You are on page 1of 12

CAPITOLO IV : CONCLUSIONI.

Quanto fin qui si venuto illustrando indica con chiarezza che la Corte ritiene che una autentica, stabile ed amichevole disponibilit dellimputato verso i mafiosi non si sia protratta oltre la primavera del 1980. In particolare, risulta evidente che, a tutto volere concedere alle ragioni dellAccusa, eventuali non compiutamente dimostrate manifestazioni di disponibilit personale del sen. Andreotti successive a tale periodo sono state semplicemente strumentali e fittizie, comunque non assistite dalla effettiva volont di interagire con i mafiosi anche a tutela degli interessi della organizzazione criminale: anzi, in termini oggettivi emerso un, sempre pi incisivo, impegno antimafia, condotto dallimputato nella sede sua propria della attivit politica. Deve, dunque, escludersi che sia rimasto dimostrato che il sen. Andreotti abbia, nel periodo successivo alla primavera del 1980, coltivato amichevoli relazioni con gli esponenti di Cosa Nostra, abbia palesato una sincera disponibilit nei confronti dei medesimi, abbia concretamente agito per agevolare il sodalizio criminale, abbia arrecato un contributo al rafforzamento dello stesso. Ne deriva che, in relazione al periodo in questione, la impugnata statuizione assolutoria, che ha negato la sussistenza della contestata condotta associativa, deve essere senzaltro confermata. Per contro, in punto di fatto i convincimenti cui sono pervenuti i primi giudici in relazione al periodo precedente sono stati, come si visto, ampiamente rettificati dalla Corte, che ha ritenuto la sussistenza: - di amichevoli ed anche dirette relazioni del sen. Andreotti con gli esponenti di spicco della c.d. ala moderata di Cosa Nostra, Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, propiziate dal legame del predetto con lon. Salvo Lima ma anche con i cugini Antonino ed Ignazio Salvo, essi pure, peraltro, organicamente inseriti in Cosa Nostra; - di rapporti di scambio che dette amichevoli relazioni hanno determinato: il generico appoggio elettorale alla corrente andreottiana, peraltro non esclusivo e non esattamente riconducibile ad una esplicitata negoziazione e, comunque, non riferibile precisamente alla persona dellimputato; il solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi, talora anche cruenti, possibili esigenze di per s, non sempre di contenuto illecito dellimputato o di amici del medesimo; la palesata disponibilit ed il manifestato buon apprezzamento del ruolo dei mafiosi da parte dellimputato, frutto non solo di un autentico interesse personale a mantenere buone relazioni con essi, ma anche di una effettiva sottovalutazione del fenomeno mafioso, dipendente da una inadeguata comprensione - solo tardivamente intervenuta - della pericolosit di esso per le stesse istituzioni pubbliche ed i loro

rappresentanti; - della travagliata, ma non per questo meno sintomatica ai fini che qui interessano, interazione dellimputato con i mafiosi nella vicenda Mattarella, risoltasi, peraltro, nel drammatico fallimento del disegno del predetto di mettere sotto il suo autorevole controllo la azione dei suoi interlocutori ovvero, dopo la scelta sanguinaria di costoro, di tentare di recuperarne il controllo, promuovendo un definitivo, duro chiarimento, rimasto infruttuoso per latteggiamento arrogante assunto dal Bontate. Si tratta, dunque, sciogliendo la riserva formulata al termine del capitolo II della III parte del presente elaborato, di valutare giuridicamente i ritenuti comportamenti dellimputato al fine di verificare se gli stessi integrino o meno la contestata partecipazione alla associazione criminale. La Corte ritiene che prima ancora di affrontare tale ultimo e decisivo tema deve considerarsi che il delitto di associazione per delinquere (capo A della rubrica) ormai estinto per prescrizione, essendo decorso, dalla primavera del 1980, un termine ampiamente superiore ai necessari ventidue anni e sei mesi. In ordine alla maturata prescrizione giova, per inciso, precisare che la stessa dovrebbe applicarsi al reato ascritto sub A) anche se lo