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Piero Di Vona Metafisica e politica in Julius Evola Edizioni di Ar, Padova 2000, pagg. 167, . 30.000 .

Francesco Germinario Razza del Sangue, razza dello Spirito: Julius lantisemitismo e il nazionalsocialismo (1930-43) Boringhieri, Torino 2001, pagg. 175, . 30.000. Evola,

Per farla finita con la Destra era il titolo di uno dei pi bei libri di Stenio Solinas. Parafrasandolo potremmo trovare in Per farla finita con Julius Evola il titolo pi adatto per compendiare l'avvio di un definitivo ridimensionamento e di unauspicabile smitizzazione del pensiero di questo tradizionalista troppo amato in un certo asfittico ambiente e, specularmente, altrettanto odiato in quello non meno asfittico che al primo intenderebbe contrapporsi. I due volumi che prendiamo in considerazione ci paiono rappresentare, per diversi motivi, un notevole passo in questa direzione. Impietose ricognizioni di tal genere potrebbero chiarire una volta per tutte se e quanto il personaggio Evola meriti davvero tanto amore e tanto odio e quale sia stata leffettiva importanza ed originalit delle sue idee. Di Vona nel suo ultimo lavoro, risponde solo in parte a queste domande, la sua indagine filosofica, per quanto incisiva e rigorosa, non si spinge fino alla radicalit delle posizioni assunte nei due precedenti libri da lui dedicati a vari aspetti del pensiero dellaltro pontifex maximus del tradizionalismo integrale, Ren Gunon. Testi che avevano ispirato indignate reazioni da parte del variegato e litigioso sottobosco dellosservanza guenoniana. Sarebbe stato forse salutare cercare di gettare altrettanto scandalizzato scompiglio nei ranghi pi serrati e teutonici dei fin troppo numerosi veri o pretesi kshatrya evoliani ed evolomani declinati nella loro doppia versione radicale e moderata . Se la prima di queste versioni, nella quale inclusa la casa editrice che pubblica il libro di Di Vona, ha sempre

coerentemente accettato in blocco le idee evoliane rivendicandone con orgoglio anche gli aspetti meno "gradevoli", la seconda, in unottica entrista ed istituzionalista, ha preferito invece aggiustare il pensiero del proprio beniamino discriminando in esso fra aspetti primari e aspetti secondari e prescindibili (ovviamente quelli meno sdoganabili), seguendo il metodo caro agli odiati e invidiati confratelli marxisti che avevano, qualche decennio prima, disinvoltamente emendato - solo un esempio fra i molti - i Minima Moralia di Adorno, nella versione canonica Einaudi, dei passi meno consoni allallora inossidabile ortodossia filosovieticai. Per i primi come per i secondi, comunque, la persistenza del culto del Barone pi o meno nero a seconda dei casi e delle circostanze - resta forse lo scopo principale e soprattutto necessario alla sopravvivenza dei magri profitti di quegli interessati agiografi che, assai efficacemente, Marco Tarchi defin qualche anno fa venditori di immaginette. Il libro di Di Vona un primo passo ben direzionato verso una riconsiderazione della figura intellettuale di Evola che, sottraendosi allaneddotica e attraverso una precisa e corretta analisi filosofica, la riconduce alle sue reali proporzioni: in realt ahim piuttosto esigue (conclusione che Di Vona si guarda bene dal trarre apertamente, ma che emerge in filigrana dalla sua puntuale disamina). In particolare lo studioso napoletano dimostra lappartenenza di Evola in assoluta divergenza da Gunon allambito della Rivoluzione Conservatrice tedesca, di cui costituirebbe una sorta di appendice italiana, sostanzialmente estranea e periferica rispetto al dibattito filosofico dominante nel nostro paese, ma, come questo, asservito alla cultura e alla filosofia tedescheii. Un elemento tipico di questa visione, oltre alla concezione ciclica del tempo e alla centralit della rilettura del pensiero di Nietzsche, sarebbe il concetto di Weltanschauung, ripreso in ambito filosofico soprattutto da Dilthey. Anche lidea guenoniana di Tradizione viene vista da Evola alla luce dellidea germanica di Weltanschauung, passando soprattutto attraverso Bachofen: tuttaltro che tradizionale, questa sarebbe semplicemente unidea tipica della contemporanea cultura tedescaiii. Evola per Di Vona, "ebbe, s, delle idee metafisiche ma non costru mai una sua metafisica, paragonabile a quella svolta da Gunon". Proprio come Weltanschauung Evola interpreta la concezione guenoniana di Tradizione e la applica alle teorie razziali ricavandone la propria versione "spirituale" basata sui tre livelli del corpo, dell'anima e dello spirito. La razza diventa per Evola "un mito nel senso soreliano di idea forza", capace di unificare "le energie

