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OPERA INCOMPIUTA CONTRO GIULIANO Tutte le Opere - versione italiana > Polemici > Opera incompiuta contro Giuliano

PREFAZIONE Contro gli eretici pelagiani, i quali dicono che Adamo sarebbe morto corporalmente anche se egli non avesse peccato e che il genere umano in lui non fu viziato - dal che segue che insistono nel sostenere che la morte e i morbi mortiferi e tutti i mali che vediamo sofferti anche dai bambini sarebbero esistiti pure nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato -, io scrissi al conte Valerio un libro con il titolo Le nozze e la concupiscenza, perch avevo saputo essergli giunta la voce che i pelagiani ci accusavano di condannare le nozze. In sostanza, ragionando come mi stato possibile, ho distinto in quell'opera il bene delle nozze dal male della concupiscenza carnale, del quale fa buon uso la pudicizia coniugale. Dopo che l'illustre uomo ora ricordato ebbe ricevuto quel libro, mi mand in una cartella alcune sentenze stralciate da un'opera dell'eretico pelagiano Giuliano - dove con quattro libri gli parve bene di rispondere a quel mio unico libro che ho gi detto d'aver scritto su Le nozze e la concupiscenza -, inviatagli da persona a me sconosciuta, la quale cur di stralciarle come volle dal primo libro di Giuliano: e a queste sentenze il medesimo Valerio chiese che io rispondessi quanto prima. E avvenne che sotto il medesimo titolo io scrissi anche un secondo libro, contro il quale Giuliano replic scrivendo con eccessiva loquacit altri otto libri. E' a questi che ora rispondo riportando le sue parole e facendo seguire alle medesime la mia risposta punto per punto, come la confutazione di esse mi parso bene dovesse essere resa. Questo, dopo aver gi confutato sufficientemente e apertamente, appena vennero nelle mie mani, i suoi primi quattro libri con sei miei.

LIBRO PRIMO G. paga una sua promessa.

1. GIULIANO. Sebbene impedito dalle grandi angosce che, al vedere lo stato della Chiesa in questo tempo, mi mette dentro l'animo in parte l'indignazione e in parte la compassione, non avevo rinunziato tuttavia a tener fede alla mia promessa, a curare cio d'essere pure solvitore dopo essermi fatto debitore. Nei libri infatti che dettai per il nostro fratello vescovo Turbanzio, uomo di splendide virt, contro gli scritti di Agostino, promisi che, se qualche ostacolo non fosse intervenuto a impedirmi lo studio, avrei affrontato sollecitamente tutti gli argomenti di coloro che, condividendo la sentenza dei manichei, difendessero la " traduce " del peccato, ossia il male naturale: dal quale mio proposito mi hanno distolto finora varie necessit che non potevo deludere. AGOSTINO. Volesse il cielo che dopo quei tuoi scritti e dopo questi tuoi elogi con i quali dici Turbanzio uomo di splendide virt, lo imitassi nell'essersi liberato dal vostro errore! Quanto a quei tuoi libri, essi hanno ricevuto risposta e ti stato mostrato quali luminari cattolici, di chiarissima fama nel commentare le sante Scritture, tu tenti di offuscare con questa obbrobriosa calunnia, ossia chiamandoli manichei. Si lamenta G. di non aver potuto disporre di giudici equi. 2. GIUL. Ma appena fu lecito respirare, il mio proposito era di mantenere le mie promesse in termini brevi al massimo quanto l'avesse consentito la natura stessa della questione, se tu, beatissimo padre Floro, non avessi voluto che io entrassi di nuovo in un impegno pi laborioso. E poich tu conti tanto per reverenza di santit che io stimerei sacrilego prestare ai tuoi comandi un'obbedienza pigra, hai ottenuto con facilit che io estendessi a vie pi lunghe la brevit compendiosa che avevo scelta. Gradisci dunque l'opera intrapresa da me per tuo suggerimento. L'ho dedicata al tuo nome soprattutto con questo desiderio: che sotto il patrocinio di tanta autorit la mia penna scorresse pi sicura e pi ilare. Non fu dunque inopportuna la scelta che l'animo concep della brevit, perch in quei quattro libri la verit della fede cattolica, per la quale e con la quale ci guadagniamo l'odio di un mondo che traballa, armata tanto d'invitti ragionamenti quanto di testimonianze fornite dalla legge sacra, aveva stritolato quasi tutte le invenzioni dei manichei proferite contro di noi dalla bocca di Agostino e non sarebbe rimasto quasi pi nulla, se avessimo potuto valerci di giudici equi.

AG. Contro i tuoi quattro libri ne furono scritti sei da me. Dopo appunto che nei primi due ho esposto i testi dei maestri cattolici che tu fai manichei obiettando a me sotto questo crimine quello che essi impararono e insegnarono nella Chiesa cattolica -, ho contrapposto ciascuno degli altri quattro a ciascuno dei tuoi, confutando le tenebre della vostra eresia con la luce della verit cattolica, dal cui abbandono accecato tu sragioni e nei riguardi di una questione sulla quale non mai stata sollevata nella Chiesa del Cristo nessuna controversia, tu, come novello eretico, cerchi giudici equi, quasi che non possano sembrarti giudici equi se non quelli che tu abbia ingannati con il vostro errore. Ma quale giudice potrai trovare migliore di Ambrogio? Di lui dice il tuo maestro Pelagio che nemmeno un nemico ne ha osato riprendere la fede e il purissimo senso circa le Scritture. Riterrebbe forse dunque Ambrogio con il suo purissimo senso circa le Scritture il dogma dell'impurissimo Manicheo quando dice: Noi nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la nostra origine stessa 1? Tu piuttosto giudica ora con quanto impuro senso biasimi questo dogma cattolico e non indugiare a correggerti secondo il giudizio di Ambrogio. Sacra Scrittura e ragione vanno d'accordo. 3. GIUL. Avevo omesso tuttavia alcune testimonianze delle Scritture, con le quali costoro stimano che si possa provare qualcosa contro di noi, testimonianze che avevo promesso di spiegare successivamente per insegnare che le parole pi ambigue della legge, solite ad esser fatte proprie dai nostri nemici, non possono recare pregiudizio alla verit evidente e vanno intese in conformit a ci che confermato da testimonianze assolutissime della Scrittura santa e da inoppugnabile ragione. Poich, chiunque stima che per sanzione di legge divina si possa difendere ci che non si pu rivendicare per giustizia, costui apparisce da questo stesso fatto quanto sia interprete sprovveduto e profano della legge divina. AG. Piuttosto quello che dite voi, non si pu difendere per nessuna ragione di giustizia. Perch la miseria del genere umano, alla quale non vediamo scampare nessuno dalla nascita alla morte, non si addice al giusto giudizio dell'Onnipotente, se non esiste il peccato originale. Impossibile negare l'equit di Dio con testi biblici.

4. GIUL. Se infatti la legge divina madre e maestra di giustizia, l'equit di Dio si pu aiutare anche con i sussidi provenienti dalla legge divina, impugnare no. La natura delle cose dunque non consente all'ingiustizia di trovare un qualche appiglio nelle forze di quella Scrittura che ebbe questa sola ragione di esser promulgata: che si distruggesse l'iniquit con le sue testimonianze, con le sue istituzioni, con le sue minacce, con le sue punizioni. AG. Dalle testimonianze della Scrittura si dichiara che l'uomo stato fatto simile alla vanit, che i suoi giorni passano come ombra 2. Che nasca in tale vanit, lo mostra non solo la verace Scrittura che lo compiange, ma anche la laboriosa e affannosa cura che cerca di educarlo. Nelle istituzioni della Scrittura si legge che va offerto un sacrificio espiatorio anche per la nascita di un bambino 3. Nelle minacce della Scrittura si legge che era destinata a perdersi l'anima del bambino non circonciso nell'ottavo giorno 4. Nelle punizioni della Scrittura si legge il comando di uccidere anche i bambini i cui genitori avessero provocato Dio a tanta collera da essere condannati allo sterminio bellico 5. Bisogna spiegare i testi biblici che sembrano ambigui. 5. GIUL. Dunque con la legge di Dio non si pu far nulla contro Dio, autore della legge. La quale massima compendiosa basta certamente da sola ad escludere ogni obiezione che solita farsi dagli erranti. Noi per, per insegnare quanto sia ricca la verit a cui crediamo, siamo abituati a dare la luce delle nostre spiegazioni anche a quei passi delle Scritture che, con l'ambiguit dell'eloquio, velano l'intellezione del loro sentire, perch, poste in chiaro, posseggano la dignit della loro origine e non siano estromesse dalla loro sacra genealogia come bastarde o degeneri. AG. Siete voi anzi che con l'ambiguit delle vostre perverse discussioni tentate di oscurare le luci delle Sacre Scritture, rifulgenti della certezza della verit. Che cosa infatti pi luminoso di quanto ho detto or ora: L'uomo stato fatto simile alla vanit, i suoi giorni passano come un'ombra 6? Il che certamente non accadrebbe se l'uomo continuasse ad essere a somiglianza di Dio, come fu creato. Che cosa infatti pi luminoso di quanto si legge: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 7? Che cosa pi luminoso delle parole: Chi mondo da ogni macchia? Nemmeno un bambino di un solo giorno di vita sulla terra 8, e di

moltissimi altri passi che voi con vana loquacit cercate d'impigliare nelle vostre tenebre e di stornare al vostro senso perverso? I testi biblici sono esatti, perch divini. 6. GIUL. Questo soltanto dunque pensavo d'ottenere ancora, secondo la nostra abitudine: liberare dalle interpretazioni dei traduciani le membra della legge divina che sottostavano a quell'onta, dimostrando che esse, essendo divine, erano giuste. AG. Con bocca offensiva chiami traduciani Cipriano, Ambrogio, Gregorio e tutti gli altri loro colleghi che confessano il peccato originale. Ma non c' da meravigliarsi che i nuovi eretici impongano un nuovo nome ai cattolici dai quali escono: l'hanno fatto anche altri quando se ne sono ugualmente usciti. G. giustifica la lunghezza di questa sua opera. 7. GIUL. Ma poich tu hai proposto insistentemente, anzi hai imposto con la tua patria potest che io replicassi al libro del trattatista " pno ", recentemente recato al conte Valerio dall'accolito dei peccati di Agostino, Alipio, per questo motivo la risposta mi si fatta pi lunga. AG. Gran " pna " per te questo disputante " pno ", e molto prima che voi nasceste fu preparato a gran " pna " della vostra eresia il " pno " Cipriano. Insulti di G. ad A. 8. GIUL.. Costui infatti ha dato ancora una volta del suo ingegno e della sua fede monumentali prove, che sono durissime a intendersi, difficilissime a spiegarsi, quasi orribili a udirsi, ma facilissime a confutarsi, degne di essere trafitte con la rabbia pi accesa e mandate allo sterminio dell'oblio per rispetto dell'onest. AG. Non giudicano come vuoi tu coloro che leggono. A. accusa G. di una nuova eresia. 9. GIUL. Il suo primo libro dunque, l'unico che finora sia stato pubblicato prima di questo, c'incrimina di essere nuovi eretici 9, perch ci opponiamo all'opinione la quale, a guisa di sepolcro

imbiancato, rivestito al di fuori secondo la sentenza del Vangelo d'immacolato candore, ma pieno all'interno di sporcizia e di putridume 10, con il pretesto di lodare il battesimo, vomita le sordidezze dei manichei e il peccato naturale per contaminare i sacramenti della Chiesa cattolica, finora puri. AG. Che siete nuovi eretici lo dimostra l'antica fede cattolica, che voi avete cominciato a combattere da poco tempo e che stata predicata da illustrissimi maestri vissuti prima di noi. Non poi necessario rispondere a tutte le tue accuse, le quali, pi che accuse, sono villanie, scagliate da te con sfacciataggine spudorata e con linguaggio rivoltante non solo contro di me, ma pure contro Ambrogio, Ilario, Gregorio, Cipriano e altri celeberrimi dottori della Chiesa. Sospetti di G. sul conte Valerio. 10. GIUL. Loda anche un personaggio potente per essersi opposto con la mole della sua dignit alle nostre petizioni, con le quali non reclamavamo nient'altro che si assegnassero giudici ad un affare tanto importante, perch gli atti risultanti surrettizi fossero piuttosto corretti che puniti da un nuovo esame, e per non averci permesso d'impetrare n tempo n luogo ad una discussione. Se quel personaggio, a cui dedica il libro, l'abbia fatto con la cattiveria che l'elogio attesta, sia lui stesso a giudicarlo. Quanto migliore tuttavia sia stata la nostra stima nei suoi riguardi lo manifesta l'inserzione onorifica del suo nome nel mio libro. Ma forse il libro di Agostino potrebbe contenere delle falsit sul suo patrono. Certo mostra fedelmente il desiderio di chi scrive: che si combatta con violenza feroce e con impotenza cieca contro la ragione, contro la fede, contro ogni santit di costumi e di dogmi. AG. Lungi dalle autorit cristiane dello Stato terreno dubitare dell'antica fede cattolica e offrire per questo ai suoi oppositori luogo e tempo per un esame. Piuttosto, sicure e fondate sulla fede cattolica, impongano a tali nemici della fede quali siete voi la disciplina della coercizione. Quello infatti che si fece per i donatisti lo costrinsero a fare le loro turbe violentissime, ignare di ci che era accaduto prima e bisognose di essere informate. Dall'avere simili turbe vi tenga lontani Dio, e comunque grazie a Dio non le avete. La sporca coscienza di A.

11. GIUL. Ci fatto nella prima parte del volume, passato alla distinzione delle nozze e della concupiscenza, come aveva promesso nel titolo, e in tutto il resto dell'opera ha dato prova della sua arte e abilit. Soffocato infatti da un'ultima necessit tra la negazione delle confessioni e la confessione delle negazioni, ha messo in luce quali travagli soffrisse la sua sporca coscienza. AG. Insolentisci quanto puoi! Quale insolente infatti non lo pu fare? Potevo tacere, ma ho scritto, perch si fa troppo tardi. 12. GIUL. Alla sua prima opera ho risposto dunque in quattro libri con la forza ispiratami dalla verit, dopo aver doverosamente premesso che avrei tralasciato e quanto non appariva importante nei riguardi del suo dogma e quanto poteva farmi accusare come chiacchierone, se avessi inseguito tutte le questioni pi stupide e vane. Bench, se mi fosse stato lecito osservare, come conveniva, questa regola di considerare non meritevoli nemmeno di confutazione le sue affermazioni apertamente sballate, sarebbero state da condannare con il disprezzo di un pubblico silenzio quasi tutte le sue invenzioni. Ma poich, con questo affrettarsi di tutti gli eventi verso il peggio - il che indizio che il mondo volge alla fine -, anche nella Chiesa di Dio ha preso il dominio la stoltezza e la corruzione, noi fungiamo da ambasciatori per il Cristo 11 e mettiamo virilmente tutte le nostre forze a difesa della religione cattolica, n ci dispiace di consegnare alle lettere i rimedi che abbiamo confezionati contro i veleni degli errori. AG. Voi siete stati partoriti dalla stoltezza e dalla corruzione, ma se la stoltezza e la corruzione avesse preso il dominio nella Chiesa, essa vi avrebbe tenuti certamente dentro di s. Appello ai lettori. 13. GIUL. Avevo senza dubbio dichiarato, come ho detto, che nella mia prima opera n avrei dissertato contro tutti i modi di difendere la " traduce ", n avrei replicato a tutte le affermazioni contenute in quel libro, ma avrei aggredito i punti in cui Agostino riponeva la sostanza e la forza del suo dogma. Che poi io abbia mantenuto fede a questa mia promessa lo riconoscer chiunque legga l'una e l'altra opera, fosse anche un lettore maldisposto, purch sia soltanto un lettore diligente. Ora io, sicuro dell'onest della mia coscienza, ed

esorto e pungolo il nostro nemico perch, caso mai credesse trascurata da me qualcuna delle sue argomentazioni che egli stesso giudichi di qualche importanza, la metta in tavola e mi convinca reo di paura e di dolo. AG. Non credo che tu abbia reputato di nessuna importanza i punti che hai omessi; bench, anche se concedessi che tu abbia reputato cos, non trover che sia cos il lettore, cattolico e intelligente, il quale, avuto tra mano quell'unico mio libro e avuti i tuoi quattro, li abbia letti diligentemente. Ho confutato tutto A. 14. GIUL. Certamente nell'esporre le testimonianze delle Scritture sono stato a volte pi lungo e a volte pi breve, ripromettendomi di farlo in modo esauriente nell'opera che seguir. Nessuna peraltro delle argomentazioni e delle proposizioni di Agostino rimasta qui senza confutazione; niente stato mantenuto da me diversamente da come l'avevo promesso. Delle sue fantasticherie ho dimostrato che molte sono false, molte sono stolte, molte sono sacrileghe. AG. Questo, s, lo dici, ma lo dici tu; chi legge e intende quello che legge, non lo dice, se non pelagiano. Nessuna arroganza. 15. GIUL. Per la quale nostra professione non dobbiamo temere d'essere accusati d'arroganza: non confessiamo infatti che la verit sia stata difesa dal mio ingegno, ma che l'insufficienza del nostro ingegno stata aiutata dalle forze della verit. AG. Avresti detto eliminata la tua insufficienza, se tu avessi voluto dire il vero. A. mi accusa prima di avermi letto. 16. GIUL. Poich dunque risulta che tutto stato adempiuto non diversamente da come ho detto, non finisce di stupirmi l'impudenza di un uomo che in questa sua recente opera accusa di falsit i miei libri e tuttavia dichiara che essi non gli erano venuti ancora tra le mani 12. E' duro certamente che l'abitudine di peccare produca l'amore del peccato, ma nulla pi duro di ci che estingue il pudore; il che, sebbene risultasse dall'abitudine della malvagit, tuttavia i

pericoli presenti l'hanno insegnato molto pi di quanto poteva immaginare ciascuno di noi. Quando infatti avrei creduto che la fronte del Numida fosse diventata tanto dura fino al punto di confessare in una sola opera e in un solo contesto l'uno e l'altro: e che io ho detto il falso e che egli non ha letto ci che io ho detto? AG. Se a farlo non sei stato tu, l'ha fatto colui che stralci dai tuoi libri le proposizioni che pens di dovere mandare al conte Valerio. Il che, non credendo io che l'avesse fatto mendacemente, attribuii allo scrittore quello che ho dovuto allo stralciatore. I tuoi libri appunto non li avevo letti ancora, ma i passi che costui aveva stralciati da essi li avevo letti. Se tu ti pensassi uomo, avvertendo la possibilit che ci sia potuto accadere, non cercheresti in questa occasione una calunnia tanto odiosa per me. Stralci rivelatori. 17. GIUL. Scrivendo infatti a Valerio e meravigliandosi che fosse studioso dei suoi libri, bench occupato dai sudori della vita militare, lo informa che gli erano state portate da Alipio alcune cartelle con questa soprascritta: Capitoli da un libro di Agostino, scritto da lui, contro i quali io ho stralciato da altri libri pochi testi. Qui vedo, continua Agostino, che colui che indirizz alla tua Prestanza cotesti scritti li volle stralciare da non so quali libri per questa causa, per quanto ne penso io: il desiderio di una risposta pi svelta che non facesse aspettare la tua istanza. Messomi poi a pensare quali siano cotesti libri, ho stimato d'individuarli in quelli che Giuliano menziona nella lettera mandata da lui a Roma e arrivata in copia nel medesimo tempo fino a me. In essa scrive appunto: Dicono pure che le nozze come si celebrano adesso non sono state istituite da Dio, e ci si legge in un libro di Agostino, contro il quale ho risposto ora con quattro libri. E dopo tali parole Agostino conclude di nuovo per proprio conto: Da questi libri, credo, sono stati fatti cotesti stralci. Perci sarebbe stato meglio forse che avessimo consacrato la nostra fatica a ribattere e confutare l'intera sua opera, sviluppata da lui in quattro volumi, se io pure non avessi voluto differire la mia risposta, come tu non hai differito l'invio degli scritti a cui rispondere 13. Qui dunque Agostino fa capire apertissimamente il suo sospetto che quegli estratti fossero stati raccolti alla rinfusa da una mia opera, ma ignorava i miei libri interi, ai quali tuttavia osa dire di aver potuto dare una risposta.

AG. Perch non dovevo osarlo, dal momento che non dovevo certamente dubitare che tu in quei libri avevi detto delle falsit? Contro la verit infatti non potresti dire nient'altro che falsit. N il mio animo mi ha ingannato: quei tuoi libri infatti li ho trovati poi, a leggerli, tali e quali avevo presentito che fossero prima di leggerli. Una lettera di G. a Roma. 18. GIUL. Accenna pure ad una lettera che dice indirizzata da me a Roma, ma dalle sue parole non siamo riusciti a capire di quale scritto parli 14. Mandai, s, su tali questioni, due lettere a Zosimo, vescovo allora di quella citt, ma in un tempo in cui non avevo ancora iniziato i libri. AG. Questa lettera non era per Zosimo, ma per sedurre coloro che a Roma potessero essere sedotti da tale suasione. Ma se non la riconosci, ecco, non sia tua. Magari non fossero tuoi nemmeno quei libri, ma fossero alieni da te, perch per essi non diventassi tu alieno dalla verit. G. accusa A. di leggerezza e di presunzione. 19. GIUL. Ma si valga pure dell'indicazione della lettera, dalla quale apprese o finse che io con quattro volumi avessi sviluppato la risposta contro i nuovi manichei, giacch disdegna di riconoscersi nei vecchi. Perch dunque non si cur di apprendere le nostre obiezioni? Perch non si premur di riconoscere con chi si sarebbe scontrato, ma, spinto da una leggerezza molto riprovevole, si butt in una lotta della massima importanza con gli occhi bendati come un andbata? Se ne giustifica dicendo d'aver voluto imitare con una risposta precipitosa la fretta del suo patrono nello spedirgli le schede. Come se non avesse potuto reclamare onestissimamente che gli fosse concesso del tempo per arrivare a leggere l'opera quando fosse stata pubblicata. E' disonesto tra persone erudite mancare di ponderatezza nello scrivere e metterti a combattere contro ci che non conosci per impazienza nel deliberare. Aggiungi che costui, mentre stava per muoverci l'accusa d'aver decurtato furbescamente i suoi testi, prestava fede a quegli estratti che sembrano messi insieme pi verosimilmente dalla sua falsit e malignit che non dalla sprovveduta semplicit di qualcuno dei nostri. Ma questo, per qualsiasi animo e per opera di qualsiasi autore sia accaduto, giova tuttavia a noi in due modi: perch ha

palesato ad un tempo e quanta leggerezza e quanta stoltezza si trovi in questo nemico della verit, il quale si convinto di non poter tacere anche quando non avrebbe dovuto parlare e per poche sentenze incomplete, stralciate pi che aggregate tra loro, e per giunta solo da un primo mio libro, crollato cos con le ossa rotte fino al punto da mobilitare contro di noi il risentimento del volgo con strilli davvero femminei. Il che apparir meglio negli sviluppi della nostra discussione. AG. Perch ti adiri con me che i tuoi libri mi siano potuti arrivare troppo tardi o che nel ricercarli non sia riuscito a trovarli celermente? Comunque riguardo al contenuto della cartella mandatami, di chiunque fosse e quale che fosse, perch non apparisse uno scritto invincibile, io potevo e dovevo assolutamente esaminarlo con occhi tutti aperti e non bendati, e confutarlo senza indugi. Anche se non avessi mai potuto trovare i tuoi libri, era necessario che le proposizioni sembrate importanti a chi credette di doverle mandare a un cos grosso personaggio, fossero confutate da me, per quanto potevo, perch nessuno rimanesse ingannato dalla loro lettura. Non mi obietteresti dunque quello che mi obietti, se non fossi tu piuttosto a parlare cos, ad occhi certamente chiusi, per non dire spenti. In nessun modo poi diresti che noi mobilitiamo il risentimento del volgo contro di voi, se tu non ignorassi che alle masse cristiane di ambo i sessi non nascosta la fede cattolica, che tenti di sovvertire. Soltanto i punti capitali. 20. GIUL. Tuttavia avverto che anche qui, come abbiamo fatto nell'opera precedente, non riferir tutte assolutamente le parole di Agostino, ma quei punti capitali che, una volta distrutti, trascinano nella rovina l'opinione del male naturale. AG. I punti omessi da te saranno forse raccolti da noi o da altri, perch apparisca per quale ragione tu li abbia omessi. G. non ha troncato i testi di A., questi invece i testi di G., senza confutarli. 21. GIUL. Sebbene questo risulti pienamente ottenuto con la prima opera, tuttavia, poich egli si proposto ora di confutare alcune proposizioni di un solo mio libro e mi accusa, come ho gi detto, di aver troncato in gran parte i suoi testi nel riferirli, dimostrer prima

che quanto egli riprende e non stato fatto da me ed stato fatto da lui sfacciatamente, ripetutamente, in questa medesima opera. Poi prover che alle stesse sentenze, concise e brevi che frammischia dai miei libri pubblicati contro di lui, ha tanto poco saputo opporre solide risposte che quelle mie verit rimangono illese e costui arriva a dare insegnamenti ancora pi chiaramente detestabili di quanto la nostra eloquenza aveva faticato a mettere in evidenza. AG. A questo ho gi risposto sopra. Omissioni di G. nel riferire il pensiero di A. 22. GIUL. Attoniti dunque, ascoltiamo che cosa abbia scritto contro di me. Dice: Dal mio libro, che ho mandato a te e che ti notissimo, ha preso questi punti e ha cercato di confutarli: " Vanno gridando astiosissimamente che noi condanniamo le nozze e l'opera divina con la quale Dio crea gli uomini da maschi e femmine, per il fatto che diciamo che quanti nascono da tale unione contraggono il peccato originale, e, quali che siano i genitori da cui nascono, non neghiamo che coloro che nascono siano ancora sotto il diavolo, se non rinascono nel Cristo " 15. Nel riferire queste mie parole costui ha omesso la testimonianza dell'Apostolo, che stata da me interposta e dalla cui grande mole costui si sentiva schiacciato. Io infatti, dopo aver detto che i nati contraggono il peccato originale, ho aggiunto: " Di quel peccato l'Apostolo scrive: "A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui" 16 ". Omesso, come abbiamo detto, questo testo, costui ha messo insieme tutte le altre proposizioni ricordate sopra. Egli sa infatti in quale senso il cuore dei fedeli cattolici sia solito intendere queste parole apostoliche omesse da lui e che, sebbene cos schiette e fulgide di luce, i nuovi eretici tentano di oscurare e di corrompere con interpretazioni tenebrose e tortuose. Poi ha inserito le altre mie parole, dove ho detto: " N si accorgono che, come non si pu scusare il male degli adultri e delle fornicazioni con il bene naturale che nasce da l, cos non si pu accusare il bene delle nozze per il male originale che se ne contrae. Infatti, come opera del diavolo il peccato, da qualsiasi parte lo contraggano i bambini, cos opera di Dio l'uomo, da chiunque nasca ". Anche qui ha omesso quei punti nei quali ha temuto di farsi sentire dagli orecchi dei cattolici. Infatti, prima di arrivare a quelle parole, pi sopra era

stato detto da noi cos: " Perch dunque noi diciamo questa verit che contenuta nell'antichissima e fermissima regola della fede cattolica, cotesti assertori di un dogma novello e perverso, i quali negano la presenza nei bambini d'ogni traccia di peccato da lavare con il lavacro della rigenerazione, per mancanza di fede o per mancanza di conoscenza ci calunniano come se condannassimo le nozze e come se dicessimo opera del diavolo l'opera di Dio, cio l'uomo che nasce dalle nozze " 17. Omesso dunque questo nostro brano, seguono le nostre parole riferite da lui, come stato scritto qui sopra 18. Fin quando persisterai, parlando cos, nell'ingannare la semplicit degli animi religiosi e degli animi ignari? Fino a quale confine si protender la tua sconfinata impudenza? Per nulla, nello scrivere tali errori, hai avvertito la censura dei dotti, per nulla la paura del futuro giudizio, per nulla gli stessi documenti monumentali delle Lettere? Non vedi che la tua fallacia gi stata scoperta ed tenuta prigioniera? Che cosa tu abbia scritto nella tua prima opera e che cosa nella seconda chi dei nostri pensi che lo ignori? Ho sentito infatti proprio il gusto e la convenienza di apostrofarti nei termini stessi con i quali l'eloquente console si scagli contro un parricida pubblico 19. AG. Fai bene a indicarci, caso mai non ce ne fossimo accorti, che hai preso e applicato queste parole dalle invettive di Cicerone, ma noi non temiamo Giuliano quando lo vediamo diventato tulliano, anzi piuttosto ci doliamo che sia diventato insano quando vediamo che ha perduto il senso cristiano. Che cosa infatti pi insano di negare ai bambini come medico il Cristo, dicendo che in essi non c' la malattia che egli venuto a sanare? Cicerone, inveendo contro un parricida della patria, difendeva la citt che il suo re Romolo aveva fondata raggruppando peccatori da ogni parte; tu invece, nei riguardi di tanti bambini che muoiono senza il sacro battesimo, e gridi che non hanno nessun peccato e non permetti che entrino nella Citt del Re ad immagine del quale sono stati creati. Reciproche accuse. 23. GIUL. Fingi che io abbia tralasciato una testimonianza dell'Apostolo, la quale n pu giovare a te, n stata saltata da me, ma inserita nell'ordine stesso che tu le avevi dato e, come ricordata fedelmente nel primo libro, cos commentata nel quarto, bench di corsa e brevemente 20. Non ho trascurato nemmeno di ricordare la Chiesa cattolica, che tu avevi ricordata con questo

preciso scopo: che gli ingannati da te abbandonassero la fede cattolica e godessero, miserabili, della denominazione cattolica. E per quanto in quelle tue parole non ci fosse nessuna forza di argomentazione, da me tuttavia il senso capitale delle tue proposizioni non stato proposto diversamente da come era stato disposto da te. Leggi i miei libri gi pubblicati e osservando la fedele sincerit della mia risposta, che tu accusi di frode, dichiara subito che io dico la verit; ma quanto a te, se la tua abitudine te lo permette, arrossisci. Ma ora che ti ho dimostrato reo di inescusabile falsit, che, sempre turpe, diventa tuttavia pi turpe ancora quando si arrampica sulla poltrona del censore e appioppa all'onest altrui la propria deformit, rispondi: che cosa apportano alle sentenze dei manichei o il nome della Chiesa o le parole dell'Apostolo da accusarne l'omissione con risentimento tanto grande? AG. Ho gi risposto pi sopra a questa tua calunnia con la quale mi rinfacci il falso per non aver riferito integralmente le tue parole. Ma ci che ha fatto quell'estrattore non me lo attribuiresti cos volentieri, se tu non volessi essere corruttore di coloro che leggono questi tuoi scritti. G. ascrive ogni peccato alla volont cattiva, non alla natura cattiva. 24. GIUL. Questa la grandissima differenza che c' sempre stata tra i manichei e i cattolici, questo il confine di vastissima dimensione che separa tra loro i dogmi delle persone pie e i dogmi delle persone empie, anzi questa l'enorme montagna che divide le nostre sentenze quasi con l'altezza del cielo sulla terra: noi ascriviamo ogni peccato alla volont cattiva, i manichei invece alla natura cattiva. I quali manichei, seguendo errori diversi, che sgorgano per dalla polla di cotesta sorgente, giungono per fatale conseguenza a pratiche sacrileghe e criminose; come al contrario i cattolici, movendo con una buona partenza e favoriti dal procedere su buone strade, sono portati al grado supremo della religione, che ragione e piet presidiano. Tu dunque, tentando di asserire il male naturale, hai usurpato con intento profano, ma con risultato nullo, la testimonianza dell'Apostolo, riguardo al quale io dimostro che non ha ritenuto nulla della sentenza che tu cerchi di dare ad intendere, con questo medesimo argomento di prescrizione: in modi contraddittori tra loro tu e lo riconosci cattolico e stimi che le sue parole suffraghino Manicheo.

AG. Se tu pensassi con cuore cristiano quali maestri cattolici asserisci suffragatori di Manicheo, maestri che nelle parole dell'Apostolo hanno inteso che i bambini contraggano il peccato originale, maestri che non lodano come sana, alla vostra maniera insana, la natura, ma le hanno piuttosto applicato la medicina cristiana per farla ritornare sana; se, dico, tu ci pensassi con cuore cristiano, ti vergogneresti, tremeresti, ammutoliresti. Tutte le eresie si appoggiano alle Sacre Scritture. 25. GIUL. Non hanno fatto forse lo stesso, per tradizione del loro eresiarca, Adimanto e Fausto - del quale parli come di un tuo precettore nei libri delle tue Confessioni 21 - rubando e tagliando o dai Vangeli o dalle Lettere degli Apostoli le sentenze pi oscure per patrocinare con l'autorit dei nomi un dogma sacrilego? Quantunque, perch parlo dei manichei? Tutte assolutamente le eresie arginano con frasi e con sentenze delle Scritture le proprie invenzioni, con le quali sono uscite dall'orbita della piet e della fede. AG. Costoro hanno tentato di volgere a favore del loro dogma sentenze oscure, voi con il vostro stesso dogma cercate di oscurare sentenze aperte. Che cosa infatti pi aperto di quello che dice l'Apostolo: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, e con il peccato la morte, e cos ha raggiunto tutti gli uomini 22? La quale verit se il medesimo Apostolo fosse costretto a provare, porterebbe a testimonianza la stessa miseria del genere umano, che comincia dai vagiti dei bambini e arriva fino ai gemiti dei decrepiti. In nessun modo infatti una miseria cos grave s'infliggerebbe sotto la cura dell'Onnipotente e del Giusto alla natura umana, se nei due progenitori non venisse cacciata fuori tutta quanta dalla felicit del paradiso in questa infelicit per il merito del peccato. Ma le Scritture rimangono fuori. 26. GIUL. Ci sar quindi forse per questo un dilemma: o si dimostreranno i Libri sacri autori di errori o la dignit delle Scritture espier i crimini di quanti si perdono? AG. Questo ditelo per voi. Dio giusto.

27. GIUL. Si estingua dunque la libidine di commenti indisciplinati. Si creda che le parole non fanno nulla contro la manifesta giustizia di Dio. Le quali parole se sono di persone cui si deve venerazione, si difendano con spiegazioni conformi all'equit divina. Se sono invece parole proferite da un autore che non da temere, si respingano anche senza spiegarle. Adesso dunque si discute del giusto giudizio di Dio, del quale si afferma: E' un Dio verace e senza malizia; giusto e retto il Signore Dio 23. E ancora: Giusto il Signore, ama le cose giuste; il suo sguardo si posa sulla equit 24. E ancora: Sono giusti tutti i tuoi comandamenti 25. Innumerevoli sono i luoghi che nei sacri Volumi esaltano l'equit divina, della quale del resto non ha mai dubitato nessuno n dei pagani n degli eretici, eccettuati i manichei e i traduciani. AG. Da questa equit viene sui figli di Adamo dal giorno in cui escono dal seno materno un giogo pesante 26, la cui assoluta iniquit asserisce chi nega il peccato originale. Dio necessariamente giusto. 28. GIUL. E' tanto insita infatti universalmente in tutti per dettato di natura la convinzione della giustizia di Dio da non essere dio chi non risulti non essere giusto. Quindi anche un uomo pu essere giusto, ma Dio non pu essere che giusto. AG. Dillo per te. Dio giudica giustissimamente. 29. GIUL. Il quale Dio, essendo quest'unico vero Dio a cui noi crediamo e che veneriamo nella Trinit, indubbiamente giustissimo verso tutti nel suo modo di giudicare. AG. Dillo per te e dimostra come sia giusto che nasca con tanto manifesta miseria o per tanto manifesta miseria chi non contrae il peccato originale. L'ingiustizia annullerebbe Dio. 30. GIUL. Non si pu pertanto dalle leggi di Dio provare e giustificare ci che risulta ingiusto, tanto che, se fosse possibile, verrebbe a mancare tutta l'autenticit della sua divinit. Dimostrer quindi che dalle sante Scritture ha conferma il dogma dell'ingiustizia

chi potr provare che possa essere privata della gloria della divinit la Trinit a cui crediamo. AG. Tu dici il vero, ma ditelo per voi che tramate di rapire al Cristo la gloria con la quale risana i piccoli. Inconciliabilit tra Dio e il peccato naturale. 31. GIUL. Poich ci non lo sostiene nessuna ragione e nessuna piet, una delle due: o insegna la possibilit e la giustizia che si imputi a chicchessia il peccato naturale o ritirati dalla contaminazione delle sante Scritture, dalle cui sentenze stimi sancito ci che sei costretto a confessare iniquo. AG. Sbagliate: voi piuttosto siete costretti a confessare iniquo il grave giogo che grava sui bambini, se essi, come non hanno nessun peccato proprio, cos non contraggono nessun peccato originale. A. peggiore di Manicheo. 32. GIUL. Se non prenderai n l'una n l'altra decisione e asserisci di credere a questo Dio, dalle cui istituzioni stimi protetta l'ingiustizia, sappi che sei un nuovo Manicheo molto peggiore dell'antico, avendo tu un tale Dio quale era quello che Manicheo ha descritto come nemico del suo Dio. AG. Voi infierite contro i bambini peggio dei manichei. Questi appunto vogliono che sia sanata nel piccolo per mezzo del Cristo almeno l'anima, che reputano una particella di Dio; voi al contrario, dicendo che il bambino non ha nessun male n nell'anima n nella carne, non permettete che venga sanato dal Cristo in nessuna parte. E voi, egregi predicatori, predicate cos Ges da negare che sia Ges dei bambini. Donde infatti abbia ricevuto questo nome leggetelo nel Vangelo 27 e non vogliate rinnegare il Salvatore impedendogli di salvare i piccoli. Roba da donne plebee. 33. GIUL. Quali ambiguit dunque, quali cuscini di bugie e di sciocchezze, come quelle che il profeta Ezechiele rinfaccia a Gerusalemme, rea di fornicazione 28, accosterai a me qui, perch vi riposino anime effeminate le quali, dopo aver mancato contro la

divinit stessa per manifesto sacrilegio, conservano i nomi dei misteri? Rimossi tutti i giuochi di prestigio, rimosse le caterve di donne plebee da te spesso invocate a tuo patrocinio, insegna che giusto ci che t'industri d'affermare per mezzo delle Scritture sante. AG. Le caterve di donne plebee che tu irridi conoscono la fede cattolica cos da confessare che il Salvatore salva i bambini, e per questo detestano l'errore dei pelagiani che lo negano. Non andiamo troppo per le lunghe! 34. GIUL. Perch dunque il discorso non dilaghi in infiniti volumi, si distingua qui e subito il genere, la specie, la differenza, il modo, la qualit delle cose di cui stiamo trattando, anzi ancora pi sollecitamente si dica se ci siano, donde siano, dove siano, che cosa meritino e da chi. In questo modo non si vagher a lungo per gli anfratti delle discussioni e apparir certo ci che da ritenere. AG. Per questo che contro un solo mio libro ne hai scritti otto: non hai voluto discutere a lungo con i tuoi compendi dialettici! Definizione della giustizia. 35. GIUL. Il discorso si aggira dunque ora attorno al Creatore e alla creatura, cio attorno a Dio e all'uomo: Dio giudica, l'uomo giudicato. Vediamo perci quale sia la natura della giustizia e della colpa. La giustizia, e come suol esser definita e come la possiamo intendere noi, la virt massima tra tutte le virt - se gli stoici ci consentono di preferire una virt ad un'altra -, che ha il compito di rendere diligentemente a ciascuno il suo senza frode, senza grazia. AG. Dimmi dunque per quale giustizia sia stato retribuito ai bambini il grave giogo di una miseria tanto grande e tanto manifesta; dimmi per quale giustizia un bambino sia adottato nel battesimo e un altro muoia senza questa adozione; per quale ragione non sia comune ad ambedue cotesto onore o l'esclusione da cotesto onore, essendo comune a loro la causa, sia buona che cattiva. Non lo dici, perch tu uomo pi pelagiano che cristiano non t'intendi n della grazia di Dio n della giustizia di Dio. La quadrua "giogalit": prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.

36. GIUL. Che se Zenone non mi consentir di chiamare virt massima la giustizia, perch egli sostiene tra le virt tale unione e unit da dire che dove ce n' una sola ci sono tutte e dove ne manca una sola mancano tutte, e virt vera la virt perfetta che si ottiene con questa quadrupla giogalit, anche in questo caso egli ci sar di moltissimo aiuto con l'insegnarci che n la prudenza, n la fortezza, n la temperanza possono definirsi senza la giustizia. Secondo la quale verit pure l'Ecclesiaste dichiara: Uno sbaglio solo annienta un grande bene 29. AG. Ascolta il medesimo Ecclesiaste che dice: Vanit delle vanit, tutto vanit. Quale utilit ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole 30, eccetera? E dimmi anche perch l'uomo sia diventato simile alla vanit 31, lui che stato fatto simile alla Verit. O forse ne eccettui i bambini, nei quali vediamo, con il crescere e con il migliorare, se vengono educati bene, decrescere la vanit cos grande con la quale sono nati, senza liberarsene totalmente se non quando tutti i giorni della vanit siano passati come un'ombra 32? L'origine della giustizia. 37. GIUL. Quindi questa augusta virt, calcolatrice dei meriti di ciascuno, brilla, s, ma a sprazzi, nelle opere della immagine di Dio, cio dell'anima umana, secondo la limitatezza della stessa creatura e secondo le sue forze, e invece in Dio stesso, che il creatore di tutte le cose che vengono dal nulla, rifulge con immenso e chiaro giro in eterno. L'origine della giustizia la divinit, l'et della giustizia l'eternit, e l'eternit ignara per ogni verso sia di finire sia d'aver cominciato. Come dunque il genere della giustizia - con il quale nome di genere nient'altro voglio intendere che l'origine - Dio, cos la specie della giustizia apparisce nella promulgazione delle leggi e negli effetti dei giudizi. AG. Se l'origine della giustizia Dio, come confessi, per quale ragione non confessi che da Dio che viene data all'uomo la giustizia e vuoi che la giustizia sia arbitrio della volont umana piuttosto che dono di Dio, cos da essere tu nel numero di coloro dei quali detto: Ignorando la giustizia da Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio 33? Arrossite una buona volta, vi prego, e implorate la giustizia da Dio, che l'origine della giustizia, come siete stati costretti a confessare.

Differenza, modo, qualit della giustizia. 38. GIUL. Nella differenza poi della giustizia possiamo intendere non irragionevolmente la sua diversa applicazione secondo l'opportunit dei tempi. Per esempio nel Vecchio Testamento si comandava di offrire animali in sacrificio. Farlo apparteneva allora al rispetto della legge, ora al contrario serve all'autorit della giustizia il comando di evitarli, come allora serviva il comando di offrirli. Il modo poi o lo stato della giustizia consiste o nel fatto che non impone a nessuno pi di quello che comportano le sue forze o nel fatto che non reprime la misericordia. Per qualit della giustizia s'intende invece il dolce sapore che la giustizia ha per le anime pie. Indubbiamente dunque esiste la giustizia, senza la quale non esiste la divinit, e se non esistesse la giustizia, non esisterebbe Dio; ma Dio esiste e perci esiste senza dubbio la giustizia. Altro poi non che la virt capace di contenere tutto e di rendere a ciascuno il suo senza frode, senza grazia. Ma la giustizia si trova massimamente nel profondo della divinit. AG. Hai definito la giustizia la virt capace di contenere tutto e di rendere a ciascuno il suo senza frode, senza grazia. Per questo vediamo che essa corrispose senza frode il denaro a coloro che avevano lavorato tutto il giorno nell'opera della vigna: questo era piaciuto ad essi, questo aveva convenuto il padrone, per questa mercede non potevano negare d'essere stati ingaggiati 34. Ma dimmi, ti prego, a coloro che in quell'opera furono occupati un'ora soltanto come diede altrettanto senza grazia? O forse aveva perduto la giustizia? Frnati dunque piuttosto! La giustizia divina appunto non froda nessuno, ma la grazia divina dona molti benefici senza che siano meritati. Quanto poi alla ragione per cui doni a chi in un modo e a chi in un altro, vedi quello che tu aggiungi di seguito. Dici appunto benissimo che la giustizia si trova massimamente nel profondo della divinit. In tale profondo sta la spiegazione che non dipende dalla volont n dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia 35. In tale profondo sta il segreto perch quel bambino onorevolmente adottato per mezzo del lavacro della rigenerazione e l'altro lasciato alla ignominia di non essere ammesso al Regno, pur mancando da parte dell'arbitrio della volont il merito d'ambedue per l'una sorte e per l'altra. Miseria e misericordia.

39. GIUL. La giustizia poi merita la testimonianza, come dal suo autore, cos pure e dai buoni e dai cattivi, per il diritto che ha di beneficare i buoni e di condannare i cattivi. Quando per la giustizia consente per sua natura alla misericordia d'essere liberale verso coloro che non meritano nulla n di bene n di male, non ne rimane offesa in nessun modo, perch anche il fatto che Dio sia clemente verso la sua creatura, se nulla lo costringe alla severit, una grande dimensione della giustizia. AG. Considera almeno il nome di misericordia e vedi da dove sia stata chiamata cos. Che bisogno c' dunque di misericordia dove non c' nessuna miseria? Ora, se dite che nei bambini non esiste nessuna miseria, venite a negare che verso di essi si debba mostrare misericordia; se dite che c' qualche miseria, indicate in essi un merito cattivo. Infatti sotto un Dio giusto nessuno pu essere misero senza meritarlo. Ecco, due bambini dormono: uno di essi spira battezzato, l'altro spira non battezzato. Con quale di essi dici che Dio stato clemente? Se con uno solo, indica il merito cattivo dell'altro tu che neghi l'esistenza del peccato originale. Se con ambedue, indica un qualsiasi merito buono nel battezzato tu che neghi la grazia, non essendo qui di mezzo nessuna preferenza di persone, e dimmi anche, se puoi, perch non abbia voluto adottarli entrambi Dio, che certamente li ha creati entrambi a sua immagine. O forse Dio giusto cos da non essere onnipotente, se ha voluto e non ha potuto? Qui sicuro che a nessuno dei due bambini manc la volont, perch non attribuiate al merito della volont umana l'impedimento della potenza divina; in questo caso certamente a nessuno dei due Dio pu dire: Io ho voluto e tu non hai voluto. O se un infante non vuole perch piange quando si battezza, allora si abbandonino ambedue, perch ambedue piangendo mostrano di non volere. E tuttavia l'uno preso e l'altro abbandonato, perch grande la grazia di Dio ed verace la giustizia di Dio. Ma per quale ragione l'uno piuttosto che l'altro? E' un segreto degli imperscrutabili giudizi di Dio 36. Giustizia e compassione. 40. GIUL. Gli uomini infatti, che Dio ha creati perch ha voluto, nemmeno li condanna se non disprezzato da essi. Se Dio, non disprezzato dagli uomini, li fa migliori con la consacrazione del battesimo, egli da una parte non patisce nessun detrimento di giustizia e dall'altra si adorna della munificenza della compassione.

AG. Se Dio condanna solo dopo che stato disprezzato, dimmi che Dio disprezza la sua immagine solo dopo essere stato disprezzato da lei. Se non osi dirlo, dimmi perch mai Dio disprezzi quei bambini che non adotta e dai quali non lo troverai disprezzato se non li trovi presenti in Adamo, dove troverai ad un tempo che tutti dovrebbero essere disprezzati per giustizia, ma che non tutti sono disprezzati per ineffabile e imperscrutabile grazia. I deboli scelti da Dio. 41. GIUL. Dopo aver dunque spiegato le precedenti distinzioni sulla giustizia, discutiamo quale sia la definizione del peccato. Ci che cerchiamo mi offerto in verit abbondantemente dagli scritti tanto dei filosofi, quanto di coloro che sono stati cattolici. Ma temo che tu contesti e che, se io convocher il senato dei filosofi, tu accenda subito contro di noi i seggiolai e ogni sorta di popolino. AG. Sei oltraggioso verso i deboli del mondo che Dio ha scelti per confondere i forti 37. I deboli stessi confondono del resto coloro che confidano nella propria forza 38. E qui che dir: Siete voi? Mentre io taccio in modo assoluto, voi apparite, perch non tacete. G. o bugiardo o sfacciato. 42. GIUL. Vociferando con le femmine, con tutti i portatori, con i tribuni, per mezzo dei quali il tuo collega Alipio rec da poco tempo ottanta o pi cavalli carichi di tutta l'Africa. AG. Tu o calunni o non sai quello che dici, e perci parli cos o da bugiardo o da sfacciato. Chi pi malvagio di te, se ti sei inventato da te tutto questo? Chi pi stolto di te, se hai creduto a coloro che l'hanno inventato? Ma che tu l'abbia osato anche scrivere, n ti abbia preso il timore che i tuoi libri giungessero in quei luoghi che accolsero il mio collega Alipio dove pass o arriv per terra e per mare e dove non si possono leggere le tue fandonie senza irriderti o peggio senza detestarti, a quale non dico impudenza, ma demenza, pari? A. non disprezza i dotti. 43. GIUL. Tu non ti arrendi per nulla alle sentenze degli eruditi per aggiungere, come conviene al tuo modo d'intendere, l'affermazione dell'Apostolo che Dio ha dimostrata stolta la sapienza di questo

mondo 39. Quanto ai nostri scrittori, possono essere disprezzati da te senza timore, perch non riconosci ad essi nessuna autorit. AG. Sei tu che li disprezzi, perch al loro insegnamento sulla esistenza del peccato originale ti opponi tanto da incriminarli per giunta come manichei, facendo il nome mio e indicando costoro. Una definizione agostiniana del peccato. 44. GIUL. E allora? Mi arrender completamente a te e a questo punto rinunzier a tutti quelli che mi potrebbero aiutare, contentandomi della definizione che a indizio della bont della natura sfuggita dalla bocca della tua Onest, dopo che ti sei separato dai manichei. Nel libro dunque che ha per titolo Le due anime o Contro le due anime parli cos: Aspetta, lascia che prima definiamo il peccato. Il peccato la volont di commettere o di continuare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi. Per quanto, se non libero, non si pu nemmeno dire che sia volont; ma ho preferito una definizione pi grossolana ad un'altra pi scrupolosa 40. AG. Qui stato definito il peccato che solamente peccato e non quello che anche pena del peccato. Quando si cercava l'origine del male, si doveva trattare appunto di quel peccato che fu commesso dal primo uomo prima d'ogni male dell'uomo. Ma tu o non puoi intendere o non vuoi. E' oro questa definizione di A. 45. GIUL. O lucente oro nello sterco! Che cosa di pi vero, che cosa di pi completo avrebbe potuto dire qualsiasi ortodosso? Tu affermi: Il peccato la volont di commettere o di continuare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi 41. Lo dimostra l'Ecclesiastico dicendo: Dio da principio cre l'uomo e lo lasci in bala del suo proprio volere. Pose dinanzi a lui la vita e la morte, l'acqua e il fuoco; a ognuno sar dato ci che a lui piacer 42. E per mezzo di Isaia dice Dio: Se sarete docili e mi ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e non mi ascolterete, sarete divorati dalla spada 43. E l'Apostolo: Ritornate in voi come conviene, e non peccate 44. E altrove: Non vi fate illusioni; non ci si pu prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglier quello che avr seminato 45.

AG. Queste testimonianze valgono per la volont con la quale ciascuno fa quello che vuole, perch tale volont, se non si ha, si chieda a Colui che opera in noi anche il volere 46; se invece si ha, si compiano le opere della giustizia e si rendano grazie a Colui che ha suscitato tale volont. La volont il motore. 46. GIUL. La volont dunque il motore dell'animo che ha in suo diritto o di decorrere a sinistra per azioni deplorevoli o di tendere a destra per azioni eccelse. AG. Perch allora scritto: Non deviare n a destra n a sinistra Origine, specie, differenza, modo, qualit del peccato. 47. GIUL. Motore per dell'animo di colui che per l'et pu usare gi del giudizio della ragione e al quale, quando gli si mostra la punizione e la gloria o per il verso opposto il comodo e la volutt, si offre un aiuto e, per cos dire, un'opportunit, non si impone la necessit di un'alternativa. Questa volont dunque che sceglie alternativamente ha nel libero arbitrio l'origine della sua possibilit, ma riceve da s l'esistenza dello stesso agire, n c' volont in nessun modo prima che voglia, n pu volere prima di poter anche non volere, n ha le due scelte, cio il volere e il non volere, nella parte del peccato, prima che acquisti l'uso di ragione. Messi insieme questi elementi, apparisce verissima la tua definizione: Il peccato la volont di continuare o di commettere ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi 48. Ordunque risulta che questo peccato, del quale si messo in chiaro che non nulla al di fuori della volont, ha ricevuto il suo genere, ossia la sua stessa origine, dall'appetito proprio della persona. La specie del peccato si trova immediatamente in ciascuno di coloro che si dicono individui (atomi). La differenza poi sta e nella variet delle colpe e nelle modalit dei tempi. Il modo del peccato la stessa mancanza di modo (misura): perch, se il modo consiste nel servire chi devi servire, colui che trascura questo dovere pecca per trasgressione del modo vero. Qui tuttavia si potrebbe dire con sottigliezza che il modo del peccato sta nel fatto che nessuno manca pi di quanto pu; se infatti si pecca al di l delle forze si pecca con volont inefficace e questo stesso peccato ha potuto essere fatto solo con la volont. La qualit poi del peccato quella che manifesta
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l'amarezza che il vizio veicola con s o per sconvenienza o per sofferenza. Esiste dunque il peccato; perch, se non esistesse, nemmeno tu andresti dietro agli errori. Ma il peccato non altro che la volont deviante dal sentiero sul quale si deve mantenere e dal quale libero non deflettere. Il peccato poi viene dall'appetito di comportamenti non concessi, e non si trova altrove che in quella persona la quale ed ebbe la volont cattiva e pot non averla. AG. E' proprio ad Adamo che guardava quella nostra definizione che ti piaciuta, quando dicevo: Il peccato la volont di conservare o di conseguire ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi 49. Adamo appunto, quando pecc, non aveva dentro di s assolutamente nessun male che lo urgesse contro la sua volont ad operare il male e per cui potesse dire: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio 50, e quindi peccando egli fece ci che la giustizia vietava e da cui gli sarebbe stato libero astenersi. Infatti per colui che dice: Io compio il male che non voglio non libero astenersene. E perci, se distingui queste tre realt e sai che altro il peccato, altro la pena del peccato, altro le due realt insieme, cio un tal peccato che sia per se stesso anche pena del peccato, allora capisci quale delle tre realt convenga a quella definizione, dove il peccato la volont di fare ci che la giustizia vieta e da cui sarebbe libero astenersi. In questo modo infatti stato definito il peccato, non la pena del peccato, non l'insieme delle due realt. Hanno poi questi generi anche le loro specie, delle quali sarebbe lungo ora discutere. Certo, se si cercano esempi di questi tre generi, ci si fa incontro in Adamo senza nessun nodo di controversia l'esempio del primo genere. Molti sono appunto i mali che gli uomini fanno e dai quali sarebbe per loro libero astenersi, ma per nessuno tanto libero quanto lo era per Adamo, che davanti al suo Dio, dal quale era stato creato retto, stava assolutamente puro da qualsiasi vizio. Un esempio del secondo genere, dove c' soltanto la pena del peccato, si ha nel male dove non si agisce sotto nessun aspetto, ma solamente si patisce, come quando chi ha peccato ucciso per il suo delitto o colpito da qualche altra pena corporale. Invece il terzo genere dove lo stesso peccato anche pena del peccato si pu cogliere in colui che dice: Io compio il male che non voglio. A questo terzo genere appartengono anche tutte le cattive azioni che si fanno per ignoranza, credendole non cattive o perfino credendole buone. Infatti la cecit del cuore, se non fosse un peccato, si rimprovererebbe ingiustamente e invece si rimprovera giustamente

dove si dice: Fariseo cieco! 51 e in tantissimi altri passi della parola di Dio. E per altro, se la medesima cecit non fosse pena del peccato, non si direbbe: La loro malizia li ha accecati 52. E se questo non venisse da un giudizio di Dio, non leggeremmo: Si offuschino i loro occhi perch non vedano, sfibra per sempre i loro fianchi 53. Ora, chi cieco nel cuore per sua volont, quando nessuno vuol essere cieco nemmeno nel corpo? Perci il peccato originale non appartiene n al peccato che abbiamo messo al primo posto, dove il peccato la volont di operare il male da cui libero astenersi: altrimenti il peccato originale non si troverebbe nei bambini che non hanno ancora l'uso dell'arbitrio della volont; n il peccato originale appartiene alla pena del peccato che abbiamo ricordata al secondo posto: ora infatti trattiamo del peccato e non della pena, che non peccato, bench segua per merito del peccato. La qual pena la patiscono, vero, anche i bambini, perch c' in loro un corpo morto per il peccato 54; tuttavia non peccato la stessa morte del corpo o qualsiasi altra sofferenza corporale. Ma appartiene il peccato originale a questo terzo genere, dove il peccato tale peccato da essere per se stesso anche pena del peccato. Il qual peccato originale gi presente, s, nei bambini quando nascono, ma comincia ad apparire in essi quando crescono e diventa necessaria a loro la sapienza, perch sono insipienti, e la continenza, perch bramano i mali. Tuttavia l'origine anche del peccato originale discende dalla volont di colui che ha peccato. Esisteva infatti Adamo e in lui esistevamo noi tutti; per Adamo ed in lui sono periti tutti 55. Per quale ragione A. insegna il peccato naturale? 48. GIUL. Il peccato poi merita e l'esecrazione da parte degli onesti e la legittima condanna da parte di quella giustizia, che qui tutta la causa della nostra discussione. Rimossi dunque tutti i sipari, porta finalmente alla piena luce la ragione per cui insegui l'esistenza del peccato naturale. Certamente nessuna delle conclusioni raccolte pi sopra stata falsa, n sulla lode della giustizia divina, n sulla definizione della colpa. Ebbene dimostra come queste due realt possano sussistere nei bambini: se non c' nessun peccato senza la volont, se non c' nessuna volont dove non c' l'esplicito esercizio della libert, se non c' libert dove non c' facolt di scelta per mezzo della ragione, per quale mostruosit si troverebbe il peccato nei bambini che non hanno l'uso di ragione? Perci n facolt di scelta, n quindi volont, n, poste queste

premesse irrefutabili, alcun peccato di sorta. Schiacciato dunque da questi massi, vediamo da che parte sei uscito fuori. Tu dici: I bambini non sono oppressi da nessun peccato proprio, ma sono oppressi da un peccato altrui 56. Non venuto ancora in luce il male di questo tuo modo di sentire. Noi infatti sospettiamo che tu abbia tirato fuori queste affermazioni in odio a qualcuno di cui, da oratore punico, volevi esprimere la malvagit. Presso qual giudice dunque un delitto esterno prese a gravare su una innocenza illibata? Chi stato quel nemico barbarico, cos crudele, cos truce, cos dimentico di Dio e della equit, da condannare gli innocenti come rei? Noi lodiamo in assoluto la tua genialit. Splende la tua erudizione. Non avresti potuto introdurre la maschera di non so quale giudice, ancora peggio di non so quale tiranno, degno dell'odio del genere umano, in altro miglior modo che giurando che egli non ha risparmiato non solo quelli che non avevano peccato, ma pure quelli che non avevano nemmeno potuto peccare. Suole appunto la buona coscienza di un animo sospettoso faticare a difendersi, per la paura di aver mancato, dato che la possibilit almeno di mancare l'aveva; ma assolutamente scagionato da colpa chi difeso dalla stessa impossibilit del fatto. Manifesta dunque chi cotesto giustiziere d'innocenti. Tu rispondendo: Dio, certo ci hai spaventato l'animo, ma poich appena credibile un sacrilegio cos enorme, noi rimaniamo incerti sul senso delle tue parole. Sappiamo infatti che il nome di Dio si pu usare ambiguamente: Ci sono molti di e molti signori, ma per noi c' un solo Dio, il Padre, dal quale proviene tutto, e un solo Signore, Ges Cristo, in virt del quale esistono tutte le cose 57. Quale Dio dunque metti sotto accusa? Tu, sacerdote religiosissimo e retore dottissimo, esali qui un fetore pi soffocante e orrido di quello della valle dell'Ansante e del pozzo dell'Averno 58, anzi qualcosa di pi scellerato di ci che aveva commesso in questi luoghi il culto degli idoli. Dio, tu dici, quello stesso che dimostra il suo amore verso di noi 59, quello stesso che ci ha amati e non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi 60; lui stesso giudica cos e lui stesso il persecutore dei nascenti, lui stesso consegna ai fuochi eterni per la loro cattiva volont i bambini che egli sa non aver potuto avere n volont buona n volont cattiva. Dopo dunque questa sentenza cos assurda, cos sacrilega, cos funesta, se disponessimo di giudici sani, non dovrei nient'altro ricavarne che la tua esecrazione. Infatti con giusta e lodevole severit stimerei indegno di discutere uno come te che ti sei tanto allontanato dalla religione, dalla erudizione,

perfino dai sentimenti comuni, da ritenere facinoroso il tuo Signore, come ha fatto appena qualche barbarie. AG. Non gran cosa che tu veda i bambini sprovvisti di volont propria per scegliere il bene o il male. Vorrei che tu vedessi quello che vide lo scrittore che, scrivendo agli Ebrei, dice che Levi, figlio d'Israele, era nei lombi del suo padre Abramo, quando questi pag le decime, e perci le pag anche Levi in Abramo 61. Se tu avessi per questo fatto occhio cristiano, vedresti con la fede, se non lo potessi vedere con l'intelligenza, che nei lombi di Adamo erano presenti tutti quelli che sarebbero nati da lui in forza della concupiscenza carnale; vedresti che dopo il peccato dal quale gli fu annunziata la sua nudit, egli la sent, la guard, la soffr con rossore, la copr. Per questo Ambrogio, mio dottore, lodato eccellentemente anche dalla bocca del tuo dottore, scrive: Ci che ancora pi grave che per questa sua interpretazione Adamo si cinse in quella parte del corpo dove avrebbe dovuto cingersi piuttosto con il frutto della castit. Si dice infatti che nei lombi, tenuti coperti da noi, risiedano certi semi della generazione. E quindi fece male Adamo a coprire con inutili foglie quella parte dove indicare non il frutto futuro della generazione, bens certi suoi peccati 62. Giustamente scrive anche quello che ho ricordato poco sopra: Esisteva Adamo ed in lui esistevamo noi tutti. Per Adamo e in lui sono periti tutti 63. Poich tu non vedi questa verit, abbai cieco contro di me; ma, checch tu dica contro di me, lo dici indubbiamente anche contro lo stesso Ambrogio. Dio voglia dunque che con lui mi sia comune il premio, cos come da te ricevo comune con lui l'oltraggio. Cos' che gridi e dici: Se disponessimo di giudici sani, non dovrei ricavare nient'altro che la tua esecrazione? Potrei forse agire verso di te con pi larghezza, con pi beneficenza, con pi liberalit di quanta ne mostro costituendo come giudice tra noi lo stesso personaggio sul quale abbiamo gi il giudizio del tuo dottore Pelagio? Ecco, presente colui che tra gli scrittori di lingua latina rifulse come un fiore stupendo, colui del quale nemmeno uno dei nemici ha osato criticare la fede e l'interpretazione purissima delle Scritture 64. Cos Pelagio ha giudicato Ambrogio. Che cosa dunque ha giudicato Ambrogio della causa che in discussione tra noi? Ho gi riportato pi sopra le sue sentenze sul peccato originale, prive di qualsiasi oscurit o ambiguit; ma, se fosse poco, ascolta ancora. Dice: Nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la nostra origine 65. Che rispondi a queste parole? Pelagio ha fatto di Ambrogio quelle splendide lodi, Ambrogio ha pronunciato

per me contro di te queste manifeste sentenze. Sii tu a criticare uno del quale il tuo maestro dice che nemmeno un nemico ha osato criticarlo. E tu che cerchi giudici sani nega che sia sano costui per confessarti insano in modo assoluto. Ma tu, uomo piissimo, t'indigni perch diciamo che i bambini non rinati, se muoiono prima dell'arbitrio della propria volont, sono condannati a causa di peccati altrui da Colui che mostra la sua carit verso di noi 66, da Colui che ci ha amati e non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi 67, quasi che di lui non si querelino ancora pi gravemente gli stolti e gli ignoranti che ti somigliano, i quali dicono: Perch mai Dio crea coloro dei quali ha previsto che sarebbero stati empi e meritevoli di condanna? Perch mai li fa poi vivere fino a che giungono ad una dannabile empiet, mentre li potrebbe togliere da questa vita prima che diventino tali, se egli ama le anime, se mostra la sua carit verso di noi, se non ha risparmiato il suo Figlio, ma l'ha dato per tutti noi? Se rispondiamo a costoro: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? 68 Imperscrutabili sono i suoi giudizi 69, essi invece di quietarsi, si arrabbiano. Ma il Signore conosce i suoi 70. Se dunque vuoi valerti di giudici sani, ascolta un giudice sano particolarmente lodato dal tuo dottore. Egli dice: Esisteva Adamo ed in lui esistevamo noi tutti. Per Adamo ed in lui sono periti tutti 71. Ma tu dici: Per peccati altrui non sarebbero dovuti perire davvero! Sono peccati altrui, ma sono peccati paterni e quindi sono peccati anche nostri per diritto d'inseminazione e di germinazione. Chi libera da questa perdizione se non Colui che venuto a cercare ci che era perduto 72? In tutti quelli che libera abbracciamo dunque la misericordia, in quelli invece che non libera riconosciamo un giudizio certamente occultissimo, ma senza alcun dubbio giustissimo. A. a confronto di Manicheo. 49. GIUL. Che un dio della luce abbia combattuto con il principe delle tenebre l'ha inventato e l'ha creduto Manicheo, ed ha aggiunto che la sostanza del dio della luce tenuta prigioniera in questo orbe. Si sforza per di scusare tanta infelicit con la tinta della piet, affermando che quel dio ha combattuto come un buon cittadino per la patria, e perci ha gettato via le membra per non perdere i regni. Tu che avevi imparato questi insegnamenti, guarda quanto tu abbia progredito abbandonandoli almeno temporaneamente. Tu dici: Dio non soffr la necessit di una guerra, ma si lasci prendere dall'iniquit del giudizio, n sottost a

tenebrosi nemici, ma a crimini palesi; non ha infine spezzettato la sua sostanza, ma ha violato l'eterna giustizia. Chi sia per questo il peggiore di voi due lo lascio stimare agli altri. Comunque questo limpido: voi tornate ad una sola nefanda opinione. Infatti da una parte Manicheo appioppa al suo dio l'iniquit, quando annunzia che condanner nell'ultimo giorno le sue membra abbandonate da lui stesso; tu a tua volta asserisci l'infelicit di Dio, perch egli ha rovinato la gloria che gli era riconosciuta e perseguitando l'innocenza creata da lui ha perduto la giustizia per cui era santissimo. Tanto dunque a questo dio che tu porti sulla scena superiore il dio che aveva fantasticato il tuo maestro, quanto l'essere stato vinto in battaglia da un nemico pi scusabile che essere stato vinto da un vizio. AG. Se ti piace l'innocenza dei bambini, allontana da loro, se puoi, il giogo pesante che grava sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal grembo materno 73. Ma reputo che la Scrittura, dove ci stato detto, conoscesse meglio di te che cosa fosse l'innocenza della creatura e che cosa fosse la giustizia del Creatore. Ora, chi non vede che, se i bambini avessero l'innocenza come la predichi tu, non ci sarebbe la giustizia da parte di Dio nel loro giogo pesante? Poich dunque nel loro giogo pesante c' la giustizia divina, non esiste in essi tale innocenza quale la predichi tu. A meno che a te, affannato in questa questione, non possa correre in qualche modo in soccorso un dio giusto, s, ma debole, il quale non pot correre in soccorso dalle sue immagini per impedire che fossero schiacciate innocenti dalla miseria di un grave giogo, e tu dica che lo volle certamente, essendo giusto, ma non lo pot, non essendo onnipotente, e tu esca da queste strettoie con la perdita del " capo " della fede, con la quale nel Simbolo confessiamo di credere prima di tutto in Dio Padre onnipotente. Quindi il tuo dio nei tanti e tanto grandi mali che i bambini patiscono perder o la giustizia o l'onnipotenza o la stessa cura delle vicende umane. Ma qualunque sia di queste affermazioni l'affermazione che farai, vedi quello che sarai. Il Dio dei Patriarchi, Profeti, Apostoli, primogeniti, martiri. 50. GIUL. Togliti dunque di mezzo alle Chiese con tale tuo dio. Non lui il Dio a cui hanno creduto i Patriarchi, a cui i Profeti, a cui gli Apostoli; il Dio in cui ha sperato e spera la Chiesa dei primogeniti iscritti nei cieli 74; non lui il Dio che la creatura ragionevole crede

suo giudice e che lo Spirito Santo preannuncia pronto a giudicare con giustizia a suo tempo. Nessun saggio avrebbe mai versato il suo sangue per un tale Signore: n infatti meritava l'affetto della dilezione cos da imporre l'onere di affrontare per lui la passione. Infine cotesto dio che tiri fuori, se esistesse da qualche parte, si dimostrerebbe un reo, non un dio, un giudicando dal mio vero Dio e non un giudice chiamato a giudicare al posto di Dio. Quindi, perch tu conosca i primi fondamenti della fede, il Dio nostro, il Dio della Chiesa cattolica, ignoto a noi nella sua sostanza e parimenti lontano dai nostri occhi; nessuno tra gli uomini l'ha mai visto n lo pu vedere 75; come eterno senza inizio, cos santo e giusto senza vizio; onnipotentissimo, giustissimo, misericordiosissimo; tutto e solo splendore di virt; creatore di tutte le cose che non esistevano, governatore delle cose che esistono, esaminatore nell'ultimo giorno di quanti sono e saranno e sono stati; rivoluzionatore della terra, del cielo e di tutti insieme gli elementi; rianimatore delle ceneri e restitutore dei corpi; realizzatore di tutti questi suddetti eventi per solo amore di giustizia. AG. Se tu onori il Dio dei Patriarchi, perch non credi che la circoncisione dell'ottavo giorno, comandata da Abramo, fu una prefigurazione della rigenerazione nel Cristo? Se tu infatti ci credessi, vedresti che l'anima di un bambino non circonciso nell'ottavo giorno 76 non avrebbe potuto giustamente essere eliminata dal suo popolo senza esser stata coinvolta in qualche peccato. Se tu onori il Dio dei Profeti, perch non credi in quello che Dio ha ripetuto tante volte per mezzo di loro: Castigher la colpa dei padri nei figli 77? Se tu onori il Dio degli apostoli, perch non credi che il corpo morto a causa del peccato 78? Se onori il Dio in cui ha sperato e spera la Chiesa dei primogeniti iscritti nei cieli 79, perch non credi che i bambini battezzandi sono liberati dal potere delle tenebre 80, dato che la Chiesa li essuffla e li esorcizza proprio perch sia espulsa da loro la potest delle tenebre? Quel Dio poi che la creatura ragionevole, presente nei santi e nei fedeli di lui, spera come giudice, leggi a noi quale terzo posto, oltre al regno per i buoni e al supplizio per i cattivi, abbia preparato e promesso ai tuoi innocenti non rigenerati. Come fai poi a dire che nessun saggio verserebbe il sangue per il Signore che noi onoriamo, se l'ha onorato e ha versato il suo sangue per lui il gloriosissimo Cipriano, che in questa discussione vi soffoca dicendo che il bambino nato carnalmente da Adamo contrae per la prima nativit il contagio dell'antica morte 81? Reo non vedi piuttosto te che bestemmi questo

Dio dei santi martiri? Tu dici che onori un Dio onnipotentissimo, giustissimo, misericordiosissimo, ma lui stesso l'onnipotentissimo che il giogo grave da cui sono schiacciati i figli di Adamo dal giorno della loro nascita 82, lo pu senza dubbio togliere, anzi far s che non siano assolutamente gravati da nessun giogo simile; ma lui stesso giustissimo e in nessun modo imporrebbe quel giogo o permetterebbe d'imporlo, se non trovasse nei bambini i peccati con i quali sono nati e il cui reato sciogliere nei rinati egli medesimo misericordiosissimo. Se dunque ti dilettasse la divina giustizia, vedresti certamente come venga da essa, incominciando non ingiustamente dai bambini, la miseria umana che nota a tutti e nella quale si trascorre questa vita dai primi pianti dei nascenti fino agli ultimi aneliti dei morenti, con la promessa della felicit solamente per i santi e per i fedeli, ma nell'altra vita. Per amore del vero Dio. 51. GIUL. Quindi per amore di questo mio Dio, che ogni creatura e santa Scrittura mi fa conoscere quale io lo credo, ho detto che farei meglio se non ti reputassi degno nemmeno di discutere per mezzo di libri. Ma poich a me principalmente stato imposto, da personaggi santi, confessori del nostro tempo, questo compito di esaminare che cosa abbiano di ponderatezza e di ragionevolezza i tuoi scritti, stato opportuno dimostrare prima di tutto che tu non credi a quel Dio che nella Chiesa dei cattolici stato sempre predicato e sar predicato fino alla fine, dovunque essa esister. AG. Sono stato io piuttosto a dimostrare che tu non hai dimostrato ci che dici d'aver dimostrato e, se non sei cieco ad oltranza, io ho evidenziato che credo a quel Dio che sempre stato predicato dalla Chiesa dei cattolici. Non sono nemico della grazia di Dio. 52. GIUL. Ma adesso esaminer per conseguenza logica con quali testimonianze tu tenti d'affermare ci che la fede delle persone pie sconfigge. Siccome per ho stabilito di replicare al tuo secondo libro, portato da Alipio, per non creare confusione nella serie della corrispondenza, resta ancora da rispondere a pochi punti, prima che il discorso arrivi a quella testimonianza dell'Apostolo, dalla quale ti sembra di essere protetto al massimo. A quelle tue parole dunque che ho gi riferite sopra tu aggiungi queste che seguono:

Pertanto nel brano da lui saltato gli ha fatto paura la nostra denuncia: " Negano la presenza nei bambini d'ogni traccia di peccato da lavare con il lavacro della rigenerazione " 83, perch la nostra denunzia trova consenzienti tutti i petti fedeli della Chiesa cattolica, richiama per cos dire a chiara voce la stessa fede tramandata e fondata fino dall'antichit e la solleva fortissimamente contro di loro. Tutti infatti corrono alla Chiesa con i loro bambini non per altro motivo che questo: il peccato originale tratto per la generazione della prima nativit si espii in essi per la rigenerazione della seconda nativit. Ritorna poi alle nostre parole precedenti e non so perch le ripeta: "Diciamo che quanti nascono da tale unione contraggono il peccato originale e di essi, quali che siano i genitori da cui nascono, non neghiamo che siano ancora sotto il diavolo, se non rinascono nel Cristo" 84. Queste nostre parole le aveva riportate anche poco prima. Poi soggiunge quello che abbiamo detto del Cristo: "Non volle nascere dalla medesima unione dei due sessi". Ma anche qui ha omesso ci che io ho messo: "Perch liberati per la sua grazia dal potere delle tenebre, siano trasferiti nel Regno di Colui che non volle nascere dalla medesima unione dei due sessi". Osserva ti prego, le nostre parole che ha evitate come nemico dichiarato della grazia di Dio, venuta per mezzo di Ges Cristo nostro Signore. Sa infatti che ingiustissimo ed empio al sommo grado escludere i piccoli da quella sentenza con cui l'Apostolo ha detto di Dio Padre: "Il quale ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" 85. Per questo senza dubbio ha preferito omettere piuttosto che mettere coteste parole 86. O uomo impudente pi di tutti gli altri, sarei forse nemico della grazia di Dio io che nel mio primo libro, dal quale tu hai rapinato cotesti estratti, avulsi dal loro contesto, per cianciare qualcosa senza ragione, ho condannato con professione pura e piena la bocca tua, madida ancora dei misteri dei manichei, e la bocca dei tuoi? AG. Sei dunque deciso a ricorrere alle ingiurie per avere causa vinta? Dimmi di quali miei ti vanti d'aver condannato la bocca insieme alla mia. Sei pronto a dire: Dei tuoi manichei, ma da uomo maledico, non da uomo veridico. Io infatti e detesto i manichei con i loro ausiliari, tra i quali tu ambisci il principato, e redarguisco entrambi per mezzo della verit cattolica con l'aiuto e con il soccorso del Signore Dio nostro. Ma ti mostrer io i miei, che tu accusi in me tanto pi maliziosamente quanto pi astutamente. In questa causa infatti, dove si fa la questione del peccato originale,

per cui mi stimi degno degli oltraggi pi atroci chiamandomi manicheo, mio Cipriano, il quale, pur asserendo che il bambino non ha commesso nessun peccato, non ha tuttavia taciuto che ha contratto da Adamo il contagio del peccato con la sua prima nativit 87. Mio Ilario, il quale, commentando le parole del Salmo: Possa io vivere e darti lode 88, osserva: Non si sente vivo in questa vita colui che appunto aveva detto: "Ecco, nelle colpe sono stato concepito e nei peccati mi ha partorito mia madre" 89. Sa di essere nato sotto l'origine del peccato e sotto la legge del peccato 90. Mio Ambrogio, eccellentissimamente lodato dal tuo maestro. Egli dice: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo viziata la nostra stessa origine, come hai letto nelle parole di Davide: "Ecco nelle colpe sono stato concepito e nei peccati mi ha partorito mia madre". Per questo era corpo di morte la carne di Paolo 91. Mio Gregorio, che parlando del battesimo dice: Venera la nativit che ti ha liberato dai vincoli della nativit terrena 92. Mio Basilio, che trattando del digiuno dice: Poich non digiunammo, decademmo dal paradiso. Diamoci al digiuno per ritornarci 93. Mio Giovanni Costantinopolitano, che dice: Adamo commise quel grande peccato e condann tutto insieme il genere umano 94. Tutti questi e tanti altri, che sentono come loro e che sarebbe lungo ricordare, sono miei: se li riconosci sono anche tuoi, ma per me dottori, per te bocciatori. Come hai fatto dunque a condannare la bocca mia e la bocca dei miei, quando sei piuttosto tu stesso ad essere condannato dalla bocca concordissima e veracissima di costoro che tu costati essere miei? E' mai possibile che a cotesti astri della Citt di Dio tu con mente tenebrosissima, con faccia impudentissima, con lingua procacissima osi rinfacciare il crimine di Manicheo? Se poi non osi, perch non osi di rinfacciarlo a me per nessun'altra ragione se non perch dico ci che dicono costoro, ai quali non osi rinfacciarlo? La grazia del battesimo necessaria anche ai bambini, ma non come vuole A. 53. GIUL. Io infatti in quel libro, dopo aver affermato essere Dio autore del cielo e della terra e di tutte le cose ivi contenute e quindi anche degli uomini, per i quali tutte le cose sono state fatte, ho posto la seguente successione di parole: Non mi sfugge - scrivo che mentre diciamo questo, si sentito il dovere di disseminare sul conto nostro che noi non reputiamo necessaria ai bambini la grazia del Cristo. Il che offende giustamente e fortemente le popolazioni

cristiane. Questo va bene, se tuttavia non ci ritenessero autori di tale tesi di per s sacrilega: in tal modo infatti non incorrerebbero nel crimine di credere il falso nei riguardi dei loro fratelli e si dimostrerebbero zelanti nell'amore della fede. Dobbiamo dunque munire questa posizione contro l'assalto della falsit e dobbiamo cucire la bocca degli oppositori con una breve confessione. Quindi noi riconosciamo tanto l'utilit della grazia battesimale a tutte le et da colpire con anatema eterno tutti coloro che non la reputano necessaria anche ai bambini. Ma noi crediamo sovrabbondante di doni spirituali questa grazia, la quale, pingue di molti benefici e degna di venerazione per le virt che l'adornano, con la sua efficacia, larga tanto di rimedi quanto di benefici, provvede da sola a tutte le specie di bisogni e a tutte le diversit di condizioni degli uomini. Essa, quando si applica, non necessario cambiarla secondo le diverse cause, perch da se stessa dispensa i suoi doni in corrispondenza alla capacit di coloro che accedono. Come infatti alle arti in genere non accade di subire anch'esse o detrimenti o incrementi secondo la diversit delle materie che prendono ad elaborare, ma rimanendo sempre le medesime e invariate, si ornano di molteplici effetti, cos anche "l'unica fede e l'unico battesimo" 95, per usare il linguaggio dell'Apostolo, si moltiplicano e si dilatano nei loro doni senza cambiare tuttavia negli ordini dei misteri. Ma questa grazia che lava le macchie dell'iniquit non avversa la giustizia, n fa i peccati ma ce ne purga; questa grazia che assolve i rei non calunnia gli innocenti. Il Cristo infatti, che redentore della sua creatura, accumula non larghezza continua i benefici attorno alla sua immagine e gli uomini che creandoli aveva fatto buoni li fa migliori rinnovandoli e adottandoli 96. Merita quindi l'esecrazione di tutti i buoni chi crede di dover negare ad alcuni questa grazia per la quale si d il perdono ai rei, l'illuminazione spirituale, l'adozione a figli di Dio, la cittadinanza della Gerusalemme celeste, la santificazione, la promozione a membra del Cristo e ai mortali il possesso del Regno dei cieli. AG. Di tutti questi benefici della grazia divina che hai ricordati quello che hai messo per primo, il perdono che per essa si d ai rei, tu non lo vuoi estendere ai bambini, perch neghi che traggano da Adamo un qualche reato. Per quale ragione allora Dio nega tutti gli altri benefici ai molti bambini che a quell'et muoiono senza questa grazia? Per quale ragione, chiedo, non si d a loro l'illuminazione spirituale, l'adozione a figli di Dio, la cittadinanza della Gerusalemme celeste, la santificazione, la promozione a membra

del Cristo, il possesso del Regno dei cieli? Questi doni, cos numerosi e cos necessari, li negherebbe a cos tante sue immagini, che non hanno secondo voi nessun peccato, un Dio che ha in mano il sommo potere, quando da questa beneficenza non sono impediti i bambini da volont contraria? Certamente per spazzare via da voi l'odiosit della diceria che voi neghiate ai bambini la grazia del battesimo, tu hai detto che merita l'esecrazione di tutti i buoni chi crede di dover negare a qualcuno cotesta grazia. Non la negherebbe dunque l'equit dell'onnipotente Dio agli innumerevoli bambini che muoiono senza di essa sotto la sua onnipotenza, se essi non meritassero nulla di male nel suo occulto giudizio. Tutti quelli che per grazia e non per debito sono liberati dalla condanna, dovuta a tutti i discendenti di Adamo, non si glorino nei propri meriti, ma nel Signore. Se voi dunque volete togliervi da dosso l'onta che vi ha resi detestabili per la Chiesa cattolica, lasciate che il Cristo sia Ges per i bambini. Non lo sar affatto, se ad essi non conferir quel beneficio a causa del quale ha ricevuto un tale nome, cio se non li salver dai loro peccati 97. Per sottrarvi dunque all'ostilit dei Cristiani, della quale vi lagnate, decidetevi a dire di cotesta grazia quello che ha detto il cattolico Gregorio, dotto e dottore: Venera la nativit, per la quale sei stato liberato dai vincoli della nativit terrena 98. In nessun modo dunque voi confessate l'appartenenza ai piccoli di questa grazia finch negate che essi per la nativit celeste siano liberati dai vincoli della nativit terrena. La grazia del battesimo uguale per tutti, ma diversi i suoi effetti nei singoli. 54. GIUL. Poich ho fatto la difesa delle verit ora esposte, per quanto lo comportava sul momento l'occasione presente, torniamo al punto da cui cominciata la nostra digressione, sempre pronti a parlare ulteriormente di questo stesso tema ogni volta che sar opportuno. Ecco con quanta luminosa confessione riprovai e coloro che negavano il battesimo ai bambini e voi che con il pregiudizio del battesimo osate macchiare la giustizia di Dio, protestando che io non ritengo altro che questo: i misteri istituiti vanno somministrati a tutte le et con le medesime parole con le quali sono stati tramandati, n devono essere mutati secondo la variet delle cause; ma il peccatore da cattivo diventa perfettamente buono, mentre l'innocente che non ha nessun male di volont propria da buono diventa migliore, cio ottimo, di modo che ambedue per la loro consacrazione passano certamente tra le membra del Cristo,

ma il peccatore colto nella vita cattiva, l'innocente nella natura buona. Il primo infatti ha corrotto con un cattivo comportamento l'innocenza che aveva ricevuta alla sua nascita, il secondo invece, senza lode e senza colpa da parte della sua volont, possiede solamente quello che ha ricevuto da Dio creatore e, pi che felice della sua limpida primavera, non ha potuto viziare la bont della sua semplicit, senza aver nessun merito dai suoi atti, ma conservando solamente quello di cui venuto in possesso per la degnazione del suo cos grande creatore. AG. Perch dunque su di lui un giogo pesante fin dal giorno della sua nascita dal grembo materno 99? Perch tanta corruttibilit del corpo da esserne appesantita la sua anima 100? Perch tanta ottusit di mente che la sua tardit debba istruirsi anche a suon di nerbate? Fino a quando, o Giuliano, sarai duro di cuore? Fino a quando amerai la vanit e cercherai la falsit 101, come fulcro della vostra eresia? Se nessuno avesse peccato, se la natura umana fosse rimasta nella innocenza in cui fu creata, l'uomo anche nel paradiso nascerebbe forse a questa miseria, per tacere d'altro? Anche i bambini sono . 55. GIUL. Quell'et dei bambini, come esalta la misericordia del Cristo se rinnovata, cio promossa in virt del mistero rinnovatore, cos prova l'iniquit del giudice e l'infamia della giustizia, se accusata o aggravata. AG. In riferimento a quale vecchiaia si dice rinnovata, mentre nuova per nascita? Labbra bugiarde sono coteste. Se vuoi riconoscere la vecchiaia in riferimento alla quale i bambini sono rinnovati dalla grazia cristiana, ascolta fedelmente quello che dice l'uomo di Dio, il vescovo di Autun, che fu una volta giudice con il vescovo romano Melchiade e condann l'eretico Donato. Costui infatti parlando del battesimo cristiano dichiara: Che esso sia dunque nella Chiesa la principale indulgenza non sfugge a nessuno. L deponiamo tutto il peso dell'antico peccato e distruggiamo le remote colpe della nostra ignoranza; l ci spogliamo pure dell'uomo vecchio con le sue congenite colpe 102. Non senti forse? Non le cattive azioni perpetrate successivamente, ma anche le colpe congenite dell'uomo vecchio. Che forse era manicheo quel Reticio? Come si fa dunque a non accusarvi di menzogna, quando dite che nella rigenerazione cristiana i bambini sono rinnovati, se non volete

riconoscere i mali che il peso dell'antico peccato ha resi congeniti nell'uomo vecchio? Se poi quell'et aggravata dimostra, come dici tu, l'iniquit del giudice, non forse aggravata dal giogo che pesa sui figli di Adamo? E tuttavia questo non rende iniquo Dio, e perci aggravata giustamente. Ma non c' nessun merito cattivo di questa et, se non c' il peccato originale. L'esorcismo dei battezzandi. 56. GIUL. Non dunque dall'unit del sacramento si dimostra rea l'infanzia, ma dalla verit del giudizio non si prova nient'altro che la sua innocenza. AG. Tu che credi di aver trovato perch l'infanzia si battezzi, spiega perch si esorcizzi. Certamente stata ritenuta grande e invincibile la sentenza del vostro fondatore Pelagio dove dice: Se il peccato di Adamo nuoce anche a coloro che non peccano, dunque anche la giustizia del Cristo giova pure a coloro che non credono 103. Che dite dunque dei bambini quando si battezzano? Credono o non credono? Se dite: " Non credono ", per quale ragione non giova ad essi, anche se non credono, la giustizia del Cristo per possedere il Regno dei cieli? Oppure, se giova ad essi, come siete costretti a confessare, allora il peccato di Adamo nuoce ad essi che non hanno ancora la volont di peccare, come la giustizia del Cristo giova ad essi che non hanno ancora la volont per credere. Se poi dite: " Credono per mezzo di altri ", cos hanno anche peccato a causa di un altro. E poich vero che credono per mezzo di altri - per questo infatti in tutta la Chiesa sono chiamati anche fedeli -, certamente vanno compresi in quell'affermazione del Signore: Ma chi non creder sar condannato 104. Saranno dunque condannati se non credono per mezzo di altri, non potendo credere da se stessi. Ma non potrebbero per nessuna ragione essere condannati giustamente, se non nascessero sotto il peccato e quindi sotto il potere del principe del peccato. E' per questo dunque che sono anche essufflati. Allontanate da loro la vostra vanit ingannatrice: lasciate che i bambini vadano a Ges 105, che salva il suo popolo nel quale sono compresi certamente anch'essi - dai suoi peccati 106. Nessuna contraddizione in Dio, se perdona i peccati propri e imputa i peccati altrui.

57. GIUL. Bench, ad indugiarmi nella spiegazione dello stato dei bambini me lo impone la conseguenza della ragione che non consente di separare realt congiunte per loro legge. Del resto sarebbe pi facile il danno dei nascenti, se non fosse compromessa da essi la stessa maest di Dio. Scusa quindi Dio e accusa il bambino: si insegni che giusto quanto fa colui che non pu essere Dio senza la giustizia ed ogni persona accetti il castigo. Ma ora, le realt che tu reputi congiunte senza sacrilegio, sono in forte contrasto reciproco tra loro. Dici infatti: dal momento che anche i bambini sono iniziati con i medesimi ed unici misteri con i quali sono iniziati gli idolatri e i parricidi, questa pu essere la prova che sono colpevoli tutti, e aggiungi un particolare ancora molto pi assurdo: l'istitutore del sacramento di cui trattiamo imputa ai bambini innocenti i peccati altrui. Questa la ripugnanza di cui dicevo: non sta nella natura delle cose che in un medesimo momento Dio sia cos misericordioso da condonare i peccati propri a chiunque li confessi e sia tanto crudele da imporre a chi innocente i peccati altrui. Di queste due affermazioni se concedi l'una, togli assolutamente l'altra. Se Dio dona venia ai rei, non calunnia gli innocenti; se calunnia gli innocenti, non perdoner mai ai colpevoli. AG. Sei tu piuttosto a giudicare ingiusto Dio, sembrandoti ingiusto che egli punisca nei figli i peccati dei padri: il che spesso e attesta di farlo con le parole e lo mostra con i fatti. Sei tu, ripeto, a giudicare ingiusto Dio, perch, vedendo sotto la sua onnipotente provvidenza i bambini schiacciati da un pesante giogo di miseria, sostieni che essi non hanno nessun peccato, accusando insieme e Dio e la Chiesa: Dio certamente, se sono gravati e afflitti senza che se lo meritino; la Chiesa, se si insufflano, bench siano fuori dal diritto del potere del diavolo. Dove hai sognato poi che noi equipariamo i peccati originali dei bambini ai peccati degli idolatri e dei parricidi? Tuttavia per la remissione dei peccati, di cui sono stati dotati i misteri, vera in tutti i peccati: nei pi gravi e nei meno gravi, nei pi numerosi e nei meno numerosi e in ciascuno di essi; ma dove i peccati sono nulli, come voi dite nei bambini, la remissione falsa. Sono poi altrui i peccati originali, perch in essi nullo l'arbitrio della nostra volont, cos tuttavia da risultare essi anche nostri a causa del contagio della origine. Cos' dunque quello che strilli e dici, che Dio non pu e rimettere ai grandi i peccati propri e imputare ai piccoli i peccati altrui? Non vuoi tener conto del fatto che solamente ai rinati nel Cristo li rimette gli uni e gli altri, ma ai non rinati nel Cristo non li rimette n gli uni n gli altri?

Anche gli stessi sacramenti della grazia divina sono infatti nascosti ai sapienti e agli intelligenti e rivelati ai piccoli 107. Oh, se tu fossi tra questi e non confidassi sulle tue forze come un grande, intenderesti sicuramente che ai bambini l'ingiustizia del primo uomo imputata per subire il castigo con lo stesso criterio con il quale quando sono stati rigenerati si imputata ad essi la giustizia del secondo uomo per ottenere il regno dei cieli, sebbene si costati che con la volont e con l'attivit personale non hanno imitato n Adamo nel male, n il Cristo nel bene. Osceno, maledico. 58. GIUL. Nulla dunque ho tralasciato nelle tue parole, per paura, come tu dici. Che cosa infatti avrei potuto temere nelle prove monumentali di un ingegno cos elegante, se non forse questo soltanto: l'orrore che soffro per l'assalto della tua oscenit? AG. Se tu pagassi queste ingiurie, ti direi prodigo. Sono gratis a tua disposizione, e perch non dovresti goderne, se ne pasci il tuo maledico animo? Una banda di malvagi quella che crede nel peccato originale? 59. GIUL. Per breve tempo dunque ascoltami contro le affermazioni che hai fatte. Non sono " petti fedeli " della Chiesa cattolica quelli che la tua denunzia convoca in causa, se contraddicono la piet e la ragione. E l'una e l'altra colpa commettono, perch n hanno una buona stima dell'equit di Dio, n intendono la sapienza e la ricchezza dei misteri che accusano. Non questa la fede fondata e tramandata dall'antichit. E' soltanto la fede delle bande dei malvagi, ispirata dal diavolo, propalata da Manicheo, celebrata da Marcione, da Fausto, da Adimanto e da tutti i loro satelliti, e vomitata da te stesso sull'Italia: il che ci fa gemere gravemente. AG. Con quale bocca, con quale faccia dici una banda di malvagi il consenso di tanti cattolici, che prima di noi furono dottori delle Chiese? Quasi per che, se nel concilio di vescovi, che non per motivi salutari, ma per iattanza, dite doversi radunare per le vostre questioni, sedessero i vescovi che ho ricordati sopra, per non citarne altri - quali Cipriano, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Basilio, Giovanni Costantinopolitano - trovereste facilmente tra i vescovi di oggi alcuni che, lungi da poterli preferire, potreste equiparare a quelli nella dottrina ecclesiastica tramandata dall'antichit. Quando

dunque costoro contro di voi pronunziano sul peccato originale aperte e chiare sentenze, sia quelle riferite da me poco fa, sia tantissime altre, ardite forse voi chiamare " banda di malvagi " il consenso di costoro nella verit cattolica? E pensate come contraddire costoro e non piuttosto dove fuggire, se non volete consentire a loro? Ma poich hai detto che io ho vomitato sull'Italia quello che vi fa gemere, ti ributto in faccia il medesimo vescovo d'Italia Ambrogio, lodato dal tuo dottore. Dice: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo viziata la nostra origine, come leggi in Davide: " Ecco, nelle colpe sono stato concepito e nei peccati mi ha partorito mia madre " 108. Per questo la carne di Paolo era corpo di morte, come si esprime egli stesso: " Chi mi liberer da questo corpo di morte? " 109. Ma la carne del Cristo ha condannato il peccato, che nascendo non ha sentito, che morendo ha crocifisso, perch nella nostra carne, dove prima c'era la sporcizia a causa del peccato, ci fosse la giustificazione mediante la grazia 110. Questa la fede che io dico fondata e tramandata dall'antichit. Tu contraddici e non ti accorgi a chi ti opponi. Puoi forse dire che ad Ambrogio fu ispirata dal diavolo? E' forse manicheo costui? E' costui forse Marcione, Fausto, Adimanto? Certamente no, ma molto dissimile e contrarissimo a loro. Te lo dica con certezza Pelagio chi costui. E' quello, proprio quello, di cui nemmeno un nemico ha osato riprovare la fede e il senso purissimo nelle Scritture. Che c', Giuliano? Dove ti vedi? Quello di cui nemmeno un nemico ha osato riprovare la fede, questa fede che aveva: la fede che tu riprovi tanto da attribuirla ad una banda di malvagi. Ecco, non la fede di malvagi, ma la fede di Ambrogio. Poich vera, poich sana, poich fondata e tramandata fin dall'antichit, come ho detto, questa anche la fede mia. Non io l'ho vomitata sull'Italia - il che vi fa gemere, dite - ma piuttosto da codesto vescovo d'Italia che la predicava e la insegnava, io ho ricevuto il lavacro della rigenerazione. Poich questa fede la fede cattolica, e tuttavia non la tua fede, tu dunque dove sei? Vedilo, ti prego, e torna. Ti giova vedere, non stravedere. Ti desideriamo ritornato, non rovinato. Consenso o contagio. 60. GIUL. Non c' niente di peccato nell'uomo, se non c' niente di volont personale o di consenso: in questo consente con me senza esitazione il genere umano, anche se ha una goccia appena di sapienza. Ora, tu concedi che nei bambini non c' stato niente di volont personale: non io, ma la ragione conclude che niente

dunque c' in essi di peccato. La ragione quindi per cui si portano alla Chiesa non assolutamente che siano infamati, anzi che infamino Dio; ma si portano perch lodino Dio, che protestano autore e dei beni naturali e dei doni spirituali. AG. Non si infamano i bambini quando si essufflano, ma si liberano dal potere delle tenebre; n infamano Dio, ma del medesimo Dio dal quale sono nati come creatore hanno bisogno come salvatore. Perci rinascendo sono trasferiti da Adamo al Cristo. Dove poi dici: Non c' niente di peccato nell'uomo, se non c' niente di volont personale o di consenso, diresti pi completamente il vero, se aggiungessi: O di contagio. Il peccato originale sarebbe imperdonabile. 61. GIUL. Il peccato originale poi, se si contrae per la generazione della prima nativit, pu condannare, s, le nozze istituite da Dio, ma non si pu togliere ai bambini, perch ci che congenito dura fino alla fine di colui che per l'efficacia dei princpi se lo porta dentro. AG. Non condanna le nozze, perch esse non ne sono la causa; ed tolto da quell'Onnipotente che pot nascere uomo anche senza di esso. E' tutto logico. 62. GIUL. Non ti muoviamo pertanto nessuna calunnia, se rischi di condannare le nozze e di dire opera del diavolo l'uomo che nasce da esse. N lo rinfacciamo in cattiva fede, n lo raccogliamo per ignoranza, ma intuiamo prontamente e semplicemente quale sia l'effetto delle sentenze conseguenziali. Mai infatti le nozze corporali sono senza mescolanza. Tu dici che quanti nascono da tale mescolanza appartengono al diavolo: senza dubbio dichiari che le nozze appartengono al diritto del demonio. AG. Diciamo noi forse che nel paradiso le nozze sarebbero potute essere senza mescolanza corporale, se nessuno avesse peccato? Ma non vi sarebbe stato il male, di cui adesso fa buon uso la pudicizia coniugale. Quel male viene poi dalla ferita che ha inferta l'astuzia diabolica. Per questo, si condanna come rea la propaggine dei mortali. Per questo, chi nasce sotto il principe dei peccatori, finch non rinasca nel Cristo, il quale non ebbe assolutamente

nessun peccato ed il solo che sciolga il nodo della morte, perch tra i mortali fu l'unico libero. Diabolica la natura umana. 63. GIUL. Dici che si trae il peccato dalla condizione della natura tu che vuoi che questo male sia dipeso dalla volont del primo uomo. Rimando per ora la risposta che ti dovr convincere che mentisci senza pudore. Ma per quanto spetta al punto presente, ne concludo, e credo alla sapienza che ragiona, che tu evidentemente senza esitazione definisca diabolica la natura. Perch, se nella natura o viene dalla natura ci per cui l'uomo posseduto dal diavolo, irrefutabilmente del diavolo ci per cui il diavolo ha potuto rivendicare a s l'immagine di Dio. Anzi non nemmeno immagine di Dio una natura che per nascita nel regno del diavolo. AG. Tu " credi ", ma alla stoltezza che suppone, non alla sapienza che ragiona. Lascia che i bambini siano liberati dal potere delle tenebre, perch siano trasferiti nel Regno del Cristo. Dicendo infatti che non hanno il contagio dell'antico delitto ed escludendoli cos dalla misericordia del Salvatore, che salva il suo popolo dai suoi peccati 111 e per questo stato chiamato Ges, non ottieni altro che su loro incomba l'ira di Dio, della quale parl Giobbe dicendo: L'uomo, nato da donna, breve di giorni e sazio d'ira, come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l'ombra e mai si ferma. Tu sopra un tale essere tieni aperti i tuoi occhi e lo chiami a giudizio presso di te? Chi pu infatti essere mondo da immondezze? Nemmeno uno, anche se la sua vita sulla terra fosse di un giorno soltanto 112. Ma evidentemente, uomo misericordioso come sei, hai compassione dell'immagine di Dio e temi di dire che nasca carnalmente sotto il peccato. O quanto crudele cotesta tua vana misericordia, che nega ai bambini la misericordia del loro Salvatore, il quale venuto a cercare ci che era perduto! 113. Per quelle immondezze dunque, senza le quali l'uomo di Dio dice che non c' nessuno, anche se di un giorno soltanto fosse la sua vita sulla terra, il diavolo rivendica a s l'immagine di Dio; non per la sostanza che Dio ha creata. La natura infatti stata viziata e non un vizio. Ma tu dici: Non nemmeno immagine di Dio una natura che per sua nascita nel regno del diavolo. Che replicheresti se un altro ti dicesse: Non immagine di Dio una natura che, senza esser rea di nessun peccato, non entra tuttavia nel Regno di Dio? Non vero che non avrai che cosa rispondere, se non vorrai rispondere vanamente? E

certo, l'uomo immagine di Dio, perch stato fatto a somiglianza di Dio 114. Per quale ragione dunque stato fatto simile anche ad un soffio vano, per cui i suoi giorni passano come un'ombra 115? Non vorrai infatti escludere i bambini da questo soffio vano, atteso che i loro giorni passano come un'ombra. Infine li escluderai anche forse dai viventi? Ascolta dunque colui che dice nel Salmo: Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni e la mia esistenza davanti a te un nulla. Solo un soffio vano ogni uomo che vive 116. Ebbene, pur essendo ogni uomo che vive immagine di Dio, dimmi donde ogni uomo che vive sia anche un soffio vano. Ma che cosa sarai in grado di dire tu che non vuoi riconoscere che il primo fatto viene dalla creazione di Dio e che il secondo fatto accaduto per la condizione del peccato? Permettete, vi preghiamo, che l'uomo vivente, che stato fatto a somiglianza di Dio, sia liberato dal potere delle tenebre, sotto il quale diventato simile ad un soffio vano: ora sia liberato per provvisoriamente dall'obbligazione del reato, ma dopo questa vita corruttibile sia liberato definitivamente anche da ogni vanit. Faccia da imbroglione. 64. GIUL. Perci, se leggerai la mia opera, cesserai di meravigliarti che io sia ritornato alle tue parole che avevo gi riportate sopra. Avevo appunto promesso di dimostrare dai tuoi scritti come tu, tra l'empiet che avevi bevuta e l'ostilit che ne temevi, avevi detto ugualmente l'uno e l'altro: e quello che sono soliti asserire i cattolici, e quello che sono soliti asserire i manichei. Tale pertanto nel tuo scritto l'ordine delle parole, corrispondente al tuo capitolo, del quale adesso con faccia da imbroglione hai mentito che sia stato interpolato. So di aver fatto grandi promesse: dimostrare cio con i testi dell'avversario e che giusto che si condannino quanti negano essere gli uomini opera di Dio e che costui stesso che lo confessa non fa altro che confermare essere patrimonio del diavolo tutto quello che procede dalla fecondit delle nozze. Con questo metodo infatti l'opinione dei manichei sar distrutta anche per le leggi del suo patrocinio. Ma l'hanno messo in evidenza tutte le prime pagine del suo libro. Dice infatti che sono opera di Dio gli uomini che nascono dalle nozze, cio da maschi e femmine. Con la quale sentenza butta all'aria tutto quello che intendeva ottenere e consente con noi che diciamo empi quanti osano negare tale verit. Risolta dunque una parte. Mi resta da dimostrare che egli sostiene quanto aveva test impugnato. Detto ci, io sono ritornato di nuovo

sul passo del tuo capitolo dove avevi scritto: Diciamo che quanti nascono da tale unione contraggono il peccato originale, e di essi, quali che siano i genitori da cui nascono, non neghiamo che siano ancora sotto il diavolo, se non rinascono nel Cristo e, liberati per la sua grazia dal potere delle tenebre, sono trasferiti nel regno di Colui che non volle nascere dalla medesima unione dei due sessi 117. Perch dunque reputi sufficiente a poter essere scusato dall'errore dei manichei il fatto che hai osato inserire una sentenza, contro la quale lottavi con tutte le forze del tuo ingegno? Ci non serve a patrocinio del tuo errore, ma a testimonianza della tua singolare stoltezza nel credere, alla maniera di Callifonte, che virt e vizi, giustizia e iniquit in forza del tuo discorrere possano scendere a patti tra loro. Rispetto poi a quello che dice l'Apostolo: Ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto 118, leggi il quarto libro della mia opera e allora ti si far chiaro il pensiero del Maestro delle Genti. AG. Al tuo quarto libro stato risposto con il sesto dei nostri. Adesso ancora pi di prima io esorto a leggere quei tuoi libri e i miei coloro che vogliono sapere quanto tu in essi abbia deviato dalla verit e da quanta verit sia stato confutato. Riguardo poi al fascicolo nel quale furono riportati alcuni brani dei tuoi libri, sei libero d'imputare a me quello che fece chi lo mand alla persona che lo mand a me. Costui riport appunto in quel fascicolo ci che volle dalla tua opera e tralasci ci che volle; sul quale argomento ti ho gi risposto sopra brevemente e sufficientemente. Perch tenti di nasconderti con le tue oscurit contro le affermazioni esplicite dell'Apostolo? A lode di Dio egli dice: Ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto 119, e tu dici che ci stato detto da lui con esclusione dei bambini. Se dunque i piccoli non sono liberati dal potere delle tenebre, vuol dire che non sono morti; se non sono morti, vuol dire che non morto per loro il Cristo. Tu invece confessi che anche per loro morto il Cristo, e l'Apostolo dice lo stesso: Uno morto per tutti e quindi tutti sono morti 120. Questa conclusione dell'Apostolo inattaccabile e perci, poich morto anche per i bambini, logicamente anche i bambini sono morti. Ora, il Cristo morto per ridurre all'impotenza colui che della morte aveva il potere, cio il diavolo 121. Lascia pertanto che i bambini per vivere siano liberati dal potere delle tenebre. Che significa poi l'accusa che mi fai di seguire la prassi o l'errore di Callifonte, dicendo che io reputo di poter far scendere a patti fra loro virt e vizi, giustizia e iniquit in forza del mio discorrere?

Lungi certamente da me averlo nel cuore o persuaderlo con la parola; ma mi congratulo che tu abbia capito cos bene cotesto filosofo 122. Avendo egli infatti riposto il bene dell'uomo nella virt dell'animo e nel piacere del corpo, tu dici che ha voluto conciliare virt e vizi, e quindi, com'era conveniente, hai giudicato che vizio la brama della volutt carnale. E' dunque vizio la libidine che tu lodi. In qualche modo dunque la verit ha fatto capolino nei tuoi sentimenti cos che hai abbandonato per un poco la causa della tua protetta e hai detto ci che diciamo noi. Le nozze non sono solo un miscuglio di sessi. 65. GIUL. Ho dunque arguito e giustamente arguito fioca e fiacca variazione quella per cui era avvenuto che tu e premettessi di non condannare le nozze e, per la mescolanza di maschio e femmina, la quale evidentemente viene dalla creazione e dalla natura delle nozze, nella quale anzi soltanto - per quanto riguarda il nostro conflitto - c' la verit delle nozze, dicessi che gli uomini sono trascritti nei diritti del diavolo. AG. Se nella sola mescolanza di maschio e femmina c' la verit delle nozze, allora la medesima verit degli adultri e delle nozze, perch in ambedue i casi c' cotesta mescolanza di ambedue i sessi. Che se questa una madornale assurdit, vuol dire che non nella sola mescolanza di maschio e femmina c' la verit delle nozze, come tu deliri, sebbene senza di essa le nozze non possono propagare i figli. Ma ci sono altri beni che appartengono propriamente alle nozze e le distinguono dagli adultri, come la fede del letto coniugale e la cura di procreare figli ordinatamente e, massima differenza, il buon uso del male, ossia il buon uso della concupiscenza della carne, che un male di cui gli adlteri usano male. Primate della nazione pelagiana. 66. GIUL. La quale mescolanza ti sei sforzato di far credere cos esecrabile da voler far intendere che il Cristo, non per lo splendore di tale segno, ma per la condanna del congiungimento dei sessi, abbia voluto nascere da madre vergine. Che cosa dunque ha potuto mai dirsi da chiunque di pi improprio e di pi impudente di questo: hai come separato con questi vessilli due re in lotta tra loro per il possesso dell'umanit e i loro due regni cos da attribuire al diavolo

tutto quello che abbiano prodotto le nozze e a Dio quello soltanto che abbia partorito la Vergine? Che altro nei riguardi di Dio fecondatore della Vergine, e mostrarlo bisognosissimo per la mancanza di una sua parte e negare che il medesimo sia il creatore di coloro che provengono dalle nozze degli uomini? Ne tenga dunque l'autografo il lettore diligente delle tue parole e sappia che tu, discepolo fedele dei manichei e primate della nazione traduciana, altro non hai condannato che la mescolanza del legittimo coniugio. AG. Non hai i sensi allenati nel separare il bene dal male. La natura e la sostanza, sia degli uomini, sia degli angeli, buoni o cattivi, sussiste per creazione di Dio, ma ai vizi delle nature e delle sostanze, vizi che i manichei dicono essere nature e sostanze, mentre la verit nega che lo siano, Dio, giusto e onnipotente, permette di esistere per sua disposizione giudiziaria, e questi stessi vizi sono mali che non possono esistere se non venendo da nature buone e inerendo a nature buone. In potere poi del diavolo tutte le creature che gli sottostanno per giudizio di Dio, ci sono cos da non uscire dal potere di Dio, sotto il quale costituito il diavolo stesso. Poich dunque tutti gli angeli e tutti gli uomini sono sotto il potere di Dio, vana la tua loquacit con la quale dici che Dio e il diavolo si sono divisi tra loro i sudditi da avere ciascuno sotto la propria potest. Contro chi per tu vomiti coteste infamie di cui t'ingrassi, avvertilo per un istante. Ecco, presente il famoso Ambrogio: riguardo a ci contro cui inveisci vedi che cosa ti dica: Come avrebbe potuto essere giusto lui solo scrive in mezzo a tutta la generazione deviante, se non fosse stato minimamente tenuto dalla legge della generazione colpevole essendo nato dalla Vergine? 123 Ascolta ancora, ascolta e morditi la lingua proterva umiliando la fronte: Non varc infatti il coito virile le parti segrete della vulva verginale, ma un seme immacolato nell'utero inviolabile infuse lo Spirito Santo. Il solo infatti totalmente santo tra i nati da donna stato il Signore Ges, che per la novit di un patto senza macchia non sent i contagi della corruzione terrena e li respinse con maest celeste 124. Ti avvedi, vero, chi abbia detto ci che dico io? Ti avvedi contro chi tu dica tutto quello che dici contro di me? Se per questo io sono discepolo di Manicheo, lo anche lui. Ma non lo lui, che ha detto queste verit prima di noi; non lo dunque chiunque le dica. Ma eretico manifesto chiunque contraddica questo antico dogma cattolico.

Un corpo pieno di peccati. 67. GIUL. Ma passiamo subito agli altri punti. Scrivendo pertanto di me, dopo quelle tue parole che ho inserite sopra, aggiungi queste che seguono: Dopo queste parole mette quel nostro passo dove abbiamo detto: "Infatti questa vergognosa concupiscenza, che viene lodata senza un minimo di vergogna da cotesti svergognati, non esisterebbe se antecedentemente l'uomo non avesse peccato; le nozze viceversa esisterebbero anche se nessuno avesse peccato: avverrebbe appunto senza cotesto morbo nel corpo di quella vita l'inseminazione dei figli". Fino qui ha riferito costui le mie parole. Ha temuto infatti ci che io ho aggiunto: "Lo pu nel corpo di quella vita, che ora non pu avvenire senza cotesto morbo nel corpo di questa morte". E a questo punto, non a terminare, ma a troncare la mia sentenza in qualche modo, lo ha spaventato la famosa testimonianza dell'Apostolo dove dice: " Sono uno sventurato! Chi mi liberer da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore " 125. Non esisteva infatti il corpo di questa morte nel paradiso prima del peccato, e per questo abbiamo detto: "Nel corpo di quella vita", che esisteva nel paradiso, "senza questo morbo si sarebbe potuta fare l'inseminazione dei figli, che ora non pu avvenire senza cotesto morbo nel corpo di questa morte" 126. Tu mantieni davvero e certo con particolare coerenza in questa tua opera, la tua consuetudine di non dire nulla di vero, dal momento che agisci contro la verit. Ma ai numerosi peccati della tua erudizione potrebbe bastare appena una moltitudine di correzioni. Perci qui osserver brevemente per ora che tu mentisci; io invece, e almeno dopo questa opera lo capirai, non sono avvezzo a mentire. Per te dunque rivendica tutto il possesso di questo vizio, perch tu possa udire dal Vangelo, e certo non ingiustamente, che tu sei bugiardo fin da principio come anche il tuo padre 127; o quello al cui dominio dici di essere appartenuto nascendo o l'altro secondario che ti inizi con eleganti sacramenti, che tuttavia non si possono nominare in mezzo a persone oneste. Tutto questo dunque io l'ho pubblicato nella mia prima opera e tu fingi che lo abbia omesso: e con quanta verit e luce di discussione sia stato provato lo potrai confessare tu stesso, se leggerai le penultime parti del mio primo volume. Non stata dunque troncata la tua sentenza, ma stata distrutta tutta intera con una valida risposta. Ma ora ascolta brevemente. Ci che l'Apostolo dice con queste parole: Sono uno sventurato! Chi mi liberer da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro

Signore, non lo riferisce alla mortalit del nostro corpo, che la carne degli animali ha ricevuta per legge di natura, ma alla consuetudine di peccare. Dal quale reato dopo l'incarnazione del Cristo liberato per mezzo della nuova alleanza chiunque sia passato agli amori della virt. Ivi dunque, parlando in persona dei Giudei, che anche dopo l'interdizione della Legge sacra erravano per la cupidigia dei piaceri, mostra che in tale stato c' un un'unica soluzione: che credessero al Cristo. Paolo prescriveva i rimedi per i peccati futuri cos da concedere il perdono dei peccati passati. N incombeva sui rei con la minaccia del castigo, ma quanti accorrevano li accoglieva liberalissimamente al caldo del suo seno, senza soffocare i depressi dal terrore, ma rinfrancando con benignit i ravveduti. La quale benignit l'aveva sperimentata lui stesso che diceva: Questa parola sicura e degna di esser da tutti accolta: Cristo Ges venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia: perch Ges Cristo ha voluto dimostrare in me tutta la sua pazienza, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna 128. E perch tu intendessi che ci si riferisce alla vita cattiva degli uomini e non alla loro natura, con il rischio di credere che in relazione all'avvento del Cristo Paolo dichiarasse peccatori anche i bambini, dice: Ha voluto dimostrare in me tutta la sua pazienza. Ma la pazienza di Dio quella di cui parla ai Romani: Non riconosci che la bont di Dio ti spinge alla conversione? Tu per con la tua durezza e con il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira 129. Si esercita dunque la pazienza di Dio quando lei aspetta non a breve termine la conversione umana. Nei bambini invece non pu apparire la pazienza divina. Se infatti esistessero dei peccati di natura che il Salvatore imputasse ai bambini, certo sarebbe falso dirlo paziente, ma con tutta certezza si direbbe crudele. Ma Dio non pu essere se non pio e giusto, e lo il mio Dio Ges Cristo, del quale hanno sperimentato la pazienza sia Paolo per lungo tempo persecutore, sia altri, in persona dei quali egli parla, attesi lungamente, sebbene liberati tardivamente. E perci dall'Apostolo condannata la vita degli uomini, non la loro natura. Raccomandando dunque ai Giudei questa grazia, perch la legge punisce i peccatori e non ha l'efficacia misericordiosa del battesimo, dove una breve confessione purga azioni delittuose, indica a loro il dovere di ricorrere al Cristo, d'implorare il soccorso di cotesta sua indulgenza e di avvertire che la legge morale minaccia sventure, la grazia invece efficacemente e prontamente medica. Corpo di morte

ha detto pertanto i peccati, non la carne. Se infatti avesse parlato della miseria delle membra, che tu stimi esserci capitata a causa del peccato, l'avrebbe chiamata pi esattamente morte del corpo che corpo di morte. Ma perch tu sappia che secondo la consuetudine delle Scritture i peccati si dicono membra, leggi [la Lettera] ai Colossesi dove l'Apostolo stesso dice: Mortificate le vostre membra terrene: la fornicazione, l'impurit e l'avarizia che una idolatria: cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate cos, quando la vostra vita era immersa in questi vizi 130. Ecco come chiama membra le azioni che dichiara peccati. Lo stesso corpo del peccato si ha qui nella [Lettera] ai Romani: Il nostro uomo vecchio stato crocifisso con lui, perch fosse distrutto il corpo del peccato e non fossimo pi schiavi del peccato 131. Nello stesso senso dunque esclama, impersonando i Giudei, come abbiamo detto: Sono uno sventurato! Chi mi liberer dal corpo di questa morte? 132 Ossia: Chi mi liberer dal reato dei miei peccati che ho commessi, mentre potevo evitarli, e che la severit della legge non condona, ma punisce? Chi mi potr affrancare da queste membra, cio da questi vizi che, imitando i cattivi, ho messi insieme cos da costruirmi un corpo pieno di peccato? Chi, dico? E, quasi colpito dalla voce della realt stessa, risponde: La grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore 133. La grazia di Dio che porta ai fedeli il dono della giustizia senza le opere, secondo quello che dice Davide: Beati coloro ai quali sono state rimesse le colpe e coperti i peccati. Beato l'uomo a cui il Signore non imputa il peccato 134. Dio dunque, che fa beato l'uomo, beato anche lui stesso, giustizia sempiterna, con la quale non condona se non il peccato che aveva il diritto d'imputare. Ma non avrebbe potuto avere il diritto d'imputarlo, se quegli a cui si imputa non l'avesse potuto anche evitare. Nessuno per pu evitare le realt naturali. Nessuno dunque pu assolutamente avere un peccato per necessit di natura. Basti averlo detto brevemente. AG. Ti sei ingegnato davvero con le tue disquisizioni a volgere al vostro senso le parole dell'Apostolo: Chi mi liberer dal corpo di questa morte? Ma che non lo potevi, lo vide meglio di te, colui che mand il fascicolo a quell'illustre personaggio. Egli perci, ricordando le mie parole, omise le tue, perch non si ridesse della tua aspettata e partorita risposta. Chi potrebbe infatti non ridere di una risposta, di cui non so se abbiate potuto convincervi, e tuttavia avete pensato di doverne convincere altri: l'Apostolo avrebbe impersonato il Giudeo che non ancora stabilito sotto la grazia del

Cristo e dice: Sono uno sventurato! Chi mi liberer dal corpo di questa morte? la grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore 135. Ma proprio vero che Giudeo e non ancora cristiano chi dice: La grazia di Dio mi liberer per mezzo di Ges Cristo nostro Signore? Ma lascio andare questo. Chi per potrebbe sopportare l'interpretazione che un uomo, parlando dei suoi peccati passati perch gli vengono rimessi per mezzo della grazia del Cristo che lo perdoni, dica: Chi mi liberer dal corpo di questa morte? quando apparisce limpidamente da dove sia giunto a queste parole? Ecco, le sue parole sono nei nostri orecchi: vediamo dunque se si confessi sventurato per quello che ha fatto volente o per quello che fa nolente. Grida costui: Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto io faccio 136. Grida: Non sono pi io che lo opero, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cio nella mia carne, non abita il bene; c' in me il desiderio del bene, ma non la capacit di attuarlo; infatti io non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio 137. Non dice: " Ho fatto "; ma: Faccio. Non dice: " Non sono stato io che l'ho operato ", ma: Non sono pi io che lo opero. Non dice: " Ho agito "; ma: Agisco, e: " Non quello che voglio ", ma quello che non voglio. Infine gode secondo l'uomo interiore della dilezione della legge di Dio, ma vede nelle sue membra un'altra legge che muove guerra alla legge della sua mente, e da questa legge spinto non a fare il bene che vuole, ma a fare il male che non vuole. E' per questo che esclama: Sono uno sventurato! Chi mi liberer dal corpo di questa morte? 138 E tu contro la verit pi chiara chiudi gli occhi e spieghi il suo gemito non come patente a tutti, ma come piacente a te, commentando le parole: Chi mi liberer dal corpo di questa morte? nel senso: " Chi mi liberer dal reato dei peccati che ho commessi "? Costui dice: Il male che non voglio io faccio, e tu dici: <174 Che ho commessi ". Forse fino a tal punto delle persone che leggono questi scritti disperi che preferiscano ascoltare lui piuttosto che te e credere a lui piuttosto che a te? Lascia chiedere a costui la grazia di Dio non solo per essere assolto perch ha peccato, ma anche per essere aiutato a non peccare. Ed quello che fa in questo caso. Se dice: il male che non voglio, io faccio, non ha motivo di dire: Rimetti a noi i nostri debiti, ma di dire: Non c'indurre in tentazione 139. Come dice per l'apostolo Giacomo: Ciascuno tentato dalla propria concupiscenza che l'attrae e lo seduce 140. Questo il male di cui egli dice: So che in me, cio nella mia carne, non abita il bene 141. Questo male nel corpo di questa

morte. Questo male non esisteva nel paradiso prima del peccato, perch questa carne non era ancora il corpo di questa morte, alla quale si dir da ultimo: Dov', o morte, la tua vittoria? 142 Ma lo si dir quando questo corpo corruttibile si sar vestito d'incorruttibilit e questo corpo mortale si sar vestito d'immortalit 143. Per ora invece corpo di questa morte, perch il medesimo Apostolo ha detto: Il corpo morto a causa del peccato 144. Ascolta gli intenditori cattolici dell'Apostolo. Accogli, non le mie parole, ma quelle di coloro con i quali io accolgo le tue ingiurie. Ascolta non Pelagio, ma Ambrogio. Anche la carne di Paolo scrive era corpo di morte, come egli stesso attesta: " Chi mi liberer dal corpo di questa morte? " 145. Ascolta, non Celestio, ma Gregorio: Dentro di noi stessi, dice, siamo assaliti dai nostri vizi e dalle nostre passioni. Giorno e notte ci pungono gli speroni brucianti del corpo di questa bassezza e del corpo di questa morte, provocati dovunque, a volte segretamente, a volte anche palesemente, e innervositi dall'attrazione dei piaceri materiali, mentre questo fango schifoso nel quale ci troviamo esala con ogni abbondanza il fetore della sua lordura, e per giunta anche la legge del peccato, la quale nelle nostre membra, fa guerra alla legge dello spirito 146. Tu abbaiando a queste stelle della citt celeste scrivi: Corpo di morte ha detto i peccati, non la carne, e neghi che l'Apostolo abbia voluto riferirsi alla mortalit del nostro corpo, mortalit che la carne degli animali, cos ti esprimi, ha ricevuta per legge di natura. Tu infatti ritieni proprio quello che Pelagio nel processo palestinese condann con cuore finto: che cio Adamo fu creato mortale, di modo che sarebbe morto sia che peccasse, sia che non peccasse. E cos, opponendoti a questi personaggi e ad altri loro compagni nella fede sana, a tanti e a tanto grandi dottori, sei costretto a riempire il paradiso, anche se nessuno avesse peccato, del dolore delle partorienti, della fatica dei nascenti, dei gemiti dei languenti, dei funerali di quelli che muoiono, della mestizia di quelli che piangono. Che c' da meravigliarsi allora che siate andati fuori da questo paradiso che la Chiesa, quando quel paradiso, dal quale andarono fuori coloro che peccando ci mandarono in coteste miserie, lo avete fatto quale non osa immaginarlo, non dico nessuno dei Cristiani, ma nemmeno qualcuno degli uomini, se non un pazzo? La tua mamma bevitrice. 68. GIUL. Nella prima opera infatti la discussione stata pi ampia. Del resto nemmeno tu sei chiaro nel dire quale morte tu voglia far

intendere, quando dici che nel paradiso prima del peccato non c'era il corpo della morte, perch nei libri che dedicasti al nome di Marcellino hai confessato che Adamo fu creato mortale 147. Quanto all'affermazione aggiunta da te che l'istituto delle nozze un morbo, si pu accettare pacificamente, se lo dici soltanto dei tuoi genitori. Forse infatti puoi essere consapevole di qualche morbo occulto della tua mamma, della quale nei libri delle Confessioni hai informato che era stata chiamata, per usare la tua stessa parola, meribibula [bevitrice di vino] 148. Per il resto nel matrimonio dei santi e nel matrimonio di tutte le persone oneste non c' assolutamente nessun morbo. Perch anche l'Apostolo non concesse per rimedio un morbo, quando premuniva le persone della Chiesa dal morbo della fornicazione per mezzo dell'onest delle nozze. E come il modo di sentire dell'Apostolo abbia completamente ridotto a zero la tua sfrontatezza e il tuo dogma, mostrato nella penultima parte del mio primo volume, ed stato spiegato pure in tutto il corpo della risposta stessa, come ha suggerito l'opportunit dei contesti. AG. In nessun altro caso come in questo apparso cos evidente il tuo dolo e la tua coscienza condannata dalla scienza. Tu sai infatti, tu sai benissimo, perch tanto manifesto da non poterlo ignorare chi ha letto quei libri: tu sai che nei libri pubblicati da me per Marcellino io ho agito con forza contro la vostra eresia, che cominciava gi a sorgere allora, perch non si credesse che Adamo sarebbe morto, anche se non avesse peccato. Ma poich io lo dicevo mortale nel senso che poteva morire, atteso che avrebbe potuto peccare, tu a coloro che non hanno letto e forse non leggeranno quei libri hai voluto insinuare con velata insidia, caso mai leggessero questi tuoi scritti, che io abbia detto: Adamo fu creato mortale, di modo che sarebbe morto, sia che peccasse, sia che non peccasse. Di questo infatti si trattava con voi, qui sta tutta la controversia tra noi e voi: noi diciamo che Adamo, se non avesse peccato, non avrebbe sofferto la morte del corpo; voi invece dite che sarebbe ugualmente morto, tanto se avesse peccato, quanto se non avesse peccato. Perch dunque fingi d'ignorare quale morte io voglia fare intendere quando dico che nel paradiso prima del peccato non c'era il corpo della morte, mentre sai ci che ho fatto in quei libri e con quale esplicitezza e chiarezza l'ho fatto, spiegando che Dio non avrebbe detto al peccatore nel punirlo: Polvere sei e polvere tornerai 149 - e chi non intende che l'abbia detto della morte del corpo? - se Adamo avesse dovuto tornare in

polvere, cio morire, almeno con il corpo, anche senza aver commesso nessuna iniquit? A credere poi di dover insultare anche mia madre, che non ti ha fatto nulla di male e contro di te non ha mai avuto alcuna discussione, sei stato vinto dalla libidine della maldicenza, senza aver timore di quello che scritto: Neppure i maldicenti erediteranno il regno di Dio 150. Ma che c' da meravigliarsi se ti mostri nemico anche di lei, quando sei nemico della grazia di Dio, per la quale ho detto mia madre liberata da quel suo vizio di fanciullezza? Io al contrario tengo in onore i tuoi genitori come Cristiani cattolici e mi rallegro con essi che siano morti prima di vederti eretico. Quanto poi all'istituto delle nozze, noi non diciamo che sia un morbo, consistendo nel giacere insieme per procreare figli e non per saziare la libidine, che tu neghi sia un morbo, mentre confessi che contro di essa stato previsto il rimedio delle nozze. Certamente infatti perch non si pratichi la fornicazione, il rimedio delle nozze contraddice, si oppone, resiste alla libidine che tu lodi. Di modo che, se la libidine oltrepassa quel limite che le stato imposto per la procreazione dei figli, chi cede alla libidine nel coniuge pecchi almeno venialmente. Ai coniugi infatti parlava l'Apostolo quando, dopo aver detto: Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perch satana non vi tenti nei momenti di passione, soggiunge subito: Questo per vi dico per venia, non per comando 151. Di questo male pertanto la sola a far buon uso con l'intenzione di propagare la prole la pudicizia coniugale. A questo male si cede venialmente nel coniuge, quando si cede non per la prole, ma solo per la volutt carnale. A questo male si resiste per non soddisfare la bramosia di una volutt riprovevole. Questo male abita nel corpo di questa morte, ed per il suo muoversi inopportuno, anche quando manca il consenso della mente, che si dice: Io so che in me, cio nella mia carne, non abita il bene 152. Questo male non c'era nel corpo di quella vita, dove la libidine o non esisteva affatto perch obbedivano alla volont anche le membra genitali, o non si muoveva assolutamente mai contro l'arbitrio della volont. Di questo male, insorto improvvisamente, sentirono vergogna i progenitori 153, che prima di peccare erano nudi, ma non ne provavano vergogna 154. Di questo male hai sparso le lodi impudentemente anche con quei quattro libri tuoi, ai quali sono stato costretto a rispondere con sei libri miei. Ritorni al tuo passato manicheo.

69. GIUL. Ma per arrivare a tale confessione della miseria umana e della grazia divina, l'Apostolo aveva detto sopra: Nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato 155. Dopo tali parole ha esclamato: Chi mi liberer dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore 156. Risulta bene per le premesse poste da te che l'Apostolo ha soggiunto: Sono uno sventurato! Chi mi liberer dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore. Ma presentemente non facciamo la questione se l'Apostolo l'abbia detto, bens la questione con quale fede, con quale senso, con quale ragione l'abbia detto. Egli infatti chiamava legge insita nelle membra, ribelle ai santi consigli per consuetudine di cattive azioni e ancora agli inizi dell'emendamento, l'abitudine cattiva, che anche dagli eruditi del mondo si suol dire seconda natura. Poco prima infatti, chiamando in causa per rimproverarli coloro ai quali parlava, aveva detto: Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio della impurit e della iniquit a pro dell'iniquit, cos ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione 157. E per mostrare che non chiamava carne questo corpo che ha le sue radici nei semi, ma chiamava carne impropriamente i vizi, circa due capitoli dopo soggiunge: Quando eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte 158. Dice: Quando eravamo nella carne, quasi che al tempo in cui discuteva non fosse nella carne. Ma chi conosce le Scritture, riconosce questo genere di elocuzione. Perci dove la comunanza delle parole ingenera questione, si adoperi la regola della ragione per riportare sulla sua livella quanto sembri che si sia abbassato. Del resto, Fausto, vescovo dei manichei, tuo maestro, di questa testimonianza dell'Apostolo che soprattutto si avvale contro di noi, dicendo che con questi ragionamenti, della legge cio che abita nelle membra in opposizione al consiglio della mente, nient'altro stato significato da lui che la natura cattiva. Quindi niente di meno doveva essere fatto da te che intendere questo passo nel modo in cui viene esposto dai manichei, cos che, imboccando tu il medesimo vicolo storto di Fausto, la tua non sembra una discussione, ma una restituzione del passato. AG. Ti risponda non il manicheo Fausto, ma il cattolico Gregorio, dotto e dottore. Egli, non agli inizi dell'emendamento, come dici tu,

non chiamava legge insita nelle membra, ribelle ai santi consigli per abitudine di malvage azioni, la consuetudine cattiva, che anche dagli eruditi si suol dire seconda natura; ma la legge del peccato, che nelle nostre membra in guerra con la legge della mente l'attribuiva a questo nostro corpo mortale e terreno, scrivendo in modo pacifico ed aperto: La legge del peccato, che nelle nostre membra, muove guerra alla legge dello spirito, mentre si studia di rendere sua schiava l'immagine regale che sta dentro di noi, e di cedere alla legge del peccato come sue spoglie tutte le ricchezze che tale immagine ha versate in noi per il beneficio di quella divina e prima creazione. Perci, dice, forse qualcuno appena, governandosi con lunga e rigida filosofia e ritornando un poco alla volta alla nobilt della sua anima, potr richiamare e rivolgere a Dio la natura della luce che in lui, congiunta a questo umile e tenebroso loto. O almeno, agendo con il soccorso della misericordia di Dio, si richiamer ugualmente alla luce e al loto, se tuttavia con lunga e assidua meditazione si abitua a guardare sempre in alto e ad innalzare con freni ancora pi forti la materia che lo abbassa e lo appesantisce 159. Questo diceva il beato Gregorio, non agli inizi del suo emendamento, ma gi vescovo, volendo esporre o piuttosto, trattandosi di verit risapute, ricordare in quale e quanta lotta contro i vizi interni si trovino i santi a causa del corpo che aggrava l'anima. La quale lotta certamente non ci sarebbe stata in quel luogo di pace beata, cio nel paradiso delle sante delizie, se nessuno avesse peccato. Ivi infatti non ci sarebbe il corpo di questa morte, la cui corruttibilit aggrava l'anima, ma il corpo di quella vita, nella quale la carne non concupirebbe contro lo spirito cos da rendere necessario allo spirito di concupire contro la carne 160, ma la natura umana si allieterebbe della felice concordia di entrambi. Se dunque tu volessi espugnare e non aiutare i manichei, che introducono un'altra natura e sostanza del male, certamente non negheresti con quelli che ti hanno ingannato queste miserie della vita umana, che sono manifeste a tutti e cominciano dai bambini, ma con i fedeli cattolici e con i pi chiari dottori diresti da dove sia precipitata in esse la nostra natura, che all'origine fu istituita nella beatitudine. Il peccato originale una scusa originale. 70. GIUL. Riassumendo dunque quanto abbiamo fatto: n io ho defraudato i tuoi scritti, n tu hai apportato alcunch su cui, ben lungi dal provarlo con la testimonianza delle Scritture, abbia

riversato almeno uno sbiadito colore di piet. N l'Apostolo intese dire quello che tu pensi, n diversa era nel paradiso la condizione della mescolanza dei sessi da quella che si pratica adesso nei matrimoni o da quella di cui Dio ci ha fatto conoscere l'istituzione da parte sua, sia con la stessa creazione dei sessi e la qualit delle membra, sia con la ripetuta benedizione. Alla fine di tutto risplende questa verit: tutti coloro che sono ingannati da te, meritano pi indignazione che compassione, perch a scusa dei propri crimini che commettono per cattiva volont, infamano dietro tua istigazione la nativit per non correggere l'attivit. AG. Attivit pia in questa vita onorare Dio e per mezzo della sua grazia combattere contro i vizi interni e non cedere ad essi, quando eccitano e spingono a comportamenti illeciti, e chiedere con religiosa piet il perdono se si cede e l'aiuto divino per non cedere. Nel paradiso al contrario, se nessuno avesse peccato, non ci sarebbe l'attivit pia di espugnare i vizi, perch il permanere della felicit consisterebbe nel non avere vizi. Ma non indizio di persone che combattono fedelmente contro i vizi l'esaltazione impudente dei vizi che voi fate frequentemente. Ed proprio vero, o Giuliano, che Ambrogio quando diceva: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo viziata la nostra stessa origine 161, o lo diceva dietro mia istigazione, o infamava la nativit per non correggere l'attivit? O forse Gregorio quando diceva: Venera la nativit che ti ha liberato dai vincoli della nativit terrena 162, o quando parlando del Cristo o parlando dello Spirito Santo diceva: Per mezzo di lui si cancellano le macchie della prima nativit, attraverso le quali noi siamo concepiti nelle iniquit e le nostre madri ci hanno generati nei delitti 163; o Ilario, quando diceva del re Davide: Sa di essere nato sotto l'origine del peccato e sotto la legge del peccato 164, costoro infamavano la nativit per non correggere l'attivit? Oserai forse convincere il tuo cuore che l'attivit dei pelagiani preferita all'attivit di costoro? Perdonate: non crederemmo mai che voi viviate meglio di loro, nemmeno se non amaste la concupiscenza della carne cos da volerla collocare anche nel paradiso prima del peccato, tale e quale si trova ad essere ora che concupisce contro lo spirito. Poich, se, come dici, Non era diversa la condizione nel paradiso della mescolanza dei sessi da quella che si pratica adesso nei matrimoni, vuol dire che c'era l anche prima del peccato la libidine della carne, senza la quale non possono attualmente mescolarsi i due sessi. Se dunque non volete che in quella beatitudine le membra genitali, non ancora pudende, nel compiere

la loro opera di seminare la prole, potessero obbedire senza libidine alla volont umana, torno ancora a domandarvi quale crediate fosse allora la medesima libidine. Certamente, quando era necessaria, seguiva la volont. Ma forse anche quando non era necessaria per la propagazione dei figli, stimolava tuttavia l'animo e lo spingeva o a tutti gli accoppiamenti condannabili o a tutti gli accoppiamenti veniali con il coniuge? Se infatti era tale e quale adesso, faceva senza dubbio cos, sia che le si resistesse per temperanza, sia che le si cedesse per intemperanza. E allora l'uomo era costretto o a servire alla libidine peccando o a contrastarla con intima guerra. La prima di queste ipotesi, se avete sensibilit umana, la sentite in disaccordo con l'onest; la seconda con la pace di quella felicit. Resta dunque che la libidine, se esisteva nel paradiso, era talmente sottomessa alla volont da non trarre al peccato la mente retta e quieta, n da provocarla al combattimento, e da non spingere n a peccare n a battagliare lo spirito che obbediva a Dio e godeva di Dio. E poich adesso la concupiscenza non cos, ma appetisce avidamente e non temperatamente gli stessi comportamenti leciti, in quelli poi illeciti o umilia lo spirito o concupisce contro lo spirito, riconoscete il male contratto dalla natura viziata nella sua integrit. Del qual male fa buon uso per l'ufficio di propagare la castit dei coniugi; dal qual male si trae il vincolo della colpa della generazione da sciogliere con la rigenerazione. L'iter del primo peccato. 71. GIUL. Ma basta su questo; ora affronter le questioni che seguono. Nel corpo dunque di questa morte, quale esso non era certamente nel paradiso prima del peccato, un'altra legge nelle nostre membra muove guerra alla legge della nostra mente, perch, anche quando non vogliamo, anche quando non acconsentiamo, n le offriamo le nostre membra per soddisfare ci che desidera, tuttavia abita nelle nostre membra e sollecita la mente che resiste e si oppone, provocando un conflitto, il quale, sebbene non sia condannabile in quanto non attua l'iniquit, tuttavia miserabile in quanto senza tranquillit 165. Che sia naturale la volutt di tutti i sensi lo insegna la testimonianza universale. Che poi questa volutt e concupiscenza sia esistita nel paradiso prima del peccato lo mette in evidenza il fatto che la via al delitto pass attraverso la concupiscenza, la quale dopo aver eccitato gli occhi con la bellezza del pomo accese anche il prurito della speranza di un giocondo sapore. Non pot quindi questa

concupiscenza, che pecca quando non tiene la sua misura ed invece una disposizione naturale e innocente quando sta nel limite della concessione, non pot, dico, essere frutto del peccato, perch si dice che essa fu occasione del peccato non certo per suo vizio, ma per vizio della volont. Leggi anche su questo argomento il mio secondo libro e troverai che quanto diciamo pu convincere anche il tuo animo. Riguardo poi a quello che hai esposto quasi con un pizzico di acume: la legge del peccato , s, nelle nostre membra, ma essa ha il peccato quando acconsentiamo e invece suscita soltanto lotta quando non acconsentiamo e manifesta la nostra miseria turbando la pace, quale persona prudente non si accorger che contraddittorio? Se infatti la legge del peccato, cio il peccato e la necessit del peccato, inserita nelle membra nostre per natura, che giova non prestarle il consenso, quando inevitabile subire il castigo per il fatto stesso della sua presenza? Oppure, se c', s, la legge del peccato, ma essa non pecca quando io non le acconsento, inestimabile allora la potenza della volont umana che, se l'assurdit ci consente di dire cos, costringe lo stesso peccato a non peccare. Ma si ritorna alla insostenibilit del tuo modo di parlare: perch se non pecca non nemmeno legge del peccato, se legge del peccato pecca; se poi pecca soltanto perch esiste, in che modo le si pu impedire di peccare dal momento che impossibile far s che il peccare si distacchi da lei? AG. Al tuo secondo libro ho risposto con il quarto dei miei e ho dimostrato che hai parlato a vuoto; ma giudichino i lettori se si debba risposta a chi arriva a tanta insania che, mentre confessa che il peccato un male, dice che la concupiscenza dei peccati un bene. E tuttavia siamo costretti a rispondere non volendo abbandonare le persone meno pronte d'intelligenza alle quali siano potuti arrivare questi libri. Che dunque quello che dici senza sapere quello che tu dica? Forse che anche nel paradiso, prima dei veleni del serpente malconsigliante, prima che la volont umana fosse corrotta da un discorso sacrilego, c'era gi la libidine di un cibo illecito? E, ancora pi intollerabile a sentirsi dire, provocava al male senza essere mala? E vedevano quegli esseri umani il frutto dell'albero proibito e la concupiscenza lo concupiva, ma, perch non lo mangiassero, la concupiscenza dello spirito lottava contro la concupiscenza della carne, e vivevano in quel luogo di tanta beatitudine senza possedere in se stessi la pace della mente e del corpo? Non siete dementi a tal punto da crederlo, non siete impudenti a tal punto da dirlo. Cercate allora di capire e non

vogliate frastornare con vana loquacit coloro che capiscono. La prima a muoversi fu la volont cattiva che credette al subdolo serpente, e la segu la concupiscenza cattiva che agogn il cibo illecito. Non ci fu dunque nel paradiso una qualsiasi cupidigia che si sia opposta ad una qualsiasi volont, ma piuttosto una cupidigia depravata si mise a servizio di una volont depravata. E quindi, sebbene fossero gi ambedue cattive, tuttavia fu la volont a condurre la cupidit e non la cupidit a condurre la volont; la cupidit non precedette la volont, n resist alla volont. Infine, se prima della consumazione del peccato, la volont si fosse rivoltata all'illecito operare, senza nessuna fatica si sarebbe sedata l'illecita cupidit. Parlando di questo il beato Ambrogio dice: La carne, ritornando alla fonte del suo vigore, riconosce la sua nutrice e, deposto l'ardire della ribellione, si aggioga all'arbitrio dell'anima che la governa. Tale era la carne nel momento in cui le fu concesso di abitare nei luoghi segreti del paradiso, prima che, infettata dal veleno del serpente pestifero, conoscesse la sacrilega fame e per golosit trascurasse il ricordo dei precetti divini, iscritti nei sensi dell'anima. Da qui tradizione che sia nato il peccato, facendogli da genitori il corpo e l'anima: mentre la natura del corpo tentata, l'anima sana compatisce malamente il corpo. Se l'anima avesse frenato l'ingordigia del corpo, l'origine del peccato sarebbe stata estinta sul nascere 166. Non vedi come Ambrogio, dottore cattolico e ricco di sapienza cristiana, ha gi chiamato fame sacrilega la stessa concupiscenza dell'illecito cibo, che tu asserisci innocente se non si lascia ad essa di fare quello che desidera? E tuttavia se l'anima, correggendo appunto la volont, avesse frenato cotesta ingordigia del corpo, sarebbe stata estinta sul nascere l'origine del peccato, come dice Ambrogio. Ma poich, per non aver represso l'appetito del cibo illecito, si arriv alla consumazione del peccato, non fu estinta l'origine del peccato, bens dilag nei posteri, e la discordia che ne segu tra la carne e lo spirito fu tanto grande da convertirsi in natura a causa della prevaricazione del primo uomo, come dice in un altro passo il medesimo dottore 167. Tu per contro tutto questo dici che a te insegna la testimonianza universale che naturale la volutt di tutti i sensi. Come se nel corpo, non di questa morte ma di quella vita, non potesse essere la volutt di tutti i sensi cos sufficiente alla natura da non esservi assolutamente concupiscenze illecite per somma concordia dell'animo e della carne verso i diritti della virt. Oh quanto grandemente sbagli tu nel congetturare dalla presente corruttibilit e infermit della natura le sante delizie del

paradiso e quella beatitudine! Altra era quell'immortalit dove l'uomo poteva non morire, altra l'attuale mortalit dove l'uomo non pu che morire, altra sar la somma immortalit dove l'uomo non potr morire. Che litighi della concupiscenza litigante, cio della legge che nelle membra alterca con la legge della mente? Si dice legge del peccato perch persuade ai peccati e li comanda, per cos dire; e si pecca senza scusanti se con la mente ci si mette a suo servizio. Si dice peccato perch stata causata dal peccato e appetisce di peccare. Il suo reato stato sciolto dalla rigenerazione, il suo conflitto stato lasciato in essere per esercitazione. E' un male chiaramente. Non con le forze della nostra volont, come credi tu, gli resistiamo, senza l'aiuto divino. Questo male va debellato, non va negato; lo dobbiamo sconfiggere, non difendere. Infine, se gli acconsenti riconosci che un male peccando, se gli resisti riconosci che un male lottando. La concupiscenza peccato per la sua stessa presenza. 72. GIUL. Oppure che giova la moderazione della concupiscenza, se l'accusa la sua stessa presenza? Vedi dunque dove si spingano i tuoi acumi! Primo a dire che la natura pecca senza la volont, e ci impossibile. Secondo a dire che la concupiscenza peccato e non pecca, cio che una medesima cosa e non . Infine a dire che la concupiscenza quando turba la pace miserabile, n punita per tanto crimine d'aver distrutto la quiete; quando invece porta a compimento una iniquit condannabile. Ma la legge del peccato, come per se stessa merita un castigo, cos scusa la volont dell'uomo. Perch una legge e costringente e naturale e mai desistente non pu certo essere vinta dalla volont, e nessuno reo di ci che non ha potuto evitare. Ma non pecca nemmeno la stessa legge del peccato, perch non ha potuto fare altro. Dio per ascrive a reato l'inevitabile, n a fare questo male cos grave costretto da qualcuno. Tutti assolti quindi, si trova in colpa Dio soltanto, che con strano ardire imputa agli altri la necessit, mentre egli fa il male senza necessit. Brava la tua sapienza, o nobilissimo disputatore, che con i passaggi della dialettica punica per raccomandare i doni hai rovinato i giudizi, per simulare la grazia hai rovesciato la giustizia, per infamare la natura hai incriminato il Creatore degli uomini, e l'hai incriminato tanto da far apparire il tuo Dio pi colpevole non solo di un qualche peccatore, ma della stessa legge del peccato. E dopo tutto questo rechi la pi volgare offesa a sacerdoti cattolici dicendo che negano la grazia del Cristo, del quale

difendono l'equit; noi lodiamo, s, la clemenza dei rimedi, ma salva rimanendo la giustizia delle leggi. AG. Magari riconoscessi i sacerdoti cattolici, che, molto tempo prima che voi cominciaste ad esistere, dissero che la natura umana stata viziata dalla concupiscenza della carne, concupiscente contro lo spirito, sebbene anche lo spirito concupisca contro la carne, concupiscenza intesa come legge del peccato che resiste alla legge dello spirito dopo il peccato commesso nel paradiso. Nessuno quindi nasce attualmente senza la concupiscenza. Contro di essa combatte lo spirito nei santi per vivere in maniera giusta, lottando contro di essa fino a quando non esister pi, una volta che sia stata ristabilita perfettamente la salute dell'uomo e riportata la carne all'accordo pi completo con lo spirito. Dice Ambrogio che per la prevaricazione del primo uomo il dissenso tra la carne e lo spirito si convertito in natura 168. Tale dissenso descritto da Cipriano, un punico nel quale, come penso, non osi canzonare la dialettica punica che hai canzonata in me, in questi termini: Tra la carne e lo spirito c' battaglia e scontro quotidiano per discordia reciproca, in modo che non facciamo le stesse azioni che vogliamo, cercando lo spirito i beni celesti e divini, concupendo la carne i beni terreni e mondani. Perci preghiamo che tra loro due si stabilisca la concordia per intervento e aiuto di Dio, perch, compiendosi la volont di Dio e nello spirito e nella carne, sia salva l'anima che per mezzo di Dio rinata. E' una verit che apertamente e manifestamente dichiara con la sua voce l'Apostolo dicendo: " La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne: queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste " 169. Tale concordia tra la carne e lo spirito, che Cipriano ci esorta a desiderare e a chiedere con l'orazione al Signore, tu non ammetti che esistesse nemmeno nel paradiso prima del peccato. O se vi esisteva, per quale ragione non confessi che and perduta quando la natura rimase viziata per la prevaricazione del primo uomo, e alla beata pace dell'anima e del corpo successe una ben misera discordia? E ti indigni con noi come se recassimo offesa a sacerdoti cattolici, cio a voi, con il nostro ragionare, perch diciamo che negate la grazia del Cristo, mentre siete voi che nella maniera pi impudente e volgare offendete cotesti sacerdoti veramente cattolici con le parole che vomitate con furore sfrenato contro di me, perch seguo e difendo la fede di costoro. L'Apostolo dice: Camminate secondo lo spirito e non sarete portati a soddisfare le concupiscenze della carne 170. Domando:

Perch le evoca se non esistono? Perch vieta di soddisfarle se sono buone? Ma spiega ancora quali concupiscenze siano, dicendo: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne: queste cose si oppongono a vicenda, cosicch voi non fate quello che vorreste 171. A chi diceva: Non fate quello che vorreste? Lo diceva forse, secondo la vostra mirabile intelligenza, ai Giudei che non vivevano ancora sotto la legge del Cristo, e non a coloro ai quali aveva domandato: E' per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver creduto alla predicazione? 172 Dei fedeli cristiani diceva pertanto che non facevano quello che avrebbero voluto, concupiscendo la carne contro lo spirito. Per quale ragione questo, se non perch avrebbero voluto che la loro parte inferiore collimasse con la parte superiore, cio che la carne collimasse con lo spirito, e non riuscivano a fare quello che avrebbero voluto, e restava ad essi di non acconsentire a quel vizio e allo spirito restava di concupire contro la carne? Ma anche se fosse stato vero in essi quello che pensate voi, che per una cattiva abitudine vivessero malamente, pur senza volerlo, cos' che dici allora: La natura non pu peccare senza la volont, quando confessi che costoro peccavano senza volerlo? Per qual ragione poi la concupiscenza della carne sia stata detta peccato o legge del peccato, l'abbiamo gi detto sopra 173. Che se cosa buona non acconsentire alla concupiscenza per azioni illecite, certamente la concupiscenza per se stessa un male, perch fa concupire azioni illecite, anche se non si fanno per mancanza di consenso e per mancanza di effettuazione. Quanto poi ai giudizi di Dio, a sovvertirli siete voi che dite che le miserie del genere umano, le quali cominciano dai bambini, accadono senza nessun merito di peccato. N voi domandate il dono di Dio per non cadere in tentazione 174, cio per non peccare. Confidate infatti nella vostra forza, e una delle due: o la cecit non vi fa vedere o la stoltezza non vi fa dolere d'essere stati denunziati e condannati da quel Salmo santo 175. Ti ho risposto integralmente. 73. GIUL. Ma proseguiamo subito, passando alle nostre parole che per confutarle Agostino ha prese dalla prefazione. Scrive Agostino: Mi basta avere avvertito che costui si proposto di confutare i miei testi con questo metodo: interrompere in alcuni casi le mie sentenze togliendo le parti intermedie, decurtarle in altri casi non riferendo le parti estreme. E mi basta aver indicato sufficientemente la ragione per cui costui abbia fatto cos. Adesso

vediamo che cosa abbia opposto di suo alle affermazioni nostre, poste da lui come ha voluto. Fanno ormai seguito infatti le sue parole e prima, come accenna colui che ti ha mandato il fascicolo, questi ha trascritto una parte della prefazione, certamente di quei libri dai quali ha fatto i pochi stralci. Ecco il contenuto della prefazione: "Fratello beatissimo" scrive "dottori del nostro tempo e autori di una nefanda sedizione che ferve ancora hanno decretato di giungere ad infamare e a rovinare attraverso la distruzione di tutta la Chiesa uomini che li irritano con i loro studi, non comprendendo quanto onore abbiano conferito a personaggi la cui gloria hanno dimostrata indistruttibile, a meno che non si distrugga la religione cattolica. Se qualcuno infatti dice o che negli uomini esiste il libero arbitrio o che Dio il creatore di coloro che nascono, chiamato celestiano e pelagiano. Per non essere dunque chiamati eretici, diventano manichei, e per paura di una infamia falsa incorrono in un crimine vero, a guisa di quegli animali che per spingerli nelle reti si accerchiano da ogni parte con ventagli di penne: incapaci di ragionare, si cacciano dentro ad una morte sicura per una paura vana" 176. Conosco le mie parole, ma non riferite da te integralmente. E, sebbene la sostanza della controversia non stia in esse, perch fanno parte della prefazione, tuttavia, perch sia chiara la tua leggerezza, l'indirizzo beatissimo fratello non si trova in quel luogo, ma subito nella prima riga del libro. Ancora, dopo le parole: Ad infamare e a rovinare uomini che li irritano con i loro santi studi, ho aggiunto: Poich altra via non si offriva, hanno decretato di giungere attraverso la distruzione di tutta la Chiesa. Dopo di che ho detto pure: Il confessore del libero arbitrio e il confessore di Dio creatore chiamato celestiano e pelagiano. Spaventati da questo iniquo discorso, per togliersi di dosso un tale odioso nome, i semplici abbandonano anche la fede sana, pronti a credere senza ombra di dubbio e che negli uomini non esista il libero arbitrio e che Dio non sia il creatore di coloro che nascono, rinunziando cos ad ambedue le verit che prima avevano affermate. Ma tutto questo stato tralasciato da te. Dopo di che ci sono le parole che tu hai riportate: e non sar un'opera difficile provare quanto siano sicuramente vere e quanto inoppugnabili. N io dunque ho riportato alcunch di meno dalle tue parole, n tu hai riportato nemmeno il mio primo capitolo nell'ordine che io gli ho dato. Lo sottolineo proprio perch risulti la gravit dello scrittore punico.

AG. Colui che dai tuoi libri estrasse i brani che volle e li trasmise a leggere a chi volle, fu lui stesso a fare ci che tu imputi a me, n altro penso creda anche tu stesso. N difatti nel mio medesimo libro, contro il quale tu abbai, io ho premesso una introduzione per dire a quale fascicolo fossi stato spinto a rispondere. Ma tu vai in cerca di che cosa dire dileggiando, perch senti di non dire nulla di valido ragionando. Sebbene, anche in quelle mie parole che ora poni davanti a te per confutarle avresti potuto avvertire quello che io dico. Non avrei detto infatti: Non sta cos come parli tu, chiunque tu sii che l'hai detto 177, se fossi stato certo che eri stato tu a dirlo e non colui che mand a chi volle lo scritto che volle, e che io avevo intrapreso a confutare dopo che mi era stato trasmesso. Ma rendo grazie a Dio che all'intera tua opera, dalla quale costui scelse quello che volle e come gli piacque, io, con l'aiuto del Signore, ho risposto in tal modo da sbaragliare tutti i macchinamenti eretti da te, nuovo eretico, contro l'antichissima fede cattolica. Ti ho gi risposto. 74. GIUL. Ascoltiamo dunque come tu abbia replicato contro queste mie parole: Non sta cos come parli tu, chiunque tu sii che l'hai detto; non sta cos; molto inganni o mediti d'ingannare: noi non neghiamo il libero arbitrio, ma la Verit che dice: " Se il Figlio vi far liberi, sarete liberi davvero " 178. Questo Liberatore voi lo negate agli schiavi ai quali attribuite una falsa libert. Infatti, " uno schiavo di chi l'ha vinto " 179, come dice la Scrittura e nessuno, se non mediante la grazia del Liberatore, sciolto da questo vincolo di schiavit, da cui non immune nessun uomo. Appunto " a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui " 180. Amplissima la dignit del nostro compito, come sta a indicare sia la stessa considerazione e stima degli interessi che difendiamo, sia anche la vostra paura. Voi, combattendo contro il sangue dei nostri con profusione di denaro, con elargizione di eredit, con invio di cavalli, con sedizione di popoli, con corruzione di magistrati, per un verso vi vergognate di professare la vostra fede che noi aggrediamo, e per un altro verso ricorrete alle parole della nostra sentenza dalla quale avete deviato. AG. O calunni scientemente, se lo dici mentendo; o lo credi, non sapendo che dire, con persone che mentiscono. Ma ormai basti

quello che ho gi risposto per questi argomenti alla tua falsit o anche alla tua malignit 181. Non questione di appellativi. 75. GIUL. E' infatti tanto sacrilego ci che ha intrapreso la vergognosa prevaricazione di Babilonia da negare voi quanto obiettiamo noi, ed tanto santo ci che crediamo noi da desiderare voi di nascondervi alla sua ombra, pur con mente perversa. Infatti, nel cercare di esprimere tutto quello che era contenuto nelle membra sparse della vostra discussione e nel sintetizzare in breve la sostanza della questione per mettere in luce quanta e quale essa fosse senza fumo e nebbie, io ho detto che voi negate il libero arbitrio e la creazione divina di coloro che nascono, e che noi al contrario difendiamo ambedue queste verit. Per questo voi avete sollevato agli occhi di persone ignare un chiasso inutile di nomi di personaggi cattolici che si affaticano con noi a pro della fede cattolica difesa da noi. Sicch quanti temevano d'essere chiamati celestiani da voi abbandonavano la dignit della fede celestiale e quanti paventavano d'essere chiamati pelagiani da voi si precipitavano nel pelago dei manichei, ed ogni ignorante credeva di non potersi chiamare cristiano se i traduciani l'avessero chiamato pelagiano, mentre all'inverso i sapienti stabilivano che ognuno deve sostenere qualsiasi odiosit e ingiuria di nomi piuttosto che abbandonare la fede cattolica. Ma perch non ti glori nemmeno di questo modo di offendere come di un'invenzione del vostro ingegno, ricordatevi che noi siamo abituati a ricevere proprio da tutti gli eretici diversi appellativi. Nel sinodo di Rimini rifulse per fin troppo che cosa di scellerato possa ottenere presso animi plumbei o l'ambiguit di una parola o la minaccia di un nuovo vocabolo. Infatti quando sotto un imperatore ariano, un uomo di grande carattere e di sanissima fede, Atanasio, vescovo di Alessandria, si oppose quasi al mondo intero, caduto dalla fede degli Apostoli, e a tempi spietati, e fu per questo costretto all'esilio, di seicentocinquanta vescovi se ne trovarono appena sette, si racconta, ai quali fossero pi cari i precetti di Dio che quelli del re, che cio n approvarono la condanna di Atanasio, n rinnegarono la professione della Trinit. Ebbene, tutta quella moltitudine di vigliacchi, a parte il timore delle ingiustizie, fu ingannata soprattutto o dalla minaccia di un nome, ossia di essere chiamata atanasiana, o dall'astuzia dell'interrogazione.

AG. A chiamare atanasiani, oppure omousiani i cattolici sono gli ariani e non anche gli altri eretici. Voi invece, non solo dai cattolici, ma pure da eretici che non sono simili a voi e da eretici che dissentono da voi siete chiamati pelagiani, come gli ariani sono chiamati ariani non solo dalla Cattolica, ma anche dalle eresie. Al contrario voi soli date a noi l'appellativo di traduciani, come gli ariani l'appellativo di omousiani, come i donatisti l'appellativo di macariani, come i manichei l'appellativo di farisei, e come tutti gli altri eretici dnno a noi diversi appellativi. Voi, fabbbicatori di frodi. 76. GIUL. Infatti gli ariani che allora spadroneggiavano proposero: " Volete seguire l'omousios o il Cristo "? Costoro, quasi si trattasse di un personaggio ecclesiastico, risposero immediatamente che seguivano il Cristo e ripudiarono l'Omousios. E cos uscirono esultanti come se credessero al Cristo che avevano gi rinnegato negando che fosse omousios, ossia dell'unica sostanza del Padre. Altrettanto anche voi adesso, fabbricatori di frodi, atterrite gli orecchi delle persone ignare perch, se non vogliono essere asperse del nome di uomini che si affaticano a pro della fede, neghino e il libero arbitrio e la creazione divina degli uomini. Questa dunque risulta l'obiezione fatta da me in quel passo, e la presente discussione render palese quanto non l'abbia fatta falsamente. Tu rispondesti dunque in questo modo: Noi non neghiamo il libero arbitrio e nient'altro aggiungesti di tuo. Sarebbe stato logico che tu completassi senza tergiversazione la tua sentenza e, dopo aver premesso che non negavi la libert dell'arbitrio, aggiungessi: Ma confessiamo che la libert dell'arbitrio data da Dio rimane nella natura umana. AG. In che modo rimane la libert in coloro che per essere liberati dalla schiavit che li ha avvinti al peccato, vincitore su di loro, hanno bisogno della grazia divina, se non nel senso che sono liberi anch'essi, ma dalla giustizia, come dice l'Apostolo: Quando eravate sotto la schiavit del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia 182? Cominciamo a discutere dalle definizioni e distinzioni. 77. GIUL. Con questo tuo discorrere avevi infatti compiuto qualcosa, contro cui se tu in seguito avessi parlato, saresti potuto

apparire troppo imprudente; se invece avessi parlato in modo coerente, saresti potuto apparire almeno in ritardo un poco pi corretto. Adesso al contrario dici che io inganno, mentre ci che ho obiettato lo provo per mezzo di te, e tu subito mentisci in ci che credi di aver messo in piedi sapientemente. Dici appunto: Noi non neghiamo il libero arbitrio e poi fai seguire la testimonianza del Vangelo: Se il Figlio vi far liberi, dice la Verit, sarete liberi davvero 183. Poich consta che ci in quel luogo non fu proferito dal Signore nostro Ges in riferimento al libero arbitrio, rimandando per poco l'esposizione di tale sentenza, spieghiamo con definizioni e con distinzioni che cosa ritenga ciascuno di noi due. Secondo appunto la disciplina di tutti i dotti, l'inizio di una discussione si deve prendere dalla definizione. AG. Allora gli Apostoli, che non presero gli inizi delle loro discussioni dalla definizione, non erano dotti? Eppure erano Dottori delle Genti e disprezzatori di quei tali dottori di cui ti piace vantarti. Tenterai certamente di travolgere alla tua sentenza la frase del Signore: Se il Figlio vi far liberi, sarete liberi davvero, ma come essa non ti segua apparir appena comincerai a tentarlo. La definizione della libert. 78. GIUL. Come dice Cicerone, ogni disputa che si faccia ragionando su un qualche argomento deve partire dalla definizione, perch si capisca di che cosa si discute 184. Anche noi dunque, come sopra abbiamo dissertato sulla definizione della giustizia e del peccato, adesso vediamo altres quale definizione competa alla libert dell'arbitrio, perch sia chiaro chi concordi con tale definizione e chi discordi da essa. La libert dell'arbitrio, con la quale l'uomo stato emancipato da Dio, consiste nella possibilit di commettere il peccato e di astenersi dal peccato. AG. Dici essere stato l'uomo emancipato da Dio e non tieni conto del fatto che con l'emancipato si agisce cos che egli non sia nella famiglia del padre. Il libero arbitrio l'arbitrio liberato. 79. GIUL. L'uomo infatti fu creato animale ragionevole, mortale, capace di virt e di vizio, in grado per possibilit concessagli o di osservare i comandamenti di Dio o di trasgredirli; in grado di rispettare il diritto della societ umana per il magistero della

natura, libero di fare volontariamente l'una o l'altra scelta: e in questo sta essenzialmente il peccato e la giustizia. Infatti quando l'uomo per sua virt a favore dei bisognosi spreme qualcosa o dalle fonti della sua misericordia o dalle mammelle della giustizia, a fare questo esteriormente gi quella stessa giustizia che una volont santa ha concepita e partorita interiormente. AG. Se la volont abbia concepito di suo la giustizia quanto si discute con voi che, ignorando la giustizia di Dio, volete stabilire la vostra 185. Certamente una volont santa concepisce la giustizia con una santa riflessione, della quale scritto: La buona riflessione ti custodir 186. Ma l'Apostolo dice: Non che da noi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacit viene da Dio 187. Se capite questo, capirete che nient'altro l'arbitrio lodevolmente libero se non l'arbitrio liberato da Dio per mezzo della sua grazia. L'interno e l'esterno della volont. 80. GIUL. Cos pure all'inverso, quando qualcuno stato o iniquo o crudele stabilendo di agire malamente a danno di altri, l'operazione con la quale nuoce ad altri esce fuori dalla nequizia che la cattiva volont ha seminata e generata dentro. Quando per manca alla forza della volont segreta la facolt di erompere fuori contro il prossimo, la natura della benignit o della malignit ha tuttavia ricevuto soddisfazione al di dentro della stessa e sola volont, che abbia fatto qualcosa o di buono o di cattivo, con non un breve impulso, ma con riflessione e desiderio. AG. Se, come capisci che la volont anche con il solo pensare pu dare compimento alla natura o della benignit o della malignit, allo stesso modo capisci ci che dice l'Apostolo parlando del pensare buono e santo, che noi non siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacit viene da Dio, potrai essere corretto e accogliere umile la grazia, di cui la superbia ti ha fatto nemico, perch tu vuoi essere tra quelli che confidano nella propria forza 188 e non tra quelli che dicono: Ti amo, o Signore, mia forza 189. Il pi libero Dio.

81. GIUL. E' buona dunque la possibilit e del bene e del male, perch poter fare il bene l'atrio della virt e poter fare il male testimonianza di libert. AG. Dunque non libero Dio, del quale detto: Non pu rinnegare se stesso 190, e del quale anche tu hai scritto: Dio non pu essere che giusto, e in un altro passo: Ma Dio non pu essere se non pio e giusto 191. Dopo il peccato originale la libert si ricupera per liberazione. 82. GIUL. Mette dunque l'uomo in grado di avere il proprio bene quella stessa dote che gli consente di poter fare il male. Perci tutta la pienezza della giustizia divina cos interessata con questa libert degli uomini che riconoscere l'una possibilit conoscerle ambedue. Ne consegue che le viola entrambe chi ne viola una. Si rispetti quindi anche la libert dell'arbitrio umano come si rispetta l'equit divina. Questo il modo d'intendere il libero arbitrio che ha soggiogato alla verit ecclesiastica e l'opinione dei fati e i calcoli dei Caldei e le fantasie dei manichei. Questo il modo d'intendere che, insieme a quelli ora enumerati, dimostra estranei al Cristo anche voi. La libert dell'arbitrio quindi la possibilit o di commettere il peccato o di evitarlo; possibilit che, immune da necessit cogente, ha naturalmente in suo diritto la scelta di seguire o la parte di coloro che risorgono, cio di seguire gli ardui e aspri sentieri delle virt, o le depressioni e le paludi delle volutt. AG. L'uomo, finch stette nella volont buona del libero arbitrio, non aveva bisogno della grazia che lo sollevasse, come se non potesse risorgere da se stesso. Adesso invece nella sua rovina libero dalla giustizia e schiavo del peccato, n pu essere schiavo della giustizia e libero dal dominio del peccato se non quando il Signore l'abbia liberato. La fortezza dei cristiani e dei pagani libert. 83. GIUL. Per concludere brevemente su tale argomento, la possibilit vigila su questo soltanto: che l'uomo non sia spinto da nessuno al peccato, o non sia distolto dal peccato per schiavit di volont. La quale volont che non possa essere fatta schiava, se non vuole arrendersi da se stessa, lo attesta la fortezza, i cui

muscoli si sono assiduamente coperti di gloria nel disprezzare i dolori e in mezzo ai pagani e in mezzo ai Cristiani. AG. E' proprio questo che fa la vostra eresia: voi aggiungete qui anche i pagani, perch non si creda che i Cristiani abbiano potuto fare o abbiano fatto con la grazia di Dio l'opera della pia fortezza, che propria dei Cristiani e non comune a Cristiani e pagani. Udite dunque e intendete bene: la fortezza dei pagani la fa l'ambizione mondana, la fortezza dei Cristiani la fa la carit divina, la quale stata riversata nei nostri cuori, non per mezzo dell'arbitrio della volont che viene da noi, ma per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato 192. In due modi ci libera Ges: perdonando e ispirando. 84. GIUL. Se dunque la libert dell'arbitrio, come ha fatto capire la ragione, caccia via le necessit, perch o buono o cattivo non sia nessuno che non abbia la libert del contrario, come mai tu o hai confessato il libero arbitrio, pronto ad usare una testimonianza tale che si addice agli schiavi, o hai introdotto tale testimonianza dopo aver confessato il libero arbitrio? Tu dici infatti: Noi non neghiamo il libero arbitrio, ma " se il Figlio vi far liberi ", dice la Verit, " sarete liberi davvero " 193. E' manifesto che in quel luogo il Cristo rivolgeva le sue parole ad una coscienza schiava, che denunziava non libera, ma esposta a quella giustizia che condanna i peccati commessi con libera volont. La quale sentenza, intendendola male o forse non intendendola dentro di te e tirandola qua contro la ripugnanza della sua natura, l'hai messa in un punto dove con tutto il suo senso letterale discorda dai tuoi ragionamenti. Accoppiando infatti le stesse parole: Ci che si libera schiavo, ci che schiavo non libero, ci che libero non schiavo. AG. Altro la remissione dei peccati nelle azioni fatte malamente, altro la carit che rende libero l'uomo di fare le buone azioni che sono da fare. In ambedue i modi il Cristo libera: perch e toglie l'iniquit perdonando e dona la carit ispirando. Smetti di cavillare. 85. GIUL. Confessa tu qui semplicemente quella che vuoi delle due sentenze e smetti di cavillare: o dichiari con noi che l'arbitrio libero e rimuovi la testimonianza che a suo tempo fu proferita congruamente, o, come in questi libri che hai mandati ora per mano

di Alipio a Bonifacio, dichiara che schiavo l'arbitrio che noi diciamo libero, e smetti di negare che sei manicheo. AG. Manicheo mescola follemente alla natura del suo Dio la sostanza immutabile del male, o piuttosto fa corruttibile la medesima natura di Dio e vuole che sia schiava sotto una natura a lui estranea. La fede cattolica afferma invece che la creatura umana, buona ma mutevole, stata mutata in peggio dalla sua volont e per questo, dopo che stata depravata e viziata la sua natura, tenuta come rea in condizione di schiavit, non sotto un'altra sostanza, ma sotto il suo peccato. Conseguentemente la nostra sentenza molto diversa da quella di Manicheo anche nei riguardi dello stesso liberatore. Manicheo infatti dice che il liberatore necessario per separare da noi la natura estranea; noi invece per ridare sanit e vita alla natura nostra. Mostra dunque, se puoi, che non sei un ausiliare di Manicheo tu che, non volendo attribuire alla nostra natura viziata dal peccato le miserie degli uomini, con le quali il genere umano consente senza dubbio di nascere perch senza dubbio le sente, fai s che Manicheo le attribuisca ad una natura estranea che si sia mescolata a noi. Noi seguiamo la dottrina del Dio maestro. 86. GIUL. Del resto coteste due realt che accoppi, libero e non libero, cio libero e schiavo, quanto alla situazione di cui si tratta, non le possono convenire; quanto poi a te, esse attestano la presenza in te di una stoltezza singolare, di una sfacciataggine nuova, di un'empiet vecchia. AG. Noi diciamo liberi di fare le opere di piet coloro ai quali l'Apostolo dice: Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino finale avete la vita eterna 194. Questo frutto di santificazione, che senza dubbio la carit con le sue opere, non lo possiamo avere in nessun modo da noi, ma lo abbiamo per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato 195. Dello stesso frutto parlava appunto il Dio maestro, quando ai tralci che rimangono in lui diceva: Senza di me non potete far nulla 196. Ma tu ci oltraggi per la presenza in noi di una stoltezza singolare, perch Dio per noi la nostra forza e non confidiamo nella forza nostra; per la presenza in noi di una sfacciataggine nuova, perch non lodiamo con la tua faccia la concupiscenza della carne per la quale la carne

concupisce contro lo spirito; per la presenza in noi di una empiet vecchia, perch contro la vostra perversit novizia difendiamo con il nostro lavoro, per quanto piccolo, gli antichi dogmi cattolici, insegnati da coloro che ressero prima di noi la Chiesa del Cristo nella sua grazia. Riconosci dunque in te la stoltezza, in te la sfacciataggine, in te l'empiet, non certo vecchia, ma nuova. Ges ci libera dai peccati gi fatti e dal farne altri. 87. GIUL. Ma tempo ormai che si discuta della sentenza evangelica. Scrive l'evangelista Giovanni: Diceva Ges a quei Giudei che avevano creduto in lui: Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verit e la verit vi far liberi 197. Cio il nostro Signore Ges parlava a persone che gli credevano: raccomandava che non godessero di nessuna nobilt mondana, n si rivendicassero la gloria di discendere dal seme di Abramo, si sforzassero e si studiassero di praticare le virt e di non essere schiavi di nessun peccato dopo la conoscenza del Cristo, per conservare la vera libert nella gioia della coscienza e per la speranza dei beni certi, cio eterni, essere sottratti alla cupidigia di tutti gli altri beni, che per la loro fragilit si dicono frequentemente beni vani e falsi. Allora, non comprendendo di quale libert avesse parlato Ges, i Giudei gli risposero: Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi? 198 Infatti in riferimento a molti contesti si pu parlare di libert: per esempio in questo passo in riferimento alla santit, come in riferimento alla risurrezione nell'Apostolo, dove dice che la creazione viene liberata dalla schiavit della corruzione per entrare nella libert della gloria dei figli di Dio 199. La libert che pi nota si dice in opposizione alla schiavit. Con il medesimo nome di libert s'indica pure la libert dell'arbitrio. Si distinguano dunque i contesti, perch realt molto diverse non si confondano per la comunanza di un nome. Qui dunque il Signore non dice che ha da essere liberata la libert dell'arbitrio, ma, rimanendo questa nella sua integrit, invita i Giudei perch accogliendo l'indulgenza si liberino dai reati e conquistino quella libert che presso Dio la massima libert, cominciando a non dovere pi nulla ai peccati. L'Evangelista prosegue: Ges rispose: In verit, in verit vi dico: ognuno che fa il peccato schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta per sempre; se dunque il Figlio vi far liberi, sarete liberi davvero 200.

AG. Nota che stato detto: Ognuno che fa il peccato. Non dice infatti: " Chi ha fatto "; dice: Chi fa. E tu non vuoi che Ges liberi gli uomini da questo male, non vuoi che in questo luogo egli ci prometta tale libert da non fare il peccato, ma ci liberi soltanto perch l'abbiamo fatto. Schiavi del peccato originale anche coloro che non peccano personalmente. 88. GIUL. Apertamente ha detto di quale schiavit parlasse. Dice: Ognuno che ha fatto il peccato schiavo del peccato 201. Ma quanto forte contro il vostro errore il fatto stesso di dire che non schiavo del peccato se non colui che ha fatto in propria persona il peccato, e che a nessuno si pu attaccare un peccato che non sia stato commesso in propria persona da colui di cui si tratta o con l'azione o almeno con la sola volont! Quanto inoltre dimostra che l'universalit del genere umano non pu essere gi ora posseduta dal diavolo il fatto che distingue tra schiavo e figlio, ossia tra giusto e ingiusto! Qui infatti il Cristo come separava se stesso, cos separava anche ciascuno dei santi dalla condizione degli schiavi. E di santi ne vissero anche prima dell'Antico Testamento e nell'Antico Testamento, e di essi egli dichiara che restano nella casa di suo Padre e godono alla sua mensa 202. Ma tutto questo genere esortatorio sarebbe stato adoperato inopportunamente se Ges non si fosse rivolto ad uomini di libero arbitrio. AG. Evidentemente si rivolge a coloro che in tanto fanno il peccato in quanto sono schiavi del peccato, perch, accogliendo la libert che promette, cessino di fare il peccato. Tanto regnava infatti il peccato nel loro corpo mortale che si sottomettevano ai suoi desideri e offrivano al peccato le loro membra come strumenti d'ingiustizia 203. Contro questo male dunque che li faceva peccare avevano bisogno della libert che Ges prometteva. Non dice infatti: " Ognuno che ha fatto ", ma dice: Ognuno che fa il peccato schiavo del peccato. Perch tenti di oscurare parole limpide con discussioni caliginose? Erompono per forza e anche contro la tua opposizione vincono con il loro fulgore le tue tenebre. Dice: Ognuno che fa il peccato schiavo del peccato. Senti dire: Che fa, e tu vuoi non esporre, ma supporre: " Che ha fatto ". Ascoltino dunque quelli a cui egli stesso apre la mente all'intelligenza delle Scritture, ascoltino: Ognuno che fa il peccato schiavo del peccato. E cerchino di ottenere la libert di non fare il peccato, gridando a

colui al quale si dice: Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola e su di me non prevalga il male 204. Perch poi ti prendi gioco delle intelligenze tarde e spieghi le parole del Signore cos da insinuare che egli abbia detto che non schiavo del peccato se non chi l'abbia fatto personalmente da s? Tu agisci con frode: non ha detto questo. Infatti non dice: " Nessuno schiavo del peccato se non colui che ha fatto il peccato ", ma dice: Ognuno che fa il peccato schiavo del peccato. Sono infatti schiavi del peccato originale coloro che non fanno ancora il peccato in persona propria, e sono sciolti da tale vincolo di schiavit con la rigenerazione. Non dunque ognuno che schiavo del peccato fa il peccato, ma ognuno che fa il peccato schiavo del peccato; come non ogni animale cavallo, ma tuttavia ogni cavallo animale. Dov' la tua dialettica, di cui fosti solito andare tronfio? A te cos dotto e acuto perch sfuggono queste osservazioni? O se non ti sfuggono, perch trami insidie alle persone non dotte e tarde? Chi poi di noi dice che l'universalit degli uomini sia posseduta dal diavolo, mentre ci sono tante migliaia di santi che non sono posseduti dal diavolo? Ma diciamo che non sono posseduti dal diavolo soltanto quelli che rende liberi la grazia del Cristo, della quale voi siete nemici. Se infatti non combatteste contro questa grazia, ma la capiste, vedreste senza dubbio, liberati dalla medesima grazia del Cristo tutti i santi che anche prima dell'Antico Testamento e al tempo dell'Antico Testamento furono separati dalla condizione degli schiavi. La mia parola non trova posto in voi. 89. GIUL. Inoltre, perch tu capisca che non li rimprovera della natura, ma della vita, seguita a dire: So che siete discendenza di Abramo 205. Ecco per quale dignit di origine quelli si erano detti liberi, e Ges dimostra a quale schiavit siano ora soggetti dicendo: Cercate di uccidermi, perch la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal Padre vostro 206. AG. Che significa la frase: La mia parola non trova posto in voi, se nella natura, anche tale e quale adesso che ha bisogno di chi la liberi, trova gi posto la sua parola, anche senza che la sua grazia apra la mente, come l'apr agli Apostoli all'intelligenza delle Scritture 207 e come l'apr a quella commerciante di porpora di Titira per aderire alle parole di Paolo 208?

La paternit di Abramo e la paternit del diavolo. 90. GIUL. Osserva quanto sia diversa la condizione della natura da quella della volont. Ges non neg che la loro carne appartenesse alla discendenza di Abramo, ma svela a loro che, per la cattiveria della volont, erano passati ad avere come padre il diavolo, il quale per questo detto loro genitore, perch accusato di essere maestro di crimini. Dice: Gli risposero e gli dissero i Giudei: Il nostro padre Abramo. Rispose Ges: Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me che vi ho detto la verit udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro 209. Ti accorgi o no quali distinzioni faccia la Sapienza nelle sue parole? Nega che siano figli di Abramo quelli che sopra aveva detti figli di Abramo; ma, essendo diverso parlare della natura e parlare della volont, mostra che altro il procreatore di una carne innocente, altro il seduttore di una volont misera. AG. Incautamente tu dici la verit. Nel paradiso infatti il diavolo fu seduttore di una volont beata, che seducendola rese misera; adesso invece , come confessi tu, seduttore di una volont misera. Da questa miseria dunque - perch ora a causa della miseria la volont non sia sedotta pi facilmente di quanto lo fu allora per cadere nella miseria - non la libera se non Colui al quale tutta la Chiesa quotidianamente grida: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male 210. La libert del Figlio vale il perdono, non tocca il libero arbitrio. 91. GIUL. Qui dunque dove il Signore ha detto: Se il Figlio vi far liberi, sarete liberi davvero 211, ha promesso l'indulgenza ai rei che peccando non hanno perduto la libert dell'arbitrio, ma la coscienza della giustizia. Quanto al libero arbitrio, esso anche dopo i peccati pieno come lo stato prima dei peccati : tant' vero che per opera del libero arbitrio i pi rinunziano a vergogne occulte 212, e, buttate via le brutture delle scelleratezze, si adornano delle insegne delle virt. AG. Ascolta almeno te stesso dove dici 213 che stato scritto per la consuetudine dei peccati il testo: Non come voglio io agisco, ma quello che detesto io faccio 214. In che modo dunque libero

l'arbitrio dopo i peccati, dei quali, se non per la propaggine che non volete ammettere, certamente tuttavia per la consuetudine, la sola che voi, vinti e non convinti, concedete a questa situazione di necessit, ha perduto cos la libert che il suo gemito ferisce i vostri orecchi e vi fa abbassare la fronte quanto udite: Non come voglio io agisco; e: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio io faccio 215? Giogo iniquo senza il peccato originale. 92. GIUL. Smetti dunque di farti empio - se tuttavia ti rimane qualche distinzione del bene e del male - esponendo cos le parole del Cristo da far apparire che egli abbia negato il libero arbitrio, senza la cui integrit non gli si pu salvare l'equit del giudizio che gli propria. AG. Anzi, proprio perch gli si salva l'equit del giudizio, addosso ai figli di Adamo dal giorno in cui escono dal seno materno gravita un giogo pesante 216, che sarebbe assolutamente iniquo, se gli uomini non contraessero il peccato originale, che ha reso l'uomo simile ad un soffio vano 217. Riconosci la grazia! 93. GIUL. Ascolta bene dove Ges indica la forza della libert umana: Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome lo ricevereste 218. E ugualmente: Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sar buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sar cattivo 219. Ancora: Se non volete credere a me, credete alle opere 220. E quello pi veemente di tutti gli altri testi dove dice che la sua intenzione stata impedita dalla volont umana: Gerusalemme, Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina i suoi pulcini sotto le sue ali, e non hai voluto! 221 Dopo di che non seguita: Ma li ho raccolti contro la tua volont, bens: La vostra casa vi sar lasciata deserta 222, per mostrare che essi sono puniti, s, giustamente per la loro cattiva condotta, ma non devono essere strappati per nessuna necessit alla propria intenzione. Cos infatti aveva parlato anche per bocca del Profeta: Se sarete docili e mi ascolterete, mangerete i frutti della terra; se vi ostinerete e non ascolterete, sarete divorati dalla spada 223. In che modo dunque tu non neghi il libero arbitrio, se

l'hai dichiarato non libero, non con il tuo linguaggio, ma con la testimonianza evangelica, intesa per a modo tuo? AG. Bisogna perdonare che in un problema molto oscuro t'inganni come uomo. Lungi da noi dire che l'uomo impedisca l'intenzione di Dio, il quale onnipotente e previdente di tutto. In questo argomento cos grande poco riflettono e non arrivano a riflettere sufficientemente quanti pensano che Dio voglia qualcosa e non lo possa perch glielo impedisce la debolezza dell'uomo. Come certo che Gerusalemme non volle che i suoi figli fossero raccolti da Ges, cos certo che Ges anche contro la volont di Gerusalemme ne raccolse di essi tutti quelli che volle. Dio infatti, come dice Ambrogio, suo uomo, chiama chi si degna di chiamare e fa religioso chi vuole 224. La Scrittura poi invita abitualmente la volont dell'uomo, perch, avvertito cos, senta quello che non ha e quello che non pu e nel suo bisogno chieda a Colui dal quale vengono tutti i beni. Se infatti sar esaudito nella petizione che a tutti noi comandato di fare: Non c'indurre in tentazione 225, certamente non sar ingannato da nessuna ignoranza e non sar vinto da nessuna cupidigia. Appunto per questo il Profeta disse: Se vi ostinerete e non mi ascolterete, sarete divorati dalla spada 226 etc., perch, avendo trovato in se stessi delle cupidit vincitrici, sapessero a chi dovevano chiedere l'aiuto per respingere il male. La frase poi: La vostra casa vi sar lasciata deserta 227 dettata dalla presenza sul posto di molti che Ges aveva giudicati, con giudizio occulto ma tuttavia giusto, degni d'indurimento e di abbandono. Perch se, come dici tu, l'uomo non dev'essere strappato per nessuna necessit alla propria intenzione, perch, ripeto, l'apostolo Paolo, ancora Saulo, fremente di stragi e assetato di sangue, strappato alla sua pessima intenzione da una violenta cecit corporale e da una voce terribile che veniva dall'alto, e dal persecutore prostrato a terra si rialza il futuro predicatore del Vangelo, da lui combattuto, predicatore pi infaticabile di tutti gli altri 228? Riconosci la grazia: chi in un modo chi in un altro, Dio chiama chi si degna di chiamare, e lo Spirito soffia dove vuole 229. Abbiamo perduto la libert paradisiaca. 94. GIUL. In quell'opera infatti che ho gi detta mandata da te a Roma recentemente manifesti con pi audacia il tuo sentire. Nel primo libro infatti, avendoti io ugualmente opposto la nostra obiezione che voi negate il libero arbitrio, tu da controversista

tenacissimo e sottilissimo disserti cos: Chi mai di noi poi direbbe che per il peccato del primo uomo sia sparito dal genere umano il libero arbitrio? Certo per il peccato spar la libert, ma la libert che esisteva nel paradiso di possedere la piena giustizia insieme alla immortalit. Per tale perdita la natura umana ha bisogno della grazia divina, secondo le parole del Signore nel suo Vangelo: " Se il Figlio vi far liberi, allora sarete liberi davvero " 230; liberi s'intende per poter vivere in modo buono e giusto. Infatti tanto vero che non sparito nel peccatore il libero arbitrio che proprio per mezzo di esso peccano gli uomini, specialmente tutti coloro che peccano con dilettazione e amore del peccato, piacendo ad essi quello che soddisfa la loro libidine. Per cui anche l'Apostolo scrive: " Quando eravate sotto la schiavit del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia " 231. Ecco, si dichiara che non avrebbero potuto sottostare in nessun modo nemmeno alla schiavit del peccato se non in forza di un'altra libert. Liberi nei riguardi della giustizia non lo sono dunque se non in forza dell'arbitrio della volont, ma liberi dal peccato non lo diventano se non in forza della grazia del Salvatore. Per questo appunto l'ammirabile Dottore ha differenziato anche gli stessi vocaboli scrivendo: " Quando infatti eravate sotto la schiavit del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglieste allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino la morte. Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna " 232. Ha detto liberi nei riguardi della giustizia, non liberati; dal peccato invece non ha detto liberi perch non lo attribuissero a s, ma con grande vigilanza ha preferito dire liberati, riferendosi alla famosa sentenza del Signore: " Se il Figlio vi far liberi, allora sarete liberi davvero ". Poich dunque i figli degli uomini non vivono bene se non dopo essere diventati figli di Dio, che pretesa quella di costui di attribuire al libero arbitrio il potere di vivere bene, quando tale potere non dato " se non dalla grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore " 233, come dice il Vangelo: " A quanti per lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio " 234? E parimenti di l a poco: Il potere dunque, dici, di diventare figli di Dio dato a coloro che credono in Ges. Il qual potere, se non dato da Dio, non si pu avere in nessun modo dal libero arbitrio, perch nel bene non sar nemmeno libero l'arbitrio che non sia stato liberato dal Liberatore; nel male invece ha libero l'arbitrio l'uomo che porta dentro di s la dilettazione della malizia, seminata da un impostore

occulto o manifesto, o assorbita per autosuggestione. Non dunque vero, come alcuni dicono, che noi diciamo e come costui osa per giunta scrivere, che "tutti sono costretti al peccato dalla necessit della loro carne", quasi che pecchino contro la propria volont. E' vero invece che quanti sono gi in et di disporre dell'arbitrio della propria mente e rimangono nel peccato per volont loro e da un peccato precipitano in un altro per volont loro. Ma la ragione per cui questa volont, libera nel male perch si diletta del male, non libera nel bene, sta nel fatto che non stata liberata. N pu l'uomo volere qualcosa di buono, se non aiutato da colui che non pu volere il male 235. In tutte queste tue parole da me riferite vedo il nome della grazia cos intrecciato con la negazione del libero arbitrio che, non tanto i mali evocati con gli appellativi del tuo modo di sentire possano essere rivendicati ai buoni, quanto la dignit dei nomi sia avvilita per l'aderenza dei tuoi dogmi. Con questi discorsi dunque non hai nobilitato te, ma hai deturpato gli stessi ornamenti. Noi tuttavia separiamo le realt che tu hai congiunte, perch la divinit della grazia, svincolata da sinistri collegamenti, non sia scossa dalla tua risposta e sia lodata dalla gravit dei cattolici, non dall'adulazione dei manichei. Noi pertanto professiamo una molteplice grazia del Cristo. Il primo suo dono che siamo stati fatti dal nulla. Il secondo la nostra superiorit, come sui viventi per il senso, cos sui senzienti per la ragione, la quale stata impressa nell'animo in tal modo da presentarsi come l'immagine del Creatore, e alla cui dignit guarda ugualmente la concessione della libert dell'arbitrio. Alla stessa grazia attribuiamo anche il continuo crescere dei benefici che non cessa di donarci. Per la stessa grazia Dio mand in aiuto la legge 236. All'ufficio della legge spettava di stimolare con insegnamenti di vario genere e d'incoraggiare con il suo invito il lume della ragione, che gli esempi della depravazione e la consuetudine dei vizi attutivano. Alla pienezza dunque di cotesta grazia, cio della benevolenza divina che diede origine alle cose, spett che il Verbo si facesse carne e abitasse in mezzo a noi 237. Dio infatti, chiedendo alla sua immagine il contraccambio dell'amore, rese manifesto come avesse fatto tutto per una inestimabile carit verso di noi, perch, pur in ritardo, riamassimo lui 238 che a dimostrazione del suo amore per noi non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi 239, con la promessa che, se avessimo voluto poi obbedire alla sua volont, ci avrebbe concesso di essere coeredi del suo Unigenito 240.

AG. O uomo pelagiano, la carit che vuole il bene, e la carit viene da Dio, non attraverso la lettera della legge, ma attraverso lo spirito della grazia. In questo la lettera di aiuto ai predestinati: comandando e non aiutando, essa ammonisce i deboli a ricorrere allo spirito della grazia. Cos fanno uso legittimo della legge coloro per i quali essa buona 241, ossia utile: altrimenti per essa la lettera uccide 242, perch comandando il bene e non donando la carit, che la sola a volere il bene, fa rei di trasgressione. Grazia e scienza. 95. GIUL. Questa grazia dunque, che nel battesimo non solo condona i peccati, ma insieme a tale beneficio d'indulgenza e promuove e adotta e consacra, questa grazia, dico, cambia il merito dei rei, non d origine al libero arbitrio, che riceviamo nel momento in cui siamo creati e che usiamo invece dal momento in cui acquistiamo il valore della differenza tra il bene e il male. Che pertanto a disposizione della buona volont ci siano innumerevoli specie di aiuto divino non lo neghiamo, ma in tal modo che per mezzo dei generi di aiuto o non sia ricostruita la libert dell'arbitrio, come se essa fosse andata distrutta, o si creda che, esclusa una volta la libert, incomba su ciascuno la necessit del bene o del male; al contrario ogni aiuto coopera con il libero arbitrio. AG. Se la grazia non previene la volont per suscitarla, ma coopera con la volont preesistente, in che modo vero che Dio a suscitare in voi anche il volere 243? In che modo la volont preparata dal Signore 244? In che modo da Dio la carit 245, che sola a volere il bene beatifico? Oppure, se la scienza della legge e delle parole di Dio a suscitare in noi la carit, sicch non per il dono di Dio, ma per l'arbitrio della nostra volont amiamo ci che alla scuola di Dio conosciamo nostro dovere di amare, in che modo un bene minore viene a noi da Dio e uno maggiore viene a noi da noi? Perch, senza che Dio ci faccia il dono della scienza, cio senza che Dio ci faccia scuola, noi non possiamo conoscere; invece senza che Dio ci faccia dono della carit, che sorpassa la scienza 246, noi possiamo amare. Ad avere questa " sapienza " non sono se non i pelagiani, nuovi eretici, nemici ad oltranza della grazia di Dio. Il peccato non muta la natura umana, ma la vizia.

96. GIUL. Questo libero arbitrio dunque, a causa del quale soltanto il Maestro delle Genti scrive che noi compariremo dinanzi al tribunale del Cristo, perch ciascuno riceva la ricompensa delle opere o buone o cattive compiute nella sua vita corporale 247, come lo riconoscono con certezza i cattolici, cos voi non solo con Manicheo, ma anche con Gioviniano, che tu osi buttarci addosso, lo negate in modo dissimile, si, ma con empiet simile. E perch questo si faccia pi chiaro, si ricorra all'esame delle distinzioni. Noi diciamo che per il peccato dell'uomo non cambia lo stato della natura, ma la qualit del merito, ossia anche in chi pecca la natura del libero arbitrio, con la quale pu desistere dal peccato, la medesima che in lui c' stata per poter deviare dalla giustizia. AG. Sappiamo che la ragione per cui dite che per il peccato dell'uomo non si cambia lo stato di natura che avete abbandonato la fede cattolica, la quale insegna che il primo uomo fu fatto in modo da non aver la necessit di morire e che per il peccato questo stato di natura si cambi talmente da essere necessario all'uomo di morire, fino al punto che anche a coloro che spiritualmente sono gi stati rigenerati e risuscitati l'Apostolo dice: Se il Cristo in voi, il vostro corpo morto, a causa del peccato, ma lo spirito vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Ges dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Ges Cristo dai morti dar la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi 248. In tanto ha detto appunto: Dar la vita anche ai vostri corpi mortali, e lo speriamo nella risurrezione della carne, in quanto aveva detto: Il vostro corpo morto a causa del peccato. E voi non volete che per il peccato si sia mutato lo stato di natura! Tuttavia per, essendo stato obiettato nel Concilio Palestinese a Pelagio di dire che i bambini nati da poco sono in quello stato in cui Adamo fu prima del peccato, egli neg di dirlo e lo condann 249. Se l'avesse fatto con cuore sincero, forse la vostra eresia sarebbe sparita gi allora o almeno lui sarebbe finalmente guarito da quella peste. Chiedo inoltre se la natura peccatrice sia esente da vizio: se ci assurdissimo, ha dunque un vizio; se ha un vizio, stata certamente viziata. In che modo dunque non stata mutata, se da sana che era stata viziata? Perci, anche escluso quel peccato del quale Giovanni Costantinopoliano dice: Adamo commise quel grande peccato e condann tutti in blocco 250, anche escluso, dico, questo peccato, dal quale la natura umana trae originalmente la condanna, in che modo si pu dire con saggezza che lo stato di natura non stato mutato in un uomo che afferma:

La legge spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ci che faccio: infatti non quello che voglio io faccio 251, e le altre parole simili, anche se questa mutazione non l'ha tratta in lui la condizione del nascere, ma come volete voi, l'ha contratta in lui la consuetudine del peccare? Non vi accorgete delle falsit della vostra affermazione: " Per il peccato dell'uomo non si cambia lo stato della natura, ma la qualit del merito "? A meno che non diciate che per il peccato non si cambia la natura, ma l'uomo. E questo cos' se non negare che l'uomo sia una natura? Quando mai direste questi spropositi, se pensaste con mente sana a quello che dite? Hai dato una sistemazione diversa alle medesime tesi dei manichei. 97. GIUL. Manicheo dice che la volont cattiva ispirata da quella natura che non pu volere il bene, la volont buona infusa da quella natura che non pu volere il male. In questo modo Manicheo sottopone a necessit le nature degli individui, sicch le volont personali non possono volere il contrario. Tra noi e Manicheo certamente c' un grande abisso. Vediamo ora quanto tu ti sia allontanato da lui. Dici che la volont libera, ma solamente per fare il male; non invece libera di desistere dal fare il male, se non le sia stata imposta la necessit di volere il bene da quella natura che non pu volere il male 252, per usare le tue parole. Definisci dunque che il genere umano con il libero arbitrio non fa altro che peccare, n altro pu fare. Con questo dichiari assolutamente che la natura umana brama sempre e solo ci che male e non pu volere il contrario. Invece la natura di Dio non pu volere il male, e perci se Dio non fa la natura cattiva degli uomini partecipe della propria necessit non ci pu essere nella natura umana bont di attivit. Dopo di che veda Dio se nel segreto del tuo cuore tu non ami Manicheo di un amore molto grande. E' certo tuttavia, per quanto apparisce dalla fratellanza germana dei dogmi, che non hai fatto assolutamente nient'altro che congegnare con ordine diverso le medesime tesi di Manicheo. AG. Volesse il cielo che tu distruggessi con forza Manicheo e non lo aiutassi con vergogna. Poich egli, pervertito da un eccesso d'insania, non dice che il principio del male costretto a fare il bene da un altro principio del bene, il quale non pu volere il male; ma dice che il principio del bene costretto a fare il male da quel

principio del male il quale non pu volere il bene, e quindi per una mostruosa pazzia Manicheo vuole che sia immutabile il principio del male e sia invece mutevole il principio del bene. Perci Manicheo certamente dice che la volont cattiva ispirata da quel principio che non pu volere il bene; ma non dice, come tu congetturi troppo benevolmente di lui, che la volont buona sia infusa dal quel principio che non pu volere il male. Poich Manicheo non crede che il principio del bene, il quale non pu volere il male, sia in nessun modo immutabile, e crede che al principio del bene sia ispirata la volont cattiva da quel principio che non pu volere il bene. E cos avviene che per il principio del male voglia il male il principio del bene, che Manicheo non vuole sia nient'altro che la natura di Dio. Tu dunque, negando che la natura umana sia stata viziata dal peccato del primo uomo, aiuti Manicheo ad attribuire al principio del male da lui inventato tutto quanto trova di male nella manifestissima miseria dei bambini. Inoltre, quando ti dispiace che l'uomo non possa volere il bene se non aiutato da Colui che non pu volere il male, non ti avvedi di contraddire Colui che dice: Senza di me non potete far nulla 253, e la Scrittura dove si legge: La volont preparata da Signore 254, e dove si legge: E' Dio infatti che suscita in noi anche il volere 255, e dove si legge: Dio dirige i passi dell'uomo e segue con amore il suo cammino 256? E qui io non mi meraviglio di nulla se non donde tu ti dica cristiano, sebbene tu contraddica queste cos numerose e cos chiare voci divine. Possiamo peccare anche dopo il battesimo. 98. GIUL. In una parte per ti unisci a Gioviniano: egli infatti nel secondo libro della sua opera dice che l'uomo battezzato non pu peccare, mentre prima del battesimo pu peccare e non peccare. Con te dunque egli pensa che dal momento del battesimo si imponga agli uomini la necessit del bene: il che altrettanto falso quanto che prima del battesimo ci sia negli uomini la necessit di fare il male, come pensi tu. Infatti quando tu dici: L'uomo non pu volere qualcosa di buono se non aiutato da Colui che non pu volere il male 257, vuoi appunto che l'uomo acquisti la possibilit di fare il bene partecipando alla grazia e alla natura buona, e dici comunque che ci pu avvenire dal momento del battesimo. Quindi a met strada tra l'empiet e la paura ti sei accompagnato alla combriccola di Gioviniano, ma non hai ancora abbandonato il lupanare di Manicheo. Tuttavia per tanto pi innocente di te Gioviniano, quanto di Gioviniano pi sacrilego Manicheo. Per

riassumere infatti pi brevemente tutto questo di cui abbiamo trattato, Manicheo dice: In tutti gli uomini pecca la natura delle tenebre, ispiratrice della volont cattiva e non pu fare altro. Tu dici: In tutti gli uomini pecca la natura infettata dalle tenebre del primo peccato e autrice per questo della volont cattiva, e non pu volere il bene. Gioviniano dice: E' certamente la volont degli uomini a peccare, ma fino al battesimo; dopo di esso invece non pu volere altro che il bene. I cattolici, ossia noi, diciamo: dall'inizio alla fine, anche prima del battesimo, la volont che senza nessuna coazione naturale pecca in ciascuno, ed essa nello stesso tempo che pecca ha la possibilit di recedere dal male e di fare il bene, perch si salvi la natura della libert. E' certo quindi che per nessuno di voi si salva la verit dei dogmi. Tuttavia, essendo voi venuti fuori da un unico principio di errore, sarebbe stato perfino meno disonesto se tu avessi accettato le conseguenze e, poich dici con Manicheo che si pecca per la natura cattiva, cio per la mancanza di libert, dicessi con il medesimo Manicheo che la natura non si pu in nessun modo mondare, e certo altrove lo affermi, ma aggiungessi la necessaria conseguenza: non le servono perci i sacramenti del battesimo. Oppure se asserisci con Gioviniano che dal tempo dell'accettazione della fede si imprimono buone cupidit, dicessi con il medesimo che anche prima del battesimo stata buona la natura, la quale, bench avesse la possibilit del male, tuttavia non ebbe la necessit del male, e perci, una volta che fu consacrata, arriv al bene verace. In questo modo infatti, pur contravvenendo alla ragione, non contravverresti tuttavia ai dogmi di coloro che segui. AG. Hai dimenticato che cosa sia quello che diciamo. Rammentalo, prego. Noi siamo quelli che contro le vostre proteste diciamo che anche ai giusti finch sono in questa vita non mancano motivi di dire nella loro orazione con sincerit rispetto a se stessi: Rimetti a noi i nostri debiti 258. Perch se dicono che sono senza peccato, ingannano se stessi e la verit non in loro 259. Cos' dunque quello che dici inconsistentemente: in una parte mi unisco a Gioviniano, dove asserisce che il battezzato non pu peccare? Dio ci guardi dall'essere talmente sordi e muti da non udire la voce dei battezzati o da non dire con essi: Rimetti a noi i nostri debiti. Dal momento poi che l'uomo comincia ad avere l'uso dell'arbitrio della volont pu e peccare e non peccare, per a non peccare non ci riesce se non aiutato da Colui che ha detto: Senza di me non potete far nulla 260; a peccare invece riesce con la propria volont, sia che

rimanga sedotto o da se stesso o da un altro seduttore, sia che venga aggiudicato come schiavo al peccato. Conosciamo poi uomini aiutati dallo Spirito di Dio a volere le cose di Dio prima del battesimo, come Cornelio 261, e alcuni non disposti a volerle nemmeno dopo il battesimo, come Simone Mago 262. I giudizi di Dio sono infatti come il grande abisso 263 e la sua grazia non viene dalle opere: altrimenti non sarebbe pi grazia 264. Smettila dunque d'insultarci con il nome di Manicheo e di Gioviniano: quali personaggi tu insulti in noi che, seguendoli, non possiamo negare il peccato originale, lo vedresti se tu avessi gli occhi, e taceresti se tu avessi un po' di faccia. Sei poi tanto calunnioso da dire che io ho affermato altrove che l'uomo non pu essere mondato dai peccati, quando io dico che lo pu tanto da essere condotto anche l dove, beatissimo, non possa peccare. La necessit del peccato. 99. GIUL. Ora invece, perfido contro tutti, dici che nella natura della carne stata introdotta la necessit del peccato. AG. Nega tu che l'Apostolo abbia detto: Quando eravate sotto la schiavit del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia 265. Oppure, se non neghi che l'abbia detto, accusalo di non averlo detto bene. Se poi non osi negarlo, nega, se puoi, che coloro ai quali lo dice abbiano avuto nel male volont libera quando sono stati liberi nei riguardi della giustizia, o l'abbiano avuta libera nel bene quando sono stati sotto la schiavit del peccato, e osa dire che da questa schiavit si sono liberati da se stessi e non sono stati liberati per mezzo della grazia di Dio coloro a cui dice: Ora invece, liberati dal peccato, siete diventati schiavi della giustizia 266. Ma se dici che per mezzo della grazia di Dio sono stati liberati dal reato dei mali trascorsi e non dalla dominazione del peccato, che non lascia a nessuno di essere giusto, e dici che hanno potuto ottenere da se stessi con la loro volont che il peccato non dominasse su loro, e per questo non hanno avuto bisogno della grazia del Salvatore, dove metti colui che dice: Io non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio 267? Se infatti parla cos uno che si trova sotto la legge e non sotto la grazia, nega che costui gema sotto il grave peso della necessit, dichiaralo libero di vivere bene e di agire rettamente in forza dell'arbitrio della volont, bench ti gridi: Mentisci o ti sbagli; io faccio il male che non voglio. Se invece, come meglio intende Ambrogio, l'Apostolo, lo dice anche di se

stesso, nemmeno i giusti in questa vita hanno per fare il bene tanta libert di volont personale quanta ce ne sar in quella vita dove non si dir: Io faccio il male che non voglio. La libert non alternanza. 100. GIUL. Perduto il possesso dell'eternit - che del resto non consta abbia mai avuto in forza della sua nascita - incomberrebbe la volont di bramare costantemente la malvagit. E tu aggiungi: La volont che libera nel male, non libera nel bene. Indubbiamente con non minore professione di stupidit che di irreligiosit chiami libera la volont che dici non poter volere se non una cosa soltanto: il male. AG. Se non libero se non chi pu volere due cose, ossia e il bene e il male, non libero Dio, se non pu volere il male e del quale anche tu hai detto e con verit: Dio non pu essere che giusto 268. Cos dunque lodi Dio da togliergli la libert? O non devi piuttosto capire che una beata necessit quella per cui Dio non pu essere ingiusto?. Crolla la scena del peccato originale. 101. GIUL. Ma sebbene tu non ti regga da nessuna parte, lascio tuttavia al saggio lettore giudicare quale sia stato il tuo apporto. Concediamo che possa dirsi libera una volont che non pu volere il bene: ma tu asserisci che questa volont liberata nel battesimo. Domando io: in che modo liberata? Cos da essere costretta a volere sempre il bene e non poter volere il male? O cos da poterli bramare ambedue? Se qui rispondi: Da essere costretta a volere sempre il bene, conosci da te quanto tu sii giovinianista. Se al contrario rispondi: Come pu essere libera una volont se costretta a volere sempre il bene? io replico: In che modo prima si diceva volont libera, se era costretta a volere il male soltanto? Se dunque risponderai che dopo il battesimo la volont diventa libera in modo da poter e peccare e non peccare, con questa tua stessa risposta dichiarerai che l'arbitrio non era libero quando non poteva ambedue le cose. Da ogni parte ti chiudono i nodi del tuo modo di ragionare: l'arbitrio era libero prima del battesimo, aveva la facolt di fare il bene come aveva la facolt di fare il male, e tutta la scena del tuo dogma, con il quale vai persuadendo il male naturale, crolla.

AG. Chi legge trover che ti ho gi risposto pi sopra nei riguardi di Manicheo e di Gioviniano. Come poi tu faccia a dire che uno, la cui volont noi diciamo preparata dal Signore, diventi di cos buona volont da essere costretto a volere il bene - e Dio ci guardi dal dirlo! - lo veda la tua preclara intelligenza. Se infatti costretto, non vuole : e che pi assurdo del dire che vuole il bene senza volerlo? Anche sulla natura di Dio vedi quale sia il tuo modo di sentire, o uomo che dici l'uomo costretto a volere il bene se non pu volere il male. E' forse infatti costretto Dio a volere il bene, perch non pu volere il male, essendo assolutamente immutabile? Ma la natura umana, bench mutevole, buona, per quanto attiene al fatto della creazione: essa non solo stata fatta senza vizio, ma, anche adesso che cattiva a causa del vizio, capace del bene, e quindi buona. Questa sentenza vera sovverte l'insania falsa dei manichei. Nel battesimo poi i peccati sono rimessi tutti dalla grazia di Dio, per mezzo della quale l'uomo condotto allo stesso battesimo, dopo che Dio gli ha preparato la volont. E sono rimessi in tal modo che successivamente, sebbene il suo spirito concupisca contro la carne per non acconsentire alla iniquit, anche la carne tuttavia concupisce contro lo spirito, sicch l'uomo non fa quello che vorrebbe. Vuole infatti non avere nemmeno questa concupiscenza della carne, ma per ora non lo pu, e per questo geme ancora interiormente aspettando l'adozione, la redenzione del suo corpo 269, dove avere la carne in tal modo da non poter pi peccare. Attualmente dunque non solo pu peccare dopo il battesimo, ma inoltre poich, anche ben opponendosi alla concupiscenza della carne, qualche volta trascinata da essa al consenso e commette alcuni peccati, che sebbene veniali sono tuttavia peccati, ha sempre in questa vita motivo di dire: Rimetti a noi i nostri debiti 270. Anche questa verit cattolica rintuzza la falsit di Gioviniano. Ambedue le cose poi, ossia e ci che diciamo contro Manicheo e ci che diciamo contro Gioviniano, sbaragliano la vostra eresia e le vostre calunnie. Il premio di non poter peccare come gli angeli. 102. GIUL. Se poi prima del battesimo non stato libero di fare il bene e dopo il battesimo diventato libero in tal modo da non poter fare il male, mai ha davvero avuto a sua disposizione la libert dell'arbitrio, e questa la prova che prima ha peccato senza reato e dopo possiede la gloria senza cura di santit.

AG. Dunque nemmeno in Dio c' la libert dell'arbitrio, perch non pu fare il male, come non pu rinnegare se stesso 271. Il quale Dio anche a noi con quel premio supremo sta per elargire di non poter peccare, pari noi non certo a Dio stesso, ma tuttavia ai suoi angeli. Questo infatti si deve credere, che Dio dopo la caduta del diavolo abbia donato agli angeli per il merito della buona volont con la quale perseverarono nelle verit: che in seguito nessuno diventasse un nuovo diavolo a causa del libero arbitrio. Non costrizione, ma fruizione. 103. GIUL. Tirando la somma di tutto, eccoti dimostrato che il tuo dogma svanisce completamente: prometti di non negare il libero arbitrio e lo distruggi prima con la necessit del male e dopo con la necessit del bene. AG. Sei pronto a dire, come vedo, che a non poter peccare pressato da necessit Dio, il quale in realt n pu volere, n vuole poter peccare. Ma anzi, se deve dirsi necessit quella per cui necessario che qualcosa sia o avvenga, assolutamente beatissima la necessit per cui necessario vivere felicemente e in questo medesimo vivere non poter morire e non poter mutare in peggio. Di questa necessit, se pur si deve dire necessit anch'essa, gli angeli santi non hanno la costrizione, ma la fruizione. Per noi invece tale necessit futura e non presente. Non c'e peccato nelle cose. 104. GIUL. Ma tuttavia alla distruzione completa del tuo dogma giova che ci ricordiamo anche delle precedenti definizioni. Se il peccato non se non la volont di continuare o di commettere ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi, non si trova assolutamente nessun peccato nelle cose. AG. Cotesta definizione del peccato che soltanto peccato, non del peccato che anche pena del peccato, per la quale pena si perduta la libert di non peccare. Dal qual male non libera se non Dio, cui non solo diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, bens pure: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male 272. Il peccato non pu trovarsi nel seme dell'uomo.

105. GIUL. Perch se la giustizia non imputa se non ci da cui libero astenersi e se prima del battesimo c' la necessit del male, non essendo la volont libera di fare il bene, come hai detto, e non potendo quindi fare altro che il male, la volont tenuta lontana dall'infamia del male in forza della stessa necessit che subisce, dal momento che non pu essere aggravata dalle sue azioni davanti a quella giustizia che non imputa se non il male da cui libero astenersi. Dopo il battesimo poi, se c' la necessit del bene, non ci pu essere davvero nessun peccato. Vedi tu dunque come ci che la ragione definisce peccato non possa trovarsi nei semi, quando gi secondo le tue definizioni non si trova nemmeno nei costumi. AG. Sbagli di grosso o pensando che non esiste nessuna necessit di peccare o non capendo che la necessit di peccare pena di quel peccato che fu commesso senza nessuna necessit di peccare. Se infatti non c' nessuna necessit di peccare - per non parlare della violenza di quel male che si contrae originalmente, perch voi non ne volete l'esistenza -, che cosa pativa, ti prego, colui che secondo il vostro modo di sentire era pressato da tanto male di cattiva consuetudine da dire: Io non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio 273? Inoltre io stimo che tu pensi quanto grande la fatica da fare nel corso della vita per imparare che cosa sia da bramare e che cosa sia da evitare. Coloro poi che non lo sanno patiscono la necessit di peccare per la stessa ignoranza del bene da bramare e del male da evitare. E' infatti nella necessit di peccare chi, non sapendo che cosa debba fare, fa ci che non deve. Per questo genere di mali si prega Dio dove si dice: Non ricordare i peccati della mia giovinezza e della mia ignoranza 274. Se le mancanze di questo genere non le imputasse il Dio giusto, non chiederebbe che gli fossero rimesse l'uomo fedele. E' per questo che anche il servo di Dio Giobbe dice: Hai sigillato in un sacco i miei peccati e hai tenuto conto di quello che ho commesso senza volerlo 275. Anche tu stesso nell'ultimo tuo libro di quei quattro che hai pubblicati contro uno solo mio, dici che dalle affezioni e dalle passioni dell'animo viene agli uomini un sentimento e un attaccamento cos forte da non potersi svellere in nessun modo o solo con grande sforzo 276. Pertanto chiunque pecca per una timidezza che non gli si pu togliere di dosso, come peccher se non per necessit? Ma che questi peccati provengano da quei peccati che furono commessi senza nessuna necessit voi lo concedete almeno nel caso di colui che dice: Io faccio il male che non voglio. Chi infatti, per patire cotesta necessit, non pressato

se non dalla consuetudine di peccare, senza dubbio prima che peccasse non era ancora pressato dalla necessit della consuetudine. E perci anche secondo voi la necessit di peccare, dalla quale non libero astenersi, pena di quel peccato da cui stato libero astenersi, quando non urgeva nessun peso di necessit. Perch dunque non credete che quel peccato, indicibilmente grave, del primo uomo sia valso a viziare la natura umana universale almeno tanto quanto vale adesso in un singolo uomo la seconda natura? Che sia infatti chiamata cos dai dotti la consuetudine ti sei creduto in dovere di rammentarcelo 277. Poich dunque e noi confessiamo la presenza negli uomini di quei peccati che si commettono non per necessit ma per volont, i quali sono i soli peccati dai quali libero astenersi, e d'altra parte il genere umano pieno di peccati che provengono dalla necessit dell'ignoranza o delle passioni, i quali non sono solamente peccati ma anche pene di peccati, come fai a dire che secondo le nostre definizioni il peccato non si trova neppure nei costumi? Ma udite ci che non volete udire! Da tutti i peccati, siano originali, siano morali, e dopo che sono stati fatti o perch non si facciano, non libera se non la grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo Signore nostro, nel quale siamo stati rigenerati e dal quale abbiamo imparato a dire nella orazione non solo: Rimetti a noi i nostri debiti, perch cio abbiamo peccato, ma anche: Non ci indurre in tentazione 278, perch cio non pecchiamo. Si dimostra superfluo il battesimo di A., previsto solo per l'orgasmo dei genitali. 106. GIUL. Ma, consegnato all'animo del saggio lettore questo sommario della nostra discussione, esaminiamo che cosa del compito che gli stato assegnato realizzi il tuo battesimo, che tu dici previsto unicamente per l'orgasmo dei genitali. Il tuo battesimo confessa di espiare gli uomini dai peccati, ma quando si dibatte davanti alla giustizia la causa della volont, questa non si dichiara rea se non ha potuto volere diversamente. Cadendo poi l'odioso reato, gi caduta pure la pompa di chi perdona, perch non pu perdonare ci che non pu giustamente imputare. E cos il battesimo viene frustrato negli effetti della sua promessa, perch n trova i crimini la cui remissione gli meriti lode, n questo beneficio di sciogliere i vincoli del peccato gli fa acquistare dei debitori, non potendo convincere di cattiva volont coloro che sono al riparo nell'asilo della necessit: e per tutto questo il tuo

battesimo si dimostra superfluo. Ma poich non superflua la grazia che stata prevista dal Cristo, si ritenga giustificata la munificenza del battesimo, per mezzo del quale si convince di colpa la volont del peccatore, la quale certamente ha tanto potuto volere il bene quanto ha voluto il male. Tutta dunque svanita la fantasticheria della necessit, e quindi non c' nessun peccato che venga da condizione di natura, ma nella natura degli uomini rimane il libero arbitrio; il che, come lo neghi tu con Manicheo, cos lo confessiamo noi con gli Apostoli e con tutti i cattolici. AG. E' in necessit di peccare chi ignora la giustizia; ma, quando poi abbia conosciuto la giustizia, non gli si dovranno per questo perdonare i peccati che ha commessi per necessit d'ignoranza? Oppure, poich ha conosciuto ormai come deve vivere, dovr presumere che il vivere in modo giusto gli venga da se stesso e non da Dio, al quale si dice: Non c'indurre in tentazione 279? Non c' dunque sicurezza d'impunit nella necessit di peccare, ma che questa necessit non rechi danno lo dona Dio, al quale si dice: Cavami dalle mie necessit 280. Lo dona poi in due modi: e rimettendo l'iniquit commessa e aiutandoci a non cadere in tentazione. Ciascuno piuttosto tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce 281. E questa tua " protetta " ti tanto cara da ritenere di doverla lodare quando uno non trascinato da essa al consenso, quasi che non sia un male ci che spinge al male, se chi spinto non gli cede ma gli resiste. Sebbene tu, anche quando si acconsente alla concupiscenza, sostieni con grande vaniloquio che la colpa va data a chi caduto e non alla concupiscenza che l'ha spinto, a chi stato attratto e non alla concupiscenza che l'ha attratto, a chi rimasto sedotto e non alla concupiscenza che l'ha sedotto, evidentemente perch, come tu sentenzi, ha fatto uso cattivo di un bene: tu hai appunto uno spirito tanto cattivo da sembrarti buona la concupiscenza che fa concupire la carne contro lo spirito. Ma tu stimi di aver messo elegantemente in ridicolo la nostra sentenza sul battesimo, attribuendoci nella maniera pi bugiarda l'affermazione che il battesimo sia stato previsto solo per l'orgasmo dei genitali. Non diciamo questo, ma diciamo ci che voi tentate di distruggere con la vostra eresia nuova e perversa: per questo stato previsto da Dio l'aiuto di una seconda nativit spirituale, che Cristo ha stabilito di far avvenire in se stesso, perch coloro che nascono carnalmente da Adamo contraggono con la prima nativit il contagio della morte antica 282. Ecco che ho fatto uso delle parole del vescovo punico Cipriano,

contro il quale, bench martire, tu latri quando impugni la fondatissima fede della Chiesa, per la quale stato versato il suo sangue. Come infatti l'apostolo Paolo dice: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui 283, ugualmente anche il vescovo Cipriano, esperto di questo Apostolo, ha confessato che quanti nascono carnalmente da Adamo contraggono con la prima nativit il contagio della morte antica. Cos' dunque questo tuo associarti ingannevolmente agli Apostoli e a tutti i cattolici, dal momento che in modo fraudolento contraddici l'Apostolo, ma in modo apertissimo contraddici un vescovo e martire nella sentenza che condivide con la Chiesa Cattolica orientale e occidentale?. Non diventiamo schiavi del peccato per natura. 107. GIUL. Certamente il commento che hai fatto dei testi dell'apostolo Paolo sarebbe da passare con una risata sotto silenzio, se non atterrisse gli ignari delle Scritture: Quando eravate sotto la schiavit del peccato, ha scritto l'Apostolo, eravate liberi nei riguardi della giustizia 284. Non poteva dire senza dubbio " liberati ", perch questo termine di liberazione si porta fuori convenientemente e appropriatamente quando l'uomo liberato da situazioni dannose. Ma liberi nei riguardi delle virt si possono dire coloro che stabiliscono di non dovere nulla alle virt. Libero dunque si pu dire e nei riguardi del bene e nei riguardi del male chi servendo all'uno si studia di non dovere nulla all'altro. Liberato invece non si pu dire se non dal male, perch questa parola di liberazione richiama di per s un'angoscia che si toglie. Che problema dunque si poteva muovere all'Apostolo in questo caso circa le sue parole, quando egli secondo lo stile universale ha detto liberi nei riguardi del bene e liberati nei riguardi del male? Quando eravate sotto la schiavit del peccato, dice, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate da cose di cui ora vi vergognate? 285 Ma perch tu non stimi che noi diventiamo schiavi del peccato per natura, ascolta il medesimo Apostolo che nel medesimo testo dice: Non sapete voi che se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia nell'obbedienza al peccato, sia nell'obbedienza alla giustizia? 286 Da voi stessi, dice, vi siete messi a servizio del peccato come schiavi per obbedirgli, perch tu capissi che egli imputa il peccato alla volont e non alla nativit. Per questo

soltanto dice dunque che erano liberi nei riguardi della giustizia, perch si erano rifiutati d'osservare i suoi precetti. AG. Se per questo soltanto stato detto che costoro erano liberi nei riguardi della giustizia perch si erano rifiutati d'osservare i suoi precetti, prima dunque che ricevessero i precetti della giustizia che rifiutavano d'osservare non erano liberi nei riguardi della giustizia e sotto la schiavit del peccato? Chi lo dir? Da questa necessit della schiavit dunque libera colui che non solo d i precetti per mezzo della legge, ma per mezzo dello Spirito dona anche la carit, per la cui dilettazione si vinca la dilettazione del peccato; altrimenti la necessit della schiavit persevera invitta e tiene sotto di s il suo schiavo. Perch uno schiavo di ci che l'ha vinto 287. Solo la libert di peccare. 108. GIUL. Inoltre aggiunge immediatamente che sono adesso schiavi della giustizia, cos come prima erano schiavi del peccato. Questo ti consente, se ti piace, di dirli liberi dal peccato ora che sono schiavi della giustizia, come sono stati detti da lui liberi nei riguardi della giustizia quando erano schiavi del peccato. Molto maldestramente dunque hai voluto calunniare la semplicit dell'Apostolo. N stato lui infatti a indicare con grande vigilanza ci che pensi tu, ma sei tu a vedere con occhi pieni di sonno ci che egli ha proferito. Congetturi appunto che egli abbia preferito dire liberati piuttosto che liberi, perch intendessimo che con la libert dell'arbitrio si pu certo agire male, ma non si pu agire bene. Ora, l'ordine stesso delle sue parole si oppone a te. Perch, se avesse pensato quello che pensi tu, cio che con la libert si pecca solamente, avrebbe dovuto dire: " Eravate liberi per il peccato "; non dire: Eravate liberi per la giustizia 288, perch fosse detto libero colui per il quale la stessa libert operava. Se infatti piace ponderare anche l'importanza dei casi, li dice liberi per questa giustizia, non li dice liberi da questa giustizia. Pi conseguentemente saremmo noi ad essere avvantaggiati da questa locuzione, se volessimo insistere su elementi tanto leggeri. Ma lungi questo da noi: intendiamo il senso dell'Apostolo e ci contentiamo della funzione di elocuzioni proferite con semplicit. Nient'altro ha detto il Maestro delle Genti se non questo: Eravate liberi, non eravate servi della giustizia; siete stati liberati, avete ricevuto il perdono dei peccati, rimanendo la libert dell'arbitrio, per mezzo

della quale hanno potuto obbedire e prima al peccato e dopo alla giustizia. AG. Viene da questo vostro modo di sentire ereticale, con cui dite che per mezzo della grazia non si fa liberazione dal peccato se non quando si riceve il perdono del peccato commesso, ma non anche perch il peccato non prevalga quando qualcuno attratto dalla propria concupiscenza ad acconsentire al peccato, che voi siete in contraddizione anche con le orazioni dei santi. Perch infatti si dice a Dio: Non c'indurre in tentazione 289, se in potere del nostro libero arbitrio, insito in noi per natura, che questo non avvenga? E perch mai l'Apostolo dice: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male 290, se Dio non libera dai peccati se non dando venia dei peccati trascorsi? L'albero da cui il diavolo coglie i frutti. 109. GIUL. Inoltre l'Apostolo indica che cosa contenesse la sua esortazione premettendo: Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurit e dell'iniquit a pro dell'iniquit, cos ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione. Quando infatti eravate sotto la schiavit del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia 291. Con logica assolutamente perfetta dice che sono stati liberi nei riguardi della giustizia quelli che aveva chiamati a tenere le loro membra in ogni santificazione. Ma poich su questo punto ci siamo fermati non poco per mostrare che certissimo quello che avevo detto 292, ossia che negherebbero il libero arbitrio le persone che fossero state spaventate dai vostri discorsi, e che sarebbero state spinte ad una vera rovina da una falsa paura, e che tu sei il principale negatore del libro arbitrio, ritorniamo a quel libro che stato destinato a Valerio, per provare che tu in un primo tempo hai negato la creazione da parte di Dio, ma ora in alcuni testi la neghi senz'altro e in altri testi ti esprimi molto pi sacrilegamente di quando l'avevi negata. E con quanta assolutezza tu abbia negato la creazione degli uomini da parte di Dio in quel tuo libro precedente certamente apparso a sufficienza nel corso della discussione. Hai detto appunto che il genere umano come un albero piantato dal diavolo, dal quale egli ha il diritto di cogliere il frutto 293, e molte altre espressioni che, usate da te come argomenti, cooperano a questo errore. Ma in questo secondo libro, sebbene tu persegua il

medesimo scopo con l'insieme del tuo dogma, tuttavia tenti di emendare la tua sentenza pi perniciosamente di quanto l'hai enunziata antecedentemente. AG. Se per te poco l'Apostolo che dice: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui 294, Ambrogio, certamente non da manicheo, con il quale nome tu incrimini persone che sono tali di fede quale era stato lui, ma da cattolico ha compreso l'Apostolo e comprendendolo ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo nel vizio la nostra stessa origine 295. Ecco da dove, come da un suo albero, il diavolo colse con diritto il frutto: non dalla natura che Dio cre, ma dal vizio che il diavolo stesso impiant. N infatti coloro che nascono sotto il peccato non possono essere se non sotto l'autore del peccato, se non rinascono nel Cristo. Non lasciatevi schiacciare dalla disperazione. 110. GIUL. Ma completiamo brevemente la risposta che si deve al tuo capitolo, gi riportato sopra da noi 296. Coerentemente e sinceramente pertanto rispondo: noi non rifiutiamo agli uomini la liberazione da parte del Signore Ges Cristo e li preveniamo perch, credendo a voi, non si lascino schiacciare dalla disperazione dell'emendazione e non si ritirino dalla erudizione del Cristo, quasi che egli imponga doveri di cui la natura dei mortali sarebbe incapace, appunto perch aggravata da un male congenito. AG. Ma anche la morte congenita e tuttavia da essa libera gli uomini colui che d la vita a chi vuole 297 e al quale devono ricorrere quelli che vogliono essere liberati dal male congenito. E perch lo facciano leggi nel Vangelo chi li attiri 298. Sono uomini da salvare anche i bambini. 111. GIUL. Corrano piuttosto a colui che grida: Il mio giogo dolce e il mio carico leggero 299; a colui che anche alla volont cattiva elargisce il perdono con inestimabile liberalit, e l'innocenza che crea buona la fa ancora migliore rinnovandola e adottandola. AG. Sono proprio uomini quegli stessi ai quali tu rifiuti il Liberatore, perch neghi la presenza in essi di un male dal quale abbiano bisogno d'essere liberati. In che modo dunque rispondi

coerentemente e sinceramente che non rifiutate agli uomini la liberazione da parte del Signore Ges Cristo, quando piuttosto operi pertinacemente e mentitamente perch non si creda che i bambini siano salvati da lui, come salva il suo popolo dai suoi peccati 300; e per questo apprendiamo, parlando cos il Vangelo, che stato chiamato Ges 301? Non potrete dunque insegnare che non rifiutate agli uomini la liberazione da parte del Cristo, perch non potete in nessun modo dimostrare che i bambini non siano uomini. Tutti gli uomini erano in Adamo, vinto senza combattere. 112. GIUL. Mi stupisce pertanto che tu abbia osato riportare il testo dove si dice: Uno schiavo di ci che l'ha vinto 302. Questo testo fa per noi nel modo pi manifesto, perch asseriamo che nessuno pu sottostare al diavolo se non stato superato da lui in combattimento per vile resa della sua volont. Non doveva invece essere adoperato da te, a cui si oppone fortemente, perch vuoi persuadere che sono nel regno del diavolo i nascenti, i quali senza propria volont non hanno potuto certamente n essere vinti n peccare. AG. I nascenti, dei quali dici che non hanno potuto n essere vinti n combattere, traggono origine da quell'uomo in cui tutti hanno peccato, e quell'uomo, ci che pi grave, fu vinto senza combattimento. C'era infatti Adamo e in lui eravamo noi tutti: per Adamo e in lui perirono tutti 303. Lasciate dunque che i bambini siano ritrovati da colui che venuto a cercare ci che era perduto 304. Altrimenti, essendo uomini anche i bambini, voi rifiutate assolutamente agli uomini la liberazione da parte di Ges, per quanto sia grande la loquacit con la quale credete di dovere coprire la crudelt di questo vostro errore. Misericordia e giustizia. 113. GIUL. E certamente perch ti sei accorto che questo testo vale moltissimo contro di te, quasi che tu fossi interrogato dal testo stesso cos: Per quale ragione dunque i bambini sono nel regno della potest avversa, se si crede alla Scrittura che uno schiavo di ci che l'ha vinto, e se consta che l'infanzia senza uso di ragione e di volont non ha potuto n combattere n cedere?, aggiungi: Appunto " a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti

hanno peccato in lui " 305. Dio dunque il creatore di quanti nascono, ma lo in tal modo che se ne vadano a finire nella condanna tutti quelli di cui Dio non sia stato liberatore facendoli rinascere. Dio stesso appunto stato paragonato ad un vasaio che " dalla medesima massa di creta fa secondo la sua misericordia un vaso per uso nobile e secondo la sua giustizia ne fa un altro per uso volgare " 306; al quale Dio la Chiesa canta: " Misericordia e giustizia " 307. Quello che tu dici, che a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, con la quale testimonianza dell'Apostolo hai turbato il cuore di moltissime persone, persone tuttavia sprovvedute di erudizione, sebbene io abbia dimostrato brevemente nel quarto libro come sia da intendere 308, tuttavia con l'aiuto del Cristo lo esporr in modo pi pieno in quest'opera, cosicch nel secondo libro, tralasciate tutte le altre testimonianze, questo stesso passo apostolico si apra nel suo contesto in modo pienissimo. AG. All'esposizione che dici fatta brevemente da te nel tuo quarto libro ti stato risposto nel sesto dei nostri 309. Quanto poi a ci che prometti in quest'opera, quando comincerai a renderlo, apparir allora quanto tu sii vaniloquo. Affermazioni contraddittorie solo apparentemente. 114. GIUL. Qui per far presente in breve che questa testimonianza dell'Apostolo non ti pu suffragare per la conferma di quella tua sentenza, che tutta l'erudizione, tutta la ragione e la legge di Dio dimostrano iniquissima. Il lettore diligente faccia dunque attenzione a ci che hai dichiarato: Dio il creatore di uomini cattivi, e li crea tali che vadano assolutamente tutti alla dannazione senza nessun merito della loro propria volont. AG. Questo ci che ho detto: Dio fa la natura degli uomini, i quali sono cattivi per un vizio che Dio non ha fatto e dal quale Dio fa il bene anche se sono cattivi gli uomini che Dio fa, perch Dio li fa in quanto sono uomini e non in quanto sono cattivi. N infatti gli uomini nascerebbero come vasi volgari se non fossero cattivi, e tuttavia essi sono certamente buoni per la natura che Dio fa, ma sono cattivi per la presenza in loro di un vizio che il nemico ha inseminato, s, contro la natura, tuttavia dentro la natura, con la conseguenza che a causa di questo vizio fosse cattiva la natura, cio fosse cattivo l'uomo. Nessun male infatti pu esistere se non

esiste dentro qualche bene, perch il male non pu esistere se non dentro una qualche natura, e ogni natura in quanto natura un bene 310. Osservate diligentemente come si facciano affermazioni che sembrano contraddittorie tra loro, e non lo sono, purch tuttavia non abbiate perduto completamente gli occhi per il fumo di una superba contesa. Tutti i non battezzati soggiacciono al diavolo e alla condanna. 115. GIUL. E perch non ignorassimo di quale tempo tu parlassi, dichiari che da Adamo, il quale dici che da solo era tutti noi, fino alla fine coloro che non sono stati battezzati si trovano a soggiacere alla dannazione e al diavolo. Nella quale sentenza ti sforzi di curarti molto pi dannosamente di quanto ti sia ferito antecedentemente. Per rimuovere infatti la odiosit che rovinava su di te per la tua affermazione che il diavolo sia il creatore degli uomini, correggendoti confessi che Dio il loro creatore, ma creatore di tali uomini quali sono quelli che Manicheo ascrive al principe delle tenebre. AG. Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch nel vizio la stessa nostra nascita 311. Questo non l'ha detto l'immondo eretico Manicheo, ma il santo cattolico Ambrogio. Quanto poi a Manicheo, n dice buona ogni natura in quanto natura, n dice che si possa in qualche modo risanare e far diventare buona quella che egli chiama natura cattiva. Il che dice la fede cattolica della natura umana dei piccoli e dei grandi, sia contro i manichei, sia contro i pelagiani, gli uni e gli altri per malattie diverse, ma ugualmente malati. Anche i mostri sono creati dal Dio giusto. 116. GIUL. Per la verit infatti Manicheo, credendo che gli uomini siano cattivi per condizione di nascita, assegn ad essi come creatore uno che allontanasse dal Dio buono il crimine di un'opera cattiva. E poich aveva sbagliato nella definizione del peccato cos da crederlo naturale, mentre non pu essere che volontario, conseguentemente invent poi un cattivo artefice di una cattiva origine: pi religioso costui nei riguardi di Dio e pi irrispettoso verso la natura. Tu viceversa dici che gli uomini nascono, s, cattivi, ma che Dio il creatore di questi uomini cattivi: pi irrispettoso tu

verso Dio e pi riguardoso verso la natura; questa ha infatti a sua difesa la maest del suo Creatore, il Creatore al contrario a sua accusa ha la bruttezza della sua opera. AG. Accusa dunque Dio, se ti va, della bruttezza della sua opera, poich veramente alcuni corpi nascono cos brutti che certuni di essi per enorme deformit si dicono anche mostri. Non infatti un altro Dio, come finge Manicheo, n alcuni di inferiori, come sbaglia Platone, sono i creatori dei corpi, ma bens il Dio buono e giusto che fa pure tali corpi. Se li riporti al grave giogo che pesa sui figli di Adamo 312, non troverai n un Dio cattivo, come quello che Manicheo assegna alla fabbricazione dei corpi, n un Dio vinto dai mali, implicato e immischiato con essi, come Manicheo non teme di credere del Dio buono, ma evidentemente un Dio giusto, atteso il peccato originale, come il Dio che conosce la fede cattolica, dalla cui orbita ha deviato il vostro errore. N infatti se nessuno avesse peccato, corpi brutti e mostruosi sarebbero nati nel paradiso. Manicheo anche Paolo? 117. GIUL. Non hai temuto, o tristissimo uomo, di appioppare a Dio ci che per rimuoverlo da Dio Manicheo invent un altro creatore. Siete ambedue certamente nemici della verit, ma prima che arrivassi tu si credeva che non fosse possibile superare in empiet Manicheo. AG. Prima di me c'era Ambrogio, che non era manicheo; prima di lui Ilario e Gregorio; prima di loro Cipriano e tutti gli altri che sarebbe lungo ricordare e che non erano manichei. E tuttavia hanno insegnato alla Chiesa quello che hanno imparato nella Chiesa: i bambini traggono il peccato originale e si devono essufflare negli esorcismi per sottrarli al potere delle tenebre e trasferirli nel regno del loro Salvatore e Signore 313. Perch, se il Cristo morto anche per essi, come pure tu sei stato costretto a confessare, allora tutti sono morti e Ges morto per tutti 314, secondo le parole dell'Apostolo. Se anche lui manicheo, secondo le tue parole, che cosa sarai tu allora? Felicissimo di essere vituperato da A., accusatore di Dio. 118. GIUL. Tu per hai giustificato la tua sorella Sodoma 315, come dice il Profeta, e si creder assolto Manicheo se si confronta con le tue bestemmie. Io nel primo libro della mia opera mi ero vantato

d'essere lacerato da quella bocca dalla quale anche gli Apostoli avevano patito ingiuria; adesso invece mi spaventa la grandezza della mia felicit: sono vituperato da uno che incrimina Dio! AG. Sei vituperato da uno che con Ambrogio e con tutti gli altri suoi colleghi predica liberatore anche dei bambini il Cristo, che tu non solo incrimini come mentitore l dove dice di essere venuto a salvare e a cercare ci che era perduto 316, ma anche lo contraddici perch non cerchi egli i bambini da salvare. Parole fragili come il vetro. 119. GIUL. Donde mi venuto l'onore di tanto oltraggio? Nulla di simile avresti potuto arrecarmi con le tue lodi. Delle mie sentenze dici che sono da riprovare, ma delle opere di Dio dici che sono da condannare; di me dichiari che ragiono malamente, ma di Dio dichiari che crea malvagiamente; contro di me gridi che sono nell'assurdit, contro Dio che nella crudelt; di me asserisci che ignoro la legge, ma di Dio che ignora la giustizia; di me vociferi che non sono cattolico perch dico che il Cristo sollecita gli uomini che vuol salvare, ma di Dio giuri che crea gli uomini che vuol condannare e che non crea se non perch finiscano tutti nella dannazione. AG. Questo si pu dire anche della prescienza di Dio, che tuttavia non pu essere negata dai fedeli e penso nemmeno da voi. Oppure decidetevi a negare che Dio preconosca la futura condanna da parte sua di molti di quelli che crea, perch non sembri creare uomini da condannare; decidetevi a negare un fatto ancora pi misterioso e inscrutabile: Dio non rapisce da questa vita 317 perch la malizia non muti i loro sentimenti molti dei quali non pu ignorare che sarebbero stati cattivi. Date onore a Dio: alla profondit dei suoi giudizi ceda la tempesta rumorosa delle vostre parole, in apparenza nitide e acute, ma fragili come il vetro. E' sparita la speranza della salvezza. 120. GIUL. Tra te dunque e Manicheo, primo seminatore dei tuoi modi di sentire, vedo che per il progresso della tua erudizione si fatta una grande distanza. Egli infatti, bench abbia tirato fuori due princpi, ha lasciato tuttavia sussistere in parte la speranza della salvezza dicendo che il Dio buono contrarissimo all'iniquit e alla crudelt. Tu viceversa, parlando, s, di un unico Dio buono, ma

creatore lui stesso di uomini cattivi, come hai tolto di mezzo il rispetto dovuto alla divinit, cos hai tolto di mezzo radicalmente la speranza della salvezza. AG. I manichei fingono un Dio crudelmente debole, che ha lasciato contaminare e dilaniare la sua parte, la sua sostanza, le membra della sua natura dai suoi nemici, dai quali vedeva incombere su di s la devastazione. Voi invece, che non negate l'assoluta onnipotenza di Dio, lo volete far credere ingiusto nel grave giogo dei bambini, negando il peccato originale. Molto pi numerosi i condannandi dei salvandi. 121. GIUL. Non tale infatti da venire in soccorso dei rei, quando egli stesso che unico per il desiderio di creare miserie punisce anche coloro nei quali nient'altro riconosce che quanto ha fatto in loro lui stesso. AG. Riconosce in loro anche quanto non ha fatto lui stesso: il peccato appunto non lui che l'ha fatto. Un altro poi, vano quanto voi, potrebbe dire che Dio per il desiderio di creare miserie crea pure coloro dei quali non ha potuto ignorare la futura condanna da parte sua, incomparabilmente pi numerosi di quelli dei quali ha previsto la futura liberazione da parte sua. Nessuno cattivo per natura. 122. GIUL. Osservato dunque l'abisso della tua empiet, bench non si possa trovare nulla di pi profano, si mostrer tuttavia con un breve ragionamento quanto sia privo di qualsiasi forza quello che dici e che cosa si raccolga dalle tue costruzioni. Il Dio che ha voluto essere chiamato con questo nome, come si crede che sia onnipotentissimo, cos si crede giustissimo, delle quali doti se ne mancher una, nessuna delle due sar presente; come il creatore benignissimo degli uomini, cos l'estimatore giustissimo dei meriti; tutto quello che fa molto buono 318. Conseguentemente nessuno cattivo per natura, ma chiunque sia reo, ad accusarlo sono i suoi comportamenti e non i suoi esordi. AG. Perch dunque il grave giogo sopra gli esordi dei bambini sotto un Dio potentissimo e giustissimo? Conclusioni.

