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Federica Perra IV F

Riassunto Cartesio

RIASSUNTO CARTESIO
1. IL METODO I termini del problema. Cartesio elabora il metodo ma, a differenza di Galileo, lo teorizza. Il suo metodo ha come compito quello di sapere individuare il vero dal falso, per quanto riguarda l utilit e i vantaggi che questi possono recare alla vita umana, e dev essere un criterio di orientamento semplice, che serva all uomo in ogni campo teoretico e pratico e che abbia come scopo il vantaggio dell uomo nel mondo. L unit del metodo per tutti i campi del sapere, viene riconosciuta da Cartesio gi nelle Regole, dove afferma che la saggezza umana unica, qualunque sia il campo in cui viene applicata, questo perch anche l uomo uno. Secondo Cartesio, le scienze matematiche, possiedono gi un proprio metodo che applicano normalmente e che si suddivide in due operazioni: y deduzione che consiste in una dimostrazione che parte da una verit certa e che arriva, con una serie di passaggi, a una conclusione dotata di certezza mediata, ad esempio: tutti gli animali sono immortali, tutti i greci sono animali, tutti i greci sono immortali, Socrate greco, Socrate immortale. intuizione che consiste l atto istantaneo della mente che esclude il dubbio e che dotato di una certezza immediata, ad esempio: ciascun individuo pu affermare che un triangolo costituito da tre linee, mentre una sfera da una sola superficie.

Ma comunque prendere conoscenza delle formule, formularle e applicarle non sufficiente, in quanto necessario anche giustificarle, questo perch la giustificazione permette l applicazione del metodo in tutto il sapere e di riportarlo al suo scopo fondamentale, ossia all uomo come soggetto pensante o ragione. Il compito filosofico di Cartesio dunque: y y y formulare le regole del metodo; dimostrarlo razionalmente; renderlo valido a tutto il sapere.

Le regole. Le regole del metodo di Cartesio sono quattro: y Evidenza (regola fondamentale per Cartesio): corrisponde all intuizione matematica e accetta come vero solo ci che risulta evidente, ossia chiaro e distinto, e di conseguenza esclude ogni forma di dubbio alla mente del soggetto. Quindi dice di evitare la precipitazione e la prevenzione e di non comprendere nei nostri giudizi niente di pi di quello che si presenta nella nostra mente. Analisi: si procede dal complesso al semplice, in quanto il problema viene diviso nelle sue parti pi semplici in modo da risolverlo con pi facilit. Sintesi: si procede dal semplice al complesso, in quanto si passa gradatamente dalle cose pi semplici a quelle pi complesse, che corrisponde alla deduzione (derivare dalle idee pi semplici quelle complesse). Enumerazione e revisione: la prima controlla l analisi, mentre la seconda controlla la sintesi, in modo da avere il controllo sui due punti precedenti.

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2. IL DUBBIO E IL COGITO ERGO SUM Le regole del metodo, non possiedono una propria giustificazione, e neppure il fatto che la scienze matematiche le utilizzi con successo non vuol dire che possono essere applicate in tutti i campi, in quanto possono essere valide solo per queste discipline e non per le altre. Allora Cartesio decise di tentare di giustificare le regole del metodo partendo dalla radice, ossia l uomo come ragione o soggettivit.

Dal dubbio metodico al dubbio iperbolico. Secondo Cartesio, si pu trovare il fondamento di un metodo, soltanto tramite una critica radicale di tutto il sapere del tempo. In primo luogo bisogna dubitare di tutto e considerare come falso tutto ci su cui si pu avere qualche dubbio. Se si continua con questo filo, si arriver al principio secondo cui non si pu pi dubitare, tale principio costituisce la giustificazione del metodo e di tutte le conoscenze, da cui nasce il dubbio metodico. Questo dubbio per si deve differenziare dal dubbio scettico, che una concezione secondo la quale l uomo non raggiunger mai la verit certa e giunge alla sospensione del giudizio. Cartesio fa una distinzione tra: y conoscenze sensibili, che possono essere messe in dubbio perch talvolta i sensi ci ingannano e di conseguenza ci possono ingannare senza. Inoltre impossibile distinguere il sogno dalla realt, questo perch ci sono conoscenze che sono vere in entrambi i casi: queste sono le conoscenze razionali, come ad esempio le conoscenze matematiche, in quanto 2+2 fa sempre 4, sia che uno dorma, sia che uno stia sveglio, ma nonostante tutto anche queste conoscenze vengono dubitate, perch anche la loro certezza pu essere frutto di illusione. saperi e opinioni, che sono soggettive e di conseguenza variano a seconda delle persone, dei paesi e dei tempi.

Inoltre, Cartesio mette in discussione le verit pi certe attraverso il dubbio iperbolico, che ipotizza il Genio Maligno, il quale ha creato l uomo e possiede la capacit di far sembrare vere anche le cose false. Ci porta a mettere in dubbio anche le verit pi certe come le verit matematiche, l esistenza del mondo esterno e l esistenza del proprio corpo. Ma questo dubbio poi si trasforma in dubbio universale, in quanto io posso ammettere di ingannarmi o di essere ingannato, ma per ingannarmi o essere ingannato devo senza dubbio esistere, e quindi essere qualcosa e non il nulla. Dunque, la prima certezza consiste nell esistenza, in quanto pu dubitare solo chi esiste: cogito ergo sum/ je pense, dunc je sui.

