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Sergio Cotta IL DIRITTO NELLESISTENZA Cap.

1 Profilo metodologico dello studio del diritto

Dire filosofia dire indagine sul posto che il diritto occupa nellesistenza umana. il parametro di riferimento delle riflessioni delluomo. Non a caso hanno senso prioritario i principi metodici fondamentali nellesperienza filosofica occidentale il dubito agostiniano e il cogito cartesiano. La presenza del diritto nellesistenza costante, infatti ognuno sa ci che si deve fare o lecito fare, anche senza avvertire se ci sia diritto o no. Lagire quotidiano quindi, nelluomo, condizionato da una pre-comprensione del diritto.

Kant allinizio della Dottrina del diritto aveva posto la domanda: quid ius?(cio cos il diritto?). Tale domanda si apre a tante risposte, ognuna corrispondente al tipo di indagine. Una prima risposta richiama ad unindagine descrittiva. Questa descrizione esamina loggetto sotto forma di fenomeno, attivit che appare e quindi non pura produzione immaginaria del soggetto che osserva. Lindagine descrittiva quindi d la forma esterna delloggetto ed detta morfologica. Questa forma di indagine morfologica permette di distinguere una norma giuridica da altri tipi di regole, proprio perch diverse esteriormente. Morfologicamente diritto il documento linguistico emanato da unautorit legislativa organizzata. Lindagine morfologica per, per completare il suo obiettivo di individuazione del fenomeno, deve necessariamente mettere in luce anche la forma interna o struttura. Il testo giuridico non descrive ma, dispone, prescrive. La prescrizione una direttiva in senso forte. Proprio perch una direttiva in senso forte non tollera disubbidienza e trasgressioni. Se ci avviene allora interviene la sanzione. La struttura della norma giuridica quindi una prescrizione sanzionabile. Basti pensare allo schema di Kelsen. (se A, deve essere B... la formula va intesa nella versione aperta: a seconda che A un atto conforme oppure difforme da una prescrizione, B sar sanzione di riconocimento di liceit oppure illecit. questa struttura comune ad ogni tipo di regole di comportamento anche se le sanzioni saranno diverse a seconda dei generi di regole. Ma la struttura sempre la medesima, prescrittivo-sanzionatoria.

Ora nasce una nuova domanda: perch quelloggetto proprio cos e non altrimenti? Nasce cos unulteriore indagine che chiameremo esplicativa, che guarda la sua stessa esistenza, la sua ragione di esserci. Non pi un fenomeno come oggetto, ma come prodotto che deve raggiungere uno scopo. questa la soluzione finalistica o teleologica.

Lindagine teleologica permette una migliore conoscenza del diritto ma anche una valutazione oggettiva sulladeguatezza allo scopo. Lesser cos di un oggetto quindi dipende dal fine cui esso serve. Quel fine unico e non pu essere altro. Nasce anche unaltra domanda: ma perch c il diritto? Non ci possono essere risposte o spiegazioni n storiche, n sociologiche. C solo una risposta ontologica, cio che il diritto esiste perch richiesto dallessere stesso delluomo. Il diritto un fenomeno specificatamente umano che, pur vario nelle forme e nei contenuti, costituisce una modalit del vivere presente in tutto il percorso della storia umana. Solo in questo modo si fondono insieme loggetto diritto e il soggetto vivente in modo giuridico. La filosofia non considera il diritto come unentit separata dalla realt della vita, ma lo osserva e lo interpreta nella prospettiva globale della vita.

Cap.2 Senso comune e teorie giuridiche odierne

Il filosofo del diritto riflette sulla divaricazione che esiste tra il senso comune del diritto nei secoli e le concezioni giuridiche odierne. Il senso comune percepisce il fenomeno giuridico come giustizia. In formula filosofica si pu dire che questa giustizia lessenza del diritto. Per le concezioni moderne, invece, diritto e giustizia appartengono a due ambiti diversi. Il diritto lesserci di fatto, mentre la giustizia lideale al quale il diritto dovrebbe conformarsi, cio il dover-essere. Lavvento nell800 dellet industriale ha contribuito ad abbandonare il senso comune di intendere il diritto. In questa nuova e complessa societ, il sistema giuridico costituito non pi da norme generali, ma particolari. Questa netta separazione concettuale tra diritto e giustizia toglie cos ogni valore di verit al senso comune. La verit vista solo nel suo esserci fattuale, creando cos una frattura nella coscienza del soggetto, determinando in esso un senso di risentimento. Nel senso comune del diritto coabitano due convinzioni assai diverse ma molto profonde: lobbligatoriet del diritto e la sua origine da una volont superiore.

Perch mai una volont altrui, sia pure superiore, dovrebbe obbligare gli individui? Il senso comune riconosce come giustizia questi obblighi. Non si accettano come obblighi i comandi di un bandito per esempio, ma quelli delle norme si. Lobbligatoriet del bandito potere , quello delle norme autorit. Bisogna fare ancora una distinzione tra il diritto in generale e le leggi. Se il primo sempre giusto, le leggi non sempre lo sono. Per il sentire comune, il diritto trae dunque il suo senso dalla giustizia: obbligatorio perch giusto e perch promana dallautorit che, a sua volta, emanazione della giustizia. Per il senso comune la giustizia il principio organizzativo e regolativo oggettivo della vita politico-giuridica e pi in generale della vita pratica. In un primo tempo si assiste ad una supremazia della legislazione statale (ai tempi dellassolutismo monarchico sei-settecento) sulle altre forme di diritto tradizionali (consuetudini locali vengono sempre pi subordinate e marginalizzate). In un secondo tempo, a partire dalla costituzione dello Stato nazionale, si assiste ad un vero e proprio monopolio statale del diritto. Il diritto interno dello Stato non pi soggetto al diritto naturale: questa la riduzione del diritto al diritto statale.

La scienza giuridica contemporanea si suddivisa ormai in due tipi: 1) Che ha per proprio ambito di indagine un dato ordinamento giuridico positivo e vari contenuti normativi per assicurare la certezza del diritto. 2) Che si rif al diritto positivo, ma allo scopo di ricavarne quei concetti che permettono di determinare in generale la giuridicit dei pi vari ordinamenti giuridici. Possiamo paragonare questa distinzione a quella kantiana tra il quid iuris e il quid ius, tra scienza e filosofia del diritto. Il primo si occupa del quid iuris, cio cos statuito da un dato ordinamento. il secondo invece si occupa del quid ius, ossia di definire cos il diritto. Le principali teorie giuridiche odierne sono accomunate dal volontarismo. Una norma giuridica rispettata non per lobbligatoriet ma per volont (Kelsen). Se si considera la teoria istituzionalistica del diritto la societas identificata con listituzione (linsieme delle norme), ovvero con il corpo sociale organizzato, che non si produce da solo ma leffetto della volont di un autore.

I diversi tipi di teorie giuridiche sono riconducibili entro il comune orizzonte volontaristico, cos come lorigine stessa del diritto e quindi del rapporto fra doveri e diritti. Il carattere fondamentale del diritto la sua coercibilit. La volont e la potenza quindi configurano la volont superiore capace di instaurare il diritto. Questo il risultato che riduce immediatamente il diritto a forza. Forza intesa come obbligatoriet allosservanza delle leggi e non come uso della forza in se stessa.

