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ELEMENTI

DI ANALISI FUNZIONALE
E DI ANALISI NUMERICA
Dottorato di Ricerca in Ingegneria Industriale
Cagliari, 16-20 febbraio 2004
Appunti sulle lezioni
dei Pro. Seatzu e Van der Mee
Dipartimento di Matematica e Informatica
Universit`a degli Studi di Cagliari
Indice
1 Introduzione sui Modelli Dierenziali 5
1.1 Problema modello Unidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Problemi modello multidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Problemi dierenziali risolubili con metodi analitici . . . . . . 7
1.4 Metodologie Numeriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2 Richiami di Analisi Funzionale 11
2.1 Spazi di Banach e di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.2 Spazi di Sobolev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2.1 Lo spazio di Sobolev H
1
() . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.2.2 Lo spazio di Sobolev H
m
() . . . . . . . . . . . . . . . 20
3 Metodi di Proiezione 21
4 Formulazione Variazionale di Problemi Ellittici 25
4.1 Problemi Modello Unidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . 25
4.2 Problemi Modello Multidimensionali . . . . . . . . . . . . . . 28
4.3 Approssimazione Numerica della Soluzione del Problema Va-
riazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.4 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.4.1 Risoluzione dellEquazione del Calore . . . . . . . . . . 35
4.4.2 Risoluzione dellEquazione delle Onde . . . . . . . . . . 37
5 Dierenze Finite 43
5.1 Metodi alle Dierenze Finite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
5.1.1 Equazioni Ellittiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
5.1.2 Equazioni Paraboliche (Metodo Implicito) . . . . . . . 46
5.1.3 Equazioni Iperboliche (Metodo Implicito) . . . . . . . . 48
3
5.1.4 Modelli Non Lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
6 Elementi Finiti di Lagrange e Triangularizzazione del Domi-
nio 59
6.1 Triangularizzazione del Dominio . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
4
Capitolo 1
Introduzione sui Modelli
Dierenziali
1.1 Problema modello Unidimensionali
Trovare la funzione u(x) che soddisfa il problema dierenziale di Sturm-
Liouville
(1.1)
_
(pu

+qu = r, a x b
u(a) = u(b) = 0,
dove p C
1
[a, b] e q, r C[a, b] con p(x) > 0 e q(x) 0 per x [a, b]. La
soluzione in senso variazionale verr`a descritta successivamente.
Una soluzione classica delle (1.1) `e una funzione u C[a, b] C
2
(a, b) e
nulla agli estremi.
1.2 Problemi modello multidimensionali
Indicato con un aperto di R
n
, indichiamo con la sua frontiera che, per
semplicit`a, supponiamo C
1
a tratti ( C
1
a tratti).

5
Modello ellittico. Trovare la funzione u(x) che soddisfa il problema die-
renziale
_

i,j=1

x
i
_
a
ij
u
x
j
_
+a
0
u = f in
u = 0 su (condizione ai limiti),
essendo le funzioni a
ij
misurabili e limitate in e la f in L
2
().
Caso particolare: Equazione di Poisson
_
u = f, in
u = 0 su ,
dove =

n
i=1

2
x
2
i
.
Modello parabolico. Trovare la funzione u(x, t) che soddisfa il problema
dierenziale
_

_
u
t

n

i,j=1

x
i
_
a
ij
u
x
j
_
+a
0
u = f, in
T
= (0, T)
u = 0 su
T
= (0, T) (condizione ai limiti)
u(x, 0) = u
0
in (condizione iniziale)
Caso particolare: Equazione del calore in un mezzo continuo e isotropo
_

_
u
t
u = f in
T
u = 0 su
T
u(x, 0) = u
0
in
Modello iperbolico. Trovare la funzione u(x, t) che soddisfa il problema
dierenziale
_

2
u
t
2

n

i,j=1

x
i
_
a
ij
u
x
j
_
+a
0
u = f, in
T
= (0, T)
u = 0 su
T
= (0, T) (condizione ai limiti)
u(x, 0) = u
0
,
u
t
(x, 0) = u
1
in (condizioni iniziali)
6
Caso particolare: Equazione delle onde in un mezzo continuo e isotropo
_

2
u
t
2
u = f in
T
u = 0 su
T
u(x, 0) = u
0
,
u
t
(x, 0) = u
1
in
Esistono attualmente vari teoremi che garantiscono, sotto ipotesi molto
generali, esistenza e unicit`a delle soluzioni dei suddetti problemi in opportuni
spazi di Hilbert.
1.3 Problemi dierenziali risolubili con me-
todi analitici
1. ODE a coecienti costanti (regole standard)
2. PDE (separazione delle variabili, serie di Fourier)
a. Ellittico
_
u
xx
+u
yy
= f(x)g(y), (x, y)
= rettangolo, cerchio
b. Parabolico
_
u
t
= c
2
u
xx
, 0 t T, a x b
u(x, 0) = f(x), u(a, t) = (t) , u(b, t) = (t)
Se x R trasformata di Fourier
Se x R
+
trasformata di Fourier seno/coseno, trasformata di Laplace
c. Iperbolico
_
u
tt
= c
2
u
xx
, t 0, a x b
u(x, 0) = f(x), u
t
(x, 0) = g(x), u(a, t) = (t), u(b, t) = (t)
metodo di DAlembert, serie di Fourier
7
Se x R trasformata di Fourier
Se x R
+
trasformata di Fourier seno/coseno, trasformata di Laplace
Per i problemi dierenziali non lineari, non esistono metodi analitici di tipo
generale. Per quanto concerne i metodi numerici `e essenziale distinguere tra
problemi debolmente e fortemente non lineari.
Sono debolmente lineari quelle equazioni dierenziali nelle quali la soluzio-
ne compare non linearmente mentre le sue derivate compaiono linearmente.
Esempi:
u

(x) +p(x) u

(x) +q(x, u) = r(x)


u
xx
+u
yy
+P(x, y)u
x
+Q(x, y)u
y
+R(x, y, u) = S(x, y)
u
t
= c
2
u
xx
+P(x, t)u
x
+Q(x, t, u) +R(x, t)
u
tt
= c
2
u
xx
+P(x, t)u
x
+Q(x, t)u
t
+R(x, t, u) +S(x, t)
Relativamente ai problemi dierenziali debolmente non lineari esistono me-
todi numerici di tipo generale par le ODE e le PDE di tipo ellittico e
parabolico.
1.4 Metodologie Numeriche
Dal punto di visto numerico, ossia dellapprossimazione della soluzione, esi-
stono due famiglie di metodi, ossia i metodi alle dierenze nite e i metodi
agli elementi niti, ambedue inquadrabili come metodi di proiezione.
1. Idea base dei metodi alle dierenze nite: costruzione di una
mesh del dominio , collocazione dellequazione dierenziale nei punti
interni della mesh e risoluzione dellassociato sistema lineare. Lerrore
di approssimazione dipende dallo schema di discretizzazione adottato,
dal diametro della mesh, dalla variabilit`a dei [a
ij
[ e dal segno di a
0
(metodi di discretizzazione).
2. Idea base dei metodi agli elementi niti per problemi ellitti-
ci: formulazione variazionale del problema in uno spazio di Sobolev,
approssimazione della soluzione in uno spazio di dimensione nita e
8
risoluzione dellassociato sistema lineare. Lerrore di approssimazio-
ne fondamentalmente dipende dalle propriet`a di approssimazione del-
lo spazio di dimensione nita considerato rispetto agli elementi dello
spazio di Sobolev.
3. Idea base dei metodi agli elementi niti per problemi parabo-
lici: formulazione variazionale del problema in uno spazio di Sobolev,
analisi spettrale della forma bilineare presente nellequazione dieren-
ziale con valutazione del suo spettro, risoluzione dellassociato proble-
ma dierenziale nel tempo e sua risoluzione mediante una tecnica di
semidiscretizzazione o di totale discretizzazione. La qualit`a del risul-
tato fondamentalmente dipende dalla valutazione dello spettro della
forma bilineare e dalla risoluzione dellassociato problema dierenziale
ordinario.
4. Idea base dei metodi agli elementi niti per problemi iperbo-
lici: formulazione variazionale del problema in uno spazio di Sobolev,
analisi spettrale della forma bilineare derivata dalloperatore ellittico
presente nellequazione dierenziale, valutazione del suo spettro e riso-
luzione dellassociato problema dierenziale ordinario del secondo or-
dine. La qualit`a del risultato, anche in questo caso, fondamentalmente
dipende dalla valutazione dello spettro associato alla forma bilineare e
dalla risoluzione del problema dierenziale ordinario del secondo ordine
nel tempo.
9
10
Capitolo 2
Richiami di Analisi Funzionale
2.1 Spazi di Banach e di Hilbert
Spazi normati. Sia X uno spazio lineare complesso (o reale). Una funzione
| | : X R che soddisfa le seguenti propriet`a:
|| 0 (positivit`a) (1)
|| = 0 se e solo se = 0 (denitezza) (2)
|| = [[ || (omogeneit`a) (3)
| +| || +|| (disuguaglianza triangolare) (4)
per qualunque , X e per ogni C (oppure R) `e denita norma su
X. Dalle (3)-(4) segue immediatamente che [|| ||[ | |. In uno
spazio normato, per distanza di da si intende la | |.
Denizione di convergenza. Una successione
n
di elementi di uno
spazio normato X `e detto convergente se esiste un elemento X tale che
lim
n
|
n
| = 0, ossia se, per ogni > 0, esiste un intero n() tale che
|
n
| < per ogni n > n().
Successione di Cauchy. Una successione
n
di elementi di uno spazio
normato X `e detta di Cauchy se per ogni > 0 esiste un intero n() tale che
|
n

m
| < per tutti gli n, m n(), ossia se lim
n,m
|
n

m
| = 0.
Completezza. Un sottospazio lineare U di uno spazio normato X `e detto
completo se ogni successione di Cauchy di elementi di U converge ad un
elemento di U.
Spazio di Banach. Uno spazio normato X `e uno spazio di Banach se esso
`e completo.
11
Funzione continua. Una funzione A : U X Y che trasforma gli
elementi di un sottoinsieme U di uno spazio normato X in elementi di uno
spazio normato Y `e detto continua in U se lim
n
A
n
= A per ogni
successione
n
U con lim
n

n
= . La funzione A`e detta continua se
essa `e continua in ogni U. La precedente denizione pu`o essere espressa
anche nel modo seguente: Una funzione A : U X Y `e continua in
se per ogni > 0 esiste (, ) tale che |A A|
Y
per tutti i U
con | |
X
< . La funzione A `e detta uniformemente continua se
dipende unicamente da , ossia se per ogni > 0 esiste un () tale che
|A A|
Y
< per tutte le con | |
X
< .
Esempi di spazi di Banach.
1. Indicato con un insieme chiuso e limitato di R
n
( R
n
), sia C()
linsieme delle funzioni continue in . Allora la funzione ||

: R,
con
|f|

= max
x
[f(x)[,
introduce una norma completa in C(), per cui lo spazio C(), dotato
di tale norma, `e uno spazio normato completo e quindi uno spazio di
Banach.
2. La suddetta denizione si pu`o generalizzare ai sottoinsiemi di R
n
che non sono necessariamente chiusi e limitati. In tal caso C() indica
linsieme delle funzioni continue e limitate in . Allora la funzione
| |