123. GIUL. Pertanto n esiste il male naturale, n Dio pu creare uomini rei, n pu collocare gli uomini nel regno del diavolo. Conclusioni di tutto questo: da una parte tu risulti seguace di Manicheo e anzi peggiore di Manicheo; dall'altra parte rifulsero senza il peccato l'ingresso dell'umanit, i frutti della fecondit sotto il diritto di Dio e non del diavolo, l'innocenza naturale. AG. Dunque anche Ambrogio, il quale ha detto: I bambini che sono stati battezzati sono riportati dalla malizia ai primordi della loro natura 319, risulta seguace di Manicheo, come tu affermi o insultando o infuriando. Sacramenti diversi secondo epoche diverse per la medesima salvezza. 124. GIUL. Assicurato tutto questo, osserva che cosa segua al tuo procedimento. Si sa che i Profeti, i Patriarchi, i Santi del Vecchio Testamento furono tutti privi del battesimo, ma, creati da Dio, rifulsero poi per le loro proprie virt: si dovrebbero credere dunque, contro la testimonianza della legge, sotto il regno del diavolo per esser consegnati agli eterni supplizi, perch tu dichiari tutti i discendenti di Adamo creati per la dannazione. AG. Anche gli stessi giusti dell'antichit li ha liberati la medesima grazia alla quale voi avete dichiarato guerra, sebbene abbiano fatto uso di sacramenti diversi secondo l'epoca. Perch credevano nei riguardi del Cristo ci che crediamo noi. Uno infatti Dio e uno il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Ges 320, il cui avvento di umilt ad essi fu preannunciato e a noi invece fu annunziato, ma l'avvento di clarit che avverr alla fine fu preannunziato e ad essi e a noi. Da parte loro dunque e da parte nostra unica la fede in quest'unico Mediatore, e medesimo lo spirito di fede tanto in loro quanto in noi, per cui l'Apostolo dice: Animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perci ho parlato, anche noi crediamo e perci parliamo 321. Ma donde questa fede venga, per non gloriarcene come se venisse da noi, ascoltiamolo dal medesimo Apostolo: Per la grazia siete stati salvati mediante la fede, e ci non viene da voi, ma dono di Dio 322. E in un altro passo: Pace ai fratelli e carit e fede da Dio Padre e dal Signore Ges Cristo 323. Finiranno nella condanna anche i non rigenerati.

125. GIUL. Se tu dirai questo sproposito, anche i tuoi patroni potranno confessare quanto apertamente tu sii manicheo. Se invece comprenderai che l'esercito cos grande del vero Re combatte contro la tua sentenza e che tu non puoi recare ad esso pregiudizio, rassgnati a constatare la distruzione di tutta la tua costruzione: e quindi non tutti da uno solo finiscono nella condanna 324, ma solamente coloro che dall'ultima fine saranno trovati ribelli alla volont di Dio senza pentimento e senza emendamento. AG. Aggiungi: anche i generati, se non sono stati rigenerati, perch in uno solo hanno peccato tutti 325. L'immagine dei vasi. 126. GIUL. Che poi Dio sia stato paragonato ad un vasaio che dalla medesima massa fa un vaso per uso nobile e un altro per uso volgare 326, non avrebbe dovuto essere davvero ricordato da te, perch, come da noi spiegato coerentemente, cos contrario a te totalmente; quando infatti si dice che gli uni sono fatti per usi nobili e gli altri per usi volgari, giova al senso dei cattolici, con il quale secondo la diversit della volont umana si sostiene anche il diverso esito dei vasi. AG. Ascolta Ambrogio che dice: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch nel vizio la nostra stessa nascita 327. Cos appunto intende con tutti gli altri suoi colleghi, discepoli, dottori, senza nessun dubbio cattolici, quanto stato scritto a proposito del peccato e della morte: entrato a causa di un solo uomo ed passato in tutti gli uomini 328. E devi capire che questa la massa da cui si fanno i vasi, sia di una specie, sia dell'altra. Perch, se di questa inscrutabile questione la soluzione fosse cotesta che tu ritieni secondo i meriti della volont, essa sarebbe tanto manifesta che nessuna sua difficolt spingerebbe l'Apostolo a dire: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? 329 Di personaggi infatti non ancora nati si trattava, dei quali non in dipendenza delle opere, ma secondo la propria volont, Dio ha amato l'uno e ha odiato l'altro: donde si arrivati a queste parole dove dire della medesima massa, dei diversi vasi, della libert del vasaio. Le insondabili vie del Signore.

127. GIUL. Tu poi, che sopra avevi detto che tutti se ne vanno alla dannazione, con che faccia hai posto la testimonianza dove si dichiara che uno va all'onore e un altro alla vergogna? AG. Ma la grazia libera dalla dannazione di tutta la massa coloro che libera, ed negando questa grazia che voi siete eretici. Per quanto infatti dipende dal merito dell'origine, tutti vanno alla dannazione a causa di uno solo 330. Per quanto invece concerne la grazia, che non data secondo i meriti, si dicono vasi di misericordia tutti coloro che sono liberati da cotesta dannazione, mentre su quelli che non sono liberati continua a incombere l'ira di Dio 331, proveniente da un suo giusto giudizio, che non per questo vituperabile perch imperscrutabile. E la ragione per cui si dicono vasi d'ira che anche di essi Dio fa buon uso per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia 332. La pena infatti che Dio esige per sua giustizia da tutti gli altri la condona a cotesti per sua misericordia. E se tu stimi biasimevoli queste insondabili vie del Signore, ascolta: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? 333 Il vasaio di Paolo e il vasaio di A. 128. GIUL. Niente infatti tanto contraddittorio quanto dire tutti e non tutti. Tu dici che dal Dio vasaio tutti sono fatti per la dannazione, l'Apostolo dice che n tutti per la dannazione n tutti per l'onore: il che spiegher a suo luogo quale dignit abbia. Tuttavia nella stessa formulazione della sentenza risulta esserci tra voi una grande discordia: n il vasaio che plasma tutti i vasi per la dannazione il medesimo vasaio del quale Paolo dice che fabbrica alcuni vasi per uso nobile, n tu credi a quel vasaio di cui predica il meraviglioso Maestro, perch il tuo vasaio plasma tutti i vasi per la dannazione, il vasaio dell'Apostolo ne plasma moltissimi per la gloria. AG. Quando si dice che tutti a causa di uno solo vanno alla dannazione, si indica la stessa massa dalla quale il vasaio fa alcuni vasi per uso nobile, quelli cio che sono assunti alla grazia, e altri per uso volgare, quelli cio che sono lasciati a pagare il debito, perch i figli della grazia sappiano che a loro si condona un debito di cui non sarebbe ingiusta l'esazione, e perch cos non si glorino di se stessi, ma del Signore 334.

Il Dio di G. e il Dio di Paolo. 129. GIUL. E questo vorrei proprio averlo detto perch appaia subito che tu sei o di singolare ignoranza o di singolare impudenza nel fare uso, invece che di testi favorevoli a te, di altri che ti sono contrari. Del resto la piet e la ragione spiegheranno che il mio Dio non plasma nessuno per la vergogna. AG. Se il tuo Dio non plasma nessuno per la vergogna, non lo stesso Dio dell'apostolo Paolo. E' appunto del vero Dio che egli diceva: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? Oser forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasm: Perch mi hai fatto cos? Forse il vasaio non padrone dell'argilla per fare dalla medesima massa un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? 335 Ma tu evidentemente da grande maestro d'arte tiri fuori dalla fucina pelagiana un Dio pi buono che non fa nessun vaso per uso volgare. La previsione di Dio. 130. GIUL. Ma crea buona la sua immagine, cio tutti gli uomini, Dio che, quando sono stati demoliti dalla pravit delle passioni, desidera di riformarli con la generosit dei suoi rimedi. E' a lui che la Chiesa canta: Misericordia e giustizia 336, perch benigno verso coloro che non hanno peccato, e d'altra parte punisce con giusto giudizio coloro che, creati buoni da Dio, hanno peccato di propria volont e respinto i sussidi della sua misericordia. Questa misericordia dunque e questa giustizia canta la Chiesa dei cattolici; ma nulla di simile pu risuonare nella vostra, secondo la quale senza giustizia, senza giudizio, senza misericordia Dio, creatore di uomini cattivi, li plasma per punirli e li punisce perch egli stesso li ha plasmati da Adamo. AG. Certamente gi sopra ti stato risposto per tutte coteste tue affermazioni, tuttavia ascolta brevemente anche qui. Non rifiuta Dio il bene della sua formazione alla stirpe umana nemmeno dopo che stata condannata. Ma se ti dispiace che Dio crei coloro che condanna, contraddicilo, se puoi, perch non crei coloro dei quali senza dubbio ha previsto che saranno cattivi e che persevereranno fino alla fine nella loro cattiva volont e che per questo dovranno essere condannati. Oppure suggeriscigli, se ti pare, che le tante migliaia di bambini non battezzati, dei quali preconosce che

vivranno perdutamente e che per sua condanna andranno nel fuoco eterno con il diavolo, li rapisca da questa vita finch sono innocenti e buoni, e ottengano la vita eterna, se non nel suo regno, almeno in un qualche luogo di felicit secondaria, come quello che ha costruito per essi la vostra eresia. Altro ancora hai da suggerire come consigliere di Dio in favore dei suoi figli, da lui rigenerati, da lui adottati e da lui tuttavia previsti cattivi e condannandi; prima che arrivino ad una vita colpevole li privi della prosecuzione della vita stessa, e appartengano al suo Regno, non ai supplizi eterni. Poich infatti hai ritenuto odioso dire che Dio crea persone da condannare, pensa con quanta pi odiosit un altro vano alla pari di te potrebbe dire che Dio rigenera persone da condannare, mentre nel potere della sua onnipotenza sottrarle alle tentazioni di questa vita mortale, prima che diventino condannabili. Se invece non puoi dire cos, n contraddire Dio, n offrire il tuo consiglio alla sua sapienza - chi infatti ha mai potuto conoscere il pensiero del Signore o chi mai stato suo consigliere? 337 - smetti di portarci avanti un secondo vasaio che non plasma vasi per usi volgari e astieniti dal riprendere questo vasaio che li plasma, e riconosci te stesso, perch proprio per impedirti d'implicarti in questo sacrilegio l'Apostolo ti dice: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? 338 La grazia previene l'uomo. 131. GIUL. Ma si dimostri ormai la dignit della sentenza dell'Apostolo, perch non si creda che abbia sentito almeno nei riguardi di alcuni ci che tu hai stimato abbia sentito nei riguardi di tutti. L'apostolo Paolo pertanto, discutendo delle questioni dei Giudei che, tronfi della dignit della propria razza, disdegnavano che fossero equiparati a loro i fedeli provenienti dai pagani, esalta insieme la giustizia di Dio e la sua grazia, argomentando che alla munificenza di esse appartiene il duplice fatto: che prima la conoscenza della legge aveva nobilitato i Giudei e che in seguito la predicazione del Cristo aveva aggregato anche le genti. Unico infatti il creatore di ambedue i popoli, che giudicher alcuni per mezzo della legge, altri senza la legge, altri nella legge 339, perch non era il Dio dei Giudei solamente, ma anche dei gentili, e render a ciascuno il suo senza frode, senza grazia 340, cio senza nessuna preferenza di persona - e questo sta a significare il nome di grazia nella definizione della giustizia -. Egli giustamente condanna ed esclude dalla sua eredit coloro che vengono dal seme di Abramo, se vivono iniquamente, cos come pure i gentili sorpresi in uguale

condotta. Viceversa dona i gaudi eterni alle buone volont e alla vera fede e alla probit delle azioni di ambedue i popoli. Comprime dunque il Maestro delle Genti il tumore della superbia dei Giudei e mostra che la distanza non sta nei semi del genere umano, ma nei costumi, perch riconoscessero che nessun privilegio di circoncisione li avrebbe garantiti, se non avessero cercato d'essere fedeli, dal momento che Giacobbe ed Esa, concepiti da un'unica inseminazione e nati da un unico parto, subirono sorti troppo diverse secondo la diversit dei loro meriti. AG. Se tu seguissi la sapienza dell'Apostolo, non richiameresti i meriti di Giacobbe a questo punto dove dice che non fu amato a causa delle opere, per porre in evidenza la grazia che non data secondo i nostri meriti; altrimenti essa non sarebbe, con le sue parole, salario non calcolato come dono, ma calcolato come un debito 341. Con le quali parole cosa intende se non che la grazia non dovuta, ma gratuita? Questa grazia, pertanto, poneva in evidenza dove diceva: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perch rimanesse fermo il disegno divino fondato sulla elezione non in base alle opere, ma alla volont di colui che chiama -, le fu dichiarato: Il maggiore sar sottomesso al minore 342. Sono affermazioni chiare, che tu tenti di oscurare. Togli i tuoi fumi e guarda alla luce delle Scritture. La grazia appunto previene l'uomo, perch abbia la dilezione di Dio e con questa dilezione compia il bene. Il che mostra apertissimamente anche l'apostolo Giovanni dove afferma: Amiamolo perch egli ci ha amati per primo 343. Dunque non siamo amati perch l'abbiamo amato, ma lo dobbiamo amare perch siamo stati amati da lui. Esa e Giacobbe. 132. GIUL. Infatti Esa, profanatore e fornicatore che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura, chiese la benedizione che aveva disprezzata e non l'ottenne, sebbene l'avesse richiesta con le lacrime. All'inverso Giacobbe, quieto, mite, obbediente ai precetti dei genitori, avidissimo di cose sante, fu promosso a tal punto che in mezzo al popolo santo Dio si diceva, come di Abramo e di Isacco, cos pure Dio di Giacobbe 344. Poich dunque a tutti era noto da esempi che Dio per suo giusto giudizio non nega alle buone disposizioni in qualsiasi gente la sua misericordia e non lascia invece per nulla alle cattive disposizioni di

proteggersi con la nobilt della stirpe, capissero i Giudei che non dovevano disprezzare la fede delle genti, perch, come non patrocina i crimini lo stemma israelitico, cos pure non nuoce in nessun modo alle virt l'origine pagana. Questo dunque tutto ci che l'Apostolo tratta in tale controversia. In alcuni punti tuttavia per curvare l'arroganza dei circoncisi ama indicare sotto il nome di grazia il solo potere di Dio. AG. Dunque per curvare l'arroganza dei circoncisi l'Apostolo mentisce sotto il nome di grazia, perch Dio eleggerebbe a causa delle opere e non a causa della grazia. Chi pu intendere cos se non un eretico, nemico della grazia e amico della superbia? Il Vaso di elezione e Predicatore della grazia, fatto tale dalla grazia stessa, grida che Giacobbe non fu amato per le sue opere, e tu rammenti le opere di Giacobbe per le quali sostieni sia stato amato, e nel fare cos stimi di contraddire me, mentre sei un nuovo anticristo e contraddici apertissimamente colui nel quale ha parlato il Cristo 345. Facendo quello che vuole Dio fa quello che deve. 133. GIUL. Ad essi che si gloriavano dell'osservanza delle cerimonie e delle vittime e per questo stimavano che le altre nazionalit, non consacrate in nessun modo dai riti della legge, n potessero n dovessero essere subito associate a loro nella medesima sorte, l'Apostolo intendeva dire che, anche se in quelle osservanze ci fosse stata la sostanza della giustizia, Dio aveva tuttavia in suo potere il diritto di fare qualche scambio di popoli per rigettare quelli che voleva rigettare e assumere quelli che voleva assumere. Alla quale interpretazione si risponde da parte dei Giudei che non si deve esigere pi nulla dalla volont dell'uomo, poich Dio usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole 346. Al che l'Apostolo replica: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? 347 E riporta la testimonianza del profeta Isaia: Oser forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasm: Perch mi hai fatto cos? 348 Aggiunge poi di suo: Forse il vasaio non padrone dell'argilla, per fare dalla medesima massa di pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? 349 E il significato questo: Perch io ho insistito sulla volont di Dio e ho esposto l'autorit della sua grazia, dicendo che usa misericordia a chi la vuole usare, tu, o Giudeo, hai mosso calunnia contro di me quasi che la mia lode della volont di Dio e del suo potere comportasse l'eliminazione della sua giustizia, e poich ho detto che " Dio fa quello che vuole " hai argomentato che

non si deve chiedere pi nulla alla volont dell'uomo, se Dio fa tutto di sua volont; mentre la dignit della persona non ha lasciato luogo a questione. Se infatti avessi detto: " Dio fa quello che deve secondo le leggi della sua giustizia che giudica i meriti dei singoli ", non avresti certamente replicato nulla di quello che ora obietti. Adesso invece, perch ho detto: " Dio fa quello che vuole ", hai creduto che io abbia rubato qualcosa alla dignit della giustizia. Ambedue le affermazioni sono quindi identiche. Infatti quando dico di Dio: " Fa quello che vuole ", nient'altro dico se non: " Fa quello che deve ". So infatti che egli non vuole altro che quello che deve. Dove dunque la volont aderisce inseparabilmente all'equit, qualunque delle due io nominer, le ho indicate ambedue. AG. In qualsiasi modo tu dica che Dio fa quello che deve, la grazia non la deve a nessuno e a molti non rende il supplizio che deve alle loro opere cattive, ed elargisce la grazia che non deve a nessuna delle loro opere buone. Che doveva per esempio al medesimo Paolo, quando ancora da Saulo perseguitava la Chiesa? Non doveva forse il supplizio? Che l'abbia dunque prostrato a terra con una voce fatta discendere dal cielo, che l'abbia accecato, che l'abbia attratto con tanta violenza ad accogliere la fede che devastava 350, lo fece certamente secondo la grazia e non secondo un debito, perch fosse in quel resto del popolo di Israele del quale dice: Cos anche al presente c' un resto, conforme ad una elezione di grazia. E se lo per grazia, non lo per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe pi grazia 351. Che doveva se non il supplizio anche a coloro ai quali dice: Io agisco non per riguardo a voi, gente di Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato tra le genti 352? Dice dunque che in mezzo ad essi fa il loro bene, ma per il suo nome che hanno profanato, non per loro stessi che lo hanno profanato: se volesse infatti agire tenendo conto di loro, renderebbe ad essi il debito supplizio e non donerebbe l'indebita grazia. Quello infatti che promette di fare perch facciano il bene, non perch erano buoni coloro che hanno disonorato il suo santo nome. Inoltre dice apertissimamente che essi avrebbero fatto il bene ma facendoglielo fare egli stesso. Dice appunto tra l'altro: Vi far vivere secondo i miei precetti e vi far osservare e mettere in pratica le mie leggi 353. Per queste opere certamente il salario calcolato come un debito: dovuto infatti il salario se le opere si fanno, ma la grazia che non si deve le precede perch le opere si facciano. Si deve, dir, un buon salario alle opere buone degli uomini, ma non si deve la grazia che trasforma gli stessi uomini da

cattivi in buoni. Infine tu che hai detto che Dio fa quello che deve e hai sventolato a testa alta i meriti umani, dimmi, ti prego, a quali meriti dei bambini debba Dio il Regno dei cieli. Forse dirai che lo deve alla propria grazia, con l'aiuto della quale essi sono rinati. Per la grazia infatti, dopo che l'hanno ricevuta, gi meritano d'entrare nel suo Regno; ma la grazia stessa che egli offre ai rigenerandi non la deve assolutamente a nessuno dei loro meriti. Per questo il vostro Pelagio, nel processo episcopale palestinese, fu costretto a condannare coloro che dicono che la grazia di Dio si d secondo i meriti nostri, per non essere condannato egli stesso: dove senza dubbio condann e te stesso e se stesso che non cessate di dirlo 354. Cotesta grazia, veramente grazia, cio gratuita e non dovuta a nessun merito precedente, ricordava l'Apostolo dove diceva: Quando essi non erano ancora nati e nulla avevano fatto di bene o di male, perch rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione 355. Cotesta l'elezione di cui si dice pure: C' un resto conforme ad una elezione per grazia. E se lo per grazia, non lo per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe pi grazia 356. Tant' vero che anche dopo aver detto: Perch rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione, soggiunge subito: Non in base alle opere, ma alla volont di colui che chiama, le fu dichiarato: Il maggiore sar sottomesso al minore 357. Contro questa tromba della verit tu strepiti e dici: Per curvare l'arroganza dei circoncisi l'apostolo Paolo ama indicare sotto il nome di grazia il solo potere di Dio. Nel qual caso che altro dici se non questo: Per curvare l'arroganza dei circoncisi l'Apostolo mentisce asserendo che Giacobbe non fu amato per le opere, mentre fu amato per le opere, cio perch era quieto, mite, obbediente ai precetti dei genitori, avidissimo di cose sante 358? N capisci che non fu amato perch era tale o perch sarebbe stato tale, ma divenne tale perch fu amato. Arrossisci: non mentisce l'Apostolo. Giacobbe non fu amato per le opere; ma, diletto per grazia 359, fu opportuno che la medesima grazia lo facesse abbondare di opere buone. Abbi piet della tua anima, non voler essere nemico di questa grazia! Insieme la grazia di Dio e la volont dell'uomo. Dio fa che l'uomo faccia. 134. GIUL. Dunque quella superbia, che voleva oziare e coprire con il colore della necessit la propria accidia per aver ragione di reclamare contro il Vangelo sull'accoglimento delle genti, si sente dire che, pur ammessa l'esattezza della tua interpretazione, tu

avresti dovuto supplicare Dio e non suscitare una sedizione. Con quelle parole rintuzza la nequizia di chi, adottando un parlare ambiguo, per questo cercava di attribuire a necessit divina la diversit dei meriti proveniente dalla qualit della volont, perch voleva asserire una di queste due necessit: o le genti non fossero ammesse a partecipare della promessa o, se ci fosse lecito a Dio, si estinguessero i compiti della libera volont. Ma poich ci non bastava all'impresa - da un tale maestro infatti come veniva esaltata l'autorit di Dio, cos non doveva essere lasciata indifesa la sua giustizia -, conseguentissimamente soggiunge che i vasi fatti per usi volgari e quelli fatti per usi nobili hanno questo trattamento dallo stipendio della propria volont: Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, gi pronti per la perdizione, e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, cio verso di noi che egli ha chiamati, non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani 360, che potremmo dire? Qui certamente risolve quello che il precedente conflitto aveva lasciato coperto: da Dio non si porta ira se non contro quei vasi che siano pronti per la perdizione e la gloria si dona ai vasi che siano stati preparati per essa. Da chi poi tali vasi vengano preparati a ricevere ci che abbiamo detto, l'ha manifestato il discorrere dello stesso Apostolo: In una grande casa, scrive, non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri ad usi pi spregevoli. Chi si manterr puro astenendosi da tali cose, sar un vaso nobile, santificato, utile al suo padrone, pronto per ogni opera buona 361. AG. Dunque i vasi si preparano da se stessi, cos che stato detto invano che Dio a predisporli alla gloria? Questo infatti quello che dici apertissimamente e non capisci che stato detto: Chi si manterr puro, per mettere in evidenza anche l'opera dell'uomo per mezzo della sua volont. Ma, o uomo ingrato, la volont preparata dal Signore 362. Perci sono vere ambedue le affermazioni: e che Dio prepara i vasi alla gloria e che i vasi si preparano anche da se stessi. Infatti Dio fa che l'uomo faccia, e Dio per primo ama l'uomo perch l'uomo ami Dio. Leggi il profeta Ezechiele, dal quale ho riferito sopra quello che mi sembrato sufficiente 363. Vi troverai anche queste parole: Dio fa che facciano secondo i suoi precetti gli uomini dei quali ha piet, non per i loro meriti, che ivi menziona come meriti cattivi, ma per il suo nome,

allo scopo che facendo Dio senza i meriti degli uomini che essi facciano secondo i suoi precetti comincino ad avere meriti di opere buone. Questa la grazia che voi negate: non la grazia che proviene dalle opere che si fanno, ma la grazia che proviene da Dio perch le opere si facciano. Ti basti che sia chiara la verit. 135. GIUL. Ecco l'ufficio della volont libera: Chi si manterr puro, dice, dal contagio dei vasi spregevoli - e con questo nome sono indicati i vizi -, sar un vaso nobile, santificato, utile al suo padrone, pronto per ogni opera buona 364. E' dunque con le loro scelte che questi vasi si preparano o all'ira o alla gloria. Ma in ambedue i casi Dio manifesta la sua potenza: o sfoderando la sua severit contro gli empi o elargendo la sua benedizione ai fedeli. Si pertanto fatto chiaro che questa sentenza dell'egregio precettore e non ha dato spago ai modi di sentire dei manichei e viceversa ha conseguentemente offerto a noi delle armi. AG. Perch calunni, perch incrimini, perch non presti attenzione chi e quali dottori della Chiesa tu incrimini? Ti rispondo con le parole non di un qualsiasi manicheo ma di Sant'Ambrogio: Dio chiama chi si degna di chiamare e fa religioso chi vuole 365. Questo lo fa Dio in verit, questo ha inteso Ambrogio nella verit delle divine Scritture, ma il giudizio per cui lo fa con alcuni e non con altri rimane occulto. Per questo detto all'uomo per mezzo di un uomo ma non dall'uomo: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oser forse dire il vaso plasmato a colui che l'ha plasmato: "Perch mi hai fatto cos"? Forse il vasaio non padrone dell'argilla per fare dalla medesima massa di pasta un vaso nobile e uno per uso volgare? 366 Togli le tue foschie dalla serenit di queste parole, che indicano un giudizio di Dio certamente occulto, ma che per se stesse sono tanto chiare da non lasciarsi appannare e oscurare dalla tua caligine. Dio crea tutti gli uomini, ma non li salva tutti. 136. GIUL. Essa perci ti anche fortemente contraria, perch dice che non tutti sono plasmati per la dannazione, nella quale tu dichiari che vanno tutti a finire. Assurdissimamente poi sei solito argomentare cos: Ma non sono plasmati per la dannazione coloro che successivamente sono liberati, perch anche cos non pu essere d'accordo con te nemmeno la superficie del discorso

dell'Apostolo. Infatti tu quando dici: " Tutti sono creati per la dannazione in forza della legge del nascere, ma alcuni, bench pochissimi, sono liberati per mezzo dei misteri ", non asserisci quello che asserisce l'Apostolo, il quale non insegna solamente che alcuni sono liberati tra i condannati, ma insegna che non tutti sono plasmati per la dannazione, e invece alcuni per il disonore, altri per l'onore. AG. L'Apostolo dove ha detto: Da uno solo tutti alla condanna 367, ha indicato la stessa massa che fluisce da Adamo tutta viziata. Dove poi dice che da essa si fanno vasi per uso nobile, esalta la grazia con la quale Dio libera altres gli uomini che crea. Dove per dice che dalla massa si fanno vasi per uso volgare, mostra il giudizio per cui Dio crea, s, gli uomini e tuttavia non li libera. Il che anche voi siete costretti a confessare dei bambini, dei quali non potete certamente negare che una sola sia per tutti la massa, checch pensiate della sua qualit. Dalla quale massa riconoscete tuttavia che alcuni si adottano per il Regno di Dio, e concedete che questi sono senza dubbio vasi fatti per uso nobile, e altri invece non si adottano, e che questi siano vasi fatti per uso volgare, se non lo acconsentite intelligentemente, lo negate impudentemente. Infatti, anche se come volete questa non una pena di condanna, sar almeno un'ingiuria per l'immagine di Dio essere separata dal Regno di Dio. Ma voi, se negherete persistentemente quella grazia, dimostrerete di appartenere a questo giudizio di condanna, il quale sarebbe certamente ingiusto nei bambini, se non ci fosse in loro il peccato originale. Fumi, non fulmini. 137. GIUL. Come si fatto chiaro che l'Apostolo l'ha detto della condotta morale, cos apparisce quanto sia grande la penuria di testimonianze della Legge che ti fa soffrire. Tu contro i fulmini della ragione chiedi aiuto a queste sentenze, le quali ti disdegnano e sono anzi incapaci per loro natura di venirti in soccorso. AG. Contro l'affermazione dell'Apostolo che Dio dalla medesima massa fa un vaso per uso nobile e un vaso per uso volgare, e contro la mancata affermazione dell'Apostolo che altri vasi Dio faccia n per uso nobile n per uso volgare - affermazione che certamente non mancherebbe, se Paolo credesse dei bambini ci

che credete voi -, contro di lui dunque che tuona in nome di Dio la vostra ragione non ha fulmini, ma fumi. Paolo, Isaia, il Verbo fatto uomo. 138. GIUL. E queste discussioni sono state fatte appositamente nei riguardi della testimonianza dell'Apostolo. Ma in Isaia, dal quale Paolo ha preso questa sentenza, Dio tanto lontano dal distogliere la creatura ragionevole dalla considerazione del suo giudizio che, come aveva detto per mezzo del medesimo Profeta: Togliete il male dalle vostre azioni, imparate a fare il bene, soccorrete l'oppresso; su, venite e discutiamo, dice il Signore 368, cos anche qui, per non sembrare d'aver fatto qualcosa con il solo potere e non con la giustizia, si degna rivelare la ragione dei suoi ordinamenti. Infatti al popolo giudaico, afflitto nella prigionia, annunzia l'approssimarsi del tempo della liberazione, quando sarebbero ritornati nella propria terra, e schiude la causa sia delle angosce precedenti, sia delle gioie imminenti. Gioisca il cielo dall'alto, dice, e le nubi facciano piovere la giustizia, nasca dalla terra la misericordia e insieme sorga la giustizia. Io sono il Signore Dio che ti ha creato. Io so fare anche meglio. Ti ho plasmato come l'argilla di un vasaio. L'aratore ara forse la terra tutto il giorno? Dir forse la creta al vasaio: "Che fai? Non lavori? Non hai mani?". Dice forse la creta a chi l'ha plasmata: "Mi hai plasmata sapientemente"? Chi oser dire a un padre: "Che cosa generi"? O ad una donna: "Che cosa partorisci"? Cos dice il Signore Dio, il Santo d'Israele, colui che ha predisposto l'avvenire: Interrogatemi sui miei figli e sulle mie figlie e datemi ordini per le opere delle mie mani. Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l'uomo; io con le mie mani ho disteso i cieli e ho dato ordini a tutte le stelle. Io ho stimolato il re alla giustizia; spianer tutte le sue vie. Egli ricostruir la mia citt e rimander i miei deportati, senza denaro e senza regali, dice il Signore degli eserciti 369. AG. Se tu capissi le parole del Profeta, capiresti che il re di cui stato detto: Io ho stimolato il re alla giustizia; spianer tutte le sue vie 370, questo Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Ges; ma lo capiresti cos com' da capire. N infatti oserai dire che egli sia stato fatto Figlio di Dio fin dall'inizio, cio dal seno della Vergine, per precedenti meriti di opere. Da quella medesima grazia dunque, dalla quale fu fatto buono quell'uomo fino dal suo inizio, da cattivi son fatti buoni gli uomini che sono membra di lui. Non trovate

infatti che cosa dire del Cristo secondo la sua umanit, cio secondo ci che il Verbo si fatto facendosi carne: perch colui che era Dio per un verso rimasto Dio, per un altro verso si fatto uomo, e perch questo stesso uomo non mai stato uomo cos da non essere l'unigenito Figlio di Dio a causa dell'unigenito Verbo. N infatti l'uomo Ges si procur d'essere l'unigenito Figlio di Dio con i meriti dei suoi comportamenti provenienti dalla sua propria volont: ma, come ha detto giustamente Ambrogio, si astenne da ogni delitto nella sua qualit di nato dallo Spirito 371. Altrimenti, secondo voi, ce ne sarebbero molti come lui, se l'avessero voluto essere, e che egli fosse unico nella sua qualit dipeso dal fatto che gli uomini non hanno voluto essere come lui. Se ponete attenzione con quanta empiet si dicano queste affermazioni o anche soltanto si credano con tacito pensiero, come riconoscete la natura dell'Unigenito: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 372, cos pure riconoscete la grazia: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi 373. Chiama dunque coloro che si degna di chiamare e fa religioso colui che vuole 374 lo stesso Dio che ha fatto unico Mediatore tra Dio e gli uomini l'uomo che volle, senza ombra di meriti precedenti da parte della volont umana. Dio giustifica la propria condotta. 139. GIUL. Il senso dunque contenuto in questo passo, per quanto spetta alla storia, che Dio fa al popolo questo discorso: Poich non per odio che vi ho consegnati alla cattivit, non nemmeno per dimenticanza del mio giudizio che ora vi ho tirati fuori dalla cattivit babilonica; ma, per quanto sta in me, io pronto a favorirvi con perseverante benevolenza, ho dovuto tuttavia per la mia giustizia e consegnarvi ai nemici quando avete peccato e ricrearvi e liberarvi dopo che siete stati oppressi. Come infatti un esperto contadino non si dedica sempre ad un solo lavoro cos da non fare altro che fendere i campi con gli aratri, ma prepara i terreni alla desiderata fertilit con opere varie, cos anch'io vario i generi dei miei interventi per poter adattare la vostra volont ai frutti della giustizia sia con afflizioni sia con consolazioni. Inoltre, perch intendiate con quanta equit agisco con voi, io potrei disprezzare secondo il mio potere i vostri borbottamenti e, come ad un vasaio non pu dire un suo vaso: " Che cosa hai fatto "?, cos anch'io potrei imporre a voi il peso del silenzio. Tuttavia contro questi esempi io vi provoco ad interrogarmi per i miei figli e per le mie

figlie, cio per voi e per le opere delle mie mani, perch impariate che io ho fatto tutto con giustizia e non ho fatto nulla con crudelt. AG. Tu dici quello che vuoi e non quello che ha detto Isaia: egli parla di grazia e tu parli contro la grazia. L'Incarnazione come esempio di grazia senza meriti. 140. GIUL. Tanto dal Profeta dunque quanto dall'Apostolo stato portato come esempio il vasaio perch non offrisse nient'altro che un punto di riferimento, senza giudicare tuttavia che gli uomini valgano presso Dio cos poco come l'argilla nel forno o nel tornio dei vasai. Portata a termine la spiegazione che abbiamo premessa, avvertiamo che secondo una versione recente c' altro che riluce nel medesimo passo. Stillate dice, cieli, dall'alto, e le nubi piovano il giusto; si apra la terra e germini il Salvatore e sorga insieme la giustizia. Io, il Signore, l'ho creato. Guai al vaso che discute con il suo vasaio, vaso tra gli altri vasi d'argilla. Dice forse la creta al suo vasaio: "Che fai"? Oppure: "L'opera tua senza mani"? 375 Con le quali parole, sebbene storicamente si esprima il re Ciro, tuttavia profeticamente si esprime l'incarnazione del Salvatore. E poich egli sarebbe nato da una vergine, si chiama in giudizio l'ostinazione dei Giudei e di tutti gli infedeli perch non si oppongano ai segni della fede. Dopo infatti aver premesso: Si apra la terra, germini il Salvatore e sorga insieme la giustizia, dice: Io, il Signore, l'ho creato. AG. Dimmi con quali opere abbia meritato questo l'uomo Cristo Ges e osa garrire per quale giustizia di Dio l'abbia meritato lui soltanto, o se non osi, confessa finalmente la grazia senza meriti, che non solo rimette all'uomo i suoi peccati, ma fa anche la giustizia nella natura umana per mezzo dello Spirito Santo. Non vero infatti che anche all'uomo Cristo la grazia abbia rimesso i peccati o che la grazia non l'abbia fatto tale da essere sempre buono fin dall'inizio, come fin dall'inizio sempre Figlio di Dio. Piuttosto, come quelli che nel deserto erano mortalmente malati per i morsi dei serpenti furono avvertiti di rivolgere lo sguardo per non morire al serpente che era stato innalzato come segno 376, cos coloro che sono avvelenati dalle vostre discussioni si devono avvertire di guardare al Cristo e di vedere nella giustizia di quell'uomo mediatore la grazia senza meriti, per espellere da s il veleno della vostra bocca. Inoltre nelle parole del Profeta, anche

secondo la recente versione che hai ricordata, dove il Cristo stato profetato con pi evidenza, non hai preso da essa a discutere se non il fatto che nacque da una Vergine, poich stato detto: Si apra la terra e germini il Salvatore, ma non hai voluto dire nulla della sua giustizia, che stata ugualmente preannunziata, bench tu abbia riportato le stesse parole profetiche: Stillate, cieli, dall'alto e le nubi piovano il giusto; si apra la terra e germini il Salvatore, e sorga insieme la giustizia. Dimmi: quale giusto hanno piovuto le nubi all'infuori del Cristo, che i Profeti e gli Apostoli hanno predicato e che nato dal seno stesso di una Vergine insieme con la giustizia? Tant' vero che dopo avere detto: Si apra la terra e germini il Salvatore, aggiunge subito: E sorga insieme la giustizia. Perci la grazia dalla quale sono fatti giusti gli uomini che rinascono nel Cristo la medesima grazia per la quale nasce il Cristo come uomo giusto. Com' dunque esempio di vita perch imitandolo agiamo con giustizia, cos pure esempio di grazia perch credendo in lui speriamo di essere fatti giusti per mezzo di lui dalla medesima fonte dalla quale stato fatto giusto lui stesso, che per opera di Dio diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perch, come sta scritto: "Chi si vanta, si vanti nel Signore" 377. Pertanto tutti quelli che avete morsicati con il vostro dente mortifero, rivolgano lo sguardo a questo Giusto e saranno sanati: cio credano di ricevere la giustizia dalla medesima fonte dalla quale ebbe la giustizia innata il Cristo, e quindi si vantino non nel loro arbitrio e non nel loro merito, ma nel Signore. Le opere buone seguono la grazia, non la precedono. 141. GIUL. Nel testo del Profeta la terra si apre al germe prima di accogliere il seme dalle mani del contadino; ci che si riscontra nel parto della Vergine, la quale con il dono di madre ha preceduto ed escluso l'ufficio di moglie. Dio onnipotente promette dunque quello che non era in uso e, prevedendo una moltitudine d'increduli, aggiunge: Guai al vaso che discute con il suo vasaio, vaso tra altri vasi d'argilla 378. Cio: Guai a coloro che, pur promettendolo Dio, sostengono l'impossibilit di una vergine a rimanere incinta e, bench costoro a loro volta vengano inseriti nelle viscere materne con i semi, istituiti da Dio, e tuttavia con l'intervento della potenza di Dio, affermano ostinatamente che dalla carne di una vergine non si sarebbe potuta costruire un'altra carne senza la collaborazione del maschio. Che voi dunque, o gente cocciuta, crediate sia stato impossibile per me fare questo e mi opponiate come prova

l'oggettiva difficolt intrinseca della realt, mentre consta che voi stessi siete stati fatti dalle mie mani, tale e quale come se la creta dicesse al suo vasaio che la lavora: " Non hai mani " nel momento stesso in cui le mani del vasaio stanno dandole forma di vaso. Cos dunque anche voi che indagate chi senza seme virile abbia dato il Figlio alla Vergine, sappiate che quel medesimo Dio che ha fatto voi dal seme. Ma ormai, poich la nostra spiegazione, bench in due forme diverse e tuttavia in ambedue pia e religiosa, stata in perfetta consonanza con le Sante Scritture, termini il primo libro, non senza tuttavia ammonire alla sua fine che Dio si creda autore dei nascenti, tutore degli innocenti, rimuneratore dei cattolici, punitore dei manichei. AG. Perch sappiano coloro che leggono con intelligenza in che modo tu abbia tentato di oscurare e di contorcere le parole apostoliche chiare e rette, devo rispondere al tuo ragionamento con il ragionamento medesimo dell'Apostolo. Volendo dunque il beato Paolo mostrare che quanto ha promesso, Dio ha pure il potere di realizzarlo - e qui si tratta massimamente della grazia di cui voi siete nemici; non infatti in potere degli uomini che Dio adempia le sue promesse, ma in potere di colui stesso che ha promesso -, volendo dunque dimostrarlo dice: Non pu venire meno la parola di Dio. Infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele, n per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: In Isacco ti sar data una discendenza, cio non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. Queste infatti sono le parole della promessa: Io verr in questo tempo e Sara avr un figlio 379. Tieni in mente i figli della promessa, perch chi ha promesso pure capace di mantenere 380. Dice: E non tutto, ma c' anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco, nostro padre: quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male perch rimanesse fermo il disegno divino fondato sulla elezione non in base alle opere, ma alla volont di colui che chiama -, le fu dichiarato: Il maggiore sar sottomesso al minore 381. E qui tieni in mente l'elezione non in base alle opere, che in qualche modo ha spiegato un Profeta posteriore, al quale allude l'Apostolo soggiungendo: Come sta scritto: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esa 382. Qui si presenta una questione che potrebbe turbare coloro che non comprendono la profondit della grazia, e l'Apostolo proponendola a se stesso scrive: Che diremo dunque? C' forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! 383 E per spiegarlo,

questo: No certamente, aggiunge: Egli infatti dice a Mos: User misericordia con chi vorr e avr piet di chi vorr averla. Quindi non dipende dalla volont n dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia 384. Se tu ne tenessi conto, non esalteresti contro la grazia i meriti della volont, quando senti dire: Non dipende dalla volont n dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. Non Dio dunque us misericordia con Giacobbe, perch Giacobbe volle e si sforz, ma Giacobbe volle e si sforz perch Dio us misericordia. La volont infatti preparata dal Signore 385, e: Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo e segue con amore il suo cammino 386. Dopo, poich nei riguardi di Giacobbe si proferita questa sentenza generale: Non dipende dalla volont dell'uomo n dai suoi sforzi, ma da Dio che usa misericordia, si d pure l'esempio del Faraone in riferimento all'affermazione: Ho odiato Esa e si soggiunge: Dice infatti la Scrittura al Faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perch il mio nome sia proclamato in tutta la terra 387. Dopo di che si conclude rispetto ad ambedue: Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole 388; ma certamente usa misericordia secondo la grazia che si dona gratuitamente e non si rende ai meriti. Fare appunto dalla massa condannata un vaso per uso nobile una grazia manifesta; fare al contrario dalla massa condannata un vaso per uso volgare un giusto giudizio. Riferendo perci le parole di coloro a cui ci dispiace scrive: Mi potrai per dire: Ma allora perch ancora rimprovera? Chi pu infatti resistere al suo volere? E rintuzzandoli dice: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oser forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasm: Perch mi hai fatto cos? Forse il vasaio non padrone dell'argilla per fare con la medesima massa di pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? 389 Vedi se non collima con le sue parole precedenti e se dissente dalle tue, tu che reputi che ci sia stato detto secondo i meriti delle volont, contro la sua esplicita affermazione: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perch rimanesse fermo il disegno di Dio fondato sulla elezione non in base alle opere, ma alla volont di colui che chiama -, le fu detto: Il maggiore sar sottomesso al minore e contro la sua conclusione: Quindi non dipende dalla volont n dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. N solamente contro queste asserzioni che precedono, ma altres contro le asserzioni che seguono. Dice appunto vasi di collera quelli gi completamente pronti alla perdizione: il che sarebbe ingiusto, se non ci fosse gi la massa

condannata per il fatto che tutti finiscono nella condanna a causa di uno solo; e dice vasi di misericordia quelli che egli ha predisposti alla gloria. Appunto alla misericordia gratuita e non dovuta compete di preparare dalla massa condannata vasi alla gloria, non solo tra i Giudei, come dice, ma anche tra i pagani. E per questo cita il testo del Profeta Osea: Chiamer mio popolo quello che non era mio popolo 390, e la dichiarazione di Isaia: Di Israele sar salvato solo il resto 391. Che poi fosse effetto della grazia di Dio la sopravvivenza di un tale resto lo insegna di seguito con le parole dello stesso Profeta: Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza 392. Dopo inculca che le genti hanno conquistato la giustizia per mezzo della fede e che al contrario Israele non l'ha conquistata, perch presumeva di conquistarla con le opere e non con la fede. La fede infatti ottiene ci che l'Apostolo dice poco dopo: Chiunque invocher il nome del Signore sar salvato 393. Alla quale salvezza spetta che le opere siano buone e che la giustizia venga a noi da Dio e non da noi. Per questo nei riguardi di coloro che hanno urtato contro la pietra d'inciampo, perch ricercavano la giustizia non dalla fede, ma dalle opere, seguita a dire: Fratelli, il desiderio del mio cuore e la preghiera sale a Dio per la loro salvezza. Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza; poich ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio 394. Quello assolutamente che state facendo anche voi: volete appunto stabilire la vostra giustizia alla quale Dio corrisponda con la sua grazia secondo i vostri meriti, n volete la precedenza della grazia di Dio che vi faccia avere la giustizia. Poi, seguendo il filo del ragionamento, Paolo arriva al passo dove dice: Io domando dunque: "Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo"? Impossibile! Anch'io sono Israelita, della discendenza di Abramo, dalla trib di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo che egli ha scelto fin da principio. O non sapete forse ci che dice la Scrittura nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele? "Signore hanno ucciso i tuoi Profeti, hanno rovesciato i tuoi altari e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita". Cosa gli risponde per la voce divina? "Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal". Cos anche al presente c' un resto, conforme a una elezione per grazia. E se lo per grazia, non lo per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe pi grazia 395. Vedi poi che cosa aggiunga. Scrive: Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma lo hanno ottenuto invece gli

eletti 396. Ma vedi pi sopra quale elezione, dove dice: C' un resto conforme ad una elezione per grazia. E se lo per grazia, non lo per le opere. E mette questo in rapporto al punto di partenza di questa discussione: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male, perch rimanesse fermo il disegno divino fondato sulla elezione non in base alle opere 397. Questa l'elezione per grazia e non per le opere, che fa vasi per uso nobile perch facciano opere buone: le opere buone seguono infatti la grazia e non la precedono, perch la grazia di Dio che ci fa fare le opere buone e ci distoglie dallo stabilire la nostra giustizia, ma fa s che in noi ci sia la giustizia di Dio, cio quella che Dio dona a noi. Gli altri invece sono stati accecati 398: questo il giudizio per cui si fanno i vasi per uso volgare. Per tale giudizio stato detto: Ho odiato Esa. Per tale giudizio stato detto anche al Faraone: Ti ho fatto sorgere per questo. Dal che apparisce che voi, intendendo cos o meglio non intendendo l'Apostolo, volete gloriarvi delle opere contro la grazia e volendo stabilire la vostra giustizia non siete sottomessi alla giustizia di Dio. Per quanto poi riguarda noi, predichiamo, s, che Dio l'autore dei bambini, ma non diamo ai bambini, che sono vasi della medesima massa, una collocazione intermedia, che non sia n dei vasi fatti per uso nobile n dei vasi fatti per uso volgare, come non l'ha data l'Apostolo. Il che facendo voi sfuggireste al giudizio di Dio, se poteste dimostrare che egli il punitore soltanto dei manichei e non di tutti gli eretici.

1 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13; cf. C. duas epp. Pelag. 4, 11, 29. 2 - Sal 143, 4. 3 - Cf. Lv 12, 6-8. 4 - Cf. Gn 17, 14. 5 - Cf. Gs 6, 21; 10, 32. 6 - Sal 143, 4. 7 - 1 Cor 15, 22. 8 - Gb 14, 4-5 (sec. LXX).

9 - Cf. De nupt. et concup. 1, 1. 10 - Cf. Mt 23, 27. 11 - 2 Cor 5, 20. 12 - Cf. De nupt. et concup. 2, 2. 13 - De nupt. et concup. 2, 2. 14 - Cf. De nupt. et concup. 2, 2. 15 - Cf. De nupt. et concup. 2, 2. 16 - Rm 5, 12. 17 - Cf. De nupt. et concup. 1, 1. 18 - De nupt. et concup. 2, 3s. 19 - Cf. CICERO, Catil. 1, 1. 20 - Cf. C. Iul. 6, 75. 21 - Cf. Confess. 5, 6-7. 13. 22 - Cf. Rm 5, 12. 23 - Dt 32, 4. 24 - Sal 10, 8. 25 - Sal 118, 172. 26 - Cf. Sir 40, 1. 27 - Cf. Mt 1, 21. 28 - Cf. Ezech 13, 18. 29 - Qo 9, 18. 30 - Qo 1, 2-3. 31 - Sal 143, 4.

32 - Cf. Sal 143, 4. 33 - Rm 10, 3. 34 - Cf. Mt 20, 1-10. 35 - Rm 9, 16. 36 - Rm 11, 33. 37 - Cf. 1 Cor 1, 27. 38 - Sal 48, 7. 39 - 1 Cor 1, 20. 40 - Cf. De duab. anim. 15. 41 - Ibidem. 42 - Sir 15, 14. 17-18. 43 - Is 1, 19-20. 44 - 1 Cor 15, 34. 45 - Gal 6, 7-8. 46 - Fil 2, 13. 47 - Prv 4, 27. 48 - De duab. anim. 15. 49 - Ibidem. 50 - Rm 7, 19. 51 - Mt 23, 26. 52 - Sap 2, 21. 53 - Sal 68, 24. 54 - Cf. Rm 8, 10.

55 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 56 - Cf. De nupt. et concup. 1, 22. 57 - 1 Cor 8, 5-6. 58 - Cf. VERG., Aen. 7, 565. 59 - Rm 5, 8. 60 - Rm 8, 32. 61 - Cf. Eb 7, 9-10. 62 - AMBROSIUS, De paradiso 13, 67. 63 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 64 - PELAGIUS, De lib. arb. 3. 65 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 66 - Rm 5, 8. 67 - Rm 8, 32. 68 - Rm 9, 20. 69 - Rm 11, 33. 70 - 2 Tm 2, 19. 71 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 72 - Lc 19, 10. 73 - Cf. Sir 40, 1. 74 - Cf. Eb 12, 23. 75 - 1 Tm 6, 16. 76 - Cf. Gn 17, 12-14. 77 - Es 34, 7; Ger 32, 18.

78 - Cf. Rm 8, 10. 79 - Cf. Eb 12, 23. 80 - Cf. Col 1, 13. 81 - Cf. CYPRIANUS, Ep. ad Fidum 64, 5. 82 - Cf. Sir 40, 1. 83 - De nupt. et concup. 1, 1. 84 - Ibidem. 85 - Col 1, 13. 86 - De nupt. et concup. 2, 4-5. 87 - CYPRIANUS, Ep. ad Fidum 64, 5. 88 - Sal 118, 175. 89 - Sal 50, 7. 90 - HILARIUS, In Sal 118, 175. 91 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 92 - GREGORIUS NAZ., Orat. in Christi Natalem 38, 17. 93 - BASILIUS, Serm. I de ieiunio 4. 94 - IOANNES CONSTANTINOP., Ep. ad Olymp. 3, 3. 95 - Ef 4, 5. 96 - C. Iul. 3, 8 ss. 97 - Cf. Mt 1, 21. 98 - GREGORIUS NAZ., Orat. in Christi Natalem 38, 17. 99 - Cf. Sir 40, 1. 100 - Cf. Sap 9, 15.

101 - Cf. Sal 4, 3. 102 - C. Iul. 1, 7. 103 - Cf. De pecc. mer.et rem. 3, 2. 104 - Mc 16, 16. 105 - Mc 10, 14; cf. Mt 19, 14; Lc 18, 16. 106 - Mt 1, 21. 107 - Cf. Mt 11, 25. 108 - Sal 50, 7. 109 - Rm 7, 24. 110 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 111 - Mt 1, 21. 112 - Gb 14, 1-5 (sec. LXX). 113 - Lc 19, 10. 114 - Cf. Gn 1, 26; 5, 1. 115 - Sal 143, 4. 116 - Sal 38, 6. 117 - De nupt. et concup. 1, 1. 118 - Col 1, 13. 119 - Ibidem. 120 - 2 Cor 5, 14. 121 - Eb 2, 14. 122 - Cf. CICERO, De fin. 2, 11, 34; 5, 25, 73; LACT., De falsa sap. 3, 7.

123 - AMBROSIUS, De Arca Noe 3, 7. 124 - AMBROSIUS, Lib II in Lc 2, 23. 56. 125 - Rm 7, 24-25. 126 - DE NUPT. ET CONCUP. 2, 6. 127 - Cf. Gv 8, 44. 128 - 1 Tm 1, 15-16. 129 - Rm 2, 4-5. 130 - Col 3, 5-7. 131 - Rm 6, 6. 132 - Rm 7, 24. 133 - Rm 7, 25. 134 - Sal 31, 1-2. 135 - Rm 7, 24-25. 136 - Rm 7, 15. 137 - Rm 7, 17-19. 138 - Rm 7, 24. 139 - Mt 6, 12-13. 140 - Gc 1, 14. 141 - Rm 7, 18. 142 - Cf. 1 Cor 15, 54-55. 143 - 1 Cor 15, 53-54. 144 - Rm 8, 10. 145 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13; Rm 7, 24.

146 - GREGORIUS NAZ., Orat. I de fuga sua 2, 9. 147 - Cf. De pecc. mer. et rem. 1, 3-4. 148 - Cf. Confess. 9, 18. 149 - Gn 3, 19. 150 - 1 Cor 6, 10. 151 - 1 Cor 7, 5-6. 152 - Rm 7, 18. 153 - Cf. Gn 3, 7. 154 - Cf. Gn 2, 25. 155 - Rm 7, 23. 156 - Rm 7, 24-25. 157 - Rm 6, 19. 158 - Rm 7, 5. 159 - GREGORIUS NAZ., Orat. I de fuga sua 2, 9. 160 - Cf. Gal 5, 17. 161 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 162 - GREGORIUS NAZ., Orat. in Natalem Domini 41, 14. 163 - GREGORIUS NAZ., Orat. in Pentecosten. 164 - HILARIUS, In Sal. 118, 75. 165 - De nupt. et concup. 2, 6. 166 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 142-143. 167 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 168 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 141.

169 - Gal 5, 17; CYPRIANUS, De Orat. Dominica 16. 170 - Gal 5, 16. 171 - Gal 5, 17. 172 - Gal 3, 2. 173 - Cf. supra 71. 174 - Mt 26, 41. 175 - Cf. Sal 48, 7. 176 - De nupt. et concup. 2, 6-7. 177 - De nupt. et concup. 2, 8. 178 - Gv 8, 36. 179 - 2 Pt 2, 19. 180 - Rm 5, 12; De nupt. et concup. 2, 8. 181 - Cf. supra 42. 182 - Rm 6, 20. 183 - Gv 8, 36. 184 - CICERO, De officiis 1, 7. 185 - Cf. Rm 10, 3. 186 - Prv 2, 12 (sec. LXX). 187 - 2 Cor 3, 5. 188 - Sal 48, 7. 189 - Sal 17, 2. 190 - 2 Tm 2, 13. 191 - Cf. supra 28. 67.

192 - Rm 5, 5. 193 - Gv 8, 36. 194 - Rm 6, 22. 195 - Rm 5, 5. 196 - Gv 15, 5. 197 - Gv 8, 31-32. 198 - Gv 8, 33. 199 - Rm 8, 21. 200 - Gv 8, 34-36. 201 - Gv 8, 34. 202 - Cf. Lc 13, 28-29. 203 - Cf. Rm 6, 12-13. 17-19. 204 - Sal 118, 133. 205 - Gv 8, 37. 206 - Gv 8, 37-38. 207 - Cf. Lc 24, 27. 208 - Cf. At 16, 14. 209 - Gv 8, 39-41. 210 - Mt 6, 13. 211 - Gv 8, 36. 212 - Cf. 2 Cor 4, 2. 213 - Cf. supra 69. 214 - Rm 7, 15. 19.

215 - Rm 7, 19. 216 - Sir 40, 1. 217 - Sal 143, 4. 218 - Gv 5, 43. 219 - Mt 12, 33. 220 - Gv 10, 38. 221 - Mt 23, 37. 222 - Mt 23, 38. 223 - Is 1, 19-20. 224 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 27. 225 - Mt 6, 13. 226 - Is 1, 20. 227 - Cf. At 9, 1. 228 - Cf. At 9, 4-5. 20. 229 - Gv 3, 8. 230 - Gv 8, 36. 231 - Rm 6, 20. 232 - Rm 6, 20-22. 233 - Rm 7, 25. 234 - Gv 1, 12; C. duas epp. Pelag. 1, 2, 4. 235 - C. duas epp. Pelag. 1, 6-7. 236 - Is 8, 20 (sec. LXX). 237 - Cf. Gv 1, 14.

238 - Cf. Rm 5, 8. 239 - Rm 8, 32. 240 - Cf. Rm 8, 17. 241 - Cf. 1 Tm 1, 8. 242 - Cf. 2 Cor 3, 6. 243 - Fil 2, 13. 244 - Prv 8, 35 (sec. LXX). 245 - 1 Gv 4, 7. 246 - Cf. Ef 3, 19. 247 - 2 Cor 5, 10. 248 - Rm 8, 10-11. 249 - Cf. De gestis Pelag. 11, 23-24. 250 - IOANNES CONSTANTINOP., Ep. ad Olymp. 3, 3. 251 - Rm 7, 14-15. 252 - C. duas epp. Pelag. 1, 7. 253 - Gv 15, 5. 254 - Prv 8, 35 (sec. LXX). 255 - Fil 2, 13. 256 - Sal 36, 23. 257 - C. duas epp. Pelag. 1, 7. 258 - Mt 6, 12. 259 - Cf. 1 Gv 1, 8. 260 - Gv 15, 5.

261 - Cf. At 10, 1-3. 262 - Cf. At 8, 9-13. 18-24. 263 - Sal 35, 7. 264 - Cf. Rm 11, 6. 265 - Rm 6, 20. 266 - Rm 6, 18. 267 - Rm 7, 19. 268 - Cf. supra 28. 269 - Cf. Rm 8, 23. 270 - Mt 6, 12. 271 - 2 Tm 2, 13. 272 - Mt 6, 12-13. 273 - Rm 7, 19. 274 - Sal 24, 7. 275 - Gb 14, 17 (sec. LXX). 276 - Cf. C. Iul. 6, 54. 277 - Cf. supra 69. 278 - Mt 6, 12-13. 279 - Mt 6, 13. 280 - Sal 24, 17. 281 - Gc 1, 14. 282 - Cf. CYPRIANUS, Ep. ad Fidum 64, 5. 283 - Rm 5, 12.

284 - Rm 6, 20. 285 - Rm 6, 21. 286 - Rm 6, 16. 287 - 2 Pt 2, 19. 288 - Rm 6, 20. 289 - Mt 6, 13. 290 - 2 Cor 13, 7. 291 - Rm 6, 19-20. 292 - Cf. supra 73. 293 - De nupt. et concup. 1, 26. 294 - Rm 5, 12. 295 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 296 - Cf. supra 74. 297 - Gv 5, 21. 298 - Cf. Gv 6, 44. 299 - Mt 11, 30. 300 - Cf. Lc 19, 10. 301 - Cf. Mt 1, 21. 302 - 2 Pt 2, 19. 303 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 304 - C. Lc 19, 10; Rm 5, 12. 305 - Rm 9, 21; De nupt. et concup. 2, 8. 306 - Sal 100, 1; De nupt. et concup. 2, 8.

307 - Cf. Is 45, 9. 308 - Cf. infra 2, 20. 309 - C. Iul. 6, 75. 310 - PROSPERUS, Excerpta 296. 8. 311 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 312 - Cf. Sir 40, 1. 313 - Cf. Col 1, 13. 314 - 2 Cor 5, 14-15. 315 - Cf. Ez 16, 48. 51. 55. 316 - Cf. Lc 19, 10. 317 - Cf. Sap 4, 11. 318 - Cf. Gn 1, 31. 319 - AMBROSIUS, In Luc. 1, 37. 320 - 1 Tm 2, 5. 321 - 2 Cor 4, 13. 322 - Ef 2, 8. 323 - Ef 6, 23. 324 - Cf. Rm 5, 16. 325 - Cf. Rm 5, 12. 326 - Rm 9, 21. 327 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 328 - Cf. Rm 5, 12. 329 - Rm 9, 20.

330 - Rm 5, 16. 331 - Gv 3, 36. 332 - Rm 9, 23. 333 - Rm 9, 20. 334 - Cf. 1 Cor 1, 31. 335 - Rm 9, 20-21; cf. Is 45, 9. 336 - Sal 100, 1. 337 - Rm 11, 34; cf. Is 40, 13. 338 - Rm 9, 20. 339 - Cf. Rm 2, 12; 3, 29-31. 340 - Cf. Rm 3, 29. 341 - Rm 4, 4. 342 - Rm 9, 11-12. 343 - 1 Gv 4, 19. 344 - Cf. Es 3, 6; Mt 22, 32; Eb 12, 16-17. 345 - Cf. 2 Cor 13, 3. 346 - Rm 9, 18. 347 - Rm 9, 20. 348 - Is 45, 9; Rm 9, 20. 349 - Rm 9, 21. 350 - Cf. At 9, 4. 8s. 351 - Rm 11, 5-6. 352 - Ez 36, 22.

353 - Ez 36, 27. 354 - Cf. De gestis Pelag. 13, 30. 355 - Rm 9, 11-12. 356 - Rm 11, 5-6. 357 - Rm 9, 12. 358 - Cf. supra 132. 359 - Rm 11, 6. 360 - Rm 9, 22-24. 361 - 2 Tm 2, 20-21. 362 - Prv 8, 35 (sec. LXX). 363 - Cf. supra 133. 364 - 2 Tm 2, 21. 365 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 27. 366 - Rm 9, 20-21. 367 - Rm 5, 16. 368 - Is 1, 16-18. 369 - Is 45, 8-13. 370 - Is 45, 13. 371 - AMBROSIUS, In Is.; cf. De nupt. et concup. 1, 40. 372 - Gv 1, 1. 373 - Gv 1, 14. 374 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 27. 375 - Is 45, 8-9.

376 - Cf. Nm 21, 6-9. 377 - 1 Cor 1, 30-31. 378 - Is 45, 9. 379 - Rm 9, 6-9. 380 - Rm 9, 10-13. 381 - Rm 9, 14. 382 - Rm 9, 15-16. 383 - Rm 9, 16. 384 - Ibidem. 385 - Prv 8, 35. 386 - Sal 36, 23. 387 - Rm 9, 13. 16-17. 388 - Rm 9, 18. 389 - Rm 9, 19-21. 390 - Rm 9, 24; Osea 1, 9. 391 - Is 10, 22; cf. Rm 11, 5. 392 - Is 1, 9. 393 - Rm 10, 13. 394 - Rm 10, 1-3. 395 - Rm 11, 1-6. 396 - Rm 11, 7. 397 - Rm 9, 11. 398 - Rm 11, 7.

LIBRO SECONDO I giudici desiderati da G. 1. GIULIANO. Questo sarebbe per noi un trattamento opportuno: o che potessimo difendere gli interessi della verit dinanzi a giudici eruditi, o che almeno, fin quando ci viene negato, non fossimo incalzati da tumulti di persone incompetenti. AGOSTINO. Tu certamente cerchi giudici di tale erudizione da non poter giudicare i tuoi insegnamenti, se non sono stati dotti e insigni nelle discipline liberali e inoltre non ignari del pensiero dei filosofi di questo mondo. Di tale erudizione era il nostro Ambrogio, dal quale, se non ne rifiuti il giudizio, non puoi dubitare d'essere stato giustissimamente condannato. Egli dice infatti: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch nel vizio la nostra stessa nascita 1, per dimostrare con queste sue parole la necessit per i bambini del Cristo Salvatore, cio di Ges. Poich lo contraddici, devi confessare che il tuo desiderio di avere giudici eruditi equivale al desiderio di non avere per vostri giudici dei giudici cristiani cattolici. Si toglie alla Chiesa il rispetto della ragione. 2. GIUL. E poich siamo danneggiati nell'innalzare a salvezza delle Chiese il trofeo che la prudenza dei " conoscitori " stava per assicurare alla buona causa con meravigliosi suffragi, almeno non valesse nulla di pi a nostra ignominia l'assenso del volgo. Delle due parti dunque della popolazione che ho dette, una ci gioverebbe e l'altra non ci nuocerebbe, se o la prima ottenesse il suo diritto o la seconda rispettasse il riserbo. Ma poich c' una grande confusione ed numerosissima la moltitudine degli stolti, si toglie alla Chiesa il timore della ragione, perch a vele spiegate navighi un dogma popolare. AG. Se questo che noi asseriamo un dogma popolare, allora non un dogma manicheo questo che tu perversamente impugni nelle popolazioni cristiane. Fai bene appunto a respingere nei suoi pochi seguaci la pazzia dei manichei, ma anche tu hai la tua pazzia: quella di volgere contro di noi, con l'accusa di manicheismo, quei popoli di cui rifiuti il giudizio; quasi che questi popoli, ingannati dalla tua loquacit, possano dire manicheo Ambrogio, dire manicheo Cipriano, i quali, anche in rapporto alla salvezza dei

bambini, insegnarono l'esistenza del peccato originale. Ora, i popoli non li fece tali Ambrogio ma li trov, non li fece ma li trov anche lo stesso Cipriano; li trov tali nella Chiesa anche tuo padre, quando fosti battezzato da bambino, come dicono 2. Infine i popoli cattolici li trovaste tali pure voi. Chettevi voi. Noi confessiamo che il nostro un dogma popolare, perch noi siamo il popolo di colui che fu chiamato Ges proprio per la ragione che salv il suo popolo dai suoi peccati 3. Dal quale popolo quando voi volete separare i bambini, finite con il separare piuttosto voi stessi. Il volgo stima migliore l'opinione della maggioranza. 3. GIUL. Cos, poco essendo permesso ai competenti e tutto invece agli incompetenti, per decreto di sedizioni stata cancellata dalle Chiese la censura delle virt e a noi davanti agli uomini del volgo nuoce l'aver rifiutato d'essere la porta dell'errore. Davanti agli uomini di quel volgo, dico, che, soppesando il merito di una sentenza dal suo successo, stima pi vera quella che vede piacere ai pi. AG. Che forse Manicheo piace ai pi? I manichei non sono forse e pochi e pessimi, come i parricidi? Non vogliate dunque gloriarvi d'essere pochi. E non vogliate dire, perch sarebbe ancora pi falso, che il nostro dogma piace ai pi e insieme accusarci del dogma di una detestabile minoranza. Cicerone e il Salmista. 4. GIUL. Tullio osserva contro Epicuro che le sue dottrine non sono proposte sottilmente con argomentazione manifesta, perch uomini di tal fatta ovviamente confessano che quelle dottrine piacciono a loro 4. Come in tutto, per un'abitudine perversa, pensano costoro che ci sia una testimonianza di sapienza. AG. Ma in questa sentenza Tullio fu vinto e stravinto da colui che dice: Lodate il Signore, popoli tutti; voi tutte nazioni dategli gloria 5. Le quali nazioni tu cerchi non d'istruirle veracemente, ma d'ingannarle, alcune, sottilmente e di aggiungerle al vostro piccolo numero, predicando la sottigliezza di pochi filosofi mondani e rimproverando noi di non proporre sottilmente le nostre dottrine, e per questo uomini di questa fatta ovviamente confessano che a loro piacciono le nostre dottrine. Di me tuttavia hai detto qualche volta che nulla faccio meglio che non farmi capire. Com' dunque che la

dottrina che io difendo piace alla moltitudine, se non perch questa moltitudine cattolica e ad essa giustamente dispiace la vostra eresia? Le anime libidinose seguono te che ami la libidine. 5. GIUL. Diletta infatti assolutamente le anime libidinose infamare tutto ci che stato dei santi in ogni tempo e in ogni luogo, per non essere castigate dagli esempi di opere illustri. AG. Dunque le anime libidinose corrono piuttosto dietro a te che lodi la libidine. Le anime caste infatti meritano lode espugnando ci che vituperando condannano. La volont umana pu volere il bene, ma dopo che Dio l'ha preparata. 6. GIUL. Diletta assolutamente tali anime e le conquide completamente mettere sotto accusa la debolezza della natura, dire che la carne soggetta a peccati congeniti, non collocare l'efficacia dell'emendamento nella volont umana, ma chiamare i crimini delle scelte uffici delle membra; essere questa la fede cattolica: confessare il libero arbitrio, ma perch con esso sia costretto l'uomo a fare il male e non possa volere il bene. AG. Perch ti adiri con noi che bramiamo l'efficacia dell'emendamento tanto pi sicuramente quanto pi fiduciosamente lo invochiamo dal Signore? Invano dilati la tua lingua gonfiata da voce superbiosa. Noi non vogliamo assolutamente, non vogliamo essere contati tra coloro che confidano nella propria forza 6. L'anima nostra ha sete di Dio 7 e dice a lui: Ti amo, Signore, mia forza 8. Pu infatti l'uomo volere il bene, ma la volont viene preparata dal Signore 9; al male invece la volont viziata si volge con libidine, e per questo la natura umana ha bisogno di essere risanata. Non si possono riversare i nostri peccati sulla necessit della carne. 7. GIUL. Dicono al contrario vani ed eretici i discorsi di quanti asseriscono che Dio, giusto, ha creato l'uomo libero di fare il bene e che in potere di ciascuno stare lontano dal male e risplendere per scelte virtuose, perch su quanti riversano le loro cattive azioni

sulla necessit della carne si conficchi la spina delle sollecitudini e delle paure. AG. Noi non diciamo vani ed eretici i discorsi di quanti asseriscono che Dio, giusto, ha creato l'uomo libero di fare il bene. Tale cre appunto Adamo, nel quale eravamo noi tutti. Ma, peccando, Adamo rovin se stesso e in s tutti gli altri. Attualmente perci non in potere dei figli dell'uomo d'esser liberati dal male, se la grazia di Dio non d a loro il potere di diventare figli di Dio 10. Per questo, non in quanti riversano le loro cattive azioni sulla necessit della carne, come dici tu, ma in quanti versano le loro suppliche a Dio per non essere indotti nelle tentazioni di cattive azioni si conficca la spina della sollecitudine e della paura di acconsentire alle vostre discussioni tanto superbe e tanto ingrate verso Dio. Ti risponde Ambrogio. 8. GIUL. Infine, in Chiese che possiedono grande onore e grande popolazione, si predica essere tanta la forza del peccato che la colpa, prima della formazione delle membra, prima dell'inizio e dell'arrivo dell'anima, volando sopra i semi appena gettati, invade l'intimo della madre, rende rei i nascituri e aspetta la sostanza precedendone la stessa nascita. La quale legge del peccato, abitando poi nelle membra, fa suo schiavo l'uomo e lo costringe a servire ai peccati, pi degno di misericordia nelle sue turpitudini che di castigo, poich quello che noi diciamo vizi di volont depravata, nella Chiesa da uomini e da donne e da grandi pontefici chiamato passione originale. AG. Ti risponde il grande pontefice Ambrogio, lodato in modo eccellente dalla bocca del vostro eresiarca, e dice: Malamente partor Eva, cos da lasciare alle donne l'eredit del parto e cos che ciascuno, impastato dalla volutt della concupiscenza, infuso negli organi genitali, coagulato in grumo di sangue, avvolto in panni, subisse il contagio dei peccati prima di bere al dono dello spirito della vita 11. Ha dunque bisogno, Giuliano, la natura umana della misericordia di Dio che la risani, non delle tue vane declamazioni che ne lodino la pretesa sanit. Accusa tu Ambrogio d'essere manicheo. 9. GIUL. Cos dunque questi prostituti degli immondissimi dogmi dei manichei provocano gli orecchi degli uditori.

AG. Incrimina Ambrogio d'essere manicheo, se ne hai il coraggio. Avverti contro quale personaggio tu dica quello che vuoi far apparire di dire contro di me, e se ti rimane o qualche timore di Dio o qualche pudore degli uomini, chtati. Quanto a me, mi conviene in compagnia di tali personaggi ascoltare non solo pazientemente, ma anche allegramente i tuoi oltraggi. Quanto invece a te, nello strapazzare tali personaggi devi avere vergogna dei giudizi umani e devi avere paura dei giudizi divini. L'ortica dei nostri nemici. 10. GIUL. Questa l'ortica che tormenta i nostri nemici d'ambedue i sessi e che mordeva, s, da tempo, per il vizio di una cattiva abitudine, ma si curava tuttavia con certi unguenti di salutari esortazioni. AG. Per le punture dell'ortica si sente prudere, ma solamente chi loda la libidine. Se invece per una cattiva abitudine, come dici tu nella tua sapienza, che l'uomo si lamenta gridando: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio 12, confessate che almeno in lui la volont umana ha perduto le forze delle opere buone. E a lui, se non viene in soccorso la grazia divina, che giova l'eloquio copioso e ornato di qualsivoglia esortatore? Tanto pi onerosa per noi si fatta la difesa della verit. 11. GIUL. Ma presentemente, dopo che si cominciato ad offrire questa ortica come medicamento e al piacere si associata l'autorit, con la conseguenza che per consenso quasi universale baccanaleggiasse la turpitudine, robusta regina delle menti, espugnatrice dell'onest, invitta carceriera di tutti gli animi, per noi quanto pi onorevole tanto pi onerosa si fatta la causa di difendere la verit. Perch, contro popoli che vanno a precipizio e sono ostili ai loro rimedi, non vale molto la rarit di coloro che medicano con la parola. E allora? Dovremmo forse per la constatazione di tutto questo suonare la ritirata, vendicarci delle ingiurie con il silenzio e riderci dei naufragi altrui dal porto della coscienza? Ma a questa maldisposta indifferenza si oppone prima la benignit che dobbiamo al genere umano, poi la speranza e la fede che abbiamo nei riguardi di Dio. Il quale, oltre ad avere alleviato le rovine spesso disperate dei tempi, ha donato sempre tuttavia una ricompensa eterna alla perseveranza che vuole esercitata fino

all'ora della morte, anche se nell'immediato non venisse nessun effetto. AG. In che modo allevia Dio le rovine delle volont cattive - a causa delle quali certamente si biasimano i tempi, quando si biasimano giustamente -, se non suscitando nei cuori degli uomini le volont buone? Oppure le volont, se possono, si elevino da sole, come fate voi, che per tale folle sentenza siete diventati una grande rovina. Donde noi preghiamo per voi Dio e speriamo che si degni di esaudirci anche nei tuoi riguardi, come ci ha esauditi nei riguardi del fratello Turbanzio 13. Manteniamo le promesse. 12. GIUL. Contenti dunque di questo conforto della fede, attendiamo all'opera intrapresa e manteniamo le promesse delle discussioni, senza mettere in dubbio che la parte maggiore della ricompensa sta in questo: nell'esserci mantenuti saldi dentro il baluardo di quel dogma che, assalito dal livore di cos tanti, ma dall'errore di molti pi ancora, ha superato tuttavia tanto bene tutte le crisi da splendere invincibile nel possesso della vittoria. AG. Ti di da te stesso la palma contro tanti antistiti di Dio, che prima di noi nella Chiesa del Cristo impararono e insegnarono, bevendo e abbeverando alle fonti d'Israele, le verit che tu combatti 14. Questo che tu fai non risplendere nel possesso della vittoria, ma un mostruoso discendere nella cloaca di una odiosa appropriazione indebita. Risplendere appunto possedere. Ma come fai a risplendere nel possesso della vittoria tu che tenti d'imbrattare i dogmi cattolici, antichi e invitti? Tutto a favore del nostro dogma. 13. GIUL. Se infatti, come l'ha reso chiaro il discorso precedente e lo insegner il discorso susseguente, a suffragare questo dogma che noi difendiamo sta quanto ragione, quanto erudizione, quanto giustizia, quanto piet, quanto testimonianza di testi sacri, nient'altro ottengono i nostri nemici con tutti i loro sforzi se non di apparire i pi ignoranti davanti a tutti i dotti, i pi contumaci per tutti i santi, i pi irreligiosi contro Dio. AG. Ma tu dici falsit. Infatti n la ragione, n la sana erudizione, n la giustizia, n la piet, n le testimonianze sacre suffragano il

vostro dogma; anzi tutte queste forze, come giudicano coloro che intendono bene, sbaragliano il vostro dogma. La ragione appunto si accorge di poter giungere appena a qualcosa di vero per l'impedimento che trova nella tardit della natura; l'erudizione ha la pena della fatica nella medesima tardit della natura; la giustizia grida che lei non c'entra se sui figli di Adamo grava dal giorno della loro nascita dal grembo materno 15 un giogo pesante senza nessun merito di peccati; la piet implora l'aiuto divino contro questo male; le testimonianze sacre esortano l'animo umano a pregare cos. Invocano contro di noi il potere imperiale. 14. GIUL. E certamente che i traduciani non abbiano nulla da opporre alla forza della ragione che li stritola, lo dimostrano, alla pari degli altri loro scritti, ugualmente questi libri che stiamo confutando. Essi, indirizzati ad un militare - lo pu confessare egli stesso -, pi occupato da altri affari che dalle lettere, invocano contro di noi l'aiuto della impotenza e a favore di s in un modo e nell'altro si appoggiano ai plebisciti di plebi da nulla o rurali o teatrali, che nessuna storia registra da quale concilio siano stati promulgati. AG. Non invochiamo contro di voi l'aiuto della impotenza, ma piuttosto lodiamo l'intervento a vostro favore del potere cristiano, perch siate impediti dalla vostra sacrilega audacia. Avverti poi come tu faccia a dire rurali e teatrali Cipriano, Ambrogio e tanti loro compagni, dotti scribi nel regno di Dio. Imputare alla natura i peccati della volont. 15. GIUL. Non possiamo tuttavia assolutamente negare che piaccia moltissimo, come ho detto, alle turbe, ma a quelle spregevoli, imputare alla natura i delitti della volont e giustificare la licenza dei costumi con l'infamazione dei semi, di modo che nessuno pi s'impegni ad emendare quello che spera fatto in lui stesso da un altro. AG. Chi ti ha detto che sia un altro a fare il peccato di chi pecca? Anche l'Apostolo, il quale scrive: Non sono io a farlo, ma il peccato che abita in me, aggiungendo subito: Io so infatti che in me, cio nella mia carne, non abita il bene 16, mostra che gli appartiene tutto quello che , appartenendo anche la carne a lui che composto di carne e di spirito. E tuttavia tu non vuoi condividere con Ambrogio

la convinzione che il male della concupiscenza della carne contro lo spirito per la prevaricazione del primo uomo si cambiato in natura 17. Ma com' che tu, solito a intendere in queste parole dell'Apostolo espressa la violenza dell'abitudine cattiva, hai voluto dire adesso: Di modo che nessuno pi s'impegni ad emendare quello che sa fatto in lui stesso da un altro? Eppure tu vuoi che si emendi colui che dice: Non sono io a farlo, e vuoi che si emendi con le forze della volont personale, bench tu veda quanto sia inferma la volont di chi afferma: Non quello che io voglio io faccio 18. Almeno a costui, nel quale vedete crollato l'arbitrio della sua volont, permettete, vi prego, di chiedere l'aiuto divino. L'autorit non pu giustificare quello che la ragione condanna. 16. GIUL. Ma il patrocinio inefficace di una opinione cieca moltiplica i peccati, non li diminuisce. Questo prurito dunque di gente misera e volontariamente malata non sar in grado di portare nessun argomento valido contro la stessa ragione. Ma poich asseriscono che il peccato naturale confermato da alcuni passi delle Scritture e massimamente da alcune dichiarazioni dell'apostolo Paolo, delle quali ho rimandato la spiegazione al secondo volume, e poich adesso arrivato il momento di mantenere la promessa, prima di tutto, allo scopo che il lettore sia meglio informato, preciser brevemente il gi fatto e il da farsi. E' stato dunque mostrato che nulla si pu provare per mezzo delle Scritture sante che non abbia la garanzia della giustizia; perch, se nella legge di Dio si ha l'ideale perfetto della giustizia, vuol dire che la legge divina non lascia nessuno spazio alla nemica della giustizia, cio all'ingiustizia, e quindi non pu l'autorit giustificare quello che la ragione condanna. Dopo si mostrato che Dio ci noto attraverso le sue virt. Dobbiamo riconoscere dunque la sua giustizia come l'onnipotenza. Se ammettessimo in Dio la mancanza della giustizia, comincerebbe a traballare tutta la maest divina, essendo Dio talmente giusto che la dimostrazione dell'ingiustizia in Dio equivarrebbe alla dimostrazione della non esistenza di Dio. Si concluso che noi adoriamo nella Trinit un Dio giustissimo, ed apparso irrefutabilmente che da Dio non pu essere imputato ai bambini un peccato fatto da altri. AG. Perch non confessi che da un Dio giusto e onnipotente non poteva senza nessun merito di peccato essere addossato un giogo

pesante sui figli di Adamo fino dal giorno che escono dal grembo materno? Carne del peccato e carne somigliante alla carne del peccato. 17. GIUL. Ma come si discusso della definizione della giustizia, cos si discusso pure della natura del peccato, il quale apparso non essere altro che la volont cattiva, cui sarebbe stato libero astenersi da ci che aveva bramato illecitamente. AG. Questo precisamente il peccato del primo uomo, donde discese negli uomini l'origine del male. A lui, s, fu liberissimo astenersi da ci che aveva bramato illecitamente. Poich non esisteva ancora il vizio della concupiscenza della carne contro lo spirito, non diceva ancora: Io faccio quello che non voglio 19, e non aveva ancora la necessit di un qualche aiuto da parte della carne somigliante a quella del peccato, non trovandosi ancora nella carne del peccato. E' luminosissima l'assenza del peccato nei bambini. 18. GIUL. E questa la prova pi luminosa con la quale si dimostrata l'assenza del peccato nei bambini al momento di nascere: l'impossibilit di trovare in essi l'uso della volont. AG. E donde il grave giogo se non perch non hanno l'uso della volont cos da avere tuttavia il vincolo di una origine corrotta? Questo calunniatore. 19. GIUL. La negazione poi del libero arbitrio da parte di coloro che ammettono l'esistenza di peccati naturali, stata dimostrata con un limpido ragionamento. Lo ha negato, s, il Punico, non con parole sue per non avere meno peso, ma con un testo del Vangelo per essere pi autorevole, e noi, spiegando quel testo, lo abbiamo restituito alla dignit evangelica. Abbiamo pure liberato dai lacci di questo calunniatore un passo dell'apostolo Paolo e con la testimonianza di un Profeta abbiamo mostrato che modellatore di vasi buoni il nostro Dio, creatore di tutte le cose. AG. Ti stato risposto a suo luogo ed stato dimostrato quanto tu abbia deviato dalla verit.

La vittoria della verit. 20. GIUL. Questi dunque gli argomenti principali del primo libro. Uno qualsiasi di essi pi che sufficiente alla vittoria della verit. Tuttavia resta che esaminiamo diffusamente la sentenza del Maestro delle Genti dove dice che a causa di un solo uomo entr nel mondo il peccato 20. Con l'aiuto, se necessario, delle definizioni che abbiamo premesse e per provare che la ragione non ha mentito in nulla, ma un crimine d'ingiustizia imputare le scelte degli uni alle nascite degli altri, insegneremo con testimonianze della legge, sia in questo libro sia nel successivo, che questa ingiustizia, bench nessuno debba dubitare al riguardo, dispiace tuttavia a Dio ed proibita da lui. Da tutto questo discende necessariamente e che noi difendiamo nel modo pi giusto che nessuno nasce con il peccato, e che Dio non pu giudicare rei i nascenti, e che perci in ciascuno tanto integro il libero arbitrio quanto innocente la natura prima dell'uso della propria volont. AG. Parla e vediamo che cosa dirai sul testo dell'Apostolo con la medesima vanit di prima. Ribelli alla piet e alla ragione. 21. GIUL. Ribelli invece alla piet e alla ragione sono i manichei nel credere e alla esistenza del peccato prima del tempo della volont ci che la natura delle cose non consente -, e alla esistenza di un Dio che essi descrivono ingiusto, e nell'infamare le Pagine sante che citano per provare il crimine della divinit. Poich nessuna delle tre proposizioni pu dimostrarsi con la ragione, cio n l'esistenza del peccato senza la volont, n l'ingiustizia in Dio, n la perversit nella legge, essi soltanto restino dimostrati stolti, impudenti, empi. AG. Verggnati! Non era manicheo Ambrogio quando diceva che l'uomo subisce il contagio dei delitti prima di bere al dono dello spirito della vita 21. Ma anche questi delitti non sono sorti se non dalla volont, dalla quale traggono origine, e perci non c' ingiustizia in Dio che per questo ha posto sui nascenti un grave giogo, n c' perversit nella legge dove apprendiamo che ci verissimo; e lo vedreste anche voi stessi, se non aveste voi piuttosto occhi perversi. La Scrittura va spiegata con la Scrittura.

22. GIUL. Rimanga dunque fisso nell'animo del prudente lettore massimamente questo: in tutte le Scritture sacre contenuto solo ci che i cattolici intendono ad onore di Dio, come viene illustrato dalla luce di frequenti sentenze. Se in qualche luogo un'espressione troppo dura solleva una questione, certo senz'altro che l'autore di quel testo non ha inteso ci che ingiusto, ma deve interpretarsi secondo l'apertura che viene dalla evidenza della ragione e dallo splendore degli altri passi in cui non c' ambiguit. Riferiamo ormai dunque le parole del nostro interlocutore. In quel capitolo dei suoi scritti che aveva tirato fino al suo Dio plasmatore di peccatori e contro il quale abbiamo combattuto nel libro precedente, accenn appena senza impegno che a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo, ma non indugi nella spiegazione di quel testo. Invece, dopo aver dissertato a lungo contro quegli estratti che conferma essergli stati mandati, giunse a un testo dei miei libri e se lo obiett per confutarlo. Ma senza tenere conto degli interrogativi che gli venivano da essi, vol a quella sentenza dove l'Apostolo dice che a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo, e tent di esporre il contesto di quel passo secondo il suo dogma. Per questo io, omesso tutto il resto, mi affrettai a quella parte, perch, avendo promesso di risolvere tale problema nel secondo volume 22, e mantenessi fede alla promessa e mostrassi quale fosse il suo modo di argomentare, e non mi si credesse reo di frode, se avessi soppresso la sua spiegazione e riferito quella che noi riconosciamo cattolica. AG. L'interpretazione pelagiana tu stai per esporre, non quella cattolica. Cattolica quella che sostiene la giustizia di Dio in tante e tanto grandi sofferenze e pene dei bambini, che a nessuno di essi sarebbe stato equo in nessun modo far patire nel paradiso, se la natura umana non fosse stata viziata dal peccato e condannata secondo il suo merito. Adesso riporto le parole di A. 23. GIUL. Poich nella mia prima opera confuto la sentenza con la quale costui aveva detto: Come infatti il peccato sempre opera del diavolo, sia che i bambini lo traggano da una parte, sia che lo traggano da un'altra, cos l'uomo sempre opera di Dio, sia che nasca in un modo, sia che nasca in un altro 23, adesso riporto qui le parole come si trovano nella mia opera, dalla quale ne aveva sottratto la massima parte.

AG. Tanto vero questo tuo discorrere quanto vero che io abbia sottratto i tuoi testi, mentre invece colui che mi invi la sua cartella, stralci dalla tua opera quello che volle e come volle a suo arbitrio e giudizio. La verit ti ha tolto la licenza di divagare. 24. GIUL. L dunque io risposi cos: Tu tergiversi certamente, - te lo dico con pace del tuo magistero - ma devi capire che la verit ti ha tolto la licenza di divagare. Ecco infatti anche noi concordiamo pacificamente che il peccato opera della cattiva volont o opera del diavolo. Ma per quale via questo peccato viene a trovarsi in un bambino? Attraverso la volont? Ma in lui non c' stata nessuna volont. Attraverso la forma del corpo? Ma essa l'ha data Dio. Attraverso l'ingresso dell'anima? Ma non deve nulla al seme corporale l'anima che viene creata nuova da Dio. Attraverso le nozze? Ma le nozze appartengono all'attivit dei genitori e tu avevi premesso che essi non hanno peccato in questo loro atto. Se non l'avevi concesso con sincerit, come indica lo sviluppo del tuo discorso, allora sono da esecrarsi le nozze che hanno causato il male. Le nozze per non hanno una propria sostanza, ma stanno a indicare con il loro nome l'attivit delle persone: sono quindi giustamente da condannare i genitori che con la loro unione hanno causato il peccato. Perci non si pu pi dubitare: i coniugi sono destinati all'eterno supplizio, perch la loro opera ha portato il diavolo ad esercitare il suo dominio sugli uomini. Se lo concederai, perderai quanto finora sembrava che tu avessi ritenuto: avevi detto cio l'uomo opera di Dio. Poich appunto i figli hanno origine dall'unione dei corpi dei genitori, se attraverso l'origine si espande il male negli uomini, se attraverso il male si estende il diritto del diavolo sugli uomini, ne segue necessariamente che autore degli uomini il diavolo, dal quale viene l'origine dei figli 24. Dopo questo ho ripetuto di nuovo le tue stesse parole: Come infatti il peccato sempre opera del diavolo, sia che i bambini lo traggano da una parte, sia che lo traggano da un'altra, cos l'uomo sempre opera di Dio, sia che nasca in un modo, sia che nasca in un altro. E immediatamente sono insorto in questo modo: Quando ripenso alla tua timida voce con la quale dici che le nozze non sono un male, non posso considerare senza ridere cotesti altri tuoi discorsi. Se infatti credi che gli uomini siano creati da Dio e che i coniugi siano innocenti, nota come non possa stare che da essi si contragga il peccato originale. Certamente non pecca questo bambino che

nasce, non pecca chi l'ha generato, non pecca Dio che l'ha creato: attraverso quali incrinature fra tanti presdi d'innocenza immagini che sia entrato il peccato? AG. A queste tue parole basta la risposta che diedi dopo aver letto anche gli stessi tuoi libri 25. Ma qui pure ammonisco che piuttosto che te si deve ascoltare l'Apostolo, il quale indica non una incrinatura segreta, ma una porta apertissima, attraverso di cui il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui 26. Quando comincerai a spiegare queste sue parole secondo la vostra opinione e non secondo la sua, allora apparir a quale rettilineo di verit tu contraddica con la tua tortuosissima loquacit. Non ho omesso ad arte quanto tu dici. 25. GIUL. Questo tratto dunque della mia precedente opera stato preso in esame da lui nel suo secondo libro, sebbene con qualche interpolazione 27. Ad arte infatti egli omette e la formazione del corpo da me ricordata e l'ingresso dell'anima, che tanto la ragione quanto l'autorit della legge sacra e della Chiesa cattolica confermano, come spero, creata nuova da Dio in ciascuno. AG. Chi legge i miei sei libri con i quali confutai i tuoi quattro, dal primo dei quali stralci quello che volle e come lo volle la persona a cui ho risposto in questo libro che tu adesso tenti inutilmente di attaccare con loquacissima vanit, trover che io ti ho risposto nel mio terzo libro in tal modo da vedere che non ho omesso ad arte quanto tu dici, ma che piuttosto quella persona, al cui fascicolo io rispondevo, non volle trasmettermelo dalla tua opera o per amore di brevit o per sua convinzione che non fosse pertinente al caso. Ti rimando all'Apostolo. 26. GIUL. Ha riportato ora di seguito le altre mie parole, sebbene variate da alcune sue riflessioni. Contro dunque queste mie obiezioni non ha escogitato nulla che mi colpisse. Ma dopo aver confessato per mancanza di argomenti l'esattezza delle mie conclusioni, dice che a tutto mi deve rispondere l'Apostolo, quando dichiara che a causa di un solo uomo il peccato entr in questo mondo. Quale persona erudita potrebbe ritenere che in questa circostanza abbia avuto la testa a posto uno che non ha capito o che avrebbe dovuto omettere i punti ai quali non poteva trovare

nulla da opporre o che avrebbe dovuto escogitare di tutto per rispondere alle mie obiezioni e confermare la sua risposta con le parole dell'Apostolo? AG. Ma dalle parole dell'Apostolo sei confutato meglio che dalle mie, e tuttavia non cedi nemmeno alle parole dell'Apostolo, ma preferisci pervertire anche quelle piuttosto che convertirti. Farai naufragio. 27. GIUL. Ho chiesto dunque con estremo rigore logico che insieme a me tutta l'erudizione indaghi per quale via il peccato, che opera di una volont cattiva e si dice opera del diavolo, si venisse a trovare nel bambino. Se a causa della volont: ma anche il nostro presente interlocutore confessa che nel bambino non c' stata nessuna volont. Se a causa delle nozze: ma che queste appartengano all'attivit dei genitori nessuno ne dubita, e costui aveva premesso che i genitori non hanno peccato per la loro unione 28. Oppure, se il disputante si era pentito di tale concessione, come indica il seguito della sua opera, confessasse che sono rei i genitori in quanto il loro incontro preparava al diavolo il regno sull'immagine di Dio. E rispettando i necessari passaggi dei ragionamenti, ho aggiunto che a causa del peccato originale si definisce il diavolo autore dei corpi: perch se per l'origine c' negli uomini il male del peccato, per il male del peccato c' sugli uomini il diritto del diavolo, e autore degli uomini il diavolo dal quale viene l'origine dei nascenti. E poich costui si era accorto che questi ragionamenti avrebbero chiuso i traduciani nell'antro dei manichei, io ho girato la chiave per offrire ai reclusi una via di scampo, e l'ho ammonito che se veramente credeva fatti da Dio gli uomini e se sinceramente confessava innocenti i coniugi, capisse l'impossibilit di contrarre da essi il peccato originale. Mi voglio ripetere: Certamente non pecca questo bambino che nasce, non pecca chi l'ha generato, non pecca Dio che l'ha creato: attraverso quali incrinature fra tanti presdi d'innocenza immagini che sia entrato il peccato? 29 Che cosa, prego, potevo fare di pi santo, di pi vero, di pi chiaro, di pi breve, di pi solido che proporre come suprema conclusione di tutto una quarta via dopo le tre che io avevo imboccato cedendo al nemico? Infatti, poich accade talvolta che con una prima via o con altre due se ne colleghi necessariamente una terza, per quale legge dopo che mi sono state concesse tre vie non sarebbe lecito imboccare una quarta via connessa con le altre?

E questo appunto nella seconda discussione, ma nella prima mi sono concesse cinque o pi vie e dopo di esse si tira una conclusione legittima e invitta. AG. Ecco quanto divaghi, temendo che le parole dell'Apostolo, se ascoltate senza i tuoi pregiudizi, ti condannino, come gi ti hanno condannato attraverso il giudizio della Chiesa cattolica. Ma scorazza dove vuoi, indugia quanto vuoi, moltiplica i tuoi giri per ogni verso che vuoi. Quando sar che la nave delle tue menzogne giunga alle medesime parole di verit, farai naufragio senza dubbio. Non c' nessuna incrinatura per l'ingresso del peccato nei bambini. 28. GIUL. Veniamo dunque subito a costui. Mi avevi concesso che il peccato opera della volont. Con logica immediata io potei dire: Nei bambini non c' nessuna volont che pecchi, e quindi nei bambini non c' peccato. Ma perch tu fossi pressato da pi testimoni, interrogai progressivamente per quale via questo peccato si trovasse nel bambino. Forse per via della volont? Con il tuo consenso conclusi che in lui non c' stata volont cosciente. Aggiunsi se forse il bambino avesse contratto la prima colpa attraverso i lineamenti delle membra. Ma tu avevi ammesso che essi sono formati da Dio e quindi sono buoni. Chiesi in terzo luogo se tu credessi che il reato fosse stato introdotto attraverso l'ingresso dell'anima. Ma risultava che l'anima nuova e non deve nulla ai semi. Mi indussi poi a sospettare, dato che non ti era rimasta altra ipotesi da fare in proposito, che tu forse chiamassi opera del diavolo le nozze, cio l'unione dei corpi. Ma dimostrai che le nozze appartengono all'attivit dei genitori, e anche tu eri d'accordo. Al termine dunque di tutti i ragionamenti riferiti sopra, la tua " traduce " asserviva al diavolo i coniugi che erano stati causa del peccato. Dopo tutto questo tirai la conclusione che si avvicinava a te, dicendo che tu credevi autore dei corpi il diavolo, al quale avevi attribuito l'opera dell'unione dei corpi, senza la quale non poteva esserci l'origine dei corpi. E certamente questa prima discussione ha mostrato la malattia che ti opprimeva, ma la seconda discussione ha provato, per quanto si riferisce a te, che tu sei un miserabile con tali convinzioni, e per quanto si riferisce ai cattolici, che essi sono invitti, suffragati anche dal timore che hanno di te. Se tu infatti concedi che gli uomini sono fatti da Dio e che i coniugi sono innocenti e che i bambini non hanno un'attivit

personale, da questi tre assunti si tratta l'irrefutabile conclusione che, non peccando chi nasce, non peccando chi ha generato, non peccando Dio che ha creato, non rimasta pi nessuna incrinatura attraverso la quale insegnare l'ingresso del peccato. Se dunque ti dispiace la conclusione che si colta, ritratta le tue concessioni e dichiara che ha peccato o chi gener o chi cre o chi nacque. Delle quali affermazioni la prima insana, la seconda manichea, la terza supermanichea: insano se dici che peccano i bambini, manicheo se accuserai i coniugi, supermanicheo se riterrai autore del peccato Dio. Ora, se tutte queste affermazioni sono tanto lontane dalla verit da avere tu paura ancora di confessarle liberamente, per quale impudenza, o uomo pi demente di tutti i dementi, persisti nel negare quanto stato dedotto da noi? AG. Quando arriverai alle parole dell'Apostolo, non vi troverai un'incrinatura, ma una porta spalancatissima, attraverso la quale il peccato entr nel mondo, e certamente tenterai di chiuderla, ma con tutta la tua loquacit sarai vinto dalla bocca dei bimbi e dei lattanti, i quali invece di essere lodati da te cercano piuttosto di essere salvati dal Cristo e con molto maggiore certezza, non per mezzo di tortuose discussioni, ma per mezzo di pianti privi di parole, contestano la loro miseria, che indubbiamente non avrebbero potuto avere in nessun modo nel paradiso, se fosse rimasta la rettitudine e la beatitudine del primo uomo. Quattro persone in causa. 29. GIUL. Qui in causa l'interesse di quattro persone: di Dio creatore, dei due genitori che prestano la materia all'opera di Dio, del bambino che nasce. Tu dici che in questo " coro " abita il peccato. Io domando da chi venga fatto il peccato: se da Dio, e lo neghi; se dal padre, e lo neghi ugualmente; se dalla madre, e lo neghi ancora; se dal bambino, e lo neghi. E non credi ancora alla validit della conclusione: non ci pu essere tra questi quattro il peccato, perch nessuno di questi quattro lo commette? AG. Che tu dica tutto quello che vuoi! Una buona volta arriverai alle parole dell'Apostolo e allora chiunque le ricorda attraverso i singoli passaggi di queste tue argomentazioni, che noi non vogliamo ripetere continuamente per non infastidire il lettore, ti risponder con il suo stesso ricordo.

Per quale via arriva il peccato nel bambino? 30. GIUL. Di che cosa vuoi convincerci o rileggendo le Scritture o nominando giudici esperti, tu che non puoi definire ancora il tuo modo di sentire? Che ti giova insegnare che Adamo pecc: fatto che io non nego assolutamente? Domandiamo per quale via, morto da tanti secoli Adamo, il peccato, per cui l'immagine di Dio passa nella giurisdizione del diavolo, venga a trovarsi nel bambino. AG. Perch mai nemmeno tu ammetti nel regno di Dio l'immagine di Dio, che secondo te non ha nessun merito di peccato? Perch mai il sangue, che dalla carne somigliante alla carne del peccato stato effuso in remissione dei peccati, si somministra in bevanda al bambino allo scopo che possa avere la vita, se il bambino non incorso nella morte per l'origine di nessun peccato? Se questo ti dispiace, nega apertamente il bambino Ges, nega apertamente che sia morto per i bambini il Cristo che morto uno per tutti, con la conseguenza dichiarata dall'Apostolo: Quindi tutti sono morti ed egli morto per tutti 30. Dichiara apertamente: Non sono morti i bambini, perch essi non hanno nessun peccato e non hanno bisogno per se stessi della morte del Cristo nella quale essere battezzati. Afferma ormai manifestamente quello che senti segretamente, tradendo abbastanza con la tua discussione il tuo modo di sentire. Afferma, dir, che i bambini inutilmente si fanno cristiani; ma sta' attento se tu debba dire cristiano te stesso. A noi la libert di contemplare l'innocenza dei bambini. 31. GIUL. Se [il peccato entra nel bambino] attraverso la mescolanza dei genitori, condanna le nozze con la tua confessione, come le condanni con la tua argomentazione, e risparmia a noi la fatica di dimostrare che tu sei manicheo. Se poi tu non osi dirlo e, contumace contro la ragione, inclini verso i " concumbenti ", cos da dire attraverso portenti di argomentazioni inaudite finora che la libidine diabolica e che essa, collocata nella sensibilit di coloro che si uniscono, causa di volutt per i genitori e di reato per i figli, certamente palesi la tua demenza e la tua sconcezza, ma ti prego di non essere cos arrogante da negare a noi la libert di contemplare ad onore di Dio l'innocenza dei nascenti, mentre a te lecito e lbito ad accusa di Dio esimere dal reato di libidine, come lo chiami, le membra dei " libidinanti ".

AG. Qualunque sia il prurito per il quale tu lodi la libidine, cio la concupiscenza della carne, l'apostolo Giovanni dice che essa non viene dal Padre ma dal mondo 31, e per questa libidine giustamente il diavolo si dice principe del mondo 32. Creatore infatti del mondo sappiamo che stato Dio. Di questo male dunque della concupiscenza della carne fa buon uso la pudicizia coniugale, e il reato di quel male della concupiscenza contratto dai nascenti lo scioglie la rigenerazione spirituale. Finch questo non sar il tuo modo di intendere, non sarai cattolico ma pelagiano, e contraddirai le Scritture sante, per quanto ti sembri di difenderle. Quanto a me, tutte le volte che mi dici manicheo per questa verit che contraddici, dici manicheo certamente anche colui che dice che l'uomo, infuso negli organi genitali e impastato dalla volutt della concupiscenza, subisce il contagio dei delitti prima di bere al dono dello spirito della vita 33. Ambrogio costui, o Giuliano. Ambrogio tu dici manicheo, o pazzo! La concupiscenza della carne la pianta del diavolo. 32. GIUL. Quando infatti dichiari che la concupiscenza della carne stata impiantata nell'uomo dal principe delle tenebre ed essa la pianta del diavolo che produce di suo il genere umano come un albero i suoi pomi, apparisce certamente in modo assoluto che tu non dici creatore degli uomini Dio ma il diavolo; dal quale dogma estremamente empio si condanna l'attivit dei coniugi, ossia la mescolanza dei genitali, e la carne tutta. AG. Non si condanna; ma non sia lodata da te quasi fosse sana, perch anche per tua confessione sia sanata dal suo Creatore e Salvatore. In coloro infatti nei quali non viene sanata sar condannata senza nessun dubbio. La vostra eresia fu condannata prima di nascere. 33. GIUL. Ma quando, dopo questo sacrilegio, aggiungi e dici che confessi essere veramente diabolica la volutt dei coniugi che generano e diabolico l'orgasmo dei genitali che si muovono, ma tuttavia non sono ree n le membra stesse che si muovono n i coniugi che sono affetti dalla volutt, e al loro posto accusi gli uomini novelli, cio l'opera grezza della divinit nei nascenti, certo non deponi nulla dell'empiet dei manichei, ma mostri tanta smania furiosa nell'agitare la testa da doverla pi logicamente giudicare

meritevole di consenso che d'amputazione, se della tua volont e della tua propensione in questa faccenda non parlasse e la ribellione di molti e la tua ostinazione e l'abbondanza delle Scritture. AG. Queste ingiurie le devo ascoltare senza indignazione in compagnia di quei dottori della Chiesa che l'ingresso del peccato nel mondo a causa di uno solo lo intendono cos come parla l'Apostolo retto e non come opina il perversissimo Giuliano. Tra loro, per tacere gli altri, ci sono l'afro Cipriano, il gallo Ilario, l'italo Ambrogio, il greco Gregorio. Da questi eruditissimi e prudentissimi giudici, tali e quali a quelli che tu con vana presunzione ti rammarichi di non trovare, la vostra eresia stata condannata prima che fosse nata. Al quarto libro di G. il sesto di A. 34. GIUL. Su questo argomento leggi anche il quarto libro della mia opera e capirai quanto tu blandisca il diavolo che dici tuo padre e la libidine tua madre, facendo le viste d'esserne l'incriminatore. AG. Ho letto anche il tuo quarto libro e ho risposto a tutto il suo contenuto con il sesto dei miei libri. Chi di noi abbia vinto lo giudichi il pio lettore di ambedue. Il peccato passato da Adamo nei suoi discendenti per imitazione. 35. GIUL. Ma vediamo ora le parole dell'Apostolo, del quale tu dici che mi risponde su quanto ho esposto sopra: A tutto questo gli ha risposto l'Apostolo, il quale non accusa n la volont del bambino che in lui non ancora appropriata a peccare, n le nozze che in quanto sono nozze hanno da Dio non solo l'istituzione ma anche la benedizione, n i genitori i quali in quanto genitori lecitamente e legittimamente sono coniugati tra loro per procreare figli, ma dice: " A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui " 34. Se ci costoro intendessero con orecchie e menti cattoliche, non avrebbero ribelli contro la fede e contro la grazia del Cristo i loro animi, n farebbero il vano tentativo di storcere al proprio senso eretico queste parole apostoliche cos lucide e cos manifeste, asserendo che esse vanno intese nel senso che Adamo fu il primo uomo a peccare e che in lui ha trovato

l'esempio di peccare chiunque ha voluto successivamente peccare, di modo che il peccato passasse in tutti non per generazione da quell'unico, ma per imitazione di quell'unico. Perch certamente se qui l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, non avrebbe detto a causa di un solo uomo, ma piuttosto a causa del diavolo che il peccato entrato nel mondo ed passato in tutti gli uomini. Del diavolo appunto scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono " 35. Ma la ragione per cui ha detto: " A causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale cominciata la generazione degli uomini, d'insegnare che il peccato originale passato in tutti attraverso la generazione 36. AG. Hai riferito le parole del mio libro e adesso spiega come si debbano intendere le parole dell'Apostolo riferite da me, perch sempre pi ti manifesti eretico, presentandoti come lodatore dei bambini per strappare ad essi il Salvatore. Tu abusi dell'ignoranza altrui. 36. GIUL. Che tu abusi dell'ignoranza dei tuoi favoreggiatori e ti nascondi dietro l'ambiguit delle parole lo capisce ogni persona erudita che abbia letto le nostre opere. Quanto al resto del volgo, del quale il Profeta dice a Dio: Tu tratti gli uomini come pesci del mare 37, esso rimane ingannato perch si accoda e, ignaro di salutari distinzioni, crede che si possa congiungere nella realt tutto quello che vede associato nelle parole. Ma che cosa sia logico, che cosa assurdo, che cosa ci porti a dedurre da certe premesse la legge inespugnabile e veneranda del discorrere, non lo giudicano se non le persone pi dotte e pi attente. AG. Giri ancora cercando i dialettici ed evitando i giudici ecclesiastici. Dimmi finalmente come si debbano prendere le parole: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, intendendole tu evidentemente meglio di colui che ha scritto: Tutti muoiono in Adamo, perch " a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui " 38. Colpa di lui dunque la morte di tutti 39. E altrove il medesimo scrive: C'era Adamo e in lui eravamo noi tutti. Per Adamo e in lui perirono tutti 40. Ambrogio costui, non uno qualsiasi del volgo, la cui ignorante moltitudine, incapace di giudicare le tue discussioni, tu disprezzi con troppa alterigia e cattiveria. E' Ambrogio, ti dico, al

quale per nessun conto sei pari nelle stesse lettere secolari, di cui vai tanto orgoglioso. Per sapere poi quanto egli valga nelle lettere ecclesiastiche ascolta o leggi Pelagio, tuo dottore; e non voler amare un modo di sentire che sia alieno dal modo di sentire di un cos grande dottore come Ambrogio. Eccomi pronto ad ascoltarti ancora. 37. GIUL. E principalmente per questo, presi da piet per le Chiese che vanno in rovina, noi ci appelliamo all'esame di persone illustri per prudenza, perch apparisca non quello che si dice ma quello che si dice con ragione. Se infatti si discutesse sotto un tale concilio, non ti sarebbe certamente lecito affermare quello che avevi negato o negare quello che avevi affermato. Invece nel tuo libro, che non ha a correggerlo nessuna censura di pudore, tu fai liberamente un agglomerato e di quello che dicono i cattolici e di quello che dicono i manichei, contento di questa sola opinione: che si dica che hai risposto; ma quanto a pensare quale peso abbia la tua risposta e quale consistenza lo reputi perfino inopportuno. AG. Ti prego, spiega ormai come debba intendersi la dichiarazione: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo 41. Perch ancora calunni, offendi, tergiversi? Se in un concilio, di cui sembra che tu desideri il giudizio, sedessero Cipriano, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Basilio, Giovanni Costantinopolitano, per tacere di altri, oseresti forse cercare giudici pi dotti, pi prudenti, pi veraci? Essi gridano contro i vostri dogmi, essi con i loro scritti condannano i vostri scritti: che vuoi di pi? Ho gi dimostrato questo a sufficienza nel primo e nel secondo dei sei libri che ho pubblicati contro i tuoi quattro. Ma eccomi pronto ad ascoltarti ancora. Spiega subito in che senso si debba intendere che a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo. Confessi la tua insufficienza. 38. GIUL. Inoltre, accedendo senza indugio alle mie richieste e consapevole delle loro risultanze acquisite, confessi la tua insufficienza di fronte alle nostre conclusioni e dici che l'apostolo Paolo risolve tutte le nostre difficolt, e tuttavia lo citi in un testo dove concede quello che tu avevi gi ammesso. Dici infatti: L'Apostolo non accusa n la volont del bambino, che in lui non ancora appropriata a peccare 42: per la quale concessione gi

sicuro che nel bambino non ci pu essere nemmeno un qualche peccato, non consistendo il peccato, anche secondo la tua definizione, in altro che nella volont di compiere ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi. AG. Questa definizione vale per il peccato che non insieme anche pena del peccato. Infatti nel testo dove sostenete che ci sono le voci della cattiva consuetudine, e soffocate cos le voci del vostro dogma, dimmi, se osi, come sia libero per la volont umana astenersi dal male di cui detto: Non quello che voglio io faccio 43; o nega che sia male quello di cui si dice: Non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio 44. Ma noi riconosciamo certamente che tale peccato pena del peccato e perci tale peccato da distinguersi dal peccato che la volont commette facendo quello da cui le sarebbe libero astenersi. Cerca di capire quello che dico e dimmi ormai per favore come sia da prendere l'affermazione: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo 45. A confutare il peccato naturale basta la bont delle nozze. 39. GIUL. Se dunque l'Apostolo non accusa nel bambino la sua propria volont, che intende non essere nemmeno possibile, ben dichiara che in lui non apparisce nemmeno un segno di crimine, a giudizio soprattutto di una giustizia che non imputa il peccato se non quando libero astenersene. Ma non contento di aver concesso questo soltanto, aggiungi: N l'Apostolo accusa le nozze che in quanto sono nozze hanno da Dio non solo l'istituzione ma anche la benedizione 46. Il che potrebbe ugualmente bastare da s solo a confutare il peccato naturale. Perch se l'Apostolo sa, come sa, che non sono da accusare le nozze, alla cui celebrazione e funzione e struttura appartiene, accompagnata dalla volutt, l'unione dei sessi, istituita e benedetta da Dio, non pu germinare dalle nozze un possesso diabolico, n reo il frutto delle nozze, soprattutto al cospetto di quella giustizia che non imputa il peccato se non quando libero astenersene. AG. Non volere sospettare, ti prego, che l'unione dei coniugi fosse accompagnata nel paradiso da una volutt tale e quale la fa essere ora la libidine, che non insorge al cenno della volont e che, pur sempre meritevole di repressione, ma tuttavia inopportuna, sollecita anche l'animo dei santi. Non sia mai che da persone fedeli

e sagge si pensi tale la volutt del paradiso, tale la pace e la felicit di allora. I genitori non sono accusati da S. Paolo. 40. GIUL. Consideriamo anche il terzo punto, perch si veda la tua benignit nella facilit di accondiscendere: N l'Apostolo accusa i genitori, i quali in quanto genitori lecitamente e legittimamente sono coniugati tra loro per procreare figli 47. Soppesa quello che hai detto: i genitori in quanto genitori non sono accusati dall'Apostolo. Con questo dunque egli asserisce che in quanto genitori non possono fruttificare per il diavolo e che niente di essi in quanto genitori appartiene al diavolo. Ora, i figli in tanto appartengono ai genitori in quanto questi sono genitori. Quindi provato che i figli n sono rei, n sono sotto il regno del diavolo, n sono accusabili dal diavolo. Perch tutto questo che abbiamo detto si chiarisca ripetendolo: in tanto il congiungimento sessuale comunica con la prole in quanto coloro che sono coniugati diventano genitori; se invece vogliono commettere tra loro qualche sfrenatezza o perdersi tra illecite unioni adulterine, questo non pu toccare i figli, che nascono dalla vitalit dei semi e non dalla oscenit dei vizi. AG. Confessi forse ormai che anche tra i coniugi possono esserci delle sfrenatezze? Ecco quello che fa quella tua bella patrocinata! Ci infatti non avviene se non quando si cede ad essa, che senza nessuna necessit di seminare prole spinge alla sfrenatezza, ripresa anche da te, gli stessi coniugi, uniti per procreare figli. Della quale concupiscenza ti sei voluto fare lodatore tanto grande che nessuno ti crederebbe capace di esserne anche oppositore, dal momento che non hai sentito il rossore di lodarla cos da piacerti, senza vergogna, di collocarla anche nella beatitudine del paradiso. Nella natura viziata c' il bene e c' il male. 41. GIUL. Si trasmettono quindi ai figli non le turpitudini, ma i semi di coloro che li generano. Ora, la vitalit dei semi Dio che l'ha istituita e, come sei costretto a confessare, l'ha benedetta. AG. Ad istituire i semi stato Dio. Ma coloro che sanno distinguere nella natura viziata il suo bene dal suo male, cos da non giudicare che la natura sia un male n che il vizio sia una natura, sanno pure distinguere quale delle due realt spetti a Dio creare e quale spetti sanare. Ma voi non lo potete, finch siete pelagiani e non cattolici.

Dimmi ormai, ti prego, dimmi ormai in che modo debba intendersi che a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo 48. La concupiscenza cambiata dopo il peccato. 42. GIUL. I figli quindi non sono rei nemmeno quando i genitori peccano nel generarli, perch in tanto appartengono ai loro figli in quanto sono genitori, e quindi in tanto i figli appartengono ai genitori in quanto sono figli. Alla natura appunto di coloro che generano compete evidentemente di comunicare i germi, non alla colpa. Se ci che la ragione dimostra tu dichiari che lo conferma anche l'Apostolo, giustamente noi, dietro il suo insegnamento, difendiamo che i peccati dei genitori non possono appartenere ai figli, dal momento che e l'Apostolo, chiaro di Spirito Santo, e noi illuminati dalla luce della ragione e tu oppresso dal peso della verit impugnata da te, concordemente e veracemente confessiamo che i genitori non sono rei in quanto genitori; in tanto poi appartengono ai figli in quanto sono genitori: quindi i figli in quanto sono figli, cio prima che facciano qualcosa per mezzo della propria volont, non possono essere rei. AG. Senza dubbio i genitori sono genitori generando e i figli sono figli nascendo; d'altra parte non un male n generare n nascere; entrambi appartengono alla istituzione di Dio e nel paradiso potevano farsi senza l'indecorosa libidine, se nessuno avesse peccato. Infatti la libidine, che adesso indecorosa, se non fosse nata dal peccato o non fosse stata viziata dal peccato, non sarebbe indecorosa, e non sarebbe esistita affatto e senza di essa le parti genitali avrebbero servito a coloro che avessero generato, come le mani servono a coloro che lavorano, o sarebbe stata cos ossequiente alla volont da non poterla sollecitare mai se non voleva. Che tale non sia adesso lo insegna la castit, la quale rintuzza i movimenti della libidine e nei coniugati perch o non commettano indecenze tra loro o non cadano in adultri, e in tutte le persone continenti perch non si avviliscano accondiscendendo ad essa. Ecco la concupiscenza dalla quale si trae il peccato originale. Ecco da quale libidine non volle nascere colui che venne non a portare un suo peccato, ma a portare via il nostro peccato. Questa struttura non potr mai essere scossa.

43. GIUL. Vadano adesso e ordiscano tutto quello che possono tutti gli ingegni d'ispirazione manichea, soffrano travagli di pensiero lunghi quanto vogliono; io lo prometto senza arroganza, ma scrupolosamente: questa struttura non potr mai essere scossa. AG. Quella che tu chiami struttura, per te una frana che ti ha oppresso tanto da costringerti a lodare la castit che espugni; se tuttavia c' in te una qualsiasi castit che ti faccia espugnare la libidine che lodi. Il male dei vizi e il bene della natura. 44. GIUL. Con quale fronte soggiungi dunque: Ma " a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui 49 ", intendendolo cos da far dire all'Apostolo che da Adamo stato trasmesso ai posteri il peccato per generazione 50? Sopra avevi concesso che il Maestro delle Genti non accusa in nulla le nozze benedette da Dio; che nel nascente non esiste volont appropriata a peccare; che i genitori poi, in quanto sono genitori, si uniscono lecitamente e legittimamente tra loro per procreare figli; e quasi tu avessi detto tutto questo dormendo, aggiungi subito che si trasmette ai posteri per generazione un peccato. Se infatti generano in quanto sono genitori, se poi in quanto sono genitori si uniscono lecitamente e legittimamente tra loro, e questa unione non riprovata dall'Apostolo, essendo stata non solo istituita ma anche benedetta da Dio, con quale faccia, con quale legge, con quale fronte ti ostini a dire che la generazione causa di un reato, radice di crimini, serva del diavolo? AG. Ormai non so pi quante volte sono state fatte queste domande e quante volte stato risposto ad esse. Con il tuo multiloquio ti crei una cortina che ti impedisce di distinguere il male dei vizi dal bene della natura, e ripetendo fino ad un odioso fastidio le medesime idee con le medesime parole non dici ancora in che modo sia da prendere l'affermazione: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo 51. Contraddizioni. 45. GIUL. Non merita dunque la generazione d'essere accusata dall'Apostolo ed posseduta dal diavolo; istituita da Dio ed

fonte di crimini; infine benedetta da Dio, come tu confessi, e accusata da te di essere una escrescenza diabolica. AG. Dio benedisse le nozze, non la concupiscenza carnale, che resiste allo spirito e che non esisteva prima del peccato. Al peccato invece, come nemmeno a quella concupiscenza che resiste allo spirito, Dio non diede la sua benedizione. Ora, quanto alle nozze che Dio benedisse, se non fosse stato commesso il peccato, dal quale stata viziata la natura, o si servirebbero esse delle membra genitali nella stessa maniera in cui noi ci serviamo delle altre membra che obbediscono alla volont senza nessuna libidine, o nelle nozze non ci sarebbe stata libidine indecorosa, perch essa non avrebbe mai resistito alla volont. Tale non davvero adesso e lo senti certamente anche tu quando dissenti da essa che sollecita e alletta. Le nozze tuttavia anche presentemente sono lodevoli, perch non causano questo male ma lo trovano negli uomini, e perch di questo male esse si servono bene con l'intenzione di generare, bench coloro che sono generati traggano di l il peccato originale, a causa del quale devono essere rigenerati. Interroghiamo anche l'Apostolo. 46. GIUL. Come la tua opera non abbia combinato nulla nei miei riguardi lo attesta la erudizione di tutti i letterati; quanto poi ti sforzi contro l'Apostolo e quanto insanisci contro Dio lo dimostra la contraddizione delle tue sentenze. Ma dopo aver chiarito ormai che non possono stare insieme realt che la natura oggettiva dissocia, interroghiamo anche l'Apostolo, perch non si creda presente nei suoi modi di sentire la barbarie che apparisce provata nelle tue sentenze. AG. Dimmi dunque almeno ora quello che rimandavi con tanti rigiri. Non per l'esempio, ma per la generazione. 47. GIUL. Sento dire dunque dall'Apostolo che a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui 52. Rispetto a questo, tu insisti che ci non stato detto per l'esempio del peccato, ma per la generazione, e chiami eretici noi che riferiamo ci alla esemplarit, e ti credi aiutato da questa argomentazione: Certamente se l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, non avrebbe detto che il peccato entrato e

passato in tutti gli uomini " a causa di un solo uomo ", ma a causa del diavolo. Del diavolo infatti scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono " 53. Ma la ragione per cui ha detto " a causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale cominciata la generazione degli uomini, d'insegnare che il peccato originale ha camminato in tutti attraverso la generazione 54. Io al contrario vedo che l'Apostolo non ha proferito nulla che importasse l'infamazione della generazione umana, nulla che importasse la condanna dell'innocenza naturale, nulla che importasse l'incriminazione dell'opera di Dio. AG. Da un pezzo continui a dire " nulla " e quando cesserai di ripetere " nulla ", non dirai pi nulla. Chi potrebbe infatti non ridere di te nel vederti impegnato a convincere che non riguarda la generazione la frase dell'Apostolo: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, perch lo stesso uomo non stato generato da un qualche uomo dal quale fossero generati tutti gli altri, e dite invece che riguarda l'esempio, perch l'esempio del peccato che i posteri potessero imitare non entrato nel mondo se non a causa di colui che pecc senza imitare nessun altro? Uno infatti pecc per primo. Ma che il primo non sia Adamo, bens il diavolo, quale cristiano lo ignora? Che altro dunque ti gradito all'infuori di questo: e non tacere e non dire nulla? Tu dimostri una grande ignoranza. 48. GIUL. Inoltre cercando di tirare una conclusione che le parole dell'Apostolo non avevano indicata di per s, soggiungi che per parlare d'imitazione avrebbe dovuto ricordare il diavolo; ma volendo che s'intendesse la generazione ha preferito dire l'uomo piuttosto che il diavolo. Io domando dunque quale sia stata per te l'occasione di questa opinione. Che c' infatti? Neghi forse che si pecchi per imitazione di uomini? Bench a questa verit non occorra l'attestazione assoluta delle Scritture, ascolta tuttavia Davide: Non imitare i malvagi, non invidiare coloro che fanno il male 55; non rincorrere chi prospera sulla sua strada 56. Del resto tutti gli scritti dell'Antico Testamento ammoniscono Israele a non imitare il culto degli stranieri. Quale necessit dunque costringeva l'Apostolo a nominare il diavolo piuttosto che l'uomo, se voleva intendere l'imitazione, sapendo che si pecca per imitazione e degli uomini e del demonio? Tu dunque o prova che non si possa peccare per imitazione degli uomini e prova che ci non si trova in nessun luogo

della legge, e afferma allora che il testo adatto alla tua opinione; oppure, se manifesto che per nessun'altra via i peccati hanno prevalso di pi che per l'imitazione dei vizi, allora tu dimostri una grande ignoranza nel concludere che l'Apostolo avrebbe certamente parlato del diavolo, se avesse voluto far intendere l'imitazione. AG. Non avevo gi detto che non avresti detto nulla tu, uomo loquacissimo nell'arte della eloquenza del nulla? Certamente esistono nel mondo peccati d'imitazione, quando gli uomini seguono gli esempi degli uomini che peccano. Tuttavia non attraverso gli uomini peccatori imitati da quanti li vogliono imitare che entrato nel mondo il peccato imitato da quanti peccano, bens attraverso colui che pecc per primo senza imitare nessuno. Costui il diavolo, imitato da tutti coloro che gli appartengono 57. Cos anche il peccato che non si commette imitando ma si contrae nascendo, entrato attraverso colui che per primo gener l'uomo. Non hai dunque detto nulla e non hai voluto tacere unicamente per ingannare tra i lettori alcuni e affaticarne altri. Il peccato d'imitazione entra nel mondo dal diavolo, il peccato di generazione da Adamo. 49. GIUL. Poich dunque risulta chiaro che parlare dell'imitazione di uomini cattivi non solo logico, ma anche necessario, ne segue che provvisoriamente questo tuo argomento giace con evidenza per terra. Quanto poi alla tua aggiunta, che del diavolo scritto: Lo imitano quelli che appartengono a lui 58, sono d'accordo anch'io che stato detto saggiamente dall'autore di quel libro, chiunque egli sia; ma a te non giova che si scriva che alcuni peccano per imitazione del diavolo, se non dimostri l'impossibilit di peccare per imitazione degli uomini. AG. La nostra questione non qui se si pecchi per imitazione degli uomini. Chi potrebbe infatti ignorare che si pecca anche per imitazione degli uomini? Ma la questione quale peccato sia entrato nel mondo a causa di un solo uomo: se quello che si commette imitando o quello che si contrae nascendo. Poich il primo, cio quello che si commette imitando, non entrato nel mondo se non a causa di colui che per primo senza imitare nessuno diede l'esempio di peccare a tutti gli altri che lo avrebbero imitato, ossia il diavolo; il secondo invece, cio quello da contrarre nascendo, non entrato nel mondo se non a causa dell'uomo che

senza essere stato generato da nessun altro uomo introdusse per primo l'inizio dell'origine per la generazione di tutti gli altri uomini. Costui Adamo. Sulla imitazione degli angeli e degli uomini renditi conto dunque che non dici nulla di pertinente alla nostra causa, ma solamente non hai voluto tacere. Discutiamo infatti non di un qualsiasi peccatore che abbia peccato nel mondo in un qualsiasi tempo, ma di quel peccatore a causa del quale il peccato entrato nel mondo; e qui se si cerca l'esempio d'imitazione si trova il diavolo, se il contagio della generazione si trova Adamo. Perci l'Apostolo, dicendo: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo 59, volle che s'intendesse il peccato di generazione. Il peccato infatti d'imitazione non entrato nel mondo a causa di un solo uomo, ma a causa del diavolo. Tu con estrema ridicolezza. 50. GIUL. Infatti mentre si usa l'uno e l'altro modo di dire: talvolta che qualcuno invidia imitando il diavolo e talvolta che qualcuno si macchia d'invidia o di sordide colpe imitando un altro uomo, potendo anche il nome d'imitazione convenire all'uno e l'altro soggetto, ossia e all'uomo e al diavolo, tu con estrema ridicolezza hai voluto vaneggiare dicendo che attraverso l'idea d'imitazione non pot essere indicato Adamo. AG. Ma pu essere mai vero che il peccato sia entrato nel mondo a causa di un qualsiasi uomo che un altro imita peccando? Dimmi, se puoi, il significato delle parole: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini 60; pass o la morte o il peccato o meglio con la morte il peccato. Infatti il peccato che si commette per imitazione non entrato nel mondo se non a causa del diavolo, il quale fece per primo senza imitare nessuno ci che potessero fare gli altri imitando lui. Vocaboli omonimi. 51. GIUL. Corre il discorso ad altri argomenti, ma dobbiamo insistere ancora su questo punto per aiutare e l'intelligenza e la memoria del lettore con distinzioni per quanto possiamo brevi. Per la verit quasi in tutti i discorsi ci troviamo condizionati dalla presenza di vocaboli omonimi, che noi chiamiamo equivoci.

AG. Avevi promesso di sostenere l'intelligenza del lettore e parli di omonimi e di equivoci: in che modo dunque ti potranno intendere, almeno gli stessi pelagiani, se prima non sono mandati alle scuole dei dialettici, dovunque si possano trovare sulla terra, ad imparare queste distinzioni? O forse tu leggerai ed esporrai a loro anche le categorie di Aristotele, prima che essi leggano i tuoi libri? Perch non dovresti fare anche questo, o uomo ingegnosissimo, dal momento che nel tuo " ozio " sei pasciuto dai miseri che hai ingannati? C'e grande spazio per l'imitazione. 52. GIUL. Ma perch adesso il nostro discorso si tenga agli argomenti in discussione, la generazione si attribuisce propriamente ai sessi, l'imitazione invece sempre degli animi. Questa inclinazione dell'animo ad imitare possibilmente quello che vuole, accusa l'uomo o lo promuove, secondo la diversit delle situazioni. Cos avviene che nel bene gli si attribuisca l'imitazione e di Dio e degli Angeli e degli Apostoli. Di Dio: Siate perfetti, com' perfetto il Padre vostro celeste 61. Degli Angeli: Sia fatta la tua volont come in cielo cos in terra 62. Degli Apostoli: Fatevi miei imitatori, come io lo sono del Cristo 63. Nel male invece l'uomo imita il diavolo, come scritto: Lo imitano coloro che gli appartengono 64. Gli uomini imitano anche gli uomini: Non assumete aria melanconica, come gli ipocriti che si sfigurano la faccia 65. Imitano gli animali, come si desume dall'avvertimento: Non siate come il cavallo e il mulo, privi d'intelligenza 66. Con queste parole dunque, tanto di persuasione quanto di dissuasione, si indica l'inclinazione ad imitare che certamente, se non potesse esistere, non si intimerebbe di evitarla. AG. Ma il peccato di imitazione, cio quello da commettere per l'imitazione, non entrato nel mondo se non a causa di colui che pecc senza imitare altri perch altri peccassero imitando lui. E non certamente Adamo costui, ma il diavolo. Infatti l'Apostolo, dicendo: E' entrato nel mondo 67, ha indicato l'inizio di questo peccato; ed manifesto che tale inizio non si ebbe a causa dell'uomo, ma a causa del diavolo, se vogliamo considerare il peccato imitato da coloro che peccano. Resta quindi che il peccato, che entr nel mondo a causa di un solo uomo, non si possa giustamente attribuire all'imitazione, ma alla generazione. Rendiamo volentieri grazie a Dio, perch tu, parlando contro il vostro errore, hai confessato, quasi folgorato dalla verit, che la

buona volont con la quale imitiamo i buoni non da attribuirsi alle forze del nostro libero arbitrio, ma all'aiuto di Dio, dal momento che hai dichiarato doversi non presumere da noi ma chiedere al Signore l'imitazione degli Angeli, spiegando in tal senso la petizione con la quale preghiamo: Sia fatta la tua volont come in cielo cos in terra 68. Significati diversi dell'imitazione e della generazione. 53. GIUL. Ma come manifesto che il nome d'imitazione si adatta promiscuamente a situazioni diverse, cos la generazione indica in senso vero e proprio la sostanza che genera, in senso invece non proprio ma " abusivo " si applica ai fatti dello spirito. E tuttavia, poich quest'uso di parlare ormai invalso, e si riconosce quello che vuole indicare e non gli si lascia arrecare pregiudizio ai significati propri. Si dice dunque che il diavolo genera coloro che peccano, secondo quello che dichiara il Signore nel Vangelo: Voi avete per padre il diavolo 69. Con queste parole Ges ha detto il diavolo padre dei criminosi che egli accusava d'imitare la malvagit del diavolo; e tuttavia l'intelligenza al sicuro, perch con questo nome di padre n si attribuisce al diavolo il sesso, n a quegli uomini la sostanza aerea. Apparisca dunque subito quello che ne vogliamo dedurre. Se si giudicasse che l'uomo non imita mai un altro uomo in senso proprio e l'Apostolo avesse detto che tutti hanno peccato a causa di Adamo, io opporrei liberamente con le Scritture che l'Apostolo sarebbe da difendere nel senso che, come il Signore aveva detto padre il diavolo, il quale non poteva generare con la sua sostanza, cos l'Apostolo avrebbe scritto imitabile Adamo, perch non si attribuisse all'Apostolo un insegnamento contrario all'evidenza della ragione. AG. E' stato forse Adamo il primo ad essere imitabile nel peccato perch giustamente si dicesse entrato nel mondo a causa di lui il genere del peccato d'imitazione? Non fu il diavolo a costituirsi per primo come imitabile nel peccato? A causa dunque del diavolo l'Apostolo direbbe entrato nel mondo il peccato, se in quel passo volesse far intendere il peccato che commettessero altri per imitazione. Paolo propose Adamo per il peccato, il Cristo per la giustizia.

54. GIUL. Se per io raccogliessi i testi del Vangelo dove si parla in senso improprio, non varrebbero a sostenere questa opinione. Molto pi lontano l'Apostolo dall'aver dato occasione all'errore, se ha dichiarato, senza dire nulla d'improprio, che il primo uomo peccatore stato d'esempio ai peccatori di poi. AG. Non avrebbe dovuto dunque proporre questi due, uno per il peccato e l'altro per la giustizia, cio Adamo e il Cristo. Se infatti avesse posto Adamo come primo peccatore per il peccato che tutti gli altri hanno imitato, certamente come primo giusto da imitarsi da tutti gli altri per la giustizia non avrebbe messo il Cristo, ma Abele, essendo stato questi appunto il primo giusto, che non ha imitato nessun altro e che tutti dovrebbero imitare. L'Apostolo invece, sapendo quello che diceva, propose Adamo per il peccato e il Cristo per la giustizia, perch conosceva nell'uno l'iniziatore della generazione e nell'altro l'iniziatore della rigenerazione. Tu non hai abbattuto la mia costruzione. 55. GIUL. Balordissimamente perci tu hai argomentato che l'Apostolo se avesse voluto far intendere che il peccato passato per imitazione, avrebbe nominato piuttosto il diavolo che Adamo, mentre chiaro che il male, sia dell'uomo sia del diavolo, non pot passare se non per imitazione. Ma, abbattuta la tua costruzione, non tanto con le mie mani quanto con le mani della ragione stessa, ascolta che cosa sia adesso apportato da noi. AG. Coloro che leggeranno le parole dell'uno e dell'altro di noi due, sapranno giudicare che tu non hai abbattuto la mia costruzione e che tu contro la nostra struttura hai portato senza risultato le mani, non della sana ragione, ma della tua vana opinione. Adamo non bastava da solo alla generazione. 56. GIUL. L'Apostolo ha fatto capire di non aver detto che il peccato passato per la generazione, quando nominando l'uomo aggiunse: Uno solo. Uno infatti il principio della numerazione. E spiegando a causa di chi dicesse che era entrato il peccato, non solo l'ha nominato, ma l'ha anche enumerato: A causa di un solo uomo il peccato entrato in questo mondo 70. Ma quest'unico basta a proporre l'imitazione, non basta a comporre la generazione. Il peccato passato, bens per a causa di uno solo. E' chiaro che qui si accusa l'imitazione e non la generazione, che non si pu

compiere se non per mezzo di due. O tu quindi dimostri che la generazione avvenuta per mezzo del solo Adamo senza la donna e nemmeno questo del resto impossibile alla eleganza del tuo ingegno -, oppure vedendo che la generazione non si pu avere se non per mezzo di due, rassgnati, almeno tardivamente, a riconoscere che non stata accusata l'opera di due con il numero di uno solo: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo. Colui che ha detto: A causa di uno solo, non ha voluto che s'intendesse a causa di due. Che cercava, ti prego, il numero tra questi dogmi perch l'Apostolo nominasse con tanta cura non solo l'uomo, ma un solo uomo? Ma apparisce il cauto parlare di un'augusta intuizione: per rivelazione dello Spirito Santo l'Apostolo ha anticipato e disarmato gli errori dei nostri tempi. Perch appunto non gli si attribuisse di aver detto qualcosa contro il matrimonio istituito da Dio o contro la fecondit benedetta da Dio, al momento in cui il discorso gli chiedeva di rintracciare l'inizio del peccato, ha detto che il peccato passato in virt di un numero che non poteva convenire ai figli. E certamente avevano mancato tutti e due i primi uomini, che giustamente sono chiamati ambedue per i posteri " forma " del peccato. Perch dunque l'Apostolo non ha detto che il peccato passato a causa di due: il che sarebbe stato anche pi corrispondente alla verit storica? Ma non avrebbe potuto fare nulla di pi prudente. Vide che se avesse nominato i due che avevano dato inizio ed esempio di prevaricazione e se avesse affermato che a causa di loro passato il peccato, sarebbe stata spalancata l'occasione all'errore di credere che nominando i due l'Apostolo avesse condannato l'unione e la fecondit. Perci prudentissimamente ha preferito nominare uno solo, che per la generazione era un'indicazione insufficiente, ma per l'esempio era un segno abbondante, e ha preferito gravare la mano sull'imitazione accusandola e non riprendere la generazione enumerando i due. E per riassumere tutto in breve: la fecondit, istituita nei primi uomini, non si pu avere se non per mezzo di due; del peccato invece l'Apostolo dice che entrato, ma a causa di uno solo. AG. Avevo gi detto che tu non avresti detto nulla, e che sia cos chiaro perfino alle persone pi tarde. Ma mai vero che quanti peccano non imitano Eva o che non fu da lei che piuttosto prese inizio il peccato del genere umano? Com' scritto: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa di lei noi tutti moriamo 71. Perch dunque non vuoi capire che l'Apostolo dice uno solo l'uomo a causa

del quale il peccato entrato nel mondo, proprio piuttosto per fare intendere non l'imitazione ma la generazione? Come infatti dalla donna fu l'inizio del peccato, cos dall'uomo l'inizio della generazione: infatti primo l'uomo a inseminare perch la donna partorisca. La ragione per cui il peccato entrato nel mondo a causa di un solo uomo 72 che entrato per mezzo del seme della generazione, che ricevuto dalla donna la fa concepire. E nascere in questo modo non lo volle colui che stato il solo a nascere senza peccato da una donna. A mala pena trattengo uno scroscio di risa. 57. GIUL. Irrefutabilmente si concluso che l'Apostolo indica che quel peccato fu trasportato ai posteri dai costumi e non dai semi. Avvediti dunque quanta falsit sia sgorgata dalla tua bocca: Ma la ragione per cui l'Apostolo ha detto: "A causa di un solo uomo" certo di quell'uomo da quale cominciata la generazione degli uomini - d'insegnare che il peccato originale ha camminato alla volta di tutti per mezzo della generazione 73, mentre la ragione per cui l'Apostolo dice: A causa di un solo uomo 74, proprio di non far credere che un peccato originale abbia camminato alla volta di tutti. Tanto scioccamente sragioni che a mala pena trattengo uno scroscio di risa quando ti sento dire che la generazione cominci da un solo uomo, mentre e la diversit dei sessi e la lectio divina attestano che la generazione sarebbe stata impossibile, se prima non fossero esistiti due esseri umani, cio l'uomo e la donna. AG. Coloro che leggono questa risposta, rileggano la mia risposta precedente o, se la ricordano bene, ridano dei deliramenti di questa. Potrei comunque dire che la ragione per cui l'Apostolo fa entrare il peccato nel mondo non a causa di due ma a causa di un solo uomo che sta scritto: I due saranno una sola carne 75, e il Signore dice conseguentemente: Cos che non sono pi due, ma una carne sola 76; soprattutto quando l'uomo aderisce alla moglie e si consuma il concubito. Ma dal concubito generata la prole, che contrae il peccato originale, propagandosi il vizio dal vizio e creando Dio la natura; la quale natura i coniugi, anche quando usano bene del vizio, non la possono tuttavia generare cos da poter essere senza il vizio. Il quale vizio lo espelle nei bambini, anche contro la volont di Giuliano, colui che nacque senza lo stesso vizio. Parli soltanto per la libidine della maldicenza.

58. GIUL. O se risponderai per caso - perch altrimenti non si regge il tuo dogma - che Adamo concep e partor da solo, quanto all'Apostolo, certo, nessuno dubita che non sia stato questo il suo modo di sentire; quanto poi a te, mostrerai tu che cosa abbia tu voluto che avvenisse al tuo sesso. AG. Non hai paura di quanto scritto: N i maldicenti erediteranno il regno di Dio 77? Tu infatti non pronunzieresti ingiurie che sono cos infami e non ti aiutano per nulla, se tu non parlassi per la libidine di essere maldicente. Saranno due uomini in un solo uomo? 59. GIUL. Ma omettiamo questi punti ed eliminiamo con le forze della ragione quanto in questo luogo apparisce poter essere dedotto da voi. Se dunque dirai che di questa unione stato scritto che i due diventano una sola carne e che in riferimento a questo fatto l'Apostolo ha scritto: A causa di un solo uomo 78, per indicare le membra dei generanti nell'atto di unirsi tra loro, ti risponder che anche questo vale contro la vostra empiet. Infatti non si dice: Saranno due uomini in un solo uomo, bens: Saranno due in una sola carne 79, per insegnare con il nome di " unit " che la volutt di coloro che si accoppiano e la libidine che afferrando la sensibilit sconcerta le membra e, come intese quel saggio Apostolo, tende ad ottenere una sola carne, stata istituita da Dio e inserita nei corpi prima del peccato. AG. Se nient'altro potesse far s che due siano in una sola carne all'infuori della libidine - la quale, tua pupilla, esattamente tale e quale come quella che tu lodi e riprovi, quella che riconosci pudenda e ami cos senza pudore, osi dotare anche del possesso del paradiso -, non potrebbero intendersi in nessun modo anche del Cristo e della Chiesa le parole: Saranno due in una sola carne. Non esorbiti infatti cos lontano dalla via della verit da avere il coraggio di attribuire questa libidine anche all'unione del Cristo e della Chiesa. Ebbene, se possono senza la libidine essere due in una sola carne il Cristo e la Chiesa, anche l'uomo e la donna, se nessuno avesse peccato, avrebbero potuto congiungersi non con la pudenda libidine, di cui arrossisce anche chi non arrossisce di lodarla, ma con la carit meritatamente lodanda ed essere due in una sola carne allo scopo di procreare figli. Perci il Signore quando dice: Cos che non sono pi due, ma una sola carne 80, non dice certo:

Non sono due carni; ma una sola carne. Che dunque si nega che siano due se non gli uomini? Come il Cristo e la Chiesa insieme non sono due Cristi, ma un solo Cristo. Onde anche a noi stato detto: Siete dunque il seme di Abramo 81, essendo stato detto di quel seme ad Abramo: E al tuo seme, che il Cristo 82. Confusione! 60. GIUL. E perci il diavolo non pu rivendicare nulla a s n dal piacere della libidine n dalla sua verecondia. AG. Perch parli di verecondia? Ti senti confuso a dire confusione? E tuttavia dici che la pudenda libidine esisteva anche prima del peccato in coloro dei quali la Scrittura attesta: Erano nudi e non ne sentivano confusione 83. Anche se solo la carne appartenesse alla propaggine. 61. GIUL. Ma tuttavia l'Apostolo, se qui avesse sentito qualcosa di simile, avrebbe detto che il peccato entrato a causa di una sola carne, non a causa di un solo uomo. Ora, attraverso la generazione, partecipa alla prole soltanto la sostanza della carne, perch non si trae l'anima dall'anima, ma la carne dalla carne; nel nome di uomo invece si indica in senso proprio e l'animo e il corpo. L'Apostolo quindi, nominando un solo uomo, n si riferito al fatto della fecondit, dove sapeva che non si comunica nient'altro all'infuori della sostanza della carne, n ha voluto far intendere i due, parlando di uno soltanto, per insegnare che il peccato passato per imitazione e non per generazione. AG. Che significano dunque le parole: Cos che non sono pi due, ma una sola carne 84, se non questo: Non sono due uomini, a causa dell'unit della carne? Quantunque anche la carne da sola potrebbe dirsi uomo, prendendo la parte per il tutto, come si dice: Il Verbo si fece carne 85, perch colui del quale stato detto, si fece uomo. Anche l'Apostolo quando diceva: Il nostro uomo esteriore si va disfacendo 86, credo che volesse intendere la carne. Per questo parliamo con propriet quando diciamo: Il sepolcro di un uomo, bench vi sia stata sepolta solo la carne. N sbagli la donna che disse: Hanno portato via il mio Signore dal sepolcro 87, bench ci fosse stata posta soltanto la carne. A parte dunque l'oscurissima questione nei riguardi dell'anima, si pot dire: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo 88, anche se solo la carne

appartenesse alla propaggine. A tutto questo fa' attenzione pertanto e vedi come tu non abbia detto nulla. Paolo non ebbe nessun sentore del peccato naturale. 62. GIUL. Qui ora, sebbene la verit abbia fatto la sua parte, ammonisco tuttavia il lettore a stare attento. In questo conflitto io ho dunque sacrificato moltissimo del mio diritto e, correndo dove mi aveva provocato la temerit dell'avversario, ho difeso talmente le certezze della sana fede che, sebbene fossero del Maestro delle Genti le parole delle quali credette di fare quell'uso il traduciano, risulterebbe non di meno che non ebbe nessun sentore del peccato naturale Paolo, il quale nominando l'uomo, ma uno solo, non avrebbe certamente incolpato la generazione del crimine, bens gli esempi. AG. Un esempio hai dato, ma di falsit in te stesso, perch, se l'Apostolo ponesse l'esempio del peccato da parte del primo uomo peccatore, cio da parte di Adamo, certamente porrebbe l'esempio della giustizia da parte del primo uomo giusto, cio da parte di Abele. Non passato il peccato, ma passata la morte. 63. GIUL. Risulta per che non delle parole dell'Apostolo l'ordine tenuto dal nostro nemico. Costui argomenta appunto cos: Se l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, avrebbe detto che il peccato entrato e passa in tutti gli uomini, non " a causa di un solo uomo " 89, ma a causa del diavolo. Infatti del diavolo scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono " 90. Ma la ragione per cui ha detto: " A causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale cominciata la generazione degli uomini, di insegnare che il peccato originale ha camminato alla volta di tutti per mezzo della generazione 91. In questo dunque mentisce: nell'affermare che il beato Paolo ha dichiarato che il peccato entrato nel mondo a causa di un solo uomo e che passato cos in tutti. Questo, dico, non c' nelle parole del Maestro delle Genti: egli appunto non ha affermato che passato il peccato, ma che passata la morte. Ecco dunque l'ordine delle parole: Come a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti uomini, che tutti peccarono in lui 92. Il sublime formatore della Chiesa ha soppesato quello che sentiva di dover dire. Dice: A

causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini. Aveva gi nominato la morte e il peccato. Perch nel parlare di ci che pass sent la necessit di separare la morte dalla comunione del peccato, cos da indicare tassativamente entrato, s, in questo mondo a causa di un solo uomo il peccato e per il peccato la morte, ma non passato in tutti gli uomini il peccato, bens passata la morte, inflitta certamente per la severit del giudizio divino, ultrice della prevaricazione, persecutrice non dei semi dei corpi, ma dei vizi dei costumi, se non perch Paolo ebbe cura di ammonire e di premunire che non gli si attribuisse d'aver prestato un qualche aiuto al vostro dogma? AG. E' vero, in quel luogo dove si dice: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, sembra ambiguo che cosa si asserisca passato in tutti gli uomini: se il peccato, se la morte, se ambedue; ma quale sia di queste ipotesi la buona lo indica la realt stessa tanto aperta. Infatti, se non fosse passato il peccato, non ogni uomo nascerebbe con la legge del peccato che abita nelle membra. Se non fosse passata la morte, non morirebbero tutti gli uomini, per quanto si attiene alla presente condizione dei mortali. Nella frase poi dell'Apostolo: Nel quale tutti peccarono, non si intende se non in Adamo, nel quale dice pure che essi muoiono, perch non sarebbe stato giusto che passasse la pena senza la colpa. Da qualunque parte ti volti, non rivolterai in nessun modo le fondamenta della fede cattolica, soprattutto perch ti volti contro te stesso, dicendo ora che a passare non fu il peccato ma la morte, mentre sopra hai detto che la ragione per cui ha insistito non su due uomini ma su uno solo fu d'insegnare che il peccato pass per imitazione e non per generazione 93. Pass dunque con la morte il peccato. Cos' quel che ora dici: non pass il peccato, ma la morte? Quanta distanza tra te e Paolo. 64. GIUL. Quanta sia dunque la distanza tra te e Paolo intendilo. Egli dice: A causa di un solo uomo 94; tu dici: A causa di due, cio a causa della generazione. Egli dichiara che nel primo uomo ci fu la morte e il peccato, ma ai posteri pass la morte soltanto. Tu al contrario asserisci che e il peccato e la morte corsero alla volta di tutti.

AG. Gi si risposto. Rileggano coloro che vogliono quanto abbiamo detto sopra, per non ripetere invano tante volte le medesime risposte. Dite cose troppo diverse e contrarie. 65. GIUL. Impudentemente quindi ti ripari sotto l'ombra del suo nome, mentre dite cose troppo diverse e contrarie. Egli infatti accusa l'opera degli uomini, tu l'opera di Dio; egli le scelte dei delinquenti, tu l'innocenza e la vita dei nascenti; egli la volont degli uomini, tu la natura degli uomini. AG. Si risposto sopra a tutti questi punti: perci gi ride di te chi se ne ricorda. Chi invece non se ne ricorda, se rilegger le nostre risposte, si dorr di te, dopo aver certamente deriso queste tue vane risposte. Con Adamo entrarono nel mondo il peccato e la morte. 66. GIUL. Entr dunque secondo l'Apostolo a causa di un solo uomo il peccato nel mondo e per il peccato la morte, perch il mondo vide Adamo e reo e destinato alla condanna della morte eterna. La morte poi pass in tutti gli uomini, perch una medesima sentenza abbraccia anche tutti i prevaricatori dell'et successiva. Alla quale morte tuttavia non si permette d'infierire n contro i santi, n contro gli innocenti, ma dilaga in coloro che vede emulatori della prevaricazione 95. AG. Stai dicendo quello che fu contestato al vostro eresiarca Pelagio nel giudizio episcopale palestinese: Adamo fu fatto cos che sarebbe morto, sia che peccasse, sia che non peccasse. Questa morte infatti per la quale moriamo tutti e della quale detto: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa di lei noi tutti moriamo 96, non vuoi che dal peccato sia passata in tutti originalmente per non essere costretto a confessare che anche il peccato pass insieme originalmente. Senti appunto quanto sarebbe iniquo che fosse passata la pena senza la colpa. Ma tuttavia la verit che tu tenti d'impugnare tanto cattolica che Pelagio, se non avesse condannato ci che gli contestavano, sarebbe uscito sicuramente condannato lui dal quel giudizio. La morte dunque, e questa per cui si separa lo spirito dal corpo e quella che detta seconda, per cui sar tormentato lo spirito insieme al corpo, per quanto concerne il merito del genere umano, pass in tutti gli uomini. Ma la grazia di

Dio per colui che venne ad eliminare il regno della morte morendo, tolse lo scettro alla morte con quella risurrezione della quale si ebbe in lui il primo esempio. Questo ritiene la fede cattolica, questo ritengono i giudici temuti da Pelagio, questo non ritengono gli eretici seminati da Pelagio. La prevaricazione di Adamo accusa i suoi imitatori. 67. GIUL. La quale prevaricazione, sebbene non sia diventata naturale, fu tuttavia " forma " del peccato, e quindi, sebbene non gravi sopra i nascenti, accusa tuttavia gli imitanti. AG. Ma se ti sei dimenticato del grave giogo che grava sui nascenti, noi non cessiamo di ricordartelo. La morte giudiziale o eterna dovuta a chi pecca volontariamente. 68. GIUL. La morte giudiziale invece pass, perch tutti peccarono in Adamo, ma per loro libera volont. E con questa parola tutti si indica nell'uso delle Scritture la moltitudine degli uomini, non la loro universalit. AG. Invano cerchi di storcere le parole diritte e di oscurare le parole chiare. Tutti peccarono in colui nel quale tutti muoiono. Costui Adamo: nel quale se i bambini non muoiono, nemmeno certamente risorgeranno nel Cristo. Ma poich, come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 97, per questo coloro che vogliono stravolgere queste parole saranno stravolti essi stessi, rimanendo intatte queste parole. Il peccato originale non indicato da Paolo. 69. GIUL. Ma andiamo ora al seguito, perch, come si chiarito in gran parte, con quale dogma concordi l'Apostolo lo mostri egli negli sviluppi della sua sacra parola. Ma che altro indicano anche le successive parole dell'Apostolo? Dopo infatti il testo precedente aggiunse: " Fino alla legge c'era il peccato nel mondo ", ossia nemmeno la legge pot togliere il peccato. " Ma il peccato non poteva essere imputato quando mancava la legge " 98. C'era dunque il peccato, ma non era imputato, perch non si indicava il peccato da imputare, come infatti dice altrove: " Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato " 99. Continua: " Ma la morte

regn da Adamo fino a Mos "; ossia, come aveva detto sopra, " fino alla legge ". Non fino a Mos nel senso che dopo non ci fosse il peccato, ma nel senso che nemmeno la legge data per mezzo di Mos pot togliere il regno della morte, la quale non regna certo se non mediante il peccato. Ora, il regno della morte consiste nel precipitare l'uomo mortale anche nella morte seconda che sempiterna. " Ma regn ". Su quali uomini regn? Risponde: " Anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale figura di colui che doveva venire " 100. Di quale personaggio che doveva venire se non del Cristo? E quale figura se non controfigura? Lo dice anche altrove: " Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo " 101. Come il primo fatto si avverato in quell'uomo, cos il secondo fatto si avverer in quest'altro uomo: qui sta la figura. Ma questa figura non combacia su tutti i punti. Perci l'Apostolo continuando aggiunge: " Ma il dono di grazia non come la caduta. Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di pi la grazia di Dio e il dono concesso in considerazione di un solo uomo, Ges Cristo, abbond in molti " 102. Che vogliono dire le parole: " Molto di pi abbond in molti "? Significano: tutti coloro che vengono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per lo stesso Cristo invece vivranno senza fine 103. Nient'altro confessi indicato dai logici ragionamenti dell'Apostolo all'infuori del peccato originale, che noi abbiamo provato fino dalle sue prime parole non indicato da lui, perch aveva assegnato il passaggio del peccato ad un solo uomo e non a tutti e due i progenitori. AG. E' gi stato risposto e tu continui a parlare a vanvera. N c' da meravigliarsene. Non sai infatti ancora che cosa io abbia risposto. Sarai anche pi impudente quando lo saprai, se non vorrai abbandonare la vanit e abbracciare la verit. Ci che sparisce non naturale. 70. GIUL. Ma tuttavia c' da esaminare se ci che aveva tralasciato lo richiami almeno adesso. Dice: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo 104. Tu dici che l'Apostolo volle che in tale peccato si intendesse il peccato naturale; io domando dunque perch, se c'era fino alla legge, abbia cessato di esistere dopo la legge. N infatti accondiscendo a intendere fino alla legge fino alla sua fine, piuttosto che fino al suo sorgere. Dalla mia parte sta la propriet

del linguaggio: ci che dice esistito fino alla legge mostra che non esiste pi dopo la legge, e tutto ci che con il tempo sparisce non era naturale. Quello dunque che stato infranto dalla censura della legge ed stato in gran parte estinto da essa che l'ha infranto, apparisce ricevuto dalla imitazione e non dalla generazione. AG. O intelligenza che non so dire se non eretica! Se dunque la legge tolse via il peccato, poich tu vuoi intendere cos il limite fino alla legge, venne dunque dalla legge la giustizia. Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo morto invano 105. Se invece la legge non tolse via il peccato cos da non farlo esistere pi, come prima avevi detto che avesse fatto e te ne sei pentito subito, ma tuttavia la legge infranse il peccato, come hai corretto dopo, e lo estinse in gran parte, ha mentito colui che ha scritto: La legge sopravvenne perch abbondasse la colpa 106. Ma poich egli dice la verit, tu non dici nulla, e tuttavia, senza dire nulla, lo contraddici con pertinacia eretica. Il peccato originale esiste anche dopo Ges? 71. GIUL. Ma perch non sembri che io qui ti tratti con troppa ostinatezza, accondiscendiamo che le parole fino alla legge 107 possano intendersi fino al Cristo: concedi dunque che dopo il Cristo non esiste questo peccato che tu dici originale. E come fai a dire che e nelle membra degli Apostoli e in tutti i battezzati e fino ad oggi dopo tanti secoli dalla venuta del Cristo rimane, vige, vive l'opera del diavolo, la pianta della potest avversaria, la legge del peccato? AG. Io non dico questo e tu non dici nulla. Altro il peccato, altro la concupiscenza del peccato, alla quale non consente chi per grazia di Dio non pecca. Quantunque anche la stessa concupiscenza del peccato si chiami peccato, perch stata fatta dal peccato. Come una qualsiasi scrittura si chiama mano di colui che l'ha fatta con la sua mano. Ma Ges, del quale scritto: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo 108, lui che dissolve con la rigenerazione il reato del peccato, contratto con la generazione; lui che donandoci lo Spirito fa s che il peccato non regni nel nostro corpo mortale in obbedienza alle sue brame 109; lui che con quotidiana indulgenza, per la quale diciamo quotidianamente: Rimetti a noi i nostri debiti 110, se la concupiscenza del peccato ha persuaso a compiere qualche male anche coloro che combattono

con buona resistenza, misericordioso lo distrugge; lui che rialza i penitenti travolti da grave rovina; lui che condurr e stabilir i regnanti l dove non si possa peccare pi in nessun modo, quando si dir: Dov' o morte, la tua vittoria? Dov', o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte il peccato 111. Ecco come toglie quell'Agnello di Dio il peccato del mondo, che la legge non ha potuto togliere. Il peccato originale non era imputato prima della legge. 72. GIUL. Ma vediamo anche il resto. Dice l'Apostolo: Il peccato non poteva essere imputato, quando mancava la legge 112. Dopo di che tu continui: C'era dunque, ma non era imputato, come l'Apostolo dice altrove: " Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato " 113. Se dunque per mezzo della legge fu fatto conoscere il peccato e se il peccato della " traduce " non si imputava prima della legge, dimostra che esso stato imputato sotto la legge. Perch se la cognizione del peccato viene dalla legge, se prima della legge c' l'ignoranza del peccato, non si pu dubitare che questa sia stata la causa principale della promulgazione della legge: far conoscere e far evitare il peccato che prima era nascosto. AG. " Far conoscere ", dici bene e lo diciamo anche noi. " Far evitare " invece l'ha ottenuto non la legge ma la grazia, non la lettera ma lo spirito. La legge infatti subentr non perch si evitasse il peccato, ma perch abbondasse il peccato e sovrabbondasse la grazia, che e distruggesse il peccato fatto e provvedesse a non farlo fare. Provo ci che mi provochi a provare. 73. GIUL. Qui sia dunque il succo della controversia: prova che sotto la legge fu imputato a qualcuno il peccato originale, prova che stato insegnato, e io ammetter che l'Apostolo ha parlato di questo peccato. AG. Certamente io provo ci che mi provochi a provare, ma se voi vi coprite gli occhi davanti alle verit che non volete vedere e spandete la nebbia della contestazione perch non siano vedute dagli altri? Dalla legge fu comandata la circoncisione della carne 114, dalla quale non poteva essere meglio significato che per mezzo del Cristo, autore della rigenerazione, si toglie il peccato originale. Con

il prepuzio appunto nasce ogni uomo, come nasce con il peccato originale, e la legge comandava di circoncidere la carne nell'ottavo giorno, perch il Cristo risorse la domenica, che l'ottavo giorno dopo il settimo del sabato. E un uomo circonciso genera un bambino " prepuziato ", riproducendo nel bambino ci che ormai manca nel circonciso. Alla pari un battezzato, che stato sciolto dal reato dell'origine, lo riproduce tuttavia nel figlio che genera con la carne. Infine nella legge si trova scritto questo Salmo: Io nelle iniquit sono stato concepito e nei peccati mi nutr mia madre nel suo seno 115. Il che lo vedreste certamente, n osereste contraddire in qualcosa, se aveste occhi di fede simili a quelli di Cipriano e di Ambrogio e di tutti gli altri dottori della Chiesa, pari a loro. Non taci, perch ci vuoi stancare. 74. GIUL. Oppure, dal momento che ci non pu trovarsi nella legge, acquitati, o impudentissimo, nel riconoscere che l'Apostolo parla di quel peccato che si contrae con l'imitazione, che si commette con la volont, che si riprova con la ragione, che si manifesta con la legge, che si punisce con l'equit. AG. Di ogni peccato che si toglie per mezzo del Cristo stato detto: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo 116, perch la legge non toglie n il peccato originale, n il peccato aggiunto, n il peccato che esisteva anche prima della legge, n il peccato che sovrabbond anche con il subentrare della legge. Ma quando dici che l'Apostolo parla di quel peccato che " si punisce con l'equit ", svgliati e accorgiti che l c' anche il peccato originale. Altrimenti infatti l'equit di Dio non imporrebbe un grave giogo anche agli stessi esordi dei bambini: un giogo che la nostra sollecitudine ricorda spesso per rompere la tua cervice, se non riuscir a piegarla. Che questo peccato infatti sia indicato anche dalla legge l'ho provato con il precetto della circoncisione. Se tu lo neghi, insegna per quale peccato suo proprio era eliminata dal suo popolo l'anima di un bambino che non fosse circonciso 117. Lo so: non lo insegni, ma nemmeno taci, volendoci stancare. Hai detto delle vanit. 75. GIUL. Del resto il peccato originale che voi fingete non pu nemmeno trasmettersi per mezzo di un solo uomo, perch la generazione si fa per mezzo di due persone.

AG. E' gi stato risposto. Leggi quello che io ho detto in proposito e troverai che tu hai detto delle vanit. Peccato originale e morte orginale. 76. GIUL. N il peccato originale pot mai esistere, se pu un giorno non esistere, perch gli elementi naturali perseverano dall'inizio della sostanza al suo termine. AG. Questo lo potresti dire anche della morte, perch anche con essa noi nasciamo: infatti il corpo morto a causa del peccato 118. Ma anche se non a causa del peccato, come voi vaneggiate, tuttavia senza dubbio noi nasciamo mortali, e nondimeno un bel giorno la morte e la mortalit non ci saranno pi, vivendo noi immortalmente. Come dunque la morte originale e tuttavia pot essere e pu non essere, rimanendo la nostra natura in una condizione migliore, cos anche il peccato originale e pot essere, contratto per generazione, e pu non essere, detratto per rigenerazione. La nascita non si comanda. 77. GIUL. N il peccato originale stato presentato, n pot essere presentato dalla legge, perch un legislatore non si spingerebbe mai a tanta pazzia da comandare a qualcuno: Non voler nascere cos o cos. E ci che non si pot convenientemente proibire, non si pu giustamente punire. AG. Non si comanda all'uomo in qual modo nascere, ma gli fu comandato in qual modo vivere, e viol il precetto. Dal qual genitore si deriva il peccato originale. Si comanda pure di circoncidere il bambino, sotto pena di condanna se non si circoncide: al bambino tuttavia non solo non si comanda nient'altro, ma nemmeno la circoncisione stessa. E quindi non si comanda certo ad un uomo in qual modo nascere, tuttavia non mondo da macchia nemmeno un infante la cui vita sulla terra sia di un giorno soltanto 119. Leggi queste parole del santo Giobbe e troverai che sei mendace, parlandoti uno che Dio disse uomo verace. Il reato del peccato originale la morte. 78. GIUL. E il peccato che esiste fino alla legge, si indica inesistente dopo la legge, si indica infine inesistente dopo il Cristo.

AG. Cos il reato di questo peccato si indica inesistente dopo l'abolizione dei peccati, alla stessa maniera della morte dopo la risurrezione della carne. Argomentazione e testimonianza. 79. GIUL. Quindi, secondo anche la tua argomentazione, il peccato originale un tempo non c' pi; secondo la testimonianza della verit, non c' stato mai. AG. Oh, se a non esserci foste voi, che contro la testimonianza della verit e dite e per giunta scrivete la testimonianza della vostra falsit! Definizione di un peccato. 80. GIUL. E per fissare nella memoria del lettore quello che abbiamo fatto: tu hai definito una volta e ottimamente che il peccato non altro che la volont di fare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi. AG. E' gi stato risposto che questa la definizione di un peccato, non di quel peccato che sia anche pena del peccato 120. Dio non pu punire se non il peccato. 81. GIUL. La quale definizione ha pure aperto la strada ad intendere la giustizia di Dio, cos da pensare noi che non potrebbe sussistere affatto l'equit del giudizio divino, se non imputasse a peccato soltanto ci da cui sia libero di astenersi chi per questo viene punito. AG. Perch dunque sono puniti i bambini se non hanno nessun peccato di nessuna specie? Che forse l'onnipotente e giusto Dio non ha potuto tenere lontane da tanti innocenti queste pene ingiuste? Anche Paolo mi d ragione. 82. GIUL. Che poi il Maestro delle Genti, armando la ragione con il privilegio dell'autorit, abbia dichiarato che a causa di un solo uomo entr in questo mondo la colpa, e che con l'indicazione di un solo uomo egli abbia separato l'opera delle nozze, che non possono essere senza l'attivit di due, lo abbiamo messo in risalto, e la

ragione per cui dall'Apostolo stato nominato un uomo soltanto fu che nessuno osasse intendere i due progenitori. AG. E' gi stato risposto. A te piace garrire continuamente con parole vane. Furono in due a peccare. 83. GIUL. E per la verit io asserisco uno solo l'uomo che l'Apostolo dice uno solo, per insegnare che fu un vizio d'imitazione e non un vizio di generazione, molto pi conseguentemente del traduciano, che, nonostante l'indicazione di un solo uomo, del quale si dice sia stato il vestibolo del peccato, accosta ai semi un fatto della volont: il che la natura della realt non lo accetta. AG. Smetti di ripetere ci che abbiamo gi confutato. Perch ci costringi a dare continuamente le medesime risposte contro la tua tanta sapienza, con la quale credi che non si indichi la generazione dove si dice: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo 121, per il fatto che la generazione avviene per mezzo di due persone e non per mezzo di un uomo soltanto, quasi che quel peccato, che voi non volete trasmesso per generazione ma per imitazione, l'abbia commesso uno solo? Se dunque anche quel peccato fu commesso da due, per quale ragione si dice: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, se non per la ragione che non dalla donna concepiente e partoriente, ma dall'uomo seminante l'esordio della generazione, o per la ragione che i due non sono pi due quando per mezzo dell'amplesso divengono una carne sola? E' stata messa al sicuro la purezza della nostra fede. 84. GIUL. Dopo si venne anche alla legge fino al cui tempo l'Apostolo ha scritto che ebbe vigore il peccato, senza essere stato rivelato. Il quale tempo tu hai cercato di protrarlo fino alla fine della legge, non comprendendo la nullit della tua argomentazione, dal momento che ti dovremmo costringere a provare che questo peccato, di cui falsamente fai parlare Paolo e di cui asserisci il regno fino all'abolizione dell'Antico Testamento, o sia stato imputato o abbia potuto essere imputato sotto la legge. Oppure ti acquieteresti a concedere che non regna dopo il Cristo, perch la sentenza dell'Apostolo, almeno dopo essere stata piegata violentemente, fosse consona ai tuoi modi di sentire. Ma nessuna di queste prove

pu essere data da te. E' stata dunque messa al sicuro la purezza della nostra fede con la quale convengono e le regole della ragione e la dignit della giustizia e le generali certezze dell'Apostolo. AG. Che tu non dica nulla e lo dimostra la risposta che abbiamo gi data e lo dimostri tu stesso. Quello che l'Apostolo dice: Fino alla legge c'era peccato nel mondo 122, non vuole che s'intenda soltanto del peccato originale, ma di ogni peccato, e la ragione per cui il peccato ci fu fino alla legge che nemmeno la legge pot togliere il peccato. La frase fino alla legge appunto comprensiva della legge stessa. Come nel Vangelo detto: La somma di tutte le generazioni da Abramo fino a Davide di quattordici 123. Questo numero infatti non lascia fuori Davide, ma include anche lui. Come dunque quando sentiamo le quattordici generazioni fino a Davide, non eccettuiamo Davide ma computiamo anche lui, cos quando sentiamo: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo, non dobbiamo lasciare fuori la legge, ma computarla anch'essa. Perch, come Davide non fuori dal numero che si dice arrivare fino a lui, cos la legge non fuori dalla permanenza del peccato che si dice essere stato fino ad essa. Pertanto il peccato che non pot essere portato via nemmeno dalla legge, bench santa e giusta e buona, non lo toglie nessuno all'infuori di colui del quale si dice: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo 124. Li toglie poi in tre modi: e rimettendo i peccati che sono stati fatti, dove si comprende anche il peccato originale; e aiutando perch non si facciano; e portando alla vita dove non potranno assolutamente essere fatti. Non ha detto: In molti pi abbond. 85. GIUL. Ma vediamo anche il resto. Dopo aver detto: Questa figura non combacia su tutti i punti, prosegui dicendo: Onde l'Apostolo aggiunse qui continuando: " Ma il dono di grazia non come la caduta. Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di pi la grazia di Dio e il dono concesso in considerazione di un solo uomo, Ges Cristo, abbond in molti " 125. La quale sentenza la esponi cos: Che vogliono dire le parole: " Molto pi abbond "? Non significano se non questo: quanti sono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per lo stesso Cristo vivranno invece senza fine 126. L'Apostolo, sulla cui opinione c' conflitto tra noi, ha certamente dichiarato che per il conferimento della salvezza opera pi efficacemente e pi copiosamente la grazia del Salvatore che il

peccato di Adamo, per indicare che molto pi fortemente il Cristo giov e a pi giov, perch la sua grazia, per usare la sua stessa espressione, abbond in molti pi di quanto abbia nociuto la prevaricazione del primo uomo, che tu dici abbia legato il peccato ai semi. AG. Ha detto che molto di pi abbond, e non ha detto: In molti pi abbond; non ha detto cio che abbond in un numero pi grande di persone. Chi potrebbe infatti non vedere che nel genere umano sono pi numerosi quelli sui quali non abbond? Questo perch dai pi venisse l'indicazione di che cosa sarebbe dovuto per giusto giudizio all'intera massa, se lo Spirito non spirasse dove vuole, se Dio non chiamasse quelli che si degna chiamare, se Dio non facesse religioso chi egli vuole 127. Voi leggete l'Apostolo perversamente. 86. GIUL. Prova dunque che ci che ha inteso l'Apostolo collima con i vostri dogmi. AG. Si leggano le sue parole senza quella perversit di lettori quale c' in voi e non occorrer nessun'altra prova. Il peccato di Adamo avvelen la creazione divina. 87. GIUL. Se infatti Adamo, come dite voi, per il peccato naturale gener tutti alla condanna e dalle sue viscere diffuse nella prole tanto grande veleno da turbare nella natura dell'uomo tutte le istituzioni di Dio. AG. Quando uno spirito immondo vessa il bambino, ne affligge l'anima e il corpo, ne perverte i sensi e la sanit, non vero che turbata tutta la natura del bambino come l'ha istituita Dio? N di questo male tanto grande trovate in nessun modo il merito, se negate il peccato originale. Perch infatti non ti accorgi che qui, nella natura dell'uomo, a causa del veleno del diavolo, sono turbate tutte le istituzioni di Dio? Dimmi la colpa del bambino, dimmi il reato del neonato a cui toccano questi mali, tu che non vuoi prendere le parole dell'Apostolo come le prende la Chiesa cattolica da quando stata istituita e come confessa la stessa natura con i suoi mali tanto evidenti. E tuttavia, a ben considerare, non si turbano in nessun modo le istituzioni di Dio, perch egli costitu tutto prevedendo il futuro, n rende ai singoli tutto quello che

merita la creatura " apostatica ", ma disponendo tutto con misura, calcolo e peso 128 a nessuno fa soffrire alcunch di male senza che se lo meriti, sebbene nessuna singola persona patisca tanto quanto si deve alla massa universale. Dopo il peccato le nozze non possono esistere senza il dono del diavolo. 88. GIUL. Da non poter le nozze, che Dio aveva create, esistere senza il dono del diavolo, al quale dono tu fai appartenere la libidine sessuale; anzi, volando via quelle nozze che Dio aveva ordinate con l'onore della sua istituzione, costringesse e convincesse a credere opera del diavolo e non di Dio le nozze di ora, delle quali rimasto l'ordinamento con l'eccitazione dei genitali, con il pudore degli accoppiamenti, con il calore e con l'orgasmo delle membra, con la soddisfazione dei sensi, con l'iniquit dei nascenti. AG. Se distingui dalla bont delle nature il male dei vizi, che non pu esistere se non in qualche bene, n scuserai il diavolo, n accuserai Dio, n scuserai il male della libidine, n accuserai il bene delle nozze. Anche la libert crollata nell'uomo per il peccato. 89. GIUL. Da far crollare infine con la spinta di un solo peccato la stessa libert dell'arbitrio, con la conseguenza che nessuno successivamente avesse in potere di respingere i vecchi crimini con la elezione della virt, ma tutti fossero trascinati alla condanna dall'unico torrente di un'umanit sconvolta. AG. Perch non ti meravigli piuttosto che nell'intero genere umano fin dall'esordio della nascita ci sia tanta miseria da non poter nessuno diventare beato se non da misero, n da sfuggire a tutti i mali se non dopo questa vita colui al quale ci venga donato per grazia di Dio? Meravigliandoti di questo ti correggerai e conoscerai nell'afflizione non ingiusta del genere umano il giusto giudizio di Dio, poich a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo. I cocci di Adamo. 90. GIUL. Dir: se l'iniquit del primo uomo rovesci tutti questi mali sull'immagine di Dio, apparisce manifestamente troppo debole

nei suoi doni la grazia del Cristo, non avendo essa trovato nulla che rimediasse a mali cos numerosi ed enormi; o, se l'ha trovato, affermalo. Confrontiamo ora infatti i singoli mali con i singoli rimedi. Se al di fuori delle opere della volont Adamo ha sovvertito le istituzioni della stessa natura, nient'altro avrebbe dovuto fare il Cristo pi di questo: riparare i cocci di Adamo ricalcando esattamente le tracce della sua rovina. AG. Lo fa, ma non nel modo che vuoi tu. Chi infatti ha mai potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai stato suo consigliere? 129 Un esempio. 91. GIUL. Per esempio, far s che nelle nozze dei battezzati non si senta affatto la libidine, e far s che i genitali dei battezzati non si muovano alla stessa maniera in cui si muovono in tutte le altre genti. AG. Non dovrebbero dunque le donne battezzate partorire con dolore, poich questa, e non lo puoi negare, una pena di Eva peccatrice. Altri esempi. 92. GIUL. Infine dopo il dono della grazia receda il pudore da coloro che si accoppiano, n serpeggi per le loro membra una imitazione di quiete, n soffrano i sensi gli oneri della dolcezza; si restituisca infine ai battezzati il libero arbitrio, in modo che, espulsa la legge del peccato per mezzo della correzione della natura, tu confessi essere possibile ai mortali tanto il rifulgere dello splendore delle virt quanto il rabbrividire per le sordidezze dei vizi. Anzi in modo assoluto coloro che ricevono i sacramenti non dovrebbero essere pi nemmeno mortali. AG. E tuttavia, Giuliano, non ti vergogni di ammettere nel paradiso tali nozze da confessare in esse il pudore di coloro che si uniscono. Esisteva dunque qualcosa di cui aver pudore l dove nulla che non fosse da lodarsi aveva istituito il Creatore, che da lodarsi al di sopra di tutto? Ma chi pu sapere e dire questo se non chi non ha il pudore di lodare ci che suscita pudore?

La rimozione del peccato che ha causato la morte, deve abolire la morte. 93. GIUL. Se infatti la medicina combatte contro la piaga e la morte si dice avvenuta a causa del peccato, la rimozione del peccato deve operare l'abolizione della morte. AG. Certamente voi dite ancora che Adamo fu creato cos che sarebbe morto ugualmente, sia che peccasse sia che non peccasse. Ma nel dire questo vi ha gi condannati nel giudizio episcopale palestinese il vostro stesso maestro Pelagio, e non senza condannare se stesso poich non si corresse 130. Per non in questo secolo maligno che Dio beatifica i suoi, ai quali qui rimette i peccati e dona il pegno dello spirito della grazia. Per questo a coloro che anche dei mali di questo secolo, o dilettevoli o duri e aspri, in parte non fanno uso e in parte fanno buon uso, ha promesso il secolo futuro, dove non patiranno mali di nessun genere; dove sarebbero anche le nozze tali, quali avrebbero potuto essere in quel paradiso, se nessuno avesse peccato, tali da non esserci nulla di cui vergognarsi, ma allora le nozze non esisteranno pi nemmeno cos belle, perch cesser la stessa generazione, quando sar completo il numero dei beati, cui sono necessarie le nozze. Devi negare che nel sacramento del battesimo ci sia qualcosa di medicinale. 94. GIUL. Ebbene, poich risulta che ai corpi dei battezzati non viene nessuno dei benefici suddetti, e d'altra parte la verit pi chiara del sole ha mostrato che tutto non sarebbe potuto, cio non sarebbe dovuto, avvenire diversamente con questi modi della medicina, o devi confessare che i mali da noi enumerati sopra non accaddero per causa del peccato e quindi non sono stati delle ferite della natura, perch sia salva la ragione della grazia, in dipendenza della quale manifesto che la natura non fu rimossa dai suoi ordinamenti; oppure devi negare che ci sia qualcosa di medicinale nei misteri del Cristo, i quali di tanti morbi, come li chiami tu, non hanno potuto sanarne nemmeno uno. AG. Tutto il contrario: se voi viveste con mente sveglia, dovreste riconoscere quanto sia stato grande quel peccato che a causa di un solo uomo entr nel mondo e pass con la morte in tutti gli uomini, dal fatto stesso che anche i battezzati, pur rimosso il reato, non

sono sottratti a tutti i mali di questo secolo, con i quali nascono gli uomini, se non dopo questa vita, durante la quale necessario che ci esercitiamo ancora con l'esperienza dei mali, anche dopo che ci sono stati promessi i beni. Se infatti si rendesse subito alla fede la ricompensa, la fede non sarebbe pi nemmeno fede. Essa proprio perch attende fiduciosamente e pazientemente i beni promessi che non vede, tollera con animo pio i mali presenti che vede. Danni temporali e benefici eterni. 95. GIUL. Finora ho agito come se la forza dei doni e delle ferite, sebbene con effetti contrari, fosse tuttavia dall'Apostolo stimata pari. Ma cresce senza dubbio la sublimit della sana fede da noi difesa, quando si considera che Paolo, non solo non ha messo il malanno delle colpe al di sopra dei rimedi della grazia, ma anche pi copiosi ha giudicato i benefici a confronto dei danni. AG. E' vero: i danni dei rigenerati sono appunto temporali, i benefici invece saranno senza dubbio eterni. Ma i danni, che i neonati attestano piangendo, dite per quale merito sotto il giudice pi giusto e pi onnipotente s'infliggano a loro, se non contraggono nessun peccato. La grazia abbond di pi, non in pi. 96. GIUL. Avverta dunque il prudente lettore che cosa abbia concluso anche questa discussione. L'Apostolo ha detto che la donazione del Cristo abbond per la salvezza in persone pi numerose di quelle alle quali ha nociuto la colpa di Adamo. AG. Non ha detto questo, ma: Molto di pi la grazia abbond in molti 131. Cio: la grazia abbond di pi, non: abbond in pi. Ossia non abbond in persone pi numerose, come gi stato risposto 132. Tra te e Paolo c' tanta discordia. 97. GIUL. Per la quale colpa tu dici accaduti alla natura i disastri che abbiamo enumerati sopra e dei quali consta che nemmeno uno viene riparato in coloro che accedono ai sacramenti del Cristo, e quindi tu asserisci che l'iniquit del primo uomo ebbe nel rovinare molta pi forza di quanta ne ottiene la grazia del Cristo nel riparare.

Da questa conclusione stato reso chiaro che tra te e l'apostolo Paolo c' tanta discordia quanta tra i cattolici e i manichei. AG. La grazia del Cristo toglie il reato del peccato originale, ma questo reato invisibile lo toglie in modo invisibile. Rimette anche tutti i peccati che gli uomini hanno aggiunti al peccato originale vivendo malamente. Il giudizio di condanna viene appunto da un solo delitto, perch anche quel solo peccato che traggono i nascenti trae alla dannazione eterna se non rimesso. N tuttavia la grazia rimette questo solo peccato: altrimenti essa varrebbe quanto quel peccato. Ma insieme al peccato originale la grazia rimette pure tutti gli altri peccati, e quindi vale pi del peccato originale. Per questo scritto: Il giudizio parte da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione 133. La grazia dona altres che lo spirito concupisca contro la concupiscenza della carne, e se talvolta il fedele vinto venialmente in questa battaglia, la grazia gli rimette i debiti se dice l'orazione; e quando vinto condannabilmente gli d una penitenza ancora pi umile a cui tributare l'indulgenza. La grazia dona in ultimo e all'anima e al corpo la vita eterna, dove quali e quanti siano i beni chi lo potrebbe immaginare? In che modo dunque l'iniquit del primo uomo ha fatto pi danneggiamento che giovamento la bont del secondo uomo, cio del Cristo, quando il primo ha danneggiato temporalmente, il Cristo invece e aiuta temporalmente e libera e beatifica eternamente? Stando cos le cose, la nostra sentenza cattolica e non manichea, e quindi non neppure pelagiana perch cattolica. Si crede pi alla carezza che alla coerenza. 98. GIUL. Farei certo ottimamente a disprezzare la tua frivola spiegazione a questo testo e a passare sotto silenzio senza ribatterla, quasi troppo terra terra, se non temessi che si creda pi alla carezza che alla coerenza. Tu dunque parli in questo modo: Che vogliono dire le parole: " Molto di pi abbond " 134, se non che quanti sono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per mezzo dello stesso Cristo vivranno invece senza fine? 135 Dal quale modo di ragionare, se tu ne avvertissi la conseguenza, confesseresti abbattuta tutta la tua rocca, cio la " traduce ". Dici infatti che in tanto la grazia del Cristo abbond molto di pi in quanto per essa si conferisce la vita eterna, mentre per il peccato di Adamo si deve subire la corruzione

temporale. Se dunque nient'altro che la morte del corpo apport Adamo, contro il quale il Cristo con un beneficio ancora pi copioso confer la vita che dura senza fine, apparisce che non pass ai posteri il peccato di Adamo, ma la morte. AG. Quello che apparisce che per questo tu hai irriso o piuttosto hai finto d'irridere quanto io ho detto, perch a quelli che non ti capiscono tu sembrassi dire qualcosa, mentre non dicevi nulla. Prima di tutto perch io ho detto che Adamo ha nociuto con la morte temporale a quanti libera la grazia del Cristo: gli altri infatti che non libera per la verit di un giudizio occulto, s, ma giusto, sono colpiti dalla morte eterna, anche se muoiono da bambini. In che modo dunque apparisce di qui che non pass nei posteri il peccato di Adamo ma la morte, se non perch vuoi far credere a ci che strepitano le tue parole e non a ci che conseguente alle mie parole? In verit noi diciamo che la morte e il peccato passarono ambedue e gridiamo che ambedue si tolgono dal Cristo: cio il reato del peccato con la pienissima remissione dei peccati, la morte invece con la beatissima risurrezione dei santi. La quale non si d subito ai rigenerati, perch si eserciti la fede che spera ci che non vede; i fedeli infatti sono autentici fedeli quando ci che non si vede lo sperano e in se stessi e nei loro bambini. Ecco quello che noi diciamo, ecco quale verit cattolica voi contraddite. Ma pi contro voi stessi che contro la verit voi dite tutto ci che dite con le vostre discussioni eretiche. Non ci pu essere il peccato tradotto. 99. GIUL. Risulter poi per conseguenza logicissima che la morte perpetua, cio la pena sempiterna, non stata trasmessa a noi, e quindi non pu esistere il peccato della " traduce ". Perch infatti apparisca in breve quanto risulta doversi ritenere: l'Apostolo giudica i doni del Cristo superiori al peccato del primo uomo; tu per questo tuo peccato, cio per il peccato della " traduce ", dici che passata una sola morte o due morti? Se una sola morte, e precisamente quella corporale, come hai confessato qui, risulta che la grazia del Cristo supera il peccato del primo uomo e nessuno allora nasce peccatore; perch se, come hai detto sopra, il regno del peccato consiste nel fatto che l'uomo venga precipitato nella morte seconda, cio nella pena perpetua, e dici che ad opera di Adamo fu apportata solamente la morte del corpo, allora a causa di Adamo non si trasmette ai posteri n il peccato n la morte eterna.

AG. E' gi stato risposto: non dici nulla. Il regno del peccato infatti precipita anche nella morte eterna, se il peccato non rimesso per mezzo della grazia del Cristo, ma tuttavia non esisterebbe nemmeno questa morte temporale, se Adamo non avesse perduto per merito del peccato la possibilit di non morire. Tale morte temporale la minacci infatti Dio al peccatore dicendogli: Dalla terra tu vieni e alla terra tornerai 136. Questa morte si degn assumerla senza merito di peccato il Cristo, perch morendo di tale morte egli tornasse, s, alla terra, ma risorgendo levasse la terra al cielo e, distrutta cos la morte eterna, non volle togliere ai fedeli la morte temporale allo scopo preciso che contro di essa si esercitasse la fede della risurrezione nel combattimento di questa vita. Tu sei riprovato giustamente. 100. GIUL. Se invece dirai che a causa del peccato di Adamo diventata naturale l'iniquit e due morti ci sono cadute addosso, una eterna e l'altra temporale; ma per la grazia del Cristo l'una, ossia la morte perpetua, tolta episodicamente alla persona e non alla natura, e rimane invece la morte temporale, si convince di falsit l'Apostolo per aver detto che la grazia rec molto pi giovamento che nocumento il peccato 137. Ma l'Apostolo non si pu accusare e tu dunque sei giustamente riprovato. AG. Io ho detto che dall'unica risurrezione dei beati sono tolte ambedue le morti: e questa morte temporale perch l'anima non sia privata del suo corpo, e la morte eterna perch l'anima non sia appesantita o afflitta anche dal suo corpo. Per questa ragione poi la morte corporale lasciata temporaneamente ai fedeli: perch a causa di essa abbia giovamento la fede, cos come sar tolta la morte corporale ai rei perch sia un incremento di miseria il fatto di non separarsi dal proprio corpo. A coloro quindi, che sono rigenerati nel Cristo ed escono da questo secolo maligno, come a suoi eletti la grazia giova manifestamente pi di quanto abbia nociuto il peccato, che entr nel mondo a causa di un solo uomo e pass in tutti gli uomini con la morte. Quanto all'Apostolo quindi egli non si pu accusare perch ha detto il vero, ma quanto a te o non capisci o contro quello che capisci tenti con pertinacia eretica di asserire il falso. C' un merito cattivo fuori dalla volont.

101. GIUL. L'Apostolo ha detto che la grazia del Cristo abbond pi della colpa di Adamo. Da lui dunque non accusata la natura, non la generazione, non la fecondit, ma la volont, l'elezione del male, la pravit dei costumi. AG. Se non ha nociuto in nulla la generazione, non giova in nulla la rigenerazione; se non stata viziata la natura, i bambini non hanno nel Cristo il loro salvatore; se il merito cattivo e il merito buono dei singoli sono nella propria volont dei singoli, per quale merito il Cristo conferisce il regno di Dio ai bambini che non hanno usato della propria volont in nessuna delle due direzioni? Infine, poich l'Apostolo ha proposto due modelli, uno per il peccato, e non il diavolo ma Adamo; uno per la giustizia, e non Abele ma il Cristo, perch si riferisse non l'imitazione agli esempi ma la rigenerazione alla generazione, se Adamo non trascina il peccato negli uomini generati, il Cristo non dona la giustizia ai bambini rigenerati, perch i bambini non hanno fatto uso della propria libert n da generati, n da rigenerati. Andate ora, se volete, e gridate, se osate, che ai bambini non si dona la giustizia e che essi non avranno la giustizia quando abiteranno in quel Regno, dove, com' scritto, ci saranno cieli nuovi e terra nuova, nei quali avr stabile dimora la giustizia 138; oppure ubriacati dal vostro dogma fortissimo, delirate dicendo che in quel Regno i bambini avranno, s, la giustizia, ma per i meriti della propria volont, non per elargizione della grazia divina. Se non osate dirlo - voi infatti confessate che qui si guadagnano i meriti e l invece si rendono i premi -, perch esitate e non volete riconoscere che i bambini hanno potuto ricevere da Adamo il peccato senza meriti di propria volont cattiva, cos come riceveranno dal Cristo la giustizia senza meriti precedenti di loro volont buona? La tua fluttuazione. 102. GIUL. Perci, se la verit trova ancora qualche spazio nelle vicende umane e se il mondo non diventato tutto assolutamente sordo per lo strepito dell'iniquit, teste la ragione, teste la discussione, teste anche la fede dell'Apostolo e la sua stessa sentenza, confesser il mondo come pi che provato che tanta la differenza tra i traduciani e i cattolici quanta tra Paolo e Manicheo, quanta tra la sapienza e la stoltezza, quanta tra la ragione e l'insania, quanta tra la coerenza delle affermazioni e quella fluttuazione di cui tu, per una nuova lebbra, soffri a tal punto da

negare quasi nelle medesime righe ci che hai detto e da affermare ci che hai negato. AG. E' gi stato risposto. Ti prego, se non puoi dire alcunch, taci se puoi; ma il peggio che non puoi nemmeno questo. Un'eresia gi condannata non dev'essere riesaminata. 103. GIUL. Dice l'Apostolo: E non accaduto per la grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio infatti di condanna parte da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute 139. Alle quali parole dell'Apostolo tu affianchi la tua esposizione che del seguente tenore: Da che uno solo se non da un solo delitto? Perch segue la frase: " La grazia invece da molti delitti ". Dicano costoro in che modo sia venuta da un solo delitto la condanna se non perch basta alla condanna anche il solo peccato originale che pass in tutti gli uomini. Al contrario in tanto la grazia della giustificazione ci libera da molti delitti in quanto essa non scioglie solamente quell'unico delitto, che si contrae originalmente, ma anche tutti gli altri delitti, che in ciascun uomo gli si aggiungono per atto di volont propria. " Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di pi quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Ges Cristo. Come dunque per la colpa di uno solo si riversata su tutti gli uomini la condanna, cos anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che d vita " 140. Dopo le quali parole dell'Apostolo, quasi tu avessi combinato qualcosa, parli di noi insultandoci cos: Rimangano ancora nella vanit della loro mente e dicano che quell'unico uomo non trasmise la propaggine del peccato, ma offr l'esempio del peccato. " Come dunque per la colpa di uno solo si riversata su tutti gli uomini la condanna ", e non invece per le molte colpe proprie di ciascuno, se non perch, anche se ci fosse solo quel peccato, esso sarebbe idoneo a condurre alla condanna, pur non aggiunto nessuno degli altri, come quel solo conduce alla condanna i bambini che nascono da Adamo e muoiono prima che rinascano nel Cristo? Perch dunque [Giuliano] chiede a noi ci che non vuole ascoltare dall'Apostolo: per quale via il peccato venga a trovarsi nel bambino; se per la volont, se per le nozze, se per i genitori? Ecco, ascolti per quale via, ascolti per quale via il peccato si trovi nel bambino e taccia. Lo dice l'Apostolo: " Per la colpa di un solo uomo si riversata su tutti gli uomini la

condanna " 141. Sappiamo che certamente tu nulla temi di pi di una interrogazione che sia perscrutatrice del tuo animo e del tuo dogma. Di qui viene appunto che vi procuriate con tutte le ricchezze dalle autorit del mondo la negazione di un esame. Capite infatti che dovete agire con la forza, abbandonati come siete dell'aiuto della ragione. AG. Vuoi non aver da temere l'autorit? Fa' il bene 142. Ma non bene pronunziarsi contro il senso dell'Apostolo e pronunziare un senso eretico. Perch cerchi ancora l'esame, che gi stato fatto presso la Sede Apostolica; l'esame che inoltre gi stato fatto nel giudizio episcopale palestinese, dove Pelagio, inventore del vostro errore, sarebbe stato certamente condannato, se non avesse condannato cotesti vostri dogmi che tu difendi? Un'eresia dunque gi condannata dai vescovi non dev'essere ancora esaminata, ma dev'essere rintuzzata dalle autorit cristiane. La nostra arma migliore. 104. GIUL. Ma non varr presso le persone sagge la tua opinione tanto da poterti sottrarre tu, capo e causa di cotesti mali 143, di mezzo al conflitto facendo obiezioni all'Apostolo e da reputare che dev'essere bersaglio da ferire al posto tuo lui che, precettore e principe, la nostra arma migliore contro di voi. Perch dunque tu riconosca a rigore di logica quello che ti si deve dire: se tra me e te non esistesse nessun dissenso su questo punto, che l'Apostolo con il peccato naturale conferma il dogma dei manichei, allora a chi chiedesse chi il tuo capo, risponderesti logicamente: l'Apostolo. Ora invece, poich dalla mia parte sta l'inviolabile dignit del Maestro delle Genti, poich io non sopporto che dalla tua esposizione siano offese le sue parole, che io secondo la regola esplicita della ragione asserisco contrarie al vostro dogma stolto, impuro, empio; poich dimostro che l'Apostolo non ha detto nulla a favore del peccato naturale, per quale impudenza tu o vai insinuando che mi risponde in tua vece lui che non interrogato, perch non si dubita nemmeno un poco della sua sapienza, o vai vociferando che io non voglio ascoltare dall'Apostolo ci che detesto in te per la sanit d'intelligenza tramandataci dall'Apostolo? AG. Dopo le parole dell'Apostolo riportate da me, non avresti forse dovuto fare nient'altro che tacere! E tuttavia, nulla dicendo contro di esse, n dicendo qualcosa che vada nel loro senso, non taci con

me e tra l'altro lanci la voce che io sono il capo e la causa di cotesti mali, come se fossi stato io il primo o a credere nel peccato originale o a discutere della sua esistenza. Tanto ignoranti appunto stimi coloro che leggeranno queste tue affermazioni da non sapere che molti e chiari dottori della Chiesa prima di noi hanno inteso e hanno spiegato coteste parole dell'Apostolo nel senso stesso in cui le ha capite o credute tutta la Chiesa cattolica fin dal suo inizio. Se nelle parole di quei dottori ci sono dei mali, come voi non temete di dire, in che modo, ti prego, sono io il capo e la causa di cotesti mali, se non perch tu sei il capo di coteste calunnie che scagli rabbiosamente contro di me? Se infatti tu considerassi con cervello sano le miserie della vita umana, dai primi vagiti dell'infanzia fino agli ultimi gemiti dei moribondi, vedresti certamente che n io n tu, ma quell'Adamo stato il capo e la causa di cotesti mali. Il che non volendo vedere, gridi tu ad occhi chiusi e che giusto il giudizio di Dio e che non esiste il peccato originale. Le quali due affermazioni quanto siano fra loro contrarie te ne accorgeresti senza dubbio, non dico se tu non fossi il capo di cotesti mali perch certo non lo sei, ma se tu avessi un capo sano. E lo potresti avere se, mettendoti al seguito dei dottori cattolici, non avessi per tuo capo Pelagio. Avverto il lettore a stare attento. 105. GIUL. Si sprigioni dunque la forza dei tuoi argomenti. Dopo che Paolo disse che la grazia del Salvatore abbond nel riparare molto pi di quanto nel danneggiare abbond la prevaricazione del primo uomo, continua a dire: E non accaduto per la grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio di condanna part da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute 144. Il quale peccato, unico e sufficiente alla condanna, tu sostieni che il peccato originale, il peccato cio che passa in tutti gli uomini. Alla grazia invece in tanto si attribuisce la giustificazione da molti delitti in quanto in essa non si scioglie solamente quell'unico delitto, che si contrae originalmente, ma anche tutti gli altri che in ciascun uomo gli si aggiungono per atto di volont propria 145. A conferma di ci argomenti poco dopo che, se l'Apostolo avesse detto ricevuto per imitazione questo unico delitto sufficiente alla condanna, avrebbe dovuto aggiungere che tutti gli uomini non vanno alla condanna a causa di un solo delitto, ma a causa dei molti delitti che ciascuno ha commessi con la propria volont. Nei quali ragionamenti, poich il discorso dell'Apostolo dev'essere liberato dai lacci dei manichei,

avverto il lettore a stare attento. Secondo dunque il nostro modo di sentire per cui si asserisce che la prima colpa offr il modello a coloro che peccano, tu affermi che l'Apostolo, come dice che la grazia produce la giustificazione da molti delitti, cos avrebbe dovuto dire ugualmente che la morte ha regnato a causa di molti peccati. Ebbene, con questo argomento tu combatti contro te stesso. Io dimostro infatti che secondo il tuo dogma l'Apostolo dichiara incongruentemente: La grazia invece della giustificazione da molte cadute, dopo aver detto: Il giudizio di condanna da un solo peccato. Per entrare infatti nel vostro territorio uscendo dai nostri confini: se la libert dell'arbitrio fu sovvertita dal primo peccato e se in tutto il genere umano rimase da allora in poi cos minorata che non le possibile fare se non il male soltanto e non ha in sua facolt la scelta alternativa di stare lontana dal male e di fare il bene, ma, oppressa dalla necessit del peccato, costretta ad obbedire all'appetenza dei crimini; se, corrotta ogni legge di giustizia, sono diventati naturali i peccati che erano volontari; se nelle membra dimora la legge del peccato, che con il pudore e con la giocondit delle nozze ha ricevuto in sorte la tirannia sull'uomo, immagine e opera di Dio; se la pianta del diavolo nasce nelle nostre viscere prima dell'anima e sul ritmo degli sviluppi naturali s'ingrandisce, frondeggia, si carica di frutti tossici; se, dir come voi dite, tutti questi mali li ha prodotti l'unica colpa del primo uomo, pi logico dire che il genere dei mortali va alla condanna a causa di un solo delitto che dire che la grazia libera da molti delitti, e si capisce come si possa dire ancora pi propriamente che questa grazia quelli che libera li libera da un solo delitto. Non altri peccati infatti si aggiungono per atto di volont propria se, frantumata la libert dell'arbitrio, esclusa l'onest del desiderio, ogni male lo fa la colpa del primo genitore, infestatrice dei semi. AG. Donde possibile che tu, intento a pervertire le parole dell'Apostolo, possa parlare in altro modo che non sia perverso? Senza dubbio infatti, quando a quel delitto, che la generazione contrae, accede l'uso della volont, che i bambini non hanno, in direzione di molte e varie cupidigie si eleva un albero di molti peccati; ma gi prima che ci avvenisse, anche quell'unico peccato portava alla condanna il bambino che finiva questa vita prima dell'uso della volont. Perch, se a un male gi grande e moltiplicato si deve una condanna maggiore, non per questo non si doveva nessuna condanna ad un male piccolo e non ancora moltiplicato. In che modo dunque la rigenerazione, che toglie un

male moltiplicato per l'uso della volont, non giova pi del danno che fece la generazione, la quale di questo male, bench grande e molteplice, contrasse l'inizio, non ancora tuttavia accresciuto e non ancora moltiplicato, che sarebbe rimasto solo senza nessuna proliferazione, se non accedeva nessun uso di volont ad aumentarlo e a moltiplicarlo? Ma la volont, prima che dall'intervento della grazia di Dio sia resa alla libert buona per operare la vera giustizia, da molte altre cause, oltre che dal vizio di origine, mossa o non mossa a peccare. Ne segue che tra le stesse persone empie, per le quali la grazia che giustifica l'empio non ancora intervenuta o non interverr mai, alcune peccano di pi e altre di meno. Dunque il giudizio di condanna parte da uno solo 146, nel senso che sono condannati anche coloro che hanno contratto per generazione quell'unico peccato. La grazia invece della giustificazione da molte cadute, perch la grazia toglie non solamente quel delitto con cui l'uomo nasce, ma ogni altro delitto che l'uso della volont abbia aggiunto a quel male. Questa riguardo alle parole apostoliche la verit cattolica che non depravi per mezzo di nessuna loquacit eretica, quanta che sia la prolissit della vanit e della loquacit con le quali ci metti a dura prova. Grazia terrena e grazia eterna. 106. GIUL. Perci, se autore di cos grandi mali il peccato naturale, la grazia del Cristo non opera la giustificazione condonando molti delitti, ma eseguisce l'iniziativa della benignit divina indulgendo a un solo peccato. Il che promettendo di fare, manterr fede alle sue promesse, se curer questi mali che si dicono indotti dalla ferita del peccato. Comunque, se anche dopo i rimedi apprestati dalla grazia, rimane ugualmente la medesima serie dei morbi diabolici, si deve gratitudine all'intenzione della grazia e si deve venia alla sua presunzione, perch a curare le pesti inserite nella natura venuta a mancare alla grazia la forza e non la volont. AG. E' gi stato risposto: intendi e taci. Altro il modo in cui la grazia fa combattere l'uomo e lo aiuta, altro il modo in cui la grazia conserva il vincitore nella pace eterna senza pi nessun nemico, n esterno n interno. Quella la faticosa milizia nel secolo presente, questa la beata quiete nel secolo futuro. Ma se tu in te stesso non fai la guerra contro i vizi carnali, arrossisci; se fai la guerra, taci.

Il peccato di Adamo danneggi lui solo. 107. GIUL. Che cosa abbiamo dunque combinato con questa discussione? Evidentemente che non c' concordanza tra il tuo modo di sentire e l'Apostolo. Infatti l'Apostolo dice che dalla liberalit della grazia sono condonati molti peccati, il tuo dogma invece asserisce che condonato un unico peccato naturale e che esso, chiamato da te legge del peccato, inocula in tutti gli uomini i desideri dell'iniquit. E' dunque assodato che tu accusi la natura che opera di Dio e l'Apostolo accusa la volont. Non avrebbe poi dovuto parlare diversamente da come ha parlato, dicendo che la condanna si pu avere da un solo peccato, sia perch quel primo uomo con un solo peccato diede l'esempio di peccare, sia perch come a lui una sola prevaricazione sovrabbond per la condanna, cos pure agli altri una sola colpa pu bastare per il reato. Tant' vero che l'Ecclesiaste dice: Uno sbaglio solo annienta molti beni 147, e Giacomo: Se osservi tutta la legge, ma ne trasgredisci anche un solo punto, diventi colpevole di tutto 148. AG. Dunque il peccato di Adamo danneggi lui solo e non anche il genere umano! Non sarai infatti assurdo fino al punto di dire che dal suo peccato furono o sono danneggiati gli uomini che non conoscono o non credono che Adamo sia esistito e che cosa abbia fatto. Perch, sebbene gli uomini imitino in qualcosa altri senza saperlo, saresti tuttavia troppo stupido a dire che sono danneggiati e diventano peccatori per un peccato che essi ignorano, fatto migliaia di anni prima, tranne che tu confessi che questo peccato passato in tutti per generazione. Quanto poi a coloro che dicono che il peccato di Adamo danneggi lui solo e non il genere umano, se Pelagio non li avesse condannati, sarebbe stato condannato lui dai suoi giudici, non certamente manichei. Una medicina efficacissima. 108. GIUL. Ma la grazia del Signore Ges Cristo non stata data cos da provvedere per singoli peccati, quasi per singole ferite, anche singoli rimedi d'indulgenza, e da offrire venia ai vari peccati con diversi battesimi. Essa invece, per il potere della sua efficacissima medicina, che si applica ai crimini, ossia alle opere della volont cattiva, soccorre cos universalmente da cancellare le diverse specie di reati con la forza di una sola consacrazione.

AG. In qualunque modo dica che stata data la grazia del Signore Ges Cristo, tu separi dalla grazia i bambini, perch neghi che siano salvati da essa. Voi cio, distinguendo a vostro arbitrio i vocaboli stessi, fate apparire pertinente ai bambini il Cristo per il regno dei cieli, dove concedete che possano entrare soltanto i battezzati, e fate apparire assolutamente estraneo invece ai bambini Ges, perch egli non opera in essi ci che lo fa chiamare Ges. A proposito infatti scritto: Lo chiamerai Ges, e subito spiega perch Ges: Egli infatti salver il suo popolo dai suoi peccati 149. Il che negando voi che avvenga nei bambini, li separate sia dal nome di Ges, sia dal suo popolo; e osate indignarvi che siate voi piuttosto separati dal medesimo popolo? Per quanto poi concerne i delitti volontari, come il giudizio manda alla condanna partendo da molti delitti, cos pure la grazia libera da molti delitti per la giustificazione. Perch dunque si dice: Il giudizio di condanna parte da uno solo, la grazia dalla giustificazione invece da molte cadute 150, se non perch in questo passo non si contrappone volont a volont, n imitazione ad imitazione, ma rigenerazione a generazione? Come infatti la generazione riceve il giudizio di condanna per un solo peccato, cos la rigenerazione dona la grazia della giustificazione da molte cadute. E' chiaro che cosa l'Apostolo abbia voluto far capire. Se voi aprirete le vostre orecchie ossequiose, chiuderete le vostre bocche litigiose. La storia sacra parla di un solo peccato di Adamo. 109. GIUL. Sapientemente dunque parlando di Adamo ha nominato un peccato soltanto, che volle far intendere " forma " della prevaricazione. La ragione, dir, per cui ne ha nominato uno soltanto e non molti, che sapeva contenuto nella storia della Legge un solo peccato di Adamo. Ha invece lodato che la grazia mandi da molti peccati alla giustificazione coloro che essa riempie di s, perch non nascesse il sospetto di un beneficio povero. E se avesse detto: La grazia da uno solo alla giustificazione, sarebbe sembrato che la grazia abolisse non tanto tutti i peccati quanto i singoli peccati uno per volta. Premettendo dunque un solo peccato ha salvato la verit storica; soggiungendo: Da molte cadute la grazia della giustificazione, ha celebrato la munificenza e l'abbondanza del mistero.

AG. Ma che bisogno c'era che parlasse di Adamo, quando celebrava la grazia del Cristo, se non perch da Adamo viene la generazione e dal Cristo la rigenerazione? Sei tu ad aiutare i manichei. 110. GIUL. La quale spiegazione com' in consonanza con la ragione, cos la vostra distruzione. In forza di essa infatti ti necessario confessare che l'Apostolo non ha parlato del peccato della " traduce " manichea in tutti i passi precedenti, quando nel menzionare la grazia ha indicato che molti peccati sono assolti da essa. AG. Sei tu ad aiutare i manichei, ai quali di spazio per tirare fuori un'altra natura cattiva, negando che la causa della miseria dei bambini sia nel male originale. La quale miseria certamente non l'avrebbero nel paradiso, se nascessero durante la permanenza in esso della rettitudine e della beatitudine della natura umana. Il peccato unico fu dello stesso genere degli altri peccati. 111. GIUL. Al genere infatti di questi peccati, dei quali tutti ricorda la molteplicit e la remissione per mezzo della grazia, ha mostrato di fare appartenere anche quel peccato unico di cui ha parlato precedentemente. Ora, tu sei d'accordo nell'identificare le molteplicit di questi peccati con la molteplicit dei peccati che si commettono da ciascun uomo con atti di propria volont. Anche dunque quell'unico peccato del medesimo genere. AG. Insieme con quell'unico peccato di Adamo dico che fanno moltitudine gli altri peccati, non per esclusione del peccato di Adamo. Ma anche quell'unico peccato di Adamo pu dirsi giustamente del medesimo genere degli altri peccati, se riferito alla sua origine, perch anch'esso proman dalla volont del primo uomo, quando il peccato di lui entr nel mondo e attravers tutti gli uomini. Il Cristo ha giovato pi di quanto abbia nociuto Adamo. 112. GIUL. Cos da intendere quell'unico peccato attratto da ciascuno per iniziativa della propria volont, e cos da accusare non gi la fecondit dei semi, ma la pravit dei desideri. Del resto, se avesse voluto far intendere quell'unico peccato originale,

certamente in seguito non avrebbe detto molti i peccati che egli attesta rimessi mediante la grazia. AG. Per quale ragione non l'avrebbe detto se non perch vogliono cos i pelagiani? Ma non lo vuole la verit, dalla quale redarguita la novit pelagiana e vinta la vanit pelagiana. I molti delitti infatti dai quali la grazia giustifica sono molti insieme a quell'unico peccato, da cui parte il giudizio di condanna, anche se non si aggiungono altri peccati. Cos dunque pot Adamo seminare un solo peccato nei generati e il Cristo invece rimetterne molti ai rigenerati, poich si dimostra che il Cristo ha giovato pi di quanto abbia nociuto Adamo. Attento il lettore alle conclusioni. 113. GIUL. E sebbene alla difesa della verit sopravanzino le argomentazioni gi fatte, tuttavia ammonisco il lettore ad essere attento alle conclusioni che tiriamo. Apparir, infatti, inconfutabilmente che in questi passi l'apostolo Paolo non ha discusso affatto della natura, ma della condotta dei mortali; cio opponendo tra loro diametralmente la forza della grazia del Cristo e la forza del primo peccato, mettendo a confronto gli effetti delle due forze, si industriato di dimostrare che il mistero del Cristo ha giovato pi di quanto abbia nociuto il peccato del primo uomo. Ora, abbiamo insegnato che ci non si pu sostenere nel senso della " traduce ". Come dunque i molti elementi che ha enumerati, cos dunque ha voluto che in modo speciale spettasse a lode della grazia l'osservazione in cui dice: Il giudizio di condanna parte da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute 151. La quale osservazione il sostenitore del male naturale la spiega in questo modo: In tanto " da uno solo il giudizio di condanna " in quanto quell'unico peccato che si contrae per generazione basta da solo a condurre alla condanna, come vi conduce i bambini che nascono da Adamo se non rinascono nel Cristo, bench non ci siano altri peccati. " La grazia della giustificazione invece da molte cadute ", perch la grazia non rimette solamente quell'unico peccato che si trae originalmente, ma anche tutti gli altri che da ciascun uomo si aggiungono per iniziativa di volont propria 152. Ecco, hai confessato, bench con empiet manichea, che esiste, s, il peccato naturale, ma tuttavia uno solo, per il quale dici che devono essere condannati i nascenti.

AG. Colui che disse: Noi nasciamo tutti sotto il peccato 153, non era manicheo. Ma rispondi che cosa siate voi che tante immagini di Dio, senza merito di nessun peccato, le separate dal regno di Dio, negate che siano condannate dal giudizio di Dio e inventate due felicit eterne: una che sia dentro il regno di Dio e un'altra che sia fuori dal regno di Dio. Dite, vi prego: In quella felicit che fuori dal regno di Dio ci sar un re o non ci sar un re? Se non ci sar nessun re, sar certamente pi libera senza nessun re quella felicit. Se invece ci sar un re a regnare in essa chi sar re delle immagini di Dio se non un dio? Ora, se sar un dio, voi introducete un secondo dio, e date del manicheo a me? Che se a regnare come re in quella felicit sar lo stesso Dio di cui sono immagini quelle immagini, anche le stesse immagini di Dio saranno felici nel regno del loro vero Dio. E allora dove va a finire il testo: Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non pu entrare nel regno di Dio 154? Oppure una buona volta confessate voi finalmente che fuori dal regno di Dio saranno infelici i bambini non rinati. Dite dunque il merito di questa loro infelicit, voi che verbosi e litigiosi negate il peccato originale. Prova tu che il battesimo rimette anche ai bambini molti peccati. 114. GIUL. Prova dunque che nei bambini si compie quanto l'Apostolo ascrive alla grazia del Cristo: cio che essa opera la giustificazione da molti peccati, ossia elargisce la giustizia rimettendo molti peccati in una sola volta. Dunque o insegna che i bambini si caricano di molti peccati perch ti sia possibile convincere che anche per loro vale la lode fatta dall'Apostolo alla munificenza del Cristo, sicch risultino i bambini liberati da molti peccati, o confessa che Paolo non ha discusso per nulla sui bambini, per nulla sulla natura umana in quei passi, quando ha attestato che dalla liberalit della grazia sono rimessi i peccati che, anche per tuo consenso, non possono trovarsi nei nascenti. AG. Che questo di cui parli? Che quello che la tua vanit loquacissima ti fa rintronare nelle orecchie perch non vi entri la verit manifestissima? Senza dubbio, Ges che salva il suo popolo da una moltitudine di peccati, non tralascia di rimettere anche i singoli peccati originali dei bambini, perch nella medesima moltitudine ci sono anche gli stessi peccati originali.

Agli adulti sono perdonati dal battesimo molti peccati, ai bambini uno solo. 115. GIUL. La grazia della giustificazione, dice l'Apostolo, da molte cadute 155. Tu dici che i bambini non vanno soggetti a pi di un solo peccato. Vedi dunque che nella loro persona la lode della grazia zoppica, perch non trova i molti peccati per la cui remissione meriti di essere lodata. Perci il detto dell'apostolo Paolo: La grazia della giustificazione da molte cadute 156 si tradisce falsissimo nel caso dei bambini. Dove tenterai dunque di saltare fuori di qui? Senza dubbio stai per dire - manifest infatti il tuo pensiero il precedente tuo discorrere su questo argomento - che l'affermazione dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute 157, si avvera negli uomini di et perfetta che appariscono carichi di molti peccati per iniziativa della loro propria volont, mentre nei bambini la giustificazione non si compie da molti delitti, ma da uno solo. AG. Non ti ci voleva una grande intelligenza per capire che da questa giustificazione, che il Salvatore conferisce ai suoi con la remissione di molti peccati, siete voi piuttosto a sottrarre i bambini, ai quali sostenete che non pu essere rimesso nessun peccato; non siamo noi invece che, quando diciamo condannati tutti gli uomini a causa del peccato di uno solo, non eccettuiamo nessuna et, perch anche i maggiorenni hanno questo peccato, e ugualmente quando diciamo che la grazia giustifica da molti peccati, non eccettuiamo nondimeno nessuna et, poich colui che rimette molti peccati - con il nome di molti si intendono senza dubbio tutti -, certamente non ne omette nessuno, ossia n i molti dei peggiori peccatori, n i meno numerosi di alcuni uomini, n il singolo peccato dei bambini. Per vedere questo non vi ci voleva dunque una grande intelligenza, se l'invidia non vi facesse negare ai bambini il Cristo come medico e rifiutare assolutamente che egli sia Ges per essi con orrenda empiet, con strana cecit, con blasfema loquacit. Che cosa poi pi stolto di volere che la grazia del Cristo spetti solamente a coloro che hanno molti peccati? Con simile ragionamento appunto o piuttosto con simile accecamento dell'intelligenza voi sottraete a questa grazia non soltanto i bambini, che stimate non contrarre dall'origine nessun reato, ma tutti assolutamente quelli che non hanno molti peccati, dal momento che l'affermazione dell'Apostolo: La grazia della giustificazione invece da molte cadute 158, giudicate doversi intendere nel senso che a tale grazia non partecipi se non il peccatore a cui la grazia rimette molti peccati. Perci poich un

bambino non ha secondo voi nessun peccato, certamente quando sar cresciuto e avr gi cominciato a peccare, se commetter non dico pochi peccati ma forse uno soltanto ancora e verr al battesimo del Cristo, egli non parteciper in nessun modo a questa grazia, perch non giustificato da molti peccati ma da uno solo. Penso che la sordit del cuore non prevalga in voi fino a tal punto che non vi faccia arrossire questa cos grande assurdit. Ebbene, se partecipa a questa grazia anche il peccatore che riceve la remissione di un solo peccato, vuol dire che l'Apostolo con le parole: La grazia della giustificazione invece da molte cadute, ha voluto far intendere i peccati di tutto il popolo che giustificato per mezzo della grazia, avendo in esso alcuni molti peccati, altri meno, altri anche un singolo peccato: tutti insieme i peccati sono certamente molti. La grazia si conferisce ugualmente a tutti. 116. GIUL. Ma con tale spiegazione, in virt della quale non riuscirai n a pervertire il senso dell'Apostolo n a scansarlo, hai tuttavia perduto non solo il tuo prestigio, ma anche lo spauracchio di quel livore che infiammavi contro di noi. Andavi appunto gridando che abbiamo mancato gravemente contro la fede, noi che diciamo che la grazia del Cristo si deve senz'altro amministrare uniformemente, n si devono cambiare le parole e le istituzioni; ma essa conferisce ugualmente a quanti riempie di s i doni dell'adozione, della santificazione, della promozione; essa per non trova in reati univoci tutti quelli che vi accedono, ma coloro che hanno peccato con la propria volont, senza la cui opera non ci pu essere nessun peccato, li libera dal reato e da cattivi li fa buoni; gli innocenti invece, felici della loro prima et inoffuscata, non li accusa per nessuna opera di volont cattiva, di cui sa che non c' stata esperienza presso di loro. AG. O singolare demenza! E' disputare questo o vaneggiare? Nella miseria attestano piangendo di essere nati i bambini, ai quali tu non vuoi far avere nel Cristo il loro Ges, e li dici felici, e tuttavia non li ammetti nel suo regno. Dal quale regno, se tu lo amassi con carit cristiana, giudicheresti una grande miseria esserne esclusi. Si toglie autorit alla grazia.

117. GIUL. Ma da buoni li fa migliori. E tutti quelli che accoglie li innalza certamente fino all'unico colle della santificazione, ma non li trova tutti nella medesima palude dei vizi, bens alcuni li trova in stato d'innocenza, altri in desideri malvagi. Perch dunque noi diciamo questo che garantito dalla sanit della fede, dal presidio della ragione, dalla piet dell'intelligenza, perch diciamo questo che rende alla grazia del Cristo la giusta lode, n attribuisce a Dio nessun reato, tu dici che traballa l'autorit del sacramento e con acume pi ottuso di ogni pestello asserisci che si toglie autorit alla grazia, se non le si ascrive l'odiosa colpa della calunnia, se non perverte le regole della giustizia, se non addossa a coloro che sono privi di consapevolezza il crimine della coscienza altrui; e da ultimo tu dici che la grazia non ha nessuna efficacia, se si insegna che essa non opera in tutti uniformemente. AG. Perch hai creduto di dover paragonare ad un pestello non il mio acume, ma l'acume di tutti i controversisti cattolici, insieme ai quali ritengo non abbattuto ci che voi tentate invano di abbattere? O forse hai cominciato a sentire che vi stritola nella vostra fragilit? E tuttavia tu, con l'apparenza di difendere la giustizia di Dio, tenti di rovesciare il modo di sentire di tutta la Chiesa del Cristo sulla condanna dei bambini non rigenerati, non sei mai disposto a dire perch mai sia giusto, se non contraggono il peccato originale, il grave giogo che grava su loro. Non ti accorgi che siete voi invece a pervertire le regole della giustizia e proprio nel caso dell'onnipotente Dio, dal quale o sotto il quale fate irrogare questa pena senza alcun merito a innumerevoli migliaia di uomini di ogni ordine, ossia di immagini di Dio, dal giorno in cui escono dal grembo delle loro madri. Infine non sarai mai pronto a dire perch sia giusto che i bambini, morti senza battesimo per nessuna loro colpa e ordinariamente per nessuna colpa nemmeno dei loro cari, siano separati dai loro genitori e dai loro parenti cristiani e non siano ammessi nel regno di Dio, n siano contati tra i vasi fatti per uso nobile, come gli altri bambini battezzati, ma tra i vasi fatti per uso volgare - perch non esiste un terzo genere di vasi - senza meriti cattivi. Dispiace infatti alla vostra sapienza eretica ci che crede la fede cattolica: dopo che tutti a causa di uno solo hanno imboccato la strada della condanna, in alcuni si compie la misericordia della grazia, in altri rimane il giudizio della verit per le inscrutabili vie del Signore, che sono tutte misericordia e verit 159. Svanito sei tu.

118. GIUL. Tutto ci dunque che ti serviva ad adescare gli animi sordidi di stoltezza manifestamente svanito con questa tua spiegazione. Ag. Svanito sei ma tu, che non vuoi vedere o confessare che la remissione dei peccati appartiene anche a coloro che hanno un peccato soltanto. Nella quale grazia medicinale non rientrano i bambini, se non hanno nessun peccato. Voi li radiate empiamente dalla vita, perch negate ad essi il Salvatore. La grazia diversa secondo le diversit dei soggetti. 119. GIUL. Poich infatti l'Apostolo dichiara: La grazia della giustificazione invece da molte cadute 160, e tu dici che questo non si pu certo applicare ai bambini e che poi negli altri che sono di et perfetta si avvera soltanto perch a quell'unico peccato hanno aggiunto con atti volontari anche altri peccati, confessi senza dubbio che l'operazione della grazia diversa secondo la diversit di coloro che vi accedono. In coloro che usano appunto della iniziativa della propria volont, si offre alla grazia materia per gloriarsi, perch tira fuori da molti crimini alla giustificazione quelli che adotta; nei bambini invece, secondo te, la grazia, pi digiuna, pi angusta, pi esile, n con grande efficacia, n con idonea medicina, n con onest capace di salvare, n con sicurezza di pudore, si ripromette di cancellare quell'unico peccato, che non avrebbe dovuto nemmeno imputare, e da quell'unico peccato tenta di trasferire i bambini che libera alla giustificazione. Ag. Gi risposto. Dici molte volte le medesime menzogne, perch non trovi altro da dire. Quando dite che nessun peccato si deve imputare ai bambini, fate ingiusto Dio che ha imposto a loro un grave giogo dal giorno della loro nascita dal grembo materno 161. Tacesse pure la Scrittura, chi cos cieco di mente da non vedere che la miseria del genere umano comincia dai pianti dei bambini? Fate ingiusta anche la legge di Dio, che condanna l'anima di un infante non circonciso all'ottavo giorno 162. Vano altres giudicate il precetto che comanda di offrire un sacrificio per il peccato alla nascita di un bambino 163. Ora, se questo reato dell'origine lo denunzia la Scrittura santa e si denunzia da se stesso, anche questo peccato tra quei molti peccati dai quali giustifica la grazia che pure i bambini beatifica da questa miseria. E ci non avviene in questo secolo, che tutto intero Dio ha voluto penale per gli uomini

da quando mise i primi uomini fuori dalla felicit del paradiso, ma nel futuro secolo eterno da dove adesso il Cristo dona alle sue membra il pegno del santo Spirito 164. Gli effetti della grazia possono essere diversi. 120. GIUL. Hai confessato dunque che la grazia in un modo opera nei grandi e in un altro modo opera nei piccoli. N spazio alcuno puoi credere lasciato alla tua risposta, se tiri la conclusione che c', s, una grande distanza, ma nella remissione dei peccati; sebbene trovi un peccato solo, trova tuttavia un peccato da rimettere. Ma non fai un passo avanti con questa argomentazione, perch non ha importanza quale sia la specie dei diversi effetti che attribuisci all'unica grazia, comunque confessando che possono essere diversi. AG. Altro dire diversi gli effetti della grazia, perch anche la Scrittura santa dice multiforme la grazia di Dio 165, e altro negare la grazia della remissione dei peccati ai bambini e sostenere che essi, se non si sottraggono alla potest delle tenebre, sono esorcizzati e insufflati in modo menzognero nella Chiesa della verit, con grande ingiuria del Creatore, se non hanno bisogno dell'aiuto del Salvatore per essere sottratti alla potest dell'impostore. Nei bambini la grazia non ha il prestigio che le attribuisce Paolo. 121. GIUL. Io infatti mi contento che tu sia stato sospinto a concedermi che non a tutte le et possa in egual modo convenire ci che l'Apostolo ha insegnato della liberalit della grazia. Se qualche argomento hai portato per confermare che anche nella prima et dei neonati si eseguisce una remissione, tuttavia non hai negato che non si compia nei bambini ci per cui l'Apostolo ha dichiarato lodevole la grazia del Cristo. Infatti anteponendo in seguito la medicina del mistero al peccato del primo uomo, nel quale insegnava la presenza di una " forma " per i discendenti, l'Apostolo scrive: Il giudizio di condanna parte da un solo delitto, la grazia della giustificazione invece da molte cadute 166. L'effetto dunque che gli ha fatto preferire la grazia, ossia l'effetto della giustificazione da molti peccati, neppure secondo te risulta nei bambini e, sebbene con riluttanza, tu sei stato indotto a confessare che la grazia non si trova in modo eguale nelle et diverse.

AGO. Gi risposto. Tu parli a vanvera. E' gloriosa la grazia di Dio anche quando rimette a ciascuno il suo unico peccato, perch anche questi peccati unici appartengono a quella moltitudine di peccati dalla quale giustifica gli uomini colui che salva il suo popolo dai suoi peccati 167. Al quale popolo non appartenete meritatissimamente voi, perch a quel popolo non volete che appartengano i bambini. Tenta di dimostrare il peccato naturale. 122. GIUL. Dalla quale tua ammissione apparso che non esistita nessuna necessit di muovere calunnia alla natura umana per questa sola ragione di non attribuire alla grazia specialmente del battesimo effetti diversi secondo le et. Tolta questa fantasiosa persuasione, se hai un po' di energia, se un po' d'ingegno, se un po' di virt, tenta di dimostrare il peccato naturale, che vedi distrutto dalla ragione, dall'autorit, dalla equit. Da quale istinto sei stato ingannato a chiamare opera e pianta del diavolo la mescolanza dei corpi, istituita da Dio, e la volutt dei sessi, conciliatrice della stessa mescolanza, che, vigendo tanto negli uomini quanto negli animali, indica suo autore lo stesso Dio che indica creatore dei corpi? AG. Arrossisci: tu sei quel famoso cantore della libidine. Arrossisci, ti dico. La libidine, che a te piace tanto e contro la quale necessariamente combatte chi non vuole commettere peccato consentendo alle sue sollecitazioni, non esisteva nel paradiso prima del peccato. Ivi dunque o non si sentiva minimamente o non precedeva la volont razionale n la eccedeva. Diversa attualmente: lo sente in se stesso ogni uomo, e tu sei uomo. Reprimi la voglia di opporti e riconosci il vizio donde si trae il peccato originale. Questo vizio le nozze lo hanno trovato e non l'hanno introdotto negli uomini propagati da esse. Di questo vizio le nozze fanno uso per necessit, fanno buon uso con la castit, e perci non sono in nessun modo colpevoli. Questo vizio non un male nelle bestie, perch in esse la carne non ha desideri contrari allo spirito 168. Questo vizio negli uomini un male, che dev'essere sanato dalla bont divina e non lodato dalla vanit umana. I semi sono buoni per natura, ma i semi viziati propagano i vizi.

123. GIUL. Ma quale ragione ti ha indotto a ferire prima l'innocenza con un crimine altrui e a tentare poi di mescolare con i semi la vicenda dei desideri? AG. Tu fai sempre i medesimi discorsi con le medesime parole, ma sono senza dubbio vane le tue parole. Per natura buoni sono i semi, ma anche i semi si viziano e da semi viziati si propagano anche i vizi. Almeno lo stato dei corpi te lo insegni, molti dei quali, sebbene il loro creatore sia sommamente buono e immune da vizi, tuttavia nascono viziosi. E certamente se nessuno avesse peccato, nel paradiso non nascerebbero simili corpi. Sei tu calunniatore e cieco. 124. GIUL. La ragione di togliere al battesimo la verit della sua propria operazione? La ragione di ascrivere un crimine di patente iniquit a Dio, che tutto equit e non potrebbe essere Dio senza la giustizia? AG. Questo lo fate piuttosto voi: perch se i bambini sono gravati da un pesante giogo senza il merito di nessun peccato, iniquo Dio. Ma siccome egli non iniquo, sei tu calunniatore e cieco. Sarebbe ingiusto Dio, se nei bambini non punisse un peccato. 125. GIUL. Tanto patente dir, che questa specie d'ingiustizia, che tu mentitamente applichi ai suoi giudizi, egli stesso l'ha condannata con l'autorit della sua legge. AG. Nella sua legge scritto che sia radiata dal suo popolo l'anima del bambino non circonciso all'ottavo giorno 169. Per quale merito? Dillo, se puoi. Ma non lo puoi in nessun modo. E tuttavia non taci negando l'esistenza del peccato originale. Che necessit di tante tue bestemmie? 126. GIUL. Che necessit ci fu dunque di tante bestemmie, se necessaria non fu nemmeno la bestemmia a cui ti tenevi abbracciato? La quale non aveva certamente nessun valore e tuttavia sembrava quasi una tavola a cui aggrapparsi in un cos disastroso naufragio, e l'hai mollata, bench tardi, a muscoli stracciati. Perch infatti il discorso si chiarisca a forza di ripeterlo:

la ragione per cui ti si credeva un manicheo che le persone pi ignoranti dovevano tollerare, era il timore che l'efficacia della grazia del Cristo non sembrasse una sola in tutti. A questa conclusione tu sei arrivato adesso senza nostra costrizione, con gli sviluppi del tuo commento, dicendo che la sentenza dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute 170 pu, certo, essere vera per gli adulti, ma non pu essere vera per i bambini, ed invece nei bambini la grazia qualcosa di pi limitato, di pi debole, di pi povero. Il che, sebbene tu non lo pensi, tuttavia lo confessi come detto dall'Apostolo. AG. Si rilegga la risposta che ti stata data 171, per capire che tu non dici nulla e che tuttavia non sei capace di tacere, o uomo linguacciuto. La grazia giustifica da molti delitti, perch Ges salva il suo popolo dai suoi peccati. Nella medesima moltitudine dei peccati egli trova anche i peccati singoli dei bambini, come troverebbe nella medesima moltitudine, se non esistesse il peccato originale, anche i peccati singoli degli adulti che cominciassero appena a peccare. Ai quali, venendo al battesimo del Cristo, non si potrebbe davvero dire: Non potete essere battezzati subito, perch non avete ancora molti peccati; la grazia infatti giustifica da molti peccati. Risponderebbero appunto giustissimamente: Nella moltitudine dei delitti dai quali giustifica la grazia ci sono anche i singoli nostri delitti, e in questa moltitudine alcuni ne hanno parecchi, alcuni meno. I quali delitti con i nostri singoli fanno tutti insieme molti delitti. Adozione divina e remissione del peccato. 127. GIUL. Dunque anche secondo te l'effetto della grazia nell'adozione uguale per tutte le et; al contrario nella remissione dei peccati non c' per tutti la stessa misura. Ma finora mi sono comportato troppo parcamente e pazientemente. AG. Se parli cos tanto parlando parcamente da incalzare un solo libro mio, e neppure intero, con otto libri tuoi, troppo profusa e ridondante la tua parsimonia. Ma se finora ti sei comportato parcamente, perch gridando contro la verit in tanto tuo discorrere non sei stato parco nei riguardi della tua anima? Prima et ed et adulta.

