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LA FILOSOFIA GRECA

GUIDO DE RUGGIERO

STORIA DELLA FILOSOFIA

PARTE PRIMA

LA FILOSOFIA GRECA
SECONDA EDIZIONE CORRETTA E AMPLIATA

Volume

BARI GIUS.

LATERZA & FIGLI


1921

TIPOGRAFI-EDITORI-LJHKM

PROPRIET LETTERARIA

APRILE MCMXXI

57902

A MIA

MADRE

n J i,.VAL

STI
tf>

AVVERTENZA ALLA

2a

EDIZIONE

Questa Storia della Filosofia Greca esce, nella


2 a edizione,

completamente rielaborata.

stata

mia
l
a
,

cura riparare ad alcune gravi deficienze della

trattando ex novo alcuni problemi ai quali non avevo

dato un adeguato rilievo e dovunque correggendo,

trasformando, migliorando, come


sti

il

riesame dei

te-

uno studio molto pi accurato della letteratura moderna richiedevano ( ). Certo, non m'illudo, anche
e
1

appagato il lettore pi esigente me stesso in prima linea ma siffatti lavori sono suscettibili di un continuo e graduale miglioramento. Almeno, ho fiducia di offrire agli studiosi un libro vivo, dove i problemi del pensiero sono rivissuti da
stavolta,

d'avere

un uomo
petitore

di pensiero e
di

non da un raccoglitore
arguzie
erudite.
I

e ri

fonti

di

filologi

vorranno rimproverare, come al solito, tanto ardimento ma dovranno pur riconoscere con sopportazione che in cinquantanni di studi filologici non
;

hanno saputo trarre dal loro bagaglio un libro leggibile, una di quelle sintesi , che pur si compiacciono
(1)

P. es.,

il

capitolo su Aristotile stato interamente rifatto.

AVVERTENZA ALLA

2.

EDIZIONE

vagheggiare nei loro programmi. Era pur necesche si decidesse infine all' impresa qualcuno che, pur non avendo speso gran parte della sua vita sui vecchi testi, sopperisse a questo svantaggio della
di

sario

sua preparazione, con una salda coscienza dei valori vivi del pensiero. Tale la modestia, tale l'orgoglio di questo ardimento.

tenuto dietro
;

Ai due volumi della filosofia greca hanno gi tre volumi della Filosofia del Cristiai

nesimo un volume in preparazione sul Rinascimento e la Kiforma; con altri due volumi finalmente sulla filosofia moderna l'intera opera sar compiuta.
G.
d.

R.

INTRODUZIONE
ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA

Gli storici della filosofia, Dell'accingersi a esporre svolgimento del pensiero d'un vasto periodo, sogliono tutti indugiarsi a lungo in una specie di velo

stibolo della storia,

dove

si

trattano svariate questioni

preliminari, che,
il

faticoso

come si crede, giovano cammino da compiere.


non
si

a spianare

Ma

in verit, cos facendo, essi


il

agevolano

per nulla

proprio compito, e tradiscono soltanto

un intimo

disagio, e

sopra di s gravare

come uno smarrimento, sentendo il peso di una storia secolare o


un comil

millenaria, che la fantasia prospetta loro in

plesso unico, prima che

pensiero concepisca in un

graduale sviluppo.

Questo senso
all'inizio di

di

smarrimento

il

sintomo di un an-

dominante una ricerca, quando non ancora il pensiero s' immedesimato col suo oggetto, si elimina poi gradatamente, quando il calore dell'esposizione
tistoricismo latente in ogni storico, e che,

cancella ogni traccia di dualismo tra


personalit.

lo storico e la

storia ch'egli tratta e fonde entrambi in

una pi ricca

10

1NTRODUZIONH

sofia,

Se noi guardiamo dall'esterno la storia della filopresa nella sua totalit, e l' immaginiamo come

solidificata in blocco in
rale, allora ci
si

una pi ampia

storia genecriterio per

presenta,

come unico
si

discriminare quella da questa,

la necessit di

una

dee

finizione della filosofia, intorno a cui

aggruppi

mediante cui si delimiti l'oggetto particolare in quistione. Sorge cos il primo dei problemi che tutte le
storie sogliono affrontare: quello di conoscere l'og-

getto di cui
criterii e
il

si

occupa

la filosofia, e

quindi anche
si

valore delle dottrine filosofiche; di guisa


fa seguire alla

che l'intero svolgimento storico, che

premessa definizione, ne diviene una semplice prova o conferma. questo un modo d' iniziarsi alla storia con un
preconcetto antistorico, perch, se la filosofia real-

mente

fosse qualcosa di rigido e immobile,

come

la

definizione

data

una volta per


il

tutte
il

lascerebbe

presupporre, sarebbe gi eliminato


storia della filosofia,

problema d'una
per sussistere,

quale

infatti,

richiede

un oggetto
ci

in via di formazione e di orga-

nizzazione.

risparmieremo d'anteporre alla nodella filosofia e lasceremo alla storia stessa il determinare l'oggetto di questa scienza, o per meglio dire, le varie espressioni che esso ha avuto, a seconda del vario atteggiamento
stra storia

Noi dunque

una definizione

preso dal pensiero nel corso del suo sviluppo.

se ci si obbietta che, nel trasformarsi dell'og-

getto della filosofia, pur necessario che qualcosa sia


restata identica, facile rispondere che l'identit nel

mutamento non pu essere espressa da quella


nizione che noi ripudiamo

defi-

la

quale, anzi, mira a

immobilizzare quel che concepito nel mutamento ma da un fattore del tutto opposto, e cio dall'atteg-

ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA

11

giamento soggettivo del pensiero

di fronte

ad alcuni

problemi. L'attivit del filosofare quella che persiste identica nello svolgersi e nel
filosofie;
o,
pi.

tramontare delle
il

ancora, essa l'anima di ogni svi-

luppo e la ragione di ogni tramonto,


volta forma
il

quale a sua

momento negativo
il

luppo.

E appunto

filosofare,

un nuovo svinon come un atteggiadi

mento meramente psicologico, nel senso vagheggiato da una pigra psicologia, ma come quello che include
le stesse filosofie nella

ricchezza del loro contenuto

in quanto
tivit
storia.

il

lievito del loro


il

svolgimento

l'at-

che forma insieme

soggetto e l'oggetto della

Lo

studio di tale attivit, nelle sue millenarie

esplicazioni, ci mostrer fuso in

noi siamo soliti di designare

un sol getto ci che come la psicologia dei

pensatori e ci che forma l'oggetto eterno del loro


pensiero.

Un'altra delle quistioni preliminari, che costituiscono impedimento anzich sussidio alla storia, quella della suddivisione in periodi, Certo, il motivo
di ogni

periodizzamento legittimo, perch

il

pen-

non procede mai livellando ci che tocca, ma sempre accentuando alcuni punti a preferenza di altri,
siero

in

modo che

in

ogni sua opera

le

pause

e gli accenti

costituiscono

e spontanea di periodi ('). Per la legittimit del motivo condizionata dal fatto, che l'accentuazione sia na-

come una suddivisione naturale

turale e

non
le

artificiale.
si

Ora,

suddivisioni in periodi che


storie

sogliono pre-

mettere

alle

d'una intera epoca, avulse dal

(1)

V. a questo proposito ci che dice

il

Croce

in: Questioni sto-

iografiche, Laterza, Bari, 1913.

12

INTRODUZIONE

contesto della narrazione, sono segni mentali a cui

non risponde pi un contenuto mentale, sono vuoti schemi classificatorii, da cui ha esulato ogni vita di pensiero. Ma anche qui, come nel caso precedente,
si

rivela la stessa preoccupazione di volere anticipare

tutta in

una volta
storia.

la scienza nella
si

sua compiutezza,

invece di aspettare che


propria
artificioso

svolga gradatamente dalla

Ond' che si rende innaturale ed un ritmo che, nella concretezza dello svial

luppo storico, sarebbe intimamente connaturato


pensiero.
In

una forma a prima

vista paradossale, questo


si

errore potrebbe formularsi col dire che lo storico

dimostra all'inizio del suo lavoro


dottrina, e
tra
il

uomo

di

troppa

non

sa ridursi a quella condizione

media

sapiente e l'ignorante, che Platone non esitava


filosofo.

a dare come definizione del


gli gli

tuttavia

indispensabile,

Tale condizione perch essa soltanto


il

permette di non anticipare

proprio

sapere
eli

sull'attualit dello sviluppo storico.

L'ignoranza

ci

che trascende quel processo per lui dottrina. Noi dunque tralasceremo di affaticare vanamente

il

lettore col

problema

del nostro lavoro. In

ficazione non

una suddivisione scientifica quando siffatta classiun semplice schema mnemonico (e


di

realt,

come

tale

superfluo, perch a questo fine basta lo

stesso titolo del libro), essa

un riassunto inoppor-

tuno, perch prematuro, di ci che viene pi ampia-

mente svolto nelle pagine seguenti; e va quindi anche pi energicamente proscritta. Quanto pi semplice invece lasciare che il periodizzamento, anzich una classificazione, sia l'accentuazione naturale del pensiero storico, ed abbia luogo perci nella sua vera sede nella storia e non gi nel vestibolo

della storia!

ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA


Liberati

13

da questi due
senz'altro

fastidiosi
il

problemi, noi

potremmo

iniziare

nostro compito, di
il

esporre la storia della filosofia in tutto

suo svol-

gimento, se un'ultima
ferta
dall' incertezza

difficolt

non

ci

venisse of-

nella

scelta del

punto da cui
dalla filosofia

cominciare

la

narrazione.

green, dalla indiana, dalla

Moveremo cinese? Le
filosofico,

briogenetiche, nel

campo

questioni emnon danno mai


il

alcuna speranza di riposo


a far presa
in

al pensiero,
il

quale, nel

suo faticoso regresso attraverso

passato, non riesce


fisso,

qualche punto ben


di vista

ma

so-

spinto perpetuamente pi indietro.

Ora, se

il

punto

accettarsi necessariamente in filosofia,


altro

embriogenetico fosse da non vi sarebbe

risolvere la questione, che quello con un atto di arbitrio da qual punto s' intende iniziare la propria esposizione. E cos fanno di solito gli storici, cercando per di lenire il dispiacere della rinunzia con qualche argomentazione che non del resto capace di scalzare il punto di vista su cui quella si fondava. Ma rimane nell'animo dei lettori un senso di scontento e di delusione, perch lo sconfinato campo storico, a cui si rinunzia con un atto di arbitrio, tuttavia presente nell'immaginazione, e grava con la sua presenza, determinando una certa sfiducia in una narrazione che pretende, senza alcun motivo logico, di fare a meno di una lunga serie di anelli nella ben connessa catena degli effetti. La sfiducia poi si aggrava quando, com' naturale, alla questione dell'origine si fonde quella del valore.
di decidere
ci assicura infatti, se prendiamo arbitrariamente mosse da un certo movimento di pensiero, che esso sia veramente spontaneo ed originale, o non sia piuttosto la ripetizione di un tema precedente? Tale questione stata assai vivacemente dibattuta

mezzo per

Chi
le

14

INTRODUZIONE

in un caso particolare che c'interessa da vicino, e che concerne l'originalit della filosofia greca dove ad alcuni sembrato che quella filosofia si svolga
:

unicamente dalla mentalit ellenica, perch, quanto il loro sguardo, non riescono a trovar tracce sicure di un remoto contatto con mentalit diverse; ad altri invece sembrata indilontano spingano
scutibile la derivazione del pensiero greco dall'orientale

specialmente dall'indiano, perch


stati

lo

studio

della filosofia di questi popoli

ha mostrato loro alcuni


riprodotti

elementi molto peculiari, che sono


dalla speculazione greca.

Ma

problemi del pensiero non

si

risolvono col
il

microscopio. Lasciamo perci agli archeologi

deter-

minare se nei riguardi delle loro scienze abbiano o no valore le sottili ed erudite dispute degli orientalisti; in filosofia, o meglio, rispetto al problema che attualmente c'interessa, non ne hanno alcuno, perch quali che siano i loro risultati, non potranno mai decidere dell'originalit di un movimento di pensiero, n per conseguenza della necessit d'iniziare da un punto anzich da un altro l'esposizione storica. Esse infatti presuppongono un concetto dell'originalit assai diverso da quello che pu valere oggi nel campo della filosofia, e che si connette a vedute tramontate da lungo tempo. Secondo la vecchia idea, sarebbe originale, per esempio, il pensiero greco, se non avesse addentellati,
o se avesse scarsi addentellati, col pensiero prece-

dente; e in ogni caso, tale valutazione richiederebbe

un regresso
determinare
vista,

agli antecedenti storici, alle fonti, per


il

grado di autonomia. Questo punto di che ho chiamato embriogenetico, totalmente compendiato nel verso dantesco:
Ogni erba
si

conosce per

lo

seme.

ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA

15
fa valere

Ma

di fronte
di

ad

esso, la filosofia

moderna

un punto

vista
il

completamente opposto,
si

e che,

parafrasando
nel seguente

verso citato,
il

potrebbe formulare

modo:

seme

si

conosce dall'erba.

il secondo compiuta delle origini di un movimento d' idee data dal maggiore sviluppo di quelle idee stesse. Infatti, all'inizio, un movimento sempre troppo incerto e confuso perch si possa giudicare con sicurezza della sua energia e vitalit, e solo quando lo si segue per lungo tratto nelle sue esplicazioni sempre pi ricche, reso possibile comprenderne la portata. Cos, la quistione dell'origina-

nel dominio del pensiero ha verit solo

principio: la spiegazione

converte in quella della fecondit. Se noi ora guardiamo da questo nuovo punto di vista la filosofia greca, e ci chiediamo se essa sia
lit si

stata originale,
solito

vediamo capovolgersi
a

il

nostro

modo

di considerare tale problema, perch, invece


costretti
sterile

di

essere

riandare nel passato, in una

penosa e
tutta
la

ricerca di fonti, noi prospettiamo

nostra indagine in avanti, assistiamo allo


del

svolgersi

pensiero greco, al suo affermarsi nel

mondo,

possiamo senza pi incertezze e perplessit di meri eruditi asserire che quel pensiero originalissimo, perch s' dimostrato nella storia oltremodo fecondo. Sono sterili quelle idee soltanto che ripetono senza accento nuovo temi vecchi o che non hanno risonanza interiore in quegli animi stessi che le formulano, o che vengono accettate con un consenso del tutto passivo. Siffatte idee non si propagano, ma restano
e
stelo, fino al tempo in Mentre al contrario, delle idee che hanno fatto lungo cammino e si sono esplicate in una ricchezza esuberante di forme, si pu dire con

avviticchiate

al

loro esile

cui inaridiscono.

16

INTRODUZIONE

certezza che abbiano in s qualcosa di vitale,


fonte interiore
e originale.
di

una

energia e una ragione autonoma

Certo,

non

si

del punto di vista erabriogenetico i fautori arrenderanno troppo facilmente a questa con-

siderazione.

in realt essi, addentrandosi


le

sempre

pi nella notte del passato, e riducendo


fioriture
plici

pi ricche

di pensiero alle loro espressioni pi semed embrionali, possono facilmente illudersi di scoprire somiglianze, analogie, uniformit, con altre pi remote nel tempo e nello spazio. Ma non sarebbe qui il caso di ripetere il vecchio adagio, che nella notte tutte le vacche sono nere?

Io
talista

chiederei perci
in
filosofia

ai ai

fautori

della

tesi

orien-

ed

loro avversari]',

se quelle

analogie ed uniformit, che essi riscontrano o negano


sullo stesso terreno tra
il

pensiero greco e
di

l'

indiano,

non siano che fenomeni


create anzich esistenti!

penombra,
risposta
i

e somiglianze

La

dubbia, tanto pi se

si

pensi che

non mi par problemi della


si

filosofia, ridotti alle loro

pi semplici espressioni,
anzi
si

rassomigliano
l'altro.

tutti,

fondono l'uno

nel-

Ma qualunque

risposta

si

dia all'interessante que-

meschina idea quella di volere abbassare e immiserire due organismi vivi e fiorenti, come son le due filosofie di cui parlavamo, fino al punto in cui si tocchino per qualche carattere embrionale. E chi si dedica a tali raffronti non dimostra di avere pi cervello di quello scienziato che voleva
stione, certo assai

studiare positivamente

il

sentimento dell'amicizia in

alcune modificazioni fisiologiche ereditarie, anzich nella stima reciproca di due uomini che si pongono

con piena coscienza in rapporto.


NeiJ problemi del pensiero, la questione dell'ori-

ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA


gine, presa per s sola,

17

non ha alcun interesse, e ne


la

acquista soltanto col fondersi con

questione del

vai ire.

A
il

questa profonda esigenza soddisfa piena-

mente

criterio

da noi formulato, che converte


filosofica.

il

regresso apparente della ricerca genetica col reale

progresso della ricerca


Il

problema degli orientalisti resta in tal modo completamente assorbito, e quello dell'originalit del pensiero greco perde per una opposta ragione ogni valore autonomo, perch si confonde col problema
stesso dello sviluppo delia filosofia givca.

Ma
listi,

tuttavia, per accennare in

qualche

modo

il

nostro parere sulle questioni dibattute dagli orienta-

prescindendo da ogni loro influenza su quella che test c'interessava, noi crediamo che assai pi
fruttuosi possano riuscire
i

confronti tra la filosofia

greca e
nali.

le filosofie

orientali, prese nel pieno sviluppo

della loro vita, anzich nelle loro espressioni embrio-

In quest'ultimo caso, l'apparente identit non


suggerirci alcuna conclusione

vale a

decisiva;

in

quello al contrario le stesse differenze rivelano

una

pi profonda identit, che


liari di

si

esplica nelle forme pecuil

ciascuna mentalit, secondo

genio creativo

di

ciascun popolo.

Questa parentela elettiva di due

filosofie assai

pi importante e spiccata che non sia quella presunta


in atto artificiosa e posticcia. Posto
si dimostra anche che una filosofia abbia tolto a un'altra alcuni elementi semplici e primordiali, con ci non si pu stabilire nessuna derivazione e neppur una lontana parentela dell'una e dell'altra, perch a stabilire tali rapporti non basta una certa continuit della trama materiale su cui lavora il pensiero, ma necessario che qualche

parentela naturale, la quale assai spesso

tratto
ci,

spirituale,
de Ruggiero,

l'intonazione e l'accento,
filosofia greca.

si

tra2

La

18

INTRODUZIONE

spirito scientifico dei greci derivi in

mandi. E nessuno vorr affermare che il rigoroso qualunque modo

dall'avventuroso spirito dell'Oriente.

Ponendo termine a questa lunga,

ma

necessaria

discussione, noi possiamo, con piena fiducia di

non

aver commesso alcun atto di arbitrio, iniziare la nostra storia della filosofia (che intende abbracciare
tutto lo
sofia

greca. Questa fiducia

svolgimento del pensiero europeo) dalla filonon ancora certezza,


tale,
ci

ma

diverr

quando
si

pensiero greco

della propria vita,

pagine seguenti il la pienezza e dar un accento suo particolare


nelle

mostrer in tutta

a tutta
In

la

speculazione filosofica posteriore.

si pu affermare che la filosofia greca riempie di s tutta la storia della filosofia, perch ancora oggi noi ci moviamo nell'ambito di quei

un certo senso

problemi e di quelle premesse, che furon posti con mente sicura dai greci, pi di duemila anni or sono. Ma in un senso pi circoscritto, bisogna designar come greca la sola filosofia antica, che precede il cristianesimo, perch, se anche attraverso di questo si tramandano e si perpetuano gli antichi dati ed
porati

elementi di pensiero, essi son tuttavia fusi e incorin un organismo nuovo, che si svolge con
forze proprie ed in maniera

autonoma

e originale.

Questa precedenza della


al

filosofia antica rispetto

cristianesimo non va per altro intesa in un senso puramente cronologico, ma in un senso principalmente ideale, che subordina a s il cronologico.
Filosofia antica quella che vive nell'antico spirito,

anche se cronologicamente si esplica nell'era cristiana. Cos noi impareremo a conoscere un vasto neo-platonismo che movimento di pensiero il

ALLA STORIA DKU,A FILOSOFIA


si

19

esplica fino al

VI secolo

d.

C,

e tuttavia

vedremo

che esso appartiene alla


stituisce l'ultimo

filosofia antica,

di cui co-

momento. E per converso, includestorico

remo nel periodo

del

cristianesimo

alcune

manifestazioni coeve al neo-platonismo, (la Patristica)

che per appartengono allo spirito cristiano. La storia non procede per misure geometriche,
per categorie.

ma

la

filosofia

antica non un

nome

che aggruppi dall'esterno talune manifestazioni di pensiero, ma per l'appunto una categoria che segna della sua impronta indelebile tutte quelle manifestazioni.

Noi vedremo, che pur nella variet delle


si

concezioni e dei sistemi in cui


antico, v'

svolge

il

pensiero

un

identico spirito e

tonazione in

tutti,

per cui

si

una medesima indimostrano come diversi

rami moventi da uno stesso ceppo. E in tal riguardo, per accentuare il significato ideale della designazione scelta, possiamo specificarla anche pi, col dire che la filosofia antica essenzialmente filosofia greca, non gi nel senso che
gli

abitanti

del

piccolo territorio circoscritto


filosofia,

dal-

l'Egeo abbiano essi soltanto avuto una


nel

ma

senso che tutta la vita speculativa del


il

mondo

antico riceve dal pensiero greco

proprio indirizzo.

PRIMORDI

Le prime manifestazioni
presentano un interesse per
In questo periodo
si

del pensiero greco, che

lo-

svolgimento posteriore

della filosofa, appartengono tutte al secolo

VI

a. C.

formano nei centri maggiori

della civilt ellenica,

come

l'Asia Minore, le isole

le prime scuole filocon una fisonomia tutta propria e individuata, che esprime l'aspetto differenziale della mentalit che l'ha prodotta. 11 secolo VI per la storia dei greci ricco di rivolgimenti e di lotte. Vi si svolge quel potente moto, che s'era iniziato fin dalla seconda met del VII secolo, e che si suol designare come democratico, perch si chiude con l'avvento del popolo al potere, gi prima posseduto dall'aristocrazia. Interminabili lotte dei nobili e del popolo insanguinano le ricche citt, sorte da una vita industre e attiva, e nel sangue ristagnano le energie e tramontano rapidamente le glorie conquistate in breve tempo dalle piccole repubbliche. Noi vediamo infatti alcune citt distrug-

dell'Egeo, l'Italia Meridionale,


sofiche, ciascuna

22
gersi,

LA FILOSOFIA GRECA

come

Mileto, in lotte intestine, fino a

rire quasi dalla storia, altre indebolirsi a tal

scompapunto

da cedere
dere
Cos
la loro
il

all'urto degli stranieri, altre invece per-

autonomia e fondersi con


si

stati

pi potenti.

numero

dei centri liberi e autonomi, che era


assottiglia

prima assai grande,


finch nel

a poco a poco,

secolo l'interesse politico graviter tutlo

intorno a pochissimi centri, e infine intorno a un

punto
sar

solo,
il

come

Sparta o Atene, vicendevolmente, che fulcro e la convergenza unica di tutte

le forze.

In questo annullamento dell'antico particolarismo


della vita greca

non bisogna per vedere


lotta

il

semplice

episodio contingente d'una

maggiore,

ma

ap-

punto l'espressione di quella lotta di principii, che si combatteva tra il popolo e l'aristocrazia. Lo spopolamento e l' indebolimento delle citt, come causa della perdita d'autonomia di molte tra loro, stava

egualmente contro i due partiti combattenti; eppure serv di mezzo e strumento a uno solo di essi, che rappresentava alcune esigenze pi alte di civilt.
Il

particolarismo di vita nei piccoli centri della

Grecia e dell'Asia Minore era esponente d'uno stadio ancora giovanile dello sviluppo politico, che doveva

necessariamente essere sorpassato, quando


fatte sentire pi vive le esigenze

si

fossero

nuove

dell'accre-

sciuta popolazione, della progredita economia, di


politica pi unitaria,

una

capace

di l'esistere alle

grandi

cultura, e

monarchie dei vicini continenti, di una intensificata di un sentimento nazionale, che i fresi

quenti rapporti favorivano. Ora quell'antico particolarismo


tutto nel
stretti

impersonava

regime aristocratico, fondato sopra ceti ried esclusivi, che riponendo unicamente in se

1.

PRIMORDI

23

stessi

il

proprio potere, erano spinti a circoscriverlo

nei limiti della citt, che segnavano in pari


gli

tempo

estremi contini delle loro influenze e aderenze.

Al regime castale dell'aristocrazia succede con la democrazia un regime di classe, che per- sua natura libero dalle ristrettezze del primo. Quando a una politica puramente personale subentra una politica di partito o di classe, non pi necessaria una sfera d'influenza immediata e diretta, che come tale sempre assai limitata, ma basta quell'influenza indiretta e mediata, che data dai principii direttivi

della classe o del partito. Nell'aristocrazia, o

meglio, nelle forme primitive di essa che conside-

riamo,

il

potere dato dal prestigio dei pochi; nella


i

democrazia, invece,
e

molti che son governati senstessi,

tono nei pochi che governano una parte di se

come

la

personificazione

dei propri principii. Di


politica, al di
essi.

qui la possibilit di

una vasta azione

l dei confini della citt,

anzi sulle rovine di

Quest'azione sar, come vedremo, subita dal popolo


greco, pi che liberamente voluta. Nel pieno sviluppo del regime democratico, esso imposter ancora le lotte politiche nei termini di un intransi-

gente particolarismo cittadino;

ma non

far cos che


il

accellerare la caduta dei contini della citt e

li-

vellamento generale della vita. C' qualcosa di vitale in questo attaccamento dei greci alla nokiq, che ha la sua pi elevata espressione nei grandi sistemi politici dell'et classica.
storia

La

stato

ha mostrato che l'avvento della democrazia anche la loro rovina e che il periodo della mase individualit

sima creativit

spirituale

si

chiude

quando
il

essi

hanno perduto ogni forza per affermare Con


Aristotile e con

loro particolarismo e per contrastarne gl'impulsi

dissolventi.

Alessandro Magno

24

LA FILOSOFIA GRECA
suole concludere rispettivamente la storia intellet-

si

tuale e politica del popolo greco propriamente detto.


della democrazia grande momento per la civilt. Esso rende possibile la rapida propagazione della

Ma

c'

nondimeno nell'avvento

un valore

positivo di

vira greca al

di

dei suoi

originari confini e

fa

che le sue particolari conquiste diventino un comune patrimonio del mondo antico. La classica grecit confluisce nel pi

vasto ellenismo; essa vien salvata al-

l'avvenire nell'atto stesso in cui sembra disperdersi


e annullarsi.

La

lotta contro l'aristocrazia,

che nel VII secolo


alle

s'inizia in tutte le citt greche, creatrice e insieme

creatura di

nuove forme

di

vita, rispondenti
si

pi complesse esigenze dello spirito, che

presen-

tano in quel dato momento storico. Essa ha per conseguenza la scomparsa dei piccoli centri autonomi, il livellamento di popoli, che prima erano vissuti chiusi in se stessi, e la formazione di centri maggiori, non pi sedi naturali di vita indigena, ma punti di accentramento di tutta la vita greca, ormai bisognosa di una pi rapida circolazione, e quindi esponenti dell' indirizzo e dell'azione democratica.

Le prime scuole
signate col

filosofiche, le quali

vengono de-

termine unico

di

presocratiche, ebbero

origine durante le fasi intermedie di questa grande


e talune anzi vi parteciparono con ardore e ne furono travolte. Il periodo delle tirannidi, che costituisce una fase transitoria tra il dominio dell'aristocrazia e della democrazia, e propriamente l'accentrarsi delle forze popolari nelle mani d'un tiranno, per combattere la classe compatta degli aristocratici, il periodo pi propizio alla formazione dei vari centri di cultura, a causa della tendenza
lotta,,

I.

PRIMORDI
a circondarsi

25

degl'improvvisati
eletti

signori

d'ingegni

per conferire prestigio

al loro potere.

Una determinazione
tata dalle

precisa dell'efficacia eserci-

prime scuole sulla vita pubblica del tempo,


dispersa la sto-

non
che
ci

possibile, troppo oscura e

ria di quel periodo, e insufficienti

forniscono

le

fonti.

sono i ragguagli Noi sappiamo che molte

scuole, di tendenze conservatrici, parteggiarono per


il dominio dell'aristocrazia nelle citt; tuttavia possiamo affermare con sicurezza che il significato e l'indirizzo pi profondo dell'opera loro, come di tutte le scuole in generale, in antitesi completa

coi principii dell'antico regime.

Come le maggiori opere storiche del nostro tempo hanno dimostrato, il regime particolaristico dei primi tempi ha una costituzione intimamente teocratica. Lo sviluppo dei vari poteri in seno alla xIiq muove dal ceppo comune della religione della citt, e questa a sua volta ha un carattere pienamente differenziato e distinto da quello di ogni altra, in quanto sorge
dal culto

che

cittadini professano pei loro morti,

divinizzati nella

memoria. Pertanto ogni

citt

ha un

complesso di divinit affatto municipali, che esprimono e simboleggiano la sua individualit e la sua autonomia di fronte alle altre. Come avente una base teocratica, tutta la vita
della
rro/.ig

ha per sua legge l'autorit e

la

tradir

zione, che annullano

ogni libert dell'individuo

ne costringono l'azione col loro formalismo


bile.

inflessi-

ma anche quella un tale formalismo: nessuna azione pubblica, nessuna deliberazione o linea di condotta ha un significato autonomo, n
N
la vita dei singoli soltanto,

della collettivit concepita in

ritrae

la

sua validit

dalla

ragione o dall'arbitrio
al-

degli uomini,

ma

ogni cosa riporta alla legge e

21

>

LA FILOSOFIA GRECA

l'autorit,

come

a propria fonte e principio, la legit-

timazione della sua esistenza. Donde una visione tra-

che ha fuori di s la sua ragione, imposto da un potere sopraordinato, tanto pi rigido e inflessibile, quanto pi incomprensibile nella sua azione.
scendente della
e

vita,

realizza

un

fine

Ora, contro

due principi! cardinali del regime


municipale e l'autorit,
scuole filosofiche.
le

particolaristico, la religione

reagiscono

fin

dall'inizio

La

loro critica violenta del politeismo volgare e la con-

cezione di un Dio unico, sia pure in una forma in-

genua
la

un gran passo verso che dividono le citt, come organismi separati ed eterogenei, e svelano una pi profonda identit nazionale e umana, che
e panteistica, sono gi

demolizione dei

confini

si

esplica sotto

una

sola legge divina. D'altra parte,


il

l'atteggiamento razionalistico dei pensatori, cio


loro sforzo costante di spiegare

secondo ragione le cose umane e naturali, allontanandosi coscientemente dalle tradizioni ed opinioni accolte dal volgo, costituisce
il

secondo aspetto culminante della loro opera


nei

demolitrice e insieme novatrice,


principio di autorit.
n4

riguardi

del

La

filosofia inizia la

sua opera
ri-

mondo

occidentale con uno spirito attivo di


critica,

che ripudia i dati della tradizione e dell'autorit, dovunque indagando le ragioni intrinseche delle cose, e instaurando un concetto imcerca e di

manente
Ci,

della vita.

come vedremo,

patente fin dagl'inizi della

speculazione;

ma

l'efficacia

maggiore

di quest'opera

quando la crisi stessa della vita greca avr suscitato in una forma riflessa e cosciente il problema religioso e morale, e, ci che nei primi pensatori un irriflesso atteggiamento, sf sar convertito in un vero compito del pensiero.
si

non

riveler che pi tardi,

I.

PRIMORDI

-21

Se ora vogliamo acquistare una conoscenza pi


particolareggiata delle prime scuole, ciascuna delle
quali contribuisce per la sua parte ben delimitata alla

formazione dei problemi


luogo indagare
del
il

filosofici,

dobbiamo

in

primo

posto che esse occupano nella vita


loro organizzazione.
e

tempo e la forma della Le fonti ci danno molte

minute notizie della


filosofo,
figura

vita dei singoli filosofi e delle svariate esplicazioni

della loro attivit.

La parola

come

noi

oggi intendiamo, esprime una


scritta e specializzata,

troppo, circoal-

che non corrisponde pi

l'antica, tranne
di

che per un rispetto tutto soggettivo, atteggiamento e di seriet mentale. Ma cpooo,~oi


i
i

o ooqpoi erano per

greci

dotti in

senso largo,
si

la

cui attivit,

non ancora specializzata,

svolgeva

in

campi

svariatissimi.

I primi filosofi ci sono infatti


legislatori,

tramandati come
scienziati, e cos

uomini

di stato, artisti,

via.

Una
(p.

tale molteplicit

d'indirizzi

nella leggenda
riori
es.,
i

comporre

in

si poteva solo poche personalit supe-

sette saggi), depositarie

di

tutta

la

denotava una cultura alquanto bassa e superficiale, come siamo soliti di osservare in tutti coloro che non hanno specializzato (e per veramente esercitato) la propria
scienza del tempo;
in realt essa

ma

attivit mentale.

Doveva

cos generarsi quella poli-

storia (jtoku.uaGia) che

assolutamente contraria

al

vero abito scientifico e contro cui si rivolge la filosofia posteriore, non appena, con l'approfondirsi,

comincia a delimitare i propri confini. Gi in Eraclito, che uno dei primi e pi fieri critici della scienza antecedente, noi troviamo qualche mordace

epigramma contro
(1)

la

polistoria

( );

e tale opposizione,

Fr. 60, in Diels. Dit

'.

Berlin

1906'-.

28

LA FILOSOFIA GRKCA
l

continuata da molti, culmina in Democrito


tra
al
i

( ),

che

dotti dell'antichit

quello che pi

si

avvicina

moderno. Le prime scuole filosofiche, non altrimenti dai loro membri, non sono specializzate, n hanno confini precisi. E mancato al pensiero filosofico dei greci
tipo dello scienziato
l'urto d'interessi religiosi e politici, agenti

come

forze
fin

estranee ed

ostili;

anzi,

essi

sono

stati

inclusi,

dall'inizio, nella

sua corrente.

La religione gli ostile nel suo principio, ma, come forza politicamente effettiva, non ha una salda
costituzione e organizzazione da opporgli; inoltre le

esigenze spirituali,

che essa rappresenta,

possono

venire in parte soddisfatte nell'ambito stesso delle


scuole filosofiche. L'assenza di una casta religiosa, con prerogative e attribuzioni proprie, fa s che ogni corporazione laica disimpegni le funzioni che sarebbero pertinenza di quella. E se osserviamo che i
filosofi
si
i

pongono

tutti,

pi o

meno recisamente,
non dobbiamo
irreligiosit,

contro

riti

della religione popolare,

vedere in ci la prova di una loro


piuttosto di

ma

una

religiosit diversa,

affermarsi nel dispregio verso altri


e'

che pu anche culti, perch non

tra quella e questi il legame di una chiesa unica, che simboleggi l'unit delle aspirazioni umane in

quel campo. Per questa sua libert sul terreno religioso,


il

pensiero greco

si

esplica senza troppi im-

pedimenti, non perdendo mai la propria serenit e


il

proprio equilibrio.

Esso

attinge

tuttavia

alle

tradizioni

religiose,
libert,

come a un comune patrimonio, con piena

non inceppata da nessuna irrigidita struttura di domini. La religiosit greca, per questa sua scarsa
//'.

1,1/

64, 65 (DlELS).

I.

PRIMORDI

29

compagine nicamente

ecclesiastica,

col

ha potuto svolgersi armogenio del popolo ed esercitare cosi,

sulla stessa vita speculativa,

una

pluralit d'impulsi

appropriati al grado dello sviluppo storico, e quindi

altamente benefici. Dalla religione naturalistica del periodo omerico e di quello esiodeo, si passa per lente gradazioni alla religione antropologica dei misteri di Apollo e di Dioniso, che si diffonde su vasta scala nel

VI

e nel

secolo, cio proprio

l'interesse antropologico
trale

quando assume un'importanza cen-

nella
si

vita scientifica e sociale.

la

filosofia,

che

svolge anch'essa nella stessa linea,


influssi

riceve

egualmente
e del

dalle

primitive

cosmogonie e

teogonie e dalle pi recenti dottrine dell'anima

umana
recenti

suo peculiare destino.

L'influenza del culto dei misteri,


studi

come

hanno mostrato, non va

circoscritta in

un

sin-

golo periodo storico.

Da

ricerche

moderne

sull'or-

fismo risulta che vi sono state varie redazioni delle

leggende orfiche, alcune delle quali hanno lasciato tracce notevoli nei pi antichi monumenti del pensiero filosofico.
si

Ma

l'

interesse psicologico e morale

manifestato prevalente nell'ambito di questi mi-

steri,

sviluppando

in

un indirizzo del

tutto peculiare

leggende cosmogoniche. Cos accaduto per il mito di Dioniso-Zagreo. La leggendaria gesta dei Titani che uccidono e divorano Zagreo e vengono perci fulminati da Zeus Zagreo che risuscita sotto il nome di Dioniso; la stirpe umana che nasce dalle ceneri dei Titani: tutto questo intreccio fantastico d leggende assume nelT orfismo un caratteristico rilievo psicologico e morale. La lotta di Dioniso e
le loro
;

dei

Titani diviene lotta del bene contro

il

male;

l'umanit che nasce dalle ceneri dei Titani divoratori di

Zagreo viene a compendiare in s

le

due na-

30

LA FILOSOFIA ORECA
vizio origina-

ture e porta seco, nel suo nascere,


rio della

il

colpa titanica.

della vita
la

Di qui quell'elemento drammatico e passionale morale e religiosa, in cui si manifesta per

prima volta l'autonomia dell'individuo contro un


i

passato di servaggio e di schiavit. Nell'immaginazione dei popoli che cominciano ad apprezzare

vantaggi della vita civile e libera,


della loro
storia

le et

pi antiche

vengono comprese

in

una visione

uomini acquistano coscienza che il progredire avvenga tra un bene e un meglio; mentre al principio credono che gli estremi di esso siano il male e il bene. L'idea di una caduta iniziale dell'umanit, per cui questa, perdendo una felicit che le era destinata senza
tetra e tragica, perch solo tardi gli

merito, fu concepita tutta nel peccato; tale idea


il

frutto delle
il

intende gi
ciando,

ma

prime riflessioni di un pensiero che bene che la vita umana si va procacnon intende che ci che lo fa un bene
e

l'atto del procacciarselo col proprio lavoro; e per-

ci

sopprime questo lavoro

immagina

il

bene come

un dono prezioso. Contemporaneamente

all'

idea della caduta, sorge

l'idea della espiazione e della redenzione, che nel

pensiero di alcuni popoli,


e dominante.

fortemente

preoccupati

dal problema religioso, assume

un interesse centrale
il

La forma

dell'espiazione di solito
le

sacrificio rituale,

con tutte

complicazioni del sim-

bolismo che vi connesso, e che sono tanto pi grandi quanto meno viva la coscienza che il male possa risolversi con la sola forza dell'individuo, e pi necessaria si dimostra un'azione emanante da

una potenza superiore.


Questo processo spirituale, presso
tato alla cerchia
i

greci, limi-

degl'iniziati

ai

misteri. Nell'orti-

1.

PRIMORDI
l'ormarsi di tutto

31

sino noi osserviamo

il

un compli-

cato ritualismo, sulla trama leggera dei miti originari,

ma

dietro l'impulso di forti esigenze religiose e mi-

stiche.

La

sorte di Zagreo che, inseguito dai Titani,


:

subisce numerose trasformazioni


fine,

e,

divorato alla
il

risorge per volere di Zeus, diviene

simbolo
infatti,

trascendente della vita umana. Anche l'uomo

natura del bene e del male, diviene il teatro della lotta divina e ne realizza in s il mitico epilogo, con un processo di epurazione e di espiazione. La macchia originaria ch'egli deve
della

come partecipe

lavare, la colpa dei

suoi

protoparenti,

Titani.

Ma un

peccato cos trascendente l'imputabilit de-

gl'individui, richiede

un soggetto

del pari trascen-

dente, che formi l'unica e continua trama dell'umanit,

in tutto

il

corso delle sue generazioni. Sorge

cos

l'idea

dell'anima,

come un individuo
si

in

chiuso e compiuto, che

estende oltre

limiti della

vita individuale, e, caduta

una prima volta nel

car-

cere del corpo, per effetto della colpa,

s'incarna

successivamente in nuovi corpi, fino a che la redenzione non compiuta.


Della novit, anzi della stranezza di questa rap-

presentazione dell'anima, noi possiamo renderci conto


solo col confronto delle intuizioni religiose dell'et

omerica:
e
il

quando, all'ingenuo naturalismo l'anima corpo non appaiono ancora dissociati n per natura, n per destino; e, anche dopo la morte delsopravvive che una vaga ombra, come gi, durante
di

l'individuo non
nello

proiezione immaginaria nel tempo,


la

vita,

spazio,

un'entit
sullo

tutta

corporea.

L'importanza dei misteri


consister

sviluppo- filosofico
nell' in-

principalmente,
il

come vedremo,

serire in esso

nuovo

e strano concetto dell'anima.

La

psicologia orfica s'integra poi con

una pi

32

LA FILOSOFIA GRECA
e sociale.

complessa intuizione etica


naria

La colpa

origi-

dev'essere

lavata
si

perch

l'anima

riassorga

nella sua purezza e

liberi dal carcere corporeo:

una pratica e di un rito di di una -mistica e trascendente azione teandrica, che ponga l'uomo in grado
quindi
la

necessiti!

di

purificazioni; e insieme

di rinnovarsi,

rinnovando

il

fato del dio, facendosi

dio

a sua volta. D'altra parte poi, l'impossibilit

che una sola e breve incarnazione esaurisca il processo espiatorio, pone l'esigenza di incarna zioni successive, concepite, per via della metempsicosi, in

una

continuit ininterrotta. L'orfismo percorre cos tutta


la

gamma

del misticismo religioso, dallo scoramento

della

caduta,
nel

all'espiazione,

all'estasi

all'

india-

mente, delle cui manifestazioni frenetiche


sta l'eco

ci

rima-

ricordo delle rappresentazioni dioni-

siache.

L'influenza dell'orfismo sul pensiero filosofico


negli ultimi tempi posta in rilievo ed anche notevolmente esagerata. Si voluto spesso trasformare in prove di una diretta filiazione ci che in realt non era se non un complesso di suggestioni
stata

mentali, pur alcune volte vive e profonde. In linea


di

massima,

si

pu affermare che l'accentuazione


nettamente
il

spirituale, nei misteri e nella filosofia,

divergente, perch quelli tendono verso

mistici-

smo

il

simbolismo, e questa invece tende verso

una sistemazione razionalistica del proprio contenuto, quand'anche le venga offerto in forma mitica
e simbolica.

Questa diversit
il

di

accento

ci

limite della differenza:

dove
l'

la

suggerisce anche tendenza raziona-

listica pi spiccala, ivi


fia si

influsso della misteriosoil

rarifica, e

viceversa. Durante tutto

periodo

classico della filosofia quell'influsso quasi

sempre

I.

PRIMORDI
la

33

sporadico e non intacca


delle dottrine.

compagine razionalistica
riti

In fondo, le nebulosit dei

e delle

temperamento filosofico schiettamente greco, dominato da tendenze astrattive e scientifiche. Inoltre l'antitesi del bene e del
formule

erano aliene dal

dualismo dell'anima e del corpo, l'ascetimisticismo, discordavano con quel senso misurato ed equilibrato della vita, con quella comprensione armonica dei rapporti psicologici e morali, che formano il pregio della mentalit greca. Ecco perch, nel periodo classico, l'oscuro simbolismo e misticismo appaiono nello sfondo remoto e neb-'. il bioso di un pensiero che, nella sua prossimit, fa tutto trasparente e chiaro; e dov'anche intaccano in parte la visione, non riescono mai completamente ad annebbiarla. Ma, latenti e remoti, essi hanno tuttavia sempre una qualche presenza, e finiscono poi, col rivelarla pi imminente, quando la schietta
male,
il

smo

il

grecit

va a confondersi nel pi vasto ellenismo


che non aveva mai esulato dal pensiero
il

dell'et alessandrina. Allora, quel tanto di esoterico


e di mistico,

greco, sar posto in piena evidenza, e far da tra-

mite ed interprete tra

mondo greco

e l'oriente,

giovando nel tempo stesso a rallentare, trasformandola per quanto possibile, l'ondata dello spirito
orientale.

Ma
le

nella filosofia greca, fin dai suoi primordi,

esigenze morali e religiose, quando ancora non

raggiungono la formulazione ben definita di sistemi di etica, prendono di solito una forma sentenziosa e precettistica, che rivela gi uno spirito di serena osservazione, capace di risolvere, senza il sussidio
d'un trascendente simbolismo, ogni idea di schiavit e di caduta. E, per quanto i frammenti morali non
G. de Ruggiero, La
filosofia greca.

34

LA FILOSOFIA GRECA
la

costituiscano

parte pi profonda dei primi

si-

una ricchezza di esperienza e una fiducia nelle forze umane, die contrastano con le idee che nello stesso tempo erano prevalenti nella coscienza popolare, e che hanno ricevuto la
stemi, pure v' in essi
loro ultima espressione nella letteratura.

Se noi per esempio riflettiamo sul contenuto di


vita di cui materiata la tragedia greca del periodo
classico (V secolo), astraendo da ogni considerazione puramente formale ed estetica intorno ad essa, noi vediamo che ivi predomina l' idea di un meccanismo e fatalismo di rapporti umani e naturali,' in cui l'in-

dividuo

si

trova preso e costretto suo malgrado, e

contro cui invano egli cerca di ribellarsi.

L'uomo

incolpevole espia le colpe dei suoi antenati, o spinto


a peccare per una fatale condanna alla perdizione che grava sulla sua famiglia: v' qui un'idea solidale della colpa, che una negazione vera e propria
del concetto di colpa, e
della
si

riporta piuttosto a quello

pur con l'accenno d'una coscienza nuova, che non vuol subire una sorte imposta arbitrariamente, e si ribella e lotta contro un fato incaduta,

degno. Queste idee dovevano esser generalmente diffuse


nel

popolo; e se l'artista,

col

saperle oggettivare

innanzi alla propria fantasia per ritrarle nel loro


aspetto

pi drammatico, mostrava di essere libero

dalla schiavit che esse implicavano, tale liberazione

tuttavia

ma

solo di

non era il frutto di una pi alta moralit, una potente forza di visione artistica.
nella filosofia primitiva, noi troviamo cerlo stesso

Anche
tamente
scendenti.

corredo di concetti astratti e trail fato, che nelle rappreerano anteposti e sovrapposti

La

necessit,

sentazioni

religiose

perfino agli di,

vengono

inseriti nelle

nuove cosmo-

I.

PRIMORDI
principii direttivi per la

35

logie e

formano

cos

si-

stemazione e coordinazione dei fenomeni. Ma gi in questa funzione teoretica, la loro rigida trascendenza
si

tempera e

si

piega ai bisogni del pensiero umano:


le

quei concetti, in fondo, anticipano


della pi

leggi costanti

matura
al

riflessione scientifica; essi

danno

affidamento
della
lo

pensiero sulla regolarit e costanza

successione dei fenomeni, assai pi che non sgomentino con una schiavit incombente dalSotto l'aspetto etico, poi, le frammentarie rifles-

l'alto

sioni dei filosofi di questo

tempo sono rivelatrici di una coscienza morale che emerge quasi libera dall'antica schiavit del destino, e comincia a determinare le condizioni di una vita autonoma da realizzare. Da questo punto di vista, l'umile precettistica morale di quei frammenti acquista un significato
assai
delle riflessioni

profondo, e la stessa serenit e l'equilibrio valgono a denotare un pensiero che

riesce gi a possedersi nella propria opera. Il foco

a cui convergono le varie e minute

norme

si

com-

pendia tutto nell'espressione: x cpgovev che non ha corrispondente in nessuna lingua moderna, perch appropriata unicamente alla concezione antica
della
vita,

e cio all'unit

ancora indifferenziata,

eppure armonica, di tutte le forze e attivit spirituali, in cui quela si compendia. <&qvioic la virt a cui ci avvia l'abito del rfQovev; noi possiamo renderla
con saggezza o prudenza, purch non cediamo alla suggestione dei termini moderni, e quindi non im-

putiamo

agli antichi

della morale. $QvT]aig

una concezione intellettualistica non la saggezza in un senso

puramente teorico;
ziata

ma

esprime l'unit indifferen-

dell'atteggiamento teoretico e pratico, e cio l'equilibrio mentale e morale dell'individuo nella

36

LA FILOSOFIA GRECA

realt in cui vive e nelle


vita.

stesse vicende della sua Per conseguenza, essa si esplica, tanto nel porre in guardia gli uomini dal credere alle illusioni dei sensi, nella ricerca della verit; quanto

dal cedere alla violenza delle passioni, nella pratica


della vita.

Tuttavia, se una distinzione del teoretico e del


pratico
esiste

non v'

nelle dottrine dei presocratici, essa

nell'atteggiamento loro,

come

pensatori,

in

quanto danno un maggior rilievo alla trattazione di problemi, che noi oggi siamo abituati a chiamare teoretici. Ed in questo senso noi diciamo che la filosofia greca non sia sorta da potenti preoccupazioni morali, e non abbia creato nei primi due secoli nessun sistema di morale. Non dunque che questa
distinzione rientri nella loro filosofia,
rio,

ma

al contra-

la loro filosofia rientra in

questa distinzione.
filosofico

L'atteggiamento del pensiero


stotile,

greco di

fronte ai suoi problemi ritratto assai bene da Ari-

quando

ci

dice che la meraviglia la

madre

della filosofia. Questa osservazione, enunciata astrat-

tamente,

muove da un punto

perch l'interesse filosofico non fisso, determinato una volta per tutte, ma da qualunque motivo spirituale, che nello svolgimento della vita si presenti, a un istante dato, come dominante e centrale. Quindi la filosofia si genera dalla meraviglia, come dal dubbio, o dalla fede, o dall'entusiasmo: la storia soltanto pu dirci quale sia stata l'origine di un dato movimento filosofico.
falsa,

Da un punto

di

vista storico,
si

invece,

l'osser-

vazione d'Aristotile

rivela

come profondamente
il

vera, perch la filosofia greca sorge per l'appunto


dalla meraviglia, se per questa s'intende

germe

d'ogni vita intellettuale e teoretica. Dalla meraviglia

I.

PRIMORDI
si

37

che suscitano
glia
e

fenomeni del mondo naturale,


si

sve-

nei greci lo spirito scientifico d'osservazione,

da questo poi
i

svolge la tendenza ad astrarre e

a teorizzare
teristico,

risultati delle ricerche.-

Ci che in questo processo


che esso
si
il

sommamente
in

caratassai

compie
pensiero
fin

un tempo

breve, senza che quasi


lazione

si sia

fermato nelle

tappe intermedie. Infatti,

dall'inizio, la specu-

mira alla conquista della scienza nella imponente compiutezza della sua (.Tiati'inT), organizzazione formale, come profondamente distinta dall'opinione (8xa), come avente un metodo proprio e una propria luce intrinseca di verit. La coscienza
greca

dell'autonomia dell'edificio scientifico per essi infinitamente pi viva che per noi moderni. Noi infatti

portiamo
ci fa

tutti latente

nell'animo un empirismo

che

apparire

la

scienza

come

il

semplice perfe-

zionamento di un lavoro mentale prescienti fico; e un naturalismo, che ci fa considerare la scienza come il semplice riflesso di una realt naturale, in s compiuta e organizzata. Perci noi siamo spinti, per due vie opposte, a togliere autonomia ed originalit alla scienza. Per i greci al contrario 'mazr\ar] qualcosa
di

totalmente diverso dalla vita sensibile e dal pen-

siero
rale

comune; e neppur
perde
la

di fronte alla realt natu-

propria autonomia; anzi, quando tutte


sol corpo,
edificii

all'altra

due non fanno un come due

stanno l'una accanto


eguale
solidit.

di

La

scienza qualcosa di reale; un ente: concetto profondo, a cui per


i moderni si sono affatto disusati. Questo esempio, di traduzione metafisica di un

concetto scientifico, non del resto isolato,

ma

ri-

sponde a una intima tendenza della mentalit greca. Dovunque essa mira ad epurare il contenuto sensibile

delle rappresentazioni e a rintracciare

prin-

38

LA FILOSOFIA GRHCA
elementari e generali che sono in gioco nella

cipii

realt.

cepire

tal modo riesce assai di buon'ora a conantinomie primordiali che dominano le forze della natura, come quella del pieno e del vuoto,

Per

le

del finito e dell'infinito, e dell'uno e del pi, ecc., e

sa rendersi presente, nella sua


l'unit

drammatica evidenza,
quei

primordiale che
ricerca filosofica

si

esplica attraverso

conflitti.

La

rigido e schematico,
intellettuali

assume un andamento assai mossa com' da semplici fattori


colorito

e astratti, senza quasi nessun

di dati sensibili.

Ad

esempio, l'antitesi del pieno e


sul terreno delle osser-

del vuoto

non viene svolta

vazioni empiriche,
sul terreno
Il

come

nella scienza moderna,

ma

metafisico

dell'essere e del

non-essere.

pensatore greco discute

la tesi atomistica,

secondo

la

quale

le particelle della

materia sono circondate


la realt del non-essi

dal vuoto, affermando o


sere.

negando

Da questo atteggiamento
la

di pensiero

svolge-

non gi le scienze particolari della natura, come noi moderni intendiamo. E se pure indubbiamente gli storici di queste scienze possono trovare e trovano un'abbondanza di dati e di addentellati nelle antiche fonti, non c'
dialettica e la metafisica,
d*a

ranno

equivocare sul valore di

tali

reperti:

si

tratta di
dell'or-

spunti, di anticipazioni suggestive,

ma non

ganismo

embrionale della scienza della natura ('). Altrimenti ci sarebbe da meravigliarsi di una cos lunga infecondit dei primi germi. Le scienze particolari della natura bene ricordarlo non sono il coronamento dell'antica fisica; sorgeranno

neppur

(1

tifico

tutto dipende

Uno spunto muntale isolato e quasi nulla; per lo sviluppo scienda un costante atteggiamento, da un indirizzo or-

ganico del pensiero.

I.

PRIMORDI

39

invece, molti secoli pi tardi, dalla dissoluzione di


tutta la
crito

concezione del

il

mondo

degli antichi.

Demo-

non

precursore di Galilei o di Newton,


al

ma

di Platone, di Aristotile, degli Stoici e degli Epicurei.

La tendenza puramente speculativa d


razionalistico e astratto. Qvoi^

natu-

ralismo delle filosofie presocratiche un carattere tutto

non

per esse la na-

tura nella ricchezza delle sue forme e specificazioni;

ma

l'ordine primordiale, semplice, immutabile delle

cose, che

non accoglie

in s

il

mutevole e contin-

gente delle singole creature. Essa compendia in s

che diciamo propriamente naturale e ci che diciamo umano: una comune necessit presiede all'uno e all'altro. Lo sdoppiamento dell'uomo e della realt naturale non proceder che gradatamente, e, al principio, con un'apparente svalutazione del conci

tributo dell'uno rispetto a quello dell'altra. Si

for-

mano
sere

cos le
v[lco,

prime
la

antitesi tra l'essere qpvaei e l'es-

tra

realt

la fittizia

convenzione
fronte
alla

degli uomini, degradata ad

arbitrio

di

costanza e alla regolarit della natura.


Il

capovolgimento delle due posizioni speculative


secoli, e l'arbitraria
l'

avverr poi nel corso di molti


alla natura.
le

legislazione degli uomini finir con

imporsi anche

Ma

il

pensiero greco, dominato in tutte

sue fasi dall'idea che nel solo oggetto, nella sola


stia la realt,

natura

non giunge
s'

alla fase risolutiva

del conflitto, e solo talvolta


posto, in

illude di averlo
i

una concezione che armonizza


il

comdue ter-

mini, perdendo di vista


lotta.

valore essenziale della loro

In generale, la sfera del soggettivo, dove noi moderni riconosciamo


il

motivo creatore, libero e


il

ori-

ginale del nostro essere, svalutata e ridotta al grado


di

mera apparenza. E

nome

stesso di soggetto (x

40
tOTo-xeiuevov,

LA FILOSOFIA GRECA
sub-jectum) rivela nella sua etimologia
di sottoposto e

un alcunch

dipendente.

Tale svalutazione del soggetto, nella pi antica filosofa greca si traduce, sia in un sentimento di sfiducia verso la percezione sensibile e l'opinione
che ne deriva,
le

quali

rientrano nella sfera della


dei rapporti pratici, in

soggettivit; sia, nel

campo

un abbassamento
alle esigenze,

dell'arbitrio individuale, di fronte

sopraordinate della realt naturale.

La

stessa

unita alla sfiducia che

tendenza oggettivistica del pensiero, il soggetto ha per le proprie


il

forze, vale a spiegarci

tono a volte pessimistico

e scettico dei presocratici: scetticismo e pessimismo,

che hanno un valore tutto dialettico e costruttivo, quando quei filosofi alla luce del pensiero assalgono
le

opinioni e

significato

i sensi; ma che talvolta assumono un meramente negativo, quando il pensiero

(che in ultima istanza attinge la sua forza alla soggettivit) finisce col perdere la fiducia in se

medeche
i

simo e col considerare


netrabile.

il

proprio oggetto
di

come impe-

nota

la

sentenza
di

Eraclito,

pensieri siano giochi


mistici
si

fanciulli

(*);

accenti pessi-

trovano anche in Senofane e in Empedocle;


(tef}t,)

in

Democrito ha enunciato la massima: che niente sappiamo, perch la realt nel profondo (v $vQ>) ( 2 ).
e lo stesso

realt

Ma

il

significato pi intimo di questo incipiente


chiarirsi che in seguito,

non potr saremo entrati nello


scetticismo

quando

spirito della filosofa greca.

(1)
(2i

Fr. 70

(Diels).

Fr. ili (Diki.s*.

II

PRESOCRATICI

1.

Caratteri generali.
compresa
le

L'immagine

dei

pi

antichi pensatori della Grecia ci pervenuta quasi


stilizzata e

in

stata adattata quasi

dall'esterno. Noi

una cornice mentale eluvi infatti non

possediamo
solo

un

certo

numero

opere originali di quegli scrittori, ma di frammenti, incastonati nelle

che, appartenendo a una dominata da forti interessi scientifici e razionalistici, hanno inconsapevolmente impresso questa propria maniera nei lontani predecessori, dando maggior risalto alla parte pi. propriamente scientifica dei loro scritti. Ma da qualche accenno luminoso, da qualche frammento superstite di tutt'altra natura, e anche dalla stessa intonazione fantastica di molti passaggi, che pure hanno un interesse per la scienza, possiamo facilmente intuire che quelle opere avessero una differente struttura. E^se erano opere di poesia non meno che di scienza (ed in forma di poemi erano in gran parte composte), intrecciavano l'analisi fisica con i miti della cosmogonia, ed

opere di

filosoft posteriori,

et storica

42

LA FILOSOFIA GRECA

erano racconti della creazione nel tempo stesso che


ricerche dei principii costitutivi delle cose.

Per

la storia del pensiero,

non

troppo
la

da rim-

piangere che la parte scientifica e


di quegli scritti ci siano

parte mitica

pervenute con una diversa


vera del pensiero greco
il

prospettiva, l'una

pi al centro, l'altra ricacciata

nello sfondo. L'originalit

doveva consistere
dimostra
filosofia

come

posteriore sviluppo ci

nella scienza, nell'organizzazione logica

del contenuto mentale; perci quello che dell'antica

ha pi durevolmente sopravvissuto per l'appunto quello che era pi fecondo di avvenire. Ma la rimanente parte ha, pur nella sua prospettiva appropriata, un'importanza notevole: non soltanto essa ci mostra gli addentellati nel passato nella mitologia e nella

cosmogonia

pi ancora,
vela

ci fa

greca, ma, vedere come e quanto quel passato

della scienza

sia tuttora presente nella


il

nuova scienza; quindi

ci ri-

carattere,

l'

intonazione di essa.

La scienza

degli antichi filosofi infatti


i

una

ra-

zionalizzazione dei miti;

suoi principii direttivi mi-

rano all'epurazione intellettuale degli elementi e delle forze divinizzate delle antiche cosmogonie; e lo stesso carattere genetico della ricerca che vuol ripercorrere tutta la storia del mondo non che l'elaborazione concettuale dei vecchi racconti della ge-

I punti di contatto tra i dati delle leggende cosmogoniche e i primi concetti filosofici sono evidenti: Talete che pone nell'acqua l'origine delle cose non fa che prolungare il mito cosmogonico di Oceano; l'infinito di Anassimandro rassomiglia al Caos originario della leggenda, e cos via. Anche le forze con le quali i filosofi spiegano il differenziamento

nesi.

della primitiva realt elementare, la

necessit e

il

caso, l'amore e l'odio, ricordano

le

personificazioni

II.

PRESOCRATICI

43

divine dei miti cosmogonici, che improntano la loro

azione di un'epica grandiosit.

Questi rapporti con la leggenda

ci

spiegano l'ap-

parente stranezza delle prime


al

filosofe:

che alternano
il

pi rozzo e spesso infantile naturalismo

pi ar-

dito e

luminoso idealismo. Noi saremmo facilmente


senso di alcune affermazioni e intuizioni

sviati sul

in

cui

potremmo

esser tentati a trasferire concetti

del nostro spiritualismo

se
La

non

ci

soccorresse op-

portunamente quel
ravvisare in esse
il

criterio storico, e

non

ci

facesse

pi delle volte delle personificaloro idealit un'elesi

zioni mitiche e fantastiche.

vazione poetica pi che concettuale, e


spesso, in ultima istanza, in
e indifferenziata. Siffatto

converte

una materialit ingenua indirizzo stato ben defiil

nito

come

ilozoistico: ivi la materia, la vita e


si

pen-

siero stesso

alternano e

si

scambiano

le parti, for-

mando una

unit neutra e indifferente.

Con questo preliminare accorgimento noi dobbiamo rivolgerci alla lettura dei presocratici; e se
pure le esigenze storiche e sistematiche ci costringono, nella nostra esposizione, ad accentuare il significato scientifico delle loro indagini, necessario

tener presente che questa scienza ancora invilup-

pata in un certo alone mitico, e quindi esser cauti


nel trarre conclusioni troppo recise da qualche spunto

vivamente suggestivo. Tuttavia, anche in un'atmosfera leggendaria, sempre una scienza che si va svolgendo e che, col
rigore della sua
il

organizzazione formale, trascende suo contenuto provvisorio e inadeguato e ne po-

stula e

ne prepara uno migliore, merc una pro-

gressiva epurazione del mito, fino al punto in cui esso


sar risoluto nella piena consapevolezza del pensiero.

