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Introduzione
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anno dieci numero ventiquattro
Paolo Benciolini
60 Comunicazione sanitaria
e Medicina Legale
5 TRA CITTADINO E PAZIENTE:
IL DESTINATARIO Federica Bresciani
DELL’INFORMAZIONE 66 Caratteristiche del
SANITARIA processo comunicativo
Mauro Miselli
38 Informazione sanitaria 83 COMUNICAZIONE
e “disease mongering” E “SILENZIO TERAPEUTICO”:
IL DIRITTO DI SAPERE
50 I casi E DI NON SAPERE
Mauro Barni
55 LA COMUNICAZIONE TRA 90 Diritto di non sapere
GLI OPERATORI SANITARI e obbligo informativo
“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita del loro numero e dalla moltiplicazione dei
collegamenti, accomunati dal risveglio della speranza e dell’angoscia per il futuro, gli uomini di
domani lavoreranno per la formazione di una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”.
(Pierre Teilhard de Chardin)
“Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto tra il 1881 e
il 1955, è il punto di convergenza naturale dell’umanità, laddove tendono tutte le coscienze,
nella ricerca dell’unità che sola può salvare l’Uomo e la Terra. “Punto Omega” è anche il
titolo scelto per la rivista quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino ideata nel 1995
da Giovanni Martini, poiché le sue pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per
tutti coloro che sono interessati ai temi della salute e della qualità della vita.
paura costitutiva, quella di essere caso gli uomini esistono già. Non
sopraffatti dal mondo, non è solo devono nascere. Ciò che qui si
una condizione per poter esistere, appresta a nascere è la capacità di
per continuare a farlo, ma proba- stare con gli altri uomini, di vivere
bilmente il modo proprio dell’essere insieme ad altri, diversi da noi.
dell’uomo. L’uomo nasce, quando In fondo, proprio quella sapienza
diviene l’uomo della téchnê, l’homo politica di cui si lamentava l’as-
poieticus (da poíêsis, produzione, il senza nel mito precedente. Anche
tipo di azione in cui si estrinseca in questo caso, l’evento prende le
il sapere umano della téchnê). Tale mosse da un movimento, da una
caratteristica più che aggiunta è emigrazione. L’uomo è alla ricerca
costitutiva almeno tanto quanto lo di un luogo dove poter vivere. Non
era quella di dover essere accolto, basta sopravvivere. Una volta giun-
sostenuto, accudito, curato a cui to in una pianura ritenuta adatta,
il mito precedente aveva fatto l’uomo intraprende il progetto di
riferimento. costruire una città, una torre dove
Anche in questo caso, come nel poter vivere. Anche qui ritorna la
precedente mito, siamo di fronte questione del nome, che è a un
a una ambivalenza. La tecnica, tempo quella dell’identità e del
pur essendoci costitutiva, può su- possesso: “Venite, costruiamoci
perare una certa soglia e divenire una città e una torre, la cui cima
distruttiva dell’ambiente e dell’uo- tocchi il cielo, e facciamoci un
mo stesso. 8 nome per non disperderci su tutta
Per quanto dunque tale dimen- la terra”. Sappiamo come è finita.
sione sia fondamentale, essa non Dio avrebbe impedito agli uomini
pare ancora essere sufficiente. di realizzare tale progetto disper-
Platone ci lascia presagire, infatti, dendoli sulla terra.
che essa abbia necessità di una Il progetto della costruzione
integrazione. Platone accenna della torre-città ci ricorda la dimen-
qui alla sapienza politica, alla sione della téchnê insita nell’uomo
capacità di stare insieme, che è in e ci mostra qui come essa, se presa
fondo un invito a esplorare il terzo di per sé, possa essere esposta
racconto che avevamo anticipato, alla alienazione dell’uomo stesso.
quello di Babele. 9 Che cosa mai L’uomo difatti sembra dimenticare
potrà aggiungere il racconto della le ragioni per cui sta costruendo.
torre di Babele a quanto abbiamo Edifica la costruzione a fine in sé. Si
evidenziato? A mio parere, il con- aliena nel costruire. Probabilmente
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PAZIENTE
MALATO
“prendersi cura” “cura”
ISTANZA ISTANZA
ETICA CURA TECNICA
● appropriata ars medicina ● efficace
● personalizzata medica scientifica
GIUSTIZIA
● equa
● efficiente
● partecipativa
UTENTE
CLIENTE
CITTADINO
Direzione per un ri-posizionamento della cura in modo che possa essere “ad
un tempo” equa, efficace, partecipativa, efficiente, rivolta alla persona...
Direzione centrifuga: tendenza della cura a perdersi in una delle sue istanze
e a venir meno alla complessità delle istanze cui è esposta
c’è ancora il tipo di cura che saremo dunque che ora spostiamo l’atten-
in grado di offrire. zione nella seconda (e più breve)
parte della nostra rflessione.
Ripensare il processo Il fatto che il destinatario
informativo/comunicativo... dell’informazione sanitaria abbia
Abbiamo sostenuto la tesi che il molti volti/ruoli trasforma in modo
processo informativo-comunicativo deciso anche i modi di pensare e
cambia a seconda che si abbia a impostare il processo informativo-
che fare con uno o con un altro di comunicativo stesso. I destinatari,
questi ruoli/identità. È su tale tesi come vedremo, da meri recettori
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mare, pur essendo in senso lato e alle relazioni in cui una tale
già una forma di comunicazione, trasmissione ha luogo. A volte li
potrebbe non essere sufficiente a considereremo separatamente, a
qualificare le peculiarità di ciò di volte congiuntamente assecon-
cui stiamo parlando. Si è infatti dando le esigenze del discorso e
soliti sottolineare come la mera lasciando sullo sfondo le questioni
trasmissione delle informazioni sopra menzionate come questioni
debba essere accompagnata e inse- aperte.
rita in una relazione più profonda: Da quanto detto risulterebbe
una relazione “comunicativa” tra i dunque che la diversità dei destina-
soggetti in gioco. 18 Tutto questo tari, la molteplicità dei ruoli assun-
pare essere tanto più pertinente ti da uno stesso paziente, non solo
quanto più ci avviciniamo ai conte- ci aiuta a capire il contesto di cura
sti della relazione clinica. Ma forse entro cui ci muoviamo. Essa ci spin-
appare meno pertinente quando si gerebbe oltre. La consapevolezza
ha a che fare con altri mondi, quelli di tali identità complesse ci porta
in cui l’informazione non avviene a riflettere e a modificare il nostro
tramite un incontro personale tra modo di concepire e impostare il
emittente e destinatario, come per processo informativo-comunicativo
esempio capita quando il proces- al quale facciamo riferimento. Pos-
so in questione prende le mosse siamo solo offrire alcuni cenni.
dai mass-media. In ogni caso, Il fatto che in un medesimo
distinguere tra “informazione” e destinatario dell’informazione vi
“comunicazione”, come se si aves- siano diversi soggetti e diversi
se a che fare rispettivamente con ruoli ci invita a riflettere su quella
ciò che viene comunicato e con la che ora ci potrebbe apparire come
comunicazione stessa, per quanto un’immagine semplificata del per-
possa aiutare, richiederebbe una corso informativo-comunicativo
ricerca ulteriore. a esso rivolto. Probabilmente un
Come oggetto di ulteriori ri- tale processo non è più concepi-
cerche dovrebbero essere anche bile semplicemente nei termini
lo studio dei rapporti tra tali due di un passaggio unidirezionale di
aspetti/dimensioni del processo. informazioni. In tale passaggio
Per l’economia di questo discorso un “emittente” trasmetterebbe
è sufficiente assumere che si tratta un “contenuto informativo” a un
di due dimensioni fondamentali, sia “destinatario”, preferibilmente nel
che esse abbiano a che fare con un modo più preciso possibile, privo
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il suo essere una persona altra per ragioni di tempo, non possiamo
da noi, in questo contesto gioca trattare.
un ruolo soltanto nella misura in È l’ultima riga, però, quella
cui tale individualità afferisce in che ci pare più significativa e
modo singolare alla patologia in ricca di spunti. L’altro, il soggetto
esame. Il resto dovrà essere messo destinatario è un altro tu e come
tra parentesi. Non perché privo di tale è considerato nel processo.