128. GIUL. Cio mi sono contentato di provare con la precedente discussione che anche tu, mentre proprio su questo punto suscitavi la pi grande sollevazione contro di noi, dici che non risulta uniforme in tutti il modo della remissione dei peccati, cos che, anche ammesso che tu potessi persuadere dell'esistenza di quest'unico peccato naturale, apparirebbe tuttavia necessario dire che la condizione di quanti accedono alla grazia non sempre uguale e che l'affermazione dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute 172 vera solamente per l'et adulta e non anche invece nella prima et. AG. Secondo le tue ciance non si avvera nemmeno nell'et adulta, perch molti adulti hanno peccati singoli - pur non avendo secondo voi i peccati originali - e ad essi capita di venire al battesimo quando hanno appena cominciato a peccare. Alcuni hanno pochissimi peccati e comunque non molti peccati. Costoro dunque non parteciperanno a questa grazia del Cristo, perch essa giustifica da molti peccati che essi non hanno. Chi segue questo modo di sapere ineffabilmente insipiente. Riconosci che il Cristo giustifica da molti delitti e salva il suo popolo e intendendo che nella medesima moltitudine si possono computare i delitti di chiunque, siano pochi o siano singoli, non voler sottrarre la sorte dei bambini dalla sorte di questo popolo. Credi necessario anche a loro Ges, il quale non si chiama Ges se non perch salva dai suoi peccati il suo popolo 173, dove sono compresi certamente anche i bambini. La grazia sorpassa i delitti. 129. GIUL. Ma ora asserisco conseguentemente che l'Apostolo non ebbe nessun sospetto della " traduce " manichea: egli indica appunto che equivarrebbe a mancare gravemente di rispetto verso i misteri se questi si equiparassero in tutto e per tutto ai peccati, se cio la grazia non giovasse pi efficacemente di quanto abbia nociuto la " forma " della colpa. Dunque la massima dignit della fede cristiana il Maestro delle Genti la colloca nel fatto, da lui affermato, che la grazia sorpassa i delitti. Perci ebbe cura di preferire ai morbi antichi l'effetto della medicina. Ag. E' questa medicina che voi negate ai bambini, sostenendo con falsa e dannosa difesa la loro immunit dal peccato. Ma il loro Dio, che con la bocca dei bimbi e dei lattanti attesta la lode della sua

medicina, certamente riduce al silenzio anche voi che prestate ai bambini una difesa ostile, perch egli riduce al silenzio nemici e difensori. L'unico titolo della dignit della grazia battesimale. 130. GIUL. Questa stata per l'Apostolo la ragione di lodare la dignit della grazia, che le convenisse in tutto la sua dichiarazione: Il giudizio di condanna da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute 174. Per quale licenza tu dunque defrauderai la grazia del Cristo di tale lode che l'Apostolo ha voluto tributarle, cos da gettare via l'unico titolo di dignit dal quale il Vaso di elezione ha voluto far riconoscere l'onore della grazia? AG. Questa grazia non giunge ai bambini, se essi, secondo voi, non sono legati da nessun delitto. Ma poich sono legati, certamente la grazia che giustifica la moltitudine dei suoi fedeli da molti delitti giunge a sanare anche l'unico delitto dei bambini, per ridurre al silenzio con la bocca dei bimbi la bocca dei nemici e dei difensori che li ingannano. Nei bambini la nullit dei peccati non meno vera della loro molteplicit. 131. GIUL. Egli disse: La grazia della giustificazione da molte cadute 175. Egli antepose l'abbondanza della medicina alla efficienza del peccato. Il quale senso concorda con il dogma dei cattolici, che intendono fatta la remissione dei peccati nelle persone dove possono trovarsi molte colpe, commesse evidentemente con atti di volont propria. In coloro invece nei quali non ci sono questi atti di volont propria, ossia nei bambini, non meno vera la nullit che la molteplicit dei peccati. AG. Nessuna medicina dunque del Salvatore spetta ai bambini e il Cristo non Ges per loro: e tu che dici questo osi chiamarti cristiano! Inoltre se, come dici in termini definitivi, la remissione dei peccati avviene nelle persone dove se ne possono trovare molti, poich interpreti in questo senso le parole dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute, non partecipano alla remissione dei peccati coloro che non hanno secondo voi il peccato originale e accedono al lavacro della rigenerazione con un singolo peccato o con pochi peccati? Guardate a quello che dite! E non vi vergognate? Non vi spaventate? Non vi chetate? Se poi le persone

che stanno cominciando a peccare e non hanno ancora molti peccati ricevono ugualmente la grazia che giustifica da molte cadute, perch non volete computare nelle medesime molte cadute anche le singole cadute dei peccatori di ogni genere, se non per escludere empiamente dalla remissione i bambini, con la conseguenza che incomba su di voi la rovina di una cos pessima perfidia da dire che dalla remissione dei peccati sono escluse anche le persone grandi che cominciano appena a peccare e non hanno ancora molti peccati, ma singoli peccati o pochi peccati? Paolo ha rafforzato la nostra opinione. 132. GIUL. L'Apostolo dunque dove antepose la grazia al peccato, rese pi valido il nostro dogma. AG. Rovesci piuttosto il vostro dogma, perch la grazia che antepose al peccato giustifica da molte colpe e perci, spettando ai piccoli insieme ai grandi, colui che rimette tutti i peccati di tutti i suoi, cio dei piccoli e dei grandi, non tralascia neppure uno dei piccoli. Molti delitti non li hanno i bambini. 133. GIUL. Tira fuori adesso l'Apostolo dove abbia equiparato la grazia al peccato: se la tua fede non capisce che i rimedi sono stati preferiti alle ferite, capisca almeno che non sono stati ridotti ad una piccolezza cos da non eccedere il confronto. Che se tu lo trovassi scritto in qualche parte, risulter tuttavia che Paolo aborrisce da questa sentenza. E perch il senso dell'Apostolo splenda tutto in sintesi, egli dice: La grazia della giustificazione da molte cadute 176. Ma molti delitti non li hanno, nemmeno secondo te, i bambini, i quali secondo l'Apostolo non hanno nessun delitto. AG. Molti delitti non li hanno, anche secondo te, coloro che hanno iniziato a peccare una prima volta, e tuttavia non puoi negare che essi quando vengono al battesimo partecipino di questa grazia che giustifica da molte cadute. Le molte cadute sono dunque quelle di tutto il popolo, dove sono compresi anche i bambini. Nel quale popolo della citt di Dio, quando vi arriva la grazia giustificante da molti delitti, essa vi trova e i molti delitti di alcuni e i pochi delitti di altri e i singoli delitti dei bambini; tutti insieme fanno certamente molti delitti e con la loro moltitudine rintuzzano le parole tue, molte e vane. Se al contrario i bambini non hanno secondo l'Apostolo,

come credi tu, nessun peccato, per quale ragione dunque secondo l'Apostolo sono morti? Poich anche secondo te il Cristo morto pure per loro: infatti uno morto per tutti, quindi tutti sono morti, ed egli morto per tutti 177. O Giuliano, questo non l'ha detto Agostino, ma l'Apostolo, anzi per mezzo del suo Apostolo l'ha detto lo stesso Cristo. Reprimiti da un parlare vano. Cedi a Dio. L'Apostolo non ha discusso qui dei bambini. 134. GIUL. Consta quindi che il Maestro delle Genti non ha discusso qui dei nascenti, ma di coloro che hanno gi l'uso del movimento della propria volont. AG. Digerisci l'indigestione della contestazione, svgliati e arriva a capire il delitto e di uno solo ed unico, del quale si dice: Se per la caduta di uno solo molti morirono 178; questi molti sono appunto gli stessi tutti dei quali altrove dice: Come tutti muoiono in Adamo 179, e troverai tra loro anche i bambini, perch per essi pure morto il Cristo, come tu riconosci. Dopo infatti avere detto che uno morto per tutti, l'Apostolo ne mostra immediatamente la conseguenza necessaria dicendo: Tutti dunque sono morti e per tutti morto 180. In che senso tutti condannati e tutti salvati? 135. GIUL. Ora per ci che l'Apostolo aggiunge: Come per la caduta di uno solo si riversata su tutti gli uomini la condanna, cos pure per la giustizia di uno solo si riversa su tutti la giustificazione 181, porta a noi tanto aiuto quanto fragore muove contro il tuo dogma. Ponendo appunto in parti contrapposte la parola tutti senza che ci possa essere nessun legame tra loro, ci rimanda all'uso delle Scritture, perch capiamo che si suol dire tutti al posto di " molti ". E gi a prima vista c' nella parola tutti una grossa impropriet: come fanno infatti ad andare tutti alla giustificazione, se vanno tutti alla dannazione? O come fanno ad andare tutti alla pena, se tutti sono rapiti alla gloria? L'universalit di una parte elimina l'altra parte. AG. Dunque anche dove si dice: In lui peccarono tutti 182, sono da intendersi molti e non tutti? Se cos, sei costretto a dire che non hanno peccato per imitazione di quell'unico uomo tutti i peccatori, ma molti. Che se dirai che non hanno peccato tutti ma molti imitando Adamo, per la ragione che a peccare sono stati molti e non tutti, volendo intendere i bambini in coloro che non hanno

peccato, ti si risponder che non sono nemmeno morti i bambini in Adamo e quindi non morto per loro il Cristo, perch egli morto solamente per i morti, come grida l'Apostolo. In questo modo e andrai contro te stesso ed escluderai completamente dalla grazia del Cristo i bambini, per i quali dirai che il Cristo non morto. Conseguentemente negherai pure che essi si debbono battezzare nel Cristo. Infatti quanti siamo stati battezzati nel Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte 183; ma sono battezzati nella morte del Cristo quelli per i quali morto il Cristo. In nessun modo quindi escluderai i bambini dal peccato originale senza escluderli ugualmente dalla grazia del battesimo del Cristo. Nel giudicare poi contrarie tra loro le due verit, che tutti vanno alla dannazione per causa di Adamo e tutti ugualmente alla giustificazione per mezzo del Cristo, sbagli in modo assoluto. Nessuno infatti se non per causa di Adamo condotto alla condanna, dalla quale gli uomini sono liberati per mezzo del lavacro della rigenerazione, e nessuno liberato da questa condanna se non per mezzo del Cristo. La ragione dunque per cui si dicono tutti da una parte e tutti dall'altra parte che nessuno va alla condanna se non per causa del primo e nessuno va alla vita della rigenerazione se non per mezzo del secondo. Quindi l'universalit di una parte non elimina l'altra parte, perch di questi stessi che muoiono universalmente in Adamo il Cristo vivifica quelli che vuole. Pertanto non ti sembreranno contrarie tra loro le due verit, se tu non sei contrario a te stesso. Nessuno liberato se non da Ges. 136. GIUL. Ma che tu ti avveda anche qui quanto noi siamo difesi dall'Apostolo: dalla posizione di Ges che medica cerca d'intendere la posizione di Adamo che ferisce. Se il Cristo ha salvato tutti, bisogna supporre che anche Adamo abbia nociuto a tutti. AG. Ma mai vero che in tanto non vadano tutti alla condanna a causa di Adamo perch il Cristo libera da tale condanna quelli che vuole? Del quale Cristo in tanto si dice che libera anche lui tutti, perch nessuno liberato se non da lui, alla stessa maniera in cui si dice di lui che illumina ogni uomo 184, perch nessuno illumina l'uomo al di fuori di lui stesso. Adamo trasmette il peccato generando.

137. GIUL. Se il Cristo ha cambiato le funzioni dei genitali, si creda che Adamo li abbia pervertiti. Se il Cristo ha corretto qualcosa nei sensi della carne, alla colpa di Adamo si attribuisca di averli corrotti. Se il Cristo ha incamminato la medicina sulla via della propaggine, si dica che Adamo ha trasmesso il delitto per la via della generazione. AG. A queste insinuazioni si gi risposto, ma ascolta brevemente anche questa volta. Se tu fossi cristiano cattolico, ti apparirebbe e Adamo che trasmette il delitto generando e il Cristo che rimette il delitto rigenerando. Ma Adamo genera carnalmente, il Cristo rigenera spiritualmente. Non volere dunque cercare la propaggine della carne nell'uno e nell'altro. Che la propaggine della carne non abbia luogo nella rigenerazione spirituale un fatto a cui tu attendi se non contendi. Ma contro l'infermit della carne la grazia del Cristo ha impostato per ora la battaglia e dopo ne far la perfetta guarigione. Della quale guarigione futura e perpetua ci ha dato presentemente in pegno lo Spirito Santo 185, che riversa nei nostri cuori la carit 186, perch non ci vinca l'infermit della carne, lasciata provvisoriamente a sopravvivere per la nostra esercitazione. Fu macchiata la volont, non la nativit. 138. GIUL. Se al contrario, rimanendo tutti questi elementi nell'ordine che ricevono dalla natura, la volont senza costrizioni allettata alla fede con esortazioni, con segni, con esempi, con promesse o di premi o di pene, e se la volont risanata per mezzo di istituzioni, di misteri, di doni, non oppressa, ma aspettata, ma libera, ma provocata, apparisce, anche se tutto il mondo vi si oppone o ruggendo o infuriando, che ad essere macchiata per imitazione del peccato stata la volont e non la nativit di ciascuno. AG. Dovunque ti giri, non escluderai dai bambini il peccato originale, se non negando che essi siano morti. Se neghi che siano morti, negherai insieme che il Cristo sia morto per loro. Se poi, per non negare che il Cristo sia morto per loro, confesserai che i bambini sono morti, certamente non negherai che siano morti in Adamo. Oppure se non in Adamo, dove? Dillo.

Dio pu soccorrere chi non merita, non pu punire chi senza colpa. 139. GIUL. Riconosco d'essere stato eccessivamente mite. Sebbene infatti s'insegnasse che il Cristo, dal tempo della sua venuta, e ha sbarrato a tutti gli uomini la via della morte e ha donato ad essi la vita perpetua, cosicch dal giorno in cui il Verbo si fece carne 187, nessuno pi assolutamente o cadesse in peccato o temesse la pena per il peccato, questo tuttavia non era in contrasto con il trattamento fatto da Dio al primo peccato, trattamento che apparisce di una estrema liberalit, poich soccorrere coloro che non lo meritano Dio lo pu e lo suole fare con lode della sua clemenza; punire invece coloro che non peccano non lo pu fare senza il sovvertimento della giustizia. AG. Poich dunque i bambini sono stati puniti con un giogo pesante fino dal giorno della loro nascita dal grembo materno, riconosci la giustizia del giudice e confessa il peccato originale. Punire infatti coloro che non hanno il merito di nessun peccato, come lo ammetti anche tu stesso, non lo pu fare Dio senza il sovvertimento della giustizia. Distanza tra il secolo presente e il secolo futuro. 140. GIUL. Attendi dunque al risultato di tutta la nostra discussione. Se la grazia del Cristo e la colpa di Adamo si dovessero giudicare equivalenti in effetti contrapposti, cos da essere pari anche nel numero delle operazioni, pur operando in contrasto tra loro nel genere delle operazioni, si sarebbe dovuto insegnare che a quanti ha nociuto la colpa ad altrettanti ha giovato la grazia, perch risultasse sicura l'equit e la validit di quella pesatura con la quale venivano pesate. La medicina perci sarebbe dovuta intervenire assolutamente anche in quei luoghi e in quelle parti dove si era annidata la malattia: cio se l'antico crimine aveva rovinato qualcosa nei movimenti dei genitali, nei sensi di coloro che si accoppiano, nella oscenit delle membra, nella infelicit dei nascenti, la medicina avrebbe somministrato i corrispondenti rimedi cambiando la situazione provocata dai suddetti effetti. Altrimenti sarebbe stata una testimonianza grande di arte incapace e non giovevole a nulla il fatto e di non avere individuato il punto della malattia e di aver apprestato nel languore e nella corruzione della natura impiastri inerti.

AG. Si gi risposto, quando parlammo della distanza tra il secolo presente e il secolo futuro 188. Nel secolo presente infatti riceviamo per mezzo del pegno dello Spirito le forze e per combattere e per vincere. Nel secolo futuro invece, senza pi nessun nemico, n esterno n interno, godremo di una pace ineffabile e sempiterna. Chi dunque vuole avere ora tutte le condizioni che si dovranno avere allora, indica di non avere la fede. Colpa universale e medicina universale. 141. GIUL. Ma la verit mostra tra l'altro che, pur ammesso il giovamento alle operazioni e agli uomini mortali di una medicina effusa universalmente, anche a quelli che non l'avessero meritata con nessun desiderio e con nessuna intenzione, tuttavia non per questo avrebbe recato danno la colpa ai nascenti che non avessero potuto muovere verso di essa un cenno di assenso. E perci, anche se fosse uguale la valutazione della grazia e del peccato, era nondimeno chiaro che nemmeno allora l'equiparazione sarebbe arrivata a provare che ciascuno nasca reo. AG. In quel grave peso che opprime anche i bambini com' giusto Dio, se nessuno nasce reo? T'inganni o inganni gli altri. 142. GIUL. Ma ora, poich l'Apostolo non solo non ha posposto la grazia alla colpa, ma l'ha pure preposta ad essa dicendo che i benefici hanno sovrabbondato in molti pi di quanti i danni abbiano travolti, e poich invece l'opinione della " traduce " porta a valutare il danno del peccato molto maggiore del dono della grazia, irrefutabilmente dimostrato che nell'apostolo Paolo non si trova nulla che sappia di " traduce ", ma dalla sua sentenza sono stati ugualmente distrutti i traduciani insieme ai manichei, loro maestri. AG. Non ha detto l'apostolo Paolo che " i benefici hanno sovrabbondato in molti pi di quanti i danni abbiano travolti ". Non ha detto questo. Assolutamente ti inganni, se non sei tu stesso ad ingannare. Ha detto infatti che la grazia ha sovrabbondato di pi in molti, non che ha sovrabbondato in molti di pi; ma ha sovrabbondato di pi. A confronto infatti di quelli che periscono pochi sono quelli che si salvano; ma se non si confrontano con quelli che periscono sono molti anche coloro che si salvano. Voler per conoscere il consiglio di Dio perch mai quelli che periscono

siano pi di quelli che si salvano di molti, ma conoscerlo viceversa o di pochissimi o di nessuno assolutamente. Potrebbe poi l'Onnipotente non creare quelli dei quali con la sua prescienza di tutte le cose non pu ignorare che saranno cattivi, e non li creerebbe se non potesse, ottimo com', fare ottimo uso anche del fatto che i cattivi sono la maggioranza. Al quale proposito l'Apostolo ci ha dato un qualche insegnamento e cio: Dio nei vasi d'ira mostra la sua ira e potenza dopo averli sopportati con molta pazienza, e nei vasi di misericordia rende nota la ricchezza della sua gloria 189. Ma i pelagiani non vogliono credere che in un uomo solo stata viziata tutta la massa ed stata tutta condannata: dal quale vizio e dalla quale condanna soltanto la grazia che sana e che salva. Perch infatti il giusto sar salvo appena 190? Che forse Dio fa fatica a liberare il giusto? Non sia mai! Ma per indicare quanto giustamente sia stata condannata la natura, nemmeno l'Onnipotente stesso vuol liberare con facilit da tanto male. Per questo e sono agevoli i peccati ed faticosa la giustizia, meno che agli amanti. Ma la carit che fa questo tipo di amanti viene da Dio 191. Sono stato prolisso. 143. GIUL. Ma poich sono stato qui un po' troppo prolisso, passiamo ad altro. AG. Lo dici cos come se tu avessi l'intenzione di essere pi breve altrove, mentre vai cercando loquacissimamente il modo di soffiare le nebbie della vanit sulle limpidissime parole dell'Apostolo. Sante le pagine di Paolo. 144. GIUL. Ha detto poi su " tutti " la condanna per Adamo e su " tutti " la giustificazione della vita per Ges Cristo, bench certo il Cristo non trasferisca alla vita tutti coloro che muoiono in Adamo, ma ha detto " tutti " in una parte e " tutti " nell'altra parte perch, come senza Adamo nessuno va alla morte, cos senza il Cristo nessuno va alla vita. Come di un maestro di lettere che sia l'unico in una citt diciamo: Costui insegna qui le lettere a tutti, non perch tutti le apprendono, ma perch nessuno le apprende se non da lui. Quelli poi che ha detti " tutti ", li ha detti successivamente " molti ", indicando tuttavia i medesimi nei tutti e nei molti. " Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti

peccatori, cos anche per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti " 192. Domandi ancora costui per quale via il peccato si trovi nel bambino. Gli rispondono le Pagine sante: " A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo " 193. Certamente che siano sante le pagine dell'Apostolo non per altro lo confessiamo se non perch, coerenti con la ragione, con la piet, con la fede, ci erudiscono e a credere che Dio d'inviolabile equit e a difendere la bont e l'onest delle sue opere e a rivendicare ai suoi precetti la moderazione, la prudenza, la giustizia. AG. La stessa equit di Dio ti convince nei bambini, perch una grande ingiustizia se sono oppressi da un grave giogo anche i bambini senza nessun merito e vincolo di peccato. Nei "tutti" devono intendersi i "molti" che hanno peccato per imitazione. 145. GIUL. E perci [ci erudiscono] a negare che possa chiunque essere condannato per il peccato di un altro, a negare che un qualche peccato passi ai posteri per condizione di natura, a credere e asserire che l'uomo generato dalla fecondit istituita da Dio in stato di libero arbitrio, da giuste leggi citato ad evitare tutto ci che male, a compiere tutto ci che bene, n a stimare che l'amore dei crimini e la loro necessit siano aderenti, come dite voi, alle cause della sua sostanza, ossia agli stessi semi; n ad accettare che una sentenza tanto stolta, tanto insana, tanto empia, perch evidentemente offensiva della natura, della ragione, di Dio, sia contenuta nel volume dell'Apostolo, per avere egli detto che a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e che in tutti gli uomini passata la morte 194. Poich l'Apostolo non ha lasciato che il suo pensiero rimanesse a lungo nell'equivoco aggiungendo che nei tutti detti da lui devono intendersi i molti che hanno peccato per imitazione e non per generazione 195. AG. Puoi dire che non tutte le genti furono promesse alla discendenza di Abramo dove fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 196, per il fatto che le medesime genti le ha dette anche molte nel passo: Ti ho costituito padre di molte genti 197? Puoi dirlo, ripeto, e con il tuo vaniloquio contraddire anche in questo testo la Scrittura che preannunzia quanto vediamo compiersi nella realt, e impedire a noi d'intendere tutte le genti dove non stato promesso nient'altro che tutte le genti? Poich con

la tua dialettica insegni che tutte non sono state poste per tutte e non sono da intendersi tutte, ma molte, che non sono tutte. Per se dove si dicono molti certamente possibile non intendere tutti, tuttavia dove si dicono tutti e sono veramente tutti si dicono correttamente anche molti, perch si intende che gli stessi tutti non sono pochi. Per esempio quei santi, che fu impedito al fuoco ardente di bruciare, lodavano tutti Dio tra le fiamme innocue ed essi tuttavia erano pochi in tutti, poich erano tre 198. Che ha di forza la tua argomentazione con la quale non vuoi che i tutti s'intendano tutti, perch i medesimi sono stati detti molti? Senza dubbio coloro che sono veramente tutti si dicono talvolta anche molti, per distinguerli da quelli che sono tutti ma in tal modo da essere tuttavia pochi. Per esempio tutti i capelli di un uomo sono anche molti, invece le dita sono poche, anche se tutte. Imitatori o di Ges o di Adamo. 146. GIUL. Ha poi snodato tutto il suo pensiero che aveva espresso prima, dicendo: Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, cos anche per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti 199, intendendo che, come nessuno merita i premi della virt all'infuori di chi tende ad essi, dopo tuttavia l'incarnazione del Cristo con l'imitazione della sua santit, cos nessuno deve ritenersi prevaricatore in Adamo all'infuori di chi ha peccato per imitazione del primo uomo nella trasgressione della legge che ha fatto conoscere il peccato. AG. Questo l'occulto e orrendo veleno della vostra eresia: voi volete che la grazia del Cristo stia nel suo esempio e non nel suo dono, dicendo che gli uomini diventano giusti per l'imitazione di lui e non per la somministrazione da parte di lui dello Spirito Santo che li induca ad imitarlo e che egli ha diffuso nel modo pi ricco sopra i suoi 200. E aggiungete per apparire svegli: Dopo tuttavia l'incarnazione del Cristo, evidentemente per gli antichi, che dite essere stati giusti senza la sua grazia, poich non ebbero il suo esempio. Che dunque, se anche dopo l'incarnazione del Cristo, senza aver udito ancora il Vangelo, alcuni tra gli uomini si fossero proposti gli esempi dei giusti precedenti e fossero vissuti nella giustizia? Che fate? Dove vi vedete? Non meritano cotesti in tal modo i premi della virt? Se dunque la giustizia viene dall'imitazione dei giusti, il Cristo morto invano 201; perch anche prima di lui ci furono giusti da poter essere imitati da coloro che

avessero voluto essere giusti. Che senso ha pure il fatto che l'Apostolo non dice: Siate imitatori del Cristo come lo sono anch'io, ma dice: Siate imitatori di me, come io a mia volta lo sono del Cristo 202? Ha voluto dunque essere per loro al posto del Cristo? Non vedete che mali vi inseguono quando, proponendo l'Apostolo l'accostamento di Adamo e del Cristo, voi volete opporre l'imitazione alla imitazione e non la rigenerazione alla generazione? La grazia arriva anche agli innocenti, non la colpa. 147. GIUL. Ma la grazia del Cristo arriva pure agli innocenti, ai quali non arriva la colpa di Adamo. Per questo ha inculcato attentamente: Molto di pi la grazia di Dio e il dono di un solo uomo, Ges Cristo, abbond in molti 203, perch la precedente equiparazione indichi l'imitazione da parte dell'et che fa uso della ragione in scelte opposte, e invece questa preferenza nella elargizione della grazia plauda agli innocenti consacrati e promossi. Stando cos le cose, devi sentire che l'Apostolo viene contro di te e non contro di me; devi riconoscere che porta le armi contro di te colui che sbaraglierebbe il dogma tuo e del tuo precettore Fausto, dal quale hai come ricevuto la prima mano di vernice, per mezzo di quest'unico testo, se mancassero tutti gli altri, dove dice che per la disobbedienza di uno solo molti e non tutti sono stati costituiti peccatori, e per l'obbedienza di uno solo non tutti ma molti sono stati costituiti giusti. Per suggerire infatti all'intelligenza del lettore quanto ripugni al tuo modo di sentire questo discorso, l'Apostolo dichiara che non tutti sono stati costituiti peccatori per colpa di Adamo e tu dici che per colpa di Adamo tutti assolutamente appartengono al diritto del diavolo a causa del peccato naturale. Non si pu dubitare: tra te e l'Apostolo lo scontro grande. AG. " Tutti " dice e i medesimi li dice " molti ". Dicendoli " molti " non nega che siano " tutti ", perch non sia contrario a se stesso, come cerca d'ingannare la vostra disonest o ingannata la vostra cecit. Poich infatti l'Apostolo ha usato ambedue i termini, e " tutti " e " molti ", io ho spiegato che questi due termini non si escludono tra loro, essendo stati detti anche " molti " gli stessi " tutti ", per la ragione che qualche volta si dicono tutti anche i pochi. Tu invece dicendo non tutti quelli che l'Apostolo ha detti " tutti ", senza dubbio ti dimostri contrario all'Apostolo. Apparisce evidente che i peccatori sono pi numerosi.

148. GIUL. Infatti mentre tu e Manicheo dite: Tutti sono peccatori per necessit naturale, l'Apostolo dichiara invece: Molti sono peccatori, e non tutti. Egli rimuove dai semi l'accusa che invece arma contro i costumi, e distrugge il peccato originale. E per ribadire questa stessa conclusione a cui siamo arrivati: l'Apostolo scrive chiaramente che si devono intendere molti i peccatori per la disobbedienza di Adamo e molti al contrario i giusti per l'obbedienza del Cristo, indicando egli che i giusti sono ben distinti dai criminosi. Tu con quale impudenza tenti di argomentare per provare da questi testi il peccato naturale? Quando infatti dici che tutti nascono criminosi per colpa di Adamo e che tutti appartengono per questo al diavolo, ma che alcuni poi sono liberati da tale condizione per mezzo del Cristo, non la pensi come la pensa l'Apostolo, il quale dice non che " tutti " per Adamo sono stati costituiti peccatori, ma " molti ". AG. Poich non contraddittorio, come abbiamo gi spiegato, che siano molti i medesimi che sono tutti, per questo l'Apostolo ha detto " tutti " i medesimi che aveva detti " molti "; non tutti invece non li dice l'Apostolo, ma li dici tu, e per questo contraddici l'Apostolo. Ma vero ci che dice l'Apostolo e dunque falso ci che dici tu. E quanto alla tua precedente precisazione 204 che l'Apostolo inculca attentamente: Molto di pi la grazia di Dio e il dono di un solo uomo, Ges Cristo, abbond in molti 205, dove vuoi far intendere che ha detto in molti, perch la sua grazia arriva ai bambini, ai quali non compete l'imitazione del primo uomo, o ti ha mentito un codice difettoso o mentisci tu stesso o sei stato ingannato da qualcuno che falso o fallace, oppure dalla dimenticanza. L'Apostolo infatti non dice: plures ma multos. Guarda il codice greco e troverai pollous non pleisous. Ha detto dunque che la grazia abbond molto di pi in molti, non in molti di pi, cio non in plures, come abbiamo gi spiegato. Poich se avesse detto in pi per i bambini compresi nella grazia e non compresi nella imitazione del primo uomo, avrebbe detto il falso e sarebbe simile a voi. Se infatti tutti gli imitatori del Cristo dopo la sua incarnazione, aggiungendo ad essi i bambini rigenerati, si mettono a confronto con i peccatori che voi volete far appartenere tutti per arbitrio della libert alla imitazione del primo uomo, dallo stesso Adamo fino a coloro che peccano volontariamente fino alla fine del secolo, appare evidentemente quali siano molto pi numerosi, al punto che voi siete vinti anche dalla vostra falsit.

Per l'obbedienza del Cristo alcuni ritornarono alla giustizia. 149. GIUL. Se egli infatti avesse sentito un poco alla stessa tua maniera, avrebbe dovuto senza dubbio dire: Per la disobbedienza di un solo uomo tutti furono costituiti peccatori, ma per l'obbedienza del Cristo alcuni di essi ritornarono alla giustizia. Cos infatti assolutamente avrebbe dovuto parlare, se avesse voluto far intendere ci che tu fantastichi. Ma insieme a questa sua sentenza non avrebbe potuto comunque fare l'altra affermazione che la grazia del Cristo ha giovato molto pi di quanto ha danneggiato l'iniquit di Adamo. Anche dunque se ignorassimo completamente in base a quale costume per la disobbedienza di un solo uomo molti si dicessero costituiti peccatori, rimarrebbe tuttavia assodato che non appartiene al peccato originale ci che l'Apostolo aveva inculcato come pertinente a molti e non a tutti. AG. Sui " molti " e sui " tutti " gi stato risposto. N che l'Apostolo abbia parlato come dici tu che avrebbe dovuto parlare per dire quello che diciamo noi, che meraviglia fa? Poich anche se avesse detto l'Apostolo, come volete voi, che per il peccato di uno solo furono costituiti peccatori molti, ma cos che i medesimi molti non possano equivalere a tutti, bens comprendano soltanto coloro che per imitazione del primo uomo hanno peccato con la propria volont, non ha detto l'Apostolo che per l'obbedienza del Cristo alcuni di questi sono stati giustificati: eppure vero. Che senso hanno dunque le tue parole: Se egli avesse sentito un poco alla vostra maniera, avrebbe dovuto dire: Per la disobbedienza di un solo uomo tutti furono costituiti peccatori, ma per l'obbedienza del Cristo alcuni di essi ritornarono alla giustizia? Quasi neghiate voi che tra i prevaricatori della legge, i soli peccatori che voi fate appartenere alla imitazione della prevaricazione di Adamo, alcuni siano stati convertiti alla giustizia per l'obbedienza del Cristo. Anche noi dunque possiamo replicare a voi: Se l'Apostolo avesse sentito un poco alla vostra maniera, avrebbe dovuto dire: Per la disobbedienza di uno solo molti certo e non tutti furono costituiti peccatori, ma anche tra questi alcuni ritornarono alla giustizia per mezzo del Cristo. Oppure se avesse sentito qualcosa di simile, parlerebbe molto pi apertamente, cos da dire: S, tra i Giudei per la disobbedienza di un solo uomo furono costituiti peccatori molti che, ricevuta la legge, peccarono con simile prevaricazione; ma anche tra questi l'obbedienza del Cristo ne giustific alcuni. Se egli non ha pregiudicato te non parlando come ho detto che avrebbe

dovuto parlare qualora sentisse come senti tu, non deve certo pregiudicare nemmeno me il fatto che non abbia parlato come tu dici che avrebbe dovuto parlare qualora sentisse come sento io. Poich dunque l'Apostolo ha parlato come gli parso di dover parlare, bisogna vedere chi di noi senta come lui: se io che dico vera la sua affermazione: Per la colpa di un solo uomo si riversata su tutti gli uomini la condanna 206, e vera l'altra affermazione: Per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori 207, poich non ripugna che i molti siano tutti e che i tutti siano molti; se tu che affermi: Dove dice molti sono molti e dove dice tutti non sono tutti. In che modo no e in che modo si. 150. GIUL. Spiattellata dunque o la tua impudenza o la tua imperizia che o non cura o non capace di spiegare ci che dice l'Apostolo, e dimostrato con la luce della stessa Verit, come il Cristo si chiamato da s 208, che nei ragionamenti dell'apostolo Paolo nulla collima con la demenza manichea, ossia con la vostra demenza, dedichiamoci adesso al commento, perch, come si dimostrato in che modo non si possa intendere Paolo, cos si chiarisca in che modo egli deve e pu essere inteso. AG. Sei tanto orfano di verit e non puoi trovare che dire contro le manifeste parole dell'Apostolo, che quanto in esse hanno inteso tanti santi e chiari dottori, i quali lo appresero e lo insegnarono nella Chiesa cattolica - infatti non potevano intendere diversamente parole cos manifeste e con un sano modo di sentire -, tu lo dici dottrina dei manichei; e che essi non siano stati manichei sei costretto a confessarlo, per quanto forte sia il veleno della peste pelagiana che ti fa insanire. La medicina del Cristo ha giovato ugualmente agli ebrei e ai pagani. 151. GIUL. Scrivendo dunque ai Romani in un tempo in cui era gi cominciata la mescolanza delle genti e le chiese perci si riempivano tanto di Giudei quanto di Gentili, compone insieme i dissensi tumultuosi dei due popoli, inculcando che scusare con l'ignoranza della legge la propria empiet, per cui avevano cambiato la gloria di Dio con immagini riprodotte di uomini e di uccelli e di quadrupedi e di serpenti, non lo potevano nemmeno le

genti, le quali per la forza innata della ragione avevano potuto conoscere, anche se non i riti del culto ebraico, Dio tuttavia dalle cose che ha fatte, rendendosi egli manifesto con le sue opere, mentre rimane segreto nella profondit della sua sostanza. Quanto poi alla probit della vita, la propria coscienza suggeriva a ciascuno la norma della legge, ossia di non fare al prossimo niente di ci che non volesse subire. E in tal modo dimostra, a buon diritto, che la profanit delle genti pu ritenersi colpevole, se non per la legge, almeno tuttavia per quella giustizia da cui stata stabilita la legge e secondo il cui giudizio coloro che hanno peccato senza la legge, periranno pure senza la legge. Ma quanto ai Giudei, dei quali si interessava di pi, poich grondavano di superbia nel disprezzare i pagani, rivendicando a s l'onore delle purificazioni e stimando per questo che la grazia del Cristo, la quale condona i peccati, non avesse giovato a loro quanto alle genti, dal momento che avevano evitato i peccati per l'istituzione della legge, con grandi e forti discussioni li strapazza, argomentando che ad essi con l'indulgenza delle colpe era stato elargito tanto di pi, avendo essi peccato senza nessuna ignoranza dopo gli avvertimenti della legge, e per questo convinto che essi erano stati rei e avrebbero potuto essere puniti severamente nel giusto giudizio di colui presso il quale coloro che hanno peccato nella legge saranno giudicati in nome della legge: Perch non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati 209. Con questo proposito dunque, discutendo per tutta la Lettera, e reprime la superbia dei Giudei e strappa ogni scusa alla vanit dei Gentili, cos da insegnare che ad ambedue i popoli ha giovato ugualmente la medicina del Cristo. AG. Questa medicina voi la negate ai bambini, che la legge stessa comandava di circoncidere nell'ottavo giorno, prefigurando la grazia di colui del quale il giorno della domenica, ossia il giorno ottavo dopo il settimo del sabato, fece conoscere la risurrezione. N sapete n volete prestare attenzione al fatto che un bambino, se muore senza la grazia del Cristo, destinato a perire, come detto che fosse eliminata dal suo popolo l'anima di un bambino non circonciso 210. Della quale eliminazione non potete trovare il merito, finch non dite che i bambini contraggono il peccato dell'origine. La circoncisione non fa giusti e la non circoncisione non fa peccatori.

152. GIUL. Il quale e ha perdonato le colpe della volont, da cui sarebbe stato libero astenersi, e ha concesso la gloria della beata eternit a coloro che si sono corretti con l'imitazione di lui, che era la forma e la norma delle virt. Sebbene dunque Paolo chiami a giudizio ambedue i popoli secondo il tempo e il diritto della sua Lettera, tuttavia nei passi di cui discutiamo viene alle mani assolutamente con gli Israeliti, i quali osavano arrivare a tale disprezzo per coloro che venivano dalla razza degli incirconcisi da affermare che non avevano potuto entrare in comunione con loro nemmeno con l'aiuto della fede. Contro la quale alterigia Paolo rievoca gli esordi della gente dei Giudei e indica nella stessa radice della circoncisione che il prepuzio non vale tanto o da fare ingiusti se rimane o da fare giusti se tolto. AG. Quando l'Apostolo dava cotesti insegnamenti non trattava della circoncisione o della incirconcisione, ma dei precetti della legge 211, tra i quali c' anche quello che dice: Non concupire 212, e l'ha ricordato anche lui stesso. Che tergiversate? Per primi perite, mentre annebbiate le idee degli imperiti. Non ti vergogni di commemorare questi eventi di grazia? 153. GIUL. Non dunque in virt della legge fu data ad Abramo la promessa di diventare erede del mondo, ma in virt della giustizia che viene dalla fede. Poich se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. La legge infatti provoca l'ira, al contrario dove non c' legge non c' nemmeno trasgressione. Eredi dunque per fede, perch ci sia per grazia e cos la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale padre di tutti noi come scritto: " Ti ho costituito padre di molti popoli ", davanti a Dio nel quale credette, che d vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono. Egli credette sperando contro ogni speranza e cos divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: " Cos sar la tua discendenza ". Egli non vacill nella fede, pur vedendo gi come morto il proprio corpo, essendo quasi centenario, e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esit con incredulit, ma si rafforz nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perch gli fu accreditato come giustizia 213.

AG. Di commemorare questi eventi non ti vergogni, tu che osteggi la grazia, in virt della quale si adempiono coteste promesse? Contro Dio infatti voi parlate dicendo: Siamo noi a fare ci che egli ha promesso di fare. In Isacco appunto, che fu promesso come figlio ad Abramo, furono prefigurati, non coloro che si fanno giusti da se stessi, ma coloro che Dio stesso avrebbe fatti giusti. In tal senso per mezzo del Profeta dice alla Chiesa universale: Io sono il Signore che faccio te 214. Per questo si chiamano anche figli della promessa, come apertissimamente dice l'Apostolo: Non pu venire meno la parola di Dio. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, n tutti i discendenti di Abramo sono suoi figli. No. Ma: " In Isacco ti sar data una discendenza ", cio: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa 215. Ci che dunque Dio ha promesso, Dio lo fa. Tutto questo dunque, come edifica coloro che ripongono la loro speranza in Dio, cos rovina coloro che confidano nella propria forza 216, e perci, come edifica la fede cattolica, cos demolisce l'errore pelagiano. La volont delle genti fu preparata dal Signore con la sua grazia. 154. GIUL. Il quale brano quanto sia ostile alla vostra opinione nella sua interezza lo abbiamo dimostrato nella prima opera e ritorneremo a parlarne, se in qualche caso sar opportuno rievocarlo. Per il momento si avverta che la promessa fatta ad Abramo in premio della sua fede, dove si dice che costituito padre di molte genti, ha fatto capire due verit: n Abramo deve essere difeso come progenitore di un popolo soltanto, essendo stato preannunziato padre di molte genti; n egli ha ricevuto da solo la ricompensa della fede cos da pensare che escluda dalla partecipazione del premio gli altri che credono alla sua stessa maniera. Dice: Non soltanto per lui stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sar ugualmente accreditato; a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Ges Cristo nostro Signore, il quale stato messo a morte per i nostri peccati ed risuscitato per la nostra giustificazione 217. AG. Diteci, o vani gonfiatori e non difensori del libero arbitrio, che, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la vostra, non vi siete sottomessi alla giustizia di Dio 218, diteci, ripeto: se non

avessero voluto le genti credere e vivere rettamente, rimarrebbe inadempiuta la promessa fatta ad Abramo? No, dirai. Perch dunque Abramo in premio della sua fede conseguisse la dilatazione della sua discendenza, fu preparata dal Signore la volont delle genti, e che esse volessero ci che avrebbero potuto anche non volere stato fatto da Dio, il quale riguardo alle promesse che ha fatto ha pure il potere di mantenerle. I pagani ripetono la fede di Abramo. 155. GIUL. Se dunque Abramo fu designato ad essere testimonio della fede, quando aveva ancora il prepuzio, e in premio della sua fede consegu la dilatazione della sua discendenza, per quale regola tu, o Giudeo, chiede Paolo, reputi che siano esclusi dalla partecipazione della giustizia i Gentili, i quali ripetono la fede di Abramo credendo alle virt di Dio al pari di lui? AG. Parli bene contro di voi: perch certamente, se credono alle virt di Dio, non confidano come voi sulla propria virt per essere giustificati, cio per diventare giusti, ma sulla virt di colui che giustifica l'empio. Senza la legge i pagani non sono al rango di Abramo. 156. GIUL. Perch, chiede [Paolo], reputerai che senza le consacrazioni legali le nazioni non possano essere elevate al rango di Abramo, quando consta che la promessa fatta ad Abramo fu anteriore alla legge e non fu donata alle abluzioni, ma ai costumi? AG. Se questi costumi, che senza dubbio vuoi far intendere buoni, l'uomo, come reputate voi, se li fa da s, Dio li avrebbe dovuti predire con la sua prescienza e non promettere, perch in questa situazione non si dicesse di lui: Quanto aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento 219, ma si dicesse: Quanto aveva preconosciuto anche capace di preannunziarlo o capace anche di dimostrarlo. Quando al contrario gli uomini dicono: Ci che Dio ha promesso siamo noi a farlo, fanno potenti se stessi con insistenza e con arroganza fanno mentitore Dio. Sono figli di Abramo quelli che seguono la fede di Abramo. 157. GIUL. Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa 220. Il

quale ragionamento, se non si intende bene, solleva una grandissima questione: senza alcun dubbio infatti dice provenienti dalla legge quelli che prima aveva detti provenienti dalla circoncisione e che conosceva arrogare tanto a se stessi da credere che all'infuori di loro nessun altro fosse assunto alla dignit della discendenza di Abramo. Da tutta la discussione aveva tirato questa conclusione: non soltanto coloro che vengono dalla circoncisione, ma anche coloro che, pur venendo dal prepuzio, hanno voluto seguire le orme della fede di Abramo, si considerassero non immeritatamente figli di Abramo. AG. Che sarebbe successo, se non avessero voluto? Sarebbe resa nulla la promessa?. Vi ammonisco di capire di quale grazia siate nemici negando che Dio a suscitare le volont negli animi degli uomini, non perch credano senza voler credere, il che sarebbe l'assurdit pi grossa che si dica, ma perch diventino volenti da non volenti. Non come fa un maestro umano insegnando ed esortando, minacciando e promettendo con la parola di Dio: ci farebbe inutilmente, se Dio non suscitasse nell'uomo anche il volere attraverso le sue inscrutabili vie. Quando infatti un maestro con le sue parole pianta e irriga, possiamo dire: L'uditore forse crede, forse non crede; ma quando Dio fa crescere 221, l'uditore crede e progredisce senza alcun dubbio. Ecco quanto ci corre tra la legge e la promessa, tra la lettera e lo spirito. Unici eredi non sono coloro che vengono dalla circoncisione. 158. GIUL. Dopo essersi dato dunque da fare prima perch intendessimo che non avevano potuto essere escluse dalla partecipazione della giustizia le genti, ma per mezzo della medesima fede esse sono contate con i figli della circoncisione nella stirpe di Abramo, adesso ha concluso che nessun circonciso appartiene alla promessa fatta ad Abramo: ma questo, se non si intende bene, ripugna assolutamente. Pertanto con le sue parole: Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa 222, non ha evidentemente dichiarato quello che sembra, cio credere che nessuno dei Giudei diventi per mezzo della fede erede dell'antica promessa; ma manca un vocabolo, che l'intelligenza supplisce: gli unici eredi non sono coloro che vengono dalla circoncisione. Come se fosse stato detto in questo modo: Se infatti diventassero eredi solamente coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la

fede. Veramente infatti sembrerebbe escluso il prepuzio, se l'eredit della benedizione non giungesse a nessun altro all'infuori di coloro che provengono dalla circoncisione. Dobbiamo insomma intendere la consuetudine delle Scritture: non si nega subito ci che non si dice, perch per mezzo dell'intelligenza siano supplite le manchevolezze delle parole. AG. Capiscono cos quelli che non capiscono. Perch, vi prego, non badate che non sono eredi coloro che vengono dalla legge per la ragione che la legge provoca l'ira? Al contrario dove non c' la legge, non c' nemmeno trasgressione 223. La ragione invece per cui sono eredi coloro che vengono dalla promessa che Dio stesso porta a compimento ci che promette. Chi infatti crede di osservare i precetti della legge per mezzo dell'arbitrio della propria volont senza lo spirito della grazia, vuole stabilire una sua propria giustizia e non vuole accettare la giustizia di Dio. Perch infatti il medesimo Apostolo dice: Al fine di essere trovato nel Cristo non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede, cio con la giustizia che deriva da Dio 224? Perch dice sua la giustizia che deriva dalla legge e la respinge, ma non dice sua, bens derivante da Dio, la giustizia che deriva dalla fede? Non forse da Dio la legge? Chi potrebbe dire che non da Dio, se non un incredulo? Ma dice sua giustizia quella che deriva dalla legge, perch in essa l'uomo pensa che gli basti la legge per praticare i comandamenti divini, confidando nella propria forza. La giustizia invece che viene dalla fede la dice proveniente da Dio, perch Dio che d a ciascuno la sua misura di fede 225, e alla fede spetta di credere che Dio a suscitare in noi anche il volere 226, come lo suscitava in quella commerciante di porpora alla quale aveva aperto il cuore perch aderisse alle parole di Paolo 227. E per questo nemmeno gli stessi Giudei che credettero nel Cristo, tra i quali ci fu anche Paolo, devono dirsi in senso assoluto eredi che vengono dalla legge, ma piuttosto eredi che vengono dalla promessa. La ragione infatti per cui stato detto: In Isacco ti sar data una discendenza, che non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza 228. Non sono eredi tutti i battezzati. 159. GIUL. Ha riassunto pertanto l'Apostolo la sua argomentazione in questo modo: Se altri non fossero eredi della benedizione al di fuori di coloro che vengono dalla legge, come risultava escluso il

prepuzio, cos era conseguente che non fosse privato della benedizione nessuno che venisse dalla legge; ossia: se cos tanto valeva la circoncisione da non valere nulla la fede senza la circoncisione, come le genti risultavano respinte, cos rimaneva provato che nessuno dei Giudei avrebbe mai potuto finire in perdizione. AG. Com'era conseguente, o grossolano dialettico? Com'era conseguente che non fosse privato della benedizione nessuno che veniva dalla legge, se altri non fossero eredi della benedizione all'infuori di coloro che vengono dalla legge? Forse per il fatto che nessuno erede se non a condizione che sia battezzato, sono eredi tutti coloro che sono battezzati? Ma mi premeva dirlo 229, non perch stia qui la questione controversa tra noi, bens per mostrare quanto acuto sia tu stesso che dici me pi ottuso di un pestello. Se fuori dalla legge nessuno fosse giusto. 160. GIUL. Siccome ora invece confessate che non sono eredi della benedizione coloro che prevaricano contro la legge, perch contro di essi la legge provoca l'ira, consta che quella promessa non spetta alla circoncisione, ma alla fede. Si distruggerebbe per la promessa, se fuori dalla legge nessuno fosse giusto, perch la legge, fatta conoscere quattrocentotrenta anni dopo la promessa 230, mostrerebbe e lo stesso Abramo e Isacco e Giacobbe e tutti i santi del tempo intermedio privi della benedizione, che non si sarebbe potuta conferire a nessuno senza la legge. AG. Al contrario si distruggerebbe la promessa, se qualcuno fosse giusto in forza della legge. Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa, perch la legge provoca l'ira 231, essendo richiesta la grazia precisamente allo scopo di sfuggire all'ira di Dio. La legge provoca l'ira divina contro l'iniquit volontaria. 161. GIUL. Il che essendo manifestamente falso, sia perch sotto la legge i peccatori meritavano la pena, sia perch prima della legge la giustizia e la fede non sono state private dei frutti della loro rimunerazione, consta che la gloria di quella promessa non spetta alle carni tagliate dal ferro della circoncisione, bens alle menti illuminate dall'onest. Segue poi fulminea la sentenza contro la " traduce ": La legge infatti provoca l'ira; al contrario dove non c'

legge, non c' nemmeno trasgressione 232. Persuaditi dunque che la legge stata data ai concepiti, che la legge pu darsi ai neonati perch li possa accusare come rei di prevaricazione. Del resto con l'Apostolo, dal cui modo di sentire escludiamo qualsiasi atteggiamento irragionevole, noi crediamo che non c' prevaricazione in quell'et nella quale non pot esserci legge: infatti dove non c' legge, non c' nemmeno trasgressione. E la legge provoca l'ira, non per un suo vizio, ma per l'iniquit di coloro che antepongono i peccati alle virt. AG. Non c' dunque la legge del Cristo: Se uno non nasce da acqua e da spirito, non pu entrare nel regno di Dio 233? La quale legge tu vedi che riguarda anche i bambini. Ma tu piuttosto spiega: il bambino, la cui anima era eliminata dalla sua stirpe, se non si circoncideva nell'ottavo giorno 234, di quale prevaricazione era accusato per essere colpito da tale pena? Soltanto questo: senza peccare minimamente in se stesso, lo si riteneva reo di una trasgressione simile a quella di Adamo, nel quale tutti hanno peccato 235. Le quali parole apostoliche tanto chiare tu ti sforzi di oscurarle, tanto diritte tu ti sforzi di curvarle con ingente, s, ma vana fatica. Anche noi siamo giustificati quando crediamo. 162. GIUL. L'Apostolo dunque ha ritenuto che non soltanto per Abramo sia stato scritto che gli fu accreditato come giustizia 236, ma anche per noi, ai quali accreditato senza dubbio quando crediamo in Dio che ha risuscitato dai morti Ges Cristo, il quale, dice, stato messo a morte per i nostri peccati ed risuscitato per la nostra giustificazione 237. AG. Da questa grazia voi escludete i bambini che sostenete immuni da ogni delitto contratto dall'origine. Donde parte la conseguenza che non spetta a loro il beneficio per cui il Cristo stato messo a morte per i nostri peccati. E sentendo cos e dogmatizzando cos voi osate dirvi cristiani cattolici! Non ci macchiano i peccati altrui. 163. GIUL. Con quanto impeto inculca che presso Dio, giusto giudice, non nuocciono ad altri i peccati altrui [l'Apostolo] che, esaltando la morte del Cristo, enunzia con vigile attenzione che egli affront la morte per i nostri delitti, che erano molti, che erano

nostri, e non per un delitto e unico e altrui e di un uomo gi morto da tempo! AG. Certamente non si sbaglia a dire peccato altrui la disobbedienza di quell'uomo, perch noi, non ancora nati, non avevamo fatto ancora nulla di personale n in bene n in male. Ma poich in lui che disobbed, quando disobbed, c'eravamo tutti e poich il suo delitto fu tanto e tale da viziare l'universale natura umana - come basta a indicarlo la stessa miseria cos manifesta del genere umano - cotesto delitto altrui diventa nostro per l'inquinamento della successione. Perci un dottore cattolico, che intese bene l'Apostolo, ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la stessa nostra origine 238. Il quale modo d'intendere di Ambrogio e di altri suoi colleghi nella verit cattolica, se lo vorrete seguire, non sarete costretti ad escludere i bambini dal beneficio della morte di colui che fu messo a morte per i nostri peccati e mor uno per tutti 239. Dove l'Apostolo grida come conseguenza: Tutti quindi sono morti e per tutti egli morto 240, e voi reclamate: Non sono morti i bambini. Mettetevi a gridare anche la conseguenza. Dunque per i bambini non morto Ges, e vedete se a giacere morti non siate voi che ai bambini morti, perch non ritornino vivi, negate la morte del Cristo. Perch ad essi non si deve imputare, come pensate voi, il peccato di un uomo unico e morto gi da tempo. N fate attenzione che il primo uomo Adamo morto da tempo, cos tuttavia che il secondo uomo dopo di lui sia il Cristo, sebbene tra il primo e il secondo gli uomini siano nati a migliaia. Perci manifesto che appartiene ad Adamo ogni uomo che nasce da lui per la successione della propaggine, come appartiene al Cristo ogni uomo che rinasce in lui per elargizione di grazia. Perci avviene che i due uomini, il primo e il secondo, siano in qualche modo tutto il genere umano. O calunnioso! 164. GIUL. L'Apostolo dunque che dice molti i delitti, non sospetta nulla dell'unico peccato dei manichei, ossia del peccato della " traduce ". AG. Ma certamente, o uomo litigioso, molti sarebbero i delitti che avrebbero molti uomini, anche uno solo per ciascuno, di volont propria, se venissero al lavacro della rigenerazione subito dopo aver commesso il primo peccato, e tutti costoro, secondo cotesta tua,

non ragione, ma distorsione, voi li escludete da questa grazia che giustifica da molti delitti, perch non volete che partecipino ad essa tutti quegli uomini i cui delitti sono delitti singoli. Quanto molti di pi sono dunque, se aggiungiamo i peccati degli altri che ne abbiano pi o meno! Da tutti i quali peccati libera tuttavia cotesta grazia di cui si dice: Da molte cadute per la giustificazione 241. C'era infatti Adamo e in lui eravamo tutti noi. Per Adamo e in lui perirono tutti 242: l'ha detto Ambrogio, e non era manicheo, o calunnioso! Che i bambini con la loro prima nascita contraggono il contagio dell'antica morte lo dice Cipriano 243: e non era manicheo, o calunnioso! Che nel solo Adamo hanno peccato tutti lo dice Ilario 244: e non era manicheo, o calunnioso! La Chiesa nella quale essi impararono coteste verit non era manichea, o calunnioso; e poich era cattolica e continua ad essere cattolica, per questo non ha potuto sopportare voi che sentite contro coteste verit e le contestate; e per rimanere cattolica ha protetto l'infermit dei suoi bambini con la vostra condanna. Giustificazione e remissione dei peccati. 165. GIUL. Giustificati dunque per la fede, stiamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Ges Cristo. Per suo mezzo abbiamo anche ottenuto di accedere a questa grazia, nella quale ci troviamo, e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio 245. Voi, dice, che vi vedete concessa la giustificazione per mezzo del perdono dei peccati, tenete salda la vostra concordia e con sentimenti unanimi lodate i doni del Mediatore, per il quale stato concesso a noi di avere accesso a questa grazia, e coloro che la giustizia riteneva rei, poich rei non ci aveva fatti la natura ma la volont, li ha restituiti alla libert e li ha strappati alla punizione, e a noi, che temevamo gli eterni castighi, ha concesso di vantarci ora nella speranza della gloria di Dio. AG. Siete voi soli a ridurre il conferimento di cotesta giustificazione alla sola remissione dei peccati. Dio appunto giustifica l'empio non soltanto rimettendogli i mali che fa, ma anche donandogli la carit perch stia lontano dal male e faccia il bene per mezzo dello Spirito Santo 246, la cui continua somministrazione chiedeva l'Apostolo per coloro ai quali scriveva: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male 247. Contro cotesta grazia voi fate guerra, e il risultato non che difendiate il libero arbitrio della volont con il vostro discorrere, ma lo inganniate con il vostro presumere.

E' gi un premio non peccare. 166. GIUL. Ma per esprimere pi intensamente la forza e la sicurezza di questa dottrina, l'Apostolo prosegue dicendo che cosa conferisca ai fedeli la filosofia cristiana: E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virt provata e la virt provata la speranza. La speranza poi non delude, perch l'amore di Dio stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato 248. Ossia: questi benefici non ci fanno solamente godere dell'ampiezza futura dei doni, ma gi attualmente, posti come siamo in mezzo all'ardore delle sofferenze, esultiamo nel possesso della virt stessa e ridiamo del furore dei persecutori, giudicando la crudelt degli empi pi una esercitazione della nostra pazienza che una perturbazione della nostra letizia, perch non solo ci asteniamo dal peccare per amore dei premi, ma stimiamo essere gi un premio questo nostro stesso non peccare. AG. Se un premio non peccare, chi lo d questo premio? Penso che non dirai: L'uomo se lo d da se stesso, bench a dirlo ti costringa la perversit della vostra eresia. Se dunque Dio che d all'uomo il premio di non peccare, vedo che si dovrebbe chiamare pi dono che premio, perch non sembri che lo abbiano preceduto dei meriti, avendo anche lo stesso Pelagio condannato quanti dicono che la grazia di Dio si d secondo i nostri meriti 249. In che modo poi si dia questo dono, cio il dono di non peccare, l'hai detto anche tu poco fa ricordando le parole dell'Apostolo: L'amore di Dio stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato 250. Perci nella filosofia cristiana vantarci nelle tribolazioni non una possibilit che venga da noi, perch anche questo lo abbiamo ricevuto; altrimenti all'uomo che se ne gloria come di un risultato che si regalato da s si dice: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto perch te ne vanti come se non l'avessi ricevuto? 251 E tuttavia ce ne vantiamo, non come se non lo avessimo ricevuto, ma ce ne vantiamo in colui che ce lo ha dato, perch chi si vanta si vanti nel Signore 252. Questa la grazia che la fede cattolica predica. Perch mai, ti prego, il vostro errore la combatte, dal momento che essa anche per bocca vostra vi convince? Caparra della beatitudine eterna la carit di Dio.

167. GIUL. Inoltre, quando osserviamo le promesse dei Testamenti, mettiamo assolutamente tutti i beni e i mali della vita presente tra le inezie, stimando la fedelt della promessa di Dio dalla grandezza della sua carit verso di noi. N infatti deluder la nostra speranza la frustrazione dei favori eterni, dal momento che teniamo come caparra della beatitudine futura la carit di Dio, che si riversata nei nostri cuori con lo Spirito Santo dato a noi 253: cio con i doni dello Spirito Santo Dio ha dato prova del suo amore verso il genere umano. AG. Tu non vuoi che tra questi doni ci sia anche il dono di non peccare, ma confidando nella tua virt 254 te lo vuoi dare da te stesso. Non ti arrabbiare, per favore, se ti ricordo: Maledetto ogni uomo che confida nell'uomo 255. Fedele Dio con i suoi fedeli. 168. GIUL. Render dunque Dio fedelmente ai suoi fedeli tutto ci che ha promesso a loro. AG. Render evidentemente anche questo: che siano fedeli, perch ad Abramo promise la fede delle genti e un grande fedele dice: Ottenni misericordia dal Signore per essere fedele 256. Ges mor per gli empi, non "anche" per gli empi. 169. GIUL. Infatti: Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, e per mezzo di lui ci ha consacrati con l'operazione dello Spirito Santo, senza dubbio ci ha donato tutto con lui 257. A che fine infatti il Cristo, mentre eravamo ancora peccatori, mor per gli empi nel tempo stabilito? 258 AG. Stai tirando in ballo testimonianze divine che sballano il vostro errore. Non detto infatti che il Cristo mor anche per gli empi, ma detto che mor per gli empi. Ma, come tu stesso hai confessato altrove, egli mor anche per i bambini, e tuttavia, non so con quale sfacciataggine, tu neghi che l'empiet del primo uomo sia passata in loro originalmente 259. In che modo dunque i bambini appartengono al Cristo, che mor per gli empi? Con quanta piet d'amore.

170. GIUL. A stento infatti uno muore per un giusto: qualcuno forse ha il coraggio di morire per una buona persona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi, perch, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo mor per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto pi ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio per mezzo del Signore nostro Ges Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione 260. Ci ha dichiarato con quanta piet d'amore abbia fatto tutto il Cristo, che si degn di morire per coloro che non meritavano nulla di buono. AG. Queste tue parole sono state modellate in modo da sembrare che tocchino anche i bambini, poich concedete che anch'essi sono tra coloro che non hanno meritato nulla di buono, confessando voi che non hanno fatto nulla di buono. Ma non ha parlato cos l'Apostolo, il quale ha detto che il Cristo mor per gli empi e per i peccatori. Invano dunque hai pensato di attenuare la grande misericordia del Cristo: egli infatti mor per coloro che avevano meriti cattivi, e voi da tanto beneficio escludete i bambini, perch li dite immuni. Ma il Cristo dice: Non sono i sani che hanno bisogno del medico 261, e dunque non hanno bisogno del Cristo i bambini, per i quali egli certamente, secondo voi, non Ges. Per coloro invece che hanno bisogno di lui, egli senza dubbio Ges. Ma allontanatevi, o malvagi! I bambini hanno bisogno, senza dubbio alcuno, del Cristo. Anch'essi dunque egli salva dai loro peccati, poich per questo egli ha ricevuto il nome di Ges nel testo dove l'angelo disse: Lo chiamerai Ges, perch salver il suo popolo dai suoi peccati 262. La carit e la fortezza di Ges sono ad un'altezza unica. 171. GIUL. Avevano appunto calpestato la ragione e la legge per amore dei crimini, andando dietro ai loro desideri, condannati dalla stessa coscienza, che ha la pi grande forza. Ma poich si sapeva che anche i Profeti avevano frequentemente dato splendido esempio di sprezzo della morte per la giustizia e si sapeva che moltissimi erano andati con animo sicuro incontro al pericolo per tutte le cause grandi e fulgide del fulgore della dignit insita in esse, nel timore che la singolarit della virt del Cristo non apparisse pi luminosa di tali esempi, l'Apostolo, per dimostrare

che la sua carit e la sua fortezza si sollevano ad una altezza unica, adoper il seguente argomento. Anch'io, sebbene sia raro, sebbene sia difficile, riconosco che alcuni hanno preferito morire per cause giuste e buone; ma per essi la dignit delle imprese, ossia lo splendore degli stessi valori per i quali avevano combattuto, temper il dolore dei pericoli. Il Cristo al contrario non ebbe nulla da amare nelle passioni degli empi e non si schif di lasciarsi appendere per coloro che si erano resi deformi volontariamente. Egli appare superiore a tutti in tutte le virt, perch, se pochi possono essergli pari nella sofferenza, nessuno pu essergli pari nella causa. Non disperiamo dunque minimamente della sua munificenza, perch, se egli mor per noi, quando eravamo ancora peccatori, tanto pi ora che siamo stati giustificati nel suo sangue, saremo per lui salvi dall'ira. AG. Non vogliate dunque escludere i bambini dal numero dei peccatori, se confessate che anche per loro mor il Cristo. A causa del solo Adamo l'inimicizia, per il solo Ges la riconciliazione. 172. GIUL. E dopo la riconciliazione che abbiamo meritato di avere con Dio, s'intende per opera del Mediatore, dobbiamo accogliere con il nostro animo i gaudi eterni e sperare non solo la salvezza, ma anche la gloria. AG. Nota, ti prego, il contesto che ha condotto l'Apostolo a parlare del primo uomo: trattava della riconciliazione, che anche tu attribuisci alla mediazione del Cristo, dalle inimicizie che avemmo con Dio. Ecco, vedi le parole dell'Apostolo: Giustificati dunque per la fede, stiamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Ges Cristo 263. E poco pi sotto: Se il Cristo infatti, mentre eravamo peccatori, mor per gli empi nel tempo stabilito 264. Finalmente poco dopo: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perch, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo mor per noi. A maggior ragione ora, dopo che siamo stati giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui 265. Nota ancora quello che segue: Se infatti quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto pi dopo essere stati riconciliati saremo salvi nella sua vita 266. Questa riconciliazione su cui insiste tante volte, la mette anche da ultimo dicendo: Dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione 267, e poi conclude: Quindi,

come a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo 268. Come dunque a causa di questo solo uomo l'inimicizia, cos per il solo Cristo la riconciliazione. Chiunque perci dice che i bambini sono immuni dal peccato che ha provocato l'inimicizia, nega per forza che essi abbiano parte nella riconciliazione della quale si fece mediatore il Cristo, e quindi li esclude pure dalla giustificazione che avviene nel sangue del Cristo, della cui effusione non fu ricordata da lui, quando raccomand di berlo, nessun'altra causa che la remissione dei peccati 269. La conseguenza che la morte del Cristo ai bambini che non hanno il peccato non giova affatto in nessun modo. Per essa infatti noi siamo stati riconciliati con Dio da nemici che eravamo: il che non erano secondo voi i bambini. Perch infatti in forza di tale riconciliazione morissimo al peccato nel quale stava la nostra inimicizia con Dio, quanti siamo stati battezzati nel Cristo, siamo stati tutti battezzati nella sua morte 270, come dice il medesimo Apostolo. Ma per giungere a queste parole si domanda prima: Noi che siamo gi morti al peccato, come potremo vivere ancora in esso? 271 E subito dopo, per dimostrare che siamo morti al peccato, chiede: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte? 272 Dov' la libert e la fortezza del vostro animo? Perch temete di dire ci a cui non temete di aderire? Cio che non hanno bisogno di essere battezzati nel Cristo i bambini che voi dite esenti da qualsiasi peccato a cui debbano morire? Per il peccato di Adamo entr nel mondo la morte eterna. 173. GIUL. Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo, anche la morte entr con il peccato, e cos la morte dilag in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui 273. Per domare la superbia dei Giudei che non ritenevano il perdono dei peccati tanto necessario a s quanto ai Gentili, rivendicando essi la santit alla propria razza per la prerogativa della legge, si addentra nel morbo della condotta umana e ricerca la moltitudine dei peccatori nei tempi passati, perch l'autorit dell'antichit stessa metta in evidenza quanta dominazione abbia acquistato l'iniquit in questo mondo e quanto numerosi e letargici crimini, trasmessi dalle corrotte generazioni precedenti alle successive per le mani di una contagiosa imitazione, abbia spazzato via la grazia del Cristo. E perci fa menzione del primo uomo: non perch da lui aveva cominciato il peccato, risultando che la prima a peccare era stata la donna, ma perch per il privilegio del sesso aveva occupato la

cattedra del delitto. Per causa di lui dunque entr il peccato e con il peccato la morte; senza dubbio la morte che si minaccia ai peccatori, ossia la morte eterna. E cos la morte dilag in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. Spalanc senza lasciare dubbi in che modo fosse dilagata questa morte nei posteri: evidentemente per imitazione e non per generazione. AG. Gi certamente ti stato risposto per quale ragione Paolo non ha nominato la donna, dalla quale ebbe inizio il peccato, ma l'uomo soltanto: o perch in lui era compresa anche lei per l'unit della carne, o perch comincia dall'uomo la generazione, attraverso la quale voleva indicare l'ingresso del peccato nel mondo. Ma voi, gente che dite che la morte consistente nel peccato pass nei posteri per imitazione e non per generazione, per quale ragione non dite apertamente che i bambini non devono essere battezzati nel Cristo Ges? Se infatti sono da battezzare nel Cristo, poich tutti coloro che sono battezzati nel Cristo sono battezzati nella sua morte, senza dubbio anche i bambini muoiono al peccato; con questo argomento appunto l'Apostolo ha provato che noi siamo morti al peccato: con l'argomento del nostro battesimo nella morte del Cristo. Dopo aver chiesto infatti: Se siamo gi morti al peccato, come potremmo vivere in esso? 274 Domanda immediatamente per indicarci morti al peccato: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, tutti siamo stati battezzati nella sua morte? 275 Perci chi senza peccato non ha perch morire nel battesimo; ma chiunque quando battezzato non muore al peccato, non battezzato nella morte del Cristo e quindi non battezzato nel Cristo. Che tergiversate? Aprite liberamente gli inferi vostri, entrino liberamente da voi coloro che non vogliono i loro bambini morti nel peccato e non li vogliono rivivi nel battesimo. Non Adamo o il suo peccato, ma il fatto. 174. GIUL. Dopo che infatti aveva detto: In tutti gli uomini pass, aggiunse immediatamente: In quanto tutti peccarono. Queste ultime parole: In quanto tutti peccarono non significano se non questo: Perch tutti peccarono; secondo quella espressione davidica: In che [in quo] un giovane corregge la sua propria via? ossia: In che modo corregge la sua via? Nel custodire le tue parole 276. Dice che si corregge la via in ci che la corregge. Cos pure l'Apostolo ha detto che la morte dilag nel fatto che tutti peccarono con la propria volont. Non nel senso che il relativo in

quanto sembri indicare o Adamo o il suo peccato, ma nel senso che il relativo in quanto intende esprimere il fatto che tutti peccano. AG. Apri gli occhi! Tutti muoiono in Adamo, nel quale se non sono morti i bambini e non rinascono nel Cristo, perch mai con indegna simulazione correte al battesimo del Vivificatore e del Salvatore per portarci i bambini, di cui non volete la rinascita e la guarigione, gridando che sono vivi e sono sani? Il significato di "tutti". 175. GIUL. Che poi " tutti " si usi per " molti " lo attestano innumerevoli esempi delle Scritture, per esempio: Tutti traviarono, tutti si sono corrotti; e poco dopo: Divorano il mio popolo come pane 277. Da quei tutti, di cui aveva denunziata la cattiva condotta, indica che era separato il popolo. Nel Vangelo si racconta: E tutto il popolo urlava: " Crocifiggilo, crocifiggilo! " 278 e tuttavia l'universalit di tale popolo tutto non includeva n gli Apostoli, n Nicodemo, n le sante donne. Qui il medesimo Apostolo poco dopo chiama " molti " quelli che ora ha detti " tutti ". AG. A ci si gi risposto che i " molti " non contraddicono i " tutti ", perch gli stessi tutti non sono pochi ma molti. E sono verissime le parole del Salmo da te citate: Tutti traviarono, tutti sono corrotti. Effettivamente i figli degli uomini, che avevano tutti traviato, li ha distinti dai figli di Dio che non avevano traviato e venivano divorati. Dio infatti osservava i figli degli uomini e questi avevano tutti traviato; da loro sono stati evidentemente esclusi i figli di Dio. A questi figli degli uomini che erano tutti traviati apparteneva anche tutto quel popolo che gridava: Crocifiggilo, crocifiggilo! Al quale popolo non appartenevano appunto in nessun modo coloro che avevano gi creduto nel Cristo. Trati fuori da questo testo, se puoi: Uno morto per tutti, e abbi il coraggio di dire che non erano tutti morti coloro per i quali morto il Cristo, e l'Apostolo ti tapper subito la bocca e ti ricaccer in gola la sfrontatissima voce, mostrando la conseguenza della sua affermazione: Quindi tutti sono morti. Non lodare l'Apostolo, non lo spiegare in tal modo da non volerlo ascoltare quando dice: Uno morto per tutti, quindi tutti sono morti 279. In questi " tutti " dilag la morte insieme al peccato a causa di colui nel quale muoiono tutti, e qui sono compresi anche i bambini, perch pure per loro mor il Cristo, il quale morto per tutti, proprio perch tutti sono morti.

Comunque tu ragioni, comunque tergiversi, comunque tenti di sovvertire o di pervertire le parole dell'Apostolo, non dimostri l'immunit dei bambini dalla morte che sta nel peccato, poich non osi negare che il Cristo sia morto anche per loro. Moltissimi, non tutti. 176. GIUL. Apparisca dunque il risultato ottenuto da noi: l'Apostolo chiama tutti i moltissimi e li dice soggetti alla morte, perch hanno peccato con la propria volont. Quindi non accusa un crimine originale, ma un crimine volontario, e veramente nient'altro indicano le parole, se si tiene conto del credito e della propriet che hanno. Se infatti avesse creduto che un peccato fosse passato ai posteri per generazione, cio fosse stato scagliato da Adamo su coloro che non erano l, avrebbe dichiarato nella maniera pi falsa che tutti hanno peccato. AG. Ti potrei chiedere: In che modo hanno seguito l'esempio del peccato di Adamo i posteri che non furono l, n videro, n udirono, n credettero lo stesso suo peccato? Ma non te lo chiedo. Ci fu infatti Adamo e in lui siamo stati noi tutti. Per Adamo e in lui perirono tutti 280, perch in lui muoiono tutti. Ascolta l'Apostolo che parla apertissimamente e non ascoltare te stesso che ciarli tortuosissimamente. Il peccato un'attivit personale. 177. GIUL. Di ci infatti che uno solo fa e manda ad altri non si dice con esattezza che tutti l'abbiano fatto. Dunque o pass a loro il peccato ed essi non peccarono, o essi peccarono, e questa parola sta ad indicare un'attivit, e allora il peccato non pass ad essi se non esclusivamente per imitazione. AG. Se uno per la sua intemperanza prende la podagra e la trasmette ai figli, come spesso accade, non si dice giustamente che quel vizio passato dal genitore ai figli? Anch'essi hanno preso la podagra nel genitore, perch erano in lui quando egli la prese, ed erano cos, essi e lui, ancora un solo uomo; la presero dunque non per azione umana, ma per ragione seminale. Ci dunque che talvolta accade nelle malattie del corpo lo sapeva accaduto in quell'antico e grande peccato che vizi l'universale natura umana per colpa del primo e unico genitore l'Apostolo, il quale con lucidissima locuzione, che voi tentate di ottenebrare, diceva: A

causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui 281. Aveva appunto inteso esaltare la grazia del Cristo indicando in lui la " forma " opposta ad Adamo e contrapponendo al principe della generazione il principe della rigenerazione. L'inclusione di tutti gli uomini in Adamo suppone la "traduce" delle anime. 178. GIUL. Ci poi che hai creduto di opporre o in questo libro a cui adesso rispondo o nei libri che avevi scritto a Marcellino, dicendo, per usare le tue parole, che il peccato pass quando tutti gli uomini erano quell'unico uomo 282, senza difficolt la verit lo demolisce e lo espone allo scherno di ogni persona saggia. Infatti con tale argomentazione non si indica nient'altro all'infuori della tua empiet; una empiet, dico, per la quale credi che la " traduce " delle anime, gi condannata nell'insegnamento sacrilego di Tertulliano e di Marcione, sia come la " traduce " dei corpi: un'opinione talmente scellerata che, quando noi la rinfacciavamo a voi nell'Epistola che inviammo in Oriente, tu nei libri che ultimamente hai mandati a Bonifacio fai di tutto per stornarla da te, negando d'averla mai sostenuta. Scrivi infatti: Dicono poi che noi professiamo la " traduce " delle anime, e non so nei libri di chi lo abbiano letto 283, per giurare evidentemente che nulla di simile viene detto da te. Ebbene, perch la tua falsit emerga dal confronto delle tue parole, come fai a dire che la " traduce " delle anime, una opinione davvero sacrilega, esula dai tuoi modi di sentire, quando confessi che tutti gli uomini sono stati quell'unico uomo? Se infatti non credi che una parte dell'anima sia collegata con i semi, con quale faccia scrivi che tutti gli uomini sono stati quell'unico Adamo, quando l'uomo non pu certamente essere se non un corpo e un'anima insieme? AG. Tu pensi che non possa dirsi uomo il solo corpo dell'uomo, mentre sai che lo stesso unico Figlio di Dio, il Signore nostro Ges Cristo, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e fu sepolto, come confessa di credere tutta la sua Chiesa e come confessano molte eresie, tra le quali c' anche la vostra, e tuttavia soltanto il corpo del Cristo fu sepolto. Non doveva dunque secondo te l'unico Figlio di Dio, nostro Signore Ges Cristo, dirsi sepolto, poich non dal corpo soltanto, bens dal Verbo di Dio e dall'anima razionale e dal corpo risulta il Cristo, unico Figlio di Dio nostro Signore; ma la professione di fede,

arrivata a queste parole: Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, avrebbe dovuto continuare cos: E il suo corpo fu sepolto. N dello stesso primo uomo di cui si tratta avrebbe dovuto dire la Scrittura: Dio plasm l'uomo come polvere della terra 284, perch solo il corpo dell'uomo viene dalla terra. Che inoltre lo stesso Dio ha sbagliato a dire all'uomo minacciandogli la morte: Terra sei e in terra tornerai 285, gridatelo, perch secondo la tua dottrina avrebbe dovuto dire piuttosto: Terra il tuo corpo e alla terra esso torner. Poich dunque c'era Adamo e in lui eravamo noi tutti 286, una verit che prima di noi i dottori cattolici impararono e insegnarono secondo le sante Scritture nella santa Chiesa, per questo io ho detto: Erano tutti quell'unico uomo, essendo gi anche quei due, maschio e femmina, non pi due ma una sola carne 287. E l'ho detto di tutti gli uomini generati, perch quando fu commesso il peccato essi erano tutti quell'uomo, non essendo stato ancora trasfuso nessuno da Adamo con il seme nel seno della madre; e certo i figli sono trasfusi dai maschi nelle femmine. Dunque, per quella parte che vuoi e per quanta parte tu vuoi, tutti coloro che sono nati da Adamo sono stati quell'unico Adamo, o secondo il corpo soltanto, o secondo ambedue le parti dell'uomo; il che confesso di non saperlo, e non mi vergogno, come voi, di confessare di non sapere ci che non so. Ci tuttavia che io non so non che di ogni uomo scritto: L'uomo quasi vanit, i suoi giorni come ombra che passa 288, per la ragione che anche altrove la medesima santa Scrittura dice: Solo tutta vanit ogni uomo che vive 289; il che non avverrebbe in un mondo creato dal giusto Dio, se non ci fosse il peccato originale. Quando Adamo pecc, erano gi due: lui e la moglie. 179. GIUL. Inoltre, anche se lo riferisci alla carne soltanto, nemmeno cos pu scusarsi questa fatuit del tuo modo d'intendere, per cui dici: Tutti erano quell'uno, perch in quel tempo in cui Adamo pecc erano gi due gli uomini e non uno solo, cio Adamo e la sua moglie. E dalla loro sostanza, non dalla loro colpa, il genere umano pullul come Dio aveva stabilito. AG. L'ho gi detto ed ecco lo dico di nuovo. Io ho detto: Tutti furono quell'uno coloro che Adamo avrebbe seminati, ossia generati. Principalmente dunque da quell'uno che li gener avrebbero tratto il peccato originale i nascenti. Eva invece - e furono due con l'aggiunta di lei - concep i figli che recep e fu seconda nel partorirli, bench nel peccare sia stata la prima. Perci

anche la santa Scrittura dice che i figli di Levi furono nei lombi del loro padre Abramo e che in lui pagarono le decime al sacerdote Melchisedech 290; leggi la Lettera agli Ebrei e correggi la tua lingua. Anche Abele ebbe la carne del peccato. 180. GIUL. Inoltre che al figlio Abele non abbia nociuto per nulla il peccato dei suoi genitori lo attesta la sua santit, celebrata da tutte le Scritture. AG. Perch dunque non Abele, che fu il primo giusto, propose l'Apostolo alla imitazione ma, trattando di due uomini dei quali uno mandava alla condanna e l'altro alla giustificazione, ha detto Adamo e il Cristo? Se poi Abele non aveva nelle sue membra la legge che muove guerra alla legge della mente 291, che egli, giusto com'era, debellava con lotta interiore, e se la sua carne non aveva desideri contrari allo spirito 292, per nulla gli aveva nociuto il peccato dei genitori. Ma chiunque dice che tale fu Abele, dica che egli non ebbe la carne del peccato, mentre certissimo che il Cristo Signore non avrebbe avuto una carne somigliante alla carne del peccato, se la carne di tutti gli altri uomini non fosse la carne del peccato. Tutto all'opposto Caino, pur generato dalla medesima natura. 181. GIUL. Tutto all'opposto Caino: invidioso, parricida, generato dalla medesima natura, non sospinto dalla medesima volont, devastato da un terrore che gli fa l'anima a pezzi. L'Apostolo dunque ha detto che il peccato entr in questo mondo a causa di uno solo e per il peccato la morte, e cos la morte pass in tutti gli uomini che peccarono; la quale sentenza, consona con il dogma cattolico, non presta a voi nessun aiuto. AG. Che la morte sia passata con il peccato l'Apostolo lo indica dicendo: E cos pass in tutti gli uomini 293. Per questo anche i bambini, quando vengono battezzati, sono strappati al potere delle tenebre. Altrimenti, con grande offesa di Dio, come abbiamo gi detto e come dovremo dire spesso, si esorcizza e si insuffla l'immagine di Dio, se nei bambini non si esorcizza e non si insuffla il principe del mondo, il quale buttato fuori, perch si stabilisca nei bambini l'abitazione dello Spirito Santo 294. Quanto poi al crimine di Caino, esso non appartiene al problema dell'origine, perch fu commesso dalla volont.

Abele opposto ad Adamo. 182. GIUL. La sentenza costruita infatti con parole che indicano il precedere di un esempio e il susseguire della scelta di chi imita l'esempio. AG. Ti gi stato detto: avrebbe dovuto dunque essergli opposto dall'altra parte Abele e non il Cristo. La colpa fu di due. 183. GIUL. Del resto, se avesse voluto indicare la generazione o infettata dal peccato o soggetta al peccato, non avrebbe detto che il peccato entr per colpa di un solo uomo, ma per colpa di due. AG. E' gi stato risposto. Nulla dici e tuttavia dici e dici, perch non puoi trovare che dire di giusto. Alle medesime affermazioni le medesime risposte. 184. GIUL. N avrebbe detto: In tanto pass la morte in quanto tutti peccarono 295. Ma avrebbe detto: In tanto pass la morte in quanto tutti discesero dalla volutt diabolica e dalla carne diabolica del primo uomo e della prima donna. E se l'avesse dichiarato l'Apostolo, non avrebbe rafforzato il vostro dogma, ma avrebbe causato il crollo di tutte le sue sentenze. Dunque la volont di coloro che peccano ed l'esempio del peccato che egli accusa, e per questo voi siete battuti e dalla ragione e da Paolo. AG. Dunque in Abele, primo uomo giusto, avrebbe dovuto porre l'esempio della giustificazione, come in Adamo, primo peccatore, credete che abbia posto l'esempio del peccato. Perch infatti dovrebbe rincrescere a noi di darti le medesime risposte, se tu non ti vergogni di ripetere inutilmente tante volte le medesime affermazioni? Peccato e prevaricazione. 185. GIUL. Fino alla legge infatti ci fu il peccato in questo mondo, ma il peccato non era imputato, perch mancava la legge; ma la morte regn da Adamo fino a Mos, anche su coloro che non peccarono, a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale figura di colui che doveva venire 296. Distingue la qualit del peccato

con la diversit delle denominazioni, per indicare che altro il peccato e altro la prevaricazione, e in questo luogo vuol fare intendere soltanto che ogni prevaricazione senza dubbio peccato, ma non ogni peccato una prevaricazione. Il vocabolo di prevaricazione aumenta l'odiosit del peccato, e coloro che hanno trasgredito dei precetti sembrano pi rei di coloro che senza l'ammonimento da parte di una legge hanno mancato eludendo l'innata ragione. Prima dunque di quella legge che fu data per mezzo di Mos e fu messa in scritto, per imporre con la sua sanzione la forma delle azioni, che al popolo vivente sotto di essa non era lecito ignorare, in quel tempo intermedio tra Adamo e Mos, l'Apostolo accusa di peccato e non di prevaricazione i mortali che si erano variamente macchiati di prave passioni. >AG. Che cosa significano dunque le parole: La morte regn da Adamo fino a Mos, anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo? Comunque infatti dividiate il testo, si trova che l'Apostolo vi ha contraddetti. Se infatti dividerete cos: La morte regn anche su coloro che non peccarono, in che modo ci pu essere giusto se non a causa del peccato originale? Perci, quasi si chiedesse perch mai la morte aveva regnato anche su coloro che non avevano peccato, stata data la risposta: Per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, cio non a causa dei loro propri peccati, ma poich quel prevaricatore di Adamo li gener simili a s, come hanno spiegato queste parole anche i dottori cattolici che vissero prima di noi. Sebbene infatti quel primo e unico peccato, che entr nel mondo a causa di un solo uomo, sia comune a tutti, e per questo si dice: Nel quale peccarono tutti, i bambini tuttavia non hanno peccati loro propri. E perci di essi si potuto dire con verit che non hanno peccato, ma la morte regn su di loro per la somiglianza, come si detto, della prevaricazione di Adamo. Se invece volete dividere cos: La morte regn da Adamo fino a Mos anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, nel senso che peccarono, s, ma non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, non trovate nessuno come volete voi, perch voi sostenete che quanti peccarono hanno peccato a somiglianza di Adamo, cio hanno seguito il suo esempio. E' stata chiusa dunque da tutte e due le parti la tana della piccola volpe; non ha per dove entrare a nascondersi o non ha per dove uscire e scappare, se era gi nascosta nella tana.

La paura della morte. 186. GIUL. Si deve intendere che quelli che non avevano ricevuto la legge, non avevano trasgredito dei precetti, ma dovevano essere considerati rei perch, trascurando la ragione, attestata in ciascuno dai suoi propri sentimenti, hanno violato il diritto della societ umana o del pudore, e quindi si dice che hanno peccato per vicendevole imitazione, s, non tuttavia per trasgressione di una legge, che non era stata ancora emanata. Fino alla legge dunque ci fu il peccato e non la prevaricazione, dopo la legge invece non solo il peccato, ma anche la prevaricazione. La morte poi che regn la morte eterna che Dio aveva minacciato d'infliggere ad Adamo se avesse peccato. Quindi quella morte dovuta al peccato, la morte penale, regn anche prima della legge su quelli che peccarono, come regn in mezzo ai sodomiti e a coloro che furono annientati al tempo del diluvio per la loro iniquit, pur tuttavia volontaria, o in altre epoche diverse; e dopo la legge regn in mezzo a coloro che trov rei di prevaricazione. AG. Poich non vuoi che sia penale se non la morte eterna, se non penale la morte che separa l'anima dal corpo, per quale ragione la teme la natura che tu lodi tanto da negare che sia stata viziata? Qual la causa per cui un bambino, appena comincia un poco ad uscire dall'infanzia, sente gi il terrore di essere ucciso? Per quale ragione non abbiamo per la morte la medesima proclivit sensibile che per il sonno? Perch sono ritenuti grandi coloro che non temono la morte ed essi sono tanto rari? Come mai anche colui che disse di bramare di sciogliersi da questa vita e di essere con il Cristo 297, non vuole tuttavia essere spogliato ma sopravvestito, perch ci che mortale sia assorbito dalla vita 298? Perch a Pietro fu detto nei riguardi della sua stessa fine gloriosa: Un altro ti cinger e ti porter dove tu non vuoi 299? Insomma, se ingiustificato il timore della morte, una pena lo stesso suo timore; se invece per legge di natura che l'anima non vuole essere separata dal corpo, la morte stessa una pena, sebbene la grazia divina la converta in un buon uso. Il principe della generazione e il principe della rigenerazione. 187. GIUL. Poich, essendo giudice quella giustizia che non imputa se non il peccato da cui libero astenersi, coloro che peccarono

senza la legge saranno giudicati senza la legge, e quelli che peccarono nella legge saranno giudicati con la legge 300. Ma le parole dell'Apostolo: La morte regn da Adamo fino a Mos anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo 301, fanno trasparire il suo modo di sentire: quello cio per cui definisce prevaricatori i Giudei che peccarono sotto la legge in modo simile ad Adamo, perch anche a quel primo uomo, sebbene non per mezzo di scritture, ma tuttavia oralmente, era stata intimata la legge di astenersi dal gustare di un albero, e questa fu una prova di obbedienza; mangiandone contro il precetto incorse nel crimine di prevaricazione. Dunque si dimostra che anche il popolo che pecc dopo la legge data per il ministero di Mos si rese colpevole di una delinquenza simile alla prevaricazione di Adamo, perch peccava per trasgressione di una legge, come lui. Coloro che invece peccarono nell'epoca di mezzo tra le due leggi, la prima data ma non scritta, la seconda data e scritta, non si indicano immuni dal peccato, ma si dice che non errarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, perch non avevano ricevuto la legge. AG. Dove neghi la somiglianza della prevaricazione di Adamo, ti convinci da te stesso che quanti peccarono senza la legge non sono rei per l'esempio del primo uomo: non fu dunque l'imitazione ma la generazione che fece passare la morte in tutti gli uomini a causa del peccato. Neppure infatti se questa morte, che entr nel mondo a causa del peccato del primo uomo, avesse saltato le epoche tanto lunghe che precedettero la legge e, per rispettare la somiglianza della prevaricazione di Adamo, cominciasse a serpeggiare dai Giudei che divennero prevaricatori della legge, si direbbe di essa: A causa di un solo uomo entr nel mondo e pass in tutti gli uomini 302. Chi infatti, non dico stolto ma appena fatuo, persuaderete che sia entrata a causa di un solo uomo e sia passata in tutti gli uomini una morte alla quale fate saltare tante genti e tanti secoli e, lasciando intatti tutti gli altri, sia arrivata a coloro che avevano ricevuto la legge, dicendo voi che la morte regn anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, ma peccarono senza prevaricazione perch senza legge? Non avete proprio nessun altro mezzo per correggere il vostro errore se non quello di ritornare alla fede cattolica, la quale al primo uomo, principe della generazione, oppone il secondo uomo, principe della rigenerazione. La fede dell'incarnazione futura.

188. GIUL. Il quale Adamo si dice " forma " di colui che doveva venire, cio del Cristo: ma " forma " in senso di opposizione, cos da credere il Cristo forma della giustizia, come Adamo forma del peccato. Ma come l'incarnazione del Cristo fu la forma della giustizia, non la prima forma bens la massima, perch anche prima che il Verbo si facesse carne, per mezzo di quella fede che si aveva in Dio, le virt rifulsero e nei Profeti e in molti altri santi, e venendo poi la pienezza dei tempi rifulse nel Cristo la norma esatta della giustizia, e colui che era stato predetto come Padre del secolo futuro spicc come rimuneratore tanto dei santi precedenti quanto anche dei santi susseguenti. AG. Riconosciamo la vostra eresia: Pelagio infatti dichiar che gli antichi non erano vissuti da giusti in forza della fede dell'incarnazione del Cristo, evidentemente perch il Cristo non era ancora venuto nella carne. Mentre non avrebbero certamente predetto l'incarnazione, se non l'avessero senza dubbio precedentemente creduta. Ma siete caduti in quest'assurdit perch difendete la possibilit della giustizia in forza della natura e della legge. Delle quali due affermazioni se una vera, qualunque sia delle due, allora il Cristo morto invano 303. Adamo la massima "forma" del peccato. 189. GIUL. Similmente anche sulla sponda opposta Adamo si dice forma del peccato, non la prima forma ma la massima. AG. Per quale ragione non la prima forma ma la massima? Dal momento che non neghi che sia la prima per l'esordio del genere umano, n trovi la ragione di dire che sia la massima, se non confessi che Adamo pecc tanto pi gravemente quanto pi grande era la facilit di non peccare in quel tempo quando la natura non era ancora viziata n la legge del peccato si ribellava nelle membra alla legge della mente. Con la quale pena nasce ogni uomo, perituro in eterno se non rinasce, perduto se non ricercato e ritrovato da colui che venne a cercare ci che era perduto 304. Perch la massima? 190. GIUL. Ma dico forma massima, non perch io disconosca che il diavolo stato reo ancora di pi, ma perch, cercando il principio istitutivo, pi opportunamente l'Apostolo fece menzione dell'uomo a cui ha guardato moltissimo la successiva umanit, piuttosto che far

menzione della sostanza aerea. Risultava per che nella stessa umanit la prima a peccare era stata la donna, ma, poich in tutto pi efficace e pi grande l'autorit dei padri, disse " forma " del peccato, non la persona dalla quale cominci il delitto, bens colui che per il prestigio del sesso virile si presenta come pi imitabile. Ti avvedi bene come la logica dell'intelligenza attesti la presenza in lei della verit. AG. Che l'Apostolo non abbia opposto l'imitazione alla imitazione ma la rigenerazione alla generazione lo dimostra la stessa " forma " del Cristo, che viene opposto al primo uomo come secondo uomo. Se dunque coloro che rinascono non partecipano alla giustizia del Cristo, coloro che nascono non partecipano al peccato di Adamo, e il Cristo non la " forma " contrapposta. Ma poich la " forma " contrapposta, come senza dubbio rinascendo passano alla giustizia del Cristo anche i bambini, bench incapaci di operare la giustizia, cos essi sono nati o nascono da Adamo con il passaggio in loro del peccato, bench non siano capaci di operare nemmeno il peccato. Riconosci la " forma " e non voler essere deforme per contraddizione. A somiglianza della prevaricazione di Adamo. 191. GIUL. Ora sappi intuire quanto discordino dalla tua spiegazione, alla pari di tutte le altre parole del medesimo passo, cos anche quelle in cui l'Apostolo afferma che la morte regn pure su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale figura di colui che doveva venire 305. Se infatti parlasse del peccato naturale, di cui secondo te aveva detto: Nel quale peccarono tutti 306, chi sarebbero questi dei quali subito dopo asserisce che non risultano colpevoli, non solo nella prevaricazione di Adamo, ma nemmeno nella somiglianza con la sua colpa? AG. Ma a capire cos sei tu che non capisci; l'Apostolo invece ha fornito la ragione per cui la morte regn anche su coloro che non peccarono, aggiungendo e dicendo: A somiglianza della prevaricazione di Adamo, cio egli indica la ragione per cui regn la morte anche su coloro che non peccarono nel fatto che trassero dalla prevaricazione di Adamo una qualche forma di somiglianza. Di Adamo appunto si vestono coloro che nascono, come del Cristo si vestono coloro che rinascono.

Errare difformemente da Adamo. 192. GIUL. Scrive: Regn la morte anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo 307. Tu vedi che ha fatto una trasparente distinzione tra coloro che avevano errato conformemente ad Adamo e coloro che avevano errato difformemente da Adamo. AG. Se avevano errato difformemente, dov' dunque l'esempio della imitazione? Rendi la rigenerazione alla generazione e non l'imitazione alla imitazione, e troverai la forma che insegn l'Apostolo della verit, non la forma che finse Pelagio, inventore del vostro errore. Ognuno peccherebbe a somiglianza di Adamo, se esistesse il peccato naturale. 193. GIUL. La quale divisione non conviene al peccato naturale che, se esistesse, coinvolgerebbe tutti ugualmente senza eccezioni. Nessuno dunque ci sarebbe in cui non fosse questo male, e nessuno si troverebbe di cui poter dire con verit che non abbia peccato a somiglianza di quel peccato nella cui realt avrebbero peccato tutti. AG. Proprio ci che gridi a denti stretti vero ed contro di voi: tutti senza eccezioni coinvolge ugualmente il peccato originale; nessuno ci sarebbe in cui questo male non ci fosse, se non ci fosse a nostro soccorso la grazia divina per mezzo del Cristo. Che la morte infatti regnasse su coloro che non peccarono, cio non fecero dei peccati loro propri, lo merit la somiglianza della prevaricazione di Adamo, che figura di colui che doveva venire, ossia del Cristo. Come infatti coloro che nascono si rivestono del primo uomo, cos coloro che rinascono si rivestono del secondo uomo. Altri e altri. 194. GIUL. Ma l'Apostolo riassume e dichiara che altri sono coloro che peccarono come Adamo, altri coloro che la somiglianza della prevaricazione antica non spruzz nemmeno. E' perfettamente chiaro dunque: sono crimini dei costumi e non crimini dei semi. E per ripetere in breve le nostre acquisizioni: l'Apostolo insegna che il peccato entr a causa di un solo uomo: questo la ragione lo indica confacente con l'imitazione e non con la generazione, che opera di due.

AG. Quante volte dici le medesime cose e non dici nulla, n ti avvedi che se da questo testo fosse indicato l'inizio del peccato d'imitazione da parte del genere umano, il peccato piuttosto che a causa di uno solo si direbbe entrato nel mondo a causa di una sola; la quale pecc cos per prima, che la imit anche lo stesso suo marito. Ma poich voleva che s'intendesse la generazione e non l'imitazione, ha detto: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo 308, o includendo ambedue nel singolare, perch stato affermato: Non sono dunque pi due 309, o portando principalmente l'attenzione su Adamo, dal quale inizia la generazione, perch precede l'inseminazione e la segue la concezione. Questi concetti li abbiamo gi detti spesso, ma alle tue ripetizioni non vogliamo tuttavia cedere, anche a costo di ripeterci pure noi, sebbene pi raramente. Cos pass la morte. 195. GIUL. Ha continuato: E cos la morte pass in tutti gli uomini 310. AG. Che significano le parole: Cos pass, se non: Nel modo in cui entr la morte, cio con il peccato o a causa del peccato? La morte inseguitrice delle colpe volontarie. 196. GIUL. Fece la distinzione, perch nessuno pensasse che a passare cos sia stato il peccato. La morte, che era gi stata messa in corsa per giusto giudizio, si presentasse come inseguitrice delle colpe da punire, trovate in ciascun peccatore per scelta di cattiva volont. Ha dunque indicato che da accusare non la natura, ma le scelte volontarie. AG. Invano ti giri e ti rigiri. Guarda Adamo e il Cristo. Adamo la " forma " del Cristo futuro. Non gli dunque conforme sulla sponda opposta il Cristo che travasa la sua propria giustizia nei bambini rinascenti, se Adamo non travasa il suo peccato nei bambini nascenti. Potessi tu almeno tacere. 197. GIUL. Soggiunse che la morte regn in tanto in quanto tutti peccarono 311; dal quale ragionamento non fu espressa la rovina di

chi nasce, ma l'opera di chi agisce. Diede pertanto la prova di riprovare la pravit e non di ferire l'innocenza. AG. In quell'uomo peccarono tutti, nel quale muoiono tutti, e la sua forma opposta colui nel quale tutti ricevono la vita: Ma come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 312. Il che stato detto per questo: come la morte non sommerge nessuno se non a causa di Adamo, cos nessuno riemerge alla vita se non per mezzo del Cristo. Potessi almeno tacere, o uomo che non puoi dire nulla! Fino alla legge. 198. GIUL. Dopo di questo concluse che il peccato regn fino alla legge, indicando che il regno del peccato cadde quando fu emanata la legge. AG. Se dopo che fu emanata la legge cadde il regno del peccato, dunque per mezzo della legge che viene la giustizia. Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo dunque morto invano 313. Dell'Apostolo questa voce, non mia. Venite ormai allo scoperto, o nemici della croce del Cristo. Perch temete il grande popolo del Cristo e non temete il grande giudizio del Cristo? Dite apertamente: Potremmo essere giustificati dalla natura, potremmo essere giustificati dalla legge; invano morto il Cristo. Ma paventando la moltitudine cristiana sparate una parola pelagiana e a coloro che vi chiedono per quale ragione morto il Cristo, se ci fa giusti la natura o la legge, rispondete: Perch il medesimo risultato si ottenesse pi facilmente, come se comunque potesse ottenersi, sebbene pi difficilmente, sia per mezzo della natura, sia per mezzo della legge. Rispondi, o Cristo, vinci e convinci, grida: Senza di me non potete fare nulla 314, perch tacciano coloro che strillano: Bench pi difficilmente, tuttavia potremmo farcela anche senza di te. O, se non possono tacere, da s si conducano in luoghi occulti, perch non seducano altri. Per quale ragione dunque l'Apostolo ha detto: Fino alla legge infatti c'era il peccato nel mondo 315, se non perch a togliere il peccato non valse nemmeno la legge quando fu emanata, ma colui del quale stato detto: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo 316? Non la natura, non la legge.

199. GIUL. Ma la generazione che cominci da Adamo continua anche dopo la legge. La quale generazione, se fosse fonte di peccati e pianta del diavolo, come argomenti tu, certamente non fino alla legge avrebbe vigore questo crimine, ma dopo la legge e anche dopo il Cristo. E' dunque provato che il peccato di cui l'Apostolo dichiara la permanenza fino alla legge e l'impossibilit di permanere dopo la legge, un peccato di attivit e non di nativit. AG. Ecco apertamente dici che l'Apostolo non ha detto: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo 317, per la ragione che nemmeno la legge pot togliere il peccato, ma perch il peccato non pot rimanere dopo la legge, n ti spaventa la voce di Dio in bocca dell'uomo di Dio che guardando al Cristo dice: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo 318. Che vaneggi? Che sragioni? Non la natura, non la legge, ma: Ecco colui che toglie il peccato del mondo, e osi dire che il regno del peccato cadde quando fu emanata la legge e che dopo la legge non pot rimanere il peccato, bench dica l'Apostolo: Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo morto invano 319; bench dica l'Apostolo: Nessuno giustificato dalla legge 320; bench dica l'Apostolo: La legge sopravvenne perch sovrabbondasse il peccato 321; bench dica l'Apostolo: Se fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato perch ai credenti la promessa venisse data in virt della fede in Ges Cristo 322? Se avete gli orecchi, tappatevi subito la bocca. Se volete aprire la bocca nel modo giusto, aprite prima gli orecchi alle voci divine. Ti ricorderai bene d'avere detto che la generazione cominci da Adamo, tu che sei solito dire che non cominci se non da due e che quindi l'Apostolo non volle riferirsi alla generazione in quel peccato che disse entrato nel mondo a causa di un solo uomo. Chi avrebbe creduto possibile da parte tua la dimenticanza di ci che tante volte avevi detto falso? Ma tuttavia l'hai dimenticato per dire una volta tanto il vero. Svgliati, ascolta almeno te stesso: da Adamo cominci la generazione e quindi attraverso la generazione entr il peccato, che entr nel mondo a causa di un solo uomo. Infatti tu hai detto: Ma la generazione, che cominci da Adamo, continua anche dopo la legge. Convenientemente quindi l'Apostolo pose un uomo soltanto per l'ingresso del peccato nel mondo, da contrarre per generazione, e non il diavolo, dal quale entr nel mondo quel peccato da derivare per imitazione.

Imputazione del peccato. 200. GIUL. Ma il peccato, ha detto, non pu essere imputato quando manca la legge 323; con la quale sentenza, come pure con tutti i suoi detti, elimina l'opinione della " traduce ". AG. Evidentemente quando manca la legge, non imputato il peccato, ma dagli uomini che ignorano gli inscrutabili giudizi di Dio. Infatti se Dio non imputa il peccato quando manca la legge, per quale mai giustizia di Dio coloro che hanno peccato senza la legge, periranno senza la legge 324? N prima n dopo la legge esiste mai il peccato naturale. 201. GIUL. Infatti se prima della legge non fu imputata la " traduce " del peccato e dopo la legge poi la " traduce " del peccato non ci fu, essa non ha mai assolutamente ottenuto il suo veleno per nuocere al genere umano. Prima della legge infatti non fu imputato il peccato naturale; sotto la legge esso non fu imputato, perch in nessun testo della legge s'insegna mai che esso sia stato o indicato o imputato. Appare dunque che prima della legge l'Apostolo colpisce il peccato della volont libera e dopo la legge la prevaricazione della volont altrettanto libera. AG. Se nella legge non si affaccia il peccato originale, per quale ragione dunque si dice nella legge che l'anima di un bambino non circonciso dentro l'ottavo giorno eliminata di mezzo al suo popolo 325? Perch alla nascita di un bambino si offriva un sacrificio di espiazione per il peccato 326? Ma via taci, per favore! Guarda il bambino che non parla ed imita chi non parla. Il peccato naturale un'invenzione manichea. 202. GIUL. Perci risulta che l'Apostolo non ha parlato per nulla del peccato della " traduce ", e sebbene fossero in gran copia per provare che l'Apostolo non ebbe mai nessun sentore del peccato naturale - che non pu esistere ed un'invenzione dei manichei -, tuttavia per sovrappi sottoline anche la distinzione per cui non tutti assolutamente gli uomini sono stati macchiati dalla prevaricazione di Adamo, dal momento che anche tra coloro sui quali regnava la morte per la loro iniquit se ne trovavano moltissimi che l'Apostolo insegnava estranei alla prevaricazione di Adamo.

AG. O uomo calunnioso, o uomo verboso! Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la stessa nostra origine 327. Chi l'ha detto non fu manicheo, ma, com' lodato dalla bocca del vostro maestro, rifulse tra gli scrittori ecclesiastici qual fiore di bellezza. Ma come fai a dire che non tutti furono macchiati dalla prevaricazione di Adamo e, peggio ancora, ad imputare all'Apostolo ci che dici insipientemente di sapere, bench egli dica: La morte regn da Adamo fino a Mos anche su quelli che non peccarono, volendo intendere i bambini che non hanno commesso nessun peccato personale, e bench aggiunga: A somiglianza della prevaricazione di Adamo 328, spiegando perch la morte abbia regnato sui bambini? Ne abbiamo gi parlato abbastanza nelle pagine precedenti. In che modo infatti sarebbe vero che a causa di un uomo solo il peccato entr nel mondo e per il peccato la morte 329, se la morte regn tuttavia su alcuni che non appartengono a questo peccato dell'unico uomo? Quelli infatti su cui regn la morte appartengono al peccato che la fece entrare; quelli invece che non appartengono al peccato che fece entrare la morte, per quale giusto giudizio appartengono alla morte? Ma non appartengono al peccato che entr nel mondo a causa di un solo uomo quelli che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione, come dicesti tu stesso: su di essi dunque non regn la morte. Che senso ha dunque il testo: La morte regn anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, se non che la morte regn anche su coloro che non peccarono, perch non commisero peccati propri in nessun modo? Ma regn a somiglianza della prevaricazione di Adamo, perch, sebbene non abbiano commesso peccati propri in nessun modo, appartengono tuttavia al peccato che fece entrare la morte nel mondo, contraendo la somiglianza della prevaricazione, non perpetrando una prevaricazione con un peccato proprio, ma nascendo dal prevaricatore a causa del quale la natura umana stata tutta viziata. In Adamo non peccarono tutti: n i bambini n gli adulti. 203. GIUL. Vedi dunque se perfino a te debba rimanere dubbio ancora ci che noi diciamo, ossia che gli innocenti, prima dell'uso della propria volont, da pura opera di Dio, non hanno peccato in Adamo, quando per testimonianza dell'Apostolo si insegna che sono moltissimi anche tra gli iniqui coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo.

AG. E' gi stato risposto. Bisogna che tu taccia. Non puoi infatti dire se non perversit, tentando di pervertire le parole dell'Apostolo. Egli ha detto infatti che anche su coloro che non peccarono, ossia sui bambini che non hanno peccati propri, regn tuttavia la morte per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, che figura del futuro, perch travasa in essi il Cristo la giustizia come Adamo il peccato; cos il Cristo la vita, come Adamo la morte. Altrimenti saranno estraniati dalla forma del Cristo e non saranno Cristiani. Esattamente ci che sentite voi, ma che paventate di dire apertamente. Pi i salvati che i rovinati. 204. GIUL. Vediamo per anche il resto. Ma il dono di grazia non come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono molti, in molti di pi si rivers la grazia di Dio e il dono concesso per l'unico uomo Ges Cristo 330. Dice che superato il male del delitto dall'abbondanza della grazia e il numero di coloro che si salvano lo computa superiore al numero di coloro che asserisce perduti dalla prevaricazione. AG. L'abbiamo gi detto pi volte. Non ha scritto: In pi, ma ha scritto: in molti; n ha scritto: Su molti di pi, ma: Abbond di pi, perch avranno da vivere in eterno coloro nei quali passata la vita del Cristo e ai quali ha nociuto temporaneamente la morte, passando in essi a causa di Adamo. Ecco in che modo abbond su di essi la grazia molto pi del peccato. Falso in atto pubblico chi parla di peccato naturale. 205. GIUL. Se rivendichi la verit delle parole dell'Apostolo, n lo accusi sfacciatamente di menzogna, insegna in che modo questa sentenza non infligga la vergogna di un falso in atto pubblico a chi parla del peccato naturale. Infatti se esistesse il peccato originale, che facesse appartenere al diritto del diavolo tutta intera la natura umana in modo assoluto, quale spazio ci sarebbe per confrontare il numero delle parti, cio il numero di coloro che si salvano e il numero di coloro che si perdono? Nel Vangelo, per mostrare la rarit dei beati, il Signore ha detto: Quanto stretta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Quanto larga e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa! 331

AG. Questo che butta all'aria cotesta vostra opinione, proprio la pochezza di quelli che si salvano a confronto di quelli che si perdono 332: infatti senza questo confronto sono molti per se stessi anche quelli che si salvano, tanto che l'Apocalisse dice che nessuno potrebbe contare la loro moltitudine 333. Perci se Paolo non li avesse detti " molti ", ma li avesse detti di pi, noi non li potremmo dire meno numerosi, essendo plures un comparativo, supposto da voi e non posto dall'Apostolo. Ma nemmeno cos sfuggirete alla contraddizione. Quella vostra imitazione appunto, che vi sembra una vostra acuta invenzione contro la chiarissima verit delle parole apostoliche, di credere che non per generazione ma per imitazione appartengono tutti i peccatori al peccato del primo uomo, afferma che con la colpa di uno solo o per la colpa di uno solo periscono molti pi uomini di quanti sono liberati per la grazia dell'unico uomo Ges Cristo. Chi non vede infatti che i peccatori sono pi numerosi dei giusti? I quali peccatori, non alcuni ma tutti, non certo per generazione ma per imitazione, li fate tuttavia appartenere al delitto di uno solo. Ma sebbene non tutti i peccatori, bens solo i prevaricatori della legge diciate astretti dal peccato del primo uomo per il vincolo dell'imitazione, anche cos, da quando si predica la legge di Dio in mezzo a molte genti, quanto larga e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono i prevaricatori che entrano per essa! Quanto stretta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Evidentemente a confronto dei molti che si perdono, anche sommando ai pochi che sono liberati pure i bambini che muoiono gi battezzati. In che modo dunque potrebbe dire l'Apostolo: Tanto maggiormente la grazia di Dio abbond in pi? Lo dite voi, non l'ha detto lui. Ma egli ha detto: Tanto di pi abbond in molti, perch, come si gi detto, anche coloro che si salvano, bench pochi in confronto di quelli che si perdono, sono per cos tanti, se non si confrontano con gli altri, da non poter essere contati da nessuno. Tanto pi poi su di essi abbonda la grazia, perch per la colpa di Adamo vivono la vita temporale, miseramente e mortalmente; invece per mezzo del Cristo avranno da vivere beatissimamente e senza fine. E' stata sconvolta la vostra invenzione, sia ormai finalmente raddrizzata la vostra intenzione. Numeri assoluti e numeri comparati. 206. GIUL. Ci appunto che vien detto " molti " e " pochi ", appartiene ad una quantit indeterminata, poich nella

comparazione reciproca che si trova o il molto o il poco. Confrontando dunque con la moltitudine di coloro che si perdono quelli che sono da salvare, il Signore ha chiamato pochi questi ultimi; e qui l'Apostolo, confrontando con quelli che avrebbero peccato alla maniera di Adamo coloro che salva la grazia del Cristo, dichiara che i primi sono molto di pi. AG. Non li dichiara , ma " molti ". Ha parlato in greco e ha detto: pollous, non pleisous. Leggi e taci. Dottori e decettori. 207. GIUL. Afferma dunque che ci concorda con il peccato dei manichei, cio con il peccato della " traduce ". AG. Dottori cattolici e non " decettori " manichei hanno detto che tutti peccarono in Adamo: coloro che hanno capito l'Apostolo hanno detto ci che voi negate contro l'Apostolo. Dunque anche voi siete " decettori ": anche voi infatti farneticate come i manichei, ma per diversa malattia. Verit e autorit di Paolo. 208. GIUL. Infatti se l'universalit degli uomini, sorta dalla fecondit umana, il peccato naturale l'ha trascritta nel regno del diavolo e si pensa che ne saranno liberati alcuni nell'estrema et del mondo per mezzo del Cristo, che verit c' o che autorit in un maestro il quale contro una testimonianza tanto chiara del mondo intero dice che le persone in cui ha sovrabbondato la giustizia sono pi di quelle in cui ha abbondato la colpa? Perch dunque gli si crede quando disserta di dogmi involuti, se mentisce su realt tanto perspicue? E poich sarebbe un sacrilegio sentire cos, ma a dirlo mi ha spinto il tuo dogma, la dignit dell'Apostolo stritoli la meschinit dei manichei. AG. Voi piuttosto v'industriate ad obnubilare verit perspicue, non solo non intendendo bene ci che ha detto l'Apostolo, ma anche mutandolo o interpolando ci che egli non ha detto. Egli infatti non ha detto: Pi, ma ha detto: Molti; i quali molti si trovano ad essere tuttavia pochi quando si confrontano con quelli che si perdono. O uomo calunnioso, sfacciato, verboso, questo ha detto l'Apostolo: quello che intese Ambrogio, che non era manicheo: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la nostra stessa

origine 334. Ascolta questo fiore di bellezza - come l'ha lodato il tuo maestro - e dal tuo cuore svelli coteste mostruose spine, che sono le orribili punte di un contendere riprovevole. Il mondo pieno di peccatori. 209. GIUL. Non mentisce l'Apostolo: dunque in pi abbond la grazia del Cristo che la colpa di Adamo, per l'imitazione del quale si detto che peccarono coloro che peccarono sotto la legge. Ma sotto la legge fino al Cristo a delinquere furono solamente i Giudei. Confronta tu dunque la sola nazione giudaica, quelli soltanto che vivevano sotto la legge in et adulta e che perci peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale pecc dopo avere ricevuto il divieto, con le migliaia di coloro che nella moltitudine delle genti chiamate per mezzo della predicazione del Vangelo sono stati salvati per la liberalit della grazia, e allora capirai che l'apostolo Paolo dichiar con verit che la grazia di Dio e il dono di Ges Cristo hanno raggiunto pi persone della societ dell'antica prevaricazione. AG. Poich risulta che l'Apostolo non ha detto: Pi, ma ha detto: Molti, crolla tutta la macchina di cotesta tua argomentazione. C' un'altra riserva: prevaricatori non risultano i soli Giudei, come piace a te, ma tutti coloro che diventano ancora pi colpevoli prevaricando contro la legge predicata con lo stesso Vangelo. Dei quali prevaricatori, assieme ai Giudei, cos pieno il mondo che a paragone di tutti cotesti sono pochi quelli che sono liberati, contandoci anche i bambini battezzati. Ho fatto questo calcolo anche nella risposta precedente. Evidentemente contro di voi che il Dottore delle Genti grida: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 335; i quali tutti non sono pochi, ma molti. E perci molti muoiono in Adamo e molti riceveranno la vita nel Cristo: ma sono di pi quelli che muoiono in Adamo di quelli che riceveranno la vita nel Cristo. In pi pertanto appartengono alla morte di Adamo e in meno alla vita del Cristo a paragone dei primi, ma anche di essi in senso assoluto la moltitudine tanta che nessuno la pu calcolare 336. Che senso ha dunque il testo: Tutti riceveranno la vita nel Cristo, se non che nessuno ricever la vita se non in lui? Del quale fatto ho posto ad immagine un maestro di lettere, unico in una citt, dal quale si dice che tutti apprendono in essa le lettere, non perch tutti le apprendano, ma perch nessuno le apprende se non da lui 337. Il quale modo di parlare non hai

tentato nemmeno di rifiutarlo, perch l'hai visto giustissimo e noto a tutti. La grazia medicina di molti mali. 210. GIUL. Spiegata la liberalit della grazia nella gran copia degli uomini salvati, l'Apostolo confronta il dono e il peccato, e con molta eleganza applica a lode del dono la virt di medicare molte ferite in una sola volta. E non come per un solo peccato, scrive, cos anche per il dono. AG. Ha detto: Per un solo peccante, e non ha detto: Per un solo peccato, cos da non poter intendere se non questo delitto di quell'unico peccante nel testo dove poi dice: Il giudizio per la condanna venne da un solo peccato 338. Il che voi certo non lo volete. Ma che intendete fare dal momento che l'ha detto l'Apostolo, anche se non lo volete voi? Correggetevi dunque: non avete qui infatti altro da dover fare. Il peccato di Adamo non un qualsiasi peccato. 211. GIUL. Infatti il giudizio per la condanna da un solo peccato, la grazia invece per la giustificazione da molti peccati 339, cio i peccati che sono gravi possono certamente bastare anche da singoli all'accusa e alla condanna dei rei. AG. Per quale ragione hai detto: " Peccati gravi ", ci che non ha detto l'Apostolo, se non perch hai visto che se un unico delitto leggero non basta alla condanna di cui parlava l'Apostolo? Dunque questo giudizio non viene da un qualunque peccato di un qualunque peccatore, ma il giudizio di condanna viene da quell'unico peccato commesso dall'unico peccante, ossia da Adamo. E volete ancora storcere le diritte parole dell'Apostolo per non raddrizzare le vostre parole che sono storte? Con un solo e rapido assalto. 212. GIUL. La grazia invece non si conferisce allo stesso modo, cos da ripetersi pi volte per essere applicata ugualmente ai singoli peccati, ma per l'unica volta che stata infusa, con un solo e rapido assalto della sua forza, distrugge i crimini diversi e numerosissimi. Per questo ha detto: Da molti peccati per la giustificazione 340, cio, liberati gli uomini da tante colpe, li conduce alla gloria della

giustificazione concessa. Non intende qui dunque l'unico peccato di Adamo, come sospetti tu, ma si serve del numero uno e molti per il solo scopo di lodare la grazia, perch non si ripetesse tante volte anche la grazia quante volte aveva peccato un qualunque mortale, quasi che ogni singolo battesimo non possa sanare se non ogni singolo peccato. AG. Parli di ci in tal modo da supporre che l'Apostolo abbia detto: La grazia invece una volta sola da molti peccati per la giustificazione. Non ha detto questo. Osserva ci che ha detto e correggi ci che hai detto. La grazia, ha detto, da molti peccati per la giustificazione. Che c'entra qui il fatto che nel battesimo si rimettano a ciascuno tutti i peccati insieme e in una sola volta? Non forse vero che anche quella condanna, alla quale conduce l'estremo giudizio, avviene senza dubbio in una sola volta per tutti i peccati che non sono stati rimessi? E anzi pi avviene in una sola volta la stessa condanna che in una volta sola la remissione dei peccati per mezzo della grazia del Cristo. Poich, se qualcuno ha peccato dopo il battesimo, i peccati non sono i medesimi, ma sono rimessi ai peccanti per mezzo della medesima grazia, non una volta sola, n sette volte, ma anche settanta volte sette 341. La medesima grazia rimette quotidianamente agli oranti anche i peccati quotidiani quando dicono: Rimetti a noi i nostri debiti, aggiungendo con sincerit: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 342. Dunque quelli che la grazia libera dalla condanna essa li giustifica da molti peccati, sia che trovi singoli peccati in singoli peccatori, sia pochi peccati in alcuni, sia moltissimi peccati in altri, sia i peccati che si commettono prima del battesimo, sia i peccati che si commettono dopo il battesimo e che si riparano con la penitenza, con le orazioni, con le elemosine; tutti questi peccati infatti sono molti per se stessi ed da questi molti peccati che giustifica la grazia. La quale grazia se non soccorre, si va certamente alla condanna anche per un solo peccato; non un solo peccato commesso in proprio da chiunque, perch in questo luogo l'Apostolo non parla di esso; ma quel peccato che entr nel mondo a causa di un solo peccante. E' questo infatti che l'Apostolo ha espresso con la pi grande evidenza. N egli afferma ci che affermi tu: Non come per un solo peccato, quasi volendo far intendere un singolo peccato di ciascuno; ma afferma: Non come per un solo peccante 343. Apri gli occhi e leggi, e non voler sottoporre ai lettori, come se fossero ciechi, un testo per un altro.

Hai sostituito una parola. 213. GIUL. Ma questo cur di esprimere: Mentre i singoli peccati avevano inferto ferite letali a coloro che ne erano rei, questa grazia con una virt singolare e concessa in una sola volta ha salvato uomini trafitti innumerevoli volte. AG. Per un solo peccante 344, ha detto: dove s'intende Adamo. Non ha detto: Per un solo peccato, dove tu, cambiata e sostituita una parola, vuoi che s'intendano i singoli peccati dei singoli peccatori. Nessuno costretto alla morte, se non ha imitato Adamo nel peccare. 214. GIUL. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di pi quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo del solo Ges Cristo 345. Conferma conseguentemente ci che ha iniziato. Pose infatti due sentenze e vuole che concordi con entrambe ci che ha soggiunto alla fine. Dichiara infatti che la morte regna a causa di uno solo, il quale fu la forma del peccato e a somiglianza del quale prevaricano coloro che peccano sotto la legge, e dichiara che per mezzo di uno solo regnano nella vita tutti quelli che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia: la quale grazia giova a coloro che imitano la virt. Dunque sull'uno che pecc non rimasta nessuna questione, perch l'aver soggiunto che regnano nella vita coloro che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia ha risolto anche il caso del primo uomo: nessuno costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare. AG. Di chi nel peccare avr amato di seguire l'esempio? Evidentemente del primo uomo: costui infatti tu dici " forma " del peccato per la imitazione e non per la generazione. Perci, come dici tu: Nessuno costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare. Non sono dunque costretti alla morte coloro che non hanno peccato a somiglianza della sua prevaricazione, come tu pensi. Come mai dunque tu dici che la morte regn anche su coloro che peccarono, s, per libero arbitrio, ma non a somiglianza della prevaricazione di Adamo, avendo peccato senza la legge? Non peccarono pertanto per il suo esempio, perch coloro che non peccarono a somiglianza della sua

prevaricazione, non amarono di seguire il suo esempio nel peccare: quanto infatti sono estranei alla somiglianza con lui nel peccare, tanto sono estranei alla imitazione del suo esempio. Poich dunque anche su costoro regn la morte, che quello che dici: Nessuno costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare, l'esempio cio di colui che vuoi sia stato forma del peccato per l'imitazione? Ecco, non amarono il suo esempio nel peccato coloro che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione e nondimeno la morte regn anche su di essi. O vuoi forse ritornare alla verit cattolica e confessare che la morte regn anche su coloro che non peccarono, non avendo commesso peccati propri, ma subirono il regno della morte quasi per diritto ereditario di miseria per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, dalla cui stirpe sono nati? Cos appunto intesero queste parole apostoliche i dottori della Chiesa, che videro impossibile intenderle in modo retto se non intendendo in esse l'origine del peccato di una successione inquinata. Per questo dissero che i bambini nati carnalmente secondo Adamo contraggono nella prima nativit il contagio della morte antica 346. N furono manichei, ma condannarono voi pelagiani in virt dello Spirito di Dio che parl per mezzo di loro. Bisogna esporre le parole dell'Autore sacro. 215. GIUL. Quanto poi alla vita nella quale avranno da regnare i santi, essa si insegna eterna: dunque anche la morte che segue alla iniquit volontaria si creda eterna. Come dunque per la colpa di uno solo si riversata su tutti gli uomini la condanna, cos anche per la giustizia di uno solo si estende a tutti gli uomini la giustificazione della vita. Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, cos pure per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti 347. Ogni perplessit risolta, una sfacciataggine diffondere la calunnia dell'universalit del peccato, molto scioccamente si cerca il nodo nel giunco. Dichiara l'Apostolo che non sono tutti, ma molti coloro che dalla disobbedienza del primo uomo hanno imparato a peccare, e che sono molti, non tutti, quelli che avrebbero conseguito la giustizia per l'obbedienza dell'altro. Nulla qui si tocca del sorgere della umanit e si mettono in pubblico i costumi di scelte diverse: la disobbedienza e l'obbedienza stanno a indicare l'operare delle scelte e non l'operare della generazione. Certo, se l'Apostolo avesse condiviso in qualcosa la tua " sapienza ", dove avrebbe egli dichiarato che tutti vanno alla

condanna nascendo e pochi alla vita credendo pi opportunamente che in questo luogo, dove c'era da tirare la somma della discussione? Avrebbe infatti dovuto dire: Come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, anzi non per la disobbedienza, ma come per la generazione del primo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, cos pure per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti. AG. Avrebbe dovuto dire piuttosto: Come molti per la loro disobbedienza sono stati costituiti peccatori, cos per la loro obbedienza molti saranno costituiti giusti. Oppure se avesse voluto in questo passo chiamare in causa l'imitazione che voi, ridotti in grandi angustie e pressati dall'incalzare della verit, credete d'aver trovato come via di uscita, avrebbe dovuto dire: Come per l'imitazione della disobbedienza di un solo uomo molti sono stati costituiti peccatori, cos pure per l'imitazione dell'obbedienza di un solo uomo molti saranno costituiti giusti. Ecco anch'io ho detto come avrebbe dovuto parlare l'Apostolo, se avesse voluto dire ci che dite voi; perch tu non reputi una grande impresa comporre delle parole secondo la nostra volont, invece di esporre la volont dell'autore nelle sue parole. Ha detto dunque che per la disobbedienza di un solo uomo, che egli sapeva principe della generazione, molti sono stati costituiti peccatori, perch da quella disobbedienza fu viziata la natura umana; e che per l'obbedienza di un solo uomo, che il principe della rigenerazione, molti sono costituiti giusti, perch la natura umana risanata dalla obbedienza di colui che si fece obbediente fino alla morte di croce, cosicch siano costituiti giusti per la sua grazia anche coloro che qui non hanno potuto essere giusti per la loro condotta, come quelli che spirano subito dopo il lavacro della rigenerazione, sia in et gi grande, sia in et infantile 348. Per tale ragione prefer usare il verbo al futuro e dire: Saranno costituiti, invece che: , perch i giusti avranno da vivere nell'eternit del secolo futuro nel possesso di quella giustizia che sar senza pi nessun peccato. Quando invece parlando dei peccatori non ha detto che , ma ha detto: Sono stati costituiti, ha espresso con il verbo al passato questo secolo che scorre via e dove la natura umana stata gi viziata. Ma sui " molti " che equivalgono a " tutti " ti gi stato sufficientemente risposto. Tu invece, riguardo a quelli che l'Apostolo ha detti tutti, non hai potuto dare nessuna spiegazione, ma solo contraddire dicendo: Non sono tutti. E a questo non ti avrebbe costretto nessuna necessit, se tu avessi preferito il modo di sentire cattolico

al modo di sentire pelagiano. La ragione infatti per cui i " tutti " si dicono anche " molti " di distinguerli da quelli che, pur essendo tutti, sono tuttavia pochi. Da Adamo il seme carnale. 216. GIUL. Se avesse tirato tale conclusione, avrebbe insegnato una sentenza non meno empia che inetta, perch avrebbe insegnato un paragone stoltissimo per se stesso nella diversa posizione delle persone, venendo a confronto fra loro realt dissimili, cio la natura e la volont, cos da porre dalla parte del male la necessit dei semi e dalla parte del bene la sola libert della scelta, anzi nemmeno pi la libert, non potendo la facolt di scegliere il bene e di evitare il male esprimere se stessa, se ci fosse stato il reato naturale. Dice dunque l'Apostolo, sapiente ed erudito dottore della Chiesa, che per la disobbedienza cominci ad esistere e pass il peccato e si moltiplica la giustizia. AG. Dov' la tua affermazione precedente: Non pass il peccato, ma la morte 349? Ecco dichiari adesso che per la suddetta disobbedienza di un solo uomo il peccato non solo cominci ad esistere, ma anche pass. Hai forse dimenticato che cosa tu abbia detto prima? C' da congratularsi con la tua dimenticanza che ti fa dire la verit. Infatti la tua impressione che nel confronto di parti contrarie non si debba porre da una parte la necessit del seme e dall'altra la scelta della volont, la troveresti stolta se vedessi che dalla parte del male quelli che appartengono al primo uomo hanno contratto il contagio del peccato per connessione di generazione senza la scelta della loro volont, alla stessa maniera in cui quei bambini che appartengono al secondo uomo, senza la scelta della loro volont per la pace della rigenerazione, diventano partecipi della giustizia. Se poi reclami da entrambi le parti il seme, ecco: come a causa di Adamo stato viziato il seme carnale, cos per mezzo del Cristo ha vigore un seme spirituale. Il quale seme ha insinuato a noi l'apostolo Giovanni dicendo: E non pu peccare, perch un seme divino dimora in lui 350. E ci apparir piuttosto nel futuro secolo buono, dove coloro che ci saranno non potranno peccare, e non in questo secolo maligno, dove anche coloro che appartengono al secolo futuro libero dai peccati hanno donde chiedere quotidianamente la venia dei peccati al Padre. E' chiaro, anche se non lo provo.

217. GIUL. Con questo distrugge l'opinione del peccato naturale e insegna che altre sono le condizioni della natura, altre le condizioni della volont. E perch questo modo di intendere non si attribuisca al nostro gusto pi che al dogma apostolico, ascoltiamo il seguito di questo testo. Scrive: Sopraggiunse poi la legge, perch abbondasse il peccato; ma dove abbond il peccato, sovrabbond la grazia, perch, come regn il peccato con la morte, cos regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Ges Cristo nostro Signore 351. Prova tu dunque in che modo il tuo peccato, cio il peccato della " traduce ", abbia cominciato ad abbondare dopo la legge, quali incrementi abbia ricevuto dopo il ministero di Mos. AG. Anzi prova tu in che modo, come hai detto sopra 352, il regno del peccato sia caduto dopo la promulgazione della legge, mentre l'Apostolo dice che, emanata la legge, il peccato abbond. Quanto a me, io provo ci che ho detto, perch chiaro, anche se non lo provo. Il peccato originale c'era senz'altro anche prima della legge, perch a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e con esso la morte pass attraverso tutti gli uomini 353. Era anche volontario, perch quanti peccarono senza la legge, periranno senza la legge 354. Sopraggiunse poi la legge, perch abbondasse il peccato 355; in quanto ai peccati di quelle specie che c'erano prima della legge si somm anche quel peccato che si chiama prevaricazione. Dove infatti non c' legge, non c' nemmeno trasgressione 356. Dove dunque per tutte queste specie di peccati abbond il peccato, sovrabbond la grazia 357, perch in coloro che appartengono alla grazia essa distrugge il reato di tutte queste specie di peccato e dona in pi che la dilettazione del peccato sia vinta dalla dilettazione della giustizia, e si giunga poi a quella vita dove non ci sar nessun peccato in nessun modo. Perch dunque non devono essere messe a confronto realt dissimili, come hai detto poco sopra, se cotesto confronto si fa per ragioni contrarie e da una parte si pone la generazione e dall'altra la rigenerazione, da una parte il regno della morte e dall'altra il regno della vita, da una parte l'abbondanza dei peccati e dall'altra la remissione dei peccati, dall'una la dilettazione del peccato per vizio di natura fino al male della consuetudine e dall'altra la lotta contro la concupiscenza della carne con l'aiuto dello Spirito Santo fino alla pace della vittoria che non avr da soffrire nessun nemico all'interno e nessun nemico all'esterno? Tieni queste verit, se vuoi essere sano, e non volere dimostrarti insano contro di esse, che appartengono alla dottrina sana.

In che modo dopo la legge mosaica abbonda il peccato naturale? 218. GIUL. Certamente tu sostieni che in questi testi l'Apostolo ha dissertato del peccato naturale. A questo scopo aveva detto sopra che il peccato era esistito fino alla legge perch s'intendesse che dopo la legge cess. Adesso invece del medesimo dice che dopo la legge cominci a crescere e abbondare. Che al modo cattolico d'intendere da noi seguito vadano bene ambedue le affermazioni lo abbiamo mostrato. Ma con quale impudenza si rivendica al tuo dogma che di un solo e medesimo peccato si dica prima che cess per la promulgazione della legge e ora si dica invece che aument! In che modo dunque dopo la legge abbonda il peccato naturale? Cominciarono forse i genitali a muoversi con pi prepotenza, perch sembri aumentata al tuo peccato la virulenza per aumenti e per novit di fremiti? O forse stata data ai nascenti la legge, che a loro, generati dalla libidine, definita diabolica da te, radice e frutto del peccato, intimasse di emendare ci che erano stati fatti e di correggere il comportamento avuto dai loro genitori nel generarli? Li costringesse infine a fare non fatto ci che era stato fatto e ad incorrere nel crimine di disobbedienza rifiutandosi essi evidentemente di ascoltare? Ma questo crimine non lo poteva imputare nessuna stoltezza e tanto meno una legge data da Dio. AG. Abbiamo forse detto da qualche parte che il peccato originale crebbe dopo la legge? O vogliamo farlo intendere dove l'Apostolo afferma: Sopraggiunse la legge, perch abbondasse il peccato 358? Abbond infatti, non perch crebbe la specie del peccato che c'era gi prima, ma perch ci fu l'accessione di un'altra specie di peccato che senza la legge non c'era, cio la prevaricazione, come abbiamo spiegato poco fa. Ma c' la concupiscenza della carne e la libidine dei genitali, contro la quale combatte la castit dei santi. Poich questa concupiscenza che ti piace tanto, con il suo stesso combattere contro il quale combatte anche la pudicizia coniugale, facendo buon uso di essa solo allo scopo di procreare figli e resistendo invece agli altri suoi movimenti, poich dunque questa concupiscenza con cotesto suo combattere tenti di ammetterla o di immetterla anche nella pace del paradiso, non ti proponi di entrare tu stesso nel paradiso. Per quanto protetta dalla tua difesa e adornata di lodi, essa o vizio o viziata, n senza ragione odiosa ai soldati del Cristo che la debellano. Con essa tu ti comprometti cos da dire che la combatti e da non vergognarti di

lodarla. La carne umana che nasce per mezzo di essa carne del peccato, e questa la ragione per cui non volle nascere per mezzo di essa colui che nacque in una carne somigliante alla carne del peccato 359 e quindi, bench in una carne vera, non tuttavia in una carne del peccato. Da questa concupiscenza, tua cliente, certo per te esageratamente bella, ma orribile per tutti i santi, si trae con la generazione il vincolo del peccato originale da sciogliersi soltanto con la rigenerazione. Il primo evento si comp per colpa di Adamo, il secondo evento si compie per mezzo del Cristo, il primo per colpa dell'uomo che fece entrare il peccato nel mondo, il secondo per mezzo di colui che toglie il peccato del mondo. Cos riconosce Adamo e il Cristo colui che passato da Adamo al Cristo. Nulla fu aggiunto dopo la legge al peccato naturale. 219. GIUL. Che cosa dunque stato aggiunto dopo la legge al peccato naturale, che nella legge non apparisce non solo proibito o condannato, ma nemmeno lievemente vituperato o debolmente indicato? AG. E' indicato anche nella legge, ma lo vedrete se a voi sar tolto il velo 360. Che altro infatti indica la condanna dell'anima del bambino non circonciso dentro l'ottavo giorno 361? Che altro indica l'ordine di offrire un sacrificio di espiazione per il peccato alla nascita di un infante 362? E l'ho gi ricordato sopra. Dio non diede la legge mosaica perch gli uomini diventassero peggiori. 220. GIUL. Certamente nemmeno tu farnetichi tanto da dire che la " traduce " del peccato divenne maggiore dopo la circoncisione. In che modo dunque dopo la legge abbond la " traduce ", che nella legge n si accusa n si affaccia? Ma cerca di vedere quanto ci sia consono con la sana intelligenza che ripone il peccato nella sola volont di chi delinque. Fino alla legge l'Apostolo dice che ci fu il peccato per far capire che dopo la legge ci fu la prevaricazione 363, la quale trasgredisce i precetti promulgati, e con questo genere di peccati, sopraggiungendo la legge, abbond il peccato, perch dalla prevaricazione crebbe la malizia del reato del peccato, e l'operato della cattiva volont, come prima della legge era peccato, cos dopo la legge cominci ad essere trasgressione, bench Dio non abbia emanato la legge con il proposito che i mortali diventassero

peggiori per la sanzione della legge. N infatti la legge peccato o causa di peccato, ma santo, giusto, buono il comandamento 364. Ma poich la pravit dei peccatori si fer con lo stesso ferro che la doveva curare e si oppose al progetto di Dio cos da rischiare l dove avrebbe dovuto sanare se stessa, l'Apostolo dice che dalla realt degli effetti sub ingiuria l'estimazione del consiglio divino, che aveva ispirato il dono della legge. E poich manc il profitto della emendazione umana, a cui aveva mirato il legislatore, ma in moltissimi si avver il contrario, dice che a tal punto si spinsero le brame dei peccatori da far sembrare che la legge non fosse stata emanata se non per far diventare gli improbi ancora pi improbi e per aggiungere al peccato la prevaricazione. AG. Tu dici tutto questo, perch non condividi il pensiero espresso dall'apostolo Paolo sul consiglio di Dio nel dare la legge e ti spingi da te a tali bestemmie da dire: " Sub ingiuria l'estimazione del consiglio divino, che aveva ispirato il dono della legge ". Quasi che sia accaduto altro di diverso da ci che Dio aveva pensato come futuro, n l'emanazione della legge abbia sortito l'effetto che il legislatore aveva inteso. Dio dunque che ha la prescienza di tutti gli avvenimenti futuri, fu ingannato, secondo la tua " sapienza ", dalla sua intenzione? Non ti avvedi che scritto: Molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il consiglio del Signore resta saldo in eterno 365? Se dunque vuoi conoscere, per quanto possibile ad un uomo, con quale consiglio di Dio, onnipotente e onnisciente, sia stata emanata la legge, guarda a ci che dice l'Apostolo: Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustizia scaturirebbe davvero dalla legge 366. E come se domandassimo: Perch dunque fu data la legge? Risponde: La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perch ai credenti la promessa venisse data in virt della fede in Ges Cristo 367. Ecco qual il consiglio della promulgazione della legge. Chi poi ignora che non per vizio della legge, ma degli uomini, il peccato abbond al sopraggiungere della legge? Ma questo vizio, per cui le cose proibite dilettano di pi e la legge diventa forza del peccato 368, non lo risana se non lo Spirito che d la vita e non la lettera che uccide. La quale lettera fu tuttavia utile a questo scopo: poich essa uccideva per via della prevaricazione, crescendo con la proibizione la cupidigia di peccare, fece ricercare lo Spirito vivificante e spinse ad implorare l'aiuto della grazia di Dio l'uomo che, fiducioso in modo letale nella propria forza, sotto la legge, bench santa e giusta e buona, veniva tuttavia meno e non bastava con le sue forze a

provvedere a se stesso per compiere le opere sante, giuste e buone. Nessuna delle parole apostoliche pu accordarsi con te. 221. GIUL. Giustamente dunque si dice che per questo genere abbond il delitto, che e prima della legge e dopo la legge commetteva la volont di ognuno, ma prima della legge volont peccatrice, dopo la legge volont anche prevaricatrice. Allora cresce e abbonda qualcosa quando riceve incrementi nel suo genere: come al peccato della volont libera si aggiunse dopo Mos il cumulo della trasgressione. Provenivano dal medesimo genere, bench in tempi diversi: ossia dalla volont cattiva che e prima della legge e dopo la legge pecc non per una insuperabile costrizione, ma per una vituperevole passione. Stando cos le cose, nessuna delle parole apostoliche pu accordarsi con te. Infatti n si insegna che al sopraggiungere della legge il peccato della " traduce " si fece pi copioso o pi grande, n si pu dire con verit che i peccati della volont li faccia abbondare quel peccato che non mostra di avere nessuna attinenza con la volont dei nascenti. Non abbond dunque dopo la legge un peccato che la legge non poteva n proibire, n punire. Ma dove abbond il peccato, sovrabbond la grazia, perch come il peccato regn con la morte, cos regni la grazia con la giustizia per la vita eterna 369. AG. Il peccato originale non crebbe certamente dopo la legge, ma tuttavia la legge trov anche questo peccato e ne signific l'abolizione con la circoncisione dei bambini. Come trov pure i peccati d'ignoranza, che non crebbero, nemmeno essi, con l'emanazione della legge, dal momento che anzi la stessa ignoranza diminu con l'inizio della scienza della legge. Ma il peccato, senza il quale non nasce nessuno, crebbe per accesso di volont, perch la concupiscenza originale attrae l'assenso di chi pecca. Ma il peccato abbond, ossia crebbe a dismisura, dopo che per mezzo della legge si ebbe la conoscenza del peccato e si cominci a peccare anche con la prevaricazione 370. Se volete guardare a tutto questo e acquietarvi alla verit, nessuna necessit vi potr costringere a contraddire l'Apostolo che grida apertamente: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini 371. Mentre infatti egli dice che pass in tutti, quando voi dite che non pass in tutti, che altro fate se non contraddire l'Apostolo? E se contraddite l'Apostolo, contraddite

certamente il Cristo. Perch dunque vi meravigliate che la Chiesa del Cristo abbia in abominio voi che con le vostre letali sentenze tentate di sottrarre i bambini infermi ai medicamenti salutari del Cristo? Dio volle afferrare con i benefici gli uomini che non aveva emendati con i precetti. 222. GIUL. Si apre l'Apostolo pi chiaramente in seguito e spiega che nella perdita della salvezza umana Dio, consigliato dall'abbondanza della sua misericordia, appront alla situazione disperata una medicina pi efficace del solito. Volle afferrare con i benefici quelli che non aveva emendati con i precetti, volle sollecitare la devozione per l'avvenire non imputando il passato. Avrebbero in seguito gli uomini atteso all'osservanza della giustizia, dopo averla raggiunta per la scorciatoia della fede. L'abbondanza dunque dei precedenti peccati reclam il soccorso di tanta abbondanza di misericordia, perch, se non fosse intervenuta una cos grande generosit di perdono, nessun altro rimedio avrebbe provveduto a mali tanto gravi. Ma in questa esaltazione della beneficenza divina l'Apostolo vide aperto lo spazio all'obiezione di coloro che potevano dire: Se regola che le vicende si giudichino dagli effetti e se il dilagare dei peccati impetr l'affluire della misericordia di Dio, bisogna insistere con i peccati perch non manchi l'ubert della grazia. Per ovviare ad una simile opinione scrive: Che diremo dunque? Continueremo nel peccato perch abbondi la grazia? E' assurdo. Noi che siamo morti al peccato, come potremo vivere ancora nel peccato? O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo stati dunque sepolti insieme a lui nella morte perch, come il Cristo risorse nella gloria del Padre, cos anche noi camminiamo in novit di vita 372. AG. Ma perch anche voi vi ricordate di coteste parole apostoliche, sar per questo mai vero che esse non soffochino voi e facciano dimenticare a noi quali ferme fondamenta della casa di Dio vi sforziate di abbattere? O uomo insano, l'Apostolo dopo aver detto: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere ancora in esso?, aggiunge: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte?, proprio per provare che i battezzati nel Cristo sono morti al peccato. Sei forse cos sordo da non udire coteste parole? Cos cieco da non vederle?

Confessa dunque morti al peccato i bambini battezzati, confessa finalmente il peccato originale: i bambini infatti non avevano altro peccato a cui morire. Oppure di' apertamente che non necessario battezzarli, o che quando si battezzano non si battezzano nel Cristo Ges o non si battezzano nella sua morte; e cancella se puoi le parole dell'Apostolo che dice: Quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte. Ebbene, se non puoi, come non puoi, cancellare queste parole, quando dunque senti quel quanti, non voler escludere da essi i bambini. Permetti al Cristo di essere il Ges anche dei piccoli, perch egli, non eccettuati i bambini, ma compresi anche i bambini, salva il suo popolo dai suoi peccati, e per questo fu detto dall'angelo: Lo chiamerai Ges 373. A quale peccato muoiono i bambini nel battesimo? 223. GIUL. Dice che noi morimmo al peccato gi nel momento in cui, per ricevere il dono della indulgenza, professammo di rinunziare al mondo e a tutti i peccati. Memori perci del dono, dice che dobbiamo vivere cos da apparire consepolti con il Cristo e da portare la sua risurrezione nella evidenza della santit. E come, dopo che risorse dai morti, egli non soffre pi infermit corporali e oltraggi, cos noi pure cerchiamo di essere invulnerabili a tutti i peccati e vizi. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio stato crocifisso con lui, perch fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo pi schiavi del peccato. Infatti chi morto, ormai libero dal peccato 374. Costringe i fedeli con un chiaro ragionamento: Se volete partecipare, dice, alla sua risurrezione, imitate anche la virt della sua morte, cos che, morti ai vizi, viviate nella virt; allora infatti sarete " consorti " in quella felicit, se avrete portato l'immagine della sua morte morendo ai peccati. Infatti il nostro uomo vecchio deve apparire affisso alla sua croce, perch egli distrugga il corpo del peccato, con la fortezza evidentemente della passione. Ma corpo del peccato Paolo, secondo il suo solito, chiama i vizi e non la sostanza della carne. Cos infatti seguita e dice: Perch sia distrutto il corpo del peccato e noi non siamo pi schiavi del peccato. Infatti chi morto, ormai libero dal peccato. AG. Comunque tu interpreti il corpo del peccato, non negherai che i bambini battezzati nel Cristo Ges siano morti al peccato, per non negare apertissimamente che essi siano stati battezzati nella morte

del Cristo Ges e quindi negare che siamo stati battezzati nel Cristo Ges. Quanti infatti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte 375. Di' dunque: a quale peccato essi muoiono, quando i bambini si battezzano nel Cristo Ges? Ma non avrai assolutamente niente da dire, se con tutta la Chiesa del Cristo non intendi e non rispondi: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui 376. Ecco a quale peccato muoiono i bambini, quando si battezzano nella morte del Cristo Ges. Vi prego, non siate come il cavallo e come il mulo privi d'intelligenza 377. Udite: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere in esso? O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte? 378 Quanti dunque siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo morti al peccato, perch siamo stati battezzati nella sua morte. Udite: Quanti siamo stati battezzati. Non infatti i piccoli senza i grandi o i grandi senza i piccoli; bens quanti, cio e i piccoli e i grandi, siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte, e quindi siamo morti al peccato. Dunque, o dite apertamente che non necessario il battesimo del Cristo ai bambini, o dite a quale peccato muoiono i bambini quando si battezzano nel Cristo, o, perch non potete trovare nessun altro peccato, riconoscete una buona volta finalmente il peccato originale. Muore al peccato chi rinunzia al peccato. 224. GIUL. Evidentemente, poich parlava a persone viventi, diceva che anche a loro era stata conferita la giustizia per mezzo dei misteri. In che senso dunque afferma morto colui che stato giustificato, se non indicando senza nessuna ambiguit che qui chiama morte la rinunzia a peccare e adopera il nome di morte per indicare che i fedeli devono smettere di peccare, come i morti di agire? AG. O uomo litigioso, se in questo passo delle parole apostoliche si chiama morte la rinunzia, nel senso che muore al peccato chi rinunzia al peccato, ripensa in che modo nella Chiesa del Cristo, dove sei stato battezzato, si celebrano i misteri del battesimo e troverai che i bambini anche con la bocca di coloro che li presentano fanno la rinunzia, come con la bocca di coloro che li presentano fanno la loro professione di fede. Il che forse non si fa

pi presso di voi. Siete infatti cos progrediti in peggio da errare voi stessi e da indurre ad errare gli altri, consenzienti con voi che non deve fare la rinunzia il piccolo da battezzare, perch non ha contratto il peccato originale 379; o se deve rinunziare al peccato, dite a quale peccato e correggete finalmente il vostro errore. Una sola volta Ges morto per i nostri peccati. 225. GIUL. Se infatti siamo morti con il Cristo, crediamo che vivremo con il Cristo, sapendo che il Cristo risuscitato dai morti non muore pi; la morte non avr pi potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli mor al peccato una volta per tutte, ma ora invece che egli vive, vive per Dio. Cos anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio nel Cristo Ges 380. Dice: Come il Cristo, che una volta per sempre morto al peccato, cio morto una sola volta per i nostri peccati, non muore pi, ma vive nella gloria di Dio, cos voi pure: consideratevi morti al peccato per vivere e per servire solamente alle virt. AG. O meraviglioso commento! L'Apostolo dice che il Cristo morto al peccato, e tu dici: " Cio morto per i nostri peccati ". Dunque quando dice: Cos anche voi consideratevi morti al peccato, bisogna pensare che dica: Consideratevi morti per i vostri peccati? Non dice certamente questo in cotesto luogo, n tu intendi cos, ma li confessi morti al peccato nel senso che non vivano per il peccato. Indica dunque che anche il Cristo morto al peccato, perch l'Apostolo non abbia detto senza nesso logico: Cos anche voi. Per togliere infatti i nostri peccati morto, ma nondimeno morto al peccato, e questo in che modo lui che non ebbe assolutamente nessun peccato, n originale n proprio, se non perch la somiglianza ha preso il nome della realt di cui era la somiglianza? Sappiamo infatti che il Cristo venuto in una carne simile a quella del peccato 381, perch venuto in una carne vera, ma non come gli altri uomini nella carne del peccato. E' morto conseguentemente lui alla somiglianza del peccato, che portava nella carne mortale, e cos comp il mistero della nostra salvezza, perch noi morissimo al peccato, di cui egli portava la somiglianza. Per questo siamo battezzati nella sua morte, perch, come in lui avvenne una vera morte, cos in noi avviene una vera remissione di peccati. Ma qui ci sono anche i bambini, perch quanti siamo stati battezzati nel Cristo Ges, siamo stati battezzati nella sua morte 382. Non si battezzano infatti gli uomini nel Cristo cos da essere battezzati

alcuni nella sua morte e altri non nella sua morte, ma, come dice l'Apostolo nel quale parlava il Cristo stesso, tutti quelli che sono battezzati nel Cristo Ges, sono battezzati nella sua morte, e quindi tutti quelli che sono battezzati nel Cristo Ges, muoiono al peccato. Se tutti quelli che, per forza anche i bambini: ma a quale peccato muoiono i bambini? Si confessi finalmente, per favore, la generazione, perch non si sconfessi la rigenerazione; si confessi nei bambini la carne del peccato, perch non si neghi che anche per i bambini morta la carne somigliante alla carne del peccato. I genitori cristiani fanno il possibile per la crescita della coscienza nei battezzati. 226. GIUL. Dove dunque si accusa qui la natura? Dove s'incolpano gli esordi della sostanza umana? Dove si condanna l'orgasmo di chi genera? Pi della luce chiaro che la sola ad essere chiamata in giudizio dal Maestro delle Genti la volont, perch abdichi alle sue occulte vergogne 383 e avanzi a vita migliore correggendo le sue azioni. Ma riceva ormai la nostra esposizione la sua chiusura, n continui ancora ad interpretare in questi passi le dichiarazioni dell'Apostolo: ascoltiamo lui stesso che discute dei suoi modi di pensare. Alla fine del suo discutere apparir con chi egli sia consenziente nel dogma e nella fede. Noi appunto diciamo che l'Apostolo ha parlato del peccato della volont umana, la quale in ognuno che pecca; tu invece dici che ha parlato del peccato nel quale tu credi credendo a Fausto, un peccato che si trasmette per generazione ed ricevuto da tutti senza la loro volont. Le nostre dispute tacciano pertanto, se ci piace, e volendo io agire con moderazione, mettiamo da parte la dignit dell'Apostolo, la quale, anche se le sue parole fossero in tutto all'unisono con voi, basterebbe tuttavia a prescrivere che, atteso lo splendore del suo ufficio, egli non ha potuto sentire nulla di tanto mostruoso: c' ambiguit di locuzioni, non pravit di modi di sentire. A lui, uomo equilibrato di mente, sia concesso nella presente questione questo soltanto: fargli credito che egli abbia capito i propri scritti meglio di te. Non regni dunque, scrive, il peccato nel vostro corpo mortale cos da obbedirgli 384. Gi qui potrei dire che dalla testimonianza della sua esortazione provato che egli tratta dei peccati della volont, perch se questi peccati fossero mali naturali, si potrebbero difendere in nome della giustizia, piangere in ultimo in nome della misericordia, ma in nessun modo ci sarebbe l'ammonimento di evitarli. Infatti di qualsiasi male naturale, se ve

ne potesse essere qualcuno, questo sarebbe stato il male pi grande: l'insania di chiunque si fosse messo ad esigere l'impegno di evitare comportamenti imposti dalla natura. Ma l'Apostolo non prescrisse nulla che si possa giustamente riprovare. Pertanto indica il peccato della volont e lo inculca come peccato da doversi evitare. AG. Chi ignora che l'Apostolo non parla ai bambini, ma a coloro che sono in grado di capire le sue parole e di obbedire ai precetti con l'aiuto della grazia di Dio? Ma certamente i genitori anche con i loro figli si comportano cos che, secondo il crescere in loro dell'uso di ragione, sbocci in essi il frutto dell'obbedienza, perch non abbiano ricevuto invano la grazia di Dio, quando furono rigenerati ancora inconsapevoli. Ma tuttavia quella tua bella " pupilla ", che orribile per tutti coloro che la combattono, dico la concupiscenza della carne, per mezzo della quale ogni uomo nasce e con la quale ogni uomo nasce, questa concupiscenza della carne l'Apostolo comanda di frenarla 385, n le permette di regnare e le d il nome di peccato, perch e ha origine dal primo peccato e pecca chiunque acconsente ai suoi impulsi per comportamenti illeciti. La quale concupiscenza allora sar annullata in noi quando avremo un corpo immortale. Per quale ragione quindi, potendo limitarsi a dire: Non regni il peccato nel vostro corpo, ha aggiunto una parola e ha detto: Nel vostro corpo mortale 386, se non perch sperassimo che allora non esister pi cotesta concupiscenza, da lui chiamata peccato, quando non avremo pi un corpo mortale? Infatti di' a noi per quale ragione non ha scritto: Non ci sia il peccato nel vostro corpo mortale, ma ha scritto: Non regni, se non perch cotesta concupiscenza, la quale non pu esistere se non nella carne mortale, regna in coloro che acconsentono alle sue brame per commettere azioni cattive e che, dovunque li abbia allettati, vinti da lei, sono trascinati con maggiore impetuosit, proprio per la proibizione della legge, se non sono aiutati dalla grazia? In coloro invece che fanno secondo il dono di Dio quello che comandato, ossia non obbediscono ai movimenti e alle insistenze della concupiscenza, n mettono a sua disposizione come strumenti le membra, la concupiscenza c', s, ma non regna. Che ci sia lo prova poi il fatto che il male si brama, che non regni lo prova il fatto che esso non si fa, perch a vincere la dilettazione della giustizia. In che modo infatti ci sarebbe comandato di non obbedire alla concupiscenza, se essa non comandasse o non persuadesse? Ma in che modo lo potrebbe fare, se non fosse presente?

Tutto fatto quando la grazia ci ha lavati dai nostri peccati. 227. GIUL. Non offrite le vostre membra al peccato come strumenti di ingiustizia, ma offrite a Dio voi stessi come viventi ritornati dai morti e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Il peccato infatti non domina su di voi, poich non siete pi sotto la legge, ma sotto la grazia 387. Con tanta pi fedelt, dice, dovete servire a Dio, con quanta anche pi liberalit. Il peccato dominava appunto su di voi quando pendeva su di voi il castigo dei vostri reati; ma dopo che per la grazia avete conseguito i benefici di Dio e, deposti i pesi dei reati, avete respirato, dovete rendere grazie al Medico, avvertiti da un nobile pudore. AG. Tu secondo la vostra moda, che discende dal vostro errore, non riconosci la grazia se non nella remissione dei peccati: dopo di essa l'uomo per mezzo del libero arbitrio fabbrica da se stesso la sua giustizia. Ma non questo dice la Chiesa, la quale grida tutto ci che ha imparato dal suo buon Maestro: Non ci indurre in tentazione 388. Non questo dice l'Apostolo che dice: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male 389. Non questo dice Ges che dice: Ho pregato per te, o Pietro, che non venga meno la tua fede 390. In questo modo infatti la grazia fa che non pecchiamo, e non lava in questo modo i peccati che abbiamo commessi. In ambedue i modi infatti aiuta la grazia: e rimettendo le azioni che abbiamo fatto malamente e aiutando perch evitiamo il male e facciamo il bene. Assurdo che si possa peccare tranquillamente sotto la grazia. 228. GIUL. Ma poich ritornava l'occasione della medesima obiezione affrontata sopra che, liberati dalla legge, provocatrice d'ira, potevano peccare sicuri sotto la benignit della grazia di Dio, aggiunse immediatamente: Che dunque? Dobbiamo commettere peccati perch non siamo pi sotto la legge, ma sotto la grazia? E' assurdo. Non sapete che se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato, sia della obbedienza che conduce alla giustizia? 391 Crediamo ormai o no a lui quale sia il peccato di cui ha finora discusso la condizione? Di colui al quale, dice, vi offrite per obbedirgli come schiavi, siete schiavi: sia del peccato, sia della giustizia. Dov' qui dunque indicato dall'Apostolo quel peccato che prima dei tempi della volont, prima della scelta di coloro che

obbediscono, prima dell'et della scienza e coscienza, si finge volato sopra gli stessi semi? Un peccato che certamente non si pu trovare se non nei libri dei manichei. AG. Non sono libri dei manichei quelli dove si legge: Eravamo anche noi per natura meritevoli d'ira, come tutti gli altri 392: ci che voi adesso con una moda nuova, ma in modo sfacciato, lo interpretate dal greco cos da fare apparire che l'Apostolo non ha detto: Per natura, ma " assolutamente ", cio: Eravamo assolutamente meritevoli d'ira. E forse oserete emendare questo testo nei vostri codici: non volete infatti acquietarvi al fatto che, se quella testimonianza non fosse quanto pi vera tanto pi antica, non avrebbero questo testo tutti i codici latini. N tuttavia l'Apostolo non avrebbe dovuto ammonire di obbedire alla giustizia e non al peccato per la ragione che " noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo viziata la stessa nostra origine " 393. Poich infatti il reato della generazione stato assolto dall'indulgenza della rigenerazione, si deve obbedire solo allo spirito della giustizia, al quale dobbiamo acconsentire, e non si deve obbedire alla concupiscenza della carne, contro la quale dobbiamo combattere. Cos certamente da ricordare che anche questa pia obbedienza dono di Dio, promessa da lui per mezzo del Profeta: Dar a loro un cuore capace di conoscermi e orecchi capaci di ascoltarmi 394; e questo che vuol dire se non capaci di obbedire? L'obbedienza suppone la volont. 229. GIUL. Del resto l'Apostolo mostra - ma se trova qualche credito negli uomini del nostro tempo - di non dire schiavi del peccato se non coloro che risultano avere obbedito al peccato con la propria volont, per la cui mutazione, della volont s'intende, cominciarono a servire alla giustizia. Ha dunque collocato in mezzo l'obbedienza ed ha imputato ad essa di avere scelto di obbedire sia prima ai vizi, sia dopo alle virt. AG. Coloro che confidano nella propria forza e saranno distrutti come voi. L'obbedienza a Dio grazia di Dio. 230. GIUL. Rendiamo grazie a Dio, dice, perch voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento che
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sono vani come voi,

vi stato trasmesso, e cos, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia 396. AG. O sordo, ascolta l'Apostolo che ringrazia Dio perch hanno obbedito di cuore alla sua dottrina, dal momento che non ha detto: Rendiamo grazie a Dio perch vi stata predicata la sua dottrina, ma: Perch avete obbedito. Non tutti infatti obbediscono al Vangelo 397, ma coloro ai quali dato di obbedire, come: A voi dato di conoscere il mistero del regno dei cieli, afferm il Signore, ma a loro non dato 398. Non avrebbero dunque obbedito con il cuore, cio con la volont, se la loro volont non fosse stata preparata dal Signore. Altrimenti l'Apostolo avrebbe ringraziato indebitamente Dio di ci, se Dio stesso non lo avesse fatto. Volont umana e Dio. 231. GIUL. La mutazione della volont ad obbedire di cuore, dice, vi ha liberati dal peccato e vi ha fatti aderire alla santit. AG. Ma questa la mutazione che viene dalla destra dell'Altissimo. Ascolta l'uomo di Dio che nel Salmo confessa questa grazia, e impara chi sia a mutare in meglio la volont dell'uomo. Si legge: E ho detto: ora incomincio; questa la mutazione della destra dell'Altissimo 399. Tu di tutto alla volont dell'uomo. 232. GIUL. Vi parlo " umano " a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurit e dell'iniquit a pro dell'iniquit, cos ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione 400. O precettore pieno dello Spirito di Dio! O vaso veramente d'oro! O tromba che fa rimbombare non stridori spezzati, ma voci spiegate! Concilia credito al suo dire con la umanit della esortazione. AG. O ingannatore, pieno tu di spirito eretico, che di tutto alla volont dell'uomo contro colui che dice: Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? 401 O uomo pelagiano, l'Apostolo lo diceva piantando e irrigando, sapeva tuttavia che n chi pianta n chi irriga qualcosa, ma Dio che fa crescere 402. Non comandava soltanto, ma anche pregava Dio perch non facessero il male coloro ai quali predicava la parola di Dio. Lo dice infatti apertamente altrove: Noi preghiamo Dio che non facciate nulla di male 403.

Quanto basta al grado della vostra spiritualit. 233. GIUL. Perch infatti non sembrasse che comandasse all'uomo qualcosa di arduo e d'impervio, fa uso di una parola comune, cos da dire " umano ", cio facile, pratico, raddolcito da esempi. Non vi chiedo, dice, un impegno pari alle auguste realt, n, quanto pi grandi sono le ricchezze delle virt, tanto pi nuovi precetti io vi propongo per conquistarle: non vi infliggo nulla di fiero, non vi indico nulla che sia troppo difficile portare, perch, se vi comandassi qualcosa di simile in proporzione allo splendore della giustizia, voi, lamentando l'infermit della carne, opporreste di non poter sopportare una fatica continua. Pertanto vi sfido adesso con questa moderazione: date alle virt il medesimo impegno che deste prima ai crimini e, sebbene sia un'offesa per i comportamenti onesti l'essere messi alla pari dei comportamenti disonesti nell'appetibilit, tuttavia al grado di disciplina nella quale voi siete basta che seguiate la giustizia almeno con la medesima intensit con la quale avete seguito l'iniquit e l'impurit. AG. Questo tuttavia non lo faranno, se non si ribelleranno a quella tua famosa " pupilla ", che la concupiscenza della carne, con la robustezza della carit. Con la quale legge delle membra, sempre pronta a ribellarsi alla legge della mente, nasce ogni uomo, e per il suo legame ogni uomo reo se non rinasce, ed essa i mortali non la vincono con il loro spirito se non sono governati dallo Spirito di Dio: Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio 404. Andate ora e contro questa verit cristiana e apostolica sollevando il libero arbitrio fatelo precipitare, e confidate nella vostra forza, con il risultato non di levarvi in alto, ma di cadere in basso. La correzione umana si fa con la sovvenzione divina. 234. GIUL. Crediamo pertanto al Maestro delle Genti e rendiamogli testimonianza della sua verit. E' infatti " umano " davvero, come ha detto, il precetto dato da lui: la correzione della volont emendi i vizi della volont. AG. Ma questa correzione umana non si fa se non per protezione divina. Chi infatti corregge la volont dell'uomo se non Dio a cui si dice: Convertici, o Dio degli eserciti 405, e: Convertendoci, o Dio, tu ci ridonerai la vita 406? Il Signore infatti dirige i passi dell'uomo e

questi vorr seguire la via di Dio 407. Se invece i passi dell'uomo non sono diretti da Dio, l'uomo non vorr seguire la via di Dio, bench la legge gli comandi di volerla seguire. Fuggi i desideri giovanili. 235. GIUL. Ma com' umano questo che ha detto, cos se avesse pensato il contrario, non solo sarebbe disumano, non solo sarebbe fiero, ma anche ingiusto, e non solo ingiusto, ma anche insano, cos da rimproverare, pur sapendo che il peccato innato in noi, agli uomini del suo tempo i vizi di un parto antico e da comandare di astenersi da comportamenti che credeva congeniti e da prescrivermi minacciosamente di deporre i vizi che avevo cominciato a possedere, prima che l'anima entrasse nel mio corpo e prima che il corpo entrasse in questo mondo. AG. Non dunque innata la concupiscenza della carne o non comanda di astenersi da essa colui che dice: Contieni te stesso 408, e: Fuggi i desideri giovanili 409? Per quale ragione non ha detto: Fuggi i desideri volontari? La giovinezza appunto un nome di et, ma le et le ha la natura, non la volont, e quella concupiscenza trova la sua massima esca nell'et giovanile, mentre nell'infanzia la sua forza certamente sopita, come la forza della ragione, come la forza della stessa volont. Ma l'occhio cristiano e non l'occhio pelagiano sa discernere che cosa dall'istituzione del Creatore e che cosa dalla contaminazione del vizio prenda o contragga la natura, la quale loda Dio come creatore per il bene che possiede e ha bisogno del medesimo creatore come salvatore dal male che l'ha viziata. Quanto infatti al reato con il quale l'uomo nasce non c' altro che gli si comandi se non di rinascere. Autorit ed equit. 236. GIUL. Pi giusto sarebbe stato che quanti si studiava di emendare lo avessero esortato a soppesare ci che comandava e a sapere che il primo passo di una volont ferma la moderazione nel comandare. E' mancante di autorit la dottrina che non ha l'equit a sua difesa, ed piena di autorit la dottrina a cui rende testimonianza la bilancia della giustizia. E perci risulta che l'Apostolo, rispettabile educatore delle Chiese, pronto a rendere conto del suo magistero con saggezza, con equit, con umanit, non ha avuto nessun sentore del peccato naturale, ma ha

insegnato, come la natura esigeva, sia che noi non siamo stati servi dei vizi se non per la nostra volont, sia che noi con la medesima volont, se essa si corregge, possiamo servire alla giustizia. Ma poich finora sono stato occupato nella spiegazione di questo testo, a dimostrare che con le parole dell'apostolo Paolo non si possono prendere affatto le difese dei manichei, e poich dal contesto del suo discorrere apparsa potente la verit che egli applica attraverso tutto il corpo dei suoi scritti, abbia qui fine il secondo libro. Con il quale libro tuttavia necessario avvertire che ai traduciani non rimasto nulla all'infuori della loro sfacciataggine. Perch essi, che riconoscevano di non poter contare sull'aiuto della ragione, si rivendicavano una totale soddisfazione dai testi dell'Apostolo che sono stati spiegati. E poich si fatta luce che in essi non sta scritto nulla di deforme, nulla di difforme dalla santit e dalla ragione, appare evidente la caduta di una sentenza che stata fatta crollare sia dalla ragione con tante testimonianze delle Scritture, sia dalla religione dei cattolici che in Dio: sentenza che ormai non difesa pi dall'opinione basata su cotesto passo [di Paolo]. AG. Appare a tutti coloro che leggono con testa sana e con intelligenza queste pagine che tu nel molto tuo dire contro parole non pi mie che dell'Apostolo beato, non hai trovato nulla di buono da dire, e con il tortuoso strepito della tua loquacit hai voluto far apparire a quelli che non capiscono di aver detto qualcosa. Vogliate o non vogliate: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini 410. Che significa cos se non: a causa del peccato, non indipendentemente dal peccato? N infatti la morte passerebbe, se il peccato non la veicolasse: la morte segue e non precede il peccato. Dal peccato vengono tutte le miserie dei mortali a cominciare dal giorno della loro uscita dal grembo materno 411, come sta scritto. Le quali miserie dicendo voi che accadono ai bambini senza nessun peccato, siete voi veramente a fare ingiusto Dio, e siete voi ad aiutare orribilmente i manichei. Essi infatti, per non fare ingiusto Dio, queste miserie dei mortali fino dalla nativit le attribuiscono alla natura immutabile del male e ad una sostanza delle tenebre, che proviene da un principio diverso da Dio. I quali empi manichei e insieme voi stessi vince la fede cattolica, che attribuisce tutte coteste miserie al peccato che entr nel mondo dalla volont del primo uomo e che fu seguito anche dalla morte, la quale mettendo in fuga l'anima uccide il corpo: morte della quale

voi dite che sarebbe accaduta all'uomo per natura, anche se non avesse peccato. Donde segue che non solo di quella imperiosa libidine, di cui troppo vi dilettate, ma anche della molestissima febbre e di tutti gli altri innumerevoli morbi, da cui vediamo afflitti e uccisi i bambini, voi diciate che sarebbero esistiti nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, perch dite che i bambini li soffrono senza il merito di nessun peccato. Tenetevi alla larga per favore con le vostre lodi false e fatali, tenetevi alla larga dagli infanti e dai lattanti, che con crudele errore voi lodate come esenti da ogni male. D'accostarsi al Cristo liberatore non lo impedite ai bambini, bisognosi di liberazione. Che la misera natura, viziata dal primo uomo, sia sanata dal secondo uomo permettetelo, perch vinti, perch corretti.

1 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 2 - Cf. C. Iul. 1, 14. 3 - Cf. Mt 1, 21. 4 - Cf. CICERO, Tuscul. 4, 7. 5 - Sal 116, 1. 6 - Sal 48, 7. 7 - Cf. Sal 62, 2. 8 - Sal 17, 2. 9 - Prv 8, 35 (sec. LXX). 10 - Cf. Gv 1, 12. 11 - AMBROSIUS, Liber de Sacram. regen. 12 - Rm 7, 19. 13 - Cf. supra 1, 1. 14 - Cf. Sal 67, 27.

15 - Cf. Sir 40, 1. 16 - Rm 7, 17-18. 17 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 18 - Rm 7, 15. 19 - Ibidem. 20 - Cf. Rm 5, 12. 21 - Cf. AMBROSIUS, Liber de Sacram. regen. 22 - Cf. supra 1, 113. 23 - De nupt. et concup. 1, 1. 24 - De nupt. et concup. 2, 44-49. 25 - C. Iul. 3, 54. 57. 26 - Rm 5, 12. 27 - De nupt. et concup. 2, 44-49. 28 - De nupt. et concup. 2, 46. 29 - De nupt. et concup. 2, 47. 30 - 2 Cor 5, 14-15. 31 - Cf. 1 Gv 2, 16. 32 - Cf. Gv 12, 31; 14, 30. 33 - Cf. AMBROSIUS, Liber de Sacram. regen. 34 - Rm 5, 12. 35 - Sap 2, 25. 36 - De nupt. et concup. 2, 45. 37 - 1, 14.

38 - Rm 5, 12. 39 - AMBROSIUS, In Luc. 4, 67. 40 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 41 - Rm 5, 12. 42 - De nupt. et concup. 2, 45. 43 - Rm 7, 15. 44 - Rm 7, 19. 45 - Rm 5, 12. 46 - De nupt. et concup. 2, 45. 47 - Ibidem. 48 - Rm 5, 12. 49 - Ibidem. 50 - De nupt. et concup. 2, 45. 51 - Rm 5, 12. 52 - Ibidem. 53 - Sap 2, 25. 54 - De nupt. et concup. 2, 45. 55 - Sal 36, 1. 56 - Sal 36, 7. 57 - Sap 2, 25. 58 - Ibidem. 59 - Rm 5, 12. 60 - Ibidem.

61 - Mt 5, 48. 62 - Mt 6, 10. 63 - 1 Cor 11, 1. 64 - Sap 2, 25. 65 - Mt 6, 16. 66 - Sal 31, 9. 67 - Rm 5, 12. 68 - Mt 6, 10. 69 - Gv 8, 44. 70 - Rm 5, 12. 71 - Sir 25, 33. 72 - Rm 5, 12. 73 - De nupt. et concup. 2, 45. 74 - Rm 5, 12. 75 - Gn 2, 24. 76 - Mt 19, 6. 77 - 1 Cor 6, 10. 78 - Rm 5, 12. 79 - Gn 2, 24. 80 - Mt 19, 6. 81 - Gal 3, 29. 82 - Gal 3, 16. 83 - Gn 2, 25.

84 - Mt 19, 6. 85 - Gv 1, 14. 86 - 2 Cor 4, 16. 87 - Gv 20, 2. 13. 88 - Rm 5, 12. 89 - Ibidem. 90 - Sap 2, 25. 91 - De nupt. et concup. 2, 45. 92 - Rm 5, 12. 93 - Cf. supra 56. 61. 94 - Rm 5, 12. 95 - De gestis Pel. 23, 57. 96 - Sir 25, 33. 97 - 1 Cor 15, 22. 98 - Rm 5, 13. 99 - Rm 3, 20. 100 - Rm 5, 14. 101 - 1 Cor 15, 22. 102 - Rm 5, 15. 103 - De nupt. et concup. 2, 46. 104 - Rm 5, 13. 105 - Gal 2, 21. 106 - Rm 5, 20.

107 - Rm 5, 13. 108 - Gv 1, 29. 109 - Cf. Rm 6, 12. 110 - Mt 6, 12. 111 - 1 Cor 15, 55-56. 112 - Rm 5, 13. 113 - Rm 3, 20; De nupt. et concup. 2, 46. 114 - Cf. Gn 17, 11-14. 115 - Sal 50, 7. 116 - Rm 5, 13. 117 - Cf. Gn 17, 14. 118 - Rm 8, 10. 119 - Gb 14, 4-5. 120 - Cf. supra 1, 74. 121 - Rm 5, 12. 122 - Rm 5, 13. 123 - Mt 1, 17. 124 - Gv 1, 29. 125 - Rm 5, 15. 126 - De nupt. et concup. 2, 46. 127 - Cf. De pecc. mer. et rem. 1, 14; AMBROSIUS, In Luc. 7, 27. 128 - Cf. Sap 11, 21. 129 - Is 40, 13; Rm 11, 34.

130 - Cf. De gestis Pel. 23-24. 57. 131 - Rm 5, 15. 132 - Cf. De pecc. mer. et rem. 1, 14. 133 - Rm 5, 16. 134 - Rm 5, 15. 135 - De nupt. et concup. 2, 46. 136 - Gn 3, 19. 137 - Cf. Rm 5, 15. 138 - Cf. 2 Pt 3, 13. 139 - Rm 5, 16. 140 - Rm 5, 17-18; De nupt. et concup. 2, 46. 141 - De nupt. et concup. 2, 46. 142 - Rm 13, 3. 143 - VERGILIUS, Aen. 11, 361. 144 - Rm 5, 16. 145 - De nupt. et concup. 2, 46. 146 - Rm 5, 16. 147 - Qo 9, 18. 148 - Gc 2, 10. 149 - Mt 1, 21. 150 - Rm 5, 16. 151 - Ibidem. 152 - De nupt. et concup. 2, 46.

153 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 154 - Gv 3, 5. 155 - Rm 5, 16. 156 - Ibidem. 157 - Ibidem. 158 - Ibidem. 159 - Cf. Sal 24, 10. 160 - Rm 5, 16. 161 - Cf. Sir 40, 1. 162 - Cf. Gn 17, 14. 163 - Cf. Lv 12, 6. 164 - Cf. 2 Cor 1, 22. 165 - Cf. 1 Pt 4, 10. 166 - Rm 5, 16. 167 - Mt 1, 21. 168 - Gal 5, 17. 169 - Cf. Gn 17, 14. 170 - Rm 5, 16. 171 - Cf. supra 115. 172 - Rm 5, 16. 173 - Cf. Mt 1, 21. 174 - Rm 5, 16. 175 - Ibidem.

176 - Ibidem. 177 - 2 Cor 5, 14-15. 178 - Rm 5, 15. 179 - 1 Cor 15, 22. 180 - 2 Cor 5, 14-15. 181 - Rm 5, 18. 182 - Rm 5, 12. 183 - Rm 6, 3. 184 - Cf. Gv 1, 9. 185 - Cf. 2 Cor 5, 5. 186 - Cf. Rm 5, 5. 187 - Gv 1, 14. 188 - Cf. supra 93-94. 106. 189 - Cf. Rm 9, 22-23. 190 - Cf. 1 Pt 4, 18. 191 - Cf. 1 Gv 4, 7. 192 - Rm 5, 19. 193 - Rm 5, 12; De nupt. et concup. 2, 46-47. 194 - Cf. Rm 5, 12. 195 - Cf. Rm 5, 19. 196 - Gn 22, 18. 197 - Gn 17, 5. 198 - Cf. Dn 3, 49-51.

199 - Rm 5, 19. 200 - Cf. Fil 1, 19. 201 - Cf. Gal 2, 21. 202 - 1 Cor 11, 1. 203 - Rm 5, 15. 204 - Cf. supra 147. 205 - Rm 5, 15. 206 - Rm 5, 18. 207 - Rm 5, 19. 208 - Cf. Gv 14, 6. 209 - Rm 2, 13. 210 - Cf. Gn 17, 14. 211 - Cf. Rm 7, 5. 212 - Es 20, 17; Dt 5, 21. 213 - Rm 4, 13-22. 214 - Is 45, 8. 215 - Rm 9, 6-8. 216 - Sal 48, 7. 217 - Rm 4, 23-25. 218 - Cf. Rm 10, 3. 219 - Rm 4, 21. 220 - Rm 4, 14. 221 - Cf. 1 Cor 3, 8.

222 - Rm 4, 14. 223 - Rm 4, 15. 224 - Fil 3, 9. 225 - Cf. Rm 12, 3. 226 - Cf. Fil 2, 13. 227 - Cf. At 16, 14. 228 - Rm 9, 7-8. 229 - Cf. supra 117. 230 - Cf. Gal 3, 17. 231 - Rm 4, 14-15. 232 - Rm 4, 15. 233 - Gv 3, 5. 234 - Cf. Gn 17, 12-14. 235 - Rm 5, 12. 14. 236 - Cf. Rm 4, 23. 237 - Rm 4, 24-25. 238 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 239 - Rm 4, 25. 240 - 2 Cor 5, 14-15. 241 - Rm 5, 16. 242 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 243 - CYPRIANUS, Ep. 64, 5. 244 - Cf. HILARIUS, 1, 52.

245 - Rm 5, 1-2. 246 - Cf. Fil 1, 19. 247 - 2 Cor 13, 7. 248 - Rm 5, 3-5. 249 - De gestis Pel. 30. 250 - Rm 5, 5. 251 - 1 Cor 4, 7. 252 - 1 Cor 1, 31. 253 - Cf. Rm 5, 5. 254 - Cf. Sal 48, 7. 255 - Ger 17, 5. 256 - 1 Cor 7, 25. 257 - Rm 8, 32. 258 - Rm 5, 6. 259 - Cf. C. Iul. 3, 58. 260 - Rm 5, 7-11. 261 - Mt 9, 12. 262 - Mt 1, 21. 263 - Rm 5, 1. 264 - Rm 5, 6. 265 - Rm 5, 8-9. 266 - Rm 5, 10. 267 - Rm 5, 11.

268 - Rm 5, 12. 269 - Cf. Mt 26, 27-28. 270 - Rm 6, 3. 271 - Rm 6, 2. 272 - Ibidem. 273 - Rm 5, 12. 274 - Rm 6, 2. 275 - Rm 6, 3. 276 - Sal 118, 9. 277 - Sal 13, 3-4. 278 - Lc 23, 21; Mc 15, 13; cf. Mt 27, 33. 279 - 2 Cor 5, 14-15. 280 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 281 - Rm 5, 12. 282 - De pecc. mer. et rem. 1, 11. 283 - Cf. C. duas epp. Pelag. 3, 26. 284 - Gn 2, 7. 285 - Gn 3, 19. 286 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 287 - Cf. Mt 19, 6. 288 - Sal 143, 4. 289 - Sal 38, 6. 290 - Cf. Eb 7, 5. 9-10.

291 - Cf. Rm 7, 23. 292 - Cf. Gal 5, 17. 293 - Rm 5, 12. 294 - Cf. Gv 12, 31. 295 - Rm 5, 12. 296 - Rm 5, 13-14. 297 - Cf. Fil 1, 23. 298 - Cf. 2 Cor 5, 4. 299 - Gv 21, 18. 300 - Cf. Rm 2, 12. 301 - Rm 5, 14. 302 - Rm 5, 12. 303 - Gal 2, 21. 304 - Cf. Lc 19, 10. 305 - Rm 5, 14. 306 - Rm 5, 12. 307 - Rm 5, 14. 308 - Rm 5, 12. 309 - Mt 19, 6. 310 - Rm 5, 12. 311 - Ibidem. 312 - 1 Cor 15, 22. 313 - Gal 2, 21.

314 - Gv 15, 5. 315 - Rm 5, 13. 316 - Gv 1, 29. 317 - Rm 5, 13. 318 - Gv 1, 29. 319 - Gal 2, 21. 320 - Gal 3, 11. 321 - Rm 5, 20. 322 - Gal 3, 21-22. 323 - Rm 5, 13. 324 - Rm 2, 12. 325 - Cf. Gn 17, 12. 14. 326 - Cf. Lv 12, 6. 327 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 328 - Rm 5, 14. 329 - Rm 5, 12. 330 - Rm 5, 15. 331 - Mt 7, 13-14. 332 - Cf. Lc 13, 23-24. 333 - Cf. Ap 7, 9. 334 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 335 - 1 Cor 15, 22. 336 - Cf. Ap 7, 9.

337 - Cf. De nupt. et concup. 2, 46. 338 - Rm 5, 16. 339 - Ibidem. 340 - Ibidem. 341 - Cf. Mt 18, 22. 342 - Mt 6, 12. 343 - Rm 5, 16. 344 - Ibidem. 345 - Rm 5, 17. 346 - Cf. CYPRIANUS, Ep. 64, 5. 347 - Rm 5, 18-19. 348 - Cf. Fil 2, 8. 349 - Cf. supra 63-64. 350 - 1 Gv 3, 9. 351 - Rm 5, 20-21. 352 - Cf. supra 198. 353 - Rm 5, 12. 354 - Rm 2, 12. 355 - Rm 5, 20. 356 - Rm 4, 15. 357 - Rm 5, 20. 358 - Ibidem. 359 - Cf. Rm 8, 3.

360 - Cf. 2 Cor 3, 16. 361 - Cf. Gn 17, 12. 14. 362 - Cf. Lv 12, 6. 363 - Cf. Rm 5, 13. 364 - Rm 7, 12. 365 - Prv 19, 21. 366 - Gal 3, 21. 367 - Gal 3, 22. 368 - Cf. 1 Cor 15, 56. 369 - Rm 5, 20-21. 370 - Cf. Rm 3, 20. 371 - Rm 5, 12. 372 - Rm 6, 1-4. 373 - Mt 1, 21. 374 - Rm 6, 5-7. 375 - Rm 6, 3. 376 - Rm 5, 12. 377 - Sal 31, 9. 378 - Rm 6, 3. 379 - Cf. 2 Tm 3, 13. 380 - Rm 6, 8-11. 381 - Cf. Rm 8, 3. 382 - Rm 6, 3.

383 - Cf. 2 Cor 4, 2. 384 - Rm 6, 12. 385 - Cf. 2 Cor 6, 1. 386 - Rm 6, 12. 387 - Rm 6, 13-14. 388 - Mt 6, 13. 389 - 2 Cor 13, 7. 390 - Lc 22, 32. 391 - Rm 6, 15-16. 392 - Ef 2, 3. 393 - Cf. AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3. 394 - Ger 24, 7. 395 - Sal 48, 7. 396 - Rm 6, 17-18. 397 - Rm 10, 16. 398 - Mt 13, 11; cf. Mc 4, 11; Lc 8, 10. 399 - Sal 76, 11. 400 - Rm 6, 19. 401 - 1 Cor 4, 7. 402 - 1 Cor 3, 7. 403 - 2 Cor 13, 7. 404 - Rm 8, 14. 405 - Sal 79, 8.

406 - Sal 84, 7. 407 - Sal 36, 23. 408 - Sir 30, 24. 409 - 2 Tm 2, 22. 410 - Rm 5, 12. 411 - Sir 40, 1. LIBRO TERZO grave dover difendere la giustizia di Dio. 1. GIULIANO. Sarebbe stato necessario senza dubbio che presso il genere umano avesse vigore il rispetto di tutte le virt. Sarebbe stato necessario che si resistesse sempre ai crimini con animo sapiente e si meritasse il favore del Creatore con buone scelte. Degno sarebbe stato infine che, risultando questo primo e pi felice grado di continua devozione tanto raro quanto anche troppo arduo, si respingessero almeno i vizi lungamente covati e si ritornasse al presidio della emendazione e della penitenza. Sarebbe stato certamente necessario che il rispetto inviolabile di Dio si conservasse almeno in questo: non sorgesse per noi la necessit di rivendicare con tanta guerra la legge divina. Ma poich il furore di coloro che peccano si spinto tanto da costringerci a somme fatiche per insegnare che Dio giusto, confidando nell'aiuto della sua stessa giustizia, di cui dibattiamo la causa, adempiamo adesso le promesse fatte nel libro precedente. AGOSTINO. L'aiuto di Dio lo cerchi per la compilazione dei tuoi vani libri e non lo cerchi per la correzione dei tuoi perversi errori. Vorrei tuttavia che tu dicessi per quale ragione chiedi in quest'opera l'aiuto di Dio, se in potere del tuo libero arbitrio, sia fare quest'opera, sia non farla. O chiedi forse la disponibilit di quelle condizioni che non sono in tuo potere e senza le quali non si pu scrivere, come sono, per ometterne altre, lo stesso vitto e il tempo libero? Ma queste sono condizioni che quasi sempre Dio somministra a noi per mezzo delle volont altrui. Tu vedi dunque che quando chiedi l'aiuto per compilare i tuoi libri, chiedi all'onnipotente Dio di operare nelle volont degli uomini ci che ti di giovamento e non di

impedimento. Infatti se gli altri non ti vogliono somministrare il vitto e le spese congrue, se infine non vogliono smettere d'importunarti e di ostacolarti, non potrai scrivere o dettare cotesti tuoi libri. Speri dunque che l'aiuto di Dio faccia agire le volont delle persone tra le quali vivi cos che non ti manchi nulla di necessario. La volont infatti preparata da Dio 1: ci che voi non credete. Dunque o correggi subito il tuo dogma o per difenderlo smetti di chiedere l'aiuto divino. Definizione della giustizia. 2. GIUL. Poich nel primo volume era risultato da perspicue premesse che Dio tanto necessariamente giusto che, se si potesse provare non giusto, si dimostrerebbe che non Dio, e poich non era rimasto nessun dubbio su questa verit, si chiar pure che la giustizia non nient'altro che una virt la quale non giudica mai nulla iniquamente, non fa mai nulla iniquamente, ma rende a ciascuno il suo senza frode e senza grazia, cio senza preferenze personali. AG. Senza frode dici il vero, perch non sia punito chi non lo merita. Ma senza grazia se lo fosse la giustizia di Dio, mai il Cristo sarebbe morto per gli empi, cio per coloro che non meritavano nulla di buono e molto di cattivo; mai avrebbe adottato ad essere cittadini del suo regno i bambini dei quali non preesisteva n alcuna buona opera n alcuna buona volont, e nella medesima causa non avrebbe escluso dalla partecipazione del medesimo regno altri bambini colui che non giudica mai nulla iniquamente, non fa mai nulla iniquamente e rende a ciascuno il suo senza frode. Riconosci dunque vasi nobili per grazia i bambini che sono assunti al regno di Dio e vasi ignobili per condanna gli altri bambini che non sono assunti a quell'onore, e una buona volta finalmente, per non fare ingiusto Dio, confessa il peccato originale. Il peccato di Adamo condann la natura umana e tutti i suoi figli. 3. GIUL. Lo stile poi della virt della giustizia si dimostra nel non punire nessun suddito se non per quei delitti che si dimostrano commessi con volont libera. AG. Con volont libera fu commesso anche quel delitto di Adamo, nel quale fu condannata la natura umana, per la cui condanna

nascono soggetti a condanna gli uomini, se non rinascono in Colui che nacque non soggetto a condanna. Questo il dogma cristiano che volete sovvertire, ma siete voi ad essere sovvertiti, perch esso rimane in piedi. Adamo rovin tutti in se stesso. 4. GIUL. N darebbe Dio agli uomini precetti che sapesse non osservabili dalla loro natura, n giudicherebbe nessuno reo di azioni naturali. AG. Ma c'era Adamo e in lui siamo stati tutti noi 2, quando pecc cos da perdere in s tutti gli altri, e non sarebbero liberati dalla massa dei perduti se non quelli che volesse liberare colui che venne a cercare ci che era perduto 3. Divinit ed equit. 5. GIUL. N imputerebbe Dio agli uni i peccati degli altri, n per le iniquit dei genitori aggiudicherebbe ai castighi eterni i loro figli innocenti, che non avessero operato da s nulla o di bene o di male per essere indicati come imitatori dei crimini dei loro genitori 4. Dalle quali premesse risultava la certezza e dell'esistenza di Dio e della giustizia di Dio, rispetto al quale si era chiarito che, se operasse qualcosa di ingiusto, subirebbe tanto danno nella divinit quanto ne avesse patito nella equit. AG. Dici la verit e quindi nulla d'ingiusto opera Dio quando fa gravare un giogo pesante sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal grembo materno. Il che sarebbe senza dubbio ingiusto, se non ci fosse il peccato originale. Sapienza pelagiana e sapienza ecclesiastica. 6. GIUL. Quantunque - o infelicit dell'errore umano! - troppo grande il dolore che mi scuote quando soppeso la natura stessa del nostro conflitto. Fu mai possibile che sorgesse questo dubbio e che avrebbe avuto bisogno di essere affermata questa causa: fu mai possibile, dico, che nelle Chiese che confessano di credere al Cristo si dubitasse se Dio giudichi giustamente, ossia ragionevolmente?

AG. Proprio perch di questo non si dubita scritto che un giogo grave sta sopra i figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal grembo materno 5. N infatti la sapienza pelagiana migliore della sapienza ecclesiastica. Giustizia di Dio e peccato originale. 7. GIUL. Ma troppo mi sono dimenticato della lite di cui si tratta, preso dal rispetto stesso della realt. Mi meraviglio infatti che si sia potuto dubitare dell'equit di Dio quando noto che nelle sinagoghe dei traduciani non viene neanche il sospetto della sua equit. AG. Proprio perch non si dubita della equit di Dio, si crede giusto il grave giogo che pesa sul bambino, e proprio perch esso si crede giusto, non si crede che il bambino sia senza il peccato originale. Quindi nella Chiesa cattolica, dalla quale uscirono i pelagiani di mezzo a noi, non che non si dubiti per nulla della iniquit di Dio, come tu dici, ma piuttosto non si dubita per nulla della equit di Dio nella Chiesa dove si insegna e si dice 6 che nemmeno un bambino, la cui vita sia di un giorno soltanto sopra la terra, immune dalla macchia del peccato; e quindi nei mali che il bambino patisce, non si riconosce ingiusto Dio, ma giusto. Tanto peggio. 8. GIUL. Il che certamente tanto pi brutto, quanto scegliere il male pi grave che omettere il bene, quanto tendere alla falsit pi dannoso che dubitare della verit, quanto infine osare d'incriminare Dio pi sacrilego che non volerlo onorare. AG. Ma siete voi ad incriminare Dio, perch pur vedendo i bambini gravati per giudizio di Dio da un giogo pesante, negate tuttavia che abbiano un qualche peccato. Si potuto dubitare dell'esistenza di Dio, ma non della sua giustizia. 9. GIUL. Aveva detto, s, come attesta il profeta Davide, l'insensato in cuor suo: Dio non c' 7, ma non aveva detto che Dio esiste, s, ed tuttavia ingiusto. Con la voce di tutta la natura risuonava armoniosamente che la giustizia tanto inseparabile da Dio da essere pi facile trovare chi neghi la sua realt che non chi neghi la

sua equit. Pot esserci chi ritenne che Dio non esistesse, perch non lo vedeva; ma non si era mai trovato uno che dicesse iniquo l'essere che credeva Dio. AG. Proprio tu stesso sei stato trovato ad essere quel tale. Infatti a chi se non ad una simile persona dice il Salmo: Pensi iniquamente che io sia simile a te? 8 Ma i Cristiani cattolici, proprio perch sanno e che Dio c' e che Dio giusto, non possono avere dubbi: i nati degli uomini, se muoiono in et piccola non ancora rinati, sebbene siano immagini di Dio, non sono accolti nel regno di Dio, non tuttavia ingiustamente, ma per merito del peccato originale. I dottori della Chiesa. 10. GIUL. Dunque quel famoso " insensato " sembrava che si fosse fermato all'estremo dei crimini negando Dio. Ma a vincerlo si trovata con i suoi sacrilgi la nazione dei manichei e dei traduciani. AG. Sapendo quanto chiari e stimati Dottori della Chiesa del Cristo sul peccato originale e sulla giustizia di Dio abbiano creduto ci che credo io, abbiano insegnato ci che insegno io, abbiano difeso ci che difendo io, devo ascoltare le tue calunnie come se fossero lodi per me. Ingiusto che un reato si trasmetta con i semi. 11. GIUL. Ma per tornare al punto dove abbiamo deviato, si era chiarito che da colui che confessavamo vero Dio niente poteva esser fatto in giudizio che ripugnasse alla giustizia, e che quindi nemmeno per i peccati degli uni si ritenessero rei gli altri, chiunque fossero, e che perci non si condannasse affatto l'innocenza dei nascenti per l'iniquit dei genitori, perch era ingiusto che il reato si trasmettesse per mezzo dei semi. AG. Per quale ragione dunque sarebbe stato scritto: Il loro seme maledetto fin da principio 9? Non stato detto infatti nello stesso senso in cui si legge: Seme di Canaan e non di Giuda 10, dove si mostrato a quali persone si erano fatti simili e da quali persone avevano degenerato; ma ha detto maledetto il seme di quegli stessi uomini che voleva far intendere naturalmente cattivi, come lo sono tutti i figli di Adamo, dai quali per grazia si fanno i figli di Dio. Dove infatti si legge: Non ignoravi che la loro razza era perversa, che la loro malvagit era naturale e che non si sarebbe mai potuta

cambiare la loro mentalit, perch il loro seme era maledetto fin da principio 11, ritengo che sia accusata la natura e non l'imitazione, e la natura in che modo se non viziata dal peccato e non creata in tale stato nel primo uomo? Da quale principio dunque stato maledetto il seme, se non da quando a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo? Essi poi non potevano essere cambiati da se stessi, ma potevano esserlo da Dio, il quale tuttavia non li cambiava per un giudizio certamente giustissimo, bench occultissimo. Da questa massa infatti si sapeva mutato non in virt del proprio arbitrio, ma in virt della grazia di Dio, l'Apostolo quando diceva: Siamo stati anche noi per natura figli dell'ira, come tutti gli altri 12. Ognuno paga per il proprio peccato. 12. GIUL. Il che sebbene sia immerso in tanta luce da non trovarsi nulla o di pi sicuro o di pi vero, tuttavia avevo promesso di dimostrare con la testimonianza della legge divina questa stessa verit, cio che iniquissimo imputare le scelleratezze dei genitori ai loro figli nell'atto di nascere, e che Dio tanto avverso a questo da aver prescritto anche nella sua legge che nulla di simile perpetrasse la disonest dei giudici. Questa dunque la promessa alla quale mi sono obbligato: ma poich il mio secondo libro stato occupato dalla spiegazione delle sentenze dell'apostolo Paolo, tocca alle prime parti di questo volume mantenere fede alla mia promessa. Leggiamo dunque che nel Deuteronomio, nel catalogo dei precetti che ordinavano la vita e la condotta di quel popolo, fu comandato in modo assai esplicito da Dio anche questo. Perch infatti lo si possa intendere dai contesti tra i quali inserito, da quello che lo precede e da quello che lo segue: Non defrauderai, dice, il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nelle tue citt. Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perch egli povero e vi volge il desiderio; cos egli non grider contro di te al Signore e tu non sarai in peccato. Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, n si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri; ognuno sar messo a morte per il proprio peccato 13. AG. Questo l'ha detto dei figli gi nati e non dei figli condannati nel primo padre, in cui tutti peccarono e in cui tutti muoiono. E certamente diede questo precetto ai giudici che il padre non morisse per il figlio o il figlio per il padre, quando fosse risultato reo

solamente il padre o solamente il figlio. Del resto i suoi giudizi Dio, sia quando giudica da se stesso, sia quando giudica per mezzo di uomini ai quali d lo spirito profetico, non li ha vincolati a questa legge. N infatti quando, eccettuato No con i suoi, distrusse con il diluvio tutti gli altri, separ gli infanti che non avevano ancora imitato i loro genitori, o senza i loro bambini consum i Sodomiti quel fuoco famoso 14. Se lo avesse voluto, lo avrebbe potuto benissimo l'Onnipotente. Anche quell'Acar fu trovato unico trasgressore del precetto e tuttavia venne ucciso con i suoi figli e con le sue figlie 15. Che fu di tutte le citt espugnate dal medesimo condottiero Ges di Nun, uomo di Dio? Non furono uccisi tutti cos da non rimanere nessuno a respirare 16? I bambini dunque che avevano fatto di male? Non vero che subirono per giudizio divino la pena comune per i peccati dei loro genitori, dei quali non potevano essere ancora n consapevoli n imitatori? In un modo dunque giudica Dio e in un altro modo comanda che giudichi l'uomo, pur essendo Dio senza dubbio pi giusto dell'uomo. Queste riflessioni avresti dovuto fare prima, per non fermarti su esempi che non sono pertinenti alla nostra causa. Testi biblici contrastanti tra loro. 13. GIUL. Non lederai il diritto dello straniero, dell'orfano, della vedova. Non prenderai in pegno la veste della vedova, perch sei stato schiavo nella terra dell'Egitto e di l ti ha liberato il Signore tuo Dio; per questo ti comando di fare cos 17. Nell'istituire la forma di giudicare Dio ebbe subito cura di sancire che n i genitori fossero colpiti per la colpa dei figli, n i figli per la colpa dei genitori. Come principio dunque e soglia della giustizia, che ordinava di osservare nel giudizio, questo ha indicato: la parentela non danneggiasse gli innocenti e l'odio meritato da una persona non trascorresse nella sua stessa gente. Nella causa dunque delle azioni la giustizia separa quelli che la parentela unisce. Il che non farebbe certamente, se volont e seme fossero in una e medesima condizione o se l'opera dell'arbitrio passasse ai posteri mediante la fecondit. Abbastanza dunque e oltre abbiamo spiegato con questa sola testimonianza che cotesta tenebrosissima perversit di giudizio, abbracciata dal nuovo errore, polverizzata dall'autorit antica della legge scritta. La quale sentenza stata certamente cos pronunziata per la nostra causa da non aver lasciato nessuno spazio di dubbio.

AG. Ti resiste Dio, che ha detto nel libro del Levitico: Quelli di voi che sopravviveranno, scompariranno per i loro peccati e per i peccati dei loro padri 18. La forma dei processi. 14. GIUL. Stabilendo appunto Dio la forma da seguire nei processi, prescrisse che l'innocenza non fosse legata ai rischi della sua parentela e come separ il padre dal castigo del figlio che aveva peccato, cos separ il figlio dalla condanna del padre, mostrando sicuramente con il pari trattamento di ambedue le persone che tanto non possono passare ai figli i peccati dei genitori quanto non passano ai genitori i peccati dei figli. AG. Ti soffocano i bambini, dei quali tante volte si legge che sono stati uccisi non anche per i loro peccati, ma solo per i peccati dei genitori. Peccati che discendono e peccati che ascendono. 15. GIUL. Chi dunque contro questa sentenza dice che esiste la " traduce " del peccato, dica altres che esiste il riflusso del peccato: se i peccati discendono dai genitori ai figli, legittimo pensare che risalgono dai figli ai genitori. L'autorit della legge divina indica che non nuocciono ai figli i crimini dei genitori, cos come nemmeno i crimini dei figli ai genitori. AG. Nei giudizi umani non ha voluto l'autorit della legge divina che i figli paghino le pene per i loro genitori; non nei giudizi divini, dove Dio dice: Punir le colpe dei padri nei loro figli 19. Dalla legge devi leggere le parole che vuoi, ma cos da pensare che ti toccher ascoltare dalla legge le parole che non vuoi. Della legge divina o tutto o nulla. 16. GIUL. Tentando dunque di andare contro questa sentenza, asserisca ugualmente che si faccia ci che stato ugualmente vietato di fare. La legge di Dio appunto pi facile poterla negare che emendare e, sebbene sia sacrilega la sua negazione, tuttavia pi sacrilega e pi assurda la sua correzione. Se infatti di due decreti della legge ne veneri uno e ne esecri l'altro, il decreto che accetti ti costringe ad obbedire contro voglia anche a quello che rifiuti, perch la dignit del primo che ti caro difende anche il

decreto che avversi, ed assurdissimo che qualcuno creda di venerare i precetti dei quali osa contestare una parte. Per cui si pu pi conseguentemente negare tutta la legge intera che correggerne una parte. Ma nessuno, se non un empio, tenter di correggere la legge. Dalle persone dunque religiose e sagge la legge accettata tutta ed lodata tutta. N certamente si turber qualcuno al vedere che nell'et del Nuovo Testamento cessato il rito dei vecchi sacrifici. Non la medesima la condizione delle virt e delle vittime: altra la perennit dei precetti e altra la temporaneit dei sacrifici. Tuttavia con la venuta del Cristo, che era prefigurato dalle vittime antiche, le istituzioni precedenti furono adempiute e non condannate. N infatti se ne predice l'esercizio ai loro tempi, ma con il subentrare della perfezione si acquietarono le promesse legate al compimento delle istituzioni. AG. Questo che c'entra? I peccati dei padri ha detto Dio che li avrebbe puniti nei figli, non i sacrifici. E sebbene anche i genitori possano imitare i loro figli cattivi, tuttavia non ha mai detto Dio: Punir i peccati dei figli nei padri, ma dovunque, e lo ha detto spesso 20, ha detto sempre: Dei padri nei figli, e qui mostra senza dubbio di perseguitare i vizi della generazione e non i vizi della imitazione. La giustizia perenne. 17. GIUL. I precetti invece che riguardano la piet, la fede, la giustizia, la santit, non solo non sono cessati, ma sono anzi aumentati. E questa legge della giustizia da custodire nei giudizi che abbiamo citato dal Deuteronomio, non si riferisce all'et delle cerimonie, ma alla perennit dei precetti, n scomparve insieme alla circoncisione, ma persevera insieme alla giustizia. AG. Ti gi stato detto che questi sono giudizi comandati agli uomini e non sono condizioni pregiudiziali imposte a Dio. In conclusione se un giudice umano dice: Punir le colpe dei padri nei figli, lo dice ingiustissimamente e contraddice il comando divino. Non per questo tuttavia o mendace o ingiusto Dio quando lo dice lui. Mos e A. 18. GIUL. E' assodato dunque: se si crede a Mos, per mezzo del quale parla Dio, pi che ad Agostino, per mezzo del quale parla

Manicheo, a causa dei peccati dei genitori non si ritengono rei per natura i figli. AG. Che io difenda contro di te quella fede che Dottori cattolici santi e chiari, vissuti prima di noi, impararono e insegnarono nella Chiesa cattolica, lo sai anche tu stesso. Ma poich, se tu osi lacerare quei dottori, non ti sopportano nemmeno i tuoi, per questo hai scelto me come unico bersaglio e, aggreditomi con la calunnia di un falso crimine, speri di persuadere gli altri come se io fossi una persona da sfuggire, perch si sfugga quella fede che vi condanna, se difesa. Te l'ho gi detto anche prima: quando per la difesa della fede cattolica ascolto le contumelie degli eretici, le prendo come lodi. Perch ti affanni a predicarci quello che sappiamo? Mos ha detto la verit, ma tu non dici nulla. Punir le colpe dei padri nei figli 21 non lo afferma un uomo, ma Dio; n che l'uomo lo faccia ha comandato Dio in questo luogo, ma ha indicato che cosa fa lui stesso. I peccati non passano. 19. GIUL. Ed assodato che i crimini dei generanti non passano ai posteri, bench nati da loro, cos come i crimini dei figli non passano ai genitori, che non hanno potuto davvero essere generati dai loro figli. Dunque non pu recare danno all'innocenza la sua nativit, cos come non pu nuocere la nativit quando non ha luogo. AG. Non puoi tuttavia negare che i genitori possano imitare i loro figli e che Dio non abbia mai detto: Punir le colpe dei figli nei padri. Quando dunque dice: Dei padri nei figli, non colpisce l'imitazione, ma la generazione. Non nel modo di quell'unico uomo nel quale fu cambiata in peggio la stessa natura umana, e a causa di ci sorse per l'uomo la necessit anche di morire. Ma tuttavia in qualche modo certe colpe dei padri, chiunque essi siano, sono punite nei figli, non a causa dell'imitazione, bens della generazione. Per questo non dice: Fino alla terza e quarta imitazione, ma dice: generazione 22, non volendolo voi certamente, ma tuttavia ascoltandolo anche voi, volenti o nolenti. Il traduciano A. 20. GIUL. La questione certamente finita, ma prego non di meno il lettore a seguire il mio prossimo ragionamento. Se esistesse

qualcuno che con libert di parole professasse la tesi che il traduciano Agostino tenta di costruire con il suo modo di argomentare, cos cio da dichiarare guerra alla legge di Dio, da disprezzare senza alcun ritegno la sentenza da noi proferita, da asserire in tutti i modi possibili la falsit di ambedue le norme che Dio ha voluto rispettare, da sgominare la sentenza di cui parliamo dall'uno e dall'altro lato, per quanto fosse in lui, costui avrebbe reputato in modo assoluto che tanto solita quanto debita la condanna dei genitori per i peccati dei figli e la condanna dei figli per i peccati dei genitori, tuttavia neppure un tizio cosiffatto potrebbe asserire, nemmeno secondo le sue opinioni, la " traduce " del peccato. Per quale ragione? Evidentemente per questa ragione: anche se risultasse falsa la sentenza della legge che testimonia l'impossibilit che siano reciprocamente colpiti tali rapporti di parentela dai crimini delle due parti, tuttavia rimaneva inconcusso che non esiste la " traduce " del peccato. Infatti lo stesso riflusso del reato dai genitori ai figli e dai figli ai genitori provava che non era stata la generazione a fare arrivare ai figli i peccati dei genitori, perch i peccati erano anche ritornati indietro dai figli ai genitori, e qui la causa non poteva essere la generazione. Apparisce dunque a questo punto il risultato che ho ottenuto: senza dubbio inviolabile l'autorit della legge divina e tale che gli argomenti dell'empiet non la possano distruggere; ma stato prescritto nella maniera pi decisa e pi assoluta dalla sua sanzione che opinione infame e perversione di giustizia, da cui aveva comandato energicamente di guardarsi, se i figli si pronunziassero rei per il peccato dei genitori. E per questo fulmine saltata in aria la struttura della " traduce ". Tuttavia per la fede che noi custodiamo protetta da cos grandi presdi di verit, che non la scuote nemmeno un'empiet capace di negare la legge di Dio. AG. Cerchi dove spaziare, non copioso per vagabonda loquacit, ma odioso a coloro che, attaccati alla realt, disprezzano le parole superflue. Sei vinto appunto dagli avversari che hai e ti proponi di vincere gli avversari che non hai. Chi infatti ti dice che sia falsa la norma di cui Dio ha voluto l'osservanza nei giudizi umani: non siano puniti n i figli per i padri, n i padri per i figli, quando gi padri e figli hanno le proprie cause pertinenti alla vita privata di ciascuno, che condotta separatamente? Nessuno si oppone o alla legge o a te che lo dici. Da parte tua non voler fare il sordo contro Dio che dice: Punir i peccati dei padri nei figli 23, e che, pur dicendolo assiduamente, non dice mai in nessun luogo che punisce i peccati

dei figli nei padri, perch tu intenda che egli attento non agli imitatori, ma ai genitori. Io mi acquieto alla legge di Dio. 21. GIUL. Ora dunque il discorso si volga direttamente al nostro interlocutore. Ti acquieti alla legge di Dio - per confessione in questo momento, perch sappiamo del resto che cosa tu faccia con le tue argomentazioni - o resisti? Se ti acquieti, viene meno il contendere; se resisti, viene meno il consentire. Se ti acquieti, estinta la perfidia dei traduciani; se resisti, rivelata la perfidia dei manichei. Purch resti fermo che l'opinione vostra e la legge di Dio non vanno in nessun modo d'accordo. AG. Io mi acquieto alla legge di Dio, ma non ti acquieti tu. Io non nego che non dev'essere condannato n il figlio per il padre, n il padre per il figlio, quando hanno le loro cause separate; ma tu non vuoi ascoltare nel Levitico: Scompariranno per i peccati dei loro padri 24, e nel libro dei Numeri: Castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione 25, e in Geremia: Fai subire la pena dell'iniquit dei padri ai loro figli dopo di essi 26. Queste e altre simili voci tu non le ascolti, a queste e a tali testimonianze della legge tu non ti acquieti, e tuttavia nel parlare e nel rinfacciare ai cattolici i manichei tu non ti quieti. Dio non sempre fa come comanda a noi di fare. 22. GIUL. A meno che tu non dica che Dio lo ha comandato, s, ma non fa come ha comandato e anzi fa il contrario di quello che ha comandato di fare. AG. Anche questo perch non avverti con quanta insipienza tu lo pensi? Fa Dio infatti qualche volta il contrario di quello che ha comandato di fare. N occorre che ricordi molti casi, per evitare lungaggini: ecco, dico quello che noto a tutti. Ha comandato all'uomo la divina Scrittura: Non ti lodi la tua bocca 27, n tuttavia si deve chiamare arrogante o superbo Dio che non cessa di lodare se stesso innumerevoli volte. E stando alla norma in esame, ho gi dimostrato sopra come Dio senza nessuna iniquit abbia fatto uccidere per i peccati dei genitori i loro bambini insieme con essi, bench abbia comandato all'uomo che giudica di non condannare i figli per i peccati dei padri. Se tu avessi l'avvertenza di questi fatti, non diresti quello che dici; o se hai l'avvertenza di questi fatti e dici

tuttavia quello che dici, abbi anche l'avvertenza che sono parole vane quelle che tu dici. Non l'ha potuto dire nemmeno Manicheo. 23. GIUL. Il che di quanta empiet sia, bench apparisca gi fortemente alla prima indicazione, tuttavia per la pace della stessa divinit di cui proteggiamo l'equit, vediamo almeno con un leggero esame quale sia la sua natura. A diventare dunque prevaricatore della sua legge Dio stesso c' costretto dalla necessit delle vicende che lo pressano o dalla sua incapacit? Oppure, poich non vera nessuna delle due ipotesi, costretto Dio dalla sola libidine di delinquere? Ma questo non l'ha potuto dire nemmeno Manicheo, e perci egli ha immaginato che il vostro dio abbia sofferto un grave combattimento. AG. Getti parole, ma sono realt quelle che ti comprimono. Non prevaricatore Dio della sua legge, quando come Dio fa in un modo e comanda all'uomo di fare come uomo in un altro modo. Diverso Dio nel giudicare da quello che nel legiferare. 24. GIUL. Se dunque n calamit, n incapacit, n libidine incombe su Dio perch prevarichi, com' possibile che nel giudicare distrugga quella forma di giustizia che ha raccomandato nel legiferare? Com' possibile anzi che infierisca, non contro cotesta giustizia ma contro la propria maest? Tanto grande appunto la potenza dell'equit che essa e riprova coloro che deviano da lei e non viene meno per nessuna autorit di coloro che fuggono da lei. Infine, se vuole che noi facciamo azioni giuste ed egli per conto suo fa ci che ingiusto, desidera farci apparire pi giusti di quanto lui stesso, anzi non pi giusti di lui, ma giusti noi e lui iniquo? AG. Cos' ci che dici, o uomo, che dici tante stupidaggini? Quanto pi eccelsa, tanto pi inscrutabile della giustizia umana la giustizia divina e tanto pi distante la giustizia divina da quella umana. Quale uomo giusto lascia infatti che si perpetri un delitto che ha il potere di impedire? Eppure Dio lascia commettere i delitti, bench egli sia incomparabilmente pi giusto di tutti i giusti e incomparabilmente pi grande di tutte le potest sia la sua potest. Pensa a questo e non voler confrontare tra loro come giudici gli uomini e Dio, del quale non si pu mettere in dubbio la giustizia,

nemmeno quando fa ci che sembra ingiusto agli uomini e fa ci che renderebbe ingiusto l'uomo se lo facesse. ingiusto giudicare reo ciascuno dei propri peccati? 25. GIUL. O forse giusto senz'altro ci che fa Dio stesso, imputando agli uni i peccati degli altri, e a noi comanda ci che ingiusto: giudicare ciascuno reo dei delitti della sua volont? AG. Leggi quanto ti stato risposto sopra e impara, se puoi, in che modo i peccati originali si intendano e altrui e nostri. Non altrui per la medesima causa che nostri: altrui infatti perch non li ha commessi ciascuno di noi nella sua vita, ma nostri perch c'era Adamo e in lui siamo stati noi tutti 28. Come pu essere Dio invidioso o crudele? 26. GIUL. E donde a Dio o tanta invidia o tanta malignit? E' invidia infatti se la ragione per cui ingann la sua creatura nel comandare fu che essa non tentasse d'imitare per quanto poteva le sue virt; ma malignit, anzi crudelt, se punisce i mortali per opere ingiuste che essi commettono obbedendo alla sua legge. AG. Gi sopra ho dimostrato che Dio fa giustamente alcune azioni che se le fa l'uomo le fa ingiustamente. Per esempio, anche delle ingiurie contro di lui Dio si vendica giustamente, ma agli uomini detto: Non vi fate giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambier, dice il Signore 29. A che serve la religione? 27. GIUL. O forse Dio non punisce - e lo fa senza dubbio prudentemente -, ma anche ricompensa i servi ossequienti ai suoi precetti, sebbene questi insegnino l'ingiustizia? E che ha giovato a Dio l'invidia, se anche facendo ingiustizie sono giunti i mortali l dove sarebbero arrivati pur osservando la giustizia? E mentre gli uomini, circuiti da Dio, non perdono nulla della loro felicit, Dio tuttavia si priva della coscienza e insieme dell'onore della benignit e della giustizia. Quanto sarebbe stato pi tollerabile sottrarre il collo degli uomini al giogo della professione della religione, piuttosto che orbitarli per vie tanto sconnesse e dannose!

AG. Vai dietro a te stesso senza dire nulla. Dalla giustizia umana discerni la giustizia divina e vedrai che Dio punisce giustamente i peccati dei padri nei loro figli. Il che tuttavia se lo usurpa l'uomo per s nel suo giudizio, egli ingiusto. Perch tu non esorbiti dalla via giusta, quando ascolti che i peccati dei padri sono puniti nei figli, queste due cose devi fare: devi non volere che Dio lo faccia, non devi volere che l'uomo lo faccia, altrimenti resisterai o alle testimonianze divine o alle leggi divine. La stessa legge divina ci obbliga a negare il peccato originale. 28. GIUL. Quindi, poich nemmeno dai suoi servi Dio lascia che si commetta nulla di simile a ci che tu asserisci perpetrato da lui stesso, palese che tu sei fuggito lontano dall'onore dovuto a Dio non meno che dalla ragione umana. E perci noi non siamo sedotti dall'errore pelagiano, come dici tu, ma siamo condotti dalla legge di Dio ad asserire che ingiusto imputare ai figli i crimini dei genitori. AG. Non una volta sola, ma pi che spesso Dio ha detto che castiga i peccati dei padri nei figli. In quei testi non ha detto certamente che castiga i peccati dei figli nei padri o dei fratelli nei fratelli o degli amici negli amici o dei cittadini nei cittadini o qualcosa di simile, perch sapessimo che quando parla in quel modo colpita la generazione e non la imitazione; il che potresti intendere anche tu nelle testimonianze divine, se non fossi impedito dall'errore pelagiano. La del peccato figlia dei manichei, madre degli agostiniani. 29. GIUL. La quale imputazione si deplora che l'abbia partorita prodigalmente in questo periodo la del peccato, figlia dei manichei e madre di voi. AG. Tu non ragioni, ma offendi e calunni. Rileggi gli antichi commentatori della parola divina e vedi che, non in questo tempo, bens molto prima di noi nelle parole dell'Apostolo stato inteso quello che egli ha detto apertissimamente, cio le parole: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini 30, riguardano la generazione, che la rigenerazione risana, e non riguardano l'imitazione, che voi avete piuttosto partorita in questo tempo. Perci la tempesta del vostro dogma novizio vi ha dispersi dalla faccia della Chiesa

cattolica, come la polvere che il vento disperde dalla faccia della terra 31. Il comportamento di Amazia. 30. GIUL. E' chiaro quindi che Dio ha comandato ci che noi asseriamo. E sebbene la genuinit della stessa sentenza, aperta e adatta ad ogni intelligenza, non abbia ammesso in s il neo di nessuna oscurit, tuttavia, perch tu non prenda a pretesto la tardit del nostro ingegno e non dica che non capiamo quanto stato comandato, insegniamo come sia stata intesa la legge anche con un'altra testimonianza, non pi di un precetto, ma di un'opera compiuta secondo il precetto. Leggiamo nel Quarto Libro dei Re riguardo ad Amazia, figlio di Joas, re di Giuda: Quando il regno fu saldamente nelle sue mani, mise a morte gli ufficiali che avevano assassinato suo padre, ma non uccise i loro figli, secondo la disposizione della legge del Signore, che prescrive: " Non si metteranno a morte i padri per i figli n i figli per i padri " 32. Tu vedi in che modo la fede della storia ha presentato la giustizia di quel re nel giudicare. Il quale, sebbene fosse devoto, poich tuttavia si narra che in alcune situazioni abbia zoppicato moralmente, a conferma del suo giudizio si aggiunta l'autorit della citazione della legge di Dio. Perch infatti quell'azione non avesse poco peso in considerazione di chi la faceva, si sottolinea che fu compiuta secondo la legge e la disposizione di Dio. AG. Questo modo di giudicare Dio ha voluto che fosse quello degli uomini, non il suo, perch egli ha detto: Punir i peccati dei padri nei figli 33. Il che fece anche per mezzo di un uomo, quando per mezzo di Ges di Nun uccise non solo Acar, ma pure i suoi figli 34, o quando per mezzo del medesimo condottiero del suo popolo, non certamente con ingiusta severit, condann tuttavia allo sterminio insieme ai loro genitori i figli dei Cananei, anche piccoli, che non avevano ancora imitato con i propri costumi i peccati dei loro genitori 35. Non voler dunque moltiplicare loquacemente e vanamente i tuoi scritti, ma attendi diligentemente a tutti gli scritti di Dio, perch ci che ritieni di avere aperto in una sola parte di essi non lo trovi chiuso contro di te in un'altra parte. Si deve credere alla legge divina e alla storia sacra.

31. GIUL. A due e a tre testimoni si suol credere anche contro il sangue di un uomo. Quanto pi per l'onore di Dio si creder a due testimoni sacri: alla legge contenuta nel Deuteronomio e alla storia che abbraccia i fatti dei re! In che modo Dio voleva che si facessero i giudizi l'ha prescritto egli stesso, in che modo doveva intendersi ci che aveva comandato lo attestano i giudizi celebrati secondo la sua legge. E ancora si dubita che non si possa provare con l'autorit delle Scritture la " traduce " del peccato? Sono certamente posizioni contrarie quelle per le quali si stanno combattendo battaglie tanto lunghe: cio la posizione difesa da voi e l'altra difesa da noi; e cos contrarie e incompatibili tra loro che voi combattete con la persecuzione e noi con la discussione, voi con il furore e noi con la ragione. Dunque l'una e l'altra parte concordano sul fatto che i punti della reciproca distanza e ripugnanza sono questi: per i peccati dei genitori si puniscono i figli e per i peccati dei genitori non si puniscono i figli; esiste un crimine naturale e non esiste un crimine naturale; che i peccati dei genitori si imputino ai figli prescritto dalla legge di Dio e che non si imputino i peccati dei genitori ai figli prescritto dalla legge di Dio. Che queste opinioni e sentenze che si guerreggiano tra loro non possano essere parimenti vere manifesto. Infatti anche le regole della discussione erudita indicano che, quando su tesi incerte nascono due opinioni, possono essere entrambe false e non possono essere entrambe vere. Il che pu avvenire senz'altro in specie diverse e delle quali si dice che hanno un punto intermedio; non avviene tuttavia nelle opinioni che sono contrarie tra loro, ma mancano di un punto intermedio. Sono regole note ai dialettici, ma spieghiamole con qualche esempio per il lettore inesperto di questa disciplina. AG. Cerchi cos affannosamente di che riempire i tuoi loquacissimi libri da metterti anche ad insegnare ai loro lettori la dialettica dove non ce n' bisogno, e non pensi come la Chiesa del Cristo butti via te come dialettico perch ti scorge eretico. Chi non capirebbe infatti che tu lo fai per rendere vana con un discorrere sapiente la croce del Cristo 36, che a favore di tutti coloro per i quali morto, compresi tra loro i bambini anche per tua confessione, ha versato il sangue in remissione dei peccati? Il colorito di Golia. 32. GIUL. Venga per esempio in questione che colorito abbia avuto Golia e uno sostenga che sia stato negro, un altro che sia stato

bianco 37; ciascuna di queste due opinioni diverse pu essere falsa, ma l'una e l'altra non pu essere vera. Non pu infatti essere vero che sia stato negro se stato sempre bianco, o che sia stato bianco se rimase negro in ogni sua et. Dunque queste due opinioni, che non possono essere vere entrambe, nello stesso tempo, possono essere false in questo modo: se il suo colorito non fu n bianco n nero, ma biondo o mediocremente temperato di bianco non compatto e di nero non profondo. E' pi facile dunque che realt diverse e contrarie si possano negare alla pari che approvare alla pari. Ma coteste realt contrarie che non hanno un punto intermedio, come per esempio il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, l'innocenza e la reit, come non possono coesistere insieme nello stesso tempo in una sola e medesima realt, cos necessario che, ammessa l'una, si neghi l'altra: ossia, come un precetto o un consiglio o un aiuto non pu essere contemporaneamente giusto e ingiusto, cos anche un uomo non pu essere contemporaneamente reo e innocente, buono e cattivo. AG. Nessuno cerca di che colorito sia stato Golia, ma tu cerchi di che colori avvolgerti da uomo versipelle per insidiare gli altri. Se cotesta dialettica che non ti edifica ma ti gonfia e ti rende buffone perch un po' spaccone, se questa dialettica, dico, secondo la quale uno non pu essere contemporaneamente buono e cattivo, si applica alle leggi della discussione cristiana, non pu un uomo essere contemporaneamente e buono per natura e cattivo per vizio. Eppure la verit grida che pu esserlo, n lo neghi, e contro la tua dialettica sei chiamato a produrti tu stesso come teste, poich, come la verit impone, di queste due realt, che non dubiti contrarie tra loro, una l'attribuisci al Creatore dell'uomo e l'altra alla volont dell'uomo. Arrossisca dunque la tua dialettica e, come tu dalla comunione, cos se ne vada anch'essa dalla discussione dei cattolici. Se tu invece vorrai rientrare, e ce lo auguriamo, rimanga fuori la dialettica. Amasia non poteva giudicare responsabilit occulte. 33. GIUL. Alla causa si applichino degli esempi. Che i peccati dei genitori si imputino ai figli e che i peccati dei genitori non si imputino ai figli sono due tesi contrarie che non si possono approvare entrambe come giuste a parit; ma se giustizia ritenere rea la prole dei generanti, necessario che sia un'ingiustizia non ritenere per i medesimi peccati rea la prole. E

come bene comandare giustamente, cos male ordinare qualcosa d'ingiusto. E sebbene una verit evidente diventi pi tenue a forza di ragionarci sopra, tuttavia, poich una causa posta al sicuro giova confermarla anche con i suffragi della legge divina, aggrappiamoci a questo testo, nel quale a chiunque si fermi con mente sana non sar lasciato di errare per i precipizi delle presenti questioni. Ti acquieti tu dunque, o annunziatore del male naturale, a riconoscere come prescritto dalla legge di Dio che nei peccati dei genitori non siano puniti i figli. Tu riconosci pure che questo precetto non fu inteso da quel popolo diversamente da come se ne difende ora da noi la debita osservanza. E quindi il re Amazia, obbedendo ai precetti di Dio, fren con lodevole moderazione lo sdegno da lui concepito per l'uccisione di suo padre e, messi a morte gli assassini di suo padre, risparmi tuttavia i loro figli, non per ignavia, ma per giustizia. E' lodato senz'altro Amazia e si dice che in questo si comport secondo la legge di Dio, si approva la sua obbedienza alla volont del Signore, ma tuttavia non si tace che fu offuscato da strascichi di idolatria e si nota che non imit la devozione del suo padre Davide 38. Egli, pur degenerando dalla santit della sua razza, tenne nel giudicare la giustizia voluta dalla legge divina: tanto valeva il rispetto dell'equit manifesta. Quale sia dunque il male che comporta la tua fede soppesalo: a Dio, che noi confessiamo eterno e pio e giusto, tu addebiti una iniquit come quella che non commise n la superbia di un re ammantato di porpora, n il dolore di un orfano. AG. Amazia era un uomo al quale non era lecito giudicare di responsabilit occulte che non poteva conoscere. Per questo nel suo giudizio osserv il precetto dato all'uomo di non uccidere i figli per il peccato dei loro genitori. Ma un peccato tanto grande da convertirsi in natura, il peccato che a causa di un solo uomo entr nel mondo, il peccato senza il quale non nasce nessun uomo, in che modo potrebbero gli uomini presumere di giudicarlo, dal momento che passato in tutti gli uomini con la morte, cos da essere per esso la morte compagna della sua pena fino alla perdizione eterna, meno che dove la divina grazia abbia risanato la generazione con la rigenerazione? Questo peccato dunque appartiene al giudizio di Dio e non al giudizio degli uomini, come molti altri fatti dei quali gli uomini non possono assolutamente giudicare. Perci altro il modo che Dio comand all'uomo nel giudicare genitori e figli che vivono gi le proprie vite separatamente, altro il modo in cui giudic egli stesso, quando secondo la sua inscrutabile giustizia condann

insieme alla sua stirpe la natura prevaricatrice, che egli conosceva nella sua radice, bench ancora non avesse pullulato nei suoi germogli, con il proposito di liberare da questa condanna quelli che voleva per mezzo di una grazia non meno inscrutabile. Quantunque anche ai figli gi viventi separatamente fece scontare i peccati dei padri separatamente viventi. Il che non volle che fosse lecito all'uomo nel giudicare, perch Dio stesso sa per quale ragione giustamente lo faccia quando lo fa; ma l'infermit umana non lo sa. O sordo, Dio che dice l'uno e l'altro. 34. GIUL. Ma per premere sul testo: risultato appunto che l'ingiustizia non pu attaccarsi a Dio; risultato pure che da Dio stesso stato prescritto che i peccati dei genitori non rechino danno ai figli. La stessa dignit di Dio legislatore assicura senz'altro l'ingiustizia di quello che egli proibisce. Ora, per agire con te in modo alquanto liberale, ti do facolt di rispondere: delle due opinioni che sopra ho messe faccia a faccia, cio che si imputino i peccati dei genitori ai figli o non si imputino, quale reputi che si debba ritenere giusta? Se dirai la tua, che vuoi consona pure all'ultimo giudizio, replico se reputi giusta o ingiusta la nostra che rimasta. Senza dubbio la dichiarerai iniqua. Ma questa che l'autorit della legge comanda di custodire. Tu vedi dunque che rimane necessariamente una sola di queste tre possibilit: o confessi ingiusta la legge di Dio, anzi accusi d'iniquit Dio stesso attraverso la legge; o ti rifugi nella dottrina dei tuoi maestri e dici che non fu emanata dal tuo Dio la legge data per mezzo di Mos; o, se non osi proferire nessuna di queste due affermazioni, confessi che la " traduce " del peccato si asserisce contro gli insegnamenti e i precetti della legge. N infatti il caso di credere che tu possa delirare cos tanto da dire che Dio tiene, s, la giustizia nei precetti, ma nei giudizi tiene l'iniquit; oppure, almeno secondo il vostro dogma, nei giudizi osserva la giustizia, ma nei precetti insegna l'iniquit. Il che, sebbene lo abbiamo trattato pi sopra, ora tuttavia lo abbiamo necessariamente ripetuto. AG. Odiosamente ripeti ci di cui oziosamente parli: hai tempo infatti di rigirare con loquacit sempre le medesime affermazioni che non puoi assicurare con verit, e dire senza " modo " quello che non sei in grado di provare in nessun modo. Vuoi infatti far apparire contrarie fra loro queste due proposizioni: sui figli ricadono i peccati dei padri e per i peccati dei padri non si devono punire i figli, quasi

che io dica la prima e Dio dica la seconda. O sordo, Dio che dice l'una e l'altra, e quindi sono giuste ambedue, perch le dice il Giusto. Ma perch tu capisca che Dio non ha parlato in modo contraddittorio, distingui secondo la diversit delle cause le persone dei giudici: Dio e l'uomo. Cos n incolperai Dio, bench punisca nei figli i peccati dei padri, n spingerai l'uomo a giudicare nello stesso modo. Ma tu queste due affermazioni, apparentemente contrarie tra loro, me le obietti con tanta prolissit e perplessit di discussione non per altra ragione che hai molte chiacchiere e poco senno. Per quale ragione? 35. GIUL. Ma se dirai che giusto sia ci che diciamo noi, sia ci che dite voi, ossia tanto quello che ha sancito la legge di Dio, quanto quello che ha mentito il manicheo e il traduciano, allora, frenando la potenza dell'evidenza della ragione, ti affrontiamo con pi benignit e mitezza. Per quale ragione dunque, se credete buono quello che diciamo e buono quello che dite, avete messo in subbuglio l'Italia intera con tante fazioni? Per quale ragione avete suscitato sedizioni a Roma con truppe mercenarie? Per quale ragione con i soldi dei poveri avete ingrassato quasi per tutta l'Africa torme di cavalli, che poi dietro la guida di Alipio avete destinati a tribuni e centurioni? Per quale ragione con eredit oblate da matrone avete corrotto le autorit secolari per far divampare contro di noi la paglia del furore pubblico? Per quale ragione avete dissipato la quiete delle Chiese? Per quale ragione avete macchiato con empiet di persecuzioni i tempi di un principe religioso, se da noi non si dice nulla di diverso da quello che anche tu sei costretto a confessare come buono? AG. Come sono falsi i crimini che rinfacci a noi, cos sono falsi i dogmi che inventate voi. Ma dite per quanto potete ogni sorta di male contro di noi, mentendo; noi ci limitiamo a difendere contro di voi la fede cristiana e cattolica. E che bisogno c' di restituirvi simili maledizioni e non credere piuttosto al Vangelo e godere che per coteste vostre falsissime maledizioni aumenti per noi la ricompensa nei cieli 39? In che modo poi, nella causa che trattiamo adesso, possiamo credere buono e ci che dite voi e ci che diciamo noi, se noi diciamo che Dio ha detto: Punir le colpe dei padri nei loro figli 40, mentre voi l'ordine dato da Dio al giudice umano di non punire nei figli le colpe dei padri lo lodate in tal modo da accusare

come nostra la punizione dei figli dichiarata da Dio e da disapprovarla come falsa e ingiusta: n in questo vi sentite litigiosi e calunniosi, non contro noi ma contro Dio? Tra i precetti di Dio e i suoi giudizi non ci pu essere contraddizione. 36. GIUL. Ma basti che io abbia usato fino a questo punto un linguaggio pi che mite. Ora invece lo splendore fiammeggiante della ragione fa vedere che tra cattivi e buoni, tra profani e sacri, tra pii ed empi, tra giusti e iniqui non c' nessuna comunione, e quindi tra i precetti e i giudizi di Dio non c' nessuna battaglia, ma contraddittorio imputare agli uni i peccati degli altri e comandare che i medesimi peccati non siano imputati. Poich, di queste due posizioni necessario che, concessa l'una, si rimuova l'altra, ossia se si insegna giusta l'una, si insegni iniqua l'altra. Ma nella legge di Dio stato prescritto che i peccati dei genitori non si imputino ai figli 41. Quindi per la medesima autorit il contrario di questo, ossia l'opinione della " traduce ", stato abbattuto dalle fondamenta insieme con i manichei. AG. A me rincresce dire tante volte la verit, a te invece non fa sentire vergogna dire tante volte la falsit. E' Dio che dice che egli punisce nei figli i peccati dei padri; che i peccati dei padri non li punisca nei figli lo dice Dio, s, ma lo dice all'uomo: l'uno e l'altro da approvarsi, perch l'uno e l'altro lo dice Dio. Distingui tra giudizi divini e giudizi umani. 37. GIUL. Ho spiegato che noi certamente non difendiamo nulla di diverso da quello che la ragione per prima indica come giustissimo, nulla di diverso da quello che anche Dio in secondo luogo conferma con la sua legge, nulla di diverso da quello che in terzo luogo stato fatto con lode dall'opera, come asserito da noi e comandato da Dio. E' altres inculcato che la vera giustizia quella che Dio ha mostrato di gradire anche comandando. E per questo risultato che la " traduce " manichea non trova nessun ammennicolo n da parte della ragione, n da parte delle testimonianze della legge. AG. I manichei dicono che esiste una natura cattiva da sempre senza inizio, e sostengono che da essa viene ogni male. Invece i cattolici, come voi non voleste essere, dicono che la natura umana stata creata buona, stata viziata dal peccato, ha bisogno del

Cristo come suo medico in tutti gli uomini dai bambini fino ai vecchi, perch per tutti egli mor e tutti quindi morirono 42. Dunque l'opinione dei manichei che bisogna separare il male dal bene, cos che il male sia fuori dal bene. Noi al contrario, sebbene con l'intelligenza separiamo il male dal bene, n crediamo che sia una qualche sostanza ci che si dice male, tuttavia non riteniamo che il male debba essere separato da coloro che sono liberati, cos che sia al di fuori di loro, ma sappiamo che da risanare in loro, perch il male non ci sia pi. I manichei dicono infatti che il male una sostanza cattiva, noi diciamo che il male il vizio di una sostanza buona, senza nessuna sostanza. Quanto ci corra avvertilo e smetti di negare ai bambini, bisognosi di essere guariti, il medico Cristo, perch non rimanga su di loro l'ira di Dio che dice: Punir le colpe dei padri nei loro figli 43. Guarda chi lo ha detto: Dio, non Manicheo. Guarda chi ha detto: A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verr anche la risurrezione dei morti: come infatti tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 44; un Apostolo del Cristo, non un discepolo di Manicheo. Guarda colui che ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato 45; un vescovo cattolico, non Manicheo o Pelagio o un eretico pelagiano. Poich il peccato di un'opera cattiva lo punisce anche l'uomo, ma il peccato di origine lo punisce solamente Dio, per questo mentre dichiara di punire nei figli i peccati dei padri, Dio tuttavia comanda all'uomo di non condannare anche i figli per i peccati dei padri. Distingui tra giudizi divini e umani e troverai che cotesti due comportamenti non sono contrari tra loro. Dio non giudica diversamente da come comanda di giudicare. 38. GIUL. Ma perch non esista per caso qualcuno tanto pignolo da volere che gli si dimostri con testimonianze evidenti che Dio non giudica diversamente da come ha comandato di giudicare - il che di una litigiosit riprovevole -, tuttavia poich le armi sono a disposizione della verit per ogni saziet di documentazione, non rincrescer di produrre a questo proposito i testi pi validi. Pieno pertanto di Spirito Santo il profeta Ezechiele parla cos: Mi fu rivolta questa parola dal Signore: Figlio dell'uomo, perch andate ripetendo nella terra d'Israele questo proverbio: I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati? Com' vero che io vivo, dice Adonai il Signore, non si dir pi questo proverbio in Israele. Perch tutte le anime sono mie: come l'anima del padre,

cos l'anima del figlio, tutte le anime sono mie. L'anima che pecca, lei ha da morire. Se uno giusto, se osserva il diritto e la giustizia, non mangia sulle alture, non alza gli occhi agli idoli della casa d'Israele, non disonora la moglie del suo prossimo, non si accosta ad una donna durante il suo stato d'impurit, non opprime nessuno, rende il pegno al debitore, non commette rapine, divide il pane con l'affamato e copre di vesti l'ignudo, non presta ad usura e non esige interesse, desiste dalla iniquit, pronunzia retto giudizio tra un uomo e l'altro, cammina nei miei precetti e osserva le mie leggi con fedelt, questi giusto e vivr, dice Adonai il Signore. Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario, che commette dei peccati e non cammina nella via del giusto suo padre, mangia sulle montagne, disonora la donna del prossimo, opprime il povero e l'indigente, commette rapine e non restituisce il pegno, volge gli occhi agli idoli e compie cose abominevoli, presta ad usura ed esige gli interessi, costui non vivr di vita. Poich ha commesso tutte queste iniquit, costui morir di morte e dovr a se stesso la propria morte. Ma se uno ha generato un figlio che, pur vedendo tutti i peccati commessi da suo padre, timorato e non li imita, non mangia sulle alture e non leva gli occhi agli idoli di Israele, non disonora la donna del prossimo e non opprime nessuno, non trattiene il pegno e non commette rapina, d il pane all'affamato e copre di vesti l'ignudo, desiste dall'iniquit, non presta ad usura n ad interesse, osserva la giustizia e cammina nei miei precetti, costui non morir per le iniquit di suo padre, ma vivr di vita. Suo padre invece, che oppresse e derub il suo prossimo, che non ag bene in mezzo al mio popolo, morir per la sua iniquit. Voi dite: Perch il figlio non sconta l'iniquit del padre? Perch il figlio ag secondo giustizia e rettitudine, fu misericordioso, osserv tutti i miei comandamenti e li mise in pratica: per questo vivr di vita. L'anima che pecca lei che dovr morire. Il figlio non sconta l'iniquit del padre, n il padre l'iniquit del figlio. Al giusto sar accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagit. Ma se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commessi, osserva tutti i miei comandamenti, agisce con giustizia e rettitudine, vivr di vita e non morir. Nessuna delle sue colpe commesse sar ricordata, ma egli vivr di vita per la giustizia che ha praticata. Ho forse piacere della morte del malvagio, dice Adonai il Signore, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette l'iniquit secondo tutti gli abomini che commette l'empio, non vivr. Tutte le opere giuste

fatte da lui saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui caduto e dei peccati da lui commessi egli morir. Voi dite: Non retto il modo di agire del Signore. Ascolta dunque, o casa d'Israele: Non retta la mia condotta? E' la vostra che non retta. Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere iniquit, morir a causa del delitto commesso. E se l'iniquo desiste dall'iniquit che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si allontanato da tutte le sue colpe, egli vivr di vita e non morir. Eppure gli Israeliti vanno dicendo: Non retta la via del Signore. O popolo d'Israele, non retta la mia via o non piuttosto la vostra? Perci, o Israeliti, io giudicher ognuno di voi secondo la sua condotta, dice Adonai il Signore 46. AG. Questa per la bocca del profeta Ezechiele la promessa, che tu non intendi, del nuovo patto, dove Dio discerne i rigenerati dai generati secondo le loro proprie azioni, se sono gi nella maggiore et. Quelli infatti di cui dice: L'anima del padre mia e l'anima del figlio mia 47, conducono senza dubbio le loro vite separate. Se al contrario il figlio fosse ancora nei lombi di suo padre, come di Levi scritto che era nei lombi di Abramo, quando Abramo pag le decime a Melchisedech 48, allora non si potrebbe dire: L'anima del padre mia e l'anima del figlio mia, quando l'anima era certamente una sola. Il Profeta, velando il mistero da svelare a suo tempo, non ha nominato la rigenerazione con la quale ogni figlio dell'uomo passa da Adamo al Cristo, ma quello che non disse allora volle che fosse inteso in questo tempo, nel quale doveva essere tolto il velo a coloro che passano al Cristo. Poich infatti confessi d'essere cristiano, bench ti dimostri un anticristo macchinando di ottenere che il Cristo sia morto invano, ti chiedo se un uomo che fa tutte le buone opere che il profeta Ezechiele ricorda ripetendole pi volte, viva anche se non stato rigenerato. Se tu dici che vive, a te anticristo contraddice il Cristo e dice: Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete la vita in voi 49, il quale cibo e la quale bevanda che spettino ai rigenerati tu sei costretto a riconoscerlo, lo voglia o non lo voglia. Ma, se schiacciato da tanta mole di autorit, risponderai che non vivr, qualora non sia stato rigenerato colui che avesse fatto tutte quelle buone azioni, rispondi quale sia la causa e vedi che si oppone alla generazione la rigenerazione e non alla imitazione l'imitazione nella contrapposizione che l'Apostolo fa di Adamo dalla parte del peccato al Cristo dalla parte della giustizia. Ma pi evidentemente ti mostrer che quanto hai ricordato dal profeta Ezechiele si riferisce

al nuovo patto dove si trova l'eredit dei rigenerati; non ora per; ma quando avrai detto tutto quello che secondo lo stile della tua loquacit intendi dire sulle stesse sue parole. Dio risponde agli ebrei con la sua autorit di Padre. 39. GIUL. Non ti sembra un facondo assertore dei suoi giudizi Dio, che con tanto numerose espressioni non solo ha giudicato, ma ha pure discusso della presente questione? Prevedendo esattamente gli errori dei nostri tempi, con la tanta luce e abbondanza delle sue parole, ha ottenuto giustamente e provvidenzialmente due risultati: il primo che nessuno fosse turbato da nessuna ambiguit delle questioni; il secondo, che non rimanesse nessuna tavola di salvezza a coloro che si fossero immersi in naufragi volontari. Parla ai Giudei che, vivendo in cattivit a causa delle loro scelleratezze, per rimuovere la odiosit della propria prevaricazione andavano dicendo che la cattivit era dovuta ai loro padri e non ai loro costumi, e li affronta con la sua autorit di Padre. Perch, dice, andate ripetendo questo proverbio: " I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati? ". Com' vero che io vivo, dice Adonai il Signore, non si dir pi questo proverbio in Israele. Perch tutte le anime sono mie: come l'anima del padre cos l'anima del figlio, tutte le anime sono mie. L'anima che pecca, lei ha da morire 50. AG. Quando afferma: Non si dir pi questo proverbio in Israele, mostra che si soleva dire: I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati. N rimprovera che si dicesse, ma promette un tempo in cui non si dir pi. Ma per quale ragione lo dicevano, se non perch sapevano che Dio aveva detto: Punir le colpe dei padri nei figli 51? In quel passo di Ezechiele Dio prometteva il nuovo patto. 40. GIUL. Per proporre a modello e per confermare l'equit del suo giudizio Dio ricorre ad un giuramento e aggiunge all'autorit del suo precetto l'autorit di una sua solenne attestazione. Comprese questo genere letterario l'Apostolo, che agli Ebrei spieg cos: Dio, volendo mostrare agli eredi della promessa l'irrevocabilit della sua decisione, interpose un giuramento, perch grazie a due atti immutabili, nei quali impossibile che Dio mentisca, noi avessimo un fortissimo incoraggiamento 52. AG. E in quel passo si prometteva il nuovo patto.