La novit,

l'originalit dei presocratici

sta

per-

44

LA FILOSOFIA GRECA

tanto nell'avviamento alla scienza, non gi nella sopravvivenza del mito; ed quindi del tutto naturale che, nella considerazione degli storici antichi e moderni, l'aspetto scientifico dell'opera loro abbia un rilievo preponderante, pur con quei necessari temperamenti che la presenza del contenuto mitico esige.
I filosofi greci anteriori a Socrate 2. Gli Ionici. vengono, da Aristotile in poi, designati col nome di linguaggio moderno, naturalisti, qpuai.oYoi, o, in

centrale nelle loro

perch all'indagine della natura diedero un posto ricerche, e riportarono a cause


e principii naturali la spiegazione del

mondo.

Il

loro

ingenuo e indifferenziato, comprende tanto quel che noi siamo soliti di considerare come scienza fisica, quanto ci che con termine post-aristotelico vien chiamato metafisica, o ricerca dei principii supremi che reggono il mondo fisico. Cos, colui che la tradizione ci d come il pi
naturalismo,
antico
filosofo,

Talete

di

Mileto,

fondatore

della

scuola ionica, vien


detto

celebrato,

tanto per aver

pre-

compiuto alcune scoperte nel campo della geometria, quanto per aver tentato una spiegazione di ci che forma il principio e il fondamento del mondo fisico. Nato verso Ja 34 a Olimpiade (624 a. C) in Mileto, la sua vita cade nel periodo della lotta che si combatt tra i popoli della Lidia e della Media, e che, com' noto, termin con la disfatta che Ciro inflisse a Creso, e con la dissoluzione del vasto impero lidico. Durante questa lotta,
un'ecclissi solare e

Talete esplic la propria attivit politica in pr' di


Mileto, sconsigliando
i

suoi concittadini a unirsi con

Creso contro Ciro. La ragione per cui si d a Talete un posto cos importante nella storia del pensiero, s da iniziare

II.

PRESOCRATICI

45

con

lui

il

corso della vita speculativa nel

mondo

oc-

cidentale, sta tutta nell' intuizione ch'egli

ebbe d'un

problema centrale della


il

filosofia

la ricerca dell'p/ji,

cio del principio primordiale delle cose.

se

anche
assai

nome

della ricerca
al

non
il

dovuto a

lui,

ma

probabilmente
lui tuttavia

suo successore Anassimandro

dovuto

(*), a merito sostanziale dell'inda-

gine iniziata.

Per renderci conto del significato della ricerca dobbiamo por mente a quella rappresentazione ingenua, prescientitica, che l'uomo primitivo si forma del mondo, e da cui prende necessariamente le mosse
noi
la

considerazione scientifica.

all'esperienza immediata,
e

Il mondo, com' dato una pluralit fuggevole,

sempre rinnovantesi,
con
la

di

elementi sensibili:

ogni

sensazione,

novit del suo apparire, un

aspetto nuovo del mondo, anzi potremmo dire un nuovo mondo, perch nella sensazione per s presa non v' nessuna coordinazione con le altre che l'accompagnano e la seguono. Quindi la vita sensibile una vita dispersa, dove nulla si conserva, ma tutto si dissipa, e muore e rinasce in una variet imprevedibile di forme e di guise.

Ma
una

quest'universo meramente sensibile non che

finzione:

un semplice mezzo

di cui ci

serviamo

per indagare
dinatrice del
della

come

si

esercita l'opera riflessa e coor-

pensiero umano, sui dati primordiali


gi la
fantasia
del greco
offerto

vita sensibile. Cos


il

primitivo disciplinava
destinati a reggere,

mondo che veniva

dai sensi, con l'escogitare forze e principii direttivi,

come una trama tenace

e ben

connessa, la pluralit incomposta dei dati sensibili.


Si

formavano

in tal

modo

le

prime rudimentali con-

ti)

Simpl., Fhys., 32 b; Hippol., Ref.,

i,

ti,

1-7, etc.

46

LA FILOSOFIA GRECA

la natura appariva gi come che venivano elevate al grado di divinit, quasi a consacrarne il carattere elettivo.

cezioni del

mondo, dove
di forze,

un insieme

Questa pluralit
tastico-religioso

di forze deificate, nell'universo fan-

del

greco

antico,

rappresenta,

di

fronte alla pluralit incomposta dell'universo mera-

mente

sensibile, gi

un principio pi elevato,

di or-

dine, di finitezza, di gerarchia. Gli di risentono an-

cora del particolarismo e del pluralismo della vita

immediata, ma gi cominciano a disporsi secondo una scala di dignit, avente il suo vertice in Zeus; indizi di un primo orientamento, bench nebuloso e vago, del pensiero umano verso l'unifisensibile

cazione del mondo, col riconoscere agli "elementi


forze che lo reggono un'identica legge.

di-

versi di cui consta un'identica natura, e alle varie

Ma l'aspirazione non diventa un vero possesso se non quando alle costruzioni fantastiche della teogonia subentra uno spirito pi rigoroso di analisi, capace
di ricercare tra le forze effettualmente

operanti quella
si

da cui

tutte le altre

si

originano ed a cui

riferi-

scono, in ultima istanza,

come

alla loro espressione


ri-

pi semplice ed

elementare. Tale appunto la

cerca dell'appi intrapresa da Talete: un'analisi scientifica, intesa a scoprire il principio unitario del mondo

vincendo l'eterogeneit apparente dei dati che E quale che possa essere il valore delle conclusioni a cui Talete pervenne con tale procedimento, il suo merito grandissimo stato d'aver sentito il bisogno di dare una salda unit al mondo, cio di aver compreso che v'
fisico,

offre l'esperienza sensibile.

un'unit

naturale di tutte
loro

le

cose,

esistente

mal-

grado
tutti
i

la

variet,

e per

cui
sol

fenomeni formano un

pu dire che mondo, una sola


si

esperienza, e son

quindi strettamente connessi tra

II.

PRESOCRATICI

47

loro.
in

Le scoperte posteriori della filosofia gravitano massima parte intorno a questo nucleo centrale.
Nell'etimologia stessa del termine de/ji espresso
specifico

il

carattere

della

ricerca di Talete.

'Aq/.t)

equivale a principio; ora, tanto nel termine antico

quanto in quello moderno, si possono rintracciare due diversi significati, o che si ponga mente a qualcosa da cui s'inizia temporalmente una data serie, o che si consideri logicamente qualcosa di semplice che sottost a un certo complesso, di stabile a un certo mutamento. I due significati appaiono confusi
in Talete e nei naturalisti
fisica

posteriori, cos

come

la

cosmogonia. L'ispirazione dei racconti cosmogonici dava a\'Qyr\ un significato temporale, come di un punto d'inizio del divenire. Ma
confusa con
la

il

gi risvegliato interesse

scientifico, naturalistico,

doveva convertirlo in un significato logico, in un risultato d'un processo analitico, con cui si riduceva, via via, ci che forma la variet e la mutevolezza
dei fatti naturali, fino a scoprire la

comune

radice.

E che
si

questo secondo significato fosse prevalente,

VQxq,

argomenta da ci, che nella posteriore storia delil mero originario si epura sempre pi dalla scorie sensibile, acquista un valore razionale, incommensurabile con quello dei rozzi ed immaginari cominciamenti delle cosmogonie. Secondo Talete, il principio originario l'acqua: non certo questa o quell'acqua concreta, ma quell'acqua che esisteva in principio, e da cui si originarono cos le acque ora esistenti come le terre e l'aria. Noi non conosciamo in particolare il procedimento seguito da Talete nella sua scoperta: forse,
dice Aristotile
('),

egli trasse la

sua ipotesi dal fatto


anche Teophr..

(1)

Metaph.,

1,

3,

p.

983 b 7 segg. V.

fr.

(Simpl.

in Phys., 6 a).

48

I>A

FILOSOFIA GRECA

1
nutrimento degli esseri sempre umido, che il calore stesso vien dall'umidit e che l'umidit fa vivere tutto ci ch'esiste. A questo primo motivo,

che

il

Talete aggiunse l'altra osservazione che i germi di tutti gli esseri sono di natura umida, e che l'acqua
il

principio di tutto ci eh' umido.


si

Il

ragguaglio

come

vede, assai scarso.

ogni modo, l'aspetto

pi saliente della filosofia ionica non sta in questa

determinazione specifica dell'elemento primordiale, che varia da un pensatore all'altro della scuola: per

Anassimandro
l'acqua
il

(n.

nel

610)

il

principio non

pi

ma

l'ujteioov,

cio l'infinito: per

Anassimene

terzo grande

Milesio, (n. intorno al 585), esso

l'aria.

Ci che invece contraddistingue assai meglio la


scuola, ed di gran

momento per
il

lo

sviluppo po-

steriore della filosofia,

carattere della ricerca e

del procedimento da essa seguito, l'aver cio inda-

gato la sostanza unica, elementare e materiale delle cose {vht\), considerando, come dice Aristotile ('), ci

che resta identico nel movimento e nella corruzione. Donde il titolo di monismo astratto dato a questa
Monistica essa , in quanto d un principio unico alle cose: astratta, in quanto questo principio rappresenta solo il dato pi semplice ed elementare
filosofia.

del

mondo

fisico,

il

mero residuo

di

un procedimento

astrattivo, per cui la realta stata spogliata di tutto


ci

che forma

la

variet e la ricchezza delle sue

specificazioni concrete.

Un

tal principio, se

valido

a spiegare l'unit del

mondo, ed

quindi attuabile

nel regresso del pensiero dalla realt concreta alle

il

sue condizioni elementari, non serve poi a spiegare progresso da queste a quello, cio si palesa in-

(l).L,oc. cit.

II.

PRESOCRATICI

49

ginaria, che

capace a dimostrare come dall'unit semplice e orinon contiene in s nessuna ragione del

mutamento

e della specificazione,

si

sia

formata

la

pluralit delle cose esistenti. In

altri
il

termini:

che

l'acqua, l'infinito o
tutto
si

l'aria,

siano

principio a cui

ben concepibile, ma non poi concepibile come da esse tutto si produca, una volta che non v' nulla in questi elementi che contenga
riduce,
la

ragione del successivo differenziamento del reale.

Questa

difficolt

dov certo essere intuita in seno

alla scuola,

tant' vero
e

Anassimandro
d'integrare
il

clic, come ci dicono le fonti, Anassimene sentirono il bisogno

loro principio con nuovi dati per spiele

gare
Il

come avvengono
effetti,
il

specificazioni della natura.


all'ujieiQov
x

primo, in

aggiunse

senza

quale,

come nota Simplicio

),

il movimento, non v' genesi

n corruzione. In Anassimene poi, accanto a questo principio complementare, se ne fa strada un altro,


il suo primo accenno Anassimandro: ed il principio dei contrari come causa del mutamento, secondo cui dal contrasto del freddo e del caldo, e quindi da condensazioni e rarefazioni, hanno origine le variazioni nella sostanza

che trova anch'esso del resto


in

primordiale

().

Ma
rilievo:

il
i

valore di questi accenni non di grande

nuovi principii non sono

unitariamente

concepiti con VQ%r\, e non rappresentano che

una

semplice esigenza nuova del pensiero, la quale non


trover
il

superato

il

suo vero appagamento se non quando sar monismo ingenuo dell' .Q%r\, e sorger con

Eraclito una nuova dottrina della natura, dinamicamente concepita. Nel monismo della scuola ionica

(1)
(2)

Phys.,

i,

121, 5.
I,

Hippol., Ref.,

7.

G. de Ruggiero,

La

filosofia greca.

50

LA FILOSOFIA GRECA
il

primitiva noi non troviamo che

semplice presen-

timento dei nuovi problemi,


pi
l'vlt],

quali concernono

non

la

sostanza originaria,

mutamento, e sono anzi in messe del procedimento della scuola


rio

cause del piena antitesi con le prele

ma

ionica,

com'

in antitesi la ricerca analitica dell'elemento origina-

con

la ricerca

sintetica

del

differenziamento e

che il nuovo problema, che esamineremo accuratamente in seguito, possa instaurarsi al posto dell'antico, dovr il principio dell' gxn svolgersi in tutta la sua pienezza: epurarsi e idealizzarsi dal primitivo materialismo con la scuola pitagorica; giungere al suo massimo sviluppo con la scuola eleatica, negando addirittura, nella sua identit incorruttibile e immobile, l'idea stessa del divenire; e quindi determinare per contraccolpo l'urgenza del nuovo problema la cui negazione non doveva essere che la riduzione all'assurdo del vecchio principio, per opera sua medesima. Ma nella scuola di Talete il principio deU'(>x* ancora alle sue prime espressioni pi rudimentali e non va oltre le premesse di un materialismo ilozoistico, che identifica la materia e la vita e immagina la materia vivente e generatrice. Per Talete anzi essa divinizzata, s che Platone (*) e Aristotile ( 2 atdella specificazione delle cose.

Ma prima

tribuiscono

al

Milesio la dottrina che tutte le cose


il

siano piene degli di. In Anassimandro,


delPclTeiQov

concetto

esprime l' infinit della materia e la sua identit con se medesima: variano le sue parti, ma il tutto immatevole (uetaPTiTov (3 >). E, in forza di

(1)

Legg., x, 899 b.

(2)
(:)

De anima,
Diog.,
ii,

A,

5, 41

1-2.

II.

PRESOCRATICI

ni

la generazione avviene non per mutamento qualitativo, ma per separazione (xxQi<ng(')). Donde si ricava, che l'ajteiQov di Anassimandro non veramente una forza generatrice, ma contiene gi fin dall'origine tutte le cose come in un miscuglio

questa stessa identit,

(nijlLaW). Dalla rappresentazione dell'infinito,

Anas-

simandro
e fa di

fa scaturire quella dell'infinit dei

mondi

essi divinit

innumerevoli. In Anassimene,
si

infine, al principio

indeterminato (Qiotov) di Anas detto, un'Qxri pi de-

simandro subentra, come


terminata

()Q icnvt] ( 3 >) :, l'aria;

e la rappresentazione
di

immaginosa del mondo diviene quella


portata dall'aria
4
(

una tavola

).

In questi tre pensatori, quasi contemporanei l'uno


all'altro,

e tutti conterranei,

si

compendia
si

la primi-

tiva scuola ionica di Mileto,


essi.

ma non

esaurisce con
si

Ippone, vissuto al tempo di Pericle,

riattacca

Diogene d'Apollonia, contemporaneo e forse pi giovane di Anassagora, ad Anassimene: per in questi pensatori la purezza dell'antica dottrina appare corrotta dal miscuglio
al

principio di Talete;

di

elementi nuovi, dovuti

alle

scuole posteriori, e

quindi la loro voce non che quella di lontani e


trascurabili epigoni.

Intorno alla scuola di Pitagora 3. I Pitagorici. cominci assai di buon'ora il lavorio della leggenda, s che riesce difficile determinare il valore storico delle ricchissime fonti che ci sono state tramandate
intorno ad essa. Della vita di Pitagora poco
certezza. Egli visse nella
si sa con prima met del VI secolo
;

(1)
(2)

Simpl., Phys., 6 a. b

Arist., Melap/i.,

xil,
1.

2,

p.

1069 b 20.

(3)
(4)

Simpl., Phys., 24,


Arist.,

De

coelo, n, 13, 294 b 13.

52

LA FILOSOFIA GRRCA
citt natale,

da Samo, sua
Egitto (dove
si

dopo

ipotetici viaggi in
la dottrina

vuole che avesse appreso


e vi fond

sulla trasmigrazione delle anime), si trasfer a Crotone nella

Magna Grecia

una

setta d'indirizzo
il

scientifico-politico-religioso.

Esoterico era

carat-

tere dell'insegnamento che s'impartiva in seno alla

scuola; e per giungere ad essa era necessario

un

lungo periodo d'iniziazione. Gl'iniziati, almeno quelli di grado superiore, vivevano insieme, secondo il

regime della comunione dei beni, praticavano riti determinati e seguivano norme di vita assai rigorose. Tra gli scopi della setta era quello della rigenerazione morale della societ; tra le credenze
religiose, quella
tra le pratiche e

della
i

trasmigrazione delle anime;


le

riti,

purificazioni e l'esame di

coscienza minuzioso e -giornaliero.

In ci

si

rico-

con l'orfismo (M, che anzi, nelle dottrine psicologiche e morali raggiunge un pi stretto grado di parentela un rapporto di notevole importanza per la storia del pensiero, perch il pitagorismo, che non si ecclissa mai totalmente nel
affinit
:

nosce una certa

periodo classico della

filosofia

greca,

custodir

il

ricco contenuto dell'antica misteriosofia per la spe-

culazione dell'et ellenistica.

La partecipazione
vita

dei

membri

della scuola alla

pubblica fu molto attiva e ricca d'influenze

sulla legislazione e sull'amministrazione della

Magna

anche la rovina dei pitagorici, perch, come fautori del regime aristocratico, vennero travolti in seguito alle vittorie
Grcia;
l'indirizzo
politico fu

ma

della democrazia, sul principio del

secolo, e

si

ec-

clissarono dalla vita politica dell'Italia meridionale,

(l)

Ma

la religione dei pitagorici s'ispira pi direttamente al culto

di

Apollo che a quello di Dioniso.

II.

PRESOCRATICI

n3

lino alla

prima met del secolo seguente,


si

in cui eb-

bero una tardiva rifioritura.

Poco

sa di preciso intorno alla dottrina di Pita-

gora e dei suoi primi seguaci (Petron, Brontinos, Hippasos, ecc.); la ricostruzione filosofica del pitagorismo
fondata in

gran parte sull'opera dei pitagorici pofuori d'Italia,

steriori, vissuti

come

Filolao, Archita,

Timeo, ecc., che esercitarono, da Socrate in poi, una notevole influenza sul pensiero greco. Ma, dato il carattere esoterico dell' insegnamento dei pitagorici, lecito presumere che la primitiva dottrina si sia conservata con sufficiente purezza nelle pi tarde esposizioni, e che quindi le notizie da noi possedute valgano a ritrarre la fisonomia dell'intera scuola. Al che contribuisce, oltre che il carattere domLiside,

matico di talune proposizioni principali del pitago-

mancanza di forti personalit in seno alla scuola, donde risultata, nelle fonti, la
rismo, anche la

designazione anonima dei pitagorici, in luogo dei


singoli

nomi
il

dei suoi fautori.


alla sola attivit filosofica dei pita-

Per limitarci
gorici,

concetto centrale della loro dottrina quello

dell'usa come numero. Nell'idea del numero, assai

meglio che nella materia dei Milesii,


i

si

rispecchiano
effetti,

caratteri

fondamentali

dell'Qxrp

In

nel

regresso del pensiero dai dati dell'esperienza al loro


principio, noi

troviamo

il

numero,

sotto

forma

di

proporzione o di rapporto quantitativo, ad esprimere


l'ordine dei fenomeni e la costanza e stabilit delle
loro leggi.

Cos

il

movimento

dei corpi,
si

causa di

un' infinita molteplicit sensibile,


istanza, in

risolve, in ultima

una

serie di rapporti numerici, rigidi e

immutabili.

La materia dei Milesii risentiva ancora della mera immediatezza sensibile come acqua e come aria,
:

54

LA FILOSOFIA GRECA

essa era ancora


getto
al

un che di qualitativo e quindi sogmutamento e alla corruzione delle qualit


Essa pertanto non rispondeva ai caratteri
del
principio, che sono l'immutabilit e

sensibili.

essenziali

l'incorruttibilit. Assai

meglio invece, se non piena-

concetto del numero, che, ha un posto intermedio tra il sensibile e l'intellettuale, avendo di quello !a plura-

mente, vi

risponde

il

secondo Aristotile
lit

(''),

e di questo l'eternit e l'immutabilit. Cos, tra la

materia

della scuola ionica e l'essere della scuola

eleatica, che ,

svolgimento

dell'o/jj,

come vedremo, il termine finale nello il numero dei pitagorici rapsi

presenta come un concetto intermedio, che

riporta

all'uno e all'altro per le sue note differenziali.

La
sta,

difficolt
il

storicit,

significato del principio pitagorico,

come

si

maggiore per intendere, nella sua non pu immaginare comunemente, nella sua

soverchia astrattezza,

ma

al contrario,

nella sover-

chia materialit in cui concepito.

noi moderni,

vissuti dopo Kant, riesce facile spiegarci come il numero possa essere principio delle cose, perch gli attribuiamo un valore puramente formale, e cio lo concepiamo come una forma mentale, in cui vien pensata una molteplicit sensibile materia di quella

forma. Al contrario
colt

qui sta

il

nodo della
ancora

diffi-

per
non

pitagorici

non

esiste
il

la distin-

zione tra forma e materia, e


di esse;
tifica

numero

insieme
s'iden-

indifferentemente forma o legge deile cose e materia

dunque

distinto dalle cose,

ma

con loro ( 2 ). Tale identificazione ha un carattere in parte scientifico, in parte fantastico. Innanzi tutto, conforme

(1)

Metapli.,

i,

6,

p. 987 b
i,

U.

(2)

Arist., Metaph.,

5-6.

II.

PKBSOORATICI
le

55

al

concetto dell'px'n che

cose non abbiano realt

ma per quel che sono sostanzialmente; epper, una volta assunto il numero come principio, ne deriva che conforme ad
per quel che appariscono ai sensi,
esso

debbono essere modellate

le cose, e
(*). Il

non sorgere

che per imitazione o mimesi

numero non
di

dunque un nostro modo soggettivo


aggruppare
le cose,

disporre

Questo oggettivismo chiaramente espresso nel principio enunciato da Filolao ( 2 ): che ci che noi possiamo conoscere ha numero. Senza di esso, niente si pu comprendere o conoscere >. Il che vuol dire che il numero non condizionato dal nostro apprendimento, cio
insito
esse.

ma

ad

non

come oggi

si

dice,

un principio gnoseologico,

ma
e

condizione oggettiva del nostro apprendimento,


tale risiede nelle cose stesse.

come
Ma,

ci che meglio

ancora pu fare intendere

il

valore sostanziale del numero, che esso non viene

come astratto rapporto quanticome quantit concreta, estensiva o spaziale. Il numero infatti il pari e l'impari; come pari l'illimitato, come impari il limitato. Questa
inteso dai pitagorici
tativo,

bens

numerica e della quanprimo rudimentale abbozzo del principio cardinale della geometria analitica di gran momento per l' intelligenza del pitagorismo, perch una volta inteso che il numero la quantit estesa nella sua illimitatezza e nel suo limite, possibile intendere la genesi delle cose dal numero, nel senso che tutto nasce dal contrasto, dal contemperamento del limitato e dell'illimitato. La legge di
identificazione della quantit
tit

estesa o spaziale

un

questo contrasto in

effetti

insita

essenzialmente

(1) (2)

mni'ioei

x vxa tpaoiv elvai twv

6qi8)cv (Arist

loe. cit.).

Fr. 4 (Dikls).

56

LA FILOSOFIA GRBCA

al

numero, che,

se

nei

singoli

momenti

della sua

serie soltanto pari o soltanto impari,

invece nelquesta

l'unit iniziale che


al

genera

la serie, e
il

aggiungendosi

pari

d l'impari e all'impari

pari, in

unit esso concorso delle due opposte determinazioni


e

legge della loro unione. L'uno


((/.qtio.tchttov),

(giovai;)

il

parimpan

principio del pari e dell'ime della realt. Cos, nella

pari, della serie

numerica

san denominazione estensiva,

come unione
(*).

dell'illi-

mitato e del limitato, esso spiega la formazione del

mondo

naturale e

la

genesi delle cose

Qui, non altrimenti che nella scuola ionica, noi

vediamo sorgere il dialettismo, la spiegazione del divenire del mondo, mediante il concorso degli opposti. Le coppie fondamentali dei contrari, secondo i
pitagorici, sono, oltre
<

il

pari e l'impari, e

il

limitato

l'illimitato, di cui

abbiamo gi

detto, le seguenti:

unit e molteplicit, destra e sinistra, maschio e fem-

mina, riposo e moto, diritto e curvo, luce e oscurit, buono e cattivo, quadrato e rettangolo. Questa enumerazione, ancora caotica e arbitraria, di coppie di
opposti, gi

un primo tentativo per ridurre a un


i

numero
e
la

limitato e preciso le forze e

principii dal
il

cui concorso e dal cui contrasto deriva

mutamento

specificazione
di

in

seno alla natura. All'ademil

pimento

queste esigenze,

principio pitagorico

risponde assai meglio della materia dei Milesii, in

quanto che
tiene in

il

numero, dinamicamente

inteso, con-

s ira principio di dialettismo, cio,

come

abbiamo
la

visto parlando del parimpari,


in

si

polarizza

intimamente

un'opposizione fondamentale, e svolge


sua. serie in virt di

ricchezza della

questo lievito

interno dell'opposizione.
Filolao, Fr.

(1)

1,

2, 5,

8 (Diels).

II.

PRESOCRATICI

57

Ma questa
ii.in

intelligenza piena del

numero

una

sco-

perta assai posteriore alla scuola pitagorica, la quale

ne ha intuito che
le

il

principio, e

non ne ha potuto
concezione del
sostanza

svolgere

conseguenze, legata com'essa era alle


alla
attivit,

premesse dell'adii cio a dire

numero non come


bile e fissa. Di

ma come

immo-

qui la contraddizione del pitagorismo,

assai pi viva che

non quella

della scuola ionica: da

concezione del principio, dall'altra l'esigenza di spiegare il divenire del mondo, in contrasto con quella concezione. Ond' che, malgrado tutti i tentativi dei pitagorici, per spiegare dialetti-

una parte,

la

camente, merc

il

concorso di forze contrarie,


1

mu-

tamenti che avvengono nel mondo, Aristotile poteva muover loro la critica che( ): col porre a fondamento
solo
il

limite e l'illimitato, con ci


il

pitagorici
e

non

dicono come avviene


il

movimento,
il

come, senza
lo sparire,

movimento, hanno luogo


i

sorgere e

cio gli stati e le attivit delle cose celesti

Anche

dunque, come per i milesii, sebbene sopra un gradino pi alto, si presenta la stessa difficolt, di spiegare il mutamento con l'immutabile,
per
pitagorici,
il

variabile col fisso, e

s'

insinua, nella stessa rigida


dissolvitore, di cui

compagine dell'ape, un principio


si

gioveranno le successive filosofie. Fin qui abbiamo analizzato la parte pi propriascientifica del principio quantitativo dei pita-

mente
gorici.

Ma

accanto ad essa ve n' un'altra

di carattere

fantastico e mitico, che giover a farci individuare

pi compiutamente l'intera dottrina. Dal


della realt sostanziale e

concetto
deri-

autonoma

del

numero,

vavano propriet e caratteri peculiari del numero in quanto tale; e la fantasia creava tutta una scala
Metaph.

(1)

58

LA FILOSOFIA GRECA

di valori simbolici, a partire dall'uno, principio delle

cose e primo nell'ordine dei beni, fino alla decade,

massimo

tra

valori,

chiamata da Pilolao grande, onfirceigog,

nipotente, senza cui tutto

tutto oscuro

( ).

L'efficienza di questo simbolismo

si

dimostra special-

mente nella cosmogonia pitagorica, che rappresenta come formato da dieci corpi, disposti intorno al fuoco centrale, e moventisi con una divina armonia di suoni, che noi per non udiamo, data la loro continuit ininterrotta, mentre noi non siamo in grado di concepire i suoni se non col contrasto
l'universo
del silenzio.

In questa intuizione c' un intreccio, nel suo complesso potentemente suggestivo, di note fantastiche e razionali.
Il

numero

dei dieci corpi celesti

era stabilito in omaggio al simbolismo della decade,


e

poich, dalla terra al cielo delle stelle fisse non

venivano contati che nove corpi od ordini di corpi visibili, i pitagorici ne immaginarono un decimo, invisibile perch situato di contro alla terra, e lo chiamarono antiterra, raggiungendo cos il numero perfetto secondo il loro sistema. Ma, nel tempo stesso, con l'idea di una rivoluzione generale dei pianeti, degli astri, quindi anche della terra, intorno al fuoco centrale, veniva abbandonato il primitivo supposto geocentrico, e l'astronomia passava dalla considerazione dei meri moti apparenti a quella di moti reali, anche contrastanti con le apparenze. Certo, il caril fuoco centrale dine del sistema cosmico era ancora fantastico; e d'altra parte il movimento traslativo dei pianeti non veniva integrato da quello

rotativo di ciascuno di essi intorno al proprio asse;

un nuovo fondamento era dato alla cosmologia, ed anche un suggestivo avviamento verso questa
ina
(1)

Fr.

11.

II.

PHESOCRATICI

59

ulteriore
della

meta era implicito


degli
astri

nella rappresentazione
sferici,

terra e

come corpi

e
l'

non
im-

pi

come

dischi o sezioni cilindriche, secondo

maginazione dei Milesii. Un altro punto notevole del sistema dato dall'idea

dell'armonia dei corpi e delle sfere celesti.


a quella del numero, in quanto

L'idea dell'armonia strettamente connessa, nella


filosofia pitagorica,

che l'armonia rapporto, cio proporzione, quindi

ha nel numero

il

suo fondamento. La stretta unit, e


si

quasi l'identit, dei due termini,


scuola nella musica,

manifesta alla
colti-

da essa studiosamente
i

vata; e poi, analogicamente, nell'astronomia e nella scienza stessa dell'uomo. Cos Filolao e
suoi se-

guaci
in

(*)

professano

la

dottrina che l'anima sia ar-

monia; e come armonia viene anche definita la virt seno alla scuola ( 2). Questo concetto dell'armonia integra e nello stesso tempo corregge col suo implicito finalismo, la rigida necessit, che era nella determinazione puramente quantitativa del principio. Tutto avviene insieme per necessit ed armonia secondo Filolao 3 ); e, con questa
idea finalistica, entra nella filosofia un'altra

nuova
il

esigenza, che non era contenuta nell'p^Ti, perch


fine

guarda non pi
stessa

all'origine delle cose,

l'espressione

suggerisce,

alla

loro

ma come meta. E

quando anche questa esigenza sar adempiuta, alle rozze e primitive cosmogonie materialistiche subentreranno delle costruzioni ideali, dove il mondo sar
concepito secondo
i

fini

della bont, della bellezza,

della perfezione, che destinato a realizzare.

(1) (2)
(3)

Plat., Phaed. 85
Dioa.,
Diog.,
vili,
vili,

e,

dove parla un discepolo

di Filolao.

i3.

84-85.

HO
4.

LA FILOSOFIA ORKOA

Gli Eleati.

La

scuola eleatica,

come

la pi-

tagorica, e un'importazione greca nell'Italia Meri-

dionale. Colui

che vien considerato come suo fon-

datore o precursore, Senofane, nato intorno al 580 a. C. a Colofone, nell'Asia Minore, si trasfer in Elea,
nell'Italia

Meridionale, dond'ebbe origine


i

il

nome

della scuola,

cui maggiori rappresentanti,

Parme-

nide e Zenone, ebbero Elea per loro patria.


In Senofane noi troviamo
eleatica
in
i

principi] della filosofia

teologica.

una forma non ancora scientifica, ma Polemizzando col politeismo popolare, egli

conquist un'intuizione chiara e vigorosa dell'unit di Dio: concetto profondo, che scalzava le basi stesse
del particolarismo della vita ellenica, fondato special-

mente
il

sulla pluralit degli di municipali e nazionali.


(*)

Egli concepisce

un Dio,

tra gli di e gli

uomini
tut-

pi grande, non simile alla forma dei mortali, n

al

pensiero; un Dio, tutt'occhio, tutto spirito,

t'orecchio, che
si

addice andare or qui or l (-). E schernisce l'antropomorfismo, con parole che corrono anche oggi tra noi: se buoi, i cavalli
gli
si
i

sempre muove, perch non

allo stesso posto persiste,

leoni, egli

dice, avessero

mani per scrivere


essi
gli Etiopi

compier opere come gli umani, forme divine simili a loro ( 3 ). Cos
che
i

fingerebbero

credono

loro

di
4
!

siano
j.

neri,

Traci, bianchi e dai

capelli rossi

fondazione pi propriamente metafisica del monoteismo non che appena rudimentale in Senola

Ma

fane: se c' Dio, dev'essere


o
pili.

un

solo; se fossero
il

due

Dio non sarebbe

il

pi potente e

migliore

(1)

Fr. 23 (Diels).

(2)

Fr.

24, 26.

(3)
(4)

Fr. 15. Fr. 16.

II.

PRESOCRATICI

61

di tutti

( );

inoltre, nell'ipotesi della pluralit,


le

domiparti

nerebbero e sarebbero dominate a vicenda


di Dio,

ci ch' impossibile.

aloun

Ma non si creda che questo teismo rassomigli in modo a quello che si afferm cinque secoli
si

pi tardi col cristianesimo. Ivi non


unitario e personale,
zata,
(eie

tratta del

Dio

ma

soltanto dell'odi
e cio di

diviniz-

dell'universo,

del tutto, concepito

come uno
identit im-

xai Tt\

= uno-tutto),

una

mediata

di teismo e panteismo.

Lo svolgimento ulteriore del pensiero


mostra chiaramente
dal

eleatico di-

la portata del principio stabilito


infatti,
a. C.)

fondatore della scuola; con Parmenide


di

seguace

Senofane,
il

(n.

ad Elea intorno

al

450

l'Uno perde
di Talete e

suo attributo divino e palesa

la pro-

pria natura di principio cosmologico,


il

come l'acqua
nella storia

numero

dei pitagorici.
di

La grande importanza
da
lui

Parmenide

del pensiero, oltre che nella rigorosa

data

dell'o;/)'],

sta nell'
il

determinazione indagine preliminare


della verit dal
il

intrapresa, per distinguere

mondo

mondo campo

dell'opinione, e quindi
della ricerca

per circoscrivere

veramente

scientifica,

consacran-

dolo coi segni dell'assoluta certezza e verit. Nella


filosofia dei milesii e dei pitagorici, noi

abbiamo gi

visto che

sorgeva dall'esigenza unitaria del pensiero, contro la pluralit del senso; ma la netta separazione tra pensiero e senso, e quindi
il

problema

deH'o/.ri

tra

verit e opinione, ancora


i

satori,

quali, in contraddizione

non v'era in quei pencon le esigenze puratratti dal

mente logiche
propria

del loro principio, introducevano, nella

filosofia,

elementi spurii,

mondo

dei

(1)

Teophr., Pr.

5 (in Simpl.,

Phys., 5

b).

62

LA FILOSOFIA GRECA

sensi o delle opinioni.

Ma

con Parmenide,

la separa-

zione nettamente operata, e l'opinione, la S^a,


esclusa dal

campo

della realt e della pura filosofa, la


le sole leggi del pensiero.
il

quale vien costrutta secondo

Da
lisi

questo punto di vista,


le

concetto dell' q-/t\

si

epura da tutte
dei

precedenti contaminazioni, e l'ana-

suoi caratteri

fondamentali

procede

indi-

pendentemente da ogni dato sensibile e come una deduzione logica. Il concetto della realt, dell'essere,
che
il

cardine di tutta

la

speculazione
:

filosofica,

immediatamente dal pensiero l'essere ci che, esso solo, pu esser pensato ('); e quindi il predicato che gli compete essenzialmente l'esistenza; l'essere , esiste semplicemente, in un presente infinito ed eterno. Esso infatti non fu e non sar: il che gli contraddice, e tanto perch se fu, non meno , se lo si ripone nel futuro. E non pu cominciare n cessar d'essere, perch ci che comincia, viene dal non-essere, ci che finisce va nel non posto

essere. Di

qui tutti gli


(vviitov),

altri

predicati:

l'essere

ingenerato
(ok>v),

immutevole

(dvoUeOQov), intero

unico

({Aom-ovevg), incrollabile (rgenq) e


2 ( )

senza

fine (zXeaxoy )
Il

criterio di questi

predicamene

nel principio

parmenideo, da noi enunciato soltanto a met col dire che l'essere , e che ora completiamo aggiun-

gendo
il

la proposizione
.

all'apparenza tautologica: che


il

non-essere non

Per intendere

significato pro-

xai etvai

idealistico: esso si

famoso e controverso principio: x yo, auto voetv otiv re 5) a cui non bisogna dare per altro un significato troppo spiega, come ha ben veduto il Ribaud, integrandolo col principio complementare: che il non essere non . Parmenide ha voluto mostrare che, mentre il non-essere non , perch non pu essere pensato, l'essere , per la ragione opposta.
fi)
il

(fr.

(2)

Fr. 8 (Diels).

II.

PRESOCRATICI

63

fondo di questi concetti, opportuna qualche delucidazione. Dicendo

che l'essere

Parmenide non
la realt stessa

pensa qualcosa

di astratto e vuoto,
il

ma

nella sua concretezza, e


il

non-essere non per lui

puro niente,
fronte
alla

ma
il

l'opposto di quella realt. Cio,

di
il

realt concepita

come corpo

esteso,

onde col dire che il non-essere non , non si vuol dir altro se non che la corporeit piena, continua, non inframmezzata di parti vuote o non circondata dal vuoto. E nello
non-essere
fisici;

vuoto dei

svolgimento posteriore della


quello dell'essere e divenire
l'antitesi.

filosofia

noi

vedremo
nel-

questo concetto del non-essere svolgersi insieme con

sempre pi fecondo

Cos Democrito, contro la pura negazione

parmenidea,far valere un'affermazione a prima vista il non-essere , volendo dire che la corporeit continua del reale non basta a spiegare i fenostrana, che

meni

fisici,

ma che necessario

aggiungere

alla realt

del pieno (dell'essere) quella del vuoto (del non-essere); e dalla


tutta

composizione dei due opposti sorger una nuova concezione della fisica: l'atomismo. Qui non abbiamo citato che un esempio solo per illustrare l'importante concetto; ma dobbiamo assuefarci

a questo linguaggio, astratto apparentemente,

e concreto invece nella sostanza, se

vogliamo inten-

dere in tutte
il

le

sue eleganti e profonde sottigliezze

dialettizzare del pensiero greco. Gi in Parmenide,

compatta costruzione metafisica non che di deduzioni secondo lo stesso schema posto l'essere, negare tutto ci che una deviazione
tutta la

una

serie

dell'essere,

un suo passaggio

al non-essere, circoscri-

verlo con la stessa negativit che nella sua essenza.


Il

non essere parmenideo non ha che la funzione puramente negativa di un limite, che dialettico in quanto trae la sua forza dall'affermazione stessa del-

64

LA FILOSOFIA GRECA

l'essere. L'essere ; in

quanto non muta, non si n perisce o termina in altro, per V impossibilit del passaggio al non-essere; u suddiviso
origina da
altri,

ma tutto eguale nella sua composizione; n possibile nella realt un essere pi o meno, ma tutto ugualmente pieno d'essere (rcv 'efuUev oTLv vTogW). La sua forma pertanto quella di una sfera, egualmente compatta e forte dall'interno alla
in se stesso,

superficie esterna, per la mancanza di un non-essere che ne impedisca la coesione indistruttibile ed eterna, per P insuscettibilit dell'essere all'esser pi o meno
;

o al

non essere affatto. La rappresentazione dell'essere come una sfera non un mezzo puramente figurativo dell'immaginazione,

ma

connessa al principio del tutto con-

cettuale della finit dell'essere.


e delimitata

La

sfera infatti finita


il

da ogni parte, talch


i

pensiero la pos-

siede in tutti

suoi punti, senza lasciar adito a nes-

suna indeterminatezza. Questa tesi della finit dell'essere di gran momento nella storia della filosofia, e Aristotile attribuisce gran lode a Parmenide per averla formulata, mentre critica un altro pensatore della scuola, Melisso, per aver sostenuto l'infinit dell'essere. Parmenide, egli dice (-), sembra aver parlato dell'Uno ( 3 ) secondo la ragione, Melisso secondo la materia; cos l'uno l'ha detto limitato, l'al-

ti)
(2)

Fr,

8.
i,

Metaph.,

5,

p. 986 b.

L'uno e l'essere sono iu Parmenide concetti reciproci e s'identificano anzi tra loro. Noi non ci siamo indugiati a spiegar questa unit dell'essere, avendo gi sufficientemente illustrato il carattere unitario dell'&Qxfj, da cui immediatamente si deduce. Sinotticamente, la metafisica parmenidea si compendia nelle parole di Teofrasto (riportate da Simpl., Phys., 115, 11): x Jtag x v ovx v x ovx v ovSv 'v &Qa x v; oltre l'essere, il non-essere; il non-essere non ; uno dunque l'essere.
(3)

II.

PRESOCRATICI

65

tro infinito .

Per spiegare
la tesi

la critica aristotelica, ricor-

deremo che
di

dell'infinit dell'essere si trova


L'o/.i')

gi enunciata dalla scuola ionica e pitagorica.

Anassimandro

come sappiamo,

l'infinito, e infi-

nita la quantit posta dai pitagorici a

del reale. Ora, nell'un caso e nell'altro, l'infinit

un carattere meramente sensibile,


ogni determinazione razionale.
di

fondamento ha che ripugna ad


tratta in effetti

Non

si

quella infinit che noi moderni riconosciamo

come

virtualit infinita dello spirito, che la forza della

sua progressiva realizzazione,


finit

ma

di quella falsa in-

che consiste nell'impossibilit di assegnar un limite, sia alla suddivisione della materia o alla sua estensione nello spazio, sia al progresso nello svol-

gimento della serie numerica. Pertanto, meglio che d'infinito pu parlarsi in questo caso d' indefinito o
indeterminato. Ora, nell'accennata impossibilit di assegnare un limite all'estensione o alia suddivisione,

non v' nulla di veramente irrazionale,


di

ma

piuttosto

sub e pre-razionale, nel significato cio che si tratta di un'incapacit del mero senso a concepire
totalit chiusa e

come una

compiuta

suoi prodotti.

Di fronte a questa falsa infinit, la concezione del reale come limitato e finito, rappresenta il progresso

da una posizione sensibile a una posizione razionale.

La

finit infatti
il

il

carattere dell'oggetto del

pensiero, in quanto

pensiero forza essenzialmente

determina trice, che sostituisce all'indeterminazione sensibile la concezione del suo oggetto (il reale) come un tutto definito e compiuto nelle sue parti. In questo
tutto soltanto, le esigenze

logiche del pensiero troe


il

vano
alcun
tutta

il

loro pieno

appagamento,
classica

reale

non

lascia

residuo
la

d' irrazionalit.

Perci noi vedremo

filosofia

dei greci tener fermo al

concetto della finit; e soltanto poi col cristianesimo


G. de Ruggiero, La
filosofia greca.

66

LA FILOSOFIA GRECA
la
tesi

riaffacciarsi

dell'influito, ina

non pi come

l'antico ajteiQog, bens

come

infinit del pensiero stesso

e dello spirito, inteso nella sua soggettivit. Allora


la tesi del finito, dell'oggettivit razionale, sar tra-

montata, e sorger la nuova


tivit razionale,
Il

filosofia della sogget-

che

si

continua fino

ai nostri giorni.

significato profondo di questo sviluppo ci sar

assai meglio chiaro in seguito,


la tesi del finito nelle

quando studieremo

sue maggiori esplicazioni e nella


intendere la portata della
tesi

sua critica immanente; qui non era necessario che

un cenno

solo,

per

parmenidea. Nella concezione del mondo come un tutto materiale finito, donde era bandita ogni apparenza sensibile, e che era costrutto con le sole forze del puro pensiero, trovava il suo appagamento e il suo riposo la mente del grande Eleate. Un mondo eterno, incorruttibile,

su cui tutto il divenire delle cose la generazione e la corruzione degli esseri, il movi-

mento

dei corpi, le qualit e le specificazioni della


i

materia che

sensi

ci

rivelano

non

forma che

leggiere increspature, da lasciarsi in balia delle co-

muni

opinioni degli uomini;

un mondo da cui esula


che domini

ogni vita, ogni sviluppo e dove par

unica e incontrastata

la

morte, con la sua eternit

immobile e rigida; un mondo infine in cui il pensiero non pone e quindi non ritrova che la sua legge formale e vuota della pura identit con se medesimo
e ripudia tutto ci che vi contraddice; ecco
il

cul-

mine

della filosofia eleatica, e insieme

il

termine finale
si

dello svolgimento dell'adii-

L'insostenibilit di questa posizione


allo stesso

rivela gi

Parmenide, il quale, dopo aver costrutto il suo mondo di puro pensiero, dov sentire il bisogno di passare dal regno della verit a quello dell'opi-

II.

PRESOCRATICI

67

nione, per render conto dei

mutamenti
di

delle cose.

qui egli

si

conforma

al

modo

vedere degli ionici


fisici,

e dei pitagorici, professando principii

che non

vanno

al di l del

semplice probabilismo, pur conquesto campo la struttura esteriore

servando anche

in

del suo sistema razionale. In effetti, nel

mondo

delle

opinioni, o della fsica corrente, egli distingue


forze,

due
e

corrispondenti

al

non-essere e all'essere,
dal cui concorso

cio

il

fuoco e
e

la terra,

questa come materia e quello


(*),

come causa

come agente

si

spiega la genesi delle cose.

Ma
di

l'istanza negativa pi forte contro la filosofia

data dalle conseguenze logiche che ne trassero i seguaci di lui, Zenone e Melisso, i quali, con l'approfondire la parte pi specialmente negativa e dialettica del sistema, andarono incontro consapevolmente all'assurdo. Di Zenone (che visse intorno al 464 a. C.) sono celebri i Wyoi Jteg! xi\r\oj)q: quattro argomentazioni

Parmenide

dialettiche intese a negare la realt del

movimento.

La prima
corpo
poi la
si

esprime cos: impossibile che un muova da un punto a un altro, dovendo


( )

si

percorrere, prima dell'intero, la met dello spazio, e

met

della met, all'infinito; 2 a

argomenta-

zione: Achille

in
3
(

corsa non raggiunger mai una


3a

tartaruga, dovendo prima giungere al punto da cui


quella gi
si

part

);

La

freccia che vola sta ferma,

perch in ogni istante nello stesso spazio; cio a


dire, in riposo iu ogni

4a

Uno

stesso punto,
rispetto a

il

cui

momento del suo volo ( 4 ); movimento vien misurato


in riposo, e un'altra

una volta
(1) (2)

un corpo

Teophr.,

fr.

6 (Alex., in Metaph., p. 21).


9,

Arist., Phys., Z.
239 b 14.

239 b

9.

(3) Id.,
(4) Id.,

239 b 30.

68

LA FILOSOFIA GKEOA

volta rispetto a

un corpo che

si

muove

in senso

inverso
sto

in quesecondo caso lo stesso spazio nella met del tempo che nel primo; donde si ricava che la met del tempo
al

suo con eguale velocit, percorre

equivale all'intero^).

argomentazioni identico nei muove dal presupposto che lo spazio sia suddiviso in infinite parti e deduce l'impossibilit che un corpo percorra il numero infinito dei punti di cui consta lo spazio. Di qui si vede che la
delle

Lo schema

quattro casi: Zenone

critica

zenoniana

solida in

quanto investe

la realt

dei presupposti che la fisica anteriore, ionica e pita-

gorica,

aveva dato

al

movimento. Certo non poteva

venire in mente dell'acuto Eleate negare l'apparenza

ma questa apparenza non doveva essere conforme alle premesse della scuola, che un fatto di pura opinione; ci che invece costituiva l'essenziale, era la spiegazione scientifica del moto; e
del moto;

per

lui,

contro di

questa egli perci faceva valere


il

le

sue
infi-

negazioni. Posto

concetto dello spazio


il

come

nitamente suddiviso, posto cio

pluralismo ingenuo

che

pitagorici lasciavano sussistere in seno al moni-

smo apparente del loro principio, la realt sostanziale del movimento diveniva logicamente impossibile. La giustificazione di essa invece non poteva aver
luogo che dopo scalzati
i

presupposti dell'antica

fisica;

quando cio fu spiegato, con Aristotile, che lo spazio non infinitamente suddiviso in atto, ma solo in potenza, e che il moto, come atto, trascende, con la sua unit indivisibile, la divisibilit meramente potenziale dello spazio. Cos, p. es., baster un passo solo di
Achille, per raggiungere d'un colpo la tartaruga, e la

suddivisione infinita dello spazio interposto sar tra239 b 33.

(1) Li.,

II.

PRESOCRATICI
la difficolt

69

scesa in

una

volta, in

quanto

che essa offre

sta contro la

mera considerazione

astratta e atomi-

stica del pensiero,

ma non

contro l'atto del pieveloce.

Di Zenone son ricordate anche altre argomentazioni dialettiche, di cui

accenneremo qualcuna pi

importante. Contro la realt dello spazio: se ogni

uno spazio, anche lo spazio dovrebbe uno spazio, e cos all'infinito. Contro il movimento: x xivcvuuevov oute sv <y axi xtio xivstcu olite v $ pi eoTiv (') cio il corpo in moto non si trova n nel luogo dond' partito (perch non vi pi) n dove deve arrivare (perch non v' ancora); dunque il moto impossibile. Contro la pluralit:
essere fosse in
in

essere

se

il

molto

dev'essere insieme limitato e illimi-

tato: limitato,

perch contiene un certo numero di


illimitato,

unit,

n pi n meno;

perch due cose,

per essere veramente due, debbono essere separate


l'una dall'altra; ma, affinch siano separate, occorre

che vi sia una terza cosa interposta, e cos ancora


di questa

nuova

dualit, all'infinito
il

2
(

).

Nello stesso
:i

modo
sta

si

dimostra che, se

molto

insieme in-

Que( ). forma di argomentazione ha un grandissimo interesse storico, perch stata ai nostri tempi messa a profitto da Kant nelle sue famose antinomie cosmologiche. Essa consiste nel confutare indiretta-

finitamente piccolo e infinitamente grande

mente un principio, mostrando che, se lo si accoglie, possono trarsi da esso conseguenze opposte, egualmente dimostrabili legittime e fondate.
L'ultimo rappresentante della scuola eleatica
Melisso di

Samo

(che visse intorno al 444 a. C);

ma

(1)
(i)

Fr. 4 (Diels).
Fr. 3 (Diels).

(a)

Simpl., Pfiys., 140, 3i.

70

LA FILOSOFIA GRECA
sua importanza di gran lunga minore di quella

la

dei

soltanto

due predecessori, le cui dottrine trovano in lui un compendiatore. Egli accetta la tesi del-

l'eternit dell'essere: se fosse generato, bisognerebbe che, prima di nascere, non esistesse; ma dal niente non pu venire che il niente. Come ingene-

rato

iinmutevole non ha principio ne


l

fine,

ma

heiaov

),

infinito; infatti, se fosse generato,

avrebbe

principio (perch avrebbe dovuto cominciare) e fine

(perch ci ch' generato deve una volta


tri-

finire). Inol-

l'essere
altri;

da

uno; se non fosse uno sarebbe limitato se gli esseri fossero due, non potrebbero

essere infiniti,

ma

si

limiterebbero a vicenda.

Non

pu mutare, altrimenti non sarebbe pi uno; divenendo altro, esso infatti non sarebbe pi simile a s, ma morirebbe il primo essere, e sorgerebbe ci che non era (il non-essere); ma il non essere non pu sorgere. Inoltre non c' il vuoto: il non-essere non : bisogna dunque che l'essere sia pieno; e come tale,
esso immobile.

Non

esiste la pluralit,

perch, se
la propriet

esistesse, tutte le cose

dovrebbero avere

che noi attribuiamo loro nella vista, nel tatto, ecc.; e queste propriet dovrebbero essere immutevoli; se
i

pi fossero, dovrebbero avere le stesse propriet del-

l'uno.

Ma
il

noi vediamo

il

caldo divenir freddo e vice-

duro molle, il vivo morto, ecc.; ci vuol dire che la pluralit un'apparenza ingannatrice ( 2 ). Chiarito con questi esempii il carattere della dialettica eleatica, giover richiamare l'attenzione del lettore sopra alcuni tratti essenziali dell' intera dottrina, che dagli esempi stessi si possono ricavare.
versa,

(1)

Qui M.
eit.

si

discosta da Parmenide che sostiene la tesi del finito.

V.

il

passo

di Arist.

p. 58.

(2)

Fr. 1-8 (Diels).

II.

PRESOCRATICI

71

Innanzi tutto: l'indirizzo metafisico-naturalistico della


scuola; metafisico, se
cui sono formulati
i

si

riflette

sulla

maniera con

problemi e secondo cui procede la ricerca; naturalistico, se si riflette sul contenuto dd problemi stessi e sulla loro portata. I problemi
dell'unit e della pluralit, dell'essere e del non-esgere,

del finito e dell'infinito,

non sono che


materia,

pro-

blemi del
zio, ecc. In

mondo

fisico,

della

dello

spa-

questo periodo storico, come gi abbiamo

accennato nel capitolo I, ancora indifferenziato il campo della scienza della mente e della natura, della
logica e della fisica

ma gi dal fatto che gli Eleati non attingono alla realt fisica che i semplici dati e le premesse della loro speculazione, e poi li tra
;

svalutano nella formulazione tutta metafisica e concettuale che ne

danno, e pi ancora nelle conseguenze che traggono in maniera affatto indipendente dall'esperienza empirica, per opera del puro pensiero speculativo; si pu facilmente argomentare come l'interesse logico e metafisico sia prevalente, s che non tarder molto a divenire l'interesse precipuo

del pensiero greco.

Un altro elemento da considerare nell'eleatismo concerne il carattere stesso dell'essere. L'essere ; questa affermazione, integrata dalla negazione corrispondente, implica, come abbiamo visto, la negazione
di ogni
Il

mutamento, generazione, corruzione, moto. prima formava tutto il contenuto della scienza, vien cos escluso da ogni considerazione scientifica: le critiche dei seguaci di Parmenide lo dimostrano contradittorio, impensabile, gli
divenire, che

tolgono
ricerca

ogni diritto di cittadinanza nella


fisica

filosofia.

Quindi, mentre nella

ionica e pitagorica, la

si modellava ancora secondo i consueti schermi della cosmogonia, ora quest'ordine d'inda-

72

LA FILOSOFIA GRECA

gine sconfessato. Parmenide, non soltanto nella sua dottrina dell'ente, ma finanche nella dottrina
dell'opinione,
si

gine del mondo.


temporale, della

Il

guarda dal fare una storia dell'oricarattere puramente logico, extraindagine scientifica
acquista

un

nuovo
quel
l'QXT)

rilievo.

insieme, la ricerca dell'uQx^l perde

significato

ha il che esiste eternamente, fuori


tingenza.

temporale che aveva in origine: non pi ci che principia nel tempo, ma valore di una priorit ideale. Principio ci
di

ogni relazione e con-

Donde un concetto

dell'essere, privo, dir cos,

per la completa assenza di ogni idea di relazione. Relazione e infatti


di articolazione; irrigidito cio
il

movimento,
la

la

genesi, la corruzione, e

come

tale,

implica non

mera

identit dell'essere con s,

ma

insieme l'identit e la variet. Cos, p. es., il movimento implica l'identit del corpo in moto nella molteplicit spaziale dei suoi stati;

non

vi

senza quell'identit sarebbe idea alcuna del moto, perch non


lo

persisterebbe
traiettoria;

ma
il

variet, senza
nello spazio,

stesso corpo nei diversi punti della non esisterebbe neppure senza la pluralizzarsi, per cos dire, del corpo
identico attraverso questo
eleatica, col

permanendo mutamento. Ora la scuola


doveva

negare

il

non-

essere e col chiudersi nella sua vuota affermazione,


di necessit precludersi ogni intelligenza delle

relazioni, di ci che

forma

il

vero nucleo ideale della

realt materiale.

La

relazione infatti non qualcosa

di dato e cristallizzato nella bruta materia, sintesi mentale,

ma

una
pe-

un bagliore d'immaterialit che


della materia.

netra

il

mondo opaco

la filosofia

non potr vincere il primitivo e ingenuo materialismo, n potr intravvedere l'efficienza del pensiero sul

mondo

(e

cos

divenire idealistica) se non

quando

II.

PRESOCRATICI
il

73

avr cominciato ad approfondire


zioni;.

concetto della rela-

Questa l'opera che vedremo lentamente maturarci negli altri presocratici che ci resta a trattare. Un ultimo punto degno di nota nella filosofia eleatica riguarda le conseguenze ultime, da essa non intrav vedute, della propria dialettica, che portarono in seguito un traviamento completo della dottrina. Il concetto che l'essere e il non-essere non , trasferito dalla fisica alla psicologia,

nel

campo

dell'antitesi

pu tradurre col dire che la sola verit esiste e l'errore no, in quanto rappresenta un non-essere. Ma se non c' l'errore, se tutto verit, la verit stessa in fondo non si riduce
tra la verit e l'errore,
si

che all'arbitrio, alla mera opinione degli uomini. Dove


tutto quello

che

si

pu affermare

vero, niente in

realt vero. Questa

inaspettata conseguenza del-

l'eleatismo sar tratta in seguito,


Sofistica, la

come vedremo,

dalia

quale far tesoro della dialettica di Zenone

dandovi per un senso affatto nuovo, nuovo indirizzo che essa dar al lavoro del pensiero. Cos la serena contemplazione di Parmenide, in virt di una logica affatto aliena dal suo pensiero, ma che pur quella che regge lo sviluppo
e di Melisso,
in

servigio del

del pensiero, si convertir nella torbida azione

dema-

gogica dei suoi lontani seguaci.

Eraclito. Mentre nell'Italia meridionale, con gli eleati si svolgeva il principio dell'acci, nell'Asia minore invece, che era stata la culla di quella corrente speculativa, sorgeva un indirizzo nuovo, che mirava a scalzarla dalle fondamenta. Tale indirizzo fa capo a Eraclito di Efeso, contem5.

coi pitagorici e

poraneo, anzi pi vecchio di Parmenide, pi giovane


di
di

Senofane
quella

di Pitagora

uomo

di stirpe regale,

regalit che nel primitivo

regime appar-

74

LA FILOSOFIA GRECA

teneva a colui che era preposto ai sacrifizii del culto; e quindi uomo di tendenze spiccatamente aristocratiche.

La dottrina

di Eraclito,
il

pi che per la compattezza

delle sue linee e per

rigore logico del suo proce-

dimento, nel che lascia molto^a desiderare ed di gran lunga inferiore alla dottrina eleatica, ha un

profondo significato come intuizione geniale e vivissima dell'intimo dramma che agita e domina la realt.
Ivi la guerra, la lotta, elevata a

madre, regina
jxsv
2
(

e
\i

principio di tutte le cose: rcXenog rcdvTcov


boti, rtvTcov 8 fiaaiXzvg
1

narrJQ
).

( ),

Jtvta xat' eqiv yiveoOai


gli

Generale
alla

la

guerra tra

esseri, e tutto viene

vita attraverso

la lotta e la

necessit

3
(

).

Una

continua- vicissitudine di

morte forma il ritmo della realt: il fuoco vive della morte della terra, l'aria della morte del fuoco, l'acqua della morte dell'aria, la terra della morte dell'acqua ( 4 ). Questa lotta ha la sua ragione essenziale nella contrariet,
vita e di

nell'opposizione che tra gli esseri: fuoco e acqua,

te-

nebre e luce, giorno e notte, inverno ed estate, abbondanza e fame, sveglio e dormiente, giovane e vecchio,

umido
di

e secco, sanit e malattia,

unisono e dissono,

essere e

non-essere, queste e infinite altre coppie

opposti

presenta la realt nella sua vita multila contrariet


il

forme.

non basterebbe per s sola potendo i contrari, in forza della loro stessa natura, distaccarsi per sempre l'uno dall'altro e vivere isolati; bisogna dunque alla legge della contrariet aggiungere quella dell'identit, che avvicini i contrari e li spinga l'uno contro l'altro.
a determinare
conflitto,
(1)

Ma

Fr. 53 (Dikls).

(2)
(3) (4)

Abist.,

Et/i.

Me,

6 2,

1155 b

4.

Fr. Fr.

80.
7(5.

II.

PRESOCRATICI

75

questo in realt

notte

si osserva nel mondo. Giorno e sono una sola e medesima cosa, cio a dire

uno stesso essere, che ora chiaro, ora oscuro.


[

Uno

e identico
il

il

vivo e
il

il

morto,

lo

sveglio e

il

dormiente,
'volta l'uno
esseri

giovane e
Di qui
e
si

vecchio, in quanto che

nel suo svolgersi l'uno divien l'altro e l'altro a sua


l

( ).

sia

attiva

dinamica:

vede come l'identit degli la conversione reci-

proca dogli opposti svela la loro identit di natura,

non potendosi realizzare in ci che radicalmente eterogeneo. Quindi, come ultima conseguenza, Dio, che esprime la realt nel suo tutto, pu dirsi insieme giorno e notte, inverno e estate, guerra e pace, ab-

bondanza e fame ( ). Questa identit immediata


2

e coesistenza dei consi

trari

che noi osserviamo in Eraclito,


ionici
e

ritrova gi
si

negli

pi tardi nei pitagorici: allorch

assume la realt nel suo tutto, poich in essa vivono egualmente la pace e la guerra, la fame e l'abbondanza, ecc., si pu dire che essa indifferentemente
l'uno e l'altro opposto, o per meglio dire l'unit pri-

mitiva che
e
la

di

entrambi: pensiero profondo, se

si

pensa

radice dell'identit degli opposti fatta consi-

stere nell'appartener l'uno e l'altro allo stesso

mondo

nel

seguirne la stessa legge. Tale dialettica di

contrari che lottano in quanto identici, rappresenta

un'esigenza assai pi alta che non la dialettica astratta

non fa che circuire immanente; essa non aggiunge nulla alla realt, anzi una demolizione che il pensiero riflesso compie di tutto ci che diverge dalla pura esistenza logica: dunque una dialettica
degli eleati: quest'ultima infatti
l'essere della negazione

che

gli

(1)

Fr.
Fr.

83. 67.