creatrici e gli istinti di un'epoca". In altre parole Evola usa la Tradizione per giustificare e legittimare una propria conformistica (e forse anche opportunistica) adesione al razzismo imperante, cercando di nobilitare un mito darwiniano e positivista con sofistiche pretese spiritualiiv. "Il razzismo di Evola non era, dunque, una teoria secondaria e marginale del suo pensiero, un aspetto marginale che poteva anche essere trascurato, o anche espunto aggiunge Di Vona smentendo certi esegeti contemporanei senza conseguenze rilevanti per la comprensione generale delle sue idee. Al contrario, esso ne era un'applicazione molto importante al mondo civile, politico e sociale, da cui Evola attendeva un integrale rinnovamento". La possibilit di un'azione rivoluzionarioconservatrice dipendeva essenzialmente dalla misura in cui una Weltanschauung tradizionale, aristocratica e antiproletaria fosse stata in grado di dar forma a nuove lites. A questo proposito Di Vona ricorda giustamente le riserve di Henri Corbin di fronte all'idea di Tradizione, introdotta da Gunon ed usata da Evola, idea "costruita e non originariaidea dell'Occidente contemporaneo e nient'affatto l'eredit di una venerabile antichit anteriore alla stessa preistoria". Evola rappezza la sua versione del mito attingendo alla classificazione delle civilt di Bachofen e combinandola alle teorie guenoniane delle quattro et e della regressione delle caste, edificando "coi materiali molto moderni di quelle dottrine e coi risultati ottenuti da discipline archeologiche, antropologiche ed etnografiche, anch'esse molto moderne" una metafisica generale della storia occidentale che rimanda essenzialmente all'antitesi nord-sud asserita da un altro mito coevo: quello propagandato da Rosenbergv. Dalla lettura del testo di Di Vona emerge, in modo implicito ma evidente, l'impressione che l'opera di Evola, una volta disinnescate le sue potenzialit mitiche, si riveli nella sua natura autentica di patchwork, di audace ricompilazione delle idee di altri profilate secondo uno schema talvolta affascinante ma non sempre coerente, con linnegabile merito di introdurre temi ed autori poco frequentati nella cultura provinciale dellItalietta pre e post bellica e laltrettanto innegabile demerito di distorcerli e forzarli a piacimento. Un po' di Bachofen, un pizzico di Nietzsche, una buona dose di Gunon, qualche briciola di Weininger mescolati nello stregonesco calderone per generare chimere, manticore o centauri, problematici ibridi che l'interpretazione di Dumzil non potrebbe esaurire: un buddhismo razzista mai esistito nonostante lavallo della Pali Text Society - (La dottrina del risveglio), uno Spengler e un Gunon tradotti fantasiosamente e "emendati" dei passi

