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INDICE

INTRODUZIONE .. .pag 6

CAPITOLO I 1. Linsediamento in Gallia pag 8 2. Lemergere della dinastia merovingia ..pag 10 3. Il regno: patrimonio, spartizione e organizzazione ..pag 13 4. Laffermazione dei Pipinidi ..pag 16 5. Carlo Magno 5.1 Sulla Nascita ..pag 18 5.2 Le origini mitiche: Troia ......pag 20 5.3 Le conquista ...pag 21 5.4 Lincoronazione a imperatore pag 25 5.5 Sulla famiglia .pag 27 5.6 La vecchiaia ...pag 27 5.7 Normanni e Mussulmani ....pag 29 5.8 La Divisio Regnorum dell806 ....pag 32 5.9 Il testamento e la morte ....pag 34

CAPITOLO II 1. Lassetto italiano .pag 36 2. I Franchi e il regno Longobardo: linizio del conflitto .pag 38 3. Un passo indietro .pag 40 3.1 La spedizione del 773 774 ...................................................................................................pag 42

4. Dai primi anni di dominio alla divisione delle corone e la nomina del Rex Langobardorum ...pag 46 5. Verso nuovi assetti ed un nuovo sovrano: lItalia e Ludovico il Pio .pag 53 6. La lotta per il potere dopo la morte di Ludovico il Pio e il nuovo sovrano Ludovico II pag 60 6.1 il rapporto con la Chiesa e il confronto con i Saraceni ...................................................pag 62 6.2 LItalia di Ludovico e i suoi rapporti con la Chiesa ..pag 63 6.3 Gli ultimi anni di Ludovico: la successione, un Italia sotto un unico re e nuovi poteri ....pag 65 7. Gli ultimi re carolingi e la nascita di un nuovo potere .pag 68

CAPITOLO III 1. Le guerre pagane: quadro storico ..pag 71 2. La campagna sassone ..pag 71 2.1 Conclusione: perch una campagna cos lunga? .....pag 82 2.2 Strategie militari e battaglie campali .pag 83 3. Una spedizione infelice: la guerra contro gli Arabi ...pag 85 4. La guerra contro gli Avari ...pag 86 4.1 I discendenti di Attila .....pag 86 4.2 Tassilone e il ducato di Baviera .................................................................................................pag 87 4.3 Il nuovo confine e le guerre avare .....pag 89 5. Una congiura di famiglia ...... pag 94

CAPITOLO IV 1. Un rapporto a tre complicato: Carlo Chiesa Bisanzio .....pag 96 2. Il conflitto fra Papato e Bisanzio .pag 97 3. La chiesa e il suo nuovo alleato: i rapporti franco papali .pag 99 3.1 Le promesse di Carlo e Pipino e lo sviluppo della nuova allenaza .pag 100 4. La crisi di potere a Costantinopoli e in Occidente ...pag 106 5. Lincoronazione tra simboli e varie interpretazioni ...pag 108 6. I rapporti tra lImpero e Bisanzio dopo lincoronazione ...pag 111 7. I rapporti tra Chiesa e Impero ...pag 114 8. Un rapporto particolare: Carlo e il califfo Harun al-Rashid ...pag 115 9. Il Papato e lideologia imperiale: tre lettere per tre ideologie: imitatio e translatio imperii ...........................................................................................................pag 116 10. La divisione tra questioni dottrinali e attivit legislativa e amministrativa ...pag 124

CAPITOLO V 1. LEuropa e il concetto di Europa in et carolingia: quadro storico pag 126 2. Chi sono questi barbari ? ....pag 128 3. Lo sviluppo del latifondo: un antenato del vassallaggio .....pag 130 4. Un tentativo di riunificazione ....pag 131 5. Carlo Magno e lEuropa .....pag 134 5.1 LEuropa franca o tedesca? ...........pag 134 6. La Tesi di Pirenne ..........pag 137 7. I processi di formazione dellEuropa carolingia ..pag 140

8. Conclusioni personali .pag 145

CAPITOLO VI 1. Un impero, tante identit: unintroduzione personale ....pag 147 PRIMA PARTE ... pag 148 2. Il re e il rapporto con i sudditi ...pag 148 3. Il governo ......pag 153 3.1 Struttura centrale pag 153 3.2 Il governo locale ...pag 155 3.3 Il ruolo governativo degli uomini di Chiesa .......pag 160 4. Le risorse dellImpero 4.1 Il demanio pubblico ....pag 164 4.2 Linquadramento degli uomini ...pag 167 5. La giustizia 5.1 I giudici ...pag 170 5.2 La procedura ....pag 171 5.3 La pluralit delle leggi ... pag 174 6. Una societ clientelare ...pag 175 6.1 I potenti ....pag 176 6.2 Il mondo contadinio .....pag 178 7. Le facce del potere pag 181 7.1 Il feudalesimo .pag 183 7.2 Un potere senza deleghe: le signorie .....pag 188 8. I Poteri dei franchi nel regno Longobardo 8.1 I poteri regi .....pag 189

8.2 I vescovi e il potere del Papa ..pag 193 9. Alcuni approfondimenti 9.1 Il concetto di fedelt ...pag 196 9.2 Il vassallaggio ...pag 197 9.3 Limpalcatura politica, i capitolari, limmunit ...pag 198 SECONDA PARTE .....pag 200 10. Una storia che parte da lontano .pag 202 11. I bacaudae larea celtica .....pag 204 12. Il mondo dei Germani ..pag 208 13. Nuovi regni doccidente: i franchi, da federati a dominatori ..pag 214 14. Una piccola parentesi: lItalia Longobarda ......pag 220 15. Limpero Carolingio ..pag 223 15.1 Un impero, tante leggi .....pag 224 15.2 Popoli nuovi .....pag 226 15.3 La lingua ....pag 227 15.4 Le minoranze .pag 231 16. LItalia in et carolingia .......pag 233 17. Verso lAnno Mille: limpero carolingio e le nazioni ...pag 239

CONCLUSIONI ...pag 250

BIBLIOGRAFIA ...pag 261

INTRODUZIONE

Cosa si pu intendere con il termine ambiguo? Se si fa riferimento alla definizione del dizionario, esso pu essere usato come sinonimo di equivoco, dubbio. Ma possibile trovare in un campo come quello storico, che basa le sue notizie e le sue informazioni su dati e fonti palesemente trasparenti, un argomento che presenta una tale caratteristica di complessit? E stato proprio questo lo scopo della mia trattazione: cercare di individuare, fornendo notizie basate su avvenimenti storici ben dettagliati e facendo riferimento a mie osservazioni personali, cosa potesse celarsi dietro il titolo dImpero assunto dalla dominazione carolingia, a partire da Carlo Magno. Dopo una piccola introduzione storica, riguardante i fatti che portarono al cambio di vertice societario, col passaggio di consegne dalla dinastia merovingia a quella carolingia, ho concentrato la mia attenzione su Carlo e sulla sua ascesa, per poi riportare anche qualche informazione sui suoi successori. appunto il periodo di reggenza di Carlo che ho cercato di mettere maggiormente sotto la lente dingrandimento per cercare di mostrare come vero che il suo possa tranquillamente chiamarsi impero, ma che comunque non si trattasse proprio di un impero come tutti lo conoscevano. Ad aggiungere peso alla teoria portata avanti nel mio lavoro,

ho ritenuto opportuno concedere spazio allargomentazione di alcune campagne del sovrano, su tutte certamente Italia e Sassonia, per tentare di mostrare in maniera pratica quale fosse il suo agire contro i popoli appena sottomessi. Dopo aver lasciato spazio, nei primi tre capitoli, a fatti per la maggior parte storici, ma che possono generare gi dei dubbi, secondo me, sullunit strutturale e sulla forza dellamministrazione carolingia, ho trattato, nel quarto capitolo, i rapporti che il sovrano, simbolo dellImpero (almeno finch fu Carlo a detenere la corona), aveva instaurato con le altre due grandi autorit dellepoca: il papato e limperatore bizantino. Nel penultimo capitolo, il quinto, la mia analisi si spostata su un concetto un po pi ampio, abbracciando lidea che dava allimpero carolingio i natali di una primitiva sensazione di Europa. In ultimo ho cercato di delineare i fatti che portarono limpero, una volta disgregatosi, a formare quelli che in un futuro non molto lontano saranno identificati come stati nazionali. Ho terminato il lavoro con delle osservazioni personali ed un indice cartografico.

CAPITOLO I
1. Linsediamento in Gallia

Tra i popoli germanici, che attraversando il Reno, si erano insediati, prima come alleati e poi come padroni, sul territorio dellimpero romano dOccidente, i Franchi avevano occupato un posto di spicco. Siamo a circa tre, quattro secoli prima di Carlo. I Franchi a dirla tutta non erano nemmeno un popolo. Erano una confederazione di trib del bacino del Reno: Bructerii, Cattuarii, Camavi che parlavano lo stesso dialetto germanico, praticavano gli stessi culti religiosi, finendo poi per darsi il un nome collettivo. Questi raggruppamenti tribali, di religione politeista, operavano per lo pi come predoni attorno alle foci di Reno, Mosella (zone poi dove si concentrer il loro maggior insediamento) e Schelda, fino alla met del IV secolo1. Quei barbari cos si erano impadroniti della Gallia, che nellOccidente impoverito del tardo impero, era forse la provincia pi prosperosa e popolosa, con lintenzione di non spartila con nessuno: sconfitti e cacciati oltre i Pirenei i Visigoti, che si stanziavano nellattuale Provenza; i Burgunti, insediati nella valle del Rodano, avevano dovuto riconoscere la superiorit franca, sottomettendosi a loro. Diversa sorte tocco ai Gallo-romani che popolavano le province
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Barbero A., Carlo Magno.Un padre dellEuropa, Ed. Laterza, Bari 2004, pag. 8.

galliche. Questi prima diventarono, foederati, ossia alleati, guidati da Chiederico, discendente del leggendario Merovero, dai cui poi il termine Merovingi. Romani e Franchi combatterono fianco a fianco, sconfiggendo due volte i Visigoti negli anni Sessanta del secolo V, presso la Loria. Chiederico si pose come difensore romano dellintera provincia nord-gallica. Franchi e Galloromani, ai quali fu consentito di restare e di mescolarsi con i franchi, diedero vita ad una nuova stirpe. Altro motivo importante perch i Galloromani non furono scacciati, che i Franchi da soli non sarebbero mai riusciti a popolare lintera Gallia. I loro insediamenti restano concentrati per lo pi nella parte settentrionale, lungo il corso del Reno, della Mosa e della Mosella, non arrivando quasi mai nelle zone del sud e lasciando a chi si insediava nelle zone pi centrali la possibilit di essere assorbiti dalla cultura e dagli usi romani (da queste influenze nascer ad esempio il francese moderno). La Loria e i Galloromani della Provenza e dAquitania continuano a vivere come in passato, pagando solo un tributo ai re barbari del nord. Solo li, il nord appunto, i Franchi restano pi numerosi dei Romani, ed li che si colloca il confine di passaggio tra lEuropa latina a quella germanica.

2. Lemergere della dinastia merovingia

I decenni del V secolo segnano un ulteriore progresso nellorganizzazione e nella formazione di quello che sar il regno Franco. A governare era Clodoveo (481-511), figlio di Childerico, che intensific il suo moto di conquista affermandosi sugli altri capi militari. Due furono le sue importanti affermazioni: - nel 486 pose fine alla pi grande dominazione Galloromana, battendo a Soissons le truppe di Siagrio. Il nuovo popolo si espanse cosi verso ovest, dando vita a quella che sarebbe stata definita Neustria (nuova terra dellovest, che coincideva con lo spazio della Gallia nord-occidentale) e innestando il suo potere sulle precedenti strutture romane ancora sostenute, se pur in rovina, da una colta aristocrazia locale da cui i franchi rilevarono un gran patrimonio fiscale; - nel 507 a Vouill, Clodoveo sconfisse i Visigoti di Alarico, ricacciandoli in Spagna, allargando cos il controllo anche nella Francia sud-orientale, che riprese il nome di Aquitania. Nello stesso anno sconfisse, di nuovo, anche gli Alamanni. Anche se sotto un unico re, Clodoveo appunto, il regno franco in Gallia restava sempre una pluralit di trib. Durante le sue operazione militari, in un anno non preciso della fine del V secolo, Clodoveo scelse di farsi battezzare da san Remigo, metropolita di Reims, avvertendo come il padre lascendente morale e religioso dei vescovi nord-gallici. Tale episodio anticipava la conversione dal politeismo germanico
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al cattolicesimo, processo che avrebbe toccato prima laristocrazia, per poi allargarsi a tutto il popolo franco. Clodoveo poteva cos qualificare il proprio potere nel segno delladesione cattolica, un re devoto chiamato a tutelare la fede cristiana in Occidente. La mancanza di un episcopato, permise a Clodoveo di esercitare direttamente il controllo sui vescovi, su coloro cio che effettivamente governavano la Gallia, grazie alla cultura e ad ingenti patrimoni, e a volte anche a capacit militari. A legittimare la nuova posizione del sovrano accorsero anche una serie di interventi, anzi veri e propri atti di stato. Di questi ci informa il Decem Libri Historiarum del vescovo Gregorio di Tours, fonte principale della storia franca fino alla fine del VI secolo. Proprio a Tours nel 508 Clodoveo riceve dallimperatore Anastasio il titolo di praticiu, che significa: riconoscimento da parte bizantina, e inserimento della provincia dellAquitania nella compagine politica franca. Dello stesso anno la legge che fissa le norme di convivenza della propria trib, quella dei franchi salii, non ancora influenzati dalla rinuncia al paganesimo. Il Pactus Legis Salicae, insigniva Clodoveo degli attributi di un sovrano tardo antico, come ad esempio il visigoto Teodorico. Cosi nel 511 convoc, a Orlans il primo concilio del regno franco che sugger la strada per un organizzazione ecclesiastica fortemente influenzata dal re. Il concilio: consolid la posizione dei vescovi, quali capi monarchici
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delle loro diocesi; facilit lintegrazione dei territori aquitanici, dove pi

solida era la presenza della maglia vescovile. Fino agli anni settanta del VII secolo la convocazione dei concili, necessari strumenti per la gestione del regno, sar prerogativa dei Merovingi, vigili sullelezione dei vescovi. Se questo lassetto governativo, quello invece fisico risente della tradizione di dividere il regno tra i figli del sovrano. Questo determin la formazione di diversi regni, uniti o separarti in base alle contingenze. Il regno tra il Reno e la Mosella, quello pi orientale, lunico nel quale i franchi fossero la maggioranza, con lingua madre del ceppo dellest germanico, che prende il nome di regno dellest, o Austria o Austrasia. Questo regno, anche grazie alla sua posizione geografica seppe imporre la sua autorit anche ai popoli della Germania meridionale, incorporando i ducati di Turingi, Alamanni e dei Bavari, nella zona dinfluenza francese. Ad occidente invece, come gi menzionato nel paragrafo precedente, nasce dopo la sconfitta a Soissons, il regno di Neustria (regno nuovo), che comprende Parigi, Orlans, e appunto Soissons, con lingua prevalentemente romanza e con il confine meridionale segnato dalla Loria. Continuando lanalisi dellassetto geo-politico, fra il Rodano e le Alpi si colloca il regno di Burgundia, che formava un identit politica separata, anche se ben presto dovette rinunciare ad avere un proprio re e riconoscere legemonia del re franco di Neustria. La Provenza, dove i franchi erano in netta minoranza, continuava ad essere governata da un funzionario romano col titolo di patrizio.
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Questi per non rispondeva pi a Costantinopoli, ma alluno o allaltro dei re franchi. LAquitania in fine dove la popolazione Galloromana era affiancata da unirrequieta minoranza basca, tendeva a sfuggire al controllo franco, restando governata soltanto da un duca, e non da un re indipendente. Solo la famiglia Merovingia riusc ad unificare tutto il regno. Simbolo della loro regalit era la lunga capigliatura, dalla quale traevano il nome di reges criniti, a rappresentanza della prosperit da garantire al popolo, alla fertilit delle donne e della terra. Con la conversione al cristianesimo tale credenza, di ovvia origine pagana, and a poco a poco affievolendosi, cos come lautorit dei re-sacerdoti merovingi.

3. Il regno: patrimonio, spartizione e organizzazione

Alla morte di Clodoveo che aveva gettato le basi del regno franco e della sua dimensione ideologica della regalit, si poneva il problema, ricorrente nelle dinastie carolingie, della successione tra gli eredi2. La soluzione semplice era il dividere il regno, considerato come patrimonio immobiliare privato. Cos nel 511 il territorio della Francia, e dell Aquitania, venne diviso tra i quattro figli di Clodoveo, senza la prevalenza di nessuno in particolare. A Teodorico and Reims, a Clodomero Orlans, a Childeberto Parigi, e Clotario Soissons.
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Benigno F., Donzelli C., Fumian C., Lupo S., Mineo E.I., Storia medievale, Donzelli editore, Roma 1998. pag. 178.

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Salta subito allocchio, vista la spartizione, che non sono pi i confini la parte importante del regno, ma le citt, le civitates, fulcro di una geografia politica, destinata a sopravvivere nei secoli. Le citt rappresentavano il legame con Roma, e la continuit col passato romano, ma la monarchia continuer a governare in modo itinerante. Com era solito accadere, alla morte di uno degli eredi gli altri entravano in lotta per appropriarsi delle terre lasciate prive di controllo, con interventi di regine, figli e addirittura concubine. A differenza di quello che per poteva sembrare, questi conflitti interni favorivano la coesione tra i franchi. Ad esempio, durante la prima spartizione del regno, questa non interfer con l espansione territoriale che si materializz nella conquista dei burgunti (534), a cui fecero seguito i territori dellattuale Sassonia controllati dai Turingi e gran parte della Provenza tenuta allora dai Goti (531). La stabilizzazione del governo e la conquista della Provenza consentiva un rapporto continuo con le potenze che si affacciavano sul Mediterraneo, allargando le mire franche anche su quei territori e in particolare sullItalia. A nutrire la politica franca sul mediterraneo fu anche lo scontro \ confronto con limperatore bizantino. Ci incentivato dalla voglia dei re franchi di avvicinarsi allimmagine dellimperatore. Ambizione che si esplica nel caso di Teodorico (511-534), e del figlio Teodeberto, arroganti nel coniare una loro moneta, prerogativa monopolizzata da Bisanzio. Lanno 561 si apre con il problema di una nuova suddivisione dopo la morte di Clotario, il quale per pochi anni era riuscito a riunire
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nelle sue mani il regno. La morte di uno dei tre figli del re, accese lo scontro tra gli altri due, Chilperico e Sigiberto, rispettivamente sovrani di Neustria e Austrasia, che intendevano accaparrarsi la sua parte, frutto anche di una maggiore concezione monarchica. Lo scontro and avanti per anni, accompagnando tre generazioni di merovingi. Alla fine chi ne usci meglio furono le aristocrazie Galloromane e franche, fortemente rinforzate. Da questa nuova spartizione uscirono poi assestate i nomi di Austrasia, Neustria e Burgundia, con ladesione dei cittadini merovingi ai monasteri dotati di immunit e lo spostamento di residenze verso questi regni parziali. L apogeo del potere merovingio realizzato da Clotario II figlio di Chilperico e da suo figlio Dagoberto (584-639). Circa un secolo dopo la morte di Clodoveo (613-614) e dopo la morte di Brunilde, orientata pi a favorire i territori di Burgundia e Austrasia, il regno era di nuovo riunito. La totalit nelle mani di Clotario II non segn certo un epoca di pace, anzi talmente soggetto ad attacchi e rivolte alla fine riusc a conservare solo una dozzina di paghi (circoscrizioni amministrative presenti soprattutto nella Gallia settentrionale). Risolutivo per Clotario II fu lappoggio di Pipino di Landen e Arnolfo, vescovo di Metz, grandi proprietari in Austrasia, da cui poi discenderanno i carolingi. Con il concilio di Parigi del 614 Clotario II ratific alcune prerogative dei sovrani precedenti, riaffermando le sue prerogative di difensore della giustizia, anche se molte furono le concessioni di
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potere alle aristocrazie locali. Clotario II divise il suo regno in due parti per i suoi figli Dagoberto e Cariberto, a occidente Neustria e Burgundia, nella parte orientale l Austrasia. Questo regno torn di nuovo nelle mani di uno solo, quando alla morte del fratello, Dagoberto prese sotto di s tutto il regno. Tale periodo coincide anche con numerose vittorie militari: Avari bulgari, slavi vengono ricacciati; sassoni e bretoni parzialmente sottomessi. Ora la pressione era su Spagna e Italia.

4. Laffermazione dei Pipinidi

La morte di Dagoberto apr un nuovo periodo di paralisi, coinvolgendo le aristocrazie di Austrasia e Neustria, queste ultime erano ormai organizzate dai maestri di palazzo. Fino al 688 tutti i regni avevano un maestro di palazzo, che ufficialmente governava al posto del re, ma che tendeva a soppiantarlo lasciandogli un ruolo marginale. Pi di ministri possiamo parlare di vice-re, se non di re, in grado di chiamare o revocare il trono alle famiglie merovinge. Tra le famiglie di palazzo pi importanti, grossa fortuna ebbero i Pipinidi, il cui primo esponente di rilievo fu tra il VI e il VII secolo Arnolfo vescovo di Metz. I Pipini, discendevano dallalleanza di due grandi latifondisti dAustrasia, Pipino detto il Vecchio e Arnolfo (divenuto poi vescovo di Metz) morti entrambi nel 640. Pi precisamente il legame si cre dal matrimonio della figlia di Pipino, con il figlio che Arnolfo ebbe prima di diventare vescovo. Nel 687, Pipino di Hristal, bisnonno di Carlo Magno, nato da
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quel matrimonio, maggiordomo unico del regno di Francia e che controllava la regione di Austrasia, dove govern fino al 714 (anno della sua morte), sconfisse a Tertry i neustriani, consentendo che il potere fosse di nuovo riunito nelle mani di Teodorico III. In realt sia Neustria che Austrasia furono governate dal maestro di palazzo, col re ridotto a semplice figurante. Ci evit un indebolimento dellautorit regia, sia verso i popoli ai margini del regno (sassoni), sia nei riguardi della crescente forza dellaristocrazia locale, sia verso realt politiche come lAquitania che tentava di riaffermare la propria autonomia. Ad assumere il compito di ricostruire il potere centrale fu, nel 714, un maestro di palazzo pipinide, Carlo Martello, figlio di Pipino di Hristal, nonno di Carlo Magno che governava sulla Gallia settentrionale e che cre, attingendo ai ricchi patrimoni delle chiese, una potente forza militare. Martello appunto come piccolo Marte nome dovutogli per la sua fama guerriera. Fu questo un aspetto importantissimo nellazione di ricostruzione da parte della dinastia pipinide dellaristocrazia di Austrasia. Il re infatti non aveva ereditato una situazione stabile, tuttaltro. Carlo Martello (716-41) ripristin militarmente legemonia austrasiana, poggiandola poi sulla base di una nuova forma di clientela: il vassallaggio. Con lausilio delle armi, vennero reintegrati principati divenuti indipendenti e riassestato il potere franco sulle regioni vicine. Inoltre Carlo Martello riport sugli islamici, arrivati fino alla Loria , una grande vittoria a Poitiers (732) ricacciandoli dai Pirenei anche con laiuto de re longobardo Liutprando e concludendo cos lopera iniziata da Oddone principe di Aquitania. Colpiti furono anche
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i principi che desiderosi di liberarsi dalla dominazione franca avevano accolto con favore i musulmani, come i capi burgundi e aquitani. Oggi si tenta di sminuire la vittoria di Carlo Martello, sottolineando che i musulmani si erano mossi non per conquistare, ma per saccheggiare il ricco monastero di San Martino a Tours. Ci nonostante, tra i franchi e nella cristianit, resta un impresa che valse al maestro di palazzo una gloria imperitura. Alla sua morte, nel 741, Carlo Martello lasci il regno ai due figli Pipino e Carlomanno, anche se a dire il vero cera ancora un re Childerico III, ormai per solo un fantoccio. Dal 751 il figlio di Carlo Martello, Pipino detto il Breve, rimasto unico erede dopo la morte del fratello ed eletto da un assemblea dei grandi, non governer pi con la finzione, ma assumer la corona franca. Da notare per che le aristocrazie restano fedeli fino allultimo alle dinastie merovinge. Il potere pass cos da chi aveva un carisma sacrale, a chi sapeva guidare i Franchi alla vittoria.

5. Carlo Magno

5.1 Sulla nascita Il biografo di Carlo, Eginardo scrive che Carlo mor nel gennaio 814, << nel suo settantaduesimo anno di vita e nel quarantasettesimo di regno>>. Da ci un calcolo a ritroso ci porta al 742 come anno di nascita. Ma Gli Annali Regi, la fonte pi ufficiale di cui disponiamo, sono un po meno precisi, bench si sforzino di moltiplicare i punti di
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riferimento datando la morte di Carlo << circa nel settantunesimo anno di vita, quarantatreesimo dalla conquista dellItalia,

quarantasettesimo del suo regno, e quattordicesimo d quando fu chiamato Augusto>>3. Il circa indica appunto che non dobbiamo aspettarci troppa esattezza. Ancor pi generica linscrizione sulla tomba di Carlo ad Aquitania, che lo dice semplicemente <<Septuagenarius>>, cio settantenne, ad indicare non let, ma che avesse raggiunto sicuro quella soglia. Questo uno degli esempi che si possono fare sulla vasta indifferenza nei confronti del tempo che Marc Bloch riconosceva nella mentalit medievale, anche se sarebbe meglio menzionare la difficolt nel misurarlo e padroneggiarlo. Con l aiuto di un'altra fonte, un manoscritto coevo, contenente un calendario dove notata la nascita dellimperatore al 2 Aprile, e sommata questa alle altre notizie, si arriva a quel 2 Aprile 742 che viene comunemente indicato come data di nascita di Carlo. Una nota alla fine: il tempo allora era scandito dal ritmo circolare dellano agricolo e dellanno liturgico e a pochi interessava distinguere un anno dallaltro. Labitudine di numerare gli anni a partire dalla nascita di Cristo, si era diffusa da poco in Occidente ed era un compito che interessava pi analisti e notai, anche loro per incapaci di tenerlo con precisione.

Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pagg. 12-13.

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5.2 Le origini mitiche : Troia Per gli uomini del tempo, il passato dei Franchi tendeva verso un orizzonte mitico, ma ai loro occhi perfettamente autentico. Erano convinti che i Franchi discendessero nientemeno che dai Troiani. Questa leggenda messa per iscritto, per la prima volta, nelle cronache di Fredegario, composte verso il 660, quasi un secolo prima della nascita di Carlo. Dopo di queste la storia comincia a circolare in forme diverse, tanto che non si pensa pi ad un invenzione dotta, ma a una voce popolare nata gi dai primi contatti tra barbari e romani. Lorigine troiana ha sicuramente come primo scopo un paragone, se non un confronto, con Roma. Se i Romani discendevano da Priamo attraverso Enea, fuggito nel Lazio come racconta Virgilio, i Franchi erano convinti di discendere da un altro principe troiano, Francione, che aveva dato loro il proprio nome e li aveva condotti in Europa dopo lunghe migrazioni, stanziandoli sulle rive del Reno. Tale legame di sangue con i Romani li autorizzava a governare sulla Gallia, se non pure a qualcosa di pi visto lindebolirsi dei parenti figli di Enea. Il mito per come spesso accade si mescola alla realt e in essa trova riscontri, non da negare ad esempio che tra i due popoli ci fosse una profonda integrazione. Linsediamento franco in Gallia era avvenuto attraverso una migrazione di guerrieri apertasi la strada attraverso i limes del Reno, insediandosi pacificamente e mescolando le proprie usanze con
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linfluenza di quelle romane.

