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La Parola in Biodanza

Il Cippo di Perugia una stele in pietra che presenta su due facciate un'iscrizione in lingua etrusca datata al III/II secolo a.C.

MONOGRAFIA DI TITOLAZIONE ALESSANDRO AGOSTINETTI, VII CIELO SCUOLA DI BIODANZA ROLANDO TORO BOLOGNA

SOMMARIO
La Parola in Biodanza..............................................................................................1 SOMMARIO.............................................................................................................. 2 DISCLAIMER............................................................................................................ 3 PARTE I - LA MIA VIVENCIA.....................................................................................4 Ringraziamenti.....................................................................................................4 La mia storia in biodanza da allievo a facilitatore iniziante...................................5 Il gruppo delle 18 e 30, o meglio, delle sei e mezza..........................................9 Perch questa monografia.................................................................................11 PARTE II - TEORIA E METODOLOGIA ......................................................................12 Della priorit metodologica della vivencia e di altre faccende... relative alla parola e alla coscienza.......................................................................................12 Della Teoria e della Teoria vivenciale.................................................................16 Del relato de vivencias, anche detta Condivisione verbale della vivencia ..........19 Della consegna in generale................................................................................22 I processi alto-basso e basso-alto: dal pilota automatico alla vivencia.........26 Quando la parola potrebbe intralciare la vivencia?.............................................28 Troppe parole?.............................................................................................28 Uso delle immagini......................................................................................29 Anticipazione dei vissuti..............................................................................30 Induzione di vivencia o induzione ipnotica?..................................................31 Quando la parola potrebbe facilitare la vivencia?...............................................33 Lessenzialit della parola!...........................................................................33 Chiarezza nella spiegazione del come si fa!.................................................35 Proiezione esistenziale e biocentrismo: il principio biocentrico come base sicura della consegna esistenziale...............................................................36 La parola evocativa / evocatrice non suggestiva che apre uno spazio di libert..........................................................................................................37 La parola aderente al vissuto (non suggestiva)............................................38 La parola poetica: ineffabilit della poesia...................................................39 Delle vivencias ove si usa la parola....................................................................40 Del colloquio con i singoli allievi.........................................................................42 Come si parla in biodanza: una sintesi...............................................................44 CONCLUSIONI: nel cammino verso lintegrazione ................................................45 Caro Sergio,..........................................................................................................46

DISCLAIMER
IN QUESTA TESI PARLO IN PRIMA PERSONA DI MIE ESPERIENZE E DI MIE IDEE. NON HO LA PRETESA CHE QUESTA SIA UNA VERITA OGGETTIVA, E DEL RESTO NON CREDO NEANCHE PIU ALLA VERITA OGGETTIVA. MI PERDONINO LE PERSONE CITATE A SPROPOSITO SE HO RIPORTATO ERRONEAMENTE IL LORO PENSIERO E ANCHE GLI AUTORI PER LO STESSO MOTIVO. SONO GRATO PROFONDAMENTE LORO PER LE IMPRONTE CHE HANNO LASCIATO NELLA MIA MENTE E NEL MIO CUORE.

PARTE I - LA MIA VIVENCIA


Ringraziamenti
Grazie... con il sorriso che nasce dentro di me, dico questi grazie. A mio Padre e a mia Madre: le Radici della mia energia. A Elena compagna di vita, che apre continuamente i miei occhi sulla realt sin dalle prime ore del mattino ;), che mi fa capire il valore della terra e dellacqua... e con la quale cammino con amore mano nella mano ogni giorno nella vita. Alle mie ragazze: Emanuela e Francesca, che sono sempre nel mio cuore e che mi fanno capire perch essere biocentrici, a loro che sono semi gettati nella terra e nel futuro. A Sergio Cruz, per quello che fa per me, per questo Paradiso che sa ricreare, spazio di vivencia e di formazione umana autentica. A Concetta che incarna la possibilit di realizzare le proprie potenzialit e che mi ha fatto vivere per la prima volta in biodanza questa realt. A Fiorenza, che vive un momento difficile proprio in queste ore mentre scrivo, che ringrazio per averci accompagnato con presenza e cura per tutto il ciclo di formazione e per aver assistito al mio debutto! Ai miei compagni del Settimo Cielo, ai tutor, Giorgio, Maria Pia, Bendetta, Raffaella, Donatella, e alle segretarie, Sonia ed Elisabetta, per tutta la vivencia e per tutto lamore che ci doniamo. A Cristina per la sua amorevole presenza nelle supervisioni, dalla quale ho tanto imparato. A Libero caro amico di tanti voli per aria! A Pierluigi che ha condiviso con me il percorso della scuola e del tirocinio. Alle mie prime care allieve: Chiara, Eugenia, Tiziana, Anna e Linda. Ai miei cari compagni del settimanale di questanno, che mi hanno visto danzare al loro fianco e mi hanno seguito nei primi passi della conduzione: Denise, Franceca, Sara, Paola, Patrizia, Deni, Mariagrazia A. e Mariagrazia D.

Agli amici che mi hanno aperto la possibilit della coconduzione a gruppi riuniti: Elena R., Mara, Ursula e Irene. Agli amici biodanzanti che ci sono venuti a trovare in occasione delle supervisioni: Irene, Barbara, Prima, Roberto, Patrizia M., Miriam, Maurizio, Marco, Delia, Luca e Sara. A Elvino e Lara che con la loro presenza e la loro amicizia accompagnano da tanti anni il mio cammino nella vita. A tutti quelli che per debolezza di memoria non ho citato e che sono nella via assieme a me.

La mia storia in biodanza da allievo a facilitatore iniziante


Ho iniziato a praticare biodanza nellestate del 2007. E stato amore a prima vista. E lesatto opposto di quel che si dice progressivit. Qui ognuno ovviamente ha la sua storia e dove inizia la storia personale finiscono le regole astratte. Per me stato un bene cos, ad ogni modo. Si trattava di uno stage residenziale di approfondimento, in natura, nella magnfica isola di S. Erasmo nella laguna di Venezia. Il tema Trasformarsi e Trasformare (o forse viceversa...!). Conduttrici Concetta M. e Michela B. Ho dei ricordi magici e mitici di quellesperienza, come giusto che sia per una pietra fondamentale, per linizio di una nuova epoca della mia vita. Ho coltivato per molti anni i pi diversi interessi, nellambito della spiritualit e della psicologia, alla ricerca di sanare alcune profonde ferite interne. Posso dire che portavo (e ancora in parte porto) in me alcune dissociazioni rilevanti, nonostante i molti lavori fatti, per lo pi da solo. Questo non tanto per egocentrismo, ma per forte sfiducia nellaltro, nel genere umano in genere. Questo non mi impediva di avere un atteggiamento gentile ed educato verso (quasi) tutti, tuttavia nel profondo assolutamente guardingo e poco disponibile ad un contatto umano intimo e, soprattutto, aperto verso la generalit della specie. Faccio questa premessa per spiegare il contesto nel quale mi sono trovato a fare la mia prima esperienza di biodanza, per rievocare ricordi, vissuti ed emozioni. Ci siamo trovati allaperto pi di qualche decina di persone in un grande cerchio, la sera del venerd, il tempo bello, laria fresca sulla pelle, il cielo
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quasi sereno, di un bl profondo, una grande enorme luna piena (che poi per aumentare lenfasi mitica scoprii essere la potente luna bl... una seconda luna piena nello stesso mese!), ed un albero secolare che ci faceva da sponda con i suoi rami e le sue foglie fruscianti. Per me stato uno shock, ripercorrere in poche ore da l a poco tutta la storia umana e quello che dopo alcuni anni di studio ritengo essere lessenza di questo metodo, vale a dire lincontro poetico con la nostra specie. Mi sono sentito trasportare indietro nel tempo, in una dimensione archetipica, forse eravamo stati uniti in qualche vita precedente, forse in qualche antico e ancestrale sabba. Forse, invece, ero capitato fra tanti svitati, si erano proprio tutti matti questi qui, che hanno cominciato a danzare e a baciarsi tra loro senza ritegno. Dopo unora avevo deciso: si trattava decisamente di una banda di matti, ma a me piaceva questa follia. Mi faceva stare bene. Nella seconda parte della serata (che oggi saprei identificare ma allora no ;) ) sono entrato in una trance profonda, in una fluidit, dove ho navigato nel mio spazio interno che era, ad un tempo, esterno. In un mare di luce buona. Non so quando lho realizzato con consapevolezza, ma quello che successo in quei giorni mi ha davvero portato in unaltra linea di vita... Potrei dire che iniziato un percorso di scoperta della vita e dellamore, dove gli altri, da esseri distanti quasi comparse nel mio scenario interno, sono diventati molto pi esseri in carne ed ossa, esseri UMANI, da sentire, toccare, odorare, abbracciare, onorare. Lo dico ancora oggi quando devo parlare di biodanza di questa mia esperienza, di riscoperta dellumanit. Unaltra cosa importante il valore del corpo nella ricerca interiore, fino a quel momento ero stato moltissimo nella testa, nei pensieri, nel mentale. Avevo invece incontrato un modo di lavorare su me stesso basato sul corpo sulle emozioni sulla musica e sulla danza, che mi faceva stare bene, e che sentivo nel profondo essere vasto e plastico al punto di permettere lespressione di tutta la vita inespressa che sentivo (e sento ;) ) pulsarmi dentro.
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Non avevo certo le idee cos chiare, anzi ero piuttosto confuso, ed ho accelerato alcune scelte di vita che stancamente andavo accettando, ormai decisamente inattuali di fronte al divampare vitale innescato dallo stage sulla trasformazione. Nellestate dello stesso anno ho iniziato a maturare lidea di frequentare la scuola di formazione, unidea suggerita in forma di proposta da Concetta, che mi considerava adatto a intraprendere quel percorso. A settembre, ho iniziato a frequentare due settimanali uno per inizianti e uno di approfondimento, con lardente desiderio di prepararmi allimminete inizio (da l a poco) della scuola. E stato sempre nel 2007 che ho incontrato Elena, con la quale ancora oggi camminiamo assieme condividendo la vita! Lincontro di due cuori e di due anime che si sono riconosciute. Il processo nella scuola stato molto importante, anche perch era la prima volta che mi concedevo cos apertamente (e spudoratamente) qualcosa tutta per me. La mia postura normale infatti quella di rinunciare a fare delle cose per me, a favore dei bisogni (a volte solo immaginati) degli altri. Il fatto che Elena fosse il ciclo avanti al mio, mi stato di grande aiuto, perch in fondo il suo successo, nel terminare il percorso, e poi anche tutto quello che ne seguito, tirocino, titolazione, conduzione, sono stati (e sono) fonte di ispirazione per me. I primi due anni sono stati di pura vivencia, non ne volevo sentire n di studiare n di relazionare. I primi tempi poi ho sentito che, a volte, la mia vivencia non stava nel movimento, era pi grande di quanto io potessi fare ed esprimere con il mio corpo. E questo mi dava frustrazione. Il gruppo del 7 cielo un gruppo fantastico, caldo, affettivo, accogliente. Un vero utero di trasformazione. E anche se allinizio questo un po mi spaventava, in quel gruppo ho sempre sentito che cera uno spazio anche per me, un posto dove vibrare e riposare, dove prendere e dare, senza giudizi di sorta. Pura accoglienza. Dalla quale potevo anche sfuggire, ma che era sempre l ad accettarmi e a riaccogliermi. Questa qualit per me diventata la marca essenziale del gruppo dopo il primo minotauro, nel quale questa parte recettiva e femminile del gruppo, si

