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LA TRASCRIZIONE MUSICALE DEL MUTETU CAMPIDANESE Proposta di metodo e applicazioni1 Paolo Bravi Introduzione La trascrizione musicale ha sempre rappresentato

uno strumento fondamentale nellanalisi etnomusicologica per quanto riguarda lindagine formale. Il tema, ampiamente trattato in sede di riflessione teorica, non richiede delucidazioni introduttive2. Ci limitiamo a notare, preliminarmente, che le trascrizioni etnomusicologiche su pentagramma, da Bartok in poi, hanno sempre comportato un allargamento in particolare per linserimento di segni diacritici convenzionali e anche, in molti casi, un adattamento per esempio, per lindicazione di intervalli non temperati o di durate in forme non mensurali della tradizionale semiografia colta3. Tenendo in considerazione la natura del repertorio e i fini
Il testo qui pubblicato una versione (con alcune modifiche) di un contributo presentato dallautore nellambito della rassegna Musas e terras (a cura dellAssociazione Culturale Su Bentu Estu, Sinnai, 2004), e distribuito in quella circostanza in forma dattiloscritta. Sulle questioni in campo relative alla trascrizione e allanalisi etnomusicologica, presentiamo alcuni titoli dalla ricca bibliografia di cui disponiamo oggi, citando fra quelli disponibili in lingua italiana: Carpitella 1973: 225-233, Bartok 1977: 245-271, Stockmann 1989: 209-238, Macchiarella 2000: 13-23, 184-195, Arom 2002: 69-93. I sistemi musicali delle tradizioni extraeuropee presentano quasi sempre assetti diastematici diversi da quello in uso da tre secoli nella musica colta occidentale. La sterminata bibliografia in questo settore, che parte dal celebre saggio On the musical scales of various nations di Alexander J. Ellis (Ellis 1885), pietra miliare della moderna disciplina etnomusicologica, dimostra in modo inequivocabile la ampia variabilit culturale che caratterizza la discretizzazione del continuum delle altezze in ogni sistema musicale. La disposizione delle alterazioni microintervallari (indicanti frazioni di semitono predefinite o varianti e variazioni di altezza di portata minore, non precisamente definita) sul pentagramma tradizionale deve comunque fare i conti con la struttura diastematica non regolare che caratterizza lo schema pentagrammatico. Daltra parte, noto che lesigenza di piegare la tradizionale notazione in relazione alla diversa struttura delle opere musicali avvertita anche dai compositori del Novecento che, a vario titolo, operano nellarea dello sperimentalismo. Come nota Joseph Machlis, la notazione musicale tradizionale, un sistema che si era evoluto nel corso di molti secoli, risult adeguata sino a quando la musica era basata sulla scala diatonica e sulle armonie maggiori e minori, su battiti regolari semplicemente uniti in gruppi di due o di tre, o dei multipli
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analitici preposti, abbiamo ritenuto utile adattare, apportando modifiche significative, il metodo di trascrizione usuale. Il sistema adottato consente di avere un quadro visivo del dato sonoro non solo di pi immediata interpretazione rispetto a quello offerto dal pentagramma, ma anche maggiormente aderente alla forma musicale del repertorio esaminato o di repertori tipologicamente analoghi. Una semiografia per la musica tonale La notazione pentagrammatica tradizionale usuale, su chiave di violino e/o di basso, risulta nella maggioranza dei casi adeguatamente funzionale alla scrittura (come pure alla trascrizione) di forme sonore costruite su base tonale. Nel caso di repertori di tipo modale, non solo il pentagramma tradizionale denuncia limiti di una certa consistenza, ma rende pi difficile (nel senso di pi complicato per quanto concerne il profilo semiografico e di meno agevole per quanto concerne la facilit e limmediatezza della lettura e della comparazione) linterpretazione del dato sonoro corrispondente al notatum. Innanzitutto, bisogna rilevare che nella quasi totalit delle culture musicali tradizionali non esiste unindicazione assoluta dellaltezza dei suoni. La struttura intervallare manifesta delle costanti, ma solo in senso relativo, ossia per quanto riguarda i rapporti fra le altezze4. Pertanto, una trascrizione che
che ne conseguivano, e su strumenti normali suonati in maniere normali. Una volta che i compositori si furono spinti oltre queste limitazioni, si dovettero trovare nuovi modi per scrivere la musica. I raggruppamenti ritmici complessi, le modulazioni strane e gli intervalli di microtoni richiedevano di apportare perfezionamenti al sistema esistente (Machlis 1984: 155-156).
4 La stabilit dei valori assoluti connessa o al cosiddetto orecchio assoluto o alla possibilit di ancorare laccordatura strumentale e lintonazione vocale a campioni di riferimento stabili. Per quanto riguarda la situazione in ambito occidentale, va rilevato da un lato il fatto che la definizione rigida (addirittura sanzionata da apposite norme di livello nazionale e internazionale) del La di riferimento alla frequenza di 440 Hz un fatto recente, dallaltro che comunque la tradizione teorica, da Pitagora in poi, ha sempre posto laccento sui rapporti fra i suoni, ossia sulle relazioni intervallari fra le frequenze, piuttosto che sui valori assoluti. In ambito etnomusicologico, limpossibilit di avere un elemento oggettivo di riferimento comporta quasi sempre una variabilit (entro limiti stabiliti) nella definizione del centro tonale. Questo anche il caso del canto a mutetus dellarea campidanese, della poesia cantata in logudorese, diffusa nellarea centro-settentrionale della Sardegna, come pure della poesia in ottava rima presente in Toscana e nellAlto Lazio. In queste tradizioni, infatti, la voce del poeta agisce in solitudine o con accompagnamento di altre voci. Nel caso della poesia cantata a mutos