(2)

76

LA FILOSOFIA GRKCA

che non crea


tica

ma

distrugge. Al contrario, la diale;


creatrice di vita e realt,

eraclitea

perche
I

secondo essa, dall'urto dei contrari scaturiscono nuovi germi di vita e le nuove forme del reale; e

dunque non
finito

sottrae nulla all'esistenza, ma le d l' ir incremento del nuovo, del non esistente che s forma, che diviene, che sorge alla vita. La negazione parmenidea negazione sterile, puro artifizio lo

gico; la negazione eraclitea invece


reale,

immanente
le
si

V intima contraddizione per cui

cose escom

dal loro stato,

assumono forme nuove,

svolgono

vivono. Cos, di fronte alla logica del mero essere

sorge
logica
della

la

logica del divenire, dello sviluppo: quelh


dell'astratto pensiero riflettente,

non pi
realt

mn
clic.
ij

stessa

nella

sua intimit; logica


aspirazione
di

appena abbozzata da
nelle

Eraclito, e quasi materializzata

cose, sar

la

costante

pi

di

venti secoli d'intensa vita speculativa.

In Eraclito, l'affermazione del divenire spinta!


all'estremo, all'idea di

un flusso perpetuo, di un mutamento incessante, in cui pare travolto ogni punto


risso,
t

ogni realt stabile e certa. Nulla ; tutto diviene,

ttro fluisce:
1

non
).

ci

si

pu bagnar due volte nello

La realt non che questo fluire delle cose: ogni mutamento una transizione da uno stato ndlo stato opposto, una lotta e poi una pacificazione, come punto di partenza di una nuova lotta:
stesso fiume
(

nel suo moto infaticabile, la realt produce e distri successivamente contrari, svolge dall'opposizione
i

l'unione e da questa quella, crea dalla dissonanza

l'armonia, sempre

trionfatrice

del

suo prodotto, e

inesauribile nella sua forza di espansione.

(i)

Flat., Cratyl.,

40j> h.

II.

PRRSOOKATICI

77

Ma
delle

l'idea dell'instabilit e della diversit radicale

cose
il

non
clito.

in cui naufraga ogni realt sostanziale, termine ultimo della speculazione di Era-

In

effetti,

per la ragione stessa che le vicis-

non sono caotiche e arbitrarie ma la legge stessa della guerra; seguono una legge e per la considerazione che una sola realt, un
situdini delle cose

sol
la

loro

Dio che accoglie in s identica natura

tutti

contrari esprimendo

dev'esservi

qualcosa

di

stabile, di fisso, di

eterno nel mutamento delle cose,

ed la legge stessa del mutamento. La genialit di Eraclito si rivelata in questa intuizione profonda,
arricchita .poi dalla riflessione sul carattere e sulla

sostanza di quella realt. In


la stabilit

effetti la

legge non ha

inerte e vuota della materia; la legge

rapporto tra le cose; essa significa ordine, propor-

armonia; come tale, ha la natura del nostro una realt d'ordine ideale, mentale; e la sua stabilit pertanto quella di un pensiero eterno, che domina il mondo e gli segna la via del suo moto. La legge si chiama: Altv, Ayo<;, Zeug:
zione,
stesso pensiero,
in

virt sua

il

raggio dell '"intelligenza brilla nella na-

ha un significato divino. premessa logica dell'o^T di gran lunga superata: all'astratta immobilit della materia subentura e la vita delle creature

Qui

la

tra l'eternit della

ragione;

al

residuo della sempli-

ficazione naturalistica in cerca dell'elemento ultimo

che come tale non pu avere una forza immanente e generatrice, subentra un principio dinamico e vivente e che si esplica e agisce su tutta la ricchezza delle forme che assume il reale e non
del reale,

gi sulla loro espressione pi semplice e indifferenziata.


alla

La ricerca

dell'orari

mirava, come sappiamo,


la

scoperta dell' vlr\, della sostanza indifferenziata

immutevole, che non conteneneva in s

ragione

78
del

LA FILOSOFIA GRBCA
differenziamento delle cose; invece l'indagin

del divenire mira

appunto
la

alla

causa di questo
si

dil
t

ferenziamento, per cui


svolge.

realt

arricchisce e

Non

pi,

dunque,

la logica del

puro essere

dell'irrelato che esclude e distrugge ogni relazione

che connette in con una connessione non mec canica e materiale, ma dinamica e mentale, perch come sappiamo, la relazione prodotto della mentalit Ma le ricchissime conseguenze di questo indirizz< non sono che soltanto adombrate e accennate in Era dito; egli non sa e non pu mantenersi all'altezza della sua posizione speculativa: alla mente non ani cora cosciente che solo in se stessa pu esistere i|
la logica sfessa della relazione,
la realt

ma

timamente

principio

reggitore del

intendere un divenire che

mondo, non
si

riesce
sia
il

impossibile

divenite
in

.1

qualcosa

puramente materiale;

quindi

ultimai

istanza la ricerca del divenire


mitiva, che sia

corrompe conver-j
pri-j

tendosi con la ricerca dell'^xn, della sostanza

come

il

sostegno del divenire


il

stesso.)

Per Eraclito questa sostanza

fuoco; ond' ch'egli)

divide coi primi ionici l'ipotesi ilozoistica di una

sostanza primordiale che genera


lo

le cose, in

forza

di'

una trasformazione spontanea. Ci che per ancorai


distingue dai milesii la concezione che
razionale (fpQvi^ov W) e causa di tutto
del
il

fuoco
reggi-:

sia

il

mento
la

mondo.

Infine, sull'ipotesi fisica egli fonda

sua costruzione
cicli

cosmogonica, e

concepisce

il

mondo come
eterno
trina a cui

increato e indistruttibile, percorrente in


di accensioni e di

spegnimenti: una dotgli stoici.

si

riallacceranno pi tardi

In complesso, nella dottrina eraclitea, se ne togli


l'intuizione

ancora immatura dell'unit vivente

(1)

Fr. 64.

II.

PRESOCRATICI

79

razionale che
cose,

si

esplica nel

mondo,

l'aspetto delle

che pi

si

trova svolto e accentuato, quello

della variet e del


sofia

mutamento, per cui quella filocon la concezione eleatica. Da una parte infatti, abbiamo la negazione completa del divenire, che non riesce tuttavia a scalforma
la pi spiccata antitesi

zarlo e lo ricaccia nell'ombra della opinione; dall'altra

parte invece

il

divenire potentemente affermato.

feconda per i filosofi che trarranno motivo da essa per una concezione pi comprensiva della realt, che includa le due esigenze, egualmente reali, degli opposti prin-

Questa

antitesi sar assai

posteriori,

cipii,

riconoscendo l'essere nel divenire, l'unit nella


stesso

pluralit e l'immobilit nel

movimento. Le prime transazioni avverranno nel campo

opera degli ultimi presocratici, Empedocle, Democrito, Anassagora. Ma la vera transazione non avverr che nel campo della metafisica, per
della fisica, per

opera di Platone, dopo che con Socrate all'immediatezza del punto di vista presocratico subentrer
la

mediazionale radicale del concetto.

tale.

La differenza delle due transazioni fondamenV' una portata puramente fisica e una portata metafisica dei principii di Parmenide e di Eraclito; la prima concerne l'antitesi meramente naturale del riposo e del movimento, dell'unit e pluralit delle la seconda invece concerne l'antitesi forze fisiche
;

metafisica della mentalit stessa, tra la logica dell'essere e la logica dello sviluppo.

piersi

Nel corso della nostra esposizione vedremo ademil duplice assunto, e spiegheremo in che senso
gli altri presocratici

Empedocle e
rarono essi

da una parte, Plasi

tone dall'altra, possono


stessi,

considerarsi, e
di

conside-

come continuatori

Parmenide

e di Eraclito.

80

LA FILOSOFIA GRFCA

Empedocle. I tre ultimi grandi presocraEmpedocle, Democrito, Anassagora, son quasi contemporanei, e la loro maturit cade nella seconda met del V secolo. Per non il tempo soltanto ma anche una certa affinit li unisce nella storia, mentale, e una comunanza dei problemi iniziali della loro speculazione e dell' indirizzo seguito per
6.
tici,

risolverli.

Empedocle

di

Agrigento suol essere anteposto,

in ordine di tempo, agli altri dagli storici,

non

per-

ch pi vecchio,
risente

ma

perch in

lui

la

transazione
di Eraclito
e

tra gli opposti principii di

non raggiunge l'originalit n la maturit delle costruzioni di Democrito e di Anassagora. Eppure, il suo stesso eclettismo non morta miscela di elementi non assimilati; anzi, i frammenti che di lui ci rimangono sono rivelatori di uno spirito acuto e nello stesso tempo entusiastico, che ricorda il pathos di Parmenide, capace di vivificare e drammatizzare l'astratta metafisica dell'essere. L'elemento leggendario in lui di nuovo prevalente. Il problema stesso ch'egli
ancora
di
si

Parmenide e un certo eclettismo

propone, di reintegrare

il

divenire nell'essere,

ri-

pone in onore la cosmogonia, che gli Eleati avevano bandita dal loro sistema. Empedocle ricanta l'inno esiodeo della nascita dell'universo, pur compenetrandolo di quelle pi severe esigenze raziona-

che con la scienza degli Eleati e di Eraclito, erano acquisite al pensiero. E da Parmenide egli trae la salda convinzione dell'eternit e indistruttibilit dell'essere. Nulla in senso assoluto nasce n muore: come mai qualcosa
listiche,

potrebbe essere aggiunta


se

al reale

nel suo tutto? 0,


si

qualcuno degli elementi perisse, dove mai derebbe, poich non v' nulla che sia vuoto

per-

di eie-

II.

PRESOCRATICI

81

'menti?

Non

altrimenti aveva detto Parmenide, col

isuo principio

che

il

non-essere non

e.

aveva posto bene in chiaro un aspetto del tutto diverso del reale,
d'altra parte, la filosofia eraclitea
la

Ma

pluralit
cose.
il

degli

esseri, l'instabilit

il

divenire
principii?

delle

Come

conciliare gli
di

opposti

Tale

problema

Empedocle;
i

e la soluzione

consiste per lui nel trasferire


e indistruttibilit dell'essere

caratteri dell'eternit

parmenideo ad alcuni
in essi, ina

elementi primordiali, e nell'ammettere ebe la corruzione e


il

mutamento riseggano non gi

nei prodotti transitorii dei loro miscugli. Gli elementi

sono quattro: terra, acqua, aria, fuoco; essi costituiscono ci che v' di stabile e fisso nel variare e
nel pluralizzarsi degli esseri.

Conforme a questa

dottrina,

Empedocle pu

criti-

care l'opinione del volgo, che vi sia vera nascita e

vera morte, spiegando come ci che si chiama con tal nome non sia che miscuglio (fnis) e separazione
(tdUa^ic)
degli

elementi

( ).

Inoltre, dalla

conside-

razione pi particolareggiata del

modo come avven-

gono

le

separazioni e

miscugli delle cose, sorge

spontanea l'idea di due forze in virt delle quali si realizza questo doppio processo: l'una, per cui le parti minute dei corpi si attraggono, l'altra per
cui
si

distaccano e

si

allontanano. V' nella materia

una similarit per la quale il simile richiama il simile, e una repugnanza per la quale l'opposto scaccia l'opposto: Empedocle personifica queste forze primordiali, chiamando l'una Amore (^ikx-qq), l'altra Odio
(Nexog).

Ed ecco che
come un
(1)

il

quadro del mondo

gli si raffigura

alterno processo di unioni e disunioni dei

Fr.

8.

G. de .Ruggiero,

La

filosofia greca.

82

LA FILOSOFIA GRBXJA

quattro elementi, che d vita alla specificazione e al

mutamento degli esseri. Alternamente, egli dice ( ), predominano i quattro elementi, nel giro di un ciclo;
1

si
il

perdono l'uno

nell'altro, e si

accrescono secondo
gli stessi,

ritorno fatale. Cos restano

sempre

ma

penetrandosi formano uomini ed altre specie animali;


ora riunendosi in un sol ordine nell'amicizia, ora
dividendosi nuovamente nei singoli nell'odio. Cos,
in quanto l'uno nasce dai pi, e questi a lor volta
si

costituiscono mediante la sua divisione, in questo

altri cominciano e non durano eternamente. Ma in quanto non v' mai termine al mutamento perpetuo, in questo senso essi sussistono sempre in un ciclo immutabile. Con questa concezione del ciclo, la fsica di Empedocle sconfina nella cosmogonia. E qui, la mitica credenza nell'et dell'oro gli fa immaginare uno stato primordiale del mondo, in cui non ancora l'odio dissolvitore aveva esercitato la sua azione, e il tutto, che con reminiscenza parmenidea egli chiama lo acpalQoq, riposava nel seno della stabile armonia, nella sua perfetta immobilit. Ma quando l'odio si fu aggrandito nelle sue parti, allora successivamente furono scosse tutte le membra del dio. Cos nacquero dalla separazione gli esseri individuali ma poi il preva-

senso l'uno e gli

lere

dell'odio

lo

sparire

dell'amore finirono col


rifior in

distruggere ogni vita particolare. Col ritorno del-

l'amore e col ritrarsi in disparte dell'odio,


seguito

nuovamente

la vita degli esseri individuali,

uomini ed animali;

ma

solo transitoriamente, perch

tempo verr in cui l'odio sar affatto scomparso dal mondo e il dominio unico e incontrastato dell'amore porter, col congiungimento di tutte le cose, uno stato
indifferenziato dell'universo, analogo all'originario.
Fr.
26.

(1)

II.

PRESOCRATICI questo mitico

83

L'importanza
principio positivo
delle cose. II

di

dramma

sta nel

riconoscimento della grande efficienza non solo del

ma anche del principio negativo morto non-essere parmenideo qui codramma:


esso

mincia

vivere e a creare tutto un

diviene negazione attiva, opposizione, contrasto.

La

sua efficienza

si

rileva pi specialmente nella vita


ispirata
il

umana. Considera, dice con parola


il

filosofo,

meraviglioso complesso delle parti dell'uomo: ora

l'amicizia le riunisce in un tutto, in


vita

un corpo,

e la

fiorente le

anima; ora

al

contrario la funesta

discordia le separa, ed esse errano, ciascuna pel suo


verso, ai confini della vita e della morte.

Nel riconoscimento dell'efficienza del non-essere, che positiva, in quanto nella stessa cosmogonia agli esseri particolari d vita cos l'amore come l'odio, v' gi la critica immanente del principio che il
non-essere non
tivo e
.

teoretico,

Ma da un punto di vista speculaEmpedocle non sa convincersi di

questa verit, che pure trova posto nel suo sistema:

fermo alla negazione parmenidea del tempo stesso le esigenze del suo pensiero lo costringono ad ammettere l'esistenza di pori tra le parti minute della materia, per dar conto fisicamente delle uuioni e compenetrazioni dei corpi. Ora, i pori non sono altro che il vuoto. Con maggiore coerenza logica, non ostante l'apparente stranezza, gli atomisti, affermando l'esistenza del vuoto,
cosi egli

tien

vuoto

ma

nel

scalzeranno dalle basi

il

principio di

Parmenide

si

addentreranno assai meglio di Empedocle nelle intime ragioni che presiedono al mutamento delle cose.
7.

Gli Atomisti.

Con

la filosofia degli

Atomisti,

noi ci troviamo per la prima volta di fronte, nel corso


della storia, a

un sistema compiuto

di scienza,

che

84

LA FILOSOFIA GRECA

sar
sica.

sta nello svolgimento di tutte conseguenze logiche di un principio, mediante una dedazione rigorosa, che conserva in tutte lo spirito informatore da cui derivano, non ne rifiuta nemmeno le estreme, e sdegna di destreggiarsi in qualsiasi modo con le opinioni comunemente accolte, che lusingano le speranze o i pregiudizi umani. Nulla
le

come il prototipo La compiutezza

dei grandi sistemi dell'et clas-

v' di pi intrepido dell'atteggiamento di questi


sofi,

filo-

che mossi da uno spirito puramente scientifico e avvezzi all'analisi rigorosamente quantitativa e meccanica della natura materiale, sentirono di dovere
alla

stessa

stregua valutare ci che comunemente

vien

detto

immateriale, e quindi materializzarono

l'anima e' il pensiero, e negarono ogni finalit e provvidenza nel mondo. Certo, anche nelle scuole anteriori, noi troviamo una poderosa critica e confutazione delle opinioni e dei sensi, in pr del puro spirito scientifico; ma ivi manca quel significato vitale della critica che qui
ritroviamo, e predomina piuttosto uno spirito di ele-

gante sottigliezza e di aristocratico disdegno, che qui invece si converte in un atteggiamento pratico
e diviene

leggenda
critico
11

ci

una condotta di vita. Non per nulla la ha tramandato che Democrito, il fiero
realt sensibile,
si

della

cavasse

gli

occhi.
;

fondatore della scuola Leucippo di Abdera

sua fama fu di gran lunga ecclissata da Democrito di Abdera, che visse intorno al 420 a. C.
la

ma

Di Leucippo
filiazione

si sa che fu scolaro di Zenone (*): piena di significato, se si pensa all'indi-

rizzo ipercritico dell'atomismo.

Non

possibile deter-

minare quanta parte


Diog., ix,

delle dottrine della scuola sia

(1)

ir.

PRESOCRATICI

55

dovuta a Leucippo, che di solito, nelle fonti, riunito a Democrito: i tratti essenziali dell'indirizzo la teoria del pieno e del vuoto ('), degli eTcdau,

della sensazione

del pensiero

corpo

2
(

),

sono

infatti

come teootccreig del comuni ai due pensatori.


il

Democrito tuttavia spetta


Il

merito di aver dato

una portata
cetto
gli

assai pi vasta ai principii dell'atomismo.

punto di partenza della speculazione nel conche il bene e il vero siano identici per tutti uomini, mentre il piacere diverso per tutti ( 3 ).
sensibile e
affettiva

Della vita

non
;

si

d scienza,

data la sua variet e mutevolezza


tica
f >rte

la verit razio-

nale invece suscettibile di scienza, perch iden-

per

tutti

pensiero profondo, che forma

il

pi
spe-

addentellato della concezione socratica.


il

cificando questa idea, Democrito enuncia


principio:
v\ug
ijnjxQv,
il

celebre
atoiio.

vmico
il

Oegixv,

irei]

xai xevv( 4 ); cio

freddo e

caldo,

come

tutte le

qualit sensibili, sono


reale

non v' che

il

pieno e

meramente convenzionali; di il vuoto. La prima parte


tra breve,

del principio tutta nello spirito della filosofia eleatica;

ma, come vedremo

Democrito compie

su di essa un grande progresso, non accontentandosi


di escludere l'apparenza sensibile dalla ricerca scientifica,

ma dando una
dei
sensi,

spiegazione scientifica dell'

illu-

Boriet

e perci

nulla reputando alieno

non ci dar come Parmenide una dottrina dell'opinione accanto a una scienza pura, ma una scienza sola, e compir un gran passo
dalla scienza. Cos egli

verso l'unificazione del sapere.

(1)
(2) (3) (4)

Arist., Gener. et corr.,

i,

8.

At.,

iv, 8, 5

(D
69.

394).

Democr., Fr.
Diog., ix, 72;
vii,

un

po' variato nella forma,

Fr.9 (da Sext., Adv.

math.,

135).

86

LA FILOSOFIA GRECA

La seconda parte
reali-

del

principio democriteo, che


il

il

soltanto

il

pieno e

vuoto, costituisce

in-

prolungamento e l'antitesi della dottrina eleatica. La consistenza degli atomi identica a quella dell'essere parmenideo: ma Tessere viene
sieme
frantumato, pluralizzato
all' infinito,

per rendere rail

gione del divenire delle cose. Negando


leatismo era stato costretto a negare
il

vuoto

l'e-

che senza il vuoto non intelligibile, tutto pieno non v' possibilit di passaggio per un corpo da un punto a un altro. Ammettendo il
vuoto, Leucippo e

movimento, perch dove

Democrito introducono nel noil

vero delle realta

non- essere;

e,

poich

questo

non necessario meno dell'essere, la sua esistenza ha lo stesso titolo di validit (*): t 8v equivale a

Da queste premesse, la tsica atomistica si svolge secondo criterii puramente razionali, non diversamente da quella eleatica. Negata la realt sostanziale
di ogni aspetto qualitativo e sensibile della realt,

non resta che un mondo


intelligibile al pensiero.

di

pura quantit, pienamente

L'affermazione dell'esistenza

del vuoto ha per sua conseguenza l'affermazione che


la

quantit piena non

continua

ma

discreta;

l'impossibilit

logica del regresso all'infinito nella

divisibilit della

materia implica l'esistenza

di parti

minutissime, non ulteriormente frazionabili, a cui


pertanto
i

si

il

nome

di

atomi (ato^oi). Questi hanno


non-eslimite

caratteri dell'essere eleatico: son pieni, indistrut-

tibili,

iramutevoli, perch non contengono


s,

il

sere dentro di

ma

soltanto

fuori,

come

esterno e circuente. Tra loro vi sono differenze non

(1)
(2)

Arist., Metaph.,

i,

4,
4,

985 b
2, p.

4.

Plot., Adv. Coot.,

1109.

II.

PRESOCRATICI

87

['qualitative
!

( ),

bens quantitative, riassumibili in tre


(ayr\[ia,

categorie, secondo figura, ordine e disposizione


xc tdliv, xcd Ooiv* 2 ');

tutte

le

altre

non sono che

immaginazioni sensibili (cpavtaaiai). Tali differenze valgono a spiegare la diversit dei loro aggregati, cio dei corpi che cadono sotto la nostra esperienza. Infiniti sono gli atomi, e infiniti i loro aggregati; donde l'ulteriore corollario dell'infinit dei mondi ( 3 ).
L'infinit del pieno implica inoltre l'infinit del vuoto,

e la rappresentazione dell'universo
sul vuoto infinito
(*).
il

come riposante

Se

gli

atomi e

vuoto sono

la sola realt, la

spiegazione di ogni accadimento del

mondo

di

ogni formazione naturale non pu essere che pura-

mente quantitativa e riducibile in ultima istanza a un movimento. Una cosa nasce dalla riunione degli atomi mediante il movimento, muore per effetto della
separazione degli atomi: nascere e morire, per De-

mocrito come per Empedocle, non sono alcunch


di

assoluto,
5 (

ma

pure relazioni

spiegabili

xat

-r

jtoav

).

Similmente tutte le propriet delle cose si spiegano meccanicamente, merc rapporti quantitativi degli atomi. Vi sono per differenze essenziali tra queste propriet, alcune delle quali esprimono rapporti imi

mediati tra
nostra

gli

atomi,

come
il

il

peso, la densit, la dula

rezza; altre invece


sensibilit,

implicano

mediazione della
il

come

colore,

sapore, ecc.:

una distinzione che analizzeremo

in seguito.

(1) (2) (3) (4) (5)

Gli atomi sono ditoia (Ar., Plac,

i,

15, 8 [314

segg. D]).

Arist., Metapfl.,

i.

4,

985 b

4.

Akt., Plac,

ii,

i,

3 (p. 327

a 13 D).

Epiphan., Adv. haeres., HI, 14 (p. 590, 30 D). At., Plac, i, 24, 2 (p. 320 b 20 D), dove si parla del nascere

e perire dei mondi.

5tt

LA FILOSOFIA CHIEOA

Ora
lizzi

il

problema fondamentale dell'atomismo,. unB

volta mostrato
gli
effetti

come

l'intervenire del vuoto plura-|i


,

naturali,

dovrebbe essere,

di|

spiegare la ragione stessa di questo intervento. La presenza degli atomi e del vuoto costituisce la ra-

gione necessaria
dice

che

il

ma non sufficiente del moto; essa moto pu avvenire, ma non determina


il

per s solo
spiegare
tichi

suo effettivo realizzarsi. Ora, nello


il

come

movimento intervenga,
il

testi

ansa-

sono divergenti: secondo alcuni,

moto

rebbe generato dall'urto degli atomi;

ma

la diffi-

colt ricacciata cos pi indietro, perch l'urto presuppone gi un movimento. Secondo altri, pi attendibili, in quanto sono confortati dall'autorit
di

Aristotile,

il

movimento deriva dal peso

degli

atomi, determinato a sua volta da differenza della


loro

grandezza ('). Questa spiegazione quadra anche meglio col generale carattere dell'atomismo geometrico di

Democrito. Quale sia il carattere specifico di questo movimento, se esso si effettui lungo la verticale, o sia piuttosto un moto a turbine, assai dubbio; probabilmente, nel pensiero degli atomisti, alle considerazioni puramente meccaniche e geometriche s'in-

trecciavano

reminiscenze
la

cosmogoniche,

le

quali

suggerivano
degli
altro se

rappresentazione di un moto iniziale

atomi, senza direzione ne ordine, che non

Tale sembra
alla 8ivtj.

non l'espressione meccanica del mitico caos. il significato che gli atomisti davano

Alla rappresentazione dello stadio iniziale seguiva


poi quello delle successive formazioni cosmiche, sotto

l'impulso del movimento degli atomi, che venivano

(I)

Auisr.,

De

Coeo, iv,

2,

308 b 35; Theophr., de senni,

it.

Presocratici

89

iad aggrupparsi ed associarsi, in virt del vuoto interposto. E, voltando spiegare tutto questo lavoro col
solo sussidio
di

forze meccaniche, escludendo ogni

finalismo, gli atomisti orano costretti ad

che

il

movimento
il

stesso vi potesse pervenire

una lunga
tiziamente

serie di tentativi e di

ammettere dopo saggi, dove surret-

bandito finalismo s'insinuava di nuovo.

movimento la capacit di un crivello, separando i contrari, riunendo i simili: una reminiscenza della vecchia fisica qualitativa, della quale anche Democrito non sa fare a meno, perch senza di essa non potrebbe rendersi conto della permanenza delle specie orgaCos veniva attribuito al
agire a guisa di

niche, n del ritorno periodico di alcuni fenomeni

(*).

tutte

queste formazioni cosmiche, presiedono

con egual titolo il caso e la necessit, esprimenti due aspetti diversi ma complementari della medesima legge. La cura costante dogli atomisti rivolta a bandire dal loro sistema ogni spiritualit. Questa esiste soltanto, per meglio dire, nel motivo iniziale
della speculazione, nell'assunto di voler costruire
il

mondo

puramente razionali; ma scompare poi, allorch l'opera compiuta. Infatti il mondo degli atomisti non conosce provvidenza (jt^voia), ma si regge in forza di una
della quantit secondo criterii

natura irrazionale (yvaei


nel

rivi lyq)
la

(*))',

che sconfessa

modo

pi patente

pretesa razionalit della

scienza che vuol comprenderlo.


E, proseguendo
nella

sua opera demolitrice di

ogni principio autonomo, razionale e spirituale, l'ato-

mismo
nima
e

ci
il

d una teoria della conoscenza, dove l'acorpo si livellano in una sostanza unica,

(1)

Democr.,

fr.

165.
3, 2.

(2)

Art., Plo.c, u,

90

LA FILOSOFIA GRECA

che varia soltanto per la densit. In effetti la distinzione, che appariva al principio radicale, tra sen-l
sezione e pensiero, opinione e ragione, non che
differenza pensieri
del
e

di

grado:

tanto

le

sensazioni quanto
2
(

(vorjaeis)
(');

non sono che variazioni

(crepolameli;)
),

corpo

l'anima materiale e corruttibile

corpo che per la maggiore sottigliezza e mobilit degli atomi che la compongono. Questi sono sottili, lisci e rotondi, e costituiscono

non

differisce dal

una materia ignea, a


buti della divinit.

cui

l'atomismo d

gli attri-

Conforme a questi presupposti


sibile e intellettuale,

psicologici, la co-

noscenza, nella sua doppia forma di conoscenza sentutto naturalistico.

viene spiegata in un modo del Le sensazioni sono modificazioni


e,

che

le

cose esteriori generano in noi,

poich

il

contatto la condizione necessaria dell'azione

di

un corpo sopra un altro, ogni senso analisi, una variet del tatto (eprj ti?
rappresentazione delle cose
si

in ultima
(

oriv

>).

La
le

spiega col fatto che

emanazioni,

le quali

muovono
le

dai corpi, penetrano

nell'organo e l'impressionano. Cos, nella vista, dagli


oggetti visibili
si

distaccano

immagini loro
si

(eicoXa),

corporee anch'esse,
e minuti; queste

ma

formate di atomi pi mobili

immagini non

formano imme-

diatamente nell'occhio, a causa dell'aria che interposta; invece l'aria che viene impressionata e che

comunica mediatamente l'impressione ricevuta ( 4 ). Donde il corollario, che i sensi non ci danno la vera realt, ma una realt trasformata e falsificata dal mezzo interposto e dall'apparato ricettivo; e che
(1)

AT., Plac,
7,

iv, 8, 5.

(2) Id.,
(3) (4)

4.

Arist.,

De

sensu,

e. 4,
:

442 a 29.
% 50, p. 513, 17.

Teoria dell'JioQQOi)

Teophb., De sensu,

II.

PRESOCRATICI

91

quindi non sono


-col;

qpuaei,

ma

vua>, cio %r\ y.ui nQeai

f\\izxQOKq

).

Qui interviene per una distinzione importante.


Tra

le

qualit sensibili,

non

tutte

hanno

lo stesso

valore,
Si

n tutte sono delle deformazioni della realt.


il

detto che
tutti gli

tatto
si

un senso fondamentale,
il

cui
delle

altri

riducono, perch la funzione


senziente

immagini

e dell'aria interposta tra

e gli oggetti per l'appunto di annullare la distanza

con una trasmissione per contiguit, che stabilisce


il

contatto

tra

il

senziente e

il

sentito.

E
;

il

tatto

vero e proprio,

come apprensione

dell'oggetto senza

mezzo interposto, non ha bisogno d'immagini quindi sue sensazioni non sono, come le altre, delle deformazioni della realt. Vi sono cos due categorie di sensazioni, fedeli le une e infedeli le altre: da una parte, quelle del pesante, del denso, del
le

duro, dall'altra quelle del colore, del suono, del sapore, dell'odore
2

).

In

questo significato

si

pu parlare

di

una
di

di-

stinzione, presso gli atomisti, di qualit primarie e

secondarie:

si

tratta di distinzione di

grado

re-

lativit o di oggettivit,

non

di natura,

come

se le

une appartenessero all'oggetto e


Tutte invece sono
getto senziente
in

le altre al soggetto.

un certo senso oggettive,


il

es-

sendo modificazioni della realt naturale, e

sog-

non implica,

col

suo intervento, che


soggettivismo,
la

un diverso grado di relativit, minimo nelle sensazioni


in
tattili,

massimo
il

nelle altre.
esiste.

Il

Democrito, non ancora

Come

sensazione,
etotaov

cos

anche

pensiero avviene a causa di


3

|o)8v itQoaivTov

( ):

esso

non che un cambiamento

(1)
(2) (3)

At., Plac, iv, 9, 8. Teophr., De sensu, AT.,


iv, 8, 10.

62, 63.

>2

LA FILOSOFIA GRECA
l

si produce nella sostanza psichica ( ) non dovrebbe avere una certezza diversi da quella dei sensi; eppure con grandiosa inconsc

materiale che

Come

tale,

guenza, e come per un sicuro intuito della verit Democrito tien ferino alla distinzione netta, su cui tutta la sua costruzione scientifica fondata. In complesso, la filosofa atomistica appare come
la

fl

summa

di tutta la speculazione presocratica e

come

l'esplicito

riconoscimento delle tendenze naturalisti

che in essa implicite. Ivi confluiscono il materialismo degli ionici e la loro affermazione dell'infinit del
l'essere; la considerazione quantitativa e

matematica

dei pitagorici; la determinazione eleatica dell'

immu

tabilit e incorruttibilit dell'essere; le esigenze dellal

dottrina di Eraclito, concernenti

il

moto

e la pluralit.
effi-

Un

universo puramente materiale, dove l'unica

cienza formativa e selettiva quella della grandezza


e del peso; dove la finalit annullata dal mecca-

nismo; dove tutta

la vita, la

sensazione,

il

pensiero,

son ridotti a movimenti atomici impercettibili; e dove quindi non si giustifica neppur la scienza che mira
a comprenderlo: tale l'universo atomistico, che un

Platone disprezzer nel suo intimo, perch


oltraggio
dalla
al

gli

parr

pensiero

il

tentativo di fare scaturire

bruta e opaca materia la luce dell'idea; ma che un Aristotile apprezzer altamente, per la potente
unificazione
del
il

mondo
il

dell'esperienza che vi

si

compie e per

forte spirito sistematico

che
:

lo

cos sar per tutto


si

corso della storia

le

domina. sopravva-

succederanno alle svalutazioni, e queste a quelle; tutte per con un proprio motivo egualmente fondato. Ci che nell'atomismo ripugna la compressione del pensiero e il suo livellamento al
lutazioni
Identit di V^X 1
e vovg: Akist.,

(1)

De

an.,

2,

404 a

27.

II.

PRESOCRATICI

93

'rado della bruta materia: ci che invece conquista


r\[

animi

la

concezione dell'unit e identit di


i

natura dell'universo; concezione che per

tempee in

ramenti religiosi

si

converte in una credenza

una panteistica aspirazione a unificarsi col tutto, da jcui l'individuo generato e in cui deve alla fine
annullarsi.

L'etica e la religione dell'atomismo materialistico saranno l'opera di scuole posteriori; in Democrito noi non troviamo che il solo addentellato di esse:

concezione dell'equilibrio dell'anima, che si uniforma alla legge nella sua perfetta tranquillit, non turbata da alcuna paura o superstizione; stato spirituale che prende nome di eDu^ta o eveax ( ). Tra i seguaci di Democrito son nominati Metroloro di Chio, che dal criticismo di Democrito trasse conseguenze scettiche, ed elev la massima democritea che nulla sappiamo, perch la realt nel profondo, a principio filosofico, affermando che nessuno di noi sa niente, nemmeno se sa qualcosa o niente ( 2 ); Anassarco di Abdera, celebre per la fermezza con cui affront l'estremo supplizio ( 3 ), e anla

ch'egli precursore della scuola scettica.

8.

Anassagora

( ).

Con Anassagora
a.

di Clazo-

mene, nato verso


il

il

500

C.

la filosofia

greca

fa

suo ingresso in Atene.

(1)
(-')

Diog., ix, 45.

Arist. ap Eus., Pr. Eo., xiv,

19,

5.

(3)

La

descrizione in Diog.,

ix, 58-59.

Bench Anassagora sia anteriore cronologicamente agli atomisti (almeno a Democrito, mentre di Leucippo conobbe e confut la dottrina del vuoto) abbiamo creduto con l'Hegel e lo Zeller di posporlo ad essi, per la considerazione che egli forma l'antecedente immediato dell'in(4)

dirizzo socratico, a cui prelude con la dottrina del vov;.

94

LA FILOSOFIA GRECA

inizia,

Fondatore della prima scuola ateniese, Anassagora antesignano di Socrate, la lotta contro i pregiu

dizi e le superstizioni correnti in

nome
il

della scienza

Egli fu amico di Pericle, e ne ebbe


gio;

valido appog

ma,
si

accusato

di

Atene,

guerra del Peloponneso, fu costretto ad abbandonare ridusse a Lampsaco, dove mor verso il
iniziatasi

la

empiet

e,

428

a.

C.

Scolaro dj Anassimene, egli enuncia le proprie vedute filosofiche come una correzione ed elaborazione delie dottrine ioniche, secondo
finito di
il

progresso

della scienza posteriore. Egli accetta PcbteiQog, V in-

misti;

ma mentre

Anassimandro, non diversamente dagli atoquesti concepivano gli atomi come


il

indifferenziati e privi d'individualit, e ricorrevano


al

vuoto per spiegare

differenziamento della realt,


il

Anassagora invece, negando

vuoto, ammette

un

differenziamento nel seno stesso degli elementi che

formano
fatti si

l'infinito originario.

spinga l'analisi dei corpi non mai elementi semplici e indifferenziati,


la

Per quanto lontano insi troveranno

ma

persister

sempre

natura dei rispettivi complessi: un osso

risulter

sempre composto di particelle ossee. Per designare questa irriducibilit dell'organico viene

usato (forse non direttamente da Anassagora


suoi espositori aristotelici)
il

ma

dai

termine: x

fioionEgvj,

che secondo alcuni testi rappresenterebbe l'atomo organico, secondo altri invece la semplice similarit
delle parti rispetto al tutto organico,

comunque

si

spinga la divisione all'infinito. Le due spiegazioni non si contraddicono necessariamente, perch anche

affermando in principio la divisibilit all'infinito, Anassagora ha ben potuto fermare la propria attenzione sopra alcuni nuclei relativamente primari, nello
stesso

modo che

la fisiologia

moderna muove

dalla

II.

PJRKSOCRATICI

95

-cellula,

pur senza sostenere che l'organizzazione co-

minci da essa e non possa spostarsi pi oltre.

ogni modo, l'importanza dell'innovazione di


e
il

Anassagora

senso della critica dell'atomismo che

vi implicita,
i

restano immutati: mentre gli atomisti

|un

intendevano spiegare tutto ci che organico come miscuglio di elementi semplici e quantitativi,

Anassagora invece mostra d'intendere che non v'


generazione equivoca della vita, che quindi
cipio di organizzazione
in
il

prin-

deve essere originario, e che

ultima istanza, l'organico spieghi l'elementare,

non viceversa. Al principio, tutti gli elementi esistevano insieme commisti nell'infinito {\iov jidvta zQr\\iaxa fjv )); e poich erano insieme, niente si poteva chiaramente distinguere a causa della loro piccolezza, che non
(

avea limite, potendosi dare sempre un pi piccolo del piccolo, senza di che, l'essere si annullerebbe nel non-essere ( 2 ). N si poteva chiaramente conoscere la quantit delle cose, che questo era impedito dal miscuglio di tutte, dell'umido e del secco, del caldo
e del freddo, del chiaro e dell'oscuro; e
vi

molta terra

di semi niuno dei quali somigliava all'altro ( 3 ). Dalla separazione (d^xoioic) sorgono tutte le cose 4 distinte, e questa opera della mente ( ). Ecco un secondo grande concetto di Anassagora, che sar tra non molto il centro della vita speculativa. Se dall'infinito caotico, in cui tutte le cose son mescolate, ha potuto formarsi un mondo organizzato, di(oTceQudtcov)

era anche commista, e un infinito

numero

(2)

ai Fr. Fr.
Fr.

1.
3.

(3)

4.

(4)

fiov Jtvxa XQnM- aTa 'Vi vo;


i,

avx

iv.give xc iaxO|vr)ae

(At.,

3,

5.).

96

LA FILOSOFIA GRECA

armonico nel suo insieme, certo non potuto esser questa l'opera di una cieca p
stinto nelle sue parti,

come immaginava Democrito, ma deve essere intervenuto un principio teleologico, ca pace di dividere e di organizzare, un principio in telligente di ordine e di armonia: e questo il vog la mente. Con l'opera della mente, dell'intelligenza, inter
tenza meccanica,

viene dunque la distinzione nell'indistinto, e hanno

Ma la mente un princinon divide soltanto, bens dividendo unisce; quindi gli esseri, pur divisi, non hanno un'esistenza
vita gli esseri particolari.

pio che

del tutto separata (o xcoQg eonv elvcn^),

ma

tutto

partecipa a tutto. In quanto


in

le

cose sono contenute

un

sol

mondo, dominate da una sola mente, una


il

separazione assoluta impossibile; epper n


separato dal freddo, n
il

caldo
2 ( ).

freddo dal caldo

mente soltanto non mescolata a niente altro, ma sola, autonoma, per s. Se non fosse per s, ma mescolata con alcun 'altra cosa, avrebbe parte ad essa; e allora non potrebbe esercitar dominio (jcQatev) su tutte, come quando sola per s. Essa
Tutto ha parte
e
in ogni cosa; la
infinita,

autocrate,

la pi sottile (e^rrarov) di

tutte
(yvcjitj)

le

cose, la
tutto.

pi

pura, e possiede conoscenza


tutto ci che

di

su

ha anima, grande o piccola, la mente esercita il suo dominio. Cos ha dominio sul moto rotatorio del cosmo (jteQixoQiion.g), perch gli d origine (px'nv). Ogni cosa che si mescola e si divide, tutto conobbe la mente. E ogni cosa che sar e che era (e non pi), tutto ordin la mente; e il movimento che compiono gli astri, il sole, la luna, e le

(1)

Fr.

6. 8.

(2)

Fr.

II.

PRESOCRATICI

97

la
il

materie aeree ed eteree. La loro separazione ne conseguenza; cos si divide il sottile dal grosso,
caldo dal freddo,
il

luminoso dall'oscuro, il freddo si divide completamente dall'altra, tranne la mente da tutte ('). Ma il vovg anassagoreo soltanto all'apparenza, o meglio nel suo motivo iniziale, un principio teleologico e immateriale per la spiegazione dei fenomeni. In realt, chi pensa che l'oggetto al quale esso si applica la stessa materia di tutta la fisica presocratica, e che la sua applicazione immediata e diretta, non pu non rimanere perplesso sul suo carattere intimo e sostanziale. Come pensare un inteldall'umido;

ma niuna cosa

letto

che

muova

le pietre e gli altri

corpi nella loro

bruta materialit? Un'efficienza vera della mente


possibile solo
diato,

quando

l'oggetto

non

il

mero imme-

medialo nella rappresentazione o nel concetto; quando, p. es., non si tratta della bruta pietra, mi della sensazione, dell'esperienza, del fenomeno,

ma

che ne l'equivalente mentale. Invece un'influenza immediata del pensiero sulla materia a parte le
fantasticherie delle scienze occulte che qui

non enil

trano in gioco
ridotto
voi)? di

concepibile solo in
fisico.

quanto

pendel

siero stesso viene in

qualche modo materializzato e


Cos in realt

a un principio

in
di

Anassagora, a cui pi tardi Socrate (o meglio, suo uome, Platone) poteva muovere il rimprovero non dare quel che prometteva, di annunciarsi come

un principio immateriale e di dimostrarsi all'atto una forza fisica. E argutamente soggiungeva: Anassagora mi espone in termini generali, che quando Socrate fa una cosa la fa con mente: ma poi, quando vuole spiegare singolarmente
Fr.
12.

la

causa

di

quel che io

fo,

dice

(1)

G. de Ruggiero, La

filosofia greca.

JJS

LA FILOSOFIA GRECA

primo luogo che io sto qui seduto perch... il mio corpo composto di ossa e di nervi, e poi che le ossa sono solide, e hanno tra loro intervalli di giunture, ecc. ecc. Epper egli prende cose di tal
in

natura per ragioni, e oscura in questo


gione vera: la quale
agli Ateniesi
i

modo

la ra-

che

io sto

qui per ubbidire

( ).

La mente
del

dunque meccanizzata,

la

sua teleologia

annullata in pr del meccanismo: cos la spiegazione

mondo, che moveva da un punto opposto a quello non diverge


democritea;
caldo e
si

dell'atomismo, finisce per coincidere con questo. In


realt, l'effetto finale dell'opera del vovg

gran che da quello del peso nella


nel processo della separazione,
il

fisica

pesante umido e
il

freddo

si

-arrest

dove ora
2

la terra;

sottile

secco sal verso l'etere

( ):

con queste divisioni


si

rassoda la terra;

infatti

dalle nuvole

condensa
pietre,

l'acqua, dall'acqua la

terra, dalla

terra le
si

per effetto del freddo


della

3 ( ).

Qui,

come

vede, l'opera

mente vien

ridotta a quella del freddo e del

peso.

l'intera concezione del

mondo come

strati-

seconda della diversa densit delle sue parti; e la rappresentazione della terra come un cilindro 4 piatto, sostenuto dall'aria per la sua larghezza ( ),
ficato a

non risentono pi

affatto dell'efficienza teleologica e

immateriale della mente.


turalistica,

Anassagora, nella sua tendenza naha un prosecutore in Archelao, il quale pone come principio del moto e della quiete il caldo e il freddo; il caldo che si muove (xivea6ou), il freddo che sta fermo (riQnelv); donde il corollario dell' imfilosofia di
(1)

La

Plat., Phaed., 97-98.

(8) (3)
(4)

Fr. Fr.

15. 16.
li,

Abist., de coelo,

13, 291

13.

II.

PRESOCRATICI

99

mobilit della terra


intravisto

i (

).

Ma

il

principio immateriale

da Anassagora avr tra breve un assai pi

vasto teatro.

9.

La psicologia dei presocratici.


lo

Fin

qui

abbiamo seguito
fisico del

sviluppo prevalentemente meta-

trine di

pensiero greco, che culmina, con le dotEmpedocle, Democrito e Anassagora, in una


pensiero, salvo lievi

visione
spirito,

perfettamente naturalistica del mondo. Lo


il

accenni e presenti-

menti, non entrano in questi sistemi se non

come

atteggiamenti soggettivi,

atti solo

a prospettare, nella

sua verit, un
essi stessi

mondo

oggettivo o naturale, di cui

non fanno parte, o in cui almeno la loro apparente immaterialit si risolve e si annulla. In
queste. costruzioni oggettivistiche
del pensiero

v'

una caratteristica dominante:


luto ci

la

sostantivazione delle

relazioni, per cui viene elevato al valore di

un asso-

che meramente relativo. Pesante e leggero, denso e sottile, tutte queste relazioni e valutazioni

comparative dei corpi, assumono il carattere d'alcunch d'irrelato, e diventano determinazioni assolute della realt naturale. Allorch in questo sistema

prettamente naturalistico

si

saranno

infiltrate consi-

derazioni etiche, religiose, teleologiche, la distinzione


netta di posizione tra ci che denso e sottile, tra
la

terra e

il

fuoco celeste,

si
il

consolider in

una

differenza di natura, e quindi

cielo verr sublimato

dall'universo fisico in un universo iperfisico. Sorger


cos dal

zione che lo scalzer dalle fondamenta;


religiose

seno stesso del naturalismo quella separama insieme

sorger una metafisica dualistica, a cui le credenze

daranno una vita e una resistenza oltremodo

(1)

Hippol., Refut.,

i,

100

LA FILOSOFIA GRECA
cui

tenaci, e

il

dramma,

iniziato in Grecia,

si

svol-

ger nel medio evo ed avr la sua fase risolutiva


nell'et

moderna.
nel tracciare
il

Ma

quadro della scienza greca,

noi abbiamo a bella posta lasciato


tutti gli sforzi e
i

un

po' in disparte

adattamento del pensiero di fronte alla realt oggettiva da esso contemplata e non posseduta; sforzi e tentativi che per sono notevolissimi, perch attraverso di essi si comtentativi di

pir la crisi della primitiva mentalit ellenica e

si

determiner un orientamento nuovo nel suo indirizzo. Noi alludiamo alle ricerche psicologiche e antropologiche dei presocratici, che, scarse d'importanza

quando il pensiero, in uno slancio d'ingenua confidenza, mirava immediatamente alla contemplazione della realt, divengono via via pi profonde, quando quella prima confidenza scomparsa, e sorge il dubbio sul modo come l'uomo possa metall'inizio,
tersi

in

contatto col

mondo

della verit, e

quindi

sulla portata e sui limiti delle sue facolt conoscitive.

Attraverso questa progressiva ricerca, noi vedremo

che

il

pensiero

si

sentir invadere via via dallo scet-

ticismo, sentir che le sue stesse facolt mentali sono

come

fitto

velario, che cela l'aspetto della divinit

invocata, e lungi dal riprodurre la realt nella sua

immediatezza, ne ritraggono una immagine sfigurata e falsificata; e quindi dichiarer vana quella scienza che pretendeva, nella sua cieca confidenza, di dar fondo alla realt ultima delle cose. Ma di questo processo dissolvitore, che avr nella sofistica il suo momento culminante, non v' che il solo inizio nella speculazione naturalistica che abbiamo fin qui considerato. Noi ci rifaremo pertanto brevemente dalle origini, per rintracciare questa tenue vena di pensiero. Sono scarse le notizie sulle ricerche antropologiche

II.

PRESOCRATICI
si

101

nel seno della primitiva scuola ionica. Ci che


di

sa

pi saliente l'analogia con cui Anassimene conil

cepiva l'anima e

xvev\io.

che abitano
ci

il

mondo

e
ci

l'anima nostra che, aria anch'essa,


unisce (ouyJ<QaT O).

rinsalda e

Pi importanti sono invece


fa forse
il

le

ricerche psicologiche
11

intraprese dalla scuola pitagorica.

medico Alcmeone
3 ( ),

primo a localizzare

la sensazione nel cer-

vello (-); del che lo critica senza

nominarlo Platone

per

la semplicistica

spiegazione che secondo questo


e dell'opi-

criterio vien data

non solo della memoria


della scienza.

nione,

ma anche
lo

Filolao e alla sua

scuola dovuta la dottrina che l'anima sia un'ar-

monia, e

sviluppo del mito orfico, che l'anima sia

legata al corpo, e
dei suoi peccati
4
(

come
).

sepolta in esso, per punizione


di

trovano anche in

leggende ortiche si riparticolarmente in Eraclito e in Empedocle. Per il primo, l'anima non pi, come per la religione tradizionale, una vapoaltri

Tracce

scrittori,

rosa ombra,

ma un

essere reale e concreto, a cui egli

attribuisce la conoscenza e la saggezza.


poi,

come

pitagorici, fa dell'anima

subisce attraverso corpi differenti,

Empedocle, un demone, che il castigo di una

colpa misteriosa;

e, chiusa nel corpo, partecipa della sua impurit, di cui soltanto il saggio sa liberarsi per mezzo delle purificazioni e dei riti (5 ). Il pi ca-

ratteristico

che questa dottrina vien fatta pacificamente coesistere con l'altra che considera L'anima come un prodotto puramente naturale, privandola di

(1)
(2) (3) (4)

Fr.

da AT., a

i,

3 (278 D).

Tf.ophr., de sensu, 26 (506 D).


P/iaed., p. 96
6.

Clf.m., Strom., in, 433 A. In

una forma involuta ed oscura questo


[fr.

lito i^i
(5)

riprodotto in un frammento di Anassimanlro


fr.

Emped.,

115.

102

LA FILOSOFA RECA

ogni mistica individualit. Questo intreccio di due


divergenti fonti d'ispirazione, che
si

compendiano
lo

rispettivamente nell'anima-demone e nell'anima aggregato-naturale, molto caratteristico; noi


ritro-

veremo perfino
stappongono
le

in Platone. Religione e scienza giu-

proprie intuizioni, senza nessun sen

tore del reciproco contrasto.

Di valore fondamentale

senza dubbio

la distin-

zione eleatica tra verit e opinione, che per altro

non
il

confortata e sorretta

da una vera e propria

analisi psicologica delle nostre facolt. In generale,

pensiero eleatico rigidamente dommatieo, segue

cio

psicologico e critico, che consiste nel fondare

un procedimento precisamente inverso a quello una


i

costruzione oggettiva sopra

risultati

dell'indagine

intorno al valore della nostra conoscenza. Parmenide

invece
il

muove

dal principio: tu

non toccherai mai


si

pensiero fuori dell'essere in cui


x

trova espres-

so
si

( );

quindi per
ci

lui dal

concetto stesso dell'essere

deduce

che verit e ci che opinione.

Tuttavia, Parmenide citato insieme con Empedocle

come autore
il

di

una

teoria della sensazione secondo

criterio

che

il

simile sorge dal simile

in contrap-

posto alla teoria di Eraclito e di Anassagora, che fa

nascere

il

contrario dal contrario

(~):

teorie

che

si

riportano entrambe alle tesi metafisiche dell'identit


e dell'opposizione, e che Aristotile

dimostrer non

esclusive l'una dall'altra, e anzi potr riunire in una


sola, in

dsjecta

la

due tesi da cui derivano sono una sola sintesi dialettica. Secondo Empedocle, fautore della prima teoria: con terra guardiamo la terra, con l'aria l'aria divina,
le
i

quanto

membra

di

(li (2)

PARM., fr. 8. Teophr., de sensu,

segg. (499 D).

li.

PRKSociiATrci

103

col fuoco

il

fuoco divoratore, con l'amore l'amore


il

|e con l'odio
deriva da
porto tra

triste

odio.

L'importanza che vien


genesi
della

data alla similarit nella


ci,

sensazione

che questa esprime appunto un rapil

il

senziente e

mondo

esterno, inesplicabile

senza un'identit originaria dei due termini.


cificando la sua tesi,
la

E
le

spe-

Empedocle spiega che, perch


par-

sensazione sia possibile, necessario che


le parti similari degli organi.
tali

ticelle,

distaccate dagli oggetti, entrino in contatto

con

Ma
ci

quale la navien data da


copie
degli
tra
il

tura di

particelle?

La

risposta

Democrito: esse sono immagini,


oggetti, trasformate per dal

idoli,

mezzo interposto

natura stessa dell'organo. La sensazione non ci d quindi la vera realt, ma solo un segno convenzionale di essa, che ne disenziente e
il

sentito, e dalla

mostra l'inesplicabile presenza. Giover meglio


tra

il

pensiero a rivelarcela? Nelle prime, nette distinzioni


opinioni e verit, noi

troviamo acriticamente

affermata la piena originalit ed autonomia del pensiero.

Le pi importanti costruzioni metafisiche non


intelligibili

sono
il

senza quella separazione netta,


i

dispregio in cui

filosofi

hanno

la realt sensibile

vale sempre pi a corroborarla.


e ode; tutto

Un

poeta-filosofo, Epila

carmo, giunge ad affermare che solo


il

resto sordo e cieco

('),

mente vede negando cos

con profondo pensiero, ai sensi, perfino ci che al volgo sembra ad essi soltanto dovuto. Alcmeone considera la sensibilit come appartenente all'animalit
bruta, col dire che l'uomo
si

distingue dagli altri


altri

animali in ci, che egli solo pensa, e gli

sentono

senza pensare

('-).

Citazioni consimili potrebbero mol-

ti) (2)

Fr. 12.

Teophb., de sensu, 25

5.

104

LA FILOSOFIA GRECA

tiplicarsi, tanto ricche ne sono le fonti; ma tuttavia nessuno di questi pensieri raggiunge una coscienza veramente critica e un significato gnoseologico. Al contrario, quella coscienza critica non sorge se non quando il naturalismo gi maturo, e l'originalit e autonomia della mente compromessa dalle premesse naturalistiche, secondo le quali tutto, in ultima

istanza,

si

risolve

nella

materia.

L'identificazione

sostenuta da Democrito e da Anassagora del vog con

un primo passo verso l'abbassamento avendo la sua origine nell'anima naturale e senziente, profondamente intaccato dalla
la
tyvyi]

gi

del pensiero, che,

invadente di essa. Un passo ancora, e Democrito potr affermare che il pensiero un cambiamento materiale, non meno della sensazione. La conseguenza logica di questo passo che il pensiero anch'esso uno schermo alla realt, e non gi un potere atto a rilevarla nella sua immediatezza, e che
materialit

quindi vana la pretesa della scienza razionale di


colpire la realt nella sua essenza con le forze del

pur pensiero. Forse un presentimento delle ultime conseguenze deleterie del naturalismo dov avere Democrito, come testimonia qualche suo passaggio d'intonazione fortemente scettica; in complesso per, egli resta fermo al suo naturalismo, e continua a distinguere una conoscenza vera da una non vera (y\'r\air\ xai oxotir)) ), alla quale ultima appartengono
d (

la

vista, l'udito, l'olfatto,


la

il

gusto,

il

sentimento.

Ma

da una parte,

conoscenza vera, nelle sue ultime esplicazioni, smentisce la distinzione da cui si origina, e quindi precipita verso la conoscenza non vera: dall'altra, la distinzione democritea tra le qualit primarie della materia (peso, densit, durezza) dalle
0) Fr

ir.

PRESOCRATICI
si

105

secondarie (colori, sapori, ecc.)


velatore
titolo,

presta ad
il

una uniri-

ficazione in pr dell'empirismo, perch


s

senso

delle

une che

delle altre, o,

allo stesso
il

del naturalismo, perch nell'oggetto


di

fon-

conoscenza non vera s'innalza all'altezza della vera. In questo doppio prola
il senso e l'intelletto si attescomparire si forma cos grado a grado la convinzione che l'uno e l'altro si trovano sulla stessa linea ed esprimono un gioco puramente sog-

damento

entrambe; quindi

cesso, la distinzione tra

nua

fino a

d'immagini e di apparenze, senza contatto immediato con una realt oggettiva; e finalmente vini
gettivo

dichiarato fallimento di tutta


costrutta

la

scienza oggettiva

pazientemente dai presocratici.

questa

l'opera della sofistica.

10.

Considerazioni finali.

Nel paragrafo precemostrer, nello stesso

dente abbiamo messo in luce l'aspetto puramente negativo del pensiero, che ha per effetto la dissoluzione
dell'antica scienza.

Tra breve
la

si

processo dissolutivo,

presenza di

ricostruttivo, che varr a ristabilire su

un elemento nuove basi

quella scienza e a dare un nuovo potente slancio


alla speculazione.

Ma prima d'incamminarci per questa via, vogliamo ancora un poco indugiarci sulla scienza dei presocratici

ritrarne qualche linea d'insieme,


il

che

ci

giover in avvenire, per spiegare

nuovo atteggiafilosofia

mento che si andr formando. I due principali problemi di questa


essi

sono

quello dell'essere e quello del divenire.

Dapprima
un prin-

appaiono

in

qualche modo confusi dalla scuola

ionica e pitagorica che


e della cosmogonia.

assumono con
lo

l'e/jl

cipio indifferente dell'essere e del divenire, della fisica

Ma

sviluppo di questo prin-

106
cipio, in

LA FILOSOFIA GRECA

seno stesso alle due scuole,


eleati,

e,

pi ancora

prima era problema dell'^ s'identifica con quello dell'essere stabile e permanente, in pieno conper opera degli
confuso, onde
differenzia ci che
il

trasto con l'esigenza del divenire, che viene anzi criticata e negata.
fisica
Il

assume con

gli eleati

monismo ingenuo della primitiva un significato riflesso e


razionalmente
la propria iden-

dialettico, l'essere e l'unit s'intrinsecano l'uno dell'altra e giustificano


tit,

tra

mentre tutto le apparenze

ci che plurale viene ricacciato


fallaci del divenire.

Mal' ipercritica dell'eleatismo risuscita per con traccolpo il valore di quel che pretendeva annullare. Le
sue negazioni appaiono piuttosto come confutazioni
di dottrine insostenibili sul divenire,

che come

la sop-

pressione del divenire stesso, la cui realt s'impone

necessariamente. La
l'esigenza che esse

filosofia posteriore

intende

il si-

gnificato positivo pi profondo di quelle critiche, e

pongono
che
si

di

un integramento

delle

opposte

tesi dell'essere e del divenire.

Ma

la scissione

era operata in seno alla

filo-

Parmenide ed Eraclito, aveva acquisito al pensiero un risultato permanente. L'unificazione delle due tesi non poteva pi aver luogo sul terreno del
sofia tra

primitivo

monismo ingenuo:

l'essere,

mato con

la dialettica eleatica,

come s'era affernon poteva pi esser


s,

confuso col divenire ed accoglierne in

passiva-

mente, l'azione. Conservare


l'eleatismo, e riabilitare,
il

caratteri di

permanenza,

stabilit, indistruttibilit dell'essere, posti in luce dal-

anche in presenza di essi, problema della nuova fisica. E la soluzione vien fatta ingegnosamente consistere nel frantumare l'unit dell'essere in una pluralit, in modo che la possibilit del divenire trovi posto non ci che l'eleatismo ha gi nell'interno dell'essere
divenire, ecco
il

II.

PRESOCRATICI

107

mostrato impossibile,
cati.

ma tra gli esseri cos moltipli-

Empedocle, degli atomisti, di Anassagora, hanno questo di comune, che esse trasferielementi, atomi, scono in una pluralit di esseri caratteri dell'ente parmenideo, e i omeomerie
Le
fisiche di

spiegano

il

divenire

come un'azione

tra gli enti. Ci

implica l'assunzione a un grado di realt del nonente, che gli eleati

avevano escluso.

C' in questi ingegnosi tentativi del nuovo pluralismo lo spunto di una mediazione degli opposti. Ma, che la mediazione sia inefficace, noi possiamo renderci

conto riflettendo sul carattere

fondamentale

della speculazione presocratica.

Abbiamo chiamato

oggettivistico l'atteggiamento di pensiero dei preso-

aggiungiamo ora che si tratta di un oggettivismo immediato. Il pensatore cio assume come termine della sua speculazione non l'idea o il concratici;

cetto
stessa,

che

egli

si

forma della

realt,

ma

la

realt

quale pu esistere in

s,

indipendentemente

da ogni contatto col suo pensiero. Da queste premesse, la filosofia riesce a una serie di vedute antinomiche del reale: unit e pluralit, immobilit e movimento, indivisibilit e divisibilit,
infinit e finit, ecc.,

ciascuna

delle

quali total-

mente chiusa

ed esclusiva dell'altra, le cui ragioni non pu valutare o criticare, perch non rientrano nel suo quadro limitato. Apparentein se stessa

mente, Parmenide, assertore dell'unit, critica la tesi opposta della pluralit, ma in fondo egli non fa che ripetere in forma negativa la sua affermazione, senza

veramente conquistare
Il

la tesi

opposta.

tentativo di risolvere le varie antinomie, intra-

ultimi presocratici, rivela anche pi chiaramente il dissidio. In effetti, il riconoscimento di un motivo intimo di verit in ciascun opposto,

preso dagli

108
e l'esigenza di

LA FILOSOFIA GRECA

una unificazione

risolutrice delle anle pre-

tinomie, formano uno spiccato contrasto con

messe oggettivistiche della speculazione, e rivelane! un problema superiore alle forze di quei pensatori.; Una volta ammesso, per un verso l'unit, per un
altro la pluralit delle cose, impossibile far coin-

cidere le due facce-delia realta, per la

mancanza di un termine medio che, subordinandole a s, le coordini tra loro. L'idea della totalit naturale, che come un recipiente vuoto accoglie passivamente i contrarli, non tale da operare quel processo attivo eli coordinazione, e anzi palesa l'incapacit di un mezzo puramente materiale a porre in essere qualunque relazione. La relazione, ripeto, una sintesi mentale, una funzione soggettiva del pensiero; come tale, essa non pu sussistere che tra termini di natura mentale
e immateriale: ora, finch l'uno e
l'infinito,
il

pi,

il

finito e

ecc., esistono

materializzati nelle cose,


e

affatto impossibile connetterli,

non sar

possibile

se

non quando saranno

intesi

come

nostre

idee

rappresentazioni delle cose. La mente unisce solo ci

che mentale: di qui il fallimento del tentativo di Anassagora, di servirsi della mente come di un principio agente sulla stessa materia; di qui il materializzarsi del vog, che pur voleva essere un principio
immateriale. D'altra parte, Democrito ed Empedocle,
che, senza far ricorso a un principio mentale, pre-

tendono operare
della materia,

la stessa sintesi mediante le forze non riescono che a un compromesso, cio a prospettare sotto due aspetti diversi gli opposti termini, senza veramente unificarli. La materia non unisce ma divide; un mondo cementato di materia perci un mondo di arena sie calce, intimamente

disgregato e frammentario.

