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Lattivit economica Lattivit economica indica un processo attraverso cui delle risorse, scarse per definizione, sono combinate

per ottenere dei beni e dei servizi atti a soddisfare dei particolari bisogni. Lattivit umana che consiste nellutilizzo diretto dei beni (servizi) per il soddisfacimento dei bisogni il consumo. I bisogni delle persone sono illimitati a differenza dei beni i quali invece sono limitati. I beni si dicono economici poich possiedono le caratteristiche dellutilit per il soddisfacimento dindividuati bisogni e sono limitati. Tali beni economici non sono, se non in minima parte, disponibili in natura secondo le caratteristiche della domanda, si rende quindi necessaria unattivit di produzione. Lattivit di produzione e quella di consumo sono le principali attivit economiche svolte dalluomo. La produzione economica consiste nella trasformazione fisico-tecnica di beni strumentali in entrata (input), in altri beni in uscita (output), ma anche nel trasferimento di questi beni in un certo luogo e tempo richiesti dalla domanda. Questattivit di produzione economica trova compimento quando la trasformazione fisicotecnica genera un accrescimento del valore monetario del bene finale (output) rispetto agli input, che trova espressione in un prezzo di scambio delloutput superiore della somma dei valori monetari dei singoli input immessi nel processo. Lazienda per creare questo valore nel tempo, deve svolgere lattivit aziendale secondo una condizione di economicit. Leconomicit una fondamentale regola di condotta, che trova la sua concreta traduzione nel rispetto del complesso delle condizioni di funzionamento aziendale, in particolare lequilibrio tra i costi e i ricavi, che garantisce un adeguata remunerazione dei fattori impiegati. Concetto di azienda In unazienda pi individui pongono in essere unattivit di produzione economica per il perseguimento di un fine che singolarmente non sarebbero in grado di realizzare. Gli aziendalisti col tempo hanno dato diverse definizioni di azienda, tutte facente capo a due in particolare, lazienda vista come istituto economico e lazienda vista come ordine strettamente economico di un istituto. Gli istituti sono aggregati elementari di uomini che insieme a delle cose si dotano di regole e comportamenti stabili e condivisi, per il raggiungimento di un fine comune. Il padre fondatore delleconomia aziendale, Gino Zappa, afferma che lazienda un istituto economico destinato a perdurare nel tempo che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione la produzione, o il procacciamento e il consumo della ricchezza. Essa un soggetto autonomo dotato di propria vita e propri beni, che costituiscono i fondamentali dellazienda. In ogni istituto in cui vi lattivit economica e questa rilevante, troviamo i caratteri di aziendalit, proprio perch le finalit dellazienda sono di natura economica. In seguito un allievo di Zappa, Masini, amplia la teoria del suo mentore definendo lazienda come lordine strettamente economico di un istituto. Secondo lui lazienda una categoria concettuale astratta che identifica il profilo economico dellistituto, di conseguenza in tutti gli istituti, anche se con unattivit economica non rilevante, riscontriamo il fenomeno aziendale. Le finalit dellazienda come ordine economico dellistituto, coesistono e condizionano la scelta al pari delle finalit etiche, sociali e politiche di ogni istituto. Lazienda quindi nasce da un aspetto soggettivo per soddisfare i bisogni umani attraverso unattivit di produzione sia fisica, quanto nello spazio o nel tempo. Cosa fa lazienda? Le funzioni aziendali sono un insieme di attivit poste in essere dallazienda, ovvero acquisto, trasformazione e vendita, le quali sono state raggruppate in tre categorie da una definizione di Giannessi, anchesso allievo di Zappa. Esso definisce lazienda come lordine sistematico combinatorio e di composizione. Dove per ordine sintende che tutte le attivit aziendali vengono scolte secondo una logica che in chiave moderna chiamiamo strategia, cio una serie di idee che sono proprio alla base della nascita del fenomeno aziendale. La fase di combinazione riguarda il giusto equilibrio tra risorse umane e fattori produttivi, combinati seguendo lordine, in altre parole la combinazione ottimale tra cosa fanno gli uomini e come questi si relazionano e interagiscono con i beni, nella prospettiva di un fine comune. In questa fase di combinazione il centro luomo che per svolgere unattivit di combinazione produttiva deve relazionarsi ai beni seguendo la strategia. Questo non basta perch bisogna effettuare la composizione, cio lequilibrio tra le forze interne ed esterne allazienda. Le forze interne sono una serie di interessi presenti in alcuni soggetti che fanno parte dellazienda come: i lavoratori, i manager, i sindacati. Lazienda essendo un sistema aperto si confronta necessariamente anche con soggetti esterni ad essa, e che molto spesso hanno interessi divergenti da quelli dei soggetti interni e lobbiettivo dellazienda quello di creare un equilibro tra questi interessi, per poter rivalutare lazienda. Fino a cinquanta anni fa gli interessi interni erano molto pi numerosi di quelli esterni, mentre dal 90 in poi si ribaltata la situazione, di fatto, gli interessi esterni non riguardano pi una serie di soggetti come fornitore e cliente, ma anche soggetti appartenente alla sfera ambientale, ecologica e sociale. Lazienda in primo luogo dopo aver messo insieme uomini e cose deve mettere insieme anche forse interne ed esterne perche solo attraverso il perfetto equilibrio cio la perfetta composizione degli interessi di tutti i soggetti pu garantire la continuit dellazienda. Ancora essa lordine sistemico cio un sistema. Il sistema e un concetto che deriva dalle scienze biologiche che

rapportato alleconomia indica che lazienda e lInsieme coordinato di beni e persone legate sia internamente che esternamente, secondo un movimento dinamico, cio sono sottoposte e sono a loro volta agenti di cambiamento, di cui lazienda sia soggetto attivo, determinando un cambiamento dellambiente interno ed esterno ad essa , ma anche soggetto passivo, il quale subisce il cambiamento che deriva da forze interne ed esterna ad essa. Lultima cosa che fa lazienda, oltre a mettere insieme le persone con le cose e le forze interne ed esterne deve mettere insieme tutto il sistema che esiste sia al proprio interno che allesterno ,questo vuol dire che lazienda cambia in continuazione ricevendo stimoli e dando stimoli. Lazienda deve spingere questi cambiamenti a proprio vantaggio trasformandoli in opportunit per proseguire il percorso di sviluppo aziendale. Caratteri di aziendalit Perch vi sia azienda occorre la presenza congiunta, in associazione allo svolgimento di unattivit economica, di alcuni fondamentali caratteri di aziendalit. Questi caratteri sono: coordinazione sistemica, autonomia, equilibrio economico, durabilit e creazione del valore. La coordinazione sistemica una qualit generale che si esprime e pu essere analizzata attraverso tre aspetti parziali di ordine dellazienda: una relazione tra le persone, tra i beni del patrimonio e tra le persone e i beni; una relazione ordinata tra le operazioni nelle quali si manifesta lattivit delle persone sui beni; e una relazione ordinata tra le condizioni interne ed esterne allazienda. Lordinazione sistemica allorigine di altri essenziali caratteri di aziendalit, quali lequilibrio, la durabilit e lautonomia. Tutti questi caratteri individuati in un istituto fanno si che egli abbia al proprio, interno unazienda. Lequilibrio economico una caratteristica, ma al tempo stesso obiettivo dellazienda, esso si basa su tanti concetti minori, quali lequilibrio finanziario quando le entrate sono uguali alle uscite; ed equilibrio reddituale (economico in senso stretto) quando i costi sono almeno pari ai ricavi. Oltre a questi concorre a formare l equilibrio economico anche lequilibrio tra azienda e ambiente. Unazienda in equilibrio economico massimo quella che riesce sia a recuperare il denaro che impiega per acquistare i fattori necessari per la sua attivit, cio remunerare tutti i fattori produttivi, sia raggiungere lequilibrio in tutti i suoi sottoequilibri. Lequilibrio economico una condizione tendenziale ed evolutiva, per questo le aziende non possono far altro che tendere sempre pi ad essa. Strettamente connessi allequilibrio economico sono la durabilit e lautonomia. Unazienda in equilibrio economico, mostra una tendenziale capacit a perdurare nel tempo. La durabilit, cio la tendenza dellazienda a durare nel tempo qualificata dallautonomia. Lautonomia da intendersi sia come condizione oggettiva, sia soggettiva. Sul piano oggettivo, lautonomia si manifesta nella capacit di reiterare i cicli di gestione senza ricorrere sistematicamente al sostegno di terze economie. Nella dimensione soggettiva, lautonomia riguarda lattitudine, da parte dei soggetti che assumono le decisioni fondamentali, a operare scelte relativamente libere da condizionamenti esterni. La durabilit dellazienda pu essere vista da due punti di vista. Il primo che traiamo dalla definizione di Zappa, lazienda tale se garantisce una durabilit nel tempo. Secondo altri invece, la durabilit non altro che una conseguenza dellattivit aziendale. Secondo questa visione lazienda tende a durare nel tempo solo se consegue le caratteristiche di equilibrio economico, autonomia e coordinazione sistemica. Come ultimo carattere aziendale si ha la capacit di creare valore, essa essenziale affinch lazienda abbia una sua utilit. L'azienda deve riuscire a creare un margine, un plusvalore di ricchezza tra le risorse che assorbe dallambiente e quelle che immette nellambiente, distribuendo in questo modo ricchezza che le permetter di innescare nuovamente lintero procedimento economico. Lazienda come sistema aperto Nel definire lazienda come un sistema aperto si vuole intendere in primo luogo che lazienda trae dallambiente esterno le condizioni cio gli input che consentono, favoriscono e condizionano il proprio funzionamento; essa poi cede allambiente i propri risultati cio i suoi output. Gli effetti indotti dallinsediamento di unazienda in unarea vanno ben oltre la cessione sul mercato dei prodotti che essa fabbrica, infatti, si pensi allimpatto sullambiente fisico, alleventuale necessita di migliorare le infrastrutture dellarea, allattivazione dei rapporti di fornitura con altre aziende operanti nella zona, ai redditi dei dipendenti. Quindi lazienda pu essere rappresentata come un sistema che trasforma input derivanti dallambiente in output che cede allambiente. Essa, inoltre, deve perseguire una condizione di equilibrio con lambiente di cui parte. Tal equilibrio interpretabile come stato di sintonia tra le condizioni di ambiente (forze esterne) e le condizioni strutturali dellazienda (forze interne). Mentre le condizioni ambientali sono in continua evoluzione, i caratteri strutturali dellazienda non sono facilmente modificabili nel breve termine, quindi lequilibrio con lambiente e da intendersi sempre in senso dinamico. Infatti, appena si raggiunge una posizione di equilibrio questa destinata ad essere subito superata sollecitando lassunzione di nuovi caratteri strutturali e nuove relazioni con lambiente. Per tale motivo lazienda deve mostrare non solo la capacit di adattamento ma anche di anticipazione e condizionamento degli standard evolutivi dellambiente.

Classificazione di azienda Le aziende pur esercitando tutte unattivit che pu ricondursi allacquisizione o alla produzione o alluso di beni economici per la soddisfazione dei bisogni umani, possono essere di diverse tipologie. Possiamo identificare diversi criteri di classificazione dellazienda. Il primo la destinazione dellattivit produttiva: in cui le aziende si dividono in erogazione e aziende di produzione. Le aziende di erogazione o di consumo non destinano la propria produzione di beni e servizi al mercato, ma erogano( cio non scambiano attraverso la fissazione dei prezzi) la loro produzione alla collettivit. Tali aziende svolgono unattivit economica volta al soddisfacimento diretto dei bisogni di individuate classi di individui. Mentre le aziende di produzione destinano la propria produzione di beni e servizi allo scambio con il mercato attraverso la fissazione di un prezzo rimuneratore, cio un prezzo che consente di coprire i costi sostenuti nella fase di approvvigionamento delle materie prime generando un surplus di valore chiamato profitto. Queste aziende diversamente da quelle di erogazione soddisfano indirettamente i bisogni umani attraverso un processo di creazione della ricchezza. Queste due distinzioni sono oggi superate poich di fatto non esistono pi aziende esclusivamente di erogazione o di produzione, ma esistono aziende composte. Queste sono aziende nelle quali sono presenti sia processi di erogazione di ricchezza per il soddisfacimento di bisogni, sia processi di produzione di nuova ricchezza, ovvero aziende che svolgono sia attivit di consumo finale sia attivit di produzione di beni economici. Il secondo criterio di classificazione e il soggetto giuridico, considerando la natura di tale soggetto dividiamo le aziende in pubbliche e private. Si definiscono pubbliche le aziende di propriet dello stato, le quali non hanno come obiettivo principale il profitto, ma hanno come obbiettivo principale un fine sociale. Mentre si definiscono private quelle aziende il cui soggetto giuridico un privato che pu essere un singolo o una societ, il cui obiettivo primario e ottenere utili. Anche questa distinzione ormai superata poich vi sono le aziende miste che sono aziende il cui capitale in parte appartenente a soggetti pubblici e in parte appartenente a soggetti privati, questo perche molte aziende pubbliche hanno bisogno delle competenze dei soggetti privati per poter continuare la sua attivit. Il terzo criterio di classificazione la destinazione del profitto, per questo motivo distinguiamo le aziende for profit, che sono aziende in cui il soggetto giuridico si appropria del guadagno creato dallazienda, da quelle no profit che sono aziende i cui utili non sono esternalizzati, ma sono trattenuti allinterno dellazienda e reinvestiti per il miglioramento e il potenziamento dellattivit dellazienda. Il quarto ed ultimo criterio di classificazione la dimensione, sussistono infatti: microimprese, piccole e medie imprese, in funzione del numero di persone assunte e del fatturato. Cos limpresa? Allinterno degli istituti presente una sotto categoria che lazienda, limpresa non altro che un ulteriore sotto categoria dellazienda sotto categoria di un istituto. Come per la definizione di azienda anche dellimpresa ce ne sono molte. Esiste una definizione giuridica dellimpresa, che troviamo espressa nel codice civile, che identifica lazienda come il complesso dei beni organizzati dallimprenditore per lesercizio delle attivit economiche. Oltre a questa definizione ve ne sono altre due, la prima usata dagli aziendalisti, i quali definiscono limpresa come lazienda di produzione, cio quellazienda che scambia beni e servizi in cambio di un prezzo rimuneratore, un'altra non strettamente aziendale definisce limpresa con una particolarit in pi, in altre parole per loro limpresa lazienda di produzione, ma la caratteristica aggiuntiva che tale impresa deve essere necessariamente for profit. Nonostante le imprese siano una sotto categoria delle aziende, sono oggi quelle che troviamo di pi, ma anche quelle che generano maggiore ricchezza. Criteri di valutazione della gestione aziendale Leconomia aziendale una scienza che propone leggi e modelli per amministrare in modo economico le aziende. Tali leggi si riferiscono ai concetti di efficienza, efficacia ed economicit. In una prima accezione, essi esprimono i principi-guida cui devono attenersi gli operatori economici nel regolare i propri comportamenti. In un secondo significato, i termini esprimono condizioni verificate o da verificare negli effettivi andamenti della gestione, attraverso la valutazione di opportuni indicatori. Lefficienza esprime la capacit di conseguire un dato risultato con il minimo consumo di fattori. I giudizi di efficienza sono sempre relativi, di fatto, non esistono aziende che sono efficienti in assoluto, ma solo aziende efficienti rispetto ad un parametro di riferimento. Questi giudizi investono tutte le fasi del processo produttivo e si pongono lobbiettivo dellanalisi delle alternative che producono il massimo rapporto tra risultati ottenuti e mezzi impiegati. Lefficienza il rapporto tra input e output. Lazienda efficiente quanto pi questo rapporto al minimo. Lefficienza si divide in: efficienza fisicotecnica o produttiva che misura il modo in cui i fattori son utilizzati nel processo produttivo e indica la capacit dellazienda di produrre pi output dato un certo ammontare di input. Tal efficienza definita interna e gli indicatori principali sono: quantit di output/ ore lavoro e quantit di output/ ore macchina; efficienza allocativa o gestionale che misura la capacit di combinare input e output al minimo costo dato i pezzi del mercato. La strategia di comprare pi materie prime a un prezzo basso. Tal efficienza definita esterna e lindicatore principale : prezzo pagato per il fattore/ ore lavoro. Si definisce efficace

