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Scienze umane | Etica e valori moraliWebethics.net

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Scienze umane
Tue, 10/05/2010 - 12:29 admin

Con l'espressione scienze dell'uomo o scienze umane si soliti indicare quel complesso di discipline che hanno conosciuto un grande sv iluppo nel corso del Nov ecento e che hanno cercato di definire metodi e contenuti di una trattazione scientifica (contrapposta al tradizionale approccio filosofico, morale, storico, religioso) dell'uomo e delle sue funzioni comunicativ e, psicologiche, sociali, culturali e cos v ia. Non l'uomo, dunque, come soggetto, ma l'uomo come oggetto psicologico, sociologico, antropologico, economico, giuridico al centro di questa ricerca che paradossalmente, in alcuni importanti indirizzi contemporanei (come lo strutturalismo), si caratterizzata per un atteggiamento sostanzialmente antiumanistico e antistoricistico. La questione epistem ologica E' a partire dalla seconda met dell'Ottocento che alcune di queste discipline - psicologia, antropologia, sociologia e diritto - si sono enucleate cercando di distinguersi all'interno delle grandi famiglie delle scienze dov e sino ad allora il sapere scientifico era fatto identico al sapere naturalistico. Le scienze umane cominciano a riv endicare alloro interno un rapporto peculiare tra soggetto e oggetto della conoscenza scientifica e tuttav ia molti orientamenti hanno continuato a mutuare dalle scienze della natura il metodo, nel senso che non solo hanno proceduto analiticamente e sperimentalmente, ma hanno mirato soprattutto alla quantificazione statistica dei dati, curando l'obiettiv it dei procedimenti e degli strumenti. Tra i tentativ i di differenziarsi da questa impostazione, nell'Ottocento, non da dimenticare l'apporto di Wilhelm Dilthey (Introduzione alle scienze dello spirito, 1 883) che ha nettamente separato le scienze della natura (Naturw issenschaften) da quelle che chiama le scienze dello spirito (Geistesw issenschaften); queste ultime sono per lui dominate dall'obiettiv o di raggiungere il singolare e l'indiv iduale nella realt storico-sociale, obiettiv o realizzabile per il fatto che c' un'originariet dell'esperienza v issuta. Il comprendere storico (div erso dallo spiegare scientifico che procede per definizioni e concetti generali) si fonda sull'analogia tra l'esperienza v issuta degli attori sociali e dello studioso; assume infatti l'esperienza v issuta come materia dei segni (in primis il linguaggio), in cui questa esperienza si esprime. Connettere v ita, espressione e intendimento, e unire in un sistema l'elemento comune in un certo campo (il tipo) con l'indiv idualit che in esso si esprime, il compito delle scienze dello spirito, in particolare della psicologia. Dieci anni pi tardi Wilhelm Windelband (Storia e scienza naturale, 1 884), ha definito nomotetiche le scienze della natura in quanto riv olte a stabilire leggi univ ersali e idiografiche le scienze dello spirito, poich il loro oggetto la forma storicamente determinata dell'ev ento singolo. Il compito di precisare la scientificit peculiare delle scienze storico-spirituali, caratterizzandone il rigore in modo indipendente da ogni riduzionismo positiv istico v iene ulteriormente precisato dal filosofo Heinrich Rickert e dallo psicologo Hugo Mnsterberg, dallo storicismo tedesco e italiano, dalla scuola di Marburgo e dalla fenomenologia.
