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Congiunzioni
Congiunzioni coordinanti
Il -que enclitico viene usato in genere per sottolineare un rapporto molto stretto tra i due
termini uniti dalla congiunzione2.
- Correlative
- Tum...cum (“sia...sia”)
- Et ... Et (“sia...sia”)
- Non modo ... sed etiam (“non solo ... ma anche ...)
- Disgiuntive
- Seu, Sive (“o piuttosto”): precisano quanto espresso in precedenza. Se si trovano correlati
(seu...seu / sive...sive) assumono il significato di “sia... sia”.
1
Per l’elenco e il valore delle congiunzioni subordinanti cfr. più avanti.
2
È opportuno ricordare che la lingua latina tende a fondere la congiunzione con l’avverbio di negazione che segue, per cui non
si avrà in genere “et non”, ma “ nec” oppure “neque”. La stessa cosa avviene quando alla congiunzione segue un pronome negativo. In
pratica, la negazione tende a spostarsi sulla congiunzione e il pronome diventa di senso positivo:
2
- Avversative
- Sed, At, Verum (“ma”): la prima è la più diffusa, le altre esprimono un contrasto assai più
deciso.
- Vero, Autem : in genere sono posposte e non indicano un reale contrasto, quanto piuttosto un
nesso con quanto detto in precedenza. A volte tale nesso conserva il valore avversativo, in altri casi invece
assume il valore di “ inoltre, poi”.
- Dichiarative
- Nam, enim, namque, etenim (“infatti”): enim si trova sempre posposto e, come nam può
essere reso in italiano con un segno di interpunzione, in genere i due punti:
- Conclusive
-Ergo, igitur (“dunque”) : la prima si trova di preferenza all’inizio della frase, la seconda va
posposta.
Generalmente i pronomi personali soggetto vengono sottintesi, a meno che non si voglia conferire
al pronome stesso particolare enfasi. Ecco in ogni caso uno specchietto:
Io Ego
Tu Tu
Egli Is
Ella Ea
Noi Nos
Voi Vos
Essi Ii
Esse Eae
3
Il verbo ausiliare ESSE
4
L’aggettivo
Dal punto di vista morfologico, gli aggettivi latini si dividono in due classi. La prima comprende
aggettivi a tre uscite, una per il maschile, una per il femminile e una per il neutro. Le desinenze sono
quelle della seconda declinazione (per il maschile e neutro) e quelle della prima declinazione (per il
femminile):
La seconda classe di aggettivi usa invece, per tutti e tre i generi, le desinenze della terza
declinazione e si presenta con tre, due oppure una uscita. Caratteristiche comuni alla declinazione degli
aggettivi di seconda classe sono
- l’ablativo singolare in -i
- il genitivo plurale in -ium
- le forme comuni del neutro plurale in -ia.
Prospetto sintetico:
Casi M F N M F N
NOM Bon-us Bon-a Bon-um Pulch-er Pulchr-a Pulchr-um
GEN Bon-i Bon-ae Bon-i Pulchr-i Pulchr-ae Pulchr-i
DAT Bon-o Bon-ae Bon-o Pulchr-o Pulchr-ae Pulchr-o
ACC Bon-um Bon-am Bon-um Pulchr-um Pulchr-am Pulchr-um
VOC Bon-e Bon-a Bon-um Pulchr-e Pulchr-a Pulchr-um
ABL Bon-o Bon-a Bon-o Pulchr-o Pulchr-a Pulchr-o
Come norma generale, da questi aggettivi si formano i corrispondenti avverbi di modo mediante
la terminazione -e:
3
Si declinano come aggettivi di prima classe anche le forme verbali del participio perfetto, del participio futuro, del gerundivo.
5
Alcuni aggettivi hanno le desinenze della prima classe, con l’eccezione del genitivo singolare e
del dativo singolare, che assumono rispettivamente le terminazioni -ius e -i, proprie dei pronomi. Il loro
nome è quello di aggettivi pronominali. I più diffusi sono
- Alius, alia, aliud (“altro”; qui la differenza è anche nella terminazione del neutro singolare)
- Totus, tota, totum (“tutto intero”)
- Solus, sola, solum (“solo, unico”)
- Unus, una, unum (“uno, uno solo”)
- Alter, altera, alterum (“altro” - tra due persone o gruppi )
Gli aggettivi di seconda classe hanno, si è detto, tre, due oppure una uscita. Gli aggettivi a tre
uscite hanno il maschile in -er, il femminile in -is, il neutro in -e:
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Gli aggettivi a due uscite hanno il maschile e femminile in -is, il neutro in -e:
Gli aggettivi a una sola uscita hanno il nominativo in consonante (-l /-r / -s /-x)
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LE CONIUGAZIONI REGOLARI ATTIVE E PASSIVE
Un verbo regolare latino ha tre temi, per mezzo dei quali si ottengono tutte le forme: tema del
presente, del perfetto e del supino. Si assuma come esempio il paradigma di un verbo della prima
coniugazione :
Il tema del presente si ottiene dall’infinito presente, togliendo la desinenza ( -are in questo caso );
si ha il tema del perfetto togliendo alla prima persona del perfetto la desinenza -i, mentre il tema del
supino si ottiene togliendo al supino attivo la terminazione -um.
Come regola generale, il PRESENTE INDICATIVO si forma aggiungendo al tema del presente una
vocale tematica ( caratteristica della coniugazione ) e le desinenze attive e passive. Tali desinenze sono:
Attive Passive
(-o), -m -r
-s -ris
-t -tur
-mus -mur
-tis -mini
-nt -ntur
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Presente indicativo attivo
I coniugazione II coniugazione III coniugazione IV coniugazione
Am-o Mon-e-o Leg-o Aud-i-o
Am-a-s Mon-e-s Leg-i-s Aud-i-s
Am-a-t Mon-e-t Leg-i-t Aud-i-t
Am-a-mus Mon-e-mus Leg-i-mus Aud-i-mus
Am-a-tis Mon-e-tis Leg-i-tis Aud-i-tis
Am-a-nt Mon-e-nt Leg-u-nt Aud-iu-nt
Si notino la -u al posto della -i alla terza persona plurale della III coniugazione e -iu, vale a dire
l’aggiunta di una -u, alla terza persona plurale della quarta coniugazione.
L’IMPERFETTO INDICATIVO si forma dal tema del presente con l’aggiunta di una vocale tematica,
del suffisso -BA e delle desinenze attive e passive :
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Il FUTURO INDICATIVO si forma con terminazioni diverse a seconda delle coniugazioni: in
sostanza, si può dire che la I e II coniugazione seguono un modo di formazione, la III e IV coniugazione
uno diverso:
CONGIUNTIVO PRESENTE
La formazione del congiuntivo presente è analoga a quella dell’indicativo presente, infatti cambia
la vocale tematica :
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CONGIUNTIVO IMPERFETTO
Si forma dal tema del presente, ma è più semplice ricordare come l’imperfetto congiuntivo derivi
dall’infinito presente attivo, con la semplice aggiunta delle desinenze attive o passive:
IMPERATIVO PRESENTE
Si forma dal tema del presente con l’aggiunta delle desinenze proprie dell’imperativo :
Imperativo presente
I coniugazione II coniugazione III coniugazione IV coniugazione
Am-a Mon-e Leg-e Aud-i
Am-ate Mon-ete Leg-ite Aud-ite
Imperativo futuro
I coniugazione II coniugazione III coniugazione IV coniugazione
Am-a-to Mon-e-to Leg-e-to Aud-i-to
Am-a-to Mon-e-to Leg-e-to Aud-i-to
Am-a-tote Mon-e-tote Leg-e-tote Aud-i-tote
Am-a-nto Mon-e-nto Leg-e-nto Aud-iu-nto
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Le forme dell’imperativo futuro, che ha le seconde e terze persone, possono essere rese in italiano con il congiuntivo presente
(es. “Vinca, vinca, vinciate, vincano”). Forme del tipo “amerai!”, “amerete!” vengono usate in documenti, iscrizioni e ovunque si voglia
sottolineare con maggiore enfasi il tono imperativo.