importanza in sé, ma perché privo L’informazione non è né oggetti-
di aiuto, se non in alcuni casi, per va, né soggettiva, ma il risultato
il lavoro svolto dal curante in quel di una azione intersoggettiva. La
momento. comunicazione tende a farsi prassi
Spostandoci alla riga successiva peculiare, agire comunicativo, agire
possiamo osservare come il destina- dialogico, in cui l’alterità dell’altro
tario dell’informazione qui assuma non è ridotta alla nostra, né la
il volto di una persona, di cui noi, nostra assorbita da questa. Si man-
però, pensiamo di conoscere meglio tengono entrambe in equilibrio, in
di quanto essa stessa sia in grado tensione, “l’uno di fronte all’altro”,
di fare, ciò che sta vivendo e sof- ma non “l’uno contro l’altro”, alla
frendo. È il paziente sofferente qui ricerca di percorsi possibili, seppur
il nostro destinatario, piuttosto che limitati, di dialogo. È una prassi di
non il malato, caso particolare di pensiero, un pensare insieme, in cui
una malattia. L’informazione tende- lo stesso dato informativo viene co-
rà a essere soggettiva e, come nel struito e le modalità comunicative
caso precedente, a essere diretta messe in pratica da entrambi.
dai curanti stessi. Si dice che in I limiti di una tale impostazio-
questi casi la comunicazione è ne, se generalizzata, sono evidenti.
simile a un’arte. L’empatia riscon- Non sempre nel processo informa-
trabile con il soggetto tenderà o a tivo-comunicativo abbiamo a che
negare la sua peculiarità (sapremo fare con due “tu” che si pongono
di lui ciò che noi pensiamo sog- in relazione comunicativa e dialo-
gettivamente di aver ricostruito da gica. Tuttavia quando ciò avviene
questi sulla scorta dei suoi indizi) è lo stesso processo informativo e
o a negare la nostra (tenderemo comunicativo ad assumere tratti
a mettere tra parentesi le nostre diversi da quelli che noi pensiamo
aspettative, i nostri pregiudizi, per esso debba avere. Tutto questo
“farci uno” con la persona, “met- ha delle conseguenze interessanti
terci nei suoi panni”). Entrambi i perché ci invita a pensare alla
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malattia trascorrono 40 ore alla set- farmaci ancora una volta aveva col-
timana, un lavoro a tempo pieno, a pito nel segno e c’era chi se ne van-
preoccuparsi. Il sondaggio non cita- tava come il responsabile marketing
va la paroxetina né chi la produceva, della ditta produttrice: “Il sogno di
ma la ditta che lo aveva condotto tutti noi è trovare un mercato non
era quella che curava le pubbliche ancora identificato e svilupparlo. È
relazioni della casa farmaceutica. ciò che siamo stati capaci di fare col
Occorre precisare che per le disturbo di ansia sociale” (Washin-
aziende farmaceutiche, ottenere gton Post, 1.9.2002).
una nuova indicazione terapeutica In una sorta di “rimappazione”
per un farmaco già in commercio nosologica delle emozioni, dal di-
è estremamente vantaggioso (in sturbo di ansia generalizzata si è
termini di tempo e di profitti): presto passati al disordine di ansia
servono meno di 18 mesi contro gli sociale, al disordine da stress post-
8 anni che sono necessari perché traumatico (un disturbo molto raro
un farmaco passi dallo stadio di che interessa i veterani di guerra e
ricerca in laboratorio al banco della le vittime di traumi violenti), per
farmacia. arrivare al disordine di shopping
“Vincere la timidezza. Ora basta compulsivo, una sorta di frenesia
una pillola. Timidi di tutto il mondo incontrollabile a comprare, di conio
le vostre sofferenze sono prossime recente. “Disorders made to order”
alla fine”. Era l’incipit di un arti- (Disturbi costruiti su ordinazione)
colo (La Repubblica, 27.11.2001) li chiamava la rivista americana
che informava sulle possibilità di Mother Jones nell’agosto del 2002.
rimediare ai balbettii in pubblico, al Ogni azienda farmaceutica produttri-
rossore sulle guance, a inopportune ce si è ritagliata per il proprio anti-
sudorazioni, a tutte le manifestazio- depressivo una sindrome su misura:
ni tipiche della timidezza. La pillola il disordine disforico premestruale,
cui il quotidiano faceva riferimento le vampate di calore della donne
era un antidepressivo (la paroxetina) in menopausa, i disordini di ansia
proposto per il trattamento di un alimentare. Questa “epidemiologia
disturbo, il disordine di ansia so- creativa” non ha confini. Quale sarà
ciale, che è una forma di timidezza la prossima?
patologica molto rara. A giudicare
da quanto è successo in altri paesi La disfunzione sessuale femminile
e dallo spazio che in quegli anni la Si è partiti dall’assunto semplicistico
stampa ha dedicato al tema, pareva che nelle donne isterectomizzate
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era: “Preferiresti fare un test per il per temere che i danni sopravanzi-
colesterolo o subire un’autopsia”. no i vantaggi, come succede per lo
Sullo sfondo, l’immagine di due piedi screening del tumore della prostata.
di un cadavere disteso su un lettino Negli ultimi dieci anni si è molto
nei locali di un obitorio. Con buona diffuso il dosaggio del PSA (antigene
pace delle evidenze che non attri- specifico per la prostata) in soggetti
buiscono alcun ruolo terapeutico asintomatici (in alcuni paesi più del
all’uso generalizzato delle statine in 50% dei maschi con più di 50 anni
prevenzione primaria. si sottopone al test), senza che, di
fatto, all’aumento delle diagnosi di
Anticipazione della diagnosi cancro della prostata sia corrisposto
Per ogni condizione di pertinenza un miglioramento della prognosi e
medica, soprattutto in campo on- dell’aspettativa di vita dei pazienti.
cologico, si tende ad anticipare il In assenza di un effetto positivo
momento del riconoscimento, e di sulla mortalità, la cascata di eventi
conseguenza dell’intervento. È un cui è costretto un 50enne senza
fenomeno legato a quello dell’abbas- disturbi con PSA positivo è infinita:
samento della soglia di normalità; ecografia, biopsia, chirurgia (con
la sua forma più organizzata è lo rischi elevati di impotenza e incon-
screening. Si fonda sull’assunzione, tinenza urinaria), farmaci, presidi,
apparentemente semplice e convin- visite, controlli, esami…
cente, che riconoscere una malattia Nel 2007, in occasione della
in fase precoce consenta maggiori tradizionale Festa del Papà, una
possibilità di cura. In realtà, per tan- fondazione di urologi ha lanciato
te predizioni, una sola si avvererà, una campagna di sensibilizzazione
mentre le altre resteranno senza con- proprio sul tumore della prostata tra
seguenze (salvo gli effetti negativi il 12 e il 19 marzo. Scopo dell’ini-
della predizione stessa). In sostanza, ziativa, sponsorizzata da una ditta,
si individuano precocemente malat- la Takeda, era quello di “informare
tie che non avranno conseguenze. e sensibilizzare la popolazione ita-
La medicina contemporanea propone liana nei riguardi del tumore della
un numero crescente di controlli prostata, di facile diagnosi e alta-
periodici su persone sane, ma allo mente curabile”. Come già successo
stato attuale delle conoscenze, solo anche in altre occasioni, si sono
pochi interventi (come la diagnosi enfatizzati gli aspetti positivi dello
precoce del tumore della mammella e screening del tumore della prostata,
del colon-retto) risultano di provata omettendo, però, le importanti con-
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Da parecchio tempo ho sulla mia scrivania, proprio a fianco del computer, una bella brochure,
“ritirata” a un mio paziente e tenuta lì come memento di… non so bene di cosa. Troppo
bella per buttarla, talmente bella da giustificarne il “sequestro” – peraltro, conservativo!
L’immagine: due girasoli immersi in un vaso graduato nel quale i gambi diventano azzurro-
blu a torciglioni (come certi bastoncini di caramelle che trovi sulle bancarelle alla fiera di
S.Giuseppe); il vaso si riflette su una base evidentemente di cristallo, lo sfondo è solo un
po’ più grigio rispetto al resto della pagina.
Sono una persona amante del bello, non posso non osservare queste cose: bravo il designer
che le ha inventate. Deve averlo pensato – consciamente o inconsciamente – anche il sig.
Riccardo, prelevando la brochure dal bancone del laboratorio d’analisi dove si è recato per
un controllo periodico routinario (“Gli esami vanno fatti una volta all’anno per prevenire
le malattie”, “Vorrei farli tutti, completi!”… Ormai sono talmente tanti a esserne convinti
– però se fossero a pagamento non li farebbero – che mi sono arresa: deve essere vero, vox
populi… Limito i miei consigli di educazione sanitaria alle poche persone iscritte nel mio
elenco assistiti che mi ascoltano e mi danno soddisfazione).