Se ora, dopo queste prime delucidazioni, che

si

II.

PRESOCRATICI

109

chiariranno meglio in seguito, allorch sar conosciuto

[;il

vero carattere dell'unificazione mentale, ripensiamo


crisi

alla

suscitata dalla

psicologia nel seno della

scienza oggettivistica, potremo convincerci che essa

N
I

j
1

venne in buon punto, non solo per accelerare un moto gi spontaneo, ma anche e specialmente per indicare in quale direzione un rinnovamento era possibile. Se lo spirito in contatto solo colle proprie immagini sensibili e intellettuali, e non ha
rapporto con

una

realt
al

chiusa in se stessa e di
pensiero, ci che vien pen-

natura affatto estranea


sato

come

realt accessibile alle nostre facolt

men-

deve emergere dalla sfera stessa in cui la nostra attivit rinchiusa. Sorger cos il concetto di una realt ideale contrapposta alla realt naturale della filosofia presocratica, e briller di luce cos viva, che la pretesa realt immediata e naturale si attenuer
tali

di fronte

ad essa,

fin

quasi a scomparire.

Ili
I

SOFISTI

Dissoluzione della nliq. Abbiamo gi monell'opera delle prime scuole naturalistiche un elemento dissolvitore della primitiva vita ellenica, e fatto notare che esso consisteva pi nel loro atteggiamento avverso al particolarismo religioso e ai principii dell'autorit, che in una loro indagine ri1.

strato

flessa,

direttamente intesa a sovvertire


vita.

le

basi di

Tale invece l'opera della sofistica, che si esplica in un periodo immediatamente successivo, e rappresenta la continuazione ed insieme
quella
l'antitesi della
in

prima speculazione. L'antitesi


scientifico

esiste

particolar

modo

nell'atteggiamento dei pensatori


nei

dei

due periodi:

primi, preoccupati

pi che d'altro dell'indagine sui principii supremi


cose; pratico nei secondi, volto a rivoluzionare l'ordine delle cose esistenti, secondo alcune premesse chiaramente definite. La continuit iuvece nel senso, nell'indirizzo di tali premesse, che
delle
si

compendiano

nella critica della religione popolare

e dell'autorit.

III.

SOPISTI

111

,lutazione di queste
Igreco, gi

tempi erano pi che mai propizii a una trasvapremesse ideali. Il particolarismo

minato dalle lotte intestine nelle citt, non era stato che una sola volta sul punto di rifiorire, incluso in una pi organica e complessa forma ;di vita nazionale: al tempo delle guerre persiane Ma la scarsezza del sentimento nazionale dei Greci che ebbe soltanto un valore letterario e di culrese tura, come termine dell'antitesi coi pgPctQoi transitoria ed eflmera la coesione delle citt, e per conseguenza rivolse i frutti delle vittorie persiane in pr delle grandi egemonie. Dal particolarismo municipale dei tempi pi remoti, all'universalismo umanitario della decadenza, attraverso e mediante tale il cammino della il movimento democratico: vita greca, interrotto da fulgidi ma brevi episodi di unione nazionale, durante la guerra persiana e durante la conquista macedone. La rapida ascensione democratica nel V secolo ha per effetto la radicale rielaborazione e trasformazione

delle basi stesse della vita, e particolarmente della

vita

pubblica.

Ormai

il

costume

l'autorit

non

valgono pi a dare un fondamento stabile alla costituzione e alla funzione dei pubblici poteri, ma sorgono principii e criterii nuovi, in conformit dei

nuovi ordinamenti. Se, con l'avvento della democrazia, spetta al popolo, riunito nelle assemblee, di decretar le leggi, certo che queste non possono
pi ritrarre
il

loro prestigio

dalla tradizione e dal

costume, e quindi in ultima istanza dalla divinit,


del cui volere

stesso

degli

uomini,

ma dall'arbitrio sono depositarie; contemperato dalle necessit

della coesistenza civile. Cos l'individuo che, nell'antico

regime, era schiavo di un potere trascendente,


sentire
la

ora comincia a

propria autonomia e

li-

112

LA FILOSOFIA GRECA

berta, la propria efficienza

umana

immanente

nelle

cose; e quindi instaura quel senso umanistico della

che prima era del tutto assente, o almeno pada una trascendenza invincibile. Quella trascendenza in effetti vigeva non soltanto nel principio informatore dell'antica civilt; essa non era soltanto una formula filosofica asti-atta (come l'invita,

ralizzato

terpretazione

moderna
delle

del termine potrebbe lasciar

supporre);
delle

ma
e

era incorporata nella sostanza stessa

ecclissava ogni manifestava nella legge, come supremazia della parola o della formula,
di

leggi

norme,

cui

significato

umano. Essa

infatti si

anteposta allo spirito, o anzi divenuta


spirito;

per se sola

mutare

il

rito,

mutare

la

formula non era


rito

concesso agli uomini,

perch ne

n formula

erano

sorti

per opera loro,

ma

soltanto per opera

divina, e sarebbe stata empiet abbominevole disfate

quel che

gli di

avevano
fanno
la

fatto.

Ma
e

acquistando una
l'acquistano solo

coscienza nuova della legge

quando
zano
la

essi stessi

legge

gli

uomini spezquesta

rigida trascendenza
la

della

parola;

non pi
pensiero,
il

parola detta e fissata per sempre,

ma

l'espressione

mutevole e contingente

del

proprio

mezzo per

far prevalere la propria opi-

nione nei comizii, la forza vera dell'individuo di fronte alle masse. La parola esce dal tempio e in-

vade

la piazza;

da privilegio dei sacerdoti diviene

conquista delle scuole oratorie; e da formale in un


senso aristocratico diviene formale, direi quasi, in

un senso democratico, come forma per


e anzi

se stessa col-

tivata per rivestire ed abbellire qualsiasi contenuto,

come mezzo quasi


i

estrinseco per potenziare


I

ogni contenuto di pensiero.


parola sono
sofisti.

nuovi maestri della

Questa trasformazione, come facilmente s'intende,

III.

SOPISTI

113

non
vita

affatto isolata. In tutte le

manifestazioni della

pubblica

si

osserva un
il

eguale

rinnovamento

delle vecchie

forme; anzi

desiderio di voler tutto

spiegare con le sole forze e facolt dell'individuo e

secondo criterii e opportunit empiricamente umani, degenera spesso in una interpretazione arbitraria e semplicistica, che intacca profondamente il prestigio
per troppo umanizzare la vita, corrompe e la dissolve. Cos, negato al diritto il fondamento naturale dell'autorit e della tradizione,
delle istituzioni, e,
la

la vera forza, resta, come sua unica convenzione degli uomini come unico fine, l'utilit dei pi forti che son quelli che l'hanno decretato. Convenzionale il diritto non solo come diritto privato, ma anche come diritto pubblico e punitivo; il meccanismo della votazione e promulgazione delle leggi annulla, con la sua spiegazione apparente, ogni ragione ideale del diritto e delle leggi, che insito nell'idea stessa e non gi nelle

che ne sono
fonte, la

sue esteriori manifestazioni. Quindi, in ultima istanza,


l'equit e la giustizia, travolte anch'esse nel vortice

dell'apparenza, assumono

il carattere di un arbitrio convenuto dalle maggioranze: ci che a ciascuna citt pare giusto e bello, tale per essa . Similmente si attenua la forza dello stato. Distrutta la sua base teocratica che gli conferiva una salda continuit, non gli resta altro presidio che quello delle forze stesse degli individui che contendono per il dominio della cosa pubblica. Ancora il nascente

umanismo

incapace di fissare tra


dello

tumultuosi

oscillamenti di quelle forze un'idea immutevole, che


risalga all'essenza stessa
stato e, per

quanto

umana
flitti.

anch'essa, sia al di sopra del teatro dei con-

L'individualit

umana non

sa

assorgere aldello
stato
8

l'universalit
(.

umana; quindi
filosofia greca.

l'idea

db Ruggiero, La

114

LA FILOSOFIA GRECA

travolta nella contingenza dei governi e rappresenta

predominio dei pi forti a spese dei pi deboli. Infine, per limitarci alle istituzioni pi vaste della vita, anche la religione, anzi la religione in ispecial
il

modo, viene scossa dal nuovo

spirito individualistico

dominante. L'uomo comincia a spiegarsi con ragioni umane e terrene la credenza negli di tramonta il
;

prestigio della divinit, in gran parte fondato sulla

tradizione e sul costume, che


travolto;

nuovi tempi hanno


protettrici e che

periscono

le

deit

municipali col perire

delle citt che le

avevano assunte a
nelle

riflettevano su di esse la loro potenza;


fa strada

dovunque

si

l'ateismo
E,
se

sue forme razionalistiche


nell'intimit degli

scettiche.

pure

animi

resta ancora talvolta la credenza negli di, tuttavia


la religione

solo

non pi fonte della vita pubblica, ma un momento di essa, una delle forze che la

vigilanza dei governi sugl'interessi terreni tutela e


disciplina

come ogni altra forza delle masse. I numerosi processi di empiet durante questo periodo tra i maggiori quello di Anassagora, di Protagora

e di Socrate,

non

hanno un

significato

religioso

ed hanno di mira pi che l'incredulit dell'individuo, di cui lo stato non ha ragione di


politico,

ma

preoccuparsi, la corruzione e
vita pubblica.

il

sovvertimento della

mente
nessi

In questi mutamenti, che qui abbiamo sommariaanalizzati, bisogna vedere strettamente con-

tiva dello spirito, e

una tendenza ricostrutun aspetto negativo, che ne l'immediata conseguenza. L'uomo rientra nel suo mondo, e, poich impara a trasformarlo e a reggerlo
positivo o

un aspetto

con le proprie forze, intende ch'esso opera sua, senza collaborazione con un potere trascendente e occulto. Per quanto egli esplori quel campo che i

III.

SOFISTI

115

maggiori
segni

gli

tangibile della trascendenza,


i

avevano tramandato come dominio indovunque egli ritrova


altri

del

proprio arbitrio, del proprio lavoro in

coopcrazione con

uomini. Gli avevano additato

un mondo

di

pura

realt,

immune

dal connubio con

le opinioni, e

intanto egli sento la realt solida delie

opinioni, ch'egli sa far valere e


in cui vive,

pesare sul

mondo

e intuisce

che anche di opinioni cerealt,

mentato quel mondo stesso di


zione e
la

che

la tradi-

hanno consolidato e ispessito al punto da farlo apparire come opera non pi sua. L'uomo pertanto, come reazione al lungo servaggio, sente il bisogno di proclamar forte la sua padronanza del mondo; la rivelazione immatura di se medesimo non gli fa ancora discernere nella propria sfera interiore un dominio intangibile non meno dell'antica
storia

trascendenza;
per
lui

ma

tutto ci che in lui vive si


livello: le

pone

allo

stesso

passioni,

sensi, le

opinioni, la

ragione: una eguale subitanea rivelalo

zione ne pareggia
stigio.

slancio

e ne

sublima

il

pre-

L'uomo

la vera realt, nella sua individualit

adente e pensante e opinante; il plurale uomini non rappresenta che una somma, un aggregato di unit e non qualcosa di nuovo e di originale, che implichi

una soggezione dei singoli. Gli uomini sono diversi tra loro, ognuno anzi diverso da quel che era in un altro momento della sua vita: com' mai possibile

alcunch di

fisso e di stabile in

questa radicalo

variet e mutevolezza? Altro non pu darsi nei rapporti tra gli uomini che un cozzare e poi un etmero comporsi d'interessi, in pr delle individualit pi forti. L'aggregato non crea nulla, perch non un organismo vivente; viventi sono invece soltanto gli individui che tumultuano nel suo seno.

Ufi

LA FILOSOFIA GRECA
Qui,

come

si

vede,

il

concetto dell'essere, della


nella pi antica specu-

realt ,
lazione,

non altrimenti che

ancora inarticolato; manca ogni idea del

rapporto come sopraordinato rispetto alle individua-

che lo compongono. E il rapporto, come diritto, come legge, societ, stato, e, rapporto dei rapporti, come ragione universale umana, scende al livello
lit

dei termini, ne subisce le incerte vicende, suscettibile della stessa

corruzione.

Cosicch l'uomo in questo primomomento acquista


la signoria del

mondo, non per ci che in lui veramente degno di signoreggiare, ma per tutto ci che in lui forma l'ibrida e incomposta folla delle
attitudini, delle forze, delle facolt. Sta qui l'aspetto

pi torbido e negativo del suo rinnovamento.


cienza, quale
e

Ed

egli

pertanto oscilla tra un sentimento di boriosa


si

suffi-

addice al suo incontrastato dominio,

un sentimento di profondo scetticismo, proprio di una vita travolta da un flusso perenne, dove nulla ha un'esistenza stabile e duratura, nulla un valore per s, indipendentemente dall'arbitrio, dall'interesse, dalla passione del momento. Una dura esperienza sar necessaria per operare quella discrimi-

nazione profonda nell'animo umano, che ricostituir valori immutevoli ed nella sfera stessa del soggetto
i

eterni,
lativa,

che sono

il

presidio

non

solo della vita specu-

ma

di ogni

forma

di vita

privata e pubblica.

2.

L'insegnamento dei
precedenti
si

sofistt.

Nelle conside-

razioni

trova esposto ci che forma


rivoluzione d'idee nella vita
sofistica.

l'essenziale di

quella
il

greca, che ha

suo esponente nella

L'ap-

prezzamento giusto dell'opera dei sofisti gi da tempo un punto acquisito della critica storica: le denigrazioni di coloro che ponevano mente al solo

ili.

SOFISTI

117

aspetto negativo e

all'azione

dissolutrice dell'insedi coloro


di

gnamento

solstico e le sopravvalutazioni

che tenevan conto del solo aspetto positivo

esso,

trovano entrambe la loro spiegazione in un giudizio pi comprensivo, che spiega la stretta connessione
esistente tra
i

due

aspetti opposti, e dialetticamente

svela l'efficienza del negativo,

come

l'esigenza an-

cora insoddisfatta dello spirito e


del

la lenta

gestazione

problema socratico. Coi sofisti, l'insegnamento filosofico perde ogni carattere severamente scientifico e ogni funzione selettiva, e s'indirizza al gran pubblico. Il suo scopo non di creare dei filosofi o dei sofisti: per quanta ammirazione sentissero i Greci verso i nuovi maestri, ebbero sempre per essi quella certa ripugnanza
che
essi
si

nutre verso
la

mestieranti.

certo

il

fatto

che

prima volta cominciarono a richiedere mercede per il loro insegnamento e che, girovagando
per
per
le

citt,

erano pronti a fornire

ai migliori offe-

renti

la

loro

merce

intellettuale, era

tale

da non
pi

accrescere
Cos,
i

prestigio

dignit

alla

loro
i

funzione.
ritratti

dialoghi platonici, che ci

danno

vivi e pittoreschi delle scuole sofistiche,

raramente
il

fanno menzione di scolari


tiiuero

intenzionati a seguire
il

mestiere: nel vasto circolo di Protagora,


il

solo

Au-

Mendeo impara per

la

professione volendo

diventare sofista
era fine,

(').

Nella maggior parte dei casi, l'insegnamento non

ma mezzo,

di cui

si

valevano

giovani, per

acquistare facilit e destrezza nel parlare, abilit nel

mizii.

maneggio degli affari, padronanza nei pubblici coOgni specialit richiedente una competenza

tecnica era bandita dall'insegnamento, che conver-

ti;

Protag., 315 a.

118

LA.

FILOSOFIA GRECA

geva
a

tutto sulle nozioni pi generali occorrenti alla

vita pubblica, ora


tutti
i

che

la

democrazia l'aveva aperta


di

cittadini.

L'epiteto

professori

della

viriu*, dato ai
significativo,
di
il

sofisti, sotto

questo aspetto molto


il

perch vale a individuare

carattere

quel moralismo spicciolo ed empirico, che forma

contenuto del loro insegnamento. Diritto pubblico

e privato, giustizia, equit, virt private e cittadine,


tali
fisti,

sono
e

temi stereotipi delle disquisizioni dei soil

come

dissimulano
impartiscono

le

paludamento decoroso merc il quale loro mire effettive e il soggettivismo


scenico di principii che essi realmente

utilitaristico e

( ).

Questo contenuto cos vago e fluttuante


mirabilmente a tutte
toria,
la

si

prestava

le

esigenze della forma ora-

in cui

gli

abili

maestri

facevano consistere

parte essenziale del loro insegnamento. Convinti,


le

scientifiche, che esamineremo che ogni contenuto di pensiero oggettivamente si equivale, essi spiegarono tutti i loro sforzi nel mostrare come sia possibile dare maggior

per

loro credenze

tra breve,

peso a un dato contenuto merc


e di simpatia,

le

lusinghe della

firma, merc quella forza suggestiva di persuasione

che conquista all'oratore le masse e pi abili. Questa predilezione della forma, che si dimostra nell'insegnamento accurato della rettorica, ha quindi un vero
fa prevalere le opinioni dei

significato filosofico ed in

concezione

speculativa,

che

armonia con tutta una compendia in un si

completo scetticismo per ci che oggettivo, e in una risoluzione di esso nelle facolt e nelle forze
del soggetto.

La degenerazione ultima

immanca-

(1)
i

V.

li*

pini

introduttive dei dialog-hi

platonici

il

Protagora e

li.

SOFISTI

119

bile di tale indirizzo


la

l'eristica, che

dilaga con

pleiade dei sofisti

minori, e che consiste in un

complesso di regole, mezzi, espedienti, il pi spesso verbali, per far predominare una propria tesi, sofisticare su quella dell'avversario, capovolgere verit
il bianco in nero e viceversa: un insieme, dunque, di mezzi avvocateschi, che talvolta impressionano per il loro acume, tal altra stupiscono per la loro puerilit, ma pi spesso indignano per la loro impudenza. Certo, dalla rettorica di un Gorgia all'eristica di un qualunque Eutidemo o Dio-

ed errore, convertire

nisodoro corre un abisso; tuttavia essi sono sulla


stessa linea e nello stesso indirizzo di pensiero
;

ep-

per la storia
Il

li

accomuna

in

una stessa rubrica.

centro dell'insegnamento sofistico Atene, padegli

tria della

lenza

democrazia, e quindi palestra per ecceloratori e dei tribuni. Da Abdera, da

Leontini, da Ceo, da Elide affluiscono nella capitale


dell'Attica,

durante
i

il

periodo del suo pi grande


dell'arte,

splendore,

pi celebrati maestri

come

Protagora, Gorgia, Ippia, Prodico, e vi ricevono accoglienze entusiastiche. Essi attirano a s i giovani
delle pi cospicue famiglie, impartiscono in

un tempo
ritrag-

relativamente breve

il

loro

insegnamento e ne

gono lauta mercede; indi trasferiscono la loro sede nelle altre citt dove possono far buona preda, a volte per libera elezione, a volte perch allontanati dal governo, preoccupato delle conseguenze nocive della loro opera. V' qualcosa di nuovo, di originale nell'atteggiamento di questi maestri girovaghi,

incuranti di una stabile fama e d'un effetto duraturo


della loro opera. Essi importano nella civilt greca
il

concetto nuovo

di

un sapere non pi chiuso

in

una

ristretta cerchia d'iniziati,

ma
tutti

che
gli

ama

prodia

garsi,

che pu comunicarsi a

uomini,

120

LA FILOSOFIA GRECA
e professione

qualunque ceto
c'
in

un fondo

di nozioni

comuni a

appartengano, perch tutti gli uomini

quanto uomini
concetto,
frivola e

e partecipi della vita civile.

Quefino

sco

vero,

vien portato dai

sofisti

degenerazione; ma gli resta una scintilla di verit profonda, che non pu trascurarsi. Il sapere vien per la prima volta
alla pi

dilettantesca

proclamato un patrimonio di sibile a tutti; esso conquista

tutti,

almeno accesintellettual-

gli

strati

mente meno elevati della societ: diviene cultura. Ma della cultura ha non soltanto pregi, bens ani

cora

difetti:

esso

perde ogni sua vera intimit,


quindi finisce col
gli

dilaga nel facile dilettantismo, e

perdere quel valore


dai primi grandi
tica, si

filosofico

che

era conferito
originale. Cos

dalla sua posizione storica


sofisti,

nuova ed

antesignani dell'et socraai tardi epigoni,

passa per varie gradazioni

vanno a buon diritto tagliati fuori dalla linea di sviluppo rapidamente ascendente del pensiero filosofico dei Greci.
sopravvissuti a Socrate e
a Platone, che
3. LA CRITICA DELLA SCIENZA PRESOCRATICA. Non senza ragione la storia, o almeno la leggenda,

ha tramandato (quasi come prova tangibile di una continuit, che pu stupire a prima vista i non maggiori sofisti sono stati scolari dei esperti) che
i

naturalisti dell'et precedente: Protagora di


crito
('),

Demo-

Gorgia

di

Empedocle

(').

(1, Diog., ix, 50 segg. II fatto controverso: negato dallo Zoller, affermato dall'IIerniaun. La pi antica testimonianza in favore una lettera di Epicuro (Dior,., ix, 53). Per il nostro scopo, non c'interessa

risolvere la quistione: basta che


alla continuit storica dei
(2)

il

fatto sia

anche soltanto leggensi

dario, per mostrare l'importanza che fin

dall'antichit

attribuiva

due

indirizzi.

Diui>., vili, 58.

Iti.

soFrsTt

121

Questa dipendenza diviene chiaramente manifesta riflette sulla radicale trasformazione che subiscono i principii del naturalismo, una volta trasfese
si

rir

il

centro della speculazione dall'oggetto naturale

al

soggetto
i

umano ed

empirico. Democrito aveva

detto che

contradittorii sono entrambi veri, l'essere


e
il

non meno del non essere; dunque, tutto uno


identico
(ci^avra
il

eotai
il

'v (*));

la

verit e l'errore,
si

bene e

male,

bello e

il

brutto

equivalgono.

Anassagora aveva enunciato il principio che tutto partecipe di tutto; da ci segue che la verit partecipa dell'errore, il bene del male, e cos via. Secondo Parmenide, l'essere soltanto , il non essere non ora nel campo della psicologia, non costituiscono un non-essere l'errore, il male, il bratto? Dunque l'errore non esiste ( 2 ); tutto per conseguenza
;

verit, tutto in sostanza si equivale.

ripeta del
nulla
,

bene e del

bello. Eraclito
il

Lo stesso si aveva detto che


il

tutto diviene:

divenire, psicologicamente,
il

l'apparire dei fenomeni,

Soxev delle opinioni,


il

fluttuare della vita sensibile; vero pertanto

con-

tingente opinare degli uomini; bene,


diato interesse.

il

loro

imme-

S'aggiunga ancora lo scetticismo gi latente nei naturalisti, la tendenza ipercritica del


loro

pensiero,

la

sottigliezza
i

dialettica

di

talune

scuole, che anticipa

sofismi di quella che ora con-

sideriamo: e ben
avesse
la

si

vedr quale forte addentellato


speculazione anteriore.
la

sofistica nella

Ci che per forma


fistica
il

novit essenziale della so-

mutamento
vari

del centro di prospettiva e di

riferimento dei

problemi. Finch quel centro

Amsr.. Metoph*, V 4, 1007 b 18. Questa deduzione da Parmenide forma VEulidemo platonico, specialm. 284 a.
(1)
|.2)

il

nucleo dell'eristica:

122

La Filosofia greca
la

era

natura, nella sua inerzia e passivit, non era

implicita

nessuna conseguenza scettica in


i

ci,

che
:

essa accoglieva egualmente nel suo seno


essere e

contrari

non essere, caldo e freddo, luce e tenebre, ecc. Ma le conseguenze scettiche della coesistenza dei contrarli sono patenti allorch l'uomo ne diviene il teatro, perch l'uomo non la mera passivit ricettiva di ogni contenuto,

ma

attivit insieme inclu-

siva ed esclusiva, in virt delle leggi imprescindibili


del suo spirito.
del nuovo orientamento premesse dei presocratici contro loro medesimi, per opera dei sofisti. Se ogni conteil

La prima conseguenza
delle

ritorcersi

nuto oggettivo di pensiero in se stesso equivalente,


se niun

oggetto a preferenza di un altro pu vane

tare

un'autonoma legittimit

certezza, che
di

mai
co-

diviene la pretesa dell'antico


struire

naturalismo,

una scienza

della pura verit, della realt


arti-

oggettiva? Null'altro che un arbitrio, un vano


ficio.

Perci,

bando a quelle

costruzioni, che illudono

l'uomo con
lo

le loro false

parvenze architettoniche, e

distolgono da tutto ci che per lui ha un vero

interesse, pratico e vitale!

E per
ci che

converso, s'intensifica l'interesse per tutto

umano

o ha un valore nella considerazione

degli uomini.

L'indifferenza di ogni contenuto di pensiero, mostrata alla luce di quella stessa dialettica che
socratici
i

pre-

avevano scoperto, non rappresenta che un momento solo dello scetticismo sofstico, che non si

ferma a constatare l'impotenza della scienza della natura di fronte, alla realt, ma rivolge la constatazione fatta al fine di potenziare la libert e l'arbitrio

umano. Se ogni
ogni
altra,

tesi

intrinsecamente equifa

valente a

ci

che

prescegliere agli

III.

SOPISTI

128

uomini l'una piuttosto che


proprio arbitrio; arbitrio

l'altra,

non che

il

che

la

pratica avveduta

converte nella prudenza e fa coincidere quindi con


l'interesse empirico e soggettivo.

bentra

All'oggettivismo immediato dell'antica scienza suun soggettivismo del pari immediato. L'uomo

scena del mondo con una piena vergid'animo, non ancora scossa da quelle crisi interne, che creano dubbi sulle capacit e sulle facolt
entra nella
nit

mentali di cui dispone. Egli non ha dubitato finora

che del suo oggetto; non dubita ancora di se me-

desimo; ha una confidenza cieca in tutto ci che


propri

sensi gli rivelano e le proprie opinioni ela-

borano e riassumono. Egli non pertanto riflesso in s, ma affatto immediato: il suo scetticismo iniziale non fa che rinchiuderlo nella sfera della propria soggettivit, di cui pago. Egli

non dice

ci

che

io sento, ci

che

io

opino, tale in se medesimo;

ma

soltanto: tale per me. con cui egli volontariamente


tica scienza.
egli

si

questa la barriera
separato dall'an-

Quest'ultima mirava alla realt in s;


lui,

invece non ricerca che una realt per

una

realt circoscritta, limitata dalla rinunzia a tutto ci

che pu esistere in s, fuori di ogni rapporto fenomenico. Quindi l'uomo nel tempo stesso che si palesa centro dell'universo, dimostra la propria debo-

Egli non pu uscire dalla apparenze in cui si chiuso; invano s'illude di avere annullato il torturante problema dell' in s delle cose: questo gli sempre di presso per attestare la sua insufficienza; la sua molesta appendice. Egli infatti deve confessare che
lezza
e

insufficienza.

ristretta cerchia delle

la

realt

da

lui

costruita
lui,

una

realt apparente,
altri

valida appena per

ma non

per gli

uomini,

non per

gli altri esseri superiori o inferiori, e tanto

124

LA FILOSOFIA GRECA
la realt in s, nella sua intrinseca verit.

meno
g'

Egli potr dire che vi rinunzia di

buon grado, che

interessa soltanto ci che la realt per lui:

ma
ci
tra

sua rinunzia non tuttavia meno grave. Di egli si accorger quando avr sentito il conflitto
la

la

propria realt e quella di

altri,

ma

pi ancora

siero,

quando avr sentito pungente lo stimolo del penche non si appaga di un mondo di apparenze, di un mondo che non va olire il soggetto che lo ha
fantasticato,

ma

vuol frugare nei seno profondo delle

medesima. Alnuovo, profondo problema, di toccare l'essere in se con gli stessi suoi mezzi mencose, vuol conoscere la realt in se
lora egli concepir
il

tali,

di

scoprire in lui
di

medesimo

la

sede di quel
e

mondo

realt, senza cui la gi conseguita posi;

zione mentale resa inefficace e vana

si

profon-

der nello studio della vita dello

spirito,

che

la

geniale intuizione sofistica aveva iniziato. Quell'uomo sar Socrate, sar Platone, sar Aristotile, sar la
travagliata maturit di un pensiero, non pi pago
delle facili rivelazioni di

un mondo esteriore

e og-

gettivo,
di quel
fatta,

ma

ricercatore ansioso di se medesimo, cio


interiore
si

mondo
tutto

ma

fa col

dove nulla dato come cosa duro e penoso lavoro d'in-

trospezione, di approfondimento, di critica.


4. Protagora. Di Protagora e di Gorgia ci occuperemo per esteso, perch con essi culmina la dottrina sofistica, nei suoi due momenti essenziali, di critica della scienza e di convergenza dell'inte-

resse speculativo sulla sfera del soggetto. Protagora

il

teorico di

questo indirizzo, mentre Gorgia ne


pratica,

dimostra tutta L'efficienza

con

l'insegna-

mento della

rettorica.
si

Di Protagora

sa che

nacque intorno

al

480

a. C.

III.

SOFISTI

125

in
;

citt natia,

Abdera, e che profess la sua arte, oltre che nella anche nella Sicilia, nella Magna Grecia e specialmente in Atene, dove ottenne grande successo presso i giovani, e fu stimato e ricercato da uomini come Pericle ed Euripide. Accusato di ateismo, fu obbligato a lasciare Atene e a fuggire in Sicilia, mentre il suo scritto intorno agli dei, che aveva motivato l'accusa, veniva bruciato sulla pubblica piazza. Mor a 70 anni, dopo averne passati 40 nell'arte (*) Il principio fondamentale di Protagora si enuncia cos: di tutte le cose misura l'uomo: di quelle che
sono, per

quel che sono, di quelle che non sono,


2 ( ).

per quel che non sono

Platone, che ci ha tra-

Protagora ( 3 ), cos soggiunge per ispiegarne il senso: ci che pare a me, tale per me, ci che pare a te, tale per te; uomini siamo infatti tu ed io ( 4 ). Ci che pare non altro che ci che si avverte nella percezione sensibile (cpcdvetai = ao9uv8Tai): una identificazione di gran

mandato

queste testuali parole di

momento
base di

nella storia della filosofia, perch sar la

ogni futuro empirismo. In virt di essa, l'uomo viene assunto come centro della realt, per
ci

pura immediatezza sensibile. E poisono incapaci a distinguere la verit dall'errore, Protagora pu concludere che tutto egualmente vero. Ogni sensazione infatti presenta un'immediata evidenza, che non pu essere
che
i

in lui

ch

sensi

da

soli

smentita dall'evidenza di una successiva sensazione con essa contrastante, perch l'una non si conserva
nell'altra e

non pu quindi essere valutata


ciascuna chiusa

alla stre-

gua
ti) (2)
(8)

di quella, ina

in s e si esali-

Plat., Men., 91
Fr.
3.

d.

Tkenit., 151 e.

(4) 1(1.,

152 a.

'
126

LA FILOSOFIA GRECA

risce

con se medesima. Donde,

il

processo da sensae

zione a sensazione non implica passaggio da errore


a
il

verit.

Quei processo continuo

inesauribile
('),

flusso eracliteo della vita psicologica

che

tra-

volge nelle sue distruzioni e creazioni incessanti quevalori verit, bene, ecc. che pur dovrebbero essere immobili ed eterni e costituire il centro fisso di riferimento di ogni divenire. Ma Progli stessi

tagora,

sensazioni

come nega ('), di un

l'esistenza di

un'anima

oltre le

esserre oltre l'opinione, cos nega

ogni verit che non sia quella delle stesse sensazioni.


Tuttavia, la necessit di porre un limite all'estrema

mutevolezza sensibile, senza di che l'uomo non potrebbe neppur vivere, avendo bisogno per vivere di qualche valore anche fittiziamente stabile, fa s che Protagora ricorra alla convenzione degli uomini per dare una certa stabilit al flusso sensibile e per determinare una certa zona abbastanza immune dalle maree, dove essi possano accordarsi ed intendersi. Di qui un concetto sociale della verit, che vince
l'estremo individualismo iniziale: vero non ci che
sente

l'individuo

nella

sua immediatezza,
di

ma

ci

chiamar con tal nome. E similmente, il bene, il bello, compresi anch'essi in quella convenzione, superano il mero individualismo e dissimulano, nel camuffamento empiristico,
che
la citt

ha convenuto

universali a cui son chiamati per natura a soddisfare. Cos l'empirismo tradisce un bisogno che al di l dei propri mezzi, e mentre crede di attenersi alla pura sensazione, in realt la
quelle esigenze

trasforma e l'adatta per quel che possibile a quel

(1) Platone (Theait., p. cit. e seg.) gi considera Protagora come conseguenza di quella di Eraclito. (2)

In dottrina

ili

Diog., x, 50 segg.

III.

SOFISTI

127

compito, di cui inconsapevolmente non pu liberarsi.

Ma
e,

cos facendo, rompe la coerenza del suo sistema senza ancora conquistare una pi alta veduta, la

preannunzia col suo stesso disagio. Il coronamento della dottrina protagorea


ticismo nei riguardi della divinit:
egli dice
l

lo scet-

intorno agli di,


se sono o

),

non posso pronunziarmi,

non
.

sono; molte cose m'impediscono di saperlo, l'oscurit

del

problema e

la brevit della vita

umana

In questa frase, letterariamente limpida e scultorea,


consacrata l'insufficienza finale dell'empirismo di

fronte a ci che

non entra

nella rivelazione

imme-

che pure momento essenziale della vita umana, pi vasta e profonda di quel che
diata dei sensi,
ai sensi

ma

non

risulti.

Gorgia. Da Leontini in Sicilia, sua citt naGorgia fece la sua prima apparizione in Atene nel 427 a. C, come ambasciatore, per chiedere aiuto contro i Siracusani. Per la sua grande abilit oratoria egli seppe guadagnarsi tanta fama che pi tardi Platone pot chiamarlo il Nestore degli oratori. Nel dialogo platonico, che prende nome dal grande retore, vien ritratto con piena evidenza l'atteggiamento di lui e il carattere dell'arte, o, secondo la
5.

tale,

correzione socratica, della pratica rettorica da lui


professata.

Egli dichiara esplicitamente d'intender

per rettorica l'abilit di persuadere per via di discorsi


i

giudici in

un

giudizio,

cittadini

in

comizio, e

similmente in ogni adunanza quale che sia di uomini.


Il

carattere precipuo della rettorica

si

palesa

nella forza soggettiva di persuasione che essa riesce

a suscitare nell'uditorio, convincendo

deliberanti

(1)

Fr. 4

128

LA FILOSOFIA GRECA
tesi

alla

dell'oratore.

poich Socrate

nel diail

logo platonico che qui riferiamo

incalza

sofista

per costringerlo a precisare la sua dottrina, egli soggiunge che la sua arte produce quella persuasione

che
ci

ci

fa

credere senza sapere, e non quella che


sulle ragioni

ammaestra
(').

intrinseche dell'oggetto

dimostra nel modo pi chiaro l'estremo soggettivismo della sofstica, che ripudia tutta l'oggettivit del contenuto del pensiero, miin quistione

Qui

si

rando a conquistare la mera adesione soggettiva, forma valida per qualsiasi contenuto. Di contro alla pretesa razionale secondo cui il convincimento
frutto
di

scienza, essa afferma

il

principio

affatto

irrazionale

che

il

convincimento

immediata

cre-

denza, fede

(nioxiq),
il

suscitata dalla lusinga della

forma
altro.

in cui

contenuto velato anzich svelato,

e cio dall'azione diretta di

un individuo sopra un
e po-

Perci Socrate poteva dare alla rettorica l'epi-

teto spregiativo di

una forma d'adulazione,


2
( ),

teva degradarla da arte a mera pratica


essa di quella razionalit, senza cui
lare

mancando

non si pu parneppure di arte. Ma la critica socratica, se rappresenta un punto di vista di gran lunga superiore, ed tale da debellare pienamente la dottrina di Gorgia, non le toglie per il profondo valore che le dato dalla novit della sua posizione storica. Nel mentre che
non solo
di scienza,

ma

altri

sofisti,

nella

loro

abilit

di

dissimulatori

del

proprio vero essere, cominciavano a camuffarsi nella


veste di maestri della virt, Gorgia con molta fran-

chezza non esita a confessare

la

sua piena indiffe-

(1)

Gorg., 453 a uteiB^' i}hi.ouqyi.x^ oxiv

f\

T|TOQiy.r'|,

ina non gi

6i5aoxa>.iHT| jiegl x 6txaiv xe xal fiixov.


(2) Id.,

465 a: fiXoyov

3iQ.y\ia.

HI.

SOFISTI

129

del

renza per ogni moralismo (M e ad accettar la parto maestro di ginnastica che insegna ai suoi sco-

lari l'arte di assestar pugni sodi agli avversari, senza preoccuparsi dell'uso lecito o illecito che quelli fa-

ranno del suo insegnamento (-). Egli perci entra con animo spregiudicato nella palestra della vita, svela
le

forze che ivi effettivamente sono in gioco, e


il

am-

maestra a trarne
(piasi

miglior partito. Cos facendo, e

egli pone le mani su di grande valore: che cio l'adesione pratica, la credenza, la fede, si esplicano in maniera indipendente da ogni presupposto intellettuale, hanno forze intrinseche e autonome di attuazione, e si creano immediatamente, nel contatto di individuo con individuo, per quel che ciascuno capace di conquidere, di soggiogar l'altro con la potenza della seduzione che la sua volont possiede. L'indifferenza verso ogni contenuto, come momento negativo di questo processo, e in Gorgia il

inconsapevolmente,
di

un principio

frutto di un profondo scetticismo scientifico, documentato dal suo libro Ileo xov javj ovtoc; f) mQi (puoetog, di cui ci ha tramandato memoria Sesto Empirico (3 ). Ivi, traendo partito da alcuni motivi dialettici, negativi, della scuola eleatica, egli imprende a dimostrare: 1 che niente ; 2 che se anche qualcosa , celato agli uomini; 3 che se pur non celato, non si pu comunicare e spiegare (vloiatov xol veQu/rjveuTov). Di questo momento negativo bisogna tenere il massimo conto, se si vuole intendere al

giusto valore l'efficienza del

momento
4 ( ).

positivo,

come

abbiamo gi ampiamente mostrato


(1)
(2)
(3)

Plat., Men., 95

e.

Plat., Gorg., 456 d-457 b.


lo scritto pseudo-aristote-

lico,

(4)

Adv. matti., vii, 65 e segg. V. anche De Melisso, Xenophane, Gorgia (v-vi). Cfr. anche il n. 1 di questo capitolo.
La. filosofia greca.

G. db Ruggiero,

130

LA FILOSOFIA GRECA

Al seguito dei due grandi 6. I sofisti minori. che abbiamo studiato, v' una innumerevole pleiade di sofisti minori. Alcuni di essi, come Prodico di Ceo e Ippia di Elide, hanno ancora una propria spiccata
fisonomia; del primo sono
indagini
sui

ricordate

alcune
r

sottili

nomi

un

libro dal titolo

QQou, che

contiene
la

il mito di Ercole al bivio ('); del secondo concezione dell'ate^eia come fine della vita e

la critica della

legge

come

Tuoavvog

xcv vBortcov

2 (

).

Questa dottrina ha grande affinit con quella Trasimaco, ampiamente svolta nella Repubblica Platone, la quale culmina nel concetto: elvai
Sixaiov

di di

ovk
il

ulko

ri

t to xpeitxovog lu^cpgov

3 ( )

cio che
forte.

diritto

non
i

altro

che

l'utile del

pi

Si

citano

inoltre

nomi

di
di

Polo d'Agrigento,

Protarco, Alcidamo, discepoli

Antimero, discepoli

di

Gorgia; Xeniade, Protagora; Eutidemo e Dioni-

sodoro, fautori dell'eristica; Callide, Antifonte, con-

temporanei di Socrate. A partire dal IV secolo, col prevalere delle scuole socratiche, la sofistica perde ogni importanza come dottrina autonoma, per lascia il suo scetticismo in eredit ad altre scuole, che lo volgeranno a nuovi fini. Intorno all'apprezzamento che i contemporanei
fecero della sofistica, assai significativo
il

seguente
evipe

epigramma su Gorgia:
-rxviiv ,

Ot>8eig jko 8vtitc5v

xaUiov'

nessun mortale scopr arte pi bella. Ma dall'entusiasmo ingenuo degl'inesperti, si passa a

una

diffidenza,

non pur scevra

di

ammirazione, dei

competenti. Dai dialoghi di Platone traspare chiaro

(1)

Xexoph., Mem., n,
Plat., Prot., 337 d.
Rep.,
i,

(2)
(3)

336 b.

III.

SOFISTI

131

un senso d'ironia
certo
ch'egli

tra

le

grandi lodi che Socrate


;

tributa ai maggiori maestri dell'arte

ma

tuttavia

dover molto ad essi, che avevano dato grande impulso alla formazione del suo pensiero. Ci pu ripetersi per lo stesso Platone, almeno nella fase formativa della sua dottrina, nel tempo di quell'aspirazione ansiosa alla scienza, che ricercare e apprezzare lo stimolo degli elementi negativi e scettici. Invece i pi tardi dialoghi di Platone ci rivelano uno spirito assai diverso; una
sentiva
di
i':i

Volta conquistata la sua scienza, attraverso la labo-

disamina delle opinioni, egli non sente pi nessun contatto vivo coi sofisti, ormai divenutigli
estranei, e, lungi dal discuterne le tesi,
tutti
li

accomuna

sotto

una
il

stessa rubrica. Cos nel Sofista, confilosofo al sofista, egli

trapponendo
di

dimostra come

fronte

all'essere, alla
il

primo rappresenta,
essere.

sapere che il secondo costituisce un nonrealt

del

prelude in
della

tal

stotelica

sofistica,

modo alla definizione aricome scienza apparente,

senza realt.

Questo giudizio aristotelico vale per soltanto per


la

scienza sofistica considerata

come un

tutto

com-

piuto e irrigidito, e non gi per lo spirito attivo di


ricerca e per la tendenza immanentistica che la do-

mina.

Come

fu detto di Socrate,
la

pu

dirsi gi della

sofistica,

che essa port

filosofia dal cielo sulla

terra, dall'astronomia alla psicologia,


alle

svelando cos

menti un orizzonte assai pi intimo e luminoso. Nessuna grande verit essa riusc a conquistare, ma seppe conquistar la via verso le grandi verit. Dimostr illusoria la scienza antecedente e fece presentire
l'antico

una nuova scienza pi

certa e vera; annull

concetto della moralit della vita, fondato essenzialmente sull'autorit e sul costume, e scopr

132

LA FILOSOFIA (JRHCA

le prime incerte linee d'una moralit nuova, che ha per suo presupposto l'autonomia dell'individuo e la

libert dei suoi rapporti; scalz le basi del vecchio

rompendo il prestigio delle sue formule e insinuando dubbi sulla credenza all'inviolabilit delle
diritto,

obbligazioni da esso sancite, e apr la via al nuovo

avente le sue basi nella convenzione degli uomini e nella coscienza dei limiti (ancor da essa
diritto,

dichiarati ingiusti e innaturali) dell'individuo; scosse


la fede negli antichi di e nell'antica

provvidenza,
assai

e intanto pose in essere

un soggettivismo che

pi tardi doveva trovare nel teismo la sua consacrazione finale.

Per queste ragioni,

al

giudizio dello Zeller, che

per opera della sofistica

la scienza anteriore era

dichiarata un'illusione e ancora non se ne trovava

una nuova
di trovarla.

si

pu aggiungere, che

si

era sulla via

IV

SOCRATE
Il problema.
il

1.

Per

intendere in tutta

la

sua

problema socratico, bisogna avere in vista non solo ci che forma il suo antecedente immediato il principio della sofistica, ma anche l'antecedente pi remoto la scienza dei (pikuoyoi. Soportata

crate

infatti,

attraverso la rivoluzione sofstica,


la

ri-

pristina su

nuove basi

scienza e segna l'inizio di

una nuova e pi profonda speculazione. La scienza presocratica, che abbiamo gi designata come immediatamente oggettivistica, un'apprensione diretta e immediata che il pensiero fa del proprio oggetto, una visione direi quasi intuitiva della compagine esterna delle cose, quale pu rivelarsi a uno spettatore estraneo e disinteressato. Quella scienza pertanto intimamente disgregata: ogni sistema filosofico non fa che cogliere un aspetto solo della realt, aspetto non riproducibile da un altro sistema, che muove da un punto di vista diverso, e
per cui muta del' tutto
la

prospettiva delle cose. Ci

che

le

manca

dei vari

un centro unico e fisso di riferimento problemi, un centro dinamico di coordina

134

LA.

FILOSOFIA ORECA

zione dei vari aspetti delle cose, e insieme d'irrag-

giamento del pensiero; ma ciascuna visione chiusa in se medesima ed esaurisce dal suo punto di vista il
reale; e l'estremo oggettivismo in cui tutte son con-

cepite le differenzia e le moltiplica in prospettiva.

Quella scienza pertanto non cresce veramente su se stessa, per la mancanza di un unico germe di pensiero

che

si

svolga nelle sue diverse

fasi,

ma

si

ac-

cresce quasi dall'esterno,


che, da

come

la visione dell'occhio

un pi alto punto d'osservazione, domina un pi largo orizzonte.

La

sofistica la rivelazione della soggettivit nella

sua immediatezza; l'opera di Socrate sar di disciplinare questa nuova forza, liberarla dalla inconsiil centro dinamico della grande problema che sar oggetto delle pagine seguenti, e da cui risulter attuata quella profonda differenza delle filosofie presocratiche e socratiche, che io voglio qui anticipatamente accennare, come per dare un primo provvisorio orientamento al lettore.

stenza dell'arbitrio, formarne


scienza.

Ecco

il

La novit
di

dell'indirizzo socratico sta in ci che


i

Socrate non mira pi a determinare

vari aspetti

un tutto naturale dato o posto immediatamente come oggetto al pensiero, ma invece a riflettere sulla
attivit con cui gli oggetti esterni sono conosciuti, o in altri termini, sulla scienza, come conoscenza concettuale della realta. In questa

stessa facolt o

filosofia v'

per conseguenza un centro dinamico e


soggettivo
che,

attivo di riferimento dei vari problemi, dato

dall'interesse

appunto subordinando a s,
Infatti la
si si

coordina tra loro


e
si

tutti gli altri interessi.

scienza, che in riguardo al suo oggetto


differenzia,
al
si

moltiplica
unifica in

concentra invece e

riguardo
deriva.

suo soggetto, cio all'attivit da cui

IV.

SOCRATE

135

Da queste premesse facile ora spiegare la profonda differenza delle filosofie presocratiche e socratiche.

reale,

In quelle abbiamo delle vedute istantanee del ciascuna chiusa in se stessa e in contraddizione
;

con altre in queste, oltre alle vedute, c' l'occhio che vede, e che organizza, fonde, prospetta in un accordo unico le singole visioni. La presenza di un
principio interno di organizzazione ci che
si

di-

grande chiarezza nei dialoghi socratici, dove non ha tanto rilievo la' somma di scienza posseduta da Socrate, quanto la possibilit, che il suo procedimento gli consente, d'includere oggetti nuovi nei modi di considerazione gi noti, e di prospettare, secondo un criterio unitario, una pluralit
mostra con
la pi

di ricerche.

Da

questo punto, dunque, s'unifica la dispersa

visione del

mondo

dei presocratici

nella

filosofa

non ha pi interesse l'indagine


taria,

isolata e
il

frammenvolta,

ma

l'organismo concettuale,

cui valore sta

non

nell'essere

dato e spiegato in

una

ma
dia-

nel possedere la forza e l'attivit di spiegarsi

da se

medesimo.
lettica.

11

sapere non pi intuizione,

ma

In

questo sviluppo,

vanno considerati
1 il

attenta-

mente due momenti


gettivit

essenziali:

rapporto tra

Socrate e la sofistica, cio la conversione della sogporto tra

immediata in principio di scienza; 2 il rapil nuovo punto di vista e la scienza presocratica, cio la ripristinazione della scienza mediante il concetto della soggettivit. Questi due punti t'or-

meranno oggetto

delle indagini seguenti.

Ma
di

nella trasvalutazione della scienza per opera

Socrate

v'

oltre

il

significato

epistemologico

test accennato,
fisico,

profondamente metache, sfuggito a Socrate almeno nella sua

un

significato

136

LA FILOSOFIA GRECA
speculativa,
tuttavia
il

massima portata
frutto che dal suo

miglior
la vasta

insegnamento seppe trarre

mente

di Platone.

Alla reintegrazione formale della scienza non po-

teva non tener dietro una reintegrazione del suo


stesso contenuto. Se oggetto della scienza
il

non

pi

termine dell'apprensione immediata,

ma

il

concetto,

cio l'organizzazione pensata del contenuto di quel-

l'apprensione, certo che

il

predicato della realt

deve

trasferirsi dall'antico al

nuovo oggetto,

dall'esil

sere dei

presocratici al concetto socratico. Ecco

nuovo problema, che vedremo maturarsi attraverso la concezione che ora prendiamo ad esaminare.
2.

La

.vita di

Socrate.

In nessun grande
Le vicende

penil

satore noi troviamo cos intrinsecamente connessi

pensiero e la vita,

come

in Socrate.

della

il dramma vivente del suo stesso megrande teorico della scienza seppe disciplinare scientificamente tutto il suo essere, coordinando

sua vita sono


todo:
il

il

pensiero e l'azione, l'intelligenza e


la

il

carattere, e

suggellare

sua speculazione con una morte eroica,


il

che ne ha eternato

senso e

il

valore.

La data
zione, la
si

della nascita di Socrate cade intorno agli

ultimi anni della guerra persiana; con approssima-

pu

fissare nell'anno

469

a. C.

Socrate fu contemporaneo pi giovane degli uo-

mini che illustrarono il secolo di Pericle. Nato in Atene, nella sua giovent seppe compiere con decoro i doveri di cittadino e di soldato, combattendo
a Potidea, a Delio e ad Ainfipoli
(');

nell'et pi
le

ma-

tura

si

tenne lontano dalla vita pubblica,

cui esi-

genze troppo contrastavano col suo temperamento


Plat., Apul., 28

[1)

e.

IV.

SOCRATE

137

[riflessivo,
jsie e
le

critico,

proclive a smascherare le ipocri-

adulazioni, anzich a indulgervi, alieno per

l,i sua inflessibile dirittura da quegli adattamenti e compromessi che sono immancabili nella politica, tale insomma da non procacciargli il favore e la popolarit delle masse, che col regime democratico avevano l'incontrastata signoria della cosa pubblica. Nella sua vita non vi son pertanto date memora-

bili di avvenimenti, come nella vita. di coloro che, avendo rivolto alla realt esteriore la propria atti-

vit,

hanno trovato,

nei rivolgimenti di essa, limiti

e confini ai

periodi della propria esistenza, la quale

appare cos in varia misura costellata di particolarit e dati

salienti.

l'et classica

La vita dei maggiori greci delgeneralmente cos configurata; apstesso

partiene anzi

allo

temperamento ellenico
il

il

senso del rapporto armonico tra

soggetto e

il

suo

ambiente, cio quel senso pieno della realt, per cui


l'individuo rifugge dall'isolamento, curioso di tutto
ci

che
i

lo

circonda, e ricerca e trova nella realt

mezzi della sua stessa realizzazione. Socrate invece emerge dalla vita del tempo con un carattere affatto nuovo, e che i contemporanei trovano strano
esterna
(uoTtov) o

addirittura ridicolo. Nulla di esteriore, in


lo

quanto esteriore,
tacoli naturali

interessa; egli

candidamente

si

confessa insensibile alla stessa imponenza degli spet-

da cui tanti pensatori hanno tratto momenti di divina commozione e rivelazioni granaiose per la ragione che la natura non pu apprendergli nulla ('). Eppei egli durante la sua vita non abbandona mai la citt e i concittadini, coi quali
pu discorrere degli argomenti che Ma anche qui, il suo isolamento
V.

gli

stanno a cuore.

la solitudine della

1)

l'

introduzione del Fedro platonico particolarmente 2u d;

138
riflessione

LA FILOSOFIA GRECA

sili

non
modo

vinto, anzi trova la

sua reafa-

lizzazione pi compiuta. Noi lo troviamo continua-

mente
(eie,

in giro pei luoghi pi in vista,

dove pu

cilmente trovar
-101)5

di conversare: alle passeggiate

cati,

negiTcdrov^), nei ginnasi, nel foro, nei merspecialmente sul mattino, quando questi luoghi
affollati,

sono pi

il

resto

del

giorno
il

dove

pu conversare con molti

(').

Ma

suo colloquio

non concerne mai gli avvenimenti esterni; e nell'apparenza di aver vari interlocutori, in realt ne ha un solo: un continuo colloquio di Socrate con se medesimo. Gi il tema di esso non che il problema che appassiona la mente di Socrate lui che dirige
;

la discussione; persino lui


tori e le loro obbiezioni.

che crea

g'

interlocusi
ri-

Infatti, coloro

a cui

volge sono per lo pi gente ignara dei gravi argomenti intorno a cui si aggira il discorso essi parlano,
;

buon senso, e anzi talvolta da preconcetti erronei o da reminiscenze mal digerite


guidati dal solo
;

Socrate invece che con

la

logica stringente delle sue


li

domande

precise, minute, incalzanti, avvincenti,


il

costringe a determinare
ch'egli
solo

proprio pensiero, a prenle difficolt

dere una posizione definita, a incontrare

ha previsto, e

infine a cedere all'evi-

denza della sua tesi. La lettura dei dialoghi platonici, che sono un ritratto al vivo dei colloqui socratici, ci d l'impressione netta che Socrate sostenga insieme la parte sua e dell'avversario, che crei la tesi e l'antitesi, e che quindi il suo dialogo sia il ritmo
stesso del suo pensiero in via di svolgersi, sorpas-

poste volta a volta da lui medesimo. dunque, che Socrate fa di amici con cui parlare, non prova affatto un suo bisogno di
le difficolt

sando

La

ricerca,

(1) XiiNOl-H.,

Metri.,

I,

lo.

IV.

SOCRATE

139

[esternarsi; l'apparente esteriorit

non
i

invece che

una rappresentazione,
del

direi qu;si, plastica e visibile,

dramma
la

intimo del pensiero;


personificazione dei

personaggi non
dialettici

sono che
della

momenti

mente; l'andamento del dialogo il corso stesso della mentalit, con le sue diversioni, con le sue pause, a volta con le sue distrazioni, ma soprattutto con la sua linea sicura, oltre e malgrado le pause e le distrazioni, mirante a un fine preciso, seguito
con tenacia.
Socrate isolato nel suo mondo, in quel mondo dove pur tanto assiduamente egli prodiga la sua pania. Questo prodigare non ha nulla di affine con

un apostolato. Egli non ha la buona novella


stolato.

da
di

predicare al mondo, senza di che non esiste un apo-

Questo non sorger che come un pegno


di passione,

fede,
tilla

come un empito
di

come una

scin-

entusiasmo. Tutto ci alieno dall'animo di

un interlocutore gli enuncia dommatieamente una verit; egli risponde: dubitiamo, cio esaminiamo, valutiamo insieme, cerchiamo di stabilirla criticamente. Questo atteggiamento non appartiene a un apostolato, neppur di scienza. L'apostolato di scienza, non altrimenti che quello di fede, sorge soltanto quando esiste una scienza gi solidamente costituita, che si trasforma essa stessa in una fede, e come tale vuole affermarsi nel mondo, vincerne
Socrate:
i

pregiudizi, prodigare l'infinita ricchezza delle sue

scoperte. Tale

scienza in
tica

fieri,

non la scienza socratica: che emergente appena dalla massa caoda dubbi molteplici, non solo ma la sua stessa forma, sua dignit di scienza, e che talfronte
alle

delle opinioni sollevata dalla torbida corrente

della sofistica, assillata

riguardanti
il

il

suo contenuto,
la

suo valore e

volta

soccombe

di

pi gravi

difficolt,

140

LA FILOSOFIA GRECA
la

conservando, come ultimo suo presidio,


quei problemi che per
il

convin

zione incrollabile della propria capacit nel risolvere

momento
la

restano insoluti.
i

La
il

divisa,
il

il

metodo,

forza di quella scienza

dubbio,

cui valore positivo e costruttivo con

sacrato

nel

motto dell'oracolo delfico:

Conosci U

stesso. Cio: dubita di te stesso,


di te,

ma

scruta entre

non appagarti di quel che puoi apparire a te medesimo; guarda invece nel tuo essere pi vaste
immediata pu dissimulare e celare, e l'opera e penosa della scienza mentale e riflessa pu svelare, e svelando intensificare e promuovere. Il Conosci te stesso il principio perenne della
sibile
difficile
filosofia,,

e pi profondo, che la facile evidenza della vita sen-

eterno nella novit e ricchezza inesauribile


rivolgimenti pi profondi

degl'impulsi che ha dato e dar alla vita speculativa di ogni tempo. Tutti
d' idee
i

non sono che


il

il

frutto di

flessione

dello spirito sopra se


solo

una pi intensa rimedesimo. Ci non


ristretto della

vale

per

dominio limitato e

vita psicologica;

ma non
in quel

v' scoperta nel cos detto


sfera delsia
il

mondo
l'azione

oggettivo,

umana

non ampliamento della mondo, che non

cor-

relato di

su se
s.

una pi profonda riflessione del soggetto stesso, di una sua pi vasta realizzazione di
ai liberi e coscienti destini

L'universo sospeso

della

soggettivit: l'ingrandimento progressivo del

si compiuto dai tempi priminon che opera di scienza, cio di riflessione del soggetto sulla sfera che egli pu dominare con le sue forze nei vari momenti del suo sviluppo. Il mondo angusto e incoerente dell'uomo primitivo non che l'esponente della sua soggettivit come l'ampio, disciplinato e armonico mondo dell'uomo civile l'indice del suo sviluppo mentale

suo orizzonte, che


tivi

ai

nostri,

IV.

SOCRATE

141

I e soggetti
e noi

o.

Il

nostro oggetto e quel che noi siamo;


ci

siamo quel che


i

facciamo, quel che sappiamo

realizzarci, nella riflessione attiva su noi


rj

medesimi,
te

che coinvolge
k

destini di tutte le cose.


significato
i

questo

il

eterno

del Conosci

30, per cui


crate,
i ,

pensatori di ogni tempo, da So-

derni,
loro

a Plotino, ad Agostino, a Cartesio, ai mohanno potuto farne il principio vivente della speculazione. Ma appunto perci, necessario
il

circoscriverne

senso e la portata, allorquando


il

si

vuole individuare storicamente


per ciascun pensatore e
il

valore che esso ha

limite della sua efficacia,

secondo
t

l'

indirizzo e l'altezza speculativa di ciascuna

mentalit.
Il

significato

socratico

del

Conosci

te

stesso

sta nel

concetto dell'organizzazione della vita


si

umana

secondo scienza, che

realizza attraverso

un lungo

processo interiore, movente della certezza empirica

procedente attraverso il dubbio e la culminante con l'intrinseca coordinazione di tutte le forze e di tutti gl'impulsi dello spirito. Ecco lo schema generale del metodo, che vedremo dispiegarsi e svolgersi nell'indagine che ora intraprendiamo, sulla forma del dialogare socratico. Il tema costante dei colloqui l'uomo e tutto ci che lo concerne. Gli argomenti dell'antica filosofia naturale sono a Socrate affatto indifferenti, se non addirittura ripugnanti. Nella sua giovent, forse, suscitarono in lui un qualche efimero interesse; ma gi fin d'allora egli era attratto pi specialmente allo studio della filosofia anassagorea, perch questa cercava di spiegare con un principio umano, la mente, la ragione delle cose naturali ('). Ma come
scepsi,
Plat., Phaed., 97 b segg.

immediata,

(1)

142

LA FILOSOFIA GRICCA

profondamente differiva il voi)c meccanizzato di Anassagora dall'attivit vivente e teleologica con cui
Socrate
si

raffigurava l'intelligenza

umana! Gi
le

ab-

biamo mostrato con quanta vivacit


l'equivoco tra le cause materiali e
tra la spiegazione del

egli denunciasse

cause

finali,

perch Socrate stesse seduto

nella prigione, col criterio del

gani, e quella che

meccanismo degli oraveva principio nella sua volont


da quella
filosofa,

cosciente di

obbedire alle leggi della patria. Egli


alle fantastiche costruzioni

pertanto
e

si

discost di buon'ora

rinunciando
e

cosmogod<-lle

niche, rivolse la
istituzioni
si

mente

allo studio

dell'uomo,

dei valori

umani pi

essenziali, dove
teleolo-

dimostra nella sua pienezza l'efficienza


Il

gica delia mente.


nel senso

suo studio non psicologico

moderno, non investe l'uomo dall'interno, non analizza le facolt dell'anima, ma parte da ci che si gi esternato, da quelle azioni e valutnzioni che hanno una figura definita e un posto centrale nella vita della societ. Egli sempre discuteva, dice Senofonte (') delle cose umane, considerando ci che
fosse pio ci che empio, ci che bello ci che brutto,
ci

che giusto ci che ingiusto; della saggezza e

dell'insania: della fortezza e dell'ignavia; della citt


e del cittadino; dell'imperio sugli
lo possiede.

uomini

e di

chi

Questa cos vasta sfera coincide con quella dell'insegnamento dei sofisti: ecco quindi la prima ragione per cui l'attenzione di Socrate converge in

massima parte
trina.

sui sofisti e sull'esame della loro dot-

Ma

v' anche un'altra ragione, avente un carat-

tere pi
di

simpatia. Socrate

propriamente soggettivo, di vicinanza e quasi ha molte qualit mentali che

(i)

Mem.,

!.

IV.

SOCRATE
sofisti:

143

abbiamo gi osservato nei


l

uno

spirito vigile di

critica,

un'abilit

nel

dialettizzare

talvolta

nel

sofisticare sulle tesi

che sono

in quistione, e in ge-

nerale tutte quelle attitudini alla schermaglia oratoria e verbale, che un Gorgia poteva desiderare in un suo discepolo. Cosicch talvolta accade, nel leg-

gere un dialogo socratico di Platone, di chiederci se


il

sofista

non

sia piuttosto Socrate

anzich l'avver-

sario che gli sta di fronte.

