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Cristiani e musulmani del Burkina Faso

regione saheliana.

AFRICA . 2

Gorom Gorom un grande agglomerato di circa 80 villaggi collegato alla provincia di Seno grazie a una strada di terra battuta, percorsa con ogni mezzo dai mercanti di tutta la regione per raggiungere la piazza dove ogni gioved mattina si tiene il mercato pi grande della

Il paesaggio che mi passa accanto mi ricorda che ci stiamo adden-

trando sempre di pi in Sahel.

Il verde e il rosso delle pianure centrali scompaiono e il

colore dominante diventa il giallo.

Le donne portano grandi veli colorati e tra i capelli instanti e aderenti alla religione tradizionale. La societ burkinab quel che si denisce una societ plurale, perch oltre a questa diversit di confessioni religiose, sul territorio le persone sono state classicate come appartenenti a oltre 60 etnie differenti. Dopo il mio primo viaggio in terra burkinab ho cominciato a chiedermi se tutto quello che veniva scritto sul continente africano, sulle sue guerre, la povert di risorse, i cruenti conitti, non potesse venir smentito dallesempio di alcuni Paesi virtuosi dove la realt fatta di dialogo e relazioni paciche e i conitti rappresentano leccezione. In particolare, sono venuta per conoscere di persona le attivit dellUnion Fraternelle des Croyants, ong multiconfessionale nata durante la siccit degli anni Settanta ad opera di padre Lucien Bidaud, un missionario redentorista francese (scomparso durante una traversata del deserto nel 1987) che ha riunito le comunit musulmane e cristiane di Dori, capoluogo della regione del Sahel, nella gestione dellaiuto umanitario per la popolazione colpita dalla carestia. Da un gruppo informale di volontari, mandati nei villaggi dalla parrocchia e dalla grande moschea della citt, nata unassociazione che opera per lo sviluppo del territorio. Sono curiosa di capire come sia possibile avviare pratiche di dialogo in una situazione di scarsit di risorse e dove una delle due comunit avrebbe potuto escludere laltra nella gestione degli aiuti. La mia ricerca per ancora gli inizi. E cos, la prima se-

trecciano gioielli di diverse forme e colori, mentre gli uomini indossano dei turbanti blu, bianchi o rosso scuro, a indicare la loro origine tribale: peul, tuareg, songhay.

a Gorom che inizio ad approfondire le radici della cultura islamica.

di Donata Columbro

iscutere di cimiteri davanti a un piatto ricolmo di aloco (una sorta di banana salata) fritta e profumata non era proprio quello che mi aspettassi dalla mia prima cena in terra burkinab. Eppure cos che comincia la mia quasi inchiesta sulle relazioni tra le comunit musulmane e cristiane del Burkina Faso. Sono a Ouagadougou, la capitale del Paese, e per ora cerco conferme di quella che nel 2004, anno del mio primo viaggio in Africa, mi era sembrata uneccezionale esperienza di integrazione e dialogo tra culture e religioni diverse. In Burkina Faso vivono quindici milioni di persone su una supercie quasi pari a quella dellItalia e, di queste, pi della met (circa il 60%) musulmana, mentre il restante si divide tra cattolici (circa il 20%), prote-

Una donna bobo con il viso decorato da tatuaggi tribali.

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Corbis / C. & J. Lenars

ra a Ouagadougou, mi ritrovo a parlare di cimiteri misti con un deputato del partito del presidente Compaor, il Congresso per la democrazia e il progresso (Cdp), che demolisce tutte le mie convinzioni sulle usanze di sepoltura dei morti delle due comunit: I cimiteri sono misti: domani la porto a vedere le tombe: vedr che ci sono croci e mezzelune sparse un po dappertutto, mi assicura Amadou Diemdioda Dicko. proprio cos, almeno a Ouagadougou e a Bobo Dioulasso, la seconda citt del Paese, dove in effetti nei cimiteri non si nota un vero e proprio raggruppamento di tombe della stessa confessione e, se non per il simbolo che le contraddistingue, non c alcuna differenza. Nel Sahel rurale, a Nord del Paese, dove mi sposto per le mie ricerche, le tradizioni religiose sono molto pi radicate nella societ e la sepoltura avviene in terreni separati: i cimiteri misti sono una realt che riguarda soltanto i centri urbani.