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rispetti fedelmente i valori assoluti delle altezze non soltanto sostanzialmente inutile, ma addirittura sconsigliabile per due ragioni: 1) costringendo a leggere in tonalit diverse (e magari poco frequentate), non consente una comparazione immediata tra documenti diversi; 2) induce, in modo sottilmente subdolo, ad associazioni cui lorecchio e lesperienza ha assuefatto lascoltatore occidentale. Questo, comunque, un dato sufficientemente acquisito almeno nella letteratura propriamente etnomusicologica5. In molti casi, infatti, letnomusicologotrascrittore 1) effettua un trasporto e adotta una collocazione media allinterno del pentagramma che consente una lettura non cervellotica e mette a disposizione un documento agevolmente comparabile; 2) evita di inserire alterazioni in chiave e segnala ciascuna alterazione diesis, bemolle, variazioni microintervallari a fianco (o sopra) la nota interessata; 3) segnala laltezza assoluta dellesecuzione indicando a parte la reale altezza della finalis o del centro tonale6. Un esempio di trascrizione di questo tipo applicata a un repertorio di poesia cantata quello adottato da Maurizio Agamennone (e, successivamente, da diversi altri) per lottava rima tosco-laziale7. In questo caso, la finalis stata collocata sul Mi (primo rigo del pentagramma in chiave di Sol). Lalterazione
dellarea barbaricina o della tradizione della repentina dellarea oristanese, al contrario, la presenza dellorganetto o della fisarmonica come strumento di accompagnamento comporta una stabilizzazione dellintonazione su valori definiti. Bla Bartk, nellintroduzione alla prima parte del volume Serbo-Croatian FolkSongs, (Bla Bartk e Albert B. Lord, Columbia University Press), pubblicata nel 1951 ma risalente al periodo fra il 1942 e il 1944, dava il seguente suggerimento: prima di essere raggruppate, le melodie vanno ricondotte a un comune denominatore, cio a dire al comune tonus finalis. A questo proposito, sol1 (cio il sol centrale []) appare senzaltro il migliore (in Bartok 1977: 269). Sul tema, cfr. Arom 2002: 82-83.
6 Per la definizione di centro tonale, vd. Agamennone, in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 156-157. 5

Vd. Agamennone 1986: 171-218. Per quanto riguarda il mutetu campidanese, le trascrizioni su pentagramma pubblicate sono poche. Michele Mossa trascrive un mutetu del cantadori Eliseo Vargiu, con finalis in Mi, riportando in chiave larmatura di La maggiore, dato che nellesecuzione non presente la nota Re (Mossa 1999: 70-71). Antonio Pisano trascrive un mutetu (in Solinas 1993: 59) indicando il tempo di recitativo libero e apponendo unarmatura di chiave di Fa minore (annota, poi, uninsolita contra di accompagnamento costituita da tre voci). Paolo Zedda, invece, ha realizzato alcune trascrizioni adottando segni di alterazione che evidenziano la natura non temperata degli intervalli.