Ma

la

mentalit di Socrate, pur emergendo dalla


di

sofistica,

quanto poi

la

distanzia

non solo per


e pi
line
Il

l'intrinseca bont del suo contenuto,

ma anche

per

la

nobilt e grandezza degl'intendimenti!


si

dei sofisti
tici, si

confondeva con l'uso dei mezzi dialetesauriva nella schermaglia oratoria, che colla
il

sua vivacit dissimulava


riore.

vuoto e la povert inte-

attraversati
di

mezzi sono da un fine potente, che ne trascende gran lunga il valore: la conoscenza di s, la riIn

Socrate

invece, quegli stessi

cerca della scienza.

Questa profonda differenza la forza vitale del quanto crea quello squilibrio delle forze antagonistiche, che necessario allo spiegamento del metodo. Socrate interroga il sofista, o chi, pur senza averne il nome, ha la stessa mentalit: che pensi della giustizia? o della prudenza? o della saggezza? o della forza? e cos via. L'interdialogo socratico, in
rogato risponde in

modo

del tutto assertivo e

dom-

matico, guardando isolatamente la questione propo-

secondo l'immediatezza del suo punto di critica socratica investe questa immediatezza, mostrando come la questione di cui si tratta, per la mancanza di ogni coordinazione con le altre
stagli,

vista.

La

appartenenti allo stesso genere, s'impiglia inevita-

bilmente in contradizioni insolubili o

si

annulla nel

144

T,A

FILOSOFIA GRECA
tratti, p. es., di de-

corso del suo logico sviluppo. Si

dell'uomo ingiusto ('). L'interpellato risponde che ingiusto chi inganna, chi froda, ecc. Ma, obbietta Socrate, permesso ingan-

terminare

il

carattere

nare

nemici. Ecco, che l'incompleta esplorazione


e
la

dell'oggetto

mancanza

di coordinazione e diil

stribuzione delle sue parti, annullano


definizione
data,

valore della

ponendo l'esigenza

di

una

speci-

ficazione. Stretto dall'obbiezione socratica, l'interlo-

cutore corregge la definizione gi data: ingiusto


chi inganna gli amici.

Ma

urge ancora

la

critica:

permesso ingannare gli amici in talune circostanze, p. es., al padre che vuol somministrare un farmaco al figliuolo. Dunque, nuova correzione: ingiusto chi inganna gli amici, per nuocere loro, e cos via Questo esempio, meramente formale e irrilevante per
:
<

).

quel che riguarda il valore del suo contenuto, e per importante da un punto di vista logico, come seheina
del

metodo

socratico.
,

Oggetto delle critiche


dato in se stesso,

come

si

vede, non gi

il

ma

l'irriflessione

del dato, cio

l'assenza nel disputante, nel sofista, di quel principio interno e soggettivo di organizzazione che coor-

dina le parti dell'oggetto, svela i loro nessi mentali e trasforma quindi l'immediatezza sensibile nella

mediazione concettuale. Ci che distingue l'opinione del


la

sofista dal

con-

cetto socratico per l'appunto l'assenza nell'una e

come

presenza nell'altro della mediazione. L'opinione, la percezione sensibile da cui deriva, meramente immediata: sorge dal caso singolo e vale soltanto per esso; donde la sua estrema mutevolezza

(1)
(2)

Xenoph., Mernor., iv, 2, 14 segg. Altri esempi: sul concetto dell'amicizia,

Plat., Lpsis, 814 9

segg.

IV.

SOCRATE

145

ed

incertezza,

iene essa esprime.

costituito
i

e incerti sono i dati Nel concetto, invece, l'essenziale dai rapporti mentali che- il pensiero

come mutevoli

scopre tra

dati sensibili; rapporti che vincono la

[contingenza dei

termini, per la loro stessa natura

iintellettiva, insuscettibile dei

mutamenti
i

e della eor-

jruzione delle cose materiali. Cos variano e differiIscono tra loro infinitamente
singoli uomini,

ma

il

inquanto esprime l'essenza stessa :dei rapporti secondo cui la specie umana pensata, immutevole; variano all'infinito gli atteggiamenti
(concetto dell'uomp,
pratici e
le

valutazioni

dell'individuo,

ma

il

con-

cetto del bene, della virt, del giusto, del bello, ecc.,

sono insuscettivi di ogni mutamento.


nel

parimenti,
i

continuo variare delle cose sensibili,

concetti

dell'eguaglianza, della somiglianza, della grandezza,

esprimono relazioni stabili e fsse, rendono possibili le stesse variazioni. La mente dunque un principio che sottrae le cose, pensandole, alla contingenza del loro essere immediato; e cos opera in quanto sostituisce alla loro corruttibile materialit l' incorruttibile immaterialit dei rapporti che ne fissano l'essenziale e ne esprimono la legge invisibile e presente. Per noi che finora non conosciamo della filosofia che i primordi fino a Socrate, quest'opera della mente ha ancora alcunch di misterioso e d'incomprensibile. Ancora infatti non possiamo spiegarci come la sottile trama
della piccolezza,
e in

quanto

tali,

immateriale dei rapporti sia bastevole a reggere la


pesante materialit delle cose; e

come un prodotto

di

natura soggettiva e mentale possa esprimere integral-

mente
questo
la

la

materia caotica e oggettiva delle sensazioni.


in parte,

La metafisica platonica squarcer, almeno


scoperta socratica del concetto
G, de BbGiiBBO,

velo: per ora, accontentiamoci di accettare

come

il

miracolo
IO

filosofia greca,

146

L,A

FILOSOFIA GRECA

mente: miracolo che in noi e fuori di noi, che ne siamo gli operatori inconsapevoli, fuori di noi, dove una docile materia si adatta alla esigenza della legge, piegandosi nella forma dei concetti. Riprendendo l'esposizione del metodo socratico, dobbiamo aggiungere molte particolarit che danno
della
in noi
il

colorito

il

tono alla ricerca. La scoperta del


il

concetto con cui culmina


lisi

metodo, richiede un'anaci

assai lunga

approfondita, di cui non

un' idea per nulla adeguata lo


sto.

schema finora

espo-

Innanzi tutto,

le

due posizioni air inizio anta-

gonistiche, quella di Socrate che dichiara d'ignorare


e quella del sofista che

propria

tesi, si

coloriscono e

dommaticamente afferma la si drammatizzano con


:

la psicologia dei
rio, talvolta

personaggi
il

Socrate mite, bona-

umile verso

competitore, da cui finge

di

attendere con

piena fiducia la rivelazione del

vero; l'altro

gonfio, presuntuoso, irride

con

ar-

rogante saccenteria alle prime obbiezioni di Socrate,

che ritiene facilmente sormontabili.


dialogo
terreno,
gli

Ma

nel corso del

atteggiamenti mutano: Socrate diviene


il

pi stringente, pi aggressivo, e
si

sofista,
il

cedendo
discorso
le

turba, ricorre

a cavilli, tira

per

le

lunghe, finch, smascherato in tutte

sue

arti, costretto a

confessare la propria ignoranza e


iniziale.

e a ripudiare

il

dommatismo

questo

il

mo-

mento
la

dell' ironia socratica,

psicologica alla crisi


fase
risolutiva

che d una fine tonalit del falso sapere e rappresenta


il

della critica e

principio della

costruzione della scienza.

Da

questo punto, la ricerca

la stessa struttura formale del dialogo, con diverso intendimento. Socrate, dopo aver garbatamente e senza malignit sorriso dell'ignoranza dell'avversario, non si professa d'un colpo

procede con

ma

sapiente; egli continua ad affermare di non sapere,

IV.

SOCRATK

147

ma
la

si

dimostra in possesso di un'arte meravigliosa,


di

capace

estrarre dalla

mente

stessa dell'avversario

scienza vera che vi riposta nel profondo, e che


si

prima non
l'arte

palesava, essendo insuscettibile di una


('),

rivelazione immediata. Quest'arte la maieutica


ostetricia applicata alle facolt

mentali, che

aiuta

sapientemente

parti dell' intelletto e

alla

luce le creature del pensiero. In realt Socrate

non
con-

afferma, non generalizza, non costruisce

2 (

),

ma

tinua a interrogare, e interrogando avvia gradata-

mente l'interlocutore verso


getto in quistione, a isolare

la

meta

della verit, lo

spinge a esplorare compiutamente la sfera dell'ogi

generi e

le specie,
i

procedere da queste a quelli, utilizzando


volta a volta conseguiti e

risultati

mirando

oltre di essi col


i

procedimento della generalizzazione, a coordinare


concetti tra loro e a subordinarli
ai

pi generali;

insomma
crea tra

a tutto quel lavoro di disciplina logica, che


i

prodotti del pensiero intimi nessi e agili

articolazioni,

formando un

tutto organico di ci che

nella

rappresentazione

sensibile

era disgregato

frammentario.

Questo poderoso eppure svelto sistema l'ideale la sua solidit costituita dall'unione e compattezza di tutte le parti, per cui ciascuna ritrae la sua forza dall'unione delle altre; la sua sveltezza data dalla natura mentale dei nessi
socratico della scienza;
e delle articolazioni.

Con questa scienza

l'unit della

visione del

mondo

conseguita senza detrimento


l'unit

della pluralit e variet degli aspetti e delle forme

che

il

mondo assume, perch


quindi
si

mentale e

non

fisica, e

attua non riducendo


le sottoposto.

ma

po-

tenziando tutto ci che

(1)

(2)

Plat., Theail., 150 b segg. yovs 6t|u aocptag, egli dice, ibid.

148

LA FILOSOFIA GRECA

I momenti essenziali della scienza, che il proce dimento socratico rivela sono due: la definizione l'induzione ('), l'una che ne rappresenta l'aspetti statico, l'altra l'aspetto dinamico. La definizioni

coincide con l'idea stessa del concetto; essa l'in


il nesso ideale che ne ferma l'essenza immutevole ed eterna. Sar il merito di Aristotile dettar la legge da cui la de-

dividuazione mentale dell'oggetto,

finizione regolata e mostrarne tutto

il

valore og-

gettivo; Socrate ne ha fatto rilevare pi specialmente


il

valore soggettivo,

disciplina mentale,
rire le proprie idee

come mezzo di educazione come dovere spirituale di chiacon definizioni precise, che ne

ritraggono e ne fissano l'essenziale.

L'induzione socratica, poi, quella forma di argomentazione che dal particolare procede al generale, dall'individuo alla specie che ne contiene immanente la legge. questa la vera forza dinamica della scienza, che le consente di procedere dal noto all' ignoto, dalle verit conquistate alla conquista di nuove verit. Ma anche qui Socrate ha proceduto pi da empirico che da teorico: egli non ha formulato la grande legge intellettuale e non ha fatto che praticarla nei suoi dialoghi. Perci noi non possiamo dilungarci su questa scoperta, n mostrarne il profondo significato, n accennarne l'immensa portata: tutto ci sar il lavoro posteriore della filosofia, che giovandosi non poco della prassi socratica, formuler principii assai pi elevati di quelli onde Socrate era consapevole, data la sua mentalit storica. Ve nell'esempio vivo di tutti gli uomini che pi hanno contribuito al progresso mentale e morale dell'umanit, qualcosa che trascende di gran lunga la consapevolezza che essi

(1)

Arist., JMetapt., sin,

4,

1078 b 28.

IV.

SOCRATE

149

medesimi poterono conquistare del proprio lavoro. V' nella storia qualche cosa che par che trascenda la storia e si sottragga al destino che la circoscrisse
nel proprio

tempo
il

e nel proprio luogo.

>

il

caso di mostrare
risolva;

Non qui come questo paradosso storico

si

caso invece soltanto di distinguere

in

conformit di esso due momenti nella personalit


quegli uomini la cui opera pi palesemente di-

[idi

mostra l'esistenza del paradosso storico. Dall'esemii

pio particolare che ce ne

ha suggerito

l'idea, risa-

liamo dunque
I

a tutta la personalit di Socrate, che

varr a confermarcela.

C' un Socrate eterno, fuori della


dai limiti della mentalit greca; e

storia,

immune

antecedente immediato di
.

un Socrate storico, Platone. Questo secondo


il

lo

scopritore di quella scienza, che trover

suo

svolgimento in Platone, la sua codificazione in Aristotile.

la scienza

che muove dal soggetto e dalla

sua legge, ina che


.

oggetto,

una volta conquistato il proprio s'immedesima in esso e dimentica la proNoi intravvediamo gi l'essenza
di quella

pria origine.

scienza nei primi, felici spunti socratici: essa mira


;

a definire l'oggetto, a saldarlo coi nessi della logica,


e in

conseguenza crea tutta una impalcatura di formule e schemi logici destinati a immobilizzare, a

irrigidire l'oggetto del pensiero, a sottrarlo dal flusso

e naturale, che si rinnova perennemente nella percezione del soggetto e nella vita della natura. Il soggetto par che non abbia attinto la sua pi profonda intimit che per porsi i ceppi, per annullare la libert dei propri movimenti,
del divenire psicologico

ed eternandosi, rendersi estraneo alla vita.


L'attivit del pensiero

muore nell'immobilit
crearsi
nello

del

pensato;

la

scienza,

anzich
fa

sforzo

della ricerca, ivi

non

che palesarsi soltanto, giac-

150

LA FILOSOFIA GRECA
ab
aeterno.

ohe esisteva

Riflettiamo

infatti

sulla

maieutica di Socrate: essa mira ad estrarre dalle

mente dell'interlocutore
di

la

scienza che gi vi pree

sisteva e che per manifestarsi non avea bisogno che

un

abile ostetrico.

Son questi

germi del piato

nismo, che svilupperemo in seguito e che rappre-

sentano la parte

pi.

storicamente circostanziata del-

l'opera di Socrate.

Ma

c' un Socrate eterno. Egli l'anima dei diacolloqui. Socrate


il

loghi platonici, la mentalit viva che traversa e do-

mina gl'immortali
l'ostetrico,
egli rivelava

pensava

di essere
;

ed invece era
si

creatore della scienza


si

un sapere che

crea nei discorsi degli


atti-

uomini, che
vit,
si

svolge in forza della sua stessa

nel ritmo della disputa.

un sapere che non

la

modella sugli oggetti, ma ha in s la sua misura, sua legge, il suo criterio; che non si accresce

dall'esterno,

ma
la

si

svolge dall'intimo, dall'attivit

del

soggetto,

quale non preesiste alla propria

estrinsecazione,
essa
si
i

ma

si

crea con essa, e mediante di

potenzia. Questo sapere sar l'eterno modello

a cui

pensatori di ogni tempo ricorreranno per


le leggi del

ri-

cercar

pensiero puro, per svelare

il

mi-

racolo della soggettivit.


il

Socrate che ne stato

creatore diverr

il

Socrate eterno, non pi l'Ate-

niese dell'et di Pericle,

ma

il

simbolo dell'attivit

mentale, la personificazione dello spirito vivo della


ricerca scientifica.

Ma
tavia

il

Socrate storico e

il

Socrate eterno sono tut-

lo

stesso Socrate. Questo


l'attivit

trascende infinitai

mente quello, come suoi prodotti, ma ne


sarsi, la

mentale trascende

allo stesso

modo
limiti

inscindibile.
il

Appartiene all'essenza della personalit


forza
di
si

sorpas-

trascendere

del proprio
ol-

essere,

da cui

genera quello squilibrio che

IV.

SOCRATE!

151

itreraodo

nalit. Cos

fecondo nella formazione di nuove persoil Socrate eterno, attraverso il Socrate

storico,

fiche e s'incarner in

sopravviver nelle future generazioni filosonuove forme mentali, che pi


la vita.

intensamente ne esprimeranno
tutta
la

Qui,

storia,

lo

squilibrio
il

delle

forze,

come in non che

causa di perturbamento,
continuit storica.

fattore principale della

3.

La scienza morale.

Nella
si

esposizione pre-

cedente noi abbiamo isolato l'aspetto formale della


scienza socratica, che in realt

presenta con un
la

contenuto ben determinato. Questo costituito dalla


realt
riflette

morale dell'uomo; epper

scienza che

lo

disciplina etica delle forze, degl'impulsi,

delle passioni,

della vita

che formano l'atteggiamento pratico umana. Ma tale scienza non viene intesa
e indifferente

come un'astratta
forza

contemplazione del

contenuto morale: essa anzi mira a divenire una


organizzatrice di quel contenuto, cio a studiarlo e

ad analizzarlo, solo in vista del

fine di do-

minarlo e svolgerlo. La. sua divisa : sapere per


agire moralmente; senza un'intima conoscenza del

contenuto e del fine delle azioni, senza una coscienza


intellettuale del
lizza,

bene e del male che

in esse si rea-

ogni moralit della vita impossibile. La mo-

ralit stessa

dunque elevata

a scienza; e per con-

verso
tica.

il

sapere diviene forza motrice della vita pra-

Tale reciprocit costituisce quell'unit della e pratica, quella convergenza della speculazione e dell'azione, in che giustamente si fa
vita

teoretica

consistere

il

inerito

precipuo di Socrate e

la

con-

cretezza del suo insegnamento.

Ma
l'unit

purtroppo dovremo in seguito constatare che postulata anzich veramente raggiunta e

152

LA FILOSOFIA GRKCA
costituisce

che, se

socratica, riceve poi alla line

zione, per il ond' affetta

motivo iniziale della dottrina una inadeguata attuavizio d'un irrimediabile intellettualismo
il l'

intera dottrina.
l'illustrare la novit del
il

Cominciamo con
di

punto
in

vista socratico e

significato profondo del con-

cetto

della

moralit come scienza. Ci richiede

primo luogo un rapido cenno degli antecedenti storici del problema, che gi sparsamente conosciamo,

ma

che ora necessario riunire in pochi


Il

tratti,

per

meglio possederli.
concetto socratico della virt
il

come scienza

se-

gna

pi reciso contrapposto coi precetti della mo-

ralit

popolare che vigevano nel

mondo greco

di
la

quel tempo. Secondo quella


virt

moralit popolare,

un abito, una consuetudine, una tradizione; la bont una pratica delle azioni buone, consolidatasi in natura. Tale rappresentazione appartiene alle convinzioni popolari d'ognitempo: l'empirismo ingenuo non coglie l'atto dell'azione virtuosa, ma registra il fatto dopo ch' accaduto; e, quando si
fa a

considerare la disposizione soggettiva che vi

ci

conduce (la virt), non pu riguardarla che come un aggruppamento di quei fatti, o meglio, come
l'abitudine che risulta dalla loro ripetizione.

Questo falso concetto, consolidandosi con


presentazioni dell' indole, della natura
tuosa,

le

rapvir-

umana

pone

in

essere

uno specioso innatismo, che


all'agente, e

svaluta le azioni, toglie ogni merito


e disciplina dello spirito, con cui gli di

disconosce l'efficacia di ogni processo di educazione

uomini tentano
si

migliorare se stessi e di
(*).

diventar probi e virtali

tuosi

Se buoni
buoni fossero

si

nasce, se

per natura

(1)

Se

tali

per natura, esclama Socrate (in Plat.,

IV.

SOCRATE

15."i

come pu sperare di diventare buono chi non dall'origine? come pu l'educazione mutar l'indole? come l'atto isolato pu rompere la tradizione, l'abitudine? come si vede, le conseguenze
soltanto,
tale

della dottrina sono deleterie per la vita dello spirito.


Il

merito dei
;

sofisti stato di

sfatare questo falso


la

concetto
si

essi

per primi hanno affermato che


e si

virt

pu insegnare,
di

sono

offerti

al

pubblico nella
tecnica, un'abi-

veste

professori di virt.

Ma

che sorta di virt

era quella da loro professata?


lit di

una

padroneggiare destramente il caso singolo, e non un organismo di vita, un vero possedersi della
personalit in tutti
tera opera loro,
i

propri

atti.
si

Qui,

come
azioni

nell'in-

sofisti

non

son tenuti che alla


delle
in

superficie

della

soggettivit e

cui

questa

si

estrinseca.
il

Al contrario,
listica

concetto della virt

come

scienza,

nella formulazione pur ancora

monca

e intellettua-

datane da Socrate

('),

implica una

conside-

tra noi persone che farebbero conoscere quei natura buoni; e noi, dopo averli ricevuti dalle loro mani li porremmo in custodia nell'Acropoli, contrassegnandoli pi che non si fa con l'oro, affinch nessuno li corrompesse, ma, dopo
Mi'n.. 89
b)

avremmo

fanciulli che sono per

chi-

giunti a un'et pi inoltrata, divenissero utili alla citt.


1
1

L'affermazione che la virt scienza, e quindi insegnabile, non esente da incertezze e pentimenti in Socrate e in Platone stesso. Nel dialogo Prolagnra noi troviamo che, contro la tesi del sofista, secondo cui la virt insegnabile, Socrate propugna la dottrina opposta; ma nel corso stesso dela polemica le due posizioni curiosamente senza tuttavia che da questo fatto si tiagtra alcun deciij' invertono, sivo ammaestramento. Anche nella conclusione del Menone (99 a segg.)
I

ripresentala la stessa difficolt, e


la

vieti

risoluta in un terzo senso,

acquista n per scienza, ne per natura, ma si partecipa senza che ne abbiano coscienza coloro a cui si partecipa (X 8ei(j u.o(ga jrao a Y l Y vo M* v1 l lvev Vov, 015 lv jiaQaYtvvnrai). Tale difficolt insita al concetto stesso

che cio

virt

non

si

per un'influenza divina che

della virai come scienza, del che potremo renderci compiutamente conto quando avremo studiato l'etica aristotelica, che la risolve superandola.

154

'uA

FILOSOFIA GRBCA

razione pi approfondita e interiorizzata dell'azione

morale e della disposizione dell'agente. Essa implica


in

realt

una valutazione

delle condizioni di fatto

da cui sorge l'azione, e la presenza, nel soggetto, >li un principio di organizzazione, che coordina e
fonde i vari motivi, prospettando l'azione bene inquadrata nel concerto delle forze dell'agente e delle
circostanze in cui
dalla
egli
si

trova, e

come

risultante

sua intera personalit. Nell'empiria della coscienza popolare, l'azione slegata, priva di quell'intima finalit che pu risultare soltanto dalla sua
stretta

connessione con la personalit dell'agente:

l'individuo

in

balia, caso

per caso, delle circosi

stanze che l'adducono ad agire; egli non


nella propria azione,
glio

possiede

ma

posseduto da essa, o

me-

dalle

circostanze determinanti; mentre invece

nella dottrina accennata

da Socrate (anzi, nelle conseguenze ultime di essa, che Socrate forse non intravvide) la forza determinante delle circostanze ,
s,

riconosciuta,

ma

il

suo fatalismo vinto dalla

come risoluzione ideale della realt circostante, come interiorizzamento dell'esteriore, epper come principio di una determinazione tutta intima e mentale, (che altro non significa se non autodeterminazione). Qui dunque l'individuo si possiede
scienza,
nella propria azione, la quale
fatale delle circostanze,

non
il

pi

il

prodotto

ma

prodotto della sua

mentalit, della sua forza risolutrice e organizzatrice

del

mondo

esterno; e l'azione stessa non gli

pi quasi esterna e superficiale,

come

nell'empiria

che test consideravamo, ma come un organo del suo organismo, cio insieme cointeressata e cointeressante rispetto
all'unit,

saldezza,

coesione deldi esso; si-

l'organismo

spirituale.

Nell'organo infatti c' gi


solo

tutto l'organismo e

non

una parte

IV.

SOCRATE

155

milmente nell'azione c' tutto l'agente. E d'altra


parte,

come l'organo non

rispetto all'organismo,

qualcosa di meramente sovrapposto, di cui questo


possa fare a meno, senza esserne intimamente locato, cos

pure l'azione conferisce

il

proprio valore

all'intera personalit dell'agente, che, in


di essa,

viene accresciuta o diminuita,

ma

conseguenza in nessun

caso resta semplicemente quella che era.

Alla dottrina della moralit


era condotto da

come scienza Socrate


che insieme ne adconfini della dot-

due ragioni
i

('),

ditano
valerci

la

portata e

limiti,

e che quindi possono


i

come

criterio per

segnare

trina socratica.

La prima ragione

che, senza

una

giusta

conoscenza, un'azione giusta impossibile:

infatti, per sussistere, implica la conoscenza bene e del male. La seconda ragione che ciascuno non fa se non ci che crede di dover fare, o che giudica sia un bene per lui: nessuno volontariamente cattivo. Tale la massima socratica che, con una formulazione diversa, pu esprimersi col dire che la condotta cattiva coincide con l'igno-

questa
del

ranza. Qui coincidono,

termini: volontariamente e scientemente


d'altra parte
si

come

equivalgono

ter-

mini cattiveria e ignoranza;

di

modo che

le

due

massime, nella loro reciproca conversibilit, espri-

mono

quella indifferenza del teoretico

e del pratico.

che forma, come abbiamo detto, l'aspetto pi caratteristico della dottrina socratica. Il e

contenuto della scienza non che

il

bene scienza, bene; la con-

dotta morale dev'essere conforme al concetto;

ma

il

concetto non che

il

concetto del bene.

In questa reciprocit sta insieme la forza e la de-

bolezza della dottrina socratica.

(1)

V. specialm. Plat., Proiag., S58

e,

d; Men., 17

e, d.

156

LA FILOSOFIA GRECA

Innanzi tutto

la forza:

perch l'uomo per semdalle


i

pre liberato

dall'empiria,

incertezze di

una

condotta sempre oscillante tra

partiti e le direttive

che gli si presentano, e, per la coscienza che coni quista della razionalit della propria natura, non si applica pi immediatamente agli oggetti e ai dati
sono offerti dai sensi, ma, procedendo per ha di mira unicamente la finalit di un essere razionale. La vita sensibile, a cui l'empirismo ingenuo, privo com' d'ogni criterio, si affida ciecamente, perde qui quella sua forza fatale e brutale, che la sua stessa immediatezza e spontaneit le congli

che

concetti,

ferivano: essa trasformata e

come

trasfigurata nella

mediazione del concetto. L'uomo, pur tra i piaceri dei sensi, in quanto non cede all'urto brutale delle
passioni,
lit

ma

vuol darsi quei piaceri, come un'utila

ragionata e cosciente, non perde


finalit

sua dignit

sempre se stesso, non pi il bruto piacere: il godimento sensibile trasfigurato nel concetto ch'egli se ne forma, come di un mezzo per espandere la propria personalit, intensificare la propria vita: mezzo non unico, che anzi ha valore nel concerto degli altri mezzi che l'organismo mentale e morale, di cui fornito richiede, e a cui solo il concetto ch'egli si forma dell'unit armonica e complessa della vita pu attribuire il grado e il posto che gli spetta.
Queste
stretta

d'uomo. La sua

considerazioni valgono a spiegarci la compenetrazione del razionalismo e dell'eusocratico. Socrate


il

demonismo
trina
la

non disconosce

la dot-

che

fine delle azioni


la
il

umane

sia

il

piacere,

felicit,

anzi

sua etica spiccatamente eudelui

monistica:
razionalit

ma

piacere non per


il

l'immediato
e

piacere dei sensi, bens

piacere compreso nella

immanente

della natura

umana,

domi-

IV.

SOCRATE

157

nato dai
stinato
felicit,

fini

pi

alti

ed autonomi che l'uomo deIl

azioni,
stato

piacere cos compreso la non come scopo e movente immediato delle ma come conseguenza di esse, come quello
a realizzare.

tranquillo e beato dell'anima

che risulta dal

costante equilibrio delle forze spirituali, retto dalla

ragione che

le compenetra e ne regola gl'impulsi. La magnifica personificazione di questa dottrina


Il

data dal carattere stesso di Socrate.


la

Convito

platonico

pi efficace dipintura del filosofo in

un orgiastico banchetto. A pu destare in noi meraviglia l'incontrar Socrate in un tale ambiente; ma presto il suo comportamento ci rassicura che la filosofia non si contamina. Non gi ch'egli si sottragga al godimento; no, egli vuol godere, vuol darsi un'ora gioconda di vita, nel lieto conversare tra le tazze: ancora in
mezzo prima
al

tripudio di

vista,

questo troppo greco, per sentire l'imperiosa esigenza

Ma, nel tempo stesso, come altamente commensali, che son posseduti dal piacere e non riescono a possederlo, e dopo una lunga orgia cadono prostrati dalla stanchezza e dal vino! Egli intanto continua a bere e a conversare
della rinunzia.

sovrasta agli

altri

coi

due ultimi che ancora son capaci


si

di tenersi ritti;

finch, al cantare del gallo, vinti anch'essi dal sonno,


egli

leva, e poi

si

reca

al

Liceo, per iniziare

la

sua giornata

non diversa

dalle altre.

Un
di

bellissimo episodio del Con v'ito l'irrompere

Alcibiade ebbro nella sala, e

l'elogio di Socrate.

Anche

conto di lusinghe e di

il suo improvvisar da uno scabroso raclascivie, emerge incontami-

qui,

nata
la

sensibili e

di Socrate, che domina gl'impulsi giunge a disprezzar la bellezza, quando ragione ammonisce che l'appetirla turpitudine. Questo sereno equilibrio morale non tuttavia
la

figura

158

LA FILOSOFIA GRECA

che un aspetto solo del pi vasto equilibrio spirituale che si realizza merc la ragione e la scienza, che ne esprime la l'orza coordinatrice e regolatrice.

Lo sforzo costante
tutte
le

di Socrate di mostrare

come
e
si

virt,

il

coraggio, la
stretti

prudenza,

la

tempe-

ranza, ecc. ecc., hanno

legami tra loro

compenetrano l'ima con l'altra; e come l'idea stessa del bene, che le compendia, confluisce in quella del
bello, sotto
il

comune

presidio

del

vero. L'ideale

della scienza socratica cos t xaXv xyaOv, l'unit

somma

del

bene e del

bello,

l'armonia

suprema

della vita.

notevole osservare come Socrate, che abbiamo veduto all'inizio isolato e solitario nella vita greca, poi nella pi grande intimit della sua opera, profondamente greco. La riflessione su se medesimo, il yv(8i oowtv, non giunge ancora in lui a quella fase matura che cagioner in Platone un dissidio e una discordanza di forze spirituali. almeno, il dissidio soltanto iniziale, ma si appiana per via e si risolve in una concezione finale dell'equilibrio dello spirito, che coincide con quella valutazione della vita che
propria della mentalit ellenica, nel suo periodo
classico.

Qui dunque, nell'apprezzamento di tutta l'opera


di Socrate, noi ritroviamo quella stessa parabola che

abbiamo osservata nel processo

della scienza, che,

movendo
cio

dalla soggettivit finisce nel suo opposto,

in una forma di oggettivit ideale e mentale. Questo momento negativo della scienza socratica ci resta ora ad analizzare compiutamente, per intendere l' importante passaggio, e scoprire l'addentellato del platonismo.

Abbiamo
siste nella

gi detto che la forza della scienza concoordinazione che essa offre delle attivit

IV.

SOCRATE

1!I

teoretiche e pratiche, nell'unita


Afa
il

armonica della
il

vita.

suo debole sta nel formalismo irrimediabile


il

ond' affetta,
si

quale consiste in ci che

concetto

esteriorizza troppo nella funzione del coordinare,

perdendo quella pi centrale dell'interiorizzare i suoi ciati. Il soggetto non fa che comparire sul limitare del mondo socratico, per poi scomparire subito, annullato nell'oggettivismo del concetto della scienza
e del bene.

Se noi in
crate

effetti

analizziamo

le

ragioni da cui So-

era indotto alla sua dottrina morale, e prinla

cipalmente
e del

prima, secondo la quale l'azione giusta

per sussistere ha bisogno della conoscenza del bene

concetto della

male, troviamo che in essa non c' tanto il scienza come scienza di s (come

autocoscienza),
trina

ma

c' piuttosto lo spunto della dot-

platonica delle

idee:

cio

quella

conoscenza

postulata intesa
sistente,
e

come conoscenza di un bene preenon come creazione di un bene ad essa


Il

immanente.

bene, non che intimo alla scienza,


il

le

trascendente, e

criterio della condotta,

che pa-

reva conquistato con l'unit della scienza e della moralit, invece spostato all'infinito, in una realizzazione, che

non pu essere mai compiuta,


il

di

un

trascendente.

Che

il

foco,

centro di convergenza dei due consi

cetti, sia in

realt spostato all'infinito,


si

vede chia-

ramente, se
scienza che,

considera

il

carattere di quella scienza

che destinata a realizzarlo. Essa appunto quella

come abbiamo

detto, trover la sua con-

sacrazione finale nella logica di Aristotile, e che pre-

tende

di esaurire col

oggetto, e perci

mente

la

suo contenuto tutto il proprio a estendere indefinitapropria sfera nello sforzo impotente di ab portata
le

bracciare tutte

determinazioni dell'oggetto stesso.

160

LA FILOSOFIA GRECA
la

Noi

vediamo

in atto nel dialogare socratico, privo


|

sempre
sto,

di conclusioni definitive,

quando

si

tratta di

determinare
lorch

la sfera dei concetti del

buono, del giu-

dell'onesto, che per definizione illimitata, alil

buono

il

giusto e l'onesto non sono colpiti

nel loro centro, nella soggettivit intesa

come volont

buona
in

),

ma

soltanto nella periferia, cio nel com2

plesso dei cai-atteri e delle note di cui consta la bont


se stessa, la giustizia, ecc.
( ).

l'uomo che,

nel-

l'attuazione del principio socratico, dovrebbe vedere


l'azione sgorgar dalla conoscenza, resta invece inattivo,

inutilmente impigliato nella rete delle distin-

zioni

meramente concettuali

e nel

vano compito
i

di

volere esaurire con la sua scienza tutti

caratteri

che

la propria

azione dovr possedere. L'equazione

dell'idea del bene

non potr trovarsi che all'infinito, come all'infinito spostata l'idea stessa del bene; ma un contatto spostato cos all'infinito non produce

che dissimula tanto dissidio, non genera l'azione morale


scintilla: l'indifferenza di teoria e pratica,

come convergenza
vano formalismo
mente, con
la

dei

due momenti, ma soltanto un

scientifico e intellettualistico, espri-

vanit del suo gioco, lo sforzo dispe-

rato dell'assunto.

La

dottrina socratica, che nel suo principio cos


si

attivistica,

risolve, in

ultimo, in

un mero

intel-

lettualismo.

Le manca quell'intima

virt dialettica,
le

che fonde

le

opposte determinazioni concettuali, e

precipita in azione, vita. Questa


dell'errore e del male.

mancanza

si

rivela

ancora nella determinazione socratica del concetto


11

principio dell'identit di

(1) (2)

Questa indagine s'inizia con


il

la filosofa cristiana.
;

V. tra l'altro, Plat., Men., 74 a segg.

il

Lochete, dove resi

indeterminato

concetto dell'dvQsta,

IV.

SOCRATE

161

morale e scienza, oltre che sul criterio positivo acsi fonda sul criterio negativo, che nessuno fa volontariamente e scientemente il male; donde si
cennato,

deduce che il male pura negativit o ignoranza. Questa dottrina costituisce certo un gran passo nella
risoluzione del

possibile

soltanto

problema metafisico del male, la quale a patto che il male s'intenda

Ma il non-ente socratico affatto ogni forza dialettica: l'ignoranza che lo pone in essere non quella coscienza dell'ignoranza
come un non-ente.
privo di
intravvista da Socrate
bruta,

come

principio di scienza;

ma

opaca ignoranza; qualcosa dunque di assolutamente irriducibile, che cade fuori del processo
spirituale

in

cui la scienza

si

crea

fuori dell'attivit creativa del

('). Cos il male bene; non quella

passivit contro cui lo spirito lotta e di cui trionfa,

ma

alcunch d'irrimediabile,

come un peccato
Il

originale che ciascuno porta con s.


attivo e fecondo,

dialettismo

che Socrate instaura all'inizio del


raffredda e
si

suo filosofare,
la

si

ammorza per

via, e

speculazione socratica termina infine con la negazione pi completa di esso. La filosofia dopo So-

ci)

significati del concetto dell' ignoranza. Innanzi tutto,

Nella stessa filosofia socratica ha luogo la distinzione dei due l' ignoranza, come

coscienza che l'uomo ha di non sapere, principio di scienza, in quanto


!

trasfigurata dalla coscienza, che la converte in un'ansia, in un bisogno di apprendere, di colmare il vuoto spirituale. Ma v' inoltre .un'ignoranza greve, spessa, senza coscienza di s, insuscettibile di
|

elevarsi a scienza; in effetti

gfl'

ignoranti non

amano

la sapienza,

desiderano divenir sapienti; perch l'ignoranza ha questo di male che chi non onesto n saggio, erede tuttavia di esserlo; infatti non desidera quelle cose di cui non
si

crede privo

(Plat., Conv., 204


il

a).

Dal

primo concetto dell'ignoranza, Socrate fa scaturire


i

concetto della
filosofi

filosofia.

Nessuno filosofeggia

tra gli di, o tra coloro che gi posseg-

gono
j j

il

sapere; n tra coloro che sono affatto ignoranti:

sono

invece quelli che, essendo coscienti della propria ignoranza, aspirano


al

sapere.

nel termine stesso di filosofia espressa quest'aspira-

zione che non

mai un pieno

possesso, ina tende sempre a divenirlo.

G. de Ruggiero,

La

filosofia greca.

11

162

LA FILOSOFIA GRECA

crate dovr compiere

un lunghissimo, secolare camal

mino, per giungere

completo riconoscimento del

principio socratico, e per leggere nella scienza va-

gheggiata da Socrate come unit di teoria e pratica, Conosci te stesso dell'oracolo. il

Fin qui abbiamo parlato della propriamente speculativa dell'opera di Socrate; ma c' una somma d'insegnamenti di carattere etico, politico, religioso, che non rientra nelle linee di un sistema filosofico definito, ma che forma
4.

La morte.

parte pi

tuttavia

un

lato assai caratteristico di quell'opera,

e giova a individuar meglio la figura di Socrate e

l'atteggiamento di lui nella fase culminante della


propria vita.
Il

pensiero religioso di Socrate semplice e chiaro.

Egli ha in vista in particolar


vile e sociale della religione;

modo la funzione ciepper afferma la neessi

cessit del culto, e

non

si

discosta dai principii tra-

dizionalmente accolti sugli di e sull'omaggio a

dovuto dagli uomini (*). Nondimeno, talvolta egli si eleva alla concezione dell'unit divina, che per riesce a conciliare col politeismo, riducendo gli di multipli alla funzione di strumenti del dio unico. Pi importante il suo pensiero politico. Le considerazioni sulla citt e sul governo di essa ricorrono continuamente nei dialoghi socratici; la loro nota dominante si compendia nel seguente ricordo di Senofonte. Ad Aristippo che gli diceva di non voler essere nella condizione n di chi comanda, n di chi serve, ma in una condizione intermedia di libert, sciolto da tutti i vincoli del cittadino, Socrate dimostra l'inferiorit di questo ideale, rispetto alla
Xknoph., Mem.,

(1)

IV.

SOCRATE
perch
leggi, in
il

163

vita concreta del cittadino,


libero,

preteso

uomo

non protetto dalle


malvagit
Egli
(*).

balia degli ar-

bitrii e delle

altrui,

finirebbe
di

soccombere

dunque ha

sempre col mira specialmente


la

l'aspetto pratico delle leggi e la loro utilit per

convivenza sociale;
il

ma

al

tempo

stesso ne riconosce
i

valore assoluto ed eterno,

affermando contro

sofisti,

che distinguono
e di

il

legittimo dal giusto, l'iden-

tit

del legittimo

del giusto:
2

un principio

oltre-

modo fecondo
di

obbedienza
tutti

( ).

Vissuto in un tempo
bi-

democrazia, quando
diritti

erano propensi a ricoil

noscere

anzich doveri, Socrate sente


alla

sogno d'insistere su questi assai pi che su quelli,


e

di

risalire

loro

fonte

cui esalta l'importanza,

suprema, lo stato, di mentre l'imperante demafunzione


e
il

gogia

ne ottenebrava

la

carattere.
la

La sua mentalit
un governo

politica in antitesi

con
al

demo-

crazia; egli vagheggia un'aristocrazia degl'ingegni,


di competenti,

che subentri

governo

delle caste o del popolo.

Lo sviluppo

di queste idee

ancora incerte e frammentarie sar la Repubblica di Platone, il cui presentimento dato, oltre che dall'affinit delle idee,

anche
i

dall'

intonazione con cui


pi
ri-

sono espresse: mentre


tardi Platone,

sofisti

miravano a una scienza


lo stato, Socrate, e

che permettesse di dominar


formarlo.
il

mirano invece ad una scienza per


qui,
il

Anche

filosofo sta al sofista,

come

legislatore al

demagogo.
si
i

Precetti pi minuti, che

traggono dall'insegnadoveri particolari del

mento

socratico,

concernono

cittadino, le regole della condotta morale, tra cui pri-

meggia questa: che

meglio subire

il

male anzich

(1) (8)

Mera., u,
Id.,
iv,

1.

12 segg.

Ifi4

LA FILOSOFIA

(5RPJCA

farlo; e, fattolo,

meglio soffrirne

la

pena che restarne


2 (

impuniti

);

il

valore dell'amicizia

);

l'educazione

dei giovani; e tutta la

minuziosa casistica, volta a

mostrare la finalit umana in tutte le cose del mondo il graduarsi delle utilit che gli uomini possono

conforme ai fini della loro natura. ancora una teleologia ingenua e irriflessa quella di cui Socrate fa uso: essa non giunge alla finalit interna
realizzare,
e

immanente
che

delle cose,
gli

ma

al fine esterno dell'utile


Il

(xqtjctiuov)

uomini possono ritrarne.

pensa-

tore che era stato sordo a ogni altro interesse mentale

che non concernesse l'uomo, dimostra anche qui la medesima predilezione, forse con poca levatura speculativa, certo con molta assennatezza e forza di persuasione di fronte agli uomini ai quali parlava, pi
facilmente propensi a riconoscere la finalit e
l'ar-

monia del piccolo mondo


di pensatore,

della loro vita quotidiana.

Riflettendo su questo mite e bonario

temperamento pu ora sembrare strano il tragico deera riserbato dalla sua stessa citt,

stino

che

gli

ch'egli tanto

amava. Una sorda


il

ostilit e

un

astioso

malcontento per
le

suo atteggiamento, pi che per

sue dottrine,

che gi da tempo serpeggiavano

negli

animi, presero alla fine corpo nella pubblica

accusa promossa da un tal Meleto, a cui si associ un secondo accusatore, Anito. Lo incolparono di corrompere i giovani, (xovq vou; oiaqpOeiQEiv), di renderli

dispregiatori

delle

leggi

della famiglia, di

distruggere la religione della citt, e quindi di sovvertire


le

basi

della

vita pubblica.

Il

contegno

di

(1) (2)

troversa, da decidere nel senso dei

Plat., Gorg., 469 b segg. Xevoph., Mem., li, 6, 35; Plat., Crit., 49 a segg.: quistione conMem., dando per socratica la forfar

mula

del

bene agli amici

male

ai

nemici; opinione confortata

.a\V Eutidemo platonico.

IV.

SOCRATE

165

Socrate innanzi ai giudici fa tale da togliere ogni


possibilit
dersi,

di

clemenza:
la
l

al

principio voleva difen-

ma

poich la difesa implicava la sconfessione

della

propria opera,
lo

voce

pi.

intima

della

co-

scienza glie
stessa
e

viet

( ).

Quella voce, per la forza

della plastica rappresentazione, che accentua


in

pone

rilievo tutti

e dell'opera di Socrate, riceve

essa

il

8aiu.viov,

il

momenti spirituali della vita una personificazione: demone, il consigliere delle ore
i

e delle decisioni
fa

pi gravi,

il

cui monito severo

si

udire

pi volte nella vita di Socrate. Qual'


lo

la

natura di questo demone? Noi


crate stesso:

chiederemo a Soper
lui

demone

in generale

un essere
e

intermedio tra l'uomo e dio, inferiore alla potest

sovrana

di

questo, superiore

all'efimero

contin-

gente potere umano. Probabilmente da riconoscer-'


qui un influsso della dottrina orfica che fa dell'anima

umana

per l'appunto un demone, un essere divino


socratico conserva, rispetto alla per-

che alberga nel corpo senza confondersi con esso.

il

demone
di

sonalit

empirica di Socrate, quella nota di estramistica trascendenza, che trova la sua

neit e

spiegazione nella misteriosofia.

Questa voce, dunque, imped a Socrate

di difen-

dersi; le sue dichiarazioni nel consesso dei giudici

popolari non fecero che ribadir l'accusa e inasprire


i

giudici.

Il

criterio della sua discolpa

si

compendia

da lui data a Erraogene che gli chiedeva: perch non pensi alla tua difesa? Non vedi, rispose, che vi ho pensato tutta la mia vita, vivendo onestamente? ( 2 ). Di qui, la condanna a morte che, forse, con un pi remissivo contegno, gli sanella

risposta

gi

(1)

Xevoph., Mem.,

v, 6, 5.
3.

(3)

Xk.moph., Apolog.,

166

LA FILOSOFIA GRECA

rebbe stata risparmiata;


volle sottrarsi,

ma
la

a cui egli stesso non

preferendo

morte, anzich, men-

dicando una vita pi lunga, guadagnare una vita peggiore della morte (').

Una
rante
di
il

legge che vietava le esecuzioni capitali du-

tempo in cui si compiva il viaggio votivo una nave a Delo, ritard di un mese l'esecuzione

gione, continu a vedere

condanna. In questo tempo, Socrate, in prisuoi amici pi fidi, e a i discorrere, come per l'addietro, con essi. A Critone che gli offriva i mezzi di sottrarsi, fuggendo, alla morte, egli rispose confermando ci ch'era stato la costante divisa del suo insegnamento morale: la necessit di obbedire alle leggi della patria, anche a costo dell'estremo supplizio. L'uomo che si sentiva affatto immune di quelle colpe che gli avevano attribuito, non si credeva per ci stesso in grado di
della

elevare la propria coscienza a giudice dei giudici


ateniesi, convinto

com'era dell'assoluto valore

so-

praordinato dello stato di fronte all'individuo.

cosi

confermava eroicamente
subire
l'

il

suo principio, che meglio


ter-

ingiustizia anzich farla.

Liberato dalle ansie e dalle preoccupazioni

rene, in quegli ultimi giorni di vita egli pot rivolgere

l'animo purificato ancora una volta


dello spirito ch'erano stati
il

ai

grandi problemi

tema costante dei suoi

colloqui. Platone, con devota piet di discepolo, ce


lo
l'

rappresenta, nel Fedone, intento a discorrere sul-

immortalit dell'anima, nel suo ultimo giorno: melui

ditazione propizia alla tragica ora imminente, per

spegneva con serenit nella fiducia del nuovo giorno, per gli amici che con animo meno oppresso
che
gli
si

chiusero

gli occhi, poi

che

la cicuta,

lentamente

(1)

Id., 9.

IV. SOCTt.VTE

167

irrigidito

il

corpo, n'ebbe impietrito lo sguardo. Era


a.

l'anno 399

C,

il

sottantesimo della sua vita.

Al commosso ricordo di due segnaci, Platone e


Senofonte, dobbiamo
i

due

scritti

apologetici intorno

a Socrate, che ancora possediamo. L'Apologia di Senofonte, unita all'altro scritto, / Memorabili, ribatte minutamente tutte le accuse: l'Apologia d Platone invece mira a scagionare il filosofo principalmente

dall'accusa d'irreligiosit, ed molto notevole per-

ch riproduce
rilievo

le

varie fasi del dibattito, e pone in

l'atteggiamento di Socrate attraverso di esse.

Mi. per quanto validi siano gli argomenti dei due


difensori,

non

si

pu negare che
stato.

giudici giudicas-

sero con retta coscienza, secondo ci ch'essi repu-

tavano

il

bene dello

V'era nel principio della

speculazione socratica qualcosa che profondamente


contrastava con lo spirito dell'antica vita greca. Era
il

concetto stesso della critica, della scepsi, del dubil

bio; era

concetto della scienza

come opera cosciente

del soggetto,

che non poteva non intaccare la trail

dizione, l'autorit,

costume, basi dell'antica vita

non svalut la religione popolare, non corruppe i giovani, non tolse prestigio alle istituzioni ma forse coloro che lo condannarono intravvidero nell'opera sua i germi di una dissoluzione
pubblica. Socrate
;

nella vita della citt.

Ma
sofisti,

in verit, questa

si

faceva gi strada, e per


nel

molte altre vie; gi ampiamente preannunziata dai


e poi intensificata

crazia; e fu

questa
si

la

vera

follia

governo della demodella condanna,


gi
si

per cui essa

ritorse contro quegli stessi che l'ave(*).

vano pronunziata

In un

mondo che
avverava

dissol-

(1)

Cosi in un diverso senso

si

la profezia di Socrate,

nell'Apologia di Platone.

168

LA FILOSOFIA GRECA
I

veva,

si os condannare per timore di un dissolvi mento! Ma, se anche folle, non priva di grandezza quella condanna, che assurge al significato di una

tragica linea di confine tra due periodi storici, se


vero che con Socrate moriva quella stessa Atene,

che nella forza della grandiosa tradizione aveva


posta tutta la sua potenza.

rij

Non

colpa dei giudici se, oltre

tivi e dissolvitori

dell'opera di Socrate,

momenti nega non seppero

intravvedere
morte.
in
si

nuovi aspetti positivi e ricostruttivi emergenti da quelli; e se, ignorando, decretarono la


i

primi avevano radice in un passato certo,

del quale era possibile condannare; gli altri appuntavano in un ignoto futuro, che non era dato alla mente di quei tardivi conservatori d' intrav-

nome

vedere.

Ma

se

primi costarono a Socrate la vita,


i

gli altri gli

guadagnarono l'immortalit presso posteri, nei quali quel futuro and germogliando via via come un presente ricco d'una vita inesauribile.
5. I

SocRATicr.

una larga azione


e
il

sui

L'insegnamento contemporanei

di Socrate
;

ebbe

ma

in Platone

soltanto trov la propria continuazione speculativa

conseguimento delle pi immediate esigenze meNei pi modesti scolari, invece, s'innest in alcune correnti d'idee gi preesistenti, dando luogo a sistemi filosofici, che, se pure son fuori della grande linea speculativa culminante in Aristotile, contengono tuttavia molti spunti d'idee ancora immature, di cui si gioveranno i pensatori post-aritafisiche.
stotelici.

Tra

gli

amici pi
lo slancio

fidi di

Socrate, lo storico Seno-

fonte ne interpret essotericamente la dottrina, pa-

ralizzando
rismi

speculativo in massime e afoi

morali, che

compendiano

risultati

delle

ri-

IV.

SOCRATE

169

i^nlie socratiche, avulsi dal procedimento della loro


lista;

Eschine non ebbe


filosofo;

le

qualit mentali che

l'ormano

un
nei

Simmia

Cebete

restano al-

l'ombra della figura di Socrate, interlocutori alquanto


passivi

dialoghi,

senza notevoli caratteristiche

proprie. Di

gran lunga pi importanti sono Euclide,

Fedone, Antistene, Aristippo, creatori delle quattro


scuole filosofiche che ora esamineremo.

La scuola di Megara ebbe per fondatore Euclide Megara, da non confondere col matematico, posteriore di pi di un secolo) amico e ammiratore di Socrate, a cui sopravvisse per molti anni. La sua
(di

familiarit

con

la

dottrina eleatica l'indusse a svi-

luppare nel senso di questa la filosofia di Socrate.

Morendo

dal postulato socratico di

una scienza

fon-

data sui concetti, egli critica la veracit dei sensi, e

afferma che solo


tanto lui che

il

pensiero

ci

fa

conoscere l'essere
questo
principio,

vero e imrautevole. Nel fondare


i

giovano non poco della dialettica eleatica. Diodoro Crono, polemizzando contro il concetto del divenire, ripristina gli argomenti enoniani contro il moto. Lo stesso svolge il principio posto da Euclide: che la potenza non esiste se non in quanto si esercita, e cio che il solo reale possibile ('); mentre il mero possibile senza realt e insieme non : una contraddizione che la logica parmenidea denuncia come incompatibile col pensiero ().
suoi seguaci
si

Tatto ci nello spirito della Pi nuova

filosofia presocratica.

invece

la critica iniziata
il

contro la stessa

logica socratica

da Stilpone,
si

rappresentante pi

eminente della scuola, che

collega a Euclide at-

ti)
(Sj

Arist., Metaph., ix,


V.
sii

3,

lOtt;

h 30.
ir

Diodoro, Epitteto, biss.,

18,

18; n,

170

LA FILOSOFIA GRECA
il

traverso
sibilila

suo maestro Trasimaco. Egli nega


unire, nel giudizio,
il

la posi
il|

di

soggetto al predicui concetti sonc

cato, per la ragione

che

il

concetto dell'uno diversa


i

dal concetto dell'altro; e due cose


differenti

non possono essere dichiarate una solj cos;i (M. Qui Zenone veramente rammodernato; non pi il vecchio Eleate che combatteva contro la fisica ionica e pitagorica: ma una personalit nuova che ha di fronte il dinamismo logico che si
fa strada attraverso l'opera di Socrate col principio

della

sintesi

mentale del giudizio, e vuol combat-

terlo in pr dell'immobilit del pensiero e del reale.

In una scuola d'indirizzo cos spiccatamente elea!


tico,

facile spiegarsi che sia riccamente fiorita la

dialettica, e

con essa

l'eristica,

che n'

la

degene-

razione: ne fece largo uso particolarmente Eubulide,


di cui

son ricordate nelle fonti molte sofistiche argomentazioni ( 2 ).


di

Tutto questo logico armeggio rivolto al fine dimostrare criticamente i predicati parmenidei che
per
altro

dell'essere,

viene

inteso,
il

conforme

all'indirizzo etico di Socrate,

come

bene. Quindi

non v' che un bene, immutabile, incorruttibile, simile sempre a se stesso ( 3 ); e questo unico bene chiamato con pi nomi: ora saggezza, ora dio, ora mente (';. Il carattere eleatico del principio morale
induce inoltre
di
i

megarici a negare ogni molteplicit


ira-

beni e spiega la loro conseguente tendenza a


la

mobilizzare l'uomo e ad isolarlo dalla vita:

com-

pleta apatia del saggio l'ideale della loro dottrina.

(1) (2)

Plot., Adv. Colot.,

22,

1,

p. 1119.

Dioc,

n, 10S segg.
esset

(3) Id bonum solum esse dicebant quod per idem. Cic, Acnd., ir, 42, l'29.

unum

et

simile et sem-

(4)

Diog.,

li,

10G.

IV.

SOCRATE

171

i
li

Con che essa va a confluire nel cinismo, come del


resto ci rivela la stessa storia esterna della scuola:

con Stilpone infatti la


la

filosofia

megarica converge

3:icon

scuola cinica.

Ma

Stilpone inoltre, media-

tamente, l'autore di un pi ampio allacciamento di


scuole,
:

come maestro

confluire questi

del grande Zenone, che far due rami del socratismo nell'ampia

corrente della filosofia stoica.

Le stesse tendenze di pensiero


il

si

osservano nella

scuola di Elide e d'Eretria, cos chiamata perch fu

fondata in

Elide da

Socrate, e poi trasportata a

Fedone, seguace prediletto di Eretria da Menedemo.


per la propugnata libert
essa

Per l'accentuazione data alle dottrine etiche, a pre;

ferenza delle logiche, e


delle

opinioni

religiose,

prelude all'indirizzo

della scuola cinica, di


e notevole.

gran lunga pi caratteristica

Fondatore di questa l'ateniese Antistene, legato


a Gorgia prima che a Socrate, suo maestro dell'et
pi matura. Tale
il

parentela spirituale gi

ei

rivela

carattere della transazione speculativa da lui ope-

rata. Sofisticamente egli

intende

il

concetto socratico,

maestro per conquistare con le facolt del soggetto l'oggetti vita, e spiegando il concetto non pi come l'essenza delle cose, ma come la riflessione soggettiva dell'uomo sulle cose: donde un certo accenno di nominalismo, in quanto il concetto, come opera di postuma riflessione del
sconfessando
lo sforzo del

pensiero sulle cose,


generale.
tone:
T

si

risolve

in

un mero nome
8.

celebre

il

motto di Antistene contro Plaovx QCO ,

il

IRdTCOV,

UTCJTOV H-V Q), JtJtl]TCl

vedo

cavallo e non la cavallinit;

ma
ti

non

men
gli

celebre l'arguta risposta di Platone:

mancano

occhi per vederla!

Da

queste premesse, Antistene

172

LA FILOSOFIA GRECA
il

1
la sofistici
1

ripercorreva a ritroso
sia

cammino verso

negando, con Stilpone.

la possibilit di

unire

predicato al soggetto, sia ritenendo che, siccome ci scuna cosa vuole il suo nome ed imparagonali con ogni altra, impossibile il disputare, non p tendo incontrarsi domanda e risposta ('). Di qui l'u teriore conseguenza che non possibile l'errore. Questa critica non ha, del resto, come quella m<
garica,
il

significato

il
i

valore

positivo
della

di

volt

fondare dialetticamente

principii

moralit

ma
di

piuttosto l'indice di

uno svalutamene e qua*


verso
l'attivit

un disprezzo della

filosofia cinica

teoretica dello spirito, e quindi solo un'istanza

gativa in pr del suo

moralismo. Ogni sapere eh

non

sia

tica vien

immediatamente asservito ai fini della pra combattuto; una stessa severa condann
le

coinvolge
arti,

ricerche logiche e fisiche insieme con

anzi dannose alla vita pratica Questa negazione iniziale dell'etica cinici ricev< il complemento di nuove, pi profonde negazioni. I nella logica stessa della soggettivit, che, una volti isolata da tutto ci che non conferisce alla sua im mediata realizzazione, la sua opera si compendii ir una continua rinunzia e circoscrizione della propria sfera. L'esempio stesso di Socrate ci mostra il filosofe che si rende estraneo alla vita, si isola nel proprio mondo interiore, indifferente a tutto ci che lo circonda. Ma in Socrate lo squilibrio iniziale della soggettivit si annulla in un profondo equilibrio mentale e morale, che ha le sue radici in quell'oggettivit che la costante aspirazione del suo pensiero; nei cinici invece, le cui vedute sono pi ristrette e nei
inutili e

come

quali assai scarso

il

senso del reale, lo squilibrio

(1)

nf]

evai vTiXyeiv, Arist., felaph.

IV.

SOCJJATB

173

accentua, e con esso la stranezza della loro condotta pratica, di fronte alla vita del tempo. La sola determinazione positiva della moralit
!

r.i

^n

';|jon

una reminiscenza socratica: la virt coincide ed , come per Socrate, tSaxtrj ( ). assai pi restritVla la determinazione del bene iva: non v' altro bene che la virt, altro male jihe il vizio; e ci che non n vizio n virt ndifferente (d5idcpoQov( 21 ). Il concetto del moralmente indifferente avr una grande importanza nella filoifla stoica e sar allora da noi esaminato; ma gi una forza notevole di selezione e fin d'ora esso l'isolamento per la personalit. Dal concetto che 'l'uomo non possiede di veramente proprio se non beni dell'anima, segue una piena indifferenza verso ile cose esteriori: onore e disonore divengono cose vane; la stima degli uomini un male; indifferente
essi
la cfpvncag,
1
i

'

altres la

morte; saggezza invece liberare l'anima


interiore

Ida

queste vane preoccupazioni. Sorge cos dalle pridello


spirito,

vazioni quella letizia

che

coscienza della propria autarchia, del sereno, e libero


possedersi

dell'anima

quelle cure e
la

in se medesima, scevra da da quei bisogni, che valgono solamente

turbarla.

La
della

stessa indifferenza viene affermata nei riguardi


vita

pubblica.

jinveste soltanto le leggi, per cui


al

La negazione pi immediata si d come compito


lo stato

saggio di amministrar

non secondo

le leggi,

secondo le norme della virt ( 3 ); per l'aspirazione pi intima la negazione dello stesso stato, l'ideale cosmopolitico ( ). E questo il pensiero di Dio-

ma

(1) Dior,.,

vi, 10,

13.

(2) Id., (S)

104, 105.
11.

Diog., vi,

(4) Id., 63.

174

LA FILOSOFIA GRECA
di Sinope, lo

gene

strano e angoloso
i

personaggio'
il

popolarissimo presso

greci, che gli diedero

beni}
i|

appropriato

nome

di 2(oxQdtr)q piaivp,8vog, nel

quale

rigorismo etico della scuola giunge alle sue estremi!

conseguenze.

Con

lui

il

fraintendimento dell'autarchia, che nor

isolamento del soggetto,

ma

autopossedimento nelh
f

realt esteriore, spinto alla negazione della vita


alla

mondo. Veri cappuccini dell'antichit, come giustamente li chiama lo Zeller, gli ultimi cinici vivono da poveri, mendicando; la
rinuncia completa al
loro cura di sopprimere tutti
i

bisogni

artificiali,

ridueendo a un minimum irrisorio le necessit della vita. Essi rinunciano al vivere sociale, e fuggono perfino .la famiglia, come dura servit. Misero vestigio di libert questo ideale monastico della vita, nou in servigio d'alcun dio, ci che dar un significato al mistico eremitaggio medievale; e vagheggiato in

un principio la soggettivit che vi ripugna totalmente, avendo per sua finalit la masforza di

sima espansione della vita!

Tra gli ultimi cinici si ricordano Crates di Tebe, contemporaneo di Teofrasto, che convert al cinismo la moglie Ipparchia e il cognato Metrocle; Menedemo e Menippo, col quale ultimo il cinismo come scuola e non come atteggiamento muore nella satira, di quel yvog 0irouSoi<A.oiov, che fu cos caro al

mondo

latino.

La scuola cirenaica
o

l'ultima tra le socratiche,

come
le

suol dirsi con significativa denominazione,


ci

tra
Il

semi-socratiche, che

resta a considerare.
re-

suo fondatore Aristippo di Cirene fu spinto a

carsi in

ma

Atene dal desiderio di avvicinar Socrate, forse gi prima aveva acquistato familiarit con

IV.

SOCRATE

175

la

filosofa

di Protagora.

