You are on page 1of 104

Geometria degli enti lineari e delle quadriche

Note per il Corso Algebra Lineare e Geometria di Ingegneria


Francesco Russo
Dipartimento di Matematica e Informatica
Universit` a degli Studi di Catania
Viale A. Doria 6
95125 Catania
frusso@dmi.unict.it
Versione del 21 ottobre 2011
con varie correzioni, nuovi esercizi
e nuove sezioni (Teorema Spettrale, etc, etc,)
Prefazione
[...] alla gioia del ritorno in patria, per l esule che ne sia rimasto
lungamente lontano, non e estranea una certa malinconica tristezza per gli
inevitabili dolorosi mutamenti apprestatigli dal tempo edace [....]
Gaetano Scorza
[...] il maestro che predilessi e prescelsi fu Gaetano Scorza: colui
che pi u di ogni altro mi sembr` o sentire con contenuta passione, e mi fece
sentire, la matematica come arte, come losoa, come pensiero.
Lucio Lombardo-Radice
Queste note contengono il materiale presentato durante le lezioni di Geometria del corso alla Facolt a di
Ingegneria e molti esempi, i.e. esercizi risolti, tratti da temi di esame assegnati durante gli anni accademici
precedenti. Per questi motivi possono essere considerate come un utile strumento per la preparazione all
esame, sia orale che scritto.
In molte parti, come nel caso della trattazione dello spazio afne R
n
, ho dovuto sacricare il rigore a
scapito dell introduzione di varie denizioni e concetti che in quel punto del corso avrebbero reso (ancor
di) pi u indigesto il contenuto abbastanza intuitivo delle principali nozioni. In varie parti delle dimostrazioni
sintetiche nella teoria delle quadriche e sottointeso l uso di punti con coordinate complesse sebbene sia
evitato di menzionarlo esplicitamente.
`
E superuo osservare che non esiste nessuna parte originale in queste note e nemmeno un punto di vista
diverso da altri (pochi) trattati che, come questo, evitino la naturale introduzione degli elementi impropri
e quindi, almeno come ambiente di lavoro, degli spazi proiettivi. La mia comprensione dei prodromi della
Geometria (e in seguito della Geometria Algebrica) risale agli anni di formazione all Universit a di Milano
e agli illuminanti corsi di Antonio (Lanteri) e del Prof. Ermanno Marchionna. A quest ultimo sono molto
riconoscente anche per l introduzione all algebra (anche non commutativa) e meno per avermi trasmesso l
insana mania di scrivere delle note di Corso.
Il progetto iniziale immaginato per queste note e ormai prossimo al compimento. Molte imprecisioni e
errori tipograci (e non solo!) sono stati eliminati grazie alla collaborazione di vari studenti che paziente-
mente hanno letto con la massima attenzione le varie versioni che venivano via via pubblicate sulla pagina
internet e che desidero qui ringraziare per il prezioso aiuto.
In varie parti mi sono avvalso, contando sul loro tacito accordo mai esplicitamente richiesto, di esempi o
esercizi tratti da testi o temi di esame dei miei colleghi Salvino (Giuffrida) e Peppino (Giuseppe Paxia), che
desidero ringraziare qui anche per l amicizia, la stima e l appoggio continuo nel tentativo di ambientarmi
nuovamente alla difcile (e per molti versi incomprensibile) realt a (accademica) italiana.
iii
Indice
Prefazione iii
Capitolo 1. Geometria degli enti lineari 1
1.1. Spazio di dimensione n sul campo K, r-piani in K
n
e loro equazioni parametriche 1
1.2. Equazioni cartesiane degli r-piani di K
n
con enfasi nel caso n = 2, 3. 4
1.3. Lo spazio metrico R
n
: distanze, angoli e perpendicolarit a 12
1.4. Diagonalizzazione di matrici simmetriche reali tramite rotazioni 23
1.5. Cambi di coordinate e di sistema di riferimento in R
n
; rototraslazioni nel piano e nello spazio 28
Capitolo 2. Coniche 31
2.1. Denizione e classicazione delle coniche; coniche riducibili e irriducibili nel piano reale 31
2.2. Ellissi, iperboli, parabole; circonferenze e iperboli equilatere 34
2.3. Fuochi, direttrici, eccentricit a e denizione unicata di conica irriducibile 42
2.4. Centro e assi di simmetria di una conica 43
2.5. Rette isotrope a una conica, rette tangenti a una conica e rette polari a una conica 45
Capitolo 3. Quadriche 51
3.1. Sfere, coni e cilindri circolari retti, superci di rotazione ottenute da coniche 51
3.2. Riduzione a forma canonica delle quadriche e quadriche riducibili 52
3.3. Classicazione delle quadriche di rango massimo e loro forme canoniche 55
3.4. Vertice e direzione di una quadrica; coni, cilindri e loro forme canoniche 59
3.5. Intersezione tra una retta e una quadrica; cono isotropo a una quadrica e piano tangente a una
quadrica; piano polare rispetto a una quadrica 65
3.6. Sezioni di una quadrica non degenere con un piano; sezioni riducibili e irriducibili; applicazioni 68
3.7. Rette contenute in una quadrica irriducibile e intersezione di una quadrica con un suo piano
tangente; punti ellittici, iperbolici e parabolici di una quadrica 75
Capitolo 4. Famiglie di coniche e di quadriche e problemi vari di geometria nel piano e nello spazio
riguardanti coniche e quadriche 79
4.1. Famiglie di circonferenze 79
4.2. Famiglie di sfere 82
4.3. Famiglie di coniche con enfasi sui fasci di coniche 83
4.4. Esercizi vari sulle coniche 93
4.5. Esercizi vari sulle quadriche 96
v
CAPITOLO 1
Geometria degli enti lineari
1.1. Spazio di dimensione n sul campo K, r-piani in K
n
e loro equazioni parametriche
Introduciamo le denizioni degli oggetti che considereremo in seguito.
1.1.1. DEFINIZIONE. (Denizione di spazio di dimensione n sul campo K, di r-piano in K
n
e delle
equazioni parametriche di un r-piano). In K
n
i punti saranno i vettori dello spazio vettoriale K
n
. Pertanto
dati 2 punti P
1
, P
2
K
n
, e chiaro il signicato delle espressioni P
1
+P
2
oppure P
1
P
2
. Indicheremo con
P = (x
1
, . . . , x
n
)
t
le coordinate di un punto qualsiasi. Per P
i
useremo la notazione P
i
= (x
i
1
, . . . , x
i
n
)
t
.
Diremo che K
n
e lo spazio n-dimensionale sul campo K. Per n = 2 parleremo di piano sul campo K e per
n = 3 di spazio sul campo K. Per semplicit a supporremo sempre che K sia un campo innito.
Dato un punto P
0
e un sottospazio vettoriale U K
n
di dimensione dim(U) = r 0, l insieme
L(P
0
; U) := P K
n
: P P
0
U
sar a l r-spazio passante per P
0
e avente direzione U. Se r = 0, allora L(P
0
, 0) = P
0
e un punto. Se r = 1
e U = /(v), diremo che L(P
0
; /(v)) e la retta passante per P
0
e avente direzione v. Se r = 2, diremo che
L(P
0
; U) e il piano passante per P
0
con direzione U (o semplicemente diremo che L(P
0
; U) e un piano). Se
r = n1, diremo che L(P
0
; U) e un iperpiano (passante per P
0
e con direzione U). Ovviamente se U W
e se W K
n
e un sottospazio vettoriale, allora L(P
0
; U) L(P
0
; W).
Se U = /(u
1
, . . . , u
r
) possiamo descrivere L(P
0
; U) per mezzo delle equazioni parametriche:
x P
0
= t
1
u
1
+. . . t
r
u
r
,
al variare di (t
1
, . . . , t
r
) K
r
. Quindi, dopo aver scelto la base u
1
, . . . , u
r
in U, anche L(P
0
; U) di-
venta uno spazio r-dimensionale sul campo K potendo associare a P L(P
0
; U) il punto di coordinate
(t
1
, . . . , t
r
) K
r
dato dalla condizione P P
0
= t
1
u
1
+ . . . t
r
u
r
. Gli s-piani di L(P
0
; U) sono s-piani di
K
n
della forma L(P
1
; W) con P
1
L(P
0
; U) e con W U sottospazio vettoriale di dimensione s. Quindi
potremo parlare di s-piani in un r-piano di K
n
.
Introdotte queste nozioni/notazioni possiamo iniziare a stabilire alcuni fatti semplici che generalizzano
allo spazio n-dimensionale propriet a evidenti delle rette nel piano.
1.1.2. PROPOSIZIONE. Sia P
1
L(P
0
; U). Allora L(P
1
; U) = L(P
0
; U).
DIMOSTRAZIONE. Abbiamo P
1
P
0
= u
1
U. Se P P
1
= u
2
U, allora
P P
0
= P P
1
+ (P
1
P
0
) = u
1
+u
2
U,
i.e. L(P
1
; U) L(P
0
; U). Da P
0
P
1
= u
1
U, deduciamo P
0
L(P
1
; U) e ragionando come sopra
otteniamo L(P
0
; U) L(P
1
; U) e quindi l uguaglianza desiderata.
Il risultato precedente va interpretato nella maniera seguente: la descrizione per mezzo di equazioni
parametriche di un r-piano non dipende dalla scelta del punto che lo determina insieme alla direzione U, come
chiaramente non dipende dalla scelta della base di U utilizzata per descriverlo. In particolare le equazioni
parametriche non sono unicamente determinate perch e dipendono dalla scelta del punto P
0
e di una base di
U ma per tutte queste scelte descriveremo (parametrizzeremo) sempre lo stesso r-piano di K
n
.
1
2 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.1.3. ESEMPIO. Sia l R
3
la retta di equazioni parametriche
(1.1.1)
_
_
_
x = 1 +t
y = t
z = t
t R.
La direzione di l, Dir(l), e il sottospazio U = /((1, 1, 1)) e la parametrizzazione precedente corrisponde
alla descrizione l = L((1, 0, 0); /((1, 1, 1))). Il punto P
1
= (0, 1, 1) l visto che le sue coordinate
si ottengono sostituendo il valore t = 1 nelle equazioni parametriche (1.1.1). Il vettore (2, 2, 2) =
2(1, 1, 1) U e quindi abbiamo anche l = L((0, 1, 1); /((2, 2, 2))) che corrisponde alle equazioni
parametriche di l:
(1.1.2)
_
_
_
x = 0 2s
y = 1 +2s
z = 1 2s
s R.
Nella parametrizzazione (1.1.2) il punto P
1
= (0, 1, 1) e ottenuto per il valore del parametro s = 0 mentre
nella parametrizzazione (1.1.1) si ottiene per il valore del parametro t = 1. Il punto P
0
= (1, 0, 0) corri-
sponde a t = 0 nella parametrizzazione (1.1.1) e a s =
1
2
in (1.1.2). Variando in (1.1.1) t R e in (1.1.2)
s R otteniamo tutti i punti di l.
Le parametrizzazioni precedenti possono pensarsi come delle funzioni biunivoche

1
: R l,
1
(t) = (1 + t, t, t),

2
: R l,
2
(s) = (2s, 1 + 2s, 1 2s).
1.1.4. PROPOSIZIONE. Sia L
1
= L(P
1
; U
1
) K
n
un r
1
-piano e sia L
2
= L(P
2
; U
2
) K
n
un
r
2
-piano. Se L
1
L
2
,= , e se P
3
L
1
L
2
, allora L
1
L
2
= L(P
3
; U
1
U
2
) e un r-piano con
r = r
1
+r
2
dim(U
1
+U
2
).
DIMOSTRAZIONE. Per ipotesi P
3
L
1
L
2
e quindi possiamo supporre L
i
= L(P
3
; U
i
), i = 1, 2, per
la Proposizione 1.1.2. Consideriamo l r-piano L
3
= L(P
3
; U
1
U
2
). Essendo U
1
U
2
sottospazio vettoriale
di U
i
, i = 1, 2, abbiamo L
3
L
i
e quindi L
3
L
1
L
2
. Se P L
1
L
2
, allora P P
3
U
i
, i = 1, 2, e
quindi P P
3
U
1
U
2
, i.e. P L(P
3
; U
1
U
2
) dimostrando l uguaglianza L
3
= L
1
L
2
.
La formula di Grassmann prova che dim(U
1
U
2
) = dim(U
1
) +dim(U
2
) dim(U
1
+U
2
) da cui segue
r = r
1
+r
2
dim(U
1
+U
2
).
1.1.5. LEMMA. Sia L
1
= L(P
1
; U
1
) K
n
un r
1
-piano e sia L
2
= L(P
2
; U
2
) K
n
un r
2
-piano. Se
U
1
+U
2
= K
n
, allora L
1
L
2
,= e quindi L
1
L
2
= L(P
0
; U
1
U
2
) e un r
1
+r
2
n-piano.
DIMOSTRAZIONE. Se P
1
= u
1
+ u
2
con u
i
U
i
, i = 1, 2, e se P
2
= u

1
+u

2
con u

i
U
i
, i = 1, 2,
deniamo Q = u

1
+ u
2
. Allora Q P
1
= (u

1
+ u
2
) (u
1
+ u
2
) = u

1
u
1
U
1
e quindi Q L
1
.
Analogamente QP
2
= (u

1
+u
2
) (u

1
+u

2
) = u
2
u

2
U
2
e quindi Q L
2
. Pertanto Q L
1
L
2
e possiamo concludere applicando la Proposizione 1.1.4.
1.1.6. DEFINIZIONE. (Parallelismo in K
n
). Sia L
1
= L(P
1
; U
1
) K
n
un r
1
-piano e sia L
2
=
L(P
2
; U
2
) K
n
un r
2
-piano. Diciamo che L
1
e L
2
sono paralleli se U
1
U
2
(o se U
2
U
1
). In
questo caso scriveremo L
1
| L
2
.
1.1.7. PROPOSIZIONE. Sia L
1
= L(P
1
; U
1
) K
n
un r
1
-piano e sia L
2
= L(P
2
; U
2
) K
n
un
r
2
-piano. Se L
1
| L
2
, allora o L
1
L
2
= oppure L
1
L
2
.
DIMOSTRAZIONE. Se P
3
L
1
L
2
, allora L
1
= L(P
3
; U
1
) e L
2
= L(P
3
; U
2
). Quindi se U
1
U
2
,
avremo L
1
L
2
.
1.1.8. PROPOSIZIONE. Sia L
1
= L(P
1
; U
1
) K
n
un r
1
-piano, r
1
> 0, e sia L
2
= L(P
2
; U
2
) K
n
un iperpiano. Allora o L
1
| L
2
oppure L
1
L
2
e un (r
1
1)-piano. In particolare una retta e un iperpiano
o sono paralleli oppure si intersecano in un punto.
1.1. SPAZIO DI DIMENSIONE n SUL CAMPO K, r-PIANI IN K
n
E LORO EQUAZIONI PARAMETRICHE 3
DIMOSTRAZIONE. Se U
1
U
2
, allora L
1
| L
2
. Se U
1
, U
2
, otteniamo U
1
+ U
2
= K
n
visto che
dim(U
2
) = n 1. Per il Lemma 1.1.5, in questo caso abbiamo L
1
L
2
,= . Sia P
3
L
1
L
2
. Per la
Proposizione 1.1.4, L
1
L
2
= L(P
3
; U
1
U
2
) e un (r
1
1)-piano.
1.1.9. PROPOSIZIONE. Dati P
1
, P
2
K
n
punti distinti, esiste una unica retta di K
n
che li contiene, la
retta L(P
1
, /(P
2
P
1
)).
DIMOSTRAZIONE. Sia L = L(P
1
; /(P
2
P
1
)). Essendo i punti distinti, P
2
P
1
,= 0 e quindi L K
n
e una retta. Dalle relazioni triviali P
1
P
1
= 0 = 0 (P
2
P
1
) /(P
1
P
2
) e P
2
P
1
/(P
1
P
2
),
deduciamo che P
1
, P
2
L. Sia ora L

= L(P
0
; /(v)) una retta contenente P
1
e P
2
. Per la Proposizione
1.1.2, L

= L(P
1
, /(v)). Poich e P
2
L
1
, P
2
P
1
/(v) e quindi /(v) = /(P
2
P
1
), dimostrando che
L = L

.
1.1.10. DEFINIZIONE. (Retta per 2 punti distinti di K
n
; punti collineari). La retta determinata da due
punti distinti P
1
, P
2
K
n
si indicher a con < P
1
, P
2
>e per descriverla per mezzo di equazioni parametriche
possiamo usare la formula provata anteriormente: < P
1
, P
2
>= L(P
1
; /(P
2
P
1
)) = L(P
2
; /(P
1
P
2
)).
Siano P
1
, P
2
, P
3
K
n
tre punti distinti. I punti P
1
, P
2
, P
3
si dicono collineari se P
3
< P
1
, P
2
>. I
punti P
1
, P
2
, P
3
si dicono non-collineari se P
3
,< P
1
, P
2
>.
1.1.11. PROPOSIZIONE. Dati P
1
, P
2
, P
3
K
n
punti distinti e non collineari, esiste un unico piano di
K
n
che li contiene.
DIMOSTRAZIONE. Poich e i punti non sono collineari, L = L(P
1
; /(P
2
P
1
, P
3
P
1
)) e un piano. Si
verica immediatamente che contiene i punti P
1
, P
2
, P
3
. Sia ora L

= L(P
0
; U) un piano contenente P
1
, P
2
e P
3
. Per la Proposizione 1.1.2 abbiamo L

= L(P
1
; U). Quindi P
2
P
1
U e P
3
P
1
U. Allora
/(P
2
P
1
, P
3
P
1
) = U perch e sono due sottospazi vettoriali della stessa dimensione uno contenuto nell
altro. In conclusione L = L

e quindi il piano contenente i tre punti e unico.


1.1.12. DEFINIZIONE. (Piano per 3 punti non collineari). Il piano determinato da tre punti non collineari
P
1
, P
2
, P
3
K
n
lo indicheremo con < P
1
, P
2
, P
3
>. Per descriverlo per mezzo di equazioni parametriche
possiamo utilizzare quanto provato precedentemente:
< P
1
, P
2
, P
3
>= L(P
1
; /(P
2
P
1
, P
3
P
1
)).
1.1.13. ESEMPIO. In R
3
, dati i punti O = (0, 0, 0), A = (1, 1, 0), B = (0, 1, 1) scrivere equazioni
parametriche della retta r = A, B e dopo aver vericato che O, Ae B non sono collineari scrivere equazioni
parametriche del piano li contiene.
Abbiamo B A = (1, 2, 1) e scrivendo r = L(A; /(B A)) otteniamo le equazioni parametriche:
_
_
_
x = 1 t
y = 1 +2t
z = t
t R.
Il punto O non appartiene alla retta r perch e il sistema
_
_
_
0 = 1 t
0 = 1 +2t
0 = t
e impossibile, mostrando che non esiste nessun valore di t per cui O corrisponda alle coordinate di un punto
di r corrispondente al valore del parametro t.
Per il piano , consideriamo la descrizione = L(O; /(A O, B O)), i.e. Dir() = /(A, B), che
fornisce le equazioni parametriche:
_
_
_
x = t
y = t +s
z = s
t, s R.
4 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
In questo caso possiamo pensare la parametrizzazione precedente come una funzione biunivoca:
: R
2

denita da
(t, s) = (t, t +s, s).
1.1.14. DEFINIZIONE. (Spazio generato da due spazi di K
n
). Dati un r
1
-piano L
1
= L(P
1
; U
1
) K
n
e un r
2
-piano L
2
= L(P
2
; U
2
) possiamo considerare l s-piano
L = L(P
1
; /(P
2
P
1
) +U
1
+U
2
) = L(P
2
; /(P
2
P
1
) +U
1
+U
2
).
Indicheremo L con il simbolo < L
1
, L
2
> e lo chiameremo lo spazio generato da L
1
e L
2
.
Si verica facilmente che L(P
1
; /(P
2
P
1
)+U
1
+U
2
) contiene L
1
e L
2
. Sia ora L

= L(P
3
; W) K
n
un t-piano contenente L
1
e L
2
. Affermiamo che L L

e pertanto che L e il minor s-piano di K


n
contenente
L
1
e L
2
. Infatti poich e P
1
L
1
L

, abbiamo L

= L(P
1
; W). Quindi U
1
W visto che L
1
L

. Poich e
P
2
L

, allora P
2
P
1
W. Dalla descrizione L

= L(P
2
; W), deduciamo anche l inclusione U
2
W.
Quindi /(P
2
P
1
) +U
1
+U
2
W e L L

.
1.1.15. DEFINIZIONE. (Rette sghembe in K
3
). Due rette L
1
, L
2
K
3
si dicono sghembe se L
1
L
2
=
e se L
1
e L
2
non sono parallele. Equivalentemente tali rette sono sghembe se non esiste nessun piano di K
3
che le contenga, i.e. se non sono complanari. Le rette L
1
e L
2
non sono complanari se e solamente se
< L
1
, L
2
>= K
3
.
Due rette sghembe in K
3
determinano due piani

1
e

2
, con

1
contenente L
1
e con

2
contenente
L
2
deniti nella maniera seguente. Il piano

1
e l unico piano contenente L
1
e parallelo a L
2
, mentre

2
e l unico piano contenente L
2
e parallelo a L
1
. Se L
1
= L(P
1
; /(u
1
)) e se L
2
= L(P
2
; /(u
2
)), allora

1
= L(P
1
; /(u
1
, u
2
)) e

2
= L(P
2
; /(u
1
, u
2
)). L unicit a e conseguenza ovvia della denizione di rette
sghembe.
1.1.16. PROPOSIZIONE. Siano L
1
, L
2
K
3
due rette sghembe e siano

1
e

2
i piani di K
3
introdotti
precedentemente. Dato P K
3
(L
1
L
2
), esiste al massimo una retta passante per P e incidente L
1
e L
2
.
Tale retta esiste se e solamente se P ,

2
.
DIMOSTRAZIONE. Il vettore P P
1
non appartiene al sottospazio /(u
1
, u
2
) se e solamente se il punto
P non appartiene al piano

1
. Allora se P ,

1
, P P
1
, u
1
, u
2
sono una base di K
3
. Esistono unici
, , K tali che P P
2
= (P P
1
) + u
1
+ u
2
. Inoltre = 0 se e solo se P

2
. Quindi se
P ,

2
, esistono unici , , K, ,= 0, tali che
P (P
2
+u
2
) = (P (P
1

u
1
)),
i.e. i vettori v
2
= P (P
2
+ u
2
) e v
1
= P (P
1

u
1
) generano lo stesso sottospazio e quindi
L(P; /(v
1
)) = L(P; /(v
2
)) = L e una retta passante per P tale che LL
1
= P
1

u
1
e LL
2
= P
2
+u
2
.
Dall unicit a di , e si ottiene che tale retta e unica.
Se il punto P sta in

i
per i = 1 o per i = 2, allora le rette per P e incidenti L
i
sono contenute nel piano

i
e quindi non intersecano l altra retta. Quindi se P

2
, non esiste nessuna retta incidente le due
rette date e passante per P.
1.2. Equazioni cartesiane degli r-piani di K
n
con enfasi nel caso n = 2, 3.
Consideriamo l equazione lineare nelle variabili x
1
, . . . , x
n
a
1
x
1
+. . . a
n
x
n
+b = 0.
Se
a =
_
_
_
a
1
.
.
.
a
n
_
_
_ ,= 0 e se x =
_
_
_
x
1
.
.
.
x
n
_
_
_.
1.2. EQUAZIONI CARTESIANE DEGLI r-PIANI DI K
n
CON ENFASI NEL CASO n = 2, 3. 5
Possiamo quindi riscrivere l equazione precedente nella forma pi u compatta
(1.2.1) a
t
x +b = 0,
dove il prodotto a
t
x e il prodotto di matrici, i.e. a
t
x =

n
i=1
a
i
x
i
.
Abbiamo trivialmente
([a
1
. . . a
n
]) = 1 = ([a
1
. . . a
n
[b])
perch e a ,= 0, dove con (A) indichiamo il rango di una matrice A K
m,n
. Quindi per il Teorema di
Rouch e-Capelli (o pi u semplicemente risolvendo direttamente) sappiamo che l equazione lineare (1.2.1)
ammette soluzioni, che ora descriveremo geometricamente.
1.2.1. PROPOSIZIONE. L insieme L K
n
delle soluzioni dell equazione lineare a
t
x + b = 0 con
a ,= 0 e un iperpiano di K
n
. Se P
0
e una soluzione e se U K
n
e il sottospazio di dimensione n 1 delle
soluzioni dell equazione lineare omogenea associata a
t
x = 0, allora L = L(P
0
; U).
In particolare due iperpiani
1
,
2
K
n
di equazioni cartesiane a
t
1
x + b
1
= 0, rispettivamente
a
t
2
x +b
2
= 0 sono paralleli se e solamente se esiste K

tale che a
2
= a
1
.
DIMOSTRAZIONE. Sia P
0
K
n
tale che a
t
P
0
+ b = 0 e sia u U tale che a
t
u = 0. Allora
a
t
(P
0
+ u) + b = 0 e quindi tutti i punti P L(P
0
; U), essendo della forma P
0
+ u per qualche u U,
stanno nell insieme L delle soluzioni, i.e. L(P
0
; U) L. Al contrario sia P
0
una soluzione dell equazione
lineare, i.e. a
t
P
0
+b = 0. Allora b = a
t
P
0
e quindi sostituendo in (1.2.1) otteniamo a
t
(x P
0
) = 0.
Allora i punti P
1
L, i.e. i punti tali che a
t
P
1
+b = 0, sono tali che a
t
(P
1
P
0
) = b a
t
P
0
= 0.
Quindi P
1
P
0
e soluzione dell equazione omogenea associata, i.e. P
1
P
0
U e L L(P
0
; U). Le due
inclusioni precedenti implicano L = L(P
0
, U).
Lo spazio vettoriale U
1
= Dir(
1
) consiste delle soluzioni di a
t
1
x = 0 mentre U
2
= Dir(
2
) delle
soluzioni di a
t
2
x = 0. I due sistemi omogenei hanno le stesse soluzioni, i.e. Dir(
1
) = Dir(
2
) se
e solamente se i sistemi omogenei sono riga equivalenti, condizioni che si esprime esattamente tramite l
esistenza di K

tale che a
2
= a
1
.
Abbiamo visto che soluzioni di equazioni del tipo (1.2.1) descrivono iperpiani di K
n
. Vogliamo ora
mostrare che tutti gli iperpiani possono essere descritti come insieme delle soluzioni di una equazione lineare
che costruiremo esplicitamente a partire dalle equazioni parametriche dell iperpiano.
1.2.2. PROPOSIZIONE. Un iperpiano L = L(P
0
; U) K
n
e l insieme delle soluzioni di una equazione
lineare del tipo (1.2.1). Se u
1
, . . . u
n1
e una base di U, una equazione le cui soluzioni sono esattamente
L e:
(1.2.2) det([u
1
. . . u
n1
(x P
0
)
t
]) = a
t
(x P
0
) = 0,
dove [u
1
. . . u
n1
(x P
0
)] K
n,n
e la matrice formata dai vettori, pensati come colonne, della base
ssata di U e dal vettore (x P
0
).
In particolare una retta L = L(P
0
; /(u)) K
2
con P
0
= (x
0
, y
0
) e u = (a, b) ha equazione cartesiana
0 =

a x x
0
b y y
0

= a(y y
0
) b(x x
0
) = ay bx +bx
0
ay
0
Un piano L = L(P
0
; /(u
1
, u
2
)) K
3
con P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
), u
1
= (a
1
, b
1
, c
1
) e u
2
= (a
2
, b
2
, c
2
) ha
equazione cartesiana
0 =

a
1
a
2
x x
0
b
1
b
2
y y
0
c
1
c
2
z z
0

= (x x
0
)

b
1
b
2
c
1
c
2

(y y
0
)

a
1
a
2
c
1
c
2

+ (z z
0
)

a
1
a
2
b
1
b
2

DIMOSTRAZIONE. Un punto P K
n
appartiene a L(P
0
; U) se e solo se P P
0
U e quindi se e solo
se ([u
1
. . . u
n1
(P P
0
)] = ([u
1
. . . u
n1
]) = n 1, dove l ultima uguaglianza risulta dal fatto che
u
1
, . . . , u
n1
e una base di U. Sviluppando secondo l ultima riga il determinante in (1.2.2) otteniamo l
uguaglianza tra la prima espressione in (1.2.2) e la seconda, dove a
i
e il complemento algebrico di x
i
x
0
i
e
dove, come sempre, P
0
= (x
0
1
, . . . , x
0
n
)
t
. Poich e ([u
1
. . . u
n1
]) = n 1 non tutti gli a
i
sono nulli.
6 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.2.3. ESEMPIO. In R
3
, dati i punti A = (1, 1, 0), B = (0, 1, 1) e C = (1, 1, 1), scrivere equazioni
parametriche e cartesiane dell unico piano che li contiene.
Abbiamo B A = (1, 2, 1), C A = (0, 2, 1) e scrivendo = L(A; /(B A, C A)) otteniamo
le equazioni parametriche:
(1.2.3)
_
_
_
x = 1 t
y = 1 +2t +2s
z = t +s
t, s R.
Utilizzando la Proposizione 1.2.2 con la base di Dir() data da B A, C A otteniamo per le
seguenti equazioni cartesiane:
0 =

1 0 x 1
2 2 y + 1
1 1 z

2 y + 1
1 z

+ (x 1)

2 2
1 1

= 2z + (y + 1) + 4(x 1) = 4x +y 2z 3
Una equazione cartesiana di poteva anche essere ottenuta in questa maniera dalla prima equazione di
(1.2.3) otteniamo t = 1 x, sostituendo nella terza equazione di (1.2.3) otteniamo s = z + t = z + 1 x.
Sostituendo i valori precedenti nella seconda equazione di (1.2.3) deduciamo
y = 1 + 2(1 x) + 2(z + 1 x),
che pu o essere riscritta come esattamente come
4x +y 2z 3 = 0.
Dalla teoria dei sistemi di equazioni lineari sappiamo che due equazioni lineari a
t
1
x + b
1
= 0 e
a
t
2
x + b
2
= 0 hanno le stesse soluzioni se e solamente se sono rigaequivalenti. Quindi due equazioni
descrivono lo stesso iperpiano se e solamente se esiste K

= K 0 tale che a
2
= a
1
e b
2
= b
1
,
i.e. tutte le equazioni lineari che deniscono un iperpiano sono ottenute una dall altra per moltiplicazione
per un K

. Una equazione lineare le cui soluzioni sono un iperpiano L K


n
si dir a una equazione
cartesiana di L. Per quanto osservato anteriormente possiamo dire che esiste una unica equazione cartesiana
di un iperpiano, a meno di moltiplicazione per una costante non nulla.
Generalizziamo quanto visto per gli iperpiani al caso di r-piani qualsiasi di K
n
.
1.2.4. PROPOSIZIONE. Sia
(1.2.4) A x +b = 0
m1
un sistema di m-equazioni lineari nelle incognite x
1
, . . . , x
n
, dove A K
m,n
, b K
m,1
, m n e (A) =
m = ([A[b]). Allora l insieme L K
n
delle soluzioni del sistema lineare e un (n m)-piano in K
n
.
Inoltre se P
0
e una soluzione del sistema e se U K
n
e il sottospazio vettoriale delle soluzioni del sistema
omogeneo associato A x
t
= 0
m1
, allora L = L(P
0
; U).
DIMOSTRAZIONE. Se P
0
e una soluzione, allora A P
0
+ b = 0
m1
e quindi b = A P
0
. Quindi
il sistema (1.2.4) si pu o scivere nella forma A (x P
0
) = 0
m1
. Allora P
1
K
n
e soluzione del sistema
se e solamente se A (P
1
P
0
) = 0
m1
e quindi se e solamente se P
1
P
0
U, fornendo l uguaglianza
desiderata L = L(P
0
; U). Essendo (A) = m, abbiamo dim(U) = n m e quindi L e un (n m)-piano in
K
n
.
Il risultato in questione permette di esprimere parametricamente le soluzioni del sistema mostrando in
questa maniera che queste soluzioni descrivono un (n m)-piano passante per una qualsiasi soluzione P
0
e
avente come direzione il sottospazio delle soluzioni del sistema omogeneo associato. In seguito invertiremo
il procedimento e esprimeremo un qualsiasi r-piano come insieme delle soluzioni di un sistema di n r
equazioni lineari. Premettiamo una osservazione. Se K e un corpo innito, come sempre possiamo supporre
nelle nostre applicazioni e esercizi, allora K non e unione di un numero nito di iperpiani, i.e. di punti, e,
se n 2, esistono inniti sottospazi vettoriali di dimensione n 1 di K
n
e quindi inniti iperpiani. Allora,
ragionando per induzione su n, possiamo dedurre che K
n
non e unione di un numero nito di iperpiani.
Infatti se K
n
= L
1
. . . L
m
e se K e innito, esiste un iperpiano L K
n
che non sia parallelo a nessuno
1.2. EQUAZIONI CARTESIANE DEGLI r-PIANI DI K
n
CON ENFASI NEL CASO n = 2, 3. 7
degli L
i
, i = 1, . . . , m. Allora la Proposizione 1.1.8 garantisce che L L
i
sia un iperpiano in L per ogni
i = 1, . . . , m e L risulterebbe unione di un numero nito di iperpiani. Per induzione questo non e possibile.
1.2.5. PROPOSIZIONE. Sia L = L(P
0
; U) K
n
un r-piano. Allora esiste un sistema di nr equazioni
lineari la cui matrice associata abbia rango n r e le cui soluzioni siano esattamente l insieme L.
DIMOSTRAZIONE. Sia u
1
, . . . , u
r
una base di U. Esistono u
r+1
, . . . , u
n
tale che u
1
, . . . , u
n
sia
una base di K
n
. Se deniamo f : K
n
K
nr
come l unica applicazione lineare tale che f(u
i
) = 0
se i = 1, . . . , r e f(u
r+j
) = e
j
, j = 1, . . . , n r, dove e
1
, . . . , e
nr
e la base canonica di K
nr
.
Se A K
nr,n
e la matrice che rappresenta f rispetto alle basi canoniche in K
n
e in K
nr
, allora (A) =
ndim(ker(f)) = nr e lo spazio vettoriale delle soluzioni del sistema lineare omogeneo Ax = 0
(nr)1
e esattamente U. Se A P
0
= b, allora P
0
e soluzione del sistema lineare A x b = 0
(nr)1
. Quindi il
sistema lineare A (x P
0
) = 0
(nr)1
ha esattamente L(P
0
; U) come insieme delle soluzioni.
Una dimostrazione alternativa e pi u geometrica e costruttiva, che funziona nel caso di campi inniti, e la
seguente. Se dim(U) = n 1, allora L e un iperpiano e la conclusione segue dalla Proposizione 1.2.2. Se
dim(U) = r < n1, sia U
1
K
n
un sottospazio di dimensione n1 contenente U. Allora L
1
= L(P
0
; U
1
)
e un iperpiano contenente L. Sia ora P
2
K
n
L
1
e sia U
2
= /(P
1
P
2
) +U. Allora L
2
= L(P
0
; U
2
) e un
(r +1)-piano. Poich e r +1 n1, allora L
2
contiene L ed e contenuto in un iperpiano L

2
. Allora L

2
L
1
e un (n 2)-piano contenente L per la Proposizione 1.1.4 (due iperpiani distinti e non paralleli sempre
generano K
n
!). Se r = n 2, abbiamo terminato. Altrimenti sia P
3
K
n
(L
1
L

2
). Allora < P
3
, L > e
contenuto in un iperpiano L
3
che contiene L. Allora L
3
(L
1
L

2
) e un (n 3)-piano contenente L. Dopo
n r passi avremmo costruito n r iperpiani e un r-piano di K
n
contenente L e quindi coincidente con L.
Le equazioni cartesiane degli iperpiani determinano il sistema di equazioni lineari desiderato.
Quindi, ad esempio, una retta L di K
3
pu o essere descritta per mezzo di un sistema di due equazioni
lineari. In generale le equazioni lineari del sistema associato allo spazio lineare L K
n
si diranno equazioni
cartesiane di L.
1.2.6. ESEMPIO. Sia l R
3
la retta di equazioni parametriche
_
_
_
x = 1 +t
y = t
z = t
t R.
Scrivere equazioni cartesiane della retta l.
Dall ultima equazione ricaviamo t = z e sostituendo nelle prime due equazioni otteniamo le seguenti
equazioni cartesiane per l:
_
x z = 1
y +z = 0
,
che risulta quindi descritta come intersezione dei piani di equazioni cartesiane x z 1 = 0 e y +z = 0.
Sia r R
3
la retta di equazioni parametriche
_
_
_
x = 1 t
y = 1 +2t
z = t
t R.
Scrivere equazioni cartesiane della retta r.
Dall ultima equazione otteniamo t = z che sostituita nelle prime due equazioni fornisce:
_
x z 1 = 0
y + 2z + 1 = 0
.
1.2.7. DEFINIZIONE. (Fascio di iperpiani di K
n
passanti per un (n2)-piano). Sia L K
n
un (n2)-
piano. La Proposizione 1.2.5 garantisce l esistenza di due iperpiani distinti, L
1
e L
2
, di equazioni cartesiane
a
t
1
x + b
1
= 0 e, rispettivamente, a
t
2
x + b
2
= 0, tali che L
1
L
2
= L (questo signica che il sistema
dato dalle due equazioni lineari ha come soluzioni esattamente L). Allora ogni iperpiano avente equazione
del tipo
(1.2.5)
1
(a
t
1
x +b
1
) +
2
(a
t
2
x +b
2
) = 0,
8 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
con (
1
,
2
) ,= 0 contiene L. Infatti il sistema dato dalle 3 equazioni considerate e riga equivalente a quello
dato dalle prime due. Al contrario se L
3
e un iperpiano di equazione cartesiana a
t
3
x+b
3
= 0 e che contiene
L, allora L = L
3
L = L
3
(L
1
L
2
) e quindi il sistema dato dalle equazioni a
t
i
x
i
+b
i
= 0, i = 1, 2, 3,
ammette come soluzioni solo i punti di L. Allora tale sistema e rigaequivalente a quello dato dalle prime
due equazioni e pertanto l equazione di L e combinazione lineare delle prime due equazioni ovvero e una
equazione del tipo (1.2.5). Diremo che gli iperpiani aventi equazioni del tipo (1.2.5) formano un fascio di
iperpiani passanti per L e che l equazione (1.2.5) e l equazione del fascio di iperpiani passanti per L.
Nelle applicazioni saremo interessati al caso n = 2, i.e. fascio di rette per un punto P
0
= (x
0
, y
0
). Visto
che x = x
0
e y = y
0
sono le equazioni cartesiane di P
0
, le rette del fascio passante per P
0
avranno equazioni
cartesiane della forma:

1
(x x
0
) +
2
(y y
0
) = 0.
Nel caso n = 3 avremo il fascio di piani per una retta l. Vediamo un esempio esplicito in questo caso per
scrivere l equazioni del fascio di piani di K
3
per una retta.
1.2.8. ESEMPIO. Determinare equazioni cartesiane e parametriche della retta r R
3
passante per lori-
gine 0 = (0, 0, 0), complanare alla retta x y +z = x 1 = 0 e parallela al piano 2x 2y + 3z 1 = 0.
I piani contenenti la retta x y +z = 0 = x 1 sono della forma
(x y +z) +(x 1) = 0.
Il piano passante per l origine 0 di questo fascio e il piano di equazione x y + z = 0. Infatti sostituendo
le coordinate di 0 otteniamo = 0 e quindi il piano e proprio x y +z = 0.
Il piano parallelo a 2x 2y + 3z 1 = 0 passante per l origine ha equazione 2x 2y + 3z = 0. Le
equazioni cartesiane di r risultano quindi
_
x y +z = 0
2x 2y + 3z = 0
,
equivalenti alle equazioni cartesiane:
_
x y +z = 0
z = 0
,
ridotte ulteriormente a
_
x y = 0
z = 0
.
Risolvendo questo sistema otteniamo le equazioni parametriche di l:
_
_
_
x = t
y = t
z = 0
.
Possiamo ora dimostrare il seguente risultato utilizzato frequentemente nelle applicazioni.
1.2.9. PROPOSIZIONE. Sia L K
n
un (n2)-piano e sia P
1
K
n
L. Allora esiste un unico iperpiano
L

passante per P
1
e contenente L, la cui equazione cartesiana si ottiene sostituendo le coordinate di P
1
in
(1.2.5) e risolvendo l equazione lineare omogenea nelle incognite
1
e
2
:

1
(a
t
1
P
1
+b
1
) +
2
(a
t
2
P
1
+b
2
) = 0.
Qualsiasi soluzione differente da (0, 0) determina una equazione di L

.
Sia L
1
= L(P
1
, /(v)) K
n
una retta tale che L L
1
= . Allora esiste un unico iperpiano L

K
n
contenente L e parallelo a L
1
, la cui equazione cartesiana si ottiene risolvendo l equazione lineare nelle
incognite
1
e
2
:
(
1
a
t
1
+
2
a
t
2
) v = 0.
Qualsiasi soluzione differente da (0, 0) determina una equazione di L

.
1.2. EQUAZIONI CARTESIANE DEGLI r-PIANI DI K
n
CON ENFASI NEL CASO n = 2, 3. 9
DIMOSTRAZIONE. Poich e P
1
, L, allora L

=< L, P
1
> e un iperpiano contenente L. Ogni iperpiano
contenente L e P
1
deve contenere L

e quindi concidere con L

. L iperpiano L

contiene L ed ha quindi
equazione cartesiana del tipo (1.2.5). Imponendo il passaggio per P
1
otteniamo
1
(a
t
1
P
1
+ b
1
) +
2
(a
t
2

P
1
+b
2
) = 0. Risolvendo otteniamo i valori di
1
e
2
corrispondenti all equazione di L

.
Tutti gli iperpiani del fascio contenente L hanno direzione U K
n
data dalle soluzioni di (
1
a
t
1
+

2
a
t
2
) x = 0. Avremo che L

| L
1
se e solo se (
1
a
t
1
+
2
a
t
2
) v = 0. Quindi, a meno di moltiplicazione
per K

, esiste una unica soluzione (


1
,
2
) ,= 0 tale che (
1
a
t
1
+
2
a
t
2
) v = 0.
1.2.10. DEFINIZIONE. (Fascio di iperpiani paralleli). Dato un iperpiano L K
n
di equazione carte-
siana a
t
x + b = 0, tutti gli iperpiani paralleli a L avranno equazione della forma (a)
t
x + b

= 0 con
K

e quindi della forma


(1.2.6) a
t
x + = 0,
con K. Diremo che gli iperpiani aventi equazioni del tipo (1.2.6) formano un fascio di iperpiani paralleli
all iperpiano L di equazioni cartesiane a
t
x +b = 0 e che l equazione (1.2.6) e l equazione del fascio di
iperpiani paralleli a L.
Possiamo ora dimostrare il seguente risultato molto utile nelle applicazioni.
1.2.11. PROPOSIZIONE. Sia L K
n
un iperpiano di equazione cartesiana a
t
x+b = 0 e sia P
1
K
n
.
Allora esiste un unico iperpiano L

passante per P
1
e parallelo a L, la cui equazione cartesiana e ottenuta
sostituendo le coordinate di P
1
in (1.2.6) e risolvendo l equazione lineare nella incognita , i.e.
a
t
P
1
+ = 0.
L equazione di tale iperpiano sar a quindi a
t
(x P
1
) = 0.
DIMOSTRAZIONE. Tutti gli iperpiani paralleli a L hanno equazione del tipo (1.2.6). Imponendo il pas-
saggio per P
1
otteniamo a
t
P
1
+ = 0 e quindi = a
t
P
1
. L equazione dell iperpiano L

risulta quindi
a
t
(x P
1
) = 0.
Applichiamo la descrizione per mezzo di equazioni cartesiane degli r-piani di K
n
per interpretare,
con la teoria dei sistemi di equazioni lineari, alcuni risultati precedentemente dimostrati con la descrizione
parametrica di tali oggetti.
1.2.12. PROPOSIZIONE. Sia L
1
= L(P
1
, U
1
) K
n
un r
1
-piano, r
1
> 0, e sia L
2
= L(P
2
, U
2
) K
n
un iperpiano. Allora o L
1
| L
2
oppure L
1
L
2
e un (r
1
1)-piano. In particolare una retta e un iperpiano
o sono paralleli oppure si intersecano in un punto.
DIMOSTRAZIONE. Siano A x + b = 0
(nr1)1
le equazioni cartesiane di L
1
con A K
nr1,n
e
(A) = n r
1
= ([A[ b]). Sia ora A

x + b

= 0
(nr1+1)1
il sistema ottenuto aggiungendo alle
equazioni cartesiane di L
1
l equazione cartesiana a
t
2
x +b
2
= 0 dell iperpiano L
2
. Le soluzioni di questo
sistema descrivono l insieme L
1
L
2
. Abbiamo sicuramente n r
1
+ 1 (A