La natura del cogito. Non potendo di certo esistere come corpo, in quanto non sono ancora a conoscenza dell esistenza dei corpi, esisto come soggetto che dubita, ossia come soggetto pensante o ragione. L esistenza dell io come soggetto pensante certissima, ma al contrario non sono certe tutte le cose che penso. Ad esempio, possibile che io percepisca come non reale un pezzo di cera, ma impossibile che non esista io che penso di percepire quella cera.

Le discussioni intorno al cogito. La scoperta del cogito di Cartesio venne discusso dai suoi contemporanei per vari motivi:

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circolo vizioso: reputavano il suo ragionamento un circolo vizioso, in quanto sostenevano che se il cogito venisse accettato perch evidente, allora la regola dell esistenza veniva prima dello stesso cogito e di conseguenza diveniva tutto un illusione. Ma Cartesio afferma che il cogito che giustifica la regola dell evidenza, in quanto esso la certezza che l io ha della propria esistenza nel momento che dubita/pensa. Solo dopo tale consapevolezza sono possibili le altre evidenze, dato che quest ultima la forza con cui l idea si impone alla mente in modo chiaro e distinto. sillogismo abbreviato: l obbiezione avanzata da Gassendi, secondo cui il cogito equivale al sillogismo Tutto ci che pensa esiste. Io penso, dunque esisto , viene discussa da Cartesio, in quanto afferma che la certezza del fatto che noi esistiamo perch pensiamo viene fraintesa, questo perch tutto ci pu apparire un ragionamento logico, ma in realt la percezione dell azione del pensare che, come tutte le percezioni, un intuizione immediata della mente. Hobbes: Hobbes d accordo con Cartesio nel fatto che qualcosa che pensa esiste, ma non d accordo sul fatto che questo qualcosa sia il pensiero, in quanto ci che ci permette di pensare potrebbe essere anche materia, come il cervello. Di conseguenza dall affermazione io sto passeggiando non posso desumere che io sono una passeggiata , cos anche dall affermazione io penso non posso desumere che io sono una sostanza pensante .

Cartesio risponde affermando che: l uomo non passeggia costantemente e di conseguenza il passeggiare non costituisce l essenza dell uomo, in quanto uomo anche chi non passeggia. Mentre il pensare costituisce l essenza dell uomo, in quanto ciascun individuo pensa. In conclusione non si pu paragonare l azione del pensare e del passeggiare come faceva Hobbes; il pensiero talvolta indica l atto del pensare, talvolta la facolt del pensiero, talvolta la sostanza con cui si riconosce tale facolt. Comunque, il pensare non si pu considerare effetto del corpo, in quanto l esistenza del corpo rimane ancora in dubbio e la solo certezza del cogito riguarda il pensiero.

3. DIO COME GIUSTIFICAZIONE METAFISICA DELLE CERTEZZE UMANE Noi percepiamo come vere le cose che esistono al di fuori del mondo, in quanto supponiamo che ci sia un Dio buono che abbia introdotto nella nostra mente le idee certe e vere. Ma l uomo come riesce a distinguere al di fuori di esso le cose vere da quelle false? Cartesio risponde a questa domanda classificando le idee in: y y y innate, sono le idee che non derivano dall esperienza ma anzi la precedono; avventizie, sono le idee che provengono dall esterno e sembrano estranee; fattizie, sono le idee che provengono da noi.

L idea di Dio e le prove dell esistenza di Dio. Le idee, non essendo perfette, possono essere state create da noi. Mentre l idea di Dio, ossia sostanza infinita, onnisciente e perfetta, non pu essere di certo creata da noi esseri imperfetti; infatti la causa dell idea di una sostanza infinita (Dio) non possiamo noi sostanze finite, ma questa causa dev essere per forza una sostanza infinita esistente. Inoltre, possiamo riconoscere l esistenza di Dio partendo dall io come natura finita dimostrata dal fatto che dubito. Ma se la causa di me Anno scolastico 2011/2012 Liceo scientifico G. Brotzu

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stesso fossi stato io, a questo punto mi sarei dato la perfezione che concepisco e che contenuta nell idea di Dio. Di conseguenza evidente che non posso essere stato io a crearmi, ma Dio, il quale mi ha creato finito ma mi ha trasmesso l idea di infinito. Infine, possiamo concepire l esistenza di Dio come essere perfetto senza ammettere la sua esistenza, la quale una delle caratteristiche principale.