si considerasse commesso, come addebitato, fino alla vigila della introduzione del delitto di associazione mafiosa (28 settembre 1982), posto che la aggravante di cui al comma 4 della disposizione incriminatrice dovrebbe essere esclusa, non essendo stata la stessa, in punto di fatto, ritualmente contestata: ed invero, non sufficiente, alluopo, ascrivere, come stato fatto (Con le aggravanti di cui all'art. 416 commi 4 e 5 C.P., essendo Cosa Nostra unassociazione armata, composta da pi di dieci persone), allimputato la appartenenza ad una associazione per delinquere genericamente armata, atteso che in tema di associazione a delinquere aggravata ai sensi del 4 comma dellart. 416 c.p., perch sussista la circostanza aggravante della scorreria in armi necessario che la condotta si connoti per un aumentato pericolo dellordine pubblico e per un particolare allarme sociale; tali caratteristiche sussistono allorch gli associati scorrono in armi le campagne e le pubbliche vie col proposito di realizzare le condotte criminose che si riveleranno possibili, con correlate azioni di depredazione, grassazione e soverchierie, mentre non sufficiente che essi possiedano stabilmente delle armi, debitamente occultate, e che per la commissione dei singoli reati fine effettuino con esse spostamenti da luogo a luogo (Cass., sez. V, 03-05-2001, Madonna. In senso analogo cfr. Cass., sez. VI, 23-01-1998, Trisciuoglio). Ancora pi in generale, pu rilevarsi come, anche volendo dissentire dallappena esposto convincimento, la incidenza delle aggravanti dovrebbe, comunque, escludersi in dipendenza della concessione delle attenuanti generiche, che non potrebbero non essere accordate allimputato ad onta della gravit degli addebiti: al riguardo basterebbe, invero, considerare non solo e non tanto il composto contegno processuale, sempre mantenuto malgrado la gravit delle

accuse contestate, ovvero la et avanzata del medesimo o, ancora, i rilevantissimi servizi prestati al Paese nel corso della sua lunga carriera politica, ma piuttosto le indubitabili benemerenze che gli vanno riconosciute in specifica relazione alla lotta alla mafia promossa dagli ultimi gabinetti da lui presieduti, che denotano un evidente ravvedimento ed anche una sorta di intento di rimediare agli errori passati (tra laltro, anche se si volesse ammettere, senza ovviamente concedere, che ancora fino al 1987 la condotta dellimputato abbia integrato il delitto associativo, la inevitabile concessione delle attenuanti determinerebbe leffetto estintivo anche di tale reato). La evidenziata estinzione per prescrizione del reato ipotizzabile fino alla primavera del 1980 che, tenendo conto della esclusione della aggravante, era maturata perfino prima dellavvio della inchiesta a carico dellimputato -, secondo un autorevole indirizzo giurisprudenziale, non esime dalla giuridica valutazione della condotta in considerazione: ed invero, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che qualora limputato sia stato assolto con formula piena e contro tale decisione sia stato proposto gravame dal PM, il giudice dellimpugnazione pu applicare una sopravvenuta causa di estinzione del reato solo se reputi fondata limpugnazione, cos da escludere che possa persistere la pronuncia di merito pi favorevole allimputato; ne consegue che la sentenza che dichiara la causa estintiva deve essere adeguatamente motivata sul punto (Cass., sez. VI, 04-11-1998, Targon. In senso analogo, cfr. Cass., sez. II, 17-06-1992, Liotta). Nella fattispecie, tuttavia, al di l della formula assolutoria adottata che, come noto, a seguito della introduzione del vigente codice di rito, non poteva che essere ampia -, lo stesso Tribunale non ha certo ritenuto del tutto destituito di fondamento lassunto accusatorio, ma ha semplicemente dubitato della sussistenza dei reati contestati, significativamente menzionando nel dispositivo il comma 2 dellart. 