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PARTICIPIO PRESENTE
Il nome trae origine dal fatto che “partecipa” delle caratteristiche del nome e del verbo, dato che
si declina e si accorda come un aggettivo, ma, come un verbo, può esprimere rapporti temporali, essere
seguito da un’espansione o anche da una proposizione dipendente. Nel caso specifico del participio
presente, siamo di fronte a un aggettivo verbale di valore sempre attivo ed esprimente “azione
contemporanea a quella della proposizione reggente”.
Si forma dal tema del presente, con l’aggiunta di una vocale tematica, del morfema -nt ( solo -n
per il nominativo singolare ) e dalle desinenze della terza declinazione. Particolare, nella declinazione, è il
fatto che l’ablativo singolare esce in -i se il participio è usato come aggettivo, in -e se è usato come nome o
verbo:
Participio presente
I coniugazione II coniugazione III coniugazione IV coniugazione
NOM Am-a-n-s Mon-e-n-s Leg-e-n-s Aud-ie-n-s
GEN Am-a-nt-is Mon-e-nt-is Leg-e-nt-is Aud-ie-nt-is
DAT Am-a-nt-i Mon-e-nt-i Leg-e-nt-i Aud-ie-nt-i
... ... ... ...
Nell’uso, se il participio presente è usato come aggettivo può essere reso in italiano mediante un
aggettivo o sostantivo corrispondente:
Sidera viam navigantibus ostendunt = “Le stelle mostrano la via ai naviganti” ( lett. “a coloro
che navigano”)
Medii aegrotantes curant = “I medici curano gli ammalati” (lett. “coloro che stanno male” ).
( Come si vede dalla nota tra parentesi, frequente è la traduzione con una subordinata relativa
esprimente azione contemporanea a quella della reggente ):
Quando il participio presente è usato in funzione verbale viene in genere reso con una
proposizione subordinata temporale o causale oppure, in forma implicita, con un gerundio semplice:
Luscinia canens animos delectat = “L’usignolo, cantando ( quando canta, poiché canta )
rallegra l’animo”.
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GERUNDIO
Il gerundio latino corrisponde alle forme non dirette dell’infinito sostantivato italiano. Si
consideri una frase come “L’arte di amministrare lo stato è propria dell’uomo saggio e coraggioso” : “di
amministrare” ha funzione di specificazione del sostantivo “arte” e va quindi reso con un genitivo.
Trattandosi di un infinito che ha valore di sostantivo, ma che sostantivo strutturalmente non è, si ricorre
appunto al gerundio:
GERUNDIO
I coniugazione II coniugazione III Coniugazione IV Coniugazione
GEN Am-a-nd-i Mon-e-nd-i Leg-e-nd-i Aud-ie-nd-i
DAT Am-a-nd-o Mon-e-nd-o Leg-e-nd-o Aud-ie-nd-o
ACC. con prep. Ad Am-a-nd-um Ad Mon-e-nd-um Ad Leg-e-nd-um Ad Aud-ie-nd-um
ABL Am-a-nd-o Mon-e-nd-o Leg-e-nd-o Aud-ie-nd-o
Come si può notare dalla tabella, il gerundio si forma dal tema del presente con l’aggiunta di una
vocale tematica, del morfema -nd e delle desinenze della II declinazione. Ha valore attivo e lo possiedono
tutti i verbi. Riguardo al valore, il genitivo ha valore di specificazione, il dativo esprime la funzione di
fine, l’accusativo preceduto da preposizione indica direzione o scopo ( viene reso per lo più con una
proposizione secondaria finale ), l’ablativo ha funzione strumentale:
GERUNDIVO
È un aggettivo verbale, di valore passivo, formato dal tema del presente con l’aggiunta della
vocale tematica, del morfema -nd, delle desinenze degli aggettivi di I classe:
GERUNDIVO
I coniugazione II Coniugazione III Coniugazione IV Coniugazione
Am-a-nd-us,a,um Mon-e-nd-us,a,um Leg-e-nd-us,a,um Aud-ie-nd-us,a,um
... ... ... ...
Il gerundivo esprime l’idea di “dovere”, di qualcosa che non è ancora compiuto, ma che si ha la
necessità di compiere; può essere reso, in forma implicita, con “da + infinito”: Amandus = “da amare”,
Monendus = “da ammonire” ...
Si può anche usare una espressione passiva con la presenza del verbo “dovere”: Amandus = “
(che) deve essere amato” (Es.: Virtus admiranda est = “Il coraggio deve essere ammirato”, “La virtù
deve essere ammirata”). Sul gerundivo si tornerà in seguito.
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Le preposizioni
Precisano la funzione di un nome o pronome all’interno della frase. In verità tale funzione è
espressa in primo luogo dal caso, che però non sempre è sufficiente a chiarire tutti gli aspetti
dell’espansione. La più semplice classificazione delle preposizioni è quella basata sul caso che esse
richiedono (per lo più accusativo o ablativo ). In questa sede si ritiene più funzionale, al fine di consentire
più agili consultazioni, una classificazione puramente alfabetica:
È possibile che una preposizione abbia funzione di preverbo, vale a dire che concorra alla
formazione di verbi composti. Così, ad esempio, in aufero (da ab+fero) c’è il senso dell’allontanamento,
in addo (da ad+do) c’è il senso dell’aggiunta, in convenio (da cum+venio) quello dell’unione e della
completezza e così via.
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Tempo e luogo
1. TEMPO
La determinazione del momento in cui avviene l’azione e la sua durata trovano espressione in
latino con i casi ablativo e accusativo, con varie sfumature:
- quanto tempo prima? quanto tempo dopo? ablativo seguito da ANTE o POST
(usati come avverbi)
accusativo preceduto da ANTE o POST
(usati come preposizioni)
se è presente un attributo, ANTE o POST
si interpongono e si usano indifferentemente
l’ablativo o l’accusativo
Alcuni esempi:
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2. LUOGO
Hic (“qui”) Huc (“verso qua”) Hinc (“di qua”) Hac (“per di qua”)
Istic (“costì”) Istuc (“verso costà”) Istinc (“da costà”) Istac (“per costà”)
Ibi (“lì”) Eo (“là, verso là”) Inde (“di là”) Ea (“per di là”)
Illic (“lì”) Illuc (“verso là”) Illinc (“di là”) Illac (“per di là”)
Ibidem (“nel medesimo Eodem (“verso il Indidem (“dal medesimo Eadem (“per il
luogo”) medesimo luogo”) luogo”) medesimo luogo”)
Ubi (“dove”) Quo (“verso dove”) Unde (“da dove”) Qua (“per dove”)
Ubicumque Quocumque (“verso Undecumque (“da Quacumque (“per
(“dovunque”) ovunque”) dovunque”) ovunque”)
Alicubi (“in qualche Aliquo (“verso qualche Alicunde (“da qualche Aliqua (“per qualche
luogo”) luogo”) luogo”) luogo”)
Alibi (“altrove”) Alio (“verso un altro Aliunde (“da un altro Alia (“per un altro
luogo”) luogo”) luogo”)
Utroque (“verso un Utrimque (“da un luogo
luogo e verso l’altro”) e dall’altro”)
Si noti l’avverbio alibi, che in italiano è divenuto sostantivo, proprio del linguaggio giuridico e
frequente anche nella letteratura cosiddetta “gialla”, con il significato di “prova di innocenza, in quanto
non presente (altrove) rispetto al luogo del crimine”.
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I sostantivi DOMUS (“casa”) e RUS (“campagna”) hanno le forme domi e ruri per lo stato in luogo, domum e rus per il moto
a luogo, domo e rure per il moto da luogo.
6
Gli avverbi di luogo si distinguono in avverbi derivati da pronomi e avverbi di altra derivazione. Nella tabella sono contenuti
solo gli avverbi derivati da pronomi.
