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numero 32 anno IV - 26 settembre 2012


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L.B.G. IMPRENDITORI GIOVANI E VECCHI: POLITICA GIOVANE E VECCHIA Anna Gerometta ZONA CESARINI: LA REGIONE, LA QUALIT DELLARIA E LA PARTECIPAZIONE Umberto Vascelli Vallara LA RELAZIONE PAESAGGISTICA, UN INDISPENSABILE DIARIO DI BORDO

Giacomo Selmi e Antonio Sileo MILANO SMART CITY, TUTTO DA DIMOSTRARE Rita Bramante MARTINI: EULABEIA, PRENDERE BENE TUTTE LE COSE Guido Martinotti
PROLEGOMENI A OGNI FUTURA DEFINIZIONE DI AREA METROPOLITANA /1

Giuseppe Ucciero MARCHIONNE, RENZI, I SE E I MA Fiorello Cortiana CALCHI TAEGGI: COSTRUIRE SUI RIFIUTI Valentino Ballabio SELEZIONE, COOPTAZIONE, ROTTAMAZIONE Gianni Zenoni SAN CARPOFORO ANGOLO MADONNINA: ANDIAMO AVANTI? Giorgio Ragazzi AMBIENTE: COME LA REGIONE CI TARTASSA PER FIGURARE PRIMA DELLA CLASSE B. Ambrosi, F. Robbiati, L. Campoli DAGLI U.S.A. A MILANO: ALCUNI ASPETTI DI SANIT

VIDEO GIORGIO GORI: MATTEO RENZI TRA WEB E CAMPER COLONNA SONORA LA PREGHIERA DI DANTE canta Loreena Mckennitt

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia www.arcipelagomilano.org

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IMPRENDITORI GIOVANI E VECCHI: POLITICA GIOVANE E VECCHIA Luca Beltrami Gadola


Domani, 27 settembre, si aprir il Social2Business, un evento organizzato dai giovani industriali di Confindustria. Il progetto Social2Business vuole essere un acceleratore dimpresa e catalizzatore di opportunit per facilitare i contatti tra imprese, ricercatori, istituzioni e garantire inoltre un rapido accesso alle opportunit di finanziamento, tra dibattiti e sessioni di lavoro: un evento da osservare con attenzione. Quando ho iniziato la mia attivit di imprenditore, anni sessanta, guardavo ai gruppi dei giovani imprenditori, gli under 40 dei quali anagraficamente avrei fatto parte, con una sorta di occhio ironico perch, come faccio ora per i politici, consideravo le soglie anagrafiche una sciocchezza: nessuno aveva ancora coniato la definizione diversamente vecchi, oggi in voga e che secondo me comprende sia i vecchi dalla testa giovane che i giovani precocemente vecchi per cervello e cultura. Allora, e per moltissimi anni ancora, i gruppi giovani erano una via di mezzo tra un parco giochi per eredi di famiglie imprenditoriali e la serra dove far crescere a propria immagine la futura classe dirigente delle associazioni imprenditoriali: il potere per stava altrove. Oggi penso proprio che non sia pi cos e non solo per la ventata di giovanilismo che qualcuno pensa, sbagliando, possa servire da alibi gattopardesco per una vecchia classe dirigente pi sterilmente abbarbicata al potere per perpetuare se stessa (marted scorso a Otto e mezzo su La7 cera il campione: DAlema. Chi non lo ha visto ha perso qualcosa). Penso che non sia cos perche ritengo (mi auguro) che nellera del Web i giovani imprenditori costruiscano le loro opinioni da se stessi senza essere tributari esclusivamente della cultura, delle opinioni e del pensiero di chi li ha preceduti. Piaccia o non piaccia a loro affidata la speranza di una ripresa economica del nostro Paese. A loro dunque deve parlare la politica, a loro vanno rivolte esortazioni e raccomandazioni abbandonando lo stereotipo dello stupore per chi, magari a ventanni ha gi messo in piedi unimpresa. A loro deve parlare soprattutto la sinistra per spiegare che la politica economica italiana dal dopoguerra a oggi ha reso al mondo imprenditoriale spesso dei cattivi servigi, quelli buoni ben remunerati, creando e lasciando crescere un habitat fatto apposta per destimolare ingegno, capacit imprenditoriali e competitivit. Le svalutazioni competitive del passato, un fisco favorevole la cui evasione non mai stata seriamente contrastata, una cassa integrazione guadagni che ha favorito soprattutto le grandi aziende, la difesa del mercato interno fatta attraverso lo scoraggiamento degli investimenti stranieri con le armi della burocrazia oppressiva e della lentezza giudiziaria, la complessit del panorama della legislazione contrattuale e per finire ma non per ultima la corruzione, sono state tutte fino a ieri le condizioni per le quali limprenditoria italiana stata protetta e nello stesso tempo maltrattata. Tutto questo o finito perch lEuropa lo ha imposto o, come la corruzione e la lentezza della giustizia, dobbiamo provvedere noi perch finisca ma con occhi diversi e nuovi rispetto alla vecchia imprenditoria e alla vecchia politica tra di loro sodali per motivi pi o meno ostensibili. Perch dunque osservare i giovani imprenditori al lavoro nel loro convegno? Perch deve osservarli soprattutto la nuova generazione politica? Perch forse arrivato il momento di un nuovo patto tra produttori, parti sociali e classe politica che non si porti appresso i vizi del passato. Se non con loro con chi?

ZONA CESARINI: LA REGIONE, LA QUALIT DELLARIA E LA PARTECIPAZIONE Anna Gerometta


Regione Lombardia ha una popolazione pari al 16% di quella nazionale, e livelli di inquinamento atmosferico che battono record europei, che hanno innescato la procedura dinfrazione oggi pendente a livello comunitario, eppure i Ministri dellAmbiente avvicendatisi negli ultimi dieci anni non si sono preoccupati di verificare se il problema lombardo fosse affrontato in maniera adeguata. Spicca dunque, nella vicenda lombarda, la sottovalutazione (o rimozione?) del problema inquinamento atmosferico a livello nazionale e comunque la mancanza di un efficace sistema di controllo delladempimento delle funzioni delegate. Ora, dopo la sentenza del Tar Lombardia del 4 settembre 2012 che su istanza dellassociazione Genitori Antismog ha accertato il ritardo e linesistenza del Piano regionale dellAria (PRIA), la Regione ha messo in campo tutte le proprie forze per adempiere al termine di 60 giorni concessole per elaborare la proposta di PRIA e del Rapporto Ambientale e Sintesi tecnica. La procedura di VAS (valutazione ambientale strategica) del nuovo Piano ora in pieno svolgimento e il 26/27 settembre si terr, allAuditorium Giorgio Gaber del Pirellone, il Forum Pubblico intitolato dai nostri creativi funzionari regionali La natura della nostra aria. Il Forum, definito nel sito creato il 19 settembre scorso, un momento chiave di partecipazione pubblica, stato annunciato il 18 settembre scorso dal Governatore e dallassessore competente. Insomma, in quel sito, i cittadini che in meno di dieci giorni avessero il tempo e la competenza di predisporre un contributo e soluzioni concrete in uno dei settori individuati per il Forum (civile industria e servizi agricoltura e foreste trasporti e mobilit), potranno caricarlo e chiedere di esporlo durante il Forum in un intervento della durata massima, citiamo le istruzioni verbali degli organizzatori, di 5 minuti. Il sospetto che, per come stanno procedendo le cose, sia ben difficile che la partecipazione invocata la scorsa settimana dalle autorit regionali si manifesti in modo concreto ed effettivo. I cittadini e le associazioni difficilmente avranno avuto il tempo di informarsi e partecipare in modo efficace e competente. Per quanto concerne le associazioni, dalle quali ci si attenderebbe un elevato livello di intervento, ad eccezione di pochissime molto strutturate mancano di quel minimo soste-

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gno che dovrebbe consentire loro di recepire e veicolare analisi specifiche competenti. Inoltre, i rigidi settori individuati per gli interventi, non paiono esaustivi delle problematiche che laria lombarda presenta e che richiederebbero di essere affrontate a monte per ottenere una pianificazione realmente efficace a proteggere la salute dei cittadini. Tanto per fare un accenno ad alcune di esse: 1) Trasparenza dellattivit amministrativa (e spese). Lattivit regionale in materia ben lungi dallessere trasparente e condivisa con il pubblico mentre dovrebbe esserlo in maniera sistematica e rigorosa. Un esempio: Regione Lombardia attualmente impegnata in una attivit di lobby a livello comunitario che, nellambito della revisione della Direttiva 2008/50/CE, chiede allEuropa di ridurre i livelli di tutela legislativamente previsti per i propri cittadini. I lombardi lo sanno? Vogliono che i soldi della regione e il lavoro dei funzionari da essi pagati siano impiegati cos? 2) Informazione al pubblico (e spese). Regione Lombardia influisce pesantemente su impostazione e diffusione delle informazioni sanitarie in materia di inquinamento atmosferico. Vari recenti casi hanno dimostrato che il Governo Regionale impegnato a controllare e ridurre il flusso delle informazioni sullimpatto dellinquinamento atmosferico sulla salute, invece che stimolarne la libera circolazione che viceversa favorirebbe la consapevolezza dei cittadini e quindi ladesione alle politiche. Un esempio per tutti. Il 7 rapporto del Centro Comune di Ispra sullinquinamento atmosferico conte-

nente pesanti conclusioni sullimpatto sanitario dellinquinamento in Lombardia stato reso accessibile da Regione Lombardia, con mesi di ritardo, solo il giorno successivo le ultime elezioni amministrative e integrato, su richiesta regionale, da un documento epidemiologico anonimo aggiuntivo (chi lha scritto e quanto lo hanno pagato?) inteso a ridimensionare le conclusioni degli scienziati europei. 3) Informazione e educazione (e spese). Ognuno dei settori di intervento necessita per poter portare a casa dei risultati il coinvolgimento attivo e informato dei cittadini. Negli ultimi anni abbiamo visto strepitose campagne regionali su tarlo asiatico ma nessun impegno nel mettere in opera campagne informative senza le quali difficile ottenere successo e condivisione delle politiche. Se linquinamento atmosferico materia di emergenza regionale, una quota percentuale del bilancio regionale dovrebbe essere destinata allinformazione dei cittadini, dai piccoli ai grandi. 4) ARPA Lombardia, che raccoglie i dati sullinquinamento che sono, in definitiva, la cartina tornasole dei successi (o dei fallimenti) delle politiche regionali, istituzionalmente sotto il tacco regionale. Tipico esempio di controllato che governa il controllore. La struttura di ARPA Lombardia, almeno per ci che concerne la funzione collegata alla lotta allinquinamento atmosferico, deve essere resa indipendente e terza rispetto lamministrazione regionale coinvolgendo centri universitari e associazioni ambientaliste. 5) Il monitoraggio dellimpatto delle misure la base della pianificazio-

ne, secondo quanto prescritto dalla Direttiva 2008/50/CE, ed ci che permette al piano di essere via via aggiornato in funzione delle sue carenze. In difetto, la programmazione priva di significato. Nei documenti di scoping e rapporto ambientale preliminare predisposti da Regione Lombardia manca ogni monitoraggio degli effetti delle misure oggi in vigore. 6) La valutazione degli scenari alternativi un punto centrale della pianificazione. Nei documenti regionali predisposti gli scenari alternativi a titolo esemplificativo in materia di mobilit sono totalmente inesistenti. 7) Il tema dellimpatto dellinquinamento sulla salute oltre che del costo che grava sulla popolazione e sulla pubblica amministrazione per effetto del medesimo oggi praticamente ignorato mentre deve costituire un punto di riferimento e analisi delle misure e dei loro costi. 8) Misure urgenti e a breve termine. Il territorio lombardo ha, soprattutto durante il periodo invernale, livelli di inquinamento cos alti da rendere indispensabile la pianificazione ex ante di misure a breve termine che possano ridurre lesposizione della popolazione agli inquinanti. 9) Impatto cumulativo. La valutazione dellimpatto cumulativo - in termini di carico aggiuntivo di inquinamento atmosferico - deve diventare la base di analisi e decisione di qualunque nuova struttura, impianto, pianificazione che sia nella sfera di azione regionale. Quali ulteriori contributi nei singoli settori possono essere oggetto di partecipazione in 5 minuti? .