un fattore della produzione quando assolve agli obbiettivi per il quale stato procacciato. Lefficacia quindi espressa dal rapporto tra risultato e obiettivo. IL concetto di efficacia distinto e prescinde da quello di efficienza, infatti, unazienda pu essere efficiente ma non efficace e viceversa. I giudizi di efficacia implicano quindi una valutazione qualitativa ex-post del grado di raggiungimento degli obiettivi desiderati, che possono essere il grado di soddisfazione della clientela e i guadagni conseguiti dallazienda. Lefficacia pu essere di due tipi: interna o gestionale che misura e indica la capacit di raggiungere determinati obiettivi prefissati; efficacia esterna o sociale che misura ed indica la capacit dellazienda di soddisfare i bisogni, quindi espressa dal rapporto risultato/ bisogno. Nellefficacia sociale si utilizza il termine outcome in sostituzione di output con riferimento allimpatto prodotto dallazienda su una data categoria di interlocutori sociali. Infine il concetto di economicit sintetizza la capacit dellazienda, nel lungo periodo, di utilizzare in modo efficiente le proprie risorse raggiungendo in modo efficace i propri obiettivi. Leconomicit, come condizione complessa della gestione, include una serie di condizioni parziali, tra loro interconnesse: lequilibrio reddituale, lequilibrio monetario e condizioni di efficienza e di efficacia sia gestionale che sociale. Lequilibrio reddituale riguarda il rapporto tra i costi e i ricavi della gestione. Esso rappresenta un fondamentale indicatore di autosufficienza economica della gestione. Questequilibrio deve essere tendenziale di medio - lungo periodo, non necessariamente verificato nel breve. Lequilibrio reddituale una condizione essenziale per il mantenimento della capacit di remunerare adeguatamente i fattori, inoltre una condizione necessaria ma non sufficiente di economicit della gestione, la quale deve integrarsi con il conseguimento di livelli soddisfacenti di efficienza ed efficacia sia gestionale che sociale. Lequilibrio monetario invece riguarda la condizione per la quale lazienda deve essere sempre in grado di far fronte ai propri impegni di pagamento. Questa condizione deve verificarsi in ogni momento della vita aziendale. Essa assume un significato autonomo soprattutto nel breve periodo. Nel lungo periodo i due equilibri tendono a coincidere, mentre nel breve periodo possono divergere. Particolari Se io guarda alla durata del fattore produttivo lavoro allora e un fattore produttivo pluriennale, e invece la durata economica il fattore lavoro cede la propria utilit ogni circuito della produzione e in ogni circuito e remunerato in ogni circuito. Da questo punto di vista e visto come un Ffs. Il capital gain chiamato anche guadagno in conto capitale, un termine finanziario utilizzato per indicare la differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto di uno strumento finanziario, come ad esempio azioni.. Si chiamano dare e avere poich nel 1800 si utilizzavano i conti accesi alle cose non alle persone e quindi dare e avere erano definite alle persone, se qualcuno doveva dare dei soldi lo si metteva in dare; se li doveva ricevere si metteva in avere. Le tre prospettive delleconomia aziendale Leconomia aziendale pu essere vista da tre prospettive indispensabili: lorganizzazione, la gestione e la rilevazione. Lorganizzazione definita come la scienza del coordinamento di attivit interdipendenti, infatti, il complesso delle modalit di divisione del lavoro in compiti e di coordinamento fra tali compiti. Essa studia le pi convenienti coordinazioni tra energie umane e mezzi a disposizione. Ogni azienda dotata di una propria struttura organizzativa, rappresentata graficamente da un organigramma, che identifica il raggruppamento delle attivit aziendali in unit organizzative. Le configurazioni organizzative possono essere ricondotte a due macro categorie: forme unitarie in cui il criterio di specializzazione delle unit organizzative per funzione; forme divise, in cui il criterio di specializzazione delle unit organizzative per prodotto o mercato. La gestione si occupa di definire linsieme coordinato di operazioni finalizzate al raggiungimento di prefissati obiettivi la cui natura dipender dal tipo di azienda. In essa possibile rilevare tre momenti tipici riconducibili allapprovvigionamento delle risorse necessarie (fattori produttivi) alla produzione; al collocamento dei beni o servizi realizzati. I fattori produttivi sono riconducibili a due macro categorie: fattori produttivi pluriennali, fattori produttivi correnti. La rilevazione studia lazienda intesa come sistema di grandezze economiche, si occupa di rappresentare le dinamiche aziendali in cifre/valori e di fornire gli elementi che consentono di interpretare i valori per guidare le dinamiche aziendali. Essa costituisce il sistema informativo e di controllo di supporto alla gestione e allorganizzazione. Il fulcro del sistema informativo aziendale la contabilit generale, che consente di misurare a consuntivo i risultati delle operazioni di gestione esterna. Ma alla contabilit generale si uniscono altri strumenti utilizzati dallalta direzione per la programmazione ed il controllo di gestione: la contabilit analitica, finalizzata alla determinazione di valori e risultati riferiti a particolari dimensioni quali un prodotto, un progetto, una funzione; lanalisi di bilancio, finalizzata alla comprensione dello stato della salute dellazienda attraverso indici che mettono a confronto voci o aggregati delle poste di bilancio; il budget, programmazione nel breve periodo o nel lungo degli obiettivi da perseguire; il reporting, finalizzato alla comunicazione alla direzione dei risultati conseguiti perch questa possa rendere le opportune decisioni. Ambiente come fonte di opportunit e rischi

Lazienda trae dallambiente esterno le condizioni cio gli input che consentono, favoriscono e condizionano il proprio funzionamento; essa poi cede allambiente i propri risultati cio i suoi output. Di fatto lazienda pu essere rappresentata come un sistema che trasforma input derivanti dallambiente in output che cede a sua volta cede allambiente. Essa, inoltre, deve perseguire una condizione di equilibrio con lambiente di cui parte. Tal equilibrio interpretabile come stato di sintonia tra le condizioni dellambiente (forze esterne) e le condizioni strutturali dellazienda (forze interne). Mentre le condizioni ambientali sono in continua evoluzione, i caratteri strutturali dellazienda non sono facilmente modificabili nel breve termine, quindi lequilibrio con lambiente e da intendersi sempre in senso dinamico. Per limpresa nascono delle opportunit quando lambiente esterno crea il potenziale per costruire o rafforzare un vantaggio competitivo. Le minacce invece sorgono quando le tendenze dellambiente esterno mettono in pericolo la redditivit dellazienda, ne sono un esempio le barriere commerciali. La politica fiscale ad esempio esercita uninfluenza notevole su molte scelte dellimpresa, cosi come il costo del denaro e landamento dei cambi monetari. Stacheholders e shareholders e teory Il crescere della dimensione aziendale comporta lincremento dei soggetti che sono interessati al suo sviluppo nel tempo. Questi soggetti sono definiti come portatori dinteresse e sono gli stacheholders. Lazienda che al centro di questi interessi ha una duplice difficolt da sostenere, infatti, essa deve tenere in piedi tutte le diverse categorie di stacheholders, contemporaneamente, cercando lequilibrio perfetto tra tutti i soggetti. Gli stacheholders sono classificati, in modo sintetico, in interni ed esterni, in basse alla loro presenza allinterno dellazienda stessa. Quelli interni sono ben definiti e sono i proprietari, in altre parole chi investe risorse e che rischiano capitale nellazienda e i dipendenti. Questi ultimi a loro volta sono divisi in due categorie: i manager, cio i dipendenti di alto profilo, i quali rappresentano la struttura intermedia tra chi governa lazienda e i lavorati; e i lavoratori che sono interessati al buon andamento dellazienda come garanzia di stabilit del posto di lavoro. Tutti questi soggetti hanno interessi specifici nellazienda. Invece i principali stacheholders esterni sono: le istituzioni pubbliche e private; i fornitori di beni e servizi interessati alla solvibilit dellimpresa; i clienti; e infine lintera collettivit, sia per loccupazione sia per la crescita economica territoriale e nazionale che lazienda tende a influenzare. Tra gli stacheholders interni vi unulteriore distinzione, che fa emergere la categoria degli shareholders. Questa sottocategoria identifica il portatore di un interesse specifico, ovvero, il portatore delle azioni, nonch lazionista. La sua distinzione fra tutti gli altri portatori dinteresse deriva dal fatto che il soggetto che conferisce il capitale di rischio, ed colui che ha il principale interesse nella gestione dellazienda. Linteresse principale e unico dello shareholders quello di ottenere profitti. Gli interessi degli shareholders spesso non coincidono con quelli degli stacheholders n nel breve, n nel lungo periodo. Questa divergenza fa riferimento a due teorie sviluppatesi nel tempo, la prima chiamata shareholders teory e lultima, definita pi recentemente, chiamata stacheholders teory. Per la shareholders teory lazienda ha il solo dovere di fare profitti e soltanto se consente di creare valore per gli azionisti, essa deve impegnarsi nel sociale. La conseguenza di questa teoria quella della formazione di una scala di priorit, dove vengono prima gli azionisti e successivamente in minima parte gli altri soggetti interessati. Completamente opposta la seconda teoria pi moderna, accolta dalleconomia aziendale, cio la stacheholders teory, secondo la quale il raggiungimento del profitto si misura su almeno due dimensioni: quella dellequilibrio economico, tenendo tutte le categorie di stacheholders in equilibrio tra loro; e quella del consenso sociale. Lazienda non deve render conto delle proprie attivit solo agli azionisti ma deve bilanciare una molteplicit di interessi propri degli stacheholders che la influenzano e sono a loro volta influenzati da essa. Soggetto economico e giuridico Tra i numerosi protagonisti della vita aziendale i pi importanti sono il soggetto economico e il soggetto giuridico. Il soggetto giuridico il titolare dei diritti e degli obblighi che nascono dalla costituzione dellazienda e dal suo esercizio; pu perci stipulare contratti e assumere obbligazioni in quanto il suo compito quello di agire in nome e per conto dellazienda. In altri termini possiamo dire che il soggetto giuridico esercita tutte le funzioni legali inerenti alla vita dellazienda. Per tali motivi esso deve essere evidente sotto forma di persona fisica o giuridica, diversamente dal soggetto economico che pu anche non manifestarsi in maniera chiara. Il soggetto economico il soggetto, o i soggetti, nel cui prevalente interesse si svolge la gestione. Esso viene associato alla propriet dellazienda ed esercita il governo economico perch investito giuridicamente o delegato dagli aventi diritto. Ci sono quattro diversi approcci per definire il soggetto economico: istituzionale, dove il soggetto economico costituito dai soci e dai dipendenti; giuridico formale, dove il soggetto economico rappresentato dai soci di maggioranza;sostanziale, ovvero il soggetto economico chi di fatto esercita la funzione di governo; e tecnico, definendo come s.e. chi di fatto ha le competenze per esercitare la funzione di governo. La precisa individuazione presenta dei problemi di non lieve entit che hanno dato vita a due diverse impostazioni di pensiero: la prima prevede che il s.e. sia

identificato con coloro che rappresentano gli interessi istituzionali dellattivit produttiva aziendale; per la seconda il s.e. costituito dai soggetti in cui si accentra il potere volitivo e che dominano i massimi organi del governo aziendale. Soggetto giuridico ed economico nelle aziende individuali e di persone Nelle aziende individuali di norma il s.e. coincide con quello giuridico. In altre parole, i due soggetti sono riuniti nella stessa figura del titolare dellazienda. Il fatto che il titolare dellazienda, cio limprenditore, rappresenta lunico soggetto aziendale dotato dellintero potere decisionale pu considerarsi da un lato una circostanza favorevole e sfavorevole. Ai vantaggi derivanti dalla rapidit decisionale, di contrappone lo svantaggio derivante dalla non sempre adeguata preparazione e cultura aziendale, che incide sulle scelte gestionali. Anche allinterno delle aziende individuali si possono comunque riscontrare situazioni in cui il s.e. non coincide con quello giuridico. Ci si realizza quando lazienda gestita da una persona diversa da quella per conto della quale si svolge lattivit. In questo caso il titolare dellazienda che dotato della capacit giuridica, ma non della capacit di agire e prestanome che funge da soggetto giuridico ad un soggetto economico che vuole rimanere anonimo. In alcuni casi pu esserci una societ occulta, caratterizzata da un s.g. unipersonale e un s.e. pluripersonale, per conto della quale lattivit effettivamente si svolge. Anche nelle societ di persone il soggetto economico e quello giuridico sono racchiusi nella figura dei soci. Nello specifico, per le s.n.c., il s.e. non coincide con quello giuridico, quando il potere di governo viene attribuito solo a quella parte dei soci che assume anche la carica di amministratori. Dove lamministratore diventa lespressione della societ nei confronti dei terzi come: clienti, banche, fornitori, ecc. Nella societ in accomandita semplice la divisione tra i due tipi di soggetti ancora pi evidente, in quanto sono s.e. solo i soci accomandatari dotati del diritto di gestione. Soggetto giuridico ed economico nelle societ di capitali Diversamente da quanto avviene nelle societ di persone, in quelle di capitali si ha una netta separazione tra i soci e la societ che gode della personalit giuridica. Il soggetto giuridico coincide con la societ stessa, la quale considerata giuridicamente un soggetto vivente e come tale capace di assumere diritti e obblighi. Lindividuazione del soggetto economico diversa a seconda delle tipologie di societ di capitali. Per le s.p.a. , in una prima accezione definiamo il s.e. come la maggioranza dei soci, escludendone di fatto la minoranza. Per altri ritenuto pi opportuno individuare il s.e. nel capitale di comando, cio quella parte di azionisti che riescono a condizionare le scelte strategiche, indipendentemente dal possesso della maggioranza del capitale sociale. Molto spesso succede che in queste societ ad azionariato diffuso si formino i c.d. sindacati di voto, ovvero, contratti con il quale pi azionisti si accordano per predeterminare il contenuto del voto da esercitarsi nellassemblea al fine di ottenere la maggioranza qualificata. Ancora pi difficile lindividuazione de s.e. nelle public companies, le quali sono Societ con azioni diffuse presso il pubblico, di grandi dimensione con decine di migliaia di soci, in cui ce la polverizzazione azionaria e lassenza di azionisti di riferimento. Il s.e. in questo caso rappresentato dal consiglio di amministrazione o dal A.U. in forza della delega dei poteri da parte dellassemblea che lo rende detentore delle leve decisionali. Allinterno di queste societ pu inoltre riscontrarsi un ulteriore delega dal consiglio di amministrazione, solo ad alcuni dei suoi componenti, i quali vanno a costituire lalta direzione. Nelle s.r.l. per gli amministratori devono essere necessariamente soci. Inoltre per garantire un certo grado si stabilit di governo, vi la possibilit di designare lamministratore per un tempo indeterminato. Questo tipo di societ per lo pi a carattere familiare e non di rilevanti dimensioni. In altri termini, in queste societ, in particolari se di minori dimensioni, il potere risulta accentrato nelle mani di alcuni soci, i quali costituiscono il soggetto economico aziendale. Infine nelle s.a.p.a., i soci accomandanti ex lege esclusi dalla gestione, la quale viene affidata interamente ai soci accomandatari. Inoltre previsto un meccanismo di revoca che rende pi difficile sollevare gli amministratori dal loro incarico. Soggetto giuridico ed economico nelle societ composte pubbliche Il soggetto giuridico corrisponde allente pubblico territoriale che gestisce lazienda composta pubblica. Il soggetto economico costituito dal soggetto operativo e dalla comunit sociale che usufruisce dei servizi pubblici offerti dallazienda territoriale. Corporate governante La corporate governance rappresenta letteralmente il governo societario, ma in economia aziendale inteso come un articolato sistema di regole e interessi che lega gli azionisti, le strutture di vertice dellazienda e gli altri stacheholders. I principali modelli di governance sono quello anglosassone e quello renano. Il modello anglosassone della public company caratterizzato dalla polverizzazione azionaria, questo causa la netta separazione tra propriet e controllo dellazienda. Tale modello definito monistico poich privo dellorgano di controllo interno, il collegio sindacale. Il nucleo del potere societario

costituito dal CDA, eletto periodicamente dallassemblea dei soci, che il supremo organo decisionale dellazienda. La principale forma di finanziamento dellazienda il mercato finanziario. Diversamente il modello renano prevede al vertice dellazienda societaria il consiglio di gestione, cui spetta la direzione dellazienda, il quale nominato dal consiglio di sorveglianza composto in maniera paritetica da rappresentanze dei lavoratori e del capitale. In questo modello la propriet concentrata nelle mani di grandi istituzioni finanziarie attraverso complessi intrecci azionari. Questo modello rappresenta quindi un capitalismo orientato alla stabilit, ma con minore redditivit delle imprese e scarsa mobilit del capitale. preferibile scegliere questo modello quando lazienda opera in mercati oligopolistici con elevati investimenti non immediatamente recuperabili, in cui il managment pu adottare comportamenti opportunistici senza che ci si rifletta nel breve periodo sulla quotazione di mercato. Il collegamento con gli intermediari finanziari presenti in questo modello ha generato un rapporto tra banca e impresa chiamato haus bank, proprio a far riferimento al rapporto quotidiano che lega le due istituzioni. Il ruolo del management Lincremento della complessit aziendale e limpossibilit di utilizzare su vasta scala i modelli di controllo e coordinazione hanno portato allo sviluppo di processi di delega e di regole e principi di comportamento finalizzati ad assicurarne il corretto svolgimento. Tale tendenza ha comportato la nascita e lo sviluppo di una nuova classe dirigente, i manager, i quali si occupano di gestire le diverse funzioni aziendali contemperando diverse istanze e interessi. La loro attivit orientata allapplicazioni e allimplementazione delle best pactice aziendali, ovvero processi, tecniche e procedure che, sulla base dellesperienza e delle conoscenze. Secondo la stacheholders teory i managers sono delegati dagli azionisti alla gestione dellazienda, ma devono bilanciare i diversi interessi aziendali in modo da rafforzare il rapporto fiduciario che li lega ai vari stacheholders. Secondo la shareholders teory, invece, sono delegati dalla propriet e devono seguire il principio della massimizzazione dei profitti nel breve periodo per la creazione di valore per gli azionisti. Separazione tra propriet e controllo Laccresciuto potere della classe imprenditoriale ha modificato profondamente i rapporti tra i soggetti che operano in ambito aziendale. Nelle public companies in cui la propriet azionaria dispersa in un gran numero di azionisti, che si trovano nellimpossibilit di svolgere un controllo e di esprimere una volont unitaria, i manager godono di ampio potere. Leffettivo potere attribuito ai manager, in contrapposizione a quello formale attribuito per legge ai proprietari, ha comportato la rottura del sistema di responsabilit tipico del primo capitalismo, causando una netta separazione tra propriet e controllo. Tale separazione della propriet dal controllo ha evidenziato il prevalere del capitale umano rispetto al capitale finanziario, favorendo lattuazione di comportamenti opportunistici da parte dei manager interessati alla valorizzazione del proprio capitale intellettuale piuttosto che ai risultati aziendali. Modelli aziendali La classificazione delle varie tipologie di azienda dipende dal criterio utilizzato. Criteri differenti rispetto alla struttura di governance consentono di descrivere alcuni modelli aziendali largamente diffusi nella realt economica dei paesi industrializzati. Unazienda reale , per, al proprio interno pu contenere due o pi modelli. Abbiamo lazienda a propriet familiare che si qualifica per la presenza contemporanea di una significativa partecipazione al capitale da parte di membri della famiglia e dal coinvolgimento nella gestione da parte di uno o pi membri della famiglia. Le aziende familiari di successo hanno saputo innestare nella tipica struttura societaria orientata al mercato alcune peculiarit del modello renano. Lazienda fordista utilizza su vasta scala lorganizzazione scientifica del lavoro per lo svolgimento delle attivit a livello di fabbrica. Essa caratterizzata da unapplicazione estremamente spinta dei concetti di standardizzazione e specializzazione, allo scopo di poter realizzare in modo ottimale le attivit elementari in cui i processi sono suddivisi. Il processo della smaterializzazione delleconomia ha comportato una profonda trasformazione di risorse e prodotti ma anche di attivit e processi. Questi cambiamenti hanno portato allidentificazione di quella che stata definita virtual corporation. Lazienda virtuale una rete temporanea di imprese che si aggrega rapidamente per affrontare opportunit di mercato che cambiano molto velocemente. Unazienda virtuale si basa su una competenza specifica ottenuta da una singola societ che operando con altre entit aventi pari dignit, costituisce una struttura dinamica, basata su una prestazione complessiva necessaria alla creazione di un prodotto o servizio che il raggruppamento delle capacit delle singole aziende. Unazienda a rete, invece, costituita da una struttura centrale che esercita la propria leadership basandosi su un processo di creazione del prodotto ed e composta normalmente da una societ principale che si avvale di diversi sub-fornitori, che sulla base di precisi accordi contrattuali, forniscono la loro prestazione per realizzare parte del prodotto finale. La riduzione del costo di trasferimento dei beni e informazione e la diffusione di comunicazioni di massa e dei sistemi di telecomunicazione ha comportato un

