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Vita e opere

Leibniz, nato a Lipsia, nel 1646, per adempiere ad una missione diplomatica si rec a Parigi. Prolung la sua permanenza in Francia fino al 1676, appassionandosi agli studi matematici e giungendo alla scoperta del calcolo infinitesimale. Ritornato in Germania, accett la carica di bibliotecario del Duca di Hannover. Nominato nel 1700 presidente dellAccademia delle Scienze di Berlino, continu ininterrottamente la sua opera di scrittore su questioni di carattere matematico, fisico e filosofico, mostrando una particolare versatilit nei vari campi. Mor nel 1716. Tra le sue principali opere di carattere filosofico possiamo ricordare La monadologia.

Matematica, fisica, logica La posizione dualistica di Cartesio e quella monistica di Spinoza vengono Sostituite luna e laltra da una soluzione pluralistica da parte del Leibniz, il quale, come vedremo, affermer che non esistono n due, n ununica res, ma una pluralit infinita di sostanze. Mentre Cartesio, contrapponendo dualisticamente la materia allo spirito, era rimasto legato alla concezione tradizionale della materia; Spinoza aveva attenuato la distinzione tra materia e spirito, considerandoli come due aspetti diversi di unidentica realt; il Leibniz con il suo atteggiamento pluralistico si avvier decisamente verso una nuova moderna interpretazione della materia e della natura del mondo corporeo. La filosofia del Leibniz rappresenta sicuramente lespressione pi matura della mentalit razionalistica. Di grande importanza fu sicuramente per il Leibniz la scoperta del calcolo infinitesimale, dalla quale egli trasse la convinzione di potere rendere attraverso i concetti di limite, di derivata, di integrale, in qualche modo intelligibile linfinito, e di approfondire la natura del rapporto tra infinitamente piccolo ed infinitamente grande nel campo metafisico, cos come tale rapporto era stato indagato e reso intelligibile nel campo della geometria. Altrettanto importante nelle convinzioni del nostro autore il principio fisico della continuit, secondo il quale in natura non sono ammissibili salti, e non possibile passare da un aspetto ad un altro della realt se non attraverso uninfinit di stadi intermedi. Ma di massima importanza sono le indagini condotte dal Leibniz intorno ai principi della logica formale che rivestono nel suo pensiero un carattere logico e metafisico ad un tempo. Il Leibniz sostiene che tutti i nostri ragionamenti sono soggetti a due principi logici fondamentali: il principio didentit e il principio di ragion sufficiente. Il principio di identit viene applicato da noi nel campo delle verit di ragione, di quelle verit, cio, che per essere formulate esclusivamente per mezzo della ragione, hanno un carattere di assoluta necessit, dal momento che ci che si predica del soggetto gi implicito nel soggetto stesso ed tratto per analisi da questo. Le verit di ragione hanno un carattere analitico, ed in esse rientrano non solo le proposizioni di carattere matematico, ma alcuni principi fondamentali di carattere fisico. Cos, ad esempio, laffermazione che la somma degli angoli interni di un triangolo uguale a 180 gradi, una verit di ragione, in quanto deducibile razionalmente, rispettando il principio di non contraddizione, dallanalisi stessa del concetto di triangolo. Analogamente, quando affermiamo, ad esempio, che ci ch semplice indivisibile, ci troviamo di fronte ad una verit di ragione, perch, anche in questo caso, il concetto di indivisibilit gi implicito in quello di semplicit. A fianco alle verit di ragione esistono, per, anche delle verit di fatto, limitate, cio, alla