530 c.p.p.: la situazione delineata non , dunque, quella di un convincimento ampiamente liberatorio impugnato dal PM, che renderebbe ragionevolmente ingiustificata una pronuncia di estinzione del reato non preceduta da una approfondita valutazione circa leffettivo fondamento del gravame. Pu, allora, dirsi che, in presenza del sopravvenuto maturare della prescrizione del reato, lo stesso pronunciamento impugnato giustifichi, di per s, la applicazione del criterio secondo cui, in presenza di una causa estintiva del reato, il proscioglimento nel merito, ai sensi dellart. 129, 2 comma, c.p.p., si impone ogni volta che sussista levidenza della prova di innocenza dellimputato alla quale equiparata la mancanza totale della prova di responsabilit, mentre non trova applicazione nella sua assolutezza lulteriore equiparazione tra mancanza totale e insufficienza o contraddittoriet della motivazione di cui allart. 530, 2 comma, c.p.p. quando sussista un concorso processuale di cause di proscioglimento, poich altrimenti verrebbe a vanificarsi il criterio della evidenza posto dal legislatore per risolvere il predetto concorso (cfr. fra altre analoghe, Cass., sez. III, 24-04-2002, Artico. Il criterio valutativo riportato, peraltro, non

unanime, non mancando pronunzie che privilegiano, comunque, la assoluzione ex art. 530, comma 2, c.p.p. al proscioglimento per estinzione del reato v., da ultimo, Cass., sez. V, 20-022002, Scibelli -). La opzione per la immediata declaratoria della estinzione del reato appare ulteriormente confortata dalla seguente riflessione, che giustifica una intepretazione meno categorica dellorientamento giurisprudenziale in precedenza richiamato (Cass., sez. VI, 04-11-1998, Targon; Cass., sez. II, 17-06-1992, Liotta): ed invero, la profonda revisione della ricostruzione dei fatti qui in considerazione operata dalla Corte rispetto a quella preferita dai primi giudici ha modificato radicalmente ed in senso nettamente sfavorevole allimputato il quadro probatorio che aveva dato luogo al (dubitativo) verdetto assolutorio, sicch la stessa revisione deve ritenersi, di per s, sufficiente a giustificare una rinnovata, integrale valutazione degli elementi acquisiti, alla quale non pu rimanere estranea la previa verifica della applicabilit dellart. 129 c.p.p. e, dunque, della eventuale ricorrenza di una causa di estinzione del reato. Sulla scorta di quanto esposto dovrebbe concludersi per la insussistenza di un compendio probatorio di significato evidente, idoneo a supportare la conferma della assoluzione nel merito, e per la conseguente, immediata statuizione di non luogo a procedere. La opinabilit della questione e la indubbia importanza del processo inducono, tuttavia, la Corte a non sottrarsi alla valutazione di merito, allesito della quale, come tosto si vedr, si dovr pervenire alla medesima soluzione. Ci si rende conto che, come gi accennato nelle premesse introduttive, in un caso come quello in esame, che esclude una formale affiliazione al sodalizio criminoso, la giuridica valutazione dei variegati elementi in considerazione presenta margini di opinabilit, cos come ci si rende conto che relativo linteresse del sen. Andreotti per una o laltra formula di proscioglimento, posto che si pu ben dire che egli, dallalto della sua lunga carriera politica, densa di onori e riconoscimenti, e della sua avanzata et, si misura, pi che con tali valutazioni giuridiche, con la Storia e, dunque, con i fatti che ne possano, in qualche modo, offuscare la immagine da tramandare. Ed i fatti che la Corte ha ritenuto provati dicono, comunque, al di l della opinione che si voglia coltivare sulla configurabilit nella fattispecie del reato di associazione per delinquere, che il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha, quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilit non meramente fittizia, ancorch non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, ad ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui ed a parlargli anche di fatti