sgraditi (Il tramonto dell'Occidente e La crisi del mondo moderno), la tentata evolizzazione di Schmitt e dell'Arbeiter jungeriano (il primo gli rispose picche, il secondo non rispose nemmeno), ecc. Il tutto al servizio di forze orientate in ben altra direzione rispetto a quella dichiarata: non lo Stato organico ed un'lite aristocratica ma lo Stato totalitario della plebea Volksgemeinschaft nazista; per usare le immagini care ad un pi coerente pensatore, Ernst Junger, un anarca a parole servirebbe nei fatti il Forestaro e i Mauretani. A queste spinose questioni ed all'ancor pi spinoso tema del razzismo evoliano, gi tratteggiato da Di Vona, dedicato interamente il saggio di Francesco Germinario. L'autore senza far troppo pesare la sua posizione fortemente antitetica alle idee del pensatore oggetto della sua ricerca, individua il percorso evoliano attraverso il razzismo in quattro fasi comprese fra il 1930 appena conclusa l'esperienza fallimentare de La Torre e il 1943, alle soglie della caduta del Regime. Oltre che a volumi pi o meno prudenzialmente obliati nel dopoguerra come Tre aspetti del problema ebraico (1936), Il mito del sangue (1937), Indirizzi per una educazione razziale (1941) e Sintesi di dottrina della razza (1941), Germinario attinge anche allintroduzione evoliana ai Protocolli dei Savi Anziani di Sion (1938) e soprattutto alla sua fin troppo copiosa pubblicistica dispersa sulle pi varie testate giornalistiche da Regime Fascista a La Vita Italiana a La difesa della razza. La traiettoria delineata evidenzia un progressivo slittamento delle iniziali pretese di creare una ipotetica via fascista al razzismo e allantisemitismo verso un sempre pi pedissequo allineamento alle posizioni naziste purch, semplicemente, la Romanit venisse inglobata nella Volksgemeinschaft nordico-aria del Reich. La leggenda del preteso frondismo di Evola nei confronti del Regime viene facilmente sfatata dalla semplice lettura dei brani riportati, anche senza bisogno dei commenti, per altro assai sobri, di Germinario: allEvola dadaista, a quello idealista e a quello magico di Ur, succede ora un Evola conformista che corteggia il Fascismo cercandosi una nicchia non essendoci richiesta di ex-artisti, exfilosofi o ex-maghi - come ideologo della razza. Nonostante gli sforzi rester anche in questo caso in periferia. Anche il linguaggio e la terminologia evoliana, in quasi tutti gli scritti citati, poco si differenzia dalla retorica stantia del conformismo di regime. Basti un solo esempio per tutti: LItalia romana e fascista esige anche un uomo nuovo fascista, romano e ario-romano, che un uomo nuovo e antico ad un tempo. Questo tipo di razza superiore esistito e tuttora esiste nel nostro popolo

ed esso che deve prender sempre pi il sopravvento e dare il tono al nostro carattere, al nostro modo di sentire, alla nostra civilt (Stile mediterraneo e carattere ario-romano 1941). In campo razziale infine Evola non aggiunge molto di nuovo alle idee di Gobineau: le fisime spiritualiste non sono che divagazioni sulla teoria classica che vede nel mlange razziale lorigine della crisi della civilt (la sparizione della razza bianca), in contrapposizione al mito di Chamberlain-Rosenberg favoleggiante un ariano nordico immune dallimbastardimento delle razze. Il lavoro di Germinario ci appare corretto ed equilibrato: ha soprattutto la qualit di lasciare che il lettore si confronti direttamente, senza eccessive puntualizzazioni da parte del compilatore, con il materiale in esame, disposto e assemblato in modo da commentarsi da solo. Dissentiamo per vivamente dalle sue opinioni su un punto tuttaltro che secondario. Lautore scrive: Erroneo, dunque, sotto laspetto storiografico, sarebbe erigere una barriera concettuale e temporale fra il razzismo classico gerarchizzante e quello differenzialista: se il secondocerca di rifuggire dalle gerarchizzazioni, va detto che il primo aveva presentato posizioni differenzialiste come quella evoliana appunto che si erano spinte fino a problematizzare il concetto forte di gerarchia razziale . Il concetto di razzismo ci pare - esiste solo l dove la differenza razziale (che non una teoria ma un dato di fatto evidente: come un barboncino non un fox-terrier cos un watusso non un cinese) diviene criterio di gerarchizzazioni e di discriminazioni in nome di un preteso modello ideale biologico o/e culturale (la razza ariana, il popolo eletto, ecc.). Una cosa constatare delle differenze (senza le quali non esiste possibilit di relazione e confronto con laltro), unaltra creare arbitrarie classificazioni sulla base di pre-giudizi e idee totalizzanti. Per questo motivo il differenzialismo della Nouvelle Droite non razzismo, mentre Evola che sulla gerarchia delle differenze ha eretto una pretesa metafisica semplicemente un razzista tout court. Anche per non dare adito a questo genere di equivoci assai incresciosi - tutti coloro ai quali stanno a cuore possibilit di feconde nuove sintesi dovrebbero finalmente decidersi magari dopo aver letto e ben ponderato i volumi qui recensiti a farla finita con Julius Evola. Il che non significa demonizzarlo, ostracizzarlo e rifiutarsi di leggerlo ma semplicemente considerarlo con obbiettiva e imparziale freddezza, sentirlo estraneo, distaccarsi criticamente dal suo mito santificato o maledetto. Le riflessioni, i testi e i pensatori che possono aiutarci ad affrontare il millennio che ci sovrasta vanno cercate altrove.