Il giuramento rende credibili anche gli uomini falsi. 41. GIUL. Da questi due atti dice dunque che si indica l'impossibilit di mentire da parte di Dio: la stessa sua promessa e la sua protesta di adempiere la sua promessa. Non che Dio senza tale protesta sia solito discorrere in maniera debole e dubbia, ma per accreditare la sua verit con strumenti importanti si serv di quel genere di locuzione che rende credibili anche gli uomini soliti a mentire. Con questa ponderatezza dunque Dio ammonisce e prescrive anche nella presente causa e che nessuno del popolo sospetti come vero ci che asseriscono i traduciani, e che ciascuno conosca che Dio non pu giudicare nel modo che detesta: Com' vero che io sono, dice Adonai il Signore, non si dir pi questo proverbio in Israele 53. AG. Non si dir pi in Israele lo diresti giustamente, se tu guardassi ai veri Israeliti rigenerati, tra i quali non si dir pi quel proverbio. Tra quelli infatti che non sono rigenerati si dice meritatamente, poich essi non sono Israele, stando a quanto l'Apostolo scrive ai Romani: Non tutti i discendenti d'Israele sono Israele 54, dove senza dubbio voleva far intendere i figli del nuovo patto, ossia i figli della promessa. Poi seguita: Ma in Isacco ti sar data una discendenza, cio non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati i figli della promessa 55. Il proverbio di Ezechiele ancora valido per i manichei. 42. GIUL. Che significa questa predizione: Non si dir pi, mentre fino ad oggi lo si asserisce con i tanto grandi sforzi dei manichei? Ma questa l'indicazione del testo: nessuno che del popolo d'Israele o che accoglie l'autorit di questa Scrittura, dopo la mia decisione oser accreditare qualcosa di simile. Perci chiunque persiste in quella opinione, n obbedisce a queste Lettere, n sar annoverato in quello che il vero Israele. AG. Se dunque Dio vuol far capire che dopo la sua affermazione nessuno avrebbe pi creduto questo, bisogna cercare per quale ragione prima di essa non fosse riprovevole credere che i peccati dei padri dovevano essere puniti anche nei figli. E se si cerca bene, si trover che per la generazione inquinata fu detto: Punir le colpe dei padri nei loro figli 56. Di qui nasce quel proverbio delle uve acerbe. Ma per la libera rigenerazione fu promesso il nuovo patto,

nel quale non lo si dir pi, perch alla eredit dannosa che viene da Adamo si rinunzia mediante la grazia del Cristo, quando si rinunzia a questo secolo, dove inevitabile che sui figli di Adamo gravi un giogo pesante, non certamente ingiusto, dal giorno della loro nascita dal seno della loro madre fino al giorno della loro sepoltura nel seno della madre comune 57. Perci i sacri misteri, anche con la rinunzia dei bambini, indicano sufficientemente che cosa si faccia. La propriet divina delle anime. 43. GIUL. Riprovata la falsit di quel proverbio, dopo che ha sancito la sentenza con la promulgazione e con la certificazione divina, si degna pure di palesare la ragione della sua giustizia, la ragione per cui non devono essere gravati i rapporti di parentela dei peccati altrui. Perch tutte le anime, dice, sono mie; come l'anima del padre, cos l'anima del figlio, tutte le anime sono mie. L'anima che pecca, lei ha da morire 58. Per quale ragione dunque fosse giustissima cotesta moderazione della sentenza lo indica pure con la propriet delle anime. AG. Cotesta propriet delle anime appartiene alle vite separate. Nessuno infatti pu rinascere se non nato. Ma per quale ragione Levi pag le decime, quando era nei lombi di Abramo, se non perch non era ancora avvenuta nei lombi di Abramo la propriet delle anime proprie? Nulla deve al seme l'anima. 44. GIUL. Poich, dice, l'anima del padre mia e l'anima del figlio mia - con la quale testimonianza, come con molte altre, si insegna che non deve nulla ai semi l'anima che Dio rivendica al proprio diritto -, iniquissimo e stolto, dice, che la mia propriet, che la mia immagine sia gravata da opere altrui. AG. Tu dunque separi la carne dal diritto di Dio, facendogli rivendicare al proprio diritto soltanto l'anima, e ti sei dimenticato che scritto: Come la donna deriva dall'uomo, cos anche l'uomo ha vita dalla donna, ma tutto proviene da Dio 59? Il che certamente stato detto o secondo la carne o secondo ambedue, non tuttavia secondo l'anima soltanto. Visto poi che ti piace mettere sulle labbra di Dio le parole: " E' iniquissimo e stolto che la mia propriet, che la mia immagine sia gravata da opere altrui ", perch non cerchi la

ragione per cui l'anima sia gravata giustamente dalla carne tratta dai genitori e gravata dalle stesse opere di Dio? Infatti un corpo corruttibile appesantisce l'anima 60. E penso che tu riconosca come opera di Dio anche il corpo corruttibile. Che cosa dunque ha fatto meritare all'immagine di Dio d'essere appesantita da un corpo corruttibile per essere impedita nella conoscenza della verit, se non esiste nessun peccato originale? Perch non fai dire a Dio anche questo: E' iniquissimo e stolto che la mia propriet, che la mia immagine, per mancanza di fede o per negligenza dei genitori o delle persone tra le quali vive o per qualsiasi necessit, esca dal corpo senza il battesimo e non sia ammessa nel mio regno, n abbia la vita, perch non ha mangiato la mia carne santa n ha bevuto il mio sangue 61? O forse contesterai pure questa sentenza del Cristo e griderai dicendo: Certo che vivr, anche senza aver mangiato la carne del Cristo e bevuto il suo sangue. Di chi questa voce se non di un anticristo? Va', di' cotesti errori, insegna cotesti errori. Ti ascoltino i cristiani, maschi e femmine. Ti ascoltino gli uomini corrotti di mente, reprobi circa la fede. Ti ascoltino, ti amino, ti onorino, ti pascano, ti vestano, ti abbiglino e seguendoti perduto si perdano anch'essi. Ma il Signore conosce chi sono i suoi 62, n c' da disperare neppure di voi, finch la sua pazienza si prodiga per voi. L'anima tutta spontaneit. 45. GIUL. All'anima io ho dato tale stato che nessuno le potesse nuocere dall'esterno contro la sua volont, ma spontaneamente scegliesse da s il peccato o la giustizia o il premio o il reato. AG. Lo si pu dire della prima natura dell'uomo, non di questa natura viziata e condannata. N infatti anche nel paradiso prima del peccato appesantiva l'anima un corpo corruttibile; oppure voi siete a tal punto corrotti di mente da osare di dire anche questo? Se non lo osate, dite come merit l'immagine di Dio d'essere appesantita da un corpo corruttibile, voi che non volete confessare con la Chiesa cattolica il carattere originale del peccato. Credo pi a Dio che a Manicheo. 46. GIUL. Ti sdegni con me perch credo pi a Dio che giura che non a Manicheo che congettura, il quale soprattutto non porta nessuna prova, non dico testimonianze di sana fede, ma almeno

argomenti di vigilante ingegno. Tali argomenti, sebbene non si possano mai trovare cos validi da poter abbattere le fondamenta della verit, tuttavia apporterebbero almeno sul momento, se si dicessero nel modo adatto, un certo conforto contro la vergogna della stoltezza. Persiste Dio nel fortificare giurando ci che aveva reso sacro comandando. Prosegue nel rendere piano anche per mezzo di esempi quanto ha sancito e dice che, se esistesse un uomo rispettoso con immacolata devozione di tutte le specie della giustizia e avesse generato costui un figlio che si attaccasse a costumi pestiferi e deviasse dalle orme paterne, non potrebbe giovare a lui per nulla la nobilt meritata dal padre con tanta cura di giustizia. Inversamente propone il caso del figlio di un padre peccatore, che con miglior consiglio rifugge dalle vie di suo padre, e dichiara che non gli nuoce per nulla l'iniquit del genitore. Mette sulla stessa linea la giustizia e il peccato, asserendo che i vizi dei generanti non camminano con i semi, cos come non possono camminare con i semi le virt, ma che tutte le anime appartengono alla sua giurisdizione: con il che si rivela sacrilego anche il tuo dire che le anime e i corpi dei nascenti sono appannaggio del diritto del diavolo. AG. Ti gi stato risposto: vana la tua verbosit. Tutto l'uomo, cio l'anima e il corpo, appartiene per la sua sostanza al diritto del Creatore; ma per il vizio, che non nessuna sostanza, stato mancipato al diavolo, tuttavia sotto la medesima potest del Creatore, sotto la quale costituito lo stesso diavolo. Non buona la tua causa. 47. GIUL. Asserita la giustizia del suo giudizio, viene subito ad accusare la vostra opinione in coloro che avevano idee simili: Voi dite: Perch il figlio non sconta l'iniquit del padre? Risponde: Perch l'anima che pecca, lei che deve morire. Il figlio non sconta l'iniquit del padre, n il padre l'iniquit del figlio. Al giusto sar accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagit 63. Chi di noi avrebbe mai potuto discutere di questo con tanta diligenza con quanta ne ha dissertato Dio per bocca del suo profeta distinguendo, confrontando, ripetendo? AG. E tuttavia, bench Dio lo abbia fatto, tu mescoli la tua loquacit alla tanta perspicuit delle sue parole, sapendo che non buona la tua causa.

Non possibile che Dio imputi ai nascenti i peccati di altri. 48. GIUL. Ma non contento di avere spiegato soltanto questo, a conferma di tale giustizia prende anche un altro argomento dalle opere della misericordia e dichiara che a quelle stesse persone che hanno peccato di spontanea volont, se si rifugiano nella penitenza e nell'emendazione, non nuocciono gli errori trascorsi. Dice: Se il malvagio si ritrae dalle iniquit che ha commesse e osserva i comandamenti, nessuna delle colpe commesse sar ricordata, ma egli vivr per la giustizia che ha praticata 64. Cio, essendo io in tal proposito di clemenza da indulgere anche i peccati propri a coloro che se ne sono corretti, com' possibile che io imputi ai nascenti i peccati altrui? O forse i fatti lasciano pensare che l'innocenza nel momento in cui creata sia rea presso di me, per il quale essa nella sua efficenza anche quando si recupera dopo che stata guastata? AG. Altra la causa dei penitenti, altra la causa dei nascenti. Infatti voi non trovate in nessun modo come dimostrare la giustizia di Dio se egli, pur non trovando nei nascenti nessun peccato, nondimeno li aggrava di un corpo corruttibile e per giunta di tante e di cos grandi calamit. Sono realmente innumerevoli i mali che soffrono i bambini: febbre, tosse, scabbia, dolori sparsi in tutte le membra, diarrea, vermi e altri mali da non potersi contare, provenienti dalla carne stessa; poi i moltissimi patimenti degli stessi trattamenti curativi delle malattie, e dall'esterno i colpi delle ferite, le piaghe delle percosse, le incursioni dei demoni. Ma voi, sapienti eretici, per non confessare il peccato originale, siete pronti a riempire il paradiso di tali fiori. Se infatti dite che nel paradiso non ci sarebbero stati questi mali, chiedo per quale ragione essi siano nei bambini, che non hanno, come sostenete voi, nessun peccato in nessun modo. Se invece non vi vergognate di dire che anche cotesti mali sarebbero stati nel paradiso, quali cristiani siate voi che bisogno c' che lo diciamo noi? Dio parla di persone adulte. 49. GIUL. Dispiacque ci ai cultori degli idoli, dispiace anche a voi la nostra fede, che vedete modellata su questa legge. Dissero dunque i profani: Non retta la via del Signore. Replica: Udite dunque, o popolo d'Israele. Non retta la mia via o non piuttosto la vostra? Perci io giudicher ognuno di voi secondo la sua condotta,

dice Adonai il Signore 65. Lo vedi o no da quali testimonianze siamo garantiti? Seguiamo forse indicazioni ambigue? Andiamo forse a caccia di parole vaghe? Difendiamo forse la fede con argomenti deboli o involuti? Noi esecriamo ci che Dio esecra, noi intendiamo ci che Dio spiega, noi ragioniamo su ci che Dio ha discusso, noi crediamo ci che Dio giura: Il figlio non sconta l'iniquit del padre, n il padre l'iniquit del figlio. Al giusto sar accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagit 66. In che modo prometta Dio di giudicare riluce: cio n peseranno sui figli i peccati dei genitori, n sui genitori i peccati dei figli, e per questo anche con le testimonianze delle Scritture risulta ci di cui non lasciava dubitare la ragione, ossia che Dio tiene nei suoi giudizi la stessa giustizia che ha tenuta nei suoi precetti. AG. Da qui almeno cerca di capire che Dio in questo passo ha parlato di quei padri e di quei figli che vivevano gi separatamente, ossia dal fatto che dopo aver detto: Il figlio non sconta l'iniquit del padre, n il padre l'iniquit del figlio, ha subito aggiunto: Al giusto sar accreditata la sua giustizia. E' mai possibile infatti in questo secolo dire di un bambino che a lui stesso accreditata la sua giustizia, dal momento che non pu vivere ancora per mezzo della sua propria vita n in modo giusto n in modo iniquo? Quanto dunque patisce di pene nella sua et, per quale merito lo patisce, se non ha tratto nessun merito dai genitori? Poich il giustissimo Dio non infligge a nessuno pene immeritate, n le lascia infliggere, non si potrebbe nemmeno dire che il bambino patisca i mali presenti per esercitare la virt, che non c' ancora affatto in lui. Ebbene, se pensi al secolo futuro che appartiene all'eredit del nuovo patto, anche dei bambini che muoiono nella loro stessa et si dice esattissimamente: Al giusto sar accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagit. Cos infatti si distinguer il generato dal rigenerato: questo vivr di vita nel regno dove abita la giustizia, quello invece morir di morte nel castigo dove tormentata l'iniquit. Ma quale la giustizia del rigenerato se non quella che passa in lui dal Cristo, nel quale tutti riceveranno la vita? E quale l'iniquit del generato se non quella che passa in lui da Adamo, nel quale tutti muoiono? La non ricaduta dei peccati paterni uguale per i figli grandi e per i piccoli.

50. GIUL. Ma perch tu eventualmente non voglia illudere gli orecchi dei pi semplici con tale cavillo da dire che Dio ha parlato qui di quanti sono di et perfetta, cio ha detto che i crimini dei genitori non recano danno a quei figli che con la santit delle loro opere hanno reso vano il male naturale, bisogna mostrare che non giova a nulla questa gherminella. A parte che Dio ha prescritto in maniera assoluta che l'iniquit dei genitori non condanni i figli innocenti, ma ciascuno sia chiamato a rispondere delle proprie iniquit - n su questo ha di che dubitare un animo fedele -, tuttavia per maneggiare di nuovo il cadavere della tua opinione, colpito da tanti fulmini della legge, in quale senso crederai tu da intendersi questo pronunziamento di Dio, che cio i delitti dei genitori non nuocciano ai figli adulti, cos come nemmeno ai figli nascenti? Solo forse nel senso che non si lascino nuocere ai figli gi grandi di et e operanti la giustizia, mentre i piccoli, prima che abbiano smaltito con la propria giustizia il veleno naturale, sono gravati dalla scelleratezza dei generanti, e cos accade ci che Dio per mezzo del profeta ha negato che sarebbe accaduto? AG. Anzi cos accade ci che Dio dice in un altro luogo: Punir le colpe dei padri nei figli 67. Poich infatti egli fa ambedue le dichiarazioni, cio che i peccati dei padri non toccano i figli e che punisce nei figli i peccati dei padri, non pu certo contraddirsi. Perci coloro che cercano in modo giusto come siano vere ambedue le dichiarazioni, arrivano a capire che una corrisponde alla generazione e l'altra alla rigenerazione. Tu, che perverti il tuo cuore, va' cauto con Dio, [cave illum], e non chiamerai cavillo la verit che ascolti. Soltanto la rigenerazione sottrae i bambini al peccato dei genitori. 51. GIUL. Ma a questo noi ci riferiamo: che ai bambini non nuocciano i peccati dei genitori. Confessa dunque che accade anche quell'altro fatto, il quale ha una pari importanza: il fatto cio che le giustizie dei genitori giovino ai loro figli e li santifichino; e solo si neghi che giovino ai figli che gi in et pi grande abbiano infranto con i propri crimini le giustizie natali. E cos, poich l'uno e l'altro fatto negato da Dio, l'uno spiegato e inculcato con l'esempio dell'altro - e tu questa negazione, vedendola contraria alle tue ragioni, sostieni che ha mentito nei bambini -, tu confuti con la condizione dei nascenti ambedue le parti della negazione. Quando

lo avrai fatto, avrai combinato due mali insieme: l'uno di opporti alla sentenza di Dio, l'altro di asserire che da un giusto nasce un giusto e da un criminoso nasce un criminoso. AG. La negazione del profeta io non dico che abbia mentito, ma dico che non stata capita da te. Egli ha profetato appunto la rigenerazione, che sola dona ai figli di estraniarsi dai peccati dei genitori, peccati che competono al giudizio di Dio e non al giudizio degli uomini. Tu invece, negando che la generazione contragga dai padri il contagio della morte antica, tenti di cancellare la causa stessa della rigenerazione. Sebbene infatti il lavacro della rigenerazione deterga tutto ci che trova di peccati, tuttavia gli altri peccati potrebbero essere riparati anche con la penitenza, come possono essere riparati in coloro che non lecito rigenerare di nuovo. Il peccato invece che si contrae con la generazione non si proscioglie se non con la rigenerazione. Il giusto dunque nasce da Dio e non dall'uomo, perch giusto diventa rinascendo e non nascendo, ed per questo che i giusti sono chiamati anche figli di Dio. Leggi il Vangelo: Non da sangue, n da volere di carne, n da volere di uomo, ma da Dio sono generati 68. Perch tenti di congiungere generi di realt molto diversi? Gli uomini nascono dalla carne degli uomini, rinascono dallo Spirito di Dio. Che c' dunque da meravigliarsi se, come dallo Spirito della giustizia l'uomo prende la giustizia, cos dalla carne del peccato trae il peccato originale? N infatti sarebbe venuto a liberarci l'Uomo che unico nella carne somigliante alla carne del peccato, se la carne di tutti noi non fosse carne del peccato. Poich dunque di questa grazia cristiana nemica la vostra eresia, osate voi meravigliarvi ancora e lamentarvi che la Chiesa del Cristo vi detesti? Non sai quello che tu dici. 52. GIUL. Se poi, non sostenendo lo strepito dei reclami della verit, tenti di fuggire altrove, cadrai in altre reti pi forti. Se per esempio dirai: La sentenza del profeta vera, s, ma nelle persone pi grandi, nelle quali dice che le parentele non sono gravate dalle reciproche colpe; nei bambini mentisce nella parte dove dice che essi non sono rei per le scelleratezze dei genitori, ma non mentisce nell'altra parte dove asserisce che essi non sono avvantaggiati in nessun modo dalle virt dei genitori, allora darai pubblica e turpissima dimostrazione di libidine non di discutere ma d'inventare, non di dialogo ma di monologo, non infine di uomo

sano ma di manicheo insano, se contro l'evidenza della ragione, contro l'onore di Dio, contro gli esempi, contro le testimonianze dei precetti, contro la chiarificazione dei giudizi, reputi che ti sia consentito rifiutare ci che ti aggrada rifiutare e accettare ci che ti diletta di accettare. AG. La sentenza del profeta non mentisce in nessuna parte; ma tu, non comprendendo quello che predice, per non dire che mentisci, certo per - e lo dico senza intenzione di offenderti - non sai quello che dici. Infatti anche ci che metti in bocca al Profeta: I figli non sono avvantaggiati in nessun modo dalle virt dei genitori, c' moltissima differenza sul modo e sul limite d'intenderlo. Negate forse infatti che i figli siano offerti alla madre Chiesa dalla fede dei genitori per essere rigenerati e ai ministri di Dio per essere battezzati? In che senso dunque i figli non sono avvantaggiati in nessun modo dalle virt dei genitori? Oserai dire che la fede cristiana non in nessun modo una virt? O non sono forse avvantaggiati dal momento che al regno di Dio non sono mandati altrimenti che dalla medesima rigenerazione? Anche negli stessi benefici temporali per quale ragione si dice ad Isacco: Te lo far per amore di Abramo, tuo padre 69? Per quale ragione anche Lot, figlio di un fratello di Abramo, aiutato dai meriti del suo zio, se i figli non sono in nessun modo avvantaggiati dalle virt dei genitori 70? Per quale ragione infine a causa dei peccati di Salomone diminuito il regno al suo figlio e per i buoni meriti di Davide non gli tolto tutto il regno, se i figli non risentono in nessun modo dei peccati dei genitori o non sono in nessun modo avvantaggiati dalle virt dei genitori 71? O uomo linguacciuto e non provveduto, sappi distinguere questi versanti. Qui vedi, se puoi, che cosa sia stato profetato per mezzo di Ezechiele 72. E' infatti allo scoperto che n un padre non rigenerato nuoce al figlio rigenerato per raggiungere la vita eterna, della quale detto: Vivr di vita; n un padre rigenerato giova per questo medesimo fine al figlio non rigenerato; n reciprocamente un figlio rigenerato giova al padre non rigenerato o un figlio non rigenerato nuoce al padre rigenerato, con il risultato che uno vivr di vita e l'altro morir di morte. Se poi questi versanti non li puoi vedere, per quale ragione non puoi nemmeno tacere? Con l'estro di Marcione.

53. GIUL. Chi sei tu che, concitato dall'estro di Marcione, irrompi a fare strage di equit? Chi sei tu che sotto la censura della tua lingua, imbrattata ancora dai misteri dei manichei, fai violenza tanto ai giudizi di Dio quanto ai suoi precetti? Nessuno mai lo ha intrapreso, senza averli prima negati. Tu dietro l'iniziativa di Manicheo ardirai spezzare il comandamento di Dio che, insieme alla fede dei Profeti nei loro scritti, hanno sigillato la ragione, l'equit, la piet, la verit, in una specie di processione di testimoni sacri. Ormai hai perduto e la santit dell'intelligenza e la bellezza della religione, se reputi che da questa sentenza che si trova presso Ezechiele la tua " traduce " o sia aiutata o non sia annientata. AG. Spazia una loquacit copiosa di povert, dove non si discerne la verit o dove anche se si discerne si disprezza la verit, nella quale non c' copia vanissima di parole, ma copia certissima di fatti. Altro la dirittura di un uomo veridico, altro la fraseggiatura elegante di un uomo maledico. Veridico il profeta con i figli e con i padri che vivono separatamente le loro vite; maledico sei tu, accusando con rabbia pelagiana di essere manichei i cattolici che intendono in modo giusto il profeta. Il medesimo Dio ha pi comportamenti. 54. GIUL. Al malvagio, dice, sar accreditata la sua malvagit. Io giudicher ognuno di voi secondo la sua condotta 73. Non moriranno i padri al posto dei figli, n i figli al posto dei genitori. L'anima che pecca, lei ha da morire; poich tutte le anime sono mie, giudicher ciascuno secondo le sue colpe 74. AG. Il Dio che dice questo lo stesso Dio che dice: Punir le colpe dei padri nei loro figli 75. Se non intenderai in che modo sia vero l'uno e l'altro testo, non credere in nessun modo di avere inteso il profeta veridico, per quanto ti debba sopportare maledico nella tua loquacit. Non ingiusto Dio nel punire le colpe dei padri nei figli. 55. GIUL. Ecco a quale luce, a quale popolazione di sentenze, a quale dignit di giudizi e non teme di fare affronto e tenta di arrecare danno la tua " traduce ". Qui non c' dubbio che tu non senta la vergogna di dire ci che ormai sembra rimanere per ultimo; ossia rispondere che vera la sentenza del profeta, anzi di Dio per mezzo del profeta, di dire che insuperabile la ragione dei

saggi, che insegna ingiustissimo imputare ai figli i peccati dei genitori. AG. Arrossisci: ingiustissimo sei tu, perch colui che ha detto: Punir le colpe dei padri nei loro figli 76, non ingiusto. Un reato volontario ha contaminato tutti i semi umani. 56. GIUL. N ti vergogni di credere a questo: che per un reato di volont siano contaminati i semi di tutti gli uomini. Ma tuttavia credi che soltanto nel crimine di Adamo non valga questa giustizia, che i peccati dei genitori non si imputino ai figli, e che il suo peccato sia l'unico ad essere imputato a tutti. Di fronte alla quale affermazione non so che cosa fare prima di tutto: ridere, come esigono queste singolari stramberie? Ma la perdita di molti che voi ingannate, aspetta commiserazione e lacrime. Mi far mordere dunque da una grande tristezza? Ma le " magie " delle tue argomentazioni impongono lo sberleffo ad un animo per quanto mesto. AG. Di' ci che ti senti di dire, o egregio correttore, per la cui autorit si deve ritenere corruttore Ambrogio, del quale il tuo maestro Pelagio ha dichiarato che nemmeno un nemico os riprendere la fede e la purissima intellezione delle Scritture 77. Riprendilo tu: sei infatti nemico della croce del Cristo pi forte e pi potente che se tu fossi nemico di Ambrogio; sei pi audace nell'odiare la grazia di Dio che se tu odiassi quell'uomo di Dio. Riprendilo, dico, e irridilo scatenandoti, deploralo contristandoti: sei infatti capace con grande forza di eloquenza di piegare a urbanit la tua vanit e di trasfigurare in compatimento il tuo accanimento. Di' dunque che err mostruosamente, che farnetic infelicemente quel famoso personaggio ad affermare che la discordia tra la concupiscenza della carne e la concupiscenza dello spirito a causa della prevaricazione del primo uomo si convert in natura 78. Chi nasce infatti senza di essa da quando gli uomini cominciarono a nascere, nascendo cio dalla carne del peccato? Ma tu, acutissimo uomo, non credendo che quel peccato sia stato tale e tanto da poter mutare allora in questo male la stessa natura e da farla meritevole di condanna assieme alla stirpe per il merito di un'indicibile apostasia, tu ci che tutti gli uomini sobri sentono come un male e giudicano come un male, tu, ebbro del dogma pelagiano, asserisci che un bene. Con mirabile facondia infatti tu

sai ornare di lodi quella libidine che i santi accusano con gemiti, e assolutamente tale e quale esiste al presente, una libidine cio che si insinua in coloro che non vogliono e provoca a battaglia i cuori casti, la sai collocare nei parchi del paradiso, anche se nessuno vi avesse peccato, come un albero formoso e delizioso. Arrossisci, o beatitudine dei pelagiani, e vedi dove fuggire, poich i casti fuggono da te. Nelle medesime righe neghi ci che hai affermato. 57. GIUL. Chi potr infatti, se questo secolo avr un qualche avvenire, credere alle documentazioni letterarie che sia esistito un uomo capace di credere e di giurare che non naturale ci che naturale, che non proprio della generazione ci che proprio della generazione, che non appartiene alla condizione dei genitori ci che appartiene ad alcuni non per altra ragione che sono diventati genitori? Reputo che la generazione futura giudicher invenzioni queste affermazioni pi che opinioni sostenute da alcuni mortali. Queste sono le " nuotate ", le nausee, i vomiti che soffre la nazione e la fede di voi che dite: Non possono i peccati dei genitori discendere ai figli per natura, perch non si lega ai semi un fatto dell'arbitrio; ma il peccato di Adamo, che fu concepito dalla volont, passa per natura in tutti gli uomini, perch questo fatto dell'arbitrio fu collegato ai semi. Ancora: Dio non condanna i figli per i peccati dei genitori, perch sarebbe somma ingiustizia; ma Dio condanna i posteri di Adamo per il peccato dei genitori, senza che questa condanna si possa giustificare con nessuna giustizia. Infine: non appartiene alla condizione della generazione il fatto che diventino genitori coloro che sono coniugati: il che non per altro appartenne ad Adamo se non perch gener secondo la legge del coniugio. Tutto questo governare una rotta o nuotare? Questo vogare o avere le nausee del mal di mare? Questo mangiare cibo solido o vomitare in continuazione? Con i medesimi discorsi affermi ci che hai negato, nelle medesime righe neghi ci che hai affermato, e ti arrabbi perch noi non ci acquietiamo ad un uomo che, rotto da un grave morbo, non pu ritenere quello che ingerisce. AG. Lungi da noi il dire che Dio non punisce nei figli i peccati degli altri padri, quando la divina Scrittura tante volte e nominatamente attesta per quali peccati paterni e su quali figli sia trascorsa la vendetta, fino a notare che la vendetta di un certo peccato grave del re Acab Dio, perdonando il padre, la differ al suo figlio 79. Ma

quale sia il modo e quale sia la forma e la misura della giustizia divina, secondo cui sono puniti nei figli i peccati degli altri padri, chi lo pu indagare? Per questo Dio riserv a s tali giudizi, ma proib all'uomo che giudica di punire cos. Ma l'apostasia del primo uomo, nel quale era somma e non impedita da nessun vizio la libert della sua propria volont, fu un peccato tanto grande che per la rovina di esso la natura umana croll tutta intera. Lo sta a indicare la tanta miseria del genere umano, la quale dai primi lamenti dei bambini che vagiscono fino agli estremi ansiti di coloro che spirano cos nota a tutti che quanti la negano si prendono con tanto orribile e incredibile cecit una parte maggiore della miseria umana. Cos come fate voi, che ancora non temete di dire che Adamo fu fatto mortale in tal modo da esser destinato a morire sia che peccasse, sia che non peccasse, anche dopo il processo palestinese, dove Pelagio stesso condann voi perch lo dicevate 80. Ma continua come ti piace e incrimina di essere manichei gli stessi e tanti vescovi palestinesi. Grida che Pelagio cedette per un momento ai manichei per non essere condannato da loro. Riempi il paradiso dei pomi della libidine, e tanti e cos grandi mali che vediamo sofferti dai bambini, come se non fossero dolori penali, ma odori primaverili, diffondili su quei prati felici! E irridimi come un nuotante, mentre tu perisci in queste profondit che ti sommergono. Irridimi come uno che preso dalla nausea e dal vomito, mentre tu giaci morto e puzzi d'inquieta loquacit come di una putredine verminosa. Accusami come se affermassi ci che ho negato e negassi ci che ho affermato, mentre sei tu piuttosto ad avere fatto questo, come ho dimostrato nel tuo volume precedente; e che io non l'abbia fatto possono avvedersene i lettori e trovare con quanta falsit hai detto che l'ho fatto io. Di' che io sono rotto da un grave morbo e non posso ritenere ci che ingerisco, mentre tu hai perduto completamente lo spirito della vita e non sei in grado nemmeno d'ingerire i cibi che ti sono messi in bocca. Conflittualit non necessaria. 58. GIUL. Vedi certamente anche tu stesso che non una situazione degna di conflittualit. Tuttavia, per venire in soccorso delle menti incaute che a conforto della loro coscienza ferita abbracciano le opinioni pi grossolane e pi ligie ai cattivi costumi, ti interroghiamo se un reperto di tanta stoltezza l'abbia tu trovato in occasione di un qualche passo delle Scritture. Se dirai: A causa di un uomo solo il peccato entrato nel mondo 81, ti ammoniamo a

rileggere il precedente " libello " della presente opera. Se te lo ricorderai, non potrai usurpare questa testimonianza dell'Apostolo. AG. Noi piuttosto ammoniamo te a leggere lo stesso Apostolo e a vedere che quelle sue poche parole di cui trattiamo sono tanto manifeste contro di te da avere tu tentato invano, non con un " libello ", ma addirittura con un lunghissimo e loquacissimo libro, non di convertirle ma di pervertirle nella vostra eretica sentenza; non di chiarirle ma di oscurarle. Nel rito battesimale non si menziona la generazione infetta. 59. GIUL. Se poi dirai che una sola la forma del battesimo con la quale si consacrano uomini di et diversa, confesserai, anche se io taccio, che ivi non si fa nessuna menzione n della generazione infetta, n della carne diabolica, n di Adamo. Tuttavia a questo intendiamo rispondere pienamente a suo tempo, sebbene non abbia attinenza con la " traduce ". AG. Ove comincerai a rispondere, che cosa apparir ivi di te se non l'eretico che sei solito apparire? Almeno un solo testo. 60. GIUL. Una sola dunque contro tanta dignit di testi, contro la manifesta giustizia, contro l'evidenza della ragione, almeno una sola sentenza della legge tirala fuori, per dimostrare con essa che sei stato ingannato. E aggiungo questo perch, anche se ci fosse una sentenza che per ambiguit di parole si ritenesse dimostrativa di qualcosa di simile, tuttavia si sarebbe costretti dallo splendore e dal magistero delle altre sentenze a spiegarla cos come si addice alla giustizia. AG. Testimonianze divine certe e non ambigue si portano contro di voi, come gi da noi ne sono state portate molte 82; ma poich esse accusano le vostre tenebre, non sembrano luminose a voi e contro di esse, quelle che siano, se sono moleste a voi per i raggi della loro luce, voi chiudete il cuore, perch non sia fugata da esso la notte dell'errore. La tua opinione la nostra fede.

61. GIUL. Ma ora, visto che nemmeno una esigua occasione si trova per questa opinione nelle sante Scritture e viceversa la fede che noi custodiamo protetta dalle sue ragioni, non meno che da esempi e da testimonianze, sei pervaso da una ostinazione assolutamente funesta tu che ritieni con danno della legge, con danno della ragione, con danno della prudenza, con danno della giustizia, che si debba annuire ai sogni dei manichei. Ag. Con danno della legge tu non ascolti: Punir le colpe dei padri nei loro figli 83. Con danno della ragione tu non vedi che i mali patiti dai bambini, i quali non fecero in questa vita peccati propri in nessun modo, non hanno presso Dio cause giuste se non nei peccati della origine. Con danno della prudenza tu non ti trattieni dal proferire o dal difendere contro l'antichissimo fondamento della fede cattolica un dogma novizio per cui si nega il peccato originale. Con danno della giustizia tu sei cos iniquo da non temere di rinfacciare il contagio della peste manichea a tanti personaggi santi, figli e padri della Chiesa del Cristo, discepoli e dottori che vissero prima di noi, e alla stessa Chiesa cattolica, madre di tutti. Adamo e gli altri genitori. 62. GIUL. Attento tuttavia alla nostra argomentazione in questo senso. Anche se tu potessi provare che il peccato di Adamo imputato ai figli, consentiresti tuttavia che i crimini degli altri genitori non nuocciono alla loro prole. AG. Chi pu consentire a questo errore, se non chi non crede a Dio che dice: Punir le colpe dei padri nei loro figli? Il peccato di un solo genitore. 63. GIUL. Era manifesto che non la generazione, ma un'altra qualsiasi causa faceva sembrare, presso tuttavia un giudice iniquo, soggetti i figli al peccato di un solo generante. AG. Apertissimamente tu dici iniquo Dio, il quale dice apertissimamente che punir nei figli i peccati dei padri. Tutta la fecondit inquinata.

64. GIUL. E avveniva che come l'estimazione del giudice era macchiata dalla condanna d'innocenti, cos lo stato della generazione era giustificato dagli esempi degli altri genitori. Se infatti la causa del " tramite ", se la causa del crimine si fosse fermata nell'operazione della fecondit, questa condizione inquinerebbe tutta la fecondit. AG. Punir le colpe dei padri nei loro figli 84: Dio lo grida. Poich dunque egli verace, tu esci dall'orbita della verit. Gli altri padri e il padre Adamo. 65. GIUL. Ma poich di una generazione non diversa appariva tuttavia diverso lo stato, riluceva in modo assoluto che anche in quel coniugio, al cui reato aveva partecipato la sua prole, la generazione non era stata viziata. AG. Sebbene non sia diversa la generazione quando da morituri nascono morituri, tuttavia l'affermazione dell'Apostolo: Il corpo morto a causa del peccato 85, non si riferisce agli altri padri, ma a quel padre che pecc con tanta empiet quanta noi non possiamo misurare ed estimare. Ma quanto grande l'abbia giudicata Dio lo abbiamo appreso da testimonianze abbastanza valide, cio sia dalla divina Scrittura, sia dalla stessa miseria del genere umano, quanto grande a causa del peccato di lui la scorgiamo resa alla sua propaggine per giudizio certamente non ingiusto di Dio noi che, essendo cristiani, non ammettiamo che anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato, sarebbe stata presente, non dico la morte eterna e dell'anima e del corpo, ma nemmeno la morte temporale del corpo, n i tanti e cos grandi mali che i bambini vediamo soffrire. Nel caso invece degli altri padri, anche se fanno molti peccati, poich tuttavia peccano e con un'anima inferma e in un corpo corruttibile che appesantisce l'anima, due sono le osservazioni da fare: i loro peccati non rendono moritura la natura umana; i loro peccati sono puniti nei figli con un castigo molto diverso e molto minore, per occulto e giusto giudizio di colui che dispone tutto con misura e calcolo e peso 86, e dice non bugiardamente: Punir le colpe dei padri nei loro figli 87. certa la non esistenza della del peccato. 66. GIUL. Che dunque si fatto? Evidentemente che la non esistenza della " traduce " del peccato tanto certa che, se anche

insegnassi la punizione dei figli a causa del peccato di Adamo, risulterebbe tuttavia che i peccati non possono essere innati e che il crimine non pu camminare con il seme, atteso che ci non avviene per tua confessione in ogni fecondit, e che quindi i vizi, anche se si trasmettessero alle persone, non si mescolerebbero tuttavia alle concezioni. Ma ora, poich tra me e te c' consenso che il peccato dei genitori non pot passare ai figli se non per vizio e reato della generazione, e poich d'altra parte tra ragione, esempi e legge c' consenso nell'escludere che lo stato della generazione abbia potuto in alcun modo essere viziato, come confermi tu stesso, concedendo che all'infuori del caso di quei due genitori i peccati degli altri genitori non passano ai figli, la conclusione pi invitta questa: n la fecondit dei primi uomini stata corrotta dal diavolo, n possibile a nessun peccato coesistere con la nascita. AG. Non questo ti si dice; da te stesso ti dici ci che noi non diciamo. Anche i peccati degli altri padri sono puniti nei figli per giustizia divina e non per giustizia umana. Dio infatti sa quando e come farlo giustissimamente. L'uomo invece non lo sa e deve giudicare secondo la propria cognizione. Pu infatti sapere quando giudica - sebbene anche questo non sempre - un fatto di una qualsiasi persona, ma donde viene a conoscere i vincoli e la qualit dei vincoli in cui intricata la natura, dalla quale la persona sorta come natura di una natura? Ma che quell'unico peccato, per cui la natura umana fu mutata in necessit di morte basti alla condanna, anche se non esiste nessun altro peccato, nel caso che l'obbligazione della generazione non sia sciolta dalla rigenerazione: questo noi diciamo, anche se voi non lo volete udire; questo voi non lo vincete con la verit, anche se persistete a combatterlo con la loquacit. Tornate alla pietra solida della Cattolica. 67. GIUL. Si chiede dunque a noi per quale ragione non consentiamo all'esistenza del peccato naturale. Rispondiamo: perch non ha nessuna verosimiglianza e tanto meno nessuna verit, perch non ha nessun colore di giustizia e di piet, e perch fa sembrare che il diavolo sia il creatore degli uomini. AG. Lo fa sembrare certamente, ma a voi, non a coloro che sanno discernere il vizio dalla natura, bench il vizio sia nella natura. Leggi l'Epistola agli Ebrei e vedi che il cibo solido per coloro che

hanno i sensi esercitati a separare il bene dal male, e voi non li avete 88. Perci quando noi diciamo: L'uomo nasce con il vizio, voi reputate che diciamo il diavolo creatore dell'uomo, cos ciechi o litigiosi da non sapere o da non voler attendere nemmeno ai vizi corporali con i quali nascono alcuni: e se di questi vizi si chiedono a voi i meriti, non trovate dove rifugiarvi se non in un precipizio, finch non volete tornare alla pietra solida della Cattolica. Il peccato originale rende iniquo Dio. 68. GIUL. Perch affigge a Dio giudice un crimine di iniquit. AG. Questo lo fate voi, perch iniquo il grave giogo che pesa sui bambini, se non esiste nessun peccato originale. Voi sopprimete il libero arbitrio. 69. GIUL. Perch infrange e distrugge il libero arbitrio, che il principalissimo presidio di protezione della Chiesa del Cristo contro i diversi errori. AG. A sopprimere il libero arbitrio siete voi, perch gli negate la grazia di Dio che lo restituisca o lo aiuti. Capaci di virt, perch giustificabili da Dio. 70. GIUL. Dicendo che tutti gli uomini sono tanto incapaci di qualsiasi virt da essere ripieni di antichi crimini nelle stesse viscere materne. AG. In che modo diremmo che gli uomini sono giustificati dalla grazia, cio fatti giusti, se negassimo che siano capaci della virt? La forza del peccato originale. 71. GIUL. Delle quali scelleratezze tuttavia blateri che la forza non solo quella di respingere l'innocenza naturale, ma anche quella di costringere l'uomo poi per tutto il seguito della vita ad ogni sorta di vizi. AG. Per la grazia di Dio si attenua, per la grazia di Dio finisce la nostra necessit: nulla ha da fare qui la vostra loquacit. La legge del peccato vige in tutti.

72. GIUL. La quale legge del peccato tu giuri che rimase ed ebbe vigore anche nei Profeti e negli Apostoli, gi illustri per grande splendore di costumi e di prodigi, e pur dopo quella grazia dei misteri del Cristo, grazia che tu reputi di aiutare con tutte queste infamie del tuo dogma. AG. Quella tua pupilla della libidine, ossia la concupiscenza della carne che combatte contro la concupiscenza dello spirito, i Profeti e gli Apostoli la espugnavano con sincerit, perch non la decantavano. Altre ragioni contro il peccato originale. 73. GIUL. Perch soffoca gli sforzi di ogni specie di onest, perch consola e aumenta l'oscenit dei costumi con infamia per le opere di Dio, cio per la natura umana; perch tutti i comandamenti della legge li abbandona in bala del reato della impossibilit, ossia in bala della iniquit. AG. Colui che dice: Non quello che voglio, io faccio, ma quello che detesto 89, la possibilit della sua perfezione la ripone nella grazia di Dio contro di voi e non confida nella propria forza, per non essere vano come voi. Un'altra ragione. 74. GIUL. Perch non ha meno turpitudine che empiet, quando per le supreme testimonianze della sua asserzione si abbraccia al pudore dei genitali. AG. Non ci abbracciamo al pudore dei genitali, ma piuttosto riconosciamo da dove venga questo pudore, cosa che voi non volete riconoscere. Ascoltiamo infatti la manifestissima testimonianza della Scrittura 90, di fronte alla quale voi fate i sordi, mentre dovreste fare i muti. Chi infatti, ascoltando che quei primi uomini erano nudi e non ne provavano vergogna, potrebbe non vedere la causa che dopo il peccato li fece vergognare d'essere nudi e li sollecit a coprire con cinture di fortuna le membra di cui si vergognavano 91? Ma si trovato un uomo che tale libidine, da combattere per non peccare e vergognosa anche per gli svergognati, capace di ammetterla anche nel paradiso e anche se nessuno vi avesse peccato; un uomo capace di non vergognarsi nemmeno di cos grande e tanto sacrilega mostruosit nel dire coteste nefandezze. Ti

prego, se cotesta libidine, come sembra, ti mette dentro soltanto la molestia di resisterle, ma non produce nessuna volont, per quale ragione pensi che le si debba pagare un cos grande tributo di lode, bench falsa? Un altro perch. 75. GIUL. E perch, al posto di attestazioni sacre, si gonfia di incriminazioni di Dio. AG. Non forse dunque un'attestazione sacra quella che dice: Il corpo morto a causa del peccato 92? Ed una incriminazione di Dio e non una lode quella che dice: Dar la vita anche ai vostri corpi mortali 93? Penso che a dirlo non sia stato un incriminatore di Dio, ma un predicatore di Dio, pieno dello stesso Dio. E qui egli indica che Adamo non fu fatto tale e quale dite voi, cos da dover morire sia che peccasse, sia che non peccasse. Il perch dei precetti divini. 76. GIUL. Perch nei precetti di Dio ribadisce che c' una prepotenza tirannica. AG. Il precetto di Dio non tirannico, ma per osservarlo bisogna pregare Dio stesso: questo non volete voi, perch confidate nella vostra forza. Il perch dei giudizi divini. 77. GIUL. Nei giudizi di Dio una iniquit barbara. AG. Poich non iniquo il giudizio di Dio, per questo nella miseria del genere umano che comincia dai pianti dei bambini bisogna riconoscere il peccato originale. Il perch dei giuramenti divini. 78. GIUL. Nei giuramenti di Dio afferma che ci sia una falsit punica. AG. Che forse quando Dio dice: Punir le colpe dei padri nei loro figli 94, parla in punico? I sogni manichei.

79. GIUL. Perch si basa, invece che su discussioni e su sillogismi, unicamente sui sogni e sul furore di Manicheo. AG. Non era Manicheo, n sognava, n era preso da furore sia colui che disse: Siamo stati anche noi per natura figli dell'ira, come tutti gli uomini 95, sia colui che disse: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la stessa nostra origine 96. Ho detto tutte le cause. 80. GIUL. Queste sono dunque le cause che ci accendono ad impugnare il male naturale, le cause che ci fanno disdegnare e disprezzare le consorterie dei perduti. AG. Il pio consenso di tanti e cos grandi Dottori cattolici non lo diresti in nessun modo una consorteria di perduti, se perduto non fossi tu. Non ci atterriscono. 81. GIUL. Le quali consorterie con il fragore di tutto il mondo non ci atterriscono niente di pi che se udissimo una risuonante selva di amaro lupino messa in subbuglio da porci immondi o da venti irruenti 97. AG. La Chiesa cattolica, diffusa in tutto l'orbe, la Chiesa che ebbe prudentemente orrore delle vostre facce, non una selva di lupini, ma volle essere sicura dai morsi lupini. Quello che crediamo. 82. GIUL. Dunque noi crediamo che Dio giusto e pio e verace, e riteniamo quindi che la sua legge non abbia comandato nulla d'impossibile, che le sue testimonianze non confermino nulla di falso, che i suoi giudizi non pronunzino nulla d'ingiusto; ma crediamo che Dio stesso il creatore degli uomini, e li crea esenti da qualsiasi crimine, pieni certamente d'innocenza naturale e capaci di virt volontarie. AG. Qual dunque la ragione per cui Dio non ammette alla sua vita la sua immagine, se non stata insufflata, se non stata esorcizzata, se non stata battezzata? E' cos che si rende la mercede all'innocenza? O piuttosto il reato, contratto per la

generazione e non rimesso per la rigenerazione, giustamente punito con la negazione della vita e con la morte conseguente? L'Apostolo appunto non detesterebbe gli estranei alla vita di Dio se non ci fosse in questo nessuna pena. O credere o capire.

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83. GIUL. A questo punto si deve scegliere per forza tra due possibilit: o credere che Dio sia tale e quale lo immagina il traduciano Manicheo o capire che tu, con quanti cedono alla sentenza della " traduce ", sei tale e quale a colui che l'onorato Dio combatte. Ma non pu esser Dio come lo sogna Manicheo, bens pio, giusto e vero, come lo venera tutta la santa Scrittura, tutta la legge e la nostra fede. Quindi il tuo dogma cosiffatto che, come si accetta con ingiuria di Dio, cos si distrugge con onore di Dio. AG. Se sentite che Dio pio, perch allontanate empiamente dai bambini il Salvatore, ossia Ges? Se sentite che Dio giusto, perch credete che il giogo grave sopra i bambini sia senza i meriti di nessun peccato? Se sentite che Dio verace, perch non gli credete quando dice: Punir le colpe dei padri nei loro figli 99? Gli appigli di una causa ormai morta. 84. GIUL. E' tempo che passiamo ad altro; ma la dignit della causa reclama da noi che manteniamo fede a quanto crediamo di avere omesso nel libro precedente. Il che per verit forse il prudente lettore lo riterr superfluo; tuttavia, poich risaputo che una causa ormai morta si attacca anche a leggeri appigli, vale la pena di togliere le consolazioni a coloro ai quali hai tolto le fortificazioni. AG. Poich hai cominciato a passare ad altro, dobbiamo dimostrare quello che promettemmo gi precedentemente: cio che la profezia di Ezechiele, dove si dice che i peccati dei padri non sono puniti nei figli, come i peccati dei figli non sono puniti nei padri, appartiene al preannunzio della rivelazione del nuovo patto. Dice infatti qualcosa di simile anche il profeta Geremia ed ivi illustra la ragione per cui lo si dice. Tra l'altro infatti Geremia dice: Ritorna, o vergine d'Israele; ritorna alle tue citt, tu che piangi. Fino a quando andrai vagando, o figlia ribelle? Il Signore ha creato per la salvezza una nuova piantagione e in questa salvezza gli uomini circoleranno. Il Signore dice: Nella terra di Giuda e nelle sue citt, quando metter fine alla

sua schiavit, s'innegger ancora: Benedetto il Signore sopra il suo monte giusto e santo. Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le sue citt, gli agricoltori e i pastori. Poich inebrier ogni anima assetata e sazier ogni anima affamata. A questo punto mi sono destato e ho guardato; il mio sonno mi parve soave. Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali seminer la casa d'Israele e la casa di Giuda con semenza di uomini e di bestiame. Allora, come vegliai su di essi per sradicare e demolire, cos veglier su di essi per edificare e piantare, dice il Signore. In quei giorni non diranno: " I padri mangiarono l'uva acerba e i denti si allegarono ai figli ". Ma morir ognuno per la propria iniquit e i denti si allegheranno a chi manger l'uva acerba 100. E' chiaro che ci si riferisce ai giorni della nuova piantagione, della quale parlava nel dire questo. E con la semenza di uomini e di bestiame, che Dio ha promesso di seminare, egli ci fa riconoscere in senso spirituale coloro che governano e coloro che sono governati. Ma poich era inveterata nel cuore del popolo la persuasione che nel vecchio patto era scritto: Punir le colpe dei padri nei loro figli 101, perch nessuno pensasse che la Scrittura di Dio si contraddice, per indicare pi apertamente che una norma spettava a un patto antico e l'altra norma al patto nuovo, ha subito soggiunto: Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluder un'alleanza nuova. Non come l'alleanza che conclusi con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese dell'Egitto 102. Al patto antico appartiene dunque la generazione e al nuovo patto invece la rigenerazione. Quindi nel patto antico le colpe dei padri sono punite nei figli, nel patto nuovo invece, sciolto il vincolo della generazione in virt della rigenerazione, non si dice: I padri mangiarono l'uva acerba e i denti si allegarono ai figli; ma si dice: I denti si allegheranno a chi manger l'uva acerba 103, perch, non per il peccato di suo padre, ma per il suo peccato, se l'ha commesso, ciascuno morir. Viceversa tu non hai mostrato come la profezia che dice: Il figlio non sconta l'iniquit del padre 104, si concili con la Scrittura dove si legge: Punir le colpe dei padri nei loro figli. Queste affermazioni rimarranno appunto contrarie tra loro, se ognuna delle due non sar singolarmente riferita ai singoli " testamenti ", come ha mostrato evidentissimamente il profeta Geremia. Il peccato non entr per mezzo della generazione.

85. GIUL. Giunti dunque che fummo alla sentenza dell'apostolo Paolo 105, che il traduciano era stato solito mettere in vendita agli esperti delle Scritture: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo 106, mostrai innanzi tutto con la testimonianza del medesimo testo che i traduciani erano stati rimossi dalla soglia di quel passo, quando il Maestro delle genti, riandando all'antichit del peccato, aveva collocato a custodia della generazione come fortissima guardia del corpo un numero definito, per prevenire che dicendo il peccato entrato nel mondo a causa di un solo uomo non aveva inteso riferirsi per nulla alla generazione, la quale non potrebbe esserci se non per mezzo di due. E sottolineai che era stata fatta la distinzione tra la commistione e il peccato dei progenitori dicendosi che il peccato era entrato, s, nel mondo, ma mediante quel numero che non poteva convenire ai feti. E in tutto il " libello " si provato sufficientemente che in quel passo non stata indicata la " natura " del peccato, bens la forma di un peccato che consisteva nella imitazione da parte dei prevaricatori succedutisi posteriormente e non di un peccato ricevuto per generazione. Ma poich nell'Epistola agli Ebrei troviamo detto dei Giudei: Sono nati da un uomo solo e per giunta gi segnato dalla morte 107, cio da Abramo, e poich anche sopra nella medesima Epistola si legge a proposito del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo 108, perch il traduciano non arraffi qualcuno di questi testi o simili, caso mai se ne possano trovare, e non argomenti che andato perduto qualcosa del peso della nostra risposta, nella quale abbiamo affermato che stato detto uno solo l'uomo per cui pass il peccato proprio per non fare intendere la generazione, dopo aver trovato che in questa Epistola la generazione stata indicata con il nome di un solo uomo, ho creduto di dover ritornare sull'argomento. Prego dunque il lettore a stare attento: in pi modi si distrugger infatti questa obiezione. Pertanto nel passo dove viene ricordato Abramo, inserita anche sua moglie Sara. Ecco appunto il testo come giace: Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbed partendo per un luogo che doveva ricevere in eredit, e part senza sapere dove andava. Per fede soggiorn nella terra promessa come in una regione straniera, abitando in tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Aspettava infatti la citt dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore Dio. Per fede anche Sara, sebbene gi sterile, ricevette la capacit di concepire il seme, bench fuori di et, avendo ritenuto fedele colui che lo aveva promesso. Per questo, da

un solo uomo e per giunta gi segnato dalla morte nacquero numerosi come le stelle del cielo e come la sabbia che nella spiaggia del mare 109. Dopo averli dunque ricordati ambedue, Abramo e Sara, e dopo aver detto che essa era sterile per legge di vecchiaia, ma aveva ricevuto per fede la capacit di concepire il seme, ha con sicurezza soggiunto che da un solo uomo sarebbero nati popoli cos numerosi da esser paragonati alla moltitudine degli astri. Che dunque si mettesse in evidenza la copula dei genitori lo impose tanto la testimonianza dei fedeli, quanto la verit della storia. Che invece nell'esaltare la moltitudine propagatasi da quegli stessi due non si nominassero entrambi, ma si nominasse l'uomo soltanto, lo persuase a farlo l'arte dell'elogio. Voleva mostrare appunto quanto grandi meriti avesse avuto quella fede cos certa, dicendo che per virt di Dio si sarebbe propagata una moltitudine innumerevole e giudicando pi adeguato alla esaltazione dell'opera di Dio dirla procreata da uno solo invece che da due, tanto pi che nella maggiorazione della lode fatta nell'ultima parte del discorso non veniva a perderci nulla la storia, che aveva gi assicurata sopra facendo menzione di ambedue i coniugi. AG. Non so che cosa capisca chi non capisce che tu non dici nulla. Avevi detto che l'Apostolo disse: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo 110, perch quell'uomo offr a tutti gli altri l'esempio di peccare. Hai scritto: Se in quel testo volesse far intendere la generazione, direbbe: A causa di due; non: " A causa di uno solo " 111. Mentre piuttosto, se volesse far intendere l'esempio, direbbe: A causa di una sola; non: A causa di uno solo, perch risulta che Eva offr l'esempio di peccare anche allo stesso suo marito. Ma poich con la generazione entr nel mondo un peccato che si doveva risanare soltanto con la rigenerazione, per questo disse: A causa di un solo uomo. Come infatti l'esempio del peccato umano cominci dalla donna, cos la generazione cominci dall'uomo; la concezione appunto che spetta alla donna preceduta senza dubbio di nessuno dalla inseminazione che spetta all'uomo. Ma ecco che stata trovata una testimonianza evidentissima o da te stesso o da un altro che forse l'ha obiettata, dove senza nessuna ambiguit si dicono nati da uno solo innumerevoli uomini, che per nascere hanno avuto certamente due genitori, un uomo e una donna. Ma stato detto: da uno solo nel modo pi giusto a causa dell'esordio della generazione che viene dal seme dell'uomo. Successivamente nel proporre lodevoli esempi di fede cominci dallo stesso Abele e dopo aver ricordato Abramo arriv a Sara.

Aveva evidentemente oltrepassato Abramo e parlava della sua moglie, e tuttavia, quando si venne a commemorare la generazione di un immenso popolo, ritorn ad Abramo, perch egli gener i figli che Sara partor. Se tu ci avessi riflettuto, come avresti dovuto, non bestemmieresti contro il fedele predicatore della fede che scrisse quell'Epistola e non lo diresti persuaso dall'arte dell'elogio. Persuaso a che? A mentire forse, asserendo nati da uno solo quelli che sono nati da due? Evidentemente giudicando ci pi adeguato all'esaltazione dell'opera di Dio, come stimi tu. Sbagli di grosso: non piace a Dio una falsa lode. Tu, s, sei solito offrirla volentieri alla libidine, ma molto dispiace alla verit la falsit. Infatti anche con la stessa libidine per quale ragione tu faccia non il lodatore, ma l'adulatore non lo so. Forse ti amer di pi per questo? Ti illudi assolutamente: essa non ama l'uomo, ma senz'altro lo stimola ad amare ci che non deve amare. Se poi un parlare non mendace ma verace che in un qualsiasi modo di parlare si dicano nati da uno solo, quelli che sono nati da due, perch mai pensi che dove stato scritto: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo, non si sia potuto insinuare la generazione per il fatto che essa avviene per mezzo di due e non di uno solo? Lo sanno tutti: genera o principalmente o primieramente l'uomo che semina; la donna invece o non genera ma partorisce o, se anche lo stesso parto si pu giustamente chiamare generazione, la donna concepisce prima dall'uomo generante e poi genera il feto che aveva concepito. Per questo, l'Apostolo, volendo far intendere entrato nel mondo con la generazione il peccato che il Cristo avrebbe lavato con la rigenerazione, ha detto: A causa di un solo uomo, perch fu l'uomo che allora gener o primieramente o principalmente. Soprattutto perch, come abbiamo gi detto e tu hai bisogno di sentirlo ripetere, se lo dicesse per l'inizio dell'esempio, direbbe: A causa di una sola, perch da Eva part nel genere umano il primo esempio di peccato, e preferirebbe omettere Adamo, sapendo che egli segu l'esempio della donna, cos da peccare anch'egli imitando lei. Il contesto diverso. 86. GIUL. Dunque nella Lettera agli Ebrei, dove il discorso verte sulla generazione, si dice che molti nacquero da uno solo; nella Lettera ai Romani invece, dove l'Apostolo parla del peccato, egli afferma che il peccato entr a causa di un solo uomo, e con questo numero ha insegnato assolutissimamente che non ha pensato per nulla alla generazione.

AG. Parlare cos contro l'evidenza dei fatti non , come pensi tu, una lodevole eloquenza, ma una incredibile impudenza. La mia remissivit. 87. GIUL. Dove poi si dice nei riguardi del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo 112, si pu intendere non di Adamo, ma di Dio, per virt del quale stato fatto il Cristo secondo la carne ed stato fatto tutto il genere umano. Quindi a demolire il concetto dell'Apostolo, quando disse che il peccato entr nel mondo a causa di un solo uomo, non pu dare nessun aiuto importante la somiglianza di altre parole. Rimanga tuttavia ben fisso nell'animo del prudente lettore quello che segue, perch intenda che io mi sono comportato finora con molta pi remissivit di quanto occorresse. Concediamo pure che moltissime testimonianze insegnino che la generazione, impossibile se non per mezzo di due, tuttavia solitamente si dica compiuta anche per mezzo di uno solo. Ma l'opinione della " traduce " non ne trarr nessun vantaggio. Per quale ragione? Evidentemente perch altre sono le affermazioni che si fanno in senso " abusivo " e altre le affermazioni che si fanno in senso proprio. Le affermazioni proprie distribuiscono dunque senza danno le loro appellazioni. Alle affermazioni che si fanno invece per usurpazione non si lascia che rechino i pregiudizi delle loro definizioni alle realt principali, ossia proprie. Tutto questo avviene senza colpa, quando per abuso diamo vocaboli alieni a realt sulle quali non c' nessuna ragione di dubitare. AG. Ma tu sei disposto a suscitare il dubbio anche su realt evidenti che siano contro di te. Inizio della generazione fu Adamo. 88. GIUL. Ma quando contro l'opinione di tutti si presenta una realt con un vocabolario il cui suono le presta ogni garanzia, si pecca gravemente se, avendo alla mano il suo nome proprio, si indica con il nome abusivo di una appellazione mendicata. Quando dunque si parla dei feti, poich nessuno dubita che ogni nato abbia due genitori e poich questo fatto non ha bisogno di testimonianza, non scomoder alla intellezione se dico che un tizio stato

generato da uno solo: questo mio modo di dire non indurr nessuno a pensare che sia potuto nascere o senza padre o senza madre. AG. Certamente ogni nato ha due genitori, ma perch nasca, l'uomo lo genera seminandolo e la donna lo partorisce mettendolo alla luce. Dal che ben chiaro a chi sia da attribuire la generazione o principalmente o primieramente, perch tu smetta di effondere le nebbie della loquacit su realt che stanno nella luce. Ma chi mai si esprime cos da dire che un tizio stato generato da uno solo? Chiunque sente parlare di generazione non pensa se non al padre, e soltanto il padre genera l'uomo seminandolo. Ma si soliti dire con ragione che sono stati generati da uno solo due o tre dei quali si potrebbe pensare che non abbiano il medesimo padre. Quando invece bisogna riferirsi al padre e alla madre, chi mai si dice nato da uno solo se non bugiardamente? Se per esempio manifesto che due camminarono o agirono assieme, dici forse senza mentire che a camminare o ad agire fu uno solo, per la ragione manifesta che erano in due? La tua menzogna non sar tanto pi sfacciata quanto pi spalancata? E' vero, si usa anche il numero singolare al posto del plurale nel linguaggio figurato, come nelle piaghe che percossero l'Egitto si dice rana e locusta al singolare, mentre furono molte 113. Se invece si dicesse una sola rana o una sola locusta, chi dubiterebbe che questa bugia sciocca sia tanto pi sciocca, quanto pi chiara quella verit? Smetti dunque di vendere cotesti fumi a gente ignorantissima di questi problemi. Che il peccato entr nel mondo a causa di un solo uomo capiscilo non come lo dici tu, ma come lo dice l'Apostolo. Il peccato appunto entr nel mondo a causa di un solo uomo 114, non precedente agli altri con l'esempio questo si direbbe della donna -, ma generante gli altri come principio, perch per primo semin ci che Eva concep e perch egli stesso gener ci che Eva partor. Allo stesso modo scritto: Abramo gener Isacco, Isacco gener Giacobbe 115, e questa locuzione persevera per tutte le successive generazioni. N stato detto: Abramo e Sara generarono Isacco; o: Isacco e Rebecca generarono Giacobbe. E quando fu necessario nominare le madri, l'Evangelista non afferma: Giuda e Tamar generarono Fares e Zara, ma afferma: Giuda gener da Tamar 116, e dovunque aggiunse anche le madri, attribu tuttavia la generazione ai padri, non dicendo: Costui e costei generarono lui, ma dicendo: Egli gener lui da lei. Da questo devi capire che quegli innumerevoli popoli si dicono generati da un solo Abramo nel senso che li gener da Sara egli soltanto. E' detto perci: A causa di un solo uomo il peccato

entr nel mondo 117, per far capire in quel caso l'inizio della generazione che parte dall'uomo, e non l'esempio per l'imitazione, che nel genere umano entr nel mondo a causa di una sola, piuttosto che a causa di uno solo. Il peccato originale non si finge, ma si dimostra. 89. GIUL. Quando poi si tratta del peccato che contro l'opinione di tutti e contro ogni ragione si finge innato. AG. Non contro l'opinione di tutti, n contro ogni ragione si finge il peccato originale, ma si dimostra contro il vostro errore con la testimonianza della Scrittura e con la testimonianza della stessa miseria del genere umano. Con propriet e con molta impropriet. 90. GIUL. Anche di questo peccato si dice con propriet che passato a causa di uno solo, se costui diede l'esempio di peccare; ma si dice con molta impropriet, se costui " ingener " nei discendenti quel peccato, perch allora non pot passare se non per mezzo di due. AG. Anzi: entr a causa di uno solo, perch da lui fu seminato ci che la donna partor; in lei invece ebbe la precedenza l'esempio che Adamo segu. Quel numero "uno" abusivamente inteso. 91. GIUL. Abbia dichiarato l'Apostolo che il peccato pass, ma per mezzo di uno solo; abbia indicato la verit che ci appartiene in senso proprio all'esempio: con intollerabile impudenza agisce il traduciano quando dice che quel numero, abusivamente impiegato, arriva fino a lui. AG. Che senso ha che tu cos spesso con un nome nuovo, usato calunniosamente, pensi di fare s che si abbandoni la verit dell'antichissimo dogma cattolico per lo spavento che incute la novit del nome? Che cosa non si pu deridere in questa maniera? Ma vanamente, non urbanamente. L'Apostolo infatti dice: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e per il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini 118. Queste parole le accettiamo noi e voi. Se dunque siamo " traduciani " noi per il

peccato che dalla generazione stato tradotto a passare in tutti gli uomini, traduciani siete voi per il peccato che fingete essere stato tradotto dalla imitazione a passare in tutti gli uomini, e per primo apparso traduciano l'Apostolo, il quale, sia che abbia sentito com' chiaro che ha sentito, sia che abbia sentito ci che gli attribuite voi erroneamente, tuttavia, dicendo che il peccato entr nel mondo a causa di un solo uomo e dicendo che pass in tutti gli uomini, diede l'occasione a questo nome della " traduce ". Se viceversa il nome della " traduce " non conviene a queste parole dove si dice che a causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo e pass in tutti gli uomini, allora n a noi questo nome, n a voi, n all'Apostolo conviene, ma dirlo, rinfacciarlo, ripeterlo in modo continuo e odioso ben conviene chiaramente alla vostra " inezia ". Gli argomenti devono essere affidabili. 92. GIUL. Poich infatti una mostruosit inaudita che qualcuno, lasciando le parole proprie, tenti con parole abusive e ambigue d'inventare un dogma anche tollerabile, tuttavia nuovo, infinitamente pi orribile che Agostino cerchi di confermare affermazioni oscene e incriminatrici della giustizia di Dio con sentenze cos ancipiti da confessare che in senso proprio suonano contro di lui e in senso precario suonano a favore di lui. Chi mai tra gli eruditi si fiderebbe di un argomento che, portato in giudizio, fosse valutato dal suo avversario come uno schiavo nato in casa e da lui fosse considerato come uno schiavo fuggitivo e rubato? AG. Sul tema delle parole abusive e proprie fai tali ragionamenti da disprezzare i pochi che ti capiscono e ti trovano delirante, e da scegliere che ai molti che non ti capiscono sembri che tu dica qualcosa, mentre non dici nulla. Meglio dunque faccio io ad abbandonarti ai pochi dotti che anche senza la mia dimostrazione capiscono facilissimamente che non dici nulla, piuttosto che confutarti facendo ragionamenti che molti non capiscono, sebbene veri. Ma tuttavia nel testo: A causa di un solo uomo il peccato entr nel mondo 119, per l'autore della generazione e perci forma del futuro, e per l'autore della rigenerazione, le parole non sono abusive, ma proprie. vero che nacquero da un solo uomo.

93. GIUL. L'affermazione dunque posta nell'Epistola agli Ebrei: Da uno solo tutti gli uomini, la esige la lode di Dio, dopo tuttavia la menzione dei genitori. L'affermazione invece che si fa del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo 120 stata riferita a Dio. AG. Ancora di pi dopo la menzione dei genitori - soprattutto perch aveva gi oltrepassato il padre e stava parlando della madre - non doveva tralasciarsi la madre stessa, ma si sarebbe dovuto dire: Nacquero da due, riguardo a coloro che non erano nati da uno solo, bens da due, perch la lode di Dio fosse vera e non falsa. Se non che vero pure che nacquero da uno solo, n ci stato detto in senso abusivo, ma in senso proprio, per il padre, autore del seme, e non per accrescere con una menzogna la lode di Dio, come stimi tu. Dire appunto: L'ha fatto un uomo, riguardo a ci che hanno fatto due o pi uomini, pu essere una locuzione figurata. Ma se qualcuno dice fatto da uno solo ci che stato fatto da due, se l'autore del fatto non uno solo di quei due, o inganna o s'inganna, come abbiamo gi detto sopra della locusta e della rana. S. Paolo non alleato dei manichei. 94. GIUL. Cos infatti scrive l'Apostolo ai Corinzi: Come infatti la donna deriva dall'uomo, anche l'uomo ha la vita dalla donna, ma tutto proviene da Dio 121. In terzo luogo poi la ragione indica che, se pur mancasse l'uno e l'altro argomento che milita a nostro favore, tuttavia quella sentenza con la quale Paolo tocca la questione dell'entrata del peccato in questo mondo a causa di un solo uomo, non ha stipulato nessuna alleanza con i manichei. AG. Tu piuttosto dicendo questo mostri di essere alleato dei manichei. Che alleanza infatti ci pu essere tra l'Apostolo e Manicheo, se l'Apostolo dice: Il corpo morto a causa del peccato 122, e ci sbaraglia la vostra eresia, mentre Manicheo dice: Il corpo immutabilmente cattivo per la natura del male coeterna al bene? Parimente, se nel passo dove detto che il corpo morto a causa del peccato l'Apostolo dice: Colui che risuscit il Cristo dai morti, dar la vita anche ai vostri corpi mortali 123, mentre Manicheo dice che i corpi di carne non appartengono alla creazione del Dio buono, ma alla natura del male, n che il Cristo fu risuscitato dai morti, ma non mor? Voi dunque, che non siete manichei, ma che non siete nemmeno voi sani a causa di una peste

diversa, dite in che modo il corpo sia morto per il peccato, voi che asserite entrata nel mondo la morte del corpo non per il peccato di quell'uomo, ma per legge di natura. I corpi umani non sarebbero nati nel paradiso nelle condizioni attuali. 95. GIUL. E con questo resta inconcussa la nostra risposta: in quell'uomo unico non stata additata dall'Apostolo la natura viziata e corrotta dalla generazione, ma solamente la volont viziosa di coloro che peccano, rimanendo integra la natura. AG. E' mai possibile che voi siate cos ciechi o che accechiate gli uomini con le vostre caliginose discussioni da osare di negare che nascano corpi viziosi? Forse i corpi non appartengono alla natura umana? O forse, come dicono i manichei - alla cui demenza quanto aiuto diate, certo inconsapevolmente, non volete tuttavia avvertire e pensare -, l'anima buona tenuta mescolata ai corpi dalla gente delle tenebre? Dite dunque i meriti dei corpi viziosi, voi che dite che i bambini non traggono dai genitori nessun peccato. Ecco, i manichei dicono: A tal punto questa carne mortale appartiene non alla fabbrica di Dio, ma a quella della gente delle tenebre, che anche i corpi degli uomini, che voi presentate come fatti ad immagine di Dio, non solo nascono corruttibili e soggetti alla condizione della morte, ma spesso anche viziosi. Che cosa risponder ai manichei la vostra eresia se non che la natura umana, sebbene sotto Dio creatore e artefice, tuttavia tale che, anche se nessuno avesse peccato, i corpi degli uomini sarebbero nati anche nel paradiso nelle medesime condizioni di ora? O voce abominevole e riprovevole! Noi invece, poich non diciamo che nel paradiso sarebbero nati corpi umani, non solo corruttibili e costretti dalla necessit della morte, ma molti di essi per una svariatissima viziosit anche languidi, distorti, deformi, senza nessun peccato precedente da parte dei genitori, e poich coloro che lo dicono noi li giudichiamo degnissimi di anatema, noi, ripeto, non attribuiamo cotesti mali alla natura quale fu costruita fino dall'inizio, ma alla natura umana viziata successivamente per merito della iniquit, cos da distruggere e voi e i manichei con l'inconcussa e antica stabilit della fede cattolica. Il libro che A. destin a Valerio.

96. GIUL. Ma ritorniamo a quel libro che Agostino destin a Valerio e nel quale si propose di esaminare e di confutare soltanto alcune sentenze da uno solo dei miei libri. Per la verit nel primo " libello " della presente opera ero arrivato fino alle parole di Agostino dove, manifestando l'impudenza con la quale tentava di schivare l'odiosit di quella opinione di manicheismo, per non sembrare di attribuire al diavolo la creazione dell'uomo, ha dichiarato che Dio l'autore dei mali e che egli crea la sostanza umana di tal merito che riceve un reato prima di ricevere l'uso di ragione ed collocata nel regno del diavolo dalle mani del suo Creatore. AG. Chi discerne la natura dal vizio, non dice ci che dici tu; chi legge con intelligenza ci che dico, non pensa che io dica quel che non dico. Non c' un terzo genere di vasi. 97. GIUL. Dio un vasaio, dice Agostino, che fabbrica vasi d'ira e di perdizione 124. AG. Per quanto poco tu capisca in che modo Dio dalla medesima pasta faccia un vaso per l'onore e uno per il disonore 125, tuttavia li fa cos da non fare un terzo genere di vasi che non siano n per l'onore n per il disonore, quali voi volete che siano i bambini e ritenete che per l'immagine di Dio non un disonore non entrare nel regno di Dio. Lo stesso regno infatti lo amate cos poco da credere che il non esservi ammessi non sia nemmeno leggera ma nessuna pena. Dio prevede la condanna di coloro che si allontanano dalla fede. 98. GIUL. Ma tali vasi non sono costretti alla perdizione da un processo di libera volont, bens dal potere del loro plasmatore. AG. Non di tutti gli uomini puoi dire che Dio li costringa alla perdizione, ma di quelli che sono gi stati rigenerati come suoi figli, facendo vivere coloro di cui prevede l'allontanarsi dalla fede, mentre potrebbe rapirli da questa vita prima che la malvagit li cambi. Dogma mostruoso.

99. GIUL. E questa cos grande scelleratezza di un dogma mostruoso ha tentato Agostino di corroborarla con le sentenze dell'apostolo Paolo, che io ho esposto in tutto il loro contesto, e ho dimostrato che il profeta Isaia, dal quale risultava preso il paragone del vasaio, difende pienissimamente la causa della giustizia di Dio. AG. Che cosa hai dimostrato a coloro che leggono e intendono se non il tuo tentativo, tuttavia vano, di pervertire le parole dell'Apostolo con una eccessiva loquacit? Il secondo libro. 100. GIUL. Il secondo libro poi l'ho composto tutto con il commento dell'Apostolo in opposizione agli argomenti di Agostino, nella misura della facolt che mi stata fornita dalla verit. E adesso ritorniamo dunque a seguire l'ordine del suo libro. AG. Il secondo libro l'hai composto tutto non con il commento dell'Apostolo, ma con un vano combattimento contro di lui sotto la " professione " del commento, fornendoti le parole da dire la vanit e non la verit. Chi pelagiano e chi non lo . 101. GIUL. Quindi dopo aver obiettato un capitolo della breve prefazione della mia precedente opera per confutarlo e dopo avere introdotto il discorso sul suo Dio, " figulo " dei peccatori, se la prende con me, e con quanta logica e coerenza e verit lo faccia siano i suoi stessi ragionamenti a renderlo di pubblica ragione: Non pertanto, come parli tu ingannando te e gli altri, se qualcuno dice che negli uomini esiste il libero arbitrio o che Dio il creatore di coloro che nascono, chiamato celestiano o pelagiano: coteste medesime affermazioni le fa appunto anche la fede cattolica. Ma se qualcuno dice che per onorare rettamente Dio, senza bisogno dell'aiuto di lui stesso, c' negli uomini il libero arbitrio, e chiunque dice che Dio il creatore dei nascenti, ma in tale modo da negare che egli sia il redentore dei bambini dal potere del diavolo, costui chiamato celestiano e pelagiano. Che dunque ci sia negli uomini il libero arbitrio e che Dio sia il creatore dei nascenti lo diciamo gli uni e gli altri: non per questo che siete celestiani e pelagiani. Che invece ciascuno sia libero di fare il bene senza l'aiuto di Dio e che i bambini non siano liberati dal potere delle tenebre e trasferiti cos nel regno di Dio 126, questo siete voi a dirlo e per questo siete

celestiani e pelagiani 127. Che tu veramente nuoti nella palude della tua empiet e della tua paura l'ho mostrato frequentemente, n risulta che un lettore prudente avr dubbi a questo proposito. AG. Che tu non possa nemmeno nuotare, ma che affoghi, lo sanno gli altri che ti sanno eretico, perch nel medesimo naufragio tu hai perduto anche la sensibilit. Fuori dalla nostra societ si cade tra i manichei. 102. GIUL. E perci nel primo libro ho fatto palese, con la utilizzazione anche di quegli scritti che avevi mandato a Bonifacio, e che io non avevo mentito scrivendo che quanti si siano sottratti per odio alla nostra societ cadono negli abissi dei manichei, neganti il libero arbitrio e la creazione divina degli uomini; e che tu di quanto avevi tentato di respingere ti sei subito appropriato con dichiarazioni assolute 128. Ma tuttavia confessa tutto questo anche la tua risposta che ho riferita adesso. Hai detto infatti che fede cattolica quella che crede nel libero arbitrio e in Dio creatore dei nascenti. Ambedue queste tesi tra tutti gli eretici certo che le negano i manichei assieme a voi. AG. Da voi piuttosto sono aiutati i manichei - e non lo volete vedere -, i quali attribuiscono i tanti e tanto grandi mali che costatiamo patiti dai bambini non ai meriti dei peccati, ma alla gente delle tenebre. Voi infatti non avete dove rifugiarvi, quando vi domandano donde derivino cotesti mali. Poich noi invece riferiamo tutti questi mali al libero arbitrio umano, dal quale la natura umana stata viziata, dopo che era stata istituita buona, i manichei sono vinti assieme a voi dalla verit cattolica. Poni fine alla lotta con il silenzio. 103. GIUL. Ma poich della fede cattolica, di cui hai perduto la solida sostanza, assumi il nome soltanto come un leggero mantello, vuoi che noi crediamo ritenuto anche da te ci che confessano i cattolici, cio e l'esistenza negli uomini del libero arbitrio e la creazione da parte di Dio di coloro che nascono. Ma se questo stato dichiarato da te con semplicit e con sincerit, poni fine tu alla lotta con il silenzio, ritorni la fama degli accusatori a noi che ti abbiamo rinfacciato ci che hai distrutto con sicura negazione. A questa sentenza aggiungi questa dichiarazione soltanto: se si trover una setta, se si trover una discussione che tenti con

qualche argomento di demolire questa duplice confessione da te riconosciuta cattolica, dichiara o che non tua o che non sar ulteriormente difesa da te. Se poi ti aggrada difendere anche con una ricca discussione le verit che sei pronto a dire d'aver negato, esponi le definizioni del libero arbitrio e cingi i suoi confini con distinzioni assolute, come se fossero i suoi limiti. AG. Voi, nemici e difensori del libero arbitrio, lo soffocate nel difenderlo, perch non volete che sia riportato ai suoi limiti dalla bont del suo onnipotente e vero difensore. Alle opere di Dio non convengono opere viziose. 104. GIUL. Asserisci inoltre che Dio il creatore di tali uomini quali convengono alle mani e alla giustizia di lui! AG. O nuovi e stolti eretici! Se alle mani di Dio non convengono opere viziose, oserete sottrarre alle mani di Dio alcuni corpi umani che vedete nascere spesso viziosi? Per quale ragione dunque non confessate con la verit cattolica che stata viziata dall'arbitrio dell'uomo, che pecc nei primordi, la natura, dalla quale Dio fa ci che conviene non solo ad un artefice buono, ma anche ad un giudice giusto, perch i manichei non vi costringano ad attribuire i corpi umani ad un artefice maligno e ingiusto? Ti fingi cattolico. 105. GIUL. Dei quali doveri nulla certamente stato fatto da te; ma, dopo aver risposto che confessano il libero arbitrio i cattolici, nel cui numero fingi di essere, avanzasti subito una dichiarazione che togliesse via quanto sembrava che tu avessi concesso. Dichiari infatti: Ma se qualcuno dice che per onorare rettamente Dio c' negli uomini il libero arbitrio senza l'aiuto di lui stesso, costui chiamato pelagiano. E ugualmente: Diciamo che negli uomini c' il libero arbitrio. Voi dite per che libero ciascuno a compiere il bene 129. AG. Se in quel testo tu avessi aggiunto: Gli eretici dicono, bench io non abbia detto queste parole, non ti saresti allontanato tuttavia dalla mia sentenza. E' vero infatti che gli eretici dicono, ossia che voi stessi dite che ciascuno libero a compiere il bene senza l'aiuto di Dio. Ma la ragione per cui non ho letto in quel testo le parole: Senza l'aiuto di Dio, che in questa sentenza anche tu hai riferito

poco prima come parole mie, lo attribuisco, finch posso, piuttosto che a te ad un codice mendoso. Di' dunque il resto. Noi non escludiamo totalmente l'aiuto di Dio. 106. GIUL. Nel dichiarare infatti che noi diciamo che per esercitare il retto culto di Dio sufficiente a ciascuno, senza l'aiuto di Dio stesso, la libert dell'arbitrio, mentisci assolutamente. Poich il culto di Dio si intende infatti in molti modi: e nella custodia dei comandamenti, nella esecrazione dei vizi, nella semplicit della condotta e nell'ordine dei misteri e nella profondit dei dogmi, che la fede cristiana acquisisce sulla Trinit o sulla risurrezione e su altre simili verit, com' possibile che noi diciamo in confuso che senza l'aiuto di Dio il libero arbitrio sufficiente all'esercizio del culto di Dio, quando leggiamo nel Vangelo che il Signore dice: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perch hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. S, o Padre, perch cos piaciuto a te 130? Certamente la libert dell'arbitrio non avrebbe potuto trovare da s tutte queste verit contenute tanto nei dogmi quanto nei misteri, sebbene e che non si onorassero gli idoli e che non si disprezzasse Dio, che era noto come creatore del mondo stesso, lo avrebbe potuto insegnare la ragione naturale, come attesta il Maestro delle Genti 131. Non dunque ci che fingi tu diciamo o noi o qualcuno dei sapienti, ma noi affermiamo che creato da Dio con il libero arbitrio ed aiutato con innumerevoli specie di grazie divine l'uomo, perch gli sia possibile o l'osservare o il trasgredire i comandamenti di Dio. E questo dove noi difendiamo la presenza del libero arbitrio: di fronte a Dio che in modi tanto numerosi asserisce la sua benignit, cio comandando, benedicendo, santificando, coercendo, provocando, illuminando, ognuno, che usa gi della ragione, ha libera disponibilit o di osservare o di disprezzare la volont di Dio. AG. Tanti dici i modi in cui Dio ci aiuta, cio comandando, benedicendo, santificando, coercendo, provocando, illuminando e non dici: Donandoci la carit, mentre l'apostolo Giovanni dice: La carit da Dio 132. Per ci dice altres: Quale grande carit ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! 133 In questa carit, che data al cuore umano dallo spirito e non dalla lettera, si intende anche quel potere del quale nel suo Vangelo egli stesso dice: Ha dato a costoro il potere di diventare figli di Dio 134. Questo potere voi dite che proviene

all'uomo dall'uomo in forza del libero arbitrio, avendo voi lo spirito di questo mondo e non lo spirito che viene da Dio: e per questo voi ignorate i doni che Dio ci ha donato 135. Questa la ragione per cui non avete n la pace con la Chiesa, dalla quale siete usciti, n la carit che non riconoscete come dono di Dio, n la fede, perch siete eretici. Infatti scritto: Pace ai fratelli e carit e fede, non dall'umano libero arbitrio, ma da parte di Dio Padre e di Ges Cristo Signore 136. Se riconosci in queste parole il dogma apostolico, riconosci anche nelle tue parole di essere eretico. La libert umana dimostra l'equit divina. 107. GIUL. Non dunque senza l'aiuto di Dio noi crediamo idoneo il libero arbitrio a tale culto di Dio quale lo rendono gli iniziati con i misteri, ma confessiamo che la libert dell'arbitrio una ricca testimonianza dell'equit divina, cos da insegnare che, quando dovremo comparire dinanzi al tribunale del Cristo e ciascuno avr da ricevere quello che gli spetta per la vita vissuta nel corpo, secondo il bene o il male che ha fatto, non giudicher in nulla ingiustamente Dio, che non imputa a nessuno se non il peccato dal quale colui che per esso punito avrebbe anche potuto stare lontano. AG. Fai bene a suggerirmi che cosa devo dire contro di te. Certamente, come dice l'Apostolo, tutti dobbiamo comparire al tribunale del Cristo, perch ciascuno riceva secondo il bene o il male che ha fatto nella sua vita corporale 137. Escluderai forse da questa universalit i bambini? Di' dunque che cosa di buono abbiano fatto nel corpo con il proprio libero arbitrio perch ricevano il regno di Dio, che un bene cos grande; oppure che cosa abbiano fatto di male con la propria volont quei bambini che saranno esclusi da questa vita di Dio. Che se, com' inevitabile, confesserai che gli uni riceveranno la vita nel Cristo senza nessuna di quelle opere della libera volont che ciascuno compie per mezzo del corpo, per quale ragione non confessi che gli altri ricevono la morte in Adamo, giacch sai che Adamo la controfigura del Cristo futuro? O forse, chiusi gli occhi, aprirai la bocca per dire che agli uni ha giovato lo spirito della giustizia nel quale sono rinati e agli altri non ha nociuto la carne del peccato nella quale sono nati? Chi oser dirlo all'infuori di voi? Quanto poi agli uomini di et adulta, quando ascoltano o leggono che ciascuno ricever secondo le opere compiute nel corpo, non devono confidare nella forza della propria

volont, ma piuttosto pregare perch il Signore prepari a loro una tale volont da non cadere nella tentazione. Infatti la volont viene preparata dal Signore 138, e lo stesso Signore dice: Pregate per non cadere in tentazione 139, e l'Apostolo dichiara: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male 140. Rendimi le mie parole. 108. GIUL. La tua prima sentenza dunque per la sua oscurit non giover a nulla, la seconda poi, con la quale ripeti che ammetti, s, il libero arbitrio, non tuttavia cos da credere che ognuno sia libero a fare il bene, ha messo a nudo tutte le tue viscere. AG. Mi costringi ormai ad attribuire a te ci che poc'anzi attribuivo ad un codice. Ecco infatti che ripeti la mia sentenza senza completarla con le parole mie che sono molto necessarie e a voi contrarie. Io ho detto infatti: " Non libero ognuno a fare il bene senza l'aiuto di Dio ". Tu invece dici che io ammetto, s, il libero arbitrio, non " tuttavia cos da credere che ognuno sia libero a fare il bene ", n aggiungi ci che ho aggiunto io: " Senza l'aiuto di Dio ". Non ti accuso di essere ladro, chiedo civilmente la restituzione di ci che mi stato tolto: rendimi le mie parole e non varranno nulla le tue. Dimostra di non negare il libero arbitrio. 109. GIUL. Ecco infatti, come facemmo nel primo libro, cos adesso noi ti costringiamo pressantemente a dimostrare come tu non abbia negato il libero arbitrio. Ma stia fisso nel nostro lettore questo punto: tu hai confessato il libero arbitrio e predichi ai cattolici che Dio il creatore dei nascenti: due verit che nessuno neg mai all'infuori di Manicheo. Ma, pur avendo ammesso noi entrambi di comune accordo queste verit, per n per te n per il tuo dogma rimane salda la libert dell'arbitrio: allora si conclude in modo assoluto che tu e il tuo dogma non ritenete nulla della fede cattolica. Interrogo dunque quale sia la forza o quale la definizione del libero arbitrio. Certamente nessun cambiamento di elementi naturali in potere del libero arbitrio. Nessuno infatti mut mai in s le funzioni dei sensi, cos per esempio da cogliere le voci con le narici o gli odori con gli orecchi; nessuno cambi la propriet del suo sesso; nessuno pot passare nella forma di un altro animale; nessuno con il libero arbitrio pot sostituire ai peli del suo corpo le

pellicce innate di altri corpi; nessuno rivendic a s secondo il suo gusto o la qualit o la quantit del corpo. Con questi esempi possiamo divagare attraverso tutti gli aspetti che riguardano questa condizione. Passiamo dunque dagli elementi naturali all'esame delle realt esterne. Chi ebbe mai nel diritto della sua volont la fecondit dei campi, chi la prosperit delle navigazioni, chi la nobilt e la ricchezza, chi la sicurezza della stessa nobilt, cos da confessare di avere effettuato la conquista o di questi o di simili risultati con la volont libera dall'intervento di Dio? Gli eventi naturali sono dunque portati sempre da leggi immutabili, gli aspetti esterni invece dalle incertezze dei casi. Dove sta quindi il libero arbitrio, per il quale gli uomini trascendono le bestie, per il quale sono stati fatti ad immagine di Dio, al quale soltanto si attiene la giustizia dell'esame divino? In che consiste, dico, questo libero arbitrio, il quale, com' certamente negato dai manichei, cos anche per tua confessione certamente ammesso dai cattolici? Indubbiamente esso sta nella possibilit dell'uomo o di buttare la sua volont in un crimine senza nessuna costrizione inevitabile di elementi naturali o di trattenere la sua volont dal crimine. AG. Trattenere la volont dal crimine lo stesso e nient'altro di diverso dal non cadere in tentazione. Ma se questo lo avessimo nel potere della nostra volont, non saremmo ammoniti a domandarlo al Signore con la preghiera. A chi dunque detto: Evita il male 141, detto evidentemente di trattenere dal crimine la sua volont. E tuttavia l'Apostolo, pur potendo giustamente dire: Vi comando di non fare nessun male, scrive: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male 142. Ecco perch ho detto - e non come mi fai dire tu -: " Nessuno libero a fare il bene senza l'aiuto di Dio ". Questo aiuto appunto l'Apostolo pregava per i fedeli e non toglieva alla natura dell'uomo il libero arbitrio. O uomini esaltati e gonfiati, non vogliate confidare nella vostra forza: sottomettetevi a Dio e, per trattenere dal crimine la vostra volont e non cadere in tentazione, pregate. N pensate di non cadere in tentazione quando con forte volont trattenete la concupiscenza della carne da qualche cattiva azione. Voi ignorate le furberie del tentatore: cadete in una tentazione ancora maggiore, se attribuite quel successo alla vostra volont senza l'aiuto di Dio. Vorrei proprio che tu ci spiegassi in quale senso hai detto che " gli aspetti esterni " degli eventi umani buoni o cattivi, come la ricchezza o la povert e tutte le altre condizioni, " sono portati dalle incertezze dei casi ". Anche queste circostanze infatti la fede cattolica le sottrae talmente al potere umano da

attribuirle al potere divino. Ma lo dico, perch temo per voi che abbiate forse aggiunto al vostro errore anche la negazione che alla provvidenza divina appartengano tutte le sofferenze che soffrono gli uomini, tutte le loro acquisizioni, tanto nei loro corpi quanto nelle circostanze esterne, e che quindi tutti i mali che patiscono anche i bambini voi li attribuiate alle incertezze dei casi, cos da tentare di alienare tutti questi aspetti dal giudizio di Dio, senza la cui volont, come dice il Signore stesso, nemmeno un passero cade a terra. Voi vedete la vostra eresia naufragare in questa miseria dei bambini, che sotto il giusto Dio non esisterebbe affatto se non l'avesse meritata la natura umana, viziata e condannata dalla grandezza del primo peccato 143. La libert di ora non pi la libert di allora. 110. GIUL. E perch questa verit assoluta sia illuminata con pochi esempi, il libero arbitrio sta nel fatto che sia tanto libero ad un uomo voler fare un sacrilegio quanto non volerlo, tanto libero voler perpetrare un parricidio quanto non volerlo, tanto libero commettere un adulterio quanto non volerlo, tanto possibile rendere vera testimonianza quanto falsa testimonianza, tanto libero obbedire al comando di Dio quanto obbedire alla persuasione del diavolo. AG. Dici la verit: questo il libero arbitrio e assolutamente tale lo ricev Adamo; ma il libero arbitrio che fu dato dal Creatore e fu viziato dall'ingannatore, dev'essere certamente risanato dal Salvatore. Questo voi non lo volete confessare con la Chiesa e per questo siete eretici. O uomo che non rifletti dove tu sia e nei giorni cattivi gongoli come un cieco quasi tu fossi in giorni buoni! Quando il libero arbitrio era tale e quale lo descrivi tu, l'uomo non era ancora diventato quella vanit che rende i suoi giorni come un'ombra passeggera 144. Non infatti vanit Dio, a somiglianza del quale era stato fatto, somiglianza che in forza della grazia va adesso rinnovandosi di giorno in giorno. Non si diceva ancora: Nella colpa sono stato generato 145. Non si diceva ancora: Chi mondo da macchia? Nemmeno un bambino che ha la vita di un giorno solo sopra la terra 146. Non si diceva infine: Non quello che voglio, io faccio, ma quello che detesto 147, e: Io so che in me, cio nella mia carne, non abita il bene: c' in me infatti il desiderio del bene, ma non la capacit di farlo 148. Vedo nelle mie membra un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente 149. Questo male in

Adamo, quando fu creato nella rettitudine, non c'era, perch non c'era ancora la natura umana depravata. Adamo aveva un Rettore che egli abbandon con il libero arbitrio, non cercava un Liberatore per mezzo del quale diventare libero dal vizio. Pur ammesso infatti, come dite voi, che le parole: Non quello che voglio, io faccio 150 e le altre simili siano proprie dell'uomo non ancora vivente sotto la grazia del Cristo, anche per questo dunque convincetevi che il Cristo trov gli uomini di tanto inferma volont a compiere il bene e che la natura umana non pu riparare l'infermit del libero arbitrio a fare il bene se non in forza della grazia del Cristo. E per questo vero quello che ho detto: " Nessuno libero a fare il bene senza l'aiuto di Dio ". E tu hai sottratto le parole: " Senza l'aiuto di Dio ", proprio perch ti si aprisse un campo dove pi loquacemente che eloquentemente ti potessi lanciare in tante affermazioni con le quali non dilettare chi legge, ma piuttosto ostacolare, per quanto ti possibile, chi vuole capire. Sottomettetevi a Dio per essere corretti. Nessuno libero di compiere il bene senza l'aiuto di Dio. Perch sollevate in alto la volont umana per precipitare in basso? Pregate piuttosto, perch non cadiate in tentazione. In certi casi pi difficile peccare che non peccare. 111. GIUL. La ragione poi per cui negli esempi di sopra ho messo il semplice volere pi che la sua effettuazione che un parricidio, un sacrilegio, un adulterio e comportamenti simili pi facile evitarli che farli. Non sempre infatti alla cattiva volont arride l'opportunit di perpetrare quello che vuole. Viceversa l'astenersi da questi delitti costituisce una quiete somma. A meno che da voi si dica fatica questo stesso non voler faticare. Tralascio le testimonianze della Scrittura santa, sia riportate dai Profeti, dagli Evangelisti, dagli Apostoli, sia esposte da commentatori illustri per sana dottrina cattolica: Giovanni, Basilio, Teodoro e simili, che molto maggiore definiscono la fatica di commettere i crimini della fatica di evitarli. AG. Magari tu ritenessi la fede di costoro! Non negheresti nei bambini il peccato originale. La volont attratta dalla soavit liberale dell'amore. 112. GIUL. Per ora, limitandomi alle esigenze della presente questione, insisto nel dire che il libero arbitrio n stato dato per

altro, n si pu intendere se non in questo: nessuno sia rapito n alla giustizia n alla iniquit da una volont prigioniera. AG. Certamente di chi, per la legge che vede nelle sue membra far guerra alla legge della sua mente e farlo schiavo della legge del peccato, grida: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio 151, devi dire tu senza dubbio come non venga rapito al male da una volont prigioniera. Per parlare infatti provvisoriamente a modo vostro, se costui geme sotto una cattiva abitudine, non trovandosi ancora costituito, come dite voi, sotto la grazia del Cristo, costui ha o non ha il libero arbitrio della volont? Se lo ha, per quale ragione non fa il bene che vuole, ma compie il male che odia? Se poi non lo ha, perch non si trova ancora sotto la grazia del Cristo, ecco io dico di nuovo ci che ho gi detto e vedo doversi dire spesso a voi: Nessuno se non per la grazia del Cristo pu avere l'arbitrio della volont libero a fare il bene che vuole e a non fare il male che odia; non perch la sua volont sia rapita come prigioniera al bene e al male, ma perch, liberata dalla prigionia, sia attratta al suo Liberatore dalla soavit liberale dell'amore e non dall'amarezza servile del timore. Vedi di non passare dalla declamazione alla lamentazione. 113. GIUL. Sono certamente dolci gli incitamenti dei vizi, e sono anche amari spesso i tormenti delle pene inventati dai persecutori, ma e gli incitamenti dei vizi li sferza la censura della onest e i tormenti delle pene li assorbe la grandezza della pazienza. AG. Stai declamando in mezzo a quelli che confidano nella loro forza 152. Attendi a te, perch non si levino i tuoi clamori in mezzo a quelli che saranno tormentati per la loro superbia. Anche le nostre virt fruiscono della grazia di Dio. 114. GIUL. Ma tuttavia nemmeno delle virt gravoso il possesso, il quale, fuori da quella specie di regno che la buona coscienza, fruisce della promessa sublimit della beatitudine eterna. Sono tuttavia presenti gli aiuti della grazia di Dio, che dalla parte della virt non mancano mai alla volont. Della quale grazia di Dio sebbene siano innumerevoli le specie, tuttavia esse entrano in gioco sempre con tale moderazione da non espellere mai dal suo posto il libero arbitrio, ma da offrirgli sostegni a cui appoggiarsi, finch voglia avvalersene, senza tuttavia opprimere l'animo che sia

riluttante. Da questo dipende appunto che, come gli uni ascendono dai vizi alle virt, cos altri ricadono dalle virt nei vizi. AG. Donde possibile che gli aiuti della grazia di Dio espellano dal suo posto il libero arbitrio, se essi piuttosto lo liberano perch ritorni al suo posto, dopo che da esso lo hanno cacciato i vizi e dopo che lo ha soggiogato la nequizia? Ma quando si chiede a voi quali siano cotesti aiuti della grazia di Dio, tirate fuori quelli che hai ricordati sopra: " Dio aiuta comandando, benedicendo, santificando, coercendo, provocando, illuminando ". Sono azioni che secondo le Scritture vengono fatte tutte anche per mezzo degli uomini. Infatti anche gli uomini comandano e benedicono e santificano con i sacramenti divini e coerciscono correggendo e provocano esortando e illuminano istruendo. Tuttavia n chi pianta n chi irriga vale qualcosa, bens Dio che fa crescere 153. La crescita poi che ciascuno obbedisca ai precetti di Dio: il che non avviene, quando veramente avviene, se non in forza della carit. Per questo nella carit che la Chiesa per edificarsi fa crescere il proprio corpo 154. Cotesta carit la dona Dio solamente, perch la carit da Dio 155. Questa carit voi non la volete nominare tra gli aiuti della grazia che ricordate, per non concedere che lo stesso nostro obbedire a Dio sua grazia. Pensate appunto che in tal modo si toglie l'arbitrio della volont, mentre nessuno pu obbedire se non per mezzo della volont. Ma - e voi non lo volete - la volont viene preparata dal Signore 156, non con parole risuonanti al di fuori, bens nel modo in cui, pregando la regina Ester ed essendo esaudita, Dio convert il re Assuero e volse in dolcezza il suo sdegno 157. Come infatti Dio fece questo in maniera divina e occulta nel cuore di un uomo, cos Dio in noi suscita il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni 158. Con l'aiuto della grazia di Dio possibile alla volont umana fare il bene. 115. GIUL. In che modo tu dunque confessi il libero arbitrio, al quale dici possibile una scelta soltanto, cio fare il male, ma non possibile allontanarsi dal male e fare il bene 159? AG. Dico che possibile alla volont dell'uomo allontanarsi dal male e fare il bene, ma a quella volont che Dio aiuta gratuitamente e non alla volont che Giuliano gonfia ingratamente. Dio rende possibili le azioni che comanda.

116. GIUL. Taccio per ora con che rabbia tu frema contro tutta la legge, che credi avere prescritto ai mortali azioni delle quali non vedeva nessuna facolt presso i mortali. AG. Non vero quello che dici. Dio comanda azioni che si possono fare, ma egli stesso d di farle a coloro che cos le possono fare e le fanno; e imperando ammonisce coloro che non le possono fare di chiedere a lui di poterle fare. E poich non tutte le azioni sono fatte da ognuno dei santi, sa Dio come provvedere alla loro umilt. Essi dicono quotidianamente: Rimetti a noi i nostri debiti 160, e Dio li aiuta a praticare l'obbedienza, cos che ci sia anche qualche venialit a cui elargire il perdono. Bestia bimembre il tuo uomo. 117. GIUL. Ma domando in compagnia di quali poeti sei andato a sbattere in tale Ippocrne da fingere non certo poetando ma bestemmiando, una bestia bimembre, di cui formare il corpo con la necessit del male e ricoprire soltanto la faccia con il nome della libert. AG. Ti dipingi da te stesso quello che ti piace, e ti va di rivoltare fantasmi vacui con cuore vacuo. Per quale ragione infatti metti a disposizione della volont buona i sussidi della grazia, mentre la volont cattiva cattiva o continua ad essere cattiva, perch non si avvale di nessun sussidio? Forse che qui la tua bilancia, che tenti di tenere in equilibrio perfetto con uguali pesi da una parte e dall'altra, perch la volont quanto libera al male altrettanto sia libera anche al bene, abbassandosi da una parte mostra che tu stai delirando? Se liberata, libera anche per il bene, la nostra volont. 118. GIUL. Cos ragioni infatti anche in quell'opera che mandasti a Roma: La volont che libera nei mali, non libera nei beni 161. AG. Per quale ragione non aggiunti quello che hai letto in quel mio testo: Se non stata liberata? O perch il Signore, quando parlava dei frutti dei tralci, ossia delle buone azioni, afferma: Senza di me non potete fare nulla 162, se non perch nessuno libero a fare il bene se non lo libera lui stesso? Definizione della cecit.

119. GIUL. E in quell'opera dici celestiano chi pensa che ognuno sia libero a fare il bene, e dunque libert dici quella che non pu fare altro che il male. Trova, se puoi, un'altra definizione di ci che non libert e difendi allora questa tua libert. Se avevi perduto talmente il buon senso da non vedere la definizione della libert nella sua concretezza, non avresti dovuto capire almeno dal suo contrario quale sia l'essenza della libert? Immagina infatti di aver potuto dubitare ugualmente che cosa fosse ci che si dice la vista degli occhi e di definirla in questo modo: La vista o avere gli occhi cavati dalle orbite o non poter scorgere nulla, quando il tempo di vedere, per impedimenti di qualsiasi genere. E questa definizione pensala adatta alla vista, ma prtati a spiegare il suo contrario, cio la cecit. A questo punto, trovando che in un animale dotato per natura della vista degli occhi la cecit non se non avere le occhiaie vuote o avere l'ostruzione di un umore denso che tolga la facolt di vedere, ti ricrederesti senza dubbio e ti accorgeresti che una sola definizione non pu adattarsi a realt contrarie. Quindi, se la cecit non si pu definire se non come privazione della vista negli occhi di un animale nel tempo in cui dovrebbe vedere, renderesti anche la definizione della vista negando gli elementi con i quali avevi esposto la cecit: cio la vista altro non che la congrua possibilit di vedere in condizioni opportune con occhi n cavati n serrati. Se tu riluttassi ostinatamente a tale dimostrazione, non otterresti altro che questo: o gli uditori penserebbero che tu con vergognosa pervicacia resisti alla tua coscienza, o, se ti prendessero come assolutamente sincero con te stesso, giudicherebbero che tu hai gli occhi della mente cavati fuori non meno di colui che tu avevi definito vedente. AG. Io non voglio che tu definisca la cecit, ma che tu la finisca con la tua cecit e tu veda che il Cristo non avrebbe potuto giustamente dire: Senza di me non potete fare nulla 163, se gli uomini avessero potuto essere liberi a fare il bene senza la grazia del Cristo. Loquacit intricata su libero e non libero. 120. GIUL. Cos dunque, per applicare l'esempio alla causa, avresti potuto capire, almeno dalla definizione del non libero, che cosa avresti dovuto chiamare libero. Sebbene infatti l'intelligenza si fosse offuscata nel definire il libero arbitrio, cos da giudicare tu che si possa dire libero ci che tra due contrari aderisce solo ad uno di essi, avresti dovuto osservare che non si pu spiegare altrimenti

l'essere schiavo, cio il non essere libero, se non come l'essere rivendicato in dominio di una tra due parti contrarie, e quindi si deve dare nome alla libert negando la cattivit: se ci che non era libero si costringeva ad aderire ad una sola delle due parti contrarie, al suo opposto, ossia al libero, non si lasciava di essere assegnato a nessuna delle due parti. AG. Perch complichi le idee chiare con una loquacit intricata? Al male libero chi compie il male di sua volont o con il fare o con il dire o anche solo con il pensare, ma questo chi degli uomini non lo pu fare nell'et pi grande? Al bene invece libero chi compie il bene per mezzo della sua volont buona, anch'egli o con il fare o con il dire o anche solo con il pensare: ma questo nessuno degli uomini lo pu senza la grazia di Dio. Se dici che qualcuno lo pu, contraddici colui che disse: Senza di me non potete fare nulla 164; contraddici pure colui che disse: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacit viene da Dio 165. Penso che la capacit di pensare, che l'Apostolo non si riconosceva da se stesso ma da Dio, la riferisse al bene e non al male. Ma dal buon pensare viene il buon parlare e il buon operare. Quindi chi non capace da s di pensare qualcosa di buono, logicamente non idoneo da s nemmeno a parlare bene e nemmeno a operare bene, ma, se sotto la grazia, la capacit gli viene da Dio. Tanto che scritto: Non siete infatti voi a parlare, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi 166; e: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio 167. Guardando a questi testi io ho detto che nessuno senza l'aiuto di Dio libero a fare il bene. Tu temendo questi testi hai detto che io ho detto che nessuno libero a fare il bene e hai soppresso le parole - da me aggiunte -: " Senza l'aiuto di Dio ". Perci non dubito che tu ti sappia gi vinto, ma con prolisso vaniloquio cerchi di non apparire vinto, definendo la volont libera in tal modo da non poter essere libera se non potendo fare l'uno e l'altro, ossia agire bene e agire male. E con questo ti necessario togliere la libert a Dio, che pu avere soltanto la volont buona, ma non pu avere la volont cattiva. La pi misera resistenza. 121. GIUL. Poich questa la situazione e poich su questo punto tu fai la pi misera resistenza, incerto che cosa convenga di pi pensare di te: se difendi il falso contro la tua coscienza o se credi

vero ci che falso, e quindi incerto se tu abbia perduto gli occhi della ragione, mentre certo che hai perduto gli occhi della fede. AG. Ti consoli forse d'esser stato vinto per il fatto che puoi offendere? I risultati ottenuti. 122. GIUL. Ma per riassumere i risultati ottenuti: il libero arbitrio, che dalla parte del male aiutato dalle volutt dei vizi o dalle suggestioni del diavolo, e dalla parte del bene invece dai dogmi delle virt e dalle varie specie della grazia divina, non pu sussistere altrimenti se non si toglie da esso la necessit sia della giustizia, sia del peccato. AG. Se tra le specie della grazia divina voi metteste la dilezione, che non viene da noi ma da Dio, che apertissimamente leggete data da Dio ai suoi figli, senza la quale nessuno vive piamente e con la quale nessuno vive se non piamente, senza la quale non buona la volont di nessuno e con la quale non se non buona la volont di ognuno, veramente difendereste il libero arbitrio e non lo gonfiereste. Quanto poi alla necessit, se dici quella che opprime ognuno che non vuole, essa non esiste per la giustizia, perch nessuno giusto senza volerlo essere, ma la grazia di Dio lo fa passare da non volente a volente. Quanto invece alla necessit del peccato, se nessuno peccasse involontariamente, non sarebbe scritto: Sigillasti i miei peccati in un sacchetto e notasti se qualcosa commisi contro la mia volont 168. Pregiudizi al posto di giudizi. 123. GIUL. Ma la verit del libero arbitrio la confessano i cattolici, la negano invece i traduciani insieme ai manichei, loro maestri. AG. Cotesti sono pregiudizi e non giudizi. Vorrei che tu potessi giudicare; pregiudicare invece quale canaglia non lo pu fare? Un falso timore e una fine vera. 124. GIUL. Noi dunque abbiamo detto la verit, poich quanti restano ingannati da voi, per non essere chiamati eretici diventano manichei, e per la paura di una falsa infamia incorrono in un vero crimine, alla maniera di quelle fiere che vengono circondate di

penne per farle entrare nelle reti: cos un falso timore le consegna ad una fine vera. Diciamo poi che Dio il creatore dei nascenti in questo modo: poich certamente il Dio dei cattolici, che quello vero, non pu fare nulla di male, in nessun modo si pu credere per la dignit dello stesso operatore che gli uomini fatti da lui escano dalle sue mani iniqui e rei prima dell'uso della volont. Le quali verit, negandone voi una, le compromettete ambedue. Tu affermi di credere, s, che Dio il creatore, ma di uomini cattivi, e con questo sconfessi il tuo dogma negando di asserire che creatore degli uomini sia il diavolo. AG. Tutto ci che negli uomini, i quali nascono con il vizio, appartiene a Dio creatore, buono; perch anche ci che giusto buono. Ma Dio autore delle nature e non dei vizi. Vieni ormai al sodo e vediamo che cosa sei pronto a dire a questo proposito: in che modo i bambini non sono strappati al potere delle tenebre, quando per mezzo dei sacramenti della Chiesa sono trasferiti nel regno del Cristo. Per quanti siano infatti i panni della tua molteplice loquacit nei quali ti avvolgi, quando arriverai a questo punto, apparirai un eretico nudo. Tali uomini quali Dio non pu fare. 125. GIUL. Poich infatti ascrivi all'opera di Dio tali uomini quali egli non pu fare, mostri che nulla di quello che avevi detto fatto da Dio appartiene a Dio. AG. Gli uomini non li pu fare se non Dio. Tu piuttosto di' come i bambini non vengano strappati al potere delle tenebre, quando sono rigenerati per mezzo dei sacramenti divini. Pi benevolo con il diavolo che con Dio. 126. GIUL. Sul quale argomento, bench sia stato trattato pi diffusamente nel primo libro 169, tuttavia anche qui almeno brevemente esprimiamo quale sia la tua sentenza. Temi di assegnare all'opera del diavolo una qualche sostanza, ma non temi di addossare a Dio, non dico un qualche crimine, bens un grande crimine. Trova pi rispetto presso di te la natura della carne umana che la giustizia di Dio. Quasi fosse infatti qualcosa di grande, hai temuto cos tanto di assegnare al diavolo la sostanza dell'uomo, e, quasi non fosse nulla di grande, hai addebitato alla giustizia e alla santit di Dio l'infusione nell'uomo di una scelleratezza. Come se tra

le due affermazioni, ma ambedue false, assegnare alle opere del diavolo la carne non fosse stato pi tollerabile che assegnare alle opere di Dio l'iniquit. AG. Siete voi piuttosto a bestemmiare la giustizia di Dio, dicendo che sotto la sua onnipotenza i bambini soffrono mali cos grandi senza " mali " meriti. Ma di' ormai in che modo separate i bambini da coloro che Dio libera dal potere delle tenebre per trasferirli nel regno del suo Figlio diletto 170. Qualcosa di pi tetro dei sacramenti manichei. 127. GIUL. Come infatti qui hai detto che i bambini sono formati da Dio rei e in potere del diavolo, cos nelle ultime parti del tuo libro hai vomitato qualcosa di pi tetro di quanto sono tetri i sacramenti dei manichei, dicendo che Dio crea i cattivi cos come pasce e nutre i cattivi 171. AG. Quando arriverai alle medesime parti del mio libro, ivi apparir in che senso sia stato detto ci che qui obietti. Adesso di' ormai, per favore, come non siano liberati dal potere delle tenebre i bambini, quando vengono rigenerati e trasferiti nel regno del Cristo. "Io creo i mali". 128. GIUL. Dio dunque crea il male! AG. Tu non capisci in che senso Dio dica presso il Profeta: Io creo i mali 172. Dio punisce ci che fa lui stesso. 129. GIUL. E si puniscono gli innocenti per quello che fa Dio! AG. N sono innocenti per la loro origine, n si puniscono per quello che fa Dio. Per giustizia, non per malizia. 130. GIUL. E sono posseduti dal diavolo, perch Dio che li fa possedere dal diavolo! AG. Anche l'Apostolo consegn un tale a satana, ma per giustizia, non per malizia 173. Anche Dio abbandon alcuni in bala di una

intelligenza depravata pure voi. Origine viziata.

174

, e speriamo che non vi siate compresi

131. GIUL. E Dio imputa agli uomini un crimine delle sue mani. AG. Non un crimine delle mani di Dio quello che i bambini contraggono dalla loro origine viziata. Dio complice del diavolo. 132. GIUL. E il crimine che il diavolo persuase, Dio teneramente, diligentemente, perseverantemente lo plasma e lo protegge e lo custodisce e lo forma. AG. Dio non forma il crimine che il diavolo persuase, ma Dio forma bene ci che egli forma dalla natura che il diavolo vizi. Dio rimedia al male della generazione con la rigenerazione. 133. GIUL. E Dio reclama un frutto di bont dall'uomo nel quale ha ingenerato il male! AG. Dio non ha ingenerato il male, ma il male che la generazione viziata ha ingenerato, Dio lo purga con la rigenerazione. Altro che un giusto Signore! 134. GIUL. E con tutta la legge poi Dio mentisce dicendo di essere un giusto Signore! AG. Tu mentisci! Negando che i figli di Adamo abbiano un peccato degno di un grave giogo 175, che cosa tenti di dimostrare tu se non che Dio sia ingiusto? Si chiama ancora Dio? 135. GIUL. E chi capace di tanti crimini si chiama ancora Dio? AG. Proprio perch Dio non capace in nessun modo di crimini, per questo non capace nemmeno del crimine che gli addebitate voi: che senza il merito di nessun peccato originale i bambini patiscano

tanti e tanto grandi mali, o facendo Dio stesso questo o permettendolo. Proprio dei cattolici, proprio dei manichei. 136. GIUL. Dei manichei sparir il ricordo con il loro strepito, perch rimane in eterno il Signore, che erige per il giudizio il suo trono e giudicher il mondo con giustizia 176. Nessun crimine c' in Dio. Egli quindi non crea i cattivi. Perch, se fossero cattivi per natura, Dio non li potrebbe creare. E da questo, com' proprio dei cattolici confessare Dio creatore dei buoni, cos proprio dei manichei credere che Dio sia creatore dei cattivi. AG. Se voi non foste sordi contro le parole divine dove si dice: Giudicher il mondo con giustizia, imparereste a riconoscere l'equit di Dio anche nelle pene dei bambini. Per natura infatti sono buoni, perch li crea Dio; ma per un vizio sono cattivi, e da questo vizio Dio li risana. Nella quale sentenza cattolica non sparisce il ricordo dei manichei soltanto, ma anche il ricordo dei pelagiani con lo strepito della loro loquacit. Precedenti. 137. GIUL. Ma vediamo anche il seguito. AG. Ecco, passi gi alle altre parole del mio libro e contro ci che dalle precedenti parole io ti avevo proposto quasi per una tua confutazione non dici nulla. Infatti per pressarvi con l'autorit dell'Apostolo io ho detto che voi dite che i bambini non sono liberati dal potere delle tenebre e non sono cos trasferiti nel regno di Dio 177. Contro la quale mia accusa non dicendo nulla, tu veramente, come ho gi detto sopra, apparisci un eretico nudo. Ma io non ho faticato nello spogliarti, perch tu contro la fede apostolica dell'antichissima madre Chiesa non hai osato coprirti con nessun panno vaniloquo di parole tue. Un testo riassuntivo di A. 138. GIUL. Ascolta dunque brevemente di che cosa si tratti nella presente questione. I cattolici dicono che la natura umana, fatta buona dal Dio buono, suo creatore, ma viziata dal peccato, ha bisogno del medico Cristo. I manichei dicono che la natura umana

non sia stata fatta buona da Dio e viziata dal peccato, ma dicono che l'uomo stato creato dal principe delle tenebre eterne con la mescolanza di due nature, una buona e una cattiva, esistenti da sempre. I celestiani e i pelagiani dicono che la natura umana stata fatta buona dal Dio buono, ma nei bambini nascenti l'asseriscono talmente sana che essi non hanno la necessit a quell'et della medicina del Cristo. Riconosci dunque nel dogma tuo il nome tuo e smetti di rinfacciare ai cattolici che ti confutano e un dogma e un nome estranei ad essi. Infatti la verit redarguisce gli uni e gli altri: e i manichei e voi. Dice infatti ai manichei: " Non avete letto che il Creatore da principio li cre maschio e femmina? Per questo l'uomo lascer suo padre e sua madre e si unir a sua moglie e i due saranno una carne sola. Cos che non sono pi due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi " 178. In tal modo appunto indica Dio e come creatore degli uomini e come unitore dei coniugi, contro i manichei che negano ambedue queste verit. A voi dice d'altra parte: " Il Figlio dell'uomo venuto a cercare e a salvare ci che era perduto " 179. Ma voi, egregi cristiani, vogliate rispondere al Cristo: Se tu sei venuto a cercare e a salvare ci che era perduto, non sei venuto per i piccoli, perch essi non erano perduti e sono nati salvi. Vattene ai grandi. Contro di te adoperiamo in prescrizione le tue stesse parole: " Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati " 180. Cos avviene che Manicheo, il quale dice che all'uomo si mescolata una natura cattiva, voglia che il Cristo liberi da essa almeno l'anima buona, e tu al contrario sostieni che nei piccoli, poich sono salvi nel corpo, non c' nulla che il Cristo abbia da liberare. E in tal modo Manicheo vitupera, s, detestabilmente la natura umana, ma tu la lodi crudelmente. Tutti coloro infatti che crederanno a te lodatore, non offriranno i loro bambini al Salvatore 181. Anche nella mia prima opera ho commentato che tu nulla fai di pi che farti capire poco. AG. Sono capito in modo pieno, lo voglia tu o non lo voglia; ma tu che non hai nulla di pronto da dire contro i miei argomenti vuoi che non sia capito ci che io ho detto di verissimo e di saldissimo. Del resto la realt stessa ha indicato che tu non hai potuto confutare le mie tesi. Ti affatichi e non puoi confutarmi.

139. GIUL. E ho dimostrato che i tuoi commenti quasi nella loro maggioranza ci si affatica pi a capirli che a vincerli. AG. E tu ti affatichi e - quello che peggio per te - sei vinto. Tuttavia non ti affatichi per capirmi - il che puoi facilissimamente -, ma ti affatichi per confutarmi: il che non lo puoi. Approfitti della dimenticanza dei lettori. 140. GIUL. Ma se lo volessi fare punto per punto, apparir e superfluo nel ripetere i medesimi discorsi e lungo nel tenere dietro a tutte le discussioni. AG. Ecco come agisci, perch il lettore si allontani un bel po' da quanto ho detto e giudichi che tu abbia risposto, mentre dimentica i punti che ti eri proposto con l'apparente intenzione di confutarli. Il metodo che seguir. 141. GIUL. Pertanto, sebbene tutti gli scritti pubblicati da te contro di noi si affrettino ad un fine soltanto, cio a persuadere che esistano mali naturali, o che il diavolo sia creatore degli uomini o che Dio sia creatore di crimini, reputo tuttavia che giover alquanto alla preoccupazione della brevit se da parti diverse raggrupper insieme soprattutto quegli argomenti con i quali ti sembra di difendere tutta la tua opinione, mentre te ne servi per nasconderti, e se prima aiuter i tuoi argomenti con una esposizione, perch apparisca a che cosa mirino, e se poi li abbatter, non sparsi ma raccolti, non involuti ma svelati. AG. Per la tua ammirevole preoccupazione di brevit rendi otto libri ad uno solo dei miei, che non smonti nemmeno con tanta prolissit di chiacchiere. Di' ora, se puoi, come non siate costretti a dire al Cristo, se non con le parole, certamente con gli stessi vostri perversi sentimenti: Se sei venuto a cercare e a salvare ci che era perduto, non sei venuto per i piccoli, perch questi non erano perduti e sono nati salvi. Vattene ai grandi. Contro di te adoperiamo in prescrizione le tue stesse parole: " Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati " 182. Rispondi a queste parole. Perch tenti di avvolgere e di occultare la verit con falsi discorsi? Un altro testo di A. riportato da G.

142. GIUL. Pertanto nelle ultime parti del tuo libro, dopo aver detto: Dio crea i cattivi, cos come nutre e pasce i cattivi aggiungi: Perch quello che assegna ad essi creandoli appartiene alla bont della natura e l'incremento che d ad essi pascendoli e nutrendoli un buon aiuto che presta non certo alla loro malizia, bens alla medesima loro buona natura, creata da lui buono. Il loro essere uomini un bene di natura e di questo bene autore Dio; invece il loro nascere con il peccato, destinati a perire se non rinascono, appartiene al seme che stato maledetto fin da principio, per il vizio di quell'antica disobbedienza 183. Del quale vizio tuttavia si serve bene il plasmatore anche dei vasi d'ira, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia, perch qualcuno non lo attribuisca ai suoi meriti se liberato per grazia, pur appartenendo alla medesima massa, ma " chi si vanta, si vanti nel Signore " 184. Costui, allontanandosi da questa fede, non vuole ammettere che i nascenti siano sotto il diavolo, perch i bambini non si portino al Cristo per essere liberati dal potere delle tenebre ed essere trasferiti nel regno di lui 185. E cos mette sotto accusa la Chiesa diffusa in tutto l'orbe, nella quale dappertutto tutti i piccoli battezzandi non per altro fine sono insufflati se non perch sia buttato fuori da loro il principe del mondo 186. Ugualmente nel seguito parlando della libidine, senza la quale non si pu avere l'unione dei coniugi, libidine che noi difendiamo come naturale e come pertinente all'opera di Dio, non come un qualche grande bene, ma come sensibilit dei corpi fatti da Dio, libidine che tu in tanto numerosi scritti cerchi di asserire inserita nelle viscere umane dal diavolo, collocando il tuo dogma nella sua vergogna; parlando dunque della stessa libidine, come frequentemente, anche nell'ultima parte del tuo libro, ne parli cos: Perci anche l'onesta unione dei coniugi non la condanniamo per la vergognosa libidine dei corpi. L'unione infatti ci potrebbe essere, anche se precedentemente non fosse stato commesso nessun peccato, e di essa non arrossirebbero i coniugati; la libidine invece sorse dopo il peccato, e si sentirono costretti a velarla per vergogna 187. Da qui rimasta successivamente ai coniugati, anche se usano di questo male in modo buono e lecito, l'abitudine di evitare in tale operazione lo sguardo umano, e cos confessano che bisogna vergognarsi di tale operazione, mentre nessuno deve vergognarsi di ci che buono. Quindi chi per la mortificante libidine si unisce lecitamente, usa bene di un male; chi viceversa si unisce illecitamente, usa male di un male 188.

AG. Per quale ragione la mia sentenza stata interrotta e dopo l'omissione di alcune righe stato aggiunto, come se fosse il seguito: Quindi chi per la mortificante libidine ecc., ma sono state omesse le mie parole dove detto: In tal modo si insinuano queste due verit: e la bont della lodevole congiunzione per generare figli, e la malvagit della umiliante libidine, per cui coloro che sono generati devono esser rigenerati per non essere condannati 189? Per quale ragione sottrai coteste mie parole di mezzo alla mia sentenza e dopo averle sottratte soggiungi altre mie parole, come se fossero quelle che seguono? Cos' questo che fai? Per quale ragione lo fai? E' poco che tu trascuri quei punti del mio medesimo libro che ti eri proposto di confutare per ordine e passi ad altri punti, con il risultato che l'ordine si turba e dalla memoria del lettore cade quanto era stato proposto da te. Per giunta anche le parole che inserisci disordinatamente come ti piaciuto, non le ripeti con fedelt tutte e integre, ma tagli dove vuoi, togli quanto vuoi, congiungi come vuoi. Ma fa' tutto quello che vuoi: tanto apparirai vinto e stravinto come non vuoi. I riferimenti di G. non sono precisi. 143. GIUL. Riceve infatti il nome di male pi correttamente che di bene ci di cui si vergognano e i cattivi e i buoni, e facciamo meglio a credere all'Apostolo quando scrive: " Nella mia carne non abita il bene " 190, piuttosto che credere a Giuliano, il quale dice che un bene la concupiscenza. AG. Non era una grande fatica completare dal mio libro anche questa sentenza. Io infatti ho detto: Piuttosto che credere a Giuliano quando dice che la concupiscenza un bene: della quale, se se ne vergogna, riconosce che un male; se poi non se ne vergogna, aggiunge l'impudenza, che un male anche peggiore 191. Ma non so per quale ragione tu non abbia riferito queste parole, potendo ugualmente non rispondere ad esse, come alle altre che hai riferito per confutarle e poi non hai voluto nemmeno pi toccarle. Difficilmente intelligibili le tue parole. 144. GIUL. E poco dopo continui: Poich la natura umana, che nasce dal matrimonio o dall'adulterio, opera di Dio. La quale natura se fosse un male non si dovrebbe generare; se non avesse

un male, non si dovrebbe rigenerare, e per ridurre le due verit ad un solo e medesimo vocabolo: se la natura umana fosse un male, non si dovrebbe salvare; se nella natura umana non ci fosse nessun male, non si dovrebbe salvare. Chi dunque nega che la natura umana sia un bene, nega il Creatore buono che l'ha creata; chi poi nega la presenza in lei di un male, nega il misericordioso Salvatore a lei che stata viziata. Pertanto negli uomini che nascono n sono da scusare gli adultri per il bene che attraverso di essi stato creato dal Creatore buono, n sono da accusare i matrimoni per il male che in essi dev'essere sanato dal Salvatore misericordioso 192. Nei riguardi di queste tante parole che ho riportato dai tuoi scritti, poich in esse avevi sofferto un grande danno nel pensiero per il tentativo di farti apparire acuto nel dire qualcosa, occorre che nel ripeterle facciamo delle distinzioni, sia per la nostra abitudine di non agire mai con inganno, sia per la sicurezza della verit, poich sono difficilmente intelligibili le tue parole dai tuoi ragionamenti. Dei manichei hai detto dunque che biasimano la natura della carne e asseriscono che l'uomo fu fatto con il mescolamento di due nature, una buona e una cattiva. Di noi poi che chiami eretici, affermi che diciamo: la natura umana, creata dal Dio buono, buona, come testimonianza del suo autore, e nei bambini talmente sana da non essere necessaria a loro la medicina del Cristo. Di te dici poi che affermi: certamente buona fu creata dal Dio buono la natura di Adamo all'inizio, ma tuttavia fu viziata dal peccato e ha bisogno perci della medicina del Cristo. In verit nel primo libro della presente opera, accostando le opinioni delle due parti, ho dimostrato come non ci sia nessuna distanza tra la vostra fede e la " profanit " dei manichei, essendo appunto manifesto che la vostra fede nata dai manichei. Risult dalla mia dimostrazione che tu per paura fai coppia con Gioviniano, ma per amore fai coppia assolutamente con Manicheo. Questo dunque dev'essere discusso anche nella presente situazione, ma distinguo prima la nostra dottrina e dopo la vostra. Di noi hai detto dunque la verit dicendo che noi diciamo la natura umana creata buona dal Dio buono: ma fin qui dottrina nostra. Una parte infatti che completa la nostra sentenza o non l'hai vista o l'hai soppressa, e hai messo invece un'altra parte che non nostra e l'hai presa dalla tua dottrina. Ma noi non diciamo soltanto che la natura dell'uomo fu creata buona da Dio in Adamo, bens diciamo che in tutti i bambini creata buona da quel Dio che fu l'autore del primo uomo, ed per questo che asseriamo Dio creatore di tutti gli uomini.

AG. Che altro infatti diciamo anche noi del Signore Dio, creatore di tutti gli uomini? Ma voi negate - e questo sia lungi da noi! - che Dio sia necessario ai bambini come salvatore, asserendo che la loro natura tanto buona da dire voi che non c' in essa nessun male per cui abbia bisogno del medico Cristo. A questo rispondi tu, confuta prima ci che ti eri proposto di confutare. Mostra per quale ragione si essufflino i bambini da battezzare. Oppure contesta che si debbano essufflare, indicendo guerra apertissima all'antichissima Chiesa universale. Su questo agisci, qui insisti, contro questa fortezza scaglia, se puoi, qualcosa che la faccia crollare. Perch fuggi sotto le pelli della tua loquacit? Perch spargi vanissimi fumi per far dimenticare al lettore questi problemi, cos coperti e oscurati da te, e fargli pensare che tu dici qualcosa, mentre non sei capace di rispondere un bel niente? Parole antitetiche tra loro. 145. GIUL. Non solo dunque hai rimosso questa parte della nostra sentenza dalla nostra dichiarazione, ma le hai anche sostituito una tua parte, la quale al primo incontro avrebbe qualcosa di odioso, ma tuttavia svanirebbe dopo che fosse stata discussa. Hai riferito infatti che noi diciamo che la natura, creata buona dal Dio buono, per cos sana da non avere necessit della medicina del Cristo. Cerca dunque d'intuire quanta penuria di verit ti affligga, se anche nelle stesse parole che si dicono antitetiche non ti vergogni di commettere un furto tanto evidente. Infatti dopo aver posto precedentemente le parole: " Natura buona ", hai soggiunto poi: " E' cos sana ". Forse antitetico di buono sano? Certamente quando diciamo buono, non gli opponiamo in senso proprio nient'altro che cattivo; se poi la causa richiede che diciamo sano, gli collochiamo di fronte debole o malato. Cosicch se sano, non si dice certamente debole; se debole, non si dice sano. Quando invece diciamo: Questo buono, non gli opponiamo come contrario il nome di sano, ma il vocabolo di cattivo. Tu dunque avresti dovuto dire che noi definiamo la natura degli uomini creata buona da Dio, ma che essa nei bambini talmente buona da non richiedere nessun correttore del suo stato creaturale. Oppure se preferivi indicare le cose che erano buone con un vocabolo improprio, cio di cose sane, avresti significato tutto con un modo di parlare consono. Adesso invece tu, come una piccola murena, affondi tra i sassi delle definizioni. Poich infatti la verit ti aveva spinto a confessare che noi diciamo la natura degli uomini creata buona dal Dio buono, e

poich in quella parte della nostra sentenza vedevi molta ragionevolezza e nessuna odiosit, passasti subito ad altre parole, soggiungendo che noi per sosteniamo la natura umana tanto sana da credere che non le sia necessaria la medicina del Cristo. Se cadi in tutto questo per imperizia, sei stupidissimo; se invece lo fai per furberia, ti fai trovare maliziosissimo. AG. Quando ti saresti ridotto a fare questi discorsi se non perch non avevi che dire? Noi infatti non avremmo dovuto dire, come pensi tu, la natura umana " talmente sana " dopo averla detta " buona ", per non opporre tra loro termini che non sono veramente antitetici. Il che se volessi dimostrare con quanta imperizia tu lo dica, indugerei a somiglianza di te su argomenti non necessari. Togli di mezzo le discussioni superflue, che non gioverebbero minimamente a te nemmeno se fossero vere, e di', se puoi, come voi non neghiate ai bambini il medico Cristo. Appena infatti comincerai a dirlo, ivi apparir la ragione per cui queste disquisizioni, bench vane e non pertinenti alla questione ora trattata, hai creduto tuttavia di doverle interporre qui. Soprattutto i bambini. 146. GIUL. Eccomi infatti a rispondere brevemente: tanto poco neghiamo ai bambini, che sappiamo innocenti, la medicina del Cristo, da confessare che soprattutto essi ne hanno bisogno in pi grande copia. Nascono infatti cos esili e deboli che non solo non possono alimentarsi di propria iniziativa, ma non possono nemmeno implorare l'aiuto dei genitori, e sono esposti a cos tante disgrazie che per loro esiziale anche un latte troppo denso e spesso il sonno delle allattatrici. AG. Ecco perch tu stordisci la memoria del lettore frammettendo disquisizioni superflue. Voi non negate ai bambini la necessit del medico Cristo per i mali del corpo, dalla cui debolezza sono viziati di invalidit o privati della vita, e negate a loro la necessit del medico Cristo per il peccato che li sottomette al potere del diavolo, per essere liberati dal quale sono essufflati nel battesimo. Questa obiezione, facendo finta di doverla confutare, te la sei posta unicamente perch non ti si rimproverasse d'aver avuto paura di essa, ma poi non hai tentato di confutarla, perch i tuoi giavellotti da quel fondamento fermissimo e quasi adamantino sarebbero piuttosto rimbalzati contro di te a ucciderti. Per questo hai inserito

la disquisizione superflua sui termini antitetici, perch il lettore, dimentico di quella obiezione invitta, ti lasciasse respirare nelle tue vanissime digressioni, per quante ne inserivi, come uno che risponde qualcosa e non dice nulla. Cos appunto hai tirato fuori la fralezza del corpo infantile, esposta a molte disgrazie, quasi che o in essa i bambini sarebbero tormentati, o oppressi dalla sua grave debolezza, o, in quella loro et, potrebbe accadere ad essi qualcosa di male, se la natura umana fosse durata come era stata creata. " Ostendi ", se puoi, per quale ragione la Chiesa del Cristo essuffli i bambini battezzandi, o contendi, se puoi, che essi non sono da essufflare, o taci, se non puoi; anzi taci, poich non puoi. La medicina del Cristo necessaria a tutti i mortali. 147. GIUL. Secondo la condizione del corpo mortale incorrono e nelle tribolazioni delle infermit e nelle pene dei dolori e nei pericoli delle malattie. Non solo dunque ai bambini confessiamo necessaria la medicina del Cristo, dal quale sono stati anche creati, ma necessaria altres alla natura di tutti i mortali. AG. Dunque voi credete che anche nel paradiso ci sarebbero stati tutti cotesti mali, se nessuno avesse peccato, e pensate la morte degli uomini nel paradiso come la morte delle bestie, perch credete comune a tutti nel paradiso la mortalit dei corpi. O miseri! Se pensaste con senso cristiano alla beatitudine di quel posto, credereste che nel paradiso non sarebbero morte nemmeno le bestie, come esse non sarebbero state feroci; ma, sottomesse agli uomini con ammirabile mansuetudine, non avrebbero cercato il pasto con morti alterne, bens avrebbero consumato con gli uomini gli alimenti vegetali comuni, come scritto 193. Oppure se le bestie le dissolveva un'estrema vecchiaia, perch nel paradiso solamente la natura umana possedesse la vita eterna, per quale ragione non credere che sul punto di morire fossero tolte dal paradiso o ne uscissero al primo sentore della morte imminente, perch la morte non avvenisse per nessun vivente nel luogo di quella vita? Infatti nemmeno gli stessi uomini che avevano peccato avrebbero potuto morire, se per il merito della iniquit non fossero usciti fuori dall'abitazione di tanta felicit. Le infermit scompariranno con la risurrezione dei corpi dei giusti.

148. GIUL. Le infermit della natura, come si attenuano nella vita presente con diversi generi di rimedi, cos anche spariranno completamente con l'avvento della risurrezione, tuttavia nei corpi dei giusti. AG. Tra questi giusti tu poni anche i bambini che non hanno fatto nulla n di bene n di male con la propria volont o dai giusti separi i bambini che tuttavia non separi dalla felice risurrezione della carne? Per quale ragione dunque hai eccepito per i corpi dei giusti nei quali questi mali spariscono con l'avvento della risurrezione? Se poi i bambini per la giustizia del secondo uomo, che l'autore della rigenerazione, si considerano giusti, perch non considerarli ingiusti per il peccato del primo uomo, che l'autore della generazione? L'equivoco colpa tua. 149. GIUL. Ecco dunque in quanti mali noi confessiamo necessaria alla natura umana la medicina del Cristo. Ma so che tu sei pronto a gridare che noi cavilliamo con te. Non infatti questa medicina con la quale si soccorrono i corpi, ma con il nome di medicina tu hai significato la grazia del Cristo, che tu affermavi negata da noi. Al che si pu rispondere che l'equivoco colpa tua, che non hai voluto indicare con i nomi propri la realt che volevi far intendere. Ma poich almeno in ritardo si capito di quale medicina tu parlassi, la cui negazione ci avevi confusamente rinfacciato mentendo, rispondiamo anche a questo che hai tirato fuori nel secondo libro, come abbiamo gi protestato nella prima opera: noi confessiamo la grazia del Cristo, ossia il battesimo, da quando il Cristo ne istitu il rito, talmente necessario a tutte le et in genere, che colpiamo di anatema eterno chiunque neghi la sua utilit anche ai bambini. AG. Di medicina trattiamo: con il quale nome volle il Cristo che si chiamasse la sua grazia nel passo dove disse di se stesso: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati 194. Voi dite invece che la grazia del Cristo non necessaria ai bambini perch siano risanati, ma solamente perch siano adottati nel regno di Dio. Non credere dunque di aver risposto dove vedi che non puoi rispondere. Al nome di medicina hai sostituito il nome di grazia. 150. GIUL. Poich questo che noi inculchiamo con limpida professione, reo convinto di pubblica falsit sei tu, che scrivi difesa

da noi la natura degli uomini come tanto buona da negare noi a lei cos sana negli infanti la necessit della medicina del Cristo. AG. Ho detto il vero: appunto la medicina della grazia cristiana, che non si conferisce se non ai cristiani e non invece a tutti gli uomini anche infedeli, e non inoltre ai cagnolini e ai porcellini, ai pesciolini e ai vermiciattoli e a qualsiasi genere di qualsiasi sorta di animali, voi la negate senza dubbio ai bambini, che sostenete certamente generati senza nessun reato di origine che riparato dalla rigenerazione. Per questo tu, avendo adesso patito grandi angustie, le hai tolto il nome di medicina e l'hai sostituito con il nome di grazia, perch la grazia la potete dire necessaria ai bambini a causa dell'adozione, mentre non potete dire nacessaria la medicina attraverso i sacramenti del Cristo ai bambini, ai quali osate promettere la salvezza eterna, anche se non diventano cristiani. Voi volete appunto che il Cristo non sia Ges per i bambini, ed egli si chiama Ges per testimonianza dell'angelo e per testimonianza del Vangelo, perch salva il suo popolo, non dalle malattie e dalle lesioni della carne, dalle quali egli sana ognuno tra gli uomini e qualunque volatile e rettile, ma dai suoi peccati 195. Con il battesimo Dio rinnova e adotta i bambini. 151. GIUL. La quale grazia tuttavia, poich si dice anche medicina, fatta salva la legge della giustizia, fa buoni gli altri da cattivi, ma i bambini, che Dio crea buoni quando li crea, li rende migliori rinnovandoli e adottandoli. AG. Dunque ci che afferma Ges stesso: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati 196, per quanto si attiene alla medicina che il Cristo somministra solamente ai cristiani, falso nei bambini, perch voi e li dite sani e per evitare l'impopolarit dite che ad essi necessaria la medicina cristiana. In che modo poi il Cristo rinnova i bambini che, recentissimi dalla nascita, trova nuovi, se essi non contraggono nulla del vecchiume del peccato? O sei forse pronto a dire che in qualche caso si rinnova anche ci che non vecchio, mentre nell'Epistola agli Ebrei leggi: Dicendo alleanza nuova, ha dichiarato invecchiata la prima 197? Di' dunque in che siano vecchi i neonati, che dici sani dal vecchiume del peccato. E tuttavia per evitare l'indignazione dei veri cristiani, fingi che i bambini siano rinnovati dal Cristo. Infine, altro l'essere sanati, altro l'essere rinnovati: per coloro che devono essere risanati

necessario chi li curi, per coloro che devono essere rinnovati necessario chi li restauri. E' quindi manifesto che la vostra eresia nega assolutamente ai bambini la medicina cristiana. Buona la natura di Adamo, non buona quella dei suoi discendenti. 152. GIUL. Ecco dunque appianato che noi non neghiamo l'utilit della grazia del Cristo ai bambini. Della controversia quindi che cosa rimasto per cui il traduciano ci sospetti di errore, se non evidentemente il fatto che non acconsentiamo che la natura di Adamo fu fatta buona, s, ma la natura di tutti gli altri uomini stata fatta cattiva? Questo veramente non solo professo che non lo acconsentiamo, ma anche che lo impugniamo e con forza estrema. Rimosse perci le reti puerilmente intrecciate delle tue immaginazioni, rimosse le volgari mane con le quali sussurravi che noi neghiamo alle culle la grazia del Cristo, affrontiamoci su questo punto dov' la sostanza del contendere. Nell'ordine dunque che ho promesso - poich ho gi difeso le nostre tesi - esaminiamo le tesi di Manicheo, al quale fingevi di opporti, e le tesi vostre. AG. Le vostre tesi non le hai difese, ma hai dimostrato che non si possono difendere. Manicheo dice che l'uomo fu creato dal Principe delle tenebre. 153. GIUL. Manicheo dunque dice che l'uomo fu creato dal principe delle tenebre, cio dall'autore del male, con la mescolanza di due nature: buona e cattiva. Tu che dici? Certo dal Dio buono, ma da lui tutti gli uomini sono creati cattivi. AG. Nell'uomo nato c' e la natura, di cui non neghi il bene, e di questo bene noi lodiamo come creatore Dio; e c' il vizio, di cui tu non neghi il male, se confessi, almeno pressato, che ai bambini necessario il medico Cristo, poich non puoi negare che di se stesso abbia detto il medesimo Cristo: Non sono i sani che hanno bisogno del medico 198. Dio fa buona la natura umana in ogni nascente. 154. GIUL. Fra te e Manicheo non c' pertanto nessun dissenso sulla qualit della natura, ma solamente sull'autore. Questo male

infatti che tu reputi a Dio, riconoscendolo creatore dei bambini, Manicheo l'ha reputato al principe delle tenebre, giudicandolo creatore della natura umana. Di stabilire quindi un'alleanza tra voi non ve lo imped un grande ostacolo. Subito tuttavia spiegher che, sebbene presso gli uni e gli altri non appariscano in nessun modo vestigia di verit, tuttavia le tesi di Manicheo sono tra loro pi coerenti delle tue. Noi d'altra parte che cosa diciamo? Senza dubbio diciamo quello che contraddice gli uni e gli altri di voi: cio n dal Dio buono stata fatta cattiva la natura umana, n dal principe delle tenebre stata creata o mescolata un'altra natura; ma l'unico Dio, autore di tutte le cose, non solo fece buona la natura degli uomini la prima volta, ma la fa buona anche in ognuno che nasce. Alla quale natura tuttavia noi professiamo che l'aiuto del suo creatore, com' utile in molti modi, cos anche necessario. Quantunque altra la considerazione delle cose create e altra la considerazione delle cose donate, n qui in gioco una stima dell'opera al di sopra della stima dell'operatore. Ambedue quindi, tu e Manicheo, firmate parimente il male naturale, cio entrambi ugualmente dite cattiva la natura degli uomini: ma lui pi coerentemente, tu pi fraudolentemente. A questo male infatti, che alla pari stimate immesso dal diavolo dentro le viscere umane, Manicheo non sottrae la natura di nessun uomo; tu invece, per sembrare che ti distanzi un poco, che poi nulla, tenti di esimere da quel male due soli uomini. Non dici tuttavia che le loro persone furono libere dal peccato, ma - progresso di un ingegno pi erudito! - dici che in esse non fu naturale quel male, che tuttavia persuadi diventato naturale per causa loro. Cos, perch la frode non rimanesse impunita almeno qui, il furto che avevi fatto al tuo maestro lo ha castigato l'aggiunta di una stoltezza. Infatti credere naturale quello che confessi proveniente dalla volont un'invenzione di una mente non dico inerudita, ma ubriaca. Ma di questo tratteremo altrove, per ora insistiamo su questo tasto. Afferma dunque Manicheo che esiste il male naturale e tu annuisci; dice che i peccati nascono e tu ci acconsenti; dice cattiva la natura degli uomini e tu confermi anche questo; dice che cattiva la natura di tutti assolutamente gli uomini e qui ti opponi chiedendo che venga eccettuata quella prima coppia dei due uomini, non certo per rivendicarli dal reato, ch anzi li affermi inventori del male naturale. Questo, anche se te lo potessimo indulgere noi, non te lo conceder tuttavia il tuo maestro. Egli anzi, anche con le " ferule ", punir il tuo tardo ingegno. Cos ti sar necessario o cedere

all'autorit o abbandonare del tutto le sue scuole. Ma da ultimo Manicheo conclude e dice che di una natura cattiva non pu essere buono il creatore e quindi del principe delle tenebre, ossia del diavolo, opera l'uomo, che voi entrambi confessate " naturaliter " cattivo. AG. La natura umana, creata buona dal Dio buono, fu talmente viziata dal grande peccato della disobbedienza che anche la posterit trasse da quel peccato il merito e il supplizio della morte. A questa posterit tuttavia il Dio buono non nega la sua buona arte. Questo insegna la fede cattolica e contro di voi e contro i manichei. Ma voi, che negate questa fede, pensate, per favore, un momento al paradiso. Vi va bene forse che in esso poniamo uomini casti e donne caste che lottino contro la libidine, donne gravide che soffrano di nausea, di fastidio, di pallore; altre donne che abortiscano feti immaturi, altre che gemano e urlino nel parto; tutti gli stessi neonati che piangano, che sorridano tardivamente, che ancora pi tardivamente parlino e lo facciano balbettando; poi siano portati a scuola perch imparino le lettere gridando sotto le fruste, le sferze, le verghe, in una variet di punizioni distribuite secondo la variet delle inclinazioni; inoltre innumerevoli malattie e incursioni di demoni, e morsi di fiere che ne strazino alcuni e ne divorino altri, e poi i sani che sono nutriti sotto incerte vicende dalla misera sollecitudine dei genitori; e che anche nel paradiso esistano pure le orfanezze e i lutti e i rimpianti di persone care perdute, con intima angoscia del cuore? Sarebbe lungo elencare tutti i mali di cui abbonda questa vita: n sono tuttavia, cotesti mali, peccati di nessun genere. Se dunque questi mali sarebbero dovuti esistere nel paradiso, senza che un precedente peccato li avesse fatti meritare, cercate pure a quali uditori predicare coteste opinioni grottesche: non certo a fedeli, ma a derisori. Sicuramente se un paradiso siffatto si dipingesse, nessuno lo chiamerebbe paradiso, nemmeno se vi vedesse scritto sopra questo nome, n direbbe che ha sbagliato l'artista, ma riconoscerebbe prontamente il caricaturista. Tuttavia per di coloro che vi conoscono nessuno si meraviglierebbe, se al titolo si aggiungesse il vostro nome e si scrivesse: Il paradiso dei pelagiani! Se viceversa arrossite di questo - n infatti c' da pensare davvero che sia rimasto in voi qualche vestigio di pudore, se non arrossite di questo -, mutate finalmente, vi prego, la vostra perversa sentenza e vogliate credere che la natura umana fu mutata in queste miserie da quel grande peccato, e che in nessun modo avrebbero potuto esistere cotesti mali nel

paradiso. Questa fu la ragione per cui dal paradiso uscirono i due, dei quali anche la discendenza sarebbe stata degna di subire quei mali, passando in tutti l'infezione del peccato insieme alla istituzione del castigo. Questo dogma cattolico difende la giustizia di Dio, perch essa non avrebbe voluto che la vita dei mortali fosse penale, se non lo avesse meritato, e sbaraglia tanto voi quanto i manichei. Voi certo, perch attribuite al paradiso una infelicit orribile per la presenza di quei mali. I manichei poi, perch asseriscono l'infelicit della natura del loro Dio - e quindi che altro se non l'infelicit del loro Dio? - per la presenza in lui di quei mali. Perci non mi devo preoccupare che tu mi opponga il maestro Manicheo a castigare con le " ferule " il mio tardo ingegno; ma ti prego di preoccuparti tu di essere istruito con le " ferule ", secondo l'indicibile e orrenda assurdit del vostro errore, anche se tu nascessi tra i popoli del paradiso. Se di questa deformissima assurdit avete insieme a noi l'orrore che dovete, donde viene, vi prego, anche cotesta miseria dei bambini, la quale non viene certamente dalla natura del male fantasticata dai manichei? Viene solamente da quel grande peccato, superiore ad ogni nostra estimazione, che vizi talmente la natura umana e la implic nelle pene pi giuste che da essa dovette nascere non solo la corruttibilit dei corpi, assoggettata a tante dolorose vicende, ma anche la tardit degli ingegni, esposta alle " ferule " e ad altre percosse. Altra conseguenza fu che questo secolo maligno corresse attraverso giorni cattivi fino al suo termine in modo che anche ai santi, bench strappati per divina indulgenza dall'eterno supplizio, ricevuto il pegno della incorruttibile salvezza, fosse comandato tuttavia di tollerare le pene di questa vita nel loro buon uso con il premio della pazienza, piuttosto che meritare di essere esenti da esse, anche dopo la remissione dei peccati. A quale porto dirigi la tua nave? 155. GIUL. Ma tu insorgi con tutto te stesso contro questa conclusione e, dopo essere salito sulla medesima nave con Manicheo ed avere corso con lui nel medesimo vento, quando avevi fatto ormai tutta la traversata, hai pensato tuttavia di dover attraccare ad un'altra sponda. Ma faccia pi tollerabile l'esitazione, sebbene tardiva, il piacere di una utilit immediata. A quale porto dirigi dunque la tua nave? Tu rispondi: Io dico che Dio buono, s, e che tuttavia il medesimo Dio creatore di uomini cattivi. O fuga

dal pericolo finita sugli scogli, questo tuo aver voluto riversare tutto lo scarico di Manicheo su colui che avevi ritenuto Dio! AG. Neghi tu forse che anche negli uomini cattivi sia un bene la natura e dell'anima e del corpo? Di questo bene creatore Dio. Questo bene Manicheo lo chiama un male, e a questo bene, che chiama un male, assegna un creatore " malo ". Non risparmia infatti nemmeno l'anima, ma, come dice essere propria della carne una sua qualche anima, cos la natura dell'anima coeterna al Dio buono la dice tanto cattiva da non poter assolutamente essere buona; ma ammette nel medesimo uomo una seconda anima buona, non fatta da Dio, bens sostanza e natura di Dio, imprigionata nelle miserie di questo mescolamento, non per qualche sua colpa, ma per mala necessit di Dio. Tutta per questa struttura, che l'uomo, e la dice una realt cattiva e la dice opera di un autore cattivo. Vedi o no quanto sia diverso dal nostro il suo modo di pensare e come perci sia insanissima ed empia la sua insipienza? Ma tu che credi che per questo gli uomini non possano nascere cattivi, perch a crearli il Dio buono, sostieni, se puoi, che nemmeno i corpi possano nascere viziosi, perch anch'essi li crea un Dio integro; sostieni infine che, come non nascono cattivi gli uomini, perch li crea il Dio buono, cos non nascono n tardi d'ingegno, n fatui, perch li crea il Dio sapiente. O non un male la fatuit, quando la Scrittura dice che un fatuo da compiangere pi di un morto 199? Come dunque voi non dite con noi autore della fatuit Dio, sebbene tuttavia confessiate che con Dio creatore nascono uomini fatui, cos noi non diciamo autore della malizia Dio, e tuttavia per l'obbligazione del peccato originale possiamo giustamente dire che gli uomini nascono cattivi con nessun altro creatore all'infuori di Dio, perch solo lui che crea gli uomini. Pi conseguenziale di te e Manicheo. 156. GIUL. Risplende assolutamente quindi che l'opinione di Manicheo ha una maggiore conseguenzialit: se qualcosa fosse creato cattivo per natura, indicherebbe simile ad esso il suo autore. AG. Quali altri potrebbero pensare cos all'infuori degli eretici pelagiani? Dunque poich l'uomo creato mortale, non per punizione secondo te, ma per natura, mostra il suo autore mortale a somiglianza di lui e, allo scopo che la tua fatuit arrossisca

almeno agli occhi dei fatui, poich un uomo creato fatuo per natura, mostra che il suo autore fatuo a somiglianza di lui! Anche il peccato originale. 157. GIUL. Ma prescrive la verit che in primo luogo non si possa dire male, ossia peccato, ci che quello che lo costringe ad essere la sua natura, e che il peccato altro non che l'esorbitare della volont libera dal sentiero della giustizia. AG. Ma anche questo peccato originale trae origine dalla volont di colui che pecc, e cos non esiste nessun peccato se non per volont. La natura, se rimane come Dio l'ha creata, senza peccato. 158. GIUL. Da questi presidi difesa la natura innocente di tutte le creature, la quale, se rimane com' stata creata, si dimostra non soggetta a nessun crimine. AG. Ma non rimasta come fu creata e per questo si mostra soggetta ad un crimine, e al suo crimine come ereditario ha fatto soggetta la sua stirpe, la quale tuttavia buona anch'essa, in quanto viene creata da Dio. Ogni creatura buona. 159. GIUL. Il male quindi naturale non possibile, e perci nessuna creatura rea per natura, n " malo " il suo autore. Risulta appunto che il male non ha consistenza di natura; ma come ogni creatura buona in quanto viene creata, cos anche Dio, creatore di nature buone, si prova buono in tutte le sue opere, senza essere macchiato da nessun crimine di una sua opera. Perci tutto quello che aveva introdotto Manicheo stato spazzato via da quest'unica ragione dei cattolici. AG. In questo dici la verit: Assolutamente ogni creatura buona in quanto viene creata, e quindi, come questo, cos anche ci che segue lo diciamo gli uni e gli altri, poich Dio, autore di nature buone, si prova buono in tutto, senza essere macchiato da nessun crimine di una sua opera. Tutto questo infatti si connette con la proposizione: Ogni creatura buona in quanto viene creata. E quindi anche l'uomo buono in quanto viene creato; ma non

buono in quanto viene generato da una origine viziata, e perci dev'essere rigenerato. Ritorsione. 160. GIUL. Ma tuttavia Manicheo, bench colpito a morte dal fulmine di una verit tanto perspicua, sembra respirare un poco, quando si paragona a te. A lui infatti crolla tutta la struttura del suo dogma, solo perch ne traballa il fondamento; a te invece vacillano tre parti, come a lui una sola. E perci vedi se qualcosa del tuo edificio possa stare in piedi. Manete dunque, reputando naturale il peccato, che non pu essere se non volontario, pose le fondamenta nel vuoto. Ma le altre sue affermazioni le pose con conseguenza logica nel suo sistema, dicendo che un male la natura poich naturale il peccato, e che non buono l'autore di una realt cattiva, e che perci tutto il genere umano da attribuire al principe delle tenebre. Il che sarebbe potuto stare tutto certamente, se la verit non avesse svuotato la sua prima affermazione, insegnando cio che il peccato come opera di volont libera non si pu dire naturale e nulla che sia stato imposto dalla natura pu essere peccato. AG. Contro di te pu essere similmente intrecciato cotesto ragionamento. Poich non sei cos fatuo da negare che nascano complessioni fatue, cio uomini fatui, ascolta dunque quanto tu abbia aiutato con la tua fatuit la demenza di Manicheo. Dice infatti, istruito da te stesso, che fatua la natura poich naturale la fatuit, come tu hai detto che un male la natura, perch naturale il peccato. Poi egli aggiunge: ma l'autore di una creatura fatua non sapiente, come tu hai detto: Ma l'autore di una creatura cattiva non buono. Infine egli conclude: Perci il genere degli uomini fatui da attribuire al principe delle tenebre, cos infatti anche tu hai concluso dicendo: Perci tutto il genere umano da attribuire al principe delle tenebre. Ecco Manicheo ti ha vinto con la tua bocca, ti ha scannato con la tua spada. Che pensi di fare? Non c' niente infatti che pu aiutare te contro di lui, anzi ti opprime e ti trafigge ancora di pi, quello che aggiungi, dicendo: Il che sarebbe potuto stare tutto certamente, se la verit non avesse svuotato la sua prima affermazione, insegnando cio che il peccato come opera di volont libera non si pu dire naturale e nulla che sia stato imposto dalla natura pu essere peccato. In che ti aiuta questo e come non ti soffoca sempre di pi? Puoi forse dire che la fatuit non possa essere naturale? Sta dunque contro di te ci che in simile

ragionamento Manicheo pose al primo posto, perch la fatuit naturale. E su questa specie di fondamento hai reputato costruite con conseguenzialit tutte le altre sue affermazioni fino al colmo dove dice che tal genere di uomini da attribuire al principe delle tenebre. Ma noi demoliamo quel primo fondamento di Manicheo, dicendo che la fatuit naturale nel senso che nascono uomini fatui a causa di un vizio accidentale, che rende inevitabile una simile origine, non perch la natura umana sia stata primitivamente istituita in maniera corrotta, come vaneggia Manicheo. Perci anche quello che egli aggiunge come conseguenza dicendo che fatua la medesima natura, noi concediamo che vero per il vizio con il quale un uomo nato fatuo, non per l'opera che c' in lui da parte del Creatore buono. Infatti nato fatuo per l'accidentalit di un vizio, ma stato creato uomo per l'operativit di Dio. Della sua aggiunta successiva, che non sapiente l'autore di una creatura fatua, intendendo l'uomo nella stessa creatura, diciamo che non logica. Di quell'uomo appunto che nato fatuo noi diciamo autore Dio, sebbene non diciamo Dio autore della stessa fatuit. La quale fatuit non una natura e una sostanza, che non nasce se non per creazione di Dio, ma un vizio della medesima natura, accaduto per permissione di Dio. Che poi Dio permetta questo con giusto giudizio non ne dubitiamo certamente. In questo modo distruggiamo e i manichei, cattivi costruttori della propria rovina, e i pelagiani, fatui coadiutori dei manichei. Il cuneo della ragione. 161. GIUL. Dunque il cuneo della ragione con l'abbattimento della prima definizione ha gettato a terra le conclusioni di Manicheo. Che speri allora di te, che hai vacillanti tre affermazioni, come egli una sola? Per primo dici infatti che naturale il peccato; secondo, che buono Dio, il quale crea, infonde ed estende i mali, ossia i peccati; terzo, che un fatto della volont stato mischiato con i semi. Dunque questi tre singoli capi delle tue affermazioni vacillano in se stessi: vacillano, dico anzi svaniranno come funi di sabbia prima di comporsi. Un'affermazione dunque, quella cio che dice naturale il peccato, giace gi direttamente distrutta in Manicheo. Le altre due affermazioni, che sono proprie della vostra opinione, sono cadute con la rovina ripetuta, ma puntuale, dello stesso Manicheo. Se egli infatti non riuscito a dimostrare n con la natura cattiva, n con il principe delle tenebre che gli uomini nascono rei, quanto pi stolti siete voi che per dimostrare i crimini dei nascenti avete aggiunto

l'accusa di Dio! Perci, come una natura non pu essere peccato, e questo fulmine ha squarciato il dogma di Manicheo, cos di ritorno ci che peccato non pu essere naturale. Un'opera infatti della volont non si converte in una condizione della sostanza: ci che tu credi avvenuto. Ma molto pi consta che il Dio buono non crea mai i cattivi. Si fatto chiaro pertanto che non pu esistere un peccato in un nascente creato da Dio. AG. Tanto consta che il Dio buono non crea i cattivi, quanto consta che il Dio sapiente non crea i fatui. Se infatti dici: Il Dio sapiente crea i fatui, ti si risponder: Perch dunque il Dio buono non crea anche i cattivi? Fatto attento alla ricerca della causa per cui nascano i fatui, che tuttavia Dio crea come uomini, ivi troverai forse il vizio di origine, tu che non vuoi confessare il peccato originale. Oppure sei pronto a dire che, senza nessun precedente peccato da parte di nessuno, in quella felicit del paradiso sarebbero potuti nascere anche i fatui, incapaci di essere istruiti, non dico con le " ferule ", ma nemmeno con i bastoni? Se non lo dici, perch questa assurdit non trascenda ogni fatuit, di' per quale merito l'immagine di Dio nasca con tanta deformit di mente che per nessun irrobustimento di et, per nessuna prolissit di tempo, per nessuna fatica di studi, per nessuna sollecitudine di maestri, per nessuna quantit di punizioni fisiche, pu arrivare, non dico alla sapienza, ma nemmeno ad una qualsiasi utile nozione, tu che non vuoi credere che il Dio giusto mand via dal paradiso, cio dalla sede della felicit, la natura umana, viziata e condannata, per due ragioni: perch nel paradiso non avvenisse nessuna morte, n quella temporale del corpo, n quella eterna di tutto l'uomo; e perch questi mali degli animi e dei corpi, tanto numerosi e gravi, che vediamo nel genere umano e che dovevano nascere dalla radice depravata e punita e dalla massa perduta, non nascessero nella patria di quella beatitudine, ma piuttosto in queste terre assegnate alla miseria dei mortali, giustissimamente inflitta, perseguitando il reato coloro che nascono e non recedendo da coloro che rinascono il lavoro tormentoso fino alla morte del corpo. La mia risposta vale anche per il futuro. 162. GIUL. Il problema chiaro e gi sufficientemente risolto nella prima opera. Ma poich tu hai voluto essere tanto perfido da tentare di fare una qualche distinzione fra te e Manicheo, mi necessario adesso insistere sulla causa, perch sia chiaro che

stato risposto non solo alle tue affermazioni precedenti, ma anche a qualche altra che tu tentassi d'introdurre in seguito. Noi pertanto diciamo che l'opera di Dio talmente buona in chi nasce, che gli elementi naturali della sua sostanza non hanno bisogno di un emendatore. Poich chi giudica che avrebbe dovuto essere fatto diversamente ci che confessa fatto da Dio, riprende senza dubbio Dio, che confessa artefice di una creatura da correggere con altra forma. AG. Taci, per favore: non sai quello che dici. Alcuni sono nati con gli orifizi chiusi, e sono stati aperti a loro dai medici. Presso di noi viveva un certo Acazio, nato tra i suoi da distinta famiglia. Diceva di essere nato con gli occhi chiusi; ma poich, sani all'interno, non si aprivano per l'aderenza delle palpebre tra loro, un medico avrebbe voluto aprirli con un ferro e non lo permise la sua religiosa madre, ma essa l'ottenne con un impiastro eucaristico, quando era gi un ragazzo di quasi cinque o pi anni, per cui raccontava che se ne ricordava abbastanza. Ometto il famoso cieco nato del Vangelo, al quale rese la luce degli occhi lo stesso artefice, che non gliel'aveva data perch fossero esaltate le sue meraviglie. Ivi infatti non si tace la ragione per cui era nato cieco: cio non per un peccato suo o dei suoi genitori, ma perch si manifestassero in lui le opere di Dio 200. Interroga del resto i medici e ti dicano a quanti essi vengano in aiuto, se possono, perch i vizi innati dei corpi non rimangano o anche perch non uccidano i nati. Alcuni infatti nascono con gli orifizi inferiori chiusi, come altri nascono con le labbra serrate, e sono certamente vizi che, se rimangono, non li lasciano sopravvivere. N infatti quando l'arte della medicina soccorre queste persone, si correggono le opere di Dio come se fossero colpevoli. Quale verace cultore di Dio ignora che quei tali dovevano nascere come sono nati? Ma anche questo rientra nelle tribolazioni del genere umano in mezzo alle quali si vivono questi giorni cattivi, pieni, per giusto giudizio di Dio, di fatiche, di dolori, di timori, di pericoli. E tutti questi mali lungi da noi affermare che fossero in quella felicit del paradiso, ed essi quindi non sono pullulati se non dalla radice del peccato. E che? Le stesse intelligenze, se si lasciano come sono nate, n si coltivano con accurate dottrine mediante un gran lavoro di docenti e di discenti, non apparisce in che stato rimarranno? Ma riempite voi il vostro paradiso di uomini nati viziosi di corpo e di animo, negando voi il peccato originale con occhi infelicemente chiusi e con bocca impudentemente aperta.

I benefici divini sono utili e necessari a tutti. 163. GIUL. Salvata pertanto la bont e la moderata lode che si deve alle nature, anche dei nascenti, noi diciamo che le aggiunte dei benefici divini sono utili e necessarie a tutte le et in genere, in modo tuttavia che non si attribuisca a nessuno n la virt n il vizio senza la sua propria volont. AG. A nessuno si attribuisce la virt senza la propria volont, ma la volont viene preparata dal Signore 201, come la volont del re Assuero, e per questo risultato preg Ester 202. Perch tutti i battezzandi vengono essufflati? 164. GIUL. Quantunque anche in questo la clemenza di Dio si manifesta pi generosa in quanto santifica i bambini incoscienti, e ci torna appunto a lode della misericordia. Che infatti la colpa non li inquini incoscienti rientra nelle leggi dell'equit. AG. Se non li inquina nessuna colpa, per quale ragione non sono santificati tutti? E per quale ragione tutti coloro che sono santificati, vengono essufflati? L'ho fatto gi. 165. GIUL. Ma io dico di quelle virt che acquistiamo con l'uso della ragione gi perfetta. Perci avverto il lettore di stare attento alle nostre conclusioni, essendo necessario questo avvertimento anche qui, come lo stato frequentemente. Il lettore infatti vedr che i traduciani non differiscono in nulla dai manichei, cos da non obiettare a noi in veste di argomenti se non gli argomenti che sono contenuti nei libri dei manichei. L'ho fatto anche nel quarto libro della mia prima opera. AG. E ti ho risposto con il mio sesto libro. La spia di una preghiera. 166. GIUL. Ma poich dopo l'edizione di quei libri, per la preghiera tua, o beatissimo padre Floro, fu trovata presso Costantinopoli una lettera di Manicheo e fu spedita in queste parti, vale la pena d'inserirne qui alcuni brani, perch tutti capiscano donde discendano questi argomenti a favore della " traduce ".

AG. Come fai a dire che per la preghiera di una persona fu trovata e spedita una lettera, se Dio non opera nei cuori degli uomini gli atti della volont? Certamente l'uomo che trov la lettera, la cerc con la volont, o cercava con la volont qualcosa nel luogo dove pot trovare la lettera, o a persone che parlavano di tali argomenti chi possedeva la lettera disse di averla presso di s, di poterla mostrare e consegnare a chi la volesse, e questi la sped volontariamente in queste parti; e in qualsiasi altro modo la lettera sia stata rinvenuta e spedita, certamente ci avvenne per la volont di una o pi persone. E tuttavia tu dici che ci avvenne per la preghiera di Floro. Tu dunque, che il libero arbitrio non lo difendi per farlo capire, ma lo innalzi per farlo perire precipitandolo, per quale ragione non confessi che Dio, senza nessuna imposizione risuonante all'esterno, con ispirazione occulta, prepara e suscita le volont degli uomini a compiere efficacissimamente ci che egli vuole? Ho gi discusso della concupiscenza. 167. GIUL. E sebbene in quella prima piccola opera io in difesa della concupiscenza o volutt della carne, che si chiama anche libidine e che stata inserita nei sessi per la virilit della propagazione, abbia gi discusso, dentro il limite d'insegnare che essa tra gli strumenti del corpo la sola che sia stata data in dotazione ugualmente agli animali ragionevoli e agli animali irragionevoli, e che fa parte dell'opera di Dio, il quale ha onorato nei sensi la nostra carne, tuttavia, poich Agostino insiste su di essa con forza e dice che cattiva, cio che un peccato naturale e la madre di tutti i peccati, tentando di persuaderlo soprattutto dal pudore che essa solleva, e poich irride me che arrossisco di nominarla direttamente. AG. La concupiscenza della carne, per la quale la carne ha desideri contrari allo spirito e si chiama anche libidine, io dico che cattiva e che adesso in questa carne da frenare e da attenuare con una buona abitudine, e che nella vita eterna dovr invece essere guarita completamente, e non separata da noi, quasi fosse stata aggiunta o mescolata a noi mediante una qualche sostanza cattiva, come vaneggiano i manichei. Ma, qualunque sia il tuo modo di sentire su di essa, che tu la potessi collocare nel paradiso tale e quale adesso, capace di sollecitare ad azioni illecite i cuori delle persone anche caste, coniugate o continenti, e da sopraffarli, se non le si

resiste con una volont pi robusta del solito, non lo crederei, se non lo trovassi in cotesti tuoi libri pieni zeppi di vana e di insana loquacit. Prima contro Manicheo, ora contro A. 168. GIUL. Per questo anch'io, dopo che negli scritti precedenti ho difeso la qualit della concupiscenza dalla bocca di Manicheo con le dovute distinzioni, anche ora brevemente la vendicher dal tradimento dei suoi accusatori, i quali tuttavia confessano di servire ad essa contro voglia. AG. Voi potete servire coerentemente la libidine che lodate. Noi invece l'accusiamo e con l'aiuto del Signore la combattiamo e la vinciamo. Giovane G.! 169. GIUL. Ecco allora, vecchio Agostino, ci che contengono i tuoi libri: La libidine sorta dopo il peccato e i progenitori furono costretti dalla vergogna a velarla 203. AG. Ecco allora, giovane Giuliano ci che contengono i tuoi libri: l'evidenza che tu non trovi che dire contro i miei libri e cerchi calunnie da scagliare addosso a noi loquacemente e vanamente. Testi di A. sulla concupiscenza. 170. GIUL. E ugualmente: Chi per la mortificante libidine pratica lecitamente l'unione, usa bene di un male; chi viceversa la pratica illecitamente, usa male di un male. Riceve infatti il nome di male pi correttamente che di bene ci di cui si vergognano sia i cattivi che i buoni, e facciamo meglio a credere all'Apostolo che scrive: " Io so che nella mia carne non abita il bene " 204. E altrove: La libidine non un bene delle nozze, ma un'oscenit per coloro che peccano, una necessit per coloro che generano, l'ardore della sfrenatezza, il pudore delle nozze 205. E inoltre: In ci che quelli fecero successivamente per la propagazione sta il bene del connubio; in ci che invece coprirono antecedentemente per vergogna sta il male della concupiscenza, il quale evita qualsiasi sguardo e cerca per pudore di occultarsi 206. O altre affermazioni simili sono state proferite dalla tua memoria pi che dal tuo ingegno, e sei solito farne uso per questo tema. Manicheo dunque

si tormentato a comporre teorie che reputava acute; tu invece sei rimasto deluso nel reputare che potesse rimanere nascosto ci che avevi letto e ritenuto. AG. Chi c' infatti che conosca anche solo superficialmente il dogma dei manichei e gli sfugga la loro affermazione che la concupiscenza della carne cattiva? Ma non sta qui la caratteristica del loro dogma. Che altro dice infatti anche colui che dice: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste 207? Che altro anche colui che dice: Se uno ama il mondo, non c' in lui l'amore del Padre; perch tutto quello che nel mondo, concupiscenza della carne e concupiscenza degli occhi e ambizione del secolo: non viene dal Padre, ma dal mondo 208? Che dunque sia cattiva la concupiscenza della carne i manichei non lo dicono per un proprio dogma, e coloro che non sono ciechi vedono che lo dicono anche gli Apostoli. Ma la sentenza propria e velenosa dei manichei quella che aiutate con il vostro errore voi, i quali, nei riguardi della concupiscenza della carne, alle cui sollecitazioni a perpetrare azioni illecite si oppone, vogliate o non vogliate, la castit, negate che essa sia accaduta per il peccato alla natura che Dio cre buona. E in questo modo fate s che i manichei, nei riguardi di quella concupiscenza di cui essi per la lotta dei casti e per la testimonianza degli Apostoli dimostrano la malvagit, concludano che essa non come qualit cattiva da sanare, ma come sostanza cattiva da separare, non sia un'accidentalit accaduta alla natura buona, ma sia stata mescolata alla natura buona come una sostanza anch'essa, derivata dalla gente delle tenebre e da una sostanza cattiva coeterna a Dio. Ma continuate e ordite calunnie contro di noi con la peste dei manichei, che voi aiutate tanto da renderli invitti, a meno che anche voi con essi non siate vinti da quella verit cattolica che veramente invitta. Vostra sorella Menoch. 171. GIUL. Ascolta quindi ora e riconosci che cosa il tuo genitore scriva ad una sua figlia, vostra sorella. AG. Ingiurie sono coteste, n urbane, ma vane. Le favole di Manicheo.

172. GIUL. Mani, apostolo di Ges Cristo, alla figlia Menoch. Grazia e salvezza a te sia donata dal nostro Dio, che veramente il vero Dio, ed egli illumini la tua mente e ti riveli la sua giustizia, perch tu sei frutto di stirpe divina. E poco dopo: Per mezzo dei quali sei stata resa splendida anche tu, riconoscendo in quale condizione fossi precedentemente e da quale genere di anime fossi emanata, un genere confuso di tutti i corpi e di tutti i sapori e composto di specie varie. Infatti come le anime sono generate dalle anime, cos il vaso del corpo plasmato dalla natura del corpo. Dunque " quello che nasce dalla carne carne, e quello che nasce dallo spirito spirito " 209. Intendi per spirito l'anima: l'anima dall'anima, la carne dalla carne 210. AG. Se ti dir che ignoro del tutto cotesta lettera di Manicheo, non mi crederai affatto, sebbene io dica la verit, e contenderai contro di me con vana loquacit, come sei solito. Ma se Manicheo ha detto questo, che c' di strano che egli si sia demolito da s? Se infatti l'anima si comporta allo stesso modo della carne dell'uomo, anche l'anima dell'uomo nasce: e quella buona e quella cattiva. Infatti dicono follemente che in ogni singolo uomo ci sono contemporaneamente due anime, una cattiva e una buona, emananti dai loro principi diversi. Se l'anima dunque nasce quando nasce la carne, certamente n l'anima cattiva coeterna a Dio, n l'anima buona stata prodotta dall'eterno Padre contro i principi delle tenebre, come sproposita la setta di Manicheo. Ma qualunque sia il modo in cui Manicheo fa nascere le anime, che interessa a noi, dai quali risaputo e ritenuto che le parole del Signore: Quello che nasce dalla carne carne, e quello che nasce dallo spirito spirito 211, non si avverano quando un uomo nasce da un uomo, bens quando rinasce dallo Spirito di Dio? Non altro infatti consente d'intendere quel passo evangelico tutto intero. Cerca dunque altrove a chi tu possa vendere queste favole di Manicheo e mostra piuttosto, per le osservazioni che ho fatto pi sopra, come tu non sia un aiutante dei manichei. Manicheo dileggia la carne. 173. GIUL. Conosci appunto come Manicheo confermi nel modo pi esplicito la " traduce " delle anime e quale testimonianza adoperi per dileggiare la carne, precisamente il testo che voi vi rigirate in bocca: Quello che nasce dalla carne carne, quello che nasce dallo spirito spirito 212.

AG. Ho gi detto in che modo intendiamo noi coteste parole evangeliche, poich esse non indicano la generazione, ma la rigenerazione. Tu di', se puoi, come tu non aiuti le parole sacrileghe di Manicheo sulla concupiscenza della carne, che tu neghi discendere per propagazione nella nostra natura dalla natura del primo uomo, viziata a causa della prevaricazione, e cos dai motivo a Manicheo di attribuirla giustissimamente alla gente delle tenebre, coeterna a Dio. Con molta insipienza appunto e con molta impudenza si nega da te il male che fa concupire la carne contro lo spirito e contro il quale combattono le loro guerre interiori di casti. Propria del manicheismo la delle anime. 174. GIUL. Perci non solo dicendo, ma anche ripetendolo inculca che proprio del suo dogma ritenere la " traduce " delle anime, e cerca di provarla pure con la similitudine dei corpi generanti: Come le anime, dice, sono generate dalle anime, cos il vaso del corpo viene plasmato della natura, e come la carne della carne, cos l'anima dall'anima. Ma procediamo oltre. Dice: Come dunque autore delle anime Dio, cos autore dei corpi per mezzo della concupiscenza il diavolo. La concupiscenza della donna come la pania del diavolo con la quale egli va a caccia, non di anime, ma di corpi. AG. Manicheo avrebbe potuto dire che il diavolo non va a caccia dei corpi, ma delle anime: i corpi infatti li fa appartenere alla natura della gente delle tenebre, dalla quale viene anche il diavolo. Perci, a stare a Manicheo, si direbbe che il diavolo va a caccia non dei corpi, che sono suoi, ma delle anime buone che non sono sue. La nostra fede invece conosce creatore e delle anime e dei corpi il Dio buono. Due sostanze invece di una sola sostanza e di un vizio della sostanza. 175. GIUL. Sia per mezzo della vista, sia per mezzo del tatto, sia per mezzo dell'udito, sia per mezzo dell'odorato, sia per mezzo del gusto. Togli insomma la radice di questa stirpe maligna e subito contemplerai te stessa divenuta spirituale. " Radice infatti di tutti i mali - dice la Scrittura - la concupiscenza " 213. Tu vedi con quale spirito e per quale ragione il dogma manicheo incalzi la concupiscenza della carne, dicendo che essa la legge del peccato,

tolta la quale dai corpi, la sua figlia alla quale scrive si vedrebbe diventata spirituale. La qual opinione con quali parole dell'Apostolo tenti di confermarla ascoltiamolo: , perch figlia della concupiscenza, e perch figlio dell'anima 214. AG. Nelle parole dell'Apostolo, Manicheo intende due sostanze, l'una buona e l'altra cattiva; non una buona sostanza e un vizio della sostanza buona: vizio contratto per generazione dal peccato del primo uomo e sanabile per rigenerazione dalla giustizia del secondo uomo. La quale verit come invittissimo giavellotto lancia con forza la fede cattolica e contro i manichei e contro voi, e vi abbatte entrambi. La concupiscenza non una sostanza cattiva. 176. GIUL. Tu capisci che nel dogma di Manicheo sono stati messi a nudo i midolli dei quali si nutre la vostra fede. Ma ecco che egli prende ad accusare noi, cio i cattolici: Perci vedi quanto sono stolti coloro che dicono che stato creato dal Dio buono questo vaso, che sono certi essere generato dallo spirito della concupiscenza. AG. Su questo punto siamo accusati dai manichei e noi e voi insieme, perch il vaso della carne lo diciamo gli uni e gli altri creato dal Dio buono. Lo spirito invece della concupiscenza i manichei dicono che una sostanza cattiva, non un vizio di una sostanza buona, per cui la carne concupisce contro lo spirito: il che noi lo diciamo per riprovare i manichei, e voi lo negate per aiutarli. Poich infatti dimostrano, anche contro la vostra opposizione, che la concupiscenza per cui la carne concupisce contro lo spirito un male, se essa non , come voi ritenete, un vizio di una sostanza buona, si penser che sia una sostanza cattiva: e questo il dogma dei manichei, nemico con l'aiuto vostro della fede cattolica. Abbiamo scoperto la fonte. 177. GIUL. Con animo svogliato compiono il coito, con segreti pudori si comportano allora, odiando la luce perch non siano manifestate le loro opere. E in riferimento a ci l'Apostolo dice: " Non della volont " 215, sottintendendo il coito. Infatti se bene quello che facciamo, non della carne, perch " sono note le opere della carne: fornicazione " 216, ecc. Se male quello che facciamo, non dell'anima, perch " dello Spirito frutto la pace e la

gioia " 217. Inoltre anche ai Romani l'Apostolo grida: " Io non compio il bene che voglio, ma opero il male di cui inorridisco " 218. Voi vedete la voce di un'anima contumace, la voce che difende la libert dell'anima contro la concupiscenza. Gli doleva infatti che il peccato, cio il diavolo, operasse in lui ogni concupiscenza. L'autorit della legge indica il male della concupiscenza, poich vitupera tutti i suoi usi, che la carne ammira e loda: per l'anima infatti soave ogni amarezza della concupiscenza, perch se ne nutre e si rinforza. Inoltre l'animo di chi si astiene da ogni soddisfazione della concupiscenza vigila, si arricchisce e si sviluppa, mentre per lo sfogo della concupiscenza solito deprimersi. Capisci o no che abbiamo scoperto, bench in ritardo, la fonte non solo del tuo modo di pensare, ma anche del tuo modo di parlare? Con tanto amore ti abbracci infatti al tuo maestro da seguirne fedelmente non solo le vie, ma anche le orme. Il che tu lo asserisci in tutti gli scritti, come ne fanno fede anche i libri dedicati da te al nome di Marcellino e questi indirizzati da te a Valerio: cio che codesta concupiscenza della carne, che tu chiami anche " pudenda ", stata mescolata ai corpi umani dal diavolo. AG. Tu infatti con quale impudenza neghi che sia " pudenda " la concupiscenza, contro la quale mi meraviglio che tu combatta sinceramente, atteso che la lodi allegramente? Ma quando ti univi alla tua moglie, sebbene bramassi l'uso della volutt concessa, pur non temendo di nulla, tuttavia cercavi arrossendo un luogo segreto. Perci se la felicit degli uomini nel paradiso perseverava, o cotesta tua cliente non vi esisteva assolutamente, o non vi compiva contro il comando della volont nessuno dei suoi movimenti, ai quali doversi opporre per assicurare la congrua onest a quella felicit. Ma poich nelle lodi della concupiscenza ti sei tanto spinto da sostenere che nel paradiso sarebbe esistita la libidine tale e quale la sentiamo adesso sollecitare i cuori dei casti che la contrastano, chi non vedrebbe che non per sapienza, non per eloquenza, ma per impudenza mi resisti, perch da un perverso pudore ti impedito di confessarti sconfitto? Riguardo dunque alla concupiscenza della carne, n la diciamo una sostanza di natura cattiva, come dicono i manichei; n ogni suo uso riprovato da noi, come dai manichei; n d'altra parte la diciamo buona, come dicono i pelagiani; n il suo movimento contro lo spirito lodato da noi, come dai pelagiani. Ma noi diciamo che la concupiscenza un vizio di una sostanza buona: il quale vizio per la prevaricazione del primo uomo si convertito in nostra natura, come dicono i cristiani cattolici; e di questo male noi

approviamo, com' approvato dai cristiani cattolici, l'uso lecito e onesto per procreare figli. Cos superiamo ed evitiamo sia i manichei che i pelagiani. Gli errori degli uni e degli altri si differenziano cos da dimostrarsi l'errore che apparisce minore come l'aiutante dell'errore che apparisce maggiore. I pelagiani infatti, negando che sia un vizio di una sostanza buona la concupiscenza, che con sufficiente evidenza appare cattiva, aiutano i manichei, che il vizio stesso lo dicono una sostanza cattiva, coeterna alla sostanza del Dio buono. Sei cattolico tu, non lo Ambrogio. 178. GIUL. Che la concupiscenza figlia del peccato, e madre degli altri peccati, che di essa si lamenta l'apostolo Paolo quando dice: Io so che il bene non abita nella mia carne 219; e: Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto 220; il che sempre stato spiegato dai cattolici cos da essere riferito non all'infamia della natura, bens alla malizia della consuetudine. AG. Ma cos sei cattolico tu e non cattolico Ambrogio! Non fino a questo punto da osare di pensarlo sono svaniti per il contagio della vostra vanit tutti quegli uomini che avete potuto ingannare. Perci stammi a sentire un momento. Che esiste negli uomini la discordia tra la carne e lo spirito, della quale scritto: Io so che in me, cio nella mia carne, non abita il bene: c' in me il desiderio del bene, ma non la capacit di attuarlo 221, ecc. e per la quale resa la testimonianza ancora molto pi esplicita: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste 222, non dubitiamo n noi, n voi, n i manichei. Ma donde venga cotesta discordia nell'unit dell'uomo c' dissenso e su questo dissenso si pronunziano tre sentenze: la prima nostra, la seconda vostra, la terza dei manichei. Ma perch non sembri a voi che noi diciamo arrogantemente o fallacemente cattolica la nostra sentenza, a pronunciarla sia Ambrogio, la cui fede e purissima intellezione delle Scritture, secondo l'elogio che ne fa lo stesso vostro Pelagio, nemmeno un nemico ha mai osato criticarle 223. Ambrogio dunque dice che questa discordia tra la carne e lo spirito accaduta alla nostra natura per la prevaricazione del primo uomo 224; voi invece dite che viene dalla forza della consuetudine, e i manichei dalla mescolanza di due nature coeterne, cio del bene e del male. Potrei gi dire che scelga quella che vuole di queste tre

sentenze chi vuol rimanere cattolico. Non ho infatti da temere che chiunque rifugga dai manichei anteponga voi ad Ambrogio. Ma la vostra sentenza, la quale attribuisce alla forza della consuetudine lo svilupparsi di questo male della concupiscenza, la giudica falsissima chi vede che nessuno nasce senza questo male della concupiscenza. Appena uno infatti comincer ad usare della ragione, se desiderer la castit, sente subito la concupiscenza della carne, che prima era rimasta sopita per l'et, ora svegliarsi e muovere guerra, e allora o vinto si lascia trascinare da essa o per non cadere nel suo assenso combatte, se pio, contro di essa con l'aiuto del Signore. Se non volete accettare questo, perch vi accanite contro di me? Aizzate tra loro i manichei e Ambrogio, e nello spettacolo di questo duello, se siete cattolici, scegliete per chi parteggiare. Penso che tra voi si dia per vincitore Ambrogio. Ma poich voi non siete cattolici, anche cos noi ce ne stiamo sicuri a guardare: e su voi e sui manichei vince senza dubbio Ambrogio. Tutti i santi sono macchiati dalla concupiscenza. 179. GIUL. Tuttavia argomentando e usurpando testimonianze delle Scritture tu confermi che di questa concupiscenza, che chiami legge del peccato, Paolo e tutti i santi si sono e macchiati e rammaricati. AG. Non si macchiano di questo male della concupiscenza i santi, che risultano essere o essere stati fortissimi oppositori di questo male; ma di essere macchiati in modo irreparabile da questo male temano piuttosto i suoi impudentissimi lodatori. Quanto accordo c' tra te e Manicheo! 180. GIUL. Che dice Manicheo? Attraverso la concupiscenza autore dei corpi il diavolo: con questa il diavolo d la caccia ai corpi, non alle anime. Togli la radice della maligna stirpe e diventerai spirituale. E' di essa che l'Apostolo grida ai Romani: " Io non compio il bene che voglio, ma opero il male di cui inorridisco " 225. Chiama altres stolti noi, perch diciamo che appartiene a Dio questo vaso del corpo, che confessiamo generato attraverso la concupiscenza. Tu vedi dunque quanto accordo ci sia tra te e Manicheo nell'attacco contro di noi: tu combatti con le sue parole, tu ti appoggi ai suoi argomenti, e dici che noi mentiamo nel dire che non solo sei stato suo discepolo, come scrivi tu stesso, ma che lo

sei. E tuttavia in questo egli pi prudente, perch, avendo creduto che questa concupiscenza della carne sia stata immessa dal diavolo, ha concluso che si deve confessare non appartenente all'operazione di Dio tutto ci che apparisce introdotto attraverso la concupiscenza diabolica. AG. Contro tutto questo vale la nostra precedente risposta e insieme ad essa le altre precedenti. Le legga chi vorr. Il diavolo rivendica a s l'uomo come frutto della sua radice. 181. GIUL. Tu invece sei pi ebete. Pur dicendo l'uomo un frutto della concupiscenza diabolica, lo ascrivi tuttavia alle opere di Dio. Non come se da cattivo fosse stato fatto buono; ma cattivo e prodotto da una radice cattiva, egli ha tuttavia un creatore buono, bench il diavolo lo rivendichi a s come un frutto della sua radice. AG. E' un bene l'uomo, anche un qualsiasi uomo che da maggiorenne sia un uomo cattivo. L'essere infatti uomo cattivo non gli toglie di essere un bene, poich un uomo: della sua natura, ossia di questo bene, autore Dio, quali che siano i mali o dell'origine che contrae o della volont che aggiunge. Non sono infatti sostanze e nature i vizi che deve sanare quello stesso salvatore dal quale come creatore fu creata la natura, viziata poi dai medesimi vizi. Questa la verit che rovina e i manichei e voi, che non duellate con me, ma con Ambrogio, opposto da me ai manichei in questo duello, dove vince e loro stessi e voi. L'esorcismo battesimale ti confuta. 182. GIUL. Infatti, secondo i tuoi ragionamenti, il diavolo ha il diritto di cogliere come frutti del suo albero tutti coloro che sono nati dalla concupiscenza 226. Bestemmi quindi alla stessa maniera di Manicheo per noi che rivendichiamo alla creazione di Dio la concupiscenza della carne. AG. Se tu fossi voluto arrivare alla causa per la quale i bambini battezzandi e si insufflano e si purificano con l'esorcismo, allora appariresti apertissimamente come un nuovo eretico, non solo ai cristiani cattolici eruditi, ma anche ai cattolici cristiani ignoranti. Ma poich tu ti sei proposto, s, dal mio libro quel punto, come se avessi l'intenzione di confutarlo, e tuttavia hai temuto tanto di affrontarlo da evitare l'argomento con fallace loquacit e da coprire

con il tuo molto dire ci che hai taciuto, io ti replico l'Apostolo, lo voglia tu o non lo voglia, e te lo presento nell'atto di dire di Dio Padre: E' lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto 227. Da questo testo eccettuate i bambini, se potete, e abbiate il coraggio di dire che essi vengono trasferiti, s, nel regno del Cristo per la rigenerazione, ma non liberati dal potere delle tenebre. Ma tuttavia preparatevi a ricevere sulle vostre facce con merito grandissimo le medesime essufflazioni che si usano nella Chiesa del Cristo e per i grandi e per i piccoli. Con tali essufflazioni appunto meritate voi di essere essufflati quali sono le essufflazioni che apertissimamente provano la verit di ci che voi negate. Superbia della libidine. 183. GIUL. Ma il tuo passo, al quale accennai in un'opera precedente, dove dici: Qualche volta la libidine non fa, bench l'animo voglia, mentre altre volte fa anche se l'animo non vuole 228, e accusi questa superbia della libidine, per la quale essa si commuove contro la volont dell'animo, stato spiegato non solo dai modi di sentire di Manicheo, ma anche dai suoi modi di parlare. Infatti dopo aver rimproverato a noi di dire fatti da Dio gli uomini, che noi confessiamo seminati dalla volutt di coloro che si uniscono, dice: Stolti! Dicono creato da Dio ci che sono certi essere generato dalla concupiscenza, quando compiono il coito contro la volont dell'animo. AG. Ma non capisce Manicheo che anche da un male dell'uomo pu Dio creare un bene, e che l'uomo stesso con la pudicizia coniugale usa bene di un male, mentre al medesimo male egli si oppone, quando lo alletta a deplorevole turpitudine. Ma tu, che neghi che la libidine sia il male che , per quale ragione le resisti, per non vivere turpemente, e per quale ragione, se le acconsenti, inevitabile che tu viva turpemente? La concupiscenza cerca di occultarsi. 184. GIUL. Quello poi che tu hai messo: Il male della concupiscenza evita qualsiasi sguardo e cerca per pudore di occultarsi 229, lo dice anche Manicheo cos: Con segreti pudori agiscono allora odiando la luce, perch non siano manifestate le loro opere.

AG. Come Manicheo non sa che cosa di buono si faccia attraverso il male della concupiscenza carnale, cos pure tu non sai per quale male il pudore cerchi il segreto, anche nella operazione buona delle nozze. Coincidenze e differenze. 185. GIUL. Rispetto poi a queste tue parole dove affermi: Chi per la concupiscenza pratica lecitamente l'unione, usa bene di un male 230, per ricordare di credere piuttosto all'Apostolo, il quale ha detto: Non il bene abita nella sua carne, e questo non-bene, cio questo male abitante nella carne dell'Apostolo, vuoi farlo apparire come la concupiscenza della carne 231, Manicheo l'ha messo non diversamente da te. Infatti, dopo aver detto: Perch non siano manifestate le loro opere, continua: E in riferimento a ci l'Apostolo grida ai Romani: " Io non compio il bene che voglio, ma opero il male di cui inorridisco " 232. Gli doleva infatti che il peccato, cio il diavolo, operasse in lui ogni concupiscenza. L'autorit legittima denuncia il male della concupiscenza, poich vitupera tutti i suoi usi che la carne ammira e loda. AG. Vitupera forse ogni uso della concupiscenza carnale l'Apostolo che scrive: Se prendi moglie non pecchi, e se una ragazza prende marito non pecca 233? Manicheo dunque non sa quel che dice. Ma nemmeno tu capisci come parli, reputando che l'Apostolo abbia inteso altro di diverso dalla concupiscenza della carne, della quale un altro Apostolo dice che non viene dal Padre, ma dal mondo. Dalla quale libidine per la prevaricazione del primo uomo discende che la carne concupisca contro lo spirito un uomo cattolico dotto e dottore e lo impar e lo insegn nella Cattolica 234. Nelle tue opinioni nulla di originale. 186. GIUL. Quanto poi alla tua affermazione, stimata da te molto valida a tenere le distanze tra te e Manicheo, che la natura fu fatta buona, s, ma soltanto nei primi uomini, e che successivamente fu tutta sovvertita a causa della concupiscenza, anche Manicheo ha ragionato cos. Dice: Vale la pena di avvertire che la prima anima, emanata dal Dio della luce, ricev questa struttura corporea, perch la governasse con il suo freno. Arriv il comandamento e rivisse il peccato, che sembrava imprigionato; il diavolo trov le sue occasioni, insinu nell'anima la materia della concupiscenza e per

mezzo di essa la uccise. E' certamente santa la legge, ma santa per un'anima santa, e il comandamento giusto e buono, ma per un'anima giusta e buona. Cos pure nella lettera a Patrizio : Quasi dal fiore della prima sostanza lo dice fatto migliore di quelli che seguirono. Non dunque una gran cosa e non fa guadagnare nulla alla tua difesa l'aver pensato di escludere dall'incriminazione della natura umana Adamo, del cui stato tratteremo presto pi ampiamente. Qui basti aver mostrato che nelle tue opinioni non si trova nulla di originale, ma tutto ormai logoro per il rimestamento di Manicheo. AG. Manicheo dice che non solo l'uomo, ma anche il mondo intero con tutte le cose che gli appartengono costituito dalla mescolanza di due nature coeterne, cio dalla mescolanza della sostanza del bene e della sostanza del male, cos da attribuire senza dubbio al Dio buono come a suo artefice la stessa macchina del mondo, bench dalla mescolanza del bene e del male. Dice per che gli animali e tutti gli esseri che nascono dalla terra e l'uomo stesso sono opere di una mente maligna, che Manicheo attribuisce alla gente delle tenebre 235. Per questo afferma che " la prima anima eman dal Dio della luce e ricev questa struttura corporea, perch la governasse con il suo freno ". Infatti non lo dice dell'uomo, ma dell'anima buona, che come parte e natura di Dio pensa mescolata con il mondo intero e con tutte le cose che sono in esso. Nell'uomo poi l'anima buona ingannata a causa della concupiscenza. La quale concupiscenza - e bisogna sottolinearlo spesso - Manicheo vuole che sia non un vizio di una sostanza buona, ma una sostanza cattiva. Di sostanza cattiva non dice che sia stato immune Adamo, ma egli ebbe meno della sostanza cattiva e molto pi della sostanza della luce. Vedi o no quanto a questa demenza, che dice corruttibile la natura di Dio e la corrompe mescolandola con una natura cattiva, sia avversa la fede cattolica, la quale tutti i mali del genere umano, di cui vediamo inflitta anche ai bambini una parte non piccola, e la stessa concupiscenza che porta la carne a concupire contro lo spirito, tutti questi mali, dico, di cui voi riempite il paradiso, ma il vostro paradiso, dice che non vengono se non da una natura buona e ben costituita dal Dio buono, ma viziata dalla volont propria e dalla prevaricazione del primo uomo? Il che negando, che cosa ottenete voi se non che tutti questi mali, che non volete far provenire nei bambini da un peccato della natura buona, siano attribuiti alla mescolanza di una natura cattiva, come la tira fuori il rabbioso errore dei manichei? Voi vedete dunque, bench non vi

vada di vedere, che gli insani e perduti manichei devono essere vinti con voi, perch non vincano, aiutandoli voi. Anzi, aiutandoci il Signore, sono gi stati vinti insieme a voi. Affermazioni di Manicheo che si direbbero di A. 187. GIUL. Persiste Manicheo nell'inveire contro di noi e aggiunge: Quanto poi a coloro che, contro i libri evangelici e apostolici, da essi leggiucchiati invano, hanno osato chiamare un bene cotesta concupiscenza, osserva che i loro santi hanno dormito talvolta con le loro figlie, talvolta hanno praticato pi donne, e concubine e mogli. N si accorgono di questo passo dell'Apostolo: " Quale rapporto ci pu essere tra la luce e le tenebre, tra un fedele e un infedele, tra il Cristo e Belial? 236 ". Vanno errando in balia della nube della concupiscenza e gustano cos del suo veleno da crederla pazzamente una concessione di Dio quando la esercitano, come se ignorassero che l'Apostolo dice: " Di quanto viene fatto da costoro in segreto turpe perfino parlare " 237. Vedi appunto come tortura il tema del pudore e come pensa che esso valga moltissimo contro di noi, che non osiamo chiamare un male ci che tuttavia confessiamo doversi velare per pudore. Nessun vestimento dunque hai tessuto per coprire la vergogna del tuo dogma, a parte i panni con i quali sei cresciuto nella eredit del tuo genitore e maestro. Insiste quindi nell'ergersi contro di noi e apostrofandoci dice: O via, difensore della concupiscenza, narra con aperto discorso i suoi frutti e le sue opere. Ecco inversamente da lei io non temo la luce, che lei paventa, che lei odia. " Chiunque infatti agisce male, odia la luce e non si espone alla luce, perch non siano svelate le sue opere " 238. Vedi o non vedi che origine del male la concupiscenza, per la quale le misere anime obbediscono alla libidine, non spontaneamente, essendo questa l'unica azione che compiamo con animo nolente? 239 Da qui viene ci che dici anche tu: Come mai infatti in nostro potere muovere le labbra, la lingua, le mani, flettere il dorso, la cervice, i fianchi per le opportune operazioni e, quando si viene invece a seminare i figli, le membra create per questa attivit non obbediscono, ma si aspetta che le metta in movimento una libidine quasi autonoma, che a volte non lo fa pur volendolo l'animo e a volte lo fa anche se l'animo non lo vuole? Tu hai enumerato appunto tutti gli uffici delle membra e, mentre le lodi di servire al comando della volont, dici che la faccenda della libidine la sola che noi compiamo con animo nolente. Che dice Manicheo? Vedi o non vedi - dice - che origine del male la

concupiscenza, per la quale le misere anime obbediscono alla libidine non spontaneamente, essendo questa l'unica azione che noi compiamo con animo nolente?. Ma vediamo cos'altro aggiunga. Inoltre ogni peccato fuori del corpo, perch attuale; ma chi commette fornicazione, pecca contro il proprio corpo 240. Ogni peccato infatti inesistente prima di essere fatto, e dopo che stato fatto rimane solo il ricordo della sua azione e non rimane la stessa azione. Il male invece della concupiscenza, essendo naturale, esiste prima di essere fatto, cresce quando si fa, si vede e rimane dopo che stato fatto. Per quale ragione dunque litighi con noi, perch ti chiamiamo manicheo, dal momento che n si ritiene negli scritti di lui altro da quello che dici tu, n altro nei tuoi scritti da quello che vuole persuadere lui? Quello che corre sulle labbra del popolo, ma versatovi da voi, contenuto nella medesima lettera di Manicheo. Cio: Se non esiste peccato naturale, perch si battezzano i bambini, che consta non aver commesso nulla di male da s? Ma la ragione per cui ho detto che quell'argomento svolazza sulle lingue di molti che come argomento popolare stato compreso anche da tutti i meno intelligenti: tu del resto nei tuoi libri riponi tutta la speranza su di esso. Questo stesso argomento lo presenta dunque il tuo precettore in questo modo: Li devo interrogare cos: Se ogni male attuale, per quale ragione uno prima di fare il male riceve la purificazione dell'acqua, se non ha fatto nessun male da s? Oppure, se non lo ha fatto ancora e ha bisogno di essere purificato, lecito additare come polloni di una stirpe naturalmente cattiva quegli stessi ai quali la demenza non lascia intendere n quello che dicono, n di chi lo affermano. Senti in che modo ci insulta? Dementi ci chiama, neppure capaci d'intendere quello che diciamo o quello che affermiamo, perch neghiamo la propagazione di una stirpe cattiva e pur battezziamo con acqua purificante anche coloro che non hanno commesso nessun male, cio i bambini. Ho posto qui appunto molti testi dalle sentenze di costui. Ma se il titolo non indicasse la figlia Menoch e Manicheo, che si autodenomina apostolo del Cristo, questi testi prometterebbero assolutamente te come loro autore 241. Poich dunque non dici nient'altro da quello che hai imparato alla scuola di Mani, reputi di dover essere ritenuto nella estimazione dei cattolici diversamente da colui dal quale hai bevuto i sacramenti di tali dogmi? AG. Hai finito una buona volta le citazioni che pensasti di dover fare contro di noi da una lettera di Manicheo, che ti rallegri di aver

trovato con l'aiuto delle preghiere del tuo collega Floro. In essa Manicheo accusa certamente la concupiscenza della carne, per la quale la carne concupisce contro lo spirito, ma giudica Manicheo di doverla obiettare ai cattolici, come se essi dicano che la concupiscenza buona, perch difendono la bont delle nozze con la sanit della dottrina del Signore e degli Apostoli. Quando mai infatti potrebbe Manicheo distinguere il male della concupiscenza carnale dalla bont del matrimonio, se la Lettera agli Ebrei dice che il cibo solido solo per coloro che hanno le facolt esercitate a separare il bene dal male 242? Ma tu sei caduto pari pari inevitabilmente tra le zanne di Manicheo, tu cos grande lodatore della concupiscenza della carne da collocarla pure nel paradiso, cio in un luogo di tanta beatitudine, non come la concupiscenza avrebbe potuto esistere l se vi fosse dovuta essere, ma assolutamente tale e quale esiste adesso. Cio gli abitanti di quel luogo godrebbero di una pace cos beata da combattere dentro di s una guerra intestina contro gli assalti della concupiscenza per non cadere nei consensi di un coito illecito o disonesto. Questo male non pu esistere nel paradiso, all'infuori forse che in quello dipinto, del quale abbiamo parlato sopra 243 e che portasse la soprascritta: Paradiso dei pelagiani. Dove, sebbene non potesse essere espressa dall'arte di nessun pittore la concupiscenza stessa sollecitante con occulti sobbalzi i cuori casti, potrebbero essere tuttavia dipinte femmine gravide, che per fastidio respingono i cibi utili e con strano diletto appetiscono i cibi nocivi, femmine sofferenti di nausee, di vomito, di pallore; femmine che talvolta buttano via per aborto feti immaturi; femmine che anche nello stesso parto protestano la loro miseria con la pena che ricev la madre Eva; dove la pittura, sebbene priva di suoni, imiterebbe tuttavia al possibile le facce di femmine tristi, gementi, urlanti, e gli stessi neonati tutti piangenti, per la sorte comune dei nascenti e per la variet delle diverse pene, e molti di essi in seguito anche sotto le nerbate dei maestri. A chiunque ignaro si mettesse a guardare questa pittura e leggesse il titolo e ne chiedesse la causa, sarebbe evidentemente resa questa buona ragione, ma da voi: Tale sarebbe stata assolutamente la condizione del genere umano anche nel paradiso, perch tale qui dove ugualmente i feti umani non contraggono nessun peccato di origine. Costui se acconsentisse, diventerebbe pelagiano; se invece non volesse acquietarsi a questa risibile insipienza, sarebbe accusato da voi come manicheo. Ma a questa polemica, o Ambrogio, santo antistite di Dio, dotto nella Chiesa e dottore della

Chiesa 244, a costoro di' che la concupiscenza, che porta la carne a concupire contro lo spirito e con la quale Manicheo, senza sapere quello che dice, tende trappole agli inesperti, non viene dalla mescolanza di una natura diversa, com'egli fantastica, ma accaduta alla nostra natura buona, creata dal Dio buono, per la prevaricazione del primo uomo. Ma voi probabilmente con impudentissima pervicacia scegliete di prestare aiuti all'impurissimo Manicheo, piuttosto che acquietarvi al santo Ambrogio. Fate come vi piace, ma neppure con il vostro aiuto godr Manicheo, perch con la fede cattolica, nel nome del Cristo e nella sua forza Ambrogio vince gli uni e gli altri. Se infatti codesta concupiscenza fosse tale da non precedere e da non eccedere con il suo turbamento carnale la volont dell'uomo, ma ne seguisse sempre l'arbitrio, certamente n Manicheo troverebbe che cosa riprendere giustamente in essa, n alcuno di noi sosterrebbe che i coniugati non l'avrebbero potuta avere nel paradiso, n Ambrogio direbbe che noi l'abbiamo tratta dalla prevaricazione del primo uomo, perch non la vedrebbe concupire contro lo spirito. Al contrario, poich adesso tale da concupire contro lo spirito, anche quando non riesce a vincere contro la resistenza dello spirito, poich ci non potrebbe essere nel paradiso dei beati che godono di quella grande pace, poich non lecito credere che Dio sia corruttibile per la mescolanza di una natura cattiva, resta che la fede di Ambrogio nel contagio del primo peccato vinca e voi e i manichei. La tua squisita scaltrezza. 188. GIUL. Ci rimane da esaminare quella tua sentenza che tu, dopo avere promesso di restringerla in un solo articolo, l'hai sintetizzata brevemente e, non lo dobbiamo negare, con una certa acutezza cos: La natura umana, se fosse un male, non dovrebbe essere generata; se non avesse un male, non dovrebbe essere rigenerata, e per esprimere le due verit con un solo vocabolo: la natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare; se nella natura umana non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare 245. In questo passo non ti dobbiamo defraudare della lode dovuta al tuo ingegno: secondo infatti la tua ragione non si sarebbe potuto assolutamente dire meglio. Ma tuttavia la natura delle cose non consente nessun vantaggio alla tua squisita scaltrezza. Davvero duro per te recalcitrare al pungolo. Qualsiasi argomento infatti tu inventi, non meno del ghiaccio si scioglier accanto al fuoco della verit. Attendi inoltre a quello che noi replichiamo per ora. Tu hai

concluso in questo modo: Certamente la natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare. Siamo d'accordo, hai detto assolutamente la verit: Se fosse un male, non sarebbe da salvare, perch una cosa cattiva e cattiva per natura, n meriterebbe la salvezza, n l'accoglierebbe. Per quale ragione non l'accoglierebbe? Perch non potrebbe diventare diversa da quella che era stata fatta. Non la meriterebbe poi, perch nulla c'era in essa che la clemenza di Dio si degnasse di liberare. Quando poi diciamo: Se fosse - e non lo pu essere certamente -, non concediamo la possibilit del contrario che abbiamo negata, ma siamo soliti esprimere cos l'eliminazione di una delle due opinioni assurde. Per esempio: se questo o quello fosse vero, seguirebbe senza dubbio una conseguenza; di modo che se non fosse possibile quello che seguirebbe, tanto pi si negherebbe anche ci che si era ipotizzato per la sua eliminazione. Gi ripetutamente dunque abbiamo dimostrato che non pu esistere alcun male per natura, ma adesso tuttavia senza pregiudizio di cotesta acquisizione approviamo la parte della tua sentenza dove hai detto: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare. Hai collocato la salvezza nel battesimo e hai ragionato logicamente che, se dicessero il vero i manichei, i quali dicono cattiva la natura, vaneggerebbero i cristiani, i quali credono di dover applicare il rimedio ad una natura cattiva. Quindi chi conferma cattiva la natura degli uomini, costretto a negare la grazia; il che ritorna indietro cos: chi conferma la grazia, inevitabile che lodi la natura degli uomini, per la cui salvezza capisce che stata provveduta la grazia. AG. Non vero quello che dici: inganni o ti inganni. Infatti non chi conferma " mala " la natura degli uomini, ma chi conferma che essa un male, ossia non chi conferma che essa male, ma chi conferma che essa un male, costretto a negare la grazia. Infatti dov' " mala ", ivi ha pi bisogno della grazia. Una natura appunto un uomo " malo ", perch l'uomo senza dubbio una natura, e cos natura una donna , perch la donna senz'altro una natura. In che modo dunque costretto a negare la grazia chi dice questo, quando la grazia viene in soccorso delle nature cattive, cio degli uomini cattivi, perch cessino di essere cattivi? Ma in un senso diciamo: Quest'uomo " malo ", e in un altro senso: Quest'uomo un male. La prima affermazione pu essere vera, la seconda non pu essere vera. Come se diciamo: Quest'uomo vizioso, pu esser vero; se invece dicessimo: Quest'uomo un vizio, non potrebbe essere vero. Quindi non volere errare n

indurre gli uomini in errore e cerca di capire che io ho detto: La natura umana se fosse un male, non dovrebbe essere generata; se non avesse un male, non dovrebbe essere rigenerata, come se dicessi: La natura umana se fosse un vizio, non dovrebbe essere generata; se non avesse un vizio, non dovrebbe essere rigenerata. Ugualmente dove in seguito ho sintetizzato ambedue le verit con un solo vocabolo e ho detto: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare, come se dicessi: La natura umana se fosse un vizio, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di un vizio, non sarebbe da salvare. Ecco ho reso pi piane le mie parole, non perch tu trovassi che dire contro di esse, ma perch si capisse che tu non hai potuto trovare che dire. Chi loda la natura umana, non per questo nega la grazia divina. 189. GIUL. Che cosa dunque si concluda da qui avvertilo: la negazione della grazia si accompagna alla lode della natura umana. Anzi queste quattro verit stanno tanto collegate tra loro che non se ne pu ritenere l'una senza l'altra, ma l'infamia della natura genera la negazione della grazia e la lode della grazia genera l'esaltazione della natura; queste verit infatti possono reciprocarsi sotto ogni verso. Hai detto bene dunque: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare 246. Ambedue queste verit le dicono infatti i manichei, cio che cattiva la natura della carne e che non pu essere salvata per mezzo della grazia, n lo deve. AG. Ma i manichei dicono cattiva la natura della carne cos da dire che essa un male, non che ha un male, perch stimano che il vizio non sia un accidente della sostanza, ma sia una sostanza per se stesso. Non hai affermato se non quello che avevi negato. 190. GIUL. Ma dopo queste parole tu avanzi la sentenza che ti cara e dici: Se poi nella natura umana non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare. Chi dice dunque che essa non un bene, nega a questa creatura il Creatore buono; chi nega invece che in essa ci sia un male, rifiuta a questa creatura viziata il Salvatore misericordioso 247. Qui stia perci attento il lettore: vedr che non hai detto nient'altro che quanto avevi negato da dirsi: hai dichiarato

infatti che c' " naturalmente " un male nella natura che avevi detto non essere " naturalmente mala ". AG. Non avevo detto che la natura non " mala ", ma che non un " male ". Cio per usare un linguaggio pi piano: non avevo detto che non stata viziata, ma che non un vizio. Rileggi e intendi. Il male, congenito o no, rende l'uomo e in lui rende la sua natura 191. GIUL. Ma per natura " mala " non si pu capire se non quella che ha congenito un male. AG. O che sia congenito il male, come la fatuit dell'ingegno, o che sia assunto con la volont come l'omicidio, pu dirsi un uomo " malo " una natura " mala ", perch anche un uomo natura; come un cavallo " malo " pu dirsi anche un animale " malo ", perch anche un cavallo un animale. Non lo stesso avere un male ed essere un male. 192. GIUL. E per fare una conclusione breve e pura: se il male presente in una natura cos che il male nasca da essa con gli stessi semi, essa si dimostra senza dubbio una natura " mala ". AG. Anche se si dimostra una natura " mala ", non tuttavia un male, perch anche se si dimostra viziata, non tuttavia un vizio. Cos svanita la tua conclusione. 193. GIUL. Ma se si scagiona dai mali e si sostiene che buona, non pu il male n nascere da essa, n essere presente in essa " naturalmente ". Cos svanita la tua conclusione, perch la sentenza che hai messo al secondo posto non ha distinto, ma ha raddoppiato la prima. AG. Non segue immediatamente che si scagioni dai mali, se si sostiene che buona. La medesima natura appunto ed buona in quanto natura, ed cattiva se viziata: tuttavia nessuna natura assolutamente un male. Non quindi svanita la mia conclusione dove ho detto: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare 248. Ma se vuoi dire la verit, di' piuttosto che svanita la

tua argomentazione con la quale hai voluto confutare la mia conclusione. Dev'essere salvata perch ha un vizio, non dev'essere salvata perch non un vizio. 194. GIUL. La natura umana - dichiari - se fosse un male, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare 249. Che altro hai dimostrato se non che una medesima natura si debba salvare per la medesima ragione per cui avevi negato che si debba salvare? AG. E' da salvare perch " mala ", non perch un male; se invece fosse un male, non sarebbe da salvare. Non infatti " mala " perch un male, ma perch ha un male; come viziosa non perch un vizio, ma perch ha un vizio. Perch dunque viziosa da salvare: se invece la stessa natura, ossia la stessa sostanza, fosse un vizio, non sarebbe da salvare. In che modo dunque io avrei detto che una medesima natura si deve salvare per la medesima ragione per cui avevo negato che si debba salvare, dal momento che altro avere un vizio, altro essere un vizio? E' dunque da salvare perch ha un vizio, non perch un vizio; se invece fosse un vizio non sarebbe da salvare. Tu vedi come questo tuo non tacere non sia un rispondere, dal momento che tu vedi di non aver dato nessuna risposta e di non aver voluto tuttavia tacere. Precisazioni. 195. GIUL. E in questo sei tornato indietro fino al punto di riproporre con la tua argomentazione Manicheo che avevi disprezzato nella tua professione. Infatti dicendo: Se fosse " mala ", non sarebbe da salvare avevi vestito la divisa del combattente; soggiungendo invece: Se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare 250, hai insegnato che tu militi fedelmente per lui stesso. Poich dunque apparso che la tua sentenza ha il medesimo contenuto della sentenza di Manicheo, ossia che la natura umana " mala ", dicendo egli e tu alla pari che in essa presente un male, e poich tu hai dichiarato che una natura " mala " non da salvare, il risultato ottenuto in modo assolutissimo che la vostra fede a schiere congiunte combatte tanto contro la natura quanto contro la grazia.

AG. Forse, perch muti le mie parole per dare l'impressione di avere risposto qualcosa, rendi per questo difficile o impossibile ai lettori ricordare con la mente o almeno ritornare a leggere in questo tuo stesso libro poco avanti e vedere che cosa io abbia detto l dove tu stesso hai messo le mie parole esattamente come sono state dette da me? Io infatti non ho detto: Se fosse " mala ", non sarebbe da salvare, essendo da salvare proprio perch cessi di essere " mala ". Ma io ho detto: Se fosse un male, non sarebbe da salvare. Avendo appunto un vizio : eliminato il quale, senza dubbio si salva. Non un vizio per se stessa, altrimenti si eliminerebbe lei stessa quando si eliminasse il vizio. Quando invece dalla salvezza eliminato il vizio, che altro salvato in questo modo se non la natura? Quando pertanto si dice che sanato il vizio, non salvato il vizio stesso, ma salvata la natura nella quale il vizio era presente. Se la natura fosse un vizio, essa non sarebbe salvata dalla sanit, ma piuttosto spacciata dalla sanit. Anzi in questo modo nessuna sanit si potrebbe ottenere. Poich se si ottenesse la sanit, rimarrebbe la natura risanata, dopo che fosse eliminato il vizio per cui non era sana; se invece la natura fosse un vizio, essa non si sanerebbe certamente, eliminato il vizio, ma si eliminerebbe la stessa natura. E perci non se fosse " mala " la natura umana non sarebbe da salvare, ma se fosse un male, ossia se fosse un vizio; se in essa non ci fosse nulla di male, ossia se non fosse " mala " per un vizio, non sarebbe da salvare. Ecco quello che io ho detto. Mutando tu le mie parole, non voler fare spazio, non alle tue risposte, ma alle tue proteste. Non si pu lodare la grazia senza lodare la bont della natura. 196. GIUL. E segue che nessuno pu lodare la grazia del Cristo all'infuori di chi abbia lodato nella natura l'opera buona del Creatore. AG. In questo hai detto il vero, e la ragione per cui anche in una natura " mala " lodevole l'opera del Creatore che anche la natura " mala " un bene in quanto natura; e perch questo bene sia liberato dal male necessaria la grazia. G. grande tutore dei bambini!

197. GIUL. Certamente la questione non verte qui sulle scelte degli uomini adulti, ma solamente sulla qualit dei nascenti, nei quali si esamina lo stato di natura. Questa natura pertanto, senza nessun mescolamento della propria volont tu l'asserisci tuttavia con Manicheo rea, condannata, piena di mali, cio di crimini, e noi senza delitto, senza il male del peccato, la difendiamo innocente e capace di virt. AG. Riconosciamo te, riconosciamo il grande tutore che non lasci al Salvatore di soccorrere i bambini che pur dici di proteggere. Se poi glielo lasci, di' per favore, quando si battezzano, salvi nel corpo, da che male, da che vizio, sotto quale aspetto vengano salvati. Ma che cosa potrai rispondere tu, o uomo, che ti fai un tuo paradiso e non arrossisci di riempirlo delle pene immeritate dei bambini? La natura del bambino naturaliter iniqua. 198. GIUL. Questa natura dunque tu l'accusi come criminosa, viziosa e condannata per la sua volont o per la condizione della nativit? Se per la propria volont, cos da dire cio che quei bambini hanno peccato con le loro scelte volontarie, nasce certamente un'opinione mostruosa, ma tuttavia si nega la " traduce " del peccato: il bambino infatti non ha ricevuto da altri quello che ha potuto commettere da s. Se al contrario sortisce tanti mali non dalla sua azione, ma dalla condizione della sua nativit, la natura del bambino si dimostra " naturaliter " iniqua. AG. N per la loro volont io accuso la natura dei bambini: nessuno infatti nasce perch lo vuole; n per la condizione della loro nativit: io accuso il fatto che nascono miseri, non il fatto che nascono. Nascerebbe infatti pure nel paradiso la natura umana, feconda per la benedizione di Dio, anche se nessuno avesse peccato, fino a che non si compisse il numero dei santi preconosciuto da Dio. Ma quei bambini nel paradiso non piangerebbero, n sarebbero muti, n incapaci temporaneamente dell'uso di ragione, n giacerebbero deboli e inerti senza l'uso delle membra, n sarebbero afflitti dalle malattie, n lesi dalle bestie, n uccisi dai veleni, n feriti da qualche incidente, n privati di nessun senso o di nessuna parte del corpo, n vessati dai demoni, n domati dalle percosse nel loro ascendere verso la puerizia o sottoposti a fatiche; n alcuno di essi nascerebbe con indole tanto vana e ottusa da non essere corretto n con le buone n con le

cattive; ma, fatta eccezione per la quantit del loro corpo, attesa la mancanza di capienza degli uteri materni, sarebbero generati assolutamente tali quale fu fatto Adamo. Ma attualmente essi n sarebbero quelli che vediamo, n soffrirebbero tali mali, se la natura umana non fosse stata mutata e condannata in queste miserie per quel grande peccato. Essi dunque non si trovano cos per condizione di nativit, ma per contagio di peccato e per condizione di castigo. Ha tanto male dentro di s. 199. GIUL. In che dunque differite tu e Manicheo sul giudizio della natura? Su questo tu rispondi: egli la confessa cattiva. Tu dunque, se dissenti in ci dichiara che essa buona, ed rimossa la polemica: sarai preso subito dalle reti della verit per la salvezza. Ma tu reclami. Sentiamo dunque che cosa partorisca tu, o Aristotele dei Punici. Tu affermi: Ha tanto male dentro di s da essere posseduta dal diavolo e da meritare l'incendio eterno. AG. Ma tu che neghi che sia posseduta dal diavolo, neghi senza dubbio che sia liberata dal potere delle tenebre, quando per la rigenerazione trasferita nel regno del Cristo, e accusi l'universale Chiesa cattolica di un grande crimine di lesa maest. Infatti dalle leggi di questo mondo non si ritiene reo di altro crimine chiunque essuffli, bench non viva, un'immagine tuttavia dell'imperatore. Ma nell'esorcismo i bambini sono essufflati prima di essere battezzati: sono quindi essufflate le immagini vive, non di un qualsiasi re, ma di Dio. Ma anzi si essuffla piuttosto il diavolo, che tiene il bambino, reo per il contagio del peccato, perch, messo fuori il diavolo, il bambino sia trasferito al Cristo 251. Si essuffli pertanto la demenza di Giuliano, perch non si dica rea di delitto di lesa maest la Chiesa nel mondare e nell'essufflare i bambini. Se al contrario il bambino non liberato dal potere delle tenebre e rimane in esse, perch mai ti meravigli se dovr stare con il diavolo nel fuoco eterno chi non si lascia entrare nel regno di Dio? Oppure, perch i pelagiani ai bambini non battezzati preparano fuori dal regno di Dio non so quale luogo di quiete e di vita eterna, per questo sar falsa la sentenza del Cristo: Chi creder e sar battezzato, sar salvo; ma chi non creder sar condannato 252? Chi poi nega che i bambini credano per la bocca di coloro che li portano, neghi altres che essi ricevano il battesimo, per il fatto che nelle mani di coloro che li portano mostrano segni di riluttanza.

Non poi tanto cattiva! 200. GIUL. Ma non tanto cattiva se nessuno la pu accusare all'infuori di Manicheo. AG. Fu dunque Manicheo a dire: Nasciamo tutti sotto il peccato, essendo nel vizio la stessa nostra nascita 253? Ma poich questo lo ha detto un cattolico, dotto e dottore, che cosa sei tu se non un eretico, ingannato e ingannatore? Con le parole l'assolvo, con i giudizi la condanno. 201. GIUL. Io tuttavia, dichiara costui, non sono manicheo, perch assolvo la natura umana con le parole e la condanno con i giudizi. AG. Sei tu che la condanni con un giudizio e per giunta con un giudizio iniquo, perch vuoi che essa soffra mali tanto grandi senza un merito " malo ". Ma proprio vero? 202. GIUL. Che cosa quindi accuser qui in primo luogo: la sua impudenza nel mentire, la sua libidine nel contraddire o la sua profanit nel credere ad opinioni tanto perverse? Capisco tuttavia che noi dobbiamo fare uso delle parole del Profeta: Beati noi, o Israele, perch ci che piace a Dio ci stato rivelato 254. AG. Ma proprio vero che a voi sia noto ci che piace a Dio? O insulso, che senza nessun contagio di peccato siano oppressi i bambini da un grave giogo piace a Dio? Traggono dunque il contagio da quel primo e grande peccato: il che non volendo voi confessare, che cosa fate se non attribuire a Dio un giudizio ingiusto? Non c' nessun altro male all'infuori del peccato. 203. GIUL. Ma la censura dei lettori supplir al mestiere delle invettive. Noi procediamo oltre. Certamente non c' nelle realt nessun altro male che sia veramente male all'infuori del male che chiamiamo peccato.

AG. Se non sono mali anche i castighi dei peccati, non hai in che modo difendere che Dio abbia detto la verit quando disse che crea i mali 255, perch non bisogna dire che Dio crea i peccati. Non c' male se non il merito cattivo. 204. GIUL. E dal peccato viene generato in ognuno il male naturale, come dici tu. Non c' quindi nessun altro vero male che il merito " malo ". AG. Non solamente il merito " malo ", ma anche la pena che si rende al merito " malo " un male. Non vero infatti che sia veramente un male il peccato e non sia veramente un male la pena del peccato. Se dunque non ci fosse nei bambini nessun merito " malo " derivante dalla origine, ogni male che patiscono sarebbe ingiusto. E perci cotesti mali non ci potrebbero essere nel paradiso, perch non ci sarebbe in esso nessun merito " malo ", permanendo l'obbedienza felice. Conseguentemente, poich nei bambini ci sono qui i mali che non ci sarebbero l, hanno i bambini anche il merito " malo ", che non avrebbero se non " originaliter ". Verggnati! 205. GIUL. Se dunque da una parte Manicheo dica cattiva la natura non per altro se non perch la giudica di merito cattivo, al quale reputa doversi infliggere i castighi, e se d'altra parte tu confermi che nella natura umana presente un male, n altro male che quello di Manicheo, ossia la concupiscenza della carne, che tu predichi infusa dal diavolo e che dici di merito cos " malo " da ostinarti a condannarla ai tormenti eterni, senza dubbio non diversamente da Manicheo tu pronunzi pessima e condannata la natura umana. AG. Verggnati ormai. La concupiscenza della carne non viene dal Padre, ma dal mondo, cio dagli uomini, i cui feti hanno riempito il mondo. Ma i manichei attribuiscono la concupiscenza alla gente delle tenebre, e li aiutate voi che non volete che a causa della prevaricazione del primo uomo, secondo la fede ambrosiana, ossia cattolica, questo male della concupiscenza si sia convertito in natura per noi 256. Negare il Creatore o il Salvatore?

