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Francesco Lamendola

Amare la vita vuol dire non solo goderla, ma assumerne la piena responsabilit
Quel che oggi sta venendo a mancare, nei confronti dei bambini e dei giovani da parte degli adulti, non solo un progetto educativo, ma anche e soprattutto un sano amore per la vita, un esempio quotidiano di come la si sappia apprezzare e ringraziare per tutte le cose buone che ci offre e per la meraviglia con cui ci sorprende e ci riempie di stupore e ammirazione. troppo facile dirle grazie per le cose buone e maledirla, subito dopo, per quelle cattive: non degno di una persona che possieda il senso della giustizia, perch equivale a dire che si disposti a riconoscere solo i beni immediati, evidenti e pratici, senza tener conto che, per crescere e maturare, c bisogno anche delle prove, delle difficolt, dei passaggi stretti e difficili: senza di essi, senza venir mai messi alla prova, si rimane degli eterni bambocci. Oltre a ci, bisogna sempre ricordare che il bene immediato ed evidente non sempre il nostro vero bene; talvolta pu essere un bene solo apparente e fallace, che prepara e favorisce le nostre cadute e le nostre vigliaccherie; mentre, talvolta, un male, o quello che ci sembra un male, non che preparazione ad un bene futuro e, in ogni caso, quanto serve perch noi impariamo ad apprezzare le cose buone nel loro gusto valore, senza di che finiremmo per darle per scontate e non le riconosceremmo nemmeno per quello che sono. Non si pu fare come Leopardi o come Schopenhauer: non si pu denigrare e calunniare la vita perch non ci riserva sempre e soltanto cose belle; non intellettualmente, n moralmente onesto: sarebbe come godere dellamicizia finch i nostri amici stanno bene e sono allegri e di buona compagnia, e poi voltare loro le spalle quando si trovano in difficolt, si ammalano, invecchiano. Se si capaci di godere delle cose buone, bisogna anche saper accettare quelle non buone, perch la vita non un parco dei divertimenti in cui si dispensano solo piaceri. Lerrore sta nel pensare che il fine cui tende luomo sia soltanto il piacere, funesto malinteso di origine illuminista: da quando la parola felicit ha incominciato a introdursi nel vocabolario della societ e della politica, ha finito per imporsi come la pretesa di un diritto, un diritto separato dai corrispondenti doveri e dai relativi sacrifici. Il bambino goloso e viziato mangia la parte pi tenera della pietanza e getta la parte meno saporita o meno gradita al palato: la crosta del pane, il gambo dellasparago, il nervo della bistecca. In maniera simile si comportano quegli adulti, e perfino quei pensatori, i quali vorrebbero tenere per s i momenti felici, le occasioni favorevoli, gi incontri fortunati, ma pretendono di respingere le esperienze difficili. la miseria delledonismo, sommata al delirio della cultura individualista e pseudo democratica dei diritti senza doveri. La societ moderna, malata di individualismo esasperato, di edonismo frenetico, di materialismo consumista, sembra incapace di trasmettere ai bambini e ai giovani lamore per la vita, perch sembra aver smesso da tempo di credere nella vita: il crollo delle nascite e laumento esponenziale degli aborti (e non vero che la loro legalizzazione ne abbia fatto diminuire il numero) lo testimoniano in maniera eloquente. Le culle vuote sono il segno di un malessere profondo, che i sociologi credono di aver spiegato, solo perch ne hanno illustrato i meccanismi esteriori, mentre continua a sfuggire loro il suo intimo significato e la sua origine spirituale. Linurbamento, lindustrializzazione, la massificazione, la globalizzazione, possono fornire le coordinate storiche del fenomeno, ma non spiegarlo veramente: perch il disamore verso la vita, nella societ occidentale moderna, frutto del disincanto del mondo e questo, a sua volta, di una distorsione 1

