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BASTA CON IL CASO, TACCIA IL RUMORE Di Ren Thom Non parliamo dunque pi di caso...

Joseph de Maistre Quella che potremmo definire epistemologia popolare francese - si ritorner pi avanti su questo strano fenomeno - ci ha negli ultimi anni gratificati di un certo numero di opere, alcune delle quali divenute assai celebri: basti citare Il Caso e la Necessit (Le hasard et la ncessit, 1970) di Jacques Monod, Il metodo (La mthode, 1977) di Edgar Morin, Tra il cristallo e il fumo (Entre le cristal et la fume, 1979) di Henri Atlan e La nuova alleanza (La Nouvelle Alliance, 1979) di Ilya Prigogine e Isabelle Stengers. Ebbene, per quanto differenti e talora persino opposte le filosofie ad esse sottese, curiosamente denunciano almeno un tratto comune: tutte glorificano oltraggiosamente il caso, il rumore, la fluttuazione; tutte rendono l'aleatorio responsabile sia dell'organizzazione del mondo (attraverso le strutture dissipative, secondo Prigogine), sia dell'emersione della vita e del pensiero sulla terra (attraverso la sintesi e le mutazioni accidentali del DNA, secondo Monod). E l'amico Michel Serres non da meno allorch in Lucrezio e l'origine della fisica (La naissance de la pbysique dans le texte de Lucrce, 1977) si mostra sostenitore appassionato - appunto - del clinamen lucreziano ... Vorrei subito dire che la fascinazione dell'aleatorio sintomo di un'attitudine antiscientifica per eccellenza, tanto pi che - in larga misura procede da una sorta di propensione al confusionismo, giustificabile presso autori di formazione letteraria ma imperdonabile a studiosi in linea di principio avvezzi ai rigori della razionalit scientifica. Cos' di fatto l'aleatorio? L'unica definizione possibile non pu che avere valenza negativa: aleatorio un processo non simulabile da alcun meccanismo n descrivibile da qualsivoglia formalismo.1 Affermare che il caso esiste equivale perci a prendere una posizione ontologica consistente nell'affermare la realt di fenomeni naturali che non potremo mai descrivere, dunque mai comprendere. E' rinnovare il celebre Ignorabimus di Du Bois-Reymond, resuscitare l'ondata di irrazionalismo e antiscientismo degli apostoli della crisi della scienza negli anni 1880-90: Boutroux, Le Roy... Il mondo costretto a un determiniamo rigoroso o esiste un caso irriducibile a qualsiasi descrizione? Cos posto, evidentemente, il problema di natura metafisica, 2 e solamente un'opzione del pari metafisica in condizione di scioglierlo. In quanto filosofo, lo scienziato pu lasciare aperta la questione; ma in quanto scienziato ha il dovere di principio - sotto pena di cadere nell'autocontraddizione - di adottare una posizione ottimistica e di postulare che in natura nulla aprioristicamente inconoscibile. Che autori quali Atlan o Prigogine, la cui filosofia fondamentalmente antiriduzionista - e per il primo, mistica -, abbiano abbracciato il punto di vista dell'ipostasi del caso non certo sorprendente; stupisce di pi incontrare in questa posizione il materialista Jacques Monod. Ma in questa materia Monod non ha fatto altro che seguire se non Darwin almeno l'ortodossia darwiniana (ulteriormente rafforzata in neodarwinismo). A tal proposito, probabilmente legittimo dire che con il darwinismo stato introdotto nella scienza l'uso illegittimo del caso, quel caso che si supponeva definitivamente sepolto dai sarcasmi che avevano salutato il clinamen di
1 L'identificazione sistemi formalizzabili/sistemi meccanizzabili stata precisata dalla logica sotto il nome di tesi di Church. Come tutte le questioni fondamentali, tale identificazione ha un carattere problematico che non discuteremo in questa sede. 2 Taluni autori (fra cui P. Suppes nelle lezioni tenute nel novembre 1979 al Collge de France) fanno H punto sull'indeterminismo quantistico per giustificare scientificamente l'esistenza del caso. I tentativi di rimuovere l'indeterminismo quantistico con l'uso di variabili nascoste hanno dimostrato che d problema inestricabilmente legato a due questioni di natura ancor pi profonda: la localizzazione (esistenza di una velocit limite c per le influenze causali) e la possibilit stessa di una descrizione istantanea del mondo, completa e valida per tutti gli osservatori. Affermare d caso allora solo una possibilit all'interno di un insieme finito di opzioni, le quali tutte - bisogna riconoscerlo - mostrano un aspetto sgradevole.

Democrito. E in fondo, perch mai rifarsi al caso per spiegare l'evoluzione sarebbe pi scientifico che appellarsi alla volont di un Creatore? Forse che il caso altro da un succedaneo laico della finalit divina, cos come la teleonomia un sostituto confessabile della teleologia? A rendere maggiormente oscuro il dibattito ha contribuito il fatto che n la nozione di caso n quella, opposta, di determinismo, sono semplici. Si creduto che l'impiego di metodi statistici da parte della scienza giustificasse la presenza del caso; molti - sulle tracce di Brillouin - hanno cercato di dare alle leggi stesse della fisica un fondamento statistico. Ma in tali condizioni com' possibile seguire Einstein, lui che si rifiutava di vedere in Dio un perpetuo giocatore di dadi? E ancora, si evocano le leggi del caso, ad esempio la legge dei grandi numeri. Come ritrovarsi, allora, nella bizzarra dialettica fra caso e necessit? Il caso, in s negazione di qualsiasi ordine, andrebbe soggetto a leggi laddove spesso e volentieri il determiniamo sfuma sotto una struttura statistica. Per aprire qualche breccia in questo groviglio problematico converr risalire al punto di partenza: perch un fenomeno possa diventare oggetto della scienza, e come tale essere inventariato nel patrimonio comune (e, in linea di principio, eterno) del sapere scientifico, occorre innanzitutto poterlo descrivere. Ecco perch ogni discussione sul tema caso contro determiniamo deve muovere dall'esame dei linguaggi e dei formalismo che consentono di fare di un fenomeno l'oggetto di un sapere. Ma di simili tecniche descrittive, ne possediamo tutt'al pi due: la lingua naturale e il formalismo matematico.3 Si scomporr dunque il reale osservabile in isole descrivibili, sia linguisticamente isole (LN) -, sia matematicamente - isole (M) -, a loro volta separate da zone non descrivibili o per lo meno difficilmente accessibili alla descrizione. Ci posto, si pu affermare che lo scopo di ogni scienza, una volta inventariate le isole descrivibili (LN) o (M), tentare di organizzarle in isole maggiori che ne spieghino - determinano la concatenazione spazio-temporale. Altrimenti detto, lo sforzo quello di costruire una sintassi di queste isole descrittive tale da rendere conto del loro sistemi associativi necessari o probabili. Quanto alle isole (LN) della realt macroscopica usuale, disponiamo di processi mentali che permettono di prevedere gli effetti di talune situazioni inizialmente descritte: ci che potremmo chiamare logica naturale (o buon senso ). Riguardo alle isole (M), la matematica e la fisica forniscono dei metodi che sovente mettono in grado di estrapolare i dati e dunque di estendere il campo di validit di una descrizione - strumento fra i pi tipici, il prolungamento analitico. Ma prima ancora del problema dell'estensione delle isole, un altro se ne evidenza, quello dell'articolazione fra i due formalismo (LN) e (M). La stessa rottura epistemologica galileo-newtoniana pu essere tradotta in questi termini: talune isole (LN) possono venir descritte - almeno in ci che attiene a certi effetti ulteriori - da isole (M) che permettono, attraverso un'estrapolazione di carattere matematico, di prevedere la presenza di altre isole (LN); un'operazione non realizzabile con le risorse della logica naturale. In meccanica, per esempio, possibile calcolare la traiettoria di un proiettile; conoscendo con sufficiente precisione la posizione e la velocit della freccia di Guglielmo Tell in uscita dalla balestra, si pu prevedere che finir per colpire la mela sulla testa del figlio. A partire di qui venne fondandosi la credenza - peraltro magnificamente enunciata nella celebre formula del determiniamo laplaceiano - che il linguaggio matematico, in quanto intrinsecamente pi preciso, fosse pi potente della lingua naturale e che, a lunga scadenza, tutte le scienze fossero destinate ad adottarlo. Tuttavia un esame pur superficiale delle condizioni d'uso delle lingue naturali mostra che cos non . Nella realt macroscopica esistono alla nostra scala enormi blocchi di fenomeni (isole LN) la cui descrizione verbale qualitativamente pi che soddisfacente e per i quali una descrizione matematica rigorosa del tipo laplaceiano sarebbe non solo assai difficile ma anche non pertinente. In effetti la classe di equivalenza fra oggetti del mondo definita dal riferimento a uno stesso concetto (espresso da nomi grammaticali quali gatto, albero, tavolo ... ) non pu essere formulata matematicamente in termini di posizione e velocit delle molecole costituenti gli oggetti. Tale , in particolare, il caso della descrizione degli esseri viventi.

3 Si esclude qui la pura e semplice opera di archiviazione dei dati empirici grezzi, alla stregua dell'atlante fotografico che costituisce la carta del cielo...