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Voci verbali formate dal tema del perfetto
Si formano dal tema del perfetto le seguenti voci verbali ( solo attive):
Tutti questi tempi, indipendentemente dalla coniugazione, derivano dal tema del perfetto con
l’aggiunta di terminazioni che vengono evidenziate nelle tabelle seguenti:
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Piuccheperfetto congiuntivo attivo
Terminazioni I coniugazione II coniugazione III coniugazione IV coniugazione
- issem Amav-issem Monu-issem Leg-issem Audiv-issem
- isses Amav-isses Monu-isses Leg-isses Audiv-isses
- isset Amav-isset Monu-isset Leg-isset Audiv-isset
- issemus Amav-issemus Monu-issemus Leg-issemus Audiv-issemus
- issetis Amav-issetis Monu-issetis Leg-issetis Audiv-issetis
- issent Amav-issent Monu-issent Leg-issent Audiv-issent
Il pronome di 3. persona non ha una forma specifica, ma usa il maschile e il femminile del
dimostrativo is,es,id, di cui ecco la declinazione completa:
Is Ea Id
Eius Eius Eius
Ei Ei Ei
Eum Eam Id
Eo Ea Eo
Ii Eae Ea
Eorum Earum Eorum
Iis (Eis) Iis (Eis) Iis (Eis)
Eos Eas Ea
Iis (Eis) Iis (Eis) Iis (Eis)
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Il pronome riflessivo di terza persona
È sempre nella forma di complemento riferito al soggetto della frase e ha forma unica per la terza
persona singolare e per la terza persona plurale:
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Ille, Illa, Illud = “ Quello”
M F N
NOM Ille Illa Illud
GEN Illius Illius Illius
DAT Illi Illi Illi
ACC Illum Illam Illud
ABL Illo Illa Illo
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IL PRONOME RELATIVO
Ha genere e numero del sostantivo a cui si riferisce, mentre il caso è determinato dalla funzione
che il pronome svolge:
M F N
Qui Quae Quod
Cuius Cuius Cuius
Cui Cui Cui
Quem Quam Quod
Quo Qua Quo
Notevole è anche il pronome Quisquis, Quidquid (“Chiunque, Qualunque cosa”), che si usa solo
al nominativo e all’accusativo. Se ha funzione di aggettivo, si usa anche la forma dell’ablativo ( quoquo
modo = “in qualunque modo”).
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GLI INTERROGATIVI
M.F. N.
Quis ? Quid ?
Cuius ? Cuius rei ?
Cui ? Cui rei ?
Quem ? Quid ?
Quo ? Qua re ?
Qui ? Quae ?
Quorum ? Quarum rerum ?
Quibus ? Quibus rebus ?
Quos ? Quae ?
Quibus ? Quibus rebus ?
M F N
Uter? Utra? Utrum?
Utrius? Utrius? Utrius?
Utri? Utri? Utri?
Utrum? Utram? Utrum?
Utro? Utra? Utro?
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GLI INDEFINITI
Oltre agli aggettivi pronominali, che sono sette e di cui si è detto in precedenza, esistono in latino
indefiniti composti da Quis ( o da Qui ), da Uter e infine di senso negativo:
- Aliqui, aliqua, aliquod “ Alcuno, qualche” (Se la frase è negativa, si usa Ullus,a,um).
- Quidam, Quaedam, Quiddam “Un certo, un tale, uno”. Come aggettivo si usa la
forma Quidam, Quaedam, Quoddam.
- Nullus,a,um “Nessuno”
- Nemo “Nessuno” (pronome).
- Nihil “Niente, nulla” (pronome).
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L’intensivo: la comparazione di maggioranza
Diversamente dall’italiano, che usa l’avverbio più premesso all’aggettivo di grado positivo, il
latino forma il comparativo di maggioranza aggiungendo al tema dell’aggettivo positivo le terminazioni -
ior per il maschile e femminile e -ius per il neutro (in realtà solo al nominativo, accusativo e vocativo
singolare). Le desinenze sono quelle della terza declinazione, con l’ablativo singolare sempre in -e, il
genitivo plurale in -um e le forme uguali del neutro plurale in -a:
M.F. N.
Alt-ior Alt-ius
Alt-ior-is Alt-ior-is
Alt-ior-i Alt-ior-i
Alt-ior-em Alt-ius
Alt-ior Alt-ius
Alt-ior-e Alt-ior-e
Alt-ior-es Alt-ior-a
Alt-ior-um Alt-ior-um
Alt-ior-ibus Alt-ior-ibus
Alt-ior-es Alt-ior-a
Alt-ior-es Alt-ior-a
Alt-ior-ibus Alt-ior-ibus
Generalmente il comparativo è seguito dal secondo termine di paragone, che si esprime in latino
con quam ( “che”, “di” ) e il caso del primo termine. Se il primo termine è in nominativo o in accusativo,
il secondo termine può essere reso con l’ablativo senza preposizione :
Il comparativo senza secondo termine di paragone viene detto comparativo assoluto ( Marcus est
fortior...) e viene reso in italiano con “alquanto, piuttosto, troppo” seguiti dall’aggettivo di grado positivo:
24
Il superlativo
Nella sua forma più comune7, il superlativo latino presenta la terminazione -issimus,a,um e si
declina come gli aggettivi della I classe in -us,a,um :
Fortis,e Fort-issimus,a,um
Altus,a,um Alt-issimus,a,um
La forma latina è comprensiva dei due tipi del superlativo italiano, quello assoluto e quello
relativo., quindi
Il termine di relazione del superlativo è detto partitivo ( “Mario è il più valoroso tra i soldati...”)
e viene espresso in latino
- con il genitivo
- con l’ablativo preceduto da e(ex)
- con l’accusativo preceduto da inter
7
Gli aggettivi che esono in -er al nominativo maschile, formano il superlativo con la terminazione -rimus,a,um (Acer
Acer-rimus ); sei aggettvi che escono in -ilis (facilis, difficilis, similis, dissimilis, humilis, gracilis) formano il superlativo con l’aggiunta
(al tema) di -limus,a,um (Facilis Facil-limus); gli aggettivi in -dicus,-ficus,-volus usano per il comparativo -entior,entius e per il
superlativo -entissimus,a,um (Malevolus Malevole-entior, Malevol-entissimus); gli aggettivi in -eus,ius,uus usano (con l’eccezione
di antiquus) una perifrasi, vale a dire che formano il superlativo con l’avverbio maxime seguito dall’aggettivo di grado positivo ( Strenuus
Maxime strenuus).
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L’intensità ottenuta mediante temi diversi
La formazione di comparativo e superlativo comporta, per cinque aggettivi, l’uso di temi diversi:
È semplice notare il parallelo con le forme italiane “migliore, ottimo, peggiore, pessimo,
maggiore, massimo, minore, minimo, più, plurimo”.
L’INTENSITÀ RAFFORZATA
Tra i modi di esprimere un grado ancora più forte di intensità, i più comuni sono quelli ottenuti
premettendo all’aggettivo di grado superlativo
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Forme verbali derivate dal tema del supino
Dal tema del supino ( si ricorda che tale tema si ottiene togliendo la terminazione -um alla voce
del supino riportata nel paradigma ) si formano
Il supino attivo ( la forma in -um) è usato per esprimere la finalità dell’azione in dipendenza da
verbi che indicano movimento:
Il supino passivo ( con terminazione -u: auditu, dictu, factu ) ha valore di limitazione e viene
usato in dipendenza da aggettivi. In italiano si rende con la preposizione a seguita dall’infinito
pronominale: “a farsi, a dirsi, a vedersi...”.
IL PARTICIPIO PERFETTO
Ha valore passivo ( si pensi ai participio passato italiani “amato, lodato, visto, udito”...) e si
forma aggiungendo al tema del supino le desinenze -us,a,um:
Anche l’infinito futuro attivo si forma dal tema del supino, con l’aggiunta del suffisso -ur e
delle desinenze dell’accusativo singolare e plurale degli aggettivi di I classe:
8
Sull’uso dell’infinito futuro si tornerà nel paragrafo dedicato alle proposizioni infinitive.