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constatazione di fatti contingenti, che, non comportando una necessit assoluta, avrebbero potuto anche non essere. Tali verit sono accettabili da noi in base al principio di ragion sufficiente, per il quale il fatto constatato viene giustificato in virt di una causa o di una ragione sufficiente. Quando noi consideriamo, ad esempio, laffermazione Catone si tolse la vita, troviamo che essa enuncia una verit di fatto che logicamente non contraddice con la verit opposta che pur avrebbe potuto verificarsi. Per tale motivo, di questa verit, pi che una dimostrazione necessaria, possiamo dare una giustificazione, indicando la ragione che indusse Catone a togliersi la vita. Un esame approfondito, tuttavia, delle cause di un determinato fatto, con il ricorso da una causa ad unaltra, ci avvicina a farci rendere conto della necessit di quel fatto, anche se la nostra ragione limitata non potr mai riconoscerne la necessit assoluta. Solo la ragione infinita di Dio, sostiene il Leibniz, riesce a cogliere. la necessit di ci che a noi appare contingente, per cui in Dio il principio di ragion sufficiente si risolve nel principio di identit. Gi possiamo intravedere, come dicevamo allinizio, che ai due principi logici enunciati corrisponde, nel pensiero del Leibniz, un significato di carattere metafisico. Di fronte c allesistenza di essenze necessarie, il filosofo viene ad ammettere delle esistenze contingenti, che rivelano la loro necessariet assoluta solo allinfinita ragione di Dio. La monadologia Le premesse di carattere matematico, fisico e logico da i noi fatte ci permettono pi agevolmente di addentrarci nel mondo della metafisica leibniziana, quale compiutamente espresso nella Monadologia. Partendo dallanalisi del concetto di infinito, il nostro autore sottopone a revisione critica tanto i principi dellatomismo, quanto il concetto cartesiano di res extensa. Latomismo, nel concepire gli atomi indivisibili ed estesi ad un tempo, cade in unevidente contraddizione, in quanto che ci che viene concepito come esteso pu essere pensato come divisibile, ed anche linfinitamente piccolo concepibile come ulteriormente divisibile allinfinito Non esiste un limite alla divisibilit di ci che esteso. Nella stessa contraddizione cade Cartesio quando afferma lesistenza di una res extensa. Mentre, infatti, il concetto di estensione comporta il concetto di divisibilit, in quello di sostanza implicito il concetto di unit. Parlare di una sostanza estesa equivale ad affermare lesistenza di una realt, la quale, pur essendo, in quanto sostanza, unit, sia, nel medesimo tempo, in quanto estesa, divisibile. Osserva, tuttavia, il Leibniz che latomismo, pur nella sua soluzione erronea, esprime unesigenza validissima: la necessit di porre a fondamento della realt delle unit reali, che, nella loro unit, possano essere concepite divisibili. Ci troviamo, cio, di fronte alla stessa esigenza che ha condotto, in matematica, a concepire il punto, per risalire da questo allinfinit della retta e dello spazio. Per, come la matematica ha superato la contraddizione concependo il punto inesteso, non come una parte dello spazio, ma come il limite di esso, cos, in metafisica, bisogna per il Leibniz, abbandonare latomismo, per sostituire agli atomi dei punti metafisici, i quali, senza essere pi considerati estesi, possano essere intesi quali unit. Ma quale il criterio che pu guidarci nellassunzione di tali punti metafisici?Leibniz, osservando che il movimento da cui caratterizzata la realt in tutti i suoi aspetti non pu essere spiegato con lestensione inerte, ma, viceversa, con una forza attivamente operante, afferma che a fondamento di tutta la realt debbono essere posti dei piccoli centri di forza, di attivit, di energia, che costituiscono precisamente i punti metafisici da noi ricercati. La molteplicit del reale viene cos spiegata non pi ricorrendo ad una sostanza estesa, che filosofia 2