5.3 Le conquiste Dopo la morte di Pipino, nel 768 a Carlo fu assegnata lAustrasia con le sue dipendenze germaniche, Assia, Franconia, Frisa occidentale e Turingia; e in pi la Neustria e lAquitania. Al fratello minore Carlomanno, lAlemannia, lAlsazia, la Burgundia, lAquitania interna, la Settimania e la Provenza. I due fratelli si fecero consacrare sovrani in due citt vicine, Noyon e Soissons, luoghi dove il padre, Pipino, era solito soggiornare, e dove spesso la madre Bertrada era spesso ospite di un monastero. I rapporti tra i due erano per tesi e legati anche a condizionamenti geopolitici. Carlo infatti aveva possibilit di espansione illimitata verso la Germania pagana; a Carlomanno toccavano invece i confini pi pericolosi: quello pirenaico con gli Arabi di Spagna e quello Longobardo in Italia. La morte prematura di Carlomanno, dopo solo tre anni di governo e di non facili rapporti col fratello, si pensi che dopo la morte di Carlomanno la vedova e altri seguaci preferirono scappare in Italia, invece di restare alla corte di Carlo, port il regno di nuovo nelle mani di uno solo, Carlo Magno, che non riconobbe i diritti dei nipoti del fratello. Il suo impero, che dur trentasei anni, si gioc subito su molti piani. Se la politica di Carlo Martello e di Pipino, aveva coniugato un azione di consolidamento del potere sul territorio e una difesa dalle aggressioni esterne, Carlo Magno intraprese, affianco a queste due,
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anche un iniziativa di espansione fuori dai confini tradizionali del Regnum Francorum. Pochi mesi dopo la morte del fratello era gi in armi, oltre il Reno, contro i pagani del nord. Il dispendio di forze era grande, ma grande era anche il ritorno in termini di bottino e di terre da affidare alla sempre pi esuberante clientela (non dimentichiamo che Carlo Martello istitu il

vassallaggio). La voglia di espansione di Carlo, era spinta da due aspetti: - il prestigio che le conquiste davano al nuovo re; - la convinzione del sovrano di dover cristianizzare lEuropa. Canoni della politica espansionistica furono: - mancanza di un programma preordinato; - violenza impressionante, con operazioni su fronti diversi, ponendo i popoli ai confini dellimpero in contatto con nuove culture che andavano ad influenzare quelle presenti in quel territorio. Ricostruendo le conquiste per aree geografiche, abbiamo diverse vicende. Il limite orientale costituito dal tratto settentrionale del Reno, fu definitivamente varcato, e tali conquiste prepararono il costruirsi di uno spazio politico a base germanica, con destino distinto da quello dei territori a occidente del fiume. Gi prima si erano mossi contro i pagani Sassoni per contenerne laggressivit. Contro questi, attivi nella zona tra il Reno ed Elba e con forte identit etnica ma scarsa coesione politica, nel 772 si avvi una guerra trentennale che port tra i primi risultati positivi, la distruzione di un santuario; nel 777 Carlo Magno costrinse i Sassoni alla prima resa e ad accettare lopera missionaria di un discepolo di San Bonifacio,
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Sturm. Finalmente sotto un capo unico, Widuchindo, i Sassoni insorsero di nuovo, costringendo Carlo a reagire con efferata violenza: a Verden, fece decapitare migliaia di ribelli, per poi iniziare una lunga opera di devastazione. Alla fine Widuchindo accett la sottomissione e ricevette il battesimo, fatto celebrare da papa Adirano I. Levangelizzazione forzata faceva parte di questo processo di assoggettamento politico e la Capitulatio de partibus Saxoniae ben ne rispecchiava il programma. Tutto questo prevedeva che al clero cattolico fosse assegnato la sorveglianza degli stessi conti e minacciava la pena di morte per coloro che avessero infranto le norme del nuovo sistema politico e religioso. Il paese venne colonizzato con elementi franchi, con un saldo reticolo di episcopati e nel 797 vennero emanate alcune norme per la definitiva assimilazione dei Sassoni. Nei territori dellattuale Germania centrale e meridionale la conquista, gi avviata dalla fine del VII secolo, riguardava Assia, Turinga, Alamannia. La Baviera invece rimaneva indipendente. Il duca di Baviera Tassilone, vassallo, ma soprattutto nipote di Pipino il Breve, si svincol dalla tutela franca conducendo una politica espansionistica in Carinza e nellAlto Adige grazie allalleanza col re longobardo Desiderio. Ma alla fine anche la Baviera dovette capitolare e venne definitivamente integrata nel regno franco, tra il 788 e il 794, con la rinuncia di ogni suo podere da parte dello sconfitto Tissilone. Queste terre conservarono in parte le proprie leggi e allinizio
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sono governate da un praefectu, Geroldo, parente sia dei Carolingi sia del duca sconfitto. A est invece gli Avari, stanziati nel bacino danubiano, furono oggetto di un intervento militare, causato sia per i rapporti allacciati con il duca di Baviera Tissilone, sia per attacchi diretti portati al regno. La campagna fu condotta con affianco il figlio Pipino, importante infatti il suo apporto, e dur dal 791 al 805, con il khagan avaro che accett il battesimo e divenne vassallo di Carlo Magno. La campagna frutt grandi ricchezze, ma al tempo stesso molti avari lasciarono il territorio. Per quanto riguarda il Mediterraneo il primo interesse fu verso lItalia, a cui Carlo si rivolse nei primi anni settanta del VII secolo. Con la conquista dellAquitania e della Settimania, il regno franco era entrato in contatto con lemiro di Cordoba e il mondo arabo, nella parte orientale della penisola iberica. Qui il sovrano, andando incontro alle esigenze dei potenti di Barcellona e Saragozza che cercavano lindipendenza dallemiro, nel 778 attraversati i Pirenei con lesercito conquist Pamplona, ma fu poi impegnato nellinconcludente assedio di Saragozza. Richiamato in patria per sedare una rivolta sassone, Carlo perse la retroguardia dellesercito al passo di Roncisvalle, massacrati da montanari baschi e musulmani, dove perse al vita il prefetto della marca Bretagna Rolando. Affidato al figlio Ludovico nel 781 il regno di Aquitania e eretta l la base per riprendere lespansione al di l dei Pirenei, la campagna prosegu fino al 810, quando in virt di un accordo tra Carlo e lemiro, la zona a nord dellEbro venne dichiarata pertinenza franca e fu
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organizzata nel limes Hispanicus. Cera infine un problema interno alla realt politica franca, quello della penisola bretone, nella parte nord-occidentale della Gallia. In risoluzione si istitu il limes Britannicus, da cui si portarono sistematiche incursioni nella regione (780-799). Ma gi dal secondo decennio del secolo IX le scorrerie normanne indebolirono il controllo carolingio.

5.4 Lincoronazione a imperatore Nella notte di Natale dell800 a Roma, Carlo Magno fu incoronato imperatore da papa Leone III, con una cerimonia le cui implicazioni simboliche e giuridiche rimangono ancora controverse. Esaltato di sicuro il ruolo legittimante del pontefice. Due sono le scelte che vengono subito notate: - da parte del papa la forza della corona franca, vuole dire un potente alleato; - da parte del nuovo imperatore si tratta di una scelta di propaganda per il suo nuovo ruolo, riconosciuto e appoggiato dalla Chiesa. Lincoronazione non port a nuove conquiste ma alla registrazione definitiva dei confini del regno. Con unorganizzazione del regno basata su strutture laiche ed ecclesiastiche, lamministrazione dello stesso aveva conosciuto un salto di qualit rispetto ai sovrani precedenti. Con l800 era in atto una legittimazione, la legittimazione di un nuovo spazio politico, concorrente a Bisanzio, autonomo da questultima, e baricentro della politica occidentale. La presenza della Chiesa nellincoronazione di Carlo ebbe un
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grosso peso vista la contrapposizione continua con Bisanzio, viziata dalla questione delliconoclastia. Con lImpero dOriente indebolito nella seconda met del VII secolo, i Franchi si posero in concorrenza sul piano diplomatico e militare. Allacciarono rapporti con i sovrani dellInghilterra meridionale, con i re iberici delle Asturie e Leon, con il califfo di Baghdad e il patriarca di Gerusalemme, che sollecitava Carlo ad assumere la tutela dei luoghi santi. Inoltre sul trono di Bisanzio sedeva una donna, Irene, vedova del imperatore Leone IV, che inadatta a guidare il regno, tent con Carlo un alleanza matrimoniale, proponendo in sposa ad una delle figlie dellImperatore il figlio minorenne Costantino. La proposta fall, ma la crisi con la sede di Roma fu superata, guidando il concilio della Chiesa orientale tenuto a Nicea nel 787. Un simile contesto rese naturale lattribuzione della corona imperiale al re franco, valorizzato anche dal papa non solo come evangelizzatore delle terre conquistate, ma anche e soprattutto come difensore della Chiesa, in sostituzione del debole potere di Bisanzio. Un tale atto universalizzava entrambi i poteri trovando tra essi un incontro. Per Carlo e la corona franca fu un riconoscimento ufficiale del suo potere, per il papa un incremento considerevole della sua autorit politica. Nel 812 lo stesso imperatore dOriente, Michele I, riconobbe la dignit imperiale del sovrano franco, che per non si qualific mai come imperatore, ma come colui che governava lImpero Romano.

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5.5 Sulla Famiglia Paolo Diacono, intellettuale longobardo che visse alla corte dellImperatore, ricorda storie sulle vicende della famiglia dei Pipini in cui leggenda e verit si incrociano Ricorda che Carlo in persona gli raccont di Arnolfo, il vescovo di Metz, che per penitenza aveva gettato un anello nella Mosella, chiedendo perdono per tutti i suoi peccati e chiedendo di tornarne in possesso solo una volta che Dio lo avesse perdonato: anni dopo mentre un cuoco cucinava per lui, lo ritrov nel pesce che stava cucinando. Era il segno che Dio aveva perdonato i suoi peccati. Il racconto di Carlo assumeva toni di storia vera e il miracolo di Arnolfo riversava la sua divinit sui nipoti. Non a caso gi durante linfanzia di Carlo, i Pipinidi venivano indicati come la stirpe che secondo i cieli doveva governare i Franchi. A testimonianza di ci cera la santit di Arnolfo e la forza concessa a Carlo Martello. Alla guida di un popolo eletto cera dunque una stirpe eletta.

5.6 La vecchiaia La situazione che si presenta negli ultimi anni di governo di Carlo, spesso descritta come un periodo di declino, affiancato al progressivo deteriorare delle condizioni fisiche e mentali

dellimperatore. A questi si affianca anche una tragica ironia, dei tre figli di Carlo Magno due muoiono, il primogenito Carlo e Pipino il re dItalia, lasciando al solo Ludovico il Pio, re dAquitania, tutto limpero paterno.
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E come se non bastasse le guerre di conquista, che per cos tanto tempo avevano accumulato consensi e ricchezze, cessano, lasciando spazio a incursioni nemiche, vedi i normanni sulle coste, presagi di eventi che dopo la morte dellimperatore avrebbero portato al collasso dellimpero e della cristianit, ritornando alla barbarie. Tale paura era espressa da Carlo anche nei suoi ultimi capitolari. Da li a poco si nota, anche per questo, un cambiamento della politica franca: sul piano militare non dimostra pi la stessa aggressivit. Nel 810 le offerte di pace del basileus Niceforo e dellemiro di Cordova, messo alle strette dai successi di Ludovico al di l dei Pirenei, con i confini del regno allargati fino allEbro, vengono accolte subito dallAugusto, che pur di fare la pace con Bisanzio, accett di consegnare la laguna veneta appena conquistata4. Lo stesso con i Danesi che, se in passato al loro insorgere sarebbero stati subito repressi con una campagna militare, ora scopo di Carlo fortificare i confini sotto attacco, i confini dellElba e negoziare fino a stipulare un trattato eguale nel 811. Affianco a queste una nuova minaccia si affacciava negli ultimi anni di regno dellImperatore, quella dei pirati che, anni dopo la morte di Carlo, misero in ginocchio la cristianit con i loro saccheggi, facendo sembrare insufficienti le misure prese dal sovrano. Le contromisure prese dal vecchio imperatore, non erano insufficienti o inadatte, in base allentit della minaccia in quel momento, anzi appaiono pi che valide per un uomo ormai settantenne. Da dire per anche che Carlo, gi dal 796 aveva assegnato la
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pagg. 371-372.

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conduzione delle campagne militari ai figli. Ad esempio al primogenito Carlo fu assegnato, visto che il suo destino era di ereditare il regno franco, il comando autonomo nelle operazioni contro i Sassoni, Slavi e Danesi. Non da trascurare che quando fu incoronato Imperatore nell800, Carlo aveva quasi sessanta anni, un vecchio per il suo tempo, impossibilitato a spostarsi dal palazzo di Aquisgrana, se non per via dacqua, anche se ad andare a caccia non rinunci fino a pochi mesi prima della morte. Delle notizie negative che ci giungono della sua politica negli ultimi anni, vanno analizzate le fonti. Queste portano ai cronisti di Ludovico, su tutti Ermoldo Nigello, che afferma che i sudditi accolsero con sommo entusiasmo il nuovo imperatore Ludovico, pronto a raddrizzare i torti del padre, divenuto ormai un vecchio isolato e attorniato da consiglieri corrotti.

5.7 Normanni e Musulmani I nemici esterni pi pericolosi restano i Normanni, i Vichinghi provenienti dalla Scandinavia. La loro prima incursione si abbatte sul monastero di Lindisfarne situato su un isola al largo delle coste inglesi, nel 793. La prima impressione di Carlo fu che quella strage era un punizione che Dio aveva mandato per punire i peccati del popolo anglosassone. Nel 799 le incursioni si moltiplicarono colpendo Inghilterra, Scozia e Irlanda, fino a toccare i confini franchi in Vadea, rendendo pericolosa la navigazione nella Manica, sbocco commerciale importantissimo per limpero.
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La risposta di Carlo a queste invasioni fu la commissione ai porti del nord (Gand e Boulogne sono passati in rassegna personalmente dal sovrano) di allestire imbarcazioni da guerra. Sul piano delle spese la flotta cost molto e non dette per i risultati adeguati, vista anche la difficolt che richiede allestire una flotta. Tutta via comunque questo era solo un aspetto di un problema pi articolato: le relazioni col regno di Danimarca. Ma andiamo per ordine. Dopo aver sottomesso i Sassoni e avanzato le loro frontiere fino al mare del Nord, i Danesi si erano trovati a confinare con limpero e il loro re Godefrido aveva subito dimostrato di non voler accettare intimidazioni. Nel 804, quando Carlo in persona aveva attraversato lElba per liquidare gli ultimi focolai ribelli di Sassoni, Godefrido radun il suo esercito sui confini dimostrando subito che non era disposto ad accettare intimidazioni. Da allora i franchi seppero di dover diffidare dei Danesi, visto che questi da una semplice prova di forza come poteva essere visto lo schieramento dellesercito, iniziarono ad aggredire le trib slave sulle foci dellElba, alleate dei Franchi nella campagna contro i Sassoni, e considerate perci da Carlo satelliti dellimpero protetti dal sovrano. Nell808 Godefrido saccheggi il loro litorale, obbligando le trib sottomesse a pagare un tributo. Carlo prefer allora, prima di agire, studiare lavversario. Quando nel 819 una flotta danese apparve al largo della Frisia e da l a pochi giorni iniz a marciare verso il palazzo di Aquisgrana,
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costringendo i popoli a pagare un tributo per evitare il saccheggio, Carlo decise di intervenire, preparandosi a scendere personalmente in campo. Ma ai primi del 810 mentre si trovava a Lippeham a radunare lesercito arriv il messaggio che Godefrido era stato assassinato e che lesercito danese era allo sbando e il regno sprofondato in una guerra civile. Lintervento militare fu inutile, visto che tutti i capi che di volta in volta prendevano il comando erano felici di firmare un trattato di pace con limperatore. La notizia che un nemico cos pericoloso fosse stato sconfitto senza il bisogno di una battaglia rallegrava un p tutto limpero. Se a nord erano i Normanni a preoccupare gli ultimi anni di regno di Carlo, il versante meridionale conobbe per la prima volta le incursioni dei pirati moreschi (incursioni che continueranno per circa un millennio). Nel 798 i Mori attaccarono le Baleari, lanno seguente furono scacciati dalle truppe franche arrivate in soccorso. Nell 806 attaccarono la Corsica e sconfissero anche le truppe franche mandate da Pipino re dItalia, uccidendo anche il conte di Genova che comandava la spedizione. Lanno seguente per i Mori capitolarono con la cattura da parte delle truppe franche di tredici navi. Le incursioni dei Mori erano state quindi sempre sedate e tenute sotto controllo, ma nel 812 una notizia scosse limpero: i Saraceni dAfrica e Spagna preparavano una grande flotta per saccheggiare lItalia. Visto il pericolo e linsufficienza navale della flotta franca per
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difendere il Mediterraneo, Carlo mand il cugino Wala con lincarico di migliorare la flotta. Le misure prese ebbero molta efficacia, la flotta musulmana fu sconfitta al largo della Sardegna, mentre un'altra piccola parte per saccheggiava la Corsica. Lanno dopo i pirati furono intercettati presso Maiorca dal conte dAmpurias. Il battagliare sul Mediterraneo rester un problema per molti anni a seguire, ma il fatto che la flotta franca riusc a tener testa e controbattere colpo su colpo i Saraceni ci mostra come le sue doti fossero superiori a quelle che si era tradizionalmente creduto.

5.8 La Divisio regnorum dell806 Fra le molte preoccupazioni che assorbono Carlo non mancano quelle interne. Tra queste la pi pressante non veniva da qualche trib nemica ma dal suo stesso sangue: la spartizione nel regno tra i suoi tre figli. La legge franca dava diritto a ciascun maschio di spartire leredit paterna. A ci neppure limperatore poteva opporsi. Ma nell806 alla dieta di Thionville, Carlo eman il provvedimento noto come Divisio regnorum, secondo cui dopo la sua morte il regno su cui governava sarebbe stato suddiviso in tre regni da attribuire ai tre figli maschi: Carlo, Pipino e Ludovico5. A questi si dovrebbe aggiungere il primogenito Pipino il Gobbo, rinchiuso in un monastero dopo aver cospirato contro il padre, ma la decisione di escluderlo dalleredit era anche precedente a questa vicenda, in quanto considerato illegittimo vista lunione matrimoniale
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pagg. 378-379-380.

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dal quale deriva (causa delle nuove regole matrimoniali predicate dallepiscopato). Il fatto di dividere il regno, trattandolo infondo come propriet privata, port, secondo alcuni, il sovrano a contraddire ci che aveva detto negli anni nei suoi capitolari. Diversa invece linterpretazione di chi vede la volont di Carlo di salvaguardare i diritti di ognuno dei suoi figli, notando che il Divisio regnorum non distrugge limmensa costruzione politica pazientemente edificata. La spartizione, per essere a pieno compresa, deve essere vista come il punto di arrivo di una lunga sequenza di decisioni. Gi nel 781 alla sola et di quattro e tre anni, Pipino e Ludovico vennero consacrati re dItalia e DAquitania. Al primogenito Carlo invece non fu consegnato, per ora, nessun regno. Egli era destinato ad ereditare il principale fra i regni paterni. Cos mentre Pipino e Ludovico si instauravano nei loro regni, assistiti da tutori e consiglieri, Carlo rimase al fianco del padre, operando come suo luogotenente, accompagnandolo anche

nellincoronazione dell800. Insomma la Divisio regnorum era una spartizione gi prevista da molto tempo, preservando unuguaglianza tra tutti e tre i figli. Ma la divisione progettata cos accuratamente dal sovrano sub un duro colpo in soli due anni. Nell810, e nell811 Carlo vide la fine uno dopo laltro di due dei suoi tre figli. Carlo, destinato a succedergli sul trono, e Pipino re dItalia. Il vecchio sovrano comprese che lunica cosa da fare era affidare
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il regno sulle spalle dellultimo figlio, Ludovico. L11 Settembre 813 davanti allAssemblea Generale, Carlo riconobbe suo figlio come suo erede, ponendogli sul capo la corona e ordinando di chiamarlo dora in poi Augusto. Solo il regno dItalia salv la sua autonomia, a differenza del regno di Aquitania, di cui titolare era proprio Ludovico. Carlo aveva infatti riconosciuto lautorit del titolo regio a suo nipote Bernardo, figlio di Pipino, che fu incoronato nel 813 dopo Ludovico. Il rapporto tra i regni era variabile a seconda delle esigenze della famiglia imperiale, ma conservava la sua subordinazione al titolare dellimpero. Una nota merita un aspetto non di poco conto: lusanza di incoronare il nuovo re, con il padre ancora vivo, era un usanza che Carlo import da Bisanzio. Ci simboleggiava come, nonostante i contrasti e il riconoscimento se pur a fatica del titolo di Augusto per gli imperatori franchi, i due regni guidavano a braccetto il popolo cristiano, uno ad Oriente e uno ad Occidente. Sotto tale connotazione, lincoronazione di Ludovico non risuona come un allarme per il mondo cristiano, ma una certezza per Carlo, quella di aver lasciato al figlio un mondo ordinato e sicuro.

5.9 Il testamento e la morte Oltre allimpero Carlo lasci una cospicua eredit. Questa per non era il regno, che se pur diviso tra i suoi figli, restava sempre res publica e apparteneva alla corona, e perci Carlo non si sogn mai di disporne privatamente. Ci che poteva invece gestire era il tesoro accumulato durante gli anni di regno.
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Eginardo, storico ufficiale di Carlo, ci racconta che il sovrano intendeva dettare un testamento in piena regola, dando un lascito a ciascuno dei suoi figli, anche a quelli nati fuori dal matrimonio. Ma vista la tardiva decisione e il tempo che ci voleva per realizzarla, non riusc completare il testamento. Nel811 aveva per firmato un atto simile e della stessa valen za, conservato nella camera imperiale e di cui si hanno tre parti. Queste vennero ulteriormente divise, tra tutti quelli a cui Carlo aveva lasciato un po del suo tesoro. Ad accompagnare Carlo verso lanno della sua morte, oltre alle pratiche burocratiche si inserirono fatti mistici, segnali, che nel medioevo accompagnavano lavvicinarsi della morte dellimperatore: - dallaumentare delleclissi al crollo del portico di Aquisgrana (che per pi leggenda che verit,visto che il portico croll per usura del legno nel817, tre anni dopo la morte di Carlo); - la caduta da cavallo, dovuta si dice alla visione in cielo di una torcia fiammeggiante che spavent lanimale il quale, cadendo, trascin limperatore con lui. Siamo nel810 durante la spedizione contro i Danesi; - e ancora, nello stesso periodo, la morte dellelefante Abul Abbas regalo di Harn Rashid. Carlo per sopravvisse ancora diversi anni dopo questi cattivi presagi, morendo quattro mesi dopo lincoronazione di Ludovico imperatore, come se avesse sentito che la sua opera fosse finita. Rispedito Ludovico in Aquitania dopo la cerimonia, and a caccia, hobby a cui non rinunci mai, nella foresta di Ardenne. Li prese freddo e si ammal. Decise di restare digiuno aspettando che la febbre passasse come era solito fare, ma con il corpo ormai debole e
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un dolore al fianco, quasi di sicuro polmonite, non resistette. Mor il 28 Gennaio 814, alle nove del mattino, dopo aver ricevuto lEucarestia. Il corpo preparato fu sepolto nelle Cappella Palatina, anche se il sovrano non aveva lasciato direttive specifiche per dopo la sua morte. Carlo era morto, dopo quarantasei anni di regno, cera chi si rallegrava, perch i tempi stavano per cambiare (?), altri invece si sentirono smarriti. Ma non cera motivo, la corona era nelle mani di un legittimo erede evitando lotte e guerre di successione.

CAPITOLO II
1. Lassetto italiano

Col Divisio regnorum dell806, che si rifaceva ai criteri della tradizionale legge salica franca risalente al VI secolo, Carlo Magno defin i territori a sud delle Alpi su cui governava il figlio Pipino. Per Carlo lItalia corrispondeva a quella parte del regno che andava sotto il nome di Longobardia, territorio che si estendeva dalle Alpi fino al ducato di Benevento, con alcune importanti eccezioni: Venezia, i domini bizantini lungo la costa adriatica e il Patrimonio di San Pietro. Quella Longobarda solo una delle tante forme di Italia che si sviluppano parallelamente a questa. Vi era infatti: lItalia della Chiesa (con il centro a Roma), lItalia dei ducati longobardi di Spoleto e Benevento e lItalia bizantina sparsa un po a macchie su tutta la

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penisola, da Venezia a Ravenna, dalla Puglia alla Campania. Proprio da quando gli interessi papali si mescolano con quelli di Carlo Martello comincia a crescere anche lautorit politica dei vescovi di Roma. Tale autonomia messa in pericolo dallambizione dei re longobardi che miravano ad espandere i propri possedimenti anche allItalia centrale. A dire il vero per lunico pericolo cui sarebb ero andati incontro i vescovi era diventare vescovi di corte. Da qui lidea della redazione del famoso falso della << Donazione di Costantino>>, documento che accertava la concessione fatta dal Costantino il Grande al papa Silvestro I dellintero impero dOccidente. Non era solo la presenza del centro della cristianit a caratterizzare lassetto italiano. Lincontro di popolazioni romane e minoranze germaniche aveva prodotto un assetto sociale che mostrava in primo luogo un popolo unico ed unito, differente dalla coesistenza di popoli diversi come accadeva per le popolazioni franche. Anche il peso delle strutture ecclesiastiche era diverso tra i due regni. La rete di rapporti tra gli apparati laici merovingi e gli episcopati, occupati da uomini politicamente influenti, non era riproducibile, nonostante i numerosi tentativi, dallamministrazione longobarda. Questo perch i Pipinidi-Carolingi avevano tratto dai numerosi possedimenti ecclesiastici i benefici da concedere ai propri fedeli. Questa mancanza di organizzazione era uno dei motivi della minor compattezza dellaristocrazia longobarda attorno al re.