filosofica nel concetto delluomo e di un errore di giudizio rispetto alla realt: la distorsione di aver promosso luomo a soggetto autosufficiente e lerrore di averlo visto come arbitrio e padrone di tutti gli altri enti, in nome di un progresso spacciato quale nuova religione secolarizzata. Trasmettere lamore per la vita, dunque, ai piccoli e ai giovani, possibile se la vita la si ama davvero, se la si apprezza incondizionatamente, se non si sempre pronti a dirne tutto il male possibile non appena si incontra qualche difficolt, qualche infortunio, qualche prova. Non ama la vita colui che ne apprezza i beni, ma non ne accetta gli aspetti faticosi o difficili; non ama la vita colui che insegue i divertimenti e che abusa dei piaceri, ma si dispera e si lamenta amaramente ogni qual volta le sue cose non vanno nella maniera da lui desiderata. Un carattere allegro, una naturale propensione allo scherzo e alla risata sono cose buone, ma non attestano, automaticamente, lamore per la vita; e i bambini colgono la differenza fra un adulto sempre pronto alla risata, ma anche alla lamentela e allo sconforto, e un adulto che, pur essendo di carattere riservato e poco espansivo, possiede per, e sa trasmettere, la serenit e la saggezza di chi apprezza la vita e ha occhi per la sua bellezza. Gli adulti dovrebbero saper trasmettere queste ultime cose: dovrebbero, ogni tanto, fermarsi lungo la strada, e mostrare ai bambini i fiori che crescono sul fosso, larcobaleno dopo la pioggia, e invitarli ad ascoltare il concerto del merlo o dellusignolo, o il profumo della terra bagnata portato dal vento. Dovrebbero raccontare loro delle storie, delle fiabe, nelle quali il meraviglioso si intrecci con il quotidiano e che abbiano una sana morale, che premia gli sforzi delle anime buoni e fedeli: delle fiabe che li facciano sognare, che li entusiasmino, che facciano leva sulla loro naturale fantasia e sulla loro propensione alla creativit. Dovrebbero regalare loro solo giocattoli belli e formativi, niente mostri e mostriciattoli, niente giochi elettronici, niente cose violente o di cattivo gusto; dovrebbero incoraggiarli a giocare allaria aperta, con altri bambini, invece di stare seduti per ore ed ore davanti allo schermo del televisore o del computer; insegnar loro ad andare in bicicletta e non metterli al volante di automobiline odi motociclette elettriche, costosissime e super-tecnologiche, che li predispongono ad amare la potenza del motore e la velocit, invece di godere del paesaggio, delle stagioni, delle lunghe serate estive, respirando aria buona e apprezzando la compagnia dei loro coetanei. Ma gli adulti saranno in grado di fare queste cose se essi, per primi, sanno godere delle cose semplici e belle, se le sanno riconoscere e apprezzare, se le sanno vedere, se le sanno ascoltare. Se sanno provare pi gioia nel come che nel cosa, nellessere che nellavere, nella qualit che nella quantit; se non pongono il denaro, il successo e il potere, in cima alla piramide dei loro desideri e delle loro aspirazioni; se non passano ore e ore a truccarsi, ad abbronzarsi, a provare vestiti alla moda, se non cercano le cose futili, se non smaniano per le cose vuote, ma sanno esser contenti di poco, se sanno dare il giusto valore alla bellezza, allamicizia, ai sentimenti veri, che rasserenano lanima e plasmano il carattere. Gli adulti smidollati, che non sanno fare sacrifici per raggiungere gli obiettivi desiderati, che vanno in crisi di astinenza se si guasta il loro televisore, che fanno una malattia se il vicino ha acquistato un modello di automobile pi recente e pi costoso; che non sanno guardarsi dentro, che non sanno chi sono veramente, che indossano incessantemente le maschere offerte loro dal consumismo, non potranno mai trasmettere amore per la vita; cos come non potranno farlo se vanno al lavoro malvolentieri, se fanno il loro dovere senza passione, se indulgono allinvidia, alla maldicenza, alla critica sterile e indiscriminata, se si sentono defraudati di qualcosa non appena qualcun altro riceve un riconoscimento, un premio, un complimento. La vita bella, senza dubbio: piena di cose belle, appassionanti, entusiasmanti; basta avere degli occhi capaci di vedere e non solo di guardare, basta avere un cuore di carne e non un cuore di pietra, basta avere la capacit di stupirsi e non vivere in una ottusa monotonia, con il pilota automatico perennemente inserito. In essa, senza dubbio, si incontrano anche cose non buone, o tali che non vengono riconosciute subito come buone: eventi e situazioni che ci mettono a dura prova, difficolt economiche, affettive, morali. Essa, dunque, appare anche come problematica: il bene non mai del tutto uniforme, il piacere non mai assoluto (in questo Leopardi aveva ragione), il cielo non quasi 2