LA RELAZIONE PAESAGGISTICA UN INDISPENSABILE DIARIO DI BORDO Umberto Vascelli Vallara


Recentemente lOrdine degli architetti della provincia di Varese e lIstituto nazionale di Urbanistica (INU Lombardia) hanno realizzato un corso di formazione per esperti ambientali operanti nelle Commissioni locali del paesaggio, al quale ho partecipato come relatore nella giornata conclusiva. Da parte di alcuni partecipanti si rilevato che i tempi di attesa del rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche sono molto lunghi dovuti probabilmente a un complesso percorso procedurale che prevede successivi passaggi obbligati dal Comune alla Soprintendenza con un ritorno al Comune per gli adempimenti conclusivi. Si chiedeva quindi cosa potesse essere fatto per snellire questo percorso e ottenere quindi la necessaria autorizzazione paesaggistica in tempi ridotti. Il rappresentante della Soprintendenza ha attribuito questi ritardi al rilevante numero di pratiche che arrivano nei loro uffici: alcune migliaia allanno per ogni responsabile di area. Questa realt che gi conoscevo da qualche tempo, mi ha indotto a qualche considerazione che vorrei comunicare sinteticamente. Occorre preliminarmente prendere in considerazione due cause che incidono sul protrarsi dei tempi: il numero delle pratiche gi richiamato, ma anche lobiettiva difficolt a formulare giudizi di compatibilit di progetti avendo come riferimento la difesa di un fenomeno culturale complesso come il paesaggio per il quale non valgono parametri da valutazione quantitativi, di pi semplice e automatica applicazione. Nella memoria degli operatori attuali la tutela del paesaggio si pu far risalire alla legge 1497 del 1939, in attuazione della quale le Soprintendenze prima e le regioni dopo (dal 1977) hanno provveduto di volta in volta a tutelare specifiche porzioni di territorio alle quali si riconosceva una particolare qualit paesistica. Questo meccanismo che arricchiva

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il quadro complessivo del territorio tutelato con singoli provvedimenti, spesso promossi su segnalazione locale per sventare trasformazioni devastanti per lassetto paesaggistico, riguardava molto spesso limitate estensioni territoriali, configurando un quadro di tutela a macchia di leopardo molto criticato da chi riteneva che si dovesse procedere con modalit sistematiche allindividuazione di unit paesaggistiche di rilevanza territoriale. Questa considerazione nel 1985 ha aperto la strada al metodo Galasso di individuazione automatica (da subito in forza della legge) di fasce di tutela di grande estensione legate ai principali sistemi geografici di caratterizzazione paesaggistica quali fiumi, coste dei laghi ecc. Qualcuno disse che si passava dalla distribuzione a macchia di leopardo a quella a strisce di zebra. Era unindividuazione automatica che avrebbe dovuto razionalmente essere ridefinita con la pianificazione paesistica (cos si chiamava allora). Alleffetto positivo di avviare per tutte le regioni una stagione di pianificazione del paesaggio, pi o meno lunga, si accompagnato leffetto moltiplicativo dellestensione del territorio vincolato (5 volte) e conseguentemente del numero di pratiche di autorizzazione (circa 30.000 allanno in Lombardia). La regione ha cercato di distribuire questo rilevante onere attribuendo a Comuni, Province e Parchi la competenza a rilasciare autorizzazioni paesaggistiche; il maggior numero dei soggetti istituzionali coinvolti poteva comportare una significativa contrazione dei tempi burocratici, ma con effetti spesso non positivi per il paesaggio. Il recente Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004) che ha sostituito la legge del 1939, per porre rimedio a questo scadimento ha ritenuto che le Soprintendenze potessero effettuare una qualificata valutazione delle pratiche di autorizzazione paesaggistica che Comuni e Province destinatari della delega regionale devono farle pervenire in attesa di ricevere pareri vincolanti ai quali attenersi nel rilascio delle autorizzazioni di loro competenza. Il percorso macchinoso e inoltre lonere posto a carico della Soprintendenze veramente eccessivo per strutture che, particolarmente in Lombardia, dispongono di un organico perennemente sottodimensionato. Spes-

so vengono superati i tempi assegnati alla Soprintendenza per comunicare il parere vincolante e, in tal caso, le competenze al rilascio delle autorizzazioni tornano in capo agli enti locali. Se lelevato numero di pratiche rappresenta una condizione negativa per una sollecita attivit degli organi di controllo, questa ancor pi fortemente condizionata dalla scarsa qualit dei progetti e dalla loro inadeguata presentazione; il confronto con un tema complesso e rilevante come il paesaggio pu costituire per i progettisti un impegno che non sempre riescono ad affrontare convenientemente. Per farsi unidea basta osservare paesaggi urbani ed extra urbani per constatare come la maggior parte degli interventi si sovrapponga al contesto con indifferenza senza nessuna intenzione di contribuire alla valorizzazione della sua qualit paesaggistica, come richiede la Convenzione Europea del Paesaggio. Lo Stato e la Regione hanno formulato indirizzi per orientare il progettista nel percorso di analisi conoscitiva del contesto paesaggistico e nella conseguente definizione delle condizioni di compatibilit allinterno delle quali possibile formulare la proposta progettuale. Ovviamente questo non prefigura un meccanismo rigidamente deterministico basato su norme dettagliatamente precettive, a rischio di diffusione di morfologie stereotipate, mimetiche, o ispirate a modelli vernacolari responsabile della banalizzazione paesaggistica locale. Se il percorso di valutazione del contesto e lesposizione delle ragioni del progetto dintervento fossero ben analizzate nella relazione paesaggistica che accompagna obbligatoriamente la richiesta di autorizzazione, come se si trattasse di un diario di bordo del progetto, listruttoria degli organi preposti sarebbe pi spedita e conseguentemente i tempi pi brevi. Questa indubbiamente una formula che fa carico al progettista di costruire le condizioni per una corsia preferenziale nella valutazione del progetto, ma non sembra che al momento se ne profilino altre. Questa oltretutto presenta qualche altro vantaggio: occorre tenere conto che la proposta del progettista fortemente condizionata dalle richieste del committente raramente illuminato, la prefigurazione del percorso valutativo corretto permette al pro-

gettista di disporre di argomenti in difesa del proprio progetto premiando il committente con i tempi brevi per il rilascio dellautorizzazione e la garanzia di superare eventuali opposizioni che fossero sollevate nel corso di realizzazione delle opere. Tuttavia altre possibilit potrebbero presentarsi prossimamente. Il giorno 16 luglio la regione Lombardia ha organizzato un incontro tra i rappresentati del Ministero dei Beni e delle Attivit culturali (Ministro e Direttore generale) e rappresentanti di alcune regioni. Anche in questa occasione tra i temi trattati stata data particolare attenzione alle procedure autorizzative. Al fine di apportare qualche semplificazione stato deciso di programmare a Roma incontri congiunti per individuare livelli di intervento di minore impatto da sottrarre a percorsi procedurali complessi. A fronte di consimili iniziative occorre tenere sempre alta la guardia. Il paesaggio un bene collettivo che deve essere salvaguardato. Lo si ripete spesso, ma non deve essere un mantra ipnotico. Si ricordi che procedure semplificate non pu significare lasciare correre nelle fasi di controllo, questo ha generato progetti di grande impatto non sufficientemente valutati per le ricadute sul territorio e inoltre bene far tesoro dellosservazione nel tempo che ci insegna che le grandi trasformazioni dellimmagine dei paesaggi sono dovute allattuazione di piccoli interventi, che proprio perch di presunta lieve entit non sono stati adeguatamente considerati come sistematica aggressione del territorio. Rimane da sperare nel disegno legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo che pone un limite al tetto dei terreni agricoli convertiti in aree edificabili, inserisce il divieto di mutamento di destinazione per quelli che hanno ricevuto un aiuto dallUnione europea, e chiede labrogazione della normativa che concede luso degli oneri di urbanizzazione per il finanziamento delle spese correnti, presentato il 24 luglio dal Ministro Catania in una conferenza dal significativo titolo Costruire il futuro: difendere lagricoltura dalla cementificazione.

MILANO SMART CITY TUTTO DA DIMOSTRARE

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Giacomo Selmi e Antonio Sileo


Linteresse intorno al tema delle smart cities in continua crescita, molti, in giro per il mondo, se stanno occupando. Tante le iniziative che fioriscono sia in sede comunitaria europea sia in singole amministrazioni locali. A breve verranno erogati anche i primi fondi governativi italiani: tra pochi giorni il MIUR, il Ministero dellIstruzione dellUniversit e della Ricerca, render noti i risultati di ammissione, per i primi diciassette progetti esecutivi delle regioni con obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), al finanziamento della linea Smart Cities & Communities (200,7 milioni di euro). Ma sulle smart cities si continua a fare ricerca. Ultima in ordine di tempo Smart Cities in Italia: unopportunit nello spirito del Rinascimento per una nuova qualit della vita presentata qualche giorno fa nella prestigiosa cornice di Villa dEste a Cernobbio nellambito della 38 edizione del Forum Ambrosetti svolta per conto di ABB da Ambrosetti The European House. Il lavoro ampio e imperniato su due argomentazioni cardinali. La prima sul concetto di smart city che non sarebbe ancora univoco, tanta da lasciare ampi margini per interpretazioni e significati diversi da quelli gi codificati finora. La seconda dichiarata anche nellintroduzione dallamministratore delegato di ABB Italia, Barbara Frei che appare necessario dare unimpronta tutta Italiana a questo cammino che tenga conto delle identit culturali, delle dimensioni, delle vocazioni e delle caratteristiche peculiari delle nostre citt. Il modello predominante che viene prospettato anche secondo gli orientamenti pi recenti in letteratura e nelle istituzioni per arrivare alla Smart City vede la tecnologia e linnovazione come fattori abilitanti e necessari per costruire linfrastruttura, ma punta lattenzione sui servizi che poggiano su questa articolata rete infrastrutturale materiale. Nella ricerca tuttavia ci si spinge parecchio oltre: Smart City diventa un modello urbano che minimizza lo sforzo per i bisogni bassi e soddisfa efficacemente i bisogni pi alti e, ancora, una occasione per reinventare il territorio italiano recuperando unidea forte di futuro, pur senza dimenticare il passato. In sostanza, nel report si allarga oltremodo il campo di azione del contenitore Smart City, caricandolo di significati pi filosofici magari anche condivisibili che operativi. Il dibattito sulla impostazione filosofica delle Smart City non di per se sbagliato, ma lo schema, nel nostro Paese, ha in modo pi o meno cosciente, compromesso pi di uniniziativa; questa una impostazione culturale che spinge a ragionare di massimi sistemi, passando in secondo piano o dimenticando gli aspetti concreti e tecnici delle questioni, che vengono cos rimossi dagli obiettivi finali: va in questa direzione gi il titolo della ricerca, con un riferimento al Rinascimento che rimanda a suggestioni e connubio di bellezza, organizzazione sociale, governo illuminato. Gli aspetti pratici e tecnici vengono quasi relegati a un punto delle sette proposte utili a impostare un piano di sviluppo delle smart cities, che pure vengono presentate nella ricerca. Alcune di queste per sono ben lungi dallessere concrete e tendono comunque a unastrazione e generalizzazione dei temi trattati. Ad esempio si fatica a inquadrare correttamente la necessit di definire una visione del Paese e una strategia per realizzarla, riaffermando il ruolo di indirizzo del Governo: anche limitandone il significato al tema in oggetto - ma non si capisce allora il riferimento alla visione di altri paesi, come per esempio la Cina (Diventare la prima economia mondiale entro il 2030 costruendo una societ moderna, armoniosa, creativa e ad alto reddito) o gli Stati Uniti (Sogno americano: per chiunque, attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione possibile) o la Gran Bretagna (Essere un Paese imprenditoriale, ambizioso, aperto e tollerante, leader mondiale per innovazione, istruzione e creativit entro il 2020) ampio e profondo il collegamento con la Cabina di Regia per lAgenda Digitale Italiana, che del tema si sta occupando attivamente e che andrebbe quindi reso pi chiaro ed evidente. Oppure, ancora, non si capisce il perch della proposta di una versione italiana del modello europeo di partenariato per linnovazione gi codificato quando il contesto internazionale spinge sempre pi verso una stretta integrazione europea, politica, economica e fiscale. Alcuni spunti interessanti sono per presenti, in modo particolare dove si spinge alla promozione di soluzioni smart gi esistenti e a basso costo. Va detto per che queste soluzioni non si discostano dalla roadmap del SET Plan e dalliniziativa Smart Cities and Communities gi definite dalla Commissione Europea - i cui cardini sono mobilit sostenibile, efficienza energetica e ICT e linterazione delle tecnologie collegate per indirizzare le necessit delle citt - e per la quale lEuropa ha stanziato cospicui fondi, attivando iniziative nazionali gi ben avviate, come testimoniano proprio i bandi del MIUR. Pi in generale, viene da pensare che per la crescita delle Smart Cities sia molto pi utile puntare su iniziative collaudate o ben definite e impostate, seguendo per esempio le indicazioni della Commissione Europea, con il SET Plan e le Smart Cities & Communities Initiatives, e, ancora, del MIUR, piuttosto che continuare a ragionare su nuovi contorni definitori definendo come incomplete alcune esperienze europee di chiaro successo (vedi Amsterdam). Allinterno della ricerca viene poi presentata una classifica delle citt pi smart dItalia, che utilizza alcuni indicatori di performance, anzi di smartness, che vengono raggruppati in tre temi principali: gestione della mobilit, gestione delle risorse e qualit della vita cittadina. Sorprende un po, francamente, vedere al primo posto la citt di Milano, che molto sta facendo in questa direzione ma che , oggettivamente, agli inizi del percorso e sconta ancora molti dei problemi lasciati dalle precedenti amministrazioni, che troppo smart non erano; e ancor di pi sorprende vedere Roma al secondo posto. Forse questo si spiega perch tra gli indicatori di cui sopra si trova il tempo minimo per raggiungere un hub intercontinentale o il numero di destinazioni da aeroporto, che forse hanno contribuito in modo pi significativo al punteggio; ma vero che sono indicate anche di piste ciclabili, politiche energetiche, raccolta differenziata dei rifiuti o indice di velocit negli uffici pubblici, tutti temi dei quali molto si parla ma raramente come casi di successo. Se poi pensiamo allesondazione del Seveso (ma la responsabilit qui pare essere della Provincia) o al disastro romano legato alla neve del passato inverno, si fatica a trovare un collegamento con una realt davvero smart.

