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La Divina Commedia
IL POEMA
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Inferno, Canto I
Ahi quanto a dir qual era cosa dura, esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza e molte genti f gi viver grame...
"A te convien tenere altro viaggio," rispuose, poi che lagrimar mi vide, "se vuoi campar d'esto loco selvaggio..."
Da n t e e le t r e fier e (G. St r a da n o, 1 5 8 7 )
avere piet di lui e gli chiede se sia un uomo in carne ed ossa oppure lanima di un defunto. Laltro risponde di non essere pi un uomo in vita, ma di avere avuto i
genitori lombardi e di essere originario di Mantova. Si presenta come Virgilio, il poeta latino vissuto al tempo di Cesare e Augusto, ovvero durante il paganesimo, e che ha cantato le gesta di Enea nel poema a lui dedicato. Virgilio rimprovera Dante perch sta scivolando verso il male della selva, mentre dovrebbe scalare il colle che principio di felicit. Dante risponde a sua volta con ammirazione, dicendo a Virgilio che lui il pi grande poeta mai vissuto e dichiarando che il suo maestro e modello di stile poetico. Si giustifica indicando la lupa come la
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Interpretazione complessiva
Il canto I dellInferno di introduzione allintero poema, presenta quindi la situazione iniziale e spiega le ragioni del viaggio allegorico: Dante vi compare nella duplice veste di personaggio reale, che in un determinato momento storico si smarrisce in una selva (a met della sua vita, quindi nell'anno 1300 quando stava per compiere 35 anni), e in quella di ogni uomo che in questa vita chiamato a compiere un percorso di redenzione e purificazione morale per liberarsi dal peccato e guadagnare la beatitudine. Sul piano allegorico, dunque, la selva rappresenta proprio il peccato (essa infatti descritta come selvaggia e aspra e forte, spaventosa al solo ricordo e poco meno amara della morte stessa), mentre su quello letterale un luogo in cui chi compie un viaggio rischia realisticamente di smarrirsi per essere uscito dalla diritta via, per cui i lettori del tempo di Dante potevano trovare familiare un paesaggio simile (all'epoca le zone boscose erano assai estese e selvatiche, come per esempio in Maremma: cfr. Inf., XIII, 7-9). Altrettanto realistici gli altri elementi del paesaggio simbolico, a cominciare dal colle che allegoricamente raffigura la via alla felicit terrena, cio al possesso delle virt cardinali (fortezza, temperanza, prudenza e giustizia) per le quali la ragione umana sufficiente, e che Dante tenta inutilmente di scalare vedendo sorgere il sole dietro la sua vetta (esso rappresenta la via verso la salvezza, oltre all'ovvia considerazione che il nuovo giorno dissipa le paure della notte e ridona al poeta nuova speranza). Le tre fiere che sbarrano il passo al poeta e lo ricacciano verso la selva sono invece le tre principali disposizioni peccaminose: la lonza la lussuria, il leone la superb ia, la lupa lavarizia-cupidigia, secondo una tradizione gi attestata dai commentatori medievali, e anch'esse ovviamente rappresentano tre animali selvaggi che non erano certo impossibili da incontrare in un effettivo viaggio attraverso una foresta (tranne naturalmente il leone, ma nulla conferma che il viaggio dantesco avvenga in Italia e d'altronde vari interpreti hanno ipotizzato che questi luoghi si trovino in realt nei pressi di Gerusalemme, sotto la quale si spalanca la voragine infernale). Pi pericolosa la lupaavarizia, radice di tutti i mali e per Dante causa prima del disordine politico e morale che regnava in Italia allinizio del Trecento, di cui simbolo del resto anche la selva, mentre va ricordato che in molti passi del poema egli si scaglia con forza contro la corruzione del mondo politico ed ecclesiastico del suo tempo, causata principalmente proprio dall'avidit di denaro. La lupa si rivela un ostacolo insuperabile e Dante lentamente scivola nuovamente verso la selva, cio il peccato. La seconda parte del Canto vede come protagonista Virgilio, che sar la prima guida di Dante nel viaggio ultraterreno e che allegoria della ragione umana dei filosofi antichi, guida sufficiente a condurre luomo al pieno possesso delle virt cardinali: egli giunge in soccorso del poeta