) (A) = n r
1
e
([A

[ b

]) ([A[ b]) = n r
1
.
Se (A

) = nr
1
+1, allora ([A

[ b

])) = nr
1
+1 e il nuovo sistema ammette soluzioni che sono
un (n (n r
1
+1) = (r
1
1)-piano, i.e. L
1
L
2
e un (r
1
1)-piano. Se (A

) = n r
1
= (A), allora
le soluzioni del sistema lineare omogeneo A x = 0
(nr1)1
, che rappresentano il sottospazio vettoriale
U
1
K
n
, soddisfano anche la condizione a
t
2
x = 0 e quindi U
1
U
2
. Se ora ([A

[ b

]) = nr
1
, allora
L
1
L
2
,= e L
1
L
2
L
2
. Se invece ([A

[ b

]) = n r
1
+1, allora il sistema non ammette soluzioni
e L
1
L
2
= .
Nel caso speciale in cui L
1
= L(P
0
, < v >), v ,= 0, sia una retta, possiamo fornire anche una diversa
soluzione, utile nelle applicazioni. Infatti se x P
0
= tv sono le equazioni parametriche di L
1
e se a
t
2

x +b
2
= 0 e una equazione cartesiana dell iperpiano L
2
, allora sostituendo le equazioni parametriche di L
1
otteniamo l equazione in t:
(1.2.7) a
t
2
(P
0
+tv) +b
2
= (a
t
2
v)t + (b
2
+a
t
2
P
0
) = 0.
Le soluzioni di questa equazione in t, se esistono, forniranno i valori del parametro che corrispondono ai
punti di L
1
che appartengono a L
2
, i.e. descriveranno esattamente i punti di L
1
L
2
. Se = a
t
2
v K

,
10 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
allora abbiamo un unico punto di intersezione corrispondente al valore del parametro t =
1
(b
2
+a
t
2
P
0
).
Abbiamo che a
t
2
v = 0 se e solo se v U
2
e quindi se e solo se L
1
| L
2
. In questo caso l equazione (1.2.7)
diventa 0 t = (b
2
+ a
t
2
P
0
). Inoltre b
2
+ a
t
2
P
0
= 0 se e solo se P
0
L
2
. In questo caso ogni valore
di t soddisfa l equazione (1.2.7) e pertanto L
1
L
2
. Se invece (b
2
+ a
t
2
P
0
) ,= 0, allora l equazione non
ammette soluzioni in t e quindi L
1
L
2
= (i.e. L
1
e L
2
sono propriamente paralleli).
Forniamo ora una nuova dimostrazione delle Proposizione 1.1.16 utilizzando gli strumenti introdotti in
questa sezione.
1.2.13. PROPOSIZIONE. Siano L
1
, L
2
K
3
due rette sghembe e siano

1
, rispettivamente

2
, l unico
piano di K
3
parallelo alla retta L
2
e contenente L
1
, rispettivamente parallelo a L
1
e contenente L
2
(si veda
la seconda parte della Proposizione 1.2.9). Dato P K
3
(L
1
L
2
), esiste al massimo una retta passante
per P e incidente L
1
e L
2
. Tale retta esiste se e solamente se P ,

2
.
DIMOSTRAZIONE. Sia P , L
1
L
2
. Per la Proposizione 1.2.9 esiste un unico piano
1
contenente L
1
e passante per P e esiste un unico piano
2
contenente L
2
e passante per P. I piani
1
e
2
sono distinti,
passano per P e pertanto si intersecano in una retta passante per P per la Proposizione 1.1.4. In particolare

1
e
2
non sono paralleli. Allora la retta
1

2
= L non e parallela n e a L
1
, n e a L
2
. Infatti nel primo
caso
2
sarebbe

2
perch e parallelo a L
1
e contenente L
2
e P starebbe su

2
. Analogamente se L fosse
parallela a L
2
, allora
1
=

1
e P

1
. Allora L L
1
,= e L L
2
,= come desiderato e tale retta e
unica perch e le rette per P incidenti L
1
stanno in
1
e le rette per P incidenti L
2
stanno in
2
. Quindi le
rette per P incidenti L
1
e L
2
stanno in
1

2
= L.
Se il punto P sta in

i
per i = 1 o per i = 2, allora le rette per P e incidenti L
i
sono contenute nel piano

i
e quindi non intersecano l altra retta. Quindi se P

2
, non esiste nessuna retta incidente le due
rette date passante per P.
1.2.14. ESEMPIO. Siano L
1
, L
2
R
3
le rette di equazioni parametriche:
L
1
:
_
_
_
x = 1 + t
y = 1 t
z = 2 t
, t R; L
2
:
_
_
_
x = 1 + s
y = 1 + 2s
z = 1 s
, s R.
(1) Provare che L
1
e L
2
sono sghembe.
(2) Scrivere l equazione cartesiana del piano

1
contenente L
1
e parallelo a L
2
e del piano

2
contenente L
2
e parallelo a L
1
.
(3) Vericare che 0 ,

2
e scrivere l equazione dell unica retta L passante per 0 e incidente L
1
e L
2
.
1) La retta L
1
ha direzione U
1
= /((1, 1, 1)) mentre la retta L
2
ha direzione U
2
= /((1, 2, 1)).
Poich e U
1
,= U
2
e entrambi hanno dimensione 1, possiamo concludere che L
1
non e parallelo a L
2
. I punti
di intersezione di L
1
e L
2
corrispondono alle soluzioni (t, s) del sistema
_
_
_
1 + t = 1 + s
1 t = 1 + 2s
2 t = 1 s
.
Sommando la prima equazione e la terza di ottiene 3 = 2. Il sistema e impossibile e quindi L
1
L
2
= .
Possiamo concludere che L
1
e L
2
, non essendo parallele e non intersecandosi, sono sghembe.
2) Soluzione con equazioni parametriche. Le equazioni parametriche di

1
sono:

1
:
_
_
_
x = 1 + t + s
y = 1 t + 2s
z = 2 t s
, (t, s) R
2
.
Le equazioni cartesiane x+z 3 = 0. Sapendo che

2
e parallelo a

1
appartiene al fascio di piani paralleli
a

1
e aventi equazione x + z + = 0. Imponendo il passaggio per (1, 1, 1) L
2
otteniamo 2 + = 0 e
quindi = 2, i.e.

2
ha equazione cartesiana x +z 2 = 0.
1.2. EQUAZIONI CARTESIANE DEGLI r-PIANI DI K
n
CON ENFASI NEL CASO n = 2, 3. 11
2) Soluzione con equazioni cartesiane e fasci di piani. Dalle equazioni parametriche di L
1
, possiamo
dedurre dalla prima equazione t = x 1. Sostituendo nella seconda e terza equazione otteniamo le seguenti
equazioni cartesiane di L
1
:
_
x + y = 0
x + z 3 = 0
Il fascio di iperpiani per L
1
ha equazione:

1
(x +y) +
2
(x +z 3) = 0.
Allora avremo che U
2
e contenuto nella direzione di questo iperpiano se e solo se
(
1
(1, 1, 0) +
2
(1, 0, 1)) (1, 2, 1)
t
= 0,
i.e. se e solo se
(
1
+
2
,
1
,
2
) (1, 2, 1)
t
=
1
+
2
+ 2
1

2
= 0.
Quindi il piano cercato sar a quello con
1
= 0, i. e. il piano di equazione cartesiana x +z 3 = 0.
Procediamo analogamente per L
2
. Dalle equazioni parametriche di L
2
, possiamo dedurre dalla prima
equazione s = x1. Sostituendo nella seconda e terza equazione otteniamo le seguenti equazioni cartesiane
di L
2
:
_
2x y 1 = 0
x + z 2 = 0
Il fascio di iperpiani per L
2
ha equazione:

1
(2x y 1) +
2
(x +z 2) = 0.
Allora avremo che U
1
e contenuto nella direzione di questo iperpiano se e solo se
(
1
(2, 1, 0) +
2
(1, 0, 1)) (1, 1, 1)
t
= 0,
i.e. se e solo se
(2
1
+
2
,
1
,
2
) (1, 1, 1)
t
= 2
1
+
2
+
1

2
= 0.
Quindi l equazione del piano

2
si ottiene per
1
= 0, i. e. sar a il piano di equazione cartesiana
x + z 2 = 0. Come potevamo aspettarci, i piani

1
e

2
sono paralleli. Allora, dopo aver determinato

1
potevamo determinare

2
anche nella maniera seguente. I piani paralleli a

1
descrivono un fascio di
equazione x+z + = 0. Quello contenente L
2
sara quello che passa per un suo punto qualsiasi. Imponendo
quindi il passaggio per P
2
= (1, 1, 1) otteniamo 1 + 1 + = 0 e pertanto = 2.
3) Sostituendo le coordinate di 0 nelle equazioni di

1
e

2
vediamo che non ci sono soluzioni delle
rispettive equazioni e pertanto 0 ,

2
. Sia
1
il piano contente L
1
e passante per 0. Imponendo il
passaggio per 0 nella equazione del fascio di piani per L
1
otteniamo:

1
(0 + 0) +
2
(0 + 0 3) = 0,
e quindi 3
2
= 0. Una equazione cartesiana di
1
sar a x + y = 0. Procedendo analogamente per il fascio
degli piani per L
2
otteniamo

1
2
2
= 0
e quindi le soluzioni sono tutte della forma (2
2
,
2
) =
2
(2, 1). Allora
2(2x y 1) + (x +z 2) = 0,
i.e.
3x 2y z = 0
e una equazione cartesiana del piano
2
contenente L
2
e passante per 0. Allora la retta L cercata avr a
equazioni cartesiane:
_
x + y = 0
3x 2y z = 0
Risolvendo il sistema otteniamo le equazioni parametriche di L. Le soluzioni sono tutte della forma (x, x, 5x).
Le equazioni parametriche di L saranno quindi:
_
_
_
x = t
y = t
z = 5t
, t R.
12 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.3. Lo spazio metrico R
n
: distanze, angoli e perpendicolarit a
Se
u =
_
_
_
u
1
.
.
.
u
n
_
_
_ , v =
_
_
_
v
1
.
.
.
v
n
_
_
_ R
n
possiamo denire il prodotto scalare di u e v come il numero reale indicato con u v R e denito dalla
formula
(1.3.1) u v := u
t
v =
n

i=1
u
i
v
i
.
La formula (1.3.1) e le propriet a del prodotto di matrici ci permettono di vericare immediatamente le
seguenti uguaglianze:
(1.3.2) u v = v u , (u
1
+u
2
) v = u
1
v +u
2
v , u (v
1
+v
2
) = u v
1
+u v
2
e
(1.3.3) (u v) = (u) v = u (v),
per ogni u, v, u
1
, u
2
, v
1
, v
2
R
n
e per ogni R.
Deniamo la norma o lunghezza di un vettore v R
n
, indicata con [[v[[, per mezzo della formula:
(1.3.4) [[v[[ =

v v =

_
n

i=1
v
2
i
0.
Sia R
0
l insieme dei numeri reali positivi o nulli. La funzione norma
[[ [[ : R
n
R
0
denita anteriormente verica le propriet a:
(1.3.5) [[v[[ 0 e [[v[[ = 0 se e solo se v = 0,
(1.3.6) [[v[[ = [[ [[v[[,
per ogni v R
n
e per ogni R, dove [[ e il modulo di .
Siano ora u, v R
n
due vettori qualsiasi e per ogni R consideriamo il vettore u + v. Abbiamo
allora
0 (u +v) (u +v) = (u u)
2
+ 2(u v) +v v,
e esiste
0
R tale che 0 = (
0
u +v) (
0
u +v) se e solo se u e v sono linearmente dipendenti.
Essendo l espressione precedente un polinomio di secondo grado in che risulta non negativo per ogni
R, i suoi coefcienti devono vericare la condizione di negativit a del discriminante:
(1.3.7) (u v)
2
(u u) (v v) 0
e vale = se e solo se u e v sono linearmente dipendenti, essendo
0
u + v = 0 per l unica radice
0
del polinomio di secondo grado in . Questo fatto implica immediatamente la disuguaglianza di Chauchy-
Schwartz:
(1.3.8) [u v[
_
(u u) (v v) = [[u[[ [[v[[.
Essendo u v un numero reale, abbiamo u v [u v[. Dal calcolo
[[u + v[[
2
= (u +v) (u +v) = u u +v v + 2(u v) =
= [[u[[
2
+[[v[[
2
+ 2 u v [[u[[
2
+[[v[[
2
+ 2 [[u[[ [[v[[ = ([[u[[ +[[v[[)
2
,
deduciamo
(1.3.9) [[u +v[[ [[u[[ +[[v[[.
1.3. LO SPAZIO METRICO R
n
: DISTANZE, ANGOLI E PERPENDICOLARIT

A 13
Le nozioni introdotte precedentemente ci permettono di denire la distanza tra due punti P = (x
1
, . . . , x
n
), Q =
(y
1
, . . . , y
n
) R
n
:
(1.3.10) d(P, Q) = [[P Q[[ =

_
n

i=1
(x
i
y
i
)
2
.
La distanza gode delle seguenti propriet a: d(P
1
, P
2
) = 0 se e solo se P
1
= P
2
e d(P
1
, P
2
) = d(P
2
, P
1
).
Inoltre vale la disuguaglianza triangolare
(1.3.11) d(P
1
, P
2
) d(P
1
, P
3
) +d(P
3
, P
2
),
per ogni P
1
, P
2
, P
3
R
n
. La prima propriet a segue da (1.3.5) mentre la seconda da (1.3.6) con = 1
poich e P
1
P
2
= (P
2
P
1
). Per la disuguaglianza utilizziamo l identit a P
1
P
2
= (P
1
P
3
)+(P
3
P
2
)
e applichiamo (1.3.9).
Inoltre il Teorema di Pitagora applicato n 1 volte ci assicura che d(P
1
, P
2
) sia proprio la lunghezza (o
modulo) del vettore P
1
P
2
.
Dalla disuguaglianza (1.3.8) otteniamo
[[u[[ [[v[[ u v [[u[[ [[v[[.
Se u ,= 0 e se v ,= 0, deduciamo
1
u v
[[u[[ [[v[[
1.
Esiste quindi un unico con 0 tale che
(1.3.12) cos() =
u v
[[u[[ [[v[[
.
L angolo denito anteriormente di dir a l angolo formato dai vettori u, v R
n
0. Diremo che due
vettori u, v R
n
sono ortogonali se u v = 0. Se i vettori sono non nulli, sono quindi ortogonali se e solo
se formano un angolo di /2. Il vettore nullo e chiaramente ortogonale a ogni vettore perch e 0 v = 0 per
ogni v R
n
. Calcolando
[[u v[[
2
= (u v) (u v) = u u +v v 2(u v) = [[u[[
2
+[[v[[
2
2u v
e utilizzando il Teorema di Carnot, otteniamo che
[[u v[[
2
= [[u[[
2
+ [[v[[
2
2[[u[[ [[v[[ cos()
e quindi che
[[u[[ [[v[[ cos() = u v.
Se u, v R
n
0, allora abbiamo esattamente (1.3.12). Quindi l angolo che abbiamo denito astrattamente
in (1.3.12) e esattamente l angolo della geometria euclidea.
Dato un sottospazio vettoriale U R
n
di dimensione r 0, possiamo denire
U

:= v R
n
: v u = 0 per ogni u U,
il complemento ortogonale di U in R
n
. Ovviamente se 0

= R
n
e (R
n
)

= 0. Abbiamo le seguenti
propriet a di U

.
1.3.1. PROPOSIZIONE. Sia U R
n
un sottospazio vettoriale. Allora
(1) U

e un sottospazio vettoriale di R
n
tale che U U

= 0;
(2) dim(U

) = n dim(U) e quindi U U

= R
n
;
(3) (U

= U.
14 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
DIMOSTRAZIONE. Dalle propriet a del prodotto scalare riportate in (1.3.2) risulta immediatamente che
U

e un sottospazio vettoriale di R
n
. Se v U

U, allora v v = 0 e quindi v = 0 provando la


prima affermazione. Inoltre, posto r = dim(U), risulta dim(U

) = dim(U + U

) dim(U) n r.
Chiaramente U R
n
e un r-piano. Siano A x = 0
(nr)1
le sue equazioni cartesiane. Per la Proposizione
1.2.5 possiamo supporre (A) = nr. Consideriamo gli nr vettori determinati dalle righe di A R
nr,n
,
che per denizione di rango sono linearmente indipendenti. Allora questi n r vettori appartengono a
U

mostrando che dim(U

) n r. Le due disuguaglianze ottenute implicano dim(U) = n r e


U+U

= R
n
. Ovviamente abbiamo (U

U. Per la parte (2) abbiamo dim((U

) = n(nr) = r
e quindi vale l uguaglianza visto che chiaramente (U

U.
Il risultato precedente e di fondamentale importanza per capire il passaggio dalle equazioni parametriche
alle equazioni cartesiane e viceversa, indicandoci anche un modo di costruire sia le equazioni cartesiane
a partire da quelle parametriche, sia di descrivere geometricamente le equazioni ottenute. Per semplicit a
iniziamo con il caso di un iperpiano.
Sia L = L(P
0
, U) R
n
un iperpiano, i.e. dim(U) = n 1. Allora U

=< a > con a ,= 0. Abbiamo


quindi P P
0
U se e solamente se a (P P
0
) = 0, i.e. l equazione cartesiana di L e esattamente
a
t
(x P
0
) = a (x P
0
) = 0. Quindi possiamo dire che l iperpiano L = L(P
0
, U) consiste dei punti
P R
n
tali che P P
0
sia ortogonale alla direzione determinata da /(a). Al contrario, dato una equazione
a x + b = 0, con a ,= 0, il sottospazio U = /(a)

ha dimensione n 1 e consiste dei vettori u R


n
tale che a u = 0. Se P
0
R
n
soddisfa l equazione precedente, i.e. se a P
0
+ b = 0, allora L(P
0
, U) e
esattamente l iperpiano di equazione cartesiana a x +b = 0.
1.3.2. ESEMPIO. (Determinazione della direzione di una retta L K
n
data in equazione cartesiana).
Siano A x+b = 0
(n1)1
le equazioni cartesiane di una retta L K
n
, dove A K
n1,n
e (A) = n1.
Sia Ax = 0
(n1)1
il sistema omogeneo associato e sia U K
n
il sottospazio di dimensione 1 = n(A).
Abbiamo n minori di ordine n1 di A, ognuno ottenuto eliminando la i-esima colonna di A. Chiamiamo tale
minore
i
K. Allora v = (
1
,
2
,
3
, . . . , (1)
1+i

i
, . . . , (1)
1+n

n
) K
n
0 verica la condizione
A v = 0
(n1)1
per la regola di Laplace del determinante applicata alle n 1 matrici
A
i
=
_

_
a
i
a
1
a
2
.
.
.
a
n1
_

_
K
n,n
,
ottenute ripetendo nella prima linea la i-esima riga di A e lasciando le altre n 1 righe uguali a quelle di A,
le quali ovviamente vericano det(A
i
) = 0 per ogni i = 1, . . . , n 1.
Allora se n = 3 e se
_
a
1
x + a
2
y + a
3
z = c
b
1
x + b
2
y + b
3
z = d
sono le equazioni cartesiane di L K
3
, possiamo prendere
v = ([
a
2
a
3
b
2
b
3
[, [
a
1
a
3
b
1
b
3
[, [
a
1
a
2
b
1
b
2
[).
Se k = Re se n = 3, il vettore v costruito precedentemente si dice prodotto vettoriale di a = (a
1
, a
2
.a
3
)
e di b = (b
1
, b
3
, b
3
) e in alcuni libri si scrive la formula
v = a b = det(
_
_
e
1
e
2
e
3
a
1
a
2
a
3
b
1
b
2
b
3
_
_
) = ([
a
2
a
3
b
2
b
3
[)e
1
([
a
1
a
3
b
1
b
3
[)e
2
+ ([
a
1
a
2
b
1
b
2
[)e
3
.
La direzione determinata da a b ha la propriet a di essere ortogonale ad a e b.
1.3. LO SPAZIO METRICO R
n
: DISTANZE, ANGOLI E PERPENDICOLARIT

A 15
1.3.3. ESEMPIO. (Passaggio dall equazione parametrica di un piano di R
3
all equazione cartesiana
tramite il prodotto vettoriale in R
3
). Se L = L(P
1
, /(u
1
, u
2
)) e un piano per P
1
con direzione U =
/(u
1
, u
2
), allora
(u
1
u
2
) (x P
1
) = 0
e una equazione cartesiana di L. Infatti questa equazione descrive il luogo dei punti P R
3
tale che P P
1
sia ortogonale a u
1
u
2
e pertanto coincide con il luogo dei punti P R
3
tali che P P
1
U, che e
esattamente L.
In generale, data l equazione parametrica di un r-piano L R
n
possiamo determinare le equazioni
cartesiane di L esplicitando una base di U

. Se per esempio consideriamo una retta L = L(P


0
, /(u)) R
3
,
allora dovremo determinare una base del sottospazio di dimensione 2 di R
3
, i.e. del piano per l origine, di
equazione cartesiana u x = 0.
1.3.4. OSSERVAZIONE. (Parallelismo e ortogonalit a; angolo formato da rette, iperpiani, rette/iperpiani).
Data una retta L = L(P
0
, /(u)) R
n
in equazioni parametriche e un iperpiano H di equazioni cartesiane
a x + b = 0, allora L | H se e solo se u U, dove U R
n
e la direzione di H. Quindi L | H
se e solo a u = 0. Al contrario se u | a, i.e. se u e a hanno la stessa direzione (o equivalentemente
sono proporzionali), allora diremo che L e H sono ortogonali. In questo caso, se a = u, R

, allora
a u = (u u) ,= 0 e quindi una retta e un piano ortogonali si tagliano in un punto L H non essendo
paralleli. Al contrario dato un punto P H, la retta L = L(P, /(a)) e ortogonale a H e passa per P ed e
chiaramente l unica retta con questa propriet a.
Dati due iperpiani H
1
, H
2
R
n
di equazioni cartesiane a
1
x +b
1
= 0 e a
2
x +b
2
= 0, diremo che
essi sono iperpiani ortogonali se a
1
a
2
= 0, i.e. se i due vettori ortogonali agli iperpiani sono ortogonali.
Analogamente due rette L
1
= L(P
1
, /(u
1
)), L
2
= L(P
2
, /(u
2
)) R
n
si dicono rette ortogonali se le loro
direzioni sono ortogonali, i.e. se u
1
u
2
= 0. Pi u in generale deniamo l angolo formato dalle due rette
come il minor angolo determinato dalle due direzioni /(u) e /(v). Data una retta L = L(P
0
, /(u)) R
n
e un punto P
1
L, le rette ortogonali a L (o meglio a /(u)) e passanti per P formano un iperpiano di
equazione cartesiana u (x P
1
) = 0.
Utilizziamo queste denizioni per provare un interessante risultato geometrico.
1.3.5. PROPOSIZIONE. Date due rette sghembe L
1
= L(P
1
, /(u
1
)), L
2
= L(P
2
, /(u
2
)) R
3
, esiste
una unica retta L incidente L
1
e L
2
e ortogonale a entrambe.
DIMOSTRAZIONE. Sia P = P
1
+ tu
1
L
1
e sia Q = P
2
+ su
2
L
2
. La retta < P, Q > per i due
punti avr a direzione QP = (P
2
P
1
) + su
2
tu
1
ed e incidente L
1
e L
2
. Imponiamo la condizione di
ortogonalit a a L
1
e L
2
della direzione P Q
[(P
2
P
1
) +su
2
tu
1
] u
i
= 0
con i = 1, 2. Abbiamo un sistema di due equazioni lineari nelle incognite s e t:
_
u
2
u
1
u
1
u
1
u
2
u
2
u
2
u
1
_

_
s
t
_
=
_
(P
2
P
1
) u
1
(P
2
P
1
) u
2
_
.
Allora per (1.3.7) e per il fatto che u
1
e u
2
sono linearmente indipendenti abbiamo (u
1
u
2
)
2
+ (u
1

u
1
)(u
2
u
2
) > 0. Il sistema e quindi crameriano e ammette una unica soluzione che determina unicamente
due punti

P L
1
e

Q L
2
. La retta <

P,

Q > sar a la retta cercata che risulta quindi unica per l unicit a
della soluzione del sistema precedente.
Forniamo ora una seconda dimostrazione. La direzione determinata da u
1
u
2
e ortogonale a entrambe
le rette. Sia

L
1
= L(P
1
, /(u
1
, u
1
u
2
)) il piano ortogonale a

2
e contenente L
1
. Tutte le rette ortogonali
a L
1
e L
2
e incidenti L
1
sono contenute in questo piano. Infatti se L
1
= L(P
1
, /(u)) e una tale retta.
Allora u u
1
u
2
. Sia ora Q
1
L
1
L
1
. Allora L
1
= L(Q
1
, /(u
1
u
2
))

L
1
. Analogamente sia

L
2
= L(P
2
, /(u
2
, u
1
u
2
)) il piano ortogonale a

1
e contenente L
2
. Tutte le rette ortogonali a L
1
e L
2
e
incidenti L
2
sono contenute in questo piano. I piani

L
1
e

L
2
non sono paralleli e quindi si tagliano lungo una
retta L. La retta L allora sar a l unica retta ortogonale a L
1
e L
2
e incidente entrambe.
16 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.3.6. ESEMPIO. (Equazioni cartesiane dei piani

1
e

2
associati a una coppia di rette sghem-
be L
1
, L
2
R
3
e retta ortogonale a una coppia di rette sghembe). Siano L
1
= L(P
1
, /(u
1
)), L
2
=
L(P
2
, /(u
2
)) R
3
. La direzione determinata da u
1
u
2
e ortogonale a entrambe le rette. Quindi l
equazione di

i
sar a
(u
1
u
2
) (x P
i
) = 0.
Siano L
1
, L
2
R
3
le rette di equazioni parametriche:
L
1
:
_
_
_
x = 1 + t
y = 1 t
z = 2 t
, t R; L
2
:
_
_
_
x = 1 + s
y = 1 + 2s
z = 1 s
, s R.
I piani

1
e

2
avranno la direzione individuata dal prodotto vettoriale di u
1
e u
2
. Calcolando:
u
1
u
2
=

e
1
e
2
e
3
1 1 1
1 2 1

= (3, 0, 3).
Quindi abbiamo /((3, 0, 3)) = /((1, 0, 1)). Quindi il piano

1
dovendo passare per P
1
= (1, 1, 2) avr a
equzione (1, 0, 1) (x1, y +1, z 2) = 0 ( a
t
(xP
1
) = 0), i.e. x+z 3 = 0. Imponendo il passaggio
per P
2
= (1, 1, 1) otteniamo (1, 0, 1) (x 1, y 1, z 1) = 0 e quindi x + z 2 = 0.
Scrivere ora equazioni cartesiane e parametriche dell unica retta M ortogonale e incidente L
1
e L
2
.
Se P
1
L
1
e arbitrario e se P
2
L
2
e arbitrario, il vettore
P
2
P
1
= (1 +s (1 +t), 1 + 2s (1 t), 1 s (2 t)) =
= (s t, 2 + 2s +t, 1 s +t)
e la direzione della retta per P
1
, P
2
. Imponendo l ortogonalit a alla retta L
1
e alla retta L
2
otteniamo il
sistema:
_
(s t, 2 + 2s +t, 1 s +t) ((1, 1, 1)
t
= 0
(s t, 2 + 2s +t, 1 s +t) ((1, 2, 1)
t
= 0
L unica soluzione del sistema e (t, s) = (
1
3
,
5
6
). Per questi valori P
2
P
1
= (
1
2
, 0,
1
2
), P
1
=
(
2
3
,
2
3
,
7
3
) e P
2
= (
1
6
,
2
3
,
11
6
). La retta M ha, per esempio, equazioni parametriche
_
_
_
x =
2
3

1
2
t
y =
2
3
z =
7
3

1
2
t
, t R.
Sia

L
i
= L(P
i
, /(u
i
, u
1
u
2
)). Allora M =

L
1

L
2
. Poich e u
1
(u
1
u
2
) = (3, 6, 3), abbiamo
/(u
1
(u
1
u
2
)) = /((1, 2, 1)).
Imponendo il passaggio per P
1
a tutti i piani ortogonali a (1, 2, 1), otteniamo una equazione cartesiana
di

L
1
:
1 (x 1) + 2 (y + 1) 1 (z 2) = 0,
semplicata in x + 2y z + 3 = 0. Da u
2
(u
1
u
2
) = (6, 6, 6), deduciamo la seguente equazione
cartesiana per

L
2
:
(x 1) (y 1) (z 1) = 0,
i.e. x y z + 1 = 0. Abbiamo quindi le seguenti equazioni cartesiane di M:
_
x + 2y z + 3 = 0
x y z + 1 = 0
1.3.7. DEFINIZIONE. (Distanza tra r-piani di R
n
). Dati un r
1
-piano L
1
R
n
e un r
2
-piano L
2
R
n
,
possiamo denire la distanza tra L
1
e L
2
come
d(L
1
, L
2
) = mind(P
1
, P
2
) con P
i
L
i
0.
Quindi chiaramente d(L
1
, L
2
) = 0 se e solamente se L
1
L
2
,= . Se L
1
L
2
= , allora calcoleremo
la distanza in vari casi.
1.3. LO SPAZIO METRICO R
n
: DISTANZE, ANGOLI E PERPENDICOLARIT

A 17
1.3.8. PROPOSIZIONE. Sia P
0
R
n
e sia L R
n
un iperpiano di equazione cartesiana a x +b = 0.
Allora
d(P
0
, L) =
[a P
0
+b[
[[a[[
.
In particolare se P
0
= (x
0
, y
0
) R
2
e se L R
2
e la retta di equazione cartesiana ax + by + c = 0,
otteniamo
d(P
0
, L) =
[ax
0
+by
0
+c[

a
2
+b
2
;
Se P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) R
3
e se L R
3
e il piano di equazione cartesiana ax + by + cz + d = 0,
otteniamo
d(P
0
, L) =
[ax
0
+by
0
+ cz
0
+d[

a
2
+b
2
+c
2
.
DIMOSTRAZIONE. Sia L

= L(P
0
, /(a)) la retta perpendicolare a L passante per P
0
e sia P
1
= LL

.
Allora per ogni P L P
1
possiamo considerare il triangolo di vertici P, P
1
e P
0
e rettangolo in P
1
. Allora
d(P
0
, P) d(P
0
, P
1
) e quindi d(P
0
, L) = d(P
0
, P
1
). Se P
0
P
1
= ta, allora a (P
0
P
1
) = t [[a[[
2
e
d(P
1
, P
0
) = [t[ [[a[[ =
[a (P
0
P
1
)[
[[a[[
.
Visto che P
1
L, abbiamo a P
1
+b = 0 e quindi a (P
0
P
1
) = a P
0
+b, come desiderato.
1.3.9. DEFINIZIONE. (Proiezione ortogonale su un iperpiano). Il punto P
1
= L

L, dove L

R
n
e
la retta ortogonale all iperpiano L passante per P
1
, si dir a la proiezione ortogonale di P
0
sull iperpiano L.
1.3.10. PROPOSIZIONE. Siano L
1
, L
2
R
3
due piani paralleli di equazioni cartesiane a
1
x+b
1
= 0,
rispettivamente a
2
x +b
2
= 0, con /(a
1
) = /(a
2
). Allora per ogni P
i
L
i
abbiamo
[a
2
P
1
+b
2
[
[[a
2
[[
= d(P
1
, L
2
) = d(L
1
, L
2
) = d(P
2
, L
1
) =
[a
1
P
2
+b
1
[
[[a
1
[[
.
In particolare la distanza di un punto P
1
L
1
da L
2
non dipende da P
1
L
1
.
Se L R
3
e una retta e se H R
3
e un piano parallelo a L e avente equazioni cartesiane ax+b = 0,
allora
d(L, H) = d(P
1
, H) =
[a P
1
+b[
[[a[[
,
per ogni P
1
L.
DIMOSTRAZIONE. Sia P
1
L
1
, sia Q L
2
e sia P

1
L
2
tale che d(P
1
, P

1
) = d(P
1
, L
2
), si
veda la Proposizione 1.3.8. Abbiamo mostrato che d(P
1
, Q) d(P
1
, L
2
) = d(P
1
, P

1
) e quindi abbiamo
d(L
1
, L
2
) = d(P
1
, L
2
). Applicando la Proposizione 1.3.8 otteniamo la prima conclusione. Per simmetria
otteniamo anche la seconda formula.
Sia P
1
L, sia Q H e sia P

1
H tale che d(P
1
, P

1
) = d(P
1
, H), si veda la Proposizione 1.3.8. Ab-
biamo mostrato che d(P
1
, Q) d(P
1
, H) = d(P
1
, P

1
) e quindi abbiamo d(L, H) = d(P
1
, H). Applicando
la Proposizione 1.3.8 otteniamo la prima conclusione
1.3.11. PROPOSIZIONE. Siano L
1
, L
2
R
3
due rette sghembe e sia < P
1
, P
2
>, P
i
L
i
, l unica retta
ortogonale e incidente L
1
e L
2
costruita nella Proposizione 1.3.5. Sia

i
R
3
l unico piano contenente L
i
e parallelo a L
j
, i ,= j, i, j = 1, 2. Allora
d(L
1
, L
2
) = d(P
1
, P
2
) = d(P
1
,

2
) = d(P
2
,

1
).
DIMOSTRAZIONE. Sia Q
1
L
1
e sia Q

1
la proiezione ortogonale di Q
1
su L

2
. Se Q
2
L
2
P
2
,
i.e. se Q
1
,= P
1
, abbiamo Q
1
,= Q
2
per l unicit a di < P
1
, P
2
>. Allora il triangolo di vertici Q
1
, Q

1
e
Q
2
e rettangolo in Q

1
e quindi d(Q
1
, Q
2
) d(Q
1
, Q

1
) = d(Q
1
,

2
). Se Q
1
= P
1
, allora Q

1
= P
2
e
quindi d(P
1
, P
2
) = d(P
1
, L

2
). Per la Proposizione 1.3.10 abbiamo d(P
1
,

2
) = d(Q
1
,

2
) = d(Q
1
, Q

1
)
d(Q
1
, Q
2
). Quindi per ogni Q
i
L
i
abbiamo d(Q
1
, Q
2
) d(P
1
, P
2
) da cui otteniamo d(L
1
, L
2
) =
d(P
1
, P
2
).
18 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.3.12. ESEMPIO. Siano L
1
, L
2
R
3
le rette di equazioni parametriche:
L
1
:
_
_
_
x = 1 + t
y = 1 t
z = 2 t
, t R; L
2
:
_
_
_
x = 1 + s
y = 1 + 2s
z = 1 s
, s R.
Calcolare d(L
1
, L
2
).
Abbiamo calcolato nell Esempio 1.3.6 l equazione cartesiana x + z 2 = 0 del piano

1
contenente
L
2
e parallelo a L
1
Sappiamo che d(L
1
, L
2
) = d(P
1
,

2
) per ogni P
1
L
1
. Prendendo P
1
= (0, 0, 3),
corrispondente a t = 1, abbiamo
d(L
1
, L
2
) = d((0, 0, 3),

2
) =
[0 + 3 2[

1
2
+ 1
2
=
1

2
=

2
2
.
Dato un vettore v R
n
0, il vettore u =
v
||v||
e tale che uu = 1 = [[u[[. Dati due vettori v
1
, v
2
R
n
,
v
1
,= 0, il vettore
v

2
= v
2
(v
2
v
1
)
v
1
[[v
1
[[
2
= v
2
(v
2

v
1
[[v
1
[[
)
v
1
[[v
1
[[
e ortogonale a v
1
. Infatti
v

2
v
1
= v
2
v
1
(v
2
v
1
)(v
1
v
1
) [[v
1
[[
2
= 0.
Avremo allora
v
2
= v

2
+ (v
2
v
1
)
v
1
[[v
1
[[
2
= v

2
+ (v
2

v
1
[[v
1
[[
)
v
1
[[v
1
[[
,
con v

2
< v
1
>

e con (v
2

v1
||v1||
)
v1
||v1||
< v
1
>.
1.3.13. DEFINIZIONE. (Proiezione ortogonale su una direzione e su un sottospazio di R
n
). Per ogni
v R
n
0, l applicazione

v
: R
n
<
v
[[v[[
>,
denita da

v
(u) = (u v)
v
[[v[[
2
e lineare e
v
(u) di dice la proiezione ortogonale di u su < v >.
Se U R
n
e un sottospazio vettoriale, allora sappiamo che R
n
= U U

e quindi per ogni v R


n
esiste un unico u
1
U e un unico u
2
U

tali che v = u
1
+u
2
. Deniamo la proiezione ortogonale su U:

U
: R
n
U
come

U
(v) = u
1
.
L applicazione e lineare e chiaramente ker(
U
) = U

e
U
(R
n
) = U. Inoltre
2
U
=
U
.
La base canonica di R
n
, ( = e
1
, . . . , e
n
, gode della propriet a
e
i
e
j
=
_
0 se i ,= j
1 se i = j,
con i, j = 1, . . . , n.
Quindi i vettori della base canonica sono a due a due ortogonali e hanno norma uguale a 1. In generale
m 2 vettori v
1
, . . . , v
m
si diranno a due a due ortogonali se
v
i
v
j
= 0 per ogni i ,= j
con i, j = 1, . . . , m.
1.3.14. PROPOSIZIONE. Se i vettori v
1
, . . . , v
m
R
n
0 sono a due a due ortogonali, allora sono
linearmente indipendenti. In particolare n vettori a due a due ortogonali non nulli formano una base di R
n
.
1.3. LO SPAZIO METRICO R
n
: DISTANZE, ANGOLI E PERPENDICOLARIT

A 19
DIMOSTRAZIONE. Se

m
i=1
a
i
v
i
= 0, allora
0 = 0 v
j
= (
m

i=1
a
i
v
i
) v
j
=
m

i=1
a
i
(v
i
v
j
) = a
j
(v
j
v
j
).
Poich e v
j
,= 0, v
j
v
j
,= 0 e quindi necessariamente a
j
= 0. Essendo j arbitrario otteniamo a
j
= 0 per
ogni j = 1, . . . , m.
Siano v
1
, . . . , v
n
R
n
0 a due a due ortogonali. Dividendo ogni vettore per [[v
i
[[ possiamo supporre
[[v
i
[[ = 1 e quindi v
i
v
i
= 1 per ogni i = 1, . . . , n.
1.3.15. DEFINIZIONE. (Base ortonormale di R
n
). Una base / = v
1
, . . . v
n
di R
n
con la propriet a
che
v
i
v
j
=
_
0 se i ,= j
1 se i = j,
con i, j = 1, . . . , n si dir a una base ortonormale di R
n
.
1.3.16. PROPOSIZIONE. Se / = v
1
, . . . , v
n
e una base ortonormale di R
n
, allora per ogni v R
n
abbiamo
(v)
A
=
_

_
v v
1
.
.
.
v v
n
_

_ R
n,1
.
Inoltre
(1.3.13) v u = (v)
t
A
(u)
A
.
DIMOSTRAZIONE. Se v =

n
i=1
a
i
v
i
, allora
v v
j
= (
n

i=1
a
i
v
i
) v
j
=
n

i=1
a
i
(v
i
v
j
) = a
j
(v
j
v
j
) = a
j
.
Se u =

m
i=1
b
i
v
i
, allora
v u = (
n

i=1
a
i
v
i
) u =
n

i=1
a
i
(v
i
u) =
n

i=1
a
i
(v
i

n

l=1
b
l
v
l
) =
n

i,l=1
a
i
b
l
(v
i
v
l
) =
=
n

i=1
a
i
b
i
= (v)
t
A
(u)
A
.