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MARTINI: EULABEIA, PRENDERE BENE TUTTE LE COSE trascrizione di Rita Bramante


In omaggio e per ridare voce al pensiero del Cardinale Carlo Maria Martini trascrivo e ripropongo il testo di una toccante intervista esclusiva da Lui rilasciata al Telegiornale Regionale Rai della Lombardia nel giugno 2008. nota l'importanza del pensare positivo in tutti gli aspetti della vita e in particolare in tutte quelle forme di stanchezza, di apatia o di demotivazione che possono arrivare anche a stati danimo di depressione o di umor nero. Ci si verifica in particolare in tutte quelle forme di malattie che creano impacci nel vivere quotidiano e tendono a far perdere il coraggio nellagire. ci che pu succedere anche ai malati di Parkinson. Ho quindi ritenuto importante per me, da quando ho verificato i sintomi di questa malattia, cercare di attivare le difese contro simili insorgenze, per non lasciarsi cogliere impreparati, e per potere anche, per cos dire, passare al contrattacco.. Gli esercizi spirituali di santIgnazio di Loyola Tra le altre cose mi ha molto aiutato un libretto poco conosciuto, scritto nel 1500 da sant'Ignazio di Loyola, un santo che conosceva molto bene la psicologia umana e le sue debolezze. Ha come titolo Esercizi spirituali e d indicazioni per un cammino di purificazione della mente e del cuore che porti a fare le scelte importanti della vita con spirito libero e sereno. Lautore dedica alcune pagine molto preziose per descrivere i diversi stati danimo positivi e negativi che vengono vissuti nel momento della scelta (e che si riproducono poi in tante circostanze della vita quotidiana) e d suggerimenti pratici nel come superare i momenti no e favorire i momenti s, in altre parole sul come comportarsi nelle fasi off e on. . Fasi OFF: un morso interiore Le fasi off vengono descritte come momenti caratterizzati da tristezza, pesantezza, inquietudine e nervosismo, derivanti anche da ragionamenti falsi o capziosi. Par di sentire come un morso interiore, di cui non ci si sa dare ragione, come un qualcosa che blocca, causa scoraggiamento e impedisce di andare avanti, come un invito a piantar l tutto e a lasciar perdere un po tutto. Fasi ON: forza e coraggio Quello che oggi chiamiamo pensiero positivo o fase on viene descritto come dare coraggio e forza, consolazione pace, rendere facili le cose complesse, rimuovere gli ostacoli, perch si vada avanti nell'esercizio del bene. quindi uno stato danimo, un tono della coscienza in cui predominano letizia e ottimismo, speranza e voglia di fare. Ma soprattutto interessanti sono le indicazioni che si trovano in questo libretto sul come comportarsi quando ci si trova in questi stati detti anche grigi o di umor nero, o quando ci si accorge che la mente sta scivolando verso pensieri negativi e tristi. allora molto importante non lasciarsi andare, non aprire la porta a questo tipo di pensieri, e invece scuotersi e favorire tutte quelle cose e attivit che possono indurre a entusiasmo, gioia nellagire, gusto di riuscire. La mia piccola esperienza in questo campo mi ha mostrato come possa essere importante in questo contesto anche luso della musica. Ci vale in particolare per i malati di Parkinson. Per essi molto importante muoversi e in special modo camminare a tempo e ritmo di musica. Tralasciando quindi altre indicazioni vorrei descrivere brevemente ci che mi ha aiutato. Ho provato musiche di vari autori, ma alla fine ho concluso che la musica di Mozart quella che maggiormente aiuta. Mozart infatti esprime mirabilmente, con brillantezza ed energia, la letizia del cuore umano e stimola a superare le fatiche, i blocchi, le difficolt a muoversi. In particolare quando necessario camminare, fare esercizio di deambulazione, la musica di Mozart aiuta a marciare a passo di musica e a superare tutte le remore e le difficolt che tendono a bloccare o ad appesantire la marcia. Talora mi capita anche di muovermi nella mia camera, sotto linflusso della musica, come a passo di danza e di mettere cos con pi facilit in ordine le cose o preparare il materiale per lo studio. Ho fatto lesperienza che importante non soltanto sentire la musica che risuona nellambiente. Essa deve arrivare alle orecchie attraverso auricolari di vario tipo ed essere tenuta a livello un po alto. Infatti il suono che arriva in qualche modo al cervello stimola maggiormente il movimento e d quel ritmo che invita a muoversi speditamente. Personalmente ciascuno potr esercitarsi con diversi tipi di musica, e alla fine ciascuno sceglier quella che trova pi utile. Ma ritengo che in ogni caso la musica di Mozart costituisca un tesoro quasi inesauribile per chi voglia lasciarsi guidare e sostenere dal ritmo e dalla melodia e cos dare vigore al suo agire. In essa chi voglia esercitarsi nel pensare positivo trova un aiuto concreto e discreto, che non suggerisce pensieri gi precostituiti ma stimola la fantasia e il tono affettivo a entrare in una condizione ottimale per agire con impegno e superare le remore e i blocchi nellazione.

PROLEGOMENI A OGNI FUTURA DEFINIZIONE DI AREA METROPOLITANA/1 Guido Martinotti


1) Lo dico per onor di firma, anche se so che non si potranno cambiare le cose: il termine di citt-metropoitana lennesimo fuorviante ossimoro prodotto dal burocratese. La forma metropolitana un tipo dinsediamento nuovo e diverso da quello urbano o cittadino. Come Norman Gras ha scritto una volta, "la grande citt, la citt eccezionale si sviluppata lentamente verso la metropoli economica" (Gras, 1922, p. 181), ma la metropoli economica appunto un nuovo spazio fisico, non facilmente determinabile e senza particolari segni ai confini: nella citt si entra, mentre nella metropoli si arriva. E spesso non riusciamo bene a cogliere la caratteristica della nuova forma urbana. Nel migliore dei casi, quando se ne parla, la simmagina come unarea del tutto autonoma dalla citt, commettendo un grave errore, sottolineato con forza da Deyan Sudjic che critica vivacemente questa immagine errata. "Immaginate scrive Sudjic - il campo di forza attorno a un cavo dell'alta tensione, scoppiettante di energia e l l per scaricare un lampo a 20.000 volts in uno qualsiasi dei punti della sua lunghezza, e avrete unidea della natura della citt contemporanea. (Sudjic, 1993: p.334). Il richiamo di Sudjic allenergia elettrica offre un

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felice accostamento per un raccordo con il tema delle nuove tecnologie. Infatti, di pari passo con la diffusione della motorizzazione privata, lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione ha dato una spinta decisiva alla formazione della nuova citt. Da un lato cambiando l'organizzazione del lavoro che si deistituzionalizza e distribuisce nello spazio, secondo un modello, ormai largamente noto, che va sotto il nome di economia post-fordista. Dall'altro per i cambiamenti indotti dalle "macchine per l'abitare": in parte si trattato di un processo simile a ci che avvenuto in fabbrica, con l'avvento di macchine time and labour saving, cio strumenti che servono a far risparmiare lavoro e tempo, soprattutto alle donne. Ora per questo tempo viene impiegato da beni time consuming, tutte quelle macchine che servono a consumare il tempo liberato e di cui noi ci riempiamo progressivamente la casa. Primo tra tutte il pi grande mangiatore di tempo che la televisione, ma anche lalta fedelt, le macchine fotografiche e il calcolatore e cos via. Le abitazioni diventano pi comode, ma contemporaneamente richiedono pi spazio e a parit di reddito lo spazio maggiore si trova pi lontano dai centri tradizionali. Cos una nuova citt, indistinta, confusa, temuta e poco conosciuta, cresce attorno al nucleo tradizionale delle citt industriali, sintrufola negli interstizi lasciati liberi dalla deindustrializzazione, li penetra (Zwischenstadt, la citt nel mezzo, che io chiamo la cittoltre) e li modifica, esattamente come circa mille anni orsono la citt medievale sorta attorno ai castelli feudali in disuso, li ha inglobati e vi si sostituita dando vita alle citt che rappresentano il modello urbano europeo originale, che oggi deve fronteggiare la nuova citt diffusa, disordinata e disarmonica ma "scoppiettante di energia". Va da s che questo scoppiettio costoso, tra laltro, proprio in termini di consumo energetico. E, ancora una volta, la nuova struttura sociale non irrilevante per la morfologia fisica: se si guarda larea di Milano si pu vedere che larea metropolitana non affatto una pi grande Milano, ma una nuova struttura urbana in forte interazione funzionale con la tradizionale citt comunale. 2) Pertanto dire citt metropolitana analiticamente sbagliato e indica il fatto che chi ha elaborato questo termine non era al corrente della vasta letteratura che a partire dagli anni 20 del secolo scorso. Il men-

tecatto burocrate, come lo chiama De Finetti, uccide lelaborazione teorica, anche quella internazionalmente consolidata. Possiamo naturalmente liberarci del problema con una scrollatina di spalle: al fondo si tratta solo di parole, basta intendersi. Ma le parole hanno un peso che va di l dalle nostre intenzioni, e nellArcipelagoMilano di settimana scorsa sollevavo proprio il problema delluso smodato delle parole con argomentazioni che non sto a riprender qui, ma che sono molto calzanti per questo tema. In particolare si dovrebbe stare particolarmente attenti per una procedura che anno dopo anno ha accumulato una quasi inaudita mole dinsuccessi (costosi). Alla radice degli insuccessi sta la profonda e colpevole ignoranza dimostrata dalla cultura pubblica italiana in un periodo cruciale delle trasformazioni insediative nel nostro paese. Negli anni in cui la trasformazione metropolitana si mangiava il territorio di mezzo paese e le citt venivano dissolte nelle terre sconfinate del periurbano, la cultura pubblica di questo paese si baloccava con lidea balzana di un ritorno alla campagna. Mentre le grandi trasformazioni urbane investivano la societ italiana con diverse successive ondate, nel grande ciclo di espansione capitalistica del secondo dopoguerra, fino alla crisi globale del primo decennio del XXI secolo i cicli intermedi hanno introdotto pause e distorsioni, ma lespansione urbana non si mai arrestata - la cultura pubblica del paese ha interpretato le trasformazioni in corso usando vecchi modelli di origine tardo-romantica sostanzialmente riferibili alla coppia toennesiana di Gemeinschaft (comunit) vs Gesellschaft (societ), elaborata per i fenomeni di trasformazione sociale e territoriale di un secolo prima. 3) Considerazioni anche pi negative si dovrebbero fare per il termine provincia metropolitana. Nel testo Dimensione metropolitana che ho curato per il CSS, Ettore Rotelli fa un illuminante racconto dei fallimenti della legislazione, ordinaria e costituzionale, sulle aree metropolitane, in un percorso abbastanza lungo che pu essere a posteriori datato al Convegno di Limbiate del 1957. Il risultato di ulteriori inani agitazioni che il fenomeno urbano pi nuovo viene incasellato in uno schema amministrativo tanto vecchio da essere anche in via di eliminazione: non sapendo pi che pesci pigliare facciamo coincidere la

metropoli con la provincia. Mi stato obiettato che le province possono essere rivedute; ma larea metropolitana di Milano, che in tutte le elaborazioni dalla met degli anni 50 in poi (Kingsley Davis) ricomprende zone come il verbano-cusio-ossola e il novarese, secondo il criterio della provincia-metropoli continuano a far parte di una diversa regione. Che cale al burocrate istituzionale il fatto che persino per il dialetto queste aree siano entro la koin milanese? Le regioni non si toccano e mai la provincia metropolitana ne potr inglobare, delle porzioni, anche se il loro tubi di scappamento scaricano ogni giorno a Milano. 4) Oggi poi, dopo mezzo secolo dinsuccessi inevitabile che persino loggetto che si vuole pianificare si sia ulteriormente modificato. Parlare oggi di area metropolitana (citt o provincia metropolitana) rimanda a un concetto, quello delle DUS (Daily Urban Systems) o FUR (Functional Urban Regions) che viene anchesso messo in discussione dellevoluzione, soprattutto dei sistemi di regolazione dei flussi. Non sono le citt che fanno le reti, sono le reti che fanno le citt, mentre i grandi insediamenti commerciali, che una volta erano alle periferie delle citt oggi diventano poli di nuovi insediamenti urbani. Laspetto pi rilevante della realt urbana contemporanea riguarda i cambiamenti nella morfologia fisica e sociale delle citt intervenuti nel corso del XX secolo. Risulta ormai evidente che, in ogni parte del mondo, la citt tradizionale e la metropoli di prima generazione (i), che hanno caratterizzato la vita urbana nella porzione centrale del secolo scorso, hanno ceduto il passo a un tipo del tutto diverso di morfologia urbana, che sta producendo una serie di quelle che i rapporti ufficiali delle Nazioni Unite chiamano Grandi Regioni Urbane (MUR. Mega Urban Regions) in cui forme diverse dinsediamenti umani si mescolano inestricabilmente, fino a costituire unentit urbana nuova, ma non ancora ben definita, di cui sono state date numerose definizioni o etichettature che non sto a riprendere per non confondere inutilmente il discorso. Per ragioni analitiche che accenno qui sotto, ho suggerito di chiamare questa nuova entit la meta-citt (ii). Nel triplice senso che questa entit andata al di l (meta) - e persino ben al di l - della classica morfologia fisica della metropoli di prima generazione che ha dominato il XX secolo con il suo core e suoi rings (polo e fasce concentriche); al di l