: R, con
|f|

= sup
x
[f(x)[,
introduce una norma completa in C(), per cui lo spazio C(), dotato
di tale norma, `e uno spazio di Banach.
3. Indicato con un sottoinsieme misurabile in R
n
e con L
2
() lo spazio
delle funzioni al quadrato sommabili (nel senso di Lebesgue) in ,
1
la
funzione | |
2
: L
2
() R, essendo
|f|
2
=
__

[f(x)[
2
dx
_
1/2
,
1
identicando due funzioni , al quadrato sommabili che hanno valori diversi soltanto
su un sottoinsieme di di misura zero.
12
denisce una norma completa in L
2
(), per cui costituisce uno spazio
di Banach.
4. Indicato con
2
lo spazio delle successioni x
n
al quadrato sommabili,
la funzione | |
2
:
2
R, essendo
|x
n
|
2
=
_

n=1
[x
n
[
2
_
1/2
,
denisce una norma completa in
2
, per cui costituisce uno spazio di
Banach.
Sfera aperta. Per un elemento di uno spazio normato X e un numero
positivo r, linsieme B(; r) = X : | | < r `e denito la sfera
aperta di raggio r e centro . Linsieme B[; r] = X : | | r `e
denito la sfera chiusa di raggio r e centro .
Insieme aperto. Un sottoinsieme di uno spazio normato X `e denito aperto
se per ogni U esiste un r > 0 tale che B(; r) U.
Parte interna. La parte interna
0
U di un sottoinsieme U di uno spazio
normato X `e il sottoinsieme aperto pi` u grande contenuto in U. Esso consiste
in tutti i punti U per cui esiste un numero r = r() tale che B(, r) U.
Insieme chiuso. Un sottoinsieme di uno spazio normato X `e denito chiuso
se esso contiene tutti i limiti di tutte le successioni con termini in U e limiti
in X.
Chiusura. La chiusura U di un sottoinsieme U di uno spazio normato X
(in X) `e linsieme di tutti i limiti delle successioni con termini in U e limiti
in X. Essa `e il sottoinsieme chiuso pi` u piccolo di X che contiene U.
Frontiera. La frontiera U di un sottoinsieme di uno spazio normato X `e
linsieme di tutti gli elementi di X che sono limiti sia di una successione con
termini in U sia di una successione con termini in X U. Infatti,
U = U (X U) = (X U).
Densit`a e separabilit`a. Un insieme U `e denito denso in V se V U, cio`e
se ogni elemento di V `e il limite di una successione convergente di elementi
di U. Uno spazio normato X `e detto separabile se contiene un sottoinsieme
numerabile denso in X.
Limitatezza. Un sottoinsieme U di uno spazio normato X `e detto limitato
se esiste una costante positiva C tale che || C per tutti i U. In
13
altre parole, un sottoinsieme U di uno spazio normato X `e limitato se esso `e
sottoinsieme di una sfera.
Prodotto scalare (prodotto interno). Sia X uno spazio lineare complesso
(o reale). Allora una funzione (, ) : X X C (oppure R) soddisfacente
le seguenti propriet`a:
(, ) 0 (positivit`a) (1)
(, ) = 0 se e solo se = 0 (denitezza) (2)
(, ) = (, ) (simmetria) (3)
( +, ) = (, ) +(, ) (linearit`a) (4)
per tutte le , , X e , C (oppure R) `e denita prodotto scalare o
prodotto interno (il soprasegno indica il complesso coniugato). Dalle (3)-(4)
segue immediatamente la sesquilinearit`a, o antilinearit`a
(5) (, +) = (, ) +(, ).
Norma indotta. Ogni prodotto scalare induce una norma, cos` denita
|| = (, )
1/2
per ogni X. Inoltre vale la cosiddetta disuguaglianza di Schwartz
[(, )[ || ||.
Spazio pre-Hilbert. Per spazio pre-Hilbert si intende uno spazio lineare
dotato di prodotto interno.
Spazio di Hilbert. Si denisce spazio di Hilbert uno spazio pre-Hilbert
completo rispetto alla norma indotta dal suo prodotto scalare.
Esempi di spazi di Hilbert.
1. Lo spazio L
2
() `e uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto interno
(, ) =
_

(x)(x) dx.
2. Lo spazio
2
delle successioni complesse x
n
`e uno spazio di Hilbert
rispetto al suo prodotto interno
(x
n
, y
n
) =

n=1
x
n
y
n
.
14
2.2 Spazi di Sobolev
Gli spazi di Sobolev sono gli spazi di Hilbert nei quali vengono generalmente
studiati i problemi dierenziali alle derivate parziali. Per questo motivo
risulta essenziale ricordarne le propriet`a essenziali. Il motivo, probabilmente
pi` u importante, per il quale i problemi dierenziali con valori al contorno non
vengono studiati in L
2
() `e che C(), ossia lo spazio delle funzioni continue
e limitate in , non `e uno spazio completo rispetto alla norma in L
2
().
Distribuzioni. Sia un aperto non vuoto in R
n
, nel quale x = (x
1
, . . . , x
n
)
rappresenta un punto generico. Sia T() lo spazio di tutte le funzioni reali
(per semplicit`a) indenitamente derivabili in , con supporto limitato in .
Esempio. Siano a un punto in e r > 0 un numero tale che la sfera di R
n
con centro a e raggio r sia centrata in . Allora la funzione
(x) =
_
e
1/(|xa|
2
r
2
)
, per [x a[ < r
0, altrove,
dove [y[ = (

n
i=1
[y
i
[
2
)
1/2
indica la norma euclidea di y R
n
, appartiene a
T(R).
Derivata -ma. Se `e una funzione di T(R) e = (
1
, . . . ,
n
) `e un vettore
di interi nonnegativi ( Z
n
+
), per derivata -ma della si intende

=
_

x
1
_

1
. . .
_

x
n
_
n
=

||

1
1
x

2
2
. . . x
n
n
,
essendo [[ =
1
+. . . +
n
.
Convergenza. Se
n
`e una successione di funzioni di T(), si dice che

n
converge a in T() se:
(1) il supporto di
n
`e sempre contenuto in un sottoinsieme chiuso e limi-
tato di ;
(2) per ogni Z
n
+
,

m
converge uniformemente a

su K.
Si denisce come spazio T

() delle distribuzioni su lo spazio duale di


T(), ossia lo spazio delle forme lineari continue su T(). Pertanto se T `e
15
una distribuzione su e se T, ) indica la dualit`a tra T

() e T(), T,
m
)
converge a T, ) per ogni successione
m
convergente a in T(). Inoltre
se T
m
`e una successione di T

(), si dice che T


m
converge a T in T

() se,
per ogni funzione di T(), T
m
, ) converge a T, ).
Esempi di distribuzioni.
1. ( di Dirac). Indicato con a un punto di , la di Dirac in a (
a
) pu`o
essere denita mediante la seguente relazione:

a
, ) = (a), per ogni T().
Essendo la relazione lineare e continua,
a
indica una distribuzione.
2. Sia L
2
() lo spazio di Hilbert delle funzioni al quadrato sommabili in
, con prodotto interno
(f, g) =
_

f(x)g(x) dx
e norma indotta
|f| =
__

[f(x)[
2
dx
_
1/2
.
Pressata f in L
2
(), ad essa possiamo associare la distribuzione T
f
cos` denita
T
f
, ) =
_

f(x)(x) dx, per ogni L


2
().
Poich`e T() `e denso in L
2
(), la T
f
`e iniettiva da T() a T

() e di
conseguenza `e possibile identicare T
f
con la f.
Derivata delle distribuzioni (derivata in senso debole). Se T `e una
distribuzione, la T/x
i
viene denita mediante la relazione

T
x
i
, ) = T,

x
i
), per ogni T().
Poich`e la trasformazione T,

x
i
) `e una forma lineare e continua su
T(), la precedente relazione denisce T/x
i
come una distribuzione su
16
. Da notare che se f `e una funzione derivabile con continuit`a su , la
sua derivata ordinaria coincide con la derivata nel senso delle distribuzioni.
Infatti, per la denizione introdotta

T
f
x
i
, ) = T
f
,

x
i
) =
_

f(x)

x
i
dx
e, daltra parte, integrando per parti e tenendo conto del fatto che le funzioni
sono a supporto chiuso e limitato in , per ogni T()
T f
x
i
, ) =
_

x
i
(x)(x) dx =
_

f(x)

x
i
(x) dx.
Pi` u in generale, se T `e una distribuzione su e se Z
n
+
`e un qualunque vet-
tori di interi, la derivata

T =

||
T
x

1
1
...x
n
n
di T, nel senso delle distribuzioni,
`e denita dalla relazione

, ) = (1)
||
T,

), per ogni T() ([[ =


1
+. . . +
n
).
La principale conseguenza `e che ogni distribuzione su `e indenitamente
derivabile in , nel senso delle distribuzioni.
`
E anche immediato osservare
che loperazione T

T `e continua in T

() nel senso che se T


n
T in
T

(), allora

T
m

T in T

().
Esempi.
1. (la funzione di Heaviside).
H(x) =
_
1, per x 0,
0, per x < 0.
La funzione H pur non essendo sommabile in R lo `e localmente, nel
senso che lo `e in qualunque sottoinsieme limitato di R, in simboli H
L
1
loc
(). Poich`e lo spazio delle funzioni L
1
loc
() pu`o essere identicato,
come quello delle funzioni L
2
(), con loperatore T
f
, f L
1
loc
(), la
funzioni H pu`o essere identicata con una distribuzione T
H
su R. La
derivata di tale distribuzione `e la di Dirac nellorigine, in quanto

d
dx
T
H
, ) =
_
R
H(x)

x
dx =
_
R
+

x
dx = (0).
17
2. Sia f una funzione denita su R e ivi derivabile tranne in un numero
nito di punti x
1
, . . . , x
k
in ciascuno dei quali esistono tuttavia le de-
rivate destra e sinistra. Sia s
i
= f(x
i
+)f(x
i
) il salto di discontinuit`a
della f in x
i
.
`
E allora facile osservare che
d
dx
T
f
= Tdf
dx
+
k

i=1
s
i

x
i
.
Infatti, per ogni T(R), risulta

d
dx
T
f
, ) =
_
R
f(x)

x
dx =
_
R
df
dx
(x) dx +
k

i=1
s
i
(x
i
).
2.2.1 Lo spazio di Sobolev H
1
()
Sia u una funzioni di L
2
(R) che, come osservato precedentamente, pu`o essere
identicata con una distribuzione su . Indicata tale distribuzione con
stessa, le sue derivate

x
i
, i = 1, . . . , n, non sono in generale contenute in
L
2
(). Questo giustica lintroduzione dello spazio H
1
().
Si denisce spazio di Sobolev di ordine 1 su lo spazio
H
1
() =
_
u L
2
() :
u
x
i
L
2
(), i = 1, . . . , n
_
.
In H
1
() si introduce il prodotto interno
(u, v)
1,
=
_

_
uv +
n

i=1
u
x
i
v
x
i
_
dx
e la norma corrispondente |u|
1,
= (u, u)
1,
.
Esempio. Le splines lineari su un intervallo [a, b] appartengono a H
1
(a, b).
Propriet`a fondamentali.
Teorema 2.1 Lo spazio H
1
() `e uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto
interno introdotto.
Teorema 2.2 Lo spazio H
1
() `e separabile, ossia possiede un sottoinsieme
numerabile e denso in H
1
().
18
a x x x x
2 3 4 1
b
H
1
0
() `e, per denizione, la chiusura di T() in H
1
().
Nel caso in cui sia limitato valgono le seguenti propriet`a:
(1) la seminorma
[u[
1,
=
_
n

i=1
_
_
_
_
u
x
i
_
_
_
_
2
0,
_
1/2
,
dove | |
0,
`e la norma in L
2
(), `e una norma su H
1
0
().
(2) C
1
(), ossia lo spazio delle funzioni derivabili con continuit`a in , `e
denso in H
1
().
(3) lo spazio delle funzioni continue in , C(), `e contenuto in H
1
().
(4) se la frontiera di `e C
1
a tratti,
H
1
0
() =
_
u H
1
() : u[