Immagino il processo che ha portato fino a me il sig. Riccardo.
In testa alla pagina, in caratteri maiuscoli ed eleganti c’è scritto “ANALIZZIAMO I TUOI
VALORI PER DARE VALORE ALLA TUA VITA”. Che bella frase! Raramente mi è capitato di
trovare qualcuno che analizzasse i miei valori (Sono una persona con dei valori, la mia vita
ha un valore).
Segue, in corsivo grassetto “gastropanel” e poi, con gli stessi eleganti caratteri di prima
“TRANQUILLITÀ PER IL TUO STOMACO” (È vero: oltre ad avere dei valori ho anche uno sto-
maco, e forse anche lui ha bisogno di stare tranquillo).
“UN SEMPLICE ESAME DEL SANGUE PER UNA RISPOSTA AI TUOI PROBLEMI DI STOMACO”.
Ah, erano questi i valori che si offrivano di analizzare… Credevo che per i miei problemi
di stomaco, quando ci sono, bastasse un po’ di digiuno, o una limonata calda, o un po’
di bicarbonato e moderazione nel cibo… Rimedi vecchi: funzionavano per la nonna, ma
non oggi.
Apro il pieghevole: “PESANTEZZA, BRUCIORI, PROBLEMI DI STOMACO? REFLUSSO ACIDO? TI
SEI CHESTO IL perché? … è l’helicobacter pylori che vive a livello della mucosa gastrica
sviluppando uno stato infiammatorio permanente … basta … un semplice esame del san-
gue … direttamente senza ricorrere alla gastroscopia … il test … permette di valutare …
il danno che questo batterio può aver generato … e la probabilità di sviluppare malattie
gastriche più gravi … che possono talvolta nascondersi dietro i sintomi del ‘mal di sto-
maco’ … L’esame è consigliato ai soggetti di ogni età”. Ora non sono più tanto tranquillo
sull’origine benigna dei – sia pur rarissimi, sia pur seguenti a qualche abbuffata – mal di
stomaco che mi sembravano così innocui: chissà cosa si nasconde dietro a essi, qualcosa
di sicuramente molto grave. Per fortuna c’è gastropanel. Sto per diventare immediatamente
seduta stante cliente del laboratorio che ha distribuito la brochure (Sono un potenziale
cliente e paziente). Ma l’esame costa e, peraltro, trovo scritto a grandi caratteri: “A CHI
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Vi sono numerosi motivi d’interesse nei casi pervenuti a seguito del primo incontro dei
Dialoghi di bioetica e biodiritto. Le riflessioni si sono caratterizzate per l’analisi approfon-
dita di numerose tematiche attinenti l’informazione e la comunicazione. Esse denotano che
la partecipazione degli operatori sanitari non si è limitata all’adempimento “burocratico”
dell’invio del caso o della riflessione, ma ha colto l’opportunità per attingere dal proprio
vissuto professionale quotidiano per enunciare alcune delle problematiche che circondano
il tema centrale della comunicazione/informazione tra operatori sanitari e pazienti.
Tra gli elaborati pervenuti, è parso particolarmente significativo il racconto, scelto
per la pubblicazione, che bene illustra il tema di questo primo Dialogo: la trasformazione
del “cittadino” in “paziente” e le eventuali differenze tra l’una e l’altra figura.
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Il secondo argomento attiene a quelle che possono essere definite come le conseguenze
sociali relative al riconoscimento della propria condizione di malato. Queste riflessioni
traggono spunto da un articolo proposto all’attenzione del gruppo di lavoro, Riflessioni
sul controllo sociale: dalla normalità della devianza alla normalità della malattia, nel quale
si considera la definizione di malattia alla luce della costruzione sociale della stessa,
ponendola in correlazione con la definizione sociale della devianza e quindi considerando
la guarigione come “risocializzazione”. In tale analisi, il processo di individuazione di
una malattia non può dirsi socialmente neutro, alla luce delle implicazioni sull’identità
del soggetto che si trova a rientrare nella definizione di malato. La considerazione di
quest’aspetto da parte della medicina consente di focalizzare l’attenzione sulla persona,
sull’uomo, e non solo sulla malattia.
Quest’analisi trova conferma in quello che può essere definito “il sovraccarico socia-
le sul nome di alcune patologie”, quali, per esempio, le malattie che comportano una
progressiva perdita di funzioni sul lungo periodo, ma che presentano anche un momento
iniziale (più o meno lungo) in cui la qualità della vita del soggetto non subisce cam-
biamenti radicali. In questi casi, la comunicazione di essere “portatori” della patologia
che si svilupperà (spesso inesorabilmente) in futuro svolge un ruolo essenziale nelle
definizione di se stesso come malato.
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Conclusione
L’occasione offertami dallo studio
di questo tema mi ha consentito di
approfondire un aspetto solitamente Paolo Benciolini è Ordinario di Medicina
trascurato (o, perlomeno, ritenuto Legale presso l’Università di Padova.
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“La forza delle decisioni prese dal [1] Callahan D. “Sustainable Me-
gruppo di lavoro deriva in parte da dicine”, in Medic 2003; 11:
ciò che è in comune e in parte da ciò 27-9.
che differenzia ciascun elemento del [2] Diamond J. Collasso. Come le
gruppo stesso quanto a ruolo, cono- società scelgono di morire o
scenze, competenze, qualità umane. vivere. Torino: Einaudi, 2007:
Il condividere in gruppo emo- pag. 293.
zioni, punti di vista, ragionamenti [3] Fleck LM. “L’escalation dei co-
e, infine, scelte che riguardano sti sanitari e la salute senza
problemi di ordine etico non co- prezzo”, intervista, in Boll.
stituisce un fatto scontato, ma il Informaz. farmaci 2007; 14:
punto di arrivo di un lungo percorso 82-3.
culturale durante il quale debbono [4] Lazzati E. “Il ruolo del manager:
essere entrati nel sentire comune dall’orientamento al business
del gruppo, a partire dai massimi alla valorizzazione delle risorse
responsabili, alcuni fondamentali umane”, Convegno “Manager a
elementi tra cui: 1. abitudine al confronto”, Festival dell’Eco-
dialogo e ad ascoltare gli altri come nomia 2007, Trento, 2 giugno
attività routinaria; 2. riconoscimen- 2007.
to che la forza delle indicazioni
deriva dai fatti e dalle evidenze e
non dal ruolo sociale rivestito dai
singoli componenti all’interno del
gruppo; 3. riconoscimento e rispetto
di conoscenze, capacità, mandati e
responsabilità dei vari componenti
del gruppo stesso e delle loro qua-
lità umane (sensibilità, esperienza,
onestà intellettuale); 5. sensazione
condivisa di crescita di tutto il
gruppo attraverso la responsabi-
lizzazione e la valorizzazione dei
singoli componenti nell’assunzione
delle decisioni.
Una volta consolidato questo
metodo di lavoro, i problemi tec- Renato Miori è stato Primario medico
nico-scientifici, organizzativi ed internista presso l’Ospedale Santa Chiara
etici vengono proposti, discussi e di Trento.
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Più che di un caso particolare vorrei prendere per esempio positivo di comunicazione tra
operatori sanitari: la modalità di consegna del paziente oncologico in dimissione da U.O.
ospedaliere quando vengono attivate le cure palliative.
Gli attori sono il personale della U.O. di reparto che ha avuto in carico il malato, il
personale delle cure palliative che prenderà in carico il malato e il medico di medicina
generale. L’incontro coinvolge anche i familiari del malato.
Ritengo valida questa iniziativa in quanto la consegna non riguarda solo la parte tecnica
e medica del caso, ma contempla una presa in carico umana del malato e dei famigliari,
con particolare riguardo ai loro vissuti e all’atteggiamento psicologico nei riguardi della
malattia e al grado di accettazione di questa.
Modalità simili di presa in carico e di condivisione fra U.O. dovrebbero essere prese
in considerazione per tutti i malati cronici con elevate necessità di assistenza, quali gli
scompensi cardiaci gravi, i diabetici con gravi complicanze (per esempio, piede diabetico,
nefropatia importante…), gli epatopatici, gli ictus invalidanti e i broncopneumopatici.
Infatti una presa in carico che coinvolga più servizi e che prenda in considerazione
non solo la malattia, ma anche il malato con le risorse umane e ambientali di cui dispone,
potrà aumentare la qualità di vita dei soggetti e ridurre il numero di ospedalizzazioni per
recidive e complicanze.
