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SOFFRIAMO UN TRAGICO ERRORE DI PARaDIGMA - Nando Ioppolo

SOFFRIAMO UN TRAGICO ERRORE DI PARADIGMA Non concepibile un commercio internazionale che non sia impostato sul pareggio tendenziale dei rispettivi export-import, e, di conseguenza, non nemmeno possibile ricostituire la circolarit del sistema senza promuovere la domanda interna. A questo punto, per, emerge pure la contraddizione-base dei sistemi mercantili, genere di cui anche il capitalismo specie: la esistenza di un consistente gap tra i risparmi che, da un lato, residuano alla fine di ogni ciclo, a seguito della distribuzione ineguale del reddito monetario che stato ricavato dalla vendita sul mercato di quanto stato prodotto in quel ciclo, e, dallaltro lato, la somma dei consumi che si registrano sul mercato nel ciclo successivo, pi gli investimenti produttivi che vengono quindi effettuati proprio per produrre i beni e servizi che soddisfano questa domanda di consumi, sempre calanti a causa del progresso tecnico-scientifico e organizzativo-aziendale. Dati Istat alla mano, infatti, si verifica empiricamente che, nei paesi sviluppati del nord capitalistico come lItalia, mentre i risparmi medi costituiscono circa il 20% del PIL, ammontano ad appena il 5% circa del PIL gli investimenti produttivi che vengono effettuati per produrre lofferta che soddisfa la domanda di consumi restante, al saldo dellexport-import (cio l80% restante del reddito distribuito). Purtroppo la pubblicistica tecnica e atecnica non ha finora colto correttamente n il significato n la dimensione quantitativa di questo gap, e meno che mai lha diffusa nel grande pubblico. Ne traspaiono solo parziali ammissioni, la principale delle quali concerne il bisogno vitale che avrebbe il capitalismo di reperire mercati sempre nuovi o perfino vergini, pena la impansione progressiva, da cui discende: a)da una parte, lidea che sia vitale inseguire la sempre maggiore competitivit internazionale possibile attraverso la compressione indefinita dei costi interni di produzione (retribuzioni e imposte per il welfare, soprattutto) praticata con la importazione, meglio se clandestina, di manodopera a basso costo dal terzo mondo, e, insieme, la delocalizzazione produttiva nelle aree del terzo mondo in

cui possibile produrre a costi stracciati risparmiando al massimo su retribuzioni, welfare, imposte in genere e spese per la sicurezza e per la tutela ecologica, e b)dallaltra parte, lidea che cos agendo tuttavia inevitabile che si acceleri il processo impansivo nel nord sviluppato, poich la domanda internazionale cala in valore assoluto in quanto i mercati di sbocco restano sostanzialmente gli stessi per via della debole crescita dei consumi nelle aree del sud che beneficiano delle delocalizzazioni, in rapporto al loro calo nelle aree del nord che soffrono sia le delocalizzazioni che i processi di efficientizzazione classista dei costi diretti e indiretti del lavoro (retribuzioni e imposte per il welfare). Mentre a destra si pensa puramente e semplicemente di scaricare sulle classi subalterne questa crisi epocale o sistemica accentuando la sperequazione dei meccanismi ridistributivi, sostanzialmente ridistribuendo in modo sempre pi sperequato un PIL in continua contrazione nonostante cos si acceleri il processo recessivo internazionale, e pure attrezzandosi ad affrontare militarmente la plausibile ribellione prepolitica prossima ventura delle masse, a sinistra si fa strada la doppia idea suicida che, da un lato, marxisticamente naturale che il capitalismo venga oggi travolto dalle sue contraddizioni interne di sempre, per cui basterebbe attendere fiduciosi il suo crollo endogeno, e, dallaltro lato, che questo in qualche modo pure giusto per un sistema, il capitalismo, che intrinsecamente predatorio e si vede oggi sbattere sul muso la concorrenza di quello stesso terzo mondo sfruttato in cui si delocalizza e che a sua volta, per espandersi, ha il bisogno vitale di invadere i mercati del nord! Di qui una ulteriore divisione: A)da una parte i moderati, che, di fronte alla ineluttablit di questi processi, credono che il loro compito ingrato consista nel fare responsabilmente digerire ai propri referenti elettorali linevitabile impoverimento progressivo che li attende, contrattando nel contempo con la elite la minore durezza possibile di questo stesso impoverimento e la sua massima diluizione nel tempo. B)dallaltra parte gli estremisti, che ritengono necessario cambiare totalmente il sistema in modo pi o meno rivoluzionario guidandolo verso una palingenesi di cui per intravedono soltanto le linee guida, stante il diffuso pregiudizio che il socialismo sia una esperienza storica da non ripetere nemmeno in forme