27
Il participio perfetto, a sua volta, insieme con le voci del verbo sum, dà luogo alle forme passive
del perfetto, piuccheperfetto e futuro anteriore, del perfetto e piuccheperfetto congiuntivo,
dell’infinito perfetto:
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PARTICIPIO FUTURO
È proprio di tutti i verbi ed è un aggettivo verbale di valore attivo. Si forma dal tema del supino
con l’aggiunta del suffisso -ur e delle desinenze -us,a,um:
Tutti i verbi che hanno il participio futuro hanno la cosiddetta coniugazione perifrastica attiva,
vale a dire l’unione del participio futuro con le voci di SUM; se l’unione avviene tra il gerundivo e le voci
di SUM si ha la cosiddetta coniugazione perifrastica passiva.
La perifrastica attiva esprime, come si è detto a proposito del participio futuro, l’imminenza di
un’azione, l’intenzione di compiere un’azione, la predestinazione:
La perifrastica passiva esprime invece l’idea di “dovere, necessità, obbligo” e si presenta in forma
personale o impersonale. e si rende in italiano con l’aggiunta del verbo servile “dovere” oppure, in forma
implicita, con “DA” seguito da infinito:
Arma capienda sunt “Le armi sono da prendere” - “Le armi devono essere
prese”.
Si tratta, dunque, di un’azione subita per necessità, di qui il senso di passivo. La perifrastica può
essere accompagnata da un complemento d’agente:
“Le armi devono essere prese dai cittadini” Arma capienda sunt civibus (dat.)
Solo nella perifrastica passiva il complemento d’agente viene reso con il dativo invece che
con a(ab) + ablativo. Tale dativo viene chiamato dativo d’agente.
La forma impersonale si presenta con il verbo ESSE alla terza persona singolare e con il
gerundivo nella forma del neutro singolare. In tal caso, anche in italiano si fa corrispondere una forma
impersonale:
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VERBI DEPONENTI
Probabilmente sono esito di una antica forma media, cioè di una forma, tipica della lingua greca,
in cui l’azione esprimeva un particolare interesse del soggetto. In ogni caso, si presentano con forma
passiva, ma significato attivo. La coniugazione è quella dei verbi passivi, con alcune particolarità, di cui
si dirà più avanti.
Le desinenze dell’infinito presente sono (per le quattro coniugazioni) -ari, -eri, -i, -iri.
La differenza più evidente nella coniugazione è la presenza dell’imperativo presente, che non
viene usato nei verbi passivi:
Alcune voci ( participio presente, participio futuro, infinito futuro, gerundio, supino attivo) hanno
forma attiva e significato attivo; altre voci ( gerundivo, supino passivo ) hanno invece forma passiva e
significato passivo.
VERBI SEMIDEPONENTI
Alcuni verbi sono detti semideponenti, in quanto hanno i temi derivati dal tema del presente in
forma attiva e i temi derivati dal tema del perfetto in forma passiva; il significato è sempre attivo:
30
Per comodità di consultazione si riporta di seguito l’intera coniugazione di un verbo deponente
della prima coniugazione:
31
IL NOMINATIVO
È il caso del soggetto e di tutto ciò che gli si riferisce (attributo, apposizione, complemento
predicativo del soggetto, nome del predicato). A volte è usato nelle esclamazioni (in alternativa
all’accusativo) oppure nei titoli.
Se nella frase è presente un complemento predicativo del soggetto, si dice che si è di fronte al
costrutto del doppio nominativo:
Una variazione di tale costruzione è quella del nominativo e infinito, che si ha quando nella frase
è presente l’infinito del verbo ESSE (in funzione di copula) o l’infinito di un verbo copulativo9. Il più noto
dei verbi con tale costruzione è
In italiano il verbo “sembrare” è usato di preferenza in forma impersonale (“ Sembra che tu sia
felice”; “Sembrava che tutto fosse normale”...), mentre in latino si preferisce una costruzione personale,
vale a dire con il verbo videor accordato a un soggetto:
diventa
9
Si chiamano copulativi quei verbi per i quali si richiede, per completarne il significato, la presenza di un infinito.
32
Ci sono altri casi ( ad esempio, il predicativo di videor può essere rappresentato da un
infinito ), ma la struttura di fondo della frase rimane invariata.Basteranno alcuni semplici esempi:
Mihi satis dixisse videor “Io sembro a me aver parlato abbastanza”, cioè
“ Mi sembradi aver parlato abbastanza”
Videor ha anche una costruzione che viene definita impersonale. In realtà si tratta semplicemente
del fatto che videor viene usato alla terza persona singolare, come in italiano. Il soggetto non è un
sostantivo o pronome ( e questo ha fatto parlare di impersonalità ), ma l’intera frase dipendente:
Mihi aliquid de bello scribere videtur “Mi sembra opportuno scrivere qualcosa riguardo
alla guerra”.
Romanis visum est urbem delere “Ai Romani sembrò opportuno distruggere
la città”.
Il verbo videor esprime negli esempi una funzione di “decisione, deliberazione” e va reso in
italiano con il significato di “sembrar bene, sembrare opportuno, sembrare conveniente”. I soggetti di
videor sono rispettivamente scribere... e delere....
Altri casi10 in cui videor si presenta nella forma apparentemente impersonale sono i seguenti:
Omnibus utile visum est Romam proficisci “A tutti sembrò cosa utile partire per Roma”
Mihi videbatur te paenitere tuae stultitiae “ Mi sembrava che tu ti pentissi della
tua stoltezza”
Mihi videtur fore ut discas linguam latinam “Mi sembra che imparerai il latino”.
10
Si ricordi anche la forma incidentale “ut videtur” (“come sembra”).
11
Il costrutto fore ut + congiuntivo è usato per esprimere l’infinito futuro nei verbi che sono privi di supino, il cui tema è
necessario per la formazione dell’infinito futuro.
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Verba dicendi usati al passivo
I “verba dicendi”, cioè i verbi che significano “dire, tramandare, raccontare”, quando sono al
passivo richiedono la costruzione personale al presente e nei tempi derivati; richiedono invece la
costruzione impersonale al perfetto e tempi derivati oppure con la coniugazione perifrastica passiva12:
“Fu tramandato che Omero era cieco” Traditum est Homerum caecum fuisse
“Si deve dire che sei felice” Dicendum est te esse beatum
In genere per esprimere il titolo di un’opera si usa l’ablativo preceduto dalla preposizione DE, per
indicare più precisamente il contenuto di un testo. Si tratta di un complemento di argomento, che appunto
viene reso con il DE+ablativo. A volte invece il titolo viene espresso, con valore più generale, in
nominativo:
12
Richiedono invece SEMPRE la costruzione personale i verbi che significano “comandare, vietare” quando sono usati al
passivo: Milites ire iubentur = “Si comanda ai soldati di procedere”.
34
Il genitivo
Il genitivo, caso del complemento di specificazione, viene usato per esprimere numerosi altri
complementi.
Genitivo di qualità
Genitivo di pertinenza
È usato sempre in forma predicativa con il verbo ESSE e indica la persona a cui spetta, di cui è
pertinenza una determinata azione. Indica anche il sostantivo astratto nel cui ambito rientra un particolare
modo di agire, di comportarsi. Si rende in italiano dando al verbo ESSE il valore di “è proprio, è compito,
è dovere”:
Genitivo di stima
Dipende da verbi che significano “stimare, considerare” (Duco, Aestimo, Habeo, Facio...) e, se la
stima è indeterminata (“Ti stimo, molto, poco, tanto...”), si usa il genitivo degli avverbi di quantità14:
Magni Molto
Pluris Di più
Plurimi Moltissimo
Parvi Poco
Minoris Di meno
Minimi Pochissimo
Nihili Per niente
... ...
13
In linea generale, se la qualità è fisica oppure viene considerata non duratura, al posto del genitivo si usa l’ablativo: Fuit
magna vi corporis (“Ebbe grande forza fisica”).
14
Se la stima è commerciale ( “La casa è stimata cinquecento sesterzi”, “I quadri vengono valutati moltissimo”), si usa
l’ablativo, sia degli avverbi di quantità, sia dell’espressione indicante il valore: “Domus quingentis sestertiis constat” - “Tabulae plurimo
ducuntur”. L’uso del genitivo rimane con Tanti, Tantidem, Quanti, Pluris, Minoris: “Quanti habitatis?” (Quanto pagate di affitto?).