[Medico]
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Questo è ciò che avviene regolarmente all’interno del cosiddetto team neurologico
multidisciplinare al quale prendono parte il primario del servizio, i medici di reparto, la
caposala, il coordinatore del servizio di fisioterapia, il fisioterapista che ha in carico il
paziente, il logopedista e lo psicologo.
Il team si riunisce con incontri programmati e strutturati, a cadenza settimanale, della
durata di circa un’ora e mezza e le modalità di lavoro al suo interno sono ormai standardiz-
zate. Dopo una prima sintesi dei dati anamnestici e un inquadramento clinico del paziente
da parte del personale medico, ciascun professionista comunica ai presenti gli obiettivi
specifici inerenti il proprio ambito di competenza, le strategie utilizzate per facilitarne
il raggiungimento, i successi ottenuti, gli insuccessi, le difficoltà incontrate, eventuali
problematiche emerse, le risorse da valorizzare e fornisce suggerimenti che potrebbero
risultare utili agli altri operatori, affinché la presa in carico del paziente sia condotta
secondo modalità condivise.
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[Fisioterapista]
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Ricordo ancora vivamente un’esperienza vissuta circa quindici anni fa, che ha segnato un
cambiamento nel mio operare professionale.
Seguivo all’interno del Servizio di NPI un minore e la sua famiglia, giunti per problemi
psicologici, inibizione, blocco relazionale, continui processi di malattia del bambino. La
madre, persona con disturbi psicologici, di fronte a qualsiasi minimo sintomo somatico
del figlio, entrava in panico e portava il bambino al PS, a visite specialistiche, lo sot-
toponeva a esami strumentali, lo teneva a casa da scuola, lo limitava nelle esperienze
extrafamigliari.
Successe che il medico chiese informazioni su questo evento critico alla signora, dicen-
do che ero stata io a riferirglielo. Logicamente la signora mi telefonò molto risentita e il
nostro rapporto di fiducia fu duramente colpito. Dopo questo fatto, nel mio rapporto con
i sanitari, ho sempre prestato attenzione a quali informazioni riferire (solo quelle utili per
la collaborazione) e a come darle (non in tempi veloci in cui ci si può non capire, meglio
di persona che per telefono).
[Medico]
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Gli elaborati pervenuti a seguito del secondo Dialogo hanno focalizzato il tema della co-
municazione tra gli operatori sanitari e hanno evidenziato sia esempi di ricadute positive
dovute a buoni livelli di comunicazione tra gli operatori sanitari, sia, all’opposto, esempi
negativi.
Un primo elemento emerso riguarda l’importanza del contesto nel quale la comunicazione
ha luogo: da questo punto di vista, l’ambito ospedaliero si caratterizza assai diversamente
da quello territoriale. Per esempio, un elemento che può giocare un ruolo diverso e deter-
minante nei diversi contesti è dato dall’emergenza, che indubbiamente ostacola o impedisce
la programmazione e impone di confrontarsi con l’imprevedibilità che, talvolta, può essere
d’impedimento alla comunicazione stessa. L’emergenza influisce inevitabilmente sulle mo-
dalità della comunicazione: basti pensare alla rapidità con cui le decisioni debbono essere
prese, per esempio, in un reparto di rianimazione e, all’opposto, alla pianificazione che si
può attuare all’ingresso del paziente in RSA. Si tratta di contesti differenti che incidono
in maniera sostanziale sulle diverse modalità della comunicazione.
Le riflessioni elaborate da alcuni fisioterapisti, per esempio, hanno evidenziato espe-
rienze positive, nelle quali il lavoro quotidiano beneficia della possibilità di programmazione
nell’ambito di un’équipe interdisciplinare. Il confronto e lo scambio di opinioni tra le diverse
figure coinvolte realizzano, nelle testimonianze degli operatori, una reale presa in carico
del paziente, attraverso una proficua condivisione del progetto di cura.
C’è poi un aspetto citato molto frequentemente negli elaborati pervenuti: le riunioni
d’équipe. Molti operatori sanitari lamentano come questi incontri, presenti in passato,
siano col tempo venuti meno. Nella maggioranza delle riflessioni svolte, si individua in
tali riunioni una risorsa, fondata sul reciproco confronto e sui suggerimenti che possono
pervenire da operatori di settori differenti.
Un ostacolo a tali incontri è individuato nel fattore temporale. Tuttavia emerge la sen-
sazione che dietro al “tempo” (nonostante questo elemento di fondamentale importanza
sia spesso effettivamente scarso) vi siano problematiche più profonde e complesse, delle
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Tempo fa ho oncontrato una signora di mia conoscenza che mi confidò la paura di avere “un
brutto male”, ma nessuno, nè famigliari né dottori, le aveva ancora detto nulla di preciso.
Ella mi spiega che non è il cancro in sé a spaventarla, ma il non riuscire a definirne i limiti
per la scarsità di informazioni a riguardo. Se conosci i confini e i limiti del tuo nemico hai
la possibilità di combatterlo con tutte le tue forze fisiche e psichiche, ma se ciò ti viene
precluso le tue energie mentali, non più direzionate, sono preda degli stati d’animo quali la
paura, la rassegnazione e la depressione. Nonostante ciò la signora mi appare serena e quasi
fiduciosa. I dolori che aumentano sempre più in frequenza e intensità le danno la “quasi
certezza” che il vecchio nemico non è mai stato sconfitto ma si è solo nascosto in lei.
I medici e i suoi famigliari, al contrario di lei, conoscono molto bene la realtà, ma non
sono certi che per lei conoscerla sia la cosa migliore, perché temono che smetta di lottare;
essi sono combattuti anche dalla vecchia consuetudine di nascondere al malato una brutta
realtà per una strana forma di pietà e rispetto.
Qualche tempo dopo ritrovo la signora più serena che in precedenza, nonostante il
dolore fisico. Mi confida che finalmente i suoi famigliari le hanno aperto gli occhi sulla
realtà. I sospetti e le paure causati dall’ignoranza della conoscenza hanno lasciato il posto
alla pace e alla serenità di chi non si sente condannato. Congedandomi da lei, mi resta la
consapevolezza che è di fondamentale importanza rendere partecipe il malato di ciò che
lo aspetta, per togliergli almeno quella parte di dubbi e incertezze che accompagnano le
malattie incurabili.
[Farmacista]
105
Alla presa in carico sono subito sorte difficoltà nella comunicazione con il paziente, in
quanto sempre “presidiato” dai parenti con ordine tassativo di non dire nulla.
Il MMG conveniva con loro per non creare dei conflitti. Il primo passo fatto è stato
di effettuare un colloquio privato con la famiglia, durante il quale ho spiegato tutte le
difficoltà che avremmo incontrato nel mantenere tale atteggiamento, difficoltà che sareb-
bero diventate troppo pesanti non solo per loro, ma anche per gli operatori sanitari e il
paziente stesso.
Inoltre veniva comunque ribadito che l’interlocutore per noi era e rimaneva solo il
paziente e che anzi avrebbe dovuto essere lui a concederci l’autorizzazione a informare i
parenti e non viceversa, e che era indispensabile che il paziente facesse con noi un certo
tipo di percorso per portarlo a fare delle scelte sia terapeutiche sia di fine vita, scelte che
avrebbe potuto fare liberamente solo se fosse stato messo in determinate condizioni di
autonomia, cioè dopo essere stato informato in modo adeguato ed esaustivo.
La famiglia, suo malgrado, accettò e dopo alcuni incontri il paziente è stato pienamente
informato riguardo la sua malattia. Attualmente è ancora in carico al nostro servizio, ha un
rapporto di totale fiducia con tutti gli operatori, tutte le scelte sono state e continuano
a essere concordate con lui in prima persona, coinvolgendo in seconda istanza anche la
famiglia, che a distanza di tempo ha apprezzato il nostro operato ed è parte integrante
del piano di assistenza con un ruolo decisamente più sereno.
[Medico]
106
Dire o non dire la verità, e quando e come dirla sono tra gli aspetti più ostici e delicati
del rapporto con le persone. Il rapporto con l’utente non è sempre semplice, spesso ci
troviamo a dover scegliere fra ciò che noi pensiamo sia bene per il nostro paziente e quello
che invece il paziente vorrebbe per sé stesso.
Non sempre queste due esigenze sono conciliabili, la soluzione passa attraverso il
rispetto della libertà, dell’autonomia e della dignità della persona, ma anche attraverso il
rispetto della giustizia sociale.