206. GIUL. Vediamo dunque in che modo converga qua anche la seconda parte della tua sentenza. Hai detto infatti: Chi dice che la natura umana non un bene, nega a questa creatura il Creatore buono; chi nega invece che in essa ci sia un male, rifiuta a questa creatura viziata il Salvatore misericordioso 257. Se dunque, come tu sei stato costretto a confessare, chi nega che la natura sia un bene, nega altres il suo Creatore buono, cio Dio, e se essere una natura " mala " altro non che avere " naturaliter " un merito " malo ", alla nostra verit d un appoggio anche la vostra confessione: voi cio negate che Dio sia il creatore buono degli uomini, dei quali giurate essere " mala " la natura e per i suoi vizi e per le sue pene. AG. La natura umana, sebbene sia " mala " perch stata viziata, non tuttavia un male perch una natura. Nessuna natura infatti un male in quanto natura, ma assolutamente un bene, senza il quale bene non pu esistere nessun male, perch nessun vizio pu esistere se non in una qualche natura, sebbene possa esserci la natura senza il vizio: o perch non stata mai viziata, o perch stata risanata. Il che se i manichei lo capissero, non sarebbero assolutamente manichei, perch lo sono introducendo due nature dalle parti contrarie del bene e del male. Se dunque vedi quale differenza ci sia tra noi e i manichei, taci; se non lo vedi, taci. Neghiamo che la natura sia un male e abbia un male. 207. GIUL. Noi non rifiutiamo dunque il Salvatore alla natura, che difendiamo per la dignit del suo Creatore; ma neghiamo che essa sia un male per non farci manichei e neghiamo che sia presente in lei un male per non essere ugualmente manichei, pur mutando le parole. AG. Voi siete contro i manichei in modo assoluto quando dite che la natura non cattiva, ma siete pelagiani quando dite che non c' in lei un male, e suffragate inconsapevolmente i manichei dicendo che il male, manifestamente presente in lei, non proviene dalla prevaricazione del primo uomo, in modo che i manichei concludano che c' un'altra sostanza e natura del male. Viziarsi proprio della persona e non della natura. 208. GIUL. Viziarsi poi, in ciascuno che gi per suo arbitrio compie il bene o il male, noi lo diciamo merito della persona e non della natura. E quindi asseriamo che mediante la grazia del Cristo si

risana la persona medesima, che pu essere viziata, poich non si indica ferita se non la medesima persona che si insegna sanata. AG. Certamente voi, che rifiutate ai bambini il Salvatore, siete da essufflare come i bambini, se ci si credesse utile a strapparvi dal potere delle tenebre e a trasferirvi nel regno del Cristo. Il battesimo toglie il reato della concupiscenza cattiva, non la concupiscenza naturale. 209. GIUL. Nei battezzati poi non si toglie la concupiscenza della carne che naturale, ma si toglie il reato della " mala " concupiscenza. AG. L'apostolo Giovanni ha detto che la concupiscenza della carne non viene dal Padre, ma dal mondo 258, e in questo modo la fa intendere cattiva. Tu al contrario dici che ha il reato non la concupiscenza della carne, che naturale, ma la concupiscenza " mala ". Per te appunto, nemmeno quando si concupisce la fornicazione, " mala " la concupiscenza della carne, perch, come dici tu, fa un cattivo uso di un bene chi fa tale uso della concupiscenza. E' dunque sempre un bene la concupiscenza per se stessa, come vuoi tu, sia che uno concupisca con essa il matrimonio o concupisca un adulterio; perch se concupisce il matrimonio fa uso buono di un bene, se concupisce l'adulterio fa cattivo uso di un bene. Combatti quindi con l'apostolo Giovanni e non con me: non consenti infatti con lui che dice " mala " la concupiscenza dicendo che non proviene dal Padre ma dal mondo, finch dici che la concupiscenza della carne buona, anche quando con essa si concupisce il male, e che quindi non mai " mala ". Ma credimi: non c' nessun cristiano che non preferisca consentire con l'apostolo Giovanni piuttosto che con te. Non c' peccato nella natura. 210. GIUL. E perci tanto con la testimonianza del Creatore del genere umano quanto con la testimonianza del Redentore si prova che non c' nessun peccato [nella natura]. AG. Perch dici troppo sconsideratamente che non c' nessun peccato nella natura, come se un peccato possa assolutamente esistere anche fuori da una natura, pur quando non stato contratto per l'origine, ma commesso con la volont? Il peccato

appunto, sia di un angelo, sia di un uomo, manifesto che sussiste o nell'angelo o nell'uomo. Ma chi potrebbe essere cos fuori dalla realt da negare che l'uomo o l'angelo sia una natura? Cos' ugualmente ci di cui parli ad occhi chiusi? Cos', ti prego, ci che dici: N peccato la concupiscenza? Non ti accorgi di ragionare cos contro l'Apostolo? Egli infatti ha dichiarato in maniera assolutamente sufficiente che la concupiscenza peccato, dove afferm: Io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, n avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare 259. Che si pu dire di pi chiaro di questa testimonianza, che cosa di pi vano della tua sentenza? Nemica della giustizia di Dio la . 211. GIUL. E per ripetere i risultati ottenuti: ho dimostrato con l'attestazione tanto dei precetti di Dio, quanto dei suoi giudizi, che nemica della giustizia di Dio l'opinione della " traduce ". AG. Piuttosto stato dimostrato e con la testimonianza delle Scritture e con le stesse disgrazie dei bambini, le quali non potrebbero esistere se non nel vostro paradiso, che nemici della giustizia di Dio siete voi perch, negando il peccato originale, ritenete che abbia ingiustamente imposto un grave giogo sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal seno materno 260. La concupiscenza della carne una dote naturale. 212. GIUL. Che poi la concupiscenza della carne, data da Dio creatore dei corpi in dote naturale per rendere possibile ai sessi l'opera della fecondit, non sia accusata che da Manicheo l'ho insegnato con l'inserzione dei suoi scritti. AG. Che voi aiutiate i manichei ad attribuire alla gente delle tenebre, coeterna a Dio, la concupiscenza della carne, che la Scrittura divina definisce cattiva, perch a causa appunto di essa la carne concupisce contro lo spirito 261, mentre non volete che essa appartenga al peccato originale, e per giunta osate collocarla nel paradiso di Dio, lo abbiamo dimostrato con documenti evidentissimi e di autorit divina e di sobria ragione. Pelagio d'accordo con Ambrogio.

213. GIUL. Ho dimostrato pure che a favore della " traduce " non avete presso di voi altri argomenti che quelli forniti da Manicheo. AG. Che non sia Manicheo Ambrogio, il quale, invittissimo nella fede cattolica, sbaragli e i manichei e voi; il quale disse che la discordia tra la carne e lo spirito 262, dove la carne, in forza della tua protetta, concupisce contro lo spirito, si convertita nella nostra natura a causa della prevaricazione del primo uomo, sei costretto a confessarlo, convinto e contorto anche dalla testimonianza del tuo " principe ", che loda il medesimo vescovo 263. Quello che abbiamo detto guider i lettori. 214. GIUL. Che poi tu sia negatore del libero arbitrio e della creazione divina dei nascenti l'ho reso patente con l'esame della tua sentenza. AG. Che io non sia negatore del libero arbitrio, che tu fai precipitare esaltandolo e che tu inganni confidando nella tua forza, ma che io sia piuttosto difensore del libero arbitrio confessando la grazia di Dio, lo proclamano innumerevoli testimonianze sacre. E che noi non neghiamo Dio creatore dei nascenti, ma che voi neghiate Dio salvatore dei nascenti, lo indicheranno ai lettori le dichiarazioni che noi da entrambe le parti abbiamo fatte. In qual senso noi dichiariamo cattiva la natura umana. 215. GIUL. Che poi la natura sia pronunziata da voi " mala " l'ho convinto con la spiegazione di quella sentenza che tu avevi promesso di concludere con un solo vocabolo. AG. Io ho dimostrato che la natura umana non un male, ma che ha in s un male, insegnando la prima di queste verit con la sostanza della medesima natura e con la creazione di quella sostanza da parte di Dio; insegnando la seconda verit con la miseria della medesima natura e con la salvezza dalla medesima miseria da parte di Dio. Che tu invece non abbia potuto demolire il mio ragionamento, anche se non ti avessi risposto, lo potrebbe trovare un lettore diligente e intelligente. Di Manicheo tu avversi il nome soltanto.

216. GIUL. E perci confido che anche ai pi tardi d'intelligenza o a coloro che sono stati ingannati dal tuo favoritismo sia limpido che tu di Manicheo avversi il nome soltanto e per il resto insieme ai seguaci della " traduce " aderisci con fede piena ai suoi dogmi, non meno sporchi che stolti. AG. Diverso e del tutto contrario a come pensi tu ci che dici limpido anche ai pi tardi. Infatti questo piuttosto limpido anche ai pi tardi, se non riterranno gravoso dedicare un'attenta cura a leggere gli scritti di ambedue: che io ho dimostrato non solo di essere nemico dell'errore dei manichei e di aver rovesciato con l'aiuto del Dio della verit i loro scellerati dogmi, ma altres che voi aiutate cos tanto l'insania dei manichei che essi si glorierebbero di essere assolutamente invitti, se dalla fede cattolica, che noi difendiamo per la misericordia di Dio, non venissero vinti, non per mezzo di voi o da voi, ma piuttosto insieme a voi. Ho dimostrato poi che la ragione per cui tu hai scelto me solo da ingiuriare tanto pi odiosamente quanto pi frequentemente con il nome dei manichei e con il loro crimine, che hai ritenuto di potere in tal modo senza suscitare avversione, con l'orrore del nome nefando e non con la verit del crimine imputato, distruggere la fondatissima fede cattolica, che vi accusa, e la moltitudine notissima dei suoi chiari e santi difensori, i quali impararono e insegnarono le medesime verit che noi imparammo e insegniamo. Ma il fermo fondamento di Dio rimane in piedi: il Signore infatti conosce i suoi 264. Per le parole per del mio libro, che ti eri proposto facendo finta di confutarle, in che modo, dopo averne tastate appena alcune pochissime, quasi a simulare una qualsiasi battaglia, tutte le altre, molto pi numerose, tu le abbia evitate, effusa e diffusa su di esse la tua nebulosa loquacit, provvisoriamente, perch sarebbe lungo dimostrarlo qui, rimetto al lettore, perch lo avverta e lo trovi da se stesso.

1 - Prv 8, 35. 2 - AMBROSIUS, In Luc., 7, 234. 3 - Cf. Lc 19, 10. 4 - Cf. Sir 40, 1.

5 - Ibidem. 6 - Cf. Gb 14, 4-5. 7 - Sal 13, 1; 52, 1. 8 - Sal 49, 21. 9 - Sap 12, 11. 10 - Dn 13, 56. 11 - Sap 12, 10-11. 12 - Ef 2, 3. 13 - Dt 24, 14-16. 14 - Cf. Gn 7, 21-23; 19, 24-25. 15 - Cf. Gs 7, 24-25. 16 - Cf. Gs 6, 21; 10, 32-40. 17 - Dt 24, 17-18. 18 - Lv 26, 39. 19 - Es 20, 5; cf. Nm 14, 18; Dt 5, 9; Ger 32, 18. 20 - Cf. supra 15. 21 - Es 20, 5; cf. Nm 14, 18; Dt 5, 9; Ger 32, 18. 22 - Ibidem. 23 - Cf. supra 15. 24 - Lv 26, 39. 25 - Nm 14, 18. 26 - Ger 32, 18. 27 - Prv 27, 2.

28 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 234. 29 - Rm 12, 19. 30 - Rm 5, 12. 31 - Cf. Sal 1, 4. 32 - 2 Re 14, 5-6. 33 - Cf. Dt 5, 9. 34 - Cf. Gs 7, 24-25. 35 - Cf. Gs 6, 21; 10, 40. 36 - Cf. 1 Cor 1, 17. 37 - Cf. 1 Sam 17, 4-5. 38 - Cf. 2 Re 14, 6. 39 - Cf. Mt 5, 11-12. 40 - Dt 5, 9. 41 - Cf. Dt 24, 16. 42 - 2 Cor 5, 14. 43 - Dt 5, 9. 44 - 1 Cor 15, 21-22. 45 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 46 - Ez 18, 1-30. 47 - Ez 18, 4. 48 - Cf. Eb 7, 9-10. 49 - Gv 6, 54. 50 - Ez 18, 2-4.

51 - Dt 5, 9. 52 - Eb 6, 17-18. 53 - Ez 18, 3. 54 - Rm 9, 6. 55 - Rm 9, 7-8. 56 - Dt 5, 9. 57 - Sir 40, 1. 58 - Ez 18, 4. 59 - 1 Cor 11, 12. 60 - Sap 9, 15. 61 - Cf. Gv 6, 53-54. 62 - 2 Tm 2, 19. 63 - Ez 18, 19-20. 64 - Ez 18, 21-22. 65 - Ez 18, 29-30. 66 - Ez 18, 20. 67 - Dt 5, 9. 68 - Gv 1, 13. 69 - Gn 26, 24. 70 - Cf. Gn 14, 14-16. 71 - Cf. 1 Re 11, 11-13. 72 - Ez 18, 21. 73 - Ez 18, 20. 30.

74 - Ez 18, 4. 30. 75 - Dt 5, 9. 76 - Ibidem. 77 - PELAGIUS, De lib. arb. 3. 78 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 79 - Cf. 1 Re 21, 29. 80 - De gestis Pel. 23-24. 57. 81 - Rm 5, 12. 82 - Dt 5, 9. 83 - Ibidem. 84 - Ibidem. 85 - Rm 8, 10. 86 - Cf. Sap 11, 21. 87 - Dt 5, 9. 88 - Cf. Eb 5, 14. 89 - Rm 7, 15. 90 - Cf. Gn 2, 25. 91 - Cf. Gn 3, 7. 92 - Rm 8, 10. 93 - Rm 8, 11. 94 - Dt 5, 9. 95 - Ef 2, 3. 96 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13.

97 - Cf. VERGILIUS, Georg. 1, 75-76. 98 - Cf. Ef 4, 18. 99 - Dt 5, 9. 100 - Ger 31, 21-30. 101 - Dt 5, 9. 102 - Ger 31, 31-32. 103 - Ez 18, 2; Ger 31, 29. 104 - Ger 31, 30. 105 - Cf. supra, 2, 56-57. 106 - Rm 5, 12. 107 - Eb 11, 12. 108 - Eb 2, 11. 109 - Eb 11, 8-12. 110 - Rm 5, 12. 111 - Cf. supra, 2, 56. 112 - Eb 2, 11. 113 - Cf. Sal 77, 45-46; 104, 34. 114 - Rm 5, 12. 115 - Mt 1, 2. 116 - Mt 1, 3. 117 - Rm 5, 12. 118 - Ibidem. 119 - Ibidem.

120 - Eb 2, 11. 121 - 1 Cor 11, 12. 122 - Rm 8, 10. 123 - Rm 8, 11. 124 - Cf. Rm 9, 22. 125 - Cf. Rm 9, 21. 126 - Cf. Col 1, 13. 127 - De nupt. et concup. 2, 8. 128 - Cf. supra, 1, 14. 129 - De nupt. et concup. 2, 8. 130 - Mt 11, 25-26. 131 - Cf. Rm 1, 20. 132 - 1 Gv 4, 7. 133 - 1 Gv 3, 1. 134 - Gv 1, 12. 135 - Cf. 1 Cor 2, 12. 136 - Ef 6, 23. 137 - 2 Cor 5, 10. 138 - Prv 8, 35. 139 - Mt 26, 41. 140 - 2 Cor 13, 7. 141 - Sal 36, 27. 142 - 2 Cor 13, 7.

143 - Cf. Mt 10, 29. 144 - Cf. Sal 143, 4. 145 - Sal 50, 7. 146 - Gb 14, 4-5. 147 - Rm 7, 15. 148 - Rm 7, 18. 149 - Rm 7, 23. 150 - Rm 7, 19. 151 - Rm 7, 15. 152 - Sal 48, 7. 153 - 1 Cor 3, 7. 154 - Ef 4, 16. 155 - Cf. 1 Gv 4, 7. 156 - Prv 8, 35. 157 - Cf. Est 15, 11. 158 - Fil 2, 13. 159 - Cf. Sal 33, 15. 160 - Mt 6, 12. 161 - Cf. C. duas epp. Pelag. 1, 7. 162 - Gv 15, 5. 163 - Ibidem. 164 - Gv 15, 5. 165 - 2 Cor 3, 5.

166 - Mt 10, 20. 167 - Rm 8, 14. 168 - Gb 14, 17. 169 - Cf. supra, 1, 52. 64. 170 - Col 1, 13. 171 - Cf. Is 45, 7. 172 - Is 45, 7. 173 - Cf. 1 Cor 5, 5. 174 - Rm 1, 18. 175 - Cf. Sir 40, 1. 176 - Sal 9, 7-9. 177 - Cf. Col 1, 13. 178 - Mt 19, 4-6. 179 - Lc 19, 10. 180 - Mt 9, 12. 181 - De nupt. et concup. 2, 9. 182 - Mt 9, 12; De nupt. et concup. 2, 9. 183 - Cf. Sap 12, 11. 184 - 1 Cor 1, 31. 185 - Cf. Col 1, 13. 186 - De nupt. et concup. 2, 32-33. 187 - Cf. Gn 3, 7. 188 - De nupt. et concup. 2, 36.

189 - Ibidem. 190 - Rm 7, 18. 191 - De nupt. et concup. 2, 36. 192 - Ibidem. 193 - Cf. Gn 1, 29-30. 194 - Mt 9, 12. 195 - Cf. Mt 1, 21. 196 - Mt 9, 12. 197 - Eb 8, 13. 198 - Mt 9, 12. 199 - Cf. Sir 22, 10. 200 - Cf. Gv 9, 1-3. 201 - Prv 8, 35. 202 - Cf. Est 15, 11. 203 - De nupt. et concup. 2, 36. 204 - Rm 7, 18; De nupt. et concup. 2, 36. 205 - De nupt. et concup. 1, 13. 206 - De nupt. et concup. 1, 8. 207 - Gal 5, 17. 208 - 1 Gv 2, 15-16. 209 - Gv 3, 6. 210 - De nupt. et concup. 1, 8. 211 - Gv 3, 6.

212 - Ibidem. 213 - 1 Tm 6, 10. 214 - Gal 5, 17. 215 - Rm 9, 16. 216 - Gal 5, 19. 217 - Gal 5, 22. 218 - Rm 7, 19. 219 - Rm 7, 18. 220 - Rm 7, 15. 221 - Rm 7, 18. 222 - Gal 5, 17. 223 - PELAGIUS, De lib. arb. 3; cf. De grat. Christi 47. 224 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 225 - Rm 7, 19. 226 - Cf. De nupt. et concup. 1, 26. 227 - Col 1, 13. 228 - De nupt. et concup. 1, 7. 229 - De nupt. et concup. 1, 8. 230 - De nupt. et concup. 2, 36. 231 - Cf. Rm 7, 18. 232 - Rm 7, 19. 233 - 1 Cor 7, 28. 234 - Cf. 1 Gv 2, 16.

235 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 236 - 2 Cor 6, 14-15. 237 - Ef 5, 12. 238 - Gv 3, 20. 239 - De nupt. et concup. 1, 7. 240 - Cf. 1 Cor 6, 18. 241 - Cf. supra 172. 242 - Cf. Eb 5, 14. 243 - Cf. supra 154. 244 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 245 - De nupt. et concup. 2, 36. 246 - Ibidem. 247 - Ibidem. 248 - De nupt. et concup. 2, 36. 249 - Ibidem. 250 - Ibidem. 251 - Cf. Gv 12, 31. 252 - Mc 16, 16. 253 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 3, 13. 254 - Bar 4, 4. 255 - Cf. Is 45, 7. 256 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 257 - De nupt. et concup. 2, 36.

258 - Cf. 1 Gv 2, 16. 259 - Rm 7, 7. 260 - Cf. Sir 40, 1. 261 - Gal 5, 17. 262 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 141. 263 - PELAGIUS, De lib. arb. 3; cf. De grat. Christi 47. 264 - 2 Tm 2, 19. LIBRO QUARTO Giustifico l'apparente disordine. 1. GIULIANO. Stimo che un lettore diligente possa meravigliarsi perch mai io, mentre secondo l'uso solenne degli scrittori divido la mia piccola opera in un determinato numero di libri, risolva tuttavia le questioni di un libro in un altro libro. Donde che la discussione fatta nel terzo libro sul senso dell'Apostolo nel suo dire che il peccato entr nel mondo a causa di un solo uomo 1 - e con questo numero singolare soffoca l'opinione del male originale -, non viene scossa nemmeno di poco dal testo che fa discendere da un solo uomo, da Abramo, la generazione dei Giudei 2. Cotesto lettore, al quale voglio adesso dare soddisfazione, ritenga pure che tale argomento avrebbe dovuto trovare posto nel secondo libro. Sappia quindi che questa fedelt nel rispondere, per cui almeno in un libro successivo sono ripresi anche i temi che si reputavano tralasciati, n produce nessun incomodo al dibattito, n proviene da qualche disordine di frettolosit, ma proviene tanto dalla necessit delle cause, quanto dalla razionalit del metodo. Sarebbe disponibile una moltitudine di grandi ingegni per giustificare con il loro esempio la coerenza di un tale stile, ma sarebbe una vanteria inopportuna appellarsi per una semplice faccenda ai sonanti suffragi di uomini antichi e con la difesa rendere sospetta la sicurezza del fatto. Il secondo libro, dunque, che avevo destinato a riferire le sentenze dell'Apostolo, perch non lo portasse ad una eccessiva lunghezza l'aggiunta di questioni leggere, lo terminai con il puro necessario della discussione. Ma poich, assolto il dovere di una seria trattazione, fu per me una gioia ovviare anche alle questioni di

minore importanza e mi piacque avere riguardo delle persone pi tarde, che possono essere impressionate da obiezioni frigide, ho spiegato nel terzo libro in che senso si dica che molti sono nati da uno solo. pure convenientissimo tuttavia che il volume successivo paghi i debiti del precedente, sia perch tra i libri apparisca una grande concordia, sia perch i lettori si sentano invitati alla conoscenza dell'opera intera, capendo che non sono stati omessi quei punti che nei primi libri avevano stimati rimandati. Indicato dunque che quanto abbiamo fatto corrisponde alla promessa e all'impegno dell'opera, diamo l'assalto ai manichei a difesa delle opere di Dio e delle sue leggi, per respingere dalle opere di Dio la deformit del male naturale, dalle leggi di Dio l'ingiustizia di giudizi " ferali " [crudeli], per insegnare che nei precetti di Dio la giustizia non ha perduto nulla della sua bont e che nei semi delle creature di Dio il diavolo non ha mescolato nulla della sua malizia, per dimostrare in una parola che le leggi di Dio sono degne di Dio governatore e che le opere di Dio sono degnissime di Dio creatore. AGOSTINO. Il tuo assalto, per non essere superati nel nostro assalto, lo prenderebbero i manichei come un grande aiuto, se la fede cattolica non superasse anche voi insieme a loro, atteso che la discordia delle concupiscenze della carne e dello spirito e le miserie del genere umano, delle quali piena la natura dei mortali e le quali cominciano dai pianti e dalle disgrazie dei bambini, non lasciano ai manichei la libert di attribuirle alla mescolanza delle due nature che essi introducono, perch tutti questi mali sono attribuiti dall'autorit divina e dalla evidente verit razionale alla natura viziata dal peccato, che Dio cre buona e che Dio non priva del dono della fecondit e della bont della sua creazione, nemmeno dopo che stata viziata. Il che voi negando, tentate, s, di spezzare le armi dalle quali sono vinti i manichei, ma sono armi tanto ferme e tanto invitte da abbattere gli uni e gli altri, sia che arrivino a voi dopo aver trafitto e ucciso i manichei, sia che arrivino ai manichei dopo aver trafitto e ucciso voi. Due verit essenziali per ammettere Dio. 2. GIUL. Alle quali due verit se credete, ossia che n le opere di Dio sono cattive, n sono iniqui i suoi giudizi, tutto il dogma della traduce si sgretola; come all'inverso, accettata l'empiet della traduce, si distruggono queste due verit, la creazione di Dio e il

giudizio di Dio, che sono le sole verit attraverso le quali Dio pu essere accettato intellettualmente. AG. N sono cattive le opere di Dio, perch egli opera bene anche da tutti i mali di qualsiasi specie, e perch ai bambini, verso i quali ha operato bene dalla massa perduta per la prevaricazione del primo uomo, viene in soccorso anche per sanarli; n sono iniqui i giudizi di Dio, perch con il giogo gravante sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal seno materno 3 non punisce se non i meriti dei peccati. Con queste verit, se si credono e s'intendono, si estingue l'errore e dei manichei e dei pelagiani: dei manichei, perch vogliono attribuire cotesti mali del genere umano a non so quale principio del male coeterno all'eternit di Dio; dei pelagiani poi, perch essi non li vogliono imputare ad un peccato. Avverto il lettore di che genere sia la battaglia. 3. GIUL. Prendiamo ormai dunque in esame quanto tesse il laceratore dei beni naturali. Ma per suggerire al nostro lettore tanto l'intelligenza quanto la differenza degli argomenti che si intrecciano tra loro nella reciproca risposta, lo avverto di che genere sia la nostra battaglia. Dichiara costui di rispondere ai nostri scritti, che dice essergli stati recapitati a mezzo di una breve cartella, e riporta alcune particelle delle mie sentenze e schernisce affermazioni che non si trovano nella mia opera. AG. Grazie a Dio che ho risposto in tutto e per tutto con sei miei libri agli stessi quattro libri tuoi, dai quali stralci quanto volle e come volle quel tale di cui arriv a me la cartella mandatami da lui. Penso che tu non abbia l'intenzione di dire che in quei miei libri io ho voluto riprovare alcune tesi che non si trovano nella tua opera. Che se anche tu lo dicessi e lo dimostrassi, mi dovrei pure congratulare con te di non aver fatto le affermazioni che non dovevi fare. E magari di tutte le tue parole che si riprendono giustissimamente tu non ne avessi detta assolutamente nessuna. Eva vita! 4. GIUL. Parla dunque costui a Valerio cos: Sta' attento in quali punti stima di essere contro di noi, d'accordo con questa sua notazione che ha premesso: Dio, afferma, dopo aver fabbricato Adamo dal limo, costru Eva da una costola e disse: " Essa si chiamer Vita, perch la madre di tutti i viventi " 4. Veramente

non sta scritto cos, ma che ce ne importa? Suole la memoria sbagliare nelle parole, purch tuttavia resti esatta la sentenza. N fu Dio a imporre il nome di " Vita " ad Eva, ma il marito. Si legge infatti: " E Adamo mise alla sua moglie il nome di Vita, perch la madre di tutti i viventi " 5. Stupenda erudizione di un dottore, che non lascia scostarsi dal testo delle Scritture nemmeno d'un poco. Egli riprende la nostra imperizia, ma si degna di concedere venia alla dimenticanza che mi aveva fatto chiamare da Dio "Vita " la donna; cos in una breve occasione ha voluto apparire ed erudito e generoso. Ma come non da ammirare la diligenza d'aver trovato l'autore del nome della donna, cos non da tollerare l'impudenza di voler indulgere ad uno ci di cui non lo puoi incolpare. Nella mia opera infatti non si legge come si ritiene nei commenti di costui. Io, dopo aver appunto riportato la testimonianza della legge che attribuisce al Creatore l'affermazione: " Non bene che l'uomo sia solo; facciamogli un aiuto che gli sia simile " 6, osservo: Che cosa vogliono dire le parole: " Non bene che l'uomo sia solo "? mai possibile che Dio avesse fatto una cosa che giustamente non si potesse dire buona, soprattutto un Dio che aveva fatto tutte le cose non solo buone ma anche molto buone? Perch dunque dice: " Non bene che l'uomo sia solo "? Questa dichiarazione non biasima lo stato della creatura, ma indica che al genere umano avrebbe potuto riuscire dannosa l'unione, se dal ministero del sesso diverso non fosse germinata la successione. Infatti se anche si sperava che Adamo sarebbe potuto divenire immortale qualora non avesse peccato, manifesto tuttavia che non sarebbe potuto mai diventare padre qualora non avesse trovato una moglie che, prelevata dal fianco di Adamo dormiente, ud dal primo nome che le fu posto a quale opera fosse stata ordinata: " Essa si chiamer Vita, perch la madre di tutti i viventi ". Dalla quale asserzione stato dichiarato che in seguito nessun uomo poteva esistere o vivere senza venire al mondo per mezzo della concezione 7. Poich dunque risplende che, per quanto si tratti di una questione di non grande importanza, tuttavia da me non stato affermato nulla che qualcuno potesse accusare, a parte una singolare impudenza, rimasto bollato con il marchio di pubblica falsit l'uomo che pi sprovveduto di tutti, volendo dare ci che non ha, delinque in una volta sola ugualmente e per non possessione giuridica e per vantata donazione. AG. Se non sei stato tu a riportare le parole del Libro divino nel modo in cui le ho trovate io in quella cartella, non a te, ma a colui che le ha trascritte cos che io ho perdonato, e a lui dobbiamo

perdonare ambedue. Se invece reputi che io non abbia trovato ci nella cartella, ma, fingendo di averlo trovato, ho riportato in modo menzognero quelle parole, quasi per avere qualcosa da attribuire a un tuo errore, certamente a te che ora perdono di avere avuto di me un'opinione tanto cattiva e tanto falsa. Perch ti sei peritato a nominare la concupiscenza? 5. GIUL. Dopo aver dunque ripreso con tale gravit questo punto, passa oltre ed esorta il suo patrono a fare attenzione a quanto segue. Dice costui: Quindi Dio, creatore del maschio e della femmina, form membra convenienti per le generazioni. Ma inserendo questo soltanto da un capitolo dei miei scritti e tralasciando completamente moltissime righe nelle quali si sottolinea principalmente la novit delle anime che non devono nulla alla carne o al seme, riporta questo mio brano: Cos ordin che dai corpi si generassero i corpi, dei quali tuttavia intervenne ad assicurare l'efficacia con la potenza della sua operazione, amministrando tutto ci che esiste con la medesima forza con la quale l'ha creato. Se quindi non altrimenti che per mezzo del sesso il feto, se non altrimenti che per mezzo del corpo il sesso, se non altrimenti che per mezzo di Dio il corpo, chi pu dubitare che la fecondit si attribuisca giustamente a Dio? 8 Pertanto dopo aver riportato queste parole dal mio libro, dichiara di riconoscerle egli stesso come dette cattolicamente. Chi dunque non penserebbe che costui abbia cambiato parere? Ma non diventa immemore di s, bens giudica simile la condizione di un dogma perverso e la condizione del pudore, nel senso che anche un dogma perverso si ripara con un disastro clamoroso, come il pudore si indurisce con un assiduo attrito. Approva dunque la mia sentenza e con spontaneo amplesso conficca il ferro del pregiudizio contro la sua fede; ma dopo questo, quasi integro di forze, dichiara che gli resta ancora da lottare. Prosegue infatti cos: Dopo queste idee che sono state dette veracemente e cattolicamente, o meglio che sono contenute veracemente nei Libri divini, ma che non sono state dette da lui cattolicamente, perch non sono state dette con l'intenzione di un petto cattolico, gi per il fatto che le ha dette comincia ad introdursi l'eresia pelagiana e celestiana. Poni infatti attenzione a quello che segue. Qui riporta di nuovo i nostri detti: Che cosa dunque riconosce di suo il diavolo nei sessi per possedere in forza di esso con diritto il loro frutto? La diversit? Ma essa si trova nei corpi che ha fatti Dio. La mescolanza? Ma essa si giustifica non meno con il

privilegio della benedizione che con il privilegio della istituzione. infatti voce di Dio: " L'uomo abbandoner suo padre e sua madre e si unir a sua moglie e saranno due in una carne sola " 9. Voce di Dio : " Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra " 10. O forse la stessa fecondit? Ma proprio essa la causa della istituzione del matrimonio 11. Al che ha risposto che n la diversit dei sessi, n la mescolanza, n la fecondit conosce il diavolo nei sessi come suo dominio per possedere in virt di esso con diritto il loro frutto. Ma, messi da parte tutti questi beni, ha trovato che cosa attribuire al diavolo ed ha aggredito la nostra onest accusandola di paura, perch tra i tanti compiti dei corpi e dei sessi ci siamo peritati a nominare la concupiscenza della carne. Cos dunque parla di me al suo patrono: Ma costui tra tutti questi beni non ha voluto nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bens dal mondo 12, del quale mondo stato detto principe il diavolo, che non trov la concupiscenza nel Signore, perch non fu per mezzo di essa che il Signore venne uomo tra gli uomini. Tanto che il Signore stesso dice: " Ecco, viene il principe di questo mondo e non trover nulla in me " 13; nulla s'intende del peccato, n del peccato che contrae chi nasce, n del peccato che aggiunge chi vive. Questa concupiscenza non volle costui nominarla tra tutti questi beni naturali che ha ricordato, perch di essa sentono confusione anche le nozze, le quali si vantano di tutti questi beni. Per quale ragione infatti quell'operazione dei coniugati si sottrae e si nasconde anche agli occhi dei figli, se non perch non possono dedicarsi alla lodevole mescolanza senza la riprovevole libidine? Di questa libidine arrossirono pure coloro che per primi si coprirono le parti pudende 14 , le quali non furono precedentemente pudende, ma come opere di Dio erano da lodare e da glorificare 15. Veramente nei quattro libri della mia prima opera ho trattato, beatissimo padre Floro, la causa delle nozze, la causa della mescolanza, la causa dei corpi, la causa dei sessi, la causa dell'operazione di Dio e la causa infine della estimazione di Dio, la quale necessariamente come lodata dalla bont delle sue opere, cos ferita dalla loro infamia; e in tutta l'opera scritta da me la verit che assolutamente inoffuscabile ha dimostrato che il diavolo non ha aggiunto nulla n alla formazione del corpo, n al sesso. E perci stato insegnato che l'opinione della traduce stata bevuta dal fango di Manicheo. AG. Come ti sia comportato in quei tuoi quattro libri e come tu sia stato confutato dalla nostra risposta, cos da chiarire che non avevi combinato nulla, lo capiscono senza difficolt coloro che leggono e i

miei libri e i tuoi. Quantunque anche se non si leggono i libri tuoi, ma solamente i miei, apparisce distrutto in essi il vostro dogma eretico. Ma poich hai risposto con quattro tuoi libri a uno mio soltanto cos da toccare appena un terzo del mio libro senza confutarne nessuna parte, hai tanto poco presunto dei tuoi libri da scrivere contro un mio solo secondo libro nella medesima causa cotesti tuoi otto libri, come se tu avessi pensato non di dovermi atterrare con la solidit delle argomentazioni, ma di dovermi atterrire con il numero dei volumi: fino a tal punto evidentemente hai sentito di non aver ottenuto nessun vantaggio con quella tua quadrupla risposta da sembrarti necessaria questa ottupla risposta. Se dunque la tua loquacit provocata a crescere in tali proporzioni, chi non atterrir non la verit, ma la numerosit dei tuoi libri, il cui conteggio mi infastidisce? Uomo infatti facondo di stupenda fecondit, che prima hai pensato di dover rendere a un solo mio libro quattro dei tuoi e a un secondo mio libro otto dei tuoi, chi non temer che eventualmente a sei libri miei tu mediti di renderne pi di mille dei tuoi, se gi ad uno solo di essi che il primo ne rendi sedici e cos insegui ciascuno degli altri raddoppiando il numero precedente, mostrando a noi quanto parli a lungo senza capire di che parli? Il mio silenzio un vestito. 6. GIUL. Ci tuttavia, sebbene risulti ivi dimostrato a saziet, sar ripetuto, per quanto in breve, anche nella presente discussione. Rivolgiamoci dunque ad Agostino stesso, contro la cui erudizione stiamo battagliando. Tu concedi appunto che da noi stato ottenuto questo giusto risultato: se non altrimenti che per mezzo del sesso fosse esistito il feto, se non altrimenti che per mezzo del corpo il sesso, se non altrimenti che per mezzo di Dio il corpo, non si potrebbe dubitare che la fecondit appartenga alle opere di Dio e che nulla di suo riconosca nei sessi il principe delle tenebre, per cui ritenere suoi i loro frutti con l'affermazione di un suo diritto, perch e la diversit apparteneva al sesso, e la mescolanza alla diversit delle membra, e il frutto della fecondit a Dio, che era stato l'istitutore anche dei genitori, e pertanto non era rimasto nulla per cui si dovesse aggiudicare al diavolo la fertilit della mescolanza. Quale conforto dunque o quale sostegno pensi che ti sia portato dall'onest del mio ragionamento per il fatto che non ho voluto nominare in questo luogo la concupiscenza della carne? Anche se l'avessi passata sotto silenzio in tutta l'opera, non riceverebbe

tuttavia nulla di biasimo o di offesa quella realt, che era salvaguardata dall'uso per essa dei vocaboli pi onesti e delle voci pi chiare per l'intelligenza. Ammetti dunque che io, con pi prudenza di quanta ne domandava la natura dell'impresa, ho voluto coprire con il silenzio il nome della concupiscenza che copriamo con il vestito. Ma per cos poco dobbiamo forse buttare via tutta la ragione, tutta la verit? Ma l'intelletto, arbitro delle azioni, si arrender forse solo perch esiste qualcosa che non si pu sempre mettere decorosamente davanti agli orecchi, come non si pu mettere decorosamente davanti agli occhi? Ma tuttavia che ha di turpe nominare la concupiscenza della carne, che e io ho nominato quando il luogo l'ha richiesto e tu, bench confermi di sentirla indomabile, tuttavia commemori con frequenza? AG. Domabile la dico, cio la carne, ma per coloro che la combattono, non per coloro che la lodano. Nei bambini la Chiesa essuffla il diavolo. 7. GIUL. Poco dopo da qui io scrivo: Per quale ragione quindi sono sotto il diavolo i bambini, che nascono dai corpi che ha fatti Dio, dalla mescolanza tra loro dei sessi che Dio distinse formandoli, ma congiunse benedicendoli, e moltiplic inserendovi la fecondit? Ed Dio che fece gli stessi bambini, dalla materia del seme. Se confessi che da Dio viene la materia dei corpi, da Dio i genitali dei corpi, da Dio la mescolanza dei genitali, da Dio anche la forza dei semi, da Dio altres la forma e la vita di tutti i nascenti, che cosa pensi sia rimasto per cui tu attribuisca al diavolo tante opere di Dio? 16 Tu dunque chiami eresia l'insieme di una discussione diversa, un " corpo " di cui confessi rette e cattoliche tutte le membra. AG. Che forse i novaziani, gli ariani, gli eunomiani ed altri ancora non li chiamiamo eretici, anche quando hanno confessato l'intero Simbolo? Per tacere dunque di altri punti che appartengono alla vostra eresia, come vuoi che non vi chiamiamo eretici, se negate che siano liberati dal potere delle tenebre quando sono trasferiti al Cristo i bambini nei quali, in procinto di ricevere lo Spirito Santo, fin dall'antichit tutta la Chiesa, che loda il nome del Signore dal sorgere del sole fino al tramonto, essuffla ed esorcizza lo spirito immondo? Eretico chi nega anche una sola verit.

8. GIUL. Infatti dopo che, costretto da Dio, hai lodato il nostro sillogismo, che munito di tanta verit da portarsi tutto contro di te e da non risentire nulla del tuo biasimo d'ingiuria, tuttavia accusi il suo " effetto ". AG. Quello che chiami suo " effetto " non capisci che il vostro difetto. Infatti dalle verit che voi dite, come se foste cattolici, non si ha come " effetto " ci che vi fa essere eretici. Come se foste cattolici infatti voi dite che dal sesso viene il feto, dal corpo il sesso, da Dio il corpo, per cui si attribuisce giustamente a Dio la fecondit. Ma forse per tutto questo l'uomo dalla fecondit non nasce tale da non essere senza macchia di peccato, anche se la sua vita di un giorno solo sopra la terra 17? Non quindi dicendo quelle affermazioni vere, ma negando quest'affermazione che altrettanto vera, voi siete eretici. Perch certamente non Dio autore della fatuit e tuttavia Dio autore del feto, anche quando nasce fatuo. Alla stessa maniera intendi, se puoi, che dentro l'uomo nasce dalla origine un vizio, di cui non autore Dio, pur non essendo creatore dell'uomo nessun altro che Dio. Ricordati bene che tu sei uscito dall'orbita del tuo dogma con il quale negate che Dio operi la volont nelle menti degli uomini. Infatti con la mia volont che io ho lodato le tue parole, che confesso essere dette anche dai cattolici, e che tu dici tuttavia lodate da me perch costretto da Dio. Ecco in che modo Dio opera in noi anche il volere 18: ci che voi siete soliti negare anche contro l'Apostolo. qui che si sente puzzo d'eresia. 9. GIUL. Se quindi - io dico - non altrimenti che dal sesso il feto, non altrimenti che dal corpo il sesso, non altrimenti che da Dio il corpo, chi dubiter che giustamente si attribuisca a Dio la fecondit? Ci tanto certo da strappare lodi anche dalle tue labbra. Ma dopo l'elogio reso da te a questo passo, tu avverti che si sta introducendo l'eresia, mentre le affermazioni che io soggiungo non hanno fatto altro che ripetere le precedenti con l'aggiunta di una spiegazione. AG. Che forse tra le affermazioni fatte da te e riconosciute da me come vere avevi detto: Che cosa dunque riconosce il diavolo di suo nei sessi? 19 Qui infatti cominciasti ad introdurre il senso della vostra eresia, quasi che il diavolo per questo non possa conoscere nulla di suo nei sessi perch da Dio creatore il corpo e il sesso,

mentre il diavolo conosce anche in se stesso e il bene di Dio e il male del diavolo: il bene nella sua natura, il male nel vizio. Altrettanto anche nei sessi il diavolo riconosce gli elementi che sono di Dio, come e lo stesso sesso e il corpo e lo spirito; ma riconosce il diavolo pure quello che suo e per cui la carne concupisce contro lo spirito. I primi elementi infatti vengono dal Creatore, la cui giustizia punitrice il diavolo non pot evitare; la concupiscenza viene dalla ferita che il diavolo ha inferto. Mi vituperi dopo avermi lodato. 10. GIUL. Infatti dichiaro: Che cosa dunque nei sessi conosce il diavolo di suo per possedere di diritto il loro frutto, come dici tu? La diversit? Ma essa si trova nei corpi che Dio ha fatto. La mescolanza? Ma essa si giustifica non meno per il privilegio della benedizione che per il privilegio della istituzione. O forse la stessa fecondit? Ma proprio essa la causa della istituzione del matrimonio. Che cosa dunque ci fu di nuovo qui, che cosa che dissentisse dalla precedente conclusione che tu avevi approvato, che cosa che tu giudicassi da vituperare dopo la tua lode? Certamente nulla, e perci che cosa si ricava da una incostanza tanto deplorevole? Non essendo stato apportato da me nessun cambiamento nella discussione ed essendo invece cambiata da parte tua l'estimazione delle mie parole, si ricava evidentemente che tenebrosissima la tua intenzione e fiacca la tua ragione. AG. Ti meravigli che dopo la lode delle opere di Dio io abbia vituperato la tua insidiosa interrogazione. Interrogando appunto hai detto: Che cosa dunque nei sessi conosce il diavolo di suo? 20 E volendo persuadere che non conosce nei sessi nulla di suo, hai elencato quegli elementi che veramente non appartengono al diavolo: cio la diversit per cui il sesso femminile differente dal sesso maschile, e la mescolanza con la quale si uniscono l'uno e l'altro sesso perch siano generati i figli, e la fecondit per la quale di fatto si generano i figli stessi. Tutti questi elementi confessiamo che sarebbero esistiti nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, ma non vi sarebbe stata quella concupiscenza che sentirono quando si coprirono le parti pudende coloro che prima di peccare erano nudi e non se ne vergognavano. Di questa concupiscenza della carne, per la quale la carne concupisce contro lo spirito 21 e senza la quale non nasce nessun uomo, e di questa discordia tra la carne e lo spirito che il dottore cattolico, tanto

eccellentemente lodato dalla bocca del vostro Pelagio, aveva imparato essersi convertita nella nostra natura a causa della prevaricazione del primo uomo 22, di questa concupiscenza dunque per quale ragione tu hai taciuto? Tu interrogando che cosa il diavolo conosca di suo nei sessi, hai nominato altri elementi che non sono del diavolo e non hai voluto rendere alla tua interrogazione questo elemento che del diavolo. questa tua interrogazione dolosa che io ripresi, non le opere divine, che ho debitamente lodato. Lode e fede. 11. GIUL. Altra conclusione: ci che ti fa lodare le verit cattoliche la tua paura, non la tua fede. AG. Nella lode cattolica conosce la nostra fede colui che per mezzo della nostra fede dimostra e prostra il vostro errore. Ho lodato la verit, ho vituperato la tua insidia. 12. GIUL. Che tu dunque vituperi le affermazioni che hai lodato non un fatto di giustizia, ma di pazzo furore. AG. Io non vitupero le affermazioni che avevo lodato, ma ho lodato le verit che dicesti e ho vituperato invece l'interrogazione che movesti insidiosamente, ben vedendo tu quale fosse la risposta da darti e tacendola come se non ci fosse risposta. Se questo sia un fatto di giustizia o di pazzo furore lo vedrai, se ti acquieterai dal tuo pazzo furore. Non sono buone espressioni. 13. GIUL. Del quale pazzo furore non ti scaricherai mai, se prima non avrai rigettato il tuo dogma osceno. Costretto a patire il grave urto delle isole " Symplegadi " tra il pudore della penitenza, mai tuttavia avversato dai cristiani, e la carenza delle argomentazioni, ti necessario o seguire o contraddire le buone espressioni che ti sommergono. AG. Non sono buone espressioni, o Giuliano, quelle che negano che il Cristo Ges per i bambini, o quelle che confessano che egli per i bambini Ges, cio il Salvatore, ma nel modo stesso in cui lo per ogni creatura mortale in genere, donde scritto: Uomini e bestie tu salvi, o Signore 23. Non per questo il Cristo prese il nome

di Ges venendo nella somiglianza della carne del peccato, ma nel senso inteso dall'angelo: Lo chiamerai Ges: egli infatti salver il suo popolo dai suoi peccati 24. Non sono buone espressioni quelle che escludono da questo popolo i bambini e dicono che il Cristo Ges anche per essi, perch li salva non dai loro peccati, ma dalle loro piccole scabbie. Ravvediti, per favore. Penso che non sei nato da genitori che abbiano creduto cos, e certamente sei rinato in una Chiesa che non crede cos. O frode o cecit. 14. GIUL. Vediamo tuttavia che cosa tu abbia depredato delle mie sentenze per aggredirle con l'accusa di errore. Dici di me: Ma costui tra tutte queste realt non volle nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bens dal mondo, del quale mondo stato detto principe il diavolo. Il quale non trov la concupiscenza nel Signore, perch non fu per mezzo di essa che il Signore venne uomo tra gli uomini 25. Hai detto con sicurezza che io introduco una eresia, ma per dimostrarlo non soggiungi nessuna mia proposizione. AG. Soggiungo quella tua proposizione interrogativa: Che cosa dunque nei sessi conosce il diavolo di suo? 26 Con dolo appunto dicevi cos, quando la concupiscenza della carne, alle cui movenze necessario che resistano il pi delle volte anche le caste nozze, tu la vedevi, e tacevi e mi incalzavi con una interrogazione piena di frode, come se non ci fosse nulla da poter rispondere. O se non vedevi la concupiscenza, certamente tu introducevi la vostra eresia con quella stessa cecit. Come ho potuto cadere in eresia tacendo? 15. GIUL. Ma tu dichiari che io non ho voluto nominare la concupiscenza della carne. Io che non ho voluto nominarla, ho taciuto, e se ho taciuto, non ho detto nessuna parola che tu potessi riprendere: chi dunque persuade l'errore tacendo? O nuovi e finora inauditi portenti dei crimini! Con il mio silenzio dice che si compone un dogma perverso! AG. Non con il tuo silenzio, ma con la tua subdola interrogazione, come ho spiegato sopra. Quantunque, anche il silenzio si riprende giustamente, quando ci che si sarebbe dovuto dire non si dice

intenzionalmente, perch non ci si accorga che l'interrogazione poteva ricevere una risposta. Un'interrogazione pu equivalere a una negazione. 16. GIUL. Soppesi ci ogni persona prudente e rida dell'odio del dire, dimostrato con l'accusa di tacere. Tu quindi confessi che io non ho detto nulla che tu possa incolpare. AG. Ma anzi s'incolpa giustissimamente ci che tu hai detto interrogando. Perch infatti si pensasse che non c'era nulla da poterti rispondere, tu non hai voluto dire ci che ti si poteva rispondere. Oppure, perch non accuso la stessa cecit per cui non potesti nemmeno vederlo? Sulla concupiscenza sbagliano i pelagiani e i manichei. 17. GIUL. Tu certamente inveendo contro il nostro silenzio hai tirato fuori quello che prima non si potuto difendere, ma che adesso, dopo che venuta in pubblico l'Epistola di Manicheo, le cui sentenze io ho riportato nel terzo libro, non si pu nemmeno celare. AG. La concupiscenza della carne n la condanna sinceramente Manicheo, n la lodi sinceramente tu. Non lui, perch non sa donde venga questo male; non tu, perch neghi che sia un male; non lui, perch l'attribuisce ad una natura estranea mescolata con noi; non tu, perch non vuoi che sia propria della nostra natura viziata; non lui, perch crede che da essa sia corrotta una parte di Dio; non tu, perch tenti di deturpare con essa anche la felicit del paradiso. C' mondo e mondo. 18. GIUL. Tu scrivi: Costui non ha voluto nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bens dal mondo, del quale mondo stato detto principe il diavolo. Il quale non trov la concupiscenza nel Signore, perch non fu per mezzo di essa che il Signore venne uomo tra gli uomini 27. Dunque con le parole dello stesso Manicheo confessi che la concupiscenza della carne non fu fatta da Dio, ma dal mondo, del quale mondo tuttavia dici principe il diavolo. AG. Ma sono forse io a dire il diavolo principe del mondo, e non lo dice il Signore stesso? Ma lo avrei detto io, se non avessi letto che

lo ha detto lui stesso? Il che avendolo letto anche tu, per quale ragione hai creduto di dovermelo obiettare? N tuttavia per questo il diavolo principe del cielo e della terra e di ogni creatura celeste e terrestre, nel senso in cui detto: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma perch con il nome mondo stato appellato l'orbe della terra nella qualit degli uomini di cui la terra piena, secondo il detto: E il mondo non lo riconobbe 28; secondo il detto che dichiara anche il diavolo principe di questo mondo 29; secondo il detto: Il mondo giace sotto il potere del maligno 30; secondo il detto: Poich invece non siete del mondo, per questo il mondo vi odia 31, e innumerevoli altri simili detti. E perci il mondo, come insegnano le sante Scritture, secondo la differenza delle sentenze, a volte lo prendiamo nel bene e a volte nel male. Ai beni del mondo appartengono il cielo, la terra e ogni creatura di Dio che vi si trova. Ai mali del mondo appartengono la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e l'ambizione del secolo o, come hai messo tu stesso, la superbia della vita. Come dunque il mondo si legge ora nel bene e ora nel male, cos leggi, se puoi, la concupiscenza della carne o la concupiscenza degli occhi posta a volte dalla parte del bene. Ma non troverai cos, come nemmeno la superbia della vita, che il terzo male aggiunto agli altri due mali. L'apostolo Giovanni e Manicheo. 19. GIUL. Ho detto poi che tu hai fatto completamente uso del linguaggio di Manicheo, perch sebbene nella Lettera dell'apostolo Giovanni si trovino alcune di quelle parole, tuttavia, essendo certo che in essa quel maestro della Chiesa a proposito o della carne o del senso della carne o della concupiscenza nuziale non ha ritenuto nulla di simile a quello che Manicheo mette insieme usurpando le parole di lui, non ingiustamente le ho dette parole di colui al cui modo di sentire servivano, cos da essere giudicate a buon diritto il linguaggio della sua intenzione. E come presso san Giovanni meritano rispetto per la loro dignit apostolica, perch insinuano la verit, cos presso Manicheo devono apparire come segni adombrati e non espliciti dei manichei. AG. Perch aggiungi nuziale e dici a proposito della concupiscenza nuziale per rivestire dell'onesto nome delle nozze la tua vergognosa protetta? L'apostolo Giovanni ha detto " concupiscenza della carne ", non concupiscenza nuziale, che nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, poteva esistere nell'appetito della fecondit, non

nel prurito della volutt, o sicuramente sempre soggiacente allo spirito cos da non muoversi se non per volont dello spirito, mai concupiscente contro lo spirito cos da costringere lo spirito a concupire contro di lei. Impossibile infatti che nel luogo di tanta felicit e in uomini ivi felici di tanta pace esistesse qualche discordia tra la carne e lo spirito. Il mondo degli elementi materiali. 20. GIUL. Appunto l'apostolo Giovanni incoraggiando i fedeli all'altezza di tutte le virt ed estendendo la ricerca della santit alla profondit dell'esempio del Signore, racchiudendo in sintesi nel nome mondo tutte le tentazioni dei beni e dei piaceri presenti, scrive: Non amate il mondo e le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, non c' in lui la carit del Padre; perch tutto quello che si trova nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza. Chi invece fa la volont di Dio, rimane in eterno 32. Per quanto riguarda la superficie delle parole, l'Apostolo dichiara odio a tutti gli elementi e denunzia che il mondo e tutte le realt che sono nel mondo non vengono dal Padre e non si devono amare. AG. Inutilmente dici cos. Nessun cattolico anche ignorante intende il mondo in questo testo cos da pensare per poco agli elementi. Nemmeno infatti nel testo dove dice del Cristo Signore: Egli la vittima di espiazione per i nostri peccati, non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo 33, qualcuno cos pazzo da credere che vi si debbano intendere i peccati anche degli elementi. Il tutto dunque che in questo modo si dice mondo non si intende se non negli uomini che sono sparsi per tutto il mondo, ossia per tutto l'orbe della terra, dovunque essa sia abitata. Inoltre l'Apostolo in questo luogo ha chiamato mondo la stessa vita umana che si vive, non secondo Dio, ma secondo l'uomo. Per tale ragione vieta che si ami e dice: Tutto quello che si trova nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e l'ambizione del secolo, oppure la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo 34 . Tu, se puoi qualcosa, indica in qualche luogo delle Scritture sante nominata una volta nel bene la concupiscenza della carne, e non voler spargere la nebbia della tua loquacit su realt tanto aperte.

Giovanni non lascia porte ai manichei. 21. GIUL. Certamente un Apostolo e amato dal Signore Ges con carit precipua. Tuttavia, se o il Vangelo che scrisse o la gravit delle sue Lettere non indicassero la sua intenzione, non potrebbero coteste parole che abbiamo riportato recare nessun pregiudizio alla realt e sarebbero costrette a cedere a tutte le Scritture che asseriscono il mondo fatto da Dio. Ma egli stesso si premunito con il reverendo esordio del suo Vangelo. Dice: Il Verbo era Dio. Tutto stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla stato fatto. E dopo: Era la luce vera illuminante ogni uomo che viene in questo mondo. Era in questo mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui. Inoltre: Il Verbo si fece carne per abitare tra noi 35. Con le quali testimonianze non ha lasciato nessuna traccia di oscurit nei riguardi dei suoi sentimenti, ma ha mostrato di conoscere Dio ed ha asserito che Dio il creatore di tutto il mondo e di tutte le realt che sono nel mondo, ed ha insegnato che per i manichei non aperto nessun accesso alle sue sentenze. Poich chi asserisce che Dio creatore di tutte le nature, fa senza danno della fede uso in senso improprio dei nomi delle sostanze a significazione di una cupidit immodica. AG. Tu per la concupiscenza della carne, nemmeno quando immodica, vuoi che si ritenga un male, ma un bene, e che piuttosto usano male un bene coloro che usano immodicamente la concupiscenza. Quindi se la concupiscenza della carne un bene, certamente anche la concupiscenza modica un bene modico e la concupiscenza immodica un bene immodico. Ma usare una concupiscenza modica, questo , come dici tu, usare bene un bene; invece usare una concupiscenza immodica , come dici tu, usare male un bene. Come il vino senza dubbio un bene: ogni creatura di Dio infatti buona 36; e chi usa modico vino, usa bene un bene; chi al contrario usa immodico vino, usa male un bene. Ma Giovanni non direbbe mai che il vino non viene da Padre, come ha detto che non viene dal Padre la concupiscenza della carne. Tu quindi non trovi quale concupiscenza della carne non venga dal Padre, perch anche la concupiscenza immodica presso di te un bene, e se mai non buono piuttosto chi usa un bene immodico, ossia chi usa male un bene. Perch dunque dubiti di dire brevemente e apertamente ci che dici oscuramente con lunghi rigiri: quanto ha detto Giovanni falso e la verit la dici tu? falso infatti ci che afferma Giovanni: La concupiscenza della carne non viene dal

Padre, dal quale vengono tutti i beni naturali, se la concupiscenza della carne buona, come dite voi, anche quando si usa una concupiscenza immodica; ma cattivo colui che usa male un bene. La concupiscenza sempre un male. 22. GIUL. Comanda dunque di non amare il mondo, n le realt che sono nel mondo, e dice che negli amatori del secolo non ci pu essere la carit di Dio, ma non per far intendere, con il nome di " dilezione " da rimuovere dal secolo, che altri dal Dio vero sia il creatore del secolo, ma perch i fedeli riconoscano che le cupidige della vita presente non sono mai da preferire alle virt, altrimenti alla loro mente, occupata nel procacciarsi ricchezze o nel conquistare volutt, sottratto il vigore della filosofia cristiana, che la filosofia vera. Perch tutto quello che nel mondo, concupiscenza della carne e concupiscenza degli occhi e superbia della vita, la quale non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volont di Dio, rimane in eterno 37. Dunque con il nome di " mondo " ha indicato le abitudini degli uomini convinti che non ci sia nulla dopo questa vita, e le diverse specie tanto di pompe quanto di lussurie dei mortali. AG. Se dunque con il nome di mondo ha indicato le abitudini degli uomini convinti che non ci sia nulla dopo questa vita, e le diverse specie tanto di pompe quanto di lussurie dei mortali, in queste ci sono le cose che ha detto essere nel mondo e che non vengono dal Padre, tra le quali tiene il primo posto quella tua bella cliente, cio la concupiscenza della carne. Ma sembra che tu nelle abitudini degli uomini opinanti che non ci sia nulla dopo questa vita abbia voluto intendere la concupiscenza degli occhi, perch attaccandosi a queste cose che vedono non vogliono credere nelle cose che non vedono; nelle pompe poi dei mortali l'ambizione del secolo o la superbia della vita; nelle lussurie infine la concupiscenza della carne, perch apparisca che tu hai abbracciato tutte e tre le realt messe da Giovanni. Come se possa esistere la lussuria, che tu vituperi, se non si acconsente alla concupiscenza della carne, che tu non pensi sia da vituperare e che per giunta lodi chiamandola un bene. Ma che cosa c' di pi insano del dire la lussuria un male e la concupiscenza della lussuria un bene? E del reputare che un Apostolo del Cristo con il nome della concupiscenza della carne non abbia accusato la stessa concupiscenza della carne, ma piuttosto la lussuria, la quale non esiste affatto se non nel caso che uno sia

allettato, trascinato, posseduto dalla concupiscenza della carne? Quasi che un dottore tanto grande non abbia trovato da condannare la concupiscenza, ma da condannare in nome di lei il lussurioso, quando il lussurioso non si dovrebbe condannare se non obbedisse ai desideri della concupiscenza. Smetti di dire molto e di sapere poco. Con tutto il fiume della tua loquacit, dal quale sei trascinato negli abissi, non otterrai mai e poi mai, per quanto grande esso sia, che la lussuria sia un male e che non sia un male il concupire le azioni che appartengono alla lussuria, anche quando non si acconsente a tale concupiscenza per non commettere il male. Mondo anche la turba dei non credenti. 23. GIUL. Cos infatti aveva detto anche nel suo Vangelo: Il mondo fu fatto per mezzo di lui e il mondo non lo conobbe 38, non certamente per far apparire che gli elementi privi di ragione abbiano potuto o conoscere o negare il Cristo, ma per indicare con l'appellativo di mondo la turba dei non credenti. Allo stesso modo dunque anche nel caso presente afferma che quanto c' nel mondo, ossia tutte le categorie degli uomini cos attaccati alle volutt da misurare con i sensi tutti i beni dell'animale ragionevole o dalle decorazioni delle autorit o dalle some delle ricchezze, si sono fatte tali categorie turgide di esosa superbia, che non viene da Dio, cio non piace a Dio, ma viene dal mondo, cio concepita dalla depravazione della volont umana. E la ragione, dice, per cui la superbia non deve corrompere voi con la sua sfida perch chi fa la volont di Dio diventa partecipe della beatitudine eterna, n fuggevole con la fragilit delle cose presenti. Dunque l'apostolo Giovanni comand di odiare il mondo nel modo in cui anche il Signore nel Vangelo ha mostrato che si deve odiare non solo il corpo, ma pure la stessa nostra anima: Chi non odia - dice - suo padre o suo fratello e perfino la propria anima, non degno di me 39 . Eppure certo che l'animo dei fedeli non pu odiare se stesso dal momento che con amore ponderatissimo cerca di comprare la sua felicit anche per mezzo dei dolori e dei pericoli. Che cosa abbiamo quindi ottenuto? Evidentemente che l'apostolo Giovanni secondo lo stile delle Scritture con il vocabolo " mondo " non ha colpito la natura delle cose, ma i vizi delle volont, e ha cos negato che venga da Dio la concupiscenza della carne, come tutto ci che nel mondo. Del che appropriandosi Manicheo, non secondo il senso dell'Apostolo, ma secondo la sua perfidia, con apparente logica

sostiene che n la concupiscenza della carne, n la stessa carne, n infine il mondo intero stato fatto da Dio. Tu seguendo Manicheo credi che la concupiscenza della carne non sia stata creata da Dio, ma dal diavolo. AG. Questa concupiscenza della carne, che Giovanni dice non venire dal Padre e Ambrogio dice essersi convertita nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo 40, io dico che un male. Per questo dice Giovanni che essa viene dal mondo, volendo intendere che viene dagli uomini. Questa concupiscenza della carne la dice un male anche Manicheo, ma non sa donde venga. Tu invece la dici un bene, perch anche tu ignori donde venga. E negando che essa venga da dove la fa venire Ambrogio, fai s che a Manicheo sembri giusto attribuirla alla natura del male, che egli fantastica pazzamente come coeterna a Dio. Per confutare dunque e te e Manicheo il vescovo Ambrogio spiega quello che dice l'apostolo Giovanni. Infatti ci che per la prevaricazione del primo uomo si convert in natura non certamente un male coeterno a Dio: taccia dunque Manicheo; e tuttavia un male: taccia dunque anche Giuliano. Giovanni non ha dato occasione al tuo errore. 24. GIUL. Consta pertanto che il beato Giovanni non ti ha dato nessuna occasione di errore, ma ti ha ubriacato la pozione inventata da Manicheo. E dopo avere gi difeso l'estimazione dell'Apostolo, per porre mano almeno brevemente a questo passo: che cosa stimi che san Giovanni insegni qui dove dichiara che non vengono da Dio la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi? Il genere stesso della concupiscenza, la quale cade nel vizio non per la mediocrit concessa, ma per l'eccessivit proibita, o solamente l'eccedenza, che si riprende, non perch naturale, ma perch volontaria? AG. Se la concupiscenza cade nel vizio, devi concedere che almeno allora essa un male. Ma per quale ragione sostieni che anche allora la concupiscenza un bene e dici che usa male un bene chi eccede la misura concessa della concupiscenza? Cos infatti non la concupiscenza stessa che cade nel vizio, ma colui che la usa male. Non vedi come non sai quello che dici, dal momento che non sei coerente nemmeno con la tua definizione?

Della concupiscenza colpevole solo l'eccesso. 25. GIUL. Se dirai con il nome di concupiscenza anche lo stesso limite con il quale l'uomo preso dalla volutt lecita delle cose naturali, cos da far apparire come condannata in tutto e per tutto la concupiscenza della carne, confessa dunque che e il senso degli occhi e il mondo stesso e tutto ci che esiste nel mondo stato creato dal diavolo, perch tutte queste cose si dicono ugualmente non provenienti da Dio. Se lo approverai, non diventerai certamente manicheo: lo sei infatti anche adesso; ma mostrerai di esserlo anche con la tua confessione, come gi prima con le tue argomentazioni. Se invece, temendo l'errore messo a nudo, dirai che l'Apostolo con il nome di concupiscenza della carne e di concupiscenza degli occhi e con il nome di mondo non si riferito alle realt stesse, che sono innocenti finch restano dentro i confini consentiti e diventano riprovevoli quando corrono ad azioni illecite, allora splender chiaro ci che abbiamo acquisito nella prima opera: della concupiscenza naturale viene in colpa non il genere, non la specie, non il modo, ma solamente l'eccedenza. Perci cerca in seguito di trattare con pudore questa testimonianza dell'Apostolo, perch se la macchierai anche solo per leggerezza, non apparirai difeso per nulla, ma tradito pubblicamente da essa. AG. Ma, o uomo litigioso, il limite della concupiscenza, che tu dici concesso, non si rispetta quando alla concupiscenza impellente si acconsente o si cede e si va nella sua eccedenza, per non andare nella quale si resiste al male. Chi dubiter infatti che sia male ci a cui obbedendo fai il male e a cui resistendo fai il bene? Chi dunque vuol vivere temperantemente, non acconsenta al male che tu lodi, e chi vuol vivere fedelmente, non acconsenta a te quando lodi il male. Quindi per stare lontano da voi sappia che la concupiscenza un male, ma per stare lontano e da voi e dai manichei sappia donde venga la concupiscenza. La concupiscenza precedette la colpa. 26. GIUL. Mi esercitai su questo testo nel secondo libro della mia prima opera e dimostrai che nell'uomo, prima che ci fosse la colpa, ci fu la concupiscenza della carne, la quale acuisce lo stimolo del gusto e della vista.

AG. A questo tuo secondo libro risposi sufficientemente con il mio quarto. Infatti come l, cos anche qui tu ciarli a vuoto. In nessun modo infatti hai dimostrato che la concupiscenza della carne, per cui la carne concupisce contro lo spirito, abbia cominciato ad esistere nell'uomo prima della colpa. Qualunque cosa sia ci che di nuovo i due esseri umani sentirono nelle loro membra dopo il peccato, per cui il loro pudore copr le parti pudende, lo contrasse senza dubbio la colpa. I sensi non sono la concupiscenza. 27. GIUL. Qui tuttavia io esigo necessariamente di sapere da quali sogni ti sia stato rivelato di pensare che con il nome di concupiscenza sia stata indicata la libidine di coloro che si uniscono. Salvi infatti i sussidi della verit, che sono stati evidenziati da una lunga discussione, facciamo l'ipotesi che non sia stato ancora messo in chiaro se il senso della carne appartenga al medesimo autore al quale appartiene la formazione della carne. AG. Altri sono i sensi della carne, con i quali la carne annunzia in qualche modo allo spirito la presenza delle realt corporee, e altri sono i movimenti della concupiscenza carnale, con i quali la carne concupiscendo contro lo spirito lo precipita in tutte le azioni illecite e disoneste, se anche lo stesso spirito non concupisce contro la carne. La quale discordia tra la carne e lo spirito non si attribuisce al creatore della carne o del senso, ma al cattivo suasore e all'uomo prevaricatore da coloro dalla cui sana fede condannato l'insano errore dei pelagiani e dei manichei. La giocondit genitale non condannata. 28. GIUL. Ma se si finge tale ambiguit, ti avvolger subito la pi fitta nube del dubbio. Questa concupiscenza della carne appunto non reca assolutamente nessuna traccia dei genitali. Dir dunque che con questo vocabolo della concupiscenza si colpiscono gli orecchi sitibondi della variet dei canti, dir che si castiga da Giovanni il palato dei buongustai, dir che si incolpano le narici ghiotte di odori: tutto infine, meno quello che tu pensi. Libera la scelta dove non c' nessuna pressione di una parola specifica. Dunque o nega che si concupiscano le cose suddette e come al solito opponiti alla coscienza di tutti; o se la tua impudenza non si ancora tanto indurita da resistere a tutti, riconosci che nemmeno

nei ragionamenti della Scrittura si trova la condanna della giocondit genitale. AG. Tu dici questo come se noi dicessimo che la concupiscenza della carne divampa solamente per suscitare la volutt dei genitali. La stessa concupiscenza si conosce assolutamente in qualsiasi senso del corpo concupisca la carne contro lo spirito, e poich essa trascina ai mali, se contro di essa non concupisce ancora pi fortemente lo spirito, dimostrato che essa un male. In riferimento ad essa la Scrittura domanda: Che cosa stato creato peggiore dell'occhio? 41 E certamente cre l'occhio, non la sua nequizia, Dio, creatore di tutte le cose, e dei corpi e dei sensi. Ecco donde puoi capire - se non resisti alla verit - che nella nostra natura presente un male, anche quando si crea, bench si crei bene da un creatore buono, un bene. Ma donde venga questo male apprendilo da Ambrogio, per non offrire il tuo suffragio a Manicheo nell'introdurre un'altra natura, cio la natura del male, coeterna a Dio. Non ti aiuta il mio silenzio sulla concupiscenza. 29. GIUL. In che cosa dunque pu aiutarti il fatto che io nel corso della mescolanza dei sessi non ho voluto lacerare con il nome della concupiscenza la fecondit degli amanti, quando nemmeno tu con Manicheo l'hai potuta dimostrare diabolica e quando era gi stato chiarito dalla stessa logica della discussione precedente che la sensibilit operante nel corpo degli amanti si riporta all'opera del medesimo autore alla cui istituzione si riferiscono i corpi, i matrimoni, i semi? AG. Altro la facolt di sentire, altro il vizio di concupire. Distingui diligentemente queste due realt e non voler errare deformemente. Ripeto: altro la facolt di sentire, altro il vizio di concupire. Leggi il Vangelo: Chi guarda, dichiara, una donna per desiderarla, ha gi commesso adulterio con lei nel suo cuore 42. Non ha detto: Chi guarda, che il sentire per mezzo di quel senso del corpo che si chiama vista, ma ha detto: Chi guarda per desiderare, che il guardare per fare il male. La vista dunque un senso buono della carne, la concupiscenza invece un movimento cattivo della carne. Di quel male se usa bene un coniugato, il buon uso non lo fa diventare buono, ma lo porta a servire ad un'opera buona. Infatti non fa se non qualcosa di buono anche per mezzo di quel male, se

non fa nulla per amore di quel male. Se invece fa qualcosa per amore di quel male, ma tuttavia lo fa nel coniuge, non gli concederebbe venia l'Apostolo in grazia delle nozze 43, se non riconoscesse che peccato. Lo stesso Turbanzio contro di te. 30. GIUL. Era certamente opportuno dopo la prima opera, dedicata da me a quel sant'uomo di Turbanzio, non discutere pi per nulla sul pudore necessario degli organi naturali, perch la trattazione di allora fu cos completa che non pu nascere di l nessun dubbio se non per menti del tutto sfasciate. AG. Forse anche per questo quel santo uomo di Turbanzio, dopo aver letto la stessa tua opera, che ricordi di avergli scritta, ritorn a respirare nella fede cattolica, perch conobbe che in tale causa tu avevi defezionato. Non pot ponderare il suo dire. 31. GIUL. Tuttavia, poich il difensore della traduce non pu allontanarsi nemmeno d'una sottile unghia dall'argomento del pudore e con eleganza retorica affatica il mio pudore, a che giova distinguere d'ora in poi per mezzo di nomi diversi la stessa operazione del coito con quella parsimonia che conviene a quanto abbiamo gi fatto? Anche in questo luogo dunque e nei successivi, dove io a commento del passo: " Per questo l'uomo abbandoner suo padre e sua madre e si unir a sua moglie e i due saranno una sola carne " 44, dicevo: Per esprimere la credibilit delle opere il Profeta ha quasi rasentato il pericolo di compromettere il pudore, costui, come se avesse trovato la selvaggina, gioisce, esulta e grida: O confessione pienamente esplicita ed estorta dalla forza della verit! Si dica la causa per cui nell'esprimere le opere di Dio il Profeta si sia avvicinato a mettere in pericolo il pudore. Ma forse vero che le opere umane non devono esser oggetto di vergogna, bens solo di gloria, e le opere divine devono essere oggetto di vergogna? proprio vero che nel dire e nell'esprimere le opere di Dio non si onora del Profeta l'amore o la fatica, ma si mette in pericolo il pudore? Che cosa infatti ha potuto fare Dio che il suo predicatore si vergogni di dire? E ancora pi grave, si vergognerebbe l'uomo di un'opera che nell'uomo non ha fatta l'uomo ma Dio, quando tutti gli artigiani mettono quanta fatica e

diligenza possono per non doversi vergognare delle loro opere? Ma fuori dubbio che noi ci vergogniamo di ci di cui si vergognarono quei primi uomini quando si coprirono le pudende: quella la pena del peccato, quella la piaga e il marchio del peccato, quella l'attrattiva e il fomite del peccato, quella la legge che nelle membra muove guerra alla legge dello spirito. Di ci si ha vergogna e giustamente si ha vergogna. Infatti se cos non fosse, che cosa sarebbe pi ingrato per noi, pi irreligioso del confonderci nelle nostre membra non di un vizio o di una nostra pena, ma delle opere di Dio? 45 certamente chiaro in che modo gioisca: non pu mettere freni al suo gaudio! Ritiene la mia sentenza per poter con essa mostrare cattiva la concupiscenza naturale e assegnarla alle opere del diavolo. La quale sentenza dice che l'ha estorta dalla mia bocca con la forza della verit. Strombazza che sarebbe molto scellerato e sacrilego confessare che si debbano coprire per pudore parti del corpo che diciamo fatte da Dio. Ma, troppo commosso dalla sua euforia, non pot ponderare il suo dire. Mentre infatti asserisce che nelle opere di Dio non c' nulla di cui vergognarsi, mentre asserisce al contrario che l'opera dei genitali vergognosa e tale perci da non potersi ascrivere alle opere del Creatore, improvvisamente confessa che l'opera dei genitali non solo onesta ma anche giusta, che assegnata ai nostri corpi non solo da Dio creatore ma anche da Dio giudice. Ho dimostrato nel terzo libro della mia prima opera che la pena non pu identificarsi con la colpa. AG. Non hai dimostrato quello che ti vanti invano d'aver dimostrato. Anzi tu stesso, dimentico di quanto avevi detto prima, hai confessato in un passo che la colpa pu essere anche la pena di chi ha peccato. Il che avevo dimostrato io con sufficiente evidenza nel risponderti antecedentemente 46, provando anche per mezzo dell'Apostolo che si puniscono i peccati con altri peccati. Il quale Apostolo, dopo aver detto di alcuni che avevano scambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e con la figura dell'uomo corruttibile, con le immagini degli uccelli, dei quadrupedi e dei rettili, subito, dimostrando che questo peccato stato punito con altri peccati, scrive: Perci Dio li ha abbandonati all'impurit secondo i desideri del loro cuore, cos che disonorarono tra loro i propri corpi 47, e il resto che ha intrecciato l. N si direbbe nel Salmo: Imputa a loro colpa su colpa e non ottengano la tua giustizia 48, se per un giusto giudizio di Dio i peccati precedenti non si punissero con l'addizione di altri peccati.

Non avresti detto tante sciocchezze. 32. GIUL. E perci non c' da affaticarsi su questo. Sottolineo tuttavia l'acutezza del polemista, che non vuole creata da Dio la morte, che dice resa per punizione da Dio, dichiarando non conveniente alle opere di Dio ci che egli vuole conveniente ai giudizi di Dio. AG. Apparisce che tu non capisci in che modo sia stato detto: Dio non cre la morte 49, mentre tuttavia per giudizio di Dio che muore chi pecca. Conviene dunque al giudizio di Dio che il peccatore muoia, n tuttavia conviene all'opera di Dio la morte, perch Dio non cre la morte. Giusto appunto il suo giudizio che ciascuno muoia per il suo peccato, mentre Dio non crea il peccato; come non cre la morte e tuttavia colui, che Dio giudica degno di morte, muore. Dove si legge: Dio non cre la morte, si legge: La morte e la vita vengono dal Signore Dio 50. Le quali due affermazioni che non siano contraddittorie tra loro lo vede certamente chiunque distingue dalle opere divine i giudizi divini. Il che se tu lo avessi potuto fare, non avresti detto coteste sciocchezze. Buone le opere di Dio, turpi i suoi giudizi. 33. GIUL. Dunque non c' spazio per la vergogna nelle opere di Dio, ma c' somma turpitudine nelle sentenze di Dio! Un reato appunto merita certamente una pena. Ma per questo vero tuttavia che la confusione dovuta alla colpa ritorna nella punizione, cos che si nomini non vergognoso ci che ha fatto il reo, ma non si possa dire non ignominioso ci che giudicando ha fatto Dio? AG. Perch complichi le verit esplicite e intrighi le verit dipanate, per sembrare agli ingegni pi tardi, numerosi in mezzo agli uomini, di dire qualcosa, mentre non dici nulla? Sei infatti un uomo che tenti pi con l'inverecondia che con la facondia di persuadere che non c' nessuna bruttura o poca nel concupire della carne contro lo spirito, mentre la carne dovrebbe sottostare allo spirito; o che non sia giusto il giudizio di Dio di abbandonare a s chi abbandona la legge di Dio, perch sia pena a se stesso colui per il quale Dio era stato la vera felicit; o che ciascuno si debba confondere del peccato e non della pena del suo peccato, quando i pi non arrossiscono dei loro peccati, se nessuna pena conseguita ad essi

che si faccia sentire da loro e li faccia confondere la pena, come non li avrebbe fatti confondere l'impunit. Ma chi contro verit evidentissime si prenderebbe il gusto di essere " diserto ", se non fosse " deserto " dalla verit? Noi per diciamo liberamente ambedue i fatti: e quello che l'uomo ha compiuto volente e quello che l'uomo ha patito nolente, ossia e la disobbedienza dello spirito e la concupiscenza della carne contro lo spirito. Ma tu uno di questi fatti ti vergognavi di dirlo, per non ricordare a noi il modo di confutare il tuo errore. Ed ora, quando nomini ormai la concupiscenza della carne e la libidine, perch non si dica che tu arrossisci del nome della tua protetta, temi ancora di pi di arrossire e non temi di errare. Peccato e pena. 34. GIUL. Consta tuttavia che il nostro accusatore si voltola nel medesimo loto che avversa. Poich infatti ha inventato come giustamente resa da Dio la pena della libidine, poich inculca che questa giustizia conviene alla divina sentenza, dalla quale dice provenuta la libidine, da lui confessata vergognosa, egli riporta senza dubbio nell'opera di Dio quella medesima vergogna che aveva respinta nell'opera di Dio. AG. Ti gi stato detto che Dio non cre la morte 51, ma nel pronunziamento della sentenza di Dio c': Morirai certamente 52. Ecco, Dio ha fatto che si retribuisse al peccatore ci che Dio stesso non ha fatto. E tuttavia, poich un Dio che fa giustizia 53, dice pure che crea i mali 54, e nel libro dell'Ecclesiastico alcune creature si dicono fatte da Dio per punire 55. Ma quando il peccato anche pena del peccato, non Dio che con un'opera iniqua fa il peccato, bens Dio che con un'opera giusta fa che il peccato sia la pena di chi ha peccato. Chi infatti negherebbe che sia un peccato credere a profeti menzogneri? E tuttavia questa fu la pena del re Acab, inflittagli per giudizio divino, come attesta la Storia dei Regni 56. N per questo c' qualcuno tanto pazzo da reputare meritevoli di lode le menzogne dei falsi profeti o da dire Dio autore di menzogna, quando per giusto giudizio fa che sia ingannato dalla menzogna chiunque egli riconosca degno di tale pena. Leggi e intendi, e non ti voler stordire con il tumulto della loquacit per non intendere. Non abbaiare contro la verit.

35. GIUL. A ci tuttavia, quasi come corollario di speciale scelleratezza, ha fatto l'aggiunta di dire inflitta da Dio una pena tale che fosse incentivo e fomite di peccato, una pena che come legge invitta nelle membra movesse guerra alla legge della nostra mente. Con il quale genere di punizione Dio moltiplicherebbe le colpe invece di punirle, ed egli che si era adirato contro la cattiva volont con la quale l'uomo aveva sbagliato, da allora in poi metterebbe in essere la necessit di peccare. Quale sia tuttavia questo giudizio se lo veda la pazzia furiosa di Manicheo, purch risulti che questo giudice inventato da Agostino, abbia pur simulato di aborrire il peccato, ma invece attaccato ai peccati con tanta passione che essi non potrebbero trovare un precettore pi diligente. AG. Leggi ci che scritto: Poich non amarono di conoscere Dio, egli li abbandon alla loro reproba mente, perch facessero azioni sconvenienti 57, e avvditi che certi peccati sono anche pene di coloro che peccano. Per capire poi in che modo Dio lo faccia, rileggi quello che ti ho fatto osservare precedentemente nei riguardi del re Acab: la sua colpa fu certamente di credere ai falsi profeti, e tuttavia questo peccato per castigo di Dio fu altres pena del peccante. Considera questi fatti e non abbaiare contro la verit, perch non si debba riconoscere anche in te questa pena. Tutte le cose sono uguali? 36. GIUL. Che vuoi dunque, o sottilissimo disquisitore? Vuoi che nelle opere di Dio ci sia una sacrilega vergogna, mentre tutte le cose fatte da Dio si devono trattare indiscriminatamente per evitare che la nostra trepidazione sembri accusare il Creatore? Err dunque l'apostolo Paolo, il quale descrivendo le opere di Dio afferma: Le parti pi vereconde del nostro corpo hanno maggiore onest. E Dio ha composto il corpo conferendo maggiore onore alle parti che ne erano prive, perch non ci fosse disunione nel corpo 58. AG. Leggi diligentemente e scruta il codice greco e troverai che l'Apostolo ha detto disoneste le parti che tu dici pi vereconde. E chiedendoti perch siano disoneste quelle membra che erano precedentemente tanto oneste da essere nudi quei due senza che ne sentissero confusione 59, riscontrerai, se l'animosit della contesa non ti acceca, che questa conseguenza fu provocata dalla precedenza del peccato, e che Dio non fece qualcosa di disonesto nei primi uomini, come non fece Dio nemmeno la morte, sebbene il

corpo non lo faccia se non Dio, e tuttavia dice l'Apostolo verace: Il corpo morto a causa del peccato 60. Il pudore occulta anche le brutte operazioni naturali. 37. GIUL. Erra pure la cautela delle persone oneste che circonda dei ripari della verecondia i fenomeni naturali! Tu dunque evacua per conto tuo sotto gli occhi dei popoli i resti dei cibi, che certo riconosci non pertinenti alla libidine. Anzi per conciliare autorit al tuo dogma con l'esempio fa' nella Chiesa tutte le azioni che dici provenienti dal comando della volont e, contentandoti di occultare solamente l'operazione del coito, dalla quale hai smesso e prima forse per tuo proposito e adesso per senilit, di' che si commette un grande sacrilegio, se evita lo sguardo del pubblico un fatto che ha Dio per creatore. Mangia quindi nel foro o nelle sinagoghe dove risuonano le tue dispute, e quando le vesti sono di peso sotto un torrido sole, lasciando coperta unicamente la parte del corpo che viene mossa dal diavolo, incedi nudo in tutto il resto, poich dichiari ingrato e profano coprire ci che si ascrive alle opere di Dio. E poich non fai nulla di questo - a meno che tu l'abbia fatto senza trarne profitto -, con le stesse opere tu confermi una delle due conclusioni: o appartengono al diavolo tutte coteste azioni che non eseguisci al cospetto del pubblico, o il vostro dogma caduto, se non per testimonianza del tuo cuore, almeno per testimonianza del tuo ventre. AG. Delle azioni che il pudore occulta alcune sono orribili, altre sono concupiscibili. Quelle orribili si nascondono per non suscitare orrore, come l'evacuazione dei resti degli alimenti. Quelle concupiscibili si nascondono invece perch non si concupiscano: o dissuadendo dal concupire ci che si suol fare per mezzo di tali azioni, com' il caso di quelle membra che dal pudore stesso si dicono pudende, o quando per mezzo di esse si compie la stessa opera della concupiscenza. Infatti anche il vergognarsi di lasciare nude o di denudare le altre parti piuttosto distanti dalle pudende dipende dal fatto che la concupiscenza della carne si alimenta pi estesamente per mezzo degli occhi. Donde quei due famosi impudichi per quanto poterono vollero denudare la pudica Susanna 61. Si pu dunque ben intendere che pure Dio raccomand la cura anche del medesimo pudore, quando quei due che, confusi della loro nudit, si erano fatti delle cinture, li rivest altres di tuniche, e precisamente di tuniche di pelle 62, per indicare che la morte si era associata a quei

corpi ormai corruttibili. Di nutrirsi in pubblico lo proibisce invece la consuetudine a quanti lo proibisce, e fare contro la consuetudine fa giustamente vergognare. Infatti gli antichi Romani, come tu stesso hai letto, erano soliti cenare e pranzare all'aperto. Perch dunque divaghi nel vuoto, non ragionando, ma ingiuriando? Guarda a quei primi genitori che erano nudi senza provarne vergogna: osserva che cosa abbiano coperto e confessa che cosa abbiano sentito. Dalle cinture si arriv alle tuniche: da l cominci e crebbe il tegumento del corpo umano, dove a membra umane fu posto il nome di pudende. Ivi pi grande la cura del pudore dove la pudicizia resiste alla concupiscenza. Rincresce infatti alla natura razionale di avere nella sua carne qualcosa dove, se non vuole perdere per l'impudicizia la propria dignit, necessario essere riluttanti, tanto alle persone coniugate per non macchiarsi di un coito illecito, quanto alle persone non coniugate per non macchiarsi di nessun coito. Lungi da noi pensare che abbia potuto esistere nel paradiso questa discordia tra la carne e lo spirito, se nessuno avesse peccato. Ma essa non prese possesso di noi per la mescolanza di un'altra natura estranea. Da dove dunque discesa dentro di noi se non dalla prevaricazione del primo uomo? Boomerang! 38. GIUL. Sono argomenti sconvenienti e dnno alla nostra penna pi imbarazzo che lavoro, ma tengono necessariamente dietro alla tua fede. Tuttavia per avviso ancora il lettore a stare attento. Hai cercato appunto di asserire che bene non vergognarsi dell'opera di Dio. Ma, come non sei riuscito ad ottenerlo, cos hai promesso in modo assoluto di escludere la vergogna dalla libidine, se questa risultasse opera di Dio. Il che io ho tanto provato nella mia prima opera da reputare che nemmeno tu ne dubiterai quando l'avrai letta. Tuttavia, poich il tuo presente commento sta a significare che non sono ancora giunti nelle tue mani i miei libri, non rincrescer che io spieghi la medesima questione anche adesso. Da chi dunque pensi che siano stati creati gli animali irragionevoli, i quali in certi periodi sono scossi da un'ardentissima libidine, che acuisce perfino le abitudini feroci delle singole belve? In quei periodi crudele il cinghiale, in quei periodi la tigre pessima. Pi di tutte significativa la frenesia delle cavalle 63. Veramente si gonfiano le erbe. Veramente trabocca l'abbondanza di un tenero umore. E in certi giorni gli armenti ripetono il coito 64. Sarebbe troppo lungo passare in rassegna i singoli animali: tutte le specie che il volo

innalza, che il nuoto immerge, che il vagabondare disperde nei cieli, nei mari, nei boschi, e che tuttavia la ragione non sublima, n la colpa deprime, s'infiammano della nota volutt di mescolare i corpi. Quell'ardore dunque dei sessi che gli animali patiscono, lo hanno ricevuto per opera di Dio o per opera del diavolo? Senza dubbio tu griderai: per opera di Dio! Dunque Dio che accende il sesso di volutt naturale. Il che Manicheo nega certamente con pi coerenza di te. Lui infatti, dal quale tu hai imparato a condannare la concupiscenza della carne, soppesando ci che doveva dire, perseguita dovunque l'ha potuta trovare la concupiscenza della carne come realt che aveva definita diabolica ed aveva rimossa dalle opere di Dio. E perci, come attribuisce all'opera del diavolo i corpi degli uomini attraverso la concupiscenza, cos attraverso gli uomini attribu alla iniziativa del diavolo tutti gli animali. Tu invece, mentre rimanendo ancora nell'accampamento di Manicheo accetti il suo massimo drago, dal quale ispiri per le anime infelici un veleno letale attraverso il male naturale e attraverso i crimini delle nozze, non vuoi tuttavia scagliare contro tutte le nature le armi apprestate dal tuo maestro e, pi benevolo verso i bruti - ma li risparmi per incolpare con maggiore autorit lo stato delle creature razionali! -, consenti che Dio abbia creato nei loro corpi la concupiscenza che ritieni nei nostri corpi creata dal diavolo, pur confessando che negli uomini e nelle bestie c' la medesima libidine, ma pi mite negli uomini. Perch dunque il prudente lettore accolga il risultato ottenuto: tu non neghi che la libidine dei corpi sia stata creata da Dio negli animali. Non dunque indegna delle opere di Dio questa inclinazione che si trova pi acuta in quelle sostanze che non rapirono nulla al male del diavolo, nemmeno con una tenue volont. Dunque, poich la concupiscenza stata difesa con l'esempio degli animali, poich stata difesa altres con la dignit del suo autore, non n cattiva n diabolica una concupiscenza che Dio ha fatto, plasmatore dei corpi; una concupiscenza che si trova nella natura esente dal peccato. Poich dunque si reso chiaro questo punto, io chiedo: Consenti che Dio abbia fatto cotesta libidine che risentono i corpi umani? Se acconsenti, sparita la tenzone, tu sei emendato e Manicheo rimane schiacciato. Se dirai invece: Nei corpi degli uomini la concupiscenza non pot essere fatta da Dio, allora io replico che tu reputi quella volutt e concupiscenza della carne indegna delle opere dell'uomo, non indegna delle opere di Dio. appunto indubitabile: se tu dici che non pot essere fatto da Dio nell'uomo ci che riconosci fatto da Dio

in tutti gli altri animali, non togli alla concupiscenza le testimonianze debite, ma cerchi per il corpo dell'uomo delle testimonianze indebite. Avvediti dunque quanto sia sacrilega la fine della tua setta. Dici che indegno della carne dell'uomo mortale ci che non fu indegno dell'opera del Creatore. Perci con tale modo di sentire non hai vituperato la libidine, ma hai esaltato l'uomo che avevi voluto accusare. Tale coerenza e tale ricompensa si trova ad avere chi indce guerra alla verit: egli sempre colpito dagli effetti contrari al suo intento. Ora dunque io insorgo con parole pi logiche delle tue, come sa la prudenza di tutti. mai possibile nel giudicare le opere di Dio e nell'esprimerle non ascoltare la ragione e non considerare gli esempi di tutte le nature 65? mai possibile che l'insania di un uomo si spinga invece a tal punto da ritenere sconveniente alle sue viscere ci che vede valere per opera di Dio in quanti sono compartecipi della sua natura? N infatti l'origine o l'indole dei nostri corpi diversa da quella degli animali muti. AG. Di' dunque che la risurrezione e l'incorruttibilit sempiterna non dovuta ai corpi umani, dal momento che sono terreni anch'essi, come i corpi delle bestie. Di' che non pu essere diversa la fine dove non diversa l'origine. Di' queste sciocchezze, se ti piace, e con l'impeto di una vana loquacit fa' ostentazione di quanto tu abbia progredito con le lettere secolari contro le Lettere evangeliche. Se poi non osi dirlo, confessa secondo la fede cristiana che anche questa una pena dell'uomo: essere stato messo alla pari degli animali irragionevoli e reso simile a loro 66. Per l'uomo dunque una miseria questa, mentre non possono essere miseri gli animali. Cos anche la concupiscenza della carne una pena per l'uomo, non per la bestia, nella quale la carne non concupisce mai contro lo spirito. O forse ti piace equiparare le nature mortali cos da asserire che anche nelle bestie la carne concupisce contro lo spirito? Se non lo fai per non essere senza intelligenza come il cavallo e il mulo 67, riconosci che nel paradiso, se nessuno avesse peccato, non sarebbe esistita una libidine tale e quale la diciamo ora e per cui la carne concupisce contro lo spirito. Tale appunto non esiste la concupiscenza nelle bestie, dalle quali hai preso tanto patrocinio per la tua cliente da poter essere verboso di fronte alla loro mutezza. Se infatti per l'umana libidine la carne non concupisse contro lo spirito, ma negli uomini si trovasse una libidine tale che insorgesse al comando della volont quando ce ne fosse bisogno, e non suggerisse incitamenti di nessuna sorta quando non ce ne fosse bisogno, costringendo la nostra volont a combatterli per reprimerli

e per frenarli, non avremmo nulla da rimproverare a voi di volerla collocare tanto infelicemente nel paradiso, cio nell'abitazione di tanta felicit. La concupiscenza indegna dell'uomo, non di Dio. 39. GIUL. Come infatti ricevemmo l'immagine di Dio con la ragione della mente, cos sentiamo la comunione delle bestie con l'affinit della carne, la quale, sebbene sia diversa la forma, tuttavia una sola sostanza proveniente dalla materia degli elementi, destinata certamente a vedere l'eternit secondo i meriti dell'animo razionale: o misera per le afflizioni o gloriosa per le rimunerazioni. AG. Se a seconda dei meriti dell'animo razionale, come confessi tu, la carne, terrena e corruttibile come quella delle bestie, tuttavia destinata a vedere l'eternit con una fine ben diversa, per quale ragione tu non accetti che per i meriti della immagine di Dio, che non era stata deformata da nessun peccato, la carne sia stata originariamente creata, bench dalla materia terrena, in tale modo che, se nessuno avesse peccato, fosse destinata a rimanere nella eternit e nella incorruttibilit, e non ci fosse in noi un corpo corruttibile che grava l'anima, cio l'immagine di Dio, ma le fosse cos sottomesso che per generare i figli anche le membra genitali si movessero al comando della volont come le altre membra con le quali compiamo qualcosa, o tale fosse la concupiscenza della carne da non insorgere se non volente l'anima, cio l'immagine di Dio, e da non soffocare la riflessione della mente con il traboccamento della volutt? Se infatti la concupiscenza fosse tale anche adesso, non si direbbe che essa non viene dal Padre, ma dal mondo 68, cio dagli uomini, che per mezzo di essa e in compagnia di essa nascono al mondo e sono senza dubbio destinati a perdersi, se non rinascono a Dio. Convenientemente dunque si crede che della materia corporale, comune a noi e alle bestie, sia stata diversa l'origine per il merito della immagine di Dio prima che cominciasse il peccato, come diversa la fine dopo che ha ricevuto il peccato. La colpa non di Dio, ma della massa viziata. 40. GIUL. Per quale ragione dunque sarebbe indegno, non dell'immagine di Dio, perch la sostanza dell'anima diversa dalla sostanza della carne, ma indegno del servo corruttibile dell'immagine di Dio, ci che non era stato indegno di essere creato

da Dio stesso? Fece dunque i corpi Dio, distinse il sesso dei corpi Dio, fece le membra genitali Dio, dot questi corpi dell'attrattiva di mescolarsi tra loro Dio, diede anche la forza dei semi Dio, opera nei segreti della natura per mezzo della materia dei semi Dio, ma nulla di male, nulla di reo fa Dio. AG. Nulla di male, nulla di reo fa Dio, ma in quanto Dio lo fa, non in quanto lo fa da una massa che stata viziata e condannata. Peccato e vizio. 41. GIUL. La libidine, tanto degli animali quanto degli uomini, l'ha fatta Dio, ma negli animali ha lasciato senza coercizione gli istinti, mentre nell'uomo ragionevole Dio ha istituito una misura. Un vestito procura all'uomo la prudenza e l'onest che gli ha data Dio. Quindi non la misura, non il genere della libidine incolpa Dio, ma il suo eccesso, che sorgendo dall'insolenza della libera volont non accusa lo stato della natura, bens il merito dell'operante. AG. Per quale ragione dunque la libidine nell'uomo resiste allo spirito, mentre non lo fa nella bestia, se non per la ragione che nella bestia la libidine appartiene alla sua natura, nell'uomo invece appartiene alla pena, sia per la sua presenza che non ci sarebbe altrimenti, sia per la sua resistenza, perch sarebbe stata sottomessa, se non fosse stata causata o viziata dal peccato? Infatti se Dio negli animali ha lasciato senza coercizione gli istinti, certamente tu confessi che nell'uomo sono sotto coercizione le libidini, poich sono queste che tu chiami istinti. Ma per nessuna ragione sarebbero coercte, se non si movessero viziosamente. Ecco infatti tu dici che Dio ha istituito nell'uomo una misura per la libidine: perch essa non si tiene dentro la misura nella quale fu stabilita da Dio, ma esce da essa, se non coercta? In che modo dunque si dice un bene la libidine che, se non le si resiste, spinge e costringe l'uomo a fare il male? Ti avvedi o no che la tua esimia pupilla nella natura dell'uomo o nata dal peccato o stata viziata dal peccato, e da qui viene il fatto che coprirono le pudende dopo il peccato i primi uomini che prima del peccato erano nudi senza sentirne confusione? Cos' infatti quello che dici: Un vestito procura all'uomo la prudenza e l'onest che gli ha data Dio? Erano dunque stolti e disonesti, imprudenti e impudenti gli uomini prima del peccato, quando non si vergognavano della loro nudit? Grazie al peccato, perch altrimenti sarebbero rimasti cos! Il che se

assurdissimo dirlo, furono certamente la prudenza e l'onest naturale a coprire le parti pudende, le quali per prima del peccato non furono pudende. Perci l'eccesso della libidine un peccato, ma anche vero che l'impulso della libidine un vizio. Del quale impulso arrossirono Adamo ed Eva, che non vollero lasciare nude le membra che la tua cliente sollecitava contro la loro volont. Conclusione. 42. GIUL. Fa' bene attenzione ora quale sia la conclusione che si raccoglie dalla tua opinione: non dev'essere coperto dal pudore ci che si crede buono. Ma noi abbiamo insegnato che la volutt inserita per natura nei sessi e non cattiva e appartiene all'opera di Dio. E per questo tu abbandonerai o la tua empiet o il pudore. Ma perch pretendiamo tanto? Se cambia un Etiope la sua pelle o un leopardo il suo manto variegato 69, cos anche tu riuscirai a lavarti dai misteri dei manichei. AG. Tu piuttosto non smetterai di aiutare i manichei, se di cotesta tua protetta, ritenuta cattiva anche dai manichei, non dirai con Ambrogio e con tutti i cattolici che si convertita nella nostra natura a causa della prevaricazione del primo uomo, perch non si creda, secondo quei nefandi eretici che tu aiuti inconsapevolmente, che un vizio tanto manifesto dell'uomo abbia un principio coeterno a Dio. Come gli animali. 43. GIUL. Resta dunque che tu lasci andare il pudore e, rimanendo la tua amicizia con il tuo maestro, faccia combutta con i Cinici, i quali tuttavia, come riferisce Cicerone nel De officiis, seguono anche le argomentazioni di alcuni Stoici. Rimproverano appunto alla morale comune il fatto che noi consideriamo disoneste certe parole che usiamo per indicare realt oggettivamente non turpi, mentre viceversa chiamiamo con i loro nomi realt oggettivamente turpi. Perpetrare un latrocinio, fare una frode, commettere un adulterio sono azioni di loro natura turpi, ma non sono osceni i loro vocaboli; darsi a fare figli un'azione di sua natura onesta, ma ne osceno il vocabolo. Continua a dire: Molti sono i ragionamenti che essi fanno nello stesso senso contro il pudore. Per conto nostro invece dobbiamo seguire la natura e rifuggire da tutto ci che gli occhi e gli orecchi disapprovano 70. Dunque anche tu, a cui dispiace questo

" germano " concetto di onest naturale, scegli una delle due: o di' che a fronte di un latrocinio, di un sacrilegio, di un parricidio, tutte azioni che hanno nella realt la massima turpitudine e non hanno nei vocaboli nessuna oscenit, pi tenebroso e sacrilego darsi a fare figli, un'operazione che reclama l'ufficio del pudore; o se arrossisci di accusare le nozze al punto che esse preponderino anche a confronto delle suddette scelleratezze, esorta i coniugi ad appellare quella loro mescolanza tanto sicuramente e tanto liberamente quanto siamo soliti nominare il parricidio e il latrocinio. Ma se, come fai abitualmente per illudere gli orecchi dei cristiani, aggiungerai che la congiunzione dei corpi destinata alla procreazione non si macchia di nessuna iniquit, ma pu giudicarsi buona dentro la sua misura, abbrcciati allora al fatto famoso del tebano Cratete, ricco e nobile, al quale fu tanto cara la setta dei Cinici che abbandon le ricchezze paterne e si trasfer ad Atene con la moglie Iparcide, seguace con pari animo di cotesta filosofia. Una volta, volendo congiungersi con lei in pubblico, come racconta Cornelio Nepote, e tirandosi lei il pallio per coprirsi, fu bastonata dal marito che le disse: Cos poco hai imparato finora dai tuoi sensi da non avere il coraggio di compiere in presenza di altri quello che sai di fare onestamente 71. Si deve davvero alle vostre greggi un tale abito mentale: le membra naturali, poich sono da riconoscersi buone in quanto create da Dio per la moltiplicazione dei corpi, siano adoperate senza nessuna remora di pudore. Rendete dunque grazie ai quadrupedi: come essi con i loro esempi e per bocca di Manicheo proteggono la sensibilit dei vostri corpi dalla possessione del diavolo, anche voi seguite nell'unione sessuale la loro libert per attestare la bont dell'azione. appunto conveniente che gli animali prestino il magistero dei comportamenti agli uomini ai quali hanno prestato il patrocinio delle membra. E per ripetere con precisione ci che abbiamo fatto: tu hai detto che la libidine se l'avesse fatta Dio non si dovrebbe vestire affatto di pudore; noi, sebbene nei quattro libri dell'opera precedente abbiamo gi trattato l'argomento in modo pieno, tuttavia anche nell'opera presente, con la testimonianza di tutti gli animali, che provvisoriamente confessi creati da Dio, abbiamo dimostrato che stata creata da Dio la libidine dei sessi, la quale riconosciamo tuttavia doversi velare negli uomini con il pudore. Al tuo dogma tiene dietro dunque questo risultato: con un rimpatrio dopo una lunga assenza ci riproponi la bella sortita dei Cinici ed eserciti sotto gli occhi di un'intera citt le membra naturali, perch sono state fatte da Dio. Non senti come

ad occhi chiusi sei saltato contro la mia sentenza con la quale ho detto: Per esprimere la credibilit delle opere il Profeta si avvicinato a mettere in pericolo il pudore 72? Queste considerazioni, infatti, come coerentemente, secondo le sue favole, le accusa il tuo precettore, del quale nel libro precedente ho riferito le fantasticherie, e il quale di tutti i corpi nega assolutamente che siano stati fatti da Dio, cos tu hai osato impudentemente manipolarle confessando - sebbene con timore -, che Dio il creatore dei corpi, la sensibilit dei quali assegni al principe delle tenebre. Il che certamente distrutto da tanta potenza della verit quanta la fede con la quale dall'Evangelista stato detto che da Dio tutto stato fatto e senza di lui niente stato fatto 73. AG. Potresti forse equiparare nella concupiscenza o nella libidine della carne le bestie agli uomini, se tu non credessi che anche quei progenitori del genere umano come portatori di corpi corruttibili sarebbero morti, pure nel caso che non avessero peccato? E questa affermazione la condanna cos nell'errore novizio della vostra eresia la Chiesa cattolica che il vostro principe Pelagio, per timore della sua propria condanna, la condann quando tra le altre obiezioni gli fu contestata dinanzi ai quattordici vescovi orientali dai quali era ascoltato in giudizio. Nel quale giudizio sei stato condannato certamente anche tu che ritieni Adamo fatto in tal modo da essere morituro, sia che peccasse, sia che non peccasse, contraddicendo l'Apostolo il quale dice: Il corpo morto a causa del peccato 74. Ebbene, se quei corpi non sarebbero stati morituri, se precedentemente non fosse stato commesso un peccato, non sarebbero stati nemmeno corruttibili certamente per non appesantire quelle anime beate: scritto infatti che un corpo corruttibile appesantisce l'anima 75. Quindi come la morte e la corruzione poterono non essere comuni ai corpi delle bestie e ai corpi degli uomini, bench fosse comune ad essi la materia terrena, cos pot non essere comune ad essi la libidine, anche nella propagazione dei figli; ma essa o non sarebbe esistita affatto negli uomini, cos che questi, come si servono delle altre membra per le loro opere congrue, altrettanto si servissero anche dei genitali mossi dalla volont per l'opera della generazione; o la libidine non sarebbe nell'uomo tale e quale nelle bestie, bens pronta a servire al primo cenno della volont e mai, nemmeno in mezzo alla volutt, capace di distogliere la mente dalla vigilanza del pensiero. Adesso invece, per un precedente peccato che ha mutato in peggio la natura umana, sono diventate penali per l'uomo le inclinazioni che

sono congrue alla natura delle bestie. Ma in questo male, che fa concupire la carne contro lo spirito, c' una maggiore causa di umiliazione ed questa: tra i due elementi, che appartengono l'uno e l'altro alla nostra natura e dei quali l'uno deve comandare e l'altro obbedire, sorta una discordia che non soltanto dolorosa, ma anche molto vergognosa. Che ti hanno giovato, dunque, gli aiuti dei Cinici da te invocati e non pertinenti al caso, dal momento che in questa via del tuo errore, venendo meno tu sulla retta via, nemmeno quei giumenti, che hai paragonati, agli uomini ti hanno potuto giovare? La nudit corporale suggerita da ragioni diverse. 44. GIUL. Il tempo ci avvisa di passare ad altro. Ma poich certo che tu non hai da offrire in vendita ad orecchi inesperti nient'altro che la vergogna dei genitali, accenner nella pi breve maniera possibile a quanto si pensi che resti ancora da fare. Chi dunque negher che l'onest, per la quale copriamo i nostri genitali, varia secondo le persone, i luoghi, le occupazioni e i costumi? Cos la nudit alquanto oscena nelle riunioni pubbliche non ha nulla di turpe nei bagni. Cos altro l'abito da camera, seminudo e libero, altro l'abito del foro, pi accurato e pi ampio. Che c' da obiettare, se spesso la mancanza di riguardo intende essere una testimonianza di familiarit, e se in presenza d'una persona o troppo poco conosciuta o troppo distinta tanto pi si sceglie un abito accurato? E che significa il fatto che nessuno ha mai incolpato i marinai o la maggior parte degli operai di essere nudi? E perch questa semplicit non si attribuisca alle persone pi che alle occupazioni, anche l'apostolo Pietro e per giunta dopo la risurrezione del Signore, alla maniera di tutti, stava nudo sulla barca a pescare 76. Dirigi di qui gli occhi alle prestazioni dei medici: essi per guarire applicano la loro arte nelle zone del pudore. Per gli atleti la nudit perfino bella. Ma vero che non solo per certi adolescenti e per i soci di gruppi di seduzione, ma anche per alcune intere popolazioni resta scoperto l'uno e l'altro sesso e si pratica la mescolanza senza la ricerca di un posto segreto. Che c' tuttavia da meravigliarsi che lo facciano gli Scoti e la barbarie delle genti vicine a loro, quando ha giudicato alla stessa maniera anche la filosofia sopra menzionata e a questo giunto il dogma dei traduciani? Quale sar dunque la quantit di pudore da mantenere, quale il limite tra tante sue diversit e tra compiti in parte necessari, in parte difesi dalla societ, attraverso il qual limite poter insegnare

che stato il diavolo a mescolare ai sessi l'ardore naturale? Perci come l'impalcatura della tua opinione risulta crollata per le occupazioni, per i luoghi, per le abitudini, per le arti e per intere popolazioni insieme, cos rimasto invitto ci che noi difendiamo per l'insegnamento della ragione stessa e dell'apostolo Paolo: tutti i corpi, tutte le membra dei corpi, tutti i sensi dei corpi li ha creati Dio, autore dell'universo; ma egli ha ordinato che secondo l'opportunit dei tempi il pudore coprisse alcune delle nostre membra e che l'onest naturale ne esibisse altre, per le quali sarebbe tanto sconveniente portarle coperte, quanto inopportuno sarebbe prostituire la segretezza dei genitali. AG. Tu piuttosto aspergi inopportunamente della colpa d'inopportunit coloro dei quali la Scrittura divina afferma: Erano nudi e non ne provavano vergogna 77. E certamente allora erano cos retti come erano stati fatti retti, poich leggiamo: Dio ha fatto l'uomo retto 78. In quel tempo dunque di tanta loro rettitudine mai possibile che fossero cos depravati da prostituire la segretezza dei genitali imprudentemente, impudentemente, disonestamente, inopportunamente? Riconosci dunque che non esisteva ancora la causa di vergognarsi, quando non erano ancora pudende quelle membra che ora si chiamano propriamente pudende. Non abitava infatti nelle membra a muovere guerra alla legge della mente la legge della concupiscenza senza la quale adesso non nasce nessuno. Non ancora per un giusto giudizio di Dio, che meritamente disert il disertore, era stata retribuita alla disobbedienza dell'uomo la disobbedienza della sua carne. Infatti concupire contro lo spirito disobbedienza della carne, quantunque concupiscendo anche lo spirito contro la carne non le lasci realizzare ci che tenta di realizzare. Questo dunque non esisteva ancora quando erano nudi e non se ne vergognavano. Non vero pertanto che essi con la loro vera nudit prostituissero inopportunamente la segretezza dei genitali, ma non avevano sentito ancora nulla di inopportuno nei genitali. Perch raccogli parole vane a guisa di foglie secche per coprire con esse anche tu la tua tenzone carnale contro l'autorit spirituale, quasi carne concupiscente contro lo spirito? Perch domandi quale sia la quantit di pudore da mantenere o quale sia il limite tra le tante sue diversit prodotte dalle diverse necessit, dalle arti, dalle opinioni, dai costumi, siano retti o siano perversi? Ecco hai gli uomini che hanno generato non una qualche gente, come gli Scoti, ma tutte le genti; uomini non depravati da qualche prava opinione, come i Cinici e tutti gli altri macchiati da bruttura di

simile sconcezza, ma uomini creati retti da Dio; non costretti da una qualche necessit di lavoro, come fu la nudit di Pietro, con la quale hai creduto di doverti coprire, ma uomini liberi nel paradiso delle delizie. Ad essi guarda, sbandieratori della libert prima del peccato, dottori del pudore dopo il peccato. Prima del peccato erano nudi e non se ne vergognavano, dopo il peccato si sentirono umiliati dalla loro nudit. Prima del peccato lasciarono senza indumenti i genitali non ancora pudendi, dopo il peccato coprirono i genitali ormai pudendi. Dunque questi testimoni abbastanza idonei convincono con la loro nudit, prima non pudenda e dopo pudenda, sia la pervicacia dei pelagiani, sia l'impudenza di certe popolazioni e dei Cinici. La concupiscenza e Ges. 45. GIUL. Assolto quindi questo compito nell'opera presente, per quanto lo esigeva l'importanza della questione trattata, vengo alla tua affermazione che nel Cristo non c' stata questa concupiscenza naturale. Cos infatti mi parli: Ma tra tutte queste realt costui non ha voluto nominare la concupiscenza della carne, che non viene dal Padre, bens dal mondo; del quale mondo stato detto principe il diavolo. Egli non la trov nel Signore, perch il Signore non venne uomo tra gli uomini attraverso di essa79. Hai dunque dichiarato: il Cristo, che la fede cattolica confessa uomo vero sotto tutti gli aspetti, non ebbe nella sua carne la concupiscenza che dice l'apostolo Giovanni. Ma Giovanni, come hanno insegnato i suoi testi, afferma che la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi con tutto il mondo non vengono dal Padre 80; e questo in che modo lo si dovrebbe intendere lo abbiamo spiegato. AG. Hai spiegato, s, in che modo intendessi tu o piuttosto non intendessi, non in che modo si dovrebbe intendere. Sul quale argomento, replicando alla tua discussione non verace ma loquace, ti ho risposto combattendo per la verit. Non diresti questi spropositi. 46. GIUL. Tu al contrario, abbracciato al nome stesso della concupiscenza, vuoi che dal corpo del Cristo sia stato lontano tanto il senso degli occhi, quanto il senso delle viscere. AG. Non diresti questi spropositi, se tu avessi il senso sano, non del corpo ma dell'animo.

Apollinarismo. 47. GIUL. Qui perci prego il lettore d'essere presente con tutto l'animo. Vedr che da te viene restaurata l'eresia degli Apollinaristi, ma con la tua aggiunta di Manicheo. Di Apollinare si dice appunto che all'inizio abbia inventato questo tipo d'incarnazione del Cristo: della sostanza umana fu assunto, sembra, soltanto il corpo, e al posto dell'anima ci fu la divinit stessa: sembrerebbe che il Cristo non abbia preso un uomo, ma un cadavere d'uomo. Il che si prese a scalzare con l'attestazione sia della ragione, sia del Vangelo. Un argomento questo: per tale opinione era necessario accusare di falsit il fatto che il Cristo, perseguitato dai Giudei per avere insegnato la verit, si era detto uomo, se da lui era stata presa soltanto la carne, perch l'uomo non pu essere se non l'insieme di anima e di corpo. O un altro argomento ci che il Signore aveva detto nel Vangelo: Io ho il potere di deporre la mia anima e il potere di prenderla di nuovo 81. Quale anima sarebbe stata deposta, se non fosse stata assunta? Dopo dunque che fu sbaragliato dall'autorit di tali testimonianze e dalla evidente ragione, escogit un altro diversivo donde nascesse la sua eresia che perdura ancora. Disse che l'anima umana nel Cristo ci fu, ma non ci fu in lui il senso del corpo, e dichiar che egli era vissuto impassibile a tutti i peccati. AG. Epifanio di santa memoria, vescovo di Cipro, nella piccola opera che pubblic sulle eresie, disse che alcuni degli Apollinaristi hanno detto nel Signore Ges Cristo consustanziale il corpo alla divinit; altri poi hanno negato che egli abbia assunto un'anima; altri, per l'affermazione: Il Verbo si fece carne 82, hanno sostenuto che non assunse una carne dalla carne creata, cio dalla carne di Maria, ma assunse il Verbo fatto carne; in seguito per hanno detto, non so che cosa pensando, che non assunse la mente. Ci che dunque affermi tu, come asserito dagli Apollinaristi, che nel Cristo non ci furono i sensi del corpo, e che lo dichiararono impassibile, n l'ho letto in nessun'altra parte all'infuori che in questo tuo libro, n l'ho mai sentito dire da qualcuno. Ma poich vedo che tu cerchi spazio dove espandere le tue ciance per apparire copioso, mentre sei verboso, rispondo alla svelta: Chiunque crede o nelle affermazioni degli Apollinaristi che ho ricordate sopra, o crede che il Cristo non abbia avuto i sensi del corpo e sia stato impassibile, sia anatema. Ma perch tu possa riconoscere anche te stesso: Chiunque crede

che la carne del Cristo abbia concupito contro lo spirito, sia anatema. Ges senza concupiscenza cattiva. 48. GIUL. Non che egli abbia evitato i delitti per virt di giudizio, ma egli non pot sentire la cupidit dei vizi per la felicit della carne, segregata dai nostri sensi. AG. Noi non diciamo: Il Cristo per la felicit della carne segregata dai nostri sensi non pot sentire la cupidit dei vizi, ma diciamo che egli non ebbe la cupidit dei vizi per la perfezione della sua virt e per la procreazione della sua carne dal di fuori della concupiscenza della carne. Altro infatti che non abbia avuto la cupidit cattiva, altro che non l'abbia potuta sentire: l'avrebbe infatti sentita, se l'avesse avuta, perch non gli manc il senso per sentirla; ma fu presente in lui una volont che non l'aveva. N ti meravigliare che il Cristo, bench uomo vero e tuttavia buono sotto tutti gli aspetti, non abbia voluto avere la cupidit cattiva. Chi infatti all'infuori di voi nega che sia cattiva la cupidit per cui si concupiscono i mali? Chi, ripeto, all'infuori di voi tenta di persuadere che non sia un vizio la cupidit che Giuliano confessa cupidit dei vizi, e che non sia un male la cupidit consentendo alla cui suggestione si fa un'opera cattiva? Questa cupidit il Cristo e la potrebbe sentire se l'avesse e la potrebbe avere se volesse; ma non sia mai che volesse. Tuttavia per se avesse la cupidit cattiva o, per usare le tue parole, la cupidit dei vizi, essa avrebbe cominciato ad essere in lui dalla sua volont, perch non nato con essa come noi. E perci la sua virt era di non averla, la nostra virt di non acconsentirle e d'imitare in questo modo lui: come egli non fece peccato non avendola, cos non dobbiamo fare peccato nemmeno noi non acconsentendo ad essa, e come egli volle e pot non averla, cos noi dobbiamo volere di esserne liberati, perch lo potremo. Ci liberer appunto dal corpo di questa morte, ossia dalla carne del peccato, la grazia di colui che venne a noi in una carne simile a quella del peccato e non nella carne del peccato. Adulazione sacrilega! 49. GIUL. Un'affermazione fatta, come indica la realt, con adulazione tanto grave contro la fede dei cattolici, non solo non necessaria per nulla, ma anche sacrilega. Con la volont infatti di

dimostrare che nel corpo del Cristo ci fu qualcosa di pi, perch non perdesse di dignit nella comunione della nostra carne, lo defraud della integrit dei sensi naturali, senza accorgersi quanto fosse esiziale il danno recato alla verit, sebbene corrotta per adulazione. A quella provocazione fremette appunto il diritto dei cattolici, perch presso tale fede maggior danno venivano a soffrire i misteri del Cristo che le sue membra. Se per questo infatti, dicono, il Cristo nato dalla stirpe di Davide 83, se per questo nato da donna, se per questo nato sotto la legge 84 per darci l'esempio e perch seguissimo le orme di lui, che non commise peccato e non fu mai trovato con la menzogna in bocca 85, n tuttavia rivest sotto ogni aspetto la propriet della nostra sostanza, se port o la carne senz'anima o l'uomo senza i sensi che la natura ha dati in dote a noi, non si dimostra attuata con pienezza in lui la " forma " dell'esempio e della legge. Che ci fu infatti degno di lode nel disprezzare le attrattive dei sensi delle quali era incapace per beneficio di natura? Che aveva di meraviglioso in lui il frenare gli occhi, non vagabondi per il privilegio della sua carne? Che aveva di grande il sottrarre le narici agli odori seducenti, ai quali le narici non sapevano aprirsi? Che aveva di stupendo serbare quotidianamente un'ardua parsimonia nei cibi, dei quali non poteva provare lo stimolo rabbioso? Che avrebbero di arduo infine i digiuni protratti fino al quarantesimo giorno, se in lui non ci poteva essere la molestia della fame? Quale onore meriterebbe la disciplina degli orecchi che non recepivano se non oneste voci, soffrendo di sordit nativa per le voci indebite? Quale gloria di castit poi, se in lui era assente pi la virilit che la volont e se ci che si pensava proveniente dal vigore dell'animo proveniva dal languore delle membra? AG. Giustamente queste affermazioni si fanno non contro Apollinare o contro qualcuno degli apollinaristi, che non giudico abbiano negato nella carne del Cristo la presenza dei sensi del corpo umano, bens contro chiunque lo dica. Ma noi diciamo che il Cristo sent con gli occhi e il bello e il brutto, e sent con le narici e gli odori graditi e gli odori sgraditi, e percep con il senso degli orecchi le melodie e le stonature, e distinse con il gusto l'amaro dal dolce, e giudic con il tatto e gli oggetti ruvidi e gli oggetti levigati, gli oggetti duri e gli oggetti teneri, i freddi e i caldi, e pot sentire e percepire tutto ci che di altro si pu sentire e percepire con il senso del corpo; n gli manc la possibilit di generare, se lo avesse voluto, e tuttavia la sua carne non concup mai contro lo spirito. Che se per questo un

gran bene astenersi dai delitti perch, come pensi tu, non mancano le libidini da vincere, e non sarebbe invece un gran bene se fossero mancate le libidini, tanto pi lodevole sar ciascuno nella virt quanto pi libidinoso sar stato nella carne. E perci il Cristo, secondo questa vostra orribile e detestabile mostruosit, come fu il pi grande degli uomini nella virt, cos dovette essere il pi libidinoso degli uomini nella carne. Il che se senti quanto sia empio sentire, non tardare a cambiare sentenza e a distinguere dai sensi le libidini, che in tutti sono sentite pi di quanto i sensi sentono, perch non sembri che ciascuno sia tanto pi vivace nel senso quanto pi sia stato ardente nella libidine, e non si creda che il Cristo abbia arso di libidini tanto pi acute quanto pi puri i sensi che ebbero vigore in lui. Apollinarista e manicheo. 50. GIUL. Quale infine la palma della tolleranza, se il dolore delle ferite e delle flagellazioni, interrotta la via dei sensi, non riusciva a raggiungere l'animo? A che giov dunque l'adulazione di Apollinare? A questo risultato evidentemente: tutta la bellezza delle virt che il Cristo aveva espressa in s, svuotata per le indebite lodi della sua natura, si afflosciasse e, denudata di tutto lo splendore della sua verit, offrisse a scherno il sacro magistero del Mediatore. A questo si aggiungeva che non solo perdeva la caratteristica significativa delle sue opere, con l'essere pi felice per la sua nativit che per la sua virt, ma era anche incalzato da crimini di frode, se intimava ai mortali: Spingetevi fino alla pazienza di un uomo che non sentiva nulla, e attraverso le vostre croci vere venite alle virt di un corpo falso che non soffriva affatto. Oppure: Vincendo le vostre reali e rabbiose eccitazioni, imitate la castit di colui che la debolezza ha fatto apparire pudico. Certo non si pu immaginare nulla di pi sacrilego, nulla di pi infame di tali trovate. E Apollinare non aveva fatto tutte queste affermazioni. A causa di quell'unica affermazione che all'uomo Cristo mancarono quei sensi che, donati dalla natura, cadono nei vizi non per il loro uso, ma per l'eccesso del loro uso, tutti questi errori che sono stati riferiti dai cattolici Apollinare, muto, se li trov addosso per il pregiudizio della sua opinione. Con l'affermazione appunto di tutte queste verit si costruisce la fede cattolica, e per la loro negazione o per la loro logica stata composta e condannata l'eresia di Apollinare. Tu quindi congettura che cosa si debba giudicare di te che condanni, come fece Manicheo, la mescolanza dei sessi; che apparti la natura della carne

del Cristo dalla comunione degli uomini, secondo i manichei; che accusi la concupiscenza della carne, secondo i detti del tuo precettore Manicheo; che dici assente la concupiscenza dei sensi dal corpo del Cristo o secondo i manichei o secondo gli apollinaristi: e tuttavia vuoi non essere chiamato da noi n apollinarista n manicheo. Comunque ti do una mano e ti faccio grazia, n ci pentiamo di questa liberalit: per quanto dipende da me, sar lecito che tu non apparisca seguace di Apollinare, il quale appunto inventore di una empiet minore; ma per quanto dipende da te, non lecito che ti si chiami se non manicheo. AG. N apollinarista, n manicheo, ma vincitore degli eretici fu Ambrogio, il quale disse che non pu essere senza delitto ogni uomo che nasca per mezzo della tua cliente, sia intendendo, sia spiegando, com'era opportuno, l'apostolo Paolo. Tu al contrario, come l'ho indicato spessissimo, tanto pi aiuti i manichei quanto pi ti credi lontano da essi; ma sei un nuovo eretico pelagiano, loquacissimo nella discussione, calunniosissimo nella tenzone, fallacissimo nella professione di fede. Non trovando infatti che dire, dici molte vacuit, rovesci sui cattolici un crimine falso, mentisci di essere cattolico. Ho dimostrato che non l'hai dimostrato. 51. GIUL. Ho ben dimostrato nel terzo libro della mia prima opera come sarebbe irrefutabilmente necessario dire che anche il Cristo abbia tratto il reato dalla carne di Maria, se si credesse al peccato naturale, e che il Cristo sottomesso al potere del diavolo da te che affermavi l'appartenenza al diritto del diavolo dell'universale sostanza degli uomini. AG. Ci che ricordi di avere dimostrato nel tuo terzo libro, io nel mio quinto libro ho provato che tu non lo hai dimostrato. Dove l'hai letto? 52. GIUL. E perci, lasciando per il momento questo tema, domando dove tu abbia letto che il Cristo fu eunuco per natura. AG. Tu, se mai, dove hai letto che io l'abbia detto; o non , come al solito, una tua calunnia? Altro la possibilit di seminare figli, che noi non diciamo assente dalla carne del Cristo, come la sappiamo assente invece dalla carne degli eunuchi; altro la cupidit dei vizi,

che tu tenti di persuadere posseduta dal Cristo - e ti vanti di essere cristiano -, perch evidentemente, come dicevi poco avanti: Il Cristo era anche incalzato da crimini di frode, se diceva ai mortali: Spingetevi fino alla pazienza di un uomo che non sentiva nulla, come se fosse conseguente che non senta i dolori inflittigli chi vuole e pu non avere le cupidit cattive; o se diceva con le parole composte da te stesso: Vincendo le vostre reali e rabbiose eccitazioni, imitate la castit di colui che la debolezza ha fatto apparire pudico. Sei infatti un cos egregio amatore della castit da sembrarti pi casto chi desidera le unioni illecite, ma per non perpetrarle resiste alla propria cupidit, di chi questi mali nemmeno li desidera, non per l'impossibilit della carne, ma per la sommit e la perfezione della virt. Anzi il primo sarebbe casto e il secondo invece non lo sarebbe affatto, ma lo sembrerebbe solamente, poich secondo te, se fosse casto, concupirebbe per natura questi mali, ma coercirebbe con la virt dell'animo la medesima cupidit naturale. Cos avviene che ti venga dietro, come ho gi detto pi sopra, quella orribile assurdit che ciascuno sia tanto pi casto per volont quanto pi grande libidine abbia vinto nella sua natura, n le abbia permesso, per quanto forte essa fosse, di uscirsene in alcuni eccessi di lussuria; chi invece argina una minore libidine di turpitudini meno casto, poich secondo la tua sapienza o piuttosto secondo la tua demenza non per nulla casto uno a cui " non piace ci che non lecito ". Ecco ci che tenti insanamente d'imporre al Cristo: di essere stato per natura il pi libidinoso di tutti, per poter essere cos il pi casto di tutti con la forza della sua volont. Tanto maggiore appunto, come sostieni tu, sarebbe in lui lo spirito della continenza, quanto maggiore la concupiscenza della carne a cui facesse coercizione. A questa frana ti ha condotto la tua cliente troppo diletta. Ges ebbe i sensi, ma li govern. 53. GIUL. Il quale Cristo, sebbene sia nato da una vergine per essere un segno, tuttavia vero anche che non avvers il sesso virile, cos da perdere la sua verit, integro sotto tutti gli aspetti all'interno del suo corpo, integro all'esterno del suo corpo, un essere umano vero, un maschio perfetto, se si crede all'apostolo Pietro che ne discorre negli Atti 86; distinto per la sua intatta castit, custode dell'animo e degli occhi senza mai perdere nulla del vigore del suo cuore. Ma che tutto questo lo abbia fatto in modo perfetto per la virt della mente, non per la debolezza della carne;

che in lui ci sia stata la concupiscenza della carne mescolata ai sensi di tutto il suo corpo, e ci sia stata la verit e la sanit e la struttura delle membra lo attestano in lui e il sonno e il cibo e la barba e il sudore e la fatica e la croce e la lancia. Dunque non che non ebbe i sensi del corpo, ma li resse. con questo che la fede dei cattolici sorpassa le genti, con questo che sorpassa i manichei, perch la parola tanto della sua croce quanto della sua carne stoltezza per coloro che vanno in perdizione, ma per quelli che si salveranno potenza di Dio. con questo che Dio ha dimostrato la sua carit verso di noi, poich gli elementi che l'empiet di Manicheo gli straccia da dosso, li assunse tutti la piet del Mediatore. Di nulla dunque mi vergogno nel mio Signore: delle membra, nelle quali venne per la mia salvezza, io ritengo la verit, per ricevere la solidit e la sommit del suo esempio. AG. Altro la verit delle membra che ogni cristiano riconosce nel Cristo, altro la cupidit dei peccati che tu vuoi imporre al Cristo. Dici infatti che un bene la concupiscenza della carne, ossia la libidine, da te chiamata pi volentieri concupiscenza naturale, e cos arguisci che contrae colpa il suo eccesso, come quando qualcuno le abbia lasciato oltrepassare i limiti concessi, usando male di un bene. Chiunque invece le abbia permesso d'inoltrarsi fino alle azioni lecite e concesse, n di procedere oltre, degno di lode, come chi usa bene di un bene. Perci poich vediamo che alcuni sono nati cos da essere pressati da una libidine maggiore e altri da una libidine minore, se resistendo ad essa sono casti gli uni e gli altri, sei costretto a dire che i primi usano bene di un bene maggiore e gli altri usano bene di un bene minore. Sar quindi, te dottore, di cotesto tuo bene ciascuno tanto pi copioso quanto pi libidinoso, e tanto pi laborioso nel combattere contro la sua libidine per la castit quanto pi copioso di cotesto bene naturale, e perci anche tanto pi lodevole in questa virt quanto pi fortemente si oppone ad un bene maggiore che non se si opponesse ad un bene minore. Poich dunque il Cristo visse senza dubbio nella carne mortale pi casto di tutti, tanto maggiore libidine naturale tu gli darai quanto meno potrai trovare chi sia stato pi forte di lui nel reprimere la libidine. Cos infatti senza crimine di frode dir ai suoi: Imitate la mia castit vincendo le reali e rabbiose vostre eccitazioni. Queste eccitazioni appunto sono buone, ma si devono tuttavia frenare e vincere. Come io ne ebbi di pi forti, ma le repressi e le vinsi, perch non mi diceste: Per questo le vincesti, per questo vivesti castissimo nella tua carne mortale: per la ragione che in forza della

felicit della tua natura avesti libidini minime e per te facilissime da vincere. Siate casti dunque, perch io per togliervi i pretesti che vi impedissero d'imitarmi, volli nascere pi libidinoso di voi e tuttavia non permisi mai alla mia fortissima libidine d'oltrepassare i confini concessi. Questi orribili mostri ha partorito l'eresia vostra. Tu avresti dovuto arrossire. 54. GIUL. Io dico convintamente che nel Cristo tutta la santit si resse sull'interezza dell'animo e non sulla manchevolezza della carne. Cos infatti e si difende la natura, tanto nella sua creazione, quanto nella sua assunzione, e si dirige la vita degli uomini con l'imitazione delle virt di lui. Di queste due realt non se ne pu lodare una senza la verit dell'altra: tanta dignit sar presente nell'operare santamente quanta verit sar presente nel corpo umano, e tanto sar disponibile per la difesa della carne quanto esiger la santit della condotta. E viceversa il biasimo di una si partecipa ad ambedue, poich tanto si toglier alle virt di Ges quanto si toglier alle membra di lui, e se qualcosa si raschia dalla solidit della sua sostanza, crollano tutti gli ornamenti dei suoi costumi, e a danno della sua fortezza nel tollerare si ritorcono i guasti operati sul suo nascere; infine se la sostanza della sua carne si attenua con qualche sottrazione di elementi naturali, sfuma tutta la pompa delle sue virt. Nulla dunque negher di quanto risulta naturale nelle membra del Mediatore, nato da donna. E vedi quanto siano diversi i termini della ragione dai termini del pudore: non fa arrossire la fede dei cristiani dire che il Cristo ebbe i genitali, sebbene tuttavia li occultiamo in noi quanto pi onestamente possiamo. AG. Certo non fa arrossire la fede dei cristiani dire che il Cristo ebbe i genitali, ma tu avresti dovuto arrossire o piuttosto rabbrividire per non dire che i genitali del Cristo talvolta e anche contro la sua volont - poich non l'avrebbe mai dovuto volere lui che condusse vita celibe - si siano mossi tuttavia per libidine e che quella parte del suo santo corpo si sia eretta ad alcuni usi illeciti contro il suo santo proposito. Tale libidine appunto quale tu tenti d'imporre al Santo dei santi, fa soffrire anche ogni categoria di santi. Se per non osi dire che i genitali del Cristo fossero soliti muoversi ed erigersi a causa della concupiscenza contro la sua volont, per quale ragione osi credere, o infelice, per quale ragione osi attribuire

alla natura del Cristo tale libidine da far pensare agli uomini ci che tu non osi affermare? Verit e santit. 55. GIUL. In tal modo la natura ha predisposto l'esistenza di certe realt che, come la ragione, cos la fede proclama con religioso rispetto e che tuttavia il pudore e la decenza morale non consente di esporre agli sguardi. In questo modo anche il Maestro delle genti assegna la verit alla carne del Cristo e la santit al suo spirito: Dobbiamo confessare - scrive - che grande il mistero della piet: egli si manifest nella carne, fu giustificato nello spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria 87. Il che come raccomand di crederlo con verit, cos denunzi che alla fine del mondo sarebbero nati i contestatori di tale dottrina. Infatti continua subito a dire: Negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall'ipocrisia di impostori, gi bollati a fuoco nella loro coscienza. Costoro vieteranno il matrimonio, imporranno di astenersi da alcuni cibi che Dio ha creati perch siano mangiati con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti conoscono la verit. Infatti tutto ci che stato creato da Dio, buono 88. Dunque questa contaminazione delle Chiese, che tu hai vomitata con il tuo correre dietro a Manicheo, e questa prevaricazione di coloro che si allontanano dalla fede, prevaricazione che consiste nella predicazione del male naturale e nella condanna della mescolanza coniugale, l'Apostolo e le previde e le pun, indicando non solo che cosa si dicesse, ma anche che cosa ne seguisse. AG. Tuttavia tu che non sai ruttare se non calunnie e non sai vomitare se non insulti, non hai osato contraddire le parole del cattolico uomo di Dio, che non puoi chiamare manicheo, che ti soffoca e dice che dalla unione dell'uomo con la donna impossibile per chiunque nascere esente da delitto 89. Infatti coteste parole io e le ho gi ricordate nel primo libro indirizzato a Valerio, dal quale, bench tu abbia tentato di confutarlo con quattro libri, hai avuto paura di attingere alcunch, e le stesse parole non le ho taciute in questo libro a cui ora rispondi 90; e tu, muto ancora contro di esse, non temi d'incriminare in me, bench senza farne il nome, costui al quale non osi opporti a viso aperto.

Accusatore dei santi e patrono degli asini. 56. GIUL. Infatti ci che l'Apostolo afferma sulla futura dottrina di astenersi dai cibi non accusa certamente presso i dotti la parsimonia dei cristiani, n denunzia che possano esistere uomini che impongano la prova del digiuno, ma ha mostrato, poich sorgevano alcuni a dire che tutti gli animali, creati da Dio per l'alimentazione dei mortali, erano macchiati di un male diabolico, in quanto nascevano dalla concupiscenza e dall'unione sessuale; ma ha espresso, dico, che cosa ne seguirebbe: si dovrebbe cio rinunziare agli alimenti, se si credesse diabolica la loro propagazione. Per cui anche tu rimuovi dagli animali questa diffamazione dell'unione dei corpi, perch sussista la ragione di simulare. Tuttavia gli uomini che sono stati fatti ad immagine di Dio, per questa stessa concupiscenza di coloro che generano, li dici appartenere al diritto del diavolo. Ambedue quindi, tu e Manicheo, avete un'unica causa per vituperare le sostanze e per attribuirle al diavolo: Manicheo per per questa attrattiva che si sente nella operazione naturale condanna tutti gli animali, tu invece non tutti ma i migliori: e questo peggio. Assolvi infatti i porci, i cani e gli asini, perch sembri che eviti i manichei; ma per questa medesima ragione di Manicheo condanni tutti gli uomini fatti ad immagine di Dio, e non trovando spazio per il male naturale in nessun'altra parte che nell'immagine di Dio, concioni contro di noi, accusatore dei santi e patrono degli asini. AG. Cos' che dici, o calunniatore dei cattolici e collaboratore dei manichei? Cos' che dici? Ti dovresti vergognare di tanta stoltezza, anche se tu avessi una fronte asinina. Non sarebbe forse da appellare accusatore dei santi e patrono degli asini da chi fosse di tal cuore quale sei anche tu stesso colui che dicesse che per l'ignoranza della verit gli uomini possono diventare miseri, ma gli asini non possono essere miseri, pur non conoscendo la verit? E tuttavia direbbe verissimamente. Perch dunque non capisci, o asino, che similmente vero altres che dalla mescolanza di un maschio e di una femmina non possono nascere uomini esenti da delitto e possono nascere esenti da delitto gli asini? O forse per questo pensi di sfuggire ai colpi che ti inseguono dell'autorit e della ragione, perch al carro del tuo errore unisci insieme uomini e asini in societ di libidine? Non delle pecore, ma degli uomini parlava Ambrogio dove afferm: Resta dunque che dall'uomo e dalla donna, cio dalla mescolanza dei loro corpi, nessuno risulti

esente da delitto 91. Cos, costui, cos cotesto dottore della Chiesa, era forse accusatore dei santi e patrono degli asini? Corruttibile evidentemente il corpo e dell'asino e dell'uomo, e tuttavia esso non appesantisce l'anima dell'asino, ma l'anima dell'uomo, perch appunto dell'uomo dice la Scrittura: Un corpo corruttibile appesantisce l'anima 92. Cos dunque anche nella libidine riconosci e la natura della bestia e la pena dell'uomo, se non hai un'anima asinina. La castit perfetta. 57. GIUL. Il Cristo pertanto, non meno uomo vero che Dio vero, non ebbe nulla di meno delle componenti naturali. Ma era giusto che lui che dava l'esempio della perfezione emergesse su tutti per le iniziative delle virt e che la sua castit, eccelsa per costante integrit, non smossa mai da nessun appetito di libidine, castit che si era distinta come la verginit di una mente santa, come la magnanimit domatrice di tutti i sensi dell'animo, come la superatrice dei dolori, diventasse per tutti i fedeli e imitabile per umanit e mirabile per sublimit. AG. Tu dici la castit del Cristo " eccelsa per costante integrit ": ma sei un uomo per il quale l'integrit della castit non sembra esigere che i comportamenti illeciti non solo non si commettano per la grandezza e per la perfezione della volont buona, ma non si concupiscano nemmeno. Infatti chi concupisce i cattivi comportamenti, anche se non li perpetra resistendo alla sua concupiscenza, adempie certamente il precetto: Non andare dietro alle tue concupiscenze 93, ma non adempie il divieto della legge: Non concupire 94. Il Cristo dunque che ademp perfettissimamente la legge, non concup nessuno dei comportamenti illeciti, perch la discordia tra la carne e lo spirito, che si convert nella natura degli uomini per la prevaricazione del primo uomo, non l'ebbe affatto lui che dallo Spirito e dalla Vergine non nacque attraverso la concupiscenza della carne. In noi al contrario la carne concupisce contro lo spirito i comportamenti illeciti cos da portarli assolutamente ad esecuzione, se anche lo spirito non concupisce tanto contro la carne da vincere su di essa. Tu dici la mente del Cristo " domatrice di tutti i sensi ": ma da domare ci che resiste, mentre nella carne del Cristo non c'era nulla da domare, n la sua carne resisteva in qualcosa allo spirito cos da dover essere domata dallo spirito. Per il quale esempio di perfezione che stato proposto

ogni imitatore si deve spingere fino a questo limite: tentare e desiderare di non avere per nulla le concupiscenze della carne che l'Apostolo vieta di portare ad esecuzione 95. Cos, infatti, con un quotidiano avanzamento le pu indebolire per non averle pi in nessun modo, quando avr raggiunto la perfezione della salvezza. Hai bevuto dal pantano manicheo. 58. GIUL. Tu dunque nel modo pi sacrilego, come in tutto il resto, hai detto che nella carne del Cristo non c' stato ci che proprio della natura umana: il che non l'hai bevuto certamente da nessuna vena della ragionevole Scrittura, ma dal solo pantano dei manichei che ti hanno imbrogliato. Ma perch apparisca pi copiosa la difesa della verit, concediamo che tu abbia sognato che nel Cristo non ci sia stata quella che tu dici concupiscenza della carne: un errore sicuramente condannato prima nella pazzia furiosa di Manicheo e poi in quella di Apollinare. Tuttavia in che potrebbe questo suffragare il tuo dogma, dal momento che non conseguenza immediata che sia un male ci che il Cristo non avesse voluto assumere? Si direbbe che percorse le strade migliori accrescendo gradatamente i meriti delle sue buone azioni, ma che tuttavia non ha condannato i beni lasciati al di sotto di s con la scelta dei beni superiori. Come infatti non infam le nozze seguendo l'integrit, cos non avrebbe nemmeno condannato il senso della carne genitale, se non avesse voluto averne neppure la possibilit nella sua sostanza. AG. Ho gi detto pi sopra che il Cristo non solo non perpetr, ma nemmeno concup comportamenti illeciti, per osservare la legge che dice: Non concupire 96. Emana certamente nel cuore dei fedeli dalla vena della santa Scrittura e non dal pantano dei manichei questa verit che estingue il vostro dogma eretico. Tu dici che io ho sognato che non ci sia stata la concupiscenza della carne resistente allo spirito nel Cristo, del quale tu non hai risparmiato nemmeno i sogni. Sappiamo appunto che dorm il Cristo nel quale, se c'era cotesta tua pupilla, certamente qualche volta essa illudeva i suoi sensi sopiti con tali sogni da fargli sembrare anche di unirsi sessualmente, e cos la sua carne, eccitata dagli stimoli di cotesto tuo bene, erigeva nel nulla i genitali ed effondeva semi che non servivano a nulla. Se poi tremi a credere questo della carne del Cristo - non sei infatti talmente di pietra da non tremare per quello che io, sebbene lo abbia detto per redarguirti, non l'ho detto

tuttavia senza tremore del cuore -, devi certamente confessare che nella natura del Cristo non solo senza danno, ma anzi con la lode di perfette virt, non ci fu tale concupiscenza della carne quale sappiamo essere nella carne di tutti gli altri uomini e degli stessi santi. Il tuo ragionamento poi che non segue sia un male la concupiscenza, anche concesso da te che il Cristo non l'abbia voluta prendere, come non condann le nozze per il fatto che non volle sposarsi, un ragionamento che si pu fare della libidine delle bestie, per le quali essa non un male perch non hanno il bene della ragione, per cui la loro carne non concupisce contro lo spirito. Ma ci che resiste allo spirito dell'uomo quando vuol fare il bene, per quanto grande sia la tua loquacit nel difenderlo, non pu essere un bene. Tanto quindi il Cristo si astenne dal peccato da astenersi pure da ogni cupidit di peccato: non che egli resistesse alla cupidit esistente in lui, ma essa non esist mai assolutamente in lui. E non che non potesse averla se voleva, ma non avrebbe voluto rettamente la cupidit del peccato, perch ad averla anche contro la sua volont non lo costringeva la carne del peccato che egli non portava. Perci tutto quello che concup fu lecito e tutto ci che non era lecito non lo concup quell'uomo perfetto, nato senza la mediazione della concupiscenza, che indifferentemente appetisce l'illecito e il lecito, ma nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. Nato infatti da una carne che lo concep per opera dello Spirito Santo, non sia mai che avesse in s la discordia tra la carne e lo spirito. La conferma da un esempio. 59. GIUL. E perch la questione gi piana sia confermata da qualche esempio, meglio avere la ragione che non averla: gli uomini sono stati fatti ragionevoli, le bestie invece irragionevoli; ma non per il fatto che la natura umana superiore ai quadrupedi si deve dire che i quadrupedi sono o un qualche male o un'opera del diavolo. Supponi dunque che nel formare le proprie membra il Cristo non abbia voluto mescolare ad esse il senso dei genitali, del quale era intenzionato a non usare: che forse per questo, quando formava le membra di Isacco, di Giacobbe e di tutti e dava a loro il sesso e il senso, faceva qualcosa di male? Oppure quando arrivava a questo punto, chiamava in aiuto il diavolo a mescolare le necessarie soddisfazioni alle membra che egli stesso aveva compaginate? Nulla, quindi, nemmeno di esiguo - come abbiamo dimostrato con l'aiuto di Dio e in quest'opera e nella precedente -,

hai potuto ottenere contro le opere divine dalla persona del Cristo. Si reso chiaro infatti che il corpo del Salvatore dalla natura degli uomini non ebbe nulla di meno. AG. Anzi si reso chiaro che la natura degli uomini rispetto a quella integrit, a quella rettitudine, a quella sanit nelle quali fu creata originariamente, ora tutti questi beni li ha meno bene. A reintegrare la natura umana, a correggerla, a sanarla venuto il Cristo, integro senza nessuna corruzione, retto senza nessuna deviazione, sano senza nessuna cupidit di peccato. Bestemmi enormemente! 60. GIUL. E perci non ci pu essere il peccato in quella natura, dal momento che non stato trovato nulla di iniquo nel Cristo, dove la natura umana tutta al completo. AG. Enormemente bestemmi, o Giuliano, equiparando la carne del Cristo alla carne di tutti gli altri uomini, n avvertendo che egli venuto non nella carne del peccato, ma in una carne simile a quella del peccato 97; il che non sarebbe vero in nessun modo, se la carne di tutti gli altri non fosse la carne del peccato. N cattiva, n diabolica la concupiscenza del sesso. 61. GIUL. Pertanto la concupiscenza dei sessi, ci sia stata o non ci sia stata nella carne del Cristo, non si dimostra cattiva e diabolica. AG. La concupiscenza della carne cattiva, anche quando non si acconsente ad essa per il male. Essa infatti che fa concupire la carne contro lo spirito, anche se la concupiscenza della carne, concupendo lo spirito contro di essa, non porta ad esecuzione ci che tenta di compiere, ossia l'opera cattiva. Inchiodato dallo stupore. 62. GIUL. Ho fretta di andare ad altro, ma mi sento molto inchiodato qui dallo stupore della situazione. Che cos' questo tuo cos grande furore contro di me da non ponderare almeno le tue dichiarazioni, se non intendi le Scritture? Ma continuamente ragioni cos che qualsiasi argomento tu abbia scagliato ritorna contro di te con maggiore impeto. Hai detto appunto che non c' nessun'altra

causa del pudore all'infuori della concupiscenza della carne, che si manifesta nei movimenti genitali. AG. Non questo che ho detto. Esistono infatti anche altre cause del pudore, o perch non sia fatto ci che non decente, o perch stato fatto. Ma quando si cerca la causa di questo pudore del quale trattiamo ora, la causa pi vera che si trova quella che fece chiamare in modo proprio pudende queste membra che prima non erano pudende, quando quegli uomini, retti e perfetti, erano nudi e non se ne vergognavano. Il che se tu lo avessi voluto pensare prudentemente, non avresti resistito impudentemente ad una verit manifestissima. Perch anche Ges si vestiva? 63. GIUL. Hai detto poi che un sacrilegio giudicare pudendo qualcosa che si creda fatto da Dio, all'infuori di questa concupiscenza della carne. Hai detto per che il Cristo non ebbe questa concupiscenza della carne, che reca ai mortali motivo di vergogna. Non hai visto quindi che cosa si faceva incontro a queste tue considerazioni: cio che lui, ossia il Cristo, si sarebbe dovuto mescolare nudo alle folle e non avrebbe dovuto avere nessun riguardo della verecondia per non incorrere nel sacrilegio che tu inventi: nel sacrilegio cio di arrossire nella sua carne, che non aveva la concupiscenza, delle opere sue e del Padre. Se poi egli non ebbe la concupiscenza e tuttavia rispett il dovere del pudore, irrefutabilmente anche secondo te si approva che la verecondia dovuta al corpo umano e non al " calore " umano. AG. Per questa tua ragione, cos acuta e sottile, si deve negare che il battesimo di Giovanni sia stato dato in penitenza dei peccati per il fatto che con esso fu battezzato il Cristo, il quale non aveva assolutamente nessun peccato. Ma se egli pot essere battezzato per una causa diversa e non per quella di tutti gli altri, ossia non per la carne del peccato che non aveva, ma per la carne simile a quella del peccato che aveva presa per liberare la carne del peccato, pot anche coprirsi le membra non per la causa di tutti gli altri, ma per conformarsi in tal modo a coloro che si coprivano le parti pudende, pur non avendo egli nulla di pudendo; come da battezzato si conform ai penitenti, pur senza lavare nulla di " penitendo ". Erano appunto convenienti alla carne somigliante a quella del peccato i comportamenti di cui era indigente la carne del

peccato. Quantunque anche la stessa figura nuda del corpo umano, dovunque sia insolita, offende la vista umana. Per questo anche gli angeli che sono apparsi agli uomini con sembianze umane, sono voluti apparire vestiti, come richiedeva la consuetudine umana. Ma se vogliamo ricordare da dove abbia preso origine questa consuetudine, se ne incontra la causa nel primo peccato di quegli uomini che prima di peccare erano decentemente e onestamente nudi nel luogo di tanta beatitudine, non ancora cio confusi dalla loro carne, che a loro disobbedienti fu restituita disobbediente e concupiscente contro lo spirito. Per nulla dunque la veste del Cristo ti aiuta a non essere impudente difensore della concupiscenza della carne. Ci doni venia il Signore! 64. GIUL. Tu vedi quindi che invano hai evocato il peccato, se nelle opere che Dio ha fatto noi confessiamo il dovere di usare il velame che il Signore nostro e istitu quando fece l'uomo e adib quando si fece uomo. Ci doni certo venia la riverenza del Redentore, se per sostenere la verit del mistero e per distruggere le infamie dei manichei parliamo arditamente della sua carne: un tasto che, se non lo esigesse la fede, non lo toccherebbe la modestia della riverenza. AG. Arditamente non parli della carne del Cristo in modo vero, ma infelicemente in modo falso, non per distruggere le infamie dei manichei, come ti lusinghi, ma piuttosto per aiutarle. Se pensi a vincere Manicheo, non voler dire bene ci che male, ma di' donde sia " malo " ci che non puoi far passare per buono. Mentre infatti non vuoi dire con Ambrogio che questo viene dalla prevaricazione del primo uomo 98, certamente fai s che Manicheo si vanti di dire la verit dicendo che viene da un'altra natura estranea. Ancora il mio silenzio sulla concupiscenza. 65. GIUL. Ma costui - tu scrivi - non ha voluto nominare la concupiscenza della carne; tace perch ne ha pudore, e per una meravigliosa, se si pu dire, impudenza di pudore ha pudore di nominare ci che non ha pudore di lodare 99. Dispiace quindi a te che noi sappiamo di dover velare, secondo l'Apostolo, con la necessaria onest le nostre membra pi vereconde 100, seguendo egli in ci il consiglio del Creatore: che quanto egli ha collocato

nella parte segreta del corpo noi ugualmente lo copriamo con un mezzo verecondo. AG. Dici cose mirabolanti: allora Adamo ed Eva seguirono il consiglio del Creatore quando trascurarono il precetto del Signore per seguire il consiglio dell'Ingannatore! Prima infatti di perpetrare questo male, quando erano ancora retti e perfetti, non seguivano il consiglio del Creatore, lasciando nudo quanto egli ha collocato nella parte segreta del corpo e non curandosi di coprirlo con un mezzo verecondo? O uomo impudentissimo, lodare ci che sentirono quando arrossirono peggio che portarlo nudo. Linguaggi di cultura e linguaggi di natura. 66. GIUL. Tuttavia queste diversit di elocuzioni, che tu non solo non imiti ma anche incrimini e che ci aiutano con i loro significati, non le ha trovate la cultura di tutte le lingue, ma la cultura della lingua greca e della lingua latina. Del resto le altre lingue, che si chiamano naturali per il fatto che gli studi successivi non hanno conferito ad esse nulla di ricco o di nitido, usavano semplicemente i semplici nomi delle membra; tant' vero che presso gli Ebrei, nella lingua dei quali contenuta la purezza delle Scritture, tutte le membra sono indicate con i loro vocaboli propri. AG. Ti sbagli di grosso. Come se nella lingua ebraica non esista il linguaggio figurato, dove le parole non sono certamente proprie, bens traslate. Ma questo, comunque stia, come ti aiuta? Senza dubbio nelle sacre Lettere ebraiche si legge sia di quando quei primi uomini erano nudi senza che se ne siano vergognati, sia di quando si sentirono confusi della loro nudit, sia quali membra abbiano coperte 101, perch noi potessimo conoscere che cosa abbiano sentito e di che cosa si siano confusi. Tu, se in questa causa vuoi coprirti l donde ti confondi, taci finalmente. La favola del peccato originale. 67. GIUL. Con la medesima sicurezza con la quale si nominano i piedi e le gambe, si nominano anche i genitali di ambedue i sessi. Noi neppure quando ci suffragava cotesta autorit abbiamo certamente trascurato gli amminicoli di un linguaggio pi pudico, perch, se nelle questioni non c' nessuna costrizione, si espone ad una giustissima riprensione la negligenza del decoro, che si deve rispettare non meno nelle parole che nelle azioni, per quanto la

natura della causa lo consente. Quindi, poich la concupiscenza naturale n ha potuto essere accusata per l'obbrobrio del pudore ed stata difesa per la dignit del suo Creatore, con questo solo fine che, sottratta al diritto dei demoni, fosse collocata tra le opere di colui che ha fatto il mondo e i corpi, non come un bene grande, essendo comune appunto agli uomini e agli animali, ma come uno strumento necessario ai sessi, e poich d'altra parte non accusata da nessuno tranne che da Manicheo e dal suo erede traduciano, appare che svanita tutta la favola del peccato naturale, il cui presidio aderiva tutto alle incriminazioni della natura. AG. Ecco ancora dici concupiscenza naturale, ecco ancora per quanto puoi copri con ambigua veste di parole la tua protetta, perch non si capisca quale concupiscenza essa sia. Perch infatti non dici: " Concupiscenza della carne ", ma dici: Concupiscenza naturale? Non forse vero che la concupiscenza della beatitudine " concupiscenza naturale "? Perch parli ambiguamente? La concupiscenza che hai preso a proteggere chiamala con il suo nome. Che temi? O turbato forse dalla sua causa disperata, hai dimenticato come si chiami? Ma anzi per vigile memoria che non la vuoi chiamare concupiscenza della carne: sai infatti che dalla sua lode sono offesi coloro che nelle Scritture sante non hanno letto questo nome se non nel significato di una realt cattiva. Ma usando cotesto nome e chiamandola concupiscenza naturale tenti di collocarla tra le opere di colui che, come dici tu ed vero, fece il mondo e i corpi, mentre Giovanni dice che la concupiscenza non viene dal Padre 102. Dio fece, s, il mondo e i corpi tutti assolutamente, ma che un corpo corruttibile appesantisca l'anima e che la carne concupisca contro lo spirito non la prima natura dell'uomo quando fu creato, bens la pena conseguente dell'uomo che fu condannato. Non accusata da nessuno - tu dici - tranne che da Manicheo e dal suo erede Traduciano. Godo di ricevere i tuoi insulti in compagnia di coloro che osi incolpare in me e non osi nominare in se stessi. Non accusa forse cos la tua protetta colui che dice che la concupiscenza della carne contro lo spirito si convertita nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo 103 ? E chi costui? appunto Ambrogio la cui fede e purissima interpretazione delle Scritture, come la dichiara il tuo ispiratore Pelagio 104, non os riprendere nemmeno un suo nemico. Contro questo accusatore difendi la tua cliente. A questo mio dottore e al suo elogiatore, che il tuo dottore, impreca quanto puoi a favore della concupiscenza per dimostrare sufficentemente libero e fedele

il tuo patrocinio, quantunque non trovi un altro che arrossisca per lei meno di te. Da dove viene al diavolo il diritto di cogliere come suo il frutto delle nozze? 68. GIUL. E per questo necessariamente ho interrogato che cosa nei sessi riconoscesse di suo, che gli desse il diritto di cogliere il loro frutto, il diavolo, il quale n aveva compaginato la carne, n aveva formato le membra, n aveva dato i genitali, n aveva distinto i sessi, n aveva ordinato il coniugio, n aveva onorato con la fecondit o asperso di volutt l'unione, senza la quale non ci pu essere il coniugio. AG. vero che il diavolo non aveva fatto nessuna di queste realt. Ma aveva persuaso l'animo umano alla disobbedienza, alla quale doveva seguire da parte della carne una disobbedienza penale e pudenda, donde contrarre il peccato originale, che rendesse suddito del diavolo chi nascesse e lo rendesse perituro con il medesimo diavolo se non rinascesse. Concupiscenza della carne e senso della carne. 69. GIUL. Pertanto nel tentativo di ovviare a questi progressivi smantellamenti, con la paura di un cervo e con la frode di una volpe, hai imposto al tuo patrono, a cui indirizzi i tuoi scritti, ci che vai ripetendo: per il senso naturale del corpo, ossia per la concupiscenza della carne, domina sulle opere di Dio e sulla immagine di Dio il principe delle tenebre, mentre sarebbe stato necessario che il senso della carne guardasse al medesimo autore al quale si rivolgeva anche la natura della carne. AG. Ignori come parli. Altro il senso della carne, altro la concupiscenza della carne, la quale concupiscenza sentita dal senso e della mente e della carne; come il dolore della carne non lo stesso senso della carne, ma non si pu sentire il dolore se manca il senso. Pertanto con il senso della carne chiamato tatto si sentono in modo diverso, come tutti gli altri, gli oggetti aspri e gli oggetti lisci; invece con la concupiscenza della carne si desiderano in modo non diverso le azioni illecite e le azioni lecite che si giudicano diverse tra loro non con la concupiscenza, ma con l'intelligenza; n ci si astiene dalle azioni illecite se non si resiste alla concupiscenza. Non si evitano quindi le azioni cattive se non si

frena la concupiscenza cattiva, che da te con orrenda impudenza o piuttosto con demenza detta buona. N arrossisci, n aborrisci di essere arrivato a tanta sconcezza che nessuno si liberi dal suo male se non consentendo al tuo bene. Quindi la concupiscenza della carne, con la quale si desiderano le azioni proibite, non viene dal Padre. Invano pensi o meglio vuoi far pensare che, nel passo dove l'apostolo Giovanni lo ha detto, la concupiscenza della carne stia per la lussuria. Certamente, se non viene dal Padre la lussuria, non viene dal Padre nemmeno la concupiscenza che, acconsentita, concepisce e partorisce la lussuria. A che mira infatti con i suoi movimenti, ai quali abbiamo l'obbligo di opporre resistenza, se non ad arrivare alla lussuria? Com' dunque un bene la concupiscenza che tenta di giungere al male? Com' un nostro bene la concupiscenza che tenta di giungere al male? Questo male quindi, o Giuliano, dev'essere sanato dalla bont divina, non dev'essere lodato dalla vanit, dalla iniquit, dalla empiet umana. Ho lodato la creazione, non il male della concupiscenza. 70. GIUL. Apparisce dunque che tu non hai studiato di rispondere alle obiezioni, ma di illudere in modo miserabile il tuo patrono al quale scrivevi: reputasse che tu avevi mandato gi qualcosa di duro da masticare bene, dopo averlo gi lodato con le concessioni precedenti e con l'istituzione dei corpi. AG. Io ho lodato l'istituzione dei corpi, che buona anche in un uomo cattivo; non ho lodato il male, senza il quale non nasce nessuno, e che tu, rifiutandoti di dire con Ambrogio donde venga, aiuti Manicheo a dire che viene da un'altra natura estranea. Il mio maestro Ges. 71. GIUL. Confesso tuttavia che tu hai riflettuto fin troppo su cosa dire. Apparisce e il tuo ingegno e il tuo studio. Hai ponderato davvero con estrema diligenza che cosa fosse da asserire a favore della traduce del peccato. Nessun altro avrebbe potuto scrivere pi scaltramente a difesa del male naturale. Il che certamente nemmeno tu stesso lo avresti potuto fare con tanta finezza, se al tuo ingegno non fossero venuti in aiuto gli insegnamenti del tuo vecchio maestro. AG. Mi glorio che mio maestro e contro di te e contro Manicheo sia semplicemente Ges, che io confesso - e tu lo neghi - essere il

Ges anche dei bambini, perch per Adamo e in lui perirono tutti 105 , n sono salvati dalla perdizione se non per opera di colui che venne a cercare ci che era perduto 106. Non ho bisogno di Manicheo. 72. GIUL. Hai capito appunto che ai bambini non meritevoli di nulla per conto loro non si poteva addossare nessun crimine senza la condanna dei corpi, e quindi avevi bisogno dell'aiuto di Manicheo, che escludesse dalle opere di Dio la concupiscenza della carne e assegnasse al diavolo come autore tanto le nozze, quanto gli stessi corpi. AG. Io non ho bisogno dell'aiuto di Manicheo, ma piuttosto, combattendo contro di lui, espugno con l'aiuto di Dio l'aiuto che gli presti tu. Il quale aiuto Dio me lo presta anche attraverso suoi amici chiarissimi: non solo i profeti e gli apostoli, dei quali tu, pervertito, tenti di pervertire le parole, ma pure i successivi dottori della sua Chiesa: Ireneo, Cipriano, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Basilio, Giovanni e moltissimi altri, integerrimi nella fede, acutissimi nell'ingegno, ricchissimi nella dottrina, celeberrimi nella fama. I quali tutti, salva la lode dei corpi e delle nozze, hanno confessato il peccato originale, sapendo che il Cristo il Ges anche dei bambini: ci che voi negate empiamente. Egli infatti il suo popolo, nel quale sono compresi anche i bambini, lo salva non dalle febbri e da altri simili malanni o disgrazie: ci che elargisce anche ai non cristiani con la sua bont sovrabbondante su ogni carne; ma dai loro peccati in quanto cristiani 107. Questi cos numerosi e cos grandi figli e padri della Chiesa cattolica, i quali, collocati al suo vertice, le hanno insegnato ci che hanno preso dal suo latte, non ti spaventa dirli manichei e, mentre assalisci quasi me soltanto allo scoperto, incrimini anche loro tanto pi insidiosamente quanto pi obliquamente, tanto pi scelleratamente quanto pi insidiosamente. In questa cos enorme scelleratezza ti condannano assolutamente le tue stesse parole. Contro di me infatti non muovi una calunnia tanto infame se non per questo motivo: del peccato originale io dico ci che costoro dicono. Sono gi con i cattolici. 73. GIUL. Ci dunque per cui ti ha buttato via la verit, ci per cui la verit ti ha evitato, stata la mostruosit della causa che difendi.

Ma se tu volessi passare ai cattolici, quanta eleganza e quanta pi completezza conferiresti sicuramente a ci che noi asseriamo! AG. O fronte linguacciuta, o mente accecata! Ma non sono forse cattolici quelli a cui io aderisco nella societ di questa fede che difendo contro la vanit del tuo dire e del tuo maledire? Cattolici non sono, per tacere di altri e per ripetere i medesimi: Ireneo, Cipriano, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Basilio, Giovanni Costantinopolitano, e cattolici sono Pelagio, Celestio, Giuliano? Osa fare queste affermazioni, se puoi. Se non lo osi, per quale ragione non ritorni tu piuttosto a costoro, dai quali io non recedo? Per quale ragione mi ammonisci di passare ai cattolici? Ecco alcuni luminari cattolici: apri gli occhi. Passa tu a costoro che calunni in me, e subito ti tapperai la bocca e non fiaterai pi contro di me. I tardi d'ingegno donde nascono? 74. GIUL. Sebbene io non osi affermare che tu sia dotato di un ingegno acuto e vigile, perch vedo il tuo giudizio tanto tardo e deforme nella scelta della iniziativa da prendere. AG. Di' donde nascano i tardi d'ingegno - tale infatti non fu creato Adamo - tu che non vuoi che per il suo peccato sia stata cambiata in peggio la natura umana e che ci nuoccia a coloro che nascono in tutti i vizi che patiscono. Stregato da Manicheo. 75. GIUL. Se tu infatti, rimanendo incolume nel modo pi assoluto la fede, tentassi alla maniera della scuola di scuotere verit invitte solamente per dimostrare le forze della tua erudizione, pronto tuttavia a dare la mano ai tuoi uditori al termine del giuoco, approveremmo la tua passione letteraria, ma castigheremmo l'esempio d'irreligiosit. Poich per con una ostinazione turpissima ti sei fatto seguace di un dogma che non ha nemmeno la patina falsa della verosomiglianza, di un dogma che non potete difendere in nessun modo con le testimonianze della legge - che non sono mai in conflitto appunto con la ragione -, di un dogma orrido comunque nella sua empiet, prostrato nella sua stoltezza se non tra gli inguini delle volont, trafitto dall'onest, dalla discussione, dalla legge sacra, si arriva ad una di queste tre conseguenze: o sei intellettualmente acuto come il piombo, o ti porti addosso la fattura operata, come abbiamo sentito dire, dai misteri dei manichei con gli

incatenamenti; o c' da credere che tu soffra dell'uno e dell'altro insieme. AG. Per quanto ti sembri di combattere in nome della ragione contro le testimonianze divine che ti opponiamo, tu non le rovesci, ma esse ti tormentano, perch tu recalcitri contro il pungolo. Di', per quanto puoi, " tra gli inguini delle volont " colui che ti dice non esente dal peccato chi sia stato concepito mediante la mescolanza dei due sessi 108. Ambrogio costui, o Giuliano: a vincerti lui stesso, che non osi negare cattolico e che certamente non sarai mai disposto a dire manicheo. Ma di me anzi tu affermi o che sono di acume intellettuale plumbeo, o che sono stregato da un maleficio di Manicheo, o che soffro di ambedue i mali insieme. Nei riguardi del maleficio di Manicheo o della tua calunnia ti abbiamo gi risposto pi volte e forse ti risponderemo ancora pi opportunamente quando sembrer necessario. Adesso rispondi tu, o eretico loquace, sull'acutezza intellettuale plumbea. Certo non c' nessuno che non vorrebbe, se fosse in potere dell'uomo, nascere con un ingegno vivace e con una intelligenza acutissima, e quanto siano rari questi fortunati chi lo ignora? E tuttavia tutti questi pochissimi, se si confrontano all'ingegno dell'uomo che fu fatto per primo, si giudicano "plumbei ". Allora infatti non era come ora che un corpo corruttibile appesantiva l'anima 109. O il corpo infatti non era corruttibile perch Adamo non era morituro, se non avesse peccato; o se Adamo, come dite voi nuovi eretici, fosse morituro anche se non avesse peccato, non fu tuttavia costituito cos l'uomo che Dio aveva fatto per primo e che non aveva fatto ancora nulla di male, da essere appesantita la sua anima dal suo corpo. Chi potr infatti negare che questa sia una pena, all'infuori di chi pi degli altri appesantito da essa? Se Manicheo dunque interroga donde venga questo male della tardit, non nei corpi, ma negli stessi ingegni umani, dov' l'immagine di Dio, una tardit che giunge gradualmente fino ad una fatuit da ridere o piuttosto da piangere, come ammonisce la Scrittura 110, noi rispondiamo che questi e tutti gli altri mali con i quali non possiamo negare o dubitare di nascere sono da attribuirsi ai peccati dei primi due genitori e degli altri successivi, dal momento che non possono attribuirsi alla volont dei nascenti. Gli altri animali, appunto perch alcuni della loro specie nascono con dei vizi, quale meraviglia che gli spiriti cattivi li ricevano in loro potere, come riceverono in loro potere i porci, stando al Vangelo 111? I quali spiriti maligni possono viziare anche gli stessi semi, come gli uomini possono viziare le membra degli

animali irragionevoli. Si parla degli uomini, nei quali l'immagine di Dio non patirebbe mai le pene dei diversi vizi con i quali li vediamo nascere, perch sarebbero pene ingiuste, se non le avessero precedute i peccati dei generanti. Il che negando voi, e abbandonate la fede cattolica e aiutate il dogma funesto di Manicheo quanto egli non os sperare, cos da sembrargli di essere certo e sicuro nel negare plasmatore degli uomini il vero Dio, e nell'introdurre invece la gente delle tenebre. Verit e iniquit. 76. GIUL. Ma noi non abbiamo nulla da credere degno di ammirazione nel nostro ingegno per il fatto che capiamo che non pu esistere n il peccato senza la volont, n i corpi senza Dio, n i sensi dei corpi senza i corpi, n i matrimoni senza la mescolanza dei sessi, n i nascenti senza l'opera di Dio, e per il fatto che riteniamo indubitato che n possa essere divino quanto si dice ingiusto, n possa dirsi ingiusto quanto divino. Ma non meno delle verit che abbiamo dette riluce l'iniquit di imputare i peccati degli uni ad altri che, non solo non vi acconsentirono, ma allora non esistevano nemmeno. Pertanto, illuminati da questi soli, abbiamo tutto il diritto di disprezzare gli antri dei manichei, i quali reputano o che possa esistere il peccato senza la volont, o che gli uomini non vengano fatti da Dio, o che ad un autore appartenga il senso dei corpi e ad un altro appartengano i corpi, o esista un dio che sia oppresso dai crimini delle iniquit, o la scelleratezza dell'iniquit tenga schiavo colui che stimato Creatore eterno di tutto, o ci sia un'ombra di giustizia nell'attribuire alle nascite degli uni le volont degli altri. E per questo noi imputiamo i meriti alle opere delle parti e non alle doti naturali. AG. Ti ho gi risposto per tutte queste tue affermazioni, n sono esse confermate contro di me per il solo fatto che sono tanto spesso e tanto odiosamente replicate da te. Di' piuttosto, se puoi, per quale ragione gli ingegni umani nascano cos frequentemente con tanta viziosit, quando tra noi siamo d'accordo che plasmatore di tutto l'uomo il Dio giusto e voi negate qualsiasi peccato originale. Tu per non diresti che noi imputiamo agli uni i peccati degli altri, agli uni che ivi non furono quando i peccati si commisero, se tu ti rammentassi che, com' scritto, nei lombi di Abramo c'era Levi, quando dal medesimo Abramo ricev le decime Melchisedech, antistite dell'eccelso Dio 112. Vedresti allora, se non ti

accecasse la pervicacia, che nei lombi di Adamo ci fu il genere umano quando egli perpetr quel grande peccato. Di' quello che ti piace! 77. GIUL. Ma per tornare alla nostra causa, al punto dove avevi detto di me: Per questo non volle nominare la concupiscenza, che non viene dal Padre, ma dal mondo, del quale mondo stato detto principe il diavolo. Questi non trov la concupiscenza nel Signore, perch il Signore non venne uomo tra gli uomini attraverso di essa 113 . Dove c' da notare che mentre parlavi di una tendenza naturale e dopo che avevi detto che essa viene dal mondo, hai soggiunto che bisogna credere il diavolo principe di tutto il mondo, con la conseguenza che tu riconoscevi il diavolo autore, non degli atti volontari, ma delle realt naturali, e certamente delle nature. AG. Dove io ho messo concupiscenza della carne tu hai tolto della carne, come ho detto io, e dove io ho detto del quale mondo stato detto principe il diavolo tu hai aggiunto di tutto il mondo e hai detto: Principe di tutto il mondo, come non ho detto io. Agisci come ti piace, di' quello che piace a te o piace anche a coloro ai quali piaci tu. Io ho detto concupiscenza della carne, che Giovanni fa provenire non dal Padre, ma dal mondo 114, cio dagli uomini che nascono nel mondo, perituri se non rinascono nel Cristo. Questa concupiscenza della carne non lussuria, se si resiste ad essa, ma lo quando si porta ad esecuzione, ossia quando giunge dove sospinge. Tant' vero che anche l'apostolo Paolo scrive: Camminate secondo lo Spirito e non portate ad esecuzione i desideri della carne 115 . Non dice: Non abbiate. Sapeva appunto che noi riceveremo certamente questo dono, ma esso non della vita presente. Io vi ho detto il diavolo principe del mondo nel senso in cui lo appella cos la divina Scrittura 116, non come sospetta o calunnia la tua falsit. Non ho detto pertanto il diavolo autore delle nature, bens principe del mondo, ossia di questi uomini dei quali nell'orbe delle terre pieno il mondo; uomini che nascono nel mondo e che non rinascono nel Cristo. Da quelli che rinascono nel Cristo il principe del mondo buttato fuori: il che significano i misteri, quando anche i bambini da battezzare si esorcizzano e si essufflano. A questi fatti rispondi, se puoi. Non volere che il lettore svanisca nel vento della tua loquacissima vanit e si distragga e si distolga dall'argomento che si tratta. Di', se osi, che un bene concupire il male. Di' che non vengono certamente dal Padre le cattive azioni, ma che viene

dal Padre la concupiscenza delle cattive azioni. Di' che il diavolo non stato appellato principe del mondo. Di' che non si dicono mondo gli uomini esistenti nel mondo. Di' che come mondo non si possono intendere nel male gli uomini privi di fede, dei quali nell'orbe delle terre pieno il mondo, e che a loro volta siano parimenti chiamati mondo nel bene gli uomini che hanno la fede, dei quali bench meno numerosi, tuttavia anche di essi pieno il mondo nell'orbe delle terre, come non assurdo che un albero pieno di frutti si dica pieno anche di foglie. Di' che i bambini, quando si battezzano, non si sottraggono al potere delle tenebre e che con grave offesa di Dio in tutta la Chiesa cattolica le immagini di Dio si esorcizzano e si essufflano. Oppure di' che i bambini sono posseduti dal diavolo senza nessuna obbligazione di peccato. Se farai queste affermazioni, ti scoprirai subito; se non oserai farle, nemmeno cos ti coprirai. Da ci che disse possiamo intendere ci che non disse. 78. GIUL. Dopo aver dunque parlato cos, hai concluso: Perci anche il Signore stesso dice: "Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla" 117, e hai aggiunto di tuo: Certo nulla del peccato: n del peccato che contratto da chi nasce, n del peccato che aggiunto da chi vive. Dimostra dunque che il Signore abbia detto nel Vangelo di non avere il peccato che contratto da chi nasce. AG. Dimostra tu che il Signore abbia detto di non avere la macchia senza la quale Giobbe dice che non c' nemmeno un infante di cui la vita sulla terra sia di un giorno soltanto. E tuttavia dove dice: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trover nulla, noi non intendiamo nemmeno la stessa macchia, se intendiamo bene. Infatti se da ci che disse non si deve intendere ci che non disse, nemmeno nomin il diavolo, ma il principe del mondo. E in me, disse non trover nulla. Non disse: In me non trover il peccato. E tuttavia diciamo le verit che non disse, ma intendendole dalle verit che disse. Ges super sempre il diavolo. 79. GIUL. Perch imbrogli le anime infelici, spacciando come indicato quello che non indicato? Il Signore dice nel Vangelo: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla 118.

certo che il diavolo non trov in lui nessuna traccia di peccato, perch il diavolo fu superato in tutte le tentazioni che gli mosse o quando ebbe fame o dopo quando predic. Confessa dunque il Salvatore che il diavolo non sorprese nulla del peccato in lui. Nel quale lo avrebbe certamente trovato, se qualcosa del peccato si contraesse dalla condizione della carne, perch egli pure era stato fatto da una donna, che discendeva dal seme di Davide e dalla stirpe di Adamo. AG. Ma la Vergine non lo aveva concepito mediante la concupiscenza della carne e perci pass in lui la propaggine della carne senza la propaggine del peccato, cos da esserci in lui non la carne del peccato, ma una carne somigliante a quella del peccato, una carne che avrebbe salvato la carne del peccato. Perci Adamo prima di peccare non ebbe n una carne del peccato, n una carne simile alla carne del peccato, perch non era morituro se non avesse peccato; ma dopo che pecc la carne del peccato, cominci subito a generare la carne del peccato, perch la gener mediante quella concupiscenza della carne che prima del peccato o non esisteva in lui o non resisteva allo spirito: tant' vero che non si vergognava affatto di essere nudo. Ma il Cristo, poich non nacque mediate quella concupiscenza della carne, nacque senza il peccato che contrae ogni carne del peccato e nacque senza avere la carne del peccato, la quale senza dubbio la ragione per cui muoiono tutti. Ma tuttavia mor anch'egli per la carne simile alla carne del peccato. Infatti se non moriva nemmeno, non solo non avrebbe la carne del peccato, come non l'aveva, ma mostrerebbe di non avere nemmeno una carne somigliante a quella del peccato, che aveva presa per la nostra salvezza. Quindi tu che non puoi negare che il Cristo sia venuto non nella carne del peccato, ma in una carne certamente vera e tuttavia simile alla carne del peccato, devi dimostrare l'esistenza della carne del peccato, poich se non c' la carne del peccato, non c' certamente nemmeno la carne simile alla carne del peccato. Ma poich soltanto il Cristo ebbe una carne simile alla carne del peccato, senza che essa fosse la carne del peccato, non essendo egli nato dalla mescolanza dei sessi, che cosa resta se non che sia carne del peccato la carne di tutti coloro che nascono da tale mescolanza e appartengono al mondo, di cui principe il diavolo e che da quel male non sono liberati se non rinascono nel Cristo? O reo o non uomo.

80. GIUL. Avrebbe dunque trovato il diavolo nel Cristo il peccato naturale, se ne esistesse qualcuno, e terrebbe assoggettato a s il suo corpo, se lo avesse avvelenato o nel primo genitore o nella stessa genitrice. N avrebbe importanza che per le condizioni della sua materia risultasse tardiva e inefficace l'intenzione della volont: combattendo contro la natura non espierebbe chi nato, ma esaspererebbe il tiranno, a parte il fatto che non poteva essere libera la volont, se fosse stata schiava la natura. Se dunque c'era il peccato nel senso e nella condizione della carne stessa, se la stessa natura degli uomini apparteneva al dominio del demonio, il Cristo o doveva diventare reo, o non doveva diventare uomo. Dunque se si ascrive la maledizione alla natura della umanit, anche al Cristo che si fece carne per abitare tra noi o si dar il crimine o si toglier l'umanit. AG. N si dar il crimine a lui, nel quale il principe del mondo non pot trovare nulla del peccato, n si toglier l'umanit a colui nel quale c'era e l'anima e la carne umana, quantunque essa non fosse la carne del peccato, ma una carne simile alla carne del peccato. In Ges n la carne, n il peccato. 81. GIUL. Le quali operazioni le fece ambedue Manicheo, che, avendo fantasticato la presenza per natura del male nella carne, disse che nel Cristo non ci fu la carne, per non confessare che in lui ci fosse stata l'iniquit. AG. L'eretico manicheo nega la carne del Cristo, l'eretico pelagiano vuole uguagliare la carne del Cristo alla carne del peccato, il cristiano cattolico distingue dalla carne del peccato la carne che le assomiglia, per non bestemmiare contro la carne del Cristo. Nulla del peccato. 82. GIUL. Ma la fede cattolica annient Manicheo su ambedue le sponde: dichiarando cio che il male non esiste per natura nella carne e che quindi al Cristo n manc nulla della umanit, n si accost nulla della iniquit. Conscio dunque della propria condotta, il Cristo grida: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla 119; certamente nulla che potesse accusare, perch non poteva il diavolo infamare la natura, la cui volont non aveva piegata ai peccati.

AG. Ma anzi nulla del peccato: n di quello che contrae chi nasce, perch il Cristo non fu concepito in nessuna iniquit; n del peccato che aggiunge chi vive, perch il Cristo non fu ingannato da nessuna tentazione. Dei quali due aspetti per il primo leggiamo: Nelle iniquit sono stato generato 120, e per il secondo supplichiamo: Non c'indurre in tentazione 121. L'uomo creato buono, fu persuaso al male dal diavolo. 83. GIUL. La stessa volont del Cristo fu per il diavolo anche la causa di tentarlo, perch secondo lo stile della sua arte lo voleva prendere con la persuasione, non potendo il diavolo viziare nessuno creandolo. AG. Non vizia creando il diavolo che non crea nessuno, ma suadendolo vizi l'uomo che trov creato buono. Non infatti autore della natura, che creata nell'uomo dalla bont di Dio, ma della colpa, con la quale l'uomo nasce dai suoi genitori attraverso la propaggine dei primi uomini viziati. Che meraviglia poi se il diavolo tent il Cristo, nel quale non c'era la carne del peccato? La quale non c'era nemmeno in quelli che il diavolo tent e fece cadere per primi. Mediante la concupiscenza della loro carne, di cui si confusero, fu propagata la carne del peccato, che da questo male sarebbe stata sanata dalla carne simile a quella del peccato, immune da ogni male. Il Verbo si fece uomo, non un uomo si fece Verbo. 84. GIUL. Perci l'incarnazione del Cristo protegge l'opera della sua divinit. Egli portando a me la mia natura e la sua volont, di cui mi offriva specchio e regola, e dichiarando che il diavolo non aveva trovato in lui nulla del peccato, mostra che la colpa non si riceve dalla creazione della carne, ma solamente dalla volont. Inoltre, come in nessun luogo delle Scritture si legge che il Cristo si sia sottratto al peccato che sapeva contrarsi dai nascenti, cos si insegna anche con chiara testimonianza che la giustizia dell'uomo assunto da lui non era costituita dalla diversit della natura, ma dall'attivit della volont. AG. In nessun luogo stato scritto - tu dici - che il Cristo si sia sottratto al peccato che sapeva contratto dai nascenti. In che modo infatti si sarebbe sottratto ad un peccato che non aveva contratto, ma dal quale era venuto a salvare coloro che lo contrassero?

Perch, ripeto, si sarebbe sottratto egli stesso ad un peccato, al quale nessuno si sottrae se non quando si rifugia nel Cristo stesso? Dici altres: Si insegna pure con chiara testimonianza che la giustizia dell'uomo assunto da lui non era costituita dalla diversit della natura, ma dall'attivit della volont. Ma proprio vero che il Cristo non ebbe nella sua natura nemmeno questo di diverso: nascere dalla Vergine cos da essere subito non solo figlio dell'uomo, ma anche Figlio di Dio? Dunque mai vero che quest'assunzione, la quale fece di Dio e dell'uomo una sola persona, non sia valsa nulla a quell'uomo per l'eccellenza della sua giustizia, che tu dici costituita per lui dalla sua attivit volontaria? mai possibile che la difesa del libero arbitrio contro la grazia di Dio vi travolga tanto da farvi dire che anche lo stesso Mediatore merit con la sua volont di essere l'unico Figlio di Dio e che falso ci che professa la Chiesa intera di credere in Ges Cristo, Figlio di Dio Padre onnipotente, unico nostro Signore, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria? Secondo voi infatti non fu assunto dal Verbo di Dio un uomo per farlo nascere dalla Vergine, ma un uomo nato dalla Vergine progred poi con la virt della sua volont e si fece assumere dal Verbo di Dio, non un uomo che ebbe tale e tanto grande volont da quella assunzione, ma un uomo che per tale e tanta volont arriv a quella assunzione: n il Verbo si fece carne nell'utero della Vergine, ma successivamente per il merito di quello stesso uomo e per il merito della sua virt umana volontaria. Da questo vostro errore ne segue anche un altro: come voi credete che quell'uomo sia stato assunto dal Verbo perch lo volle quell'uomo, cos segue che crediate che molti abbiano potuto essere assunti in tale modo, se anch'essi lo avessero ugualmente voluto, o possano essere assunti se lo vogliono, e che quindi dipende dalla pigrizia della volont umana che quell'uomo sia unico, mentre potrebbero essere di pi gli uomini assunti, se gli uomini lo volessero. Se fate queste affermazioni, dov' la vostra fronte? Se non le fate, dov' la logica della vostra eresia? Concordi tra loro Ges e Pietro. 85. GIUL. L'apostolo Pietro infatti scrive: Il Cristo mor per noi, lasciandovi l'esempio perch ne seguiate le orme: egli non fece peccato e non si trov inganno sulla sua bocca 122. Certamente la sentenza dell'Apostolo concorda con la voce del Signore. Questi dice nel Vangelo: Viene il principe di questo mondo e in me non trova nulla 123. Questa medesima dottrina la trasmette il maestro

della Chiesa e dice che nel Cristo non ci fu nessun delitto; ma con una verace attestazione trasmette per quale ragione non abbia avuto il peccato. Perch - dice - non fece peccato. Non ha detto: Perch non prese il peccato, ma dice: Perch non fece peccato. AG. Esatto: Colui che non contrasse il peccato originale, non ebbe nessun peccato, perch non lo fece; come lo stesso Adamo, poich non ebbe il peccato originale, non avrebbe avuto nessun peccato, se non lo avesse fatto. Pietro non ebbe sentore del peccato originale. 86. GIUL. Ma se ci fosse nella natura un crimine, sarebbe sbagliata la sentenza di Pietro, che evidentemente aveva giudicato sufficiente alla testimonianza di una santit senza macchia l'esclusione di crimini dalle azioni del Cristo, mentre si crederebbe che abitasse in lui il peccato a causa di un virus naturale. Quindi se Pietro avesse avuto qualche sentore del male naturale, sarebbe stato pi attento e pi preciso nel ricordare questo punto, cos da scrivere: Il Cristo ci lasci l'esempio, perch n fece peccato, n accolse il peccato che noi contraiamo nascendo; e cos seguitasse giustamente a dire: " Non si trov inganno sulla sua bocca ". Ma se avesse pensato cos, non avrebbe mai fatto menzione dell'esempio: come avrebbe potuto infatti additarlo all'imitazione degli uomini, se la natura della carne esterna lo avesse discriminato e se la diversit della sostanza avesse contestato la " censura " del suo magistero? AG. Come tu non dica nulla lo capiscono certamente gli altri, se non lo capirai tu. L'apostolo Pietro, proponendo appunto agli uomini nel Cristo l'esempio da imitare, che bisogno aveva di dire qualcosa del peccato originale, quasi che uno imitando il Cristo potesse ottenere di nascere senza il peccato originale, come pot nascere lui? Altrettanto imitando il Cristo non poteva ottenere di nascere alla maniera di lui dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. Quindi perch imitiamo il Cristo viene formata la nostra volont, ma perch ci liberiamo dal male originale viene rigenerata la nostra natura. A uomini tarati dal peccato naturale non era proponibile l'imitazione di Ges. 87. GIUL. A questo si aggiungeva che l'opinione del peccato naturale non solo toglieva la forza dell'emulazione, ma rimarcava la

frode della lode tributata al Cristo. Con quale gravit infatti, con quale faccia si diceva che non si trov inganno sulla sua bocca, quando, se fosse venuto in una condizione di carne diversa dalla nostra, si dimostrava colpevole d'aver commesso un cattivo inganno, non solo insegnando, e questo sarebbe meno grave, ma anche nascendo, e questo sarebbe pi grave? Quale mostruosit sarebbe stata appunto che gli altri uomini, costituiti nel male naturale e nel regno del diavolo, peccanti sotto la pestifera necessit di una tabe innata o schiavi per natura della legge del peccato regnante nelle loro membra, egli li incitasse, anche con minaccia di pena, alla sua emulazione e comandasse la sua giustizia ad uomini di quella carne, dal cui male era stato talmente atterrito che, pur avendo voluto esprimere sotto la sua apparenza il modello dell'onest, tuttavia evitava la verit della sua natura! Quanto pi giustamente l'infermit dei peccatori e la sicurezza dei coatti direbbe a lui: Quando godiamo buona salute, tutti diamo buoni consigli ai malati. Se tu fossi come noi, la penseresti molto ma molto diversamente! A che cosa ha giovato dunque la vostra empiet? Il suo necessario risultato evidentemente questo: se si crede che nella nostra carne ci sia per natura il peccato, o anche il Cristo assunse questa carne ed soggetto a questo male, o non la assunse ed impigliato in una iniquit insolubile, non certo della nativit, che sembra mendace in lui, ma tuttavia di una frode volontaria. E poich tutto questo rivestito delle sordide squame di cos grandi bestemmie da non potersi esporre senza orrore, nemmeno nel dilaniarlo, la dignit del Mediatore protegga il suo esempio, la sua attivit e la nostra fede. Questa fede, rivendicando la verit sia con le parole di lui, sia con le parole del suo apostolo Pietro, non cessa mai di predicare che il Cristo, vero uomo, assunse dalle viscere di Maria una carne della nostra medesima natura e, quantunque fosse uomo vero in tutto, non ebbe nessun peccato. Per indicarlo bast a Pietro l'affermazione che egli non fece nessun peccato, insegnando che non lo poteva avere chi non lo avesse fatto. Non si trov inganno nella sua bocca: ai compartecipi della sua natura, interamente creata da lui, egli offr l'esempio della santit. E cos risulta che il peccato innato non esiste, per il fatto che non lo ebbe il Cristo, il quale, salvo anche l'onore della sua divinit, a questo fine si fece carnale per essere da noi imitabile. AG. E che allora, o uomo eloquente e poco sapiente, se gli uomini dicessero al Cristo: Per quale ragione ci viene comandato di imitarti? Siamo nati forse noi dallo Spirito Santo e dalla Vergine

Maria? Infine, potremmo mai avere tanta virt quanta ne hai tu, che sei uomo in modo da essere insieme anche Dio e per questo coeterno al Padre e onnipotente alla pari dell'Onnipotente? Non doveva dunque nascere cos o non doveva essere assunto cos in unit di persona dal Verbo di Dio, perch agli uomini che non lo volessero imitare non si desse tale pretesto? Ma come egli stesso propose a noi di imitare il Padre, che certamente non mai stato uomo, e lo imitano senza danno e senza negazione della sua divinit tutti coloro che con la sua grazia lo vogliono e lo possono, cos da amare i loro nemici, da beneficare coloro che li odiano, n gli dicono: Tu lo puoi, perch sei Dio e perch i tuoi nemici non ti possono nuocere in nulla; ma noi siamo uomini deboli e ci viene comandato di amare quelli che con le loro persecuzioni ci infliggono mali tanto numerosi e tanto grandi; cos non dicono al Cristo i suoi imitatori: Non possiamo fare le azioni che ci esorti a fare con il tuo esempio, perch la tua eccellenza molto pi forte della nostra debolezza. Pertanto, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, non per questo avrebbe dovuto avere la concupiscenza per concupire con essa i mali, anche senza portarli ad esecuzione resistendo ad essi, perch gli uomini non gli dicessero: Abbi prima le cattive cupidit e vincile, se puoi, perch noi possiamo imitarti vincendo le nostre. Inoltre che dici, Giuliano, di colui che scrive: Non quello che voglio, io faccio, ma quello che detesto 124, e che voi asserite pressato fino a cotesta necessit non dalla concupiscenza con la quale nato, ma da una cattiva abitudine? Forse a tali uomini non ha proposto il Cristo se stesso come esempio da imitare? Li ha forse disprezzati e li ha voluti esclusi dal seguire le sue virt? Se dunque gli dicessero: Tu non sai quello che soffriamo per il peso dell'abitudine che ci opprime; tu non sei oppresso e per questo parli; facile a tutti noi, quando godiamo buona salute, dare buoni consigli ai malati! Ti piacerebbe forse che anche il Cristo fosse oppresso da tale abitudine e la superasse, per togliere ogni scusa e farsi imitare da simili uomini? Oppure gi riderai dei tuoi vaniloqui e tacerai con noi? Un testo di Girolamo. 88. GIUL. Ma soddisfatte ormai tutte queste esigenze del caso, si presta ora l'occasione di chiamarti in giudizio per un poco almeno a dire con quale presunzione, tu che esalti gli scritti di Girolamo, dici che nel Cristo non ci fu peccato, quando egli al contrario nel Dialogo che compose sotto i nomi di Attico e Critobolo, con una

meravigliosa venust conveniente a tale fede, valendosi anche della testimonianza di un quinto Vangelo 125 che dice di avere tradotto, cerca di dimostrare che il Cristo ebbe non solo il peccato naturale, ma altres il peccato volontario, a causa del quale riconobbe di doversi lavare con il battesimo di Giovanni. Anche per un'altra testimonianza dell'evangelista Giovanni cuce addosso al Cristo l'accusa di falsit 126. In quel Dialogo nell'Epistola che indirizzasti ad Alessandria meni tale vanto da dire che Pelagio, investito da Girolamo con valanghe di testi scritturistici, non ce le fa a rivendicare il libero arbitrio. Viceversa quel personaggio cattolico, che era stato investito, replic a quel Dialogo. Ma per il momento io ne ho rievocato il ricordo unicamente perch tu riconoscessi che non sei in consonanza non solo con le Scritture sante, ma nemmeno con gli stessi " pali " di sostegno della tua dottrina. AG. Se tu avessi riportato le parole di Girolamo, potrei forse mostrare in che modo si dovrebbero intendere, senza la bestemmia che tu tenti di addebitargli. Se poi io non lo potessi, non giudicherei tuttavia ripudiabile la fede di lui, che egli ebbe comune con altri illustrissimi dottori della Chiesa cattolica per il fatto che si trovasse, se pur si trovasse, che abbia detto qualcosa non in consonanza con loro. Questo fatto per mi basta contro di te nei riguardi della personalit di Girolamo che, mentre egli ha del peccato originale un modo di sentire che tu avversi tanto da chiamarlo manicheo, non osi tuttavia chiamare manicheo lui stesso. Dove apparisce che tu sei ingannato dall'imprudenza, ma calunni me con la tua impudenza. Io per la verit non ho opposto a te una sentenza di Girolamo, bens una sentenza di Ambrogio, n ricordandola con parole mie, ma esprimendola con le parole di lui 127, dove dice che il Cristo in nessun altro modo avrebbe potuto essere esente dal delitto, se non fosse stato esente da quella concezione che opera la mescolanza tra l'uomo e la donna. Dove ti avvedi della conseguenza: se per questa sentenza sono manicheo io, lo sia pure Ambrogio; ma poich egli non lo , nessuno faccia essere o faccia sembrare manicheo cotesta sentenza. Pur vedendo questa conseguenza - non infatti tale che tu non la possa vedere o possa non vederla -, tanto tuttavia sei abbandonato dalla bont della causa da calunniarmi con il nome di manicheo, non per ignoranza imprudente, ma per fallacia impudente. Per istruire e per guarire.

89. GIUL. Tu infatti nel vituperare porci e capre abbandoni i manichei, ai quali ti accompagni nell'incriminare la natura umana e con i quali anche elimini nel Cristo non l'apparenza della carne, ma il valore dell'esempio. Provvisoriamente rimuovi a parole anche il peccato naturale dal Cristo, per non sembrare di porre pure lui sotto il potere del diavolo, come non fece perfino lo stesso Manicheo. Ma lodi Girolamo che non teme di bestemmiare tanto da dire che erano familiari al Cristo anche i crimini volontari. Cos, rigirandoti senza ribellarti tra le svariate immondezze e fandonie dei tuoi amici, solo nei riguardi dei cattolici ti lasci andare ad ingiurie, perch dicono che Dio non autore del male, che gli uomini creati da lui non sono cattivi per natura, che le leggi di Dio sono giuste, che l'immagine di Dio pu stare lontana dal male e fare il bene, che il Cristo non commise nessun peccato o nelle membra o nei precetti o nei giudizi. E perci, se tu ti inasprisci al sentire affermata la verit, noi tuttavia crediamo che le persone prudenti possano essere istruite e che anche taluni di quelli che sono stati feriti dalle tue menzogne possano essere guariti. AG. Sull'esempio del Cristo ti ho risposto sopra che per un verso non ne dobbiamo negare l'eccellenza per la quale, sebbene fosse un uomo integrissimo e tuttavia nato dallo Spirito e non concepito da carne concupiscente, condusse qui al di sopra di tutti gli uomini la vita pi giusta; per un altro verso non dobbiamo a causa di tale eccellenza esimerci dall'impegno d'imitarlo secondo il nostro stato. Non imitano infatti il suo celibato i coniugi cristiani, e tuttavia lo imitano per evitare gli adultri e tutte le unioni illecite. N, se lo imitano ancora di pi coloro che conducono santamente una vita celibe, lo possono per questo imitare anche nel fatto che egli non solo non fece azioni illecite, ma non le concup nemmeno. Ma ogni concubito illecito per una santa vita celibe, alla quale non lecito nemmeno il concubito coniugale. Che meraviglia dunque se, nato dallo Spirito e dalla Vergine, non ebbe in s nessun male? Chi per, se non travolto da mali ancora pi gravi, negher che esista un male contro il quale anche i santi pregano quotidianamente il Padre per l'insegnamento dello stesso Signore? Quando infatti diciamo: Non ci indurre in tentazione 128, noi preghiamo Dio contro la nostra concupiscenza, poich ciascuno tentato dalla propria concupiscenza, che lo attrae e lo seduce 129. Il Padre dunque che noi preghiamo, ci tenga lontani dall'audacia di dire che non viene certamente dal Padre il male a cui ci trae la concupiscenza della carne, ma viene dal Padre la concupiscenza stessa che ci trae al

male, o che male ci a cui trae la concupiscenza, ma non male la stessa concupiscenza che trae. Ora, se la Verit grida che la concupiscenza un male, logicamente colui che nacque senza nessun male non aveva la concupiscenza, e quindi come non commise il peccato, cos non lo concup nemmeno. Noi pertanto quando non facciamo il peccato, imitiamo il Cristo, non perch non abbiamo la concupiscenza del peccato, ma perch non consentiamo ad essa, quantunque noi imitiamo il Santo dei santi quando viviamo bene, cos da non mancarci il motivo di dire nella nostra orazione: Rimetti a noi i nostri debiti 130. Quanto poi a Girolamo, io non l'ho lodato nel modo in cui Pelagio ha lodato Ambrogio, dicendo che nemmeno un suo nemico os mai riprendere la sua fede e la sua purissima intellezione delle Scritture 131. Conseguentemente se qualcosa mi dispiace, io lo riprendo tanto negli scritti di un amico, quanto nei miei scritti. Ma altro per un cattolico errare in una qualche verit, altro fondare o ritenere perfino l'eresia di un grande errore. Ambasciatore dei manichei. 90. GIUL. Ma bastino queste osservazioni su questo punto. Veniamo ora all'argomento dove si concentra gran parte del nostro interesse, dalla cui potenza " esaminato ed esanimato " l'ambasciatore dei manichei ha tirato fuori documenti tanto di fedele risposta, quanto di elegante genialit. Dopo infatti avere citato e approvato senza nessuna innovazione le mie parole riferite sopra da me, giunse al luogo dove si stava completando la trattazione che avevamo promessa. Domandavo io appunto per quale causa fossero sotto il diavolo gli uomini creati da Dio e ho risposto a nome suo: A causa del peccato e non della natura; poi ho replicato di mio: Ma, lo ammetti tu stesso, come non pu esserci il feto senza i sessi, cos nemmeno il delitto senza la volont. Hanno quindi al tempo del loro concepimento la volont i bambini che non hanno ancora l'anima, o hanno al tempo della loro nativit la volont coloro che non hanno ancora l'uso della ragione. Giunto dunque a questo passo, ha citato dalla nostra replica queste parole solamente: Ma come non pu esserci il feto senza i sessi, cos nemmeno il delitto senza la volont; e ha risposto: Proprio vero, proprio esatto. Infatti " a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, perch tutti peccarono in lui " 132. Per la cattiva volont di quell'uno peccarono tutti in lui, quando tutti erano quell'uno, dal quale perci

i singoli uomini trassero il peccato originale 133. Esorto quindi il lettore ad esaminare attentamente il nostro conflitto. Che ti ha giovato, o eruditissimo tra i bipedi, non citare la mia sentenza al completo? Sebbene nella parte soppressa da te si trovasse la spiegazione di quanto avevo detto precedentemente, tuttavia anche nella obiezione che ti sei fatta ne rimane ugualmente tutta la forza. Con fedelt appunto, come ha manifestato anche il tuo consenso, io ho messo quanto tu sei solito controbattere e, interrogando per quale causa sarebbero sotto il diavolo i bambini creati da Dio, ho risposto in tua vece: A causa del peccato e non della natura. Tu vedi certamente che qui io non ho commesso nessuna frode. Ho detto quello che sulla bocca di un traduciano, sebbene non sia nel dogma traduciano. Contro di ci io ho ribattuto: Ma come non pu esserci il feto senza i sessi, cos nemmeno il delitto senza la volont. Tu questo mio testo l'hai diviso con sfacciata frode. Citando infatti ci che avevamo detto, ossia che, come non c' il feto senza i sessi, cos non c' il delitto senza la volont, tu hai taciuto quello che seguiva sulla volont dei bambini e rispondi: Proprio vero, proprio esatto. Infatti " a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo " 134 e per la cattiva volont di quell'uno peccarono tutti in lui. Questo forse rispondere? Questo forse ragionare? Questo infine forse rispettare almeno il buon senso? Si deride certamente dagli eruditi l'astuzia dei sofismi, dove con il doppio senso delle parole si raggira la semplicit dell'interlocutore; ma quegli stessi sofismi, sebbene non siano solidi per mancanza di verit, tuttavia si colorano di una vernice di urbanit. Quale mostro invece questa vostra discussione, che non n solida per mancanza di verit, n elegante per mancanza di arguzia nel sofisma! Certamente io ho detto che non pu esserci il peccato senza la libera volont: il che concesso, sfuma il dogma di voi che reputate esserci nella natura degli uomini un delitto senza nessuna volont da parte di coloro che ne sarebbero rei. AG. Da quella tua opera io avevo letto solo quanto conteneva la cartella che mi fu mandata. Dopo infatti, quando trovai i tuoi libri dai quali quell'estratto era stato fatto non so da chi, risposi a tutti i tuoi testi. Ma anche noi diciamo che non pu esserci il peccato senza la libera volont, n per questo tuttavia sfuma, come dici tu, il nostro dogma con il quale asseriamo l'esistenza del peccato originale, perch anche a questo genere di peccato si giunse mediante la libera volont: non la volont propria di chi nasce, ma la volont di colui nel quale tutti esistevano originariamente quando

egli con la sua cattiva volont vizi la natura comune. Non dunque che i bambini al tempo del loro concepimento o al tempo della loro nativit abbiano la volont di peccare, ma quell'uomo al tempo della sua prevaricazione commise quel grande peccato con la sua libera volont, dalla quale la natura umana contrasse cos il contagio del peccato originale che con piena verit un santo scrittore ha potuto dire: Nella colpa sono stato generato 135, e un altro parimente santo: Chi puro da ogni macchia? Nemmeno un bambino di un giorno solo di vita sulla terra 136. Questi oracoli della verit scherniscono la vanit della tua loquacit. Non senza la volont di Adamo il peccato originale. 91. GIUL. Con quale impudenza dunque tu per un verso approvi la mia sentenza e per un altro verso non abbandoni il tuo dogma, quando le sentenze delle due parti non possono minimamente conciliarsi tra loro, allo stesso modo che affermazioni opposte non possono spartirsi tra loro la verit? Come dunque io, se ammettessi l'esistenza del peccato naturale, avrei dovuto troncare prima con il diritto della sentenza che riconosce non poterci essere il peccato se non nella libera volont, cos tu dalla parte opposta nel riconoscere che ho detto bene io dichiarando inesistente il peccato senza la volont, avresti dovuto rigettare subito quella tua opinione per la quale credevi esistente il peccato naturale. AG. Altro che senza la libera volont non possa esserci il peccato, ci che diciamo anche noi, perch nemmeno il peccato originale sarebbe potuto esistere senza la libera volont del primo uomo; altro che, usando le tue stesse parole, non possa esserci il peccato se non nella libera volont: ci che noi non concediamo. Infatti il peccato originale non nella volont di chi nasce, ma non nemmeno nella stessa volont del primo uomo, bench non potesse esistere quel peccato senza la stessa volont del primo uomo. Altro dunque dire: Non pu esserci il peccato senza la volont, altro dire: Non pu esserci il peccato se non nella volont. Se infatti giusto dire: Senza la concezione non pu esserci il parto, non per questo ugualmente giusto dire: Non pu esserci il parto se non nella concezione. Ma questo cos diverso che non pu esserci n il parto nella concezione, n la concezione nel parto. Quanto al peccato invece, esso pu essere nella volont, come fu nella volont del primo uomo, e pu esistere anche fuori dalla volont, come il peccato originale di qualsiasi neonato,

peccato che non assolutamente nella volont di nessuno, ma non senza la volont di quel primo uomo. Anche quel santo che disse a Dio: Sigillasti i miei peccati in un sacchetto e notasti se feci qualcosa contro la mia volont 137, non ebbe certamente nella sua volont il peccato che commise contro la sua volont. E che dire di colui che scrive: Io non compio il bene che voglio, e aggiunge subito: ma il male che non voglio io compio 138? C' forse da dire che ha il peccato nella volont, secondo l'opinione stessa di voi che volete far capire che costui costretto dalla forza della consuetudine a peccare nolente? Smetti dunque di approfittare della vicinanza tra le formule per strisciare di soppiatto e oltrepassare furtivamente il limite, cos che, dicendo noi che non pu esistere il peccato senza la libera volont, tu affermi che noi diciamo che non pu esistere il peccato se non nella libera volont. Come se noi dicessimo: Non ci possono essere i carboni senza il fuoco, e tu affermassi che noi diciamo: Non ci possono essere i carboni se non nel fuoco. Se non conoscevi queste distinzioni, confessa di non essere stato un disquisitore intelligente; se al contrario le conoscevi, confessa di avere sperato d'incontrare un lettore non intelligente. Ci che naturale non volontario. 92. GIUL. Infatti manifesto che non volontario tutto ci che naturale. AG. Se manifesto che non volontario tutto ci che naturale, non dunque naturale il nostro voler essere salvi, il nostro voler essere beati. Chi oserebbe dirlo se non tu? O forse nemmeno tu, se messo sull'avviso. Naturale o congenito o coatto. 93. GIUL. Il peccato dunque se naturale, non volontario; se volontario, non congenito. Queste due definizioni sono tanto contrarie tra loro quanto la necessit e la volont, delle quali l'affermazione si genera dalla loro mutua negazione. Come infatti il volontario non altro che il non coatto, cos il coatto non altro che il non volontario. Insieme dunque non possono esistere o vivere, per cos dire, queste due realt, perch la loro natura tale che una viva quando si estingue l'altra.

AG. Per quale ragione non tieni conto che esiste anche il peccato non volontario, certamente in colui che dice, per qualsiasi causa lo dica: Se faccio quello che non voglio, non sono pi io a farlo, ma il peccato che abita in me 139? Per quale ragione non tieni conto che esiste anche la necessit per cui necessario che noi vogliamo vivere beatamente, e opponi ad occhi chiusi l'una all'altra come se fosse impossibile la volont della necessit o la necessit della volont? Ci che preferisci. 94. GIUL. Poich dunque questa verit cos inconcussa che nessuna argomentazione la possa scardinare, scegli tu ci che preferisci e difendi tenacemente, o la nostra sentenza o la tua, cos da imputare la colpa o alla necessit o alla volont. Ma nel dire " ci che preferisci " io non ti esorto come se fosse ancora segreta la tua opinione, visto che tu hai imparato da Manicheo ad addebitare i crimini alla natura; ma ti rivolgo questa ammonizione proprio perch si noti la verit del tuo discutere. AG. Lo voglia tu o non lo voglia, poich lo dici spesso, devi anche ascoltare spesso che non fu Manicheo a dire che il dissenso tra la carne e lo spirito a causa della prevaricazione del primo uomo si cambi in natura 140. La quale causa di questo male negando tu, che non sei lasciato libero di negare la presenza di questo male nella nascita di ogni uomo, fai s che Manicheo introduca in noi la mescolanza di un'altra natura e vinca, a meno che non soccomba vinto con te. La non volont dei bambini. 95. GIUL. Che cosa quindi tu mi abbia risposto lo soppesi il lettore prudente e sollecito. Stiamo certamente trattando dei bambini, i quali non hanno nessuna volont personale propria, e ci domandiamo nei loro riguardi perch siano sotto il diavolo, dal momento che li ha creati Dio, e tu riconosci che non hanno fatto nulla di male per proprio conto. Tu hai concionato che essi appartengono al diritto del demonio a causa del peccato e non a causa della natura. A questo punto insorse la nostra risposta: Ma come non pu esserci il feto senza i sessi, cos nemmeno il delitto senza la volont. Al che tu replicasti: Proprio vero, proprio esatto: ossia non pu esistere il delitto senza la volont. Ma tu che avevi

ribadito ci, con quale impudenza hai soggiunto: Ma a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, a causa della volont di quell'uno? AG. Forse perch si trattava dei bambini, per questo non avrei dovuto dire che nemmeno la mia sentenza era impedita dalla verit espressa da te, che cio non pu esserci il delitto senza la volont, atteso che anche il peccato originale non causato se non dalla volont dell'uomo dal quale si trae la stessa origine? Sebbene dunque tu l'abbia detto con intenzione avversa, io ho risposto tuttavia che non era avverso a me e l'ho riconosciuto vero e ho spiegato come non fosse avverso a me: il che tu non lo avevi visto. Avresti infatti potuto dire secondo la tua intenzione che non pu esserci il delitto senza la volont propria di chi delinque e se tu lo avessi detto, non lo avrei accettato per nulla. Il peccato originale infatti si contrae senza la volont propria di chi nasce. Ma tuttavia tu hai detto la verit dicendo che non pu esserci il peccato senza la volont, perch anche lo stesso peccato originale lo port ad effetto la volont di colui che pecc per primo con quella volont dalla quale stata viziata la natura umana, con la conseguenza che chiunque nascesse in virt della concupiscenza della carne, velata dalla confusione di coloro che ne furono rei, non si liberasse dal reato se non rinascendo in virt della grazia dello Spirito. Permanere ed essere. 96. GIUL. Eri stato forse interrogato sulle opere di Adamo, o era stato chiesto se egli avesse peccato con la sua volont? Questo, s, sar chiesto subito contro di te. Passi che tu ti diverta ad ingannare gli altri, ma quale mostruosit che tu imponga l'inganno a te stesso! Non riesco appunto a convincermi che tu soffra una mostruosit cos grande non per inganno, ma per convincimento. In un solo e medesimo passo tu affermi che non pu esserci il delitto senza la volont e soggiungi immediatamente che in tutti gli uomini senza la volont regna il peccato, il cui permanere avevi detto impossibile senza un libero movimento dell'animo. AG. Perch introduci una parola tua come se fosse mia per sottrarre il mio modo di sentire a chi ascolta o legge senza averne sentore? Io non ho detto che il peccato non pu permanere senza la volont, ma che non pu essere. E quanto ci corra lo spiegher con le tue parole. Dove infatti hai detto: Non pu esserci il feto senza i sessi,

chi non consentir che hai detto la verit? Non esiste infatti un feto altrimenti che per mezzo dei sessi, maschile e femminile. Se invece avessi detto: Non pu permanere un feto senza i sessi, chi ti concederebbe che sia vero? Permane infatti il feto senza i sessi dei genitori, senza i quali tuttavia non pu cominciare ad esistere; n a far s che permanga sono assolutamente i genitori stessi che lo hanno fatto cominciare ad esistere. Alla stessa maniera dunque il peccato che non pu esistere senza la volont, pu permanere senza la volont. Pertanto anche il peccato di Adamo, poich proprio esso che permane originalmente nei suoi discendenti, eccettuati quelli ai quali si rimette nel Cristo, certamente quando si dice che anche negli stessi posteri non senza la volont, il riferimento si fa alla volont di Adamo, la quale fece cominciare ad esistere un peccato capace poi di permanere anche nei discendenti, non ad una volont che facesse permanere quel peccato, il quale pu gi permanere senza volont. Se poi identifichi l'essere e il permanere, io non faccio una guerra di parole, ma dico semplicemente che nel senso di permanere ogni peccato pu essere senza la volont. Quale peccatore infatti vorr far permanere con la sua volont un peccato che non ha fatto senza la sua volont? E tuttavia permane, nolente il peccatore, il peccato che stato commesso dalla sua volont. Permane dunque finch non si rimetta e, se non si rimetter mai, permarr in eterno: n infatti stato detto mendacemente nel Vangelo: Sar reo di un peccato eterno 141 . Preposizioni. 97. GIUL. Inoltre, poich si trova molta discordia nelle proposizioni, avevi detto tu: Non c' delitto senza la volont, e hai risposto: Ma per la volont di uno solo c' il delitto. forse d'accordo con la dichiarazione precedente, munita da una preposizione che regge l'ablativo, la risposta seguente, espressa mediante una preposizione che regge l'accusativo? Si era domandato se esista il crimine senza la volont e ne era risultata l'impossibilit: ma tu hai soggiunto che " per un solo uomo entr il peccato ", mentre non interessava come avesse cominciato il peccato, bens la volont senza la quale non gli possibile esistere. AG. Io ho detto che non pu esserci il peccato senza la volont, allo stesso modo in cui diciamo che non possono esserci i pomi o i frumenti senza le loro radici: dove senza offesa dei grammatici

possiamo anche dire che i pomi e i frumenti non possono esserci se non per le loro radici. Poich dunque si pu dire esattamente l'uno e l'altro, sebbene si enunzi l'uno con una preposizione di caso ablativo e l'altro con una preposizione di caso accusativo, cos' che fai tendendo insidie con i casi dei nomi, come se fossero tele di ragni, tanto pi deboli quanto pi sottili? Cerca di prendere con coteste trame mosche moriture. Tali non erano coloro che noi seguiamo proprio per rompere le tue tagliole. Tale non era l'Apostolo che ha detto: Il corpo morto per il peccato 142. Tale non era Ilario che ha detto: Dal peccato viene ogni carne, ossia ogni carne discende dal peccato del progenitore Adamo 143. Tale non era Ambrogio che ha detto: Noi nasciamo tutti sotto il peccato, essendo corrotta la nostra stessa origine 144. Volesse il cielo che tu piuttosto fossi preso saldamente e salutarmente dalle reti di cotesti pescatori del Cristo! Allora, una volta corretto, declinerai meglio il caso accusativo, con il quale tu stesso sei stato accusato da te stesso, e il caso ablativo, con il quale tu hai subito l'ablazione dalla Chiesa cattolica. Se poi rispetti fedelmente e integralmente le " preposizioni ", perch mai non " preponi " a te cotesti dottori della Chiesa, deponendo la tua presunzione? Per contagio, non per volont. 98. GIUL. Apparisce certamente detestabile il furto, che stato appunto punito prontamente con la sanzione annessa ai peccati: una pena cio che bloccasse il ladro prima che il furto si propagasse come una epidemia tra gli uditori della legge. Ecco infatti non si nega che il primo uomo sia incorso in un qualche peccato, ma si chiede in quale modo questo peccato potrebbe trovarsi nei nascenti. Definisci tu quale credi che sia stata la condizione del primo peccato. Tu dici: Fu la volont libera: non ci pu essere infatti il peccato senza la volont, e noi lo approviamo. Tu per soggiungi: Ma questo peccato che non pu esistere senza la volont, si attacca ai nascenti senza la volont 145. AG. Si attacca per il contagio, non per l'arbitrio. Il peccato pu passare senza la volont. 99. GIUL. Falso dunque ci che avevi concesso: non esiste il peccato senza la volont, se il peccato, quantunque sia stato

commesso per mezzo della volont, ha potuto tuttavia passare negli altri senza la volont. AG. Non falso ci che avevo concesso, perch il peccato originale non fu commesso senza la volont di colui dal quale l'origine dei nascenti; ma pot passare negli altri per contagio senza la volont il peccato che non pot esser commesso da Adamo senza la volont. Perci senza la volont non potrebbe cominciare ad esistere un peccato che passasse negli altri senza la volont, come non potrebbero senza le radici cominciare ad esistere i frumenti che passassero in altri luoghi senza le radici. Il peccato come il feto. 100. GIUL. Esiste gi dunque un peccato senza la volont, perch si trova in questi bambini dai quali tu escludi la cattiva volont. AG. Esiste assolutamente il peccato senza la volont, ossia permane. Non permarrebbe infatti, se appunto non esistesse ci che permane. Ma che cominciasse ad esistere il peccato che permanesse senza la volont, non avvenuto se non per mezzo della volont. Se tuttavia il peccato peccato soltanto e non anche pena del peccato, perch per la pena del peccato ciascuno pecca senza la volont. Cos dunque sono vere ambedue le affermazioni: e che non pu esserci il peccato senza la volont, e che pu esserci il peccato senza la volont, come sono vere ambedue queste affermazioni: e che non pu esserci il feto senza i sessi dei genitori, e che pu esserci il feto senza i sessi dei genitori. La prima affermazione vera, perch senza i sessi non pu esistere il feto; ma la seconda vera, perch senza i sessi il feto pu permanere. Bene davvero tu stesso in un medesimo testo hai parlato insieme del peccato e del feto dicendo: Come non pu esserci il feto senza i sessi, cos nemmeno il peccato senza la volont. Come dunque intendiamo che per questo un feto non pu esserci senza i sessi dei genitori, perch senza di essi non pu cominciare ad esistere; e che per questo pu esserci il medesimo feto senza i sessi dei genitori, perch pu permanere senza di essi, esistendo gi; per quale ragione non intendiamo ugualmente che anche il peccato e non pu essere senza la volont, perch senza di essa non pu cominciare ad esistere, e che il peccato pu essere senza la volont, perch senza di essa pu permanere, esistendo gi?

Le mie acutezze. 101. GIUL. Guarda dunque a quale punto si trascinino le tue acutezze: tu tenti di persuadere che alcunch non esista per la stessa causa che lo rende possibile. AG. E che vorresti tu, o grande difensore del libero arbitrio, anche contro la grazia di Dio? Negherai forse tu che in virt del libero arbitrio non esista qualche peccato che potrebbe esistere in virt del libero arbitrio? Avviene infatti in virt del libero arbitrio che esista il peccato, perch l'uomo pecca se vuole peccare; e avviene in virt del libero arbitrio che il peccato non esista, perch l'uomo non pecca se non vuole peccare. Ecco abbiamo trovato qualcosa, e proprio ci di cui stiamo discutendo: cio che un peccato non esiste in virt della medesima causa che pu farlo esistere, ossia in virt del libero arbitrio. Che succede, o litigioso? A questo punto si trascineranno le mie acutezze? Oppure qui i tuoi occhi hanno perduto la vista? Non essere precipitoso. Meglio per te attendere che cosa dire che contendere per contraddire. Senza la volont il peccato esiste e non esiste. 102. GIUL. Cio che il peccato esiste senza la volont per la medesima ragione che non pu esistere senza la volont. AG. Non assolutamente vero che il peccato esista senza la volont per la medesima ragione che non pu esistere senza la volont, ma per cause appunto diverse; possibile tuttavia l'uno e l'altro: infatti senza la volont non pu esistere il peccato, perch senza la volont il peccato non pu incominciare ad esistere; ma senza la volont il peccato pu esistere, perch senza la volont pu permanere il peccato che esiste gi. Questo sconfessare la realt. 103. GIUL. Di modo che il peccato perda la sua condizione in forza della sua condizione ed esista senza ci che stato definito la condizione sine qua non perch possa esistere. Questo sconfessare la realt! Che cosa di simile ha detto Anassagora, che pur diceva che la neve nera?. Tu fantastichi che una natura venga negata dai suoi frutti e, mentre la necessit e la volont sono tra loro tanto contrarie che, come abbiamo esposto sopra, si eliminano per reciproca incompatibilit, tu con un nuovo e impossibile patto,

con una mostruosa parentela, sottometti l'una all'effetto dell'altra e dici che la necessit sorta dai frutti della volont, tanto da essersi la volont distrutta con il suo moltiplicarsi e da aver mutato la propria natura a forza di operare o, per esprimerci con le sue parole, tanto da avere cessato la volont di esistere subito dopo che cominci ad esistere. E di questo che cosa si pu pensare, non dico di pi ottuso, ma di pi furioso? Poich dunque queste due condizioni, cio la necessit e la volont, non possono coesistere; poich tu hai confermato quanto noi abbiamo detto circa la impossibilit del delitto senza la volont; poich tu concedi anche che nei bambini non c' la volont, sei costretto ad ammettere a collo torto che nei bambini non c' nessun peccato, avendo tu dichiarato impossibile il peccato senza la volont. AG. Che la necessit e la volont non possano esistere insieme non lo diresti, se ti fosse dato di conoscere quello che dici. Infatti poich c' la necessit di morire, chi negherebbe che possa esserci anche la volont di morire? Tanto che l'Apostolo dice che ha la concupiscenza di essere sciolto dal corpo e di essere con il Cristo 146 . Poich dunque vuol morire uno a cui necessario morire, esistono insieme la necessit e la volont: ci di cui tu avevi negato la possibilit con volont vana e senza nessuna necessit. Che, all'inverso, dalla volont nasca la necessit, spesso contraria alla volont, lo si nega con assoluta insipienza. Chi per esempio volendo morire si colpisce mortalmente, muore sebbene non voglia morire. Ugualmente chi volente ha fatto un peccato, ha il peccato anche da nolente, volente impudico e nolente reo, perch appunto anche quando egli nolente permane il peccato, che non sarebbe fatto da lui nolente. Per questo, e non pu esserci il peccato senza la volont, perch non si fa il peccato se non con la volont; e pu esserci il peccato senza la volont, perch ci che si fatto con la volont permane anche senza la volont: e c' gi qui la necessit senza la volont, una necessit che la volont ha fatto senza la necessit. Infatti anche colui che dice: Non quello che voglio io faccio 147, certamente secondo voi oppresso dalla necessit della consuetudine, ma per non togliere a lui il libero arbitrio, voi sostenete che egli si fatto tale necessit con la sua volont, e non credete che qualcosa di simile sia avvenuto nella natura umana: dalla volont del primo uomo, dal quale ha origine il genere umano, sorgesse negli uomini la necessit del peccato originale. Ecco, quelle situazioni che tu proponevi come impossibili, si sono fatte possibili nella forza della consuetudine, che non senza ragione fu

detta da alcuni una seconda natura. Avevi detto che noi diciamo qualcosa di pi assurdo di colui che diceva che la neve nera, dicendo che il peccato perda la sua condizione in forza della sua condizione ed esista senza ci che stato definito la condizione " sine qua non " perch possa esistere. Ma non vero forse che la consuetudine perda la sua condizione in forza della sua condizione, cos che per forza della consuetudine il peccato si faccia senza la volont, mentre la consuetudine non si fatta se non con la forza della volont? Non forse vero che la natura della consuetudine venga negata dai suoi frutti? Dal momento che la consuetudine frutto della volont, perch generata dalla volont: la quale consuetudine tuttavia ci che fa nega di farlo con la volont. Tu dici che la necessit e la volont sono tra loro tanto contrarie che si eliminano per reciproca incompatibilit, rimproverandoci per questo di sottomettere l'una all'effetto dell'altra e di dire la necessit sorta dai frutti della volont, mentre vedi che la necessit della consuetudine frutto manifestissimo della volont. Non forse vero ci che ti sembrava impossibile: La volont si distrutta con il suo ripetersi e a forza di operare ha mutato il proprio stato, perch ripetendosi ha prodotto la necessit della consuetudine, se in conformit alla tua intuizione la necessit estingue la volont? Se al contrario non la estingue, evidentemente in una persona oppressa dal male della consuetudine possono esistere insieme e la volont della giustizia e la necessit del peccato. Poich l'affermazione: C' in me il desiderio del bene la professione della volont, e l'affermazione: Ma non trovo in me la capacit di attuare il bene 148 la confessione della necessit. Tu viceversa hai detto che non possono esistere insieme la volont e la necessit, pur costatando che esse esistono insieme quando vanno d'accordo ed esistono insieme quando si combattono vicendevolmente. poi ridicolo ci che hai proposto come impossibile dicendo che nulla si potrebbe pensare di pi ottuso, anzi di pi furioso, che la volont abbia cessato di esser subito dopo che ha cominciato ad essere, come se ci non avvenga quando una persona che ha cominciato a volere malamente qualcosa, subito dopo si pente e smette di volere. Ma tuttavia parlando in tale maniera mi costringi ad ammettere a collo torto - tu dici - che nei bambini non c' nessun peccato, mentre tu nemmeno a collo torto riesci a spezzare il vincolo della verit cattolica, dal quale sarai strangolato nel modo pi miserevole, se non ti metterai d'accordo. Prima liberi che creati.

104. GIUL. Quanto poi al testo da te aggiunto: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo, come stato dimostrato che qui collocato nella maniera pi sconveniente, cos nel secondo libro stato spiegato in che modo si intenda. Ma, conclusa ormai la presente discussione, mi piace riprendere subito in esame l'acutissima tua sentenza. Tu scrivi infatti cos: " A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui " 149. Per la cattiva volont di quell'uno, peccarono tutti in lui, quando tutti furono quell'uno, dal quale perci i singoli uomini trassero il peccato originale150 . Allora, tu dici, peccarono, quando tutti furono quell'uno. Avevo peraltro notato che questo lo avevi gi scritto a Marcellino 151 . Dalla quale testimonianza si prova che tu credi e abbracci la traduce delle anime, accettandola specialmente dalle viscere di Manicheo, di cui ho inserito le sentenze nel terzo libro. La quale opinione per certo tanto mostruosa che tu, pur facendola capire, non hai tuttavia il coraggio di confessarla. Ma per il momento rimandiamo l'esame di una dottrina che rimane strangolata sia per l'indegnit del suo primo assertore, sia per la paura del successivo assertore, cio di te. Giova invece al presente spiare quanto grande sia il turbamento che ti agita nel discutere. Tu dici appunto: Per la cattiva volont di quell'uno peccarono tutti in lui, quando tutti furono quell'uno. Se tutti furono quell'uno, in che modo peccarono tutti per la volont cattiva di lui, mentre tutti costoro, che tu dici presenti in lui, poterono peccare con la loro volont? Anzi, per ritorcere, pi infelice di tutti gli altri Adamo, il quale porta da solo l'onta, mentre tutti secondo il tuo dogma ebbero la colpa di delinquere in lui. Ebbero dunque i bambini la volont, non solo prima che essi nascessero, ma prima che fossero generati i loro bisavoli, e fecero uso i bambini dell'arbitrio di elezione prima che fossero creati i semi della loro sostanza. Per quale ragione temi quindi di dire che ci fu in essi al tempo dei loro concepimenti la volont libera, con la quale non contrarre il peccato naturaliter, ma commetterlo sponte, se credi che essi, concepiti oggi, abbiano avuto tanti secoli prima il senso, il giudizio e l'efficienza della volont? Il che appunto non hai dubitato di porre nei libri che pubblicasti al nome di Marcellino: per dimostrare palesemente da quanta demenza siano colpiti i nemici di Dio. Ivi dichiari infatti cos: I bambini peccarono in Adamo per essere creati simili a lui 152. Che cosa si poteva dire di pi falso, di pi pazzo, di pi sporco di questo: Prima peccarono per essere creati? Ossia: con il loro fare

meritarono di poter esistere come operatori di qualcosa e in loro l'attivit fu anteriore alla sostanza. Le quali fantasie, pi adatte alle orge e ai tirsi che alle lettere, basti averle accennate. Da qui dunque sgorgata cotesta tua risposta dove dici: Peccarono tutti in lui, quando tutti furono quell'uno, dal quale i singoli uomini trassero il peccato originale. Qui infatti non c' da affaticarsi ad insegnare che, essendo la volont un'attivit della persona, non pu esistere la volont prima della persona a cui la volont appartiene. Ma mi preme soprattutto far capire questo: nemmeno secondo una tale opinione esiste il peccato originale. Infatti se tutti furono presenti in Adamo quelli che peccarono, essi non contrassero nulla del male originale, perch lo perpetrarono tutti insieme con le loro determinazioni. La traduce dunque del peccato distrutta non solo dalla verit cattolica, ma anche da tutti gli argomenti del suo patrono. Il che appunto nella natura della menzogna: essa non conserva la coerenza del fingere, ma prodiga com' di verecondia e avida dell'altrui, si scopre in tutte le sue usurpazioni. AG. Che a causa di un solo uomo, nel quale tutti peccarono, sia entrato nel mondo il peccato lo ha detto l'Apostolo e lo ha capito Ambrogio; ma le medesime parole apostoliche ad un suo senso perverso tenta di pervertirle Giuliano. Perch a lui non risponde piuttosto lo stesso Ambrogio? Ascolta dunque, o Giuliano: Tutti muoiono in Adamo, dice, perch a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui 153. La colpa dunque di costui la morte di tutti 154. Ascolta ancora un altro testo: C'era Adamo e in lui fummo noi tutti, per Adamo e in lui perirono tutti 155. Di' a lui, se osi, che per un'anima sola, peccante con la propria volont, non poterono perire tante anime, non aventi ancora le proprie volont. Attacca la mia esitazione sulla origine delle anime, perch non oso insegnare o affermare ci che ignoro. Spiattella tu ci che ti piace sulla profonda oscurit di questo problema, ma fissa e ferma rimanga tuttavia questa sentenza: per la colpa di quell'uomo c' la morte di tutti, e in lui perirono tutti. Per cui l'ultimo Adamo venuto a cercare e a salvare ci che era perduto 156. Di' a lui: Peccarono dunque con la loro volont anche quelli che dici periti in colui che pecc con la sua volont! Ma poteva Ambrogio capire ci che tu non puoi capire: non si dice questo per il libero arbitrio dei singoli, ma per l'origine del seme, donde tutti sarebbero nati. Secondo la quale origine tutti erano presenti in quell'uno ed erano quell'uno tutti coloro che in se stessi erano ancora nulli. Secondo

questa origine seminale anche Levi si dice che " fu presente nei lombi del suo antenato Abramo ", quando Abramo vers la decima a Melchisedech, tanto che anche lo stesso Levi presente come pagante allora le sue decime, non in se stesso, ma in Abramo, nei lombi del quale egli era. N volle n non volle pagare le decime, perch la sua volont era nulla, quando egli stesso nemmeno esisteva ancora secondo la sua sostanza. E tuttavia secondo la ragione del seme non mendacemente n inutilmente stato detto che era nei lombi di Abramo e che vers le decime. Per questo dall'obbligo delle decime, gravante sui figli di Abramo, presenti nei suoi lombi, quando egli diede le decime al sacerdote Melchisedech, stato eccettuato soltanto quel sacerdote a cui si dice: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedech 157. Il quale, sebbene sia anch'egli seme di Abramo secondo la carne, perch la Vergine Maria dalla quale prese la carne fu generata da quello stesso seme, non tuttavia soggetto alla colpa di quel seme lui che, libero dall'asservimento della concupiscenza seminatrice, non fu concepito mediante il seme virile. Rispondi dunque non gi ad Ambrogio, come dicevo, ma a colui che agli Ebrei scrive e dichiara cos: Si pu dire che lo stesso Levi, che pur riceve le decime, ha versato la sua decima in Abramo: egli si trovava infatti nei lombi del suo antenato quando gli venne incontro Melchisedech 158. Accusalo con la tua cieca loquacit e, se ne hai il coraggio, domandagli: Poich il padre Abramo pag le decime di sua volont, in che modo attraverso la volont di lui pot decimare, ossia dare le decime, Levi, la cui volont era nulla, essendo egli ancora assolutamente inesistente? Proprio per questa ragione o meglio per questo errore tu dici anche a noi: Poich il primo uomo pecc con la volont, in che modo attraverso la volont di lui coloro che non avevano ancora una loro volont, essendo ancora inesistenti nella loro sostanza, poterono tutti insieme peccare in lui? Smettila piuttosto di ciarlare a vanvera, e che quanti non ancora nati e quindi incapaci di fare per mezzo delle proprie volont alcunch di bene o di male, abbiano potuto peccare in quell'uno in cui erano presenti per la ragione del seme, quando egli con la sua propria volont commise quel grande peccato ed in se stesso vizi, mut, coinvolse nella colpa la natura umana di tutti, meno che di un solo uomo, che fu procreato, s, dallo stesso seme, non tuttavia mediante la ragione seminale, intendilo se puoi, e se non puoi credilo. I bambini sotto il diavolo.