Fofo, Sahel!
ascio Ouagadougou dopo soltanto due giorni, per tornarci ancora alla ne del mio viaggio a incontrare due professori delluniversit che mi aiuteranno a mettere ordine nel materiale raccolto durante il percorso. Dalla capitale proseguo verso Gorom Gorom, capoluogo della provincia dellOudalan, allestremo Nord del Paese. Mi muovo con un fuoristrada

e dal nestrino guardo un po ansiosa i passeggeri appesi ai pulmini che procedono in direzione contraria verso Ouaga, consapevole che al mio ritorno il mio mezzo di trasporto non sar cos confortevole come quello in cui sto viaggiando ora. Gorom Gorom un grande agglomerato di circa ottanta villaggi collegato alla provincia di Seno grazie a una strada di terra battuta, percorsa con ogni mezzo dai mercanti di tutta la regione per raggiungere la piazza dove ogni gioved mattina si tiene il mercato pi grande della regione saheliana. Il paesaggio che mi passa accanto mi ricorda che ci stiamo addentrando sempre di pi in Sahel. Il verde e il rosso delle pianure centrali scompaiono e il colore dominante diventa il giallo. La vegetazione pi rada e anche laspetto delle persone sembra diverso. Le donne portano grandi veli colorati e tra i capelli intrecciano gioielli di diverse forme e colori, mentre gli uomini indossano dei turbanti blu, bianchi o rosso scuro, a indicare la loro origine tribale: peul, tuareg, songhay. a Gorom che inizio ad approfondire le radici della cultura islamica in Burkina, che passa inevitabilmente attraverso la storia delle confraternite su, Tijaniyya e Qadiriyya, le due principali del Paese. Mentre in citt cominciano i preparativi per lannuale Festichams, il festival del cammello, ho tempo per sfogliare i libri di Amadou Hampat B, storico e scrittore maliano, testimone della

cultura peul e seguace del saggio Tierno Bokar Tall, maestro su della confraternita Tijaniyya. Hampat B denisce lIslam in Africa come un ume limpido, che dovunque passa prende il colore del terreno che attraversa. Mi aspetto dunque di notare una differenza con lIslam che ho conosciuto in altri Paesi e immagino che lincontro tra i mistici su e la spiritualit delle religioni indigene africane abbia portato buoni frutti nella ricerca di un equilibrio nella vita religiosa, individuale e sociale. Cosa rimasto oggi di questa spiritualit? Vado a incontrare il grande imam della Tijaniyya, che mi riceve con grande disponibilit allinterno della sua moschea. Purtroppo non riesco a ricavare molte informazioni dalla nostra intervista. Da Ouagadougou ho viaggiato verso Gorom insieme a un gruppo di cooperanti italiani in missione di monitoraggio e ormai la mia posizione compromessa. Sono venuta con un portafoglio inequivocabile, quello della cooperazione internazionale, e anche se laccoglienza in moschea sacrale e solenne, ogni mia
A SINISTRA Una famiglia di tuareg stanziatasi

nello stadio di Ouagadougou, negli spazi requisiti dal governo per la Commissione nazionale dei rifugiati.
SOTTO Una scena di vita quotidiana al mercato ortofrutticolo

di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso.

curiosit relativa al culto specico della tradizione Tijaniyya viene elusa da una richiesta di fondi: per il rubinetto del pozzo che si bloccato, per i ventilatori della moschea che non funzionano. una delle prime interviste ufciali che raccolgo per la mia ricerca, ma mi rendo conto che larea di Gorom persa. La lista della spesa prosegue, io faccio nta di annotare ogni richiesta e al termine del nostro incontro saluto cordialmente. Ogni afliato alla Tijaniyya cui domando di spiegarmi le differenze principali con laltra grande confraternita della citt, la Qadiriyya, mi risponde allo stesso modo: noi della Tijaniyya preghiamo cos, con le mani lungo i anchi, gli altri con le mani incrociate sul petto. davvero cos semplice? S e no. Quello che un tempo era un legame identitario potentissimo, tanto da spaventare persino gli amministratori coloniali francesi, che temevano agitazioni politiche allinterno delle confraternite, oggi si perso nella molteplicit dellofferta da parte della comunit islamica globale e lafliazione rimane un fatto di tradizione e quasi esclusivo del Nord del Paese. Le antiche confraternite stanno lasciando il posto ai wahhabiti, seguaci del movimento saudita conservatore fondato da Muhammad Abd al-Wahhab, che in Burkina Faso noto sotto il nome di movimento sunnita, termine usato per differenziarsi rispetto agli altri musulmani seppur sempre sunniti afliati alle confraternite e

