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8.

Allora li prende sia il pentimento di quello che hanno intrapreso sia il timore di intraprendere altro e s'insinua in loro quell'irrequietezza dell'animo che non trova vie d'uscita, poich non possono n dominare i loro desideri n assecondarli, e l'irresolutezza di una vita che non riesce a realizzarsi e l'inerzia dell'animo che s'intorpidisce tra desideri frustrati. 9. E tutto ci risulta pi grave, laddove per il disgusto di una vita infelice piena di impegni si sono rifugiati nell'ozio, nella vita privata, condizione che non pu sopportare un animo teso all'impegno civile e desideroso di agire e per natura insofferente del quieto vivere, che ? si capisce ? trova in s poco conforto; perci, tolti i piaceri che gli stessi impegni dispensano a chi corre da tutte le parti, non sopporta casa solitudine pareti, a malincuore si guarda abbandonato a se stesso. 10. Di qui quella noia e quel disgusto di s, e l'irrequietezza dell'animo che non trova mai un dove, e la triste e penosa sopportazione del proprio ozio, soprattutto quando si ha ritegno nell'ammetterne le cause e il pudore ha ricacciato dentro le ragioni del tormento, mentre le passioni bloccate in uno spazio angusto si soffocano a vicenda senza trovare sbocchi; di l mestizia abbattimento e mille ondeggiamenti della mente incerta, tenuta in sospeso dalle speranze accarezzate, intristita da quelle abbandonate; di l quello stato d'animo di quanti detestano il loro ozio, lamentano di non aver nulla da fare e la terribile invidia verso i successi altrui. Infatti l'inerzia infelice" alimenta il livore e desiderano che tutti cadano in rovina, perch loro non hanno potuto progredire; 11.quindi da questo avversare i progressi altrui e dal disperare dei propri l'animo passa ad adirarsi contro la sorte e a lamentarsi dello spirito dei tempi e a ritirarsi negli angoli e a covare la propria pena, mentre prova fastidio e disgusto di s. Infatti per natura l'animo umano attivo e portato al movimento. Gli gradita ogni occasione di muoversi e distrarsi, pi gradita a tutti i peggiori soggetti che volentieri si consumano nelle occupazioni; come certe ferite vogliono il contatto con le mani che pure recheranno loro dolore e godono a sentirlo, e la turpe scabbia prova piacere da qualunque cosa la esasperi, non diversamente direi che per queste menti, in cui le passioni sono esplose come una dolorosa ferita, sono motivo di piacere il travaglio e il tormento. 12. Ci sono infatti cose che possono far piacere anche al nostro corpo recandogli un certo dolore, come voltarsi e girare il fianco non ancora stanco e rigirarsi continuamente ora in una posizione ora in un'altra, qual quel famoso Achille descritto da Omero ora prono, ora supino, che assume varie posizioni ? il che proprio di un malato: non sopportare nulla a lungo e ricorrere ai cambiamenti come a medicine. 13.Per questo si intraprendono peregrinazioni in lungo e in largo e si attraversano lidi inospitali e ora per mare ora per terra fa prova di s la loro incostanza sempre nemica del presente: "Ora andiamo in Campania." Subito i luoghi raffinati vengono a noia: "Si vada a vedere luoghi selvaggi, visitiamo le balze del Bruzio e della Lucania." Tuttavia in mezzo ai luoghi desolati si cerca qualcosa di piacevole, in cui gli occhi abituati al lusso possano trovar sollievo dal prolungato spettacolo di squallore dei luoghi aspri: "Rechiamoci a Taranto, al suo porto elogiato e al soggiorno invernale di un clima pi mite e a una terra abbastanza ricca anche per la popolazione di un tempo." "Ormai volgiamo la rotta verso Roma": troppo a lungo le orecchie sono restate libere dagli applausi e dal chiasso, ormai fa piacere godere della vista del sangue umano. Si intraprende un viaggio dietro l'altro e si alternano spettacoli a spettacoli. 14. Come dice Lucrezio, "in questo modo ciascuno fugge sempre se stesso." Ma a che gli serve, se non riesce a sfuggirsi? sempre si segue e si C incalza da solo, compagno di viaggio insopportabile. Dunque dobbiamo sapere che non dei luoghi la colpa per cui ci tormentiamo, ma nostra:24 siamo incapaci di tollerare tutto, non sopportiamo la fatica n il piacere n noi stessi n nessuna cosa troppo a lungo. Questo ha portato alcuni alla morte, il fatto che spesso cambiando propositi finivano per ritornare ai medesimi e non avevano lasciato spazio alla novit: cominciarono ad esser loro motivo di fastidio la vita e lo stesso mondo e si insinu in loro quel famoso dubbio proprio di una raffinatezza marcescente: "fino a quando le stesse cose?"

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