i Con lidentica disinvoltura con la quale hanno presentato Evola, a seconda delle convenienze, ora come un impavido e gelido aristocrate stoicamente sdegnoso della propria infermit, ora come un candido vecchietto, magari anche leggermente rincoglionito, che si commuove ascoltando la Marcia di Radetzsky al concerto viennese di Capodanno, e tentato sbrigativamente di obliare una prescindibile ma purtroppo ingombrante parte della sua opera, gli stessi zeloti, con una pittoresca inversione dei termini, avevano negli anni 70, quando si cercava di aggiudicare alla destra un ipotetico predominio sulla letteratura fantastica, arruolato forzatamente tra i fascisti lo scrittore orrorifico statunitense H. P. Lovecraft, pubblicando noiosi epistolari degli anni 20 in cui questi furoreggiava contro negri ed ebrei ma dimenticando per di includere anche le lettere del decennio successivo in cui lo stesso scrittore prendeva le distanze dai suoi errori giovanili, inneggiava al New Deal di Roosvelt e proclamava le sue simpatie per la Spagna Repubblicana e antifranchista, documenti che avrebbero facilmente smentito la troppo facile acquisizione. Lesempio testimonianza di un metodo molto comodo e assai tipico di perseguire lutilit strumentale piuttosto che la verit obbiettiva. ii Evola, come ulteriormente testimoniato dal testo in esame, resta un isolato ed un marginale non soltanto nel dopoguerra quando almeno oggetto di un minuscolo culto carismatico da parte degli "esuli in patria" - ma anche e forse soprattutto durante il Regime dove, nonostante i febbrili tentativi da parte sua tutt'altro che aristocraticamente sdegnosi, come vorrebbe l'automitologia de Il cammino del cinabro - di inserirsi nel dibattito in corso, le sue teorie razziali dalle pretese "spiritualiste" e le sue posizioni "ghibelline" ma ellitticamente paranaziste giudicate forse estremiste o semplicemente velleitarie restano confinate a quella che oggi verrebbe con poca grazia definita lunatic fringe. iii Gli stessi riferimenti culturali Nietzsche, von Hartmann, Dilthey, Weininger, Simmel, George, Spengler, Keyserling, Klages, ecc. - quella stessa Lebensphilosophie che Lukcs, nella prospettiva marxista di La distruzione della ragione, vedeva come "conversione dell'agnosticismo in mistica, dell'idealismo soggettivo nella oggettivit del mito", produce frutti disparati ma segnati da curiosi parallelismi. Utile a questo proposito apparentemente mille miglia lontano da Evola confrontare il caso di Carl Gustav Jung come emerge dal recente libro dello psicologo Richard Noll Jung, il profeta ariano: Origini di un movimento carismatico, Mondadori 2001. Non tanto di "individui assoluti" o "differenziati", n tantomeno di "equazioni personali" si dovrebbe parlare quanto di semplici prodotti dello Zeitgeist ! Anche in Francia, negli stessi tardi anni 30 in cui Evola si affannava ad assecondare il Regime avviato verso la promulgazione delle leggi razziali, possiamo inquadrare nella risacca di identiche derive il contrattacco che Bataille avrebbe voluto sferrare sottraendo Nietzsche, il mito e la ritualit ai fascisti e, in compagnia di Caillois, Klossowski, Leiris ed altri, costituendo un essoterico collegio di sociologia sacra ed unesoterica comunit segreta: Acphale. Il vento invernale auspicato da Caillois, che avrebbe gelato la societ senile e cadente salvando solo il nomade robusto di una nuova lite, prelude alla costituzione di un ordine chiuso, sacro la cui missione sarebbe quella di far sorgere in seno al mondo profano, mondo del servilismo funzionale, il mondo sacro della totalit dellessere (Klossowski). Nessuna possibilit di equivoci, per, lordine non avrebbe potuto condividere alcunch con quello di Himmler, che Evola sosteneva perseguisse analoghi obbiettivi: nonostante le accuse di estetismo prefascista (Benjamin) o di