Nella nostra società esiste una sorta di congiura del silenzio rispetto alla morte, vogliamo
che la persona assistita possa morire senza accorgersene. Bene o male?
Così la persona che muore è costretta a recitare fino alla fine la commedia della guari-
gione e dell’immortalità. È una situazione imbarazzante, impedisce un rapporto autentico
basato sulla sincerità. Morire non è più un fatto naturale ma un tabù da nascondere.
Ma spesso di fronte alla affermazione di una persona anziana di essere arrivata alla fine
della sua vita, non so come reagire, e lo so che non esiste una risposta pronta. La morte
della persona assistita è il simbolo della nostra morte ed è anche il segno della nostra
impotenza.
[Infermiera professionale]
107
Penso che il diritto del paziente di far modulare l’informazione secondo i suoi bisogni
sia legittimo. Ritengo però che sia molto difficile da parte di medici e operatori sanitari
bilanciare questo diritto-desiderio con gli obblighi (dovere), imposti al medico, di fornire
informazione sullo stato di salute al soggetto.
[Medico]
108
Esiste un diritto del paziente a non sapere, a non conoscere una diagnosi, in particolar
modo se si tratta di una diagnosi di malattia a prognosi infausta.
Nella pratica clinica di tanti anni non mi è mai capitato che un paziente abbia espresso
in modo chiaro questa sua volontà. Più frequentemente il paziente ci invia segnali molto
sfumati. Spesso non ci chiede di tacere, ma di entrare in sintonia; ci chiede una comunica-
zione su misura, che non espliciti una diagnosi in modo diretto e crudo, ma piuttosto che si
articoli in fasi successive e tempi rispettosi della sua situazione psicologica e culturale.
In realtà il paziente vuole sempre sapere, vuole sempre potere sperare e, ovviamente,
ne ha il diritto. Il medico si trova così gravato da una grande responsabilità e riveste un
ruolo ancora più importante e difficile, quello di unico e insostituibile riferimento per il
paziente che vuole la verità, ma una verità filtrata secondo le sue esigenze. È dovere del
medico capire e informare.
Molta attenzione va posta al rapporto con i famigliari, che possono dare notizie im-
portanti (sempre da valutare con spirito critico), ma mai possono sostituirsi al paziente
stesso. Il problema è quindi, più che sapere o non sapere, quanto e in che modo sapere e
quindi, per quanto riguarda il medico, come informare.
Per questo non esistono schemi né protocolli, ma solo sensibilità e preparazione da
parte del medico.
[Medico]
109
Il tema del terzo incontro dei Dialoghi ha riguardato il diritto di sapere e di non sapere
del paziente. A seguito dell’incontro, sono giunti 106 elaborati inviati dalle diverse figure
professionali presenti. L’analisi da parte del gruppo di formazione sul campo ha evidenziato
alcune linee comuni nei diversi elaborati considerati, che vengono qui riprese.
Una esigua minoranza di casi (4) ha evidenziato l’opportunità di una non comunica-
zione al paziente, talvolta su indicazione dei familiari, talvolta in base alla “interpre-
tazione” della volontà del paziente. Tale orientamento, alla luce di quanto emerso nelle
relazioni della conferenza, si pone, in linea di principio, in contrasto con gli obblighi
giuridici degli operatori sanitari.
A fronte di questo dato minoritario, la maggioranza degli elaborati pervenuti ha
evidenziato la necessità e l’opportunità che il paziente sia informato sulla propria con-
dizione di salute.
In diversi elaborati emerge come difficilmente il paziente non voglia sapere. All’op-
posto, più di un operatore sanitario afferma esplicitamente di non avere mai incontrato
un assistito che realmente non volesse essere informato. Questa considerazione si rivela
“interdisciplinare”, poiché caratterizza le riflessioni di diversi operatori sanitari, nello
specifico: medici, infermieri, fisioterapisti.
Data questa affermazione di principio, le considerazioni sulla comunicazione si arti-
colano poi su diversi piani.
In primo luogo, si evidenzia un dato illustrato anche da uno dei relatori della con-
ferenza (dott. Branz): la richiesta di non sapere e di non essere informato da parte di
un paziente sottende spesso esigenze profonde. Se tali esigenze trovano comprensione
da parte dell’operatore sanitario, difficilmente il paziente persiste nella volontà di non
sapere. Questa considerazione emerge a più riprese negli elaborati pervenuti.
Da questo punto di vista, si comprende il concetto di informazione come responsa-
bilità dell’operatore sanitario e, all’opposto, la non comunicazione come possibile forma
di “deresponsabilizzazione” nell’ambito di un aspetto così complesso e delicato quale
può essere la trasmissione di notizie negative.
In secondo luogo, si evidenzia a più riprese come uno dei motivi in favore della
comunicazione quanto più trasparente, possa essere individuato nella mancanza di co-
noscenza della vita privata dei pazienti. In particolare, le ingerenze dei parenti o delle
persone più vicine possono essere determinate dai motivi più disparati, che possono
andare dall’affetto, agli interessi economici, a dinamiche di difficile comprensione e
delle quali, in ultima analisi, solo il paziente è “arbitro”. In questi casi, la mancanza di
informazione interagisce con queste possibili problematiche, pur senza la consapevolezza
dell’operatore sanitario.
Accanto a questo aspetto, va poi evidenziato come una possibile “interferenza” possa
provenire dall’ampio numero di informazioni (e disinformazioni) a disposizione del paziente:
la mancata comunicazione si scontra inevitabilmente anche con questo aspetto poiché,
110
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Emergono poi accenni alle problematiche specifiche nei confronti di alcuni soggetti,
in particolare i minori. In quest’ambito, le problematiche sia giuridiche, sia mediche, sia
deontologiche si complicano e presentano caratteristiche del tutto peculiari, la cui analisi
richiede un’attenzione specifica.
Problematiche peculiari sorgono anche nei confronti dei soggetti anziani, per i quali
sembra amplificarsi la richiesta di “non dire” avanzata dai terzi, in particolare dai parenti.
Pur nella difficoltà di adoperare una valutazione che prescinda dalle specificità di ogni
singolo caso, emerge la necessità di informare quanto più possibile e con le dovute mo-
dalità anche tali soggetti.
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Molte volte, nel mio lavoro, i miei – Da AS agenda della Salute, men-
interlocutori, siano essi colleghi, sile, ottobre 2007, ed. Politecne,
clienti o pubblico in qualche con- con la direzione scientifica di
ferenza di educazione alla salute, si Carlo Gargiulo, della trasmissione
rivolgono a me iniziando il discorso televisiva Elisir.
con: “Ho letto sul giornale che… Titolo dell’articolo: “Gli inte-
Alla televisione hanno detto che… gratori alimentari alleati della
Ho cercato su Internet e ho trovato crescita: non sempre il regime
che…” E l’atteggiamento sottinten- alimentare dei bambini garan-
de quasi sempre che, se lo ha detto tisce il necessario apporto di
Internet, il giornale o la Tv, la cosa fattori nutrizionali” … studi
ha sicuramente un fondo di verità. condotti dimostrano come sia
Tuttavia, accanto a chi prende diffusa la carenza di importanti
per oro colato l’informazione dei fattori nutrizionali tra i bambini
mass media e mi si rivolge in modo … per questo, oltre a seguire
quasi sprezzante, accusandomi di un’alimentazione equilibrata,è
scarsa informazione, per fortuna, utile integrare con fonti concen-
almeno nella mia esperienza pro- trate di vitamine, sali minerali ed
fessionale, la maggior parte delle elementi “attivi” [attivi?] … ora
persone si pone la domanda: “A chi gli integratori sono sempre più
dar retta?” A volte i pareri non sono simili a caramelle o “snack” …
concordi neppure fra gli esperti e a un modo semplice per rendere più
confondere ancor più le acque c’è il sana la merenda dei nostri figli …
bombardamento dell’informazione. Alla fine dell’articolo si rimanda a
un sito Internet dove si possono
Credo che non possiamo permet- comperare visionare e comperare
terci di ignorare questo disorienta- i prodotti.
mento: l’attendibilità e la qualità Titolo dell’articolo: “L’intestino
delle informazioni riguardanti la sa- dalla A alla Z” … l’intestino è un
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Conto fino a 10
Molti dei miei pazienti sono affetti da una patologia cronica, ben organizzati in un’asso-
ciazione e… molto informati!