Cap.3 Il sorgere del diritto nella coscienza

Esistono due concezioni che riguardano il modo in cui il diritto nasce e sono: 1) La concezione autonoma che quella che sostiene che il diritto nasce allinterno dellessere umano, nella sua coscienza e natura; quindi il diritto qualcosa di libero, perch nasce dal libero sentimento dellindividuo. DIRITTO AUTONOMO = DIRITTO-PRETESA 2) La concezione eteronoma che sostiene che il diritto proviene dallesterno. Il diritto , quindi, qualcosa di imposto che lindividuo sente come estraneo e nei cui confronti egli perci insofferente. Questa teoria ostile al diritto e quindi si basa su un sostanziale antigiuridismo: il diritto viene visto come una serie costrittiva di obblighi e divieti, imposto con la minaccia di pene e sanzioni di tipo costrittivo-repressivo. DIRITTO ETERONOMO = DIRITTO-REGOLA Queste due concezioni di diritto non si escludono a vicenda ma si comportano come due facce della stessa medaglia. Non vi diritto-regola che non faccia sorgere nellaltro un corrispondente dirittopretesa e viceversa: insomma regola e pretesa sono interdipendenti e collegate tra loro. questa la prova che tra diritto ed esistenza non vi grande eterogeneit, in quanto tali categorie sono in sintonia fra loro e fra loro omogenee. Il diritto, quindi, si basa su una sorta di autenticit esistenziale, cio non qualcosa di astratto ma esiste in maniera autentica. Bisogna assicurarsi ora se veramente possibile sostenere che il diritto esiste veramente, cio bisogna verificarne lautenticit. Che significa vivere giuridico? si pu dire che significa vivere secondo principi e regole

oggettive e vincolanti, cio vivere secondo giuridicit. Partiamo dallesame dellindividuo inteso solo come se stesso, cio al di fuori dei rapporti con gli altri individui: la teoria del Giusnaturalismo sostiene lesistenza di uno stato di natura originario dellindividuo che vive da solo, al di fuori di una societ, e ci in maniera asociale: questa teoria ormai superata perch troppo semplicistica ed stata sostituita da un Giusnaturalismo moderno, che pure prevede uno stato di natura per lindividuo ma diverso: il vecchio stato di natura si basava sullassenza di ogni regola e quindi, immaginava un sistema di continue lotte fra gli individui. Il nuovo stato di natura immagina che la condizione naturale delluomo sia quella in cui ogni individuo libero di auto realizzarsi secondo la propria volont, libera dal diritto. Il punto comune di queste due teorie che comunque lindividuo estraneo al diritto e non ne sente la necessit. Lindividuo visto al di fuori delle relazioni con gli altri individui, cio come unentit a s stante. Ma ci veramente possibile? No. Se fosse possibile, noi avremmo un individuo astratto, che prescinderebbe dalla realt concreta, il che non : ogni uomo, infatti, sente il mondo esterno e agisce nel mondo esterno; quindi, accanto al senso soggettivo della sua appartenenza a s, ha anche il senso oggettivo dellesistenza del mondo esterno. Infatti lindividuo gradualmente riesce a depurare il proprio io dai pregiudizi dovuti alle sue conoscenze e abitudini; questo io depurato pu rivolgersi dallinterno verso lesterno, cos pu intendere la realt in maniera non pi soggettiva, ma oggettiva (teoria di Husserl). Luomo non unentit astratta ma ben concreta, che si manifesta nel mondo esterno mediante le sue funzioni. Lazione delluomo frutto della sua mente ed decisa dalla sua volont, essa sua, appartiene a lui ed voluta da lui. Luomo perci vuole e cosa vuole? Innanzitutto vuole fare, cio vuole agire e rapportarsi allesterno. Egli insieme vuole avere beni materiali ma anche gioia, felicit, ecc. Questo voler fare e voler avere si sommano insieme nella volont di essere. Fare ed avere riconducano allessere dellindividuo (lautore lo definisce Essere ontico). Facciamo alcune considerazioni: A) Lazione delluomo non qualcosa di compatto ma la somma di tre momenti che sono fare-avere-essere: dallessere si procede al fare e allavere dando cos origine allessere

ontico. B) Lazione si sviluppa nella sintesi essere-fare-avere, da cui deriva la volont di essere e che definiamo volont sintetica. C) Il soggetto tende sempre ad agire, quindi un soggetto non statico ma dinamico. D) sbagliato ritenere che lessere equivalga alla staticit mentre il fare e lavere alla dinamicit, poich anche lessere, insieme al fare e allavere, fa parte del mondo della dinamicit. Se lessenza dellindividuo sta nella sintesi essere, fare e avere, come si fa a conciliare questa sintesi, che presuppone la libert, con il mondo delle regole oggettive e vincolanti? Il soggetto un ente dinamico portato ad agire continuamente per raggiungere ci che vuole, ma esso si accorge ben presto che il suo agire non libero perch si incontra sempre con una realt esterna che non gli appartiene e gli estranea, che il mondo dellalterit. Luomo si deve rendere conto, perci, che egli non agisce nel vuoto umano ma in un mondo nel quale ci sono altri io, dei quali deve tener conto. Non ci si pu sottrarre a tale osservazione. Luomo tenuto al rispetto degli interessi altrui. Luomo, quindi, tende a fare o avere qualcosa ma ostacolato da altri io che pure tendono a qualcosa: e allora tendere a qualcosa presuppone anche un pretendere da altri di non ostacolarlo. La volont di qualcosa sempre collegata alla pretesa. Istintivamente luomo sente che la sua volontpretesa giusta e vera. Lio-soggetto (luomo) si rende conto della compresenza di altri io-soggetti che hanno anche loro delle pretese che per loro sono vere e giuste, sicch dalla compresenza di soggetti deriva anche la compresenza di pretese e allora, come si risolve la questione? Con la guerra di tutti contro tutti? Questa una soluzione possibile, ma non accettabile. Bisogna trovare la maniera di risolvere questo conflitto. Procediamo per gradi: A) Laltro pari allio nel sentire come vero anche ci che pretende per s. Lio deve rendersi conto che se giusto sentire-pretendere per s, altrettanto giusto che laltro senta-pretenda per s perch anche laltro pur sempre un io. Il riconoscimento deve essere reciproco fra i due individui. Se lio perviene a questo riconoscimento di reciprocit, si rende conto che non possibile sostenere la tesi della guerra contro tutti ma vi unalternativa: nel momento in

cui vi il riconoscimento dellaltro si ammette la compossibilit delle pretese. La compresenza di pretese pu ammettere anche la compossibilit delle stesse pretese? Ci sono tre ipotesi: - Non interferenza, le due pretese non si scontrano tra loro ma sono su piani diversi. Quindi oltre che compresenti sono anche compossibili in quanto indifferenti fra loro. - Convergenza e opposizione, vale per entrambe lo stesso ragionamento: lio si deve rendere conto che deve abbandonare la tesi secondo la quale solo la propria pretesa vera e quindi legittima. Lio deve sforzarsi di comunicare con laltro per rendere la sua pretesa e quella dellaltro compatibili fra loro, poich la compresenza vuol dire anche compossibilit. B) Laltro pari allio nella capacit di intendere la pretesa. E ci perch laltro in condizione di capire una verit comune esattamente come lio. C) Laltro pari allio nella capacit di intendere una verit comune: accettando le reciproche pretese ciascuna delle parti mira a far convergere le due pretese e questa una verit non pi soggettiva ma comune ad entrambe le parti, cio oggettiva; questa verit determina la convergenza delle pretese che vanno rispettate e ci determina la nascita di una regola comune. Le pretese in questa maniera diventano diritti, e questi diritti presuppongono che le due parti si rendano conto che la regola riconosciuta obbligatoria per entrambe. D) Laltro pari allio nella capacit di intendere lobbligatoriet della regola fondata sulla verit comune. Bisogna respingere sia la tesi dellautonomia, sia quella delleteronomia perch, la prima sfocia nellarbitrio, la seconda nella limitazione della libert. In base al discorso che abbiamo fatto,

