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SEZIONE MONOCRATICA
DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice
“RICORDO BENE CHE ERA UN GIORNO FESTIVO PERCHÉ NON VADO MAI MA ERO ANDATO A
MANGIARE UNA PIZZA INSIEME AI PARENTI, MI TELEFONA MIO FRATELLO ALLE DIECI DI SERA,
UN GIORNO FESTIVO, DICENDOMI DI STARE ATTENTO A TORNARE A CASA PERCHÉ SI ERANO
VERIFICATE DELLE PERDITE D’ACQUA DOVE SI COSTRUIVA LA GALLERIA E ESSENDO LA SERA
TARDI, NON SAPENDO ESATTAMENTE DOVE FOSSE RIPORTATO SOPRA IL FRONTE DI SCAVO, CI
AVEVANO AVVISATO DI FARE ATTENZIONE PERCHÉ POTEVA MANIFESTARSI QUALCOSA IN
SUPERFICIE”...
Siamo partiti da che cosa è stato approvato. La verità è che una volta decisa la compatibilità economica-
politica della tratta Firenze-Bologna, il livello di attenzione ai diritti propri di ciascun privato ed a quelli della
intera collettività sotto il profilo ambientale è stato men che basso, diremmo quasi inesistente. Si è fatta una
riga su una mappa e si è andati a diritto, con poco rispetto per chi e per quel che c’era prima.
Ovviamente noi qui ci occupiamo solo di ciò che è reato e nel nostro caso quindi dei danni al tessuto
idrogeologico.
La risorsa acqua è stata poco o niente considerata. Nei documenti di approvazione in sede di
conferenza dei servizi del 1995 si è esplicitamente richiamata solo necessità di salvaguardare gli
approvvigionamenti idrici degli acquedotti pubblici. Si è considerata quindi la risorsa acqua solo
come “bene economico”. Vedremo poi che non si è riusciti a salvaguardare neppure questo, ma così
è. Di tutto il resto, pare questa la filosofia di fondo, in astratto si poteva fare “tabula rasa”.
Dopo oltre tre anni indagini e tre anni di dibattimento non si è ancora capito se CAVET ritenga di
essere stata autorizzata in conferenza dei servizi a desertificare il Mugello per un’ampiezza di quattro
chilometri a cavallo del tracciato della linea ferroviaria, ovvero due chilometri per parte, e quindi se nel
Mugello devono considerarsi fortunati se è successo solo quello che è successo, perché poteva andare
anche peggio.
Perché nel momento in cui non elenchi, non indichi, non dici nulla, fai una fascia di possibile impatto
e te, con quel foglio, pensi di essere stato autorizzato, noi potevamo prendere una riga di 73
chilometri e moltiplicarla per 4 e ci potevi mettere le palme: eravamo a posto.
[...] Quale fosse il generale livello di attenzione, di sensibilità, di responsabilità degli esecutori dell’opera, lo si
ravvisa nel ridicolo depliant tratto dal sito internet della TAV ancora in rete sino al 2004. È quello che indica,
tra i miglioramenti ambientali da realizzarsi a corredo delle opere di Alta Velocità, 5 casi specifici tra cui
Moscheta, Camaggiore e Moraduccio. A Moscheta, dove hanno seccato la sorgente, gli interventi previsti
sono due parcheggi, un sentiero ed un ponticello, servizi igienici ed altri ammennicoli. Per Moraduccio e
Camaggiore è prevista in entrambi i casi l’attivazione di un “punto ristoro”.
Facciamo vedere questo documento a Bechelli, per cui gli domandiamo, visto che nessuno si sacrifica per il
Paese: che è questa roba? Dice: “No, è un documento quanto meno datato”. Ineffabile!
Questi sono i danni. E verifichiamo i più significativi, sempre con quell’ottica che dicevamo prima della
cronologia, che segue l’andamento dei lavori, perché ha una doppia valenza: da una parte perché prova
l’evento, dall’altra perché ci dà prova della consapevolezza che si è acquisita di volta in volta in relazione ai
singoli fatti.
Abbiamo già detto della significatività dell’essiccazione dell’acquedotto di Castelvecchio. L’area è interessata
dalle opere del Cantiere T17 relativamente alla galleria Raticosa. Su tali fatti testimoniano il Sindaco
Mascherini (1), il geom. Micheli, il dr. Trezzini, A. B. e C. D., E. F., G. I., L. M., N. O., P. Q., R. S. e T. U..