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(meta) del controllo amministrativo tradizionale di enti locali sul territorio e al di l (meta) del tradizionale riferimento sociologico agli abitanti, con lo sviluppo delle metropoli di seconda (e terza) generazione sempre pi dipendenti dalle popolazioni transeunti. (Vedi il mio Lo que el viento se llev. Espacios publicos en la metropolis de tercera generacin in Monica Degen, Marisol Garcia (eds) La metaciudad: Barcelona, Transformacin de una metrpolis, Anthropos, Editorial, Barcelona 2008; pp. 29-44). Questo mutamento ha dato luogo a notevoli fraintendimenti, non solo da parte della pubblicistica popolare, sempre pronta a impadronirsi anche del minimo sospetto di unapocalisse, ma anche della letteratura scientifica che dagli anni ottanta del XX secolo in poi non ha perso occasione per decretare la fine della citt (iii). A parte la stridente contraddizione dipotesi sulla fine della citt nel periodo di massima urbanizzazione della storia dellumanit, chiaro che la citt non finita, ma si trasformata in una nuova forma urbana che oggi sempre pi passa dal modello definito dalle varie Central Place Theories del XX secolo a modelli tendenzialmente lineari di Zwischenstadt. Il fenomeno pu essere rappresentato con molti esempi ma particolarmente evidente nel corridoio emiliano dove fino al 1999 si poteva ancora parlare di un arcipelago di aree metropolitane distin-

te, ma gi nel 2001 si era trasformato in corridoio continuo, come avvenuto in molte altre situazioni, rendendo ancora pi problematico il lego della costruzione di una unit governabile (non di governo) partendo dai tasselli delle istituzioni esistenti. Che dire per esempio di unarea metropolitana milanese senza Monza, oppure di Firenze senza Prato? Si rafforza sempre pi il dubbio che le componenti elementari del Lego istituzionale non siano pi quelle giuste. 5) E ancora, dopo mezzo secolo di insuccessi, perfettamente legittimo il sospetto che si stiano pestando nel mortaio degli oggetti sbagliati, per esempio pietre invece che mandorle, o aria fritta invece di concetti rigorosi, e che forse occorra ripensare radicalmente questo concetto. In particolare io mi sono convinto di due fatti, che mi sembra difficile contestare, e che se accertati hanno conseguenze rilevanti sul piano operativo. Intendiamoci bene, io non sono un planner n un esperto di questioni istituzionali e amministrative, non faccio parte di alcuna commissione incaricata di disegnare questa o quellarea metropolitana. Da tempo per mi occupo del fenomeno metropolitano partendo dallo studio del nuovo fenomeno insediativo, della comprensione delle dinamiche sociali (lato sensu) che lo caratterizzano e delle sue tendenze evolutive. Avendo decisamente af-

fermato ormai pi di un quarto di secolo addietro che lidentificazione di una area naturale (spiegher pi sotto come si debba intendersi questo antico termine) come il nuovo insediamento con un bacino elettorale non avrebbe portato a nulla, penso oggi che le ragioni teoriche su cui si basava questa esatta previsione ne escono rafforzate e possono aver la pretesa di suggerire qualche riflessione a chi invece il compito di disegnare un modello di governo per le nuove forme insediative ce lha. (segue)
(i) Per questa terminologia vedi il mio Metropoli, Il Mulino, Bologna 1993, Cap.III, passim. (ii) Uso il termine con un significato analitico diverso da quello che gli viene dato da F. Ascher cui devo tuttavia riconoscere una primogenitura del termine che mi era sfuggita. Ringrazio Jean Paul Hubert del DRAST per la segnalazione. Una buona approssimazione del concetto che user qui il termine di Zwischenstadt la citt tra le citt (vedi Thomas Sieverts, Cities Without Cities. An Interpretation of the Zwischenstadt, Routledge, London, 2003 (Vieweg, 1997). La commissione europea ha ricostruito questa citt tra le citt calcolando le aree del pianeta che si trovano in prossimit di centri urbani. (iii) Per una rassegna delle teorie della de-urbanizzazione vedi il mio gi citato Metropoli (1993), Cap.II. Pi di recente il tema stato ripreso anche da un autore solitamente bene informato ed equilibrato come Leonardo Benevolo, La fine della citt, Laterza, Roma 2011.

MARCHIONNE, RENZI, I SE E I MA Giuseppe Ucciero


In alcuni articoli pubblicati tempo fa su ArcipelagoMilano avevo presentato Sergio Marchionne come un manager tanto abile, quanto soprattutto spregiudicato: un abilissimo giocatore di poker, padrone del suo momento chiave: il bluff. A differenza che nel gioco, per, la vita tende a vedere le carte, non si pu chiuderle, arraffare il banco, passare alla mano successiva, e ricominciare daccapo, no, proprio no, prima o poi le carte della mano precedente si vedono. Cos l'arrogante Marchionne del non abbiamo bisogno dei soldi pubblici, o addirittura del non abbiamo mai avuto bisogno dei soldi pubblici divenuto, e sono passate solo poche stagioni, quello, un po' vergognoso, dell'andiamo bene dove i governi ci finanziano. Cos il Marchionne della Fabbrica Italia, millantata sul presupposto dello scardinamento del sistema di relazioni industriali, deve ammettere nei fatti che non della disciplina operaia si trattava per competere, ma del grado di sostegno assicurato dal pubblico, non dell'esigibilit delle prestazioni contrattuali ma della politica industriale. Il bluff ora si vede, ma si vede proprio tutto. Quando il manager cosmopolita, esattamente apolide, dice che solo facendo come in Brasile, Polonia, Serbia o USA, solo con begli assegni pubblici in saccoccia, si produce e si guadagna, di nuovo bluffa, in realt mente, e di nuovo, per la gola, cercando di nascondere in una notte dove tutti i gatti sono bigi gli effetti specifici e nefasti della sue strategie manageriali. In Germania e Francia si produce e guadagna eccome con l'auto, ma anche in quei paesi vige il divieto comunitario in materia di aiuti di stato, come in Italia. Ma per Marchionne questa realt non esiste, poich farlo porterebbe ad ammettere che una grande struttura industriale non pu funzionare solo con il meccanismo del mercato, ma richiede come sua premessa indispensabile le condizioni sociali, politiche, amministrative e sindacali che, tutte assieme, creano l'ambiente, le infrastrutture materiali e immateriali, favorevole alla grande produzione. In Germania, l'intrapresa privata si struttura e prospera nel quadro di un sistema di relazioni con le amministrazioni pubbliche e con le organizzazioni sindacali, altro che il facciamo da soli. E del resto, cosa sono i grandi agglomerati che fanno oggi automobili, e profitti, in Asia (Toyota, Hyundai...) se non sistemi complessi d'imprese strettamente

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www.arcipelagomilano.org intrecciati con il governo del pubblico? Il gioco ora si fa teso, e anche un governo che vede nel libero mercato la chiave dello sviluppo, ammette, sotto la spinta degli eventi, che qualcuno dovr pur rendere conto di qualcosa, e che non accettabile il tramonto della pi grande industria italiana. Soprattutto non accettabile che questo sia l'effetto di un disegno, cinico la sua parte, che ha usato il patrimonio tecnologico di Fiat come risorsa per incassare il mega assegno di Obama, prendere piede in USA, via via dismettendo per l'insediamento produttivo in Italia. Ora appare chiaro che Fabbrica Italia era solo una falsa rappresentazione per prendere tempo, completare la transizione americana, e infine chiudere in Italia, insomma uno specchietto per le allodole. Un Programma di investimenti mai presentato in dettaglio, un gioco di specchi che, mentre incassava ora e subito il guadagno (la riduzione drastica della condizione e rappresentanza operaia, la chiusura e il ridimensionamento produttivo di stabilimenti), procrastinava a un domani sempre reiterato il costo (gli investimenti). Un Programma Metafora di quello che vorremmo poter fare se... ci lasciate fare. Lasciare vi abbiamo lasciato, ma cosa avete fatto?, potrebbe dire ora uno dei sostenitori del Patto di Pomigliano. Un patto che ha spaccato le forze sindacali e politiche, sollecitando quelle che pi decisamente intendono, o intendevano, inoltrarsi nel disegno di nuove relazioni industriali, Bonanni e Angeletti certo, ma anche pezzi del PD, legittimati da una figura di grande spessore, come Andrea Ichino. Con Marchionne, senza se e senza ma, si spinse a dire Matteo Renzi, Io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono. un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche", aggiungendo " la prima volta nella sua storia che la Fiat, anzich chiedere i soldi degli italiani con la cassa integrazione, prova a mettere dei quattrini per agganciare alla locomotiva americana Mirafiori e anche la struttura italiana", concludendo ... spero che Bersani non chiacchieri di aria fritta ma dei problemi degli italiani.''. Son passati quasi due anni e quelle parole ora pesano, nel momento in cui Renzi si candida a guidare il futuro del Paese. Forse qualche se e qualche ma era d'obbligo. Certo, aveva creduto alla buona fede del manipolatore automobilistico, ma in realt pi che credere, ha voluto credere, fortemente credere, a un racconto che ci parlava di un'impresa che chiedeva solo la libert di operare sul mercato, delle auto e del lavoro, come se quel mercato potesse esistere davvero nei termini di un semplice svincolarsi dalle condizioni, e dagli obblighi, che fanno la grande produzione. Non c' grande industria senza scambio, senza politica, senza il riconoscimento pattizio, che le auto si fanno con gli operai e non nonostante gli operai. Oggi, Renzi scrive nel suo non programma: Proponiamo la sperimentazione, in tutte le imprese disponibili, per i nuovi insediamenti e/o le nuove assunzioni, di un regime ispirato al modello scandinavo: tutti assunti a tempo indeter-minato (tranne i casi classici di contratto a termine), a tutti una protezione forte dei diritti fonda-mentali e in particolare contro le discriminazioni, nessuno inamovibile; a chi perde il posto per motivi economici od organizzativi un robusto sostegno del reddito e servizi di outplacement per la ricollocazione. Forse l'esperienza FIAT chiederebbe un passaggio pi meditato, una riflessione pi articolata sull'attuabilit di questi concetti in una condizione drammatica che vede Mirafiori e tante fabbriche attendere invano investimenti e politiche industriali: non vorremmo trovarci di nuovo con qualche rimpianto di troppo e meritate contestazioni da parte degli inamovibili. Insomma diciamolo ora qualche se e qualche ma, ora che serve.

CALCHI TAEGGI: COSTRUIRE SUI RIFIUTI Fiorello Cortiana


quasi automatico nei terreni di Milano e dintorni trovarsi di fronte a problemi di contaminazione dei suoli e delle acque causati da sostanze inquinanti prodotte dallo sviluppo industriale. Per quanto riguarda inquinamenti e bonifiche non chiaro chi fa cosa e chi controlla chi tra responsabili politici delle amministrazioni locali e tra funzionari. La Procura, alla fine delle indagini sullarea Calchi Taeggi, ha notificato a diciotto indagati lavviso con le ipotesi di reato di concorso in avvelenamento colposo delle acque nellarea posta sotto sequestro giudiziario dal novembre 2010, gestione di discarica non autorizzata e abuso dufficio. I legali della societ di De Albertis, sostengono che ha operato correttamente. Nel 2005 acquist l'area per la quale era gi stata eseguita la "caratterizzazione", ed erano stati emessi pareri dei competenti organi amministrativi sulla modalit di bonifica con "messa in sicurezza permanente", era stato avviato il progetto di bonifica approvato nel maggio 2009 da parte di tutti gli enti interessati, lavori non completati per l'intervento dell'autorit giudiziaria, lavori che erano quotidianamente monitorati da Arpa e Asl, con la convocazione mensile di un Osservatorio aperto a rappresentanti di zona, comitati e associazioni ambientaliste. Spetta alla Magistratura rilevare e sanzionale eventuali violazioni delle leggi ma pu essere lasciata alla sua giurisprudenza la razionalizzazione e la chiarificazione delle funzioni interne alla relazione inquinamento controlli - bonifiche? Se si volge lo sguardo sui terreni compromessi e su chi se ne deve occupare si delinea un circuito amministrativo, economico, normativo che produce e che prospera su questi pasticci e gli attori in gioco sono vari. Prendiamo il caso Calchi Taeggi con la bonifica di una discarica incontrollata di rifiuti pericolosi e ladiacente, autorizzato, intervento edilizio di riqualificazione. possibile la bonifica di unarea industriale senza portare via un chilogrammo di rifiuto e/o terreno contaminato? S per il D.lgs 152/06 Testo Unico ambientale Berlusconi / Matteoli e il nuovo metodo di valutazione dellinquinamento (negli ultimi sei anni, sono state apportate oltre quaranta modifiche normative!): lanalisi di rischio AdR che determina le concentrazioni accettabili per luso previsto dellarea, Concentrazioni di Soglia di Rischio C.S.R. (non pi di 1 morto di cancro ogni 100.000 abitanti e non causare leritema a tutti gli altri). La Ditta che vuole effettuare un intervento in unarea presenta lAdR, lARPA esegue campionamenti - analisi - misurazioni, le valida e le elabora con strumenti, risorse economiche e

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umane, non proporzionate alla rilevanza delle bonifiche da valutare. Una virgola di una delle propriet chimico/fisiche dei dati in ingresso cambia i risultati finali di una AdR di diversi ordini di grandezza con conseguenze per i singoli funzionari: dallincubo di procedimenti giudiziari perch le Ditte potrebbero portare in tribunale i funzionari pubblici che hanno dato un diniego preventivo, con richieste milionarie di danni; alle pressioni sulle posizioni apicali direttamente di nomina della politica regionale. Pensiamo poi alla possibile corruzione e alle varie ndrine che, a fronte di un rifiuto, non si fermano alle minacce di trasferimento e penalizzazioni di carriera. Le modifiche in vigore hanno eliminato ogni riferimento al pericolo dinquinamento, che rimane estraneo alla sanzione penale e lelemento costitutivo del fatto illecito il fatto dinquinamento determinato secondo linnovativo sistema di superamento delle concentrazioni soglia di rischio, pi elevate delle concentrazioni di soglia della vecchia disciplina. Ora la procedura di bonifica attuata tempestivamente costituisce una clausola di esonero dalla pena, di pi: se il ripristino dellambiente ottenuto dal responsabile attraverso una procedura di pari efficacia di

quella prescritta, non potr essergli ascritta alcuna responsabilit penale per il mancato rispetto della procedura amministrativa. Ora la norma consente di evitare ogni implicazione penale a fronte della bonifica a prescindere dal tipo dillecito ambientale che ha dato origine alla contaminazione. Ora in unarea contaminata da veleni i valori di concentrazione soglia di contaminazione CSC sono quasi sempre superiori ai valori soglia di contaminazione, ma unanalisi AdR pu dare come risultato finale una contaminazione inferiore ai valori di concentrazione della soglia di rischio CSR. Quindi, avremo ai sensi dellArt. 240, un sito non contaminato! LArt. 242 nel progetto operativo degli interventi di bonifica consente, in alternativa, la messa in sicurezza, operativa o permanente che prevede di non allontanare dal sito i rifiuti e/o i terreni contaminati. Con le modifiche vigenti per condannare un inquinatore di terreni occorre avere entrambi i presupposti: un AdR che dimostri che linquinamento causato maggiore delle CSR; che ci sia un progetto di bonifica approvato dallautorit competente; che la bonifica non sia fatta. La bonifica si pu, quindi, approvare senza dover allontanare i rifiuti, ma almeno sar vietato costruirci

sopra una casa? No non espressamente vietato, la Ditta pu chiedere di edificare in aree contaminate o nelle immediate vicinanze e chi di competenza nella Pubblica Amministrazione deve valutare la richiesta. In questo caso, non esistendo un indirizzo univoco, valido per tutta la Regione, tutto dipende da un funzionario e lultimo che firma appartiene ad ARPA Lombardia. Cos ARPA diventata controllato e controllore e si carica anche di buona parte delliter amministrativo e delle relative responsabilit. Abbiamo autorizzato la costruzione di un quartiere sulla discarica? LARPA ci ha detto che era possibile . Le evidenze emerse anche in altre inchieste danno lidea di un sistema gelatinoso, borderline tra legalit, incompetenza e comportamenti dolosi. Un circuito folle nel quale le competenze tecniche vengono mortificate e intimidite, assolutamente permeabile allazione della malavita organizzata. Ora pi chiaro il perch di una edificazione su un sito contaminato non bonificato. Mancano indirizzi chiari e univoci, innanzitutto urbanistici e di valutazione dei territori in relazione alle funzioni che devono ospitare cos la questione diventa di ordine giudiziario e non di politica pubblica.