gravissimi (come lassassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilit, in particolare in relazione allomicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza. Di questi fatti, comunque si opini sulla configurabilit del reato, il sen. Andreotti risponde, in ogni caso, dinanzi alla Storia, cos come la Storia gli dovr riconoscere il successivo, progressivo ed autentico impegno nella lotta contro la mafia, condotto perfino a dispetto delle, rispettabili, tesi (giuridiche) di personaggi di sicura ed indiscutibile fede antimafia e, se si volesse condividere la ricostruzione prospettata dalla Accusa, anche con notevole maestria diplomatica -, impegno che ha, in definitiva, compromesso, come poteva essere prevedibile, la incolumit di suoi amici e perfino messo a repentaglio quella sua e dei suoi familiari e che ha seguito un percorso di riscatto che pu definirsi non unico (si ricordi la, gi riportata, pagina dellatto di appello nella quale efficacemente si tratteggia la parabola delleroico Presidente Mattarella ed il passaggio graduale dalla sottovalutazione del fenomeno mafioso alla lotta aperta allo stesso). Ma, dovendo esprimere una valutazione giuridica sugli stessi fatti, la Corte ritiene che essi non possano interpretarsi come una semplice manifestazione di un comportamento solo moralmente scorretto e di una vicinanza penalmente irrilevante, ma indichino una vera e propria partecipazione alla associazione mafiosa, apprezzabilmente protrattasi nel tempo. Riallacciandosi ai criteri precisati nelle premesse introduttive, si deve, infatti, ritenere, in primo luogo, che la manifestazione di amichevole disponibilit verso i mafiosi sia stata consapevole ed autentica e non meramente fittizia. Non possibile, invero, pensare che essa sia stata semplicemente simulata per il raggiungimento di finalit contrarie agli interessi del sodalizio mafioso, cos come, se si volesse, in punto di fatto, seguire la disattesa tesi della Accusa, sarebbe stato latteggiamento di fittizia disponibilit assunto, in ipotesi, in circostanze storiche del tutto diverse, nei confronti del Riina in occasione del presunto incontro in casa di Ignazio Salvo e della vicenda del maxiprocesso. A questultimo riguardo, riagganciandosi anche a quanto gi in diversa sede evidenziato, si deve, infatti, considerare: - che limputato gi allepoca della tragica vicenda Mattarella aveva dimostrato di non accettare il metodo di violenta eliminazione degli avversari politici ed istituzionali intrapreso dai mafiosi nella seconda parte del 1979 e proseguito con ancora pi spregiudicata ed efferata intensit specie dopo lavvento dei corleonesi basti ricordare i numerosi assassini di importanti rappresentanti delle pubbliche istituzioni (possono citarsi il proc. Costa, lon. La Torre, il prefetto Dalla Chiesa, il sost. proc. Ciaccio Montalto, lag. Zucchetto, il comm. Montana, il comm. Cassar, il cap. DAleo, il prof. Giaccone) -; - che ci, come meglio illustrato in altra parte della sentenza, aveva, innanzitutto,

ideologicamente allontanato il medesimo imputato dai mafiosi, di cui aveva drammaticamente scoperto la pericolosit per le pubbliche istituzioni in precedenza sottovalutata rispetto al ritenuto (ed apprezzato) ruolo di controllo della criminalit, in qualche modo collaterale alla azione repressiva statuale, nonch rispetto allutile appoggio elettorale, a quellepoca probabilmente sopravvalutato; - che, interrotte le pregresse relazioni amichevoli con i mafiosi, Andreotti aveva avuto, per di pi, modo di verificare sul campo, allesito delle elezioni politiche del 1987, la trascurabile forza elettorale della mafia, cosicch, a tutto volere concedere, egli non aveva pi nulla da guadagnare a coltivare un effettivo ed autentico rapporto con i mafiosi; - che, pertanto, sempre a tutto volere concedere, un suo eventuale intervento presso gli stessi non poteva essere dettato dal fine di interagire fruttuosamente con essi, ma dallesclusivo scopo di attenuarne la pericolosit e di salvaguardare la incolumit dei suoi sodali; - che, del resto, la attivit politica dellimputato e, in particolare, la produzione legislativa promossa dagli ultimi Governi da lui guidati dimostrano come nel periodo immediatamente successivo o concomitante con le richiamate vicende, Andreotti non stava certo dalla parte dei mafiosi. Per contro, nel periodo