Anche per
si

lui

la

doppia

parentela spirituale significativa. Dal sofista egli

apprese che ci che noi conosciamo

nostre sensazioni e passioni soggettive

compendia nelle donde se( );


!

gue

la necessit di

una rinunzia

a ogni scienza as-

soluta delle cose. Che, se le cose ci son date soltanto

nell'esperienza sensibile, la produzione di certe sensazioni tutto ci che la

nostra attivit pu rag-

giungere, e

nel senso di questa

il

non pu svolgersi che immediata attivit. Di qui la dottrina etica che il piacere il bene, dolore il male 2 ): una dottrina tanto avversata
il

fine della vita

da Socrate, per cui il piacere e il dolore sensibile immediato erano al di qua della sfera del bene e del
male, concettualmente determinata.
di

socratico in questa scuola?

che subentri del tutto pugnata da Socrate. In effetti, noi studieremo in seguito una dottrina, che ha con questa una grande affinit: l'epicureismo; ebbene, la nota differenziale tra le due sta proprio in ci, che la scuola epicurea ammette una scelta tra piaceri e li distribuisce secondo criterii razionali; mentre la scuola cirenaica
vita par
i

Che mai resta L'immediatezza della alla mediazione pro-

afferma non differire piacere da piacere


i'iovi'iv

(ht|

Siacpgeiv

ri6ovfjg( 3 >), e

pi ancora nega ogni piacere ne-

gativo, consistente in
vista
tivo,

una rinunzia al godimento, in d'un danno, e ammette il solo piacere posiche scaturisce dall'attivit immediata dell'inad affermare
la

dividuo. Anzi, in questa sconfessione d'ogni media-

tezza concettuale, essa giunge

sua

(1)

KgiTTiQia slvai x
il,

Jt8ti.

Sext., Matti.,

vii,

191;

V. anche Cic,

Acad.,
(2)

24.

x Xyeiv
Diog.,
li,

xa>c,
vii,

x f|5a yaOd, x S
199.

|jtexa|v

ouxs yaQ, o-Oxs

xax. Sext., Matti.,


(3)

87.

176

LA FILOSOFIA ORECA
piaceri del corpo rispetto a quel)
e

preferenza per
dello spirito
s'
(*),

dove una graduazione

una

scelti

imporrebbe necessariamente.
Tuttavia, questa posizione
si dimostra insostenibil quanto il piacere eie

in seno stesso alla scuola. In

vato a dottrina, con ci stesso trasceso

come

pur(

piacere. L'assoluta immediatezza del piacere

non e
delle

consentirebbe neppur di formarne uno scopo


nostre azioni; noi non

potremmo che

viverlo brutal

pire

mente, abbandonandoci all'istinto sensibile. Conce il piacere come scopo della vita significa invece
la

comprenderlo in una veduta razionale della vita, quale valuti il bene che essa pu realizzare, e,

in

conformit di questo fine sopraordinato. prospetti la serie dei mezzi atti a conseguirlo. Questa prima mediazione, che
sibile,

rompe la primitiva immediatezza sen ne porta con s altre ancora: una volta che il piacere viene subordinato nel suo tutto alle fina lit della vita, necessario che sia subordinato anche

nelle sue parti.

V
e

piacere e piacere, spirituale e


utile,

corporeo,' nocivo

individuale e collettivo

positivo e negativo, e cos via. Queste differenti spe


eie

debbono per necessit graduarsi nella valutazione non tutte contribuiscono in egual misura alla finalit cui son subordinate; e la graduazione implica una radicale trasformazione del
del filosofo, poich

piacere elementare e indifferenziato con cui

il

fon pro-

datore della scuola credeva di aver risolto

il

blema della moralit, mentre invece


oscurato.

lo

aveva soltanto
il

Conforme a queste esigenze concettuali,


pio edonistico viene sviluppato dai

princi
si

cirenaici;

fa

strada l'idea che non ogni piacere sia un bene, e

(1) Id., 90.

IV.

SOCRATE

177

che tale predicato non possa attribuirsi a un piacere se non in seguito alla valutazione delle sue conseguenze:
il

puro edonismo gi sorpassato; centro

della moralit

non

pi
il

il

piacere,

ma

l'intelletto.

Sta proprio qui

carattere socratico della scuola

cirenaica, che al principio pareva affatto scomparso. Teodoro l'Ateo, seguace di Aristippo, scalz l'altro postulato dell'edonismo, che fa consistere il piacere nella sensazione singola; per lui invece consiste in uno stato durevole dell'anima, nella gioia (yo-Q), ele*

vato a fine (tXos) della vita.

Egesia va molto pi oltre. Egli vede nel piacere immediato e sensibile alcunch di dannoso e condi felicit che Quindi con lui si fa strada nell'edonismo uno strano motivo di rinunzia al piacere in vista del piacere; poich ogni sforzo, ogni esplicazione di attivit un turbamento

trastante

con quello stato durevole

ormai viene assunto

come

fine etico.

dell'anima, e in ultima
della

istanza

un

dolore, l'ideale

saggezza non pu consistere che nell'inerzia, nell'apatia, la quale allontana ogni fonte di dolori. Questo piacere negativo non pi un vero piacere,
perch
tosto
gli

manca ogni

carattere dell'attivit; piut1

un calcolo ragionato, non dissimile da quello che sta a fondamento della dottrina cinica ( ). Egesia in realt un cinico, che sopravanza perfino i maestri della scuola, per una tendenza spiccatamente pessimistica, che a quelli mancava. Il suo ideale negativo di virt una vera svalutazione della vita,
che spinge la rinunzia fino
lenta della propria esistenza:
di ITei<n6avaTos

alla

soppressione vioil

donde

soprannome

a lui dato dai contemporanei,

come

persuasore di suicidii; e donde infine la soppressione

(i)

Diog.,

ii,

95 seg.

G. de Rug6ieeo,

La

filosofia greca.

178

LA FfLOSOFIA (iRRGA

re Tolomeo, in vistili conseguenze deleterie della dottrina. Una propaggine della scuola cirenaica il razio| nalismo ateistico di Evemero. Gi il suo predeces sore Teodoro ebbe l'appellativo di ateoq per la su; incredulit; in Evemero, poi, questa tendenza ne gativa in materia religiosa forma parte integranti) di una organica dottrina, per cui gli di sono orili ginariamente uomini, divinizzati dopo la morte il causa dei loro meriti segnalati. Questa spiegazione razionalistica dei culti, che ha preso nella storia nome di Evemerismo, ha avuto un larghissimo sviluppo: la sua importanza sta nell'aver tentato um spiegazione prettamente umana della religione, cor un criterio che tuttavia non investe se non la superfcie della vita religiosa, e si appaga facilmente di riconoscere nell'uomo il fattore dei propri dell senza preoccuparsi se non sia una facolt veramente divina, insita nel suo animo, quella che presiede

della sua scuola ordinata dal

delle

a tale divinizzazione.

La scuola cinica e quella eirenaica sono, come| avremo agio di constatare in seguito, l'anticipazione
dello stoicismo e dell'epicureismo, sia nel loro motivoi
iniziale, sia

nella

loro

convergenza

finale.

Il

loro

tema dominante
il

l'accentuazione della soggettivit,!

ripiegamento dello spirito sopra se medesimo, e la| conseguente indifferenza per tutto ci che oggettivo,! tanto nel riguardo teoretico quanto nel riguardo pratico. L'immaturit di questo tema costituisce la suai
stranezza: esso infatti sorge da un indirizzo speeu-
lativo in via di svolgersi verso

una meta

affatto op-

posta: verso l'oggettivit ideale dell'universo, prean-

nunziata dal concetto socratico, conseguita con l'ideai platonica. Cinici e cirenaici son fuori di questa linea:

IV.

SOCRATK

179

stretti

tra le

tone, essi

due grandi filosofe di Socrate e di Plane restano schiacciati e annullati, senza

creare un hiatus tra quelle. Essi non hanno un'impor-

autonoma e una figura propria e definita, ma un valore mediato, come precursori e preannunziatori di un movimento, che si far strada dopo
tanza
soltanto

Platone e Aristotile. Tutto ci


strano e fuori posto,

che in
la

essi

appare

non trover
dopo che
il

propria confi-

gurazione ben definita che nello stoicismo e nell'epicureismo,


tivit
i

quali, sorti

tema dell'oggetil

gi esaurito, e su di esso gi s' iniziato


dello

lavorio dissolvitore
t'altro

scetticismo,

daranno

tut-

fondamento

e sviluppo al principio della sog-

gettivit e al

ripiegamento dello spirito sopra se medesimo. La storicit del tema far s che assai pi vaste e profonde saranno le sue esplicazioni, e mag-

gior rilievo

avranno

le dottrine volte a

dimostrarlo.

Ve

tuttavia nella scuola cinica e cirenaica qualsi

cosa che

svolge nel senso stesso della linea socrae

tico-platonica,

che costituisce

la

della loro filiazione

da Socrate.
che per

la

maggior prova tendenza a dare


alla

un posto eminente all'etica nella


ralit nella vita; ci

filosofia,

mo-

la ristrettezza delle loro

vedute vien fatto coincidere con una svalutazione


dell'attivit teoretica dello spirito,
sofistica

con una negazione

della scienza.

Mentre

trarr dalla stessa fede nella


le

contrario Platone supremazia del bene


al
il

forze

per salvare la scienza, anzi per darle


le

massimo sviluppo speculativo, che dalle sue premesse socratiche.

era consentito

V
PLATONE

Platone nacque in Atene Vita di Platone. a. C. da Aristone, della stirpe dei cui antenati vantavano la Codridi, e da Perittione,
1.

intorno al 428

parentela di Solone. Egli era quindi dalle stesse

tra-

dizioni familiari iniziato a quella visione aristocratica


dei problemi della vita pubblica, che pi tardi, nell'et

avanzata, doveva essere

la

base della sua con-

20 anni entr in dimestichezza con Socrate, di 40 anni pi vecchio di lui, e nel periodo pi maturo della sua attivit. Nella scuola socezione politica.
cratica,

ebbe agio

di rivelarsi

il

suo temperamento

dialettico; e le sottili
si

controversie scientifiche, che

agitavano nei quotidiani colloqui, piegarono alla il suo ingegno che, negli anni pi giovanili, aveva secondato le aspirasevera disciplina della logica

numerosi saggi poecontemperava la sua attivit dialettica con quella fantastica: un felice connubio che le stesse opere dell'et matura ci dimostrano, tanto erano a lui connaturate le due tendenze spirituali.
zioni della potente fantasia, con
tici.

Cos

si

V.

PLATONE
1

181

stesso ricorda,

La scuola "socratica diede a" Platone, come egli una educazione di libert. Coloro che
dice nel Teetelo
(')

da giovani frequentano tribunali e luoghi consimili

egli

posti

a fianco di coloro rischiano di sem-

che sono

stati allevati alla filosofia,

brar servi educati fra liberi. Essi infatti son costretti a parlar sempre in agitazione, per la limitazione del

tempo
alla

e per
i

la

necessit
discorsi

di

attenersi strettamente

causa;

compagno
che regge

di
la

concernono sempre un servit e si rivolgono a un padrone giustizia; ond' che vivono in contiloro

nuo urto e in acredine tra loro, in servilit verso piccoli sempre e obliqui nello spirito. Ini giudici: vece, agli educati alla filosofia propizio l'ozio, che
suggerisce tranquilli discorsi:
loro colloqui
di
essi

trascorrono nei

argomento, compiacendosi della variet e novit di ci che il pensiero loro presenta, non preoccupandosi di andar per le lunghe, purch posseggano la solida realt delle
in

argomento

cose.

Questa confessione del

filosofo

per noi di gran

momento: essa ci spiega la sinuosit e la libert di movimento dei dialoghi platonici, come una conseguenza consapevole della sua educazione socratica. Questa del resto, come ogni educazione, non faceva che svolgere i germi del suo temperamento idealistico, capace delle rivelazioni inaspettate e luminose, insuscettive di ordine rigoroso e schematico, per le
quali anzi
il

disordine arte.
tolse a

La consuetudine assidua con Socrate non


Platone
il

gusto delle altre

filosofie.

Gi

egli

prima

aveva ascoltato l'eracliteo Cratilo;

ma

negli otto anni

(1)

Iheait., 172 e sesg.

182

LA FILOSOFIA GRECA
la

che frequent
in particolar

scuola socratica ebbe agio di stu


degli eleati, che tanta influenza
nella
ai

diare le opere dei maggiori naturalisti presocratici

modo

dovevano esercitare
siero.

formazione del suo penprofondi e ricchi problemi

L'interessamento

dell'antica scienza diede al

suo spirito quel conte-

nuto, che l'insegnamento di Socrate non poteva dargli


;

quest'ultimo infatti creava soltanto la forma della

scienza,

ma non dava

ad essa un contenuto ade-

guato, appagandosi di qualunque materia offerta dall'esperienza della vita comune,

come

sufficiente allo

scopo della formazione dei concetti e delle divisioni


e coordinazioni dei generi.

Ma

nell'antica scienza,

una salda un vastissimo campo da esplorare col nuovo metodo, un ricchissimo contenuto da possedere nel nuovo spirito. Cos lentamente, la confluenza dei due interessi nella sua mente poderosa preparava quella sintesi, che doveva pi tardi riassumere in un solo pensiero frutti di due secoli di vita speculativa. La morte di Socrate port un grande mutamento
cos ricca di pensiero, per quanto priva di

coesione, e disciplina

formale, v'era

nella tranquilla consuetudine di vita del nostro


sofo. S'inizia

filo-

Egli visit

da quel tempo il periodo dei viaggi. dapprima la scuola socratica di Megara,

diretta da Euclide; poscia intraprese viaggi in Egitto,

a Cirene, nella

Magna Grecia

e in Sicilia,

dove prese

conoscenza della
gli

filosofia pitagorica.

In Sicilia per

occorse

il

pi spiacevole incidente della sua vita.


il

Recatosi alla corte di Dionigi

vecchio, tiranno di

Siracusa, riusc inviso per la sua franchezza al sospettoso tiranno, che in un momento d'ira lo consegn all'ambasciatore spartano Pollis, il quale lo fece vendere come schiavo sul mercato di Egina. Ma un amico filosofo, Anniceri di Cirene, lo liber,

V.

PI.ATOXK

183

che

egli pot ritornare in patria.

Da

questo tempo,
infatti,

comincia

l'attivit di

Platone
di

come maestro;

nel 387 circa, egli fond la sua scuola filosofica, che

prese V immortale
riunione.

nome

Accademia, dal luogo

di

il periodo dei viaggi non ancora chiuso. Gi tempo della prima visita all'inospitale corte di Siracusa, egli aveva stretto amicizia col cognato del tiranno, Dione. Quest'ultimo, dopo la morte di Dionigi, l'indusse a ritornare a Siracusa, dove il nuovo principe, Dionigi il giovane, si mostrava desideroso di stringere rapporti con lui. Ma anche questo secondo viaggio, se non ebbe l'infelice esito del primo, non fu gran che fortunato. Ben presto il nuovo tiranno si stanc degli ammaestramenti del filosofo; e per di pi temo in lui un alleato di Dione, nella mira di usurpargli il trono. Platone fu per conseguenza costretto a lasciare Siracusa; nondimeno vi ritorn, ancora una volta sei anni dopo, per tentare un riavvicinamento tra Dione e il tiranno. Questo ultimo tentativo non era esente da mire e speranze

Ma

dal

politiche di Platone, che, giunto per via di

una

co-

struzione speculativa

alla

concezione di uno Stato

ideale e perfetto, voleva tentarne in qualche


la pratica realizzazione.

modo

Ma

questa speranza fu ben

presto delusa.

qualcosa

di

strano, a

prima

vista, in
filosofo,

questo per
at-

continuo muoversi e adoprarsi del

tuare ci che nella concezione del suo pensiero era

una meta

stabile e fissa;

tutta la sua opera filosofica, che

una stranezza che domina un lavorio e un

moto incessante del pensiero per conquistare l'immobilit e l'eternit dell'idea.


zioni politiche gettano
intellettuali.

Ma

le

sue peregrina-

molta luce anche su quelle


egli

In

realt,

sentiva

profondamente

84

LA FILOSOFIA GRECA

non soltanto il valore ideale e immutevole delle cosp,! ma anche il mobile flusso del divenire; il suo idealismo non era per nulla ascetico, rifuggente paurosamente dalla sensibilit e dalle apparenze, ma do-j minato dall'ansia di partecipare ai fenomeni il bene
della sostanza, al divenire quello dell'essere.
Il

suo

idealismo voleva essere una

idealizzazione, uu'ele-j

vazione di tutta

la realt

a un
lo

modo

di essere stabile

e razionale. Cos, noi

non

cezione politica trincerarsi


traria ed astratta;
il

vediamo nella sua conin una costruzione arbitra la

suo Stato ideale nasce innanzi

tutto dalla coscienza di

un profondo contrasto

dissoluzione della vita pubblica del suo tempo

ir-

rimediabilmente colpita dalla fratricida guerra del

Peloponneso e dalle lotte civili che ne erano l'inevitabile prolungamento e ci che nel suo concetto si

chiariva
concetto,

come

l'essenza stessa dello Stato, la condi-

zione della prosperit e permanenza di esso.

del

una volta formato,


la
ci

egli

non

si

sentiva pago,
e,

ma

ne studiava

realizzazione pratica,

come

le

ultime opere

testimoniano, lo correggeva e trai

sformava secondo

suggerimenti della prassi.


e
dell'essere era

Ma
troppo

lo

squilibrio dell'apparire

grande. Fallita

viaggio a Siracusa, e

meta dell'ultimo ritornato nuovamente in Atene,


anche
la

Platone consacr

suoi

ultimi

anni

tutti

all'inse-

gnamento

e alla composizione delle opere maggiori.


a.

Mor intorno all'anno 348


2.

C.

Gli scritti di Platone.

Quella libert nelrispec-

l'educazione mentale, che, a dire dello stesso Platone,

forma l'essenza dell'educazione


chia pienamente nei suoi
e nel loro complesso. logica e
il

filosofica,

si

scritti,

singolarmente presi

La

loro

forma costante dia-

protagonista dei dialoghi Socrate.

Ma

V.

ALATONE

185

gi la struttura esteriore dei

dialoghi rivela, nella

sua lenta e progressiva evoluzione, lo sviluppo mentale del filosofo e il suo graduale allontanamento dal
1

tipo primitivo delle


di

conversazioni socratiche,

in via

creare

il

proprio autonomo sistema. Nei primi

dialoghi v' una grande libert di

movenza

e di at-

teggiamento, cos negl'interlocutori come in Socrate:


si

sente che quest'ultimo, e per lui Platone, non ha

ancora nella mente una dottrina gi formata, e non

ha quindi l'aria di volerla comunicare con l'autorit di un insegnamento; egli spesso oscillante e incerto,
tenta varie vie, lascia talvolta in sospeso le conclusioni dei temi pi

ardui; chiaro ch'egli in un

periodo formativo del suo organismo mentale. D'altra

non hanno la funzione meramente passiva di assentire e cos di creare, col loro assenso, le pause del discorso; invece attivamente inparte, gl'interlocutori

tervengono nella ricerca, e sono spesso perfino impetuosi e violenti contro Socrate.
nei dialoghi
satori

La

loro personalit

riproduce talvolta

la personalit di

pen-

che hanno un

nome

nella

storia, e

portano

nel discorso la nota peculiare della scuola a cui ap-

partengono. Platone
zioni,

felicissimo in queste riproduche in realt sono delle vere creazioni arti-

stiche,

perch

la

storicit

dei

personaggi, cio

la

verit dei loro caratteri,

come continuata

e svilupfilo-

pata in quel
sofo.

teatro

d'azione che voluto dal

Leggete, p. es., il Protagora: vi troverete una efficacissima dipintura di una scuola sofistica, anzi
di

pi scuole unite insieme, dove

diversi maestri,
i

Protagora, Prodico, Ippia, hanno ciascuno


caratteri peculiari, e
tori ritratto fino alle
il

propri

l'atteggiamento degli ascoltapi gustose minuzie. Leggete


rester perennemente
i

Gorgia',

questo sofista vi

fisso

nel ricordo, e

con

lui

suoi scolari, naturai-

186

i-a

Filosofia greca

mente pi arroganti e impetuosi del maestro; spe cialmente quel Polo, che pretende dar lezioni a So
crate, e

la

ne riceve pi d'una. i dialoghi del periodo pi maturo, quand<| dottrina platonica , almeno nelle sue grandi linee.
Invece
altrettanto
in
si

formata, perdono assai di vivacit e di colorito, gua

dagnando

intimit e concentrazione.
fa pi sbiadita; nel Sofista.

La

figura di Socrate

nel Politico, la parte del protagonista ceduta a une

straniero Eleate; nel


crate che

Parmenide e nel Timeo Soapprende dai due pensatori, da cui preni

dono nome
assertivo e

rispettivi dialoghi, la dottrina

che

gli

ignota. Il tono dell'esposizione diviene

sempre
si

pii

dommatico; gl'interlocutori

limitano

a consentire alle proposizioni, che sono ancora enunciate in

forma interrogativa,

ma

in sostanza son

talijs

che

la risposta

gi contenuta nella

domanda;

si

sente che la forma dialogica alcunch di estrinseco,

un'antica abitudine a cui


ziare.

il

filosofo
il

non vuol rinun-

Ma vi

rinunzia talvolta:

frequente intercalare,
si

la brevit delle

domande, che
il

osservano nei pi

antichi dialoghi, cedono

posto a lunghe esposizioni,

meglio conformi

al

pi complesso organismo men-

tale dell'autore e al libero

movimento

della dottrina

ormai formata; finch nel Timeo, dove culmina il pensiero platonico, la forma dialogica pu dirsi interamente soppressa, e le subentra la forma del trattato, con la sua pi serrata e rigorosa struttura, insuscettiva degli ondeggiamenti e delle divagazioni dei dialoghi, scevra da ogni dipintura di ambienti e di caratteri, adatta al movimento piano ed eguale del pensiero scientifico, nella sua nuda idealit. Platone si avvicina gradatamente ad Aristotile.

La

stessa evoluzione

si

osserva nel contenuto dei

dialoghi. L'interesse mentale al principio rivolto

V.

PLATON'

187

*flo

forma della scienza; il contenuto indifferente, almeno secondario. Si sente che il pensiero gioca jcon se medesimo, senza preoccuparsi soverchiamente
alla
Idei

risultati

del

suo lavoro, che a volte


la propria

mancano

del tutto.

La sua mira

organizzazione
di cui

formale, lo sviluppo delle


:ei {

proprie attitudini dialetdispone.

tiche, la disciplina dei

mezzi euristici

Siamo nel campo delle esercitazioni socratiche. Ma a grado a grado, poich non v' organizzazione della forma mentale che non abbia un contenuto, e anzi il progresso di quella organizzazione non che una progressiva formazione del contenuto stesso, noi osserviamo che il dialogo si arricchisce e si potenzia, offrendoci una sistemazione sempre pi vasta del sapere. Il contenuto che si modella nella nuova forma

per l'appunto

come abbiamo detto offerto dalla


discosta
il tema dei primi da quelle quistioni antroampio senso, morali, dove conver-

scienza presocratica, la cui importanza diviene per

Platone via via pi centrale. Mentre


dialoghi

non

si

pologiche, o, in

gevano gl'interessi mentali di Socrate e dei sofisti, i dialoghi del periodo pi maturo invece rielaborano
i

problemi cosmologici e metafsici dell'antica scienza,


filosofi

ed hanno quindi per protagonisti


eleatica o pitagorica.

della scuola

nico, stata tentata dagli storici


dei dialoghi in tre categorie,

Conforme a questa evoluzione del pensiero platouna suddivisione


che rispondono approsalle fasi di quella evoluzione.

Apparprimo gruppo l'Apologia di Socrate, il Orione, il Lochete, il Carmide, V Euti frotte, VIppia maggiore, VIppia minore, l'Ione, e, per quanto stosimativamente
tengono
al

ricamente alquanto posteriori,


demo,
il

il

Menesseno, l'Enti-

Liside: tutti d'intonazione schiettamente e


Il

immediatamente socratica.

Protagora e

il

Gorgia

188

LA FILOSOFIA ORBO A

la fase

formano un gruppo a s, in quanto rappresentan< formativa ed euristica del pensiero platonico Costituiscono il terzo gruppo le opere costruttive del l'et pi matura, cio il Menone, il Cratilo, il Fedro
Teeteto,
il

il

il

Coni-ito,
il

il

Fedone, la Repubblica,
il

il

Parle

menide,
Leggi e

Sofista,

Politico,

Filebo,

il

Timeo,

frammento del Crizia. L'ordine di questa enumerazione riproduce abbastanza fedelmente il riil

sultato dei poderosi studi platonici, rivolti al fine di

un lavoro che non viene abbastanza utilizzato dagli storici, i quali, preoccupandosi soverchiamente di dare un'esposizione sistematica dei pensiero di Platone, hanno trastabilire la cronologia dei dialoghi:

scurato lo svolgimento storico di esso.

Noi seguiremo quest'altra via, assai pi conforme


alla nostra disciplina e alla penetrazione della
sofia platonica.
Il
filo-

prospetto sistematico di essa,

se-

condo un piano non ideato da Platone, irrigidisce e immobilizza ci che invece concepito in un continuo movimento; quindi falsifica in qualche modo
la verit storica.

La

via da noi prescelta pi

difficile,

e
si

non esente da apparenti arbitrariet, le quali per risolvono a una considerazione pi approfondita,
la

che subordina

cronologia dei dialoghi alla storia


platonica, e

interiore della mentalit

non teme

di

dare per anteriore ci che cronologicamente posteriore (o viceversa), se

veramente appartiene a una

fase pi arretrata dello sviluppo spirituale.

3.

Avviamento alla dialettica.

In

un senso

assai lato
lettica

possiamo dire che secondo Platone la diacoincide con la sfera di tutta la filosofia; in
ristretto essa

un senso pi

invece significa l'aspetto


il

formale dell'attivit del filosofare, cio

procedi-

mento

euristico delle dottrine filosofiche.

V.

PLATONE
nel Sofista
(')

189

Quando Platone dice


la sola

che pensiero e
con

discorso (Sidvoia xc Xyoq) sono la stessa cosa,


differenza, che
il

dialogo interiore dell'anima


si chiama pensiero, comunica nella voce

con se medesima, e senza voce,

mentre ci che dal pensiero


si

si

chiama discorso,

egli definisce, senza nominarla,


l'attivit discorsiva della

la dialettica,

come

mente.

Se l'uomo avesse la capacita

d'intuire immediatavero, senza


il

mente

nella

sua purezza

il

grave
delle
at-

lavoro di discernerlo a poco a poco dalla


falsit e delle

massa

apparenze, non vi sarebbe alcuna

tivit dialettica,

siero,

delle
tale,

un'apprensione diretta del penuna conquista di preziosi risultati, senza l'onere ricerche. Ma l'organismo dello spirito umano

ma

che pensiero tutt'uno con discorso, cio graIl

duale apprendimento del vero, lavoro assiduo d'in-

dagine e di cernita.
il

pensiero ha sempre presente

suo nemico:

il

falso, l'apparente, l'irreale;

epper

gl'

incombe il compito nuamente la sua opera,


forza e validit. Di qui
attivit,

di discutere e vagliare contidi


il

combattere ci che

le toglie

carattere ritmico della sua

che un andare e riandare, un progredire un riflettersi, un affermare e un negare, come momento di una pi fondata affermazione; insomma una discussione o un colloquio, secondo il termine usato da Platone. Questa profonda verit vale a spiegarci il significato della struttura dialogica delle opere di Platone, nelle quali l'intimo colloquio dell'anima con se medesima, cio il pensiero, si estrinseca nella drammatica evidenza dei discorsi. Noi abbiamo gi spiegato tale concetto, parlando dei colloqui socratici; qui aggiungiamo soltanto che il significato che
e

(1)

Soph., 2G3

e.

190

LA FILOSOFIA GRBCA
Se

crate,

abbiamo detto ad essi immanente, sconosciuto a una rivelazione di Platone.

L'identificazione della filosofa e della dialettic


s'integra con l'identificazione del filosofo e del dia

Se l'attivit discorsiva della mente ha il su motivo in ci, che il pensiero non ha il possess immediato della verit, ma deve faticosamente ri cercarla, se ne deduce che filosofo non il beati possessore della sapienza: nessuno filosofa tr;i g
lettico.

di

(*),

cio tra coloro a cui

si

palesa la verit

nelle

sua immediatezza.

Ma

per una ragione, opposta nel

nessuno filosofa non hanno neppur coscienza di un sapere da conquistare. Filosofo invece un essere intermedio tra sapiente e ignorante 2 ), acu l'ignoranza d il pungolo, la spinta alla ricerca; e la sa-j pienza, la meta, l'indirizzo al suo movimento. Questa mecUetas, che nella sua essenza, dunque la causa
l'indirizzo, identica nella sostanza,

tra gl'ignoranti, che

della sua attivit, causa efficiente e finale insieme,,

che

la

sospinge e la regola; essa

la

sua irrequie-

tezza, quella divina irrequietezza che lo fa scontento

del sapere che possiede, e

sempre bisognoso del nuovo


mai
che

sapere e della pi perfetta adeguazione del proprio


essere all'ideale della sapienza, che la meta

raggiunta dei suoi

sforzi.

Questo significato cos vasto della


cezione di
s

dialettica,

accoglie in s tutte le filosofie, nella particolare con-

Platone vien determinato e specificato,


la

da individuare

sua

filosofia.

11

carattere

di-

scorsivo dell'attivit mentale un principio generalissimo, che riceve figurazioni diverse dalle diverse

mentalit che

lo

attuano. Platone

si

varie volte,

(1) (2)

Coni:, 203

e.

Ibid., 204 b: <j>iA.oocpov 6'vta

nExag etvai aotpov

>tal

ftaBov;.

V.

Pr,ATONK

191

nei suoi scritti,

della sua dialettica;


nel segnalarci
il

ingegnato di darci delle definizioni ma per quanto valore esse hanno

grado

di

approfondimento del prose


il

prio
e

metodo,

al

quale poco a poco egli perviene,

la

coscienza riflessa che conquista di

medecorso

simo, sono poi affatto insufficienti a ritrarci


del suo
tivit

svolgimento mentale. Se

la dialettica l'at-

discorsiva dello spirito, chiaro ch'essa deve


stessa evoluzione dell'attivit

venir concepita nella

mentale, di cui costituisce la forma: la dialettica dei


primi dialoghi non pu essere quella del Menone, n
Sofista o del Filebo. Noi dunque dobbiamo attenerci a un criterio puramente storico, e dove Platone non ci soccorre con le sue

questa esser quella del

esplicite

definizioni,

supplire

con l'indagine sulla

dialettica

immanente alle opere dei diversi periodi. Cominciamo dai pi rudimentali abbozzi. La diasi

lettica

che

che troviamo nei primi saggi platonici ci potrebbe chiamare una dialettica delle opinioni.
eleva sulla trama dei comuni discorsi degli

Essa

si

uomini e delle opinioni correnti intorno ai temi delle ordinarie conversazioni. Non ancora v' la posizione
di

un problema

filosofico,

ma

la

filosofia

emerge

grado a grado dalle dispute amichevoli tra Socrate e i suoi compagni. V' in ogui disputa, anche banale, un carattere eminente che l'accomuna alle pi
profonde controversie filosofiche:
opinioni,
il il

polarizzarsi delle

loro assumere posizioni antagonistiche,

tanto pi nettamente,
sario,

quanto pi, urgendo l'avveril

ciascuno spinto a definire l'opinione sua:

contrario, dice Platone, offre alimento al contrario.


In siffatte opposizioni,

un pi illuminato pensiero,

che non ceda alla passione partigiana, pu scorgere

una trama o fondo comune, che forma come il campo necessario dove l'opposizione stessa pu svolgersi,

192

LA FILOSOFIA GRECA

e, in

quanto

tale, costituisce

di

accordo,

il primo tratto di union essendo comune alle due posizion

contendenti.

Questa comunanza, avverte Platone, non


i

di tutt

contrari; vi sono delle opposizioni irriducibili, as|

solutamente esclusive Puna dell'altra, che non offronc speranza di unione; mav sono anche delle opposi
zioni relative, propizio terreno per un'attivit
diatrice e
unificatrice.

me

Di

tali

coppie di opposti

infinitamente ricca la vita spirituale, per la tendenza

che abbiamo gi notata negli uomini a polarizzare le proprie idee. Prendiamo ad esempio un argomento offertoci da Platone nel Liside ( ). L'amicizia nasce da somiglianza o da dissomiglianza? Poniamo il primo caso; e. ancora, nel bene o nel male? Nel male non

possibile, perch
tivo,

in

quanto

tale;

buono
trari si

sufficiente

non amico del catbene nemmeno, perch il a se stesso ( 2 ). Dunque da dissoil

cattivo

nel

miglianza e opposizione.

Ma

gli

assolutamente con-

escludono: l'odio e l'amicizia non potranno

mai essere amici. Di qui una ulteriore specificazione; ed ecco come. La malattia, p. es., un male, la medicina un bene; il corpo in s non bene ne male.
la

Avviene ora che il corpo, in vista del morbo, arai medicina, ami cio il bene in vista del male ( 3 ).
si

Similmente, nell'amicizia

ama

l'amico in vista de]

nemico; l'opposizione tra il bene e il male risolta, in quanto l'uno necessario all'altro: la presenza del male spinge il bene a propagarsi, a diffondersi,
a rinunciare alla propria sufficienza.

Qui troviamo quella stessa medetd risolutrice del

(1) (2)

Lysis, 215

e.

Ibid., 214 e, d.

(3) Ibid., 217 a, b.

V
conflitto,

PLATONE

193

del filosofo

che abbiamo gi trovato nella definizione come essere intermedio tra il sapiente e l'ignorante, e ritroveremo ancora nel Convito, nella

definizione dell'Amore
di

come

figlio di

Penia e

di

Poros,

povert e di abbondanza. Questa medietas, o es-

senza intermedia, pi vera dei termini antagonistici,


'

in

quanto dirime
li

il

loro conflitto; essa l'identit pro-

fonda da cui germinarono e a cui una pi penetrante

considerazione

riconduce. In virt sua,


si

contrari,

pur conciliati, non


intera in essa,
nella

annullano, non perdono la peanzi la conferiscono


vitalit.

culiarit della propria natura,

dandole una pi ricca


del
filosofo,
il

Cosi

definizione

concetto della sail

pienza e quello

dell'ignoranza portano ciascuno


il

proprio contributo, in quanto l'uno d

fine, l'altro
li

l'impulso, e uniti nell'identit della persona che

danno movimento ed azione. Non dunque una sterile lotta, n una sterile composizione; anzi, una vera vita che si crea in virt
riassume,
le

dell'uno e dell'altro.

Ora, qual
vince
il

il

carattere di quella identit, che

contrasto delle opinioni, componendole in un


unificazione mentale della loro pluralit.

tutto? Essa relazione, riferimento dei contrari l'uno


all'altro,

Quindi essenzialmente concetto. L'indagine dialettica ci

riconduce al principio socratico, che abbiamo gi esaminato, ma con una pi viva coscienza

dell'attivit

immanente
selettiva

alla scoperta dei concetti e


di

dell'efficienza

quel processo.

Scoprire

che v' d'instabile e mutevole nella pluralit, epurare il pensiero schietto dalla scorie che lo circonda e l'avviluppa, ascendere grado a grado alla comprensione della verit pura,
l'identit infatti eliminare ci

non pi suscettibile della contingenza e delle controversie delle opinioni.


G. de Rcggibro,

La

filosofl-a

greca.

13

194
4.

LA FILOSOFIA GRECA

LA DIALETTICA DELLA SENSAZIONE.

Tale

pr<0

cesso appena adombrato in questi rudimentali ab


si desumono dai primi dialoghi platonici, non superano il livello speculativo della logici socratica. Ma le opere posteriori dimostrano un grandtl

bozzi che
quali

progresso, sia nella posizione del problema, sia ne


risultati a cui
Il

perviene l'indagine.
sta in ci, che, dalla!

primo grande progresso

critica delle sensazioni e delle opinioni, Platone pro-

cede alla critica della sensazione e dell'opinione. Laj differenza, che verbalmente pu apparir minima,
invece sostanzialmente assai grande. Altra cosa

criticare la relativit delle sensazioni, altra cosa guar-

dare nella struttura stessa della sensazione


di quella relativit: la

la

causa

pensiero comune, la
delle

prima indagine appartiene al seconda al pensiero scientifico;


l

l'ima pu indicarci la presenza di qualcosa al di


sensazioni,
l'altra

svela l'essenza stessa

deal

qualcosa.

Moviamo dunque
?
il

dalla sensazione

('):

che cosa

semplice dire che

qualcosa, significa gi tra-

scendere la sua natura, significa darle una realt che


sconfina da quel fuggevole apparire in cui
si

rias-

sume. Ci avviene perch la necessit del discorso ci spinge a prolungare nella parola l'istantaneit di quell 'apparire: cos noi parliamo della qualit degli oggetti che i sensi ci rivelano, e, come correlato di essa, della sensazione: e parliamo di un'attivit dell'oggetto a cui risponde

una passivit

del soggetto,

(1) Qui mi piovo dell'indagine del Teeteto. Se pure questo dialogo cronologicamente posteriore al Menane come pare assodato e al Fedone e alla Repubblica, come pare dubbio, esso ha tuttavia un carattere preliminare e preparatorio, e non enuncia verit storicamente posteriori a quei due dialoghi ai quali pertanto l'antepongo, per dare

maggior

rilievo allo sviluppo della dottrina platonica.

V.

PLATONE

195

che ne riceve l'impressione. In realt, questi termini sono opera di una riflessione posteriore nel mo:

mento dell'incontro dell'organo, p. es., l'occhio, con l'oggetto sensibile, non si genera una qualit (un colore), ma un quale (un bianco), non una visione

ma

l'occhio veggente.
il

cos per gli altri sensi


s,

il

duro,

caldo, ecc.,

non sono nulla per


(').

ma

si

ge-

nerano nell'atto dell'incontro dell'organo con l'oggetto che gli adattato

Se tale la genesi della sensazione, se ne deducono: 1 la sua relativit, in quanto funzione del

una diversa disposizione un diverso accomodamento dell'oggetto determinano una diversit nella sensazione; 2 la sua fenomenalit o mera apparenza. La sensazione e non ; generata, diviene, quindi priva
senziente e del sentito. Cos,
degli organi o
di
si

una

stabile esistenza; 3 la sua individualit.


si

Essa

esaurisce nell'atto singolo da cui

genera, quindi

tit

non colpisce nulla di generale, ma soltanto una quandeterminata; 4 per conseguenza, essa affatto
senso che non ha in s
la

irrelata, nel

ragione di un
questi carat-

rapporto con altre sensazioni. Per


teri, lo

tutti

noi

vedremo che v'


infatti

nel senso un'esigenza che

trascende e che necessita un pi alto integramento.

Supponiamo

essere la pi elementare

che la sensazione, invece di forma spirituale, compendii


dia
il

tutta la vita conoscitiva dello spirito, sia cio cono-

scenza della verit e


rezza
2
( ).

ci

reale nella sua inte-

questa la
la

tesi

empirica, propugnata da

Protagora, che bisogna accuratamente discutere. E,


innanzi
scienza,
tutto, se

sensazione conoscenza, cio


relativit, a

d luogo, a causa della sua

(1) (2)

Theait., 156 d, e.
Ibid., 151 e.

196

LA FILOSOFIA GRECA

conseguenze molto strane. P. es., chi vede, conosce; se chiude gli occhi, non vede: dunque non conosce ('). E di chi vede con un occhio solo, mentre tien l'altro chiuso, non pu dirsi che conosce insieme e non conosce? (-). Son questi dei veri giochetti; ma irrefutabili dal pun empirismo, che, per sormontare la difficolt da essi posta, deve ammettere che

ma

la

realt

non

tutta

presente

nel senso,

ma

in

parte idealizzata nel ricordo, cio deve trascendere

l'immediatezza del suo punto di vista e riconoscere una mediazione (l'idealit, il ricordo), con tutte le conseguenze sovrasensibili che questa implica. Pi generalmente, il principio che la sensazione verit
instaura
il

caos nel regno dello spirito: verit

la

sensazione dell'uomo, e perch non quella del porco


o del cinocefalo? e se dell'uomo, del sano o dell'am-

malato, dell'acuto o dell'ottuso, del bambino o del-

Ognuno, in base alle condizioni pu vantar pretese d'aver in suo possesso la verit; nessun giudice pu dar torto all'uno piuttosto che all'altro, anzi non pu neppur
l'adulto? e cos
si

"via.

in cui

trova,

esservi

un

giudice, essendo tutte le pretese di egual

forza e legittimit, e nessuna potendo sovrastare alle


altre.

Ma c' nella verit qualcosa che pu imporsi con efficacia ben diversa: lo stesso Protagora, quando enunciava il suo principio che l'uomo misura di tutte le cose, intendeva per uomo se stesso, in quanto pretendeva imporre agli altri il proprio pensiero, a cui dava tanto valore da farsi pagare per impar3 tirlo! ( ). In verit, di quali cose misura l'uomo? di quelle che sa o di quelle che non sa? L'astuzia pialbid., 164 a.

fi)
(2)

lbid., 165

b seg.

(3) lbid.,

161 d, e.

V.

PLATONE
il

197

tonica sta nel mostrare che


si

principio protagoreo

l'uomo non misura che delle cose che ha imparate ('). Il che vuol dire che l'esperienza immediata, lungi dal possedere la verit, la presuppone, e quindi contiene
risolve in

una petizione

di principio;

un'istanza che la trascende.

Ma
tale,

v' di pi. La sensazione generata;


il

come

essa riporta ad altro, al generatore,

proprio

essere. Essa diviene,

ma

divenire divenire a qual-

fenomeno, epper non ha essenza. Come dunque pu aver verit ci che non ha
cuno
(rivi yiy\eaQai)-

essenza?

2 (

).

L'essenza l'intimit del reale, la sua

ragione autonoma e immanente, che non pu essere


nel

fenomeno, in quanto pura esteriorit, che riceve


Vi sono poi
altri

da altro la sua ragione.

due caratteri della sensazione

che, oltre a

consolidare la critica dell'empirismo,

portanza.

valgono a darci un risultato positivo di grande imLa sensazione , come sappiamo, indivi-

duale e irrelata. L'occhio vede, l'orecchio sente,

ma

la

sensazione dell'occhio ha relazione con quella

dell'orecchio,

n viceversa:

ciascuna
o grave
Il

aspetto singolo dell'oggetto. Ora,

colpisce un come mai avviene

che l'uomo sente

come acuta
ci

una

stessa cosa

che vede come bianca o nera?

senso,

come

tale,

non decide, perch non


sensazioni.
ehi
ci

il

rapporto delle due


di

similmente, nel

campo

un

solo senso,

dice che una sensazione identica o diversa

da un'altra, eguale o diseguale, pi gradevole o meno


gradevole? Tutti questi rapporti, e
che
vi si

gli altri infiniti

possono aggiungere, non hanno un organo

sensibile appropriato; esistono tra le sensazioni e

non

(1)
(2)

Ibid., 171 e.

Ibid

18G e segg.

198

LA FILOSOFIA GRECA

nella sensazione: che resta, se non che siano


tributo che l'anima

un con-

aggiunge

al

senso per altra via,

un'essenza sovrasensibile unita,


dissimile, all'uguale e
al

ma non
al
i

confusa col
simile
e
al

fenomeno sensibile? Aggiungiamo

disuguale,

rapporti pi

profondi dell'essere e del non essere, del fenomeno


e dell'essenza,

del vero e del falso, del bello e del


e del cattivo: tutto ci

brutto, del

buono
dal

forma una
le

istanza sopraordiuata al senso, un'opera che l'anima

costruisce
zioni le

proprio fondo,

riferendo

sensail

une
il

alle altre e

paragonando

in se stessa

passato e

presente col futuro

(').

Movendo

dai sensi, noi siamo

dunque pervenuti

alla scoperta di

una trama non

sensibile,

ma

di na-

tura intellettiva o mentale, che la compattezza ap-

parente della vita sensibile dissimulava allo sguardo,

ma

la dialettica

non ha tardato a
che sta
al
il

rivelarci.
;

La prima

parte del compito filosofico assolta


pi alta e
difficile,

resta ora la

nell'

indagare di che consti

quella trama.

Siamo senz'altro
.senza

cospetto della verit pura,

procedimento dialettico ci prometteva? Non ancora. Pu insinuarsi il dubbio che le relazioni mentali possiamo dire i concetti anzich avere un'esistenza propria e Tina luce inmiscuglio, che

trinseca

di

verit,

siano a
il

dell'opinione. Di qui

lor volta un prodotto nuovo problema, che ripro-

duce, mutati

forse verit, vera

nanzi tutto,

il precedente: l'opinione conoscenza del reale? Ma, inl'opinione pu essere vera o falsa, il
i

termini,

che implica
tre,

la

nell'opinione falsa,

prima petizione di principio; donde si origina la


dalla

e inolfalsit,

l'errore?

Non

gi

sensazione di cui essa

(1)

Ibid., 186 b.

V.

PLATONE

199
suscettibile di

materiata, perch questa,


verit, cos

come non

non

suscettibile di errore;

ma,

non

conosciamo per ora altra via, dall'erronea unione dei dati sensibili con quelle relazioni mentali ultrasensibili, che gi conosciamo. L'errore, in altri termini,

da ricercarsi nel contatto della sensazione col pen(v tij avverei aladr)ae(og ngg 8idvoiav O). Di qui chiaro

risulta

come

la

verit sia

presupposta dalil

l'opinione anzich posseduta


Benso, cos

da essa; e che, come l'opinione, contengano un' istanza che

li

trascende entrambi. Spetta

dunque

alla scienza in-

traprendere questa ulteriore ricerca, e mostrarci nella


sua purezza ci che emerge dalla vita sensibile im-

mediata, con caratteri proprii e autonomi, rivelatori


della sua peculiare natura.

Ma prima
grare
il

d'iniziare l'indagine,

dobbiamo

inte-

risultato test raggiunto. L'analisi della vita

teoretica, conoscitiva, dello spirito ci

ha posti in prebisogna ora

senza di elementi non sensibili, bens mentali, che

trascendono
fare della

il

senso; la stessa

analisi

vita pratica,

movendo da

quegl' impulsi

ed appetiti elementari e primitivi, che formano nella

(1) Ibid., 195 e, d. Ma Platone non si accontenta di questa soluzione. crede che possa darsi un errore di natura puramente intellettuale, un errore nello stesso pensiero: ci che contrasta nel modo pi completo con lo spirito della sua filosofia, e forma una dissonanza cosi grave che stupisce in un pensatore tanto acuto. Egli tratto in inganno da un esempio preso dalle matematiche: se uno d come somma di 7 e 5 il numero il, anzich il 12, l'errore, secondo Platone, puramente intellettuale, perch la somma viene operata senza soccorso

Eyrli

dei sensi. {Theail., 19H a).

Per noi moderni, invece, chiaro che, in

questo scambio del 12 e dell'll, la confusione tutta sensibile: l'intellettualismo matematico ha tratto Platone in errore; il che vale a
scagionarlo, se
si

pensa che quell'intellettualismo aveva cos potenti


si

radici che si continuato fino a Kant. Pi profonda invece un'altra

spiegazione dell'errore intellettuale, che

fonda sulla distinzione del-

V avere

la scienza e del possederla

V.

T/ieait., 197 e.

200
vita pratica

LA FILOSOFIA GRECIA
il

termine corrispondente di ci che nella


la

Esaminiamo i desideri pi Aver sete, dice Piatone, non significa esser vuoto? Certo La sete non un desiderio? S, un desiderio della bevanda. Della bevanda o d'essere riempito dalla bevanda? D'essere riempito, a quanto pare. Cosicch chi vuoto, desidera, come pare, il contrario
teoretica la sensazione.

elementari,

come

fame

e la sete.

di ci

che prova: essendo vuoto, desidera d'esser


Egli

riempito

dunque non desidera

affatto ci

che

prova; infatti ha sete, ci eh' un vuoto; mentre egli


desidera l'opposto. Chi dunque che riempie quel

vuoto? Non

il

corpo,

non

la

sensazione stessa;
il

ma
suo
in

l'anima, per via della memoria;


principio

che mostra che


il

ogni specie d'appetito, ogni desiderio, ha


nell'anima, ed
x

questa che

comanda

ogni essere animato


tica,

( ).

Pi generalmente, in ogni forma di attivit prav' una istanza sopraordinata a ci che costituisce l'immediatezza delle azioni che gli uomini compiono. La realt di ci ch'essi fanno non il loro empirico agire; ina la visione di qualcosa che trascende quell'agire. Chi beve una medicina, in realt non la beve cos per berla, ma in vista di un bene
che
si

promette. Questo bene non l'azione stessa,


il

ma

suo fine sopraordinato; e come

tale,

appar-

tiene alla razionalit dell'anima.

Ecco dunque che l'indagine

sull'attivit pratica

del nostro spirito, sui desideri e sulle

tendenze,

ci

offre gli stessi risultati dell'indagine sulle sensazioni


e

sulle

opinioni.

Come

verit, cos quelli

queste presupponevano la presuppongono il bene; insieme

postulano

la sfera del soprasensibile, della razionalit

(l;

J'/nleb., 34

35

d.

V.

PLATONE

201

pura, che viene in tal modo, per via di una selezione ed epurazione dialettica, isolata e liberata da tutta corporeit che la circondava, s che in la spessa
essa

potremo ora

fissare

con sicurezza

lo

sguardo.

5.

La reminiscenza.
si

Qualche

parte gi di quella

luce ci

con le tenebre. Noi sappiamo che la realt vera non fenomeno, ma e-senza, non immediatezza, ma mediatezza o idealit. La dialettica del senso ha cominciato a rivelarci la profonda opposizione tra ci che sensibile e ci che appartiene di proprio all'anima. Di fronte all'indivi rivelata, nella lotta

dualit delle sensazioni, noi

vediamo affermarsi

l'uni-

versalit delle relazioni mentali o concetti; di fronte

mutevolezza e contingenza di quelle, l'invariaquesti: variano le quantit naturali, variano le grandezze, ma non varia la quantit, la grandezza che anzi, nella sua immobilit il criterio di ogni mutamento. E similmente la relazione subentra all'irrelato, l' immateriale alla materialit del sensibile: diremo ancora l'ingenerato al generato, la sostanza all'apparenza? Son due gravi problemi che dobbiamo esaminare. Ancora non sappiamo in che rapporto Stanno i concetti verso l'anima; quel che soltanto e mesciamo che la loro luce s'irradia dall'anima sul senso; ma sono essi un prodotto dell'anima, o alcunch di autonomo ed ingenerato, che si comunica mediante l'anima, senza tuttavia nascere da essa? Nella soluzione di questo problema riesce a Platone di gran giovamento un principio della filosofia socratica: la maieutica. Socrate diceva di essere
alla
bilit di

sterile di sapere, e
tali'

limitava la propria capacit

men-

all'arte

di estrarre dalla

mente
la

dell'interlocu-

tore la scienza

che gi

vi

era contenuta senza che

ne avesse coscienza. Platone d

riprova di questa

202

LA FILOSOFIA GRECA

verit con un esperimento. Egli introduce nella


di uri suo dialogo

scem
affatto

il

Menane
e,

uno schiavo
un

ignaro di matematica,
zioni. lo

per via di abili interroga


difficile

pone

in

grado
lo

di risolvere

pr

bleraa.

Donde traeva

schiavo quel sapere? Noe

certo dalla sua attivit scientifica, che era del tutte!

assente;

ma come dal fondo riposto della propri:) anima, per una specie di risveglio o di reminisa nza
(.xM\<i]oiq).

La sua anima era gi materiata

di

quel

sapere, che vi preesisteva e non

era frutto di una

sua acquisizione. Ricordarsi dunque per Platone


identico a trarre la scienza dal proprio fondo
attribuire
!

);

e;

all'anima questa funzione rispetto a un

sapere non acquisito, anteriore alla nascita dell'individuo, in cui l'anima alberga, che altro pu significare se
in

non aver memoria

di

un sapere gi posseduto'

una

vita precedente, e quindi postulare 1'iinmor-i

talit
si

dell'anima, almeno nella linea regressiva che

affonda nel passato?

Ma

tralasciamo per ora queste conseguenze psico-*

come vedremo, hanno uni grande sviluppo nel sistema platonico; limitiamoci per ora ad esaminarne il valore logico e metafisico.
logiche del principio, che,
Sotto questo aspetto,
si
il

principio della reminiscenza

come il primo, grandioso tentativo di dare un'origine non equivoca a ci eh' di natura
presenta

mentale. Se falso l'empirismo, vale a dire


nione che
bile
i

l'opi-

concetti

nascono dall'esperienza

sensi-

non v' altra ammettere che essi non hanno una vita segnata dai limiti della vita umana, ma preesistono all'individuo e sono come un sacro
e

Platone l'ha dimostrato

possibilit se

non quella

di

(1)

Men., 81

d.

<
V.

PLATONfl
si

203
la

ieposito dell'anima,
;

che

perpetua oltre

nascita

la

morte degli uomini.

verosimile

Quel che pu rendere a noi moderni strano e inil principio della reminiscenza, il presup-

posto psicologico
[

su cui si fonda: l'idea cio che 'anima ricordi quel che aveva appreso in una vita ulteriore; idea che forma il nucleo della dottrina della

colt

netem psicosi. Ma se riusciamo a sorpassare la diffiche questa psicologia cos diversa dalla nostra

appone a una giusta valutazione del principio piatoin esso uno spirito profondo di non hanno origine empirica. L'uomo In dal nascere ha in potenza un patrimonio latente, 3he sta nella sua stessa costituzione mentale e forma fondo delia sua anima. V' qualcosa di eterno in quelle leggi del pensiero, un valore che trascende a vita empirica degli individui. Come mai refi mero nascere e morire degli uomini potrebbe coinvolgere
lieo, noi

troveremo

perita. I concetti

.1

io

che presiede alla vita di tutte

le

generazioni,
l'eter-

passato e future? Platone pertanto,


nit dei concetti, dice:

pensando

l'uomo

li

possiede per una

sorta di

reminiscenza. Altri dir che essi sono innati

all'anima; altri ancora, che


dell' intelletto,
tale.

sono funzioni a priori


alla costituzione

leggi

immanenti

menson

Son formule diverse

di filosofe diverse;

ma

tutte
Il

penetrate dallo stesso spirito di verit.


principio della reminiscenza ci porta dunque profonda veduta che i concetti sono ingenerati,
identici,

alla

eterni,

insuscettibili

di

mutamento

di

corruzione.
lesso,

Ma

che

ci

v' una conseguenza pi remota di permette di fare un passo ancora in


infatti, l'eternit dei concetti

jquesta via di chiarificazione dell'essenza ultima del


reale.

Secondo Platone

(spiega la

preesistenza dell'anima all'atto della ge-

nerazione dell'uomo, e non viceversa: ci vuol dire

204

LA FILOSOFIA GRECA

che non l'anima sostegno dei concetti,


invece son
di
il

ma

questi

sostegni di

quella.

concetti non sono

pertanto accidenti di una sostanza, o manifestazioni

una essenza, come sarebbero se riferissero all'anima


loro essere; al contrario essi sono la vera sostanza,

la

vera essenza, che l'anima esprime nella sua identit

incorruttibile ed eterna.

Che

altro resta, se

non dichiarare che


il

concetti
il
-

che questo nella sua essenza intelligibile e mentale? Ecco l'ultimo


sono la sostanza di tutto
passo che
ci

reale,

tea":

'
iti

porta definitivamente fuori della scienza

socratica, verso

una nuova metafisica: l'idealismo.

m
iati

ormai necessario che il concetto socratico si spogli dell'antica sua veste, appropriata al compito meramente logico che Socrate gli aveva assegnato; e che assuma un nome nuovo, conforme al pi alto compito che g' incombe: l'Idea.
6.

ita;

{te

:,

saggio dal concetto all'idea


colpo nel pensiero platonico,
zioni
insensibili.

Questo pas J L'Idea e la sua dialettica. non avviene d'un (')

fa
non

ma

per via di gradagli

La considerazione dell'anima do
ttr.-.:
,

veva trarlo inevitabilmente alla considerazione di


tutto
il

igni

reale:

com'

possibile

conoscere l'anima
,.

senza conoscere la natura universale? ( 2 ). La supremazia dei concetti nel dominio psicologico, la lorc realt sostanziale di fronte alle apparenze sensibili
trovano nel dominio della natura un'esatta corrispon

denza: cos

L'in-finita

variet degli esseri, piante e

(1)

Metafisicamente esso viene espresso con

la

trasvalutazione

<1<

significato logico del concetto dell'identit (intesa

come quella
b.

che

presiede alla formazione delle idee generali) nel significato ontologico]


t v, Soph., 855 l'identit l'essere medesimo: t ravtv 270 e: i|iuxiib ofiv cpuaiv |tco; Xyov xctTavofjCcu (2) Phae&r varv slvou xsv rijs xov dkov qiuscoos;
,

oXei 5v-

205

mimali, vinta e soggiogata dall'unit della specie; lascono e muoiono gl'individui, ma la specie perlura eterna, immutevole,
ebili
riet

imprimendo i tratti indepermanente identit nella loro vafuggevole. che cosa la specie, se non un'idea
della sua
si

mica, che
/ita

trasmette di generazione in generazione,

semplice, schietta,
dei singoli?

non toccata dalla contingenza della La specie dunque l'essenza, la

*ealt.\

vera della natura animale.

quale l'essenza

lello stesso

mondo

della bruta materia inanimata, se

on quella che ci rivela la scienza, cio l'alta finalit


li

ordine, di armonia, di bellezza, che regge

movi-

non apparenze fuggevoli che i sensi ci rivelano, u nelle relazioni immutevoli ed eterne del pensiero, he formano come il tipo costante, a cui lo stesso iivenire naturale si conforma.
nenti dei corpi?
>ta nelle

La vera sostanza

della natura

mondo dunque ideale e mentale. tema che cos il reale svapori nel vuoto; esso on pu riposare che sul pensiero, il quale soltanto *li pu conferire una solidit che nulla riesce a scuoere. Riconoscere al mondo una natura mentale non
L'essenza del
STon si

funzione delle nostre contingenti quanto sostanza, l'idea non dipende lai nostro apprendimento: essa esiste in s e per s, come tale condizione del nostro soggettivo apprendimento. Questa priorit dell'idea si esprime, ial nostro punto di vista soggettivo e psicologico, col dire che essa l'intelligibile. In quanto noi non ontribuiamo con la nostra opera particolare alla formazione del mondo, che gi formato ed organtellezioni. In

significa renderlo

nizzato ab aeterno, l'idea esiste gi in potenza


di

prima

rivelarsi a noi, e costituisce l'intelligibilit del

mondo, quale presupposto

delle nostre intellezioni.

Come potremmo

noi dare un'interpretazione razio-

206

LA FILOSOFIA GRECA
le

naie delle cose, disciplinarle secondo

leggi della
stesso

mente
se cio

nella nostra scienza, se

il

mondo

non

fosse suscettibile di tale interpretazione e disciplina,

non fosse nella sua essenza


intelligibile

intelligibile?

come sarebbe
pu che

sua struttura non fosse a sua volta mentale? La logica socratica non
se
la

in questa metafisica trovare la propria giu-

stificazione e legittimazione.
Inoltre,
l'intelligibilit dell'idea ci offre

un

p-.;

tente ausilio nella spiegazione della conoscenza, cioj


del rapporto tra l'idea e
il

nostro apprendimento

(').

L'idea l'essenza pensabile che l'attivit del pensiero presuppone; epper la conoscenza non la crea, jie e 11 ma la suscita dal fondo dell'anima, che il fondo lonao
stesso del reale.
o,

L'apprendimento dun unque visione,


dell'idea, ini-

come prima s' detto, reminiscenza pressa nella memoria come suggello
l'esternit, direi quasi,

nella cera.

Il

concetto della reminiscenza spiega psicologicamente


dell'idea rispetto all'intellezione, e la sua pura oggettivit
ficata in

non toccata

o modi-

alcun

modo
il

dal soggetto conoscente. Quee la riceve

st'ultimo,

anzi, modificato dall'idea,

come
Il

la cera

suggello,

come

l'occhio la visione.

conoscere non agire,


la

ma

essere agito;

vere

luce dall'idea, non

un crearla;

un ricecome una

passione dell'anima.

Di qui scaturiscono nuove, importanti conseguenze. L'idea per noi, abbiamo detto, l'intelligibile; cio
l'essenza del
e
pensabile indipendentemente da noi pensata; , come dire, un pensiero che non si pensa, almeno dal nostro punto di vista umano; un pensiero oggettivato, cri-

mondo

prima

di

essere

in

(1) Kep., vi, 007 d sejcg. L'accordo tra pensiero e pensato esiste quanto l'anima, illuminata dalla verit, intende e conosce il vero.

V.

PLATONE

207

come pensato una volta per tutte Ma un pensato deve anche presupporre a sua volta un penstallizzato e
siero; l'idea cio

deve presupporre una intellezione

pi alta dell'umana, che ne sia l'origine e la fonte. Altra istanza: l'idea per la nostra mente alcunch
di oggettivo,

che non toccato dalla nostra soggettipro-

vit: su che riposa questa oggettivit ideale, a quale

soggettivit pi alta riferisce in ultima istanza


prio essere? Platone

il

intrawede .questo problema, ma

ne adombra soltanto la soluzione, con la fantastica visione del Fedro, secondo cui le idee albergano presso
gli di,

che ne fanno
le

il

loro pasto divino. Questo mito

gi

ci

dice che nella fase del pensiero platonico che


idee

consideriamo,
vinit,

non s'intrinsecano con

la

di-

come

intellezioni divine,

ma
le

esistono per s,

inesplicabilmente, e gli di stessi


e ne fanno

presuppongono
le

un

loro pascolo. Un'assai pi profonda

coscienza

del

problema
il

ci

riveleranno
il

ultime

opere platoniche:

Filebo e

Timeo.
intelligibile

Un'altra conseguenza.

Come essenza

distaccata non pure dai sensi,

ma ancora
v

dalle intelle-

zioni, l'idea trascendente, separata (/ coqi0tt|), in s e

per

s.