Ma c' di pi: pu essere che un sistema naturale ammetta una rappresentazione matematica precisa, che quindi costituisca un'isola (M); allora i suboggetti del sistema, che nell'ambito di questo formalismo possono essere descritti linguisticamente, sono oggetti di forma semplice, oggetti geometrici. Se si segue l'evoluzione temporale descritta dal formalismo matematico, si danno due possibilit. Un'evoluzione che mantenga gli oggetti geometrici, linguisticamente descrivibili; si tratta specificamente dell'evoluzione di tipo geometrico di una traslazione che, conservando le distanze, preserva pertanto le forme: si pensi ai sistemi che descrivono il movimento di proiettili nell'atmosfera e alla nostra scala, per i quali si pu allora parlare di sistemi a evoluzione controllabile (noti come sistemi Mc). Ma quando si tratti di sistemi di tipo ricorrente (che ritornano arbitrariamente alla posizione iniziale, il movimento dei pianeti ... ) O, per essere pi precisi, di sistemi ergodici e miscelanti (come la trasformazione del fornaio descritta nel libro di Prigogine e Stengers), 4 le forme geometriche si contorcono nello spazio al punto da perdere in breve tempo ogni carattere riconoscibile, si che, al fine di descrivere tali forme, il formalismo linguistico non ha pi alcuna efficacia; le sole entit accessibili alla descrizione nello stato asintotico del sistema sono definite da medie di misure invarianti estese su tutto lo spazio. Esiste per l'appunto una grandezza, l'entropia di Kolmogorov-Sinai, che descrive con precisione il progressivo depotenziamento del formalismo linguistico nel focalizzare gli stati futuri del sistema. Per conservare un certo controllo si dovr perci passare da una descrizione fine - microscopica - a una descrizione pi grossolana, globale, a carattere statistico. Una degradazione statistica del determinismo che si dimostra essere un fenomeno assolutamente generale, soprattutto massiccio in ordine alle perturbazioni; qui che troviamo la motivazione ultima delle pretese leggi del caso, di fatto nient'altro che propriet del sistema deterministico nel complesso. Si parler allora di sistema (Ms).5 Per i sistemi (Ms) la descrivibilit linguistica si spoglia rapidamente di qualsiasi efficacia e sola sussiste la rappresentazione matematico-statistica; il descrivibile, come la voluta di fumo che non tarda a fondersi per diffusione in tutta l'atmosfera, diviene propriamente indescrivibile, e al proposito s' parlato di evoluzione caotica. D'altronde proprio nell'aumento del disordine nel corso del tempo consiste l'andamento usualmente attribuito ai sistemi a entropia crescente retti dal secondo principio della termodinamica. Nulla di sorprendente in ci... Assai pi inatteso l'emergere del descrivibile dall'indescrivibile. Il fatto che il nostro universo non sia un caos, che vi si possano distinguere oggetti i quali danno prova di grande stabilit e che talvolta paiono nascere da un ambiente apparentemente indifferenziato per noi un'esperienza banale. Come pu il descrivibile emergere dall'indescrivibile: questo, in fondo, il problema centrale con cui la scienza si trova a fare i conti. Talvolta il nuovo descrivibile sorge da una situazione essa stessa descrivibile, ma il legame sintattico fra il nuovo e l'antico a risultare inabituale e sorprendente. Jacques Monod richiama a tal riguardo la definizione spinoziana del caso come intersezione accidentale di due catene causali indipendenti: sicch A pedone, mentre cammina, rester ucciso dal crollo di un camino provocato dal vento. In quest'ottica, piuttosto agevole far rientrare il processo antecedente la catastrofe in uno schema deterministico di tipo laplaceiano, ove quelle catene causali indipendenti siano assunte quali movimenti separati di un sistema dinamico globale. La condizione di collisione fra due mobili darebbe luogo allora a uno stato fisico poggiante sugli stati iniziali :6 in termini matematici, le condizioni iniziali originanti una collisione formerebbero una sottovariet S di codimensione uno nello spazio dei dati iniziali (o in un intorno tubolare stretto della variet S). Come dire che il fenomeno raro e giustifica pertanto la sorpresa dell'osservatore. Si potr interpretare la comparsa della catastrofe come il risultato di
4 I. Prigogine e I. Stengers, La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza, trad. it. a cura di P. D. Napolitani, Torino 1981, pp. 243-44 e 248-50. 5 I sistemi (Ms) sono i sistemi differenziali caratterizzati dalla propriet di sensibilit alle condizioni iniziali, secondo la terminologia di D. Ruelle (se ne veda pi innanzi il saggio Caso e determiniamo: il problema della prevedibilit, specialmente le pp. 134-37): la distanza fra due punti mobili m(t) m'(t) usciti da due punti vicini m(O), m'(O) cresce - almeno all'inizio - come una funzione esponenziale del tempo t. Sistemi, questi, probabilmente corrispondenti a quelli detti a stabilit debole da Prigogine e Stengers (La nuova alleanza... cit., pp. 237 segg.). Numerosi sistemi (ad esempio quelli che soddisfano l'assioma A di Smale) presentano stabilmente questa propriet. 6 Per esempio, in due strade intersecantesi ad angolo retto e i cui assi siano gli assi cartesiani OX e OY del piano OXY, due veicoli situati nel momento t = 0 rispettivamente nei punti d'ascissa xo, y = 0 e x = 0, y = yo, e procedenti rispettivamente alle velocit uniformi dx ldt = a dy ldt = b verranno a collisione in 0 se sar soddisfatta la condizione xo la = yo Ib. Nello spazio delle condizioni iniziali, questa relazione definisce l'ipersuperficie (S) della quale si parla nel testo.

un fenomeno di localizzazione topologicamente analogo a quello creato da un'onda d'urto in un ambiente fluido sulla parte anteriore di un pistone mosso da un movimento accelerato (fenomeno di Riemann-Hugoniot) o dall'onda d'urto provocata da un aereo supersonico. La sola differenza che il primo fenomeno richiede uno stretto controllo dei dati iniziali mentre il secondo, strutturalmente stabile, resiste a una piccola perturbazione. Precisamente qui sta l'enorme debolezza della posizione di Monod: al momento della comparsa della vita, lo stato della terra avrebbe dovuto essere in una condizione tutta speciale di estrema instabilit, e anzi il minimo rumore nella preparazione di quello stato avrebbe impedito alla vita e all'intelligenza umana di manifestarsi. Sarebbe occorsa non soltanto la Creazione ma addirittura la Creazione continua... Tutto porta dunque ad ammettere che si realizz piuttosto una situazione del secondo tipo, strutturalmente stabile: una volta costituitasi la terra nelle condizioni climatiche e chimiche dell'epoca, vita e pensiero dovevano necessariamente nascere anche in presenza di piccole perturbazioni dell'ambiente. Far nascere il descrivibile dall'indescrivibile appunto il programma definito dallo slogan: l'ordine attraverso il rumore. Il movimento che vi si appella, creato una trentina d'anni fa da von Foerster, ha conosciuto sotto vesti differenti un notevole e persistente successo presso gli scienziati e gli epistemologi dell'Europa occidentale. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di costruire una teoria di quei fenomeni di divergenza dinamica in cui una debole perturbazione delle condizioni iniziali sufficiente a provocare notevoli variazioni negli effetti. Un eccellente testo di Maxwell aveva offerto un quadro sorprendente di simili situazioni, perfettamente compatibili inutile dirlo - con lo schema deterministico.7 In tutti questi casi si alle prese con un punto singolare della dinamica, che conduce a ci che chiamiamo biforcazione (oppure, se la biforcazione tarda a presentarsi, a una catastrofe). Ebbene, il gioco intellettuale dei teorici dell'ordine per fluttuazione (Prigogine e Stengers) consistito nel cancellare mentalmente A paesaggio dinamico globale - fin d'ora deducibile da un esame sufficientemente completo del substrato - a vantaggio della piccola perturbazione scatenante cui segue il crollo della metastabilit del sistema verso un equilibrio di energia inferiore. L'artificio sta nel far credere che l'evoluzione successiva, dagli effetti spettacolari, sia effettivamente creata dalla fluttuazione scatenante; come affermare - per riprendere l'esempio di Maxwell della scintilla che incendia il bosco - che la scintilla a creare la foresta che poi incendier. Ora, questa una situazione generale: un esame sufficientemente completo del substrato permette di prevedere a priori i possibili esiti della biforcazione preesistente alla fluttuazione scatenante. Spetta a quest'ultima il ruolo di innescare il processo e - eventualmente - di determinare con una scelta apparentemente arbitraria fra tutti gli esiti possibili l'ulteriore evoluzione. Ma certo non la crea. Sia pure in forma implicita, Prigogine stesso finisce per riconoscerlo notando che, a distanza dalla biforcazione, la statistica delle fluttuazioni approssimativamente gaussiana (a campana) vicino all'equilibrio, ma cessa di esserlo approssimandosi ai valori di instabilit. Ci che equivale a confessare che la dinamica deterministica soggiacente a modellare la statistica delle fluttuazioni, e non l'inverso. Peculiarit della fluttuazione di essere indescrivibile (solo si pu fare la statistica di un insieme di fluttuazioni); non appena una fluttuazione individuale cresce al punto di assumere dei caratteri polarizzati, orientati - vale a dire nel momento in cui presenta correlazioni di grande portata -, e si rende suscettibile di descrizione, cessa per conseguenza di essere fluttuazione per diventare perturbazione... Perch allora questo discorso sulla fluttuazione iniziale? Cosa si guadagna ad avvolgere lo scheletro del determiniamo in uno strato di grasso statistico?8 Al pi si potr precisare una modificazione locale delle condizioni di apparizione delle soluzioni biforcate, ma ci non coinvolger 9 programma delle fasi - il paesaggio globale delle
7 Il ruolo delle singolarit nella dinamica era gi stato rilevato nel 1880 da Boussinesq, che pensava cos di inaugurare la crisi della scienza: cfr. supra, p. 48. Ma si ascolti Maxwell: In tutti i casi di questo genere [...] c' dunque una circostanza comune: d sistema p>ossiede una quantit di energia potenziale che pu essere trasformata in moto, ma che non pu cominciare ad essere cos trasformata fino a che il sistema non ha raggiunto una certa configurazione, d che richiede un dispendio di lavoro, che in certi casi pu essere infinitesimalmente piccolo, e in generale non commensurabile con l'energia che permette di liberare. Ad esempio il masso che d gelo ha lasciato in equilibrio su di un punto singolare del fianco della montagna, la piccola scintilla che incendia l'intera foresta, la piccola parola che fa scoppiare la guerra mondiale, d piccolo scrupolo che impedisce all'uomo di fare ci che gli pare, la piccola gemmula che ci rende filosofi oppure idioti U. C. Maxwell, Science and Free Will, in L. Campbell e W. Garrett, The Life of James Clark Maxwell, London 1882, cit. in Prigogine e Stengers, La nuova alleanza... cit., p. 76). 8 Parafrasi della formula con cui i fisici inglesi descrivono il metodo BKW: putting some quantum flesh on classical bones.