possiamo trovare la soluzione vera ed esatta: il diritto-regola si condizionato, ma non da unimposizione esterna, bens dal fatto che lio ha capito ragionevolmente che vi sono altri pari a lui, sicch tutti questi io devono trovare in comune fra loro le norme per regolare i loro rapporti. Questo trovamento in comune fa nascere un diritto comune, cio si pu parlare non di autonomia n di eteronomia, ma di socionomia, cio diritto in comune.

Cap.4 Il fondamento ontologico dellesistenza Nel capitolo precedente si visto come lio si pone nei confronti dellaltro nella sua volont sintetica essere-fare-avere e si visto che lio passato attraverso varie fasi per arrivare ad accettare il diritto. Se lio non avesse accettato questo processo, sarebbe finito in due situazioni entrambe negative: o si sarebbe dovuto rinchiudere in un irreale isolamento dal resto del mondo, oppure sarebbe caduto in una sorta di guerra permanente con tutti. Riprendiamo in esame lindividuo empirico e vediamo che questo ha tre caratteristiche che sono: - Lincompiutezza: se lindividuo fosse compiuto, cio perfetto, non avrebbe la volont di essere di pi, di migliorarsi. - La particolarit: dal confronto con gli altri soggetti lindividuo si rende conto di essere diverso da questi, cio particolare. - La contingenza: nel senso che agisce in vari momenti temporali sempre diversi e, quindi, contingenti. Quindi lindividuo empirico si rivela incompiuto, particolare e contingente, ossia non perfetto e, quindi, non infinito ma finito. Lio vive nel mondo, cio vive con il mondo e con altri io, quindi il suo un con-esserci, il mondo un con-esserci. Se non ci fosse il con-esserci, il diritto non avrebbe alcun senso: contratti, testamenti, processi, ecc., cio obblighi e diritti ci sono perch c il con-esserci umano quale loro presupposto. E poich ogni soggetto caratterizzato dalla sua particolarit, ne deriva che non si ha piena eguaglianza fra i soggetti, ma diversit fra loro: questa diversit a volte pu essere un ostacolo allio ed altre volte invece gli pu essere daiuto. Guardiamo a quattro istituti giuridici che sono: la propriet, le successioni, le associazioni e i giudizi. Prendiamo questi istituti perch li troviamo in tutte le societ, da quelle pi primitive a quelle pi civili. Questi istituti esistono perch soddisfano esigenze fondamentali dellindividuo che sono: - La sicurezza; - La cooperazione; - La durata.

E tutto ci dimostra e conferma come il diritto non pu essere autonomo o eteronomo ma bens socionomo. Luomo ha delle esigenze di sicurezza, di cooperazione e di durata proprio perch un essere finito e non infinito, quindi esso privo di qualcosa, quindi in una posizione di difettivit: luomo in definitiva un ente indigente perch ha bisogno di qualcosa a causa della sua mancanza. Questa la prima caratteristica ontologica (esistenziale) delluomo. Vediamo ora di stabilire il perch dellindigenza umana. Cominciamo con il dire che se luomo si rende conto della propria indigenza, della propria finitezza, egli ha la capacit di pensare anche linfinito: solo se lo si confronta con linfinito, il finito avvertibile come indigente. Lente finito si colloca nella prospettiva dellinfinito. Daltronde il fatto che luomo vuole essere di pi dimostra proprio che egli ha sia lidea dellinfinito, sia lidea di poter partecipare allinfinito. Riconosciamo allora che la struttura ontologica delluomo consiste nella sintesi della dualit, rappresentata dallunione simbolica fra anima (nella quale vi la potenzialit dellinfinito) e corpo (che ne costituisce il limite finito). Anche il corpo sentito nella sua dualit, finito nella sua mortalit e al tempo stesso ci per cui sentiamo la vita in generale, mediante i sensi abbiamo soprattutto la comunicazione. Attraverso lesperienza della comunicazione possibile oltrepassare la finitezza temporale e spaziale. Se luomo fosse infinito, ci porterebbe alla negazione dellalterit, cio dellesistenza di altri. Se invece luomo si richiudesse nella sola finitezza, ci lo renderebbe incomunicabile con gli altri. Invece la relazione interno-esterno consente un contatto positivo fra lio e gli altri io. Il mondo nella sua globalit, quindi, un sistema relazionale di mondi particolari ma non separati. Vi sono, quindi, tre elementi della struttura ontologica umana: - La difettivit indigente; - La relazionalit interna di finito-infinito; - La relazionalit esterna di io-altro. Questi tre elementi, pur distinguibili tra loro, devono coesistere insieme. Infine la relazionalit dellio si manifesta in un importante piano esistenziale, che quello sessuale, quando, nel rendersi conto di essere uomo o donna, scopre la complementariet tra i due sessi.

Cap.5 Dalla struttura ontologica alla giuridicit Luomo un soggetto indigente. Come tale, per sopravvivere deve appoggiarsi ad un insieme di strutture, fra cui quella del diritto: la giuridicit uno dei fondamenti sui quali si basa lessere. Luomo si basa su due elementi costitutivi: il finito e linfinito, il particolare e luniversale; luomo ha continuamente la possibilit di scegliere fra questi due elementi. La possibilit di scelta presuppone a sua volta la libert: se non c libert non c possibilit di scelta e questa possibilit deriva proprio dalla dualit interna delluomo. Altri hanno parlato di antinomia fra aggregativit ed aggressivit, fra Eros e Tanatos ecc., sta di fatto che nelluomo vi sempre questo dualismo il cui mancato superamento porta sempre ad una condizione di angoscia, inquietudine ed insicurezza che non sono tollerabili per luomo se egli non riesce a realizzare la sintesi di questa dualit interna. Se questa non si realizza, si corre il rischio che luomo arrivi ad atti di estrema violenza che possono arrivare al suicidio o comunque ad attentati allintegrit fisica e morale della persona. Se invece si realizza quella sintesi che abbiamo detto, si arriva allaffermazione della libert. La libert non va vista come qualcosa di utilitaristico per la propria felicit. La libert la dignit umana. Da ci deriva quella che deve essere la legge fondamentale della coesistenza: agisci in modo che il libero uso del tuo arbitrio possa accordarsi con la libert di ogni altro, secondo una legge universale. Si crea un dover essere (sollen). vero che lesistenza non sempre realizza in modo uniforme ed integrale la coesistenza, ma altrettanto vero che lesistenza si esprime sempre in forme di relazione coesistenziale. Vi sono varie forme coesistenziali. Tutte si basano sulla giuridicit, con un sistema di diritti e doveri.