mai totalmente sgombro di nubi e il temporale, magari improvviso e devastante, sempre possibile. Questa problematicit, questa complessit, questo tessuto variegato della vita ci interrogano ed escludono formule semplicistiche ed etichette superficialmente rassicuranti. Anche giudicarla esclusivamente buona e felice indice di un atteggiamento immaturo e superficiale; a meno che si tratti di un mistico o di un santo: persone eccezionali che riescono a gioire perennemente, perch si sono spinte cos in alto, da non lasciarsi pi turbare dalle aporie che tanto mettono in crisi chi, invece, si trova ancora nei livelli inferiori. Normalmente, una persona che non sappia vedere anche gli aspetti dolorosi della vita una persona immatura o deficiente, una persona che possiede poca sensibilit e pochissima capacit di vedere e di riflettere. Bisogna amare la vita dolorosamente, dunque, come affermava Umberto Saba? No; nemmeno questo sarebbe latteggiamento giusto. Il fatto che in essa vi sia anche il dolore, non significa che bisogna lasciarsene influenzare fino a concedere ad esso uno spazio eccessivo; e poi, diciamolo francamente, amare dolorosamente un ossimoro e una contraddizione in termini. Se si ama, si pervasi da un senso di esultanza, quasi di euforia; se si ama la vita, non la si ama dolorosamente, la si ama e basta; la qual cosa non esclude affatto che, quando si passa per la porta stretta del dolore, si soffra: per non soffrire, bisognerebbe essere disumani. Questo il grande malinteso: pensare che lamore per la vita sia inconciliabile con il fatto che, talvolta, la vita ci riserva anche il dolore. Anche, e non solo: le filosofie che predicano lassolutezza del dolore, la nullit e la malvagit del tutto, che calunniano la vita e lesistenza di ogni cosa, fino al nichilismo pi estremo, sono false e, forse, insincere: perch, nel momento stesso in cui si sappia apprezzare la bellezza della vita anche per una sola ora, anche per un solo istante, bisogna avere lonest di dirle grazie, indipendentemente dal fatto che si sia trattato di unesperienza di breve durata. Che cosa vuol dire, poi, breve? Forse che le cose belle possono essere misurate con lorologio alla mano, con il solo criterio della quantit? breve listante in cui due amici si comprendono, parlando; listante in cui due amanti si sentono una cosa sola, abbracciandosi; listante in cui una mamma culla il suo bambino, dimentica di tutto il resto? Amare la vita non vuol dire essere perennemente felici; del resto, la cosa sarebbe impossibile: non apprezzeremmo la felicit come uno stato di suprema beatitudine, se durasse per sempre. Amare la vita vuol dire amarla con le sue ombre e con le sue luci, con le sue cose belle e con quelle meno belle. Non vuol dire neanche amarla in maniera assoluta, se con ci si intende non essere capaci di vederla come una tappa della propria evoluzione, ma come il fine, lunico e il solo, dellesistenza. Chi la ama con brama, con ingordigia, facendone un valore assoluto, non riesce nemmeno a concepire lidea di doversene distaccare: il che, invece, necessario. Ed talmente necessario che noi dovremmo sempre vivere con la consapevolezza della nostra fragilit, della nostra provvisoriet, della nostra mortalit. Veniamo dalla terra e alla terra dobbiamo ritornare: questa la legge. Ma essa vale per la nostra vita fisica, non per la vita soprannaturale, non per la vita dellanima. Il nostro corpo, cos fresco e seducente in giovinezza, destinato ad invecchiare, ad incurvarsi: questa la legge, ed inesorabile: non accettarla, significa non aver compreso le regole del gioco e, dunque, non amare la vita, o, almeno, non avere imparato ad amarla nel modo giusto. Amarla troppo, cio in maniera smodata, tanto sbagliato quanto non saperla amare affatto: sono due maniere immature di porsi di fronte ad essa. La vita ci interroga, ci chiede quale sia la nostra vocazione, quale sia il grado di responsabilit che siamo disposti a prendere sulle nostre spalle nei suoi confronti. Questo il suo intimo significato: capire e riconoscere quale sia la nostra responsabilit verso di essa, quanto siamo disposti ad impegnarci per fare di essa ci che giusto, ci che siamo stati chiamati a fare. Perch siamo stati chiamati: non siamo capitati per caso nella vita, n, tanto meno, per un atto indipendente del nostro volere. Possiamo rispondere con un s o con un no alla chiamata; possiamo assumerci la nostra responsabilit o rifiutarla. Dipende da noi. Questo il bello della vita: che non ce la siamo stata data da soli, e tuttavia siamo invitati ogni giorno a svilupparla, a promuoverla, a lavorare su di essa con tutta la nostra creativit, la nostra intelligenza, il nostro entusiasmo. In altre parole, siamo stati chiamati a comprenderla e ad amarla 3

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