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Prosegue il dibattito su famiglia e gay iniziato sul Corriere il 30 dicembre: si aggiunto lintervento di Luigi Manconi sul Foglio del

l 15 gennaio 2013 e la replica (per me intollerante e assolutista) di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere il 23 gennaio 2013; poi seguita una lettera di Ivan Scalfarotto sul Corriere della sera il 25 gennaio 2013 con la pronta replica di Galli della Loggia.

Le contraddizioni su nozze gay e pensiero dominante, a partire da un articolo di Galli della Loggia - il Foglio 15 gennaio 2013
Luigi Manconi

recentissima la decisione della Cassazione che rigetta il ricorso contro la sentenza della Corte dAppello, che aveva stabilito laffidamento esclusivo del figlio minore alla madre, convivente con una donna. Ci consente di riprendere un tema al quale, qualche settimana fa, il Corriere della Sera ha dedicato ampio spazio. Lo spunto iniziale stato offerto da un articolo di Ernesto Galli della Loggia del 30 dicembre scorso, che ha riassunto un testo (Matrimonio omosessuale, omoparentalit e adozione) del Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim. Galli della Loggia sottolinea, in primo luogo, la forte somiglianza di molte delle cose dette da Bernheim con quelle sostenute dal magistero cattolico: e fa sue le medesime argomentazioni. Quindi conclude che il punto di vista della religione nel discorso pubblico spesso prezioso per misurare la rottura che le decisioni dellautorit pubblica possono rappresentare rispetto alle radici pi profonde e vitali della nostra antropologia e della nostra cultura. Fin qui siamo nellambito di una interessante discussione tra opzioni culturali assai diverse, ispirate a loro volta a differenti sistemi di valori; e quelle espresse da della Loggia e dal Gran Rabbino, cos come quelle del magistero cattolico, sono degne della massima attenzione anche da parte di chi non le condivida affatto. Si tratta di posizioni non solo legittime, ci mancherebbe, ma essenziali per il libero confronto, in quanto rimandano a culture che appartengono pienamente allo sviluppo storico della nostra identit; e, infatti, esse godono di ampio spazio pubblico e di adeguati mezzi di comunicazione. Che senso ha, pertanto, presentarle quasi fossero le audacissime tesi di una minoranza perseguitata?
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D'altra parte, vero che nel dibattito su questi temi si confrontano opzioni, talvolta aspramente contrapposte, che orientano differenti scelte politiche, suscettibili di determinare importanti conseguenze sulla vita pubblica. esattamente questa la ragione che dovrebbe rendere meno rigide le posizioni di tutti; e aiutare a comprendere come i tratti essenziali di una possibile morale pubblica, sobria e non invasiva, capace di garantire i diritti di tutti senza mortificare i valori di ognuno, siano ci che misura la qualit etica di una democrazia. Ebbene, quei tratti di una possibile morale pubblica, in grado di tradursi in alcune norme condivise sulle "questioni di vita e di morte", in Italia sono ancora tutti da conquistare. Tanto pi dunque, colpisce la descrizione dello scenario in cui della Loggia colloca il suo apprezzamento per lo scritto del Gran Rabbino. Il titolo redazionale dellarticolo del Corriere gi eloquentissimo: le religioni che sfidano il conformismo sui gay. Dunque, sarebbe quest'ultimo, il "conformismo sui gay", a dominare le opinioni pubbliche delle nostre societ. In un simile contesto, le affermazioni del Gran Rabbino rappresenterebbero un atto di coraggio contro il mainstream delle idee dominanti. E questo ancora pi significativo, nota della Loggia, per lItalia, dove sempre pi raro ascoltare voci fuori dal coro e, quando queste si fanno sentire, vengono messe a tacere dalle solite vestali dellIlluminismo. C da trasecolare. Dunque, il conformismo sui gay corrisponderebbe, secondo della Loggia e altri, a un senso comune egemone, in particolare in Italia. Nella stessa Italia, guarda un po, dove non esiste uno straccio di legislazione sulle unioni civili e non nemmeno alle viste, per ora, un progetto di riforma, aggiornamento e integrazione delle norme del Codice civile in materia. E il Parlamento non stato in grado di approvare una legge contro lomofobia. Fatale che, se la politica tace, sia la giurisdizione a parlare. Come mai potuto accadere che le vestali dellIlluminismo cos egemoni nel determinare il senso comune e le decisioni pubbliche, non siano state in grado di introdurre norme a tutela della condizione omosessuale? Tutto ci sembra sfuggire a uno studioso attento e - il che non guasta gentile e rispettoso delle idee altrui, come della Loggia, nel quale si avverte, sottile e suadente, il
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compiacimento di ritrovarsi, con sommesso orgoglio, controcorrente. Il motivo semplice: egli parte, e per molti versi guida, di un mainstream davvero dominante; e, in odio al politicamente corretto, ritiene che questo (il conformismo sui gay, per esempio) sia il Pensiero Unico Egemone (PUE). La causa di un simile abbaglio facilmente rintracciabile: in effetti, quel PUE circola in alcune lites che costituiscono lambiente quotidiano che della Loggia si trova a frequentare (universit, case editrici, mezzi di informazione, circoli culturali.). Anche chi avversa quel mondo, fatalmente ne fa parte per ragioni sociali e culturali, e rischia di scambiare lumore che l si percepisce per lo spirito del tempo. Ma non cos. La mentalit condivisa e i sentimenti collettivi sono in prevalenza altri. E nel senso comune c spazio, eccome, per lomofobia, il disprezzo per gli omosessuali e per tutti i diversi, la voglia di discriminazione. Allanima del conformismo sui gay.