Cap.6 Le forme integrativo escludenti Premessa Luomo ha una sua struttura sintetico-relazionale ed ha varie possibilit di scelta esistenziali, fra cui quella della chiusura verso gli altri. Luomo allora reagisce a tale minaccia rifacendosi invece allipotesi della coesistenzialit, ovvero del riconoscimento e dellaccoglienza reciproca con gli altri uomini. Peraltro le forme coesistenziali possono essere di tipo diverso. In genere notiamo sei forme rilevanti di relazione: amicale, familiare, caritativa, ludica, politica e

giuridica. Le prime tre (amicale, familiare, caritativa) si realizzano sul piano interpersonale, con rapporti diretti fra le persone; le ultime due (politica e giuridica) si realizzano sul piano associativo, poich i rapporti fra le persone presuppongono lesistenza di unorganizzazione e non sono diretti. La relazione ludica infine di tipo particolare perch presuppone un piano interpersonale. Le relazioni amicali, politiche e familiari sono di tipo integrativo-escludente (perch sono chiuse), mentre le relazioni ludiche, giuridiche e caritative sono di tipo integrativo-includente (perch sono tendenzialmente aperte). A) LAmicizia Lamicizia va intesa nel suo senso pi vero che quello del rapporto di comprensione-integrazione fra persone. Le caratteristiche strutturali del rapporto amicale sono: Lamicizia si basa sulla particolarit. Non si pu essere amici di tutti, ma lamicizia si instaura fra due persone, si basa su un dualismo io-tu. Una persona pu avere tanti amici, ma non esiste unamicizia di gruppo, vi una serie di rapporti dualistici di amicizia. Altro elemento quello della simpatia nel senso letterale della parola; simpatia che significa stare insieme. Insomma condividere un medesimo senso della vita. Terzo elemento costitutivo dellamicizia quello della direzione centripeta: dalla dualit fra i due individui si perviene ad un rapporto unitario con direzione verso il centro. Ovviamente lestraneo, il terzo, viene visto come una persona esterna e disturbante. Infine il quarto elemento strutturale dellamicizia la lealt che il principio che regola il rapporto amicale attraverso il quale il rapporto si conserva nel tempo. Lamicizia rappresenta la forma pi elementare di coesistenza che piuttosto limitata perch, se questo rapporto aperto al suo interno per chiuso allesterno ed anche limitato nel tempo, poich questo rapporto finisce con la morte dellamico. chiaro, quindi, che lesistenza dellio non pu servirsi solo del rapporto amicale. B) La politica Fra la relazione politica e la relazione amicale vi sono delle notevoli affinit, tanto che si suole parlare anche di amicizia politica. Le caratteristiche strutturali del rapporto politico sono:

Il primo elemento caratterizzante della politica quello dellidentit sovra individuale che

accomuna i soggetti collegati: ci sono gli italiani, i tedeschi, ecc. (sovra individualit originaria, collegata al luogo di nascita, ecc.). Ci sono i soggetti collegati da idee e modi (ad esempio: i comunisti, i democristiani,ecc.). lio non si identifica nel rapporto io-tu dellamicizia, ma si trasforma nel rapporto noi, cio si determina appunto unidentit sovra individuale che il primo elemento di questo rapporto. In questo rapporto, poi, non esiste il difetto dellamicizia, in quanto nellambito del noi lestraneit, viene allontanata; infatti anche un estraneo a me viene da me riconosciuto come connazionale, ecc. Cos che spinge le varie individualit a riconoscersi reciprocamente nel noi? lesistenza di fattori materiali e spirituali comuni con altri. la coscienza di una co-appartenenza, del partecipare ad una comunit; quello che viene classicamente definito il bene comune politico. Il bene comune il principio costitutivo della politica. Il potere non un elemento fondante della politica ma solo uno strumento da usare per raggiungere il bene comune. Si suole dire che il potere non il fine della politica ma il mezzo, lo strumento della politica. Il terzo elemento strutturale del rapporto politico la direzione del movimento di aggregazione che di tipo centripeto aggregativo. Gli appartenenti al gruppo, tali perch hanno tutti lo stesso bene comune da perseguire, tendono ad aggregarsi fra loro in direzione centripeta. Il quarto elemento strutturale del rapporto politico la solidariet. Questa la regola fondamentale che armonizza i rapporti fra i coassociati e si deve notare che, a differenza di quanto avviene per il rapporto amicale, questo elemento si conserva inalterato nello spazio e nel tempo (permane per gli altri anche se uno muore o si sposta altrove). La solidariet permette alla politica di rimanere inalterata nello spazio e nel tempo. Il rapporto politico ha un forte significato di unione che si basa anche su simboli concreti: bandiere, monumenti, inni, ecc. I quattro elementi evidenziati (noi, bene comune, dinamismo centripeto aggregativo e solidariet) costituiscono la struttura della politica quale modo di vivere coesistenziale. Laffinit fra amicizia e politica non riguarda solo i loro aspetti positivi, ma anche quelli negativi: infatti anche il rapporto politico rimane un rapporto chiuso, poich la coesistenzialit resta sempre interna allente politico e vive nella particolarit. Quindi anche lente politico, essendo un ente particolare anche un ente finito.

C) La Famiglia La famiglia si presenta come un tipo di relazione interpersonale doppiamente complessa perch si articola su due livelli, ognuno dei quali, a sua volta, bidimensionale: 1) il livello di base che si articola su due dimensioni che sono quella biologico-naturalistica (eterosessualit) e quella umano-spirituale (lo stretto contatto esistenziale che nasce fra luomo e la donna). 2) il livello che si articola su due dimensioni personali che sono la dimensione orizzontale (marito-moglie) e la dimensione verticale (genitori-figli). Questi due livelli bidimensionali si intersecano e si integrano tra loro poich non pu esserci luno senza laltro.

Le caratteristiche strutturali del rapporto familiare sono:

Lambito umano sul quale si basa strettamente personale e si basa sulla dualit del rapporto marito-moglie e sulla pluralit del rapporto genitori-figli, assimilandosi, per il primo aspetto, allamicizia (che fra due persone) e per il secondo alla comunit politica (che fra pi soggetti). Pero vi sono delle differenze: rispetto allamicizia manca la simpatia. Rispetto alla politica manca il concetto del bene comune, che porta ad unidentit sovra individuale, mentre nel rapporto maritomoglie rimangono pur sempre due diversi individui. Per quanto concerne, poi, il dinamismo aggregativo, rileviamo che anche nella famiglia esso centripeto, e quindi, escludente nei confronti dei non appartenenti alla stessa, anche se tale chiusura non del tutto assoluta, poich si riconosce il sistema delle parentele. Inoltre il matrimonio non vincolato alla condizione della concittadinanza, poich i rapporti familiari superano i confini politici e culturali. Ed allora ecco che emerge il principio che regola il rapporto familiare che lamore interpersonale aggregativo, ne consegue che il principio regolativo della famiglia quello della fedelt e cura reciproche, la cosiddetta fedelt nellaver cura. La famiglia viene spesso denominata societ naturale e tale definizione esatta. Essa infatti naturale perch nasce insieme con lhomo sapiens e nasce in maniera originaria, cio non per ordine

di unautorit esterna. Da ci deriva che non possibile stabilire cosa nasca prima fra famiglia, societ e Stato; essi sono coevi e nascono contemporaneamente. Conclusioni In definitiva, possiamo dire che amicizia, politica e famiglia sono forme coesistenziali dotate di alto grado di integrazione. Tuttavia bisogna anche riconoscere che esse comportano anche una profonda esclusione delle altre persone che non partecipano alla relazione amicale, politica o familiare, perci sono si forme coesistenziali, per di tipo integrativo escludente.