manifestata come la sua grande, enorme, forza di mutuo, reciproco, sostegno. Una parola va ai miei amici uomini, che tanto mi hanno dato e che mi porto dentro... anche nella vivencia dello spogliatoio che una delle pi belle da vivere. Superato un momento di crisi personale che mi faceva pensare di interrompere la scuola alla fine del secondo anno, da l in poi me la sono davvero goduta! Il secondo minotauro stato un albero dei desideri: ho potuto infatti danzare la mia potenza con creativit e leggerezza in una tigre che stata lespressione di tutto il mio yang (di qui il noto motto Yang Forever, vale a dire Yang per sempre). Anche se solo nella danza perch ancora oggi sento che questo passa in modo parziale nella vita, c stato un momento (quello) di grande integrazione e di espressione di me, della mia identit, del mio sentire profondo. Si entra nellultimo anno, delle metodologie, sento che Sergio riuscito a passarci la vivencia del condurre, che ha facilitato grazie alla sua teoria: un passaggio, un salto quantico da allievo a conduttore. Ci ha messo cos nelle condizioni di poterlo fare davvero, di poter davvero prendere in mano la nostra vita. Nel frattempo, il mio settimanale era condotto da Elena che iniziava allepoca il suo tirocinio, per poi titolarsi ed essere cos linsegnate del mio settimanale per questi ultimi tre anni. Io ho vissuto sin dal principio questa sua avventura, con tutti gli alti e i bassi, i successi e qualche momento di scoramento. Ho imparato moltissimo da lei e da questa esperienza: da cose molto pratiche (fare i volantini, caricare, scaricare e montare limpianto in palestra, a caricare la musica sul PC !) a cose davvero importanti: la cura nella preparazione della serata, la presenza alle persone e alla conduzione, la capacita di offrire sempre una proposta autentica e di qualit nella parte teorica, oltre che in quella vivenciale. In lei ho ritrovato tutto quello che Liliana Viotti dice essere necessario per fare un buon facilitatore: teoria, metodologia e amore!

E in questi anni di settimanale ho sentito che la mia vivencia si radicalizzava, che, nella apparente semplicit delle prime proposte di Elena, potevo lasciarmi andare, entrare in una pulsazione (sullasse orizzontale del modello teorico) sempre pi ampia. Poi le proposte si sono fatte sempre pi organiche e profonde, e il mio processo in biodanza andato approfondendosi di pari passo. E ho avuto conferma che nel settimanale che avviene principalmente levoluzione personale. Terminata la scuola nel luglio del 2011, ho sentito il bisogno di prendere una distanza fisica ed emotiva da Bologna; ci a causa, da un lato, del dolore per la separazione dal gruppo e per la fine di un ciclo di vita (dolore che solo a distanza di tempo ho cominciato a riconoscere), dallaltro lato, anche per il sollievo di riappropriami di un week end al mese, che per quasi 4 anni era stato occupato, in modo sicuramente piacevole, ma anche ingombrante per la mia vita personale (di padre e di compagno).

Il gruppo delle 18 e 30, o meglio, delle sei e mezza


Nel mese di settembre del 2011 ho iniziato con Pierluigi (mio compagno di formazione) e con la presenza amorevole di Elena a condurre un piccolo gruppo di inizianti. In verit le nostre prime conduzioni sono della primavera precedente, tuttavia lintento di queste prime era stato pi che altro quello di rompere il ghiaccio e di fare qualche supervisione, mentre a settembre la proposta stata quella di fare un ciclo di 12 lezioni. In verit nel mio cuore non sapevo se mai si sarebbe formato un gruppo con una sua stabilit. Sono stato animato in ogni caso dallintento di proporre biodanza, con quella seriet e cura che avevo imparato da Elena e che sento appartiene anche a me, per aprire uno spazio per danzare, e, naturalmente, allo stesso tempo, avere sul mio lavoro i feedback delle supervisioni concludere la mia formazione. In questo primo trimestre abbiamo proposto un lavoro di integrazione, e ho corso il rischio di sentirmi ripetitivo, banale, troppo semplice, ovvio nella scelta musicale, eccessivamente strutturato e poco vivencial, lento nel proporre gli stimoli di crescita.
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formalmente necessari per

Ho anche capito per che devo rispettare me stesso ed essere connesso con me stesso, da l nel corso dellanno sono venute le maggior soddisfazioni, quanto sentivo che ero davvero presente a me stesso e al gruppo, lasciando che Alessandro fosse solo Alessandro (e non qualcun altro). In questo gruppo ci sono alcunni allievi stabili (Chiara, Eugenia, Linda e Tiziana), a cui si aggiunta Anna a febbraio 2012, mentre invece Elena (che non unallieva!) stata sempre presente, a cocondurre e fare da sostegno in occasione delle supervisioni. Tuttavia la cellula di base a cui va il mio grazie profondo, si espandeva in occasione delle supervisioni, per accogliere lamore e laffetto degli amici a cui a va un altrettanto profondo grazie, che partecipavano alle sessioni supervisionate per sostenerci. In gennaio con Pierluigi abbiano fatto 2 conduzioni a tema, aperte, con supervisione e le nostre strade si sono divise a causa delle nostre diversit. Da febbraio il lavoro proseguito con Elena con una proposta di altre 12 sessioni con tema le linee di vivencia, proposte sempre in chiave di integrazione e con lintento di iniziare un po di approfondimento. Si trattata di unesperienza importantissima per me e sento che sono accadute cose importanti in questo nucleo. La prima cosa straordinaria di questo gruppo stata la qualit della presenza, che nel tempo si consolidata sul versante affettivo, dato che abbiamo danzato assieme tutto lanno da settembre a maggio. La seconda cosa straordinaria il processo di integrazione che accaduto sotto i nostri occhi, delle persone e del gruppo, oltre che ad averlo ascoltato nelle condivisioni, sempre cos biodanzanti. La terza cosa straordinaria il cambio generazionale, con la presenza di due ragazze nei loro venti: Linda e Tiziana, che oltre ad essere allieve sono anche psicologhe, e, a fine anno, sono state coinvolte in una nostra iniziativa, azzerando lasimmetria facilitatore / allievo (vedi metodologia V). Del resto questo cambio generazionale lo si vede anche nel 9 ciclo di Bologna che ci ha sconvolto per la sua energia, con tante presenze giovani giovani! A fine stagione, un po stanco, progetto con Elena la prossima stagione. Un ciclo si chiude e subito un altro si riapre.
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Bisogna concedersi del riposo per fare questo, accettare i cambiamenti che arriveranno ed essere pronti ad affrontarli sotto legida della creativit vivencial.

Perch questa monografia


Alla fine di un percorso i motivi che ci spingono in una certa direzione appaiono del tutto diversi. Allinizio di questo lavoro io (che sono un chiacchierone) sentivo limpeto di difendere la parola, di mettere bene in luce usi propri e usi impropri, e quindi di riscattarla. Sentivo che sulla parola gravava un eccessivo pregiudizio e che nessuno si faceva una ragione del fatto che essa fondamentale anche in biodanza se usata bene. Vedete bene questo approccio duale nella struttura del mio lavoro, nel suo impianto originario: parola s e parola no. Del resto questa stessa caccia al corticale non mi mai piaciuta, mi ricorda tanto la caccia alle streghe, solo che anche io sono incappato nella stessa dissociazione, prendendo esattamente la sponda opposta, quella della difesa della parola. Oggi sento di avere un approccio molto pi integrato al tema della parola di quello che avevo solo qualche mese fa quando ho iniziato a pensare a questo lavoro e a scrivere. Oggi sento che dallunicit dellessere umano che tende allintegrazione, nasce una parola possibile, generatrice di vivencia, e che non vi sono opposizioni tra parola e vivencia, tra corteccia e strutture pi profonde del sistema nervoso umano. Solo per comodit rappresentativa e di studio, dividiamo e distinguiamo, ma in realt si tratta di fenomeni unici e complessi. Anche la parola corpo, in fondo, e si fa vivencia. Quindi linteresse si spostato dalla parola / non parola, al conduttore e agli allievi, vale a dire agli esseri umani, alla loro capacit di integrare, integrarsi, essere integranti, alla loro possibilit di esprimersi con libert, amore e fiducia nella vita, nella biodanza, nel movimento e... nella parola.

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PARTE II - TEORIA E METODOLOGIA


In questa seconda parte del mio lavoro tento di inquadrare il ruolo e lutilizzo della parola, rifacedomi principalmente ai materiali didattici e al testo di Rolando, tentando di rielaborare il tutto secondo la mia esperienza ed il mio vissuto, sia di allievo che di facilitatore di questo ultimo anno di tirocinio.

Della priorit metodologica della vivencia e di altre faccende... relative alla parola e alla coscienza
Mi piace pensare che, nel lascito teorico della biodanza, le parole siano state usate in un modo molto preciso e che unaccurata riflessione sulle stesse consenta di accogliere un che di essenziale, un succo insomma, che alimenta la nostra pratica. Una capacit riconosciuta a Rolando Toro di mettere molto in poche parole, di nascondere il tesoro delle sue riflessioni in un linguaggio per certi versi poetico e meditativo, per altri lucido e preciso. Con questa convinzione mi sono approcciato ad un tema importante e fondante la teoria di biodanza e chiave per la mia monografia, vale a dire la priorit metodologica della vivencia. Credo che riflettere su questo assunto mi sia servito a fare chiarezza sul alcuni equivoci che vivevano in me e che adesso sono meno ingombranti, oltre che a delimitare meglio il tema di questo mio lavoro. Riassumo alcune cose senza ovviamente alcuna pretesa di approfondire questi nuclei concettuali, ma pi che altro di richiamarli per svolgere il mio pensiero. Biodanza un sistema di integrazione umana che ha un suo metodo 1, al pari di molte altre discipline, e pi precisamente fa della vivencia il suo metodo2. In altre parole, i propositi della biodanza si raggiungono attraverso la vivencia.