qui in considerazione (fino alla primavera del 1980): - era ancora agli albori lattacco violento ai rappresentanti delle istituzioni ed il ricorso ai metodi sanguinari che allontan limputato dai mafiosi con i quali aveva fino ad allora coltivato amichevoli relazioni, non ostacolate da tale insuperabile pregiudiziale ideologica; - non era, inoltre, ancora emersa in termini chiari la fallacit del comune convincimento circa la determinante forza elettorale di Cosa Nostra, che aveva indotto il Bontate ad ammonire il suo illustre interlocutore circa la necessit di conservare il favore della mafia e che poteva astrattamente indurre a coltivare buone relazioni con i mafiosi; - non vi traccia nella attivit politico-istituzionale di Andreotti di un impegno antimafia che possa giustificare il convincimento che la amicizia palesata ai mafiosi fosse soltanto simulata. Del resto, ad ultimativo conforto dellassunto, basta considerare proprio la, assolutamente indicativa, vicenda che ruota attorno allassassinio dellon. Pier Santi Mattarella. Anche ammettendo la prospettata possibilit che limputato sia personalmente intervenuto allo scopo di evitare una soluzione cruenta della questione Mattarella, alla quale era certamente e nettamente contrario, appare alla Corte evidente che egli nelloccasione non si mosso secondo logiche istituzionali, che potevano suggerirgli di respingere la minaccia alla incolumit del Presidente della Regione facendo in modo che intervenissero per tutelarlo gli organi a ci preposti e, per altro verso, allontanandosi definitivamente dai mafiosi, anche denunciando a chi di dovere le loro identit ed i loro disegni: il predetto, invece, ha, s, agito per assumere il controllo della situazione critica e preservare la incolumit dellon. Mattarella, che non era certo

un suo sodale, ma lo ha fatto dialogando con i mafiosi e palesando, pertanto, la volont di conservare le amichevoli, pregresse e fruttuose relazioni con costoro, che, in quel contesto, non possono interpretarsi come meramente fittizie e strumentali. A seguito del tragico epilogo della vicenda, poi, Andreotti non si limitato a prendere atto, sgomento, che le sue autorevoli indicazioni erano state inaspettatamente disattese dai mafiosi ed a allontanarsi senzaltro dagli stessi, ma sceso in Sicilia per chiedere al Bontate conto della scelta di sopprimere il Presidente della Regione: anche tale atteggiamento deve considerarsi incompatibile con una pregressa disponibilit soltanto strumentale e fittizia e, come gi si evidenziato, non pu che leggersi come espressione dellintento (fallito per le ragioni gi esposte in altra parte della sentenza) di verificare, sia pure attraverso un duro chiarimento, la possibilit di recuperare il controllo sulla azione dei mafiosi riportandola entro i tradizionali canali di rispetto per la istituzione pubblica e di salvaguardare le buone relazioni con gli stessi, nel quadro della aspirazione alla continuit delle stesse. Sotto altro profilo, si deve rimarcare come la manifestazione di amichevole disponibilit verso i mafiosi, proveniente da una personalit politica cos eminente e cos influente, non potesse, di per s, non implicare la consapevole adduzione alla associazione di un rilevante contributo rafforzativo. Al riguardo, per sfuggire al pericolo di incorrere in mere astrazioni, opportuno citare alcuni fatti, idonei a conferire concretezza alla, peraltro logica, prospettazione ed indicativi delleffettivo rafforzamento che la palesata disponibilit dellimputato ha apportato al sodalizio mafioso, ma anche, nellambito di esso, al prestigio degli esponenti che con lui intrattenevano amichevoli relazioni. Possono menzionarsi, in proposito, i, del resto logici ed inevitabili, riflessi della importanza della figura di Andreotti sui convincimenti indotti nei mafiosi dalla amicizia palesata dal medesimo: - la prosopopea, fastidiosa per i suoi avversari, mostrata dal Bontate nel parlare delle sue amichevoli relazioni con limputato, segno inequivoco del fatto che il capomafia riteneva di trarne forza e prestigio (si vedano le gi richiamate