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nella sua inerzia ed uniformit non pu darci ragione della variet; ma ammettendo uninfinit di centri di forza, principio delle esistenze individuali e particolari. E tali centri sono vere e proprie unit metafisiche, nel senso che ciascuno di essi, pur rappresentando un aggregato di forze, costituisce, tuttavia, in quanto principio di individualit, un tutto idealmente inscindibile. Ogni aspetto, nellassumere una sua individualit, presume sempre un centro di forza, che, nella sua unit, abbia la capacit di differenziare ed individualizzare. Tali centri di forza, ragione di essere dei molteplici aspetti della realt, costituiscono le varie sostanze, cui il Leibniz, insistendo sul concetto della loro indivisibilit, attribuisce il nome di monadi. Si pu osservare chiaramente a questo punto lallontanamento del Leibniz dalla posizione dualistica di Cartesio e da quella monistica di Spinoza. Alla netta distinzione operata da Cartesio tra materia e spirito, ed alla unificazione successiva di Spinoza nellunica sostanza divina, il Leibniz contrappone lesistenza di uninfinit di sostanze attive, di infinite monadi. Si noti, tuttavia, sia pure attraverso una formulazione dl pluralistica, il riecheggiamento nel Leibniz di motivi dello spinozismo. Il carattere attivo che Spinoza aveva attribuito alla sostanza divina, considerando, viceversa, i modi come sue manifestazioni passive, viene conservato dal Leibniz, che lo frantuma e lo estende alle singole monadi. Lattribuzione dellattivit alle monadi rappresenta, nella filosofia del Leibniz, un superamento della concezione inerte della materia ed un abbandono della distinzione sostanzialistica tra natura inorganica e natura organica. Tutto vivente in natura, e la distinzione tra vivente e non vivente consiste solo nel fatto che in alcuni aspetti della realt gli elementi del movimento e della vita sono pi appariscenti che in altri. Un taglio netto tra vivente e non vivente contraddirebbe non solo al principio della continuit in natura, ma ai risultati dellosservazione scientifica la quale ci mostra, attraverso lanalisi microscopica, la vita anche l dove sembrava esistesse soltanto linerzia e la morte. Le monadi sono centri di attivit, centri di forza. Ma in che consiste precisamente la natura della loro attivit? Il Leibniz per chiarire la questione si serve dellanalogia, considerando quanto ci dato osservare nella nostra natura. E cos come nella nostra coscienza avvertiamo lesistenza di unattivit rappresentativa, analogamente possiamo affermare che nelle monadi esistono unattivit rappresentativa ed unattivit appetitiva. La prima rappresenta la capacit da parte di ogni monade a rappresentarsi il mondo esterno, la seconda la tendenza a modificare le proprie rappresentazioni, la tendenza, cio a passare da una percezione meno chiara ad una percezione pi chiara e pi distinta delluniverso. Seguendo tale interpretazione, il Leibniz finisce col porre un principio unitario nella sua stessa concezione pluralistica iniziale: le monadi, pur nella loro singolarit, hanno in comune la tendenza a rappresentare tutto luniverso e la differenza fra monade e monade si risolve solo nella maniera pi o meno chiara, pi o meno distinta con la quale ciascuna di esse si rappresenta, appunto, luniverso. Esistono, in questo senso, monadi pi perfette e monadi meno perfette. Tutte costituiscono, per, degli specchi viventi delluniverso, sono piccoli mondi chiusi in s, pienamente autosufficienti, che esprimono luniverso da un particolare punto di vista. Le monadi sono, cio, come innumerevoli possibili panorami di una stessa citt, vista da infinite posizioni diverse. Il concetto di microcosmo, che abbiamo visto formulato dalla filosofia del nostro rinascimento nei confronti delluomo, viene ripreso ed esteso, dal Leibniz, dalluomo ad ogni singolo individuo, ad ogni singola monade, che, attraverso la sua forza rappresentativa, sintetizza in se tutto luniverso. E, contro i cartesiani che consideravano il pensiero come una prerogativa esclusiva delluomo, negandola decisamente agli aspetti meccanici della natura, il Leibniz, per dimostrare lesistenza di una forza rappresentativa in tutte le monadi, introduce la distinzione tra percezione ed appercezione. filosofia 3

