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La Stampa 4 febbraio 1999

Ricatto all'etica
Quello che si poteva prevedere, e che in molti nella maggioranza di Governo temevano, si puntualmente verificato. Sulle questioni della bioetica, prima ancora che su quella dei finanziamenti alla scuola privata, i partiti del centro-sinistra si sono divisi, riaprendo i cosiddetti storici steccati tra laici e cattolici. Se questo fatto non minacciasse come al solito la necessaria stabilit del Governo, si potrebbe persino rallegrarsene: quando la politica sembrava essersi ridotta a ribaltoni e ribaltini ispirati solo da piccole ambizioni personali, si torna a discutere di questioni serie, di sostanza. Ci su cui semmai occorre riflettere il fatto che a sostenere la tesi dell'esclusivo diritto alla fecondazione delle coppie unite in matrimonio dunque, in definitiva, la tesi "cattolica", pur mitigata dal riconoscimento dei legami civili, ma non di quelli di fatto - stato Gianfranco Fini. Quali che siano le sue convinzioni personali, non crediamo che l'abbia fatto per motivi religiosi, ma piuttosto per considerazioni politiche, calcolando che cos avrebbe prodotto (ulteriore) scompiglio nella maggioranza di centro-sinistra. Su questo occorre che i cattolici presenti nei vari schieramenti, soprattutto nella maggioranza, riflettano seriamente. E' come se, attenendosi alle pi rigide posizioni della Chiesa in materia di bioetica e di morale familiare, si esponessero di continuo ad azioni ricattatorie di questo tipo. Basta che la destra, in buona o mala fede, sventoli la bandiera della sacralit della vita, della santit del matrimonio, della innaturalit delle unioni di fatto, perch i cattolici dei vari schieramenti si ricompattino dimenticando ogni altra considerazione di carattere politico ma anche, in senso autentico, etico. Non si tratta di chieder loro di rinunciare alle proprie convinzioni: ma di invitarli a scegliere tra una concezione fondamentalmente confessionale, e perci tendenzialmente autoritaria, dello Stato, e una concezione laica, liberale, o semplicemente democratica. Le leggi che vigono in Italia su aborto e divorzio non obbligano nessuno a divorziare o ad abortire, e nemmeno obbligano i medici a praticare l'interruzione di gravidanza. Se queste leggi venissero rivedute in modo da corrispondere all'insegnamento della Chiesa (e ai desideri di An) qualcuno sarebbe obbligato per legge a non abortire e a non divorziare, anche contro le proprie convinzioni morali. Ogni volta che si vuole fondare una legge dello Stato su una pretesa "natura" delle cose (la "vera" famiglia, l'essenza della vita, ecc.) che dovrebbe valere come norma universale sottratta alla discussione e stipulazione democratica, si finisce per abbracciare concezioni e pratiche autoritarie. Si pu capire che una via simile non dispiaccia a politici come Fini. Ma i cattolici democratici dovrebbero nutrire almeno qualche dubbio in proposito.

GIANNI VATTIMO

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