surfascismo (Breton), in splendido equilibrio fra destra e sinistra, i membri del Collegio e di Acphale osservavano, fra le varie prescrizioni rituali, il divieto assoluto di stringere la mano ad un antisemita. (Cfr. Il collegio di sociologia 1937-1939, a cura di Denis Hollier, Bollati Boringhieri ; Georges Bataille, La congiura sacra, Bollati Boringhieri.) iv Curioso destino quello di Evola: una copiosa parte della sua opera rappresentata dalla giustificazione dialettica delle proprie incoerenze. Nemico dell'illuminismo e dello scientismo vorrebbe "spiritualizzare" un mito illuminista e positivista come quello della razza che risale non certo a supposte civilt tradizionali quanto a Darwin e soprattutto a Haeckel; paladino in teoria dello Stato Organico fa concretamente il gioco del totalitarismo; monarchico, "ghibellino" e acerrimo avversario del socialismo combatte con la Repubblica socializzatrice; cos nel dopoguerra tuona contro la morsa parallela di URSS e USA sull'Europa ma solidarizza con il filoatlantista Borghese connivente con la CIA. Ci sarebbe forse bisogno, nella pubblicistica futura , di ricerche in campo psicologico pi che filosofico. La psicologia del personaggio sfuggente come i dati biografici accessibili su di lui: leccessiva insistenza nei suoi scritti su termini quali virile e aristocratico lascerebbe pensare allatteggiamento tipico del borghese o piccolo borghese pi che del vero nobile che non ha certo bisogno di rimarcare il proprio sangue blu ad ogni occasione (la legittimit del titolo di barone andrebbe verificata come il von o il de di tanti borghesi complessati da Balzac a Sebottendorf) ; cos come irrisolti e problematici possono apparire i suoi rapporti con il femminile, dal saggio giovanile La donna come cosa pubblicato ancora sull Ignis di Reghini a certe pagine di Rivolta contro il mondo moderno o della Metafisica del sesso. Di fatto il narcisismo e lipertrofia dellio sembrano sempre traboccare l dove dovrebbero cedere invece al distacco, al superamento, alla rinuncia, coerentemente con lo scopo della philosophia perennis praticata dai veri tradizionalisti (Gunon incluso). v Assai pi coerenti appaiono restando limitati allambito dellesoterismo, della metafisica, della spiritualit i percorsi di altri tradizionalisti come Gunon, Burckhardt, Schuon, Coomaraswamy, ecc. Nella sua pura essenza di mito come ha ben individuato Eliade il tradizionalismo trova una sua precisa collocazione funzionale nellambito della storia delle religioni. La nozione, al di fuori di queste categorie, diviene problematica e rischiosa. Evola, dopo la fase innegabilmente interessante di Ur (alla quale presero parte per anche altre personalit carismatiche come Reghini, Onofri, Parise, Servadio, ecc. e che resta ancora interna alla sfera che gli propria: la scienza dellio), si compromette con forze che sviano e asserviscono la sua tensione metafisica mettendola al servizio di ben altri scopi. Nel dopoguerra il Barone resta con proterva coerenza un personaggio definitivamente confinato allambito della destra radicale (e quella

pi retriva, che difende lo Stato pur che sia, quella filoatlantica, militarista e golpista di Borghese e camerati): testi come Orientamenti e Gli uomini e le rovine non offrono possibilit di equivoci e la descrizione di lui tratteggiata nellAutobiografia di un picchiatore fascista, pur nella scarsa credibilit dellautore del libro, ce ne offre unimmagine - pi vicina al patetico che al tragico - della quale si pu tranquillamente dire che se non vera ben trovata. Chiunque si sia lasciato serenamente alle spalle quei territori o altri limitrofi e sia ormai immune ai miti incapacitanti che ne fanno parte, ben poco potr trovare ancora in gran parte delle pagine di questo Ghibellino in orbace.

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