Il termine metodo, dal greco , mthodos (inseguire, andare dietro), l'insieme dei procedimenti messi in atto per ottenere uno scopo o determinati risultati. Il termine greco composto dalle particelle met (oltre) e hods (cammino) da: http://it.wikipedia.org/wiki/Metodo 2 Rolando Toro, Biodanza, p. 24
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La ridefinizione di vivencia data da Rolando Toro quella di esperienza vissuta con grande intensit da un individuo nel momento presente, che coinvolge la cenestesia, le funzioni viscerali ed emozionali () conferisce allesperienza soggettiva di ogni singolo individuo la palpitante qualit esistenziale del vissuto qui e ora3 Dunque, si pu subito dire che il metodo della biodanza la vivencia, e non la parola. E che quindi nelle procedure della biodanza la vivencia sar la cosa pi importante, il nostro obiettivo principale, perch attraverso di essa accade quellapprendimento che sta tanto cuore a Rolando, e questo orienta tutto il nostro pensare la biodanza e agire la biodanza, mentre la parola avr in ogni caso un ruolo secondario, anche se di questo ruolo io voglio occuparmi. In estrema sintesi la metodologia prevede: linduzione di vivencia che hanno la caratteristica di essere integranti e favorire lo sviluppo umano, nonch di stimolare la connessione con la vita. La vivencia di biodanza conivolge a livello cenestesico, emozionale e viscerale, e quindi livello cognitivo, quello emozionale (vivenciale) e lapprendimento quello viscerale proposto dalla biodanza un apprendimento di significati che coinvolge il (istintuale)4. Questi livelli sono neurologicamente connessi, anche se hanno una loro autonomia, e lapprendimento che non coinvolge i tre livelli pu portare a delle dissociazioni. Detto questo, per riaffermare la priorit della vivencia, resta da considerare (per contro) che la biodanza non una metodologia non verbale perch si fa uso anche della parola, in particolare nel relato di vivencia, che ha una sua specifica funzione metodologica (per esplicita affermazione dello stesso Rolando5). La parola quindi si usa in biodanza e una riflessione su questo uso da ritenersi quanto mai utile proprio in quanto la parola vista con cotanto sospetto. Per restare sul versante metodologico ho trovato molto chiarificatore il confronto che fa Rolando tra la biodanza e le terapie cognitive. Rolando osserva che le terapie cognitive partono dalla parola e dai significati
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Rolando Toro, Opera cit., p. 25 Rolanto Toro, Opera cit., pag. 25

La condivisione delle vivencias uno strumento di tipo verbale, pertanto non si pu designare la Biodanza come una disciplina non verbale da Dispensa, Metodologia, V

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racchiusi dalla parola per arrivare alle emozioni, poi quando queste emozioni provocano decisioni avvengono i cambiamenti. In biodanza invece accade un processo diverso: si parte dalla vivencia (e dalle emozioni suscitate dalla vivencia) per arrivare ai signficati; questo non esclude per Rolando la funzione cognitiva, coscienza e pensiero simbolico, che avrebbere per un ruolo successivo, fungendo da specchio della vivencia. A proposito del ruolo della coscienza6 mi pare di intendere che in biodanza si lavori cos: in un primo momento si provoca la vivencia, che di per s ha unintrinseca capacit di integrazione, mentre la coscienza registra e denota7 gli stati interni, dato che la vivencia personale si descrive, ma non si analizza o intepreta in senso psicologico8. Tuttavia, qui il mio dubbio, la vivencia accade mentre siamo svegli e non addormentati o svenuti, e quindi si pu ritenere che siamo coscienti anche nel momento in cui accade, in altre parole la coscienza c sempre. Qui mi sono fermato spesso a riflettere perch data lunit psicofisica umana ho sempre fatto fatica a intendere questa dicotomia apparente fra vivencia e coscienza, se non che mi sono dato una spiegazione che mi appaga. Io penso che sia necessario porre una premessa sul modo di intendere questi argomenti, in quanto vi un punto di vista soggettivo e un punto di vista oggettivo, anche se i due non sono affatto separati e anzi possono sorreggersi e chiarificarsi luno con laltro9. Dal punto di vista scientifico oggettivo (e per il quale vi sono moltissimi riferimenti nellopera di Rolando), abbiamo lo studio del funzionamento del complesso organismo psicofisico umano, del quale si va affermando sempre

Non oso nemmeno sfiorare il tema della coscienza che estremamente complesso e tocca le pi alte vette della filosofia e delle neuroscienze, ma mi limito a riportare le parole di Rolando per trarne spunto per qualche mia riflessione 7 Denotare significa esprimere, indicare con estrema chiarezza. 8 La condivisione delle vivencias non un dialogo terapeutico e non prevede nessuna forma di interpretazione. Biodanza non interpretativa, Rolando Toro, Dispensa Metodologia, V. 9 Per onesta intellettuale devo dire che mi sono interamente ispirato a Damiel J. Siegel, Mindfulness e Cervello, 2009, neurobiologo americano, che nel porre una questione metodologica sullo studio del cervello e sulla consapevolezza umana, chiarisce che E estremamente importante (...) essere chiari rispetto a questi modi diversi di conoscere: esperienza soggettiva, scienza e applicazioni professionali sono tre entit separate del corpus delle conoscenze che abbiamo bisogno di mantenere come dimensioni distinte della realt perch questo sforzo integrativo sia valido e utile. Integrazione che avviene in modo successivo e non prematuro (pag. 4)

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pi la natura integrata: mente-corpo, complesso psico-neuro-endocrinoimmunologico, etc. La conoscenza scientifica di questi meccanismi in continua evoluzione e modelli euristici fino ad ieri validissimi, oggi sono superati da scoperte pi recenti. Da questo punto di vista tutto il sistema nervoso umano (e non solo) coopera nella vivencia esattamente nel momento in cui accade in modi meravigliosi e integrati di cui le neuroscienze ci danno sempre pi conto. Detto questo, la vivencia non dipende dalle neuroscienze! Vi infatti un modo di conoscere la realt diverso, ed il punto di vista del soggetto che fa lesperienza e di come questa viene in prima persona vissuta. In questo io sento esservi profonda saggezza, quella stessa saggezza a cui attinge la biodanza quando si rif ad altre discipline che non sono la scienza oggettiva, in senso stretto, ma ad esempio, allantropologia, ai miti, alla poesia. Qui non ci sono prove scientifiche da produrre perch sono altri gli strumenti di indagine. Da questo punto di vista, le parole di Rolando sono accuratissime perch descrivono il processo che va dalla vivencia alla coscienza, dalla sessione al relato di vivencia, secondo una sequenza metodologica che va compresa per quello che , un modo di lavorare, che nasce dallesperienza di Rolando e dai suoi studi, e che a noi sta di applicare e sperimentare. Si tratta di capire, in altre parole, che si sta parlando del come si deve svolgere questa esperienza perch non vada confusa con altri diversi modi di lavorare, ma non dovrebbe essere letta come una spiegazione strettamente oggettiva e scientifica di ci che accade nel nostro organismo in quei momenti, spiegazioni ripeto che poi possono mutare al mutare delle ricerche e delle scoperte, mentre la vivencia umana sar questa per molto tempo ancora a venire, fino a quando avremo questa costituzione psicofisica. Se si tengono distinti concettualmente questi punti di vista e si chiarisce quando si parla oggettivamente (di come funziona il nostro apparato psicofisico) e soggettivamente (come si lavora in biodanza e cosa accade in biodanza alle persone), credo che contraddizioni non ce ne siano.
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E naturale poi che dalla scienza si traggano spunti metodologici, e dai vissuti spunti per la ricerca scientifica, per una integrazione successiva fra ambiti per distinti inizialmente. In questo modo di vedere io ho trovato chiarezza sul mio dubbio, e ho capito il senso profondo della solita battuta del mio maestro Sergio, specchio. che la vivencia funzionava anche se prima non sapevamo niente dei neuroni

Della Teoria e della Teoria vivenciale


Prima ancora di ragionare del come si possono fare le cose, mi soffermo sul senso di queste, e la domanda che ci sorge innazitutto perch si fa teoria in biodanza. Vengo infatti dallaver discusso estesamente lidea che lapprendimento della biodanza vivenciale, che il processo di conoscenza accade in un percorso in cui prima vi il vissuto e poi coscienza e linguaggio danno voce al vissuto stesso, in un percorso che mi piace dire dal basso verso laltro, dalle strutture profonde a quelle esterne del nostro sistema nervoso, e non dallalto al basso, dalle parole e dai significati allemozione10. Perch dunque una spiegazione teorica della biodanza? Quali sono i suoi obiettivi che ci danno una prima indicazione del senso della parola in biodanza, dato che per fare la teoria si usa la parola! Secondo il metodo di lavoro che mi sono dato11 ho preso la Dispensa della Metodologia 4 per rifarmi al sapere che Rolando Toro esplicitamente voleva trasmetterci. Senza citare per esteso la Dispensa ho individuato i seguenti aspetti: lobiettivo di dare un spiegazione, di informare gli allievi sui concetti teorici della biodanza per offrire il contesto degli esercizi. Questi concetti sono utili punti di riferimento per dare agli allievi il permesso intellettuale di muoversi e di esprimersi, superando timori e insicurezze verso la nuova disciplina. Nel tempo la modalit di svolgimento della teoria cambia, perch dovrebbe diventare pi dialogica, uno spazio che il facilitatore non dovrebbe monopolizzare e, anzi, dove sono possibili vedute diverse da parte degli
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Su basso-alto versus alto-basso torner ancora, la trovo unidea utile per ricordare il modo in cui si opera in biodanza, oltre ad avere anche una base oggettiva e scientifica. 11 Quello di partire in questa parte ricostruttiva essenzialmente dal materiale didattico.

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allievi. Rolando ritiene questo importante per ridurre lasimmetria iniziale insegnante allievo. La spiegazione si fa nella prima parte della sessione, non deve durare pi di 30 minuti e il tema teorico dovrebbe essere scelto mantenendo una coerenza con la rispettiva vivencia. Segue infine una proposta di possibili argomenti da trattare12 La teoria perci una spiegazione, un signficato, dato per mezzo della parola, che serve a facilitare la sessione (parte vivenciale). Questo il dato essenziale. E natura e funzione di questa spiegazione paiono cambiare a seconda dellevoluzione del gruppo, in un primo momento d struttura, fa capire alle persone che non sono capitate in un contesto caotico dove si mettono su musiche e si invita a ballare in modo libero e spontaneistico, che dietro c studio e una ricerca, e che quindi si segue una direzione che ha degli obiettivi (questa la prima funzione c.d. permissiva), mentre in un secondo momento ci si apre allo scambio reciproco di opinioni ed , quindi, pi sulla relazione tra i membri del gruppo e il facilitatore. Da questo punto di vista si pu forse dire che accompagna il processo di sviluppo del gruppo (favorendo a mio avviso la coesione del gruppo e la relazione tra i suoi membri). Il perch mi abbastanza chiaro, veniamo ora al come. Qui la tesi che andr sostenendo un corollario della priorit metodologica della vivencia: mi serve una teoria che sar vivenciale! La mia tesi che la vivencia deve contaminare con la sua qualit (in particolare con la sua capacit dintegrazione), luso della parola, a partire proprio dalla parte potenzialmente e pericolosamente pi arida, quella teorica. Cristina Beraldo (in supervisione) ci ha richiamato sul fatto di non marcare troppo la teoria. Il suggerimento di passare alla teoria prendendo spunto
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Questi sono gli esempi di argomenti teorici proposti da Rolando: Definizione di Biodanza; Il concetto di vivencia Priorit della vivencia sul pensiero e la parola; Spiegazione del processo di integrazione. Concetto di integrazione e dissociazione; Dissoluzione della corazza caratteriologica (W.Reich) attraverso la Biodanza; (movimenti Segmentari) Il concetto di comunicazione affettiva in feed-back; Riabilitazione della marcia in Biodanza; Spiegazione delle categorie di movimento come ad esempio: ritmo, sinergia,fluidit, eutonia; Modello Teorico di Biodanza. Identit e Regressione. Inconscio Vitale. Potenziale genetico. Integrazione delle Cinque Linee di Vivencia; Spiegazione dettagliata di ogni Linea di Vivencia, includendo la loro origine genetica, la rispettiva protovivencia e i meccanismi di azione; Contatto e carezza Concetto di trance in Biodanza; Il principio Biocentrico e la connessione con la vita.