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Afp/ Getty Images / A. Ouaba

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Afp / Getty Images / I. Sanogo

Una giovane donna alla ricerca delloro con il figlio sulle spalle.
A DESTRA Un vecchio allingresso della sua casa decorata.

dunque non degni di riconoscersi come membri della umma. Nellarea di Bobo Dioulasso i quartieri wahhabiti ricordano pi le strade di Riyadh che quelle di una citt africana e i foulard colorati delle donne peul che incontro a Gorom scompaiono sotto lunghi veli neri che nascondono integralmente il corpo, lasciando scoperta solo una porzione di viso. Rimango nella capitale dellOudalan ancora per qualche giorno, giusto in tempo per linaugurazione del Festichams, che anche unoccasione per rinnovare il partenariato della cooperazione decentrata tra lItalia e questo grande agglomerato di villaggi saheliani. Larena gremita di gente e il griot il vocalist dellintera manifestazione invita a ballare e danzare per dare il benvenuto alle autorit, tra le quali interviene anche Ezab Agalhour, il re dellOudalan. Agalhour un distinto signore che porta un grande copricapo bianco legato attorno al volto alla maniera tuareg e che, mi spiegher pi tardi, ormai non ha alcun ruolo decisiona-

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Corbis / C. Penn

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Corbis / M. Courtney-Clarke

ri, ultima tappa del mio viaggio. Mi fermo a Bani perch qui ancora possibile ammirare la tradizionale architettura islamica saheliana: le moschee che si ergono sulle colline attorno al piccolo villaggio sono state costruite interamente con il fango e quando giungo sul posto trovo una delle sette costruzioni in piena fase di ristrutturazione annuale. Insieme ai marabutti e agli uomini del paese sono i piccoli talib a formare la squadra di manodopera tuttofare che porta sacchi di sabbia e acqua sul tetto della moschea pi maestosa, lunica rivolta verso la Mecca. Le altre sono state posizionate intorno con la facciata che guarda verso la grande moschea, come a formare la silhouette di un corpo umano. Riparto verso Dori con un cappello di paglia acquistato dalle ragazze peul che mi hanno inseguito durante tutta la visita. Sotto laccecante sole di mezzogiorno anchio ho bisogno di coprirmi il capo.

Dori, il dialogo si fa ong


inalmente Dori. Nellantica capitale del Liptako trovo le conferme che cerco per la mia indagine sul dialogo interreligioso. Incontro Mariama Maiga, una delle donne che ha lavorato con padre Lucien Bidaud agli esordi dellUnion Fraternelle des Croyants. Mariama intenta a pregare davanti allo schermo di una tv muta nellora della preghiera del venerd. Quando ha terminato si sistema su uno sgabello accanto a una cesta ricolma di lavori ricamati a uncinetto, e comincia a raccontare. Mariama una donna coraggiosa. Ha sdato i pregiudizi che no a quel momento caratterizzavano i rapporti tra i musulmani e i cristiani di Dori, separati da un muro invisibile di timori e tab (non osavano nemmeno rivolgersi parola) e ha imparato il francese, aprendo cos una strada di conoscenza tra le due comunit. Bidaud era uno dei pochi a conoscere la lingua dei peul, il fulfulde, e in una delle prime grammatiche di lingua francese appare il suo cognome tra gli autori. LUfc nata anche grazie allintervento dellimam e dei marabutti illuminati dellepoca, che hanno creduto nel giovane prete cattolico e hanno inviato i loro uomini a costituire un gruppo di volontari per portare cibo e beni di prima necessit nei villaggi colpiti dalla siccit. Il gruppo ha continuato a lavorare insieme no a quando, nel 1969, si costituito in forma di ong, prima a Dori e poi a Gorom Gorom, come seconda sede. Oggi sono il vescovo, mons. Joachim Oudraogo, e Franois Ramd, direttore dellUfc a Dori, a muovere il sistema dialogo dellong burkinab. Quando sono arriva-