Nello stesso periodo in cui si è seccata la sorgente si sono seccati anche il fosso di Castelvecchio, la
sorgente “Le Spugne” in località Fosso Catilina, la sorgente denominata "Fonte del Rullo" posta sul versante
opposto al Fosso Catilina sul monte denominato "Monte la Fine", e la sorgente denominata "Valtrosa", ed
altra denominata “Valparpano”.
Allo stato, grazie a CAVET, al posto dell’acquedotto privato e delle sorgenti, c’è un acquedotto
gestito all'AMI (2) di Imola, con buona pace di chi - da tempo immemore - aveva acqua buona e quasi
gratis.
Abbiamo già detto dell’importanza di questo impatto. In verità c’era già stato un impatto serio a Ca’ di Sotto,
ma sicuramente quello di Castelvecchio è il primo serio e vero campanello d’allarme. E l’impatto che,
anche a voler tutto concedere alla buona fede degli esecutori, dimostrava sin da subito l’inaffidabilità
dei progetti, degli studi e delle previsioni.
Teste Micheli Luigi - Cioè, nel senso se, appunto, se quello che stava avvenendo, con i lavori in corso,
metteva in evidenza come lo studio d'impatto ambientale all'epoca non aveva previsto questi impatti che poi
si sono avverati.
È l’impatto che in ogni caso dimostra come da quel momento non ci potesse più essere la buona
fede, visto che non era mai stato esplicitato come possibile e, una volta che comunque si era manifestato,
CAVET, a seconda delle evenienze, lo ha negato, minimizzato, quando poi non ha addirittura deciso di
contrattaccare con arroganza. In ogni caso sempre si è fuggiti dalla proprie responsabilità.
[...] Questo impatto [...] coinvolge proprio una delle specifiche caratteristiche, quella indicazione della
Conferenza dei Servizi: acque di interesse acquedottistico, acque potabili. Quindi qui non c’è discorsi,
spetta nella competenza di CAVET. Era una cosa da evitare, non era il pozzo di uno messo in cima [...]. E’
un acquedotto. Quindi siamo proprio nella previsione. Per questo si muovono tutti: Biagi, Trezzini... Ed il
teste Micheli, poveraccio, si trova di fronte ad una cosa che (...) metteva in evidenza come lo studio,
l’impatto ambientale all’epoca non aveva previsto questi impatti che poi si sono avverati. E quindi il primo
impatto da cui proprio il fallimento delle previsioni era conclamato.
L’impatto a Castelvecchio lo documenta ARPAT (3). Sulla base delle ispezioni condotte dall'ARPAT nel primo
semestre del '98, è risultato come i maggiori impatti ambientali sulle acque sotterranee del Mugello connessi
all’AV "si sono avuti nel Comune di Firenzuola in prossimità della finestra Rovigo con abbassamento di falda
di 13 metri rispetto all'ante-operam e scomparsa di alcune piccole sorgenti”. Sempre nel Comune di
Firenzuola, presso la finestra di Castelvecchio, sono state registrate dall'ARPAT venute d'acqua con portate
fino a 25 litri al secondo "correlabili al marcato abbassamento della falda (50 metri rispetto all'ante
operam - piezometro di controllo) e ad una significativa diminuzione della portata di una sorgente di
controllo".
Già nel ‘98 ARPAT e Comune di Firenzuola attestano dunque l’emergenza ambientale nell'area di
Castelvecchio, con l’essiccazione di una sorgente privata che alimentava gli abbeveraggi del bestiame al
pascolo e, soprattutto, il totale prosciugamento anche della sorgente (da lt. 44/minuto) che alimentava
l'acquedotto comunale di Visignano e l'acquedotto privato di Castelvecchio, località che da quel
momento si è dovuta rifornire con autobotti non senza difficoltà.
L'ARPAT infine costatava che in alcuni casi la portata delle acque di aggottamento risulta superiore a
quanto ipotizzato nello Studio di Impatto Ambientale. E ravvisava la necessità che venisse effettuato
un aggiornamento dello studio specifico relativo alle interferenze delle gallerie sulla risorsa idrica
sotterranea.
E’ stato fatto qualcosa? No. E siamo nel ’98.
2) S. GIORGIO
Dunque A. C. è quell’agricoltore cui sprofonda il terreno. Quel terreno che il vicino dice sembrava essere
diventato una piscina vuota.
E cosa fa A. C. dopo che gli si sprofonda il terreno? Si mette lì e raschia il primo strato di terra per riportarla
su un altro terreno perché “era terra tanto buona”.