35
Genitivo della colpa
Si trova con il sostantivo reus (“imputato”) e con verbi propri del linguaggio giudiziario, come
“accusare, chiamare in giudizio, citare” e indica la colpa, il crimine per cui si viene accusati, chiamati in
giudizio15:
Genitivo di pena
La pena a cui si viene condannati in seguito a un’accusa è espressa con il genitivo solo se è
indeterminata oppure nell’espressione “capitis” (“A morte, alla pena capitale”). Negli altri casi
(“all’esilio, a una multa..) si usa invece l’ablativo:
Omnes capitis damnati sunt “Furono tutti condannati alla pena capitale”
Una prima distinzione va fatta tra i verbi che significano “ricordarsi, richiamare alla propria
memoria” (memini, reminiscor, recordor) e quelli che significano “richiamare alla memoria di altri, far
ricordare” (Moneo, commoneo, commemoro, mentionem facio).
15
La colpa può essere espressa, sia con il sostantivo reus, sia con i verbi che indicano accusa e condanna, con l’ablativo
preceduto da DE: “De maiestate accusatus est” (“Fu accusato di lesa maestà”).
16
Oltre alla costruzione col genitivo, sono presenti costruzioni con l’accusativo e con de+ablativo. Se la cosa è espressa da un
pronome neutro, si usa sempre l’accusativo. A sua volta, recordor viene usato prevalentemente con de+ablativo ( si trova l’accusativo
se il complemento è un pronome neutro ).
36
Genitivo con interest e refert
I verbi Interest e Refert17 ( “importa, interessa, sta a cuore” ) si usano esclusivamente alla terza
persona singolare e richiedono di norma il genitivo della persona a cui una cosa interessa o sta a cuore:
Se la persona a cui una cosa interessa o sta a cuore si trova espressa mediante un pronome
personale di prima o seconda persona (“A me, a te, a noi, a voi interessa, sta a cuore...”) si usano le forme
mea, tua, nostra, vestra:
La cosa che importa, interessa, sta a cuore non viene espressa mediante un sostantivo, ma per
mezzo di un pronome neutro, di un infinito, di una proposizione infinitiva, di una proposizione
completiva, di una proposizione interrogativa indiretta :
Mea id interest
Omnium vestrum interest hoc facere
Mea interest hanc rem publicam servari
Ad laudem civitatis interest ut homines probi sint
Mea interest quid ille velit.
La quantità dell’interesse (“molto, poco, di più, di meno...) viene espressa con avverbi di quantità
che in gnere presentano la terminazione del genitivo ( Magni, Parvi.... ma anche Nihil, Multum...):
17
Interest è la terza persona singolare di “intersum”, che quando viene usato personalmente ha il significato di “essere in
mezzo” o di “esserci differenza”; Refert non deriva dal verbo Refero, ma è probabilmente contrazione di un’espressione del tipo Mea res
fert (“Il mio interessse comporta...”).
37
Il dativo
Nella sua forma più comune, il dativo indica il destinatario dell’azione espressa dal verbo e
precisata dal complemento oggetto:
il dativo di possesso
Unito al verbo ESSE il dativo esprime il possesso ( Est homini cum deo similitudo - Cic.);
l’italiano usa invece, per esprimere il possesso, il verbo “avere”. Per passare dalla struttura latina a quella
italiana, occorre quindi trasformare il dativo latino in soggetto, sostituire al verbo esse il verbo “avere” e,
di conseguenza, trasformare il soggetto latino in complemento oggetto:
Est homini cum deo similitudo “L’uomo ha una somiglianza con Dio”
Mihi magnae divitiae sunt “ Io ho grandi ricchezze”
18
Se al posto del verbo dare avessimo usato il verbo donare, avremmo potuto scegliere tra due costruzioni; la prima prevede
l’accusativo della cosa che si dona e il dativo della persona a cui si fa il dono ( Librum tibi donabo), la seconda prevede l’accusativo della
persona a cui si fa il dono e l’ablativo della cosa che si dona ( Libro te donabo ).
19
Per evitare confusioni, questi verbi esprimono il complemento d’agente con a(ab)+ablativo anche nella perifrastica passiva (
in cui occorrerebbe invece usare il dativo d’agente ): A pauperibus divitibus non invidendum est (“I ricchi non devono essere invidiati dai
poveri”).
38
Dativo di fine
Consul diem colloquio dicit “Il console stabilisce una data per il
colloquio”
In alternativa al dativo, l’espansione di fine può essere espressa con l’accusativo preceduto da ad
oppure con il genitivo seguito dalle forme ablativali causa o gratia:
Il doppio dativo
Viene così definita una costruzione in cui il dativo di fine si trova unito al dativo di vantaggio. È
comune con verbi con Esse, Dare, Tribuere, Mittere, Venire e altri:
Consul copias auxilio nostris misit “Il console mandò truppe in aiuto ai nostri”
Hoc mihi usui est “Ciò mi è utile”
Hoc mihi cordi est “ciò mi sta a cuore”
Nulla civitas Atheniensibus auxilio fuit praeter Plateenses
(“Nessun popolo fu di aiuto agli Ateniesi tranne gli abitanti di Platea”).
39
L’ ACCUSATIVO
L’accusativo è il caso del complemento oggetto o diretto e indica un movimento verso qualcosa o
qualcuno. L’uso latino corrisponde in genere a quello italiano, ma esistono non pochi verbi transitivi che
hanno come corrispondente in italiano un verbo intransitivo. Si ricordano tra gli altri Iuvo,Adiuvo
(“aiutare”), Spero (“sperare”), Fugio (“sfuggire a”, ma anche “evitare”).
Ricordiamo in primo luogo i verba affectuum, cioè verbi che indicano un sentimento dell’animo,
come doleo (“mi dolgo”), gratulor (“mi congratulo”), miror (“mi meraviglio”):
Reggono l’accusativo anche verbi indicanti sensazione fisica (Oleo, Sitio = “Puzzo, Ho sete”) e
verbi di moto composti con una preposizione che regge l’accusativo (Circumeo, Praetereo...):
Richiedono l’accusativo della persona che compie l’azione i verbi apparentemente impersonali
Fallit, Fugit, Praeterit (“Sfugge”), Iuvat (“Piace”), Decet (“Conviene”), Dedecet (“Non è conveniente”),
Latet (“È ignoto”):
Questi verbi richiedono l’accusativo della persona che prova il sentimento e il genitivo della cosa
per la quale si prova il sentimento20:
20
La cosa per la quale si prova il sentimento può essere espressa anche con un infinito o con una proposizione infinitiva o
ancora con una proposizione introdotta da quod (quia) o da si: Me taedet vivere (“Ho in tedio la vita”) , Me piget fratrem erravisse (“Mi
rincresce che mio fratello abbia sbagliato”), ...
Nella perifrastica passiva, la persona che prova il sentimento va in dativo: Nobis paenitendum est (“Noi dobbiamo
pentirci”).
40
Peto e quaero21
I due verbi richiedono l’accusativo della cosa che si chiede. Per quanto riguarda la persona a cui
si rivolge la chiesa, Peto richiede a(ab) e l’ablativo, mentre Quaero richiede e(ex) e l’ablativo. Il costrutto
latino privilegia la direzione da cui proviene la cosa richiesta o l’informazione:
Coriolanus auxilium a Volscis petiit “Coriolano chiese aiuto ai Volsci” (lett. “dai
Volsci”)
E philosophis discipuli doctrinam quaerunt “I discepoli chiedono ai filosofi la loro visione del
mondo”
Doceo e celo
Celo, invece, al passivo si costruisce col nominativo della persona che viene tenuta all’oscuro e
con de+ablativo della cosa che viene nascosta:
Mater celata est de morte fratris “La madre fu tenuta all’oscuro della morte del
fratello
21
Altri verbi che significano “domandare, chiedere” (verba rogandi) sono:
- Posco, Reposco, Flagito (“chiedere insistentemente”) - reggono il doppio accusativo, ma la persona si trova anche espressa
con a(ab) e ablativo;
- Oro, Rogo, Interrogo (“Pregare, chiedere”) - reggono un solo accusativo, o della persona o della cosa. Si ha un doppio
accusativo solo con un pronome neutro (Id te rogo) oppure nell’espressione Rogare aliquem sententiam (“Chiedere a qualcuno il suo
parere”). La cosa viene in genere espressa con de+ablativo.