Sia / = v
1
, . . . , v
n
una base ortonormale di R
n
, sia /

= v

1
, . . . , v

n
una altra base ortonormale
di R
n
e sia i
R
n : R
n
R
n
l applicazione lineare identica. Abbiamo allora
[i
R
n]
A
A
=
_
(v
1
)
A
(v
n
)
A

R
n,n
.
Quindi
([i
R
n]
A
A
)
t
=
_

_
(v
1
)
t
A

.
.
.
(v
n
)
t
A

_ K
n,n
.
Allora
20 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
([i
R
n]
A
A
)
t
[i
R
n]
A
A
=
_

_
(v
1
)
t
A
(v
1
)
A
(v
1
)
t
A
(v
2
)
A
(v
1
)
t
A
(v
n
)
A

(v
2
)
t
A
(v
1
)
A
(v
2
)
t
A
(v
n
)
A

.
.
.
(v
n
)
t
A
(v
1
)
A
(v
n
)
t
A
(v
n
)
A

_
= I
nn
,
i.e. l inversa di una matrice di cambio di coordinate tra basi ortonormali e la sua trasposta.
1.3.17. DEFINIZIONE. (Matrice ortogonale n n). Una matrice A R
n,n
si dice ortogonale se
A A
t
= I
nn
= A
t
A.
Quindi ogni matrice ortogonale e invertibile e A
1
= A
t
.
1.3.18. PROPOSIZIONE. Sia
A =
_
a
1
a
n

=
_

_
b
1
.
.
.
b
n
_

_ R
n,n
,
con a
i
R
n,1
vettori colonna e b
j
R
1,n
vettori riga. Allora A e ortogonale se e solamente se a
1
, . . . , a
n

e b
1
, . . . , b
n
sono basi ortonormali di R
n
.
DIMOSTRAZIONE. La condizione A A
t
= I
nn
e esattamente equivalente a
b
i
b
j
=
_
0 se i ,= j
1 se i = j,
Mentre la condizione A
t
A = I
nn
a
a
i
a
j
=
_
0 se i ,= j
1 se i = j,

Se A R
n,n
e una matrice ortogonale, allora det(A)
2
= 1 e quindi det(A) = 1 oppure det(A) = 1.
Sia
J
n
=
_

_
1 0 0
0 1 0 0
.
.
.
.
.
.
.
.
. 0
0 0 1 0
0 0 0 1
_

_
R
n,n
.
Abbiamo J
n
= J
t
n
e J
2
n
= I
nn
. Quindi J
n
e una matrice ortogonale con det(J
n
) = 1.
1.3.19. PROPOSIZIONE. Sia
O(n) = A R
n,n
ortogonali R
n,n
l insieme delle matrici ortogonali n n e sia
SO(n) = A R
n,n
ortogonali e con det(A) = 1 O(n) R
n,n
l insieme delle matrici ortogonali speciali.
Allora :
(1) SO(n) e O(n) formano un gruppo (non abeliano se n 2) rispetto alla legge di moltiplicazione
di matrici. Inoltre se A O(n) SO(n), i.e. se det(A) = 1, allora A J
n
SO(n) e
J
n
A SO(n).
(2) Se A O(n), allora (A v) (A u) = v u per ogni v, u R
n
e quindi l applicazione lineare
f
A
: R
n
R
n
data da f
A
(x) = A x conserva il prodotto scalare tra vettori e quindi gli angoli
formati dai vettori e le distanze.
1.3. LO SPAZIO METRICO R
n
: DISTANZE, ANGOLI E PERPENDICOLARIT

A 21
(3) Se (A v) (A u) = v u per ogni v, u R
n
, allora A O(n).
(4) Se R e un autovalore di A, allora = 1.
DIMOSTRAZIONE. Se A, B O(n), allora
(A B) (A B)
t
= (A B) B
t
A
t
= A (B B
t
) A
t
= A A
t
= I
nn
,
i.e. A B O(n). Visto che I
nn
O(n) e che se A O(n), allora A
1
= A
t
O(n), abbiamo che O(n)
e un gruppo. Analogamente se A, B SO(n), allora A B O(n) e det(A B) = det(A) det(B) = 1, i.e.
A B SO(n). Visto che det(A
1
) = det(A
t
) = det(A) = 1. anche A
1
SO(n) se A SO(n).
Sia A O(n). Allora
(A v) (A u) = (Av)
t
(A u) = v
t
(A
t
A) u = v
t
u = v u.
Al contrario se vale la condizione precedente, A e invertibile. Se A v = 0, allora vv = 0 e quindi v =
0. Utilizzando le notazioni della Proposizione 1.3.18, abbiamo Ae
i
= b
i
, b
i
b
j
= (Ae
i
)(Ae
j
) = e
i
e
j
e quindi anche i vettori riga di A formano una base ortonormale. Allora A, essendo invertibile, e ortogonale.
Infatti abbiamo provato A A
t
= I
nn
e quindi moltiplicando a sinistra la relazione precedente per A
1
otteniamo, dopo aver semplicato, A
1
= A
t
.
Se A v = v con v ,= 0, allora v v ,= 0 e
v v = (A v) (A v) = (v) (v) =
2
v v
da cui segue
2
= 1 e quindi = 1.
Le matrici ortogonali 1 1 sono solo i numeri 1 e 1. Osserviamo che dato un sottospazio U R
n
diverso dal sottospazio triviale, possiamo sempre costruire una base ortonormale di U. Per n = 2, 3, i casi
che ci interessano, questo e immediato.
1.3.20. DEFINIZIONE. (Riessione rispetto a un iperpiano U R
n
passante per l origine 0 R
n
). Sia
U R
n
un sottospazio vettoriale di dimensione n 1. Allora U

=< u > e, a meno di dividere per [[u[[,


possiamo supporre [[u[[ = 1. Ogni vettore v R
n
si scriver a in maniera unica nella forma v = u
1
+ u,
dove u
1
U e u < u >= U

(ricordiamo che R
n
= U U

per la Proposizione 1.3.1). Deniamo


r
U
: R
n
R
n
come
r
U
(v) = u
1
u,
la riessione rispetto all iperpiano U. L applicazione r
U
e lineare e inoltre u
1
u = 0.
1.3.21. PROPOSIZIONE. La trasformazione r
U
: R
n
R
n
, riessione rispetto all iperpiano U R
n
passante per 0, si rappresenta rispetto alla base canonica ( di R
n
per mezzo di una matrice ortogonale non
speciale, i.e. [r
U
]
C
C
O(n) SO(n).
DIMOSTRAZIONE. Sia / = v
1
, . . . , v
n
la base ortonormale di R
n
costruita in maniera tale che
v
1
, . . . , v
n1
sia una base di U e v
n
= u. Allora r
U
(v
i
) = v
i
se i = 1, . . . , n 1 e r
U
(v
n
) = v
n
, i.e.
[r
U
]
A
A
= J
n
O(n) SO(n). Allora
[r
U
]
C
C
= [i
R
n]
A
C
[r
U
]
A
A
[i
R
n]
C
A
O(n),
perch e J
n
, [i
R
n]
A
C
, [i
R
n]
C
A
O(n) che e un gruppo. Inoltre det([r
U
]
C
C
) = det(J
n
) = 1, i.e. [r
U
]
C
C

O(n) SO(n).
1.3.22. PROPOSIZIONE. Sia A O(2) e sia f
A
: R
2
R
2
. Allora o A SO(2) e esiste un unico
[0, 2) tale che
(1.3.14) A =
_
cos() sin()
sin() cos()
_
oppure esiste una retta U R
2
passante per l origine 0 R
2
tale che f
A
= r
U
.
22 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
DIMOSTRAZIONE. Ricordiamo che se ( = e
1
, e
2
, allora [f
A
]
C
C
= A. Poich e [[f
A
(e
i
)[[ = 1 e
f
A
(e
1
) f
A
(e
2
) = e
1
e
2
= 0, esiste un unico [0, 2) tale che f
A
(e
1
) = cos()e
1
+ sin()e
2
. Allora
f
A
(e
2
) = cos( + /2)e
1
+ sin( + /2)e
2
oppure f
A
(e
2
) = cos( + 3/2)e
1
+ sin( + 3/2)e
2
. Nel
primo caso A e come in (1.3.14) mentre nel secondo caso
A =
_
cos() sin()
sin() cos()
_
e quindi det(A) = 1. In questo caso il polinomio caratteristico di A e t
2
1 e A ammette come autovalori
1 e 1. Siano u
1
e u
2
due autovettori associati rispettivamente all autovalore 1 e 1. Allora
u
1
u
2
= (A u
1
) (A u
2
) = u
1
(u
2
) = (u
1
u
2
)
e quindi u
1
u
2
= 0, i.e. u
1
e u
2
sono ortogonali. Prendendo U =< u
1
> otteniamo la conclusione.
Una matrice A SO(2) si dir a quindi una rotazione di un angolo .
1.3.23. DEFINIZIONE. (Rotazione nello spazio di un angolo intorno a un asse uscente dall origine).
Sia /

= e

1
, e

2
, e

3
una base ortonormale di R
3
tale che [i
R
3]
A

A
SO(3), i.e. e

3
= e

1
e

2
. Sia
f

: R
3
R
3
la trasformazione lineare tale che
(1.3.15) [f]
A

A
=
_
_
cos() sin() 0
sin() cos() 0
0 0 1
_
_
,
per qualche [0, 2). La trasformazione lineare f

lascia ssi i vettori della retta < e

3
> e nel piano
< e

3
>

agisce come una rotazione di un angolo . Possiamo quindi interpretare f

come la rotazione
antioraria di un angolo intorno all asse determinato da < e

3
>.
1.3.24. PROPOSIZIONE. Sia A SO(3) e sia f
A
: R
3
R
3
. Allora f
A
e una rotazione di un angolo
intorno a un asse, i.e. esiste C SO(3) tale che
C A C
t
=
_
_
cos() sin() 0
sin() cos() 0
0 0 1
_
_
.
DIMOSTRAZIONE. Sia c
A
(t) R[t] il polinomio caratteristico di A. Essendo un polinomio di grado
3 ammette almeno una radice reale
1
. Per la Proposizione 1.3.19 possiamo supporre
1
= 1. Sia v
1
un autovettore associato tale che [[v
1
[[ = 1 e siano v
2
, v
3
R
3
tale che / = v
1
, v
2
, v
3
sia una base
ortonormale di R
3
. Per la Proposizione 1.3.19 abbiamo che, se j = 2 o 3,
0 = v
j
v
i
= f
A
(v
j
) f
A
(v
1
) = f
A
(v
j
) (
1
v
1
) =
1
(f
A
(v
j
) v
1
).
Quindi
[f]
A
A
=
_
_
1 0 0
0 a b
0 c d
_
_
SO(3).
Quindi se
1
= 1, allora
B =
_
a b
c d
_
SO(2).
Infatti poich e [f]
A
A
SO(3), abbiamo B O(2). Quindi B SO(2) perch e 1 = det([f]
A
A
) = det(B). Se
invece = 1, allora B O(2) SO(2). Nel primo caso abbiamo concluso, prendendo e

1
= v
2
, e

2
= v
3
e e

3
= v
1
. Nel secondo, a meno di cambiare v
2
e v
3
, possiamo supporre
B =
_
1 0
0 1
_
e facilmente ricondurci al caso (1.3.15) con = dopo una permutazione dei vettori e un eventuale cambio
di direzione di uno di loro.
Quindi anche una matrice A SO(3) si dir a una rotazione di un angolo .
1.4. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI SIMMETRICHE REALI TRAMITE ROTAZIONI 23
1.4. Diagonalizzazione di matrici simmetriche reali tramite rotazioni
1.4.1. Caso di matrici 2 2 e matrici 3 3. Sia e

1
= cos()e
1
+ sin()e
2
e sia e

2
= sin()e
1
+
cos()e
2
la base di R
2
ottenuta ruotando la base canonica ( = e
1
, e
2
di un angolo , 0 < 2. Sia
(

= e

1
, e

2
. Allora se v = xe
1
+ye
2
= x

1
+y

2
, abbiamo
_
x
y
_
= [i
R
2]
C

C

_
x

_
=
_
cos() sin()
sin() cos()
_

_
x

_
.
Allora, trasponendo,
[x y] = [x

]
_
cos() sin()
sin() cos()
_
.
Sia
f(x, y) = ax
2
+ 2bxy +cy
2
= [x y]
_
a b
b c
_

_
x
y
_
R[x, y]
un polinomio omogeneo non nullo nelle variabili x, y, i.e. (a, b, c) ,= (0, 0, 0). Sostituendo le espressioni
precedenti otteniamo:
f(x

, y

) = a

(x

)
2
+ 2b

+c(y

)
2
= [x

]
_
a

_
x

_
=
= ax
2
+ 2bxy +cy
2
= [x y]
_
a b
b c
_

_
x
y
_
=
= [x

]
_
cos() sin()
sin() cos()
_

_
a b
b c
_

_
cos() sin()
sin() cos()
_

_
x

_
.
Calcolando otteniamo b

= b(cos
2
() sin
2
()) + (c a) cos() sin(). Quindi se b ,= 0 abbiamo
b

= 0 se e solo se
cos
2
() sin
2
() =
a c
2b
(2 cos() sin()),
i.e. se e solo se
cotg(2) =
a c
2b
.
Abbiamo quindi mostrato che se soddisfa la condizione precedente e se
A =
_
cos() sin()
sin() cos()
_
,
allora
A
1

_
a b
b c
_
A =
_
a

0
0 c

_
,
i.e. ogni matrice simmetrica 2 2 ammette una base ortonormale di autovettori ed e diagonalizzabile per
mezzo di una matrice A SO(2). In particolare a

, c

R sono gli autovalori della matrice iniziale.


Forniamo ora una dimostrazione differente di questo importante fatto chiarendo in seguito il legame tra
i due procedimenti.
1.4.1. PROPOSIZIONE. Sia
S =
_
a b
b c
_
R
2,2
una matrice simmetrica. Esiste una base ortonormale di R
2
composta da autovettori di S e esiste A SO(2)
tale che
A
1
S A =
_

1
0
0
2
_
,
con
i
R autovalori di S.
Inoltre:
(1) S ha due autovalori positivi (rispettivamente due autovalori negativi) se e solamente se a > 0 e
det(S) = ac b
2
> 0 (rispettivamente a < 0 e det(S) = ac b
2
> 0);
(2) det(S) < 0 se e solamente se gli autovalori di S sono non nulli e di segno opposto.
24 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
DIMOSTRAZIONE. Il polinomio caratteristico di S e c
S
(t) = t
2
(a+c)t +acb
2
, il cui discriminante
e = (a +c)
2
4ac +4b
2
= (a c)
2
+4b
2
0. Inoltre = 0 se e solo se a = c e b = 0. In questo caso
possiamo prendere A = I
22
e come base di autovettori di S la base canonica di R
2
. Se > 0, ci saranno
due autovalori distinti
1
,
2
R. Siano v
i
R
2
0 tali che S v
i
=
i
v
i
. Allora, ricordando che S = S
t
,
otteniamo:
(Sv
1
) v
2
= v
t
1
S
t
v
2
= v
1
S v
1
= v
1
(Sv
2
).
Quindi
1
(v
1
v
2
) =
2
(v
1
v
2
) ed essendo
1
,=
2
, otteniamo che v
1
e v
2
sono ortogonali e quindi
linearmente indipendenti. Allora v

i
=
vi
||vi||
sono una base ortonormale di R
2
formata da autovettori di S.
Esiste quindi A

O(2) tale che


(A

)
t
S (A

) =
_

1
0
0
2
_
.
Se A

O(2) SO(2), allora A = A

J
2
SO(2) e quindi
A
t
S A = J
2

_

1
0
0
2
_
J
2
=
_

1
0
0
2
_
.
Dal risultato precedente abbiamo det(S) =
1

2
. Quindi det(S) < 0 se e solamente se gli autovalori
sono non nulli e di segni opposti, dimostrando l asserzione (2).
Supponiamo ora che gli autovalori abbiano lo stesso segno. Abbiamo ac b
2
= det(S) =
1

2
> 0.
Sia v = (x, y) e siano (x

, y

) le coordinate di v nella base che determina la matrice A SO(2) precedente.


Abbiamo
ax
2
+ 2bxy +cy
2
= f(v) =
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
.
Calcolando deduciamo a = f(e
1
) =
1
. Allora a > 0 se e solo se
1
> 0 (e analogamente a < 0 se e
solamente se
1
< 0), concludendo la dimostrazione di (1).
La matrice A SO(2), costruita nella Proposizione precedente, sar a quindi la rotazione dell angolo
tale che cotg(2) =
ac
2b
. Quindi invece di risolvere l equazione trigonometrica, possiamo determinare gli
autovalori di S, gli autovettori v
1
, v
2
di S e quindi la matrice A arrivando a specicare per mezzo delle
coordinate degli autovettori di norma 1 rispetto alla base canonica (se la matrice avesse determinante 1,
allora prenderemo la base di autovettori di S formata da v
1
e v
2
, ottenendo determinante uguale a 1).
Consideriamo ora un esempio per vedere i due procedimenti descritti precedentemente.
1.4.2. ESEMPIO. Sia
S =
_
1 1
1 1
_
.
Gli autovalori di S sono 0 e 2, come si verica facilmente. Gli autospazi sono, rispettivamente, le rette di
equazioni cartesiane x+y = 0 e xy = 0. Quindi (R
2
)
0
= /(1, 1) = /(

2
2
,

2
2
) e (R
2
)
2
= /(1, 1) =
/(

2
2
,

2
2
).
Consideriamo la matrice
C =
_

2
2

2
2
2
2

2
2
_
SO(2).
Abbiamo
C S C
t
=
_
0 0
0 2
_
.
La matrice C SO(2) corrisponde a una rotazione di un angolo = /4. Applicando alla matrice S la
formula presentato precedentemente otteniamo:
cotg(2) =
a c
2b
= 0,
da cui risulta 2 = /2 e quindi otteniamo nuovamente = /4.
Passiamo ora al caso di matrici 3 3 prima di analizzare il caso generale.
1.4. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI SIMMETRICHE REALI TRAMITE ROTAZIONI 25
1.4.3. PROPOSIZIONE. Sia
S =
_
_
a b c
b d e
c e f
_
_
R
3,3
una matrice simmetrica. Esiste una base ortonormale di R
3
composta da autovettori di S e esiste A SO(3)
tale che
A
1
S A =
_
_

1
0 0
0
2
0
0 0
3
_
_
,
con
i
R autovalori di S.
DIMOSTRAZIONE. Il polinomio caratteristico di S e di terzo grado e quindi ha almeno una radice
1

R. Sia v
1
un autovettore associato all autovalore
1
con [[v
1
[[ = 1. Siano v
2
, v
3
R
3
tali che / =
v
1
, v
2
, v
3
sia una base ortonormale di R
3
. Essendo S = S
t
e considerando f
S
: R
3
R
3
, abbiamo
f
S
(v) u = (Sv)
t
u = v
t
S
t
u = v
t
S u = v (Su) = v f
S
(u),
per ogni v, u R
3
. Quindi abbiamo
f
S
(v
j
) v
1
= f
S
(v
1
) v
j
=
1
(v
1
v
j
) = 0
se j 2 e f
S
(v
2
) v
3
= v
2
f(v
3
), i.e.
[f
S
]
A
A
=
_
_

1
0 0
0 a

0 b

_
_
= B S B
t
per qualche B O(3) (la base / e ortonormale). Per la Proposizione 1.4.1 esiste C

SO(2) tale che


C


_
a

_
(C

)
t
=
_

2
0
0
3
_
.
Se
C =
_
1 0
12
0
21
C

_
,
allora C SO(3) e abbiamo
(C B) S (C B)
t
= C B S B
t
C
t
= C [f]
A
A
C
t
=
_
_

1
0 0
0
2
0
0 0
3
_
_
.
Se C B SO(3), prendiamo A = B
t
C
t
. Se C B O(3) SO(3), allora prendiamo A = B
t
C
t
J
3
,
ottenendo
A
t
S A = J
3

_
_

1
0 0
0
2
0
0 0
3
_
_
J
3
=
_
_

1
0 0
0
2
0
0 0
3
_
_
.

1.4.2. Diagonalizzazione di matrici reali simmetriche nn. Sia S = S


t
R
n,n
e sia f
S
: R
n
R
n
l applicazione lineare associata. Per denizione [f
S
]
can
can
= S e abbiamo
(1.4.1) f
S
(v) u = (Sv)
t
u = v
t
S
t
u = v
t
S u = v (Su) = v f
S
(u),
per ogni v, u R
n
.
Sia / = v
1
, . . . , v
n
una base ortonormale qualsiasi di R
n
e sia T = [f
S
]
A
A
= [t
i,j
]. Essendo / una
base ortonormale, deduciamo
(1.4.2) t
i,j
= f
S
(v
j
) v
i
= v
j
f
S
(v
i
) = t
j,i
,
i.e. T = T
t
.
26 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.4.4. DEFINIZIONE. (Applicazione lineare simmetrica) Una applicazione lineare f : R
n
R
n
si dice
simmetrica se
(1.4.3) f(v) u = v f(u),
per ogni v, u R
n
.
Per (1.4.1) l applicazione lineare f
S
: R
n
R
n
associata a una matrice simmetrica S = S
t
R
n,n
` e
quindi una applicazione lineare simmetrica.
Se / = v
1
, . . . , v
n
` e una base ortonormale di R
n
, allora, ragionando come in (1.4.2), per una arbitra-
ria applicazione simmetrica f : R
n
R
n
otteniamo [f]
A
A
= ([f]
A
A
)
t
. Al contrario se [f]
A
A
= ([f]
A
A
)
t
, allora
f(v
i
) v
j
= v
i
f(v
j
) per ogni i, j = 1, . . . , n (i.e. (1.4.3) vale per i vettori della base /), da cui segue per
linearit` a, essendo / una base di R
n
, che vale la condizione (1.4.3) per ogni v, u R
n
.
In conclusione una applicazione lineare f : R
n
R
n
` e simmetrica se e solamente se la matrice [f]
A
A
rispetto a una base ortonormale / di R
n
` e simmetrica se e solamente se la matrice [f]
A
A
rispetto a ogni base
ortonormale / di R
n
` e simmetrica
Possiamo reinterpretare i risultati della sezione precedente per le applicazioni lineari simmetriche su
R
n
, n = 2, 3, per poi generalizzarlo al caso n 1 qualsiasi. Le Proposizioni 1.4.1 e 1.4.3 implicano
immediatamente il seguente risultato:
1.4.5. PROPOSIZIONE. Sia n = 1, 2, 3 e sia f : R
n
R
n
una applicazione lineare simmetrica. Allora
esiste una base ortonormale di R
n
formata da autovettori di f.
Ora dimostreremo che il risultato precedente vale per n 1 qualsiasi. Introduciamo alcune denizioni.
1.4.6. DEFINIZIONE. (Polinomio matriciale) Sia
p(t) = a
0
t
r
+a
1
t
r1
+. . . +a
r1
t +a
r
R[t]
un polinomio e sia A R
n,n
una matrice. Deniamo
p(A) = a
0
A
r
+ a
1
A
r1
+. . . +a
r1
A +a
r
I
nn
R
n,n
la matrice ottenuta applicando ad A le operazioni polinomiali specicate dal polinomio p(t).
Elenchiamo alcune propriet` a dei polinomi matriciali che sono immediate conseguenze della denizione.
1.4.7. LEMMA. Sia A R
n,n
. Allora
(1) se p(t) = q(t) r(t), con q(t), r(t) R[t], allora
(1.4.4) p(A) = q(A) r(A),
dove il prodotto al secondo membro ` e quello in R
n,n
.
(2) Esiste q(t) R[t] polinomio monico di grado 1 oppure 2 e esiste v R
n
0 tale che q(A)(v) =
0
R
n.
Se
q(t) = t
2
+at +b = A
2
(v) +aA(v) +bv = 0
R
n
mentre se
q(t) = t +b = A(v) = bv.
DIMOSTRAZIONE. La propriet` a (1) segue dalla associativit` a del prodotto di matrici che implica A
s

A
t
= A
s+t
per ogni s, t N e da cui si deduce facilmente (1.4.4).
Essendo dim(R
n,n
) = n
2
, le matrici A
j
, j = 0, 1, . . . , n
2
sono linearmente dipendenti, dove A
0
=
I
nn
. Esiste quindi r 0 e p(t) = a
0
t
r
+ a
1
t
r1
+ . . . + a
r1
t + a
r
R[t] con r n
2
tale che
p(A) = 0
nn
.
Sia p(t) = q
1
(t) q
2
(t) . . . q
s
(t) la fattorizzazione di p(t) in polinomi irriducibili monici (quindi di
grado 1 oppure 2!) e con ,= 0. Dalla prima parte otteniamo
0
nn
= p(A) = q
1
(A) q
2
(A) . . . q
s
(A).
Dal teorema di Binet deduciamo
0 = det(0
nn
) = det(p(A)) =
n
det(q
1
(A)) det(q
2
(A)) . . . det(q
s
(A)).
1.4. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI SIMMETRICHE REALI TRAMITE ROTAZIONI 27
Pertanto esiste i = 1, . . . , s tale che det(q
i
(A) = 0. Sia q(t) = q
i
(t). Essendo q(A) una matrice non
invertibile esiste v R
n
0 tale che q(A)(v) = 0. Se q(t) = t
2
+at +b, allora q(A) = A
2
+aA+bI
nn
e
0 = q(A)(v) = (A
2
+aA +bI
nn
(v) = A
2
(v) +aA(v) +bv.
Se q(t) = t +b, si procede analogamente concludendo la dimostrazione del Lemma.
1.4.8. DEFINIZIONE. (Sottospazio finvariante) Sia f : V V una applicazione lineare. Un sottospa-
zio vettoriale U V si dice finvariante se f(u) U per ogni u U.
1.4.9. ESEMPIO. Sia f : V V una applicazione lineare e sia U = V

un autospazio di f. Se u U,
allora f(u) = u /(u) U per denizione di autovalore. Quindi gli autospazi di f (o addirittura i
sottospazi generati da un autovettore di f) sono sottospazi finvarianti.
Sia A R
n,n
, sia f
A
: R
n
R
n
l applicazione lineare associata ad A e siano v ,= 0 e q(t) il vettore
e il polinomio associati ad A dalla parte (2) del Lemma 1.4.7. Il sottospazio U = /(v, A v) R
n
` e
f
A
invariante di dimensione minore o uguale a 2.
Infatti f
A
(v) = A v U e
f
A
(A v) = A (A v) = A
2
v = aA v bv U,
se q(t) = t
2
+at +b. Se q(t) = t +b, abbiamo
f
A
(A v) = A
2
v = (b)
2
v.
Nell ultimo caso, essendo A v = bv, deduciamo U = /(v). Nel primo caso abbiamo dim(U) = 2 e
solamente se v e A v sono linearmente indipedenti.
Ritorniamo ora a considerare le applicazioni lineari simmetriche.
1.4.10. PROPOSIZIONE. Sia f : R
n
R
n
una applicazione lineare simmetrica.
(1) Se U R
n
un sottospazio finvariante, allora U

` e finvariante.
(2) Esistono U
1
, . . . , U
r
sottospazi finvarianti di R
n
, a due a due ortogonali, con dim(U
i
) = 1
oppure dim(U
i
) = 2 per ogni i = 1, . . . , r e tali che
R
n
= U
1
U
2
. . . U
r
.
DIMOSTRAZIONE. Per denizione U

= v R
n
: v u = 0 u U. Sia u U arbitrario e sia
u

= f(u). Essendo U sottospazio finvariante, abbiamo u

U. Essendo f simmetrica, deduciamo


f(v) u = v f(u) = v u

= 0,
dove l ultima uguaglianza segue dal fatto che u

U e che v U

. Dalla arbitrariet` a di u U, segue


f(v) U

, dimostrando la parte (1).


Sia U = U
1
con 1 dim(U
1
) 2 il sottospazio finvariante costruito nell Esempio 1.4.9. Se
dim(U

) 2, abbiamo terminato essendo R


n
= U U

. Abbiamo inoltre dim(U

) = n dim(U)
n 1. Supponiamo ora dim(U

) 3, consideriamo g : U

l applicazione lineare denita


restringendo f a U

. Essendo U

sottospazio finvariante abbiamo g(v) = f(v) U

per ogni v U

.
L applicazione lineare g e simmetrica essendolo f. Sia U
2
U

il sottospazio ginvariante (e quindi f


invariante!) di dimensione minore o uguale a 2 costruito nell Esempio 1.4.9. Abbiamo U
1
U
2
, essendo
U
1
U

. Sia V
2
il complemento ortogonale di U
2
in U

. Abbiamo U

= U
2
V
2
, R
n
= U
1
U
2
V
2
e dim(V
2
) = ndim(U
1
) dim(U
2
) n2. Per la parte (1) applicata a g sappiamo che V
2
` e ginvariante
e quindi f-invariante. Applicando ora il procedimento a V
2
otteniamo U
3
, . . . , U
r
in un numero nito di
passi.
Abbiamo tutti gli strumenti per dimostrare agevolmente il seguente importante risultato.
28 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
1.4.11. TEOREMA. (Teorema spettrale per applicazioni lineari o matrici simmetriche) Se f : R
n

R
n
` e una applicazione lineare simmetrica, allora esiste una base ortonormale di R
n
formata da autovettori
di f.
Se S = S
t
R
n
, esiste C SO(n) tale che
C
t
S C sia diagonale.
DIMOSTRAZIONE. Sia R
n
= U
1
U
2
. . . U
r
la decomposizione ortogonale di R
n
in sottospazi
finvarianti di dimensione minore o uguale a 2 costruita nella Proposizione 1.4.10 e sia f
i
: U
i
U
i
la
restrizione di f a U
i
.
Per la Proposizione 1.4.5 esiste /
i
base ortonormale del sottospazio U
i
, i = 1, . . . , r, formata da auto-
vettori di f
i
(e quindi di f!). Essendo gli U
i
a due a due ortogonali la base / = /
1
/
2
. . . /
r
` e una
base ortonormale di R
n
formata da autovettori di f.
Sia S = S
t
e sia f
S
: R
n
R
n
l applicazione lineare associata. Applicando a f
S
la prima parte
del Teorema Spettrale, deduciamo l esistenza di una base ortonormale / di R
n
formata da autovettori di S.
Sia D O(n) la matrice aventi come colonne i vettori di /. Per denizione di matrice di cambiamento di
coordinate e per il fatto che / ` e composta da autovettori abbiamo che la matrice D
t
S D = e diagonale.
Se D SO(n), prendiamo C = D. Se D O(n) SO(n), consideriamo C = D J
n
SO(n). Abbiamo
C
t
S C = (D J
n
)
t
S (D J
n
) = J
n
(D
t
S D) J
n
= J
n
J
n
= ,
concludendo la dimostrazione.
1.5. Cambi di coordinate e di sistema di riferimento in R
n
; rototraslazioni nel piano e nello spazio
Sia ( = e
1
, . . . , e
n
la base canonica di R
n
e sia (

= e

1
, . . . , e

n
una base ortonormale ottenuta da
( per mezzo di una matrice di cambio di coordinate che appartiene a SO(n), i.e.
A = [i
R
n]
C

C
SO(n).
Diremo che la base (

e ottenuta da ( per mezzo della rotazione


f = f
A
: R
n
R
n
, x f
A
(x) = A x,
visto che e

i
= f(e
i
) = A e
i
. Chiameremo le trasformazioni in R
n
del tipo f
A
con A SO(n) le rotazioni
di R
n
e diremo che la base (o riferimento) (

e ottenuta da ( per mezzo della rotazione A. Nel caso n = 2, 3


alla matrice A e naturalmente associato un unico angolo (e nel caso n = 3 un unico asse di rotazione),
si veda la Proposizione 1.3.22 e la Denizione 1.3.23, per cui useremo anche l espressione: la base (o
riferimento) (

e ottenuta da ( per mezzo della rotazione di un angolo


Nel caso n = 2 richiedere A SO(2) (e non solamente A O(2)!) si traduce geometricamente nel
fatto che l angolo di /2 formato dai vettori e

1
e e

2
e l angolo in senso antiorario, i.e. percorrendo in senso
antiorario la circonferenza unitaria partendo da e

1
incontreremo e

2
dopo aver percorso un angolo di /2 (e
non di 3/2!). Nel caso n = 3 richiedere A SO(3) si traduce geometricamente nel fatto che e

3
= e

1
e

2
.
Infatti se (

= e

1
, e

2
, e

3
e una base ortonormale arbitraria, allora e

3
= e

1
e

2
e abbiamo e

3
= e

1
e

2
se e solamente se [i
R
n]
C

C
SO(3).
Come sempre
x =
_

_
x
1
.
.
.
x
n
_

_ = [x]
C
,
i.e. x =

n
i=1
x
i
e
i
. Deniamo ora, abusando della notazione,
x

=
_

_
x

1
.
.
.
x

n
_

_ = [x]
C
,
i.e. x =

i=1
n
x

i
e

i
. Quindi
(1.5.1) x

= [x]
C
= [i
R
n]
C
C
[x]
C
= A
t
x
1.5. CAMBI DI COORDINATE E DI SISTEMA DI RIFERIMENTO IN R
n
; ROTOTRASLAZIONI NEL PIANO E NELLO SPAZIO 29
e
(1.5.2) x = [x]
C
= [i
R
n]
C

C
[x]
C
= A x

.
Diremo che (1.5.1) e il cambio di coordinate corrispondente al cambio di riferimento da ( a (

. Analo-
gamente diremo che (1.5.2) e il cambio di coordinate corrispondente al cambio di riferimento da (

a (. Nel
caso n = 2 e n = 3 potremo anche dire che (1.5.1) e (1.5.2) corrispondono al cambio di riferimento ottenuto
per mezzo della rotazione di un angolo .
Sia
O

=
_

1
.
.
.

n
_

_ = [O

]
C
R
n
.
Sia / una base ortonormale arbitraria di R
n
e sia /
O
il riferimento ottenuto traslando ( da O = 0 in
O

denito dalla seguente condizione. Le coordinate di un punto arbitrario nel riferimento /, P = [x]
A

R
n
rispetto al riferimento /
O
, indicate con [x

] sono denite dalla formula seguente, dove come sempre


abuseremo leggermente della notazione,
(1.5.3) x

= [P]
A
O

= [P O

]
A
= [P]
A
[O

]
A
.
Analogamente avremo
(1.5.4) [x] = [P]
A
= [P]
A
O

+ [O

]
A
.
La terminologia e giusticata dal fatto che le coordinate di O

nel riferimento /
O
sono (0, . . . , 0) = 0
e quindi possiamo idealmente pensare tutti i vettori di R
n
traslati nella nuova origine O

. L espressione in
coordinate del cambiamento di coordinate (1.5.3) e quindi della forma
x

i
= x
i

i
,
dove
_

1
.
.
.

n
_

_ = [O

]
A
R
n
mentre (1.5.4) diventa
x
i
= x

i
+

i
.
Nelle applicazioni successive noi opereremo per mezzo di rototraslazioni nel piano e nello spazio, i.e.
cambieremo il riferimento prima passando da ( a (

per mezzo di una rotazione A SO(n) e quindi


traslando il nuovo riferimento (

da O in O

. Scriviamo analiticamente le trasformazioni di coordinate


corrispondenti utilizzando le notazioni precedenti dove prenderemo / = (

.
Abbiamo allora le formule di cambiamento di coordinate per rototraslazione:
(1.5.5) x

= A
t
x [O

]
C
.
quindi A
t
x = x

+ [O

]
C
e nalmente
(1.5.6) x = A x

+A [O

]
C
= A x

+ [O

]
C
.
Sar a utile introdurre le seguenti notazioni per esprimere le formule precedenti in maniera pi u compatta:
_
x
1
_
=
_

_
x
1
.
.
.
x
n
1
_

_
R
n+1,1
= R
n+1
,
_
x

1
_
=
_

_
x

1
.
.
.
x

n
1
_

_
R
n+1,1
= R
n+1
,
_
x
t
1

=
_
x
1
_
t
R
1,n+1
,
_
x
t
1

=
_
x

1
_
t
R
1,n+1
.
Avremo le formule di cambiamento di coordinate per rototraslazione in forma compatta:
(1.5.7)
_
x

1
_
=
_
A
t
[O

]
C

0
t
1
_

_
x
1
_
30 1. GEOMETRIA DEGLI ENTI LINEARI
e
(1.5.8)
_
x
1
_
=
_
A [O

]
C
0
t
1
_

_
x

1
_
= A
_
x

1
_
,
dove
A =
_
A [O

]
C
0
t
1
_
R
n+1,n+1
,
avente la propriet a det(A) = 1.
CAPITOLO 2
Coniche
2.1. Denizione e classicazione delle coniche; coniche riducibili e irriducibili nel piano reale
Sia
f(x, y) = ax
2
+ 2bxy +cy
2
+ 2dx + 2ey +f = [x y 1]
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_

_
_
x
y
1
_
_
R[x, y]
un polinomio di secondo grado nelle variabili x e y, i.e. (a, b, c) ,= (0, 0, 0). Notiamo che la parte omogenea
di secondo grado di f(x, y), ax
2
+ 2bxy +cy
2
pu o essere scritta nella forma:
[x y]
_
a b
b c
_

_
x
y
_
.
La matrice simmetrica
F =
_
a b
b c
_
R
2,2
si dir a la matrice associata alla parte omogenea del polinomio di secondo grado f(x, y). La matrice
simmetrica
F =
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_
R
3,3
si dir a la matrice associata al polinomio di secondo grado f(x, y).
2.1.1. DEFINIZIONE. (Conica nel piano R
2
). Una conica C nel piano R
2
e il luogo dei punti P =
( x, y) R
2
le cui coordinate soddisfano la condizione f( x, y) = 0 con f(x, y) R[x, y] polinomio di
secondo grado nelle variabili x e y, i.e.
C = P = ( x, y) R
2
: f( x, y) = 0.
Il polinomio f(x, y) non e naturalmente associato alla conica C poich e per ogni R 0 = R

abbiamo che il luogo dei punti del piano le cui coordinate soddisfano la condizione 0 = (f)( x, y) =
(f( x, y)) coincide con C R
2
. In un primo momento ci concentreremo sul polinomio f(x, y) e sulle
matrici simmetriche F e F naturalmente associate e solamente in un secondo tempo tratteremo il problema
di incontrare forme canoniche per le equazioni associate alla conica.
Effettuando la rototraslazione come in (1.5.5), dove O

= (
1
,
2
) = [O

]
C
e dove [O

]
C
= (

1
,

2
):
_
_
x

1
_
_
=
_
_
cos() sin()

1
sin() cos()

2
0 0 1
_
_

_
_
x
y
1
_
_
e utilizzando le formule inverse come in (1.5.6)
_
_
x
y
1
_
_
=
_
_
cos() sin()
1
sin() cos()
2
0 0 1
_
_

_
_
x

1
_
_
l equazione di C nel nuovo riferimento sar a
[x

1] A
t
F A
_
x

1
_
= 0,
31
32 2. CONICHE
i.e. un polinomio di secondo grado nelle coordinate x

, y

la cui matrice associata F

soddisfa
(2.1.1) F

= A
t
F A
e la cui matrice associata alla parte omogenea di secondo grado F

soddisfa
F

= A
t
F A.
2.1.2. DEFINIZIONE. (Invarianti di una conica). Sia C R
2
di equazione f(x, y) = 0. Per quanto visto
sopra, il rango di F, il rango di F, il determinante det(F), il determinante det(F) e il polinomio caratteristico
di F non dipendono dalla scelta del riferimento, a meno di rototraslazioni, e si diranno invarianti della conica
C e dell equazione scelta f(x, y) = 0.
Osserviamo che se moltiplichiamo per R

l equazione f(x, y) = 0 di C, allora il rango delle


matrici associate a (f)(x, y) non cambia, il determinante det(F) viene moltiplicato per
2
, il determinante
di F viene moltiplicato per
3
mentre gli autovalori di F vengono moltiplicati per . Quindi i numeri deniti
precedentemente non sono invarianti naturalmente associati a C ma alla coppia (C, f(x, y)). Qualsiasi de-
nizione che si riferisca a una propriet a geometrica o algebrica di C solamente (e non di (C, f(x, y))) dovr a
quindi essere indipendente dall equazione, a meno di una moltiplicazione per R

.
2.1.3. DEFINIZIONE. (Coniche riducibili e irridubili). Una conica C R
2
di equazione f(x, y) = 0
si dice riducibile se esistono due polinomi di primo grado g
i
(x, y) C[x, y], i = 1, 2, tali che f(x, y) =
g
1
(x, y) g
2
(x, y). In caso contrario la conica C si dir a irriducibile.
La propriet a precedente e infatti una condizione sulla conica C e non dipende dalla equazione f(x, y) =
0 ssata poich e vale per f(x, y) se e solamente se vale per f(x, y), R

qualunque. Geometricamente
la condizione precedente signica che i luoghi dei punti P = ( x, y) C
2
che soddisfano una equazione di
secondo grado f( x, y) = 0 che denisce una conica riducibile, contengono necessariamente una retta di C
2
la cui equazione cartesiana sar a g
1
(x, y) = 0. Quindi le coniche riducibili, almeno come luogo dei punti
di C
2
, si decompongono come unione di due rette, eventualmente coincidenti. Questo passaggio che pu o
sembrare poco naturale perch e coinvolge il corpo dei numeri complessi e motivato dall esigenza di collocare
in una unica classe tutti i casi di luoghi che non corrispondano effettivamente alla nozione naturale di conica
come luogo di punti diversa da unione di rette o punti. Infatti le coniche riducibili che si spezzano in due
fattori lineari complessi coniugati determinano in R
2
l insieme costituito dall eventuale punto di intersezione
(necessariamente reale!) delle due rette complesse.
2.1.4. TEOREMA. (Classicazione delle coniche nel piano e loro forma canonica). Data una conica
C R
2
di equazione f(x, y) = 0, esiste un riferimento (

O
, ottenuto per rototraslazione dal riferimento
canonico (, tale che C R
2
in questo riferimento abbia una delle seguenti equazioni:
a)
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+

= 0, det(F) =
1

2
,= 0,

det(F) = det(F);
b) (y

)
2
+ 2x

= 0 con ,= 0, ()
2
= det(F);
c) (y

)
2
+

= 0 con ,= 0.
Nel caso a)
1
,
2
sono gli autovalori della matrice simmetrica F associata alla parte omogenea di grado 2
di f(x, y) mentre nel caso b) e l unico autovalore non nullo della matrice F.
Questa equazione di C dipende da f(x, y) nella maniera seguente: una equazione di C ottenuta molti-
plicando f(x, y) per R

, produrr a la stessa equazione moltiplicata per .