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2. I Franchi e il regno Longobardo, linizio del conflitto

Lo scontro tra Franchi e Longobardi non da far risalire alla sola chiamata daiuto fatta dal papa Adriano contro linsolenza dellimperatore Desiderio. Ben pi profonde sono le ragioni di questo scontro. Nei secoli precedenti infatti i Franchi, oltre che con il papato, avevano avviato rapporti anche con il successore di Astolfo, Desiderio, che cerc di percorrere pi strade per tentare di rafforzare il proprio potere andando ad assumere una fisionomia sempre pi minacciosa per la Chiesa. Fra il 771 e il 772 si susseguirono tre eventi fondamentali: - un tentativo, da parte di Desiderio, di riavvicinamento con i Franchi. Egli cerco di riprendere la via seguita da Liutprando (712744), nel periodo non conflittuale tra franchi e longobardi (in quel periodo infatti Carlo Martello, secondo antica usanza germanica, aveva mandato il figlio Pipino alla corte di Liutprando, affinch gli tagliasse i capelli. Questa usanza aveva creato un legame quasi familiare, pi forte di qualsiasi alleanza politica momentanea). Ma nella realt in cui si trovavano Franchi e Longobardi, un rapporto come quello tra Pipino e Liutprando era improponibile. Lequilibrio tra i poteri era profondamente alterato; - nel periodo di instabilit dopo la morte di Pipino, quando i suoi due figli Carlo e Carlomanno si scontravano per la corona regia, Carlo spos la figlia di Desiderio, Ermengarda, anche sotto la pressione della madre Bertrada, che preoccupata dal momento di debolezza del regno prefer instaurare rapporti di parentela con un possibile
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antagonista. Ma la strategia intrapresa da Desiderio, visti anche gli sviluppi della storia della corona franca, era semplice. Scappati in Italia e proprio alla corte longobarda, dopo che Carlomanno era morto e Carlo aveva preso il potere, il re longobardo cerc lalleanza della vedova del fratello di Carlo, invogliandola a rivendicare per il figlio leredit del re morto e cercando di creare cos una paralisi nella potenza franca dividendo la corte in due parti rivali. Ma il suo piano non diede esito positivo; - il sovrano longobardo, appariva come un pericoloso impedimento alla realizzazione della res publica Romanorum: ideale di chiesa universale, che muoveva la curia romana. Gi nel 772-73 Desiderio aveva provato addirittura ad entrare a Roma ma era stato bloccato dalla minaccia di scomunica lanciata da Adriano I6. Anche da parte franca, la presenza longobarda era vista come un impedimento alla realizzazione di un vasto regno sovranazionale, legittimato dallappoggio papale. Di l a poco Carlo sar chiamato in Italia da papa Adriano I, cos come i suoi antenati, per mettere fine alla minaccia dei Longobardi. Carlo per tent prima di ricucire i rapporti tra Desiderio e il papa senza luso della violenza. Chiese al ex suocero di pagare al pontefice, come risarcimento per i danni subiti, 14.000 monete doro. Latteggiamento di Carlo sottolinea come i rapporti con i longobardi non siano del tutto di inimicizia. Il negoziato fall e vista anche linsistenza del papa, che mirava a liberarsi una volta per tutte della minaccia longobarda, Carlo cominci a pianificare la campagna in Italia.
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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pag. 17.

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Se queste sono le origini storiografiche, la letteratura fa originare il conflitto con il ripudio da parte di Carlo della moglie longobarda, per poi sposarsi con Ildegarda, figlia del duca alamanno Goffredo. Il ripudio, la cui causa spiegata col fatto che la prima moglie di Carlo era pagana e questi su pressione della chiesa avrebbe dovuto trovarsi una moglie cristiana, difficilmente poteva essere la causa scatenate del conflitto, ma era un chiaro segno di rottura. Quando a Carlo giunger la richiesta di Adriano, i rapporti franco-longobardi erano gi deteriorati.

3. Un passo indietro

Nellinvocare laiuto del re franco Adriano I ripeteva quanto nel 754 aveva gi fatto il suo predecessore Stefano II con Pipino, e ancora prima Gregorio III con Carlo Martello. Tutte e tre le chiamate avevano un solo obiettivo: tutelare la Chiesa di Roma e i suoi confini dalle mire dei vari sovrani longobardi. Nella prima, Carlo Martello, fu dipinto come il vero re dei franchi agli occhi di Dio (in realt era ancora maestro di pal azzo, il re in carica era ancora il merovingio Childerico) nel suo intervento invocato da papa Gregorio III contro la minaccia di Liutprando. Nel 754, il successore di Gregorio III, Stefano II, chiam in Italia Pipino, il padre di Carlo Magno, per respingere gli attacchi del re longobardo Astolfo. Assediato nella citt di Pavia fu costretto alla resa, per poi nel 756 riprendere le ostilit ed essere definitivamente sconfitto, trasformandosi da avversario a cliente. Alla chiamata si accompagn il riconoscimento per il condottiero franco del titolo di patrizio dei Romani.
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Per Pipino, questa fu loccasione per legittimare il proprio potere col riconoscimento papale, dopo aver deposto nel 751 lultimo re merovingio Childerico III. Le due spedizioni, con le quali nel 754 e 756 Pipino sconfisse Astolfo, consegnando al pontefice i territori di Esarcato e la Pentapoli, erano perci quasi dovute al papa. Ma le spedizioni di Pipino non anticiparono solo militarmente quelle di Carlo. La richiesta del papa a Pipino, come quella a Carlo Martello, suona come l ordine di San Pietro di liberare la Chiesa dalloppressione della pessima Longobardorum gens7. I Franchi venivano cos posti come i difensori della Chiesa di Roma, carattere che poi permetter il successivo innalzamento al rango imperiale per i re franchi . I Longobardi incarnavano invece il popolo barbaro. La lettera di Stefano II vuole inoltre rinforzare il ruolo della Chiesa romana rispetto le altre sedi episcopali. Le pressioni dei sovrani longobardi infatti, facevano sentire la chiesa sempre pi schiacciata dai loro possedimenti. Il rischio che spaventava i papi, oltre a quello di essere emarginati in un ruolo secondario, era di diventare vescovi di corte di un governo longobardo esteso a tutta la penisola. Non a caso proprio della met del secolo VIII, durate il pontificato di Paolo I (757-767), che fu elaborata la Donazione di Costantino: famoso falso secondo il quale limperatore Costantino (312-337), dopo essere stato curato dalla lebbra dal papa Stefano I ( 314-337), avrebbe ceduto lImpero dOccidente alla Chiesa per poi
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004 pag. 30.

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ritirarsi nei territori dove fond Costantinopoli. Il falso per ebbe pi successo nellepoca successiva a quella carolingia. Non sapremo mai se il suo fine sia stato di rilancio dei ruoli universali dei vescovi di Roma nei confronti dei re longobardi, franchi o bizantini ispirati da un idea di res publica cristiana che si sviluppasse nellambito di un impero <<romano>>. Resta per importante da ricordare che il falsario del secolo VIII cerc a suo modo di ripristinare nellimmagine composita del papa quasi imperatore i valori di unantica tradizione il cui vero senso era andato smarrito, ma di cui persisteva ancora un vago sentore. Immagine smarrita anche a causa del distacco da Bisanzio, incapace di ergersi a protettore della Chiesa dagli aggressori, vista anche la lontananza e con una nuova posizione ben distinta sul piano dottrinale favorevole alliconoclasmo.

3.1 La Spedizione del 773-774

La spedizione franca contro Desiderio fu organizzata in due corpi separati. Uno con Carlo alla guida. Laltro con lo zio Bernardo. In termini logistici il problema era semplice: superare le Alpi. Due erano le strade romane che avrebbero permesso il passaggio allesercito: la pi diretta era la via Francigena che da Lione discendeva poi nella Valle di Susa verso Torino, la seconda era quella del Gran San Bernardo. Entrambi i confini per erano ben chiusi e controllati dai longobardi, visto che i confini allora non correvano come oggi sullo
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spartiacque alpino, ma allimbocco della pianura. Le Chiuse si presentavano quindi come un insieme di fortificazioni e barriere doganali ed erano state ulteriormente rinforzate visto lesito delle guerre contro Pipino. Inoltre non da stupirsi che i Franchi una volta conquistata la Valle di Susa e la Valle dAosta, conservarono gelosamente il controllo di questi due importanti passaggi. Lesercito fu riunito a Ginevra, posto scelto per un motivo strategico preciso: la sua posizione geografica. Da l era possibile prendere entrambe le strade, e visto che per radunare lesercito, proveniente dal vasto regno franco, occorreva almeno un mese, il nemico avrebbe avuto il tempo di conoscere il luogo dove si radunavano pur non sapendo da quale lato sarebbe arrivato il colpo, ecco perch la divisione dellesercito in due gruppi. Lesercito di Carlo, nellestate del 773 valic le Alpi orientali dal Moncenisio, quello di Bernardo dal valico di Mons Iovis, odierno Gran San Bernardo, per incontrarsi poi presso le Clausae Langobardorum, corrispondenti alla futura Chiusa di San Michele. Questa fu un impresa paragonabile a quella di Annibale. La cronaca del monastero di Novalesa, condita di aspetti romanzeschi, ci informa che Carlo riusc ad arrivare a Torino anche grazie allaiuto di un giocoliere longobardo, sostituito dal diacono Martino, strumento della volont di Dio, nellAdelchi di Manzoni. Lo scontro tra le armate si svolse nella bassa valle di Susa (773). Dal Piemonte, sbaragliati i Longobardi una prima volta, Carlo si diresse a ranghi riuniti verso Pavia, capitale del regno longobardo, dove il re Desiderio aveva organizzato la difesa. La citt posta sotto

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assedio per pi di un anno, si arrese nel 7748. In quellanno, con Pavia ancora non conquistata ma sicuro della sua caduta, Carlo si rec a Roma da papa Adriano per festeggiare la Pasqua. Il motivo pi importante del soggiorno per fu la ridiscussione dei negoziati tra il re e il papa, stretti ventanni prima fra Pipino e Stefano II. Il patto vedeva la penisola con una sovranit cos divisa: tre quarti in mano alla Chiesa di Roma, vuoi anche per lo spirito della << Donazione di Costantino >>, i franchi nelle zone alpine e prealpine con centro a Pavia e un ruolo marginale a Bisanzio su Calabria, Sardegna e Sicilia. Sembra strano che Carlo e anche Pipino stesso abbiano accettato un impegno del genere. Lunica spiegazione pu trovarsi nel fatto che quando Carlo si rec a Roma la guerra con i longobardi era ancora in corso e quindi gli assetti della penisola ancora da definire. Infatti appena assunta la corona di re dei Longobardi, Carlo decise di ripensare a quella decisione concentrando lintero regno longobardo in quello franco. Se Carlo avesse accettato una simile organizzazione, questo avrebbe significato la dissoluzione del suo nuovo impero (nel medioevo infatti un impero non poteva essere considerato tale se in esso non era annesso anche il regno italico). A Roma fu lasciato lantico ducato, accresciuto della Sabina e i territori dellEsarcato e della Pentapoli, assumendo, fin dal VIII secolo, il profilo pi o meno definitivo dellattuale Stato Pontificio. Con la presa di Pavia, Desiderio fu fatto prigioniero, mandato a finire i suoi giorni nel monastero di Corbie e il suo tesoro diviso tra i conquistatori; il figlio Adelchi, dovette rifugiarsi in Grecia, presso i bizantini, diventando per anni figura della resistenza longobarda e
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004. pag. 33.

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assumendo un alone quasi mitico. Anche dopo due secoli dalla sua morte, Adelchi appariva ancora come lincarnazione del pericolo Longobardo, restato quieto per gran parte della dominazione franca, ma pronto a violente e improvvise rivolte. Lazione militare di Carlo in Italia fu veloce e incisiva, come repentino fu anche labbandono per una nuova campagna altrettanto importante, la guerra contro i Sassoni. Intorno alla spedizione in Italia resta un punto da chiarire: qual era la presenza franca in Italia prima della spedizione del 774. Presenza sporadica seppur continua, in molti casi si trattava di pellegrini diretti verso Roma. Alcuni monaci giunti in Italia come pellegrini, diedero vita a importanti fondazioni monastiche lungo tutte le vie di comunicazione o, a volte, anche in luoghi appartati. Questi, fondate delle piccole comunit, nel 774 furono

importanti punti di riferimento durante la campagna di Carlo, mentre prima erano stati centri di rifugio per personaggi politici franchi caduti in disgrazia. Ad esempio il fratello di Pipino, Carlomanno, un volta che abbandon la guida del regno, si ritir fattosi monaco sul monte Soratte, dove fond un monastero. Ma se come ci racconta lo storico franco Eginardo, Carlomanno abbandon la lotta politica per ricercare la pace dello spirito, fall nel suo intervento perch disturbato dia continui pellegrini franchi. Decise cos di trasferirsi a Montecassino. Questa vicenda ci permette di capire che la presenza franca era presente gi prima della campagna del 774 e non fosse del tutto
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irrilevante. Essa tuttavia era legata per a vicende individuali o alla vita monastica, in entrambi i casi per priva di un disegno politico consapevole.

4. Dai primi anni di dominio franco alla divisione delle corone e la nomina del rex Langobardorum

Non si hanno stime precise di quante vite umane cost la spedizione Italiana di Carlo. Come ogni impresa bellica fu drammatica per la popolazione conquistata. Carlo regol in fretta lorganizzazione del regno perch il suo intervento era richiesto altrove, contro i Sassoni. Il re mantenne inalterato lordinamento amministrativo, basato sugli antichi duchi longobardi. Questi ultimi rimasero in carica anche per un altro motivo forse pi importante: allinterno del regno di Desiderio erano infatti presenti molti dissidenti e lelezione di questo da duca di Tuscia a re nel 756 a scapito del duca del Friuli Rotgaudo, non aveva fatto altro che aggravarli. I dissidenti non erano disposti a tributargli fedelt, ecco perch Carlo nei primi tempi, spinto anche dallincombenza della campagna in Sassonia, non ritenne necessario sostituirli. Esiliati gli oppositori, mantenne in carica quelli che gli prestarono giuramento di fedelt: Rotgaudo in Friuli, Stabilino a Treviso etc. La parziale assunzione del sistema amministrativo longobardo da parte di Carlo sembra per pi una necessit, visto che la conquista
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franca non fu accompagnata da migrazione di popolo. Essa fu essenzialmente un governo di occupazione. Non demorse cos chi ancora credeva nel regno longobardo, particolarmente nellItalia nord-orientale e nel ducato di Benevento. Visto il debole controllo delle maglie franche, le rivolte non mancarono ad arrivare. Nel 775, con Carlo impegnato in Sassonia, si diffuse una sollevazione partita dai duchi Rotgaudo e Stabilino, appoggiati dal duca di Baviera Tassilone, preoccupato che il suo ducato diventasse provincia franca come puntualmente avvenne nel 788. I rivoltosi erano animati dalla speranza di ripristinare il regno Longobardo. Carlo allora scese di nuovo in Italia per restarci dal Natale 775 fino a Pasqua dellanno seguente, annientando i ribelli tra il febbraio e marzo del 776 in Friuli. Una considerazione sullo scontro va fatta vista la diversit in cui gli annali lo raccontano: per gli annali Regi, Rotgaudo mor in battaglia e Carlo riconquist tutte le citt ribelli, ponendo a loro capo uno dei conti franchi e celebrando la pasqua a Treviso; per il cronista longobardo Andrea da Bergamo, che scrive per un secolo dopo, i duchi ribelli affrontando il sovrano franco al ponte della Livenza fermarono il suo esercito e Carlo accett di lasciare i duchi al loro posto in cambio di un giuramento di fedelt. Dal 776, dopo la promulgazione del suo primo capitolare teso a ridimensionare il ruolo dei potents longobardi, fu avviata una fase di migrazione di lites di classe dirigente, composta in gran parte da persone di etnia franca o etnie a essa strettamente collegate (Burguinti, Alamanni e Bavari). Ci comunque non port allesclusione dei longobardi dai
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compiti politici, amministrativi e militari. Essi per divennero sempre meno numerosi e sempre meno legati alle rete istituzionale dei poteri, i vassi. Nonostante la sconfitta di Rotgaudo e dei suoi seguaci, non era morto il sogno di restaurare il regno longobardo. Attorno al 786 una nuova sommossa antifranca sorse nel ducato di Benevento, rifugio dei longobardi. I longobardi beneventani nei primi dieci anni del regno franco avevano attuato una costante opera di disturbo, prestando le loro forze non solo alle truppe Longobarde, ma anche a Saraceni e Bizantini che tentavano incursioni nelle zone costiere del Lazio. Proprio su Arechi, duca di Benevento, e su Adelchi limperatore bizantino Leone IV il Cazaro contava per ostacolare lascesa di Carlo e del giovane Pipino. Ma la morte di Leone indebol lopposizione longobarda, visto che la vedova dellimperatore, la regina Irene, avvi una politica di avvicinamento ai franchi e alla chiesa di Roma. In questo contesto, conclusa la guerra con i Bretoni, Carlo decise di scendere in Italia (siamo verso il Natale del 786) con il suo esercito, formato da Franchi, Sassoni, Alamanni, Longobardi e Burgunti, e accampatosi a Capua era pronto a invadere il ducato. Arechi, probabilmente consapevole della differenza delle forze in campo, mand in pegno al sovrano franco i suoi due figli Romualdo e Grimoaldo pi uningente somma di denaro, in cambio di una resa dignitosa. Carlo accett la richiesta, trattenne con se uno dei due figli e una volta che ebbe ottenuto il giuramento di fedelt torn oltralpe. Ma la questione del ducato di Benevento era stata solo
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parzialmente disinnescata. Nuove difficolt sorgono dopo la spedizione, quando nel 787, alla morte improvvisa di Arechi e Romualdo, si pose la questione della successione. Grimoaldo, lerede pi diretto, era stato preso in ostaggio da Carlo, che ora poteva incorporare a se il ducato. Ma le cose non andarono proprio cos. A Carlo si presentava loccasione di demolire la figura di Adelchi, che appoggiato da forze bizantine, decise di intervenire vista la condizione in cui verteva il ducato. Ma ci al principe longobardo fu fatale. Grimoaldo, insediato capo del ducato da Carlo, percepita come pericolosa per la propria carica la strategia di Adelchi con un esercito composto prevalentemente da Franchi mise fine alle mire longobarde. Il sogno di un unico fronte longobardo, antifranco, tramonta definitivamente perch negli stessi anni Carlo sconfigge lultimo possibile alleato esterno dei longobardi, Tassilone duca di Baviera. Con lannessione del ducato, il regno italico confinava ora solo con territori inseriti a pieno titolo nel regno franco. Da questo punto prosegu lintegrazione del regnum

Langobardiae nellordinamento franco, sostituendo alla classe dirigente longobarda una nuova elite franca. Furono introdotti capitolari che introdussero misure per adeguare la giustizia e lamministrazione a quella degli altri domini f ranchi. In questo periodo di cambiamento va menzionato un elemento importante, ma per fare ci bisogna tornare indietro di circa sei anni : la separazione delle corone di Italia e Francia, con la nomina del

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nuovo rex Langobardorum9. Nel giorno di Pasqua del 781, papa Adriano I ribattezz il giovanissimo figlio di Carlo Magno, Carlomanno, in Pipino: chiaro richiamo al padre di Carlo e alla collaborazione proficua tra Franchi e Chiesa. Oltre al battesimo fu celebrata anche la cerimonia dellunzione (rito barbaro che dava sacralit allautorit regia). Tra i carolingi il primo a ricevere lunzione era stato proprio Pipino, padre di Carlo. Tramite questo rito, ora anche il nuovo Pipino elevato a un livello di semisacralit: sovrano scelto da Dio. Per la prima volta dopo la caduta dellImpero romano in Italia veniva legata strettamente la legittimit della corona con la sacralit del re. Ci port: - a chi ancora sperava nel ritorno di Adelchi, vedi i ducati di Spoleto e Benevento, una sorta di resa al poter franco; - una formalizzazione dellasse di privilegio tra la famiglia di Carlo e la chiesa di Roma. Pipino mantenne la sua carica di rex Langobardorum per circa trentanni, ma non fu mai indipendente. Nei primi anni di vita i compiti di amministrare il regno furono svolti da Waldo abate dellabazia di Reichenau, Rotchild e Adalardo di Corbie (cugino di Carlo): i bauli (tutori del sovrano). La scelta di tre personaggi cos importanti sottolinea: - la centralit che il regno italico aveva per Carlo; - che anche se autonomo, il regno restava sempre diretto da
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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pag. 25.

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uomini di fiducia dellimperatore. Per quanto riguarda la vita e il regno di Pipino, possediamo poche fonti. Da queste viene fuori che Pipino era un sovrano che incarnava le principali virt del sovrano: buono, pio, bello e valoroso in guerra. Questultima era sicuramente larte in cui il sovrano dItalia si distingueva. Infatti fu a lungo impegnato nelle campagne contro Venezia e Benevento (in una di queste spedizioni riporta una grande vittoria e la conquista della citt di Chieti, 812) e ancora contro gli Avari nel estate del 796. Queste vittorie contribuirono a celebrarlo come

Christianissimus princeps. Nel primo decennio del secolo IX, lItalia quindi si trova nel mezzo di un periodo di assestamento, scaturito dalle lotte e dalle trasformazioni degli anni precedenti. Attraverso nuovi capitolari, lordinamento del regno italico era condotto sempre pi alla somiglianza di quello franco, con la costante emarginazione dellelites longobarda e la valorizzazione dei missi. Complicato restava invece il rapporto con Benevento. Il duca Grimoaldo, infatti, una volta consolidata la sua posizione venne meno al giuramento fatto a Carlo. Anche dopo trentanni dalla vittoria di Carlo i focolai longobardi restavano sullo sfondo delimpero Franco, sfuocati al nord, pi caldi nella parte meridionale. Siamo tra l806 e l812, con Pipino re dItalia e la morte del duca Grimoaldo, il figlio di questultimo, anche lui di nome Grimoaldo, riconobbe la sovranit del re franco e restituiva la citt di Chieti. Non pi semplice fu la situazione sul confine orientale.
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L il regno dItalia visse un periodo di conflittualit legato alla citt di Venezia che, sotto il dominio bizantino, creava le basi per il suo futuro splendore. Il quadro di Venezia, vista la mancanza di fonti risalenti a prima del X secolo, mostra una situazione di continue lotte interne tra le varie fazioni. Caduto il regno longobardo la citt ebbe una spaccatura tra chi sosteneva il nuovo sovrano franco e chi invece era nettamente pi vicina a Bisanzio, tra questi il doge di Venezia e il patriarca di Grado. Nel 808 Pipino, dopo una prima fase in cui sembrava che a Venezia prevalesse il partito franco prima della reazione bizantina, strinse una tregua con Venezia vista la momentanea debolezza militare. Nel 810 ripart subito con loffensiva, approfittando anche della crisi di Bisanzio (limperatore Nicefero I Logotea, dopo aver deposto la regina Irene, doveva far fronte a molte fazioni avverse). La sottomissione di Venezia, cos comera toccata a Benevento, fu sancita dal pagamento di un considerevole tributo annuale. La morte improvvisa di Pipino, nell810, imped una chiusura definitiva della questione veneziana. La lotta per non era solo militare, politica ed economica. Ci evidente dal fatto che lo stesso Carlo scese in campo, per dirimere una controversia a lui molto a cuore: il riconoscimento da parte bizantina del suo titolo dimperatore. La vicenda si concluse nel 812 con la pace di Aquisgrana, solennemente celebrata nella chiesa di Santa Maria. Qui gli ambasciatori di Michele I, successore di Niceforo sul trono di Bisanzio, salutarono Carlo col titolo di basileus.
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Venezia

cos

tornava

nellarea

di

egemonia

bizantina,

continuando per probabilmente a pagare un tributo ai Franchi.

5. Verso nuovi assetti e un nuovo sovrano: lItalia e Ludovico il Pio

La morte di Pipino riapr la questione di successione sul territorio italiano. Lunico figlio maschio del defunto sovrano, Bernardo, aveva allepoca solo 13 anni. Vista la sua giovane et, il regno per il primo periodo fu assegnato ad alcuni messi imperiali, tra cui di nuovo lesperto Adalardo di Corbie, gi maestro del padre. La designazione ufficiale di Bernardo a re dItalia avvenne nel corso della dieta di Aquisgrana dell812, dopo la quale scese in Italia alla corte di Pavia. Lanno successivo, in una dieta che si tenne sempre ad Aquisgrana in Settembre, Carlo compie due importati azioni: - nomina il suo unico figlio maschio rimasto in vita, Ludovico, discendente al trono imperiale; - fa si che i grandi dellImpero acclamassero Bernardo rex Langobardorum, sanzionandolo con quel titolo regale:

nellamministrazione del regno italico nulla veniva cambiato rispetto allet di Pipino. Carlo inoltre nei mesi precedenti la sua morte, cerc di predisporre tutto per il definitivo passaggio del trono al figlio Ludovico il Pio (814-840). Ma lItalia non fu certo il luogo pi tranquillo durante il regno
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del futuro Imperatore. La rottura col passato, e quindi con Bernardo, non fu immediata. Anzi, lo zio invit il nipote a partecipare allassemblea generale di Aquisgrana, del Luglio 814, dove prest giuramento al nuovo sovrano per poi dirigersi a Roma e agire come vicario dellimperatore in aiuto di papa Leone III alle prese con dei rivoltosi. Negli stessi panni, e qualche anno dopo, Bernardo apparve quando scort in Germania il nuovo pontefice Stefano V sino ad Aquisgrana, dove questi celebr la cerimonia dincoronazione di Ludovico. Lassemblea di Aquisgrana nel Luglio dell817 approv un documento di estrema importanza: lOrdinatio imperii, atto con il quale Ludovico volle ridisegnare gli impianti dei territori a lui soggetti. Tre le nuove disposizioni, una prevedeva che alla morte del sovrano il regno fosse cos diviso: - la sovranit sullintero impero sarebbe passata nelle mani di Lotario: il primogenito; - Ludovico e Pipino, i figli minori, avrebbero ricevuto col titolo di re, i territori tedeschi ( Baviera, Marca orientale e al Carinza) e quelli francesi (Aquitania, Guascogna, Marca di Tolosa e parte della Settimania e della Borgogna). Nelle divisioni per non si faceva nessun riferimento allItalia e a Bernardo, assenza non casuale. Sulla rivolta di Bernardo, possediamo due gruppi di fonti: - la cronachistica ufficiale, di parte imperiale, scritta da Eginardo (gli Annales), le biografie di Ludovico o gli Historiarum libri di Nitardo. Questi enfatizzano il ruolo negativo dei consiglieri di
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Bernardo, attenuando le colpe del giovane re; - una cronachistica schierata al fianco di Bernardo, che vede le azioni del re opposte agli intrighi di corte pianificati dallimperatrice Ermengarda10. Gli Annales regni Francorum, prima di riportarci come andarono le vicende, ci informano come gli alleati di Bernardo fossero personaggi di cui conosciamo solo i nomi. Ci si nota anche nelle vicende. Ludovico infatti fu informato delle azioni di bernardo dal vescovo di Verona, Rataldo, e dal conte di Brescia, Suppone, che, drammatizzando un po le vicende, informarono il sovrano che il re dItalia stava rafforzando le difese dei valichi alpini e che tutte le citt appoggiavano il suo piano. Dopo tali notizie, in parte vere e in parte false come ci ricorda Eginardo, Ludovico era pronto a mobilitare tutto lesercito. Ma prima che la guerra avesse davvero inizio, Bernardo e i pochi che lo appoggiavano, spaventati, si consegnarono allimperatore sperando nella grazia. Processati dal tribunale di Aquisgrana, i rivoltosi furono condannati a morte. Ma Ludovico cambi loro la pena in accecamento, diversamente da Carlo che in casi simili optava per la clausura in monastero. La sorte di Bernardo per fu ben misera, accecato in modo cruento sent dolori talmente lancinanti da morire dopo tre giorni. Ma la rivolta di Bernardo ha una significato particolare, viene infatti vista come la rivolta dei legittimisti italici che vedevano in Bernardo lerede designato da Carlo, quindi legittimo detentore della corona italica.
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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pagg. 33-34.