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semitonale pi frequentemente registrata riguarda il Fa# (seconda maggiore). Ma le alterazioni si infittiscono notevolmente con i poeti che adottano stili di canto basati su modi pi vicini alla scala maggiore: in questo caso, ovviamente, segnalato anche linnalzamento del III, VI e VII grado. Ci indubbiamente ovvia, almeno in parte, ai limiti di cui si detto in precedenza. Ci pare, per, che tale soluzione presenti comunque alcuni limiti e manifesti ancora margini di ambiguit rispetto al sistema tonale implicito nel pentagramma. Lassenza di una indicazione di chiave, pur simbolicamente rilevante, non nega, nella lettura pentagrammatica, lesistenza di una implicita tonalit di riferimento: riconduce semmai almeno sotto limmediato profilo psicologico alla tonalit di Do maggiore (o a quella di La minore), tonalit poi immediatamente disattesa dalla presenza di alterazioni frequenti e ricorrenti sulla via del pentagramma. In altre parole, non cancella del tutto lidea sottile e insinuante della tonalit, semmai la sublima attraverso un processo di ibridazione: da un lato utilizzando una scansione pentagrammatica che riflette i rapporti intervallari della tonalit di Do, dallaltra inserendo alterazioni in corso dopera che, ove si presentino in modo ricorrente, richiamano altre tonalit. A questo punto, ci sembra per che si perda in qualche modo il senso di ci che unalterazione deve rappresentare (e che, in effetti, fa egregiamente nel sistema tonale) in un documento di trascrizione. Infatti: che valore ha la presenza di un segno di alterazione? Se non ha un valore come traccia di una dato strutturale, perch differenziare a livello semiografico note con accidenti e note senza accidenti? Unalterazione, per logica e per definizione, segno di una modificazione8. Rispetto a che cosa avviene, nel caso esemplarmente citato, la
La questione alterazioni non pu, a nostro avviso, essere minimizzata come puramente nominalistica o banalmente semiografica. Nel sistema di notazione tradizionale, infatti, esse sono dati grafici coerenti con la struttura musicale e con la teoria ad essa soggiacente. Per esemplificare in modo elementare, basti dire che, nonostante lenarmonia dei suoni potrebbe rendere sostanzialmente irrilevante la definizione di un suono come, ad esempio, Do# o Reb, la norma notazionale nella maggioranza dei casi non affatto indifferente alla questione, che deve essere risolta sulla luce di considerazioni teoriche (armoniche o melodiche) specifiche. Lalterazione, dunque, come qualunque altro elemento semiografico, deve avere un significato musicalmente e concettualmente non ambiguo e coerente con limpostazione complessiva del sistema di notazione. Non marginale ricordare, sotto questo profilo, che il problema si posto, in termini equivalenti, anche per le esperienze davanguardia musicale del Novecento. Andrea Lanza, a questo proposito, mette in luce la nuova consapevolezza del carattere costitutivo, e non soltanto pratico, della notazione musicale e la stretta relazione tra gli schemi del pensiero musicale e le forme segniche con le quali esso viene fissato
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modificazione? Alla tonalit di Do maggiore non affermata, ma implicita nella struttura pentagrammatica vuota di indicazione di chiave? E inoltre: perch indicare, con costanza maniacale, un suono ricorrente in unesecuzione e dunque verosimilmente strutturale, con unalterazione che classicamente diremmo temporanea e che alla lunga non esime da un implicito confronto con unaltra tonalit? Perch affaticare la lettura con tante alterazioni? Sono domande, queste, che ne sottintendono unaltra, di portata pi generale e di maggior significato sotto il profilo teorico, che possiamo formulare nel modo seguente: perch non dire esplicitamente che lalterazione implica percettivamente, linguisticamente, simbolicamente una dimensione di confronto, e dunque dichiarare, (senza ambagi o opacit, o senza sottacere la questione) rispetto a che cosa il confronto dato? Ci piace ricordare, a questo proposito, la posizione di Diego Carpitella, che definiva lo studio del folklore unanalisi differenziale, che consiste [] nella individuazione e nellaccertamento di dati differenziati che distinguono i due elementi dellinsieme a confronto9. Alterazioni? Proviamo, dunque, ad esaminare che cosa pu accadere se trascriviamo un mutetu adottando il criterio della trasposizione della finalis al Mi del primo rigo. Estrapolando dallesperienza di trascrizione svolta su tale repertorio, possibile esemplificare attraverso alcune situazioni tipiche: 1) Pu accadere che si debba richiamare unalterazione costante del secondo grado con un diesis, come daltra parte dovremmo fare nel caso in cui dovessimo esaminare forme ordinariamente tonali (sempre che la finalis
graficamente sulla carta (Lanza 1991: 141). A proposito dello specifico problema del significato delle alterazioni, egli nota che i primi sintomi di incompatibilit tra notazione tradizionale e nuovi princpi compositivi si erano gi manifestati nella dodecafonia viennese, la quale presupponeva una assoluta parit fra le dodici note, ma continuava a servirsi di una notazione basata sulla distinzione fra nota naturale e accidentale (Lanza 1991: 142). Carpitella 1972: III. Francesco Giannattasio pone in evidenza questo aspetto rilevando il fatto che letnomusicologia nasce con la scoperta e losservazione delle alterit musicali, [] il rilevamento delle diversit alla base dellintera esperienza etnomusicologica (Giannattasio 1998: 31). Daltra parte, la riflessione epistemologica dellantropologica postmoderna nasce dal presupposto che qualsiasi analisi del culturalmente diverso presuppone uninterpretazione e si basa su un confronto complesso e irriducibile tra sistemi culturali.
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coincida con la tonica, e che ci troviamo di fronte ad una struttura maggiore o minore standard). In questo caso lalterazione non indicherebbe una deviazione del sistema musicale adottato rispetto ai canoni standard occidentali, ma una segnalazione che obbligatoriamente scaturisce dalla struttura del pentagramma in chiave di Sol. Potremmo allora dire, per pura comodit, che si tratta di una alterazione esterna, nel senso che trova la sua origine e la sua spiegazione nellevoluzione del sistema musicale e della corrispondente semiografia tonale e che non rappresenta un tratto differenziale del sistema modale campidanese rispetto al sistema eurocolto; 2) Pu accadere che si debba evidenziare unalterazione costante, espressa come microvariazione verso lacuto, del III grado, vicino, ma non analogo, ad un intervallo di terza minore. In questo caso, dunque, dovremmo inserire un simbolo (ad esempio, una freccia verso lalto) in corrispondenza della nota Sol, che esprima tale sollevamento (che resta comunque inferiore al semitono). Tale alterazione risulta assolutamente estranea al sistema musicale tonale e alle scale temperate: potremmo perci chiamare tale alterazione interna, in quanto riflette un dato musicale proprio del particolare modo adottato dal cantadori; 3) Pu accadere che il cantadori utilizzi un II grado intonando un intervallo di seconda maggiore leggermente abbassato. In questo caso, dovremmo sovrapporre unalterazione esterna (laltezza rimane comunque pi vicina a quella di un intervallo maggiore) ad unalterazione interna (labbassamento microintervallare)10. Potremo, certo, integrare i dati in un unico simbolo, ma dal punto di vista concettuale lorigine delle due alterazioni pu essere considerata distintamente. Gi questa situazione mostra la problematicit della situazione: dovendo adattare la descrizione del modo usato dal cantadori allo schema pentagrammatico, si perde di vista la distinzione tra ci che comune (nel senso comparativo del termine) e ci che specifico. Ma il problema si complicherebbe ancora se per esigenze, ad esempio, comparative decidessimo di trasportare la finalis al Fa del primo spazio. Vediamo che cosa accadrebbe nei tre casi sopra proposti.
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infatti evidente che la disposizione delle alterazioni microintervallari (indicanti frazioni di semitono predefinite o varianti e variazioni di altezza di portata minore, non precisamente definita) sul pentagramma tradizionale deve comunque fare i conti con la struttura diastematica non uniforme che caratterizza lo schema pentagrammatico (cfr. Giuriati, in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 86).