Il

pensiero

umano

pertanto non

le si

adegua

che trascendendo

umanit, epurandosi di tutta la spessa materialit che lo circonda e l'inquina: un processo che non ha il suo vero compimento se
la propria

non dopo la morte, quando l'anima affatto scevra da ogni impedimento corporeo, nella purezza della sua essenza pu Analmente contemplare l'idea in tutta la
sua luce. Un'anticipazione
di

questa visione sovruaccorti dal cedere

mana la Ma qui

filosofia,

vera anticipazione della morte.


linguaggio plato-

noi

dobbiamo renderci
alle suggestioni dal

eccessivamente

nico e pi ancora a quelle dei concetti moderni. Gli


attributi dell'idea,
intelligibile,

trascendente, sepa-

208

T..A

prLOSopr.A.

greca
un dualismo
tr<
r

rata, creano per contrapposizione

essa e

il

mondo

materiale, che noi

potremmo

essei

facilmente portati a sintetizzare nell'opposizione del

questa una trasposizione da cui dobbiamo guardarci. Nella genesi psicologica che noi abbiamo tracciata della dottrina, ci risultato invece che il mezzo, la trama da cui si libera l'idea ed a cui si contrappone, non che il sensibile, il divenire fenomenico. Il termine
l'idea e della materia.
storica di concetti,

contrapposto all'idea per l'appunto questo divenire;

non gi una materia come

entit priva di ogni deteri

minazione qualitativa, facente da sostrato a tutto mondo corporeo. Siffatta entit familiare a noi moderni, ancora sconosciuta a Platone, e la sua intru sione inopportuna pu generare non pochi equivoci Tale peculiarit dell'idea espressa da questi altr suoi attributi: essa l'ingenerato, in antitesi con ci
che
si

dualismo
getto,

genera, l'invisibile, in antitesi col visibile. I di oggetto a oggetto, non di soggetto a og


in quello, a noi noto, tra spirito e materia

come

Ci non vuol dire che

un concetto

della materia

non

esista in Platone; altrimenti, egli

attribuire all'idea,

come

fa,

non potrebbe un'essenza immateriale

Soltanto, la materia, nella sua speculazione, non


ci che noi
lo stesso

siamo avvezzati a chiamar cos;


Il

ma

si

divenire eracliteo dei fenomeni, su cui

eleva immutevole l'idea.

permanente,
il

lo stabile,

non

sta sotto di essi,


al

ma

sopra, nella realt ideale.

Nulla sottost
originario,
siero
il

divenire; esso

dato primario e
il
il

primitivo caos al di l del quale


il

pencon-

non sente ancora

bisogno

di risalire;

cetto della materia gi

una

ulteriore elaborazione

e complicazione concettuale, e nelle sue note di stabilit e

permanenza,

gi

un barlume

della luce
di-

ideale riflessa nell'immediatezza compatta del

V.

PLATONE

209

vanir. Questo ulteriore


:

problema della materia sar

pure confusamente, in una fase pi matura dello sviluppo del pensiero platonico, .piando esso cercher di compenetrare l'uno delliti-avveduto,
sia

aveva separato, l'idea e il difenomeno gli si mostrer la presenza di un ricettacolo o sostegno fisso e permanente di ci che fluisce. Questo quid dovr necessariamente apparirgli come mediato da quella idealit, da quella esigenza concettuale che lo pone
l'altro
i

principii che

vi-nire,

e allora al di sotto del

e lo riconosce:
e ini

la

materia avr a sua volta


dell' immaterialit.

le

strane

prevedute impronte

Platone

finir col

fermarsi perplesso, quasi sorpreso, di fronte

a questa
postula, a

massima aporia del sapere scientifico: che fondamento dei fenomeni, qualcosa di ase

solutamente materiale e irriducibile al pensiero;

intanto questo qualcosa, per poter rispondere vera-

mente

alle

esigenze della permanenza, della stabilit,


il

dell'oggettivit, dev'essere spogliato di tutto

con-

tingente del fenomeno, di tutta la grezza materialit

essere

dev'essere elevato a un concetto. Per veramente materia dev'essere immateriale. Allo sguardo di Platone questa idealit non potr sottrarsi bench egli (fermo nella concezione delle
lente,

pure idee) sar spinto a riconoscervi soltanto un'idealit spuria;

ma

avr

fatto gi

un gran passo

sul

materialismo ingenuo di Democrito, che postula una


razionalit

pura per creare

il

concetto della materia

e l'annulla poi in

nesi
se

idealistica di

presenza del suo prodotto. La geogni materialismo s'intravvede,

pur confusamente, dagli ultimi saggi della spe(').

culazione platonica

(1)

Mi

riferisco qui alla dottrina del Timeo. 8i confronti

il

n. 10 di

questo capitolo.
G,

uf.

Ruggiero, La

filosofia greca.

14

210

LA FILOSOFIA GRECA

Ma gi
i

in

questa fase pi arretrata di essa, quand


tre,

termini in presenza sono non ancora


idea e
il

ma

due!

l'

divenire, la loro antitesi

pur

divers

da quel che noi saremmo tentati d'immaginare non perci meno suggestiva. Essa anzi il deci sivo avviamento di quei fecondi contrasti e duali
tra spirito e natura, cielo e terra, ed altri consimili

che tanto gioveranno, nell'avvenire, a individuar spirito umano, a separarlo dalla natura, non pii come oggetto da oggetto, ma come soggetto da og getto, e a far scaturire questa divisione non da ui
lo

ordine estraneo, imposto, di natura,

ma

dalla stessi

legge dello spirito, che redistribuisce, secondo h proprie esigenze, i valori delle cose. Prima di Pia
tone non erano mancati quei conflitti di coscienza ch<

sdoppiavano il mondo, in un regno di realt e in un< di apparenza, o, come nella considerazione astrono

mica dei pitagorici, in un cielo ordinato e annonicc e in una terra in preda al mutamento e al disor dine; o, come nell'intuizione etico-religiosa degl orfici, in un'anima e un corpo. Ma generalmente
alla

comune

religiosit,
si

tutto

il

reale, dagli

esser

infimi ai supremi,
turalit, pi o

appiattiva in una identica na


noi

diversa di natura.
socratici l'uomo e
in

meno densa e corpulenta, ma Ed anche nella filosofia dei


i

pre

suoi valori apparivano compres


tutti gli altri esseri

una comune natura con


Perfino in

Platone noi

ritroviamo
cos,

le

tracce d
egli si
fi

questo ingenuo oggettivismo:


a spiegare l'anima

quando

umana da
e

fisiologo (dimentico

de

lato) la naturalizza

morale che egli stesso ha formili non meno dei suoi predecessori, ne fa un elemento pi sottile, ma non meno corporeo dei rimanenti. Ma non ostante tutto ci, v' in lui la coscienza incomparabilmente pi viva di un di
dualismo religioso

V.

PLATONE
tra le cose,

211

stacco che
tra
lo

si

va effettuando non gi

ma

che interrompe la rigida compattezza naturalistica dell'universo e prepara all'uomo una sua pi appropriata sede del mondo, in virt di quei valori che lo fanno partecipe di un celeste e invisibile sopramondo.
spirito e le cose;

Abbiamo fin qui parlato dell' idea al singolare, come per esprimere il significato unitario dell'essenza mentale della realt; ma l'idea non unica; v' anzi una pluralit d'idee nell'universo, com' concepito

da Platone. Abbiamo

infatti

incontrato nella

scienza l'idea della grandezza, della quantit, del


simile e del

dissimile, dell'essere e del non-essere,


nel

dell'essenza, della verit, ecc.;

mondo organico

l'idea della specie; e poi l'idea del bello, del bene,

Un'enumerazione evidentemente non possibile: basta il


dell'armonia, dell'ordine e via discorrendo.
caratterizzare per idea ci eh' intrinsecamente
tale,

e cio di origine

Siamo dunque di biamo forse dire che

mennon empirica. fronte a una pluralit; dob-

il

mondo

ideale, l'essenza della

frammentario? ovvero la pluralit forma un sistema di carattere rigidamente unitario? La dialettica del senso ci pu gi dare un affidamento che questa seconda alternativa sia la
realt, disgregato e

vera.
stenti

Come

gi,

nella moltitudine d'individui esigli

indipendentemente

uni dagli

altri,

siamo

riusciti

a estrarre l'idea unica in essi diffusa: cos

ora la dialettica delle idee pu mostrarci nella moltitudine delle idee un'idea pi generale, fino a rag-

giungere l'idea suprema a cui tutte

le

altre

sono
(').

subordinate, e che imprime l'unit al sistema

(l)iSoph., 253 e. segg.

212

LA Ftt.OSOFfA GRECA
dialettica delle idee pi alta della precedente:
al

La

questa infatti procedeva dai dati immediati


principio, ed
ralistico; l'altra

loro

aveva quindi un certo carattere natuinvece procede

perle specie stesse

senza soccorso dei sensi; ed e quindi la suprema forma di raziocinio: il pensiero puro (vernai?) ('). Vi
e

dunque,

in virt di questa dialettica,

chia delle idee, che per Platone non


tanto di dirci qual

una gerarci ha mai

esposto, nelle sue particolarit, accontentandosi solil

vertice di essa, cio la su-

prema dignit

ideale a cui tutto l'universo sottoil

posto. Questa idea delle idee


allo stesso pensiero, in

Bene, sopraordinato

quanto gli d luce, ed causa di scienza e di verit ( 2 ). Questa idea cos alta, che appena si vede (fiyis QoGai) ( 3 ), ma appem vista bisogna giudicare che essa causa di tutt Je cose giuste e belle, e tale che crea la luce nel

mondo

visibile e la verit e la
Il

ragione nel monde

intelligibile.

Bene

Dio,

ma

Dio quasi imper-

sonalizzato, oggettivato,

come
il

tutte le idee platoniche;

potenza divina e non attivit divina.

Da

questo culmine tutto

sistema riceve una po-

tente orientazione teleologica.

La

finalit nell'es-

senza stessa delle idee;

il

pensiero infatti mira noi

all'origine empirica delle cose,

ma

al loro fine ideale!

Questa teleologia come


l'idealismo
platonico:

la corrente

animatrice del-

appare dominato da una tendenza verso la perfezione suprema, verso somma bellezza e verit, che hanno nel somm( l.i bene, nella provvidenza regolatrice del tutto, la lorc unit finale. Ormai sono tramontate le primitive col'universo

li)
(2)

l\fp., vi, 511

a segg.
e.

Rep.,

vi,

508

(3)

Ibid., vii, 517

b segg.

V.

PLATONE

213

smogonie, che spiegano meccanicamente il mondo, riducendolo alla sua pi povera ed elementare espressione, al principio originario
il

{Q-/r\),

e lungi dal

dare

perch delle cose, ne adombrano soltanto il come. La spiegazione finalistica invece pi intima al

quanto ne spiega la formazione come reaun modello, conseguimento di un fine, idealmente preesistente ai mezzi della sua attuazione. Ecco aperto al pensiero un campo sconfinato
reale, in

lizzazione di

d'indagine; esso cercher d'ora innanzi


l'

di
fini

penetrare

intimo segreto delle cose, che nei


e vedr quindi

che esse

realizzano,

nell'universo esplicarsi

l'opera dell'intelligenza, di cui la finalit l'attiva


inani festaz ione. Cos, nel corso di
e

lunghe esperienze

luminose intuizioni, si chiarir sempre meglio l'essenza mentale del mondo, e il pensiero si posseder sempre pi profundamente nella svelata spiritualit
dell'universo.

Ma

soddisfano

le

idee platoniche a questa esi-

genza teleologica? sono veramente la causa finale della formazione delle cose? In questa fase almeno della concezione platonica, che culmina nel Fedro, nel
Fedone, nella Repubblica, noi dobbiamo rispondere

negativamente
e troppo

al quesito. L'idea troppo sostanza poco causa: come un mero pensato, essa
si

non ha quella forza causatrice che


al

pensiero concepito

come

attivit.

pu attribuire In una sfera

che abche tutto ci che abbia nell'idea la propria essenza e sostanza, si spiega agevolmente; ma non invece spiegabile
ideale, essa riproduce quella stessa difficolt
nell'Qxii dei presocratici:

biamo notata

omc dall'idea ogni cosa si produca. Noi troviamo in effetti due tentativi di spiegazione, in Platone, concepiti in un ordine di sviluppo. Il primo che fenomeni partecipino alle idee: la cos detta mei

214
tessi (fi8e|is)

LA.

FILOSOFIA GRECA
siste!
!

che troviamo nei primi dialoghi

mitici di Platone. Questa spiegazione corrisponde

uno stadio iniziale, preparatorio della dottrina dell idee, quando l' idea si distriga appena dal divenir sensibile. Ma, una volta fissata la rigida struttur.
del

mondo

ideale e trascendente, chiaro che

1:

appariva prima del tutti naturale e spontanea, diventi a sua volta un arcano
partecipazione, la quale

un mistero: come potr


un'essenza tanto diversa?

il

divenire partecipare d

al concetto

della metessi, Platone sostituisci;

gradatamente quello dell'imitazione, della mimes (fiipioig). Cosi il carattere trascendente ad esemplar*
delle idee salvato;

ma

insieme nasce l'esigenza d

dare un nuovo orientamento teleologico e attivisticc al sistema. Perch le cose sorgano per imitaziont
delle
idee,

il

necessario che vi sia qualcuno che

guardando

modello, lo riproduca ed imiti. Nel-

l'idea stessa, data la sua natura immobile, inerte,

separata, non v' l'esigenza di questo lavoro riproduttivo, che poi in


realt

produttivo di tutto

il

mondo

delle

cose generate. Tale la

critica che

muover

Aristotile, nella Metafisica, a Platone; mal

questi se la propone egli per primo, tant' vero che


nella sua opera pi
possibile la mimesi,

matura

(il

Timeo) per rendere

introduce un principio nuovo

il

Demiurgo,

il

Dio creatore
le

la cui

funzione
il

per l'appunto di foggiare


ideale.

cose secondo

modello

Ma, nella fase che noi consideriamo,

la dottrina

platonica ben lontana dal poter dare un adeguato

svolgimento a questa esigenza teleologica che nel suo principio, e, lungi dal giungere a una costruzione finalistica del mondo, capovolgendo la vecchia

concezione meccanica

(ci

che pure nel suo

spi-

V.

PLATONE

215
della,

rito),
:

ricalca

ancora

le

orme

cosmogonia

s'impiglia nelle inevitabili difficolt di essa.


nell'idea la possibilit di
trarla

Mav'

uno svolgimento, che pu


In
effetti

da queste

difficolt.

noi possiamo,

attraverso l'idea, giungere all'intelligenza che ne


il

principio vivente; e questa,

come

attivit,

supera

l'ipostasi

dell'idea, e c'introduce nella

sfera della

causalit teleologica,

pensiero

platonico

mento. Tale
che
ci

dove la pi alta esigenza del pu trovare il proprio appagar progresso sar compiuto nel Filebo,

riveler l'efficienza causale dell'intelligenza,

e nel
ci

Timeo, l'ultima grande opera platonica, che

dar la costruzione teleologica dell'universo.


7.

L'Idea e la Filosofia.
alla

Ma prima
col

di

av-

viarci

nuova meta, ritorniamo

pensiero ai

momenti pi salienti di questa fase speculativa gi esaminata. La metafisica dell' idea da noi esposta non ne che un aspetto solo; v' poi tutta una ricca psicologia che la completa, individuando con caratteri assai vivi quella forma mentis che passata alla
storia col

nome

di platonismo.

oggettiva ed autonoma, apprendimento. Conoscendola noi non l'accresciamo, non la trasvalutiamo; ma, semplicemente, la vediamo. L'impassibilit e indifferenza
rispetto al nostro

Sappiamo gi che l'idea

dell'oggetto visibile rispetto alla visione

si

riproduce

nella sfera dell'oggetto mentale, rispetto alla cono-

scenza. Epper Platone pu dire


del tutto metaforico,

('), in un senso non dobbiamo alla vista la stessa filosofia, il pi nobile dono .:he il genere umano abbia ricevuto o possa mai ricevere dalla munifi-

che

noi

cenza degli di

(1)

li,n., 47 a.

216

LA FILOSOFIA GttBA
Quindi, l'atteggiamento del
filosofo,

che gi

si

de-

prima considerazione, meramente contemplativo: egli non mira a possedere la realt e sa di non poterlo ina a contemplarla sempre pi compiutamente nella sua purezza. Dalla sua conoscenza non scaturisce azione, ma solo un bisognolinca da questa
di

conoscere pi intensamente,
quasi ad
annullarsi
in esso.

di

purificarsi

nella

propria visione, di assorbirsi


fin

nel

proprio oggetto,

poich

la

meta

di

questo sforzo trascendente, l'ideale

platonico

della vita un'irrequietezza dell'animi, tendente ad

una assoluta quiete, un'aspirazione senza fine, che pur vorrebbe tendere alla fine di ogni aspirazione.
Di fronte a ci che

umanit, natura corporea

terrena, quest'ideale del tutto negativo; e la ne-

gazione, nel dominio spirituale, non qualcosa che


si

possa mai concepire come gi attuata,


in

ma

sem-

pre

via di

attuarsi;

mortificazione

continua

della propria corporeit.

Ma mentre

l'ascetismo meil

dievale, mortificando la carne, sente in quest'opera


sacrifizio,

l'ideale platonico invece concepisce

una
dis-

rinunzia senza dolore, quasi

come uno spontaneo

siparsi della nebbia corporea alla luce della verit

pura

(').

In questo conformarsi del filosofo all'esigenza teo-

contemplativa del suo pensiero, si rivela una profonda efficienza pratica del platonismo ma il fine
retica,
;

una negazione della pratica, un mento e una concenti-azione di tutte le forze


di essa e

assorbi-

nel pen-

siero.

Tutto

il

calore della vita, tutto ci


e

che

si

chiama sentimento
riscalda, diviene

passione dell'anima rifuso


delle idee, e

nel pensiero: cos la contemplazione della

amore
la

mente come amore

si

(1)

V. nel

Fedone

magnifica esplicazione di questo processo.

V.

PLATONfc

217

tensione, bisogno, desiderio, stimolo alla ricerca


infine
si

accende nell'entusiasmo, allorch si compie la rivelazione del Dio. Noi esitiamo a dare a questo atteggiamento speculativo, per cui tutta la vita rifusa nel pensiero, il nome d'intellettualismo, che pure sotto un certo aspetto gli compete, e sotto il
quale passato alla storia.
11

titolo

d'intellettuali-

smo

troppo spregiativo,

perch possiamo osare di

attribuirlo all'atteggiamento del pensiero di Platone;

meglio invece dire che, quando sar spenta quella

fiamma

di cui

si

accende tutta

la vita, e
il

non
si

reste-

mano che
constatare,

le ceneri, cio

quando

pensiero di Plapotr

tone sarA spento nel platonismo, allora solo


nella

riduzione e

nell'assottigliamento

delle forze spirituali alla sterile attivit


tiva della

contempla-

mente,

il

carattere saliente dell'intellet-

tualismo.

Nel pensiero platonico non v' che

il

germe del

platonismo e del conseguente intellettualismo. V'


qualcosa di sterile nella pura contemplazione, posta

come

fine a s stessa: l'anima, assorbita


si

nella sua
in in-

visione,

esteriorizza a se

medesima, perde

timit quel che acquista nell'ampiezza dello sguardo.

Platone ha ancora una vita spirituale cos intensa,

che

la

sua mente pu vincere l'incipiente dispersione

dell'anima;
guerriti

ma

platonici saranno assai

meno

ag-

contro
si

il

pericolo insito
in

al

loro atteggiacrea,

mento, e

esauriranno

una visione che non

e anzi distrugge ogni forza della personalit, ogni ra-

gione intima e autonoma della vita. La visione, che

vorrebbe elevar l'uomo al di sopra della personalit, soltanto impersonale; l'uomo perde ogni possedimento di se, annulla il suo carattere. L'ideale supremo della saggezza l'inerzia, lo scomparire e
il

confondersi del soggetto nell'oggetto.

218

LA FILOSOFIA GRECA
Il

pensiero ha scoperto la sua pi alta potenza

solo per annullarsi in essa. Alla propria attivit tutto


il

reale anticipato nel suo sistema ideale,

il

che

ad ogni sforzo, ad ogni lavoro mentale. La scienza compiuta in s, prima che si faccia in noi: che altro vuol dire se non che tutta l'opera nostra diminuita, ridotta ad un riflesso o ad una copia di un modello preesistente? Sul nostro pensiero incombe, col suo grave fatalismo un pensato; qualcosa in cui, pur riconoscendo la nostra medesima essenza, sentiamo tuttavia un potere estraneo e
toglie valore creativo

trascendente: un pensato che non opera nostrn,


ina limita e condiziona l'opera nostra.

Crediamo

di

creare, e invece riproduciamo, copiamo; crediamo

ed la realt pensa in noi, ricettacoli incoscienti di un potere sovrumano; crediamo di agire e siamo agiti. Tutta l'oggettivit del mondo grava su noi, mentre noi vorremmo che gravitasse intorno a noi. Non pi la greve materia dei presocratici, bens un'oggettivit ideale, tramata da un pensiero divino; eppure questo pensiero, straniato da noi, reso trascendente a noi, una nostra schiavit, pi alta della precedente, ma che non meno di quella opprime la
di essere artefici del nostro pensiero,

che

si

nostra

soggettivit.

Il

soggetto socratico, gi atte-

nuato nella fase culminante del pensiero dello stesso Socrate, si annulla in un nuovo oggettivismo. In questo significato passato per lungo tempo
alla storia
listica,
il

nome

d'idealismo, e per eccellenza ideala metafisica greca, in con-

stata

chiamata

trapposto alla metafisica cristiana che l'ha seguita,


la

quale dominata da un potente spirito realistico.


dei problemi nelle

La posizione

due

filosofie

molto

simile; la diversit di spirito per basta

da sola a

differenziarle profondamente. Nel realismo cristiano

219

il

valore della soggettivit e della personalit vien


all'ideale

reintegrato;
Ideale

contemplativo

dinamico
s la

e attivo:

subentra un l'uomo non trasferisce pi

fuori di

propria realt,

ma

la

scopre in

lui

medesimo, nella fiamma d'amore e di carit che s'irradia dal suo spirito, e che colma con lo slancio dell'azione l'abisso della trascendenza, che l'inerte visione platonica misura senza colmare. Cos la partecipazione alle idee, o all'essenza divina espressa
nelle idee, la quale nel
inola,

trova nel cristianesimo la


in

platonismo una vaga furpropria realizza-

quanto che l'individuo ha in s, nella il criterio e la misura di quella partecipazione, e agendo santamente realizza la propria
zione,

propria attivit,

divina natura.

8.

L'immortalit dell'anima.
il

V ancora
che

un

altro aspetto della metafisica delle idee,

ci resta

a considerare:
bile,

dualismo del mentale e del sensi-

dello spirituale e del corporeo. Poich la logica

ha nella metafisica il proprio fondamento, dualismo epistemologico del sensibile e del mentale s'ipostatizza necessariamente nel dualismo metafisico del corporeo e dell'incorporeo. L'uomo non contempla le idee se non per quel che d'ideale v' nella sua natura, per quel che in lui partecipa all'essenza immateriale delle idee. Tutto ci eh' sensibile e corporeo un impedimento alla pura condelle idee
il

templazione; epper
perturbatori e

il

filosofo

ne allontana gl'influssi
fin

purifica

l'anima

quasi

a egua1

gliarne l'essenza semplice e incorruttibile

( ).

Nella

compressione dei sensi, l'anima dunque

si

afferma

(I)

Phaed., 65 C 66

e.

220

LA FILOSOFIA GRECA

li dis-l secondo contrari indirizzi. Che', di strano allora, nelF ipotesi che la morte completai dei sensi sia vita piena dell'anima, liberazione da ogni!

pi potentemente; una legge di opposizione


socia e
li

fa svolgere

vincolo terreno; definitiva adeguazione dell'esistenza!


all'essenza?
11 problema dell'immortalit dell'anima il complemento della dottrina delle idee. Noi lo troviamo formulato in tutta la sua ampiezza nel Fedone, e integrato da ulteriori argomenti nella Repubblica e nel Fedro. Esso consta in realt di due problemi, il primo dei quali concerne l'origine, il secondo la fine dell'uomo; e l'uno completa e illumina l'altro: se l'anima non ha origine nella generazione, ma le preesiste, qusta gi una notevole presunzione in pr della sua immortalit; ci che non si genera non suscettibile di corruzione, e viceversa. La tesi che l'anima

sia ingenerata scaturisce

immediatamente dal conse l'appren-

cetto delle idee e della reminiscenza:

dere un ricordare ci che fu appreso in una vita


anteriore, l'anima deve necessariamente preesistere
alla

generazione dell'individuo in cui alberga; e cos regressivamente all'infinito ('). Ma, pure ingenerata, non potrebbe perire? La dottrina pitagorica non
sia

insegna che l'anima

una sorta

di

armonia?

come
corpo,

tale,

non
cui

soggetta a dissolversi insieme col

di

Platone ripudia energicamente


sia
gli

esprime l'unit delle funzioni? Ma la tesi che l'anima


lo

armonia del corpo: essa


sovrasta;
2

domina,

lo

signoreggiai

come dunque potrebbe esserne una


(
).

semplice risultante?

L'armonia

una composisem-

zione di elementi, mentre

l'anima essenza

ai Phaed.,
(2)

7f>

segg.

Phaed., 92 b segg.

V.

PLATONE

221

ed ha pertanto una propria legge autonoma. Solo quel eh' e composto, cio il corpo, soggetto alla dissoluzione e alla morte; non gi l'anima, che non avendo parti, per la semplicit della sua natura, non suscettibile di nessuna displice e individua,

sociazione.
Inoltre, l'anima principio della vita e del

vimento; e

il

principio ingenerato, in quanto

monon

riceve da altro la propria attivit, anzi la

fonte

ed non potrebbe rinascere da altro, e perderebbe quel carattere essenziale che ne fa un principio ('). All'anima dunque il movimento intrinseco ed essenziale (ev8o8ev orin) | ato) e pertanto non suscettibile di dispersione; al corpo invece il movimento estrinseco (|co0ev), e non appena gii sottratto, esso subisce la sorte di ci eh'
da cui tutto
il

resto trae

movimento

e vita;

eterno, perch, se perisse,

per natura inanimato. Infine, l'anima partecipa dell'idea della vita;

pensarne

la

distruzione significa

pensare, insieme con la vita, una determinazione contradittoria


:

la morte.
le

Son queste

maggiori argomentazioni platoni-

che in pr dell'immortalit dell'anima. La loro forza

non dissociabile da quella dell'intero sistema, e quindi apprezzabile solo da chi intende il valore
sostanziale
delle
idee.

Ma

queste argomentazioni,
tutti

cos per Platone

come per

coloro che ne segui-

orme, non sono che la giustificazione logica di un sentimento pi elementare dello spirito. L'uomo non pu pensar distrutta la propria indivi-

ranno

le

dualit

pensarla distrutta gi sopravviverle;

il

pensiero della morte va naturalmente oltre la morte.

(1)

Phaedr., 245 C segg.

222

LA FILOSOFIA GRECA

il

vuoto dell'ai di

si

riempie delle speranze

ri

nascenti eternamente dai dolori, secondo la legg


stessa dello spirito che,
cos dalla

come

dalla vita fa la morte

grado a grado morte vien figurata come un'ascensione nella vita tutto ci che nella nostra esistenza terrena inade guato alla nostra essenza trova nell'ai di l la sin completa adeguazione: cos la verit eclissata dal l'errore, cos la giustizia compressa dall'ingiustizia cos l'amore avvelenato dall'odio. L'idea della rnortt porta con s una purificazione dello spirito; come puro il dolore alla presenza della morte, pura, la speranza che da esso risorge. A questa speranza ogni forma di mentalit religiosa ha dato un particolare colorito e una propria
fa la vita. Il tal guisa,
la

morte

realizzazione. Cos il pensiero orfico-pitagorico, a cui Platone s'ispira, ha collegato l'idea della sopravvi-

venza a quella della trasmigrazione. Noi leggiamo nel Fedone la descrizione fantastica di questa vita dell' oltre tomba. Platone stesso ha coscienza che la sua
costruzione fantastica,

ma,
tale,

egli

come la visione di un sogno; soggiunge, se certo che l'anima immorforse la

non vai
('):
il

pena

di credere a
T(*

un

tal

sogno?

KaA.? yQ xivfiuvog, xo XQM


avxco

TOiaO' cootceq rtaOeiv

rischio bello, e convien farsi

come un
al

incanto di quei fantasmi! Per egli aggiunge

mito,

che ha ricevuto da altri, una coscienza filosofica profonda, fino allora sconosciuta: l'idea cio che il pensiero dell' immortalit abbia il proprio oggetto
adeguato;
tra
i

perch,

come potrebbe questo massimo


la visione

pensieri
se

non esser

d'un che

d'esi-

stente,

nell'essenza stessa del

pensiero con-

(1)

Phaed., 114 d.

V.

PLATON

223

templare ci che ? Tanto sarebbe dichiarare che


il

pensiero stesso sia un'illusione! Cos

la visione

dell'oltretomba,

adeguando resistenza

all'essenza,

d all'idealismo platonico la sua pi profonda attuazione.

Ma
che
il

il

concetto dell'immortalit rappresenta, oltre


di questa fase speculativa,
crisi

culmine
il

anche

il

principio di

una

nel pensiero di Platone. In-

nanzi tutto,

dissidio tra ci eh' spirituale e ci

eh' corporeo viene spinto fino all'estremo dualismo,

non solo metafisico,


tini

ma

anche morale, perch l'uomo

portato alla svalutazione della vita terrena e dei


il mopu chiamare orfico, guardando alla sua efficacia si pu chia mar cristiano del pensiero platonico, in quanto il fondamento e anzi l'anticipazione della metafisica

che essa destinata a realizzare.

questo
si

mento, che guardando alla sua origine

cristiana. L'equilibrio della vita greca, gi scosso in

Socrate, qui rotto bruscamente, e un estremo

ri-

gorismo morale subentra alla concezione armonica delle attivit umane. Ma, come gi Socrate, cos neppure Platone pu restare a lungo in una posizione
tanto aliena dalla mentalit del suo popolo.
fetti le

in ef-

mostreranno la sua attivit mentale rivolta al conseguimento di un nuovo equilibrio spirituale, che riabiliter la vita sensibile, reintegrandola in quella visione razionale, che prima se n'era sdegnosamente appartata.
opere posteriori
ci

Ma

la crisi del

pensiero platonico non

si

limita

a questo episodio della moralit, e coinvolge le basi


stesse della metafisica delle idee. Il concetto dell'im-

mortalit dell'anima infatti un'affermazione dell'individualit e della personalit

umana, che contrasta

fortemente con l'oggettivismo del sistema delle idee.

Come

si

concilia la tesi della semplicit e sostanzia-

224

LA FILOSOFIA GRECA
dell'anima con quella che d come fondamenti

lira

di essa le idee?

come

le

idee oggettive e impersonal

il miracolo della sogget che l'anima? Questa inoltre, come principe di vita e di movimento, ha un'attivit che man ci alle idee; ed insita a ci eh' generato e corniti tibile, senza tuttavia confondersi con esso: esempk

potrebbero porre in essere


tivit,

mirabile di una essenza ideale che


realt sensibile, e che anzi con
la

si

esplica

nellj

propria attivit

teleologica crea ed organizza ci eh' sensibile. Nor.


ci

limitato, di quel
alle

d quindi l'anima umana un saggio, per quante compito che invano proponevamo
idee: di spiegarci la formazione di ci che ad

esse sottoposto?
In realt, l'apparizione dell'anima individuale nel sistema di Platone, inesplicabile da un punto di

puramente speculativo. Essa ha principalmente un motivo religioso e un contenuto mitico. Platone attinge l'uno e l'altro all'orfismo: l'anima un demone piuttosto che un'ipostasi metafisica, ed anche il rigorismo morale che si deduce dall'assunzione
vista
di essa attinto al culto dei misteri dionisiaci.
il

Ma

che Platone trasferisce questi elementi estranea provenienza nel suo sistema di gran eli momento per la speculazione pura, perch tale infatto stesso

serzione diviene uno dei fattori determinanti dell'ulteriore sviluppo della dottrina delle idee.

9.

Il

nuovo orientamento del sistema.

Se, di

problema dell'anima e dei suoi rapporti con le idee, la crisi nel platonismo pu venire soltanto argomentata indirettamente, invece, rispetto ad altri problemi, essa ha un'ampia documentazione diretta. Nel Parmenide, si affollano i dubbi sulla pofronte al

sizione

trascendente delle idee;

nel Sofista e nel

V.

PLATONE
i

225

i Filebo

dialettica;

cominciano a maturare frutti di questa scepsi risultati delle, precedenti innel Timeo
i

dagini convergono in
matica.
I
I

una nuova costruzione


i

siste-

dubbi del Parmenide concernono

rapporti tra

le

idee e gli esseri particolari che di esse parteci-

pano.

Come sono

concepibili

delle

specie

separate

dagl'individui? una somiglianza separata dalle so-

miglianze che percepiamo? e cos una giustizia, una


bont, una bellezza?

specie fuoco,
e

('). Vi sono allora anche una una specie acqua, separate dal fuoco

dall'acqua

dell'esperienza? Quindi ancora, delle

cose pi ignobili e vili vi sono idee separate? Pla-

tone costretto a negarlo; anzi, di tutto ci che

meramente

sensibile egli

nega che
il

si

diano idee

2 (

Ma come

si

spiega allora

sensibile,

una volta

pri-

vato di ogni essenza?


Inoltre,

come pu
molti? non

la
si

specie restare una, parteci-

pandosi

ai

divide anch'essa, formando


3 (
).

a sua volta

una nuova moltitudine?


il

se

il

rap-

porto tra la specie e gl'individui quello dell'esempio


all'esemplare,

giudizio sulla somiglianza di quello

a questo

non richiede a sua volta un'idea superiore


4
(

che

li

corapendii entrambi, e cos progressivamente


).

all'infinito?

Ma v'di

pi: dato

il

concetto della separazione

conoscenza adeguata trascende le nostre facolt umane e non appartiene che a Dio; ma Dio a sua volta, in virt della stessa separazione, non pu avere scienza delle cose umane ( 5 ).
delle idee, la loro
Pana., 130 b segg.
130 d.
Ibid., 132 a.

(1)

(2) Ibid.,
(3)

(4) Ibid., (5)

132 d segg.

Ibid., 134

d segg.

G. de Ruggiero,

La

filosofia greca.

226

LA FILOSOFIA GRECA
e inadeguatezza,

Donde una duplice trascendenza


che esaspera il dualismo tra portandolo fino all'assurdo.
Infine, v' nel
dialettica,
le

idee e gl'individui,

Parmenide una lunga discussione movente dal presupposto dell'esclusione reciproca dei contrari: essere e non essere, unit e
moltitudine,

somiglianza
il

dissomiglianza;

il

cui

scopo di mostrare
deriva da
zioni,
siffatta

groviglio dei
la

concetti

che
rela-

esclusivit, per

quale

le

che

le

varie

coppie dei contrari esprimono,

vengono sostantivate in ciascuno dei termini. Donde la conseguenza, non formulata ancora nel Parmenide,
lebo,

ma

formulata in seguito nel Sofista e nel Fii

che l'uno con


generati.

contrari

debbono essere
al

conciliati,

fusi

l'altro,

per dar vita

mondo

degli esseri

il compito eracliteo attribuito alla logica compito di quella vasta sintesi della generazione e dell' ingenerato, del temporale e dell'eterno, del mobile e dell'immobile, che Empedocle, Anassagora e Democrito non seppero adempiere, sul terreno della fisica, non avendo il soccorso della dialettica della mente. 11 caposaldo della dialettica degli opposti, che

questo
il

eleatica:

Platone intraprende nel Sofista, sta in un principio gi enunciato nel Fedone. Tutte le cose generate

hanno origine

dal concorso degli opposti;

non che un
la

contrario trapassi nel suo contrario, p.

es..

gran-

dezza nella piccolezza, che impossibile;

ma

le

cose

sono suscettibili di accogliere l' uno e l'altro contrario, e quindi a formarsi e a svolgersi in conseguenza del loro contrasto ( ). Cos possiamo dire che
J

il

movimento
ci)

non

in

quanto partecipa

dol-

Phaed., 70 e; 102 d, e; 103 b.

V.

PLATONK
('):

227

l'essere e del non-ssere


sivi!

una concezione esclu-

dell'essere, senza miscuglio col non-essere, ren-

il movimento, o lo negherebbe negava la dialettica eleatica. Similmente pu dirsi, senza nessuna stranezza, che movimento identico e non identico; l'apparente il contraddizione eliminata dal fatto che i due opposti non sono affermati nello stesso senso; ma il primo come partecipe dell'idea dell'identico, il secondo dell'idea dell'altro, del diverso ( 2 ). In questa loro convergenza, gli opposti non sono dunque da intendere come assolutamente opposti,

derebbe inesplicabile
addirittura,

come

lo

nel qual caso


l'altro del

si

escluderebbero;

ma

ciascuno
la

come
pre-

suo altro, tale cio che ne implica


concetto che

senza e l'azione. In questo senso, Platone enuncia,


contro
gli Eleati,
il

il

non-essere

che quindi

la

realt

un miscuglio

di essere e di
3
(

non-essere: questo non-essere l'altro dell'essere

),

l'inseparabile negativit, col cui concorso l'essere esplica la sua virt generatrice: Pena che fecon-

data da Poros genera Eros.

Un
nente

esempio notevole
al

di questa negativit

immaeppur

reale

la

dottrina dell'errore concepito


l'altro del vero,
4
(

come non-essere. L'errore


risiede la

mescolato con esso nei giudizi degli uomini

).

Dove
sog-

sua negativit? Ogni giudizio consta di


e verbo, l'uno

due parti: nome


getto, l'altro

esprimente
di

il

l'azione.

La differenza
e
il

questi

due

giudizi,

secondo falso: Teeteto siede, Teeteto vola, sta in ci che il primo predica
il

primo vero

(1)

Sophist., 256 a.

(2)
(3)
(4)

Sophist., ibld.
Ibid., 258 b.
Ibid., 860 C.

228
di Teeteto cose

LA FfLOSOFIA GRBOA

che sono, il secondo cose che non Ma, e qui l'essenziale, le cose che non sono vengon tuttavia predicate coni,: esistenti ('). Il non essere nel giudizio non dunque il nulla, ma l'altro
sono.

dell'essere affermato

come

essere; e poich l'essere

mentale,

il

suo altro non pu essere che sensibile.


il

Donde
Con

la

conclusione che

falso sta nel miscuglio


2
(

dell'intellettuale e del sensibile

).

la dottrina della negativit dell'errore, e della

sua necessit,

ma

insieme intelletto e senso

poich l'uomo non puro intelletto, aperta la via alla

concezione della verit, come processo di ricerca, come superamento dell'errore: una concezione dinamica della generazione dei discorsi e delle scienze; nel mentre che l'idea di una verit pura e senza
miscuglio con l'errore sarebbe un'estatica contemplazione, senza sforzo, senza lavoro,
intuitiva che noi, troppo propensi

una rivelazione
ad abbassare
la

nostra umanit, con le sue lotte e coi suoi stenti,

eleviamo all'altezza di una facolt divina,

ma

pi

giustamente potremmo degradare all'istinto degli animali, non soggetti al traviamento degli errori, ma

neppure

al

divino entusiasmo della faticosa conquista

del vero.

Questa dialettica dell'essere

e del non-essere, del-

un grande importanza, gi trattato dai Pitagorici e dagli Eleati, che ne avevano tentato opposte soluzioni. Si tratta del problema del finito e
l'identico e dell'altro, innestata, nel Filebo, in

problema

di

dell'infinito.

L'infinito

l'

indeterminato, VntiQoc,

della

fisica

pitagorica;

esso ci che non tollera

(1)

Ibid., 262

a segg.

(2) Ibid.,

261 a segg.

V.

PLATONE
varia
soltanto
(jt'pag),

229

misura

(quanto),

ma

per

intensit

(quale). Al concetto del finito


tutto
ci

appartiene in-

che suscettibile di numero ed


Platone

quindi intrinsecamente determinato. L'idea di una

mediazione
sica,

tra questi opposti suggerita a

d ill'analogia delle arti, particolarmente

della

mu-

dove l'armonia sorge da un contemperamento di toni opposti ('), dove il numero, il rapporto, detiii.see e accorda i suoni. Ma questa analogia, che da sola non sarebbe di alcun valore, avvalorata da una poderosa argomentazione. Il senso ha il carattere dell' infinit, sia per la sua indeterminatezza,

perch non comporta misura quantitativa, ma ha soltanto una qualit intensiva. L'intelletto ha e il carattere della finit, in quanto essensia

zialmente rapporto, e cio delimitazione e


zione del proprio oggetto. Posti cesi
i

defili

i-

termini, entoltov

trambi di carattere spirituale,

il

problema del

del risultato della loro fusione, diviene di

una

grande chiarezza e
la soluzione.

si

avvia da se medesimo verso

esamina da un punto di vista partico di gran momento: dall'aspetto cio della moralit. Come sappiamo, egli nel Fedone era giunto a un dualismo estremo tra i sensi e l'inPlatone
lo

lare,

che per

lui

telletto,

per cui

la

moralit della vita veniva fatta

consistere nella mortificazione completa di tutto ci

che corporeo e terreno. Qui egli invece tenta una composizione del conflitto, in un'idea che armonizzi
i

termini
si

antitetici.

aspetto pratico,

La sensibilit, nel suo chiama piacere (f)8ovi'i); l'intelletto,

zza
nit,

(((Qvi]aic);

Luna ha
finitezza.

il

carattere dell'infiil

l'altro

della

Ora,

problema pu

(1)

Phileb.y

i't

a segg.

230

LA FILOSOFIA GRECA
il

enunciarsi cos: limitare

piacere forse distrug1

gerlo? o

non piuttosto un conservarlo? uomo che si proponga come fine della vita
si

).

Un
da

il

puro
si

piacere sensibile, senza nulla di ragionevole,

un compito assurdo, che

annulla da se medesimo.

Gi il semplice ricordo del piacere gli precluso, perch nella memoria il piacere non pi immediato,

ma

idealizzato, riflesso.
il

gli

soccorre

l'in-

telligenza per discernere, n

giudizio per valutare,

Ma non avendo ne memoria, n scienza, n giudizio, una necessit che, privo com' di ogni riflessione, egli ignori perfino se ha del piacere o no ( 2 ). Questa vita, soggiunge argutamente Platone, pu essere appropriata a un'ostrica, non a un uomo! La necessit di compenetrare di ragione e di saggezza il senso scaturisce dunque immediatamente dalla dialettica del piacere. E, poich il piacere sempre in via di generazione e mai nello stato di esistenza ( 3 ), mentre la ragione ingenerata ed eterna, la portata della sintesi diviene ancora pi vasta, in quanto mira a rifondere insieme tutto ci che la precedente speculazione platonica aveva separato. La presenza della ragione nell'orizzonte sensibile ha per il senso il valore di un riconoscimento e insieme di un limite;

la

scienza per coordinare.

intelligenza, n

la

ragione infatti essenzialmente teleologica, agisce


spirito
la

cio in vista del bene, e quindi d a tutti gl'impulsi


dello

graduazione che loro compete nel

concerto della vita totale.

Questo nuovo orientamento dell'etica platonica un pi completo e vero riconoscimento della realt

(1) (2)

Phileb., 26 b.

Ibid., 21 b segg. Ibid., 54 d.

(3)

V.

PLATONE!

231

morale dell'uomo; la santit, la virt, la saggezza, non si esplicano nella rinunzia, nel vano tormento di 'Ila carne, che e pur tanta parte di noi stessi, ma nel saggio possedimento di questa forza, che
esa nelle pi alte finalit
rifica e

dell'anima,

si

pu-

palesa la sua intima spiritualit.

La

purifi-

ine

non

un

privilegio

dell'ascetismo,

dove

anzi

si

vanifica e perde ogni vitale efficienza,

ma

impie

senza diminuzione

dell'

uomo, compenefinalit la

trando di

pi bassa e
Baperficiale
lire.

una pi alta peccaminosa


giudizio

degna

parte

della sua natura, che

un

pretenderebbe doversi affatto

finito e l' inil problema del rapporto tra il non ha un valore limitato alla concezione della moralit; esso ha ancora una vasta portata metafisica. Gi i Pitagorici e gli Eleati avevano comfinito

Ma

preso nell'idea dell'infinito e


universale, dagli uni concepita
sione,

del

finito

la

realt

come

illimitata estendefiniti.

dagli
le

altri

come avente
tesi,
si

limiti

Ri-

prendendo
verso

due

con profonda coscienza della


rappresenta l'uni-

loro sostanziale unit, Platone

come

sintesi del finito e dell'infinito,

come

il

tqltov yvog gonistici.

che riassume

le

esigenze dei termini anta-

tico delle idee, bens l'universo


il

Questa visione non pi il sistema ipostamobile e generato, massimo organismo, in cui vivono gli organismi
che ne traggono
finito

particolari,

la vita e l'alimento.

Ma

in virt di quale

principio avviene la
e

comil

penetrazione del
loro

dell'infinito?

Quale

quarto genere che crea dal finito e dall'infinito

il

composto? Nell'organismo umano noi sappiamo che l'anima la forza organizzatrice e sintetica che
fa

convergere nella sua

finalit razionale l'azione dei

232
contrari.

LA FILOSOFIA GRECA

L'anima umana dunque postula un'anima;

universale, dominatrice e regolatrice dell'organismo! universale.

Ma

chi ce ne testimonia l'esistenza? Xel-j


si

l'organismo particolare, l'anima

palesa

come causa;
vefinale che

teleologica e intelligente; allo stesso

modo, noi

diamo

esplicarsi, nell'universo,
le

una causa

penetra tutte

cose,

una saggezza universale sem-

pre presente nell'infinita variet delle sue forme]

potrebbe esservi saggezza e intelligenza dove non


in

c' anima? Dunque, v' un'anima universale,


cui s'accentra tutta la
realt,

come nell'anima
l

in-

si accentra il nostro organismo ( ). Questo concetto di grande importanza. Noi qui troviamo quell'attivit di cui mancava il sistema delle idee, che giova a spiegarci la formazione delle

dividuale

cose particolari secondo


intelligenza,

il

modello ideale. Alla sola

pu attribuire una virt generatrice: intelligenza e causa fanno tutt'uno, secondo Platone ( 2 ). Al contrario le idee, essendo meri intelligibili, sono necessariamente sterili e inattive. La forza dell'attivit mentale si perde
attivit vivente, si
infatti nei suoi prodotti, la vita del pensiero si an-

come

pensato; e le idee, come sappiamo, non sono che un pensiero gi pensato, da una immobile e vuota eternit.
nulla nel

Con
del
il

la scoperta dell'intelligenza,

come causa

at-

tiva e finale, ci spianata la via alla comprensione

dramma

della generazione universale, che forma


il

tema del massimo dialogo platonico:


10. Il

Timeo.

tagonista metafisico del Timeo

sistema filosofico del Timeo. Il proil Demiurgo, l'Au-

'.,

80 a seg.

(2)

limi., ol a: voi's fiv altias fjv |uyY vi')s.

V.

PLATONE

233

mondo, che. secondo il modello trascendente plasma e foggia, dalla materia caotica del divenire, il cosmo ordinato e armonico. Convergono
fcore

del

delle Idee,

qui,

in

questo foco,
le

tutti

gli

elementi del pensiero


lo

platonico e tutte

esigenze che

hanno spinto a
il

svolgersi dal sistema statico delle idee, esposto nel

Fedro, nel Fedone, nella

Repubblica, verso

dina-

mismo
il

della generazione e della creazione.


fisse;
il

Le idee

sono tuttora immobili e


di

divenire ancor esso

mobile mareggiare eracliteo dei fenomeni;

ma

al

sopra di quella stabilit e di questa fluttuazione,


cui
il

pur sempre presenti, sorta l'esigenza nuova di


sintesi, di una compenetrazione, per nomeno assuma la consistenza dell'essere,

una

il

fe-

mutedel

vole dell'eterno.

il

Demiurgo rappresenta,
il

in

questa

fast-

pensiero platonico,

fattore della sintesi: egli pre-

divenire,

suppone insieme il mondo delle idee e quello del senza identificarsi n con l'uno n con l'altro, ma pur ricevendo l'influsso di entrambi. Egli

non
del

pi certamente

il

remoto Dio, che

col

nome

Bene, sta al vertice della piramide delie idee; ma ha acquistato una personalit, sia pure mitica, ed divenuto il Dio buono, il Padre, diverso
dal precedente

Sommo

come l'individuazione

del

soggetto

buono dal concetto del bene. Che cosa ha giovato a dargli questa personalit? Noi possiamo rispondere pia- argomentazione indiretta, riflettendo sulle tappe intermedie che separano e congiungono i due periodi della speculazione platonica.

Abbiamo
idee

gi visto

ciane sul

sistema originario delle

sorgessero

problemi nuovi, incapaci d'inquadrarsi esattamente


in al

esso: cos

il

problema

di attribuire

una causalit
e tutto

mondo

ideale; quindi, quello di concepire un'In;

telligenza che impersoni siffatta forza causale

234
ci, sotto

LA FILOSOFIA GRECA
l'impulso del bisogno fondamentale di
i

com

fenomeni delle idee. Ma le idee soni irrimediabilmente meri intelligibili, oggetti razionai a cui la nuova esigenza estranea; di qui la ne cessit che questa si personifichi in qualche mode a Infere, e che attinga insieme con la razionalit la trascendenza delle idee, anche elementi estrane cio quell'attivit, quel movimento, che e o del sottoposto inondo del divenire, o almenc ne l'orma la pi alta sublimazione. Nasce cos la figura alquanto ambigua del Demiurgo, che PI.
penetrare
<

riveste col velo discreto del mito, quasi per san.'


la generatio aequivoca.

me

Dato questo suo carattere, vano domandarsi qualet


il preciso rapporto tra il Demiurgo e le idee, p se le idee siano fuori o dentro dell'intelletto divino:

sia

una precisa risposta a questo quesito non pu ni-rsi se non interpretando Platone col platonismo,
col neo-platonismo o addirittura col
lo

cristianesimo;

mentre

in lui

incerto dello

non v' ancorach spinoso problema che


Noi

spunto vago e affaticher molte


la

generazioni

filosofiche.

possiamo valutare

scarsezza di consistenza in questa figurazione platonica, considerando

che il concetto del Demiurgo occupa nella metafisica del Timeo lo stesso posto
intermedio tra
l'anima, tra
le

le

idee e

il

mondo

del divenir.' che


il

nella psicologia del

Fedone occupava
i

concetto del-

idee e

sensi. Solo

nel

mezzo

sta

l'attivit vivente,

che

estranea al

mondo

pura-

mente ideale, il quale si esaurisce in una in contemplazione di se medesimo. Ma l'essenza intermedia non ci viene mai data da Platone come uu superamento dell'idea astratta, bench essa porti con s una tale esigenza: quindi una continua oscillazione, che in rapporto al problema dell'anima ci

235
iviene chiaramente testimoniata, tra

il

concetto del-

l'anima come essenza semplice e individua, a cui

saremmo pertanto tentati di attribuire le idee a un termine immanente alla sua attivit. e dell'anima come modellata sulle ideo, e cio termine e momento a sua volta di un'azione trascennoi

guisa di

In

maniera analoga, mutati


efficacia,

termini
nella

e la

rispettiva

sta

il

Demiurgo

propria
la

sfera di azione; e nell'un caso e

nell'altro

con-

traddizione dei due motivi del pensiero platonico ha


la

sua sanatoria
personale,

apparente in

un

atto

di fede, in

un postulato religioso, tanto di un'anima individuale


e

sofia del

come gli veniva offerta dalla misteriotempo, quanto di un Dio Creatore e Padre,

apparizione non
delle idee.

meno

inesplicabile nel suo sistema

Dato questo carattere e questo significato del Demiurgo, si spiega quale possa essere l'opera sua. Egli non un creatore, nel senso elio n moderni,
>i

venuti sa dal cristianesimo possiamo dare a questo


termine, e cio

non

costituisce

dal nulla

da se

stosso le cose; egli bens l'ordinatore e l'organiz-

zatore di qualcosa gi preesistente, e per l'appunto


di <;uel

divenire informe e caotico che esisteva

fin

dal

principio,
bile

come egualmente
(').
il

esisteva la realt

immo-

ed eterna delle idee


e

La sua azione
il

consiste

modello formarne un cosmo. Il Demiurgo pertanto ancora un artefice, secondo l'analogia


delle idee

nel plasmare

primitivo caos secondo

nel

manifatture umane; e il racconto dell'opera sua quindi concepito nella forma tradizionale della
delle

cosmogonia, come spiegazione di un passaggio graduale dall'informe al formato, dal caos al cosmo.

(1)

Ti,,,.,

52 d.

236

LA FILOSOFIA GRECA
ci

Platone

descrive vividamente quello stato


e
di

orij

nario di confusione

disordine di cui
presocratici, e
religiose

attin,

l'immagine

ai naturalisti

anche I
la

in l, alle rappresentazioni

popolari, e

trasmette a sua volta

ai

successori-,

che

custot

ranno (si ricordi la sylva dei platonici medieva anche quando la coscienza filosofica e l'intuizioi
religiosa l'avranno resa superflua.

C' per nell'immagine del divenire,


si

come <m
tutto

presenta in Platone, qualcosa non del

m
li

mito appartiene certamente rappresentazione popolare di un caos iniziale, ch|


tica e fantastica. Al

viene temporalmente anteposto alla formazione


cosino
1

d<

( ),

mentre, come avremo occasione di vederH


il

tra breve,

nato dal Demiurgo.

tempo non nasce che col mondo Ma insieme non si pu disconol

scere lo sforzo del pensiero platonico per idealizzarli


i

dati empirici della leggenda cosmogonica, e quindi

per elevarli ad una formulazione concettuale, climi

nando
la

le

aporie

dell'immaginazione ingenua. Cos


(ci*
st

presupposizione del divenire e dell'esseri'

del

mondo

delle

idee) viene

in

qualche modo,

non totalmente, corretta, con l'introdurre un rapporte dialettico dei due termini, in modo che la loro preesistenza assume un certo valore trascendentale, come quello di momenti ideali della sintesi cosmica effettuata dal Demiurgo. Tuttavia il mito continua a
intrecciarsi col ragionamento; ed forse in questo

connubio l'aspetto pi caratteristico della personalit mentale di Platone. Le considerazioni precedenti ci spianano anche la via a comprendere il carattere logico del racconti

(1)

Tim., 52 d vi era l'essere,


il

il

luogo e

il

divenire,

anche prima

che

vi l'osse

cosmo.

V.

PLATON*!
nel

237

'ijdella

creazione che

Timeo.

Non opera pura-

mente concettuale e scientifica, perch non si d scienza se non di quello che eternamente , non una
saccessione frammentaria d'impressioni sensibili immediate, che potrebbero ritrarre
caotico della generazione;

soltanto

il

mondo

bisogna concepire un termedio tra l'una forma di conoscenza


tra l'essere e
il

ma

e l'altra,

com' intermedio,
la

divenire,

l'oggetto a cui

quel discorso deve tendere.


probabile,

nel

mezzo, tra
mile e

scienza e la sensazione, sta per l'apil

punto l'opinione, che ritrae


lo

il

verisi-

conferma con la forza della credenza, se non con 3e argomentazioni della scienza (*). L'oggettivismo del sistema platonico
aspetto
al

rivela qui

un suo

anche mero probabile una propria adeguazione oggettiva; col farne un riflesso, un' immagine, nel conoscente, di una probabilit intrinseca nella cosa stessa che viene conosciuta. Cosicch la graduazione delle forme
caratteristico, col dare

sommamente

del sapere, dalla sensazione, all'opinione, alla scienza,


si

modella sopra

le

graduazioni dell'essere e trova

pertanto la sua spiegazione ultima nella cosmologia


piuttosto che nella psicologia.

Noi daremo ora un saggio del come


proceda.

il

discorso

Cominciamo, dice Platone ( 2 ), col distinguere le due cose seguenti: che mai ci che esiste dall'eternit, senza aver mai avuto origine, e che
ci che

nasce e rinasce incessantemente, senza

mai esistere? L'uno ci che vien compreso razionalmente dal pensiero ed sempre identico; l'altro ci che forma oggetto dell'opinione sensibile e ir-

ti)

Ti:n., 29 b.

(2)

Tim., 27 d segg.

n
LA FILOSOFIA GRECA
razionale. Ora, tutto
ci

che nasce procede necei

sanamente da una eausa; perch nulla di ci che) nato pu esser nato senza causa. Il mondo nato infatti visibile, tangibile e corporeo. Son quest
altrettante

qualit

sensibili,

ci

eh'

sensibile

nasc deve avere una causa; quale dunque la causa de mondo? e quale il modello che questa causa h; seguito? L'artefice che, l'occhio sempre intento alj realt immutevole, servendosi di un tale modello ne riproduce l'idea e la potenza, non pu non pr durre un'opera di una bellezza compiuta mentre se ha l'occhio intento a ci eh' generato e tran seunte, non far nulla di bello. Ora. l'artefice del mondo Dio, il Demiurgo: t l sua saggezza e la bellezza sovrana della sua opera ci attestano che nel compierla egli si attenuto al modello incorruttibile ed eterno. Il mondo visibile
;

come

s' detto, nasce e perisce.

Ma

ci che

sorge cosi a imitazione delle idee.

Come suprema
dalla

bont, esente da ogni odio, Dio

buone e belle; e pertanto, massa caotica del divenire, che si agitava senza freno n regola, egli fece uscire l'ordine, pensando che fosse migliore del suo contrario ('). Inoltre, perch il mondo fosse simile in unit all'essere perfetto, egli non ne fece due o pi, ma quel solo ed unico, oltre del quale non ve ne sar altro ( 2 ). E volle che
volle che le cose fossero
la

sua opera fosse sufficiente a se stessa, senza aver bisogno di soccorso estraneo: pertanto la form come
per

un perfetto organismo, che dot di un'anima diffusa il corpo, ed a cui diede una forma arrotondila e sferica; s che ne fece un globo girante sopra se

(1)
(2)

Ibid., SO a.
Ibid., 31 b.

V.

PT-ATONE
unico, solitario. sufScienl

239

imo, un
:

mondo

sua virt propria, non bisognevole di altro


s,

che di

cosciente e amante di se stesso


il

(').

Cos prospettato, nelle linee generali,

piano della

creazione,

passiamo
il

ai

particolari

dell'esecuzione.
cio t'ormato

Posto che
di

mondo

sia

un organismo,
la

anima

e corpo,

viene

necessit di spiegare di

che cosa risultino


del

mondo
ili,

composte queste parti. L'anima un composto dei due principii fondae


il

l'identico

mutevole, l'idea e
cui

il

divei

nire.

Dagl'ingredienti di
ione intermedia che

consta,

si

spiegano

caratteri dell'uniformit e della variet; e dalla

occupa tra l'uno e

l'altro,

rende ragione del confluire in essa, in una mobile sintesi, delle opposte determinazioni ideali e
Ci
si

bili.

La funzione dell'anima universale, in questo a, quella di un principio cosmico, e solo


direttamente di

si-

inil

un principio

psicologico.

Sotto

primo aspetto, essa il motore dell'universo, ed ira prime al corpo del grande organismo due sorte di

movimento, uniforme

e variabile, in

conformit della

propria costituzione. Mediatamente poi, a queste due

le

forme di moto corrispondono nel soggetto conoscente due forme note di conoscenza, il sapere scientipercezione sensibile. Come causa del movimento del mondo fisico, l'anima imprime al sistema
lieo

lieo e la

uno spiccato indirizzo

'teleologico: la sua
le

attivit infatti intelligente e

muove

cose in vista

dei fini

che debbono realizzare. Di qui,

platonico della natura tutto

il sistema decisamente impron-

tato al finalismo causale e spiega l'accadere dei fe-

nomeni,

in

opposizione con

gli atomisti,

mostrando

(l) Ibid.,

34 b.

?40

LA FILOSOFIA GRECA
essi

il concorso degli element secondo un piano ideale, in cu esso gi anticipato nella piena organicit della sua

che in ciascuno di
si

costitutivi

verifica

struttura; e rispettivamente

il

concorso dei vari

nonieni subordinato alla finalit di quel pi vasto

complesso fenomenico che destinato a realizzare Ma il finalismo sottentra integralmente al meccanismo, oppure gli lascia una propria, se par r: stretta, sfera di azione? Per rispondere, bisogna

minare se l'azione teleologica dell'anima del mondo


possa
esercitarsi

incontrastatamente

sai

corpo;

quindi, se questo ultimo, nell'intimit della sua costituzione,


si

lasci del tutto

assimilar;; al

principio

animato.

Di questa ulteriore indagine, Piatone


il

ci

espone

risultato piuttosto
si

che

il

travaglio
via
di

della ricercai

Egli

era inoltrato, sulla


la

della speculazione

cosmogonica, con
e mutevole.

scorta

due
il

soli

principi^

l'essenza immutevole delle idee e

divenire fluente

Con questi aveva spiegato la formazione mondo, con questi aveva tentato primi saggi di una spiegazione del mondo corporeo. Ma, spingendosi pi innanzi, aveva dovuro accorgersi della presenza, nei corpi, di un residuo ir
dell'anima del
i

riducibile alla pura dialettica dell'essere e del dive


nire, di qualcosa

che servisse
corporeo.

di sostegno al divenir
1

e fondasse, quasi al di sotto del continuo fluire,


stabilit del

mondo
il

Seguiamo pi da vicino
cosa
ci

il

testo

platonico.

Ch

manifesta

divenire? Prendiamo un corpo


,

l'acqua, p. es.:

da liquido che
ancora,
il

noi

lo

vedianr
e
questi

rapprendersi, diventar solido, e quindi


assottigliarsi

fondersi

pi

diventar aria,

fuoco; poi nuovamente,

fuoco condensato e spen

andarsene in forma

di

aria, e di

nuovo

l'aria sti

V.