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da qualcosa che stato detto o sta accadendo allinterno del gruppo in quel momento, senza dire che si tratta della teoria. Marcare la teoria potrebbe creare una scissione tra questo e quello, tra la spiegazione e il resto della serata, mentre si possono considerare parte di una unit integrata (e integrante), la sessione, cosituita anche dalle spiegazioni teoriche. In questo penso ci sia una prima qualit vivenciale anche della parola sulla teoria, che parte dal qui ed ora del gruppo, e resta connesso ai ci che sta accadendo. Del resto esattamente quello che ci dice anche Rolando: curare che vi sia coerenza tra teoria e vivencia esprime proprio lunitariet della sessione. Accolgo con gioia questo feedback anche perch ricordo con emozione il modo in cui Cristina ci parl del modello teorico di biodanza nel nostro stage di formazione: posso testimoniare di mie lacrime e di molte lacrime del cuore dei mie compagni di viaggio, mentre le sue parole abbracciavano amorevoli il cosmo e luomo, dipingendo i fondamenti delle biodanza. Questo ricordo mi fa pensare anche la fatto che i contenuti della teoria della biodanza sono di per s gravidi di un potenziale vivenciale. Ora sono solo allinizio del mio percorso e spesso lansia prevale nelle mie parole nella parte iniziale della sessione, facendomi percorrere strade pi sicure, pi astratte, a scapito della vivencia della parola teorica. Io credo per che come facilatore ho il dovere di approfondire la teoria e di lasciarmi emozionare profondamente da questa, per la visione che ci d e per la speranza che ci d. E nel fare questo non c altro che esserci dentro nel momento stesso in cui se ne parla, proprio come la vivencia della parola, cercando aderenza tra i propri vissuti e quei significati che via via si vanno esponendo. Per restare nella stessa onda di pensieri, ho trovato utile (su suggerimento di Elena), accompagnare (o almeno provarci) la parola sulla teoria con un vissuto personale, facendo riferimenti espliciti e in prima persona. Questo rende pi autentica la teoria, gli d spessore, la fa palpitare di vita, oltre ad essere espressione di un processo di integrazione di conoscenza e vita che accade prima di tutto al facilitatore che va a proporre un lavoro di integrazione. Ho trovato poi utile dal punto di vista pratico, poter anticipare alcune spiegazioni verbali che poi nella parte vivenciale si possono semplicemente
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richiamare, per esempio quando si fa la fludit come categoria del movimento si pu dare una spiegazione nella parte teorica pi ampia, che poi ci servir ad alleggerire la consegna verbale delle vivencie di fluidit, razionalizzando luso della parola nella sessione. Un altra cosa interessante di usare anche dello spazio teorico come di uno spazio di dialogo a due direzioni, Rolando evoca la natura gentile che dovrebbe avere questo dialogo. E unoccasione preziosa per il facilitatore anche per accompagnare levoluzione del gruppo: se vede che c bisogno di lavorare sul feedback, potrebbe essere loccasione di fare questa teoria e un dialogo con gli allievi su questo per poi lavorare insieme con una vivencia che marcher questaspetto.

Del relato de vivencias, anche detta Condivisione verbale della vivencia


Questo un altro spazio verbale di gruppo (oltre alla teoria) che ha molta importanza per il gruppo stesso. Si colloca prima della vivencia nel gruppo settimanale, mentre negli stage pu avere unaltra collocazione. Nel cercare in quale metodologia se ne parlasse ho con piacere riscontrato che se ne tratta nella metodologia sul gruppo: in questo caso (forse ancora di pi che per la teoria) la parola pu diventare un occasione di crescita e reciproca conoscenza per il gruppo. Per essere aderente al metodo che mi sono dato, in primo luogo, vorrei riprendere le parole di Rolando per focalizzare gli aspetti essenziali da lui evidenziati sotto il profilo metodologico, contenuto peraltro ricco di spunti per riflettere sul senso della parola in biodanza anche in termini generali:
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definizione: si tratta di una fenomenologia parlata lattore lallievo, il quale con le parole descrive alcuni aspetti intimi e personali della sua esperienza interiore; si tratta di una rivelazione dei processi pi importanti di questa esperienza.

Ha una funzione di integrazione su tutti i tre piani: Integrazione con se stessi: rivivo emozionalmente la vivencia e includo elementi di coscienza Integrazione con gli altri: stabilisco un vincolo e una connessione basata sulla sincerit
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Integrazione con il mondo: condividendo con il gruppo ho un effetto di catarsi (liberazione) che ha un effetto forte di riconciliazione con il mondo.

Luso del linguaggio genera un processo di durata nel tempo del significato della vivencia; il linguaggio porta a manifestazione le componenti simboliche e aumenta la coscienza dellesperienza. Lallievo assume lesperienza vissuta: si passa da vivencia ad emozione e da emozione a sentimento

Si rafforza lidentit: lallievo esprime se stesso allinterno del gruppo Si tratta di uno strumento verbale e pertanto non si pu designare la Biodanza come una disciplina non verbale, anche se uno dei pochi interventi in cui la metodologia prevede luso del linguaggio.

Si stimola lespressione sincera di ci che si sentito, non vi interpretazione (biodanza non interpretativa e non si tratta di un dialogo terapeutico)

Nel caso di condivisioni molto emozionate accompagnate da pianto si offre al compagno contenimento affettivo, cio contenimento mediante una manifestazione affettiva di contatto da parte del facilitatore o dei compagni vicini

Il facilitatore si pone in una posizione di ascolto attivo, avendo cura che non si parli allinfinito, evitando che si cada in ragionamenti ed interpretazioni.

Il facilatore inltre deve interrompere decisamente espressioni tossiche, le manifestazioni aggressive o le denuncie contro qualche compagno del gruppo

Il facilitatore nel caso di qualche vivencia sgradevole o angosciante pu spiegare il meccanismo dellesercizio, per esempio in un esercizio di trance e regressione la difficolt pu essere legata alla paura di perdere il controllo e lidentit, mentre lo scopo dellesercizio proprio quello di dimuire la propria presenza egoica per favorire lidentificazione con gli altri13

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Nel caso in cui lallievo ne senta il bisogno le difficol possono anche essere affrontate in un colloquio individuale, vedi dopo.

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La collocazione prima della vivencia perch lattivazione data dal linguaggio non disperda gli effetti della vivencia stessa.

Ripeto spunti molto ricchi. La mia esperienza personale che la condivisione un momento molto importante per la crescita del gruppo, loccasione in cui ci si racconta agli altri e ci si fa anche conoscere. Questo momento inziale, un momento totalmente biodanzante e di forte integrazione. Lho vissuto cos da allievo, soprattutto nel gruppo settimanale di Elena, oltre che nel gruppo del 7 Cielo, ma anche per il gruppo di inizianti che abbiamo cocondotto stato cos: non abbiamo fatto mai mancare allinizio uno spazio dedicato al relato e questo ha fatto in ogni caso da fattore coesivo. In questa breve esperienza di conduzione sono stato profondamente commosso dalle condivisioni di benessere riferite allinizio; quando le persone iniziano a dire che hanno passato una buona settimana, che hanno sorriso di pi, o dormito meglio, o si sono accorte mentre camminavano per strada degli altri e del mondo. E stata anche questa una rivelazione per me: una seconda. La prima, infatti, precedente era che la biodanza funziona per me; questa seconda ... funziona per gli altri anche quando la propongo io. E questo anche se che fa la differenza e fa entrare nella vivencia del facilitare. Di quanto dice Rolando, tutto interessante, mi sento di sottolineare alcune cose, che per me sono anche uno stimolo ad ulteriori approfondimenti teorici, soprattutto sul come si fa. Un primo errore in cui si pu cadere il botta e risposta, il dialogo, tra conduttore e allievi, e tra gli allievi. Il richiamo allascolto attivo ha invece una valenza molto potente, rifacendosi a precisi ambiti psicologici che hanno estesamente studiato la posizione dellascolto attivo, a cui si aggiunge lempatia ed lautenticit del facilitarore (mi riferisco allo psicologo umanista americano Carl Rogers). Rolando parla esplicitamente di ascolto attivo del facilitatore, ma credo vada stimolata anche negli allievi questa posizione, che una posizione ricettiva in cui si accoglie in modo non giudicante, la parola dellaltro, parola che rivela lintimit dellesperienza interiore.
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Tant che esplicitamente Rolando invita ad interrompere gli allievi che siano aggressivi o tossici, mentre si accoglie e si contiene qualsiasi relato emerga, il relato accompagnato dal pianto affettivamente, mentre nel caso di condivisione di vivencia sgradevoli o angoscianti il contenimento viene dato sotto forma di spiegazione del meccansimo dellesercizio14. Unaltra cosa che sento importante che qui viene ribadito con chiarezza il ruolo della parola nella metodologia: qui si riprende ancora esplicitamente lidea che si parte sempre dalla vivencia, per passare grazie al linguaggio al mondo dei significati (anche simbolici) e della coscienza. Qui il linguaggio fa da ponte e consente unoperazione dintegrazione che io ritengo fondamentale, dando durata alla vivencia. La vivencia si fatta memoria, quindi identit, e noi ci raccontiamo a noi stessi e agli altri, e diamo consistenza, valore, continuit, e (come dice Rolando) dallemozione passiamo al sentimento, ad una forma pi stabile e profonda di sentire. E un cerchio che si apre e si chiude di continuo in noi, certo, ma il fatto di farlo in modo rituale e ritmico con il gruppo d a questo processo di integrazione un valore speciale. Una esperienza che accade spesso a me, e ho sentito riportare anche da altri, il non ricordare la vivencia. Si dice non ricordo, ma so che sono stato bene e mi ha fatto stare bene. Credo che questo sia legato soprattutto alla fase regressiva e alla profondit della trance e dallaltra al fatto che manchi labitudine a scavare e a riportare questi contenuti che sono molto profondi, con correlati a volte immaginativi, uditivi e cenestesici. Di qui lutilit del lavoro verbale del relato che dar modo al tempo giusto (diverso di ciascuno) di portare a consapevolezza i vissuti che per il momento a cui ci si riferisce potrebbe essere meglio restino ancora inconsapevoli.

Della consegna in generale

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Onestamente qui si rasenta linterpretazione, credo sia un punto delicato nel quale saggiamente Rolando dice che il conduttore pu, e questo pu credo si riferisca soprattutto a chi ha anche altre competenze. In ogni caso non si potr entrare nello specifico vissuto ma semmai offrire delle chiavi di lettura di carattere generale, come del resto sembra suggerire Rolando stesso.

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Teoria e condivisione sono due momenti in cui il linguaggio ad essere in primo piano, anche se si deve trattare di una parola che ha una certa qualit e che arriva in una specifica fase della sequenza metodologica. Con la consegna e con le vivencie che usano la parola, la parola entra nello spazio della vivencia in quel regno dove vige la norma della sospensione della parola15, si tratter dunque di una eccezione. Resto un po sorpreso che nella metodologia II si dedichino poche righe alla consegna, anche se in ogni caso si tratta del solito concentrato di idee di Rolando: -

La consegna una breve spiegazione dellesercizio La consegna si compone di 4 elementi Di questi quattro elementi se ne usano soltanto 1 o 2 alla volta I quatto elementi sono:
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Nome dellesercizio16

o Modo di realizzarlo e dimostrazione o Effetto dellesercizio sullorganismo o Importanza dellesercizio come fonte di una determinata vivencia e sua proiezione esistenziale -

Le consegne sono diverse nel gruppo di inizianti e in quello di approfondimento La consegna importante perch da questa dipende in gran parte la qualit della vivencia17 La consegna pu essere semplice e descrittiva Oppure in essa il conduttore si coinvolge e si entusiasma dando agli allievi la possibilit di fare altrettanto Attraverso la consegna il conduttore crea variazioni e sfumature affettive nella vivencia La consegna deve essere espressiva, avere contenuto, esaltare La consegna ha per obiettivo motivare al movimento e alla vivencia

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Rolando Toro, Biodanza, pag. 39 Che come dice Sergio Cruz (Comunicazione personale nel corso della formazione) ha di per s un potere evocativo 17 E qui si sfata il mito che la consegna (e in generale la conduzione) siano un accessorio: senza consegne e senza conduzione efficace non c vivencia! Non basta proporre il giusto esercizio e la giusta musica dunque, c bisogno di un quid pluris, la conduzione appunto.

