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Uniti contro il crimine

Siglato venerd laccordo per lirrobustimento della cooperazione sul fronte della sicurezza tra Bosnia, Serbia e Montenegro Unire le forze e lottare insieme contro ogni forma di criminalit, con unattenzione particolare al terrorismo, per raggiungere una maggiore collaborazione e sincronia sul fronte della sicurezza nei Balcani: questo il cuore dellaccordo raggiunto venerd scorso, secondo Tanjug, da Bosnia, Serbia e Montenegro. Il documento stato siglato dai ministri degli Interni dei tre Paesi: il bosniaco Fahrudin Radoncic, il serbo Ivica Davic (che anche premier) e il montenegrino Rasko Konjevic. Una volta firmato laccordo i ministri hanno sostenuto una lunga conferenza stampa, precisando da subito la ferma intenzione da parte dei tre governi di proseguire e irrobustire la cooperazione regionale nella lotta alla criminalit organizzata e al terrorismo. Presi singolarmente, i nostri Paesi non hanno la forza necessaria per sconfiggere le organizzazioni ormai proiettate in un contesto regionale e altres europeo - ha spiegato il primo ministro serbo - ma unendo le nostre capacit saremo grado di soddisfare le aspettative dellUnione Europea. Dacic si soffermato lungamente sullassai crescente fenomeno dei finti richiedenti asilo che cercano fortuna e lavoro nellUe, un problema che da mesi sta scatenando un vivace dibattito in Europa sullopportunit di reintrodurre i visti per Bosnia, Serbia e Macedonia. A guidare il gruppo degli scontenti Berlino, ma molti altri Paesi membri non guardano con sfavore a un ritorno al passato per i Balcani, quando prima del 2009 bisognava affrontare nelle ambasciate europee code impegnative per le procedure burocratiche e il rilascio dei visti. Sarebbe una disgrazia, una bomba ad orologeria fatale per lintero processo dintegrazione europeo, ha sostenuto con vigore il premier serbo, promettendo maggiori risultanti nella caccia ai falsi richiedenti asilo. Ad ogni modo vanno sottolineati, secondo il ministro dellInterno bosniaco, i notevoli successi ottenuti recentemente nella lotta contro la criminalit organizzata. Grazie a un continuo scambio dinformazioni e ad una cooperazione ancora pi solida tra i nostri Stati abbiamo condotto varie operazioni di successo in cui sono stati arrestati importanti criminali della regione, ha assicurato

Radoncic. Del resto uno dei punti salienti dellaccordo listituzione di un Centro di cooperazione con sede a Trebinje, nel sud-est della Bosnia, per lo studio e lanalisi delle organizzazioni criminali balcaniche in modo da proseguire e incrementare lo scambio di esperienze nel campo della sicurezza regionale, come ribadito dal ministro bosniaco.

Banja Luka, agenti dal manganello facile


Un nulla di fatto nella lotta contro gli abusi, che sconfinano nella tortura, compiuti dalla polizia della Republika Srpska: il Consiglio dEuropa intensifica le pressioni Una conclusione inevitabile e semmai scontata quella messa nero su bianco dal Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio dEuropa nel rapporto consegnato venerd e pubblicato dal sito internet Balkan Insight. dunque rimasto immutato, e insensibile a ogni pressione e campagna internazionale, latteggiamento passivo e compiacente delle autorit della Republika Srpska nellaffrontare il problema dei maltrattamenti - in alcuni casi vere e proprie torture - inflitti dagli agenti di polizia dellentit serba per far confessare le persone tratte in arresto. Pur avendo gi denunciato la gravissima situazione nellaprile del 2011, con un resoconto particolarmente dettagliato di numerosi episodi avvenuti allinterno delle stazioni di polizia, il Comitato ha dovuto arrendersi di fronte allevidenza dei fatti e registrare leterna lentezza istituzionale che caratterizza ogni dinamica della Bosnia. Neanche un passettino in avanti, infatti, stato riscontrato dagli esperti del Cpt, mentre continuano ad abbondare agghiaccianti testimonianze e referti medici raccolti durante lultima visita effettuata a dicembre scorso che danno una chiara fotografia degli atroci metodi impiegati dai poliziotti. Scariche elettriche, finte esecuzioni, percosse sul volto e ai genitali e incappucciamenti con buste di plastica: queste le orrende pratiche riscontrate dalla laboriosa e complessa indagine condotta dagli analisti del Comitato, i quali ribadiscono pi volte che in alcuni casi ci si trova di fronte a veri e propri atti di tortura, subiti dagli arrestati e dai testimoni. La magistratura, del resto, continua a non aprire inchieste e a

mantenere un atteggiamento complice, nonostante le molte denunce presentate negli ultimi anni. Completano il desolante quadro dinsieme larrendevolezza degli avvocati dufficio, che si limitano a scoraggiare i loro assistiti, e linsufficiente preparazione di molti medici nellaccertare i maltrattamenti.

Scoperta fossa comune a Prijedor


Procedono a ritmo serrato i lavori per esumare i resti di decine di bosniaci e croati uccisi dalle forze serbe durante la guerra Forse una delle pi grandi mai individuate nel nord della Bosnia; il direttore dellIstituto nazionale persone disperse, Mujo Begic, dopo aver compiuto i vari accertamenti iniziali di rito, abbastanza certo di ci che sta sostenendo: la fossa comune scoperta la scorsa settimana nei pressi della citt settentrionale di Prijedor svetta per estensione e potrebbe celare i resti di decine, se non centinaia, di croati e bosniaci uccisi dalle forze serbe durante la guerra del 9295. Intanto i lavori stanno procedendo a vele spiegate e a un ritmo serratissimo: secondo il sito internet Balkan insight, finora esperti e volontari hanno dissotterrato i resti di oltre venti persone. Stando alle cifre ufficiali, nella sola area di Prijedor risultano ancora disperse 1200 persone fra bosniaci e croati e la maggior parte di loro sono state uccise in due campi di concentramento della zona.

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