soluzioni possibili - preesistente al rumore che colpisce il sistema. Perch allora questo fascino del clinamen, della piccola fluttuazione scatenante? Non ci si inganni: il sofismo dell'ordine attraverso il rumore quello stesso del neodarwiniano Monod. Non va beninteso negata l'esistenza di fluttuazioni in un sistema; ma, quando esso sia strutturalmente stabile, l'esistenza delle fluttuazioni non ha effetto dal punto di vista qualitativo e pu essere considerata come insignificante. E' quanto ha scoperto il genetista Kimura: la deriva genetica delle popolazioni neutra, priva d'effetto sul fenotipo della specie. La fluttuazione diviene significativa esclusivamente in seguito alla perdita di stabilit strutturale, ma soltanto nel quadro di una biforcazione preesistente. Non sono in grado di spiegare il fascino del clinamen, della piccola fluttuazione iniziatrice di grandi avvenimenti se non quale preziosismo letterario. Immergere l'evoluzione dei fenomeni in una sorta di vaghezza artistica, immaginare se stessi all'incrocio delle vie e con involontario buffetto precipitare il mondo in un abisso di catastrofi successive... Farsi naso di Cleopatra, o Ercole fra il vizio e la virt: pi e pi volte Michel Serres ci ha trascinati a questi bivi critici dell'evoluzione, ma, sul piano razionale, che cosa ci resta di questi viaggi immaginari se non il piacere provato nel seguirli? L'ordine attraverso il rumore pu nondimeno ammettere un'interpretazione meno imbarazzante. Conosciamo il principio di Curie: ogni simmetria delle cause si ritrova negli effetti; ma principio che si rivela difettoso al cospetto di molteplici fenomeni, specialmente nel campo dell'idrodinamica. Anche qui, per, le rotture di simmetria osservate non sono arbitrarie, talch una teoria sufficientemente sottile non mancher di definire tutti i sottogruppi in cui detta simmetria pu frantumarsi; ancora una volta la situazione non differente da quella di una matita cilindrica posta in verticale sulla punta; la matita cadr nella direzione che imporr un minimo scarto rispetto ai dati iniziali. Si noter d'altra parte che in tal caso si procede da una simmetria maggiore a una minore: si pu dunque legittimamente parlare di creazione di disordine piuttosto che di creazione di ordine. E ci richiama la diffidenza con cui conviene trattare tutti i discorsi fatti sull'ordine, sul disordine, sulla complessit (o sull'ipercomplessit!) dei sistemi; quante affermazioni avventati si preteso di giustificare in base alla termodinamica e al secondo principio... Ci sono innanzitutto coloro che, con un'estrapolazione abusiva - ma un peccato veniale -, hanno applicato il secondo principio della termodinamica all'universo intero, avventurandosi a predire l'ineluttabile morte termica del nostro mondo. Pi grave il caso di quanti hanno giocato sconsideratamente con le nozioni di ordine e di complessit. A ben vedere, infatti, quella di ordine nozione morfologica fondamentale poggiante in ultima analisi sulla descrizione geometrica, spaziale, di un dato cui sempre soggiace un substrato formato di elementi intercambiabili, si tratti di punti geometrici o di eventi elementari equiprobabili. In linea di massima, tuttavia, questo un riferimento mancante nel genere di discorsi fatti da costoro, per il semplice motivo che in tal contesto risulta impossibile; o meglio, nei sistemi a differenti livelli gerarchici di organizzazione, la nozione di ordine relativa a un determinato livello di organizzazione, n potrebbe essere considerata come assoluta. Cos, in un sistema molecolare il disordine perfetto, assoluto alla scala della molecola, pu essere considerato alla scala macroscopica come un ordine perfetto, e ci perch tutti i punti del sistema hanno le stesse propriet osservabili. E' su tale ambivalenza della nozione di ordine che si muove Atlan per giustificare il principio dell'ordine attraverso il rumore; idea giusta, ma la cui fecondit, per spiegare una morfogenesi specifica, pare assai limitata... Tutte le considerazioni sull'aumento ineluttabile del disordine sono gi sospette nei casi dei sistemi chiusi. Infatti la termodinamica non in realt che una termostatica; non fa che affermare l'esistenza di uno stato di equilibrio ultimo del sistema, ma muta sul tempo necessario a raggiungerlo, n sa descrivere le modalit di approccio all'equilibrio. In particolare, un tale sistema pu comportare per lungo tempo delle organizzazioni spaziali e persino presentare variazioni in queste morfologie... Quanto poi ai sistemi aperti, qualora si tratti di sistemi quasi chiusi, anche ad essi si pu estendere l'esistenza dell'equilibrio conosciuto per quelli chiusi. Entra qui in gioco un semplice teorema matematico (teorema delle funzioni implicite) che permette di costruire ci che Prigogine chiama ramo termodinamico. Al di l di questo, vale a dire sugli stati stazionari che possono presentarsi (le strutture dissipative), la termodinamica non ha pi

niente da dire. Di questi regimi unicamente consentito affermare che dipendono da una modellizzazione specifica, da una conoscenza particolare che permette di darne una descrizione come sistema differenziale. Sistema che, una volta ottenuto, pu essere studiato sia quantitativamente che qualitativamente; si cercheranno gli attrattori del sistema e si determiner se su di essi la dinamica mostra sensibilit alle condizioni iniziali che distruggono la descrivibilit linguistica e ne fanno dei sistemi (Ms). La corrispondenza fra la struttura interna dell'attrattore e la struttura spaziale del regime corrispondente non semplice; in idrodinamica, segnatamente nello studio della turbolenza, questa relazione controversa. 9 In un certo senso, e nella misura in cui ogni sistema fisico pu essere modellato da un attrattore strutturalmente stabile (in senso debole) di una dinamica, ogni sistema estrinsecamente ordinato quanto intrinsecamente caotico. Infatti ogni sistema osservabile si distingue per definizione dal resto dell'universo; ne separato da una interfaccia, da una paratia pi o meno concreta, ed questo a renderlo ordinato; il solo problema effettivo di comprendere il rapporto fra la paratia esterna e il caos interno. Soltanto uno studio attento della biforcazione di detti attrattori strani - secondo la terminologia moderna10 - permetter di vedervi pi chiaro; tutto A resto letteratura e - temo cattiva letteratura. Se ultimamente nel campo della stabilit dei regimi sono state avanzate alcune idee nuove, ci non si dovuto agli studiosi di termodinamica, i quali continuano a giocare con gli algoritmi tradizionali (da Carnot e Clausius a Boltzmann e Gibbs), ma ai matematici, che hanno introdotto due concetti essenziali: per un verso, ci si resi conto che un sistema dinamico classico (hamiltoniano) non necessariamente ergodico bens stabilmente compatibile con una certa misura di conservazione delle forme geometriche (linguisticamente descrivibili);11 per altro verso, i recenti progressi in dinamica qualitativa (la scuola di Smale negli Stati Uniti e quella di Sinai in Unione Sovietica) hanno in larga parte chiarito i rapporti fra schemi deterministici e descrizioni probabilistiche; intorno a ogni attrattore in generale possibile definire delle termodinamiche locali atte a descrivere le propriet stabili e intrinseche dei suddetti regimi. Gli apporti dei matematici dovrebbero poter aggiungere elementi di risposta al problema posto dalla patente contraddizione fra la permanenza della descrizione linguistica del nostro mondo e il degrado verso la vaghezza statistica prevista dal secondo principio. Da questo punto di vista, la nozione di fase della materia resta ancora estremamente misteriosa; dopo tutto, se un oggetto solido permanente e pu essere oggetto di una descrizione (LN), la sua organizzazione molecolare d prova di una certa stabilit e ci porta alla persistenza del suo bordo, della paratia interposta fra esso e il mondo esterno... Chi volesse mettere in imbarazzo un biologo molecolare, potr chiedergli qual la fase (solida, liquida, colloidale, gelatinosa) del citoplasma di una cellula vivente... Non c' dubbio - almeno ai miei occhi - che la teoria delle transizioni di fase ancora lungi da quell'approdo definitivo cui, secondo taluni teorici della meccanica statistica, sarebbe pervenuta.12 Ma ritorniamo al nostro argomento, all'opposizione caso/determinismo. Il caso - lo abbiamo veduto - un concetto affatto negativo, vuoto, e dunque spoglio d'interesse scientifico; il determinismo invece un oggetto di affascinante ricchezza per quanti sappiano esaminarlo. Alquanto sbrigativamente nella Nuova alleanza s' ritenuto di dover danzare sopra le spoglie del determinismo laplaceiano. Ci sono, nella nostra rappresentazione matematica del determiniamo, due ingredienti che conviene meglio separare: il campo dei vettori (X), la cui integrazione dar le traiettorie possibili del movimento, e lo spazio di fase M sul quale definito il campo (X). Prigogine e Stengers attaccano la nozione di traiettoria, ritenendola superata... Gi la meccanica classica non si accontentava dell'usuale spazio tridimensionale per definire il movimento; dopo
9 Alludo qui all'interpretazione della turbolenza idrodinamica proposta da D. Ruelle e F. Takens, che presenta qualche problema qualora venga confrontata con la morfologia empirica delle isole turbolente in una zona laminare. 10 Sugli attrattori strani e la propriet di sensibilit alle condizioni iniziali si veda l'articolo di. Ruelle, Les actracteurs tranges, in La Recherche,febbraio 1980,n. 108. 11 I lavori di Kolmogorov, Arnol'd e Moser sul problema ristretto dei tre corpi hanno dimostrato che, contrariamente alle opinioni assai diffuse tra i fisici, un sistema hamiltoniano generico non necessariamente ergodico; dato che l'algoritmo essenziale di Gibbs basato sull'ergodicit locale della dinamica dei sistemi di particelle (gas), chiaro che lo si dovrebbe applicare con una certa circospezione. 12 Il riferimento alla teoria dei fenomeni critici, fondata sul gruppo di rinormalizzazione (teoria di Kenneth Wilson). Pi generalmente, tutti i modelli della meccanica statistica detti esatti (per esempio d gas in rete) soffrono di evidente irrealismo.