Teste A. C. - La CAVET ha fatto sempre il ripristino di tutte le cose che erano di loro competenza, io ho
rimesso solo l’ultima parte della terra perché avevo piacere di togliere quella che era la mia su cui avevo
sempre lavorato quindi me la sono voluta togliere da solo e rimettere a posto da solo, l’ultima parte
superficiale, perché mi premeva in quanto era terra buona e non volevo che venisse mescolata a un’altra.
Ecco cosa temevano gli agricoltori. Conoscendo le loro ottime terre temevano di perderle. E
purtroppo non sbagliavano.
Il 6.10.'98 l'Osservatorio Ambientale Locale (O.A.L.) del Mugello segnalava al sindaco di Borgo San Lorenzo
"la presenza di una grossa sacca composta da sabbia e acqua" sulla traiettoria della galleria A.V.,
aggiungendo che "tutta l'area ai piedi della collina è storicamente ricchissima di acqua". Il tecnico dell'OAL
terminava la propria segnalazione al sindaco di Borgo San Lorenzo con questa frase: "Ritengo che la
situazione, per le implicazioni che potrebbero manifestarsi in caso di una eventuale modifica della
"sacca di acqua e sabbia", debba essere valutata urgentemente, responsabilmente e seriamente, dal
punto di vista geologico".
Il 20.10.'98 il sindaco di Borgo San Lorenzo, Antonio Margheri, rispondeva chiedendo al presidente dell'OAL,
prof. Giuliano Rodolfi, un approfondimento della problematica evidenziata. All'OAL il sindaco chiedeva inoltre
"di coinvolgere anche l'ARPAT e il CONSIAG, qualora si ritenga, come sembra, che il fenomeno abbia
implicazioni anche sulla risorsa idrica".
Il 6.11.'98 il prof. Rodolfi, dopo il sopralluogo, rispondeva al sindaco Margheri, e per conoscenza al
presidente della Comunità Montana del Mugello Giuseppe Notaro: “In mancanza di dati sulla distribuzione in
superficie e in profondità della granulometria dei depositi suddetti, non risulta possibile ricostruire, nemmeno
approssimativamente, né la struttura della falda né le sue relazioni con il corso del Torrente Bagnone.
Altrettanto arduo è stabilire se il tracciato della galleria interesserà, nel suo tratto che corrisponde in
superficie all’attraversamento della piana del Bagnone, i sedimenti lacustri o i depositi alluvionali che li
sovrastano e, quindi, se questo si troverà a interferire o meno con gli acquiferi presenti. Risultano pertanto
fondati i timori dei residenti, che potrebbero rimanere privi di una risorsa alla quale la loro attività è
strettamente vincolata. Pertanto, lo scrivente ritiene indispensabile e di estrema urgenza, prima che il
progredire dei lavori di scavo possa creare situazioni irreversibili, l’organizzazione di una campagna
geognostica, ad integrazione di quella che risulta già svolta da CAVET, volta ad accertare le relazioni
sopra illustrate. Tale campagna, consistente in un raffittimento dei sondaggi già eseguiti, dovrebbe
servire anche per porre in opera una rete di monitoraggio continuo, mediante piezometri, del
comportamento della falda durante la progressione dei lavori in galleria”.
Quanto ai soggetti da coinvolgere, il prof. Rodolfi aggiungeva: "Lo scrivente concorda pienamente nel porre il
problema all'attenzione degli Enti preposti al controllo dell'ambiente (ARPAT) e delle acqua (CONSIAG); si
domanda, però, se tale iniziativa non spetti, piuttosto che all'OAL, ad una delle Amministrazioni competenti
per territorio".
Cosa hanno deciso di fare al riguardo CAVET, le Amministrazioni Locali, l'Osservatorio Ambientale
nazionale?
E’ stato fatto qualcosa di queste indicazioni?
La risposta è nei fatti. No.
Qualcuno ha avvisato A. C. che non fosse il giorno in cui è avvenuto il fatto?
No.
Qualcuno ha tutelato A. C.?
No.
E’ uno Stato di diritto?
Non credo. Uno Stato di diritto queste cose non le permette. E se non le permette, come credo che
nessuno le abbia potute permettere, vanno sanzionate. Perché sennò vorrebbe dire che hanno fatto
bene a fare quello che hanno fatto. E per questo c’è il processo. Dobbiamo spiegare agli imputati
perché sono in questo processo, questo è un caso per cui si giustifica questo processo.