DIMOSTRAZIONE. Esiste una rotazione A SO(2) tale che nel riferimento (

= e

1
, e

2
l equazione
di C sia della forma
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+2d

+2e

+f

= 0 con
i
gli autovalori della matrice F. Infatti
per Proposizione 1.4.1 esiste A SO(2) tale che
A
t
F A =
_

1
0
0
2
_
.
Allora se
_
_
x
y
1
_
_
=
_
A 0
21
0
12
1
_

_
_
x

1
_
_
= A
_
_
x

1
_
_
,
2.1. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELLE CONICHE; CONICHE RIDUCIBILI E IRRIDUCIBILI NEL PIANO REALE 33
avremo
f(x

, y

) = [x

1] A
t
F A
_
_
x

1
_
_
=
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+ 2d

+ 2e

+f

.
Poich e F ,= 0
22
non possiamo avere (
1
,
2
) = (0, 0). Supponiamo dapprima
1

2
,= 0. Possiamo
allora scrivere l equazione di C nella forma

1
[(x

)
2
+
2d

1
x

+
(d

)
2

2
1
]
(d

)
2

1
+
2
[(y

)
2
+
2e

2
y

+
(e

)
2

2
2
]
(e

)
2

2
+f

= 0.
Effettuando la traslazione
x

= x

+
d

1
, y

= y

+
e

2
e denendo

= f


(d

)
2
1

(e

)
2
2
otteniamo il primo caso. Chiaramente det(F) =
1

2
mentre
det(F) = det(F

) =
1

.
Se
1
= ,= 0 e se
2
= 0, possiamo allora prendere l ulteriore rotazione di /2 di equazioni x

= y

e y

= x

e ottenere (y

)
2
2d

+ 2e

+ f

= 0 con ,= 0. Sia e

= d

, d

= e

e f

= f

.
Allora abbiamo l equazione (y

)
2
+ 2e

+ 2d

+f

= 0 che possiamo scrivere nella forma


[(y

)
2
+
2e

+
(e

)
2

2
]
(e

)
2

+ 2d

+f

= 0
Se d

= 0, effettuiamo la traslazione
x

= x

, y

= y

+
e

,
ottenendo il terzo caso. Se d

,= 0, deniamo

= f


(e

)
2

e effettuiamo la traslazione
x

= x

2d

, y

= y

+
e

,
ottenendo l equazione (y

)
2
+ 2d

= 0. Allora
F

=
_
_
0 0 d

0 0
d

0 0
_
_
e quindi det(F) = det(F

) = (d

)
2
.
Abusando delle notazioni precedenti, indichiamo con (

O
il riferimento ottenuto dopo questo processo
e con (x

, y

) le coordinate in questo riferimento. Prendendo = d

, otteniamo la forma canonica descritta


nel caso 2).
Verichiamo l ultima affermazione nel primo caso visto che i rimanenti si possono trattare in maniera
analoga. Se g(x, y) = f(x, y), allora per le matrici associate avremo G = F e G = F. Gli autovalori di
Gsaranno quindi
i
. Otteniamo quindi dopo una rototraslazione l equazione
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+ = 0,
dove

2
= det(G) =
3
det(F) =
3

.
Allora =

e quindi l equazione ottenuta da g(x, y) per rototraslazione e l equazione ottenuta applicando


la procedura a f(x, y) moltiplicata esattamente per .
2.1.5. COROLLARIO. Sia f(x, y) R[x, y] un polinomio di secondo grado e sia F R
3,3
la matrice
associata. Allora la conica C di equazione f(x, y) = 0 e riducibile se e solamente se (F) 2. Inoltre
(F) = 1 se e solamente se f(x, y) = g(x, y)
2
con g(x, y) C[x, y] polinomio di primo grado.
DIMOSTRAZIONE. Visto che (F) = (F

), possiamo supporre che f(x, y) sia uno dei seguenti poli-


nomi:
(1)
1
x
2
+
2
y
2
+ = 0,
1

2
,= 0;
(2) y
2
+ 2dx = 0, d ,= 0;
(3) y
2
+ = 0, ,= 0.
34 2. CONICHE
Nel primo caso abbiamo (F) = 3 se e solo se ,= 0. In questo caso il polinomio e chiaramente irriducibile
in C[x, y]. Mentre se = 0, allora (F) = 2 e
1
x
2
+
2
y
2
= (

1
x +

2
y) (

1
x

2
y),
con

1
e

2
radici complesse, e una fattorizzazione in due fattori lineari di primo grado distinti. Nel
secondo caso (F) = 3 perch e det(F) = d
2
,= 0. Il polinomio e irriducibile perch e il sistema ottenuto
dall identit a polinomiale y
2
+ 2ex = (a
1
x + b
1
y + c
1
) (a
2
x + b
2
y + c
2
) e impossibile. Nel terzo caso il
polinomio e riducibile e risulta prodotto di due fattori lineari coincidenti se e solamente se = 0, i.e. se e
solamente se (F) = 1.
2.1.6. ESEMPIO. Sia
k
R
2
la conica di equazione x
2
+(k 2)xy +y
2
+4x 4y = 0, dove k R
e un parametro reale.
Determiniamo i valori di k R per cui la conica
k
R
2
risulta riducibile, stabilendo la fattorizzazione
del polinomio associato e il rango.
Le matrici associate a
k
sono
F
k
=
_
_
1
k2
2
2
k2
2
1 2
2 2 0
_
_
, F
k
=
_
1
k2
2
k2
2
1
_
.
Abbiamo [F
k
[ = 4k e [F
k
[ =
k(4k)
4
. La conica
k
e irriducibile se e solamente se k ,= 0. Per k = 0 la
conica
0
ha equazione
0 = x
2
2xy +y
2
+ 4x 4y = (x y)
2
+ 4(x y) = (x y)(x y + 4)
e quindi consiste delle due rette x y = 0 e x y + 4 = 0. Pertanto la conica
0
ha rango 2.
Vedremo in seguito che la conica
k
e una ellisse se 0 < k < 4, una parabola per k = 4 e una iperbole
per k < 0 oppure per k > 4. Non ci sono iperboli equilatere perch e la somma degli autovalori di F
k
e uguale
a 2 per ogni k R. Gli autovalori di F
k
sono 1 +
k2
2
e 1
k2
2
, che coincidono solo per k = 2, valore per
cui otteniamo la circonferenza di equazione x
2
+y
2
+ 4x 4y = 0.
Prima di poter dedurre questa parte nale e necessario introdurre le denizioni delle rispettive coniche
irriducibili.
2.2. Ellissi, iperboli, parabole; circonferenze e iperboli equilatere
Supponiamo ora che la conica C R
2
sia irriducibile, i.e. supponiamo (F) = 3 e studiamo i vari casi
che possiamo ottenere.
2.2.1. DEFINIZIONE. (Ellissi reali e immaginari; circonferenze reali e immaginarie). Una conica irridu-
cibile C R
2
di equazione f(x, y) = 0 si dir a una ellisse se la matrice F associata alla parte omogenea di
secondo grado di f(x, y) = 0 ha due autovalori positivi oppure due autovalori negativi. Se i due autovalori
sono uguali (e quindi non nulli), diremo che C R
2
e una circonferenza. L ellisse si dir a reale se C ,= ,
immaginaria in caso contrario.
Osserviamo che tutte le denizioni precedenti non dipendono dalla equazione di C ssata nel senso che
passando a una equazione ottenuta moltiplicando per R

gli autovalori della nuova matrice 22 associata


alla conica vengono moltiplicati per e quindi continuano ad avere lo stesso segno. Anche la propriet a di
essere reale o immaginaria non dipende dalla equazione scelta.
Con queste denizioni possiamo provare la seguente caratterizzazione algebrica e geometrica delle ellissi
e delle circonferenze.
2.2.2. PROPOSIZIONE. Una conica irriducibile C R
2
di equazione
f(x, y) = [x y 1]
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_

_
_
x
y
1
_
_
= 0
e una ellisse se e solamente se det(F) ,= 0 e det(F) > 0. L ellisse risulta reale se e solamente se a > 0 e
det(F) < 0 oppure a < 0 e det(F) > 0. Nei rimanenti casi l ellisse risulta immaginaria.
2.2. ELLISSI, IPERBOLI, PARABOLE; CIRCONFERENZE E IPERBOLI EQUILATERE 35
F1 F2 A1 A2
B1
B2
F3
P
FIGURA 1. Ellisse in forma canonica con = 3/2, = 1/2 e = 1; d(P, F1) +
d(P, F2) = 2 = 3
Una ellisse e una circonferenza se e solamente se a = c e b = 0. Quindi una conica C R
2
e una
circonferenza reale se e solamente se a = c, b = 0, det(F) > 0, a > 0 e det(F) < 0 oppure a = c, b = 0,
det(F) > 0, a < 0 e det(F) > 0.
Una circonferenza reale e quindi il luogo dei punti aventi distanza r > 0 da un punto sso P
0
= (x
0
, y
0
).
Il punto P
0
si dir a centro della circonferenza e r > 0 si dir a il raggio della circonferenza.
Una ellisse reale e il luogo dei punti aventi somma delle distanze da due punti ssi, detti fuochi, costante
e esiste un riferimento in cui l ellisse abbia equazione canonica
x
2

2
+
y
2

2
= 1 con > 0, con l
uguaglianza = valendo solamente per le circonferenze di raggio .
DIMOSTRAZIONE. Una conica C R
2
e irriducibile se e solamente se det(F) ,= 0. Inoltre F ha due
autovalori non nulli e dello stesso segno se e solamente se det(F) =
1

2
> 0. Quindi una conica e una
ellisse se e solamente se det(F) ,= 0 e det(F) > 0. Da
det(F) = det(F

) =
1

= det(F)

,
deduciamo che det(F) e

hanno lo stesso segno. Le conclusioni della prima parte sono a questo punto
ovvie ricordando la parte nale della Proposizione 1.4.1. Inoltre la matrice F ha due autovalori coincidenti
se e solamente se a = c e b = 0, si veda sempre la Proposizione 1.4.1. Quindi una ellisse e una circonferenza
se e solamente se a = c e b = 0. Una circonferenza si pu o quindi pensare come data da una equazione del
tipo
(x x
0
)
2
+(y y
0
)
2
+

= 0,
36 2. CONICHE
con ,= 0 l autovalore di moltepicit a algebrica uguale a due di F. L equazione si pu o quindi ridurre a
(x x
0
)
2
+ (y y
0
)
2
=

.
La circonferenza risulta reale se e solamente

=
2
con > 0. Quindi un punto P = (x, y) R
2
soddisfa l equazione precedente se e solamente se d(P, P
0
) = , dove P
0
= (x
0
, y
0
).
Data invece una ellisse reale C R
2
, le condizioni precedenti assicurano che
i

> 0. Esistono quindi


, R numeri positivi tali che
2
=

1
e
2
=

2
. Supponiamo per iniziare e notiamo che
= se e solamente se C e una circonferenza. Sia 0 tale che
2
=
2

2
. Abbiamo > 0 se e
solamente se ,= e quindi se e solamente se C non e una circonferenza reale. Deniamo i fuochi di C
come i punti F
1
, F
2
R
2
che nel riferimento (

O
hanno coordinate: F
1
= (, 0) e F
2
= (, 0) e deniamo
il seguente luogo:
E = P = (x, y) R
2
: d(P, F
1
) +d(P, F
2
) = 2.
Scriviamo l espressione precedente come d(P, F
1
) = 2 d(P, F
2
). Abbiamo, elevando a quadrato
entrambi i membri:
(x +)
2
+y
2
= 4
2
+ (x )
2
+y
2
4
_
(x )
2
+y
2
e quindi, semplicando opportunamente,
x
2
=
_
(x )
2
+y
2
.
Elevando nuovamente a quadrato ambo i membri, deduciamo

2
x
2
+
4
2
2
x =
2
x
2
2
2
x +
2

2
+
2
y
2
.
Ricordando che
2
=
2

2
e semplicando otteniamo

2
x
2
+
2
y
2
=
2

2
e nalmente
x
2

2
+
y
2

2
= 1,
i.e. il luogo dei punti E e una ellisse reale e viceversa una ellisse reale e un luogo di punti del tipo descritto
precedentemente visto che la denizione di E non dipende dalla scelta del riferimento.
Il caso > si tratta analogamente. Si denisce > 0 tale che
2
=
2

2
, si deniscono i fuochi
F
1
= (0, ) e F
2
= (0, ) e si procede come nel caso . Dal nostro punto di vista in questo caso
e naturale operare l ulteriore rotazione associata al cambio di coordinare x

= y e y

= x ottenendo l
equazione
x
2

2
+
y
2

2
= 1,
che e del tipo precedente.
Nel sistema di riferimento /
O
, dove l ellisse ha equazione canonica, le rette di equazioni x

= 0 e
y

= 0 si dicono gli assi dell ellisse e il punto O

si dice il centro dell ellisse.


2.2.3. DEFINIZIONE. (Iperboli; iperboli equilatere). Una conica irriducibile C R
2
di equazione
f(x, y) = 0 si dir a una iperbole se la matrice F associata alla parte omogenea di secondo grado di f(x, y) = 0
ha due autovalori non nulli di segno opposto. Se inoltre la somma degli autovalori e nulla, diremo che C R
2
e una iperbole equilatera.
Osserviamo nuovamente che passando a una equazione di C ottenuta da f(x, y) moltiplicando per
R

, le condizioni della denizione si conservano visto che gli autovalori associati a f(x, y) sono esattamente
gli autovalori di f(x, y) moltiplicati per .
2.2. ELLISSI, IPERBOLI, PARABOLE; CIRCONFERENZE E IPERBOLI EQUILATERE 37
o x
A B C
O
C1
F1 F2
D
d1
P
Q
F3
FIGURA 2. Punto P sull ellisse e rispettiva tangente, dove a = 3/2, b = 1/2 e c = 1.
La circonferenza C1 ha centro in F1 e raggio 2a = 3 pertanto 3 = 2a = d(F1, D) =
d(F1, P) +d(P, D) = d(F1, P) +d(P, F2), essendo la retta d1 la mediana del segmento
DF2. La retta d2 e tangente in P all ellisse perch e per ogni punto Q d1 P possiamo
costruire il triangolo F
1
QD da cui deduciamo 2a = d(F1, D) < d(F1, Q) + d(Q, D) =
d(F1, Q) +d(Q, F2).
2.2.4. PROPOSIZIONE. Una conica irriducibile C R
2
di equazione
f(x, y) = [x y 1]
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_

_
_
x
y
1
_
_
= 0
e una iperbole se e solamente se det(F) ,= 0 e det(F) < 0. L iperbole risulta equilatera se e solamente se
a +c = 0.
Una iperbole e il luogo dei punti aventi modulo della differenza delle distanze da due punti ssi, detti
fuochi, costante. Esiste un riferimento in cui l iperbole abbia equazione canonica
x
2

y
2

2
= 1 con , > 0.
Inoltre = se e solamente l iperbole e equilatera.
DIMOSTRAZIONE. Una conica C R
2
e irriducibile se e solamente se det(F) ,= 0. Inoltre F ha
due autovalori non nulli e di segno opposto se e solamente se det(F) =
1

2
< 0. Quindi una conica
e una iperbole se e solamente se det(F) ,= 0 e det(F) < 0. Gli autovalori sono soluzioni dell equazione
t
2
(a+c)t+(acb
2
) = 0. Quindi t
2
(a+c)t+(acb
2
) = (t
1
)(t
2
), da cui segue
1
+
2
= a+c.
Quindi una iperbole e equilatera se e solamente se a +c = 0.
Esiste un riferimento (

O
in cui C R
2
abbia equazione
1

(x

)
2
+
2

(y

)
2
= 1. A meno di effettuare
un ulteriore cambiamento di coordinate del tipo x

= y

, y

= x

possiamo supporre
1

> 0 e
2

< 0.
Esistono quindi , > 0 tali che
2
=

1
e
2
=

2
e pertanto abbiamo un riferimento in cui l
equazione di C e della forma
x
2

2

y
2

2
= 1.
La matrice associata alla parte omogenea di questo polinomio e
_
1

2
0
0
1

2
_
.
38 2. CONICHE
Gli autovalori sono quindi
1

2
=
1

e
1

2
=
2

e la loro somma e nulla se e solamente se = .


Sia > 0 tale che
2
=
2
+
2
. Deniamo i fuochi di C come i punti F
1
, F
2
R
2
che nel riferimento
(

O
hanno coordinate: F
1
= (, 0) e F
2
= (, 0) e deniamo il seguente luogo:
E = P = (x, y) R
2
: [d(P, F
1
) d(P, F
2
)[ = 2.
Scriviamo l espressione precedente come d(P, F
1
) = 2 + d(P, F
2
). Abbiamo, elevando a quadrato
entrambi i membri:
(x +)
2
+y
2
= 4
2
+ (x )
2
+y
2
4
_
(x )
2
+y
2
e quindi, semplicando opportunamente,
x
2
=
_
(x )
2
+y
2
.
Elevando nuovamente a quadrato ambo i membri, deduciamo

2
x
2
+
4
2
2
x =
2
x
2
2
2
x +
2

2
+
2
y
2
.
Ricordando che
2
=
2
+
2
e semplicando otteniamo

2
x
2
+
2
y
2
=
2

2
e nalmente
x
2

2

y
2

2
= 1,
i.e. il luogo dei punti E e una iperbole e viceversa una iperbole e un luogo di punti del tipo descritto
precedentemente visto che la denizione di E non dipende dalla scelta del riferimento.
Nel riferimento dove l iperbole C R
2
ha equazione canonica
x
2

2

y
2

2
= 1, le rette L
1
di equazione
cartesiana y =

x e la retta L
2
di equazione cartesiana y =

x si dicono gli asintoti dell iperbole C. Se


l iperbole e equilatera le equazioni cartesiane degli asintoti sono y = x. Possiamo quindi dedurre che una
iperbole e equilatera se e solamente se i suoi asintoti sono perpendicolari. Nel riferimento determinato dagli
asintoti di una iperbole equilatera quest ultima ha equazione canonica del tipo x

= k con k > 0. Le rette


di equazioni x

= 0 e y

= 0 si dicono gli assi dell iperbole.


2.2.5. DEFINIZIONE. (Parabola). Una conica irriducibile C R
2
di equazione f(x, y) = 0 si dir a una
parabola se la matrice F associata alla parte omogenea di secondo grado di f(x, y) = 0 ha un autovalore
nullo.
Osserviamo nuovamente che passando a una equazione di C ottenuta da f(x, y) moltiplicando per
R

, le condizioni della denizione si conservano visto che gli autovalori associati a f(x, y) sono esattamente
gli autovalori di f(x, y) moltiplicati per .
2.2.6. PROPOSIZIONE. Una conica irriducibile C R
2
di equazione
f(x, y) = [x y 1]
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_

_
_
x
y
1
_
_
= 0
e una parabola se e solamente se det(F) ,= 0 e det(F) = 0.
Una parabola e il luogo dei punti aventi distanza uguale da una retta ssa, detta direttrice, e da un punto
sso, detto fuoco. Esiste un riferimento in cui la parabola abbia equazione canonica y
2
= 2px con p > 0.
DIMOSTRAZIONE. Una conica C R
2
e irriducibile se e solamente se det(F) ,= 0. Inoltre F ha al
pi u un autovalore nullo. Da det(F) =
1

2
,
i
R autovalori di F, deduciamo che C e una parabola se e
solamente se det(F) = 0. Quindi una conica e una parabola se e solamente se det(F) ,= 0 e det(F) = 0.
Esiste un riferimento (

O
in cui C R
2
abbia equazione (y

)
2
+ 2d

= 0 con d

,= 0 e det(F) =
(d

)
2
. Se p = [
1

[
_
det(F)

> 0, allora
d

= p e (y

)
2
= 2px

e una equazione canonica di C nel


riferimento. Se l equazione fosse (y

)
2
= 2px

, effettuiamo l ulteriore rotazione di 180 gradi x

= x

,
y

= y

e otteniamo l equazione canonica (y

)
2
= 2px

nel nuovo riferimento.


2.2. ELLISSI, IPERBOLI, PARABOLE; CIRCONFERENZE E IPERBOLI EQUILATERE 39
o
E1
Q
O F1 F2
C1
P
C2
R
P1
II2
FIGURA 3. Ellissi e iperboli confocali con tangenti perpendicolari in P = P1
FIGURA 4. Parabole come ellissi di asse focale innita
A meno di rototraslazioni possiamo supporre che la parabola C R
2
abbia equazione (y

)
2
= 2px

.
Consideriamo la retta L (che nel riferimento (

O
ha equazione) x =
p
2
e consideriamo il punto F = (
p
2
, 0),
40 2. CONICHE
si veda la gura 2.2 per il caso p = 1. Deniamo il seguente luogo:
E = P = (x, y) R
2
: d(P, F) = d(P, L).
Scriviamo l espressione precedente elevando ambo i membri al quadrato:
(x


p
2
)
2
+ (y

)
2
= (d(P, F))
2
= (d(P, L))
2
= ([x

+
p
2
[)
2
,
da cui si ottiene, semplicando,
2px

+ (y

)
2
= 0.
Quindi il luogo dei punti E e una parabola e viceversa una parabola e un luogo di punti del tipo descritto
precedentemente visto che la denizione di E non dipende dalla scelta del riferimento.
Nel riferimento dove la parabola C R
2
ha equazione canonica (y

)
2
= 2px

, il punto O

si dice
vertice della parabola e la retta di equazione y

= 0 si dice asse della parabola.


o x
PP1 F
B
F1
FIGURA 5. Propriet a ottica della parabola con p = 1 e quindi direttrice la retta d2 di
equazione x = 1/2. La retta parallela all asse della parabola e passante per B viene
riessa dalla tangente in B alla parabola nel fuoco F. Oltre a poter essere dimostrato
geometricamente otteniamo questa propriet a come passaggio al limite della propriet a ottica
dell ellisse. Infatti la retta BF
2
, notazioni come nella gura 4, per F2 che tende all innito
diventa parallela all asse della parabola.
Consideriamo ora alcuni esempi per riconoscere le coniche a partire dalle loro equazioni.
2.2.7. ESEMPIO. Consideriamo la famiglia di coniche dell esempio 2.1.6:
k
R
2
` e la conica di
equazione x
2
+ (k 2)xy +y
2
+ 4x 4y = 0, dove k R e un parametro reale.
2.2. ELLISSI, IPERBOLI, PARABOLE; CIRCONFERENZE E IPERBOLI EQUILATERE 41
FIGURA 6. Ellissi e iperboli confocali tassellando il piano e avendo tangenti ortogonali nei
punti di intersezione, si veda la gura 3.
Le matrici associate a
k
sono
F
k
=
_
_
1
k2
2
2
k2
2
1 2
2 2 0
_
_
, F
k
=
_
1
k2
2
k2
2
1
_
.
Abbiamo visto che [F
k
[ = 4k e [F
k
[ =
k(4k)
4
. La conica
k
e irriducibile se e solamente se k ,= 0. La
conica
k
e una ellisse se 0 < k < 4, una parabola per k = 4 e una iperbole per k < 0 oppure per k > 4. Non
ci sono iperboli equilatere perch e la somma degli autovalori di F
k
e uguale a 2 per ogni k R. Gli autovalori
di F
k
sono 1 +
k2
2
e 1
k2
2
, che coincidono solo per k = 2, valore per cui otteniamo la circonferenza di
equazione x
2
+y
2
+ 4x 4y = 0.
2.2.8. ESEMPIO. Sia C
t
R
2
la conica di equazione:
(2t + 1)x
2
+ (2 5t)xy + (2t + 1)y
2
3x 3y = 0,
dove t R ` e un parametro. Riconoscere C
t
al variare di t R. Moltiplicando per 2 l equazione della
conica, abbiamo
F
t
=
_
4t + 2 2 5t
2 5t 4t + 2
_
e si verica facilmente che [F
t
[ ,= 0 se e solamente se t ,= 0. Essendo [F
t
[ = 9t(4 t), abbiamo che per
0 < t < 4 la conica C
t
e una ellisse, che per t =
2
5
diventa una circonferenza. Per t < 0 e t > 4 la conica
t
e una iperbole, che risulta equilatera per t =
1
2
.
2.2.9. ESEMPIO. Sia C
h
R
2
la conica di equazione
(h + 2)x
2
+xy y
2
2hx +h = 0,
dove h R ` e un parametro. Riconoscere C
h
al variare di h R.
Dopo aver moltiplicato per 2, otteniamo le matrici associate di cui calcoliamo i determinanti:
[F
h
[ =

2(h + 2) 1 2h
1 2 0
2h 0 2h

1 2h
0 2h

2(h + 2) 2h
2h 2h

=
42 2. CONICHE
= 2h 16h = 18h.
[F
h
[ =

2(h + 2) 1
1 2

= 4(h + 2) 1 = 4h 9.
La conica C
h
risulta riducibile se e solamente se h = 0, valore del parametro per cui l equazione si
riduce a (x +y)(2xy) = 0. Per h ,= 0 la conica C
t
risulta irriducibili. Per h =
9
4
abbiamo una parabola,
per h <
9
4
abbiamo ellissi (e nessuna circonferenza) e per h >
9
4
abbiamo iperboli. Da 2h + 4 2 = 0
deduciamo che per h = 1 la conica C
1
` e una iperbole equilatera.
2.3. Fuochi, direttrici, eccentricit a e denizione unicata di conica irriducibile
Le denizioni di coniche come luoghi geometrici nora presentate mostrano una asimmetria tra la para-
bola da un lato e l ellisse e l iperbole dall altro. Per questo motivo introduciamo la nozione di eccentricit a
di una conica irriducibile e deniamo in maniera unitaria le coniche.
2.3.1. PROPOSIZIONE. Sia C R
2
una ellisse reale di equazione canonica
x
2

2
+
y
2

2
= 1
con > . Siano F
1
= (, 0) e F
2
= (, 0) i fuochi di C con > 0 e
2
=
2

2
. Sia L
1
la retta di
equazione cartesiana x +
2
/ = 0 e sia L
2
la retta di equazione cartesiana x
2
/ = 0. Abbiamo che
un punto P = (x, y) R
2
appartiene a C se e solamente se
d(P, F
1
)
d(P, L
1
)
=

=
d(P, F
2
)
d(P, L
2
)
.
In particolare in una ellisse C, detta L
i
la direttrice del fuoco F
i
, abbiamo che il rapporto tra la distanza di
un punto di C dal fuoco e la distanza del punto dalla rispettiva direttrice e costante e uguale a / < 1.
Sia C R
2
una iperbole di equazione canonica
x
2

2

y
2

2
= 1.
Siano F
1
= (, 0) e F
2
= (, 0) i fuochi di C con > 0 e
2
=
2
+
2
. Sia L
1
la retta di equazione
cartesiana x +
2
/ = 0 e sia L
2
la retta di equazione cartesiana x
2
/ = 0. Abbiamo che un punto
P = (x, y) R
2
appartiene a C se e solamente se
d(P, F
1
)
d(P, L
1
)
=

=
d(P, F
2
)
d(P, L
2
)
.
In particolare in una ellisse C, detta L
i
la direttrice del fuoco F
i
, abbiamo che il rapporto tra la distanza di
un punto di C dal fuoco e la distanza del punto dalla rispettiva direttrice e costante e uguale a / > 1.
DIMOSTRAZIONE. Vericheremo solamente un caso per l ellisse poich e in tutti i rimanenti casi si
proceder a analogamente. Imponiamo la condizione
d(P, F
2
)
d(P, L
2
)
=

nel caso dell ellisse. Otteniamo

_
(x )
2
+y
2
= [x

2

[.
Elevando a quadrato entrambi i membri otteniamo:

2
[(x )
2
+y
2
] =
2
(x

2

)
2
e quindi

2
x
2
2
2
x +
2

2
+
2
y
2
=
2
x
2
2
2
x +
4
;
semplicando abbiamo
(
2

2
)x
2
+
2
y
2
=
2
(
2

2
).
2.4. CENTRO E ASSI DI SIMMETRIA DI UNA CONICA 43
Ricordando che
2
=
2

2
, si deduce

2
x
2
+
2
y
2
=
2

2
,
che e l equazione dell ellisse.
2.3.2. DEFINIZIONE. (Eccentricit a di una conica irriducibile) Sia C R
2
una conica irriducibile, sia
F un suo fuoco e sia L la retta direttrice corrispondente. Deniamo l eccentricit a e di C come la costante
e =
d(P, F)
d(P, L)
,
dove P C e un punto arbitrario.
Le Proposizioni 2.3.1 e 2.2.6 mostrano che una conica irriducibile e una ellisse se e solamente se e < 1,
una parabola se e solamente se e = 1 e una iperbole se e solamente se e > 1.
2.4. Centro e assi di simmetria di una conica
2.4.1. DEFINIZIONE. (Centro di simmetria e assi di simmetria di una conica) Sia C R
2
una conica
irriducibile reale, i.e. C ,= . Un punto O

R
2
si dice centro di simmetria di C se per ogni punto Q C
anche il punto Q

, simmetrico di Q rispetto a O

, appartiene a C.
Una retta L R
2
si dice asse di simmetria di C se per ogni punto Q C anche il punto Q

, simmetrico
di Q rispetto a L, appartiene a C.
Con queste denizioni l asse di una parabola e un asse di simmetria e gli assi delle iperboli e delle ellissi
sono assi di simmetria.
2.4.2. PROPOSIZIONE. Una conica irriducibile reale C R
2
ammette un centro di simmetria se e
solamente se det(F) ,= 0, i.e. se e solamente se e o una iperbole o una ellisse. In questi casi il centro di
simmetria coincide con l origine del riferimento in cui la conica e descritta dall equazione canonica e le
sue coordinate si ottengono risolvendo il sistema crameriano
(2.4.1)
_
ax + by + d = 0
bx + cy + e = 0
dove
F =
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_
e la matrice associata a una equazione di C.
Gli assi di simmetria della conica C sono le rette passanti per il centro di simmetria e aventi direzioni
parallele agli autospazi della matrice F =
_
a b
b c
_
.
DIMOSTRAZIONE. Una conica irriducibile reale con det(F) ,= 0 e o una ellisse reale o una iperbole.
Queste coniche ammettono come centro di simmetria l origine del riferimento in cui sono descritte dall
equazione canonica.
Sia O

R
2
il centro di simmetria di C. A meno di una traslazione possiamo assumere O

= O. Il
fatto che O sia centro di simmetria implica che nell equazione di C, f(x, y) = ax
2
+ 2bxy + cy
2
+ 2dx +
2ey +f = 0 necessariamente abbiamo d = e = 0. Infatti in caso contrario imponendo che anche il punto di
coordinate (x, y) appartenga a C otterremmo ax
2
+ 2bxy + cy
2
2dx 2ey + f = 0 e sottraendo le
due equazioni avremmo 4dx + 4ey = 0. Allora la conica risulterebbe riducibile. Se l equazione e del tipo
ax
2
+ 2bxy +cy
2
+f = 0 allora abbiamo det(F) = det(F) f e l irriducibilit a di C implica det(F) ,= 0
(e f ,= 0).
44 2. CONICHE
Supponiamo ora det(F) ,= 0 e determiniamo le coordinate del centro di C. Per quanto visto le coordinate
di O

= (, ) sono tali che dopo aver effettuato la traslazione corrispondente l equazione di C nel nuovo
riferimento abbia nulli i coefcienti d

e e

. Sia
A =
_
_
1 0
0 1
0 0 1
_
_
.
Abbiamo
_
_
x
y
1
_
_
= A
_
_
x

1
_
_
,
si veda (1.5.8).
Sia
F

=
_
_
a

_
_
la matrice associata all equazione di C nelle nuove coordinate. Ricordiamo che F

= A
t
F A, si veda
(2.1.1). Quindi
[d

] = [0 0 1] F

= [0 0 1] A
t
F A = [a +b +d, b +c +e, [ 1] F [ 1]
t
].
Otteniamo che d

= e

= 0 se e solamente se (, ) e l unica soluzione del sistema crameriano (2.4.1).


2.4.3. ESEMPIO. Sia C R
2
la conica di equazione 4x
2
6xy 4y
2
+10x 15 = 0. Riconoscere la
conica C, scriverne la forma canonica, determinare il centro di C, le equazioni degli assi di C e disegnare la
conica C.
Abbiamo
F =
_
_
4 3 5
3 4 0
5 0 15
_
_
, F =
_
4 3
3 4
_
.
Quindi [F[ = 25 19 e [F[ = 25. Pertanto C risulta una iperbole equilatera visto che a+c = 44 = 0.
Il polinomio caratteristico di F e t
2
25 = 0 e F ha autovalori
1
= 5 e
2
= 5. Da 25 19 = [F[ = [F[

otteniamo l equazione :
5(x

)
2
5(y

)
2
19 = 0,
che si semplica nella forma canonica
(x

)
2
19
5

(y

)
2
19
5
= 1.
Il centro di C e la soluzione O

del sistema
_
4x 3y + 5 = 0
3x 4y = 0
Quindi O

= (4/5, 3/5). Gli autospazi sono le rette di equazioni cartesiane x + 3y = 0 e 3x y = 0. Gli


assi di C sono quindi le rette parallele ai due autospazi e passanti per O

aventi, rispettivamente, equazioni


cartesiane x + 3y 1 = 0 e 3x y + 3 = 0. Per la scelta effettuata per la forma canonica l asse delle x

sar a sulla retta di equazioni x + 3y 1 = 0 mentre l asse delle y

sulla retta di equazioni 3x y + 3 = 0.


I fuochi sono quindi sull asse delle x

e possiamo procedere al disegno della iperbole (che prima o poi verr a


inserito nelle note!).
2.5. RETTE ISOTROPE A UNA CONICA, RETTE TANGENTI A UNA CONICA E RETTE POLARI A UNA CONICA 45
2.5. Rette isotrope a una conica, rette tangenti a una conica e rette polari a una conica
Sia f(x, y) = ax
2
+2bxy +cy
2
un polinomio omogeneo di secondo grado con coefcienti in R. Un tale
polinomio omogeneo si dice anche forma quadratica nelle variabili x, y con coefcienti reali. Ovviamente
f(0) = f(0, 0) = 0. Quindi il vettore nullo soddisfa l equazione omogenea di secondo grado ax
2
+2bxy +
cy
2
= 0 per ogni (a, b, c) R
3
0. Sia ora v R
2
e sia t R. Abbiamo f(tv) = t
2
f(v). Quindi per ogni
t R 0 abbiamo f(v) = 0 se e solo se f(tv) = 0. Questo implica che f(v) = 0 assicura f(u) = 0 per
ogni u /(v).
2.5.1. DEFINIZIONE. (Vettore isotropo e direzione isotropa di una forma quadratica con coefcienti
reali) Sia f(x, y) = ax
2
+ 2bxy + cy
2
una forma quadratica con coefcienti reali nelle variabili x e y e sia
v R
2
0. Il vettore v si dice isotropo per f(x, y) se f(v) = 0. Per quanto visto precedentemente avremo
f(u) = 0 per ogni u /(v) e quindi la direzione /(v) determinata da v e composta da vettori isotropi e si
dir a una direzione isotropa di f(x, y).
I vettori isotropi sono l equivalente nel piano R
2
di una radice (non triviale) di un polinomio di secondo
grado in una variabile. Poich e se esiste un vettore isotropo, ne esistono inniti (tutti quelli nella direzione
determinata dal vettore), non possiamo quindi generalizzare la propriet a dei polinomi di secondo grado in
una variabile con coefcienti reali di avere al pi u due radici reali al caso dei vettori isotropi. Dimostreremo
immediatamente una propriet a analoga per le direzioni isotrope di una forma quadratica reale in due variabili.
2.5.2. PROPOSIZIONE. Sia f(x, y) = ax
2
+ 2bxy +cy
2
una forma quadratica reale e sia
F =
_
a b
b c
_
la matrice simmetrica reale associata. Abbiamo i seguenti casi:
(1) det(F) > 0 se e solamente se non esistono vettori isotropi;
(2) det(F) < 0 se e solamente se esistono due direzioni isotrope distinte;
(3) det(F) = 0 se e solamente se esiste una sola direzione isotropa, che coincide con il nucleo della
applicazione lineare associata ad F.
.
Nel caso (2) se ax
2
+ 2bxy + cy
2
e la parte omogenea di grado due dell equazione di una iperbole,
allora le direzioni isotrope sono parallele agli asintoti dell iperbole. Nel caso (3) se ax
2
+ 2bxy +cy
2
e la
parte omogenea di grado due dell equazione di una parabola, allora la direzione isotropa e parallela all
asse della parabola.
DIMOSTRAZIONE. La Proposizione 1.4.1 assicura l esistenza di A SO(2) tale che
A
t
F A =
_

1
0
0
2
_
,
dove
1

2
= det(F) e dove
i
R sono gli autovalori di F. Se
_
x
y
_
= A
_
x

_
,
abbiamo f(x

, y

) =
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
.
Se det(F) > 0, allora
1
e
2
hanno lo stesso segno e pertanto f(x

, y

) = 0 se e solamente se (x

, y

) =
(0, 0) da cui segue che non esistono vettori isotropi.
Se det(F) < 0, possiamo supporre
1
> 0 e
2
< 0 e scrivere f(x

, y

) =
(x

)
2
a
2

(y

)
2
b
2
. In questo caso
abbiamo le due direzioni isotrope di equazioni y

=
b

. Queste direzioni sono parallele agli asintoti di


tutte le iperboli aventi ax
2
+ 2bxy +cy
2
come parte omogenea di secondo grado.
Se det(F) = 0, possiamo supporre f(x

, y

) =
2
(y

)
2
con
2
,= 0. In questo caso esiste una unica
direzione isotropa di equazione y

= 0. Questa direzione e parallela all asse di tutte le parabole aventi


ax
2
+ 2bxy + cy
2
come parte omogenea di secondo grado di una equazione che le denisce e coincide con
il nucleo di F, i.e. con la retta per l origine di equazioni ax +by = 0.
46 2. CONICHE
2.5.3. ESEMPIO. Sia C R
2
l iperbole di equazione 4x
2
6xy 4y
2
+ 10x 15 = 0. Determinare
le equazioni degli asintoti di C.
Le direzioni isotrope di 4x
2
6xy 4y
2
si trovano risolvendo l equazione 4 6m 4m
2
= 0 le
cui soluzioni sono m = 2 e m = 1/2. Come abbiamo visto nell Esempio 2.4.3 il centro di C e il punto
O

= (4/5, 3/5). Quindi gli asintoti di C sono le rette passanti per O

e aventi coefciente angolare


m = 2 e m = 1/2, i.e. y = 2x 1 e y = x/2 + 1.
Riprendendo le notazioni dell Esempio 2.4.3 abbiamo 475 = det(F) = 25f

da cui otteniamo f

=
19. L equazione dell iperbole C nel riferimento centrato in O

e avente come asse delle x

la retta di
equazione cartesiana x + 3y 1 = 0 e come asse delle y

la retta di equazione cartesiana 3x y + 3 = 0


risulta quindi 5(x

)
2
5(y

)
2
19 = 0.
2.5.4. ESEMPIO. Sia r la retta di equazione x +y + 1 = 0 e sia s la retta di equazione x 2y + 1 = 0.
Determinare tutte le iperboli aventi r e s come asintoti.
Le coniche di R
2
hanno una equazione del tipo ax
2
+2bxy +cy
2
+2dx +2ey +f = 0. Le iperboli da
determinare avranno parte omogenea di secondo grado della forma (x + y)(x 2y) = x
2
xy 2y
2
, i.e.
avranno a = 1, b =
1
2
e c = 2. Inoltre il centro di tutte le iperboli sar a il punto r s = P = (1, 0). L
equazione del centro delle iperboli con parte omogenea di secondo grado della forma x
2
xy 2y
2
e dato
dal sistema
_
x
1
2
y +d = 0

1
2
x 2y +e = 0
.
Imponendo che P = (1, 0) sia soluzione otteniamo d = 1 e e =
1
2
. Le iperboli cercate avranno quindi
equazione x
2
xy 2y
2
+ 2x y +f = 0, f R.
Studiamo ora le intersezioni tra una conica irriducibile C R
2
e le rette passanti per un suo punto
P
0
C denendo la nozione di retta tangente a C in P
0
e, nel caso esistano, di retta isotropa per P
0
.
2.5.5. DEFINIZIONE. (Retta isotropa a una conica irriducibile in un suo punto) Sia C R
2
una conica
irriducibile reale di equazione f(x, y) = ax
2
+ 2bxy + cy
2
+ 2dx + 2ey + f = 0 e sia P
0
C un punto.
Una retta passante per P
0
e avente come direzione una direzione isotropa per ax
2
+ 2bxy + cy
2
, la parte
omogenea di secondo grado di f(x, y), si dice retta isotropa a C passante per P
0
.
La Proposizione 2.5.2 mostra che se C e una iperbole, allora per ogni punto P
0
C esistono due rette
isotrope, parallele agli asintoti di C; se C e una parabola, allora esiste una unica retta isotropa a C, parallela
all asse della parabola; se C e una ellisse, non esistono rette isotrope a C.
Vedremo ora quale sia la propriet a geometrica che distingue le rette isotrope tra le rette passanti per un
qualsiasi punto P
0
C.
2.5.6. PROPOSIZIONE. Sia C R
2
una conica irriducibile reale di equazione f(x, y) = ax
2
+2bxy +
cy
2
+ 2dx + 2ey +f = 0 e sia P
0
C. Allora:
(1) le rette isotrope a C passanti per P
0
intersecano C solamente nel punto P
0
;
(2) le rette passanti per P
0
e differenti dalle rette isotrope intersecano C in P
0
e in un altro punto
P
1
C, eventualmente coincidente con P
0
;
(3) esiste una unica retta passante per P
0
che interseca C in P
0
e in un altro punto coincidente con
P
0
. Tale retta si dice retta tangente a C in P
0
e ha equazione cartesiana
[P
t
0
1] F
_
_
x
y
1
_
_
= 0.
DIMOSTRAZIONE. Sia P
1
R
2
P
0
. La retta < P
0
, P
1
> ha equazioni parametriche x = P
0
+t(P
1

P
0
), t R. Per studiare le intersezioni tra la retta < P
0
, P
1
> e la conica C, sostituiamo le equazioni
parametriche di < P
0
, P
1
> in f(x, y) = 0, ottenendo una equazione in t. I valori del parametro t che
soddisfano questa equazione corrispondono ai punti della retta che appartengono a C.
2.5. RETTE ISOTROPE A UNA CONICA, RETTE TANGENTI A UNA CONICA E RETTE POLARI A UNA CONICA 47
o x
O
C1
F1 F2
d1
P
F3
B
C
E
FIGURA 7. Retta tan-
gente all ellisse F3 in P
e rette secanti < P, C >,
< P, B >, < P, E >
o x
F1 I2 O
A
B
P0
FIGURA 8. Retta tan-
gente in P
0
= (
6
5
,

11
5
)
all iperbole C di equa-
zione x
2
y
2
= 1 e rette
isotrope a C in P
0
Sia
f(x, y) = [x y 1] F
_
_
x
y
1
_
_
= 0
l equazione di C scritta in forma matriciale. Le equazioni parametriche di < P
0
, P
1
> diventano
_
x
1
_
=
_
P
0
+t(P
1
P
0
)
1
_
=
_
P
0
1
_
+t
_
(P
1
P
0
)
0
_
.
Sostituendo le equazioni parametriche otteniamo
0 = [(P
0
+t(P
1
P
0
))
t
1] F
_
P
0
+t(P
1
P
0
)
1
_
=
= [P
t
0
1] F
_
P
0
1
_
+ 2t[P
t
0
1] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
+t
2
[(P
1
P
0
)
t
0] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
.
Nel calcolo precedente abbiamo utilizzato l identit a
[P
t
0
1] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
= ([P
t
0
1] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
)
t
= [(P
1
P
0
)
t
0] F
_
P
0
1
_
.
Poich e P
0
C, abbiamo
[P
t
0
1] F
_
P
0
1
_
= 0
e inoltre possiamo vericare che
[(P
1
P
0
)
t
0] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
= [(P
1
P
0
)
t
] F
_
(P
1
P
0
)

.
Quindi per determinare i valori del parametro t che corrispondono ai punti di intersezione tra C e <
P
0
, P
1
> dobbiamo risolvere l equazione:
(2.5.1) 0 = t
_
([(P
1
P
0
)
t
] F
_
(P
1
P
0
)

) t + 2([P
t
0
1] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
)
_
= t( t +).
Questa equazione ammette sempre t = 0 come soluzione, come ci aspettavamo visto che il punto P
0
appartiene a C. Entrambi i coefcienti della rimanente equazione di primo grado non possono essere nulli
48 2. CONICHE
perche altrimenti ogni valore di t soddisferebbe l equazione f(x, y) = 0 e la conica C risulterebbe riducibile
perche conterrebbe la retta < P
0
, P
1
>. Abbiamo che
[(P
1
P
0
)
t
] F
_
(P
1
P
0
)

= 0
se e solamente se Dir(< P
1
P
0
>) e una direzione isotropa per la forma quadratica associata a F e quindi
se e solamente se la retta < P
0
, P
1
> e una retta isotropa a C passante per P
0
. In questo caso l equazione di
secondo grado precedente si riduce all equazione di primo grado
2t([P
t
0
1] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
) = 0
che ammette solo t = 0 come soluzione. Se la direzione < P
1
P
0
> non e isotropa, allora l equazione e di
secondo grado e ammette come soluzioni t = 0 e t = /. Questo seconda soluzione coincide con t = 0
se e solamente se
= [P
t
0
1] F
_
(P
1
P
0
)
0
_
= 0
Da questa condizione segue, ricordando che P
0
C,
[P
t
0
1] F
_
P
0
+t(P
1
P
0
)
1
_
= 0
per ogni t R.
Da (F) = 3 deduciamo [P
t
0
1] F ,= [0, 0, 0] e quindi otteniamo che l equazione cartesiana dell unica
retta passante per P
0
e avente due intersezioni con C in P
0
e
[P
t
0
1] F
_
_
x
y
1
_
_
= 0.