Galileo e Newton si reso necessario uno spazio dimensionale doppio (perci a sei dimensioni, con i momenti cinetici associati), luogo in cui la teoria dinamica definir le traiettorie. Per instaurare il determiniamo classico s' dunque manifestato il bisogno di aumentare la dimensione dello spazio con l'introduzione di nuove variabili inizialmente nascoste (i momenti, o velocit). Ecco un meccanismo assolutamente generale: quando un fenomeno apparentemente indeterminato, si pu tentare di far rientrare in gioco il determinismo moltiplicando lo spazio dato U per uno spazio (interno) S di variabili nascoste; si considerer il fenomeno iniziale in U come proiezione di un sistema deterministico nel prodotto U x S. La statistica, da questo punto di vista, null'altro che un'ermeneutica deterministica tendente a reinstaurare il determiniamo laddove pare cadere in fallo; allo spazio iniziale M stato sostituito uno spazio M' pi grande entro cui tuttavia si conserva lo schema deterministico (M, X) perch non si pu fare altrimenti. 13 E in questo spazio si avr nuovamente un'azione del tempo che d origine a delle traiettorie.... Ma gli adepti della scuola di Bruxelles evitano di scrivere equazioni differenziali ordinarie o equazioni alle derivate parziali con il pretesto che la nozione di traiettoria superata... Per contro, l'introduzione di spazi di parametri nascosti solleva evidentemente degli altri e non facili problemi poich chiaro che occorre sforzarsi di mettere in evidenza il modello minimale reinstaurando il determinismo. In tale ottica la distinzione pi sopra enunciata fra sistemi controllabili (Mc) e sistemi statistici (Ms ) grossolanamente semplificatrice. I sistemi (Mc) e (Ms) sono i poli di uno spettro quasi continuo di situazioni intermedie. Il determinismo ha, in linea di massima, una struttura stratificata (secondo le scale del tempo), una dinamica rapida in un prodotto U x S si proietta approssimativamente su una dinamica lenta in U; si potr allora considerare quest'ultima come fondamentale (il segnale), perturbata da un rumore proveniente dalla proiezione U x S U. La distinzione segnale/rumore dunque sostanzialmente soggettiva e si chiamer rumore questa componente troppo piccola per intaccare sensibilmente l'evoluzione qualitativa del fenomeno, e la cui effettiva elucidazione darebbe adito a studi di minuzia tale da metterne in dubbio i benefici eventuali. Ancora, si potranno anche tentare ipotesi generiche su quel rumore, generalizzando le ipotesi gaussiane che normalmente si fanno... E' che nella scienza il determiniamo non un dato, una conquista. Perci gli zelatori del caso sono gli apostoli della diserzione. Dopo la critica di tante opere di epistemologia popolare, si pone una questione di natura sociologica: da dove viene la fioritura di un genere relativamente nuovo che coltiva cos ostensibilmente l'approssimazione e la vaghezza artistica? Perch, in Francia, la razza dei veri epistemologi, dei Poincar, dei Duhem, dei Meyerson, dei Cavaills, dei Koyr pare estinta? Perch la filosofia scientifica francese non ha prodotto - al pari di quella anglosassone - un Popper o, pi di recente, un Kuhn? E forse per il carattere fondamentalmente soggettivistico e ascientifico di una tradizione universitaria improntata a Husserl e a Heidegger? O dipende dall'atmosfera politico-moralizzatrice che troppo spesso vi regna sovrana?14 Il Ci si chiede allora chi ne sia il responsabile; forse un Bachelard dal sorriso bonario sarebbe all'origine della deviazione letteraria dell'epistemologia? Confesso di avere minori riserve nei riguardi di questo tipo di produzione, che meno si gloria di dire cosa dev'essere la scienza per trarre piuttosto dalle metafore scientifiche una risonanza specificamente letteraria, per il piacere di tutti; nei riguardi di quegli autori che, per lo meno, non parlano ex cathedra, dall'alto della loro reputazione scientifica. L'ultimo rampollo della stirpe, Michel Serres, trasforma nel Parasite la visione cosmica del parassitismo in un vasto affresco morale. Avrei potuto completare cos il mio titolo: Basta con il caso, taccia il rumore, morte al parassita. Ma non ho voluto scrivere un articolo sull'utopia.

Cos, in presenza di un sistema deterministico classico (M,X), sar talvolta necessario sostituire ad esso un modello detto stocastico basato su una distribuzione di probabilit m(x) la cui evoluzione sar retta dall'equazione di Fokker-Planck associata m/t = X (M) con X derivata di Lie. In tal modo altro non s' fatto che cambiare di spazio, sostituendo alla variet M iniziale lo spazio C (M) delle funzioni reali lisce su M. 14 Si pensi, oltre alla tradizione dell'idealismo cristiano, assai viva in Francia, agli esponenti del pensiero marxista; contrariamente ai loro omologhi della scuola di Francoforte, l'elaborazione dei marxisti francesi stata troppo spesso resa sterile dal dogmatismo politico.
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IN GUISA DI CONCLUSIONE Di Ren Thom Le risposte varie, numerose e, nell'insieme, critiche provocate dal mio articolo, mi hanno suggerito questi commenti, raggruppati attorno a tre grandi temi, e una conclusione sui motivi della resistenza al determiniamo. Del vago nei concetti, ovvero deontologia della volgarizzazione I concetti inerenti alla nostra problematico (determiniamo, caso, aleatorio, disordine, complessit, informazione ... ) hanno tutti un carattere in comune: acquistano un significato preciso unicamente nell'ambito di un formalismo (matematico) esplicito. Non potendo collegare questi concetti al quadro formale che h precisa, si condannati a discorsi certo non necessariamente sprovvisti di senso, ma talmente vaghi e ambigui da cadere quasi immancabilmente nel mero verbalismo. E' vero che l'epistemologia - e in ci d ragione a Edgar Morin - non pu confinarsi all'interno della scientificit. Se si vuole che il sapere scientifico rappresenti qualcosa di pi che il patrimonio di un'lite - d'altra parte separata in specializzazioni che si ignorano o si invidiano reciprocamente -, necessario far condividere il significato di concetti essenziali nella scienza al maggior numero di lettori di buona volont mediante un'appropriata volgarizzazione. Ma per far ci indispensabile partire dal quadro della scientificit stretta, offrire dei concetti scientifici una visione pi agile e tale da permettere al pi vasto uditorio possibile di afferrarne i tratti essenziali, servendosi di abusi linguistici accuratamente e onestamente scelti. Non impresa facile, lo riconosco, in particolar modo se tali concetti gi esistono in forma intuitiva sotto le specie di vocaboli della lingua quotidiana. Mi sembra imperativo, in ogni caso, che l'epistemologia prenda atto del senso formale del concetto; ci che mi stato obiettato sembra indicare che molti dei miei contraddittori non soddisfano questa esigenza. Per parte mia, mi felicito di aver appreso cos' il determiniamo nella teoria dei sistemi dinamici e non nella prosa di Edgar Morin, n ho dovuto attendere di leggere Ilya Prigogine per sapere cos' una biforcazione... Quanti saggisti dissertano fino alla nausea sull'entropia e sul secondo principio senza sapere cosa siano una forma differenziale esatta o un fattore integrante... Da uno scienziato di professione che si rivolga al grande pubblico si in diritto di esigere che rispetti il senso dei concetti scientifici cos come si esprimono nella lingua naturale; ma si pu essere pi indulgenti verso un autore che parli a proposito della scienza da un punto di vista esterno ad essa. Voglio credere che Edgar Morin non ignori di quale delle due categorie egli faccia parte. Per me la risposta non lascia adito a dubbi. E d'altronde sono meno infastidito dal contenuto delle opere di Morin che dal suo stile fiorito di iperboli, di discorsi senza capo n coda, di neologismi e di giochi di parole. Ho scritto in un'altra occasione e non lo rinnego: Tutto ci che rigoroso insignificante. Ma non ne consegue, purtroppo, che tutto ci che frastornante abbia senso... Dei metodi statistici nella scienza Una banalit: per il fatto stesso di puntare alla costituzione di un sapere comune la scienza deterministica. Lo si voglia o meno, proprio perch tende a suscitare in tutti gli osservatori la medesima reazione mentale di fronte a un medesimo dato scientifico fatto o teoria - la scienza un'impresa dogmatica. Ogni modello deterministico in quanto vuole dirci qualche cosa, specificare e determinare in qualche modo la nostra conoscenza. Se parliamo di modelli stocastici in opposizione ai modelli deterministici classici perch ci imbattiamo di frequente nella seguente situazione: per stabilire i parametri degli stati di un sistema, si fa uso di uno spazio (detto di fase) M; si sa allora che cos' un modello deterministico classico su M, il quale