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A muovere la guerra fu una legittimit ritenuta infranta, ma questi sono aspetti che approfondiremo pi avanti. Unultima cosa sulla rivolta di Bernardo: questa non fu di connotazione nazionalista, ma una presa di posizione di quegli ambienti bruscamente emarginati da Ludovico nei suoi primi anni di governo. Dopo la morte di Bernardo, prima che il regno italico fosse assegnato da Ludovico al figlio Lotario, che gi da un po divideva col padre la guida dellImpero, si apr una piccola fase di vuoto o intermittenza del potere nel regno dItalia che lasci spazio alle iniziative autonome di conti e vescovi. La prima storica rivolta di un carolingio contro il suo imperatore fu scatenata in gran parte proprio dal nuovo assetto dellimpero da poco prefigurato da Ludovico, inoltre proprio per il suo stretto legame con limpero,la presenza di Lotario in Italia non fu costante. LItalia restava legata allimpero pi delle altre provincie, visto che il re dItalia spesso coincideva con lImperatore. In Italia pi che negli altri regni perci osservabile il mutamento della forma stessa del potere imperiale. Lotario giunse in Italia la prima volta solo nell822, ma fino all830 la sua azione fu subordinata a quella del padre. Il suo operato era di semplice esecutore del volere paterno. La scarsa presenza del re, diede modo ai marchesi e ai duchi di rafforzare le loro posizioni. Ad affiancare Lotario nei primi anni di regno fu chiamato Wala, cugino di Carlo Magno, caduto in disgrazia dopo le epurazioni dellOrdinatio imperii. Nella Vita, Wala presenta una situazione allo sbando, con le
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concessioni fatte per creare coesione intorno allimperatore che avevano alimentato la formazione di dominazioni locali le quali andavano erodendo il significato delle circoscrizioni pubbliche. Le questioni italiane tra l830 e l840 sono legate alle continue tensioni che scossero il regno durante il governo di Ludovico. Qui di nuovo storia e legenda vanno a mischiarsi. Gli Annales regni Francorum narrano che Ludovico, rimasto vedovo dopo la morte di Ermengarda, medita lidea di ritirarsi in convento, cosa che avrebbe portato conseguenze disastrose in un regno gi non troppo stabile. Per far si che il pensiero del sovrano non si realizzasse i dignitari di corte escogitarono uno stratagemma: alla dieta di Aquisgrana dell 819 fecero si che Ludovico incontrasse delle fanciulle sperando che tra una di loro e limperatore scoccasse la scintilla. I loro desideri furono esauditi e Ludovico si innamor di Giuditta, appartenente a una delle maggiori famiglie aristocratiche della Germania meridionale: i Welfen. Che sia realt o leggenda, Ludovico davvero si rispos dopo essere rimasto vedovo, con conseguenze rilevanti negli anni successivi. Infatti nell823 Ludovico e Giuditta ebbero un figlio che allert la base sulla quale si fissavano le successioni dellimpero, sancite dall Ordinatio dell 817. Al figlio fu dato il nome di Carlo, con un programma che sembrava chiaro. Una cosa accumuna le due mogli di Ludovico: entrambe ricalcano il clich della regina perfida (a Ermengarda imputata la colpa ad esempio della fine del giovane Bernardo), autrice di torbide manovre, secondo il modello che Procopio Cesarea fece di Teodora la
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moglie di Giustinano nelle sue Carte segrete. Le modifiche non tardarono ad arrivare, e nellAgosto dell 829, nella dieta convocata a Worms, Ludovico procedette a modificare lOrdinatio assegnando al figlio Carlo di soli sei anni: Svevia, Alsazia, il distretto di Coira e parte della Borgogna. Il procedimento fu lecito, ma danneggiava Lotario, ripercorrendo quasi le vicende di Bernardo. Lotario per era in una posizione pi solida, proprio grazie alla norma dell817. Ma le preoccupazioni non finivano l per il sovrano dItalia. Giuditta aveva sistemato con propri uomini di fiducia la corte di Ludovico. Ci port Lotario e gli altri come lui legati alla tradizionale idea di impero, i cosiddetti imperialisti, a cercare di ostacolare le nuove disposizioni mettendosi anche contro il padre Ludovico. La guerra fu combattuta non sul campo ma dietro le quinte. Dopo un iniziale vantaggio di Lotario, Ludovico torn ad avere in mano la situazione presentandosi alla dieta di Nimega dell830 con lappoggio degli altri due figli, Pipino e Ludovico e quindi in una posizione di forza. Lotario fu costretto a giurargli fedelt pubblicamente, vedendo la sua posizione sempre pi indebolita. Le cose cambiarono per gi un anno dopo. I tre figli del re, accolto in malo modo il progetto di una nuova Ordinatio, si allearono contro il Padre sfidandolo nella battaglia di Kolmar (831). Pi che una battaglia, questa fu un rincorrersi di promesse, lusinghe, tradimenti che portarono Ludovico il Pio ad arrendersi
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perch il suo accampamento era praticamente vuoto. Il trono imperiale cos vacante fu affidato a Lotario, anche se la carica del nuovo sovrano dur poco. I fratelli si allearono contro di lui, obbligandolo a consegnare il regno di nuovo al vecchio padre, purificato dalla pubblica ammenda fatta nella cappella di Santa Maria, presso Soissons. Dopo alcune trattative, Lotario riusc ad ottenere di nuovo il regno italico, con la promessa di non oltrepassare mai pi le Alpi. Con Lotario giunsero in Italia anche personaggi importanti per lultimo ventennio di sorti della corona e caduti in disgrazia, come ad esempio Wala. Alcuni dei nuovi immigrati accettarono importanti cariche pubbliche ed ecclesiastiche, sostituendo quei grandi che si erano schierati con Ludovico il Pio. L837 il regnum Langobardorum fu colpito da una grande epidemia, in cui molti di questi funzionari che speravano in un ritorno in Francia persero la vita. Nonostante le perdite laristocrazia rimase al fianco di Lotario per aiutarlo in questo difficile momento. Con la riconferma di Lotario sul trono d Italia si ha il definitivo passaggio del ceto dominante. Se allinizio della campagna di Carlo Magno questo era di maggioranza longobarda, ora si presenta composto per sua maggior parte di Franchi d immigrazione11.

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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pag. 43.

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6. La lotta per il potere dopo la morte di Ludovico il Pio e il nuovo sovrano Ludovico II

Le lotte e le controversie caratterizzano questo periodo. Tre sono le fazioni che troviamo schierate: - Ludovico il Pio, che cercava di far valere la sua autorit tra continui ripensamenti; - Giuditta, che cercava di garantire al figlio Carlo un destino non inferiore a quello dei fratelli; - Ludovico il Germanico, Pipino e Lotario uniti solo in caso in cui venissero minacciati interessi comuni, se no sempre luno contro laltro. Gli schieramenti cominciano a mutare quando, dopo una rivolta di Ludovico il germanico, Giuditta riesce a guadagnare alla propria causa Lotario. Da ci si arriva ad un nuovo atto di divisione promulgato a Worms nel giugno dell839. A Ludovico veniva assegnata la Baviera, a Carlo tutti i territori ad ovest del Rodano, della Saona e della Mosa e a Lotario lItalia pi i territori orientali lungo i medesimi fiumi. Ma lo status quo decretato da Worms si rivel effimero, visti gli argomenti che si stavano per verificare. Il 20 Giugno a Ingelheim mor Ludovico il Pio. Lotario rivendic allora il suo diritto alla successione secondo lOrdinatio dell817, professando quellidea di unit dimpero che trovava il suo seguito nei imperialisti. Accanto ai vecchi sostenitori di sempre, Lotario poteva contare su nuovi alleati come il Drogo di Metz o il figlio di re Bernardo. Tali pretese per non furono accettate dai fratelli e cos il
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giudizio fu messo nelle mani di Dio: battaglia. Gli eserciti di Lotario, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si affrontarono a Fontenoy-en-Piusaye il 25 Giugno 841 dando vita ad una battaglia cruenta che lasci sul campo centinaia di persone. Nonostante il campo avesse dichiarato Lotario sconfitto, questi non si arrese e lo stesso fecero i fratelli. Questi il 14 Febbraio del 842 sancirono col famoso giuramento di Strasburgo unalleanza. Il giuramento fu importante sotto il profilo culturale perch fu redatto in duplice versione, antico francese e antico tedesco. Sotto laspetto delle successioni sanciva il legame tra i due fratelli, ma rimandava la delicata questione del titolo imperiale. La questione comunque non tard a risolversi. Fiaccati dalle guerre, i tre fratelli si riunirono nellestate dell842 presso Macon per trovare un accordo. Il risultato: - Carlo ottenne i territori franchi ad ovest della Mosa; - Ludovico i territori ad est del Reno e a nord delle Alpi; - Lotario i terreni dalla Frisia alla Borgogna, lungo i corsi della Mosa e della Mosella, la provenza e il regnum Italiae. Questo il risultato del trattato di Verdun, agosto 843. Questo lungo periodo di trasformazione del regno aveva tenuto quindi Lotario lontano dal suolo italiano. Il re in persona aveva per dato compito di amministrazione del regno sempre pi al figlio Ludovico, che divenne suo vicario. Dopo Verdun, Lotario rinuncer a svolgere qualsiasi funzione in Italia, lasciando tutto nelle mani del figlio. Ma andiamo per ordine. Alla morte di Lotario nell855 il regno centrale fu cos diviso:
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- i fratelli Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo, ereditarono i regni che spettavano al figlio di Lotario, Lotario II, dopo la sua morte nell869, e cio la Frisa e la Lorena; - a Carlo, altro figlio di Lotario, and il regno di Provenza e il bacino del Rodano; - il primogenito, Ludovico II, ricevette lItalia e il titolo imperiale ormai sempre pi di significato simbolico. Ludovico nell844 fu incoronato da papa Sergio II rex Langobardorum. Il nuovo re era un sovrano atipico. Nato e cresciuto nel cuore della Langobardia, cerc di frenare il processo di disgregazione del regno, venutasi a creare durante gli scontri tra Lotario e fratelli, opponendosi ai vassalli regi come il marchese di Friuli o Spoleto e alle prevaricazioni di altri grandi proprietari.

6.1 Il rapporto con la chiesa e il confronto con i Saraceni.

Il primo compito di Ludovico fu subito il confrontarsi col papato e il pretesto fu fornito dallelezione del nuovo pontefice: Sergio II. Su volont del padre Ludovico, scese in Italia con lesercito per il rituale braccio di ferro col papa risolto con lincoronazione dell844. Non ancora re dItalia, siamo ancora negli anni in cui opera come vicario del padre, Ludovico affront la minaccia saracena che aveva colpito le coste del Lazio, saccheggiato Roma e danneggiato San Pietro. Lotario da un lato fece raccogliere fondi per sistemare i danni, dallaltro con il capitolare De expeditione contra Saracenos facienda, mobilit lesercito contro le continue incursioni.
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La situazione sulle coste italiane era sempre stata di allerta verso le scorribande di arabi provenienti dallAfrica. Le cose per cambiarono intorno ai secoli VII IX. Una delle cause furono i continui scontri tra le diverse fazioni per il ducato di Benevento che chiesero aiuto anche alle truppe arabe. Queste lotte aprirono agli arabi di Sicilia e Africa nuove possibilit di espansione. Da qui appunto avvenne la spedizione a Roma, anche se solo come caso isolato. Le fonti comunque non chiariscono bene i fatti, ma sicuro la spedizione, guidata da Ludovico, si concluse con la cacciata dei Saraceni da parte del territorio beneventano.

6.2 LItalia di Ludovico e i suoi rapporti con la chiesa.

La maggiore presenza del potere regio in Italia dava, dal punto di vista militare, una maggiore stabilit alla Chiesa. Ma al tempo stesso poteva rompere quei meccanismi delicati di rapporto tra papato e impero. Il primo pericolo si avvert quando alla morte di papa Leone IV, avvenuta nel Luglio dell885, Ludovico non in maniera diretta tent di deporre il nuovo papa Benedetto III e di sostituirlo con Anastasio, figlio del vescovo di Orte Arsenio. Avendo per scarsi risultati, Ludovico si inser anche nellelezione del successore di Benedetto, Nicol I (858-867). Qui ebbe un ruolo sicuramente determinante, visto che il nuovo pontefice nomin suo segretario particolare proprio Anastasio. Nicol per non avvio una politica subordinata al sovrano, anzi port avanti la vecchia tradizione di Leone III: una politica finalizzata
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al rafforzamento del ruolo della Chiesa di Roma con il coinvolgimento dellimperatore. Scopo finale del nuovo pontefice era porsi come sommo arbitro della cristianit. A tele fine interfer anche con la vita privata della famiglia imperiale. Obblig ad esempio Lotario II a lasciare al seconda moglie a vantaggio della prima, accusandolo di concubinaggio. Tale pretesto fu anche lo spunto per cercare di far valere la propria supremazia anche sui vescovi francesi, cos come aveva tentato con i vescovi italiani. Nei confronti di questi ultimi di qualche anno prima il confronto con larcivescovo di Ravenna. Nell861, umili Giovanni, cos si chiamava lArcivescovo di Ravenna, addirittura con la scomunica. Ravenna era una delle sedi episcopali pi importanti. Ma lo smacco di Ravenna fu anche un sconfitta per Ludovico, presso il quale larcivescovo aveva chiesto rifugio. Nicol I tento di riportare sotto di s anche la chiesa bizantina, obbligando limperatore a svolgere una politica di subordinazione a quella del pontefice. La situazione si complica quando a Bisanzio c da eleggere il nuovo patriarca di Cosatntinopoli. Eletto prima Ignazio, monaco e figlio di Michele I; nell858 questi sar sostituito da Fozio, posto in carica dallimperatore Michele III. Fozio, che era un laico direttore della cancelleria imperiale, dovette ricevere tutte le cariche ecclesiastiche per svolgere la sua carica e per far si che questa fosse consolidata chiese il
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riconoscimento dellelezione al papa. Il rifiuto del papa port Fozio a chiedere laiuto di Ludovico che per non intervenne. E questo perch i fatti stavano per cambiare. Assassinato Michele III da Basilio e un gruppo di congiurati, siamo nell867, Fozio fu deposto e Ignazio fu ripristinato alla guida del patriarcato. Il reintegrato patriarca tent una politica di conciliazione con Roma e il papa, ma nel frattempo Nicol era deceduto, concludendosi con lui un periodo che aveva portato la Chiesa romana a svolgere un ruolo di primo piano sul palcoscenico politico europeo. Al di l della questione del patriarcato, la lotta tra Roma e Bisanzio resta chiaramente uno scontro per la supremazia e il controllo dellintera cristianit, anche su territori di nuova evangelizzazione, tipo la Bulgaria.

6.3 Gli ultimi anni di Ludovico: la successione, unItalia sotto un unico re e nuovi poteri. Gli ultimi anni di Ludovico furono segnati da un crescente interessamento per lItalia meridionale. La causa era subito spiegata. Da un lato il sogno del sovrano di avere un Italia unita per la prima volta sotto un unico sovrano; dallaltro per la prima volta Longobardi beneventani, Franchi e Bizantini fanno fronte comune contro un pericoloso nemico: gli Arabi. Tutti e tre gli eserciti per avevano mire private sul sud Italia. Ludovico voleva estendere i propri confini dopo Roma; per Bisanzio si trattava invece di un ritorno di fiamma per i possedimenti italiani.
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Il primo passo verso un cammino difficile fu fatto da Ludovico tra l852 e l853, in seguito agli inviti degli abati di Montecassino e S. Vincenzo al Volturno esposti alle incursioni arabe. La spedizione fu insufficiente e per un anno circa, visti i problemi interni che dovette affrontare, le mire sul meridione furono accantonate. Torn alla carica nell866 istituendo anche la Constitutio de exercitu, stabilendo norme precise per il reclutamento militare. Obbiettivo della nuova spedizione fu Bari. La citt si dimostr estremamente difficile da conquistare e la riuscita si deve anche allaiuto bizantino. Nel febbraio dell871 i Franchi entrarono a Bari e catturarono lemiro Sawdan. Ma la conquista non fece che indebolire solo il raggio dazione arabo che, ridotte le loro forze, si ritirarono a Taranto. Diversa era la situazione per le tre alleate: - Ludovico voleva ora tutta lItalia sotto il suo unico comando; - i Bizantini avevano affiancato i Franchi solo perch temendo che una conquista da parte solo Franca delle coste del mediterraneo in Italia, avrebbe potuto creare un nuovo nemico sul mercato e quindi volevano anche loro dei vantaggi; - i signori Longobardi, una volta ridimensionati gli Arabi, trovarono uninaspettata coesione dovuta anche alla volont che il regno Franco non si estendesse nei loro territori. Cos, mentre Ludovico si trovava a Benevento, scoppi una rivolta conclusasi con la sua cattura. La prigionia per fu breve e, una volta giurato di non tornare pi a Benevento per cercare la vendetta, fu lasciato libero.
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Ma Ludovico non si attenne al giuramento. Tra l872 e l873 cerc di nuovo la subordinazione del sud Italia. La campagna porto sol alcune soddisfazioni, ma alla fine dell873 dovette smettere per affrontare un problema pi grave: la successione al trono. Non avendo avuto figli maschi nell874, Ludovico II incontr Ludovico il Germanico a Verona, accordandosi probabilmente per lassegnazione della corona a Carlomanno, figlio del Germanico. Ma alla morte di Ludovico, nellagosto dell875, il trono dItalia insieme al titolo imperiale passarono nelle mani di Carlo il Calvo. In questo cambio decisive furono le intromissioni del papa Giovanni VIII e dei signori italiani, che volevano liberarsi cos di un fardello particolarmente pesante, come sarebbe stato Carlomanno: un re sempre presente. Carlo il Calvo fu cos invitato a scendere a Roma per ricevere lunzione. Ma la mossa del papa aveva creato ora una frattura nel regno franco. Da un lato cera chi sosteneva la regina Angilberga, vedova di Ludovico, dallaltro Carlo il Calvo. In questo caso a favore di questultimo giocarono i legami che molti esponenti dellaristocrazia italica mantenevano in Francia, con le loro famiglie di origine. Cos Carlo al suo arrivo a Pavia fu accolto da tutti i grandi del regno positivamente. La notte di Natale del 875 fu incoronato imperatore e, sempre a Pavia pochi giorni dopo, fu acclamato re dItalia. Si passava cos da un sovrano, Ludovico II, alla ricerca quasi
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esasperata del consolidamento del regno, impossibile da realizzare per la sua struttura istituzionale, a un re, Carlo il Calvo, troppo impegnato in altri affari e quindi poco presente in Italia.

7. Gli ultimi re carolingi e la nascita di un nuovo potere

I primi atti di Carlo il Calvo furono completamente opposti a quelli del suo predecessore. Affid lItalia al duca di Provenza, Bosone, che operava come suo vicario. Nel proporre questatto per: - non consider gli esponenti dellaristocrazia italiana, appoggio fondamentale per la nomina a sovrano; - reinsedi Lamberto di Spoleto, rifiutandosi di andare contro i potentes pi riottosi; - con laccordo dell876 a Ponthion, sembr rinunciare a qualsiasi pretesa sullItalia centro-meridionale, tutto a favore del

pontefice in cambio dellappoggio per la conquista della corona. Papa Giovanni VIII divenne cos la principale autorit politica dItalia. Questi punti che ridimensionarono lo status della penisola, fecero ben presto cambiare schieramento a tutti gli aristocratici che invece avevano sostenuto lelezione del sovrano. Lo stesso Bosone si schier contro di lui. Colto di sorpresa mentre si preparava a Pavia a contrastare un incursione saracena, Carlo si trov lasciato completamente isolato. Torn in Francia, ma durante il ritorno fu colto da febbre e mor il 6 Ottobre 877. La fazione vincente allora nomin re Carlomanno , ma anche lui
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caduto malato dovette affidare lamministrazione ai grandi del regno. Nonostante lItalia abbia sempre e comunque un re, duchi e i marchesi sono ormai svincolati dal potere del sovrano. Incalzano cos le lotte per la supremazia, con le confische da parte dei numerosi signori locali, anche dei beni imperiali e del papato. Giovanni VIII cerc di ristabilire lordine e, scappato in Francia dopo che Roma fu messa a saccheggio da Adalberto di Tuscia e Lamberto di Spoleto, offr la corona a Bosone. Una rivolta dei signori Italiani per, guidati dal conte Suppone II e dallarcivescovo di Milano Ansberto, spinse Bosone, giunto gi fino a Pavia, ad una ingloriosa ritirata. La corona rest quindi sempre nelle mani della famiglia carolingia. Carlomanno, sempre malato, cedette la corona al fratello Carlo il Grosso. Il 6 Gennaio dell880 tutti i grandi del regno, il papa, il patriarca e larcivescovo di Milano, elessero Carlo re. Dora in poi il sovrano sar sempre seguito e sotto la tutela dei suoi elettori. Primo passo fu gi lelezione ad imperatore dell881 e in seguito dall885, dopo la morte dei fratelli, la riunificazione del regno tutto nelle sue mani, esclusa la Provenza di Bosone. Carlo non ebbe un buon rapporto con gli i potenti e anzi revoc loro quellindipendenza che Carlo il Calvo gli aveva riconosciuto (883 revoca a Guido di Spoleto e ad altri nobili feudi i titoli acquisiti). Fu questo un atto di forza verso nobili che si consideravano piccoli re. Carlo il Grosso cerc di opporsi cos ad un amministrazione
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politica voluta da Carlo Magno che per, per la mancanza fissa della figura del re o anche per la facile corruzione dei nobili, si era trasformata in nuovi poteri signorili. Ad esempio il ducato di Spoleto negli anni di Carlo il Grosso era definito dai documenti storici regnum Witonis, cio regno di Guido, appunto il nome del suo duca, che nell891 eletto re dItalia senza che questo avesse risonanze significative per lItalia. Ma i problemi per il nuovo sovrano erano tanti. Attorno ai confini dellimpero nuove forze si stanziavano: a nord i normanni, a sud i saraceni e a est il pericolo ungaro. Per non parlare di Bisanzio rivale storica. Dopo anni di spossatezza, consumato fisicamente e con laristocrazia tedesca che premeva per la sua abdicazione, Carlo mor nel marzo dell888. Il regno passo al figlio illegittimo del fratello Carlomanno, Arnolfo di Carinzia. Da questo momento saranno i grandi del regno a contendersi quella corona che era stata prerogativa della famiglia carolingia. Il regnum Langobardorum, cos come lo aveva concepito Carlo Magno e cos come si era trasformato durante i regni dei vari Pipino, Bernardo, Lotario, Ludovico II, aveva cessato di esistere. Incominciava quello che stato definito il secolo di ferro.

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CAPITOLO III
1. Le guerre pagane: quadro storico

Allindomani della vittoria sui Longobardi, Carlo si trov ad essere lunico re Cristiano dOccidente. I suoi domini si allargavano dal Mare del Nord allAdriatico. Tuttintorno a lui erano stanziati per i nemici di Dio: i Sassoni, ancora pagani e situati nelle sconfinate foreste della Germania settentrionale, i Danesi, gli Slavi e, oltre i Pirenei, gli Arabi gi respinti a suo tempo dal nonno Carlo Martello. A Oriente infine, nella pianura pannonica, gli Avari, discendenti degli Unni di Attila. In questa cornice lindole franca di popolo guerriero era stimolata, anche se le guerre si trasformarono per da guerre di aggressione a guerre di legittimazione religiosa. Ogni volta che Carlo lev la spada contro i suoi vicini lo accompagn la benedizione del papa: come poteva fallire?