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Rilev ante stato anche il contributo di Max Weber alla metodologia delle scienze sociali, con la sua insistenza sulla comprensione ermeneutica per intendere il senso dell'agire sociale che intriso di orientamenti soggettiv i ed accompagnato dall'esigenza di sottoporre ad un sev ero controllo scientifico le scelte e le tecniche di analisi dell'osserv atore. La conoscenza dell'indiv iduale, del senso soggettiv amente inteso, trov a la sua base nella costruzione di tipi ideali che permettono di sottoporre gli elementi componenti il tipo medesimo a quella che Weber chiama imputazione casuale. Questa, tuttav ia, non intesa come procedura esplicativ a deterministica, dipendente da regolarit empiriche obiettiv e (secondo la prospettiv a positiv istica); inv ece v ista da Weber come principio di adeguatezza, v ale a dire come semplice v alutazione della capacit di una certa teoria, di un certo tipo ideale, di sapere organizzare comprensibilmente e controllabilmente un certo gruppo di ev enti. Questo dibattito relativ o all'epistemologia delle scienze umane, pur potendosi definire per certi suoi aspetti datato, per altri ancora attuale. Si pensi ad esempio all'opposizione concettuale tra spiegare e comprendere che stata ed motiv o di ampie discussioni in autori come Gadamer, Apel e Habermas, sov ente in dura polemica tra di loro. Sviluppi novecenteschi Le scienze umane che per prime si sono costituite come tali hanno dato luogo a v icende e a esiti molto differenziati e controv ersi. il caso della psicologia che, per tutto l'Ottocento, s impegnata a darsi una configurazione scientifica concependosi come scienza dei fenomeni interni (o fatti di coscienza), indagabili mediante il metodo dell'introspezione e della riflessione e messi in connessione con i fatti fisiologici e fisici. Il carattere scientifico del suo metodo era riconosciuto mediante il ricorso all'esperimento, all'induzione e al calcolo matematico. Ma nel Nov ecento importanti correnti di pensiero (la psicologia della forma, il comportamentismo e il funzionalismo), hanno condotto una profonda rev isione degli originari presupposti teorici sulla scia di una forte reazione antipositiv istica con il decisiv o apporto, soprattutto negli Stati Uniti, dell'ev oluzionismo e del pragmatismo, sulla spinta di nuov e esigenze espresse dalla societ industriale av anzata. D'altra parte le principali correnti di stampo psicanalitico hanno abbandonato il campo della psicologia scientifica per porre al centro della considerazione l'inconscio come parte della sfera psichica rimasta ignorata o deliberatamente emarginata. La sociologia, inv ece, che si dapprima impegnata a definirsi come scienza autonoma nei propri metodi e nei propri contenuti (con Durkheim e Max Weber), si poi caratterizzata negli Stati Uniti come scienza descrittiv a della realt sociale e come ricerca dei modi che consentono il mantenimento dell'ordine, del consenso, della coesione e dell'adattamento. Questo l'ha spinta ad indagare anche i punti di crisi e le disfunzioni di un determinato sistema per rimuov erle e promuov ere la realizzazione di un sistema migliore. Non sono per mancati apporti all'elaborazione della teoria sociologica, rilev ante quello strutturalfunzionalista (con Talcott Parsons e Robert Merton) che considera la societ come un sistema in azione, in cui ogni parte funziona comunque in rapporto con tutte le altre. Gli studi antropologici, sorti nel clima positiv istico, hanno v ia v ia acquisito una specifica fisionomia, s che l'antropologia come disciplina scientifica (distinta dall'etnologia come studio dei cosiddetti popoli primitiv i) si v enuta definendo come antropologia culturale, v ale a dire come studio della cultura dei v ari gruppi umani e con ci stesso v enuta distinguendosi dall'antropologia fisica e dall'antropologia filosofica. All'interno di questo itinerario si dapprima affermata un'impostazione di stampo ev olutiv o che ha cercato di riconoscere le leggi che regolano l'ev oluzione nel tempo delle societ umane, facendo ampiamente uso del metodo comparativ o. Antitetico stato inv ece l'indirizzo cosiddetto diffusiv o; per esso infatti sono i cicli storici e le aree culturali a spiegare somiglianze e differenze tra le societ, in ciascuna delle quali da indiv iduare il centro di diffusione dei determinati fattori che definiscono i rapporti con altri sistemi sociali. Contro l'astrattezza di questi scherni e modelli generali si affermata la tesi (proposta da Franz Boas) che tratta ciascuna cultura come risultato di una molteplicit di fattori interni ed esterni da analizzare direttamente con indagini sul campo. La centralit assunta dal concetto di cultura ha contribuito a dissolv ere due pregiudizi molto tenaci: l'identificazione di cultura con civ ilt in genere e, in maniera pi specifica, con la civ ilt europea. Ancora pi accidentato si riv elato il percorso del pensiero giuridico che ha v isto la ripresa di