permette, almeno teoricamente, la previsione. Ma spesso i fenomeni rifiutano di lasciarsi rappresentare da un simile formalismo differenziale, sicch si portati a sostituire allo spazio M uno spazio M' pi grande: il prodotto P = M x Y di M per uno spazio Y di parametri nascosti, oppure lo spazio C (M) delle distribuzioni di probabilit su M. Cos facendo si indebolisce l'algoritmo di descrizione spaziale precisamente in vasta di ristabilire lo stretto determinismo dell'evoluzione temporale. Si ottiene dunque una descrizione statistica dei fenomeni su M opposta alla descrizione classica, laplaceiana. Beninteso - e non faccio altro che seguire PierreSimon de Laplace - una descrizione statistica preferibile a nessuna descrizione. Ci non toglie che si tratti comunque di una soluzione di fortuna; in questo senso i cantori dell'indeterminismo statistico mi fanno pensare a quei generali sconfitti che dissimulano rapide ritirate dietro comunicati trionfanti. Vuol forse dire che i metodi statistici non hanno posto nella scienza? No davvero; ma, a parer mio, la statistica fondamentalmente un'ermeneutica deterministica, il cui obiettivo , data una miriade di punti (una distribuzione di probabilit) in uno spazio M, di generare quella miriade per mezzo del pi semplice meccanismo deterministico agente su di uno spazio prodotto M x Y, ove Y sia uno spazio di parametri nascosti. Ammetto di buon grado come mia personale quest'interpretazione, dato che la statistica classica mira soprattutto a generare la miriade della quale parliamo con distribuzioni standard (di tipo Gauss o Poisson). E infatti necessaria una certa cultura matematica per comprendere come l'estensione da M a C (M) sia da un punto di vista ontologico infinitamente pi complessa dell'estensione M M x Y definita dal prodotto di M per uno spazio di dimensione finita Y comportante un numero finito di parametri nascosti. E in effetti la proiezione C (M) M possiede una fibra di dimensione infinita (l'ideale massimale di tutte le funzioni che si annullano in un punto m di M). Ecco perch i fisici, aborrendo i parametri nascosti e viceversa andando pazzi per i metodi probabilistici, danno prova di una qualche incoerenza. Per risultare utile, il passaggio da M a C (M) (ad esempio lo spazio delle funzioni L su M) deve completarsi con procedure le quali permettano di riportare i piedi per terra: dallo spazio funzionale C (M) di dimensione infinita verso un modello di dimensione finita. Gli strumenti matematici artefici del ritorno al finito (integrazione sugli spazi funzionali, metodi variazionali, teoria spettrale nel formalismo hilbertiano) permettono allora di estrarre in numero finito quei soli parametri pertinenti allo studio di un modello locale. Qui risiede tutto il problema dell'interpretazione statistica: veramente necessario passare attraverso lo spazio funzionale per ottenere quei modelli locali? In ogni caso l'introduzione di parametri inizialmente non definiti e giustificati dal formalismo che li mette in gioco una tecnica costante della fisica: si pensi ad esempio al parametro d'ordine di una transizione di fase; nella meccanica quantistica possibile guardare alla fase (il carattere complesso della funzione d'onda) come a un parametro nascosto che rompe la simmetria dell'osservazione di una stessa particella da parte di osservatori diversi; l'eliminazione di questo parametro (il passaggio dallo spazio di Hilbert a uno spazio proiettivo, lo spazio dei raggi) ripristina l'intersoggettivit. In questo sono platonico: noi null'altro vediamo che l'ombra delle cose, dobbiamo andare al di l del muro della caverna... Immaginare dunque una realt di quello spazio al di l proiettato sulla fenomenologia osservata... Sostituire un visibile complesso con dell'invisibile semplice: Perrin pensava agli atomi, ma bisogna altres pensare agli enti matematici semplici generanti un dato empirico complesso... L'allusione agli atomi mi porta direttamente all'obiezione rivoltami da Prigogine: l'equazione deterministica classica potrebbe essere solamente un'approssimazione di una situazione molecolare fluttuante, pi correttamente descritta in termini statistici. Si entra qui nella problematica del rapporto fra meccanica statistica e termodinamica. E' inquietante constatare che, oltre un secolo dopo Boltzmann, non si sia ancora in grado di render conto in termini di modelli molecolari delle grandi equazioni evolutivi quali l'equazione di Fourier per il calore, l'equazione di Riemann per la propagazione del suono o l'equazione di Navier-Stokes per il movimento di un fluido. Peggio ancora! Ci si pu chiedere se esista effettivamente una definizione molecolare della temperatura, la quale conosciuta unicamente in equilibrio termodinamico, cio praticamente mai. E' come dire che l'articolazione di una dinamica di fluttuazioni molecolari sulla dinamica deterministica globale da tali equazioni definita si ottiene mediante ipotesi ad hoc di tipo gaussiano o gibbsiano, la cui validit ben lungi dall'essere a

priori evidente. Che questo porti con s una patologia delle biforcazioni osservate in funzione di pressione e temperatura in presenza di fenomeni critici, posso convenirne. 15 Ci si pu tuttavia chiedere se la nozione stessa di equazione di stato per un fluido reale sia legittima. Non ignoro che il problema del raccordo fra modelli molecolari e termodinamica globale alimenta una florida industria per i colleghi teorici della meccanica statistica ma sussiste pur sempre una discrepanza fra descrizioni molecolari e concettualizzazione termodinamica, un crepaccio spalancato la cui irreversibilit termodinamica, emergendo misteriosamente da una dinamica molecolare reversibile, manifesta indubbiamente uno degli aspetti pi spettacolari. Dire se un processo isolato determinato o aleatorio non ha senso se non quando esso viene descritto in un formalismo ove la causalit possa venir completamente esplicitata - A caso, ad esempio, delle successioni aleatorie di numeri interi prese in esame dalla teoria di KolmogorovChaitin, cui fanno riferimento Morin, Prigogine e Atlan . L'evoluzione, processo isolato e non riproducibile, ben lontana dall'ammettere una simile descrizione. Quanto sostenere che le affermazioni l'evoluzione determinata, oppure l'evoluzione aleatoria si risolvono entrambe in giudizi eminentemente speculativi. Su questo punto accetto le osservazioni di Edgar Morin, pur confermando che la mia opzione per il determiniamo , pi di quella opposta, conforme all'ideale scientifico. Ed probabilmente anche esatto - come mi rimprovera Danchin che io abbia intentato un ingiustificato processo a Monod accusandolo di essere un profeta del caso. Senza dubbio Monod avrebbe accettato il fatto che i meccanismi responsabili delle mutazioni sono retti da un vero e proprio determiniamo, essendo per lui importante che tale determiniamo fosse rigorosamente svincolato16 dai fattori del metabolismo globale dovuti all'ambiente (esorcizzare il lamarckismo). Ma non vedo la necessit di forgiare quell'ossimoro che la causalit contingente, la quale secondo me differisce dalla causalit pura e semplice unicamente per l'interesse antropocentrico da noi attribuito alle vicissitudini di un sottosistema estratto dal sistema globale (l'uomo colpito dal camino precipitato da un tetto). Il testo di Antoine Danchin presenta un carattere incantatorio che richiama il libro di Jacques Monod .17 Quando capir Danchin che non esiste e che non pu esistere un metodo sperimentale?18 E' una fortuna che Claude Bernard non sempre abbia seguito i buoni precetti della sua stessa filosofia. La pi bella scoperta di Bernard, la costanza dell'ambiente interno, poteva essere altro che un'intuizione olistica (proiezione mentale dell'unit organica nello spazio delle composizioni dell' ambiente interno)? Quando Danchin mi accusa di olismo, come riesce a spiegarsi che io preconizzi lo schema delle catastrofi elementari, cio uno schema locale? La descrizione di questi schemi fornita da Danchin testimonia d'altronde una vera e propria incomprensione sul piano matematico: un'equazione alle derivate parziali, quando conduca a un problema ben posto, definisce un flusso - un sistema differenziale - su uno spazio funzionale; i modelli catastrofici, indipendenti dalla dimensione dello spazio degli stati, sono altrettanto validi sugli spazi funzionali; e la diffusione pu venire incorporata in questi modelli senza dare luogo ad alcun inconveniente... Sul darwinismo ci sarebbe molto da dire, e anzi potrebbe costituire l'argomento di un altro dibattito. In parole povere la mia obiezione alla visione darwiniana consiste nel fatto che essa Localizza l'attenzione sui meccanismi di variazione del genoma - i quali, secondo Kimura, sono o insignificanti o abortivi - a detrimento di una valutazione dell'adattabilit (fitness) dell'organismo, di una stima delle costrizioni globali attive sulle variazioni globali possibili di una specie in un determinato ambiente. In definitiva solamente questa adattabilit a dirigere il corso dell'ulteriore evoluzione. Il problema della valutazione delle costrizioni globali in atto sulla regolazione degli organismi (che porta alla problematico del piano generale dell'organismo, il Bauplan della Naturphilosophie) la macchia cieca della biologia contemporanea, che non
15 Il carattere particolare di queste biforcazioni non giustificherebbe in alcun modo una estensione fisica del termine, il cui senso matematico, perfettamente preciso, consacrato dall'uso. Evidentemente, se si cominciano a far fluttuare i termini della parte principale di un'equazione alle derivate parziali (come accade nella teoria della rinormalizzazione alla Wilson), non c' da stupirsi se il diagramma di biforcazione si trovi ad esserne inficiato... Tutto diviene allora possibile. Va bene che si mischino le carte da gioco in modo casuale, ma intervenire a gioco in corso cambiando alcune carte una pratica da illusionista. 16 Pi esattamente: accoppiato in maniera non teleologica. 17 Cfr. J. Monod, Il Caso e la Necessit. Saggio sulla filosofia naturale della Biologia contemporanea, trad. it. Milano 1976 8. 18 Salvo forse l'esplorazione sistematica e il fai da te, che sono i metodi del 95 per cento della scienza contemporanea.