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La prima cosa che mi vien da dire che lobiettivo essenziale della consegna di facilitare laccesso alla vivencia, e sulla base di questo criterio (facilita / non facilita) tenter di svolgere i miei pensieri. Una prima cosa che richiama subito Rolando la brevit, si tratta di una spiegazione breve, tant che questa brevit rafforzata dal fatto che la consegna completa non si d mai. Nella mia breve esperienza mi accaduto di aver dato consegne lunghe che mi sono accorto non hanno funzionato.... in questo voler dire troppo e spiegare bene ho, infatti, ripetuto la stessa cosa due o pi volte (feedback in supervisione), oppure mi sono contraddetto, o ancora ho meticciato varianti di una stessa vivencia, ad esempio trenino ritmico e creativo: risultato poca chiarezza sul da farsi, meno facilitazione per la vivencia. Poi sono caduto nelleccesso opposto, consegne troppo brevi, senza gli elementi essenziali sul movimento, con troppo poca struttura (feedback in supervisione): risultato poca chiarezza, meno facilitazione per la vivencia. Qui inizia larte del condurre: si tratta prima di tutto di una spiegazione, e la spiegazione deve essere chiara, e quindi se vuole essere anche breve deve essere essenziale. La seconda cosa importante che la consegna va adattata al gruppo... in metodologia si dice che la consegna sar diversa per un gruppo di inizianti e per un gruppo di avanzati, io credo per che in realt la consegna si plasmi sulla specificit di un momento di vita, dellincontro del facilitatore con il suo gruppo, e in questo senso la metodologia ci d uno schema generale di riferimento da adattare caso per caso. In altre parole, non solo la grande differenza tra inizianti ed avanzati, che del resto va tenuta presente, ma soprattutto la capacit di usare della consegna per condurre il gruppo, quel gruppo in quel momento, alla vivencia. Del resto allinizio molto difficile fare questo: arrivo con la mia scaletta precostituita, con lo studio del singolo esercizio, la scelta della musica, la scelta delle parole da dire.... difificile osservare il gruppo e ancora pi difficile adattare la scaletta a quel che sta accadendo... si capisce qui che la struttura serve prima di tutto al faciltatore che inizia!... tuttavia, gi
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qualche parola ad hoc pu sorgere, magari (come mi capitato di fare) per ricordare che la vivencia del cavallo richiede autoregolazione e che si pu adattare alle possibilit motorie di tutti, perch nel gruppo cera una persona con una lieve difficolt motoria, poi ho mostrato una vivencia dove ho volutamente limitato la dinamica motoria per rimarcare anche questa possibilit. Unaltra cosa importante che dice Rolando riguarda le variazioni e le sfumature del tono affettivo che passa il conduttore nella consegna. Poi ritorner su questo dal punto di vista della parola. Qui per vorrei tornare ancora sulla vivencia e sulla sua priorit. Vivencia un sentire immediato intenso nel qui ed ora. E una esperienza specifica di coinvolgimento integrale. Nella consegna devo passare degli elementi che mi fanno accedere a quel movimento e a quel sentire. Posso passare cos elementi che diversificano la vivencia anche profondamente. Sergio Cruz fa lesempio di vivencie simili nel movimento (resp. Danzante, braccia sensibili, seg. Petto braccia), ma molto diverse nel sentire. Qui la consegna che ha passato la vivencia, in modo molto preciso18. Ma si potrebbe trattare anche solo di sfumature nellambito di una stessa vivencia, perch mi serve un certo tipo di vivencia per prepararne unaltra. Ogni vivencia infatti pu avere moltissime sfumature e sono queste sfumature che pu passare la consegna. Dice sempre Sergio, ci serve chiarezza sullo spunto (stimolo) che sar vivenciato. Altra riflessione importante sempre legata alla vivencia e alla sua natura: di essere soggettiva e di dipendere da meccanismi interni alla persona. Il mio ruolo di facilitare, vale a dire di condurti alle soglie della vivencia, indicandoti una via e poi lasciandoti libero di entrare e di vivertela a modo tuo: ti devo dare tutto quello che ti serve, spiegazioni, musica, permesso, ma poi la vivencia tua. In questo senso non c modo di controllare la vivencia n ha senso proporsi di farlo! Quindi elementi s, struttura ok, ma attenzione che troppi elementi e troppa struttura possono interferire con i meccansimi automatici delle persone.
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Video sulle metodologie.

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E lesempio presto trovato, la vivencia della marcia, mi gi capitato di aver dato la consegna del sinergismo troppo presto e avere visto gli effetti paradossali, di un camminare MENO naturale... e quindi anche qui bisogna entrare in punta di piedi, perch le persone possano riprendere il loro ritmo e il loro sinergismo... in modo il pi naturale possibile... e quindi anche qui gli elementi da introdurre sono chiari in un senso generale, ma vanno calati con tempismo e arte di modo che facilitino lesperienza vivienciale invece di precluderla. Unaltra cosa che mi sento di evidenziare che Rolando d estremo valore alla consegna, dice che da questa dipende in gran parte la vivencia. Unaltra riflessione che la consegna non pu mai mancare neanche in un gruppo di approfondimento o addirittura di insegnanti: perch attraverso di essa il facilitatore conduce, ci fa fare il nostro viaggio, lui sa dove ci sta portando e noi no: quindi la consegna non pu mancare, anche se dopo 5 volte che si fa la sincro ritimica la consegna potr anche essere invitate un compagno per danzare a 2... Tuttavia, come dir nella mia conclusione, alla fine di questo lavoro ho capito che ci che davvero conta per la conduzione e quindi anche per la consegna la misura di integrazione del facilitatore, il grado di connessione con se stesso e con il suo gruppo. E in quello spazio di vivencia del facilitare che si attinge al proprio bagaglio personale per ricreare la consegna per quel qui e ora, anche quandanche fosse identica pedissequamente alleserciziario! Si tratterebbe pur sempre di una consegna che ormai diventata mia19, e che va proprio bene per quel momento.

I processi alto-basso e basso-alto: dal pilota automatico alla vivencia


Il nostro ruolo e il nostro compito come facilitatori, quello di facilitare la vivencia da quando gli allievi mettono piede in sala, ma in particolare nel momento delicato della consegna.

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Sergio Cruz, comunicazione personale

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Qui la parola pu esserci daiuto o, invece, rappresentare un ostacolo per la vivencia. Ripeto questo il principale criterio di riferimento sulla parola che io ho adottato per questo lavoro. In generale la parola va usata con cura giacch richiama20 lelaborazione dellesperienza dallalto al basso, vale a dire facilita lattivazione di quei meccanismi basati sullapprendimento e sulle memorie in quanto la parola essa stessa una rappresentazione invariante21 nella nostra memoria (una sorta di schema fisso, rapido, sprovvisto di contenuti immediati, filtrato). Tali meccanismi, una volta attivati, generano processi automatici secondari (secondari rispetto allesperienza primaria dei sensi, di enterocezione, di autoconsapevolezza e di sintonia con il mondo) processi, tra laltro, con correlati non solo corticali ma anche sul sistema limbico e cio sulle emozioni, e che in definitiva attivamente plasmano lesperienza cognitiva ed emotiva del momento. Tali meccanismi molto forti22, governano ampie aree neurali e sono responsabili nella vita di farci sentire meno vivi, sono una sorta di pilota automatico. Siegel, il neurobiologo che ho citato e che ho visto utilizzato recentemente anche da altri in studi specifici sulla biodanza23, parla di una situazione di schiavit, intollerabile per la parte esistenziale. Questa fenomenologia della mente e del cervello molto studiata oggi in relazione alle possibili terapie che non sono pi solo cognitive (c.d. talking therapies), ma vi sono anche approcci che partono dal basso per arrivare in alto, in particolare dal corpo, secondo un percorso analogo a quello della biodanza. Nella biodanza daltra parte si punta proprio alla vivencia come esperienza integrante nel qui e ora,
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attenuando quel genere di elaborazione (alto

basso, appunto)24 per arrivare invece ad una esperienza pi autentica


Con limportante eccezione della parola poetica e di quella emozionata, come vedremo pi avanti 21 D.J. Siegel, Mindfulness e cervello, p. 138 e seguenti 22 In effetti ad essi dobbiamo anche la nostra sopravvivenza come specie! 23 Ad esempio nellarticolo pubblicato su www.biodanza.org in spagnolo, di Cecilia Toro Acua, Bases Neurolgicas del Cerebro Social, che cita Siegel e la sua opera Cervello sociale (del 2001). 24 A mio avviso proprio a questo che Rolando si riferisce quando parla di attenuare il controllo corticale

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(basso alto). In questo caso emergerebbe una parte essenziale di noi, la nostra ipseit, il nostro s pi autentico25. In questo ho trovato molti punti di contatto tra biodanza e altre discipline26 proprio perch se, da un lato, vi pu essere diversit di metodi, lobiettivo comune (lintegrazione che d benessere) e in questo obiettivo si ritrova un correlato oggettivo nella neurobiologia che del tutto sovrapponibile. In altre parole, un cervello liberato dalla schiavit dellelaborazione alto basso, un cervello bidanzante che vive pienamente la vita. E quello che interessa a noi lo stanno studiando le punte pi avanzate della psichiatria e della neurobiologia a livello mondiale.

Quando la parola potrebbe intralciare la vivencia? Troppe parole?


Queste note sono da considerare appunti di lavoro politicamente scorretti! Abbiamo gi chiarito perch parlare troppo pu ostacolare la vivencia degli allievi: principalmente perch si possono attivare processi neurali di elaborazione alto basso, in cui cui la conoscenza e lesperienza pregressa condiziona la vivencia del qui e ora plasmandola, si va in altre parole a stimolare quei meccanismi di controllo che vogliamo allentare e sperabilmente dissolvere. Diciamocelo francamente: a chi non capitato che luso eccessivo delle parole da parte del conduttore non abbia portato ad una interruzione della vivencia... ve lo ricordate, si trattava di quel ruomore di fondo un po noioso con il quale il palpitare della tua vivencia si scontrava: perch non stai zitto e mi lasci danzare? In supervisione stato tematizzato questo, in effetti dipende da grado di profondit della vivencia, in un gruppo di inizianti una consegna anticipate. strutturata meglio utile, consegne mentre pi nel o gruppo di approfondimento snelle addirittura

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D.J. Siegel, Mindfulness e Cervello, p. 144 e seguenti. Qui mi riferisco alla mindfulness intesa non tanto come meditazione, ma come una trasformazione profonda della consapevolezza che ha caratteristiche quasi sovrapponibili a quelle a cui aspira la biodanza

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Me lo devo ricordare sempre, di parlare poco, per non essere io il rompi ... vivencia di turno ;) Tuttavia anche nel caso delle consegne con pi struttura pi si parla pi c il rischio dellincoerenza (dico una cosa e poi il suo contrario), come ho gi fatto notare sopra. Nel mio caso personale mi stato fatto notare in supervisione che tendevo a ripetere, anche qui si tratta di dimagrire la parte linguistica rendendola essenziale, quindi cos facendo si riduce anche il volume delle parole. Un lavoro per che richiede lesperienza della conduzione e lo studio precedente: solo se incorporo la viviencia nella sua essenza, posso passarla anche con poche parole. E questo richiede pratica, pratica, pratica.