22
Nelle altre forme è sostituito dai verbi Instituor, Erudior, Imbuor (“vengo istruito”).
41
Accusativo di relazione
L’accusativo di relazione è detto anche accusativo alla greca, dato che si tratta di un costrutto
assai comune nella lingua greca. Dipende in genere da un aggettivo ( meno di frequente da un verbo
intransitivo) e serve a precisare in relazione a che cosa ha valore la qualità espressa dall’aggettivo
reggente:
Accusativo di estensione
Dipende da aggettivi come longus (“lungo”), altus (“alto, profondo”) e da verbi come patêre
(“estendersi”):
Accusativo di distanza
Come si può dedurre dall’esempio, il luogo dal quale viene misurata la distanza va espresso con
a(ab) e l’ablativo anche se si tratta di un nome di città.
42
Il complemento di età
- con l’accusativo del numero ordinale aumentato di uno retto dal participio agens,ntis:
- con il genitivo del numero cardinale retto da sostantivi come puer, adulescens, vir, iuvenis,
senex:
43
L’Ablativo
ablativo di privazione
Dipende da verbi che indicano mancanza, bisogno e può essere preceduto dalla preposizione
a(ab), anche se nella maggior parte dei casi prevale l’uso senza preposizione:
Si usa senza preposizione per indicare la famiglia, la condizione, il nome proprio o comune dei
genitori, richiede e(ex) se indica il nome generico della madre oppure nomi di fiumi o di origine figurata,
a(ab) se indica origine remota:
ABLATIVO DI MATERIA
Indica la materia di cui è fatta una cosa e si esprime con la preposizione e(ex) oppure con un
aggettivo di significato corrispondente:
L’espressione OPUS EST significa “bisogna, è necessario, occorre” e può avere una costruzione
detta personale (usata preferibilmente quando ciò di cui si ha bisogno è rappresentato da un pronome
neutro) e una detta impersonale. Nel primo caso l’espressione con OPUS è accompagnata da un soggetto
in nominativo:
nel secondo caso, il verbo ESSE va alla terza persona singolare, la persona a cui una cosa è
necessaria va in dativo, la cosa di cui si ha bisogno va in ablativo:
I verbi fruor (usufruisco), Fungor (adempio), Vescor (Mi cibo), Utor (faccio uso di), Potior (mi
impadronisco), insieme con i loro composti, richiedono l’ablativo strumentale:
44
Nemo dexterius fortuna usus est “Nessuno ha usato più abilmente un’occasione
favorevole”
Si ricordi però l’espressione potiri rerum (“impadronirsi del supremo potere”), in cui il
verbo potior è costruito con il genitivo.
Gli aggettivi dignus (“degno”) e indignus (“indegno”) richiedono l’ablativo della cosa di cui si è
degni o indegni , in genere quando tale cosa è espressa con un sostantivo:
Carmina tua digna sunt quae legantur “Le tue poesie sono degne di essere lette”.
ABLATIVO ASSOLUTO
È un costrutto caratterizzato dal fatto di non avere alcun legame grammaticale con la
proposizione nella quale è incluso e da quello di presentare in ablativo gli elementi che lo costituiscono.
Si presenta nella forma di un participio presente o perfetto in ablativo, accompagnato da un nome o
pronome anch’esso in ablativo:
Dato che il verbo ESSE non ha le forme del participio presente e del participio perfetto, è possibile
trovare l’ablativo assoluto nella forma sostantivo+sostantivo oppure in quella di aggettivo (o pronome)+
sostantivo:
45
Tempi e modi nella frase semplice
Verbi come possum (“potere”) , debeo (“dovere”), soleo (“sono solito”), che formano un unico
predicato con l’infinito che li accompagna, conservano la forma attiva alla terza persona singolare ,
mentre assume quella passiva l’infinito che li accompagna:
Ma con i perfetti coepi (“cominciai”) e desii (“cessai, smisi”), nonché con i tempi da loro
derivati, accade che anche il verbo servile venga attratto al passivo:
IL PRESENTE INDICATIVO
Come tutti i tempi dell’indicativo, esprime un dato di fatto, l’oggettività. Può avere comunque
alcuni significati particolari:
- presente storico ( nelle narrazioni, per consentire maggiore incisività, viene usato al posto del
perfetto ):
L’IMPERFETTO DI CONATO
Anche l’imperfetto indicativo può avere valore conativo, vale a dire che può esprimere il tentativo
di compiere un’azione, ovviamente nel passato:
IL PERFETTO LOGICO
46
PERFETTO GNOMICO
Legge dell’anteriorità
In italiano sono corrette espressioni del tipo “Se verrai, ti darò quell’indirizzo”, in cui i tempi
delle due proposizioni sono uguali, ma le azioni indicate non sono, a ben guardare, contemporanee: nel
caso dell’esempio, infatti, l’azione del “venire” precede quella del “dare”. In latino occorre rispettare il
tempo reale di svolgimento dell’azione, così che il pimo dei due fututi dell’esempio va reso con un futuro
anteriore:
Si veneris, dabo...
Ovviamente la norma non si applica al solo futuro, ma a tutti i casi in cui la proposizione
dipendente esprime un’azione logicamente antecedente a quella della reggente:
Congiuntivo esortativo
Come in italiano, il congiuntivo presente viene usato nelle proposizioni indipendenti per
esprimere esortazione, ordine, divieto. Nel caso di proposizione negativa, si usa ne:
Imperativo negativo
Per esprimere un divieto, una proibizione alla seconda persona singolare e alla seconda plurale,
esistono in latino vari costrutti, il più frequente dei quali è quello che usa la negazione ne seguita dal
perfetto congiuntivo23:
23
È frequente anche la costruzione che usa Noli (Nolite) seguiti dall’infinito: Noli id facere! “Non fare questo!”; Nolite id
facere! “Non fate questo!”.
47
Congiuntivo potenziale
Congiuntivo dubitativo
Esprime, in forma interrogativa, il dubbio riguardo a una decisione da prendere oppure già
presa in precedenza:
Come si vede, in italiano si usa il condizionale di “dovere” seguito da un infinito. In latino si usa
il congiuntivo presente per esprimere il dubbio su una decisione da prendere, il congiuntivo imperfetto per
un dubbio riguardante il passato:
Quid dicam ?
Quid illo tempore dicerem ?
Congiuntivo desiderativo
Esprime il desiderio che una cosa avvenga o che sia avvenuta. Il desiderio può essere realizzabile
o meno:
Come si vede, in unione con l’espressione di augurio, i tempi usati indicano la realizzabilità o
meno del desiderio: il presente e il perfetto vengono usati per esprimere la realizabilità, mentre
l’imperfetto e il piuccheperfetto si usano per esprimere l’irrealizzabilità.
Utinam illum diem videam... “Voglia il cielo che io possa vedere quel giorno...”
Utinam Clodius viveret... “Volesse il cielo che Clodio fosse vivo!”
24
Questa seconda forma è di uso piuttosto raro.
48
Utinam minus vitae cupidi fuissemus “Volesse il cielo che fossimo stati meno avidi di
vita”
Una forma molto usata di espressione del desiderio realizzabile è quella che ricorre ai
congiuntivi Velim (“Vorrei”), Nolim (“Non vorrei”), Malim (“Preferirei”) seguiti dall’infinito o dal
congiuntivo presente o perfetto25; per esprimere invece il desiderio irrealizzabile si usano i congiuntivi
Vellem (“Vorrei”), Nollem (“Non vorrei”), Mallem (“Preferirei”) seguiti dall’infinito oppure dai
congiuntivi imperfetto o piuccheperfetto26.
Congiuntivo concessivo
In proposizioni indipendenti, a volte si dà per concesso un fatto o per vera una premessa anche se
non li si ritiene tali (“Ammettiamo che ciò sia vero, a noi che importa ?”; “Concediamo pure che la vita
sia un male, che cosa possiamo fare?”; “Facciano pure quello che vogliono, continuerò a dire il vero.”).