2. La Campagna sassone

La guerra accompagn quasi ogni anno della vita di Carlo, ma la pi dura fu quella contro i Sassoni, che dur circa ventanni, non continui, ed estese i confini dellimpero fino allElba. Nel 772 Carlo, partendo dal medio Reno, intraprese contro i Sassoni una prima avanzata militare come punizione per le loro continue aggressioni. Avanz fino al corso superiore del fiume Weser conseguendo una spettacolare vittoria: il principale santuario dei Sassoni, lIrminsul,
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dove sorgeva lalbero sacro che essi veneravano e che credevano sostenesse la volta celeste, era stato conquistato, lalbero bruciato, gli idoli distrutti e Carlo aveva ottenuto dagli sconfitti la consegna di dodici ostaggi12. Con una vittoria cos schiacciante era stato sottomesso tutto il popolo sassone? Rispondere a questa domanda resta difficile, perch

lorganizzazione sassone presentava aspetti particolari. I barbari infatti possedevano una particolarit sociale, non erano governati da un unico re. La loro societ si divideva in numerosi gruppi e popolazioni, ognuno con un proprio capo. Una nota, questi non erano menzionati col nome di re dagli scrittori franchi o bizantini, ma nel contesto in cui vivono possono essere senza dubbio invece chiamati cos. Erano questi re i massimi esponenti della loro popolazione, con addirittura nei loro confronti una sorte di venerazione religiosa. Il vincolo che univa tutti i Sassoni era unassemblea annuale che si teneva a Marklo nei pressi del fiume Weser, alla quale partecipavano tutti i capi. In caso poi di un lungo conflitto, il comando supremo veniva conferito a uno dei loro comandanti. Questo non accadde per nella prima parte della guerra contro Carlo, poi quando gli scontri diventeranno a campo aperto e non pi guerre dassedio, il comando sar preso da Widuchindo. Ritornando alla cronaca, spedizione come quelle del 772 si ripeterono negli anni, visto che i Sassoni ad ogni occasione si
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ribellavano contro quella sottomissione che imponeva loro la perdita dellindipendenza tribale e dei loro culti ancestrali. Ma lobiettivo religioso non la causa, o almeno non la principale, che muove la mano di Carlo. Gi infatti il padre e il nonno avevano combattuto contro di loro. Causa dei continui conflitti, anche secondo le fonti dello storico di Carlo, Eginardo, in primis il confine. Questo attraversava una pianura aperta, tranne per alcuni punti, per cui da un parte e dallaltra capitavano continuamente razzie, assassini e incendi. Linsicurezza fece si che i Franchi non si accontentassero pi di rispondere colpo su colpo, ma decisero di intraprendere contro di loro una guerra aperta. Motivazioni religiose e politiche si intrecciavano, come accade di continuo in questi anni, gi da tempo nei rapporti tra Franchi e Sassoni. Ad esempio, fra le condizioni imposte ai Sassoni dalla vittoria di Pipino cera la garanzia che gli ecclesiastici franchi e anglosassoni operanti nei confini sassoni, potessero svolgere il loro compito senza impedimenti. Questi giustificheranno pi avanti anche la spedizione di Carlo, presentandola come ultimo tentativo verso un popolo che non voleva credere. Alla spedizione del 772, fece seguito la vendetta sassone. Tra il 773-74, mentre Carlo era impegnato a sottomettere il regno longobardo in Italia, i pagani del nord, assalirono numerose chiese cristiane nel nord dellAssia. La strategia sassone fu quasi sempre questa, attaccare ogni volta che Carlo era impegnato su di un atro fronte, come accadr nel 778, quando con Carlo impegnato oltre i Pirenei contro la minaccia araba e
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con molte settimane di marcia a separarlo dal regno, le truppe barbare comparvero nelle zone di confine del Reno e solo a fatica furono respinte dopo molti saccheggi. Ma facciamo qualche passo indietro. Nellautunno del 774 Carlo torn dallItalia e di l a poco, nel Gennaio 775 a Quierzy, decise una nuova strategia contro i Sassoni: << di fare guerra alla schiatta dei pagani e infidi Sassoni finch essi non fossero stati vinti e convertiti al cristianesimo, o altrimenti fino al loro annientamento>>13. Ma a chi era rivolta questa decisione? Lassetto della Sassonia, che vedeva la presenza di tante trib appunto, era diviso in due fazioni: chi si era arreso al suo regno gi alla prima spedizione e chi lo osteggiava ancora. Ma a quanto risulta dalle fonti a Carlo ci non interessava. Al futuro imperatore interessava solo porre fine a quella sensazione di minaccia proveniente dalle popolazioni sassoni delle immediate vicinanze (la regione sud del territorio confinante con il loro regno era il bersaglio). Nelle guerra di difesa queste popolazioni si strinsero insieme perdendo quellidentit tribale al punto che i franchi, nella loro avanzata, distinsero solo tre grandi gruppi: i Westfali a ovest, gli Engern nella regione del Weser e gli Ostfali a est. La realizzazione delle decisioni di Quierzy fu immediata. Nella primavera del 775 Carlo marci dal medio Reno attraverso Eresburg verso il Weser, addentrandosi fino a Oker. Qui gli Ostfali, guidati da un certo Hessi, gli portarono degli ostaggi e gli giurarono fedelt. Stessa sorte nella marcia di ritorno tocc agli Engern, guidati
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da Brun. I Westfali intanto, sotto il comando di Widuchindo, avevano sconfitto la divisione franca che controllava il passaggio sul Weser. Ma poco dopo furono sconfitti a Lubbecke. In quelloccasione Carlo annett la regione del Reno lungo la Lippe fino a Eresburg con il controllo su Hellweg, importante via di comunicazione verso lEssen e la Turingia. La ferocia con la quale Carlo impose al decisione del 775 fece addirittura dubitare sul suo stato mentale. Da notare che in nessun documento di quella spedizione si parla di cristianizzazione. In conclusione, secondo il piano di Quierzy, i sassoni dovevano essere prima di tutto sottomessi, mentre la cristianizzazione, se mai fosse avvenuta, sarebbe stata un aspetto secondario. Nel 776 con Carlo chiamato in Italia dalla rivolta longobarda, i Sassoni ne approfittarono per ribellarsi e colpire le conquiste franche nel sud della Sassonia. Ma Carlo nello stesso anno riusc a sedare entrambe le rivolte e riuniti alla sorgente della Lippe i Sassoni di tutte le regioni promisero con un giuramento di diventare cristiani e di riconoscere il dominio di Carlo, offrendo la loro patria come garanzia. Se i Sassoni non fossero rimasti fedeli i franchi avevano il diritto di attaccarli come traditori. A questa vicenda si collega ledificazione di una citt, divenuta caposaldo franco, chiamata Karlsburg. E significativo come questo luogo, corrispondente alla vecchia citt di Paderborn, abbia ricevuto il nome del sovrano, seguendo lesempio di Costantinopoli. Carlo si poneva cos alla stregua dei primi imperatori cristiani. La nuova citt comunque ha importanza anche per un altro fatto
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storicamente importantissimo: nel 776 Carlo convoca proprio l una grande assemblea generale del regno. La novit sta nel fatto che prima di questa lassemblea aveva luogo in territorio franco. Questo gesto sottolinea come Carlo considerasse i Sassoni definitivamente sottomessi, tanto che accett di recarsi in Spagna per rispondere alla richiesta di aiuto del governatore di Saragozza contro lemiro di Cordoba (778). Ma la spedizione come vedremo pi avanti non fu proprio un successo e, come se non bastasse, i Sassoni, approfittando come sempre dellassenza di Carlo, si sollevarono guidati dal nobile Widuchindo di Westfalia. Distrussero la citt di Karlsburg e giunsero presso Deutz fino al Reno, dove fecero bottino e distrussero molte chiese. Lanno 778, viste le vicende del regno, considerato il primo anno di crisi di Carlo. Il sovrano tent di uscire dalla crisi affiancando alle spedizioni militari anche un richiamo alle origini, dando ai due figli avuti dalla terza moglie Ildegarda, due nomi significativi: Ludovico (Clodoveo) e Lotario (Clotario) che, insieme al primogenito Carlo, assicuravano la continuit della nuova dinastia. In questo modo Carlo rievocava i giorni vittoriosi del regno franco-merovingio. Nel 779 il re tenne un assemblea con il suo esercito a Duren, per poi attraversare il Reno presso Lippeham e, a Bocholt, affront una battaglia aperta che termin con la vittoria di Carlo e la sottomissione totale dei Westfali. Spintosi poi oltre il Weser ricevette anche il giuramento di Engern e Ostfali. Credendo anche stavolta i Sassoni sconfitti decise di applicare
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anche al loro territorio il sistema franco sia temporale che spirituale. Carlo era riuscito a sottomettere la classe libera e non e nellassemblea convocata nel 782 vicino le sorgenti della Lippe, soddisfatto per la condotta sassone, nomin conti e duchi alcuni di loro. Un altro fatto sottolinea come Carlo oramai considerasse i Sassoni una parte integrante del suo impero. Tornato in patria ricevette la notizia di unaggressione slava in Turingia e Sassonia decidendo cos di mandare contro gli invasori uno schieramento franco-sassone. Ma guidati da Widuchindo, lunico assente allassemblea di Lippe, grandi parti della Sassonia, affiancate dalla frazione sassone che si era distaccata dallesercito, si sollevarono e, nella battaglia a nord del Suntelgebirge, falcidiarono le truppe franche. Vista al gravit della situazione Carlo stesso con i suoi uomini marci fino al Weser e a Verden sulla foce dellAller, affluente del fiume Weser, fece sottomettere tutti i Sassoni ribelli. Ne furono giustiziati 4.500, anche se il numero sembra riportato un po esagerato dagli annali. Il gesto di Carlo fu comunque un gesto efferato, anche se isolato. Molti storici cercano di attenuare la responsabilit del sovrano che non era certo un sanguinario. Alcuni puntarono nel sottolineare come la ribellione fosse stato un atto di alto tradimento, altri sostenevano che i Sassoni erano stati sterminati in battaglia e non a sangue freddo. Ancora c chi pensa che il verbo usato, decollare (decapitare), sia un errore dei copisti in luogo delloriginario delocare (deportare). Addirittura gli storici nazisti considerano Widuchindo un eroe della razza germanica e Carlo un conquistatore mezzo latinizzato.
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Pi verosimile lispirazione di fonte biblica. Esasperato dalle continue rivolte, Carlo decise di comportarsi davvero come un re dIsraele traendo ispirazione dallAntico Testamento come era solito fare (ad esempio come David, con cui Carlo spesso si identificava, che conquistati i Moabiti fece stendere i prigionieri a terra e ne ordin di ucciderne due su tre). Questa forse lanalisi pi corretta: il massacro di Verden come applicazione feroce del modello biblico. Fatto sta che nel 782 Carlo dovette sedare la rivolta pi grande dei Sassoni dallinizio degli scontri. Nello stesso anno eman la Capitulatio de parti bus Saxoniae, che prevedeva la pena di morte per chiunque offendeva la religione cristiana (rifiuto del battesimo, distruzione di chiese, etc) o i suoi sacerdoti. Questa di fatto rappresentava un manifesto della conversione forzata dei Sassoni. Infondo, con la Capitulatio, Carlo si serv della religione come mezzo per la sottomissione delle popolazioni locali, considerando la chiesa non come un alleato, ma come uno strumento di dominio. Al tempo stesso la legge era coerente col fatto che lasilo della chiesa offriva protezione legale nel caso di colpe punibili con pena di morte, come quelle descritte dalla Capitulatio. Questo era per un aspetto da valutare con molta calma, visti gli esiti che poteva portare. Continuiamo comunque ad analizzare ci che successe col proseguire degli anni. Anche nel 783 Carlo fu chiamato a battagliare in Sassonia, insorta sempre mentre lui era assente, spingendosi fino a Hase, dopo essersi accampato a Paderborn per radunare lesercito. Non era cambiato il modo di combattere, ma il modo di condurre
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la guerra. Negli anni successivi al 782 infatti, il sovrano franco condusse la campagna in maniera spietata, spostandosi per la prima volta personalmente in terra nemica e devastando tutto per fermare i ribelli. Riunitosi in assemblea a Worms, dopo lennesimo intervento, decise di passare linverno in Sassonia perch la sua presenza scoraggiasse gli avversari. Passato linverno a battagliare contro i Sassoni e accampato nella fortezza di Eresburg, in primavera Carlo tenne unassemblea nelle vicinanze di Paderborn dove concentr tutte le sue forze per la battaglia decisiva. Pot cos attraversare il territorio fino allElba senza trovare opposizione, segno questo che con la sua presenza in inverno aveva rotto lopposizione segreta. Soltanto Widuchindo e suo genero Abbione rimasero ad opporre resistenza a nord dellElba. Carlo propose allora un incontro personale al condottiero barbaro per negoziare la pace, cosa che, conoscendo la superiorit franca, Widuchindo accett, cos come accett di recarsi in Francia per discuterla, chiedendo degli ostaggi franchi da liberare in seguito come precauzione. Trovato laccordo e seguito il re al d l del Reno, ad Attigny, Widuchindo e Abbione si fecero battezzare il giorno di Natale del 785, con Carlo Magno che fece da padrino al generale dei Westfali. Battezzando il capo sassone, papa Adriano ordin di rendere grazia a questa nuova vittoria della fede. Ma la politica del battesimo forzato non ebbe il successo sperato, anche se gli annali del regno gi annunciavano nel 790, dopo il battesimo dei due sassoni, et nunc tota Saxonia subiugata est (e adesso lintera Sassonia sottomessa). Pi che sottomessa per, Carlo aveva portato una lunga guerriglia ad una
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fine, almeno provvisoria, vittoriosa dopo circa 13 anni con una sua azione personale. Se per con Widuchindo era bastato lintuito politico del re, accompagnato al fatto che il barbaro non era un uomo stupido (ora poteva ritirasi nei suoi possedimenti legittimati dal re e aspirare a posizioni elevate nella gerarchia degli ufficiali franchi), non fu cosi per il resto della popolazione. Per diversi anni in Sassonia regn la pace, ma la campagna contro gli Avari, che analizzer pi avanti, aveva creato una falla: nel 791 infatti la campagna di Carlo contro gli Avari si concluse senza successo e questo forn ai Sassoni la scintilla per una nuova ribellione, visto che linsuccesso aveva compromesso la fama di conquistato re del re franco. Ma ad essere compromessa era ormai soprattutto la fama di Dio, poich i Sassoni furono scossi nella fede della superiorit del Dio cristiano, dagli Avari che invece cristiani non erano14. Gli scontri si concentrarono nel nord della Sassonia, a Wigmodien, tra il corso inferiore del Weser e dellElba e gli antichi successi franchi apparvero quasi del tutto terminati. Nel 793 una grossa divisione franca fu annientata sulle rive del Weser, dove accade una cosa inedita: Carlo invece di intervenire di persona preferisce nascondere la sconfitta, rinunciare alla seconda campagna e rivolgersi alla costruzione di un canale che collegasse Rednitz e Altmuhl. Un canale del genere avrebbe accorciato il tragitto tra numerosi focolai di guerra nel suo regno. Dopo Pasqua Carlo riprese la campagna, ottenendo sempre gli stessi risultati. Fra il 795e il 797, davanti al potente esercito franco, le
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truppe sassoni indietreggiarono chiedendo la pace, ma appena il sovrano era lontano erano pronte ad insorgere nuovamente. Nel 797 sembr ottenere finalmente la sottomissione di tutta la popolazione sassone. In unassemblea ad Aquisgrana Carlo promulg un secondo capitolare: il Capitulare Saxonicum. In esso accordava ai Sassoni del sud (Engern e Ostfali), la partecipazione alla legislazione, come premio per essersi sottomessi per primi e aver mantenuto fedelt al re. Aveva soggiogato la Sassonia, o almeno una sua larga parte, con la guerra ma anche con i regali. Il capitolare per lasciava fuori le genti del nord, mirando quindi a pianificare solo la parte sud della regione. Con le trib del nord ci furono altri scontri fino alla loro definitiva resa nel 798. Lassetto della Sassonia fu cos ridisegnato e a Paderborn fu edificato un palazzo nel quale Carlo risiedeva quando la sua presenza nelle operazioni di guerra era necessaria. L ricevette papa Leone III fuggito da Roma per scampare ai suoi nemici e da l prese anche il via il movimento religioso che avrebbe sradicato il paganesimo definitivamente. Il primo vescovo insediato a Paderborn fu proprio un Sassone: Hathumar. Fu instaurata anche la leva militare regolare tra i Sassoni, con la prospettiva di espansione oltre lElba. Il confine della Germania settentrionale era cos definitivamente chiuso. Se ne apriva ora un altro ad oriente.

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2.1 Conclusioni: Perch una campagna cos lunga? Occorre spiegare come un popolo come quello sassone sia riuscito a tenere testa alle armate franche per cos molto tempo. Il motivo pi importante della durata tanto lunga del conflitto fu proprio il loro frazionamento politico. Mancava un potere centrale con il quale i franche avessero potuto concludere un trattato, una capitale che posta sotto assedio avrebbe potuto rompere la resistenza di tutta la regione e un re che catturato avrebbe reso il popolo inerme. Si pu dire che lapparente arretratezza sassone fu la loro reale forza. Le battaglie vinte dai franchi soggiogavano di volta in volta solo poche trib. Alla fine i cambiamenti in Sassonia non furono solo religiosi. I Sassoni persero le loro istituzioni sociali peculiari che erano alla base della loro comunit, dovendosi adattare alla politica e

allamministrazione del popolo vincitore. Inoltre, con la Lex Saxonum, aument il distacco sociale tra i nobili e la stessa popolazione. Anche gli insediamenti episcopali diedero una mano alla mutazione del quadro sociale. Sedato il confine settentrionale ora i nuovi Sassoni miravano allespansione dopo lElba, per allargare i propri possedimenti a danno dei popoli slavi. Politica questa che riguarder i futuri sovrani tedeschi. Carlo infatti considerava il fiume Elba come confine naturale del suo regno, lasciando alle popolazioni slave, sue sottomesse, le pianure al di l di esso. Non a caso lultima azione del sovrano contro il popolo tedesco fu la deportazione dell804 dei Sassoni che abitavano oltre lElba lasciando il territorio alle trib slave confinati.
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2.2 Strategie militari e battaglie campali La caratteristica della campagna militare sassone che si tratt di una guerriglia spietata nelle retrovie dellinvasore, evitando scontri in campo aperto. A differenza delle campagne romane in Germania, che vista la padronanza del mare era mirata a risalire i corsi dacqua e arrivare cos nellinterno, la campagna di Carlo entr nel paese sempre via terra. Lesercito si radunava quasi sempre alle foci del medio Reno e la spedizione si dirigeva poi ad oriente verso le valli della Lippe e della Ruhr. Altra via di ingresso era laltopiano occidentale del Weser. Fin dalla prima invasione, nel 772, Carlo si impadron di Eresburg, fortezza sassone che sorgeva proprio in quellaltopiano che rappresent la base operativa di tutte le azioni militari franche. Stessa sorte per il monastero di Corvey che fu il pi importante avamposto della cristianit e, pi tardi, per la nuova citt di Paderborn luogo che divenne la sede ufficiale, o quasi, della residenza reale in terra sassone. La storia della fortezza di Eresburg per caratterizzata da riconquiste sassoni e ricostruzioni dopo la caduta. Sia Sassoni che Franchi erano quindi soliti costruire fortificazioni che fronteggiassero quelle nemiche. Scopo delle spedizioni di Carlo era proprio quello di abbattere queste fortezze. Si trattava dunque di guerre di assedio prive, o quasi, di scontri in campo aperto. Un modo faticoso di fare la guerra. Fu proprio questo un altro motivo che port ad una cos lunga durata. In conclusione la campagna sassone risulter essere una lenta
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guerra di stritolamento delle basi fortificate, dei collegamenti via fiume e delle risorse del nemico. Da sottolineare il modo con cui Carlo condusse la campagna invernale del 784. Impose al nemico un logorio insopportabile, con la continua presenza franca sul territorio. Lui stesso invece di tornare nei confini del regno, una volta inoltratoti la stagione invernale, si fece raggiungere in terra sassone dai figli e dalla moglie per restare l e tenere i barbari sotto pressione, eliminando con accuratezza tutti i presidi fortificati, accumulando materiali e provviste e conservando il controllo sulle vie di comunicazione. In questo modo in primavera la campagna del 785 pot riprendere con successo immediato15. Da sottolineare che Carlo, personalmente, condusse solo due battaglie e per lo pi in un solo mese: la campagna dellestate del 783, dove schiacci due fazioni di ribelli a Lippe e ad Hase. Ma di tutte le battaglie, di una restano pi informazioni: lo scontro avvenuto ai piedi del massiccio Suntel presso il fiume Weser che vide la sconfitta franca. Era il 782 e per la prima volta Carlo aveva inviato, per una campagna contro gli slavi, una legione franco-sassone con al comando tre suoi ministri: il camerario Adalgiso, il connestabile Gelione e il conte di palazzo Worad. La cronaca della battaglia mette in risalto un aspetto caratterizzante della milizia franca: la sicurezza nella loro superiorit tattica, di equipaggiamento e di numero. Tale sicurezza era croce e delizia delle truppe. Permetteva allesercito di muoversi anche in un paese nemico con estrema
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004. pag. 60.

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sicurezza, ma poteva altres portare a peccati di presunzione. Come accadde con i tre ministri di Carlo che sicuri di annientare i rivoltosi senza laiuto delle truppe di fanteria sassone, caricarono a testa bassa ritrovandosi spinti in una zona inadatta alla battaglia a cavallo e finendo con lessere sterminati. La cavalleria franca si era separata dalla fanteria sassone per cogliere il nemico impreparato su due fronti, ma il peccare di sicurezza fece partire i tre comandanti alla carica senza aspettare la comunicazione dalle truppe a piedi guidate da Teodorico. Viene fuori dalla cronaca, come la sicurezza dimostrata sottolineasse la potenza che aveva in campo aperto lesercito franco.

3. Una spedizione infelice: la guerra contro gli Arabi

Latteggiamento nei confronti degli Arabi di Spagna era stato spesso di controllo e difensivo, volto a salvaguardare i confini dellimpero da possibili scorrerie rafforzando le mura. Nella primavera del 778, mentre la campagna sassone era in una fase di stallo, Carlo organizz una spedizione in aiuto del governatore di Barcellona. Ma ovviamente Carlo curava anche i suoi interessi, visto che in quel periodo la dominazione musulmana era indebolita dalle continue lotte interne. Al papa la spedizione fu presentata come mossa preventiva verso gli arabi che si preparavano ad attaccare i confini del regno. Inoltre a questa si affianc la spinta cristiana: erano stati i fedeli oppressi a chiedere laiuto del re franco. Per attraversare i Pirenei Carlo pianific la sua abituale manovra a tenaglia. Importanti erano quindi le informazioni logistiche: le
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truppe reclutate in Neustria e Aquitania si radunarono nel versante atlantico, mentre quelle di Austrasia, Provenza, Germania e Italia sul versante mediterraneo, riunendosi poi sotto le mura di Saragozza. Dopo averla posta sotto assedio per un mese e mezzo, la citt fu abbandonata perch la presenza del sovrano era richiesta altrove: il confine sassone come sempre aveva approfittato della sua assenza per insorgere. Ma durante il ritorno, il 15 agosto del 778, la retroguardia di Carlo fu sterminata nelle gole pirenaiche dalle trib basche delle montagne. Tra i caduti Eginardo menziona un certo Hruodlandus (Orlando) che diventer uno degli eroi della Chanson de Roland pi famosi in Occidente16.

4. Le guerre contro gli Avari.

4.1 I discendenti di Attila. Pi che un popolo il nome Avari aveva designato qualche secolo prima unorda di nomadi delle steppe, razziatori e allevatori di cavalli, discendenti dalla trib degli Unni che aveva avuto in Attila uno dei suoi capi pi importanti. Si trattava di un popolo uraloaltaico insediatosi, dopo la seconda met del V secolo, nella pianura danubiana dove aveva preso il posto delle genti germaniche (i longobardi, intanto calati in Italia) e asservendo le trib slave che vi abitavano. Alla fine del secolo il loro dominio andava dal Norico centromeridionale alla Pannonia settentrionale (Croazia e Ungheria attuali). La capitale, definita comunemente Ring (anello in tedesco), era una sorta di

accampamento-fortezza circondato da nove cerchi concentrici di


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palizzate (cos lo descrive il cronista definito il monaco di San Gallo), situata tra il Danubio e il Tibisco e residenza del Khaghan, titolo turco che indicava il sovrano avaro. Insieme a questultimo, cerano lo Jugur, il luogotenente e le pi importanti famiglie, le Tarkhan, che costituivano la nobilt. Dai loro centri gli Avari si spostavano per saccheggi e la loro stessa strategia di guerra era basata sullattacco improvviso e la fuga repentina. Anche il Basileus bizantino aveva avuto filo da torcere dagli Avari ed era costretto a versare loro ingenti tributi (anche perch preoccupato da problemi pi importanti, Persiani e Arabi). Sotto laspetto amministrativo gli Avari erano governati da una aristocrazia di guerrieri e cacciatori, eterogenea sotto laspetto etnico e linguistico; mentre le principali occupazioni restavano la coltivazione e lallevamento. Studi archeologici dimostrano come questo popolo si sia unito ad altri gruppi nomadi, almeno per quanto riguarda la classe dominante. Tutti coloro che si riconoscevano soggetti al Khaghan diventavano <<Avari>>17.

4.2 Tassilone e il ducato di Baviera. La popolazione germanica che confinava con gli Avari era quella dei Bavari, stanziati nella pianura danubiana, oggi divisa tra Baviera e Austria. Il loro duca era Tassilone che, nonostante il giuramento di fedelt alla corte franca, aveva cercato lalleanza longobarda con Desiderio, sposandone la figlia, per bilanciare il suo potere con quello
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preponderante franco. Perduto per lappoggio longobardo, si perdeva anche la speranza di una politica indipendente. Tassilone era comunque cugino di Carlo. Sua cugina Ildegarda era sposata con Carlo e regnava alla pari di un re, convocando concili, assemblee, elargendo benefici e controllando la chiesa bavarese. Tassilone poi si era posto come diffusore della fede, come se cercasse di pareggiare il suo potere con quello del cugino. Uno smacco per il re. Esercitava una politica estera indipendente, da cui scaturir il rapporto con Desiderio. Alla morte della cugina, i rapporti tra il duca e Carlo iniziarono a deteriorare (non che prima fossero buoni). Il pretesto per la scesa in guerra non manc ad arrivare. Nel 787, dopo che gi i due avevano avuto un conflitto sulle Alpi (784), Tassilone chiese al papa, con Carlo l presente, di fare da tramite per una mediazione. Adriano rispose che avendo giurato fedelt al sovrano, Tassilone doveva subito obbedire alle sue volont. Il papa si riferiva a quando Carlo aveva ordinato al duca di presentarsi a lui immediatamente. Tassilone allarmato non obbed, offrendo a Carlo il pretesto per lintervento armato. Pianificato come una vera campagna di guerra, con tre eserciti che dovevano piombare sul nemico, la guerra fu scongiurata dalla resa del duca, presso Lechfeld. Tassilone consegn al sovrano il ducato e in pegno tredici ostaggi, tra cui il figlio Teodone. Tutto sembrava perdonato. Ma lanno dopo, presso lassemblea generale tenuta a In gelheim, il duca fu accusato dai suoi stessi vescovi e vassalli, ormai allineati al nuovo regime, di <<diserzione>>
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durante una delle campagne di Pipino in Aquitania, nonch di aver tradito il giuramento di fedelt fatto a Carlo e di essersi accordato con gli Avari per muovere guerra ai Franchi. Fu alla fine del <<processo eccezionale>>, come fu chiamato il processo contro lormai ex signore di Baviera, che Tassilone venne condannato a morte, salvo poi che Carlo cambiasse la pena, facendolo rinchiudere in un monastero a vita. La Baviera era passata cos nelle mani di Carlo. Una considerazione finale va fatta sul fatto che si pensa che fu lo stesso sovrano a gestire la questione della Baviera muovendo il duca come un burattinaio e costringendolo ad essere vittima della sua politica, fino a condurlo in una situazione senza uscita cos da potersi liberare di lui e mettere le mani sulla Baviera. Tassilone, infatti, era lunico principe etnico che ancora resisteva alla sua autorit.