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vede n pi in grande n pi lontano della molecola. Solo lavori recenti - tali quelli di S. J. Gould - cominciano ad adombrare un certo interesse per questo problema fondamentale. Qualora si tentino di analizzare le ragioni di una tale reticenza nei confronti del determinismo, si possono - credo - richiamare due motivi principali. 1) Vi sono innanzitutto coloro i quali vogliono salvaguardare il libero arbitrio degli uomini. E' una motivazione assolutamente rispettabile; personalmente questo conflitto non mi coinvolge troppo poich, da un lato, so che esistono forme estremamente complesse di determiniamo le cui manifestazioni si approssimano assai da vicino alla spontaneit del vivente; e poi, dall'altro lato , perch non credere che possiamo interiorizzare mentalmente una buona parte del determiniamo che ci guida, nel senso che questo determiniamo siamo noi stessi? In ogni modo la pura alea, oltre a essere impensabile, anche incompatibile con l'esigenza di una responsabilit morale di fronte agli atti che abbiamo liberamente compiuto. 2) C' poi il gruppo di quanti si sentono oppressi dalla montata incessante delle tecnologie, dalla collusione fra scienza e potere. Ad essi risponder che tentare di opporsi alla potenza dei tecnocrati facendo leva sul carattere irriducibile di un caso che minerebbe subdolamente tutte le nostre tecniche e le nostre pratiche appare una ben povera tattica. In effetti chi sta vicino al potere non tanto lo scienziato quanto l'esperto. Non serve una grande cultura scientifica per comprendere come le nostre attuali conoscenze dei meccanismi globali della fisiologia umana siano ridicolmente rudimentali; basta consultare un trattato sulla resistenza dei materiali per convincersi che le basi teoriche della corrosione e dell' invecchiamento delle strutture sono spaventosamente carenti. Un individuo che nutrisse qualche scrupolo di rigore teorico eviterebbe di consultare un medico o di salire a bordo di un Concorde. Insomma, A potere effettivo degli esperti si basa pi sull'esistenza che sull'assenza del rischio o dell'aleatorio. Ogni progresso teorico che elimini o faccia diminuire quest'aura di rischio aleatorio porta naturalmente a restringere il potere degli esperti, poich il dominio di competenza della valutazione individuale si trova ad essere ridotto di altrettanto. Il determiniamo, quando sia scientifico, accessibile cio a tutti e teoricamente comprensibile da parte di ciascuno, si fa allora strumento di liberazione. Nel suo testo, peraltro ammirevolmente sereno, Henri Atlan solleva un interessante problema: secondo lui la scienza dovrebbe mantenere intatte le proprie possibilit di accogliere una innovazione radicale, cosa incompatibile, evidentemente, con l'uso di un formalismo scientifico o addirittura di un linguaggio nel senso pi generale del termine. A ci risponder che non nell'ottica di una costruzione teorica prevedere la sua propria distruzione. Seppure talvolta - di rado - si producano simili ribaltamenti, la scienza li subisce come catastrofi... Ma non il caso di teorizzarli a priori... Un'ultima annotazione: non riesco a non provare fastidio dinanzi a tutti i discorsi di recente propinatici dagli organi di informazione sulla nuova scienza,19 sulle metamorfosi della scienza... La scienza possiede il suo complesso militar-industriale, ossia le grandi attrezzature sperimentali che le conferiscono una considerevole inerzia sociologica. In tali condizioni, mi sembra assolutamente da escludere che negli anni a venire la scienza possa deviare in una direzione pi teorica e meno sperimentale (a meno che, evidentemente, non si presenti una grave crisi della nostra civilt). Di contro la filosofia - la cui sola inerzia di ordine intellettuale sembra pi permeabile alle innovazioni dello Zeitgeist. Non dunque impossibile restituire a taluni filosofi e, perch no, anche ad alcuni scienziati il gusto della speculazione in connessione con i dati della scienza, ridando vita cos a una sorta di filosofia naturale. A questo solo dovrebbe limitarsi la nostra ambizione, anzich progettare una nuova scienza che non tarderebbe a raggiungere la nouvelle cuisine, la nuova filosofia , la nuova Destra ... nella fossa comune delle novit senza domani.

POSTFAZIONE AL DIBATTITO SUL DETERMINISMO


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Les mtamorphoses de la science e Le grand espoir de la science, in Le Figaro, marted 6 gennaio 1981.

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Di Ren Thom Sono trascorsi sei anni dalla pubblicazione dell'articolo Basta con il caso, taccia il rumore e dal dibattito che ne seguito. La mia convinzione rimasta invariata ma, in seguito alla controversia e soprattutto al recente articolo di Stefan Amsterdamski e agli elementi relativamente nuovi da lui apportati sulla questione, ho preso coscienza di talune dimensioni del problema del determinismo che all'inizio mi erano sfuggite. Tali elementi nuovi meritano di essere inseriti nel dibattito anche se, per mere ragioni di tempo non potranno venire eventualmente confutati in questa sede. Il problema del determiniamo presenta un aspetto eminentemente teorico e per ci stesso un tantino artificiale. Sul piano della vita quotidiana nessuno pu negare che esista fra passato e futuro una divario irriducibile il passato, irreversibilmente fissato, si contrappone a un futuro, se non contingente, almeno malleabile e in una certa misura modificabile dall'effetto dei nostri atti. Qualche tempo fa ho udito Edgar Morin affermare recisamente che il nostro mondo un insieme di ordine e di disordine, un ibrido di Caos e di Cosmo. Dal punto di vista dell'esperienza comune non si pu che dargli ragione. L'intervento umano sostiene nelle cose un ruolo che non si potrebbe passare sotto silenzio. Ma se possiamo agire efficacemente sull'avvenire perch l'universo non un Caos e perch possiamo aver fiducia nella regolarit di taluni processi naturali. Cos la libert umana, che a priori d scacco al determiniamo, poggia su di esso per agire, per forgiare intenzioni e determinare progetti. Tale paradosso - credo - al centro della questione del determinismo scientifico. Per dimostrarlo conviene ritornare all'antica legge dei tre stati di Comte: vediamo come la questione del determiniamo si presenta sotto questa luce. Stato teologico Si tratta di sapere se l'evoluzione del mondo sia stata prescritta da Dio in tutti i particolari, anche i pi infimi, gi dall'inizio della creazione o se, al contrario, nel quadro delle costrizioni che egli stesso si sarebbe posto, Dio possa intervenire liberamente nel corso delle cose mediante l'esercizio della sua libera volont... Ritroviamo cos la problematico del miracolo e forse anche taluni aspetti dell'alternativa Dio immanente/Dio trascendente dei teologi. Stato metafisico L'esigenza del determiniamo si esprime nel principio di ragion sufficiente: nulla accade senza una causa. O anche: deve potersi trovare una ragione all'esistenza o alla comparsa di ogni fenomeno. In entrambi i casi l'affermazione del determiniamo non offre un grande interesse per la scienza propriamente detta; tutt'al pi si ammetter che il principio di ragion sufficiente esprime un'esigenza dello spirito: Il mondo deve essere intelligibile. In ci, beninteso, fa causa comune con un'esigenza profonda - se non permanente - della scientificit. Collegare un fenomeno alla/e sua/e causa/e implica evidentemente un procedimento scientifico essenziale di interesse teorico quanto pragmatico: per dar vita a un fenomeno o sopprimerlo bisogna conoscerne le cause. Purtroppo l'analisi causale di un fenomeno cosa delicata e non pu costituire l'oggetto di alcun metodo aprioristico.20 Di conseguenza il principio di ragion sufficiente presenta di per se stesso un interesse limitato per la scienza. Stato scientifico positivo In ambito scientifico il determiniamo pu rivestire svariati aspetti pi o meno rigorosi. Si potrebbe forse adottare la seguente definizione: il determiniamo esprime la possibilit di prevedere l'evoluzione locale in un punto a del mondo al momento t se si conosce l'evoluzione del
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R. Thom, La mthode exprimentale: un mythe des pistmologues(et des savants?), in Le Dbat, marzo l985, n.34, pp.