105. GIUL. Dopo questa risposta s'industria costui a chiarire un altro punto dov'era gi stato compulsato da me. Io appunto dopo la domanda fatta da me sulla volont dei bambini, proseguivo cos: Ma tu lo neghi, cio che ci sia nei nascenti una volont peccatrice, e dici tuttavia che i bambini sono sotto il diavolo, n nascondi la ragione per la quale giudichi che vivano sotto il potere diabolico. Dichiari appunto: Poich nascono dalla mescolanza dei due sessi, sono sotto il potere avverso. Con la testimonianza pertanto delle sue parole palese che la ragione per la quale egli rivendica al demonio i bambini la loro procreazione con la mescolanza dei due sessi. Per mezzo di questo ho documentato che egli ha asservito al diavolo le nozze, le quali sono state istituite da Dio e non possono essere senza la mescolanza sessuale. AG. Non l'hai potuto documentare in nessun modo, per quanto tu ci abbia messo molta ostinazione: il che possono vedere coloro che leggono e le tue calunnie e le mie ritorsioni. Dico tranquillamente. 106. GIUL. Questo argomento dunque affront ora, premettendo la mia interrogazione: Tu dunque dici che essi sono sotto il diavolo perch nascono dalla mescolanza dei due sessi? Alla quale interrogazione ascoltiamo in che modo dia soddisfazione: Io dico tranquillamente, dichiara, che essi sono sotto il diavolo per il delitto, ma la ragione per cui non sono esenti dal delitto perch sono nati da quella mescolanza la quale senza la vergognosa libidine non pu operare nemmeno ci che onesto. Lo ha detto anche Ambrogio di beatissima memoria 159. O calamitosa depravazione umana! O nefanda intenzione! O vergognosa falsit! AG. Esclama, esclama quanto puoi, aggiungi alle tue esclamazioni: O violenza! Tu appunto, uomo innocente, patisci la violenza che ti costringe a dire manicheo Ambrogio. Dio mi guardi dal dirlo, tu affermi. Per quale ragione, ti domando io? Qui forse metti in evidenza quanto sia grande la forza del libero arbitrio, quando patisci tanta violenza per dirlo, n tuttavia lo dici? Per quale ragione dunque dici che io sono ci che non dici sia lui, bench egli abbia detto molto prima ci che io dico adesso e in questa sentenza, per la quale dici che io sono manicheo, la causa sia comune a me e a lui? Forse, perch non trovi per dove uscire, dissimuli certo la stizza e ti dai alle esclamazioni, non tuttavia per la stizza, ma per il

turbamento? Ma nelle tue stesse esclamazioni io odo: O calamitosa depravazione di un uomo! Evidentemente perch sono un uomo calamitoso e depravato, io che scelgo di consentire ad Ambrogio. Sarei al contrario un uomo beato e retto, se scegliessi di consentire a Giuliano. Io odo: O nefanda intenzione! La nostra intenzione appunto nefanda, perch opponiamo Ambrogio a Giuliano, ma sarebbe tutt'altro che nefanda, se anteponessimo Giuliano ad Ambrogio. Ma cos' che io odo nella tua terza esclamazione: O vergognosa falsit? Dici forse che falsa la sentenza di Ambrogio, ossia che egli ha sentito in modo falso? O dici che noi gliel'attribuiamo falsamente, mentre egli non sente cos, n dice assolutamente ci che noi diciamo che disse? O dici che noi non abbiamo capito la sua sentenza e giudichiamo falsamente di essa, che invece vera? Ma tu non parli cos offensivamente di Ambrogio da attribuire a un tale personaggio una " vergognosa falsit ". D'altra parte non hai osato dire che l'abbiamo composta noi la sentenza e abbiamo finto che l'abbia proferita lui, perch gli scritti di quel dottore sono noti a cos tanti lettori da venirti la paura di precipitare in questo baratro. Tale sentenza poi tanto chiara da poter sembrare non acuto chi la intende, ma superfluo chi pensa di doverla spiegare. Infine, perch si possa prendere in considerazione ci che io dico, riporter anche qui le stesse parole del beatissimo antistite cattolico. Afferma dunque costui, quell'Ambrogio che il vostro Pelagio esalta tanto per la sua fede e per la sua purissima interpretazione delle Scritture da dire che nemmeno un nemico ha osato criticarlo 160, parlando della nativit del Signore: Perci e come uomo fu provato in tutto, e a somiglianza degli uomini sopport tutto; ma come nato dallo Spirito si astenne dal peccato. " Ogni uomo " infatti " mentitore " e nessuno senza peccato all'infuori dell'unico Dio. Resta quindi evidente che nessuno, venendo dall'uomo e dalla donna, ossia da quella mescolanza di corpi, esente dal delitto. Chi poi fosse esente dal delitto, dovrebbe essere esente pure da simile concepimento 161. Poich quindi e non neghi che Ambrogio lo abbia detto e ti accorgi che un discorso piano e aperto, perch mai gridi: O vergognosa falsit! Vergognosa per chi, ti prego? Per lui o per me? Se per lui, guarda contro chi tu sia oltraggioso; se per me, guarda quanto tu sia calunnioso. Ma questo, tu osservi, lo dici anche tu. Lo dico senz'altro, perch vero. Se tu non lo credi vero, per qual ragione in una sola e medesima sentenza che dice lui e dico io, manicheo non lui, ma manicheo sono io? Quanto pi giustamente esclamiamo noi a

questo punto: O vergognosa discriminazione di persone! Essa ti farebbe arrossire senza dubbio, se nella tua persona la tua fronte non fosse simile alla tua bocca. Sei nell'errore. 107. GIUL. mai possibile che costui abbia il coraggio di dire che non condanna il matrimonio e d'ingannare le orecchie inesperte con tanta scelleratezza da dire di essersi ritirato dalla compagnia di Manicheo, che con ripetute dichiarazioni releg nel regno del diavolo la mescolanza dei sessi e la consumazione delle nozze e l'affezione e la sensibilit dei generanti? E unendo l'aiuto del suo acume a queste invenzioni di Manicheo, definisce appunto diabolica la mescolanza sessuale, la dice propria dei coniugi sia nell'attivit che nella carne, e per essa aggiudica al regno del diavolo gli innocenti, assolvendo tuttavia gli operatori. Cos, sempre ostile senza dubbio a Dio, protegge coloro che, come dice, servono il diavolo per mezzo della libidine. AG. Sei nell'errore e spingi all'errore quanti ti dnno retta: non servono il diavolo per mezzo della libidine coloro che fanno uso del corpo dei loro coniugi allo scopo di procreare figli, perch siano generati e poi rigenerati. N per questo tuttavia si difende il male della libidine, ma si difendono coloro che usano bene del male. C' infatti un buon uso anche del male. Tant' che anche dello stesso satana si trovano delle utilit nelle sante Scritture. Rimanendo evidentemente la vituperazione di satana, ma con la lode di colui che usa bene del male. Incrimina anche i morti! 108. GIUL. Quanto poi ai bambini, che dice venir creati da Dio, li assegna al dominio del nemico, e cos non accusa l'opera del diavolo, i cui ministri assolve dalla colpa, ma accusa l'opera di Dio, alla quale non potuta arrivare la volutt conscia di essere un dono diabolico. Costui dunque, accusatore della operazione coniugale, ma conciliatore delle libidini, oppositore della innocenza e diffamatore della equit divina, non ha temuto di scrivere: Io dico tranquillamente che i bambini sono sotto il diavolo, perch sono nati da quella mescolanza. Vedendo poi messa a nudo la scelleratezza di questa sentenza, nel tentativo di difenderla con qualche argomento di autorit, che non poteva prendere dalle

Scritture, ha soggiunto che anche il vescovo Ambrogio sent in maniera simile. Non c' davvero da meravigliarsi se incrimina anche i morti, dal momento che incrimina gli innocenti. AG. Chiunque ascolta queste tue affermazioni, che cosa pensa che tu replichi contro di noi se non che questa sentenza del beatissimo Ambrogio riportata da noi, non sia di lui stesso, ma l'abbiamo inventata noi fingendo che sia di lui stesso? Anch'io infatti nel leggere queste tue parole non ho dato ad esse nessuna importanza. Ma dopo che arrivai a ci che tu aggiungi e dove non neghi che Ambrogio lo abbia detto, allora trovai che tu sei un orrendo accusatore di quel dottore cos grande. Infatti tutto ci che dici contro di me, poich io dico che per la mescolanza virile e per il concepimento femminile nessuno esente dal delitto, lo dici senza dubbio anche contro di lui, che lo disse e lo scrisse prima di me. Ma io, quando confutando te ed opponendomi a te asserisco che i bambini per il delitto originale sono sotto il diavolo, se non rinascono nel Cristo, non difendo certamente me soltanto dalla tua infame incriminazione, ma anche e Ambrogio e gli altri suoi colleghi e quanti sono alunni e dottori di questa fede e la Chiesa universale del Cristo, la quale con l'esorcismo battesimale dei bambini e con la loro essufflazione attesta che questa dottrina l'ha ricevuta, che questa dottrina la ritiene, che questa dottrina la crede fedelmente. Cerchi consolazione in Ambrogio. 109. GIUL. Quanto pi giustamente diresti: Disse questo identicamente anche Manicheo nella Epistola a Patrizio, lo disse anche nella Epistola che scrisse alla figlia Menoch, lo disse anche in molti altri scritti che tu hai bevuto fino in fondo! Ma tu cerchi di tirare dalla tua parte il vescovo di Milano e, poich non puoi avere protezione da lui, vuoi trovare consolazione in lui. AG. Assai contrario a Manicheo ci che ha detto Ambrogio. Manicheo dice infatti che in noi stata mescolata la natura estranea del male, Ambrogio dice al contrario che la nostra stessa natura stata viziata dalla prevaricazione del primo uomo; ma in questa sentenza di cui ora trattiamo Ambrogio difende, discernendola dalla carne del peccato di tutti gli altri uomini, la nativit della carne del Cristo, che Manicheo nega assolutamente. Ci dunque che crede Ambrogio, lo credo anch'io; ci che crede Manicheo, n Ambrogio lo crede, n lo credo io. Cos' il tuo tentativo di separarmi da

Ambrogio e di associarmi a Manicheo? Infatti se dire che dai nascenti si contrae il peccato originale non per la mescolanza di una natura estranea, ma per la depravazione della nostra natura, dogma dei manichei, questo lo dice con me Ambrogio: per quale ragione non tenti tu di associarci ambedue ai manichei? Se viceversa questo non il dogma dei manichei, come non lo , e io dico questo con Ambrogio, per quale ragione non ti degni di dissociarci ambedue dai manichei? Come fai dunque a dire che io tento di tirare dalla mia parte il vescovo di Milano, mentre tu tenti invano di strapparmi dalla parte di lui? Cos' che dici: Non potendo avere protezione da lui, voglio trovare consolazione in lui? A me e ad Ambrogio, lo voglia tu o non lo voglia, il Cristo comune protezione nella fede cattolica. Proprio per questo Ambrogio mia consolazione: perch in sua compagnia ricevo la tua riprensione; n egli soltanto mi consola moltissimo in questa causa, ma e Cipriano e Ilario e altri simili, dei quali tu laceri in me la fede cattolica. Non voler dunque invidiare il fatto che Ambrogio, che Cipriano, che Ilario siano le consolazioni della mia ingiuria: sei infatti costretto a vedere contro voglia quanto ci corra dal fatto che Pelagio e Celestio e qualche altro, se c', sono le consolazioni della tua condanna. Che dire poi di quest'altro aspetto? Io presento Ambrogio che in difesa della fede cattolica sbaraglia i manichei, e tu in questa battaglia fornisci contro Ambrogio ai manichei o una consolazione se vinti, o anche un aiuto, ed peggio, se resistono. I manichei infatti dicono che il male ha una propria sostanza e natura, coeterna alla sostanza e natura buona di Dio, perch dicono: impossibile che i mali nascano dai beni. Ambrogio li contraddice e dice: Dai beni sono nati i mali, non essendo i mali se non privazioni dei beni; ma i mali hanno fatto risaltare i beni; l'assenza dunque del bene la radice del male 162. Tu in mezzo a queste posizioni che dici? L'ordine delle cose, affermi, non lascia che qualcosa di male sia prodotto dal bene e qualcosa di iniquo da ci che giusto. Queste parole, a favore dei manichei contro Ambrogio, le abbiamo riportate da quella tua pregiata opera, nella quale con quattro libri hai voluto rispondere ad uno solo dei miei 163. Se in questa controversia tu fossi giudice, la tua sentenza direbbe certamente Ambrogio vinto dai manichei. E non arrossisci di essere calunniatore di coloro che incrimini apertissimamente, di essere adulatore di coloro che incrimini ugualmente anche se obliquamente, di essere collaboratore di coloro dei quali ti servi per incriminare gli altri? Il nemico pi impudente della fede cattolica.

110. GIUL. mai possibile che gli scritti di tali combattenti pregiudichino la legge di Dio o l'opera di Dio? AG. Qui cominci gi a confessare che questa sentenza non stata inventata da noi come se fosse di Ambrogio, ma proprio la sentenza di lui, poich tenti di liberarti di lui dicendo: mai possibile che gli scritti di tali combattenti pregiudichino la legge di Dio o l'opera di Dio? Ma continua e di' tutte le altre tue idee che ti facciano giudicare come il nemico pi sfacciato della fede cattolica. Piccoli detti di un vescovo. 111. GIUL. A me ora basta, e me ne avanza, provare che in nessuna parte delle sacre Lettere hai letto ci che credi; provarlo anche con il fatto stesso che in tale causa non hai tirato fuori nient'altro che dei piccoli detti di un vescovo, recitati da te, piccoli detti dei quali avresti senza dubbio fatto a meno, se ti fossi potuto ribattere in qualcosa di pi autorevole. AG. Coloro che leggono vedano se io non abbia portato testimonianze divine o se tu non abbia tentato invano di corrompere le testimonianze che ho portate. Ambrogio contro Pelagio. 112. GIUL. Ma hai fatto bene a sollevarci tu per primo dal peso di tali personaggi. Infatti nel libro che tessesti per Timasio contro il libero arbitrio, avendo quel santo uomo di Pelagio ricordato le venerabili figure tanto di Ambrogio, quanto di Cipriano, che nei loro libri avevano sostenuto il libero arbitrio, rispondesti che non ti sentivi pesare addosso in nessun modo l'autorit di costoro, fino a dire che essi, se in qualche punto avevano sentito malamente, lo avevano espiato passando alla vita migliore 164. Queste tue parole ti siano riportate, perch tu arrossisca di sollevare odiosit da semplici nomi. Del resto i detti o di Ambrogio o di altri, dei quali voi cercate di macchiare la fama con la consorteria dei vostri, si possono difendere con ragione chiara e benevola. AG. Che ti sia toccata cos grande cecit di cuore chi lo crede se non chi legge questi tuoi ragionamenti? Tu dici che se mi fossi potuto imbattere in qualcosa di pi autorevole, cio se lo avessi potuto trovare, mi sarei astenuto dal citare i detti o, come ti esprimi tu, " i piccoli detti " di quei pensatori, e poi immediatamente dopo

tu stesso dici che Pelagio, da te chiamato santo, a difesa del libero arbitrio adoper come testimoni anche i venerabili personaggi di Cipriano e di Ambrogio, n ti accorgi come dicendo questo accusi il tuo maestro e la vostra stessa eresia. Secondo appunto la tua sentenza, Pelagio, se a favore di ci che difendeva avesse trovato negli scritti canonici qualcosa di pi autorevole, si sarebbe astenuto dalle testimonianze di questi scrittori. Quando mai faresti queste affermazioni, se non ti turbasse tanto il fatto che Pelagio trovi improvvisamente come suo avversario Ambrogio? Ma, tu dici, io per primo vi ho sollevati dal peso di tali personaggi, cio di Ambrogio e dei suoi compagni. proprio vero che tale peso ti schiaccia cos da non opprimerti soltanto, ma da sopprimerti e da ridurti in polvere, che il vento disperde sulla faccia della terra 165. N infatti quei tanti e tanto grandi e tanto santi e chiari antistiti di Dio, figli della Chiesa cattolica nell'imparare e padri della Chiesa cattolica nell'insegnare, hanno parlato del peccato del primo uomo e della successione dei mortali soggetta a quel peccato cos che gli uni dissentissero dagli altri o qualcuno di costoro da se stesso, ma assolutamente cos che dal loro consenso e dalla loro costanza chiunque li legga con animo non eretico non possa dubitare n che si debba intendere diversamente su questo argomento la santa Scrittura, n che si debba reputare diversa la fede cattolica. Dal peso dei quali gi tu stesso sei tanto oppresso da avere intrapreso la difesa dei detti di coloro che tu contraddici come difendibili con una ragione chiara e benevola. Ascoltiamo dunque la tua " ragione chiara e benevola ". Con la quale tua ragione se si difendono quei detti, perch mai partendo da quei detti si scagliano contro di me i tuoi maledici detti? Infatti le affermazioni che detesti e che accusi in me sono assolutamente le stesse che tu difendi nel ragionamento di costoro. Se viceversa non si difendono, ma sotto le apparenze della difesa si accusano ancora pi astutamente, sia lungi da noi considerare questa una " ragione chiara e benevola " ma piuttosto un'adulazione irrisoria, che viene chiamata difesa, perch non si pu tollerare l'offesa delle popolazioni cattoliche che venerano i medesimi personaggi. Ambrogio e Agostino. 113. GIUL. Si possono difendere, cio, e perch qualcosa l'hanno detto con troppa semplicit, e perch esplorando problemi di altro genere non hanno avuto la necessit di ovviare alle questioni che nascevano di lato. Poich infatti hanno spesso lodato il matrimonio

e non hanno reputato che una qualche " affezione " sia stata inserita dal diavolo nei corpi, n hanno sottomesso al regno del diavolo le opere divine, cio le membra naturali, ma secondo l'opportunit hanno esposto le nozze come istituite da Dio e come benedette da lui, e hanno esposto l'arbitrio come libero, umano giudicare che non stiano nella societ della vostra scelleratezza, se nei loro scritti sorprendete la presenza di alcune affermazioni fatte o ambiguamente o negligentemente. Come in proposito non reca alcun pregiudizio alle sante Scritture il fatto che tutte le eresie si riparino e cerchino difesa dietro alcune loro testimonianze, cos nemmeno sopporteremo che la fama di scrittori cattolici rimanga intaccata da alcune affermazioni scappate a loro un po' incautamente. N infatti ebbero certo costoro l'intenzione o di condannare le nozze o di negare il libero arbitrio o di piagare l'innocenza: la quale intenzione se l'avessero avuta, non avrebbero corroborato il vostro dogma, ma avrebbero perduto l'onore dell'ufficio. AG. O " ragione chiara e benevola " di difendere! Evidentemente con troppa semplicit Ambrogio disse che dalla mescolanza tra maschio e femmina nessuno nasce esente dal delitto, ed esplorando problemi di altro genere, n avendo la necessit di ovviare alle questioni che nascevano di fianco, negligentemente o incautamente infuse nei suoi scritti e nei suoi ragionamenti quello che tu dici veleno manicheo. O loquacissimo uomo, per paura degli uomini tu risparmi l'uomo e non difendi quei suoi detti! Se infatti questi suoi detti si difendono con una " ragione vera ", si difendono certamente con veracit e sono veri: e se cos, si asserisce giustamente il peccato originale e si demolisce il vostro dogma. Se viceversa questi detti si difendono con " ragione " falsa, quella tua " ragione chiara e benevola " non una ragione, ma una trappola. vero infatti che Ambrogio ha lodato frequentemente le nozze: lo facciamo anche noi. Non ha mai reputato, tu dici, che una qualche affezione sia stata inserita dal diavolo nei corpi: se un'affezione buona, nemmeno noi; se un'affezione cattiva, come lui cos anche noi. N ha sottomesso al regno del diavolo, tu dici, le opere divine, cio le membra naturali: quasi che le membra degli adlteri non siano opere divine e membra naturali, che tuttavia risultano sottomesse al vizio e per questo vizio al diavolo. Essi, tu dici, secondo l'opportunit hanno esposto le nozze come istituite da Dio e come benedette da lui ed hanno esposto l'arbitrio come libero: cos anche noi. umano, tu dici, giudicare che essi non stiano nella

societ della vostra scelleratezza: anzi insano che dalla vostra scelleratezza si giudichi che noi non stiamo nella loro societ. Tu dici che non reca alcun pregiudizio alle sante Scritture il fatto che tutte le eresie si riparino e cerchino difesa dietro alcune loro testimonianze e vuoi parimenti che agli scrittori cattolici non rechino pregiudizio alcune affermazioni che, come tu ritieni, scappate a loro un po' incautamente, noi obiettiamo a voi. Che altro vuol dire questo se non che anche nelle sante Scritture le testimonianze che gli eretici usurpano a proprio vantaggio sono affermazioni scappate un po' incautamente e quindi non vere? E che si pu dire di pi scellerato di questo? Oppure, se quelle affermazioni sono vere, ma non sono intese dagli eretici come sono, questo tuo paragone non ha base di somiglianza, perch, se ammetterai che sono veri i detti o di Ambrogio o di Cipriano o degli altri cattolici che abbiamo riportati contro di voi, firmerai il peccato originale. In conclusione, come noi insieme a costoro e lodiamo le nozze e confessiamo il libero arbitrio e difendiamo l'innocenza, altrettanto tu insieme a costoro di' che i bambini non sono esenti dal delitto: altrimenti noi siamo con loro e tu sei contro di loro. I loro detti infatti tu non li difendi, come avevi promesso, ma li riprendi. Dal tuo dogma appunto, poich sei costretto ad accusare quei detti e a sostenere che sono falsi, in nessun modo tu sei lasciato libero di offrire alle testimonianze di costoro la difesa che avevi promessa, perch e nell'accusa tenti di fare l'adulatore e nell'adulazione sei sorpreso a fare l'accusatore. La legge non si annulla con la grazia, ma si adempie. 114. GIUL. Liberamente pertanto immagino e pronunzio che, se uno di essi fosse superstite in questi giorni e vedesse estinto il decoro della disciplina cristiana, oziosa in tutto la libera volont e smaniosa di attribuire alla necessit quanto commette spontaneamente, e vedesse anche biasimate le opere di Dio e proclamata agli orecchi dei popoli l'eversione della sua legge sotto il pretesto di una grazia inefficace, si sentirebbe mosso contro di voi con tutto il suo fiele e, considerando altres che il peccato naturale non si pu separare dall'empiet manichea, pi apertamente e pi prudentemene difenderebbe la fede cattolica o dopo avervi emendati o dopo avervi condannati. AG. Perch mai dopo aver emendato noi e non anche se stessi? Dov' ci che avevi promesso d'immaginare e di pronunziare

liberamente? Ecco, n libera la tua vanit, ed falsa la tua libert. Hai temuto infatti di dire che, se in questi giorni sopravvivesse Ambrogio, ascoltati voi, emenderebbe prima se stesso e poi noi; ma tu, quasi trepidassi da uomo libero di borbottare questo, l'hai voluto tuttavia far intendere. Ecco a che punto sono arrivati questi giorni: al punto che Ambrogio, se vivesse ora, imparerebbe in questi giorni di essere stato manicheo e di non doverlo essere ulteriormente, udito Giuliano o Celestio o lo stesso Pelagio, ma dovrebbe lasciarsi guarire da questa empia pestilenza affidandosi ai vostri precetti e alle vostre cure. Che spettacolo si offre all'animo di chi ci pensa! Che spettacolo vedere Ambrogio stare in piedi davanti a Pelagio o stare a sedere davanti a lui, se glielo permettesse, e apprendere il nuovo paradiso pieno delle calamit di questo secolo che vediamo patite dai bambini; dove, anche se nessuno avesse peccato, fosse necessario alla carne concupire contro lo spirito e ugualmente allo spirito concupire contro la carne, perch questa non trascinasse ad azioni illecite e turpi: dissenso che Ambrogio era solito dire essersi cambiato nella natura degli uomini a causa della prevaricazione del primo uomo 166 . Ma non oserebbe dirlo pi, sotto maestri come voi! Fosse anche necessario in un tale paradiso alle donne incinte coprirsi di pallore, soffrire lunghi fastidi, gemere e urlare nel parto; ai figli nascere con i diversi vizi delle intelligenze e dei corpi; ai pochi meglio dotati imparare le lettere certo con minore fatica, n tuttavia senza fatica; a tutti gli altri pi o meno tardi, e tanto pi quanto pi tardo fosse ciascuno, o essere massacrati dalle ferule dei maestri o rimanere ignoranti e grezzi; ai " fatui " poi non esser neppure dati ai maestri, ma nutriti per essere pianti o derisi; agli infanti, prima di poter volere o fare alcunch di male, essere assaliti da malattie, tormentati da dolori, curati con medicamenti martorianti, esser perseguitati dai demoni, spirare vinti dalle calamit. Ma se Ambrogio, sopraffatto dall'orrore di questi mali, non volesse credere e rispondesse che, qualora nessuno avesse peccato, tutti questi mali non ci sarebbero stati in nessun modo in quel luogo di tanta beatitudine, dove non poterono nemmeno rimanere dopo il peccato, perch ne furono scacciati, quelli che con la loro prevaricazione avevano provocato questi mali, e che quindi cotesti mali vengono dalla miseria degli uomini, la quale non esisterebbe, se la natura umana, viziata e mutata dal gravissimo peccato del primo uomo, non avesse meritato di propagare un secolo come questo, pieno di tante e di tanto grandi calamit; un secolo dove nemmeno i

redenti, bench gi in possesso del pegno della salvezza eterna, sono liberi da simili mali, dai quali saranno liberi per quando saranno usciti da questo secolo; se dunque Ambrogio rispondesse cos, gli verrebbe proibito di fare queste affermazioni dai vostri preclari sillogismi, evidentemente perch, vituperando la concupiscenza della carne e credendo nel peccato originale, non si condannassero le nozze, non si togliesse il libero arbitrio, non si vituperassero le opere di Dio e sotto il pretesto della grazia non si provocasse l'eversione della legge. Non cos assolutamente, non cos! Arrossite, o piuttosto tremate nel pensare cos. Ma anzi, se quel grande vivesse oggi, molto pi veementemente e autorevolmente di noi si opporrebbe a voi in difesa della fede cattolica, in difesa della grazia di Dio e della equit di Dio, dimostrando come non siano ragionevoli le conclusioni che voi ritenete ragionevoli; perch e si pu vivere rettamente senza aver bandito e senza aver lodato la cattiva concupiscenza, ma dopo averla frenata; n si accusa il Creatore della natura, quando s'insegna che ha bisogno di essere guarita da lui la natura, che dal suo nemico ha potuto essere viziata e non creata; n si condannano le nozze che fanno un buon uso della vergognosa libidine; n si sopprime il libero arbitrio, ma si mostra per bont di chi sia libero nel bene; n la legge si annulla con la grazia, ma si adempie. Su questi punti discuterebbe egregiamente quell'egregio dottore e sventaglierebbe sulle vostre facce sfacciate le affermazioni che noi abbiamo gi fatte pi sopra nei riguardi del vostro paradiso, affermazioni che seguono veramente il vostro errore e che per tutti gli uomini sono o deridende od orrende come pazzesche e forsennate. Bont e vizi naturali. 115. GIUL. N infatti diritto di alcuno accettare le premesse e rifiutare le conseguenze. Chi dunque dice che i bambini appartengono al diritto del diavolo per la ragione che vengono generati per mezzo della mescolanza dei sessi, condanna senza dubbio la stessa mescolanza, nella quale c' l'operazione della natura, e insieme condanna l'istituzione della natura stessa. AG. Tu certo vedi cos, ma che non sia vero ci che vedi tu, lo vide Ambrogio, il quale disse che non sono esenti dal delitto i nati dall'uomo e dalla donna, cio dalla mescolanza dei loro corpi 167 n tuttavia egli condanna la stessa mescolanza insieme alla istituzione

della natura stessa. La mescolanza appunto dei coniugi allo scopo di procreare un bene delle nozze. Ma certe operazioni buone non si fanno senza il male dei vizi, cos come certe operazioni cattive non si fanno senza il bene delle membra. Ma per quanto grandi siano i vizi che deturpano una qualunque natura, la sua istituzione sempre buona. Infatti come l'istituzione del corpo buona anche quando nasce un uomo " floscio ", e l'istituzione dell'animo buona anche quando nasce un uomo " fatuo ", cos l'istituzione dell'uomo stesso buona quando egli nasce soggetto al contagio del peccato originale. La tua fluttuazione tra paura ed empiet. 116. GIUL. Le quali realt o si negano insieme ambedue o si accettano insieme ambedue, e mentre in nostro potere la reiezione di entrambe, non in nostro potere tuttavia l'elezione di una senza l'altra. Se non che il rapporto sessuale pu essere pi facilmente accusato di illecita mescolanza per vizio della volont, difendendo tuttavia la fruttificazione dei semi, che rivendicato dopo averne accusato i frutti. La tua fluttuazione dunque che soffri tra la paura e l'empiet, non varr a stabilire nuove regole di discussione, per cui di due realt connesse ne accetti l'una ed escludi l'altra che le aderisce. Pascoleranno leggeri nell'aria i cervi 168 prima di negare l'effetto di cui fu posta la causa. Esercita questo genere letterario l'apostolo Paolo quando scrive: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo risorto. Se il Cristo non risorto, vana la vostra fede 169. Ora per il Cristo risorto e dunque certa la futura risurrezione dei defunti. E perch inculchiamo questa stessa verit a vantaggio di chi legge con un esempio pi breve: si dubiti se sia buono ci che giusto; io domando se tu confessi che sia onesto tutto ci che giusto. Il che concesso, io aggiungo un'altra domanda: se dichiari che sia anche buono tutto ci che onesto. Datomi pure questo, io concludo, te volente o nolente: Se onesto tutto ci che giusto, se buono tutto ci che onesto, quindi buono tutto ci che giusto. Chiunque voglia opporsi a questa conclusione dopo le due premesse, non scuote l'edificio della ragione, ma espone se stesso alla derisione. Ora, per riportare il paragone alla nostra causa, si domanda se il peccato sia nella natura. Io ti ho chiesto se tu concedessi che non c' nessun peccato senza la volont, e tu hai acconsentito, come attestano i tuoi detti. Ho aggiunto se tu reputassi che in un bambino ci sia la volont, e hai negato anche questo. Che cosa segue come terza proposizione, se non c' il

peccato senza la volont? Questa conclusione tanto certa che non la potrebbero smontare neppure gli Accademici, i quali hanno come loro ricchezza quella di ritenere che nulla sia certo. Tu dunque, negando, dopo aver posto le due precedenti proposizioni, la terza proposizione, nella quale c' l'effetto delle altre due, non demolisci le fondamenta della ragione, ma tradisci il tuo pazzo furore. AG. Ma mai possibile che tu sia cos insipiente da reputare che il peccato non sia nella natura, dal momento che il peccato non pu assolutamente essere se non nella natura? Infatti o nell'angelo o nell'uomo, ed essi sono senza dubbio due nature: se dunque il peccato non fosse in nessuna di queste nature, non sarebbe certamente in nessun dove. E per questo, proponendo la questione se il peccato sia nella natura, avevi inteso insegnare che il peccato non nella natura: tu intendi dunque, se non sei eccessivamente vano, che vana stata la tua intenzione e in vano hai posto cotesta questione. Ecco, io demolisco le fondamenta della tua ragione, perch non una ragione vera, e tuttavia non tradisco, come tu motteggi, il mio pazzo furore, bens il tuo errore. Concesse infatti le due premesse che tu assumi, io nego la terza proposizione semplicemente perch non c' in essa l'effetto di quelle due, come pensi tu. In tanto appunto io concedo che non c' il peccato senza la volont, in quanto il peccato non pu essere commesso senza la volont. Ma per un'altra ragione invece si dice con esattezza che c' il peccato senza la volont, in quanto il peccato permane, finch non sia rimesso, anche cessando la volont con la quale stato fatto. Ugualmente io concedo che non c' il peccato senza la volont, perch anche il peccato originale non fu fatto senza la volont di colui dal quale ebbe inizio la stessa origine. Perci, se oltre a concedere che non c' il peccato senza la volont, concedo pure che non c' volont nel bambino, da queste due premesse non si conclude alla terza proposizione che nel bambino non ci sia il peccato. Si concluderebbe invece, se, come concedo che non c' il peccato senza la volont, cos concedessi che non ci sia in alcuno il peccato senza la volont propria di lui. Pertanto il bambino non ha certamente la volont del peccato, ma non avrebbe il peccato se non nel caso che non avesse peccato con la volont colui dal quale il bambino ha contratto il peccato. Infatti qualcosa di simile si pu dire anche della stessa nativit dell'uomo. Se per esempio tu dicessi: Nessuno nasce se non per volont, non senza ragione te lo concederei. Se invece tu dicessi: Nessuno nasce se non per sua propria volont, non te lo concederei. In cotesto modo pertanto,

poich trattiamo del peccato del bambino, il peccato originale di lui, cos come la stessa nascita di lui, non pot essere senza la volont, ma non la volont di lui. Tu parli insensatamente. 117. GIUL. Se dunque quei sacerdoti, dei quali ora dilucidiamo i detti, udissero che si dubita se sia buona la mescolanza coniugale, e se io chiedessi a loro se i corpi siano stati formati da Dio, lo confesserebbero. E dopo questa concessione aggiungerei se ammettessero che le nozze siano state ordinate da Dio. E avutane ugualmente la conferma, chiederei di nuovo se ci fosse la generazione senza la mescolanza. E negato questo, che cosa ne seguirebbe? Evidentemente questo: se non per mezzo di Dio il corpo, se non per mezzo del corpo la mescolanza, se non per mezzo della mescolanza la generazione, al medesimo autore appartengono e il feto e la mescolanza al quale appartengono i corpi. AG. Ma forse questa la questione che si dibatte tra noi: se sia buona la mescolanza coniugale, dato che la diciamo buona e gli uni e gli altri? Che cos' dunque il tuo sentire cos cattivo nei riguardi di quei sacerdoti, dei quali non dilucidi i detti, come mentisci, ma li sporchi; cos cattivo, ripeto, da volerli persuadere, quasi che ne dubitino, di una verit di cui dimostri non dubitare n essi n noi? buona la mescolanza coniugale che avviene per procreare. Ma Ambrogio, il quale disse che dalla mescolanza dei due sessi nessuno nasce esente dal delitto, non biasim la mescolanza coniugale, bens vide il male per il cui buon uso avviene la procreazione, che nessun cattolico dubita sia una buona operazione. Tu parli parole insensate, tu sprechi il tempo in discussioni superflue, tu ti allontani dal tema, tu ti sforzi di dimostrare ci di cui nessuno dubita, come se qualcuno ne dubitasse o anche lo negasse. Che meraviglia dunque che tu faccia cos tanti libri, e libri cos tanto vani? I fulmini di Giuliano. 118. GIUL. A questo risultato annuirebbero senza dubbio da saggi personaggi cattolici quei sacerdoti, e vedendo che nessun altro all'infuori del vero Dio ha fatto nulla nei sensi della carne, nulla nei feti dei sessi, e vedendo d'altra parte che Dio non ha fatto nulla che fosse un male e che il male non altro che la mala volont,

peccante senza nessuna costrizione di elementi naturali, pronunzierebbero certamente che i manichei e i traduciani schiantarono per i fulmini corruscanti della ragione cattolica. AG. Per quale ragione dunque di coloro che tu dici personaggi saggi e sacerdoti cattolici, mentisci senza nessun pudore di difendere e di dilucidare i detti, se anche da se stessi schiantano per i tuoi fulmini? Se invece sono difesi e dilucidati e per questo rimangono integri i loro detti, sei tu piuttosto ad essere fulminato da essi. Infatti quello che dice Ambrogio, che nessun uomo concepito in forza della mescolanza dei due sessi esente dal delitto, o falso o vero. Se lo dici falso, impugni dunque i detti di personaggi saggi e di sacerdoti cattolici, come tu li confessi; non li difendi, n li dilucidi. Se al contrario, perch siano meritatamente difesi e dilucidati, concedi che sia vero, tu piuttosto sei fulminato dai detti di quegli antistiti cattolici. Com' dunque che ti vanti e dici che quei beatissimi e dottissimi personaggi, se avessero udito i tuoi sillogismi, avrebbero pronunciato che noi, chiamati da te manichei e traduciani, schiantiamo per i fulmini corruscanti della ragione cattolica? Lo pronunzierebbero quindi contro se stessi e dimostrerebbero che essi stessi schiantarono insieme con noi sotto la tua fulminazione! Perch non hai il coraggio di dire direttamente ci che mostri di dire obliquamente? In compagnia di Ambrogio noi confessiamo il peccato originale e tu scagli fulmini con tale veemenza che per queste affermazioni, comuni a noi e a lui, noi schiantiamo ed egli dilucidato! Vano tu sei: non lo distingui da noi, accusi assolutamente e noi e lui, n tuttavia fulmini o noi o lui, se non vuoi violare la testimonianza del tuo dottore Pelagio, il quale disse che nemmeno un nemico os criticare la fede di Ambrogio e la sua purissima intellezione delle Scritture 170. Onde nemmeno tu, sebbene ti faccia sufficientemente conoscere come nemico della sua fede e della sua purissima intellezione delle Scritture, osi tuttavia riprenderlo, ma riprendendo me pensi d'indicare che cosa egli dica di male. O uomo confitto e non confesso, una forza prepotente ti costringe ad espirare caliginose ipocrisie; inutilmente fingi l'impeto di una forza fulminante, mentre piuttosto spiri il fumo di un fulminato. Queste sono certamente le prove con le quali ti sforzi d'insegnare ad Ambrogio e agli altri dottori suoi colleghi la non esistenza del peccato originale: il fatto che Dio ha formato i corpi e ha ordinato le nozze, il fatto che non ci sarebbe la generazione senza la unione. Si concedono queste verit, si concedono anche le verit che aggiungi, cio: Il feto e la mescolanza appartengono al

medesimo autore al quale appartengono i corpi, se tuttavia dicendo questo hai voluto far intendere la mescolanza coniugale. Per quanto si conosca che ci vero per se stesso e non sia conseguente al tuo ragionamento. Altrimenti, dicendo tu: Se non per mezzo di Dio il corpo, se non per mezzo del corpo la mescolanza; e volendo tu concludere da questo: La mescolanza appartiene al medesimo autore al quale appartengono i corpi, un altro pu dire: Se non per mezzo di Dio i corpi, se non per mezzo del corpo l'adulterio, al medesimo autore appartiene l'adulterio al quale appartiene il corpo. Il che tu vedi con quanta offesa si dica di Dio e quanto di male insegnino i tuoi sillogismi. Come dunque non segue che si addebiti a Dio l'adulterio per il fatto che esso non avviene se non per mezzo del corpo di cui autore Dio, cos non segue che si attribuisca a Dio la mescolanza sessuale perch non avviene se non per mezzo del corpo di cui autore Dio. Ma tuttavia noi concediamo che tassativamente la mescolanza coniugale, praticata per procreare, da attribuire alla istituzione di Dio, non perch sia una verit deducibile dalle tue premesse, ma perch risulta vero per altre considerazioni. Il risultato invece che vuoi ottenere da questo n conseguente a quelle premesse, n vero. Infatti n la creazione del corpo da parte di Dio, n l'istituzione divina delle nozze dalla cui unione nasce il feto, n la creazione divina degli stessi feti dei viventi, rendono vero quello che tu aggiungi: Nessun altro all'infuori del vero Dio ha fatto nulla nei sensi della carne, nulla nei feti dei sessi. Dove fece infatti il diavolo il male che fece insieme ai primi uomini se non anche nei sensi della loro carne? Da una mala suasione fu appunto corrotto il senso, quando fu prestato l'assenso a peccare. E dove fece il diavolo tutto ci che fece di male in seguito al genere umano se non nei feti dei sessi, ossia nei figli degli uomini? Che mai dici poi: Dio non ha fatto nulla che sia male? Non forse un male per i dannati la geenna? Chi ti crede inoltre quando dici: Il male non altro che la volont cattiva, peccante senza nessuna costrizione di elementi naturali? Per tacere degli innumerevoli mali che soffrono contro la loro volont gli angeli cattivi e gli uomini, non si temer l'eterno supplizio, il quale ed il massimo male e non una mala volont, ma la pena di una mala volont? Questi sono i tuoi ragionamenti per i quali reputi che sia un fulmine la tua parola, mentre cenere il tuo cuore. Se avessero creduto nei peccati naturali.

119. GIUL. Finiscila dunque d'incriminare personaggi dalla testa sana e antistiti delle Chiese: non si assoggettino a giudizio le loro interpretazioni un po' negligenti. N infatti merita ira una breve esitazione, ma una pertinace ostinazione. Imitiamo in modo assoluto quel loro zelo con il quale edificarono i popoli esortando, scongiurando, condannando. Avrebbero forse fatto qualcosa di tutto questo, se alla vostra maniera avessero creduto nei peccati non volontari, ma naturali? AG. Anche noi secondo le nostre possibilit edifichiamo i popoli esortando, scongiurando, condannando, come fece Ambrogio, e tuttavia sul peccato originale sentiamo e diciamo ci che sent e disse Ambrogio, n da solo, ma con gli altri suoi grandi colleghi. I quali antistiti delle Chiese, poich li dici personaggi dalla testa sana, con quale testa li riprendi tu ferocemente e difendi ipocritamente le verit che essi impararono ed insegnarono con la pi nota concordanza tra loro, e rimproveri me di essere un loro incriminatore, mentre mi vedi loro difensore contro i crimini tuoi che tu opponi ad essi obliquamente? Tu dici: Non si assoggettino a giudizio le loro interpretazioni un po' negligenti; forse cos che difendi e dilucidi i loro detti? O piuttosto sotto l'etichetta della negligenza li biasimi e li accusi e senza lasciare dubbi a nessuno condanni quei loro detti che tu dici scappati a loro negligentemente e quindi falsi? Ti preghiamo, se asserisci che sono falsi i detti che difendi, devi asserire che sono veri i detti che riprendi. Non merita ira, tu dici, una breve esitazione, ma una pertinace ostinazione; come se tu fornissi qualche prova a dimostrazione che essi, non dico dopo una breve ma dopo una lunga ostinazione, almeno in fin di vita cambiarono sentenza sul peccato originale. Tu parli parole vane, tu parli parole insane, tu parli parole perverse e avverse alla tua salvezza. Clmati, ti scongiuro. Perch parli cos tanto? Separiamo Ambrogio da voi. 120. GIUL. Ma procediamo a ci che rimane. Non vale assolutamente nulla che tu dica che attribuisci al diavolo non i corpi, ma i delitti. Sei tutto preso, come abbiamo indicato frequentemente, dalla sola mira di evitare l'odiosit di Manicheo, di cui sprizzi il veleno. I corpi infatti, proprio i corpi, sono assegnati da te al principe delle tenebre, i corpi dei quali professi diabolica la mescolanza, dei quali accusi i genitali, dei quali accusi i movimenti, dei quali accusi i frutti. Tu condanni palesemente per effetto del tuo

primo indottrinamento le membra e non i vizi, tant' vero che dici diabolico ci che anche Manicheo, come ho documentato dai suoi scritti, si indigna che viga nei sessi. E perch il nostro lettore abbia in un breve riassunto l'essenziale da ritenere, ti dir: o dimostra l'esistenza della volont nei bambini, o depenna da essi il crimine. E poich non lo fai, ma asserisci che essi sono posseduti dal diavolo proprio perch sono stati generati mediante la mescolanza dei corpi, fai capire che attribuisci al potere avversario non i peccati, che non esistono senza la volont, ma i corpi stessi. Come dunque naturale ed istituita da Dio quella libidine che si trova e negli uomini e nelle bestie, cos stata concepita non meno dalla stoltezza che dalla empiet cotesta libidine che tu soffri nella variet della tua discussione e che ti sbatte tra dogmi vari e contrari. Non a torto noi dunque separiamo Ambrogio dalla vostra coorte, n lo chiamiamo manicheo come chieditu. AG. Hai fatto una faticaccia completamente inutile per arrivare a cotesta tua conclusione falsa e ridicola attraverso anfratti lunghi e tortuosi, intriganti e sguscianti; conclusione dove dici: Non ingiustamente voi separate Ambrogio dalla nostra coorte, n lo dite manicheo. Se non dici manicheo lui, nemmeno assolutamente me devi dire manicheo. Ma se reputi di dover dire manicheo me, sei forzato a dire manicheo anche lui e tutti quei grandi e chiari dottori della Chiesa, che sul peccato originale, per il quale mi dici manicheo, dicono senza nessuna oscurit e ambiguit ci che dico io, come l'ho dimostrato con sufficiente evidenza nel primo e nel secondo dei sei libri pubblicati da me contro quattro dei tuoi. Ma evidentemente Ambrogio rimarrebbe atterrito dalla tua dialettica, se sopravvivesse in questi giorni e, trovando falsa la sua sentenza per le sue false conseguenze, non ardirebbe dire ulteriormente che i bambini nati dalla mescolanza dei sessi non sono esenti dal delitto, per non costituirli a causa di ci sotto il potere del diavolo: allora dunque, te dottore, smetterebbe di essere manicheo. Oh che perse a non poterti ascoltare! Conseguentemente, poich per questo modo di sentire che mi dici manicheo, Ambrogio, perseverando certamente in tal modo di sentire, part da questa vita manicheo, per tua testimonianza. Non devi dunque difenderlo, perch in nessun modo lo puoi, ma lo devi compatire, perch non lo puoi pi istruire. Il che se tu avessi potuto fare, egli preso dal tuo magistero e compreso di esso, avrebbe certamente proibito nella Chiesa che reggeva di esorcizzare e d'insufflare i bambini battezzandi, perch in tante innocenti immagini di Dio, per nessuna ragione, come

asserisci tu, costituite sotto il potere del diavolo, si recasse a Dio stesso tanto grave ed insigne offesa. Il che se tuttavia Ambrogio avesse proibito di fare, sarebbe stato cacciato via con voi dalla Chiesa cattolica. Lungi infatti da me chiamare correzione questa che piuttosto una circonvenzione. Lungi dunque da un tale signore insistere con voi contro la madre Cattolica, ma invitto egli avrebbe resistito a voi in difesa della Cattolica. Cos' quindi che ti fa reputare di dovermi separare da lui in questa causa? Che attraverso la mescolanza dei corpi del maschio e della femmina nessuno nasca esente dal delitto lo dico io come lui, n tuttavia attribuisco i corpi alla creazione del diavolo, perch nemmeno lui; come ambedue incolpiamo il vizio della natura, cos ambedue veneriamo l'autore della natura. Se dire che la concupiscenza della carne, concupiscente contro lo spirito, si mutata in natura a causa della prevaricazione del primo uomo, questo vuol dire che io accuso le membra e non i vizi, lo ha fatto anche lui; se invece da una fonte c' l'origine dei vizi e da un'altra fonte c' l'origine delle membra, n io, n lui accusiamo le membra. Che nei nascenti ci sia una volont propria n lo dice Ambrogio, n lo dico io; tuttavia che per la volont prevaricatrice del primo uomo sia stato provocato il vizio della concupiscenza, dal quale coloro che nascono in forza della mescolanza dei sessi traggono il peccato originale, e lo dice Ambrogio e lo dico io. Ambedue quindi assegniamo al potere avversario gli uomini che sono nati, prima che siano rinati, non per la loro sostanza, della quale creatore Dio, ma per il peccato, entrato a causa di un solo uomo e passato in tutti gli uomini, di cui ispiratore il diavolo. Come fai a mentire con sfacciatissima faccia dicendo che tu difendi e dilucidi i detti di Ambrogio e di altri simili personaggi? Chi talmente cieco da non vedere che tu li riprendi e io li difendo, che tu li sporchi e io li dilucido? Sono di Ambrogio che parla del Cristo questi detti: Perci e come uomo, scrive, fu provato in tutto e a somiglianza degli uomini sopport tutto, ma come nato dallo Spirito si astenne dal peccato. Ogni uomo infatti mentitore e nessuno senza peccato all'infuori dell'unico Dio. Resta dunque evidente che nessuno, venendo dall'uomo e dalla donna, ossia per mezzo di quella mescolanza dei corpi, esente dal delitto. Chi poi fosse esente dal delitto, dovrebbe essere esente pure da simile concepimento 171. Cotesti detti tu dici che sono falsissimi e che contengono l'infame dogma manicheo, e perci tu riprendi e sporchi i detti di Ambrogio. Io invece e li dico apertamente verissimi e dimostro, come ho gi fatto, che non soltanto non sono amici di

Manicheo, ma anzi gli sono anche nemici; io quindi piuttosto li difendo e li dilucido dalle tue nefande incriminazioni. Se dunque Ambrogio sia nostro o sia vostro lo vedete anche voi; ma poich avete paura degli uomini che amano Ambrogio, certo vi sforzate ipocritamente di scusarlo, mentre provato che lo accusate atrocemente. La gerarchia delle verit. 121. GIUL. Il quale insulto di essere manicheo dici che gli fu fatto da Gioviniano 172: nel che tuttavia io giudico che tu mentisca. Ma concediamo che almeno di Gioviniano tu possa essere un accusatore vero e che Ambrogio sia stato chiamato manicheo da lui; ma risulta che quella fu una pazzia. Non poteva infatti assolutamente essere chiamato manicheo chi predicava la bont della natura, chi predicava la volontariet dei peccati, chi predicava la istituzione divina delle nozze, chi predicava la creazione divina dei bambini. Se dunque Gioviniano consider la superiorit della verginit come una denigrazione delle nozze, non seppe davvero quello che diceva. Altro infatti la contrariet, altro l'ordine della gerarchia. Lodare il bene appunto un gradino verso il meglio, ma la diffamazione della natura la via che porta a Manicheo. Poich dunque Ambrogio non condannava le nozze, n diceva la mescolanza dei coniugi o un'operazione diabolica o una necessit di peccato, sbagli Gioviniano ad equipararlo a Manicheo e a reputare che non ci fosse nessuna differenza tra un accusatore delle nozze e un lodatore di esse. Infatti se Ambrogio ha detto che gli uomini, generati dalla congiunzione dei corpi, legittima e istituita da Dio, dopo che hanno cominciato ad avere l'uso di ragione, per iniziativa propria e per l'imitazione dei reprobi, sono stati " mentitori ", non ha voluto tuttavia far apparire questo congiungimento come una menzogna necessaria, ma come segno di universalit. Tale infatti ci che ha detto: I figli dei genitori mentiscono, quale sarebbe se avesse detto: Ogni uomo, intendo solamente chi responsabile del proprio arbitrio, ha qualche volta mentito; sapeva appunto che nessuno esist senza la mescolanza dei genitori, eccetto il Cristo. Quindi con l'operazione coniugale Ambrogio, da uomo prudente, non volle indicare l'iniquit, ma la generalit. Del Cristo invece dichiar che evit ogni menzogna, e lo prov con il miracolo della madre. E questo lo strepita certamente contro Girolamo, di cui tu sei un accolito e che tent di affibbiare al Cristo esplicitissimamente la menzogna. Non fu dunque giusto chiamare manicheo - se

tuttavia stato chiamato - Ambrogio che contro il vostro errore frequent la celebrazione delle creature. AG. La celebrazione delle creature la frequentiamo anche noi. Cos' dunque quello che dici: Ambrogio lo fa contro il nostro errore, mentre lo fa secondo la nostra fede? Quale senso poi egli abbia dato alle sue parole che io ho opposte a te e che tu hai avuto paura di ricordare, perch le tue tenebre non fossero accusate dalla chiarissima luce di quelle parole, lo dimostra Ambrogio anche in altri passi dei suoi scritti, non in tal modo che cotesta sentenza appaia quasi sfuggita una volta tanto a lui un po' negligente, come parli tu, e un po' incauto, bens per dichiarare con una espressione abbastanza fluida il suo dogma sul peccato originale, perch il dogma cattolico. Perch dunque e secondo quale ragione abbia scritto: Resta quindi evidente che nessuno, venendo dall'uomo e dalla donna, ossia da quella mescolanza dei corpi, esente dal delitto. Chi poi fosse esente dal delitto, dovrebbe essere esente pure da simile concepimento, poich qui non volle intendere, come tu favelli, i peccati degli uomini dopo che hanno cominciato ad avere l'uso della ragione, ma il peccato originale, poni attenzione a cosa dica altrove: Il Giordano, dice, voltato indietro signific i futuri misteri del lavacro salutare, per mezzo dei quali i bambini che siano stati battezzati si rinnovano dalla malizia ai primordi della loro natura 173. Dimmi, Giuliano, da quale malizia, se non contraggono il peccato originale. Ascolta da un altro testo ancora: Infatti il coito virile non ruppe l'intimit della vulva verginale, ma lo Spirito Santo infuse nell'utero inviolabile un seme immacolato. Tra i nati di donna infatti il Signore Ges, completamente santo, non sent per la novit di un parto immacolato i contagi della corruzione e li respinse con la sua celeste maest 174. Rispondi, Giuliano, quali siano i contagi della corruzione che il Signore Ges, solo tra i nati da donna, non sent per la novit di un parto immacolato. Ascolta ancora: Prima che nasciamo, dice, veniamo macchiati dal contagio. E poco dopo: Se non senza peccato nemmeno il bambino di un giorno, tanto meno sono senza peccato quei giorni della concezione materna 175. Molte simili testimonianze potrei citare di quest'uomo, che tu hai confessato essere stato di " testa sana ". Ma a chi non bastano coteste testimonianze che cosa basta? Da quelle testimonianze dunque capisci come non ti sia permesso distorcere e pervertire in altro senso, come hai tentato di fare, nemmeno le parole che Ambrogio ha detto nei riguardi di coloro che nascono attraverso la mescolanza dei corpi, non accusando la creatura di

Dio, ma il peccato originale. Perch mi metti davanti Girolamo, del quale mi rimproveri come seguace e sulle cui parole non c' ora nessuna questione? Le quali parole tuttavia, se tu le avessi riportate, o dimostrerei che non contengono nulla che debba dispiacere, o le lascerei spiegare a persone pi intelligenti di me, o se fossero indubbiamente contrarie alla verit le disapproverei con la libert degna del caso. Guarda ad Ambrogio che non osi dire manicheo, mentre dici manicheo me, perch dico del peccato originale esattamente ci che dice lui. Poich infatti, se tu non dicessi manicheo Ambrogio per il fatto che predicava la bont della natura, la volontariet dei peccati, l'istituzione divina delle nozze e la creazione divina dei bambini, nemmeno me diresti manicheo, perch predico fedelmente le medesime verit. Se viceversa reputi di dovermi dire manicheo per il fatto che confesso l'esistenza del peccato originale, anche lui la confessa: perch non ambedue reputi doverci dire manichei? Ma me mi dici manicheo arrogantemente, lui lo pensi manicheo segretamente, non per distinzione della verit, ma piuttosto per estinzione della tua libert. Di lui infatti non osi dire ci che osi credere. O se non lo credi di lui, certamente non lo credi neppure di me, perch, sebbene tu ci stimi in errore, ti facile tuttavia vedere che non siamo manichei noi che non asseriamo in chi pecca la presenza di una sostanza propria di chi pecca, non creata da Dio, ma sosteniamo che il peccato originale si propagato da un vizio volontario della natura, che Dio cre buona. Ti facile dunque vedere questo e insieme vedere che noi siamo contrari ai manichei; ma il loro nome lo tieni lontano da Ambrogio adulando e lo butti in faccia a me calunniando. Meglio di te Gioviniano. 122. GIUL. Ma Gioviniano, come colpevole di essere nemico di Ambrogio, cos assolto se si paragona a voi. Quando mai infatti la censura dei sapienti riconoscer a te tanto da poterti mettere alla pari del merito di Gioviniano? Egli appunto disse che c' la necessit del bene, tu del male; egli afferm che per mezzo dei misteri gli uomini sono tenuti lontani dall'errore, tu al contrario dici che non vengono liberati nemmeno per mezzo della grazia; egli dissolse la verginit di Maria per la condizione del parto, tu per la condizione del nascere assegni al diavolo la stessa persona di Maria; egli uguaglia il meglio al bene, cio l'integrit al matrimonio, tu invece chiami morbosa la mescolanza coniugale e disprezzi la castit valutandola solo in confronto al comportamento pi turpe: n

aggiungi un gradino tra loro, confondi invece ogni genere, anteponendo la verginit non certo al bene, ma al male. Ora, di una svalutazione estrema ci che non pu piacere se non a confronto dell'orrido. In effetti quali ingiurie ha recato Gioviniano a Dio che siano pari alle tue? Egli volle attenuare il vigore del giudizio di Dio dalla parte della benignit, tu dalla parte della malignit: egli dice che presso Dio i buoni e gli ottimi godranno lo stesso onore, tu invece che i buoni e gli empi, ossia gli innocenti e il diavolo, saranno torturati da un unico supplizio. Egli dunque vuol far apparire Dio clementissimo, tu iniquissimo; egli dice che gli uomini iniziati ai misteri di Dio non possono peccare, tu al rovescio sostieni che Dio stesso pecca, e nei misteri per inefficienza, e nei precetti per eccessiva esigenza, e nei giudizi per disumananza. E cos, poich tra te e Gioviniano c' tanta dissomiglianza quanta somiglianza c' tra te e Manicheo, tanto pi tollerabile di te si trova Gioviniano quanto pi orrido di Gioviniano si trova Manicheo. AG. Quanto ti sembri gentile quando, confrontandomi con Gioviniano, tenti di dimostrarmi peggiore di lui! Ma io godo di ricevere da te in compagnia di Ambrogio anche questa mendacissima ingiuria; mi rattrista per che tu sragioni cos. La causa appunto per cui mi dici peggiore di Gioviniano precisamente la stessa per cui mi dici anche manicheo. E qual ? Evidentemente quel peccato originale, che voi negate con Pelagio e noi al contrario confessiamo con Ambrogio. Con questo quindi, secondo voi, noi siamo e manichei e peggiori di Gioviniano. E tutto ci che di altro diciate che noi siamo con bocca proterva, n certamente veridica ma maledica, il Signore ci ha insegnato a rallegrarci ed esultare, quando udiamo tutte le maledizioni possibili, non da parte della verit, ma perch combattiamo per la verit 176. Ecco, io non dico che ci sia la necessit del male, perch neppure Ambrogio, e tuttavia io dico che i bambini vengono rinnovati dalla loro malizia: ci che dice anche Ambrogio. E per questo non c' nessuna necessit del male, perch sanabile da Dio anche il male che trae la nativit; quanto pi il male che aggiunge la volont! Non dico che gli uomini non vengono liberati nemmeno per mezzo della grazia: il che ben lungi dal dirlo Ambrogio. Ma diciamo ci che tu non vuoi: che gli uomini non sono liberati se non per mezzo della grazia, non solo perch siano rimessi a loro i debiti, ma anche perch non siano indotti nella tentazione. Non assegniamo Maria al diavolo per la condizione del nascere, ma per questo: perch la stessa condizione del nascere risolta dalla grazia del rinascere. Non anteponiamo la

verginit alle nozze come il bene al male, ma come il meglio al bene. Non diciamo, come tu ci calunni, che i buoni e gli empi devono essere tormentati da un unico supplizio, ma diciamo che i buoni da nessun supplizio, mentre gli empi non da un unico, ma da diversi supplizi secondo la diversit dell'empiet stessa. Non diciamo che Dio pecca nei misteri per insufficienza, nei precetti per eccessiva esigenza, nei giudizi per disumananza: perch e i misteri di Dio sono utili ai rigenerati dalla grazia, e i precetti di Dio sono salutari ai liberati dalla grazia, e i giudizi di Dio sono convenientemente distribuiti ai buoni e ai cattivi. Ecco, noi allontaniamo da noi tutti gli errori dove voi ci dite peggiori di Gioviniano; voi allontanate da voi, se potete, gli errori in cui dimostrer che siete peggiori dello stesso e medesimo Gioviniano. Egli disse che c' la necessit del bene, voi dite che buona la cupidit del male. Egli afferma che per mezzo dei misteri gli uomini vengono tenuti lontani dall'errore, voi dite che la cupidit di camminare sulla retta via non ispirata da Dio, ma procurata dal libero arbitrio. Egli dissolve la verginit di Maria per la condizione del parto, voi uguagliate a tutta l'altra carne umana la stessa carne santa procreata dalla Vergine, non distinguendo la carne somigliante alla carne del peccato dalla carne del peccato. Egli mette sullo stesso piano il meglio e il bene, cio l'integrit e il matrimonio, voi il male e il bene: dite infatti che la discordia tra la carne e lo spirito un bene come lo la concordia delle nozze. Egli dice che presso Dio avranno uguale onore i buoni e gli ottimi, voi al contrario dite che alcuni tra i buoni non solo non conseguiranno nessun onore nel regno di Dio, ma non vedranno nemmeno il regno di Dio. Egli dice che gli uomini iniziati ai misteri di Dio non possono peccare, voi dite che gli uomini per mezzo della grazia di Dio possono certo pi facilmente non peccare, ma possono non peccare anche senza la grazia, per mezzo del libero arbitrio; ribellandovi voi cos con audacia gigantesca a Dio, il quale parlando dei buoni frutti dice: Senza di me non potete fare nulla 177. Mentre dunque tanto distate in peggio dall'errore di Gioviniano, tuttavia mettete noi al di sotto di lui e ci pareggiate piuttosto a Manicheo. Vi siete proprio ben protetti: viene fatto di pensare che abbiate fondato un'eresia nuova, perch quando vi accusiamo non abbiamo la possibilit di equipararvi a nessun altro gruppo di eretici. Tuttavia in questa causa, nella quale sembra che io debba essere tanto detestato da te riguardo al peccato originale e allineato piuttosto a Manicheo, mi trovo, lo voglia tu o non lo voglia, in compagnia di Ambrogio, che

Gioviniano diceva manicheo, come fai tu: ma lui scopertamente, tu subdolamente. Inoltre Gioviniano vinto una volta sola, quando si dimostra che Ambrogio non manicheo; tu invece, poich hai voluto avere un cuore doppio, sei vinto due volte. Accusi Ambrogio di essere manicheo e io dimostrer che non lo . Neghi di accusarlo e io dimostro che lo accusi. Ma l'una e l'altra verit si far chiara a chi legger quanto Ambrogio ha detto pi sopra. Un testo del libro della Sapienza. 123. GIUL. Ma vediamo anche tutto il resto. Da quanto abbiamo fatto finora reputo che il lettore sia stato messo pi che sufficientemente in condizione di giudicare con quale validit costui o confuti qualche punto dei miei detti o difenda la sua opinione, e perci non sar necessario dimostrarlo con la ripetizione di tutti gli scritti. Poich, proponendosi egli dal mio libro appena delle righe isolate e sparse e ritornando frequentemente su di esse, mi stuzzica qualche volta anche con una brevissima stoccata, sebbene tuttavia ci che reputa di dover mordere non sia stato proferito da me cos come sospetta lui. Per questa ragione indirizzo il lettore a quella mia opera: vedr che la mia asserzione risponde a verit. Evidentemente, costui, il quale si lamentava che gli fosse stato obiettato di condannare la natura e i semi, non ha potuto mantenere per lungo tempo la pazienza di fingere, ma dopo che con i trucchi del suo patrono ha rasserenato gli orecchi, mette fuori la testa come una testuggine. Infatti, avendo detto che se Adamo non avesse peccato gli uomini avrebbero potuto generare alla stessa maniera in cui siamo soliti o muovere le articolazioni o tagliarci pezzetti di unghia, ha aggiunto: Ma se il seme stesso non ha nessuna maledizione, perch sta scritto nel libro della Sapienza: " Non ignoravi che la loro razza era perversa, che la loro malizia era naturale e la loro mentalit era per sempre immutabile, perch era un seme maledetto fin da principio " 178? A tale testimonianza, da lui citata, fa seguito questo commento: Di chiunque lo dica, lo dice certamente di uomini 179. Ecco, colui che confessava di aver rotto con gli amori dei manichei, alla prima occasione di una sentenza che non ha capito, pronunzia maledetto il seme, naturale la malizia, inconvertibile la mentalit degli iniqui! fama che presso le cateratte del Nilo per lo strepito del salto delle acque gli abitanti abbiano perso l'udito. Anche se fosse un'invenzione della fantasia che tende ad ingrandire ancora di pi le cose gi grandi, l'esempio vale tuttavia a castigare la sordit degli insipienti, i quali per il

fragore di un terrore vicendevole resistono come aspidi sorde alle voci della realt. Grida Agostino: La razza degli uomini perversa, naturale la malizia, immutabile per sempre la mentalit, maledetto il seme fin da principio. E si trovano ancora in ogni luogo persone che pretendono che egli non sia stato segnato dal marchio di Manicheo! Si interroghino oggi tutti coloro che sono seguaci pubblici di queste porcherie: se essi diranno diversamente, si giudichi che noi abbiamo mentito. In conclusione, se naturale la malizia, in che modo tu fingi di non pronunziare cattiva la natura? Se il seme maledetto fin da principio, in che modo tu dici di accusare i vizi delle volont e non i vizi dei semi? Se immutabile la mentalit dei malvagi, com' che spergiuri di confessare il libero arbitrio? A meno che non ti riservi di dire che erano manichei quegli ebrei, Sirach o Filone, che con incerta opinione si credono autori dello stesso libro della Sapienza. AG. Chiunque sia stato l'autore di questo libro, bene che tu non rifiuti la sua autorit! quindi un libro adatto a prendere da esso le testimonianze che vi possiamo trovare contro di voi. Tant' vero che anche il vostro dottore Pelagio, nel libro che pubblic con il titolo di Testimonianze o di Capitoli, cit da codesto libro i passi che cred convenienti al suo intendimento 180. L'autore del qual libro, ancora di pi perch non era manicheo, dimostra sufficientemente ed apertamente che anche da coloro che non sono manichei e che hanno meritato di essere letti e accolti nella Chiesa del Cristo, si pot dire naturale la malizia senza nessuna riprensione della istituzione di Dio e della creazione di Dio, sapientissimo e buonissimo creatore di tutte le nature. Onde non in senso diverso fu inteso pure l'Apostolo dove disse: Anche noi del resto eravamo un tempo per natura meritevoli d'ira, come gli altri 181. Il quale testo alcuni, non " ad verbum " ma a senso, lo hanno interpretato cos: Anche noi fummo una volta " naturaliter " meritevoli d'ira. L'inciso come gli altri indica che tutti sarebbero per natura meritevoli d'ira, se la grazia divina non separasse alcuni di loro dalla massa della perdizione. Anche l'apostolo Pietro dunque, parlando degli esclusi da questa grazia, dice: Sono come animali irragionevoli, procreati per natura ad essere presi e distrutti 182. Essi appunto non deponevano l'uomo vecchio. Ma se ogni uomo non nascesse vecchio, nessun bambino ritornerebbe nuovo rinascendo. Non si pensi dunque che si rechi offesa al Creatore dicendo che gli uomini sono naturaliter meritevoli d'ira, allo stesso modo che senza nessuna offesa di Dio si dice che uno sordo naturaliter o cieco

naturalmente o malato naturalmente, e anche che un altro naturalmente stolto, un altro naturalmente smemorato, un altro naturalmente iracondo, e cos via per tutti gli altri innumerevoli vizi, sia dei corpi, sia degli animi - il che pi grave -, creati dall'arte di Dio e viziati per un occulto ma giusto giudizio del medesimo Dio. Lo stesso e medesimo Dio appunto il creatore di tutto l'uomo, e tuttavia, sebbene l'uomo sia una natura di cui lodare Dio, in nessun modo tuttavia l'uomo " vizioso " una natura di cui vituperare Dio. Sappiamo pertanto che a Dio creatore non si devono attribuire i vizi, bens le nature: ma donde siano i vizi deve dirlo chi vuol resistere a Manicheo. E certamente nei riguardi dei vizi degli altri esseri che confessiamo creati da Dio, ma assoggettati per sua sapientissima disposizione agli angeli, sia buoni, sia anche cattivi, facilissimo rispondere che dagli angeli, ai quali sono sottomessi, possono essere viziati anche i loro semi, cos non solo da diventare " viziosi ", ma anche da essere concepiti " viziosi " e nascere " viziosi ". Dell'uomo si tratta, dell'animale ragionevole, della immagine di Dio, la cui natura non diventerebbe in nessun modo ludibrio del diavolo, che meritamente crediamo autore dei vizi, se non per un giusto giudizio di Dio a causa del peccato originale. Inoltre nemmeno voi stessi, per quanto penso, osate dire, bench questa assurdit tanto crudele tenga dietro al vostro dogma, che nel paradiso sarebbero sorti i vizi naturali tanto numerosi e tanto grandi, se, non peccando nessuno, fosse continuata quella felicit della natura umana, nella quale fu creata. Ma voi, negando il peccato originale, contribuite senza dubbio a che si introduca una natura non creata da Dio, dalla cui mescolanza vengano i vizi degli uomini con i quali essi nascono. O perversi eretici! Voi siete i collaboratori dei manichei, voi siete i calunniatori dei cattolici accusandoli di essere manichei, voi di tutti i cattolici che concordemente dicono contro di voi le medesime verit, di alcuni siete contenziosi incriminatori, di altri siete subdoli adulatori. Non attesta il peccato originale. 124. GIUL. Si aspetter forse ora il lettore di sapere come si debba intendere questo testo. Che certamente non stia dalla parte della traduce del peccato, n dalla parte dell'opinione dei manichei, lo indica colui stesso che ne era stato l'usurpatore. Scrive infatti: Di chiunque lo dica, lo dice di uomini, perch certamente se lo dicesse del peccato naturale, non parlerebbe di "chiunque ", bens di tutti gli uomini. L'opinione appunto dei Manichei infama universalmente

la natura di tutti quanti i mortali, la sentenza invece di cui discutiamo riceve anche dallo stesso suo plagiatore la testimonianza di essere stata proferita non contro tutti gli uomini, ma contro alcuni. Dal che risulta che quella sentenza, la quale non colpisce tutti ma soltanto molti, non ebbe nulla a che vedere con la traduce del peccato. Perci, dimostrato che nulla in quella sentenza riguarda quell'empia opinione della traduce del peccato, si affermi con il suffragio dello stesso libro il senso sano di colui che ha scritto quella sentenza. Egli parla cos a Dio: Hai compassione di tutti, perch tutto tu puoi; non guardi ai peccati degli uomini in vista del pentimento. Poich tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? Tu risparmi tutte le cose, perch tutte sono tue, Signore che ami le anime. Poich il tuo spirito incorruttibile in tutte le cose. Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando a loro i propri peccati, perch, lasciata la malizia, credano in te, Signore 183. AG. In che modo ha compassione di tutti Dio, mentre un'altra Scrittura dice: Non perdonare a quanti compiono il male 184, se non perch anche negli uomini a cui Dio non perdona ci sono tutti gli uomini, nel senso che ci sono tutte le categorie degli uomini, allo stesso modo che stato detto: Voi pagate la decima di ogni erbaggio 185, intendendo ogni genere di erbaggio? Che ti giova poi il fatto che la Scrittura del libro della Sapienza non parli di tutti gli uomini, dove dice che la loro malizia era naturale? Non infatti che parlando solo di alcuni e non di tutti gli uomini, abbia fatto con questo anche capire che ci fossero uomini diversi, dal momento che l'Apostolo dice: Anche noi eravamo un tempo per natura meritevoli d'ira, come gli altri 186. Ma in quel tempo gli Israeliti, non tutti per, bens gli Israeliti pii, li distingueva da quelli di cui detto: La loro malvagit era naturale, non la natura, bens la grazia, e per questo furono chiamati anche figli di Dio. Bisogna vedere anche in che senso sia stato detto: Tu ami tutte le cose esistenti, poich esistono anche gli iniqui; e altrove scritto: Tu detesti tutti coloro che fanno l'iniquit 187. Ama dunque Dio anche gli iniqui in quanto sono uomini, li detesta in quanto sono iniqui, li condanna perch iniqui, li fa esistere perch uomini: Nulla disprezzi, dice, di quanto hai creato. Ama dunque Dio gli uomini fino al punto di amarli come uomini anche quando sono iniqui, sebbene detesti che siano iniqui. E perci gli iniqui che Dio detesta, e sono uomini perch Dio ama la sua arte, e sono miseri perch Dio ama la sua giustizia.

Un amore diverso. 125. GIUL. Ti accorgi o no quanto sia ostile alla vostra opinione la gratitudine del lodatore di Dio? Egli dice che Dio crea le anime e le ama: il che negato da voi che giurate che le anime degli innocenti stanno sotto il diavolo e sono odiose a Dio, pur non avendo altro che quanto hanno ricevuto in sorte dal loro autore. AG. Dunque secondo te vero che anche la fatuit la ricevono in sorte da Dio loro autore tutti coloro che nascono fatui e che la sacra Scrittura dice da compiangere pi dei morti 188. Ma anche di costoro Dio ama senza dubbio in qualche modo le anime, cio perch esistano, perch vivano, perch sentano, perch superino comunque le bestie, sebbene siano anime ottuse di mente. Ma diverso quell'amore di cui scritto: Nessuno Dio ama se non chi vive con la sapienza 189. Dite voi per per qual motivo Dio ami di pi le anime dei bambini ai quali provvede il lavacro della rigenerazione per mandarli nel regno, e per quale motivo non presti questo beneficio agli altri, quando non ci sono meriti delle volont a distinguerli, n presso Dio c' preferenza di persone, che voi siete soliti rinfacciarci stupidissimamente. Sebbene dove stato detto: Ami le anime, n stato detto: Tutte le anime, non c' questione. Forse stato detto cos nel senso che Dio crea tutte le anime, ma ama soltanto quelle che distingue dalle altre, non per i loro meriti, bens per la generosit della sua grazia, perch vivano con la sapienza, essendo scritto: Nessuno Dio ama se non chi vive con la sapienza; ma il Signore d la sapienza! 190 Proprio noi. 126. GIUL. Anche il pentimento, che il libro della Sapienza afferma dato da Dio, non accolto dal vostro dogma, il quale contiene il male naturale e una nequizia che non conosce mutamento. AG. Al contrario siamo proprio noi a dire contro di voi che Dio d pure il pentimento, perch, sebbene ciascuno faccia la penitenza con la volont, anche la volont preparata dal Signore 191, e questo il mutamento della destra dell'Altissimo 192, che fa risuonare il Salmo santo; e perch per far piangere Pietro il Signore lo guard 193. Onde un suo coapostolo afferma di taluni: Nella speranza che Dio voglia concedere a loro il pentimento 194. E che si dica immutabile la malizia va inteso che essa immutabile per

l'uomo, che non la pu mutare; non per la potenza di Dio, che pu tutto. Si possono perdere anche gli elementi naturali. 127. GIUL. Che poi il libro della Sapienza abbia ricordato che Dio ammonisce i peccatori perch lasciata la malizia, credano in lui, sovverte completamente l'opinione del male naturale, perch certo che non si possono lasciare gli elementi congeniti. AG. Si possono lasciare anche gli elementi congeniti, ma quando ci lo opera nell'uomo l'Onnipotente; infatti anche la corruzione congenita al corpo, il quale tuttavia sar incorruttibile. La punizione dei Cananei. 128. GIUL. Da qui, dopo aver esposto la pazienza di Dio e la sua mitissima amministrazione, per la quale non vuole la morte di chi muore, ma vuole soltanto che si converta e viva, continua a provare anche per mezzo di esempi quanto aveva detto, e fa menzione di coloro che vivendo pessimamente nella terra di Canaan avevano acceso cos l'ira dell'Onnipotente, che essa incombeva su loro per un giustissimo castigo con i trionfi degli Israeliti, viventi gi sotto la legge di Dio: Tu odiavi gli antichi abitanti della tua terra santa, perch compivano delitti a te ripugnanti: pratiche di magia e sacrifici ingiusti. Questi spietati uccisori dei loro figli li hai voluti distruggere per mano dei nostri antenati, perch ricevesse una degna colonia di figli di Dio quella regione che ti pi cara di tutte 195 . Attesta l'autore sacro per quale ragione abbia voluto Dio far perire le sette nazioni, distrutte le quali quasi al completo, la terra promessa fu data agli Israeliti. Ossia, perch non sembrasse che nell'unica natura comune agli uomini ci fosse presso Dio differenza per qualche preferenza personale, lo scrittore sacro sottolinea la ragione per cui i Cananei meritarono di esser distrutti. Dice dunque: Tu odiasti gli antichi abitanti della tua terra santa. Per quale motivo? Certo secondo te avrebbe dovuto soggiungere: Perch erano stati generati da una mescolanza diabolica, perch erano posseduti dal principe delle tenebre, perch Adamo appest tutti coloro che sarebbero venuti dalla sua stirpe. Invece nessuno di questi motivi: ma quale causa rende dell'odio? Solamente le opere commesse per mezzo della libera volont: Li odiavi, dice, perch compivano delitti a te ripugnanti. Ma perch non ignorassimo quali

fossero i delitti e tu non chiamassi quei misfatti delle genti concupiscenza genitale, espone le specie stesse del loro operare: Compivano pratiche di magia e sacrifici ingiusti, uccidendo spietatamente i propri figli. Cio praticavano riti magici e sacrifici che erano ingiusti, perch venivano offerti agli idoli, con disprezzo verso il culto del Creatore, e a tali sacrilgi destinavano gli stessi parenti pi stretti, per placare i demoni anche con la disumanit dei parricidi. Vedi pertanto come non si parli del crimine inventato da Manicheo, cio del crimine che aderisce per natura a tutti i mortali, questo scrittore sacro, il quale ricorda che i Cananei avevano offeso Dio soprattutto perch non si astenevano nemmeno dalle stragi dei loro bambini. La morte dei quali non ritornerebbe certo ad odio dell'uccisore, se a causa di un unico peccato dispiacesse a Dio e il parricida e il figlio. AG. Tu parli in cotesto modo come se tutti gli uomini venissero puniti per un qualche genere unico di peccato, o come se noi dicessimo che solo per il peccato originale sono meritevoli d'ira coloro che hanno et gi grandi. Chi non crede nel Figlio, come dice il Figlio stesso, non avr la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui 196. Alcuni per sono peggiori di altri e sopra di loro incombe certamente un'ira divina pi grande. N tuttavia vengono tutti abbattuti e distrutti alla stessa maniera dei Cananei di cui stiamo parlando e che erano in possesso della terra che fu data agli Israeliti. Cos' dunque quello che dici: Vedi pertanto come non si parli del crimine inventato da Manicheo? Dove tu vuoi far intendere il peccato originale, che non inventa Manicheo, ma che, alla pari di tutti gli altri cattolici, confessa Ambrogio e contro di voi e contro Manicheo, perch non la mescolanza di una natura diversa che introduce Manicheo, ma la depravazione della natura nostra a partire dal peccato, che entr nel mondo a causa di un solo uomo e pass in tutti gli uomini: peccato che voi negate contro la fede cattolica. Sei davvero cieco a tal punto da non vedere che, se il peccato originale non c', per la ragione che non stato ricordato qui, nemmeno saranno peccati gli altri peccati che non sono stati ricordati qui, siano pi piccoli di essi o siano pi grandi? Forse per questo non furono distrutti i Sodomiti, perch di essi non stato detto che praticassero magie e sacrifici di parricidio? Oppure cotesti Cananei per questo non furono distrutti perch di essi non stato detto che commettevano atti ignominiosi, maschi con maschi? Comunque per non stato taciuto che la loro malizia era naturale. La quale malizia senz'altro di tutti gli uomini, ma minore in alcuni

e maggiore in altri; come i corpi di tutti sono corruttibili, ma appesantiscono alcune anime di meno e altre anime di pi, secondo la diversit dei giudizi di Dio, occulti, s, ma indubbiamente giusti. Che c' dunque da meravigliarsi se nell'esporre la causa per cui si era rovesciata su di loro tale punizione, stata ricordata non solo la loro malizia volontaria, ma anche la malizia naturale, alla quale, oltre al contagio comune del genere umano, si era aggiunto qualcosa in pi per la maledizione profetica - il santo patriarca No maledisse infatti il suo nipote Canaan, progenitore dei Cananei 197 -, una maledizione certamente non ingiusta, ma alla quale fosse soggetta nella prole la gente cananea per obbligazione di successione? Il che apparisce pure nei loro bambini, i quali insieme ai loro genitori e per espresso comando di Dio furono distrutti senza esclusione di nessuna et 198, poich i loro antenati avevano recato offesa a Dio principalmente con l'abitudine di libare ai demoni il sangue dei loro piccoli. N Dio comand che i medesimi bambini fossero risparmiati, anzi comand che non fossero assolutamente risparmiati. Da qui intendi il seme maledetto fin da principio: n infatti oserai dire ingiusto colui che lo comand. Il che se ti fosse venuto in mente, non separeresti l'innocenza dei figli dall'empiet dei genitori per il fatto che i genitori avevano offeso Dio soprattutto perch non si astenevano nemmeno dalle stragi dei loro bambini. La morte dei quali, tu dici, non ritornerebbe certo ad odio dell'uccisore, se a causa di un unico peccato dispiacesse a Dio e il parricida e il figlio. N vedi che gli uccisori dei figli dispiacquero cos a Dio da comandare egli comunque che fossero uccisi con essi anche i medesimi figli. N infatti, poich i genitori con estrema empiet immolavano ai demoni anche i figli, per questo non sarebbero dovuti ugualmente perire, come avvenne, i medesimi figli, non per un misfatto umano, ma per un decreto divino, sicuramente giusto, sebbene occulto, quale seme maledetto. Tu non sei attento a questi fatti, mentre sei trascinato dalla eloquenza senza la sapienza e, abbandonato dal lume della verit, vuoi abbondare del fiume della vanit. Pi vero d'ogni altra verit: non esiste il peccato originale. 129. GIUL. Ma anche con loro, perch uomini, dice la Sapienza, fosti indulgente, mandando a loro le vespe come avanguardie del tuo esercito, pur potendo in battaglia dare gli empi in mano dei giusti; ma colpendoli a poco a poco lasciavi posto al pentimento. Con i pinzi delle mosche, dice, stimolavi anche quegli stessi

sacrileghi ad avvertire la tua potenza punitrice dal gioco di quel loro flagello. Ma dopo che per il disegno di Dio e per il genere di quel castigo si resero manifesti i peccati volontari, di cui si attendeva invece e si chiedeva il rigetto, allora finalmente contro la supina empiet dei puniti insorge l'invettiva dell'agiografo e dice che essi presero tanta familiarit con i crimini da farli sembrare in qualche modo congeniti. Non ignoravi, dice, che la loro razza era perversa, che la loro malvagit era naturale e la loro mentalit era per sempre immutabile, perch era un seme maledetto fin da principio. Non certo per timore di alcuno lasciavi impunite le loro colpe 199. Mentre tu, dice, con tanta benevolenza, con tanta pazienza, e hai indulto un tempo di pentimento e hai inflitto un preavvertimento per affermare una giustizia e una misericordia che fossero lontane da ogni critica e da ogni sospetto di crudelt; essi tuttavia disprezzarono i tuoi avvertimenti, come avevano disdegnato i tuoi precedenti benefici, quasi volessero dimostrarsi discendenti di quel Cam, contro il quale il beato No, dopo la derisione della sua nudit, scagli maledizioni con la sua censura patriarcale. Che c' dunque di strano se, colpito dalla severit della sentenza divina, meritata dalla ostinazione troppo grande di costoro, lo scrittore ha ricordato ad infamia i posteri che non desistevano dalla emulazione, dato che frequentemente nella Legge l'imitazione viene redarguita anche con i vocaboli della parentela dei posteri? Cos appunto il Signore dice ai Giudei nel Vangelo: Voi avete per padre il diavolo 200 . E si legge che Daniele contro gli sporchi anziani, che tuttavia venivano dalla stirpe d'Israele, inve alla stessa maniera dicendo: Razza di Canaan e non di Giuda 201. Anche il profeta Ezechiele rimbrotta cos il popolo di Gerusalemme: Vostra madre era una Hittita e vostro padre un Amorreo 202. C' dunque quest'uso che alla condanna della volont si accompagni la diffamazione della stirpe e si renda evidente che la volont troppo attaccata al crimine, quando per il merito di essa soffrono offesa anche i semi. Ma questo medesimo uso si osserva anche dalla parte del bene, cosicch quando un uomo apparisce buono in tutto e per tutto si dice che egli fiorisce di virt congenite. Onde anche il beato Giobbe afferma di avere succhiato dalle mammelle il sentimento di compassione che gli faceva soccorrere gli indigenti e afferma anzi che esso era uscito con lui dal ventre materno 203. Nulla dunque pu recare pregiudizio alle verit evidenti: n una similitudine, n una iperbole, n un bisenso. Poich, essendo certo che mai si chiede ai mortali la correzione degli elementi naturali e comandando invece

Dio agli uomini di desistere dal male, si prova pi vero di ogni verit che non pu esserci il peccato naturale. AG. Reputasti certamente di avere spiegato le parole del libro della Sapienza, ma non ti si lascia la libert di eluderle con le parole della tua insipienza. Apparisce sufficientemente infatti ed chiaro in che modo quella razza sia stata detta iniquissima e sia stata detta naturale la sua malizia, in che modo anche sia stata chiamata seme maledetto fin da principio. Se infatti, come tu reputi, ci fosse stato detto a causa della emulazione, ossia della imitazione con cui imitarono il loro antenato Cam, maledetto dal suo padre No per il merito del suo peccato, certamente Dio, quando pronunzi contro tale nazione il giustissimo castigo, avrebbe comandato di risparmiare i suoi bambini, che tu non puoi dire meritevoli della pena per la imitazione dei loro antenati. Poich dunque non solo non comand che si usasse piet ai bambini, ma inoltre che essi subissero con i genitori una uguale punizione lo comand Dio stesso, che non pot certamente comandare qualcosa d'ingiusto, risplende abbastanza evidentemente che la loro malizia stata detta naturale ed essi sono stati chiamati seme maledetto fin da principio, non per una esagerazione, n per la imitazione, ma per la generazione. Infatti contro il vostro errore vigil, in questo stesso seme di cui parliamo, l'autorit profetica, perch il giusto No maledicesse il suo figlio Cam che aveva peccato, nel figlio di lui, cio in Canaan. Da qui capissimo che i figli sono stati vincolati ai meriti dei padri, se questo vincolo contratto con la generazione non si scioglie con la rigenerazione. Da cotesto Canaan prendono dunque origine i Cananei, i quali sono stati detti " seme maledetto fin da principio ", e dei quali anche i bambini, perch essi pure erano seme maledetto, non per la imitazione ma per la stirpe, furono fatti uccidere con i genitori per ordine divino. Che a questi Cananei siano stati simili gli impudichi anziani volle farlo capire il profeta Daniele quando disse a loro: Razza di Canaan e non di Giuda 204, come se dicesse: Simili ai figli di Canaan e non ai figli di Giuda, allo stesso modo che fu detto: Razza di vipere 205, per una certa somiglianza con la malvagit delle vipere. Al contrario nel testo dove il Signore dichiar: Voi avete per padre il diavolo, egli volle veramente che s'intendesse l'imitazione e non il seme; ma egli stesso non disse nemmeno: Voi siete seme del diavolo. E dove stato scritto: Vostro padre era Amorreo e vostra madre Hittita, apparisce detto perch coloro ai quali lo si diceva avevano imitato gli Amorrei e gli Hittiti. Del resto nemmeno qui stato detto: Seme

di Amorrei o di Hittiti. Non dunque vero, come hai detto tu, che: Per il merito della volont troppo attaccata ai crimini soffrono offesa anche i semi. Lungi infatti dalla santa Scrittura offendere i semi innocenti, come tu offendi gli uomini innocenti. Dove poi, come tu ricordi, il santo Giobbe afferma che il sentimento della compassione era uscito con lui dal ventre materno e tu reputi che lo abbia detto per raccomandare vivamente lo stesso sentimento e non perch fosse questa la realt, per quale ragione, ti domando, non ammettiamo che alcuni siano misericordiosi per natura, se non neghiamo che alcuni sono immisericordiosi per natura? Ci sono infatti alcune tendenze congenite che cominciano ad apparire, come la ragione stessa, nell'et in cui comincia l'uso della ragione. Perci agli uomini che sono per natura meritevoli d'ira vengono dati precetti sul modo di vivere, perch viene data ad essi anche la grazia, e cos Dio che comanda aiuti, e in questo modo siano vinti non solo i mali che sono stati aggiunti dalla volont, ma anche i mali che sono congeniti con la natura. Ci infatti che impossibile agli uomini, facile a Dio 206. Ma coloro a cui non stata data la grazia di Dio, in riferimento alla quale stato scritto: Chi dunque ti ha dato questo privilegio? Che cosa mai possiedi che tu non lo abbia ricevuto? 207 all'arrivo della legge diventano prevaricatori, non giusti. Anche costoro per vivono a vantaggio dei figli della misericordia, perch questi, vedendo gli altri e comprendendo che cosa sia donato a loro, non meritamente ma gratuitamente, non si insuperbiscano, ma chi si vanta, si vanti nel Signore 208. I nostri vizi congeniti non si possono addebitare a Dio. 130. GIUL. Ma continua a dire la Sapienza: Chi oserebbe accusarti per la eliminazione di genti da te create, mentre non c' Dio fuori di te, che hai cura di tutte le cose? Ma, essendo giusto, governi tutto con giustizia e condannare anche chi non merita il castigo lo consideri incompatibile con la tua potenza: la tua forza infatti principio di giustizia 209. Si accorda certamente con la convinzione comune dei sapienti, perch la principale caratteristica in Dio la giustizia, che il manicheo e il traduciano nega ostinatamente con ogni sforzo delle sue favole. AG. Nell'offendere a chi ti dir simile se non a te stesso? Se davvero sapeste che Dio giusto, non attribuireste mai i vizi congeniti o del corpo umano o dell'animo umano, che non potete negare, alla creazione di Dio, bens alla retribuzione giusta di Dio, e

da qui comprendereste e non neghereste il peccato originale o i peccati originali. I figli dell'ira e figli della misericordia. 131. GIUL. A poca distanza continua cos la Sapienza: Castigando costoro hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza, perch tu concedi dopo i peccati la possibilit di pentirsi. Se gente nemica dei tuoi figli e degna di morte tu hai punito con tanto riguardo, concedendole tempo e modo di ravvedersi dalla sua malvagit, con quanta attenzione castighi i tuoi figli, con i padri dei quali concludesti, giurando, alleanze di cos buone promesse? Mentre dunque ci correggi, tu colpisci i nostri nemici in svariatissimi modi, perch riflettiamo sulla tua bont nel giudicare 210. AG. Per quale ragione Dio, che prevede tutte le vicende future, abbia concesso il tempo e il modo di ravvedersi dalla loro malvagit anche a coloro la cui mentalit era stata detta immutabile per sempre, lo scrittore lo indica sufficientemente dove scrive: Hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza, perch tu concedi, dopo i peccati, la possibilit di pentirsi. Per questo motivo dunque viene dato il tempo e il modo di ravvedersi anche ai figli dell'ira, che sono stati destinati alla morte e che non faranno penitenza: perch in mezzo ad essi ci sono o da essi nasceranno alcuni figli della misericordia, ai quali giover ci che non ha giovato ai figli dell'ira. Pertanto nemmeno con i figli della perdizione vana e infruttuosa la pazienza di Dio: necessario infatti che giovi a coloro che dalla massa della perdizione non li separano i meriti umani, ma li separa la grazia divina, e giova ad essi quando o rendono grazie, perch la misericordia di Dio li separa dai figli della perdizione, o per disposizione di Dio nascono non perituri da perituri. Seme maledetto per la generazione. 132. GIUL. Ti accorgi dunque quanta distinzione abbia fatto la superficie delle parole riguardo alle nature delle due popolazioni: gli Israeliti li chiama figli di Dio e i Cananei li chiama seme maledetto. Se ci che suona si riferisse alle generazioni e ai parti, si sarebbe dovuto dire che l'una la generazione dei religiosi e l'altra la generazione degli irreligiosi. AG. Poich quando udiamo figli di Dio intendiamo la grazia, non dobbiamo forse per questo, quando udiamo figli degli uomini,

riconoscere e confessare la natura? Cos' dunque ci che dici, non trovando che dire, o uomo contenzioso? Conosci ci che vero e poni attenzione a ci che chiaro. Seme maledetto sono stati detti i Cananei a causa di una progenie talmente cattiva che per punizione e per ingiunzione del giustissimo Dio non si risparmiassero nemmeno i bambini, i quali con nessuna imitazione volontaria hanno seguito i loro genitori. Figli di Dio viceversa sono stati detti gli Israeliti non per la progenie della natura, ma per l'adozione della grazia. Sia dunque che si dicano figli e figli, sia che si dicano seme e seme, che ti giova cotesta consonanza di nomi dove c' tanta distanza di situazioni? Alcuni genitori alleggeriscono il peccato originale. 133. GIUL. Rimanendo certo tuttavia, anche secondo questa vana opinione, che non c' la traduce del primo peccato, lo mostravano interrotto i semi delle molte genti insieme. AG. Altro il seme di quell'unico uomo, il seme che tutti gli uomini, altro sono i semi diversi delle diverse genti. Questi semi non interrompono il seme del primo uomo, perch tutti i semi discendono da quel primo seme. N con la loro variet i semi delle genti agiscono perch quel peccato del primo uomo, per il quale la natura umana merit di essere mutata, sia nocivo a tutti i lontani discendenti di Adamo, ma agiscono in modo che sia pi o meno innocuo. Come infatti alcuni genitori appesantiscono il peccato originale, cos alcuni genitori lo alleggeriscono; ma nessuno lo toglie all'infuori di colui del quale stato detto: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo 211, e per il quale nessun bene dell'uomo impossibile, nessun male inguaribile. N santit innata, n malizia innata. 134. GIUL. D'altra parte, come ci che si dice sulla lode dei Giudei non vale per credere che qualcuno rifulgesse di innata santit, cos anche ci che chiamato malizia naturale non vale a difendere semi viziosi, ma senza pregiudizio della natura, il cui modo di essere inviolabile e che tutto ci che ha lo sortisce da Dio, suo autore, cotesta variet di parole indica o l'impeto della invettiva o l'intento della esaltazione. AG. Se non innata la santit di qualcuno, in che modo a Geremia stato detto: Prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato 212?

In che modo anche di Giovanni Battista stato detto: Sar pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre 213? Il che mostr pure la sua esultanza, quando Maria, vergine gravida, salut Elisabetta, coniuge gravida 214. Forse anche queste affermazioni sono state fatte non per proclamare la realt, ma per intento di esaltazione? Fate pure cos, vaneggiate pure cos: alla vostra insania non resta che dire questo. Perch infatti davanti alla vostra sfrontata superbia noi poniamo Geremia, perch poniamo Giovanni, quando voi non distinguete il Cristo stesso dalla carne del peccato e, dicendo che nessuna carne originalmente carne del peccato, uguagliate il Cristo a tutti gli altri cos da essere costretti a negare che abbia avuto una santit innata lui pure, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, completamente esente dal delitto, perch esente da quel concepimento che avviene con la mescolanza dei sessi? Perch, e Geremia e Giovanni, sebbene santificati nell'utero delle madri, contrassero tuttavia il peccato originale. Per quale altro merito infatti sarebbero state le loro anime eliminate dal loro popolo, se non fossero stati circoncisi nell'ottavo giorno, ossia se non avessero raggiunto la grazia del Cristo, di cui quella circoncisione preannunziava la futura risurrezione per la nostra giustificazione nel giorno ottavo, cio nel giorno successivo al settimo giorno del sabato? Erano dunque quei due e figli dell'ira per natura fin dal seno delle madri e figli della misericordia per grazia fin dal seno delle madri, perch non c'era ancora in essi la santit che sciogliesse il vincolo della successione inquinata, vincolo che doveva sciogliersi a suo tempo, e c'era tuttavia la santit che designava fin dalle viscere materne l'araldo del Cristo. Ma tu, eretico nuovo, vuoi passare per un religioso " fisico ", quando dici che nella Scrittura si dice malizia naturale e seme maledetto senza pregiudizio della natura, il cui modo inviolabile di essere, affermi, sortisce da Dio, suo autore, tutto ci che ha. Non ti ammoniscono ad avere cuore almeno coloro che nascono fatui? N tuttavia gli stessi fatui ardiscono dire Dio autore della fatuit. N certo a introdurre questo vizio fu, come Manicheo dice insipientemente o dissennatamente, la mescolanza di un'altra natura diversa, bens la depravazione della nostra natura. Come merito dunque di questo vizio e di tutti gli altri vizi naturali di qualsiasi genere, coloro che sono sani nella fede non trovano se non il peccato originale. Seme maledetto e seme benedetto.

135. GIUL. Ma come qui il seme si dice maledetto, cos evidentemente altrove, dove pi grande l'autorit della Lettura, il seme si dice benedetto. Parlando infatti degli Israeliti il profeta Isaia dice: Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non fabbricheranno perch un altro vi abiti, n pianteranno perch un altro mangi. Quali i giorni dell'albero della vita, tali saranno i giorni del mio popolo. Le loro opere saranno durature, i miei eletti non faticheranno invano e non genereranno figli nella maledizione, perch un seme benedetto da Dio 215. AG. Se tu capissi questa profezia di Isaia, non la opporresti a noi per svignartela, ma la opporresti piuttosto a te per correggerti. Vedresti infatti un altro seme, non mortale ma immortale, n carnale ma spirituale, il seme che vedeva l'evangelista Giovanni quando diceva: Chi nato da Dio, non commette peccato, perch un seme divino dimora in lui 216. Secondo questo seme l'uomo non pecca, perch, sebbene pecchi come uomo, ha tuttavia un altro seme secondo il quale non pu peccare, perch nato da Dio. Secondo questo seme i figli non sono procreati nella maledizione. Sulle quali parole del Profeta avresti dovuto stare sveglio e accorgerti che questo non si prometterebbe al popolo di Dio come un grande beneficio se non perch i figli si procreano nella maledizione secondo il primo seme che viene da Adamo, ma non si procreano nella maledizione secondo il Cristo, che il seme benedetto fin da principio. Egli infatti anche la Sapienza di Dio della quale stato detto: l'albero della vita per chi si attiene ad essa 217; onde anche cotesto Profeta, o Dio piuttosto per mezzo del Profeta, dice: Quali i giorni dell'albero della vita, tali saranno i giorni del mio popolo 218. Con tali parole si prometteva la vita eterna e immortale, non agli Israeliti carnali, ma agli Israeliti spirituali. In quella vita le vigne spirituali e le case non saranno possedute da altri, venendo a morire coloro che le hanno piantate e costruite, ma saranno possedute dagli stessi piantatori e costruttori che vivranno senza fine. Riconosci dunque i due generi di semi, uno della generazione e l'altro della rigenerazione, e non essere incredulo, ma credente. falsa la traduce del peccato. 136. GIUL. Abbiano pazienza dunque i ragazzini per il questionare su questi contrasti verbali ed essi, amanti dei suoni e incapaci di

qualcosa di pi grande, combattano a bicchieri che si urtano tra loro. Per la fede cattolica n crede che la legge di Dio venga a diverbio con se stessa, n ammette nessuna autorit a danno della ragione, n presta orecchio a nessuna opinione e adulazione che inquini l'equit divina; ma poich non solo crede in Dio, bens lo conosce pure creatore di tutte le nature, in queste non imputa il peccato a nessun altro agente che alla libera volont, e per tutte queste argomentazioni essa non dubita che sia falsa la traduce del peccato. AG. Piuttosto la fede cattolica non dubita che esista il peccato originale. La quale fede non l'hanno difesa dei ragazzini, ma fino al giorno della loro morte uomini gravi e costanti, dotti nella Chiesa e docenti della Chiesa. Voi per non credete che " la legge di Dio venga a diverbio con se stessa ", come dici tu, e voi stessi venite a diverbio contro di essa per cieca empiet o per empia cecit. Per questo motivo infatti vi vantate di non ammettere nessuna autorit a danno della ragione, perch dalle vostre ragioni, che non sono ragioni ma falsificazioni, anche l'autorit divina sia deposta piuttosto che esposta. Sebbene nessuno debba essere cos gravato di cuore da lasciarsi ingannare dalla ragione che Pelagio ha proposto quasi a commento dell'Apostolo, affermando che la ragione per cui stato detto: " Il corpo morto a causa del peccato", che il corpo muore ai peccati quando si allontana dai peccati. Contro la quale sciocchezza non c' da discutere, ma semplicemente da leggere l'Apostolo stesso, il quale dice: Se il Cristo in voi, il vostro corpo morto a causa del peccato, ma lo spirito vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Ges dai morti abita in voi, egli dar la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi 219. Che cosa di pi aperto? Che cosa di pi lucido? Chi, ti prego, contro cotesta manifesta dichiarazione negherebbe il peccato originale se non per insensatezza ereticale? Per il quale peccato il corpo anche adesso certamente morto, bench a causa della giustificazione lo spirito sia gi vita. Ma Dio, dice l'Apostolo, dar la vita anche ai vostri corpi mortali. Chi potrebbe abbaiare contro questa verit all'infuori della rabbia della falsit che si vanta di non prestare orecchio a nessuna opinione e adulazione che inquini l'equit divina, quando piuttosto costretto a negare l'equit divina chiunque sia stato ingannato da voi? Poich se si dice che i tanti vizi o dei corpi o delle menti, con i quali nascono gli uomini, non contraggono il merito di nessun peccato, senza dubbio si nega che sia giusto il

giudizio di Dio. Pertanto, poich voi imputate i peccati alla volont, cos da non voler imputare alla volont del primo uomo il peccato originale, voi inducete coloro che credono a voi ad imputare ad un ingiusto giudizio di Dio tutti i mali che i bambini contraggono o soffrono.

1 - Cf. Rm 5, 12. 2 - Cf. Eb 11, 12. 3 - Cf. Sir 40, 1. 4 - Gn 3, 20. 5 - De nupt. et concup. 2, 4, 12. 6 - Gn 2, 18. 7 - De nupt. et concup. 2, 4, 12. 8 - Ibidem. 9 - Gn 2, 24. 10 - Gn 1, 28. 11 - De nupt. et concup. 2, 4, 13. 12 - Cf. 1 Gv 2, 16. 13 - Gv 14, 30. 14 - Cf. Gn 3, 7. 15 - De nupt. et concup. 2, 4, 13. 16 - De nupt. et concup. 2, 5, 15. 17 - Cf. Gb 14, 4 (sec. LXX). 18 - Cf. Fil 2, 13. 19 - De nupt. et concup. 2, 4, 13.

20 - Ibidem. 21 - Cf. Gal 5, 17. 22 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 12. 23 - Sal 35, 7. 24 - Mt 1, 21. 25 - De nupt. et concup. 2, 5, 14. 26 - De nupt. et concup. 2, 4, 13. 27 - De nupt. et concup. 2, 5, 14. 28 - Gv 1, 10. 29 - Gv 12, 31. 30 - 1 Gv 5, 19. 31 - Gv 15, 19. 32 - 1 Gv 2, 15-17. 33 - 1 Gv 2, 2. 34 - Ibidem. 35 - Gv 1, 1. 3. 9-10. 14. 36 - Cf. 1 Tm 4, 4. 37 - 1 Gv 2, 16-17. 38 - Gv 1, 10. 39 - Lc 14, 26. 40 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12. 41 - Sir 31, 15. 42 - Mt 5, 28.

43 - Cf. 1 Cor 7, 6. 44 - Gn 2, 24. 45 - De nupt. et concup. 2, 9, 22. 46 - Cf. Contra Iul. 5, 3, 10. 47 - Rm 1, 23-24. 48 - Sal 68, 28. 49 - Sap 1, 13. 50 - Sir 11, 14. 51 - Sap 1, 13. 52 - Gn 2, 17. 53 - Cf. Sal 93, 1. 54 - Cf. Is 45, 7. 55 - Cf. Sir 39, 33. 56 - Cf. 1 Re 22. 57 - Rm 1, 28. 58 - 1 Cor 12, 23-25. 59 - Cf. Gn 2, 25. 60 - Rm 8, 10. 61 - Cf. Dn 13, 32. 62 - Cf. Gn 3, 21. 63 - Cf. VERGILIUS, Georg. 3, 248. 266. 64 - Cf. VERGILIUS, Georg. 2, 324-331. 65 - Cf. De nupt. et concup. 2, 9, 22.

66 - Cf. Sal 48, 13. 67 - Cf. Sal 31, 9. 68 - Cf. 1 Gv 2, 16. 69 - Ger 13, 23. 70 - CICERO, De off. 1. 71 - CORNELIUS NEPOS. 72 - De nupt. et concup. 2, 9, 22. 73 - Gv 1, 3. 74 - Rm 8, 10. 75 - Sap 9, 15. 76 - Cf. Gv 21, 7. 77 - Gn 2, 25. 78 - Qo 7, 30. 79 - De nupt. et concup. 2, 2, 5. 80 - Cf. 1 Gv 2, 16. 81 - Gv 10, 18. 82 - Gv 1, 14. 83 - Cf. Rm 1, 3. 84 - Cf. Gal 4, 4. 85 - Cf. 1 Pt 2, 12. 22. 86 - Cf. At 2, 22. 33. 87 - 1 Tm 3, 16. 88 - 1 Tm 4, 4.

89 - Cf. AMBROSIUS, In Is. 90 - Cf. De nupt. et concup. 1, 35, 40; 2, 5, 14-15. 91 - AMBROSIUS, In Is. 92 - Sap 9, 15. 93 - Sir 18, 30. 94 - Es 20, 17. 95 - Cf. Gal 5, 16. 96 - Es 20, 17. 97 - Cf. Rm 8, 3. 98 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12. 99 - De nupt. et concup. 2, 7, 17. 100 - Cf. 1 Cor 12, 23. 101 - Cf. Gn 2, 25 - 3, 7. 102 - Cf. 1 Gv 2, 16. 103 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12. 104 - PELAGIUS, De lib. arb. 3; cf. AUG., De grat. Chr. 46-47. 105 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 15, 24. 106 - Cf. Lc 19, 10. 107 - Cf. Mt 1, 21. 108 - Cf. AMBROSIUS, In Is. 109 - Cf. Sap 9, 15. 110 - Cf. Sir 22, 10. 111 - Cf. Mt 8, 32.

112 - Cf. Eb 7, 9-10. 113 - De nupt. et concup. 2, 26, 41. 114 - Cf. 1 Gv 2, 16. 115 - Gal 5, 16. 116 - Cf. Gv 12, 31; 14, 30; 16, 11. 117 - Gv 14, 30. 118 - Ibidem. 119 - Gv 14, 30 120 - Sal 50, 7. 121 - Mt 6, 13. 122 - 1 Pt 2, 21. 123 - Gv 14, 30. 124 - Rm 7, 15. 125 - Cf. HIERONYMUS, Dial. c. Pelag. 3, 1. 126 - Cf. HIERONYMUS, Dial. c. Pelag. 2, 6. 127 - Cf. De nupt. et concup. 1, 35,40; 2, 5, 14-15. 128 - Mt 6, 13. 129 - Gc 1, 13. 130 - Mt 6, 12. 131 - Cf. De grat. Chr. 46-47. 132 - Rm 5, 12. 133 - De nupt. et concup. 2, 5, 15. 134 - Rm 5, 12.

135 - Sal 50, 7. 136 - Gb 14, 4 (sec. LXX). 137 - Gb 14, 17. 138 - Rm 7, 15. 139 - Rm 7, 19. 140 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12. 141 - Mc 3, 29. 142 - Rm 8, 10. 143 - HILARIUS, In Sal. 118, 175; cf. C. Iul. 1, 3, 9. 144 - AMBROSIUS, De paenit. 1, 3, 13. 145 - De nupt. et concup. 2, 5, 15. 146 - Cf. Fil 1, 23. 147 - Rm 7, 15. 148 - Rm 7, 15. 18. 149 - Rm 5, 12. 150 - De nupt. et concup. 2, 5, 15 151 - De pecc. mer. 1, 11; 3, 14. 152 - De pecc. mer. 1, 11. 153 - Rm 5, 12. 154 - AMBROSIUS, In Luc. 4, 7. 155 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 15, 24. 156 - Cf. Lc 19, 10. 157 - Sal 109, 4.

158 - Eb 7, 9-10. 159 - De nupt. et concup. 2, 5, 15. 160 - PELAGIUS, De lib. arb. 3. 161 - AMBROSIUS, In Is. 162 - AMBROSIUS, De Isaac et anima 7. 163 - Cf. Contra Iul. 1, 9, 42-46. 164 - Cf. De nat. et grat. 71. 165 - Cf. Sal 1, 4. 166 - AMBROSIUS, In Lc. 7, 12. 167 - AMBROSIUS, In Is. 168 - VERGILIUS, Eclog. 1, 59. 169 - 1 Cor 15, 16. 170 - De grat. Chr. 46-47. 171 - AMBROSIUS, In Is. 172 - Cf. De nupt. et concup. 2, 5, 15. 173 - AMBROSIUS, In Lc 1, 1, 36. 174 - AMBROSIUS, In Lc 1, 2, 23. 175 - AMBROSIUS, In apol. David 11. 176 - Cf. Mt 5, 12. 177 - Gv 15, 5. 178 - Sap 12, 10-11. 179 - Cf. De nupt. et concup. 2, 6, 17 - 9, 21. 180 - Cf. De gest. Pel. 6.

181 - Ef 2, 3. 182 - 2 Pt 2, 12. 183 - Sap 11, 24-12, 2. 184 - Sal 58, 6. 185 - Lc 11, 42. 186 - Ef 2, 3. 187 - Sal 5, 7. 188 - Cf. Sir 22, 13. 189 - Sap 7, 28. 190 - Prv 2, 6. 191 - Cf. Prv 8 (sec. LXX). 192 - Sal 76, 11. 193 - Cf. Lc 22, 61-62. 194 - 2 Tm 2, 25. 195 - Sap 12, 3-7. 196 - Gv 3, 36. 197 - Cf. Gn 9, 25. 198 - Cf. Dt 2, 34. 199 - Sap 12, 8-11. 200 - Gv 8, 44. 201 - Dn 13, 56. 202 - Ezech 16, 3. 45. 203 - Cf. Gb 31, 18.

204 - Dn 13, 56. 205 - Mt 3, 7. 206 - Cf. Mt 19, 26. 207 - 1 Cor 4, 7. 208 - 2 Cor 10, 17. 209 - Sap 12,12-16. 210 - Sap 12,16-22. 211 - Gv 1, 29. 212 - Ger 1, 5. 213 - Lc 1, 15. 214 - Cf. Lc 1, 41-44. 215 - Is 65, 21-23. 216 - 1 Gv 3, 9. 217 - Prv 3, 18. 218 - Is 65, 22. 219 - Rm 8, 10-11. LIBRO QUINTO Scienza e fortezza. 1. GULIANO. stato provato dai pericoli di ogni epoca che il rispetto di un giudizio incorrotto vige in pochi, i quali, e dedicandosi alle ricerche del sapere e aspirando all'acquisto delle virt, o possono indagare la verit o ardiscono difenderla dopo che l'hanno trovata o, come dice l'Apostolo, hanno le facolt esercitate a distinguere il bene dal male 1, n si lasciano abbattere da nessuna tempesta di avversit, sentendo insegnare dal medesimo precettore che nella lotta contro il peccato bisogna resistere fino al sangue 2. Questi sapienti dunque, che i popoli degli stolti fanno apparire pochi

di numero, si applicano con perfetta parit alla scienza e alla fortezza. Nessuna delle due infatti riporta senza l'altra frutto od onore, perch e la fortezza, se non applicata mediante la scienza ad ottimi interventi, degenera in spregevole stoltezza, e viceversa le leggi di un'accurata giustizia, se non le chiude dentro di s il muro della magnanimit, saranno presto esposte al saccheggio e deviate al servizio della criminalit. Rarissimi dunque sono stati in tutte le diverse et coloro che hanno avuto cura di allevare, di attaccare, di guidare questi due cavalli senza dei quali non si pu menare trionfo sugli errori del mondo. Le ragioni sono due: una che l'applicazione al sapere trova impedimento tanto nell'avversione della fatica, quanto nella diversit delle preoccupazioni mondane; l'altra che la paura intacca il coraggio necessario per sopportare i disagi provocati dai cattivi. Gli animi fedeli e saggi superano, s, questi generi di opposizioni, ma in mezzo a popoli di insani sono cos rari che, per il fatto di non darsi a smaniare, sembrano insani anch'essi. AGOSTINO. Non ti ammonisce cotesta rarit, che tu stesso ricordi, di uomini nei quali c' la scienza e la fortezza, che cosa tu debba sentire del genere umano e di cotesta universale massa di animali ragionevoli e mortali? Per qual ragione infatti il genere dei mortali in forza dell'appetito naturale non scatta tutto o almeno in massima parte all'amore del sapere e al vigore della fortezza, cos da dover noi meravigliarci piuttosto di ogni rara persona che devii e si allontani da ci che appetisce l'istituzione della natura? Per qual ragione l'umanit scivola quasi su di un piano inclinato per non so quale peso che la sospinga negli abissi dell'ignoranza e nella mollezza della inerzia? Tu dici che certamente l'avversione della fatica la causa per cui gli uomini ignorano le verit che avrebbero dovuto sapere; ma io vorrei che tu dicessi quale sia la causa per cui all'uomo cos bene istituito per natura riesca faticosissimo imparare le verit utili alla sua natura e le verit salutari e, avversando cos la fatica, troppo familiarmente e troppo volentieri si adagi nelle tenebre dell'ignoranza. Cio, tanta rarit di uomini intelligenti e volitivi, le due doti con le quali si giunge alla scienza delle verit umane e divine, e tanta moltitudine di uomini tardi e torpidi sta a indicare sufficientemente in quale direzione sia trascinata quasi dal suo peso la natura stessa, che voi negate essere stata viziata. N pensate secondo la fede cristiana quale sia stato creato Adamo, che impose i nomi a tutte le specie di animali viventi 3: un fatto che anche nella letteratura secolare viene giudicato come un indizio di

eccellentissima sapienza. Tant' vero che allo stesso Pitagora, dal quale nacque il nome di filosofia, si attribuisce di aver detto che l'uomo pi sapiente di tutti fu colui che mise per primo i vocaboli alle cose. Del resto anche se di Adamo non avessimo saputo nulla di simile, sarebbe stato ugualmente nostro compito congetturare con un buon ragionamento quale sia stata creata la natura in quell'uomo in cui non c'era assolutamente nessun vizio. Ma chi pu essere cos tardo d'ingegno, da negare che siano fatti naturali l'ottusit o l'acutezza dell'ingegno, o da stimare che non siano vizi dell'animo la tardit o della memoria o dell'intelligenza? E quale cristiano pu dubitare che quanti in questo mondo, pienissimo di errori e di orrori, appariscono intelligentissimi, dei quali tuttavia i corpi corruttibili appesantiscono le anime, se si mettono a confronto con l'intelligenza di Adamo, distano da lui molto pi di quanto le testuggini distano dagli uccelli in velocit? Di intelligenze dunque tanto eccellenti si sarebbe riempita la felicit del paradiso, se nessuno avesse peccato: tali intelligenze appunto Dio sarebbe stato pronto a creare per mezzo dei genitori, quale senza i genitori aveva creato Adamo, certamente a sua immagine. Non ancora infatti l'uomo era diventato come un soffio, e i suoi giorni come ombra che passa 4 in questo secolo disgraziato. E se fosse cos, avrebbe forse spazio alcuno cotesta tua lamentela? Sarebbe forse faticoso l'acquisto della scienza cos da far preferire agli uomini di rimanere ignoranti per l'avversione della fatica? Della stessa fortezza, che dici con verit trovarsi appena in pochissimi, avremmo forse bisogno, dove non ci fosse nessuna tribolazione da sopportare con animo forte in ossequio alla verit? Mentre dunque tutti questi elementi sono stati dirottati in direzione contraria, tu neghi che la nostra natura sia stata viziata e ottieni questo risultato che Manicheo con il tuo aiuto introduca in noi la mescolanza di una natura aliena, e cos, mentre balzi fuori come suo inesperto oppositore, diventi suo incosciente collaboratore. Lo accusate con orrore e lo aiutate per errore. 2. GIUL. Lo indica anche il libro che si dice Sapienza, quando esprimendosi con le parole degli empi, che dopo l'ombra delle realt presenti sono sorpresi dei meriti scoperti nei beati, afferma: Giudicammo la loro vita una pazzia, e com' che sono considerati tra i figli di Dio? 5 Questa dunque la ragione per cui la perseveranza dei fedeli, tetragona alle iniquit dei tempi e decisa per sua scelta ad essere maltrattata con il popolo di Dio, piuttosto

che avere per breve tempo la giocondit del peccato 6, bollata con il nome di ostinazione e di litigiosit da coloro che dicono: Mangiamo e beviamo, perch domani moriremo 7; e si stima che nulla convenga di pi a cauti consigli che comprare la servit di un animo degenere o la quiete infida del momento. Da questa vilt appunto di petti codardi dipeso principalmente che lo sporco dogma dei manichei voghi a vele spiegate tra i relitti dei naufrgi delle Chiese. Perch, se in coloro che erano investiti dell'ufficio del sacerdozio fosse rimasta in piedi un'autorit libera e virile, le trovate dei traduciani, come sono state abbattute dall'invitta ragione, cos sarebbero state stritolate dall'assenso pubblico. Al contrario, poich dagli uomini che amano le realt presenti nulla si stima meno della religione, si giunti alle incriminazioni di Dio, cos da incombere su noi la necessit di provare con tanto lunghe discussioni il nostro Dio, che il vero Dio, fedele nelle sue parole, giusto nei giudizi, santo nelle opere 8. AG. Se Dio fedele nelle sue parole, perch lo contraddite quando egli dice: Punir le colpe dei padri nei figli 9, e sostenete che ci non vero? Se Dio giusto nei giudizi, perch il fatto stesso che i peccati dei padri siano puniti nei figli non volete che sia giusto, e del giogo pesante che preme sui figli di Adamo fino dal giorno che escono dal ventre materno non temete di dire che senza il merito di nessun peccato originale? Se Dio santo nelle opere, perch nei riguardi della immondezza dei nascenti, la quale spinse un uomo di Dio a dire che nessuno mondo dalla macchia del peccato, nemmeno un bambino la cui vita sopra la terra sia di un giorno soltanto 10, vi ricusate di tenerla distinta dalla santa arte di Dio, con la quale egli forma la natura, bench macchiata dal contagio dell'origine, e cos i vizi e degli animi e dei corpi, tanto numerosi e qualche volta tanto grandi, li attribuite tutti alla santa arte di Dio? I quali vizi non volendo voi attribuire ai meriti originali provenienti dalla natura depravata dal peccato, certamente ad introdurre una natura aliena del male voi aprite un'amplissima breccia agli esecrabili manichei, il dogma nefando dei quali in apparenza lo accusate con orrore, mentre lo aiutate per errore. Perch pochi sapienti? 3. GIUL. Cos l'operazione dei miei libri, dedicati a questi interessi, la impugna l'assertore del male naturale: con quali forze per la verit e con quanto coerente risposta l'ho documentato in modo pi

che sufficiente nella discussione dei volumi precedenti. Dalla lettura dei quali non dubito che risulti agli uomini sapienti, che in questa prefazione ho attestato essere rari, la seguente conclusione: il nemico della verit non mira ad altro che a burlarsi degli orecchi dei semplici, e se l' svignata appena ha dato l'impressione di avere risposto in un modo qualsiasi. AG. Che rari siano i sapienti lo attesti nella prefazione, e quale sia la causa di questa rarit o da che cosa dipenda che nemmeno quelli che per la rara capacit degli ingegni arrivarono alla sapienza abbiano potuto conseguire un'utile scienza senza l'esperienza di una grave fatica, n lo dici, n te lo lasci dire, tu che non vuoi confessare che la natura umana stata depravata per la prevaricazione del primo uomo. E tuttavia alla lettura dei tuoi libri non rimandi se non i medesimi sapienti che attesti essere rarissimi. Della intelligenza dei quali senti tanto bene da sforzarti di confutare davanti a loro un solo mio libro con otto dei tuoi, moltiplicando ad essi la fatica dei figli di Adamo: con la quale fatica imparino che, anche se nessuno avesse peccato, avrebbero dovuto faticare nello stesso paradiso per apprendere i libri dei letterati e prima ancora le lettere stesse. Questa infatti la vostra preclara scienza, per nessun uomo comprensibile, fuorch per i rari sapienti, e nemmeno per essi se non a prezzo di misere fatiche. L'autorit dei sapienti corregga il volgo. 4. GIUL. Sebbene quindi risulti che ci noi lo abbiamo fatto con abbondanza, tuttavia, poich la nostra opera si va allungando, intenda il sapiente lettore che noi avremmo certamente preferito la brevit, ma che la necessit della causa ha esigito che l'errore un po' troppo diffuso dal favore del secolo fosse vinto da un pi vasto schieramento da parte della verit. Non viene quindi dal nulla l'estendersi del nostro discorso. Con l'aiuto infatti del Cristo, oso sperare di ottenere che nessuna parte dell'empiet, contro la quale stiamo lottando, si giudichi o negligentemente esaminata o insufficientemente individuata o mediocremente confutata. N di questo dunque o possiamo o dobbiamo disperare: che in progresso di tempo la tempesta sollevata si calmi e per l'autorit dei sapienti si corregga il volgo pigro che adesso strepita! Ma l'importanza di questo voto minore dell'importanza della sentenza: qualunque risultato infatti sortisca la situazione concreta, per noi varr la regola e della benignit e della fede. N infatti noi incliniamo al

successo della popolarit. risaputo in proposito l'episodio famoso dei tre giovani di Babilonia, i quali, costretti da un re superbissimo ad adorare una sua statua, si opposero con tanta coerenza, n furono atterriti da una fornace soffocante, accesa per divorare quei giovani cos religiosi, ed essi risposero come conveniva alla loro fede e alla loro costanza: Dio pu liberarci, o re, da questa fornace; ma anche se non ci liberasse, sappi che noi non veneriamo i tuoi di n adoriamo la statua eretta da te 11. Che santo " voto " associarono al loro giudizio, n tuttavia attenuarono con il loro desiderio la gravit della loro decisione! La fortezza della loro fede n la fanno crollare per disperazione, n la sospendono per bramosia; associano, s, dei voti, ma peraltro non disertano l'ordine; dnno conforto alla loro tolleranza, ma subordinano alla giustizia trattamenti pi miti. certo, dicono, che il nostro Dio pu liberarci, ma che lo voglia incerto, e perci nell'ambiguit dell'esito rimane in piedi la sentenza certa di quei giovani pii di rifiutare gli idoli e di sopportare i supplizi. Veda Dio quale bene rechi a tutti gli altri la nostra liberazione; a noi frattanto, dicono, la vera felicit ce l'assicuri la fede invitta; dunque non ha eccessiva necessit di compiacere coloro che sono un po' troppo molli la fede, per la cui gloria essi comprano le avversit. Anche noi, partendo da questa disciplina che gli illustri maestri hanno lasciato, comprendiamo che nella prosperit dobbiamo mantenere moderazione di voti, ma nei dogmi della fede la perennit delle decisioni. E noi desideriamo anche di poter venire in soccorso delle popolazioni, dopo che sia stato represso il tumore delle persecuzioni; ma se ci non accadesse, resta il dovere di sopportare quanto di acerbo c' nelle offese e nei pericoli, piuttosto che rinunziare ad opporci alle lordure e alle brutture manichee. AG. Quanto voi aiutiate i manichei, non attribuendo al giusto giudizio di Dio per causa del peccato originale il pesante giogo che grava sui figli di Adamo fino dal giorno della loro nascita dal seno materno 12, e in questo modo voi fate posto alla natura aliena del male che insegna l'errore pazzo dei manichei, ve lo abbiamo fatto avvertire spesso e non cesseremo di farvelo avvertire quando ci sembrer opportuno. Per il momento, poich voi vi vantate di essere cos forti da sbandierare tuttavia tu di fronte a molti i vostri " voti ", bench " moderati ", con i quali, come dici, " desiderate di venire in soccorso delle popolazioni, dopo che sia stato represso il tumore delle persecuzioni ", io domando a te se desiderate che ci vi venga concesso dal Signore. Se non lo desiderate dal Signore,

non sono cristiani cotesti voti; ma se lo desiderate dal Signore, in che modo sperate che il Signore ve lo elargisca, esaudendo i vostri voti? Evidentemente convertendo al vostro favore e al vostro amore i cuori degli uomini che adesso vi sono avversi. Se credete in questo, avete fatto dei progressi: Dio ha gi cominciato a convertirvi, a cambiarvi in meglio. Pensateci, vi prego, e ricordatevene, e finalmente confessate che l'onnipotente Dio opera nei cuori degli uomini le loro volont e converte coloro che sono avversi. Cos capirete la sua misericordia e la sua grazia, e dove opera altrimenti capirete i suoi giudizi, occulti ma giusti. In tal modo egli forse esaudir piuttosto i nostri voti di convertire voi alla fede cattolica con una sua operazione e con una sua compassione, simili a quelle con le quali ha convertito Turbanzio, fino a poco tempo fa vostro, ad essere ora gi nostro. Vituperiamo la concupiscenza che attrae ad azioni illecite. 5. GIUL. Ma accostiamoci ormai alla causa. Si chiarito, tanto con l'opera precedente quanto con l'opera presente, che la concupiscenza naturale, senza la quale non ci pu essere la mescolanza dei sessi, stata istituita da Dio, che il creatore e degli uomini e delle bestie 13. Il che vale cos tanto che, per confessione del mio avversario, non si pu assolutamente asserire il peccato naturale senza biasimo di quella, cio della concupiscenza carnale, e senza infamia della mescolanza dei sessi. AG. Che tu la chiami come ti piace, o concupiscenza naturale o concupiscenza carnale, noi vituperiamo la concupiscenza per cui la carne concupisce contro lo spirito e ci attrae ad azioni illecite, se anche lo spirito non concupisce contro la carne ancora pi fortemente. Questo dissenso noi diciamo che non esistito nel paradiso, quando coloro che vi si trovavano erano nudi e non se ne sentivano confusi. Che tale dissenso cominci ad esistere dopo il peccato lo grida la realt stessa, dal momento che dopo il peccato si coprirono le membra pudende che prima di allora non erano state pudende. N che precedentemente stessero nude lo faceva l'impudenza, ma l'innocenza, perch anche l'impudenza un vizio; ma Adamo ed Eva, quando non sentivano vergogna di essere nudi, non avevano certamente un vizio. Questo male dunque, per cui la carne concupisce contro lo spirito, l'eretico Giuliano lo dice un bene; l'altro eretico Manicheo dice che questo male stato mischiato in noi dalla natura aliena del male; il cattolico Ambrogio, dicendo che

a causa della prevaricazione del primo uomo questo male si convertito nella nostra natura, vince Giuliano e Manicheo. Non pu aprire bocca se non per parlare del pudore. 6. GIUL. Il che essendo stato dimostrato da noi con la facolt che ci stata concessa dalla Verit, non ne deve ulteriormente dubitare il prudente lettore. Dovunque ci ricorrer negli scritti del traduciano, non pu tuttavia aprire la bocca senza parlarne, ci non turbi affatto gli uditori, ma valga a svergognare l'autore. Quanto poi a noi, toccheremo in seguito l'argomento con la necessaria brevit, se vi saremo costretti. Costui dunque accusa la mia affermazione: Cotesta mescolanza dei corpi si prova fatta da Dio insieme al calore, alla volutt, al seme, e si prova lodevole a suo modo 14. Ma ha omesso ci che io soggiungevo: Di una realt che, istituita per natura, diventa a volte anche un grande compito per le persone pie, il diavolo non osa rivendicare qualcosa, nemmeno secondo la tua sfacciataggine. AG. Lo ha tralasciato chi mi mand la cartella a cui rispondevo, forse intendendo ci che non intendevi tu, che parli tanto incautamente da dire: " Di una realt che, istituita per natura, diventa a volte anche un grande compito per le persone pie, il diavolo non osa rivendicare qualcosa ", mentre vediamo che il diavolo rivendica a s gli stessi uomini, che sono stati certamente istituiti per natura. Non sono forse uomini coloro che vengono liberati dal potere delle tenebre, delle quali il diavolo tiene il principato? Oppure sei cos stolto da affermare che il diavolo non rivendica a s gli uomini che possiede e che tiene soggetti al suo potere? Ma per tacere di quelli che potete dire posseduti dal diavolo a causa della loro cattiva volont, che cosa sei pronto a dire di quel ragazzo il cui padre, interrogandolo il Signore, rispose che era tormentato da uno spirito immondo fino dalla sua infanzia 15? Non forse vero che rivendicava a s il diavolo le membra e i sensi di lui, elementi tutti che sono stati istituiti per natura dietro l'iniziativa di Dio e sono compiti comuni agli empi e ai pii? Il che sebbene il diavolo non lo potesse fare, se non riceveva il potere da Dio, creatore buono e giusto dell'uomo, tuttavia lo fa e mostra che sono vanissime le tue parole quando dici: " Di una realt che, istituita per natura, diventa a volte anche un grande compito per le persone pie, il diavolo non osa rivendicare qualcosa ". Dei beni infatti istituiti per natura non avresti dovuto dire che il diavolo non rivendica nulla

a s, ma che non crea nulla. Queste cose vide forse colui che estrasse alcuni testi dai tuoi libri per mandarli ad un suo amico e che nell'omettere queste tue parole ebbe piet di te. Io poi mi congratulo che tu mi ammonisca che cosa debba dire contro il tuo errore. Dei bambini dunque che il diavolo rivendica a s per maltrattarli cerca tu i meriti e non trovando in loro meriti propri confessa i meriti originali. Se infatti insisterai nel negare anche questi, sar certamente dimostrato che tu accusi il giudizio di Dio, il quale lascia alla sua immagine di soffrire immeritamente dal diavolo queste persecuzioni. Quanto logiche tutte queste affermazioni! 7. GIUL. Tralasciate dunque coteste parole, mi accusa perch non ho detto: " Insieme alla libidine ", e soggiunge, come conveniva all'acume del suo dogma: " Compito dei pii la feconda procreazione dei figli, non la pudenda mescolanza delle membra, la quale non l'avrebbe nel generare i figli la natura sana e l'ha invece adesso la natura viziata. E per questo chiunque nasce per mezzo di essa, ha bisogno di rinascere " 16. Quanto sono logiche tutte queste affermazioni! Dice compito dei pii l'esistenza dei figli, ma costituisce sotto il diavolo ci che conferma dato da Dio, ossia i figli. La libidine poi, che c' nella mescolanza pudenda delle membra, la chiama diabolica e non nega che essa si trovi nei genitori, che tuttavia assolve da colpa. Dirai che questo bambino nato dall'uomo? " Ci che fanno i genitori ", asserisce costui, " diabolico ", ma i genitori non sono rei; la nascita dei figli opera divina, ma i figli sono rei. E ancora costui stima di avere lottato non contro Dio, ma contro il demonio. Giustissimamente sono vittime di un tale pazzo furore quelli che credono nella esistenza del peccato naturale. AG. Tu piuttosto infuri con pazzo furore contro Dio, che senza dubbio accusi d'ingiustizia, se sui figli di Adamo, senza che traggano da lui meriti cattivi, come tu assicuri, lascia tuttavia pesare dal giorno della loro nascita dal grembo materno un giogo grave, che non sei libero di negare; e credendo che siano stupidi i lettori delle mie e delle tue parole, dici che ho detto quello che non ho detto. In che modo infatti potrei io dire: Ci che fanno i genitori diabolico, mentre io proclamo opera buona la mescolanza che fanno i casti connubi con l'intenzione di procreare? Ma io dico che tale mescolanza non sarebbe diventata pudenda, se da parte dell'uomo non l'avesse preceduta il peccato, dal quale stata

viziata la natura, onde la concupiscenza della carne stata fatta tale che di quel male nessuno fa buon uso se non lottando contro i suoi movimenti, che tentano di trarre ad azioni illecite, con la concupiscenza dello spirito che concupisca in senso contrario. Non diciamo pertanto: Ci che fanno i genitori diabolico: infatti tanto poco diabolico il fare buon uso di un male che anche del diavolo stesso fa buon uso Dio. Non neghiamo viceversa di dire: La nascita dei figli opera di Dio, ma i figli sono rei: non per l'opera di Dio dalla quale sono creati perch nascano, ma per l'origine del peccato, dalla quale rimangono legati, se non rinascono. Prove: la forma delle membra, la benedizione di Dio, la storia. 8. GIUL. Che poi Adamo non abbia dovuto unirsi alla sua moglie in modo diverso da quello che diventato comune, lo attesta e la forma delle membra, e la benedizione di Dio, non diversamente pronunziata sulle bestie che sugli uomini, e la stessa storia, la quale, come indica la formazione della struttura dei corpi, cos non asserisce che essa sia stata mutata. Contro la quale testimonianza universale nulla si trova nella legge di Dio; ma solo nei libri di Manicheo, il quale fantastica che questa concupiscenza sia stata infusa in noi dal principe delle tenebre. AG. Non la forma delle membra, poich non fu mutata dal peccato del primo uomo, dimostra che la concupiscenza della carne fu prima del peccato tale e quale apparve quando si coprirono le parti pudende e arrossirono di ci di cui non arrossisci tu, indicando che qualcosa era cambiato in loro, anche rimanendo immutata la forma. Sebbene anche il pudore delle stesse membra, quando esse nascono deformi e mostruose, vi costringe a confessare che in nessun modo, se nessuno avesse peccato, nascerebbero tali nel paradiso. Quanto poi alla benedizione di Dio con la quale fu detto: Siate fecondi e moltiplicatevi 17, che c' da meravigliarsi se la natura non perse la benedizione nemmeno dopo che fu viziata dal peccato? Non era infatti ineluttabile che, avendo perduto l'immortalit e la felicit, perdesse anche la fecondit, che stata concessa altres agli animali irragionevoli, nei quali la carne, sebbene concupisca, non concupisce contro lo spirito. La quale miserrima guerra della tua pupilla o il suo turpissimo regno tenti di introdurre nella patria di quella beatissima pace e libert, poich sostieni che nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, il

genere umano sarebbe stato tale che avremmo combattuto contro la libidine o avremmo servito alla libidine, se non avessimo voluto combattere. Meglio peccato originale che naturale. 9. GIUL. Che noi tutti per dobbiamo rinascere mediante il battesimo lo attestiamo e con la nostra opera e con la nostra parola; ma non perch l'amministrazione di questo beneficio faccia apparire gli uomini plagiati dal diritto del diavolo, bens perch coloro che sono opere di Dio diventino pegni di Dio, e coloro che nascono umilmente e non tuttavia colpevolmente, rinascano preziosamente e non tuttavia calunniosamente, e coloro che provengono dalle istituzioni di Dio siano promossi dai misteri di Dio, e coloro che sono portatori delle opere della natura possano conseguire i doni della grazia, e quelli che il loro Signore fece buoni creandoli li faccia ancora pi buoni rinnovandoli e adottandoli. Dunque si dice con ragione, ed necessario che tu lo confessi, che sparito il peccato naturale, inventato da Manicheo, ma che tu, cambiato il nome, chiami peccato originale. N in questo peccato crede dall'antichit la fede cattolica, la quale non dubita e che i bambini siano fatti da Dio, e che nessun male sia fatto da Dio, e quindi le opere di Dio prima dell'uso della libera volont la fede cattolica, per pregiudizio contro la natura, n le costituisce in stato di reato, n le costituisce sotto il diritto del diavolo. AG. Peccato originale pi significativamente che peccato naturale noi diciamo, perch non si intenda un peccato dell'opera divina, ma un peccato della origine umana, soprattutto per significare quel peccato che entr nel mondo a causa di un solo uomo e che non sparisce per la contestazione pelagiana, ma per la rigenerazione cristiana. In quale senso poi voi diciate che tutti i bambini devono rinascere con il battesimo lo sappiamo bene: per questo errore siete appunto eretici, con questa peste novizia discutete contro l'antichit della Chiesa cattolica, dicendo che i bambini non vengono liberati dalla potest delle tenebre mediante la grazia del Redentore, mentre la Cattolica essuffla ed esorcizza in essi certamente la potest del diavolo e non invece l'immagine di Dio. Cos' dunque ci che dici: Coloro che nascono umilmente e non tuttavia colpevolmente, rinascano preziosamente e non tuttavia calunniosamente, n sei attento al prezzo stesso che li fa rinascere preziosamente? Qual infatti quel prezzo se non il sangue

dell'Agnello immacolato? Il quale sangue perch sia stato effuso lo grida l'Agnello stesso. Non fu proprio lui ad affermare: Questo il mio sangue che sar versato per molti in remissione dei peccati 18? Al contrario tu, o grande mirabolano, e dici che quel sangue si versa anche per i bambini e neghi che per mezzo di esso si rimettano dei peccati ai bambini; dici che i bambini devono essere lavati e neghi che debbano esser mondati, dici che i bambini devono essere rinnovati e neghi che debbano essere svecchiati, dici che i bambini devono essere adottati per mezzo del Salvatore e neghi che essi debbano esser salvati. Ma evidentemente noi calunniamo i bambini dicendo che essi erano morti per i loro peccati e per la incirconcisione della loro carne, e che quindi vengono battezzati nella morte del Cristo perch muoiano al peccato i bambini che erano morti nel peccato, e li difendi tu che negando che siano morti fai s che non sia estromesso da loro colui che ha il potere della morte, e cos non ricevano nessun beneficio dalla morte del Cristo, il quale morto uno per tutti. Il che dopo aver detto, l'Apostolo prosegu subito e afferm: Quindi tutti sono morti ed egli morto per tutti 19. Onde chi difende i bambini cos da negare che essi siano morti, non li difende dalla morte, ma li sospinge nella morte seconda, perch li esclude dal beneficio di colui che non si predica morto se non per coloro che sono morti. La concupiscenza e la nascita d'Isacco. 10. GIUL. Dopo tali osservazioni, tutta quella trama di Abramo e di Sara che, smorti gi i loro corpi, ebbero in dono un figlio, e quanto il loro esempio giovi alla verit lo capisce non solo un lettore sapiente ma anche uno mediocre, costui la tralascia con tanta indifferenza da dire che non vale molto contro di lui. Dalla quale impudenza lo avrebbe dovuto richiamare almeno quella mia sentenza che stata formulata cos: Per chiudere in poche parole la sostanza di questa discussione, dichiaro: se il figlio che Dio promise fu reso per mezzo della concupiscenza, essa buona senza dubbio, perch ademp una promessa di Dio; se fu reso senza la concupiscenza, essa non pu nuocere al generato, perch non intervenne n quando fu concepito, n quando fu partorito. AG. Chi pu dire che il figlio di Abramo sia stato seminato senza la concupiscenza della carne? Tale operazione infatti non si potrebbe fare diversamente nel corpo di questa morte, del quale dice l'Apostolo: Il corpo morto a causa del

peccato 20. Ma di questo male fece buon uso Abramo nel coito coniugale: un male che non esisteva nel corpo di quella vita che fu nel paradiso prima del peccato. Se per la concupiscenza della carne ti sembra buona per la ragione che per mezzo di essa fu resa la prole promessa da Dio, ti sembri buono anche il diavolo, perch per mezzo di lui fu versato il sangue del Cristo, dal quale siamo redenti e che Dio aveva promesso. Oppure confessa che anche per mezzo di qualche male pu esser reso qualche bene. Hai parlato in maniera insolita. 11. GIUL. Saltate dunque quelle righe, cotesto nuovo " fisico " definisce falso quanto stato detto da noi: Come allora il limo preso da Dio fu la materia dell'uomo e non il creatore dell'uomo, altrettanto adesso quella forza della volutt che produce e mescola i semi non fa le veci della operazione divina, ma dai tesori della natura presenta a Dio gli elementi con i quali si degni lui di creare l'uomo. Le quali affermazioni costui tuttavia attesta che sono esatte, ma eccettua quella dove io ho detto che i semi sono prodotti dalla forza della volutt, e costui filosofeggia in questo modo: Quella volutt della concupiscenza carnale, dice, non produce i semi, ma i semi che sono gi stati creati nei corpi dal vero Dio, non sono fatti dalla volutt, bens sono eccitati ed emessi con la volutt 21. Questo ben appare detto da lui non per frode, ma per difetto d'intellezione. Forza della volutt io ho dichiarato appunto la stessa condizione del corpo virile, alla quale avrei dovuto dare il nome di virilit. La stessa virilit dunque, una parola gi logorata da noi, che sta nella struttura e nella sanit dei genitali e dei visceri, e che somministra le forze e della appetenza e della efficienza, stata nominata da me forza della volutt e della concupiscenza. Invece di chiamarla semplicemente volutt, ho preferito chiamarla forza della volutt proprio per indicare l'ardore globale che si sente e prima della operazione e durante l'operazione. N infatti coloro che soffrono di debolezza nelle membra genitali, ossia gli spadoni, hanno il seme. Mentre sono mossi certamente da alcune faville di un fuoco spento, poich per per una specifica debolezza venuta a mancare a loro l'energia delle parti per la cui funzione si formano i semi dagli umori interni, essi sono impotenti a generare. Dio dunque ha cos disposto che nel corpo ci fosse una forza che, posta in opera nei tempi legittimi, con la concorrenza della sanit giungesse alla valenza della fecondit. Si

producono dunque i semi nei corpi con l'aiuto della pubert matura. per questo che la volutt stimola, s, precocemente gli impuberi, ma senza le leggi degli anni scintilla sterile l'accensione. Del fatto poi che i semi si mescolino con la volutt, ma che altra sia la volutt affiorante nei sensi, altra la volutt pi interna alle viscere e pi vicina all'effetto, se ne disquisisce con la pi grande ampiezza presso gli autori di medicina. Onde anche il famoso poeta mantovano, pi esperto in scienze naturali del filosofastro dei punici, osserva che gli armenti vengono fatti dimagrire tenendoli lontani dalle fronde e dalle fonti, appena la nota volutt li sollecita ai primi concubiti: Spesso li stancano anche con le corse e li affaticano al sole, mentre l'aia geme di messi pestate pesantemente e i venti sollevano foglie leggere. Questo, perch l'intemperanza non renda meno accurato il servizio che spetta al suolo generoso e non copra solchi inerti. Soffrano in disparte una certa siccit, cos che la sete rapisca l'ardore venereo e lo nasconda pi nell'interno 22. Ma anche in questi argomenti, non molto necessari alla nostra causa, basti aver notato l'acume del nostro uomo. AG. Le tue parole, che dici tralasciate da me, quanto siano vane l'ho gi dimostrato pi sopra a sufficienza, e forse lo vide anche chi mand a me la cartella dell'estratto e le tralasci per compassione verso di te. Quanto poi alla discussione che tu fai loquacemente da uomo loquacissimo, cogliendo la palla al balzo, sulla forza della volutt, che hai detto produttrice dei semi, non ho bisogno di oppormi a te, perch sono argomenti non molto necessari alla nostra causa, come anche tu stesso ricordi. Io avevo appunto capito che tu avessi voluto far intendere come forza della volutt la forza con la quale la volutt possa agire e non la forza che agisse sulla volutt stessa. Siamo infatti soliti parlare cos da dire forza di un soggetto la forza che gli vale per fare alcunch, non la forza da cui prodotto il soggetto. Tu viceversa, stando a come hai spiegato adesso le tue parole, asserisci di aver detto forza della volutt la forza che pu produrre la volutt, non la forza con la quale la volutt stessa produce ci che pu produrre: come se tu dicessi forza del fuoco la forza che accende il fuoco perch arda, mentre tutti gli uomini dicono forza del fuoco la forza con la quale il fuoco brucia o scalda tutto ci che pu. Hai quindi parlato in una maniera insolita; ma che ce ne viene? Comunque abbiamo imparato a non fare battaglie di parole dov' certa la sostanza. C' infatti accordo tra noi che non solo gli uomini vengono dai semi, ma che anche gli stessi semi sono opera di Dio, in qualsiasi modo siano prodotti, per

non citare a testimoni i " fisici " o i medici o anche i poeti, dove non ce n' affatto bisogno, o per non discutere del modo di parlare, quando ci per cui parliamo lo riteniamo vero da una parte e dall'altra, ossia che i semi di tutte le nature sono opera di Dio. Ma falso ci che tu tenti di dimostrare partendo da qui: non esistono vizi nei semi per il fatto che creatore dei semi Dio, sommamente buono. Non lo diresti, se tu conoscessi la condizione dei semi, come la conosceva il Salmista che dice: L'uomo come un soffio, e per spiegare che ci lo aveva meritato la stessa natura, la quale era caduta nella stessa mortalit, aggiungeva: I suoi giorni come ombra che passa 23, sapendo che l'uomo stato fatto ad immagine di Dio e distinguendo tuttavia dalla istituzione divina il vizio della origine umana depravata. Il che avresti dovuto vedere anche nelle tue stesse parole con le quali mi hai morso. Hai detto infatti: Ma anche in questi argomenti, non molto necessari alla nostra causa, basti aver notato l'acume del nostro uomo, significando evidentemente che io sono ottuso di mente, perch non ho potuto capire il tuo modo di parlare in temi non molto necessari alla nostra causa, come tu confessi. Ma io domando a te da dove nascano gli uomini ottusi. Tu non sei infatti cos ottuso da negare che appartengano alla natura le menti e ottuse e acute, bench le stesse menti acute, come abbiamo gi detto precedentemente, siano ottuse a causa di questo corpo corruttibile che appesantisce l'anima 24, se si paragonano all'ingegno del primo uomo, il quale non aveva certo ricevuto un corpo tale da appesantire a lui l'anima. E cos anch'io distinguerei nella natura dell'uomo com' attualmente due elementi molto distanti tra loro: il vizio dell'ingegno e l'arte di un tanto grande artista, al quale senza dubbio non si attribuiscono giustamente i vizi degli ingegni umani, per quanto siano grandi, perch con questa regola tu impari a distinguere dalla istituzione di Dio il peccato originale, sebbene congenito all'uomo, e perch tu non neghi l'esistenza del peccato originale per la ragione che gli uomini sono fatti da Dio, che non fa il peccato; come non sono da negare i vizi congeniti delle intelligenze umane per la ragione che gli uomini li fa Dio, alla cui arte divina estranea ogni viziosit. Ma sa Dio creare gli uomini da una sostanza viziata dal peccato cos bene come sa operare il bene dagli stessi peccati degli uomini, per i quali i peccati sono vizi volontari. Noi vediamo infatti quante opere buone abbia operato Dio partendo dal peccato dei fratelli che vendettero per invidia il loro fratello 25, e molte altre opere buone di cui sono piene le Lettere sacre.

Altro fare il male e altro il fare il bene dal male. 12. GIUL. Ma mi sorprende la coerenza dappertutto di un disquisitore che si pronunzia cos: I semi, sebbene si effondano con la volutt, sono stati creati dal vero Dio, dal quale vengono creati anche i corpi. Confessa dunque che da Dio sono fatti i semi, nei quali dice che c' un male diabolico, e non arrossisce di credere che da Dio sia fatto il male da imputare ai bambini innocenti. AG. Da Dio non fatto il male, quando da lui fatto il bene dal male. Male infatti il vizio proveniente dal peccato di origine, con il quale nasce l'uomo. Buona l'opera di Dio, non senza il male: il reato del quale male non imputato ai bambini innocenti, come dici tu, ma ai bambini rei, perch, contratto con il nascere, sia sciolto con il rinascere. Cos infatti furono tutti gli uomini nei lombi di Adamo per la ragione del seme, quando egli fu condannato, e perci non fu condannato senza di loro, alla stessa maniera gli Israeliti furono nei lombi di Abramo, quando egli pag le decime, e quindi non le pag senza di loro 26. Meglio infatti di te conoscevano la ragione del seme coloro che hanno detto e hanno avuto cura di consegnare queste verit alle lettere, perch si leggessero nella Chiesa del Cristo, nella quale rinascono i nati da Adamo per non rimanere condannati in quella sua stirpe. Empiet degli accusatori dei bambini. 13. GIUL. La libidine, dice costui, non riguarda per nulla i semi, perch stata fatta dal diavolo; ma a questa libidine servono i coniugi; i semi per e dai semi i bambini li fa Dio. Ma n sono rei, dice, n si puniscono i genitori, che compiono un'opera del diavolo; alla scelleratezza invece e ai castighi sono destinati i bambini, che Dio ha creato. E rimane impunito ci che ha fatto il diavolo, ossia la libidine, e quindi si insegna che essa buona, tanto che non merita nemmeno una punizione. Ma si accusa e si condanna ci che fa Dio, e quindi si insegna che ci scellerato, tanto che non lo pu difendere dal castigo nemmeno il " pudore " del suo autore. E si viene a credere che la divinit faccia ci che non potrebbe sopportare nemmeno una estrema cattivit. Questo esito hanno coloro che fanno guerra alla verit: non parlare se non in modo empio, non parlare se non in modo insano. Ma sia certo che da nessuna perorazione difeso lo stato dei bambini innocenti quanto dalla empiet dei suoi accusatori.

AG. mai possibile che tu faccia essere falso ci che dico io con il solo dire che io dico ci che non dico? Io non dico infatti che la libidine non riguardi per nulla i semi: tant' vero che non nascono senza la libidine quelli che certamente nascono dal seme. Ma io dico che Dio anche da un seme viziato opera senza nessun vizio di quel seme. N io dico che non siano rei e non si puniscano i genitori che compiono un'opera del diavolo; ma io dico che non compiono un'opera del diavolo i genitori, quando si servono della libidine, non per amore della libidine, ma per amore della propaggine. appunto un operare il bene servirsi bene del male della libidine e lo fanno i coniugati, cos come al contrario un operare il male servirsi male del bene del corpo e lo fanno gli impudichi. N dico che sia impunita la libidine, la quale sar distrutta con la morte, quando questo corpo mortale si rivestir d'immortalit 27. La libidine infatti non se non nel corpo di questa morte, del quale l'Apostolo desiderava di esser liberato 28, n era o non era tale nel corpo di quella vita che peccando perse l'uomo, il quale fu fatto retto 29. N liberati noi e separati dalla libidine, essa, come se fosse una sostanza, migrer in un altro luogo, ma destinata a scomparire, come l'infermit nella perfezione della nostra salute, sebbene gi fin da ora essa cessi di esistere dopo la morte del corpo. N infatti pu esserci ancora nel corpo morto la libidine che non pu esser se non nel corpo della morte; ma essa che destinata a scomparire nella morte del corpo, non avr da risorgere quando risorger il corpo senza pi la morte. In che modo dunque sar punita o sar impunita la libidine che scomparendo non ci sar pi? Ma saranno impuniti coloro che con la rigenerazione si siano liberati dal suo reato congenito e che non cedano alla insorgenza e alla urgenza dei suoi movimenti a compiere azioni illecite; e se non per amore della prole da avere per mezzo della stessa libidine, ma per amore della libidine stessa fanno qualcosa con i loro coniugi, sono risanati con una venia immediata. Quanto poi al fatto che Dio da una origine meritamente e giustamente condannata crei i bambini, un bene ci che Dio stesso crea, perch crea gli uomini e perch gli uomini anche cattivi sono qualcosa di buono come uomini. N Dio ritira la bont del creare da coloro che ha previsti condannandi e che anzi sa originariamente gi condannati. Onde c' da congratularsi che cos tanti di essi siano liberati dalla debita pena per mezzo di una indebita grazia. Ma se voi giudicate una crudelt la condanna dei bambini che non reputate contrarre il peccato originale, vi sembri una crudelt il fatto che non siano rapiti da questa vita quei

bambini non aventi secondo voi assolutamente nessun peccato, che Dio certamente conosce morituri in molti e grandi peccati senza nessuna loro mutazione in meglio: infatti secondo le argomentazioni umane che Dio non liberi, quando potrebbe, uno che non inquinato in nessun modo da peccati, n piccoli n grandi, sembra una crudelt maggiore che condannare la progenie di un peccatore. Orbene voi che gridate con quanta voce potete la giustizia della prima condanna, con quale faccia sostenete l'ingiustizia della seconda condanna? Il seme umano e i semi delle piante. 14. GIUL. Dopo di che tenta costui di attaccare la verit che noi abbiamo provato con la testimonianza dell'apostolo Paolo: Dio fa l'uomo dai semi. E costui argomenta che io ho commesso una frode per aver voluto adattare al nostro caso quelle parole che risultavano dette dei frumenti, quasi che io abbia qui o sdoppiata l'affermazione dell'Apostolo, come stima costui, o abbia ricordato quelle sue parole per altro fine che quello di mostrare la sua intenzione: la necessit di credere che Dio il formatore di tutti i semi. Infatti il beato Paolo, dopo aver conciliato la fede della risurrezione con gli esempi della quotidiana moltiplicazione, ha tirato fuori ci che pu riguardare la natura universale dicendo: Dio gli d un corpo come ha stabilito e a ciascun seme il proprio corpo, cio dona ad ogni seme il corpo richiesto dalla propriet del seme. Non ho dunque voluto che si intendesse dell'uomo ci che stato detto dei frumenti, ma l'affermazione che a ciascun seme viene dato per iniziativa di Dio il proprio corpo io l'ho afferrata per distruggere voi che lo negate con il vostro dogma. Non dunque minimamente vero, come reputi tu, che io sia ricorso invano a quella sentenza, n che io ne abbia abusato fraudolentemente, come tu mentisci; n tu credi, come spergiuri, che da Dio sia fatto l'uomo per mezzo dei semi umani; il che lo confermo, non opinando, ma intendendo la tua fede. AG. In qual modo tu abbia riportato il testo dell'Apostolo, da lui usato per i semi che si seminano nel terreno, perch non vivono di nuovo se prima non muoiono, ci era richiesto dalla discussione che lo interessava sulla risurrezione dei corpi, lo lascio all'accorgimento intelligente di chi legge quei tuoi scritti e legge la risposta da noi data a te nel medesimo libro che adesso ti sforzi di confutare 30. Il lettore trover che di pertinente n hai detto nulla allora e nulla dici

ora. Compi infatti un cos grande sforzo per dimostrare che Dio forma gli uomini dai semi, quasi che noi lo neghiamo, e chiami a testimone l'Apostolo dove nessuna necessit della causa esigeva da te una prova; e, ancora pi insulsamente, vuoi che si intenda dei semi degli uomini ci che l'Apostolo ha detto dei semi dei frumenti, perch lo chiedeva la sua argomentazione; e riferisci le sue parole: Ci che tu semini non prende vita, e taci le altre subito da lui connesse: Se prima non muore. Tu taci pure quanto egli soggiunge dicendo: E quello che semini non il corpo che nascer, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere, dove ben rivela per quale ragione lo dica. E dopo aver taciuto questi testi, tiri fuori quello che segue: Dio gli d un corpo come ha stabilito e a ciascun seme il proprio corpo 31, ma non vuoi qui che si intenda di quali semi, ossia del grano per esempio o di altro genere, di quei semi insomma che quando si seminano, non vivono di nuovo se non muoiono. E tu cerchi di trasferire questa massima anche ai semi umani, nei riguardi dei quali, per quanto si possa dire che Dio dona a loro il corpo come ha voluto e a ciascun seme il proprio corpo, non si pu dire tuttavia che il seme dell'uomo quando si semina nel grembo della donna, non prenda vita se prima non muore. Ma ottimamente ci si pu dire del corpo dell'uomo: esso infatti non risorger se prima non muore; ed proprio per questa verit che l'Apostolo fa tutto quel suo discorso sui semi dei frumenti. Non era quindi infondata la mia impressione: in questo testo avevi taciuto le parole dalle quali appariva di quali semi parlasse il teste da te invocato, con la precisa intenzione che il lettore non fosse fatto accorto dalla sua vigile intelligenza, ammesso tuttavia che tu lo abbia potuto prevedere, che nel paradiso gli uomini si sarebbero potuti seminare nei campi genitali delle donne per mezzo delle membra genitali dei maschi cos come i frumenti si seminano nei terreni dalle mani degli agricoltori, di modo che non incitasse a seminare un uomo nessuno stimolo di libidine, come a partorire un uomo non urgesse la donna nessun dolore. A coloro ai quali dispiace questa tranquillit, che cosa piace, ti prego, nella carne se non ci che dispiace al pudore? N certamente costoro sentirebbero vergogna della concupiscenza carnale, se alla carne piacesse solo ci che imponesse lo spirito: sia quando lo imponesse, sia quanto lo imponesse. Poich dunque la concupiscenza non tale attualmente, per quale ragione la sostenete con i vostri suffragi contro di noi e non confessate piuttosto con noi che essa nata dal peccato o stata viziata dal peccato?

Non pu tutto Dio, se non pu ordinare bene il tutto. 15. GIUL. Ma ormai chi tra i sapienti potr trattenere il riso, quando arriver agli esempi che hai soggiunti? Affermi tu infatti: Dalle stesse parole dell'Apostolo sarebbe confutato il pudico nominatore e l'impudico predicatore, non della volont religiosa, ma della volutt libidinosa. Pu egli appunto essere rimbeccato partendo proprio dagli stessi semi che gli agricoltori seminano nei campi. Per quale ragione infatti non possiamo credere che nel paradiso Dio avrebbe potuto concedere per il suo seme all'uomo beato ci che vediamo concesso agli agricoltori per il seme del grano: di essere seminato cos il seme dell'uomo come si semina il seme del grano senza nessuna libidine pudenda? 32. Con quanta eleganza il pudico nominatore e l'impudico predicatore descrive i movimenti assolutamente scomposti e recita canzoni da ciarlatani! Ma ecco un altro punto che non si pu leggere se non con la pi grande ilarit; se Adamo non avesse peccato, la donna avrebbe potuto prepararsi alla fecondit come un campo. E forse da tutte le articolazioni e dai minuti meati del suo corpo, che i medici chiamano " pori ", sarebbero spuntate spighe di figli, e cos, lietamente feconda in tutte le sue parti, avrebbe trasudato i parti come i pidocchi. Ma se alcuni dei figli uscissero fuori dagli occhi, toglierebbero la vista alla partoriente; se dai globuli delle pupille sortissero sciami di figli con la testa galeata, la cecit imprecherebbe senza dubbio contro l'orbit. N sarebbe davvero difficile uccidere la prole non partorita, ma trasudata, e avremmo una razza simile ai pidocchi o alle pulci, presso i dogmi di Manicheo cos come nelle favole dei Mirmidoni. Ma questa sarebbe la prole della donna, e l'uomo che cosa potrebbe fare? Evidentemente muoverebbe non le sue membra, bens dei ferramenti e, privo dei genitali, imprimerebbe vomeri e zappe. Grazie dunque e le pi ampie grazie si devono all'errore dei primi uomini che ha fatto evitare i tormenti di una natura tanto beata. Con pi mitezza tratta le donne il parto e il marito che se esse sentissero gli aratri o si imboschissero in tutto il corpo per una importuna fecondit. Si coprano di vergogna le facce dei manichei e cerchino il tuo nome, o Signore. Oh portenti di coloro che accusano gli innocenti e Dio, o suffragi di argomentazioni e di testimonianze! Per quale ragione, domanda costui, non possiamo credere che la natura umana avrebbe potuto essere fatta diversamente da come si vede fatta? Come se si cercasse che cosa abbia potuto Dio e non che cosa abbia egli istituito. Se alla libidine di fantasticare piace la critica delle realt che sono state fatte per dire, potendo essere

state fatte diversamente le realt che sono state istituite, per questo non rendono testimonianza alla bont della natura, dichiariamo che Dio poteva fare i mortali " bicipeti " e che quindi sono stati fatti male " unicipeti " e tali da reggersi sui piedi: potevano infatti essere dotati di testa da ambedue le parti: una forma che solita apparire in alcuni vermi il cui ventre racchiuso tra due teste, nate da una parte e dall'altra, cosicch cominciano dall'omero in ambedue le direzioni e sembrano terminare nel mezzo. Si ammettano queste ridicolaggini, e quale sar la fine del delirio? Pot dunque Dio far sbocciare gli uomini dalla terra insieme ai fiori! Quanto al suo potere, non nego che lo avrebbe potuto; ma non volle che gli uomini nascessero se non dai semi. Ora dunque si cerca che cosa Dio abbia fatto e non che cosa abbia potuto. E a questo punto sarebbe una risposta da pazzi furiosi dire: male ci che esiste, perch Dio pot fare diversamente. Questo sarebbe infatti lodare Dio con l'intenzione di vituperarlo, e predicare la sua onnipotenza per macchiare la sapienza del suo consiglio. Non solo non sarebbe una lode, ma sarebbe anche una grande offesa dare alla potenza di Dio quanto tu avessi rubato alla sua sapienza e dire che in Dio ci fu la fortezza, ma non ci fu la saggezza. Arriva a negare assolutamente la potenza il biasimo della sapienza: Dio non pu tutto, se non pu ordinare bene il tutto. Anzi, se gli manca la sublimit della sapienza, non salva nulla della riverenza della divinit: e poich sospettarlo la cosa pi empia, ritorna ci che strangola la vostra traduce. Dio, che fece molto buone tutte le cose, non istitu nulla che nel genere in cui fu fatto si provi che abbia potuto essere fatto o pi appropriato o pi razionale. Ricco appunto, alla pari, di sapienza e di onnipotenza, Dio non avrebbe istituito ci che un omuncolo potesse giustamente criticare. Tutti gli elementi dunque che in tutte assolutamente le creature risultano naturali, sono stati fatti con tale somma perfezione, che ogni correzione si presuma di apportare in essi risulta stolta ed empia. Come dunque la forma del cavallo e la forma del bove, confrontate tra loro, distano, s, e tuttavia nel loro genere hanno ricevuto un'armonia tanto conveniente sotto tutti gli aspetti da non dovere n da potere o il cavallo o il bove essere costituito diversamente da come stato formato e con questa regola possiamo fare il giro di tutti gli animali, che nuotano, che strisciano, che camminano, che volano, e infine di tutti quelli dell'aria e dei cieli: si dimostra appunto che di nessuno si sarebbe potuta stabilire la forma in modo migliore, attesa la specie a cui era destinata, cos anche l'uomo, gi

indicato precedentemente nella specie degli animali che camminano, stato formato in tutte le sue parti cos bene che nessuno lo avrebbe potuto modellare meglio. Egli ha sapientemente ricevuto nel corpo e membra decorose e membra indecorose, perch in se stesso imparasse e la riservatezza e la spigliatezza, e non sembrasse deforme se in tutto fosse coperto, n si rendesse ozioso e incolto se fosse sempre nudo dappertutto. E perci la fecondit umana non dov ricevere membra diverse da quelle che possiede adesso nell'uno e nell'altro sesso, non altra condizione di visceri, non altri sensi, non altra volutt. Ammoniamo quindi i manichei che smettano di criticare le opere della sapienza divina, ammoniamoli che correggano le loro depravate opinioni, perch n pertinente alla nostra questione dire che gli uomini avrebbero generato diversamente da come attesta il mondo intero; n che essi potessero esser fatti meglio di come sono stati fatti lo attesta e la ragione, e parimenti anche la Scrittura, la quale grida che Dio non solo fece buone tutte le cose, ma anche le fece molto buone 33. E perci anche qui, come in tutto il corso dell'opera, stato abbattuto il dogma dei manichei. Quanto poi al tempo futuro, confessiamo che i corpi dei beati saranno pi gloriosi, n saranno bisognosi di aiuto. E anche questo stato stabilito ottimamente da Dio, giustissimo e sapientissimo, perch la natura non precedesse in nessun modo lo stato di premio, ma esistesse un primo ordine in cui sussistesse l'onest naturale e dal quale, a norma del diritto del libero arbitrio, l'uomo o discendesse negli abissi profondissimi delle pene o puntasse ad ascendere alla vetta delle glorie per le vie stabilite da Dio. AG. proprio vero, Giuliano, che non hai pensato che la gente avrebbe letto e il mio e il tuo; ma hai scritto esclusivamente per coloro che, ignorando o trascurando il mio e senza esaminare con diligenza il tuo e il mio, avessero cura di leggere e di conoscere solo il tuo n credessero che io abbia detto se non ci che, ricordato da te, trovassero nei tuoi libri come appartenente ai miei. Da qui infatti io vedo che, avendo io detto: " Per quale ragione infatti non possiamo credere che nel paradiso avrebbe potuto Dio concedere per il suo seme all'uomo beato ci che vediamo concesso agli agricoltori per il seme del grano: di essere seminato il seme umano allo stesso modo senza nessuna libidine pudenda? ", avvenuto che tu, quasi rispondendo a queste mie parole, hai dilatato i tuoi vaniloqui diffondendoti e arrivando fino al punto di propalare come sentito da me che " se Adamo non avesse peccato, la donna

avrebbe potuto prepararsi alla fecondit in tal modo forse che attraverso tutte le articolazioni e i minuti meati del corpo, che i medici chiamano pori, sarebbero spuntate spighe di figli e cos, lietamente feconda in tutte le sue parti, avrebbe trasudato i parti come i pidocchi ", e tutto il resto che a me ripugna di commemorare e che tu invece non ti sei vergognato di accumulare. Tra l'altro hai pure detto dell'uomo: " Evidentemente non muoverebbe le sue membra, bens dei ferramenti e, privo dei genitali, imprimerebbe vomeri e zappe ". Sconcezze come queste e simili, a leggere le quali, non dico i tuoi semplici lettori, ma i tuoi amatori, arrossiscono per te, se c' in essi qualche sensibilit umana ti lascerebbero forse libero di irridere le mie parole, che tu hai saltate e taciute con il solo intento di prepararti in questi discorsi spazi pi ampi per delirare? Io infatti ho detto che l'uomo pot essere seminato da membra genitali ossequienti al comando della volont; tu al contrario hai taciuto le membra genitali per andare attraverso le articolazioni e i minutissimi meati della donna, trasudante figli dai pori del corpo come pidocchi e partoriente dalle pupille degli occhi con conseguente cecit. Hai taciuto, dico, le membra genitali, come se noi dicessimo che sarebbero mancate agli uomini, qualora Adamo non avesse peccato, perch tu potessi dire, non con ridicola urbanit, ma con ridicola vacuit che " l'uomo, privo dei genitali, imprimerebbe vomeri e zappe per fecondare la moglie ". La questione riguarda forse il numero e la figura delle membra, che per generare potevano essere create salve e integre ai loro posti, senza avere bisogno dell'incitamento della libidine e servissero all'imperio della volont? Le quali membra, da me commemorate, tu non le hai volute commemorare, ponendo le mie parole, proprio per non imporre a te stesso il silenzio e non potere aprire la bocca a dire dei figli che saltano da tutto il corpo come pidocchi e dei ferramenti agricoli da usare per ingravidare le femmine, parole che a te sembravano vibranti di festosissima dicacit, mentre erano dette con sconveniente vanit. Onde hai reputato di non dover toccare nel medesimo passo che avevi preso a confutare nemmeno quel mio testo che ho scritto sui dolori delle partorienti. Se infatti le donne avessero partorito senza i travagli del parto, reputo che ad esse non sarebbero venute a mancare le membra genitali, ma i tormenti penali. In proposito la divina Scrittura, lo sanno tutti coloro che la leggono, attesta che questo genere di tormento passato nel genere femminile dal peccato di Eva 34. Questo nelle mie parole lo hai preferito tralasciare piuttosto

che trattarlo, perch non ti si dicesse che, sani e integri i genitali di ambedue i sessi, in quella felicit del paradiso i coniugi avrebbero potuto praticare il coito senza la pudenda libidine, cos come le donne, sani e integri i genitali femminili, avrebbero potuto partorire senza gemebondo dolore. Ma voi, non solo gli strazi e i gemiti delle partorienti, bens anche le altre sofferenze e disgrazie dei mortali, non dal tempo del loro libero arbitrio, ma dal giorno della loro nascita dal grembo materno, preferite porre nel luogo di quella cos grande beatitudine, piuttosto che non porre nel paradiso la vostra pupilla, " pudenda " almeno in forza dello stesso pudore. E tuttavia tu che neghi che la natura sia stata mutata dopo il peccato nella presente mortalit, la confessi mutanda nella gloria della beata immortalit dopo il merito della buona volont. Alla vetta della quale gloria i bambini, e non lo potete negare, ascendono per i meriti, non della volont loro, ma della volont altrui, e voi non volete credere che i medesimi bambini per i meriti della cattiva volont di un altro, ma tuttavia di Adamo, nei cui lombi essi furono presenti per ragione del seme, siano stati gettati nel profondo delle miserie che conosciamo. La vita corporale di ora e la vita corporale delle origini. 16. GIUL. Ma passiamo ormai agli altri punti. Dopo avere scansato dunque l'esempio di Abramo, che era stato messo da me, costui ha tentato di asserire che anche delle donne di Abimlech, che si dice guarito insieme alle sue donne per le preghiere di Abramo, cos da poter ritornare all'opera della generazione, dalla quale era stato impedito per una punizione, si pu intendere che fosse stata occlusa la vulva delle donne, non con la sottrazione della libidine, ma con la presenza di qualche dolore 35. Quasi che da parte nostra si insistesse molto nel far credere che sia stato reso a quelle donne il desiderio naturale, mentre io con quelle testimonianze mi ero contentato di provare che il coito, il quale non poteva esser senza la libidine, solamente impedito dall'indignazione di Dio e reso dalla indulgenza di Dio o per la remozione degli ostacoli o per la restituzione degli stimoli abituali, non veniva tuttavia insegnato come diabolico, ma come pertinente all'opera di Dio anche per il fatto che tra gli strumenti del corpo, modesti ma innocenti, il sesso pu peccare non per la specie, non per il modo, ma solamente per l'eccesso.

AG. Chi non intender che, se per l'indignazione di Dio al corpo di quelle donne accadde qualcosa che impedisse il coito e quindi la prole, la quale non poteva certamente essere concepita se non da persone che praticassero il coito, rimosso quell'impedimento, sia stato reso il coito tale e quale nel corpo di questa morte, ossia con la libidine? A tale stato appunto sono richiamati i corpi quando vengono guariti, quale ha ormai sortito dopo il peccato la natura dei mortali, che sospinge gli uomini alla morte. Ma nel corpo di quella vita dove l'uomo, se non avesse peccato, non sarebbe stato morituro, ci fu senza dubbio uno stato diverso: onde in esso o non ci fu nessuna libidine, o non ci fu una libidine tale e quale c' presentemente da fare concupire la carne contro lo spirito e da rendere necessario o sottostare ad essa o riluttare contro di essa: due comportamenti di cui il primo non poteva convenire all'onest di quella beatitudine e il secondo alla pace di quella beatitudine. Non voler dunque tu con eretica perversit confondere queste due vie: in un modo si vive nel corpo corruttibile che appesantisce l'anima 36 e in un altro modo si vivrebbe nel paradiso, se fosse perdurata la rettitudine dell'uomo nella quale egli era stato creato. Ci sarebbe dunque anche l il coito coniugale per amore della generazione, ma o con membra genitali che servissero allo spirito senza nessuna libidine, o con movimenti della libidine stessa, se essa ci fosse, che non ostacolassero mai la volont. E la libidine, se fosse tale, non sarebbe pudenda, n farebbe chiamare pudende in senso proprio le membra del corpo che essa con il suo istinto o sollecitasse o movesse, n la libidine ci spingerebbe a coprirle. Che ci sia accaduto dopo il peccato e che non sia potuto accadere se non in pena del peccato lo attestano le parole di Dio: Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'unico albero di cui t'avevo comandato di non mangiare? 37 Non ti sarebbe stata notificata, dichiara, la tua nudit, se non fosse stata prevaricata da te la mia legge. Ma come avvenne la notificazione della nudit a chi essa non era senza dubbio ignota se non con quel movimento stimolante che urgesse a farla avvertire con uno sguardo inusitato e che incutesse pudore? Poich a causa del peccato era avvenuto che la parte inferiore dell'uomo concupisse contro la parte superiore, cio la carne contro lo spirito. Ma tu chiudi gli occhi dinanzi a tutti questi fatti e, mentre Dio manifesta che l'uomo, se non avesse peccato, non si confonderebbe della sua nudit, asserisci che l'uomo fu istituito cos che si vergognerebbe della tua nudit, anche se non avesse peccato. Dio dice infatti: Chi ti ha notificato la sua

nudit se non il fatto che hai peccato? E tu dici, per mettere le tue stesse parole con le quali hai parlato poco prima: " L'uomo stato formato in tutte le sue parti cos bene che nessuno lo avrebbe potuto modellare meglio. Egli ha sapientemente ricevuto nel corpo e membra decorose e membra indecorose, perch in se stesso imparasse e la riservatezza e la spigliatezza, e non sembrasse deforme se in tutto fosse coperto, n si rendesse ozioso e incolto se fosse sempre nudo dappertutto ". E quindi secondo te l'uomo peccando si fatto molto migliore: se infatti non avesse peccato, l'uomo che Dio aveva creato retto 38, vivrebbe imprudentemente non distinguendo nel suo corpo le parti dell'onore e le parti del pudore, e vivrebbe impudentemente non coprendo nessuna parte, e vivrebbe negligentemente esponendo tutte le parti. Non eviterebbe infatti questi vizi, se a lui, perch aveva peccato, non fosse stata notificata la sua nudit. Rapporto naturale con la donna e rapporto coniugale. 17. GIUL. Poich di questo argomento abbiamo trattato abbastanza, affrettiamoci alle obiezioni che Manicheo mosse a suo tempo con acutezza sul male naturale, ma ingannato, come prover, dall'ambiguit delle questioni. Prima tuttavia sventoliamo brevemente che cosa abbia replicato Agostino contro una testimonianza dell'Apostolo. Io dunque avendo detto che l'istituzione da parte di Dio, creatore dei corpi, di questa nota operazione dei sessi si prova apertissimamente anche con una testimonianza del beato Paolo, il quale, sdegnato contro i vizi di coloro che l'insania aveva pure precipitato in concubiti di sesso maschile, afferma: Lasciando l'uso naturale della donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri 39, ho tirato questa conclusione: testimone l'Apostolo, si prova che l'uso della donna fu istituito per natura. A questo mio testo risponde dunque Agostino cos: L'Apostolo non disse l'uso coniugale, ma l'uso naturale, volendo far intendere l'uso che avviene con le membra create ad hoc, perch per mezzo di esse possano ambedue i sessi mescolarsi insieme per generare, e perci anche quando con le medesime membra qualcuno si unisce ad una meretrice, uso naturale, n tuttavia lodevole, ma colpevole. Dunque con questa denominazione, ossia con l'uso naturale, non stata indicata la mescolanza coniugale, ma sono state bollate le infamie ancora pi immonde e pi scellerate delle pratiche che gli uomini avessero illecitamente, ma tuttavia " naturaliter " con le donne 40. Ossia

questo uso della donna che l'Apostolo dichiar naturale, non s'intende l'uso coniugale perch se ne insegni la bont e la liceit, ma per questo stato detto naturale, afferma Agostino, perch indica che la diversit del sesso stata istituita allo scopo preciso di essere pronta e al coito e al parto. Dalle quali macchinazioni poich non traeva nessun giovamento, per quale ragione vi ha indugiato tanto? Sicuramente per questa sola ragione: che i suoi seguaci credano risolto ci che vedono appena sfiorato. Del resto come non abbia detto nulla lo render palese una breve discussione. Ossia, l'Apostolo dichiar istituito naturaliter l'uso della donna, e non menzion un'altra mescolanza che sia stata disposta fin da principio, ma, discorrendo di quell'uso nel quale sapeva che in tutti i tempi ebbe vigore la libidine, ha chiamato naturale la libidine. AG. L'uso della femmina naturale quando il maschio fa uso di quel membro con il quale la natura del medesimo genere di animali si propaga, e per questo anche il membro stesso si suol dire in senso proprio " natura ": onde Cicerone racconta che una donna vide nel sonno di avere la " natura " contrassegnata 41. Pertanto l'uso naturale ed lecito come nel matrimonio ed illecito come nell'adulterio; l'uso invece contro la natura sempre illecito e certamente pi infame e pi turpe. Il quale uso contro la natura il santo Apostolo lo riprendeva e nelle donne e negli uomini, volendo che si considerassero pi condannabili che se peccassero nell'uso naturale o con l'adulterio o con la fornicazione. Quindi l'uso naturale e insieme non colpevole dei concumbenti sarebbe potuto esistere pure nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato: i figli infatti non sarebbero stati generati diversamente per moltiplicare il genere umano secondo la benedizione di Dio. Ma che l'Apostolo abbia chiamato uso naturale quell'uso " nel quale sapeva che in tutti i tempi ebbe vigore la libidine ", chi te lo ha detto se non la vostra eresia? Non sia mai infatti che l'Apostolo credesse che abbia avuto vigore la pudenda libidine degli uomini anche nel tempo in cui essi erano nudi e non ne sentivano il pudore. Ma tuttavia anche se l'Apostolo dicesse ci che hai detto tu stesso: " Nell'uso naturale della femmina in tutti i tempi ebbe vigore la libidine ", anche in queste parole avrei modo di capire rettamente per non collocare la tua pudenda cliente nei corpi di quella vita beata, che non erano ancora diventati i corpi di questa morte, come fai tu con mente stoltissima, con lingua loquacissima, con faccia impudentissima. In tutti i tempi appunto da quando cominci a praticarsi il concubito dei due sessi, l'uso naturale della femmina non pot evidentemente

aversi senza questa pudenda libidine: gi infatti non avevano pi il corpo di quella vita, ma il corpo di questa morte, quando, usciti dal paradiso dopo il peccato, il maschio e la femmina mescolarono per la prima volta l'uno e l'altro sesso in modo naturale. Il che se facessero antecedentemente, nella loro unione o non ci sarebbe affatto la libidine, o essa non sarebbe pudenda: non solleciterebbe infatti chi non volesse e non costringerebbe il casto a combattere contro di essa, ma o senza la libidine i genitali compirebbero il loro ufficio sotto il comando dello spirito, o se la libidine esistesse, essa insorgerebbe quando ce ne fosse il bisogno, seguendo il cenno tranquillissimo della volont e non opprimendo il pensiero con l'impeto turbolento della volutt. Che tale non sia al presente la libidine essa lo confessa con i suoi molti movimenti, importuni e reprimendi: attesta dunque o di essere un vizio o di essere stata viziata. Ecco donde viene l'affermazione dell'Apostolo che diceva: Io so che in me, cio nella mia carne, non abita il bene 42. Ecco donde i nascenti traggono il peccato originale. Di questo male fa buon uso la pudicizia coniugale, di questo male ancora meglio non fa uso la continenza religiosa vedovile o la sacra integrit verginale. Il rapporto coniugale onesto e lecito. 18. GIUL. Questo noi capimmo e parlando dell'istituzione della natura riferimmo ci che risultava sentito dall'Apostolo. Tu quindi che cosa hai guadagnato replicando che da lui quell'uso non stato chiamato coniugale, ma naturale? O con quale bocca soggiungi che " quando con le medesime membra qualcuno si mescola ad una meretrice, l'uso naturale e non tuttavia lodevole, ma colpevole "? Per mostrare infatti anche qui ci che abbiamo manifestato frequentemente, cio che da te non viene pronunziata nemmeno una sola sentenza che non valga moltissimo contro di te: se l'uso della donna nella fornicazione si dice naturale e non tuttavia lodevole, ma colpevole per la ragione che l'uso di una meretrice, confesserai senza dubbio non colpevole ma lodevole l'uso coniugale, perch onesto e lecito. AG. Non perch senza il male, ma perch fa buon uso del male, il concubito coniugale si dice giustamente non colpevole. Infatti fare buon uso di un male un bene, cos come un male fare mal uso di un bene. I coniugati dunque fanno buon uso del male della libidine, cos come gli adlteri fanno mal uso del bene del corpo. Questo io l'ho gi detto non una volta soltanto e non mi rincrescer

di dirlo ancora pi spesso, finch tu non sentirai la vergogna di contraddire la verit. La libidine non sempre cattiva. 19. GIUL. E dov' quel tuo crimine diabolico che tentavi di addossare al coito coniugale con l'argomento del pudore? Non si riprende pi infatti la libidine, che per la stessa condizione della natura si sente e nell'uso proibito e nell'uso concesso, se si incolpa solamente la sua depravazione che trascorra a ci che non era lecito. AG. Non solamente " si incolpa la depravazione della libidine che trascorra a ci che non era lecito "; ma una grande depravazione la tua, poich la libidine non incolpata da te neppure se spinge a ci che non era lecito. Quando essa infatti spinge a ci che non lecito, certamente trascorre a farlo, se non si fa opposizione alla sua pravit. E questa la concupiscenza della carne per cui la carne concupisce contro lo spirito e provoca perci lo spirito a concupire a sua volta contro la carne, proprio perch lo spirito non trascorra dove lo spinge la libidine. un male, dunque, anche ci che spinge al male; ma se la libidine non trascorre al male per l'opposizione dello spirito, l'uomo non vinto dal male. Allora per l'uomo sar libero da ogni male quando non ci sar pi nessun male contro cui egli debba combattere. E non che, quando si compir questo evento, sar separata da noi la natura aliena del male, come vaneggia Manicheo, ma sar risanata la nostra natura. La quale ora, se come viene risanata dal reato mediante la rigenerazione e la remissione dei peccati, cos fosse gi sana da ogni infermit, lo spirito non concupirebbe contro la carne perch noi non concupiamo se non il lecito, ma la carne consentirebbe cos allo spirito che nulla di illecito si concupirebbe contro lo spirito. L'Apostolo guardava alle membra, non al loro uso. 20. GIUL. E per fare una domanda precisa e concisa: tu giudichi che l'Apostolo, quando nominava l'uso naturale della femmina, indic la possibilit e l'onest dell'uso o solamente la possibilit? Cio: con l'aggettivo naturale volle che noi intendessimo l'uso che si poteva e si doveva fare, o l'uso che si poteva ma non si doveva fare? Se dirai: Quello che si poteva, bench non si dovesse, come si pratica dagli adlteri, allora non sar contro la natura nemmeno

l'altra turpitudine della fornicazione, perch essa si pratica con le membra naturali. Se invece, spaventato, replicherai, come ha pure la verit, che l'Apostolo chiam uso naturale quello destinato alla procreazione e compiuto onestamente, ossia appunto naturaliter, come si poteva e si doveva, cio nei corpi o di singole donne o di pi donne, concesse tuttavia successivamente, confesserai senza dubbio di aver sbagliato nell'argomentazione e che il beato Paolo con la denominazione di uso naturale non ha indicato la fornicazione, come avevi reputato tu, ma l'onesta e legittima unione dei corpi, che adatta alla fecondit. Noi dunque a buon diritto difendiamo in tutto il genere ci che Manicheo accusa in tutto il genere. Tu dici infatti che questa mescolanza dei sessi con la presenza della volutt, istituita per opera del diavolo, la causa del peccato originale e la necessit di tutti i crimini, e per questo tu incrimini la natura stessa. Noi che cosa avremmo potuto fare di pi logico che, teste il Maestro delle genti, difendere in tutta la generalit della natura e ascrivere all'opera di Dio ci che tu chiamavi un male naturale? E cos accaduto questo: per confutare te noi proviamo che stato istituito per natura ci che tu dici diabolico. questa appunto una risposta legittima ed erudita: difendere nella specie ci che si accusa nella specie e rivendicare nel genere ci che si incolpa nel genere. Il che cap anche Manicheo, che tu uguagli nel crimine, ma non uguagli nell'acume. Perci egli trascrive al diavolo tutte le sostanze dei corpi; tu invece non tutte ma la sostanza migliore, come abbiamo detto nel precedente libro. Circondata da sacri presdi, ha dunque trionfato la verit, la quale, approvando per mezzo dell'Apostolo come naturale il rapporto dei coniugi e quindi come appartenente a Dio, autore della natura, ha spezzato le fantasie di voi, che giurate essere quel rapporto prevaricatorio e non naturale. AG. Abbiamo gi spiegato sufficientemente anche sopra quale uso della femmina l'Apostolo abbia chiamato naturale e per quale ragione lo abbia chiamato naturale: quando cio si fa con le membra dei due sessi che sono state istituite per propagare la natura, sia che l'uso fosse tale e quale sarebbe potuto esistere nel paradiso, cio tale da non fare uso di nessun male o non esistendo nessuna libidine o esistendo solo una libidine obbediente al cenno della volont, sia che tale uso fosse quale presentemente da quando cominci ad essere: o lecito come nel matrimonio, facente buon uso e del bene del corpo e del male della libidine; o illecito come nell'adulterio, facente mal uso di quel bene del corpo e di quel

male della libidine, n tuttavia allontanantesi neppure esso da quelle membra che si indicano propriamente anche con il nome di " natura ". Non c' pertanto nessuna ragione che tu ponga la domanda, come dici tu, " precisa e concisa ", se l'Apostolo, nell'uso che afferm naturale, abbia voluto far intendere l'uso che si poteva e si doveva fare, o l'uso che si poteva ma non si doveva fare. L'Apostolo infatti per dirlo non guardava a nessuna di queste situazioni, ma guardava solo alle membra genitalmente naturali dell'uno e dell'altro sesso, ossia alle membra create per generare la natura. Chi ignora infatti che l'uso lecito della femmina e si possa e si debba fare, che invece l'uso illecito si possa fare e tuttavia non si debba fare, e che per l'uno e l'altro sia naturale perch si fa per mezzo delle membra genitali di ambedue i sessi, create per propagare la natura? Togli le tue ambagi tergiversatorie, rimuovi i fumi loquaci e fallaci della tua vanit. La libidine degli animali per questo non un vizio: perch quella carne non concupisce contro lo spirito. Il che se avesse saputo discernere Manicheo, n avrebbe alienato le nature degli animali dall'arte del vero Dio, n avrebbe reputato che i vizi degli uomini siano delle sostanze. Ma tu, se con Ambrogio e con tutti gli altri cattolici non sentirai e non penserai che per la prevaricazione del primo uomo il dissenso tra la carne e lo spirito si cambiato nella nostra natura 43, per quanto ti sembri di detestare i manichei, rimarrai senza dubbio un loro aiutante da detestare, asserendo tu che un bene ci che la verit grida essere un male e negando tu che questo male provenga dalla depravazione della nostra natura, viziata dal peccato, con il risultato che Manicheo con il tuo aiuto introduca in noi la mescolanza di una natura aliena. Albero buono e albero cattivo. 21. GIUL. Con un simile acume tenti di abbattere anche ci che io ho detto: L'albero, per testimonianza evangelica, si deve conoscere dai suoi frutti. L'ho detto per indicare ci che chiaro: non si potrebbe insegnare la bont dei matrimoni, anzi non si potrebbe nemmeno rivendicare in virt dell'opera di Dio la natura stessa, che viene rifornita dalla operazione dei matrimoni, se si dicesse che da tale operazione pullulano i crimini. A questo dunque tu hai risposto: Parlava forse delle nozze il Signore o non piuttosto delle due volont degli uomini, cio della buona e della cattiva, dicendo albero buono la volont buona e albero cattivo la volont cattiva, perch dalla volont buona nascono le opere buone e dalla volont

cattiva le opere cattive? Che se per albero buono intendiamo le nozze, metteremo certamente dalla parte opposta come albero cattivo la fornicazione. Se poi dir che in quel caso non si deve mettere al posto dell'albero l'adulterio, ma la natura umana dalla quale nasce l'uomo, anche nell'altro caso l'albero buono non sar il connubio, ma la natura umana dalla quale nasce l'uomo 44. Ti sbagli: in quel passo il Signore non parla di due volont, ma della sua persona. Bench prestasse ai Giudei innumerevoli benefci, essi non desistevano dal muovergli accuse. Inoltre, non riuscendo a denigrare le sue opere che anche glorificavano, ricorrevano tuttavia al pretesto che egli ingannasse come un samaritano, pieno di un demonio e dello spirito di Beelzebul. Allora dunque il Signore afferm: Se prendete un albero buono, anche i suoi frutti saranno buoni; se prendete un albero cattivo, anche i suoi frutti saranno cattivi; dai suoi frutti infatti si riconosce un albero 45. Cio: o vituperate le mie opere, che le guarigioni delle infermit e le restituzioni delle sanit proclamano buone, per provarmi reprobo con la testimonianza delle mie opere; oppure, se non osate calunniare questi benefci cos grandi, rendete all'albero buono, ossia a me, la testimonianza dei miei frutti e amate il benefattore voi che predicate i suoi benefci. Ivi dunque il Cristo comand che una persona fosse riconosciuta dalle sue opere: il che stato per noi un giusto suffragio, perch insegnassimo che anche la natura e le nozze sono da giudicarsi dalla qualit della loro fruttificazione: di modo che se da esse fluisse il veleno dei crimini, si giudicasse criminosa anche la radice. Vedi dunque quante traveggole hai nell'intendere, tu che hai reputato di levare il peso della mia obiezione opponendo tra loro la fornicazione e le nozze, in modo da far sembrare le nozze l'albero buono, cos come la fornicazione l'albero cattivo. Dalla quale, cio dalla fornicazione, non dovrebbe provenire nessuna fecondit che si rivelerebbe cattiva, se si dimostrano buone le nozze dai loro buoni parti, poich l'uomo, sia che nasca dal matrimonio, sia che nasca dall'adulterio, proviene non dalla turpitudine, ma dalla natura dei semi. La turpitudine appunto, che si commette dalla volont degli adlteri, non turba gli statuti della sostanza; ma la natura si esplica per mezzo delle sue materie e, rimanendo il peccato presso l'autore della volont illecita, il feto erompe innocente dall'operazione del Creatore. Il che tu pure in verit hai visto di dover rispondere, ma in qual modo tu abbia tentato di eluderlo lo avverta il prudente lettore. Dichiari infatti: Se in un caso non si deve mettere al posto dell'albero

l'adulterio, ma la natura dalla quale nasce l'uomo, anche nell'altro caso l'albero buono non sar il connubio, ma la natura umana dalla quale nasce l'uomo. Questo dunque quanto hai cercato di esprimere: Come non si attribuisce l'uomo alla fornicazione ma alla natura, cos il peccato che si trae dai legittimi genitori non va attribuito al connubio ma alla natura umana, che il diavolo infett con il crimine antico. Negli adlteri dunque incolpasti la volont dei lascivi, ma lodasti la natura umana, dalla quale nascesse l'uomo anche per mezzo di illeciti concubiti; nei genitori legittimi al contrario lodasti il matrimonio, dal quale, dici, non viene il peccato, ma biasimasti la natura, dalla quale, dici, viene infuso un crimine orrendo. Vigili qui dunque il mio lettore. Se nella fornicazione giudicasti lodevole la natura umana, che ha fatto inviolata dalle infamie dei " concumbenti " la causa del nascente, per quale ragione nel caso del matrimonio incrimini la stessa natura umana che, dici, ha prestato la causa al crimine naturale? Dunque non certo il connubio, ma la natura umana tu professasti essere e un grande bene e un grande male. Infatti che cosa pi iniquo di essa, se ha ingenerato un crimine? Che cosa pi detestabile di essa, se posseduta dal diavolo? Quale arte dunque abbia nel seme lo veda la natura stessa; provvisoriamente si dimostra di una pessima qualit la natura, nella quale c' ogni bene o male, se la natura si prova e rea in se stessa e generatrice di reati e satellite della tirannide diabolica. Meritamente dunque l'albero dev'essere riconosciuto dai suoi frutti, perch la natura che causa del male sia nominata " mala " con pienissimo diritto. AG. Che la causa del male originale non sia n il matrimonio n l'adulterio lo mette bene in chiaro la realt stessa, poich ci che c' di buono nella natura dell'uomo nasce dall'uomo per creazione di Dio, e ci che l'uomo ha di male e lo rende bisognoso di rinascere l'uomo lo trae dall'uomo. Ora la causa di questo male sta nel fatto che a causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, perch tutti peccarono in lui 46. Le quali parole dell'Apostolo nel distorcerle in altro senso con quanta loquacit abbia tu faticato invano lo vedono coloro che leggono intelligentemente i tuoi libri e i nostri. Che cosa ti giova quindi? A quale scopo, ti prego, hai commemorato il testo evangelico: Un albero buono produce frutti buoni, quando tu parlavi del bene del matrimonio e volevi che i suoi frutti fossero gli uomini, quasi a dimostrare che per questo essi nascono senza il male per il fatto che le nozze sono un bene e un albero buono non pu

produrre frutti cattivi, dal momento che gli uomini nascono dagli uomini sia con il danno originale, onde l'Apostolo dice: Il corpo morto a causa del peccato 47, sia senza nessun danno, come sostenete voi contro l'Apostolo, non tuttavia soltanto dai concubiti coniugali, ma anche dai concubiti impudichi, e dal momento che a volte sono sterili le nozze e fecondi gli adultri? Se poi il Signore abbia voluto insinuare le due volont, come diciamo noi, nei due alberi, l'una la volont buona per cui buono l'uomo, e non pu la volont buona produrre opere cattive, cio frutti cattivi; l'altra, la volont cattiva, per cui l'uomo cattivo, e non pu la volont cattiva produrre opere buone, cio frutti buoni; o se, come dici tu, abbia parlato di se stesso ai Giudei, coloro che lo vogliono sapere, leggono il Vangelo e " neglgono " te. Il Signore infatti nel mostrare che dovevano esser evitati coloro che si presentassero in veste di pecore, ma dentro fossero lupi rapaci, afferma: Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi? Cos ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi. Un albero buono non pu produrre frutti cattivi, n un albero cattivo produrre frutti buoni 48. E secondo Luca questi due alberi sono stati commemorati e subito dopo spiegati con evidenza in un rimprovero rivolto agli ipocriti, soggiungendo e dicendo il Signore: L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perch la bocca parla dalla pienezza del cuore 49. Dove poi dice: Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sar buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sar cattivo, il che tu pensi abbia detto di se stesso, aprendo subito per quale ragione lo abbia detto soggiunge: Dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone voi che siete cattivi? Poich la bocca parla dalla pienezza del cuore. L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive 50. Ti accorgi o no che sei tu a sbagliare e non io? Torna dunque alla causa dell'operare cattivo e troverai la volont cattiva; torna alla causa del male originale e troverai la volont cattiva del primo uomo e, viziata dalla volont cattiva, la natura buona. Esistono innumerevoli mali naturali. 22. GIUL. Ma noi parliamo cos per mostrare quale sia la fine della vostra fede. Rimane del resto inconcussa la verit fondata dalle precedenti discussioni: n c' alcun male al di fuori dell'operare

della volont perpetrante ci che la giustizia proibisce, n si pu dimostrare che sia un male ci che naturale. Rimane dunque inconcussa questa torre, dalla cui cima si respingono gli attacchi briganteschi dei diversi errori. AG. Che cos' quello che dici o che cosa sono le tue precedenti discussioni se non loquacissime vanit? Che cos' ci che dici: N c' alcun male al di fuori dell'operare della volont perpetrante ci che la giustizia proibisce? Dunque non un male la stessa mala volont, se non c' nessun male all'infuori dell'operare della volont? N infatti conseguente che la cattiva volont abbia anche la facolt di perpetrare l'opera, e quindi secondo il tuo insegnamento non sar un male dell'uomo il volere il male, quando non lo pu fare. Chi sopporter cotesta insipienza o piuttosto cotesta demenza? Dove mettiamo anche queste altre conseguenze? Se non c' alcun male all'infuori dell'operare della volont perpetrante ci che la giustizia proibisce, mali non saranno tutte le azioni di qualsiasi genere che gli uomini o fanno o soffrono nolenti; non sar un male quello che fa gridare all'Apostolo: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio 51; non sar un male il supplizio del fuoco eterno, dove sar pianto e stridore di denti 52, perch nessuno lo soffrir volente e perch non un operare della volont perpetrante ci che la giustizia proibisce, ma una pena del nolente. Quando avresti tali idee insipienti, se tu non fossi mirabilmente insensato o piuttosto dissennato? Che cos' anche quest'altra tua affermazione: " N si pu dimostrare che sia un male ci che naturale "? E cos non un male per tacere di innumerevoli vizi naturali del corpo, la sordit naturale, che impedisce pure la fede stessa di cui vive il giusto 53, dipendendo la fede dall'ascolto 54? Ma voi, se non foste sordi interiormente, dicendo l'Apostolo: Eravamo anche noi per natura meritevoli d'ira, come gli altri 55, udreste con gli orecchi del cuore. Ma andate pure avanti e gridate con cuori ciechi e sordi: Non un male essere per natura smemorato, essere per natura ottuso, essere per natura iracondo, essere per natura libidinoso. Per quale ragione infatti non scagliate sicuri queste parole fatue voi che non considerate un male nemmeno la stessa fatuit naturale? Voi, negando appunto ogni cattivo merito originale, siete costretti a lodare tutti i vizi naturali, fino al punto di dire che nel paradiso, se nessuno vi avesse peccato, sarebbero nati non solo feti deformi di corpo, deboli, mostruosi, ma anche fatui, pur di collocare tuttavia tra le delizie di quel luogo

beatissimo la vostra pudenda cliente, per la quale la carne concupisce contro lo spirito. A nessuno il matrimonio pi ostile che a te. 23. GIUL. Ma teniamo dietro ora a quanto esige il punto in cui siamo. Appare bene che tu, sottilissimo disquisitore, hai esaltato con grandi lodi, ma hai macchiato con ancora pi grandi incriminazioni una sola e medesima realt, cio la natura umana. Il che, come non pu avvenire simultaneamente in un solo e medesimo tempo, in una sola e medesima opera, in un solo e medesimo progetto, cos la ragione naturale non ammette in nessun modo queste contraddizioni, nemmeno quando sono alternative, pur sempre per piene di un solo interesse, ossia della stima del bene e mai a favore del male, che le istituzioni naturali non ammettono per la dignit del loro autore, a meno che questi non lo morda il dente velenosissimo dei manichei. Ma, finito questo, chiedo quali fumi credi di seguire nei riguardi del matrimonio. Poich, se confessi che causa dell'uomo non il matrimonio ma la natura, e altres che causa del peccato non il matrimonio ma la natura, questo matrimonio a cui tributavi la tua lode proprio svanito tutto nel nulla. A quale compito dunque destinato il matrimonio, se non a causa n del tuo male, n del mio bene? Se escludi l'uomo dalla onest del matrimonio per non essere costretto ad ascrivere l'uomo anche alla fornicazione, e se escludi il peccato dalla necessit del matrimonio, perch non sembri che tu condanni le nozze, che cosa rimasto di lodevole in possesso del matrimonio? Per quale ragione temi di violare con il discorso il matrimonio che hai abbattuto dalle fondamenta con la discussione promossa da te? Di quale effetto si dir dunque causa il matrimonio, se non partecipa n al male naturale, n al bene naturale? Pi nulla compie dunque il nome e l'onest del matrimonio nelle vicende umane? Ma tu ti senti soffocato e certo duramente: dobbiamo dunque correre in soccorso di questo vecchio affannato. rimasto un compito che puoi dare al matrimonio e senza il quale non se ne trova nessun altro: cio che tu dica che il matrimonio sta sulle porte per impedire che qualsiasi fama di oscenit irrompa nella volutt dei concumbenti, ma per rivendicare a suo titolo l'onest e il pudore a quella operazione. Senza una causa hai voluto dunque corrompere la fede del matrimonio con una subdola lode: a nessuno il connubio pi ostile che a te. Esso vi respinge assolutamente e non permette alle lingue dei manichei

d'insinuarsi a lacerare la mescolanza dei sessi affidata alla sua tutela. Hanno, dice il matrimonio, i postriboli degni del loro dogma, nei quali soddisfarsi nelle ore notturne: le sentinelle del matrimonio proteggono la volutt di coloro che rispettano la verecondia; si tengono lontani i crimini; si ammette l'onore della onest; i privilegi concessi dall'Apostolo difendono le onorevoli nozze e i letti immacolati; ma i fornicatori e gli adlteri li giudicher Dio 56. Dov' dunque la peccaminosa mescolanza, se alla sua funzione e al suo segreto ossequiente l'autorit del matrimonio che tu lodavi? AG. Evidentemente nel dire che l'albero si conosce dai suoi frutti tu non hai voluto che questa testimonianza evangelica giovasse alla natura, ma alle nozze. Infatti le tue parole sono queste: Se dunque anche dalle nozze si trae il male originale, la causa del male il patto nuziale, ed necessario che sia un male ci per cui e da cui apparso un frutto cattivo, dicendo il Signore nel Vangelo: " Dai suoi frutti si riconosce l'albero " 57. In che modo, tu domandi, ti si pu reputare degno di essere ascoltato quando dici buono il matrimonio, dal quale dichiari per che non proviene nient'altro che il male? Consta quindi, tu dici, che rei sono i matrimoni, se da essi si deriva il peccato originale, n si possono difendere, se il loro frutto non si prova innocente. Ma i matrimoni si difendono e si dichiarano buoni. Quindi il loro frutto si prova innocuo. Appunto da queste tue parole abbastanza chiaro che hai voluto far intendere come albero il matrimonio e come frutti dell'albero quei parti che nascono dalla mescolanza dei coniugi. Ma poich qui ti stata sbarrata la strada da una evidentissima ragione: anche dagli adlteri infatti nascono tali parti, hai pensato di doverti rifugiare nella natura per nasconderti nella sua profondit. Non parlavi della natura, quando adoperavi ciecamente la similitudine dell'albero evangelico a favore della bont del matrimonio e della bont dei suoi frutti. Difendi dunque la natura contro il peccato originale. Lascia da parte i matrimoni, di' che la natura stessa l'albero buono, perch e dai matrimoni e dagli adultri la natura che genera gli uomini. I quali uomini tu dici frutti buoni di un albero buono per queste ragioni: perch non si creda che con la generazione abbiano tratto dalla origine depravata un qualche reato da sciogliere con la rigenerazione; perch non abbiano bisogno di un salvatore; perch non siano redenti dal sangue versato in remissione dei peccati. Compi queste operazioni come un eretico detestando: riempi il paradiso di Dio, anche se nessuno avesse peccato, delle libidini dei concupiscenti, delle lotte dei combattenti contro le libidini, dei dolori

delle partorienti, dei pianti dei vagienti, dei morbi dei languenti, dei funerali dei morienti, della lugubre tristezza dei piangenti. Agisci cos: questo ti si addice. Tali pene infatti seguono, secondo il tuo insegnamento, i buoni frutti dell'albero buono e insinuano il paradiso delle delizie, ma il paradiso dei pelagiani. Che anzi tu, acuto dialettico, irridi la mia discussione, dicendo che ho esaltato con grandi lodi, ma con ancor pi grandi incriminazioni ho macchiato una sola e medesima realt, cio la natura umana. Io per non mi compiaccio di avere per maestro Aristotele o Crisippo e tanto meno il vano Giuliano con la sua loquacit, bens il Cristo, il quale certamente, se la natura umana non fosse un grande bene, non si farebbe uomo per essa, essendo Dio, e se la natura umana non fosse morta per il grande male del peccato, non morirebbe per essa, essendo egli venuto ed essendo rimasto senza il peccato. Di nuovo tuttavia, quasi non ti basti la natura umana, che tale nasce dagli adlteri quale nasce dai coniugi, reputi di doverci incalzare dalla bont delle nozze domandando che cosa compiano esse nelle vicende umane, se non va imputato a loro n il male, che non si trae da esse ma dalla origine viziata a causa del peccato, n il bene, perch l'uomo nasce anche dagli adlteri. E poich troviamo che l'onest del matrimonio distinta dalla turpitudine del concubito illecito, da qui tu stimi che si possa concludere che nessun male originale si trae dal coito coniugale, non intuendo che, se la bont del matrimonio fosse la causa per cui non traggano il male coloro che nascessero dai coniugi, certamente il male dell'adulterio sarebbe la causa per cui traessero il male coloro che nascessero dagli adlteri. Hanno quindi le nozze il loro onesto posto nelle vicende umane: non quello di far nascere gli uomini, i quali nascerebbero ugualmente anche se, a dispetto d'ogni legge delle nozze, l'uno e l'altro sesso concumbesse a caso con l'uso naturale; ma quello di far nascere gli uomini con una propagazione ordinata, e, come sono certe le madri a causa del parto, cos per mezzo della fedelt coniugale si abbiano certi anche i padri, e la tua pudenda cliente non vagoli tra femmine di qualsiasi risma, tanto pi turpemente quanto pi liberamente. Ma non per il fatto che dalle nozze l'uomo nasce con la certezza di un genitore, per questo egli non ha bisogno di un salvatore per mezzo del quale rinasca per essere liberato dal male con cui nasce. Non c' pertanto nelle nozze una criminosa mescolanza, come ci calunni di dire; ma per questo da lodare la castit dei coniugi, perch la sola che pu fare buon uso del male che tu lodi mostruosamente.

Fingi di lodare il matrimonio e condanni la natura. 24. GIUL. Assolte quindi queste considerazioni, dimostrer almeno brevemente come giaccia nel profondo dell'ignoranza tu che finora eri ritenuto sottilissimo e acutissimo. Tu dici che ascrivi alla natura un crimine che passa nella prole e che non c' tuttavia nelle nozze; come inversamente addossi il crimine alla natura degli uomini e non alla loro cattiva condotta. E la ragione per cui fingi di lodare il matrimonio senza dubbio di non essere manifestamente scoperto come manicheo; ma vituperi la natura confessando e che in essa presente il male e che il male viene propagato attraverso di essa. Ma quindi vero che non ti sia mai stato possibile ascoltare le regole della discussione e gli statuti della pi sana ragione? In tutti i predicamenti infatti i generi abbracciano pi realt delle specie e dai predicamenti si fanno poi anche i generi subalterni; le specie a loro volta abbracciano pi degli individui, e ci sono dei generi che contengono le specie, e ci sono specie speciali in cui sono compresi gli individui. Chi dunque scuote i predicamenti minori, non scuote i predicamenti superiori, ma i predicamenti superiori coinvolgono nelle loro cadute tutti gli altri predicamenti che abbracciano. Per esempio, l'animale un genere, ma nella estensione del suo significato comprende diverse specie: cio dell'uomo, del cavallo, del bove ecc. Se dunque perisse una specie, quel genere non risentirebbe un danno esiziale; fa' per esempio che dalla realt venga meno la natura dei bovi: il genere naturalmente non distrutto, rimanendo la natura degli altri animali. Ma al contrario, se si togliesse dalla realt il genere animale, senza dubbio sparirebbero tutte le specie che erano comprese in questo genere; non rimarr infatti nessuna specie di animale, una volta distrutto totalmente il genere animale. Dunque i predicamenti superiori comunicano le loro vicende e i loro meriti alle specie che abbracciano; tuttavia non ricorre l'inverso, cio che i generi superiori restino cambiati dalle variazioni delle loro specie, come se le loro specie fossero per essi una sorta di necessit. E per applicare l'esempio alla nostra causa: la generalit della natura umana come il genere delle istituzioni collocate al di sotto di essa, e la natura ha quasi le sue specie nel sito, nelle membra, negli ordinamenti, nei movimenti e nelle altre simili realt. La natura dunque comunica la sua qualit a tutte le specie che le sono soggette; tuttavia per se stessa non andrebbe soggetta a mescolarsi nei pericoli delle realt inferiori ad essa. Se dunque si condanna la natura, se si crede che la natura sia sottoposta al

diavolo e che essa sia rea, si condanner anche il coniugio che sotto la natura e si condanner la fecondit e tutta la sostanza. Non si pu dunque lodare il matrimonio che si fa secondo la natura, se si riprende la natura stessa. Insieme alla loro radice necessario che muoia la venust dei germogli recisi. E per dire lo stesso in maniera pi piana: non si pu dire buono l'istituto delle nozze, se si condanna la mescolanza naturale, perch ci che si disprezza nel genere, non si pu onorare nella specie, che aderisce inseparabilmente al suo genere. Ebbene, quando la cattiva volont adopera gli strumenti naturali per commettere azioni turpi, quella forza della volutt e del seme, che non varia mai a seconda della volont di coloro che si uniscono, non subisce nessuna complicit nel crimine, ma presta la materia a Dio che opera, e la cattiva azione accusa solamente il merito dell'adultero, non il merito della natura. Mentre quindi discutevamo di istituzioni naturali, tu, riprovando la natura, lodasti in maniera molto ottusa le nozze, poich consta irrefutabilmente che il genere condivide con le sue specie tutto ci che abbia ricevuto; e perci io concludo: o l'uso che l'Apostolo dice naturale sar giudicato buono e legittimo, e allora saranno oneste le nozze e non ci sar nessun peccato naturale; o, se si crede che la natura sia diabolica perch esista il peccato originale, si pronunzier allora anche la condanna dell'uso del matrimonio. E si accetta cos, non certo sobriamente, ma a bocca aperta, il dogma dei manichei. E poich questo dogma funesto, e poich non c' presso i manichei traccia o di verit o di onest o di fede; poich per l'opinione del peccato naturale non ci pu essere presso nessun altro gruppo, risulta che, come noi siamo cattolici, cos voi siete manichei. AG. Certamente tu hai parlato dell'albero e dei frutti dai quali si riconosce l'albero, avendo reputato che in questa similitudine si dovesse intendere il matrimonio e la prole. Allontanato da questa interpretazione per il fatto che tale frutto pu aversi anche dal concubito adulterino, ti sei rifugiato nella natura. N pot rimanere nascosto a noi il transito del fuggitivo: esso infatti apparso con sufficiente evidenza nelle tue parole che riporter adesso. Hai scritto infatti parlando a me stesso: Con un simile acume tenti di abbattere anche ci che io ho detto: per testimonianza evangelica l'albero si deve conoscere dai suoi frutti, per indicare ci che chiaro: non si pu insegnare la bont dei matrimoni, anzi non si pu nemmeno rivendicare all'opera di Dio la natura stessa, che rifornita dalla operazione dei matrimoni, se si dicesse che da tale

operazione pullulano i crimini. Con questi tuoi detti hai aperto un transito alla tua fuga, aggiungendo ai matrimoni gi nominati e dicendo: Anzi la natura stessa, che rifornita dalla operazione dei matrimoni. Hai dunque distinto queste due realt e hai ben indicato che altro la natura e altro sono le nozze, con l'operazione delle quali si rifornisce la natura. Che cos' dunque quello che vuoi dopo: la natura il genere e il matrimonio una sua specie? C' forse qualche genere che si rifornisce con l'operazione di qualche sua specie? No certamente: l'animale infatti che il genere non si rifornisce con l'operare dell'uomo o del cavallo o del bove o di una qualche altra bestia che specie di quel genere, poich anche se qualche specie venisse a mancare e fosse cancellata dalla realt, rimarrebbe tuttavia il genere che abbraccia tutte le altre specie, come anche tu stesso sei andato discorrendo. Il quale genere non conserverebbe certamente la propria integrit, se esso si rifornisse mediante l'operazione della specie che stata soppressa. Non che un genere sia pi genere se ha pi specie e sia meno genere se ha meno specie; sebbene, se si togliessero tutte le specie non esisterebbe pi nemmeno il genere; come, tolto il genere non ci sarebbe nessuna specie. Non quindi il matrimonio la specie e la natura il genere, se con l'operazione dei matrimoni si rifornisce la natura; come l'agricoltura non una specie della messe per il fatto che con l'operazione dell'agricoltura si rifornisce la messe. Inoltre se dici che la natura il genere e il matrimonio la sua specie, sei costretto senza dubbio a dire che la natura ogni matrimonio. vero appunto che ogni cavallo animale, bench non ogni animale sia un cavallo, perch il cavallo la specie e l'animale il genere. Dunque nemmeno viene fatta dall'uomo una qualche natura: sebbene infatti, com' scritto, la donna venga unita all'uomo 58 dal Signore, nel senso che ci non si fa se non con l'aiuto di Dio quando si fa rettamente, chi tuttavia ignorer che i matrimoni sono opere degli uomini? Ora, se l'uomo non fa la natura, allora il matrimonio non una natura, perch l'uomo che fa il matrimonio. E quindi non essendo natura il matrimonio, esso non pu essere certamente in nessun modo una specie della natura umana, come se questa fosse il suo genere. I matrimoni perci appartengono alla moralit degli uomini, ma gli uomini stessi appartengono alla natura. lecito pertanto a noi vituperare i mali della natura viziata e lodare la moralit degli uomini che fanno un uso buono dei beni e dei mali della natura. Io dunque lodo le nozze, ma non sia mai che io lodi il male per cui la carne concupisce contro lo spirito; il male senza il

quale non pu nascere nessun uomo; il male il cui reato non si pu sciogliere se non rinascendo; il male il cui buon uso si loda nel concubito coniugale. Perci il peccato, che non si trae dalla mescolanza di una natura aliena, bens dalla depravazione della natura nostra, non lo dicono peccato originale i manichei, ma i cattolici: e voi negando il peccato originale siete eretici. Agostino e i Manichei. 25. GIUL. Della quale denominazione per evitare l'onta, assolutamente invano tu fai menzione di diverse eresie. Affermi infatti: Come gli ariani chiamano sabelliani i cattolici, sebbene i cattolici facciano certa la distinzione delle persone, salva tuttavia la comunione della natura, cos anche da noi viene imposto a voi il nome di manichei, bench non diciate come i manichei che le nozze sono un male, ma diciate che il male passa in tutti gli uomini per condizione di natura 59. Non dubito per che le persone prudenti rideranno di queste tue argomentazioni. Come falsamente infatti gli ariani dicono sabelliani i cattolici, mentre noi cattolici facciamo distinzione tra le persone del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, senza nessuna confusione e senza nessuna mutazione della sostanza, e mentre i sabelliani negano stupidissimamente ogni differenza tra l'unit e la trinit, altrettanto a buon diritto i cattolici dichiarano che voi siete manichei, perch a dirlo ci costringe la vostra fede. Asseriscono appunto i manichei che la libidine del corpo stata impiantata dal diavolo: tu lo confermi con moltiplicata discussione. Sostengono i manichei che per mezzo del libero arbitrio non si pu tenere lontano il male, appunto perch sarebbe naturale: anche tu nei tuoi discorsi ammetti il libero arbitrio, tale per che con esso si possa fare il male, ma non si possa astenersi dal male. Dice Manicheo che il seme stato maledetto: tu tenti di dimostrarlo con l'autorit delle Scritture. Dice Manicheo che la malizia inconvertibile: tu vociferi che cos. Ma tu dici che solo Adamo fu di natura migliore: anche Manicheo scrive a Patrizio che bisogna credere Adamo migliore di quanti lo hanno seguito, formato per cos dire dal fior fiore della prima sostanza. Dici tu che la mescolanza sessuale diabolica a causa dei suoi movimenti naturali e che gli uomini vengono colti con diritto dal diavolo come i frutti di un albero da lui piantato: lo dice anche Manicheo, dal quale appunto hai imparato a crederlo e ad affermarlo. Dice Manicheo che sono cattive e le nozze e la natura; tu invece dici buone le nozze, ma rea la natura. Non tu qui pi religioso, ma lui pi prudente.

Come dunque falso ci che dicono gli ariani, che i cattolici siano sabelliani, cos verissimo ci che dicono i cattolici: i traduciani non sono altro che manichei; ma tra voi traduciani e i manichei sorta una distinzione, certamente illusoria, non per la vostra fede, ma per la vostra ignoranza. Dunque di una sola fede tu e Manicheo, ma egli meno impudente di quanto si trovi ad esserlo la tua gravit: n infatti s'incontra facilmente un altro Manicheo o Melitide, il quale dica che condanna la natura degli uomini, senza infamare le nozze. AG. Per quale ragione io abbia commemorato gli ariani e i sabelliani lo trova subito chi legge intelligentemente quel mio libro, e vede benissimo che agisci con dolo tu che non hai voluto commemorare tutta la medesima causa. A te infatti io dissi: Come gli ariani, mentre fuggivano i sabelliani, caddero in qualcosa di peggio, perch osarono distinguere non le persone ma la natura nella Trinit, cos si dimostra che i pelagiani, mentre tentano di evitare la peste dei manichei buttandosi dalla parte avversa, sentono sul frutto delle nozze ancora pi perniciosamente degli stessi manichei con il credere che i bambini non abbiano bisogno del Cristo come loro medico 60. Queste mie parole ti saresti messe davanti o almeno questa mia sentenza, se tu avessi voluto rispondermi in un qualsiasi modo. Tralasciate le quali mie parole, tu dici a te da te stesso ci che vuoi, per fare le viste di avermi risposto, non confutando le parole dette da me, ma non tacendo. E adesso nel dire che io sento come sentono i manichei, ti inganni molto o piuttosto inganni quelli che puoi. Infatti i manichei dicono che il male coeterno a Dio, dicono che il medesimo male una sostanza, dicono che il male una certa natura aliena, la quale non pu essere assolutamente cambiata in bene n da se stessa, n dal Dio buono. I manichei affermano che dalla mescolanza di questo male immutabile l'anima buona, la quale osano credere che sia la natura del Dio buono, stata inquinata e corrotta, e per questo essa in ogni et dell'uomo ha la necessit di un salvatore che e la mondi e la reintegri e la liberi strappandola da tale cattivit. Voi invece, mentre fuggite i manichei buttandovi dalla parte avversa, siete caduti in queste tenebre di empiet: asserendo che i bambini sono salvi da ogni male non reputate che a questi miseri sia necessario il Salvatore, e degli stessi manichei che voi fuggite correte in aiuto non so come attraverso il circuito del vostro errore, negando il male della nostra natura viziata, con la conseguenza che tutto quello che dei mali o si crede rettamente o si trova apertamente nei bambini sia attribuito alla mescolanza di una natura aliena, come vogliono i manichei. La

Cattolica per, per evitare i manichei e i pelagiani, dice che il male non per niente una natura e sostanza, ma non nega che da un male volontario, il quale a causa di un solo uomo pass in tutti gli uomini, sia stata viziata la nostra natura e sostanza, mutevole proprio perch non la natura di Dio, e confessa la Cattolica che a tale male, non insanabile alla potenza di Dio, per poter essere eliminato necessario il Salvatore in tutte le et. Perci n del peccato naturale, n della libidine dei corpi, n del libero arbitrio, n del seme maledetto, n della malizia inconvertibile, n della natura del primo uomo, n della mescolanza sessuale, n del potere diabolico sugli uomini possiamo fare le stesse affermazioni dei manichei noi che non ammettiamo l'esistenza di due nature e sostanze, una del bene, l'altra del male, sempiterne senza inizio di tempo e mescolate insieme da un certo inizio del tempo, per non dire tra molte assurdit e temerit inquinabile e corruttibile anche la natura di Dio. Per il fatto poi che tu affermi che io solo dico buone le nozze e rea la natura, ti do, per tacere di altri, l'apostolo Paolo, che tu pure sbandieri come lodatore delle nozze e che tuttavia dice riguardo al reato della natura originale che il corpo morto a causa del peccato 61. Ti do un altro, interprete dell'Apostolo e mio maestro, il cattolico Ambrogio, il quale, pur lodando la pudicizia coniugale, dice tuttavia: Nasciamo tutti sotto il peccato, perch corrotta la nostra stessa origine 62. O calunnioso, o contenzioso, o " linguoso ", che cerchi di pi? Il castigo un male e un bene. 26. GIUL. Ma contro questi ludbri gi stato fatto abbastanza. Veniamo a quella questione che definii sopra molto perplessa e che per la sua sottigliezza ingann il tuo stesso precettore. Alla nostra opposizione hai tentato appunto di fare fronte non esponendo, ma ponendo un altro problema ancora pi difficile. Dopo che io infatti avevo insegnato che negli uomini di et pi provetta, i quali fanno il male di spontanea volont, e si lodano gli esordi innocenti della natura e si biasimano giustamente le storture della condotta, e che ci sono due forze applicabili in direzioni contrarie, mentre nei bambini c' una forza sola, cio la natura, perch manca la volont, e che questa unica forza da attribuirsi o a Dio o al demonio; e dopo che ho insegnato come conclusione che, se la natura sussiste per virt di Dio, non pu esserci in essa un male originale; se al contrario la natura si ascrive al diavolo a causa di un male innato, allora non c' pi niente che ci faccia rivendicare l'uomo

all'operazione di Dio; arrivato dunque a questi miei passi, tu hai risposto con la tua solita coerenza che la mia conclusione era vera, ma che anche nei bambini ci sono due forze, cio la natura e il peccato. Il quale peccato tuttavia, perch tu ricordi le precedenti definizioni, non altro che la volont di mantenere o di commettere ci che vietato dalla giustizia e da cui sia libero astenersi. Stabilito dunque che il peccato non altro che una scelta della volont cattiva, tu, o Epicuro del nostro tempo, hai risposto che nei bambini il peccato c' e che la volont non c': il che di quale bruttura sia lo ha gi dimostrato il mio quarto libro. Avendo dunque io detto in quei luoghi: " Se il peccato viene dalla volont, cattiva la volont che fa il peccato; se il peccato viene dalla natura, cattiva la natura che fa il peccato ", tu hai cercato di affrontarmi con un'altra questione che manifestamente non stata escogitata da te. Infatti, trovandoci a Cartagine in questi ultimi anni, la medesima questione mi fu proposta da un tale di nome Onorato, un tuo intimo, ugualmente manicheo, come indicano le vostre Lettere. Del quale episodio io ho fatto menzione unicamente per chiarire che si tratta della medesima questione che ingann tanti secoli prima e Manete e Marcione. Cos dunque tu parli contro ci che io avevo detto: " Se riporti il peccato alla natura, cattiva la natura che fa il peccato ": Domando a lui che risponda, se pu: come manifesto che da una volont cattiva, al pari che da un albero cattivo i suoi frutti, sono fatte cattive tutte le sue opere, cos dica donde sia sorta la stessa volont cattiva, ossia lo stesso albero cattivo dei frutti cattivi. Se dall'angelo, cos'era l'angelo stesso se non un'opera buona di Dio? Se dall'uomo, cos'era l'uomo stesso se non un'opera buona di Dio? Anzi, poich la volont cattiva dell'angelo sorta dall'angelo e la volont cattiva dell'uomo sorta dall'uomo, cos'erano questi due, l'angelo e l'uomo, prima che in essi nascessero cotesti mali, se non un'opera buona di Dio e una natura buona e lodevole? Ecco dunque che dal bene nasce il male, n c'era assolutamente nulla da cui potesse nascere all'infuori del bene: dico la stessa volont cattiva, che non fu preceduta da nessun male; non le opere cattive, che non vengono se non da una volont cattiva, come da un albero cattivo. N tuttavia pot dal bene sorgere una volont cattiva, per la ragione che il bene fu fatto dal Dio buono, ma per la ragione che il bene Dio lo fece traendolo dal nulla e non da se stesso. Cos' dunque quello che dice Giuliano: Se la natura opera di Dio, non si lascia all'opera del diavolo di passare attraverso l'opera di Dio? Non forse vero che l'opera del diavolo sorse nell'opera di Dio, quando

sorse per la prima volta nell'angelo che divent diavolo? Per cui se il male, che non esisteva assolutamente in nessuna parte, pot sorgere nell'opera di Dio, per quale ragione il male che gi esisteva in qualche parte non pot passare attraverso l'opera di Dio? Forse che gli uomini non sono un'opera di Dio? Pass dunque il peccato attraverso gli uomini, ossia l'opera del diavolo pass attraverso l'opera di Dio e, per dire la medesima verit in altro modo: l'opera cattiva dell'opera buona di Dio pass attraverso l'opera buona di Dio 63. Queste cos tante parole, che io ho riportato dai tuoi scritti, hanno completamente palesato il capo e la fonte dell'antico errore: niente d'un po' acuto hai apportato nel dire, niente d'un po' dettagliato nel disserire. Incalzato in tutto intero il campo della discussione e dalle armi della verit a te ostile scacciato da ogni luogo in cui avevi tentato di resistere, sei giunto alla fine in quella caverna che Manicheo aveva scavato nel folto opaco delle questioni. Hai reso a questo problema la testimonianza della sua difficolt dicendo: " Domando a lui di rispondere, se pu ", e perci, poich tra noi due siamo d'accordo sulla difficolt della situazione, ammonisco il lettore di essere presente con tutto l'animo. Costui segue prima con attenzione e subito dopo con sicurezza distinzioni sottili, secondo l'esigenza del caso, che confido si impingueranno con l'aiuto del Cristo. Tu dunque hai chiesto donde il male, io interrogo quale male tu dica: infatti questo nome di male comune alla colpa e alla pena. Del resto abusivamente si chiama male il castigo, essendo esso giustificato dalla gravit del giudizio che lo infligge. Tu rispondi che dici del peccato e non del castigo. AG. Hai completamente palesato, quanto ti stato possibile, la tua stoltezza, tu che confessi che male peccare e dici che non male, ma si chiama abusivamente male ardere nel supplizio del fuoco eterno. Ma di tanta assurdit tu rendi una ragione egregia: Abusivamente, dici, " si chiama male il castigo, essendo esso giustificato dall'autorit del giudizio che lo infligge. Se per dirlo, soppesi dunque la pena del condannato non dalla misera sorte del paziente, ma dalla giustizia del condannante, di' pi apertamente che un bene il castigo, che dici chiamato abusivamente male. Il castigo infatti la pena del peccato ed giusta certamente la pena del peccato: giusto pertanto il castigo, e tutto ci che giusto un bene: un bene dunque il castigo. Non ti accorgi che, se non distingui il condannato dal condannante cos da asserire che la condanna per se stessa, come castigo e pena del peccato, , s, un'opera buona del condannante, ma una mala sorte per il

condannato, non ti accorgi, dico, che se non fai questa distinzione, in questo modo sei condotto a dire che gli uomini, invece di giungere con le loro male azioni a soffrire mali ancora pi gravi, com' vero, raggiungono piuttosto dei beni: il che tanto falso ed detto con tanta vanit che sentire cos un male tanto grande quanto lo anche il castigo di essere ciechi di cuore? Quindi il castigo non si chiama male abusivamente, ma un vero male per chi lo soffre; per un bene per chi lo infligge, perch giusto irrogare la pena a chi pecca. Se non vuoi delirare, distingui le due cose. Se il male esista. 27. GIUL. Domandi dunque donde venga questo male, che meritamente si chiama male, ossia il peccato. Rispondo che troppo sciocco chiedere l'origine di ci che non conosciamo ancora come definire. Vediamo dunque prima se il male sia, poi che cosa sia, da ultimo donde sia. Certamente l'ho gi fatto nel primo libro della presente opera, ma allora in qualche modo sicuro. Poniamo dunque il dubbio se il male sia. AG. Se tu dicessi che il male c' e io invece lo negassi, allora faremmo tra noi la questione se il male sia: nella quale questione prenderesti a dimostrare che il male c', perch ci sarebbe stato negato da me. Ma poich nessuno di noi due lo nega, nessuno di noi due ne dubita, per quale ragione chiedi di dubitare di ci di cui non si dubita, se non per la libidine di parlare, per vantarti, non della confutazione delle mie parole, ma della moltitudine dei tuoi libri? Non per tutti i peccati una medesima definizione. 28. GIUL. Ma che il peccato ci sia lo attestano i vizi frequenti e i giudizi severi: provato dunque che il peccato c'. Ci domandiamo che cosa sia il peccato: se sia qualche corpo che apparisca composto di molte parti o se sia qualcosa di singolare, come uno degli elementi, separato almeno concettualmente dalla comunione con tutto il resto. Orbene, il peccato non nulla di ci. Cos' dunque? un'appetizione della libera volont, proibita dalla giustizia o, per usare la precedente definizione, il peccato la volont di fare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi. Considera dunque se al di fuori dei termini di questa definizione sia

impossibile trovare un peccato, perch non vaghi fuori ci che noi reputiamo di aver compreso dentro la definizione. Consultiamo dunque la giustizia del Giudicante, perch anche dalla sua testimonianza venga chiarito se ogni genere di peccato sia ben racchiuso dentro questi limiti. Imputa forse Dio ci che egli sa non potersi evitare? Ma non sarebbe affatto giustizia e sarebbe una somma mostruosit; anzi se ci avvenisse, non si punirebbero i peccati, ma si aumenterebbero. Da un giusto giudice infatti la colpa solita essere punita: se per la corruzione della giustizia la colpa travolgesse lo stesso arbitro, la colpa verrebbe repressa nel giudice e non punita dal giudice. La giustizia dunque non imputa a peccato se non ci da cui libero astenersi. Ma non si pu dire libero se non ci che costituito nel diritto della volont emancipata, senza nessuna inevitabile coazione da parte di elementi naturali. Ottima e completa dunque la definizione: " Il peccato la volont di fare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi ". Terminate queste parti, domandiamoci dunque donde sia il peccato: il che era stato chiesto con molto disordine prima di queste definizioni. Donde dunque il peccato? Rispondo: Dalla volont libera di chi lo fa. AG. Ma forse vero che venga dalla libera volont di chi lo fa ci di cui scritto: Se faccio quello che non voglio, non sono pi io a farlo, ma il peccato che abita in me 64? Non vedi che domandando donde venga il peccato e rispondendo: " Dalla libera volont di chi lo fa ", tu pensi al peccato che non insieme pena del peccato, e non vedi poi che il caso dell'uomo che fa ci che non vuole e che tuttavia l'Apostolo grida essere peccato non rientra minimamente nella tua risposta e neppure in quella definizione che hai rammentato dicendo: " Il peccato la volont di fare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi "? In che modo infatti libero di astenersi dove si grida: Io faccio quello che non voglio? Diversamente dunque pecc la natura umana, quando fu libero per essa di astenersi dal peccato, diversamente pecca ora dopo avere perduto la libert, quando ha bisogno dell'aiuto di un liberatore. E quel peccato di allora era soltanto peccato, il peccato di ora invece anche pena del peccato. Il peccato del primo uomo e il peccato della natura umana viziata da lui. 29. GIUL. Ma vediamo se quanto ha stabilito la precedente definizione sia confermato dal consenso di tutti. Certamente nessun

sapiente, nessun cattolico pu dubitare di questo: che cio n sia peccato se non ci che si possa evitare, n sia giustizia se non quella che imputa a colui che punisce ci che egli ha commesso da s per sua libera volont, avendolo potuto evitare. AG. Al primo uomo fu imputato ci che egli poteva evitare, se voleva. Ma la natura umana universale, viziata dal peccato di lui anche nei posteri, ha bisogno del Salvatore per poter evitare i peccati, anche quando sia arrivata l'et in cui possa usare dell'ufficio della ragione. Prima invece di questa et insito nella natura umana il reato che si contrae dall'origine per la generazione e non si detrae se non per la rigenerazione. Il che voi negando, dite apertissimamente che non Ges per i bambini il Cristo Ges, il quale per testimonianza dell'angelo chiamato cos appunto perch salver il suo popolo (nel quale popolo non volete che siano compresi i bambini) dai suoi peccati 65. Com' Dio? 30. GIUL. Ma come queste verit non vacillano pi ormai per noi, cos esse sono respinte da Manicheo e dal traduciano con parit di animi. Vediamo dunque che cosa dicano costoro. Manicheo dice che c' il peccato naturale, Agostino acconsente che c' il peccato naturale. Ambedue dunque dissentono da quella definizione che abbiamo premessa e fanno comunella nella proclamazione del peccato naturale. Vediamo che cosa dicano anche sul genere del peccato, cio quale peccato sia quello che ambedue confermano come peccato naturale, perch non si dia il caso che dissentano almeno nel secondo grado. Che cosa scrive Manicheo alla sua figlia? Scrive che la concupiscenza della carne e la volutt destinata all'opera della fecondit si prova diabolica per il fatto stesso che il suo esercizio evita l'occhio del pubblico. Che cosa Agostino? Lo stesso in tutto: Quella concupiscenza della carne una pianta del diavolo, la causa del peccato, la legge del peccato, che evita dovunque di farsi vedere e per pudore cerca il segreto 66. Dunque non discordano tra loro n sul primo problema, n sul secondo problema del male. Che cosa sul terzo problema? Quando finalmente ci si chiede donde sia il male, Manicheo dice: Dalla natura eterna delle tenebre. Che cosa Agostino? Troppo, dice, quello che vuole il mio maestro pensando che il male sia senza inizio. Esso ebbe inizio dalla volont del primo uomo, anzi ancor prima dalla volont di una natura superiore, cio dalla natura

angelica; ma da quel tempo divent naturale. Lo bastona certamente il suo precettore e lo trascina in tribunale con irresistibile autorit. Come giudicher tra loro il cattolico? Senza dubbio giudicher stoltissimo Manicheo che reputa naturale il peccato, ma, a confronto dell'ingegno di Agostino, Manicheo gli sembra acutissimo. Chi sono infatti coloro ai quali convenga l'esistenza del peccato naturale e che confessino che sia di una sola specie questo peccato, dal quale reputino posseduto tutto il genere umano? Ma un discepolo di Manicheo, che dopo tutto questo ardisca dire che il peccato da lui ritenuto innato in tutti non sia naturale in un uomo soltanto, lo screditeranno senza esitazione con le percosse proprie dei ragazzi e lo metteranno al di sotto del suo maestro, che bestemmia con pi consequenzialit. Ma ambedue insieme, discepolo e maestro, li cacceranno dal consorzio delle persone pie. Vedi dunque che cosa noi indulgiamo. Non ti piace ci che dice Manicheo: c' il male naturale. Di' dunque che nessuno nasce reo, e sei gi evaso, negando certamente il peccato originale. Ma tu non lo dici: confessi dunque che non vuoi n separarti dal tuo maestro, n aggregarti ai cattolici. AG. Forse perch lo dice anche Manicheo, noi non dobbiamo dire che il Dio buono ha fatto il mondo? Ma quando si chiede donde lo abbia fatto, l ci differenziamo. Noi infatti diciamo: Da esseri non esistenti, perch egli disse e tutti furono creati 67; Manicheo invece: Da due nature, cio dalla natura del bene e dalla natura del male, le quali non solo erano gi, ma erano da sempre. Queste affermazioni dunque che non facciamo insieme ad essi non ci lasciano essere loro soci in forza di quello che diciamo insieme ad essi. Ugualmente alla interrogazione se Dio ci sia e noi e i manichei rispondiamo: Dio c', e in questo gli uni e gli altri siamo separati dallo stolto che dice nel suo cuore: Non c' Dio 68. Ma quando si chiede come sia Dio, noi ci distinguiamo grandemente dalla nefanda favola dei manichei. Noi infatti diciamo e difendiamo un Dio incorruttibile, i manichei invece favoleggiano un Dio corruttibile. Interrogati anche sulla stessa Trinit, gli uni e gli altri diciamo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola e medesima natura; ma per questo tuttavia n siamo manichei noi, n sono cattolici i manichei: essi infatti fanno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo altre affermazioni nelle quali noi siamo diversissimi da loro e avversissimi a loro. Onde queste verit che diciamo insieme le asseriamo costantemente contro gli errori degli altri che le negano, n temiamo che gli altri ci chiamino manichei e si

preferiscano a noi, perch diciamo con i manichei ci che essi non vogliono dire e per cui sono redarguiti da noi. Come dunque l'ariano per questo eretico perch non dice con noi una sola l'essenza della Trinit, come con noi la dice una sola anche Manicheo, cos anche voi siete eretici non dicendo con noi il peccato naturale, come con noi lo dice anche Manicheo. Ma non per questo siamo manichei: infatti ci che dice anche Manicheo noi non lo diciamo nel modo di Manicheo. Noi infatti diciamo che la nostra natura buona stata viziata dal peccato volontario di colui dal quale siamo nati, onde nasciamo tutti sotto il peccato e la stessa nostra origine nel vizio, come dice Ambrogio 69. Manicheo porta invece in noi una natura aliena cattiva e afferma che noi pecchiamo per la sua mescolanza. Inoltre noi della nostra natura da sanare offriamo al Salvatore anche i bambini, Manicheo invece stima necessario il Cristo non perch sani in noi la nostra natura, ma perch separi da noi la natura aliena del male. Vedi appunto per quanta diversit distiamo anche nel dire insieme il peccato naturale. Ugualmente anche nel dire insieme che cattiva la concupiscenza della carne, per cui la carne concupisce contro lo spirito, si trova che siamo distantissimi quando si domanda donde venga questo male. Noi infatti diciamo con Ambrogio che questa sgradita discordia tra la carne e lo spirito si convertita nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo 70. Manicheo invece con i suoi dice che la reciproca opposizione tra la carne e lo spirito un effetto dell'essersi inserita in noi una natura aliena, che sempre stata cattiva. Onde noi chiediamo al Salvatore che sia sanato questo nostro vizio, Manicheo invece che sia tolta da noi la natura aliena, che assolutamente insanabile. Anche qui per quale ragione non badi quanta dissomiglianza ci separi nel dire insieme che cattiva la concupiscenza della carne che si oppone allo spirito? Per quale ragione non badi a questi due fatti: n siamo manichei noi dicendo alcune verit con i manichei, e siete eretici voi perch non dite quelle verit con i manichei? Se infatti con loro diceste che esistono i mali naturali e con noi contro di loro diceste donde vengano questi mali, perch non vengono da una natura aliena coeterna a Dio, non sareste eretici pelagiani. Ora invece negando che la concupiscenza della carne contro lo spirito sia cattiva e che essa venga dalla nostra natura viziata, fate s che i manichei concludano che essa viene da una natura aliena, e cos voi e siete eretici nuovi e aiutate gli eretici vecchi che fuggite in maniera perversa. Smetti dunque di rinfacciarmi Manicheo come maestro, ma piuttosto segui con me

Ambrogio; guarda agli ariani e imitali almeno dove sono pi saggi di te: essi non dicono che noi siamo manichei, sebbene con i manichei diciamo che una sola la natura del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, dove essi contraddicono noi con estrema asprezza. Il vuoto eterno. 31. GIUL. Ma hai stimato di porre una forte obiezione dicendo donde sia sorta nello stesso primo uomo o nel diavolo, che era stato fatto angelo, la volont cattiva, la quale tuttavia dichiari che sorse nell'opera di Dio, ossia nell'angelo o nell'uomo, non perch l'angelo o l'uomo era opera di Dio, ma perch era stato fatto dal nulla. Vedi dunque che anche tu per altre vie non dica che sia stata eterna la necessit del male. Infatti se questa fu la causa del sorgere del male nell'opera di Dio che questa risultava fatta dal nulla, ma prima di diventare ci che fosse, questo suo nulla fu da sempre, ossia prima di diventare ci che fosse non fu mai qualcosa e il non essere mai stato si dice il nulla. Dunque dalla eternit non fu mai ci che non fu prima di esser fatto da Dio, la cui sola sostanza senza principio. Questo " vuoto " dunque, cio il nulla, fu da sempre prima che gli fosse posto termine con l'esistenza delle cose. Non dunque fu fatto questo nulla, ma furono fatte le creature, e allora quel nulla cess di essere. In quella creatura dunque che fu fatta dal nulla tu immagini sorto il male proprio perch era stato fatto dal nulla. Il male dunque sorto nell'uomo lo hai attribuito alla origine dell'uomo, e l'origine, ossia il nulla, detta da te la causa del peccato. Dici infatti che il male non sorse nell'uomo perch egli era stato fatto da Dio, ma perch era stato fatto dal nulla. Se dunque il male sorse perch ad esigere il male fu la condizione del nulla precedente e se questo nulla fu eterno, tu per altri sentieri sei caduto nel laccio del tuo precettore e pendi da questo laccio in modo assoluto, cos da confessare ambedue che il male esiste ab aeterno. Ma anche in questo il pi prudente dei due lui: introducendo infatti il peccato naturale disse che era stata la sostanza eterna delle tenebre a determinare, senza la volont del peccatore, la presenza in lui di questo male. Del peccato dunque, di cui stabiliva la necessit, diede l'autore, perch apparisse che il male invadente le sostanze aveva una causa cogente. Tu invece con un ingegno insopportabilmente ottuso come il piombo confermi la necessit del male, ma neghi l'autore della necessit. E come nei bambini, cos anche nello stesso primo operatore del peccato

trascuri l'agire e dici che si pu intendere un non so che di grande: che quel nulla sia valso moltissimo, pur essendo il nulla. AG. Nulla vali ma tu, asserendo che il nulla, pur essendo nulla, valga qualcosa. N capisci che, quando si dice che Dio fece dal nulla le cose che fece, non si dice altro che questo: non le fece di se stesso. Prima infatti che Dio facesse qualcosa, il fare qualcosa non era coeterno a Dio. dunque dal nulla ci che non da alcunch; perch, sebbene Dio abbia fatto alcune cose da altre, queste stesse cose dalle quali fece le seconde, le aveva fatte da esseri non esistenti. Ma peccare non lo potrebbe nessuna creatura, se fosse stata fatta dalla natura di Dio, e nemmeno sarebbe stata fatta, ma qualsiasi cosa fosse, sarebbe da Dio e sarebbe ci che Dio; come il Figlio e lo Spirito Santo, poich sono da Dio, sono ci che Dio, il primo nascendo, il secondo procedendo; e sono da Dio cos che Dio non sia stato mai prima di essi. Perci questa natura divina non pu assolutamente peccare, perch non pu staccarsi da se stessa, n ha una sostanza migliore a cui debba attaccarsi e da cui staccandosi possa peccare. N tuttavia la creatura ragionevole fu fatta cos da avere la necessit di peccare; ma non avrebbe nemmeno la possibilit di peccare, se fosse la natura di Dio, perch la natura di Dio n vuole avere la possibilit di peccare, n pu avere la volont di peccare. Il nulla causa del peccato. 32. GIUL. Infatti questo nulla, dal quale furono fatte tutte le cose, tu affermi che fu la causa del peccato. Tanto quindi fa presso di te la potenza di questo nulla quanto fa presso Manicheo la potenza del principe delle tenebre. Dunque ambedue dite che anche del primo male c' stata la necessit. Ma lui d una necessit solida per quanto cattiva, tu una necessit vacua e tuttavia ugualmente cattiva; lui dunque dice una sostanza violenta, tu dici ugualmente violento ma il nulla. Vedi dunque la fine del tuo sillogismo: cio il nulla, quando non era stato creato ancora alcunch, era indizio della vacuit eterna; ma questo stesso nulla, cio questa vacuit, fin appena sorsero le creature: cess infatti di essere il nulla quando cominci ad esserci qualcosa. Lo stesso nulla dunque, anche quando era, non era, poich s'intende che sia stato quando non c'era ancora alcunch. Ma dopo che furono fatte le cose, questo indizio di vacuit, ossia il nulla, come non aveva mai avuto sostanza, cos perse anche il suo vocabolo e avvenne che quanto

non era mai esistito nella realt rimanesse privo anche dello stesso suo nome. Dalla violenza dunque di questo nulla tu immagini che sia sorto il male e nell'angelo e nell'uomo: e che cosa si pu dire pi pazzesco di questo? AG. Tu piuttosto con lo studiarti di maledire sembri impazzire. Io non ho detto violento il nulla: esso infatti non qualcosa che possa essere violento. N l'angelo n l'uomo fu spinto a peccare da qualche forza; n avrebbero peccato se non avessero voluto peccare l'angelo e l'uomo, che avrebbero potuto anche non voler peccare: ma nemmeno il poter peccare ci sarebbe in essi, se fossero la natura di Dio. Potenza senza nome. 33. GIUL. Grande forza ebbe, dici, una realt che non esisteva, per la semplice ragione che non era mai stata; ma cominci a potere moltissimo dopo che perse anche lo stesso suo nome, e questo nulla sort una grande dominazione dopo che spar anche la sua denominazione. AG. Se ci che nulla fosse qualcosa, si direbbe che il nulla abbia sortito presso di te una grande dominazione, dal momento che la vanit o la falsit ti domina tanto da farti strillare cos a lungo coteste panzane. Dai crimini degli innocenti al nulla. 34. GIUL. Onore a te per la virt della sapienza! Con le regole di un discutere nuovo e inventato da te per primo, abbracci le conseguenze dopo aver negato le premesse e componi corpi che sono tronchi delle loro teste. Non invidiamo le tue sottigliezze, anzi per cristiana umanit ci dispiace che tu abbia trovato al tuo dogma un degno successo da arrivare al nulla, dopo essere partito dai crimini degli innocenti. AG. Al nulla sei arrivato piuttosto tu, e il nulla ti diletta tanto da non voler ancora recedere o ritornare da esso; tu che per questo dici che io ho detto essere qualcosa ci che nulla, perch tu dicessi che il nulla un " molto " tanto grande. Niente costrinse l'angelo o l'uomo a peccare.