Quando ho cominciato a lavorare con loro, avevo già dodici anni di professione alle
spalle e ho faticato non poco ad accettare pazienti che arrivavano con risposte prima che
con domande, che erano presenti alle riunioni dell’associazione dei medici e che parteci-
pavano a convegni nazionali e internazionali in cui le sessioni sono aperte sia ai medici
che ai pazienti.
Solo col tempo, contando spesso fino a 10, ho capito che questa poteva essere non
una limitazione, ma un motivo di arricchimento culturale anche per me e ho imparato a
condividere le informazioni e le scelte, con la sensazione che il mettersi al fianco, piuttosto
che di fronte, portasse i pazienti stessi a fidarsi di più del loro medico.
Con il trascorrere degli anni e la diffusione di Internet e della stampa medica, il fe-
nomeno si è amplificato e il disagio dei primi tempi si rinnova. Soprattutto nei confronti
di chi, di solito i meno colti e meno critici rispetto alle informazioni dilaganti, arriva a
conclusioni che giudico distorte e non condivisibili.
Rinnovo lo sforzo di affiancamento, che trovo l’unica possibilità di pervenire a una
comune soluzione dei problemi, non sempre però realizzabile un po’ per arroganza dei
pazienti, ma anche per momenti di mia stanchezza e rassegnazione.
[Medico]
137
Mi ha colpito notare che nel titolo del Dialogo “informazione” è al singolare e “disinforma-
zioni” al plurale. Ma forse il problema è che anche anche le informazioni sono multiple. In
questo periodo storico di facile accesso alle informazioni vi è un bisogno quasi compulsivo
dei cittadini di informazioni di salute. Spesso quelle trovate sono legate a farmaci da
promuovere e in questo gioco le donne sono il bersaglio preferito. Infatti molti giornali
e siti di internet parlano di malattie considerate femminili (menopausa precoce, obesità,
cellulite…) con percentuali più alte rispetto ad altri argomenti di salute.
Ho trovato nel sito www.partecipasalute.it una frase della sociologa Doroty Nelkin molto
interessante: “Troppo spesso la scienza appare sui mezzi di comunicazione più come un
tema di consumo che come un soggetto da sottomettere al pubblico scrutinio, più come
una fonte di divertimento che d’informazione. Troppo spesso la scienza viene presentata
come un’attività arcana che sovrasta le capacità di comprensione umane, e dunque anche
di controllo. Troppo spesso la trattazione giornalistica è di tipo promozionale e acritico,
incoraggia un senso di apatia, un senso di impotenza, e la tendenza diffusa ovunque di
delegare le decisioni agli esperti”.
Il sito pubblica anche un prontuario per l’uso della consulenza in campo medico, de-
scrivendo dieci trappole (www.partecipasalute.it /cms/trappole):
1. Fidarsi degli esperti
2. Interrogare lo specialista sbagliato
3. Confondere la fantascienza con la scienza
4. Farsi ingannare dai numeri
5. Prendere gli aneddoti come prove
6. Non porre le giuste domande a uno studio clinico
7. Estrapolare dalla ricerca pura alla pratica medica
8. Enfatizzare le implicazioni cliniche di uno studio
9. Trasformare un fattore di rischio in una malattia
10. Presentare in modo alterato i rischi
Di sicuro quello che si può intravvedere è la solitudine e il “fai da te” del paziente che
crede di essere informato, ma in realtà ha informazioni che non sempre sono utili per la
sua salute.
Questa anarchia di percorso diagnostico può anche non portare buoni risultati per il
cittadino-utente-paziente. Anni fa ho avuto occasione di parlare con una paziente con
C.A. mammario che sosteneva orgogliosamente di aver costretto i chirurghi a eseguire
l’intervento come voleva lei perché era convinta, in base a informazioni ottenute non
so come, che quella era l’unica possibilità di cura, e concludeva: “Ho fatto tutto io, loro
hanno solo tagliato, ma se avessi potuto avrei fatto anche quello.” Mi ha fatto molta pena
e il suo può essere un esempio di informazione-disinformazione (magari unito a sindrome
di onnipotenza).
[Medico]
138
Nel Dialogo si è fatto un gran parlare di Internet, che sicuramente rappresenta una grandis-
sima rivoluzione nella possibilità di reperire informazioni in ogni ambito, anche in quello
sanitario, ma non si è fatto alcun cenno alla televisione.
Io credo che chi voglia reperire notizie attraverso Internet faccia un “atto attivo”,
perchè volutamente accende il computer e comincia a navigare per cercare quello che gli
interessa; chi sta seduto in poltrona davanti al televisore, invece, si vede propinare vari
messaggi, anche in tema di salute, benchè non li abbia chiesti e non ne avverta il bisogno.
Ciò comporta un aumento di richieste di esami, accertamenti, visite specialistiche.
I giornali hanno parlato, per esempio, di un "effetto Elisir": la gente il lunedì interpel-
lava il medico lamentando qualche sintomo correlato alla patologia di cui si era parlato la
sera prima in televisione durante la trasmissione Elisir.
Ci sono poi trasmissioni che presentano particolari trattamenti per una data patologia,
che si praticano in questo o quel centro, facendo passare come "informazione scientifica"
un subdolo messaggio pubblicitario di fronte a uno spettatore passivo e, a volte, anche
indifeso.
Credo che in ambito televisivo le trasmissioni che parlano di salute dovrebbero essere
limitate e, soprattutto, ben strutturate per dare una corretta informazione e non creare
falsi bisogni, con conseguente aumento dei costi per la società, in un settore dove i soldi
non sono mai abbastanza e non dovrebbero essere sprecati in sterili e inutili ricerche di
ciò che un paziente non ha.
[Medico]
139
L’accessibilità alle informazioni di più vario genere ha subito uno sviluppo notevole negli
ultimi anni, sia attraverso i mezzi di comunicazione, sia attraverso Internet. L’informazione
specifica di carattere sanitario rientra appieno in questo fenomeno: negli ultimi tempi la
divulgazione sull’argomento salute è divenuta sempre più consistente.
Da questo punto di vista si segnalano le trasmissioni televisive, le riviste dedicate o gli
inserti dei quotidiani e i siti Internet. Questi ultimi, in particolare, unitamente alla stampa,
sono stati oggetto di particolare attenzione nelle relazioni svolte e, di conseguenza, negli
elaborati pervenuti.
Un elemento univoco emerge in maniera netta nelle considerazioni svolte negli elabo-
rati. Da un lato, si evidenziano gli aspetti positivi dell’ampia reperibilità di informazioni
da parte degli operatori sanitari. Diverse considerazioni sottolineano questo aspetto,
evidenziando come la circolazione di informazioni tra i professionisti del settore sanitario
abbia ricadute indubbiamente positive sulla professione e, di conseguenze, sulla qualità
del servizio offerto ai pazienti.
Il giudizio diventa più complesso quando si sposta l’attenzione sull’altro versante,
quello dei pazienti. Anche da questo secondo punto di vista, pur nella diversità delle opi-
140
Non sussistono dubbi in merito alla quantità di informazioni reperibili, assai vasta, tut-
tavia la loro qualità, intesa come attendibilità, si caratterizza per una grande eterogeneità.
Quest’aspetto rappresenta un primo elemento di problematicità, poiché le informazioni che
il paziente reperisce da solo possono essere valide, ma possono essere anche non corrette o
false o, più semplicemente, di difficile interpretazione da parte di chi non abbia un bagaglio
di conoscenza scientifica più ampio.
In questa prospettiva, l’ampia disponibilità e reperibilità di informazioni attenua ma
non elimina l’asimmetria informativa con l’operatore sanitario.
Per questi motivi, la grande maggioranza degli elaborati pervenuti evidenzia come pas-
saggio obbligato il ricorso all’operatore sanitario per la verifica e la corretta interpretazione
delle informazioni ottenute. Quest’opera di “filtro” è ritenuta indispensabile e, tuttavia,
incide sul contenuto e le modalità della comunicazione. L’operatore sanitario si trova a dover
fornire spiegazioni, a volte smentendo dati non corretti o non correttamente interpretati.
Quindi, una conseguenza – forse la principale – consiste nel dialogo e nelle spiegazioni
ulteriori che il curante deve fornire: conseguenza che si complica quando deve affrontare
le premesse di un’informazione non corretta.
Tali premesse presentano due aspetti principali: da un lato c’è la possibile “deriva” della
ricerca autonoma di informazioni, che può sfociare nella ”autocura”: concetto, questo, ri-
preso più volte all’interno degli elaborati. D’altro lato, e come risposta a questo fenomeno,
emerge la riaffermazione dell’autorevolezza della professioni sanitarie, che si manifesta nel
ricorso al curante, anche quando il paziente sia già in possesso di numerose informazioni
reperite autonomamente.