= 0
_
.
In altri termini, se `e limitato e il suo bordo `e C
1
a tratti, H
1
0
() coincide
con linsieme delle funzioni di H
1
() che si annullano al bordo.
Se `e limitato con frontiera C
1
a tratti, liniezione canonica di H
1
() in
L
2
() `e compatta, cio`e da ogni sottoinsieme limitato di H
1
() si pu`o estrarre
una successione che converge in L
2
().
Vale la seguente caratterizzazione di H
1
(R
n
):
Teorema 2.3
H
1
(R
n
) =
_
u L
2
(R
n
) : (1 +[[
2
)
1/2
u L
2
(R
n
)
_
,
essendo u() = (2)
n/2
_
R
n
e
ix
u(x) dx la trasformata di Fourier di u.
19
2.2.2 Lo spazio di Sobolev H
m
()
La denizione di H
1
() viene generalizzata nel modo seguente:
H
m
() =
_
u L
2
() :

u L
2
(), [[ m
_
,
essendo

u la -ma derivata di u nel senso delle distribuzioni. In H


m
() il
prodotto interno `e cos` denito:
(u, v)
m,
=
_

_
_

||m

v
_
_
dx.
La norma indotta `e pertanto
|u|
m,
= (u, u)
1/2
m,
.
Le generalit`a delle propriet`a valide in H
1
() si estendono, con relativa sem-
plicit`a, allo spazio H
m
().
Laplaciano. Per Laplaciano di una distribuzione, analogamente a quanto
avviene per le funzioni in C
2
, si intende la distribuzione
u =
n

i=1

2
u
x
2
i
.
Teorema 2.4 (Formula di Green) Sia un aperto limitato in R
n
con
frontiera C
1
a tratti. Allora per ogni funzione u di H
2
() e ogni funzione
v di H
1
() vale la formula di Green

(u)v dx =
n

i=1
_

u
x
i
v
x
i
dx
_

v d,
dove u/ indica la derivata normale della u in un punto di .
20
Capitolo 3
Metodi di Proiezione
Indicato con X uno spazio di Hilbert e con A un operatore da X a X, si
consideri lequazione (per esempio dierenziale)
(3.1) Af = g.
Tale equazione `e univocamente risolubile in X, qualunque sia g in X, se e
solo se esiste limitato loperatore inverso A
1
.
Lemma 3.1 (Lax-Milgram) Condizione suciente perch`e A abbia inver-
so limitato `e che esso sia coercivo, ossia che esista una costante c > 0 tale
che
(A, ) c||
2
X.
Questo lemma, come le considerazioni precedenti, per semplicit`a sono da
intendersi nel campo reale.
Idea base dei metodi di proiezione: proiettare lequazione (3.1) in op-
portuni sottospazi X
n
di X sui quali si sappia risolvere la nuova equazione
ma anche valutare la distanza tra la soluzione in X e quella in X
n
.
Propriet`a degli spazi X
n
: X
n
`e di dimensione nita; X
n
X
n+1
per ogni
n, X
n
`e denso in X.
Operatore di proiezione: P
n
deve essere lineare e inoltre P
2
n
deve coinci-
dere con P
n
, cio`e P
2
n
= P
n
.
Indicato con f
n
il generico elemento di X
n
e con P
n
un operatore di
proiezione da X a X
n
, si considera lequazione
(3.2) P
n
Af
n
= P
n
g, f
n
X
n
,
21
che rappresenta la proiezione della (3.1) in X
n
. Indicata con A
n
la restrizione
delloperatore P
n
A ad X
n
, lequazione (3.2) diventa
(3.3) A
n
f
n
= P
n
g, f
n
X
n
,
essendo A
n
= P
n
A : X
n
X
n
.
La teoria sui metodi di proiezione assicura che se A `e un operatore lineare
e limitato in X, esiste un N tale che per ogni n > N, lequazione proiettata
possiede una e solo una soluzione in X
n
. In altre parole, esiste un N tale che
per ogni n > N loperatore A
n
`e invertibile con operatore limitato in X
n
.
1
Valutazione dellerrore. Nella (3.3), ricordando la (3.1),
f
n
= A
1
n
P
n
g = A
1
n
P
n
Af,
per cui, indicato con I loperatore identit`a,
f
n
f =
_
A
1
n
P
n
A I
_
f.
Inoltre, dalla denizione di A
n
segue che, X
n
,
A
1
n
P
n
A = .
Pertanto
f
n
f =
_
A
1
n
P
n
A I
_
(f ) X
n
.
Da cui
(3.4) |f
n
f| (1 +M
n
)|f

|,
essendo M
n
= |A
1
n
P
n
A|
X
e

la migliore approssimazione della f in X


n
.
Da notare che M
n
`e una successione limitata, esiste cio`e un M tale che
M
n
M per ogni n.
Allo scopo di introdurre il metodo agli elementi niti come un metodo di
proiezione `e importante osservare preliminarmente che lequazione (3.1) pu`o
essere espressa nella forma equivalente
(3.5) Af, ) = g, ), X.
1
Se X
n
ha dimensione nita, non c`e bisogno dellipotesi che loperatore inverso A
1
n
sia limitato.
22
Le due forme sono equivalenti nel senso che la (3.1) implica la (3.5) e la vali-
dit`a della (3.5), per ogni X, implica la (3.1). Per applicare il teorema di
Lax-Milgram alla nuova formulazione del problema (3.1), detta formulazione
variazionale, occorre premettere la denizione di forma bilineare.
Una funzione a : X X R `e detta bilineare se essa `e lineare rispetto
a ciascuna delle sue due variabili, cio`e se
_
a(u +v, w) = a(u, w) + a(v, w)
a(u, v +w) = a(u, v) +u(u, w),
qualunque siano u, v, w X e , R. Tale funzione `e limitata se esiste
una costante c > 0 tale che
[a(u, v)[ c|u| |v|, u, v X.
Inoltre essa `e coerciva se esiste una costante c > 0 tale che
a(u, u) c|u|
2
, u X.
Lemma 3.2 (Lax-Milgram) Se la A `e lineare e la funzione bilineare Af, g)
`e coerciva, lequazione (3.5), e pertanto anche la (3.1), `e univocamente riso-
lubile in X.
Il metodo di Galerkin, in particolare, richiede la proiezione dellequazione
(3.5) in X
n
, che pertanto diventa
(3.6) Af
n
, ) = g, ), f
n
X
n
, X
n
.
Il metodo agli elementi niti consiste nellapprossimare la (3.6) in uno
spazio X
n
di elementi niti. Indicata con

f
n
lapprossimazione di f
n
in X
n
,
il metodo agli elementi niti richiede la risoluzione dellequazione
(3.7) A

f
n
,
n
) = f,
n
),

f
n
X
n
,
n
X
n
.
Nel caso in cui A sia lineare, lapprossimazione di

f
n
richiede dunque la
risoluzione di un sistema lineare. Infatti, indicata con w
j

n
j=1
una base di
X
n
,

f
n
`e esprimibile nella forma

f
n
=

n
j=1

j
w
j
, dove gli
j
sono numeri
reali che esprimono le componenti di f
n
rispetto alla base di X
n
. Pertanto,
nel caso lineare, lequazione (3.7) diventa
(3.8)
n

j=1

j
Aw
j
, w
i
) = g, w
i
), i = 1, 2, . . . , n,
23
e

f
n
=

n
j=1

j
w
j
viene assunta come approssimazione della f. Poich`e al
crescere di n decresce lerrore di approssimazione della f in X
n
ma aumentano
le dicolt`a per la risoluzione del sistema (3.8), occorre un buon compromesso
nella scelta di n.
24
Capitolo 4
Formulazione Variazionale di
Problemi Ellittici
4.1 Problemi Modello Unidimensionali
Sia v C
1
[a, b] una funzione nulla agli estremi. Moltiplicando lequazione
dierenziale nelle (1.1) per v(x) e integrando per parti si ottiene lequazione
funzionale
(4.1) S(u, v) = F(v), v C
1
[a, b], v(a) = v(b) = 0,
dove
S(u, v) =
_
b
a
(pu

+quv) dx
F(v) =
_
b
a
rv dx.
Ogni soluzione del problema modello (1.1) soddisfa dunque lequazione
(4.1) per ogni v C
1
[a, b] nulla agli estremi. Si pu`o anche dimostrare il
viceversa e cio`e che se u C[a, b] C
2
(a, b) con u(a) = u(b) = 0 soddisfa la
(4.1) per ogni v C
1
[a, b] nulla agli estremi, allora la u `e lunica soluzione
del problema dierenziale (1.1).
La suddetta trasformazione `e essenziale per la risoluzione del problema
(1.1) con il metodo degli elementi niti. A tale scopo lequazione funzionale
deve essere considerata in uno spazio di Hilbert.
Questo per vari motivi ma soprattutto per poter utilizzare le propriet`a
delle funzioni biilineari e, in particolare, la seguente:
25
Se la S(u, v) `e bilineare e coerciva in uno spazio di Hilbert, allora
lequazione (4.1) possiede una e una sola soluzione.
Tale spazio di Hilbert `e lo spazio di Sobolev H
1
[a, b], la cui introduzione
necessita la denizione di derivata debole.
Sia, come usuale, L
2
[a, b] lo spazio delle funzioni al quadrato integrabile
in [a, b] nel senso di Lebesgue.
Denizione 4.1 Una funzione u L
2
[a, b] `e dotata di derivata debole u


L
2
[a, b] se
_
b
a
uv

dx =
_
b
a
u

v dx
per ogni v C
1
[a, b] con v(a) = v(b) = 0.
Teorema 4.2 Lo spazio lineare
H
1
[a, b] := u L
2
[a, b], con u

L
2
[a, b]
dotato del prodotto interno
u, v)
H
1 :=
_
b
a
(uv +u

)dx
`e uno spazio di Hilbert.
Propriet`a: C
1
[a, b] `e denso in H
1
[a, b];
H
1
[a, b] C[a, b].
Il sottospazio H
1
0
[a, b] := u H
1
[a, b] : u(a) = u(b) = 0 `e completo.
Teorema 4.3 In H
1
0
[a, b] il problema funzionale (4.1) possiede una e una
sola soluzione, che `e anche soluzione in H
1
0
[a, b] del problema modello.
Teorema 4.4 La soluzione debole `e anche una soluzione classica.
Metodo agli elementi niti per il problema di modello
Risolvere il problema modello con il metodo degli elementi niti equivale
ad applicare il metodo di Galerkin alla risoluzione in H
1
0
[a, b] dellequazione
(4.1), avendo assunto come X
n
lo spazio delle splines lineari.
26
Tenuto conto del fatto che la soluzione del problema modello si annulla
agli estremi, una base X
n
per le splines lineari `e data dalle Hat functions
H
i

n
i=1
, dove
H
i
(x) =
_

_
x x
i1
h
, x
i1
x x
i
x
i+1
x
h
, x
i
x x
i+1
0, altrove.
Tali funzioni sono chiaramente una base cardinale per linterpolazione,
nel senso che linterpolante di una funzione continua f(x) `e del tipo
If(x) =
n

i=1
f(x
i
)H
i
(x), a x b.
Essendo X
n
X
n+1
e inoltre
max
axb
[f(x) If(x)[
M
2
8
h
2
, M
2
= max
axb
[f