4.3 Il nuovo confine e le guerre avare Laccusa contro Tassilone di un alleanza con gli Avari sembrava materializzarsi con linvasione dei confini della Baviera e del Friuli da parte avara appunto. Non si tratt per in fin dei conti una vera incursione, ma di un preannuncio di quello che di l a qualche anno sarebbe successo. Gi nel 789 Carlo, secondo Alcuino, stava progettando la guerra contro gli Avari, ma larrivo degli ambasciatori del Khaghan, ne ritard di poco linizio. A questi Carlo dett le sue condizioni, consapevole della sua forza. Ai popoli delle steppe era lasciata libera scelta tra una r esa vergognosa e un mutamento di confine oppure la guerra con tutte le
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sue conseguenze. Non era la prima volta che ambasciatori avari si recavano da Carlo. Accadde anche quando, dopo il giuramento di fedelt di

Tassilone, chiesero a Carlo delle sue intenzioni per assicurarsi che quelle del sovrano fossero pacifiche. Quello che sicuro che il negoziato fall, dopo pi di un anno che si trascinava, e nel 791, dopo aver rafforzato il suo potere in Baviera, il re franco radun l, sul confine che correva lungo il fiume Ennes (confine storico tra Avari e Bavari), il suo esercito pronto ad attaccare per primo. Gli Avari, che gi avevano messo in crisi le truppe bizantine attaccando con successo i possedimenti dellimpero Orientale, restavano dunque un nemico da non sottovalutare. Ma nellVIII secolo la loro potenza espansiva era andata indebolendosi. Da notare inoltre che generali italiani e bizantini studiavano da secoli la tattica avara di combattimento, dalla strategia allurlo di guerra e al suo effetto psicologico contro i nemici18. Ma il carattere incerto della guerra non va trascurato, e Carlo questo lo sapeva. Eginardo ci informa come Carlo preparasse questa battaglia con impegno e uneccitazione senza precedenti. Lesercito, radunatosi a Ratisbona nel 791, era il pi numeroso che Carlo avesse mai mandato con contingenti Sassoni, Frisoni, Turingi, Bavari e ovviamente Franchi. La strategia era la solita: attaccare su pi fronti il nemico per stritolarlo. Lattacco pi precisamente si svolse su tre fronti:
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- due parti costeggiavano il Danubio, che rappresentava la naturale via daccesso al paese degli Avari, una sotto il comando del conte Teodorico e del camerario Meginfredo, laltra sotto il comando personale di Carlo; - contemporaneamente il figlio Pipino attaccava dal confine friulano e una flotta di barconi attraversava il Danubio, assicurando alle due schiere rifornimenti per tutto il tragitto. Da come risultava pianificato il tutto, Carlo cercava subito uno scontro decisivo, anche forse per evitare le conseguenze di una campagna lunga come quella sassone. Lunica cosa da tenere docchio era lavanzata dei tre contigenti, in modo tale che giungessero tutti allo stesso momento. Le due schiere che fiancheggiavano il Reno si ritrovarono nellaccampamento di Lorsch dove, prima della battaglia, i sacerdoti imposero tre giorni di digiuno per ottenere il favore di Dio. Intanto Pipino, col suo esercito, aveva gi attaccato e conquistato una fortezza avara sul confine italiano. Allavanzare dei Franchi la popolazione avara fuggiva, abbandonando tutto e senza opporre resistenza. Ma la strategia era chiara: ritirarsi in fortificazioni capaci di una prolungata resistenza e fare intorno allinvasore franco terra bruciata. La campagna del 791 si concludeva con risultati inferiori alle aspettative quando Carlo, accortosi che ormai la stagione invernale stava per inoltrarsi, che il foraggio iniziava a scarseggiare e che molti suoi cavalli iniziavano a morire per la fatica, decise di sospendere le operazioni e rientrare in patria. In compenso aveva dimostrato che gli Avari non potevano tenere testa allesercito Franco. Per due anni, fino al 793, Carlo rimase in Baviera a progettare la
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ripresa delle ostilit. Nei due anni trascorsi l il sovrano si dedic alla costruzione di infrastrutture destinate a facilitare la futura invasione. Ordin la costruzione di un ponte di barche smontabili, per permettere il passaggio da una riva allaltra del Danubio, nonch la costruzione di un canale che collegasse il bacino del Reno con quello danubiano. Ma sia il terreno sia le continue piogge portarono allabbandono del progetto19. Mentre Carlo quindi allestiva nuove infrastrutture che avrebbe impiegato nella prossima campagna avara, con lo scopo di avere con questi uno scontro in campo aperto, la sua spedizione del 791 lasciava i primi segni tra le file nemiche. Lautorit del Khaghan ne usciva scossa e i capi avari iniziavano a intraprendere una politica indipendente. Uno di questi, che portava il titolo turco di tudun, mand un suo ambasciatore a Carlo chiedendo la tregua e manifestando lintenzione di sottomettersi a lui. Con questo atto il potere del Khaghan croll con tutto il suo sistema e il re avaro venne assassinato. Della situazione approfitt il duca del Friuli, Erich, organizzando una spedizione contro il Ring (la capitale avara) e saccheggiandola senza incontrare resistenza. Forte di questa esperienza, anche Pipino opt per linvasione, ma al re dItalia and incontro il nuovo re avaro, con una richiesta di pace e sottomissione, cosa che non evit comunque un nuovo saccheggio. Si favoleggia molto su questo saccheggio, perch si pensava che nella capitale avara fossero conservati i tributi che Bisanzio aveva loro pagato anni a dietro, e che questi superassero le duecentomila monete doro. Loro degli Avari, recente titolo di unesposizione archeologica, spiega come i cronisti
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narrassero che per trasportare il bottino occorsero quindici carri trainati ciascuno da quattro buoi. Il bottino poi sar diviso, una volta arrivato ad Aquisgrana, tra Carlo, i suoi conti, i vescovi e una grossa donazione alla Chiesa come gratitudine per la protezione celeste. A differenza della conquista longobarda, che vide Carlo assumere il titolo di re di Longobardi, con gli Avari ci non avvenne. Il motivo principale sembra essere di stampo religioso. I longobardi erano comunque un popolo cristiano, almeno per la maggior parte, mentre i nuovi sottomessi erano ancora di maggioranza pagana. Come poteva Carlo, protettore della cristianit, essere incoronato re di un popolo pagano? Cos il sovrano decise di spostare i confini dellEnns, in modo tale da permettere ai nuovi coloni germanici di avere pi terre. Inoltre diede al tudun, che gli aveva giurato fedelt e si era convertito, la possibilit di governare come suo vassallo. Anche qui per non mancarono insurrezioni dopo che il potere franco si era instaurato. Nel 799 Carlo perse due suoi comandanti sul confine orientale entrambi assassinati, Erich il duca del Friuli e Geroldo prefetto della marca bavara. Fu una guerra, anzi sarebbe meglio dire guerriglia, che dur tra uno scontro e laltro fino all802. In quellanno Carlo, che nel frattempo era diventato imperatore, decise, dopo aver sottovalutato inizialmente la rivolta, di tornare nella sua base in Baviera da dove mand una spedizione con il compito di risolvere una volta per tutte la questione. Da sottolineare un aspetto non di poco conto. I Franchi nutrivano verso gli Avari un odio che difficilmente proveranno per qualcun altro, facendo assumere alla guerra contro i cavalieri delle steppe una dimensione sacrale, vedi ad esempio le preghiere prima della
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campagna del 791. La scomparsa del popolo avaro non per da attribuire solo alla guerra contro i Franchi. Dopo la caduta gli Avari persero il controllo anche sui popoli vicini, slavi e bulgari su tutti. A salvarli per un po era stato lessere vassalli di Carlo Magno. Ma una volta morto limperatore, saranno lasciati alla merc dei bulgari ed essendo stati una confederazione, pi che un popolo, il crollo del Khaghan e del khanato pose fine alla stessa identit avara20.

5. Una congiura di famiglia

Cos come durante la campagna sassone, Carlo si trov impegnato in una veloce e non felice spedizione in Spagna, allo stesso modo durante la campagna avara un evento inaspettato richiese la presenza del futuro imperatore. Tra il 792-793, infatti, si trov ad affrontare una congiura familiare. Ma andiamo per ordine. Dallunione con Imiltrude, che Carlo aveva dovuto abbandonare per sposare la figlia di Desiderio, era nato un figlio, Pipino detto il Gobbo. Nonostante gli sforzi del papa Adriano, che considerava Imiltrude come moglie legittima, allo scopo di evitare il matrimonio con la principessa longobarda, Pipino restava il frutto di un amore con una concubina. La situazione per prendeva una strana piega. Pipino era comunque il figlio maggiore di Carlo, ma vista la sua origine non gli veniva fornita nessuna sicura posizione di vantaggio. Il fatto di essere illegittimo lo metteva fuori dai giochi. Come se non bastasse la
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sua precaria condizione fisica lo teneva fuori anche da possibili ruoli di guerra e comando. Ed proprio la frustrazione per la sua situazione che lo spinge ad aderire alle istigazioni di alcuni nobili franchi dissidenti che volevano Carlo morto. Fu un longobardo, Fardulf, a scoprire tutto e denunciare al sovrano laccaduto nellestate del 792. Carlo tenne una corte di giustizia a Ratisbona, dove si era ritirato vista lepidemia che colp i suoi cavalli nella prima spedizione avara, e li condann tutti i cospiratori a morte, mentre per il figlio ordin la reclusione nel monastero di Prum, dove Pipino mor nell811. La congiura scosse il re che mand ai suoi sudditi lordine di rinnovare il giuramento di fedelt. Era per evidente che laristocrazia mostrava tendenze centrifughe, preoccupata da un sovrano difficile da controllare.

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CAPITOLO IV
1. Un rapporto a tre complicato: Carlo-Chiesa-Bisanzio

Alla fine dellVIII secolo il cammino compiuto dal sovrano franco poteva dirsi impressionante. Sottomesse erano la Sassonia, la Baviera, il regno Longobardo e il dominio avaro. Il regno franco ora comprendeva tutta lantica Gallia, la Germania occidentale e lItalia settentrionale. Raffrontati allodierna Europa, tali poss edimenti comprendevano la totalit di Francia, Belgio, Olanda, Svizzera e Austria attuali, tutta la Germania fino allElba, lItalia centro settentrionale, compresa LIstria, la Boemia, la Slovenia, lUngheria fino al Danubio e la Spagna pirenaica fino allEbro. Da una prima analisi si vede come i possedimenti dai tempi di Pipino il Breve si siano raddoppiati. Carlo governava la totalit dei Cristiani di rito latino, si trattava ormai della sola grande monarchia dOccidente. I rapporti con la Chiesa erano saldi e stabili, tanto da affermare che il peso della monarchia franca in Occidente era equivalente a quella del Basileus in Oriente. Se papa Adriano, gi allindomani della vittoria di Carlo sui Longobardi, salutava il sovrano franco come nuovo Costantino, era giusto che ne portasse il titolo. Cos lOccidente avrebbe avuto di nuovo un imperatore che pregava secondo il rito latino e in latino faceva redigere le sue leggi e il papa avrebbe trovato pi facile intendersi con lui che con lautocrate di Bisanzio. Poi, che questo nuovo imperatore risultasse un barbaro agli occhi dei dotti di Roma e a Bisanzio, non rappresentava certo un impedimento.
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Grave sarebbe stata la perdita nei confronti del Basileus, legittimo successore degli imperatori romani e capo indiscusso dellintero mondo cristiano. Ma era difficile se non impossibile governare la parte greca e quella latina insieme, cosa questa che mostrava anche il piano teologico col progressivo allontanamento dei teologi latini da quelli greci. Ma la religione cristiana era una, e uno doveva essere limperatore. La causa forse principale della pretesa di Carlo per legata strettamente alla questione religiosa. Questa sar la miccia della questione, che tratter pi avanti, della legittimit del titolo di Carlo, ma ha radici ancora prima che il futuro imperatore nascesse21.

2. Il conflitto fra Papato e Bisanzio

Il rapporto che si crea tra Chiesa, Carlo e Bisanzio, potrebbe essere spiegato con un riferimento ad un principio matematico: pi diminuiva il legame tra il papato e il suo vecchio alleato, pi cresceva il legame con il nuovo alleato e, di conseguenza, il legame tra nuovo Occidente e vecchio Oriente andava via via sgretolandosi. Ma per capire bene questo principio bisogna partire dallinizio. Gi da molti anni il governo bizantino in Italia era percepito pi come occupazione straniera che come legittimo governo romano. Gli emissari orientali erano estranei, rispetto ai popoli italiani, non solo per lingua ma anche per religione. Come se non bastasse i conflitti teologici tra Roma e Bisanzio erano allordine del giorno, con il papa che non sopportava le intromissioni del Basileus sulle questioni
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teologiche e questultimo che si sentiva in diritto di intervenire, visto che il regno dOriente si presentava come il continuatore dellininterrotta tradizione dellImpero dOccidente ed era

riconosciuto da tutti i capi germanici poich nessuno di loro, fino a quel momento, aveva reclamato il titolo imperiale. Accanto a questo, si sviluppa anche la convinzione da parte del papa di essere ormai lunico difensore della popolazione italica e degli interessi propri e dellaristocrazia romana, che si sottometteva pi volentieri ad un vescovo che ad un incaricato imperiale straniero. Inoltre i possedimenti orientali in occidente, cio Italia, Africa del nord e il sud delle Spagna, simbolo della loro presenza, andavano via via perdendosi sotto i colpi di Longobardi, Goti e Arabi, conservando solo Ravenna e altre piccole zone sempre in Italia. A sancire una profonda spaccatura tra le due forze in campo fu di nuovo una questione religiosa ben pi grave delle altre, la <<controversia iconoclastica>>. Nella religiosit dellOriente le immagini sacre avevano un ruolo preponderante. Agli inizi dellVIII secolo, temendo che leccessivo fervore con cui i fedeli pregavano davanti alle icone potesse farli cadere nellidolatria, lo stesso imperatore Leone III Isaurico si persuase della necessita di combattere il culto delle immagini sacre. Diede cos inizio alliconoclastia (dal greco distruzione di icone), facendo rimuovere licona di Cristo dallingresso del palazzo imperiale. Gesto con il quale mirava anche a ridurre il potere politico dei monasteri, principali custodi delle immagini sacre. E vista la rivolta di alcune frange della popolazione, gli imperatori avviarono vere e proprie persecuzioni contro i difensori delle icone. In Occidente la situazione non era cos grave. La decisione del
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Basileus Leone III, provoc anzi lirritazione della Chiesa e la crisi nei rapporti con Bisanzio. Il regno di Leone III e del figlio Costantino V coincise infatti con la fase pi dura della persecuzione iconoclasta e, al tempo stesso, con lo sfracello della dominazione bizantina in Italia ad opera dei Longobardi. A questi si affiancavano altri due fattori che portarono allallontanamento definitivo tra Roma e Bisanzio nella prima met dellVIII secolo: - limperatore, Leone III, viet al papa il potere giurisdizionale ecclesiastico sulle regioni della penisola balcanica e del sud dellItali a e, per di pi, confisc a quelle zone le ricche propriet della chiesa romana; - dal 720, limperatore non poteva pi aiutare militarmente il papa contro lespansione longobarda, non rispettando la sua posizione di protettore della cristianit a causa dei continui conflitti con gli Arabi.

3. La chiesa e il suo nuovo alleato: i rapporti franco-papali.

Cessato di fare affidamento sulla protezione bizantina, il papa Gregorio III, ultimo papa che notific la sua elezione a papa allimperatore di Bisanzio da tempo immemore, si affid ai franchi. Lamicizia tra il nuovo popolo eletto, quello franco, che pi di tutti aveva gi con Clodoveo e la dinastia merovingia abbracciato a pieno la fede cristiana, e il papato, sarebbe diventato lasse della politica europea, facendo perdere allimpero i suoi antichissimi diritti. Il rapporto tra i due poteri, risale come menzionato nel primo
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capitolo, alla richiesta di Gregorio III al maestro di palazzo Carlo Martello, nel 738-739. Ma con Pipino il Breve e il nuovo papa Stefano II che il rapporto assume toni ufficiali. Il papa infatti dopo aver ribadito lindipendenza da Costantinopoli, la sfidava elevando un barbaro alla carica di patricius Romanorum, Pipino appunto, compito che prima era prettamente prerogativa dellimperatore. Questo accadeva dopo la vittoria di Pipino sui Longobardi e la consegna di Ravenna, segno che le forze in campo stavano cambiando. I papi Paolo I e Costantino II tennero conto dei mutati rapporti di potere, comunicando la loro elezione non pi allimperatore, ma al re franco. Ma con papa Adriano I e Carlo Magno imperatore che la chiesa abbandona del tutto il legame con lOriente. Sulle monete non pi raffigurato limperatore ma papa Adriano, che dat i documenti non pi con lanno di governo del Basileus, ma con quello del suo pontificato. Il papa gi nel 778, ben ventidue anni prima dellincoronazione, salutava Carlo come novus Christianissimus Dei Constantinus imperator, riconoscendo a Carlo una funzione paragonabile a quella svolta fino allora dallimperatore dOriente. Tutto ci comunque non portava il papa a rinunciare ai suoi possedimenti nel centro e sud Italia, zona abbandonata dai bizantini. Per essere chiari, il rapporto tra Adriano e Carlo, ma un po tutto il rapporto Franchi-Chiesa, assumer per molti secoli tratti ambigui.

3.1 Le promesse di Carlo e Pipino e lo sviluppo della nuova alleanza. Prima di vedere come prosegue la translatio Imperii, ossia il trasferimento dallimpero dei Greci a quello dei Franchi, e introdurre
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una figura importante, quella di papa Leone III che incoroner Carlo imperatore, un evento merita la nostra attenzione. Siamo nel 780 e si delinea uno spiraglio di alleanza tra franchi e bizantini. Scomparso prematuramente limperatore Leone IV, successore di Leone III, era salita alla ribalta una donna, la vedova Irene, la Basilissa, che assunse la reggenza in nome del figlio dodicenne Costantino VI, dopo aver capito che il regno franco non era uno dei tanti effimeri regni barbarici e, soprattutto, che bisognava migliorare la questione con Roma, altrimenti Bisanzio rischiava di perdere qualsiasi tipo di influenza in Italia. Nel 781 cerc di stringere unalleanza con i franchi mandando il figlio Costantino in sposo alla figlia di Carlo, Rotrude e, nel 784, destitu il patriarca di Costantinopoli, Paolo, fautore delliconoclastia, per riallacciare i rapporti con la chiesa. Tutto questo port a convocare un concilio a Nicea nel 787 che sanc la condanna delliconoclastia e il consenso della venerazione ma non delladulazione. La sentenza del concilio fu accolta da entrambe le parti. Tale concilio, riconosciuto come ecumenico dalla chiesa ortodossa, stabil che la venerazione dei fedeli non era quindi allicona ma alla persona rappresentata. La ricostruzione dei rapporti che si stava creando poteva per portare ad una crisi su un altro versante. Col riavvicinarsi di Bisanzio, infatti, il titolo di defensor detentore. Ad aggravare le cose si aggiunse anche il fatto che il sovrano non era stato messo a conoscenza del concilio n fu invitato nessun rappresentante della Chiesa franca. Ma la cosa che pi deluse Carlo fu che una questione teologica di tale portata fosse stata risolta sotto la
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di Carlo, sarebbe tornato al vecchio

guida dellimperatrice dOriente anzich della sua e che un concilio ecumenico fosse stato convocato senza informare i vescovi franchi. Si tent di spiegare la cosa con il fatto che riconoscendosi in comunione con la Chiesa di Roma, limpero carolingio fosse da questa rappresentato. Troppo poco per chi si era eretto a protettore di tutta la cristianit. La risposta di Carlo non si fece attendere. Conosciuti gli atti del concilio di Nicea da una traduzione in latino (il responso del concilio era in greco, altro smacco), il sovrano espose la sua posizione. Avendo avuto a che fare nelle sue campagne con popoli politeisti (Avari, Sassoni), limperatore era inanzitutto incline a pensare che sarebbe stato un rischio proporre a chi fosse stato battezzato un culto che potesse richiamare i loro vecchi idoli. Inoltre, il sovrano contrattacc su pi fronti. Sul piano dottrinale, fece redigere dai suoi dotti, Teudulfo dOlans e Alcuino di York, persone che ispirarono anche la sua replica al concilio, i Libri carolini dove, sottolineando la sua responsabilit politica su Galli, Germania e Italia, critic il concilio, accus i bizantini di essere idolatri, cio adoratori di immagini, e contest la validit ecumenica dello stesso per lassenza di rappresentanti franchi e perch presieduto da una donna. Ancora, attacc in blocco limpero bizantino condannandolo di aver abbandonato le anime alla corruzione e attacc i sovrani, che avevano osato innalzarsi alla condizione di divinit volendo essere chiamati divini. Tutte queste tesi vennero ribadite durante il concilio di Francoforte nel 794, da lui presieduto, nonostante il papa avesse
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difeso in una lettera inviata al sovrano la validit del primo concilio. Il pretesto per convocare il concilio era come per Nicea un errato

messaggio dottrinale. In Spagna si andava diffondendo lidea secondo cui Cristo non era figlio di Dio ma adottivo. Lidea fu da tutti rifiutata. Si pass poi a discutere dellesito del concilio di Nicea, rifiutando le sue decisioni. Papa Adriano, contrariato, prefer non confermare le decisioni di entrambi i concilii. Il messaggio che veniva fuori era per chiaro, il re dei franchi, patrizio dei Romani e protettore del vescovo di Roma, rifiutava ormai di riconoscere allimpero dOriente una qualsiasi supremazia in materia di fede, presentandosi come lunica guida del popolo cristiano. Ma il contrattacco non si limit solo al campo teologico. Su quello militare-politico le risoluzioni del concilio di Nicea portarono alla rottura dellaccordo di matrimonio e allinvasione franca dellIstria. La presentazione di questo quadro storico ci mostra la situazione prima dellingresso sulla scena di papa Leone III. Con papa Adriano il rapporto era stato di profondo legame, anche se Carlo, nella sua testa e poi coi fatti, volle dimostrare che anchegli era un suo sottoposto. Un esempio fu il rinnovo della promessa che anni prima Pipino e il papa Stefano II avevano fatto a Quierzy. Il maestro di palazzo aveva promesso prima di sconfiggere i Longobardi e poi di consegnare al papa determinati possedimenti, cosa che in realt non fece. Stesso atteggiamento fu tenuto da Carlo quando, prima di sapere se Pavia fosse caduta, promise al papa il controllo di quasi tutta lItalia, per poi concedergli solo poche provincie e Ravenna.
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Per non parlare della prova di forza del concilio di Francoforte. Con Leone III il rapporto fu ben diverso. Adriano aveva mirato ad una politica di conservazione di un minimo legame con Bisanzio per non essere del tutto subordinato a Carlo. Ma dopo la sua morte, nel 795, la rottura con i primi e la subordinazione con i secondi fu accelerata. Leone III invece era un personaggio pi debole del suo predecessore e con origini pi modeste. Formatosi nella burocrazia del Laterano, privo di appoggi tra le grandi famiglie romane, era disposto a tutto per accaparrarsi la concreta protezione del re franco. Appena eletto mand la comunicazione a Carlo accompagnata dallo stendardo di Roma e le chiavi del sepolcro di San Pietro. Queste prerogative erano state sottratte da Adriano al Basileus e da Leone riconsegnate a Carlo. La cancelleria pontificia inoltre per la prima volta datava i documenti con lanno di regno di Carlo in Italia, oltre che con quelli del pontificato. A parte la forza personale, o meglio caratteriale, delle due figure pontificie, la storia politica viene condizionata (dominata) dalla congiura che colp il papa e che segn la definitiva rottura tra Roma e Costantinopoli a lungo ritardata. Prima di menzionare i fatti bisogna ricordare che fu lo stesso Carlo ad avere nei confronti del nuovo papa un atteggiamento non molto cordiale. Il re rispose infatti alla sua lettera raccomandandogli di vivere in modo retto e di osservare i canoni della Chiesa. Il 25 Aprile del 799, a Roma, il pontefice era in processione per celebrare la festa delle Litanie Maggiori, rito utile per attirare la benevolenza divina sulle messi. Mentre sostava presso la chiesa di S.
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Lorenzo in Luciana, la processione venne aggredita da una banda alla cui guida cerano due nipoti di Adriano, Pasquale e Campolo. Leone fu gettato a terra e percosso, si cerc di accecarlo e tagliarli la lingua per rendergli impossibile svolgere il suo ruolo. Fatto prigioniero in un monastero, il papa riusc a fuggire presso Spoleto e, grazie al duca Giunigiso, part per Paderdorn per cercare laiuto di Carlo. La storia sembr ripetersi, ma stavolta in maniera pi grave. Non era pi un nemico esterno a minacciare Roma, ma gli uomini della stessa corte papale. Questi, in contemporanea con larrivo del papa, mandarono alla corte di Carlo degli ambasciatori con accuse a carico del pontefice di varia natura. La scelta del sovrano era quindi ristretta a due piani: - deporre il papa credendo alle accuse; - reintegrarlo alle proprie funzioni. La seconda fu la scelta del sovrano, assicurandosi in questo modo un grande debito da parte di Leone III. A consigliarlo nella scelta fu Alcuino, dicendo che in date circostanze la dignit del re dei Franchi era superiore sia a quella pontificia sia a quella di Bisanzio. Dopo averlo curato e messo in salute, Carlo nomin una propria commissione dinchiesta, presieduta dallarcivescovo di Salisburgo, Arnone, e dal arcicancelliere, larcivescovo di Colonia, Ildebrando, ai quali fu assegnato il compito di scortare il papa a Roma e fare luce sullaccaduto. Una volta a Roma la commissione deliber a favore del papa, anche se alcuni membri della commissione, composta dai due arcivescovi pi cinque vescovi e tre conti, risultarono corrotti dalla fazione avversa al papa. Il responso fu che il suo operato non era sindacabile da un assemblea umana ma solo da Dio. Ora per era
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richiesta la presenza dellimperatore, sia per giudicare gli attentatori sia per restaurare la posizione del pontefice. Accolto a Roma il 24 Novembre dell800, la prima questione che and ad affrontare fu la riabilitazione di Leone III. Fallito il tentativo di discolpare il papa con unassemblea convocata il 1 Dicembre nella Basilica di San Pietro (pi che un processo teologico si tratt di un processo politico che risult nullo), Carlo decise che il pontefice avrebbe dovuto riscattarsi con una Purgatio per sacramentum, cio una dichiarazione giurata in cui negava di aver commesso tutte le colpe imputategli. La cerimonia ebbe luogo il 23 Dicembre, con Carlo a fargli da garante. Un solo precedente del genere cera stato nella storia. Pelago I nel 555, eletto papa da Giustiniano, dovette giustificarsi dallaccusa di aver avvelenato il suo predecessore. La reintegrazione di Leone aveva sancito: la vittoria di una fazione sullaltra, vittoria che aveva

visto il re scegliere e non comportarsi da paciere; la condanna a morte di quelli della fazione sconfitta.

Secondo alcuni storici fu lo stesso concilio presieduto da illustri membri a decretare lincoronazione di Carlo, giustificandola con il vuoto del trono imperiale, che in realt era stato assunto da Irene.

4. La crisi di potere a Costantinopoli e in Occidente

Come mai titolare del titolo imperiale era Irene, la vedova di Leone IV? Nel 797 ci fu una rivolta di potere a Costantinopoli, cosa non nuova per la citt. Nuovo fu per il fatto che a prendere il potere fosse
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una donna, la Basilissa, che godeva di privilegi e di una grossa influenza politica. Gli eventi che portarono al potere Irene non furono affatto pacifici. Il diritto di cui si appropri era in realt nelle mani del figlio Costantino, a cui la madre aveva fatto da garante vista la sua giovane et alla morte del padre e al quale, una volta raggiunta la maggiore et, si rifiutava di cedere il potere. La ragione di tale scelta fu di natura religiosa e riprese le decisioni del concilio di Nicea. Costantino VI era a capo di un gruppo che chiedeva il ripristino delliconoclastia. Probabile anche che Costantino ascoltasse con attenzione gli esiti del concilio di Francoforte, meditando di chiedere aiuto a Carlo contro sua madre. Addirittura si pensa che il legittimo sovrano avesse offerto al re Franco la corona imperiale. In un clima cos teso lo scontro tra i due partiti fu inevitabile. Le lotte si conclusero il 15 Agosto del 797, con Costantino trascinato in catene per ordine della madre e da questa accecato. Irene quindi assunse il titolo di megas basileus ton Romanion, e invi a Carlo, in risposta alla delegazione del figlio, una sua delegazione dove confermava la sua ufficiale presa di potere e parlava soltanto di pace. La notizia di quanto accaduto a Bisanzio suscit comunque una sensazione di illegittimit del regno di Irene, rafforzando invece la posizione di legittimit di Carlo. Limpero dOriente era sceso al punto pi basso e un nuovo Impero stava per sorgere.