Quindi non è stato fatto nulla, tant’è vero che sei mesi dopo A. C. torna a casa e deve stare attento
perché se no cade in una buca.
Risulta che sei mesi dopo il primo allarme tecnico, il danno ambientale preannunciato si è verificato.
Si verifica quello che A. C. ha testimoniato aver visto. Si verifica quello che risulta dal rapporto dell'ARPAT
sui lavori per l'Alta Velocità e datato 20.5.'99 e che attesta la nuova emergenza ambientale di una galleria
invasa dall'acqua e precipitosamente evacuata; una perdita di almeno 300.000 ettolitri di risorsa idrica; con
danno non solo per l'economia agricola del Mugello, ma anche per l'approvvigionamento idrico del paese di
Luco e degli insediamenti prossimi alla galleria.
Il tutto attribuibile a quella che l'ARPAT definisce una "fase di progettazione esecutiva" che "non ha
probabilmente raggiunto il dettaglio necessario". Sempre prudente ARPAT. Dopo lo sfacelo dubita ancora
che la progettazione esecutiva “non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario”.
Vediamo i dettagli del rapporto del 20.5.'99 dell'ARPAT, a firma Dr. S. Rossi, Dr. P. Biancalani, e Direttore
Generale Dr. A. Lippi. "Il giorno 25/4/99, durante una sosta delle operazioni di scavo del fronte, in
maniera del tutto inaspettata, a circa 2 m dalla base del fronte di scavo, in prossimità del piedritto
destro, si manifestava una concentrata e consistente venuta di acqua torbida e sabbia, con una
portata stimata intorno ai 50 l/sec.. La presenza di una considerevole quantità di sabbia ha messo
fuori uso il sistema di decantazione depurazione, intasando le pompe, causando il fluire dell'acqua in
galleria che, data la pendenza lato Firenze, ha iniziato ad allagare la zona del fronte di scavo opposto
impregnando i limi e mettendo in crisi il sistema di centine utilizzate per il sostegno ed il
contenimento provvisorio nelle zone della calotta e dei profili estradosso".
Tre giorni dopo, è ancora l'ARPAT a farlo sapere, "la venuta di acqua torbida, pur con una portata inferiore
(25/30 l/sec.) ed un minore carico solido, era sempre attiva".
Dieci giorni dopo, cominciano a essere apprezzati anche gli effetti in superficie: "a circa 100 m a NNE
del fronte di scavo si era creato un avvallamento del terreno con un diametro approssimato di quasi
20 m ed una profondità massima di 40 cm, certamente legato al dislocamento del materiale solido in
galleria". Da notare che la galleria corre a ben 40 m al di sotto del piano campagna! "L'area della
depressione, informa l'ARPAT, è stata sottoposta a monitoraggio per verificare l'evolversi dell'avvallamento".
E "allo stato attuale (14 maggio) la venuta di acqua non é cessata, anche se si è ulteriormente ridotta
passando a circa 10 l/sec.".
Una stima molto cauta, ricavata moltiplicando i dati forniti dall'ARPAT per il tempo trascorso, permette di
stabilire che la fuoriuscita di acqua e sabbia dalla galleria di S. Giorgio è stata, nei primi 19 giorni
registrati nel rapporto ARPAT, di oltre 300.000 ettolitri. Un'enorme risorsa gettata via. Diventata anzi
un grave fattore di inquinamento. È ancora l'ARPAT a scrivere che "l'immissione di notevoli quantità di
acqua con un elevato contenuto di materiali solidi nel torrente Bagnone ha determinato il deposito di una
notevole quantità fango nell'alveo con un indubbio danno biologico". Che si tratti di una vera e propria
emergenza lo attesta l'ammissione che "allo stato attuale è impossibile, per motivi di sicurezza, interrompere
l'emungimento delle acque della galleria".
Nel paragrafo dedicato alle "considerazioni", l'ARPAT scrive di ritenere, come abbiamo sopra evidenziato,
"che, alla ripresa della escavazione, l'avanzamento dei fronti debba procedere di pari passo con una
ricostruzione dettagliata della stratigrafia e dei rapporti geometrici fra le varie formazioni geologiche che, in
fase di progettazione esecutiva, non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario".
Nei mesi successivi le intercettazioni della falda, in quella stessa località (Luco di Mugello), ha
provocato cedimenti di terreno profondi fino a 7 metri a distanze anche di 70 metri dal fronte di
scavo del tunnel.