(x)[,
`e evidente che X
n
`e una scelta ragionevole come sottospazio di dimensione
nita nel quale approssimare la soluzione del problema modello. Posto
u
n
=
n

i=1

i
H
i
,
si deve dunque risolvere il sistema lineare
n

i=1

i
S(H
i
, H
j
) = F(H
j
), i = 1, 2, . . . , n,
dove
S(H
i
, H
j
) =
_
b
a
_
pH

i
H

j
+qH
i
H
j
_
dx
F(H
j
) =
_
b
a
rH
j
dx.
Discutiamo ora il calcolo della matrice S(H
i
, H
j
)
i,j=1,...,n
. Poich`e la
matrice `e simmetrica, `e suciente calcolare gli elementi S(H
i
, H
j
) per i j.
27
Inoltre, essendo S(H
i
, H
j
) = 0 per [i j[ 2, come `e evidente dal suppor-
to delle H
i
, `e suciente calcolare gli elementi S(H
i
, H
j
) della diagonale
principale e gli S(H
i+1
, H
j
) della prima subdiagonale. A tale scopo `e bene
osservare che
H

i
(x) =
_

_
1
h
, x
i1
x x
i

1
h
, x
i
x x
i+1
0, altrove,
Pertanto
S(H
i
, H
j
) =
_
b
a
_
p(H

i
)
2
+q(H
i
)
2

dx =
1
h
2
_
x
i+1
x
i1
p(x) dx
+
1
h
2
__
x
i
x
i1
q(x) (x x
i1
)
2
dx +
_
x
i+1
x
i
q(x) (x
i+1
x)
2
dx
_
e
S(H
i+1
, H
i
) =
1
h
2
_
x
i+1
x
i
p(x) dx +
1
h
2
_
x
i+1
x
i
q(x) (x
i+1
x)(x x
i
) dx.
Il vettore dei termini noti `e dato da
F(H
i
) =
1
h
2
__
x
i
x
i1
r(x) (x x
i1
) dx +
_
x
i+1
x
i
r(x) (x
i+1
x) dx
_
,
dove i = 1, . . . , n. Naturalmente il calcolo eettivo pu`o essere completato
analiticamente soltanto in casi particolari, dipendenti dalle espressioni di p,
q e r. Nella generalit`a dei casi questo viene eettuato utilizzando formule di
quadratura numerica.
Per quanto concerne la distanza tra la soluzione u e la u
n
valgono i due
seguenti risultati:
|u u
n
|
H
c
1
|u

|
L
2 h; (1)
|u u
n
|
L
2 c
2
|u

|
L
2 h
2
. (2)
4.2 Problemi Modello Multidimensionali
La formulazione variazionale delle equazioni dierenziali con condizioni al
contorno `e la necessaria premessa alla descrizione del metodo agli elementi
28
niti. Per chiarezza espositiva consideriamo prima due problemi modello e
poi la formulazione pi` u generale.
1. Problema di Dirichlet. Indicata con un aperto limitato in R
n
con
frontiera C
1
a tratti e con f L
2
() una funzione assegnata, trovare una
funzione u denita in soluzione del problema dierenziale
u = f in , (4.2)
u = 0 su . (4.3)
Supponiamo ora che la soluzione u del problema (4.2)-(4.3) sia suciente-
mente regolare, diciamo u H
2
(). Allora moltiplicando primo e secondo
membro della (4.2) per una funzione test v H
1
0
() e integrando su si ha

(u)v dx =
_

fv dx.
Da cui, sostituendo la formula di Green e ricordando che v[

= 0, si ottiene
(4.4)
n

i=1
_

u
x
i
v
x
i
dx =
_

fv dx, v H
1
0
().
Inne, essendo u[

= 0, possiamo aermare che anche u H


1
0
(). Il proble-
ma (4.2)-(4.3) pu`o pertanto essere sostituito con il seguente: Assegnata una
f L
2
(), determinare una u H
1
0
() che risolva il problema (4.4). Questa
`e la formulazione variazionale del problema di Dirichlet (4.2)-(4.3). La teoria
dimostra che ogni soluzione delle (4.2)-(4.3) sucientemente regolare `e solu-
zione della (4.4). Viceversa, una soluzione u H
1
0
() `e soluzione della (4.4)
se e solo se la (4.4) `e vericata per ogni T(), in quanto H
1
0
() `e la
chiusura di T(). Pertanto, se u verica la (4.4), allora la (4.2) `e vericata
in , nel senso delle distribuzioni e, se f L
2
(), la (4.2) `e vericata in
L
2
(), dunque quasi ovunque in . Inoltre `e vericata anche la (4.3), dato
che u H
1
0
().
2. Problema di Neumann. Risolvere, nelle ipotesi precedenti su , e
f, il seguente problema dierenziale
u +u = f in , (4.5)
u

= 0 su . (4.6)
29
Supponendo ancora che u H
2
(), moltiplichiamo primo e secondo membro
della (4.5) per una funzione test v H
1
(), integriamo su e utilizziamo la
formula di Green. Tenuto conto della condizione (4.6) si ottiene lequazione
(4.7)
n

i=1
_

u
x
i
v
x
i
dx +
_

uv dx =
_

fv dx, v H
1
().
Il problema iniziale viene pertanto sostituito con il seguente: assegnata
f L
2
(), determinare una u che verica la (4.7). Ogni soluzione u del pro-
blema (4.5)-(4.6) `e soluzione dellequazione (4.7). Viceversa, se u H
1
() `e
soluzione del problema precedente, la (4.7) `e vericata per ogni T(),
per cui essa `e la soluzione di (4.5)-(4.6) nel senso delle distribuzioni, essendo
la (4.5) vericata in L
2
(). Quando la u `e regolare, diciamo u H
2
(),
dalla formula di Green segue che la (4.7) `e equivalente alla (4.5) ma anche
che
_

v d = 0 v H
1
0
(),
da cui
_

v d = 0 v L
2
(),
ossia che la (4.6) `e valida nel senso delle distribuzioni.
3. Problema di Dirichlet nel caso pi` u generale. Risolvere, nelle stesse
ipotesi precedenti su e f, il seguente problema ellittico con condizioni
omogenee al contorno
Au = f in (4.8)
u = 0 su , (4.9)
essendo
(4.10) Au =
n

i,j=1

x
i
_
a
ij
u
x
j
_
+a
0
u.
Procedendo come nel problema 1, ossia supponendo u H
2
() e la funzione
test v H
1
0
(), moltiplicando il primo e secondo membro della (4.8) da v ed
applicando la formula di Green si ottiene la formulazione variazionale
a(u, v) = F(v), v H
1
0
(), (4.11)
30
dove
a(u, v) =
_

_
n

i,j=1
a
ij
u
x
i
v
x
j
+a
0
uv
_
dx, (4.12)
F(v) =
_

fv dx. (4.13)
La a(u, v) `e bilineare ed `e coerciva se le funzioni a
ij
(x) e a
0
(x) soddisfano le
seguenti ipotesi di ellitticit`a:
(a) esiste una costante c > 0 tale che
n

i,j=1
a
ij
(x)
i

j
c[[
2
, R
n
, quasi ovunque in ,
dove [ [ indica la norma euclidea.
(b) esiste una costante c
0
tale che
a
0
(x) c
0
, quasi ovunque in .
Tali ipotesi, frequentemente vericate nelle applicazioni, implicano infatti che
a(v, v) |v|
2
1,
+
0
|v|
2
0,
.
Nella suddetta ipotesi il problema (4.11) possiede una e una sola soluzione la
quale `e anche soluzione, nel senso delle distribuzioni, del problema iniziale.
Osservazione 4.5 Considerazioni del tutto analoghe permettono di ottene-
re la formulazione variazionale del problema di Neumann associato allopera-
tore ellittico A.
`
E utile notare anche che, con semplici adattamenti, `e anche
possibile ottenere la formulazione variazionale in condizioni di inomogeneit`a
al contorno. Da notare che la condizione di ellitticit`a `e chiaramente vericata
nel caso dei problemi 1 e 2. Infatti essendo a
0
(x) 0, oppure a
0
(x) 1, la
condizione (b) `e banalmente vericata e la (a), essendo a
ij
(x) 1 per i = j
e a
ij
(x) 0 per i ,= j, lo `e per c =
1
2
, dato che
n

i,j=1

j
= [[
2
+
n

i,j=1
j=i

j

1
2
[[
2
,
31
essendo
1
2
n

i,j=1
j=i
(
i
+
j
)
2
0.
4.3 Approssimazione Numerica della Soluzio-
ne del Problema Variazionale
Supponiamo di dover risolvere il problema variazionale (4.11)-(4.13), nel qua-
le per comodit`a poniamo X = H
1
0
(). Indicato con X
h
uno spazio di dimen-
sione nita, caratterizzato da un parametro h che faremo tendere a zero, la
cui dimensione N = N(h) tende allinnito per h 0. Supponiamo inoltre
che X
h
per h 0 sia denso in X. La soluzione del problema variazionale
(4.11)-(4.13) viene allora sostituito dal seguente: pressato h, determinare
lunico elemento u
h
X
h
che verica la relazione
(4.14) a(u
h
, v
h
) = F(v
h
), v
h
X
h
,
dove a(u
h
, v
h
) e F(v
h
) hanno lo stesso signicato che nelle (4.12)-(4.13).
Teorema 4.6 Le ipotesi di ellitticit`a sulle a
ij
e a
0
garantiscono lesistenza
e unicit`a della soluzione del problema (4.14).
Dal punto di vista numerico, indicata con
i

N
i=1
una base per X
h
e posto
u
h
=

N
j=1

j

j
, si deve risolvere il sistema lineare
(4.15)
N

j=1
a(
j
,
i
)
j
= F(
i
), i = 1, 2, . . . , N.
Tale sistema ha una e una solo soluzione nelle suddette ipotesi di ellitticit`a.
Vale inoltre il seguente risultato sullerrore di approssimazione: esiste una
costante c, indipendente da h, tale che
|u u
h
| c inf
u
h
X
|u u
h
|.
Di conseguenza, se X
h
`e denso in X per h , lerrore di proiezione
u u
h
0 in norma. Il metodo si dice denito di ordine k se |u u
h
| =
O(h
k
).
32
Esercizio. Risolvere con un metodo di ordine s il seguente problema:
u = f in
u = 0 su ,
dove `e il quadrato unitario (0, 1) (0, 1). La formulazione variazionale
richiede la valutazione di u H
1
0
() tale che
Q(u, v) =
_

fv dx, v ,
essendo
a(u, v) =
_

_
u
x
1
v
x
1
+
u
x
2
v
x
2
_
dx.
Per approssimare u si deve costruire un sottospazio X
h
di dimensione nita
N = N(h) di X = H
1
0
(). A tale scopo consideriamo il reticolo rettangolare
R
h
i cui nodi sono i punti P
ij
= (ih, jh), 0 i, j n + 1; indichiamo Q
ij
il
quadrato con lati paralleli agli assi e di lunghezza h, avente per vertici i punti
(ih, jh), ((i +1)h, jh), ((i +1)h, (j +1)h) e (ih, (j +1)h). Questo determina
la seguente decomposizione del dominio :
_
_
_
=
_
0i,jn
Q
ij
con
Q
i
1
,j
1
,= Q
i
2
,j
2
per (i
1
, j
1
) ,= (i
2
, j
2
).
Indichiamo ora con
1
lo spazio dei polinomi in due variabili di grado
1 in ciascuna variabile.
1
`e dunque lo spazio di dimensione 4 generato
dai polinomi 1, x
1
, x
2
e x
1
x
2
. X
h
`e allora lo spazio di dimensione nita
X
h
=
_
v C() : v[