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1) Lalterazione (che abbiamo definito esterna) sul secondo grado, se questo eseguito con un intervallo prossimo ai 200 cents, scomparirebbe; 2) Lalterazione microintervallare sul III grado (interna) dovrebbe questa volta essere segnalata con una duplice alterazione (seppure, anche in questo caso, magari sinteticamente espressa in un unico simbolo): esterna (laltezza pi prossima al La bemolle che al La naturale: dunque necessario il simbolo del bemolle) e interna (laltezza leggermente superiore rispetto al La bemolle) 3) Dovremo togliere lalterazione esterna e lasciare lalterazione interna. La domanda che crediamo spontanea a questo punto la seguente: pu essere davvero efficace una trascrizione in cui le alterazioni vanno e vengono secondo una scelta del tutto soggettiva o legata a fattori musicalmente insignificanti come la necessit di equilibrio grafico sul pentagramma? Lalterazione non dovrebbe distinguere con chiarezza, senza necessit di esami microscopici e di interpretazioni pi o meno soggettive, ci che modificato (rispetto ad uno standard di confronto esplicitato) da ci che non lo ? Non possibile immaginare una semiografia che da un lato semplifichi la lettura e la comparazione, e dallaltro sgombri il campo su tali possibili (e concreti) equivoci? E ancora: la collocazione delle alterazioni a fianco o sopra la nota anzich come armatura di chiave indica, generalmente, un approccio di tipo etic, e in modo pi o meno esplicito richiama al lettore una prudenza di interpretazione. In altre parole, come se stesse ad indicare che il trascrittore non ha ancora raggiunto certezze (n sa se queste possano effettivamente essere raggiunte) sul sistema intonativo adoperato dal cantore e dunque si limita a registrare di volta in volta le altezze dei suoni emessi. Ma allorch egli (il trascrittore) sar giunto ad individuare con certezza la modalit standard di realizzazione di certi intervalli, non dovr forse inserire (come accade, ad esempio, per molte trascrizioni di performance eseguite da musicisti arabi su maqam di cui ben si conosce la struttura intervallare) tali alterazioni in chiave, sia per una semplificazione della lettura, sia per distinguere ci che sistematico da ci che occasionale? E, in questo caso, come sar opportuno comportarsi con lordine delle alterazione in chiave, che tradizionalmente prevede inserimenti progressivamente ordinati sulla base dellordine del circolo delle quinte e su posizioni del pentagramma predefinite? Un esame delle tecniche di trascrizione usate in ambito etnomusicologico mostra un quadro di interpretazioni non sistematico n univoco. Le esigenze pratiche di descrizione e di analisi dei singoli repertori conducono a soluzioni di volta in volta differenti, pi o meno

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efficaci in relazione al tipo di repertorio esaminato e alle finalit preordinate alla realizzazione delle trascrizioni, ma comunque metodologicamente eterogenee. La questione della trascrizione, inoltre, al di l delle difficolt tecniche cui abbiamo accennato, presenta anche aspetti teorici e metodologici di pi ampia portata. Come si detto, non questa la sede per ripercorrere le problematiche ad essa connesse. Ci limiteremo a sottolineare un aspetto. La struttura dei repertori di tradizione orale , nella maggioranza dei casi, di tipo modale. Ci significa che lesecuzione musicale contempla un numero di altezze generalmente definito, le quali sono strutturate sulla base di un centro tonale e di uno o pi gradi gerarchicamente preminenti. Questo un dato essenziale che attraverso la trascrizione dovrebbe emergere con chiarezza, e che dovrebbe di per s consentire un apprezzamento immediato delle specifiche caratteristiche modali relative alla struttura intervallare11.
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Harold Powers rileva che il termine modo dal latino medioevale modus (e, di qui, laggettivo modale e il sostantivo modalit) utilizzato con diversi significati nella tradizione musicologica (Powers 1980: 376-378). In particolare, per quanto riguarda lambito etnomusicologico, stato utilizzato, nota causticamente Powers, in modo ambiguo per indicare da un lato scale types, dallaltro per indicare motivic types, e talvolta, indiscriminatamente, per indicare sistemi di organizzazione intervallare che non si prestano a similitudini con i sistemi musicali del Rinascimento, dellIndia o di Java. La sconsolante conclusione cui egli perviene dunque la seguente: The words mode/ modal/modality have acquired such a universal semantic range as to have become virtually useless for either descriptive or comparative purpose. For a musicologist to say that the foundations of all melodic practice in some musical culture are musical modes is like a Marxist saying that the foundations of all social relationship in a society are its modes of production or a freudian saying that the foundations of all human psychological states are sexual urges. All that may well be very true but then where do we go from there? A universal rule is not much use for analysis (Powers 1992: 218). Nonostante ci, riteniamo che, in attesa di una pi rigorosa e pertinente definizione utile per comparazioni di carattere transculturale dei significati e dei valori specifici da attribuire al termine modalit, esso resti ancora unutile categoria per indicare un sistema complesso di organizzazione e di elaborazione delle altezze che, pur manifestando alcuni elementi di carattere generale, presenta tratti specifici e distinti nelle diverse tradizioni musicali (Agamennone, in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 148), definito soprattutto in opposizione al termine tonalit, inteso come sistema di organizzazione delle altezze determinatosi nella storia musicale eurocolta, [che] privilegia invece una stretta interdipendenza fra i suoni, secondo un asse verticale grave/acuto polarizzato nella regione grave della combinazione dei suoni (Agamennone, in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 176-177). In particolare, il dato centrale che contraddistingue lorganizzazione modale di un sistema dato dal fatto che lelaborazione musicale non necessariamente monodica, ma tale