Come si vede, l’italiano usa locuzioni (“Ammettiamo che, concediamo che...”) o l’avverbio “pure”
accompagnati dal congiuntivo presente o passato. Il latino usa il congiuntivo presente o perfetto, a seconda
che la concessione riguardi il presente o il passato. È possibile, anche se non obbligatorio, che il
congiuntivo latino sia preceduto da avverbi come sane (“pure”) o licet (“pure”)27:
L’infinito presente viene usato nelle narrazioni da alcuni autori (Sallustio e tacito soprattutto) per
esprimere un’azione durativa nel passato (“ I senatori prendevano decisioni”, “Molti si tenevano
nascosti”): come si vede, in italiano all’infinito narrativo corrisponde un imperfetto indicativo:
25
Si usa l’infinito se il soggetto di Velim... è lo stesso del verbo dipendente; si usa il congiuntivo (senza congiunzione) se i
soggetti sono diversi:
Velim dicere (“Vorrei dire”) Velim dicas (“Vorrei che tu dicessi”).
26
La distinzione è la medesima della nota precedente:
Vellem dixisse (“Vorrei aver detto”) Vellem dixisses (“Vorrei che tu avessi detto”).
27
Licet non è propriamente un avverbio, ma una forma verbale di terza persona singolare. Ha comunque, nei casi citati, una
valenza avverbiale.
49
La frase complessa o periodo
50
La consecutio temporum del congiuntivo: schema riassuntivo
29
PROPOSIZIONI RELATIVE PROPRIE
Sono introdotte da pronomi relativi, da pronomi indefiniti con valore relativo (qualis, quantus,
quot...), da alcuni avverbi (quotiens, ubi, quo, unde, qua...) e richiedono il verbo al modo indicativo,
stesso tempo che in italiano. Si può trovare anche il congiuntivo, con valore per lo più eventuale:
PROPOSIZIONI CAUSALI
Nella loro forma più semplice sono introdotte da quod, quia, quoniam e richiedono il modo
indicativo. Il tempo è lo stesso richiesto in italiano. Si usa il congiuntivo, detto congiuntivo obliquo,
quando si riferisce il pensiero o il punto di vista di altri:
28
Non seguono la consecutio temporum quelle proposizioni che usano i tempi del congiuntivo con valore proprio, vale a dire
la proposizione consecutiva, la comparativa ipotetica, le parentetiche.
29
Si definiscono improprie quelle relative che hanno valore finale, causale, temporale, consecutivo, concessivo, avversativo,
comparativo ipotetico, condizionale. Un esempio per tutti: Patres conscripti, qui Hannibale vivo numquam se sine insidiis futuros
existimarent, legatos in Bithyniam miserunt (“I senatori, poiché ritenevano che non sarebbero mai stati al sicuro finché Annibale non
fosse morto, inviarono ambasciatori in Bitinia”).
51
Caesar consilium mutat quod urbem oppugnare non possit.
“Cesare cambia piano poiché (è l’opinione di Cesare) non può assalire la città.
Cercando di rendere in italiano ciò che in latino è espresso mediante l’uso del congiuntivo, il
secondo esempio si potrebbe tradurre:
“Cesare cambia piano poiché si accorge (si rende conto, ritiene) di non poter assalire la città”.
PROPOSIZIONI TEMPORALI
Nella forma più comune, le temporali sono introdotte da una congiunzione subordinante
temporale, seguita dall’indicativo ( meno di frequente dal congiuntivo con valore eventuale ), con gli stessi
tempi dell’italiano. La più frequente delle congiunzioni subordinanti è Cum, che non è la preposizione con
l’ablativo, ma una derivazione della forma arcaica Quom, connessa al tema da cui deriva anche il pronome
relativo.
PROPOSIZIONI CONCESSIVE
Nella forma più comune le concessive sono introdotte da Quamvis (“sebbene”) e richiedono il
congiuntivo, con gli stessi tempi dell’italiano. Se la congiunzione usata è Quamquam (oppure Etsi,
Tametsi), i tempi restano gli stessi dell’italiano, ma il modo da usare è l’indicativo:
52
Il cum narrativo: schema riassuntivo
Nelle narrazioni, con valore per lo più causale, temporale o concessivo, viene usata la
congiunzione Cum in unione con i tempi del congiuntivo. Se si considera che la forma implicita delle
secondarie citate è in italiano un gerundio, si può costruire un semplice schema di corrispondenza:
Così, rovesciando lo schema e partendo dalla forma latina, se per esempio abbiamo
... osserviamo che il CUM + congiuntivo imperfetto latino corrisponde in italiano a un gerundio
semplice. La prima traduzione potrà dunque essere:
“ Gli Edui, non potendo difendere se stessi e le proprie cose, inviarono ambasciatori a Cesare”.
A questo punto, interpretando il contesto, si potrà rendere esplicito il valore del gerundio. Nel
caso in esame, sembra opportuno scegliere il valore causale:
“Gli Edui, poiché non riuscivano a difendere se stessi e le loro cose, inviarono ambasciatori a
Cesare”.
53
PROPOSIZIONE INFINITIVA
La risposta alla domanda avviene ripetendo, nella forma affermativa o negativa, il termine su cui
la domanda stessa verte:
Veniesne ? Veniam.
Estisne vos Romani? Sumus.
30
Se l’idea di futuro deve essere espressa con un verbo privo di supino (ad es. disco (“imparare”), l’infinito futuro viene
espresso mediante la perifrasi fore (futurum esse) ut+ congiuntivo presente o imperfetto: “Puto fore ut linguam latinam discas”(“Ritengo
che imparerai il latino”).
31
Si usa num se ci si attende una risposta negativa, nonne se si sa che la risposta sarà affermativa, -ne se si è incerti riguardo
alla risposta.
54
Sono dette interrogative dirette doppie o disgiuntive quelle proposizioni interrogative poste in
modo da proporre un’alternativa, nel senso che la risposta che si può dare a una di esse non può essere la
stessa data all’altra:
Le interrogative doppie si presentano, nella forma più comune, con i funzionali Utrum (che non si
traduce) e An (che corrisponde alla disgiuntiva “o”):
È frequente l’omissione di utrum ed è possibile che la prima interrogativa presenti il -ne enclitico:
Defenditis an impugnatis plebem? Estne servus an liber? (“È uno schiavo oppure un uomo
libero?”)
Quaero quid de hac re sentias “Ti chiedo quale sia il tuo parere su queste cose”.
(Si usa il presente congiuntivo perché viene espressa un’azione contemporanea a quella indicata dalla reggente, che ha il verbo
al presente)
55
Anche per le interrogative indirette, è possibile che si abbia una struttura doppia, vale a dire che
si esprimano due domande alternative:
“Si discute se gli uomini possano vivere senza guerre oppure no”
I funzionali mediante i quali si esprime la disgiunzione sono gli stessi usati per le interrogative
dirette:
PROPOSIZIONI FINALI
Esprimono il fine dell’azione espressa nella reggente e sono introdotte da Ut (Quo se nella finale
è presente un comparativo) se sono positive, da Ne se sono negative. Il verbo va al congiuntivo presente o
imperfetto a seconda che dipenda da un tempo principale o da un tempo storico:
I verbi che significano “chiedere” (verba postulandi), “esortare” (verba hortandi), “comandare”
(verba imperandi), “occuparsi di” (verba curandi”) hanno necessità di “saturare” il loro valore semantico
mediante una proposizione secondaria completiva (il nome deriva appunto dal fatto che tale proposizione
completa il valore semantico del verbo) che si presenta nella forma Ut(Ne)+ congiuntivo presente o
imperfetto:
56
Completive finali con i verba timendi
I verbi e le espressioni che indicano “timore” sono sempre seguiti da una completiva al
congiuntivo32 con Ut33 o Ne. L’uso di Ut e Ne è determinato dal tipo di timore che viene espresso; più
precisamente, si userà
“Temo che i soccorsi non arriveranno” (Si teme che qualcosa di desiderato non avvenga; il “che
non” va reso con Ut).