= 0, v[
Q
ij

1
, 0 i, j n
_
,
la cui dimensione `e N = n
2
. Allo scopo di costruire una base di X
h
, nume-
riamo i punti per righe ossia per ordinate crescenti e, a parit`a di ordinata,
per ascisse crescenti.
A questo punto consideriamo la spline lineare
i

n
2
i=1

1
caratterizzata
dalla relazione

i
(P
j
) =
ij
, 1 i, j n
2
.
33
`
E evidente che queste funzioni formano una base Lagrangiana di X
h
, per cui
ogni funzione u
h
X
h
`e esprimibile nella forma
(4.16) u
h
=
n
2

j=1
u
j

j
,
dove i coecienti u
j
= u
h
(P
i
) sono la soluzione del sistema lineare
(4.17)
n
2

j=1
a(
i
,
j
)u
j
=
_

f
i
dx, i = 1, 2, . . . , n
2
.
`
E importante notare che il supporto di
l
, l = i+n(j 1), ossia il subdominio
di in cui `e non nulla, `e il quadrato di lato 2h denito dai vertici (i1, j1),
(i + 1, j 1), (i + 1, j + 1) e (i 1, j + 1).
La
l
rappresenta dunque una piramide con vertice in (i, j) di valore 1 e
valore zero nei 4 lati. Pertanto il supporto della
l
ha intersezione soltanto
con quelli che hanno come vertici i punti (i 1, j 1), (i, j 1), (i
1
, j 1),
(i+1, j), (i+1, j+1), (i, j+1), (i1, j+1) e (i, j1). Dalla teoria sugli spazi di
Sobolev segue che: se u `e una funzione continua in la cui restrizione v[
r
ad
un subdominio
r
appartiene a H
1
0
(
r
), allora u H
1
0
(). Di conseguenza, la

j
e dunque anche la u
h
appartengono a H
1
0
(). Precisiamo ora con maggiori
dettagli le caratteristiche del sistema (4.17). Poniamo, per semplicit`a,
u
lm
= u
h
(x
il
, x
lm
), 1 l, m n
2
,
f
lm
=
1
h
2
_

f
lm
dx, 1 l, m n
2
,
dove
lm
`e la funzione di
1
che vale 1 nel nodo (x
1l
, x
lm
) e 0 negli altri nodi
del reticolo. Calcoli semplici, anche se non molto brevi, dimostrano che la
(4.17) si pu`o scrivere nel modo seguente:
(4.18) 3 u
lm

1
3
1

i,j=1
u
l+i,m+j
= h
2
f
lm
, 1 l, m n
2
,
essendo
_
u
l0
= u
l,n
2
+1
= 0, 0 l n
2
+ 1
u
0m
= u
n
2
+1,m
= 0, 0 m n
2
+ 1.
La matrice del sistema (4.18) `e sparsa, in quanto per ogni coppia (l, m)
lequazione relativa ha 9 coecienti ,= 0. Indicando con un un elemento non
nullo, la matrice presenta una struttura del tipo seguente.
34
4.4 Applicazioni
La tecnica variazionale pu`o essere utilizzata anche per la risoluzione delle
equazioni del calore e delle onde. Pi` u precisamente, `e possibile risolvere i
due tipi di equazione sfruttando opportunamente la coercivit`a delloperatore
ellittico presente nei due tipi di equazione.
4.4.1 Risoluzione dellEquazione del Calore
Per risolvere numericamente il problema dierenziale
_

_
u
t
u = f in
T
= (0, T)
u = 0 su
T
= (0, T)
u(x, 0) = u
0
in
partiamo dalla formulazione variazionale
(4.19)
_

u
t
(x, t)v(x) dx
_

u(x, t)v(x) dx =
_

f(x, t)v(x) dx,


dove v H
1
0
(). Utilizzando la formula di Green e osservando che
_

u
t
(x, t)v(x) dx =
d
dt
_

u(x, t)v(x) dx v H
1
0
(),
si ottiene
d
dt
_

u(x, t)v(x) dx +
n

i=1
_

u
x
i
v
x
i
dx =
_

f(x, t)v(x) dx,


oppure
d
dt
u(t), v) +a(u(t), v) = f(t), v).
Risolviamo prima il problema spettrale
(4.20) a(w
i
, v) =
i
w
i
, v) v H
1
0
(),
da cui segue
(4.21) u(t) =
n

i=1
u(t), w
i
)w
i
,
35
essendo w
i
una base Hilbertiana ortonormale.
1
Arriviamo allequazione
a(u(t), v) =

i=1
u(t), w
i
)a(w
i
, v)
=

i=1
u(t), w
i
)
i
w
i
, v), (4.22)
e dunque
u(t) =

i=1
u(t), w
i
)w
i
, w
i
H
1
0
()
a(u(t), v) =
n

j=1

j
u(t), w
j
)w
j
, v),
da cui, per v = w
i
, i N,
a(u(t), w
i
) =
i
u(t), w
i
). (4.23)
Lequazione (4.19) `e dunque equivalente al sistema
d
dt

i
(t) +
i

i
(t) = f(t), w
i
), i N

i
(0) = u
0
, w
i
),
dove
i
(t) = u(t), w
i
). Per ogni i la soluzione `e pertanto

i
(t) = u
0
, w
i
)e

i
t
+
_
t
0
f(s), w
i
)e

i
(ts)
ds
e dunque
u(x, t) =

i=1
_
u
0
, w
i
)e

i
t
+
_
t
0
f(s), w
i
)e

i
(ts)
ds
_
w
i
(x).
1
Nelle ipotesi di coercivit`a della forma bilineare a(u, v), il problema spettrale (4.20)
ammette uno spettro che ha le seguenti caratteristiche: gli autovalori
i
formano una
successione innita di valori positivi convergenti a + e la successione delle autofunzioni
w
i
`e una base ortonormale di L
2
().
36
4.4.2 Risoluzione dellEquazione delle Onde
Per risolvere numericamente il problema dierenziale
_

2
u
t
2
u = f in
T
= (0, T)
u = 0 su
T
= (0, T)
u(x, 0) = u
0
,
u
t
(, 0) = u
1
in
partiamo dalla formulazione variazionale
(4.24)
_

2
u
t
2
(x, t)v(x) dx
_

u(x, t)v(x) dx =
_

f(x, t)v(x) dx,


dove v H
1
0
(). Utilizzando la formula di Green e osservando che
_

2
u
t
2
(x, t)v(x) dx =
d
2
dt
2
_

u(x, t)v(x) dx v H
1
0
(),
si ottiene
d
2
dt
2
_

u(x, t)v(x) dx +
n

i=1
_

u
x
i
v
x
i
dx =
_

f(x, t)v(x) dx,


oppure
d
2
dt
2
u(t), v) +a(u(t), v) = f(t), v).
Seguendo i passaggi (4.20)-(4.23) si conclude facilmente che lequazione
(4.24) `e dunque equivalente al sistema
d
2
dt
2

i
(t) +
i

i
(t) = f(t), w
i
), i N

i
(0) = u
0
, w
i
),
d
dt

i
(0) = u
1
, w
i
),
dove
i
(t) = u(t), w
i
). Per ogni i la soluzione `e pertanto

i
(t)=u
0
, w
i
) cos(t
_

i
)+u
1
, w
i
)
sin(t

i
)

i
+
_
t
0
f(s), w
i
)
sin((t s)

i
)

i
ds
37
e dunque
u(x, t) =

i=1
_
u
0
, w
i
) cos(t
_

i
) +u
1
, w
i
)
sin(t

i
)

i
+
_
t
0
f(s), w
i
)
sin((t s)

i
)

i
ds
_
w
i
(x). (4.25)
Nel caso in cui un autovalore
i
si annulla, la (4.25) non presenta alcuna
dicolt`a di interpretazione. Ricordandosi i limiti
lim
0
cos(t

) = 1, lim
0
sin(t

= t,
bisogna sostituire il termine i-esimo della (4.25) dal termine
u
0
, w
i
) +u
1
, w
i
)t +
_
t
0
f(s), w
i
)(t s) ds
se
i
= 0.
38
x
i
x
1
x
n+1
a b
Figura 4.1: Spazio delle splines lineari: x
j
= a + jh (j = 0, 1, . . . , n + 1),
dove h =
ba
n+1
.
39
1
H
i
x
0
x
1
x
2
x
i

40
jh
ij
Q
ih
Figura 4.2: Un reticolo rettangolare per cui =
_
0i,jn
Q
ij
.
n=4
13 16
12 11 10
15 14
1
5 6
2
7
3
8
4
9
Figura 4.3: Costruzione di una base di X
h
, numerando i punti interni per
righe ossia per ordinate crescenti e, a parit`a di ordinata, per
ascisse crescenti: (i, j) = i +n(j 1) e P
ij
P

.
(i,j)
(i1,j1)
(i1,j1) (i+1,j+1)
(i+1,j1)
41
j
i
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
p
p
p
p
p p
p
p p
p
1 2 3 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
4
Figura 4.4: Matrice del sistema (4.18): tridiagonale a blocchi, con blocchi a
loro volta tridiagonali.
42
Capitolo 5
Dierenze Finite
5.1 Metodi alle Dierenze Finite
Risolviamo ora numericamente il problema dierenziale
_

_
y

(x) = p(x) y

(x) +q(x) y +r(x)


p, q e r funzioni continue in [ a, b ]
y(a) = , y(b) = .
Schemi di discretizzazione alle dierenze centrali:
y