Cap.7 Le forme integrativo includenti Premessa: Lindividuo progressivamente si rende conto che non esiste solo lui ma anche gli altri e che questi sono pari a lui. Laltro come lui e la consapevolezza di tale verit comune porta allinstaurazione fra enti particolari di una comunicazione non escludente. Fra questi troviamo le forme del gioco, del diritto e della carit, esperienze e forme coesistenziali che instaurano rapporti non pi particolari (con determinate persone) ma universali (con chiunque) e quindi di tipo integrativo includente. A) Il Gioco Esso una forma coesistenziale delle pi antiche delluomo. Accanto allhomo faber e allhomo sapiens esiste anche lhomo ludens. Il gioco inteso come gara perch questultima che comporta una relazione interpersonale, che quella ludica. Essa si basa solo su una personale libera scelta, poich nessuno obbligato a giocare. Tale libera scelta originata da un comune interesse a giocare. Il gioco aperto a tutti. Il gioco ha bisogno di regole. La prima regola quella secondo la quale i contendenti partono da una situazione iniziale di parit il che implica il reciproco riconoscimento e toglie alle loro diversit il carattere di estraneit ed esclusione, il che dimostra ulteriormente che la relazione ludica innegabilmente una forma coesistenziale. Il gioco si basa sul principio di legalit. Se vi sono delle regole, queste devono essere rispettate, il che comporta la necessit della presenza di un giudice e di punizioni per le loro trasgressioni. La relazione ludica pretende non solo il rispetto della legalit formale ma anche il rispetto della

persona dellavversario, quindi, rispetto della legalit significa anche rispetto della correttezza. La coesistenzialit ludica ha anche dei limiti. Essa limitata alla categoria dei giocatori. Essa unisce si i giocatori su un iniziale piano di parit, ma ha pur sempre come scopo finale quello della vittoria di una parte sullaltra e perci, disgiuntivo. B) Il Diritto Non vi ente politico nel quale sia assente il fenomeno giuridico poich esso si ricollega allordinamento giuridico di quellente politico. Lordinamento giuridico diritto, per esso non esaurisce il fenomeno giuridico generale che ha una portata ben pi ampia e non cos limitata. Il diritto supera il ristretto campo della politica poich noi vediamo che i rapporti che si vengono ad instaurare fra gli uomini superano i limiti pi o meno ristretti dei singoli enti politici cui essi sono collegati. Il diritto ha la capacit di estendersi universalmente. Il primo elemento strutturale del diritto il principio di universalit degli uomini. Per stabilire rapporti di comprensione e collaborazione in un ambito esteso universalmente occorre reperire una regola comune di comportamento. Le regole esistono anche nei modi coesistenziali di vivere gi esaminati, ma in questi esse sono solo degli accessori. Nel rapporto giuridico la regola presente nella purezza del suo concetto, si identifica in esso e non conosce alcun limite. La regola nel rapporto giuridico ha unapertura universale, sicch ben possiamo affermare che la regola il principio costitutivo della coesistenza giuridica. Il rapporto io-altro assume la massima estensione e stabilit il che consente lapertura della coesistenza alla totalit degli uomini. La direzione della relazione giuridica data dalla sua universalit, e quindi di tipo diffusivo. Si pensi alla regola di non uccidere: essa non pu considerarsi limitata solo ai membri di quel gruppo sociale e politico ma ha una valenza universale. Il principio regolativo del rapporto giuridico il principio di legalit, in base a questo principio il rapporto giuridico rimane integro al di l della variabilit dei soggetti: basta rispettare la regola perch il rapporto giuridico permanga nella sua autenticit. Il diritto, a differenza del gioco, non disgiuntivo ma congiuntivo. Giocare una libera scelta, non un obbligo mentre il diritto d vita allobbligo di osservare le norme. C) La Carit

La relazione caritativa di tipo integrativo includente. Vi sono affinit tra amicizia e carit: nellamicizia vi un rapporto dualistico binario mentre nella carit si costituisce un rapporto ternario perch, oltre alle due persone vi un terzo soggetto che Dio (o lumanit nel caso della filantropia), che rende possibile linstaurazione del rapporto io-tutti. Il primo elemento strutturale del rapporto caritativo luniversalit del suo ambito umano. Il principio costitutivo della carit il tutto comprendente, poich lio si rende conto di far parte di un tutto nel quale ogni uomo compreso e ci perch esiste un terzo che riesce a fare da mediatore fra le diversit di tutti e le rende reciprocamente comprensibili. Il terzo elemento costitutivo della carit che essa si basa su un dinamismo diffusivo che procede dal soggetto e si diffonde verso ogni uomo in base al principio regolativo dellaccettazione dellaltro. Chi riesce a vivere in uno spirito di carit riesce a superare la propria chiusura e respingere linsorgere dellinimicizia, ma laltro pu restare nella sua chiusura ed inimicizia.

Forme coesistenziali Ambito umano di estensione Principio costitutivo Direzione Principio regolativo Amicizia Io-tu Simpatia Centripeta Lealt Famiglia Marito-moglie Genitori-figli Amore familiare Centripeta

Fedelt nella cura Politica Noi Bene comune Centripeto aggregativa Solidariet Diritto Universalit degli uomini Regola Diffusiva Legalit Gioco Comune interesse universale Regola Unitivo diffusiva Rispetto della correttezza Carit Io-tutti Tutto comprendente Diffusiva Accettazione dellaltro

Cap.8 Giuridicit e diritto in s: un bilancio

Il quadro delle forme coesistenziali fin qui delineato non completo poich ve ne sono altre. Tra le

altre forme coesistenziali annoveriamo: - La relazione economica. - La relazione estetica. Per relazione estetica si intende una relazione basata sullegotismo, che vede i rapporti dellio con gli altri, ma subordinandoli a s secondo una concezione del bello, che ci che piace al singolo io. Comunque le 6 forme coesistenziali fin qui esaminate sono sufficienti a comprendere la condizione umana. Queste forme coesistenziali sono diverse fra loro ma coesistono poich tutte hanno un elemento comune, che quello della giuridicit. La giuridicit comune a tutte le forme coesistenziali ma diversa in relazione alle varie classi di relazione coesistenziale: - Nella forma amicale, politica e familiare la giuridicit subalterna, nel senso che essa non necessaria per far sorgere queste forme di relazione. Inoltre la giuridicit qui di tipo particolare, perch riguarda forme integrativo escludenti e non applicabile oltre i loro confini. - Nella forma ludica e del diritto la giuridicit costitutiva perch, senza di essa, senza regole, tali forme di relazione non possono nascere. Inoltre la giuridicit qui di tipo universale poich le relative forme sono aperte allesterno e senza confini, essendo forme integrativo includenti. - Nella forma caritativa vi una particolarit. Questa infatti forse lunica forma coesistenziale che non richiede un vero sistema di regole perch non chiede reciprocit n la impone, e quindi, il suo rapporto con la giuridicit del tutto atipico. Tutte le forme esaminate hanno un principio regolativo comune che quello della doverosit che simmetrico con le libert degli altri.