Da questo punto di vista, il ricorso a mezzi di informazione disparati rappresenta un
aspetto per certi versi inevitabile. In alcuni casi, esso può risultare utile: quando si costi-
tuiscano associazioni di malati o forum dedicati per esempio a patologie croniche. In essi
il paziente può trovare non solo informazioni, ma anche un sostegno alle proprie esigenze
emotive nel percorso della malattia.
La possibile conseguenza negativa dell’autocura, quindi, non sussiste se il malato si
rivolga a un operatore sanitario; piuttosto essa sussiste nel caso di “perdita” del paziente,
quando esso non dia più ascolto al curante.
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parole degli adulti più vicini secondo polo esteriore è la stessa discrepanza
un processo mimetico. Queste sue di quella che marca la differenza fra
parole non erano ancora le parole i valori dichiarati o proclamati e i
proprie del soggetto. valori effettivamente vissuti.
Diventare adulto (e ci sono alcuni La “sorprendenza” (neologismo)
che non lo diventano mai!) significa è la caratteristica della soggettivi-
diventare il soggetto della propria tà, della condizione umana sempre
vita, l’“IO” autonomo, indipenden- debordata e sorpassata da se stessa.
te e libero che – nella misura del L’etica è la costruzione artigianale
possibile – sa perché lui fa questo dell’armonia fra attore e autore. Que-
piuttosto che quello. Un soggetto st’armonia è propriamente la felicità.
capace di fare le sue scelte in modo “Felicità” in Greco antico si dice
autonomo. “eudaimonia”, letteralmente: “vita in
armonia con il proprio daimonion”! L’
… sorprendente … “energia unitiva” sopra menzionata
Ogni giorno mi sorprendo. Mi lascio è precisamente il risultato di questo
sorprendere dagli avvenimenti che lavoro artigianale.
succedono. Sono sorpreso da me
stesso, dai miei sogni, dai miei atti Il dialogo come via maggiore
incomprensibili, dai miei lapsus della comunicazione
(freudiani), ecc. “Non faccio IO ciò Il dialogo è una relazione fra almeno
che voglio e non voglio IO ciò che due persone che parlano e ascoltano
faccio!” diceva già San Paolo. ambedue a loro turno per scambiarsi
Queste sorprese potrebbero es- informazioni, discutere argomenti,
sere messaggi della nostra “auten- esprimere i propri sentimenti, ecc.
ticità”, del nostro “Sé” che riescono Un dialogo non è una chiacchie-
ad attraversare la nostra “maschera”. rata! Ci sono delle regole da seguire
Questa differenziazione fra il “Sé” e per dialogare e Platone ne ha dato
154
divisa con i veri amici. La filosofia non esistono nel modo in cui la
di Epicuro non è l’edonismo, cioè il maggior parte li concepisce per-
pensare che il piacere sia la finalità ché non conservano la nozione
ultima della vita. Per Epicuro, il pia- che ne hanno. In realtà essi sono
cere è la conseguenza di un modo dediti soltanto alle loro virtù e
di vivere in accordo con la nostra accolgono i loro simili reputan-
natura e quella degli altri. È una do estraneo tutto ciò che non è
filosofia dell’armonia integrale. tale”.
Epicuro insegnava che esistono 4. Per quanto riguarda la frustrazio-
quattro maggiori ostacoli da evitare ne, bisogna considerare che:
per vivere la vita in armonia con – alcuni desideri sono naturali e
la natura: altri vani,
1. Temere il dolore. – e di quelli che sono naturali
2. Temere la morte. alcuni sono necessari per la
3. Temere gli dei. felicità (mangiare, bere, dor-
4. Temere la frustrazione. mire, proteggersi, ecc.) e altri
Di fronte a questi ostacoli, il fi- ancora facoltativi.
losofo proponeva quattro farmaci: Il filosofo raccomandava di:
1a. L’uso della memoria di un passa- – realizzare ogni giorno i desi-
to gioioso per controbilanciare e deri necessari;
minimizzare il dolore attuale. – accettare la realizzazione dei
1b. Il ricorso all’acido salicilico come desideri facoltativi (buon vino,
analgesico. sesso, ecc.) quando si presen-
1c. L’uso della morfina se l’acido ta l’opportunità, ma senza mai
salicilico non è sufficiente come cercarli attivamente;
analgesico. – mai cercare la realizzazione
1d. Il ricorso al suicidio se veramen- dei desideri vani (soldi, pre-
te si trova il dolore insopporta- stigio, fama, ecc.) perché por-
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L’amicizia epicurea
Secondo Epicuro, l’amicizia è l’arte
di diventare epicureo nella com- Jean-François Malherbe è Titolario di
Etica applicata presso l’Università di
pagnia di un altro (o un’altra) che Sherbrooke (Canada), Straordinario
s’impiega nello stesso programma di filosofia sociale presso l’Università
di vita e che sa farsi gentilmente di Trento.
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dottore. – Il resto sarà rivelato dalle dei ruoli. Nella figura del consigliere
analisi’ e con ciò si inchinò.” aulico Behrens, direttore del sanato-
rio, Mann tratteggia con straordina-
Thomas Mann ria percezione critica ambivalenze e
Nei grandi romanzi di Thomas Mann contraddizioni della relazione fra me-
la medicina e i medici hanno molta dico e paziente. Quando la moglie del
importanza e l’intuizione sferzan- direttore del sanatorio muore, egli
te dello scrittore tedesco riesce a decide di fermarsi definitivamente,
cogliere il senso molteplice e cama- immedesimandosi nel destino e nel
leontico dell’arte medica. In due dei modo di vivere dei malati. A un certo
suoi romanzi quali emerge una perce- punto si interroga su un aspetto del-
zione a volte sconvolgente dei modi la relazione che riguarda il rapporto
di essere delle malattie e dei modi tra guaritore malato e paziente: “Ma
di confrontarsi con esse da parte dei è mai possibile un giusto spirituale
medici. Nel suo primo stupefacente dominio su una forza in chi è tra gli
romanzo, I Buddenbrook, scritto nel schiavi di essa? Può liberare chi è
1901, ci è possibile cogliere un bra- a sua volta sottomesso? Il medico
no di discorso in cui la dimensione malato è pur sempre un paradosso
psicologica della malattia, è descrit- per l’uomo semplice, un fenomeno
ta e illustrata magistralmente. problematico. La sua conoscenza
Un altro grande romanzo di Tho- teorica della malattia non è forse
mas Mann ci parla dei modi di fare tanto arricchita e moralmente con-
medicina, La Montagna Incantata solidata dalla conoscenza empirica
(1924), che sfida il tempo e coglie quanto offuscata e confusa. Egli
modelli di vivere e morire ancora non affronta la malattia con decisa
oggi attuali. Che cosa ci dice Thomas ostilità, è prevenuto, è un avversario
Mann? Questo: quando si entra in poco sicuro, e con tutta la dovuta
una istituzione chiusa (nel sanatorio cautela conviene chiedersi se un
160
entrambi, sia sul piano verbale che sentito parlare di “presa in carico”
su quello non verbale. Ogni paziente del paziente: questa espressione,
vorrebbe trovare nel proprio medico a ben vedere, evoca un senso di
curante una versione del vecchio pesantezza, di oppressivo fardello
caro medico di famiglia, come ormai inanimato da sostenere. A questo
ce lo tramanda solo la tradizione proposito vale forse la pena di ricor-
popolare: uno specialista esperto, dare che il malato, la persona che
scrupoloso, ma prima di tutto un soffre, soffre prima di tutto quando
uomo: caloroso, amichevole e an- si sente un peso per gli altri. In
che fine psicologo. Si tratta di una realtà, forse, sarebbe più opportuno
figura mitica e forse anche il medico parlare di “accompagnamento” nella
mosso dalle migliori intenzioni non malattia e nel tragitto finale che
riuscirebbe a emularne le capacità e conclude il percorso esistenziale di
l’umanità: il problema è che l’attuale ogni essere umano.