(x
i
)
y
i1
2y
i
+y
i+1
h
2
, y

(x
i
)
y
i1
2y
i
+y
i+1
h
2
= O(h
2
);
y

(x
i
)
y
i+1
y
i1
2h
, y

(x
i
)
y
i+1
y
i1
2h
= O(h
2
);
Collocazione in x
i
, i = 1, . . . , n:
y
i1
2y
i
+y
i+1
h
2
= p
i
y
i+1
y
i1
2h
+q
i
y
i
+r
i

p
i
= p(x
i
)
q
i
= q(x
i
)
r
i
= r(x
i
)
dove i = 0, 1, . . . , n + 1.
Valutazione del residuo dierenziale:
(x, h) =
y(x h) 2y(x) +y(x +h)
h
2
p(x)
y(x +h) y(x h)
2h
q(x)y(x) r(x) = O(h
2
)
43
Sistema lineare di n equazioni in n incognite:
_
_
1 +
p
i
2
h
_
y
i1
(2 +h
2
q
i
) y
i
+
_
1
p
i
2
h
_
y
i+1
= h
2
r
i
y
0
= ; y
n+1
= .
Posto
a
i
=
_
2 +h
2
q
i
_
, b
i
=
_
1 +
p
i
2
h
_
, c
i
=
_
1
p
i
2
h
_
per i = 1, 2, . . . , n, si deve risolvere il seguente sistema lineare tridiagonale
_
_
_
_
_
_
_
_
_
a
1
c
1
b
2
a
2
c
2
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. c
n1
b
n1
a
n
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
y
1
y
2
.
.
.
.
.
.
y
n
_
_
_
_
_
_
_
_
_
=
_
_
_
_
_
_
_
_
_
h
2
r
1
b
1

h
2
r
2
.
.
.
.
.
.
h
2
r
n1
h
2
r
n
c
n

_
_
_
_
_
_
_
_
_
.
Il caso pi` u semplice `e q(x) 0 per x (a, b). In questo caso la matrice
del sistema `e diagonalmente dominante e irriducibile se ph < 2, essendo
p = max
axb
[p(x)[. In tal caso il sistema possiede una e una sola soluzione
qualunque siano le condizioni iniziali.
Teorema 5.1 (Gerschgorin) Nelle ipotesi precedenti, lerrore possiede una
maggiorazione del tipo:
[y(x
i
) y
i
[ = c (h), i = 1, 2, . . . , n,
essendo c una costante indipendente da h e (h) = max
axb
[(x, h)[.
5.1.1 Equazioni Ellittiche
Consideriamo ora il problema dierenziale
_
u
xx
+u
yy
+p(x, y)u
x
+q(x, y)u
y
+r(x, y)u +s(x, y) = 0, (x, y)
u(x, y) = f(x, y), (x, y) .
44
Discretizzazione con il metodo alle dierenze centrali (schema a 5
punti):
u
i1,j
2u
i,j
+ u
i+1,j
h
2
+
u
i,j1
2u
i,j
+u
i,j+1
k
2
+p
i,j
u
i+1,j
u
i1,j
2h
+q
i,j
u
i,j+1
u
i,j1
2k
+r
i,j
u
i,j
+s
i,j
= 0
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m.
Ordinando u
i,j

i=1,...,n
j=1,...,m
per linee (per j crescente e, a parit`a di j, per i
crescente), la discretizzazione precedente genera il seguente sistema lineare
h
2
(2 k q
i,j
)u
i,j1
+k
2
(2 hp
i,j
)u
i1,j
2
_
2(h
2
+k
2
) h
2
k
2
r
i,j

u
i,j
+k
2
(2 +hp
i,j
)u
i+1,j
+h
2
(2 kq
i,j
)u
i,j+1
= 2h
2
k
2
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m.
Teorema 5.2 Se r(x, y) 0 in ed inoltre ph 2 e qk 2, essendo
[p(x, y)[ p e [q(x, y)[ q per (x, y) , allora il sistema ottenuto con il
metodo alle dierenze centrali possiede una e una sola soluzione.
In questo caso, se p, q, r, e s sono funzioni continue in , il residuo
dierenziale
(x, y; h, k) = O(h
2
+k
2
)
e inoltre
[u(x
i
, y
j
) u
i,j
[ = O(h
2
+k
2
).
Osservazione 5.3 La scelta di n ed m dipende da p e q. Per p e q grandi
h e k debbono essere piccoli e dunque n ed m grandi, per cui il sistema
pu`o risultare molto grande, anche per equazioni ellittiche teoricamente molto
semplici.
Metodo upwind Qualora le condizioni ph 2 e qk 2 del Teorema 5.2
risultino molto restrittive, nel senso che h e/o k siano molto piccoli e dunque
n e/o m molto grandi, onde evitare la risoluzione di un sistema di grandi
dimensioni spesso si ricorre al cosiddetto metodo upwind.
45
In tal caso, mentre u
xx
e u
yy
vengono discretizzate con uno schema alle
dierenze centrali, u
x
e u
y
vengono discretizzate nel modo seguente:
u
x
(x
i
, y
j
)
u
i+1,j
u
i,j
h
, se p
ij
0
u
x
(x
i
, y
j
)
u
i,j
u
i1,j
h
, se p
ij
0
u
y
(x
i
, y
j
)
u
i,j+1
u
i,j
h
, se q
ij
0
u
y
(x
i
, y
j
)
u
i,j
u
i,j1
h
, se q
ij
0.
Questo equivale a porre
p(x
i
, y
j
)u
x

([p
ij
[ +p
ij
) u
i+1,j
2[p
ij
[u
ij
+ ([p
ij
[ p
ij
) u
i1,j
2h
q(x
i
, y
j
)u
y

([q
ij
[ +q
ij
) u
i,j+1
2[q
ij
[u
ij
+ ([q
ij
[ q
ij
) u
i,j1
2k
.
Tale schema genera il sistema
_
1
k
2
+
1
2k
([q
ij
[ q
ij
)
_
u
i,j1
+
_
1
h
2
+
1
2h
([p
ij
[ p
ij
)
_
u
i1,j
+
_
2
h
2
+
2
k
2
+
[p
ij
[
h
+
[q
ij
[
k
r
ij
_
u
ij
+
_
1
h
2
+
1
2h
([p
ij
[ +p
ij
)
_
u
i+1,j
+
_
1
k
2
+
1
2k
([q
ij
[ +q
ij
)
_
u
i,j+1
= s
ij
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m. Tale sistema `e diagonalmente dominante, e
dunque univocamente risolubile per ogni coppia (h, k), se r(x, y) 0.
Questo fatto non implica tuttavia che h e k possano essere presi abbastan-
za grandi, ossia che si debba risolvere un sistema non molto grande. Infatti si
deve tenere conto del fatto che, mentre lerrore di discretizzazione del metodo
alle dierenze centrali `e un O(h
2
+k
2
), lerrore di discretizzazione dovuto al
metodo upwind `e un O(h +k).
5.1.2 Equazioni Paraboliche (Metodo Implicito)
Consideriamo ora il problema dierenziale
_

_
u
t
= c
2
u
xx
+p(x, t)u
x
+q(x, t)u +r(x, t), a x b, 0 t T
u(a, t) = f
1
(t), u(b, t) = f
2
(t), t 0
u(x, 0) = (x), a x b.
46
Modello discretizzato (collocazione in x
i
, t
j
):
_

_
x
i
= a +ih, i = 0, 1, . . . , n + 1, h =
b a
n + 1
t
j
= jk, j = 0, 1, . . . , m + 1, k =
T
m+ 1
, T valore assegnato.
Discretizzazione con uno schema a 4 punti:
u
i,j
u
i,j1
k
= c
2
u
i+1,j
2u
i,j
+u
i1,j
h
2
+
i,j
u
i+1,j
u
i1,j
2h
+ q
i,j
u
i,j
+r
i,j
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m.
Osservazione 5.4 Per j = 1, le incognite sono u
11
, . . . , u
n1
, le quali possono
essere determinate risolvendo il sistema di ordine n ottenuto per i = 1, . . . , n.
Pi` u in generale, supponendo noti i valori u
i,j1
al livello j 1, i valori u
i,j
,
i = 1, . . . , n, al livello j possono essere calcolati risolvendo il sistema di ordine
n ottenuto per i = 1, . . . , n.
Tenendo conto del fatto che u
i,j1
risulta nota, lo schema precedente
assume la seguente forma:
k
h
_
2c
2
h
p
ij
_
u
i1,j
2
_
1 + 2
c
2
k
h
2
kq
ij
_
u
ij
+
k
h
_
2c
2
h
+p
ij
_
u
i+1,j
= 2 (u
ij1
+ks
ij
)
per i = 1, . . . , n, pressato j = 1, . . . , m.
Se q(x, t) 0 per a x b e 0 t T, tale sistema `e diagonalmente
dominante per hp 2c
2
, essendo p = max
axb
0tT
[p(x, t)[.
Osservazione 5.5 Poich`e u
t
(x
i
, t
j
) `e stata approssimata con uno schema
alle dierenze del 1
o
ordine in t e uno del 2
o
in x, lerrore di discretizzazione
`e un O(h
2
+k).
47
5.1.3 Equazioni Iperboliche (Metodo Implicito)
Consideriamo ora il problema dierenziale
_

_
u
tt
= c
2
u
xx
+p(x, t)u
x
+q(x, y)u
t
+r(x, t)u +s(x, t), a x b, t 0
u(a, t) = f
1
(t) , u(b, t) = f
2
(t), 0 t T
u(x, 0) =
1
(x), u
t
(x, 0) =
2
(x), a x b.
Modello discretizzato (collocazione in x
i
, t
j
):
x
i
= a +ih, i = 0, 1, . . . , n + 1, h =
b a
n + 1
t
j
= jk, j = 0, 1, . . . , m + 1, k =
T
m+ 1
, T valore assegnato.
u
i,j+1
2u
i,j
+u
i,j1
k
2
= c
2
1
2
_
u
i+1,j+1
2u
i,j+1
+u
i1,j+1
h
2
+
u
i+1,j1
2u
i,j
1
+u
i1,j1
h
2
_
+
p
i,j
2
_
u
i+1,j+1
u
i1,j+1
2h
+
u
i+1,j1
u
i1,j1
2h
_
+q
i,j
u
i,j+1
u
i,j1
2k
+r
i,j
u
i,j
+s
i,j
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m.
Se, in aggiunta agli u
i,0
, fossero noti in valori u
i,1
, lo schema consentirebbe
di calcolare gli u
i,2
, i = 1, . . . , n, risolvendo un sistema lineare di ordine n. Di
conseguenza, iterando il processo, noti i valori in 2 livelli di j, gli n valori del
livello superiore verrebbero calcolati risolvendo un semplice sistema lineare
di ordine n.
Per il calcolo di u
i,1
, i = 1, . . . , n, viene generalmente utilizzata la formula
di Taylor, troncata al termine di 2
o
ordine. Si pone cio`e, tenendo conto delle
condizioni iniziali,
u
i1
= u(x
i
, t
1
) u
i,0
+ku
t
(x
i
, 0) +
k
2
2
u
tt
(x
i
, 0)
=
1
(x
i
) +k
2
(x
i
) +
k
2
2
u
tt
(x
i
, 0),
48
da cui, utilizzando lequazione stessa,
u
i1

1
(x
i
) +k
2
(x
i
)
+
k
2
2
_
c
2
u
xx
(x
i
, 0) +p
i0
u
x
(x
i
, 0) +q
i0

2
(x
i
) +r
i0
u
i0
+s
i0

.
I valori incogniti di questultima formula, ossia u
xx
(x
i
, 0) e u
x
(x
i
, 0), possono
essere inne valutati mediante lo schema alle dierenze centrali
u
xx
(x
i
, 0)
u
i+1,0
2u
i,0
+u
i1,0
h
2
=

1
(x
i+1
) 2
1
(x
i
) +
1
(x
i1
)
h
2
u
x
(x
i
, 0)
u
i+1,0
u
i1,0
2h
=

1
(x
i+1
)
1
(x
i1
)
2h
.
Da notare che procedendo in tal modo, se le funzioni assegnate sono tutte
continue, lerrore di discretizzazione `e un O(h
2
+k
2
).
Riordinando di conseguenza, ossia tenendo conto del fatto che gli unici
valori incogniti sono u
i1,j+1
e u
i,j+1
, si ottiene il sistema
1
2h
_
c
2
h

p
ij
2
_
u
i1,j+1

_
1
k
2
+
c
2
h
2

q
ij
2k
_
u
i,j+1
+
1
2h
_
c
2
h
+
p
ij
2
_
u
i+1,j+1
=
1
2h
_
p
ij
2

c
2
h
_
u
i1,j1
+
_
1
k
2
+
c
2
h
2

q
ij
2h
_
u
i,j1
+
1
2h
_
p
ij
2

c
2
h
_
u
i+1,j1
+
_
r
ij

2
k
2
_
u
i,j
s
ij
,
dove i = 1, . . . , n per ogni pressato j = 1, . . . , m. Per calcolare u
i,j
in tutti i
punti nodali si debbono dunque risolvere m sistemi lineari, ciascuno di ordine
n.
Da notare che questi sistemi, se q(x, t) 0, sono tutti diagonalmente
dominanti purch`e risulti hp 2c
2
, essendo p = max
axb
0tT
[p(x, t)[.
5.1.4 Modelli Non Lineari
Primo modello non lineare: Consideriamo
_
y