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La percezione la capacit di esprimere in s il mondo esteriore; mentre lappercezione, capacit che il soggetto ha di avvertire le sue stesse percezioni, si risolve precisa mente nella coscienza. Mentre lappercepire riservato alle monadi superiori, e, quindi, allanima umana, il percepire pi o meno chiaramente propriet comune a tutte le monadi, da quelle pi perfette a quelle meno perfette. Il pluralismo del Leibniz rivela cos una esigenza sempre pi unitaria al punto di risolversi In una concezione armonica e finalistica delluniverso. Le monadi, in quanto sostanze, sono centri autosufficienti ed incomunicabili luna con le altre; sono mondi senza finestre. Ma, si chiede il filosofo, come si spiegano, allora, gli innumerevoli rapporti che pur esistono tra le varie monadi, tra i vari aspetti della realt? Il Leibniz osserva che, se esiste tra le varie monadi un rapporto gerarchico tale per cui dalle monadi meno perfette si passa alle monadi pi perfette, bisogna pur ammettere, per il principio della continuit, lesistenza di una monade suprema e perfettissima, la quale percepisce luniverso con massima chiarezza e distinzione. Tale monade suprema si identifica con Dio. Ammessa lesistenza di Dio, dobbiamo considerare tutte le monadi quali derivanti da Lui, attraverso un processo che il Leibniz, oscillando tra la concezione creazionistica e quella emanatistica, definisce di fulgurazione. Dio, creando le varie monadi, ha dato a ciascuna una propria inconfondibile individualit e piena autosufficienza, ma ha disposto anche che il movimento di ogni singola monade si armonizzi perfettamente con il movimento di tutte le altre monadi. Esiste cos, tra le varie monadi, unarmonia prestabilita da Dio al momento della creazione, per cui luniverso pu essere paragonato ad un grandioso meccanismo, in cui ogni parte, pur avendo compiutezza in s, si inserisce nel tutto e concorre al perfetto funzionamento del tutto. La teoria dellarmonia prestabilita, nel concepire i rapporti tra Dio e il creato, si differenzia nettamente dal parallelismo psico-fisico di Spinoza. In contrasto con il filosofo olandese Leibniz torna ad ammettere lintervento provvidenziale di Dio, che si verificato una volta sola, al momento della creazione. Riprendendo il noto esempio degli orologi, il filosofo dellarmonia prestabilita, osserva che laccordo tra gli orologi richiede la presenza dellorologiaio, il quale, per, identificandosi con Dio, ha creato dei meccanismi cos perfetti nel loro sincronismo, che si rende superfluo ed inammissibile qualsiasi ulteriore accomodamento. Il Leibniz concilia pienamente, attraverso la teoria dellarmonia prestabilita, linterpretazione meccanicistica con quella finalistica della natura. Nei suoi scritti giovanili, il Leibniz, occupato a sostituire alla res extensa di Cartesio il concetto di sostanza quale centro di forza, definisce la materia come forza passiva, che, opponendosi alla forza attiva, posta in movimento da questa, si differenzia, ed assume gli aspetti che riscontriamo nei corpi. Pervenuto successivamente alla scoperta della monade quale attivit rappresentativa, il Leibniz vede nella materia il limite della capacit percettiva delle monadi, una percezione, cio, del tutto confusa, e considera, di conseguenza, i corpi come aggregati indistinti di monadi. Da questa concezione, nella quale la materia ed i corpi sono gi considerati come qualcosa di derivato dalle monadi, il Leibniz perviene, infine, nei suoi ultimi scritti, a ritenere che i corpi siano semplici fenomeni, rappresentazioni ideali delle monadi, ed afferma che lo spazio ed il tempo sono prodotti soggettivamente dalle monadi, nel corso della loro tendenza ad espandersi. Il Leibniz, in altre parole, pass progressivamente, attraverso una gradualit di soluzioni, da una posizione di realismo, in cui la materia oggettivamente concepita, ad una di fenomenismo, che, riducendo lo spazio ed il tempo a semplici risultati dellattivit rappresentativa delle monadi, apre la strada al fenomenismo del criticismo kantiano.