Cap.9 La funzione del diritto

Passiamo adesso ad esaminare il quesito su quale sia la vera funzione del diritto. Il problema non si posto finch si sostenuto che il diritto facesse parte della natura stessa delluomo. Le teorie successive sbagliano perch ritengono che il diritto sia solo uno strumento, un mezzo che serve per

perseguire valori o scopi sicch esso ha una funzione solo formale, si basa solo sulla forma prescrittivo-sanzionatoria. Questa tesi alla base delle teorie riduzionistiche, che negano al diritto una sua essenza propria e lo riducono al solo scopo di consentire il raggiungimento di fini umani. Fra le teorie riduzionistiche si ricordano quelle di Marx, Croce, Schmitt e Kelsen. La vera funzione propria del diritto quella di realizzare la coesistenza nella legalit universale che non solo un fatto di forma, ma soprattutto di sostanza e contenuto ben preciso, poich basata sul riconoscimento delluguaglianza degli individui, il che comporta la realizzazione della compatibilit delle loro libert esistenziali. Ha una sua funzione specifica non formale: quella di attuare la legalit universale secondo giustizia, il che fa prevalere i diritti delluomo su quelli del cittadino; universali i primi, particolari i secondi.

Cap.10 La regola giuridica e la giustizia

Premessa Una regola fa pur sempre parte di un linguaggio e noi sappiamo che esistono tre tipi diversi di linguaggio: - Aletico: si basa su affermazioni semplici che dicono se una cosa vera o no, se esiste o no, ecc. sicch si tratta solo di stabilire se sono affermazioni vere o false. - Valutativo: si basa su affermazioni che contengono un giudizio di apprezzamento o di valore, una valutazione, sicch si tratta solo di stabilire se sono oggettive o soggettive, se si tratta di valutazioni generali o personali. - Deontico: si basa su affermazioni che stabiliscono ci che deve o non deve essere fatto, sicch si tratta di stabilire se sono fondate o infondate, cio se dipendono ragioni condivisibili oppure dallarbitrio di chi le enuncia. Questi tre tipi di linguaggio spesso sono collegati tra loro. chiaro che la regola giuridica utilizza il linguaggio deontico. Le affermazioni deontiche si dividono in: - Non vincolanti (consigli, invocazioni, ecc.). - Vincolanti (prescrizioni che il destinatario deve seguire). Queste si dividono in:

- direttive: sono prescrizioni generali e deboli, perch rivolte a tutti o a intere categorie di persone per vengono applicate secondo il giudizio dei destinatari, che possono anche discostarsene. - comandi: sono prescrizioni particolari e forti, perch rivolti a singoli soggetti che non possono per discostarsene. - regole: sono prescrizioni generali e forti, perch rivolte a tutti che non possono discostarsene. Le regole giuridiche si collocano in questultima categoria. Si precisa che in tale categoria rientrano anche altri tipi di regole, fra cui quelle morali e quelle delinquenziali. La differenza tra norme delinquenziali e norme giuridiche va ricercata nel linguaggio. Mentre le norme delinquenziali costringono, avvalendosi del timore, le norme giuridiche obbligano, avvalendosi della ragione e della convinzione. Per comprendere meglio la differenza tra questi due tipi di norme bisogna insistere sulla questione dellobbligatoriet; la regola giuridica obbligatoria mentre quella delinquenziale no. Obbligatoriet della regola Una regola obbligatoria in quanto conforme ad un valore, cio obbligatoria quella regola che conforme al bene e alla giustizia. Le regole basate sulla giustizia sono obbligatorie e non costrittive e quindi, sono regole giuridiche. Le forme coesistenziali sono raggruppabili in tre categorie di relazioni: interpersonali, societarie (o politiche) e universali. Allo stesso modo avviene per la giustizia. Essa si divide in: 1) Giustizia individuale (o intersoggettiva): essa riguarda i rapporti diretti fra soggetto e soggetto ed sempre basata su un criterio di equivalenza. Questa giustizia si basa sulla parit dei soggetti, ma essa ha dei limiti: - essa si stabilisce solo tra i soggetti del rapporto che possono, di comune accordo, danneggiare un terzo o la stessa societ. - La parit fra i soggetti esiste allinizio ma non detto che permanga fino alla fine. La giustizia interindividuale prevede solo il rapporto orizzontale-diretto tra due soggetti. evidente, quindi, che la giustizia interindividuale pu regolamentare solo situazioni amicali,

familiari, ludiche e economiche. 2) Giustizia sociale: la giustizia sempre sociale anche quando intersoggettiva; bisogna, quindi, trovare un modo per definire laggettivo sociale in maniera specifica. Si pu dire che la giustizia sociale quella che gestisce i rapporti di una societ . Questa giustizia prevede due tipi di rapporto: - Verticale-diretto, poich relaziona tutti i soggetti alla societ; - Orizzontale-indiretto, si instaura tra soggetti di pari situazione tramite la mediazione della societ. La giustizia societaria si basa quindi, non sulla parit, ma sulla proporzionalit. La proporzionalit si articola su tre diversi criteri: I. Delle ricompense secondo i meriti: il soggetto viene ricompensato in base ai suoi meriti. II. Degli oneri secondo le capacit: ad esempio il contribuente paga le tasse in base ai suoi guadagni e non in maniera paritaria. III. Delle posizioni secondo la rilevanza: questo criterio si pratica nei confronti delle societ. Ad esempio: in una societ a base parentale, i padri occupano una posizione predominante rispetto agli altri membri del gruppo. Tutti questi criteri possono essere ricondotti ad un unico principio di funzionalit, in base al quale si pu stabilire una giusta disparit. In ogni caso per il fine della giustizia societaria sempre il bene comune. Anche la giustizia societaria per ha dei limiti: - La chiusura, tale giustizia pu arrivare a disconoscere la parit tra gli individui in nome del bene comune; - Si possono giustificare anche i sacrifici di innocenti in nome del bene della societ. Questo pu sfociare nel razzismo; - Si tende ad attribuire una posizione di subordinazione a coloro che, essendo soggetti deboli, vengono considerati dei pesi per la societ. 3) Giustizia universale (o totale): questo tipo di giustizia si basa solo su regole giuste. Una regola pi ammette eccezioni e pi si avvicina ad essere ingiusta. La regola giusta si basa su un

principio fondamentale detto anche principio persona: ogni individuo ha diritto ad essere riconosciuto come tale, alla pari degli altri. Accanto, per, al principio persona vi anche una diversit esistenziale, data dal fatto che gli individui sono tutti diversi fra loro. Passiamo ora determinare le caratteristiche della Giustizia prima(o ontoesistenziale) : . Uguaglianza ontologica: non potrebbe esservi giustizia se gli individui non si riconoscessero come uguali fra loro. Quindi ogni norma e ogni azione che violi luguaglianza ontologica ingiusta. . Simmetria(o reciprocabilit): se tutti gli individui sono uguali, ne deriva che la libert che io rivendico a me debbo riconoscerla a chiunque altro si trovi nella mia stessa posizione. Se viene meno questa sorta di reciprocabilit la mia pretesa diventa solo un tentativo di dominare gli altri e da diritto passa col diventare una pretesa. . Corrispondenza fra diritti e doveri: ci che ha titolo per essere riconosciuto come diritto per un soggetto implica un corrispondente dovere per laltro. Si ha diritto quando non vi libert di sottrarsi ad esso o di opporvisi, ma vi il dovere di rispettarlo. . Adeguatezza: nel senso che le azioni reciproche dei due soggetti devono essere adeguate fra loro. Occorre cio una proporzionalit se si vuole far rispettare una regola. . Rispetto universale del giusto: ogni regola giusta valida verso tutti. Ad esempio: se giusto che uno studente per i suoi meriti ottenga un voto pi alto anche giusto che tutti accettino tale valutazione. . Imparzialit del giudizio: la giustizia esige sempre un giudizio disinteressato ed imparziale. Ci comporta che vi sia un terzo (giudice, arbitro) che non sia coinvolto nella questione da decidere. In questo tipo di giustizia si trova tutto ci che permette alla regola di evitare eccezioni. Essa si basa, quindi, sulla regola in s, che si distingue sia dalle prescrizioni particolari, sia dalle regole basate sulla potenza e quindi prive di obbligatoriet.