rapporto medico-paziente si risolve Alcune illuminanti riflessioni di
spesso in una visita sbrigativa, sper- Karl Jaspers (1883-1969), grande
sonalizzata e insoddisfacente per il filosofo e medico tedesco, nel suo
paziente che non si sente capito e saggio Il medico nell’età della tec-
per il medico che vede i suoi sforzi nica, possono aiutarci a far luce sul
terapeutici vanificati spesso dalla senso più profondo della medicina:
mancanza di collaborazione da parte “Giunti ai confini della medicina
dell’assistito. scientifica, senza filosofia non si
Un dialogo più profondo e aperto può dominare la stoltezza, il me-
invece andrebbe vantaggio dell’effi- dico che sulla base del progresso
cacia della cura: se i pazienti sono scientifico è in grado di fare cose
informati e coinvolti nelle decisioni, inaudite, diventa veramente medico
si rivelano più collaborativi e più solo quando assume tali pratiche nel
aderenti alle prescrizioni. suo filosofare. Attraverso l’intimità
170
174
anche tra le diverse figure allo scopo e il dopo” di un evento, come, per
di ricercare soluzioni adeguate e, esempio, il ricovero in una struttura
spesso, di compromesso. ospedaliera, di lungodegenza, RSA o
Attorno al paziente ruota una il rientro a domicilio.
molteplicità di persone che in qual- L’educazione negli ultimi anni
che modo entrano nel processo della ha assunto un ruolo di rilievo nel
comunicazione: gli operatori interni processo assistenziale anche se, per
alla struttura appartenenti ad altre rispondere efficacemente alle nuove
unità operative e servizi, spesso esigenze e domande che riguardano
specialisti, che devono gestire la la salute, sarebbe necessario un
complessità clinico-assistenziale notevole investimento professionale
di cui sono portatori i pazienti; e organizzativo. In Salute, malattia
gli operatori esterni, operatori dei e cura. Teorie e percorsi di clinica
Distretti, medici di base, assistenti della formazione per gli operatori
sociali, con i quali è indispensabile sociosanitari, della pedagogista Lu-
costruire una rete di collaborazione cia Zannini, si trovano interessanti
basata sullo di scambio di informa- spunti di riflessione sulla relazione
zioni. Tutte queste persone hanno educativa. In particolare,viene sot-
formazione, ruoli e responsabilità, tolineata l’importanza dell’ascolto
ma anche appartenenze e culture, della persona che costituisce la
diverse. La trasformazione cultu- condizione per attuare un processo
rale che investe la nostra società di educazione del paziente. La per-
riguarda e riguarderà sempre di più sona, con la sua storia, deve essere
non solo i pazienti, ma anche gli coinvolta in modo attivo, anche
operatori. Il fenomeno delle badanti mediante la relazione d’aiuto, non
è già una realtà con cui quotidia- deve essere lasciata sola nei momen-
namente dobbiamo misurarci. Le ti difficili, ma sostenuta nella scelta
badanti, che supportano le famiglie e nelle decisioni.
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181
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Ho saputo da pochi giorni che è stato eseguito un sondaggio i cui risultati mi hanno par-
ticolarmente sconvolto. Sembra che la maggioranza degli intervistati consideri la medicina
una scienza esatta, alla stregua della matematica. Mi preoccupa molto la presentazione del
sondaggio che non parla immediatamente dell’assurdità del riscontro.
[Medico]
196
Al termine del percorso Dialoghi di Bioetica e Biodiritto penso sia molto importante, da
parte di noi operatori sanitari e dei cittadini-utenti, una presa di coscienza dei propri
limiti: il limite del curare (non sempre le cure portano una completa guarigione), il limite
del chiedere (con la capacità di saper accettare la malattia).
Nella realtà di oggi, in ambito sanitario, le tecnologie e la scienza hanno preso il so-
pravvento sulla malattia. Di conseguenza dobbiamo prendere atto che la comunicazione ha
acquisito una valenza di primo piano, allo stesso livello della terapia vera e propria.
[Infermiera]
197
L’infermiere ha una grande responsabilità nell’ambito educativo del paziente. Come è specifi-
cato nelle varie fonti legislative che regolano la sua professione, deve garantire l’assistenza
non solo di natura tecnica, ma anche di natura relazionale ed educativa.
La comunicazione con il paziente avviene svariate volte durante il percorso assistenziale:
quando si comunica una diagnosi, quando si eseguono le varie procedure, dall’esecuzione
degli esami diagnostici alla somministrazione della terapia.
Il paziente vuole essere ascoltato e riconosciuto come una persona che ha bisogno di
aiuto: non vuole solo avere una semplice comunicazione, ma anche la possibilità di essere
informato chiaramente e di poter porre liberamente le sue domande. La comunicazione
tra operatore sanitario e paziente ha sì lo scopo di informarlo, ma anche di coinvolgerlo
attivamente nel suo percorso assistenziale e di sostenerlo nelle sue decisioni, molte volte
determinanti per il processo stesso. Il momento, o meglio i momenti in cui si danno in-
formazioni, devono quindi essere considerati importanti come tutti gli altri elementi del
percorso terapeutico.
[Infermiere]
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Il tema proposto nell’ultimo dei Dialoghi era volto a focalizzare il concetto di responsabi-
lità ed è stato concepito come momento di chiusura e sintesi del percorso compiuto negli
incontri precedenti. In particolare, si è inteso mettere in luce la costruzione corale del
concetto di salute, come risultato dell’interazione tra i diversi soggetti rappresentati nelle
conferenze (operatori sanitari, cittadini, operatori nell’ambito dell’informazione e pazienti)
allo scopo di evidenziare la dimensione più propriamente etica della comunicazione, nella
ricerca della possibilità di individuare alcuni punti di riferimento nella definizione del
concetto di “patologia” e di “malato”.
Come negli altri incontri, quindi, il tema considerato – la responsabilità – è stato ana-
lizzato alla luce delle sue implicazioni sul filo conduttore dei Dialoghi di quest’anno – la
comunicazione – cercando di ricercarne i tratti maggiormente condivisi.
Innanzi tutto dagli operatori sanitari: in relazione a essi, sono richiamate le consi-
derazioni svolte anche nelle tematiche affrontate durante gli incontri precedenti e che
possono essere riassunte nell’attenzione per la comunicazione stessa. Per esempio, emerge
nuovamente il tema dell’ “alleanza terapeutica” riferita agli operatori sanitari prima che
ai pazienti. Ancora una volta, inoltre, a più riprese gli elaborati pervenuti sottolineano
l’importanza dell’abilità e della competenza comunicativa, che si realizza sia nella chiarezza
delle informazioni fornite al paziente, sia nella comprensione di come esse debbano essere
calibrate alla luce della persona che si ha di fronte, considerata nella sua complessità
(coinvolgimento emotivo, capacità di comprensione, ecc.). Quest’ultima considerazione, in
particolare, si lega alla necessità – anche questa richiamata in alcuni elaborati – di con-
sentire al paziente di non sentirsi considerato “come un organo”, mantenendo una visione
d’insieme e globale dello stesso, anche a fronte della sempre maggiore specializzazione
delle diverse branche mediche.
La comunicazione, quindi, si pone per certi aspetti allo stesso livello della terapia, ma
non tutto si risolve in essa: i ruoli e, soprattutto, le loro diversità permangono. Parafrasando
le parole di uno dei relatori intervenuti, il superamento della concezione paternalistica del
rapporto con il paziente non deve condurre all’abbandono del paziente stesso (nel senso
di attribuirgli totalmente la scelta terapeutica). La comunicazione non esclude un ruolo di
guida da parte dell’operatore sanitario, che si differenzia naturalmente secondo il contesto
in cui è considerato (nell’ambito dell’emergenza, per esempio, esso trova probabilmente
una delle sue realizzazioni più intense). Invece, nei percorsi terapeutici a lungo termine
(tipicamente, nella patologie croniche) la comunicazione si modella in base alla costruzione
di un rapporto tra medico e paziente destinato a protrarsi nel tempo.
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Anche per il paziente, tuttavia, il mutamento che porta alla condivisione del percorso
verso le scelte terapeutiche comporta un ruolo di responsabilizzazione maggiore.
In particolare, emerge la necessità di un’accettazione del margine di incertezza che può
caratterizzare le scelte di cura (esse non sempre si presentano come “giuste” o “sbagliate”,
ma sono spesso complesse e possono presentare aspetti positivi e negativi), concretando
una soluzione i cui vantaggi sono superiori agli svantaggi, non eliminandoli. Da questo
punto di vista, responsabilizzazione può significare, da parte del paziente, accettare l’idea
di non ricercare risposte “volute”, “preferite”, piuttosto che corrette ancorchè “impopolari”.
In questa prospettiva, la consapevolezza dei limiti si propone come conquista e anche come
importante passaggio culturale, sia per gli operatori sanitari che per i pazienti.
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