“Temo che il nemico giunga presto” (Si teme che qualcosa di non desiderato si verifichi; il “che”
va reso con Ne).
PROPOSIZIONE CONSECUTIVA
È una subordinata che esprime l’effetto di quanto affermato nella reggente. “Anticipata” nella
reggente da avverbi come Sic, Ita, Tam, Tantum, Adeo,( “così, tanto, tale, a tal punto...”), o da aggettivi
come Is, Talis...(“Tale”), è introdotta da Ut (Ut...non se la frase è negativa) e seguita dal congiuntivo
presente (se la conseguenza riguarda il presente) e imperfetto o perfetto (se la conseguenza riguarda il
passato):
Anche la consecutiva può essere espressa per mezzo di una relativa impropria al congiuntivo:
Come si vede, se la reggente e la consecutiva hanno lo stesso soggetto, la consecutiva può essere
resa in italiano nella forma “da+infinito”.
32
Più frequentemente, presente e imperfetto, ma ricorrono tutti i tempi del congiuntivo: si usano presente e perfetto in
dipendenza da tempi principali, perfetto e piuccheperfetto in dipendenza da tempi storici. Un solo esempio, tratto da Cicerone: Naevius
veretur ut res parata sit (“Nevio teme che la cosa non sia stata approntata”).
33
Invece che Ut è possibile trovare, con lo stesso significato, Ne non.
57
PROPOSIZIONI COMPARATIVE
Le proposizioni comparative hanno rispetto alla loro reggente lo stesso valore che il secondo
termine di paragone ha rispetto al primo:
- da aggettivi e avverbi indicanti “somiglianza e diversità” (similis, par, alius...); in tal caso sono
introdotte dalle congiunzioni comparative ac, atque.
Plura fecit quam promisit “Fece più cose di quante ne avesse promesse”
Le comparative ipotetiche sono introdotte in italiano da espressioni del tipo “come se, quasi
che...”; in latino vi corrispondono ut si, velut si, quasi e simili, seguite dal congiuntivo secondo le norme
della consecutio temporum34:
34
Da ricordare anche ut qui(quae,quod)+ congiuntivo (secondo la consecutio temporum) : Loquitur ut qui omnia sciat
(“Parla come se sapesse tutto”).
58
PERIODO IPOTETICO INDIPENDENTE
Un periodo ipotetico indipendente consta di due enunciati, una reggente detta apodosi e una
condizionale detta protasi. Se si assume come punto di riferimento la prospettiva di chi pone la
condizione, un periodo ipotetico può essere di tre tipi:
- della realtà (se chi pone la condizione la ritiene come reale, oggettiva):
- della irrealtà (se chi pone la condizione la esprime come impossibile a verificarsi, irreale):
I TIPO
Protasi Apodosi
Si+indicativo Indicativo
Nisi+indicativo Congiuntivo potenziale
Congiuntivo dubitativo
Congiuntivo esortativo
Congiuntivo ottativo
Congiuntivo concessivo
Imperativo
II TIPO
Protasi Apodosi
Si(Nisi) + congiuntivo Congiuntivo presente (possibilità nel presente)
presente (possibilità nel presente o futuro) Congiuntivo perfetto (possibilità nel passato)
perfetto (possibilità nel passato)
III TIPO
Protasi Apodosi
Si (Nisi) + congiuntivo Congiuntivo imperfetto (irrealtà nel presente)
Imperfetto (irrealtà nel presente) Congiuntivo piuccheperfetto (irrealtà nel passato)
Piuccheperfetto (irrealtà nel passato)
Si volumus aequi rerum omnium iudices esse, hoc primum nobis persuadeamus, neminem
nostrum esse sine culpa (Sen.).
“Se vogliamo essere obiettivi, convinciamoci innanzitutto del fatto che nessuno di noi è privo di
colpa”.
Si amicus tuus moriens rogaverit ut hereditatem reddas suae filiae, nec umquam id scripserit nec
cuiquam dixerit, quid facias? (Cic.)
“Se un tuo amico, in punto di morte, ti avesse chiesto di provvedere all’eredità per sua figlia, ma
non lo avesse lasciato scritto, né lo avesse detto ad alcuno, che cosa faresti?”
59
Quae vita fuisset Priamo, si ab adulescentia scisset quos eventus senectutis esset habiturus ?
(Cic.)
“Che vita avrebbe avuto Priamo, se fin da giovinetto avesse saputo quali eventi si sarebbero
verificati nella sua vecchiaia?”
I TIPO
II TIPO
L’apodosi si trova solo all’infinito futuro e la protasi va al congiuntivo per attrazione modale,
secondo le norme della consecutio temporum:
III TIPO
L’apodosi si trova solo all’infinito futuro (nella forma -urum,uram,urum fuisse ), la protasi va al
congiuntivo imperfetto o piuccheperfetto, come se il periodo ipotetico fosse indipendente:
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Periodo ipotetico dipendente con apodosi al congiuntivo
I e II TIPO
III TIPO
Apodosi e protasi hanno gli stessi tempi che avrebbero se fossero indipendenti:
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Discorso indiretto (oratio obliqua)
Il discorso indiretto pone le parole altrui in dipendenza di un verbo che significa “dire,
raccontare, narrare, pensare, reputare” o anche “comandare, chiedere. La prima conseguenza è un
abbassamento di grado di tutte le proposizioni di ciascun periodo:
Nel passaggio dal discorso diretto all’oratio obliqua le principali assumono tempi e modi delle
subordinate, così le enunciative diventano infinitive, le volitive diventano subordinate al congiuntivo senza
Ut (ma con Ne se negative), le eventuali corrispondono a subordinate al congiuntivo, le interrogative reali
vanno al congiuntivo e quelle retoriche all’infinito:
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APPENDICE A
Presente indicativo
Volo Nolo Malo
Vis Non vis Mavis
Vult Non vult Mavult
Volumus Nolumus Malumus
Vultis Non vultis Mavultis
Volunt Nolunt Malunt
Presente congiuntivo
Velim Nolim Malim
Velis Nolis Malis
Velit Nolit Malit
Velimus Nolimus Malimus
Velitis Nolitis Malitis
Velint Nolint Malint
Imperfetto congiuntivo
Vellem Nollem Mallem
Velles Nolles Malles
Vellet Nollet Mallet
Vellemus Nollemus Mallemus
Velletis Nolletis Malletis
Vellent Nollent Mallent
Imperativo presente
manca Noli manca
Nolite
Imperativo futuro
manca Nolito manca
Nolitote
Infinito presente
Velle Nolle Malle
Participio presente
Volens,volentis Nolens,nolentis manca
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APPENDICE B
EO,IS,IVI,ITUM,IRE (“andare”)
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APPENDICE C
FERO,FERS,TULI,LATUM,FERRE (“portare”)
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APPENDICE D
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APPENDICE E
I COMPOSTI DI ESSE
L’unione di una preposizione e delle voci di SUM dà luogo ai cosiddetti composti di SUM. Tali
verbi richiedono in genere il caso dativo e si coniugano senza particolarità, fatta eccezione per i due verbi
POSSUM (“io posso”) e PROSUM (“io giovo”):
Se si osserva il paradigma di prosum, si può notare che le varie forme derivano dalla presenza di
pro- davanti alle voci di SUM che iniziano per “s” e di prod- davanti a quelle che iniziano per “e”. Sarà
facile costruire la coniugazione, come si vede ad esempio dal presente:
prosum
prodes
prodest
prosumus
prodestis
prosunt
Simile, anche se in parte, è il discorso per possum: le forme del perfetto e dei tempi da esso
derivati seguono la normale derivazione dal tema del perfetto potu-; le altre forme invece usano pos-
davanti alle forme di SUM che iniziano per “s” e pot- davanti a quelle che iniziano per “e”. Infine,
l’infinito presente (e di conseguenza l’imperfetto congiuntivo, hanno forma irregolare. Ecco una tabella
con alcuni esempi (presente indicativo, perfetto indicativo, imperfetto congiuntivo):
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