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Trascrizione musicale e contorno intonativo Il quadro che abbiamo delineato dovrebbe servire, nelle intenzioni di chi scrive, a spiegare il senso della proposta che noi facciamo, ovvero le necessit teoriche e pratiche da cui essa discende, e le difficolt metodologiche cui vorrebbe far fronte. Prima di descrivere il sistema di trascrizione adottato, per necessario un supplemento di informazioni sulla strumentazione adottata per la rilevazione delle altezze e delle durate riportate in trascrizione. Le trascrizioni musicali sono state realizzate con lausilio del programma Praat (Boersma & Weenink, 2011), un software dedicato allanalisi fonetica. Lestrattore di frequenza fondamentale di cui il programma dotato permette di raffigurare in forma grafica i profili melodici realizzati dai cantadoris. I dati ottenuti in questo modo possono essere utilizzati per osservare loccorrenza delle frequenze fondamentali del canto (raggruppate in classi di 10 cents) attraverso istogrammi di frequenza detti tonagrams (cfr Tjerlund, Sundberg, & Fransson, 1972) . Ladozione di tale strumentazione di analisi sonora consente di esaminare nel dettaglio le frequenze utilizzate nelle esecuzioni cantate. Losservazione della distribuzione delle frequenze e il riscontro dei dati nellesecuzione cantata permette di rilevare alcuni aspetti generali del comportamento intonativo dei poeti improvvisatori, che si riflettono nellarmatura di chiave utilizzata nella trascrizione per indicare i tratti essenziali dellintonazione. I tonagrams nelle figure 1a/b/c/d che presentiamo di seguito si riferiscono alle sterrinas trascritte e proposte a titolo esemplificativo nellAppendice al presente articolo e mostrano alcune situazioni che si presentano nelle analisi delle parti monodiche
da far comunque prevalere la dimensione orizzontale (melodica) su quella verticale strutturata attorno ad un centro tonale invariabile, come pure stabile in ogni singolo modo la funzione dei gradi. Nella musica organizzata in modo tonale, invece, al di l della prevalenza dellassetto verticale dei suoni, la posizione e pertanto la funzione di ciascun grado della scala muta in relazione allevolversi del soggiacente sfondo armonico. La connessione che spesso viene stabilita tra lidea di modo come scale type e come melodic type, pur non priva dei deplorevoli motivi di confusione rilevati da Powers, deriva proprio dal fatto che la stabilit strutturale dei sistemi modali facilmente induce alla configurazione di formule ricorrenti. Nel contesto delle culture orali o prevalente orali che rappresentano il terreno su cui pi frequentemente sorgono sistemi musicali a carattere modale, le formule (motivic types) tendono ad entrare nel patrimonio della tradizione e a diventare praticamente organiche alla struttura scalare stessa. Ci non dovrebbe peraltro esimere, come rileva Powers, dal distinguere, in sede analitica, fra la struttura intervallare e le forme melodiche, senza peraltro con questo ipotecare alcuna priorit tipologica o cronologica delluna o dellaltra.

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del mutetu12. I tonagrams in figura 1a e 1b mostrano una strutturazione in gradi chiaramente definita, in cui ciascun grado appare nella forma di una cuspide relativamente ben delineate. I tonagrams in figura 1c e 1d mostrano invece una definizione dei gradi meno chiara e precisa rispetto agli esempi precedenti. In diversi casi, il vertice della cuspide e la distribuzione delle frequenze corrispondenti a un grado si trova a una distanza dal centro tonale pi o meno distante rispetto agli intervalli definiti dalla scala temperata. Solo per fare due esempi, il IV grado in figura 1a e il III in figura 1b presentano significativi scostamenti rispetto ai pi vicini intervalli della scala temperata.
242 Me2
326 Zu4

Number/bin

0 8.4

Number/bin

TC

4 Semitones

18.4

0 8.2

TC

3 4 Semitones

17.2

144

Mx1

223

Sa4

Number/bin

0 8.3

Number/bin -1 TC 1 2 3 4 5 Semitones 6 7 8 9 20.3 0 6.8 -2

-1

TC

3 4 Semitones

17.8

Figure 1a/b/c/d La maggioranza delle esecuzioni analizzate o trascritte riguarda lintonazione della sezione iniziale del mutetu, chiamata sterrina, nella quale il poeta improvvisatore (chiamato cantadori) si esibisce in perfetta solitudine, per un lasso di tempo di circa un minuto. Lesecuzione del mutetu prevede, dal punto di vista musicale, lalternanza di parti in cui il poeta (cantadori) canta in assolo e di parti polivocaliche, che intervengono al termine di ciascuna sezione del mutetu. In questi casi alla voce del poeta che improvvisa si aggiungono quelle di due altri cantanti detti bsciu e contra, che, emettendo voci gutturali e pronunciando sillabe non-sense, forniscono laccompagnamento vocale tipico di questa forma poetico-musicale del Campidano.
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A partire da grafici di questo tipo, possibile interpretare con maggiore cognizione di causa quanto si pu rilevare attraverso lascolto e lanalisi delle curve di intonazione di ciascun verso cantato. A titolo esemplificativo, presentiamo in Figura 2 un esempio di rappresentazione del profilo intonativo di un verso e, di seguito, la trascrizione che di questo verso abbiamo effettuato (il testo verbale riportato in trascrizione fonetica larga). Come noto, il senso musicale e, prima ancora, la percezione uditiva presentano un quadro semplificato rispetto alla complessit del dato sonoro rilevato in modo sperimentale. Lorecchio infatti non percepisce tutte le sfumature che una rilevazione di questo tipo mostra. Linterpretazione musicale del dato sonoro un fatto segnato, oltre che dalla biologia (nel caso in questione, dalla fisiologia dellapparato uditivo e dalle strutture neurologiche preposte a tali compiti), dalle categorie acquisite e interiorizzate che riguardano i parametri di ci che appartiene alla dimensione musicale.

