere obbligato ad alcun
trattamento sanitario se non per disposizione di legge…"
La Legge 23/12/1978 n. 833 ha dato attuazione al dettato costituzionale affermando che "…gli
accertamenti ed i trattamenti sanitari sono, di norma, volontari…"
La malattia mentale deve possedere il requisito della pericolosità alla salute e all’incolumità (del
paziente e di terzi) e deve possedere anche caratteristiche d’urgenza. : cioè gli stati
psicopatologici acuti, gravi e che hanno bisogno di immediata sedazione sono suscettibili di
immediato trattamento e quindi, in mancanza di consenso, di trattamento sanitario obbligatorio
(legge 833/90).
LA NECESSITA’ DI DOCUMENTAZIONE
E’ importante, dopo aver completato i compiti di soccorso, documentare tutto ciò che si è visto o
fatto; queste annotazioni saranno la sola fonte di informazione nel caso di chiamata a
testimoniare, spesso dopo mesi o anni dall’episodio.
Anche la comunicazione con la CO rappresenta per il Soccorritore un ulteriore fonte di sicurezza,
sia dal punto di vista pratico, sia soprattutto legale; le conversazioni con il 118 sono infatti registrate,
per cui, in caso di dubbio o per la precisazione di una modalità di agire, è sempre opportuno
rivolgersi alla stessa CO che, oltre ad indirizzare, diviene testimone, tramite la registrazione, delle
mosse del Volontario.
Importanti sono anche gli “Stati di Servizio”, ovvero le comunicazioni via radio tra l’Equipaggio e la
Sede tramite cui si annotano tutti gli orari parziali del servizio; anch’essi rappresentano una prova
legale soprattutto riguardo ai tempi di intervento. Ricordiamocene!
137
Cap 9 – aspetti legali del soccorso
ARTICOLI CITATI
ART. 54 CODICE PENALE – Stato di necessità
“ Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti
evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo……..omissis…….”
138
Con il patrocinio ed il contributo del :
Consiglio
di Zona 3