SELEZIONE, COOPTAZIONE, ROTTAMAZIONE Valentino Ballabio


Il meccanismo della promozione per cooptazione noto. Il Titolare della Carica (politica, professionale, accademica) sceglie come principale collaboratore e potenziale successore una figura di statura inferiore nella convinzione che questi non possa fargli ombra vita natural durante. Cos di seguito finch il livello scende al punto tale che il Titolare pro-tempore risulti talmente incapace da cooptare per sbaglio il Genio. Dopodich la sequenza ricomincia da capo. Qualcosa di simile purtroppo avvenuto anche nel PD lombardo (*) il cui gruppo dirigente regionale, nonch gruppo consiliare, stato cooptato per la quasi sua interezza da Filippo Penati, a sua volta designato dal Pierluigi Bersani quale emissario nel Nord Italia prima di sceglierlo come braccio destro a Roma (Gad Lerner, La Repubblica, 13/6/12). Infatti questi, appena persa la impari battagli col Celeste in carica, opta per la vice presidenza del consiglio (auto blu, segreteria particolare, benefit, ecc.) e designa a sua volta un oscuro capo-gruppo che presenta la mozione di sfiducia senza per riuscire a perorarla in aula perch chiuso per ferie. Dunque per un nuovo genio, tipo il Massimo dellintelligenza, si deve ancora aspettare. Tuttavia nel tragitto del dominus del PD lombardo e settentrionale inopinatamente intervenuto lincidente giudiziario, frutto velenoso di vendicativi pentiti, laddove ancora una volta la procedura penale ha precorso la responsabilit politica. (In proposito e per inciso mi permetto unannotazione personale: allo stesso sostituto procuratore di Monza dottor Mapelli rivolsi nel 1990, ante mani pulite, la denuncia verso un funzionario-capo infedele che si concluse con una pesante condanna per concussione passata in giudicato. Fui allora lunico Sindaco della provincia, in una citt attigua a Sesto S. Giovanni, che concluse intera la legislatura 90-95 ma la mia carriera politica fin l: il Partito decise di mandare avanti il collega e compagno confinante). Pertanto rispetto al declino del partito azienda di Berlusconi il partito ditta di Bersani stenta a fare una sana concorrenza, malgrado il partito bottega di Bossi sia nel frattempo fallito seguendo un modulo brianzolo consolidato: il padre ha messo su con sacrifici lindustria ma poi il figlio degenere lha mangiata fuori. Allorch ogni responsabile del personale di qualsiasi aziendina sa bene che selezione e formazione sono processi interconnessi, dal cui intreccio virtuoso dipende il successo dellimpresa. Quanto gli attuali partiti hanno invece disimparato, rendendo per altro pressoch impraticabile la comunicazione con capacit e competenze esterne, presenti nella societ in misura ben superiore alle risorse interne, riluttanti e inadeguate al confronto. Ma come cambiare, nella sostanza, e non tanto nei simboli e nelle sigle, una stagione politica stagnante se

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non addirittura degenerata e perduta? Forse il modello storico da recuperare quello della Resistenza, nella quale furono principali protagonisti i nipoti e i nonni. I primi, tanti, furono i giovanissimi renitenti alla leva di Sal, colpiti e disgustati dalla guerra. I secondi, pochi, erano i vecchi antifascisti, gi esuli e confinati nel ventennio ma educati nella universit del carcere e provati da intense esperienze politiche e culturali spesso internazionali. Dal connubio tra queste due generazioni, senza escludere le significative eccezioni di quella di mezzo, allevata e custodita dal regime fino al tragico epilogo, trov seguito la Libera-

zione, la Repubblica e la Costituzione. Simile tragitto deve forse trovare sbocco nella fase finale della cosiddetta seconda repubblica (la storia quando si ripete la prima volta tragedia, la seconda farsa). Una intera generazione politica ha irrimediabilmente fallito. Non tanto una generazione anagrafica quanto politica, comprendendosi in essa i numerosi riciclati della prima. Tocca a quella successiva, possibilmente utilizzando la guida e lesperienza dei pochi - ma forse in Italia sono almeno diecimila - emarginati o auto-esclusi da questaltro non invidiabile ventennio, provare a rifonda-

re una terza repubblica che possibilmente recuperi il buono della prima ed espella il pessimo della seconda. La crisi come la guerra fortunatamente in forma assai meno violenta ma non di meno energica - ancora una volta levatrice della storia.

(*) In questa sede possiamo permetterci di ritenere prevedibili e scontate le malefatte del PdL laziale, lombardo, molisano, ecc. per concentrarci un po di pi sulle esperienze e prospettive di casa nostra.

SAN CARPOFORO ANGOLO MADONNINA: ANDIAMO AVANTI? Gianni Zenoni


Nellarticolo su ArcipelagoMilano del dicembre 2010 mi chiedevo come fosse possibile sopportare nel centro storico di Milano i resti delle case bombardate nellultima guerra. Tra le cause citavo lassuefazione dei cittadini al brutto, a tal punto che non giudicavano sconvenienti le cortine interrotte e i relativi frontespizi ciechi e magari, come in via Madonnina angolo San Carpoforo, si innamoravano di due alberi cresciuti sulle macerie arrivando addirittura a chiedere il loro vincolo a una Provincia agonizzante! Questo il caso di oggi; tra queste due vie la propriet dopo sessantotto anni finalmente si dichiara disponibile alla ricostruzione e presenta un progetto. Subito si forma un comitato contro la nuova costruzione e favorevole al modesto statu-quo arboreo, smuovendo la volonterosa assessore allUrbanistica che dovr per barcamenarsi tra due esigenze delle quali una sola culturalmente irrinunciabile, il disegno della citt e la conservazione del Centro Storico. ormai tendenza urbanistica consolidata che nei centri storici europei si debbano ricostruire gli edifici demoliti dalle bombe nel loro planivolumetrico precedente, e questo si fatto in tutta Europa. Solo Milano rimasta curiosamente indietro lasciando in bella vista numerosi palazzi diroccati e mi domando come ci possa essere stato possibile. Spesso vi sono complicati problemi proprietari ma il loro numero mi pare francamente esagerato. Certamente c stata mancanza di volont da parte dellAmministrazione e questo nonostante lormai accettata prassi dellUrbanistica Contrattata dove alle pressioni si potevano aggiungere incentivi. Si deve anche ricordare il drammatico sovrapporsi di competenze che fanno del Comune un ente a sovranit urbanistica limitata anche sul suo stesso territorio. Soprintendenze ai monumenti, ai beni archeologici, enti Comunali, Provinciali e Regionali atti alle bonifiche dei terreni e alla fine anche complesse normative Procedurali Comunali, Provinciali e Regionali, hanno reso a volte impossibile realizzare quello che dovrebbe essere un Programma Economico di una Nuova Costruzione. Vorrei anche aggiungere la difficolt dei rapporti tra tutti questi Enti che fan parte della nota giungla amministrativa che affligge il nostro paese. Con questo clima amministrativo non si sarebbe potuto ricostruire cos rapidamente il ponte di Monstar e il Centro Storico di Dubrovnik demoliti o danneggiati dai bombardamenti della recente guerra civile nella ex Jugoslavia. Ma un aspetto di questa situazione si pu per condividere con il comitato; la pessima qualit del progetto. Non accettabile che la Commissione Paesaggistica, che certamente lo avr approvato, abbia ignorato uno dei suoi doveri, cio quello di accertare la correttezza della Contestualizzazione dellintervento. Questa procedura che illustra la genesi del progetto, diventa essenziale oggi quando il PGT rinuncia alle zone di espansione e punta al completamento e alla ristrutturazione del disegno urbano esistente. Allora la Contestualizzazione del progetto, utile anche nelle zone periferiche, diventa irrinunciabile quando si opera nel Centro Storico e nel ripristino di una cortina edilizia preesistente e disegnata dalla Storia. Materiali, colori, ritmi di vuoti e pieni della facciata devono parlare lo stesso linguaggio degli edifici che lo circondano, per evitare che questo completamento si presenti come un corpo estraneo. In Europa dove hanno affrontato la ricostruzione degli edifici bombardati prima di noi, si sono anche permessi a volte progetti del tutto Non Contestualizzati come ledificio di Hans Hollein in piazza S. Stefano a Vienna che dopo venti anni appare oggi sempre come un edificio rovinato, non dalle bombe ma da una certa faciloneria culturale. Una fortuna ci resta a essere ultimi, tener conto degli errori degli altri, ma dobbiamo approfittarne per ridare ai Centri Storici limmagine che la Storia aveva loro fornito. Certo si costruisce oggi con altre necessit tecnologiche ma listituto della Contestualizzazione deve affinare la sensibilit dei progettisti che in questo progetto obbiettivamente mancata. Quindi benvenuta la ricostruzione di una parte delicata del quartiere di Brera, se eseguita nella forma originale della cortina edilizia storica. Ma prestiamo attenzione al progetto e lasciamo perdere la Paulonia, dove se intervenisse la Provincia a rendere inedificabile larea sarebbe lennesima dimostrazione che il Comune di Milano non pu disporre del suo territorio (ma anche un punto in pi per chi vuole eliminare le Province).

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AMBIENTE: COME LA REGIONE CI TARTASSA PER FIGURARE PRIMA DELLA CLASSE Giorgio Ragazzi
A fine anno scorso la Regione Lombardia ha adottato una delibera (2601/11) per regolamentare gli impianti termici (residenziali). un testo di 42 pagine in perfetto burocratese, che istituisce un catasto regionale, un albo di ispettori e una lunga lista di dettagliatissimi adempimenti, per i quali sono previste ben 24 diverse possibili sanzioni. Tutto questo comporta costi molto elevati che finiscono ovviamente a pesare su tutti i condomini. Quale vantaggio potr ricavare lambiente da questo censimento e dalla nuova marea di carte richieste? Nella delibera non vi alcun riferimento a ricerche per stimare lentit dei benefici che potrebbero derivarne (di quanto si pensa di ridurre le emissioni di C02 con questa normativa?) n per stimarne il costo complessivo, diretto e indiretto, per la collettivit. Evidentemente non si neppure pensato a confrontare il costo sociale per ridurre per questa via una tonnellata di CO2 col costo di misure alternative. Non mi stupisco, questa classe politica pensa solo alla propria immagine (a poter dire: siamo allavanguardia) e non si pone nemmeno il problema dei costi per i sudditi. La delibera rende anche obbligatoria, tra laltro, listallazione di apparecchi per la termoregolazione e contabilizzazione del calore su tutti i caloriferi entro il 2014. Ogni valvola costa tra i 130 e i 150 euro per calorifero (+IVA), cui va aggiunto il costo annuo per il servizio di lettura e raccolta dati oltre ai notevoli costi per ladeguamento delle centrali termiche al nuovo regime del calore, nella maggior parte dei casi. Un grosso investimento che graver sulle spese condominiali (ben pi di mille euro per un appartamento mediopiccolo), aggiungendosi ai tanti altri rincari che gravano sulle famiglie in questi anni di crisi. Gli esperti stimano che listallazione di questi apparecchi possa ridurre i consumi del 5-7%. Facendo delle stime su casi concreti si arriva alla conclusione che per recuperare linvestimento col risparmio di consumo occorreranno tra i 40 e i 50 anni. Se si considerano anche gli interessi e gli inevitabili interventi di manutenzione loperazione comporta per lutente una perdita certa e notevole. In un precedente articolo ho commentato la propensione della Regione a governare per editti. Si sono chiesti, ad esempio, come potrebbero mai tutti i condomini della Lombardia dotarsi di queste apparecchiature entro il 2014? Ci sono sufficienti imprese in grado di fornire tanti apparecchi e tanti servizi, e stilare i relativi contratti? La Regione erogher sanzioni a tutti gli inadempienti o prorogher ulteriormente le scadenza, com malcostume in Italia? Daltronde questo non il solo caso di leggi regionali il cui principale intento sembra quello di primeggiare per sensibilit ambientale. Ricordiamo lintroduzione dellobbligo della certificazione energetica per tutte le unit immobiliari che vengano vendute o affittate. Ogni certificazione pu costare tra i 300 e i 1000 euro, cui va aggiunto il dispendio di tempo e, per lamministrazione comunale, lonere di protocollare, archiviare e gestire questenorme massa di carte. I parametri sono tali che praticamente tutte le vecchie case di Milano risultano in classe G, la pi bassa. Si tratta quindi di un esercizio assolutamente inutile nella maggior parte dei casi, che in altre Regioni stato evitato consentendo lautodichiarazione in classe G senza certificazione. La certificazione pu essere un utile incentivo per le nuove costruzioni; per i vecchi edifici sarebbe assai meglio spendere per interventi migliorativi piuttosto che per inutili pezzi di carta. Si obietter ovviamente sottolineando limportanza di abbattere le emissioni di CO2 e richiamando tutto larmamentario ideologico ambientalista. Ma il punto : dobbiamo affrontare questi problemi in una logica di mercato o con editti e burocrazia? Non esistono modi assai meno costosi per la collettivit per raggiungere certi obiettivi? I carburanti per riscaldamento domestico in Italia sono gi super tassati a confronto di altri paesi: perch non lasciare gli individui liberi di decidere se sia per loro conveniente o meno listallazione di apparecchi per la termoregolazione del calore? Mercato significa libert di ottimizzare scelte e investimenti sulla base dei prezzi relativi, e liberazione da tutto larmamentario burocratico di notifiche, ispezioni, verifiche, sanzioni. Imposte di carattere generale come quelle sullemissione di CO2 inducono a scelte dinvestimento ottimali per raggiungere lobiettivo, salvaguardando la libert e la funzione del mercato. Interventi burocratici su specifici settori rischiano invece di portare a veri disastri come nel caso degli incentivi alle fonti rinnovabili che hanno fatto crescere del 50% il costo della produzione di energia elettrica in Italia, a fronte di limitatissimi ed elusivi vantaggi per lambiente. In questo caso, come per gli editti della Regione Lombardia, sembra che la nostra classe politica si senta investita del potere di regolamentare a suo arbitrio leconomia e la nostra vita prescindendo del tutto dalla logica dei prezzi e del mercato. Il risultato limpoverimento progressivo del paese. Si continua a ripetere che uno dei maggiori freni alla crescita leccessivo peso della burocrazia e ogni nuovo governo proclama di impegnarsi per semplificare e alleggerire gli oneri burocratici, ma la cultura non cambia, nemmeno con questo governo, e le Regioni contribuiscono non poco ad aggiungere sempre nuove contorsioni al dedalo di norme, adempimenti e sanzioni.