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Figura 2 Finalit e convenzioni Ritorneremo, in sede conclusiva, sul tema centrale per quanto riguarda la problematica teorica della trascrizione della rilevazione dei dati sonori da inserire in trascrizione. Passiamo ora alla descrizione del sistema adottato per riportare le altezze su un piano spazializzato, rendendoli in modo grafico. In sostanza, il sistema da noi adottato, nel cercare di risolvere le difficolt,

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le incompiutezze o le deformazioni cui in partenza si fatto cenno, si pone quattro finalit: 1) Evidenziare la natura modale del repertorio trascritto: la trascrizione mostra con immediatezza il centro tonale e le strutture intervallari e microintervallari rilevabili attraverso lanalisi della distribuzione delle frequenze; 2) Applicare un criterio riduttivo: il pentagramma si riduce in relazione alleffettiva estensione della linea melodica; 3) Esplicitare il termine di confronto, da cui discendono le alterazioni: ogni alterazione va intesa come elemento differenziale rispetto alla scala maggiore temperata13; 4) Evitare una trasformazione delle abitudini di lettura musicale cos radicale da esigere uno specifico addestramento: la lettura della trascrizione, al contrario, una volta conosciute le norme adottate, risulta elementare soprattutto per quanto riguarda la facilit dinterpretazione e limmediatezza comparativa per chiunque abbia un grado di confidenza anche solo minima con la lettura del pentagramma tradizionale. In termini pratici e facendo riferimento al repertorio di canto a mutetus oggetto della trascrizione gli esiti di questa operazione di adattamento riguardano gli aspetti che seguono:

Il fatto che il termine di confronto sia univocamente indicato nella scala diatonica maggiore temperata dettato prioritariamente dalla necessit di avere un riferimento costante e facile da interpretare, tale dunque da consentire una comparazione agevole. peraltro evidente che la scelta di questo elemento di riferimento nasce da un lato dal peso preponderante che la scala ha avuto nella pratica e, ancor pi, nella plurimillenaria riflessione teorica in Occidente. Daltra parte, la dinamica del confronto culturale che implicita nel sistema qui descritto potrebbe suggerire, come eventuale paragone di confronto alternativo, soltanto la scala minore. Ma indubbio che, nel confronto tra maggiore e minore, la tradizione teorica occidentale ampiamente sbilanciata a favore del primo e che le teorie dualistiche (Arthur von ttingen, Hugo Riemann ecc.) che non individuano il modo minore come derivato dal maggiore ma riconoscono ad esso origine separata e parallela e, dunque, pari dignit risultano nel complesso minoritarie. Il confronto con la scala diatonica maggiore, dunque, sembra sotto pi aspetti quello pi ragionevole: il pi immediato, cio, ma anche il pi fondato. Tale termine di paragone dovr per essere adattato (o, al limite, abbandonato) nel caso di forme musicali basate su scale modali assolutamente non assimilabili alla scala diatonica o a parti di questa. il caso, ad esempio, delle scale non eptatoniche o di altre forme (ad esempio, strutture per terze), per le quali il confronto con la scala maggiore non proponibile o risulta in qualche modo deformante.

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Righi e spazi La serie di spazi e di righi del pentagramma (ma pi spesso, in conformit con il criterio n 2 sopra indicato, si tratta di un tetragramma) non indicano note specifiche, ma gradi della scala. La corrispondenza tra posizione (spazi e righi) e gradi per le trascrizioni da noi riportate in Appendice rappresentata nella tabella 1. Lambitus dei suoni con i quali viene cantato il mutetu di rado supera lestensione di una sesta. Peraltro evidente che qualsiasi escursione, verso lalto o verso il basso, pu essere rappresentata seguendo questa logica di sviluppo. Si scelto di omettere i righi superflui: pertanto, nei casi come si detto, frequenti in cui lestensione non superava lintervallo di sesta, si esclusa la rappresentazione del quinto rigo, che sarebbe risultata superflua14.

Tabella 1

Chiave Luso non convenzionale che stato fatto del pentagramma espresso dalla cancellazione delle tradizionali indicazioni e dallinserimento di un simbolo specifico (rappresentante una T: per centro Tonale) collocato, nel caso in esame, in corrispondenza del primo spazio (in pratica, il tetra- o pentagramma va letto come se ci fosse una chiave di Do in Fa)15.

Nei casi in cui lestensione dovesse essere tale da esigere un allargamento del pentagramma completo (dotato quindi di cinque righi), sarebbe evidentemente opportuno ricorrere a tagli addizionali o, nel caso di forme modali polifoniche, allaggiunta di ulteriori pentagrammi. Crediamo infatti che la facilit di lettura sarebbe compromessa di fronte ad un numero di righi elevato. Pertanto suggeriamo di considerare lindicazione relativa alla variabilit del numero di righi unicamente in direzione sottrattiva. La posizione del centro tonale, indicato dal simbolo indicato, potrebbe naturalmente variare secondo il tipo di estensione e di configurazione intervallare che la scala in uso prevede.
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Armatura di chiave In assenza di alterazioni, i gradi vanno considerati equivalenti a quelli della scala maggiore temperata. Nel nostro caso, come daltra parte nella maggior parte dei repertori di tradizione orale sia del folklore europeo, sia di tradizioni extraeuropee, le scale non presentano normalmente strutture diastematiche assimilabili a tale scala di riferimento16. Tenendo presenti quanto emerge dallosservazione delle distribuzioni delle frequenze fondamentali nei tonagrams e dallesame dei profili intonativi dei versi cantati, sono state inseriti appositi modificatori. Non sempre i modificatori utilizzati coincidono con i tradizionali segni del diesis e del bemolle, dato che spesso i gamut nel canto a mutetus sono strutturati su intervalli non temperati. La sequenza di apparizione dei modificatori segue lordine scalare. La tabella 2 spiega il significato da attribuire ai modificatori adottati.

Tabella 2

Durate Trattandosi di forme di canto non mensurate, anche lindicazione delle durate stata realizzata secondo una modalit non convenzionale, ma comunque gi adottata in ambito etnomusicologico. Si adottato un sistema misto: da una parte, infatti, per una esatta valutazione della durata dei suoni, si seguito il metodo temporizzato; dallaltra, per non perdere limmediatezza di lettura che offerta dai simboli tradizionali di durata, si sono comunque aggiunti i tradizionali gambi (nel nostro caso, leggermente staccati dalla testa) e le tradizionali codette. Con esse indicata, in modo approssimativo la durata, secondo i valori espressi nella tabella 3.17
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Cfr. Giuriati, in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 102.