SENSO COMUNE
http://www.corriere.it/opinioni/13_gennaio_23/galli-della-loggia-mondo-gay-vestaliconformismo_467452c6-653d-11e2-a9ef-b9089581fbcf.shtml

Matrimoni gay e questioni di genere - Se il conformismo cambia direzione - Ernesto Galli Della Loggia - 23 gennaio 2013 | 10:15

C' una frase di George Orwell che mi venuta in mente leggendo sul Foglio del 15 gennaio le obiezioni di Luigi Manconi a quanto da me scritto sul Corriere della Sera del 30 dicembre scorso (Le religioni che sfidano il conformismo sui gay): quando ho osservato che la discussione pubblica italiana sul riconoscimento del diritto al matrimonio e all'adozione per le persone omosessuali caratterizzata da una mancanza di voci fuori dal coro rispetto al mainstream , il flusso delle idee dominanti. In specie da parte di chi, per professione (gli psicanalisti) o per vocazione (gli intellettuali in genere), in quella discussione, invece, dovrebbe far mostra della massima indipendenza di giudizio.
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Ma come? - obietta Manconi - come si pu parlare di obbedienza al mainstream delle idee dominanti in un Paese dove a tutt'oggi non c' neppure uno straccio di legge sulle unioni civili, dove nel codice non figura ancora il reato di omofobia? Invece si pu. Si pu benissimo proprio ricordando le parole di Orwell di cui sopra: e cio che Il conformismo degli intellettuali non si misura su ci che pensa la gente comune, bens si misura su ci che pensano gli altri intellettuali. Ora si d il caso che oggi, nell'intero Occidente, l'opinione ultramaggioritaria di costoro sia tutta, in linea di principio, dalla parte delle rivendicazioni dei movimenti omosessuali. Per una ragione ovvia, e cio che gli intellettuali occidentali, da quando esistono, amano atteggiarsi a difensori elettivi di ogni minoranza la quale si presenti come debole, oppressa, o addirittura perseguitata: al modo, per l'appunto, in cui di certo stata storicamente, specie nei Paesi protestanti, la minoranza omosessuale. Per questo abbastanza ovvio che nell'ambiente intellettuale chi pure dentro di s magari convintissimo che la natura esiste, che il genere corrisponde a una base sessuale biologica, che non si possa parlare di alcun diritto alla genitorialit ma che semmai il solo diritto quello del bambino ad avere un padre e una madre, chi pure dentro di s, dicevo, magari arciconvinto di tutte queste cose, esita tuttavia a dirlo chiaramente. Per la semplice ragione che non ama sottoporsi al giudizio negativo che una tale affermazione gli attirerebbe immediatamente da parte dei suoi simili. Perlopi, infatti, gli intellettuali non temono affatto il giudizio della gente comune (che anzi assai spesso si compiacciono di contrastare); temono molto, invece, quello del loro ambiente, degli altri intellettuali. Come Orwell per l'appunto aveva capito benissimo.