Dio come garante dell evidenza e la possibilit dell errore. Dio, essendo perfetto, non pu cercare di ingannarmi, dunque, la facolt di giudizio, che mi stata imposta da lui, non pu portarmi a sbagliare. Ma allora perch esiste l errore? Esso dipende da due cause: l intelletto e la volont. L intelletto umano limitato, infatti noi possiamo pensare un intelletto pi estero o addirittura infinito, quello di Dio. La volont pi libera e di conseguenza pi estesa dell intelletto e ci permette di affermare o negare ci che l intelletto non in grado di distinguere in maniera chiara e distinta. In questa possibilit di affermare o negare risiede la possibilit dell errore. L errore non esisterebbe se io esponessi il mio giudizio solo quando l intelletto mi fa apparire le cose con sufficiente chiarezza, mentre mi astenessi dal dare il mio giudizio quando l intelletto mi fa apparire le cose non chiare. Ma noi erriamo perch la nostra volont, essendo libera, pu portare l individuo a esporsi su ci che non abbastanza evidente, e di conseguenza ad errare. Dunque, l errore dipende solo dal libero arbitrio che Dio ha dato all uomo e che si pu evitare soltanto rispettando le regole del metodo, in particolare quella dell evidenza.

Le critiche alla concezione cartesiana di Dio. Anche questo discorso stato accusato di circolo vizioso, in quanto Cartesio dimostra Dio per mezzo dell evidenza e l evidenza per mezzo di Dio. Inoltre, il filosofo viene accusato di presunzione metafisica, in quanto cita Dio per giustificare ci che vero prima di Dio, dove in questo modo la funzione di quest ultimo risulterebbe inutile, perch serve a spiegare delle evidenze che vengono gi ammesse come evidenti. E siccome Cartesio afferma che Dio pi che il mallevadore della verit in quanto tale, il mallevadore della permanenza della verit, rischia cos di considerare vere le proprie opinioni e false quelle altrui (dogmatizzarsi), andando contro il metodo della rivoluzione scientifica, la quale afferma che la veridicit di una cosa vera fino a quando non viene smentita. Per quanto riguarda le prove dell idea di Dio di Cartesio, esse si sono presentate abbastanza fragili.

4. IL DUALISMO CARTESIANO Per dualismo cartesiano si intende quel tipico procedimento filosofico che consiste nel suddividere la realt in due zone ben distinte ed eterogenee: y y res cogita (sostanza pensante) costituita dal pensiero, il quale libero, consapevole e non occupa nessuno spazio. res extensa (sostanza estesa) costituita dal mondo materiale e le sue caratteristiche hanno a che fare con lo spazio, in quanto necessariamente la materia occupa un determinato spazio.

Ma il problema posto da Cartesio quello di riunire le due sostanze e spiegare la relazione tra anima e corpo. Egli pensa di risolvere tale problema attraverso la teoria della ghiandola pineale che, non essendo doppia, viene concepita come l unica parte del cervello capace di unificare le sensazioni proveniente dagli organi di senso, che sono tutti doppi.

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5. LA FILOSOFIA PRATICA La morale provvisoria . Nella terza parte del Discorso sul metodo Cartesio annuncia alcune regole di morale provvisoria: y la prima regola prescrive di obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, rispettando e osservando con fermezza la religione nella quale Dio mi aveva permesso di essere stato educato fin da bambino secondo dei comportamenti pacati e lontani dagli eccessi. Questa regola esprime il carattere definitivo di Cartesio che caratterizzato dal rispetto nei confronti della religione e della politica. la seconda regola consiste nel seguire con fermezza, una volta accettate, le azioni reputate pi dubbiose, con la stessa costanza con cui seguo quelle pi certe. Questa regola afferma la necessit di agire durante la nostra vita nonostante non abbiamo ben chiara la situazione. la terza regola consiste nell essere superiori alla fortuna e di mutare i propri pensieri piuttosto che l ordine del mondo. Cartesio afferma che nulla in nostro potere tranne i pensieri, che dipendono dal libero arbitrio. Questa regola esprime lo spirito di Cartesio, il quale pretende che l uomo si lasci guidare unicamente dalla ragione e delinea l ideale della morale cartesiana: la saggezza.

Lo studio delle passioni. Cartesio attraverso lo scritto Le passioni dell anima, fa la distinzione tra: y y le azioni, che dipendono dalla volont; le affezioni, che sono volontarie e sono costituite da sensazioni causate dalla forza dell anima. In quest ultima la forza gli permette di vincere le emozioni, mentre la debolezza gli permette di lasciarsi dominare da esse, le quali molto spesso sono contrarie tra loro e portano l anima a combattere contro se stessa.

La funzione delle emozioni servono ad incoraggiare l anima e a contribuire alle azioni che lo rendono pi perfetto. Le due emozioni fondamentali sono la tristezza e la gioia. Dalla tristezza l anima percepisce le cose che danneggiano il corpo, portandolo ad odiare la causa della sua tristezza e a desiderare la sua assenza. Dalla gioia invece l anima percepisce delle sensazioni piacevoli e utili al corpo, portandolo ad amare tutto ci che gli porta serenit e a desiderare la sua presenza. Per l amore non deve farsi guidare dalle emozioni ma dall esperienza e dalla ragione, perch solo in questo modo riuscir a distinguere il reale valore del bene e del male. Tale dominio sulle emozioni viene rappresentato con la saggezza, la quale essenzialmente utile nell insegnare a rendersi padroni delle proprie passioni e di utilizzarle nei dovuti modi.

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