le nella sua regione, se non quello di consigliare il governatore in materia di costumi tradizionali e di essere giudice delle dispute familiari del suo clan. La presentazione di ogni groupement di contadini dellarea comunale di Gorom Gorom dura no alle quattordici. Da quel momento i bambini, che avevano osservato la scena sui rami dei baobab spogli, si disperdono per andare a giocare o si uniscono al nostro gruppo di toubabou (i bianchi) sperando di ricavarci penne, magliette e monetine. Labitudine di certi europei di trasformarsi in una sorta di inesauribile sacco di Babbo Natale durante le missioni di cooperazione ha creato unaspettativa che si tramanda da bambino a bambino. Una guida tuareg di Dori mi spiegher che questa pessima consuetudine ha portato i bambini a disertare la scuola per aspettare larrivo dei fuoristrada dei bianchi, da inseguire per mendicare qualche cadeau da rivendere ai mercati, con tutte le conseguenze negative che questa pratica comporta, a danno degli stessi progetti di alfabetizzazione avviati dalle ong. Prima di ripartire visito ancora la moschea sunnita e

Un bambino gioca con la collana della madre al Gorom Gorom Hospital, in Burkina Faso.

Getty Images / T. Graham

to nel 2005 sentivo parlare solo di bouli (un sistema di irrigazione) e di corsi di alfabetizzazione, riferisce il vescovo. Il punto di forza dellUfc, cio il fatto che abbia contribuito allunione dei cristiani e dei musulmani della regione, era stato cancellato dagli obiettivi dellassociazione. Ho chiesto allassemblea generale: cosa ne sar dellUfc quando tutta la regione sar sviluppata e alfabetizzata? Sar la ne del vostro lavoro?. Da quel momento come se si fosse aperto un nuovo percorso: stato creato un gruppo giovanile, la Jeunesse Lucien Bidaud, che questanno ha accolto il primo scambio internazionale di dialogo interreligioso con la partecipazione di due ragazzi del Niger e sei studentesse della provincia Una sera, a cena, Franois mi indica due uomini, Emile Bougma e Amidou Moussa Dicko, entrambi membri del consiglio direttivo dellong. Emile, cristiano, sta sorseggiando la sua Brakina ghiacciata, la birra prodotta a Bobo Dioulasso, mentre chiacchiera amichevolmente con Amidou. Venti anni fa un musulmano avrebbe interrotto i contatti con qualunque cristiano se sorpreso a bere alcolici. Oggi la diversit e il rispetto dellaltro sembrano ingredienti mescolati talmente bene nelle relazioni umane che qui in Sahel la consuetudine dialogo e condivisione, anche durante le feste religiose, come il Natale cattolico e il Tabaski musulmano, vissute con entusiasmo dai fedeli di entrambe le confessioni. Lascio Dori dopo la partita di calcio interreligiosa tra le squadre della Jeunesse Lucien Bidaud e per tornare a Ouagadougou accetto il passaggio di padre Gabriele, un missionario dei Padri Bianchi che sta tornando nella capitale per un periodo di riposo. Niente pericolo di incidenti con i bus barcollanti e stracolmi di persone e bagagli che ho visto percorrere incerti la strada nel mio viaggio di andata. E mentre osservo delle colline in lontananza, sotto cui si celano le miniere aurifere di Essakane, mi viene da pensare che quarantanni fa quel padre redentorista francese aveva intuito che si trovava di fronte a una ricchezza pi grande delloro. Osservata e sperimentata sulla sua pelle la spiritualit delle confraternite islamiche di Dori, ha capito che in un luogo dove niente accade senza che venga pronunciata la formula dieu merci e inshallah, la religione poteva unire le persone invece di dividerle. E ha investito in questo senso religioso per ricordare ai burkinab che apparteniamo tutti alla stessa grande famiglia.

ladiacente scuola coranica, dove una quindicina di piccoli talib (studenti) scrivono e recitano le parole del libro sacro dellIslam in mezzo a nuvole di sabbia sollevate dallharmattan. Anche qui si ripete la storia della questua alla giovane bianca che viaggia con i cooperanti. Limam cerca di far leva sulla mia coscienza parlandomi delle condizioni dei bambini che studiano alla sua scuola, lontani centinaia di chilometri dalle proprie famiglie, costretti a dormire in uno stanzino di tre metri quadri. Non cedo alle sue richieste, anche perch il marabutto che lo accompagna uno dei pi potenti mercanti della citt e ho visto con i miei occhi quegli stessi piccoli talib lavorare nel suo minimarket, probabilmente ripagati soltanto con la promessa di un pasto al giorno e lalloggio in quello spazio che, effettivamente, davvero angusto. Ben sette sono invece le famose moschee di Bani, a 35 km da Do-

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