Per una panoramica relativa ai metodi di trascrizione comunemente adottati in mbito etnomusicologico, cfr. Giuriati, in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati

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Tabella 3

Livelli di pertinenza Il sistema di trascrizione che noi adottiamo, dunque, da un lato evidenzia in modo chiaro il discrimine tra modalit e tonalit; dallaltro pone con nettezza la dimensione del confronto interculturale assumendo come base di confronto la scala per eccellenza del sistema tonale occidentale, da sempre al centro della riflessione da parte dei teorici, ossia la scala diatonica maggiore, considerata nella versione a temperamento equalizzato sia perch la pratica ci ha ormai assuefatto a questa dimensione dei rapporti intervallari, sia perch la suddivisione equalizzata degli intervalli facilita notevolmente la comparazione. Detto questo, si pu rilevare che in effetti il sistema adottato non differisce, dal punto di vista pratico, ossia dal punto di vista della lettura, dal sistema del Do mobile. La principale differenza rispetto al pentagramma tradizionale riguarda invece la struttura dellarmatura di chiave. A tale proposito, occorre notare che larmatura di chiave segnala tratti ricorrenti nel canto della specifica esecuzione che fatta oggetto di trascrizione, mentre, di per s, non sufficiente per stabilire il livello di pertinenza di tali tratti. In linea teorica, infatti, essi possono riguardare livelli diversi, e dunque possono identificare tratti che rivestono unimportanza diversa. Possiamo definire tali livelli, ad una prima approssimazione, secondo la scala seguente: a) tratti universali: ricorrono in tutti i cantadoris, e dunque possono essere considerati propri del genere di canto del mutetu (appartengono, in altri termini, alla langue del sistema musicale); b) tratti areali: ricorrono nel modo di canto dei cantadoris di una data area geografica; c) tratti individuali: ricorrono in tutte le produzione cantate di un determinato cantadori (utilizzando la terminologia linguistica, li possiamo identificare come tratti idiolettali);
1991: 252-290 (in particolare, per il metodo temporizzato e il metodo misto: 257-259).

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d) tratti specifici: ricorrono nella produzione cantata del particolare mutetu esaminato e trascritto. Nel nostro caso, le alterazioni identificano (allo stato attuale) solo tratti specifici; e solo un ampio confronto con altri gamut e con altre trascrizioni potr consentire di estendere la portata di quanto si riscontrato in un singolo mutetu (cfr Bravi 2010). Trascrizioni generali e specifiche Le (insolite) armature di chiave da noi adottate da un lato hanno un valore forte, in quanto segnalano luso di tratti strutturalmente differenti rispetto alle scale basate sul sistema temperato, dallaltro hanno un valore debole, in quanto possono anche essere considerati meri strumenti utili ad evitare un appesantimento della trascrizione con una miriade di segni diacritici. Sotteso a questa questione, vi il concetto, proprio di tutta la storia delletnomusicologia da Ellis in poi della variabilit dei sistemi scalari. questo presupposto che, in fase di trascrizione, impone cautela nellinterpretazione di ci che si percepisce, e dunque, almeno per il momento, suggerisce di non distinguere in modo esplicito le alterazione con valore forte (considerate elementi strutturali di un sistema) da quelle con valore debole (considerati meri fenomeni di esecuzione). , daltra parte, la stessa cautela che ci induce talvolta a affollare, pi di quanto non si vorrebbe, il pentagramma con segni diacritici. Rispetto al metodo (e di riflesso al valore) da dare alla trascrizione musicale, vi sono, secondo Mantle Hood, due estremi, quello generale la trascrizione riporta gli elementi essenziali trascurando piccole varianti esecutive ecc. e quello specifico la trascrizione riporta minuziosamente tutti i dettagli dellesecuzione. Fra i due estremi corre la linea G-S [Generale-Specifico], lungo la quale si possono porre tutti i casi intermedi.18 A nostro giudizio, una trascrizione dovrebbe, almeno idealmente, rappresentare i tratti della langue musicale, e tralasciare i semplici fenomeni di esecuzione, a meno che lo studio non verta espressamente su tali aspetti. Tuttavia, la questione assume un carattere perversamente tautologico dal momento che, la trascrizione, oltre ad essere uno strumento descrittivo (e come tale dovrebbe essere dunque G), , per letnomusicologia uno (anzi, il pi importante e praticato) strumento analitico, consente cio di scoprire le regole di un sistema musicale a noi estraneo (e come tale bene che sia, almeno fino a un certo
Per una sintetica trattazione dellargomento, vd. Giuriati in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 250-252. Cfr. anche Arom 2002: 75-78.
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punto, S). Che cosa permette allanalista, nel momento della trascrizione, di distinguere i tratti dotati di valore musicale dai meri fenomeni di esecuzione? In linea teorica, si potrebbe pensare, considerando la trascrizione come lalfa e lomega del lavoro etnomusicologico, di trascrivere un dato esempio musicale in due fasi distinte, e con modalit diverse, secondo il bagaglio di conoscenze posseduto sulloggetto indagato. In una prima fase, ignorando le regole del sistema, e dunque utilizzando la trascrizione come strumento analitico, si dovrebbe trascrivere in modo S; nella seconda (anzi, ultima) fase, dopo aver esaminato adeguatamente loggetto e aver scoperto le regole del sistema, si dovrebbe rivedere la trascrizione e presentarla come strumento descrittivo (praticamente: semplificarla, omettendo i tratti che lanalisi ha dimostrato essere ascrivibili alla sfera dellesecuzione). Pur essendo tale approccio possibile non solo in linea teorica (tra laltro, Bla Bartk, che fu uno dei primi a porsi il problema della validit delle trascrizioni e del metodo con cui esse andavano realizzate, ci ha lasciato esempi di trascrizione doppie: una di tipo G e una di tipo S), bisogna considerare che qualsiasi approccio di tipo S deve comunque essere sorvegliato, in quanto in ogni caso la trascrizione solo una descrizione pi o meno approssimativa dellevento musicale19. Ogni trascrizione, anche la pi orientata sul versante S, non una rappresentazione oggettiva del fatto sonoro: presuppone sempre una categorizzazione dei suoni e dei ritmi, seppur pi minuziosa rispetto a quella che si mette in atto quando si realizza una trascrizione di tipo G, e questa operazione di classificazione apre, in ogni circostanza, una serie di interrogativi che si affacciano su questioni teoriche e metodologiche di ampia portata. Applicazioni In Appendice proponiamo alcune esemplificazioni tratte dal corpus di trascrizioni realizzato con il con il metodo di rilevazione descritto e applicando i principi semiografici sopra esposti. Tutte le trascrizioni riguardano la prima sezione del mutetu (sterrina): in alcuni casi la trascrizione comprende anche la fase polifonica terminale, quando la voce del cantadori si sovrappone a quella
A questo proposito, Giovanni Giuriati sottolinea il fatto che bisogna sgombrare il campo da qualsiasi pretesa di oggettivit della trascrizione. [] in questa operazione di traduzione inevitabile un intervento soggettivo di chi la compie. La trascrizione consiste, implicitamente o esplicitamente, in un primo momento di riduzione ed analisi del documento sonoro: il trascrittore interpreta ci che ascolta dandone una propria versione grafica, determinata dallinteresse analitico che lo induce a trascrivere (Giuriati in Agamennone / Facci / Giannattasio / Giuriati 1991: 247-248).
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dei due accompagnatori che formano il gruppo de sa contra20; in altri casi riguarda soltanto lesecuzione monodica. In testa sono riportati da un lato i dati riguardanti lautore e la circostanza dellesecuzione (si tratta sempre di gare poetiche pubbliche tenute in occasione di feste dedicate al Santo patronale o a Santi intestatari di altre chiese presenti nel paese); dallaltro la durata totale della parte trascritta e lindicazione del valore assoluto del centro tonale. La sigla posta al centro ha invece un valore puramente funzionale e si riferisce alla catalogazione nellarchivio privato delle registrazioni. Bibliografia Agamennone, Maurizio 1986 Cantar lottava. In Kezich, Giovanni I poeti contadini. Bulzoni, Roma: 171-218. Agamennone, Maurizio / Facci, Serena / Giannattasio, Francesco / Giuriati, Giovanni 1991 Grammatica della musica etnica. Bulzoni, Roma. Arom, Simha 2002 La trascrizione. In Magrini, Tullia, Universi sonori, Einaudi, Torino: 6993. Bartok, Bela 1977 (ed. it.) Scritti sulla musica popolare. A cura di Diego Carpitella. Boringhieri, Torino. Boersma, Paul / Weenink, David 2011 Praat: doing Phonetics by computer. Retrieved from http://www.fon. hum.uva.nl/praat/ Bravi, Paolo 2010 Osservazioni preliminari sugli assetti intervallari nel canto a mutetus della Sardegna meridionale. In S. Schmid, M. Schwarzenbach, & D. Studer (A cura di). La dimensione temporale del parlato. Atti del 5 Convegno Nazionale AISV - Associazione Italiana Scienze della Voce, Zurigo, 4-6/2/2009, Abstract Book & CD-Rom Proceedings, (p. 375390). Torriana (RN): EDK.

