Professional Documents
Culture Documents
Cesare Lombroso
e la scritture proibite. Napoli, Liguori, 1996. Capitolo terzo.
Le pergamene viventi
Lombroso e i tatuaggi
Il corpo significante
3 Prove tangibili della pratica del tatuaggio e della sua vasta diffusione sono
arrivate a noi attraverso il ritrovamento di corpi mummificati,
intenzionalmente o accidentalmente, in Egitto, in Perù, in alcune zone artiche e
dell’Asia centrale. Punti e linee sono tatuate sulla pelle di una sacerdotessa di
Hator dell’XI dinastia dell’antico Egitto, databile torno al 2200 a.C., un corpo
sepolto (un capo scita?) a Pazyryk nell’Asia Centrale, circa 2500 anni fa, era
diffusamente tatuato con immagini di creature fantastiche. Per le fonti
letterarie sulla pratica del tatuarsi nell’antichità, cfr. De Biasio 1905; Cerchiari
1903; L’asina e la zebra 1985.
maggiore è l’importanza dei simboli del controllo del corpo»
(Douglas 1970, pp. 8-9). E il coronamento di un percorso di at-
tenzione che culminerà, secondo Foucault, con la «scoperta del
corpo come oggetto e bersaglio del potere. Si troverebbero facil-
mente i segni della grande attenzione dedicata al corpo — al corpo
che si manipola, che si allena, che obbedisce, che risponde, che
diviene abile o le cui forze si moltiplicano. Il grande libro dell’
Uomo-macchina venne scritto simultaneamente su due registri:
quello anatomo-metaftsico, di cui Descartes aveva scritto le prime
pagine e che medici e filosofi continuarono; quello tecnico-politico,
costituito da tutto un insieme di regolamenti militari, scolastici,
ospedalieri e da processi empirici e ponderati per controllare o
correggere le operazioni del corpo» (Foucault 1975, p. 148).
Nella seconda metà dell’Ottocento, lo sviluppo capitalistico ri-
chiede che il corpo, «il primo e più naturale strumento dell’uomo»
(Mauss 1936, p. 392), sia controllato, si uniformi alle esigenze della
produzione, divenga apparato duttile e malleabile alle esigenze del-
l’impresa.
Il corpo tatuato sfugge a questo controllo, autonomamente
sceglie una sua moralità, afferma una sua storia, la sua individualità.
Il tatuaggio genera un disordine nel corpo che la natura vuole
ordinato, così come il crimine genera un disordine nel corpo so-ciale.
Attraverso il tatuaggio il proletario, anonimo e senza voce, dichiara
il suo essere nel mondo, afferma l’unicità della sua persona, si fa
soggetto distinto, unico, irripetibile. Lo afferma riprendendo
possesso di quel corpo che gli è stato espropriato per farne forza-
lavoro.
Gli stessi elementi dell’alienazione divengono emblematici: il
corpo che è stato carne da cannone nelle battaglie si riscatta espo-
nendo come trofeo indelebile il nome del reggimento e la data della
battaglia. Il carcerato, che ha vissuto la forma più estrema di
estraneazione dal proprio corpo, si tatua le date e il nome delle
prigioni in cui ha soggiornato. L’ancient mariner afferma il suo di-
ritto a narrare la «ballata» o l’odio di Achab o la sua personale
avventura in luoghi lontani attraverso la raffigurazione tatuata del
profilo del veliero su cui ha navigato.
Ricordo di una identità smarrita all’interno dell’istituzione totale o
affermazione di una identità che, nella condizione reale d’esistenza,
non gli è mai appartenuta?
E possibile che i due elementi convivano ambedue e che, in alcuni
casi, si sommino. I carcerati da cui traggono la maggior parte delle
loro informazioni gli antropologi criminalisti hanno una grande
omogeneità di provenienza: appartengono in larga parte alle frange
più misere ed emarginate della società. Sono stati ripetutamente ospiti
di carceri diversi, e prima ancora hanno sperimentato altre istituzioni
in cui sono stati privati del «sé», il riformatorio, l’esercito, la vita
sulle navi (cfr. Goffman 1961).
In queste situazioni, atto estremo e impotente di ribellione,
scrivono sul proprio corpo gli elementi rilevanti della loro storia
personale. Una storia singolare e irripetibile, una diversità che li rende
«persona». Ecco allora i tatuaggi diventare elementi di una storia di
vita, biografie scritte sulla pelle per date, simboli ed elementi
caratterizzanti. Come i cavalieri descritti da Calvino ne Il castello dei
destini incrociati (Calvino 1973) ricostruivano la loro storia attraverso
la scelta tra i tarocchi disposti su un tavolo, così i carcerati narrano la
loro storia, la loro vita, le loro passioni attraverso i tatuaggi.
8 Lombroso 1896, pp. 336-379 e tavv. LXIV-LXIX vol. III, Atlante 1897.
interessanti e le motivazioni che hanno spinto a tatuarsi sono spesso
confermate dalle parole dei detenuti stessi intervistati —straordinaria
«modernità» di metodo — dall’antropologo.
a) Tatuaggio religioso