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Lottimismo La visione di un mondo, regolato in tutti i suoi movimenti da unarmonia prestabilita, condusse il Leibniz a conclusioni ottimistiche nei confronti della vita pratica e morale. Leibniz sostiene che Dio, la cui volont assolutamente libera, avrebbe potuto creare una serie di mondi diversi da quello che ha creato, ma che la scelta, sia pur libera di Dio, non pu essere stata guidata se non dal criterio del meglio, per cui il mondo nel quale noi viviamo non pu essere che il migliore dei mondi possibili, il migliore tra tutti i mondi che pur Dio avrebbe potuto creare. Sempre in base al criterio del meglio, Leibniz, giustifica lesistenza del male nel suo triplice aspetto di male metafisico, fisico e morale. Il male metafisico una conseguenza dellimperfezione e della limitatezza delle monadi, che, in quanto create, non possono raggiungere la perfezione della monade creatrice. Il male fisico ha per il nostro filosofo una duplice origine: o si risolve nel dolore che la creatura prova nello sforzo per passare da uno stato ad un altro, o inferto agli uomini come espiazione per una colpa commessa. Nel primo caso il dolore permesso da Dio, perch proprio attraverso i nostri sforzi ci data la possibilit di procurarci dei beni; nel secondo caso, in quanto mezze per espiare una colpa, la stessa punizione si risolve in un bene per le creature. Il male morale, infine, sostiene il Leibniz riallacciandosi ad Agostino, nasce dalla libert umana, condizione indispensabile del bene, nel senso che, tolta la libert e con essa la possibilit del male, verrebbe a cadere anche la possibilit del bene. La teoria dellarmonia prestabilita esprimeva, quella fiducia verso un mondo migliore e sempre pi perfetto, che costituisce proprio la fondamentale aspirazione della filosofia illuministica. Linnatismo virtuale La teoria razionalistica delle idee innate era stata criticata dal filosofo inglese Giovanni Locke, il quale, osservando che le presunte idee innate non sono possedute dai bambini, dai popoli primitivi e dagli idioti, aveva sostenuto che tutte le idee indistintamente ci derivano dallesperienza, prima della quale il nostro intelletto deve essere considerato come una semplice tabula rasa. Leibniz, convinto assertore dellesistenza di verit necessarie di ragione e condotto dalla sua stessa teoria monadistica verso linnatismo, polemizza con la posizione antinnatistica del Locke. Egli concede al filosofo inglese che senza lesperienza non potrebbero sorgere nel nostro intelletto delle idee. Ma chiarisce, nel medesimo tempo, che la nostra mente non pu essere considerata come una tabula rasa, dal momento che dobbiamo pur ammettere in essa la capacit virtuale di pervenire a quelle idee, che lesperienza suscita. Lesperienza ha la sua funzione essenziale nel processo conoscitivo, ma senza la capacit virtuale da parte de lintelletto a formulare delle idee, la conoscenza non sarebbe possibile. Lesperienza, per il Leibniz, non ci fornisce, come sostiene lempirismo, delle idee, ma consente lattuazione della virtualit a formulare le idee, che gi esiste nel nostro intelletto. Nihil est in intellectu quo prius non fuerit in sensu, afferma il filosofo tedesco, ripetendo Locke; ma si affretta ad aggiungere: praeter intellectus ipse. La teoria dellinnatismo virtuale si differenzia nettamente dallinnatismo tradizionale. Nellintelletto, infatti, non esiste per il nostro filosofo una collezione di idee gi pienamente realizzate, che lesperienza risveglia; ma, piuttosto, la capacit di pervenire a quelle idee, attraverso il contatto con lesperienza sensibile. La tendenza a conciliare le esigenze filosofia 5

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dellesperienza con quelle della ragione conduce i Leibniz ad intravedere quella che tra non molto sar la futura scoperta della priori kantiano.

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