2.5.7. ESEMPIO. Sia C R


2
la parabola di equazione x
2
+ 2xy +y
2
4y = 0. Determinare il vertice
V di C e l equazione cartesiana dell asse di C.
Abbiamo
F =
_
_
1 1 0
1 1 2
0 2 0
_
_
, F =
_
1 1
1 1
_
.
Gli autovalori di F sono 0 e 2. Gli autospazi sono, rispettivamente, le rette di equazioni cartesiane
x+y = 0 e x y = 0. L asse di C e quindi parallelo alla retta x+y = 0 mentre il vertice V di C e l unico
punto di C per cui la retta tangente e parallela a x y = 0.
Si poteva direttamente osservare che la parte omogenea di secondo grado dell equazione si scrive x
2
+
2xy +y
2
= (x +y)
2
e quindi che l asse ha equazione cartesiana x +y = 0
Sia P
0
= (x
0
, y
0
) R
2
un punto e consideriamo la retta di equazione cartesiana
0 = [P
t
0
1] F
_
_
x
y
1
_
_
= (x
0
+y
0
)x + (x
0
+y
0
2)y 2y
0
.
Questa retta risulta parallela a xy se e solamente se x
0
+y
0
= (x
0
+y
0
2). Quindi afnch e la retta
precedente sia parallela a x y = 0 dovremmo avere x
0
+ y
0
= 1. Imponendo ora che il punto P
0
soddis
l equazione di C, i.e. risolvendo il sistema di equazioni
_
x
2
+ 2xy +y
2
4y = 0
x +y = 1
otteniamo le coordinate del vertice V = (3/4, 1/4). Infatti ricavando x = 1 y e sostituendo nella prima
equazione abbiamo
0 = (1 y)
2
+ 2y(1 y) +y
2
4y = 1 2y +y
2
+ 2y 2y
2
+y
2
4y = 1 4y.
Quindi y = 1/4 e x = 1 1/4 = 3/4.
2.5. RETTE ISOTROPE A UNA CONICA, RETTE TANGENTI A UNA CONICA E RETTE POLARI A UNA CONICA 49
L equazione dell asse di C e quindi x + y 1 = 0 mentre l equazione della retta tangente a C in V e
x y 1/2 = 0.
L equazione canonica della parabola sar a ottenuta da 2(y

)
2
+2d

= 0. Da 4 = det(F) = 2(d

)
2
,
otteniamo d

2. Quindi l equazione canonica sar a (y

)
2
=

2x

, i.e. p =

2/2.
Nel riferimento avente centro in V , l asse x

avr a la stessa direzione della retta d1 di equazione x +


y 1 = 0 mentre l asse delle y

avr a la stessa direzione della retta d2 di equazione x y 1/2 = 0. Per


determinare i versi degli assi coordinati del nuovo riferimento disegniamo l asse d1 di C e la retta tangente
a C in V :
o
y
V
d2
A1
B1
O
P
FIGURA 9. Parabola di equazione x
2
+ 2xy +y
2
4y = 0 e avente vertice V = (
3
4
,
1
4
)
I versi degli assi saranno determinati dalla concavit a della parabola. Intersecando C con l asse delle y
di equazione x = 0 otteniamo che C interseca questo asse nei punti che soddisfano y
2
4y = 0, i.e. nei
punti O = (0, 0) e P = (0, 4). Quindi la parabola e contenuta nel semipiano al di sopra della retta d
2
. Quindi
afnch e abbia equazione canonica (y

)
2
=

2x

sceglieremo il verso delle x

orientando la retta d1 verso l


alto (verso determinato da OA1) e la retta d2 verso il basso verso determinato da OB1). Abbiamo ora tutti
gli elementi per disegnare la parabola, si veda la Figura 9
50 2. CONICHE
Studiamo ora il problema di determinare le rette tangenti a una conica irriducibile C R
2
e passanti per
un punto P
0
R
2
C.
2.5.8. PROPOSIZIONE. Sia C R
2
una conica irriducibile e sia P
0
R
2
C. Una retta passante
per P
0
e tangente a C in un punto P
1
se e solamente se P
1
appartiene all intersezione di C con la retta di
equazione cartesiana:
(2.5.2) [x y 1] F
_
P
0
1
_
= 0,
detta retta polare a Q di P
0
. In particolare se [(P
0
)
t
1] F = [0
21
], R, la retta polare non e denita
e non esistono rette tangenti a Q passanti per P
0
. Quest ultimo caso accade se e solamente se P
0
e il centro
della conica.
DIMOSTRAZIONE. La retta < P
0
P
1
> e tangente in P
1
a C se e solamente il punto P
0
appartiene alla
retta di equazione
[x y 1] F
_
P
1
1
_
= 0,
i.e. se e solamente se
[(P
0
)
t
1] F
_
P
1
1
_
= 0.
Da questo, trasponendo, possiamo dedurre che la retta < P
0
P
1
> e tangente a C in P
1
se e solamente se P
1
appartiene al piano polare a C di P
0
.
Sia
F =
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_
la matrice associata a C. La retta polare non e denita se e solamente se P
0
= (x
0
, y
0
) e soluzione del
sistema
_
ax +by +d = 0
bx +cy +e = 0
Se (F) = 2 il sistema e crameriano e ammette una unica soluzione, che e esattamente il centro di C. Se
(F) = 1, C e una parabola e il sistema non ammette soluzioni come si puo vericare facilmente nel sistema
di riferimento in cui la parabola e descritta dalla forma canonica.
CAPITOLO 3
Quadriche
3.1. Sfere, coni e cilindri circolari retti, superci di rotazione ottenute da coniche
Cominceremo a descrivere e studiare alcune superci dello spazio R
3
gi a incontrate precedentemente e
descritte da equazioni di secondo grado nelle variabili x, y e z. Il primo esempio e quello delle sfere, naturale
generalizzazione spaziale delle circonferenze.
3.1.1. DEFINIZIONE. (Sfera di centro C = (, , ) e raggio r > 0). Una sfera di raggio r > 0 e centro
C = (, , ) e il luogo dei punti P = (x, y, z) R
3
tali che d(P, C) = r.
Otteniamo immediatamente che una sfera di centro C = (, , ) e raggio r > 0 e il luogo dei punti
P = (x, y, z) R
3
che soddisfano la seguente equazione cartesiana:
x
2
+y
2
+z
2
2x 2y 2z +
2
+
2
+
2
= d(P, C)
2
= r
2
,
i.e.
x
2
+y
2
+z
2
2x 2y 2z +
2
+
2
+
2
r
2
= 0.
La sfera e una supercie descritta da una equazione di secondo grado nelle variabili x, y, z e rappresenta
l esempio pi u simmetrico e quindi pi u facilmente descrivibile di supercie quadrica irriducibile, la classe di
superci descritte da equazioni di secondo grado nelle variabili x, y, z che studieremo in questo capitolo. La
simmetria della sfera come gura si riette nella sua equazione per l assenza dei termini xy, xz, yz. Inoltre
se C = (0, 0, 0) abbiamo l equazione delle sfere di raggio r e centro nell origine:
x
2
+y
2
+z
2
r
2
= 0.
Consideriamo un piano R
3
e una sfera S R
3
di centro C e raggio r > 0. Se d(C, ) > r,
allora S = perch e ogni punto di ha distanza maggiore di r da C (vedremo poi che considereremo
comunque S come una conica in !). Se d(C, ) = r e se P
0
e il punto per cui d(C, P
0
) = r,
allora S = P
0
per denizione di sfera e del punto P
0
(per qualsiasi punto P P
0
abbiamo
d(P, C) > d(P
0
, C) = r e quindi P
0
e l unico punto di che appartiene a S). In questo caso diremo
che il piano e tangente in P
0
a S. Per quanto visto il piano tangente in P
0
a S e ortogonale alla retta
determinata da C e P
0
. Al contrario dato un punto P
0
S qualsiasi e considerato l unico piano ortogonale
alla retta CP
0
e passante per P
0
, abbiamo S = P
0
. Le rette contenute nel piano tangente a S in P
0
e
passanti per P
0
si diranno rette tangenti a S in P
0
.
Se d(C, ) = s < r, allora S e una circonferenza di raggio

r
2
s
2
e centro il punto C
0
tale
che d(C
0
, C) = s. Infatti per ogni P S, consideriamo il triangolo PC
0
C, rettangolo in C
0
. Abbiamo
allora d(P, C)
2
= d(P, C
0
)
2
+ d(C
0
, C)
2
per il Teorema di Pitagora e pertanto d(P, C
0
)
2
= r
2
s
2
. Al
contrario ogni punto che sta nella circonferenza di centro C
0
e raggio

r
2
s
2
si trova a distanza r da C
(considerando l analogo triangolo rettangolo in C
0
) e quindi sulla sfera S.
Sia ora P
0
R
3
S. Vogliamo descrivere le rette tangenti a S passanti per P
0
. Se d(P
0
, C) < r (questo
signica che il punto di trova all interno della sfera!), allora non ci sono rette tangenti a S che passano per
P
0
. Se d(P
0
, C) > r, allora esistono delle rette tangenti a S passanti per P
0
(perch e?).
La descrizione precedente e molto semplice per le notevoli propriet a geometriche della sfera che dipen-
dono dalla denizione e si traducono nella simmetria della sua equazione, che si semplica ulteriormente se
il centro della sfera coincide con l origine del sistema di riferimento. In seguito tratteremo problemi ana-
loghi (equazioni canoniche, descrizione del piano tangente, rette tangenti passanti per un punto esterno alla
supercie, intersezione tra un piano e la supercie) per tutte le superci quadriche dello spazio.
51
52 3. QUADRICHE
3.2. Riduzione a forma canonica delle quadriche e quadriche riducibili
FIGURA 1. Ellissoide reale
FIGURA 2. Iperboloide a una falda
Sia
f(x, y, z) = ax
2
+ 2bxy + 2cxz +dy
2
+ 2eyz +fz
2
+ 2gx + 2hy + 2lz +m =
[x y z 1]
_

_
a b c g
b d e h
c e f l
g h l m
_

_
x
y
z
1
_

_
R[x, y, z]
un polinomio di secondo grado nelle variabili x,y e z, i.e. (a, b, c, d, e, f)) ,= 0. Notiamo che la parte
omogenea di secondo grado di f(x, y, z), ax
2
+ 2bxy + 2cxz + dy
2
+ 2eyz + fz
2
pu o essere scritta nella
forma:
[x y z]
_
_
a b c
b d e
c e f
_
_

_
_
x
y
z
_
_
.
La matrice simmetrica
_
_
a b c
b d e
c e f
_
_
R
3,3
si dir a la matrice associata alla parte omogenea del polinomio di secondo grado f(x, y, z). La matrice
simmetrica
F =
_

_
a b c g
b d e h
c e f l
g h l m
_

_
R
4,4
si dir a la matrice associata al polinomio di secondo grado f(x, y, z).
3.2. QUADRICHE RIDUCIBILI/IRRIDUCIBILI E FORMA CANONICA DI UNA QUADRICA 53
3.2.1. DEFINIZIONE. (Quadrica nello spazio R
3
). Una quadrica Q nel piano R
3
e il luogo dei punti
P = ( x, y, z) R
3
le cui coordinate soddisfano la condizione f( x, y, z) = 0 con f(x, y, z) R[x, y, z]
polinomio di secondo grado nelle variabili x, y e z, i.e.
Q = P = ( x, y, z) R
3
: f( x, y, z) = 0.
Il polinomio f(x, y, z) non e naturalmente associato alla quadrica Q R
3
poich e per ogni R 0 =
R

abbiamo che il luogo dei punti del piano le cui coordinate soddisfano la condizione 0 = (f)( x, y, z) =
(f( x, y, z)) coincide con Q R
3
. In un primo momento ci concentreremo sul polinomio f(x, y, z) e sulle
matrici simmetriche F e F naturalmente associate e solamente in un secondo tempo tratteremo il problema
di incontrare forme canoniche per le equazioni associate alla quadrica.
Sia (

= e

1
, e

2
, e

3
la base del riferimento (

con A = [i
R
3 ]
C

C
SO(3). Effettuando la rototraslazione
come in (1.5.5), dove O

= (
1
,
2
,
3
) = [O

]
C
e dove [O

]
C
= (

1
,

2
,

3
) abbiamo:
_

_
x

1
_

_
=
_

_
a
1,1
a
2,1
a
3,1

1
a
1,2
a
2,2
a
3,2

2
a
1,3
a
2,3
a
3,3

3
0 0 0 1
_

_
x
y
z
1
_

_
=
_
A
t
[O

]
C

0
13
1
_

_
x

1
_

_
e utilizzando le formule inverse come in (1.5.6)
_

_
x
y
z
1
_

_
=
_

_
a
1,1
a
1,2
a
1,3

1
a
2,1
a
2,2
a
2,3

2
a
3,1
a
3,2
a
3,3

3
0 0 0 1
_

_
x

1
_

_
=
_
A [O

]
C
0
13
1
_

_
x

1
_

_
= A
_
x

1
_
,
l equazione di Q nel nuovo riferimento sar a
[x

1] A
t
F A
_
x

1
_
= 0,
i.e. un polinomio di secondo grado nelle coordinate x

, y

, z

la cui matrice associata F

soddisfa
(3.2.1) F

= A
t
F A,
e la cui matrice associata alla parte omogenea di secondo grado F

soddisfa
(3.2.2) F

= A
t
F A,
dove A SO(3) e come sopra.
3.2.2. DEFINIZIONE. (Invarianti ortogonali di una quadrica). Sia Q R
3
uan quadrica di equazione
f(x, y, z) = 0. Per quanto visto sopra, il rango di F, il rango di F, il determinante det(F), il determinante
det(F) e il polinomio caratteristico di F non dipendono dalla scelta del riferimento, a meno di rototraslazioni,
e si diranno invarianti della quadrica Q e dell equazione scelta f(x, y, z) = 0.
Osserviamo che se moltiplichiamo per R

l equazione f(x, y, z) = 0 di Q, allora il rango delle ma-


trici associate a (f)(x, y, z) non cambia, il determinante det(F) viene moltiplicato per
3
, il determinante
di F viene moltiplicato per
4
mentre gli autovalori di F vengono moltiplicati per . Quindi i numeri deniti
precedentemente non sono invarianti naturalmente associati a Q ma alla coppia (Q, f(x, y, z)). Qualsiasi
denizione che si riferisca a una propriet a geometrica o algebrica di Q solamente (e non di (Q, f(x, y, z)))
dovr a quindi essere indipendente dall equazione, a meno di una moltiplicazione per R

.
3.2.3. DEFINIZIONE. (Quadriche riducibili e irridubili). Una quadrica Q R
3
di equazione f(x, y, z) =
0 si dice riducibile se esistono due polinomi di primo grado g
i
(x, y, z) C[x, y, z], i = 1, 2, tali che
f(x, y, z) = g
1
(x, y, z) g
2
(x, y, z). In caso contrario la quadrica Q si dir a irriducibile.
La propriet a precedente e una condizione sulla quadrica Q e non dipende dalla equazione f(x, y, z) = 0
ssata poich e vale per f(x, y, z) se e solamente se vale per f(x, y, z), R

qualunque. Geometrica-
mente la condizione precedente signica che i luoghi dei punti P = ( x, y, z) C
3
deniti da una equazione
di secondo grado f( x, y, z) = 0 sono quadriche riducibili se e solo se contengono un piano di C
3
la cui
54 3. QUADRICHE
equazione cartesiana sar a g
1
(x, y, z) = 0. Quindi le quadriche riducibili, almeno come luogo dei punti di C
3
,
si decompongono come unione di due piani, eventualmente coincidenti. Questo passaggio che pu o sembrare
poco naturale perch e coinvolge il corpo dei numeri complessi e motivato dall esigenza di collocare tutti i casi
di luoghi che non corrispondano effettivamente alla nozione naturale di quadrica come luogo di punti diversa
da unione di piani o punti in una unica classe. Infatti le quadriche riducibili che si spezzano in due fattori li-
neari complessi coniugati determinano in R
3
l insieme costituito dalla retta di intersezione (necessariamente
reale!) dei due piani complessi.
3.2.4. TEOREMA. (Equazioni delle quadriche in un riferimento privilegiato). Data una quadrica
Q R
3
di equazione f(x, y, z) = 0, esiste un riferimento (

O
, ottenuto per rototraslazione dal riferimento
canonico (, tale che Q R
3
in questo riferimento abbia una delle seguenti equazioni:
a)
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+m

= 0, det(F) =
1

2

3
,= 0, m

det(F) = det(F);
b)
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+ 2g

x = 0 con
2

3
g

,= 0,
2

3
(g

)
2
= det(F);
c)
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+m

= 0 con
2

3
,= 0;
d)
3
(z

)
2
+ 2ly

= 0 con
3
l

,= 0.
e)
3
(z

)
2
+m

= 0 con
3
,= 0.
Nel caso a)
1
,
2
,
3
sono gli autovalori della matrice simmetrica F associata alla parte omogenea di grado
2 di f(x, y, z); nel caso b) e c)
2
e
3
sono gli autovalori non nulli di F mentre nei casi d) e e)
3
e l unico
autovalore non nullo della matrice F.
Questa equazione di Q dipende da f(x, y, z) nella maniera seguente: una equazione di Q ottenuta
moltiplicando f(x, y, z) per R

, produrr a la stessa equazione moltiplicata per .


DIMOSTRAZIONE. Esiste una rotazione A SO(3) tale che nel riferimento (

= e

1
, e

2
, e

3
l
equazione di Q sia della forma

1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+ 2g

+ 2h

+ 2l

+m

= 0
con
i
gli autovalori della matrice F. Infatti per Proposizione 1.4.3 esiste A SO(3) tale che
A
t
F A =
_
_

1
0 0
0
2
0
0 0
3
_
_
.
Allora se
_

_
x
y
z
1
_

_
=
_
A 0
31
0
13
1
_

_
x

1
_

_
= A
_

_
x

1
_

_
,
avremo
f(x

, y

, z

) = [x

1] A
t
F A
_

_
x

1
_

_
=
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+2g

+2h

+2l

+m

.
Poich e F ,= 0
33
non possiamo avere (
1
,
2
,
3
) = (0, 0, 0). Supponiamo dapprima
1

2

3
,= 0.
Possiamo allora scrivere l equazione di Q nella forma

1
[(x

)
2
+
2g

1
x

+
(g

)
2

2
1
]
(g

)
2

1
+
2
[(y

)
2
+
2h

2
y

+
(h

)
2

2
2
]
(h

)
2

2
+
3
[(z

)
2
+
2l

3
z

+
(l

)
2

2
3
]
(l

)
2

3
+m

= 0.
Effettuando la traslazione
x

= x

+
g

1
, y

= y

+
h

2
z

= z

+
l

3
e denendo m

= m

3
otteniamo il caso a). Chiaramente det(F

) =
1

2

3
mentre
det(F) = det(F

) =
1

3
m

.
Supponiamo ora che un solo autovalore di F sia nullo. Senza perdit a di generalit a possiamo supporre

1
= 0 e
2

3
,= 0 (perch e?) e quindi supporre che Q abbia nel nuovo riferimento equazione
2
(y

)
2
+

3
(z

)
2
+ 2g

+ 2h

+ 2l

+ m

= 0. Completando i quadrati come nel caso precedente e effettuando


la traslazione corrispondente possiamo supporre che l equazione sia
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+ 2g

+ m

= 0.
3.3. QUADRICHE DI RANGO MASSIMO 55
Se g

= 0 in questa equazione saremo nel caso c). Se g

,= 0, possiamo denire l ulteriore traslazione


x

= x

+
m

= y

= z

e ottenere il caso b).


Supponiamo ora che un solo autovalore di F sia non nullo. Senza perdita di generalit a possiamo supporre

1
=
2
= 0 e
3
,= 0 (perch e?) e supporre quindi che Q abbia nel nuovo riferimento equazione
3
(z

)
2
+
2g

+2h

+2l

+m

= 0. Completando i quadrati e effettuando la traslazione corrispondente possiamo


supporre che l equazione si semplichi ulteriormente in
3
(z

)
2
+2g

+2h

+m

= 0. Se (g

, h

) = (0, 0)
saremo nel caso e). Se g

= 0 e h

,= 0, effettuando la traslazione x

= x y

= y

+
m

= z

,
otteniamo una equazione di tipo d).Se g

,= 0, consideriamo nel piano z

= 0 la rotazione (intorno all


asse z

in senso antiorario) che porta la retta di equazione z

= 0 = g

+ h

nella retta di equazione


z

= 0 = y

, i.e. nell asse delle x

. La trasformazione corrispondente lascia invariato z

e quindi l
equazione di Qnel nuovo riferimento sar a
3
(z

)
2
+2h

+m

= 0 con h

,= 0. Effettuando la traslazione
x

= x y

= y

+
m

= z

, otteniamo una equazione di tipo d).


Verichiamo l ultima affermazione nel primo caso visto che i rimanenti si possono trattare in maniera
analoga. Se g(x, y, z) = f(x, y, z), allora per le matrici associate avremo G = F e G = F. Gli
autovalori di G saranno quindi
i
. Otteniamo quindi dopo una rototraslazione l equazione
1
(x

)
2
+

2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+ m

= 0, dove

3
m

= det(G) =
4
det(F) =
4

3
m

.
Allora m

= m

e quindi l equazione ottenuta da g(x, y, z) per rototraslazione e l equazione ottenuta


applicando la procedura a f(x, y, z) moltiplicata esattamente per .
3.2.5. COROLLARIO. Sia f(x, y, z) R[x, y, z] un polinomio di secondo grado e sia F R
4,4
la
matrice simmetrica associata. Allora la quadrica Q di equazione f(x, y, z) = 0 e riducibile se e solamente
se (F) 2. Inoltre (F) = 1 se e solamente se f(x, y, z) = g(x, y, z)
2
con g(x, y, z) C[x, y] polinomio
di primo grado.
DIMOSTRAZIONE. Visto che (F) = (F

), possiamo supporre che f(x, y, z) sia come nei casi a), b),
c), d) o e) del Teorema precedente da cui segue facilmente la conclusione.
3.2.6. OSSERVAZIONE. In seguito sar a utile conoscere i valori di (F) e (F) nei casi a), b), c), d) e e)
in funzione dei parametri che vi compaiono. Riassumiamo i valori in questa tabella, dove
i
R, i = 1, 2, 3,
sono gli autovalori di F:
(3.2.3)
caso (F) (F) forma canonica dati forma canonica
a); m

,= 0 3 4
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+m

= 0
1

2

3
= [F[ ,= 0, m

[F[ = [F[
a); m

= 0 3 3
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
= 0
1

2

3
= [F[ ,= 0
b) 2 4
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+ 2g

x = 0 (g

)
2

2

3
= [F[
c); m

,= 0 2 3
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+m

= 0
c); m

= 0 2 2
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
= 0
d) 1 3
3
(z

)
2
+ 2ly

= 0
e); m

,= 0 1 2
3
(z

)
2
+m

= 0
e); m

= 0 1 1
3
(z

)
2
= 0
3.3. Classicazione delle quadriche di rango massimo e loro forme canoniche
Possiamo ora classicare e disegnare in un opportuno sistema di riferimento tutte le quadriche denite
da equazioni di secondo grado aventi (F) = 4. Abbiamo il seguente:
3.3.1. TEOREMA. (Classicazione delle quadriche di rango massimo e loro forme canoniche). Data
una quadrica Q R
3
di equazione f(x, y, z) = 0 con (F) = 4, esiste un riferimento (

O
, ottenuto per
rototraslazione dal riferimento canonico (, tale che Q R
3
in questo riferimento abbia una delle seguenti
equazioni:
a)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2
+
(z

)
2
c
2
= 1 ( ellissoide reale; gura 1);
b)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2
+
(z

)
2
c
2
= 1 ( ellissoide immaginario; Q = );
56 3. QUADRICHE
c)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2

(z

)
2
c
2
= 1 ( iperboloide a una falda o iperbolide iperbolico; gura 2);
d)
(x

)
2
a
2

(y

)
2
b
2

(z

)
2
c
2
= 1 ( iperboloide a due falde o iperboloide ellittico; gura 3);
e)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2
= 2z

( paraboloide ellittico; gura 4); in questo caso (F) = 2;


f)
(x

)
2
a
2

(y

)
2
b
2
= 2z

( paraboloide iperbolico o sella; gura 5); in questo caso (F) = 2.


FIGURA 3. Iperboloide a due falde
FIGURA 4. Paraboloide ellittico
DIMOSTRAZIONE. Dalla tabella (3.2.3) sappiamo che possiamo supporre che l equazione sia o della
forma
1
x
2
+
2
y
2
+
3
z
2
+m = con
1

2

3
m = [F[ ,= 0 oppure nella forma
1
x
2
+
2
y
2
= 2lz.
Nel primo caso dividiamo per m, ottenendo l equazione:
(x

)
2
m

1
+
(y

)
2
m

2
+
(z

)
2
m

3
= 1.
Se
m

i
> 0 per ogni i = 1, 2, 3 abbiamo il caso a) dove a
2
=
m

1
, b
2
=
m

2
e c
2
=
m

3
. Se
m

i
< 0
per ogni i = 1, 2, 3 e se
m

1
= a
2
,
m

2
= b
2
,
m

3
= c
2
, otteniamo il caso b).
Supponiamo che due dei numeri
m

i
siano positivi e il terzo sia negativo. A meno di una ulteriore
rotazione saremo nel caso c). Infatti se , ad esempio,
m

1
< 0 e
m

i
> 0 per i = 2, 3, operiamo la seguente
trasformazione ortogonale con determinante 1: x

= z, y

= y, z

= x. Nel nuovo riferimento avremo


l equazione del tipo c). Se un solo
m

i
e positivo e gli altri due sono negativi otterremo, a meno di una
eventuale ulteriore rotazione, il caso d).
Se invece l equazione canonica e del tipo
1
x
2
+
2
y
2
= 2lz, dividiamo per l e abbiamo l equazione
x
2
l
1
+
y
2
l
2
= 2z.
Se
l
i
> 0 per i = 1, 2 abbiamo il caso e). Se
l
i
< 0 per i = 1, 2, arriveremo a
x
2
a
2
+
y
2
b
2
= 2z.
Effettuando la trasformazione ortogonale con determinante 1: x

= x, y

= y, z

= z arriveremo
nuovamente al caso e). Il caso in cui i due numeri
l
i
abbiano segni discordi ci conduce con considerazioni
analoghe al caso f).
3.3. QUADRICHE DI RANGO MASSIMO 57
FIGURA 5. Paraboloide iperbolico
o sella
FIGURA 6. Interesezione tra il pa-
raboloide e un piano
3.3.2. OSSERVAZIONE. La dimostrazione precedente fornisce un metodo effettivo per riconoscere una
quadrica di rango massimo.
Se (F) = 4 e se [F[ = 0, i.e. (F) = 2, allora Q R
3
e un paraboloide che risulter a ellittico se i
due autovalori non nulli di F hanno lo stesso segno oppure iperbolico se gli autovalori non nulli di F hanno
segno opposto. Si calcola l

tramite la formula [F[ =


1

2
(l

)
2
, determinando l

a meno del segno.


Dall equazione
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+ 2l

= 0 otteniamo immediatamente la forma canonica.


Se (F) = 4 e se (F) = 3, si calcolano gli autovalori di F e quindi dalla formula [F[ = m

[F[ =
m

(
1

2

3
) si arriva all equazione
1
(x

)
2
+
2
(y

)
2
+
3
(z

)
2
+m

= 0. Dopo aver diviso per m

si
trova immediatamente la forma canonica.
Osserviamo che se i tre autovalori hanno lo stesso segno la quadrica sar a un ellissoide mentre se avranno
segni diversi avremo un iperboloide. La determinazione del tipo di ellissoide o iperboloide avviene tramite l
equazione precedente dopo aver diviso per m

, passando alla forma canonica.


3.3.3. ESEMPIO. Sia Q R
3
la quadrica di equazione 3x
2
+ y
2
z
2
+ 2xy 2x + 4z + 5 = 0.
Riconoscere la quadrica e fornire la forma canonica.
Le matrici associate a Q sono:
F =
_

_
3 1 0 1
1 1 0 0
0 0 1 2
1 0 2 5
_

_
F =
_
_
3 1 0
1 1 0
0 0 1
_
_
.
Abbiamo [F[ = 17 e [F[ = 2. Il polinomio caratteristico di F e c
F
(t) = (1 t)(t (2 +

2))(t
(2

2)). Inoltre 2m

= 17 e quindi m

=
17
2
. Allora abbiamo l equazione
(2 +

2)x
2
+ (2

2)y
2
z
2
+
17
2
= 0.
La quadrica e quindi un iperboloide a due falde di cui si ottiene la forma canonica
(x

)
2
17
2

(y

)
2
17
2(2+

2)

(z

)
2
17
2(2

2)
= 1.
58 3. QUADRICHE
3.3.4. ESEMPIO. Sia Q R
3
la quadrica di equazione x
2
+y
2
+2xz 2y = 0. Riconoscere la quadrica
e fornire la forma canonica.
Le matrici associate a Q sono:
F =
_

_
1 0 1 0
0 1 0 1
1 0 0 0
0 1 0 0
_

_
F =
_
_
1 0 1
0 1 0
1 0 0
_
_
.
Abbiamo [F[ = 1 e [F[ = 1. Il polinomio caratteristico di F e c
F
(t) = (1 t)(t
2
t 1) e quindi gli
autovalori sono
1
= 1,
2
=
1+

5
2
,
3
=
1

5
2
. Abbiamo 1 = [F[ = m

[F[ = m

e quindi m

= 1.
Otteniamo l equazione
x
2
+
2
y
2
+
3
z
2
1 = 0
da cui deduciamo, essendo
2
> 0 e
3
< 0, che Q e un iperboloide a una falda e che la precedente equazione
e la forma canonica di Q.
3.3.5. ESEMPIO. Sia Q R
3
la quadrica di equazione 4x
2
+2y
2
+2z
2
4yz2y2z = 0. Riconoscere
la quadrica e fornire la forma canonica.
Le matrici associate a Q sono:
F =
_

_
4 0 0 0
0 2 2 1
0 2 2 1
0 1 1 0
_

_
F =
_
_
4 0 0
0 2 2
0 2 2
_
_
.
Abbiamo [F[ = 32 e [F[ = 0. Si tratta quindi di un paraboloide. Il polinomio caratteristico di F e
c
F
(t) = (4 t)(t
2
4t) e quindi gli autovalori sono
1
= 0,
2
=
3
= 4 da cui deduciamo che si tratta di
un paraboloide ellittico. Abbiamo 32 = [F[ =
2

3
(l

)
2
= 16 (l

)
2
e quindi l

2. Otteniamo
l equazione
4x
2
+ 4y
2
2

2z = 0
da cui deduciamo la forma canonica:

2
2
x
2
+

2
2
y
2
= 2z.
3.3.6. ESEMPIO. Sia a R e sia Q
a
R
3
la quadrica di equazione:
x
2
+y
2
+z
2
+ 2axz + 2x 2y + 2z = 0.
Riconoscere le quadriche Q
a
di rango massimo.
Le matrici associate a questa famiglia di quadriche sono:
F
a
=
_

_
1 0 a 1
0 1 0 1
a 0 1 1
1 1 1 0
_

_
, F
a
=
_
_
1 0 a
0 1 0
a 0 1
_
_
.
Abbiamo
[F
a
[ =

1 0 1
0 1 1
1 1 0

+a

0 1 1
a 0 1
1 1 0

0 1 0
a 0 1
1 1 1

=
= 2 +a(1 +a) +a 1 = a
2
+ 2a 3 = (a 1)(a + 3)
e
[F
a
[ = 1 a
2
.
Se a ,= 1, 3, abbiamo quadriche di rango massimo che risultano paraboloidi solo per a = 1. Gli
autovalori di
F
1
=
_
_
1 0 1
0 1 0
1 0 1
_
_
3.4. CONI, CILINDRI, VERTICI E DIREZIONI DI UNA QUADRICA 59
sono 0, 1 e 2. Quindi il paraboloide Q
1
e ellittico.
Per a ,= 1, 3 avremo (F
a
) = 4 e (F
a
) = 3. Gli autovalori di F
a
sono 1, 1 + a, 1 a.
Per 3 < a < 1 abbiamo tre autovalori distinti e di segno discorde e quindi per tali valori la quadrica
corrispondente e un iperboloide, che risulter a ellittico osservando che per 3 < a < 1 abbiamo [F
a
[ < 0.
Per 1 < a < 1 abbiamo tre autovalori positivi e otteniamo ellissoidi reali. Per a < 3 e a > 1 avremo
[F
a
[ > 0 e quindi iperboloidi iperbolici (visto che (0, 0, 0) Q
a
per ogni a R possiamo escludere a priori
l esistenza di ellissoidi immaginari).
3.4. Vertice e direzione di una quadrica; coni, cilindri e loro forme canoniche
3.4.1. DEFINIZIONE. (Ipersupercie algebrica in R
n
). Una ipersupercie algebrica S R
n
di equazio-
ne f(x
1
, . . . , x
n
) = 0 e il luogo dei punti P = ( x
1
, . . . , x
n
) R
n
le cui coordinate soddisfano la condizione
f( x
1
, . . . , x
n
) = 0, dove f(x
1
, . . . , x
n
) R[x
1
, . . . , x
n
] e un polinomio di grado d 1 nelle variabili
x
1
, . . . , x
n
. Quindi
S = P = ( x
1
, . . . , x
n
) R
n
: f( x
1
, . . . , x
n
) = 0.
Il grado d 1 del polinomio f(x
1
, . . . , x
n
) si dir a grado della ipersupercie S denita da f(x
1
, . . . , x
n
).
Per n = 2 e d = 1 avremo le rette del piano; per n = 2 e d = 2 le coniche; per n = 3 e d = 1 i
piani nello spazio e per n = 3 e d = 2 le quadriche nello spazio. Per n 4 e d = 1 avremo gli iperpiani e
per analogia le ipersuperci di grado 2 in R
n
si diranno iperquadriche. Nella denizione si considera sia S
come insieme sia l equazione che lo denisce. Come sempre considereremo equivalenti due equazioni che
si ottengono una dall altra per moltiplicazione per una constante R

.
3.4.2. DEFINIZIONE. (Coni e cilindri in R
n
). Sia S R
n
una ipersupercie algebrica di equazione
f(x
1
, . . . , x
n
) = 0. Un punto P
0
S si dice vertice di S se per ogni P S P
0
la retta < P
0
P > e
contenuta in S. L insieme dei vertici di S si indicher a con Vert(S). Una ipersupercie algebrica S R
n
si
dice cono di vertice Vert(S) se Vert(S) ,= .
Sia S R
n
una ipersupercie algebrica di equazione f(x
1
, . . . , x
n
) = 0. Un vettore v ,= 0 si dice una
direzione di S se per ogni P
0
S la retta passante per P
0
e avente direzione v e contenuta in S. L insieme
composto dalle direzioni di S e dal vettore 0 si indicher a con Dir(S). Una ipersupercie algebrica S R
n
si dice cilindro di direzione Dir(S) se Dir(S) ,= 0.
3.4.3. ESEMPIO. (1) Sia = L(P
0
, U) R
n
, n 2, un iperpiano, i.e. dim(U) = n 1. Allora
e un cono perch e Vert() = ed e un cilindro perch e Dir() = U.
(2) Sia f(x, y) = (
1
x +
1
y)(
2
x +
2
y) con
i
,
i
R e sia C R
2
la conica di equazione
f(x, y) = 0. Il punto 0 = (0, 0) C e vertice della conica riducibile C, che risulta unione delle
rette l
i
di equazione
i
x +
i
y = 0. Si verica immediatamente che Vert(C) = 0 se l
1
,= l
2
. Se
l
1
= l
2
, allora ogni punto di C = l
1
e un vertice di C e quindi C = Vert(C).
Sia f
a
(x, y) = x
2
a
2
, a R e sia C
a
R
2
la conica di equazione x
2
a
2
. La conica
C
a
R
2
e un cilindro di direzione v = (0, 1) e consiste delle due rette parallele di equazione
x +a = 0 e x a = 0, che coincidono se a = 0. Quindi Dir(C
a
) = /((0, 1)) per ogni a R
(3) Se nella denizione di vertici di una ipersupercie consideriamo S C
n
e punti P C
n
e se
nella denizione di direzione di una supercie permettiamo P
0
S, P
0
, v C
n
allora possiamo
facilmente dimostrare che una conica C R
2
e un cono o un cilindro se e solamente se e riducibile,
i.e. se e solamente se consiste di al pi u due rette incidenti nel vertice della conica o al pi u di due
rette parallele.
(4) Sia f(x, y, z) = (
1
x+
1
y +
1
z)(
2
x+
2
y +
2
z) con
i
,
i
,
i
R e sia Q R
3
la quadrica
di equazione f(x, y, z) = 0. La quadrica Q e unione dei piani
i
di equazione
i
x+
i
y+
i
z = 0.
Se
1
=
2
= Q, allora ogni punto di Q e un vertice di Q e quindi Vert(Q) = Q e Dir(Q) =
Dir(
i
). Se
1
,=
2
, sia L =
1

2
la retta intersezione dei due piani passanti per l origine (e
quindi non paralleli!). Ogni punto P
0
Lrisulta vertice di Q. Infatti se P QP
0
= (
1

2
)P
0
,
avremo che P
i
per qualche i = 1, 2. Allora la retta < P
0
P > e contenuta in
i
perch e
P
0
, P
i
e quindi < P
0
P > e contenuta in Q. Segue immediatamente che Vert(Q) = L e
inoltre Dir(Q) = Dir(L).
60 3. QUADRICHE
(5) Sia Q R
3
la quadrica di equazione f(x, y, z) = ax
2
+ 2bxy + 2cxz + dy
2
+ 2eyz + fz
2
,
i.e. f(x, y, z) e un polinomio omogeneo di secondo grado nelle variabili x, y, z. Abbiamo 0 =
(0, 0, 0) Q e se P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) Q 0, i.e. se f(x
0
, y
0
, z
0
) = 0, allora, per ogni t R,
f(tP
0
) = f(tx
0
, ty
0
, tz
0
) = t
2
(f(x
0
, y
0
, z
0
)) = 0. Quindi tutti i punti della retta < 0P
0
> sono
contenuti in Q e 0 Vert(Q). Vericheremo in seguito facilmente che Vert(Q) = 0 se (F) = 3
(osserviamo che in questo caso (F) = (F)), i.e. se la quadrica Q R
3
denita da un polinomio
omogeneo di secondo grado e irriducibile, allora il vertice di Q si riduce a O = (0, 0, 0).
(6) Sia Q R
3
la quadrica di equazione f(x, y, z) = ax
2
+ 2bxy + dy
2
+ 2gx + 2ly + m, i.e.
f(x, y, z) e un polinomio che non dipende dalla variabile z perch e c = e = f = l = 0. Sia
P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) Q, i.e. f(x
0
, y
0
, z
0
) = 0. Poich e f(x, y, z) non dipende dalla variabile z
abbiamo f(x
0
, y
0
, z
0
+ t) = f(x
0
, y
0
, z
0
) = 0 per ogni t R, i.e. tutti i punti della retta passante
per P
0
e aventi direzione /((0, 0, 1)) sono contenuti in Q. Quindi abbiamo /((0, 0, 1)) Dir(Q).
Vericheremo in seguito facilmente che Dir(Q) = /((0, 0, 1)) se (F) = 3. Osserviamo che
in questo caso (F) 2 e che (F) = 3 se e solamente se la quadrica Q R
3
e irriducibile
se e solamente se l intersezione di Q con il piano z = 0 e una conica irriducibile di equazione
f(x, y, 0) = ax
2
+ 2bxy +dy
2
+ 2gx + 2ly +m.
Analogamente se il polinomio f(x, y, z) non dipende dalla variabile x, allora la quadrica Q
R
3
di equazione f(x, y, z) sar a un cilindro tale che /((1, 0, 0)) Dir(Q) mentre se f(x, y, z) non
dipende dalla variabile y avremo /((0, 1, 0)) Dir(Q) con l uguaglianza in entrambi i casi se
(F) = 3.
FIGURA 7. Cilindro
parabolico di direzione
Dir(Q) =< (0, 0, 1) >
FIGURA 8. Cilindro
iperbolico di direzione
Dir(Q) =< (0, 0, 1) >
Il primo risultato sulle quadriche che sono coni o cilindri e il seguente:
3.4.4. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica. Allora:
(1) se Q e un cono e se esistono almeno due vertici, allora Q e riducibile. Se (F) = 2, tutti i punti
della retta L Q intersezione dei due piani che compongono Q sono vertici di Q, non esistono
altri vertici di Q e Dir(Q) = Dir(L). Se (F) = 1, tutti i punti del piano che costituisce Q sono
vertici di Q e Dir(Q) coincide con la direzione del piano.
3.4. CONI, CILINDRI, VERTICI E DIREZIONI DI UNA QUADRICA 61
(2) se Q e un cilindro e se esistono almeno due direzioni linearmente indipendenti per Q, allora Q e
riducibile. Se (F) = 2, allora Dir(Q) = con piano passante per l origine e la quadrica
Q consiste di due piani paralleli a e distinti tra loro. Se (F) = 1, allora Dir(Q) = con
piano passante per l origine e Q consiste di un unico piano parallelo a .
(3) Una quadrica riducibile Q R
3
che non si riduce all insieme vuoto o a una retta e necessaria-
mente un cono o un cilindro del tipo descritto nei punti 1) o 2).
(4) Un quadrica irriducibile Q R
3
e un cono se e solamente se Vert(Q) = P
0
. Una quadrica
irriducibile Q R
3
e un cilindro se e solamente se Dir(Q) = /(v) con v R
3
0.
DIMOSTRAZIONE. Sia Q R
3
un cono e siano P
0
, P
1
Q due vertici distinti. Per ogni P Q <
P
0
P
1
>, la retta < P
0
P > e contenuta in Q per denizione di vertice. Per ogni R < P
0
P > la retta
< P
1
R > e contenuta in Q per denizione di vertice. Al variare di R < P
0
P > otteniamo un piano

1
=< P
0
PP
1
> contenuto in Q mostrando che Q e riducibile. Se (F) = 2 e se Q =
1

2
, allora i
punti di L =
1

2
sono vertici del cono Q per l argomento usato nell Esempio 3.4.3. Siano R
i

i
L
arbitrari. La retta < R
1
R
2
> taglia Q solamente in R
1
e R
2
e quindi i punti R
i
non stanno nel vertice di Q.
Analogamente se (F) = 1 e se Q = allora ogni punto di Q e vertice.
Sia ora Q R
3
un cilindro e siano v
1
, v
2
due direzioni di Q linearmente indipendenti e sia P
0
Q
un punto arbitrario. La retta L
1
passante per P
0
e avente direzione v
1
e contenuta in Q per denizione di
cilindro. Per ogni P L
1
la retta passante per P e avente direzione v
2
e contenuta in Q. Quindi il piano
per P
0
e avente direzione /(v
1
, v
2
) e contenuto in Q, che risulta quindi riducibile. Inoltre abbiamo che tutte
le direzioni in /(v
1
, v
2
) sono direzioni del cilindro perch e la retta per un punto qualsiasi P
0
Q e avente
direzione in /(v
1
, v
2
) e contenuto in e quindi in Q. Se Q si riduce a , allora (F) = 1. Se invece esiste
un punto P
1
Q , allora il piano per P
1
e avente direzione < v
1
, v
2
> e contenuto in Q. Allora Q risulta
unione di due piani paralleli tra loro avendo la stessa direzione.
Se una quadrica riducibile Q R
3
non si riduce all insieme vuoto o a una retta, consiste di due piani
reali non paralleli o di due piani paralleli eventualmente coincidenti. Nel primo caso abbiamo un cono di
vertice la retta di intersezione mentre nel secondo caso un cilindro avente come direzione quella dei piani che
lo compongono.
A questo punto anche le affermazioni in 4) risultano provate.
Prima di procedere sviluppiamo alcuni calcoli che utilizzeremo anche in seguito per denire la nozione
di retta tangente a una quadrica e di piano tangente a una quadrica in un suo punto che non sia vertice.
3.4.5. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile, sia P
0
Q e sia P
1
R
3
P
0
. Siano
_
x
1
_
=
_
P
0
1
_
+t
_
P
1
P
0
0
_
= (1 t)
_
P
0
1
_
+t
_
P
1
1
_
le equazioni parametriche della retta < P
0
P
1
> e sia
[x 1] F
_
x
1
_
= 0
l equazione di Q. Allora i punti di < P
0
P
1
> Q corrispondono ai valori del parametro t R che
soddisfano l equazione
0 = 2t([(P
1
P
0
)
t
0] F
_
P
0
1
_
) +t
2
([(P
1
P
0
)
t
0] F
_
P
1
P
0
0
_
= (3.4.1)
= 2t([(P
1
P
0
)
t
0] F
_
P
0
1
_
) +t
2
([(P
1
P
0
)
t
] F
_
P
1
P
0

). (3.4.2)
Se P
1
Q P
0
, l espressione precedente si pu o scrivere nella forma:
(3.4.3) 0 = 2t(1 t)([(P
1
)
t
1] F
_
P
0
1
_
).
Considerando una retta con equazioni parametriche delle forma
_
x
1
_
=
_
P
0
1
_
+t
_
v
0
_
,
con v R
3
0, otteniamo le equazioni:
62 3. QUADRICHE
(3.4.4) 0 = 2t([v
t
0] F
_
P
0
1
_
) +t
2
([v
t
0] F
_
v
0
_
) = 2t([v
t
0] F
_
P
0
1
_
) +t
2
([v
t
] F
_
v

).
DIMOSTRAZIONE. Sostituendo le equazioni parametriche di < P
0
P
1
>nell equazione di Qotteniamo
0 = f(P
0
+t(P
1
P
0
) = [P
t
0
1]F
_
P
0
1
_
+2t([(P
1
P
0
)
t
0]F
_
P
0
1
_
)+t
2
([(P
1
P
0
)
t
0]F
_
P
1
P
0
0
_
).
Poich e P
0
Q il primo temine e nullo e quindi deduciamo l espressione (3.4.1), che pu o essere
semplicata nella seconda espressione calcolando esplicitamente i due coefcienti e osservando che sono
identici.
Supponiamo ora P
1
Q P
0
. Sostituendo le equazioni parametriche della retta < P
0
, P
1
>
_
x
1
_
= (1 t)
_
P
0
1
_
+t
_
P
1
1
_
,
otteniamo
0 = (1t)
2
[P
t
0
1]F
_
P
0
1
_
+2t(1t)[P
t
1
1]F
_
P
0
1
_
+t
2
([P
t
1
1]F
_
P
1
1
_
= 2t(1t)[P
t
1
1]F
_
P
0
1
_
,
concludendo la dimostrazione di (3.4.3).
Analogamente, sostituendo le equazioni parametriche dell ultimo caso otteniamo l espressione in
(3.4.4).
La prima applicazione del calcolo precedente e la seguente caratterizzazione dei coni e dei cilindri, che
permette anche di determinare esplicitamente il vertice di un cono irriducibile o la direzione di un cilindro
irriducibile.
3.4.6. TEOREMA. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile. Allora Q e un cono oppure un cilindro se e
solamente se (F) = 3. Inoltre, se (F) = 3, sia
(3.4.5) F
_

_
x
y
z
t
_

_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
,
il sistema lineare omogeneo associato alla matrice F e sia u = (x
0
, y
0
, z
0
, t
0
) ,= 0 una soluzione non nulla
che genera la retta per l origine /(u) composta da tutte le soluzioni di (3.4.5). Allora
(1) Se t
0
,= 0, esiste una unica soluzione del sistema della forma (
0
,
0
,
0
, 1) ottenuta da u molti-
plicando le coordinate per 1/t
0
e Q R
3
e un cono di vertice P
0
= (
0
,
0
,
0
). Inoltre in questo
caso (F) = 3.
(2) Se t
0
= 0, tutte le soluzioni del sistema sono della forma (x
0
, y
0
, z
0
, 0), R e Q R
3
e un
cilindro con Dir(Q) = /((x
0
, y
0
, z
0
)). In questo caso (F) 2.
DIMOSTRAZIONE. Supponiamo che P
0
Qsia ssato e sia P
1
QP
0
un punto arbitrario. Da (3.4.3)
deduciamo che la retta < P
0
P
1
> e contenuta in Q se e solamente se
(3.4.6) [(P
1
)
t
1] F
_
P
0
1
_
= 0.
Essendo P
1
un punto arbitrario di Q otteniamo quindi che Q e un cono di vertice P
0
se e solamente se
F
_
P
0
1
_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
.
3.4. CONI, CILINDRI, VERTICI E DIREZIONI DI UNA QUADRICA 63
Infatti se
F
_
P
0
1
_
,=
_

_
0
0
0
0
_

_
i punti che soddisfano (3.4.6) descrivono un piano e Q risulterebbe completamente contenuta nel piano per la
generalit a di P
1
.
Effetuando la traslazione di O in P
0
, avremo
_
P
0
1
_
= A
_

_
0
0
0
1
_

_
.
Quindi
F A
_

_
0
0
0
1
_

_
= F
_
P
0
1
_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
e pertanto
_

_
g

_
= F

_
0
0
0
1
_

_
= (A
t
F A)
_

_
0
0
0
1
_

_
= A
t

_
0
0
0
0
_

_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
.
Deduciamo che nel nuovo riferimento l equazione di Q R
3
e un polinomio omogeneo di secondo grado e
inoltre (F

) = (F

) = (F) = 3 da cui segue (F) = (F

) = 3.
Sia v ,= 0 e sia P
0
Q qualsiasi. Considerando la retta per P
0
con direzione v e intersecandola con Q
otteniamo l equazione risolvente (3.4.4). Quindi questa retta risulta contenuta in Q se e solamente se
[v 0] F
_
v
0
_
= [P
t
0
1] F
_
v
0
_
= 0.
L ultima condizione implica, per la generalit a di P
0
Q,
(3.4.7) F
_
v
0
_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
e quindi anche la prima condizione. Allora Q R
3
e un cilindro con Dir(Q) = /(v) se e solo se vale
(3.4.7). Da (3.4.7) deduciamo F v = 0 e quindi (F) 2.
Mostreremo ora che i coni e i cilindri irriducibili sono quadriche degeneri, concludendo la caratterizza-
zione di questa classe di quadriche e fornendo la loro forma canonica.
3.4.7. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
un cono irriducibile, i.e. (F) = (F) = 3. Allora esiste un
riferimento ortonormale (
O
di R
3
dove Q abbia una delle seguenti equazioni:
(1)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2

(z

)
2
c
2
= 0 (cono reale con Vert(Q) = O

; gli autovalori di F non sono tutti dello


stesso segno);
(2)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2
+
(z

)
2
c
2
= 0 (cono immaginario con Q = Vert(Q) = O

; gli autovalori di F sono tutti


dello stesso segno).
DIMOSTRAZIONE. Per il Teorema 3.4.6 abbiamo (F) = (F) = 3. Dal Teorema 3.2.4, avremo
quindi, a meno di una rototraslazione, una equazione del tipo
1
x
2
+
2
y
2
+
3
z
2
= 0 con
1

3
,= 0
e dove
i
R sono gli autovalori di F. A meno di moltiplicare per 1 e di permutare le variabili nell
equazione risultante possiamo supporre
1
> 0 e
2
> 0 da cui il risultato sulle forme canoniche segue
immediatamente.
64 3. QUADRICHE
3.4.8. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
un cilindro irriducibile, i. e. (F) = 3 e (F) 2. Allora esiste
un riferimento ortonormale (
O
di R
3
dove Q abbia una delle seguenti equazioni:
(1)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2
1 = 0 (cilindro ellittico reale; (F) = 2 e e due autovalori non nulli dello stesso
segno);
(2)
(x

)
2
a
2
+
(y

)
2
b
2
+ 1 = 0 (cilindro ellittico immaginario; (F) = 2 e due autovalori non nulli dello
stesso segno);
(3)
(x

)
2
a
2

(y

)
2
b
2
1 = 0 (cilindro iperbolico; (F) = 2 e due autovalori di segno opposto);
(4)
(y

)
2
a
2
= 2x

, (cilindro parabolico; (F) = 1 e (F) = 3).