rivedute e corrette. Di qui un caotico intrecciarsi di istanze ecologiste, pauperiste, neo-bucoliche, tardo-hippies, ecc., nelle quali peraltro viene sovente profuso uno sforzo intellettuale di grande pregio etico e perfino scientifico che non va affatto sottovalutato. Un intreccio che si dirige verso il non-voto o verso posizioni comunque prive di prospettive di governo, ma che comunque leva una forte voce verso una distribuzione pi solidale nellimmediato che ricorda quella che levavano le plebi dei sistemi schiavili e cui la elite tarda a rispondere aggiungendo il panem ai circenses che invece ci dispensa da sempre. Il quadro viene oggi ulteriormente complicato dalla realt dellimpoverimento progressivo, e per giunta rapido, dei ceti medi, tradizionali alleati della elite e che oggi si sentono (giustamente) da essa traditi e nutrono la stessa tradizionale miscela di odio verso gli operai e verso le banche, cui aggiungono oggi un nuovo odio, quello che rivolgono specificatamente agli immigrati e alle imprese delocalizzate. Si ricrea dunque pi o meno la stessa miscela esplosiva degli anni 20 e 30, e si ripropongono dunque i medesimi possibili nefasti sviluppi. La Lega esprime da tempo e in modo abbastanza compiuto la parte pi populista di un pensiero funzionale a questa miscela di odio, ma anche parte del centro-destra si sta spostando su posizioni simili, pur se connotate da un certo anti-operaismo che simpatizza per le partite-IVA, parlando sempre pi esplicitamente (v. gli scritti di Brunetta sul Giornale) di interessi nazionali gravemente minacciati dagli egoismi di una Europa delle banche avida e ostile e, insieme, dagli immigrati, dalle multinazionali delocalizzate e perfino dagli imprenditori nazionali che si delocalizzano. Lentrata in campo di un tribuno (Berlusconi?) che si ergesse a simbolo di questo coagulo di odio imporrebbe alla sinistra una scelta difficile: stare con Monti e Casini contro il tribuno eversivo e xenofobo, o ? Eppure tutto questo non ha alcun senso sotto il profilo scientifico. E solo frutto di un tragico equivoco introno al vero funzionamento del capitalismo, e, precisamente, intorno al modo storicamente determinato in cui si risolve da tempo il problema del consistente gap che, come abbiamo visto, esiste tra i risparmi e gli investimenti produttivi, impedendo la ricostituzione del circolo Denaro-Merce-Denaro. Tutti sanno del tanto vituperato deficit-spending. Quasi nessuno, invece, sa

delluso spregiudicato della moneta creditizia cartolare, e perfino cartacea, per finanziare allo scoperto tanta domanda aggiuntiva, autonoma dalla distribuzione, quanta ne serve per colmare e pi che colmare quel gap. Sto parlando dei marchi elettronici e cartacei creati da Hitler, con cui ha finanziato allo scoperto sia la ripresa degli anni 33-36, sia ancora lo sforzo militare dal 36 al 45, lasciando alla fine la Germania semidistrutta militarmente, ma senza nemmeno un marco di debito pubblico! Sto parlando delle AM-lires con cui altrettanto allo scoperto si sono finanziati in Italia gli alleati dal 43 al 47. Sto parlando, soprattutto, di tutta la gigantesca moneta creditizia che viene creata elettronicamente dal nulla dalle banche grazie al sistema della cos detta riserva frazionaria e che non si nullifica pi per mancata restituzione, vuoi per insolvenza dei mutuatari, vuoi perch i prestiti vengono rinnovati allinfinito per compiacenza (politica e clientelare) o per interesse proprio (v. i giganteschi prestiti fatti alle multinazionali dalle grosse banche loro sorelle e poi continuamente loro rinnovati), vuoi, infine, perch si tratta di moneta creditizia scambiata contro bond pubblici, laddove pochi sanno che dal 45 ad oggi non si conosce un solo caso di debito pubblico che sia mai stato rimborsato nemmeno in parte. E parliamo di decine e decine di mld di euro per quanto concerne i debiti sovrani, e di centinaia di migliaia per la moneta creditizia virtuale restante! Una realt che dovrebbe essere intuita anche dallo studio del deficit-spending finanziato con bond a rendimento netto negativo, come da anni avviene sistematicamente in Giappone e come avveniva da noi tra il 72 e l81, quando i rendimenti netti viaggiavano tra il -3% e il -8% e il nostro rapporto debito/PIL tra il 55% e il 60%, e come, ancora, sarebbe se collocassimo forzosamente e pro quota i nostri btp alla giapponese presso le banche che operano in territorio italiano, allo stesso tasso loro praticato dalla BCE (lo 0,75%) e a fronte di una inflazione certamente non inferiore al 2% rilevato, il che comporta un rendimento netto del -1,25% e, dunque, un rimborso progressivo e automatico del debito pregresso, in termini reali, di circa 25 mld lanno (1,25% di 2.000 mld=25 mld). Il fenomeno del finanziamento della domanda effettiva con moneta allo scoperto, del resto, avrebbe dovuto (o lo perfettamente?) essere noto fin dal 500, quando loro delle Americhe importato in quantit industriali dagli spagnoli e quello importato dalle indie orientali dai portoghesi approfittando del differente