fenomeno di modifica dei modelli di consumo a livello mondiale, inoltre, lincremento della concorrenza ha costretto le aziende a cercare fonti di approvvigionamento dei fattori produttivi, li dove il costo era minore, dando luogo allazienda globale, cio aziende che posseggono o controllano attivit in tutte le parti del mondo. Le aggregazioni aziendali Negli ultimi decenni si assistito a un incremento esponenziale della produzione dei beni e servizi, nonch dei relativi consumi. I mercati si sono nello stesso tempo trasformati in ambienti aperti, tanto da spingere le combinazioni produttive a considerare lambiente, una variabile fondamentale per la scelta della strategia da seguire. Questi numerosi cambiamenti hanno portato le aziende a svilupparsi secondo delle politiche di aggregazione, le quali consentono,loro, di beneficiare sia dei vantaggi delle piccole che delle grandi aziende. Le aggregazioni aziendali sono insieme di aziende interconnesse da legami molto labili, oppure da vincoli tanto stringenti da poter considerare le diverse unit produttive come unazienda unitaria. In base al livello di formalizzazione delle relazioni tra le aziende, esse, si classificano in: aggregazioni basate su rapporti informali, formali e patrimoniali. Le aggregazioni basate sui rapporti informali rappresentano delle aggregazioni di fatto, sprovviste di un riferimento giuridico, basato soltanto sulla fiducia, da cui deriva la natura precaria della stessa aggregazione. Inoltre proprio in mancanza di un riferimento giuridico preciso, il rapporto pu venir meno in qualsiasi momento qualora le condizioni che lhanno generato vengano meno. Questi tipi di rapporti non danno origine a un gruppo, poich vi la netta separazione tra le aziende, anche se hanno qualche aspetto in comune. Tipici di questa categoria sono i collegamenti di carattere tecnico-produttivo e i collegamenti di carattere personale, come i gentlemens agreements, ovvero accordi, non scritti, basati sulla fiducia che intercorre tra le persone che li stipulano. Quelle basate, invece, sui rapporti contrattuali, riguardano sempre accordi che prevedono lo svolgimento di una o pi parti del processo produttivo insieme ma, la differenza il rapporto giuridico certo che intercorre tra le due aziende, cio il contratto. Il vincolo contrattuale genera solitamente un legale solo relativamente stretto tra le aziende, giacch pu limitarsi a determinati aspetti della gestione o a singole operazioni. Inoltre, il manifestarsi di alcune condizioni previste nel contratto, conduce rapidamente allinterruzione del rapporto. Le aggregazioni contrattuali pi conosciute sono i consorzi e il franchising. Nei consorzi due o pi aziende si mettono insieme per svolgere una o pi fasi del ciclo produttivo, le aziende che producono lo stesso prodotto in concorrenza si mettono insieme per guadagnare e ridurre la concorrenza. Il franchising un contratto in cui c' un soggetto che possiede il marchio, il quale viene ceduto a una serie di soggetti che lo utilizzano sfruttandone limmagine. Infine, nelle aggregazioni a base patrimoniale vi la formazione del gruppo, in quanto queste aggregazioni si basano sullo scambio delle partecipazioni azionarie tra le due aziende, in particolare se si acquista la maggioranza delle azioni si riesce a configurare anche quello che il controllo dellaltra azienda. Definizione e caratteristiche dei gruppi Ci sono diverse definizioni che possono essere date di gruppi aziendali, nella sostanza esse possono essere ricondotte a tre in particolare. La prima definizione, pi restrittiva, affinch si possa parlare di gruppo necessaria la presenza di due condizioni: la prima, lesistenza di pi aziende con veste giuridica di societ, in particolare di capitali, dotate di una propria autonomia giuridica; la seconda, il legame finanziario rappresentato dal possesso, da parte di una societ del gruppo, della maggioranza o di una parte delle quote di capitale nelle altre combinazioni produttive che le consente di esercitare il potere di controllo e direzioni di queste. Questa prima definizione di tipo tradizionalista largamente accolta dalla migliore dottrina economico-aziendale. Una seconda definizione, pi ampia, fonda il concetto di gruppo sulla sola circostanza che unazienda possa esercitare su altre il potere di gestione, in altre parole che pi combinazioni produttive condividano lo stesso soggetto economico che impone le linee di governo comuni e ci indipendentemente dalla presenza di un rapporto partecipativo. Lultima definizione, ancora pi ampia, interpreta come gruppo qualsiasi aggregazione aziendale in cui le aziende sono collegate sia in maniera formale che informale, purch il loro legame sia pi forte rispetto ad un accordo di breve periodo. Per definire le condizioni per lesistenza di un gruppo dobbiamo analizzare lunica definizione pi restrittiva, cio la prima. I requisiti che devono manifestarsi per definire un gruppo sono: la pluralit dei soggetti giuridici, ovvero dalla presenza di pi aziende formalmente indipendenti; lunicit del soggetto economico, concentrando il potere di domino sullintero aggregato nella figura del s.e., sia esso una persona o gruppo di persone, consentendo di influenzare in maniera decisiva la loro politica di gestione attraverso lespressione di un'unica volont economica; controllo tramite la partecipazioni al capitale, partecipazione, che consente di esercitare il controllo di gestione sullazienda partecipata;infine la direzione unitaria, la quale necessita che il soggetto economico eserciti effettivamente le proprie prerogative su tutte le aziende partecipate. Per poter avere la formazione di un gruppo questi requisiti devono sussistere contemporaneamente. Struttura formale dei gruppi

Il mezzo caratteristico con il quale si costituiscono i gruppi aziendali in senso stretto il possesso delle partecipazioni di controllo da parte di una societ in altre societ. Al vertice sussiste quindi una capogruppo che fornisce le linee guida e gestisce le singole aziende in unottica unitaria. A seconda di come si manifesta il rapporto partecipativo abbiamo tre diversi tipi di strutture di gruppi: a struttura semplice, complessa e a catena. Ci in quanto le partecipazioni che legano le differenti societ di un gruppo sono: dirette, indirette e reciproche. Nei gruppi a struttura semplice le partecipazioni sono di tipo diretto, mentre nei gruppi a struttura complessa le partecipazioni sono di tipo indiretto o contemporaneamente diretto e indiretto. I gruppi a catena infine si fondano sulla presenza di partecipazioni reciproche. Una speciale categoria della struttura complessa sono i gruppi piramidali tipici del nostro Paese. Nella realt si trovano sempre pi spesso queste caratteristiche in un unico gruppo, si pu pertanto determinare un gruppo a struttura mista. Tipologie di gruppi aziendali possibile suddividere i gruppi aziendali in due categorie a seconda se si considerino le caratteristiche del gruppo o le attivit svolte dallo stesso. La classificazione basata sulle caratteristiche del gruppo evidenzia alcune caratteristiche pi formali, riguardante laspetto giuridico, piuttosto che quello operativo. Una prima classificazione in funzione della dimensione, individuando gruppi piccoli, medi e grandi. Avere una particolare dimensione comporta una serie di conseguenze e agevolazioni legislative, principalmente di natura fiscale, soprattutto per le aziende di elevata dimensione con un grande impatto occupazionale. Secondo la natura della capogruppo, i gruppi possono essere pubblici o privati. Ancora in funzione dellarea geografica di operativit abbiamo: gruppi locali, nazionali, internazionali, multinazionali e globali. Invece, secondo la classificazione basata sulle attivit svolte dal gruppo, abbiamo la distinzione tra: gruppi orizzontali, verticali e conglomerati; gruppi con holding pura e mista e tra gruppi finanziari, industriali e misti. La prima distinzione divide i gruppi in base al grado dintegrazione tra le diverse imprese facenti parte dellaggregato aziendale. I gruppi orizzontali si caratterizzano per il fatto che, tutte le aziende coinvolte appartengono al medesimo settore produttivo, svolgendo attivit analoghe se non addirittura uguali. Si tratta di gruppi specializzati in determinati settori di attivit economica. Questo tipo di gruppo a struttura orizzontale ha un vantaggio notevole per quello che riguarda la concorrenza con le altre imprese, di fatto, le aziende che svolgono la stessa attivit, sono acquistate, riducendo di conseguenza la concorrenza. Nei gruppi verticali, le diverse aziende, pur operando allinterno del medesimo settore, coprono fasi successive di un pi generale processo produttivo. IL vantaggio del gruppo verticale lintegrazione della capacit del valore, ovvero, il raggiungimento del massimo valore in tutte le fasi del ciclo di produzione. I gruppi conglomerati, invece, si presentano come un insieme variegato di aziende che operano in settori diversi, legate tra loro esclusivamente da un vincolo finanziario rappresentato dal legame partecipativo. Questo tipo di gruppo crea delle sinergie principalmente di natura fiscale e finanziaria portando a ottimizzare le tassazioni dei diversi paesi in cui opera. La seconda distinzione divide i gruppi secondo la tipologia di attivit svolta dalla capogruppo. Si parla di holding pura quando la capogruppo non svolge alcuna attivit operativa, ma si limita alla sola attivit finanziaria di gestione delle partecipazioni azionarie. La capogruppo chiamata, invece, holding mista quando, accanto alla gestione delle partecipazioni nelle altre aziende, svolge anche unattivit operativa. Infine abbiamo la divisione in gruppi a seconda del livello di complementarit tecnico-operativa tra le diverse aziende dellaggregato. Le aziende nei gruppi finanziari, anche se collegate attraverso le partecipazioni e la presenza di un soggetto economico unitario, che garantisce lunitariet dellindirizzo della gestione, svolgono attivit tra loro talmente differenti che risulta impossibile instaurare una collaborazione operativa tra loro. Questo tipo di gruppo finanziario presente nei gruppi con una struttura mista. Diversamente nei gruppi a struttura orizzontale o verticale troviamo il gruppo industriale. Nel gruppo industriale le diverse aziende sono legate tra loro, oltre che dalle partecipazioni, da vincoli di natura produttiva. Nella realt operativa difficile riscontrare un gruppo finanziario puro, perci pi corretto parlare di gruppi misti, in altre parole, gruppi che si caratterizzano per un eterogeneit di fonda ma, sono riscontrabili anche linee di omogeneit tra sottogruppi di aziende. Finalit economiche di un gruppo Le motivazioni che spingono le aziende a creare un gruppo sono molteplici e fortemente collegate alle caratteristiche del gruppo. Le finalit possono essere: la ristrutturazione aziendale, la riduzione di complessit dellazienda, la riduzione del rischio dimpresa, il conseguimento di economia di scala o scopo, aumentare la capacit di credito, lo sfruttamento della leva azionaria e di quella finanziaria e in ultimo il raggiungimento di finalit occulte. Durante la vita dellazienda non insolito che si debba procedere al riassetto della struttura operativa. In questottica entrano in gioco le ristrutturazioni aziendali, che consentono lo sviluppo dellunit produttiva, nonch la via obbligata per fronteggiare eventuali crisi effettuando lo scorporo della bad company dal gruppo. La seconda finalit, una delle pi importanti, la riduzione della complessit. La formazione del gruppo permetta di dotare i centri anche di autonomia giuridica e patrimoniale. Il legame partecipativo consente, la riunione sotto un unico soggetto economico di pi soggetti giuridici. In questo modo si attua la separazione fra la parte

operativa della gestione e quella strategia. Un altro fine la riduzione del rischio dimpresa. Il gruppo permette di frazionare il rischio ripartendolo su diverse entit giuridiche. La struttura del gruppo consente di conseguire due economie, quella di scala e di scopo. Le economie di scala sono i risparmi di costi connessi alla diminuzione dei costi unitari medi conseguiti allincremento delle dimensioni aziendali. La dimensione pi grande consente di ripartire su un numero maggiore di prodotti i costi fissi e avere cos una minore incidenza unitaria sul relativo costo di produzione. Quelle di scopo consentono di sostenere minori costi svolgendo in comune una pluralit di produzioni rispetto allipotesi di porre in essere le medesime separatamente. Il fatto di essere un gruppo migliora la capacit di credito bancario, ci in quanto, a quella della capogruppo, si deve aggiungere la capacit di ottenere finanziamenti da parte delle singole controllate, spesso rafforzate proprio dal fatto di appartenere a un gruppo di grandi dimensioni. Ancora unaltra motivazione che spinge le aziende a formare un gruppo lo sfruttamento della leva azionaria e finanziaria. Grazie alla leva societaria si ha la possibilit di esercitare il potere di direzione anche con una parte soltanto delle azioni, in particolar modo, quando il capitale e polverizzato. In concreto la struttura a gruppo consente al soggetto economico di estendere il proprio controllo su di una serie di attivit produttive, con investimenti inferiori a quelli che si renderebbero necessari nel caso di un'unica azienda indivisa. A questo effetto si associa lo sfruttamento della leva finanziaria, incrementando lindebitamento delle singole aziende del gruppo, il che consente unulteriore espansione delle fonti di finanziamento senza alterare i mezzi propri. Accanto a queste motivazioni, ritenute lecite, ve ne sono altre che non possono definirsi tali. In particolare, si va dalle finalit occulte a quelle contra legem. Un esempio di motivazione occulta la creazione di un gruppo per ridurre la trasparenza verso lesterno, al fine di usufruire di benefici di vario titolo attraverso una mimetizzazione giuridica di determinate realt operative. Tale mimetizzazione giuridica serve anche per localizzare determinate aziende in paradisi fiscali o in Paesi in cui il controllo contabile blando. Strategia Il concetto di strategia aziendale non presenta una definizione generalmente accettata. Il termine deriva dal greco antico che nella sua accezione originaria, riferita allarte della guerra, indica la conduzione delle forze armate da parte del generale. Oggi nellambito economico-aziendale, la strategia, rappresenta linsieme delle cose che lazienda deve fare, per il raggiungimento del successo. Essa pu essere da un lato linsieme degli obiettivi che lazienda tende a raggiungere e dallaltro pu essere considerata come il modo per raggiungere quegli obiettivi, applicando una serie di regole che teoricamente dovrebbero consentirle di raggiungerli. difficile arrivare a una definizione univoca di strategia, ma possibile evidenziare degli elementi comuni tra le diverse definizioni. Il primo elemento in comune la definizione di obiettivi di lungo termine, evidenziando una strategia pi ampia, principale e poi delle sottocategorie strategiche a breve raggio, coerenti con lindirizzo continuo dellazienda. Il secondo elemento la condivisione e la pervasivit nellazienda degli obiettivi strategici, cio la strategia non riguarda solo il vertice dellazienda ma lintero complesso aziendale. Il terzo punto, ancora, e la pianificazione e lo sviluppo di azioni dirette a orientare la gestione verso gli obiettivi e la creazione del valore, mettendo in luce, il fatto che, la strategia non solo un insieme didee, ma deve avere una base solida e rendersi concreto tramite la gestione dellazienda per il raggiungimento degli obiettivi fissati. Infine, lultimo elemento in comune lacquisizione e lallocazione delle risorse necessarie allazienda. Essendo la strategia alla base della nascita del fenomeno aziendale, essa non pu essere separata dallacquisto dei fattori, cio gli input, necessari per la concreta realizzazione della strategia. La strategia e la politica aziendale Lattivit direzionale e gestionale dellazienda comporta lassunzione di decisioni diversamente caratterizzate. Possiamo parlare di strategia ogni qual volta, lazienda, dovr stabilire i prodotti che intendono realizzare, la tecnologia che intende utilizzare, in quali mercati e/o settori operare, in che modo essa dovr confrontarsi con la concorrenza, e come dare attuazione alle diverse funzioni che compongono il circuito degli investimenti. Queste decisioni aziendali sono stabilite secondo un ordine gerarchico, organizzato su tre livelli. Al vertice della gerarchia si pongono le scelte di lungo periodo, quelle che per natura hanno un elevato grado di complessit e che non sono facilmente modificabili. Tali decisioni sono definite strategiche e si distinguono sia da quelle tattiche, che riguardano il modo di utilizzazione dei fattori della produzione, sia da quelle operative, necessarie per procedere alla concretizzazione della strategia aziendale. Bisogna per distinguere la strategia dalla politica aziendale, identificando due fasi, la nascita dellidea strategica e, laltra, dove queste idee prendono forma e si rendono concrete. Nella sua fase iniziale la strategia riguarda la definizione della missione aziendale e degli obiettivi strategici che si concretizzano con lidea imprenditoriale. Successivamente occorre esplicitare la strategia. Questa fase finalizzata a trasformare gli obiettivi strategici in indicazioni progettuali e comportamentali den definite, in altri termini supporta il management aziendale nello sviluppo dei processi decisionali, sia nelle fasi di formulazione, sia dimplementazione delle strategie da intraprendere. Le politiche aziendali, successivamente, consentono la traduzione degli