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5. Lincoronazione tra simboli e varie interpretazioni

Il potere di Carlo era andato via via assumendo sempre pi connotazioni imperiali., cosa riscontrabile anche nella preoccupazione che il mondo cristiano mostrava verso la guida del discusso papa Leone III. Una preoccupazione questa alimentava la tendenza ad immaginare la cristianit pi tutelata sotto una specie di impero: LImperium Christianum, il cui capo era espressamente indicato nel re dei Franchi. Prima di analizzare latto dellincoronazione di Carlo va menzionata una cosa: le espressioni che accompagnano il nome del re franco non sono solo parole. I nomi e i titoli che accompagnavano Carlo erano pronunciati da uomini consapevoli che si stava facendo riferimento a precisi significati sia politici che letterari. Ad esempio, il titolo di nuovo David aveva il preciso scopo di indicare il futuro imperatore come capo anche della cristianit, ispirato da Dio e chiamato a governare con saggezza la comunit dei credenti. Lantivigilia di Natale, a due giorni dallincoronazione, ebbe luogo un evento importante. Due delegati del patriarca di Gerusalemme giunsero a Roma per consegnare a Carlo le chiavi del Santo Sepolcro e della Citt. La notte di Natale dell800, nella basilica di San Pietro stracolma di fedeli, Carlo fece il suo ingresso indossando le vesti di patricius dei romani. Della cerimonia abbiamo quattro versioni: una di Eginardo, una del Liber pontificalis e due degli Annali del regno franco. Lo sviluppo della cerimonia simile in tutte e quattro le fonti. Carlo, rimasto in preghiera per tutto il tempo del sacrificio eucaristico,
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viene incoronato dal papa davanti alla tomba di Pietro con il popolo che lo acclama. Lacclamazione era lelemento indispensabile per lelevazione al rango imperiale fin dai tempi di Roma. La questione nasce su come il papa si sia comportato dopo lincoronazione. Le fonti franche ci parlano di Leone III che, secondo usanza orientale, si prostr ai piedi di Carlo in atto di adorazione (proskynesis). Il resoconto del Liber pontificalis invece non menziona nessun atto di sottomissione da parte del papa, anzi sottolinea come il fatto che lincoronazione sia avvenuta il giorno di Natale rievochi quella di Reims facendo di Carlo, pi che un nuovo Costantino, un redivivo Clodoveo. Limpero rinasceva ridotto rispetto allidea che il sovrano si era fatto e dipendente dalla volont del potere sacramentale del papa. Eginardo ci mostra perci un Carlo quasi insoddisfatto della sua incoronazione. Si pensa addirittura che Leone avesse colto di sorpresa il re che non si aspettava un comportamento del genere. Laccettazione del sovrano per aveva implicato la

subordinazione al papa. Si pensato addirittura che il gesto del papa fosse un tentativo di rivalsa verso il re e verso ci che era successo in precedenza. Ora il re dei franchi poteva proclamarsi ufficialmente a protettore della Chiesa, ma era in essa che risiedeva la pi antica autorit, posta da Cristo nelle mani del vescovo di Roma. Leone ripercorreva, forse senza volerlo, le implicazioni temporali sulla questione del potere, ritornando cos circa tre secoli indietro. Alla fine del V secolo infatti, papa Gelasio in una celebre lettera allimperatore di Costantinopoli, Anastasio, aveva formulato la teoria dei due poteri dichiarando la superiorit di quello spirituale. Pi semplicemente la sua idea era quella di creare un maggiore equilibrio
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tra i due poteri, non facendo pi trovare il papa in una condizione di inferiorit, come al tempo della supremazia bizantina (il Basileus non aveva mai rinunciato al suo diritto di egemonia sulla Chiesa), dovendo dipendere dal sovrano anche in materia religiosa. Ma non si pu nemmeno escludere il mal contento di Carlo che, pi che lincoronazione, riguardava il modo in cui essa era avvenuta e le conseguenze politiche che ne sarebbero poi derivate. Come gi spiegato prima, ogni azione, gesto, titolo o epiteto a quel tempo si collegavano a chi li riceveva con un particolare peso e una particolare conseguenza, assumendo un fortissimo valore simbolico. Ad esempio il poggiare, da parte del papa, la corona sul capo di Carlo era simbolo di come il potere, per quanto grande poteva essere, discendeva e assumeva valore solo per volont della Chiesa. Rimarcando cos la superiorit dellautorit pontificia. Questo ad un politico astuto come Carlo non poteva sfuggire, cogliendone al volo le implicazioni. Egli infatti avrebbe voluto incoronarsi da solo, come gli imperatori dOriente. Per questo motivo, quando volle che il figlio Ludovico il Pio fosse incoronato imperatore organizz la cerimonia in modo da evitare tutti gli aspetti che potevano essergli dispiaciuti nella sua. Ludovico fu incoronando dallo stesso Carlo ad Aquisgrana, citt centro dellimpero, e ad acclamarlo fu il popolo franco non quello romano. La rivendicazione del potere da parte del papa resta per teorica, visto che il potere era tutto dalla parte del sovrano. Lampante ci che accade alla cancelleria pontificia. Se infatti con Adriano I aveva preso a datare i suoi documenti dallanno del suo pontificato e Leone III aveva aggiunto a questo anche gli anni del regno di Carlo, ora la cancelleria passa a datare gli atti esclusivamente dagli anni di regno
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dellimperatore, come si faceva in passato con quelli del Basileus. Questa manifestazione simbolica di potere ai giorni nostri lascia molto indifferenti, ma in passato non era cos: in questo modo il papa riconosceva a tutti gli effetti la sovranit di Carlo sulla Citt Eterna. Su tutto lepisodio regn comunque lincertezza. Di sicuro le fonti che dicono che Carlo non si aspettasse lincoronazione quel giorno sono poco attendibili. Un accordo tra il papa e il re gi ci doveva essere e presumibilmente fu preso a Paderborn, quando il papa, in fuga da Roma, fu accolto da Carlo impegnato allora nella campagna contro i Sassoni. La scelta della notte di Natale stabiliva poi unanalogia con le tradizioni franche. Lunico gesto inaspettato resta forse proprio il fatto

dellincoronazione. A questa gli Annali rispondono con il gesto della proskynesis (inginocchiamento) del papa davanti allimperatore, gesto che per mal si accorda con quello precedente, dal momento che postula un ordine inverso di superiorit. La fonte pontificia, il Liber pontificalis, tace sullaccaduto, ma pi semplicemente, confrontando le fonti e il modo con cui i fatti vengono presentati, pi possibile che la proskeynesis non ci sia stata.

6. I Rapporti tra limpero e Bisanzio dopo lincoronazione

Lelezione di Carlo ad imperatore fu sentita da Bisanzio come una provocazione e particolarmente male fu preso il ruolo trainante del papa. Un barbaro, per la prima volta, osava agguantare il titolo
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imperiale romano. Lincoronazione fu trattata per con sufficienza dallimpero dOccidente. Teofane lunico cronista bizantino a farne rifermento, descrivendola in termini parodistici. Derisione e disprezzo accompagnano dunque lincoronazione di Carlo. Fin a quel momento ai capi germanici era riconosciuto il titolo di rex ed era impensabile quindi che uno di questi potesse assumere il titolo di imperator22. Lo stesso imperatore, preoccupato delle conseguenze che il gesto del pontefice poteva provocare, nell802 mand una delegazione a Costantinopoli per assicurare allimperatrice le sue intenzioni pacifiche. Alcune fonti narrano che gli inviati franchi avrebbero proposto un matrimonio tra Carlo e Irene, che avrebbe permesso di riunire i due imperi. Ma da l a poco la situazione sarebbe cambiata. A Bisanzio, dopo il colpo di stato che destitu limperatrice Irene, sal al trono Niceforo I, persona di fiducia dei nobili bizantini. La linea delle trattative fu portata avanti anche dal nuovo Basileus e, nell803, una delegazione proveniente da Costantinopoli present a Carlo un progetto di pace che, secondo il sovrano franco implicava il riconoscimento da parte di Niceforo della sua carica di imperatore. Latto di riconoscimento non era per neanche preso in considerazione dallimperatore dOccidente. Per questo Carlo lasci la proposta di pace senza risposta. Ma il pretesto per un conflitto armato non poteva derivare da una questione di rango. Entrambi i sovrani volevano la pace pur avendo interessi territoriali in comune che portarono al conflitto. Il territorio in questione era quello nel nord-est e nel sud della
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BECHER Matthias, Carlo Magno, Societ Editrice il Mulino, Bologna 2000. pagg.83-84.

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penisola italiana: Venezia e Benevento

miravano a raggiungere

lindipendenza. La prima da Bisanzio, la seconda dalla dominazione franca. A Venezia scoppi una specie di guerra civile, con i due partiti che cercavano lappoggio delle due potenze. Quando per nell806 Carlo annett al suo impero Venezia e la Dalmazia, lo scontro fu inevitabile e dur circa quattro anni. Nell810 Pipino, re dItalia, dopo aver contrastato con successo le incursioni dei pirati mussulmani, entr nella laguna costringendo i veneziani a rinchiudersi nel Rivo Alto (Rialto). Ma se i franchi erano superiori negli scontri a terra, i bizantini dominavano quelli per mare. Ecco perch lo scontro non vide il prevalere di nessuna delle due forze ed ecco che, visto lincombere di una campagna bulgara, Niceforo decise di proporre un trattato di pace. Nell810 mand una sua delegazione da Carlo che colse loccasione per risolvere anche il problema del riconoscimento imperiale dimostrandosi pronto a cedere Venezia e Dalmazia come gesto di apertura. Ma mentre i suoi inviati si dirigevano alla corte franca, Niceforo fu ucciso in una campagna militare contro i bulgari (811). Il suo successore, Michele I, port avanti le trattative e alla fine riconobbe il titolo di Carlo. Resta comunque legato alle nomenclature e alle gesta il valore del titolo di Carlo, un po come per lincoronazione. Bisanzio riconosce il titolo di imperatore, ma nella sua concezione il titolo bizantino resta superiore a quello occidentale, perch diretto discendente di quello romano. Quello franco era il titolo di un individuo che governava su numerosi popoli. Per questo motivo al titolo orientale fu aggiunto un chiaro riferimento alla continuazione dellimpero romano, che risiedeva nella seconda Roma. Il titolo
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divenne quindi <<imperatore dei romani>>. Nell812 unambasceria bizantina raggiunse Aquisgrana e acclam Carlo imperatore, senza per aggiungere la qualifica di romano, ma dalla notte di Natale dell800, la simbologia franca, richiama sempre pi a quella romana. E anche vero comunque che, acclamato imperatore dai romani nel momento della sua nomina, Carlo prefer introdurre una modifica nel suo titolo: governante dellimpero romano nonch, per misericordia di Dio, re dei Franchi e dei Longobardi. Agli occhi di un franco i collegamenti con i romani erano il papa e la moltitudine di ecclesiastici. Carlo tendeva quindi a non sminuire il suo titolo di re dei franchi, base effettiva del suo potere, per non creare il sospetto che i preti di Roma, a discapito dei magnati franchi, fossero lelite politica dellimpero rinnovato.

7. Rapporti tra chiesa e impero

Lincoronazione di Carlo, nonostante tutte le discussioni riguardanti i valori simbolici, sanciva la supremazia del sovrano sulla Chiesa e sul pontefice. Anche se gi prima dell800 limperatore si comportava come il capo della cristianit. Il suo ruolo era quello di decidere le nomine dei vescovi, sorvegliarne il comportamento e radunare il concilio quando lo riteneva opportuno: tutte cariche che oggi siamo abituati ad attribuire al papa. Inoltre, quando il pontefice, nel 799, giunse a Paderborn inseguito da accuse pesanti sul suo operato, il difensore della chiesa lo port a Roma sotto sua scorta e l lo stesso Carlo pot presiedere il concilio che doveva giudicare Leone III.
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Se la cristianit aveva un difensore, visti i fatti, questo era il re dei Franchi. Ma il papa non era il successore di San Pietro? Teodulfo dOrlans, prima che il sovrano partisse per giudicare il papa, scrisse che San Pietro aveva consegnato al re le proprie chiavi terrene, tenendo per s quelle celesti. Al re spettava dunque il compito di governare la Chiesa, il clero e il popolo cristiano. Anche Carlo stesso nella Divisio regnorum dell806, imponendo la defensio Ecclesiae ai propri figli, la definisce cos: - difendere la Chiesa di San Pietro, e quindi del papa, dai suoi nemici; - salvaguardare i diritti di tutte le chiese. Ma c anche un altro fatto che mostra come il sovrano sia a tutti gli effetti il capo della cristianit: tra il Natale dell800 e la Pasqu a dell801, limperatore trascorse cinque mesi consecutivi nella citt eterna e questo soggiorno prolungato sanciva la sua sovranit, come gi era accaduto ad esempio per i Sassoni o per la Baviera.

8. Un rapporto particolare: Carlo e il califfo Harun al-Rashid

Menzione particolare merita il rapporto eccellente tra questi due sovrani. Nellanno 801 ambasciatori del califfo sbarcarono a Pisa e con questo sbarco tornava in patria Isacco che Carlo aveva mandato come ambasciatore a Baghdad quattro anni prima. In pi il califfo mandava in dono al sovrano franco lelefante Abul Abbas, richiesto espressamente da Carlo per il suo serraglio. Nell807 unaltra spedizione del califfo onor Carlo di altri doni, ai quali limperatore rispose con doni del suo mondo. Chiara dunque lintenzione di entrambi i sovrani di mantenere
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la pace23. Un motivo per ancora pi intimo cera in Carlo per conservare buoni rapporti con Baghdad. La benevolenza del califfo era necessaria per i cristiani in Terrasanta che vivevano sotto la dominazione musulmana e cos convinse il califfo ad un gesto, che avrebbe sicuramente giovato ai loro rapporti, verso quella comunit. Questi arriv a compiacerlo addirittura donandogli simbolicamente il terreno su cui sorgeva il sepolcro di Cristo, facendo si che il patriarca di Gerusalemme riconoscesse il sovrano franco come protettore dei Luoghi Santi e inviandogli le chiavi del santo sepolcro. Non soltanto con le armi che Carlo manteneva il suo prestigio di capo supremo della Cristianit

9. il Papato e lideologia del potere imperiale: tre lettere per tre ideologie; imiatatio e translatio imperii.

In una lettera di Ludovico II a Basilio I, scritta da Anastasio Bibliotecario nel 871, si discute sulla natura e sullorigine dellimpero dOccidente considerato illegittimo da Basilio in una lettera precedente che poi andata perduta. La lettera di Ludovico II indica chi assegn limpero ai Franchi, dopo aver ripudiato i precedenti assegnatari (() il nome e la dignit di imperatore dei romani noi li ricevemmo dai romani stessi ()) e spiega i motivi del ripudio dei Greci e della riassegnazione dellimpero ai Franchi, dovuta alla rapidit con cui questi si erano convertiti al cristianesimo e allapplicazione dimostrata nellopera di evangelizzazione. Era invece

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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004. pag. 111.

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una punizione per i Greci che avevano disertato24. Il prologo della Lex Salica mostra la consapevolezza dei Franchi che, dalla generazione di Pipino, si equiparavano al popolo di Dio dellAntico Testamento. Nella lettera di Ludovico i Franchi diventano i contraenti della Nuova Alleanza, chiamati a subentrare ai Giudei che hanno rinnegato Ges e ci porta come conseguenza logica un corollario che sancisce lesistenza di un solo impero legittimo, quello Occidentale. La lettera di Basilio I, quella perduta, invece costituiva il punto darrivo di un altro prodotto della riflessione curiale romana sul papato in rapporto allimpero: il Constitutum Constantini, il quale sembrerebbe assegnare al papa, oltre al suo ruolo specifico di guida suprema della chiesa, un rango di quasi imperatore, costruendo una figura ad immagine e somiglianza di quella di Costantinopoli. Una potest e un dominio temporale da esercitarsi a Roma e su Roma. Differenziandosi dalla lettera di Ludovico II, quello che uscir non un papa che toglie ai Greci fedifraghi limpero per attribuirlo ai Franchi prediletti del Signore, bens un papa che, senza cessare di essere tale, diventi egli stesso lequivalente occidentale

dellimperatore di Costantinopoli. Accanto a queste due lettere, una terza rappresenta un altro documento portante tra quelli ufficiali latini del secolo VIII. La lettera, scritta da Adriano I ed indirizzata ad Irene e al figlio Costantino VI il 26 Ottobre 785, si concentra sulla questione iconoclastica e presenta Irene e Costantino VI alla pari di Carlo re dei Franchi perch questi non solo posero fine alliconoclastia, ma restituirono anche
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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. pag. 343.

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possedimenti e patrimoni sottratti dal patriarca Leone III alla Chiesa. Erano quindi tre gli scenari che si andavano prospettando: - al fianco del Basileus in oriente si prevedeva in occidente un papa truccato quasi da imperatore; - limpero franco come subentrato a quello dei Greci sulla base di un decreto divino reso operante dal papa; - i due regni (quello di Carlo e quello di Irene), vittoriosi e cristiani, sarebbero stati chiamati in futuro a coesistere in (concezione intermedia tra le due precedenti). Lultima concezione sicuramente fra le tre la pi ragionevole ed quella che riflette, con maggiore approssimazione, la realt che con lelezione di Carlo a imperatore sarebbe poi accaduta. La teoria dei due imperi, risultata vincente con papa Leone III, scalzava limitatio imperi, centro della Constitutum e dalla parte del papato . Il falso di Costantino entrer in circolazione anni dopo la sua redazione e influenzer anche il Dictatus Pape di Gregorio VII che, nella proposizione ottava, ne fa in qualche modo la sintesi, descrivendo come il papa riceva entrambe le corone ma decida di non portarle: () La corona doro veniva incamerata ma il papa rifiut di porsela in capo ()25. La lettera di Ludovico e Anastasio, scritta anche per assicurarsi lalleanza del Basileus in unazione combinata contro i Saraceni, affaccia la tesi dellesistenza dei due imperatori che in per pare incompatibile con la tesi della sottrazione ai Greci e la riassegnazione ai Franchi, esposti nella stessa lettera. Imitatio imperii e translatio
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pace

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. pag 363.

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imperii vanno analizzate in base al ruolo che i papi hanno avuto, tra lVIII e il IX secolo, nella restaurazione dellimpero doccidente e della consapevolezza che questi avevano del ruolo pi o meno grande che furono chiamati a svolgere. Indipendente dallo schema della traslatio imperii, tutti i papi hanno compiuto atti volti a rendere possibile lincoronazione di Carlo. Il Codex Carolinus, diverso dalle opere di cancelleria papale, unopera archivistica datata 791 e attribuita a Carlo Magno, per recuperare lo stato delle lettere inviate dai papi a suo nonno, Carlo Martello, a suo padre, Pipino, e a lui stesso in modo che venissero rinnovate. Oltre alla sezione delle lettere ai papi, il Codex contiene unaltra sessione per le lettere ai franchi dei Basileis. Questo, insieme anche la possibilit che nel riscriverle le lettere pontificie potettero essere modificate, fa si che lopera non possa essere considerata fonte romana. Dal canto suo, la concezione curiale dellimitatio imperii, invece di fare i conti con la tradizione, adotta una soluzione che consiste nellosservare il comportamento cerimoniale bizantino al fine di ricavare qualche elemento per la costruzione di un contro-potere occidentale e soprattutto papale. Questi papi non sembrano in grado cos di fare altro che parlare di provincie promesse e non concesse, rifacendosi alla donazione di Costantino. Quando Adriano I esorta Carlo ad essere il nuovo Costantino, lobiettivo che si prefigge non nemmeno pi il realizzare la promessa della donazione del 774, ma la richiesta di un aiuto immediato nel recuperare una sfilza di propriet, anche da privati, che avevano cos provveduto alla salvezza della loro anima.
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Se lo scenario della restaurazione dellimpero doccidente fosse stato questo, non riusciremmo ora a trovare nessun legame tra la nascita dellEuropa e lEuropa Carolingia. Ma analizziamo come andarono le cose. Per fare ci bisogna fare riferimento ad un personaggio, Gregorio II, e a due lettere da questi inviate a Leone III Isaurico, Basileus d Oriente. Le lettere nascevano come risposta allimperatore di

Costantinopoli che, in cambio di una resa del papa sulla questione delle immagini, avrebbe cancellato le accuse di lesa maest imputategli e risentono del contesto politico-territoriale in cui sono state scritte, fatto che consentiva al papa piena libert di parola, dando peso e risonanza a questultima. Bisognava distinguere cos Roma citt, esposta alle insidie nemiche, e Roma patriarcato dOccidente, intercapedine tra Oriente ed Occidente, che niente sembrava poter minacciare. Erano tre gli spazi identificati da Gregorio che garantivano la sicurezza e limmunit della sua sede: - il ducato, che da Roma prendeva il nome, era ormai una sorta di terra di nessuno dove Gregorio poteva con facilit cercare rifugio; - lOccidente barbarico reso domestico perch cristianizzato, con i suoi re devoti a San Pietro e pronti a difendere e punire chiunque oltraggi limmagine del papa; - lOccidente intero che pretendeva che a battezzare i suoi capi fosse il papa in persona e lo stesso viaggio al d la del Reno fu un modo per Gregorio di mostrare la forza espansiva sul piano pastorale del patriarcato dOccidente. La destinazione del papa sar quella zona nella quale gi
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Bonifacio operava come lapostolo dei Germani e che, poco tempo avanti, con laiuto dei due maestri di palazzo, Carlomanno e Pipino III (742), sarebbe diventato anche il riformatore della chiesa franca. Bonifacio era consapevole che senza lappoggio del potente maggiordomo (gi nel 723 aveva ottenuto la protezione da parte del padre di quelli, Carlo Martello) la sua missione sarebbe andata incontro al fallimento. Lopera fu unazione missionaria e non una riforma di iniziativa ecclesiastica oltre i confini del regno franco. Da ricordare che al potente protettore non interessava una riforma allinterno del suo regno, impegnato comera a sottrarre a chiese e monasteri le terre di cui aveva bisogno per saldare la sua clientela. Al successore di Bonifacio, Stefano II, una volta che il potere della dinastia pipinide si sar saldamente posta al comando del regno, sar chiesto, dal primo sovrano Pipino, non il battesimo, bens la ripetizione del rito della cresima imperiale. Ripetizione perch il quasi ottantenne Bonifacio aveva gi compiuto sulla stessa persona a Soissons nel 751. Stefano fu ben lieto daccettare per due ragioni principali: - assumere il controllo di una vasta zona peninsulare dove esercitare in propria autonomia la potest spirituale; - assicurarsi, per realizzare la prima, il braccio armato franco contro lincombente minaccia longobarda26. Cos i tre spazi concentrici, elencati da Gregorio nelle lettere come per scoraggiare i propositi aggressivi dellimperatore dOriente, apparivano un tempo indipendenti luno dallaltro, ma non pi tardi di venticinque anni risultano strutturati in un sistema in cui lex ducato di
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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. pag. 398.

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Roma protetto dal giuramento fatto a Stefano II a Kiersy , da un Pipino che, forte dellunzione ricevuta dal papa come patricius Romanorum, si distaccava dagli altri sovrani barbari dOccidente. Ma loperare delle tensioni fra Roma e Bisanzio non sempre lo stesso da parte del papa. A tele esempio ci viene in soccorso unaltra lettera, quella inviata a Carlo Magno da papa Adriano I, in cui il papa comunicava la decisione del concilio ecumenico di Nicea, contro la quale Carlo aveva gi deciso di prendere posizione. Scontato dire che lauspicio iniziale sia rivolto a Carlo e ai suoi successi contro le barbarae nationes. La parte maggiore della lettera resta dedicata alla confutazione su ci che il sovrano aveva espresso nel capitulare (dopo il concilio di Francoforte). Ma laspetto che pi va sottolineato credo sia la doppiezza della lettera. Cio, in essa Adriano giustifica la scelta del concilio e il modo in cui stato fatto (il concilio fu convocato senza informare Carlo e senza la convocazione di rappresentanti del clero franco, ci poteva confutare il suo valore di ecumenico), spiegando che se la definizione finale del concilio sia stata sottoscritta, questo successo perch giudicata conforme alla dottrina di Gregorio Magno, sul culto delle immagini e che, fatta sua da Adriano, costituiva una posizione gradita anche ai Franchi. Ma ma questo punto che nella lettera sembra che Adriano voglia prendere le distanze da ci che ha presentato fino ad un momento prima come assolutamente legittimo. Il solo prendere in considerazione unipotesi di non accoglimento di Roma dei canoni di Nicea rischiava di generare nel destinatario della lettera la presenza di unincrinatura nei propositi del papa, incoraggiando Carlo a persistere nel rifiuto. Palese quindi lesitazione
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di Adriano

nellapprovare

formalmente le decisioni del Concilii, cosa che alla fine non fa. La lettera poi passava a trattare il ringraziamento del Basileus, sempre che Carlo lo confortasse col suo assenso, per lavvenuto ripristino del culto delle immagini. Al tempo stesso il papa lo richiamava al suo dovere di restituire giurisdizioni mal tolte se non voleva essere condannato come eretico. Da queste righe viene fuori anche un altro punto di discussione. Ora che il regno franco era subentrato allindistinta massa della cristianit occidentale e si professava pronto a svolgere i suoi doveri di popolo eletto era visto dai papi come un efficace contromisura verso il rischio di essere ridotti a vescovi Longobardi. Ma gli stessi papi, vedi Adriano I, che avevano chiesto aiuto ai Franchi, e nel suo caso a Carlo, non si comportavano da sudditi del re, restando ancora legati anche a Bisanzio. La chiesa che Carlo afferm essergli stata donata da Dio perch la governasse, era ormai franca solo di nome. Di fatto era una chiesa territoriale, che tendeva a porsi come universale richiamandosi al culto di Pietro e allinsegnamento di Roma. La linea romana non trova per continuit, a differenza della linea Bonifacio - Carlo Magno che cominciava a delineare la linea che porter poi allincoronazione dell800. In conclusione, osservando come andarono gli eventi, il tentativo di non farsi chiudere in un asfissiante domino longobardo port i papi a chiudersi invece nella gabbia franca. Se da un lato per latteggiamento di Carlo portava ad un rafforzarsi delle tradizioni romane e della tradizione di Roma, nonostante la passivit, pi o meno completa, dei vari pontefici, dallaltro laccresciuto livello spirituale del clero multinazionale del
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regno franco indusse questultimo ad assumere atteggiamenti autonomi nei confronti del magistero romano. In ultima analisi un breve accenno alla chiesa franca. Intorno al IX secolo gravi tensioni si erano prodotte allinterno della chiesa franca occidentale fra vescovi suffraganei e metropoliti, oltre che tra sinodi provinciali e autorit temporale. Queste controversie portarono alla produzione, in un ambiente non ancora identificato, di falsificazioni canoniche fra cui le Decretali Isidoro Mercator.