in modo inaspettato, come un'apparizione spettrale, tanto che Dante gli chiede timoroso se sia omb ra od omo certo. La risposta del poeta latino una vera e propria prosopopea, un'elegante auto-presentazione in cui Virgilio non fa direttamente il proprio nome (sar Dante a citarlo al termine delle sue parole) e si manifesta come l'autore dell'Eneide, il poema che era considerato il capolavoro della letteratura latina e il cui protagonista, Enea, centrale nella tradizione classico-cristiana, in quanto fondatore della stirpe romana e, indirettamente, di quella Roma che sar centro dell'Impero e della Chiesa. Virgilio rimprovera Dante del fatto che non sale il dilettoso monte che principio di ogni felicit e il poeta fiorentino risponde indicando Virgilio come il suo maestro, colui da cui ha tratto l'alto stile tragico che gli ha dato la fama, invocando poi il suo aiuto contro la lupa-avarizia che lo riempie di terrore e costituisce uno sbarramento insuperabile: la successiva risposta di Virgilio si divide in due parti, la prima delle quali dedicata alla profezia del veltro che ricaccer la lupa nell'Inferno da dove uscita (per le molte interpretazioni di questo personaggio si veda oltre), la seconda al viaggio nell'Oltretomba che Dante dovr affrontare se vuole scampare da questo loco selvaggio, e in cui sotto la sua guida visiter Inferno e Purgatorio, mentre se vorr visitare anche il Paradiso dovr attendere la guida di Beatrice, in quanto Virgilio pagano e non quindi ammesso nel regno di quel Dio che non ha conosciuto. Allegoricamente Beatrice raffigura la grazia santificante e la teologia rivelata, che sola pu portare l'uomo alla salvezza, mentre affermata fin dall'inizio l'insufficienza della ragione naturale, che in grado di condurre l'uomo al possesso delle virt cardinali e a una condotta onesta, ma non di arrivare alla beatitudine eterna: questa l'ossatura allegorica dell'intero poema e la cosa diverr chiara gi dal Canto II, in cui Virgilio rievocher l'incontro con Beatrice nel Limbo e spiegher che il viaggio di Dante voluto da Dio, dunque non folle in quanto non
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Testo
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ch la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant amara che poco pi morte; ma per trattar del ben chi vi trovai, dir de laltre cose chi vho scorte. Io non so ben ridir comi vintrai, tantera pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi chi fui al pi dun colle giunto, l dove terminava quella valle che mavea di paura il cor compunto, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite gi de raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor mera durata la notte chi passai con tanta pieta. E come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, si volge a lacqua perigliosa e guata, cos lanimo mio chancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasci gi mai persona viva. Poi chi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, s che l pi fermo era sempre l pi basso. Ed ecco, quasi al cominciar de lerta, una lonza leggiera e presta molto, 30 27 24 21 18 15 12 9 6 3
Parafrasi
A met del percorso della vita umana (all'et di 35 anni), mi ritrovai per una oscura foresta, poich avevo smarrito la giusta strada.
Ahim, difficile descrivere com'era quella foresta, selvaggia, inestricab ile e tremenda, tale che al solo pensiero fa tornare la paura. cos spaventosa che la morte lo poco di pi: ma per descrivere il b ene che vi trovai dentro, dir quali altre cose ho visto in essa.
Non sono in grado di spiegare come vi sia entrato, tanto ero pieno di sonno nel momento in cui lasciai la giusta strada.
Ma dopo che fui arrivato ai piedi di un colle, l dove finiva quella valle che mi aveva rattristato il cuore di paura, alzai lo sguardo e vidi la sua vetta gi illuminata dai raggi del sole, che conduce ogni uomo sulla giusta strada.
Allora si plac un poco la paura che avevo avuto nel profondo del cuore, quella notte che trascorsi con tanta angoscia.
E come il naufrago che col respiro affannoso, gettato dal mare sulla riva, si volta e guarda alle acque pericolose da cui scampato, cos il mio animo, che ancora era in fuga, si volt indietro ad osservare il passaggio che non lasci mai passar vivo nessun uomo.