In particolare (F) = 1 e (F) = 3 se e solamente se Q R
3
e un cilindro parabolico.
DIMOSTRAZIONE. Dal Teorema 3.4.6 sappiamo che (F) = 3 e (F) 2. Dal Teorema 3.2.4 possia-
mo supporre che l equazione sia del tipo
1
x
2
+
2
y
2
+m = 0 con
1

2
m ,= 0 oppure
1
y
2
+2gx = 0
con
1
g

,= 0. Dal Teorema di classicazione delle coniche irriducibili otteniamo le forme canoniche


descritte.
3.4.9. ESEMPIO. Sia Q R
3
la quadrica di equazione x
2
2xy + y
2
4x 4y 4z + 4 = 0.
Riconoscere la quadrica Q e determinare le eventuali direzioni o vertici di Q.
Le matrici associate a Q sono:
F =
_

_
1 1 0 2
1 1 0 2
0 0 0 2
2 2 2 4
_

_
F =
_
_
1 1 0
1 1 0
0 0 0
_
_
.

E immediato vedere che (F) = 3 mentre (F) = 1. Quindi Q R


3
e un cilindro parabolico di cui
determiniamo la direzione.
Consideriamo il sistema omogeneo
_

_
1 1 0 2
1 1 0 2
0 0 0 2
2 2 2 4
_

_
x
y
z
t
_

_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
.
le cui soluzioni sono della forma (, , 2, 0). Quindi Dir(Q) = /((1, 1, 2)).
3.4.10. ESEMPIO. Sia a R e sia Q
a
R
3
la quadrica di equazione:
x
2
+y
2
+z
2
+ 2axz + 2x 2y + 2z = 0.
Riconoscere le quadriche degeneri Q
a
.
Le matrici associate a questa famiglia di quadriche sono:
F
a
=
_

_
1 0 a 1
0 1 0 1
a 0 1 1
1 1 1 0
_

_
, F
a
=
_
_
1 0 a
0 1 0
a 0 1
_
_
.
Abbiamo visto che
[F
a
[ = (a 1)(a + 3); [F
a
[ = 1 a
2
.
Se a ,= 1, 3, abbiamo quadriche di rango massimo. Quindi dobbiamo considerare solamente le due
quadriche Q
1
e Q
3
. Abbiamo (F
1
) = 2 e (F
1
) = 3 sicch e Q
1
risulta un cilindro. Gli autovalori di F
1
sono 0, 1, 2 e quindi il cilindro Q
1
e ellittico e ne determiniamo la direzione risolvendo il sistema
0 = F
1

_

_
x
y
z
t
_

_
=
_

_
1 0 1 1
0 1 0 1
1 0 1 1
1 1 1 0
_

_
x
y
z
t
_

_
=
_

_
x+ z +t = 0
y t = 0
x+ z +t = 0
x y +z = 0
3.5. PIANO TANGENTE E RETTE CONTENUTE IN UNA QUADRICA 65
Deduciamo che le soluzioni sono della forma (z, 0, z, 0), z R, e pertanto Dir(Q
1
) = /((z, 0, z)) =
/((1, 0, 1)).
Per a = 3 abbiamo (F
3
) = (F
3
) = 3 e quindi Q
3
risulta un cono. Gli autovalori di F
3
sono
1, 2, 4 e pertanto Q
3
e un cono irriducibile reale di cui determiniamo il vertice.
0 = F
3

_

_
x
y
z
t
_

_
=
_

_
1 0 3 1
0 1 0 1
3 0 1 1
1 1 1 0
_

_
x
y
z
t
_

_
=
_

_
x+ 3z +t = 0
y t = 0
3x+ z +t = 0
x y +z = 0
le cui soluzioni sono della forma (
t
2
, t,
t
2
, t), t R, da cui deduciamo Vert(Q
3
) = (
1
2
, 1,
1
2
)).
3.5. Intersezione tra una retta e una quadrica; cono isotropo a una quadrica e piano tangente a una
quadrica; piano polare rispetto a una quadrica
Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia P
0
Q Vert(Q). Considerando un punto P
1
R
3
P
0
,
abbiamo visto in (3.4.1) che le intersezioni tra la retta < P
0
P
1
> e la quadrica Q corrispondono ai valori di
t R che soddisfano l equazione
(3.5.1) 0 = 2t([(P
1
P
0
)
t
0] F
_
P
0
1
_
) +t
2
([(P
1
P
0
)
t
] F
_
P
1
P
0

).
Essendo P
0
Q Vert(Q), abbiamo
F
_
P
0
1
_
,=
_

_
0
0
0
0
_

_
e quindi possiamo denire l iperpiano di equazione cartesiana
(3.5.2) [x y z 1] F
_
P
0
1
_
= 0,
che diremo piano tangente alla quadrica nel punto P
0
Q Vert(Q), che indicheremo con t
P0
Q.
Dall equazione (3.5.1) deduciamo che se P
1
t
P0
Q, allora o la retta interseca Qin due punti coincidenti
con P
0
(i.e. t = 0 e radice doppia dell equazione) oppure la retta < P
0
P
1
> e contenuta in Q, quest ultimo
caso si realizzando se e solamente se abbiamo anche la condizione
(3.5.3) [(P
1
P
0
)
t
] F
_
P
1
P
0

= 0.
Se P
1
, t
P0
Q, allora la retta < P
0
P
1
> o interseca Q in un altro punto diverso da P
0
oppure interseca
Q solamente in P
0
, questo ultimo caso si realizza se e solamente se vale (3.5.3).
Queste osservazioni permettono di denire le seguenti nozioni, in analogia con il caso delle coniche.
3.5.1. DEFINIZIONE. (Retta tangente a una quadrica) Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia P
0

Q Vert(Q). Una retta < P
0
P
1
> si dice tangente in P
0
a Q se interseca Q in due punti coincidenti con P
0
oppure se e contenuta in Q.
Abbiamo il seguente risultato, conseguenza immediata della discussione precedente.
3.5.2. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile, sia P
0
QVert(Q) e sia P
1
R
3
P
0
.
La retta < P
0
P
1
> e tangente in P
0
a Q se e solamente se P
1
t
P0
Q, i.e. se e solamente se
(3.5.4) [P
t
1
1] F
_
P
0
1
_
= 0.
Quindi una retta per P
0
Q Vert(Q) e tangente in P
0
a Q se e solamente se e contenuta nel piano
tangente a Q in P
0
.
66 3. QUADRICHE
3.5.3. DEFINIZIONE. (Direzioni isotrope a una quadrica, cono isotropo di una quadrica e retta isotropa
a una quadrica) Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia P
0
Q Vert(Q). Un vettore v R
3
0 si dice
isotropo per Q se
[v
t
] F
_
v

= 0,
i.e. se v R
3
0 e un punto del cono isotropo di Q di equazione omogenea di secondo grado:
[x y z] F
_
_
x
y
z
_
_
= 0.
Una retta < P
0
P
1
> con P
0
Q Vert(Q) si dice isotropa a Q se interseca Q solamente nel punto P
0
oppure se e contenuta in Q.
Il nome di cono isotropo e giusticato dal fatto che le direzioni isotrope a Q, se esistono, sono soluzioni
di una equazione omogenea di secondo grado che quindi denisce un cono di R
3
il cui vertice contiene l
origine.
3.5.4. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile, sia P
0
QVert(Q) e sia P
1
R
3
P
0
.
La retta < P
0
P
1
> e isotropa a Q in P
0
a Q se e solamente se P
1
P
0
e una direzione isotropa a Q, i.e. se
e solamente se
[(P
1
P
0
)
t
] F
_
P
1
P
0

= 0.
Come nel caso delle coniche, i diversi tipi di quadriche di rango massimo (ellissoidi, iperboloidi, para-
boloidi) hanno coni isotropi differenti che quindi li caratterizzano completamente. Anche i coni e i cilindri
hanno coni isotropi differenti, irriducibili nel primo caso, riducibili nel secondo caso. Esplicitiamo queste
osservazioni.
3.5.5. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile. Allora:
(1) Se Q e un cono reale (rispettivamente immaginario), allora il cono isotropo a Q e un cono irridu-
cibile reale (rispettivamente immaginario) di vertice l origine.
(2) Se Q e un cilindro ellittico (rispettivamente iperbolico o parabolico), allora il cono isotropo a Q
e riducibile e consiste di due piani complessi coniugati (rispettivamente due piani reali distinti
passanti per l origine o un piano per l origine).
(3) Q e un ellissoide se e solamente se (F) = 4 e il cono isotropo a Q e un cono irriducibile
immaginario.
(4) Q e un iperboloide se e solamente se (F) = 4 e il cono isotropo a Q e un cono irriducibile reale.
(5) Q e un paraboloide ellittico (rispettivamente iperbolico) se e solamente se (F) = 4 e il cono
isotropo a Q e riducibile con (F) = 2 e consiste di due piani complessi coniugati (rispettivamente
due piani reali).
DIMOSTRAZIONE. Se Q e un cono abbiamo (F) = 3 e quindi il cono isotropo e irriducibile e passa
per l origine. Se Q e un cilindro abbiamo (F) 2 e quindi il cono e riducibile e otteniamo i casi descritti
in (2).
Se Q e un ellissoide abbiamo un cono irriducibile immaginario perch e (F) = 3 e F ha tre autovalori
dello stesso segno. Se Q e un iperboloide, abbiamo (F) = 3 e F ha autovalori di segno differente e quindi
denisce un cono irriducibile reale di direzioni isotrope. Se Q e un paraboloide, abbiamo (F) = 2 e quindi
il cono isotropo consiste di due piani distinti che saranno complessi coniugati per il paraboloide ellittico e
reali per il paraboloide iperbolico.
Una quadrica con (F) = 4 e un ellissoide, un iperboloide o un paraboloide e quindi otteniamo anche le
implicazioni opposte analizzando gli autovalori di F.
Studiamo ora il problema di determinare le rette tangenti a una quadrica irriducibile Q e passanti per un
punto P
0
R
3
Q.
3.5. PIANO TANGENTE E RETTE CONTENUTE IN UNA QUADRICA 67
3.5.6. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia P
0
R
3
Q. Una retta passante
per P
0
e tangente a Q in un punto P
1
se e solamente se P
1
appartiene all intersezione di Q con il piano di
equazione cartesiana:
(3.5.5) [x y z 1] F
_
P
0
1
_
= 0,
detto piano polare a Q di P
0
. In particolare se [(P
0
)
t
1] F = [0
31
], R, il piano polare non e denito
e non esistono rette tangenti a Q passanti per P
0
.
DIMOSTRAZIONE. La retta < P
0
P
1
> e tangente in P
1
a Q se e solamente il punto P
0
appartiene al
piano di equazione
[x y z 1] F
_
P
1
1
_
= 0,
i.e. se e solamente se
[(P
0
)
t
1] F
_
P
1
1
_
= 0.
Da questo, trasponendo, possiamo dedurre che la retta < P
0
P
1
> e tangente a Q in P
1
se e solamente se P
1
appartiene al piano polare a Q di P
0
.
Sia
F =
_

_
a b c g
b d e h
c e f l
g h l m
_

_
la matrice associata a Q. Il piano polare non e denito se e solamente se P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) e soluzione del
sistema
_
_
_
ax +by +cz +g = 0
bx +dy +ez +h = 0
cz +ey +fz +l = 0
Se (F) = 3 il sistema e crameriano e ammette una unica soluzione. Se (F) = 3, Q e un cono, tale punto
e il vertice che quindi sta in Q. Se (F) = 4, allora l unica soluzione del precedente sistema e il centro di
simmetria dell ellissoide o dell iperboloide corrispondente.
Se (F) 2 e se (F) = 3, dalla forma canonica dei cilindri si evince immediatamente che le soluzioni
del precedente sistema si trovano sulla retta passante per il centro di simmetria della conica determinata da
Q nel piano z = 0 e avente direzione uguale a quella di Q. Esiste quindi una retta di punti per cui il piano
polare non e denito nel caso dei cilindri ellittici e iperbolici mentre il piano polare e sempre denito per i
cilindri parabolici.
Se (F) = 2 e (F) = 4, il sistema precedente non ammette soluzioni, come si puo vericare
direttamente nel sistema di riferimento in cui i rispettivi paraboloidi sono descritti dalla forma canonica.
3.5.7. ESEMPIO. Consideriamo la sfera Q
r
R
3
di centro l origine e raggio r > 0 la cui equazione e
x
2
+y
2
+z
2
r
2
= 0 e sia P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) Q
r
. L equazione del piano tangente a Q
r
in P
0
e
0 = [x y z 1]
_

_
1 0 0 0
0 1 0 0
0 0 1 0
0 0 0 r
2
_

_
x
0
y
0
z
0
1
_

_
= x
0
x+y
0
y+z
0
zr
2
= x
0
(xx
0
)+y
0
(yy
0
)+z
0
(zz
0
),
dove abbiamo sostituito x
2
0
+y
2
0
+z
2
0
= r
2
(P
0
Q
r
!).
Quindi come avevamo dimostrato geometricamente nella sezione 3.1 il piano tangente t
P0
Q alla sfera Q
nel punto P
0
e il piano passante per P
0
e ortogonale alla direzione P
0
0 = P
0
.
Se Q
r
R
3
e una sfera di centro C = (, , ) e raggio r la cui equazione e pertanto (x )
2
+ (y
)
2
+ (z )
2
r
2
= 0 e se P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) Q
r
, il piano tangente a Q
r
nel punto P
0
, essendo il piano
ortogonale a P
0
C passante per P
0
, avr a equazione:
(x
0
)(x x
0
) + (y )(y y
0
) + (z )(z z
0
) = 0,
68 3. QUADRICHE
potevamo anche ottenere direttamente applicando la formula (3.5.2) che forniscono l equazione equivalente
(3.5.6) (x
0
)x + (y )y + (z )z x y z + (
2
+
2
+
2
r
2
) = 0.
Ricordiamo che se P
0
Q
r
le due equazioni sono equivalenti perch e
x
2
0
+y
2
0
+z
2
0
2x 2y 2z + (
2
+
2
+
2
r
2
) = 0.
Se P
0
, Q, allora (3.5.6) e l equazione del piano polare a Q
r
di P
0
che risulta nuovamente ortogo-
nale alla retta < P
0
C >. Sia Q
0
il punto di intersezione tra il piano polare di P
0
e la retta < P
0
C >.
Allora abbiamo direttamente che l intersezione tra il piano polare e la sfera e una circonferenza di raggio
_
r
2
d(Q
0
, C)
2
e centro Q
0
perch e per ogni punto P di questa intersezione il triangolo determinato da P,
Q
0
e C e rettangolo in Q
0
.
3.6. Sezioni di una quadrica non degenere con un piano; sezioni riducibili e irriducibili; applicazioni
Vogliamo ora provare rigorosamente che l intersezione tra un piano di R
3
e una quadrica Q R
3
e una
conica.
3.6.1. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile di equazione
[x y z 1] F
_

_
x
y
z
1
_

_
= 0
e sia R
3
un piano di equazione cartesiana x+y+z + = 0. L insieme dei punti Q e composto
dalle soluzioni del sistema
(3.6.1)
_

_
[x y z 1] F
_

_
x
y
z
1
_

_
= 0
x +y +z + = 0
ed e una conica nel piano che indicheremo con Q .
Inoltre esiste un cilindro Q

R
3
tale che Q = Q

, ottenuto sostituendo nella prima equazione


del sistema precedente l espressione di una delle variabili in funzione delle altre due ottenuta dalla seconda
equazione.
DIMOSTRAZIONE. Esiste un riferimento (

O
in cui abbia equazione z

= 0. Sia
f(x

, y

, z

) = [x

1] F
_

_
x

1
_

_
= 0
l equazione di Q in questo riferimento. Allora l insieme Q sar a descritto dalle soluzioni del sistema
_

_
[x

1] F
_

_
x

1
_

_
= 0
z

= 0
,
le cui soluzioni sono le stesse del sistema
_
f(x

, y

, 0) = 0
z

= 0
,
che rappresenta una conica nel piano z

= 0 poich e Q e irriducibile. Infatti il polinomio f(x

, y

, 0) non e
identicamente nullo perch e altrimenti avremmo f(x

, y

, z

) = z

(ax

+ by

+ cz

+ d

) e la quadrica Q
risulterebbe riducibile.
3.6. SEZIONI PIANE DI UNA QUADRICA 69
Supponiamo ,= 0 (abbiamo (, , ) ,= (0, 0, 0) e se = 0 procederemo analogamente per o !).
Dall equazione di ricaviamo z =
1

(x + y + ). Sia g(x, y) = f(x, y,


1

(x + y + )). Allora il
sistema (3.6.1) ha le stesse soluzioni del sistema
_
g(x, y) = 0
z =
1

(x +y +) = 0
.
Quindi se Q

R
3
e il cilindro di equazione g(x, y) = f(x, y,
1

(x + y + )) = 0, abbiamo Q =
Q

.
Trattiamo ora il problema inverso per determinare le equazioni di tutte le quadriche di R
3
che contengono
una data conica irriducibile.
3.6.2. PROPOSIZIONE. Sia C R
3
una conica irriducibile di equazioni
_
f(x, y, z) = 0
x +y +z + = 0
,
dove f(x, y, z) = 0 e l equazione di una quadrica Q R
3
irriducibile mentre la seconda equazione
denisce un piano R
3
.
Le quadriche

Q R
3
contenenti C e tali che

Q = C sono irriducibili e hanno equazione della
forma
(3.6.2) g(x, y, z) = (x +y +z +)(ax +by +cz +d) +f(x, y, z) = 0.
Le quadriche riducibili contenenti C hanno equazione della forma
(3.6.3) g(x, y, z) = (x +y +z +)(ax +by +cz +d) = 0,
dove in entrambi i casi a, b, c, d R. Le quadriche Q R
3
riducibili contenenti C sono tali che Q
e quindi non hanno C come sezione piana.
In conclusione tutte le quadriche Q

R
3
tali che C = Q

hanno equazione della forma (3.6.2).


DIMOSTRAZIONE. A meno di una rototraslazione possiamo supporre che abbia equazione z

= 0 nel
nuovo riferimento. Sia
g(x, y, z) = [x 1] G
_
x
1
_
l equazione di una quadrica

Q R
3
contenente C e tale che C

Q .
L equazione di C nelle coordinate x

, y

, z

sar a:
_

_
g(x

, y

, z

) = [x

1] A
t
G A
_

_
x

1
_

_
= 0
z

= 0
.
Scrivendo g(x

, y

, z

) = z

(a

+ b

+ c

+ d

) + h(x

, y

) con h(x

, y

) polinomio nelle variabili


x

, y

e ricordando che la conica C ha anche equazioni f(x

, y

, z

) = 0 = z

, otteniamo che h(x

, y

) =
f(x

, y

, 0), R. Inoltre h(x

, y

) = 0, i.e. = 0, se e solamente se la quadrica denita da g(x

, y

, z

)
(e quindi da g(x, y, z)!) e riducibile e contiene . Per queste quadriche Q abbiamo Q. Quindi
tutte le quadriche Q

contenenti C hanno equazione della forma g(x

, y

, z

) = z

(a

+ b

+ c

+
d

) +f(x

, y

, 0) con a

, b

, d

, R e se imponiamo C = Q

necessariamente ,= 0. Al contrario,
qualsiasi polinomio di questa forma si annulla su C. Se f(x

, y

, z

) = z

(a

+c

)+f(x

, y

, 0),
abbiamo
g(x

, y

, z

) = z

(a

+b

+c

+d

) +f(x

, y

, 0) =
= z

[(a

)x

+(b

)y

+(c

)z

+(d

)] +[z

(a

+c

) +f(x

, y

, 0)] =
= z

[(a

)x

+ (b

)y

+ (c

)z

+ (d

)] +f(x

, y

, z

).
Allora poich e lasciavamo variare a

, b

, c

e d

arbitrariamente, possiamo dedurre che le quadriche Q

che
contengono C abbiano equazioni della forma
g(x

, y

, z

) = z

(a

+b

+c

+d

) +f(x

, y

, z

),
70 3. QUADRICHE
con a

, b

, c

, d

, R qualsiasi. Inoltre la quadrica e irriducibile se e solamente se ,= 0 se e solamente


se C = Q

. In questo caso possiamo dividere ulteriormente tutte e due i termini dell espressione di
g(x

, y

, z

) per R

e supporre = 1.
Applicando la trasformazione di coordinate inversa avremo una equazione del tipo (3.6.2) per le quadri-
che irriducibili contenenti C e del tipo (3.6.3) per le quadriche riducibili contenenti C.
L ultima parte della Proposizione 3.6.1 e utile per stabilire se la sezione di una quadrica qualsiasi con un
piano sia riducibile o irriducibile. Infatti per i coni e i cilindri irriducibili abbiamo un semplicissimo criterio
per stabilire se la sezione con un piano sia una conica irriducibile o meno.
3.6.3. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
un cono irriducibile di vertice il punto P
0
Q e sia R
3
un
piano. Allora Q e riducibile se e solamente se P
0
, i.e. se e solamente se il piano passa per il
vertice.
Sia Q R
3
un cilindro irriducibile con Dir(Q) =< v > e sia R
3
un piano. Allora Q e
riducibile se e solamente se v Dir(), i.e. se e solamente se la direzione di Q e parallela a .
DIMOSTRAZIONE. Sia Q R
3
un cono irriducibile. Se passa per P
0
e se P
1
Q e un punto
diverso da P
0
, allora la retta < P
0
P
1
> e contenuta in perch e taglia in due punti ed e contenuta in Q
per denizione di vertice di un cono. Allora la retta < P
0
P
1
> e contenuta nella conica Q che risulta
riducibile.
Se la conica Q contiente una retta L, allora la retta L passa per P
0
. Infatti in caso contrario il piano
< P
0
, L > sarebbe contenuto in Q, che risulterebbe riducibile. Se L passa per P
0
, allora P
0
.
Sia Q R
3
un cilindro irriducibile con Dir(Q) =< v >. Se v Dir() e se P
0
Q e un punto
qualsiasi, la retta L = L(P
0
, < v >) per P
0
e avente direzione < v > e contenuta nel piano e nel cilindro
Q per denizione di direzione. Allora la retta L e contenuta nella conica Q che risulta riducibile.
Se la conica Q contiente una retta L, allora la retta L e parallela a v. Infatti in caso contrario la retta
L e le rette uscenti da punti di L con direzione < v > costituirebbero un piano contenuto nel cilindro Q, che
risulterebbe riducibile. Se L e parallela alla direzione < v >, allora < v >= Dir(L) Dir().
3.6.4. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia C = Q una conica irriducibile.
Le direzioni isotrope di C sono le direzioni isotrope di Q che sono contenute in . Quindi se C ha equazioni
_

_
[x y z 1] F
_

_
x
y
z
1
_

_
= 0
x +y +z + = 0
,
il cono isotropo di C ha equazioni
(3.6.4)
_

_
[x y z] F
_
_
x
y
z
_
_
= 0
x +y +z = 0
Sostituendo l espressione di una variabile in funzione delle altre due ottenuta dalla seconda equazione
nella prima equazione, otteniamo un polinomio omogeneo in due variabili. Il determinante della matrice
associata a questo polinomio permetter a di stabilire se la conica C sia una ellisse, una iperbole oppure una
parabola.
DIMOSTRAZIONE. Poich e C = Q le rette isotrope a Q passanti per P
0
C Q e aventi direzioni
contenute in non sono contenute in Q (altrimenti questa retta sarebbe contenuta in C, che supponiamo
irriducibile!). Quindi questa retta interseca Q solamente in P
0
e quindi interseca C solamente in P
0
, i.e. e
una retta isotropa a C.
Al contrario una retta isotropa a C passante per P
0
non e contenuta in Q perch e altrimenti sarebbe
contenuta in C = Q. Inoltre interseca Q solamente in P
0
perch e altrimenti l altro punto di intersezione
starebbe in (la retta e contenuta in ) e quindi in C = Q e la retta non risulterebbe isotropa a C.
In conclusione le rette isotrope a C passanti per P
0
coincidono con le rette isotrope a Q passanti per P
0
e
3.6. SEZIONI PIANE DI UNA QUADRICA 71
contenute nel piano . Quindi le direzioni di queste rette isotrope sono esattamente le soluzioni del sistema
(3.6.4).
3.6.5. COROLLARIO. Sia Q R
3
un cilindro irriducibile e sia C = Q una sezione irriducibile di
Q con un piano R
3
. Allora
(1) il cilindro e ellittico se e solamente se C e una ellisse. In particolare tutte le sezioni irriducibili di
Q sono ellissi.
(2) il cilindro e iperbolico se e solamente se C e una iperbole. In particolare tutte le sezioni irriducibili
di Q sono iperboli.
(3) il cilindro e parabolico se e solamente se C e una parabola. In particolare tutte le sezioni irriduci-
bili di Q sono parabole.
Se Q R
3
e un cono irriducibile reale, esistono sezioni piane irriducibili che siano ellissi, altre che
siano iperboli e altre che siano parabole.
DIMOSTRAZIONE. Esiste un riferimento in cui l equazione di Q non dipende dalla variabile z, i.e.
Dir(Q) =< (0, 0, 1) >. Il piano di equazione x + y + z + = 0 non contiene la direzione di Q se e
solamente se ,= 0. Per determinare il cono isotropo di C risolviamo il sistema
_

_
[x y z] F
_
_
x
y
z
_
_
= 0
z =

y
.
Visto che la prima equazione non dipende da z, il cono isotropo di C non dipende dall equazione del piano
e quindi coincide con quello della conica di equazione
_

_
[x y z 1] F
_

_
x
y
z
1
_

_
= 0
z = 0
.
Questa ultima conica e una ellisse se e solamente se Q e un cilindro ellittico; una iperbole se e solamente se
Q e un cilindro iperbolico; una parabola se e solamente se Q e un cilindro parabolico. La prima parte risulta
quindi dimostrata.
Sia ora Q R
3
un cono irriducibile reale. Esiste un riferimento in cui Qabbia equazione
x
2
a
2
+
y
2
b
2

z
2
c
2
=
0. Consideriamo i piani
,
R
3
della forma z = x + con ,= 0. Questi piani non passano per l
origine che e il vertice di Q. Quindi le coniche C
,
=
,
Q sono irriducibili per la Proposizione 3.6.3.
Il cono isotropo di C
,
ha equazioni
_
x
2
a
2
+
y
2
b
2

z
2
c
2
= 0
z = x
.
Sostituendo nella prima equazione l espressione di z otteniamo (
c
2
a
2

2
a
2
c
2
)x
2
+
y
2
b
2
= 0. Il determinante della
matrice associata e
c
2
a
2

2
a
2
c
2
b
2
, che risulta positivo se [[ <
c
a
, negativo se [[ >
c
a
e nullo se =
c
a
. Nel
primo caso, per ogni valore di ,= 0 avremo ellissi; nel secondo caso, per ogni valore di ,= 0, iperboli e
nell ultimo caso, per ogni valore di ,= 0, avremo parabole.
Forniamo ora alcune applicazioni di questi risultati
considerando alcuni esempi.
3.6.6. ESEMPIO. Sia Q R
3
il cono circolare retto di
equazione x
2
+ y
2
z
2
= 0 e sia

il piano di equazione
z = x +, ,= 0. Nel piano y = 0 consideriamo la retta L di
equazioni y = 0 = z x 1. Se = 1 la retta e parallela
a una delle bisettrici del piano (x, z). Se [[ < 1, la retta corri-
spondente forma un angolo tra /4 e /4 con l asse delle z
72 3. QUADRICHE
mentre se [[ > 1, le rette formano un angolo compreso tra /4
e 3/4. L intersezione del cono Q con il piano y = 0 consi-
ste esattamente delle due bisettrici del piano (x, z). Applicando
il Corollario precedente otteniamo una dimostrazione analitica
della possibilit a di ottenere tutte le coniche irriducibili come
sezioni piane del cono circolare retto, si veda la gura 9. Le
due circonferenze sezione corrispondono a piani di equazione
z = , i.e con = 0.
Per dimostrare sinteticamente che la sezione C = Q
con il piano rafgurata nella gura 9 sia una iperbole, deniamo
i punti F
1
e F
2
come i punti in cui il piano e tangente alle
sfere rafgurate. Consideriamo un punto B Qcome nella
gura 9. La retta < B0 >=< BP
1
>=< BP
2
> e tangente
alla sfera S
1
nel punto P
1
e tangente alla sfera S
2
nel punto
P
2
. Quindi BP
1
= BF
1
e BP
2
= BF
2
(perch e? Ricordare
la sezione 3.1). Allora d(B, F
2
) d(B, F
1
) = d(B, P
1
)
d(B, P
2
) = d(P
1
, P
2
). Questa distanza, al variare del punto B
sulla calotta inferiore di Q (e quindi dei punti P
1
e P
2
sulle
circonferenze ssate), non dipende dal punto B e quindi Q e una iperbole con 2a = d(P
1
, P
2
).
I risultati precedenti hanno fornito un algoritmo per stabilire se la conica Q intersezione di un piano
R
3
e di una quadrica irriducibile Q R
3
sia riducibile o irriducibile. Costruiamo il cilindro ausiliario
Q

R
3
eliminando una delle variabili che appaiono nella equazione di e sostituendo l espressione in
funzione delle altre due variabili nella equazione di Q. Studiamo il cilindro risultante attraverso il rango della
matrice F

associata. Se Q

e riducibile, i.e. se e solo se (F

) 2, la conica sezione Q sar a riducibile.


Se Q

e irriducibile, i.e. se e solo se (F

) = 3, la conica sezione Q sar a irriducibile perch e il piano


soddisfa automaticamente il criterio di irriducibilit a della sezione piana enunciato nella Proposizione 3.6.3.
Vediamo come procedere esplicitamente in un esempio.
3.6.7. ESEMPIO. Sia Q R
3
l iperboloide a una falda di equazione y
2
z
2
2xz+2yz2x4y+1 = 0
sia

: x = y, R, il fascio di piani contenente l asse delle z (eccetto il piano y = 0!). Determinare


al variare del parametro R l irriducibibilit a della sezione piana C

Q e riconoscere le coniche
sezioni irriducibili C

. Tra le eventuali sezioni irriducibili di Q, determinare, se esistono, i valori di R


per cui

Q e una circonferenza.
Sostituendo l espressione x = y nella equazione di Q otteniamo il cilindro Q

R
3
di equazione
y
2
z
2
+2(1)yz 2(2+)y +1 = 0 avente direzione Dir(Q

) =< (1, 0, 0) >. Quindi come affermato


precedentemente il piano

non contiene la direzione di Q

per ogni R. L irriducibilit a di

Q
dipende allora dalla irriducibilit a o meno di Q

. Le matrici associate alla quadrica Q

sono:
F

=
_

_
0 0 0 0
0 1 1 ( + 2)
0 1 1 0
0 ( + 2) 0 1
_

_
F

=
_
_
0 0 0
0 1 1
0 1 1
_
_
.
Da

1 1 ( + 2)
1 1 0
( + 2) 0 1

= 6 + 2
deduciamo che C

e irriducibile se e solamente se ,=
1
3
.
Il polinomio caratteristico di F e c(t) = t(t
2
(1 + (1 )
2
) e quindi gli autovalori non nulli sono

_
1 + (1 )
2
. Il cilindro e iperbolico e pertanto la sezione piana C

Q risulta una iperbole


per ogni ,=
1
3
per la Proposizione 3.6.5. Non esistono sezioni piane irriducibili del tipo C

che siano
circonferenze.
3.6. SEZIONI PIANE DI UNA QUADRICA 73
3.6.8. ESEMPIO. Sia C R
3
la conica di equazioni y
2
2x = 0 = z e sia P
0
= (1, 1, 1). Mostrare che
esiste un unico cono irriducibile Q R
3
di vertice P
0
e tale che Q z = 0 = C.
Dalla Proposizione 3.6.2 sappiamo che tutte le quadriche irriducibili che tagliano il piano di equazione
z = 0 lungo la conica C hanno equazione della forma
z(ax +by +cz +d) +y
2
2x = y
2
+cz
2
+axz +byz +cz
2
+dz 2x = 0,
con a, b, c, d R. Per scrivere meglio la matrice associata a questa quadrica, deniamo a = 2a

, b = 2b

,
c

= c e d

= 2d. La matrice associata alle quadriche e


F

=
_

_
0 0 a

1
0 1 b

0
a

1 0 d

0
_

_
.
Perch e il punto P
0
sia vertice di una delle quadriche precedenti, dobbiamo imporre la condizione del Teorema
3.4.6
_

_
0 0 a

1
0 1 b

0
a

1 0 d

0
_

_
1
1
1
1
_

_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
.
Questo si traduce nel sistema lineare nelle variabili a

, b

, c

, d

seguente:
_

_
a

1 = 0
1 +b

= 0
a

+b

+c

+d

= 0
1 +d

= 0
Otteniamo a = 2, b = 2, c = 1 e d = 2. Quindi il cono cercato esiste, e unico e ha equazione
y
2
z
2
+ 2xz 2yz + 2z 2x = 0.
3.6.9. ESEMPIO. Determinare la circonferenza con centro sulla retta di equazione z = x y 2 = 0,
tangente allasse x, tangente alla retta l di equazione z = 3x 4y = 0 e giacente interamente sul primo
quadrante del piano z = 0. Classicare la conica di equazioni x y = 2x
2
+ 2yz 8x + 9 = 0. Studiare
le quadriche contenenti le coniche e .
Il centro P
t
della circonferenza ha coordinate (2 + t, t, 0). Per essere tangente all asse x e alla retta l
dobbiamo avere
[t[ = d(P
t
, x) = d(P
t
, l) =
[3(t + 2) 4t[
5
e quindi 25t
2
= (6 t)
2
. Pertanto 24t
2
+ 12t 36 = 0 che fornisce t = 1 o t =
3
2
. Essendo contenuta
nel primo quadrante il centro di e P
1
= (3, 1, 0) e il raggio di e 1 = d(P
1
, x). L equazione di risulta
z = 0 = x
2
+y
2
6x 2y + 9.
Sostituendo x = y nell equazione 2x
2
+2yz8x+9 = 0 otteniamo l equazione 2y
2
+2yz8y+9 = 0,
che rappresenta un cilindro irriducibile avente come direzione asse x. Il piano x = y non e parallelo all asse
x e la conica z = 0 = 2y
2
+ 2yx 8y + 9 e una iperbole. Pertanto e una iperbole.
Le quadriche contenenti hanno equazione della forma:
z(2ax + 2by +cz + 2d) +x
2
+y
2
6x 2y + 9 = 0.
Intersecando con il piano x = y otteniamo
2(a +b)yz +cz
2
+ 2dz + 2y
2
8y + 9 = 0.
Per contenere dobbiamo avere c = d = 0, a + b = 1. Quindi le quadriche contenenti e hanno
equazione della forma
x
2
+y
2
+ 2axz + 2(1 a)yz 6x 2y + 9 = 0.
74 3. QUADRICHE
Le matrici associate alla famiglia di quadriche sono
F
a
=
_
_
_
_
1 0 a 3
0 1 1 a 1
a 1 a 0 0
3 1 0 9
_
_
_
_
; F
a
=
_
_
1 0 a
0 1 1 a
a 1 a 0
_
_
.
Pertanto
[F
a
[ = 2a(a + 3); [F
a
[ = 1 + 2a a
2
< 0 per ogni a R.
Per a = 0 e a = 3 abbiamo (F
a
) = (F
a
) = 3 e otteniamo quindi dei coni. Per a ,= 0, 3 abbiamo
quadriche di rango massimo che, non essendo ne ellissoidi (perch e contengono l iperbole ), n e paraboloidi
perch e (F
a
) = 3, risultano iperboloidi. Le quadriche della famiglia hanno punti iperbolici per 3 < a < 0
e punti ellittici per a < 3 e per a > 0. Nel primo caso avremo iperboloidi iperbolici mentre nel secondo
caso iperboloidi ellittici.
3.6.10. DEFINIZIONE. (Cono circoscritto a una quadrica) Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia
P
0
R
3
Q un punto per cui passa una retta tangente a Q. Il cono circoscritto a Q di vertice P
0
, indicato
con C
P0
Q, e l unione delle rette tangenti a Q passanti per P
0
.
Con le notazioni precedenti il cono circoscritto a Q di vertice P
0
, C
P0
Q, e effettivamente un cono
secondo le nostre denizioni. Pu o non essere evidente che sia una quadrica, i.e. che questa unione di rette sia
una supercie algebrica e che sia denita da un polinomio di grado 2. Ci proponiamo di mostrarlo abbastanza
rigorosamente.
3.6.11. PROPOSIZIONE. Sia Q R
3
una quadrica irriducibile e sia P
0
R
3
Q un punto per cui
passa una retta tangente a Q. Il cono circoscritto a Q di vertice P
0
e una quadrica di vertice P
0
che taglia il
piano polare di Q in P
0
lungo il luogo dei punti di tangenza delle rette che lo costituiscono.
DIMOSTRAZIONE. Sia < P
0
P
1
> C
P0
Q una retta tangente a Q in P
1
. Allora il punto P
1
appartiene
all intersezione tra il piano polare di Q in P
0
e Q, che e una conica, diciamo C. Al contrario ogni retta
< P
0
P
2
>, P
2
C arbitrario, e tangente a Q e passa per P
0
. Quindi il cono circoscritto a Q di vertice P
0
coincide con l unione delle rette per P
0
e punti di C. Costruendo un cono quadratico di vertice P
0
e che
taglia il piano polare lungo C otteniamo un cono quadratico che coincide con C
P0
Q. Per la costruzione di tale
cono quadratico di vertice P
0
procediamo esattamente come nell Esempio 3.6.8 (si veda anche l Esempio
seguente).
3.6.12. ESEMPIO. Sia Q R
3
la sfera di centro C = (0, 0, 2) e raggio 1. Sia O = (0, 0, 0). Determinare
l equazione del cono circoscritto a Q di vertice O.
L equazione di Q e x
2
+ y
2
+ z
2
4z + 3 = 0. Il piano polare di Q in O ha equazione 2z + 3 = 0,
i.e. z = 3/2. La conica intersezione tra questo piano polare e la sfera e una circonferenza di equazione
z 3/2 = 0 = x
2
+y
2
+z
2
4z + 3. Le quadriche irriducibili che tagliano il piano z = 3/2 lungo questa
circonferenza hanno equazione
(z
3
2
)(2ax + 2by + 2cz + 2d) +x
2
+y
2
+z
2
4z + 3 =
= x
2
+y
2
+ (1 + 2c)z
2
+ 2axz + 2byz 3ax 3by + (2d 3c 4)z 3d + 3 = 0.
Imporre che O sia il vertice di questo cono equivale a imporre che il polinomio che descrive le quadriche sia
omogeneo. Quindi abbiamo
_

_
3a = 0
3b = 0
2d 3c 4 = 0
3d + 3 = 0
La soluzione di questo sistema e a = 0, b = 0, d = 1 e c =
2
3
. Quindi il cono ha equazione:
3x
2
+ 3y
2
z
2
= 0.
3.7. PUNTI ELLITTICI, IPERBOLICI E PARABOLICI DI UNA QUADRICA 75
Mostriamo ora un metodo differente e abbastanza efciente in questo tipo di problemi. Sia
_
_
_
x = t
y = t
z = t
l equazione parametrica di una qualsiasi retta per l origine, dove supponiamo
2
+
2
+
2
= 1.
Sostituendo queste espressioni nella equazione di Q otteniamo:
(
2
+
2
+
2
)t
2
4t + 3 = 0.
I valori del parametro t che soddisfano la precedente equazione sono i punti di intersezione tra la retta e Q.
Afnch e la retta sia tangente imponiamo che i due punti di intersezione coincidano, i.e. imponiamo
0 =