Uso delle immagini


Parto da un fatto accaduto nella nostra metodologia, nella quale in una nostra proposta venne usata in una consegna limmagine di un orologio, del pendolo di un orologio. Nel feedback Sergio ci ha spiegato che nelle consegne da evitare luso di immagini che provengano dal mondo meccanico, che in biodanza si usano immagini del mondo della natura o archetipiche. La cosa mi ha fatto riflettere, soprattutto perch gi allora mi interessava il tema oggetto di questo approfondimento... ... una vivencia nella quale vi un riferimento esplicito alle immagini la fludit per immagini, una vivencia particolare nella quale si evocano gesti mimici espressivi puri: Rolando parla di immagini quali aprire una porta (archetipo), indicare una nuvola (natura), aprire una finestra del cielo (poetica, aprire un gesto archetipico), indicare un passero in volo (natura), con linvito agli allievi a creare altri gesti usando la propria immaginazione. (le note tra parentesi non sono mie!) Ripeto si tratta di una vivencia particolare nella quale vi una mimica di un gesto, si tratta di un gesto fluido, gli occhi dovrebbero essere aperti, e nel quale si cura una certa qualit espressiva. Credo che, data la natura specifica della vivencia, da qui non si possa trarre una considerazione di natura generale circa luso delle immagini in biodanza.
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E in ogni caso proprio da questa vivencia emerge un punto dattenzione: usare immagini per guidare i gesti porta in una dimensione mimica, oltrech espressiva. Sento che un riferimento teorico pi valido il richiamo alla connessione alla vita delleducazione o biocentrica: nella vivencia ci o connettiamo alla Natura profondamente allUomo (dimensione archetipica)

(dimensione della vita); in questa profonda riscoperta che avviene il miracolo della progressiva reintegrazione umana. Usare di altre immagini in cui non vi sia questo legame rischia di essere inopportuna in biodanza. Ho anche un altra suggestione: usare immagini tratte dal mondo non archetipico e non naturale rischia di far entrare nel mondo delle rappresentazioni invarianti (alto / basso), inducendo quei processi secondari di ideazione e di emozioni, che allontanano dalla vivencia (come la intendiamo noi); possono portare in una trance fatta soprattutto di immagini (se si tratta di fase regressiva), ma potrebbe non essere integrante. Solo una considerazione, del resto anche vie meditative antiche che mirano alla reintegrazione partendo dallesperienza sensoriale diretta del corpo sconsigliano luso delle immagini, il che mi sembra interessante27. A mio avviso invece le immagini naturali ed archetipiche hanno una qualit diversa, che le avvicina alla parola poetica. Queste immagini fanno infatti appello allinconscio collettivo e, per certi versi, mi ricordano le posizioni generatrici. Limmagine del fiume e del relativo elemento, che ad esempio, si richiamano quando si parla di fluidit sono ben antiche e appartenenti da sempre allumanit!

Anticipazione dei vissuti


Unaltra cosa emersa durante la formazione la necessit di non anticipare i vissuti, in una camminata che si propone di stimolare una vivencia di euforia ed allegria, nella consegna si dovrebbe evitare di dire camminiamo e siamo allegri lallegria una emozione conseguente alla vivencia euforizzante data dalla musica e dal movimento, che noi aspettiamo che ci

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Mi riferisco alla meditazione buddista di consapevolezza.

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sar ma questo non automatico, quello che accade di norma, mentre per qualcuno potrebbe non essere cos28. Del resto la parola allegria una rappresentazione invariante con un signficato diverso per ciascuno, che si perde nel meccanismo che va dallalto al basso ;) e di per s non rende lintera gamma delle sfumature che difficilmente possiammo anticipare e che potrebbero deflagrare in quel momento: quelle persone, quella musica, etc. etc. inoltre vi anche un altro aspetto importante: scatta un meccanismo del dover essere allegri, che, da un lato, mi impone una certa emozione, dallaltro lato rischia di svalutarmi se non sono capace di provare quella emozione (non sono capace di essere allegro); attiva la voce critica che sta nelle zone del nostro cervello deputate al controllo e che la biodanza si propone di attenuare.

Induzione di vivencia o induzione ipnotica?


Mi sono spesso interrogato come biodanzante se la vivencia avesse a che fare con lipnosi, soprattutto se da parte del conduttore vi possa essere il rischio di un modo di fare e di dire (troppo) suggestivo. Dico consapevolmente fare e dire perch in effetti linduzione ipnotica passa attraverso i gesti e non solo le parole29. Il punto di atterraggio del mio paragone sono linduzione (parola che usiamo anche in biodanza riferita alla vivencia) e la trance, modificazioni cenestesiche."30 che indica un cambiamento di stato di coscienza che sempre accompagnato da

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Diverso invece a mio avviso luso di evocare qualcosa: si d infatti implicitamente che al momento quel sentire potrebbe non essere presente, ma tutti siamo invitati a contattare dentro di noi quel che per noi lallegria in quel momento e secondo la nostra possibilit. Tuttavia per le considerazioni fatto nel testo, secondo me, anche questo metodo va usato con parsimonia. 29 Devo chiarire che per motivi personali ho molte remore anche etiche sulluso dellipnosi fuori di contesti strettamente medici o psicoterapeutici. Qui si tratta infatti di un fenomeno in cui un essere umano viene temporaneamente spossessato della propria egoit (in senso nobile) a favore dellipnotista, che ne prende il controllo. Nellipnosi spettacolo ci di particolare evidenza, quando il poveretto di turno fa la gallina o abbaia. Qui c un confine sottile che legato al rispetto della libert umana, ove una pratica apparentemente innocua, se davvero considerata nel suo valore reale, potrebbe ricevere una valutazione molto pi severa di quella comune. 30 Rolando, Biodanza, p. 102

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Lassunto dal quale parte il mio discorso che trance ipnotica e trance musicale (biodanza) sono due fenomeni diversi, cos come puntualmente evidenziato da Rolando Toro. In particolare ci tengo a sottolineare la diversa dinamica psichica: nel caso della trance ipnotica possessione psichica da parte dellipnotizzatore, nel caso della biodanza trance musicale, regressione integrante in un gruppo caloroso e permissivo31. Nella trance ipnotica i soggetti delegano allipnotizzatore la propria identit. Per indurre questo tipo di trance si possono utilizzare suoni di gong e ritmi musicali, anche se questi non sono indispensabili: ci che conta maggiormente la personalit dellipnotizzatore: la sua voce, il suo sguardo, i suoi gesti32. Daltra parte, in biodanza lindividuo non il possesso di alcuna entit magica o religiosa, ma semplicemente si integra in unidentit maggiore, il gruppo, in seguito a una precisa decisione33 Il paragone a mio avviso interessa in particolare la fase regressiva della vivencia di biodanza ove c il manifestarsi della trance, che per Rolando Toro ha caratteristiche integranti. Io credo che si debba riflettere sul fatto che luso di una parola (e anche di un atteggiamento) suggestivo per indurre uno specifico stato vivenciale possa far possedere lesperienza individuale da parte del facilitatore, che potrebbe prendere in parte la posizione di ipnotista. Si rischia cio di indurre forzatamente una certa vivencia, saturata per dalle parole e dagli atteggiamenti del conduttore, in luogo della libera espressione della vivencia del facilitato. Certo poi arriva la musica e si danza, tuttavia se la parola (e gli la atteggiamenti) suggestivi si sono impressi con una certa forza, suggestione continua a lavorare. Io a volte sono entrato in trance molto profonde (penso in parte ipnotiche) in cui le consegne avevano avuto un grosso valore di suggestione, dando peraltro accesso a contenuti molto immaginativi, e non cinestesici e viscerali.
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Rolando, Biodanza, p. 111 Rolando, Biodanza, p. 112 Rolando, Biodanza, p. 113

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Tuttavia io sento che si trattato di esperienze che si pongono in parte fuori dalla vivencia di biodanza anche se apparentemente (cio dallesterno) si tratta proprio della stessa cosa. Io penso che, proprio per questo motivo, che sia integrante o meno fuori controllo, proprio perch si pu andare in una trance diversa. Quindi di per s potrebbe essere integrante anche questa vivencia e il contesto del gruppo in parte lo dovrebbe garantire, tuttavia non sono certo di questo. Qui c forse un aspetto pi profondo e dipende dal grado di integrazione personale gi posseduto dal biodanzante. Pi la trance indotta profonda (e grazie ai mezzi suggestivi pu essere molto profonda) pi c il rischio del manifestarsi delle dissociazioni presenti nella persona. Non dissimilmente dal manifestarsi delle dissociazioni da parte di chi assume allucinogeni, mutatis mutandis! Del resto, noto che i lavori personali profondi possono avere questo effetto. Mentre stare sul terreno della vivencia della biodanza d pi garanzie (integrante nella presenza del gruppo) e in ogni caso prevede una progressivit metodologica, proprio per evitare esperienze profonde poco gestibili in modo autonomo dalla persona e che ne farebbero manifestare precocemente aspetti dissociati che si sarebbero dovuti integrare con un lungo lavoro precedente. Infatti, ci si aspetta che lallievo che radicalizza la vivencia abbia gi elaborato in qualche anno di biodanza gli aspetti pi dissociati e quindi vada pi in sicurezza in profondit. In definitiva non credo si possa tracciare facilmente il confine tra evocazione e suggestione, tra il facilitare la vivencia e possedere la vivencia... tuttavia una cura e unattenzione su questo aspetto quando si facilita io credo sia molto opportuna, in altre parole, credo non vi sia una risposta certa, ma che sia opportuno farsi la domanda, soprattutto guardano alle persone che fanno parte del nostro gruppo e a cui viene rivolta la nostra proposta.

Quando la parola potrebbe facilitare la vivencia?

Lessenzialit della parola!