(x) +p(x) y

(x) +q(x, y) +r(x) = 0, a x b


y(a) = , y(b) = .
49
Posto x
i
= a + ih e y
i
y(x
i
), per i = 0, 1, . . . , n + 1 e h =
b a
n + 1
, lo
schema alle dierenze centrali trasforma il problema iniziale nel sistema non
lineare
_
_
_
y
i+1
2y
i
+y
i1
h
2
+p
i
y
i+1
y
i1
2h
+q(x
i
, y
i
) +r
i
= 0, i = 1, . . . , n
y
0
= , y
n+1
= .
Questo sistema `e dunque esprimibile nella forma
f
i
(y
i1
, y
i
, y
i+1
) = 0, i = 1, 2, . . . , n, y
0
= , y
n+1
= ,
essendo
f
i
(y
i1
, y
i
, y
i+1
) =
_
1
h
2
p
i
_
y
i1
2y
i
+
_
1 +
h
2
p
i
_
y
i+1
+q(x
i
, y
i
)h
2
+h
2
r
i
.
Condizione suciente anch`e tale sistema sia univocamente risolubile `e che
sia ph 2, essendo p = max
axb
[p(x, t)[ e
q
y
< 0 per a x b e y qualsiasi.
Da notare che se il sistema fosse lineare, ossia q(x, y) = q(x)y, questa
condizione implicherebbe la dominanza diagonale del sistema.
Nelle suddette ipotesi la soluzione pu`o essere ottenuta mediante il metodo
iterativo di Newton/Jacobi consistente nel calcolare, per ogni k = 0, 1, . . . ,
gli iterati
y
(k+1)
i
= y
(k)
i

f
i
(y
(k)
i1
, y
(k)
i
, y
(k)
i+1
)
f
i
y
i
(y
(k)
i1
, y
(k)
i
, y
(k)
i+1
)
, i = 1, . . . , n,
dove
f
i
(y
(k)
i1
, y
(k)
i
, y
(k)
i+1
)=
_
1
h
2
p
i
_
y
k
i1
2y
(k)
i
+
_
1 +
h
2
p
i
_
y
(k)
i+1
+q(x
i
, y
(k)
i
)h
2
+h
2
r
i
,
e essendo
f
i
y
i
(y
(k)
i1
, y
(k)
i
, y
(k)
i+1
) = 2 +
q
y
i
(x
i
, y
(k)
i
).
Nelle citate ipotesi il metodo `e globalmente convergente, dunque teoricamen-
te indipendente dei valori y
(0)
i
, i = 1, . . . , n + 1. Poich`e y
(0)
1
= e y
(0)
n+1
= ,
la scelta pi` u frequente consiste nellassumere
y
(0)
i
= +
i
n + 1
, i = 1, . . . , n + 1,
50
ossia nellinterpolare linearmente i valori e .
Secondo modello non lineare (modello ellittico): Consideriamo ora
_
u
xx
+u
yy
+p(x, y)u
x
+q(x, y)u
y
+r(x, y)u +F(x, y, u)=0, (x, y)
u(x, y) = f(x, y), (x, y) ,
dove [a, b] [c, d].
Discretizzazione:
_

_
x
i
= a +ih, i = 0, 1, . . . , n + 1, h =
b a
n + 1
y
j
= c +jk, j = 0, 1, . . . , m + 1, k =
d c
m+ 1
La discretizzazione con il metodo alle dierenze centrali genera il sistema
debolmente non lineare
u
i+1,j
2u
i,j
+ u
i1,j
h
2
+
u
i,j+1
2u
i,j
+u
i,j1
k
2
+p
i,j
u
i+1,j
u
i1,j
2h
+ q
i,j
u
i,j+1
u
i,j1
2k
+F(x
i
, y
i
, u
i,j
) = 0
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m. Tale sistema pu`o essere espresso nella forma

i,j
(u
i,j1
, u
i1,j
, u
i,j
, u
i+1,j
, u
i,j+1
) = 0, i = 1, . . . , n, j = 1, . . . , m,
con u
i,0
e u
0,j
noti per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m e dove

i,j
(u
i,j1
, u
i1,j
, u
i,j
, u
i+1,j
, u
i,j+1
) = h
2
(2 kq
ij
)u
i,j1
+k
2
(2 hp
ij
)u
i1,j
4(h
2
+k
2
)u
i,j
+k
2
(2 +hp
ij
)u
i+1,j
+h
2
(2 +kq
ij
)u
i,j+1
+ 2h
2
k
2
F(x
i
, y
i
, u
i,j
).
Condizione suciente anche questo sistema sia univocamente risolubile,
nellipotesi che sia
F
u
< 0 per (x, y) e u qualsiasi, `e che siano Ph 2
e Qk 2, essendo P = max [p(x, y)[ e Q = max [q(x, y)[ per (x, y) .
In caso di linearit`a di F rispetto ad u, le condizioni precedenti assicurano
che la matrice del sistema sia diagonalmente dominante.
51
Nelle suddette ipotesi il metodo di Newton/Jacobi applicato al sistema
risulta globalmente convergente, per cui, pressato l = 0, 1, . . . , la soluzione
pu`o essere ottenuta mediante il processo iterativo
u
(l+1)
i,j
= u
(l)
i,j

i,j
(u
(l)
i,j1
, u
(l)
i1,j
, u
(l)
i,j
, u
(l)
i+1,j
, u
(l)
i,j+1
)

i,j
u
i,j
(u
(l)
i,j1
, u
(l)
i1,j
, u
(l)
i,j
, u
(l)
i+1,j
, u
(l)
i,j+1
)
,
per i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m.
Poich`e la u `e nota al contorno, i valori u
(0)
ij
sono generalmente ottenuti
per interpolazione rispetto ai valori assunti sul contorno. Da notare che

i,j
u
i,j
= 4(h
2
+k
2
) + 2h
2
k
2
F
u
i,j
.
52
x
i
x
1
x
n+1
a b
Figura 5.1: Discretizzazione dellintervallo: x
i
= a+ih, dove i = 0, 1, . . . , n+
1 e h =
ba
n+1
. In tal caso y
i
y(x
i
) per i = 2, . . . , n + 1.
53
u
ij
d
c
a b
x
i

y
j

Figura 5.2: Reticolazione del dominio: x
i
= a + ih per i = 0, 1, . . . , n + 1 e
h =
b a
n + 1
e y
j
= c +jk per j = 0, 1, . . . , m + 1 e k =
d c
m+ 1
.
54
(i,j)
(i1,j)
(i,j1)
(i+1,j)
(i,j+1)
Figura 5.3: Schema di discretizzazione a 5 punti.
55
(i1,j)
(i,j)
(i,j1)
(i+1,j)
Figura 5.4: Schema di discretizzazione a 4 punti.
56
(i1,j1)
(i,j)
(i,j1)
(i+1,j+1)
(i+1,j1)
(i,j+1)
(i1,j+1)
Figura 5.5: Schema di discretizzazione a 7 punti.
57
(i,j)
(i1,j)
(i,j1)
(i+1,j)
(i,j+1)
58
Capitolo 6
Elementi Finiti di Lagrange e
Triangularizzazione del
Dominio
La nozione di elemento nito di Lagrange `e di importanza fondamentale,
come pure la disponibilit`a di un metodo che consenta la costruzione di una
famiglia di elementi niti, partendo da uno di riferimento. Siano: K un
insieme chiuso e limitato in R
n
, convesso e con parte interna non vuota;
= p
j

N
j=1
un insieme di N punti distinti di K; uno spazio di dimensione
nita, formato da funzioni reali denite su K. Supponiamo inoltre che sia
-unisolvente, ossia che esiste in uno e un solo elemento tale che
(P
j
) =
j
,
j
R, j = 1, . . . , N.
Denizione 6.1 Se `e -unisolvente, la terna (K, , ) `e un elemento
nito di Lagrange. Per ogni elemento nito di Lagrange (K, , ) e ogni
intero i, 1 i N, esiste dunque una e una sola funzione
i
tale che
(6.1)
i
(P
j
) =
ij
, 1 j N.
Pi` u in generale per ogni funzione u denita su K, esiste una e una sola
funzione che interpola u su , ossia tale che
(P
j
) = u(P
j
), j = 1, . . . , N.
Denizione 6.2 Assegnato un elemento nito di Lagrange (K, , ), le N
funzioni
i
, denite dalla (6.1), costituiscono una base Lagrangiana di inter-
polazione. Loperatore P che, ad ogni funzione u denita su K, associa la
59
sua interpolante
(6.2) Pu =
N

i=1
u(P
i
)
i
`e detto -interpolante Lagrangiano della u su . Da notare che P `e un
operatore di proiezione, in quanto `e lineare e inoltre P
2
u = Pu qualunque
sia u denita su K.
Supponiamo ora di voler costruire un generico elemento (K, , ) di La-
grange a partire da un pressato elemento (

K,

,

). Supponiamo inoltre
che
(6.3) K = F(

K),
essendo F una funzione continua e biettiva da

K a K. Allora la terna
(K, , ), dove K segue dalla (6.3),
= F(

)
= span
i
: 1 i N,
dove

i
=
i
F
1
,
essendo
i

N
i=1
una base per , `e un elemento nito di Lagrange. I due
elementi sono detti ani equivalenti.
Gli elementi pi` u comunemente utilizzati sono costruiti su un n-simplesso.
Siano a
j
= (a
ij
)
n
i=1
R
n
, j = 1, . . . , n+1, n+1 punti di R
n
non appartenenti
ad uno stesso iperpiano di R
n
, tali cio`e che la matrice di ordine n + 1
A =
_
_
_
_
_
_
_
a
11
a
12
. . . a
1,n+1
a
21
a
22
. . . a
2,n+1
.
.
.
.
.
.
.
.
.
a
n1
a
n2
. . . a
n,n+1
1 1 . . . 1
_
_
_
_
_
_
_
sia non singolare. Si denisce n-simplesso K di vertici
j
, j = 1, . . . , n + 1,
linviluppo convesso dei punti a
j
. Per n = 2 esso rappresenta un triangolo
60
e per n = 3 un tetraedro. Ogni punto x R
n
, di coordinate cartesiane
x
i
, i = 1, . . . , n, pu`o essere caratterizzato dagli n + 1 scalari
j
=
j
(x),
j = 1, . . . , n + 1, soluzione del sistema lineare non singolare
(6.4)
_