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mondo nel momento t - in un intorno We sufficientemente grande di a. E' qui questione del determinismo locale (il solo che, a parer mio, abbia un'effettiva portata), qualora si aggiunga che l'intorno W, tende verso a quando tende a zero. Tale definizione, a essere precisi, esige anche che si possa definire lo stato locale in un punto (a, t) dell'universo. Se si localizza la definizione precedente, si ritrova la classica definizione del determiniamo laplaceiano: a un sistema S isolato corrisponde uno spazio di fase M (una variet differenziabile dotata di un campo di vettori X la cui integrazione fornisce una legge di evoluzione temporale h,): la traiettoria originata in un punto iniziale m0 all'istante iniziale t = 0 definita dal punto m, = b,(mo). Come afferma Amsterdamski nel suo articolo, si pu indubitabilmente accettare il determiniamo locale di un sistema isolato (S) senza per questo dover ammettere il determiniamo globale (teologico-metafisico) dell'universo. Un'indeterminazione del processo di (S) si trova allora riportata a un'indeterminazione delle condizioni iniziali. Evidenziando quella che si potrebbe qualificare come una stratificazione del determiniamo, tale osservazione (che in se stessa non apporta prove n in favore n contro il determiniamo) richiede di essere commentata. Osserviamo innanzitutto che accettando di attribuire una qualche validit universale al paradigma laplaceiano (M, X), e ponendo al modello ipotesi appropriate (M compatto, X campo di vettori lisci su M), qualsiasi traiettoria si estende da t = - a t = + ; non si hanno pi condizioni iniziali, il sistema esiste dall'eternit e si protrarr per l'eternit. Se il sistema ha un inizio, ci significa che, a un istante t' anteriore all'istante iniziale t0, esso non esisteva. Un intervento esterno (per lo pi umano e sperimentale) ha preparato il sistema nell'istante to e l'ha posto nella condizione iniziale Mo. si ha dunque, al punto di partenza, una rottura (catastrofica?) di causalit: l'attacco delle condizioni iniziali procede da un tipo di causalit diverso dalla successiva evoluzione differenziale (spesso qualificata come autonoma). L'antica teoria della causalit aristotelica rendeva conto di questa situazione meglio del pensiero psicanalitico moderno. In un suo recente lavoro21 il teorico della biologia Robert Rosen assimila giustamente la legge differenziale di evoluzione alla causalit formale, la preparazione delle condizioni iniziali alla causalit materiale. E' un fatto che si possa molto pi facilmente spostare un corpo solido nello spazio che crearlo ex nihilo - a partire dal nulla. Questa discontinuit originaria altro non , dopo tutto, che una forma di isolamento - non solo spaziale ma anche causale e temporale - del sistema (S) studiato (basti pensare all'imbarazzo in cui si trova il pensiero scientifico contemporaneo quando si trova confrontato con la domanda Cosa c'era prima del Big Bang? , per capire che nessun paradigma tollera di prevedere la fine della propria esistenza ... ). Da tali osservazioni si pu concludere che il paradigma laplaceiano implica necessariamente due componenti indispensabili affinch il determiniamo abbia una portata epistemica effettiva: a. una rottura iniziale di causalit che permetta di preparare il sistema (S) in un certo insieme di condizioni iniziali; b. la definizione di un insieme () di evoluzioni virtuali. Il determinismo consiste allora nel fornire criteri che permettano di estrarre da ( ) un sottoinsieme () di evoluzioni reali biunivocamente identificabili, se c' un determiniamo stretto, con l'insieme delle condizioni iniziali. Ritorneremo pi tardi sul primo elemento, le rotture di causalit con il loro ruolo essenziale nella distinzione fra determinismo locale e determiniamo globale. Il secondo elemento, l'insieme () delle evoluzioni virtuali apparso ben prima della scienza quantitativa moderna; esisteva gi nella fisica aristotelica ove ogni entit (ousia) poteva ricevere degli attributi, taluni essenziali, altri accidentali, e l'evoluzione del mondo altro non era se non la nascita o la corruzione degli enti o la variazione di un predicato accidentale (l' alloiosis o cambiamento). Quando Leibniz affermava che il nostro il migliore dei mondi possibili, sceglieva un criterio etico (passibile talvolta di un'interpretazione matematica). I logici contemporanei hanno ritrovato la problematica dei mondi possibili, ma una determinazione esplicita dell'insieme () degli universi possibili solleva - strettamente sul piano del linguaggio - notevoli difficolt: sapere se una sostanza (s) pu ricevere un predicato (p) in un contesto non eccessivamente stravagante di
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R. Rosen, Anticipatory Systems, London 1985.

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competenza del problema generale dell'esistenza di un universo semantico, comune a tutte le lingue del mondo. Si pu comprendere che la scienza non abbia potuto fondarsi su di una base tanto ipotetica: per essere scientifica, la definizione di un immaginario virtuale ( ) deve divenire oggetto di una procedura costruttiva esplicita a partire dalle evoluzioni () realmente osservate. E' l'assenza di una tale definizione a minare - in modo assai serio - la scientificit della teoria darwiniana dell'evoluzione secondo la quale le evoluzioni reali () di una specie animale derivano, attraverso il processo intelligibile dell'adattamento, da un insieme virtuale di evoluzioni per cui non esiste alcuna costruzione possibile, cio gli effetti fenotipici di una mutazione aleatoria dei geni. A questi criteri troppo incerti la scienza ha sostituito costruzioni quantitative fondate sul numero. E' facile capire perch il continuo si sia imposto nella descrizione dell'insieme di condizioni iniziali; se fosse discreto, l'azione del tempo t in questo insieme, qualora fosse essa stessa continua, non potrebbe essere che l'azione identica; non vi sarebbe altro cambiamento che la permanenza... Cos lo spazio uno spazio continuo, come quello euclideo. D'altra parte la scelta della condizione iniziale , in , assolutamente arbitraria; se su di essa gravassero delle costrizioni, esse non proverrebbero dal paradigma bens sarebbero effetti residui della causalit anteriore, che cessano di esistere al momento della rottura della causalit iniziale. Si vede dunque come il carattere perfetto della rottura di causalit iniziale esiga, in un certo qual senso, l'arbitrario perfetto della scelta del dato iniziale. Ora, in un insieme discreto costruito, gli elementi non sono indistinguibili; la scelta arbitraria vi disagevole (domandando a una qualsiasi persona di darvi un numero intero arbitrario, raramente si otterr un numero maggiore di 35 ... ). Nel continuo geometrico puro (in una variet), invece, tutti i punti sono qualitativamente indistinguibili e differiscono solamente nella localizzazione: si tratta qui della nozione matematica di variabile, che esprime l'arbitrario perfetto della scelta. Ci corrisponde a un'impressione soggettiva immediata: il fatto che, nel nostro campo visuale, possiamo dirigere il punto centrale della nostra retina su ogni punto arbitrario del campo. In meccanica il virtuale (I) si ottiene tramite deformazione locale di un'evoluzione reale, come indicato dal principio di Maupertuis; senza la nozione fondamentale di variabile, di deformazione continua, non si saprebbe costruire il virtuale necessario all'espressione del determiniamo. Si giunge cos a una conclusione dall'apparenza paradossale: il determinismo, per avere portata epistemica effettiva, esige il libero arbitrio umano. Un sostenitore del determiniamo integrale potr forse sfuggire a questa aporia facendo ricorso al riduzionismo materialistico (si veda la nota complementare 1). Ma pare indubbio che per costruire l'algebra, stato necessario il monoide libero a k generatori, una costruzione simbolica della libert nella scelta di un numero finito di elementi. In uno spazio metrico (dotato di una distanza fra due punti), non si ha possibilit di distinzione di punti se non quando due punti x, y possono essere sempre trasformati l'uno nell'altro per isometria; allora lo spazio omogeneo, quoziente di un gruppo di Lie. I suddetti spazi hanno appunto un ruolo importante (forse anche essenziale) nella costituzione dei modelli probabilistici costantemente obiettati contro il determiniamo, cosa che ci conduce a discutere la tesi centrale di Stefan Amsterdamski. A suo dire, non sarebbe ragionevole attribuire al determiniamo un'importanza sine qua non in ambito scientifico: una conoscenza nomologica, l'osservazione cio e la registrazione di regolarit osservabili (anche statistiche) basterebbero alla scienza. E' chiaro innanzitutto che l'espressione di una legge del tipo F(xy) = 0 (ad esempio la legge di Mariotte-Boyle pv = RT) una forma particolare (banale) del determiniamo laplaceiano, ove il grafico della corrispondenza gioca il ruolo di insieme delle condizioni iniziali, essendo l'evoluzione temporale l'identit. Si tratta quindi di una relazione precisa fra grandezze osservabili. Ma veniamo ora alle regolarit statistiche; sar per me l'occasione di precisare in qual senso l'uso dei metodi probabilistici sia scientificamente legittimo. Diciamo innanzitutto che lo studio matematico dei processi stocastici - quali percorsi aleatori (random walks), processi markoviani, martingale... - costituisce un campo assolutamente legittimo di indagine scientifica; tali oggetti non fanno che trasferire in un quadro geometrico - o di spazio misurato - il principio della scelta arbitraria gi presente nella nozione di variabile. Il

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loro impiego, anche nella simulazione di processi naturali come il movimento browniano, legittimo purch si verifichino talune condizioni sulle misure di probabilit prese in considerazione nella simulazione. Come ho gi detto, gli spazi utilizzati nella scienza non sono arbitrari; si tratta di spazi dotati di simmetrie, omogenei e in quanto tali caratterizzati da misure invarianti di carattere canonico (come la misura di Lebesgue dx sull'asse Ox). Nella scienza non si danno praticamente casi in cui l'equiprobabilit di due avvenimenti non sia basata su di una simmetria soggiacente (ad esempio l'equiprobabilit della comparsa delle facce nel gioco dei dadi si basa sulla simmetria del cubo). Un determinista non oppone alcuna obiezione riguardo l'impiego delle misure canoniche in quanto sa che esistono numerosi processi deterministici (nel senso laplaceiano) di carattere ergodico e miscelante, generanti queste misure come densit asintotica di quasi tutte le orbite. Di pi, la molteplicit stessa di questi processi deterministici fa s che sia inutile tentare di identificarli fin tanto che si abbia la sola densit di frequenza per unico dato (attraverso uno studio pi attento che implicasse altri dati quali correlazioni, analisi degli approcci dell'equilibrio e cos via, si potrebbe tentare di distinguere il vero meccanismo soggiacente ... ). Che ne a questo punto dei dati statistici osservati empiricamente? Si scarter innanzitutto il caso della meccanica quantistica la quale, per il carattere complesso della funzione d'onda, non rientra nello schema probabilistico classico (si veda la nota complementare 11). Consideriamo l'esempio tipo di una scatola nera, i cui ingressi e uscite sono dei vettori di spazio euclidei, rispettivamente U e Y. Con una serie di prove si forma una successione (u,, y,) di ingressi e uscite associati. Si ottiene cos una nube di punti nello spazio prodotto (U x Y) che si approssimer con una densit asintotica g (u, y). Una volta acquisto questo dato, cosa ne faremo? Qui interviene, secondo il mio parere, l'esigenza di razionalit. La statistica non dovrebbe mai venir considerata come un fine in s bens come la base di partenza di un'ermeneutica mirante a svelare un'ontologia soggiacente ai fenomeni. Innanzitutto tramite l'impiego delle probabilit condizionate come rivelatori di causalit: se la frequenza di apparizione del fenomeno E sar maggiore quando si sia prodotto C piuttosto che in sua assenza, si sar legittimati a sospettare la presenza di un'influenza causale emanante dal fenomeno (C) e propagantesi verso il luogo ove appare E. Si cercher in seguito di determinare la natura della suddetta influenza e il suo modo di propagarsi. Per rendere conto di una densit associata a una scatola nera quale (u, y), ci si sforzer di precisare la natura della relazione fra u e y con un'analisi preliminare del contenuto della scatola nera - eventualmente dopo averla rotta a tale scopo. Formalizzando in maniera verosimile le interazioni fra entit scoperte nell'analisi morfologica della scatola, si potr tentare un accordo con a dato se rimane un rumore di cui non si pu rendere conto, si cercher di interpretare il disturbo quale immagine di una misura probabilistica canonica su uno spazio (H) immerso nel prodotto di U x Y per uno spazio Z di variabili nascoste. Se j tale prolungamento di H in U x Y x Z e p la proiezione canonica U x Y x Z U x Y, si cercher di ottenere che sia la proiezione tramite p della misura canonica su H (le gaussiane sono misure con interpretazioni di questo tipo: proiettando la misura canonica [misura di Liouville] dell'ipersfera di energia costante E = b per un oscillatore armonico su un diametro a N gradi di libert, questa misura tende alla gaussiana per N tendente all'infinito). Come regola generale, si dovrebbe cercare di rappresentare ogni nube di punti come la proiezione di un meccanismo deterministico a tempo discreto dopo averla moltiplicata per uno spazio Z di variabili nascoste. E' vero che quella da me qui descritta non corrisponde alla tendenza attuale; limitandosi a inserire la densit (u, y) nella memoria di un computer ci si incammina a passi da gigante verso una situazione in cui il sapere scientifico diverr il contenuto di una gigantesca memoria da consultare in caso di bisogno. Il solo sforzo teorico (la riduzione dell'arbitrario della descrizione) proverr solamente dal desiderio di abbassare il costo dell'ingombro della meganecropoli del sapere. Accontentarsi di registrare un dato statistico come (u, y) e basta, equivale a far prova di pigrizia intellettuale e di arriviamo pragmatico. Cos prosperano l'indigenza teorica e l'inflazione sperimentale, le due mammelle della scienza moderna. Nella mia insistenza a esigere metodologicamente un'interpretazione deterministica dei dati empirici da vedere innanzitutto una reazione contro questa concezione lassista della scienza (si veda la nota complementare III). Beninteso, questo impegno ermeneutico non facile; l'uso di metodi statistici