Si tratta, in entrambi i casi, del duo composto dal bsciu Paolo Pilleri e dalla contra Aldo Pittirra. La vocalizzazione avviene su vocali o sillabe non sense (non trascritte).

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Carpitella, Diego 1972 (a cura di -) Materiali per lo studio delle tradizioni popolari. Bulzoni, Roma. 1973 Musica e tradizione orale. Flaccovio, Palermo. Giannattasio, Francesco 1998 Il concetto di musica. Bulzoni, Roma (ed. or. La Nuova Italia Scientifica, 1992). Ellis, Alexander 1885 On the musical scales of various nations. In Journal of the Society of Arts, 33: 485-527. Lanza, Andrea 1991 Il secondo Novecento. Vol. 12 della collana Storia della Musica. EDT, Torino. Macchiarella, Ignazio 2000 Analisi ed etnomusicologia. Una introduzione. In Bollettino di analisi e teoria musicale, VII, 1: 9-71. Machlis, Joseph 1984 Introduzione alla musica contemporanea. Vol. II: Esperienze americane La nuova avanguardia. Sansoni, Firenze (ed. or. 1961). Mossa, Michele 1999 Limprovvisazione poetica nel Campidano. Rilievi etnomusicologici. In Quaderni Oristanesi, n. 43/44: 57-79. Powers, Harold S. 1980 Mode. The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol. XII: 376-450 1992 Modality as a European cultural construct. In Dalmonte, Rossana / Baroni, Mario (a cura di -), Secondo convegno europeo di analisi musicale. Universit degli Studi di Trento: 207-220. Solinas, Giorgio 1993 Storia de sa Cantada campidanesa. Castello, Cagliari. Stockmann, Doris 1989 Il problema della trascrizione nella ricerca etnomusicologica. In Carpitella, Diego (a cura di), Ethnomusicologica. Seminari internazionali di Etnomusicologia 1977-1989. Accademia Musicale Chigiana, Siena: 209-238. Tjerlund, Per / Sundberg, Johann / Fransson, Frans 1972 Grundfrequenzmessungen an schwedischen Kernplatflten. Studia Instrumentorum Musicae Popularis , 2, 77-96.

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APPENDICE Esempi di trascrizione: quattro sterrinas (le ultime due comprensive del primo intervento di accompagnamento di bsciu e contra)

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