Cap.11 Dalla giustificazione delle norme al diritto naturale

Perch le regole giuridiche sono sentite come obbligatorie? Perch giusto che lo siano, cio perch esse si basano sul principio della giustificazione. Una norma giuridica stabilisce sempre un dovere. Una norma che non si basasse sullobbligatoriet non sarebbe mai una norma giuridica ma solo una generica norma prescrittiva. Lobbligatoriet della norma giuridica non si basa solo sullautorit del legislatore, ma trova la sua forza e vero fondamento nella giustificazione. Gli elementi della giustificazione sono: - Oggetto, la prescrizione prevista dalla norma. - Scopo, quello di dimostrare che il principio previsto dalla normativa ragionevole. - Requisiti, sono: 1. La reale possibilit di tenere il comportamento prescritto; 2. La prescrizione deve essere razionale; 3. Non deve basarsi su presupposti non giustificabili; 4. Deve valere per tutti gli interessati; 5. Il comportamento prescritto deve essere approvabile da chiunque. Il principio che meglio soddisfa questi elementi quello della funzionalit coesistenziale della prescrizione: pensiamo, ad esempio, alla prescrizione: i cittadini devono obbedire alle leggi dello Stato. chiaro che questa norma giusta, cio giustificata perch essa il presupposto indispensabile senza il quale non potrebbe sussistere la coesistenza delle persone nello Stato. Passiamo adesso ad esaminare la questione del diritto naturale. Le teorie positivistiche negano lesistenza del diritto naturale inteso come una sorta di diritto di natura, essendo un diritto del tutto ideale e che non pu esistere nel concreto. Basta riferirsi, per, non alla natura in senso materiale, ma alla natura intesa come natura ontologica delluomo, per comprendere lesistenza di tale diritto. Il giuspositivismo trova nel diritto naturale altri due difetti esistenziali: - La sua mancanza di una fonte reale. - La sua non giustizi abilit, nel senso che questo diritto non pu essere applicato in una causa giudiziaria.

Questultimo rilievo per non corretto poich gli ordinamenti ammettono, accanto al diritto positivo, anche dei principi di diritto comune ed equitativo che pure vengono applicati. La prima obiezione anchessa errata poich parte da una fonte di natura ideale, dimenticandosi che anche questo tipo di diritto nasce sempre dalluomo. Partendo da tali concezioni si comprende che non vi opposizione tra diritto naturale e diritto positivo che, trovando entrambi la loro giustificazione nella finalit di assicurare la coesistenza degli uomini, fanno entrambi parte del diritto vigente. Si soliti ritenere che il diritto naturale sia un sistema di norme invariabile. In realt neppure tale tesi del tutto esatta poich esistono due tipi di regole allinterno del diritto naturale: - Regole universali che, in quanto tali, sono anche immutabili. - Regole particolari, temporanee, e quindi, suscettibili di cambiamenti.

Definizione della legalit La legalit in passato equivaleva ad un comportamento giusto. Nel pensiero moderno invece, la legalit consiste nel semplice rispetto delle disposizioni poste dallordinamento, indipendentemente dal loro contenuto giusto o ingiusto. La legalit, intesa in questo senso, disgiunta dalla giustizia; ma se fosse realmente cos, una norma giuridica disgiunta dalla giustizia non sarebbe una norma giuridica ma una semplice prescrizione. La vera legalit quella che si basa sulla giustizia, e quindi, su norme obbligatorie, assumendo il concetto di valore che consente la coesistenzialit umana. Legalit = giustizia (in passato). Legalit = rispetto dellordinamento (concezione moderna). Legalit = valore che permette la coesistenzialit umana secondo giustizia (definizione esatta).

Cap.12 Positivit e vigenza del diritto naturale

Tra gli orientamenti antigiusnaturalistici pi accreditati si annoverano:

- Lorientamento storicistico; - Lorientamento positivistico.

Secondo i sostenitori dellorientamento storicistico il diritto non naturale ma soltanto storia. Questa teoria sostiene che non pensabile un diritto naturale in quanto il diritto nasce e si modifica a seconda dei periodi storici. Il diritto per, un fenomeno trans-storico poich le norme che lo compongono sono soggette a cambiamenti a seconda dei vari periodi storici, ma non per questo si pu accettare la concezione storicistica, perch quando si parla di diritto naturale non ci si riferisce ai contenuti del diritto, ma alla sua natura di base, che rimane sempre la stessa. Secondo i sostenitori dellorientamento positivistico il diritto naturale non pu esistere perch se fosse naturale, non sarebbe diritto. Sempre secondo questa teoria il diritto naturale esiste solo sotto la forma di diritto ideale perch conforme a determinati valori e, proprio perch ideale, non coincide con il diritto vigente. Non ci si pu fermare a questa considerazione perch altrimenti si riconoscerebbe che il diritto naturale non un diritto reale, e quindi, vigente, perch manca il dover essere. Il diritto naturale prevede un essere(Sein) mentre, il diritto positivo prevede un dover essere(Sollen). Secondo il filosofo Hume non possibile il passaggio dallessere al dover essere (da Sein a Sollen). In realt la tesi di Hume pu essere superata: il Sollen presuppone un giudizio di valore; non pu nascere lobbligo giuridico (Sollen) se alla sua base non c la consapevolezza che si deve fare cos perch bene. Ma chi decide cos buono? Luomo, lessere, cio il Sein. Da qui si dimostra che il Sein sempre alla base del Sollen. Questa allora la conclusione: se vero che allorigine del Sollen vi un Sein, e che quindi il diritto positivo poggia sulluomo e che limperativo della norma vale per tutti sul presupposto che tutti la vogliono, allora vero che il diritto senza un referente umano un nonsenso. E quindi se il diritto si basa sulluomo, cio sulla natura umana, evidente che il diritto pu qualificarsi come naturale. Qual la tipica caratteristica delluomo? La sua razionalit; luomo non mai in condizione di vivere da solo ma sempre in relazione con altri uomini ed anche il diritto relazionale perch se non esiste un io e almeno un altro io non potrebbero sorgere delle regole, cio il dover essere (Sollen). Nelluomo vi unit tra interno ed esterno: linterno la psiche delluomo, la sua volont e lesterno la sua conseguente azione. Quindi alla base del Sein vi lo stretto collegamento tra

interno ed esterno delluomo. Avendo cos dimostrato il collegamento fra il diritto e luomo, fra il dovere essere (Sollen) e lessere (Sein), si pu equiparare il concetto di diritto positivo al concetto di diritto naturale vigente.