Dopo che eb b i riposato un poco il corpo stanco, ripresi a camminare lungo il pendio deserto del colle, in modo tale che il piede pi saldo era sempre quello pi b asso. Ed ecco che apparve, quasi all'inizio della salita, una lonza snella e molto agile, ricoperta di pelo maculato; e non si allontava di fronte a
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che di pel macolato era coverta; e non mi si partia dinanzi al volto, anzi mpediva tanto il mio cammino, chi fui per ritornar pi volte vlto. Tempera dal principio del mattino, e l sol montava n s con quelle stelle cheran con lui quando lamor divino mosse di prima quelle cose belle; s cha bene sperar mera cagione di quella fiera a la gaetta pelle lora del tempo e la dolce stagione; ma non s che paura non mi desse la vista che mapparve dun leone. Questi parea che contra me venisse con la testalta e con rabbiosa fame, s che parea che laere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti f gi viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura chuscia di sua vista, chio perdei la speranza de laltezza. E qual quei che volentieri acquista, e giugne l tempo che perder lo face, che n tutti i suoi pensier piange e sattrista, tal mi fece la bestia sanza pace, che venendomi ncontro a poco a poco mi ripigneva l dove l sol tace. Mentre chi rovinava in basso loco, dinanzi agli occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. Quando vidi costui nel gran diserto, Miserere di me, gridai a lui, qual che tu sii, od ombra od omo certo! Rispuosemi: Non omo, omo gi fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patria ambedui. Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto l buono Augusto al tempo de li dei falsi e bugiardi. Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol dAnchise che venne di Troia poi che il superbo Iln fu combusto. Ma tu perch ritorni a tanta noia? perch non sali il dilettoso monte ch principio e cagion di tutta gioia? Or se tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar s largo fiume?, rispuosio lui con vergognosa fonte. O de li altri poeti onore e lume, vagliami l lungo studio e l grande onore che mha fatto cercar lo tuo volume. 84 81 78 75 72 69 66 63 60 57 54 51 48 45 42 39 36 33
Erano le prime ore del mattino, e il sole stava sorgendo insieme a quella costellazione (l'Ariete) che era con lui il giorno della Creazione, quando l'amore divino mosse per la prima volta quelle b elle cose; cos l'ora del giorno e la stagione primaverile mi davano b uoni motivi per sperare b ene a proposito di quella b elva dalla pelle chiazzata; ma non al punto che non mi desse paura la vista, che mi apparve sub ito dopo, di un leone.
Questi semb rava venire contro di me, con la testa alta e con fame rab b iosa, al punto che persino l'aria semb rava tremare.
Ed ecco apparire una lupa, che nella sua magrezza semb ra piena di tutti i desideri e spinse molte persone a vivere miseramente; questa mi procur una tale angoscia, col terrore che mi ispirava il suo aspetto, che persi la speranza di raggiungere la sommit del colle.
E come colui che acquista volentieri, e poi arriva il tempo in cui perde ogni cosa, per cui piange e si rattrista in ogni pensiero, cos mi rese la b elva senza pace, che venendo contro di me mi sospingeva poco a poco verso il b asso, dove non c'era il sole.
Mentre io scivolavo a valle, verso la foresta, apparve davanti ai miei occhi qualcuno che non riuscivo a vedere b ene per la penomb ra.
Quando vidi costui nel luogo deserto, gli gridai: Ab b i piet di me, chiunque tu sia, un'anima o un uomo in carne e ossa!
Mi rispose: No, non sono un uomo, lo sono gi stato, e i miei genitori furono della Lomb ardia, entramb i nativi di Mantova.
Nacqui sotto il governo di Giulio Cesare, anche se negli ultimi anni, e vissi a Roma sotto il governo del b uon imperatore Augusto, al tempo degli dei pagani. Fui poeta, e cantai di quel giusto figlio di Anchise (Enea) che fugg da Troia dopo che il superb o Ilio (Troia) fu b ruciato.
Ma tu, perch ritorni al male della foresta? Perch non scali il colle gioioso, che principio e causa di ogni felicit?
Allora tu sei quel Virgilio e quella sorgente che spande un cos largo fiume di parole? gli risposi vergognandomi.