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completamente il rapporto oro/merci esistente fino ad allora e finanzi allo scoperto la prepotente espansione economica e demografica europea del 500. Una espansione che fu anche inflattiva e non solo inflattiva! Il che naturale nelle fasi espansive ed dovuto al ritardo con cui lofferta si adegua alla domanda e allo strozzo scientifico operato sistematicamente dai mercanti allingrosso al fine di scatenare la incetta tra i compratori e quindi fare salire il prezzo di equilibrio fino a quel pi alto valore (inflazione) che consente il massimo profitto percentuale (extraprofitto da oligo-monopolio). Lo facevano allora i mercanti internazionali di cereali e lo fanno oggi le multinazionali con i loro accordi di cartello, in ogni settore merceologico. Meglio comunque una espansione inflattiva di una deflazione recessiva, tanto pi che la si pu benissimo contrastare con il calmiere allingrosso e lantitrust. E allora? Una volta scoperto come una ristretta elite creditizio-finanziaria internazionale gestisce sia la produzione e commercializzazione da parte delle sue multinazionali, sia la immissione nel circuito D-M-D di parte della moneta allo scoperto che produce nel circolo D-D, per cui gestisce sia linflazione che la copertura parziale o totale del gap, determinando cos sia la espansione che la recessione come il loro tasso percentuale e la loro stessa allocazione geografica, al di fuori di qualsiasi dibattito democratico e anzi diffondendo le credenze pseudo-scientifiche che nascondono questi meccanismi, il suo gigantesco potere e insieme il segreto del funzionamento effettivo del capitalismo. E ora che labbiamo scoperto, cosa aspettiamo a iniziare la lotta per la conquista del controllo democratico della produzione e immissione della moneta nel circuito D-M-D a fine di ricostituzione/sviluppo del sistema? Solo cos, del resto, possibile governare il capitalismo e quindi riqualificare la domanda aggregata per compatibilizzarla con i fermi limiti imposti dalla natura, contraendo il monteore lavorate pro capite anzich per multipli di 8 ore e trasformando la decrescita "disperata" che altrimenti ci attende inesorabile in una decrescita che se proprio non sar "felice" sar ameno "sostenibile". Forse ci dispiace troppo smentire Marx circa la contraddizione principale del

sistema capitalistico e il come la superi, se, dove, quando e quanto lo vuole, la elite creditizio-finanziaria che ne controlla le leve? E davvero conveniente liquidare la questione dicendo che chi dice queste cose non capisce niente di economia. E per quanto tempo, allora, sar possibile nascondere ancora la verit? E pensare che cambiando il paradigma da liberista a anti-liberista la ricetta per uscire dalla crisi semplicissima, in quanto basta contrarre la ridistribuzione ineguale della ricchezza entro i soli pi ristretti confini in cui essa funzionale, e non disfunzionale, al mantenimento del sistema, e, quindi, pompare la domanda interna ridistribuendo in modo quanto pi progressivo possibile il reddito, nonch intervenendo con un deficit-spending finanziato con bond collocati a tassi netti negativi o nulli. Al fine, sufficiente: -a)contenere con il calmiere allingrosso e lanti-trust la inflazione da oligopolio che abitualmente accompagna le fasi espansive; -b)bloccare con appositi limiti legali la speculazione di borsa ; -c)salvare da qualsiasi contraccolpo un minimo di sistema creditizio creando un polo di banche commerciali non quotate in borsa e cui vietato operare in borsa, magari dotate di idonea garanzia fidejussoria statale; -d)nazionalizzare la BdI, onde rompere il cartello bancario (Basilea2 e 3) e calmierare gli spread privati; -e)riformare lo statuto della BCE onde farla diventare il nostro prestatore di ultima istanza o, almeno, collocare alla giapponese i bond che restano invenduti nelle aste; -f)svalutare centralmente e periodicamente leuro per mantenerlo sempre vero, ossia in linea con i nostri fondamentali, cio in misura sempre pari al differenziale di inflazione che eventualmente residuasse nonostante il calmiere allingrosso e lanti-trust, una volta avviato nella UE un processo inflattivo a seguito delle misure keynesiane ivi prese, mentre fuori della UE linflazione fosse pi bassa per le misure deflattivo-recessive ivi prese. E se poi non lo vogliamo, perch almeno non torniamo a proporre il sistema pianificato? Si pu dire di tutto contro di esso, infatti, tranne che non sappia dare da mangiare a tutti, cosa che proprio il capitalismo che non sa fare, almeno se si lascia libera di operare la sua mano invisibile!

Altrimenti, la caduta dellimpero romano.

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