obiettivi strategici in decisioni di governo. La politica va intesa come insieme organico di decisioni, di obiettivi e azioni che si concretizzano in singole aree funzionali dellaziendali al fine di attuare la strategia aziendale. Evoluzione degli studi sulla strategia Nella realt delle imprese spesso accade che le strategie emergano sulla base dellorganizzazione, come risposta a eventi imprevisti. Affinch una strategia si realizzi, necessario che siano rispettate almeno tre condizioni: devono esserci state delle precise intenzioni nellimpresa, articolate in modo dettagliato; le intenzioni esplicitate devono essere comuni a tutti gli attori; e che tali intenzioni devono risultare realizzate esattamente come erano state concepite. La formazione di una strategia inizia in un primo momento con lintenzione strategica, che lassunzione, da parte dellalta direzione, di un disegno di sviluppo dellimpresa fondato su un sistema di obiettivi particolari in grado di orientare le successive decisioni. Dopo lintenzione strategica vi la strategia decisa, che coincide con quella parte, pi o meno ampia, dellintenzione strategica che la valutazione degli aspetti interni allimpresa e di quelli ambientali mostra conveniente sviluppare, dopo averne rimosso laltra parte. Arrivando a quella strategia effettiva, cio quella realizzata, che pu essere definita come il percorso compiuto da unimpresa storicamente determinato, individuato ex-post dalla sequenza di decisioni e di azioni effettivamente attuate nonch dai risultati via, via raggiunti. Tale strategia definisce quindi il percorso strategico dellimpresa. La formula strategia e i livelli di strategia (strategia di corporate e business) Lazione strategica si lega a doppio filo al processo di governo dellazienda, per mezzo del quale il sistema delle idee prende forma e si materializza nei fatti e delle operazioni dando vita alla struttura e i processi di funzionamento dellazienda stessa. Possiamo distinguere due strategie aziendali una di corporate e una di business. Le strategie di corporate sono quelle che caratterizzano lazienda nella sua sistematicit e complessit. Nella sua realt oggettiva, lazienda, rappresenta la materializzazione del sistema delle idee. Nel sistema delle idee, si forma lidea dimpresa che prende forma e si articola nella formula strategica attuale. La formula strategica costituisce, infatti, ci che lazienda , nonch lo schema e il modello dello generale funzionamento dei suoi processi gestionali. Parallelamente allazione tesa a ottimizzare il funzionamento della formula strategica attuale, lazienda, progetta e concepisce anche la formula strategica del domani, nonch i sistemi e i tempi atti ad assicurare nel modo pi efficace ed efficiente il cambiamento di stato. Per capire le strategie di corporate possibile schematizzare lanalisi nel convincimento che lazienda, nella sua sistematicit, definisce una proposta competitiva e una sociale. La prima rivolta allambiente competitivo nel quale prevede di operare, la seconda che interessagli attori sociali e la comunit di riferimento, anchessa articolata in sottoinsiemi che nel loro complesso definiscono il sistema degli stacheholders. Le scelte strategiche possono essere schematizzate in quattro strategie principali, da compiersi a livello di azienda: le strategie sociali, economico finanziarie, organizzative e di portafoglio. Per realizzare la propria proposta competitiva e sociale, lazienda, organizza e combina una serie di risorse, componendo in processi una serie di attivit. Tutte queste azioni strategiche sono analizzate da una prospettiva dindagine economico-finanziaria. Questa prospettiva economico-finanziaria pu essere interpretata con un duplice significato. Il primo rappresenta, la chiave di lettura al sistema della bont della proposta competitiva e sociale, resa attuabile da una adeguata strutturazione e organizzazione delle risorse e delle competenze. La seconda, invece, si focalizza sul reperimento e sulla remunerazione delle fonti di finanziamento, e ha come obiettivo la ricerca della migliore struttura finanziaria dellazienda. Queste tre scelte strategiche determinano la strategia di portafoglio, che esplicita il numero di ASA presenti nella mia azienda. LASA lacronimo di area strategica di affari. Essa rappresenta lelemento costitutivo di ogni formula strategica, si qualifica per una combinazione prodottomercato-tecnologia che identifica un sottoinsieme aziendale strategicamente rilevante e relativamente autonomo. Si tratta dellarea competitiva dotata di autonomia strategica, allinterno della quale lazienda opera strategicamente al fine di pervenire a posizioni di vantaggio. Il vantaggio competitivo, infatti, rappresenta una superiorit quali - quantitativa nello svolgimento dei processi gestionali dai quali derivano prodotti altrettanto superiori rispetto a quelli dei concorrenti, percepiti come tali dai clienti che per questo assicurano un ritorno economico-finanziario adeguato. Queste strategie sono sviluppate a livello corporate, ossia a livello del sistema dazienda, perch solo tramite una visione completa possibile leggere e sviluppare sinergie di natura operativo - caratteristica, finanziarie o fiscali. Le strategie di portafoglio, a livello corporate, definiscono in quale o quali aree di business lazienda intende competere e, collegandosi sistematicamente alle altre strategie di corporate, qualificano la distribuzione delle risorse e le relazioni sinergiche tra le diverse ASA. Le strategie di business, invece, hanno come obiettivo privilegiato quello di governare il come competere allinterno del business. La scelta di come competere allinterno di un business dipende, in larga parte, dalle caratteristiche del settore e dalle forze che in esso operano. Esistono molti modelli e strumenti per analizzare un settore o raggruppamento competitivo, ma il modello oggi pi diffuso denominato delle cinque forze, al quale si associa la scelta di due strategie di base: la prima chiamata leadership di

costo, che pone lazienda in una posizione di vantaggio sul versante del costo; e laltra definita differenziazione o leadership di qualit. La prima si ottiene quando limpresa riesce a organizzarsi e a dare vita a modelli gestionali tali per cui i suoi costi cumulativi per generare tutte le attivit generatrici di valore sono pi bassi di quelli dei suoi concorrenti. Questo tipo di strategia conferisce allazienda la capacit di sfruttare processi diversi e meno costosi, cos che riesce a ottenere margini operativi complessivi pi alti rispetto a quelli del settore. Daltra parte, la strategia di differenziazione mira a generare una superiorit dei margini operativi complessivi sfruttando i caratteri di significativa superiorit, fisico-tecnica o simbolico emotiva, dei prodotti offerti al cliente. In virt di tale unicit e superiorit del prodotto i clienti sono disposti a offrire prezzi maggiori. Oggi sempre di pi, a causa della competizione nei mercati globali sempre pi estenuante, le aziende devono cercare di unire le due strategie per essere pi competitive e superare la concorrenza, offrendo prodotti di qualit a un costo contenuto. Strumenti delle strategie Tra gli strumenti maggiormente utilizzati per valutare la bont della formula strategica necessario ricorrere alle matrici. Si soliti individuare due dimensioni strategicamente rilevanti che vanno a costituire gli assi della matrice, al cui interno si forma larea utilizzata per lanalisi della validit della formula strategica o della strategia. La matrice, come strumento, utilizzata in ambito strategico, tanto per valutare la bont della formula strategica, quanto per specifiche strategie di corporate o di ASA. Tra le matrici pi note e utilizzate vi sono quelle che associano, come due principali metodi dimensionali di analisi, le dimensioni del posizionamento competitivo e quella dellattrattivit del business. Il sistema delle operazioni aziendali La gestione lattivit di amministrazione economica di tutti gli accadimenti concorrenti al fine dellazienda. Lattivit posta in essere dalle aziende si realizza attraverso una sequenza ordinata di operazioni di gestione svolte da diversi soggetti per raggiungere, con lattivit produttiva, le finalit aziendali. Lincessante interazione delle differenti attivit di produzione disegna un sistema di operazioni aziendale, che prendono vita dai fattori della produzione, che compongono la struttura dellazienda, la cui opportuna combinazione genera le dinamiche degli andamenti economici, finanziari, tecnici, patrimoniali e organizzativi. Lattivit dellazienda si compone di un insieme dinamico di operazioni, coordinate in un sistema, al fine di ottenere unattivit economica in grado di soddisfare le finalit per le quali lazienda nasce. Tale attivit dellazienda si compone di un insieme dinamico di operazioni, coordinate in un sistema, al fine di ottenere unattivit economica capace di soddisfare le finalit per le quali lazienda nasce. Secondo una prospettiva di analisi oggettiva si riscontrano tre momenti tipici della gestione, riconducibili alle: operazioni di approvvigionamento delle risorse produttive; operazioni di combinazione-trasformazione delle risorse procacciate e operazioni di collocamento di beni- servizi realizzati mediante lattivit economica posta in essere. Parallelamente allaspetto oggettivo, laspetto soggettivo, della gestione aziendale, caratterizzato dalla componente umana grazie alla quale avviene lattivazione dei processi rientranti nellaspetto oggettivo. Lamministrazione economica dellazienda si compone, dunque, delle attivit volte alla combinazione delle risorse economiche utili alla produzione e delle attivit volte alla composizione delle forze interne ed esterne allazienda, siano esse positive o negative. Le risorse Nella concezione degli economisti classici, le risorse sono individuate come i beni e i servizi utilizzabili per la produzione. Secondo tale prospettiva sono risorse: quelle naturali, il capitale, il lavoro e la terra; astratte, il tempo e il sapere. Leconomia aziendale considera rilevanti solo le risorse limitate nella quantit e nella loro accessibilit come il lavoro e il capitale. Laspetto quantitativo affidato alla rilevazione che utilizza il metro della moneta per ricondurre a grandezze comparabili e omogenee i fattori che partecipano al processo produttivo. Per leconomia aziendale non sono fattori della produzione le risorse naturali liberamente disponibili, poich non avendo un valore monetario, non modificano la ricchezza dellazienda. Invece, sono considerati fattori produttivi le risorse il cui valore monetario oggettivamente imputabile poich scaturente da uno scambio di mercato e le risorse il cui valore monetario quantificabile attraverso un processo di stima non opinabile. I fattori della produzione I fattori produttivi costituiscono gli elementi fondanti che rendono possibile alle aziende la realizzazione della produzione di beni o servizi. Essi caratterizzano la struttura patrimoniale e tecnica dellazienda, dalle modalit della loro interazione e organizzazione dipendono in larga parte i risultati dellattivit aziendale. Per leconomia classica i fattori produttivi sono: la terra, riferibile allinsieme delle risorse ritrovabili in natura e partecipanti al processo di produzione; il capitale, il quale fa riferimento allinsieme dei beni e dei servizi che lazienda acquisisce per lutilit economica che essi generano partecipando

al processo produttivo; e il lavoro, riferito alle diverse tipologie di prestazioni e servizi derivanti dallutilizzazione delle risorse umane. Tra questi sono definiti originari il capitale e il lavoro in quanto fattori presenti in natura, ma ottenibili a titolo oneroso. A ogni fattore corrisponde un costo dacquisto che rappresenta, nellambito delleconomia aziendale, un requisito necessario affinch una risorsa generica possa essere identificata come fattore produttivo. In termini pi specifici, al costo del fattore e al relativo processo di scambio corrisponde un sacrificio di mezzi monetari che lazienda disposta a sostenere e che consente di misurare lutilit economica del fattore. Per generare utilit economica occorre che lazienda vincoli a se i vari fattori integrandoli opportunamente nella combinazione produttiva tale che possa remunerare i sostenuti oneri di acquisto dei vari fattori mediante il successivo collocamento dei prodotti ottenuti sui mercati. Classificazione dei fattori produttivi Sul paino della classificazione dei fattori produttivi si possono adottare differenti prospettive. Una prima prospettiva distingue i fattori produttivi in funzione della durata dellutilizzazione nel processo, identificando due categorie: i fattori produttivi pluriennali(a fecondit ripetuta), cos denominati in quanto permangono a disposizione dellazienda per una pluralit di cicli cedendo gradualmente utilit che contribuisce al processo di produzione e conservando le proprie caratteristiche funzionali. Essi progressivamente ritornano in forma di mezzi monetari in modo indiretto, cio successivamente alla collocazione sul mercato dei prodotti realizzati con il loro contributo; i fattori produttivi correnti(a fecondit semplice), i quali sono impiegati irreversibilmente una sola volta nel ciclo produttivo. Mediante il processo di trasformazione, questi fattori, divengono parte dei prodotti destinati alla vendita, nel breve termine, dopo aver collocato questi prodotti sul mercato, il valore dei fattori correnti ritorna direttamente in azienda sottoforma di mezzi monetari. In una seconda prospettiva i fattori possono essere divisi anche in base alle modalit di partecipazione al processo produttivo. In questo senso si definiscono come fattori generici, i mezzi monetari e finanziari utilizzati per acquisire beni economici e tecnici da usare nel processo produttivo. Si definiscono, invece, fattori specifici, quando si tratta di beni e servizi che lazienda pu utilizzare direttamente per la realizzazione di prodotti o servizi. Una terza prospettiva quella legata alla tangibilit dei fattori che distingue questi ultimi a secondo della loro natura di beni(fattori materiali) o servizi(fattori immateriali). Negli ultimi anni, caratterizzati dalla rapidit dei processi dinnovazione, il ruolo dei fattori immateriale stato evidenziato come determinante per disporre di competenze distintive mediante cui realizzare un vantaggio competitivo aziendale. Lultima prospettiva considera la provenienza esterna o interna dei fattori. In generale i vari fattori produttivi provengono dallambiente esterno, mediante lacquisizione sui relativi mercati dietro cessioni di mezzi monetari. In alternativa i fattori possono avere unorigine interna allazienda nei casi di particolari beni, quali le immobilizzazioni tecniche, strumentali alla realizzazione dei prodotti destinati alla vendita. Fattori produttivi a fecondit ripetuta I Ffr sono parte del capitale fisso aziendale e possono avere sia natura materiale sia immateriale. Essi cedono la propria utilit economica in pi cicli produttivi, ai quali partecipa mantenendo inalterate le sue caratteristiche tecniche. Ogni Ffr legato a tutti i prodotti che si possono ottenere per mezzo della sua utilizzazione. Questi come i fattori a fecondit semplice generano un costo. In particolare i Ffr in relazione alla durata di vita nei processi produttivi, separano il costo unitario in quote di costo comune a pi esercizi. Queste quote di costo sono attribuite sulla base del contributo dato dal fattore alla realizzazione delle attivit produttive. Nel corso del tempo, mediante la collocazione dei prodotti sui mercati, si pone in essere il graduale processo di recupero degli investimenti effettuati nellacquisizione dei Ffr. Questo recupero possibile in quanto i beni o servizi realizzati con quei fattori, sono locati sul mercato con un prezzo rimuneratore. Tali fattori caratterizzano la struttura patrimoniale e tecnica aziendale specie nelle aziende industriali, dove gli investimenti in capitale fisso sono notevoli. Dato il pluriennale periodo entro il quale i Ffr rilasciano la loro utilit e di conseguenza il lento recupero di questi investimenti, essi determinano una rigidit della struttura produttiva aziendale, che la rende vulnerabile in caso di sollecitazioni al cambiamento e allinnovazione determinate dallambiente esterno. Oltre ad una maggiore rigidit, essi si caratterizzano per il maggior rischio che determinano per lazienda, poich espongono questultima allincertezza di rientrare dal recupero dei mezzi monetari investiti per cause sia interne, che esterne allazienda. Sul piano dellorigine, i Ffr possono essere: acquisiti da fornitori terzi, prodotti internamente e apportati dai soci in fase di costituzione della societ. Questi tre casi implicano differenti problematiche di determinazione e stima dei valori, poich oltre ai costi di acquisizione, i Ffr sono condizionati nella vita fisica ed economica da altri costi come: i costi di manutenzione ( interventi ordinari per garantire lefficiente funzionamento dei fattori) e ampliamento (interventi radicali finalizzati ad aumentare la capacit produttiva). I Ffr, in particolare, materiali sono caratterizzati da tre elementi quali il dimensionamento, la flessibilit/elasticit e la specializzazione. I Ffr concorrono nel determinare la dimensione della capacit produttiva aziendale e, quindi, la struttura dei costi fisi aziendali. La flessibilit e lelasticit rappresentano le potenzialit degli impianti di variare le proprie modalit

applicative. La flessibilit riguarda la capacit di variare la tipologia di lavorazioni realizzate. Lelasticit, invece, riferita alla capacit di variare il volume di produzione conservando inalterata la convenienza economica della produzione. Infine la specializzazione riguarda la dedizione esclusiva dei Ffr allo svolgimento di specifiche operazioni, finalizzate alla realizzazione di specifici prodotti o fasi di lavoro. Macchine o attrezzature svolgono operazioni ripetitive generalmente meno complesse e in grado di generare pi limitati costi unitari, in particolare su elevati volumi produttivi. Obsolescenza Lobsolescenza un fenomeno che colpisce notevolmente i Ffr, che limita la capacit del fattore di partecipare in modo economicamente valido allo svolgimento del processo produttivo. Lobsolescenza un fenomeno di natura economica che pu colpire le strutture operative e cio gli investimenti di cui lazienda dispone e, in generale, tutte le condizioni economiche legate alla sua attivit produttiva. In particolare, lobsolescenza, pu colpire: la struttura organizzativa dellazienda, con riferimento alle competenze e alle conoscenze dei singoli dipendenti; la struttura operativa, relativamente ai fattori della produzione; e i beni/servizi prodotti dallazienda, quando non sono pi in grado di soddisfare economicamente i bisogni umani. Lobsolescenza ha due origini. La prima di tipo interno ed indicata come obsolescenza tecnica o senescenza, essa causa lesaurimento delle potenzialit produttive del fattore che non pi in grado di svolgere adeguatamente la propria funzione. La seconda origine di tipo esterno ed indicato come obsolescenza tecnologica. Essa deriva dal processo tecnologico e scientifico che determina lintroduzione nellambiente di riferimento e ladozione da parte dei concorrenti di nuovi fattori e processi produttivi generatori di risultati economici superiori. Questa superiorit consente di ottenere vantaggi di diverso tipo, tali da assorbire i maggiori costi delle innovazioni contenute nei nuovi fattori produttivi. In questo caso lobsolescenza tecnologica ha un effetto diretto nel determinare la durata economica del fattore, definita come il periodo entro il quale lazienda ottiene positivi contributi economici dal fattore. Lobsolescenza economica dei fattori per gli aziendalisti un fenomeno relativo, in quanto nessun bene obsoleto in assoluto, perch bisogna considerare due elementi il primo sono le funzioni duso e laltro landamento del mercato. Per ridurre questo fenomeno bisogna orientarsi verso una produzione flessibile che riesca a modificarsi in conseguenza degli stimoli di cambiamento dallambiente esterno. Fattori produttivi a fecondit semplice I Ffs sono quei fattori produttivi che esauriscono la loro utilit economica in un unico ciclo produttivo. Questi fattori possono essere sia materiali, sia immateriali. Inoltre, essi fanno parte del capitale circolante aziendale. In particolare i Ffs materiali utilizzati nellesercizio compaiono tra i costi desercizio, mentre la parte di fattori non impiegata nei cicli produttivi o impiegata in cicli ancora non conclusi, compaiono tra le rimanenze. A differenza dei Ffr, essi sono definiti portatori di un minor rischio per lazienda in quanto, si realizzano direttamente sui mercati finali mediante la vendita dei beni in cui sono incorporati, rientrando sotto forma di mezzi monetari nelle disponibilit dellazienda nel breve periodo. Circuito della produzione Lattivit economica svolta dallazienda rappresentata mediante il sistema delle operazioni, che a sua volta pu essere indagato attraverso lanalisi dei processi aziendali. Il sistema delle operazioni aziendali articolato in tre sub-sistemi riferiti ai processi di: approvvigionamento dei fattori produttivi, produzione e collocamento dei beni e servizi realizzati. I tre subsistemi sono tra loro connessi secondo una logica ciclica e sequenziale. Senza lapprovvigionamento delle risorse utili al processo produttivo, lazienda non pu attivarla sua attivit economica, e raggiungere il fine ultimo di soddisfare i bisogni umani. Per tale motivo si parla di circolarit delle operazioni aziendali. Nella prima fase di approvvigionamento lazienda acquista i fattori produttivi a fecondit semplice e ripetuta, sostenendo dei costi che sono manifestazioni dinvestimenti. In questa fase, lazienda, deve relazionarsi con diversi mercati autonomi, partendo dal mercato dei capitali, poi quello del lavoro e successivamente quello dei beni e servizi. Lazienda deve collocarsi simultaneamente su tutti questi mercati cercando fattori produttivi specifici al costo pi basso possibile. In tutti i circuiti della produzione, se osserviamo la prospettiva economico-finanziaria, nella fase di approvvigionamento, le imprese per acquistare i fattori sostengono un costo. Il costo una V.E. - , in altre parole il sacrificio di ricchezza necessario per godere dellutilizzo esclusivo di quel fattore produttivo. Questo costo calcolabile secondo due variabili: la quantit dei fattori acquistati e il prezzo di tali fattori. Il costo totale sostenuto dato dal prodotto di prezzo per quantit. Lacquisto dei fattori osservabile secondo due aspetti quello finanziario e quello economico. Laspetto finanziario genera unuscita monetaria, dovuto al movimento in uscita del denaro, il quale genera un costo, dovuto al sacrificio di ricchezza investita che laspetto economica. La combinazione produttiva il complesso di operazioni con natura, intensit e complessit diverse, attraverso cui si utilizzano i fattori produttivi acquisiti per realizzare beni e servizi oggetto dellattivit produttiva. Tale fase rappresenta un elemento di differenzazione dalle altre, poich sono atti di gestione interna che si esauriscono nel processo di trasformazioni. Proprio per questo per noi la fase