35. GIUL. O sanit, o eleganza di un tale espositore! La ragione, dice, per cui il male sorse nell'uomo non fu che egli fu fatto da Dio, ma perch fu fatto dal nulla 71. Abbiamo gi sottolineato l'acume con il quale stata riconosciuta a questo nulla la massima forza. Adesso attiro l'attenzione su una verit che anche la discussione precedente ha fatto capire: nemmeno il primo male fu una iniziativa della volont di chi pecc, se ad esigere la nascita del male fu la condizione della stirpe che veniva dal nulla. AG. Ad esigere la nascita del peccato non fu una qualche condizione della stirpe che veniva dal nulla, poich si esige ci che costringe ad essere reso o fatto; ma l'angelo o l'uomo, dai quali e nei quali sorsero i primi peccati, non li costrinse a peccare nessuna realt, ma peccarono per volont libera e potevano anche non voler peccare, perch non erano affatto costretti a voler peccare; e tuttavia non avrebbero potuto voler peccare, se avessero avuto la natura dalla natura di Dio e non fossero stati fatti dal nulla. La nascita del primo male. 36. GIUL. Hai indicato quindi la nascita anche del primo male, ma una nascita pi vana di quella di Manicheo, e tuttavia ugualmente eterna. Su questo non c' da combattere: assolutamente chiaro che rimane tra voi un patto dove vi congiunge la catena del male naturale e del male eterno. AG. O insulsissimo, non pu essere eterno ci che nulla, non pu essere eterno ci che non ha nessuna realt, non pu essere eterno infine ci che non . L'esistenza del nulla. 37. GIUL. Mi sono certamente comportato come conveniva alla fedelt della discussione; e il risultato ottenuto da te con la tua argomentazione, cio che nell'opera di Dio la cattiva volont sorse per il fatto che l'uomo era stato creato dal nulla, fu annientato dall'esame approfondito della ragione, la quale ha dimostrato che tu con parole diverse hai detto lo stesso che finse e credette Manicheo, cio che anche il primo peccato fu generato dalla violenza delle tenebre eterne. AG. Gi sopra ti abbiamo fatto notare che non pu essere eterno ci che non esiste. Che cos' dunque quello che dici: per questo io

sono da paragonare a Manicheo perch questi disse che il primo peccato fu generato dalla violenza delle tenebre eterne? Alle quali tenebre egli diede una sostanza, ma io non ho potuto dare una sostanza al nulla per costituire cos anch'io la sostanza delle tenebre eterne, ossia il nulla eterno. Ma come non ho potuto dare una sostanza al nulla, cos non ho potuto dargli la violenza o l'eternit: in nessun modo appunto, come abbiamo gi detto, pu essere o violento o eterno ci che il nulla. Invano quindi hai voluto discutere contro di me sulla esistenza del nulla. Il nulla eterno causa della volont cattiva dell'uomo. 38. GIUL. Ma perch tu, vedendoti scoperto, non tenti una via di uscita nel replicare che non hai detto: Per questo sorse il male nell'opera di Dio, perch l'opera di Dio fu fatta dal nulla; ma hai detto: " Per questo il male pot sorgere, perch l'opera di Dio fu fatta dal nulla ", mi incombe il dovere di dimostrare da quali lacci ancora pi violenti tu sia legato. Se infatti dirai di avere imputato alle forze di quel nulla eterno la possibilit del male e non la necessit del male, noi replichiamo che la possibilit del sorgere nell'uomo della volont cattiva non certamente nulla di diverso dal libero arbitrio: cos infatti pot sorgere la volont cattiva da poter sorgere anche la volont buona. Questa la libert, nella quale si esercita la ragione, e per questo motivo l'uomo si asserisce fatto ad immagine di Dio; questa la libert per cui l'uomo sopravanza tutte le altre creature. Se dunque la possibilit che sorgesse nell'uomo la cattiva volont non altro che la libert dell'arbitrio e se questo vale tanto da essere l'uomo per le propriet della libert al di sopra di tutti gli altri animali, tu che professi la presenza di questa possibilit nell'uomo riportandola non alla sua creazione da Dio, ma alla sua creazione dal nulla, con un nuovo prodigio del tuo dogma pronunzi quel nulla, ossia l'antica vacuit, la causa di tanto bene, ossia la causa del libero arbitrio. Inoltre, perch la verit splenda da una breve interrogazione su ci che hai detto: N tuttavia per questo pot sorgere una volont cattiva perch l'uomo fu fatto da Dio, ma per questo che l'uomo fu fatto dal nulla, rispetto a questa stessa possibilit che la volont ebbe di sorgere io domando: tu credi che essa sia un bene o un male? Ossia la stessa facolt che la volont ebbe di sorgere, facolt che tu attribuisci al nulla, la giudichi proba o pessima? Se la dirai buona, non dunque Dio, ma il nulla, la causa del bene. Se viceversa, vedendo che ci sarebbe insano al massimo, la dichiari cattiva,

tanto da dire appunto che non si deve attribuire a Dio ma al nulla, testimonierai che le nostre conclusioni non hanno avuto nulla di malizioso contro di te, ma che con la buona fede della nostra discussione abbiamo sbaragliato la mala fede del tuo dogma. Rimane dunque inconcusso il risultato ottenuto da noi: tu e Manicheo avete imputato alla necessit di una origine eterna anche la volont cattiva del primo uomo. AG. Che cosa ti si potrebbe rispondere lo hai visto in un certo qual modo, ma hai cercato inutilmente di opporti alla verit, quasi rispondendo con le mie parole e non rispondendo alle mie parole. Infatti hai tirato avanti la discussione come se io avessi detto: N per questo tuttavia la volont cattiva sorse dal bene. Il che io non l'ho detto. Ma ho detto: N tuttavia per questo pot sorgere dal bene la volont cattiva perch il bene fu fatto per opera del Dio buono, ma perch il bene fu tratto dal nulla e non dalla natura di Dio 72. Proprio cos, come le mie medesime parole le hai riportate anche tu 73. Cos' dunque che hai reputato di dover rispondere, come se io avessi detto: N per questo tuttavia sorse, quando invece ho detto: " N tuttavia per questo pot sorgere ", e tanto a lungo hai parlato contro uno che la necessit del male di sorgere dal bene l'ha fatta irrompere dal fatto che lo stesso bene Dio lo trasse dal nulla e non dalla sua stessa natura; mentre io a tale causa non ho attribuito la necessit del male, ma la possibilit del male, avendo detto non che per questo sorse il male dal bene, ma che pot sorgere il male dal bene? E accusasti tanto a lungo il nulla, e facesti violento il nulla, quasi che l'angelo e l'uomo li abbia spinti a peccare il nulla con una inevitabile necessit. Ora dunque ritorna finalmente alle mie parole, come hai cominciato a fare. Ti proponi infatti la questione, quasi che ti sia venuto in mente all'improvviso che cosa io potevo rispondere, mentre io l'ho posto molto tempo prima in quel libro che tu ribatti. Dici infatti che io potrei replicare: Non ho detto che il male per questo sorse nell'opera di Dio perch stata fatta dal nulla; ma ho detto: Pot per questo sorgere perch stata fatta dal nulla. Proprio questo ho detto: Per questo pot sorgere. Non ho detto che sorse per questo. Ho attribuito a questa causa la possibilit del male e non la necessit del male. La creatura ragionevole appunto, quando fu fatta all'origine, fu fatta in tal modo che, se non voleva peccare, nessuna necessit la potesse costringere a voler peccare, o peccasse senza volere, cio contro la sua volont, e non facesse il bene che voleva fare, ma facesse il male che non voleva fare; dove c' gi non quel peccato che si dice

semplicemente peccato, ma quello che anche pena del peccato. Tuttavia per volere qualcosa di male o fare qualcosa di male anche senza volerlo, non lo avrebbe potuto, se non fosse stata tratta dal nulla, ossia se fosse la natura di Dio. Infatti la natura di Dio la sola che non sia stata fatta dal nulla, perch non stata nemmeno fatta, e quindi non pu mutare in nessun modo. Il che dicendo, non diamo forza al nulla, quasi che esso abbia potuto fare o abbia fatto qualcosa, nulla com'; ma diciamo che la natura di Dio non tale che abbia potuto peccare. Segue poi che una natura che non sia la natura di Dio sia stata fatta: n infatti coeterna a Dio; e se stata fatta, dal nulla stata tratta, perch anche quelle nature che sono state fatte da altre nature traggono la loro origine dal nulla. Le nature, dalle quali furono fatte, non furono nulla prima di essere fatte, ossia non furono in nessun modo. Ma tu dici: Cos pot sorgere la volont cattiva da poter sorgere anche la volont buona. Quasi che non sia stato fatto di volont buona o l'angelo o l'uomo. Fu fatto retto, come ha detto la Scrittura 74. Non si chiede dunque donde sia potuta sorgere in lui la volont buona con la quale fu fatto, ma donde la volont cattiva con la quale non fu fatto. E tu dici, senza accorgerti di quello che dici: Cos pot sorgere la volont cattiva da poter sorgere anche la volont buona: e questo lo pensi pertinente alla natura del libero arbitrio, potere l'uno e l'altro, ossia peccare e non peccare, e in questo stimi fatto l'uomo ad immagine di Dio, mentre Dio stesso non pu l'uno e l'altro. E infatti nemmeno un demente dir che Dio pu peccare, n tu osi dire che Dio non abbia il libero arbitrio. Il libero arbitrio, dunque, dono di Dio e non del nulla, ma sommo il libero arbitrio in Dio stesso, che non pu peccare in nessun modo. Perch se Dio potesse essere ingiusto, potrebbe Dio non essere Dio: se infatti Dio, egli con estrema conseguenza giusto; e quindi Dio, pur avendo in maniera somma e massima il libero arbitrio, tuttavia non pu peccare. Dunque l'angelo o l'uomo per questo pot peccare, ossia pot fare uso cattivo di questo dono di Dio che il libero arbitrio, perch non Dio, ossia perch Dio lo trasse dal nulla e non da se stesso. Capisci e taci, o parla di ci che hai capito, ma non parlare di ci che non hai capito. La volont cattiva costretta ad esistere. 39. GIUL. Ma, non contento di avere vinto in un modo soltanto, della tua argomentazione, della quale ho smascherato l'empiet, riveler la falsit. Nello scrivere dunque: Non per questo pot

sorgere la volont cattiva nell'opera di Dio perch fu fatta da Dio, ma perch fu fatta dal nulla 75, avresti dovuto vedere quanto validamente potevano eccepire con i loro esempi le altre creature che, sebbene siano state fatte tutte dal nulla, non sono tuttavia capaci di volont cattiva. Infine gli stessi elementi che sono stati fatti veramente dal nulla, non possono avere la coscienza di nessuna volont per attestare con impulsi cattivi la necessit della loro origine. Gli animali per e gli altri esseri di cui l'orbe stato riempito non sono venuti dal nulla, ma da qualche creatura gi esistente. Dov' dunque la forza dell'antica inanit che costrinse ad esistere la volont cattiva, se manifesto che all'infuori dell'animale ragionevole nessuno pu peccare? AG. Potresti credere di convincermi di falsit se, dopo che ho detto vulnerabili per questo i nostri corpi perch sono terrestri, tu mostrassi molti corpi terrestri che non siano vulnerabili. Infatti non ci pu essere vulnerazione se non nel corpo di un animale, detto carne. Qui dovrei farti notare che non sei stato capace di vedere che questa sentenza non ha il rovescio. Come vera la sentenza: Tutto ci che vulnerabile un corpo terrestre, cos non altrettanto vera la sentenza: Ogni corpo terrestre vulnerabile. Per quale ragione dunque ha cos sonnecchiato nelle sue riflessioni dialettiche la tua solerzia vanitosella da non avvederti che io, dove dissi che la creatura ragionevole per questo pot peccare perch fu fatta dal nulla, ho voluto far capire che ogni essere peccabile stato fatto dal nulla, ma non che ogni essere fatto dal nulla sia peccabile? E come se lo avessi detto, tu mi hai opposto gli altri esseri e gli stessi elementi del mondo che, sebbene fatti dal nulla, non possono peccare, essendo capace di peccare solo l'animale ragionevole. Ora dunque svegliati e guarda: ogni essere peccabile stato fatto dal nulla, n da questo segue che ogni essere fatto dal nulla sia peccabile. Non mi si mettano quindi davanti le altre creature che furono fatte dal nulla e che non possono peccare, perch io non dico: Ogni essere fatto dal nulla pu peccare; ma io dico: Ogni essere che pu peccare fu fatto dal nulla. Come se avessi detto: Ogni bove un animale, certo non mi si sarebbero dovuti ricordare molti altri animali che non sono bovi, perch non ho detto: Ogni animale bove; ma: Ogni bove un animale. Ripeto dunque ancora: Ogni essere peccabile stato fatto dal nulla. Non dico dunque: Ogni essere fatto dal nulla peccabile. E come se lo avessi detto, tu ricordi molte altre creature che, sebbene fatte dal nulla, non possono tuttavia peccare. Togli di mezzo la tua callidit

con la quale inganni gli ingegni tardi, o togli di mezzo la tua cecit per la quale non vedi le verit manifeste. Quando poi dico: " La natura che fu creata ragionevole per questo pot peccare perch fu fatta dal nulla e non fu tratta da Dio, presta attenzione a quello che dico per non sventolarmi un'altra volta con vana loquacit il nulla e affermare che io abbia detto: Ci che nulla ha la forza di fare qualcosa. Questo dico io: " La natura che fu creata ragionevole per questo pot peccare perch fu fatta dal nulla ". E ci che altro se non aver potuto peccare perch non la natura di Dio? Se infatti non fosse stata fatta dal nulla, sarebbe da Dio per natura, qualunque cosa fosse; se fosse da Dio per natura, sarebbe la natura di Dio; se fosse la natura di Dio, non potrebbe peccare. Per questo quindi pot peccare, bench fatta da Dio, perch fu tratta dal nulla e non da Dio stesso. Se tu lo capirai e non vorrai contrastare la verit, cesserai in questa questione da questa contenzione. La violenza dell'antico nulla fu la causa della cattiva volont dell'uomo. 40. GIUL. Mentre dunque questa cos grande verit era aperta, che cosa ti persuase a credere che la violenza dell'antico nulla sia stata la causa della volont cattiva? Certamente il desiderio di farci capire che tu ritieni ree tutte le creature fatte dal nulla e assoggetti al diavolo l'universo mondo. Poich quindi mi si fatto chiaro che tra voi regna un'antica concordia di dogmi, ormai da qui in poi risponder insieme a te e a Manicheo. Voi chiedete con risolutezza a me che nego l'esistenza della naturalezza del male di rispondere, se posso, donde sia potuta sorgere la stessa volont cattiva nel primo uomo. Ma io replico che voi non capite quello che dite. La volont infatti non altro che un movimento dell'animo senza coazione di nessuno. AG. Un movimento dell'animo che cos', se non un movimento della natura? L'animo infatti senza dubbio natura e quindi la volont un movimento della natura, poich un movimento dell'animo. Ma tu, quando precedentemente ponevi la natura come un genere e subordinavi a quel genere le sue specie, hai parlato con risolutezza in questo modo: La natura umana nella sua universalit una sorta di genere rispetto alle istituzioni collocate al di sotto di essa e ha quasi le sue specie nel sito, nelle membra, negli ordinamenti, nei movimenti e in altre realt simili 76. Dunque con cotesta tua

trattazione hai asserito che i movimenti della natura sono le specie della natura. Onde ti viene dietro ci che non vuoi: natura ogni movimento della natura, se la natura genere e il movimento della natura una sua specie. Allo stesso modo che ogni cavallo un animale, essendo l'animale il genere e il cavallo una specie di questo genere. Perci la volont, poich un movimento dell'animo e poich si dimostra per questo che un movimento della natura, secondo questa tua stessa logica, la volont, dico, natura, perch hai subordinato questa specie alla natura come al suo genere. Per quale ragione dunque disapprovi che si dica peccato naturale il peccato che fece la volont cattiva, se ti si convince a dire che la stessa volont cattiva natura? Ma non sia natura la volont: tuttavia certamente non pu essere se non nella natura. Quanto infatti appartiene all'uomo movimento dell'animo, e l'animo natura. Lascia ormai, ti prego, che si dica peccato naturale nel senso che, quando l'uomo pecca, certamente la natura a peccare, essendo appunto l'uomo una natura. Allo stesso modo si pu dire giustamente anche peccato spirituale, poich lo spirito che pecca. Non ha infatti errato l'Apostolo nel dire spiriti del male 77: i quali spiriti sono senza dubbio naturali, perch lo spirito sicuramente una natura, si tratti dello Spirito creatore o dello spirito creato. N tuttavia il peccato che fu commesso per la volont o dell'angelo o dell'uomo, poich pecc la natura, e l'angelo infatti e l'uomo sono nature, lo diciamo peccato naturale, nel senso che sia stato fatto per necessit mentre fu fatto per libera volont. Chi infatti pecc appunto perch volle, pot anche non voler peccare: e cos fu creato l'uomo da poter volere e non volere, e da avere in sua facolt l'uno e l'altro a suo piacere. Ma altro il peccato originale: sebbene i nascenti lo contraggano senza la propria volont, tuttavia per la volont del primo uomo stata viziata la stessa origine. Come pure altro il medesimo peccato nell'uomo grande di et, che per esso dice: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio 78; e tuttavia nemmeno questa necessit insanabile per colui al quale si dice: Tirami fuori dalle mie necessit 79. Necessit e libert del peccato. 41. GIUL. Voi dunque cercate la necessit del peccato: la necessit di una realt che non pu esistere se patisce necessit. Se a questo movimento libero dell'animo, esente dalla inquieta coazione della origine, si d una causa pi antica dello stesso movimento, esso non si esprime pi in nessun modo, ma si sopprime. Infatti il nome

stesso di volont non ha altra forza che d'indicare che il suo movimento non lo deve alla materia. Quando dunque chiedi donde sia sorta la volont, chiedi che cosa sia pi antico della volont stessa: chiedi non il suo cominciare, ma il suo terminare. Infatti assolutamente inintelligibile l'esistenza della volont, se essa si attribuisce o alle tenebre o al nulla; n pu pi dirsi volont, la quale non pu sussistere se non in un movimento dell'animo senza coazione di nessuno. Se dunque fa coazione qualcuno, senza dubbio c' il movimento, ma non c' la volont, la cui forza completata dalla seconda parte della definizione, cio dalle parole: " Senza coazione di nessuno ". Se dunque la volont non nient'altro che un movimento dell'animo " senza coazione di nessuno ", proprio mal posta la questione dell'origine di una realt la cui esistenza viene meno, se prevenuta. Soppesa dunque che cosa sia quello che domandi: Donde la stessa volont cattiva, come un albero cattivo, sia potuta sorgere nel primo uomo? 80, tu che confessi che la volont provenne dall'origine. La volont infatti un movimento dell'animo senza coazione di nessuno. Tutte le forze naturali costringono alla esistenza i loro effetti; ora la volont, se costretta da cause precedenti, cessa subito di essere volont, e perde il proprio modo di essere, se ha ricevuto una origine. AG. Se per questo la volont non ha origine perch non ha costrizione, nemmeno lo stesso uomo ha origine per essere uomo, perch non stato costretto ad esistere. In che modo infatti poteva esser costretto chi non era? E l'uomo certamente una natura e tu hai detto: Tutte le forze naturali costringono alla esistenza i loro effetti. Ti prego, poni attenzione a quello che dici; non muovere la lingua ad occhi chiusi, come chi parla nel sonno. Nessuna realt che non esiste pu essere costretta. Vedi anche quanto sia insano negare che abbiano origine le realt che sono sorte, quando la stessa parola "origine " venuta dal verbo orior. Infatti ci che e non ha origine, fu da sempre; se invece non fu da sempre ed , sorto; e se sorto ha origine. Dunque anche la volont di peccare, la quale non fu da sempre ed , certamente sorta: se infatti esistesse e non fosse sorta, sarebbe stata da sempre; ma non fu da sempre: dunque sorta. Ora tu grida contro una verit apertissima: ci infatti si addice alla tua vana loquacit. E di': sorta, s, ma non ha origine! Oppure, ancora pi pazzamente: E non fu da sempre ed , e tuttavia non sorta. Ebbene, se non lo dici per non essere giudicato insulsissimo e completamente fatuo, domandati donde sia sorta la volont cattiva dell'uomo, che non

puoi negare che sia sorta, perch non puoi negare che non fu da sempre e che cominci ad essere. Domandati, ripeto, donde sia sorta e troverai l'uomo stesso: da lui appunto sorta la cattiva volont, che non ci fu in lui antecedentemente. Domandati anche quale fosse l'uomo prima che da lui sorgesse la volont cattiva e troverai un uomo buono: da quella sua volont appunto fu fatto cattivo, mentre prima che essa sorgesse da lui, egli era tale e quale lo aveva fatto il Dio buono, ossia un uomo buono. Questo quindi ci che afferma il mio dottore e il tuo distruttore Ambrogio: Dai beni pertanto sono sorti i mali 81. Il che negando tu e dicendo: L'ordine delle cose non permette che dal bene venga il male e dal giusto qualcosa di ingiusto, aiuti tanto i manichei ad introdurre la natura del male, dalla quale fanno sorgere i mali, che essi si congratulano di averti come patrono del loro errore. A meno che anche tu sia vinto insieme con loro. Tu sei infatti uno che con mirabile eloquenza o piuttosto con mirabile demenza difendi i bambini cos da separarli dal Salvatore e combatti i manichei cos da innalzarli contro il Salvatore. La volont o libera o non volont. 42. GIUL. Poich dunque stata ben definita la volont: " Un movimento dell'animo senza coazione di nessuno ", per quale ragione cerchi ancora pi a monte le cause che la definizione della volont ha escluse? Pesate quindi che cosa sia la volont e smetterete d'indagare donde sia la volont. infatti la volont un movimento dell'animo senza coazione di nessuno: se voi tentate di risalire pi a monte anche solo di una mezza unghia, fate subito crollare le verit accertate. Che cosa dice dunque Manicheo? Ma cotesto movimento, dice, per questo sorto perch l'uomo fu tratto dalla natura delle tenebre. Che cosa tu? Perch l'uomo, rispondi, fu tratto dal nulla. L'uno dunque dice: Per questo c' la volont cattiva, perch l'uomo fu fatto dal nulla; l'altro dice: Per questo c' la volont cattiva nell'uomo, perch l'uomo fu tratto dalle tenebre. Ambedue dunque negate quel supplemento essenziale della definizione della volont: " Senza coazione di nessuno ". Se infatti tanta fu la forza del nulla quanta di qualcuno, una forza che costrinse ad esistere la volont cattiva, tale forza escluse dalla volont il suo modo di essere espresso dalle parole: " Senza coazione di nessuno ". Ma non meno scacci l'infamia del male: non peccato infatti ci che non viene da un movimento libero dell'animo. E cos avvenne che con il danno della verit spar

l'odiosit di tutto il male e svan la natura del male quando svan il crimine della volont; ma il crimine della volont svan quando fu mutilata la definizione della volont. Quindi si fatto chiaro che tale la condizione e del peccare e del volere: se il volere si attribuisce a cause precedenti, il volere perde e il suo diritto e il suo crimine. Dove sar dunque la natura del male, se risulta che il male non c'? AG. Non si pu dire quanto mi sbalordisca la tua sfrontatezza: in che modo dica " natura del male ", tu che non dici " male naturale "; o in che modo non dica " male naturale ", tu che dici " natura del male ". Che cosa poi di pi vano delle definizioni date da te, che pensi non si debba cercare donde venga la volont, perch essa un movimento dell'animo senza coazione di nessuno? Se infatti si dice donde venga la volont, tu pensi che non sar pi vero ci che stato detto: Senza coazione di nessuno, perch ci da cui viene la costringe ad essere, e quindi la volont non viene da nessuna causa, perch non sia costretta ad essere. O singolare stoltezza! Dunque non viene da nessun'altra causa l'uomo stesso, che non stato costretto ad essere, perch egli non era costringibile prima di esistere. vero tutto l'opposto: e la volont viene da un'altra causa, e la volont non costretta ad essere; e se non da ricercarsi l'origine della volont, non da ricercarsi non perch la volont non venga da un'altra causa, ma perch manifesto donde venga. Viene infatti la volont da colui del quale la volont: ossia dall'angelo la volont dell'angelo, dall'uomo la volont dell'uomo, da Dio la volont di Dio. E se Dio suscita nell'uomo la volont buona, lo fa certamente cos che la volont buona sorga dall'uomo di cui la volont; come Dio fa s che l'uomo sorga dall'uomo: non perch infatti Dio crea l'uomo per questo l'uomo non nasce dall'uomo. Ma ciascuno autore della sua volont cattiva, perch vuole il male. Quando per si chiede per quale ragione l'uomo possa avere la volont cattiva, sebbene non sia necessitato ad averla, non si chiede l'origine della volont, ma l'origine della stessa possibilit, e si trova che questa la causa: per quanto sia un grande bene la creatura ragionevole, tuttavia non ci che Dio, del quale soltanto invariabile e immutabile la natura. E quando si cerca la causa di questo fatto, ecco ci che si trova: Dio non ha fatto le creature traendole da se stesso, ossia dalla propria natura e sostanza, ma traendole dal nulla, ossia da nessun'altra realt. Non perch il nulla ha una qualche forza: se infatti l'avesse, non sarebbe il nulla ma qualcosa; ma perch essere fatta dal nulla equivale per ogni natura a non essere la natura di Dio, la sola che immutabile.

N le creature che sono state fatte attraverso altre creature fanno eccezione da questa origine, poich le creature che sono state fatte cos per essere l'origine di altre, furono tratte da realt non esistenti, ossia assolutamente dal nulla. Tutte le altre creature possono poi essere mutate dalle loro diverse e proprie qualit; dalla volont invece, che fa uso della ragione, pu esser mutata soltanto la creatura ragionevole. Chiunque diligentemente e intelligentemente presta attenzione a queste verit, conoscer che di pertinente alla nostra causa tu non hai detto nulla del molto che hai detto sul nulla. Non esiste un peccato involontario. 43. GIUL. Che cos' infatti il male, ossia il peccato? La volont di seguire ci che la giustizia proibisce e da cui sia libero astenersi. Che cos' la volont stessa? Un movimento dell'animo senza coazione di nessuno. Se dunque il peccato nato dalla volont e la volont da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, n la condizione del nulla, n la condizione delle tenebre fece sorgere questo movimento, il quale per questo non costretto da nessuno perch possa esistere senza coazione di nessuno. Perci non c' nessun peccato naturale, non c' nessun peccato originale, perch questi due aggettivi, naturale e originale, hanno un solo e medesimo senso, ossia indicano un peccato che involontario. Ma " prescrizione " della verit che il peccato non possa essere se non volontario, e quindi chi dice che il male ci che risulta ingenito, non convince che in natura ci sia il peccato, ma si dimostra " criminoso " per depravazione di giudizio. Ecco che stato risposto ad una questione alla quale credevi che non fosse possibile rispondere. Era davvero evanescente la questione che tu giudicavi invitta. AG. Gongoli a vuoto e dici: " Ecco che stato risposto ", dove che tu non abbia potuto rispondere lo trova subito chiunque, acuto, legge questi tuoi ragionamenti o chiunque, non molto tardo, legge anche i miei. Infatti per quanto grande sia l'ambiguit con la quale tenti non di spiegare le questioni implicate, ma di implicare le verit aperte, coloro che sono sani non possono negare che da ciascuno sorga la sua volont e che la volont dell'uomo non possa sorgere se non dall'uomo. E quindi, poich i mali cominciarono ad esistere per la cattiva volont degli uomini e poich sappiamo che la natura buona degli uomini fu prima della volont cattiva, dai beni sono

sorti i mali. Questo dice Ambrogio, con questo si elimina Manicheo, questo nega Giuliano a favore di Manicheo contro Ambrogio, dicendo: Se la natura opera di Dio, non si lascia all'opera del diavolo di passare attraverso l'opera di Dio, con il risultato che Manicheo dica che non sono opera di Dio gli uomini, attraverso i quali l'Apostolo afferma che pass il peccato e la morte 82, il che opera del diavolo, poich secondo Giuliano non si lascia all'opera del diavolo di passare attraverso l'opera di Dio; e dice l'Apostolo che l'opera del diavolo pass attraverso gli uomini: gli uomini non sono dunque opera di Dio. Di Manicheo questa conclusione, proveniente a lui, o Giuliano, dal tuo aiuto. Ma l'Apostolo, combattendo in difesa della verit, dice e che gli uomini sono opera di Dio, per abbattere Manicheo, e che attraverso l'opera di Dio, cio attraverso gli uomini, pass l'opera del diavolo, per abbattere anche te stesso con Manicheo. La volont cattiva l'attribuite alle tenebre eterne. 44. GIUL. Faccio notare tuttavia che pure tu hai l'abitudine di dire nei tuoi scritti che le tenebre non sono una creatura, ma per l'assenza della luce rimane l'oscurit, di modo che l'ottenebramento non altro che l'esclusione dello splendore. Dunque lo splendore che viene escluso lo chiami creatura, ci che rimane lo chiami tenebre: il che stato certamente divulgato dai filosofi, n ora indago se sia un'opinione vera o falsa, ma sottolineo questo: le tenebre tu dici che non sono nient'altro che il nulla; e dici poi che nell'uomo, cio nell'opera di Dio, il male esist perch l'uomo fu fatto dal nulla: causa dunque del male confermi che fu quel nulla, e quel nulla lo dichiari anche tenebre. Dici pertanto che la necessit del male discende dalla condizione delle tenebre. Quindi nemmeno in questo tu dissenti dal tuo precettore, perch la volont cattiva l'attribuite ugualmente alle tenebre eterne. AG. Ho gi risposto poco fa apertamente e brevemente, come ho potuto, a te che sul nulla non dici nulla, e adesso hai voluto invano fuggire tra le tenebre. Non riuscirai a nasconderti: la luce appunto della verit ti perseguita dicendo che le creature, le quali non sono come Dio che le fece, furono fatte dal nulla in tal modo da non stimare o intendere che lo stesso nulla sia qualcosa, n che abbia la forza di fare qualcosa, perch, se l'avesse, non sarebbe il nulla. E perci il nulla non n un corpo, n uno spirito, n un accidente di queste sostanze, n alcuna materia informe, n uno spazio vuoto,

n le tenebre stesse, ma assolutamente nulla: perch dove sono le tenebre c' qualche corpo privo di luce, o l'aria o l'acqua o qualche altra cosa, non potendo se non un corpo essere illuminato dalla luce materiale perch splenda o esserne privato per ottenebrarsi. E per questo di coteste tenebre corporali non il creatore se non colui che cre i corpi; onde nel cantico dei tre giovani lo benedicono la luce e le tenebre 83. Fece dunque Dio tutte le cose dal nulla, ossia tutte le cose che fece esistere, se guardiamo alla loro prima origine, le fece da cose che non esistevano, da cose che non sono, dicono i Greci. E perch ci non si creda dell'Unigenito, che Dio da Dio, Luce da Luce, e quindi non dal nulla, la Cattolica si oppone veementemente agli ariani. Quando pertanto diciamo che non per questo pot sorgere la volont cattiva dal bene, perch il bene stato fatto da Dio buono, ma perch lo fece dal nulla e non da se stesso, non diamo al nulla una qualche natura, ma distinguiamo la natura del Creatore dalla natura delle creature che sono state fatte da Dio. La ragione appunto per cui queste creature sono mutevoli, sia in forza della volont, come fu mutevole la creatura razionale, sia in forza delle qualit proprie, come tutte le altre creature, che sono state fatte dal nulla e non dalla natura di Dio, sebbene a farle non sia stato se non Dio. Questo vuol dire che non sono ci che la natura di Dio, la quale non stata fatta ed per questo la sola natura immutabile. Se vuoi dunque o evitare o vincere i manichei, sappi questo, apprendi questo, intendendolo se puoi o credendolo se non puoi intenderlo: poich dai beni sono sorti i mali e la malizia non se non la mancanza del bene. Necessario e possibile. 45. GIUL. Ma come la verit vi ha entrambi smascherati e rovesciati, cos la considerazione del nostro ufficio esige da noi che spieghiamo che cosa abbia portato oscurit alla presente questione, ormai disarmata. Di tutte le creature che vengono fatte si dice che a farle esistere o la necessit o la possibilit. Ma necessario dico qui non ci che siamo soliti denominare utile, bens ci che stato coatto da cause maggiori. Necessario dunque chiamiamo non ci che nel diritto della volont, ma ci che subisce la violenza di esistere. Possibile poi diciamo ci che non sperimenta la necessit n di esistere n all'opposto di non esistere, ma a certe condizioni e pu essere e pu non essere. Tenga dunque in mente il nostro lettore che cosa definiamo qui necessario e che cosa possibile. E per cominciare da grandi esempi, che Dio facesse il mondo venne a

Dio dal possibile e non dal necessario, ossia alla onnipotenza di Dio fu possibile creare le creature che cre, tuttavia non fu necessario: evidentemente Dio non fu costretto da nessuno a fare, ma perch volle fece ci che certamente non avrebbe fatto se non avesse voluto. Ma ci che all'Autore venne dal possibile, nell'opera venne dal necessario, ossia non fu possibile essere e non essere al mondo a cui dall'Onnipotente si comandava di essere, ma era costretto ad esistere il mondo, al quale l'Onnipotente assegnava una essenza. AG. In che modo si costringeva ad esistere il mondo che non era prima di esistere? In che modo si costringe uno chiunque, se non esiste? Non sarebbe forse stato meglio che tu avessi detto: Il mondo fu fatto dalla volont di Dio e non dalla volont del mondo? Ma va' avanti e vediamo che cosa tu tenti di dimostrare con questa distinzione tra il possibile e il necessario, che avremmo potuto capire meglio, se tu l'avessi voluta accennare appena senza spiegarla. Chi non vede infatti che quanto ha la necessit di esistere ne ha pure la possibilit, e viceversa quanto ha la possibilit di esistere non ne ha pure la necessit? Se dunque ti piaciuto appellare possibile ci che si pu fare senza che si faccia necessariamente e appellare necessario ci che non solo si pu fare ma si deve anche fare necessariamente, parla come vuoi. Dove le realt sono trasparenti non si deve fare controversia di parole. Basta sapere che ogni necessario possibile e che non ogni possibile necessario. Creature necessarie e creature possibili. 46. GIUL. Pass dunque nella necessit di quanto fu creato ci che era venuto dalla possibilit del creante. Egli fece pure diverse nature e diverse specie nelle nature, custodendo l'ordine che fluiva dall'esordio delle creature, perch alcune fossero necessarie e altre fossero possibili. Dunque tutto ci che le creature hanno naturaliter, lo hanno sortito da parte del necessario. AG. Se tutto ci che le creature hanno naturaliter, lo hanno sortito da parte del necessario, gli uomini dunque non hanno naturaliter il fatto del coito, ma soltanto la possibilit del coito, n naturale quell'uso della femmina che ricord l'Apostolo 84, ma naturale la possibilit di quell'uso: se infatti l'uomo non vuole non c' l'uso stesso, sebbene ci possa essere se vuole. Naturale dunque la possibilit dell'uso, non naturale l'uso stesso: non infatti

necessario un uso che nullo se non vogliamo; e avrebbe errato l'Apostolo a dire naturale l'uso della femmina. Dov' anche la tua precedente affermazione che la natura il genere e il matrimonio una specie della natura, visto che i matrimoni non si annodano per necessit ma per volont? O forse nel dirlo non ti era venuta ancora in mente la distinzione di questi due aspetti, ossia del necessario e del possibile? E che dopo il congiungimento dei sessi nasca un uomo non naturale, perch non necessario? Non infatti necessario che al coito tra maschio e femmina segua il concepimento e il parto; ma tu hai definito possibile e non necessario ci che pu accadere senza che accada necessariamente. N mangiamo naturaliter? Perch anche il mangiare non avviene se non vogliamo, e quindi possibile e non necessario. Ma negare che queste azioni siano naturali non altro che voler togliere alla natura una gran parte delle sue attribuzioni. Pertanto falsa la tua affermazione: Tutto ci che le creature hanno " naturaliter " lo hanno sortito dalla parte del necessario, atteso che e le attivit da me ricordate e altre che sarebbe troppo lungo ricordare, le creature le hanno naturaliter, n tuttavia le hanno sortite da parte del necessario. Intreccio tra necessit e possibilit. 47. GIUL. Ma nel loro modo di sentire quando progrediscono, le creature non prendono sempre dal necessario, bens molto lo prendono dal possibile. Ci si potrebbe vedere in tutti i corpi, ma ne nascerebbe una trattazione troppo lunga: alcuni pochi esempi tuttavia diamoli. La natura dei corpi di evolversi per addizione e di dissolversi per divisione: sono dunque capaci di essere feriti i corpi che vanno soggetti alla morte. Che possano dunque essere feriti lo hanno dalla necessit, ma che siano feriti lo hanno invece dalla possibilit. Cos la natura della possibilit dal necessario, mentre l'effettuazione della possibilit non necessaria. Per esempio, il cavallo, il bove e simili animali hanno una natura vulnerabile e quindi da parte del necessario sono capaci di subire un danno, ma che vengano feriti non sempre necessario. Se infatti per la diligenza dei loro custodi sono preservati dalle disgrazie, possono non essere feriti, e se non sono custoditi possono anche essere feriti. Moltissimo dunque ci corre tra le eventualit che vengono dal possibile e gli eventi che vengono dal necessario: la quale distinzione se non si rispetta, si cade in errori senza numero. E perch ci diventi chiaro con un paragone: alcuni oppositori della

medicina sono caduti in errore argomentando che tale arte non ha nessuna utilit, e discorrono in questo modo: La medicina soccorre coloro che moriranno o coloro che sopravviveranno? Se soccorre coloro che moriranno, essa non ottiene nulla; se soccorre coloro che sopravviveranno, essa si prodiga invano. Coloro infatti che moriranno, anche con l'affannarsi della medicina moriranno; coloro che sopravviveranno, avrebbero potuto salvarsi anche senza il beneficio della medicina. Quanto graziosa proprio e quanto gentile conclusione! Ma viene dissolta dai difensori della medicina nel modo seguente: Quest'arte, dicono, non giova n a coloro che vivranno, n a coloro che moriranno, se si guarda soltanto a ci che accade necessariamente; ma se si guarda a ci che possibile, la medicina giova a coloro che sono esposti ad ambedue le eventualit. Non aiuta dunque la medicina chi senza dubbio morituro, perch non lo pu fare immortale, ma non soccorre nemmeno chi con certezza sar incolume; soccorre invece chi pu correre pericolo se non si cura e pu essere liberato se si cura. Come dunque l'arte erudita non pu soccorrere n chi vivr n chi morir per condizione di necessit, cos essa pu giovare e a chi morir e a chi vivr, ma sotto l'aspetto della possibilit. I primi dunque sparlando delle cure mediche hanno chiuso nel territorio della necessit una proposizione che partiva dal territorio del possibile: il quale genere di ragionare ha innumerevoli applicazioni. Per esempio la legge divina proibisce di commettere l'omicidio e proibisce pure che si dia occasione alla negligenza per la quale s'incorre in pericoli, come nel caso di un toro di facile incornata 85 e nel caso dei parapetti delle case 86. Ma si pu domandare: Cotesta diligenza soccorre chi vivr o chi morir? Se soccorre chi morir, non ottiene nulla; se soccorre chi vivr, provvede in soprappi, dato che ambedue queste eventualit contrarie seguiranno necessariamente e attraverso le precauzioni e senza le precauzioni. Ma questo falso: giustissimamente infatti si provvede ai mortali perch con le risorse della diligenza evitino ci che avrebbero potuto patire senza la diligenza. Altro dunque viene dalla possibilit, altro dalla necessit. Mostriamo subito come ci giovino queste premesse. Dio fece l'uomo dotandolo di libero arbitrio e di una buona natura, la quale fosse per capace delle virt da procurarsi assoggettando a s da s il proprio animo. Il quale libero arbitrio non poteva sussistere diversamente che avendo anche la possibilit di peccare. L'uomo dunque ha la libert dalla parte del necessario, ha la volont dalla parte del possibile. Non pu l'uomo non essere libero, ma non pu

essere costretto a volere n l'uno n l'altro, e l'effetto della sua libert necessaria un effetto possibile. Nel possibile si pu dunque peccare, nel necessario non si pu, perch nel necessario non si giudica l'attore, ma lo stesso Autore, e questa possibilit dell'uomo integralmente dono di Dio; dall'uso che l'uomo fa della sua possibilit invece si soppesa l'attore stesso. AG. Che dici tu del diavolo del quale scritto: Il diavolo peccatore fin dall'inizio 87? Ha egli la possibilit di peccare o la necessit? Se la necessit, veditela tu in che modo secondo i tuoi ragionamenti egli sia scusato dal crimine; se poi la possibilit, pu dunque egli anche non peccare, pu avere la volont buona, pu fare penitenza e impetrare la misericordia di Dio, perch questi non disprezza un cuore affranto e umiliato 88. Il che sembrato vero ad alcuni, dietro l'insegnamento, si dice, di Origene; ma, come stimo che tu sappia, la fede cattolica e sana non accolse questa dottrina: onde alcuni o provano o vogliono che anche lo stesso Origene sia stato alieno da questo errore. Resta quindi che prima del supplizio del fuoco eterno anche questa necessit di peccare sia per il diavolo una grande pena del suo grande peccato, e resta che egli per questo non sia scusato dal crimine perch per il suo massimo crimine c' anche questa punizione: che egli trovi diletto soltanto nella malizia e non possa trovare diletto nella giustizia. Ma a questa necessit di peccare, ormai penale, il diavolo non sarebbe certamente arrivato, se prima non avesse peccato con la sua libera volont senza nessuna necessit. Pertanto quella definizione del peccato che lo ripone nel fare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi, spetta al peccato che soltanto peccato e non al peccato che anche pena del peccato. Dio aiuta l'uomo nel fare il bene. 48. GIUL. E il male e il bene l'uomo dunque li fa per volont propria, ma il suo bene l'uomo lo deve anche a Dio, il quale non reca certamente al bene dell'uomo un pregiudizio, ma somministra tuttavia un aiuto. AG. Tanto il bene quanto il male l'uomo li fa certamente con la propria volont, come dici tu, e in lui la possibilit del bene e la possibilit del male stanno in perfetto equilibrio, e a fare il bene Dio somministra un aiuto: per quale ragione dunque la natura dei mortali pi proclive a peccare, se il peccato originale non ebbe

nessun effetto? Bench anche lo stesso aiuto, che siete costretti a confessare somministrato da Dio, non sfugga quale diciate che sia. Voi dite appunto che la legge e non lo Spirito, mentre l'apostolo Paolo insegna che noi siamo aiutati con la somministrazione dello Spirito Santo 89. Il che ho reputato mio dovere ricordarlo, perch coloro che ascoltano o leggono la tua sentenza sulla somministrazione dell'aiuto divino, non dimentichino eventualmente la vostra eresia. naturale tanto il possibile quanto il necessario. 49. GIUL. Tanto vale dunque cotesta distinzione che se, ignorandola, concludiamo nella necessit ci che comincia dalla possibilit, tutti i crimini ritornano a Dio. Il che vedendo, Manicheo escogit le tenebre come autrici del peccato: non riusc infatti a distinguere tra il possibile e il necessario. Dunque tutto ci che l'uomo ha naturaliter, lo ha sortito dalla parte del necessario, poich non pot essere diversamente da come fu fatto. AG. Gi poco fa ho mostrato quanto sia vana cotesta sentenza: sarebbe stoltissimo infatti che gli uomini abbiano naturaliter la possibilit di mangiare, ma non mangino naturaliter i cibi congrui alla loro natura, o abbiano gli uomini naturaliter la possibilit di concumbere, ma non concumbano naturaliter con le membra genitali di ambedue i sessi. Chi lo dir, se considera un poco appena quello che dice? L'uno e l'altro infatti naturale: e che queste azioni possano essere fatte e che siano fatte; ma che possano essere fatte vero anche quando non vogliamo, che siano fatte non avviene se non quando vogliamo. Si pu fare anche il male che non si vorrebbe fare. 50. GIUL. Ma il male che fa, lo fa perch lo pu fare. AG. Poni attenzione a colui che dice: Io compio il male che non voglio 90, e rispondi se non abbia la necessit di fare il male chi non fa il bene che vuole, ma compie il male che non vuole. Se non ardisci opporti all'Apostolo, ecco un uomo che facendo il male per necessit, spezza e sperde le tue definizioni: compie appunto il male per necessit chi non lo vuole e lo compie. Se poi ci che compie senza volerlo soltanto il concupire con la carne senza nessun consenso della mente e senza nessuna operazione delle membra, cattiva, sebbene non le si presti il consenso per il male,

anche la concupiscenza della carne, che ti diletti tuttavia di lodare. Se invece colui che grida: Io compio il male che non voglio 91, costretto cos tanto che mette anche le sue membra a servizio del peccato, non solo i mali si concupiscono necessariamente, ma si commettono pure. Dove sono le tue definizioni che distingui con tanta loquacit? Proprio come fumo svanirono e si dileguarono. Tu raccomandi di discernere con grande cura il necessario e il possibile, dicendo necessario ci che avviene necessariamente e dicendo possibile invece ci che pu avvenire, ma non necessariamente avviene. Perci la necessit l'attribuisci al necessario, mentre il possibile non lo costringi in nessuna necessit. Le azioni cattive non le di al necessario, ma al possibile, e dici parlando dell'uomo: Ma il male che fa, lo fa perch lo pu fare, perch di nessuno si dica che agisce male per necessit e non per volont. Ma si fa in mezzo uno che ti contraddice validissimamente e dice: Cos' quello che dici? Ecco, io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio 92. noto che il primo uomo comp il male per volont e non per necessit, ma colui che dice: Io compio il male che non voglio, mostra di compiere il male per necessit e non per volont, e piangendo le sue miserie ride delle tue definizioni. La possibilit di fare il bene o di fare il male, la necessit non n del bene n del male. 51. GIUL. Se dunque non ci fosse stata la possibilit necessaria, non ci sarebbe stata l'effettuazione possibile. Che dunque possa fare il male e il bene necessario, che invece faccia il male non lo deve al necessario, ma al suo possibile. Dove poi c' la possibilit di ambedue le parti, la necessit neutra per ambedue le parti. Cos avviene che nient'altro sia il peccato se non la volont di compiere ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi. Se poi nient'altro la volont che un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, come dunque Dio ebbe dal possibile di fare il mondo, ma il mondo stesso sub dal necessario il fatto di esistere, cos qualcosa di simile s'intende anche nella immagine di Dio. Appunto perch abbia la volont che ha scelto di avere non costretta, ma le viene dal possibile; il male invece che fa ha la necessit del reato. Cos il crimine incorre nell'orrore per necessit, sebbene sia sorto non dalla necessit di colui che lo fa, ma dalla sua possibilit. L'opera dunque della possibilit la testimonianza di un essere animato libero.

AG. Ormai sei assolutamente negletto da chi abbia letto le risposte che ti abbiamo dato sopra. Poich, colui che dice: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio, indica abbastanza apertamente di esser pressato dalla necessit a compiere il male e dimostra che falsa la tua affermazione: Che faccia il male non lo deve al necessario, ma al suo possibile e tutte le altre tue vane ciance. Cos avviene che quella definizione, che dice peccato la volont di fare ci che la giustizia vieta e da cui libero astenersi, abbraccia, come ho gi avvertito precedentemente, quel peccato che soltanto peccato, non il peccato che pure pena del peccato. Per tale pena infatti costui compiva il male che non voleva compiere e dal quale se gli fosse stato libero astenersi non avrebbe indubbiamente detto: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio. Come dunque noi riconosciamo l'uomo beato nel corpo di quella vita dove ebbe la libert di fare ci che voleva, sia il bene, sia il male, cos anche tu riconosci l'uomo misero nel corpo di questa morte, dove, perduta la libert, gli senti dire: Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto, e: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio, e: Sono uno sventurato! Chi mi liberer dal corpo di questa morte? 93 Non si pu offendere il necessario senza offendere Dio. 52. GIUL. Il biasimo dell'animale libero non rimbalza sugli elementi necessari, perch tutto ci che tocca il necessario, urta l'Autore stesso. AG. Forse che questo male dell'uomo, dov'egli dice: Io compio il male che non voglio, urta lo stesso Autore dell'uomo? E tuttavia ben apparisce che abbia toccato il necessario colui che compie il male in quelle condizioni: compie appunto per necessit ci che non compie per volont. Non si possono mescolare possibilit e necessit. 53. GIUL. Come dunque ci che avviene dal necessario non si pu ascrivere al mio possibile, cos ci che viene dal possibile non si pu ascrivere al necessario. Cio, come la natura del mio corpo e del mio animo non si pu attribuire alla mia volont, quasi che io abbia voluto essere quello che apparisco, non avendo potuto volerlo prima di essere, altrettanto il male della volont non si pu

riportare alla natura cos da mescolare con la necessit le opere della possibilit. AG. Dalla necessit si discerne certo abbastanza evidentemente e apertamente ci che pu accadere senza essere necessario che accada: tu lo chiami possibile, quasi che sia impossibile ci che non solo pu accadere, ma anche necessario che accada. Poich per ti piaciuto dare tali nomi a cotesti due concetti, cerchiamo d'intenderli come possiamo e di avere pazienza. Ma cos' che dici: Il male della volont non si pu riportare alla natura? Non forse vero che, quando l'angelo o l'uomo vuole qualcosa, una natura che vuole qualcosa? E l'angelo e l'uomo non sono nature? Chi lo dir? Se dunque sono nature l'angelo e l'uomo, certamente la natura vuole tutto ci che vuole l'angelo, la natura vuole tutto ci che vuole l'uomo. In che modo dunque il male della volont non si pu riportare alla natura, non potendo volere qualcosa se non una natura? O non s'imputi all'uomo il peccato della sua volont, perch l'uomo una natura, e il male della volont, come dici tu, non si pu riportare alla natura. O forse a tanto si spinge la tua vanit da dire che si deve imputare alla natura ci che non si pu riportare alla natura? Infatti chi dir che non s'imputa alla natura ci che s'imputa all'uomo, se non chi cos stolto da negare che l'uomo sia una natura? Non ti avvedi quanto parli a lungo senza sapere quello che dici? Se tu dunque dicessi: La volont non si pu riportare alla necessit, nemmeno questo sarebbe vero universalmente. A volte infatti vogliamo ci che necessario, come necessario che diventino beati coloro che perseverantemente vivono bene. A volte anche necessario volere qualcosa: per esempio necessario volere la beatitudine; onde esiste pure una beata necessit, la necessit che Dio viva sempre, immutabilmente e beatissimamente. Ma poich ci sono anche certe necessit cos aliene dalle volont che e la necessit sia dove non la volont, e la volont dove non la necessit, almeno in parte vero ci che si dice: La volont non si pu riportare alla necessit. Chi invece dice: La cattiva volont non si pu riportare alla natura, il medesimo ci mostri, se pu, una volont, cattiva o buona, dove non ci sia la natura, o ci mostri che possa esistere una volont se non esiste la natura che voglia qualcosa. Sta' dunque attento quanto tu sia fuori dalla verit. Tu dici: La volont cattiva non si pu riportare alla natura. La verit dice al contrario: Dove c' una qualche volont, essa non si pu separare dalla natura.

Gli sciami dei traduciani. 54. GIUL. Manicheo dunque, poich non ha osservato attentamente questa sottilit di distinzioni, produsse a noi gli sciami dei traduciani. Argomenta infatti in questo modo: Donde il male? Evidentemente dalla volont. Donde la volont cattiva? Risponde: Dall'uomo. Donde l'uomo? Da Dio. E conclude: Se il male dall'uomo, se l'uomo da Dio, il male quindi da Dio. E dopo questo, quasi per sentimento religioso, per non fare " criminoso " Dio, ci d la natura delle tenebre alla quale ascrivere il male. Da qui anche Agostino: Donde il male? Dalla volont. Donde, dice, la stessa volont? Dall'uomo, che opera di Dio. E raccoglie: Se il male dalla volont, se la volont dall'uomo, se l'uomo opera di Dio, il male quindi da Dio. Il che quasi tentando di sbrigare, per non sembrare di dire Dio " criminoso ", ci che afferma la sua " traduce ", al posto di Dio ha offerto a noi un nulla ugualmente violento, cio le tenebre, alle quali ascrivere questo male: Il male infatti, dice, non per questo nato nell'uomo perch egli era opera di Dio, ma perch era dal nulla 94 . Quasi che la verit non possa rispondere: E con quale sfacciataggine il tuo Dio prima mentisce che nell'uomo ci sia la volont e poi lo condanna, pur sapendo che cotesto male, ossia il peccato, venuto dalla necessit delle tenebre, cio dalla necessit dell'antico nulla? Abbiamo declinato con i casi la parola nihil, perch apparisse la forza del traduciano che colloca nel nulla la sua speranza. Vedi tuttavia l'impotenza del dio che il traduciano introduce. Quel dio non valse a superare il nulla stesso e dopo aver fatto l'uomo dal nulla non lo pot liberare dal condizionamento del male, che veniva dal nulla, ma, fatto pi amaro dalla difficolt della situazione, incrimina l'uomo invece di incriminare le proprie colpe e condanna i delitti del nulla con la rovina della propria immagine. Pi benignamente agisce con Dio il vecchio Manete, cos da dirlo non totalmente devastato dalla gente delle tenebre, mentre il traduciano descrive la impotenza di Dio tanto grande da commentare che egli stato superato dal nulla. AG. Nessuno superato dal nulla, ma tu sei superato non dicendo nulla; n io ho riposto la mia speranza nel nulla, ma tu hai ridotto fino al nulla la tua loquacit. Certo, se tu intendessi rettamente ci che dici perversamente, in questo modo Dio viene superato dal nulla nel senso che nessuna realt supera Dio: che cos' infatti il nulla, se non nessuna realt? In cotesto senso anche Dio non pu superare nulla, perch non c' nessuna realt che non sia superata

da Dio, il quale supera tutte le realt, essendo egli al di sopra di tutte. Ma, come dici tu: Manicheo non ha osservato attentamente le sottilit delle tue distinzioni, e quindi dice: Se il male dall'uomo, se l'uomo da Dio, il male quindi da Dio, perch noi, atterriti da tale conclusione, neghiamo o che l'uomo venga per mezzo di Dio o che il male venga dall'uomo, o diciamo con Manicheo che sono false ambedue le affermazioni, e cos Manicheo introduca a noi una non so quale sostanza delle tenebre che abbia fatto l'uomo e sia il principio del male, donde far discendere ogni male. Tu dunque, o sottilissimo suddivisore, con quale sapienza reputi che si debba resistere a questa scaltrezza? Dir, tu rispondi, che il male venne dall'uomo da parte del possibile, non da parte del necessario. Quasi che egli non possa risponderti: Se il male dal possibile, se la possibilit dalla natura, se la natura per mezzo di Dio, il male quindi per mezzo di Dio. Questa conclusione se tu non la temi, nemmeno io l'altra, perch ambedue confessiamo che il primo uomo non pecc da parte del necessario, ma da parte del possibile. Noi infatti dicendo che l'uomo pot peccare perch la sua natura non fu fatta con la natura di Dio, bench non potesse essere assolutamente se non per creazione da parte di Dio, non diciamo ci per dire, come tu ci calunni, che con questo fu inserita dentro l'uomo la necessit di peccare. In modo assoluto poteva peccare e non peccare; ma se non fosse stato fatto dal nulla, ossia se la sua natura fosse venuta dalla natura di Dio, non poteva peccare in nessun modo. Chi infatti tanto demente da avere il coraggio di dire che possa in qualche modo peccare la natura immutabile e inconvertibile che Dio, del quale l'Apostolo dice: Non pu rinnegare se stesso 95? Ambedue dunque ci opponiamo a Manicheo, dicendo che dal Dio buono e giusto l'uomo non fu fatto tale che a lui fosse necessario peccare, e dicendo quindi che pecc perch volle peccare colui che poteva anche non volerlo. Ma riguardo al fatto che nella progenie dell'uomo noi avvertiamo mali tanto grandi e tanto manifesti, mali non volontari degli uomini, bens con i quali gli uomini sono nati, poich voi negate che questi mali vengano dalla origine viziata a causa del peccato, certamente ad introdurre la natura del male, dalla cui mescolanza fosse corrotta la natura di Dio, la vostra eresia ha stabilito Manicheo come dentro una fortezza, dalla quale la verit scaccia insieme e lui e voi. Comportamenti naturali e comportamenti possibili.

55. GIUL. Patiscono questa ignominia tutti coloro che dichiarano guerra alla verit. Noi dunque raccogliamo ora quello che abbiamo ottenuto. Si cerca donde sia sorta nell'uomo quella prima volont cattiva. Rispondiamo: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno. Si obietta: Apparve nell'opera di Dio? Assentiamo che vero. Si chiede perch non dissentiamo da ci, noi che neghiamo il peccato naturale. Rispondiamo: Perch nell'opera di Dio il peccato viene fuori dal possibile, non dal necessario. I comportamenti naturali sono dunque necessari, i comportamenti possibili sono volontari. AG. Ci sono anche i comportamenti volontari necessari, come vogliamo essere beati ed necessario che lo vogliamo; ci sono anche i comportamenti possibili naturali: cos possibile infatti che concepisca una femmina che si unisce ad un maschio per mezzo delle membra genitali di lui e di lei, se non sterile n lei n lui; ma non necessario: pu appunto accadere, ma non accade necessariamente, e tuttavia naturale. Taci, ti scongiuro. Sono vane le tue definizioni; n sono sottili, ma puerili le tue distinzioni. N la natura n la libert dell'uomo causa del peccato. 56. GIUL. E perci, come il peccato lo ascriviamo ad un movimento libero, cos la natura a Dio creatore. quindi la natura umana una buona opera di Dio; la libert dell'arbitrio, ossia la possibilit o di delinquere o di fare rettamente, altrettanto un'opera buona di Dio. L'una e l'altra viene all'uomo dal necessario e nessuna di queste due realt causa del male. Ma a questo punto si fermano le realt necessarie. In esse certamente sorge poi la volont, ma non da esse. Sono infatti capaci di volont, non piene di volont; n fanno, ma ospitano la diversit dei meriti. AG. Sei esattissimo nel confessare che la natura e il libero arbitrio sono opere buone di Dio. Che cosa invece si pu dire di pi insano della tua affermazione: " La volont sorge certamente in esse, ma non da esse "? proprio vero, o Giuliano, che la volont dell'uomo non sorge dall'uomo, se l'uomo un'opera buona di Dio? Ha potuto infine nascere davvero nel tuo cuore il dubbio che la volont dell'uomo sorga, s, nell'uomo, ma non dal libero arbitrio dell'uomo? Di' dunque donde, se non dalla natura, ossia dall'uomo stesso; se non dal suo libero arbitrio, di', prego, donde sorga la volont dell'uomo. Hai detto dove sorge, di' anche donde sorge. Buone

opere di Dio sono la natura e il libero arbitrio. In esse, dici, sorge la volont, ma non da esse. Donde dunque? Dillo, ascoltiamolo, impariamolo. Oppure mostra qualcosa che sia sorto l donde non era. Il mondo sorto certamente dal nulla, ma perch l'ha fatto Dio: se infatti non avesse avuto Dio come artefice, non sarebbe potuto in nessun modo sorgere da cose nulle. Se dunque anche la volont nell'uomo o nel suo libero arbitrio sorta dal nulla, chi l'ha fatta? O se non stata fatta, almeno sorta: chi l'ha generata? O forse la sola di tutte le realt che hanno cominciato ad essere che non sia stata fatta da nessuno e non sia nata da nessuno? Per quale ragione dunque a causa di essa si condanna l'uomo nel quale, lui nolente, sorta la volont cattiva, della quale egli era soltanto capace e non efficace? Se poi per essere condannato giustamente, la volont cattiva sorta in lui volente, per quale ragione neghi che sia sorta da lui la sua stessa volont, che non neghi sorta da lui volente e che non neghi che non sarebbe potuta sorgere se non da lui volente? Ma essendo sorta da lui, sorta dalla natura, perch l'uomo natura e, poich pot anche non volere ci che volle, sorta dal suo libero arbitrio, che appartiene anch'esso alla natura, come tu confessi. Per quale ragione dunque neghi ad occhi chiusi verit aperte come questa, che cio dalla natura dell'uomo sorga la volont dell'uomo, mentre temi che Manicheo accusi l'Autore di questa natura? sufficiente a respingere tale pestilenza ci che predica la verit cattolica: dall'ottimo Dio l'uomo fu creato cos da non avere la necessit di peccare e da non peccare se non voleva peccare, potendo sempre certamente anche non volerlo. Chi infatti pu essere tanto cieco di mente da non vedere che nelle condizioni in cui l'uomo fu creato primitivamente, un grande bene della natura il poter non peccare, per quanto sia un bene ancora pi grande il non poter peccare, e che con ottimo ordine fu stabilito che il poter non peccare ci fosse prima come fonte del merito dell'uomo e il non poter peccare ci fosse dopo come premio di chi avesse ben meritato? Senza la libert non esiste ci che essa non costringe ad esistere. 57. GIUL. La buona possibilit dunque del male e del bene non costringe la volont, ma le permette di sorgere. Nessuno dunque buono per questo, che stato dotato di libero arbitrio: ci sono appunto molti uomini ugualmente liberi, ma tuttavia pessimi; nessuno per cattivo per questo, che di libero arbitrio: ci sono

molti ugualmente partecipi di questa libert e tuttavia ottimi. N buono quindi, n cattivo l'uomo per questo che libero, ma n buono n cattivo potrebbe essere se non fosse libero. Questa possibilit dunque, che si indica con il nome di libert, stata costituita cos dal sapientissimo Dio che senza di essa non ci sia ci che non costretto da essa ad esserci. Con una e sola capacit dei contrari si preserva infatti la volont dalla predeterminazione dell'uno e dell'altro, cio non si pu dire causa e necessit n della volont cattiva n della volont buona una volont che ospita l'una e l'altra senza forzare all'esistenza n l'una n l'altra. Delle azioni necessarie dunque singolo l'itinerario e uno solo in qualche modo il filo: quasi come la lunghezza geometrica senza la larghezza, n qui si pu dividere l'unione. Finch dunque l'itinerario si estende singolo, mantiene la forza della sua natura, ma dove gli capita di scindersi in direzioni diverse, subito allora cessa quella necessit. Questo vuol dire la frase: Il buon Dio fece buono l'uomo. AG. Per quale ragione dunque hai detto che l'uomo non n buono n cattivo se non per volont propria, e che quanto ha da Dio lo ha dalla parte del necessario e non dalla parte del possibile? Il che lo vuoi far intendere dalla parte della natura e non dalla parte della volont, cos che l'uomo sia buono con la propria forza e non con la forza di Dio, o certamente migliore con la propria forza che con la forza di Dio. Queste sono appunto le tue parole: Nessuno buono per questo che stato dotato di libero arbitrio. E poco dopo tu dici: N per questo nessuno cattivo perch di libero arbitrio. Con le quali parole che cosa dici se non questo: Dio non fece l'uomo n buono n cattivo, ma l'uomo si fa da s buono e cattivo come gli piace, usando bene o male del libero arbitrio? Cos' dunque quello che dici adesso: Il buon Dio fece buono l'uomo, se egli non n buono n cattivo per il possesso del libero arbitrio che Dio fece in lui, ma per il buon uso del libero arbitrio, ossia quando ormai da s vuole in modo buono, non quando ha la possibilit di volere in modo buono? E in che senso sar vera la frase: Dio fece l'uomo retto 96? Era forse retto l'uomo che aveva, non la volont buona, ma la possibilit della volont buona? Dunque era anche cattivo l'uomo che aveva, non la volont cattiva, ma la possibilit della volont cattiva, e da lui stesso gli viene la volont buona, ed falso ci che stato scritto: La volont viene preparata dal Signore 97, e: Dio suscita in voi l'operare e il volere 98. Quantunque tu dica che nemmeno dall'uomo stesso venga all'uomo la volont buona o cattiva, ma che essa sorge nell'uomo e non dall'uomo. Cos avviene

che per la tua mirabile sapienza n Dio abbia fatto retto l'uomo, ma lo abbia fatto tale che potesse essere retto se lo voleva; n l'uomo faccia retto se stesso, ma diventi retto non so per quale caso, perch nemmeno da lui, ma non so donde o non so come sorge in lui la volont che lo fa retto. Questa non la sapienza che viene dall'alto, ma la sapienza terrena, animale, diabolica 99. La beatitudine di non poter peccare. 58. GIUL. Che la sostanza cominci e cominci in modo buono dipende dalla unit del necessario. Riceve anche la libert dell'arbitrio e la sostanza contenuta ancora dentro la linea del necessario, ma ormai c' la fine delle azioni necessarie e da qui le volont si fendono in direzioni contrarie. All'unit del necessario non appartiene dunque la natura della divisione. Cos siamo costretti ad avere la possibilit, ma non siamo costretti ad usare bene o male della stessa possibilit. Cos avviene che anche la possibilit di peccare sia capace del bene e del male, ma volontario, poich non avrebbe potuto essere capace del proprio bene, se non fosse stata capace anche del male. AG. Di' piuttosto, se vuoi dire la verit, che la natura dell'uomo fu fatta dapprima capace del bene e del male: non perch non avrebbe potuto essere fatta capace del bene soltanto, ma perch dovette progredire ordinatissimamente da quel primo gradino: se non avesse peccato quando poteva peccare, giungesse a quella beatitudine dove non potesse peccare. Perch, come ho gi detto, un grande bene l'uno e l'altro bene, anche se l'uno pi piccolo e l'altro pi grande. infatti un bene minore poter non peccare, invece un bene maggiore non poter peccare, e bisognava giungere dal merito del bene minore al premio del bene maggiore. Infatti non avrebbe potuto essere capace del proprio bene, come dici tu, se non fosse stata capace anche del male. Per quale ragione la natura umana, dopo aver trascorso piamente questa vita, sar capace del bene soltanto e non del male, ossia sar aliena non solo da ogni volont o necessit di peccare, ma altres dalla possibilit di peccare? Oppure c' da temere che pecchiamo anche quando saremo uguali agli angeli santi? Dei quali dobbiamo senza dubbio credere che abbiano ricevuto il dono di non poter peccare per merito della loro perseveranza, perch rimasero fedeli quando, cadendo gli altri, avrebbero potuto anch'essi peccare. Altrimenti ci sarebbe ancora da temere che questo mondo abbia ad avere molti

nuovi diavoli e con essi nuovi angeli cattivi. Anche la vita dei santi, che sono usciti dai corpi, sar sospetta per noi: che anche l dove sono giunti abbiano forse gi peccato o forse pecchino, se nella natura ragionevole rimane la possibilit di peccare, n pu essere capace del bene senza esserlo anche del male. Le quali asserzioni poich sono fortemente assurde, tale opinione da respingersi ed da credere piuttosto che per questo cotesta natura sia stata fatta primitivamente capace e del bene e del male perch scegliendo per amore l'uno dei due acquistasse il merito di diventare successivamente capace del bene soltanto o del male soltanto, in modo tuttavia che, se fosse colpita dalla condanna eterna, fosse costretta a patire soltanto e non anche lasciata libera di fare il male. La possibilit vuota, la necessit piena. 59. GIUL. Ma quanta differenza c' tra il pieno e il vuoto, altrettanta ce n' evidentemente tra la possibilit e la necessit. La possibilit infatti apparisce vuota di quella realt di cui si dice capace, mentre, se non ne fosse vuota, non ne sarebbe nemmeno capace. Chi riceverebbe infatti ci che avesse gi? La necessit invece non indica la vacuit, ma la pienezza: essa non pu ricevere appunto come se ne fosse vuota ci che la fa essere, per cos dire, piena. Tanto ci corre quindi tra i necessari e i possibili quanto tra i pieni e i vuoti. La possibilit dunque per lo stesso accoglimento degli opposti difesa dalla predeterminazione dell'una o dell'altra qualit di cui ugualmente capace. La possibilit ha dunque la necessit del bene soltanto nella natura, per quanto spetta all'onore dell'Autore; e questo bene l'innocenza non mescolata per natura con nessun male e accoglitrice del proprio operare secondo la propriet del bene e l'accusazione del male. Quello dunque che a ciascuno viene dal proprio, ciascuno lo pu ferire peccando, ma quanto ciascuno ha ricevuto dall'opera di Dio, non lo pu scolorire. Rimane dunque anche negli uomini cattivi la determinazione tassativa del bene naturale, n sar mai un male aver potuto fare il bene e il male, ma tale possibilit non giover per nulla a quella persona che non condanna certamente gli istituti della sua necessit, ma li ha costretti tuttavia a non giovarle. Come dunque in quell'uomo in cui si gi esplicata la libert ascriviamo alla sua volont il male quando pecca, ma la natura a Dio, autore della creazione, cos se di un bambino, che non ha l'uso della volont e non presenta null'altro all'infuori degli istituti della natura, si dica

che pieno di scelleratezza e che per una necessit ha il male che l'altro riceve dalla possibilit, senza dubbio si incolpa come autore del crimine colui che l'Autore della natura. AG. Le tue regole le rompiamo apertamente nei grandi, perch tu non le possa trasferire nei piccoli. Non era un piccolo colui che diceva: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio 100. Non c'era in lui la vacuit della possibilit, ma la pienezza della necessit, per parlare di questi temi nel modo tuo: non era egli un vuoto capace di ricevere, ma era gi pieno del male che aveva ricevuto. Non dichiar infatti: Posso compiere il bene e il male: la quale possibilit non fu un male della natura umana, n della volont; ma dichiar: Io non faccio il bene che voglio. N soltanto, bens aggiunse pure: Ma compio il male che non voglio. Ecco, tanto il bene che non compie, quanto il male che compie, non lo deve alla possibilit, come tu stesso stabilisci, ma lo deve alla sua necessit, come egli patisce e asserisce; egli senza dubbio un uomo insufficiente a fugare le proprie miserie, ma un martello assolutamente sufficientissimo a frantumare le vostre regole. Vuole ci che buono e non lo compie, non vuole ci che male e lo compie: donde questa necessit? La riconoscono bene i dottori cattolici che intendono il discorso dell'apostolo Paolo rivolto da lui anche a se stesso, e non dubitano che tale necessit venga dalla legge che nelle nostre membra muove guerra alla legge della nostra mente e senza la quale non nasce nessun uomo, e vedono detto anche dai santi: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio, per questo che vedono quanto gran bene sia il non concupire nemmeno con la carne le azioni che sono avversate dalla mente, e vedono che i santi lo vogliono e non lo fanno, e vedono che male, anche se la mente non acconsente, concupire tuttavia tali azioni pur soltanto con la carne, e vedono che i santi non lo vogliono ma lo fanno, certamente senza meritare nessuna condanna, poich, distrutto dalla rigenerazione il reato di questo peccato, si oppongono con lo spirito per non portare ad esecuzione ci che concupiscono con la carne; ma non senza qualche loro male, non essendo stata mescolata a loro una natura aliena, ma essendo nella loro mente e nella loro carne la loro natura. Questo modo pio e vero di sentire contro la vostra cliente voi non lo volete ammettere, quasi che lo facciate apposta, perch nel tribunale dove la difendete non si deponga nulla contro di essa, a vostro dispetto, non solo dalla letteratura, ma nemmeno dagli stessi costumi degli uomini e dai gemiti dei santi, e si deponga a favore di essa con

tanto manifesta verit che rimanga non la vostra eloquenza ma la sola vostra impudenza, con la quale non possiate ma vogliate difenderla. Cos' infatti questo vostro sforzo di oscurare le verit aperte con una tempesta di torbida loquacit? Grida l'Apostolo: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio. Grida anche precedentemente: Non sono io a farlo, ma il peccato che abita in me; so infatti che in me, cio nella mia carne, non abita il bene 101. Cos': Non sono io a farlo? Cos' se non ci che spiega successivamente? Dicendo appunto: Io faccio quello che non voglio, indica che lui a fare, e dicendo al contrario: Non sono io a farlo, indica che non lo fa la sua mente consenziente, ma la sua carne concupiscente: concupiscendo appunto agisce la carne, anche se non trascina al consenso la mente. Per questo aggiunge: Io so che non abita in me. E spiega che cosa non abiti in lui dicendo: Cio nella mia carne il bene. Ma siano coteste voci non dell'Apostolo, bens, come volete voi, di un qualsiasi uomo oppresso dalla sua cattiva abitudine, che non pu vincere con la sua volont. Non anche questa abitudine tanto robusta da spezzare e da stritolare con la sua forza le vostre argomentazioni sul possibile e sul necessario, simili alle tavolette da gioco dei ragazzi? Poich, anche se voi non lo volete, c' non solo il peccato volontario e possibile, dal quale libero astenersi, ma altres il peccato necessario, dal quale non libero astenersi e che non gi soltanto peccato, ma pure pena del peccato. E non volete considerare che quanto si compie in ciascuno per la violenza dell'abitudine, da alcuni dotti chiamata una seconda natura, altrettanto stato compiuto per la violenza penale di quel sommo e massimo peccato del primo uomo in tutti coloro che erano presenti nei suoi lombi ed erano destinati a nascere per mezzo della sua concupiscenza nel propagarsi del genere umano: la quale concupiscenza copr nella regione dei lombi il pudore di coloro che peccarono. La volont cattiva del primo uomo nacque dalla sua stessa volont buona. 60. GIUL. Ma perch interessarci dei bambini, quando la questione dei manichei dice che nemmeno l'uomo di et perfetta pecca per sua volont? Infatti la ragione del sorgere del male nell'uomo la sua creazione dal nulla e se d'altronde la sua creazione dal nulla fu per l'uomo una necessit, senza dubbio l'uomo ricev il male non dalla parte del possibile, ma dalla parte del necessario. Il che essendo stato distrutto con una lunga discussione, discorriamo

ancora solo per un poco su questo medesimo argomento allo scopo che a forza di ripeterci esso si chiarisca sempre meglio. Tu chiedi dunque donde sia emersa la stessa volont cattiva nel primo uomo. Io rispondo: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno. Tu chiedi anche donde lo stesso movimento. Io rispondo: Che domandi? Donde pot essere o donde fu costretto ad essere? Se tu dici, come lo hai anche scritto: Donde fu costretto ad essere, io replicher che tu parli in modo infondato e contraddittorio. Tu chiedi infatti chi abbia costretto ad essere ci che non pu essere se non senza coazione di nessuno. Il che dissolvendosi per la sua stessa contraddizione, non ha nessuna forza una questione che non ha ordine logico. Quindi stoltissimamente tu interroghi donde la stessa volont cattiva. Infatti con questo che tu dici: " Donde ", non ricerchi l'occasione della volont cattiva, ma la sua origine, ossia la sua natura. Ma, come se n' discusso sopra, se la volont riceve una natura, perde la definizione di s, per la quale stato detto: Senza coazione di nessuno. Se invece ritiene la definizione di s, esclude la predeterminazione della nativit. Dunque non perch fu fatto dal nulla l'uomo pecc, non perch fu fatto da Dio, non perch fu fatto dalle tenebre, non perch fu fatto di libero arbitrio, ma per questo pecc perch volle, ossia per questo ebbe la volont cattiva perch volle. AG. Noi diciamo, o piuttosto la verit stessa dice che tra gli uomini di et perfetta alcuni compiono il male per volont, altri per necessit, oppure che i medesimi uomini in alcuni casi per volont, in altri casi per necessit. Il che se lo credi falso, guarda a colui che grida: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio. Il quale bisogna ributtartelo in faccia le tante volte che tu nel dire coteste tue opinioni o fingi di non vedere costui o forse non lo vedi. Perch ti ravvolgi in tortuose ambagi? Non ti si dice: Ebbe la necessit di peccare l'uomo, perch fatto dal nulla. Ma te lo dici tu. Fu assolutamente fatto cos da avere da parte del necessario la possibilit di peccare, e il peccato invece da parte del possibile. Ma tuttavia non avrebbe nemmeno la stessa possibilit di peccare, se egli fosse la natura di Dio: sarebbe infatti certamente immutabile e non potrebbe peccare. Quindi non per questo pecc, ma per questo pot peccare perch fu fatto dal nulla. Tra " pecc " e " pot peccare " ci corre moltissimo: il primo la colpa, il secondo la natura. N tutto ci che fu fatto dal nulla pot peccare: non possono infatti peccare gli alberi e le pietre; ma tuttavia la natura che pot peccare fu fatta dal nulla. N un grande beneficio il non

poter peccare, ma un grande beneficio il non poter peccare unito alla beatitudine. Come non un grande beneficio il non poter essere misero, perch tutte le creature che sono incapaci della beatitudine non possono essere misere; ma un grande beneficio essere una natura cos beata da non poter essere misera. Il che sebbene sia un beneficio pi grande, nemmeno piccolo il beneficio che la natura umana sia stata creata in tale beatitudine da poter essere non misera, se lo avesse voluto. Si dice poi che tutte le creature furono fatte dal nulla, ossia da realt che erano nulle, perch intendiamo che quanto stato fatto da ci che era gi, si deve riportare alla prima origine. Dalla terra infatti la carne, ma dal nulla la terra. In questo senso noi diciamo anche che tutti gli uomini sono figli di Adamo, sebbene ciascuno sia figlio di suo padre. Tuttavia tutte le creature che sono state fatte sono mutevoli, perch sono state fatte dal nulla: ossia non erano, e perch Dio le ha fatte sono e sono buone: sono state create infatti dal Bene; n esisterebbero in nessun modo le creature mutevoli, buone in quanto esistono, se non esistesse il Bene immutabile che le creasse. Quindi tutti i mali, che non sono nient'altro che privazioni di beni, sono sorti da creature buone ma mutevoli; e l'angelo appunto e l'uomo, dai quali sono sorti i mali che tuttavia avrebbero potuto anche non sorgere, se quelli non avessero voluto peccare, perch avrebbero potuto anche non volere, li possiamo giustamente dire nature buone, ma non giustamente nature immutabili. Dio poi tanto buono da fare un uso buono anche dei mali, che l'Onnipotente non lascerebbe esistere se non potesse con la sua somma bont farne un uso buono: e da qui piuttosto, cio dal non riuscire a fare un uso buono anche del male, Dio apparirebbe impotente e meno buono. Perci non ti consentito di negare che colui che dice: Io compio il male che non voglio 102, abbia gi preso il male da parte del necessario e non da parte del possibile. Non quindi, come dici tu: Ogni cattiva azione viene non dal necessario, ma dal possibile: si trova invece anche qualche azione cattiva proveniente dal necessario. Vedi adesso come sia crollata la tua macchinazione tanto elaborata. Ma a chi cerca donde sia sorta nel primo uomo la volont cattiva tu reputi di rispondere con pi cautela dicendo: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, quasi che tu non rispondessi con pi brevit e speditezza: Dall'uomo stesso. L'aggiunta appunto: Senza coazione di nessuno l'avresti potuta fare anche qui senza opposizione da parte di nessuno. Chi infatti si opporrebbe a te che diresti la verit se tu

dicessi: La cattiva volont scatt nel primo uomo dall'uomo stesso senza coazione di nessuno? Adesso invece, temendo d'incolpare la natura come se da ci venisse qualche offesa al suo Creatore, e hai detto finalmente quello che da tanto tempo volevi, e non ti sei scostato dalla natura. L'animo infatti natura e nella costituzione dell'uomo una natura migliore di quella del corpo. E da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno hai detto che scatt la volont cattiva. Ti accorgi o no che non pot scattare se non da qualche parte ci che non puoi negare inesistente prima che esistesse? Ma che bisogno c' di cercare donde il movimento dell'animo, quando ben chiaro che un movimento dell'animo non pot scattare se non dall'animo? Il che se neghi impudentissimamente e insulsissimamente, ti si chiede ancora donde sia scattata nel primo uomo la volont cattiva, n ti si lascia pi dire: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, perch lo stesso movimento dell'animo senza coazione di nessuno la volont. Per cui dire: " La volont scatt da un movimento dell'animo " lo stesso che dire: Il movimento dell'animo scatt dal movimento dell'animo, o: La volont scatt dalla volont. O forse tu dici che questo movimento scatt da se stesso e non dall'animo, perch da ci non s'incolpi la natura buona, ossia l'animo stesso? Non lo si condanni dunque per questo: chi sopporter infatti come giusta la condanna dell'animo per un fatto di cui non si pu giustamente incolpare? Ma tu dici: Per questo l'uomo pecc perch volle, per questo ebbe la volont cattiva perch volle. Lo dici con piena verit. Ma se una luce chiarissima non tenebra, dall'uomo scatt la volont cattiva perch egli volle. Noi infatti non diciamo, come ci calunni tu e come mentisci che sia stato da noi anche scritto: Donde questo movimento sia stato forzato ad essere, ma: Donde sia scattato senza essere stato forzato da nessuno, perch e senza che nessuno lo forzasse tuttavia scatt, e non poteva scattare se non da qualche parte ci che prima di scattare non era. Se dunque l'uomo volle, dall'uomo scatt il volere; e cos'era l'uomo prima che da lui scattasse il volere se non una natura buona e un'opera buona di Dio? Il che anche l'uomo cattivo, in quanto egli uomo ed opera di Dio. Resti dunque confuso dalla sua vanit Giuliano, poich Ambrogio disse la verit scrivendo che " i mali sono sorti dai beni " 103. Ma perch senza coazione di nessuno, non colpevole Dio. Quanto poi ad aver permesso l'esistenza dei mali, Dio riceve una lode ancora pi insigne, perch fa di essi un uso giusto e buono.

Invano ti sforzi di difendere la natura viziata. 61. GIUL. La volont dunque, la quale non altro che un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, deve alla natura la sua possibilit e deve a s la effettuazione della volont. sorta infatti nella natura, ma da parte del possibile, non da parte del necessario. Se qualcuno qui dir: Ma cattiva la natura che pot avere cattiva volont, io rispondo: Ma buona la natura che pot avere buona volont. Si direbbe dunque insieme ad un tempo ottima e pessima. Ma l'ordine oggettivo non consente che in un solo e medesimo tempo una sola e medesima realt sia piena di qualit di meriti contrari. Se quindi si reputa per questo " mala " perch ha potuto compiere il male, si creda per questo buona perch ha potuto compiere il bene. Per quale ragione, chiede costui, ha potuto fare anche il male la volont che operava il bene? Io rispondo: Perch questo bene che si dice virt non poteva essere proprio di lei se non fosse stato volontario; ma non sarebbe stato volontario se avesse avuto la necessit del bene, e d'altra parte avrebbe sofferto la necessit del bene se non avesse avuto la possibilit del male. Perch dunque si reggesse il diritto del bene, fu ammessa la possibilit del male. AG. Come vedo, tu non vuoi attribuire alla natura dell'uomo la buona volont nemmeno quando l'uomo fu creato da principio, quasi che Dio non abbia potuto fare l'uomo di buona volont, nella quale tuttavia non lo costringesse a permanere, ma fosse nell'arbitrio dell'uomo sia il voler essere sempre nella volont buona, sia il non esserci sempre, e dalla volont buona mutarsi nella volont cattiva senza coazione di nessuno, come anche avvenne. N infatti l'uomo non ebbe antecedentemente la volont di non peccare e dalla volont di peccare inizi la vita, nella quale Dio lo cre retto e certamente tale da poter gi usare della ragione. Chi infatti sopporter che si dica fatto nelle medesime condizioni in cui nascono ora gli infanti? Pertanto quella perfezione di natura che non davano gli anni ma solo la mano di Dio, non pot se non avere una qualche volont ed una volont non cattiva, perch altrimenti non sarebbe stato scritto: Dio ha fatto l'uomo retto 104. Di buona volont quindi fu fatto l'uomo, pronto ad obbedire a Dio, obbediente nell'accogliere il precetto, che osservasse senza nessuna difficolt finch volesse e trasgredisse senza nessuna necessit quando volesse: n certo l'osservasse infruttuosamente, n lo trasgredisse impunemente. Onde con pio e rispettoso pensiero si deduce che la

prima volont buona fu opera di Dio. In possesso di essa appunto Dio fece retto l'uomo: n infatti mai nessuno retto se non vuole comportamenti retti. Per il che la volont buona a chi la perde non la rende se non colui che la cre, n per altra via si deve ritenere sanabile la necessit del peccato se non per la misericordia di colui per il cui profondo e giusto giudizio tale necessit incolse i discendenti di Adamo, che pecc senza nessuna necessit. Onde l'Apostolo, dopo aver pianto la necessit e la pena del peccato che abitava nella sua carne e lo costringeva a compiere il male che non voleva, indicando subito a chi ricorrere dice: Sono uno sventurato! Chi mi liberer del corpo di questa morte? La grazia di Dio per Ges Cristo nostro Signore 105. Ti avvedi certamente come non corra in soccorso di costui quella possibilit che tu giudichi di aver scoperto come un grande beneficio: essa appunto gi stata perduta, quando si compie il male per necessit e quando l'uomo sotto il male necessario grida: Sono uno sventurato!, ma come in soccorso di costui corra decisamente Dio, con la cui grazia si superano anche quei comportamenti che tu chiami necessari, proprio perch non possono essere diversamente. Ci che infatti impossibile agli uomini, a Dio facile. Per lui non fu una necessit che un cammello non potesse entrare per la cruna di un ago 106, ma piuttosto fu una possibilit che ci entrasse, come la sua carne e le sue ossa furono fatte passare attraverso porte che erano chiuse 107. Invano pertanto ti sforzi di difendere la natura viziata. Se cerchi di fare qualcosa di utile ad essa, adperati perch sia sanata, non perch sia scusata. Lascia che essa stessa si sia fatto il male donde fosse condannata meritamente. Infatti qualsiasi altra cosa tu dica per spiegare donde sia scattata la volont cattiva, negando che essa sia scattata da lei, tu affermi che ingiusta la sua condanna. Che altro dici infatti se non questo: Non ha fatto lei stessa il male donde condannata? Che cosa dunque di pi iniquo che si condanni per un male che non ha fatto lei stessa? Se poi l'ha fatto lei stessa, perch tenti di scusarla ricorrendo al possibile, con il quale si prova che tu l'accusi ancora pi inescusabilmente? Dici infatti: La volont cattiva scatt certamente nella natura, ma dal possibile, non dal necessario. Se questa possibilit al di fuori della natura, si condanni piuttosto la stessa possibilit, donde scatt la volont cattiva, e non la natura. Se invece anche la possibilit appartiene alla natura, a farsi la volont cattiva fu la natura a pi forte ragione perch pot anche non farsela: questo infatti indica la definizione della possibilit sostenuta da te. Nessuno ti dice: Per questo cattiva la natura

perch pot avere la volont cattiva. Noi, contro i quali ora parli, certamente non lo diciamo. Perch ti indugi in chiacchiere superflue? Sicuramente in quello che hai detto: Il bene che si dice virt non sarebbe volontario, se avesse avuto la necessit del bene; ma avrebbe sofferto la necessit del bene, se non avesse avuto la possibilit del male, ti sei dimenticato assolutamente di Dio, la cui virt tanto pi necessaria quanto pi Dio la vuole cos da non poterla non volere. Infatti anche tu nel primo libro di questa tua opera hai detto: Dio non pu se non essere giusto 108. Se questa si deve dire necessit, la si dica senz'altro, purch tuttavia rimanga fermo che nulla pi felice di questa necessit, per la quale tanto necessario che Dio non viva male quanto necessario che viva sempre e che viva beatissimamente. N infatti tale necessit teme le tue parole, nelle quali tu non hai voluto dire: Avrebbe avuto la necessit del bene, ma hai preferito dire: Avrebbe sofferto la necessit del bene, se non avesse avuto la possibilit del male, per far apparire che evidentemente Dio ha risparmiato all'uomo di soffrire la necessit del bene come qualcosa di dannoso senza avere la possibilit del male: necessit del bene che un beneficio tanto grande da essere riservato in premio ai santi, che tu hai dimenticato pari pari come Dio. N infatti vivremo allora senza la virt, quando ci sar concesso di non poterci pi allontanare dal Signore, poich non potremo nemmeno volerlo. Sar infatti per noi un bene cos certo quello per cui saremo sempre con il Signore 109, come stato promesso, da non volere recedere da Dio e da non poterlo volere. Non dunque vero che non ci sarebbe la virt in noi, se la volont cattiva noi non l'avessimo in modo da poterla anche altrimenti avere, ma per il merito di questa virt minore dovette accedere a noi in premio la virt maggiore di non avere la volont cattiva in tal modo da non poterla nemmeno avere. O " desideranda " necessit! La doner la verit, perch sia certa la sicurt, senza la quale non pu esserci quella nostra ormai piena felicit, a cui non c' pi nulla da aggiungere. La volont cattiva imputabile a chi amministra male la propria possibilit. 62. GIUL. Questo per si pu ritorcere in senso contrario per dire: Ma la natura stata apprestata per il male: infatti, poich il male volontario non poteva esserci se ci fosse stata la necessit del male, per questo fu data la possibilit del bene per preparare al male la sua propria facolt. Il che un ragionamento senza dubbio

acuto, ma insano: tutte le creature infatti si valutano dalla loro parte migliore, e a ci si aggiunge inoltre la dignit dell'Autore, ossia di Dio, il quale non fece l'animale libero per le azioni che avrebbe punito, ma diede la possibilit dei contrari proprio perch intendeva ricompensare il bene e il male. Tuttavia per non voglio combattere su questo punto, ma permetto qualcosa alla calunnia per non " prescrivere " nulla con l'autorit dell'Artista. Questo comunque segue necessariamente: la possibilit di fare il bene e il male viene rimossa dall'effettuazione dell'una e dell'altra volont. E con questo si prova che da parte del necessario non proviene la causa n della virt n del vizio. Ci si lasci fare agli onesti questo torto: quando si vedono combattere contro i disonesti, non si ascriva il merito della volont n a quella buona n a quella cattiva. La volont ha dunque la testimonianza della sua nobilt nella propria innocenza, perch piena tassativamente del volontario, n buono n " malo ". La possibilit dunque di volere ascrivila alla natura, ma non ascrivere alla natura il volere, n il bene n il male. Invincibilmente quindi si concluso che la volont " mala " sorta, s, nell'opera di Dio, ma dal possibile e non dal necessario. Il male non si pu addebitare al Datore della possibilit, ma al governatore della stessa possibilit. AG. N la volont buona, n la volont cattiva tu concedi di ascrivere alla natura, ma solo la possibilit di una volont o buona o cattiva; sebbene sia una natura e l'angelo e l'uomo. L'uno e l'altro dei quali, se non gli si deve ascrivere, come dici tu, una volont buona o cattiva, n merita onore per la volont buona, n merita condanna per la volont cattiva. Che cosa infatti pi iniquo del giudicarlo degno di condanna per un male che non si deve ascrivere a lui? Oppure l'angelo e l'uomo non sono nature? Chi parla cos all'infuori di chi non sa quello che dice? Alla natura quindi si ascrive ci che si ascrive all'angelo, alla natura si ascrive ci che si ascrive all'uomo: ma ad una natura che fu creata buona dal Dio buono e fu fatta cattiva dalla volont propria. E per questo il male che si ascrive a queste nature, giustissimamente non si ascrive al loro Creatore, perch nella loro prima creazione egli non le cre tali che in esse ci fosse una qualche necessit di avere la volont cattiva, ma tali che in esse ci fosse solamente la possibilit; dove la buona volont acquistasse il merito e, se non tradita, trovasse il premio; se tradita, trovasse il castigo. Perch dunque con la malizia della volont cerchi di scusare la natura, alla quale appartiene il volere o il non volere? Infatti la volont cattiva non se non di colui che

vuole, o angelo o uomo, dei quali non possiamo dire in nessun modo che non siano nature. Per quale ragione, domando, ascrivi all'uomo la volont cattiva, perch possa essere punito non ingiustamente per il merito della volont cattiva, e ci che ascrivi all'uomo non lo vuoi ascrivere alla natura, quasi che in qualche modo l'uomo possa non essere una natura? Quanto sarebbe meglio che tu parlassi in maniera sana e dicessi che la volont cattiva dell'uomo non appartiene se non ad una qualche natura, perch ogni uomo una natura; ma che questa natura, quando fece il male per la prima volta, non ebbe la volont cattiva dalla parte del necessario, bens dalla parte del possibile, dal momento che con questi nomi ti piaciuto discernere questi due concetti, nel primo dei quali s'intende ci che accade necessariamente, nel secondo invece ci che pu certamente accadere, ma non necessariamente, perch pu anche non accadere! Questo si dice con tutta verit del peccato del primo uomo o dei primi uomini. Resta colui che grida: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio 110. Compie appunto il male per necessit chi non lo vuole e lo fa, e rompe la regola che tu hai inventato con temeraria loquacit dicendo: Si prova che da parte del necessario non proviene la causa n della virt n del vizio, mentre invece si prova che la causa del male proviene qui dalla necessit. N infatti o non un vizio il fare il male, o non una necessit il non fare il bene che uno vuole e il non volere il male e tuttavia compierlo, o al contrario noi non avremo la felice necessit anche della virt, quando la nostra natura sar colma di tanta grazia, e Dio sar tutto in tutti 111 al punto che niente si possa volere malamente. Virt appunto la giustizia, e a noi si promette un cielo nuovo e una terra nuova nei quali avr stabile dimora la giustizia 112. Oppure, se tu, eventualmente turbato, dici di avere inventato cotesta regola per la vita presente e non per la futura, io non combatto con un vinto: tu non neghi certamente che riguardi la vita presente il testo dove vedi l'uomo volere il bene e non farlo, e non volere il male e compierlo, e contro la tua regola ti trovi costretto ad attribuire questo vizio alla necessit, non alla volont. Da questa necessit per, con la quale nascono anche i bambini, ma che comincia ad apparire nel crescere dell'et, chi libera l'uomo sventurato se non la grazia di Dio per Ges Cristo nostro Signore 113? Della quale grazia voi nemici, confidate nella vostra forza; e contro le testimonianze divine, che condannano quanti confidano nella propria forza 114, voi discutete con empia superbia.

Apparisce che sei troppo cieco. 63. GIUL. Rimanga dunque aderente all'animo del prudente lettore la grande differenza che c' tra i comportamenti che vengono dal possibile e quelli che vengono dal necessario; e tutti gli elementi naturali li aggiudichi ai necessari, ai possibili invece i comportamenti volontari; e risolva tutte le questioni con la parte da cui hanno avuto origine. Poich se il lettore vaga con cieco giudizio dall'una all'altra parte, precipita quasi ad ogni parola in errori innumerevoli. Il che essendosi reso ben chiaro, apparisce che tu sei stato proprio troppo cieco nel concludere: Come il male, che non esisteva da nessuna parte, pot sorgere nell'opera di Dio, cos anche il male che gi esisteva pass " naturaliter " nell'opera di Dio. Vedi infatti da quale errore tu sei stato travolto: il peccato concepito dalla prima volont, il peccato che venne dal possibile, tu lo dici mutato in necessit, perch, come pot sorgere un movimento libero dell'animo, cos senza un movimento libero il peccato passasse nella necessit degli elementi naturali. Ma cerca di capire che degli elementi necessari autore Dio. Se dunque Dio fa nelle nature ci che l'animo ha fatto nelle colpe, necessario che Dio sia altrettanto reo quanto quello di cui condanna la volont. Anzi di pi: infatti quanto pi del possibile il necessario, tanto pi scellerato ingenerare che praticare il peccato. E sebbene la natura delle cose non accetti questo, tuttavia dimostrer qui che la tua opinione su Dio molto peggiore di quella di Manicheo. Il Dio di Manicheo infatti lo mutilarono certe guerre per cos dire improvvise, il tuo Dio invece lo corruppero crimini antichi e moltiplicati. E con questo tu non dissenti dai cattolici solo sulla questione, ma anche addirittura su Dio: tu non onori lo stesso Dio che noi veneriamo nella Trinit, giustissimo, onnipotentissimo, inviolabile. Dunque un effetto della volont non pot penetrare nella natura, e noi giustamente abbiamo detto che l'opera del diavolo non si lascia passare nell'opera di Dio. Opera infatti del diavolo e dell'uomo cattivo il peccato, che non pu esistere in nessuno senza un movimento della volont libera. La quale opera del peccato e al diavolo e all'uomo venne e viene dal possibile. Opera invece di Dio la natura, nella quale l'uomo non sussiste dal possibile, ma dal necessario, e la quale per un lungo periodo di tempo senza la volont, perch la forza della volont si sente ad una certa et. Finch dunque la natura senza la volont, essa solamente opera di Dio: ma questa natura non pu avere il peccato che non ha fatto. stato dunque detto inconfutabilmente: " L'opera del diavolo non si

lascia passare nell'opera di Dio ". Non meno falsa che empia poi la tua affermazione: L'opera dell'opera di Dio passa nell'opera di Dio. Questo infatti come dire: Pecca anche Dio, perch pecc l'uomo che Dio fece. Infatti come in nessuna parte c' il peccato all'infuori che nell'opera dell'uomo: n infatti, quando l'uomo ha peccato, si aggiunge qualcosa alla sua sostanza che vi faccia risaltare il peccato, ma semplicemente l'opera cattiva commessa con la volont cattiva procura un merito cattivo anche a colui che ha fatto l'opera, in modo da dirsi " malo " chi fece i mali, cos pure se il tuo Dio fece il male nella sua opera, non accede certamente nulla alla sostanza di Dio, come nemmeno alla sostanza dell'uomo, tuttavia si procura a Dio un merito turpissimo, in modo che Dio si dica " malo " per il male che ha fatto. Un bambino ben si prova non essere reo alla sua et, perch ha la malizia da parte del necessario: la quale malizia se il diavolo non l'avesse da parte del possibile, non potrebbe essere reo nemmeno lui. Ma Dio, che il vero Dio dei cristiani, non fa il male, e anche il bambino prima dell'arbitrio della propria volont non ha niente all'infuori di quanto fece in lui Dio. Nessun peccato quindi pu essere naturale. Ma poich con grande sollecitudine abbiamo sfondato gli antri dell'antico errore e non rimasto nulla di occulto su questa questione, mantenga il lettore diligente la distinzione del necessario e del possibile, e rider non meno delle fantasticherie dei manichei che di quelle dei traduciani. AG. Agli occhi di coloro che intendono le pagine che leggono, cos da intendere anche i tuoi ragionamenti, nient'altro tu hai ottenuto ripetendo con tanta oscurit eadem per eadem all'infuori di questo: non valendo tu a demolire la nostra risposta contenuta in un solo mio libro, da te preso a confutare con otto dei tuoi, apparisse che l'hai voluta oscurare. Agli occhi invece di coloro che non intendono questi ragionamenti hai ottenuto almeno che proprio perch non intendono, per questo reputino che tu abbia detto qualcosa. doveroso pertanto ricordare brevemente ad essi di che si tratti ora, perch, rimosse le nebbie della tua loquacit, guardino a quella stessa mia dottrina e vedano quanto sia invitta. Tu infatti avevi detto: Se la natura opera di Dio, non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio. A questo io: Che cos', scrivo, quello che dice costui: Se la natura opera di Dio, non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio? Non forse vero che l'opera del diavolo, quando sorse la prima volta nell'angelo che divent diavolo, sorse nell'opera di Dio? Per cui se il male, che non

era assolutamente in nessuna parte, pot sorgere nell'opera di Dio, per quale ragione il male che era gi in qualche parte non pot passare nell'opera di Dio, soprattutto usando l'Apostolo lo stesso verbo nel dire: " E cos pass in tutti gli uomini" 115? Forse che gli uomini non sono opera di Dio? Pass dunque il peccato negli uomini, ossia l'opera del diavolo nell'opera di Dio e, per dire la medesima verit in un altro modo, l'opera dell'opera di Dio pass nell'opera di Dio. E perci solo Dio di una bont immutabile e potentissima, il quale e prima che esistesse qualsiasi male fece buone tutte le sue opere, e dai mali che sono sorti nei beni fatti da lui, opera sempre bene 116. Turbato tu da questa evidenza oggettiva, hai pensato di dover ottenebrare gli occhi degli uomini con una lunga e inutile discussione sul possibile e sul necessario, perch con il lancio di cotesta caligine tu non fossi costretto a sottrarre la tua vana sentenza alla distruzione, ma la nascondessi perch non si vedesse giacere distrutta. Se appunto dal necessario o dal possibile, cosa interessa alla nostra questione? Certamente l'angelo e l'uomo peccarono: o dunque osa dire che l'angelo e l'uomo non sono nature, o, poich non sei cos insano da osarlo, sei costretto a convincerti che peccando l'angelo pecc una natura, sei costretto a convincerti che peccando l'uomo pecc una natura. Ma pecc, tu dici, da parte del possibile, non da parte del necessario. Questo vero: tuttavia l'angelo pecc, tuttavia l'uomo pecc, tuttavia la natura pecc, e cos pecc l'opera di Dio che l'angelo, che l'uomo, e pecc senza coazione da parte di Dio, ma per la sua volont cattiva, che avrebbe potuto anche non avere. Ignominia dunque a quella natura che, pur essendo stata fatta buona e pur non essendo stata coatta a fare il male, tuttavia fece il male; gloria invece a Dio, il quale e fece buona la natura e dal male che egli non fece fa il bene. Quindi, poich con tali e simili ragioni, vere e cattoliche, si pu e difendere ed esaltare la natura creatrice, e si pu incolpare e riprendere la natura peccatrice, poich inoltre la stessa natura peccatrice si pu lodare in quanto la fece Dio e si pu incolpare in quanto defezion da Dio, senza coazione da parte di nessuno, e nei posteri ricev il suo merito, (nasce appunto in ogni singolo uomo senza la volont la medesima natura che in un solo uomo pecc per la sua volont); chi ti ha precipitato a dire, chi ti ha sommerso a scrivere: Se la natura opera di Dio, non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio? O sordo nelle voci sante! O cieco nelle invenzioni tue! Il peccato non forse opera del diavolo? Non forse passato il peccato in tutti gli uomini che sono

opera di Dio? Non forse opera del diavolo la morte che pass con il peccato, specialmente la morte che voi dite l'unica ad essere stata causata dal peccato, cio non la morte del corpo, ma la morte dell'anima? Non pass forse in tutti gli uomini che sono opera di Dio? Ma pass per l'imitazione, come dite voi. Tuttavia pass negli uomini che sono opera di Dio. Ma pass da parte del possibile, non da parte del necessario. Di' tutto quello che ti piace: tuttavia pass negli uomini che sono opera di Dio. Tu invece senza nessuna eccezione hai detto: Non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio, e questa tanto perspicua vanit della tua sentenza, per diventare ancora pi vano, con tanta loquacit ti sei sforzato non di difenderla perch fosse assolta, ma di coprirla perch non fosse vista. Se non ti erano venute in mente le parole dell'Apostolo che ti avrebbero proibito di dirlo, per quale ragione, ti prego, non hai fatto attenzione che esistere nell'opera di Dio per l'opera del diavolo pi che passare nell'opera di Dio? Mentre dunque confessi il primo fatto, per quale ragione neghi il secondo? O forse possibile quello che vuoi e non possibile quello che non vuoi? Abbia piet di te Dio, perch tu smetta di essere vano. Ma questa tua sentenza l'abbraccia volentieri come sua amica Manicheo e argomenta cos: Se non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio, molto meno si lascia all'opera del diavolo di esistere nell'opera di Dio: donde dunque il male se non donde diciamo noi? Ma noi cattolici rispondiamo ai manichei: Ditelo a Giuliano, non a noi. Il principe di questa sentenza stato gettato fuori: non sia mai che ci pregiudichi uno che con voi deve essere vinto da noi, o piuttosto uno che con voi gi stato vinto da noi. I cattivi Dio li crea e li nutre. 64. GIUL. Quell'altra perla pertanto hai tirato fuori dalla tua medesima ebetudine. Dici infatti: Cos Dio crea i cattivi, come pasce e nutre i cattivi 117, perch nel Vangelo stato scritto che Dio " fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti " 118. Ci che infatti tu hai reputato correlativo contrario in lungo e in largo. Che Dio infatti pasca anche i peccatori, che Dio sia benigno verso gli ingrati e i malvagi testimonianza di piet, non di malvagit da parte di lui, che non vuole appunto la morte di chi muore, ma vuole che si converta e viva 119, n punisce subito gli erranti, n lo fa se non perch la sua bont indulga un tempo di penitenza. A tale proposito dice infatti l'Apostolo: Ignori forse che la bont di Dio ti spinge alla

conversione? Tu per con la tua durezza e con il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te 120. Anche presso i licaoni e gli areopagiti spiega che Dio nemmeno nei tempi dell'ignoranza su cui pass sopra fece mancare le prove della sua provvidenza. Scrive: Non ha cessato di dare prova di s, concedendo a loro dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendoli di cibo e riempiendo di letizia i loro cuori 121. Che egli dunque faccia piovere sui buoni e sui malvagi dimostrazione della sua benevolenza, che per questo conserva e attende gli erranti perch una buona volta si allontanino dal male e facciano il bene. Tanto dunque vuole che non si faccia il male da nutrire pure gli ingrati per amore della emendazione umana. Di fronte a questo indizio di piet perfetta ci che tu affermi: Crea i cattivi, al contrario una testimonianza di iniquit perfetta. Accorgiti dunque quanto non sappia come parli tu che hai voluto provare la crudelt di Dio con un esempio della sua misericordia. un bene infatti nutrire anche i malvagi perch si correggano, se vogliono; una scelleratezza invece fare cattivi i bambini, perch essi, che non possono volere, siano tuttavia costretti ad essere iniqui. La liberalit dunque esercitata verso i peccatori li distoglie dai mali, non li costringe ai mali. Viceversa la creazione dei cattivi non distoglie dalle pessime azioni, ma sospinge a tutte le infamie e l'opera e l'operatore. Tu farnetichi dunque quando dici: "Dio crea il male ", ma farnetichi ancora di pi quando intendi dimostrarlo con una testimonianza del Vangelo, e per giunta con una testimonianza dove si ha un grande argomento della bont divina. Sii dunque attento con quanta pi forza si ritorca adesso: Dio che pasce anche i malvagi per farli essere buoni con la sua pazienza, manifesto che non crea i cattivi. Se poi crea i cattivi, allora n ama, n compensa i buoni, n pu egli stesso infine avere qualcosa di buono, perch pi efficacemente e pi violentemente di qualsiasi cattiva volont nuoce la potenza creatrice non solo dei mali possibili, ma anche dei mali necessari. Il che non addicendosi al Dio dei cristiani, ossia a colui che chiamato " Padre misericordioso e Dio di consolazione " 122, a colui i cui giudizi sono proclamati tutti giusti 123, a colui del quale si dice che ha fatto con saggezza tutte le cose 124, voi, come i manichei, non siete in comunione con noi nella estimazione del nostro Dio. Ad onorare un tutt'altro autore, simulato tuttavia dal furore di Mani, vi hanno trascinato le stolte invenzioni e i peccati genitali. AG. Far quello che non hai fatto tu, e che m'interessa dire anche per quale ragione tu non lo abbia fatto? Coloro che leggono

giudichino. stata infatti la tua affermazione: Secondo il nostro modo di sentire Dio fa gli uomini per il diavolo, a condurmi nella mia risposta a coteste parole delle quali tu hai riportato quello che hai voluto; ma io ricorder, anche se tu non lo vuoi, quello che hai reputato di dover tralasciare. Dunque tra le mie considerazioni, che sarebbe troppo lungo dirle tutte, io scrivo: Che forse come figli della perdizione pasce per il diavolo i capri della parte sinistra 125, per il diavolo li nutre e li veste, per il fatto che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti 126? Cos pertanto crea i cattivi come pasce e nutre i cattivi, perch ci che attribuisce ad essi creandoli appartiene alla bont della natura, e con l'incremento che d ad essi pascendoli e nutrendoli concede un buon aiuto, non certo alla loro malizia, ma alla medesima natura che stata creata dalla sua bont. Infatti in quanto sono uomini c' la bont della natura, della quale autore Dio; in quanto invece nascono con il peccato, perituri quelli di essi che non rinascono, ci appartiene al seme maledetto fino dall'inizio 127 , per il vizio di quell'antica disobbedienza. Del quale vizio fa tuttavia un buon uso il plasmatore anche dei vasi d'ira, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia, perch chiunque, pur appartenendo alla medesima massa, venga liberato per grazia, non lo attribuisca ai suoi meriti, ma chi si vanta si vanti nel Signore 128. Dopo queste righe io ho soggiunto: Da questa fede apostolica e cattolica, veracissima e fondatissima, allontanandosi costui con i pelagiani, non vuole che i nascenti siano sotto il diavolo, perch i bambini non siano portati al Cristo, per essere liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno del Cristo stesso 129. E cos costui accusa la Chiesa diffusa in tutto l'orbe, nella quale dovunque tutti i bambini battezzandi non si essufflano se non perch sia buttato fuori da loro il principe del mondo 130, dal quale necessario che siano posseduti i vasi d'ira quando nascono da Adamo, se non rinascono nel Cristo e se non sono trasferiti nel suo regno, fatti per grazia vasi di misericordia 131, e tutte le altre cose che ivi legger o ascolter leggere chi vuole e pu. Ora dunque, poich, tralasciati questi testi che sorreggono e proteggono i testi che hai riportati, tu hai stimato di riportarli cos come se tu li assalissi da ladrone nel deserto senza che nessuno li difendesse, leggano questi testi coloro che vogliono sapere che cosa tu abbia combinato, o piuttosto ritornino ad esaminare il medesimo libro dal quale li ho riportati io, e vedano che rimangono fermissime le verit che tu hai tentato di scrollare come malferme. Che ti giova

quindi l'avermi obiettato coloro dei quali la pazienza di Dio aspetta la correzione attraverso la penitenza e sopra i quali fa sorgere per questo il suo sole e fa scendere la pioggia, quando io ti ho opposto i capri della parte sinistra, che Dio, conoscitore in anticipo di tutti gli eventi futuri, non pu ignorare che sarebbero vissuti fino alla fine senza penitenza nella empiet e nelle loro scelleratezze e per questo avrebbero meritato di essere puniti con il supplizio eterno? N Dio rifiuta il bene della sua creazione a coloro ai quali converrebbe non nascere nemmeno, n rifiuta il bene della sua nutrizione e della sua conservazione, diuturna quanto gli piaccia, a coloro ai quali converrebbe morire quanto prima. Tra i quali ci sono certamente moltissimi che, se fossero rapiti da questa vita nell'infanzia, sarebbero sottratti secondo la vostra falsa eresia assolutamente ad ogni condanna e secondo invece la fede cattolica ad una gravissima condanna. Cos' poi il fatto che tra i capri della parte sinistra, destinati al fuoco eterno nella infallibile prescienza di Dio, ci sono molti che, lavati dal lavacro della rigenerazione, in seguito o si perdono per apostasia o vivono cos scelleratamente e ignominiosamente da essere assegnati senza dubbio alla medesima parte sinistra, e non sono rapiti, come alcuni, perch la malizia non muti i loro sentimenti 132? N che Dio non conferisca ad essi un cos grande beneficio glielo impedisce la necessit del fato, n per conferirlo ad altri lo corrompe la preferenza delle persone. Che fanno qui quei tuoi possibili e quei tuoi necessari, che raccomandi di distinguere diligentemente, che fanno qui dove, non sapendo tu quello che dici, sa bene quello che fa colui i cui giudizi possono essere occulti, ma non possono essere ingiusti? Non quindi ingiusto che si conferiscano beni ai cattivi, ma ingiusto che si infliggano mali ai buoni. Di' dunque per quale giustizia i bambini soffrano tanto grandi mali, che a noi rincresce ricordare spesso, mentre voi non vi vergognate di introdurre i medesimi mali nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato. Gli uomini non si creano cattivi, tu dici, ossia tali da contrarre il peccato originale: per quale giustizia sono oppressi sotto un pesante giogo fino dal giorno della loro nascita dal grembo materno 133? Nel quale giogo c' una miseria cos grande che pi facile per noi deplorarla che spiegarla. Tu dici che il peccato non pu mutarsi da possibile in necessario, ossia da volontario in non volontario: il che abbiamo dimostrato che stato possibile in colui che dice: Io compio il male che non voglio 134. Voi attribuite questo alla violenza dell'abitudine, non ai vincoli dell'origine viziata; tuttavia voi vedete che il peccato

ha potuto convertirsi da possibile in necessario, n arrossite delle vostre regole distorte e fallaci. Che qualcosa di tal genere sia potuto accadere all'intero genere umano a causa di un solo uomo, nel quale furono presenti tutti, non lo volete ammettere; e tuttavia che sotto la cura di un Dio onnipotentissimo e giustissimo i bambini stiano pagando pene tanto numerose e tanto grandi non lo negate, perch, se lo negate, vi tappano la bocca e vi strappano gli occhi. Non vi accorgete dunque chi fate ingiusto riconoscendo le evidentissime pene e negando assolutamente nei bambini la presenza di meriti cattivi? Falsa ed empia ti sembrata la mia affermazione: L'opera dell'opera di Dio passa nell'opera di Dio. Certamente, perch l'angelo opera di Dio. Il peccato dunque, che opera dell'angelo, opera dell'opera di Dio, non di Dio stesso. E per queste mie parole mi accusi come se avessi detto: " Pecca anche Dio, perch pecc l'uomo che Dio fece ", ci che io non ho detto. Pecc appunto l'opera di Dio, ossia l'angelo o l'uomo; ma peccarono per l'opera loro, non per l'opera di Dio. Essi sono infatti un'opera buona di Dio, mentre il loro peccato un'opera cattiva di loro stessi, non di Dio. Ma cos' peggio, dire: " Pecca anche Dio, perch pecc l'uomo che Dio fece ": ci che io non ho detto; o negare cos il peccato originale che la pena ingiusta del bambino nient'altro sia che un peccato di Dio? Il quale peccato se non pu ricadere in Dio, giusta dunque la pena del bambino; ma se giusta, lo per un peccato. Nessuno dunque in mezzo a pene tanto numerose e tanto grandi dei bambini pu predicare giusto Dio e negare il peccato originale. Sarebbe pertanto una prova d'iniquit, dice Giuliano, creare i cattivi, se il male che li fa " mali " lo avesse creato Dio stesso. Ma ora poich gli uomini sono " mali ", e Dio crea in essi l'essere uomini, segue poi in essi l'essere " mali " a causa della natura viziata dal peccato, certamente anche quando Dio crea gli uomini " mali ", un bene ci che Dio stesso crea, perch gli uomini sono "mali " per un vizio che non per nulla una natura e Dio invece crea una natura che non un vizio, per quanto sia stata viziata. Ma attribuire il bene della creazione ad una stirpe viziata e giustamente condannata pari pari come attribuire il bene della vita e della salute anche ad un uomo " malo " per il fatto che uomo e non per il fatto che " malo ". Quanto poi alla tua affermazione che una scelleratezza fare cattivi i bambini, perch essi, che non possono volere, siano comunque costretti ad essere iniqui, io replico: Coloro che non esistono, non possono essere costretti in nessun modo a qualcosa. Se invece esistono gi, non

certamente ancora per la propriet della loro persona e condizione, ma per l'occultissima forza del seme, come Levi nei lombi di Abramo 135, nel seme, per il vizio che viene alla natura dal peccato del primo uomo, sono gi " mali ", e non sono costretti dalla creazione di Dio ad essere " mali " i bambini che non possono nemmeno volere. Guarda bene alle meraviglie della grazia del Cristo, della quale voi siete miseri nemici. Ecco, i bambini che non possono volere o non volere il bene o il male, tuttavia, quando, riluttanti e anche reclamanti in lacrime, rinascono con il sacro battesimo, sono costretti ad essere santi e giusti. Infatti senza dubbio, se moriranno prima dell'uso di ragione, saranno santi e giusti nel regno di Dio per quella grazia alla quale non sono arrivati in forza di una loro possibilit, ma di una necessit, conducendo senza fine le loro vite sante e giuste, calpestando e rompendo le tue regole sul possibile e sul necessario. Ma senza dubbio non voler compiere il male qualcosa di pi che n non volere il male n volere il male, e tuttavia non voleva il male e lo compiva colui che diceva: Io compio il male che non voglio. Io pertanto non farnetico n dico: " Dio crea il male ". Infatti il bene lo crea Dio, che anche dalla stessa natura viziata non crea il vizio, ma la natura. Contrae per il vizio la natura, non per l'operazione di Dio, ma per una giusta punizione di Dio. Sta' attento invece se non farnetichi tu, ammesso che tu non farnetichi molto, tu che attribuisci a Dio non di fare il male penale che giusto, ma di fare il male che si chiama iniquit. Che altro male infatti fa Dio ai bambini, non rei di nessun male, se ad essi infligge o lascia infliggere tanto grandi mali? Ma tu non devi essere apostrofato e redarguito da noi, bens dovresti essere essufflato ed esorcizzato, se tu lo potessi, dalla Chiesa universale, dalla quale dici che sono essufflati ed esorcizzati invano i bambini.

1 - Eb 5, 14. 2 - Cf. Eb 12, 14. 3 - Cf. Gn 2, 19. 4 - Cf. Sal 143, 4. 5 - Sap 5, 4-5.

6 - Cf. Eb 11, 25. 7 - 1 Cor 15, 32. 8 - Cf. Sal 144, 13. 17. 9 - Dt 5, 9. 10 - Cf. Gb 14 (sec. LXX). 11 - Dn 3, 17-18. 12 - Cf. Sir 40, 1. 13 - De nupt. et concup. 2, 25. 14 - Ibidem. 15 - Cf. Mc 9, 20. 16 - De nupt. et concup. 2, 25._ 17 - Gn 1, 21. 28. 18 - Mt 26, 28. 19 - 2 Cor 5, 14-15. 20 - Rm 8, 10. 21 - De nupt. et concup. 2, 26. 22 - VERG., Georg. 3, 130-137. 23 - Sal 143, 4. 24 - Cf. Sap 9, 15. 25 - Cf. Gn 37-50. 26 - Cf. Eb 7, 5-10. 27 - Cf. 1 Cor 15, 53. 28 - Cf. Rm 7, 24.

29 - Cf. Qo 7, 30. 30 - Cf. De nupt. et concup. 2, 28. 31 - 1 Cor 15, 36-38. 32 - De nupt. et concup. 2, 14, 29. 33 - Cf. Gn 1, 31; Sir 39, 21. 34 - Cf. Gn 3, 16. 35 - De nupt. et concup. 2, 15, 30. 36 - Cf. Sap 9, 15. 37 - Gn 3, 11. 38 - Cf. Qo 7, 30. 39 - Rm 1, 27. 40 - De nupt. et concup. 2, 20, 35. 41 - Cf. CICERO, De divin. 2. 42 - Rm 7, 18. 43 - Cf. AMBROSIUS, In Lc. 7, 12, 53. 44 - De nupt. et concup. 2, 26, 43. 45 - Mt 12, 33. 46 - Rm 5, 12. 47 - Rm 8, 10. 48 - Mt 7, 16-18. 49 - Lc 6, 45. 50 - Mt 12, 33-35. 51 - Rm 7, 19.

52 - Cf. Mt 8, 12. 53 - Cf. Gal 3, 11. 54 - Cf. Rm 10, 17. 55 - Ef 2, 3. 56 - Cf. Eb 13, 4. 57 - Lc 6, 44; Mt 7, 16. 58 - Cf. Prv 19, 14 (sec. LXX). 59 - De nupt. et concup. 2, 23, 38. 60 - Ibidem. 61 - Cf. Rm 8, 10. 62 - AMBROSIUS, De paenit. 1, 2, 2. 63 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 64 - Rm 7, 20. 65 - Mt 1, 21. 66 - De nupt. et concup. 1, 7, 8. 23, 26. 67 - Cf. Sal 148, 5. 68 - Sal 13, 1. 69 - Cf. AMBROSIUS, De paenit. 1, 2, 2. 70 - Cf. AMBROSIUS, In Lc. 7, 12, 53. 71 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 72 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 73 - Cf. supra 5, 26. 74 - Cf. Qo 7, 30.

75 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 76 - Cf. supra 5, 24. 77 - Ef 6, 12. 78 - Rm 7, 15. 79 - Sal 24, 17. 80 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 81 - AMBROSIUS, De Isaac et anima 7, 670. 82 - Cf. Rm 5, 12. 83 - Cf. Dn 3, 72. 84 - Cf. Rm 1, 27. 85 - Cf. Es 21, 28-32. 86 - Cf. Dt 22, 8. 87 - 1 Gv 3, 8. 88 - Cf. Sal 50, 18. 89 - Cf. Fil 1, 19. 90 - Rm 7, 19. 91 - Ibidem. 92 - Rm 7, 19._ 93 - Rm 7, 15. 19. 24. 94 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 95 - 2 Tm 2, 13. 96 - Qo 7, 30. 97 - Prv 8, 35 (sec. LXX).

98 - Fil 2, 13. 99 - Cf. Gc 3, 15. 100 - Rm 7, 19. 101 - Rm 7, 17-19. 102 - Rm 7, 19. 103 - Cf. AMBROSIUS, De Isaac et anima 7, 670. 104 - Qo 7, 30. 105 - Rm 7, 24-25. 106 - Cf. Mt 19, 24. 26. 107 - Cf. Gv 20, 26. 108 - Cf. supra 5, 28. 109 - 1 Ts 4, 16. 110 - Rm 7, 19. 111 - Cf. 1 Cor 15, 28. 112 - Cf. 2 Pt 3, 13. 113 - Rm 7, 25. 114 - Cf. Ger 17, 5. 115 - Rm 5, 12. 116 - De nupt. et concup. 2, 28, 48. 117 - De nupt. et concup. 2, 17, 32. 118 - Cf. Mt 5, 45. 119 - Cf. Ez 18, 32. 120 - Rm 2, 4-5.

121 - At 14, 15-16. 122 - Cf. 2 Cor 1, 3. 123 - Cf. Sal 118, 75. 124 - Cf. Sal 103, 24. 125 - Cf. Mt 25, 33. 126 - Cf. Mt 5, 45. 127 - Cf. Sap 12, 11. 128 - 2 Cor 10, 17. 129 - Col 1, 13. 130 - Gv 12, 31. 131 - De nupt. et concup. 2, 17, 32. 18, 33. 132 - Cf. Sap 4, 11. 133 - Cf. Sir 40, 1. 134 - Rm 7, 19. 135 - Cf. Eb 7, 9-10. LIBRO SESTO La vostra strada novizia. 1. GIULIANO. Non dubito che sulla nostra contesa ci sia stata finora una opinione di questo genere: si credeva appartenesse pi ad una questione involuta che alla sostanza della fede. Coloro appunto che si agitano lontani dagli impegni spirituali, sono mossi soltanto dai venticelli della fama e, spauriti dalla odiosit dei tempi, n tenendo a loro presidio la verit acquisita (quasi sempre nei momenti di trepidazione a nessuno si crede meno che a se stessi), giudicano pi sicura la strada che pi frequentata.

AGOSTINO. Tanto pi frequentata la nostra strada quanto pi antica, perch la strada cattolica; la vostra strada invece tanto meno frequentata quanto pi novizia, perch eretica. Concili criminali. 2. GIUL. Nel caso presente poi questo accaduto per due ragioni: e perch la sentenza dei manichei stata approvata dall'alto di concili criminali, e perch le tempeste delle persecuzioni che si sono sollevate distolgono gli sprovveduti di spirito dal favorire la verit. AG. Come pu essere pi frequentata la strada che segue la sentenza dei manichei, se essi sono rarissimi? O in che modo soffrite la persecuzione per la verit voi che sottraete i bambini al Salvatore? Le cause che fanno pi affollata la difesa dei vizi. 3. GIUL. Una parte quindi di persone che hanno preoccupazioni di volutt e di paura, la lussuria che si accompagna alle folle o dell'arena o del circo o del teatro, smaniosa di mettere avanti come pretesto in tutte le scelleratezze la necessit per togliere sempre l'odiosit del male commesso; smaniosa anche di evitare con la prevaricazione i fragori del secolo: queste dunque sono le cause che fanno pi affollata la difesa dei vizi. Del quale volgo tuttavia la massima parte, come ho gi detto, ha creduto che perfino su Dio concordino le ragioni dei traduciani e dei cattolici. AG. L'innumerevole moltitudine dei credenti che fu promessa ad Abramo 1, disprezzata da voi come una turba volgare, evidentemente perch ai pochi che voi fate pelagiani, ossia insani con i veleni di una pestilenza novizia, pu piacere quello che voi dite: la tanto evidente miseria del genere umano, che appare nel grave giogo dei figli di Adamo fino da quando nascono dal seno materno 2, non viene dal merito del peccato, dal quale nel primo uomo fu viziata la natura umana. Donde segue che voi siate costretti a dire anche che, se nessuno avesse peccato, sarebbero esistiti nel paradiso non solo i tanti e tanto grandi gravami delle molestie che vediamo sofferte dai bambini, ma pure i tanti e tanto grandi vizi degli spiriti e dei corpi con i quali nascono molti uomini. Nel quale luogo di felicit e di tranquillit voi ponete altres la libidine, vostra cliente, che fa concupire la carne contro lo spirito, e noi che la debelliamo come il vizio avversario con lo spirito che le

concupisce contro, ci accusate ad occhi chiusi come amici della volutt e della lussuria, dove nessuno cade ignominiosamente e turpemente all'infuori di chi consente a quella vostra pupilla, sollecitante e suadente, che noi accusiamo e che voi difendete. Un presentimento. 4. GIUL. Ma poich e nella prima contesa e nella presente dal modo di argomentare di Agostino si fatto chiaro che quel dio dei traduciani non il Dio che i cristiani con armoniosa asserzione venerano come giusto e come creatore di tutte le cose, ho nel mio animo il presentimento che, riconosciuta la validit di queste mie osservazioni, si correggano moltissimi anche di coloro che sono caduti per un cieco errore. AG. Ma anzi, riconosciuta la validit delle risposte che noi diamo al tuo fallace vaniloquio secondo l'eloquio della verit, solo un eccesso di insensatezza o un eccesso di ostinatezza potr trattenere qualcuno nell'errore della vostra eresia. Dottrina manichea e dottrina cattolica. 5. GIUL. Crede appunto contro di noi Manicheo che i mortali siano spinti naturaliter alle scelleraggini e ai delitti: dell'opinione che l'origine delle tenebre abbia prestato la materia e ai corpi e ai crimini; dell'opinione che la volutt dei sessi sia la tabe del genere umano, assertrice del diritto del diavolo, violentatrice degli uomini per tutte le azioni indegne. Il quale Manicheo seguendo in tutto e per tutto, il traduciano Agostino, suo erede appunto e suo figlio, attesta con molteplice eloquenza i crimini naturali, la necessit eterna del male che venuta dal tenebroso nulla e la corruzione destinata ai sensi, contaminatrice di tutti i santi e collocatrice dell'immagine di Dio nel regno del diavolo. AG. Manicheo con singolare insania contro la verit cattolica favoleggia di una natura del male, sostanzialmente coeterna al Dio buono. Viceversa la verit cattolica confessa eterno senza nessun esordio unicamente Dio, non soltanto buono, come dice anche Manicheo, ma altres immutabile, come non dice Manicheo. Questo Dio dunque, sommamente buono e per questo assolutamente immutabile, al quale non coeterna nessuna natura che non sia ci che Dio stesso e che non esisterebbe se non fosse stata fatta, non fatta di lui, ma fatta tuttavia da lui, ossia non fatta con la natura di

Dio, ma tuttavia con la potenza di Dio, noi predichiamo contro la demenza dei manichei. E la natura fatta, che non sarebbe potuta esistere in nessun modo se non l'avesse fatta la Natura onnipotente, bench non con se stessa, noi sappiamo e diciamo che un bene, s, ma non un bene uguale a colui che l'ha fatta. Dio infatti fece tutte le cose assai buone 3, ma non sommamente buone come egli stesso. Le quali cose buone, di qualsiasi genere, non esisterebbero tuttavia se non le avesse fatte colui che sommamente buono, n esisterebbero in nessun modo le cose buone mutevoli se non le avesse fatte colui che l'immutabilmente buono. E per questo, quando i manichei ci domandano donde venga il male, volendo introdurre un male coeterno a Dio, perch ignorano che cosa sia il male e reputano che esso sia una natura e una sostanza, noi rispondiamo a loro che il male non viene da Dio, n coeterno a Dio, ma il male sorto dalla libera volont della natura ragionevole, la quale fu creata bene dal Dio buono, ma la sua bont non uguale alla bont del suo Creatore, perch non la natura di lui, bens una sua opera, e quindi essa ebbe la possibilit di peccare, non tuttavia la necessit. N avrebbe poi la possibilit di peccare, se fosse la natura di Dio, il quale n vuole poter peccare, n pu voler peccare. Ma tuttavia questa natura ragionevole, se nella sua possibilit di peccare non avesse peccato, quando avrebbe potuto peccare, si sarebbe guadagnato un grande merito. Del quale merito sarebbe stato premio anche questo: che per sua maggiore felicit essa non potesse peccare. Ma, udito tale insegnamento, Manicheo va ancora oltre e dice: se il male viene dalla libera volont della natura ragionevole, donde vengono questi numerosi mali con i quali vediamo nascere coloro che non hanno ancora l'uso della libera volont? Donde viene la concupiscenza per la quale la carne concupisce contro lo spirito 4 e trae a commettere il peccato, se contro di essa non concupisce ancora pi fortemente lo spirito? Donde in un solo e unico uomo tanta discordia tra le due componenti che lo costituiscono? Donde la legge che osteggia nelle membra la legge della mente e senza la quale non nasce nessuno? Donde tanti e cos gravi vizi o degli ingegni o dei corpi con i quali nascono molti uomini? Donde le fatiche e le calamit dei bambini che non peccano ancora volontariamente? Donde, al momento dell'uso della ragione, nell'imparare le lettere o le arti di qualsiasi genere tanta pena per i mortali da dover aggiungere agli sforzi dolorosi anche l'afflizione delle percosse? Qui noi rispondiamo che anche questi mali traggono origine dalla volont della natura

umana: dalla quale volont, che pecc grandemente, la natura fu viziata e condannata insieme alla sua stirpe. Perci di questa natura i tanti beni naturali vengono dalla buona creazione di Dio, i mali vengono dalla giusta punizione di Dio. E questi mali i manichei non vedono che non sono in nessun modo nature o sostanze, ma che per questo si dicono mali naturali perch gli uomini nascono con essi come dalla radice viziata della loro origine. Ma voi, eretici nuovi, contraddite noi: rispondete voi quindi ai manichei, dite donde vengano tanti e tanto grandi mali, con i quali se negate che nascano gli uomini, dov' la vostra faccia; se lo confessate, dov' la vostra eresia? Ma sostenete pure che questi mali non sono mali, e il paradiso, non il vero ma il vostro, riempitelo pure di fatiche, di dolori, di errori, di gemiti, di pianti, di lutti, anche se nessuno avesse peccato. Che se non lo osate fare, per non essere derisi perfino dagli stessi bambini pi piccoli e per non essere giudicati degni di sferzate correttive, conclude contro di voi Manicheo: questi mali che voi non volete far provenire da una buona natura viziata, provengono dalla mescolanza del male. E questo male Manicheo dice che una natura coeterna a Dio e contraria a Dio. E con questo, dove tu cerchi di essere pi remoto da Manicheo, ivi ti fai suo coadiutore. D'accordo su Dio Manicheo e Agostino. 6. GIUL. Ma gi contro lo stesso Dio essi, pari alla fine tra loro, impari all'esordio, lanciano gli strali delle loro accuse. Manicheo appunto dice: il Dio buono non fa il male. Ma aggiunge che per colpe naturali egli destina le anime ad un incendio eterno: il che di una perspicua immanit, e per questo alla fine della sua opinione egli contamina con chiara iniquit il dio che aveva detto buono. Orbene, Agostino, quasi confidando nel patrono a cui scrive, con ardimento ancora pi grande disprezza la trepidazione del maestro, n dubita di cominciare dal punto dove Manicheo arrivato, e dichiara che il male, ossia il peccato, lo fa e lo crea Dio: un dio che risulta non corrispondere al Dio che adora la fede dei cattolici. Questo principalmente s'imprima nell'animo del lettore: e che a nessuno tra i fedeli tocc mai una causa maggiore di conflitto di quella toccata a noi, e che ognuno che giudica la natura stessa come una necessit del crimine non ha comunione nel culto del Dio dei cristiani. Ora, poich tutto ci stato inculcato frequentemente, come lo ha esigito l'utilit di una causa di interesse capitale, veniamo subito a discutere dei primi uomini, della cui valutazione si

copre come di uno scudo di " cetra " il nmida per affrontare il nostro schieramento. AG. Che cosa dica Manicheo sulla mescolanza della sostanza buona e della sostanza cattiva crederei che tu lo ignori, se non sapessi che hai letto certamente i libri che abbiamo scritti contro il medesimo errore. Infatti dal libro nel quale io attaccai la loro opinione delle due anime 5, costituite da essi nell'uomo, delle quali una sarebbe buona e l'altra cattiva, tu hai citato alcune testimonianze stimandole contrarie a me stesso. Manicheo dunque sostiene che in ogni singolo uomo ci sono due anime o due spiriti o due menti, una propria della carne e cattiva, non per un vizio accidentale, ma per sua natura, coeterna a Dio; l'altra invece buona per sua natura come particella di Dio, ma macchiata dalla mescolanza dell'anima cattiva. E da qui Manicheo vuole spiegare che la carne concupisce contro lo spirito, buono s'intende, per mezzo della sua anima cattiva per tenere prigioniero lo spirito, e che lo spirito al contrario concupisce contro la carne per liberarsi da quella mescolanza. Che se non lo potr nemmeno nell'ultima conflagrazione del mondo, allora lo spirito umano dice Manicheo rimarr condannato ad esser prigioniero del globo delle tenebre e sar costretto a tale supplizio in eterno. Non vero pertanto quello che dici tu: il Dio di Manicheo per colpe naturali destina le anime ad un incendio eterno, ma le anime buone per natura, a causa della mescolanza con un'aliena natura cattiva, alla quale le ha mescolate Dio stesso, se non le potr liberare da tale mescolanza, non le condanner ad un incendio eterno, perch Manicheo non pensa a nessun incendio eterno, ma, come ho detto, le condanner ad essere prigioniere del globo eterno delle tenebre, dove sar rinchiuso lo spirito delle tenebre. Ma la fede cattolica, che voi avete abbandonato per fondare una setta novizia, non certo oppugnatrice dei manichei, come reputate o fingete, bens piuttosto loro ausiliatrice, quando ascolta o legge ci che dice l'Apostolo: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste 6, non pensa come l'eretico Manicheo a due nature, del bene cio e del male, tra loro contrarie dalla eternit e mescolate da una guerra posteriore, ma riconosce, come il dottore cattolico Ambrogio 7, che questa discordia tra la carne e lo spirito per la prevaricazione del primo uomo si cambiata in natura, perch si capisca che questa non la natura dell'uomo originariamente costituito, ma la pena dell'uomo condannato, pena che si cambiata nella natura

dell'uomo. Questa fede non una " cetra " numidica, con la quale tu ci canzoni quasi spiritosamente, ma un vero scudo con il quale noi estinguiamo tutti i dardi infuocati del maligno, come ci esorta a fare l'Apostolo 8. Con questo scudo si proteggeva quando armato si faceva gi incontro a voi futuri quel Cipriano, non proprio un numida, ma tuttavia un punico: un nome, quello di Cipriano, con il quale la tua vana loquacit ci assale ancora una volta. Armato di questo scudo, dicevo, quel famoso Punico nel suo libro De Oratione Dominica spiegava che, dicendo: Sia fatta la tua volont come in cielo cos anche in terra 9, noi domandiamo che con l'aiuto di Dio si stabilisca la concordia tra questi due nemici, la carne e lo spirito. Qui l'egregio soldato del Cristo estingue i dardi infuocati del maligno, scagliati e dai manichei e da voi. Per il quale maligno militano tutti gli eretici, e di questo maligno voi avete pensato di dover ingrossare gli accampamenti con i vostri coscritti. Chiedendo infatti la concordia tra lo spirito e la carne, Cipriano insegna contro i manichei che ambedue le nature da cui siamo costituiti sono buone, se il male della discordia viene risanato dalla misericordia divina; ma si oppone a voi, perch dite buona la concupiscenza della carne, per la cui aggressivit esiste tale discordia, di cui chiede la sanazione; e allora esiste tale discordia quando noi agiamo bene per opporci all'aggressivit della concupiscenza della carne con la controconcupiscenza dello spirito. Infatti se acconsentiamo, la concordia con la carne diventa per lo spirito una concordia non desiderabile, ma colpevole e anche condannabile. Contro di voi Cipriano anche perch voi date al libero arbitrio l'evento di cui egli ritiene doversi chiedere a Dio il compimento. Tu poi, che senza sapere quello che dici mi rinfacci di attribuire a Dio la creazione del peccato, opponiti a Manicheo quando dice che nella discordia tra la carne e lo spirito appariscono le due nature tra loro contrarie del bene e del male. Una sola infatti la risposta da dare per vincere cotesta peste: cio questa discordia per la prevaricazione del primo uomo si convertita nella nostra natura. Il che negando, tu fai vincere i manichei e ben ti manifesti un loro falso oppositore e un loro vero sostenitore. I primi uomini e tutti gli altri. 7. GIUL. Suggerisce appunto Agostino con tutti i suoi scritti che soltanto Adamo ed Eva furono creati buoni da Dio, cio non mancipati a nessun crimine naturale, e che essi peccarono per libera volont, ma cos grandemente da rovinare nella loro natura

tutte le istituzioni di Dio. Scrive: Il diavolo infatti introdusse quel peccato, molto pi grande e molto pi profondo di quanto siano questi peccati noti agli uomini. Onde la nostra natura, cambiata allora in peggio da quel grande peccato del primo uomo, non solo stata fatta peccatrice, ma anche generatrice di uomini peccatori, e tuttavia la malattia stessa per la quale si perduta la virt di vivere in modo buono non una natura, ma un vizio. Quel peccato dunque che nel paradiso ha mutato l'uomo stesso in peggio, poich molto pi grande di quanto possiamo giudicare noi 10, viene contratto da ogni nascente. Ecco quanto apertamente ha esposto il suo modo di sentire. Quei primi uomini, dichiara, ebbero una natura buona, ma commisero un peccato tanto immane, tanto al di sopra di ogni nostra estimazione, da distruggere la virt di vivere in modo buono, da estinguere la luce del libero arbitrio, da causare per il futuro la necessit di peccare, in modo da non essere possibile ad alcuno che nascesse dalla loro stirpe sforzarsi di arrivare alla bellezza delle virt ed, evitati i vizi, diventare possessore della santit. AG. A te o anche alla tua consorteria pelagiana sembra che tu dica qualcosa, mentre trascurando l'autorit divina ti esalti nella tua vanit umana e con le argomentazioni del tuo cuore ti opponi e strilli contro la verit delle Scritture sante. Se infatti con animo cristiano e cattolico tu fossi attento a quello che dice l'Apostolo: Il corpo morto a causa del peccato 11, capiresti certamente che il primo uomo pecc in un modo tanto grande che la natura, non di un uomo solo bens di tutto il genere umano, mutata da quel peccato, decadde dalla possibilit della immortalit e precipit nella necessit della morte, tanto che pure coloro che sono convertiti a Dio per mezzo dell'unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Ges, non ricevono immediatamente l'immortalit del corpo, ma ad essi per mezzo dello Spirito di Dio, dal quale sono ora abitati, si promette adesso da darsi dopo. Il che spiegato dal medesimo Apostolo nel medesimo passo in questo modo: Se qualcuno non ha lo Spirito del Cristo, non gli appartiene. Se invece il Cristo in voi, il corpo morto, s, a causa del peccato, ma lo spirito vita a causa della giustificazione. Se dunque lo Spirito di colui che ha risuscitato Ges dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Ges Cristo dai morti, dar la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi 12. Il corpo dunque morto a causa del peccato, poich esso ha pure nei viventi la necessit della morte. Ma quale peccato, se non il peccato del primo uomo? Dal momento che per la giustizia del secondo

uomo, cio del Cristo, al medesimo corpo che presentemente si dice morto arriver la beata vivificazione. Onde il Cristo stato detto sia il secondo uomo sia il secondo Adamo, sebbene tra l'Adamo fatto uomo e il Cristo nato uomo vediamo trascorse tante generazioni di uomini, n si possa dire nell'ordine di esse uomo secondo se non Caino. Ma poich per prima c' la morte del corpo, che avvenne per il peccato di Adamo e nella quale decorre il secolo presente, e per seconda c' la vita del corpo, che avverr per la giustizia del Cristo che gi avvenuta nella carne del Cristo e nella quale permarr il secolo futuro; per questo fu detto quello il primo Adamo o uomo, e questo invece il secondo. E non vuoi capire che tanto grande fu il peccato di Adamo da propagare il secolo dei mortali e tanto grande invece la giustizia di Ges da propagare il secolo degli immortali? E la grandezza del peccato del primo uomo, la quale costitu la causa di tanto male per tutti gli uomini, me la obietti come se io solo o se io per primo l'abbia detto? Ascolta Giovanni di Costantinopoli, sacerdote di eccellente gloria: Pecc, dice, Adamo con quel grande peccato e tutto il genere umano condann in blocco 13. Ascolta altres che cosa egli dica nella risurrezione di Lazzaro, perch tu capisca che anche la morte del corpo venne da quel grande peccato. Dice: Piangeva il Cristo che quanti avrebbero potuto essere immortali il diavolo li abbia fatti diventare mortali 14. Dove, ti prego, il diavolo fece diventare mortali tutti gli uomini se non in Adamo, contro il quale scagli un cos grande peccato di prevaricazione da gettare il genere umano dalla beatitudine del paradiso nella miseria cos grande che vediamo e sentiamo? Il che attesta non solo la morte del corpo, ma lo attestano altres i molti e tanto grandi mali dell'anima stessa, appesantita da un corpo corruttibile, e lo attesta il grave giogo che opprime i figli di Adamo dal giorno della loro uscita dal grembo materno 15, giogo sotto il quale sta pure ci che si legge nel Salmo: Solo un soffio ogni uomo che vive 16. E non volendo attribuire questi mali a quel grande peccato del primo uomo, che cosa combini se non d'importarli tu, per conto tuo, nel paradiso di quella felicit tanto grande, come futuri anche l, se nessuno avesse peccato; e quanto ai manichei invece, che li attribuissero alla gente delle tenebre, non " confusi " di essere accusati da te, ma " confisi " di essere aiutati da te, finch finiscano " confitti " con te dalla verit cattolica come da spada invittissima? Non vero poi che noi diciamo, come tu ci calunni: A nessuno che nasca dalla stirpe dei primi uomini possibile sforzarsi di arrivare alla bellezza delle virt

. Si sforzano infatti molti nei quali Dio suscita anche il volere, n si sforzano con il suo aiuto senza arrivare ad un buon risultato. Per se un corpo corruttibile non appesantisse l'anima, non avrebbero certo bisogno di sforzarsi. E per questo nel paradiso se nessuno avesse peccato e se sui figli di Adamo non ci fosse un grave giogo, obbedirebbero senza sforzo al loro Dio facilmente e felicemente. L'uomo prima del peccato. 8. GIUL. La lode dunque di quei primi uomini, cio dei due soltanto, giudica costui che lo aiuti a mantenere la distinzione tra i manichei e i traduciani: della quale opinione non si potrebbe facilmente incontrare qualcosa di pi amente o impudente. La libert dell'arbitrio, dice, dopo che cominci ad usare di se stessa, perse le sue forze. E perch, rivolgendoci a lui, esaminiamo tutto un poco alla volta: tu confessi appunto che il primo uomo fu dotato di libero arbitrio e fu creato buono da Dio, non macchiato all'esordio da nessuna tabe di peccato; ma avendo poi prevaricato spontaneamente dalla sua condizione innocente, mise dentro a tutti coloro che sarebbero sorti da lui una inevitabile coazione di peccare. Questo certamente il vostro dogma, che noi attestiamo espresso dal fango di Manicheo, il quale anche la natura dello stesso Adamo, sebbene composta molto migliore delle successive con il fior fiore della prima sostanza, tuttavia la ritiene naturaliter cattiva. AG. Le osservazioni fatte precedentemente indicano a sufficienza e il dogma nostro cattolico e il vostro dogma eretico sui primi uomini e sui loro discendenti: gli uni creati retti da Dio; gli altri invece, bench sorti dal medesimo creatore, tuttavia sorti con il vincolo del peccato attraverso una natura viziata a causa del peccato e, dalla salute nella quale l'uomo fu fatto primieramente, gettati nel languore del contagio e nella necessit della morte per la condizione dell'origine. Per il che essi hanno bisogno dell'aiuto del Salvatore, il quale li salva prima con la remissione di tutti i peccati e poi anche con la sanazione di tutti i languori 18. Infatti a persone che erano state gi battezzate e avevano gi ricevuto lo Spirito Santo diceva l'Apostolo: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste 19. Dove, tu che neghi che il libero arbitrio abbia perduto le sue forze peccando, cio usando male di s, che cosa risponderai udendo che per la carne

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concupiscente contro lo spirito non fanno le azioni che vogliono nemmeno i fedeli, non fanno le azioni che vogliono nemmeno coloro ai quali nel battesimo sono stati rimessi i peccati, non fanno le azioni che vogliono coloro dei quali l'Apostolo dice che hanno ricevuto lo Spirito Santo per aver creduto alla predicazione 20, infine non fanno con la loro libera volont le azioni che vogliono coloro che il medesimo Dottore delle genti dice chiamati alla libert 21? Inoltre tu, difensore cos eloquente della libidine, che da egregio patrono osi per la tua cliente tanto da non dubitare che anche nel paradiso prima del peccato sia esistita la concupiscenza della carne concupiscente contro lo spirito, non ti vedi costretto a dire che nemmeno allora in quei primi uomini fu efficace la libera volont? Se infatti anche allora la carne concupiva contro lo spirito, certamente essi non facevano le azioni che volevano. Ma poich con il libero arbitrio, che ebbe allora integerrime forze, essi facevano senza dubbio le azioni che volevano, cio servivano alla legge divina non solo senza nessuna impossibilit, ma anche senza nessuna difficolt, nel paradiso non ci fu la tua cliente per cui la carne concupisce contro lo spirito, per cui avviene che gli uomini, anche quelli gi convertiti a Dio con la fede, gi battezzati, santificati, chiamati alla libert, non fanno le azioni che vogliono nell'estinguere la viziosa dilettazione. Ed verissimo quello che per bocca dell'antistite Ambrogio disse la fede cattolica: questo vizio per il quale la carne concupisce contro lo spirito, a causa della prevaricazione del primo uomo si cambiato nella nostra natura 22. Questo dardo inevitabile e insuperabile della verit stronca e Manicheo e te. Ambedue appunto in questa causa, vedi tu chi di voi peggio, errate tuttavia in modo assoluto: tu perch sostieni che questa pestilenza non sia un male, Manicheo invece perch ne riconosce, s, il male, ma non sa donde venga e, rimasto privo della fede cattolica, compone una favola piena di menzogne e di turpitudini sulla mescolanza delle due nature, cio del bene e del male. Al presente dunque la nostra giustizia consiste in questo: che, giustificati per mezzo della fede, siamo in pace con Dio 23; ma contro la concupiscenza della carne che ci combatte lottiamo con l'opposizione dello spirito per mezzo dell'aiuto di Dio stesso. Non dunque la giustizia di questa vita nell'assenza del vizio, ma nell'indebolimento dei vizi a forza di non consentire ad essi, e in un modo di vivere con temperanza, con giustizia, con piet a forza di resistere ad essi. Non avere invece nessun vizio a cui opporci della vita posteriore, che della vita presente ben gestita premio

con la sanazione della nostra natura, non con la separazione dalla nostra natura di una natura aliena, come vaneggia Manicheo, di cui tu sei l'aiutante. Ecco, il nostro dogma non stato espresso, come tu lo incrimini, dal fango di Manicheo e, se non hai perduto ogni sensibilit, dal nostro dogma vedi oppresso con te anche Manicheo. Siete ebeti e manichei. 9. GIUL. A noi quindi sul momento incombe il dovere di convincere prima di ebetudine il vostro modo di sentire e poi di dimostrare, come abbiamo gi fatto frequentemente, che voi non distate nemmeno di un piede dai tuguri e dai postriboli dei manichei. Prima di tutto quindi di una estrema demenza reputare che ai semi si sia mescolata la competenza dell'arbitrio e che gli uffici delle volont abbiano invaso le concezioni, per dire che, soppressa la pi chiara e la pi vasta distinzione delle nature e delle libere scelte, la volont dei primi uomini si infuse nei posteri. Al quale errore si oppone tutto ci che esiste in natura. Mai per la verit i figli degli oratori hanno riportato nei loro vagiti la grazia dell'arte paterna, o la prole degli attori ha teso le mani alle parole con movimenti dotti, n i figli dei guerrieri chiesero al popolo la tromba. Si potrebbe continuare in questo modo con esempi simili di ogni genere, pi chiari dei tuoni. Risponder l'universo che altri sono i limiti della natura, altri i limiti della volont, e che le condizioni dei semi non possono essere accessibili agli appetiti delle libere scelte. Perci apparso stupidissimo e di una stoltezza disperata credere che si sia convertito in natura ci che tu confessi essere stato volontario. Ma molto e molto pi orribile ancora l'altra tua affermazione che la possibilit di operare fu distrutta fino dall'inizio della operazione, ossia che il libero arbitrio (il quale non altro che la possibilit di peccare e di non peccare, non soggetta a nessuna violenza di una delle due parti, ma dotata della facolt di posarsi per suo spontaneo arbitrato nel lato che vuole), dopo che cominci a volere l'uno, perse il potere di ambedue. AG. Ma proprio non ti accorgi che tu, per ignoranza certamente ma tuttavia vigorosamente, suffraghi Manicheo con l'enfasi e con lo strepito spumeggiante di cotesta tua loquacit? Se infatti alla sua domanda donde venga il male, con la quale questione i manichei sono stati soliti turbare i cuori non eruditi, noi rispondessimo che sorto dalla libera volont della creatura ragionevole, ed egli dicesse: Donde vengono dunque questi tanti mali, non quelli che

capitano a coloro che sono gi nati e che fanno gi uso dell'arbitrio della volont nel progredire degli anni, ma quelli con i quali nascono o tutti gli uomini o molti uomini? In tutti appunto congenita la concupiscenza della carne per cui la carne concupisce contro lo spirito, anche contro lo spirito che ha ricevuto la fede retta e la dottrina della piet. In tutti congenita pure una certa tardit di mente, per la quale anche coloro che si chiamano ingegnosi non imparano tuttavia senza una qualche penosa fatica le arti comuni o anche le arti che appellano liberali, o conseguono una conoscenza pi ricca sulla stessa religione. Alcuni nascono anche con un corpo deforme e talvolta mostruoso, molti nascono tardi e ottusi d'ingegno, molti iracondi, molti libidinosi, alcuni anche completamente stupidi e fatui. Che altro risponderebbe la fede cattolica se non che tutti cotesti mali, da quando l'uomo pecc e fu scacciato dal paradiso, cio dal luogo della felicit, sorgono dalla natura umana che stata viziata dal contagio del peccato? Se infatti nessuno avesse peccato, non sarebbero nati nel paradiso n cotesti vizi, n altri vizi di nessun genere. Il che udito, Manicheo reciterebbe a noi, se le avesse, le tue parole dove dici: di una estrema demenza reputare che ai semi si sia mescolata la competenza dell'arbitrio e che gli uffici delle volont abbiano invaso le concezioni e tutto il resto che tu hai aggiunto per esporre questa sentenza, sforzandoti di dimostrarla con il fatto che non nascono oratori i figli degli oratori, n attori i figli degli attori, n guerrieri i figli dei guerrieri. Di questo tuo aiuto Manicheo si avvale per respingere la nostra tesi con la quale diciamo che a causa del peccato del primo uomo fu viziata la natura umana anche nei suoi posteri, i quali erano in lui per ragione seminale quando egli pecc in quella grande prevaricazione, e dopo aver respinta la nostra tesi per introdurre la mescolanza delle due sue nature e asserire che dalla mescolanza di una natura mala vengono quei mali con i quali nascono gli uomini. Tu invece per opporti a me sei costretto a fare l'affermazione pi assurda e pi detestabile: cio che cotesti mali dei nascenti sarebbero sorti anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato. Qui Manicheo ti incalzer a dire donde sarebbero sorti. Dove tu, messo cos alle strette, se dirai che cotesti mali sarebbero sorti dalle stesse nature dei nascenti senza il merito di nessuna volont, accuserai certamente il Creatore e per non farlo ti rifugerai nei meriti delle volont cattive. Ma costui chieder: Di quali volont? Non c' infatti nessuna volont dei semi o dei bambini nascenti. Che rester dunque, se vuoi evadere o superare

Manicheo, se non intendere con noi che negli occulti semi delle origini sono segretamente implicati anche i semi dei nascenti e i meriti provenienti dalla cattiva volont dei generanti, ma che il peccato del primo uomo fu cos grande da condannare tutto il genere umano in blocco, per usare l'espressione del santo vescovo Giovanni 24? Dal che si deduce che cotesti mali non sarebbero sorti se nessuno avesse peccato, n sarebbero potuti esistere nel paradiso, dal quale coloro che avevano peccato uscirono prima di generare. Dal quale dogma cattolico svuotato ci che giudicasti di dover replicare nei riguardi delle arti, ricordandoci che nessuno nasce con l'arte di suo padre. Altro infatti peccare nei costumi con i quali si vive rettamente, e tale peccato suol essere punito o dalle leggi o dal giudizio di Dio; altro peccare nelle arti, siano esse oneste o siano turpi, dove si dice che qualcosa viene fatto contro l'arte: e questi peccati non vengono n ripresi dalla legge divina, n castigati dalla severit divina, bens dagli uomini, al giudizio dei quali vanno soggette queste mancanze, e specialmente dai maestri delle arti quando insegnano ai ragazzi sotto il timore o sotto il dolore delle punizioni. A tale proposito dobbiamo tuttavia riflettere che nel paradiso, se si imparava qualcosa che a quella vita fosse utile conoscere, lo apprendeva senza nessuna fatica o sofferenza la natura beata o dall'insegnamento di Dio o da se stessa. Per cui chi non capir che in questa vita anche i tormenti di coloro che apprendono appartengono alle miserie di questo secolo, che si propagato da un solo uomo per la condanna 25? Qui in questa vita una miseria anche questo: che le misere menti non vogliano ci che bene o, se la volont gi stata preparata dal Signore 26, che tuttavia colui che vive in questo secolo gridi ancora: C' in me il desiderio del bene, ma non la capacit di attuarlo 27. Se riterrai questo, vincerai i manichei. Ma poich non lo ritieni, gli uni e gli altri di voi vince questa fede. Dio destin il primo uomo alla trasmissione del peccato. 10. GIUL. Ora quindi si dimostri ci che abbiamo detto: che il vostro dogma non differisce in nulla dai manichei. Non c' dubbio affatto che sia stata creata pessima la natura dello stesso Adamo, se fu formata con questa condizione di avere la necessit del male senza avere la necessit del bene; ossia che il crimine, anche se fosse stato concepito dalla volont, diventasse tuttavia naturale in lei, senza che diventasse naturale in lei la bont. Ed falso dire che pecc per volont Adamo, che soffriva il pregiudizio di una

iniquissima condizione. Appare infatti quanto egli sia stato avvinto dal male, se doveva essere compenetrato da un crimine inseparabile. Che cosa infatti potr trovare peggiore di una sostanza che sia stata creata capace di cadere nella iniquit e incapace di allontanarsi dalla iniquit? Se questa violenza l'avesse patita nella parte del bene, se avesse perduto il libero arbitrio, di nulla tuttavia avrebbe accusato il Creatore, perch nessuno muoverebbe questione a lui sulle prodigalit della sua benignit. Quando invece tale dominazione si pone nella parte del male, nessuno essa accusa pi dello stesso Creatore dell'uomo, ed blandito dalla vana adulazione dei suoi incriminatori, ossia dalla vostra adulazione, un tale dio, che con l'orridezza della sua creazione si dimostra amicissimo della malizia. Chi infatti potrebbe essere persuaso che Dio non destin ai crimini il primo uomo, se lo priv della facolt della emendazione, se lo dot di un animo talmente depravato da non potergli dispiacere il proprio errore e da essergli preclusa la strada di tornare all'onest e di diventare migliore dopo le sue esperienze; se gli strapp la stessa possibilit di correggersi perch non sentisse mai l'eventuale voglia di ricuperare la rettitudine? Assolutamente, se la sua condizione fu tale da perdere la virt dell'emendazione per una sola caduta, finch durava in questa vita, non fu costituito per altro che per cadere; anzi con pi verit di uno che non si lascia risorgere per quanto concerne la condotta morale non si dice che cadde, ma si dice che giacque per sempre. Quale fu dunque quella libert che gli si crede conferita originariamente, se delle due qualit contrarie possedeva la peggiore da parte della necessit e possedeva la migliore da parte della mutabilit; se anzi, occupata dalla tirannia del crimine, quella libert veniva spogliata della facolt della resipiscenza? Tetro al massimo dunque lo stato del primo uomo fin dallo stesso esordio, se l'uomo fu istituito da Dio tanto infelice da rimanere legato ad una perpetua necessit di peccare, appena fosse caduto in un crimine. AG. Fai delle affermazioni da arrossire con te stesso, per quanto tu sia impudente, se non trascurerai di riconsiderarle, almeno dietro le nostre ammonizioni! Per quale ragione infatti non poni attenzione che, se pessima fu fatta la natura che incorre nel male per una volont ingiusta, ma che per una pena ingiusta non pu correre dietro al bene, non fu fatta pessima soltanto la natura umana che obietti a noi, ma anche la natura angelica? Salvo che tu non dica che pure il diavolo, caduto dal bene per sua volont, ritorner, se

vorr e quando vorr, al bene da lui abbandonato, e restaurerai per noi l'errore di Origene. Se non lo fai, correggi ora, che sei stato avvertito, quanto hai detto inavvertitamente, e confessa che fu creata buona la natura che al male fatto da lei non fu sospinta da nessuna necessit, bens vi cadde da s per propria volont. Viceversa al bene che abbandon pu essere richiamata solo dalla grazia di Dio, non dalla volont della libert che perse per il merito della iniquit. Pu appunto anche un altro, errante alla tua maniera, dire: Che cosa potr trovare peggiore di una sostanza che stata creata capace di andare nel supplizio eterno e incapace di ritornare di l? E certamente Dio onnipotente pu tirare fuori dal supplizio che vuole, ma non pu mentire Dio che ha minacciato di non farlo quando ha detto eterno quel supplizio. Ma ad avere idee sbagliate su questo argomento ti porta l'inganno della tua definizione con la quale hai definito il libero arbitrio in un precedente passo al quale abbiamo gi risposto, e altrove molte volte. Hai detto infatti: Il libero arbitrio non altro che la possibilit di peccare e di non peccare. Con la quale definizione hai tolto il libero arbitrio prima di tutto a Dio stesso, al quale non neghi l'impossibilit di peccare, perch e lo dici spesso ed vero. Poi gli stessi santi sarebbero destinati a perdere il libero arbitrio nel regno di Dio, dove non potranno peccare. Ma qui devi essere avvertito che cosa tu debba sapere sull'argomento di cui stiamo trattando: cio che la pena e il premio sono da vedersi come due situazioni contrarie tra loro, e che a questi contrari sono legati altri due contrari. Cos dunque nella pena eterna c' il non poter agire rettamente, come nel premio eterno ci sar il non poter peccare. Sii attento alle Scritture, delle quali abbandoni miserando l'orbita e sei sbattuto vagabondo da una ventosa loquacit come da una tempesta, e vedi in che senso sia stato detto: Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti, come sta scritto: " Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchi per non sentire, fino al giorno d'oggi ". E Davide dice: " Diventi la loro mensa un laccio, un tranello e un inciampo e serva loro di giusto castigo! Siano oscurati i loro occhi s da non vedere, e fa' loro curvare la schiena per sempre! " 28. Guarda anche a quel passo che si trova nel Vangelo: E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora: Ho reso ciechi i loro occhi e ho indurito i loro cuori, perch non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore, e si convertano e io li guarisca 29. Ho commemorato questi testi perch tu capisca, se puoi, che avviene

per una pena senza dubbio giusta che gli uomini con il cuore accecato non credano, e viceversa avviene per un atto di misericordia che essi credano con la loro libera volont. Chi infatti ignora che nessuno crede se non con il libero arbitrio della volont? Ma la volont viene preparata dal Signore, n viene sottratta assolutamente alla schiavit cattiva dovuta ai suoi meriti se non quando preparata dal Signore con una grazia gratuita. Se infatti Dio non ci facesse volenti da nolenti, certamente non pregheremmo che vogliano credere coloro che non lo vogliono. Il che anche l'Apostolo indic di averlo fatto per i Giudei dove afferma: Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza 30. Questa salvezza appunto non la potrebbero conseguire se non con una volont credente: che questo dunque volessero pregava il beato Paolo. E la petizione dell'Orazione Dominicale: Sia fatta la tua volont come in cielo cos anche in terra 31, il vescovo Cipriano la intende pure come se fossimo stati ammoniti a pregare per gli infedeli nostri nemici, perch, come crediamo noi che gi siamo il cielo in quanto portiamo l'immagine dell'uomo celeste, cos credano anch'essi che sono terra per questo che portano l'immagine dell'uomo soltanto terreno 32. pena del peccato il non ricupero della libert. 11. GIUL. Perdura appunto tra voi e i manichei il patto di asserire, essi con la professione e voi con l'argomentazione, che la natura anche del primo uomo fu cattiva. Il che sebbene sia dimostrato tutto pieno di sciocchezze e di falsit per tralasciare le legioni dei santi e prendere il primo esempio di giustizia dopo il peccato di Adamo dalla mirabile santit di Abele, il quale, nato da peccatori, indic di non aver mancato della virt di vivere bene anche con l'effetto della sua stessa virt; tuttavia, omesse queste considerazioni, giova incalzare le sentenze della nazione traduciana. Quale giudichi dunque sia stato il libero arbitrio di cui confessi il conferimento ai primi uomini? Certamente che potessero alternare i movimenti dell'animo: fare il male o allontanarsi dal male, abbandonare la giustizia o conservare la giustizia. La volont dunque di peccare non ci sarebbe stata, se non l'avesse preceduta la possibilit di volere. Questo libero arbitrio tu dici che lo persero dopo che cominciarono ad usare della propria volont, ossia del movimento dell'animo senza coazione di nessuno: e di questo che cosa si pu pensare di pi pazzesco? Per tenere infatti l'esplicita forza del tuo ragionamento, tu dici che a causa della volont and

perduta quella dote che non fu data se non a favore della volont: il peccato appunto non altro che la mala volont, ma la libert fu data unicamente perch non forzasse la volont, bens le permettesse di sorgere. Ora, tu dici che questa libert perse la sua condizione per opera della volont, cos da credere che l'abbia fatta sparire la causa stessa che la sola ragione del suo vigore. Dunque la volont mala non certamente un frutto della libert, ma una sua testimonianza. La libert poi non nient'altro che la possibilit del bene e del male, ma volontario. Come fu dunque possibile che la libert morisse per la medesima causa che la ragione della sua istituzione, essendo la volont mala e la volont buona non le tombe della libert, ma le trombe che l'annunziano? E per questo, quanto ci corre tra i compiti della libert e i suoi rischi mortali, altrettanto ci corre tra la tua opinione e la ragione del libero arbitrio, di cui reputi procurata l'uccisione dalle sue lodi. Dunque che accadde di nuovo, che accadde d'inatteso, quando l'uomo manc, da far franare le istituzioni di Dio? L'uomo fu fatto capace di peccare e capace di non peccare: quando pecc, fece ci che certamente non avrebbe dovuto fare, ma ci che tuttavia pot fare. Per quale ragione quindi avrebbe dovuto perdere quella facolt che per questo scopo era stata istituita: l'uomo potesse volere e potesse non volere ci che volle? AG. Ripeti continuamente i medesimi ragionamenti, ai quali chi legge vedr bene che io ho gi risposto precedentemente. Ma anche ora a te che persisti nell'asseverare che la libert di agire bene o di agire male non si pu perdere con il suo cattivo uso, risponda anche il beato papa Innocenzo, antistite della Chiesa Romana, il quale rispondendo nella vostra causa ai concili episcopali africani dice: Fece Adamo una volta l'esperienza dolorosa del libero arbitrio, quando usando troppo sconsigliatamente dei suoi beni e cadendo sommerso nel profondo della prevaricazione, non trov nulla per poter risorgere dalla sua caduta e, ingannato per sempre dalla sua libert, sarebbe rimasto schiacciato dalla propria rovina, se dopo non lo avesse risollevato per sua grazia l'avvento del Cristo 33 . Vedi o no che cosa pensi per mezzo di un suo ministro la fede cattolica? Tu vedi che la possibilit di stare e di cadere l'ebbe l'uomo cos che, se fosse caduto, non risorgesse con la medesima possibilit con la quale era caduto, a causa cio del castigo conseguente alla colpa. Per questa ragione la grazia del Cristo, alla quale siete miserevolmente ingrati, venne a risollevare il giacente. Anche in un'altra lettera, con la quale rispose su voi stessi ai

Numidi, dice: Tentano dunque di togliere la grazia di Dio, che necessario cercare anche dopo che a noi sia stata restituita la libert dello stato originario 34. Lo senti dire che la libert viene restituita e sostieni che non era stata perduta. Contento della volont umana, non chiedi la grazia divina, che la nostra libert, anche dopo che stata restituita al suo stato originario, capisce che le necessaria. Ma ti domando se fosse gi stata restituita cos al suo stato originario la libert di colui che dice: Non quello che voglio io compio, ma faccio quello che detesto, e che dice: C' in me il desiderio del bene, ma non la capacit di attuarlo 35; e la libert di coloro ai quali l'Apostolo scrive: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste 36. Reputo che tu non sia stolto a tal punto da dire che in costoro c'era la libert dello stato originario. E tuttavia, se non avessero avuto per nulla la libert, non avrebbero nemmeno potuto volere ci che santo e giusto e buono. Ci sono infatti taluni che si dilettano tanto di peccare da non volere la giustizia e da odiare la giustizia, la quale nessuno pu nemmeno volere, se la volont non preparata dal Signore, perch alla effettuazione della giustizia preceda il desiderio della volont e un poco alla volta sopravvenga l'efficienza del potere, per alcuni pi presto, per altri pi tardi, per ciascuno come glielo concede il Signore, il quale solo capace di riparare la salute dell'uomo e di accrescerla dopo la sua perdita e di donare anche che la salute non si possa perdere mai pi. Nel quale numero di liberati c' pure quel santo giovane Abele, al quale tu dici che non manc la virt di vivere bene. Non gli manc davvero, ma dal momento che cominci ad averla. Prima invece, chi mondo da macchia? Nemmeno un bambino la cui vita sulla terra sia di un giorno appena 37. Sono dunque redenti tutti coloro che sono redenti da colui che venne a salvare ci che era perduto, e che prima di venire nella carne redense mediante la fede stessa che lo credeva venturo. Ma sono redenti per la libert eterna della beatitudine, dove non possano pi servire al peccato. Infatti se, come dici tu, " la libert soltanto la possibilit del bene e del male volontario ", non ha la libert Dio nel quale non c' la possibilit di peccare. Se poi cerchiamo nell'uomo il libero arbitrio congenito e assolutamente inamissibile, esso il libero arbitrio per cui tutti vogliono essere beati, anche coloro che non vogliono usare i mezzi che conducono alla beatitudine. Il primo peccato non ebbe pi efficacia della prima giustizia.

12. GIUL. Dopo, per seguire i precipizi della tua opinione, tu argomenti che il libero arbitrio fu programmato con tale condizione: perdesse la sua forza per il merito della volont che fosse seguita e rimanesse successivamente sottomesso alla necessit della qualit che avesse scelta. A questo dunque poni attenzione: a che cosa si replichi da noi. Reputi tu forse che l'uomo sia stato creato tale da patire in ambedue le parti la necessit della qualit che avesse scelto, cio se avesse voluto il bene non potesse ulteriormente peccare e se avesse scelto il male non si potesse poi emendare? O soltanto alla parte mala seguisse la necessit del male, mentre nella parte buona non accadesse nulla di simile, ma fosse l'uomo sempre esposto ai rischi delle variazioni? Di queste due ipotesi scegli quella che vuoi. Se dirai che la natura umana fu fatta tale da patire soltanto la necessit del male, a nessuno rimarr il dubbio di definirla tristissima, dovendole attribuire la violenza della parte peggiore, e si prova che anche Adamo fu di natura cattiva, e non rimarr l'ombra del compimento di nessun atto volontario sotto la quale nasconderti. Se invece confessi che anche dalla parte del bene ci sarebbe stata la medesima conseguenza, cio se avesse voluto il bene non avrebbe poi potuto peccare ulteriormente, io replico: Per quale ragione dunque pecc? Per quale ragione non pat nessuna necessit del bene cos da apparire impenetrabile alle insidie del diavolo Adamo, che prima di peccare si trova per qualche tempo obbediente a Dio? Non infatti che il limo, appena sent il tepore dell'ingresso dell'anima, divamp nell'appetito della volont cattiva. Anzi si legge che, trasferito alla coltivazione e alla custodia del paradiso, ricev da Dio il precetto di cibarsi pure di tutti i frutti, ma di astenersi per obbedienza dall'albero della scienza del bene e del male. Prima dunque che dal suo fianco fosse formato il corpo della moglie, rimase obbediente al comando, coltivatore innocente di una campagna amena, e dopo di ci egli merit l'aiuto di una consorte simile a lui. Ha inculcato queste distinzioni di tempi l'autorit della Scrittura. Ma dopo che ebbe veduto pronta gi per lui la donna, serviva al precetto di Dio con tanto diligente impegno da intimare anche alla donna la legge che aveva ricevuto. Non soltanto quindi custode del comando divino, ma anche suo proclamatore, istru Eva e sulla deferenza dovuta al legislatore e sul genere della loro servit e sulla causa del timore. Cos si spiega appunto che anche la donna, alla quale Dio non aveva comandato nulla, lottando sollecitamente contro l'assalto del diavolo, respinge coraggiosamente le menzogne del serpente e dice che non era stata

imposta a loro l'astinenza da tutti gli alberi, come aveva inventato il serpente, ma solamente di guardarsi da un solo piccolo albero con il permesso di tutto il resto della vegetazione, e dice che era stato messo davanti a loro il timore della morte, dal quale i trasgressori sarebbero stati perseguitati giustamente. Non dunque per breve tempo appare che Adamo custod il comando, ma appare che ebbe cura della devozione anche Eva, la quale cadde per l'amore di conseguire la scienza e la divinit. Per quale ragione dunque quella giustizia, quella devozione che in Adamo ebbe vigoria a lungo e in Eva per un qualche tempo, non tolse la possibilit di delinquere, cosicch la necessit del bene li mostrasse impenetrabili alle criminali suggestioni? Furono dunque obbedienti finch vollero, n tuttavia per il merito della devozione persero la facolt di prevaricare, e poi caddero 38. Quindi anche dopo che peccarono manifesto che non poterono in nessun modo perdere la forza della correzione. E perci, come in tutti gli altri luoghi, anche qui hai perduto tutto quello che avevi inventato, perch quel peccato dei primi uomini n fece nessuna necessit di crimini, n pass nella natura, come non pass nella natura la giustizia che lo preced, n introdusse la necessit delle virt, n rivendic a s le vie dei semi. AG. Tutto quello che hai detto con tanta abbondanza e con tanta oscurit di parole si potrebbe dire brevemente cos: Per quale ragione Adamo, tu dici, agendo male perse la possibilit di agire bene e precedentemente agendo bene non perse la possibilit di peccare? E vuoi far intendere che, se cos , non fu creato di buona natura, ma di mala natura, l'uomo nel quale valse pi la mala azione perch non potesse agire bene che la buona azione perch non potesse agire male. Tu potresti in questo modo dire che fu creato male l'uomo con gli occhi, perch se li estingue viene in lui l'impossibilit di vedere, mentre il dono di vedere non ha messo in lui l'impossibilit di estinguerli; o che fu creato male tutto il corpo dell'uomo, perch egli ha in suo potere di uccidersi, n ha in suo potere di risuscitarsi da s, e la morte mette nell'uomo l'impossibilit di vivificarsi, n la vita gli d l'impossibilit di uccidersi. Se non lo dici, perch ti accorgi quanto sia insulso, per quale ragione dici che Dio ha creato cattiva la natura dell'uomo, se la volont cattiva caus in lui l'impossibilit di tornare al bene, bench la volont buona non abbia causato nell'uomo l'impossibilit di andare al male? Infatti fu creato con il libero arbitrio cos da poter non peccare se non voleva peccare, non cos da peccare impunemente se voleva peccare. Che c' dunque da meravigliarsi,

se mancando egli, ossia se mutando per depravazione la sua rettitudine nella quale era stato fatto, segu insieme al castigo l'impossibilit di agire rettamente? Finch per stette nella medesima rettitudine nella quale aveva la possibilit di non peccare, per questo non ricev qualcosa di pi grande, ossia il dono di non poter peccare, perch nel dono che ebbe non volle permanere fino al momento del premio. Ci che infatti riceveranno i santi, che nel secolo futuro avranno da vivere in un corpo spirituale, lo avrebbe ricevuto Adamo senza l'intervento della morte, perch, ascendendo dal dono di poter non morire giungesse al dono di non poter morire, e ascendendo dal dono di poter non peccare giungesse dove non potesse peccare. Non era stato fatto appunto in un corpo spirituale, ma in un corpo animale, bench assolutamente non morituro se non avesse peccato. Perch, come dice l'Apostolo, non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale e poi lo spirituale 39. Per cui il beato Ambrogio dice che Adamo fu creato nell'ombra della vita, dalla quale poteva cadere non per necessit ma per volont 40. Nella quale "ombra " se fosse rimasto, avrebbe certamente ricevuto quella vita di cui la prima era l'ombra, avrebbe ricevuto la vita che riceveranno i santi e dalla quale non potranno mai cadere. Anche questa mortalit nella quale decorre il secolo presente, la intende Ambrogio all'opposto come ombra della morte, mentre ricorda quella morte della quale questa l'ombra, la morte che si dice seconda 41, dalla quale non ritorner indietro nessuno che vi sia caduto. Tutti coloro poi che sono liberati da questa ombra di morte, non ritornano all'ombra della vita, ma vengono destinati ad andare a quella vita dalla quale nessuno potr mai uscire. Ivi sar anche lo stesso Adamo, perch giusto crederlo gi sciolto dai vincoli dell'inferno per la venuta del Signore e per la sua discesa agli inferi, cos che il primo " plasma " di Dio, che non ebbe genitore, ma soltanto Dio come creatore, il primo padre del Cristo secondo la carne, non rimanesse oltre in quei vincoli e non perisse nell'eterno supplizio. L poi dove la misericordia sorpassa la giustizia 42 non dobbiamo pensare ai meriti, bens alla grazia. Della quale tanto grande, tanto inscrutabile e ininvestigabile la profondit che dopo la sentenza: Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non pu entrare nel regno di Dio 43, vediamo talvolta che a fedeli ben meritevoli non concesso che i loro figli siano insieme ai loro genitori nel regno di Dio, ma da piccoli escano da questa vita non rigenerati, mentre talvolta, e pur desiderandolo ardentemente i loro stessi genitori e pur

affrettandolo con alacrit i ministri dei sacramenti, non viene differita di qualche istante dall'onnipotentissimo e misericordiosissimo Dio la loro morte, perch, i nati dai cristiani, da qui escano rinati, n periscano per il regno del Cristo e per i loro genitori. Invece spirano prima che si battezzino, mentre a volte a figli infanti di infedeli e di bestemmiatori della stessa grazia del Cristo, condotti dalla mirabile provvidenza di Dio nelle mani dei cristiani, si presta questa grazia di arrivare al regno di Dio, separati dai loro empi genitori. Dove, se ti si domanda che giustizia sia questa, certamente non la trovi in quel tuo sermone dialettico e filosofico con il quale ti sembra di avere disquisito diligentissimamente sulla giustizia di Dio. Il Signore conosce infatti che le escogitazioni dei sapienti sono vane 44 e, tenendo nascoste questa realt ai sapienti e agli intelligenti, le ha rivelate ai piccoli 45, ossia a coloro che sono umili e non confidano nella loro forza ma nel Signore: ci che tu o mai o non ancora ti degni di essere. Se dunque cerchi dove e quando si dia all'uomo di non poter peccare, cerca i premi dei santi, che essi hanno da ricevere dopo questa vita. Se poi non credi che il libero arbitrio dell'uomo, con il quale egli pot e dov agire rettamente, venne a mancare per la malizia del peccato, sta' attento almeno a colui che dice: Non quello che voglio io compio, ma faccio quello che detesto, e che voi non volete malato per un vizio di origine, ma per il prevalere su di lui di una cattiva abitudine; e cos anche voi confessate che il libero arbitrio pu venire meno usando male di se stesso, e non volete che da quel peccato, tanto grande da essere stato maggiore e peggiore di ogni mala abitudine, abbia potuto essere viziato il libero arbitrio della natura umana, nel depravare la quale dite che tanto pu un'abitudine cattiva da far gridare ad un uomo di volere compiere il bene e di non poterlo compiere. Ma immutabile quella libert della volont, con la quale l'uomo fu creato ed creato, e per la quale noi tutti vogliamo essere beati e non possiamo non volerlo. Ma ad essere beato e a vivere rettamente per essere beato non basta a nessuno questa libert, perch la libert di una volont immutabile con la quale voglia e possa agire bene non cos congenita nell'uomo come congenita in lui la libert con la quale vuol essere beato: il che vogliamo tutti, anche coloro che non vogliono agire rettamente. La nostra libert stata viziata dal primo peccato.

13. GIUL. Quale risultato si dunque ottenuto? Che si impone una sola delle due alternative: o confessi che Adamo fu fatto di una buona sostanza e che la sua natura non fu distrutta da una qualit volontaria, e abbandoni il peccato naturale; o, se, come hai creduto finora, insisti nel dire che Adamo causa di mali naturali, dichiarerai che egli stesso di una pessima sostanza, appartenente al dio vostro, ossia al dio tuo e al dio di Manicheo. AG. Che non sia stato ottenuto il risultato che tu reputi ottenuto lo mette in chiaro la nostra risposta precedente. Infatti, poich si discute tra noi se per il cattivo uso del libero arbitrio, con il quale l'uomo fu creato, abbia potuto questa libert umana essere cos viziata da non essere idoneo a vivere rettamente chi visse malamente, se non nel caso che sia stato sanato dalla forza della grazia, per omettere tutte le altre numerosissime osservazioni che sono state fatte nella medesima risposta, troviamo un uomo che nell'autorit somma delle divine Scritture dice: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio. Nelle quali parole appare evidente che il libero arbitrio fu viziato dal suo cattivo uso. Non avrebbe infatti potuto dire questo l'uomo prima del peccato con il quale us male del libero arbitrio, collocato in quella felicit del paradiso e in una grande facilit di agire bene. Ma questo voi non lo attribuite alla natura umana viziata nel primo uomo, bens alla cattiva abitudine di un qualsiasi uomo, che volendo vincerne la prevalenza, n valendo a vincerla e non trovando la sua libert integra a portare il bene a compimento, forzato a dire quelle parole, quasi per che a patire l'insuperabile violenza della cattiva abitudine, cos da chiedere di essere liberata da essa mediante la grazia di Dio, non sia se non una natura infirmata. Chi esprimeva infatti cotesti sentimenti, dopo essere giunto alle parole: Nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che nelle mie membra, esclama: Sono uno sventurato! Chi mi liberer da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore 46. Il corpo della morte interpretatelo come volete. Tuttavia, infirmato il libero arbitrio, faceva queste affermazioni la natura infirmata e desiderava di essere liberata mediante la grazia di Dio dal corpo di morte, dove non compiva il bene che voleva, ma faceva il male che odiava. Ma da una documentazione pi evidente voi siete vinti a pensare che quel peccato del primo uomo fu tanto grande da esser maggiore e peggiore di ogni violenza dell'abitudine, quando vi si mettono dinanzi i mali dei bambini, mali

che non sarebbero esistiti sicuramente nel paradiso, se l'uomo per non essere cacciato fosse rimasto nella felicit di quella rettitudine nella quale fu fatta la natura umana. Infatti, per tacere di altre simili considerazioni che abbiamo gi fatto in pi luoghi e per tralasciare l'infanzia, non solo indtta ma anche indocile, non forse vero che un qualche ragazzo nel ricevere dal suo maestro qualcosa da ritenere a memoria, volendo tenerlo e non valendo a tenerlo, se potesse dirlo, direbbe con tutta verit: " Vedo nella mia anima un'altra legge che muove guerra alla legge della mia volont e mi rende schiavo della legge delle ferule che incombe sulle mie membra? Sono uno sventurato! Chi mi liberer dal corpo di questa morte? Un corpo corruttibile appesantisce infatti l'anima, cos da non poter tenere a mente ci che vuole ". E da questo corpo corruttibile chi libera se non la grazia di Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore? Libera, sia quando, spogliata di questo corpo, l'anima redenta dal sangue del Cristo, riposa; sia quando questo corpo corruttibile si rivestir della incorruttibilit 47 e dopo le tribolazioni del corpo morto a causa del peccato anche i nostri corpi mortali riceveranno la vita per mezzo dello Spirito del Cristo che abita in noi. Contro la grazia del quale Cristo voi difendete l'arbitrio della libera volont, della volont ancella del peccato. Noi poi siamo ben lontani da Manicheo, perch della natura buona tanto nei grandi quanto nei bambini noi confessiamo e il vizio e il Medico. I primi uomini avevano i medesimi nostri malanni. 14. GIUL. Ho disputato finora come richiedeva l'uso della nostra fede; ma, non contento di questa parte soltanto, agir con te benignamente e far intenzionalmente la parte di uno che sembri simpatizzare con la sentenza del tuo precettore. Ma questo sar fatto allo scopo che tu sia costretto ad opporti a Manicheo, se discordi da lui. Che la serie delle nostre asserzioni non abbia nulla di astuto sar dimostrato da questo stesso fatto che il traduciano non trovi dove potersi opporre a Manicheo. Apparir pertanto quanta congiura ci sia tra voi, e come voi procuriate tutto con mutui profitti, quando non si sar potuto suscitare nessun litigio tra voi. Stia quindi fitto nell'animo del lettore quale sia stato il proposito da me dichiarato nell'affrontare questa prova. Adesso facciamo ormai parlare la " persona " che assumiamo. Sbagliano assolutamente coloro che reputano che questa concrezione del corpo sia abile alla giustizia: a tutte le buone intenzioni ripugna la vile natura della carne e del sangue. Tutto ci che c' di eccitamenti

per la seduzione dei sensi sdrucciola fino al perturbamento, anzi fino al sovvertimento della mente, che, gettata non so da quale infelicit in questa lordura, perde nella mescolanza del fango i suoi nobili sprazzi. Essa, per quanto da lei, tende al suo luogo, ossia ai valori superiori, ma afflitta dall'ergastolo terreno. Quando poi vorr volare alla pudicizia, sperimenta il glutine e il vischio della volutt oscena che sale dalle viscere riarse. Appena concupisce la liberalit della munificenza, viene legata dalle strettissime catene dell'avarizia che si copre con il velo della frugalit. Se poi vuole accomodarsi in qualche serenit di un fermo equilibrio, sommersa subito dalla grandine del timore, dalle tempeste del dolore e, sfinita da dubbi di ogni genere, non riesce pi a mantenere il controllo di s. Aggiungi a questo la notte delle realt ignorate che la circonda come una piena. Che cosa supporre di lodevole in un animale che non ha nemmeno occhi capaci di utili scelte e non basta a contare i suoi naufragi tra le tempeste delle passioni e delle difficolt? N tuttavia qualcuno mentisca che questi mali sono accaduti alla sostanza umana, perch si spontaneamente depravata: la stessa istituzione dei primi uomini si trova soggetta a questi malanni. Infatti, per provarlo anche con la testimonianza di Mos, venerato dai cattolici, sperimentavano i primi uomini la carneficina del timore, atterriti dalla minaccia del pericolo, se non avessero obbedito, e, per quanto dobbiamo misurare dal confronto con gli avvenimenti, riteniamo che i primi uomini furono pi paurosi dei posteri, perch afflitti da una pena che non era ancora nota a nessuno. Perch infatti sarebbero stati scossi dalla minaccia della morte, se non sapevano quali danni comportasse il morire? Li sconvolgevano appunto soltanto le supposizioni dei mali. In quale tranquillit poteva dunque adagiarsi quell'animo che sommoveva tanto aspro inverno di paura? Poi, quanto profonda ignoranza e quanto dura la condizione di patirla, cos da non poter esserne liberato se non con la prevaricazione: la scienza appunto del bene e del male non l'avrebbe conquistata in nessun modo senza un'audacia condannabile! Questo animale lo rendeva cos cieco e tribolato anche un'ingiusta innata cupidit, che era fatta irritante dalla venust e dalla soavit del frutto proibito. E come se tutto questo fosse poco per esprimere la sua infelicit, l'uomo viene esposto all'assalto di una natura superiore. Chi dunque sar cos stolto da giudicare che qualcosa di buono ci sia stato l dove riconosce istituiti gli strumenti di tante miserie? Cotesta carne quindi in cotesti primi uomini espresse ci che teneva di suo fino

dall'esordio nella sua pessima condizione e nella sua pessima natura. Ma questa sostanza tanto cattiva non la pot fabbricare il Dio buono! Che resta dunque a noi se non confessare che altri il datore dell'anima e altri il creatore dei fanghi? Sta certamente ben schierato in campo l'esercito di Manicheo, di cui avevo indossato la " persona ". Tu capisci che cosa noi ci attendiamo: cio che chi contro Manicheo lo dimostri con una logica confutazione. Il vostro dogma quindi si batta con lui: apparir se possa muoversi anche solo di un poco senza la propria rovina. Manicheo ha certamente dichiarato che non solo tutti gli uomini nascono " criminosi " dalla mescolanza dei corpi, ma che lo stesso Adamo prese la necessit delle colpe dalla concrezione delle viscere e dalle sozzure del limo con il quale fu fatto. La natura della carne, dice, fu rea gi nei primi uomini ed essa imprigion, imbevve, estinse la stessa scintilla dell'animo che traluceva del desiderio dell'onest. Sono sciocchi davvero i cattolici che resistono alle testimonianze di coloro che peccano, e non si arrendono nemmeno alle proprie acquisizioni e, vedendo che non operano il bene che vogliono, ma il male che esecrano, tuttavia reputano che nella carne non ci sia la necessit del male. Lotti dunque, se pu, il traduciano contro queste affermazioni tanto spiacevoli: io per il momento faccio lo spettatore e attendo l'esito del vostro conflitto. Che risponderai pertanto a chi giura che la natura fu cattiva anche nei primi uomini? Replicherai senza dubbio che Dio, formatore degli uomini, non pot creare cattivo ci che cre, e proprio perch Dio che non fa il male fece gli uomini, non si pu assolutamente provare che essi siano mali naturaliter. Hai detto qualcosa e lo hai detto con veracit, ma rifletti se tu lo avresti dovuto proferire ai miei orecchi. Non mi interessa molto infatti con quanta forza tu abbia colpito Manicheo: per ora tu sei passato tutto nei miei diritti. Mi diletta ormai divertirmi con te, fatto mio prigioniero. Accolgo appunto con grande gioia la tua professione e ti ammonisco di ricordarla. Per la dignit infatti dell'autore, ossia di Dio che non fa il male, hai dichiarato che devono asserirsi buone le sue opere. Tutti gli uomini dunque generati dalla mescolanza dei sessi, istituita da Dio, li reputi fatti da Dio o dal diavolo? Se da Dio, in che modo osi sentenziarli rei e cattivi, dopo aver detto che l'unica testimonianza che Adamo non pot essere fatto di cattiva natura sta nella dichiarazione che fu creato da Dio, il quale ottimo? Se dunque per credere che la sostanza dei primi uomini non sia stata creata rea un argomento forte la sua stessa creazione da parte di Dio che confessiamo

buono, resta a rovina della traduce che la medesima testimonianza della loro creazione da parte di Dio che confessiamo buono valga anche a provare che non possono essere creati iniqui coloro che vengono generati dal matrimonio. Ma se anche dopo di ci una rabbiosa impudenza persister nel giurare che i bambini e vengono fatti da Dio e sono tuttavia naturaliter mali, certamente al Dio cattolico, come pure al nostro Dio, non si reca nessun pregiudizio da queste menzogne, tuttavia risulta che da voi non stato espugnato Manicheo, il quale abbraccia volentieri che tu incrimini Dio, contento che ti sia crollato l'argomento con il quale avevi tentato di provare buona la creazione di Adamo. AG. Quando con faconda cecit mi proponi il duello contro Manicheo da intraprendere da me e da contemplare da te, rovesci incautamente le tue parti e offri, anche a coloro che sono ritardati nella loro intelligenza, la possibilit di capire in che modo tu aiuti, quasi con il pestifero alito del tuo dogma, quella orribilissima lue che un funesto errore attacc a Manicheo. Ciascuno infatti, quando udr o legger le affermazioni che hai fatto copiosamente ed eloquentemente sulle miserie di questa vita mortale e corruttibile, riconoscer che, non solo nel tuo ragionare, ma anche nella realt delle vicende umane, tu hai colto nel vero. Per Manicheo appunto, al quale hai prestato le parole come se parlasse contro di noi, non fu nulla di grande o di difficile e intuire in questa vita mortale, abbattuta e bandita dalla felicit del paradiso per merito del peccato, le verit dette da te su di essa, e garrire, come fai tu o anche pi abbondantemente e diffusamente, tuttavia i medesimi mali, che sono tanto manifesti da leggerli ripetutamente anche in moltissimi passi delle Scritture divine, e che provengono dall'onere del corpo corruttibile e dall'appesantimento che esso causa all'anima. Onde, anche nei santi che lottano nell'agone di questa vita, la carne concupisce contro lo spirito e lo spirito contro la carne 48 , perch lo spirito, come dice il gloriosissimo Cipriano, cerca i beni celesti e divini, la carne concupisce i beni terreni e secolari 49. Di qui proviene quel conflitto che il suddetto martire spiega diligentemente ed eloquentemente nel suo libro De mortalitate, dicendo tra l'altro che a noi tocca una lotta assidua e molesta contro i vizi carnali e gli allettamenti secolari 50. Ma gi il beato Gregorio pone davanti agli occhi questo duello che abbiamo nel corpo di questa morte, in modo tale che non c' nessun atleta di questo agone che non si riconosca nelle sue parole come in uno specchio. Dentro noi stessi, dice, siamo combattuti dai propri vizi e

dalle proprie passioni. Giorno e notte ci trafiggono gli speroni brucianti del corpo di questa umile condizione e del corpo di questa morte, provocandoci dovunque, a volte segretamente, a volte anche palesemente, e irritandoci gli allettamenti delle realt visibili, esalando questo fango schifoso nel quale ci troviamo il fetore del suo sudiciume da vene troppo capaci, ma inoltre movendo guerra la legge del peccato, la quale nelle nostre membra, alla legge dello spirito, mentre si studia di fare sua schiava l'immagine regale che dentro di noi, perch finisca tra le sue spoglie tutto quello che Dio fece affluire in noi con il beneficio di quella sua divina e prima creazione 51. Queste parole dell'uomo di Dio sono state riportate da me e nel secondo dei sei libri che pubblicai contro i tuoi quattro 52 e in questa opera nel rispondere al tuo primo volume 53, l dove credesti di dover intendere in modo diverso il corpo di morte, dal quale dice l'Apostolo di essere liberato mediante la grazia di Dio 54. Anche il santo vescovo Ambrogio, dopo avere scritto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perch viziata la nostra stessa origine, come hai letto nelle parole di Davide: "Ecco nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre 55 ", soggiunse immediatamente: Perch la carne di Paolo era un corpo di morte, come dice egli stesso: " Chi mi liberer dal corpo di questa morte? 56 " 57. Che c' dunque da meravigliarsi, se Manicheo, intuendo i mali di questa vita: e il corpo di questa morte che appesantisce l'anima, e la discordia tra la carne e lo spirito, e il grave giogo che sta sui figli di Adamo dal giorno della uscita dal grembo della loro madre fino al giorno della sepoltura nel grembo della madre comune, fa anche con la tua bocca, quasi parlasse contro di noi, affermazioni tali e quali vediamo fatte da Gregorio contro di voi? Donde risulta che i mali di questa vita, che una prova sulla terra 58, i mali di cui pieno il mondo nella storia del genere umano per il grave giogo che pesa sui figli di Adamo dal giorno dell'uscita dal grembo della loro madre fino al giorno della sepoltura nel grembo della comune madre 59, anche i manichei li confessano insieme ai cattolici, ma sulla questione donde siano questi mali non dicono lo stesso gli uni e gli altri, e c' su tale questione una grande distanza tra loro, perch i manichei attribuiscono i mali ad una natura cattiva e aliena, i cattolici invece ad una natura e nostra e buona, ma viziata dal peccato e punita meritatamente. Tu che non vuoi dire ci che diciamo noi, che cosa dici per conto tuo? In che modo rispondi a Manicheo sul problema donde siano questi mali con i quali nascono gli uomini e che non

nascerebbero nel paradiso, se nessuno avesse peccato e se la nostra natura vi fosse rimasta non depravata, ma retta, come fu creata? Se congenito il vizio nel quale l'uomo grida: Io so che in me, cio nella mia carne, non abita il bene; c' in me il desiderio del bene, ma non la capacit di attuarlo 60, e se il vizio non viene dalla natura viziata a causa della prevaricazione del primo uomo, di' donde venga. Se poi questi vizi non sono congeniti, di' donde vengano. Dirai: dall'abitudine di peccare che ognuno si fatta con la libera volont. Dove tu confessi per il momento ci che non vuoi, ossia che la libert della volont pot perire per il suo cattivo uso, perch a forza di fare il male diventata meno idonea a fare il bene. Ma proprio vero che uno sia duro di cuore per volont? O che uno sia smemorato per volont? O che uno sia fatuo per volont? Questi e altri vizi della mente stessa e dell'animo, con i quali nessuno dubita che nascano alcuni uomini, se tu dici che non vengono dalla origine viziata, di' donde vengano. N infatti dirai certamente che il paradiso avrebbe potuto avere cotesti vizi, se nessuno avesse peccato. Infine che il corpo corruttibile appesantisca l'anima con una soma miserevole sotto la quale gemono tutti gli uomini che non siano completamente stupidi, di' donde venga. Non dirai certamente che i primi uomini siano stati creati cos che l'anima di qualcuno di essi fosse appesantita da un corpo corruttibile, o dirai che dopo quel loro grande peccato qualcuno nasca senza un tale corpo. Per quale ragione dunque tu loquacissimo introduci Manicheo loquace contro di noi, quando, negando tu ci che diciamo noi, non sei in grado di rispondere a lui? Al quale risponde Cipriano, mostrando che la carne e lo spirito discordano tra loro, cos tuttavia che la concordia di ambedue sia da chiedere a Dio Padre 61. Al quale risponde Gregorio che, dopo aver fatto sulla carne le medesime affermazioni che mettesti insieme tu per farle dire a Manicheo contro di noi, tuttavia attesta che entrambi, spirito e carne, essendo propizio Dio, sono da riportarsi a Dio stesso. Al quale risponde Ambrogio che, dopo aver detto che la carne deve sottomettersi all'arbitrio dell'anima, pi equilibrata, spiega, quale fu la carne quando ricev come sua residenza le parti segrete del paradiso, prima che, infettata dal veleno del serpente pestifero, conoscesse la fame sacrilega 62. Infatti con queste loro sentenze tali antistiti cattolici insegnarono sufficientemente e apertamente che della carne non mala la natura, ma malo il vizio: sanato il quale, la carne ritorna a non appesantire pi l'anima con nessuna delle sue corruzioni, come fu istituita primieramente, e

a non avere nessuna discordia con lo spirito, concupiscendo atteggiamenti contrari ad esso. Da questa discordia fu ingannato Manicheo a fantasticare che a noi sia stata mescolata una sostanza mala e aliena. Di questi antistiti cattolici se tu volessi seguire con noi la fede, sbaraglieresti i manichei invece di aiutarli. Adesso per tu non tenti di distruggerli, ma di far crescere ancora di pi il loro edificio. Negando infatti i mali che gli uomini contraggono nel nascere da una origine viziata, non ottieni che noi non crediamo affatto ai mali naturali, poich essi sono troppo manifesti, ma ottieni piuttosto che cotesti mali si reputino provenienti da una natura mala e aliena, che l'insania dei manichei favoleggia essere stata mescolata a noi, e non si indichino come promananti dalla nostra natura buona, viziata dalla prevaricazione del primo uomo, che quanto dice la sanit dei cattolici. Manicheo per, tu dici, detesta cos tanto anche la stessa carne del primo uomo, quale fu prima che egli peccasse, da sforzarsi di dimostrarla cattiva. Cos, certo, lo fai parlare tu, con il risultato di provocare non solo per me, ma anche per te una tal quale difficolt nel rispondere. Infatti dove Manicheo dice che la carne del primo uomo fu fatta da un creatore cattivo, noi gli rispondiamo di comune accordo che una creatura tanto buona da poter non peccare se non voleva peccare, per quanto non venga equiparata al suo creatore, non pot tuttavia avere se non un Creatore buono. Dove poi Manicheo dice misero l'uomo anche prima di peccare per il timore della morte che Dio gli minacci qualora avesse peccato, rispondiamo di comune accordo che per un uomo, il quale non avrebbe mai potuto peccare se non avesse mai voluto peccare, la precauzione di dover evitare quella pena che sarebbe seguita al peccato era una precauzione tranquilla, non era un'angoscia turbolenta. Questo, s, possiamo rispondere al comune avversario, come si detto, di comune accordo. Ma io contro Manicheo accresco le lodi di quella prima creatura ragionevole, che non solo non era tormentata da nessuna paura, ma anzi godeva una grande letizia, perch aveva la possibilit di non soffrire il male della morte, dal quale rifuggono i cuori di tutti i fedeli o di quasi tutti. Poich a questa nostra fede avverso l'errore vostro di reputare che Adamo sarebbe morto, sia che peccasse, sia che non peccasse, che cosa rispondi qui a Manicheo quando dice che fu creata misera la natura, la quale, peccasse o non peccasse, la morte incombente tormentava con la sua paura? Se infatti dirai che fu creata tale da non temere la morte, indubbiamente presto o tardi ventura, confesserai certamente che la natura umana, quale

adesso nei posteri di Adamo, nasce misera, perch vediamo che la paura della morte per lei tanto congenita che perfino coloro che con fedele speranza concupiscono i gaudi della vita futura, tuttavia lottano in questa vita con la paura della morte: non vogliono infatti essere spogliati, ma sopravvestiti, perch questa vita, per quanto concerne la loro volont, non finisca con la morte, ma ci che mortale venga assorbito dalla vita 63. Dal che discende che, se porrai la paura della morte nel paradiso prima del peccato, sarai vinto dai manichei, i quali credono e vogliono far credere che anche nel primo uomo la natura umana fu creata misera; se al contrario risponderai che la paura della morte, dalla quale l'animo dei mortali non assillato senza miseria, non ci fu prima del peccato, sarai vinto da noi, perch non muterebbe in peggio se non una natura viziata. Da capo, in ci che fai dire a Manicheo contro di noi: Questo animale cieco e tribolato era reso anche inquieto dalla sua innata cupidit, irritata dalla venust e dalla soavit del frutto proibito, riconosci, o Giuliano, il naufragio del tuo dogma quasi contro uno scoglio inevitabile. Noi infatti diciamo che in quella beatitudine non ci fu nessuna cupidit che resistesse alla volont. Ora, se quegli uomini bramavano il frutto dal quale piuttosto volevano astenersi, senza dubbio alla loro volont resisteva la loro cupidit. Questo dunque non contro di me, ma contro di te hai fatto dire a Manicheo con le tue parole. Se infatti costoro erano tali che in essi la cupidit resisteva alla volont, gi allora la carne concupiva contro lo spirito e lo spirito concupiva contro la carne, dove si intende il manifestissimo vizio della carne, a causa del quale l'Apostolo diceva ai fedeli: Queste cose si oppongono a vicenda, sicch voi non fate quello che vorreste 64. Nessuno appunto c' tra i santi che non voglia fare in modo che la carne non concupisca contro lo spirito, sebbene resista alla carne per non portare a compimento con il suo consenso la concupiscenza della carne, ascoltando il medesimo Apostolo che scrive: Vi dico dunque: camminate secondo lo spirito e non portate a soddisfazione i desideri della carne 65. Non dice: Non abbiate i desideri contrari della carne, perch vedeva che una pace perfetta tra la carne e lo spirito non pu essere realizzata nel corpo di questa morte. Ma dice: Non portate a soddisfazione i desideri della carne, dove ci ha proposto piuttosto la battaglia che dobbiamo combattere contro la carne che ci avversa, perch non diamo esecuzione alle sue concupiscenze consentendo, ma le vinciamo resistendo. La pace per, dove non patire tali concupiscenze opposte e riottose, ci fu nel corpo di quella vita, che noi perdemmo

per la natura viziata dalla prevaricazione del primo uomo. Se infatti nemmeno allora, prima del peccato, ci fu la pace tra la carne e lo spirito, e se falso che la discordia tra loro due si sia cambiata, come dice Ambrogio, nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo 66, sar vera, e non sia mai, questa sentenza con la quale hai fatto parlare Manicheo contro di noi: Fu creato come un misero animale il primo uomo, che era reso inquieto da una innata cupidit, irritata dalla venust e dalla soavit del frutto proibito. Noi all'opposto diciamo che quell'uomo fu tanto beato prima del peccato e tanto libero di volont che osservando il precetto di Dio con le grandi forze della sua mente non pativa in nessun conflitto la resistenza della carne, n sentiva assolutamente da una qualche cupidit nulla che non volesse. La sua volont fu precedentemente viziata dalla velenosa persuasione del serpente, perch sorgesse la cupidit che seguisse la volont piuttosto che resistere alla volont, e perch, perpetrato il peccato, anche la concupiscenza della carne movesse ormai guerra alla mente infirmata dalla pena. E per questo, se l'uomo peccando non faceva prima ci che voleva, non pativa ci che non voleva concupiscendo. Ecco in che modo noi vinciamo Manicheo, che tenta d'introdurre un cattivo creatore della natura dell'uomo. Tu invece, che a tuo arbitrio hai scelto di fare da spettatore al nostro scontro, a queste stesse tue parole che ti parve di dover dare a Manicheo contro di noi, con quale arte, ti prego, con quali forze oserai opporti, o uomo che dici che la concupiscenza della carne, quale adesso, quale la vediamo lottare contro lo spirito, tale fu anche nel paradiso prima del peccato? Ti sbalziamo dunque gi dalle tribune del teatro nell'arena, volente o nolente, e da spettatore ti facciamo lottatore. Ingaggia il duello e vinci, se puoi, l'avversario comune, poich tu pure confessi di adorare Dio come creatore anche della carne. Vinci quindi il nemico che tenta di persuadere che sia un Dio cattivo quello che cre la carne, la cui concupiscenza faceva gi guerra allo spirito quando lo spirito non era stato ancora depravato dalla prevaricazione, e faceva misero l'uomo per il suo lottare. O forse sei pronto a dire: Assolutamente, e aveva una tale concupiscenza l'uomo, e tuttavia non era misero? Questo forse un superare l'avversario o piuttosto non questo un aiutare Manicheo e un ribellarsi contro l'Apostolo? Hai forse dimenticato completamente chi abbia detto: Nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente, soggiungendo subito dopo: Sono uno sventurato? Se dunque Adamo, mentre voleva obbedire al precetto divino, si sentiva

irritato dalla cupidit a mangiare il cibo proibito e se in lui la concupiscenza della carne, che tu gli attribuisci anche in quel tempo quale quella di ora, faceva guerra allo spirito che concupiva in senso contrario, non avrebbe detto con tutta verit, se lo avesse voluto dire: Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente 67? In che modo dunque Adamo non era un uomo misero, se dopo tali parole l'Apostolo esclama: Sono uno sventurato? Infine in che modo non era misero e in che modo aveva la volont libera, se concupiscendo la carne contro lo spirito, non faceva certamente ci che voleva, per testimonianza dello stesso Apostolo? Poich dunque, se dirai che la concupiscenza della carne tale fu prima del peccato quale adesso, ti vincer senza dubbio Manicheo; passa alla mia sentenza, e perch ambedue vinciamo Manicheo, approviamo ambedue Ambrogio, il quale dice che la discordia tra la carne e lo spirito si cambi nella nostra natura a causa della prevaricazione del primo uomo. Con le tue parole, che gli hai composte per fargliele fintamente recitare e, alla maniera che suole avvenire nelle scuole dei retori, per fargliele dire come parole di altri, Manicheo ha detto che Adamo fu creato non solo " tribolato ", ma anche " cieco ". Per quale ragione " cieco ", se non perch non conosceva il peccato? E questo stato detto tra le lodi del Cristo 68. Tutti i mali infatti di qualsiasi genere che si imparano non per mezzo della sapienza, ma per mezzo della esperienza, si ignorano felicemente. Questo per lo dici forse anche tu con me contro Manicheo, che calunnia il primo uomo d'ignoranza. Cerca invece che cosa rispondergli sulla morte del corpo e sulla concupiscenza della carne, secondo le risposte che abbiamo date ora noi a te. Da queste due evidentissime realt appare infatti che altra fu la condizione dei primi uomini, i quali non furono generati da nessuna stirpe di genitori, altra invece la condizione di coloro che sono creati da Dio in modo da essere anche procreati dagli uomini. Da Dio ricevono il modo della loro istituzione, dagli uomini derivano il merito dell'origine: debitori della loro conformazione all'opificio del Creatore, della loro obbligazione al giudizio del Creatore, della loro liberazione al beneficio del Creatore. Dei quali uomini vedendo i mali con cui nascono, i manichei tentano d'introdurre un cattivo opifice dell'uomo. Della cui stessa carne, per tacere dell'anima che la vita della carne, la struttura organica attesta che il suo opifice il Dio dal quale vengono tutti i beni, siano celesti, siano terrestri. Ed un bene tale

la struttura organica della carne da prendere il beato Apostolo dalla concordia delle sue membra una similitudine per il pi grande elogio della carit, per il cui vincolo pacifico i buoni fedeli si connettono tra loro come membra del Cristo 69. Avviene cos che e quei primi uomini fatti senza un vizio, e i loro posteri nati con il vizio originale, atteso l'evidentissimo bene della natura, non li abbia potuti creare se non il Creatore buono. Dopo il peccato la libert liberanda, non libera. 15. GIUL. Ma per non premere troppo sulla prima parte della controversia, concediamo che nel procedere della tua opinione tu dimostri la buona natura di Adamo. certo che tu dici: Il giusto Dio non avrebbe imposto all'uomo la legge della devozione, se avesse saputo che egli pativa la necessit di peccare, perch, esigendo la giustizia della volont da chi sapeva cattivo per natura, quando questi prevaricava, Dio non accusava l'uomo di reato, ma " pubblicizzava " di esser egli stesso nemico della giustizia. Ma il giusto Dio impose all'uomo la sua legge e assicur che lo avrebbe punito, se avesse prevaricato. Consta dunque che l'uomo, buono per natura, non pot altrimenti peccare se non per la sua sola volont. Tu vedi evidentemente quanto legittima conclusione sia stata dedotta da me in nome tuo! Questa davvero una spada che, lampeggiando in mano dei cattolici, fa strage dei manichei e dei traduciani. Ma io misi quel "troppo " per il vostro nome, perch avevo voluto che la risposta apparisse sul momento come data in vostra vece. Scosse dunque Manicheo la solida risposta. Io lodo debitamente l'augusta ragione, ma sta' attento tu che l'olio di questa mia lode rende pi acuta la spada contro di te. Ripeti quindi, ti prego, ci che avevi detto. Il giusto Dio, tu dici, non avrebbe imposto all'uomo la legge, se l'uomo fosse stato cattivo per natura; ma colui che giusto impose all'uomo la legge: chiaro che l'uomo pot osservare ci che il Giustissimo comand; poich, se l'uomo non avesse avuto la forza di obbedire, non avrebbe mai avuto colui che comandava la ragione di comandare. O lepidissima testolina! Davanti a me, davanti a me come spettatore, costui afferma la bont della natura alla quale si impone la legge, partendo dalla giustizia di colui che promulga la legge, n vede di aver recato la rovina dei traduciani, prima che senta una piccola ferita Manicheo. Perch infatti tu capisca che a te moribondo io rapisco le armi cruente, e perch i tuoi occhi portino con s morendo la verit vincitrice 70, spinger te stesso contro i tuoi dardi. Se il giusto Dio

non pot dare la legge ad Adamo se non perch sapeva che egli senza nessuna coazione da parte del male poteva da uomo libero osservare ci che giusto, indubbiamente anche nei tempi successivi con la medesima gravit di giustizia non sarebbe stata data agli uomini la legge, consegnata pure per scritto, pi estesa per molteplicit, pi precisa per distinzione, pi temibile per accrescimento di sanzioni, se gli uomini nascessero dall'utero o impotenti a fare il bene senza possibilit di giustizia, o rei, cio cattivi; perch, come costoro in ogni prevaricazione li scuserebbe il pretesto della necessit, cos l'eccedenza dei precetti, l'impotenza delle sanzioni, l'iniquit dei giudizi tornerebbe ad onta dell'Autore. Quindi anche questa seconda parte si chiude alla stessa maniera della prima: cio, o confessi che la giustizia di Dio non pot comandare se non ci che valutava fattibile dai sudditi, e dalla testimonianza del primo comando liquidato il manicheo, mentre dalla testimonianza delle leggi successive liquidato il manicheo e il traduciano; o, se la tua empiet tralascia di fare questo, Manicheo, che non stato allontanato da voi nemmeno leggermente, mostrer con la testimonianza del mondo di essere vostro padre, di essere vostro principe, di avere insieme a voi contro di noi un unico combattimento. AG. Questo appunto ci che hai inseguito non con eloquio, ma con multiloquio: la prima legge che fu data nel paradiso testimonianza della buona natura che fu creata con il libero arbitrio; altrimenti sarebbe stata data ingiustissimamente la legge all'uomo che non avesse il libero arbitrio. Onde anche la legge posteriore, tu dichiari, che fu promulgata per scritto in maniera amplissima, testimonianza della natura buona che viene creata attraverso i genitori, ugualmente senza vizio e con il libero arbitrio. Nel discutere cos ti sembra di dire qualcosa, perch segui le sottigliezze umane tue o di altri uomini: ma gli insegnamenti divini, con i quali reputi di prescrivere contro di noi, non ti curi di leggerli o, se ti curi di leggerli, non vuoi o non puoi leggervi la verit. Se per caso per ve la leggerai in forza della nostra discussione, non voler essere come il servo che la Scrittura bolla dicendo: Con le parole non si corregge uno schiavo duro, perch non obbedisce nemmeno quando ha capito 71. Per quanto anche il cuore di pietra, per il quale non si obbedisce alle parole divine nemmeno se sono state capite, te lo pu togliere, se lo vuole, colui che promise ci ad un popolo duro, profetandolo il santo profeta Ezechiele 72. Nel paradiso infatti l'uomo che fu fatto retto ricev la legge, perch noi

imparassimo che o la sola o la principale virt della creatura ragionevole l'obbedienza. Ma per la prevaricazione della medesima legge da se stesso l'uomo si deprav. E poich pot viziarsi da se stesso e non pot risanarsi, anche in seguito, nel tempo in cui la sapienza divina giudic di doverlo fare e nel luogo dove giudic di doverlo fare, ricev la legge pure da uomo depravato, non perch per mezzo di essa potesse correggersi, ma perch sentisse per mezzo di essa di essere depravato e di non potersi correggere da se stesso nemmeno dopo aver ricevuto la legge, e cos, non cessando i peccati con la legge, ma crescendo essi con la prevaricazione, abbattuta e contrita la sua superbia, l'uomo desiderasse con umilissimo cuore l'ausilio della grazia e dopo essere stato ucciso dalla lettera fosse vivificato dallo Spirito. Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perch ai credenti la promessa venisse data in virt della fede in Ges Cristo 73. Se riconosci le parole dell'Apostolo, vedi certamente o in che cosa tu non sia intelligente o in che cosa, pur essendo intelligente, tu sia negligente. Non vero quindi che la legge data in scritto per mezzo di Mos sia testimonianza della volont libera, perch, se fosse cos, non apparterrebbe a tale legge colui che dice: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che detesto 74, e che voi sostenete non ancora certamente posto sotto la grazia, bens ancora sotto la legge. N la stessa legge nuova, preannunziata come la legge proveniente in futuro da Sion e come la parola del Signore da Gerusalemme 75, nel che si intende il Vangelo santo, neppure essa, dico, una testimonianza della volont libera, ma piuttosto della volont liberanda. Nel Vangelo scritto infatti: Se il Figlio vi far liberi, allora sarete liberi davvero 76. Che non sia detto solo per i peccati passati, con la remissione dei quali siamo liberati, ma anche per l'aiuto della grazia che riceviamo per non peccare, ossia, dirigendo Dio i nostri itinerari, siamo fatti cos liberi che nessuna iniquit domini su noi 77, lo attesta l'orazione dominicale, dove non solo diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti per i mali che facemmo, ma diciamo altres: Non c'indurre in tentazione 78, perch evidentemente i mali non li facciamo di nuovo. Onde anche l'Apostolo dice: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male 79. Il che se fosse in nostro potere cos come lo fu antecedentemente al peccato, prima che la natura umana fosse stata viziata, non si chiederebbe certamente pregando, ma si manterrebbe piuttosto

operando. Ma poich dopo la primitiva rovina cos grave da farci cadere nella miseria di questa mortalit, Dio ha voluto che noi prima combattiamo, donandoci di essere guidati dal suo Spirito e facciamo morire le opere della carne, e che in futuro, donandoci egli stesso la vittoria per il nostro Signore Ges Cristo, regniamo con lui nell'eterna pace, sicuramente nessuno, se Dio non lo assiste, idoneo a combattere con i vizi, perch non sia trascinato da essi senza combatterli o perch gi combattendoli non sia vinto nella stessa lotta contro di essi. Perci in questo agone Dio volle che noi combattessimo pi con le preghiere che con le forze, perch anche le stesse forze, quante ci compete di averne quaggi, le somministra ai combattenti colui stesso che noi preghiamo. Se dunque coloro il cui spirito gi concupisce contro la carne hanno bisogno nelle singole azioni della grazia di Dio per non essere vinti, quale libert di volont possono avere coloro che, non ancora strappati al potere delle tenebre, prevalendo su di essi l'iniquit, non hanno nemmeno cominciato a combattere o, se hanno voluto combattere, sono vinti dalla schiavit di una volont non ancora liberata? Un solo testo biblico a favore. 16. GIUL. Non so francamente se qui, costretto ormai dalla tua sprovvedutezza, trami qualcosa di tanto inetto e di tanto invalido da dire che non hai certamente ragioni di nessun genere per poter insegnare che Adamo fu creato buono da Dio, ma per crederlo ti contenti della sola autorit della Lettura, dalla quale dopo la formazione dell'uomo gi nel sesto giorno per tutte le creature in comune riferito cos: E Dio vide tutte le cose che aveva fatte, ed ecco, erano molto buone 80. Possibile che, non per la dignit del Creatore, non per l'estimazione della sua giustizia, ma per una testimonianza con la quale in riferimento comune a tutte le creature esse si dicono fatte bene, tu stimi non istituito iniquo anche Adamo! Ora ci, sebbene colpisca Manicheo cos lievemente da farlo ridere, tuttavia ci consegna il traduciano completamente legato. Per non radunare i popoli su tale questione con nessuna delle testimonianze divine, prescriviamo con l'autorit del solo Apostolo che, prevedendo l'indegno errore, tuon contro di voi ad alta voce: Ogni creatura di Dio buona 81. Se dunque basta a provare che il primo uomo fu formato di buona natura ci che dice Mos, che Dio cre bene tutte le cose, e se sostieni che Adamo non pot essere creato da Dio con il peccato per questo che si legge istituito buono tra le

altre creature, noi nelle medesime linee replicheremo che nessuno pu nascere con il peccato per questo che dall'Apostolo difesa la bont di ogni creatura di Dio. Qual dunque il risultato che abbiamo ottenuto da queste discussioni? Evidentemente che anche l'opzione della guerra dichiarata tra te e Manicheo rendesse pubblico ci che aveva indagato la ragione: non potendo tu nel duello predisposto vibrare nemmeno un colpo contro il tuo precettore senza la tua rovina, rilucesse nel modo pi manifesto possibile che voi e i manichei vi siete coalizzati con vergognosa concordia in un solo corpo di empiet. Che cosa infatti pu esser tanto congiunto quanto ci che non separato neppure dalla incursione delle battaglie? Ad ogni crollo di Manicheo muore insieme il dogma dei traduciani: non c' nulla che ferisca lui e risparmi te. Voi siete uniti tra voi nella unit delle istituzioni, nella unit dei misteri, nella unit dei pericoli! E poi ti senti stomacato, se ti senti chiamato razza del vecchio Manete? AG. Tu nel dire che io non ho ragioni di nessun genere per poter insegnare che Adamo fu creato buono da Dio ti esprimi cos come se io fossi in conflitto con te su questo argomento. Non forse vero che non io soltanto n tu soltanto, ma ambedue diciamo che Adamo fu creato buono? Ambedue infatti diciamo che era buona una natura che potesse non peccare, se non voleva. Ma mentre io asserisco quella natura migliore di quanto l'asserisci tu, perch dico pure che essa non avrebbe potuto morire se non avesse voluto peccare, cos' che tu dici: io non ho ragioni di nessun genere per poter insegnare che Adamo fu creato buono da Dio, quando dalle mie ragioni pi che dalle tue Adamo indicato buono? Dalle mie ragioni appunto indicato non solo che egli pot non peccare se non lo voleva, ma che non pot nemmeno morire se non avesse voluto peccare; dalle tue ragioni invece si indica fatto cos mortale da essere morituro sia che peccasse, sia che non peccasse. Il quale errore, quando fu rinfacciato a Pelagio nel processo palestinese, egli stesso lo condann per non essere condannato 82, e cos condann se stesso, come l'Apostolo dice che fa la gente eretica 83. Io dico inoltre che non ebbe paura della morte Adamo, in cui potere era di non morire; tu invece dici che ebbe la necessit di morire anche senza nessuna necessit di peccare. E dicendo che Adamo tem la morte anche prima del peccato, che dici se non che fu creato misero? Se poi per non essere misero, bench la sua morte fosse futura, non ne ebbe tuttavia paura, certamente gener misera senza dubbio la sua prole, perch ingener in essa la paura della

morte. Chi negher infatti che gli uomini temano cos la morte per natura che appena ad alcuni non la faccia temere una rara grandezza di animo? Io alla bont della creazione di Adamo aggiungo altres che in lui la carne non concupiva contro lo spirito prima del peccato; tu invece, dicendo che la concupiscenza della carne, se nessuno avesse peccato, sarebbe stata nel paradiso tale e quale adesso e dicendo che in Adamo fu tale e quale anche prima che peccasse, aggiungi alla sua creazione anche cotesta miseria della discordia tra lo spirito e la carne. Poich dunque con tante e con grandi ragioni io indico Adamo creato pi buono e pi felice di quanto lo dici tu, che cosa ti ha fatto delirare con tanta vergogna da dire che io non ho ragioni di nessun genere per poter insegnare che Adamo fu creato buono da Dio, ma per crederlo mi contento della sola autorit della Lettura, essendo scritto che Dio fece molto buone tutte le cose 84? Io non sono a tal punto " pi ottuso di un pestello ", come tu mi insulti, da obiettare a Manicheo per confutarlo l'autorit di questo libro divino, dalla quale non si sente tenuto. A te la obietto quando l'argomento lo richiede, poich comune a me e a te. Con Manicheo invece non cerco di convincerlo della bont di queste creature partendo dall'opificio di Dio, perch egli lo nega; ma piuttosto partendo dalla bont delle creature lo spingo a confessare che esse hanno un opifice buono. Quanto poi all'Apostolo, che i manichei confessano di accettare e che afferma: Ogni creatura di Dio buona, poich palese di quale creatura egli parlasse, sarebbe una testimonianza valida contro i manichei, se essi non sostenessero che anche nei Libri canonici accolti da loro sono state mescolate alcune sentenze false. E per questo bisogna incalzarli sempre con la bont delle creature perch riconoscano come loro autore il Dio buono: il che negano. Ebbene, tutte le creature sono cos buone che la ragione dimostra la bont anche di quelle creature che sono create con addosso dei vizi, in forza dell'attestazione anche degli stessi vizi, perch il vizio contro la natura: se infatti la natura stessa non piacesse giustamente, in nessun modo dispiacerebbe giustamente il vizio della stessa natura. Di questo argomento contro i manichei, i quali reputano che anche gli stessi vizi siano nature e sostanze, si discute pi diffusamente in alcuni nostri opuscoli e si indica che il vizio non una natura e perch contro la natura per questo un male, e che quindi la natura in quanto natura un bene. Donde si coglie che non creatore delle nature se non il creatore dei beni, quindi il creatore buono; ma migliore delle sue creature per una grande differenza e

per una somma bont, cos da non poter essere in nessun modo viziato, non per grazia ricevuta, ma per propriet di natura. Quindi le nature create, tanto quelle che sono senza vizio, tanto quelle che vengono viziate dopo essere nate, tanto quelle che nascono gi viziate, non possono avere per loro creatore se non colui che crea i beni, perch esse in quanto sono nature sono buone, anche tutte quelle nature che sono state viziate. Non infatti autore dei vizi ma delle nature il loro creatore. Infatti anche lo stesso autore dei vizi buono per la sua natura che gli fece Dio, ma malo per un vizio che lo fece defezionare dal suo creatore buono con una volont cattiva. Questa pertanto la ragione vera che confuta l'errore dei manichei, i quali non vogliono accettare l'autorit della Scrittura, sia dove dice: Dio fece tutte le cose ed ecco erano molto buone 85, quando non esisteva ancora nessun male; sia dove dice: Ogni creatura di Dio buona, quando esisteva gi questo secolo cattivo, essendo Dio certamente creatore di tutti i secoli. Ma tu che accetti quest'autorit degli oracoli divini, cos che ti si possa giustamente confutare con essa, per quale ragione in quel libro dove si legge che Dio fece molto buone tutte le cose non poni attenzione che fu piantato da Dio come il luogo pi buono di tutti il paradiso, nel quale a tal punto volle Dio che non vi fosse nessun male da non permettere che vi rimanesse nemmeno la sua immagine, dopo che ebbe peccato di propria volont 86? E tuttavia voi in un luogo di tanta felicit e dignit, dov' da credere che non pot o non pu esistere vizio n di albero n di erba n di pomo n di qualsiasi messe o animale, non dubitate di introdurre tutti i vizi dei corpi umani e degli ingegni umani, con i quali che gli uomini nascano lasciamo a voi di dolervene, non di negarlo. necessario infatti che vi doliate, quando non trovate che cosa rispondere e non volete cambiare una sentenza tanto perversa che vi costringe, per una necessit inevitabile, a costituire in un luogo di cos grande beatitudine e pulcritudine ciechi, guerci, cisposi, sordi, muti, zoppi, deformi, storpi, tignosi, lebbrosi, paralitici, epilettici e " viziosi " di altri generi diversi e talvolta anche esseri mostruosi di una bruttura insopportabile e di una stranezza orribile. Che dire dei vizi degli animi, per cui alcuni uomini sono per natura libidinosi, alcuni iracondi, alcuni paurosi, alcuni smemorati, alcuni apatici, alcuni stupidi e cos fatui che si preferirebbe vivere con le bestie piuttosto che con tali uomini? Aggiungi i gemiti delle partorienti e i pianti dei nascenti, gli strazi dei sofferenti, i dolori dei languenti, i tanti tormenti dei morenti e i pericoli tanto pi numerosi dei viventi. Tutti

questi mali ed altri, simili o peggiori, dei quali nessuno basterebbe a fare breve memoria con parole congrue, secondo il vostro errore, ma sicuramente contro il vostro pudore, siete costretti o con la sfacciataggine pi riprovevole o con la faccia nascosta tra le mani, a collocarli nel paradiso di Dio e a dirli futuri pure in esso anche se nessuno avesse peccato. Dite, dite: perch infatti temete di disonorare con tanti e con tanto grandi vizi e calamit il luogo che fate alieno da voi con un dogma scellerato? Se infatti vi proponeste di entrarvi un giorno, mai ci porreste mali di tal genere. O se vince il pudore nei vostri cuori e di costituire in un luogo tale nefandezze tali vi prende il rossore, l'orrore, il mutismo, e tuttavia rimanete cocciutamente attaccati al vostro errore di non credere che la natura umana sia stata viziata per la prevaricazione del primo uomo, rispondete ai manichei donde vengano cotesti mali, perch essi non concludano che vengono dalla mescolanza di una natura aliena e cattiva. Quando infatti lo si chiede a noi, rispondiamo che questi mali non provengono dalla mescolanza di una natura aliena, bens dalla prevaricazione della nostra natura a causa di colui che, caduto nel paradiso, fu anche cacciato dal paradiso, perch la natura condannata non rimanesse nel luogo della beatitudine e i vizi e i castighi, che meritamente sarebbero toccati ai suoi discendenti, non fossero in quel luogo dove non c' posto per mali di nessun genere. Voi al contrario, negando che questi mali o vergognosi o calamitosi vengano dai meriti della nostra natura viziata, permettete la mescolanza di una natura aliena, e in questo modo, miseri, e siete costretti ad aiutare i manichei, e il vostro errore richiama quei mali nel paradiso donde il vostro pudore li aveva allontanati. I comportamenti volontari non inquinano i semi. 17. GIUL. Ma vedi al contrario quanto sia vero il conflitto nostro contro di te e contro Manicheo, la cui rovina ti coinvolge sempre, e come sia svelto il nostro trionfo su lui. Tutte le falsit, che vomit a dileggio della operazione divina della creazione, le isoliamo subito con l'aratro di una prima definizione e lo costringiamo a spiegare che cosa reputi sia il peccato, che chiaro non essere altro se non la volont appetente ci che la giustizia proibisce e da cui libero astenersi. Stabilito questo, tutti quei rovi dei contraddittori, che avevano trafitto la concretizzazione dei corpi, appariscono estirpati radicalmente e, come direbbe Cicerone, sradicati 87. In realt le insorgenze del timore e le esperienze del dolore, da cui Manicheo

reput suscitata la tempesta per i naufragi degli uomini, non soltanto non sono coazioni di nessun male, ma, quando hanno trovato il controllo della volont buona, si rivelano aiuti e veicoli di giustizia. Chi infatti avrebbe paura del giudizio, se non fosse ammonito dal timore? A che gioverebbero i gemiti della penitenza se non all'espiazione del dolore e della interiore tristezza? Che varrebbe infine la severit di chi giudica, se il danno della punizione inflitta non punisse peccati volontari? Dalla testimonianza di tutte queste prove appare che il peccato non altro se non la libera volont disprezzante i precetti della giustizia, e che la giustizia non c' se non quando imputa a peccato ci che sapeva evitabile liberamente, e per questo nessuna legge pu imputare a colpa i comportamenti naturali, e nessuno colpevole di un crimine non commesso da lui stesso, quando poteva evitarlo. Con il quale potere ci si libera del manicheo e traduciano che, perduti gli occhi di ogni intelligenza, tenta di dirottare ai semi il comportamento della volont. AG. A questi tuoi errori abbiamo gi risposto spesse volte: onde coloro che leggono quelle risposte e le tengono a mente, non desiderano ovunque la mia risposta, dovunque tu ripeta la tua verbosit. Ma perch nessuno si lamenti, perdonandomi coloro che sono pi svelti d'ingegno, anche a coloro che sono un poco pi tardi io non devo mancare. Ecco, anche qui ti rispondo sulla definizione del peccato, dalla quale ti reputi molto avvantaggiato. Quel peccato che peccato cos da non essere anche pena del peccato definisce cotesta definizione che dice: " Il peccato la volont che appetisce ci che la giustizia proibisce e da cui libero astenersi ". Questa definizione calza massimamente per Adamo, dal cui grande peccato sorta per i suoi posteri la miseria di un grave giogo fino dalla loro nascita dal grembo materno, e di un corpo corruttibile che appesantisce l'anima. Adamo appunto dalla legge brevissima che aveva ricevuto sapeva che cosa vietava la giustizia e certamente sarebbe stato libero di astenersi da ci che gli era vietato, non concupiscendo ancora la carne sua contro il suo spirito, per il qual male stato detto anche ai fedeli: Sicch voi non fate quello che vorreste 88. Quindi la cecit del cuore, per cui si ignora che cosa vieti la giustizia, e la violenza della concupiscenza, dalla quale vinto anche chi sa da che cosa deve astenersi, non sono soltanto peccati, ma sono altres pene dei peccati. E perci non rientrano in quella definizione del peccato, con la quale non stato definito se non il peccato che peccato soltanto e non il peccato che pure

pena del peccato. Quando uno infatti ignora ci che deve fare e fa perci quello che non dovrebbe fare, egli non stato libero di astenersi da ci da cui non sapeva di doversi astenere. Ugualmente colui che pressato non dalla origine, ma, come dite voi, dalla consuetudine ad esclamare: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio 89, in che modo libero di astenersi dal male che non vuole e fa, dal male che detesta e che compie? Ma se scampare a queste pene fosse in potere degli uomini, non si pregherebbe Dio, n contro la cecit dove gli si dice: Illumina i miei occhi 90, n contro l'iniqua cupidit dove gli si dice: Su di me non prevalga l'iniquit 91. Ora se cotesti comportamenti non fossero anche peccati per il fatto che non libero astenersene, non si direbbe: Non ricordare i peccati della mia giovinezza e della mia ignoranza 92; non si direbbe: Hai chiuso in un sacco i miei peccati e hai notato ci che commisi contro la mia volont 93. Dunque con quella definizione di un peccato quale commise Adamo, che sapeva cosa vietasse la giustizia e non si astenne da ci che gli sarebbe stato libero evitare, restano vinti i manichei; ma da noi, perch di qui noi diciamo l'origine degli umani mali che vediamo gravare anche sui bambini, e per questo a proposito dei peccati stato anche scritto: Non mondo da macchia nemmeno un bambino che abbia sulla terra un giorno solo di vita 94. Tu invece negandolo, quanto alla nostra natura ti sforzi certamente di opprimerla ancora di pi con una perniciosa difesa, perch lei non cerchi nella sua miseria il Liberatore; quanto invece a Manicheo, quando si chiede donde sia il male, gli permetti d'introdurre una natura aliena coeterna a Dio. N infatti, per avere donde incolpare la natura umana, insiste sulla insorgenza del timore e sulla esperienza del dolore, due situazioni che tu hai reputato di dover lodare contro di lui, evidentemente perch il timore e il dolore si rivelano aiuti e veicoli di giustizia, mentre non pecca l'uomo per il timore del giudizio e si duole di aver peccato per le spine della penitenza. Non questo ti si chiede, ma che cosa sia la pena del timore nei bambini che non rifuggono dai peccati, e quale sia la ragione per cui i bambini vengano afflitti da tanti dolori, essi che non fanno peccati. Tu hai detto appunto: Che varrebbe la severit di chi giudica, se il danno della punizione inflitta non punisse peccati volontari? Per quale giustizia dunque sono puniti dal danno della punizione inflitta i bambini dei quali non sono propri peccati volontari di nessun genere? In essi certamente appariscono vani e sbagliati i panegirici con i quali hai lodato il timore e il dolore. Gravi sono appunto

queste pene, che non soffrirebbero le immagini di Dio, recenti di nascita e novelle, sotto il giustissimo giudizio di Dio e sotto la sua onnipotenza, se non contraessero il merito di un peccato originale e antico. Inoltre nel paradiso, se nessuno avesse peccato e se la fecondit dei coniugati vi fosse venuta da quella verace benedizione di Dio, non sia mai detto che qualcuno o dei grandi o dei piccolini vi patisse cotesti tormenti. Non solo il dolore infatti ha il suo tormento, com' manifestissimo, ma anche il timore per testimonianza della divina Scrittura 95; non sia mai dunque che esistessero dei tormenti nel luogo di quella felicit. Perci che temerebbero in qualsiasi et, se nessuno incutesse terrore? Di che si dorrebbero, se nessuno arrecasse loro alcun male? Ma in questo presente secolo maligno, dove siamo stati buttati a vivere cos con le nostre miserie dal paradiso delle delizie, il tormento dei timori e dei dolori rimane anche in coloro ai quali sono stati rimessi i peccati, perch la nostra fede nel secolo futuro, dove non ci saranno mali di nessun genere, sia messa a prova non solo nelle tribolazioni nostre, ma pure in quelle dei nostri bambini; non vogliamo infatti che essi siano rigenerati per non patire questi mali, ma per essere portati in un regno, dove questi mali non ci saranno pi. Quanto a te, che respingi questa fede vera e cattolica, e tenti di confutarla con un vano strepito di guance, quando Manicheo porr la questione donde vengano i mali dei bambini, tutta la tua loquacit si ammutolir, perch a te che neghi il peccato originale romper subito la testa e introdurr per il male una natura aliena. La fede cattolica poi non ha paura di quello che sembra vero a te, cio che il comportamento della volont non pu essere dirottato ai semi, poich sente Dio dichiarare che egli punisce le colpe dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione 96. Evidentemente il comportamento della volont, con cui peccarono i padri, dirottato ai semi, quando punito nei figli. Anche il patriarca Abramo, perch Melchisedech riscuotesse da lui le decime, le diede a quel sacerdote con la sua volont, e tuttavia la sacra Scrittura attesta che pure i suoi figli, poich erano nei suoi lombi, versarono allora le decime 97: il che certamente non sarebbe avvenuto, se il comportamento della volont non potesse essere dirottato ai semi. Tutte le creature sono perverse! 18. GIUL. Ma per la fede del nostro Dio e degli uomini! stato possibile trovare tali mostruosit di interpretazioni da tentare a bella posta e con forte impegno di asserire che tutte le creature

sono perverse! Che cosa infatti tanto mostruoso quanto ci che proclama il Punico? Le realt, dichiara, che erano naturali, non furono perpetue, e i comportamenti assunti, che furono assunti per una libera scelta, aderirono ai primi coaguli delle membra. Buono, dichiara, fu fatto Adamo, egli ebbe l'innocenza naturale; elevato pure al di sopra di tutte le creature da una particolare nobilt, brill di somiglianza con il Creatore. Ricev nella creazione il libero arbitrio per muoversi a suo giudizio nella direzione che voleva, e dalla stessa creazione della sua struttura, per la quale sovrastava a tutte le altre creature, sort la facolt di accedere o al bene o al male, o di recedere da ambedue. Ma poich con emancipato giudizio usurp la volont cattiva del suo animo libero, rovin tutte quelle doti che risultavano ingenite e gli rimasero addosso inseparabilmente solo il peccato e la necessit di peccare. Questa che io ho detto " mostruosa interpretazione ". appunto una sconcezza inaudita dire: Fu creato bene l'uomo, in cui furono amissibili i beni anche naturali e a cui aderirono inseparabilmente i mali anche volontari! AG. Dire: Fu creato bene l'uomo, in cui furono amissibili i beni anche naturali e a cui aderirono inseparabilmente i mali anche volontari, lo reputi una mostruosa interpretazione, e sentirlo dire da noi ti commuove tanto fortemente e tanto acerbamente da esclamare: "Per la fede di Dio e degli uomini! ", quasi che tu soffra violenza perch si fanno queste affermazioni. Ma, ti prego, posa i tuoi terribili impeti e, un poco pi quieto, poni attenzione a cosa io dica. Se qualcuno si acceca volontariamente, non forse vero che perder un bene naturale, cio la vista, e aderir a lui inseparabilmente un male volontario, cio la cecit? Ed forse per questo un animale istituito malamente l'uomo che ebbe amissibile il bene naturale e inseparabile il male volontario? Per quale ragione non esclamo io piuttosto: Per la fede del nostro Dio e degli uomini! Queste verit, tanto manifeste e poste cos davanti agli occhi, mai possibile che non appariscano a un uomo che vuole apparire molto acuto ed erudito e filosofastro e dialettico? Chi infatti, se si amputa per volont un membro qualsiasi, non perde il bene naturale della integrit e non prende il male inseparabile della mutilazione? Ma forse dirai che tali eventi possono accadere nei beni del corpo e non in quelli dell'animo. Per quale ragione dunque quando dicesti beni naturali o mali volontari, non aggiungesti " dell'animo ", perch non fosse distrutta la tua precipitosa e sconsiderata sentenza sui beni e sui mali del corpo? Lo hai per caso dimenticato? Ammettiamolo:

umano. Ma avanza in mezzo quell'uomo che grida: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio 98, e ti indica che certi beni dell'animo si perdono per la volont cattiva cos che non si possano riprendere con la volont buona, a meno che Dio faccia ci che non pu l'uomo, al quale Dio pu restituire anche gli occhi accecati volontariamente e le membra tagliate volontariamente. E inoltre che hai da rispondere riguardo al diavolo stesso, che perse irreparabilmente la volont buona? O sei pronto a dire che essa si pu riparare? Osalo, se puoi. O piuttosto confesserai che anche questi aspetti ti sono sfuggiti e che la loro dimenticanza ti ha fatto pronunziare precipitosamente una sentenza temeraria? Almeno dunque dietro il mio avvertimento correggiti. Oppure la pertinacia non ti permette di correggere ci che ha detto l'inconsulta temerariet, e la vergogna della emendazione ribadisce la caduta nell'errore? Vedo che si deve pregare per te Dio, che l'Apostolo pregava per gli Israeliti, perch guarisse costoro che, ignorando la giustizia, di Dio e cercando di stabilire la propria, non si erano sottomessi alla giustizia di Dio 99. Tali infatti siete anche voi che volete stabilire una propria giustizia, facendovela con il vostro libero arbitrio, e non chiedete a Dio e non prendete da lui la giustizia vera che chiamata giustizia di Dio: non la giustizia di cui giusto Dio, bens la giustizia che data da Dio, come la salvezza del Signore 100 non quella per cui si salva il Signore, bens la salvezza con la quale il Signore salva gli altri. Onde il medesimo Apostolo dice: Al fine di essere trovato nel Cristo, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede, cio con la giustizia che deriva da Dio 101. Essa la giustizia di Dio ignorata dagli Israeliti, che ne volevano stabilire una propria proveniente dalla legge; distruggendo la quale, Paolo non distruggeva certamente la legge, bens la superbia degli Israeliti, i quali reputavano che a loro bastasse la legge, come se potessero adempiere la giustizia della legge con il libero arbitrio, e ignoravano la giustizia di Dio, che data da Dio, perch ci che la legge comanda sia fatto con il soccorso di colui la cui sapienza ha sulla lingua la legge e la misericordia 102: la legge perch comanda, la misericordia perch aiuta a fare ci che comanda. Questa giustizia di Dio, o figlio Giuliano, concupiscila, e non voler confidare nella tua forza. Concupiscila, ti ripeto, questa giustizia di Dio: il Signore ti doni di concupirla, il Signore ti doni anche di possederla. Tronfio della tua propaggine terrena, non voler disprezzare le monizioni o le ammonizioni di questo peno. Non infatti perch ti ha generato

l'Apulia, stimerai che avrai da vincere con la tua " gente " i Peni, che non puoi vincere con la tua mente. Le pene fuggi piuttosto che i Peni: infatti non puoi fuggire i Peni disputanti, finch ti diletta confidare nella tua forza, e infatti fu un peno il beato Cipriano che disse: Non ci dobbiamo gloriare di nulla, perch nulla nostro 103. Il bene naturale dell'innocenza si pu perdere volontariamente. 19. GIUL. Qui potrebbe dire qualcuno: Che dunque? Neghi tu che quella innocenza in cui era stato creato Adamo, sia stata corrotta a causa di un peccato spontaneo? Infatti, per quanto la possibilit di ritornare al bene non si perda per una iniquit commessa, certo tuttavia che il merito della innocenza, con la quale si avvia l'esordio umano, perisce per un vizio della volont. Ma io non nego l'esattezza di tutto questo. Ci che invece voglio che sia illuminato da questi esempi il punto seguente: poich la creazione delle qualit, che ci fanno denominare buoni e cattivi, stata fatta in modo che operino sotto la giurisdizione della volont, e poich ci stato stabilito con tanta seriet che nemmeno l'innocenza, sebbene per la dignit del Creatore preceda l'esercizio della volont e sia una dote naturale, non ha tuttavia nessuna possibilit di conservarsi in un animo che l'avversi, ancora di pi e molto di pi deve valere nella parte del male il diritto che nessuna tirannide a rovina della ragione acquisti una colpa volontariamente assunta. E se la qualit buona con la quale l'uomo fu fatto, non fu immutabile (sarebbe falso infatti dire libero l'uomo se non potesse variare i propri comportamenti), molto pi la qualit cattiva non pot essere fatta immutabile e razionale, perch quella dote della libert non risentisse dalla parte del male il pregiudizio che per il suo stato non aveva sofferto nemmeno dalla parte del bene. AG. Ecco, anche tu hai trovato e, per quanto un po' tardi, tuttavia una buona volta ti venuto in mente donde venga distrutta la tua temeraria sentenza. Hai detto appunto che un bene naturale, com' l'innocenza, pu andare perduto per un vizio della volont; e quindi un bene che tanto grande e che appartiene talmente alla natura, non del corpo ma dell'animo stesso, da avere Dio creato l'uomo con questo stesso bene, tu hai mostrato che amissibile. Il che se ti fosse venuto in mente prima, non avresti giudicato mostruosa e troppo vergognosa l'affermazione: Fu creato bene l'uomo, in cui furono amissibili i beni anche naturali; tu infatti hai reputato

amissibili o i beni o i mali, ma volontari, mentre sei solito predicare inamissibili i beni e i mali naturali. Tu infatti anche altrove dici: I doni naturali perseverano dall'inizio di una sostanza fino al suo termine 104, per sostenere che il libero arbitrio dato all'uomo da Dio quando lo cre, non si pu perdere; soprattutto asserendo che i beni naturali non possono perire a causa di mali volontari. E per questo voi dite che noi tentiamo di asserire la perversione di tutte le realt, come se dicessimo che non si possono perdere i mali volontari, ma si possono perdere i beni naturali. Ci che noi certamente non diciamo. Infatti noi diciamo che si possono perdere gli uni e gli altri; ma i mali che si introducono per la volont libera, si possono perdere per una indulgenza divina o per la volont umana, liberata per da Dio e preparata dal Signore. Ma tu che dici che si possono perdere per una volont cattiva non i beni naturali ma i beni volontari, ecco hai trovato e tu stesso hai detto che l'innocenza, che un bene naturale, si pu perdere per un male volontario. E l'innocenza, se stai ben attento, un bene pi grande del libero arbitrio, perch l'innocenza una propriet dei buoni, mentre il libero arbitrio una propriet e dei buoni e dei cattivi. Se poi per la volont cattiva l'innocenza perisca cos da potersi riparare per mezzo della volont buona non una questione disprezzabile. Come infatti, se le membra del corpo si amputano per volont, non si restituiscono ugualmente per volont, cos c' da vedere se in un campo certamente dissimile, ossia nell'animo, accada qualcosa di simile nella perdita dell'innocenza, e possa perire essa e non possa " redire " per una iniziativa volontaria. Infatti anche la sacra verginit, se perisce per una volont impudica, pu esser riportata alla pudicizia e non pu esser riportata alla verginit. Ma si risponde ancora che la stessa integrit della verginit corporale non certamente una dote dell'animo, bens del corpo, mentre si discute invece dell'innocenza. E tuttavia c' da considerare se chi ha peccato ritorni per sua volont alla giustizia e non all'innocenza, come la verginit perduta ritorna alla pudicizia e non alla verginit. Infatti come l'ingiustizia si oppone alla giustizia, cos all'innocenza si oppone quale suo contrario non l'ingiustizia, ma il reato, che non tolto dalla volont dell'uomo, sebbene sia stato fatto dalla volont dell'uomo. Infatti non vede il vero chi reputa che il penitente tolga il reato a se stesso, sebbene anche la stessa penitenza la doni Dio, come conferma l'Apostolo dicendo: Nella speranza che Dio voglia concedere a loro di pentirsi 105; ma apertissimamente il reato lo toglie Dio, dando all'uomo una indulgenza, non lo toglie a s l'uomo

stesso facendo la penitenza. Dobbiamo ricordare appunto Esa, che non trov la possibilit della penitenza, sebbene l'abbia cercata con le lacrime 106. Per questo e fece la penitenza e rimase reo, perch non ricev la venia. Anche quelli che, pentiti e gementi nello spirito tormentato, diranno tra loro: Che cosa ci ha giovato la nostra superbia? 107 ecc., rimarranno certamente rei in eterno, non avendo ricevuto la venia; come pure colui del quale il Signore dice: Non avr perdono in eterno, ma sar reo di colpa eterna 108. Ecco stata trovata l'innocenza, un gran bene dell'uomo e un bene cos naturale da essere stato il primo uomo creato con essa e da nascere con essa, come voi dite, ogni uomo; la quale tuttavia per la volont dell'uomo si pu perdere e non si pu rendere. Ed stato trovato il reato, male grande e opposto all'innocenza, un male tuttavia che il potere dell'uomo pu, essendo volontario, mettere dentro l'uomo e non pu mettere fuori dell'uomo. Vedi o no in che modo si rompa quella tua regola generale, con la quale reputavi che noi non perdiamo con la volont il bene naturale, quando stato trovato un bene che non solo perisce, ma nemmeno ritorna per l'esclusiva volont umana? Ma Dio pu, tolto il reato, rimettere l'uomo nella innocenza. Per quale ragione dunque non credi che la libert di agire bene pot perire per la volont umana, n pu " redire " se non per la volont divina, mentre senti un uomo che dice: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio, e che dopo tali parole grida: Chi mi liberer? e soggiunge: La grazia di Dio per Ges Cristo nostro Signore? Ma sarebbe falso, tu dichiari, dire libero l'uomo, se non potesse variare i propri sentimenti 109. N vedi che togli la libert a Dio stesso e a noi quando, dopo che avremo cominciato a vivere con lui immortali nel suo regno, non sar pi possibile a noi variare i nostri comportamenti ora in bene e ora in male, e tuttavia saremo allora pi felicemente liberi, quando non potremo pi servire al peccato, come nemmeno Dio stesso: ma noi per sua grazia, Dio invece per sua natura. Incensatore del diavolo! 20. GIUL. Inoltre quale parassita ha esaltato con tante incensazioni le forze del miles gloriosus, come il traduciano le forze del diavolo? Il che possibile riconoscerlo dalla preponderanza delle conseguenze. Dio fece appunto l'uomo, trattando con adorabile degnazione la materia stessa del fango, la quale seguiva docile la mano del suo autore fino alla forma dell'uomo. Stava in piedi gi

terminato, ma come un simulacro pallido e freddo, in attesa dello spirito che gli desse splendore e vigore. Allora, creato e ispirato dall'augustissimo afflato dell'Autore, l'animo riemp e mosse le membra: allora tutti i sensi si svegliarono nell'apparato delle proprie funzioni. L'ingresso dell'abitatore diede il colore alle carni, il calore al sangue, il vigore alle membra, il nitore alla pelle. Vedi quale lavoro intraprese la piet divina nel formare e nell'animare l'uomo. Ma nemmeno dopo averlo finito di fare lo lasci la familiarit del Creatore: trasferito nel luogo pi ameno e Dio arricchisce con munificenza l'uomo che aveva fatto con benevolenza. N contento tuttavia di avergli dato tanto, lo illumina con la elargizione della sua parola; gli d un precetto, perch prendendo coscienza della sua libert, vedesse che aveva la possibilit di farsi ancora pi amico del suo Creatore. Il quale precetto non si estende a molte disposizioni, perch Adamo non senta alcunch di gravoso da una legge molteplice, ma con la interdizione di un solo piccolo pomo si chiede a lui una testimonianza di devozione. Anche successivamente, perch avesse una consorte che lo facesse diventare padre, di nuovo nobilitato dal tocco di quella mano che lo aveva plasmato, poi anche favorito e onorato da un colloquio divino. Dunque queste prestazioni di Dio tanto lunghe, tanto numerose, tanto grandiose di istituzioni, di doni, di precetti, di colloqui, non causarono nessuna necessit del bene per l'uomo; ma dall'altra parte il diavolo, non meno timidamente che astutamente, scambi con la donna poche parole e si dice che ebbero tanta forza da convertirsi subito in condizionamenti naturali, anzi da sovvertire tutte le strutture ingenite, da fare perpetua la necessit del male, da imporre all'immagine di Dio come suo signore e come suo possessore il diavolo. Che cosa dunque di pi forte, che cosa di pi eccellente, che cosa di pi splendido del potere avverso, se con un confabulare leggero fece tanto quanto Dio non pot ottenere n con le sue operazioni, n con le sue gratificazioni? palese pertanto che voi ve ne state dalla parte di colui del quale tanto smoderatamente esaltate la potenza, e non avete nessuna comunione nel culto del nostro Dio, che noi confessiamo, come pieno di equit, cos pieno di potenza. Egli potente, la verit gli fa corona, ha calpestato come un vinto il superbo, ossia il diavolo, Manicheo e voi, suoi accoliti, che calunniate la natura per non confessare che peccate spontaneamente. Lo stesso nostro Dio dunque con braccio potente disperde i suoi nemici 110, per cui nulla ha potuto essere opposto o

da voi o dai manichei che egli non schiantasse con il fulmine della sua verit. AG. Incensatori del diavolo noi non lo siamo, n con adulatoria celebrazione di lode noi esaltiamo, come voi ci calunniate, il suo potere, che soggetto al potere di Dio. Magari per non foste soldati di lui, come tutti gli eretici, dei quali egli scaglia i dogmi su quelli che pu con le vostre lingue, come dardi di morte. Dice l'Apostolo: Ringraziando il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio della sua carit 111, e voi proibite a noi di rendere tali grazie per i bambini, asserendo che essi non sono sotto il potere del diavolo; a quale scopo se non perch non siano liberati per mezzo di lui, e non diminuiscano gli introiti del diavolo? Dice Ges, che secondo questo suo nome salva il suo popolo dai suoi peccati 112: Nessuno entra nella casa di un forte e ruba i suoi tesori, se prima non lo lega 113, e voi sostenete che in questo popolo del Cristo, che egli salva dai suoi peccati, non ci sono i bambini, che voi, come non li volete vincolati da peccati propri, cos nemmeno dai peccati originali, e mentre con il vostro falso ragionare diminuite le forze del diavolo, che la Verit disse forte, con il vostro errore lo fate ancora pi forte nel tenersi i bambini. Dice Ges: Il Figlio dell'uomo venuto infatti a cercare e a salvare ci che era perduto 114, e voi gli rispondete: Non c' bisogno che tu cerchi i bambini, perch non sono andati perduti; e cos, distogliendo da essi la ricerca del Salvatore, accrescete contro di essi la potenza del feritore. Dice Ges: Il medico non necessario ai sani, ma ai malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori 115, e voi gli dite: Non sei dunque necessario ai bambini, perch essi non sono peccatori, n per volont propria, n per l'origine umana. Quando dunque voi vietate che i bambini non salvi vadano dal Medico per essere salvati, la peste diabolica esercita in essi un pi potente principato. Quanto dunque pi tollerabile che lisciate il diavolo con false lodi da parassiti e da incensatori, piuttosto che aiutarlo con le falsit dei dogmi da soldati o da satelliti! Con eloquio copioso e ornato tu descrivi come Dio abbia formato l'uomo dal fango, come lo abbia animato con il suo afflato, come lo abbia arricchito del paradiso, come lo abbia aiutato con un precetto e come abbia avuto tanta cura di non gravarlo in nulla da non estendere quel medesimo precetto a molte disposizioni insieme, perch dalla molteplicit della legge non avesse a soffrire alcunch di oneroso l'uomo da lui creato con tanta benignit.