dichiarazioni rese in proposito da Giuseppe Lipari); - la opinione, non importa se giustificata o meno, che inevitabilmente si diffondeva fra gli uomini donore, secondo cui la amicizia di Andreotti assicurava al sodalizio una protezione al massimo livello politico, tradotta, sia pure con un procedimento piuttosto grossolano, in una sostanziale impunit: torna utile richiamare, in proposito, la, sia pure ingenua e generica, affermazione con cui il Giuffr ha risposto alla richiesta di precisare quali fossero stati gli apporti arrecati dallimputato a Cosa Nostra (<<PRESIDENTE - Dice: Lei in grado di indicarci qualche particolare, parole, qualche aiuto fornito del senatore Andreotti a Cosa Nostra? - GIUFFRE- Grazie, Signor Presidente, allinteressamento dell'onorevole Andreotti che vi stato per Cosa Nostra un periodo di

impunit, mi faccia passare il termine.>>); - il sentimento della forza della organizzazione indotto in Giovanni Brusca dalla notizia, riferitagli da Nino Salvo, che limputato era intervenuto nel processo Rimi (udienza del 28 luglio 1997: <<P.M.: Fece una qualche riflessione in questa occasione oppure no? - BRUSCA GIOVANNI: No, io in me stesso, per come... - AVV. SBACCHI: Presidente, le riflessioni non credo che ci possano interessare. - P.M.: Riflessioni sono fatti personali e quindi se non ce le dice il protagonista chi ce le deve dire? - AVV. SBACCHI: Ma le riflessioni non ci interessano. - PRESIDENTE: Fatti deve raccontare. P.M.: E infatti Presidente. - PRESIDENTE: Fatti. - P.M.: Quale fu la sua ... Lei fece ... esclam qualche cosa oppure no? - BRUSCA GIOVANNI: Io stavo ... stavo raccontando, quello che ... dopo che io sento le parole di Nino Salvo, cio in me stesso dissi: Mizzica, qua a posto sono cio mi sono sentito importante, perch in quel periodo io avevo 22, 23 anni. Al che dissi: Qua se succede qualche cosa c la possibilit di potere intervenire, personaggi di un certo livello, quali a livello dellOnorevole Andreotti, per potere eventualmente aggiustare o intervenire in qualche problema>>). E vero che il Tribunale, confondendo fra la espressione di una valutazione e la rievocazione di un processo psicologico gi avvenuto, ha dichiarato inutilizzabile tale dichiarazione, malgrado il diverso, condivisibile ed articolato parere espresso non solo dal PM, ma anche dalla stessa Difesa: la Corte, per, non si sente vincolata da tale pronunciamento, che reputa erroneo proprio per le considerazioni formulate dal PM e dalla Difesa, che si riportano testualmente (<<AVV. COPPI: Mi consente Presidente? Noi ci eravamo opposti a che venisse fatta una domanda sulle riflessioni dellimputato di reato connesso, sulla base di una giurisprudenza di questo Tribunale che non ha mai ammesso domande di questo tipo. Io sono personalmente daccordo con lUfficio del Pubblico Ministero che pure in altre occasioni si era opposto a nostre domande di questo tipo, che sia lecito chiedere ad un imputato o ad un testimone, i ragionamenti che ha fatto in relazione ad un determinato fatto, perch il ragionamento , per quel che mi risulta, un fatto di natura psicologica e quindi giusto acquisirlo al dibattimento, salvo poi per il Tribunale valutare in relazione alla natura del fatto psicologico e non storico, la sua incidenza sulla verit. Per la giurisprudenza di questo Tribunale sempre stata nel senso che tutte le volte che noi abbiamo chiesto ad un testimone, ad un imputato di reato connesso di esprimere gli argomenti, le riflessioni, le congetture fatte intorno ad un fatto, il Tribunale ha sempre detto di no. E anche in questo momento si opposto a che venisse introdotta questa domanda. Per, attraverso la domanda riproposta dal Pubblico Ministero: lei ha esclamato qualche cosa? l'imputato di reato connesso ha esplicitato una sua esclamazione interiore, perch a se stesso e dentro di se... - PRESIDENTE: E un giudizio, dico, un giudizio e quindi non lo ... AVV. COPPI: No, a me sta bene, per per il futuro ce lo consenta che ... A me mi sta benissimo che lui dentro di se abbia esclamato, ma lesclamazione interiore esattamente una riflessione, quindi... - P.M.: Che diversa dalla deduzione. Le opposizioni sono sempre state sulle deduzioni. - AVV. COPPI: No, no, noi abbiamo chiesto... - PRESIDENTE: Pubblico Ministero la stessa cosa. - AVV. COPPI: Noi abbiamo chiesto centinai di volte ad imputati o a testimoni: Lei che cosa ha pensato sul punto perch ci sembra