_
n

j=1
a
ij

j
= x
i
, i = 1, . . . , n,
n+1

j=1

j
= 1.
Tali scalari sono, per denizione, le coordinate baricentriche di x rispetto agli
n + 1 punti a
j

n+1
j=1
. In altre parole, pressati n + 1 punti a
j
di R
n
, non
appartenenti ad uno stesso iperpiano, le coordinate baricentriche deniscono
una trasformazione ane in R
n
, tale che ogni x R
n
pu`o essere espresso
nella forma
x =
n+1

j=1

j
(x)a
j
.
Ln-simplesso K di vertici a
j
, relativamente alle coordinate baricentriche,
pu`o essere cos` caratterizzato
K = x R
n
: 0
j
(x) 1, j = 1, . . . , n + 1.
Pressato k 1, si denisce reticolo principale di ordine k di un n-
simplesso K, relativo ai vertici a
j
, linsieme dei punti di R
n
denito dalle
coordinate baricentriche nel modo seguente:

k
=
_
x R
n
:
j
(x)
_
0,
1
k
,
2
k
, . . . ,
k 1
k
,
1
k
_
, 1 j n + 1
_
,
essendo naturalmente

n+1
j=1

j
(x) = 1. Per k = 0, si pone

0
=
_
x R
n
:
j
(x) =
1
n + 1
, 1 j n + 1
_
,
per cui
0
`e esattamente il baricentro di K. Da notare che
card
k
=
_
n +k
k
_
=
(n +k)!
k! n!
.
61
Tale numero rappresenta anche il numero dei polinomi di base da R
n
a R di
grado k, cio`e della forma
p
k
(x) =

i
1
0,...,in0
i
1
+i
2
+...+ink

i
1
,...,i
k
x
i
1
1
. . . x
in
n
,
essendo i coecienti
i
1
,...,i
k
numeri reali. Per k = 0, lunico polinomio di
base `e p
0
(x) = 1. Per k 1, ogni punto del reticolo principale
k
viene
scritto nella forma
a
M
=
1
k
n+1

j=1
M
j
a
j
, M = (M
1
, . . . , M
n
),
essendo
M
j
0,
n+1

j=1
M
j
= k.
A ciascuno di tali punti si pu`o associare un polinomio di grado k, che risulta
linearmente indipendente di tutti gli altri, e precisamente il polinomio
P
M
(x) =
_
n+1

j=1
(M
j
)!
_
1
n+1

j=1
M
j
1
M
j
1

i=0
(k
j
(x) i) ,
dove le
j
(x) sono le coordinate baricentriche relative ai punti a
j

n+1
j=1
. Tali
polinomi sono di tipo Lagrangiano nel senso che
P
M
(a

) =
M
=
_
1 se M
1
=
1
, . . . , M
n
=
n
0 se esiste i per cui M
i
,=
i
,
essendo a

un punto di
k
. Per ogni n-simplesso K di R
n
e per ogni intero
k 0, lelemento nito (K, P
k
,
k
), dove
k
`e il reticolo principale di ordine k
e P
k
linsieme suddetto dei polinomi di base di grado k, `e denito n-simplesso
di tipo k.
Per ogni intero k 0, due elementi niti n-simplessi di tipo k sono ani
equivalenti. Questa importante propriet`a implica che, se
(

K, P
k
,

k
) e (K, P
k
,
k
)
62
sono due elementi niti n-simplessi di tipo k, ad ogni punto x = ( x
1
, . . . , x
n
)
di

K si pu`o associare il punto x = (x
1
, . . . , x
n
) di K mediante la relazione
_
_
_
_
_
_
_
x
1
x
2
.
.
.
x
n
1
_
_
_
_
_
_
_
= A

A
1
_
_
_
_
_
_
_
x
1
x
2
.
.
.
x
n
1
_
_
_
_
_
_
_
,
essendo A e

A le matrici che deniscono gli n-simplessi K e

K mediante i
vertici a
j
e a
j
rispettivamente. Quanto detto implica che ogni elemento
nito di Lagrange (K, , ), ana-equivalente a un n-simplesso di tipo k, `e
un n-simplesso di tipo k. Di conseguenza, per conoscere le propriet`a di tutti
gli n-simplessi ani-equivalenti di ordine k, `e suciente analizzare quella di
un n-simplesso di ordine k di riferimento. Per ovvi motivi di semplicit`a ln-
simplesso

K di ordine K di riferimento pi` u utilizzato `e quello caratterizzato
dai vertici a
1
= (1, 0, . . . , 0), a
2
= (0, 1, 0, . . . , 0), . . ., a
n
= (0, 0, . . . , 0, 1) e
a
n+1
= (0, . . . , 0). In questo caso le coordinate baricentriche sono

i
( x) = x
i
, i = 1, . . . , n;

n+1
( x) = 1
n

i=1
x
i
.
Vediamo ora, con qualche dettaglio, alcuni degli esempi di elementi niti
(K, P, ) pi` u utilizzati. Per n = 2, K `e un triangolo di vertici a
1
, a
2
e a
3
.
(a) Per k = 0, il triangolo di tipo 0 `e caratterizzato da:
1
=
2
=
3
=
1
3
,

0
= a
0
, essendo a
0
=
1
3
(a
1
+ a
2
+ a
3
), e P =
0
con p
0
(x) 1 per
ogni x K.
(b) Per k = 1, il triangolo di tipo 1 `e ottenuto ponendo =
1
= a
j

3
j=1
,
P = P
1
, con le funzioni di base cos` denite, in funzione delle coordinate
parametriche: P
i
=
i
, i = 1, 2, 3.
(c) Per k = 2, il triangolo di tipo 2 `e caratterizzato da: =
2
= a
i

3
i=1

a
ij

1i,j3
, essendo a
ij
=
1
2
(a
i
+ a
j
), 1 i < j 3; P = P
2
, essendo
P
i
=
i
(2
i
1) per i = 1, 2, 3, P
ij
= 4
i

j
per 1 i < j 3.
Le considerazioni possono essere estese, senza alcuna dicolt`a sostanziale,
al caso dei domini tridimensionali. Relativamente allerrore di approssima-
63
a
0
a
2
a
3
(a) (b)
a
1
a
a
a
1
a
a
a
2
3
13
12
23
(c)
Figura 6.1: Pannello (a): Triangolo di tipo 0, dim
0
= 1, a
0
baricentro
del triangolo. Pannello (b): Triangolo di tipo 1, dim
1
= 2.
Pannello (c): Triangolo di tipo 2, dim
2
= 6.
zione in spazi di Sobolev, esistono vari risultati che dipendono dalla rego-
larit`a della funzione di approssimazione, dalla geometria dellinsieme chiu-
so e limitato, dagli elementi niti di Lagrange e della classe dei polinomi
approssimanti.
Teorema 6.3 Sia K un sottoinsieme chiuso, limitato e convesso di R
n
con
frontiera di classe C
1
a tratti e (K, P
k
,
k
) un elemento nito di Lagrange,
dove
k
`e il reticolo principale di K e P
k
linsieme dei polinomi di base di
grado k. Sia inoltre un operatore di proiezione da H
k+1
(K) a H
m
(K),
0 m k + 1. Allora esiste una costante c tale che
[v v[
m,K
c
h
k+1
K

m
K
[v[
k+1,K
v H
k+1
(K),
essendo h
K
il diametro di K e
K
la sfericit`a di K, ossia il massimo diametro
della sfera contenuta in K.
Da notare che, in uno spazio di Sobolev H
m
(),
[f[
k,
=
_

i
1
+i
2
+...+in=k
_
_
_
_

k
f
x
i
1
1
. . . x
in
n
_
_
_
_
2
0,
_
1/2
,
64
essendo
[f[
1,
=
_
n

i=1
_
_
_
_
f
x
i
_
_
_
_
2
0,
_
1/2
.
6.1 Triangularizzazione del Dominio
Gli elementi niti di Lagrange rappresentano lo strumento base per lappros-
simazione dei problemi ellittici. Anche se la teoria `e molto ampia, possiamo
limitarci al caso in cui il dominio `e un poliedro. Pi` u precisamente, indica-
to con un aperto limitato di R
n
con frontiera C
1
a tratti, sia u V la
soluzione del problema ellittico
a(u, v) = F(u), v V,
essendo a(u, v) e F(v) la forma bilineare e la forma lineare precedentemente
denite per i problemi ellittici del secondo ordine. Supponendo che sia un
poliedro, consideriamo una sua decomposizione nita
(6.5) =
_
KF
h
K
tale che:
(a) ogni elemento K di T
h
`e un poliedro di R
n
non vuoto;
(b) gli interni di due poliedri distinti di T
h
sono disgiunti;
(c) ogni faccia di un poliedro K
1
T
h
`e, o faccia di un altro poliedro
K
2
T
h
(nel qual caso K
1
e K
2
sono adiacenti), o parte della frontiera
di .
Denizione 6.4 Si denisce triangulazione di , ogni decomposizione di
che soddisfa le suddette tre propriet`a. Si denisce inoltre diametro h della
triangulazione il valore
(6.6) h = max
KF
K
h
K
,
65
essendo h
K
il diametro del poliedro K. Supponiamo inoltre che a ogni poliedro
K di T
h
sia associato un elemento nito di Lagrange (K, P
K
,
K
) tale che
P
K
H
1
(K).
Deniamo inoltre gli spazi di dimensione nita
X
h
=
_
v C() : v[
K
P
k
, K T
h
_
(6.7)
X
0h
= v X
h
: v[

= 0 . (6.8)
Di conseguenza, X
h
`e un sottospazio di H
1
() e X
0h
lo `e di H
1
0
().
La teoria variazionale sui problemi ellittici comporta allora la soluzione
del problema
(6.9) a(u
h
, v
h
) = F(v
h
), v
h
V
h
,
essendo V
h
= X
h
se V = H
1
(), V
h
= X
0h
se V = H
1
0
().
Allo scopo di costruire una base di elementi di V
h
`e necessario introdurre
loperatore di proiezione
h
che ad ogni funzione v continua su associa la
funzione
h
v di L
2
() denita nel modo seguente:
(6.10) per ogni K T
h
e ogni x
0
K,
h
v(v) =
k
v(x),
dove
K
`e loperatore di P
K
-interpolazione su
K
. Per motivi di continuit`a
occorre garantirsi la compatibilit`a tra elementi niti, ossia che per ogni coppia
K
1
, K
2
di poliedri adiacenti di T
h
, aventi in comune la faccia K

= K
1
K
2
,
valgono le seguenti propriet`a:
P
K
1
[
K

= P
K
2
[
K

(6.11)

K
1
K

=
K
2
K

(6.12)
66
Teorema 6.5 Sia T
h
una triangulazione di e sia (K, P
K
,
K
)
KF
h
una
famiglia associata di elementi niti. Supponiamo inoltre che siano soddis-
fatte le condizioni di compatibilit`a (6.11)-(6.12) e che per ogni K T
h
,
(K, P
K
,
K
) sia un elemento nito di classe C
0
, essendo P
K
un sottospazio
di H
1
(K). Allora loperatore di interpolazione
K
denito dalla (6.10) `e
continuo e, pi` u precisamente, risulta
X
h
=
_

h
v : v C
0
()
_
X
0h
=
_

h
v : v C
0
(), v[

= 0
_
,
essendo X
h
e X
0h
deniti dalle (6.7)-(6.8).
67
68
Bibliograa
[1] O. Axelsson and V.A. Barger, Finite Element Solution of Boundary
Value Problems, Academic Press, Orlando, 1984.
[2] D. Greenspan and V. Casulli, Numerical Analysis for Applied Mathe-
matics, Science and Engineering, Addison-Wesley, Redwood City, CA,
1988.
[3] R. Kress, Numerical Analysis, Graduate Texts in Mathematics, Vol.
181, Springer, New York, 1998.
[4] A. Quarteroni, Modellistica Numerica per Problemi Dierenziali,
Springer, Milano, 2000.
[5] P.A. Raviart e J.M. Thomas, Introduzione allAnalisi Numerica delle
Equazioni alle Derivate Parziali, Masson, Milano, 1989.
69

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