meno visibile del circuito. La funzione produttiva assume un ruolo di rilevanza allinterno dellazienda data lincidenza che la medesima ha su tutte le altre funzioni aziendali. In questa fase le aziende effettuano il processo di trasformazione dei beni. La trasformazione pu essere: fisico-tecnica, ovvero la trasformazione dei fattori produttivi in output aventi diverse caratteristiche e funzioni degli input; nel tempo e nello spazio. Possiamo avere tre tipologie di processo produttivo classificati in base a due variabili:la produttivit, definito come il flusso di beni che si intende raggiungere o quello effettivamente raggiunto in un determinato periodo di tempo; e la variet effettiva o potenziale della produzione, definita come il numero di famiglie di prodotti diversi che limpresa in grado di realizzare nello stesso intervallo di tempo. Le tre tipologie sono: produzioni unitarie, produzioni di piccole e medie serie e produzioni continue. Nelle produzioni unitarie, dove lazienda ha sovente caratteristica di azienda artigiana, loutput risulta un prodotto unico e personalizzato in base alle specifiche richieste del cliente per effetto dellelevata flessibilit produttiva. Lazienda che utilizza questo tipo di produzione intende realizzare una strategia di business, cio quella della leadership di qualit(differenziazione). Nelle produzioni di piccole e medie serie risulta necessario, per far fronte alla variet richiesta dal mercato, di impianti aventi flessibilit tecnica, ovvero la capacit tecnico-funzionale di passare dalla produzione di una determinata famiglia di prodotti ad unaltra in tempi contenuti e costi limitati. Infine le produzioni continue sono generalmente realizzate in impianti molto complessi e di grandi dimensioni, il cui esercizio deve essere svolto in continuo senza interruzioni per non perdere produttivit. Le aziende che attuano questo tipo di produzione realizzano unaltra strategia di business, ovvero quella della leadership di costo. Il terzo momento della gestione aziendale rappresentato dai processi di collocamento dei prodotti finiti sui mercati di sbocco,che consente la remunerazione delle risorse monetarie investite. Lelemento economico-finanziario che caratterizza il processo di vendita sono i ricavi che rappresentano la valorizzazione dei prodotti, generati dalla combinazione produttiva, sulla base di un prezzo rimuneratore. Tale prezzo deve consentire allazienda, tramite il surplus di ricchezza creata, di recuperare gli investimenti dei fattori produttivi acquisiti nella prima fase, in modo da riavviare nuovamente il circuito della produzione. Come per i costi i ricavi totali sono dati dal prodotto di prezzo per quantit di prodotti venduti. Anche la vendita osservata secondo laspetto finanziario ed economico. Laspetto finanziario di questoperazione di gestione genera unentrata di mezzi monetari allinterno dellazienda, che consentono il recupero della ricchezza investita che laspetto economico. Oltre a queste aziende che vendono i prodotti finiti a un prezzo rimuneratore, vi un altro tipo di azienda che colloca i propri servizi mediante processi di erogazione non a un prezzo rimuneratore ma a una tariffa solitamente politica. Le fonti di finanziamento Le fonti di finanziamento sono la quantit di mezzi monetari di cui necessita lazienda per avviare il circuito della produzione. In base ai diversi soggetti che apportano il denaro allinterno dellazienda, classifichiamo le fonti in interne ed esterne. La fonte interna unica sidentifica nell'autofinanziamento, cio quel processo di aumento del capitale connesso allaccantonamento di ricchezza prodotta e non distribuita allesterno sotto forma di dividendi. Esso una fonte interna, in quanto, si tratta di ricchezza auto-prodotta dalla gestione aziendale. Le aziende tendono sempre pi a massimizzare lautofinanziamento come fonte interna per due motivi: il primo, strategico, poich laumento dellautofinanziamento genera una maggiore autonomia dellazienda nei confronti dei soggetti che lhanno creata; e il secondo, economico, in quanto risulta essere una fonte di finanziamento particolarmente conveniente rispetto alla ricerca di fonti esterne sul mercato pi onerose. Invece, le fonti esterne nei mezzi reperiti al di fuori dellazienda siano essi conferiti sotto forma di capitale proprio o di debito. Nelle aziende non si pu trovare come fonte di finanziamento solamente lautofinanziamento, poich esso si genera dopo la chiusura del primo circuito della produzione, che per essere avviato necessita delle fonti di finanziamento esterne. Le fonti di finanziamento esterne sono due: il primo, sono i finanziamenti a titolo di capitale di rischio vincolati in modo permanete allazienda; e il secondo, sono i finanziamenti a titolo di credito che dovranno essere rimborsati ai finanziatori. I finanziamenti a titolo di rischio, sono le fonti derivate dal capitale conferito che indica le risorse apportate dagli investitori in periodi differenti della vita aziendale col vincolo di pieno rischio. Questi mezzi finanziari nelle societ di capitali prendono il nome di capitale sociale. Esso la fonte di finanziamento primaria dellazienda, in alcuni casi stabilit per legge una soglia minima, per avviare lattivit aziendale. Le aziende non possono vivere soltanto con lapporto dei mezzi propri ma necessitano di un ulteriore flusso di finanziamento proveniente da terzi soggetti che conferiscono mezzi con vincolo di debito. Questi terzi soggetti nonostante investano mezzi finanziari nellazienda non ne acquisiscono la propriet e non partecipano al rischio aziendale. Le differenze tra le due fonti di finanziamento esterne sono quattro: il vincolo di restituzione, la scadenza, i soggetti finanziatori e il rischio remunerazione per tali soggetti. La prima differenza tra le due fonti consiste nel vincolo di restituzione del finanziamento, in quanto il capitale di credito prestato dai soggetti finanziatori dovr essere restituito, in particolare, il momento della restituzione giuridicamente previsto da un contratto stipulato tra lazienda e il soggetto. Diversamente il capitale proprio, definito come fonte di finanziamento a lungo termine, non ha un termine di restituzione, di fatto tale capitale resta durevolmente nelle disponibilit dellazienda, il quale viene restituito solo

alla fine della vita aziendale. La seconda differenza la scadenza, gi messa in luce, che evidenza come la restituzione del capitale di credito prevista giuridicamente, mentre nellaltro caso solo eventuale. La terza, differenzia le due fonti esterne in base ai soggetti che apportano i finanziamenti allazienda. Il capitale proprio apportato esclusivamente dai proprietari dellazienda, mentre il capitale di credito pu essere apportato da una molteplicit di soggetti, tra cui anche i soci proprietari dellazienda. Essi apportano il capitale a titolo di credito quando lazienda non riesce a reperire liquidit sui mercati di capitali, tale investimento risulta un vantaggio per i soci poich non si sottopongono al rischio dimpresa. Tali finanziamenti non possono superare una certa soglia. Lultima differenza il rischio di remunerazione del capitale. Il capitale proprio una fonte a pieno rischio, in quanto si sottopone sia al rischio dimpresa che di rimunerazione. Il rischio dimpresa si traduce in un rischio capitale, in ragione della perdita parziale o totale del capitale investito. A fronte di questo rischio, lazienda si sottopone a una remunerazione incerta e variabile, in relazione al possibile non conseguimento degli utili e del capital gain atteso. Diversamente il capitale di credito una fonte a rischio limitato, in quanto richiede lobbligo di remunerazione, con riferimento agli interessi passivi maturati, e lobbligo di rimborso a scadenza del capitale, indipendentemente dallandamento economico e finanziario della gestione. Anche se il rischio per tale capitale minimo, non vuol dire che nullo, in quanto se lazienda dovesse fallire i sottoscrittori del debito perderebbero tanto il flusso reddituale connesso agli investimenti quanto il capitale investito. Circuito dei finanziamenti Dal circuito della produzione possibile estrapolare i flussi finanziari dellazienda, cio quelli riguardanti landamento del denaro, osservando che il circuito dei finanziamenti si caratterizza per due sotto circuiti, quello dei finanziamenti attinti e concessi. Il circuito dei finanziamenti attinti pu essere con vincolo del capitale di propriet o di prestito. Il primo circuito dei finanziamenti attinti con vincolo del capitale di propriet caratterizzato da un andamento che va dalle entrate alle uscite. Come prima fase del circuito i soci o azionisti apportano denaro allazienda, generando unentrata di denaro, necessaria per effettuare gli investimenti. Dopo aver effettuato gli investimenti, il denaro attinto come capitale proprio dovr essere restituito chiudendo il circuito. La restituzione del capitale avviene periodicamente, tramite i dividendi, cio quella parte di utile distribuita in quota parte ai soci, durante larco temporale della vita aziendale, in proporzione alle quote di capitale possedute da questultimi. E alla fine del circuito quando vi la restituzione integrale del capitale di propriet conferito dai soci alla nascita, in tale situazione non si determina una sola uscita di denaro, ma anche, la fine della vita stessa dellazienda. Proprio perch questo il circuito pi lungo di tutti, poich dura esattamente in proporzione alla vita dellazienda. Il secondo circuito quello dei finanziamenti attinti con vincolo di capitale di prestito, il quale ha lo stesso andamento del primo, esso infatti genera prima un entrata e poi un uscita di denaro. La differenza una sola, in quanto anche in questo circuito lazienda va sul mercato di capitali, generando un entrata di denaro, questa per misura la nascita di un debito di finanziamento, siccome sono flussi monetari prestati da terzi. Questo circuito rispetto a quello di prima pi breve, poich vi per contratto una scadenza di restituzione del finanziamento. La restituzione di tale finanziamento comprensiva dellimporto nominale pi gli oneri passivi che matureranno in proporzione al capitale concesso, come costo delloperazione. Con la restituzione si ha luscita di denaro, di conseguenza si estingue il debito e avr la fine del circuito. Anchesso come il primo ha andamento opposto a quello della produzione che va dalle uscite alle entrate. Diversamente dai circuiti dei finanziamenti attinti dove lazienda va sul mercato per reperire flussi monetari nel circuito dei finanziamenti concessi come prestito a terzi, lazienda, concede finanziamenti a terzi. Infatti, landamento di questo circuito opposto ai primi due, caratterizzandosi prima per unuscita e poi unentrata. Vi in primo luogo la concessione dei finanziamenti ai terzi. Lazienda chiude questo circuito quando vi la restituzione del capitale prestato comprensivo del valore nominale del finanziamento pi i proventi del prestito, corrispondenti ai ricavi delloperazione. Relazione tra circuito degli investimenti e dei finanziamenti Classificando i circuiti in base al loro andamento dei flussi monetari distinguiamo: il circuito dei finanziamenti, che comprende i due sotto circuiti dei finanziamenti attinti; e il circuito degli investimenti, che comprende i sotto circuiti della produzione e dei finanziamenti concessi. Lazienda, per avviare il circuito degli investimenti ha bisogno del capitale fornito dal circuito dei finanziamenti. Si determina un equilibrio dinamico e circolare in cui da un lato si genera denaro e dallaltro sinveste. Il compito del circuito degli investimenti di spendere bene il denaro ricevuto dal circuito dei finanziamenti, affinch le varie scelte gestionali realizzate in esso siano in grado di determinare un ritorno pi che proporzionale delle somme spese. Tale ritorno dovr essere, inoltre, il pi veloce possibile in termini temporali e il pi ampio possibile in termini quantitativi. Una pre-condizione dellequilibrio generata dal ritorno monetario finale che deve essere superiore allinvestimento iniziale e tale risultato una conseguenza del prezzo rimuneratore con cui saranno collocati sui mercati i beni realizzati dallazienda. Il compito, invece, del circuito dei finanziamenti di far affluire, in tempo utile, al circuito degli

investimenti la quantit di denaro necessaria per avviare la produzione aziendale, assorbendo, poi, da questo il denaro generato al termine del processo produttivo per restituirlo, nel mercato dei capitali, ai soggetti che hanno inizialmente apportato risorse finanziarie. Si evidenzia unulteriore relazione tra i due circuiti in quanto sia il profilo temporale che economico devono essere soddisfatti simultaneamente per garantire lequilibrio. Pu dirsi che il circuito dei finanziamenti apporta i capitali necessari al circuito degli investimenti, il quale li riconsegna, al termine del suo ciclo, nuovi capitali al circuito dei finanziamenti, affinch questo possa nuovamente riavviare il proprio andamento allinfinito per tutta la durata della vita aziendale. Fabbisogno finanziario Lelemento centrale dei circuiti il raggiungimento di un utile, cio un reddito positivo che permetta il ritorno dei mezzi monetari investiti per riavviarli. Invece, se risulta un reddito negativo, derivante da una condizione di disequilibrio, vi il mancato ritorno degli investimenti effettuati. In questa situazione lazienda per portare i circuiti in equilibrio pu ridurre gli investimenti oppure aumentare il fabbisogno finanziario. La prima una risposta di lungo periodo, rivolta a far fronte a un problema strutturale dellazienda, mentre la seconda una risposta di breve periodo, poich lo squilibrio finanziario, derivante dalla non correlazione tra scadenza e durata, genera costi di capitale elevati, in grado di distruggere il valore creato nel circuito degli investimenti. Le aziende pi frequentemente tendono ad aumentare il fabbisogno finanziario. Esso si distingue in fabbisogno finanziario complessivo e fabbisogno finanziario residuale. Il primo rappresenta il totale dei mezzi finanziari di cui necessita lazienda per i suoi investimenti. Il fabbisogno finanziario residuale, invece, sintende il totale dei mezzi finanziari di cui necessita lazienda per i suoi investimenti (FFC), al netto (meno) dei normali recuperi che gi si verificano nellattivit di gestione(copertura naturale degli investimenti). Osservando alcune relazioni che legano il fabbisogno residuale ai circuiti dellazienda, avremo che questultimo aumenta se: aumentano gli investimenti programmati o aumentano i crediti sia di finanziamento che di funzionamento. evidente che pi lazienda investe maggiori saranno le necessit di cui dovr disporre. Inoltre, se si concedono maggiori dilazioni di pagamento ai clienti (sia commerciali sia finanziari), i ritorni dei flussi monetari tarderanno a riaffluire allazienda, determinando la necessit di disporre di ulteriori mezzi per far fronte alle spese correnti. Viceversa il fabbisogno finanziario residuale si riduce se aumenta la velocit di circolazione degli investimenti. Tale velocit definita come la capacit temporale di un investimento a ritornare in forma liquida. Ad esempio un Ffs avr una velocit di circolazione maggiore rispetto a un Ffr perch baster per il suo recupero monetario integrale un solo circuito della produzione. Invece il Ffr genera un fabbisogno finanziario maggiore. Il fabbisogno finanziario residuale, dunque, varia in funzione al tipo dinvestimento realizzato, del settore in cui opera, del business specifico e cosi via. Crediti e debiti di funzionamento e finanziamento Le aziende sono alimenta teda un flusso di finanziamenti che provengono da terzi soggetti che conferiscono mezzi con vincolo di debito. I debiti e i crediti possono essere di finanziamento e di funzionamento o regolamento. I primi derivano da operazioni che comportano direttamente unentrata monetaria, mentre quelli di funzionamento nascono a seguito di dilazioni commerciali ottenute nellambito delle operazioni di acquisto e vendita dei diversi fattori produttivi. I debiti e i crediti di finanziamento son riconducibili a operatori specializzati in servizi di prestiti di denaro, e dallazienda che presta denaro, mentre i crediti e i debiti di funzionamento sono correlati a soggetti che assumono la qualifica di venditori e fornitori di beni e servizi. I debiti di finanziamento in particolare possono essere classificati utilizzando diversi criteri: la durata, dividendo in debiti di breve o lungo periodo; il soggetto finanziatore, distinguendo tra debito verso mercato monetario e finanziario, debito bancario in senso proprio e debiti verso organismi finanziari non bancari; e il costo delloperazione che strettamente correlato al lintensit del rischio, e li possiamo dividere in garantiti e non garantiti. La garanzia per il finanziatore rappresentata dalla solvibilit del debitore. Il capitale Il capitale definito come linsieme delle attivit e delle passivit che caratterizzano la struttura dellazienda. Le attivit corrispondono allinsieme dei beni di cui dispone lazienda per avviare la sua attivit produttiva. Le passivit, invece, rappresentano tutti i debiti, accesi per finanziare linvestimento, che lazienda dovr restituire. Il capitale possiede tre caratteristiche fondamentali: dinamicit, strumentalit e complementariet economica. Il capitale dinamico, in quanto ogni operazione di gestione determina una variazione sul capitale. Il capitale strumentale, in quanto assume un valore finch impiegato nellattivit dellazienda con determinate finalit, atte a sviluppare lidea di business dellazienda. Collegata alla strumentalit del capitale, vi , la complementariet, cio linterazione di tutti gli elementi del capitale, cio linterazione degli uomini che forma il capitale con le proprie idee e le cose che formano il capitale materiale con il quale gli uomini