DAGLI U.S.A. A MILANO: ALCUNI ASPETTI DI SANIT Bruno Ambrosi*, Federico Robbiati*, Luigi Campolo*
Pochi mesi fa il New England Journal of Medicine, la pi importante rivista medica internazionale, ha pubblicato un articolo (Fineberg HV, N Engl J Med, 366, 11, 2012), nel quale si sottolineano le inefficienze e i difetti del Sistema Sanitario USA. Il titolo suona Un sistema sanitario di successo e sostenibile - come arrivarci (partendo) da qui. Tralasciando numerosi aspetti che sono peculiari della struttura sanitaria americana - dal quale pure abbiamo importato in Italia il sistema di rimborso delle prestazioni ospedaliere (il famoso DRG) -, quello che ci preme sottolineare il lungo elenco delle cause di inefficienza sanitaria negli USA. Praticamente tutte le venti cause di inefficienza citate

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www.arcipelagomilano.org nellarticolo sono tranquillamente riscontrabili anche in Italia. Non questa la sede per fare un esaustivo elenco dei difetti segnalati, ma alcuni di essi sono cos eclatanti e di comune esperienza, che vale la pena ricordarli, per poi discutere possibili soluzioni migliorative. Anche in Italia ci sono limitate informazioni su spese, performance, qualit dellassistenza e risultati ottenuti, per non parlare di dati su efficacia e costi delle nuove tecniche diagnostiche: si pensi, per esempio, allabuso dei check up indiscriminati e del ricorso a tecnologie avanzate, quali RMN, PET, SPECT ecc. In molti casi labuso di tali metodiche pu indurre al rischio di ulteriori test e di trattamenti non necessari, come possibili conseguenze di uneccessiva medicalizzazione e dellindividuazione di nuovi limiti di malattia. In questo senso deve essere combattuto latteggiamento culturale, e suggerirei anche linsegnamento ai giovani, volto a ritenere che in medicina more care is better, concetto sempre pi dibattuto e ora contrastato dalla nascente opinione che less is more. La scarsa attenzione ai costi in genere delle prestazioni e ai risultati ottenibili a lungo termine, oltre che il modesto interesse per le cure primarie, quindi per i problemi basilari della salute della popolazione, favorisce lo scarso coinvolgimento dei cittadini stessi. In sostanza, si assiste a un insufficiente partecipazione dei pazienti nelle decisioni cliniche. A ci si aggiunga che le prestazioni assistenziali sono spesso frammentate e poco coordinate, in modo tale per cui ne deriva incertezza scientifica su costi ed efficacia dei nuovi approcci diagnostici e terapeutici. Ancora, fra le cause di inefficienza sanitaria (solo in U.S.A.?), il New England Journal of Medicine segnala le distorsioni conseguenti a conflitti di interesse, frodi, malpractice, oltre alle dannose competizioni fra strutture sanitarie di diverso livello (si pensi alle prestazioni fornite da diversi ospedali, ambulatori, medicina di base). Se questi sono solo alcuni aspetti generali che riguardano la crisi della sanit in genere, alcuni problemi estremamente concreti sono tornati alla ribalta, anche mediatica, negli ultimi mesi. Un punto riguarda il numero e la qualit degli accessi nei Pronto Soccorso italiani. Laffollamento e i tempi di attesa, e anche lutilizzo di prestazioni diagnostiche costose (v. TAC, RMN) fanno s che la permanenza dei pazienti sia non solo lunga, ma spesso inappropriata. Dati del Ministero della Salute riferiti ai primi tre mesi del 2011, indicano che numerose persone si rivolgono ai Pronto Soccorso, ma il 75% dei casi (3 persone su 4!) viene poi dimesso, mentre solo il 13% ricoverato. In sostanza, i veri codici gialli o rossi sono la minoranza e vi una distrazione del personale sanitario dallintervento veramente necessario, o addirittura urgente. Le carenze di personale medico e infermieristico, oltre alla sempre maggiore scarsit di posti letto, creano le situazioni di iperafflusso di pazienti, recentemente documentate su giornali e TV, e che si perpetueranno nei prossimi mesi invernali. La ricetta per ridurre gli accessi non certo quella di aumentare i servizi di emergenza, ma di intervenire prima, sul sistema delle cosiddette cure primarie, che mirino alla prevenzione, alla gestione delle malattie croniche secondo modelli che portino alla riduzione del bisogno di rivolgersi ai pronto soccorso. In tale direzione sembra indirizzarsi il decreto Balduzzi approvato dal Consiglio dei Ministri, ma che ancora, in sede legislativa, potr subire modifiche su pressione di partiti, sindacati, corporazioni. Al solito, accanto ad alcuni punti condivisibili, altri paiono di difficile realizzazione, in particolare ci riferiamo alla possibilit di creare mega strutture ambulatoriali, dove potranno lavorare per h 24 e 7 giorni su 7 (proposta assolutamente accettabile) ben 15-20 medici di Medicina Generale. Questo pare di difficile realizzazione sia nei piccoli centri e nei paesi, ma anche nelle grandi citt, dove i problemi di spostamento dei cittadini renderebbero difficile laccesso ad anziani, disabili ecc. A questo proposito diversa la proposta su cui si sta lavorando nella nostra citt, sullesempio di quanto gi realizzato in alcune regioni italiane, quali Toscana, Emila, Veneto. Da oltre un anno fra operatori sanitari si cominciato a parlare del progetto delle Case Mediche o Case della Salute, cio di un modo per ottenere una medicina di base pi efficace, pi moderna, pi vicina al cittadino e anche meno costosa. A Milano, infatti, si sta lavorando per far decollare le Case Mediche grazie a un disegno che prevede la collaborazione tra Comune, Medici di Medicina Generale, ASL e cittadini. Le Case Mediche saranno poliambulatori multifunzionali, gestiti da almeno 4 o 5 medici di famiglia, dove ci si occupa di prevenzione e cure primarie e, auspicabilmente, di assistenza socio-sanitaria. Infatti, possibile prevedere la disponibilit di altri operatori socio-sanitari (infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali ecc.) e, magari anche di alcuni medici specialisti. Lapertura delle Case Mediche per 10-12 ore/giorno e il sabato potr costituire uno strumento in grado di produrre pi salute a minor costo, riducendo le ospedalizzazioni fino al 40% e i costi del 6-7% (a Milano: 100-150 milioni di /anno). Del progetto relativo alle Case Mediche, o Case della Salute, si parlato il 21 aprile durante un Convegno (Case Mediche: ancora utopia o realt percorribile?), organizzato da SEL e dai ComitatixMilano al Museo di Storia Naturale, e poi il 18 maggio nel corso della Settimana della Salute, promossa dallAssessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute. Gruppi di lavoro composti da medici, operatori ed esperti sanitari, cittadini, che da oltre un anno si occupano del progetto, affronteranno a breve le prossime tappe di questo progetto innovativo per la nostra citt. Dovr essere confermata la disponibilit da parte del Comune di Milano (il cui Sindaco - lo ricordiamo - responsabile della salute dei propri cittadini) di spazi demaniali per gli ambulatori: a tal fine si gi svolto un primo positivo incontro con lAssessore alla Casa, Demanio, Lavori Pubblici. Inoltre, dovr essere approfondito il confronto con la ASL per favorire e programmare scelte nuove.

*per i ComitatixMilano

Scrive Luca M. Pedrotti Dell'Acqua a Guido Martinotti

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www.arcipelagomilano.org Cercare di far tornare a un uso sobrio e appropriato della parola un atto di civilizzazione. Non importa ci sia letilismo al riguardo: ogni tentativo di migliorare un po sarebbe sempre vano in qualsiasi campo. Non stanchiamoci di provare e riprovare. Grazie e buona continuazione

Scrive Giuseppe Vasta a L.B.G


Non citerei certamente il PGT recentemente approvato fra gli esempi virtuosi della nuova Amministrazione comunale. 12 milioni di metri quadri (ufficiali) di nuova edificazione (ma forse sono di pi, quasi 20 se si contano anche i riusi delle aree industriali, ovvero 60 milioni di metri cubi), la possibilit di costruire anche sulle aree inedificate gi destinate a servizi, poche o nulle valutazioni sui grandi servizi e sul ruolo futuro della citt: un piano quindi che - malgrado qualche limatura e miglioramento - resta pienamente sulla linea di una crescita tutta "quantitativa" e poco "qualitativa" (come del resto fanno gli altri Comuni lombardi, come ci ricorda giustamente Paolo Favole). La riduzione del consumo di suolo? solo uno slogan, cui non corrispondono disposizioni effettive.

Scrive Giorgio Franchina a L.B.G.


Caro Beltrami nel tuo articolo usi entrambi i termini decrescita e nuovo modello di sviluppo, termini che sembrano tra loro in contraddizione. Credo che tu li abbia usati perch in realt siamo nel mezzo di un cambiamento economico epocale dove entrambi i termini si mischiano e sono necessari per capire ci che sta avvenendo. Diffido molto di chi usa solo il termine decrescita come fa Latouche: non fa leggere i fenomeni nella loro complessit ed deresponsabillizzante (del tipo tiriamo i remi in barca, tanto non c' niente da fare) e rischia di non farci vedere dove l'economia e il lavoro vanno e sono in forte espansione. Il tema complesso e posso solo porlo in termini di domande. Decrescer tutto ci che legato a produzioni dissipatrici e legate a consumi individuali (e cio perch devo continuamente cambiare macchina o frigorifero o ... e perch non utilizzare servizi condivisi dato ormai l'alto costo di molti prodotti)? Lo sviluppo si orienter verso una diminuzione di prodotti e in un aumento di servizi? in forte crescita tutto ci che legato alla conoscenza, all'informazione, alla cultura, al divertimento, ecc. (a parte la follia della moda di cambiare telefonini e oggetti elettronici che sono una vera dissipazione). uneconomia che andr a compensare fortemente la decrescita della prima? in forte crescita tutto ci che legato alla salute, alla cura di s, e forse guardando bene anche alla nutrizione che ormai un fenomeno anche culturale (e insieme agli aspetti di produzione agricola che stanno emergendo come fattori strategici). Anche questo andr a compensare la decrescita di cui sopra? E poi c la finanza e dove si colloca nella cosiddetta decrescita non lo so (temo molto male). Per questo dovremmo preferire di parlare di nuovi paradigmi e nuovi modelli di sviluppo. Tutto questo per dire che questi temi sono presenti senza accenni ideologici un po' in tutte le argomentazioni e programmi del centrosinistra, tanto vero che come dici tu si stanno facendo senza dirlo. Il dramma che non riusciamo a tradurli in ci che abbiamo sempre chiamato "politiche industriali" e in orizzonti strategici. un tema di governo e dovrebbe essere un tema strategico, forse pi dell'anagrafe dei candidati (anche questo un tema serio che rischia di schiacciare tutti gli altri).