che sia lecito chiederlo ed molto importante, rispetto a testimoni di un certo calibro, capire cosa hanno pensato in relazione a certe cose. Il Tribunale... - PRESIDENTE: Il Tribunale sempre dellopinione che il teste riferisce su fatti. - AVV. COPPI: Ma infatti noi pensiamo che sia un fatto, sia pure di natura psicologica. Ma se questa la giurisprudenza... - PRESIDENTE: Questo un giudizio e quindi... - AVV. COPPI: No Presidente, non era consentito fare... - PRESIDENTE: Avr il valore che avr avvocato Coppi. - AVV. COPPI: No, no Presidente, non deve stare neanche... secondo me per coerenza non deve stare neanche a verbale, quindi si deve ordinare la cancellazione di una esclamazione interiore. Quindi noi chiediamo che queste considerazioni del teste, per coerenza, vengano espunte dal verbale, perch si tratta di una riflessione che egli ha fatto, esattamente ci che aveva chiesto il Pubblico Ministero che il Tribunale aveva detto che non era ammissibile. Non che possiamo dire: poi si vedr, perch nel momento in cui comunque una cosa rimane a verbale, senza che il Tribunale decida immediatamente se pu rimanerci o no, fra sei mesi, sette mesi, un anno, quando ne discuteremo, comunque una cosa di cui si pu discutere, mentre a nostro avviso o entra nel verbale e se ne discute a 360 gradi o non ci pu entrare. Per coerenza con quello che il Tribunale ha fatto non ci deve entrare. Poi il Tribunale pu fare quello che vuole. - P.M.: Signor Presidente, la distinzione tra la deduzione e un fatto interiore, non una sottigliezza, perch a volte accaduto in questo dibattimento che il teste o l'imputato di reato connesso, ha raccontato un fatto e su questo fatto si chiesto: Lei che cosa ne pensa? quindi si invitato il teste o limputato di reato connesso a svolgere in quel momento una deduzione, e a questo noi ci siamo opposti, perch in quel momento che si cerca di sviluppare un ragionamento su un fatto. In questo caso noi cerchiamo di riesumare dalla memoria dellimputato di reato connesso che cosa accadde allora. Cio non una deduzione da fare ora, tipo: Che cosa pensa oggi di quello che disse Salvo allora? - PRESIDENTE: Avvocato Sbacchi, lavvocato Coppi ha espresso appieno il suo pensiero. - P.M.: Se noi avessimo detto: Che cosa pensa oggi, 1997, di quello che le disse Nino Salvo allora?, lobiezione sarebbe assolutamente fondata. Ma se noi chiediamo: Lei, allora, in quel momento, che cosa accadde dentro di lei abbiamo la rievocazione di un fatto storico che non si trasformato in una realt fenomenica, ma che avvenuto dentro la psiche della persona. Quindi riteniamo che non sia una sottigliezza ma che ci sia una differenza. VOCE FUORI MICROFONO - PRESIDENTE: Comunque in accoglimento della richiesta della difesa, il Tribunale ritiene inutilizzabile questa parte della deposizione di Brusca nella parte in cui appunto ha pensato questa sua riflessione, non utilizzabile. Andiamo avanti.>>); - il valore sintomatico, ancora una volta, della vicenda Mattarella: come gi in altra parte dellelaborato evidenziato, condivisibile il rilievo che i mafiosi si siano determinati ad alzare il tiro su un cos eminente esponente del partito di maggioranza relativa anche perch supponevano di non incorrere in conseguenze pregiudizievoli in quanto contavano sullappoggio di ancora pi importanti personaggi politici. In questo quadro si pu legittimamente ritenere che la crescente irritazione manifestata dal Bontate in occasione dellincontro della primavera del 1980 scatur anche dalla constatazione della inattesa, dura ed intransigente protesta