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La consegna fondamentale per la buona riuscita della vivencia e della intera sessione. Ovviamente la parola parte importante della consegna, anche se la consegna non fatta solo di parola perch vi sono da considerare gli aspetti di comunicazione non verbale e la dimostrazione della vivencia. Quanto alla parola io penso e sento che una parola essenziale aiuta molto la vivencia. Lessenzialit per me una presenza asciutta che nasce, a mio avviso, dal modo di lavorare del facilitatore. Una parola che arriva dritta al punto, che d limpulo giusto (e solo quello) per fare la vivencia, che d la sfumatura e il tono che ci serve per quel gruppo e per quella serata, proprio quello e solo quello. Evidentemente un arte, che si costruisce attraverso la ripetizione della pratica e lapprofondimento metodologico. Per quanto mi riguarda ho sentito importante nella mia conduzione lavorare su vari aspetti per tentare di asciuguare la parola: - aver chiara la vivencia che si propone (movimento, obiettivo, proiezione esistenziale); - mettersi in connessione con il proprio bagaglio vivenciale; - tenere presente il gruppo e contestualizzare la vivencia nella sessione. Sento che questi aspetti mi sono di aiuto nella ricerca della parola. In primo luogo, una parola che descrive con semplicit e chiarezza il movimento, lo mostra, non una parola astratta, ma anzi facilita. Mette le persone tranquille e in grado si sapere cosa si sta per fare. E quindi aver chiaro il movimento e sentirlo dentro di s connessi al proprio bagaglio vivenciale, aiuta a non dire troppo o dire male. Spiegare il movimento della danza, di per s una base sicura. In secondo luogo, aver riflettuto e aver chiaro lobiettivo della vivencia e la sua proiezione esitenziale, aiuta molto nella consegna, perch permette di spiegare con semplicit il significato di quel movimento. E pi il facilitatore ha fatto sua questa parte, pi la parola sar ricca e calda. Ho visto che da conduzione a conduzione questa consapevolezza cambia e si fa approfondisce. In terzo luogo, aver presente prima e durante la conduzione il gruppo che si ha di fronte e il percorso che si propone ci consente di arricchire lo schema generale con la sfumatura necessaria per quel momento, con la parola pi
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appropriata. Di una stessa camminata sono molte le cose che si possono ad esempio mettere in evidenza a seconda della situazione e della sensibilit del facilitatore. Tutto questo potrebbe portare allestrema sintesi che io identifico nella parolina giusta, quella parolina che tutti noi biodanzanti incontriamo nella nostra storia, quella che ci ha spalancato quella volta porte e portoni, o che ci ha fatto entrare per la prima volta in una certa vivencia in un certo modo. Devo confessare che il mio ideale in questo Sergio Cruz, che ha sempre la parolina giusta... per portarti nel luogo in cui deflagra la vivencia, parolina giusta che io sento nascere proprio dallarte, dallesperienza, dallo studio, e dallamore per la gente34.

Chiarezza nella spiegazione del come si fa!


Vengo dal dire che la spiegazione del come si fa la base sicura della mia consegna. Certamente essendo questa una spiegazione il primo dato basilare che sia chiara e comprensibile35. C sempre questo gioco di chiamare le nostre danze, esercizi piuttosto che vivencie. Nel nostro linguaggio quotidiano la parola esercizio evoca altro, in particolare pu evocare gli esercizi ginnici, anche se si pu parlare di esercizi spirituali. La parola esercizio implica in ogni caso lidea che ci si alleni, che ci si prepari, e in biodanza mi vien da pensare che ci si alleni alla vita. Tuttavia non di certo un esercizio di ginnastica quello che andiamo a spiegare. Io ho trovato utile come facilitatore apprendista rivedere ogni volta prima della serata tutto il materiale disponibile: eserciziario, video, appunti, per cercare di entrare dentro al movimento della vivencia, per comprenderlo a fondo, per apprezzarlo ed amarlo. Ogni movimento in biodanza , infatti, saggio, di quella saggezza intrinseca legata al nostro corpo, alla sua anatomia e alla sua fisiologia, che la saggezza della vita.

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E dalla vivencia del facilitare! E la cosa non affatto scontata!

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Raccogliersi ogni volta su questo prima della conduzione mi ha aiutato a capire meglio la vivencia in questa sua saggezza e credo aiutato ad usare con pi precisione le parole per mostrare il movimento. Quando dico entrare nel movimento, intendo anche provare la vivencia a casa per vivificare gli aspetti pi sottili legati al movimento perch siano ben presenti al momento di proporre la vivencia. Da questo punto di vista ritengo che sia utile non dare mai per scontato che le persone (anche biodanzanti esperte) conoscano gi il movimento. In ogni caso se luso della parola essenziale, piacevole che il facilitatore ripercorra per noi la danza con le sue parole, anche se ci gi nota.

Proiezione esistenziale e biocentrismo: il principio biocentrico come base sicura della consegna esistenziale
Il percorso della facilitazione un percorso di autoeducazione. Sono infatti convito che ci che siamo ci che in effetti poi passa agli altri e in questo sento lassunzione di una responsabilit nei confronti degli esseri umani che si accostano alla biodanza che noi facilitiamo. Nel mio percorso ho sentito la necessit proprio per questo di autoeducarmi e di sensibilizzarmi alla vita in modo pi consapevole, di realizzare cio in modo vivenciale la connessione con la vita, di vivenciare in un certo senso il principio biocentrico in vista della conduzione. Questo accade in particolare nella preparazione della serata, nel tentare di cogliere lessenza di una vivencia, di un gesto. Pu essere stato per esempio il riflettere sul senso di dare la mano, su questo gesto che si fa nella ronda, che si fa nella camminata a 2. Nel sentire, in questo caso, il valore di questo movimento e di questo contatto, quello che rappresenta e, soprattuto, nel qui e ora della serata per le persone che sono l testimoni della specie umana. E poco a poco questa vivencia prende corpo, si radica, anima la parola. Questo ha avuto, in altri termini, un riflesso reale sulluso della parola soprattutto nella parte teorica e poi in particolare nella proiezione esistenziale della consegna.
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Credo infatti che la parola esistenziale possa nascere solo da una riflessione profonda e consapevole del facilitatore, in particolare, ripeto, proprio sul fondamento biocentrico della pratica della biodanza, e non dalluso di slogan anche le parole pi pronfonde del poeta sono banali se enunziate senza essere frutto di una riflessione personale e, quindi, sentite. Il rischio, a mio avviso, di cadere in stereotipi comunicativi new age, mentre di gran lunga preferibile attingere alla personale vivencia del facilitatore che rispecchier certo il suo livello di elaborazione, ma avr il grandissimo pregio di essere autentica.

La parola evocativa / evocatrice non suggestiva che apre uno spazio di libert
Oltre alla parola suggestiva di cui ho gi detto e che, a mio avviso, potrebbe portare ad una vivencia potente, diversa da quella della biodanza e pi simile alle trance dellipnosi, esiste anche una parola altrettanto efficace a livello di capacit induttiva della vivencia che, invece, pu, secondo me, essere usata, cio la parola evocativa / evocatrice. La parola evocativa / evocatrice , infatti, una parola che fa ricordare un certo stato, un certo vissuto, che mette in contatto la persona con emozioni e vissuti propri, gi presenti in lei e per questo di per s rispettosa della libert interiore36, mentre la parola suggestiva tende a precostituire la vivencia. Si tratta di una linea di confine apparentemente non facilmente marcabile tra parola suggestiva e parola evocativa /evocatrice, tuttavia questa linea secondo me c, si pu tracciare astrattamente ed utile farlo anche solo come riflessione, che pu guidare nella pratica della conduzione. Da un parte, infatti, suggestionare significa, ripeto, suggerire uno specifico contenuto, precostituirlo in forma quasi data, proponendo di vivenciarlo, mentre, dallaltra parte, evocare significa dare alla persona alcuni stimoli aperti e generali, attorno al quale si possa strutturare la vivencia personale, in modo libero.

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Tra le varie definizioni del dizionario vi quella di evocare proprio come far ricordare qlco. a qlcu., oltre a quella di suscitare emozioni in qlcu. 37

Nella conduzione io credo che questo si traduca in un uso limitato di parole che richiamano ad immagini, stimoli sonori e sensazioni cenestesiche. Lesigenza in fondo proprio quella di non saturare lo spazio vivenciale delle persone, accompagnandole fino ad un certo punto, alle soglie della vivencia, che poi sar tutta loro. In un certo senso penso che, per un certo aspetto, anche una questione di quantit e che un uso moderato di questo genere di stimoli faccia in ogni caso rimanere in uno spazio sicuro, fermo restando che si tratta di due modalit di proporre essenzialmente diverse.

La parola aderente al vissuto (non suggestiva)


Qui voglio semplicemente dire che il facilitatore dovrebbe essere connesso con il gruppo che facilita, in modo empatico. La parola quindi dovrebbe aderire ai vissuti di quel momento, di quel qui ed ora, in tal modo si esprime questa connessione, che arriva al gruppo come autenticit. Mi viene da pensare che lapplicazione pi immediata sia quella di tenere il filo della vivencia. Quando noi riprendiamo il vissuto gi accaduto nella vivencia precedente per collegarla a quella successiva. Ad esempio, terminata la vivencia di massima attivazione, possiamo riprendere i vissuti presenti in quel momento (se lattivazione ha funzionato ;)!), di euforia, energia, tonicit muscolare, per poi parlare della proposta di armonizzazione che andremo a fare. Questa connessione, se percepiamo davvero quello che sta accadendo alle persone e al gruppo, pu essere forte e rendere molto efficace lo stimolo, anche evocativo di vissuti, che andiamo a offrire nella consegna successiva. In ogni caso la facilitazione una forma di guida, di conduzione appunto. Ci sono naturalmente stili diversi di guida, pi strutturata, pi direttiva, e meno strutturata, che lascia pi libert e spazio vivenciale, e direi un conduttore = uno stile, questo perch vi una relazione diretta con la personalit del conduttore, e anche luso della parola risente di questi diversi stili. Chi meno strutturato, e quindi apparentemente meno direttivo, pu per essere comunque suggestivo e quindi avere in ogni caso una guida forte sullesperienza degli allievi. La connessione empatica e laderenza al vissuto a mio avviso una base solida per condurre
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efficamente nella vivencia, pur rispettando nella sostanza la libert vivenciale dellallievo. E un modo che pu essere efficacemente evocativo in modo biocentrico in quanto, appunto, si fonda sulla relazione empatica facilitatore / gruppo / faciltatore.

La parola poetica: ineffabilit della poesia


Nell'attimo in cui l'emozione invade l'essere e questo diviene emozione pu sorgere la parola poetica37. Questa citazione si riferisce alla vivencia (di cui dir poi) il poema sei tu. In realt questa frase fa sintesi di quello che in biodanza di solito intendiamo quando parliamo di parola emozionata e, a mio avviso, si presta anche a caratterizzare la c.d. consegna poetica.

La parola poetica dunque la parola emozionata, quella parola che sgorga dallessere emozionato. E dunque attraverso lemozione del facilitatore che si pu trasmettere al gruppo attraverso la consegna quella espressivit, contenuto, esaltazione nella cui mancanza non si raggiunge lobiettivo della sessione38. Inizialmente pensavo che la parola emozionata fosse da riservare alla proiezione esistenziale, tuttavia mi sono reso conto che in effetti non proprio cos, perch anche un movimento pu essere descritto in termini pi o meno tecnici, pur conservandosi la precisione nellinformazione. Questo per evitare (forse) che la sessione di biodanza si trasformi in una sessione di ginnastica dolce. Nella mia personale esperienza ho anche constato che questo genere di uso della parola si giustifica solo in presenza di una vera emozione del facilitatore. Non si possono immaginare parole poetiche che non sorgano nel qui e ora, anche se del tutto ovvio che nel qui e ora scaturir ci che esiste gi in termini di bagaglio vivenciale, di apprendimento, nelle profondit del conduttore. In fondo anche qui si tratta di essere prima di tutto integri e connnessi con noi stessi. Vorrei dire che se sono connesso con me stesso (e quel giorno per non mi sento particolarmente poetico) la mia conduzione potr essere
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Dispensa Creativit, pag. 19 Dispensa Metodologia II, pag. 9, mentre si parla della consegna.

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globlamente pi soddisfacente (e integrata/integrante), anche in una apparente semplicit, di una diversa conduzione nella quale, in una analoga situazione, volendo sforzarmi a tutti i costi di dire qualcosa di poetico, risultassi poi un po forzato, stereotipo, e mi sa anche un po new age, come certi personaggi dei film di Verdone. La presenza dellemozione del facilitatore (e poeta) dunque la chiave per un uso meno ordinario, meno comune, della parola. Da un punto di vista scientifico, risulta che ascoltare poesia favorisca lintegrazione neurale dei due emisferi. Questo meccanismo dazione (integrazione dei due emisferi) mette, a mio avviso, la persona a contatto pi diretto con la propria esperienza, agevolando la vivencia e lesperienza pi diretta, oltre le barriere del linguaggio ordinario39, rafforzando lidea che la parola calda, emozionata, evocativa e poetica sia davvero un ottimo strumento, sul quale sento che c per me ancora tanto da lavorare.