4
= 4
2
3(
2
+
2
+
2
) =
2
3(
2
+
2
).
Dalla precedente equazione, per t ,= 0 ssato, ricaviamo =
x
t
, =
y
t
, =
z
t
e sostituendo otteniamo
1
t
2
(3x
2
+ 3y
2
z
2
) = 0
e nalmente l equazione del cono 3x
2
+ 3y
2
z
2
= 0, visto che possiamo moltiplicare per t
2
,= 0 l
espressione precedente.
3.7. Rette contenute in una quadrica irriducibile e intersezione di una quadrica con un suo piano
tangente; punti ellittici, iperbolici e parabolici di una quadrica
Sia P
1
Q Vert(Q) un punto della quadrica irriducibile Q R
3
. Le rette passanti per P
1
e contenute
in Q giacciono sul piano tangente a Q in P
1
. Studiamo quindi la conica intersezione Q t
P1
Q. Effettuiamo
una rototraslazione di modo che P
1
= 0 Q e t
P1
Q abbia equazione cartesiana z

= 0.
Siano
F

=
_

_
a

_
F

=
_
_
a

_
_
le matrici associate a Q in questo riferimento.
Il punto 0 = (0, 0, 0) Q se e solamente se m

= 0. Infatti
[0 0 0 1] F

_
0
0
0
1
_

_
= m

e quindi 0 Q se e solo se m

= 0. L equazione di t
0
Q e:
0 = [0 0 0 1] F

_
x
y
z
1
_

_
= g

+h

+l

.
La nostra scelta del riferimento impone g

= h

= 0, l

,= 0 e pertanto la quadrica Q R
3
avr a in questo
riferimento una equazione associata alla matrice
F

=
_

_
a

0
b

0
c

0 0 l

0
_

_
.
La conica t
P1
Q e soluzione del sistema
76 3. QUADRICHE
_

_
[x

1]
_

_
a

0
b

0
c

0 0 l

0
_

_
x

1
_

_
= 0
z

= 0
,
che ha le stesse soluzioni del sistema
_

_
[x

1]
_

_
a

0 0
b

0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
_

_
x

1
_

_
= 0
z

= 0
Quindi la conica t
P1
QQ ha equazione a

(x

)
2
+2b

+d

(y

)
2
= 0 = z

ed e sempre riducibile. Inoltre


si decompone in due rette reali se e solamente se a

(b

)
2
< 0; si decompone in due rette coincidenti se
e solamente se a

(b

)
2
= 0; in due rette complesse coniugate che si intersecano in P
1
se e solamente se
a

(b

)
2
> 0. Poich e [F

[ = (l

)
2
(a

(b

)
2
) abbiamo che la conica t
P1
Q Q consiste di due rette
reali se e solamente se [F[ = [F

[ > 0; consiste di due rette coincidenti se e solamente se [F[ = 0; consiste


di due rette complesse coniugate se e solamente se [F[ < 0. Abbiamo quindi provato il seguente risultato.
3.7.1. PROPOSIZIONE. Sia P
1
Q Vert(Q) un punto della quadrica irriducibile Q R
3
e sia t
P1
Q
il piano tangente a Q in P
1
. La conica t
P1
Q Q e riducibile si decompone nella maniera seguente:
(1) due rette reali distinte che si intersecano in P
1
se e solamente se [F[ > 0;
(2) due rette reali coincidenti passanti per P
1
se e solamente se [F[ = 0;
(3) due rette complesse coniugate che si intersecano in P
1
se e solamente se [F[ < 0.
Quindi nel primo caso esistono due rette passanti per il punto P
1
e contenute in Q per ogni P
1
Q;
nel secondo caso esiste una unica retta passante per P
1
e contenuta in Q; nel terzo caso non esistono rette
passanti per P
1
e contenute in Q.
La natura della conica t
P1
Q Q non dipende quindi dalla scelta di P
1
Q Vert(Q) ed e quindi un
invariante geometrico della quadrica Q. Introduciamo quindi la seguente denizione.
3.7.2. DEFINIZIONE. (Quadriche a punti iperbolici, parabolici o ellittici) Sia Q R
3
una quadrica
irriducibile e sia P
1
Q Vert(Q) (in particolare Q ,= ). Il punto P
1
si dice iperbolico se la conica
t
P1
Q Q consiste di due rette reali che si intersecano in P
1
; si dice parabolico se la conica t
P1
Q Q si
riduce a una unica retta reale passante per P
1
; si dice ellittico se t
P1
Q Q consiste di due rette complesse
coniugate che si intersecano in P
1
.
Dalla Proposizione 3.7.1 deduciamo che su una quadrica irriducibile tutti i punti al di fuori del vertice
sono dello stesso tipo. Diremo quindi che una quadrica e a punti parabolici, ellittici o iperbolici se i suoi punti
reali sono di uno (e quindi di uno solo!) di questi tipi.
Dalle forme canoniche delle quadriche irriducibili deduciamo che una quadrica irriducibile e a punti
parabolici se e solamente se e un cono o un cilindro. Inoltre in questo caso il piano tangente e costante in tutti
i punti della unica retta passante per quel punto.
Se Q R
3
e una quadrica con (F) = 4 e con punti reali, i.e. non e un ellissoide immaginario, allora
abbiamo che e a punti elllittici se e solamente se e o un ellissoide reale o un iperboloide a due falde (per
questo motivo detto anche iperboloide ellittico!) oppure un paraboloide ellittico. La quadrica Q e invece a
punti iperbolici se e solamente se e o un iperboloide a una falda (per questo motivo detto anche iperboloide
iperbolico) oppure un paraboloide iperbolico. Quindi le quadriche di rango massimo (=4) che contengono
rette sono solamente gli iperboloidi a una falda e i paraboloidi iperbolici. Inoltre per ogni punto P
1
Q di
queste quadriche passano due rette che si intersecano in P
1
.
Vediamo come questi concetti possano essere utili per riconoscere alcune quadriche che variano in una
famiglia.
3.7. PUNTI ELLITTICI, IPERBOLICI E PARABOLICI DI UNA QUADRICA 77
3.7.3. ESEMPIO. Riconoscere al variare del parametro k R la quadrica Q
k
R
3
di equazione
kx
2
2xy + 2yz + 2kx = 0.
Le matrici associate a Q
k
sono :
F

=
_

_
k 1 0 k
1 0 1 0
0 1 0 0
k 0 0 0
_

_
F

=
_
_
k 1 0
1 0 1
0 1 0
_
_
.
Se k = 0, la quadrica ha equazione 2y(z x) e risulta quindi riducibile. Abbiamo [F[ = k
2
e [F[ = k.
Quindi se k ,= 0, abbiamo (F) = 4 e (F) = 3. Inoltre per ogni k ,= 0, [F[ > 0 e quindi la quadrica e a
punti iperbolici (il punto di coordinate (0, 0, 0) appartiene alla quadrica per ogni valore di k e pertanto tutte
queste quadriche posseggono un punto reale). Essendo (F) = 3 non e un paraboloide e quindi per ogni
k ,= 0 la quadrica e un iperboloide iperbolico, i.e. un iperboloide a una falda.
3.7.4. ESEMPIO. Studiare le quadriche Q
h
R
3
di equazione
x
2
y
2
+ 2hyz + 2hz 1 = 0,
determinandone la natura al variare del parametro h R.
Consideriamo la matrice associata alle quadrica Q
h
F
h
=
_

_
1 0 0 0
0 1 h 0
0 h 0 h
0 0 h 1
_

_
.
Otteniamo [F
h
[ = 2h
2
e [F
h
[ = h
2
. Per h = 0 si trova la quadrica x
2
y
2
1 = 0 che ` e (eviden-
temente!) un cilindro iperbolico. Per h ,= 0 si trovano quadriche di rango massimo a punti iperbolici aventi
(F
h
) = 3. Allora per ogni h ,= 0 la quadrica Q
h
R
3
e un iperboloide iperbolico.
3.7.5. ESEMPIO. Sia k R un parametro, sia Q
k
R
3
la quadrica di equazione
x
2
+ 2kxy y
2
kz
2
+ 2(k + 1)x + 2(k + 1)z = 0,
sia il piano di equazione x y = 0 e sia
k
= Q
k
.
a) Riconoscere la quadrica Q
k
R
3
al variare di k R.
b) Determinare i valori di k R per cui
k
risulta riducibile.
c) Per i valori di k R per cui
k
e irriducibile, determinare la natura di
k
.
Consideriamo le matrici associate alla quadrica Q
k
:
F
k
=
_

_
1 k 0 k + 1
k 1 0 0
0 0 k k + 1
k + 1 0 k + 1 0
_

_
, F
k
=
_
_
1 k 0
k 1 0
0 0 k
_
_
.
Abbiamo
[F
k
[ = (k + 1)

k 1 0
0 0 k
k + 1 0 k + 1

(k + 1)

1 k 0
k 1 0
k + 1 0 k + 1

=
= (k + 1)[k

k 1
k + 1 0

(k + 1)

1 k
k 1

=
= (k + 1)[k(k + 1) (k + 1)(1 k
2
)] = (k + 1)
2
(k
2
k + 1).
Quindi per ogni k ,= 1 abbiamo [F
k
[ > 0 sicch e la quadrica risulta di rango massimo e a punti
iperbolici.
Per k = 1 la quadrica ha equazione x
2
2xy y
2
z
2
= 0. Allora Q
1
R
3
e una quadrica di
rango 3 che risulta un cono reale di vertice l origine poich e il polinomio e omogeneo e poich e esistono punti
diversi dall origine su Q
1
, ad esempio (1,0,1).
78 3. QUADRICHE
Calcoliamo
[F
k
[ = k

1 k
k 1

= k(k
2
+ 1).
Abbiamo [F
k
[ ,= 0 se e solo se k ,= 0.
In conclusione per k ,= 0, 1 la quadrica Q
k
e un iperboloide iperbolico mentre per k = 0 e un
paraboloide iperbolico.
(b) Sostituendo x = y nella equazione di Q
k
, otteniamo il cilindro Q

k
R
3
di equazione 2ky
2
kz
2
+
2(k + 1)y + 2(k + 1)z = 0, la cui matrice associata e
F

k
=
_

_
0 0 0 0
0 2k 0 k + 1
0 0 k k + 1
0 k + 1 k + 1 0
_

_
.
Quindi (Q

k
) = 3 se e solamente se
0 ,=

2k 0 k + 1
0 k k + 1
k + 1 k + 1 0

= k(k + 1)
2
,
i.e. se e solamente se k ,= 0, 1.
Poich e abbiamo
k
= Q

k
la conica
k
risulta irriducibile se e solamente se k ,= 0, 1 e per questi
valori di k la quadrica Q

k
e un cilindro iperbolico (

2k 0
0 k

= 2k
2
< 0).
(c) Le sezioni piane irriducibili di un cilindro iperbolico sono iperboli e quindi
k
e un iperbole per ogni
k ,= 0, 1.
3.7.6. ESEMPIO. Studiare, al variare del parametro h R, la quadrica di equazione
x
2
+y
2
+ 2hxz + 2hy + 2z = 0.
Consideriamo la matrice associata alla quadrica
F =
_

_
1 0 h 0
0 1 0 h
h 0 0 1
0 h 1 0
_

_
[F[ = h
4
1 = (h
2
1)(h
2
+ 1)
[F[ = h
2
per cui (F) 3 se e solamente se h = 1. Si verica facilmente che per questi valori si hanno due coni, di
vertici (1, 1, 1) e (1, 1, 1). Supponiamo h ,= 1. Abbiamo
(1) [F[ > 0 se e solamente se [h[ > 1 (punti iperbolici);
(2) [F[ < 0 se e solamente se [h[ < 1 (punti ellittici);
(3) [F[ = 0 se e solamente se h = 0.
Quindi per h = 0 abbiamo un paraboloide che per (2) risulta ellittico. Calcolando il polinomio caratte-
ristico di F otteniamo c
F
(t) = (1 t)(t
2
t h
2
), che, per h ,= 0, ha due radici positive e una negativa.
Quindi per ogni h ,= 0 abbiamo iperboloidi, che risultano iperbolici se [h[ > 1, si veda (1) sopra, e ellittici se
[h[ < 1, si veda (2) sopra.
CAPITOLO 4
Famiglie di coniche e di quadriche e problemi vari di geometria nel
piano e nello spazio riguardanti coniche e quadriche
4.1. Famiglie di circonferenze
Una circonferenza C R
2
ha una equazione del tipo x
2
+y
2
+x +y + = 0 con , , R. Per
questo motivo diciamo che le circonferenze dipendono da 3 parametri e quindi, almeno teoricamente, sono
determinate da 3 condizioni.
Ricordiamo che dalla formula (x x
0
)
2
+ (y y
0
)
2
r
2
= 0, dove P
0
= (x
0
, y
0
) e il centro della
circonferenza e r > 0 il raggio, otteniamo = 2x
0
, = 2y
0
e x
2
0
+ y
2
0
r
2
= . Quindi data una
equazione come la precedente possiamo determinare le coordinate del centro, i.e. P
0
= (

2
,

2
), e
r
2
= x
2
0
+y
2
0
=

2
4
+

2
4
.
La circonferenza risulta immaginaria se

2
4
+

2
4
< 0, di raggio nullo se

2
4
+

2
4
= 0 e reale
se

2
4
+

2
4
> 0. Quindi non tutte le scelte dei parametri , , R determinano effettivamente una
circonferenza reale.
o x
y
P
B
C
C2
C3
FIGURA 1. Tre circon-
ferenze passanti per P =
(1, 1)
Vediamo come tradurre che le circonferenze passanti per
un punto P R
2
ssato dipendano solo da due parametri, i.e.
formano una famiglia 2-dimensionale.
4.1.1. ESEMPIO. Sia P = (1, 1). Determinare l equazione
di tutte le circonferenze passanti per P.
Imponiamo nell equazione generale delle circonferenze il
passaggio per P e la condizione sul raggio:
1 + 1 + + + = 0

2
4
+

2
4
>
0.
Otteniamo ad esempio = 2 e

2
4
+

2
4
+ + + 2 > 0. Quindi tutte le circonferenze rea-
li passanti per P = (1, 1) hanno equazione della for-
ma
x
2
+y
2
+ x +y 2 = 0
con

2
4
+

2
4
+++2 > 0. Ovviamente esistono circon-
ferenze di questo tipo reali, prendendo come centro qualsiasi
punto di R
2
e come raggio la distanza del punto scelto a quello
ssato P.
I parametri da cui dipende il problema sono due perch e la scelta del centro, essendo un punto del piano,
dipende da due parametri.
Le circonferenze passanti per due punti distinti formano una famiglia uno dimensionale, i.e. l equazione
di tutte le circonferenze che soddisfano questa condizione dipenderanno da un unico parametro. Infatti il
centro della circonferenza deve appartenere all asse del segmento che i due punti determinano e quindi
dipende solo dal parametro dell equazione parametrica di questo asse.
79
80 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
o x
y
P
Q
d1
A
B
C
C1
C3
FIGURA 2. Tre circonferenze passanti per P = (1, 1) e per Q = (0, 2)
4.1.2. ESEMPIO. Sia P = (1, 1) e sia Q = (0, 2). Determinare l equazione di tutte le circonferenze
passanti per P e Q.
Imponiamo nell equazione generale delle circonferenze il passaggio per P e il passaggio per Q e chie-
diamo che entrambe le condizioni siano soddisfatte:
_
1 + 1 + + + = 0
0 + 4 + 0 + 2 + = 0
.
Le soluzioni sono della forma ( +2, , 2 4). Le circonferenze che passano per questi due punti hanno
equazioni della forma
x
2
+y
2
+ ( + 2)x +y 2 4 = 0.
o
P
Q
R
C
C1
FIGURA 3. L unica cir-
conferenza passante per
P = (1, 1), Q = (0, 2)
e R = (1, 0)
Inne imponendo il passaggio per tre punti, non allineati,
dovremmo ottenere una unica circonferenza. Se i punti fossero
allineati non esiste nessuna circonferenza che passa per que-
sti punti perch e una circonferenza e una retta si intersecano al
massimo in due punti. La dimostrazione dell unicit a di ottiene
osservando che gli assi di due dei segmenti che i tre punti deter-
minano si incontrano in un punto, che e il centro della circonfe-
renza cercata, si veda la Figura 3. Quindi abbiamo dimostrato
che dati tre punti non allineati esiste una unica circonferenza
che passa per questi punti. Pertanto anche dati tre punti nello
spazio non allineati avremo una unica circonferenza passante
per questi punti. Vediamo due esempi per chiarire meglio le
costruzioni.
4.1.3. ESEMPIO. Siano P = (1, 1), Q = (0, 2) e R =
(1, 0) tre punti che risultano chiaramente non allineati. Deter-
minare l equazione di tutte le circonferenze reali passanti per
P, Q e R.
Imponiamo nell equazione generale delle circonfe-
renze il passaggio per P, il passaggio per Q e per
R e chiediamo che le tre condizioni siano soddisfat-
te:
_
_
_
1 + 1 + + + = 0
0 + 4 + 0 + 2 + = 0
1 + 0 + 0 + = 0
.
4.1. FAMIGLIE DI CIRCONFERENZE 81
La soluzione e (1/3, 5/3, 2/3). La circonferenza per questi tre punti e pertanto unica come avevamo
dimostrato sinteticamente e ha equazione
x
2
+y
2

1
3
x
5
3
y
2
3
= 0.
4.1.4. ESEMPIO. Determinare la circonferenza passante per i punti O = (0, 0, 0), A = (1, 0, 1) e
B = (0, 1, 1). I tre punti risultano chiaramente non allineati. Il piano che determinano ha equazione
0 =

x y z 1
1 0 1 1
0 1 1 1
0 0 0 1

= x y +z.
Il piano dei punti equidistanti da O e A ha direzione OA e passa per il punto medio (
1
2
, 0,
1
2
) del
segmento OA ed ha quindi equazione cartesiana 0 = x
1
2
(z +
1
2
) = x z 1. Il piano dei punti
equidistanti da O e B ha direzione OB e passa per il punto medio (0,
1
2
,
1
2
) del segmento OB ed ha quindi
equazione cartesiana y + z 1 = 0. Il centro della circonferenza cercata sar a l intersezione dei tre piani
determinati nora, i.e. la soluzione del sistema
_
_
_
x +y z = 0
x z 1 = 0
y +z 1 = 0
.
Il centro della circonferenza e il punto C = (1, 1, 0) e il raggio e r = d(C, O) =

2. Quindi la circonferenza
risulta essere l intersezione della sfera di centro C e raggio r =

2 intersecata con il piano x y +z = 0 e


possiamo scrivere la sua equazione in questa forma:
_
(x 1)
2
+ (y 1)
2
+z
2
= 2
x y +z = 0
.
Utilizzeremo questa descrizione per risolvere l esercizio in maniera differente nell Esempio 4.2.1 della
sezione 4.2.
Consideriamo ora il problema di descrivere le circonferenze tangenti a una retta data e quelle tangenti
a una retta data in un suo punto. Le circonferenze che soddisfano la prima condizione sono una famiglia
2 dimensionale mentre quelle che soddisfano la seconda sono una famiglia di dimensione uno. Quindi ci
aspettiamo che esista una unica circonferenza passante per un punto e tangente a una retta in un punto ssato.
Infatti il punto ssato sulla retta determina il centro che deve appartenere alla retta ortogonale alla tangente
ssata passante per il punto ssato (dimensione uno) mentre il rimanente punto determina univocamente il
centro, intersecando l asse del segmento con la retta dei centri.
o
O
P
C
C1
FIGURA 4. L
unica circonfe-
renza passante
per P = (1, 2) e
tangente in O a
y +x = 0
Risolveremo questo problema per esplicitare le condizioni
4.1.5. ESEMPIO. Determiniamo le circonferenze tangenti alla ret-
ta y+x = 0, le circonferenze tangenti alla retta y+x = 0 in O = (0, 0)
e inne le circonferenze tangenti in O = (0, 0) a y +x = 0 e passanti
per P = (1, 2).
Afnch e la retta y + x = 0 sia tangente alla circonferenza x
2
+
y
2
+x+y+ = 0 dobbiamo imporre che l intersezione avvenga in
un solo punto. Sostituendo y = x otteniamo l equazione risolvente
2x
2
+()x+ = 0, il cui discriminante uguagliato a zero fornisce
la condizione di tangenza. Quindi
2
+
2
2 8 = 0 e l
equazione delle circonferenze tangenti a y +x = 0 e quindi x
2
+y
2
+
x +y +

2
+
2
2
8
= 0. Imponendo il passaggio per O otteniamo

2
+
2
2 = 0, i.e. = . Quindi le circonferenze tangenti in
O a y +x = 0 hanno equazione della forma x
2
+ y
2
+x +y = 0.
Quella passante per P = (1, 2) corrisponde al valore di soluzione di
1 + 4 + + 2 = 0, i.e. =
5
3
.
82 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
La condizione di tangenza in O a y + x = 0 si poteva esprimere
osservando che la tangente in O alla circonferenza generale e la retta
x +y + = 0 che risulta essere y +x = 0 se e solamente se = 0
e = .
4.2. Famiglie di sfere
Una sfera Q R
3
ha una equazione del tipo x
2
+y
2
+z
2
+x+y+z+ = 0 con , , , R. Per
questo motivo diciamo che le sfere dipendono da 4 parametri e quindi, almeno teoricamente, sono determinate
da 4 condizioni.
Ricordiamo che dalla formula (x x
0
)
2
+ (y y
0
)
2
+ (z z
0
)
2
r
2
= 0, dove P
0
= (x
0
, y
0
, z
0
) e il
centro della sfera e r > 0 il raggio, otteniamo = 2x
0
, = 2y
0
, = 2z
0
e x
2
0
+y
2
0
+z
2
0
r
2
= . Data
una equazione come la precedente possiamo determinare le coordinate del centro, i.e. P
0
= (

2
,

2
,

2
),
e
r
2
= x
2
0
+y
2
0
+z
2
0
=

2
4
+

2
4
+

2
4
.
La sfera risulta immaginaria se

2
4
+

2
4
+

2
4
< 0, di raggio nullo se

2
4
+

2
4
+

2
4
= 0 e reale se

2
4
+

2
4
+

2
4
> 0. Pertanto non tutte le scelte dei parametri , , , R determinano effettivamente
una sfera reale.
Le sfere passanti per un punto dipendono da 3 parametri perch e possiamo scegliere come centro un qual-
siasi punto diverso da quello ssato. Le sfere per due punti dipendono da due parametri perch e il centro deve
appartenere al piano dei punti equidistanti dai due punti ssati. Le sfere per 3 punti non allineati dipendono
da un parametro perch e il centro deve appartenere alla retta intersezione di due piani di punti equidistanti
dei segmenti determinati dai 3 punti. Per 4 punti non coplanari passa quindi una unica sfera determinata
intersecando i piani di simmetria dei segmenti determinati dai 4 punti. Utilizziamo queste osservazioni per
risolvere differentemente l Esercizio 4.1.3.
4.2.1. ESEMPIO. Determinare la circonferenza passante per i punti O = (0, 0, 0), A = (1, 0, 1) e
B = (0, 1, 1). I tre punti risultano chiaramente non allineati. Il piano che determinano ha equazione
0 =

x y z 1
1 0 1 1
0 1 1 1
0 0 0 1

= x y +z.
Consideriamo le sfere passanti per O, A e B. Otteniamo il sistema
_
_
_
= 0
2 + + = 0
2 + + + = 0
.
Le soluzioni sono della forma ( 2, ( +2), , 0), R e le sfere hanno equazioni x
2
+y
2
+z
2
+(
2)x( +2)y+z = 0 e il centro di queste sfere ha coordinare C = (
2
2
,
+2
2
,

2
). Il centro appartiene
al piano x y + z = 0 se e solamente se
1
2
(2 ( + 2) ) = 0, i.e. se e solo se = 0. Le sfere
hanno quindi equazione x
2
+y
2
+z
2
2x 2y = 0. Il centro della circonferenza e il punto C = (1, 1, 0) e
il raggio e r = d(C, O) =

2. Quindi la circonferenza risulta essere l intersezione della sfera di centro C e


raggio r =

2 intersecata con il piano x y +z = 0 e possiamo scrivere la sua equazione in questa forma:


_
x
2
+y
2
2x 2y = 0
x y +z = 0
.
4.2.2. ESEMPIO. Sia R
3
il piano di equazione z = 0 e sia la circonferenza tangente in
0 = (0, 0, 0) alla retta di equazione x y = 0 = z e passante per il punto P = (1, 0, 0).
(1) Scrivere l equazione cartesiana della circonferenza .
(2) Determinare l equazione del cono Q R
3
di vertice R = (1, 1, 1) e che interseca in .
4.3. FAMIGLIE DI CONICHE CON ENFASI SUI FASCI DI CONICHE 83
1) Le circonferenze contenute in hanno equazione della forma x
2
+y
2
+ax+by +c = 0 = z. Quelle
passanti per P = (1, 0, 0) soddisfano 1 + a + c = 0 e quelle tangenti in 0 alla retta x y = 0 soddisfano
b = a e c = 0. L equazione di e x
2
+y
2
x +y = 0 = z.
2) Le quadriche che intersecano lungo hanno equazione del tipo z(2ax + 2by + cz + 2d) + x
2
+
y
2
x + y = 0. La quadrica e un cono di vertice R = (1, 1, 1) se e solamente se a, b, c e d soddisfano la
condizione:
_

_
1 0 a
1
2
0 1 b
1
2
a b c d

1
2
1
2
d 0
_

_
1
1
1
1
_

_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
,
i.e.
_

_
1 + a
1
2
= 0
1 + b +
1
2
= 0
a +b +c +d = 0

1
2
+
1
2
+d = 0
da cui deduciamo
a =
1
2
, b =
3
2
, c = 2, d = 0.
L equazione di Q e x
2
+y
2
+ 2z
2
xz 3yz x +y = 0.
4.3. Famiglie di coniche con enfasi sui fasci di coniche
Una conica del piano ha equazione della forma
(4.3.1) ax
2
+ 2bxy +cy
2
+ 2dx + 2ey +f = 0,
con (a, b, c) ,= (0, 0, 0). Inoltre moltiplicando l equazione (4.3.1) per una costante R

si ottiene una
altra equazione della stessa conica. Se ad esempio a ,= 0, possiamo scegliere l equazione
x
2
+ 2
b
a
xy +
c
a
y
2
+ 2
d
a
x + 2
e
a
y +
f
a
= 0.
deduciamo che le coniche del piano dipendono da 6 parametri, che diremo parametri omogenei, a meno della
moltiplicazione per una costante non nulla o equivalentemente che dipendono da 5 parametri, che diremo
parametri non omogenei, ottenuti dividendo i parametri omogenei per uno dei medesimi. Concludiamo che
una conica e determinata da 5 condizioni linearmente indipendenti.
Se imponiamo il passaggio della conica generale (4.3.1) per un punto del piano, otterremo una relazione
lineare tra i parametri omogenei che diventa una equazione omogenea nelle 6 incognite a, b, c, d, e, f. Il
passaggio per pi u punti si traduce in un sistema di equazioni lineari omogenee nelle 6 incognite. Se pensiamo
ad R
6
con coordinate (a, b, c, d, e, f), un punto di questo spazio R
6
con le prime tre coordinate non tutte nulle
determina una equazione del tipo (4.3.1) rappresentante una conica. Ogni punto della forma (a, b, c, d, e, f)
con R

determiner a una equazione che rappresenta la stessa conica associata al punto di coordinate
(a, b, c, d, e, f). Vediamo un esempio per spiegare esplicitamente le nozioni introdotte.
4.3.1. ESEMPIO. Siano O = (0, 0) e P = (1, 1) e Q = (0, 2). Determinare le equazioni delle coniche
passanti per O, P e Q.
Imponiamo nell equazione generale della conica (4.3.1) il passaggio per O, il passaggio per P e per Q
ottenendo il seguente sistema nelle incognite a, b, c, d, e, f:
(4.3.2)
_
_
_
f = 0
a + 2b +c + 2d + 2e +f = 0
4c + 4e +f = 0
.
Le soluzioni del sistema hanno ad esempio f = 0, e = c, a = 2b 2d + c, i.e. sono della forma
(2b 2d +c, b, c, d, c, 0). L equazione della famiglia cercata risulta:
0 = (2b 2d + 3c)x
2
+ 2bxy +cy
2
4cx + 2dy = b(2xy 2x
2
) +c(3x
2
4x +y
2
) +d(2y 2x
2
).
84 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
Le equazioni di tutte le coniche per O, P e Q dipendono dai tre parametri omogenei b, c, d mentre le
coniche dipendono dai tre parametri a meno di moltiplicazione per una costante non nulla e quindi da due
parametri non omogenei.
Le tre equazioni nel sistema precedente sono indipendenti e le soluzioni del sistema formano un sotto-
spazio vettoriale di dimensione 3 dello spazio R
6
con coordinate (a, b, c, d, e, f), che risulta generato dalle
tre coniche 2xy 2x
2
, 3x
2
4x+y
2
e 2y 2x
2
. Con questo intendiamo che queste 3 coniche corrispondenti
ai punti di R
6
aventi coordinate (2, 1, 0, 0, 0, 0), rispettivamente (3, 0, 1, 2, 0, 0) e (2, 0, 0, 0, 1, 0) sono
soluzioni del sistema precedente, i.e. passano per O, P e Q, e che questi tre punti(=vettori=coniche) generano
il sottospazio delle soluzioni del sistema (4.3.2).
Iniziamo a stabilire alcuni fatti riguardanti la dimensione della famiglia delle coniche (o equivalentemen-
te delle loro equazioni) passanti per r punti del piano, r 1.
4.3.2. PROPOSIZIONE. Le equazioni delle coniche passanti per r 3 punti del piano P
1
, . . . , P
r
di-
pendono da 6 r parametri omogenei (equivalentemente la famiglia delle coniche passanti per r 3 punti
dipende da 6 r 1 parametri non omogenei).
Se r = 2, la conica generale passante per P
1
e P
2
e irriducibile.
Se r = 3 e i tre punti sono allineati, allora tutte le coniche passanti per P
1
, P
2
e P
3
sono riducibili e
consistono della retta < P
1
, P
2
> e di una altra retta, eventualmente coincidente con < P
1
, P
2
> e hanno
equazioni della forma
(x +y +)(ax +by +c) = 0,
dove < P
1
, P
2
> ha equazione x + y + = 0 e dove a, b, c R sono i parametri omogenei con
(a, b) ,= (0, 0).
Se r = 3 e i tre punti non sono allineati, la conica generale passante per P
1
, P
2
e P
3
e irriducibile.
DIMOSTRAZIONE. Se r = 1, abbiamo una sola equazione omogenea non nulla nelle variabili a, b, c, d, e, f
e quindi il sistema ha uno spazio delle soluzioni di dimensione 6 1 = 5.
Se r = 2, abbiamo due equazioni omogenee nelle variabili a, b, c, d, e, f. Se le due equazioni sono
indipendenti, lo spazio delle soluzioni ha dimensione 6 2 = 4. Le due equazioni non possono essere
dipendenti perch e questo signicherebbe che ogni conica che passa per P
1
deve necessariamente passare per
P
2
(e viceversa), fatto assolutamente falso (ad esempio l equazione al quadrato di retta passante per P
1
ma
non per P
2
fornisce una equazione di una conica passante per P
1
ma non per P
2
). Le coniche riducibili
passanti per P
1
e P
2
sono di due tipi: unione di una retta L
1
passante per P
1
ma non per P
2
e di una retta
L
2
passante per P
2
ma non per P
1
oppure unione della retta < P
1
, P
2
> con una retta qualsiasi del piano.
Esistono coniche diverse dalle precedenti passando per P
1
e P
2
e che rappresentano la scelta generale dei
parametri poich e le rette per un punto dipendono da un parametro non-omogeneo mentre le rette del piano
dipendono da due parametri non omogenei (quindi le coniche riducibili per 2 punti dipendono al pi u da due
parametri non omogenei).
Se r = 3 e se i punti P
1
, P
2
e P
3
sono allineati, allora la retta < P
1
, P
2
> taglia ogni conica per P
1
, P
2
,
P
3
in almeno 3 punti. Le coniche per questi 3 punti risultano tutte riducibili e contengono la retta < P
1
, P
2
>.
A questo punto le affermazioni a riguardo della famiglia in questione sono evidenti.
Se r = 3 e i punti P
1
, P
2
e P
3
non sono allineati, le coniche che passano per P
1
e P
2
non passano anche
per P
3
. Ad esempio la conica riducibile data dal quadrato dell equazione delle retta < P
1
, P
2
> non passa
per P
3
. Quindi il sistema di 3 equazioni omogenee nelle variabili a, b, c, d, e, f ha rango 3 e le soluzioni
dipendono anche in questo caso da 6 3 = 3 parametri.
Vediamo ora il caso di 4 e 5 punti.
4.3.3. PROPOSIZIONE. Dati 5 punti del piano P
1
, . . . , P
5
, esiste almeno una conica passante per questi
5 punti.
Se i punti P
1
, . . . , P
5
sono 3 su una retta e 2 al di fuori di questa retta, esiste una unica conica riducibile
passante per questi punti.
Se i punti P
1
, . . . , P
5
sono a tre a tre non allineati, allora esiste una unica conica irriducibile passante
per P
1
, . . . , P
5
.
Se P
1
, . . . , P
4
sono a tre a tre non allineati, allora:
(1) le equazioni delle coniche passanti per P
1
, . . . , P
4
dipendono da due parametri omogenei;
4.3. FAMIGLIE DI CONICHE CON ENFASI SUI FASCI DI CONICHE 85
(2) le equazioni possono essere scritte come combinazione lineare delle equazioni di due coniche
qualsiasi distinte passanti per tali punti;
(3) esistono 3 coniche riducibili passanti per P
1
, . . . , P
4
: < P
1
, P
2
> , P
3
, P
4
>, < P
1
, P
3
>
, P
2
, P
4
> e < P
1
, P
4
> < P
2
, P
3
>.
DIMOSTRAZIONE. Imponendo il passaggio per i punti P
1
, . . . , P
5
otteniamo un sistema di 5 equazioni
lineari omogenee nelle variabili a, b, c, d, e, f
(4.3.3) A
_

_
a
b
c
d
e
f
_

_
=
_

_
0
0
0
0
0
_

_
,
con A R
5,6
. Le soluzioni di (4.3.3) formano un sottospazio di R
6
con coordinate (a, b, c, d, e, f) di
dimensione uguale a 6(A). Poich e (A) 5 abbiamo 6(A) 1 e quindi esiste almeno una soluzione
non nulla (a
0
, b
0
, c
0
, d
0
, e
0
, f
0
) del sistema che fornisce, sostituendo questi valori in (4.3.1), una conica
passante per P
1
, . . . , P
5
(se (a
0
, b
0
, c
0
) fosse uguale a (0, 0, 0) l equazione (4.3.1) diventerebbe di primo
grado e quindi esisterebbe una retta passante per i 5 punti; in questo caso esiste sicuramente una equazione
corrispondente a una altra soluzione con (a, b, c) ,= (0, 0, 0), ottenuta moltiplicando l equazione della retta
per i 5 punti per l equazione di una retta qualsiasi!).
Se P
3
< P
1
, P
2
>, allora tutte le coniche per P
1
, . . . , P
5
sono riducibili e contengono la retta <
P
1
, P
2
>. Essendo riducibili e dovendo passare anche per P
4
, P
5
che non appartengono a < P
1
, P
2
>,
otteniamo che l unica conica passante per questi cinque punti e < P
1
, P
2
> < P
4
, P
5
>. Quindi per
questi 5 punti abbiamo (A) = 5.
Supponiamo ora che i 5 punti siano a tre a tre non allineati. Affermiamo che in questo caso esiste una
unica conica irriducibile passante per questi punti. Infatti essendo 5 i punti, tutte le coniche passanti per questi
punti devono essere irriducibili (se la conica fosse riducibile, almeno 3 dovrebbero stare su una retta!). La
conica e unica se e solamente se lo spazio delle soluzioni del sistema precedente ha dimensione 1 e pertanto
se e e solamente se (A) = 5. Quindi se ci fossero almeno due coniche C
1
e C
2
distinte, di equazioni
f
1
(x, y) = 0, rispettivamente f
2
(x, y) = 0, (i.e. se lo spazio delle soluzione del sistema precedente avesse
dimensione almeno 2), allora le coniche di equazione f
1
(x, y) + f
2
(x, y) = 0 passano tutte per i punti
P
1
, . . . , P
5
(combinazioni lineari di soluzioni del sistema (4.3.3) continuano a essere soluzione del sistema
(4.3.3)). In luogo dei parametri omogenei (, ) possiamo considerare il parametro non omogeneo t =

e
ottenere la conica C
t
di equazione:
(4.3.4) f
1
(x, y) +tf
2
(x, y) = 0.
Per t = 0 otteniamo C
1
mentre C
2
corrisponde a t = . Scrivendo la matrice associata F
t
e calcolando il
determinante di F
t
otteniamo un polinomio [F
t
[ = p(t) di grado minore o uguale a 3, che ammette almeno
una radice, eventualmente complessa t
0
. Intatti p(t) , 0 perch e altrimenti ogni soluzione del sistema (4.3.3),
diversa da C

, sarebbe riducibile, fatto che abbiamo escluso. Se p(t) = ,= 0 fosse costante e non nullo, i.e.
di grado 0, consideranto sf
1
(x, y) +f
2
(x, y) = 0, considerando la matrice F
s
avremmo [F
s
[ = q(s) = s
3
.
Questo signica che nel caso precedente t = (o equivalentemente s = 0 e radice tripla). Possiamo
supporre che p(t) abbia grado 1, 2 o 3 e che quindi esista t
0
C tale che p(t
0
) = 0. In corrispondenza
a questo valore otterremmo una conica riducibile C
t0
passante per P
1
, . . . , P
5
che abbiamo visto non pu o
esistere. Questa contraddizione mostra che esiste una unica conica irriducibile per 5 punti a tre a tre non
allineati e pi u che in una famiglia di coniche ottenuta come combinazione lineare di due coniche distinte
abbiamo che o tutte le coniche di questo tipo sono riducibili (caso p(t) 0, polinomio nullo) oppure nella
famiglia ne esistono al pi u tre coniche riducibili (in questo caso p(t) , 0 e esistono quindi al pi u 3 radici del
polinomio).
86 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
Siano ora P
1
, . . . , P
4
R
2
punti a tre a tre non allineati. Il sistema che traduce il passaggio per questi e
della forma
(4.3.5) B
_

_
a
b
c
d
e
f
_

_
=
_

_
0
0
0
0
_

_
,
con B R
4,6
. Lo spazio delle soluzioni del sistema (4.3.5) ha dimensione 6 (B). Affermiano che
(B) = 4.
Prendendo un quinto punto P
5
tale che P
1
, . . . P
5
risultino a 3 a 3 allineati abbiamo un sistema del tipo
(4.3.3) ottenuto dal sistema (4.3.5) aggiungendo l ultima riga equazione omogenea che traduce il passaggio
per P
5
. Deduciamo dal Teorema di Kronecker (B) (A) (B) +1. Poich e (A) = 5 per quanto visto
precedentemente, abbiamo (B) = 4 come affermato. Le soluzioni del sistema (4.3.5) hanno dimensione
due e questo sottospazio vettoriale e generato da due qualsiasi soluzioni linearmente indipendenti in R
6
. L
equazione della famiglia si ottiene facendo la combinazione lineare di due qualsiasi coniche distinte passanti
per i 4 punti. Inutile osservare che sia preferibile scegliere le coniche riducibili passanti per questi 4 punti che
sono esattamente 3: la conica < P
1
, P
2
> < P
3
, P
4
>, la conica < P
1
, P
3
> < P
2
, P
4
> e la conica
< P
1
, P
4
> < P
2
, P
3
>. Infatti esistono nella famiglia coniche irriducibili e quindi quelle riducibili sono
al pi u 3 che corrispondono alle radici del polinomio p(t) costruito precedentemente.
Per analogia al caso dei fasci di rette o di piani, una famiglia di coniche le cui equazioni sono combina-
zione lineari di due equazioni corrispondenti a due coniche distinte C
1
e C
2
si dice fascio di coniche generato
da C
1
e C
2
. In questo caso tutte le equazioni delle coniche della famiglia, meno una, possono essere parame-
trizzate da un solo parametro non omogeneo (in questo caso la conica mancante corrisponde al valore del
parametro come visto precedentemente) e le equazioni di tutte le coniche del fascio possono essere descritte
anche come combinazione lineare di due qualsiasi coniche distinte C

1
e C

2
del fascio.
4.3.4. DEFINIZIONE. (Punti base di un fascio di coniche) I punti base del fascio di coniche C
t
, t R
sono i punti di R
2
per cui passano tutte le coniche di un fascio, i.e. ` e l insieme

tR
C
t
.
Osserviamo che tutte le coniche del fascio passano per C
1
C
2
come si deduce dall equazione (4.3.4)
precedente e quindi i punti base del fascio sono i punti di intersezione di due qualsiasi coniche distinte del
fascio. Infatti chiaramente
tR
C
t
C
1
C
2
mentre se p C
1
C
2
, allora f
1
(p) +tf
2
(p) = 0 +t 0 = 0
e pertanto p C
t
per ogni t R, i.e. p
tR
C
t
. Dalle due inclusioni segue quanto affermato:
C
1
C
2
=

tR
C
t
.
Abbiamo visto precedentemente che esiste almeno una conica riducibile in un fascio di coniche, chia-
miamola C

1
= L
1
L
2
. Supponiamo inoltre che non tutte le coniche del fascio siano riducibili. Generando
il fascio con C

1
e una seconda conica C

2
,= C

1
irriducibile, deduciamo che C

1
C

2
= (L
1
C

2
)(L
2
C

2
)
consiste al pi u di quattro punti visto che L
i
C

2
consiste al pi u di due punti. Dato un fascio, gli associamo
il polinomio p(t), che non e nullo se il fascio contiene almeno una conica irriducibile. Se il polinomio p(t)
ha grado d, 0 d < 3, allora avr a d radici eventualmente complesse contate con molteplicit a e s = 0 sar a
radice di molteplicit a 3 d di q(s). Quindi ci saranno d coniche riducibili contate con molteplicit a e t = ,
i.e. la conica C
2
sar a radice di molteplicit a 3 d.
Abbiamo quindi provato il seguente risultato.
4.3.5. PROPOSIZIONE. Dato un fascio di coniche di equazione (4.3.4), i punti base del fascio sono i
punti di intersezione di due qualsiasi coniche distinte del fascio.
Se esiste una conica irriducibile nel fascio , allora esistono nel fascio 3 coniche riducibili contate con
molteplicit a e esistono al pi u 4 punti base del fascio.
4.3. FAMIGLIE DI CONICHE CON ENFASI SUI FASCI DI CONICHE 87
Vediamo come procedere in alcuni esempi nello scrivere le equazioni del fascio di coniche passanti per 4
punti a tre a tre non allineati. Ovviamente questi 4 punti saranno per la Proposizione precedente i punti base
del fascio in questione. In seguito determineremo i punti base di altri fasci di coniche mostrando casi espliciti
dove il numero sia inferiore a 4.
4.3.6. ESEMPIO. Determinare e studiare il fascio di coniche avente i punti base O, A = (1, 1),
B = (4, 0), C = (1, 3). Determinare vertice ed asse della parabola di .
Consideriamo le tre coniche spezzate del fascio:
1) OB : y = 0; AC : x 1 = 0; OB AC : y(x 1) = 0;
2) OA : x +y = 0; BC : x +y 4 = 0 OA BC : (x +y)(x +y 4) = 0;
3) OC : 3x y = 0; AB : x 3y 4 = 0 OC AB : (3x y)(x 3y 4) = 0.
Per scrivere lequazione del fascio usiamo le prime due coniche:
(x +y)(x +y 4) +hy(x 1) = 0 C
h
: x
2
+ (2 +h)xy +y
2
4x (4 +h)y = 0
Due coniche spezzate si trovano per h = 0 e h = ; per trovare il valore di h che individua la terza conica
spezzata imponiamo il passaggio per un suo punto, ad esempio per il punto (2, 6). Si trova h =
16
3
. Da
questo deduciamo che [F
h
[ = h(h +
16
3
) con R