Scrive Stefano Bentivegna a Ilaria Li Vigni


Non so quali altre citt italiane lei abbia mai visto, ma le assicuro che la larghezza media di moltissime strade milanesi potrebbe benissimo accogliere non piste ma autostrade ciclabili! Ma scherza? Provi a girare per Roma, Palermo o per Napoli, o anche Bari, e poi mi racconter con che serenit ha pedalato. Parliamo invece dell'inettitudine degli amministratori, tanto precedenti quanto attuali, capaci solo di partorire ciclabili con la riga per terra, buone come pista di accelerazione per i motorini. Lei che ha citato Amsterdam e Vienna (per non parlare di Berlino, patria della ciclabilit), non indignata nel vedere che so, corso Buenos Aires con quei nuovi marciapiedi enormi e senza uno straccio di ciclabile? O le nuove piazza De Angeli o Gambara, senza nulla, e dico nulla, pensato per le bici? Ciclabili poche e scollegate, pensate solo per le giterelle domenicali che per andare al lavoro!!! Mandiamo l'assessore al traffico in pellegrinaggio in Olanda, a rendersi conto quanto siano anni luce avanti, mentre qui con la mobilit sostenibile sanno solo riempirsi la bocca. PS. le tanto decantate zone 30 voglio vedermele tutte, senza uno straccio di dosso artificiale la gente continuer a morire sulle strisce pedonali

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Concerto spagnolo


Che sia stata una felice circostanza o un programma ben congegnato, fatto sta che la coincidenza della mostra di Picasso a Palazzo Reale, aperta gioved scorso, e il concerto di musiche spagnole allAuditorium che si tenuto proprio quella sera, sembravano rispondere a un preciso disegno, quello di rappresentare

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www.arcipelagomilano.org un paese e unepoca attraverso la lettura incrociata di musica e arte visiva. Il concerto allAuditorium era costruito su un programma compatto e intrigante: il Capriccio spagnolo opera 34 di Nikolaij RimskyKorsakov, laSinfonia spagnola opera 21 di Edouard Lal, la suite da Il cappello a tre punte di Manuel De Falla e ovviamente, per concludere, il Bolero di Maurice Ravel. Dei quattro autori, come si sa, solo De Falla autenticamente spagnolo, mentre Ravel basco-francese (nato nel delizioso borgo di pescatori di St-Jean-de-Luz, fra Biarritz e San Sebastian, proprio sul confine franco-iberico) e gli altri due sono uno russo di Novgorod e laltro francese del nord, di Lille, entrambi affascinati dai ritmi delle danze spagnole. Tutti, come Picasso, nati nellottocento e morti nel novecento, con leccezione di Lal che per pochi anni non ha fatto in tempo a superare il passaggio da un secolo allaltro. Nel programma di sala Enzo Beacco osserva giustamente che la musica colta spagnola come dicemmo qui qualche settimana fa a proposito di quella inglese scompare misteriosamente alla fine del XVII secolo per ricomparire solo verso la fine dellottocento, e il concerto di cui parliamo ha voluto rappresentare proprio questa rinascita, non solo proponendoci la produzione nazionale spagnola (De Falla) ma anche rivelandoci linteresse che i musicisti europei, francesi e russi in particolare, hanno mostrato verso di essa. La nuova musica spagnola costruita soprattutto su antiche danze popolari - alborade, fandanghi, seguidillas, farruche, jote, fino ai travolgenti flamenchi e boleri - intimamente legate alle tradizionali feste e celebrazioni che si svolgono ovunque nel paese (dallAndalusia alla Galizia, dallEstremadura alla Navarra) e che, nel concerto dellAuditorium, sono esplose con la loro gioiosit ma anche con quella vena di malinconia e di nostalgia che sempre le permea; sicch la relazione fra quelle musiche e le tele, i disegni, le sculture, le ceramiche di Picasso non poteva lasciare indifferenti coloro che poco prima avevano visitato lesposizione di Palazzo Reale. Ricordando peraltro che la scenografia della prima rappresentazione del balletto di De Falla (Londra 1919) fu realizzata proprio del grande artista andaluso! Musica deliziosa, dunque, ma una esecuzione non delle migliori; la necessit di sostituire allultimo momento Zhang Xian (si molto parlato del parto, anticipato e improvviso, che le ha fatto abbandonare il podio) ha costretto il bravissimo direttore Jader Bignamini a prendere in mano la bacchetta per un programma non suo, studiato in poche ore, e ciononostante realizzato con grande professionalit e impegno. mancato purtroppo quellsprit de finesse che nellesecuzione fa la differenza, e anche la giovane violinista nippo-canadese Karen Gomyo - che pure ha sfoggiato grinta e tecnica straordinarie - non ci apparsa una raffinata interprete di Lal; con eccessiva durezza ha tradito lo spirito spagnolo di unopera che, come si sa, pi un Concerto per violino e orchestra che una Sinfonia, e che Lal dedic al grande violinista e compositore navarrese, Pablo de Sarasate, noto per le sue romanticissime opere come la Fantasia dalla Carmen di Bizet, i Capricci baschi, le Danze spagnole, le Arie tzigane e le Serenate andaluse. *** A proposito di forfait dichiarati allultimo minuto, la sera successiva al Conservatorio per il festival MiTo, la English Chamber Orchestra avrebbe dovuto essere diretta da Sir Colin Davis in un programma che prevedeva il poema sinfonico Le Ebridi e la quarta Sinfonia (Italiana) di Mendelssohn, e al centro lottava Sinfonia (Incompiuta) di Schubert; ma il grande direttore inglese, che compie in questi giorni 85 anni, ha avuto un malore nel pomeriggio, stato ricoverato (speriamo che nel frattempo si sia gi ripreso) e lorchestra stata costretta a eseguire tutto il programma senza nessuno sul podio; il primo violino ha fatto s le veci del direttore ma seduto al suo posto e suonando, dunque in grado di dare solo gli attacchi essenziali, e tuttavia il concerto si svolto in assoluta tranquillit senza minimamente drammatizzare la situazione. Lesecuzione stata impeccabile, linterpretazione di grande intensit; vero che lECO unorchestra da camera, quindi non molto grande, che probabilmente era in tourne e che dunque direttore e orchestrali avevano studiato molto bene e per tempo il programma. Ma lo spettacolo dellorchestra che esegue due sinfonie tanto impegnative senza direttore ha lasciato incredulo il pubblico, costringendolo a riflettere molto attentamente. Potremmo dire, usando una parola particolarmente appropriata al caso, che stato un evento sconcertante ma evidentemente non troppo! DA NON PERDERE Domenica 28 ottobre alla Scala la Philharmonia Orchestra di Londra, diretta da Esa-Pekka Salonen, eseguir due grandi capolavori: la Sinfonia n. 7 di Beethoven e la Sinfonia Fantastica di Berlioz. Il concerto serve a raccogliere fondi a sostegno di Villa Necchi Campiglio (un gioiello di architettura degli anni 30, di Portaluppi, visitabile in via Mozart 14) e i biglietti sono gi in vendita: prenotazioni e informazioni: FAI, Fondo Ambiente Italiano, telefono 02.467615237, e-mail concerti@fondoambiente.it

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Dal 1953 a oggi: Picasso a Milano
Picasso torna a Milano. I capolavori del genio spagnolo arrivano in citt con una grande ed emozionante retrospettiva. Le opere, pi di 200, arrivano dal museo pi completo e importante per quanto riguarda la produzione dellartista: il Muse Picasso di Parigi che, chiuso per restauri fino al 2013, ha deciso di rendere itineranti le sue collezioni e di presentarle in tutto il mondo. Prima della tappa milanese infatti le opere sono state esposte in America, in Russia, Giappone, Australia e Cina. Certo non la prima volta che Picasso arriva a Milano. Oltre alla grande mostra del 2001, ci fu unaltra kermesse, che fece la storia delle esposizioni museali in Italia, la grande mostra del 1953. Una mostra dalla duplice tappa italiana, prima Roma e poi Milano, ma che ha avuto nei suoi sviluppi meneghini una risonanza e unimportanza non

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www.arcipelagomilano.org paragonabile a quella romana. Voluta fortemente dal senatore Eugenio Reale, la mostra romana si presentava ricca s di opere, ma parzialmente oscurata per motivi politici. Ad esempio non compariva il Massacro in Corea (presente oggi in mostra). Ledizione milanese, organizzata dallinstancabile Fernanda Wittgens e dai suoi collaboratori, fu invece ancora pi ricca di opere, scelte dallo stesso Picasso, con addirittura larrivo, a mostra gi iniziata, di Guernica, celeberrimo dipinto del 1937, e manifesto contro la guerra franchista. Dipinto che per la sua importanza fu sistemato, su richiesta di Picasso, nella sala delle Cariatidi, che per contratto non doveva essere restaurata dopo le devastazioni della guerra, proprio per creare un connubio e un monito fortissimo a memoria degli orrori e delle devastazioni belliche. Proprio da questa stessa sala prende avvio oggi la mostra Picasso. Capolavori dal Museo nazionale di Parigi, che racconta in un percorso cronologico e tematico la vita e le opere dellartista. Insieme alle fotografie che ci mostrano attimi di vita, amori, amici e ateliers dellartista spagnolo, in mostra dipinti, sculture e opere grafiche create durante la sua lunghissima vita. La mostra, curata da Anne Baldassari, presidente del museo parigino, illustra le varie fasi e gli stili che Picasso us, spesso in contemporanea, durante la sua carriera. Si inizia con lapparente classicismo e malinconia dei periodi blu e rosa, di cui sono memorabili opere come La morte di Casagemas, dipinto dedicato allamico morto suicida, la misteriosa Celestina e I due fratelli. Ma gi dal 1906 si intuisce linfluenza che larte primitiva, africana e iberica, avranno su Picasso. Sono questi gli anni che vedono la nascita dei tanti disegni preparatori per il capolavoro assoluto, Les Demoiselles dAvignon, 1907 (conservate al MoMA di New York). Lautoritratto nudo, gli studi di donna, sono tutti dipinti in cui il Cubismo inizia a prender forma, semplificando e rendendo impersonali volti e sessi. Ma la rivoluzione vera arriva intorno al 1912, quando Braque e Picasso inventano i collage, e la forza dirompente delle loro sperimentazioni porta alla nascita del Cubismo, analitico e poi sintetico, in cui la figura viene prima scomposta, resa irriconoscibile, come nel Suonatore di chitarra e Il suonatore di mandolino, per poi tornare a inserire elementi di realt, come lettere, numeri, scritte o veri e propri elementi oggettuali. Ma Picasso non solo Cubismo. Negli anni 20 segue, a suo modo, il Ritorno allordine dellarte, con le sue Bagnanti e le sue donne enormi, deformate, possenti e monumentali, omaggi agli amici impressionisti come Renoir. Sono gli anni in cui conosce anche Breton e i Surrealisti, e in cui crea figure disumane e contorte, mostri onirici che ci mostrano le pulsioni sessuali e le ossessioni del pittore. La guerra per, sconvolge tutto. Oppositore della dittatura franchista, Picasso non pu far altro che denunciare gli orrori e la violenza della guerra con sculture e dipinti dai toni lividi, come Guernica, o nature morte popolate di crani di tori, capre e candele dalla fiamma scura. Non mancano i ritratti dei figli e delle donne amate: Fernande, Dora Maar, Marie Therese, Francoise, Jacqueline e la bellissima Olga in poltrona, dipinto che Picasso conserver fino alla propria morte, appeso sopra il letto. Ritratti ma anche autoritratti dellartista, dipintosi davanti al cavalletto, o con una modella nello studio, tema prediletto per dipingere la Pittura, il vero amore della sua vita. Picasso dipinse fino a poco prima di morire. Degli ultimi anni sono i dipinti che riprendono i maestri a lui pi cari, Matisse, Velazquez, Delacroix, ma anche un lucido autoritratto in cui lartista si rappresenta sempre pittore ma con un volto che sembra gi un cranio dalle orbite vuote (Il giovane pittore, 1972). Morir lanno seguente. Una mostra completa, che prende origine dallincredibile collezione del Museo Picasso di Parigi, forte di pi di 5.000 opere, donate in vari nuclei da Picasso stesso e in seguito, direttamente dagli eredi. Ieri come oggi le opere di Picasso potranno ancora insegnarci qualcosa, monito e delizia dei tempi moderni. Picasso. capolavori dal Museo Picasso di Parigi Palazzo Reale, fino al 6 gennaio 2013, orari: luned, marted e mercoled: 8.30-19.30 gioved, venerd, sabato e domenica: 9.30-23.30; biglietti: 9,00 intero, 7,50 ridotto

Peter Lindbergh. Tra moda e cinema fantascientifico


Durante la Vogue Fashions night out ha inaugurato la personale del fotografo tedesco Peter Lindbergh, presso la galleria Carla Sozzani in Corso Como 10. Non cera location migliore per proporre questa mostra fotografica se non proprio una galleria darte legata a doppio filo col mondo della moda e del glamour, vuoi per la parentela tra Carla e Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia, o vuoi per il grande store di lusso al piano terra, 10 Corso Como, appunto. Ma soprattutto Lindbergh nasce come fotografo di moda, come autore di alcune fotografie che hanno fatto un po la storia di giornali internazionali come Vanity Fair, Rolling Stone, Harpers Bazaar e naturalmente, Vogue America. Una carriera lunga, che nasce in Germania, si sposta in Svizzera, in Spagna, a Parigi e sbarca poi in America, dove, nel 1988, Anna Wintour, super direttrice di Vogue, mette Lindbergh sotto contratto. Da l al successo mondiale il passo breve. La mostra divisa in due sezioni. La prima, intitolata Known-Images of women, una selezione di quaranta immagini tra le pi significative della carriera di Lindbergh, e che sono comparse sui pi importanti giornali di moda internazionali. Grandi fotografie in bianco e nero che ci restituiscono immagini di donne bellissime come Kate Moss, Naomi Campbell e Linda Evangelista, e che evidenziano quella ricerca formale e quellallure glamour che solo le foto di alta moda, e di grandi fotografi, sanno offrire. La seconda parte, intitolata The Unknown, pi innovativa, e mostra un taglio creativo inaspettato. The Unknown fa parte di un progetto di ricerca personale dellartista, che dopo averlo presentato nel 2011 a Pechino, prosegue e aggiunge immagini a questo percorso a s, senza ordine temporale o logico, e che richiama da vicino il mondo del cinema, altra passione di Lindbergh. Queste fotografie mostrano modelle e attrici famose, Kate Winslet, Amber Valletta ma soprattutto Milla Jovovich, che non sono pi solo modelle inarrivabili ma donne che devono vedersela addirittura con catastrofi planetarie. Lo scenario fantascientifico, con richiami ai film del compatriota Fritz Lang, in cui incendi, disastri e caos sono disseminati nelle grandi metropoli americane, e davanti alle quali le affascinanti protagoniste di Lindbergh restano sconvolte e confuse, alcune catatoniche, ma sem-