PLATONE
poi

241

pata

farsi

nuvola o nebbia, e questa


(').

ancora

pi condensata scorrere liquida, per petritcarsi infine,

nel corso ciclico del divenire

Ogni singolo
trapassi

stadio
tale

del
tal

processo da noi

contrassegnato con
nei continui

nome; eppure c'


fondamento

qualcosa che non in alcun


e
ili

modo

contrassegnata,
e

che

il

stesso, identico

immobile,

quel passare in altro. Essa ci che, nelle trariceve sempre in s tutte le cose e

non esce mai dalla propria natura: innon prende giammai alcuna forma somigliante alle cose che entrano in essa^). Perci noi non la diciamo n terra, u aria, n fuoco, n acqua, n altro che nasca da Iquesti elementi o da cui questi nascono, ma piuttosto una specie invisibile e amorfa, capace di qualsiasi contenuto, e che partecipa in un certo povero
sformazioni,
fatti

aiodo dell' intelligibile

3 ( ).

pi innanzi Platone, dando un


lo

nome

a questo

tquid*

chiama spazio

principii gi posti, ai

pone accanto ai due quali gli appare irriducibile.


e lo
4

bos stando le cose, egli dice

( ),

bisogna convenire,

che una la specie che sempre allo stesso


fuori,

modo

ngenerata, indistruttibile, che nulla riceve dal di

n trapassa

in altro,

ed invisibile e imper-

cettibile ai

sensi: essa quella che tocc all' intel-

Igenza in sorte di contemplare.


u' sensibile, generata, agitata
a

origine in

Ed una seconda ve continuamente, che qualche luogo, e di nuovo perisce, ed


sensibile. Infine,

h conquistata dall'opinione

v'una

;erza specie, lo spazio (/.coa),

che mai perisce e che

(1) Ibid., 49 e.
(2)
(3)

lbid., 50 e. Ibid., 51 a.

(4)

Ibid., 52 a

segg
filosofia greca.

de Ruggiero, La

212

LA FILOSOFIA GRECA

serve di teatro a tutto ci che comincia ad essere:


impercettibile ai sensi e tuttavia percettibile a una
spuria. Noi l' in trav vediamo diciamo che tutto ci che deve essere in qualche luogo, deve occupare un certo spazio, mentre ci che non n sulla terra, n in altro luogo sotto il cielo, non nulla. Ma, ci che Platone chiama spazio (y a>ea) forse lo spazio come noi intendiamo, almeno in un signisorta
di

intelligenza

come

in

un sogno;

ficato naturalistico? o

non piuttosto
citati (a

la materia,

come

primi passi platonici


dei

proposito delle
I

trasformazioni

corpi)

lasciano

intravvedere?

commentatori si sono gravemente affaticati su questo problema, trasferendo nei nomi di spazio e materia ci che la suggestione del contenuto scientifico moderno attribuiva a questi nomi. Ora indubitabile che Platone non potesse significare con quell'oscuro quid, che forma il residuo della sua particolare speculazione, n la materia della concezione scientifica moderna, n l'estensione dei cartesiani, che formano momenti o residui di altri procedimenti mentali. La
Xoqoi

platonica dev'essere pertanto riconosciuta per


ci

quel che
renziato,

vien data dalla stessa velata formula-

zione platonica:

come quel fondo comune


:

e indiffe-

possono identificare egualmente le caratteristiche della materia e dello spazio non pura
si

dove

materia, posta

come una

realt del tutto concettuale,

con la sensibilit," perch ha ancora un innegabile residuo sensibile, e, dalla negazione stessa di ogni caratteristica sensibile, trae ancora con s alcunch di appartenente ai sensi: quell'apparenza velata, indistinta, distesa quasi in
fuori di ogni rapporto

uno spazio annebbiato. Ma, nel medesimo tempo, la xcpa non il puro spazio, la semplice estensione
matematica, privata
di ogni consistenza materiale e

V.

PLATONE
essa

243

(corporea:
1

sulla

spazialit

porta l'incremento

della quantit

meccanica.

Noi possiamo individuarla come l'unit ancora indifferente e neutra dello spazio e della materia.

Giova

qui ricordare l'analogia del pitagorismo, dove,


s' visto,
il

come
y."'J

numero non

pura e astratta quantit,


Qa
,

ma quantit
che
all'dQ/CT]

estesa e spaziale. Similmente la


dei pitagorici e unita

da un vincolo assai
in s

pi stretto che
la

non

la

mera analogia, contiene

radice di ci, che, nello sviluppo filosofico, dif-

ferenziandosi, sar lo spazio e la materia, la pura


la quantit meccanica. Questo appare tanto evidente, dal Timeo, che con la stessa assunzione della yQa vien fatto contemporaneamente posto, nei sistema platonico delia na-

quantit matematica e

tura,

al

meccanismo

al

'he contempera l'azione delle cause


delle cause

meccaniche;

il

matematismo: il primo finali con quello secondo che rivela, nelle

osizioni pi elementari delle figure dello spa-

zio-materia, la formazione degli elementi naturali e


dei loro aggregati.

Sotto il primo aspetto, la materia , di fronte al Demiurgo, una concausa del mondo, di valore e
dignit

secondarli,

ma

tuttavia irriducibili

e inelitra
i

minabili. Dio e la

materia:
alla

ecco
il

due

poli

quali

si

mover

fino

fine

pensiero greco; e
della causalit
te-

per alta che sia l'idea di Dio e


leologica che s'impersona in lui,

non mai

tale

da

rimere o risolvere

la

necessit d'esistenza d'una

materia, indipendente. Tra le cause finali e le cause meccaniche, il lavoro cosmico diviso e distribuito:

prime spetta il compito di dirigere e regolare forze secondo il loro piano ideale; ma il lavoro, direi quasi, manuale, della costruzione spetta alle cause secondarie e meccaniche.
alile

varie

244

LA FILOSOFIA GRECA
Il

mondo

un misto d'intelligenza e
ai
fini

di necessit;

per questa asservita


conciliazioni- dei

di quella

ed ha un

valore puramente strumentale e sussidiario. Questa

due ordini
ai

di

cause ha tuttavia un

significato idealistico notevole: noi


altri

vedremo anche
con coil

pensatori, fino

pi recenti, farne un tema

preferito delle loro

indagini, ed affermare

scienza sempre pi intima, che instaurare


dell'intelligenza nella

regno

bruta materia non significa


alle

ripudiare ci che la paziente opera delle scienze naturali ci rivela

intorno

cause meccaniche che


anzi,

dominano
risultati di

la

materia; significa,

sublimare

queste ricerche, includendoli in un conpi elevate, e quindi sublimare la

certo di

azioni

riassumendone le immense forze in un unico pensiero, che l'adegua a noi, e con noi a Dio. Nel sistema platonico della natura, il meccanismo si esprime in esatti rapporti matematici. Poich a fondamento dei corpi sta la materia, nella sua figurazione spaziale, e questa si lascia decomporre e ricostruire geometricamente, trovato cos in ci che pareva pi riluttante all'azione delle idee,
stessa natura,
i

mezzo

il

tramite della loro


I

efficacia

sul

mond

della natura.

rapporti matematici hanno infatti un


1
,

carattere razionai*

quindi la natura dei corpi,


essi,

espressa per mezzo di


alle

pu facilmente piegarsi

esigenze razionali degli esemplari ideali. Platone


lo

decompone
semplici
la stessa tea.

spazio-materia in superfici elementari

indivisibili,

che hanno nella sua


fisica
di

fisica

funzione degli atomi nella

democriloro
di-

Essi

hanno forma

triangoli e dalla
si

versa composizione stereometrica


l'aria,
la

spiega la for
il

inazione degli elementi pi complessi, e cio

fuoco

l'acqua e la terra. Cos Platone all'erma eh


il

forma del fuoco

tetraedo (la cui figura spieg

V.

PLATONE

245

la

sua estrema mobilit), quella dell'aria l'ottaedro,


dell'acqua
la

quella

l'icosaedro,

della

terra
e

il

cubo

(come

figura

meno

di

tutte

mobile

pi pla-

smabile M). Con ci la fisica assume il carattere di una scienza quantitativa; ma tuttavia la vecchia
fisica

qualitativa

non viene sconfessata,

s'intrec-

cia,

spesso bizzarramente, con l'altra.


degli elementi si integra con quella che deve dar l'impulso alle loro compoE il moto vien ricondotto alla disformit, la

La dottrina
del moto,
sizioni.

quiete all'uniformit; la disformit


la

a sua volta ha

che sta nella forma dei triangoli dementali e delle figure che ne risultano (-'). Ma il movimento, e >s ridotto alla sua espressione quantitativa, non ci Bpiega da solo la distribuzione delle parti e degli
sua radice nella diseguaglianza,
stessa diversit di

elementi del
incorre
alle

mondo

fisico: in

ultima istanza, Platone


qualitativa.
Cos,

ragioni

della

fisica

Leggerezza e pesantezza non sono, contrariamente a quel che pensava Anassagora, funzioni dell'alto e del basso: non c' in natura un basso verso cui gravita tutto ci che ha un corpo, e un alto verso cui non si pu spingere un corpo che sormontando la sua resistenza. La sfedel mondo impedisce questa netta separaricit
nella dottrina della gravit.

zione

( "). Al contrario, la gravitazione si spiega, Secondo Platone, con la tendenza di ciascuna cosa a unirsi alle cose della stessa specie, la quale rende
i'i

pesante ci che
verso cui tende

si
il

solleva, fa

chiamare

alto

il

punto
altri

nostro sforzo, e fa dare


4

gli
).

nomi
(1) (2) (3)

alle qualit e alle posizioni contrarie

Questa

IbiJ., 53 e segij.
Ibid., 58 a.

Ibid., 62 e.

(4)

Ibid., 63 e.

246

LA FILOSOFIA GRECA

spiegazione per mezzo della tendenza del simile di


unirsi al simile certo pi profonda della concezione

meramente meccanica della fisica anassagorea; essa insinua, qui come altrove, l'idea del fine nel concerto delle forze brute della materia, in quanto che
la

tendenza

di

tutte

le

cose a

riunirsi

secondo

la

loro specie

essenzialmente ideale e teleologica.

quella di

La rappresentazione totale del mondo divien cos una sfera, nel cui mezzo sta la terra, anch'essa sferica, e attorno alla quale si muovono i
pianeti e le stelle fisse: gli uni
littica, le

nel cerchio dell'elI

altre

rei

cerchio

dell'equatore.
le

moti

dei

due cerchi sono per l'appunto


difforme e all'uniforme,
variabile
al

due forme di
e

movimento che noi gi conosciamo, corrispondenti


al

variabile

all'iden-

tico: cos al giro

dei

pianeti fa riscontro

l'invariabile ed eterna rivoluzione delle stelle fisse.

Complemento

della fisica platonica la dottrina

del tempo. Questo

vien creato dal Demiurgo per


la

perfezionare l'adattamento della copia sensibile al

modello ideale. Infatti


e
il

natura del modello eterna,

non si addice a ci che ha avuto origine. Ma, per rendere l'adattamento


carattere
dell'eternit

migliore, Dio deliber di fare


dell'eternit
i

una immagine mobile

);

con

la

disposizione che diede a.

tutte le parti dell'universo, egli fece dell'eternit che';

riposa nell'unit divina quell'immagine eterna


divisibile
(xax'

ma

piOfiv

lovoay)

che noi
col
i

tempo.

Il

con

esso.
gli

tempo dunque nato Col tempo nacquero


il

chiamiamo mondo, e finir


le

giorni,

notti,
i

mesi e

anni; similmente son forme del tempo


futuro, che nella

passato e

nostra ignoranza noi

(1)

Ibid., 37 d: etxw 'juvosl javrjTv riva attvos jtoii'icai.

v. Pi .atonw

247

trasferiamo erroneamente nella sostanza eterna, diC indo che fu, , e sar. Essa , ecco tutto quel che bisognerebbe dire. Passato e futuro non convengono

che alla generazione, che si succede nel tempo ma la sostanza eterna, sempre identica e immutevole, non pu divenir n pi. vecchia n pi giovane. Essa
:

non soggetta a nessuno degli accidenti che


forma del tempo che imita l'eternit un circolo misurato dal numero (').
e si

la ge-

nerazione impone alle cose sensibili, e quindi alla

muove

in

Dalla formazione dell'universo nel suo tutto,


gl'individui particolari.

il

racconto cosmogonico passa alla specificazione de-

Ad

analogia dell'anima del

anime delle stelle, dei pianeti, degli uomini, secondo un ordine di perfezione decrescente. Dell'uomo non direttamente formata da Dio se non l'anima vera e propria, razionale e immortale; mentre sottoposti principii animati che presiedono alle funzioni inferiori della vita umana, comuni anche agli animali bruti, sono opera di esseri creati a lor volta dalla divinit e da essa delemondo, sono
costituite le
i

gati a questa pi imperfetta imitazione e modella-

zione

( ).

La
l'uomo

psicologia
tre

esposta nel

Timeo enumera

nel-

anime, o meglio
la

tre parti

dell'anima, a

cui tuttavia

diversit dell'origine e della destidi tre distinte entit.

nazione d figura
questa immagine
dell'auriga e

Gi nel Fedro adombrata col mito del cocchio, dei cavalli: dove l'auriga simboleggia

il

l'anima razionale, e dei cavalli l'uno,

pi nobile,

l'anima coraggiosa, che, incitata dall'auriga tende

(1) Ibid.,
(2)

37 e, 3S

a aegg.

Ibid., G9 e.

248
in alto,

I>A

FILOSOFIA GRKCA

mentre

l'altro e pi ignobile cavallo l'anira;


il

passionale, che tende verso

basso.
scientifica,

Lo
si

stesso racconto, in

una veste pi

ritrova nel Timeo, dove l'analisi psicologica s'in-

treccia con quella fisiologica, e, nel tempo stesse che vengono distinte le tre parti dell'anima, si spiega anche in che modo sia ad esse finalisticamente adattata la formazione del corpo. Cos, gli dei inferiori che ebbero affidato dal Demiurgo la creazione dell'uomo, posero l'anima razionale (che ricevettero gi fatta da lui) in una sede appropriata, la testa, che separarono con un istmo (il collo) dalle rimanenti parti. Poscia nel torace legarono la specie mortale

dell'anima: e poich una parte di essa


cavit del torace eressero

era di sua natura migliore e una parte peggiore, in mezzo alla

la parte dell'anima

una chiusura, il diaframma. che partecipa del coraggio e


alla testa,

della collera la domiciliarono pi vicina


affinch,

potendo sentire la voce della ragione, reprimesse insieme con essa l'anima passionale e concupiscente ('). Quest'ultima poi essi ricacciarono e legarono come una bestia selvaggia pi in basso, plasmandone, in conformit della sua destinazione, 2 il domicilio corporeo ( ). Nasce cos la dottrina delle tiv anijnf^razionale, irascibile e concupiscibile, che avr tanta fortuna nelle filosofie platonizzanti d'ogni tempo. 11 suo aspetto pi caratteristico sta nell'aver nettamente separato una parte immortale dell'anima umana dalle rimanenti parti mortali, nell'averle
allontanate nell'origine, nelle funzioni, nella
destisi

nazione

finale.

Ancora nel Fedone, l'anima che

(1) Ibid.,
(2)

9 d segg.

70 d, e.

V.

PLATONK

249

Separa dal corpo con la morte, comprende in s in-

sieme
timi

gli

elementi razionali e sensibili, e questi ul-

attraendola, suo

malgrado,
la

alla

terra,

la

co-

stringono, se la loro forza soverchiati te, a incarnarsi


in

nuovi corpi;

ma secondo

psicologia del Timeo,

l'anima razionale, infusa al corpo dall'alto, non ha che un commercio transitorio con
le

anime
si

inferiori

ed destinata a staccarsene totalmente.

Ma

la psicologia del

Timeo non

lascia

ricon-

durre ad unit di piano e d'ispirazione. Confluiscono


anzi in essa

due motivi

del tutto eterogenei, che

necessario isolare l'uno dall'altro, anche per com-

composizione nel pensiero platonico. mondo ci apparsa come una mdiet di due principii, l'identico e il diverso, l'essere e il divenire; quindi l'anima umana, che a sua somiglianza formata, anch'essa una tale mediet, e pertanto realizza la sua natura contempcrando il molteplice con l'unit, il divenire con l'essere, e armonizzando in se le proprie parti e le
prendere
la loro

Innanzi tutto, l'anima del

funzioni del corpo. In questa concezione dell'anima,


noi

vediamo maturare tutte quelle esigenze propriamente scientifiche che avevano spinto con piena
consapevolezza
Platone
a correggere
il

primitivo

sistema delle idee e a rifonderlo per quanto era possibile nel

mondo

del divenire.
di
tale

Le conseguenze pedagogiche

psicologia
ter-

schiettamente greca

sono espresse in chiari


in

mini nel Timeo. Cos, anche


cie di

rapporto alle tre spe-

anima, Platone dichiara, che, per non lasciar l'altra di esse, vivendo nell'ozio s'indebolisca e turbi l'armonia dell'insieme, si ha da curare che abbiano tra loro movimenti proporzionati ( 1 ).
che l'ima o
Ibid., 90 a.

(1)

250

LA FILOSOFIA GRECA

parlando delle relazioni dell'anima col corpo,


o deperimento dell'una o dell'altro, e addita

avverte del pericolo di uno sproporzionato accresci-

mento

l'unica via di salvezza nel

non esercitare l'anima senza del corpo o il corpo senza dell'anima, affinch, difendendosi l'una dall'altro, si equilibrino e siano
Conviene dunque,
egli dice,

sani.

che

il

matematico

o chi lavora molto con la


altra scienza, paghi

mente intorno ad alcuna

esercizio, facendo amicizia

al corpo il suo dovuto con la ginnastica, e viceversa colui che coltiva con cura il corpo, ripaghi il cambio coi movimenti della sua anima, servendosi della musica e della filosofia, se vuol essere chiamato bello e buono veramente ('). Questa dottrina della mediet o dell'armonia si

anche

integra
ultimi

col

principio
nel

socratico, presente, fin

negli

scritti,

pensiero di Platone:

quello per
il

cui nessuno

volontariamente cattivo, e quindi


le

male coincide con l'ignoranza. Cos


sioni,

malattie del-

l'anima, l'abbandonarsi all'intemperanza, alle pas-

vengono spiegate
disgrazie,

piuttosto

che come colpe,


2
(

quasi che la perversit fosse un fatto volontario,

come
le

come mali d'ignoranza

).

se mai,

colpe vengon fatte ricadere sui genitori, piuttosto


figli,

che sui

sugli educatori pi

che sugli educati


e
i

3
(

).

Ognuno vede come una

tale psicologia

suoi

corollari pedagogici e sociali ripugnino vivamente con quel rigorismo psicologico e morale che gi abili uno appreso dal Fedone e che cominciavamo nuova monte a intrav vedere nel Timeo, con la separa-

zione dell'anima

razionale

dalle

anime

sottoposte.

(1)

Ibid., 88 b,
Ibid., 86 d.

(2)
(3)

Ibid., 87 b.

V.

PLATONE
s,

251

Nel Fedone l'anima un'individualit a


cipio semplice e

un

prin-

immediato, non una mediet dia

u Essa non

una posizione speculativa,


inesplicabile

ma

un'assunzione quasi
idee,
Dell'atto

nel sistema delle

una rivelazione improvvisa, che mostra, gi del suo apparire, una ben diversa fonte d'ispirazione che non il ragionamento filosofico. Essa
ci si

palesa

come un'individualit mitica


di

e ingenua,

propria delle religioni popolari.

le

conseguenze

questa prima

assunzione

contrastano con quelle della psicologia di cui test

parlavamo. Se l'anima non una mediet dialettica

ma una

individualit compiuta e chiusa, anzi repu-

giiante con l'individualit del corpo, la sua funzione

non pu consistere nel contemperare ed armonizzare,

ma

nel! 'appartarsi, nell' isolarsi.


,

La celebrazione

della

sua natura

come sappiamo

dal Fedone, nello scio-

gliersi da ogni legame corporeo, nel ritornare alla propria fonte divina. La moralit di quest'anima Bella purificazione, che non si compie in una sua

singola

incarnazione terrena,
la

ma

esige

successive
il

incarnazioni. Di qui

metempsicosi.

E ancora:
la

male non viene pi ricondotto all'ignoranza,


vagit a una disposizione involontaria;

mal-

ma domina

l'accento della colpa, del peccato; e l'accento cos

profondo e pessimistico che s'imprime nell'anima anche oltre la sua esistenza terrena e temporale ed
il passaggio in altri corpi. La colpa diviene una vera caduta che si espia nel eorso delle generazioni, e che per espiarsi richiede un misterioso aiuto divino. Noi siamo qui in una tutt'altra corrente spirituale, religiosa e mistica, che contrasta con quella, razionalistica e dialettica, che gi conosciamo. Ora, noi non possiamo isolare tale misticismo in una singola

esige, per la purificazione,

252

la filosofia greca
pensiero platonico: noi ne
oltre
ri-

fase di sviluppo del

troviamo anche in

segni

distintivi,

che nel Fedone,

tutti gli altri

dialoghi posteriori, e special-

mente nel Timeo.


In questo ultimo dialogo noi troviamo un fanta-

evoluzionismo a rovescio, che non si spiega se non riconoscendo la continuit dell' ispirazione mistico

stico-religiosa nel pensiero di Platone. Cos, ci ven-

gono rappresentate
esseri

le fasi di una progressiva degenerazione delle anime, che incarnate dapprima in

umani maschili, per


uccelli,
in

effetto delle loro colpe e


si

indegnit trasmigrando poi


e quindi in
tici
1

convertirono in donne,
terrestri
si

animali

ed acquanel

).

Immaginazioni consimili
-

ritrovano

Fedro, nel Fedone, nella Repubblica, dovunque con


1/

lo stesso carattere fondamentale: di dare alla trasmigrazione delle anime il significato di un castigo

ed insieme di un'espiazione, dopo la quale l'anima,


purificata, potr far ritorno alla sua sede naturale.

Non

vi sono

che

filosofi,

quali siano

immuni da

queste peregrinazioni e che sian degni di passare direttamente nella sede beata degli dei.

La

diversit

di

queste due correnti ideali del

pensiero

platonico

non
non

soltanto

segnalata

dalla

differenza di contenuto, rispettivamente speculativo


e fantastico, e cio

un'argomentazione indi-

retta dello storico di Platone,

ma

posta in rilievo

forma estrinseca dell'esposizione. Le immaginazioni della vita d'oltretomba, della metempsicosi, della catarsi mistica, prendono la forma di miti, vaghe descrizioni di penombra, tutte velate di poesia, che nulla hanno in comune col serrato argoperfino nella

(1)

Tim., 90 e segg.

V.

PLATONE

253

meritare del pensiero propriamente scientifico di Platone.

Ma

il

mito vien tuttavia introdotto con una

un religioso mistero, che vietano di almeno nel pensiero del suo creatore o ripetitore, un significato meramente fantastico e leggendario. Il mito accompagnato e rafforzato dalla credenza; la sua rappresentazione immaginaria non che l' involucro che riveste un nucleo pi solido
solennit, con
attribuirgli,

di religiosit positiva.

la

sua fonte

d' ispirazione
il

appunto nella
i

re-

ligione dei misteri, nell'orfismo,

quale diffondeva
suoi
riti.

per tutta la Grecia

il

suo culto e

Solo

questo influsso
filosofia pi-atonica,
e

ci si

spiega l'apparizione, nella

della figura dell'anima

come un

semplice e individuo, che non che un deal

mone, un essere divino estraneo


la

corpo, e dimo-

rante solo transitoriamente in esso. Di

qui ancora

rappresentazione mitica delle purificazioni e delle


'ioni, di

cui Platone, conforme al proprio genio,

accentua
Il

il

significato morale.

dissidio delie

due correnti d'ispirazione

in-

negabile, e Platone stesso ce lo testimonia, conser-

vando a ciascuna di esse la sua forma appropriata, al mito la forma del mito, al ragionamento il rigore
del ragionamento. Pure, al di sopra
sidi
i.

di

questo dis-

si

palesa

rapporto, di

almeno l'intenzione d'istituire un armonizzare dati della filosofia con


i

quelli della religione. Ci implicito nel fatto stesso

pure esternamente, in una medesima esposizione, gli elementi di fonte diversa, dando ai misteri della religiosit popolare un ricodel raccostare, sia

noscimento quasi ufficiale nella filosofia. Ma c' un ravvicinamento anche pi intrinseco, se non nei
particolari delle

singole dottrine, certo nell'ispira-

zione centrale, profondamente teologica, del pensiero

254

LA FILOSOFIA GRECA

di Platone, nell'impostazione dualistica e teistica del

speculativo,
e
se

suo idealismo. Egli non soltanto un temperamento ma anche un temperamento religioso;

anche

la

sua

filosofia

lo

spinge a svalutare

l'opinione di fronte al ragionamento della scienza


la

sua religiosit

gli fa

accreditare nuovamente l'opi-

I due impulsi, pur non riuscendo a comporsi, tuttavia hanno una certi

nione per mezzo della credenza.

armonia, che ci si rivela nel comune affiato che anima il Timeo: opera di pensiero e insieme atto di
fede.

Ma

quale che sia


il

il

valore di

questo superiore
e fede.

accordo,

problema dei rapporti tra scienza


e
filosofia,

tra religione

gi posto, e affaticher
filosofiche.

fruttuosamente
correr, .perch

le

venture generazioni
stretta

Oc-

una pi

intrinsecazione sia

resa possibile, che l'assiduit dell'esperienza religiosa


familiarizzi gli spiriti coi nuovi miti, che in Platone appaiano ancora nella stranezza e nell'isola-

mento della loro stessa novit; e d'altra parte, che l'accentuazione religiosa della ricerca filosofica in Platone ancora scarsa, perch troppo recente per lui il ricordo dell'umanismo sofistico e dell' indagine

s'intensifichi e si ravvivi. Nella pi tarda scuola platonica, noi osserveremo una prima, potente convergenza dei due impulsi spirituali.

socratica

Quale giudizio possiamo dare

di quest'ultima fase

della speculazione platonica? Innanzi tutto, facile

osservare nelle singole vedute una grande profondit di pensiero: l'idea del mondo come un organismo
sufficiente a se stesso,
il

concetto dello spazio, del


finalit

e del meccanismo, sono vedute di un valore inestimabile intorno a cui graviter il pensiero filosofico per molti secoli, e che
la

tempo,

sintesi

della

V.

PLATONE

255

ancor oggi hanno un interesse attuale e vitale. Ma il nesso che lega tutti questi concetti forma la parte pi debole della costruzione e risente del vizio originario del platonismo, che in quest'ultima fase
soltanto attenuato,

ma non

vinto. Platone sente viva

l'esigenza di dare un'efficienza

reale

alle idee, nel

compenetrandole col flusso del divenire; ma intanto non rinunzia all'antico concetto dell'idea separata e trascendente: ond' che il vecchio dualismo si riproduce come dualit

mondo

della generazione,

un mondo ideale preesistente a ogni generazione, un mondo generato, che non se non la copia di quello. L'idea si scinde in se medesima, mirando insieme a due mondi eterogenei, e quel che acquista in efficienza reale perde in unit e compattezza /ideale. L'ambiguo e mitico concetto del demiurgo tradisce questo profondo dissidio. Il demiurgo non il dio che si contempla nell'eternit immutevole della propria essenza il vero Dio platonico n il
di

Dio creatore originale della metafisica cristiana ma un dio espediente, destinato a sanare l'impotenza
;

delle idee

l'

inoriginalit

delle

cose create. Egli

non crea,

vitale,

ma

opera copiando quel


lui.
Il

sopraordinato anche a

mondo ideale che motivo fecondo e

causatrice
nisce e
si

che pur nel suo concetto, cio l'efficienza dell'intelligenza, della mente, cos svaannulla; la sua opera creativa non che
di ci

un raddoppiamento

che

e quindi

il

mondo

reale persiste nell'antico suo essere, nell'essere cio

una diminuzione del mondo

ideale.

due opposti

motivi cozzano irrimediabilmente in esso: da una


parte l'efficienza generatrice delle idee

un

loro

accrescimento e potenziamento; dall'altra una loro diminuzione e attenuazione; e il demiurgo riassume


in se

questa discordia del pensiero platonico.

256
11

LA FILOSOFIA GRECA

del

raddoppiamento del mondo, che nella prima fase; platonismo avveniva nella conoscenza, intesa

come una mera


l'esigenza

visione di ci che , qui si riproduce nella stessa creazione. Di nuovo non c' che
del pensiero
platonico, di
riabilitare
le

cose generate;
tale,

ma

la

struttura del

suo sistema

che questa esigenza esattamente controbilanciata dall'opposta, per cui la copia una diminuzione del modello.

la persistente

trascendenza delle idee toglie alla

stessa teleologia del sistema quel valore immanente,

che pure era una delle esigenze del pensiero platonico. Dov' quell'aspirazione intima alle cose che
le

guida con

piena autonomia verso

loro

fini?

Questi sono invece imposti ad esse dal sennato arbitrio del

demiurgo; esistono nei motivi della creadella

zione, pi che nell'opera stessa

creazione; e

cio risentono di quella


in cui
il

trascendenza ineliminabili

sistema delle idee concepito. La finalit

non ancora veramente interna, sovrasta non penetra in esse; non l'impulso di un graduale sviluppo, per un lievito interno del reale,, ma l'opera di un calcolo e di una estrinseca
esterna e
alle cose e

convenienza.
In quest'ultima fase, noi

dunque possiamo
la
Il

dire

che

il

platonismo s'avvia verso

propria risoluzione,
concetto delle

ma

questa meta ancora lontana.

idee piegato e quasi costretto alle

nuove esigenze,

ma, poich non vi intrinsecamente adattato, palesa una profonda discordia, e con essa l'urgenza di un nuovo problema, che sar sentito non pi da Platone, ma da Aristotile. Il dualismo della realt, il raddoppiamento del mondo tanto nella conoscenza quanto nell'esistenza, la separazione e trascendenza
delle idee, l'esternit dei fini, la preesistenza della

V.

PLATONE

257

materia alla creazione, e l'arbitrariet e insufficienza


dell'idea sressa della ereazione e del

suo artefice,
insufficienze;

che

compendia

in

tutte

le

altre

in breve tutto il residuo dell'antico platonismo, che deve ancora risolversi, affinch l'esigenza, che
il

pensiero

si

realizzi

veramente

nel

mondo,

trovi

il

suo pieno adempimento.


11. Bta

Lo Stato.
corso del

Il

problema dello Stato s'innele

nel

pensiero platonico, di cui forma

un momento assai importante, e traversa

sue

fasi.

Se noi ne trattiamo soltanto alla fine del capitolo,


per una ragione di pura opportunit, avendo voluto

concentrare l'attenzione del lettore sullo sviluppo del pensiero speculativo di Platone, senza distrarlo con

ima trattazione che, per quanto importante, avrebbe


interrotto la continuit di quella linea.

Ma non

si

creda

che a questo nostro

artificio

didattico corrisponda alcun


stesso di Platone, e ci

fondamento nel pensiero

che noi separiamo, ivi sia realmente separato. La politica non forma per lui una sfera distinta e subordinata; se mai, saremmo

portati ad affermare tutto l'opposto: che quel che Platone ha di mira pi direttamente e immediata-

mente

l'uomo, nei suoi rapporti sociali, nelle

sue

associazioni politiche, e che le speculazioni metafisi-

che non formano che larghe digressioni o parentesi,

come per approfondire


totale del

e chiarire quei rapporti, che no avere la loro ultima ragione solo nel sistema

mondo.
si

In ci

mostrano

frutti

dell'insegnamento so-

anche pi in l, le' caratteristiche del temperamento schiettamente greco di Platone. Egli subisce, suo malgrado, gl'influssi di quella democrazia che aveva acceso la discussione dei procratico e sofistico, e,
6. de Ruggiero,

La

filosofa greca.

17

258

LA FILOSOFIA GRECA

blemi della politica, umanizzandoli e facendone un patrimonio degl'individui. Per anti-democratico che
egli sia, tutti
i

suoi arditi piani di riformatore polisi

tico e sociale

non

spiegano se non con l'implicito

presupposto di quella contingenza, di quella riconosciuta capacit e attitudine degli uomini nel regolare
propri rapporti, che appunto la democrazia aveva
instaurato.

la

potente idealizzazione che Platone

fa dei

valori politici

non deve
e

farci disconoscere

il

fonda-

mento

storico
si

realistico sul quale

quella trasva-

lutazione

compie. La stranezza delle innovazioni pi radicali della Repubblica scompare o si attenua


se
si

tien conto della particolare situazione politica


il

che ne forma

presupposto e la

condizione:
familiare
:

la
lo

tradizione aristocratica dell'ambiente

sconvolgimento della vita pubblica in seguito alla rovinosa guerra peloponnesiaca; il bisogno di ritrovare qualche punto fermo disciplina, autorit, moralit

per arrestare la decadenza e


come

il

dissolvimento

dello Stato; la suggestione di gloriosi


delli,

esempi e mo-

quelli della costituzione spartana e cre-

tese.

Ma

c' anche una storicit pi limitata e angusta

dell'opera di Platone. L'ardito novatore tradisce

un

fondo insospettato
Egli

di

non guarda
i

lo

conservatorismo vecchio stile. Stato al di l della nUz, non sa


fino a determinare,
il

pensare una riforma dello Stato se non restringendo

anche pi

confini della nKu;,

nell'ultima delle sue opere, le Leggi,

numero

delle

famiglie che debbono costituire la citt. Egli


si

non

avvede che
il

il

particolarismo della citt gi

stato travolto, o

sarvi
e

almeno non vuole o non sa ravviideale, ben altrimenti novatore rivoluzionario che non quello delle sue stesse cosignificato

V.

PLATONR

259

struzioni. Sotto tale aspetto, l'abborrita


lo

democrazia
della

sorpassa, lo rende invecchiato: nessun presentiin


lui di

mento c'
vita greca,

quel prossimo straripare

che caratterizzer il periodo della conquista macedone. Ma, sorpassato in questo dalla storia, Platone
storia,

trascende poi ogni

idealizzazione ci che forma l'essenza


spirituale del divenire storico. Sotto

riassumendo nella sua permanente e


la spoglia ca-

duca
dello,

di

una rappresentazione
le

statica dello Stato-mole

vivono

esigenze eterne,

aspirazioni fon-

damentali dell'umanit che presiedono


l'idea
della

a tutte

le

formazioni politiche, e al loro svolgersi e succedersi:


giustizia nei

rapporti

tra

gli

uomini,

dell'autorit

come suo

stabile

presidio, del sapere

come

distributore e ministro dei suoi beni, della di-

sciplina,

che subordina

singoli

quell'armonia

superiore. In

una parola,

nell'eticit dello Stato, in-

vano
zione

irrisa dai politici d'ogni

tempo, Platone indi-

vidua l'essenza di questa sovrana forma di associa-

umana. La concezione
le

dello Stato principalmente svolta

Queste due opere rapdue fasi del pensiero platonico, rispetto a tale probema: nell'una delle quali lo Stato inteso Bcondo il sistema trascendente delle idee; nell'altra invece l'interesse empirico e realistico rompe a poco a poco la rigida struttura del sistema. Lo Stato descritto nella Repubblica non questo
nella Repubblica e nelle Leggi.

presentano

o quello
Stato,

stato

esistente;

ma

l'essenza stessa dello

quale nella sua idea.

lo

Stato ideale e

formazione di ogni stato empirico. La grande cura di Platone nel descrivercelo perfino nelle sue pi piccole minuzie ci mostra quale alta coseienza egli avesse del proprio

perfetto, che serve di modello alla

260

LA FILOSOFIA ORRCA

idealismo e qual senso della realt ideale

che,

in

quanto
colari.

realt, individuata in tutti

suoi parti-

Lo Stato

la realizzazione del

l'uomo in grande; la sua finalit bene: un fine che si moltiplica,


E, poich la virt,
il

restando uno, nell'educazione alla virt dei cittadini

che

lo costituiscono.
il

bene,
si

scienza, secondo

postulato socratico-platonico,

deduce facilmente che la signoria dello Stato spetta a coloro che sanno, ai filosofi ('). Molti empirici hanno non riso e molti ancora rideranno di questa verit essa in quanto empirici, ma in quanto sciocchi invece s'impone a chi considera che ogni organizzazione pratica , nel suo motivo creatore, un'organizzazione mentale, e che coloro che posseggono ed

esercitino questa virt e disciplina organizzatrice,

blica. Soltanto,

a reggere la cosa pubi pi atti bisogna liberare il concetto del filosofo dalle ristrettezze dottrinali ed accademiche a cui l'hanno condannato, nell'opinione delle masse,
cio
i

filosofi,

sono

le

innumerevoli pleiadi dei

filosofanti antichi e

mo-

derni; guardare nel filosofo l'intimit della coscienza

che accentra con una identica disciplina una ricca


pluralit di esperienze; sentire nella sua opera svolgersi concreto
il

pensiero immanente alle cose.

La

scelta dei governanti

non forma che una prima


dello Stato.
Il

specificazione degli organi

principio

della divisione del lavoro, che

viene assunto come

criterio direttivo dell'indagine, esige

una

ulteriore

partizione nella massa dei governati. Per effettuarla,

Platone immagina una genesi ideale dei vari organi della jtXig, secondo la finalit delle funzioni che son

chiamati ad esplicare. Si former innanzi tutio un primo nucleo di contadini e di artigiani, che spe-

co Rep.,

v, 473 e

segg.

V.

PLATON Hi

261

coalizzeranno
i

le

proprie attribuzioni e scarabieranno


poter soddisfare ai
multidella
vita.

rispettivi

prodotti, per

Questo primo nucleo si andr gradatamente ingrandendo, coll'accrescersi dei bisogni dai pi elementari ai pi elevati della e insieme col complicarsi dei rapporti vita civile sociali, che esigeranno nuove specificazioni. Cos
formi
bisogni

ingrandendosi la citt, e le sue risorse interne rivelandosi pi insufficienti, nasceranno i bisogni di espansione, di conquista: la citt sar posta nelia
necessit di fare la guerra.

A
Delle

questa ulteriore esigenza Platone

memore
lo

forse delle cattive esperienze delle milizie cittadine

guerre peloponnesiache
a
s,

vuole
la

che

Stato

soddisfi in

maniera adeguata. Fare


che
richiede

guerra un

mestiere

una specializzazione
sorge quella dei
di polizia

propria e una forma di educazione a parte. Quindi,


di fronte alla classe dei produttori,

guerrieri, cui devoluto

anche

il

compito

interna;

donde

il

nome

di

guardie

(qrtftcwcEg).

l'ad-

destramento di esse curato da Platone fin nei pi minuti particolari, non solamente per quel che riguarda l'educazione propriamente fisica e militare,

ma

ancora l'educazione intellettuale,

artistica, re-

ligiosa.

infine, dalla differenza stessa del ricevere l'edu-

cazione e dell'impartirla, dell'eseguire e del formulare


gli

ordini, nasce

l'ultima

specificazione tra

guerrieri (la cui classe


gati,

comprende ancora gl'impieloro


i

data

l'affinit

della

funzione di tutelare
che,

l'osservanza delle leggi) e

filosofi

come coloro

lo Stato, ed educano la classe sottoposta. La partizione cos ottenuta riproduce, nell'organismo collettivo, nell'uomo in grande che lo
le leggi,

che sanno, formulano

reggono

262

LA FILOSOFIA GRECA

Stato, la classificazione psicologico-morale delle parti

dell'anima individuale. Quel che sono i filosofi nello stato, la ragione nell'anima dell'uomo; e la classe
dtn

guerrieri

corrisponde

alla

parte

animosa

(t

eufiosiS;). la classe dei

produttori alla parte appetiin piccolo serbata

tiva (t ejuth<Lii)Tixv) dell'anima. L'analogia dell'uomo


in

grande

dell'uomo
il

anche in

ci, che,

come

principio animoso nell'anima pi

strettamente aderente a quello razionale, di cui forma il valido presidio nel tenere a freno le basse voglie

dell'anima appetitiva, cos

guerrieri sono

il

braccio
e indi-

forte dei reggitori, dei filosofi, nel

dominare

rizzare alle finalit superiori dello Stato l'opera della


classe lavoratrice.

Questa gerarchia ha
tanto nel

la

sua intima ragione non


nell'armonia

valore autonomo dei suoi singoli gradi,


finalit del loro insieme,

quanto nella

di tutte le funzioni nei rispettivi rapporti.

Lo Stato
forza so-

perfetto, dove

la

ragione domina, e

la

stiene la ragione, e le

masse addette

alla

economica

si

subordinano all'una e

all'altra

produzione senza

esorbitare dai propri confini.

In questa meta di perfezione, la politica coincide

con

l'etica,

perch l'individuo raccoglie in frutto di

virt quell'opera che spende in servizio dello Stato.


Cos, a ciascuna funzione, in

quanto

si

esplica entro

la finalit cui destinata, corrisponde

una propria

virt: la razionalit sapienza (ooqua), l'animosit


valore (vgia), l'appetito

e infine

il

moderazione (ococpQoauvii; contemperamento di tutti insieme la

giustizia (ixcuoauvr}), che la perfezione stessa dello

Stato platonico.

La pi
rieri di

stretta analogia dei reggitori e dei guer-

fronte ai

produttori

suggerisce a Platone

anche un separato regolamento dei rapporti giuridici

263
e sociali delle lasciato e ad essi
i il

due prime

classi.

Mentre

ai

produttori

possesso individuale dei beni economici


attribuiti anche, entro certi limiti,

vengono
familiari,

diritti

perdio

si

riconosce in ci
le

uno

stimolo alla loro operosit


guerrieri e dei reggenti

economica,

classi dei

debbono rinunciare a questi appannaggi dell'individualismo, ed educarsi ad una impersonalit superiore di rapporti, che assicuri il loro pi puro disinteresse e la loro completa dedizione alle cure dello Stato. Quindi vige per essi la comunanza dei beni economici, delle donne e dei figli, che, sopprimendo le famiglie particolari, deve formare l'unica e pi vasta famiglia, che coincide
con
la

sfera stessa dello Stato. Sta qui la differenza

tra la dottrina di Platone

da ogni forma
si

di

comufilo-

nismo antico e moderno:


sofo di

tratta per

il

nostro

un comunismo

aristocratico,

non

ispirato a

nessun sentimento economico, anzi a disprezzo e ripugnanza pei beni economici, come atti soltanto a
cittadini dalla loro missione pi elevata. Noi non seguiremo pi nei minuti particolari le infinite disposizioni che si affollano nel grande dia-

distrarre

logo platonico: ci basta di sapere che


forza dello Stato
si

palesa

dovunque la come alcunch di sopra-

rispetto agl'individui, conforme alle premesse metafisiche del sistema delle idee. La soggettivit, l'individualit, non ha ivi nessuna pretesa, nessun diritto da vantare; manca, non

ordinato

dico ogni idea di reciprocit tra Stato e

cittadino,

ma

l'idea stessa

delia

libert

in

ogni esplicazione

dell'attivit

umana:

tutto regolato, tutto predi-

sposto, con unico riguardo all'universale, allo Stato,

senza alcuna considerazione degl'individui.


sottratta quella sfera che la romanit e

A
il

questi
cristia-

nesimo hanno

in seguito sancito

come

la

loro

pr-

264

LA FILOSOFIA GRECA

priet pi snera: la famiglia.


i

Lo Stato pu sopprimere
decreta l'allevamento

bambini

deficienti

(');

esso

comune, in modo che non conoscano loro genitori ('-); esso determina perfino il numero dei cittadini che devono comporlo. Come tra la sovrastante idea e gli esseri singoli non v' nulla d' intermedio, che da questi conduca a quella; cos tra lo cittadini non v' nessuno di quei nuclei inStato e
dei fanciulli in
i
i

termedi, quale per eccellenza

la

famiglia, che pos-

souo mitigare la forza impersonale dello Stato, incanalandola per quella vie che la stessa natura si d cura di tracciare, e rendere pi intima all'uomo
la coercizione, in

nome

d'interessi superiori, trasfor-

un dovere. Nello Stato platonico non ci sono n diritti n doveri; un mondo dove tutto , dove tutto esiste con una realt a cui l'idea ch'esso impersona conferisce una specie di necessit ideale e fatale. Pertanto, ivi non sono leggi: la legge esprime uno stato d'inadeguatezza dell'essere all'essenza, che non ha luogo in un mondo perfetto, dove l'essenza
in

mandola

fa tutt'uno

con l'esistenza.
il

Noi che sentivamo Platone cos vicino a noi e alla


mentalit nostra, allorch seguivamo
corso della

sua pura speculazione, come invece lo sentiamo lontano ora, che il suo pensiero politico ci palesa una cos profonda discordanza con le nostre idee, che son
materiate di una secolare storia di lotte per l'eman-

che siamo che tanta parte di noi, a riguardare come irrilevanti le divergenze metafisiche dalla trascendenza all'immanenza dell'idea non pare breve il passo? mentre nel campo
cipazione e la libert degl'individui.
abituati, per quella superficialit

(1)

Rep.,

v,

460
e.

u.

(2) Ibid.,

457

V.

Platone
le

265

"U
(

morale e politico, dove


le

consuetudini della vita e


ci

necessit dell'esperienza

fanno assai pi inten-

sa
.

nente valutare
sentiamo tutto

le

divergenze storiche e seguire

passo a passo lo svolgersi del


ivi
il

dramma

della sLoria,

rilievo delle opposizioni tra le


il

varie mentalit e tutto


quiste.

valore delle faticose con-

Eppure l'idea platonica


la

da noi quanto

lo Stato platonico,

zione della famiglia, con

egualmente con la sua negasua assenza d'ogni idea


lontana

di libert e di diritto soggettivo.

Questa considerazione ci si pu dimostrare storicamente feconda. Noi siamo soliti a non apprezzare al giusto valore il lento lavoro degli anonimi o dei piccoli tutta la noi diciamo nomi: che mai rappresenta speculazione greca dopo Aristotile? E, di fronte al pensiero greco, che costituisce di nuovo il pensiero romano? Eppure la storia vi riconosce un progresso,

poco apparente per l'assenza di grandi nomi e di


grandi linee speculative,

ma

sostanziale.

noi pos-

siamo rendercene
quali

coscienti,

considerando
di pietre miliari

proprio

quei problemi morali e politici, durante la soluzione

Idei

un maggior numero

locato la storia, e nella soluzione dei quali la


piccoli

ha colmassa dei

uomini s'adegua alla mentalit dei maggiori, almeno per l'intensit e tenacia dello sforzo e per
l'assiduit del lavoro. Cos noi
del pensiero greco,
i

vedremo

gli
gi'

epigoni
industri

pensatori cristiani,

codificatori del diritto


le
il

romano, colmare a poco a poco lacune della speculazione classica, e conquistar.

nuovo concetto dell'individualit e della libert umana, rendendosi cos assai pi vicini a noi di un Platone o di un Aristotile. Il ristretto pensiero di un giurista romano ci parr pi intimamente umano del
sublime pensiero dei classici;
le

umili virt cristiane

sovrasteranno agli splendidi vizi dei gentili.

Cosi

2fab

LA FILOSOFIA GRECA
il

quelle idee, che all'apparenza, o per

maggior nuj

mero

degli uomini, sono pi vitali e pratiche, potranntj

valerci

come un valido
realizza, per

sussidio nell'interpretazioni

della storia e nell'apprezzamento del progresso chJ


in essa si
la

ragione che noi, usi

viverle pi continuamente,

siamo assai meglio


io

ir

grado

di valutarle nella loro

essenza e nel loro svi

luppo. Solo in questo strada negli animi


l'

modo

credo che possa fard

idea di un progresso reale nella]

stessa metafisica, che guardata nel secco schemati-

smo

delle sue formule

o poco esperte, insuscettiva


simile a

un lavoro

di

pu sembrare, alle menti debolil di un vero sviluppo e| Sisifo, mentre considerata nellej

sue grandi manifestazioni etiche, religiose, politiche,


acquista un rilievo e un'intonazione storica assai)
notevoli.
Il

concetto dello Stato


delle idee.

come

entit

trascendente!
della meta-

abbiamo

visto, l'espressione politica

fisica

E,

come quest'ultima subisce un


farsi

graduale mutamento col


empirici e realistici nel

strada degl'interessi
cos

pensiero di Platone,
si

anche grado

la

concezione dello Stato


si

avvicina grado a
storici.

alla

realt empirica degli organismi

Nella stessa Repubblica

trova gi un'acuta fenomedall'aristocrazia la de-

nologia politica, che spiega lo svolgersi delle forme


di

governo

l'uria dall'altra:

mocrazia, per effetto della cupidigia dei molti; dalla

democrazia la tirannide, per la legge dei contrarli, dominatrice di tutti gli esseri, che trae l'uno dai molti, il tiranno dalla massa (*). Una profonda intuizione, che vale per tutte le democrazie, antiche e moderne!
L'interesse empirico e classificatorio prevalente
nel Politico, dove la tripartizione delle forme di go-

ti)

Re}

..

viti,

103

e.

V.

PLATONE

267
e architetto-

remo acquista un carattere sistematico


aofnico.
D|e

Platone distingue

la

democrazia

('),

monarchia, l'aristocrazia ciascuna delle quali pervertenla


(-).

dosi d;\ luogo rispettivamente alla tirannide, all'olii

garchia e alla demagogia


poi,

Nello stesso dialogo,

li

problema della necessit, delle i legsri (*), che nella Repubblica aveva trovato una soluzione negativa; ci che dimostra la tendenza del pensiero platonico verso una maggiore concretezza e verso una visione pi realistica della struttura dello fflStato. Secondo il piano del Crizia (un dialogo che rest incompiuto), lo Stato vagheggiato da Platone, trasferito in una fantastica storia del passato ed incarnato proprio in un'Atene di cui gli ateniesi contemporanei avevano perduto anche il ricordo, doveva cimentarsi vittoriosamente con un grande Stato, Atlantide, egualmente immaginario. Ma la tendenza verso l'empirismo e lo storicismo trova la sua pi ampia esplicazione nelle Leggi, dove per purtroppo si osserva anche la stanchezza men\i

viene esaminato

il

e|

tale del

vecchio Platone.
i

Quivi non esiste pi la partizione delle classi;


filosofi

non sono pi reggenti

al

regime dei custodi

subentra l'antica milizia cittadina; e pertanto, la terza


classe,
vi

trasferisce

acquistando attribuzioni delle classi superiori, anche un limitato riconoscimento di


per ci
confini della nliq
si

diritti privati.

Ma non
anzi
si

allargano,

che compongono lo Stato fissato rigorosamente il meccanismo della produzione e degli scambi controllato
restringono:
il

numero

delle famiglie
;

(1)

Polit., 291

d segg-.

(2)

Ibid., 302 e se^i?.

(3) Ibid.. 291 d

208
fino alle

LA FILOSOFIA GKEC

minuzie pi stucchevoli; in generale, g' isti vengono reintegrati, ma con restri zioni che ne soffocano ogni efficacia. La religion
tuti tradizionali

positiva trova nelle Leggi

un

assai pi

ampio

rie*

noscimento, anzi assume l'importanza che nella pubblica aveva la filosofa. L'ostracismo per man
tenuto contro l'arte. Qui la linea del pensiero pia
Ionico
si

mantiene immutata dal Gorgia, dove

poesia viene assimilata alla sofistica, alla Repubblica,

dove

formulata una doppia condanna teoretica


le

morale, alle Leggi, dove

conseguenze pratiche della


il

svalutazione dell'arte sono ancora ribadite. All'art

Platone non attribuisce che

valore di un' imitazione;


di fronte alla scienza,

ma

non qui

la

sua inferiorit

che imitazione anch'essa. La vera differenza invece sta in ci che, mentre la scienza imita il modello
eterno delle idee, la mimesi artistica
la
si

volge alla
di fronte

copia del mutevole e contingente dei sensi. Di qui

sua influenza corruttrice ed effeminatrice:

all'

intransigente rigidezza del moralista e dello sta-

tista

non trovano grazia che

solo alcune
la

forme

di-

dascaliche di espressione artistica,


corale, e in qualche

musica, la poesia

modo

la

tragedia.

Ma

le espres-

sioni pi liriche e sentimentali

vengono condannate;
finzione

perfino l'epica e la
e di

commedia, come opere di menzogna, sono proscritte dallo Stato.


Conclusione.

12.

Nelle

varie fasi del pensiero

platonico, che qui

abbiamo

tracciate, facile ricercare

l'influenza esercitata dalle precedenti correnti spe-

culative sulla mente di Platone. L'interesse socratico,

che predomina nei primi dialoghi, si l'onde, nei dialoghi euristici, con altri svariati interessi, attinti non solo alle scuole presocratiche, ma anche alle scuole
semi-socratiche, e principalmente a quella di

M egara,

V.

PLATONE

269
critico.

pur con intonazione diversa e con intento


Il

pensiero etico-religioso del Fedone e del Fedro


riti,

s'ispira alla tradizione orfico-pitagorica, coi suoi

con

le

sue purificazioni, con

la

sua credenza nella

trasmigrazione delle anime La tendenza pi spiccatamente speculativa degli ultimi dialoghi ha, tra suoi motivi storici, l'approfondimento che Platone i fece della metafisica pitagorica ed eleatica da una parte, dell'eraclitea dall'altra. Pu apparire a prima vista un po' strano il notare come proprio nel tempo
in cui
si

faceva strada nel pensiero di Platone

l'esi-

genza

di

dare una pi esauriente spiegazione della

genesi e del divenire delle cose, e quindi vacilla-

vano
tone

le
si

sentisse pi fortemente attratto verso la

premesse dell'idealismo trascendente, Plamea riprodurre nel


e la di-

tafsica eleatica e pitagorica, fino

Timeo

la definizione

parmenidea dell'essere

stinzione tra verit ed opinione.

Ma

ogni stranezza

scompare se

si

riflette

che Platone, pur facendo pro-

prie le esigenze del pensiero eracliteo,

non intendeva
forte-

rinunziare all'idea dell'immutabilit ed eternit dei

massimi valori metafisici;

anzi,

quanto pi

mente sentiva il dinamismo delle cose, tanto pi fortemente doveva ribadire il concetto di ci che deve sottrarsi alla genesi e al divenire. Ma la sintesi del pensiero eracliteo ed eleatico pu
dirsi

compiuta nel sistema di Platone? Quel che v' compiuto e che sar acquisito per sempre alla filosofa l'impostazione idealistica del problema. La sintesi del mutevole e dell' immutevole, del condi

tingente e del necessario, del transitorio e dell'eterno,

divenire e dell'essere, non dominio del pensiero, dove gli opposti vivono concordi senza annullarsi, anzi creando una inesauribile ricchezza di vita spirituale; dove
del pi e dell'uno, del
nel

pu darsi che

270
la realt

LA FILOSOFIA GRECA

mentale

si

afferma e
e

si

potenzia nel
pensiero

venire psicologico,

l'unit

del

emerj

dalla pluralit degli oggetti, e l'eterno rifulge attr

verso

l'efi mero,
11
il

l'immobile l'essenza del


presocratici
sul terreno
i

mov
di
r

mento.
solvere

tentativo degli ultimi


conflitto

degli opposti

stess

della fisica, vano: la materia accoglie

contri

passivamente nel suo seno, ma non li svolge, no li dialettizza. Questa l'opera del solo pensiero: ecc la grande scoperta di Platone. A partire da lui, 1 filosofia sar per sempre idealistica, cio non avr altro teatro che il pensiero, non altro attore che pensiero, anche quando sar filosofia della naturai
i

della

religione, della pratica.

sar

una

filosofi;]

sempre pi

ricca, pi intima, pi vivente, pi

dram

matica; in una parola, pi umana.

Ma il compimento della sintesi di Eraclito e d Parmenide non pi l'opera individuale di Platone. Questi, come abbiamo veduto, lascia ancora in molti punti aperto il conflitto, e non riesce a compenetrare veramente le idee della realt, l'essere del divenire.
M;l l'opera della
sintesi

la psrennis philosopluai

che rinasce in Aristotile e negli altri grandi maestri del pensiero che gli succedono; opera mai compiuta, perch il suo compimento sarebbe la fine del pen-| siero; per sempre in via di compiersi, in modo che da ogni conquista risorgono le nuove aspirazioni, da ogni risultato risorgono i nuovi problemi, con quel ciclo, che significa svolgimento e progresso dello
spirito.

13.

La scuola platonica.
si

Dopo

la

morte

di

Platone, la sua scuola


secoli,

continua per quasi otto


la

a volere includere in essa anche

neo pla-

tonica;

ma non

conserva in tutto

il

suo svolgimento

V.

Pr.ATONE

271
alla dottrina

d|lo

stesso spirito, ne

si si

mantiene fedele
delle quali
le altre

jdel maestro. Perci


7JJcademie, la

sogliono distinguere varie Ac-

prima soltanto

premesse platoniche, mentre


o

non esce dalle seguono vie pi


all'una,

meno

diverse.

Accenneremo per ora

men-

tre le
j

rimanenti saranno comprese nello sviluppo del


gli scolari

pensiero post-aristotelico.

Tra
i

immediati

di

Platone

si

ricordano

Speusippo, suo nipote, che gli successe nell'insegnadella scuola;

mento; Senocrate, che dopo di lui ebbe la direzione Eraclide di Ponto, Filippo Opunzio,
Eudosso. L'indirizzo della prima Accademia pu apparire

da principio alquanto divergente dallo schietto


le idee, e

platonismo; assai probabile infatti che Speusippo


abbia negato

che Senocrate

le

abbia am-

messe con un significato ben diverso dall'originario, identificandole coi numeri. Ma l'esposizione, che Aristotile ci

d nella Metafisica del sistema platonico,


al-

dirime questo dubbio, mostrandoci un Platone

quanto dissimile da quello che conosciamo attraverso i dialoghi, un Platone che spinge il suo pitagorismo
al

punto da ridurre

le

idee ai numeri e da identifi-

care l'idea del bene con l'Uno, la


tagorici.

Evidentemente, cos

Aristotile,

monade dei come

pigli

altri scolari,

fase

noi

avevano pi presente nel ricordo l'ultima dell'insegnamento platonico, di cui non resta a nessun documento diretto, e credevano di poconsiderare

terla

come

l'espressione
di tale

definitiva

del
si

suo pensiero.

Ma

l'errore

apprezzamento

rivela a sufficienza tanto nella critica troppo ristretta


e unilaterale di Aristotile, fondata

sopra un residuo

quanto nel meschino e inadeguato sviluppo che gli Accademici seppero dare
del pensiero di Platone,
al

sistema del loro Maestro.

Un

solo aspetto vivo

d>-l

platonismo trova

il

suo

272

LA FILOSOFIA GRECA
ri conosci

vero

mento

in

seno alla scuoia: ed l'aspetto


Senocrate
si

mistico-religioso. Gi

mostra preoccu-|

pato di colmar l'abisso che la

trascendenza divina

crea tra Dio e

il

che arricchiscono
dello spirito.
Il

la realt intelligibile

mondo, con essenze intermedie] di una vita

fantastica, e che risvegliano le aspirazioni mistiche

neo-platonismo alessandrino dar a

questo indirizzo speculativo la sua massima esplicazione.


D'altra parte, sotto l'influenza indiretta di Aristotile, si

fa strada nella scuola l'interesse sistematico

architettonico.

Secondo Speusippo, necessario

dare un' intima organizzazione alle dottrine, in quanto impossibile conoscere alcuna cosa isolatamente,
per
Cos
lo stretto
il

collegamento

di tutte le cose tra loro.

di Platone, gi ab bastanza disciplinato negli ultimi anni del filosofo

rapsodico insegnamento

d luogo all'organica struttura della scienza catte


dratica.

Ma un

sistema, che

non esca

di getto col suo

pen

siero animatore, e pretende anzi sovrapporre la pro-

pria forma a quel pensiero, gi dato e fissato con una forma diversa, degenera necessariamente nel

formalismo artificioso e arbitrario. Cos la filosofia di Platone s'irrigidisce nel platonismo; a porlo in essere hanno lavorato non solamente l'Accademi

ma anche le altre scuole filosofiche, le quali, a seconda dei propri interessi mentali, attingono ai dia
loghi
di

Platone

le

soluzioni di problemi

isolati e

frammentari.
percorrere
le

molto istruttivo a questo riguardo


dossogratche di Platone; nulla
spirito

fonti

pi

ci si rivela dello

vivo dei

dialoghi, ed
classi-

acquistano invece rilievo dottrine secondarie,


ficazioni minute,
e in

generale tutto

il

sovrabbon-

dante dettaglio dei dialoghi. Nel platonismo della

273

tradizione storica, le idee s'isteriliscono nei vani problemi che ne toccano la superficie senza sondarne l'intimit; il dramma potente della psicologia si affiora nella tripartizione
x OvfAoeiSg, x

dell'anima in: x Xoyiaxwv,


ragione, sentimento,

juOujxTixixv (*):

appetito; l'etica vien ridotta alla classificazione delle


virt.

Tutto ci

si

trova in Platone,

ma non

Pla-

tone; e tuttavia lo storico costretto a rivolgere la

trina,

sua attenzione a questo assottigliamento della dotperch rivela la mentalit storica di coloro che

l'hanno operata.

Dopo Senocrate impartirono il loro insegnamento nell'Accademia Polemone e Cratete. Col successore
di quest'ultimo, Arcesilao,

l'Accademia entra in un

nuovo periodo

di vita.

(1)

Tira., 34

a segg.

FINE DEL PRIMO VOLUME

G. de Ruggiero,

La

filosofia greca.

INDICE

Avvertenza alla seconda edizione

p.
.

7
9

Introduzione alla storia della Filosofia


I.

I primordi I Presocratici:
1.

21

II.

I caratteri

generali

>
.

41

2. 3.

Gli Ionici
I

44
51

Pitagorici

4. 5.
6.

Gli Eleati

60 73 80 83
93 99

Eraclito

Empedocle
Gli Atomisti

7. 8.
9.

Anassagora

La

psicologia dei Presocratici


finali

...

10.
III.

Considerazioni
Sofisti:

105

I
1.

Dissoluzione della nXiq

2.
3.

L'insegnamento dei

Sofisti
. .

110 116
120
124
127

La

critica della scienza presocratica

4.
5.

6.

Protagora Gorgia I Sofisti minori

130

483070
IV. Socrate:
1.

INDICE

Il

problema.

p.

1331

2.

3.
4.
5.

La vita di Socrate La scienza morale La morte


I Socratici

1361

151
169

V. Platone:
1. 2.

Vita di Platone
Gli scritti di Platone

3.

Avviamento

alla dialettica
. . .

4.
5. 6.

La dialettica della sensazione La reminiscenza


L'Idea e L'Idea e
la

sua dialettica

7. 8.

la Filosofa

. .

L'immortalit dell'anima 9. Il nuovo orientamento del sistema 10. Il sistema filosofico del Timeo
.

11.

Lo Stato
Conclusione La scuola platonica

12.
13.

B 87

.R83 1921 v.1 SMC Ruggiero, Guido de, La filosofia greca 2a. ed,
ampi.

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