devono interagire. In base al tempo in cui si osserva il capitale, esso pu assumere tre configurazioni diverse: capitale economico, di funzionamento e di liquidazione. Il capitale di liquidazione il valore che pu essere assegnato al capitale di unimpresa nella fase di cessazione dellattivit per liquidazione dellattivo e del passivo (vendendo separatamente i componenti attivi del capitale ed estinguendo i debiti residui). Il valore di tale capitale solitamente molto basso, poich i beni perdono il vincolo della complementariet. Diversamente dal capitale di liquidazione, quello di funzionamento ed economico si riscontrano durante la normale vita dellazienda. Il capitale economico rappresenta il valore attuale di tutto il flusso dei redditi che limpresa presume di realizzare in futuro. Il calcolo di questo capitale unoperazione straordinaria, che si effettua quando si vende o compra unazienda. Il capitale economico il valore pi altro che pu assumere il capitale. La determinazione del capitale economico si realizza mediante lattualizzazione dei flussi di reddito attesi futuri, a un adeguato tasso per un certo periodo di tempo. Il calcolo di questo capitale pu avvenire con due metodi: il caso della rendita perpetua e quella limitata nel tempo. La prima abbia Ce(capitale economico)= R(reddito medio previsto)/i(tasso di capitalizzazione stabilito in base al rischio). Il secondo caso, invece, Ce = R(1+i)-1/i(1+i). corrisponde al numero di anni futuri che lazienda prevede. Il capitale di funzionamento o capitale di bilancio, rappresenta il valore delle attivit e delle passivit dellazienda secondo una logica di normale funzionamento. Esso determinato per individuare il reddito di competenza di un periodo della vita aziendale. Il capitale di funzionamento si divide in netto e lordo. Il capitale di funzionamento netto esattamente quella parte delle attivit che residua allimpresa dopo aver soddisfatto gli impegni assunti. Mentre, quello lordo dato dalla somma di tutte le attivit dellazienda. Abbiamo diverse ipotesi di calcolo del capitale di bilancio, effettuando: una stima corretta, una sottostima, una sovrastima e lannacquamento. Con la stima corretta il capitale di funzionamento netto dato dalla somma del capitale di conferimento pi gli utili messi a riserva. In questo caso si creano tra il capitale di bilancio netto e il capitale economico delle riserve potenziali, ovvero, una serie di caratteristiche positive dellazienda che le consentiranno in futuro di creare ricchezza. A seconda della stima con la quale valuto le mie attivit e passivit posso determinare una sottostima del capitale netto di funzionamento o una sovrastima. In particolare, sottovalutando le attivit e sopravvalutando le passivit. Nel caso della sottostima si formano delle riserve occulte, mentre nel caso della sovrastima sono spostate una parte delle potenzialit inespresse, future, dellazienda, al presente. Tali stime sono frutto di una differente strategia di business che lazienda intende conseguire. Infine nellultimo caso il capitale netto di bilancio portato al pari del capitale economico, tale stima non ragionevole, ancorch scorretta, in quanto si realizza una manovra di annacquamento del capitale, spostando una serie di utili futuri e incerti al presente facendo trasparire un capitale non integro, bens fumoso. Il reddito Secondo larco temporale di riferimento distinguiamo un reddito totale e uno di periodo. Il reddito totale lincremento o decremento che il capitale di rischio ha subito per effetto di tutte le operazioni compiute durante la vita dellimpresa. Invece, il risultato economico del periodo , quella grandezza, positiva o negativa, che si ottiene dalla somma algebrica dei valori assegnati ai fattori produttivi impiegati nel processo di produzione economica con quelli attributi ai proventi derivanti dal disinvestimento della produzione realizzata. Il reddito totale pu essere calcolato con tre metodi: quello patrimoniale, reddituale e finanziario. Il primo pu essere determinato come differenza tra il valore del capitale restituito ai soggetti inizialmente conferenti il capitale di rischio e il valore dei conferimenti iniziali, aumentata dei prelevamenti e diminuita dagli ulteriori conferimenti intervenuti durante dal vita dellazienda. Rt=Cf- Ci. Dalla definizione si evince come con tale metodo risulti difficile calcolare il reddito totale, poich il Ci certo, mentre il Cf potrebbe non esserci mai, in quanto lazienda non muore mai. Il secondo metodo pu essere determinato come la differenza tra la sommatoria di tutti i ricavi e la sommatoria di tutti i costi manifestatisi nel periodo di vita dellazienda. Rt= ricavi- costi. Questo secondo metodo pu essere utilizzato solo se si verificano, tutti, questi presupposti: lattivit dimpresa deve essere completamente cessata, tutti i crediti e i debiti siano stati regolati, non vi siano rischi in corso o perdite future e infine che il potere dacquisto della moneta non abbia subito variazioni. Questo metodo neppure pu essere utilizzato in quanto, lultimo presupposto non pu mai essere soddisfatto, poich il tasso dinflazione della moneta, anche se minimo, c sempre. Lultimo metodo di calcolo del reddito totale pu essere determinato come la differenza tra la sommatoria delle entrate e la sommatoria delle uscite che si sono verificate durante lintero arco di vita aziendale, con esclusione di quelle relative al capitale di rischio. Rt=entrate monetarie-uscite monetarie. Anche questultimo metodo per essere utilizzato necessita che si verifichino dei presupposti: che il capitale iniziale sia stato conferito in denaro, che non siano stati effettuati altri conferimenti n rimborsi del capitale di propriet e che non sia stato effettuato alcun prelievo di reddito. Anche questo metodo impossibile da utilizzare , in quanto difficile se non addirittura impossibile trovare unazienda in cui i soci non abbiano effettuato prelievi di reddito. Il reddito totale per quanto espressione teoricamente corretta del risultato unitario conseguito dallazienda nella sua intera vita , tuttavia, di scarsissimo interesse sul piano operativo. Si rende necessario spezzare artificiosamente il flusso continuo della vita aziendale, individuando opportuni periodi amministrativi di una certa durata nei quali scomporre la vita aziendale.

Questo periodo amministrativo coincide con lanno solare, in Italia, in particolare va dal 1 gennaio al 31 dicembre. Il reddito di periodo diversamente da quello totale serve: per verificare le strategie aziendali adottate, esso il principale indicatore di performance dellazienda;per stabilire un limite di prelievo di ricchezza da parte dei proprietari; per fornire informazioni ad interlocutori esterni; per ottemperare agli obblighi di legge in materia di redazione dei bilanci e per ottemperare agli obblighi fiscali, gli ultimi tre sono obblighi di legge atti a dare informazioni ad interlocutori esterni allazienda. Il reddito desercizio una costruzione contabile , esso viene fuori in base allapplicazione dei principi di prudenza e competenza. Il principio di competenza per la determinazione del reddito desercizio Il reddito desercizio si calcola attraverso lapplicazione del principio della competenza economica. Si tratta di un principio di coerenza logica tra tutti i valori che compongono la tavola del reddito attraverso il quale si possono individuare i componenti positivi e negativi di pertinenza dellesercizio del quale si vuole determinare il risultato economico, distinguendoli da quelli che, invece, non devono essere inclusi nel calcolo in quanto pertinenza di altri esercizi. Esistono due differenti logiche con le quali tale principio pu essere applicato. Con la prima, i costi e i ricavi di competenza di un certo periodo sono quelli ascrivibili ai processi produttivi avviati in virt delle iniziative assunte dallazienda, sebbene, alla chiusura dellesercizio, essi non siano stati ancora completati. Con tale impostazione evidente che i ricavi gi conseguiti e i costi gi sostenuti devono essere integrati con i ricavi e i costi che si prevede di conseguire e sostenere in futuro relativamente ai processi gi avviati. Con la seconda di tali logiche sono considerati di competenza i costi e i ricavi che si riferiscono ai processi produttivi compiuti nellesercizio considerato, con la precisazione che si ritengono tali soltanto i processi produttivi che si sono chiusi con il conseguimento dei ricavi, sempre che siano state effettuate nel periodo stesso, da parte dellazienda, anche le relative prestazioni. Il principio di competenza si scompone in due sotto principi: il principio della realizzazione dei ricavi, relativo ai ricavi finanziariamente conseguiti per i quali sia stata effettuata la relativa prestazione da parte dell'impresa; il principio dellinerenza dei costi, riguardante i costi relativi alle prestazioni effettuate. I ricavi, possono essere riconosciuti quando si verifichi almeno una delle seguenti due condizioni: il processo produttivo dei beni o dei servizi stato completato; lo scambio gi avvenuto, si cio verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di propriet. Tale momento convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o dal momento in cui i servizi sono resi e sono fatturabili. I costi devono essere correlati ai ricavi dellesercizio. Tale correlazione costituisce un corollario fondamenta del principio di competenza, esprimendo la necessit di contrapporre ai ricavi dellesercizio i relativi costi siano essi certi che presunti. Questa correlazione si realizza: per associazione causa ed effetto tra costi e ricavi; Per ripartizione dellutilit o funzionalit pluriennale su base razionale e sistematica. Lesempio tipico rappresentato dallammortamento; per imputazione diretta di costi al conto economico dellesercizio o perch associati al tempo o perch sia venuta meno lutilit o la funzionalit del costo. In particolare quando: i costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilit gi nellesercizio stesso o non sia identificabile lutilit futura; non sia pi identificabile lutilit futura o funzionalit di costi che erano stati sospesi in esercizi precedenti; lassociazione causa effetto su base razionale e sistematica non siano di sostanziale utilit. Per arrivare al reddito di periodo devo individuare i costi e i ricavi di competenza, attraverso lapplicazione del principio di competenza. Una volta identificati costi e ricavi, passo alla loro quantificazione, una volta saputo il loro ammontare, effettuo una correlazione tra i costi e i ricavi, ottenendo il risultato desercizio. Se tale risultato positivo, avremo un utile, se negativo avremo una perdita. Attraverso lapplicazione del principio della competenza economica si evince come non tutti i costi e i ricavi conseguiti in un periodo, cio che hanno avuto manifestazione finanziaria, sono di competenza, ai fini della determinazione del reddito desercizio. In particolare i fattori produttivi, a fecondit semplice o ripetuta, ancora utilizzabili per ottenere prodotti vendibili, cos come i prodotti ottenuti ma non ancora venduti rappresentano alla fine di un periodo il complesso dei beni e delle utilit economiche di cui limpresa dispone per svolgere i processi produttivi di periodi futuri. Operazioni con il problema della competenza economica Abbiamo due famiglie di costi e ricavi di competenza classificati in base alla v. f.: la prima sono costi e ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria, ma non sono di competenza e la seconda sono costi e ricavi che non hanno avuto manifestazione finanziaria e sono di competenza. Nella prima classificazione ci saranno: le rimanenze di fattori e di prodotti e i risconti sia attivi sia passivi. I costi e i ricavi che non sono di competenza, faranno parte di esercizi futuri, vanno iscritti nello stato patrimoniale. Le rimanenze di fattori produttivi non generano costi di competenza, poich tali fattori conservano una propria utilit residua, di fatti essi non sono costi ma investimenti, cio costo in attesa di realizzo. Laltra tipologia, cio i risconti attivi e passivi, si hanno quando vi un ricavo o costo anticipato, nel caso del risconto passivo io avr un ricavo anticipato che essendo non di competenza andr nello stato patrimoniale nelle passivit, diversamente il risconto attivo andr sempre nello stato patrimoniale ma nelle attivit. Laltra tipologia comprende: costi e perdite future presunte, fatture da emettere e

da ricevere e ratei attivi e passivi. Nonostante in questi casi la v. f. non si sia verificata abbiamo dei costi e dei ricavi di competenza come tali iscritto nel conto economico. Costi e perdite futuri presunte Le perdite future presunte sono elementi del capitale aziendale e nella fattispecie delle attivit del capitale. Tali attivit perdono di valore subendo una svalutazione. Invece, i costi futuri presunti hanno natura economica in senso stretto, i quali hanno una duplice caratteristica: di essere futuri, cio che hanno il problema di determinare la competenza, cio si verificano in un esercizio e sono o possono essere di competenza di un altro esercizio; e presunti, cio sono valori soggettivi frutto di calcolo di stime interne allazienda. Queste operazioni hanno valore soltanto allinterno dellazienda. La caratteristica fondamentale dei costi e delle perdite future presunte quella di essere dei ratei o risconti, non in senso stretto poich non quantificabili attraverso una formula certa basata sul tempo, bens in senso lato, proprio perch non essendo calcolati con una formula precisa essi, non sono certi. Pi precisamente i risconti in senso lato attengono al principio della prudenza, mentre il rateo in senso lato consiste in perdite e costi futuri presunti. Lelemento che ci permette di calcolate il rateo in senso lato la stima del rischio aziendale cui sottoposta quella specifica operazione che genera il costo o la perdita futura presunta. Il sinonimo di ratei passivi e il costo dintegrazione, chiamato cos perch la caratteristica fondamentale di questi valori e che non avendo avuto una V.F., essi, non sono contabilizzati nel nostro bilancio desercizio, per secondo il principio di competenza, fanno parte della determinazione del reddito desercizio e devono essere aggiunti al totale dei costi e ricavi di competenza. Laggiungere questi valori ai costi e ricavi gi di competenza determina lintegrazione. Abbiamo due elementi che mette insieme i costi e le perdite future presunte: il primo elemento lincertezza riguardante il manifestarsi della V.F. ; la seconda che incerto anche il valore di questi fatti di gestione. Infatti, il calcolo di tali operazioni solo presunto frutto di stime soggettive. Il principio di prudenza Per la determinazione del reddito di periodo occorre lutilizzo di un ulteriore principio oltre a quello di competenza, quello di prudenza. Esso, come quello di competenza, si applica al 31/12, al termine dellesercizio. La sua applicazione rivolta alle operazioni in corso, cio una serie di fatti di gestione che riguardano attivit e passivit del capitale, che hanno origine in un esercizio e fine in un esercizio futuro. Le operazioni, interessate dallapplicazione di tale principio, sono: le rimanenze finali di materie prime, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finti e merci. Il valore di tali beni e servizi, che rappresenta, contemporaneamente, una delle poste attive del capitale di bilancio e un componente positivo del reddito, funzione dei ricavi futuri che da essi, una volta completati i cicli produttivi, potranno derivare. A queste operazioni, al termine dellesercizio, possono essere assegnati due valori differenti, cio il valore di costo e quello di presumibile realizzo. Il principio di prudenza necessario per la determinazione del valore unico di queste poste contabili. Il valore di costo o costo storico, rappresenta il valore di acquisto di un fattore produttivo, mentre il valore di presumibile realizzo o valore di mercato il valore legato al prezzo che si presume di poter realizzare dalla vendita di un bene in rimanenza. Possono presentarsi due possibili situazioni a seconda che i valori di presumibile realizzo siano inferiori o superiori al costo. Se i prezzi di presumibile realizzo dei beni in rimanenza sono superiori al costo di acquisto o di produzione, sindividua unarea di valori ragionevoli compresa tra un limite superiore rappresentato dai prezzi di presumibile realizzo e un limite inferiore rappresentato dal costo. Quando, invece, il prezzo di presumibile realizzo si prospetta inferiore al costo, scompare la fascia dei valori ragionevoli e tale prezzo costituisce lunico possibile valore da assegnare ai processi in corso, poich valori superiori, ancorch pari al costo, non sono in questo caso realizzabili. Definita larea di valori ragionevoli assegnabili alle operazioni in corso di svolgimento alla chiusura dellesercizio, occorre individuare attraverso il principio di prudenza quale di essi preferibile utilizzare. Possono prospettarsi due diverse ipotesi valutative a seconda di come applico tale principio: una ispirata al reddito realizzabile e laltra al reddito realizzato. Secondo la diversa ipotesi di applicazione del principio di prudenza, di determiner un utile maggiore o minore. Poich se scelgo valori di realizzo, sposto utili futuri dal futuro al presente, mentre se scelgo quello di costo sposto una quota di utili dal futuro al presente. Principio di prudenza per il reddito realizzato Una prima ipotesi di valutazione dei processi in corso di svolgimento ispirata alla determinazione del reddito realizzato, ossia di quel reddito conseguito e distribuibile con il minor rischio di compromettere lintegrit del capitale. Il reddito realizzato introduce nel processo valutativo il principio di prudenza, secondo la quale i valori da assegnare alle attivit sono scelti in corrispondenza dei pi bassi tra quelli ragionevoli, ossia pari al costo, poich hanno maggiori probabilit di verificarsi. Secondo tale logica, gli utili futuri presunti, che potrebbero derivare dalla vendita dei prodotti e dei servizi a un prezzo pi elevato rispetto al costo, non sono anticipati e saranno di pertinenza del periodo nel quale sono realizzati attraverso il reale conseguimento dei ricavi. Al contrario, laddove il prezzo di realizzo sia previsto in misura inferiore al costo,

la scelta del valore pi basso determina lanticipazione a carico del periodo considerato delle perdite anche se soltanto probabili. Si pu affermare che in base al principio della prudenza si devono far partecipare alla determinazione del risultato economico dellesercizio le perdite anche se soltanto temute, mentre non si devono considerare i ricavi se soltanto sperati. Lutilit di tale impostazione evidente, nel caso in cui non si facessero partecipare alla formazione del reddito dellesercizio le perdite temute, il risultato economico rischierebbe di essere sopravvalutato con la conseguente possibilit di distribuire utili non effettivamente realizzati. Principio di prudenza per il reddito realizzabile La seconda ipotesi di valutazione dei processi in corso di svolgimento ispirata alla determinazione del reddito realizzabile. In questa prospettiva, i valori assegnati ai processi in corso, e di conseguenza al reddito di periodo, pure restando sempre allinterno di uno spazio di valori ragionevoli, non saranno attribuiti nel rispetto della prudenza come detto per il reddito realizzato. I valori dei processi in corso saranno allineati con il relativo valore di presumibile realizzo. Secondo questa ipotesi di valutazione le attivit sono valutate ai valori correnti e le passivit al valore di presunta estinzione. Adottando tale impostazione il reddito di periodo include non solo le perdite attese ma anche gli utili attesi sui processi in corso, ecco perch si passa a una concezione di reddito realizzabile. Questa prospettiva non comporta lautomatica esclusione del principio di prudenza, bens una sua diversa interpretazione. Autofinanziamento Lautofinanziamento uno dei modi di copertura del fabbisogno finanziario generato dalla gestione. Tale fenomeno pu essere osservato da due punti di vista, quello finanziario e quello economico. Secondo il primo punto di vista, quello finanziario, lautofinanziamento la fonte di finanziamento interna necessaria per migliorare lequilibrio finanziario dellazienda senza il ricorso a terzi. Dal secondo punto di vista, invece, distinguiamo due origini delautofinanziamento: uno dai ricavi e laltro dai costi. Lautofinanziamento da ricavi, rimuneratori, da origine a un utile, il quale se reinvestito nellazienda rappresenta una vera e propria fonte di finanziamento interna, poich lazienda si rende in tal modo autonoma. Lautofinanziamento da costi, ha origine da quei costi che hanno competenza economica ma non hanno avuto manifestazione finanziaria. Rispetto a queste due origini si pu far riferimento a due accezioni di autofinanziamento, una in senso stretto, e unaltra in senso ampio. Lautofinanziamento in senso stretto rappresenta proprio la quota di utile di esercizio conseguita dallazienda. Tale autofinanziamento, a seconda se lutile reinvestito nei processi aziendali o meno, pu essere in senso statico o in senso dinamico. In particolare quello in senso statico riguarda il risparmio di utili netti, attuato sia in modo palese, facendo trasparire lutile nel bilancio, sia in modo occulto attraverso la forte applicazione del principio di prudenza, cio sopravvalutando le passivit e sottovalutando le attivit. In senso dinamico, invece, riguarda il flusso di utili conseguiti sia riaffluito allesterno per remunerare il capitale di propriet sia mantenuti nellimpresa. Lautofinanziamento in senso ampio comprende al proprio interno quello in senso stretto pi lautofinanziamento da costi. Tali costi che compongono appartengono a due categorie definite come capitale autogenerato e rigenerato. Il capitale rigenerato rappresenta il reintegro della ricchezza investita nei Ffr. In altre parole lammortamento una fonte di autofinanziamento in senso ampio, poich la quota di costo che incide negativamente sul reddito non rappresenta unuscita di denaro, di conseguenza vi un risparmio di risorse che genera autofinanziamento da costi. Oltre allammortamento bisogna considerare allinterno del capitale rigenerato anche le perdite future presunte che possono intaccare il capitale investito. Tale capitale si chiama rigenerato poich si ottiene dalla rigenerazione dellinvestimento effettuato. Il capitale autogenerato, invece, pu essere distinto in due componenti. La prima la copertura dei costi futuri presunti, cio tutti quei costi che sono di competenza, calcolati in base al rischio, e a quali non corrisponde manifestazione finanziaria. Questa prima componente del capitale ha una natura temporanea, poich le risorse finanziarie che coprono tali costi restano a disposizione dellimpresa fino al momento in cui si avr leventuale uscita di denaro. La seconda componente lutile di periodo costituita dagli utili conseguiti che sono destinati ad essere distribuiti ai soci o accantonati a riserva. Questa seconda componente ha in parte una natura temporanea e in parte una natura permanente. Infine, lautofinanziamento in senso ampio dato dalla somma del capitale rigenerato che comprende al proprio interno le perdite future presunte e il reintegro della ricchezza dei Ffr e il capitale autogenerato che comprende i costi futuri presunti e lutile di periodo. Il break even point Il break even point rappresenta il punto di pareggio tra i costi e ricavi, osservando una serie di condizioni che ci permettono di evidenziare un equilibrio economico minimo. I costi si classificano in: fissi, variabili e semivariabili. I costi fissi sono quei costi che non variano al variare del volume produttivo. Invece i costi variabili sono quelli legati in maniera direttamente proporzionale al volume produttivo. Quelli semivariabili sono dei costi che in un primo intervallo possono essere fissi ma, superato tale intervallo, essi diventano variabili. In assoluto non esistono costi variabili o fissi, ma esistono solo in una certa