Perch dunque adesso un corpo corruttibile appesantisce l'anima 116 ? Perch dunque adesso un grave giogo pesa sui figli di Adamo dal giorno della loro uscita dal grembo materno 117, se nei riguardi dello stesso Adamo Dio non lo volle gravare nemmeno con una legge molteplice? Vi accorgete evidentemente che se nel paradiso nessuno avesse peccato, la fecondit dei coniugi avrebbe cos riempito del genere umano quel luogo di tanta felicit che n l'anima appesantisse un corpo corruttibile, n gli uomini opprimesse sul nascere un giogo gravoso, n fatica e dolore erudissero i miserandi bambini. Donde vengono dunque cotesti mali, che certamente non vengono da una non so quale natura cattiva inventata o creduta da Manicheo, aliena dalla nostra e mescolata a noi? Donde vengono se non dalla nostra natura, viziata per la trasgressione del primo uomo? Ma da uomo acuto e prudente ti meravigli e non credi degno di fede che, come si dice, le esigue parole del diavolo scambiate con la donna abbiano avuto tanta forza da pervertire tutti i beni naturali, quasi che ci lo abbiano ottenuto le parole del diavolo che parlava e non il consenso della donna che lo ascoltava. Non infatti, come dici tu, che le poche parole del serpente si siano convertite in condizionamenti naturali, ma la volont dell'uomo perse il bene che non pu essere reso dalla volont dell'uomo, bens dalla volont di Dio, come egli, giustissimo, potentissimo e misericordiosissimo, giudicher quando sia da rendere e a quali uomini sia da rendere; allo stesso modo che nel corpo, come abbiamo gi detto, si pu togliere la vista dell'uomo per volont dell'uomo e, se si fa, segue la cecit da soffrire necessariamente e non da sopprimere volontariamente; e nell'animo la volont dell'uomo pu perdere l'innocenza dell'uomo e non la pu rendere. Tieni d'occhio piuttosto questo: i mali con i quali nascono gli uomini, e che non potevano essere congenerati con gli uomini nella felicit del paradiso, certamente se non fosse uscita dal paradiso la natura viziata, non sarebbero adesso congenerati con gli uomini. A queste verit, che sono manifeste, guarda. I mali infatti dei mortali figli di Adamo, a cominciare dal giorno della loro uscita dal seno materno, noi non li congetturiamo al buio, ma li osserviamo nella luce pi chiara. Questi mali, poich non vengono dalla mescolanza di una natura aliena e cattiva, vengono senza dubbio dalla depravazione della natura nostra. N ti sembri indegno che l'immagine di Dio sia stata assoggettata al diavolo; ci infatti non avverrebbe se non per un giudizio di Dio, n si rimuoverebbe cotesta condanna se non per la grazia di Dio.

L'uomo infatti, che per l'eccellenza della sua natura, perch fosse l'immagine di Dio, fu fatto a somiglianza di Dio, non c' da meravigliarsi che per la depravazione della sua natura sia diventato simile alla vanit, onde i suoi giorni passano come un'ombra 118. Tu di' per quale ragione innumerevoli immagini di Dio, che nella loro piccola et non fanno peccato di nessun genere, non siano ammesse nel regno di Dio se non rinascono. Hanno evidentemente qualcosa per cui meritano di giacere sotto il diavolo, qualcosa per cui non meritano di regnare sotto Dio, alla cui luce se tu rimanessi fedele, non paragoneresti con tanta arroganza le tue parole ad un fulmine. Peccati diversi il primo e tutti gli altri. 21. GIUL. limpido perci nel modo pi assoluto che Agostino non differisce in nulla dal suo precettore, ma dai suoi ragionamenti la natura di tutti gli altri uomini viene definita pessima, non meno di quella di Adamo. Inoltre, per discutere ancora un poco con il medesimo Agostino sugli argomenti trattati, appare altres che tu non reputi il genere del primo peccato identico a quello delle altre colpe. Infatti, quando dici che le azioni illecite dei tempi successivi non possono passare nella natura, che per esempio i figli oriundi da un ladro, da un parricida, da un incestuoso nascano soggetti ai peccati di coloro che li generano, e quando dici che all'infuori di quell'unico crimine non ce n' nessun altro che si mescoli ai semi, fai intendere apertissimamente che non giudichi quella disobbedienza del medesimo genere del quale sono anche tutte le altre. Vedi dunque di quanta brevit e luce sia la nostra interrogazione. Se l'iniziativa del peccato che commise Adamo fu presa dalla volont ed esso pot diventare naturale, per quale ragione questi peccati che si fanno quotidianamente, e che commette una volont criminosa, non si coagulano nella turpitudine e nei pregiudizi dei semi? Che se questi peccati, non meno atroci che numerosi, non possono essere congeniti, per quale legge, per quale condizione, per quale privilegio si rivendica che sia congenito quel solo peccato? Se di un solo genere sono i peccati che conosciamo, che la legge condanna, che l'equit punisce, e del medesimo genere il peccato del primo uomo, che fu commesso dalla volont e fu punito dalla equit, per quale ragione non intendiamo o questi peccati da quello o quel peccato da questi? O se non possono essi rendersi testimonianza a vicenda, con quale impudenza si nega che quella prevaricazione sia stata di un'altra

condizione, cio non sia stata prodotta dalla volont, ma da una tabe naturale? Infine, osa tu con l'asserzione della traduce definire qualsiasi peccato, non dico quel primo, ma provvisoriamente almeno tra quelli che si fanno adesso, per esempio un sacrilegio, un misfatto, un delitto qualunque; ossia spiega quale definizione abbiano questi peccati. Dirai senza dubbio: Volont che appetisce ci che la giustizia proibisce e da cui libero astenersi. Perch, se non ci fosse la volont cattiva, non ci potrebbe essere il peccato. A questa verit con quanta ragionevolezza noi ascendiamo poni attenzione. Oh stupidit! Oh impudenza insopportabile! Definisci che non peccato se non la volont libera e proibita dalla giustizia, mentre l'opinione del male naturale prescrive che ci sia un peccato non volontario con il quale nasce l'uomo. Non dunque vero che non sia colpa se non quella che si commette spontaneamente, perch c' un crimine, e massimo, che non si commette spontaneamente, ma si riceve nascendo. Rifiuta dunque la definizione del peccato che, amica dei cattolici, non deflette verso di voi nemmeno per diritto di ospitalit, e, con il suo rifiuto, prova che non sei compagno di armi di coloro che impugnano la sostanza stessa con l'invida accusa di depravazione. E per raccogliere quanto abbiamo fatto: o si insegner che non c' nessun peccato volontario, se c' un qualche peccato naturale; o che non ci sar nessun peccato naturale, se ogni peccato si definisce volontario. E da questi princpi si conclude o che tu neghi che il peccato possa essere nativo e passi alla fede dei cattolici, o che tu, se persisti nel dire che non un qualunque crimine, ma il massimo crimine si riceve senza la volont attraverso la natura, rendi anche il tuo nome a Manicheo, al quale presti tutto l'ossequio. AG. Tu reputi di farmi un grande torto dicendo che non differisco in nulla dal mio precettore, ma io prendo a mia lode le tue ingiurie e, richiamando alla mia fede non ci che pensi, bens ci che manifesti con le parole, intendo come devo intendere. Dici infatti la verit e non lo sai, come il pontefice Caifa, persecutore del Cristo, pensava scelleratezze e diceva parole salvatrici senza saperlo 119 Godo davvero in questa questione che si dibatte tra noi di non differire in nulla dal mio precettore, primo perch il Signore stesso che mi ha insegnato che i bambini restano morti, se non li fa rivivere lui stesso che morto per tutti. Il che esponendo l'Apostolo dice: Tutti dunque sono morti ed egli morto per tutti 120. E tu contraddici, negando che i bambini siano morti, perch non vengano richiamati alla vita nel Cristo, mentre confessi che il Cristo morto anche per i

bambini. Me lo insegna anche Giovanni, apostolo del Precettore di tutti, dicendo che il Figlio di Dio venuto a distruggere le opere del diavolo, la cui distruzione voi negate che si faccia ai bambini, quasi che per essi non sia venuto colui che per questo venuto: per distruggere le opere del diavolo 121. Precettori miei non posso non riconoscere anche coloro che con la loro fatica letteraria mi hanno aiutato ad intendere questa verit. Mio precettore Cipriano che dice: Ogni bambino, nato carnalmente secondo Adamo, ha contratto con la sua prima nativit il contagio della morte antica, ed accede tanto pi facilmente a ricevere la remissione dei peccati per la ragione che non gli vengono rimessi peccati propri, ma peccati altrui 122. Mio precettore Ambrogio, del quale non solo ho letto i libri, ma ho ascoltato anche i discorsi, e per mezzo del quale ho ricevuto il lavacro della rigenerazione. Io sono certamente molto al di sotto dei suoi meriti, ma confesso e professo che in questa causa non differisco per nulla da questo mio precettore. Al quale non sia mai che tu voglia preferire il tuo precettore Pelagio, che io tuttavia tengo da Ambrogio come mio teste contro di te. Pelagio disse infatti che nemmeno un nemico os criticare la sua fede e la sua purissima interpretazione delle Scritture 123. E tu osi criticare Ambrogio cos da affermare che una invenzione di Manicheo la sua dichiarazione che la discordia della carne suscitata dalla prevaricazione del primo uomo si convert nella nostra natura 124, con tutto il resto che sent e disse sulla natura umana viziata per la colpa di Adamo. vero che tu in questo personaggio tanto grande rispetti in parte la testimonianza del tuo precettore, perch non ardisci criticare apertamente Ambrogio; ma quando con lingua maledica e con fronte sfrontata calunni nominatamente me, senza dubbio anche lui, anche gli altri grandi e chiari dottori della Chiesa cattolica, che sentirono e dissero le medesime cose, tu li incrimini tanto pi iniquamente quanto pi obliquamente. Io pertanto contro di te difendo e la fede mia e la fede di coloro che tu palesemente temi di avere per tuoi nemici e malvolentieri soffri di avere per tuoi giudici. Ma non sia mai detto che presso tali giudici valgano qualcosa le tue argomentazioni nelle quali a quel grande peccato, ossia alla prevaricazione del primo uomo, paragoni i peccati dei tempi successivi e reputi che, se dalla scelleratezza del primo uomo fu mutata la natura del genere umano, anche adesso le scelleratezze dei genitori dovrebbero mutare la natura dei figli. Dicendolo infatti non guardi che quei peccatori, dopo aver fatto quel grande peccato, e furono dimessi dal paradiso e furono tenuti

lontani con tanta severit dall'albero della vita. Che forse gli scellerati dei nostri tempi vengono ributtati in territori inferiori da quest'orbe terrestre, quando vi abbiano commesso le loro scelleratezze, grandi quanto vuoi? Che forse sono tenuti lontani dall'albero della vita, che in questa miseria non esiste affatto? Ma del genere umano persistono il luogo e la vita, nei quali vivono anche gli uomini pi empi, mentre vediamo che il luogo e la vita di quei primi empi non poterono continuare dopo il peccato com'erano prima del peccato. Secondo per la vostra opinione i bambini, non coinvolti in nessun reato, appena nati, come innocenti immagini di Dio, dovrebbero essere portati dagli angeli nel paradiso di Dio ed esservi nutriti senza fatica e dolore, con la condizione che, se qualcuno di loro peccasse, fosse giustamente mandato via di l, perch i peccati non crescessero per imitazione. Adesso al contrario, sebbene solo l'uomo che pecc nella felicit del paradiso abbia sentito dirsi: Spine e cardi produrr per te la terra, maledetta in tutte le tue opere, e con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane 125, non vediamo nessuno degli uomini esentato dalla pena del lavoro: il quale lavoro non avrebbe certamente pesato sui beati cittadini del paradiso. E sebbene soltanto la moglie di Adamo abbia sentito dirsi: Con tristezza partorirai i tuoi figli, sappiamo che nessuna delle partorienti immune da questo castigo. Che forse siete cos assurdi o da credere che gli uomini nel paradiso, se nessuno avesse peccato, avrebbero sofferto queste disgrazie, evidentissimamente non inflitte da Dio se non agli uomini prevaricatori di allora, o da negare che adesso le soffrano i loro posteri, esuli dal paradiso e afflitti in ogni punto della terra da tante e tanto grandi miserie? O siete disposti a dire che quanto pi uno peccatore ed empio tanto pi i suoi campi producono spine e cardi, e tanto pi egli suda nei suoi lavori; e quanto pi una donna iniqua tanto pi gravi sono le doglie che deve soffrire nel parto? Come dunque le pene delle miserie umane, che i figli di Adamo sopportano tutti ugualmente dal giorno della loro uscita dal grembo materno, sono di tutti, perch coloro dalla cui prevaricazione vennero questi mali sono i genitori comuni di tutti, cos la prevaricazione degli stessi due si deve intendere come un peccato cos grave da poter mutare in peggio la natura di tutti i nascenti dall'uomo e dalla donna e da poterli obbligare per comune reato, come il chirografo di un debito ereditario. Dunque chi dice che la condizione dei delitti di qualsiasi genere che si commettono adesso dovrebbe essere tale e quale fu la condizione di quel delitto, che fu

commesso nella felicit cos grande di quella vita e con tanta facilit di non peccare, deve uguagliare anche le stesse due vite, cio quella che si vive adesso e quella che si viveva nelle sante e beate delizie di allora. Se vedi che ci stoltissimo, smetti di volere prescrivere con i peccati del secolo presente che quel grande peccato non abbia la sua forza e il suo merito singolare. Bench anche in questa vita quell'Onnipotente e Giusto che dice: Punir la colpa dei padri nei figli 126, faccia capire abbastanza chiaramente che anche i posteri rimangono coinvolti dal reato dei genitori e, per quanto con un nesso pi blando, diventano tuttavia debitori ereditari, a meno che, come ne abbiamo gi discusso nelle parti precedenti di questa opera, dalla obbligazione di quel proverbio che si suol ripetere: I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati 127, li sciolga non il vostro argomento, ma il Nuovo Testamento, n la natura della generazione, ma la grazia della rigenerazione. Quanto poi a quella definizione del peccato, dove si intende come peccato la volont che appetisce ci che la giustizia proibisce e da cui libero astenersi, la definizione di quel peccato che solamente peccato e che non anche pena del peccato; il che non so quante volte ti sia gi stato risposto su questo argomento. Colui infatti che dice: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio 128, non libero di astenersi da questo male e invoca il liberatore, appunto perch ha perduto la libert. Adamo pecc tanto pi gravemente quanto pi era in alto. 22. GIUL. Il tempo ammonisce che passiamo ad altro, ma l'indignazione mi costringe a restare ancora un poco nel medesimo punto. Forse tu oserai dire che Adamo pecc per volont? Donde ti venuto questo sogno? Perch, dici, sarebbe stato iniquo che Dio imputasse a peccato ci da cui sapeva non libero astenersi. Che dunque? Tale giustizia aveva concesso a Dio per un momento quel principe delle tenebre, che voi adorate, e poi, richiedendola indietro poco dopo, lasci nudo di ogni equit questo Dio, e cos costui, che all'inizio aveva capito non doversi imputare a peccato se non l'agire da cui fosse stato libero astenersi, sa che a tutti i nascenti in ogni tempo successivo non sarebbe stato libero astenersi? Infine, donde sai tu che sia stato giusto che soltanto contro Adamo non possa punirsi se non un crimine volontario, se non sai che ingiusto imputare a chiunque come crimine ci che confessi ricevuto senza la volont? Dunque una delle due. O tu reputerai giusta l'opinione

della traduce, perch possa convenire alla sentenza di Dio, quando imputa al bambino un peccato commesso senza nessuna volont sua, e sei costretto a confessare giusto e conveniente ai giudizi di Dio anche l'avere imputato come peccato ad Adamo ci che sapeva prodotto da lui non per volont, bens per la malvagit della sua sostanza; e per questo stesso non ci sar nessuna traduce, n si trover una natura depravata dall'arbitrio di chi oper, ma una natura malamente istituita fin dal suo esordio, e confesserai di essere manicheo. O se, ravvedendoti, dirai ingiusto ritenere Adamo reo per le colpe della sua natura, ne seguir irrefutabilmente che scelleratissimo giudicare Abele, Enoch, No e tutto il genere umano assoggettati ad un crimine originale. Il quale misfatto di giudizio, se lo addossi al tuo Dio, egli rimarr reo da solo per tutti, e apparir, come sempre, che non lui il Dio, che noi cattolici adoriamo pieno di equit nella Trinit. Che, se desisterai dall'accusare Dio, condannerai almeno da redivivo il dogma manicheo della traduce, dalla quale sei stato trafitto finora. AG. questo dove voi errate fortemente, questo dove voi siete eretici, questo dove voi ardite costruire macchine novelle con argomentazioni umane e vane contro la fede cattolica, che evitando gli eretici segue gli oracoli divini e se ne fa scudo: il fatto che ignorate e, non potendolo comprendere, il fatto che ricusate di credere che cosa valgano per il processo generativo i nessi dei semi, e nelle creature che Dio ha voluto far nascere le une dalle altre secondo la loro specie quanto siano grandi, quanto siano ineffabili, quanto siano anche impenetrabili ad ogni modo di sentire e incomprensibili ad ogni modo di pensare i diritti naturali della propaggine; donde sia stato innestato nel genere umano l'istituto che tutti, per quanto li riguarda, vogliano avere figli certi. Al che concorre nelle donne caste la fede del patto coniugale, e per questo giustamente dispiacque il filosofo Platone, perch credette che, nella citt da lui ipotizzata come ottima nei suoi Dialoghi, si dovesse usare promiscuamente delle donne, volendo anch'egli che i maggiori avessero per tutti i minori la carit che vedeva dovuta ai figli dalla natura stessa: pensasse ciascuno che poteva essere suo figlio ogni ragazzo che vedeva di tale et da crederlo non senza ragione nato dal seme suo con il concorso di una qualsiasi femmina ignota della quale avesse indifferentemente usato. Che? Non emise forse dalle viscere di tutti i padri Cicerone la voce rivolta al figlio a cui scriveva: Di tutti sei il solo da cui vorrei essere vinto in tutto? Non forse vero che gli stessi diritti naturali della propaggine, che

abbiamo detti occultissimi e che tuttavia conosciamo valere pi di quanto credibile, fecero s che i due gemelli, non solo non ancora in grado di generare, ma nemmeno ancora in atto di nascere, ancora nell'utero materno fossero detti due popoli 129? I medesimi diritti naturali della propaggine hanno fatto dire che Israele fu schiavo in Egitto 130, che Israele usc dall'Egitto 131, che Israele entr nella terra della promessa, che Israele consegu i beni o soffr i mali, o concessi o inflitti da Dio a quel popolo. Del quale Israele anche scritto: Verr da Sion uno che toglier l'empiet e l'allontaner da Giacobbe, e questa la mia alleanza con essi, quando avr tolto i loro peccati 132, mentre quel tale che primo e solo ricev quei due nomi propri, defunto molto tempo prima, non vide cotesti beni o cotesti mali. Questi diritti naturali della propaggine fecero s che il medesimo popolo pagasse le decime in Abramo, non per altra ragione se non perch quel popolo era nei lombi di Abramo, quando questi pag le decime: Abramo stesso per propria volont 133, quel popolo invece non per propria volont, ma per diritto naturale di propaggine. In che modo per il medesimo popolo sia stato nei lombi di Abramo, non soltanto da quel tempo fino al tempo in cui ci fu scritto nella Lettera agli Ebrei, ma anche da allora fino ad oggi e da oggi fino alla fine dei tempi, finch i figli di Israele saranno generati gli uni dagli altri; in che modo dunque abbia potuto essere nei lombi di un solo uomo una moltitudine cos innumerevole di uomini chi lo spiegher parlando, chi almeno lo indoviner pensando? N infatti gli stessi semi, che hanno una quantit corporale, sebbene siano esigui i singoli semi dai quali nascono i singoli individui, se fossero stati accumulati quelli da cui tanti uomini sono nati e nascono e nasceranno fino alla fine, avrebbero potuto essere contenuti nei lombi di un solo uomo. Una forza dunque che non so, una forza invisibile e impalpabile, insita nei segreti naturali, dove si nascondono i diritti naturali della propaggine, una forza per la quale tuttavia si dice certamente senza menzogna che furono nei lombi di quel patriarca tutti coloro che poterono propagarsi da quell'unico con il succedersi e con il moltiplicarsi delle generazioni. Ma non solo vi furono, bens, pagando Abramo le decime sciente e volente, pagarono anch'essi le decime n scienti n volenti, poich non esistevano ancora cos da poter conoscere e volere. Questo per lo ha detto l'autore sacro di quella Lettera, per anteporre il sacerdozio del Cristo, raffigurato dal sacerdote Melchisedech, a cui Abramo pag le decime, al sacerdozio levitico; insegnando che anche lo stesso Levi, il quale

decimava i suoi fratelli, cio riceveva da essi le decime, fu decimato da Melchisedech in Abramo, perch egli pure era nei lombi di Abramo, quando Melchisedech lo decim, cio ricev da lui le decime. E con questo vuol far capire che non fu decimato il Cristo, al quale si dice: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedech 134, perch egli sia giustamente preferito al sacerdozio levitico 135. Melchisedech infatti decim Abramo, non fu decimato come Levi in Abramo. Se poi si chiede in che modo non sia stato decimato il Cristo, sebbene anch'egli, com' manifesto, sia stato nei lombi di Abramo secondo l'origine della carne, quando questo patriarca fu decimato da Melchisedech, non viene incontro se non il fatto che Maria, sua madre, dalla quale egli prese la carne, nacque certamente dalla concupiscenza carnale dei genitori, ma essa non concep per concupiscenza carnale il Cristo, che essa procre non da un seme virile, bens dallo Spirito Santo. Il Cristo dunque non appartenne alla " ragione " del seme virile, per mezzo della quale ragione furono nei lombi di Abramo coloro che la sacra Scrittura attesta decimati in lui. Ora, la concupiscenza della carne, dalla quale viene provocato il getto dei semi carnali, o fu nulla in Adamo prima del peccato o fu viziata in lui a causa del peccato. Infatti o senza di essa, se allora fu nulla, potevano e i genitali muoversi in modo congruo e il seme infondersi nel grembo della coniuge; o, se c'era, poteva anch'essa obbedire al comando della volont. Ma se tale fosse adesso, la carne non concupirebbe mai contro lo spirito. Dunque o essa stessa un vizio, se fu nulla prima del peccato; o essa stessa fu senza dubbio viziata dal peccato, e quindi attraverso di essa si trae il peccato originale. Ci fu dunque nel corpo di Maria la materia carnale donde il Cristo prese la carne, ma non fu la concupiscenza carnale a seminare in Maria il Cristo. Onde egli nacque dalla carne con la carne, tuttavia in una carne somigliante alla carne del peccato, non nella carne del peccato come gli altri uomini. Per questo egli dissolve negli altri il peccato originale con la rigenerazione, non lo contrasse egli stesso con la generazione. Perci il primo Adamo quello, il secondo Adamo questo: perch senza la concupiscenza della carne il primo Adamo fu fatto, il secondo Adamo nacque; ma il primo Adamo fu uomo soltanto, il secondo Adamo invece fu e Dio e uomo; e quindi il primo Adamo pot non peccare e non fu come il secondo Adamo nella condizione di non poter peccare. Inutilmente dunque tu tenti di mettere alla pari o anche al di sopra del peccato di Adamo i peccati dei suoi figli, per quanto grandi e orrendi. La natura di Adamo tanto pi

gravemente cadde quanto pi stava in alto. La natura di Adamo fu tale da poter anche non morire, se non avesse voluto peccare; quella natura fu tale da non avere in s la discordia tra la carne e lo spirito; quella natura fu tale da non combattere contro vizi di nessun genere, non perch cedeva ad essi, ma perch non ce n'erano in Adamo. Devi dunque mettere i peccati dei suoi posteri alla pari del peccato di Adamo, se potrai trovare la loro natura alla pari della sua; ma li devi dire anche pi grandi, se potrai trovare la loro natura migliore della sua. Quanto pi in alto appunto per se stessa la natura ragionevole, tanto peggiore la sua rovina, e quanto pi incredibile il suo peccato, tanto pi esso condannabile. Per questo l'angelo cadde irreparabilmente, perch a chi fu dato di pi sar richiesto di pi 136; tanto pi quindi doveva l'angelo alla obbedienza volontaria, quanto pi aveva di bont nella sua natura; onde per il suo non fare ci che doveva fare fu punito cos da non poterlo pi nemmeno volere, destinato anche ai tormenti eterni. Adamo invece, in virt della grazia di Dio per Ges Cristo nostro Signore, viene liberato dal supplizio sempiterno in posteri suoi tanto numerosi, che nessuno potrebbe numerare, e in se stesso, sebbene dopo qualche migliaio di anni dalla sua morte, quando il Cristo, morto per noi, discese nei luoghi dei morti, non per necessit, ma per potest, e sciolse i dolori dell'inferno 137. Cos infatti si deve intendere che lo abbia tirato fuori dal suo delitto la Sapienza 138, perch non senza motivo la Chiesa crede che per la santa carne dell'unico Figlio di Dio, di cui fu il progenitore, il padre del genere umano, e il padre perci anche del Cristo, che si fece uomo per la salvezza degli uomini, sia stato sciolto allora da quei vincoli, non per suo merito, ma per la grazia di Dio in Ges Cristo nostro Signore. Dio dunque imput come peccato al primo Adamo ci da cui gli fu libero astenersi, ma lo stesso primo Adamo fu di una natura cos eccellente, perch fu senza vizio, da essere il suo peccato di gran lunga tanto pi grande dei peccati di tutti gli altri, quanto egli era di gran lunga migliore di tutti gli altri; onde anche la sua punizione, seguita immediatamente al suo peccato, apparve tanto grande da essere egli subito preso anche dalla necessit di morire, mentre prima aveva il potere di non morire, e da essere subito messo fuori dal luogo di tanta felicit ed escluso sull'istante dall'albero della vita. Ma quando avvenne ci, c'era nei suoi lombi il genere umano. Onde secondo quei diritti naturali della propaggine, dei quali abbiamo gi parlato, troppo occulti e di molta valenza, era logico che assieme ad Adamo fossero condannati tutti quelli che

erano nei suoi lombi e che erano venturi in questo mondo mediante la concupiscenza della carne, com'era logico che versassero le decime assieme ad Abramo coloro che erano nei suoi lombi per il diritto della propaggine e per la " ragione " del seme. Pertanto tutti i figli di Adamo furono aspersi in lui dal contagio del peccato e avvinti alla condizione della morte. E per questo, bench siano bambini e non facciano volontariamente alcunch di buono o di cattivo, tuttavia, essendo stati rivestiti di colui che pecc volontariamente, traggono da lui il reato del peccato e il castigo della morte; alla stessa maniera che i bambini che si rivestono del Cristo, sebbene non abbiano fatto nulla di buono con la loro volont, prendono da lui la partecipazione della giustizia e il premio della vita sempiterna. Cos il Cristo si mostra forma del futuro in senso oppositivo, e per questo il medesimo Apostolo dice: Come ci siamo rivestiti dell'immagine dell'uomo che viene dalla terra, cos dobbiamo rivestirci anche dell'immagine di colui che viene dal cielo 139 . Stando cos le cose, dica che coloro che nascono non si rivestono del peccato e della morte del primo Adamo chiunque osa dire che coloro che rinascono non si rivestono della giustizia e della vita del secondo Adamo; sebbene n gli uni abbiano fatto un peccato da cui fosse libero astenersi, n gli altri una giustizia che fosse libero fare. Il peccato di Adamo superiore ad ogni altro peccato. 23. GIUL. Quel peccato dunque che nel paradiso mut in peggio l'uomo stesso, poich molto pi grande di quanto possiamo giudicare noi, si contrae da ogni nascente 140. Chi ti ha detto che il peccato di Adamo fu molto pi grande di quello di Caino? Molto pi grande anche di quello dei Sodomiti? Molto pi immane, per finire, del tuo o di quello di Manicheo? Certamente nella storia non trova nessuna occasione cotesta tua falsit. Era stato comandato ad Adamo di astenersi dal mangiare di un albero soltanto; egli, grezzo, ignorante, incauto, senza esperienza di timore, senza esempio di giustizia, suggestionato dalla sua donna, usurp l'esca, di cui lo aveva allettato e la soavit e la vetust. Vedi che qui fu la trasgressione del comando. Fu commessa una sola prevaricazione, fra tutte quelle che in tempi diversi hanno perpetrato le passioni di quanti hanno peccato; non fu una prevaricazione pi ampia di quando il popolo di Israele faceva uso degli animali interdetti. La causa del peccato non era infatti nella qualit del pomo, ma nella trasgressione del comando. Che fece dunque Adamo di tale gravit

che tu accusi il suo peccato di essere al di sopra della estimazione degli uomini? A meno che, ed anche questo secondo i misteri di Manicheo, il quale distoglie le mani dal cogliere i pomi e tutte le cose nascenti, per non lacerare una qualche particella del suo Dio che ritiene inclusa nelle cortecce e nelle erbe, tu pure non giudichi che Adamo manc gravemente, perch mangiando il pomo avrebbe lacerato la sostanza del tuo Dio. O follia! Poich quel peccato molto pi grande di quanto possiamo giudicare noi, esso si contrae, dice costui, da ognuno che nasce. Dunque mangiare un pomo non lecito fu un crimine pi grande che trafiggere quel santo uomo di Abele con livore parricida, pi grande che violare in Sodoma i diritti degli ospiti e dei sessi, pi grande che immolare ai demoni i propri figli gi sotto la legge, pi grande inoltre che sottomettere al regno del diavolo e congiungere ai meriti del diavolo i bambini innocenti, non consci di alcuna volont e opera ancora recente di Dio; pi grande che accusare Dio di iniquit; pi grande che deputare al principe delle tenebre le oneste nozze, e pi grande infine che reputare peggiori di tutti gli empi, peggiori di tutti i pirati, i bambini, perch nascono in forza della volutt di coloro che li generano? Il che io non lo invento, ma lo inventario; tu appunto hai detto quel peccato tanto pi grave e tanto pi grande di tutti assolutamente i crimini da non poter essere uguagliato da nessun altro reato. Ma di questo male, cos grande che prepondera su tutti i vizi, tu asseveri che arrivano pieni i bambini. Abbiamo pertanto capito bene: quanto pi grande il peccato di cui sono partecipi, tanto pi grave la condanna dalla quale sono colpiti al di sopra di tutti gli altri scellerati. AG. A causa delle mie parole che, facendo vista di confutarle, se tu lo avessi potuto, hai riferito dal mio libro dove dissi: Quel peccato dunque che nel paradiso mut in peggio l'uomo stesso, poich molto pi grande di quanto possiamo giudicare noi, si contrae da ognuno che nasce, mi chiedi chi mi abbia detto che il peccato di Adamo fu molto pi grande di quello di Caino, molto pi grande anche di quello dei Sodomiti. Il che in verit io non l'ho espresso con le mie parole, ma tu le hai intese cos: io ho detto infatti che quel peccato pi grande di quanto possiamo noi giudicare, non ho detto pi grande del peccato di Caino o del peccato dei Sodomiti. L'usurpazione infatti di un pomo proibito, poich fu punita cos che la natura, che aveva la possibilit di non morire, avesse la necessit di morire, supera senza dubbio tutti i giudizi umani. Mangiare appunto un pomo vietato da una legge di Dio sembrerebbe un

peccato leggero; ma quanto abbia stimato questo peccato colui che non pu sbagliare appare bene dalla grandiosit del castigo. Il peccato invece del fratricida Caino appare a tutti un peccato immane e risulta essere una orrenda scelleratezza; che se tu, come fai, secondo un esame umano la paragoni ad un pomo colto illecitamente, si giudicher ridicola la comparazione, e tuttavia quel fratricida, bench morituro un giorno, non fu punito nemmeno con la morte, con la quale tali crimini sono colpiti di solito dai giudizi umani. Dio appunto gli disse: Lavorerai il suolo ed esso non ti dar pi i suoi prodotti; gemente e tremante sarai sulla terra. E poich Caino, nell'udire che il suolo non gli avrebbe dato frutto secondo il suo lavoro ed egli sarebbe stato misero sulla terra con pianto e con tremore, era scosso ancora di pi dalla paura della morte, nella eventualit che qualcuno facesse a lui quello che egli aveva fatto al fratello, Dio gli appose un segno, perch non lo uccidesse chiunque lo avesse incontrato 141. Qui di nuovo sembra ingente la colpa e lieve la pena, ma ci sembra ai giudizi degli uomini, i quali n conoscono questi misteri, n possono valutare le colpe umane con la limpidit e con l'integrit di Dio. Certamente i Sodomiti, scendendo dal cielo il fuoco sopra quella terra, furono divorati da un castigo congruo ai loro misfatti 142. Ma a Sodoma c'erano anche dei bambini, puri e liberi da ogni contagio di peccato, secondo il tuo patrocinio; n tuttavia il giusto e misericordioso Dio sottrasse precedentemente dall'incendio di Sodoma tante sue immagini innocenti mediante il ministero degli angeli, come gli sarebbe stato facilissimo; n, come ai tre personaggi della fornace 143, la sua onnipotenza offr innocue per loro le fiamme che cremavano i loro genitori. Questo considera, a questo pensa diligentemente e piamente, e vedendo che in questo secolo i piccoli con i grandi soggiacciono ugualmente a tali miserie, quali non avrebbero potuto esistere in nessun modo nel paradiso di Dio, se nessuno avesse peccato, riconosci il peccato originale e riconosci giusto il pesante giogo gravante sopra i figli di Adamo dal giorno della loro uscita dal seno materno 144, e non li gravare ancora di pi con la tua difesa, negando ad essi, malati o morti, il Cristo che salvezza e risurrezione. Perch, se domandi chi abbia detto a me quanto grande peccato abbia commesso Adamo, colui stesso che lo ha detto anche a te, ma lo udrai se hai buoni orecchi per udire, e questi poi li avrai se non li attribuirai come tuoi al tuo arbitrio, ma li riceverai da colui che disse: Dar loro un cuore capace di conoscermi e orecchi capaci di udirmi 145. Chi infatti, se non chi

privo di tali orecchi, non presta udito alla Scrittura che senza nessuna oscurit o ambiguit dice al primo uomo peccatore: Tu vieni dalla terra e nella terra ritornerai 146? Dove si indica evidentemente che l'uomo, quanto almeno alla carne, non sarebbe morto, ossia con la morte della stessa carne non sarebbe ritornato alla terra dalla quale era stata presa la sua carne, se per il peccato non avesse meritato di sentire e di soffrire la pena per la quale l'Apostolo disse in seguito: Il corpo morto a causa del peccato 147. Chi, se non chi non ha tali orecchi, non prester udito a Dio che dice riguardo allo stesso Adamo: Non stenda pi la mano e non prenda dall'albero della vita e non ne mangi e non viva per sempre. E il Signore lo scacci dal paradiso della volutt 148? Dove sarebbe certamente vissuto in eterno senza nessuna fatica e nessun dolore. Quella volutt appunto del paradiso da pensare, come necessario che confessiate, se non vi siete dimenticati ancora del nome cristiano, non come la volutt della turpitudine, ma come la volutt della beatitudine. Quanto grande dunque questa pena meritata da Adamo di non vivere in eterno, e per questo fu scacciato dal luogo di cos grande beatitudine, dove se fosse rimasto e non avesse peccato sarebbe vissuto senza dubbio in eterno, tanto grande dobbiamo intendere il peccato che era stato degno di esser punito con quella pena. Che fai quindi, ti prego, quando tenti con tanta insistenza di attenuare il peccato di Adamo, se non accusare d'immane e orrenda sevizia Dio, che ha punito questo peccato, non dico con tanta severit, ma con tanta crudelt? Il che se illecito sentire di Dio, per quale ragione non misuri la quantit della colpa, di cui gli uomini non possono giudicare e di cui giudica un giudice incomparabilmente giusto, dalla grandiosit della pena, e non trattieni la tua lingua da una sacrilega loquacit? Io poi non accuso Dio di iniquit, perch dico giusto il giogo che egli ha posto sui figli di Adamo dal giorno della loro uscita dal seno materno, ma tu piuttosto fai iniquo Dio, perch reputi che essi lo soffrano senza nessun merito di un qualsiasi peccato. N per l'opera che Dio ha fatto, bens per il vizio che vi ha seminato il nemico, io dico che sono sotto il medesimo nemico coloro che nascono dal primo uomo, se non rinascono nel secondo. Nei quali tu accusi la Chiesa cattolica di un crimine di lesa maest, se, come dici, non sono sottratti al potere delle tenebre i bambini quando si battezzano, ed essa prima che si battezzino esorcizza ed essuffla altrettante immagini di Dio. N io attribuisco al principe delle tenebre le onorabili nozze, che purgo da ogni macchia di libidine, se

della libidine fanno buon uso per l'intenzione della propaggine. Tu al contrario non hai orrore di collocare il male, per cui la carne concupisce contro lo spirito, nel paradiso, ossia nel luogo di tanta pace, di tanta quiete, di tanta onest, di tanta felicit. N io giudico, come tu mi calunni, che siano peggiori di tutti i delinquenti e di tutti gli scellerati i bambini che non hanno se non il peccato originale. Altro infatti per un uomo essere gravato da un peccato commesso da lui, altro essere asperso dal contagio di un peccato altrui, per quanto grande. Per il che i bambini accedono pi facilmente alla remissione dei peccati, come dice con vostra pena il peno Cipriano, per questo stesso fatto che si rimettono ad essi non i peccati propri, ma i peccati altrui 149. Tu viceversa, quando dici non solo, come noi pure, che i bambini non hanno fatto nessun peccato di propria volont, ma altres che essi non hanno contratto nessun peccato dalla loro origine, fai senza dubbio ingiusto Dio, come ti stato detto spesso e come pi spesso ancora bisogner dirti, perch egli ha imposto ad essi un giogo pesante fin dal giorno della loro uscita dal seno materno. Certo, per capire in che modo i bambini nati da Adamo e siano obbligati alla partecipazione del peccato di quell'uomo e tuttavia non siano uguagliati al suo reato, poni attenzione al Cristo, di cui hai letto che forma del futuro 150, e vedi come i bambini rinati in lui e diventino partecipi della sua giustizia e come non ardisca tu pareggiarli ai suoi meriti. Tu pure, nel secondo libro di questa tua opera 151, hai detto che in Adamo, avendo peccato prima di lui Eva, la forma del peccato non fu la prima, bens la massima; come nel Cristo la forma della giustizia non la prima, ma la massima, perch ci furono giusti anche nei tempi precedenti a lui. Il che se tu non avessi dimenticato di averlo detto, non attenueresti qui il peccato di Adamo, nel quale hai confessato l'apparizione della forma massima del peccato. Ingiuriosa loquacit. 24. GIUL. Ma per quale ragione indignarsi con te per le tue inimicizie contro l'innocenza, atteso che la petulanza e la rabbia della tua bocca oscena non frenata nemmeno dall'onore della divinit? Accusi infatti i bambini ma assieme a Dio, aggredisci l'innocenza ma assieme all'ingiuria dell'equit, sconfessi la verit ma assieme alla incriminazione di colui che confessi tuo Dio. E per questo, anche se a noi venisse meno l'aiuto della ragione, tuttavia a fare stramazzare a terra la traduce del peccato sarebbe pi che sufficiente l'infamia dei suoi assertori.

AG. La tua ingiuriosa loquacit mi ha rinfacciato la rabbia di una bocca oscena. Che forse sono io il difensore e il magnificatore della libidine? Che forse ho ardito io di arricchire anche del possesso del paradiso la concupiscenza della carne, per cui la carne concupisce contro lo spirito? Nel quale luogo di tanta dignit e di tanta pace tu hai introdotto insieme o la guerra, con la quale si respinge lodevolmente la spinta della concupiscenza a peccare, o l'indegnit con la quale si cede turpemente alla concupiscenza. Perch dunque insorgi tanto oltraggiosamente contro di me, n guardi a te? Non io infatti accuso Dio; ma lo accusi tu, dicendo che non contraggono dalla loro origine nessun peccato i bambini, ai quali egli ha imposto un giogo pesante. N io aggredisco l'innocenza assieme alla ingiuria della equit, ma tu fai ingiuria alla equit, dicendo che hanno tanta innocenza i bambini; l'equit tuttavia non li punirebbe con un pesante giogo, se sapesse che vero quello che sai tu con la tua sapienza. N io sconfesso la verit, n incrimino Dio, ma tu piuttosto. Disse infatti il vero l'Apostolo scrivendo: Il corpo morto a causa del peccato 152, e tu lo neghi. Ma in che modo tu non incrimini Dio, al quale imputi le miserie, che non puoi negare, dei bambini, non aventi nessun peccato originale che ne sia degno? E per questo la tua conclusione, che ci copre d'infamia, non segue la verit di nessuna ragione. Le condanne di Adamo e di Eva. 25. GIUL. Ma perch mai noi reputiamo di dover seguire tanto a testa bassa soltanto la ragione della verit, mentre la falange dei nostri nemici si appoggia ai rischi stessi delle realt e insorge contro di noi munita dei suffragi delle calamit? Vuole appunto con il pudore di chi si accoppia, con il dolore di chi partorisce, con il sudore di chi fatica, provare la trasmissione delle colpe e delle pene nei semi, perch evidentemente per questi segni dei parti difficili, degli agricoltori sudanti e dei campi spinosi si creda nel crimine naturale, per merito del quale provato da tanti incomodi il genere umano che certuni pensano diventato mortale per il peccato di Adamo. Intenzionalmente ho detto " certuni ", perch il principe di essi Agostino si per la verit vergognato di affermarlo. Scrive costui in conclusione a Marcellino che Adamo sembra sia stato creato mortale; ma con la solita eleganza soggiunge che la morte stata il salario del peccato e nei riguardi di Adamo, che confessa costituito mortale secondo la natura, dichiara che non avrebbe potuto morire. Contro di noi dunque si soliti proferire quelle

sentenze che si leggono nella Genesi e che colpiscono Adamo ed Eva. Di esse ormai tempo di discutere. Racconta la Scrittura: Il Signore Dio disse al serpente: Poich tu hai fatto questo, sii maledetto da tutti gli animali e da tutte le bestie che sono sopra la terra; camminerai sul petto e sul ventre e mangerai polvere per tutti i giorni della tua vita. Io porr inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe. La donna ti afferrer la testa e tu le afferrerai il calcagno. Alla donna poi disse: Moltiplicher le tue tristezze e il tuo travaglio, partorirai con tristezza i figli e verso il tuo marito sar il tuo istinto ed egli ti dominer. Ad Adamo disse invece: Poich hai ascoltato la voce di tua moglie ed hai mangiato dell'unico albero di cui ti avevo comandato di non mangiare, maledetto sia il suolo nelle tue opere; mangerai da esso nella tristezza per tutti i giorni della tua vita; spine e cardi produrr per te e mangerai l'erba del tuo campo. Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, finch tornerai alla terra dalla quale sei stato tratto, poich di terra sei e nella terra andrai 153. Queste sentenze dunque voi assumete a testimonianze di una iniquit ingenita e concionate che le donne non avrebbero sentito dolore nel partorire, se in esse assieme al peccato di Eva non fosse passata la pena della sua fecondit. Volete dunque che lo stesso travaglio sia indizio del peccato, di modo che si creda che nessuna donna senta senza la medesima iniquit il travaglio che la prima delle donne merit a causa del suo delitto. Non ci sarebbe infatti, voi dichiarate, il dolore nella partoriente, se non ci fosse il peccato nel nascente. Quanto sia dunque il mio stupore nell'imbattermi con queste vostre argomentazioni non mi facile misurarlo! Tanti affanni infatti ha sollevato in questo passo la vostra opinione che appena mi degno di scendere in lizza: pi numerosi sono appunto in queste obiezioni i peccati dell'intelligenza che le sillabe. AG. Le afflizioni del genere umano, sebbene tu le irrida o finga di irriderle, maldicente ed elegante quanto ti pare, ti hanno spinto da s in queste strette: sei costretto ad affermare che il paradiso di Dio, anche se nessuno avesse peccato, sarebbe stato pieno di afflizioni. Se poi per vergogna ti rifiuterai di farlo, sarai pressato a farlo dal tuo dogma. Che se non ti correggerai e non butterai via questo dogma, non sfuggirai a queste strette che ti opprimono e che ti sospingono verso un orrendo precipizio. Ti si domanda infatti donde tu stimi che promanino queste afflizioni che vediamo presenti e nei grandi e nei piccoli. Tu rispondi secondo il tuo dogma: il genere umano fu costituito cos da Dio fin dal suo

esordio. Alla tua risposta si replica: Dunque anche nel paradiso ci sarebbero state, se non vi fosse sorto nessun peccato. Qui tu o cadrai a precipizio o muterai il dogma: o perduto dalla sfrontatezza o corretto dalla ragionevolezza. Infatti o riempirai di una vita piena di afflizioni il luogo della felicit pi famosa e non troverai occhi per osare di guardare i comuni cristiani, o sprofondando in abissi ancora pi orribili imputerai queste afflizioni dell'uomo ad una natura aliena e cattiva mescolatasi a noi e affogherai nel baratro tartareo di Manicheo, o confesserai che questa pena delle afflizioni proviene dalla natura viziata, per un giudizio di Dio che l'ha punita, e respirerai nell'aria cattolica. Tu anzi dici pure che certuni pensano che il genere umano sia diventato mortale per il peccato di Adamo e aggiungi che hai detto certuni per il fatto che io, principe di essi, mi sono vergognato di dirlo, ma ho scritto a Marcellino che Adamo sembra sia stato creato mortale. Coloro che hanno letto o leggono queste tue parole e le mie, se non sono pelagiani, vedono certamente come la tua lingua abbia amplessato la calunnia. Mai infatti io ho sentito, mai assolutamente io ho detto, come dite voi, che Adamo fu creato mortale e che, peccasse o non peccasse, sarebbe stato morituro. Queste precise parole furono rinfacciate a Celestio nel giudizio episcopale di Cartagine. Queste parole furono rinfacciate anche a Pelagio nel giudizio episcopale di Palestina 154. Questa appunto la questione che su questo tema si dibatte tra noi e voi: se Adamo fosse morituro, sia che peccasse, sia che non peccasse. Chi ignora infatti che, secondo la definizione per cui si dice immortale chi non pu morire e si dice viceversa mortale chi pu morire, Adamo pot morire perch pot peccare e quindi pot morire per merito di una colpa, non per la necessit della sua natura? Ma secondo quella definizione per cui si dice immortale anche chi ha la possibilit di non morire, chi negher che Adamo sia stato creato in possesso di tale possibilit? Perch Adamo che aveva la possibilit di non peccare mai, certamente aveva la possibilit di non morire mai. Questo dunque quello che si dice contro di voi: questo vostro dogma con il quale reputate che Adamo, sia che peccasse, sia che non peccasse, sarebbe stato morituro, falsissimo su tutta la linea. Stando cos le cose, in che modo avrei io potuto dire ci che tu mentendo mi fai dire: Adamo fu costituito mortale secondo la sua natura, quasi fosse pressato dalla necessit di morire, mentre non poteva essere pressato a morire se non a causa del peccato? O in che modo io dichiaro che egli non pot morire, quando so che morto, e certamente non

sarebbe morto, se non avesse potuto morire? Ma io dichiaro apertamente che Adamo pot non morire. Altro per non poter morire, altro poter non morire: il primo proprio di una immortalit maggiore, il secondo di una immortalit minore. Se tu discerni queste due verit, discerni e ci che dite voi di Adamo e ci che diciamo noi contro di voi. Voi dite infatti: Sia che peccasse, sia che non peccasse, sarebbe stato morituro. Noi diciamo al contrario: Finch non avesse peccato, non sarebbe stato morituro; e se non avesse peccato mai, non sarebbe morto. Poi tu commemori le testimonianze che si soliti dire contro di voi dalla Genesi, e sul dolore della partoriente, una pena che colp Eva per prima, dici qualcosa che vuoi far reputare o reputi detto da noi. Noi infatti non diciamo che le donne non avrebbero sentito il dolore nel partorire se non fosse passata in esse assieme al peccato di Eva l'afflizione della sua fecondit, non essendo passata in esse l'afflizione della fecondit, ma l'afflizione della iniquit. Sebbene infatti la fecondit sia diventata piena di afflizioni, ci lo fece l'iniquit, non la fecondit: l'afflizione della partoriente discende appunto dalla iniquit dell'uomo, la fecondit invece discende dalla benedizione di Dio. O se l'afflizione della fecondit non l'hai voluta far intendere come fatta dalla fecondit, ma come inflitta alla fecondit, questa la nostra sentenza. Noi per non diciamo che anche nel paradiso le donne partorienti avrebbero sentito il dolore, anzi deduciamo che questo dolore sia una pena del peccato proprio dal fatto che non sarebbe esistito in quel luogo dove non si sarebbero fatti rimanere coloro che avessero peccato: il che tu non tenti di confutarlo, per non essere costretto, con la faccia nascosta tra le mani e con gli occhi chiusi, a riempire il paradiso di Dio non solo delle libidini degli uomini, ma anche dei loro tormenti. Ma che c' di strano, quando tu vuoi riempire il luogo di quella felicit memorabile anche delle morti degli uomini, delle quali nessuna o quasi nessuna accade senza un qualche cruccio corporale? E mentre il tuo dogma ti costringe a dire queste assurdit, osi pure irridere coloro che sono ben lontani dal dirle, perch ritengono piuttosto ci che stato tramandato dall'antichit alla Chiesa di Dio con le parole: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo 155, e di essi mi appelli il principe in modo insultante contro la tua scienza e coscienza. In nessun modo ignori infatti quanti e quanto grandi dotti nella Chiesa e dottori della Chiesa abbiano detto prima di noi che la natura dell'uomo per volont divina fu costituita cos che l'uomo non fosse morituro se non avesse peccato. Di costoro

dunque in che modo sono chiamato il principe io che non li guido ma li seguo? Di te invece io non dico che sei il principe di coloro che asseriscono Adamo fatto talmente mortale da essere morituro, sia che peccasse, sia che non peccasse; e che tentano cos di riempire il paradiso della santa volutt, dove c'era tanta quiete dell'anima e del corpo, dei tormenti dei morenti, dei funerali dei morti, delle tristezze dei piangenti. Non sei tu il principe di costoro. Pelagio e Celestio, che fecero per primi coteste affermazioni, tengono il principato di questo dogma nefando. Magari tu, come non li guidi, nemmeno li seguissi! Non prova il peccato ci che esiste anche senza il peccato. 26. GIUL. Quanto insana infatti la vostra stessa prima affermazione che il dolore del parto sia compagno del peccato, mentre cos perspicuamente spetta alla condizione dei sessi, pi che alla punizione dei crimini, il fatto che tutti gli animali, non macchiati da nessun peccato, soffrano nel parto questi spasimi e questi gemiti! Dal che appare che non argomento del peccato ci che si pu trovare anche senza il peccato. Poi progredendo voi portate un'altra prova ancora molto pi inetta. Non soffrirebbe, tu dici, la femmina, se non fosse partecipe di crimini. Soggiungete per immediatamente: Ma il peccato per il quale la donna ha le doglie, non si riscontra nella partoriente, bens nel nascente. Per questo infatti le donne battezzate, tu dici, vivono libere dal peccato, ma per la iniquit dei figli che dnno alla luce sono afflitte dalle difficolt della loro fecondit. Secondo la quale opinione la traduce del peccato non decorre pi dalla madre nella prole, ma rifluisce dal nascente nei suoi genitori. Infatti se la ragione per cui la donna battezzata sente le doglie la presenza delle iniquit nel bambino, la traduce sale dal basso verso l'alto, non scende dall'alto verso il basso. Ma non per questo tormentata la madre perch il figlio ha l'iniquit, bens perch essa stessa nel nascere si veicolata l'iniquit. Tu per avevi detto che dalla grazia le era stato tolto questo male: se dunque il dolore della partoriente aderiva al peccato, la remissione del peccato avrebbe dovuto rimediare al tormento dei parti. O se non pu esistere senza l'iniquit questo tormento, che pur si trova nelle femmine dopo il battesimo, nemmeno l'iniquit stata tolta ad esse mediante la grazia, ed svanita la pompa del Battesimo. Se viceversa nei misteri c' stata la virt e la verit che crediamo noi, non quella che inventate voi, ed stato tolto ogni peccato e rimane comunque il dolore che

generato dalla difficolt del parto, manifestamente indice della natura e non della colpa quel gemere che, anche per tua ammissione, patiscono le donne che tu confessi liberate dal peccato dei manichei. Ma ci apparso solo da esempi concreti; se per guardiamo anche alle parole della stessa sentenza di Dio, questa dissolver le vostre nebbie con un fulgore pi splendido dei raggi del sole. Non fu detto appunto alla donna: Sorgeranno in te le doglie; oppure: Ti generer i gemiti, perch le loro esperienze sembrassero istituite dopo la colpa; ma disse: Moltiplicher le tue tristezze. Indica gi presente nella condizione naturale ci che minaccia non di creare, ma di moltiplicare nella persona peccatrice. Non si moltiplicano mai appunto se non le realt esistenti: del resto, prima che esse siano, si dice certo in senso proprio che esse si fanno, ma si direbbe per anticipazione che esse si aumentano. Inoltre, perch questo non sembri una nostra osservazione pi che una esigenza della verit stessa, si riporta qui l'ordine delle parole osservato in tutti gli esseri animati. Anche riguardo all'uomo, prima che fosse fatto, Dio dichiar: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 156, e di nuovo riguardo alla donna, Dio disse: Non bene che l'uomo sia solo; facciamogli un aiuto che gli sia simile 157. Invece dopo che furono fatti si legge: Dio li benedisse e disse loro: Crescete, moltiplicatevi, riempite la terra 158. Prima che fossero creati non fu detto: Si moltiplichino; ma fu detto: Sia fatto l'uomo; quando esisteva gi chi ricevesse incrementi, aggiunse: Crescete, moltiplicatevi, riempite la terra. Secondo pertanto questo ordine, il gemere dei parti, che era stato istituito secondo la natura nei corpi degli uomini, cos come negli animali, non creato in Eva, ma cresce in lei, perch essa fosse afflitta da una speciale grandiosit delle doglie gi suscitate. N tuttavia dovevano esse arrivare alle donne del tempo futuro se non nella moderazione naturale e secondo la variet dei corpi. In quella occasione pertanto non venne dal peccato che la donna avesse le doglie del parto, ma che le avesse eccessive, come abbiamo letto che anche in tempi diversi sono accadute a taluni debilit corporali a causa di peccati; ma quella ampliazione di miserie non ha sovvertito la parsimonia della misura naturale. N comunque tutti i contenuti della medesima sentenza di Dio sono racchiusi nel vigore di un Dio giustiziere. Ma qualche parte della sentenza sta ad indicare il merito, qualche parte designa l'ufficio. Moltiplicher le tue tristezze e il tuo travaglio, partorirai con tristezza i figli: fin qui il castigo, che non merit la natura ma la persona. Da qui in poi si indica subito semplicemente

l'ufficio del secondo sesso: Verso il tuo marito sar il tuo istinto ed egli ti dominer. Questo evidentemente non appartiene ad una pena, altrimenti apparterrebbe ad una colpa: ordine appunto che la donna con onesto affetto sia sottomessa al marito, non una condanna. Infatti secondo l'Apostolo il marito capo della moglie 159 , perch non fu creato l'uomo per la donna, ma la donna per l'uomo 160. Se essa dunque onora il suo capo con un congruo pudore, custodisce le istituzioni della natura, non sconta i tormenti del peccato, e se si ribella a quest'ordine rea. Non dunque una miseria compiere un ufficio che sarebbe colpevole trascurare. AG. Il dolore del parto noi diciamo che una pena del peccato. Sappiamo infatti che Dio parl senza nessun'ambiguit, n parl se non alla prevaricatrice del suo comando, n parl se non perch era adirato che il suo comando fosse stato trasgredito. Ma tu per annullare e per frustrare questa ira di Dio, hai detto che tanto evidente che non sia questa una pena del peccato che gli animali, nei quali non ci sono peccati di nessun genere, soffrono nel parto simili gemiti e dolori. Non ti hanno detto certamente gli animali se il loro gemere sia di canto o di pianto. Sicuramente le galline, quando stanno per fare l'uovo, le vediamo pi vicine al canto che al pianto; ma dopo aver fatto l'uovo emettono tali voci quali sono solite emettere nella paura; nel momento poi di fare l'uovo se ne stanno in assoluto silenzio, come le colombe e altri uccelli, noti a coloro che li osservano. Quanto dunque agli animali muti, i quali non possono indicare che cosa succeda in loro stessi, chi sa se il loro movimento e il loro suono nel tempo del parto non solo non abbia nulla di dolore, ma abbia qualcosa di volutt? Ma che m'interessa scrutare in questo campo le oscurit della natura, se da questo non dipende la nostra causa? In tutti i modi, se gli animali muti non soffrono nessun dolore nel parto, il tuo argomento nullo; se poi soffrono, una pena per l'immagine di Dio lo stesso suo essere equiparata alla condizione degli animali; ma la pena dell'immagine di Dio non potrebbe essere giusta se non fosse preceduta da una colpa. Lungi poi da me dire ci che tu hai reputato di confutare come detto da me: cio che la madre quando partorisce ha le doglie non per merito suo, ma per merito del nascente, e quindi anche dopo la remissione dei peccati hanno le doglie nella urgenza di partorire le donne battezzate. Lungi da me, ripeto, il dirlo. Forse infatti perch diciamo che la morte pena del peccato, per questo si deve dire che la morte non sarebbe pi dovuta accadere dopo la remissione dei peccati? I mali appunto, che nella natura viziata

dalla prevaricazione diciamo pene del peccato, rimangono anche dopo la remissione dei peccati, perch sia messa alla prova la nostra fede nel secolo venturo, dove questi mali non ci saranno pi. N infatti sarebbe fede, se credessimo perch reso subito a noi il premio di non soffrire nulla e di non morire. Resa questa ragione, che cio per l'agone della fede si lasciano a noi i mali contratti per il peccato, sebbene il reato dei peccati sia gi stato sciolto mediante il battesimo, che forza ha ci che dicesti: Se nei misteri stato tolto ogni peccato e rimane tuttavia il dolore che generato dalla difficolt del parto, allora manifesto che quel gemito indice della natura, non della colpa? Questo discorso infatti, che privo di forze contro di noi, non lo faresti certamente, se tu avessi o attendessi le forze della fede, che sono tanto pi forti quanto pi noi speriamo i beni che non vediamo e attraverso la pazienza delle miserie attendiamo la pienezza della beatitudine 161. Ma, tu osservi, le stesse parole di Dio, con le quali non disse: Sorgeranno in te le doglie, oppure: Generer per te i gemiti, perch le esperienze dei dolori apparissero istituite dopo la colpa, ma disse: " Moltiplicher le tue tristezze", indicano che esisteva gi nell'ordine naturale ci che non minacciava di creare, ma di moltiplicare nella persona peccatrice, e aggiungi, quasi come sentenza definitiva e generale: Non si moltiplicano mai se non le realt che esistono gi: del resto prima che siano, si dice certamente in senso proprio che si fanno, ma si direbbe per anticipazione che si accrescono. Dove per primo ti chiedo in che modo tu dica che esistevano gi le doglie di Eva che essa non aveva ancora sofferte; in che modo, ripeto, aveva gi le doglie Eva che non si doleva di nulla? Che se non esistevano i dolori in lei, perch non aveva i dolori lei che non si doleva di nulla, potevano dunque essere moltiplicati anche i dolori non ancora esistenti, e si intende detto esattamente: Moltiplicher le tue tristezze, ossia le far essere molte; il che possibile, sia che qualcosa abbia gi cominciato ad essere, sia che qualcosa non abbia nemmeno cominciato ad essere. A vuoto dunque tu hai detto: Non si moltiplicano mai se non le realt che esistono gi, perch ecco in Eva dopo il peccato si moltiplicarono i dolori che non c'erano affatto prima che peccasse. E quindi non disse Dio: Moltiplicher le tue tristezze, perch avevano cominciato gi ad esserci in lei alcune tristezze, ma perch sarebbero state molteplici in futuro da, quando avrebbero cominciato ad esserci. Ma erano, tu dici, nell'ordine naturale. Se dunque nell'ordine naturale ci sono gi anche le realt che non sono ancora sorte, in che ti aiuta l'avere affermato: Dio

non disse: Sorgeranno in te i dolori, ma disse: "Moltiplicher i tuoi dolori ", perch c'erano gi nell'ordine naturale? Ti si risponde infatti: Avrebbe potuto dire: Sorgeranno in te, perch avrebbe moltiplicato i dolori che erano gi nell'ordine naturale, non i dolori che erano gi sorti. O forse sei pronto a dire: Erano gi sorti assolutamente nello stesso ordine naturale? Quanto quindi pi evidente e pi accettabile se ti si dice: Esistevano gi in Adamo i figli di Adamo per la forza naturale quando egli, come si esprime il beato vescovo Giovanni, commise quel grande peccato e fece condannare tutto in blocco il genere umano 162, o come si esprime il suo collega Ambrogio: C'era Adamo e in lui eravamo noi tutti, per Adamo e in lui perirono tutti 163, se tu osi dire non solo: Erano gi, ma anche, ci che noi non osiamo dire dei figli di Adamo quando fu commesso il famoso peccato: Erano gi sorti i dolori di Eva quando Dio minacci di moltiplicarli! Ma tuttavia in verit non c'erano nell'ordine naturale i dolori di Eva che le partorienti hanno la necessit di patire perch non era necessario che li patisse Eva quando cominciasse a partorire: essi vennero appunto a lei dalla punizione della colpa e non dalla condizione della natura. Il che negando, che cosa fate voi se non collocare le sofferenze degli uomini, anche se nessuno avesse peccato, nel luogo di quella beatitudine, dove non fu permesso di rimanere agli uomini che dovevano ormai soffrirle? E ignoro con quale faccia lo facciate voi, se non perch, contrari al paradiso, vi dilettate in qualche modo di abitare " di contro " al paradiso, essendo stato anche Adamo collocato di contro al paradiso, dopo che fu buttato fuori dal paradiso 164. Tu pertanto ormai " contrario al paradiso ", poni attenzione con quanta vanit argomenti contro il paradiso. Ti sembra che non si moltiplichino se non le realt che esistono gi in qualche modo, ma prima che siano non reputi si debba dire che si moltiplicano, bens che si fanno. Non nascono dunque realt molteplici di nessun genere, ma si moltiplicano, cio diventano molteplici soltanto per aggiungimenti successivi. E perci quello Spirito che nella Sapienza si dice spirito molteplice e che non ha cominciato ad essere, ma cos dalla eternit, non stato correttamente chiamato molteplice 165, perch non lo hanno fatto molteplice aggiungimenti di nessun genere. Che cosa sei disposto a dire anche sulla risposta di Dio ad Abramo: Moltiplicher la tua discendenza come le stelle del cielo 166? Dove vediamo che Dio moltiplic anche le stelle del cielo, come promise di moltiplicare il seme di Abramo? Che forse le stelle del cielo per essere moltiplicate

cominciarono prima con l'essere poche e non furono create molteplici nel loro numero fin da quando furono create? Per quale ragione dunque non intendi la frase: Moltiplicher le tue tristezze cos come se avesse detto: Far molteplici le tue tristezze, se non perch agisci cos da introdurre, se ti possibile, i dolori nel paradiso, di contro al quale sei stato collocato, e cos da dire che prima del peccato furono istituite le miserie nel luogo di tanta beatitudine? Che infatti Eva, come tu affermi, abbia ricevuto per natura prima di peccare la funzione di partorire con i dolori tu la chiami parsimonia naturale e non vuoi che apparisca sovvertita da quanto si aggiunse in pi di pena alla donna per punizione da parte di Dio dopo che ebbe peccato. Parli infatti cos da dire: Ma quell'ampliazione di miserie non ha sovvertito la parsimonia della misura naturale. Perci, te docente, che le donne soffrano moderatamente nel parto parsimonia naturale, quanto invece fu aggiunto ad Eva per merito del peccato un'ampliazione delle miserie. N vedi, mentre lo dici, che se le miserie furono ampliate per il peccato, erano gi state istituite per natura, e la donna, alla quale furono ampliate le miserie per il peccato, era gi misera per natura prima del peccato. Sebbene tu dica che prima del peccato essa era moderatamente misera per la parsimonia naturale, tuttavia, volere o no, dicendo che le fu aggiunto un ampliamento di miserie, la confessi senza dubbio gi misera anche prima di quest'aggiunta. Ecco cosa merita da te la natura dell'uomo, istituito da Dio all'inizio; ecco cosa merita da te il paradiso di Dio! Scacciato appunto dal paradiso e collocato contrario al paradiso, gli hai reso da "contrario " tali servizi da dire che nel luogo della beatitudine le miserie furono istituite da Dio, ma per i peccati esse non cominciarono bens crebbero. Che cosa tanto contrario alla beatitudine quanto la miseria e alla miseria la beatitudine? O che significa la collocazione del peccatore, escluso dal paradiso, in posizione contraria al paradiso, se non la sua collocazione nella miseria, che senza contraddizione o dubitazione di nessuno contraria alla beatitudine? E che cosa rifugge la natura quanto la miseria? Che cosa appetisce tanto la natura quanto la beatitudine? Inoltre il libero arbitrio, che abbiamo nei riguardi della beatitudine, cos insito in noi per natura da non poter nessuna miseria toglierci la volont di non esser miseri e la volont di esser beati. Fino al punto che coloro che vivendo malamente sono gi miseri, vogliono, s, vivere malamente, tuttavia non vogliono essere miseri, ma beati. Questo il libero arbitrio che le anime nostre conservano

immutabilmente fisso: non il libero arbitrio di voler agire bene, perch lo potemmo perdere per la iniquit umana e lo possiamo ricuperare per la grazia divina; ma il libero arbitrio di voler essere beati e di non voler essere miseri non lo possono perdere n i miseri n i beati. Beati appunto lo vogliamo essere tutti: il che sono stati costretti a riconoscerlo anche gli stessi filosofi di questo secolo e, teste il loro patrono Tullio, gli Accademici che dubitano di tutto e hanno detto che questa l'unica verit che non ha bisogno di discussione, l'unico bene di cui non c' nessuno che non sia avido. Questo libero arbitrio aiutato dalla grazia di Dio, perch ci che vogliamo per natura, ossia vivere beatamente, lo possiamo avere vivendo rettamente. E tu dici istituite per natura nelle prime opere di Dio le miserie, mediocri quanto ti pare, tuttavia miserie, contrarie alla beatitudine, senza che nessuno lo neghi, senza che nessuno ne dubiti, senza che fosse stato commesso precedentemente da parte di chiunque nessun peccato, cos da esser la pena della donna peccatrice, espressa dalle parole: Moltiplicher le tue tristezze, non l'istituzione delle miserie, che, come dici tu, c'era gi stata nella natura, ma un'ampliazione che si aggiunse per punizione. Che cosa far io ormai con te sulle successive parole di Dio, dove, dopo aver detto ci che riguardava la pena: Partorirai con tristezza i figli, soggiunse subito: Verso il tuo marito sar il tuo istinto ed egli ti dominer 167? Che bisogno c' che io combatta con te sul problema se cotesto dominio del marito sia una punizione della donna o l'ordine della natura? Il quale ordine tuttavia Dio non lo ramment quando cre, ma quando pun. Ma, come ho detto, che interessa fermarci su questo problema che, comunque si risolva in uno dei due modi, non impedisce la nostra causa? Ammettiamo senz'altro che Dio dal castigo che egli infliggeva alla donna si sia volto repentinamente a impartire un precetto e che comandando, non condannando abbia detto: Verso il tuo marito sar il tuo istinto ed egli ti dominer: che interessa ci alla questione che facciamo nella discussione presente sulla punizione della peccatrice? Con te io tratto delle miserie che, scacciato dal paradiso e collocato in posizione contraria al paradiso, tenti di collocare nel paradiso e di attribuirle, perdendo il tuo pudore e bestemmiando con la tua bocca, non ai meriti di coloro che peccarono, ma a Dio istitutore delle nature, come se egli abbia istituito per natura anche queste miserie. Di' ormai anche cosa cerchi di persuadere circa la pena dell'uomo, dal momento che gi abbastanza chiaro in che modo

questa donna, che prima del peccato era nuda e non si confondeva, abbia denudato e confuso te. Non rendere amaro il paradiso di Dio. 27. GIUL. Ma bastino queste discussioni sulla donna e passiamo alle competenze dell'uomo. Ad Adamo disse: Maledetto sia il suolo nelle tue opere; mangerai da esso nella tristezza per tutti i giorni della tua vita; spine e cardi produrr per te e mangerai l'erba del tuo campo. Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, finch tornerai alla terra dalla quale sei stato preso; poich sei terra e ritornerai nella terra 168. Qui non stato detto: Moltiplicher le tue spine o i tuoi sudori; ma se ne parla come se fossero stati creati allora per la prima volta. Ma anche la maledizione dell'uomo si dissolve con una fatica non maggiore della maledizione della sua moglie. All'inizio appunto non si maledice il seme dell'uomo, ma il suolo. Maledetto, dice, sia il suolo nelle tue opere. Che cosa avevano meritato i campi, i quali certamente non potevano avere nulla dalla traduce di Adamo, per ricevere l'onta della maledizione a causa di un peccato di volont aliena? Forse perch con l'esempio anche delle stesse zolle si insegnasse che poteva esserci la maledizione dove non ci fosse la colpa? Infatti se il peccato nell'uomo e la maledizione nei campi, manifesto che non sempre ai danni si accompagnano i crimini. Se la terra dunque per questo si maledice perch resti punito chi aveva peccato, n tuttavia l'iniquit contenuta dov' contenuta la maledizione, per quale ragione in forza di tale condizione, anche se si insegnasse che un qualche danno sia stato apportato alla nostra natura dopo il peccato del primo uomo, non seguirebbe tuttavia che i nascenti non dimostrano il loro reato con la loro miseria, ma l'afflizione successiva al primo peccato, che non li aveva fatti rei, aveva lo scopo d'intimare ad essi con la commemorazione del primo peccato la precauzione di una cattiva imitazione? Giacch si indicherebbe che anche la terra sub l'onta della maledizione perch denunziasse il male di una volont aliena da lei, non perch generasse la partecipazione di un suo crimine: a meno che non crediamo per caso che a Dio sia pi caro il terreno dell'innocenza, cos da permettere che da una scelleratezza altrui sia comunque condannata l'infanzia, mentre egli non sopporta che ne sia inquinata la gleba. La maledizione dunque diretta contro la terra, n tuttavia questa stessa maledizione si lascia involuta. Si spiega appunto a quale fine tendesse tale sentenza o in che senso si

chiamasse maledetto il suolo. Dice: Mangerai da esso nella tristezza per tutti i giorni della tua vita. In che modo dunque si spieghi avvertilo: si dice maledetta la terra, non perch sia stato possibile prendere provvedimenti contro di essa, ma con il nome di terra si indica lo stato di un animo addolorato: sapendo sterile la terra per i meriti del suo coltivatore, la tristezza dell'operaio affamato imputasse alla terra ci che egli stesso aveva meritato, e afflitto chiamasse maledetta la terra di cui s'impediva la fecondit, perch quel prevaricatore non confessasse soggetta alla maledizione n la natura, n la terra, ma la sua volont e la sua persona. Dice: Spine e cardi produrr per te. Non fu contento di dire: Spine e cardi produrr, ma aggiunse: per te. Tra gli altri virgulti appunto la terra, per comando di Dio, aveva gi prodotto anche cespugli di pruni, ma allora perch l'uomo si conpungesse, la terra gli promessa per l'avvenire ancora pi spinosa del solito. Il che poteva essere un forte castigo per Adamo: che dopo le fonti e i prati del paradiso anche un pruno solo lo potesse offendere. La sentenza poi: Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, non sono abbastanza convinto che appartenga ad una punizione, perch pure un giovamento naturale che le membra dei lavoranti siano ricreate dal sudore. Che a quell'uomo poi incombesse prima del peccato il lavoro della coltivazione lo attesta la stessa Lettura. Dice infatti cos: Il Signore prese l'uomo che aveva creato e lo pose nel paradiso a coltivarlo e custodirlo 169. Se dunque anche nel paradiso Dio non volle che l'uomo ricevesse assolutamente senza fatica i suoi alimenti, ma con l'ingiunzione di lavorare ne stimol l'operosit che gli aveva infuso, che cosa di nuovo nel sentire il sudore crediamo accaduto a chi sperimentava il lavoro? Ma prosegue: Finch tornerai alla terra dalla quale sei stato preso, poich sei terra e andrai nella terra. Sicuramente questa ultima parte della sentenza, come la sentenza della donna, riguarda una notificazione e non una punizione; anzi, come indica il contesto, Dio consola l'uomo con la promessa della fine. Poich infatti aveva prima menzionato i dolori, i lavori, i sudori, dei quali la natura aveva ricevuto l'esperienza e la persona l'eccedenza, perch non sembrasse che ci si sarebbe esteso in eterno, l'indicazione del termine mitiga la tristezza, come se dicesse: Non sempre per patirai cotesti mali, ma finch ritornerai alla terra dalla quale sei stato preso, perch, dice, sei terra e andrai nella terra. Per quale ragione dopo aver detto: Finch ritornerai alla terra dalla quale sei stato preso, non soggiunse: Perch hai peccato e hai trasgredito i miei precetti? Questo infatti si

doveva dire, se la dissoluzione dei corpi apparteneva ai crimini. Che cosa disse invece? Perch sei terra, disse, e andrai nella terra. La causa per cui sarebbe ritornato alla terra la indica con le parole: Perch sei terra. Se dunque questa disse Dio essere la ragione di ritornare alla terra perch l'uomo era stato assunto dalla terra e se d'altra parte non pot riferirsi ad una iniquit il fatto che l'uomo fosse assunto dalla terra, senza dubbio la causa per cui l'uomo, il quale non era eterno, si dissolvesse nella sua parte corporale, non fu una sua iniquit, ma fu la sua natura mortale. Dunque quella sterilit degli alberi, quella ubertosit delle spine, quella calamit maggiorata di un parto doloroso furono inferte alle persone umane, non al genere umano. Inoltre, nati gi Caino e Abele, ambedue della medesima natura ma di volont diverse, n a Caino peccante spontaneamente rec giovamento il non essere stato pressato dai peccati del padre, n ad Abele rec nocumento il delitto commesso dai suoi genitori, ma l'uno e l'altro con il proprio giudizio mostrarono con diverso proposito e con diverso risultato di non aver avuto dentro se stessi nessuna prevenzione naturale n di virt n di vizio. Esercitando appunto l'ufficio di sacerdoti offrirono sacrifici a Dio, loro Creatore. Ma la parit dell'ossequio fu differenziata dalla disparit della diligenza. Lo pales la sentenza di Dio, il quale mostr il suo gradimento per l'offerta di Abele e indic all'irritato Caino la causa del suo sdegno, dicendogli che aveva offerto bene, ma spartito male. E senza indugio quell'animo indegno scoppi di livore e, depresso dalla santit del fratello, gratifica all'invidia un parricidio. Cos alla prima occasione si rese chiaro che non un male la morte, perch ne fece la dedicazione, primo tra tutti, un giusto. N tuttavia sfugg all'ira di Dio l'arroganza di quell'animo malvagio. interrogato sul fratello, incolpato di delitto, condannato al castigo e, oltre a quel terrore che incombeva su lui come contrassegno della sua crudelt, viene punito anche con la maledizione della terra: Sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano bevve il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai la terra, essa non ti dar pi i suoi prodotti 170. Ecco di nuovo la sterilit della terra si impone come pena al suo coltivatore. Ma innumerevoli castighi di questo genere si minacciano nel Deuteronomio. Che dunque? I prunai delle nostre terre, che il coltivatore sta attento a tagliare armato di roncola, sono germogliati per il parricidio di Caino? E poich ogni padrone di un campo spinoso ritenuto da voi soggetto al peccato che fu punito con la ubertosit delle spine, si dir ormai che tutti i bambini

non hanno soltanto mangiato i pomi, sebbene nascano senza denti, ma che hanno anche versato il sangue di Abele? Appare certamente a quale furore di follia giunga la traduce dei manichei. E poich questa traduce non ha null'altro che la sua stupidit, ride dei vostri argomenti la gravit dei cattolici, ma il sentimento dei medesimi piange sulle vostre rovine. AG. Evidentemente non ottiene nulla la tua tanto diuturna e operosissima discussione sulla pena del primo uomo se non che, dopo aver attenuato questa punizione, sia attenuata anche la stessa colpa che fu condannata con questa punizione. E tu lo fai a causa delle parole che ti sei proposto di confutare dal mio libro, al quale stai rispondendo. Ivi ho detto: Quel peccato dunque che nel paradiso mut in peggio l'uomo stesso, poich molto pi grande di quanto possiamo giudicare noi, contratto da ogni nascente. Perch dunque non sembri un grande peccato da aver potuto la natura per esso mutarsi in peggio, tu sostieni che leggero e quasi nullo il castigo che merit. Da qui viene che la maledizione della terra nelle opere del prevaricatore tu la distorci secondo la pravit del tuo dogma: da qui viene che delle spine e dei triboli asserisci fatta l'istituzione anche prima che l'uomo peccasse, bench Dio non li nomini tra le sue primordiali istituzioni, ma li commini nella punizione del peccatore; da qui viene che il sudore del lavoro, perch sembrasse non abbastanza pertinente alla pena, lo hai detto anche un giovamento naturale, volto cio a ricreare con il sudore le membra di coloro che lavorano, come se dicendo quelle parole Dio non irrogasse una pena per il peccato, ma desse per giunta un premio. Sebbene diremmo giustamente questo, se tu lodassi il sudore della fatica cos da dirla istituita allora. Ma affermi ora che, anche prima del peccato, l'uomo fu collocato nel paradiso in condizione da non essere senza fatica nel lavorare la terra, quasi che non potesse quella fermezza del corpo e quell'assensa di ogni infermit compiere, non solo senza fatica ma anche con la volutt dell'animo, un lavoro che poteva dilettare l'uomo. Ma per quale ragione tu lo abbia detto non lo hai potuto occultare. Parli appunto apertissimamente quando aggiungi: Quale novit diciamo che sia accaduta, se sentiva il sudore chi sperimentava la fatica del lavoro? Ma proprio vero che ti piaciuto cos tanto introdurre nel luogo quietissimo dei beati non solo le tristezze del parto delle donne, ma anche il sudore della fatica degli uomini, da dire che, condannando Dio l'uomo, non successe nulla di nuovo all'uomo condannato? Ma proprio vero che tu schernisca e disprezzi cos tanto la severit di

Dio da asserire donato naturaliter ci che egli irrog penaliter? Se dici che " nulla di nuovo accadde " all'uomo al quale Dio intim: Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, nega che Dio abbia detto questo nell'atto di condannare l'uomo. Dirai forse: Dio condann, s, con queste parole l'uomo, ma all'uomo non accadde per questo nulla di nuovo? Dunque Dio condann l'uomo, ma l'uomo non fu condannato? And a vuoto l'impeto della vendetta, come se Dio abbia scagliato il dardo e non abbia potuto ferire l'uomo che volle ferire? Anzi tu dici: E fu condannato e non gli capit nulla di nuovo! Qui difficile trattenere il riso. Se infatti fu condannato e non gli capit nulla di nuovo, soleva dunque essere condannato e perci soleva anche peccare: infatti non sarebbe stato condannato ingiustamente. O, poich nessuno dubita che sia stato quello il primo peccato di Adamo, soleva forse prima di allora essere condannato ingiustamente? Tu infatti non hai confessato che all'uomo, come hai detto della partoriente, successe almeno questo di nuovo: gli fu accresciuto il sudore della fatica, cos come alla donna il dolore del parto. In questo modo infatti, con questa addizione che prima non ci fu, concederesti che sia accaduto all'uomo qualcosa di nuovo. Ma quando dici: Che cosa gli successe di nuovo?, parlando di uno che tuttavia riconosci essere stato condannato, che altro affermi se non che soleva essere condannato cos? O se non diciamo solito ad accadere se non ci che conosciamo accaduto frequentemente, certo necessario che tu conceda che almeno una volta sia stato precedentemente condannato cos l'uomo a cui asserisci che non accadde nulla di nuovo con l'esser condannato cos. Dove tu vedi in quali precipizi ti sia spinto. Ritorna dunque indietro dal precipizio della tua laboriosa discussione e non voler introdurre le fatiche e i dolori nelle sedi dei felici gaudi e nel luogo della quiete ineffabile. Che combini poi tentando di mettere dentro al paradiso anche la morte corporale cos da dirla promessa o piuttosto indicata al prevaricatore come un beneficio nelle parole di Dio: Sei terra e andrai nella terra, quasi che l'uomo ignorasse di esser stato creato cos da esser morituro, sia che peccasse, sia che non peccasse, e quasi che Dio abbia donato all'uomo questa scienza quando lo condann per l'iniquit commessa? Esaminando appunto queste parole di Dio dove dice: Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, finch tornerai alla terra dalla quale sei stato preso; poich sei terra e andrai nella terra, tu commenti: Sicuramente questa ultima parte della sentenza, come la sentenza della donna, serve da notificazione, non

da punizione; anzi, come indica il contesto, essa consola l'uomo. Poich infatti, tu prosegui, aveva menzionato prima i dolori, i lavori, i sudori, dei quali la natura aveva ricevuto l'esperienza e la persona l'eccedenza, perch non sembrasse che ci si sarebbe esteso in eterno, l'indicazione di un termine mitiga la tristezza, come se dicesse: Non sempre per patirai cotesti mali, ma finch ritornerai alla terra dalla quale sei stato preso; perch " sei terra e andrai nella terra". Dicendo queste parole ti sforzi di persuadere che l'uomo fu certamente creato tale che, se anche fosse rimasto nella rettitudine della vita in cui fu creato, tuttavia per la necessit della sua natura mortale, un giorno sarebbe morto; ma ci non gli fu indicato se non nel momento della sua condanna, perch la sua punizione, non reputandosi eterna, ricevesse un sollievo dalla promessa della sua fine. Avrebbe dunque reputato Adamo di non esser morituro, se non glielo avesse indicato Dio; ma Dio non glielo avrebbe indicato, se non ci fosse stata la necessit di condannarlo come peccatore. Sarebbe rimasto dunque in questo errore di credersi eterno o non mai morituro, se per merito del peccato non fosse giunto alla sapienza con la quale l'uomo conosce se stesso. Senti o non senti che cosa tu dica? Prendi un altro punto. Senza dubbio Adamo, non sapendo di essere morituro, e certamente non lo avrebbe saputo se non avesse peccato, tuttavia, se non avesse voluto peccare, sarebbe stato beato anche non sapendo di esser morituro, e pur credendo il contrario della verit non sarebbe stato misero. Ascolti o non ascolti che cosa tu dica? Prendi anche un terzo punto. Se durante il periodo della sua giustizia Adamo credette di non essere morituro nemmeno corporalmente, qualora non avesse minimamente violato il precetto di Dio, ma venne a sapere di essere morituro quando lo viol, noi crediamo ci che Adamo credeva quando era giusto, ma voi credete ci che Adamo non merit di conoscere se non quando divenne ingiusto. Il nostro errore sta dunque dalla parte della giustizia di Adamo e la vostra sapienza sta dalla parte della iniquit di Adamo. Capisci o non capisci che cosa tu dica? Prendi anche un quarto punto. Se a quell'uomo beato e giusto Dio non indic la morte futura del suo corpo, ma la indic a lui quando egli divent misero e peccatore, pi congruo credere che Dio abbia voluto affliggere Adamo anche con il timore della morte, giudicandolo evidentemente degno pure di questo castigo. Come infatti grida la natura stessa, si teme pi la morte delle fatiche: faticano appunto tutti gli uomini per non morire, se ad essi si propone tale opzione di morire subito se non

faticano: ma quanto raro chi preferisce morire piuttosto che faticare! Inoltre lo stesso Adamo prefer faticare per tanti anni, piuttosto che non faticando e morendo di fame terminare insieme la vita e la fatica. Infatti per quale altra sensibilit naturale anche Caino ebbe pi paura della morte che della fatica? Per quale altra sensibilit attraverso giudizi non iniqui n disumani i giudici condannano i crimini minori con la fatica nelle miniere metallifere e i crimini maggiori con la morte? Donde poi si onorano con tanta gloria i martiri che sono morti per la giustizia, se non perch disprezzare la morte una virt pi grande che disprezzare la fatica? Per cui il Signore non dice: Nessuno ha un amore pi grande di faticare, ma dice: di dare la vita per i propri amici 171. Se dunque una carit maggiore morire per gli amici che faticare per loro, chi tanto cieco da non vedere che la pena della fatica minore della pena della morte? O se l'uomo deve temere la fatica pi della morte, in che modo non misera la natura stessa che teme la morte pi della fatica? E tu, non pensando a questa verit, dici che l'uomo fu consolato dalla indicazione della sua morte, che non gli faceva reputare eterna la sua fatica. Mentre, se fosse vero il vostro dogma con il quale affermate Adamo morituro, anche se non avesse peccato, per questo, prima che Adamo cominciasse ad essere afflitto dalla pena della condanna, dite che non gli si doveva indicare la sua morte futura, perch Dio non lo tormentasse con il timore della morte prima che avesse peccato; ma giudicandolo ormai dopo che pecc degnissimo della pena, gli indicasse anche che era morituro, e gli accrescesse cos pure con il timore della morte la medesima pena il giusto Dio, vindice del male commesso. Quindi chiunque queste parole di Dio, con le quali fu punito Adamo quando fu detto: Sei terra e andrai nella terra, le intende secondo la fede cattolica, n vuole introdurre nel paradiso la morte del corpo principalmente per non introdurre anche le malattie, che vediamo affliggere i morenti con tanta miserabile variet, ed essere costretto nei riguardi del paradiso della volutt santa, del paradiso della felicit spirituale e corporale, al quale non vi vergognate di essere contrari, a riempirlo di dolori, di fatiche, di tristezze, come siete costretti a riempirlo voi senza sapere in che modo uscirne finch non volete mutare un dogma tanto empio; chiunque, come ho detto, queste parole di Dio le prende e le intende secondo la fede cattolica, come discerne la pena della fatica dov' stato detto: Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, cos discerne anche la pena della morte dove di seguito si dice: Finch ritornerai alla terra

dalla quale sei stato preso; poich sei terra e andrai nella terra; e lo prende detto come se fosse detto: Io certamente ti presi dalla terra e ti feci uomo e ben avrei potuto far s che la medesima terra, fatta vivente da me, non fosse mai costretta ad essere priva della vita che io le diedi; ma poich sei terra, cio hai voluto vivere secondo la carne che fu presa dalla terra e non secondo me che ti presi dalla terra, faticherai sulla terra finch ritornerai ad essa, e ritornerai alla terra perch sei terra, e per una giusta pena andrai nella terra dalla quale sei stato fatto, perch non hai obbedito allo Spirito dal quale sei stato fatto. Questo modo di intendere si riconosce sano e cattolico, principalmente dal fatto che non costringe a riempire di morti la terra dei viventi e a riempire la terra degli uomini felici di tutti i mali pi laboriosi e pi gravosi, che gli uomini in questo corpo corruttibile patiscono e dai quali sono spinti a morire, se non ce la fanno a sopportarli. Non potete dire infatti che nel paradiso gli uomini sarebbero morti dolcemente, se nessuno avesse peccato, perch anche questo contro di voi. Se infatti morivano dolcemente allora e muoiono tanto aspramente ora, a causa del peccato dell'uomo stata mutata la natura umana: il che negando, voi siete conseguentemente costretti ad inserire dentro il luogo di quella cos grande felicit e giocondit le morti tali e quali assolutamente sono adesso, e per questo anche le innumerevoli specie di malattie, tanto gravi e tanto insopportabili da spingere gli uomini alla morte. La quale faccia del paradiso, se soffonde e confonde le vostre facce di un qualche pudore, voi che non volete confessare che la nostra natura pot esser mutata dal peccato, mutate piuttosto la vostra sentenza e confessate con l'Apostolo che il corpo morto a causa del peccato 172; dite con la Chiesa di Dio: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo 173. Riconoscete con la Chiesa di Dio che un corpo corruttibile appesantisce l'anima 174. Prima infatti del peccato nel paradiso il corpo non era tale da appesantire l'anima. Cantate con la Chiesa di Dio: L'uomo diventato simile ad una cosa vana, i suoi giorni passano come un'ombra 175. N infatti colui che fu fatto a somiglianza di Dio, se non per il peccato sarebbe diventato simile ad una cosa vana, cos che i suoi giorni passassero come un'ombra con il correre delle et e con l'incorrere nella morte. Non vogliate diffondere sulla luce serenissima della verit le nubi del vostro errore: i cuori dei fedeli non devono rendere amaro il paradiso di Dio che essi devono amare. Dove vi offende infatti, vi prego, dove vi offende quel memorabile luogo degli uomini beati e quieti da

volerlo voi ad occhi chiusi, con fronte impudentissima, con mente ostinatissima, con lingua loquacissima riempire delle morti degli uomini e per via di esse riempirlo di tutti i mali dei quali vediamo abbondare le angustie e le necessit dei morenti, per non essere costretti a confessare che in queste miserie, delle quali vedete colmo il genere umano cominciando dai vagiti dei bambini fino agli ansimi dei decrepiti, la natura umana precipit a causa del massimo peccato del primo uomo? E poich considerate ingiusto che la pena dei padri passi nei posteri senza la colpa, concedete che sia passata anche la colpa. Che massima sia stata appunto la colpa del primo uomo, che tu hai tentato di attenuare quanto pi hai potuto, perch non si credesse che a causa di essa abbia potuto essere mutata la natura umana; che dunque quella colpa sia stata massima lo provo non solo dalle stesse miserie del genere umano che cominciano con le culle degli infanti, ma anche da te stesso. Tu pure infatti nel secondo libro di questa tua opera riponesti la massima forma del peccato nel primo uomo, perch risaltasse nel senso opposto la massima forma della giustizia nel Cristo 176. Di averlo detto mi sembra che tu ti sia dimenticato: infatti, se tu ne fossi stato memore, mai certamente tenteresti con tanta loquacit si sminuire il peccato di Adamo. Ma io dimostro che quel peccato fu il peccato pi grande dalla grandiosit della sua stessa pena: non c' infatti per Adamo una pena maggiore dell'esser scacciato dal paradiso e dell'essere separato dall'albero della vita perch non vivesse in eterno, con l'aggiunta anche delle angosce di questa vita cos che i suoi giorni e gemessero nelle fatiche e passassero come un'ombra. Per certo la stessa calamit ereditaria del genere umano, dagli infanti ai vecchi, rende testimonianza. Le quali miserie non avrebbero carattere punitivo se non si traessero dal contagio del peccato. Sul quale contagio tu combatti ostinatamente contro di noi e, perch non si creda in esso, tu e attenui lo stesso peccato del primo uomo e il suo castigo, e con l'impeto pi sfacciato ed empio tenti di introdurre nel paradiso i dolori, le fatiche, le morti. Tu dici pure: Se la terra maledetta di proposito perch resti punito chi aveva peccato, n tuttavia l'iniquit dov' la maledizione, per quale ragione, in forza di tale condizione, anche se si insegnasse che un qualche danno sia stato inferto alla nostra natura dopo il peccato del primo uomo, non seguirebbe tuttavia che per questo siano miseri i nascenti perch si abbia la prova che sono rei, ma perch con la commemorazione del primo peccato la punizione susseguente intimasse agli uomini, che il primo peccato non aveva

resi rei, la prudenza di evitare una cattiva imitazione? Vedo da quali angustie tu sia pressato. Sei costretto a confessare le miserie dei nascenti, perch ti fa violenza l'evidenza della realt che non puoi negare, posta com' sotto gli occhi di tutti. Ma vuoi asserire che queste miserie dei nascenti sarebbero esistite anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato. Ti accorgi per che non puoi convincere di ci gli uomini che abbiano appena un po' di cuore. Rimane quindi che tu confessi che il genere umano sia diventato misero a causa del peccato del primo uomo. Ma, avendo paura di dirlo in modo assoluto, scrivi: Se si insegnasse che un qualche danno sia stato inferto alla nostra natura dopo il peccato del primo uomo. Che cos' quel tuo: Se si insegnasse? Non si insegna forse questa verit manifestissima, che anche tu ti senti gi costretto a condividere? Dobbiamo forse ritornare al punto dal quale mediti di sfuggire di soppiatto attraverso queste tue parole, comprendendo con quanto intollerabile assurdit si crederebbe che le miserie dei nascenti sarebbero state future anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato? Se provi orrore nel dirlo, poich fortemente orrendo, per quale ragione scrivi: Anche se si insegnasse, mentre si insegna senza nessuna esitazione non che un qualche danno, ma che tutti i danni dei nascenti sono stati inferti alla nostra natura dopo il peccato del primo uomo, anzi a causa del peccato del primo uomo? Ma tu dici: Non per questo sono miseri i nascenti perch si abbia la prova che sono rei. Nemmeno io dico: I nascenti per questo sono miseri perch si abbia la prova che sono rei; ma dico piuttosto: Da questo si ha la prova che sono rei, dal fatto che sono miseri. Giusto infatti Dio: una verit che tu ripeti insistentemente contro di te, e non lo sai. Giusto, dico, Dio, e quindi, se non li sapesse rei, non lascerebbe che i nascenti n nascessero miseri n diventassero miseri. Onde non altrimenti intende la fede cattolica ci che dice l'Apostolo: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte, e cos pass in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui 177. Il che non volendo tu riferire al nesso della origine, tenti di storcerlo alla imitazione dell'esempio, e conseguentemente quando ti si dice: Per quale ragione dunque le miserie del genere umano sono testimoniate fino dall'esordio stesso della loro incipiente et con i loro innumerevoli e diversi mali dai bambini che non hanno peccato con nessuna imitazione? Tu, come se fossi travolto da un gravissimo e irrefrenabile rigetto di stomaco, ti rovesci con questi vomiti dicendo: Non perch sono rei coloro che nascono, per questo sono miseri; ma perch ammoniti da questa

miseria si guardino dall'imitare il peccato del primo uomo. Cos infatti io ho creduto di dovere dire in modo pi piano ed esplicito ci che tu hai detto pi oscuramente e involutamente. Ma comunque tu lo dica, chi non vede che, per l'animosit di difendere la tua opinione, non vuoi stare minimamente attento a quali spropositi tu dica? Per questo forse, ti chiedo, gli uomini in stato d'innocenza avrebbero dovuto esser colpiti dalla miseria, non per un qualche peccato che avessero, ma perch non l'avessero? Avrebbe dovuto dunque anche Eva diventare misera prima che rea, perch dalla sua miseria fosse ammonita a non consentire al serpente. Avrebbe dovuto anche Adamo essere punito prima dal male della miseria per non consentire alla moglie sedotta nel male del peccato. Piace infatti a te che i peccati siano impediti da pene precedenti e non repressi da pene susseguenti, e cos inversamente non il reato ma l'innocenza si punisca, non perch si peccato, ma perch non si pecchi. Correggi per favore la tua sentenza, pervertita e invertita, perch certamente ravverseresti la tua tunica, se tu indossassi per caso la parte destra della veste nella tua parte sinistra. L'ho detto questo, perch tu vuoi che con pene preventive si impedisca ai peccati di seguire, mentre consueto e doveroso che si puniscano con castighi susseguenti i peccati precedenti. Di' inoltre a noi in che modo ammonire a guardare alla loro miseria, perch non imitino il peccato del primo uomo, gli infanti colpiti dalle calamit, i quali non possono ancora n imitare qualcuno, n essere ammoniti. Infatti per quale ragione non tieni conto che la terra maledetta, donde prendi l'esempio per questo tuo deliramento: i nascenti poterono esser fatti miseri perch evitassero i peccati dei loro genitori, sebbene non traggano da essi il peccato originale, cos come la terra fu maledetta a castigo dell'uomo, sebbene essa non abbia colpa, la terra dico come non ha colpa, cos non ha pena da quella maledizione, ma quando maledetta diventa essa stessa una pena dell'uomo che ha peccato? I nascenti invece nell'essere miseri sentono essi stessi le loro miserie; essi stessi, senza contrarre secondo la vostra opinione nessun peccato, sopportano pene certamente immeritate, se questa la verit, pur non essendo ancora capaci, come ho detto, n di alcuna ammonizione, n della imitazione del peccato del primo uomo, per la quale dovrebbero essere ammoniti. Si deve forse aspettare che crescendo giungano al libero arbitrio, quando sentano chi li ammonisce e intuendo la loro miseria non imitino l'altrui colpa? Ma dove mettiamo cos tanti bambini che fino al giorno della loro morte ignorano chi sia stato

Adamo o quale peccato abbia commesso? Dove poniamo i cos tanti bambini che muoiono prima di arrivare all'et in cui sentano uno che li ammonisca? Dove poniamo coloro che nascono con una intelligenza tanto insipiente e tanto fatua che nemmeno da grandi possano essere ammoniti di qualcosa di simile con qualche frutto? Evidentemente tutti questi sono colpiti da una cos grande miseria senza nessun merito, senza nessuna utilit. Dov' la giustizia di Dio? Alla quale se tu pensassi, mai crederesti che i nascenti siano tanto miseri senza nessun merito di un peccato originale. Ma poich tu hai parlato al condizionale e infatti non hai detto: Poich s'insegna, ma hai detto: Se s'insegnasse che un qualche danno sia stato inferto alla nostra natura dopo il peccato del primo uomo, sei pronto, come giudico, a dire: Non s'insegna. E per questo resta che tu dica che i mali che vediamo sofferti dai bambini sarebbero esistiti anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato, per non confessarli sorti a causa del peccato del primo uomo. Cos, mentre cerchi di evitare questi nodi e di sgusciare labile dalle nostre mani, starai immobile di contro al paradiso, al quale sei cos contrario da metterci dentro, con faccia sfrontatissima e con fronte perversissima, a turbarne la felicit e la quiete, i dolori delle partorienti, le fatiche degli operai, le agitazioni dei malati, le malattie dei morenti. Ma a lode della morte credi di aver trovato qualcosa di grande da dire, cio: Alla prima occasione si rese chiaro che non un male la morte, perch ne fece la dedicazione per primo tra tutti un giusto. Renditi conto dunque che il giusto Abele non avrebbe avuto da dedicare la morte, se l'ingiusto Caino non avesse costruito l'edificio della morte. Iniziatore appunto ed esecutore di quella morte fu Caino, non Abele. Dedic dunque la morte colui che la fabbric. La morte infatti di quell'uomo buono fu un'opera mala di un uomo malo. Quanto ad Abele che sopport il male per il bene, egli non dedic la morte, ma il martirio, portando l'immagine di Ges che fu ucciso dal popolo dei Giudei come da un suo cattivo fratello carnale. Glorioso pertanto Abele, non perch prese dal fratello qualcosa di buono, ma perch morendo pazientemente per la giustizia fece un uso buono del male di Caino. Infatti come per l'uso cattivo che fanno del bene della legge sono puniti i prevaricatori, cos all'opposto per l'uso buono che fanno del male della morte sono coronati i martiri. Perci, se non disdegni di affermare ci che ti vedo ignorare, la morte mala per tutti i morenti, ma tra i morti per alcuni mala, per alcuni buona. Seguirono questa dottrina anche coloro che misero in scritto

lodevoli discussioni sulla bont della morte. La morte dunque del giusto Abele che abita nella requie non solo non mala, ma anche buona. Tu invece non hai introdotto nel paradiso la requie dei buoni che sono morti, ma i tormenti dei morenti, perch nel paradiso non ci fosse la requie dei buoni. O se dici: Qualora nessuno avesse peccato, nel paradiso gli uomini sarebbero morti senza tormento, almeno per il fatto che fuori del paradiso non muore quasi nessuno senza tormento, finalmente, sconfitto e sconvolto, confessa che la natura umana stata mutata in peggio dal peccato del primo uomo. La maledizione del serpente. 28. GIUL. Che si dir infine del serpente stesso? La tua opinione che con quella maledizione sia stato punito il diavolo o questo rettile comune? Cio giudichi che quella sentenza rivolta al serpente: Sii maledetto da tutti gli animali e da tutte le bestie che sono sopra la terra: camminerai sul petto e sul ventre e mangerai polvere per tutti i giorni della tua vita 178, si sia adempiuta nel castigo del diavolo o di quella bestia che i calori primaverili fanno uscire dalle cavit? Se lo vedi nel castigo di questa serpe comune, che secondo la sua specie si allunga in un corpo snodato, e se dici che per merito di quella colpa la serpe divenne terrifaga, allora anche su tutte le bestie incombe la traduce della iniquit, che tu reputi non deducibile se non mediante la libidine di coloro che si accoppiano, e ne segue che tu asserisci impiantata dal diavolo anche la libidine dei serpenti e gi per questo degli animali irragionevoli, e, riscoperta la sentenza di Manicheo, tu ci squittisci il suo carme. Se invece confessi compiuto spiritualmente nel diavolo tutto quello che si dice al serpente, sarai senza dubbio d'accordo su questi punti: n ci che ivi si proferisce a condanna indizio di serpenti che adesso siano rei; n il diavolo mangia materialmente la terra; ma, sebbene il diavolo abbia ghermito a suo servizio un serpente e sebbene poi la severit del Padre abbia spezzato quella specie di giavellotto di cui si era servito per ferire l'uomo, tuttavia il peccato ebbe sede soltanto nella volont di colui che ag. I cibi poi e le spine e i sudori furono prima istituiti per natura e dopo in alcuni casi furono maggiorati per punizione, ma arrivarono alla nostra et senza la stranezza di quel peccato. Queste sono verit tanto aperte da non aver bisogno affatto di una trattazione pi lunga.

AG. Cos' questo tuo contorcere anche sul tema del serpente le tue astuzie viperine? Chi infatti, intendendo nel modo giusto le parole del libro divino da te ricordate, non vede che quella sentenza fu promulgata contro il diavolo, il quale si serv del serpente per quello che volle e come pot, piuttosto che contro lo stesso animale terreno, qualunque esso fosse? Ma poich il diavolo non oper da se stesso le sue seduzioni verbali, bens per mezzo del serpente, per questo Dio parl al serpente dicendo quello che convenisse a significare la malizia del diavolo, e fosse la natura del serpente la figura del diavolo. Perci tutte le parole dette da Dio al serpente: Sii maledetto da tutti gli animali e da tutte le bestie che sono sopra la terra; camminerai sul petto e sul ventre e mangerai polvere per tutti i giorni della tua vita, e tutte le altre parole, tanto meglio si intendono e tanto meglio si spiegano quanto pi congruamente si applicano al diavolo. Ma poich anche secondo la retta fede sono soliti farsi tuttavia su queste parole molte discussioni, n adesso pertinente alla causa che io manifesti quale sia l'opinione da me preferita, basta che io ti risponda che la natura del diavolo non assolutamente pertinente alla connessione e alla successione della propaggine, dove si tratta la questione del peccato originale. Circa le spine e il sudore di chi fatica, credo che la nostra risposta precedente riuscir a convincere i lettori con quanta impudenza tu affermi che furono istituiti prima che si peccasse. Volete appunto fare un paradiso di tal genere che esso non si dica per nessuna ragione il paradiso di Dio, ma il paradiso vostro. Ma tuttavia, sebbene tu abbia detto che le spine furono istituite prima del peccato, non hai osato introdurle nel paradiso, anzi hai detto espressamente che non ci furono nel paradiso, dove hai pur voluto mettere la fatica, il cui peso, bench non punga, opprime. Ma comunque, se anche a te piace che le spine non si addicano al paradiso, mai possibile che alla natura umana, di esser prima l dove non ci sono le spine e di esser adesso l dove ci sono le spine, accadesse senza nessuna mutazione della beatitudine nella miseria o sia accaduto senza nessun merito di peccato? Vi costringa dunque a riconoscere il peccato originale almeno un tale castigo quale voi non avete potuto negare, se non credete che Dio sia ingiusto. Eccoti altro sul medesimo argomento del parto. 29. GIUL. Tuttavia perch non sembri che abbiamo tralasciato qualcosa per negligenza, eccoti altro. noto che il dolore dei parti varia secondo i corpi delle partorienti e secondo le loro forze.

Certamente le femmine dei barbari e dei pastori, indurite da una vita movimentata, partoriscono con tanta facilit in mezzo alle loro peregrinazioni da prendesi cura dei loro neonati senza interrompere la fatica del cammino e da trasportarli subito con s: non indebolite affatto dalla difficolt del parto, trasferiscono sulle loro spalle i pesi del loro ventre, e generalmente l'indigenza delle femmine di umile condizione non cerca l'assistenza delle levatrici. Ma all'opposto le donne facoltose sono rese fiacche dalle comodit e quanti pi parti travagliati ciascuna di esse abbia avuti, tanto pi impara e tende ad ammalarsi e si reputa bisognosa di tanti riguardi quanti sono quelli di cui sovrabbonda. sicuro che la mano dei mariti ricchi non sperimenta nei rovi la tribolazione del primo uomo. Anzi, fiduciosi nelle loro disponibilit, reputano indegno di s spendere qualche momento nelle cure della fertilit; mantenendosi fuori dalla paura anche della fame con la dilatazione dei loro possedimenti, a volte comandano, come dice il poeta: Stacca i bovi, mentre metti a dimora le patate 179. Dunque se anche il dolore delle partorienti appartiene alle istituzioni della natura, come stato ben insegnato e dall'esempio degli animali bruti e dal senso proprio della sentenza divina; se la perdita dei frutti e la nascita delle spine sono state certamente create in mezzo a tutte le altre creature, ma sono diventate pi frequenti e pi moleste per alcune persone; se poi anche la spinosit delle terre varia secondo i corpi e secondo le regioni, come la stessa difficolt della partoriente; se in ultimo il travaglio perdura nelle viscere delle femmine dopo la grazia del battesimo, mentre lo ignora completamente il fasto delle donne opulente; se stato spiegato per quale ragione sarebbe seguita la dissoluzione del corpo, connessa pi con le membra che con gli errori dei peccati, allora appare anche qui che tutto in accordo con la verit dei cattolici e che non giovano a voi per nulla n le femmine n le spine. AG. Nel trattare della punizione che Dio inflisse ai primi peccatori gi da un pezzo eri passato oltre la donna, dicendo: Bastino queste discussioni sulla donna. Perch dunque non hai mantenuto fede alla tua promessa? Ecco che dopo le tante discussioni ritorni alla donna, ecco che non bastano alla tua loquacit le discussioni di cui avevi detto: Bastino le discussioni sulla donna. Ma se tu non fossi quel verboso che sei, di che riempiresti gli otto libri che rendi ad uno solo dei miei? Ma di' ci che ti piace: ecco, dopo la sufficienza promessa abbiamo ascoltato pazientemente anche la tua sovrabbondanza. Perch infatti avresti dovuto perdere le intuizioni

tanto graziose che ti sono venute in mente dopo? Per quanto, ti doveva venire in mente di togliere dal tuo libro che avevi ancora tra le mani anche le parole: Bastino queste discussioni sulla donna, perch i lettori non ti trovassero cos indecentemente contrario alla tua promessa. Ma va' avanti, tira fuori contrariamente alla sufficienza promessa le idee che hai pensate pi tardi. Di' che la fatica dei parti varia secondo i corpi delle partorienti e secondo le loro forze, e descrivi le donne barbare e rusticane nella loro facilit di partorire, cos da non sembrare nemmeno che partoriscano e cos da non sentire nel partorire, non poco dolore, ma nessun dolore. Il che, se sta cos, che ti giova? Non parli forse contro te stesso che tali doglie hai detto tanto naturali da non poter Eva partorire senza di esse, anche se fosse rimasta rimaneva nel paradiso per non aver commesso nessuna iniquit? Sei forse disposto a dire che le tue donne barbare e rusticane siano in questo pi fortunate di quella prima donna da partorire senza dolore su questa terra disgraziata, come non lo poteva Eva nel paradiso se vi avesse partorito? Quasi che in coteste tue donne la natura femminea sia stata mutata in meglio da come era stata istituita e nel mutarla sia stata pi efficace l'esercitazione umana che nel crearla l'operazione divina. Se poi nelle tue parole non vuoi far intendere che le donne fiere e selvagge partoriscano senza dolori e concedi ad esse un parto cos tollerabile e facile da ammettere tuttavia che esse soffrano quando partoriscono, forse nulla la loro pena perch minore? Sia dunque che abbiano coteste donne quando partoriscono doglie minori, sia che sopportino in maniera ammirevole per la fortezza acquisita con l'esercizio doglie uguali a quelle delle altre donne o maggiori a quelle di alcune di esse, n da quel travaglio risentano stanchezza e languore, esse tuttavia hanno le doglie e certamente tutte le donne che le hanno, sia che soffrano di pi sia che soffrano di meno, patiscono pene maggiori o minori, ma tuttavia patiscono pene senza nessun dubbio. Ma tu, se ti pensassi, non dico un cristiano, bens un uomo comune qualunque, troveresti pi facile sostenere che non c' nessun paradiso di Dio, che farlo penale con la tua sacrilega discussione. Elegantemente davvero tu difendi i ricchi dalla fatica ereditaria del primo uomo, ignorando o fingendo di ignorare che i ricchi, per le loro preoccupazioni, soffrono pi amaramente che i poveri per le loro occupazioni. Con il nome appunto di sudore la sacra Scrittura ha significato la sofferenza in genere, dalla quale non esente nessuno, perch gli uni soffrono con le operazioni dure e gli altri

con le angustianti cure. Alle medesime sofferenze appartengono pure gli studi di tutti coloro che vogliono apprendere. E quale terra partorisce tali spine se non questa terra, che il suo formatore non aveva fatto onerosa, quando cre il primo uomo? Adesso invece, secondo quello che stato scritto, un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri. A stento ci raffiguriamo le cose terrestri e scopriamo con fatica quelle a portata di mano 180. Siano dunque utili o siano inutili le dottrine che un uomo si studia d'imparare, necessario che egli soffra, perch un corpo corruttibile appesantisce l'anima. Perci anche cos questa terra gli partorisce spine. N si dica che i ricchi sono esenti da queste spine, soprattutto perch nel Vangelo quelle spine, da cui sono soffocati cos da non raggiungere la fecondit i semi seminati, spieg che sono le cure di questa vita e le ansie delle ricchezze il Dio maestro 181, che chiama certamente non solo i poveri, ma anche i ricchi, quando dice: Venite a me voi tutti che siete affaticati. A che cosa li chiama se non a ci che dice dopo: E troverete ristoro per le vostre anime 182? Quando sar questo, se non quando non ci sar pi la corruzione dei corpi che adesso appesantisce le anime? Ma ora sono affaticati i poveri, sono affaticati i ricchi, sono affaticati i giusti, sono affaticati gli iniqui, sono affaticati i grandi, sono affaticati i piccoli dal giorno che escono dal seno della loro madre fino al giorno del seppellimento nel seno della madre di tutti. appunto tanto maligno questo secolo che senza uscire da esso non ci potr essere per noi la requie promessa. Sebbene la fatica sia sopravvenuta sui discendenti del primo uomo per la sua prevaricazione, tuttavia, anche sciolto gi il reato di quella prevaricazione da noi contratto, la fatica rimane a scopo di combattimento, perch abbia il suo corso l'esame della fede. necessario infatti che noi combattiamo contro i vizi e che fatichiamo nello stesso combattere, finch ci sia concesso di non avere pi nessun avversario. Lo scopo per cui le punizioni sono convertite in competizioni che i buoni combattenti siano condotti alle premiazioni. Anche le fatiche dei bambini, sciolto il reato originale, rimangono, sebbene si insegni che sono sorte dallo stesso reato, per questa ragione: anche cos piacque a Dio di provare la fede dei grandi dai quali i bambini gli sono offerti perch siano rigenerati. Quale e quanta sarebbe la fede delle realt invisibili, se alla fede seguisse immediatamente la ricompensa invisibile e, differita la requie promessa, non ci si impegnasse piuttosto nell'avventura della fede con il cuore e non con gli occhi, e cos si

credesse pi sinceramente e si cercasse pi desiosamente il secolo futuro che non vediamo ancora e dove saranno nulle le fatiche? Perci Dio con ammirabile benignit ha convertito le nostre fatiche, ossia le nostre pene, in nostri beni. Per il desiderio di confutare queste verit tu fatichi inutilmente: fatichi infatti partorendo le spine e non svellendo le spine; noi invece fatichiamo per svellere, nella misura in cui ce lo dona il Signore, le tue spine. A meno che tu non ti vanti forse di non faticare, per questo che con grande facilit d'ingegno scrivi tanti libri, e anche tu partorisci senza difficolt le tue spine, come quelle donne barbare e rusticane i loro feti. Ma reputo che ti vanti invano della facilit dell'ingegno. Certamente fatichi: in che modo potresti infatti scansare le fatiche tu che ti sforzi d'introdurre le fatiche anche nel paradiso? certo infatti che quanto pi impossibile si dimostra questa tua impresa, tanto pi ampia e pi inutile si trova la tua fatica. Immortalit minore e immortalit maggiore. 30. GIUL. Non mi opporr davvero a quanti pensano che Adamo, se fosse stato obbediente alla parola di Dio, avrebbe potuto essere trasferito per ricompensa alla immortalit. Leggiamo appunto che Enoch ed Elia furono trasferiti perch non vedessero la morte. Ma altro sono le istituzioni della natura e altro i premi della obbedienza. Non infatti il merito di uno solo di tanta importanza da perturbare le istituzioni universali che siano state costituite per natura. Avrebbe quindi esercitato se stessa negli altri l'innata mortalit, anche se quel primo uomo fosse emigrato alla eternit dalla longevit. Ci si ritiene non in forza di una congettura contestabile, ma in forza di un esempio certo: i figli di Enoch appunto non poterono essere sottratti alla condizione di morire dalla immortalit del loro padre. N si reputi possibile eventualmente che se, non i peccatori, ma tutti i giusti arrivassero alla immortalit senza l'intervento del disfacimento corporale, perch Abele, il primo dei giusti, No, Abramo, Isacco, Giacobbe e tutte le schiere dei santi, tanto nel Nuovo quanto nel Vecchio Testamento, hanno insegnato e il loro merito con le virt e la natura con la morte. L'assoluta certezza di questo fatto confermata anche dall'autorit del Cristo. Egli infatti, avendogli proposto i Sadducei la questione con l'esempio di una donna settinuba e domandandogli da quale marito, se si credeva al risveglio dei corpi, doveva essere rivendicata maggiormente, rispose: Voi vi ingannate, non conoscendo n le Scritture n la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non

prenderanno n marito n moglie, perch non moriranno pi 183. Consapevole della sua opera, dichiar a quale scopo avesse istituito le nozze: cio allo scopo che la prole riparasse i danni della morte; ma la munifica fecondit sarebbe subito cessata, appena fosse cessata la morte avara. Se dunque, per testimonianza del Cristo che la istitu, la fertilit fu creata appositamente perch essa combattesse la fragilit, e se questa condizione delle nozze fu ordinata prima del peccato, appare anche che la mortalit non appartiene alla prevaricazione, bens alla natura, alla quale si legge che appartengono pure le nozze. Pertanto in quella legge che fu promulgata, ossia nelle parole: In qualunque giorno tu mangiassi del frutto interdetto, certamente moriresti, si intende la morte penale, non la morte corporale, la morte sospesa sui peccati e non sui semi, la morte nella quale non incorre se non la prevaricazione e alla quale non sfugge se non l'emendazione. Che poi si dica da infliggersi nel giorno del peccato un modo di dire della Scrittura che suol chiamare condannato il condannando. Da qui viene che il Signore dica nel Vangelo: Ognuno che non crede in me gi stato condannato, perch non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio 184. Non che l'infedelt che nega il Cristo fosse gi stata associata prima del tempo del giudizio al castigo perpetuo, atteso che tutti coloro che vengono alla fede sono stati prima infedeli; ma si dice che i peccati sono gi punizioni, perch apparisca la censura di colui che comanda. Inoltre e quel libro che si dice Sapienza e l'opinione di molti asserisce che lo stesso Adamo fu perdonato a seguito della sua emendazione! AG. Se, come dici, non ti opponi a quanti pensano che Adamo, se fosse stato obbediente alla parola di Dio, avrebbe potuto esser trasferito per ricompensa alla immortalit, nella immortalit discerni l'immortalit maggiore dalla immortalit minore. Infatti non assurdo dire immortalit anche questa immortalit minore, per la quale ognuno pu non morire, se non fa ci che lo porti a morire, sebbene possa anche farlo. In questa immortalit fu Adamo, questa immortalit egli la perse a motivo della prevaricazione. Questa immortalit gli veniva somministrata dall'albero della vita, dal quale non fu escluso quando ricev la legge buona perch non peccasse, ma quando pecc con la sua volont cattiva: allora infatti fu scacciato dal paradiso, perch non stendesse la mano all'albero della vita e ne mangiasse e vivesse in eterno. Donde si deve capire che Adamo fosse solito prendere da questo albero della vita un sacramento, da tutti gli altri alberi un alimento. Solo infatti

dell'albero detto del discernimento del bene e del male gli fu comandato di non mangiare. Perch dunque pensare che non abbia mangiato dell'albero della vita, atteso che ed era molto migliore di tutti gli altri alberi e l'uomo aveva ricevuto il potere di mangiare di tutti, eccettuato quello soltanto in cui pecc? Queste infatti sono le parole con le quali Dio comand: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi che sono nel giardino; ma non devi mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male 185. E parimenti queste sono le parole con le quali Dio condann: Poich hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero del quale soltanto ti avevo comandato di non mangiare 186. Quale sarebbe stata quindi la causa per cui Adamo non si sarebbe curato di mangiare principalmente dell'albero della vita, non essendo stato escluso se non da quell'albero per la cui usurpazione pecc? Anzi, se intendiamo vigilantemente, come Adamo pecc mangiando dell'albero interdetto, cos avrebbe peccato non mangiando dell'albero della vita, perch si sarebbe negato da se stesso la vita che gli era a portata di mano in quell'albero. Ma quella immortalit nella quale vivono gli angeli santi e nella quale vivremo anche noi, senza dubbio maggiore. Non infatti tale che l'uomo abbia certamente con essa in suo potere di non morire, come di non peccare, ma comunque possa anche morire perch pu peccare; ma quella immortalit tale che ognuno che vi si trova o vi si trover non potr morire, perch non potr nemmeno pi peccare. Tanto grande sar appunto in essa la volont di vivere bene, quanto grande anche ora la volont di vivere beatamente, la quale vediamo che non ce l'ha potuta togliere nemmeno la miseria. Se tu dicessi che Adamo a questa immortalit, senza dubbio maggiore, pot essere mutato per ricompensa dell'obbedienza da quella immortalit minore, senza nessuna morte intermedia, diresti qualcosa che la retta fede non deve disapprovare. Se invece lodi cos l'una da negare l'altra, sei certamente costretto a riempire la faccia del paradiso con la presenza e delle morti e delle disgrazie dei morenti che li urgono a morire, non potendo sopportarle, e a sbiancare in tal modo la tua faccia da volerla sfuggire, se tu la potessi guardare in uno specchio. Per quale ragione infatti anche i posteri del primo uomo, nati nel paradiso, e non soltanto buoni ma pure beati, avrebbero dovuto esser costretti a morire, se nessuna colpa li forzava ad uscire dal paradiso dov'era l'albero della vita, e da esso veniva il sommo potere di vivere, e non c'era invece nessuna necessit di morire? Alla quale necessit di morire furono

sottratti Enoch ed Elia: essi erano infatti in queste terre, dove non c'era l'albero della vita, e quindi li urgeva alla fine di questa vita la necessit della morte a tutti comune. Dove credere infatti che siano stati trasferiti se non dov' lo stesso albero della vita, donde abbiano il potere di vivere, senza avere nessuna necessit di morire, come lo avrebbero avuto nel paradiso gli uomini nei quali non fosse sorta nessuna volont di peccare che non li lasciasse vivere pi dove nessuna equit li costringeva a morire? Per cui gli esempi di Enoch e di Elia giovano pi a noi che a voi. Dio appunto in questi due personaggi fa vedere che cosa egli era pronto a concedere anche a coloro che dimise dal paradiso, se essi non avessero voluto peccare: dal medesimo luogo infatti furono cacciati Adamo ed Eva nel quale furono traslati Enoch ed Elia. E crediamo che ivi per grazia di Dio sia stato concesso a loro anche questo, di non aver motivo di dire: Rimetti a noi i nostri debiti 187. In queste terre infatti, dove un corpo corruttibile appesantiva la loro anima 188 , essi combattevano un grande combattimento contro i vizi, ma in tali condizioni tuttavia che, se avessero detto di esser senza peccato, avrebbero ingannato se stessi e la verit non sarebbe stata in loro 189. Dei quali si crede assennatamente che ritorneranno per un breve periodo di tempo su queste terre perch anch'essi combattano contro la morte e paghino ci che dovuto alla propaggine del primo uomo. Donde bisogna capire che coloro i quali non avessero nessun peccato e i loro figli, e rimanessero ad abitare nel paradiso con la medesima rettitudine, a maggior ragione avrebbero persistito in quella immortalit minore, finch non passassero alla immortalit pi ampia senza nessuna morte intermedia, se confessiamo che tanta longevit sia stata conferita a coloro che su queste terre fuori dal paradiso erano giusti - ma in tali condizioni da non poter dire di non aver nessun peccato -, cio ad Enoch e ad Elia. Ma il Signore, tu dici, interrogato su quella donna settinuba, conferm con la sua risposta che le nozze furono istituite perch la prole supplisse ai danni della morte, ma la munifica fecondit sarebbe cessata appena fosse cessata la morte avara. Sbagli completamente a pensare che le nozze siano state istituite perch la scomparsa dei morti fosse supplita dalla comparsa dei nascenti. Le nozze infatti furono istituite perch la pudicizia delle donne facesse i figli certi per i padri e i padri certi per i figli. Gli uomini infatti potrebbero nascere anche dall'uso disordinato e indiscriminato di donne qualsiasi; ma non ci potrebbe esser certezza di parentela tra i padri e i figli. Se invece nessuno

peccava e per questo nessuno anche moriva, arrivato alla sua pienezza il numero dei santi, quanto bastava al secolo futuro, finiva il secolo presente, dove c'era la facolt di non peccare e di peccare, e succedeva l'altro secolo, dove a ciascuno era impossibile peccare. Se infatti le anime spoglie dei corpi possono essere o misere o beate, e tuttavia non possono peccare, chi tra i fedeli negher che nel regno di Dio, dove ci sar un corpo incorruttibile che non appesantir l'anima ma l'adorner, n avr pi bisogno di alimenti, ci sar un tale stato d'animo che di nessuno possa esserci alcun peccato, ottenendo ci non una volont nulla, ma una volont buona? Il Signore dunque dove disse parlando della risurrezione: Non prenderanno n marito n moglie, perch non moriranno pi, non lo disse per indicare l'istituzione delle nozze a causa di quelli che muoiono, ma perch, completo il numero dei santi, non c'era pi bisogno che qualcuno nascesse dove nessuno doveva pi morire. Ma, tu dici, si asserisce e dal libro della " Sapienza" e dalla opinione di molti che Adamo a seguito della sua emendazione sia stato purificato dal suo delitto, e, tuttavia, dici, mor, perch sapessimo che la morte del corpo non appartiene al castigo di quel peccato, bens alle istituzioni della natura. Come se viceversa Davide non abbia cos bene espiato con il pentimento quelle due gravi scelleratezze, ossia l'adulterio e l'omicidio, da attestargli lo stesso profeta, che lo aveva atterrito, la concessione del perdono, e tuttavia leggiamo che susseguirono i castighi minacciati da Dio, perch intendiamo che quel perdono giov a sottrarre l'uomo, che aveva commesso mali tanto gravi, al supplizio eterno meritato per quei peccati. C'era dunque anche per il primo uomo un interesse al quale giovasse la penitenza: ossia che lo punisse una pena diuturna, non tuttavia una pena eterna. Per questo avvenne, com' giustissimo credere, che il suo figlio, ossia il Signore Ges in quanto uomo, quando discese negli inferi, lo sciogliesse dai vincoli della morte. Allora infatti si deve intendere che Adamo secondo il libro della Sapienza sia stato condotto fuori dal suo delitto. Ci quel libro non lo ha detto come fatto, ma lo ha predetto come futuro, bench per mezzo di una forma verbale di tempo passato. Dice infatti cos: Lo liber dalla sua caduta 190, allo stesso modo in cui stato detto: Hanno forato le mie mani 191, e tutti gli altri eventi che ivi si dicono futuri con forme verbali di tempo passato. Cos e avvenne che con la morte del corpo scontasse la pena temporale per il peccato, e si ottenne in qualche modo che con la penitenza sfuggisse alla pena sempiterna: dove la grazia di Dio che lo liber valse pi del merito

di lui che si pent. Non c' donde tu possa ripararti dall'impeto della verit che in pienissima luce ti rovescia a terra con le tue macchine e non ti permette per nessunissima ragione di mettere dentro al paradiso di Dio e le morti e le innumerevoli malattie, piene di sofferenze mortifere. Credi a Dio che dice: In qualunque giorno mangerete di esso, certamente morirete 192. Cominciarono appunto a morire in quel giorno nel quale, allontanati dall'albero della vita che, collocato certamente in un luogo materiale, somministrava la vita materiale, contrassero la necessit della morte e la sua condizione. Sono senza dubbio parole tue le espressioni i danni della morte e la morte avara. Almeno coteste tue parole, tanto dure e orrende, ti ammonissero a risparmiare il paradiso di Dio! Ma ti offende forse cos tanto il celebratissimo luogo dei beati che da te sia mandata in esso anche la morte, e dannifica e avara? O nemici della grazia di Dio, o nemici del paradiso di Dio, fin dove potrete spingervi ancora di pi che riempire di amarissime pene la dolcezza delle sante delizie e volere che il paradiso non sia nient'altro che una geenna minore? Passiamo a S. Paolo. 31. GIUL. Ma ormai abbiamo gi detto abbastanza e pi sulla Genesi. Passiamo all'apostolo Paolo che il manicheo e il traduciano opinano esser della loro opinione. Nel discutere dunque della risurrezione dei morti dichiara: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 193. Questa testimonianza stata usurpata da te con il quale siamo in causa noi. Ma che cosa tu reputassi di ottenerne poich l'hai taciuto, io tuttavia lo posso confermare a mala pena, anche se lo sospetto. Che interessa infatti alla traduce il dire che tutti muoiono in Adamo, dal momento che Adamo il nome dell'uomo e la traduce invece indizio del peccato e della macchia manichea? A meno che tu eventualmente non confessi che lo stesso Adamo nient'altro e nient'altro suona che il peccato, cosicch sembri che l'Apostolo con questo nome di Adamo abbia pronunziato che tutti muoiono nel peccato. Ma questo sarebbe palesemente pazzesco. Che c' dunque di nuovo se, indicando la lingua ebraica con la parola Adamo null'altro che l'uomo, questa infatti la sua traduzione, l'Apostolo ha detto: Tutti muoiono in Adamo e tutti riceveranno la vita nel Cristo, ossia coloro che muoiono secondo la natura dell'uomo, saranno risvegliati dai morti per la potenza del Cristo? Chi nega questa sentenza agisce da pazzo: dalla potenza appunto del medesimo Creatore, che in questa

vita istitu la fecondit e la mortalit, tutti saranno risvegliati dai sepolcri, perch ciascuno riceva la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene, sia in male 194. Da questo detto dunque dell'Apostolo dove dice: Tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo, reputi tu che sia suggerita la morte corporale, comune ai giusti e agli ingiusti, o la morte penale che destinata al diavolo e agli empi? Se l'Apostolo ha qui indicato questa semplice morte naturale, la morte che nei fedeli anche preziosa 195, la morte che tocca non solo ai buoni e ai cattivi, ma anche ugualmente agli uomini e agli animali; se, dicevo, ha indicato questa morte, manifesto che con il nome di Adamo indica la natura della umanit e con il nome del Cristo invece la potenza del Creatore e del Risuscitatore. Al contrario, se nelle parole: Tutti muoiono in Adamo vuoi che si intenda il crimine e non la natura, decisiva la spiegazione tanto aperta quanto certa che si ha nel confronto fatto da lui: Come tutti, ossia molti, muoiono per l'imitazione di Adamo, cos tutti, ossia molti, si salvano per l'imitazione del Cristo. Dunque, o ha parlato della morte comune e ha indicato la natura, o ha parlato del peccato ed ha accusato l'imitazione. Cos infatti anche poche righe dopo ha soggiunto: Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terreno, cos dobbiamo portare l'immagine dell'uomo celeste 196. Certamente l'assunzione dell'immagine non si poteva imperare, se l'immagine si fosse creduta naturale nell'una o nell'altra parte. AG. Chi tanto negligente verso gli scritti apostolici da non vedere che l'Apostolo discorreva della risurrezione del corpo dove dichiar: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo? Ma tu per dilatare non i tuoi eloqui, bens i tuoi vaniloqui, pianti una questione dove non c' nessuna questione, e chiedi a me di quale morte sia stato detto ci che stato detto: Tutti muoiono in Adamo. Assolutamente della morte del corpo stato detto, cio di questa morte a causa della quale necessario che muoiano i buoni e i cattivi; non di quella morte a causa della quale si dicono morti coloro che sono mali a causa della medesima morte. Le quali due morti le abbraccia il Signore in una sola e breve sentenza dicendo: Lascia i morti seppellire i loro morti 197. C' inoltre la morte che l'Apocalisse dice morte seconda 198, quella morte per la quale e il corpo e l'anima soffriranno il tormento del fuoco eterno, quella morte che il Signore minaccia dove dice: Temete colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna 199. Sebbene dunque nelle Scritture si trovino diverse morti, tuttavia le principali

sono due: la morte prima e la morte seconda. La morte prima quella che introdusse il primo uomo peccando, la morte seconda quella che introdurr il secondo uomo giudicando. Allo stesso modo nei Libri santi si ricordano molte alleanze, come possono accorgersene quelli che li leggono diligentemente, e tuttavia le principali alleanze sono due: l'antica e la nuova. La prima morte dunque cominci ad esistere quando Adamo fu buttato fuori dal paradiso e fu allontanato dall'albero della vita, la seconda morte comincer ad esistere quando sar detto: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno 200. Parlando quindi della risurrezione del corpo l'Apostolo dice: A causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti; come infatti tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo 201. Non dobbiamo pertanto indagare di quale morte si tratti in questo, essendo chiaro che si tratta della morte del corpo; ma dobbiamo piuttosto fare attenzione per opera di chi venga la morte stessa di cui si tratta: se per opera di Dio che cre l'uomo o se per opera dell'uomo che peccando divenne la causa di questa morte. Ma, come ho detto, dobbiamo fare attenzione a questa verit come posta sotto gli occhi, non ricercarla come verit nascosta. Infatti anche l'Apostolo ha tolto di mezzo questa questione dicendo apertissimamente: A causa di un uomo la morte. E chi costui se non il primo Adamo? Proprio lui appunto quegli di cui fu detto: A causa di un solo uomo il peccato entrato nel mondo e con il peccato la morte. Al quale uomo opposto in senso contrario il secondo Adamo, che figura del futuro 202. Per cui anche qui si dice: A causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti. L'affermazione dunque che tutti muoiono in Adamo va intesa cos da non dimenticare l'altra: A causa di un uomo la morte. Per questo appunto tutti muoiono in Adamo, perch a causa di un uomo la morte, come per questo tutti ricevono la vita nel Cristo, perch a causa di un uomo la risurrezione dei morti. Un uomo quindi in un caso e un uomo nell'altro caso: come uno solo questo, cos uno solo quello; e quindi poich questo il secondo uomo, quello il primo uomo. Noi sappiamo, come ricordi tu, che nella lingua ebraica Adamo significa uomo; ma da questo non scende ci che tu ti sforzi di convincere impudentissimamente, ossia credere che nella frase: Tutti muoiono in Adamo l'Apostolo abbia inteso significare in Adamo ogni uomo mortale, cos cio da stimare che tutti muoiono non in quel primo uomo, ma per il fatto che sono mortali. Non voler oscurare le affermazioni chiare, non voler storcere le affermazioni

diritte, non voler complicare le affermazioni semplici: tutti muoiono nell'uomo a causa del quale c' la morte, come tutti ricevono la vita nell'uomo a causa del quale c' la risurrezione dei morti. E chi questo uomo, se non il secondo uomo? Chi dunque quell'uomo se non il primo uomo? Perci chi questo uomo se non il solo Cristo? Chi quell'uomo se non il solo Adamo? Pertanto come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terreno, cos dobbiamo portare anche l'immagine dell'uomo celeste. Il primo fatto si indica, il secondo dovere si impone; il primo fatto appunto gi presente, il secondo dovere futuro. E quindi abbiamo portato la prima immagine con la condizione del nascere e con il contagio del peccato; portiamo invece la seconda immagine con la grazia del nascere: ma per ora la portiamo nella speranza, la porteremo per nella realt con il premio di risorgere e di regnare beatamente e giustamente. Stando cos le cose, certamente la morte dell'uomo, creato in tale stato e collocato in tale luogo da non morire se non avesse peccato, senza dubbio una morte penale. Ma poich Dio cambia con la sua grazia in un beneficio per noi i nostri mali penali, preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi fedeli. Attraverso l'esperienza della morte i fedeli combattono come attraverso una disciplina, secondo quello che scritto: La disciplina sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo per arreca un frutto pi ricco di giustizia a coloro che con essa hanno combattuto 203. Viceversa tu, che della morte del corpo sostieni la futura esistenza anche nel paradiso, pur se nessuno avesse peccato, sei il nemico pubblico della grazia di Dio, sei il nemico pubblico dei santi, di cui preziosa la morte, attraverso la cui esperienza essi combattono per entrare e per abitare nel paradiso. Infatti, per quanto dipende da te, non solo la morte, ossia la separazione dell'anima dal corpo, che tuttavia non vorrebbe essere spogliata, bens sopravvestita, cos che quello che mortale venga assorbito dalla vita 204, ma altres tutti i morbi e tutti i generi di mali che fanno morire gli uomini, impari a sopportarli, li metti dentro al luogo di tanto grande felicit e quiete. Il che con quanto grande errore tu lo faccia lo vedo, ma con quale faccia non lo so. Il contesto del testo precedente. 32. GIUL. Ma ventiliamo tutto il contesto dello stesso passo. Se si predica, dice, che il Cristo risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dei morti, neanche il Cristo risorto! Ma se il Cristo

non risorto, allora vana la nostra predicazione ed vana anche la vostra fede. Noi poi risultiamo falsi testimoni di Dio, perch contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche il Cristo risorto; ma se il Cristo non risorto, vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti nel Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo speranza nel Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere pi di tutti gli uomini. Ora invece il Cristo risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poich se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verr anche la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo. Ciascuno per nel suo ordine: prima il Cristo che la primizia, dopo alla sua venuta quelli che sono del Cristo; poi sar la fine 205. AG. A ventilare tutto cotesto passo della Lettera dell'Apostolo sulla risurrezione del corpo per questo ti sei deciso perch tu avessi l'occasione di diffondere con una ricca povert, se si pu dire, il tuo multiloquio, e perch ti procurassi spazi dove poter divagare allo scopo di riempire tanti libri. Ci si far chiaro nella tua stessa prolissa e vanissima discussione. Legate assieme la risurrezione di Ges e la nostra. 33. GIUL. Ha costruito la discussione con molta avvedutezza l'egregio Maestro ed ha versato dentro di noi la speranza della solidariet del Mediatore, asserendo che quell'Uomo, quanto alla sostanza che lo congiunge a noi, non escluse nulla, e che l'opinione sostenuta dagli infedeli non pu pregiudicare il Cristo meno di quanto pregiudichi noi. Tanto intimamente dunque mescola l'interesse del Cristo e l'interesse degli uomini da essere necessario che in ambedue le parti si creda ci che si giudica per l'una o per l'altra. Avevano opinato appunto gli uomini contemporaneamente che non ci sarebbe stata la risurrezione dei morti, e tuttavia non negavano che il Cristo fosse risorto. Prende a volo questo particolare il Maestro delle genti e dichiara necessario che ambedue le parti corrano un solo e medesimo rischio: o sarebbero risorti tutti gli uomini, o credere che nemmeno il Cristo fosse risorto. Certamente l'Apostolo non avrebbe questa forza nella sua argomentazione, se disgiungesse, secondo i manichei e secondo i

loro discepoli traduciani, la carne del Cristo dalla comunione della nostra natura. AG. Manichei non sono coloro che disgiungono la carne del Cristo dalla comunione della nostra natura, bens coloro che sostengono che il Cristo non ebbe nessuna carne. Pertanto congiungendo a noi i manichei, che sono da anatematizzare e da condannare insieme a voi, tu sollevi anche la loro causa con il dire che essi disgiungono la carne del Cristo dalla comunione della nostra natura, quasi che confessino nel Cristo la presenza di una carne da distinguere in qualche modo dalla nostra carne. Lascia perdere costoro, che distano molto da noi e molto anche da voi in cotesta questione della carne del Cristo. Fa' con noi quello che fai, poich tu confessi con noi, bench diversamente la carne del Cristo. Nemmeno noi infatti la disgiungiamo dalla comunione della natura e della sostanza della nostra carne, ma dalla comunione del vizio. Infatti la nostra carne la carne del peccato, e per questo la carne del Cristo non stata detta simile alla carne, perch una carne vera, ma stata detta simile alla carne del peccato, perch non la carne del peccato. Se dunque la nostra carne non fosse la carne del peccato, in che modo, ti prego, potrebbe essere la carne del Cristo simile alla carne del peccato? Vaneggi forse fino a questo punto da dire che una cosa simile, ma che non esiste la cosa a cui simile? Ascolta Ilario, un antistite cattolico che, comunque tu senta di lui, non puoi certamente dire manicheo. Egli parlando della carne del Cristo scrive: Mandato dunque in una carne simile alla carne del peccato, non ebbe anche il peccato cos come ebbe la carne; ma poich ogni carne viene dal peccato, ossia dedotta dal peccato di Adamo che l'ha generata, il Cristo fu mandato in una carne simile alla carne del peccato, esistendo in lui non il peccato, ma la somiglianza della carne del peccato. Che cosa sei pronto a rispondere a queste parole, tu malvagissimo, tu loquacissimo, tu ingiuriosissimo, tu calunniosissimo? forse manicheo anche Ilario? Ma lungi da me che io disdegni di accettare le tue ingiurie non solo in compagnia di Ilario e di tutti gli altri ministri del Cristo, ma in compagnia altres della stessa carne del Cristo, alla quale non ti spaventa di arrecare tanta offesa da osare di uguagliarla ad ogni altra carne umana, che risulta essere la carne del peccato, se non una menzogna quello che scritto: Il Cristo venne in una carne simile a quella del peccato 206.

Le differenze tra Ges e noi non rendono unica per lui la risurrezione. 34. GIUL. Mai appunto avrebbe detto: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo risorto, uno a cui si poteva replicare: Ma il Cristo risorto eccezionalmente, perch nacque da una vergine; gli uomini invece, perch sono nati da una mescolanza diabolica, non risorgono. Ma costui replicherebbe subito: E quale vanit fu la sua di risorgere, se non provvedeva n alla nostra speranza, n al suo magistero? Quale metodo di insegnare sarebbe infatti e quale seriet di esempio, se in noi una natura dissimile fosse sprovvista e della speranza di regnare con lui e della forza di imitarlo? Lontana quindi e troppo lontana da questa opinione sta la fede dell'Apostolo. Pieno del medesimo spirito di cui fu pieno anche Pietro, l'Apostolo sa che il Cristo morto per noi allo scopo di darci l'esempio, perch noi seguissimo le sue orme 207. E poich sa che la causa di tanto mistero fu il sacrificio e l'esempio, non dubita di dichiarare, anzi inculca diligentemente, che l'uomo Cristo non intraprese nulla da cui qualcuno di noi sia tenuto lontano a causa dei pregiudizi della nostra natura. Se non esiste, dice, la risurrezione dei morti, neanche il Cristo risorto. Ma se il Cristo risorse dei morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste la risurrezione dei morti? Ossia, se confessate che egli come uomo fu della medesima natura di cui siamo noi, per quale ragione pensate o che in lui sia avvenuta la risurrezione o che essa non sia per avvenire negli altri? Premesse le condizioni, egli completa da ogni parte la sua sentenza: Ora invece il Cristo risorto dai morti, e quindi ci sar la risurrezione dei morti. AG. A quanti reputavano che non ci fosse la risurrezione dei morti e tuttavia credevano che il Cristo fosse risorto, per questo viene detto: Se non esiste la risurrezione dei morti, neanche il Cristo risorto, perch il Cristo risorse con lo scopo preciso di impiantare la fede della risurrezione dei morti, mostrando che gli uomini risorgeranno nella carne, come egli stesso fattosi uomo risorse nella carne. Era quindi una conseguenza logica negare che il Cristo fosse risorto per coloro che non credevano nella risurrezione dei morti. Onde poich quei tali con cui si discuteva non potevano negare la risurrezione di Ges, dovevano, tolta la caligine, confessare anche la risurrezione dei morti. Se infatti per qualche differenza del Cristo sembra giusto agli uomini negare la risurrezione dei morti e tuttavia non negare la risurrezione del Signore, possono dire anche altre

ragioni, che trovano in gran numero, con le quali sembri a loro di poter difendere il proprio errore. Che cosa succederebbe infatti se, sentendo dire: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo risorto, rispondessero e dicessero: Ma egli non uomo soltanto, bens anche Dio: il che non nessuno degli altri uomini? Se dicessero: Egli secondo l'uomo stesso nacque dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria: il che non fece nessuno degli altri uomini. Egli ebbe il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo 208: il che non ebbe nessuno degli altri uomini. Che meraviglia dunque se egli pot risorgere dai morti: il che nessuno degli altri uomini lo potr? Se portano dunque queste ragioni, perch concedono che solo il Cristo sia risorto dai morti e non vogliono ammettere la risurrezione degli altri, saremmo forse noi disposti a negare queste differenze tanto grandi tra il Cristo e tutti gli altri, per poter persuadere della risurrezione anche degli altri morti argomentando dalla uguaglianza del Cristo con essi? Cos dunque, senza negare questa differenza per la quale confessiamo che la sola carne del Cristo non fu la carne del peccato come la carne degli altri, ma fu una carne somigliante alla carne del peccato, e tuttavia non per questo difendiamo che sia risorta lei sola, ma difendiamo che risorger anche la carne degli altri, e lo difendiamo cos da dire ci che disse l'Apostolo: Se i morti non risorgono, neanche il Cristo risorto; ma il Cristo risorto, quindi i morti risorgono. N infatti perch non ci sono nell'una e nell'altra carne i medesimi meriti della origine, per questo l'una e l'altra carne non la medesima sostanza terrena e mortale. Certamente la carne somigliante alla carne del peccato ha la sua differenza che la distingue dalla carne del peccato, ma non sia mai che il Cristo risorgendo si faccia disuguale da coloro ai quali volle farsi uguale morendo. Pertanto la carne simile a quella del peccato, per quanto concerne la differenza di appartenere al peccato e di non appartenere al peccato, non la dobbiamo equiparare alla carne del peccato basandoci sul fatto che non volle che tra l'una e l'altra carne ci fosse la differenza di risorgere e di non risorgere colui che non volle che ci fosse tra esse la differenza di non morire e di morire. Ma l'imitazione, che tu sostieni dove non ce n' il bisogno, quale valore ha per la nostra causa? L'imitazione appunto nella volont; ma la volont, quando buona, viene preparata dal Signore 209, come scritto. Nessuno quindi imita se non lo voglia, muore invece e risorge l'uomo, lo voglia o non lo voglia. Ma anche la stessa imitazione non avviene sempre quando la natura dell'imitando la medesima dell'imitante: altrimenti non potremmo

imitare la giustizia e la piet degli angeli che hanno una natura diversa dalla nostra: il che tuttavia anche tu stesso hai confessato 210 che noi chiediamo al Signore nella orazione quando diciamo: Sia fatta la tua volont, come in cielo cos in terra 211. N imiteremmo Dio Padre, la cui natura tanto diversa dalla nostra. Tuttavia il Signore dice: Siate come il Padre vostro che nei cieli 212, e per tramite di un Profeta si dice: Siate santi perch io sono santo 213. Non per questo dunque impossibile a noi l'imitazione del Cristo perch egli fu in questo secolo in una carne somigliante alla carne del peccato e noi invece siamo nella carne del peccato. L'immagine di Dio non pu avere il peccato naturale. 35. GIUL. Tiriamo fuori le forze seguenti contro la traduce e diciamo: Se il Cristo che si fece uomo non ebbe il peccato naturale, per quale ragione alcuni tra voi dicono che sulla immagine di Dio domina una pravit ingenita? Poi, se il male nella natura, anche il Cristo, che viene a trovarsi nella medesima natura, stato costituito sotto il regno del diavolo. Ma se si crede reo il Cristo, vana la nostra predicazione ed vuota la vostra fede; e poi risultano falsi testimoni gli Apostoli, perch contro Dio hanno testimoniato che egli form innocente e santo il suo Figlio dal seme di Davide secondo la carne, se il crimine di un seme maledetto lo ha contaminato con la sua infezione. Assolutamente siamo i pi miserabili di tutti gli uomini, se speriamo in un tale Cristo. Ora invece il Cristo, non meno vero uomo che vero Dio, generato dalla stirpe di Adamo, nato da una donna, nato sotto la legge, non fece e perci non ebbe nessun peccato. Appare quindi che il crimine un fatto della volont e non del seme. AG. certo che tutta la struttura del tuo ragionamento sorge da questa specie di fondamento che tu hai messo all'inizio: Se il Cristo che si fece uomo, non ebbe il peccato naturale, per quale ragione alcuni tra voi dicono che sulla immagine di Dio domina una pravit ingenita? Demolita e cancellata questa proposizione, con una facilissima scrollatina si manda all'aria tutto quello che hai aggiunto dopo come conseguenza. Non segue infatti che, se il Cristo, che si fece uomo, non ebbe il peccato naturale, ossia il peccato originale, non domini sulla immagine di Dio nessuna pravit ingenita; poich non segue che, se non ebbe nulla di pravo la carne somigliante alla carne del peccato, non abbia nulla di pravo la carne a cui simile, ossia la carne stessa del peccato; ma anzi questo che segue: se

c' la carne somigliante alla carne del peccato, ci deve essere anche la carne del peccato. Perch ogni simile deve esser simile a qualcosa, e se solo il Cristo ebbe, s, una vera carne, come tutti gli altri uomini, ma tuttavia non ebbe la " propriet " della carne del peccato ma la sua somiglianza, non solo necessario che ci sia un'altra carne del peccato alla quale sia simile, ma necessario che la carne di tutti gli altri uomini non sia se non la carne del peccato. Perci il male, sebbene sia nella carne del peccato, non tuttavia nel Cristo, il quale in una carne vera, non tuttavia nella carne del peccato ma in una carne simile alla carne del peccato, venne a sanare la carne del peccato. Non lui dunque crediamo reo, ma da lui viene sciolto il nostro reato: sia il reato originale, sia il reato aggiunto. Onde n vana la predicazione dell'Apostolo, il quale non predicherebbe nel Cristo la somiglianza con la carne del peccato, se non sapesse che la carne degli altri la carne del peccato; n vuota la nostra fede, che svuota la vostra eresia; n risultano falsi testimoni gli Apostoli, che distinguono la carne somigliante alla carne del peccato dalla carne del peccato, il che non fa la vostra eresia, ed evangelizzano il Cristo dal seme di Davide cos tuttavia da asserirlo nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, non dalla concupiscenza della carne, perch avesse una carne simile alla carne del peccato, ma non potesse avere la carne del peccato. N siamo noi pi miserabili di tutti gli altri uomini credendo a queste verit, ma noi crediamo che a causa di una grande miseria non sia stata distinta la carne del Cristo dalla carne del peccato. Perci tu termini la tua argomentazione con una vana conclusione dicendo: Appare quindi che il crimine un fatto della volont e non del seme. Hai dedotto questo proprio senza fondamento, perch ho dimostrato che non sono logiche le premesse dalle quali reputi che nasca la tua conclusione, e senza dubbio ho dimostrato che, potendo esistere i semi nel paradiso, sarebbero nulli dopo il paradiso i vizi dei nascenti, se dalla cattiva volont dei primi generanti non fossero stati viziati anche i semi. Perch dunque non si dice piuttosto a te, per servirci in modo verace della medesima forma di ragionamento di cui tu ti sei servito in modo fallace: Se l'uomo Cristo stato mandato agli uomini in una carne simile a quella del peccato, per quale ragione, non alcuni tra voi, ma tutti voi dite che l'altra carne alla quale somiglia questa del Cristo non la carne del peccato, se non esiste un'altra carne del peccato? Se il Cristo non ebbe una carne simile a quella del peccato, vana la predicazione di colui che lo ha detto, vana anche la fede della

Chiesa cattolica che lo ha creduto, risulta poi anche falso testimonio l'Apostolo che rese contro il Cristo la testimonianza che egli ebbe una carne simile a quella del peccato, che non ebbe. Ma se crediamo cos, noi non siamo nella societ degli uomini di fede. Ora per il Cristo fu mandato in una carne somigliante a quella del peccato, perch egli solo ebbe una vera carne in modo che essa non fosse la carne del peccato, bens la sua somiglianza; e conseguentemente necessario confessare che la carne di tutti gli altri uomini la carne del peccato, alla quale fu fatta simile la carne del Cristo, vera carne, ma senza essere la carne del peccato. La risurrezione in S. Paolo. 36. GIUL. Vengono trafitti appunto i manichei, e perch credono nel peccato naturale, e perch negano la risurrezione della carne. Ora invece, dice l'Apostolo, il Cristo risorto, primizia di coloro che sono morti. Poich a causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti 214. Qui l'Apostolo non parla della risurrezione universale, di cui faranno esperienza anche gli uomini scellerati, anche gli uomini sacrileghi, ma parla solamente della risurrezione di coloro che saranno trasferiti alla gloria. Dunque con il semplice nome di risurrezione indica la risurrezione beata, a confronto della quale la risurrezione degli empi viene taciuta, come se non fosse risurrezione. Qui dunque l'Apostolo non inculca, come ho detto, solo la risurrezione che comune ai buoni e ai cattivi, ma inculca la risurrezione beata, e sebbene non siano un tutt'uno la risurrezione e la beatitudine della risurrezione, come non sono un tutt'uno nemmeno la risurrezione e la miseria della risurrezione, tuttavia poich la beatitudine eterna non c' senza la risurrezione, con il nome di risurrezione significata anche quella felicit che fa essere non penitendo il risveglio. Come se qualcuno, colmando di lodi la diligenza, la forza e le diverse propensioni, le volesse indicare compendiandole nella vita e chiamasse per esempio erudita la vita di uno, elegante la vita di un altro, infaticabile la vita di un terzo, non eliminerebbe certamente la distinzione cos da far sembrare un tutt'uno la vita con la diligenza, la vita con l'eleganza, la vita con la fortezza: altro appunto vivere, altro aspirare, ma tuttavia se non vivi, non aspirerai in nessun modo. Cos pure la risurrezione non lo stesso che la beatitudine: c' appunto un risveglio misero delle ceneri; tuttavia non regnerai in nessun modo se prima non risorgerai. Dunque la morte del corpo e la risurrezione del corpo si fronteggiano come realt opposte: se la morte fosse

universalmente penale, anche la risurrezione sarebbe universalmente premiale; ora invece c' la risurrezione penale di tutti coloro che sono assegnati ai fuochi eterni, dunque anche la morte non suppliziale, ma naturale. Come infatti la morte del corpo non fa universalmente che ci si penta di aver cessato di vivere, cos la risurrezione non fa universalmente che ci piaccia di essere ritornati a vivere. Ma e il bene della risurrezione premiale sta nella rimunerazione dei risorti, e l'amarezza della risurrezione penale sta nella ustione dei puniti: le quali sorti seguono ambedue secondo i meriti. Appare dunque che l'Apostolo non discorre della morte naturale, ma della morte dei criminosi che la pena perpetua fa infelice; n discorre della risurrezione comune, ma della risurrezione che la gloria sempiterna fa beata; n dove discute delle persone reca pregiudizio alle creature, ma, salve sempre le distinzioni e posti i confini tra le nature e le volont, mescola talvolta i vocaboli, cos che non sparisca per la confusione la peculiarit delle realt. Dunque a causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti; qui non dichiara che la morte stata creata dall'uomo, ma che apparsa nell'uomo, come la risurrezione dei morti non dice che stata fatta da un uomo, cio dal Cristo, ma in un uomo, come il medesimo Maestro scrive ai Filippesi: Si fece obbediente fino alla morte, ma alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che al di sopra di ogni altro nome 215. Concorre in questo anche l'asserzione dell'apostolo Pietro: Uomini d'Israele, ascoltate: quel Ges, uomo di Nazaret, accreditato da Dio in mezzo a voi, voi l'avete ucciso per mano degli empi e Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte. E ugualmente: Questo Ges Dio lo ha risuscitato e noi tutti gli siamo testimoni 216. Ivi dunque, com'era proprio dell'uomo subire la morte senza ingiuria della divinit, cos era proprio della divinit risvegliare dai morti quell'uomo. Ma ci che si dichiara operato da Dio per mezzo della persona del Verbo lo fa anche il Cristo stesso. Cos infatti egli aveva detto: Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo 217. Pur essendo dunque una sola la persona del Figlio, tuttavia con una legittima distinzione altro si applica alla carne, altro alla divinit. A causa di un uomo, dunque, la morte, e a causa di un uomo la risurrezione dei morti, manifestata, non creata. Del resto ambedue, la morte e la risurrezione, sono state istituite da Dio, ma in Adamo la condizione della morte, nella persona del Cristo invece brillarono le primizie della risurrezione. Ivi dunque dove dice l'Apostolo: A causa di un

uomo la morte, se tu dici a causa della volont dell'uomo, nulla appartiene alla natura; se a causa della natura dell'uomo, nulla spetta alla colpa. Ha collocato appunto i due uomini, l'uomo della morte e l'uomo della risurrezione, l'uno di fronte all'altro, senza voler sottomettere il secondo uomo della risurrezione all'uomo della morte. E continua: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo. Quello dunque che dice: Tutti riceveranno la vita nel Cristo, lo dice anche degli empi o solamente dei fedeli? Se dice degli empi che riceveranno tutti la vita nel Cristo, nessuno dunque punito; se lo dice dei fedeli, non tutti dunque ricevono la vita nella fede del Cristo, ma solamente i fedeli, sebbene tutti assolutamente li risvegli la sua potenza, dalla quale sono stati creati. Se dunque dove dice: Tutti muoiono in Adamo, parla della morte del corpo, non viene indicato qui nessun reato con il nome della morte, perch nel medesimo Adamo si trova che morto anche il Cristo; n infatti sarebbe seguita la verit della risurrezione, se non fosse stata preceduta dalla verit della morte. L'Apostolo quindi dichiara che tutti muoiono in Adamo. Se questa morte non indica altro che la dissoluzione del corpo, essa certamente non riguarda per nulla il peccato naturale, n pregiudica affatto gli innocenti se si dice che essi muoiono in Adamo, nel quale morto anche il Cristo. Se invece tu vuoi che le parole: Tutti muoiono in Adamo riguardino il peccato dell'animo, e non semplicemente la morte, ma la morte rea e misera, cio la morte alla quale segue la pena assegnata ai crimini, e in quella geenna evidentemente non ci pot essere n il Cristo, n i santi; allora l'Apostolo non pregiudica nemmeno gli innocenti, i quali non hanno nulla del male volontario, come nulla hanno del bene volontario, ma ritengono soltanto quello che sono stati fatti da Dio; e noi li consacriamo con il diritto del battesimo, perch colui che li fece buoni creandoli li faccia migliori rinnovandoli e adottandoli. Pertanto quello che l'Apostolo dice con le parole: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo, dista tanto da cotesto sospetto della traduce manichea, quanto dista dal peccato il Cristo, il quale e non ebbe l'iniquit e nella sua natura umana non ebbe nulla meno degli altri. AG. Che cos' quello che discutendo contro di noi tu dici: Vengono trafitti appunto i manichei, e perch credono nel peccato naturale, e perch negano la risurrezione della carne? Forse che noi, come i manichei, o attribuiamo il peccato ad una natura aliena, o neghiamo la risurrezione della carne? Siano assolutamente trafitti

da voi i manichei, che insieme a voi sono trafitti da noi, anche quando sono aiutati da voi. In loro aiuto appunto voi negate che la discordia tra la carne e lo spirito sia da attribuirsi al peccato di Adamo, con la conseguenza che essi nel cercare o nel rendere la ragione di questo male concludono che stata mescolata a noi la natura aliena del male, coeterna al Dio buono. Tu poi spieghi i passi che seguono, dove l'Apostolo discute della risurrezione della carne, e dici che egli non parla della risurrezione comune, cio dei buoni e dei cattivi, ma solamente della risurrezione di coloro che saranno trasferiti alla gloria. proprio cos; tuttavia parla della risurrezione del corpo. A questa dunque si oppone dalla parte contraria la morte del corpo, e ad esse, ossia alla morte del corpo e alla risurrezione del corpo, si assegnano due uomini come autori di ciascuna di esse: Poich a causa di un uomo la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti. E questi stessi due uomini sono espressi anche con i propri nomi, perch apparisca con evidenza di quali uomini ci sia stato detto, e si aggiunge: Come infatti tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo. Muoiono dice, e non: Moriranno; e viceversa non: Ricevono la vita, ma dice: Riceveranno la vita. Ora infatti muoiono per la pena, allora riceveranno la vita per il premio. Non parla quindi sul momento di quella morte che futura per quanti con l'anima e con il corpo saranno tormentati dal fuoco eterno; altrimenti userebbe in ambedue i casi il verbo al futuro, e come disse: Riceveranno la vita, cos direbbe: Moriranno. Avendo detto invece: Muoiono, il che avviene certamente ora, e: Riceveranno la vita, il che avverr allora, indica sufficientemente che, nelle parole: A causa di un uomo la morte, tratta di quella morte che separa l'anima dalla carne, sebbene appartengano anche a quella morte futura, che si dice morte seconda, coloro che con la rigenerazione per mezzo del Cristo non sciolgono il reato che hanno contratto con la generazione per mezzo di Adamo. Ora perci, poich parla della risurrezione del corpo, che futura, e ad essa contrappone la morte del corpo, che avviene attualmente, e poich questi due eventi contrari hanno ciascuno il suo autore, la morte Adamo e la risurrezione dei morti il Cristo, come si intende che premiale quella risurrezione, cos si deve intendere che sia penale questa morte. Al premio appunto non si contrappone la natura, ma la pena. E perci in questo passo, dove la risurrezione del corpo si oppone alla morte del corpo, l'Apostolo non tratta della risurrezione comune, che spetta ai giusti e agli ingiusti, ma piuttosto di quella risurrezione nella quale

saranno coloro che riceveranno la vita nel Cristo, e non coloro che saranno condannati dal Cristo, sebbene faccia risorgere gli uni e gli altri lui stesso, la cui voce udranno tutti coloro che sono nei sepolcri e usciranno quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna 218. La ragione dunque per la quale l'Apostolo volle toccare la risurrezione che appartiene ad un beneficio del Cristo e non anche quella risurrezione che appartiene solamente al suo giudizio, questa: essendo premiale la risurrezione, risulti anche penale la morte del corpo, contrapposta alla risurrezione. Come infatti la morte contraria alla vita, cos la pena al premio. E poich mediante questa pena, cio mediante la morte del corpo, i santi martiri combatterono e vinsero, la loro morte nella quale adesso dormono preziosa al cospetto del Signore 219, non per il suo genere, ma per la grazia di lui. Appunto anche le pene dei santi sono senza dubbio preziose, ma non perch sono preziose per questo non sono pene; come non perch sono pene per questo sono preziose, ma sono preziose perch sono state accettate in omaggio alla verit o perch sono state tollerate con il sentimento della piet. Se tu ti attenessi a questo modo di sentire sano e cattolico, non ammetteresti nel paradiso di Dio, ossia nel luogo delle delizie sante, non solo le pene delle morti, ma nemmeno le pene delle malattie mortali. Ora, ogni pena dell'uomo che cos' se non una pena della immagine di Dio? La quale pena se viene inflitta ingiustamente, certamente ingiusto colui che la infligge. Ebbene, chi pu dubitare che si infligga ingiustamente una pena all'immagine di Dio se non ha meritato la pena per una sua colpa? Solo infatti il mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Ges, soffr la pena senza la colpa, per eliminare evidentemente la nostra colpa e la nostra pena: non quella pena che da scontarsi in questo secolo maligno, ma la pena che si doveva a noi come pena eterna. E tuttavia egli stesso, assumendo dentro di s in prossimit della morte anche il nostro stato d'animo, disse: Padre, se possibile, passi da me questo calice 220. Ed egli aveva certamente il potere di offrire la sua vita e di riprenderla, ma tuttavia quel Dio maestro con queste sue parole fece capire che la morte, accettata da lui per noi volontariamente e non patita da lui forzatamente, non preceduta da nessuna sua colpa, era una pena che egli sopport per la nostra iniquit, unico senza nessuna iniquit da parte sua. Se dunque singolare questa gloria della misericordia del Cristo, per la quale egli sopport per noi la pena senza la colpa, cos da morire egli pure, non certamente

nella carne del peccato, ma per la sua carne somigliante alla carne del peccato, in Adamo tuttavia, dal quale discende la carne del peccato, senza dubbio tutti gli altri uomini in questo secolo maligno che fuori dal paradiso, tutte le pene di qualsiasi genere che soffrono dalla nascita alla morte, tra le quali soffrono certamente anche la morte, le patiscono meritamente e debitamente per i loro peccati, o contratti nascendo, o aggiunti vivendo malamente, sotto un giudice giusto e onnipotente, senza la cui volont non cade a terra nemmeno un passero 221, il quale certamente n farebbe n lascerebbe infliggere pene alle sue immagini, se non le sapesse inflitte giustamente. E cos' " giustamente " se non per il merito dei peccati o per lo scopo di un esame delle virt, di modo che, anche dopo la remissione dei peccati, il pegno della vita eterna, che i rinati ricevono, giovi ad essi per il secolo futuro, qui invece paghino tutto ci che si deve pagare alla vanit e alla malignit di questo secolo penale? Cos' dunque quello che dici: I bambini sono battezzati, perch Dio, che li ha fatti buoni creandoli, li faccia ancora pi buoni rinnovandoli e adottandoli? Buoni certamente li ha fatti, perch ogni natura in quanto natura buona, ma non farebbe ingiustamente o non lascerebbe ingiustamente essere miseri coloro che ha fatto buoni. Sebbene anche tu, dicendo che i bambini vengono " rinnovati ", confessi incautamente e inavvertitamente che essi, pur essendo nuovi di nascita, contraggono la vetust dell'uomo vecchio. Sei quindi forzato a fare una di queste tre scelte: o riempire il paradiso delle pene degli uomini, o dire ingiusto Dio nelle pene delle sue immagini dove patisce l'innocenza dei bambini, o, poich sono da detestare e da condannare queste due prime conclusioni, riconoscere il peccato originale, e cos capire che tutti coloro che muoiono di morte corporale muoiono in Adamo, perch a causa di questo stesso uomo la morte, ossia per la sua colpa e per la sua pena; e coloro che nella risurrezione corporale non sono condannati ma vivificati, vengono vivificati nel Cristo, perch a causa di questo stesso uomo la risurrezione dei morti, ossia per la sua giustizia e per la sua grazia. Poich infatti penale la morte del corpo, vediamo che le viene contrapposta soltanto la risurrezione " premiale " del corpo, pur essendovi anche un'altra risurrezione penale. Per ultima sar annientata la morte nemica. 37. GIUL. Ciascuno per nel suo ordine: prima il Cristo che la primizia, dopo la sua venuta quelli che sono del Cristo; poi sar la

fine 222. Lo stesso anche altrove: Egli il primogenito di coloro che risorgono dai morti 223. Dopo, quelli che sono del Cristo, cio i santi che sono rapiti sulle nubi 224. Poi sar la fine, perch questi andranno nel regno eterno e gli empi invece nel fuoco eterno 225. Quando egli consegner il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato, ogni potest e potenza. Bisogna infatti che egli regni, finch non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi, perch ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Per ultima sar annientata la nemica morte. Per quando il Salmo dice che tutte queste cose sono state sottoposte, chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sar stato sottomesso, allora anch'egli stesso sar sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perch Dio sia tutto in tutti 226. Il regno di Dio Padre, raggiunto il numero pieno dei santi, che contenuto nella prescienza divina, vuole che scompaia ogni principato e ogni specie di forza della potest avversaria. Bisogna appunto che questa sia l'efficacia di un cos grande mistero: che siano messi sotto i piedi di Dio tutti i nemici della giustizia. Il che allora avverr quando la morte eterna vedr se stessa distrutta e vinta da tutti i santi. Ma quando per la manifestazione del regno tutti quei generi di potest saranno stati assoggettati tanto al Cristo quanto al suo Corpo, molto di pi tutta la comunit glorificata dei santi non cesser di essere sottomessa a Dio, ma tutto il Corpo degno del regno dei cieli, che si costruisce sotto il Cristo come suo Capo, aderir con perfetta disposizione alla volont divina, cosicch, estinta tutta la cupidit delle colpe, Dio e unisca tutti e soddisfi tutti. AG. In questa parte della tua discussione non hai portato avanti quasi nulla che interessi la causa in corso tra noi. Qual infatti la ragione per cui hai creduto d'inserire tutto codesto passo, dove l'Apostolo parla della risurrezione del corpo, se non la sua affermazione: Come tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo? Ossia la ragione che voi non volete attribuire la morte del corpo al peccato del primo uomo, bens alla natura, che in quel primo uomo dite costituita tale che egli sarebbe stato morituro, peccasse o non peccasse. Su questo argomento stimo che ti sia stato risposto a sufficienza. Perci, omessi i punti sui quali ti sei voluto dilungare superfluamente, sarebbe forse da discutere di quale morte l'Apostolo abbia detto: Per ultima sar annientata la nemica morte; se di questa morte che c' ora e che costringe l'anima ad uscire dal corpo, o se di quella morte che non consente

all'anima di uscire dal corpo, perch ambedue subiscano insieme lo strazio del fuoco sempiterno; la quale morte non c' ora certamente, ma futura, n sar distrutta allora, ma piuttosto comincer allora ad esistere. E che essa non ci sia ancora chi lo pu mettere in dubbio? Ma questa morte che allora si affoller in tutti coloro che muoiono corporalmente e a cui contraria la risurrezione del corpo, della quale discuteva l'Apostolo per fare tutte queste sue dichiarazioni; questa morte, dico, che vige ora, la morte del corpo, comune e nota a tutti noi, sar certamente distrutta per ultima, allorch questo corpo corruttibile si sar rivestito d'incorruttibilit e questo corpo mortale si sar rivestito d'immortalit 227. Il che lo percepiamo detto senza dubbio della risurrezione del corpo che ci sar allora contro la morte del corpo che c' ora. Perci se la morte eterna, che non ci fu mai prima, non pu esser distrutta proprio nel momento in cui piuttosto comincer, e se la morte eterna non sar mai distrutta, perch durer per sempre, resta che questa morte di ora sia annientata per ultima, cio alla fine, quando dalla risurrezione della carne la sua esistenza sar resa impossibile. Ebbene, come potrebbe esser nemica la morte, se fosse cos naturale da non essere penale? Penale poi non lo potrebbe essere in nessun modo sotto un giudice giusto e onnipotente, se non fosse accaduta per i meriti di un peccato. Emenda ormai una buona volta, ti preghiamo, il tuo modo di sentire, e monda il paradiso dei beati, che avevi contaminato con le pene degli uomini. Ma non si pu dire quanto mi piaccia la tua affermazione: Nel regno dei cieli avverr che, estinta tutta la cupidit delle colpe, Dio e unisca tutti e soddisfi tutti. Oh, se ammonito da questa tua sentenza, ti correggessi, e la cupidit delle colpe che ora, anche se rintuzzata, non cessa di farci guerra nella nostra carne, ma che allora, come confessi rettissimamente tu, sar cos estinta da non esistere pi, non ti piacesse pi oramai di lodarla come un bene, ma di accusarla piuttosto come un male! Essa infatti quella tua protetta per cui la carne concupisce contro lo spirito, cos da rendere necessario anche allo spirito di concupire contro la carne 228, perch l'uomo non commetta il male che lo faccia condannare. Il qual male della discordia tra realt ambedue buone e create dal Dio buono, cio tra la carne e lo spirito, si convertito nella natura per la prevaricazione del primo uomo, non lo proclama n Manicheo, n un coadiutore dei manichei, ma un loro distruttore, Ambrogio 229. Il battesimo dei morti.

38. GIUL. Altrimenti, dice, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti, se i morti non risorgono affatto? Perch si fanno battezzare per loro? E perch noi ci esponiamo continuamente a rischi? Ogni giorno io affronto la morte, com' vero che voi siete il mio vanto nel Signore. Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto ad Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe, se i morti non risorgono? Mangiamo e beviamo, perch domani moriremo. Se cotesta speranza della gloria futura, dice, quando Dio sar tutto in tutte le realt, viene scossa da un'empia mancanza di fede e si nega la risurrezione dei morti, che faranno coloro che sono battezzati per i morti? nato di qui l'errore di alcuni i quali hanno ritenuto che agli esordi del Vangelo ci sia stato l'uso che i superstiti facessero professione di fede a favore dei cadaveri e versassero l'acqua del battesimo anche sulle membra dei defunti: il che appare provenire dalla ignoranza. Quello infatti che dice l'Apostolo: Vengono battezzati pro mortuis non indica altro se non ci che egli disse ai Romani: Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme con lui nella morte 230, ossia: Per quale grazia noi accediamo a ricevere il battesimo con tale disposizione d'animo da mortificare le nostre membra per l'avvenire e da vivere assolutamente come morti, se non c' la speranza che viviamo dopo la morte? Per quale ragione poi io mi sobbarco anche a pericoli quotidiani, incappando continuamente nella morte a cui mi condannano i persecutori, per potermi gloriare davanti a Dio dei vostri progressi, se i morti non risorgono? Per quale ragione poi ho combattuto anche in senso umano contro le belve ad Efeso, cio per quale ragione ho sostenuto il bestiale furore dei sediziosi, se ancora incerto che i morti risorgano? Non vi lasciate ingannare: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi. Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio: ve lo dico a vostra vergogna 231. L'amore dei peccati, dice, vi tenta a diffidare dell'avvenire: non si crede nel giudizio, per peccare con maggiore audacia. Assolutamente non sanno stimare Dio coloro, dice, che negano la risurrezione. Voi dunque non negate soltanto la rimunerazione, ma la potenza della divinit, e di questo dovete arrossire fin troppo. A vostra confusione io dico che, di tali, se ne possono trovare alcuni in mezzo a voi. AG. Qui pure non hai voluto dire assolutamente nulla che interessi l'argomento trattato ora nella nostra discussione. Perci non ho bisogno di rispondere con il tuo multiloquio alle parole dell'Apostolo che hai tentato di commentare a modo tuo, poich le affermazioni

che hai fatto, sebbene tu in alcuni punti non sia stato fedele al senso di quell'autore, non sono tuttavia contro la fede. Parla esclusivamente della risurrezione dei beati. 39. GIUL. Ma qualcuno dir: Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno? Stolto! Ci che tu semini non prende vita, se prima non muore. Non ogni carne la medesima carne: altra la carne dell'uomo, altra quella degli animali, altra quella degli uccelli, altra quella dei pesci. Anche i corpi sono celesti e terrestri, e altro lo splendore dei corpi celesti, altro quello dei corpi terrestri. Altro il fulgore del sole, altro il chiarore della luna, altro il brillare delle stelle, e poi ogni stella differisce dall'altra nella luce. Cos pure la risurrezione dei morti: si semina un corpo corruttibile e risorge incorruttibile, si semina un corpo ignobile e risorge glorioso, si semina un corpo debole e risorge pieno di forza, si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale. pure scritto del primo Adamo: L'uomo divenne un essere vivente; l'ultimo Adamo diventato uno spirito vivificante. Il primo uomo, preso dalla terra, terreno; il secondo uomo, venuto dal cielo, celeste. E quale l'uomo fatto di terra, cos sono gli uomini terreni; ma quale l'uomo celeste, cos anche gli uomini del cielo. Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terreno, dobbiamo portare anche l'immagine dell'uomo celeste 232. L'Apostolo doma la difficolt dell'argomento con l'uso di esempi e dice che nulla impossibile, quando l'onnipotenza promette l'effetto. Ma come persuade la risurrezione dei corpi con il confronto dei semi, cos spiega la diversit dei risorgenti con le variet delle creature; tuttavia parla esclusivamente della risurrezione dei beati. Si semina, dice, un corpo ignobile e risorge glorioso, si semina un corpo debole e risorge pieno di forza, si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale. Ci non si pu certamente avverare se non nei santi; anche gli empi vengono risvegliati, non per la gloria, ma per l'obbrobrio eterno, come asserisce il profeta 233. Qui distanzia opportunamente la natura e la grazia, ricorda l'antica testimonianza che del primo Adamo dice: L'uomo divenne un essere vivente, e aggiunge di suo: L'ultimo Adamo diventato uno spirito vivificante. E fa capire che i doni della immortalit appartengono allo spirito vivificante, mentre l'anima solamente vivente appartiene alla natura destinata a morire un giorno. Non c' dunque identit, dice, tra il vivente e il vivificante: il vivificante che conferisce l'immortalit, e assegna al Cristo la potenza di conferire

l'immortalit; vivente invece chi vive la sua vita, ma non esclude la mortalit. A questo fine dunque distingue ambedue le sentenze: per indicare che Adamo fu fatto come un vivente, ma non come un immortale; il Cristo invece fu fatto come uno spirito non soltanto vivente, ma anche conferente la risurrezione, gloriosa ai suoi, eterna a tutti. AG. Che forse Adamo per questo sarebbe stato morituro, anche se non avesse peccato, perch era stato fatto con un corpo animale e non con un corpo spirituale? Assolutamente sbagli, se per questo giudichi necessario a noi riempire il paradiso di Dio con le morti e con le pene dei morenti e inoltre con la spregevolezza, con la debolezza, con la corruzione, nelle quali sono seminati adesso i corpi animali degli uomini. L'albero della vita infatti, che Dio piant nel suo paradiso, difendeva dalla morte anche il corpo animale, finch, per il merito di una perseverante obbedienza, passasse, senza l'intervento della morte, alla gloria spirituale di cui i giusti entreranno in possesso risorgendo. Giusto era infatti che l'immagine di Dio, non offuscata n invecchiata da nessun peccato, fosse inserita in un tale corpo dove, sebbene creato e plasmato di materia terrena, durasse la stabilit di vivere somministratagli dall'albero della vita e vivesse provvisoriamente per mezzo di un'anima vivente, che nessuna necessit separasse dal corpo, e poi per la pratica della obbedienza giungesse allo spirito vivificante, di modo che non le fosse sottratta questa vita minore, nella quale poteva e morire e non morire, ma le fosse data in aggiunta quella vita pi ampia dove vivesse senza il beneficio di nessun albero e dove non potesse morire. Ti domando infatti in quale corpo tu stimi che siano adesso Elia ed Enoch: in un corpo animale o in un corpo spirituale? Se risponderai: " In un corpo animale ", per quale ragione non vuoi credere che Adamo ed Eva e i loro discendenti, se non avessero violato con nessuna prevaricazione il precetto di Dio, sarebbero vissuti, bench in un corpo animale, cos come vivono adesso Elia ed Enoch? Poich Adamo ed Eva erano nel medesimo paradiso dove sono stati trasferiti Elia ed Enoch, e questi vivono nel medesimo paradiso donde, perch morissero, furono cacciati via Adamo ed Eva. Infatti l'albero materiale della vita cos somministrava la vita ai corpi animali come l'albero spirituale della vita, ossia la Sapienza di Dio, somministrava la vita della dottrina salvatrice alle menti sante. Onde alcuni commentatori della parola di Dio, anche cattolici, hanno preferito presentare il paradiso come spirituale, senza per opporsi alla storia che pi evidentemente

indica il paradiso come materiale. Se poi risponderai che Enoch ed Elia hanno gi un corpo spirituale, per quale ragione non confessi che il corpo animale dei primi uomini e di quanti nascessero da essi per la serie delle successioni, se non fosse esistito nessun peccato, che meritamente li separasse dall'albero della vita, sarebbe potuto passare senza morte intermedia in un corpo spirituale, perch tu non sia costretto a riempire il paradiso di Dio, a riempire il luogo dei gaudi felici con le pene delle morti e dei morenti e con le innumerevoli sofferenze dei morbi mortali? La morte insultata la morte eterna. 40. GIUL. Ma, dice, non fu prima il corpo spirituale, bens il corpo animale, e dopo quello spirituale. Il primo uomo, preso dalla terra, terrestre; il secondo uomo, preso dal cielo, celeste. Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, bisogna che portiamo l'immagine anche di quello celeste 234. Apertamente passa appunto ai liberi comportamenti e vuole che tra la nostra condotta passata e quella presente ci sia tanta distanza quanta ce n' tra la mortalit e l'immortalit. Il primo uomo, dice, preso dalla terra, terrestre; il secondo uomo, preso dal cielo, celeste: con il nome delle sostanze indica la diversit del proposito. Non infatti che il Cristo, chiamato da lui l'uomo celeste, la sua carne che prese dal seme di Davide, dal seme di Adamo, dalla carne di una donna e dentro una donna, l'abbia fatta discendere dal cielo. Terrestre e celeste li riferisce dunque alle virt e ai vizi. Poi prosegue: Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, bisogna che portiamo l'immagine anche di quello celeste. Altrettanto ai Romani: Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurit e dell'iniquit a pro della iniquit, cos mettete ora le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione 235. Ma seguendo il tenore della esortazione che ha presa a fare, aggiunge un'affermazione che, se non capta bene, sembrer rovesciare tutto quello che ha detto: Questo vi dico, fratelli: la carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio, n ci che corruttibile posseder l'incorruttibilit. Ossia, in questi passi nei quali non aveva fatto altro che affaticarsi nell'affermare la risurrezione della carne, destinata secondo la sua asserzione ad essere collocata nella gloria del regno, adesso dichiara: La carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio. Se la carne non possiede il regno di Dio, se non lo possiede il sangue, dov' la

risurrezione dei morti, della quale nei versetti precedenti l'Apostolo rigenera la pompa? Ma secondo lo stile della Scrittura, l'Apostolo ha nominato carne e sangue i vizi e non la sostanza. Poi ha esposto questa medesima verit: Ecco io vi annunzio un mistero: tutti certo risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati. Ha capito l'egregio Maestro di avere precedentemente rivendicato solo alla beatitudine futura il vocabolo di risurrezione, e quindi, perch ci non rimanesse ambiguo, conclude: Tutti certo risorgeremo, ecco qual il risveglio comune; ma non tutti saremo trasformati, ecco dove c' la risurrezione dei beati. La trasformazione dunque nella gloria si deve solamente a coloro che meritano non l'ira di Dio, ma l'amore di Dio. In un istante, dice, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba, i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. Qui passa di nuovo a quei santi che quel giorno trover nella carne, e dice che in un momento, tanto breve quanto pu essere l'estrema nota di un suono di tromba, e coloro che erano morti si sveglieranno incorrotti, cio integri, e coloro che saranno trovati vivi verranno trasformati nella gloria. necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilit e che questo corpo mortale si vesta d'immortalit. Quando poi questo corpo mortale si sar vestito d'immortalit, allora si compir la parola della Scrittura: La morte scomparsa inghiottita nella tua vittoria. Dov', o morte, il tuo aculeo? Dov' la tua vittoria? L'aculeo della morte il peccato e la forza del peccato la legge 236. Indica, come spesso, che parlava unicamente della risurrezione dei santi e perci, tralasciando il risveglio degli empi, dichiara giusto che nei corpi dei santi la corruttibilit sia divorata dalla eternit della gloria. Quando poi questo si sar compiuto, egli dice, allora sar lecito insultare il diavolo e la morte perpetua, la quale aveva fatto sembrare mala questa corruzione naturale; allora scoppieranno i gaudi dei santi vedendo che hanno spuntato l'aculeo della morte, e diranno: Dov', o morte, il tuo aculeo? Dov' la tua vittoria? L'aculeo della morte il peccato e la forza del peccato la legge. Cio: O morte eterna, tu avevi come aculeo il peccato per ferire i disertori della giustizia; poich, se tu non fossi stata armata di questo aculeo, ossia del peccato volontario, non avresti nociuto assolutamente a nessuno. Questo peccato e questo aculeo li vedi infranti dalle forze della fede, testimone la nostra ricompensa, dalla quale tentavi di stornarci; il tuo aculeo fu appunto il peccato e la forza del tuo peccato era la legge, perch dove non c' legge, non c' nemmeno prevaricazione 237. Oppure: Sebbene il peccato fosse

il tuo aculeo, questo divenne tuttavia pi forte unicamente di fronte alle disposizioni d'animo dei prevaricatori, dopo che ad esso fu aggiunta la morte della legge, la quale tuttavia non era stata data per acuire l'aculeo. La legge infatti santa, e santo e giusto e buono il comandamento, ma il peccato per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ci che bene, perch il peccato apparisse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento 238 . Questa forza dunque, che il tuo aculeo acquisiva con l'aiuto in noi di una spontanea iniquit, si presenta vinta e infranta dalle virt dei fedeli, dalle corone ormai dei fedeli. A te quindi i nostri insulti, mentre rendiamo grazie a Dio che ci ha dato questa vittoria per mezzo del Signore nostro Ges Cristo 239. AG. Dell'immagine dell'uomo terrestre e dell'immagine dell'uomo celeste si discusso gi sopra a sufficienza e ti abbiamo risposto che l'immagine dell'uomo celeste si pu portare adesso nella fede e nella speranza, ma nella realt stessa, manifestata e donata, si porter quando il corpo che adesso si semina animale sar risorto spirituale. Coteste due immagini appunto, l'una dell'uomo terrestre e l'altra dell'uomo celeste, le applica alle singole realt, ossia la prima al corpo animale e la seconda al corpo spirituale. Precedentemente infatti ha detto: Ma non fu prima il corpo spirituale, bens il corpo animale, e dopo quello spirituale, e aggiunse di seguito: Il primo uomo, preso dalla terra, terrestre; il secondo uomo, preso dal cielo, celeste. Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, bisogna che portiamo l'immagine anche di quello celeste. Chi il primo se non Adamo a causa del quale c' la morte? E chi il secondo se non il Cristo, a causa del quale c' la risurrezione dei morti? Poich a causa di un uomo venne la morte e a causa di un uomo la risurrezione dei morti. Come infatti tutti muoiono in Adamo, cos tutti riceveranno la vita nel Cristo: cio, tutti coloro che riceveranno la vita, non la riceveranno se non nel Cristo; del che abbiamo gi parlato sopra. Non c' proprio nessuna incertezza a quali due realt si riferiscano queste due immagini: l'una infatti si riferisce alla morte, l'altra alla risurrezione. La prima dunque alla morte del corpo, perch la seconda alla risurrezione del corpo; la prima al corpo animale che si semina nella ignominia, la seconda al corpo spirituale che risorger nella gloria: della ignominia ci vestiamo nascendo, della gloria ci vestiamo rinascendo. Ma poich sotto il peccato nasciamo e invece nella remissione dei peccati rinasciamo, dichiara: Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, bisogna che portiamo

l'immagine anche di quello celeste. Il primo fatto lo ricorda come avvenuto, il secondo esorta che avvenga. Nessuno infatti pu far s di non essere nato nella pena, per cui si semina il suo corpo nella ignominia; ma se non sar rinato e se non avr perseverato ad esser ci che divenuto rinascendo nella grazia, non arriver a possedere il corpo spirituale che risorger nella gloria. Cos' dunque quello che dici: Apertamente passa appunto ai liberi comportamenti e vuole che tra la nostra condotta passata e quella presente ci sia tanta distanza quanta ce n' tra la mortalit e l'immortalit? Poich l'Apostolo piuttosto non passa ad un altro argomento, ma continua ci che aveva cominciato a dire della risurrezione della carne, alla quale contrappone la morte della carne. Non vuole pertanto far intendere in questo luogo i due comportamenti, cio il buono e il cattivo, ma asserisce che come a causa di Adamo avvenuta la morte della carne, cos per mezzo del Cristo avverr la risurrezione della carne. Lascia tu che l'uomo di Dio faccia quello che fa: seguilo e non voler tentare che sia lui a seguire te. Non ti segue infatti, per quanto tu possa sforzarti. Apertamente contrappone la morte della carne alla risurrezione della carne; apertamente assegna a queste singole realt i loro singoli autori: alla morte del corpo Adamo, alla risurrezione del corpo il Cristo. Apertamente, confrontando nel senso opposto tra loro le due immagini, l'una dell'uomo terrestre e l'altra dell'uomo celeste, attribuisce la prima al corpo animale, che a causa di Adamo merit di essere seminato nella ignominia, la seconda al corpo spirituale che per mezzo del Cristo meriter di risorgere nella gloria. Il quale Cristo anche secondo la carne stato detto uomo celeste, non perch assunse dal cielo la carne, ma perch elev al cielo anche la carne. Se vero che una buona scelta e una buona condotta fa s che gli uomini giungano alla risurrezione gloriosa, forse vero che per una cattiva scelta e per una cattiva condotta di questa vita, che abbiamo tenuta noi nati e cresciuti in et, avvenne che noi nascessimo in un corpo animale con la propaggine della morte? Chi infatti con una cattiva scelta o con una qualche scelta si procur l'inizio di una nativit travagliata? Chi con una cattiva condotta, comunque abbia vissuto, si rese necessaria la morte? pacifico che, se vogliamo riferire anche alla condotta queste due realt, cio l'immagine dell'uomo terrestre relativa al corpo animale e l'immagine dell'uomo celeste relativa al corpo spirituale, come poniamo la risurrezione del corpo spirituale dalla parte della giustizia, cos dobbiamo porre la morte del corpo animale dalla

parte del peccato, perch come nella giustizia del Cristo avverr questa risurrezione, cos nella iniquit di Adamo avvenne quella morte. Il che se tu lo capisci e accedi a questa verit apertissima, io concedo quello che dici tu: l'uomo terrestre e l'uomo celeste stanno a indicare i vizi e le virt. Infatti come la virt del Cristo far risorgere un corpo spirituale, cos il vizio di Adamo fece morire il corpo animale. Pertanto a questo testo non corrisponde quella sentenza del medesimo Apostolo ai Romani: Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurit e dell'iniquit a pro dell'iniquit, cos mettete ora le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione 240. L parlava infatti dei costumi, cattivi e buoni; qui parla invece della risurrezione del corpo e della morte del corpo. Ma poich alla risurrezione gloriosa, che avverr quando risorger un corpo spirituale, coloro che hanno ormai l'uso di ragione non potranno giungere se non lo credono e non lo sperano, per questo, ricordando che abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, nella quale a causa dell'uomo c' la morte, esorta che portiamo l'immagine dell'uomo celeste, nella quale c' per mezzo di un uomo la risurrezione dei morti, perch, come per il peccato di Adamo andiamo alla morte del corpo animale, cos per la giustizia del Cristo andiamo alla risurrezione del corpo spirituale. Poi soggiunge: Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio. Dove non ti disapproviamo per aver creduto che con i nomi di carne e di sangue sia stata indicata la sapienza della carne, e non la stessa sostanza del corpo animale che si semina, s, nella ignominia, ma risorger tuttavia nella gloria e posseder senza dubbio il regno di Dio. Sebbene si possa intendere anche diversamente: che in cotesto passo con i nomi della carne e del sangue sia stata indicata la corruzione che vediamo attualmente nella carne e nel sangue, una corruzione che certamente rimanendo corruttibile non posseder il regno di Dio, perch questo corpo corruttibile si vestir di incorruttibilit. Perci dopo aver detto: La carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio, quasi per spiegare che cosa avesse inteso con questi nomi, perch non si credesse che avesse inteso la stessa sostanza carnale, aggiunge: N ci che corruttibile posseder l'incorruttibilit. E secondo questo senso sembra pi probabile che intrecci tutto il resto. Ma, qualsiasi dei due significati abbia voluto seguire con queste parole l'autore delle medesime parole, n l'uno n l'altro va contro la fede, che tale da non dubitare che la famiglia di Dio, congregata da tutte le genti,

posseder in una carne incorruttibile il regno di Dio. Non disapproviamo pertanto ci che anche prima di noi hanno detto molti commentatori cattolici delle Scritture divine, cio che la carne e il sangue possono essere intesi qui per gli uomini che " sanno " secondo la carne e il sangue, e che quindi non possederanno il regno dei cieli. In tal senso infatti il medesimo Dottore delle genti dice: La sapienza della carne morte. Ma il fatto che tu non voglia accaduta la morte del corpo animale per il peccato del primo uomo, mentre senti dire dal medesimo Apostolo: Il corpo morto a causa del peccato 241, e mentre non osi negare che per la giustizia del secondo uomo ci sar la risurrezione di un corpo spirituale, che si contrappone alla morte del corpo animale, e il fatto che tu non voglia questo per riempire dei corpi dei morti e attraverso di questi riempire anche degli strazi dei morenti il paradiso, memorabile luogo delle beate delizie, questo disapproviamo, questo detestiamo, questo giudichiamo degno di anatema. Chi infatti si insulter alla fine, quando si dir: Dov', o morte, la tua vittoria? Dov', o morte, il tuo aculeo? Se non o il diavolo, autore anche della morte corporale, o la stessa morte del corpo, che sar divorata dalla risurrezione del corpo? Questo discorso infatti si far dopo che questo corpo corruttibile si sar vestito d'incorruttibilit e questo corpo mortale si sar vestito d'immortalit. Senza ambiguit dice appunto l'Apostolo: Quando questo corpo corruttibile si sar vestito d'immortalit, allora si compir la parola della Scrittura: La morte sparita nelle fauci della vittoria. Dov', o morte, la tua vittoria? Dov', o morte, il tuo pungiglione? A quale morte lo si dir se non a quella che sparir nella gola della vittoria? E che morte cotesta se non quella che sar ingoiata nel momento stesso in cui questo corpo corruttibile e mortale indosser l'incorruttibilit e l'immortalit? Di questa morte corporale dunque l'aculeo il peccato, perch a questa morte si dir: Dov', o morte, il tuo aculeo? Il quale aculeo ha detto che il peccato: evidentemente l'aculeo dal quale la morte stata fatta, non l'aculeo che stato fatto dalla morte, come la coppa della morte la coppa dalla quale fatta la morte, non la coppa che fatta dalla morte. Perch dunque ad essere insultata non sar questa morte, ma, come reputi tu, la morte perpetua? Sar forse la stessa morte perpetua ad essere ingoiata dalla vittoria, quando questo corpo mortale si vestir d'immortalit? forse la stessa morte perpetua a contendere contro i santi, perch dal loro combattimento sia vinta la paura della morte, che precedentemente li teneva vinti, quando

essi peccavano per la paura della morte? Non fu forse per vincere la stessa morte corporale che il Signore morto e ha ridotto all'impotenza colui che aveva il potere della morte, cio il diavolo, e ha liberato coloro che per paura della morte erano rei di schiavit per tutta la vita 242? Erano forse rei per la paura della morte eterna, quando piuttosto diventano rei coloro che non hanno paura della morte eterna? Quindi il Signore, perch non si abbia paura di questa morte corporale, la cui paura fa rei gli uomini, ma si abbia paura piuttosto della morte sempiterna, la cui non paura fa rei gli uomini, dice apertissimamente: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono fare pi nulla, ma temete colui che ha il potere di gettare nella geenna e il corpo e l'anima 243. Questa della geenna certamente la morte seconda e perpetua. Non contro la paura di questa morte che combattono i santi, ma piuttosto contro la paura della morte del corpo. Infatti per vincere la morte corporale temono la morte eterna, perch dopo aver vinto la morte corporale con la piet e la giustizia non sentiranno la morte eterna. La morte corporale dunque e non la morte eterna insulteranno dicendo: Dov', o morte, la tua vittoria? Il che in un altro testo si trova scritto cos: Dov', o morte, il tuo contendere? 244 Poich dunque l'aculeo della morte corporale il peccato, con quale fronte tu osi dire che non dal peccato del primo uomo fu fatto che noi fossimo in lui allontanati dall'albero della vita e fossimo colpiti anche dalla morte del corpo? Cos', ti prego, quello che con l'incredibile rabbia della tua bavosa loquacit latri contro l'evidenza delle parole di Dio, come se la tua anima non possa ottenere la vita nel paradiso di Dio, se tu non vi introduci la morte del corpo assieme a tanto numerose e a tanto grandi malattie corporali, esecutrici e precorritrici della morte? Attento a te piuttosto, perch, mandando nel luogo delle sante delizie le pene del corpo, tu stesso non sconti nel luogo dei perpetui dolori le pene e dell'anima e del corpo. Nella Legge di Dio non c' nessuna occasione per il peccato naturale. 41. GIUL. In questo luogo Agostino decisamente dell'opinione che l'aculeo della morte sia quell'antico peccato, non capendo ci che segue: La forza del peccato la legge, dove Agostino si sforza di sostenere che quella legge il precetto imposto ad Adamo. Ma quel precetto non fu la forza del peccato, bens il genere di un peccato. Altro infatti dar forza a ci che esiste, altro procreare ci che

non esiste. Cibarsi dunque di quell'albero non sarebbe stato un male, se non fosse stato interdetto; ma dopo che fu interdetto e fu usurpato dalla prevaricazione, ivi nacque il peccato dalla interdizione di Dio e dalla trasgressione dei progenitori, bench non per questo fosse stata data la legge perch si mancasse; ma tuttavia facendolo, cio mangiando di quell'albero, l'uomo non avrebbe peccato, essendo buono l'albero, se dalla legge non ne fosse stata proibita la degustazione. Di un'azione dunque che perversa di per s, per esempio il parricidio, il sacrilegio, l'adulterio, e che si riconosce come male anche senza l'emanazione di una legge, esatto dire che dalla legge ha ricevuto forza presso i prevaricatori, i quali sono resi pi bramosi dalla proibizione; a ci che invece non si fa iniquamente se non perch interdetto, risulta che dalla occasione della legge stato conferito il genere del peccato, non la forza del peccato. Ma poich sono stato qui un po' troppo lungo, anche alla fine di questo mio libro avverto il mio lettore ad osservare bene che nella legge di Dio non si trova nessuna occasione dell'empiet manichea; ma se alcuni punti si reputano ambigui, non dubiti e che si possano spiegare secondo le regole della verit e della ragione, e che concordino con la giustizia. Dunque con il medesimo vigore che spetta alla legge di Dio noi condanniamo e coloro che dicono: Non ci sar la risurrezione dei morti per mezzo del Cristo, e costoro che ugualmente contro l'Apostolo asseriscono che il Cristo non ebbe un corpo della nostra natura, e venerano per questo le massime dei manichei. AG. Io non ho mai detto che l'Apostolo dove scrive: La forza del peccato la legge, abbia significato quella legge che fu data nel paradiso. A vuoto dunque, come se io lo avessi detto, tu hai detto il molto che hai detto contro di me. Infatti come forza del peccato, gi certamente esistente ma meno operante, io ho sempre inteso quella legge della quale il medesimo Apostolo scrive: Che diremo dunque? Che la legge peccato? No certamente. Per io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, n avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire. Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scaten in me tutta la concupiscenza 245. Ecco in che modo la legge la forza del peccato: il peccato infatti operava meno quando non operava ancora la prevaricazione, perch non era stata data ancora la legge: Dove infatti non c' legge, non c' nemmeno prevaricazione 246. Non era dunque ancora "tutta " la concupiscenza, prima che essa per la proibizione crescesse tanto e

diventasse tanto forte da rompere il vincolo della stessa proibizione che l'aveva incrementata. Anche tu stesso hai mostrato di saperlo, spendendo molte parole per questa sentenza, sebbene per provarlo tu abbia adoperato piuttosto altre testimonianze apostoliche e non quella adoperata ora da me, forse per non confessare che la concupiscenza peccato. Apertissimamente appunto ha dimostrato che essa peccato colui che dice quello che ho ricordato: Io non ho conosciuto il peccato se non per la legge. E come se domandassimo quale peccato, scrive: Non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire. Questa concupiscenza dunque, certamente una concupiscenza cattiva che fa concupire la carne contro lo spirito, non esisteva ancora prima di quel grande peccato del primo uomo, ma cominci ad esistere allora e vizi la natura umana per cos dire nella traduce, dalla quale la natura trae il peccato originale. Con questa concupiscenza appunto nasce ogni uomo, n il reato di questa concupiscenza si scioglie se non in coloro che rinascono, cosicch da questo reato dopo il suo proscioglimento non sia inquinato se non chi consente alla concupiscenza nel perpetrare un'opera cattiva, o non concupiscendo lo spirito contro la carne, o non concupiscendo lo spirito pi fortemente della carne. Addizionano dunque altre forze alla medesima concupiscenza i peccati che sopravvengono per la volont propria di coloro che peccano, e la stessa consuetudine di peccare, che non per nulla si suol chiamare una seconda natura; ma nemmeno allora la concupiscenza " tutta ". Ha infatti ancora di che crescere, perch essa " minore " finch a peccare non uno che sa, ma uno che non sa. Per questo l'Apostolo non dice: Non avrei avuto la concupiscenza, ma: Non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire. Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scaten in me tutta la concupiscenza. Tutta infatti la concupiscenza, quando i comportamenti proibiti si concupiscono pi ardentemente e quando i peccati ormai gi conosciuti, tolto di mezzo il pretesto dell'ignoranza e posta l'aggravante della prevaricazione della legge, si commettono pi sfacciatamente. Onde la legge di Dio, per quanti la grazia di Dio non aiuta per mezzo dell'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, non stata detta correzione del peccato, ma piuttosto forza del peccato. E quindi dopo aver detto: La forza del peccato la legge, come se si rispondesse: Che faremo dunque, se il peccato non si toglie nemmeno con la legge, ma si accresce? Soggiungendo subito dove i

combattenti debbano riporre la loro speranza, dichiara: Siano rese grazie a Dio che ci ha dato la vittoria, o, come hanno altri codici e l'hanno pure i codici greci: che ci d la vittoria per mezzo del Signore nostro Ges Cristo. Verissimo assolutamente: Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perch ai credenti la promessa venisse data in virt della fede in Ges Cristo 247. Figli della promessa e vasi della misericordia sono coloro ai quali per questo la promessa stata data per la fede in Ges Cristo perch hanno ottenuto la misericordia per credere, come l'Apostolo dice anche di se stesso 248, cosicch pure la stessa fede, dalla quale si inizia e alla quale si riferisce tutto ci che facciamo con temperanza, con giustizia, con piet, non si attribuisca all'arbitrio della nostra volont, come se non fosse donata a noi dalla misericordia di Dio, dal quale preparata anche la stessa volont, come stato scritto 249 . Onde la santa Chiesa, con le labbra supplicanti dei sacerdoti, prega non solo per i fedeli, perch con perseverante piet non vengano meno nel credere, ma anche per gli infedeli perch credano. Da quando infatti con l'umano libero arbitrio Adamo commise quel grande peccato e condann tutto il genere umano in blocco 250, tutti gli uomini che vengono liberati da questa comune condanna, non vengono liberati se non in forza della grazia divina e della misericordia divina, e tutto ci che la legge di Dio comanda non si osserva se non perch Dio stesso che comanda aiuta, ispira, dona. Dio che si prega perch i fedeli perseverino, perch progrediscano, perch arrivino alla perfezione. Dio che si prega anche perch coloro che non credono comincino a credere. E queste preghiere della Chiesa santa, che crescono e fervono in tutto l'orbe delle terre, desiderano sopprimerle ed estinguerle coloro che contro cotesta grazia di Dio, piuttosto che difendere l'arbitrio della volont umana, lo sollevano per farlo precipitare dall'alto con pi grave danno. Tra costoro, o da soli o da capi, tenete banco contenzioso voi che non volete che il Cristo Ges sia "Ges " per i bambini, perch sostenete che non sono stati contaminati da nessun peccato originale, mentre il Signore per questo stato chiamato Ges perch ha salvato il suo popolo, non dalle malattie corporali, che fu solito guarire anche nel popolo non suo, ma dai suoi peccati 251. Sebbene dunque l'Apostolo nelle parole: L'aculeo della morte il peccato, abbia espresso senza incertezza la morte che stata opposta alla risurrezione del corpo, della quale stava parlando, cio

la morte del corpo: essa infatti sar ingoiata dalla vittoria quando per la risurrezione di un corpo spirituale cesser di esistere, perch allora ci sar l'immortalit anche del corpo che non si pu perdere per nessun peccato, tuttavia in quello che aggiunse di seguito: La forza del peccato la legge, non signific la legge che fu data nel paradiso. Essa infatti non poteva essere la forza di un peccato che non esisteva ancora. Ma disse forza del peccato quella legge che subentr perch sovrabbondasse il peccato e scatenasse tutta la concupiscenza: ossia non soltanto la concupiscenza che, sorta nel paradiso, diede la morte anche al corpo e con la quale nasce ogni uomo; n soltanto la concupiscenza che crebbe con l'accumularsi dei peccati commessi per i cattivi costumi di chiunque, ma altres la concupiscenza che, resa ancora pi ardente da un comandamento che proibiva, arriv fino alla prevaricazione, perch la vittoria, con la quale fosse vinta non solo la cupidigia del peccato, ma anche la paura della morte corporale, e fosse infine inghiottita l'infermit della stessa mortalit, venisse prestata non dalla legge data per mezzo di Mos, ma dalla grazia fatta per mezzo del Cristo. Perci l'Apostolo disse: L'aculeo della morte il peccato e la forza del peccato la legge. Siano rese grazie a Dio che ci d la vittoria per mezzo del Signore nostro Ges Cristo, come se dicesse: L'aculeo della morte certamente il peccato, perch venuta dal peccato anche questa morte corporale. All'autore della morte o anche alla morte stessa sar detto alla fine da coloro che risorgendo nella gloria la inghiottiranno: Dov', o morte, la tua vittoria? Dov', o morte, il tuo aculeo? Ma questo aculeo, ossia il peccato, che a causa di uno solo penetr e pass con la morte in tutti gli uomini, moltiplicato anche con l'addizione degli altri peccati, non lo pot togliere nemmeno la legge, santa e giusta e buona, la quale infatti divenne piuttosto la forza del peccato, perch la concupiscenza ardesse di pi dopo che fu proibita e arrivasse al colmo della prevaricazione. Che restava dunque se non che ci soccorresse la grazia? E pertanto siano rese grazie a Dio che ci d la vittoria per mezzo del Signore nostro Ges Cristo; a Dio che, rimettendo i nostri debiti e non inducendoci in tentazione, ci conduce all'ultima vittoria dalla quale sia inghiottita anche la morte del corpo, perch chi si vanta non confidi nella propria forza, ma si vanti nel Signore 252. Questa fede retta e cattolica, nella quale abbiamo imparato e riteniamo che anche la morte del corpo fu inoculata da quell'aculeo che il peccato, tanto diversa dall'errore dei manichei ed piuttosto cos chiaramente avversa ad esso, che i

manichei dicono, piuttosto con voi che con noi, Adamo creato talmente mortale da essere morituro sia che peccasse, sia che non peccasse. N per questo tuttavia noi diciamo manichei voi perch anche voi dite ci. N tuttavia vedete che nemmeno noi per questo dobbiamo essere detti manichei da voi perch e i manichei e noi diciamo essere un male la concupiscenza per cui la carne concupisce contro lo spirito. Ma voi in ci che dite insieme ai manichei distate da loro per un altro errore, certamente dissimile, ma tuttavia un errore, perch la morte della carne non l'attribuite, come i manichei, ad una natura aliena e mescolata a noi, ma l'addossate alla nostra natura, bench non viziata da nessun peccato, e cos il paradiso della volutt pi onesta e pi felice lo riempite infelicemente e disonestamente dei funerali dei morti e degli strazi dei morenti. Noi invece nel dire con i manichei che un male e non viene dal Padre 253 la concupiscenza della carne per la quale la carne concupisce contro lo spirito, distiamo dai manichei non per un altro errore, sebbene dissimile, tuttavia eretico anch'esso, ma per la verit cattolica, perch questa discordia tra le due concupiscenze della carne e dello spirito non diciamo con i manichei che venne a noi dalla mescolanza di una natura aliena, coeterna a Dio e cattiva, ma con il cattolico Ambrogio e con i suoi colleghi dissertiamo e contro di voi entrambi asseriamo francamente che si convertita nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo 254, e la carne del Cristo la predichiamo, non nulla, come i manichei, n aliena dalla natura della nostra carne, come ci calunniate voi, ma immune da questo nostro vizio, per il quale la carne concupisce contro lo spirito, e assolutamente integra. Ma voi, negando che siano mali quelli che sono mali e non riferendo la loro origine al peccato del primo uomo, non ottenete che quei mali non esistano, ma con detestabile cecit favorite i manichei nel far credere che i mali vengano da una natura cattiva coeterna al Bene eterno, e accusate i manichei inutilmente, perch li aiutate miserabilmente.

1 - Cf. Gn 22, 17. 2 - Cf. Sir 40, 1. 3 - Cf. Gn 1, 31.

4 - Gal 5, 17. 5 - Cf. De duab. animab., n. 15. 6 - Gal 5, 17. 7 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12, 53. 8 - Cf. Ef 6, 16. 9 - Mt 6, 10. 10 - Cf. De nupt. et concup. 2, 34, 57. 58. 11 - Rm 8, 10. 12 - Rm 8, 9-11. 13 - IOANNES CONSTANTINOPOL., Ep. ad Olymp. 3, 3. 14 - IOANNES CONSTANTINOPOL., Omil. de Lazaro resuscitato. 15 - Cf. Sir 40,1. 16 - Sal 38, 6. 17 - Cf. Fil 2, 13. 18 - Cf. Sal 102, 3. 19 - Gal 5, 17. 20 - Cf. Gal 3, 2. 21 - Cf. Gal 5, 13. 22 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12, 53. 23 - Cf. Rm 5, 1. 24 - Cf. IOANNES CONSTANTINOPOL., Ep. ad Olymp. 3, 3. 25 - Cf. Rm 5, 16. 26 - Cf. Prv 8 (sec. LXX).

27 - Rm 7, 18. 28 - Rm 11, 7-10. 29 - Gv 12, 39-40. 30 - Rm 10, 1. 31 - Mt 6, 10. 32 - Cf. CYPRIANUS De Orat. dominica, 16. 33 - INNOCENTIUS (Ep. 181 inter Augustinianas), 7. 34 - INNOCENTIUS (Ep. 182 inter Augustinianas), 4. 35 - Rm 7, 15. 18. 36 - Gal 5, 17. 37 - Cf. Gb 14, 4 (sec. LXX). 38 - Cf. Gn 2-3. 39 - 1 Cor 15, 46. 40 - Cf. AMBROSIUS, De Paradiso. 41 - Cf. Ap 20, 6. 42 - Cf. Gc 2, 13. 43 - Gv 3, 5. 44 - Cf. Sal 93, 11. 45 - Cf. Mt 11, 25. 46 - Rm 7, 15. 23-25. 47 - Cf. 1 Cor 15, 53. 48 - Gal 5, 17. 49 - Cf. CYPRIANUS, De Orat. dominica.

50 - Cf. CYPRIANUS, De mortalitate. 51 - GREGORIUS NAZ., Orat. I de fuga sua. 52 - Vedi Contra Iul., 2, 3. 53 - Cf. supra 1, 67. 54 - Cf. Rm 7, 25. 55 - Sal 50, 7. 56 - Rm 7, 24. 57 - AMBROSIUS, De paenitentia 1, 2. 3. 58 - Cf. Sir 40, 1. 59 - Cf. Gb 7, 1 (sec. LXX). 60 - Rm 7, 18. 61 - Cf. CYPRIANUS, De Orat. dominica. 62 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12. 63 - Cf. 2 Cor 5, 4. 64 - Gal 5, 17. 65 - Gal 5, 16. 66 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12, 53. 67 - Rm 7, 22-24. 68 - Cf. 2 Cor 5, 21. 69 - Cf. 1 Cor 12, 12. 70 - Cf. VERGILIUS, Aeneid., 10, 462-463. 71 - Prv 29, 15. 72 - Cf. Ez 11, 19; 36, 26.

73 - Gal 3, 21-22. 74 - Rm 7, 15. 75 - Cf. Is 2, 3. 76 - Gv 8, 36. 77 - Cf. Sal 118, 133. 78 - Mt 6, 12-13. 79 - 2 Cor 13, 7. 80 - Gn 1, 31. 81 - 1 Tm. 4, 4. 82 - Cf. De gestis Pel. 24. 57. 60. 83 - Cf. Tt 3, 10. 11. 84 - Cf. supra 2, 117. 85 - Gn 1, 31. 86 - Cf. Gn 2, 8; 3, 23-24. 87 - Cf. CICERO, De finibus, 2. 88 - Gal 5, 17. 89 - Rm 7, 15. 90 - Sal 12, 4. 91 - Sal 118, 133. 92 - Sal 24, 7. 93 - Gb 14, 17 (sec. LXX). 94 - Gb 14, 4 (sec. LXX). 95 - Cf. 1 Gv 4, 18.

96 - Cf. Es 20, 5; 34, 7. 97 - Cf. Eb 7, 9. 10. 98 - Rm 7, 15. 99 - Cf. Rm 10, 1. 3. 100 - Cf. Sal 3, 9. 101 - Fil 3, 9. 102 - Cf. Prv 3, 16 (sec. LXX). 103 - Cf. CYPRIANUS, Ad Quirinum 3, 4. 104 - Cf. supra 2, 76. 105 - 2 Tm 2, 25. 106 - Cf. Eb 12, 17. 107 - Sap 5, 3. 8. 108 - Mc 3, 29. 109 - Rm 7, 14. 24-25. 110 - Cf. Sal 88, 9. 11. 111 - Col 1, 12-13. 112 - Cf. Mt 1, 21. 113 - Mt 12, 29. 114 - Lc 19, 10. 115 - Mt 9, 12-13. 116 - Cf. Sap 9, 15. 117 - Cf. Sir 40, 1. 118 - Cf. Sal 143, 4.

119 - Cf. Gv 11, 49-52. 120 - 2 Cor 5, 14-15. 121 - Cf. 1 Gv 3, 8. 122 - Cf. CYPRIANUS, Ep. 64 ad Fidum. 123 - Cf. PELAGIUS, De lib. arb., 3. 124 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12, 53. 125 - Gn 3, 16-19. 126 - Es 20, 5. 127 - Ger 31, 29. 128 - Rm 7, 15. 129 - Cf. Gn 25, 23. 130 - Cf. Dt 14, 22. 131 - Cf. Es 14, 30. 132 - Is 59, 20-21. 133 - Cf. Eb 7, 9-10. 134 - Sal 109, 4. 135 - Cf. Eb 7. 136 - Cf. Lc 12, 48. 137 - Cf. At 2, 24. 138 - Cf. Sap 10, 2. 139 - 1 Cor 15, 49. 140 - De nupt. et concup. 2, 34, 58. 141 - Cf. Gn 4, 12-15.

142 - Cf. Gn 19, 1-25. 143 - Cf. Dn 3, 49-50. 144 - Cf. Sir 40, 1. 145 - Bar 2, 31. 146 - Gn 3, 19. 147 - Rm 7, 10. 148 - Gn 3, 22-23. 149 - Cf. CYPRIANUS, Ep. 64 ad Fidum. 150 - Cf. Rm 5, 14. 151 - Cf. supra 2, 189. 190. 152 - Rm 8, 10. 153 - Gn 3, 14-19. 154 - Cf. De gest. Pel. 23. 60; De gz. Chr. et de pecc. orig. 3. 4. 155 - Sir 25, 33. 156 - Gn 1, 26. 157 - Gn 2, 18. 158 - Gn 1, 28. 159 - Ef 5, 23. 160 - 1 Cor 11, 9. 161 - Cf. Rm 8, 25. 162 - IOANNES CONSTANTINOPOL., Omil. de Lazaro resuscitato. 163 - AMBROSIUS, In Luc. 7, 15. 164 - Cf. Gn 3, 24 (sec. LXX).

165 - Sap 7, 22. 166 - Gn 22, 17. 167 - Gn 3, 16. 168 - Gn 3, 17-19. 169 - Gn 2, 15. 170 - Gn 4, 3-12. 171 - Gv 15, 13. 172 - Cf. Rm 8, 10. 173 - Sir 25, 33. 174 - Sap 9, 15. 175 - Sal 143, 4. 176 - Cf. supra 2, 189. 190. 177 - Rm 5, 12. 178 - Gn 3, 14. 179 - IUVENAL., Sat. 5, 119. 180 - Sap 9, 15-16. 181 - Cf. Mt 13, 22. 182 - Mt 11, 28-29. 183 - Mt 22, 29-30; Lc 20, 35-36. 184 - Gv 3, 18. 185 - Gn 2, 16-17. 186 - Gn 3, 17. 187 - Mt 6, 12.

188 - Sap 9, 15. 189 - Cf. 1 Gv 1, 8. 190 - Sap 10, 2. 191 - Sal 21, 17. 192 - Gn 2, 17. 193 - 1 Cor 15, 22. 194 - Cf. 2 Cor 5, 10. 195 - Cf. Sal 115, 5. 196 - 1 Cor 15, 49. 197 - Mt 8, 22. 198 - Cf. Ap 2, 11; 20, 6. 14; 21, 8. 199 - Mt 10, 28. 200 - Mt 25, 41. 201 - 1 Cor 15, 21- 22. 202 - Rm 5, 12. 14. 203 - Eb 12, 11. 204 - Cf. 2 Cor 5, 4. 205 - 1 Cor 15, 12-24. 206 - Cf. Rm 8, 3. 207 - Cf. 1 Pt 2, 21. 208 - Cf. Gv 10, 18. 209 - Prv 8 (sec. LXX). 210 - Mt 6, 10.

211 - Cf. supra 2, 52. 212 - Mt 5, 48. 213 - Lv 11, 44. 214 - 1 Cor 15, 20-21. 215 - Fil 2, 8-9. 216 - At 2, 22-24.32. 217 - Gv 10, 18. 218 - Cf. Gv 5, 28-29. 219 - Cf. Sal 115, 15. 220 - Mt 26, 39. 221 - Cf. Mt 10, 29. 222 - 1 Cor 15, 23-24. 223 - Col 1, 18. 224 - Cf. 1 Ts 4, 17. 225 - Cf. Mt 25, 46. 226 - 1 Cor 15, 25-28. 227 - Cf. 1 Cor 15, 53-54. 228 - Cf. Gal 5, 17. 229 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12, 53. 230 - Rm 6, 4. 231 - 1 Cor 15, 29-34. 232 - 1 Cor 15, 33-49. 233 - Cf. Ger 23, 40.

234 - 1 Cor 15, 46-47. 49. 235 - Rm 6, 19. 236 - 1 Cor 15, 50-52. 237 - Rm 4, 15. 238 - Rm 7, 12-13. 239 - 1 Cor 15, 46-57. 240 - Rm 6, 19. 241 - Rm 8, 6. 10. 242 - Cf. Eb 2, 14-15. 243 - Lc 12, 4-5. 244 - Osea 13, 14 (sec. LXX). 245 - Rm 7, 7-8. 246 - Rm 4, 15. 247 - Gal 3, 21-22. 248 - Cf. 1 Cor 7, 25. 249 - Cf. Prv 8 (sec. LXX). 250 - Cf. IOANNES CONSTANTINOPOL., Ep. ad Olymp. 3, 3. 251 - Cf. Mt 1, 21. 252 - Cf. 2 Cor 10, 17. 253 - Cf. 1 Gv 2, 16. 254 - Cf. AMBROSIUS, In Luc. 7, 12, 53.

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