. Il fatto che il polinomio sia di secondo grado indica


che h = corrisponde a una conica riducibile nel fascio.
Per studiare le coniche irriducibili usiamo [F
h
[ =
1
4
h(h + 4):
[F
h
[ > 0 4 < h < 0 ELLISSI. Per h = 2 si ha la circonferenza x
2
+y
2
4x 2y = 0;
[F
h
[ < 0 h < 4, h > 0 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere;
[F
h
[ = 0 h = 4, 0 per h = 0 la conica e riducibile; per h = 4 si ha la parabola p : (xy)
2
4x = 0.
La parabola ha asse parallelo a x y = 0; secandola con la generica retta ortogonale allasse si ha
_
y = k x
(2x k)
2
4x = 0
4x
2
4(k + 1)x +k
2
= 0

4
= 8k + 4 = 0 k =
1
2
per cui
x =
1
4
, V = (
1
4
,
3
4
) con asse x y = 1
4.3.7. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche che ha punti base P = (0, 1), Q = (1, 0), R = (1, 4),
S = (2, 1). Studiare la parabola p di .
Scegliamo due delle tre coniche spezzate del fascio
(PQ) (RS) : (x + y 1)(x +y 3) = 0 ; (PS) (RQ) : (y 1)(2x +y 2) = 0

h
: x
2
+ 2(h + 1)xy + (h + 1)y
2
2(h + 2)x (4 + 3h)y + 3 + 2h = 0
Le due coniche spezzate che abbiamo usato per generare il fascio si trovano per h = 0, h = ; per trovare
il valore di h che determina la terza conica spezzata, scegliamo un punto della retta (PR) (che ha equazione
3x +y 1 = 0), ad esempio il punto (1, 2) e cerchiamo la conica di passante per questo punto. Si trova
h =
4
3
. Classichiamo le coniche irriducibili del fascio.
[F
h
[ =

1 h + 1
h + 1 h + 1

= h(h + 1)
[F
h
[ > 0 1 < h < 0 ELLISSI. Non ci sono circonferenze;
[F
h
[ < 0 h < 1, h > 0 IPERBOLI. Per h = 2 iperbole equilatera x
2
2xy y
2
+ 2y 1 = 0
[F
h
[ = 0 h = 1, 0. Per h = 1 si ha la parabola p : y = x
2
2x + 1.
La parabola p ha asse parallelo allasse y, vertice (1, 0), asse x 1 = 0, fuoco (1,
1
4
), direttrice 4y + 1 = 0.
88 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
4.3.8. ESEMPIO. Si considerino i punti O, A = (2, 0), B = (0, 2). Detta la circonferenza passante
per O, A, B, determinare il punto C = (k, 4 k) in modo tale che C . Studiare il fascio di coniche
avente come punti base O, A, B, C.
Si trova facilmente che ha equazione x
2
+y
2
2x 2y = 0. Imponendo che C si ha
2k
2
8k + 8 = 0 (k 2)
2
= 0 k = 2 C = (2, 2).
Per determinare il fascio richiesto usiamo due (delle tre) coniche spezzate: x(x 2) = 0, y(y + 2) = 0; il
fascio ha equazione
: x
2
+hy
2
2x 2hy = 0 .
Le due coniche spezzate che abbiamo usato si ritrovano per h = 0 e h = ; la terza si trova per h = 1
(basta imporre il passaggio per (1, 1)) ed ` e: (x y)(x +y 2) = 0. Usando [F
h
[ = h avremo:
h > 0 ELLISSI. Per h = 1 si trova la circonferenza ;
h < 0 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere.
Vediamo come possiamo determinare esplicitamente i punti base di un dato fascio secondo il metodo
della dimostrazione della Proposizione 4.3.5, i.e. utilizzando le coniche riducibili del fascio.
4.3.9. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche
: x
2
+hxy +y
2
+hx +hy +h 2 = 0
determinandone in particolare i punti base e le coniche spezzate. Studiare la parabola di .
Consideriamo la matrice associata alla generica conica di
F
h
=
_
_
1
h
2
h
2
h
2
1
h
2
h
2
h
2
h 2
_
_
[F
h
[ = h 2, [F
h
[ =
1
4
(4 h
2
)
Le coniche spezzate si trovano per h = 2 e per h = (con molteplicit a 2); hanno equazioni
h = 2 (x +y)
2
+ 2x + 2y = 0 (x +y)(x +y + 2) = 0;
h = xy +x +y + 1 = 0 (x + 1)(y + 1) = 0.
Intersecando a coppie queste rette si trovano i punti base (1, 1), (1, 1), (1, 1). Abbiamo quindi un
esempio di fascio con 3 punti base.
Studiamo le coniche irriducibili di .
[F
h
[ > 0 per 2 < h < 2 ELLISSI. Per k = 0 si ha la circonferenza x
2
+y
2
2 = 0;
[F
h
[ > 0 per h < 2, h > 2 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere;
[F
h
[ = 0 per h = 2. Per h = 2 si ha la parabola p : (x y)
2
2x 2y 4 = 0.
Lo studio di p ` e molto semplice perch e questa conica ha come asse di simmetria la prima bisettrice xy = 0;
il suo vertice ` e il punto (1, 1). Dagli invarianti [F[ = 4,
2
= 2 si ricava =

2, quindi si ottiene
lequazione canonica
p : y
2
= 2

2
4
x
In particolare la distanza focale ` e

2
8
.
4.3.10. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche di equazione
C
h
: x
2
+hxy +y
2
2 h = 0
determinandone in particolare i punti base e le coniche spezzate. Studiare liperbole equilatera
determinandone gli asintoti, gli assi, i vertici ed i fuochi.
4.3. FAMIGLIE DI CONICHE CON ENFASI SUI FASCI DI CONICHE 89
Dalla matrice associata alla generica conica di si ha
F
h
=
_
_
1
h
2
0
h
2
1 0
0 0 2 h
_
_

[F
h
[ =
1
4
(h + 2)(h
2
4)
[F
h
[ = 1
h
2
4
quindi le coniche spezzate distinte si ottengono per h = 2 e per h = 2 (radice doppia):
h = 2 : (x +y)
2
4 = 0 (x +y 2)(x +y + 2) = 0;
h = 2 : (x y)
2
= 0 .
Secando le coniche C
2
e C
2
si ottengono i punti base
_
x = y
x +y 2 = 0
(1, 1) doppio;
_
x = y
x +y + 2 = 0
(1, 1) doppio.
Quindi in questo caso il fascio ha solo due punti base P
1
= (1, 1) e P
2
= (1, 1).
Osserviamo che per h = si ottiene liperbole equilatera : xy 1 = 0. Classichiamo le coniche
irriducibili del fascio
[F
h
[ > 0 2 < h < 2 ELLISSI. Per h = 0 si ha la circonferenza x
2
+y
2
2 = 0;
[F
h
[ < 0 h < 2, h > 2 IPERBOLI. Per h = si trova ;
[F
h
[ = 0 h = 2 non ci sono parabole.
Liperbole equilatera ha unequazione ben nota: ` e riferita ai propri asintoti che quindi sono gli assi
cartesiani. Gli assi di simmetria sono la prima bisettrice x y = 0 (asse trasverso) e la seconda bisettrice
x +y = 0 (asse non trasverso); i vertici (1, 1) si ottengono secando con x y = 0 ed il semiasse reale
(cio` e la distanza di un vertice dal centro) ` e a =

2. Siccome leccentricit` a ` e e =

2, la distanza focale ` e
c = 2, quindi i fuochi hanno coordinate (

2,

2).
Consideriamo un esempio di fascio con 3 punti base di cui due sono complessi coniugati, i.e. le
coordinate di un punto sono le coniugate complesse delle coordinate dell altro punto.
4.3.11. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche
: x
2
2hxy +y
2
2x + 1 = 0
determinandone in particolare le coniche spezzate ed i punti base. Determinare asse e vertice della parabola
di ottenuta per h = 1.
Dalla matrice associata alla generica conica di si trova
F
h
=
_
_
1 h 1
h 1 0
1 0 1
_
_

[F
h
[ = h
2
[F
h
[ = 1 h
2
quindi per h = 0 si trova la conica spezzata (con molteplicit` a 2)
(x 1)
2
+y
2
= 0 (x 1 +iy)(x 1 iy) = 0.
La terza conica spezzata si trova per h = : xy = 0. Secando queste coniche si trovano i punti base (0, i)
e (1, 0). Per le coniche irriducibili si ha
[F
h
[ > 0 1 < h < 1 ELISSI. Non ci sono circonferenze.
[F
h
[ < 0 h < 1, h > 1 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere.
[F
h
[ = 0 h = 1 PARABOLE di equazione x
2
2xy +y
2
2x + 1 = 0.
Consideriamo la parabola x
2
+ 2xy + y
2
2x + 1 = 0, che ha asse parallelo a x + y = 0. Secando questa
parabola col fascio di rette ortogonali a x +y = 0 si trova
_
y = x h
(2x h)
2
2x + 1 = 0
4x
2
2(2h + 1)x +h
2
+ 1 = 0

4
= 4h 3 = 0 h =
3
4
quindi, per questo valore di h, si trovano il vertice V (
5
8
,
1
8
) e lasse 2x + 2y 1 = 0.
Analizziamo ora un fascio di coniche avente solo un punto base.
90 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
4.3.12. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche
: x
2
+ (h 1)y
2
2hx + 2h 1 = 0
determinando in particolare i punti base e le coniche spezzate di . Determinare assi, vertici, fuochi della
generica ellisse di .
Calcoliamo gli invarianti ortogonali
F
h
=
_
_
1 0 h
0 h 1 0
h 0 2h 1
_
_

[F
h
[ = h
3
+ 3h
2
3h + 1 = (h 1)
3
[F
h
[ = h 1
quindi si ha una sola conica spezzata (contata tre volte) per h = 1: x
2
2x + 1 = 0, i.e. (x 1)
2
= 0. Per
trovare i punti base sechiamo questa conica con un altra conica, ad esempio con quella che si ha per h = 0
_
x = 1
x
2
y
2
= 1
(1, 0) con molteplicit` a 4.
Riguardo alle coniche irriducibili di si ha:
[F
h
[ > 0 per h > 1 ELLISSI. Per h = 2 si ha la circonferenza x
2
+y
2
4x + 3 = 0;
[F
h
[ < 0 per h < 1 IPERBOLI. Per h = 0 si ha liperbole equilatera x
2
y
2
= 1;
per h = si ha la parabola y
2
2x + 2 = 0.
Per studiare le ellissi di supponiamo h > 1. Gli autovalori di A sono 1, h 1, entrambi positivi; inoltre
=
(h1)
3
h1
= (h 1)
2
> 0. Quindi le ellissi del fascio sono tutte reali. Le equazioni ridotta e canonica
delle coniche sono
x
2
+ (h 1)y
2
= (h 1)
2

x
2
(h 1)
2
+
y
2
h 1
= 1
Gli assi di simmetria delle ellissi sono le parallele agli assi cartesiani passanti per il centro di simmetria (h, 0);
inoltre se (h 1)
2
> h 1, cio` e se h > 2, lasse focale ` e lasse x, se 1 < h < 2 lasse focale ` e la retta
y = h. Inoltre la distanza focale ` e
_
[(h 1)(h 2)[.
4.3.13. ESEMPIO. Siano c la circonferenza di centro (1, 0) e di raggio 1, p la parabola passante per i
punti (1, 1), (4, 2). Studiare il fascio di coniche generato da c e da p, determinandone in particolare i
punti base e le coniche spezzate. Detta la conica passante per il punto (4, 0), determinare gli assi, i
vertici ed i fuochi di .
La circonferenza c ha equazione x
2
+y
2
2x = 0. Per determinare la parabola consideriamo la conica
spezzata nella retta x 1 = 0 (che congiunge i punti (1, 1) e (1, 1)) e nella retta x 4 = 0 (che congiunge
i punti (4, 2), (4, 2)) e la conica spezzata nella retta x3y +2 (che congiunge i punti (1, 1), (4, 2)) e nella
retta x + 3y + 2 (che congiunge i punti (1, 1), (4, 2)). Queste coniche deniscono il fascio di equazione
(x 3y + 2)(x + 3y + 2) +(x 1)(x 4) = 0 (1 +)x
2
9y
2
+ (4 5)x + 4(1 +) = 0
nel quale per = 1 si trova una sola parabola, p : y
2
x = 0. Possiamo considerare il fascio
: x
2
+y
2
2x +h(y
2
x) = 0 x
2
+ (h + 1)y
2
(2 +h)x = 0
F
h
=
_
_
1 0
h+2
2
0 h + 1 0

h+1
2
0 0
_
_
[F
h
[ =
1
4
(h + 1)(h + 2)
2
, [F
h
[ = h + 1
Nel fascio ci sono due sole coniche spezzate distinte, e sono:
h = 1: x
2
x = 0 x(x 1) = 0;
h = 2: x
2
y
2
= 0 (x y)(x +y) = 0.
Secando queste coniche si trovano i punti base O (0, 0) doppio, (1, 1). Per gli altri valori di h studiamo
le coniche irriducibili.
[F
h
[ > 0 h > 1 ELLISSI. Per h = 0 si trova la circonferenza c;
[F
h
[ < 0 h < 1 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere.
4.3. FAMIGLIE DI CONICHE CON ENFASI SUI FASCI DI CONICHE 91
[F
h
[ = 0 h = 1 SPEZZATA. Lunica parabola del fascio ` e p che si trova per h = .
Imponendo il passaggio per il punto (4, 0) si ha h = 2 quindi si ha lellisse : x
2
+3y
2
4x = 0. Siccome
nellequazione manca il termine misto, per trovare lequazione canonica di basta operare la traslazione che
porta lorigine nel centro di simmetria C (2, 0)
_
x = X + 2
y = Y
(X + 2)
2
+ 3Y
2
4(X + 2) = 0 X
2
+ 3Y
2
= 4
X
2
4
+
Y
2
4
3
= 1
Quindi gli assi sono le rette y = 0 e x = 2; i vertici sono i punti (0, 0), (4, 0), (2,
2

3
3
); inne siccome la
distanza focale ` e c =
2

6
3
i fuochi hanno coordinate (2
2

6
3
, 0).
Consideriamo ora una condizione diversa da imporre alle coniche. Abbiamo il seguente risultato.
4.3.14. PROPOSIZIONE. Sia P
1
= (x
1
, y
1
) e sia L : x + y + = 0 una retta passante per P
1
.
Allora tutte le equazioni delle coniche passanti per P
1
e tangenti in P
1
alla retta L dipendono da 4 parametri
omogenei.
Se P
2
, P
3
R
2
L e P
3
,< P
1
, P
2
>, allora le equazioni delle coniche passanti per P
1
, P
2
e P
3
e tangenti a L in P
1
formano un fascio che pu o essere generato dalle uniche coniche riducibili del fascio
L < P
2
, P
3
> e < P
1
, P
2
> < P
1
, P
3
>.
Se P
2
R
2
L e se L

e una retta passante per P


2
diversa da < P
1
, P
2
>, allora le equazioni delle
coniche passanti per P
1
e P
2
e tangenti in P
1
a L e in P
2
a L

formano un fascio che pu o essere generato


dalle equazioni delle uniche due coniche riducibili del fascio: L L

e < P
1
, P
2
> contata due volte.
Invece di fornire la dimostrazione dei casi precedenti in generali ci limitiamo a fornire una idea della
dimostrazione in un caso specico e in seguito applicheremo il risultato a esempi espliciti.
4.3.15. ESEMPIO. Determinare le equazioni di tutte le rette tangenti nell origine alla retta y + x = 0
vericando che dipendono da quattro parametri omogenei.
Consideriamo l equazione generale della conica (4.3.1). L equazione della retta tangente a (4.3.1) in
O = (0, 0) e
0 = [0 0 1]
_
_
a b d
b c e
d e f
_
_

_
_
x
y
1
_
_
= [d e f]
_
_
x
y
1
_
_
= dx +ey +f.
Questa retta coincide con y + x = 0 se e solamente se f = 0 e d = e, che sono due equazioni lineari
omogenee nelle variabili a, b, c, d, e, f. Quindi la famiglia corrisponde ai valori dei parametri (a, b, c, d, d, 0)
e dipende solo dai 4 parametri omogenei a, b, c, d.
Consideriamo ora esempi di fasci dei due tipi descritti nella Proposizione 4.3.14.
4.3.16. ESEMPIO. Studiare il fascio delle coniche che passano per O, per i punti A = (0, 2) e B =
(2, 2) e tangenti in B alla retta x + y 4 = 0. Determinare la conica C luogo dei centri di simmetria delle
coniche di . Precisare la natura di C.
Il fascio contiene due coniche spezzate (siamo nel caso della tangenza), la prima ` e spezzata nella
tangente e nella retta OA, la seconda nelle congiungenti OB, AB. Quindi
: hx(x +y 4) + (x y)(y 2) = 0 : hx
2
+ (h + 1)xy y
2
2(2h + 1)x + 2y = 0
Le coniche spezzate del fascio si trovano per h = 0, h = , quindi consideriamo le coniche irriducibili.
[F
h
[ =

h
h+1
2
h+1
2
1

=
1
4
(h
2
+ 6h + 1) = 0 h = 3 2

2
[F
h
[ > 0 per 32

2 < h < 3+2

2 ELLISSI. Per h = 1 si ha la circonferenza x


2
+y
2
2x2y = 0;
[F
h
[ < 0 per h < 3 2

2, h > 3 + 2

2 IPERBOLI. Per h = 1 si ha liperbole equilatera


x
2
+ 2xy y
2
6x + 2y = 0
92 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
[F
h
[ = 0 per h = 3 2

2 PARABOLE.
Dal sistema lineare associato alle prime due righe della matrice F
h
_
hx +
h+1
2
y 2h + 1 = 0
h+1
2
x y + 1 = 0
h =
2(y 1)
x
1
eliminando il parametro h si trova lequazione delliperbole equilatera
C : x
2
2xy y
2
x + 5y 4 = 0
4.3.17. ESEMPIO. Determinare e studiare il fascio delle coniche che passano per A = (1, 0) con
tangente x + y 1 = 0 e per B = (3, 0) con tangente x y 3 = 0. Studiare la parabola p di
determinandone vertice, fuoco, direttrice.
Per determinare lequazione di usiamo le sue due coniche spezzate: la prima ` e lunione delle due
tangenti: (x + y 1)(x y 3) = 0; la seconda ` e la retta congiungente i punti di tangenza, contata due
volte: y
2
= 0.
: (x +y 1)(x y 3) +hy
2
= 0 : x
2
+ (h 1)y
2
4x 2y + 3 = 0
Questo fascio contiene due sole coniche spezzate distinte, quelle che abbiamo adoperato, che si trovano per
h = 0 e per h = . Studiamo le coniche irriducibili di . Da [F
h
[ = h 1 otteniamo:
[F
h
[ > 0 h > 1 ELLISSI. Per h = 2 si ha la circonferenza x
2
+y
2
4x 2y + 3 = 0;
[F
h
[ < 0 h < 1 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere;
[F
h
[ = 0 h = 1 PARABOLA p : y =
1
2
x
2
2x +
3
2
.
Siccome la parabola trovata ha asse di simmetria parallelo allasse y, il suo studio ` e particolarmente semplice:
vertice V = (2,
1
2
), fuoco F = (2, 0), asse x 2 = 0, direttrice y + 1 = 0.
4.3.18. ESEMPIO. Studiare il fascio delle coniche che passano per O con tangente la retta x +y = 0
e per (1, 1) con tangente la retta x + y 2 = 0. Determinare asintoti, assi, vertici e fuochi delliperbole
equilatera di .
` e un fascio di coniche bitangenti; una conica spezzata
`
data dalle due rette tangenti, (x+y)(x+y2) =
0, laltra ` e la congiungente i punti di tangenza al quadrato (x y)
2
= 0, quindi
: (x +y)(x +y 2) +h(x y)
2
= 0 (1 +h)x
2
+ 2(1 h)xy + (1 +h)y
2
2x 2y = 0
Siccome conosciamo i punti base e le coniche spezzate di , caratterizziamo le sue coniche irriducibili.
F
h
=
_
1 +h 1 h
1 h 1 +h
_
[F
h
[ = 4h
[F
h
[ > 0 h > 0 ELLISSI. Per h = 1 si ha la circonferenza x
2
+y
2
x y = 0 ;
[F
h
[ < 0 h < 0 IPERBOLI. Per h = 1 si ha liperbole equilatera : 2xy x y = 0;
[F
h
[ = 0 h = 0 SPEZZATA. non contiene parabole.
Per studiare osserviamo che mediante la traslazione che porta lorigine nel centro di simmetria C = (
1
2
,
1
2
)
lequazione diverr` a del tipo XY = k
_
x = X +
1
2
y = Y +
1
2
: XY =
1
4
Gli asintoti sono le parallele agli assi passanti per C, 2x 1 = 0, 2y 1 = 0 ; gli assi sono le parallele alle
bisettrici passanti per C, x y = 0, x +y 1 = 0 ; i vertici (reali) si trovano secando con lasse trasverso
x y = 0, e si trovano i punti V
1
= (0, 0), V
2
= (1, 1); il semiasse reale ` e a = CV
1
=

2
2
quindi la distanza
focale ` e c = a

2 = 1 ed i fuochi hanno coordinate (


1

2
2
,
1

2
2
).
Concludiamo osservando che il fascio considerato nell Esempio 4.3.9 pu o essere descritto come il fascio
delle coniche passanti per P
1
= (1, 1) con tangente x + y + 2 = 0 e passante per P
2
= (1, 1) e
P
3
= (1, 1).
Il fascio dell Esempio 4.3.10 appare come il fascio delle coniche passanti per P
1
= (1, 1) con tangente
x +y 2 = 0 e per P
2
= (1, 1) con tangente x +y + 2 = 0.
4.4. ESERCIZI VARI SULLE CONICHE 93
4.4. Esercizi vari sulle coniche
4.4.1. ESEMPIO. Determinare la parabola p che ha vertice V = (1, 1), come asse la bisettrice del primo
quadrante e passante per il punto A = (3, 1). Determinare la circonferenza c di centro O e raggio

2.
Studiare il fascio di coniche generato da p e da c, determinandone in particolare i punti base e le coniche
spezzate.
Lasse di p ` e la prima bisettrice x y = 0, quindi la tangente nel vertice V ` e la retta x +y 2 = 0.
La parabola p passa anche per il punto B = (1, 3), simmetrico di A rispetto all asse x y = 0 di p.
Allora p appartiene al fascio di coniche passanti per A, B e tangenti in V alla retta L : x +y 2 = 0.
Utilizzando le coniche riducibili L < A, B > di equazione (x + y 2)(x + y 4) = 0 e < V, A >
< V, B > di equazione (y 1)(x 1) = 0, otteniamo il fascio precedente
k(x 1)(y 1) + (x +y 2)(x +y 4) = 0.
Si ottiene immediatamente, per k = 4,la parabola
p : x
2
2xy +y
2
2x 2y + 4 = 0.
La circonferenza c ha equazione x
2
+y
2
2 = 0 quindi il fascio da studiare ha equazione
: (1 +h)x
2
2xy + (1 +h)y
2
2x 2y + 4 = 0
F
h
=
_
_
1 +h 1 1
1 1 +h 1
1 1 4 2h
_
_
[F
h
[ = h
3
+ 3h 2 = (h 1)
2
(h + 2)
Per h = 1 Si ottiene la conica
x
2
(y + 1)x +y
2
y + 1 = 0 = 3(y 1)
2
< 0
spezzata in due rette immaginarie coniugate. Per h = 2 si ha la conica
(x +y)
2
+ 2(x +y) 8 = 0 (x +y + 1)
2
9 = 0
spezzata nelle rette x+y 2 = 0, x+y +4 = 0. Secando con queste rette la circonferenza c si hanno i punti
(1, 1) doppio, (2 i

3, 2

3). Per studiare le coniche irriducibili di consideriamo [F


h
[ = h
2
+ 2h
[F
h
[ > 0 h < 2, h > 0 . ELLISSI. Per h = si trova la circonferenza c.
[F
h
[ < 0 2 < h < 0 . IPERBOLI. Per h = 1 si ha liperbole equilatera xy +x +y 3 = 0.
[F
h
[ = 0 h = 2, 0. Per h = 0 si trova la parabola p.
4.4.2. ESEMPIO. Si considerino i punti 0 = (0, 0), A = (0, 2) e B = (2, 0) in R
2
.
(1) Determinare l equazione cartesiana della circonferenza R
2
passante per i punti 0, A e B.
(2) Determinare l equazione cartesiana delle rette l
1
e l
2
passanti per P = (1, 1) e tangenti alla
circonferenza .
(3) Determinare l equazione cartesiana delle iperboli aventi l
1
e l
2
come asintoti.
1) Le circonferenze del piano hanno equazione della forma x
2
+y
2
+ 2x + 2y + = 0. Imponendo
il passaggio per i tre punti 0, A e B che sono chiaramente non allineati otteniamo:
_
_
_
= 0
4 +4 + = 0
4 +4 + = 0
la cui unica soluzione e = 0, = 1, = 1. L equazione di e quindi x
2
+y
2
2x 2y = 0.
2) La retta polare di P rispetto a ha equazione cartesiana
0 =
_
1 1 1

_
_
1 0 1
0 1 1
1 1 0
_
_
_
_
x
y
1
_
_
=
_
2 0 0

_
_
x
y
1
_
_
= 2x.
La retta x = 0 taglia nei due punti 0 e A. Le rette l
1
e l
2
sono quindi le rette < P0 > e < PA > che
hanno equazioni y +x = 0 e x y + 2 = 0.
94 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
3) La parte omogenea di secondo grado di queste iperboli si ottiene moltiplicando la parte omogenea
delle equazioni delle rette e quindi sar a (x +y)(x y) = x
2
y
2
. L equazioni di tali iperboli e della forma
x
2
y
2
+2dx +2ey +f = 0 che per avere tali asintoti dovranno avere il centro in P = (1, 1). Nel nostro
caso abbiamo a = 1, b = 0 e c = 1 e quindi le equazioni del centro risultano
_
x +d = 0
y +e = 0
che ammettono P = (1, 1) come soluzione se e solo se d = 1 e e = 1. Le iperboli avranno equazioni della
forma x
2
y
2
+ 2x + 2y +f = 0 con f ,= 0.
4.4.3. ESEMPIO. In R
2
studiare il fascio di coniche di equazione
(h + 1)x
2
2xy + (1 h)y
2
2x 2y = 0,
h R. Trovare l equazione della conica luogo dei centri di simmetria delle coniche del fascio, vericando
che ` e una parabola e determinandone il vertice.
Consideriamo la matrice associata alla generica conica del fascio
F
h
=
_
_
h + 1 1 1
1 1 h 1
1 1 0
_
_

[F
h
[ = 4
[F[ = h
2
Osservato che [F[ = h
2
0, vediamo che per h ,= 0 si trovano iperboli (mai equilatere) perch e
[F
h
[ = 4 < 0 mentre per h = 0 si ottiene una parabola.
Inne, dal sistema dei centri di simmetria
_
(h + 1)x y = 1
x + (1 h)y = 1
Da queste equazioni ricaviamo che h =
1+y
x
1 e sostituendolo nella prima equazione troviamo che
: x
2
2xy +y
2
+x +y = 0.
` e una parabola con asse parallelo a x y = 0. Secandola col fascio di rette ortogonale all asse avremo il
vertice:
_
(x y)
2
+x +y = 0
x +y = k
(2x k)
2
+k = 0

4
= 4k
2
4k
2
4k = 0 k = 0
quindi il vertice ` e lorigine, lasse di simmetria ` e la retta x y = 0.
4.4.4. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche di equazione
(h + 1)x
2
2xy + (1 h)y
2
2x 2y = 0
determinandone in particolare le coniche spezzate ed i punti base. Trovare la conica luogo dei centri di
simmetria delle coniche di . Vericare che ` e una parabola, determinandone vertice ed asse di simmetria.
Consideriamo la matrice associata alla generica conica di
F
h
=
_
_
h + 1 1 1
1 1 h 1
1 1 0
_
_

[F
h
[ = 4
[F
h
[ = h
2
di conseguenza, lunica conica spezzata del fascio ` e quella che si ottiene per h = con molteplicit a 3:
x
2
y
2
= 0. Secando questa conica con unaltra conica del fascio, ad esempio con quella che si ottiene per
h = 0, si trovano i punti base:
_
x +y = 0
(x y)
2
2(x +y) = 0
O (0, 0) contato 2 volte
_
x y = 0
(x y)
2
2(x +y) = 0
O (0, 0).
4.4. ESERCIZI VARI SULLE CONICHE 95
Osservato che [F
h
[ = h
2
0, vediamo che per h ,= 0 si trovano iperboli (mai equilatere) mentre per h = 0
si trova la parabola che abbiamo gi` a considerato. Inne, dal sistema dei centri di simmetria
_
(h + 1)x y = 1
x + (1 h)y = 1
h =
1 +y
x
1 : x
2
2xy +y
2
+x +y = 0.
` e una parabola di asse parallelo a x y = 0. Secandola col fascio di rette ortogonale a x y = 0 avremo
il vertice:
_
(x y)
2
+x +y = 0
x +y = k
(2x k)2 +k = 0

4
= 4k
2
4k
2
4k = 0 k = 0
quindi il vertice ` e lorigine, lasse di simmetria ` e la prima bisettrice.
4.4.5. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche di equazione
: x
2
+ (k + 2)xy +y
2
x y = 0
determinandone in particolare le coniche spezzate ed i punti base. Studiare la parabola di trovandone asse,
vertice, fuoco.
Osserviamo che le coniche del fascio sono simmetriche rispetto alla prima bisettrice. Consideriamo la
matrice associata alla generica conica di
F
h
=
_
_
1
h+2
2

1
2
h+2
2
1
1
2

1
2

1
2
0
_
_

[F
h
[ =
h
4
[F
h
[ =
h
2
+h
4
le coniche spezzate si trovano per h = 0 e h = :
h = 0 : x
2
+ 2xy +y
2
x y = 0 (x +y)(x +y 1) = 0
h = : xy = 0
Intersecando le coniche spezzate si trovano facilmente i punti base (0, 1), (1, 0), (0, 0). Studiamo le coniche
irriducibili di .
[F
h
[ > 0 4 < h < 0 ELLISSI. Per h = 2 si trova la circonferenza x
2
+y
2
x y = 0;
[F
h
[ < 0 h < 4, h > 0 IPERBOLI. Non ci sono iperboli equilatere.
[F
h
[ = 0 h = 4, 0 . Per h = 4 si trova la parabola p : x
2
2xy +y
2
x y = 0.
Come abbiamo visto, p ha per asse la prima bisettrice x y = 0 e quindi ha vertice nellorigine. Per
calcolare la distanza focale
p
2
occorre determinare lequazione canonica di p. Partendo dallequazione ridotta
y
2
= 2x, poich e = 2 e =

2
2
, si trova lequazione canonica
p : y
2
= 2

2
4
x p =

2
4
quindi il fuoco ` e F = (
1
8
,
1
8
).
4.4.6. ESEMPIO. Studiare il fascio di coniche
: x
2
+ 2hxy +y
2
2(h + 1)x +h = 0
determinando, in particolare, le coniche spezzate ed i punti base di .
Consideriamo la matrice F
h
associata alla generica conica di
F
h
=
_
_
1 h 1 h
h 1 0
1 h 0 h
_
_

[F
h
[ = (h + 1)(h
2
+ 1)
[F
h
[ = 1 h
2
96 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
quindi il fascio contiene tre coniche spezzate distinte, una sola delle quali ` e reale, per h = 1. Si tratta della
conica (x y 1)(x y + 1) = 0. Per trovare i punti base sechiamo questa conica con unaltra conica di
, ad esempio con quella ottenuta per h = 0
_
y = x 1
x
2
+y
2
2x = 0
(1

2
2
,

2
2
)
_
y = x + 1
x
2
+y
2
2x = 0
(i

2
2
, 1 i

2
2
)
Caratterizziamo le coniche irriducibili di
[F
h
[ > 0 per 1 < h < 1 ELLISSI. Per h = 0 si ha la circonferenza x
2
+y
2
2x = 0.
[F
h
[ < 0 per h < 1, h > 1 IPERBOLI. Per h = si ha liperbole equilatera 2xy 2x + 1 = 0.
[F
h
[ = 0 per h = 1. Per h = 1 si ha la PARABOLA x
2
+ 2xy +y
2
4x + 1 = 0.
4.5. Esercizi vari sulle quadriche
Una quadrica dello spazio R
3
ha equazione della forma
(4.5.1) ax
2
+ 2bxy +cy
2
+ 2dxz + 2eyz +fz
2
+ 2gx + 2hy + 2lz +m = 0,
con (a, b, c, d, e, f) ,= (0, 0, 0, 0, 0, 0). Inoltre moltiplicando l equazione (4.5.1) per una costante R

si ottiene una altra equazione della stessa quadrica. Deduciamo che le quadriche dello spazio dipendono da
10 parametri, che diremo parametri omogenei, a meno della moltiplicazione per una costante non nulla o
equivalentemente che dipendono da 9 parametri, che diremo parametri non omogenei, ottenuti dividendo i
parametri omogenei per uno dei medesimi. Concludiamo che una quadrica e univocamente determinata da 9
condizioni linearmente indipendenti.
Generalizziamo al caso delle quadriche alcuni risultati ottenuti per le coniche del piano e dimostriamo
alcuni interessanti fatti geometrici discussi durante le lezioni.
4.5.1. PROPOSIZIONE. Dati (al pi u) 9 punti dello spazio P
1
, . . . , P
9
R
3
, esiste almeno una quadrica
passante per questi 9 punti.
Date tre rette dello spazio L
1
, L
2
, L
3
, esiste una unica quadrica contenente queste 3 rette.
Date tre rette dello spazio L
1
, L
2
, L
3
, a due a due sghembe, esiste una unica quadrica di rango massimo
contenente queste 3 rette. La quadrica in questione pu o essere un paraboloide iperbolico o un iperboloide
iperbolico.
Il luogo descritto dalle rette incidenti 3 rette L
1
, L
2
, L
3
, a due a due sghembe tra di loro, e l unica
quadrica Q di rango massimo che le contiene.
Data una quarta retta L
4
P
3
tale che L
4
Q = P
1
, P
2
, esistono solo due rette L, L

R
3
incidenti
le 4 rette L
1
, L
2
, L
3
, L
4
. In particolare date 4 rette generali dello spazio R
3
esistono due rette di R
3
incidenti
le 4 rette assegnate.
DIMOSTRAZIONE. Imponendo il passaggio per i punti P
1
, . . . , P
9
otteniamo un sistema di 9 equazioni
lineari omogenee nelle 10 variabili a, b, c, d, e, f, g, h, l, m
(4.5.2) A
_

_
a
b
c
d
e
f
g
h
l
m
_

_
=
_

_
0
0
0
0
0
0
0
0
0
_

_
,
con A R
9,10
. Le soluzioni di (4.5.2) formano un sottospazio di R
10
con coordinate (a, b, c, d, e, f, g, h, l, m)
di dimensione uguale a 10 (A). Poich e (A) 9 abbiamo 10 (A) 1 e quindi esiste alme-
no una soluzione non nulla (a
0
, b
0
, c
0
, d
0
, e
0
, f
0
, g
0
, h
0
, l
0
, m
0
) del sistema (4.5.2) che fornisce, sostituen-
do questi valori in (4.5.1), una quadrica passante per P
1
, . . . , P
9
(se (a
0
, b
0
, c
0
, d
0
, e
0
, f
0
) fosse uguale a
(0, 0, 0, 0, 0, 0) l equazione (4.5.1) diventerebbe di primo grado e quindi esisterebbe un piano passante
4.5. ESERCIZI VARI SULLE QUADRICHE 97
per i 9 punti; in questo caso esiste sicuramente una equazione corrispondente a una altra soluzione con
(a
0
, b
0
, c
0
, d
0
, e
0
, f
0
) ,= (0, 0, 0, 0, 0, 0), ottenuta moltiplicando l equazione della piano per i 9 punti per l
equazione di un piano qualsiasi).
Date L
i
, i = 1, 2, 3, possiamo prendere 3 punti su ogni retta L
i
e produrre 9 punti di R
3
: P
1
. . . , P
9
.
Esiste quindi almeno una quadrica Q contenente i punti P
j
, j = 1, . . . , 9. Questa quadrica contiene ogni
retta L
i
perch e ne contiene almeno tre punti distinti (una quadrica e una retta non contenuta nella quadrica si
intersecano al pi u in 2 punti!). Tutte le quadriche che passano per i 9 punti contengono le tre rette.
Supponiamo ora che le rette siano a due a due sghembe. Affermiamo che in questo caso tutte le quadriche
contenenti le tre rette date devono essere di rango massimo. Infatti le quadriche di rango minore o uguale a 3
non contengono 3 rette a due a due sghembe (le rette di un cono reale irriducibile passano tutte per il vertice e
quindi si intersecano; le rette di un cilindro irriducibile sono tutte parallele tra di loro; 3 rette in una quadrica
di rango due non possono essere a due a due sghembe perch e almeno due sono contenute in un piano; le rette
in una quadrica di rango 1 sono tutte complanari!). Da questo fatto deduciamo che esiste una unica quadrica
di rango massimo contenente L
1
, L
2
, L
3
.
Infatti se ci fossero almeno due quadriche Q
1
e Q
2
distinte, di equazioni f
1
(x, y, z) = 0, rispettivamente
f
2
(x, y, z) = 0, (i.e. se lo spazio delle soluzione del sistema precedente avesse dimensione almeno 2),
contenenti i 9 punti scelti, allora le quadriche di equazione f
1
(x, y, z) +f
2
(x, y, z) = 0 passano tutte per
i punti P
1
, . . . , P
9
(combinazioni lineari di soluzioni del sistema (4.5.2) continuano a essere soluzione del
sistema (4.5.2)). In luogo dei parametri omogenei (, ) possiamo considerare il parametro non omogeneo
t =

e ottenere la quadrica Q
t
di equazione:
(4.5.3) f
1
(x, y) +tf
2
(x, y) = 0.
Per t = 0 otteniamo Q
1
mentre Q
2
corrisponde a t = . Scrivendo la matrice associata F
t
e calcolando il
determinante di F
t
otteniamo un polinomio [F
t
[ = p(t) di grado minore o uguale a 4, che ammette almeno
una radice, eventualmente complessa t
0
. Intatti p(t) , 0 perch e altrimenti ogni soluzione del sistema (4.5.2),
diversa da Q

, sarebbe di rango minore o uguale a 3, fatto che abbiamo escluso. Se p(t) = ,= 0 fosse
costante e non nullo, i.e. di grado 0, consideranto sf
1
(x, y, z) + f
2
(x, y, z) = 0, considerando la matrice
F
s
avremmo [F
s
[ = q(s) = s
4
. Questo signica che nel caso precedente t = (o equivalentemente
s = 0 e radice quadrupla) e che la quadrica Q
2
non sia di rango massimo. Possiamo supporre che p(t)
abbia grado 1, 2, 3 o 4 e che sia t
0
C tale che p(t
0
) = 0. In corrispondenza a questo valore otterremmo
una quadrica Q
t0
di rango minore o uguale a 3 passante per P
1
, . . . , P
9
che abbiamo visto non pu o esistere.
Questa contraddizione mostra che esiste una unica quadrica di rango massimo contenente 3 rette a due a due
sghembe. Questa quadrica Q risulta essere un paraboloide iperbolico o un iperboloide iperbolico.
Sia L una retta incidente L
1
, L
2
, L
3
. Allora L taglia Q in almeno 3 punti distinti e per l argomento
richiamato precedentemente risulta contenuta in Q. Il luogo delle rette incidenti 3 rette date coincide quindi
con la quadrica Q determinata precedentemente in maniera indiretta e ne permette una costruzione esplicita.
Dato P
r
L
4
Q, r = 1, 2, esistono due rette contenute in Q e passanti per P
r
. Dall analisi del reticolato
delle rette di un paraboloide iperbolico o di un iperboloide iperbolico deduciamo che una delle due rette
e sghemba con L
i
per ogni i = 1, 2, 3 mentre l altra retta passante per P
r
incide le tre rette L
1
, L
2
, L
3
e anche L
4
poich e passa per P
r
. Abbiamo prodotto due rette incidenti L
1
, L
2
, L
3
, L
4
. Una retta incidente
L
1
, L
2
, L
3
, L
4
deve essere contenuta in Qperch e incide le prime tre rette e passare per P
1
o P
2
visto che L
4

Q = P
1
, P
2
. Abbiamo dimostrato che esistono esattamente due rette incidenti le 4 rette L
1
, L
2
, L
3
, L
4
.

Utilizziamo la descrizione dell unica quadrica contenente 3 rette assegante, a due a due sghembe, come
luogo delle rette incidenti le tre rette date per determinarne una equazione esplicita e quindi riconoscerla.
4.5.2. ESEMPIO. Sia P
t
= (t, 0, 0) R
3
con t R, sia l
1
R
3
la retta di equazioni cartesiane
x = 0 = z + 1 e sia l
2
R
3
la retta di equazioni cartesiane x + 1 = 0 = y + 1.
(1) Per i valori di t R per cui e denita, scrivere le equazioni cartesiane della unica retta l
t
R
3
passante per P
t
e incidente le due rette sghembe l
1
e l
2
.
(2) Eliminare il parametro t dalle equazioni cartesiane di l
t
, ottenendo una equazione di secondo grado
f(x, y, z) = 0 (cioe ricavare t in una delle due equazioni cartesiane della retta, sostituire nella
rimanente e eliminare i denominatori), e quindi riconoscere la quadrica Q R
3
avente equazione
f(x, y, z) = 0.
98 4. ESERCIZI CONICHE E QUADRICHE
(3) La quadrica Q e l unica quadrica di R
3
contenente le tre rette l
1
, l
2
, l
3
, dove l
3
= z.
1) Sia x + (z + 1) = 0 il fascio di piani contenenti l
1
. Imponiamo il passaggio per P
t
ottenendo
t + = 0, i.e. = t, e quindi x t(z + 1) = 0.
Sia (x+1)+(y+1) = 0 il fascio di piani contenenti l
2
. Imponiamo il passaggio per P
t
: (t+1)+ =
0, i.e. = (t + 1), e quindi x + 1 (t + 1)(y + 1) = 0 che semplicata si pu o scrivere come
x y t(y + 1) = 0. Deduciamo le seguenti equazioni cartesiane della retta l
t
:
_
x t(z + 1) = 0
x y t(y + 1) = 0
.
2) Dalla prima equazione cartesiana di l
t
ricaviamo t =
x
z+1
che sostituito nella seconda equazione
fornisce
x y
x
z + 1
(y + 1) = 0.
Eliminando il denominatore otteniamo l equazione di secondo grado
(x y)(z + 1) x(y + 1) = 0,
che riscriviamo, dopo aver semplicato e aver moltiplicato per 2, come
2xz 2xy 2yz 2y = 0.
Le matrici associate alla quadrica Q di equazione 2xz 2xy 2yz 2y = 0 sono:
F =
_

_
0 1 1 0
1 0 1 1
1 1 0 0
0 1 0 0
_

_
, F =
_
_
0 1 1
1 0 1
1 1 0
_
_
.
Abbiamo [F[ = 1 e [F[ = 2. La quadrica e di rango massimo e non e un paraboloide perch e [F[ ,= 0.
Contenendo le rette l
2
e l
3
, deve necessariamente essere un iperboloide a una falda, detto anche iperboloi-
de iperbolico. Ricordiamo infatti che il paraboloide iperbolico e l iperboloide iperbolico sono le uniche
quadriche di rango massimo contenenti rette.

You might also like