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motiv i giusnaturalistici (la legge ha v alidit giuridica se giusta), il recupero dell'eredit della scuola storica del diritto per la quale il diritto nient'altro che l'insieme delle norme' efficaci che nascono dalla societ per soddisfare interessi e bisogni e la riattuazione di motiv i del contrattualismo. Grande incidenza ha av uto Hans Kelsen (cfr. Dottrina pura del diritto, 1 933): a partire dalla tesi che la scienza giuridica non in grado di pronunciare giudizi di v alore ha elaborato una dottrina pura del diritto inteso come sistema-ipotetico-deduttiv o nel quale il fondamento di una norma pu essere soltanto un'altra norma. Il che presuppone una norma fondamentale capace di dare conto di come si producono le altre norme giuridiche. La v alidit della norma, tuttav ia, non riconducibile alle situazioni di fatto e alle v alutazioni degli uomini, ma alla capacit di costruire una tecnica sociale di organizzazione della forza. La svolta strutturalista L'amplissimo v entaglio delle impostazioni, dei metodi e dei risultati delle scienze umane ha tenuto sempre aperto il discorso relativ o alloro statuto epistemologico. Per questo, a partire dagli anni Cinquanta, ha trov ato largo ascolto un orientamento nato dalla cultura francese, chiamato strutturalismo, che presenta un punto di v ista unitario su tutto il mondo dell'uomo. I suoi antecedenti si trov ano nel campo delle ricerche linguistiche (da De Saussure in poi) che hanno trov ato poi applicazione in altre scienze umane, dall'antropologia alla sociologia, dall'etnologia alla psicologia. In senso generale lo strutturalismo rappresenta un metodo e un approccio ai problemi dell'uomo che v anno oltre lo stesso specifico indirizzo di pensiero. Si oppone a ogni teoria e filosofia che si fondi sul presunto primato o su una presunta originariet e purezza della coscienza, della soggettiv it, dell'indiv iduo; si presenta anzi come espressione di una filosofia senza soggetto perch ci che normalmente chiamato coscienza ritenuto il riflesso deformato e misconosciuto dei meccanismi inconsci che lo producono. Soggettiv it e indiv iduo sono il punto di incontro delle strutture, oggettiv e e impersonali, che lo determinano. Lo strutturalismo pone infatti al centro i concetti di struttura, sistema, insieme come indicativ i di un modello latente nelle cose, esplicativ o ed esemplificativ o della realt, ma non appartenente esso stesso alla realt. In altre parole, non sono i termini elementari che costituiscono una struttura o un sistema, ma al contrario l'esistenza di strutture o sistemi che consente di indiv iduare e comprendere i singoli termini, sv elando le relazioni in cui essi si trov ano e le funzioni che essi sv olgono. Non v i quindi la possibilit di un'interpretazione indiv idualizzante e dev 'essere data la preminenza, rispetto all'approccio diacronico (storico-temporale), a quello sincronico. La scientificit con cui trattare i fatti umani sta nella loro riconduzione a segni o a sistemi di segni e nella loro formalizzazione. Con Claude Lv i-Strauss (Antropologia strutturale, 1 958), tematizzato l'incontro tra antropologia e strutturalismo. L'applicazione del metodo ai rituali, ai miti, alle pratiche magiche e artistiche, ai sistemi di classificazione, ai modi di espressione simbolica delle cosiddette societ primitiv e, porta Lv i-Strauss a concludere che le stesse forme logiche del nostro pensiero civ ilizzato operano in modo inconscio nel pensiero selv aggio e che la comunicazione si attua anche mediante gli aspetti non v erbali della cultura che funzionano come v eri e propri sistemi simbolici ( il caso della cucina, del totem, dei tab). In tal modo l'antropologia di Lv i-Strauss rov escia radicalmente i tradizionali punti di v ista umanistici. Lo sv iluppo contemporaneo delle scienze umane ha portato all'attenzione del pensiero teologico e filosofico un'enorme quantit di dati che suscitano esigenze morali, ma anche la frequente pretesa, come nel caso dello strutturalismo, di offrire un punto di v ista esclusiv o sull'uomo, s da dedurre comportamenti rigidamente normativ i. La precomprensione dottrinale, non sempre esplicitata, che alla base del loro quadro di riferimento teorico richiede l'instaurarsi di un rapporto critico che si fa v ia v ia pi urgente se si considera il fatto che lo studio sistematico del mondo umano si accompagna frequentemente all'elaborazione di tecnologie di interv ento che hanno il dichiarato obiettiv o di orientare e manipolare il v issuto quotidiano. __________ Bibliografia: - AA.V V ., Specificit des sciences humaines en tant que sciences , Tilgher, Genov a 1 97 8 - L. Goldmann, Scienze umane e filosofia , Feltrinelli, Milano 1 981 - G. Gusdorf, Origini delle scienze umane , EGIG (Nuov a Atlantide), Milano 1 992 - B. Mondin, Scienze umane e teologia , Urbaniana Univ ersity Press, Roma 1 988 - C. Pogliano, Scienze della natura e scienze
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dell'uomo. Momenti di un rapporto , F. Angeli, Milano 1 986 - L. Rossi, Dalla filosofia alle scienze dell'uomo. Riviste scientifiche e origine delle scienze sociali in Italia (1 87 1 -1 981 ), F. Angeli, Milano 1 988.

V oce a cura di: Piergiorgio Grassi, Docente di Filosofia della religione, Univ ersit di Urbino ___ Tratto da: S. Leone, S. Priv itera, Dizionario di Bioetica , ISB, Acireale 1 994. Si v eda anche il pi recente: S. Leone, S. Priv itera, Nuovo Dizionario di Bioetica , Citt Nuov a - ISB, Roma Acireale 2004.

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