Delle vivencias ove si usa la parola


In biodanza si d priorit alla vivencia e la vivencia non prevede, di regola, luso del linguaggio e, anzi, gli allievi sono invitati a sospendere il linguaggio, la parola, soprattutto nella seconda parte della sessione. Tuttavia vi sono alcune specifiche vivencie nelle quali invece previsto luso del linguaggio, ovviamente in un contesto molto vivenciale in cui la parola assume carattere poetico e un marcato contenuto affettivo. Si tratta di vivencie che non ho mai proposto e che ho solo vivenciato sia a Scuola che nel settimanale. Sono andato perci a cercarle nelleserciziario IBF e ne ho rintracciate 2 che secondo me sono indicative del come si pu usare il linguaggio allinterno della vivencia. Delle altre due citate da Rolando (Metodologia, V, pag. 12), vale a dire il dialogo intimo e il mandala delle virt non saprei dire perch non appartengono alla mia esperienza e non le ho neanche rintracciate nei cataloghi IBF n 2009 n 2012.
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Ascoltare poesia sembra favorire lintegrazione. La scienza del linguaggio e del cervello rivela che mentre lemisfero sinistro si specializza nel linguaggio linguistico, il destro assume un ruolo dominante nellelaborazione delle parole ambigue. Ma limmaginazione evocata dalla poesia sembra che attivi in modo pi diretto i processi visuo-spaziali primari del cervello, unaltra specialit dellemisfero destro. Cos, un poeta pu indurre abilmente uno stato neurale integrato che scioglie i condizionamenti secondari semplici che possono essere indotti dalluso quotidiano delle parole dallalto verso il basso , Daniel J. Siegel, Mindfulness e cervello, Milano, 2009, pag. 155.

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In particolare, si tratta della Percezione estetica dellaltro e de Il poema sei tu. Nella Percezione estetica dellaltro si lavora sulla qualificazione dellaltro, attraverso una vivencia che stimola la capacit di percezione profonda delle altre persone, nei loro aspetti positivi. Le persone sono sedute in cerchio. Uno dei membri inizia la comunicazione con il compagno di fianco, mettendosi di fronte e prendendo le sue mani fra le proprie. Poi esprime con affettivit la percezione degli aspetti pi belli che scopre nellaltro. Per Rolando Toro (che parla al riguardo di estetica antropologica) si tratta di percepire gli aspetti umani meno esterni e formali, gli stati danimo (stati dallegria, tristezza, paura, sofferenza, collera, erotismo, affettivit), cogliendo cos la bellezza dellessere umano. Nel poema sei tu la vivencia si propone di stimolare la capacit di esaltare la presenza dellaltro e di sviluppare un linguaggio poetico e affettivo per esprimere la vivencia di vedere laltro. La vivencia si svolge cos. Due persone si scelgono per affinit. Esse si siedono viso a viso ed entrano nella contemplazione una dell'altro. Si aprono al mistero una dell'altro, sensibilizzandosi alla essenza, allo stato d'animo, alle emozioni che il suo viso esprime. A tutto cio che si libera di essenziale. Poi, conservando la prossimit, ciascuna esprime attraverso il linguaggio poetico la sua vivencia di vedere l'altro. Sei la poesia: sei il centro della mia percezione. Sei la motivazione della mia poesia. Rispetto a questo mi vengono due considerazioni: la prima che in entrambi i casi si tratta di parole emozionate dettate dalla vivencia che via via si va stimolando (che in buona sostanza la stessa, vale a dire la percezione essenziale dellessere umano nella sua bellezza e nella sua verit), e che quindi anche qui si rispetta il criterio della priorit metodologica alla vivencia sul linguaggio; la seconda che se si scorre leserciziario si capisce che queste vivencie (se pur belle e importanti) sono una netta minoranza, e che quindi del linguaggio verbale (se pure emozionato e poetico) nelle vivencie se ne fa un uso davvero limitato. Oltre questa misura probabilmente si rischierebbe di fare qualcosa di diverso

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dalla classica sessione di biodanza, magari un laboratorio di creativit o un percorso di crescita personale di altra natura.

Del colloquio con i singoli allievi


Da ultimo il facilitatore si trova ad usare il linguaggio verbale nel colloquio individuale. Riprendo testualmente dalla dispensa della metodologia V: Il colloquio individuale si effettua eventualmente quando lallievo sente difficolt durante la vivencia e manifesta allinsegnante la necessit di un dialogo privato. Latteggiamento dellinsegnante di Biodanza durante il colloquio deve limitarsi allascolto attivo. Non si tratta pertanto di una sessione di psicoterapia. Il colloquio individuale uno strumento metodologico supplementare di appoggio, che consente allinsegnante di offrire allallievo unassistenza individuale, quando questa necessaria. Mi piace evidenziare come Rolando Toro abbia circoscritto questo strumento, chiaramente indicato come supplementare, eventuale e di appoggio. In primo luogo, lallievo che manifesta allinsegnante la necessit di un dialogo privato e, in secondo luogo, quanto sente difficolt durante la vivencia. Tale colloquio quindi si prefigge un ambito ben delimitato, quello delle difficolt durante la vivencia (e non delle difficolt in termini generali) e si d solo se lallievo spontanemente manifesta lesigenza di parlarne in privato (e quindi non durante il relato) con il conduttore. Rolando Toro inoltre indica una precisa modalit del colloquio, che non ha natura di psicoterapia (nemmeno se il facilitatore per avventura lo fosse!), bens di ascolto attivo. Tuttavia, quella dellascolto attivo una modalit che appartiene specificamente alla corrente della psicologia umanistica (Carl Rogers) e della terapia centrata sul cliente. Un riferimento quindi a mio avviso che, se esploso, richiederebbe al facilitatore conduttore pi della buona volont, ma probabilmente una specifica conoscenza e un relativo saper fare. Alcune considerazioni, in primo luogo che delle due fenomenologie verbali Rolando Toro d assoluta preminenza a quella di grupppo, vale a dire al
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relato de vivencias, che parte essenziale della metodologia di biodanza, mentre il colloquio individuale solo uno strumento metodologico eventuale e supplementare. In secondo luogo, la continua attenzione a non fare mai in nessuna circostanza della psicoterapia, che, secondo me, per Rolando Toro equivale alla psicoterapia verbale, analitica, interpretativa40. Sempre nella metodologia V, infatti, ci ricorda che: il gruppo di Biodanza un catalizzatore di processi integrativi e non un sistema di elaborazione analitico-verbale di sintomi. Ritengo che vi possano essere anche altre occasioni di colloquio personale con lallievo, ad esempio, allinizio di un percorso se questo avviene a gruppo gi formato, dove si potranno fornire quelle informazioni che normalmente si danno al gruppo allinizio dellanno. Non mi sembra invece che la metodologia preveda colloqui individuali per la valutazione del percorso personale, n intermedi n finali. O meglio, in realt, prevista una articolata metodologia di valutazione (Metodologia VI) ma che poggia su due pilastri, questionari di autovalutazione da completare da parte dellallievo e sulle osservazioni del conduttore (sia sul movimento che sulla condivisione), mentre non pare vi sia un chiaro mandato di valutare tramite specifici colloqui.

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Io ovviamente non sono un esperto del settore ma so che esistono anche approcci terapeutici che partono dal corpo e che hanno lo statuto di psicoterapia.

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Come si parla in biodanza: una sintesi


Ritengo utile proporre una tabella sinottica riepilogativa: Ambito Teoria Descrizione Spiegazione dei fondamenti della biodanza Obiettivo Caratteristica della parola Facilitare Prevale la lesperienza della spiegazione, ma vivencia dando il mai sconnessa da permesso una parte intellettuale vivenciale Ridurre lasimmetria conduttore allievo Integrazione con Parola autentica s, con laltro e ed emozionata, la con il mondo posizione di Connessione ascolto attivo la integrativa facilita vivencia, emozione, sentimento D allallievo lo Parola essenziale, stimolo per chiara, aderente accedere alla ai vissuti, non vivencia anticipatoria dei vissuti, biocentrica, che nasce dalla vivencia del conduttore Stimolare un Parola linguaggio emozionata affettivo e poetico Offrire Ascolto attivo, unassistenza nessuna individuale interpretazione allallievo in difficolt

Condivisione

Espressione in prima persona dei vissuti delle vivencias

Consegna*

Spiegazione del movimento Proiezione esistenziale Evocazione di stati danimo

Vivencia parola

con Esprimere allaltro la vivencia

mia le nel di

Colloquio con gli Ascoltare allievi difficolt dellallievo percorso biodanza Informare

* La consegna non solo verbale in quanto pu contemplare la dimostrazione vivenciale

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CONCLUSIONI: nel cammino verso lintegrazione


Sono contento di aver fatto questo lavoro, perch mi ha fatto apprezzare molto il materiale della formazione e tutto quanto ci stato passato durante gli anni di formazione, sia teoria che vivencia. Mi sento solo allinizio del viaggio dove la biodanza e i biodanzanti sono compagni in un cammino fatto di apprendimento e fatto di vincolo alla vita. Non ho quindi alcuna pretesa scientifica ma solo di aver messo insieme un po di teoria con la mia vivencia e in questo mi sento bene. Nel colloquio che ho avuto con Sergio Cruz sul materiale della monografia ho avuto un feedback davvero utile e credo che da questo scaturisca anche la mia conclusione, che diversa da quella che avevo inizialmente pensato. Inizialmente al centro della scena cera la parola, quella cosa l da sospendere, ma che anche a me piace molto. Volevo quindi concludere dicendo a chi osteggia la parola, ok hai ragione ma forse non sai usarla, forse non la conosci abbastanza. E concludere quindi con una difesa della buona parola. Questo andrebbe bene, e argomenti ve ne sono nel mio ragionamento, ma riduttivo. Oggi vedo al centro della scena lumanit nella danza della vita. Ci siamo noi facilitatori e ci siamo noi biodanzatori, in fondo non c differenza alcuna. La qualit importante che portiamo nella parola data dalla nostra integrazione, dalla nostra connessione qui e ora con noi stessi e, di conseguenza, con il gruppo. E l che nasce larte della parola, germina dalla coltura dellintegrazione. Non c una parola buona e una cattiva, non c giudizio, ci sono uomini sulla strada dellintegrazione, lungo lasse verticale del modello teorico della biodanza, in cammino per realizzare se stessi. E pi il facilitatore continua ad educare se stesso attraverso la vivencia integrante della biodanza41 e pi potr proporre biodanza in un modo in cui anche la parola potr scaturire dal suo bagaglio vivenciale, dalla sua frequentazione del qui e ora, e sar
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e anche attraverso lo studio come diceva Rolando!

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entusiasmante, emozionata, evocativa, e soprattutto giusta per quelle persone in quel momento. In definitiva come in un modello frattale la biodanza genera se stessa attraverso la frequentazione continua anche da parte del facilitatore di questo suo Paradiso.

Caro Sergio,
Un grazie particolare a te, alla fine di questo lavoro, per questo Paradiso che contribuisci a creare.

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