area di rilevanza. I costi totali sono la somma dei costi fissi e quelli variabili. Il punto di pareggio il punto in cui a quel certo volume della produzione i costi totali eguagliano i ricavi. Lutile dato dalla differenza della pendenza della curva dei costi totali con quella pi alta dei ricavi. I ricavi sono il prodotto di prezzo per quantit. I break even point si calcola con la formula Q1= CF/ (p-c), dove (p-c), rappresenta il margine di contribuzione, cio la pendenza della retta che ci d la differenza tra i costi totali e i ricavi. Oltre al punto di pareggio il break even point ci permette di calcolare attraverso lo spostamento di alcune variabili, anche lutile o il prezzo unitario dei prodotti venduti. Il break even point evidenzia il punto di fuga, cio il punto minimo di convenienza a restare in quel mercato. Il break even point evidenzia anche lautofinanziamento e il capitale autogenerato dallazienda. La contabilit generale Le prime formule di misurazione sistematiche si sono sviluppate con la rilevazione contabile dei fatti di gestione che va sotto il nome di contabilit generale. Nellambito del sistema informativo aziendale la contabilit generale, rappresenta il fulcro di un insieme di rilevazioni finalizzate alla misurazione e al controllo degli accadimenti aziendali verso il conseguimento degli obiettivi. La contabilit generale linsieme dei procedimenti informativi che utilizza lo strumento contabile e il metodo della partita doppia per: rilevare in maniera continua i movimenti finanziari della gestione; e seguire sistematicamente gli andamenti economici generali della gestione misurati da quelli finanziari, con rettifica periodica dei valori relativi al reddito e al capitale di funzionamento nelle sintesi di bilancio ai fini civilistici e gestionali. Loggetto della contabilit il sistema delle operazioni di gestione, da un lato, il reddito desercizio e il collegato capitale di funzionamento, dallaltro; mentre gli obiettivi fondamentali sono il controllo continuo dei movimenti finanziari ed economici a livello complessivo aziendale e la determinazione periodica del capitale di funzionamento e del reddito di esercizio. In unaccezione pi evoluta il controllo considerato come meccanismo operativo di guida ex ante delle operazioni aziendali verso il conseguimento degli obiettivi. In questa prospettiva alla contabilit generale si uniscono altri strumenti di misurazione e informazione che vanno sotto il nome di contabilit direzionale. Il concetto di contabilit direzionale si collega a esigenze di conoscenza che lalta direzione deve acquisire allo scopo di avviare e sviluppare il processo delle decisioni che a essa competono. La contabilit direzionale comprende: la contabilit analitica, un insieme di operazioni finalizzate alla determinazione dei valori e risultati che si riferiscono a dimensioni particolari della gestione aziendale; lanalisi di bilancio, si tratta di una metodologia di analisi a consuntivo dei valori di bilancio finalizzata alla comprensione dello stato di salute dellazienda mediante la costruzione di indici basati sul confronto tra voci o aggregati dello stato patrimoniale e del conto economico; il budget, si tratta di un sistema di documenti mediante il quale ogni azienda definisce gli obiettivi che intende perseguire nel breve periodo normalmente un anno oppure, di lungo periodo solitamente tre/cinque anni; infine il reporting, si tratta di un sistema di documenti mediante il quale lazienda formalizza i risultati conseguiti e li comunica allinterno dellorganizzazione affinch vengano prese le opportune decisioni. I conti Il conto lo strumento fondamentale della rilevazione contabile che consente di serbare memoria dei fatti di gestione, rappresentando le variazioni di un oggetto chiamato oggetto di conto. Il conto rappresentato da una tabella a due sezioni, una chiamata dare e laltra avere. Inserire un valore nella sezione dare, si dice addebitare il conto. Invece, inserire un valore nella sezione avere, si dice accreditare il conto. Introdurre il primo valore nel conto rappresenta la sua apertura. La differenza tra i valori positivi e i valori negativi del conto, si chiama saldo. Quando un conto presenta valori di dare superiori ai valori di avere, si dir che quel conto ha eccedenza dare, viceversa si dir che il conto avr eccedenza avere. Il saldo va inserito nella sezione opposta a quella delleccedenza per pareggiare le sezioni, tale pareggio rappresenta la chiusura del conto e tale conto si dice spento. Infine, i conti abitualmente movimentati sia in dare che in avere, come quelli finanziari, si dicono conti bifase; mentre quelli che accolgono normalmente valori solo in una sezione, come quelli di reddito, sono chiamati unifase o monofase. In Italia il modello dinterpretazione adottato detto sistema del reddito che contiene il metodo della partita doppia. Si tratta, di prendere in considerazione solo i fatti di gestione esterna e di osservarli sotto due aspetti quello finanziario ed economico. Per questo noi abbiamo due serie di conti: i conti finanziari, i quali accolgono le variazioni nella massa del denaro a disposizione dellazienda; quelli economici, che accolgono le cose, cio il valore assegnato ai beni e servizi. I conti finanziari: in dare sono segnate le entrate, cio gli aumenti di denaro e crediti (V.F. +); mentre in avere le uscite, cio le diminuzioni di cassa e laumento dei debiti (V.F. -). I conti di reddito, invece: in dare i costi, cio le acquisizioni di beni e servizi (V.E. -); mentre in avere i ricavi, cio le cessioni di prodotti e servizi (V.E. +). La rilevazione dei fatti di gestione si effettua nel momento della variazione finanziaria. Tale momento coincide con quello della fatturazione per ragioni di praticit fiscale; altrimenti si sarebbe costretti a tenere una contabilit civilistica diversa da quelli ai fini IVA. Poich questultima prevede la registrazione dei fatti di gestione nel momento della fatturazione. La scelta della manifestazione

finanziaria per rilevare le operazioni di gestione, in un pagamento a dilazione, contabilmente, da luogo allinsorgere di un debito, che poi sar spento attraverso una permutazione finanziaria, cio attraverso unoperazione che riguarda soltanto laspetto finanziario e non anche quello reddituale della gestione. Attraverso i conti finanziari e reddituali possiamo rappresentare contabilmente la maggior parte dei fatti di gestione, ma rimangono scoperti i fatti riguardante il capitale netto. Per questo vi sono anche i conti di capitale. Tali conti sono movimentati in avere in caso di incremento dei mezzi propri e in dare quando il capitale netto diminuisce. La natura dei conti I conti hanno una doppia natura, unoriginaria e laltra derivata. Un primo schema di classificazione della natura dei conti fu dato da Zappa che imposto come conti con natura originaria i conti numerari comprendenti le liquidit e i crediti e debiti di funzionamento. Mentre i derivati erano i conti reddituali comprendenti costi e ricavi e i crediti e debiti di finanziamento e i conti di capitale. Una classificazione della natura dei conti un po pi recente ma non quella utilizzata attualmente quella di Caramiello che impostava come conti con una natura originaria sempre quelli numerari con liquidit e crediti e debiti di funzionamento, la differenza sta nei derivati che divideva in conti economici di costi e ricavi e quelli di capitale che oltre al capitale comprendevano i crediti e debiti di finanziamento. Lo schema utilizzato oggi quello di Amaduzzi che impostava come conti con natura originaria quelli finanziari comprendenti le liquidit e i crediti e debiti sia di finanziamento sia di funzionamento, mentre nei derivati vi sono i conti economici costi e ricavi e il capitale. Strumenti per la rilevazione contabile Per effettuare le registrazioni contabili occorre disporre di due strumenti, il piano dei conti e i registri contabili. Il piano dei conti una lista in ordine alfabetico che raccoglie tutti i conti che possono essere utilizzati dallazienda in quellesercizio. Tale piano formulato in base alle esigenze della singola azienda. Questo piano inoltre classifica i conti in base ad una codificazione numerica o alfanumerica, necessaria per la corrispondenza biunivoca tra il conto e loggetto del conto. Laltro strumento sono i registri contabili che consentono di ricordate tutte le operazioni effettuate dallazienda. Il primo la prima nota, la quale non un vero proprio registro contabile e non obbligatorio. Essa ha una forma libera che non segue le regole della partita doppia, che utilizzata per registrare gli estremi della documentazione giustificativa delle rilevazioni successive (ad esempio n. fattura, intestatario della stessa, ecc.). Il secondo il libro giornale che a differenza della prima nota un registro obbligatorio sia nella forma che per contenuto. Esso rileva i fatti di gestione secondo un criterio cronologico;questo significa che i fatti di gestione sono rilevati, in successione, giorno per giorno, secondo il momento della loro manifestazione finanziaria. Infine lultimo il libro mastro, che anchesso un libro obbligatorio, il quale rileva i fatti di gestione in modo sistematico, cio in ragione degli effetti che il fatto ha sul sistema di valori aziendale. In sostanza il libro mastro non altro che linsieme dei mastri, cio dei conti, che sono utilizzati in contabilit. Le regole della partita doppia 1. In ogni istante, il totale di tutti gli importi iscritti in dare coincide con il totale di tutti gli importi iscritti in avere; 2. In ogni istante, il totale dei saldi di dare uguale al totale dei saldi in avere; 3. Se, in un certo momento, tutti i saldi di dare si epilogano nella sezione dare di un conto e tutti i saldi di avere si epilogano nella sezione avere dello stesso conto, tale conto si spegne. Le fasi della contabilit Le diverse scritture contabili si differenziano solo per la data in cui esse si verificano. Le scritture di apertura hanno una data figurativa fissata l'1/1, esse aprono i conti portando il saldo nella sezione di riferimento. I conti aperti in questa data sono quelli che hanno dentro valori positivi, cio possiedono ancora utilit, per cui le scritture di apertura riguardano solo i conti patrimoniali. Dopo quelle di apertura, abbiamo le scritture continuative che si svolgono durante tutto lesercizio. Esse non hanno una data prestabilita, poich la loro data coincide con la rilevazione della manifestazione finanziaria generata dalloperazione. Queste scritture sono le pi diffuse in quanto rappresentano tutti i fatti di gestione dellazienda. Poi abbiamo le scritture di assestamento la cui data convenzionale il 31/12. Esse sono utilizzate per lapplicazione dei principi di prudenza e di competenza, infatti, non seguono la manifestazione finanziaria ma solo la competenza economica. Con queste scritture si vuole arrivare al calcolo del reddito di periodo e del capitale di funzionamento. Per poterlo fare bisogna spezzare il costo rilevato in sede di scritture continue in due pezzi: i costi desercizio, che misurano il valore delle risorse che sono state consumate nel corso del periodo amministrativo; e i costi sospesi, cio quelli sostenuti anticipatamente rispetto al loro utilizzo. Si tratta di beni acquistati durante questo o precedenti esercizi ma che non sono stati ancora consumati del tutto; Il primo dovr essere riportato nel conto economico, mentre laltro nello stato patrimoniale. Le scritture di

assestamento si dividono in scritture di rettifica e dintegrazione. Le prime consentono di rinviare al futuro componenti di reddito non di competenza, mentre le seconde anticipano al presente componenti di reddito di competenza ma non ancora rilevate. Al termine delle scritture di assestamento si conosce lesatta consistenza dei valori finanziari e si procede alla redazione di una nuova situazione contabile, dove i saldi dei conti rettificati e integrati nel corso dellassestamento saranno pari ai valori dellinventario. Si riepilogano a questo punto i conti nei prospetti di bilancio. Ci avviene mediante un processo, quello delle scritture di chiusura articolato in tre fasi_ riepilogo dei conti di reddito accesi ai costi e ricavi desercizio in conto economico; chiusura del conto economico e determinazione del reddito di esercizio; riepilogo dei conti rimasti aperti a stato patrimoniale. Lultimo passaggio dunque consiste nella sola determinazione dellutile o della perdita, chiudendo cosi il conto economico. E fatto questo si passa alla chiusura dei conti rimasti aperti a stato patrimoniale, si pu redigere il bilancio. Scritture di rettifica Le scritture di rettifica rinviano al futuro costi e ricavi che si sono gi manifestati sotto il profilo finanziario, e quindi sono stati gi rilevati, ma non sono di competenza dellesercizio. Nellaambito di queste scritture si considerano le rilevazioni concernenti lammortamento, le rimanenze di merci e i risconti attivi e passivi. Lammortamento Lammortamento un procedimento economico-contabile avente per oggetto i beni a fecondit ripetuta. Attraverso lammortamento il costo pluriennale di tali beni viene ripartito in pi esercizi in funzione della loro durata economica. Gli ammortamenti possono essere di diversa natura. Solitamente per le immobilizzazioni materiali, cio linsieme di tutti i fattori produttivi a utilit pluriennale fisicamente tangibili, si applica il cosiddetto metodo indiretto, che fa uso del fondo ammortamento; per le immobilizzazioni immateriali, cio linsieme di tutti i fattori produttivi a utilit pluriennale non fisicamente tangibili, si applica il metodo diretto, che consiste nel portare direttamente in deduzione dal costo storico del bene pluriennale le quote di ammortamento. Le rimanenze di merci Unaltra importante scrittura di rettifica riguarda le rimanenze di merci. Infatti, non tutte le merci acquistate nel corso dellanno vengono necessariamente consumate nello stesso periodo amministrativo. Una parte pu benissimo restare in magazzino a disposizione dellesercizio successivo. Le merci vendute rappresentano un costo desercizio, quelle in rimanenza sono una risorsa a disposizione della gestione futura, e come tali, un costo anticipato. I risconti attivi e passivi Il risconto una quota di costo o di ricavo di competenza dellesercizio successivo che tuttavia ha gi avuto la sua manifestazione finanziaria. In pratica, si sostengono dei costi o si conseguono dei ricavi in tal esercizio nonostante siano di competenza dellesercizio successivo. In questi casi il principio di competenza impone di depurare il risultato dellesercizio in corso trasferendo allesercizio successivo le quote di costi e ricavi di sua competenza. I risconti possono essere attivi, nel caso di un costo gi sostenuto ma da stornare in parte in quanto parzialmente di competenza dellesercizio successivo; mentre i risconti passivi nel caso di un ricavo gi conseguito ma parzialmente di competenza dellesercizio successivo. La formula necessaria per calcolare il risconto : importo del contratto/durata del contratto * periodo da rinviare al futuro. Le scritture dintegrazione Tutte le scritture di rettifica nella sostanza si traducono nel dividere un costo o un ricavo in due parti, quella desercizio e quella anticipata. La registrazione presenta sistematicamente la rilevazione di due voci di reddito. Nel caso delle scritture integrative il problema consiste nel rilevare un costo o un ricavo che non ha ancora trovato la sua manifestazione finanziaria e, quindi, non risultante in contabilit. Si procede dunque a calcolare una manifestazione finanziaria fittizia, cio presunta. Nellambito di queste scritture si considerano le rilevazioni concernenti: il fondo imposte e tasse, il fondo svalutazione crediti e i ratei attivi e passivi. Il fondo imposte e tasse Le imposte sul reddito desercizio dellanno di cui si va a redigere il bilancio si pagano in realt, lanno successivo e non trovano pertanto manifestazione finanziaria nellanno a cui effettivamente competono. Per rispettare il principio di competenza indispensabile procedere alla rilevazione del costo desercizio relativo alle imposte a fronte delluscita che si presume avverr nel corso del periodo amministrativo successivo. Il fondo svalutazione crediti Nel caso in cui un credito non sia riscosso, la perdita su crediti rappresenta un costo di competenza dellesercizio in cui il credito stesso stato concesso. Pertanto, al 31/12 si procede a stimare la perdita che probabilmente si manifester sui crediti in portafoglio per farla pesare sul reddito dellesercizio. I ratei attivi e passivi