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www.arcipelagomilano.org pre armate di rossetto rosso, in questo improbabile Armageddon. Gli elementi per creare suspance ci sono tutti: pericoli e minacce ambientati nei deserti californiani, alieni che rapiscono lattore Fred Ward e la sua compagna, ma anche spiragli di set hollywoodiani non troppo nascosti allobiettivo della macchina fotografica. Immagini che sembrano davvero fotogrammi di un film, in un continuum sempre pi indissolubile tra queste due arti predilette da Lindbergh. Peter Lindbergh. Known and "The Unknown" - Galleria Carla Sozzani. Fino al 4 novembre Orari: Luned

Bramantino: una mostra autoctona


Promossa e auto - prodotta dal Comune di Milano, quella di Bramantino potrebbe essere la prima di una serie di mostre rivoluzionarie, non tanto per la novit dei temi quanto per la modalit di produzione. A cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi, Bramantino a Milano unespo-sizione quasi monografica dei capolavori milanesi di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino (1480 - 1530), da Vasari, che gli diede questo soprannome in qualit della sua ripresa dei modi di Donato Bramante, pittore e architetto al servizio di Ludovico il Moro. Che cosha di speciale questa mostra, nel cortile della Rocchetta, Castello Sforzesco, fino a settembre? Innanzitutto la gratuit dellingresso, il fatto che sia munita di due mini guide gratuite, complete di descrizione e dettagli storico - critici sulle opere in esposizione, e infine, il fatto che una mostra a chilometro zero. Tutte le opere presentate al pubblico provengono infatti da musei e collezioni milanesi: lAmbrosiana, Brera, la pinacoteca del Castello e la raccolta di stampe Bertarelli. Questa la grande novit. In un momento di crisi, in cui spesso le mostre sono di poca sostanza e si soliti attirare il pubblico con nomi di grandi artisti, senza presentarne per i capolavori, ecco che si preferito rinunciare ai prestiti esteri, impossibili per mancanza di fondi, e si voluto puntare e valorizzare solo pezzi cittadini di qualit. Compito facile visto che Milano conserva il nucleo pi cospicuo esistente al mondo di opere del Bramantino: dipinti su tavola e tela, arazzi, disegni, affreschi e lunica architettura da lui realizzata, la Cappella Trivulzio nella chiesa di San Nazaro in Brolo. Lesposizione si articola nelle due grandi Sale del Castello Sforzesco che ospitano gi importanti lavori dellartista. Nella Sala del Tesoro dove domina lArgo, il grande affresco realizzato intorno al 1490 e destinato a vegliare sul tesoro sforzesco, sono esposte una trentina di opere, dipinti e disegni, che permettono di capire lo svolgersi della carriere dellartista bergamasco: dalla Stampa Prevedari, un'incisione in rame che il milanese Bernardo Prevedari realizz su disegno di Bramante e che influenz per spazi e monumentalit lopera di Bramantino, allAdorazione del Bambino della Pinacoteca Ambrosiana, alla Madonna e Bambino tra i santi Ambrogio e Michele Arcangelo, con i due straordinari scorci dei corpi a terra. La soprastante Sala della Balla, che accoglie gli arazzi della collezione Trivulzio, acquisiti dal Comune nel 1935, presenta un allestimento completamente nuovo, che dispone i dodici grandi arazzi, dedicati ai mesi e creati per Gian Giacomo Trivulzio, in modo che si leghino tra loro nella sequenza dei gesti e delle stagioni. Un filmato documenta ci che non stato possibile trasportare in mostra: dalla Cappella Trivulzio alle Muse del Castello di Voghera, di cui Bramantino fu responsabile dei dipinti. Una mostra davvero a costo zero, come dichiara lo stesso Agosti. Gratis l'allestimento di Michele De Lucchi, Francesco Dondina ha realizzato gratuitamente l'immagine e il fotografo Mauro Magliani ha lavorato con fondi universitari. La promozione curata gratuitamente; il Fai e gli Amici di Brera hanno dato una mano per gli incontri e la struttura del Comune si rimessa ad agire in proprio in maniera eccellente. Una mostra tutto sommato facile, si gioca in casa, ma che proprio per questo ha un merito in pi: promuovere quello che sotto i nostri occhi tutti i giorni, valorizzarlo e dargli nuovo lustro. Bramantino a Milano - Castello Sforzesco, Cortile della Rocchetta, Sala del Tesoro - Sala della Balla PROROGATA AL 14 OTTOBRE orari: da marted a domenica dalle ore 9.00 alle 17.30. La Sala della Balla, al fine di consentire lo svolgimento di iniziative in programma, il 26 maggio e il 9 giugno chiuder alle ore 14.00, il 15 giugno rester chiusa tutto il giorno, mentre il 14 settembre chiuder alle ore 15.00.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Le stagioni delle scelte Lodovico Meneghetti Architettura e Scuola
a cura di Daniele Vitale Il Poligrafo Padova giugno 2011
L'occasione di questo libro stata linvito rivolto a Lodovico Meneghetti da Guido Canella e Daniele Vitale a tornare nella nostra facolt di architettura della Bovisa, dove aveva insegnato fino al 2001, per raccontare la sua storia, fatta non solo di una importante vicenda professionale, ma anche, e forse ancor pi, di insegnamento e impegno politico e culturale. Oltre al suo appassionato e documentato racconto, il libro raccoglie anche una serie di testimonianze di chi ha avuto e ha ancora con lui rapporti significativi. Tra gli altri, oltre a Canella e Vitale anche Antonio Monestiroli, Massimo Fortis, Giancarlo Consonni, Sergio Brenna e Federico Bucci, che sono stati colleghi del Politecnico, ma anche compagni di lotta politica come Fausto Bertinotti, Cesare Bermani e Sergio Rizzi, fino ad alcuni suoi ex studenti. Io stesso sono stato invitato a dare la mia testimonianza, e ci mi ha offerto l'opportunit di rievocare il momento per me particolarmente significativo della mia iniziazione allarchitettura, allorch nel 1958

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entrai come apprendista nello studio degli Architetti Associati, che egli aveva fondato qualche anno prima a Novara assieme a Vittorio Gregotti, con la successiva cooptazione di Giotto Stoppino. Nel periodo di permanenza nel loro studio ebbi la possibilit di assistere al passaggio dalla stagione degli esordi a quella dellaffermazione e del riconoscimento del loro lavoro anche a livello internazionale. Transizione alla quale corrispose una drastica conversione dei riferimenti di contenuto dei loro progetti da un colto razionalismo a un sofisticato storicismo. Questo passaggio cruciale corrispose per Meneghetti alla fase del suo pi coinvolgente impegno politico, come militante della sinistra del Partito socialista, che lo port a diventare assessore all'urbanistica di Novara dal 1956 al 1960, pur senza rinunciare a partecipare molto attivamente al lavoro dello studio, incarnando quella che a mio parere ha rappresentato un'intrinseca contraddizione ma vissuta, da marxista, in modo particolarmente significativo: essere al contempo un colto architetto impegnato nella ricerca di linguaggio e un politico di orientamento marcatamente progressista. Proprio in quella fase furono infatti progettati e realizzati alcuni edifici, arredamenti e mobili che si imporranno all'attenzione dei colleghi gi pi affermati, come Ridolfi, Albini e Rogers, e che porranno il loro studio a pieno titolo al centro del dibattito sul neoliberty. Ma fu anche la stagione del determinante contributo al fervore culturale che si era manifestato attorno alla Triennale di Milano, che gli offr lopportunit di partecipare alla progettazione della straordinaria sezione dedicata al tempo libero della tredicesima edi-

zione. in quello stesso periodo che Meneghetti, esaurito il suo mandato come assessore all'urbanistica, realizzer il nuovo piano regolatore di Novara ed altri piani di settore alla ricerca di una concretezza dell'azione politica e del proprio impegno che, nella prima met degli anni 60, l'urbanistica sembrava ancora consentire. La stagione successiva si era nel frattempo gi avviata nel 1963 con la scelta di trasferire lo studio a Milano, l'assunzione di impegni professionali di maggiore consistenza con gli interventi per le cooperative edilizie, tra i quali resta memorabile quello di via Palmanova che porta a compimento l'esperienza compositiva inaugurata a Novara con il complesso di via S. Francesco d'Assisi, depurato dalle inflessioni stilistiche e arricchito di un affinamento tipologico molto significativo. Milano sar anche lo scenario nel quale si esaurir l'esperienza professionale del sodalizio con Gregotti e Stoppino con la chiusura dello studio nel 1969 e la scelta di Meneghetti di dedicarsi completamente all'insegnamento nella Facolt di Architettura, dove gi dal 1964 aveva iniziato a collaborare come assistente di Franco Albini. Ma la scelta pi rilevante operata da Meneghetti in questo passaggio cruciale rappresentata dall'orientarsi verso la ricerca e linsegnamento dell'urbanistica che, riprendendo il filo del discorso avviato con l'esperienza di assessore e autore del piano di Novara, trova ora l'opportunit di riformularsi in termini scientifici basandosi sullo studio delle dinamiche sociali e del territorio in collaborazione con Piero Bottoni, figura emblematica del Movimento Moderno nel nostro paese, e intera-

gendo sempre da protagonista con il gruppo di vivaci assistenti che si era raccolto attorno a lui. A rendere pi significativa l'esperienza accademica ci fu la concomitanza con linizio delle agitazioni studentesche, che ad architettura anticiparono il Sessantotto fin dalla prima occupazione del '63. infatti nella Facolt di Architettura che Meneghetti, ottenuta in seguito la cattedra di urbanistica, ha certamente dato il meglio di s, esprimendo in modo diretto e senza mediazione le istanze di un impegno a tutto tondo, interagendo con le altre figure impegnate nella battaglia per il rinnovamento dell'urbanistica e dell'architettura nel nostro paese. Al di l della vicenda biografica di Meneghetti questo libro ripercorre mezzo secolo di storia del nostro paese e della lotta, purtroppo fallita, per affermare una cultura architettonica e urbanistica dei contenuti e dei valori, invece che di pura immagine e di consumo, con conseguente distruzione dell'ambiente. Una lotta alla quale egli non ha tuttavia mai rinunciato, riproponendone le tematiche e aggiornandole alle nuove contraddizioni che la storia ha fatto inesorabilmente esplodere davanti a noi e che le discipline del progetto appaiono sempre meno in grado di fronteggiare, surclassate, come sono, dal dilagante liberismo e economicismo. La sua collaborazione al sito web fondato nel 2003 e diretto da Edoardo Salzano (www.eddyburg.it), per il quale ha scritto decine di interventi, raccolti e pubblicati in quattro volumi, rappresenta oggi il terreno, praticato con efficacia, del suo impegno e del suo contributo al dibattito sullarchitettura e sullurbanistica. (Emilio Battisti)

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org In attesa dellinizio delle stagioni 2012/2013
Il Piccolo Teatro dal 21 al 30 settembre ospita Trametissage, la XII edizione del Festival Trame dAutore, organizzato da Outis centro di drammaturgia contemporanea. Per chiudere il percorso intrapreso nelle ultime due edizioni anche questanno il festival dedicato allAfrica. Uno sguardo complessivo della prossima stagione dei teatri milanesi su http://lombardiaspettacolo.com/

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org

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stato il figlio
di Daniele Cipr [Italia, 2012, 90] con Toni Servillo, Giselda Volodi, Alfredo Castro, Fabrizio Falco
Un uomo dimesso, dallo sguardo fisso e impietrito, ha una storia da raccontare. Una storia che sembra conoscere a memoria. Il ritmo della sua voce meccanico, quasi ipnotico per il pubblico casuale di un ufficio postale e per noi spettatori di stato il figlio di Daniele Cipr, opera cinematografica tratta dall'omonimo romanzo di Roberto Alajmo. Le parole del mesto cantastorie ricostruiscono un passato indefinito, in cui una famiglia vive nella fatiscenza di alte colate di cemento nella Palermo dei primi anni '70. Il capofamiglia Nicola Ciraulo (Toni Servillo) un uomo grezzo e intorpidito, si trascina quotidianamente in una disperazione che sembra ormai inesorabile. Solo l'indolenza apatica del figlio Tancredi (Fabrizio Falco) riesce ogni tanto a risvegliarlo. La moglie Loredana (Giselda Volodi) rispettosa e servile porta avanti la casa nell'ovvia tradizione patriarcale. La morte della piccola Serenella desta la famiglia da questa monotonia desolante. Nessuno in famiglia mostra per disperazione per la tragedia della piccola. Di nero c' solo la carrozzeria di una Mercedes luccicante acquistata con il denaro del risarcimento statale. Luccisione della bambina come un tappo che, una volta saltato, rivela la degenerazione morale della famiglia. Il breve lutto presto soppiantato dal desiderio di possesso e dal consumismo represso in anni di miseria. La volont di Nicola di nascondere la povert dietro lo sfarzo dell'auto nuova diventa simbolo di tutta un'Italia che insegue ossessivamente un bene. Un bene che diventa presto la nemesi del suo possessore. stato il figlio quindi il grido immaginario e corale di una famiglia cinica ed egoista. la fine di una storia tragicomica in cui una nonna, con una trasformazione brutale e selvaggia, chiude dietro una porta a vetri non solo il nipote innocente ma anche giustizia, verit e speranza. Marco Santarpia In sala a Milano: Anteo, Arlecchino, UCI Cinemas Bicocca

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GIORGIO GORI: MATTEO RENZI TRA WEB E CAMPER http://www.youtube.com/watch?v=vN7W_TE8lmg

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