Cap.13 La temporalit del diritto

Nessuno pu dubitare della temporalit delluomo, che va dalla nascita alla morte, e anche il diritto, che un fatto umano, contrassegnato dalla temporalit. A prima vista il rapporto diritto-tempo vede questi due termini quasi come potenze rivali: il tempo consuma tutto e quindi anche il diritto soggetto a questopera di distruzione. Questa tesi, in realt, esatta fino ad un certo punto: la questione si articola su due livelli ma, spesso, nellaffrontare il problema ci si sofferma solo sul primo livello e non si procede al secondo. Vediamo questi due livelli: - Primo livello: effettivamente a questo livello vi una netta opposizione tra i due termini in questione che pu sfociare in due tesi: (1) Il tempo domina il diritto, lo fa nascere e lo fa sparire. (2) Il diritto domina il tempo, sia perch gli impone le proprie misure, sia perch il prima e il dopo assumono rilevanze diverse a seconda della situazione, oppure creano situazioni giuridiche che rimangono inalterate nel tempo. - Secondo livello: la netta opposizione tra i due termini finisce con il rappresentare il rapporto diritto-tempo come un processo di circolarit dialettica: vero che il tempo erode progressivamente norme e istituzioni, ma anche vero che quando quella data norma scompare sotto lazione del tempo, ecco che ne sorge una nuova a contrastare il dominio del tempo e cos di seguito, perch il diritto continua ad esserci, sicch il dominio delluno sullaltro dei sue termini non mai definitivo. Nessuno dei due prevale sullaltro; se il tempo fa scomparire una norma esso non fa mai scomparire il diritto. Il diritto non pu scomparire finch sussiste la vita umana, e ci determina la circolarit dialettica tra i due.

Il diritto una forma coesistenziale e ha una durata; esso composto da una successione di atti. Il tempo nel diritto non una semplice successione di momenti ma una durata (si basa sempre su un passato, un presente e un futuro) poich, una norma che valutiamo ora il presente, ma presuppone la coscienza della sua passata creazione e genera in noi laspettativa dei suoi effetti futuri. Ad esempio: una sentenza emessa nel presente si riporta al precedente illecito e al futuro della sua esecuzione. Questa temporalit del diritto tipica della sensazione che ha luomo della sua temporalit; lio per comprendere la propria durata ha bisogno della memoria. Ad esempio: se luomo non avesse la memoria di essere gi stato, non potrebbe affermare di essere in questo momento e non potrebbe prevedere cosa sar in futuro. La memoria per, ha un grande limite; essa, infatti, discontinua, non pu essere sempre attiva altrimenti si vivrebbe in uno stato di concentrazione continua che ci impedirebbe di essere attivi e si cadrebbe nellalienazione. Lemergere della memoria si sviluppa con lincontro con ci che vi allesterno: la memoria viene raggiunta tramite qualcosa di esterno a noi, lalterit. Lincontro con laltro attiva la memoria di s. Lincontro con laltro riduce la discontinuit, ma non la elimina, perch anche tali incontri sono discontinui. Abbiamo visto che la regola raccoglie in s i tre modi nei quali la coscienza avverte il tempo (passato, presente e futuro) poich la regola stata posta, ora vigente e riguarda il sar del mio comportamento. La regola, quindi, implica la durata e la volont, conformandosi alla regola, acquista anchessa una durata. Poich la regola giuridica mette in relazione il mio io con quello degli altri, essa mi impedisce di isolarmi e mi d la coscienza della mia coesistenzialit: se io accetto la regola, sono consapevole che non sono solo, ma coesisto con gli altri.

Cap.14 La moralit del diritto

Bisogna considerare il rapporto che il diritto assume con la moralit. In genere diritto e morale vengono considerati categorie distinte e viene attribuito alla morale il primato sul diritto. Il diritto, quindi, viene concepito come privo di un principio di moralit. Le posizioni della filosofia greca e latina sono omogenee nellaffrontare la questione. Secondo

queste due filosofie il diritto e la morale sono strettamente collegati tra loro sicch non vi diritto senza morale. In altri termini: il diritto tale in quanto giusto. Il diritto, infatti, secondo le credenze antiche, corrisponde alla giustizia, in quanto coordina i rapporti tra gli uomini e non potrebbe svolgere il suo compito senza di essa. Insomma, la giustizia lessere stesso del diritto. Secondo i cristiani invece, vi sono due tipi di virt: - Cardinali (fra le quali vi la giustizia), che riguardano i rapporti tra gli uomini; - Teologiali (carit, fede e speranza), che riguardano i rapporti tra luomo e Dio. La teoria cristiana stabilisce il primato morale della carit. Nelle ere successive la carit perde la sua supremazia e la giustizia viene separata dal diritto, determinando cos la perdita di ogni carattere morale allinterno del diritto. Siccome la carit continua lo stesso a sussistere, si pu operare una nuova distinzione tra atti motivati interiormente (tra i quali la carit) e atti motivati esteriormente (tra i quali il diritto), e quindi si riconosce moralit solo agli atti di origine interiore. Il diritto perci, secondo le concezioni moderne, si discosta dalla giustizia e diventa amorale, essendo fondato sulla sua effettivit (ossia sulla potenza della sua imposizione), piuttosto che su eticit e moralit. Vi sono per altre attivit considerate morali (basti pensare alla politica, allattivit economica o allestetismo); esistono, quindi, varie forme coesistenziali che si basano sul dovere di uniformarsi al bene comune. Ogni forma coesistenziale partecipa della morale: se cos, anche il diritto, che fa parte delle forme coesistenziali, rientra nella categoria della morale, il che consente di respingere la teoria moderna dellamoralit del diritto. Ovviamente, vi sono vari tipi di moralit, ma ci non comporta che una cancelli le altre. Bisogna, dunque, stabilire una gerarchia delle morali in base ad un criterio oggettivo. Il criterio da seguire quello delluniversalizzazione che permette di collocare in maniera diversa le morali in base alla loro estensione universale: - Lamicizia stabilisce una morale estremamente limitata, in quanto i soggetti interessati sono solo due. - La politica ha una possibilit pi ampia di estensione ma anchessa limitata, poich limitata agli elementi legati dallo stesso vincolo politico. - Il diritto, invece, corrisponde al criterio delluniversalizzazione, in quanto supera i limiti

dello Stato dimostrando di riconoscere ad ogni uomo la sua qualit di persona. - La carit, anchessa corrisponde al criterio di universalizzazione, poich non sarebbe carit quella che si esercitasse nei confronti di una persona escludendo le altre. Tramite il criterio delluniversalizzazione si deduce, quindi, che nella scala gerarchica tra le morali, allapice vi sono quella giuridica e quella caritativa. Ma quale delle due al vertice supremo? Il rapporto caritativo un rapporto asimmetrico perch, chi vuole fare carit, ha il dovere di amare ogni persona, ma non ha il diritto di chiedere la reciprocit. Invece il rapporto giuridico un rapporto simmetrico, poich fra i suoi membri vi corrispondenza reciproca tra diritti e doveri; nessuno, infatti, ha solo diritti o solo doveri. Allora si pu dire che la carit porta ad unaccoglienza totale dellaltro, ed proprio questo a segnare la supremazia della carit sulle altre forme della vita morale.

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