dellimputato, che lasciava intravedere labbandono da parte di questultimo del pregresso atteggiamento di disponibilit, al quale il capomafia ha ritenuto di dover prontamente porre un rimedio assumendo un atteggiamento apertamente minaccioso, suscettibile di dissuadere il suo interlocutore e, pi in generale, la classe politica dalla adozione di provvedimenti legislativi contro la mafia. Loggettivo e gi evidenziato deficit probatorio in ordine a specifici e concreti interventi agevolativi degli interessi della associazione mafiosa posti in essere dallimputato, che possono, in termini plausibili, soltanto immaginarsi, non assume, pertanto, valenza determinante, posto che, comunque, con la sua condotta (si ribadisce, non meramente fittizia), limputato ha, non senza personale tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale ed arrecato, comunque, allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilit a favorire i mafiosi. In definitiva, la Corte ritiene che sia ravvisabile il reato di partecipazione alla associazione per delinquere nella condotta di un eminentissimo personaggio politico nazionale, di spiccatissima influenza nella politica generale del Paese ed estraneo allambiente siciliano, il quale, nellarco di un congruo lasso di tempo, anche al di fuori di una esplicitata negoziazione di appoggi elettorali in cambio di propri interventi in favore di una organizzazione mafiosa di rilevantissimo radicamento territoriale nellIsola: a) chieda ed ottenga, per conto di suoi sodali, ad esponenti di spicco della associazione interventi para-legali, ancorch per finalit non riprovevoli; b) incontri ripetutamente esponenti di vertice della stessa associazione; c) intrattenga con gli stessi relazioni amichevoli, rafforzandone la influenza anche rispetto ad altre componenti dello stesso sodalizio tagliate fuori da tali rapporti; d) appalesi autentico interessamento in relazione a vicende particolarmente delicate per la vita del sodalizio mafioso; e) indichi ai mafiosi, in relazione a tali vicende, le strade da seguire e discuta con i medesimi anche di fatti criminali gravissimi da loro perpetrati in connessione con le medesime vicende, senza destare in essi la preoccupazione di venire denunciati; f) ometta di denunciare elementi utili a far luce su fatti di particolarissima gravit, di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza di diretti contatti con i mafiosi; g) dia, in buona sostanza, a detti esponenti mafiosi segni autentici e non meramente fittizi di amichevole disponibilit, idonei, anche al di fuori della messa in atto di specifici ed effettivi interventi agevolativi, a contribuire al rafforzamento della organizzazione criminale, inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza politica, il sentimento di essere protetti al pi alto livello del potere legale. Alla stregua dellesposto convincimento, si deve concludere che ricorrono le condizioni per ribaltare, sia pure nei limiti del periodo in considerazione, il giudizio negativo espresso dal Tribunale in ordine alla sussistenza del reato e che, conseguentemente, siano nel merito fondate le censure dei PM appellanti.

Non resta, allora, che confermare, anche sotto il profilo considerato, il gi precisato orientamento ed emettere, pertanto, la statuizione di non luogo a procedere per essere il reato concretamente ravvisabile a carico del sen. Andreotti estinto per prescrizione. <<<<<<<<<<<<<<<<<<>>>>>>>>>>>>>>>>>>

PER QUESTI MOTIVI La Corte, visti gli artt. 416, 416bis, 157 e ss., c.p.; 531 e 605 c.p.p.; in parziale riforma della sentenza resa il 23 ottobre 1999 dal Tribunale di Palermo nei confronti di Andreotti Giulio ed appellata dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Generale, dichiara non doversi procedere nei confronti dello stesso Andreotti in ordine al reato di associazione per delinquere a lui ascritto al capo A) della rubrica, commesso fino alla primavera deI 1980, per essere Io stesso reato estinto per prescrizione; conferma, nel resto, la appellata sentenza. Visto lart. 544, comma 3, c.p.p.; indica in giorni novanta il termine entro il quale verranno depositate le motivazioni della sentenza. Palermo, l 2 maggio 2003. IL CONSIGLIERE est. (Dr. Mario Fontana) IL PRESIDENTE (Dr. Salvatore Scaduti)

You might also like