O tu che sei luce e guida degli altri poeti, mi siano di aiuto il lungo impegno e il grande amore che mi hanno spinto a leggere la tua opera!
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Tu se lo mio maestro e l mio autore, tu se solo colui da cu io tolsi lo bello stilo che mha fatto onore. Vedi la bestia per cu io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, chella mi fa tremar le vene e i polsi. A te convien tenere altro viaggio, rispuose, poi che lagrimar mi vide, se vuo campar desto loco selvaggio; ch questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo mpedisce che luccide; e ha natura s malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo l pasto ha pi fame che pria. Molti son li animali a cui sammoglia, e pi saranno ancora, infin che l veltro verr, che la far morir con doglia. Questi non ciber terra n peltro, ma sapenza, amore e virtute, e sua nazion sar tra feltro e feltro. Di quella umile Italia fia salute per cui mor la vergine Cammilla, Euralo e Turno e Niso di ferute. Questi la caccer per ogne villa, fin che lavr rimessa ne lo nferno, l onde invidia prima dipartilla. Ondio per lo tuo me penso e discerno che tu mi segui, ed io sar tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno, ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, cha la seconda morte ciascun grida; e vederai color che son contenti nel foco, perch speran di venire quando che sia a le beate genti. A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ci di me pi degna: con lei ti lascer nel mio partire; ch quello imperador che lass regna, perchi fu ribellante a la sua legge, non vuol che n sua citt per me si vegna. In tutte parti impera e quivi regge; quivi la sua citt e lalto seggio; oh felice colui cu ivi elegge! E io a lui: Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, a ci chio fugga questo male e peggio, che tu mi meni l dovor dicesti, s chio veggia la porta di san Pietro e color che tu fai cotanto mesti. 132 129 126 123 120 117 114 111 108 105 102 99 96 93 90 87
Vedi la b elva che mi ha fatto voltare; aiutami da lei, famoso sapiente, poich essa fa tremare ogni goccia del mio sangue.
Tu devi compiere un altro viaggio, mi rispose dopo avermi visto piangere, se vuoi salvarti da questo luogo selvaggio.
Infatti, la b elva che ti fa urlare non lascia passare nessuno per la sua strada, ma lo impedisce al punto di ucciderlo.
E ha un'indole cos malvagia e malefica che non pu mai soddisfare la sua b ramosia, e dopo ogni pasto ha pi fame di prima.
Sono molti gli animali a cui si accoppia, e saranno sempre di pi, finch arriver il cane da caccia (veltro) che la far morire con dolore. Costui non b ader alle ricchezze materiali, ma solo a quelle spirituali e la sua nascita avverr tra feltro e feltro.
Sar la salvezza di quell'umile Italia, per cui morirono in b attaglia Eurialo e Niso, Turno, la vergine Camilla.
Costui le dar la caccia per ogni citt, finch l'avr rimessa nell'Inferno da dove l'invidia (del demonio) la fece uscire per la prima volta.
Perci io penso e giudico per il tuo b ene che tu deb b a seguirmi, e io ti far da guida; e ti porter via di qui per guidarti in un luogo dell'Oltretomb a, dove udirai le grida disperate e vedrai le antiche anime dei dannati, ciascuno dei quali invoca la morte definitiva.
E poi vedrai coloro che sono contenti di sub ire pene (i penintenti del Purgatorio), perch sperano un giorno di raggiungere i b eati del Paradiso. E se poi tu vorrai salire a visitare questi ultimi, allora ci sar un'anima pi degna di me per farti da guida: quando me ne andr, ti lascer con lei. Infatti, quell'imperatore (Dio) che regna lass, non vuole che io entri nella sua citt, in quanto fui rib elle alla sua legge (fui pagano).
Dio ha autorir in tutto l'Universo e in Paradiso governa; qui c' la sua citt e il suo altro trono; oh, felice colui che sceglie per risiedere in quel luogo! E io gli dissi: Poeta, in nome di quel Dio che non hai conosciuto e affinch io fugga questo male e altri peggiori, ti chiedo ti condurmi l dove hai detto, cos che io veda la porta di San Pietro e coloro che descrivi tanto miseri.
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