Il rateo un debito o un credito presunto che misura una quota di costo o di ricavo di competenza dellesercizio in corso che non ha ancora avuto la sua manifestazione finanziaria che avverr soltanto in esercizi futuri. Si possono avere ratei attivi e ratei passivi. Il rateo attivo il ricavo la cui manifestazione finanziaria avverr in un esercizio successivo ma che in parte di competenza dellesercizio in corso. Un esempio di rateo attivo la quota dinteressi attivi maturati a fine esercizio su un finanziamento erogato il cui incasso effettivo avverr nellesercizio successivo. Il rateo passivo il costo che avr la propria manifestazione finanziaria in un esercizio successivo, anche se, in parte, di competenza dellesercizio in corso. Un esempio di rateo passivo la quota daffitto maturato a fine esercizio il cui pagamento effettivo avverr nellesercizio successivo. La formula per calcolare il rateo : importo del contratto/ durata del contratto * il periodo di utilizzo delloggetto del contratto, cio di competenza fino al 31/12. Tale costo o ricavo non rilevato poich non ha avuto la manifestazione finanziaria ma deve essere aggiunto al totale dei costi di esercizio o ricavi di competenza. Il bilancio desercizio Il bilancio d'esercizio l'insieme dei documenti che un'impresa deve redigere periodicamente, allo scopo di rappresentare in modo veritiero, chiaro e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria al termine del periodo amministrativo, nonch il risultato economico dell'esercizio. Questo documento contabile redatto dagli amministratori della societ al fine di determinare, alla fine del periodo amministrativo, il reddito di periodo e il connesso capitale di funzionamento. Lofferta formativa del bilancio desercizio da qualche tempo arricchita di ulteriori documenti come il bilancio ambientale e sociale, i quali presentano un indice di performance di matrice non economico- finanziario come quello desercizio, ma un indice di performance ambientale e sociale. Quello ambientale che fornisce una rappresentazione dellimpatto delle attivit dellazienda sulleco-sistema, mentre quello sociale esprime limpatto dellorganizzazione sui sistemi sociali in cui opera. Questi documenti diversamente dal bilancio desercizio non sono obbligatori. Lobiettivo primario del bilancio desercizio consiste nel far circolare uninformativa trasparente e veritiera sullandamento dellattivit aziendale, mettendone in luce gli aspetti economici ma anche patrimoniali e finanziari, a tutti i soggetti a vario titolo interessati alla conduzione attuale e prospettiva dellimpresa. Tale documento, infatti, diretto a una molteplicit di stakeholders, la cui estensione direttamente collegata alla sua portata informativa. Criteri contabili per la redazione del bilancio desercizio Prima di redigere il bilancio desercizio gli amministratori devono chiarire opportunamente in nota integrativa quale delle quattro famiglie di norme si vuole utilizzare. La prima famiglia di norme sono quelle del codice civile, le quali danno dei criteri generali che nella pratica non sono utili per la redazione del bilancio, in quanto molto generici. Infatti, chi redige il bilancio necessita di strumenti pi analitici per poterli utilizzare come vere e proprie linee guida. Per venire incontro alle esigenze delle aziende entrano in gioco i principi contabili nazionali, i quali sono dei consigli per la redazione del bilancio. Questi principi sono stati predisposti dal CNDC e dallOIC, essi sono molto pi analitici e dettagliati, inoltre, in alcuni casi si differiscono dalla legge. Gli amministratori nella redazione del bilancio possono seguire anche pi schemi contemporaneamente. Le differenze tra questi due schemi fa si che a parit di forma il contenuto pu differire a seconda se applico solo il codice o anche i principi contabili nazionali o insieme. Rispetto a questa famiglia di criteri contabili ve n unaltra che si oppone radicalmente, quella dei principi internazionali. I principi internazionali possono essere definiti in termini generali come disposizioni tecnico-contabili generalmente accettate a livello mondiale. Lorganismo tecnico che elabora i principi internazionali lo IASB intesi come IAS/IFRS. LUnione Europea ha deciso di delegare allo IASB la stesura dei principi contabili per le societ quotate nei mercati regolamentati dagli Stati membri. In questa prospettiva, il legislatore nazionale ha emesso un decreto legge nel 2005 con il quale ha esteso notevolmente lapplicabilit dei principi contabili internazionali per le societ italiane. In particolare, per le societ quotate e le societ aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, nonch le banche e le societ finanziarie che devono adottare gli IAS/IFRS per la redazione del bilancio desercizio e consolidato. Inoltre, le societ di capitali non quotate, solo se incluse nel perimetro di consolidamento di un gruppo, possono applicare i principi contabili internazionali per la redazione del bilanci desercizio e consolidato. Questi principi internazionali sono completamente diversi da quelli nazionali, in quanto nono si basano sul modello dimpresa italiano bens su quello americano della public companies, dove vi la polverizzazione azionaria. Gli IAS/IFRS sono finalizzati a soddisfare primariamente le esigenze conoscitive degli investitori potenziali ed effettivi e, pi genericamente della comunit finanziaria. Lultima famiglia di criteri contabili quella dei criteri fiscali del TUIR(testo unico imposte sul reddito). Tra i vari stakeholders dellazienda vi anche lagenzia delle entrate, cio quel soggetto che guarda il bilancio con il solo interesse di prelevare la ricchezza creata dallazienda in quellesercizio. Anche questi ultimi criteri sono molto diversi da quelli civilistici, di fatti essi seguono regole autonome per il calcolo delle imposte. Questo fa s che molte aziende debbano tenere una doppia contabilit, una civilistica e una fiscale, ma nella pratica le imposte sono calcolate in extra - contabilmente, cio dopo la

chiusura del bilancio. In base a quale criterio scelgo per la redazione del bilancio, questultimo offre delle informazioni diverse. Il contenuto informativo del bilancio Il bilancio desercizio composto da tre documenti fondamentali quali lo SP, il CE e la nota integrativa. Oltre a questi tre, vi un ulteriore documento in allegato, cio la relazione sulla gestione. Nei primi due documenti si possono osservare i valori delle singole poste contabili, da cui deriva la sinteticit propria di questi documenti. Nel tempo il bilancio si configurato sempre pi come un insieme di documenti che assumono tutti la medesima importanza nel rappresentare limpresa e il suo operato. In tal senso, i documenti quantitativi hanno assunto con gli anni unimportanza crescente nellambito dellinformativa di bilancio, permettendo di ampliare le informazioni sintetiche desumibili dalla sola lettura delle cifre contenute nello stato patrimoniale e nel conto economico. In definitiva, nota integrativa e relazione sulla gestione rappresentano oggi strumenti indispensabili per gli stakeholders anche alla luce dellaccresciuta complessit delle imprese e dei contesti competitivi globali in cui esse operano sempre pi. La nota integrativa, infatti, fornisce informazioni aggiuntive ed esplicative delle grandezze contenute nei prospetti contabili e dei criteri di valutazione utilizzati per la redazione del bilancio, oltre a tutte le altre informazioni complementari che possono essere utili per rappresentare compiutamente il quadro fedele della gestione. La relazione sulla gestione, invece, di fondamentale importanza per conoscere il contesto in cui tali valori sono maturai e quanto essi siano coerenti con il passato e plausibili, guardando al futuro. questo il documento che pi di altri permette al lettore dinterpretare i risultati della gestione e capire il funzionamento dellimpresa e le finalit che hanno animato i manager nel corso dellesercizio. Norme per la redazione del bilancio Limpianto normativo civilistico in materia di bilancio desercizio articolato su vari livelli al cui vertice trova espressione la clausola generale, che rappresenta i postulati di bilancio, cio le linee guida che devono ispirare lintero sistema informativo del bilancio;seguita dai principi di redazione, la cui valenza si esplicita in criteri-guida per informare la redazione del bilancio alla clausola generale, e successivamente ancora dai criteri di valutazione che costituiscono la diretta applicazione dei principi di redazione. Postulati di bilancio Il primo comma dellart. 2423 esprime la composizione del bilancio, in quanto dice che gli amministratori devono redigere il bilancio desercizio, costituito dallo SP, dal CE e dalla nota integrativa. Il cuore dei postulati evidenziato nel secondo comma del medesimo art., il quale dice che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della societ e il risultato economico dell'esercizio. Da qui si evinco i veri postulati di bilancio, cio quello della chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Il primo postulato si traduce nel rispetto degli schemi di bilancio dello SP e del CE, nel divieto del raggruppamento di voci e nellulteriore divieto di compensare partire. Il secondo postulato traduce lespressione true and fair wiew. Il termine evidenzia la rilevante soggettivit connessa alla redazione del bilancio. Infatti, il bilancio non potr mai essere vero in senso oggettivo ma solo in senso legale, in quanto ha una maggiore o minore attendibilit sulla base della coerenza delle valutazioni alle disposizioni del codice, alle indicazioni dei principi contabili professionali ed alle altre informazioni di contesto e prospettiche fornite dal soggetto economico. Infine, la correttezza attiene al rispetto delle modalit di rappresentazione previste dalla legge e dalla tecnica contabile. In alcuni casi, se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo, tramite una deroga. La deroga pu essere fatta solo in casi eccezionali, dove lapplicazione di una disposizione di legge impedisce la rappresentazione veritiera e corretta. In questo caso la disposizione non applicata, inoltre la deroga deve essere motivata nella nota integrativa e deve indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Infine gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. I principi di redazione Nellart. 2423 bis il legislatore offre un ulteriore aiuto per la redazione del bilancio attraverso i principi di redazione. Il principio fondamentale quello di prudenza, il quale si collega ad altri due principi di redazione: il principio il quale dice che nel bilancio devono essere iscritti solo gli utili effettivamente conseguiti nellesercizio e laltro principio il quale dice che bisogna imputare nel bilancio i rischi e le perdite che sono di competenza, anche se conosciute dopo la chiusura dellesercizio. Un altro principio di redazione il going concern, cio la valutazione delle poste contabili secondo un criterio di normale funzionamento dellimpresa. Poi anchesso molto importante il principio di competenza. Vi poi la valutazione separata degli elementi eterogenei compresi nelle singole voci, il quale non altro che un principio che rafforza il postulato

generale della chiarezza. Infine, vi il principio della continuit dei criteri di valutazioni ed eventuali deroghe; questo principio fondamentale per le poste dove vigono differenti criteri di valutazione, in quanto la continuit nei criteri di valutazione adottati condizione necessaria per la corretta determinazione dei risultati desercizio. Insieme ai principi di redazione del codice civile sono sommati ulteriori principi derivanti dallOIC e dal CNDC, i quali sono:prevalenza della sostanza sulla forma, con il quale si abbandona la forma giuridica per privilegiare la sostanza economica; significativit e rilevanza, il quale dice che bisogna mettere nel bilancio prima le informazioni significative di rilevanza e poi ulteriori informazioni meno importanti; la comparabilit, serve a capire le performance aziendali sia in senso temporale sia in senso spaziale, cio i bilanci desercizio devono essere confrontabili sia con quelli degli altri esercizi, sia con quelli di aziende diverse; la verificabilit, cio la necessit di fornire tutte le informazioni aggiuntive per rappresentare fedelmente la realt economica, finanziaria e patrimoniale dellazienda illustrando le ragioni delle valutazioni operate; infine, la neutralit o imparzialit, il redattore del bilancio deve essere imparziale nelle valutazioni discrezionali tecniche senza privilegiare o peggio ingannare nessun particolare interlocutore dellazienda. I criteri di valutazione I criteri di valutazione sono tre: quello del costo, del valore di mercato e del fair value. In particolare, in Italia, si utilizzano principalmente i primi due, poich il terzo applicato dalle aziende che applicano i principi contabili internazionali. I primi due criteri si contrappongono, perch il primo si basa sul costo storico, cio il valore dacquisto dei fattori produttivi, mentre laltro si basa sul valore di mercato, cio un valore di presumibile realizzo, un valore che segue il tempo e levoluzione economica dei singoli beni. Il primo criterio si fonda sullapplicazione stretta del principio di prudenza mentre laltro, osserva sempre tale principio, ma, preferisce correre maggiori rischi scegliendo un valore presunto. La prospettiva internazionale prevede un ulteriore criterio il fair value, esso il corrispettivo al quale unattivit pu essere scambiata o una passivit estinta in una libera transazione fra controparti consapevoli e indipendenti. Esso nella pratica non esiste assolutamente, poich, di fatto, non esiste alcun mercato a concorrenza perfetta, nessun mercato in cui le parti sono libere e consapevoli e nessun mercato in cui le informazioni sono equamente distribuite. Documenti del bilancio Stato patrimoniale Lo SP uno dei documenti fondamentali in cui si articola il bilancio desercizio. Si tratta di un prospetto che mira a fornire la rappresentazione della consistenza quantitativa e della composizione qualitativa del capitale a disposizione dellazienda alla chiusura dellesercizio, per svolgere la sua attivit. Tale documento assume una forma a sezioni divise e contrapposte, le quali accolgono i valori relativi ai singoli componenti dei fondamentali aggregati del capitale: i componenti attivi, ossia le attivit costituite dagli investimenti in attesa di realizzo, dal denaro disponibile e dai crediti di funzionamento che temporaneamente lo sostituiscono; i componenti passivi, ossia le passivit rappresentate dalle obbligazioni assunte verso i terzi e il patrimonio netto, che dato da quella parte del valore che resta delle attivit dopo aver soddisfatto gli impegni assunti. Le poste contabili sono ordinate sulla base di una precisa scritture gerarchica: macro-classi(precedute da lettere maiuscole); classi( identificate da numeri romani); voci(individuate da numeri arabi) e sotto-voci( con lettere minuscole). Le attivit dello stato patrimoniale, in particolare le due macro-classi B e C si differenziano sulla base di un criterio chiamato della destinazione. Tale criterio dice che rientrano nelle immobilizzazioni tutti quegli investimenti destinati a rimanere durevolmente avvinti allimpresa alla luce delle proprie scelte gestionali; viceversa fanno parte dellattivo circolante quegli impieghi che, indipendentemente dal loro tempo di ritorno in forma monetaria, sono destinati al realizzo. Nel passivo, invece, possibile evidenziare esclusivamente della differente provenienza delle fonti, attraverso la separazione dei mezzi propri dai mezzi di terzi. Infine, in calce allo SP troviamo una serie di conti che non seguono le regole della partita doppia che si chiamano conti dordine. Tali conti seguono regole extracontabili. Appartengono a tale categoria: le fideiussioni, gli avalli, ecc. Cio una sorta dimpegni che lazienda ha contratto con terzi, i quali non hanno effetto economico sul bilancio. Conto economico Il CE laltro documento fondamentale del bilancio desercizio. Esso ha una sezione unica formata dalla parte superiore dei ricavi e uninferiore dei costi. La forma del CE a scalare, in questo documento ogni macroclasse forma delle aree di gestione. Abbiamo le are della gestione caratteristica, finanziaria, straordinaria e fiscale, finch lultima voce il risultato desercizio. La prima si chiama caratteristica perch attiene al core business dellazienda, cio allattivit svolta dal punto di visto operativo, infatti, essa comprende la macro-classe A chiamata valore della produzione, cio larea dei ricavi, e la macroclasse B chiamata costi della produzione, cio larea dei costi. Dopo larea della gestione caratteristica vi quella finanziaria, che rappresenta le modalit di finanziamento dellazienda, essa composta dalla macro-classe C proventi e oneri finanziari e D rettifiche di valori att. Fin. Le due aree sono separate per dare uninformativa pi scorrevole, inoltre la gestione finanziaria e caratteristica formano la gestione ordinaria. Poi abbiamo la gestione straordinaria, composta dalla macro-classe E proventi

e oneri straordinari. Infine lultima area quella fiscale, dove si applicano extra contabilmente i criteri fiscali per il calcolo delle imposte. Tale conto economico definito a costi e ricavi della produzione realizzata e si contrappone a un altro schema, di tipo anglosassone, che definito a costi e ricavi della produzione venduta. La sottile differenza che intercorre tra i due modelli che nel nostro noi assimiliamo concettualmente ai ricavi tutti i prodotti gi realizzati non ancora venduti, cio messi in magazzino, di fatto, necessario che un fattore produttivo abbia subito un solo processo di lavorazione per essere assimilato come ricavo. Invece, nellaltro i prodotti non ancora venduti vengono assimilati come ricavi. La differenza tra A e B si chiama reddito operativo poich ci da il risultato della gestione caratteristica, molto pi importante dellutile , poich meno influenzato dalle politiche di bilancio e da fatti di gestione straordinaria. Nota integrativa La nota integrativa parte integrante del bilancio. Il sistema di bilancio, infatti, si avvale di un documento di natura extracontabile, quale la nota integrativa, che ha il fine di coadiuvare il lettore nellinterpretazione dei fatti di gestione, andando oltre lelencazione degli effetti finanziari ed economici in cui questi si traducono, dalla sola lettura dello SP e del CE. La nota integrativa assolve numerosi compiti, fornendo informazioni integrative, esplicative e complementari ai dati presenti nello SP e nel CE, che per loro natura sono quantitativi e sintetici. In altri termini, la nota integrativa non solo si preoccupa di descrivere le grandezze contenute nei prospetti contabili e indicare i criteri di valutazioni utilizzati per misurarle, ma fornisce anche informazioni ulteriori su temi che per loro natura non si prestano allinserimento in un prospetto contabile. Pur essendo parte integrante del sistema di bilancio, la nota integrativa non ha uno schema obbligatorio, quanto, piuttosto, un contenuto obbligatorio, cio una serie di informazioni in mancanza delle quali si ritiene pregiudicata la capacit di offrire al lettore una visione compiuta della situazione. Inoltre, affinch possa svolgere le funzioni informative che le sono proprie, la redazione della nota integrativa deve essere improntata anche al rispetto dei principi che ispirano la redazione dei documenti di bilancio. Relazione sulla gestione La relazione sulla gestione un contenitore di informazioni, di carattere soprattutto qualitativo, che accompagna e correda il bilancio desercizio. Pur non essendo parte integrante del bilancio, comunque un documento chiave della reportistica aziendale. Secondo IASB proprio questo documento che permette al bilancio di assumere un ruolo che meglio si attaglia alle esigenze di tutti coloro che usano il fascicolo di bilancio. In sintesi, la relazione sulla gestione deve porre il lettore nelle condizioni di tracciare la cornice entro cui interpretare correttamente i risultati della gestione espressi e descritti in bilancio, finora, solamente in termini contabili. Il fine ultimo di questo documento di offrire agli utilizzatori del bilancio informazioni utili per valutare la capacit dellimpresa di mantenere o sviluppare condizioni di equilibrio che le permettano di perdurare nel tempo. Rendiconto finanziario Un ulteriore documento che accompagna il bilancio il rendiconto finanziario, il quale per i principi internazionali un documento obbligatorio del bilancio desercizio, mentre in Italia un allegato facoltativo. Tale documento ha come unico focus i movimenti, positivi e negativi, monetari e pertanto ne offre un dettaglio: da un lato rileva le operazioni aziendali che hanno contribuito a generare la cassa, dallaltro quelle che invece hanno assorbito la medesima liquidit. In questo modo il management, disponendo di un ulteriore forma informativa, potr prendere decisioni pi accurate , al fine di realizzare le scelte per raggiungere lequilibrio finanziario. Bilancio desercizio abbreviato Le societ possono redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi non abbiano superato due dei seguenti limiti: Totale Attivo, Fatturato e Dipendenti.

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