Anche per una ragione pi generale. Essi sanno bene che in una societ democratica di massa - in specie per ci che riguarda l'ambito dei valori personali e del costume l'opinione degli addetti alle mansioni intellettuali destinata inevitabilmente, prima o
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poi, a divenire l'opinione dominante. Da questo punto di vista davvero difficile - a proposito del matrimonio gay e delle questioni relative - accettare quanto obietta sempre Manconi, e cio che seppure il giudizio degli intellettuali in tale materia un giudizio massicciamente favorevole, non si pu per parlare di un loro conformismo dal momento che in Italia la mentalit condivisa e i sentimenti collettivi sono in prevalenza altri. Forse - e almeno parzialmente - ancora oggi cos. Forse: ma pu qualcuno dubitare davvero che in un brevissimo giro di tempo anche la maggioranza della nostra opinione pubblica non si adeguer all'opinione attualmente gi dominante quasi dappertutto in Europa come nell'America settentrionale? Davvero non significa nulla, ad esempio, che proprio su questo giornale - per carit con le migliori intenzioni del mondo - sia comparsa appena la settimana scorsa un'intera pagina intitolata Genere neutro, dove si illustrava la positivit moderna, culturalmente molto la page , di un'educazione dei bambini all'insegna del rifiuto delle obsolete categorie maschietti e femminucce? Da che parte sta, allora, il conformismo? Mi chiedo, in quale direzione va il mainstream ? In quella di Obama o del cardinale Bagnasco? Nella sua essenza non un mainstream politico: qualcosa di molto pi profondo percepibile adeguatamente adoperando non gi categorie ideologiche e neppure giuridiche, bens il parametro rivelatore delle immagini, il linguaggio della pubblicit con il suo ovvio rimando a quell'ambito supremo che l'economia. Il confronto appare immediatamente impari. Basta gettare uno sguardo sulle riviste e in genere sulle pubblicazioni dell'editoria cattolica. In modo particolarissimo sulle copertine dei libri a grande tiratura, della pastorale per tutti. Al primo colpo d'occhio famiglie effigiate appaiono irreali, perlopi sdolcinatamente felici, sorridenti e circondate di debita prole, impegnate nell'esplicita quanto disperata edificazione del lettore: lei magari ancora con gonna plissettata (nel 2013!) e lui con lo zainetto. E cos quasi sempre per la raffigurazione di donne e uomini: immagini inerti e senza alcuna
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profondit, senza storia. Da cui emana perlopi un'eterosessualit piatta e tristissima, una convenzionalit di ruoli oggi pi che mai destinata a risultare irrimediabilmente patetica. Che differenza con ci che invece si vede altrove! Qui - dai magazine alla pubblicit, dalla tv al cinema, e che si tratti della pubblicit di un profumo o di un orologio o di un film di successo - dappertutto domina la pi intrigante ambiguit dei corpi, spesso dalle fattezze allusivamente ermafrodite, seminudi, accostati l'uno all'altro senza distinzione di sessi. E per giunta tutto sempre terribilmente moderno, oggettivamente accattivante, sullo sfondo degli ambienti e dei paesaggi pi seducenti, tutto sempre culturalmente in piena sintonia coi tempi: tanto per dire, mai una famiglia, mai una fede al dito (come ostensibilmente, invece, nel Bersani dei ritratti elettorali odierni). Dove sta allora - mi piacerebbe continuare a chiedere a Manconi qual il pensiero dominante? E in quale campo si manifesta? Su Famiglia cristiana o su Vogue? Non basta. Chi dice pubblicit dice economia. E non a caso l'omosessualit e le sue rivendicazioni ad ampio raggio sono da tempo anche un florido business. Era noto, ma ora ce lo racconta bene Il Fatto del 16 gennaio. Essere gay friendly - si legge - non pi un costo ma un beneficio. Offre innumerevoli possibilit di guadagno e attrae un elevato numero di consumatori. I gay americani, ad esempio, spendono oltre 835 miliardi di dollari l'anno. E anche in Italia i numeri non possono essere sottovalutati. Ancora: I maggiori istituti finanziari del mondo fanno quasi a gara nel lanciare iniziative pro gay: JP Morgan ha per esempio sponsorizzato l'organizzazione dei gay pride a Londra e New York; la banca londinese Lloyds stima che all'interno del gruppo lavorino circa 2.500 omosessuali e transgender e ne favorisce l'inserimento tra i colleghi, con i clienti e all'interno della comunit. Dal canto suo l'amministratore di Goldman Sachs, sposato con tre figli, fa uno spot tv a sostegno dei matrimoni gay perch, dice, "la tolleranza un buon affare". La tolleranza e gli affari certo. Meglio per se entrambi politicamente corretti: non si ha notizia, infatti, che ad alcun
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presidente della Apple o pi modestamente della Fiat sia mai venuto in mente di presenziare al Family Day. Chiss perch. Ps: vorrei fosse chiaro, questo non un articolo sull'omosessualit, sugli omosessuali o sui loro diritti. un articolo sulle vestali dell'illuminismo che non si sono accorte di essersi trasformate col tempo in devote sentinelle delle maggioranze silenziose.
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25 gennaio 2013 Lettere al Corriere

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