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R CULT
LARTISTA
Antonio Pisano detto il Pisanello (1395 1455 circa), pittore, medaglista e miniatore. Per le sue opere realizzate nel XV secolo, come i grandi affreschi, stato considerato il maggior artista tardogotico italiano, venerato da umanisti e intellettuali
redici metri e venti centimetri dal pavimento. Laffresco sullarco esterno della cappella Pellegrini svetta a unaltezza siderale, che rende i particolari invisibili allocchio e trasforma la scena in un arazzo multicolore. Eppure, laffresco brulica di dettagli. Quando guardo unopera destinata ai soffitti e alle cupole di una chiesa o di un palazzo, irraggiungibili una volta smontati i ponteggi, non posso impedirmi di chiedermi per chi, davvero, dipinga un artista. Per chi esibisca la propria bravura, invenzione, intelligenza. Per i committenti che, pagando, vogliono il meglio? Per gli assistenti? I fedeli, il pubblico? Per Dio? Antonio di Puccio, detto Pisanello, dipinge per il piacere della bellezza e per la gloria dunque anche per se stesso. Bench fosse coetaneo di Beato Angelico (e questaffresco coevo di quelli del convento di San Marco), non poteva essere pi diverso dal frate di Fiesole. Quanto quello era mistico e spirituale, tanto Pisanello era laico, profano e immerso nel tumulto del mondo. Il diminutivo imposto al suo nome non inganni: era il pittore pi lodato del suo tempo, venerato dagli umanisti e dagli intellettuali. Trascinato dal successo su e gi per lItalia da Pavia a Venezia, da Roma a Ferrara, da Mantova a Milano, fino a Napoli e oltre chiamato a tutte le corti, conteso da condottieri, papi e marchesi, fin per identificarsi con gli aristocratici suoi protettori, e per impelagarsi nelle lotte che dilaniavano Verona, la citt in cui era cresciuto e in cui aveva casa, madre e figlia. I Veneziani gli confiscarono i beni, costringendolo a un dorato esilio. Pisanello rimase fedele soltanto alla sua pittura raffinata e gradevole alla vista quanto complessa nella concezione e nellesecuzione. San Giorgio il casto cavaliere errante che libera la principessa e trafigge il drago. La sua storia, una delle pi romanzesche del Martirologio cristiano, echeggia fiabe e miti dellantichit e del Medioevo da Perseo e Andromeda fino a Parsifal e Bors. Nel XIII secolo Jacopo da Varazze, nella Legenda Aurea, ne fiss per sempre scenario e protagonisti. Un drago dal fiato pestilenziale ammorba il lago della citt di Silena, in Libia. Per placarlo, ogni giorno gli abitanti gli danno in pasto due montoni. Quando il bestiame scarseggia, estraggono a sorte le vittime umane. La prescelta la figlia del re, che viene condotta al lago per essere divorata. Ma sopraggiunge Giorgio. Sfida il drago, lo sconfigge, gli mette il guinzaglio, lo conduce in citt, converte gli abitanti e prosegue verso la Palestina, dove subir il martirio. Tutti i pittori hanno sempre raffigurato la scena chiave: il combattimento col drago. Del resto la pi drammatica, e anche la pi significativa, che si presta a letture allegoriche e perfino politiche: il Bene sconfigge il Male, il cristianesimo il paganesimo (o lislam). Pisanello no. Fa una scelta che noi abituati a ogni demistificazione narrativa sottovalutiamo. Ma allora doveva parere di unaudacia sconfinata. Infatti, dubitando che il soggetto restasse oscuro, appose in basso una didascalia esplicativa: SANCTUS GIORGIUS. Pisanello dipinge un momento trascurabile della vicenda. San Giorgio che coraggiosamente ha appena rifiutato il consiglio della Principessa di mettersi in salvo infila il piede sinistro nella staffa e si accinge a salire a cavallo.
DEGAS
La stiratrice (19 maggio)
OKEEFFE
Black Iris (12 maggio)
GRNEWALD
Crocifissione (5 maggio)
LOPERA
Pisanello: San Giorgio e la Principessa. Verona, Chiesa di SantAnastasia, 1437-38. Nella foto grande, un particolare