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solleva problemi delicati, troppo spesso dimenticati o trascurati. Per esempio, quando si pu sapere che la densit finale (u, y) stata raggiunta e che si possono cessare i tentativi? Pi profondamente, io sono fra quanti credono che Dio non gioca ai dadi; l'idea di una causalit continuamente spezzata ha qualcosa di filosoficamente ripugnante... (si veda la nota complementare IV). Per terminare, Stefan Amsterdamski mi rimprovera di professare una visione settaria del determiniamo. Si potrebbero avere molteplici tipi di determiniamo varianti con la disciplina considerata. Riconosco volentieri il fatto che il determiniamo laplaceiano non tutto e che in particolare non potrebbe identificarsi con la razionalit. Esiste infatti un altro tipo di causalit strettamente di linguaggio, espresso dalla struttura sintattica della frase transitiva SVO (soggetto, verbo, oggetto): la causa efficiente di Aristotele, l'effetto a tergo della collisione o come nella frase: E calore fa fondere il ghiaccio. Non nego di certo che si possa ragionare razionalmente con questo tipo di causalit, a dispetto del fatto che una tale struttura non si lascia rappresentare direttamente dal determiniamo laplaceiano. Ma allora si descrive con una sola frase l'interazione fra due sistemi (soggetto-oggetto) e non il comportamento autonomo di un sistema isolato. La causalit efficiente pu venir rappresentata da una freccia A B, il sistema A agisce sul sistema B. E' una forma assai importante di determiniamo che si trova celata nel paradigma laplaceiano dalla rottura di causalit consistente nella determinazione delle condizioni iniziali. Conosciamo il fondamentale ruolo sostenuto dal formalismo delle frecce come A B, in particolar modo nella formazione dei diagrammi cibernetici dai quali, in biologia, sono descritti numerosi sistemi di regolazione. Io sono di quelli che credono che compito primario della filosofia naturale sia appunto la fusione fra causa efficiente e determiniamo differenziale alla Laplace. Si pu ipotizzare una tale sintesi? Si pu innanzitutto attenuare, nel paradigma laplaceiano la rottura di causalit originaria consistente nella scelta delle condizioni iniziali: tale l'oggetto della teoria del controllo ove distanza che crea e dirige il sistema-oggetto prosegue l'azione sull'oggetto dopo l'istante iniziale. In altri casi, al contrario, si tratter di definire le rotture di causalit come legate a una stratificazione del determiniamo. Taluni modi d'azione (quelli legati alla propagazione radioattiva) sono infinitamente pi rapidi di quelli legati alla collisione materiale o alla diffusione chimica; di qui la possibilit teorica di definire delle rotture di causalit legate a queste differenze di velocit (al modo delle dinamiche vincolate); si potr anche ipotizzare una generazione dinamica globale di catene di rotture di causalit chiamate programmi, cosa che potrebbe introdurre l'aspetto informatica di taluni processi naturali. Beninteso, non voglio nascondere l'aspetto programmatico di queste considerazioni: la teoria del controllo sfocia nella teoria dei giochi (quando si abbiano pi agenti); ora, la teoria dei giochi differenziali allo stato embrionale e la formalizzazione dei conflitti solleva notevoli problemi. Quali che siano le difficolt evidenti di un simile approccio, ritengo che qualsiasi progresso effettivo della scienza dovr confrontarvisi. Penso cos di aver offerto alcune risposte alla questione sollevata da Stefan Amsterdamski a proposito dei rapporti fra determiniamo globale e determiniamo locale. Concludendo, non vi dubbio che la posizione dello scienziato confrontato con il problema del determiniamo di competenza delle grandi opzioni metafisiche chiamate da Gerald Holton22 themata (permanenza / cambiamento, sostanza / attributo, ordine / disordine ... ). L'opzione metafisica del determinismo globale forse di un interesse limitato per la scienza in marcia, ma intellettualmente grave rinunciare al principio di ragion sufficiente e abbandonare la speranza di rendere il mondo intelligibile. In questa ricerca senza fine - la ricerca scientifica - conviene probabilmente fermarsi, annk stnai come diceva Aristotele. Ma tale sosta dovuta allo smarrimento del nostro intelletto e non all'impossibilit essenziale di procedere oltre. Non c' niente da trovare, ecco il miglior modo di uccidere la speranza. I positivisti hanno potuto farci ammettere che la questione heideggeriana Perch c' qualcosa piuttosto che il niente? non aveva alcun senso. Ma allora alla domanda Perch un tale fenomeno si manifesta al punto a piuttosto che al punto b? si potr trovare una giustificazione che non sia pragmatica?
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G. Holton, L'invention scientifique, trad. fr. Paris 1982.

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Note complementari I. Determinismo e libero arbitrio Probabilmente un sostenitore del determiniamo integrale pu nondimeno ammettere la libert umana; pu credere che nei nostri meccanismi cerebrali esista un generatore aleatorio (Random Generator) assolutamente deterministico come quello dei nostri calcolatori. Vi sono difatti numerose situazioni concrete in cui di vitale importanza prendere una rapida decisione anche aleatoria - mentre l'indecisione sarebbe fatale (si pensi al pedone sorpreso dal rosso quando si trova ad aver attraversato solo i due terzi di una strada a intensa circolazione ... ). Questo sistema potrebbe essere determinato da alcuni dati anatomo-fisiologici di cui saremmo totalmente inconsci cos come il generatore aleatorio di molti calcolatori si determina dal suo orologio. II. La meccanica quantistica offre l'esempio di una teoria statistica non probabilistica (per il carattere complesso della funzione d'onda). Da un recente lavoro di Bell si evince che, sullo spazio-tempo euclideo, l'equazione di Schredinger pu ammettere un'interpretazione deterministica a variabili nascoste ma a carattere non locale. Ci suggerisce una stratificazione del determinismo: le particelle potrebbero essere oggetti estesi, non puntuali, la cui forma geometrica sarebbe retta da un determiniamo pi rapido delle loro interazioni (modello delle corde?). III. In una situazione sperimentale l'esigenza del determinismo richiede di trovare un campo operazionale tale che le ulteriori evoluzioni siano univocamente definite dal protocollo di preparazione. t una situazione agli antipodi del fai da te euristico in cui un povero sperimentatore pu crogiolarsi indefinitamente. IV. In talune teorie semiotiche della narrativit (modello di Greimas), l'unit di un racconto legata alla traiettoria di un oggetto privilegiato, l'oggetto di valore che sostiene il ruolo di punto rappresentativo nei modelli dinamici. Questo punto l'oggetto dell'empatia dell'osservatore il quale tende a identificarglisi per immaginarne il comportamento. Quando il punto p salta in modo aleatorio nel suo spazio di fase M ogni secondo, l'empatia dell'osservatore non riesce a fissarsi... In un modello deterministico a tempo continuo il punto rappresentativo pu essere sottomesso a tendenze che l'osservatore pu avvertire mentalmente. Si potrebbe dire che i modelli statistici distruggono la sostanza a vantaggio di un'ipostasi dell'attributo (la variabilit in uno spazio fisso M); un modello pi ragionevole (l'ermeneutica delle variabili nascoste) postula la permanenza della sostanza ma permette un'estensione dello spazio degli attributi. Il conflitto determinismo/caso , a tale riguardo, manifestazione di una preferenza ontologica fra la sostanza e l'attributo. Non c' da stupirsi se i distruttori dell'ente, i detrattori dell'ordine e altri cantori del caso preferiscono la statistica al determinismo.

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