10. La divisione tra questioni dottrinali e attivit legislativa e amministrativa.

Sentendosi obbligato davanti a Dio di vegliare sulla dottrina nel suo impero, il problema si pone in come Carlo abbia rispettato i poteri del papa circa la dottrina della chiesa. La questione di Nicea sembra essere accantonata senza proteste. Il fine era evitare un conflitto col papa, soprattutto per il rispetto verso lautorit pontificia nelle questioni di fede. Questo non un caso isolato, si ripete ad esempio anche con Leone III e la controversia sul credo. Ci mostra come Carlo riconoscesse lautorit speciale della Santa Sede nelle questioni della fede, nonostante la sua pretesa di dover occuparsene anche lui con i suoi teologi. Diverso si presenta invece il rapporto tra papato e Carlo sotto laspetto della giurisdizione ecclesiastica. Nella chiesa del suo impero il sovrano esercitava un potere legislativo e amministrativo quasi universale ma il papa anche qui non era del tutto escluso. Ad esempio quando Carlo restaur le provincie ecclesiastiche scomparse durante il
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regime di Carlo Martello, non andava avanti senza lapprovazione della sede. Oppure, anche Leone III partecip attivamente alla fondazione della provincia ecclesiastica bavarese27. Inoltre, il primo titolare di una nuova sede metropolitana, ossia il centro della provincia, doveva ricevere i suoi poteri da un superiore ecclesiastico. Il superiore nella chiesa latina era solo il papa e la Santa Sede acquistava cos, grazie al contributo di Carlo, una competenza continuamente crescente nella struttura gerarchica interdiocesana.

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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. pag. 412.

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CAPITOLO V

1. LEuropa e il concetto dEuropa in et carolingia: quadro storico

Il punto di partenza necessario per lanalisi sicuramente lImpero Romano. Brevemente: questo era entrato in una crisi, difficilmente reversibile, gi molto prima del 410, data del celebre sacco di Roma da parte del Visigoto Alarico. Eppure un evento cos sconvolgente come questo, che portava alla lenta dissoluzione della parte occidentale dellimpero, fu generatore di un nuovo assetto. Infatti con il contatto tra la gente romana e le genti barbare, e con le loro culture, stava nascendo quello che noi oggi chiamiamo Europa. Ovviamente il processo sar lungo e per tanti aspetti oscuro. La luce di questepoca sar una civilt, con il suo impero, quella carolingia. Il fascino delloriente andava premendo sulle regioni occidentali, ripercorrendo un po la stessa storia della cultura greca (La Grecia conquistata soggiog il feroce vincitore. La citazione di Orazio e si riferisce ovviamente allimpero romano)28. Addirittura lo stesso Alessandro Magno, una volta messo insieme il suo impero nel tentativo di creare una fusione tra cultura greca e persiana, assumeva sempre pi i caratteri della regalit di stampo orientale cercando di apparire come un personaggio divinizzato.
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Cardini F., Carlo Magno. Un padre della patria europea, Bompiani editore, Milano 2002. pag. 13.

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Alessandro non fu lunico. Cosa simile era accaduta anche a Roma con Nerone e Caligola accusati, per le loro idee, di follia dal senato. Il quadro sociale del ceto dirigente nellet dellimpero era articolato, almeno a partire dal I secolo, in due ordini principali. Tra i cittadini romani adulti emergevano due ordini: senatorio ed equestre, qualificati dal riconoscimento ufficiale. Laristocrazia senatoria era inquadrata nel senato di Roma, che reclutava i membri per cooptazione (metodo che consiste nellelezione di nuovi membri da parte delldello stesso) mentre quelli del ceto dei cavalieri erano scelti dallimperatore. I due ordini si diversificavano anche per lorigine dei patrimoni: i primi basavano la propria ricchezza essenzialmente sulla propriet fondiaria; i secondi si arricchivano anche grazie a speculazioni commerciali e finanziarie. Il quadro sociale andava evolvendosi dal III secolo, quando i ceti dirigenti assimilavano una larga parte delle aristocrazie locali provenienti dalle diverse citt dellimpero. I cittadini pi importanti dei vari municipi potevano cos sperare di essere innalzati dallimperatore al rango di equites (cavalieri) o addirittura arrivare allingresso nel senato. Ma il quadro ovviamente non mancava di presentare vari problemi: - si acu il contrasto tra lautorit del principe e quella del senato; - crebbe il peso dellesercito nella scelta degli imperatori (gi nel I secolo una congiura militare aveva abbattuto Caligola e innalzato al trono Claudio). Il crescere del potere dellesercito port la situazione a precipitare in unanarchia culminata nella crisi del III secolo.
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A subire maggiormente il disagio furono, come sempre, le classi pi deboli. Queste allora, sottraendo preziosa linfa al servizio militare, si rifugiarono nelle villae dei proprietari latifondisti. Era questo un po il quadro interno che si andava delineando, accanto al quale, gi molto instabile, venne ad aggiungersi un nuovo pericolo, questa volta esterno. A nord-est dei limes (confini) iniziavano le pressioni delle genti barbare.

2. Chi sono questi barbari?

Appartenenti come i Greci al ceppo indoeuropeo, erano per lo pi cacciatori, agricoltori e allevatori seminomadi contro cui i romani gi avevano avuto a che fare. Dallet di Augusto alla met del III secolo, lungo la frontiera di Reno e Danubio, gli scontri si intensificarono. Tacito, nella sua Germania, ci presenta questi popoli con una grande ammirazione, quasi come ammonimento a quella Roma avviata lungo la via della corruzione. Se le prime incursioni erano solo state delle isolate scorrerie a scopo di rapina, le cose, con la comparsa di un nuovo popolo, i goti, cominciano a cambiare arrivando ad azioni volte alla penetrazione e allinsediamento con coordinate leghe militari. Nella crisi che piano piano lo stava sgretolando, limpero riusc a sollevarsi con lintervento di Diocleziano. Con lui la strategia verso i germani conobbe un cambio di rotta. Accantonato il metodo offensivo si cerco di attirarli nellorbita romana organizzata in due campi: - limmissione massiccia nel territorio controllato dallimpero e nelle sue stesse istituzioni di elementi barbarici, che assunsero col
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tempo sempre pi importanza; - si crearono zone di detenzione, per ripopolare zone ormai devastate29. E chiaro come i contatti tra i franchi e la romanit iniziarono in modo conflittuale per poi arrivare ad una sorta di intesa. Limpero si riorganizzava escludendo progressivamente la sua parte pi povera, ossia il nord-est. Nel 330 Costantino fonder sul Bosforo, al posto dellantica Bisanzio, la citt di Nuova Roma, chiamata poi Costantinopoli e futura capitale dellimpero durante il regno di Teodosio. Una divisione che, almeno nelle intenzioni, doveva essere solo amministrativa. Limpero veniva concepito come una sola unit. Infatti Odoacre dopo il 476, anno della caduta della parte doccidente, invi a Zenone, imperatore dOriente, le insegne dellimpero dOccidente, ribadendo appunto il concetto che lautorit di un solo imperatore fosse sufficiente e rivalutando il concetto dimpero come uno e indivisibile. Idea che resistette anche dopo la caduta della parte occidentale. Nelle intenzioni dei popoli germanici, che dallinizio del V secolo impazzavano in Occidente, non cera alcuna volont distruttiva verso limpero, anzi, essi miravano ad unintegrazione e ad un riconoscimento dalla struttura imperiale stessa. A determinare il collasso dellimpero in occidente non furono il sacco di Roma o qualche altro terribile popolo barbaro, ma il crollo delle istituzioni e delle sue strutture sociali, legati ad una classe dirigente sempre pi corrotta, come se Tacito avesse visto nel futuro. Un crollo che partiva dallinterno e che la minaccia barbara aveva solo
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004. pag. 120.

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portato alla luce pi velocemente.

3. Lo sviluppo del latifondo: un antenato del vassallaggio

Il crollo dellimpero ebbe come una delle prime cause lo sviluppo spropositato del latifondismo. La villa del tardo impero si presentava come un sistema economicamente chiuso. Gi nel I secolo Petronio, nel Satyricon, ironizzava su un fatto vero: i possedimenti dei latifondisti si estendevano a perdita docchio. Agli inizi del V secolo una tale situazione aveva ormai cancellato praticamente del tutto la piccola propriet contadina, tradizionale serbatoio dellesercito romano, cosa che aveva portato alla perdita della figura dellagricoltore-soldato su cui si era fondata lantica forza romana: lesercito. Deriva da ci la necessit di arruolare nellesercito elementi barbarici che in breve tempo raggiunsero posizioni di primissimo piano. Nello stesso periodo nuove e pi massicce incursioni crearono gravi problemi alle strutture difensive dellimpero. Grave fu la perdita, a causa assassinio, di Stilicone, eliminato nel 408 da una corte sempre pi corrotta. La morte del generale fece venire a mancare un valido sostegno nella parte occidentale dellimpero. La differenza con loriente sembrava crescere sempre di pi. Il governo era pi solido e con le strutture burocratiche capaci di un maggiore controllo. Inoltre limpero dOriente adott una doppia politica: da una parte non esitava a pagare tributi ai barbari confinati per garantire il
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mantenimento della sicurezza; dallaltro era pronta a promuovere una reazione antibarbara pi radicale di quella dOccidente (tra la fine del IV e gli inizi del V secolo migliaia di goti che stanziavano a Costantinopoli vennero massacrati). Tornando a parlare dellOccidente, dalla sintesi tra le diverse realt in conflitto, romana e barbara, nacquero i regni romanobarbarici, che si andarono a sostituire alla compagine imperiale. Nella maggior parte dei casi, non vi fu per, almeno agli inizi, alcuna integrazione tra i due popoli, visto che i barbari si governavano con leggi proprie, basate sulla consuetudine. La religione praticata era il cristianesimo, anche se la maggior parte della popolazione germanica era stata evangelizzata da missionari ariani (una delle pi dure confessioni del cristianesimo, importante perch vedeva nel Cristo una sola natura: quella umana. Cadde una volta dichiarata eretica)30. Le genti latine continuavano a seguire il loro diritto e la loro religione. In questo modo con il passare del tempo la Chiesa romana andava acquistando sempre pi forza e autorit, avviandosi a essere uno dei pilastri del nuovo assetto socio-politico-istituzionale. In Occidente era solo la Chiesa di Roma a poter aspirare al titolo patriarcale.

4. Un tentativo di riunificazione

I Reges germanici ambivano spesso a riconoscimenti da parte della corte bizantina, mentre a Costantinopoli non venne mai meno la coscienza della forza della quale i Basileis si consideravano non degli
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004. pag. 119.

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eredi, bens dei continuatori della tradizione romana. Da questi deriva la volont dellimperatore dOriente di non avere solo unautorit puramente nominale sulla parte Occidentale dellimpero. Anzi, dalla terra di Costantinopoli part un concreto tentativo di ricostituire, anche politicamente, lunit del vecchio mondo romano. Nel 527 saliva al trono Giustiniano che, dopo aver liquidato nel 532 un conflitto che da tempo opponeva a Bisanzio i persiani e represso duramente lopposizione che si era manifestata allinizio del suo regno, avvi il suo progetto di riconquista in occidente. Il timore di molti di una spedizione fallimentare fu spazzata via da una conquista lampo nel 533 dellAfrica vandalica. Ci restituiva a Bisanzio il controllo del Nordafrica e delle coste meridionali della penisola iberica, successo che conset la liberazione del Mediterraneo dalla pirateria. Pi lunga fu invece la campagna per la riconquista della penisola italica. Durata dal 535 al 553, la cosiddetta guerra greco-gotica, cost a Bisanzio un terribile sforzo politico e militare, lasciando lItalia estremamente impoverita. Instaurare un governo su Ravenna voleva dire imporre unegemonia imperiale fino alloceano Atlantico. Giustiniano, alla fine, era riuscito ad instaurare un controllo anche sulle isole del Tirreno, Baleari e coste iberiche meridionali. Tutto il mondo latino-germanico avrebbe dovuto piegarsi alla supremazia romano-orientale. Ma i risultati dellimperatore furono tanto rapidi quanto precari. La spossatezza delle risorse imperiali non consent neanche di
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terminare il programma di conquista di Giustiniano. Inoltre la dura pressione fiscale sui territori conquistati, gi impoveriti dalla campagna militare, aveva affievolito il poco attaccamento al nuovo padrone. Cos gi nel 586 i Longobardi strapparono lItalia al dominio bizantino, con leccezione di alcuni territori, come Ravenna, parte dellItalia meridionale e ovviamente Roma. Con la dominazione longobarda in Italia,il papa diventava qualcosa di ben pi forte di un potere spirituale, sostituendosi gradualmente alla figura sempre pi nominale di Bisanzio. Laffermazione del papa and contro la presenza longobarda, creando nel pontefice la necessit di cercare lappoggio di un nuovo alleato, quello che poi sarebbe stato identificato nel popolo franco. In questo modo il papa cominciava ad agire quasi come un sovrano temporale che per salvaguardare i propri territori e le proprie prerogative si inser nei giochi di potere tra i grandi potenti della sua epoca. Al tempo stesso Bisanzio era bloccato da un nuovo nemico destinato ad impegnarlo in una lotta per il resto della sua esistenza: lIslam. C chi ha visto nellinvasione islamica il dissolversi del mondo antico con la distruzione dellunit mediterranea, con danni maggiori di quelli barbarici. Ma forse pi corretto dire che linvasione islamica fu in ogni modo elemento determinate per la fine della supremazia bizantina in occidente.

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5. Carlo Magno e lEuropa

Linsieme dei territori su cui si allargava lautorit di Carlo si identificava con un rinnovato impero romano. Una domanda sorge per spontanea: possibile che una costruzione politica con uno sguardo cos rivolto al passato prefiguri al tempo stesso la nascita dellEuropa cos come noi oggi la conosciamo? Nel periodo che vedr fiorire gli stati nazionali, e che durer fino al novecento, il problema era individuare la matrice, latina o germanica, dellimpero risorto e quindi della moderna civilt europea. Altro aspetto da verificare era se la fine della storia antica debba collocarsi prima o dopo lepoca di Carlo Magno? Sembra chiaro che il punto di partenza della nostra analisi non pu che essere limpero di Carlo.

5.1 Europa franca o tedesca? Nellimpero di Carlo prevaleva la componente romana, di cui la Francia era lerede, o quella germanica, fieramente rivendicata dal nuovo Reich tedesco? E chiaro che affermare la paternit di una figura come quella di Carlo, per Francia e Germania, voleva dire affermare la centralit del proprio stato nellEuropa moderna. Allo stesso modo dichiarare che limpero di Carlo si reggeva non sulleredit di Roma, ma sulle fresche energie dei popoli germanici, era unevidente presa di posizione politica. Ma infondo, il sovrano franco non poteva essere n francese n tedesco, perch infondo nessuno di questi due popoli era ancora nato, e le nazioni europee, cosi come le conosciamo, prenderanno il via solo
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dopo la dissoluzione del suo impero. Ma bisogna stare attenti, perch limpero di Carlo presentava al suo interno comunque una grossa spaccatura. Pur intitolandosi Romanorum Imperii, i romani erano considerati poco meno che stranieri, indicando col termine romani, gli abitanti dellAquitania, tradizionalmente ribelli allautorit del re e gli abitanti di Roma31. Ad essi si contrapponevano i Franchi della Gallia settentrionale pi tutti i popoli tedeschi (Alamanni, Bavari, Sassoni), consapevoli della loro alterit verso il mondo romano. Lo stesso Carlo era consapevole e fiero di essere franco, guardando sia ad esempio dallimitare aspetti degli imperatori romani, anche solo nel vestire. Il fatto che i papi chiedessero allimperatore doccidente di indossare almeno nei suoi viaggi a Roma le vesti romane, ci deve far riflettere sul carattere forzato di una coesistenza di usi e costumi che per la necessit della politica rendeva indispensabile. Anche prima di Carlo comunque era venuto fuori unirriducibile concezione ideologica tra mondo romano e franco. Ad esempio prendiamo la Lex Salica, redatta negli ultimi anni di governo di Pipino. Qui i Franchi vengono esaltati sotto tre aspetti: - come nuovo Israele, per aver scosso il giogo imposto dai romani, sostituendosi a questultimi come popolo guida della cristianit; - in quanto Franchi che meritavano il ruolo di guida, perch non serano mai macchiati deresia, mentre i romani per secoli avevano
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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. pag. 19.

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perseguitato e messo a morte i Cristiani; - come eredi dellimpero romano, sottraendo ai Greci di Bisanzio tale riconoscimento. Ritornando a parlare della contrapposizione tra germanici e romani, si deve ricordare che lidentit collettiva dei popoli invasori nasceva dal ricordo delle invasioni piuttosto che da un unit linguistica. Ma attenzione, i Franchi che invasero la Gallia erano quasi ovunque in minoranza rispetto ai romani, da cui quindi furono assorbiti. La cosa che per risalta allocchio che al tempo di Carlo tutti quelli che vivevano a nord della Loira si consideravano Franchi, senza alcuna memoria di una possibile origine romana. Affianco ad una percezione didentit non legata ad aspetti classici come la lingua, anche unaltra percezione andava

modificandosi: quella geografica. Questa al tempo del sovrano franco era dominata dallo stanziamento dei popoli tedeschi, che lavevano senza dubbio rimodellata. Si creava cos una divisione tra i dotti che usavano la vecchia categoria geografica, come se nulla fosse cambiato, e la gente comune che ignorava lesistenza di quelle astrazioni ma sapeva che le invasioni avevano creato un Europa diversa. Ma tutto il distacco visto fino ad ora andava quasi annullandosi dopo che Carlo dett il suo testamento. Stabil che due terzi del suo patrimonio fossero distribuiti tra i ventuno arcivescovi dei paesi a lui soggetti, indicando le singole zone nel testamento. Attraverso questelenco la geografia amministrativa dellimpero romano risorgeva dalle sue ceneri e ritrovava attualit grazie alla geografia ecclesiastica. Solo dopo questo elenco comparvero le prime metropoli (insieme di territori che fanno riferimento ad un unico capo
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che poi risponde direttamente al sovrano) del regno Franco. Sia chiaro che una geografia particolare, come quella di strutturazione cristianesimo ecclesiastica nellAntichit, legata non alla forte pi diffusione riscontro del nel

trovava

popolamento e nelle correnti di scambio, perch creava province metropolitane o troppo grandi o troppo piccole. Quale fu allora la base dalla quale Carlo part per quellelenco? La risposta semplice: non ci sono n Romani, n Germani, n Franchi, c limpero cristiano che romano e non pu non esserlo, perch proprio Roma stata scelta da Dio come sede della religione di Cristo.

6. La Tesi Pirenne

La tesi prende il nome dal lavoro di Henrie Pirenne, Maometto e Carlo Magno, che permise di superare il blocco creato dalle opposte congetture degli storici tedeschi e francesi nella storiografia ottocentesca. Osservandone traffici e circolazione monetaria, lo storico belga giunse alla conclusione di come limpero di Carlo non assomigliasse neanche lontanamente a quello romano, avanzando inoltre la tesi che la fine dellAntichit non risaliva, secondo lui, alle invasioni barbariche ma fu il dilagare degli Arabi nel Mediterraneo a frantumare, dopo Maometto, lunit del mondo antico e a far prendere forma a quellEuropa come noi la conosciamo, con il Mediterraneo che funge da frontiera. Ovviamente il discorso di Pirenne tiene conto e imposta il suo discorso prettamente sullaspetto economico.
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Ma la tesi islamica viene presto abbandonata. La crisi di cui si cinge sempre il capo il medioevo ormai provato che risale gi ai secoli del tardo impero romano (la spropositata grandezza delle villae, ad esempio)32. Allimbarbarimento del mercato che viene fuori nellopera si oppone nel corso dellalto Medioevo la nascita di un nuovo spazio economico che non pi orientato sul Mediterraneo come centro di scambi, ma sullEuropa continentale. La tesi che si estrapola dalla discussione di Pirenne pone il problema su un punto nuovo: limpero di Carlo, che si voleva romano, assomiglia davvero a quellimpero, o invece il continente dove regnava era qualcosa di radicalmente diverso. Lipotesi della continuit gode oggi di grande favore, ma si deve tenere presente come la continuit non sia tanto quella dello storico austriaco Alfons Dopsch, che sosteneva una continuit di fondo tra lepoca di Giulio Cesare fino a quella di Carlo, ma una via di mezzo che colloca il punto di partenza in una tarda antichit, III - IV secolo con le riforme di Diocleziano e lavvento del cristianesimo. Una posizione cos, forse la pi giusta, tiene conto anche dellintuizione di Pirenne nel considerare le invasioni germaniche non una rottura decisiva nella storia doccidente. Ma anche lipotesi della non continuit trova riscontro nella tesi dello storico belga, nellimmagine di unEuropa Carolingia tagliata fuori dal Mediterraneo e priva di quel rapporto con Africa e lOriente che era stato vitale per lantichit. E chiaro che si andava delineando una contrapposizione tra chi
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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. 27.

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sosteneva la continuit fra la Tarda Antichit e lepoca carolingia e chi invece ne era contro. Vitale, per quelli che dai rivali furono chiamati <<iper-

romanisti>>, era sostenere che linfluenza degli apparati di governo nelleconomia dellOccidente non venne affatto eliminata dalle invasioni barbariche, dimostrando la sopravvivenza di queste istituzioni per tutto larco del periodo considerato, senza subire mutamenti. A loro giudizio le ricchezze confiscate dal re dei franchi, e distribuite poi alla Chiesa , non consisteva tecnicamente parlando della propriet della terra ma del prelievo fiscale su di essa. Su un versante diverso, lo storico francese Guy Bois ripropone una lettura dei secoli a cavallo delanno mille, partendo dal piano sociale e produttivo. Su questo punto lEuropa di Carlo non si era allontanata troppo da quella antica. Centrale nella sua riflessione largomentazione sugli schiavi, argomento che trova grossa

similitudini tra le due. La tesi per viene demolita, come fatto per i continuatori della Tarda Antichit, definendo let carolingia come unet piena di transizione, tuttaltro che assestata. Passando dallaspetto economico a quello politico in cui Carlo si muove, non possiamo non notare come egli contribu largamente a creare, con la propria egemonia, lidea dEuropa, facendole assumere i connotati cui siamo ancora oggi abituati. Il regno di Carlo Magno era una realt continentale con il baricentro nella valle del Reno, dove emergevano i primi orizzonti nazionali la cui nascita, anche se gi si notava nel tardo impero, fu accelerata dalle invasioni barbariche. E proprio questo che assume
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importanza, ossia il momento in cui antiche provincie romane che avevano conosciuto per centinaia di anni solo una storia pi o meno autonoma, con le invasioni vennero unificate in una nuova entit politica, solo formalmente legata allantichit. Lincoronazione di Carlo sanc la nascita di un nuovo spazio politico che riconosceva leggi, istituzioni e regole economiche elaborate da una sola di quelle provincie, la Gallia dominata dai Franchi, ed estese allinsieme dellEuropa. Uno spazio politico che a distanza di mille anni continua ad apparirci familiare come Europa. Non quindi da stupirsi se proprio in questepoca il termine Europa fa la sua comparsa, come in riferimento alla vittoria di Poitiers, dove un anonimo parla della vittoria degli Europenses sulla potenza islamica, o come quando nel 799 Carlo veniva definito come Il re padre dellEuropa (rex pater Europae).

7. I processi di formazione dellEuropa Carolingia

Se cogliamo nel medioevo il primo delinearsi di un molteplice e aperto sistema di relazioni sociali, dotate di un ritmo di crescita incomparabile, per la sua dinamicit e accelerazione progressiva sulle variazioni, rispetto a qualsiasi altra civilt, ci troviamo di fronte alla nascita dellEuropa. Considerata in questo senso, molto pi di unalterazione geografica o etnica dellarea di civilt che perde il suo centro nel Mediterraneo Si parla ora pi di salto qualitativo, per la conquista di una capacit costante e crescente di rinnovamento critico delle forme di
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vita. La base di tale trasformazione va cercata nellAlto Medioevo, poich fu allora che si and costruendo un approssimativo quadro culturale e istituzionale nuovo: quello latino-germanico, che port ad un ritorno a posizioni pi sicure, rispetto a quelle instabili precedenti che si trasformarono, dopo lanno mille, in quel tipo di sviluppo che a noi oggi appare come europeo. Lattrito che poteva crearsi tra una ripresa civile connessa ad un inquadramento restauratore e la ricchezza di impulsi e aspetti che caratterizzarono il movimento creativo europeo, era racchiusa solo a singoli fatti e momenti. Let carolingia, il periodo pi costruttivo dellalto medioevo, pu quindi disporsi come una disposizione della visione pi ampia del divenire storico, investendo le radici del nostro essere uomini, a condizione di non assumere in s tutto questo problema. Cercando di dare una visione globale della situazione, lEuropa carolingia partecip come premessa condizionante, ma non necessaria, alla futura nascita dellEuropa moderna. Base del condizionamento pu essere identificata la sintesi del patrimonio culturale di origine mediterranea che, unita alla spiritualit religiosa, cerc di unirsi con le esigenze pi elementari dei popoli confluiti sotto il dominio Franco. Ma come si arriva a questo punto? Iniziamo da una piccola analisi semantica. Il termine Europa subisce uno spostamento del suo ambito

applicativo. Secoli a dietro il termine stava ad indicare limmagine della presenza imperiale romana nel continente, muovendo dalla fascia costiera a verso il nord del mediterraneo. In et franca invece, il termine espresse la raggiunta coscienza di s del mondo latino141

germanico. La sua prima comparsa, va ripescata nella Gallia romana. Nel Vita Martini, opera su San Martino scritta da Severo, il vescovo viene celebrato come il massimo dei santi << dEuropa>>. Si richiamava cos gi la centralit della Gallia nel mondo latino (il culto di San Martino era nella tarda romanit simbolo della santit della Gallia). La Gallia svolge quindi un ruolo importantissimo nello sviluppo degli eventi e dei rapporti, soprattutto tra aristocrazia e episcopato, ed centro di studio per molti storici33. Col presentarsi della Gallia sulla scena, e col crescere della sua importanza, nasce un nuovo dibattito. Quali sono le origini dellaristocrazia franca? Alla base c ovviamente lincontro del mondo barbaro con le strutture aristocratiche del mondo romano presenti nel territorio. Allo stesso modo bisogna notare come mancava una nobilt germanica di sangue, che poteva poi opporsi alla salita al trono dei Merovingi. Non a caso un dibattito che interessa la nobilt tedesca vede opporsi due fazioni: una che vedeva i germani come una societ di liberi ed eguali; llatra come un agglomerato di popoli inquadrati da aristocrazie aventi diritti carismatici ed ereditari di dominazione. I proceres (i nobili) di stirpe franca emergevano rispetto alla loro vicinanza al sovrano. Questi per quando svolgevano delle opposizioni al potere, che non fossero semplici resistenze di popolo, seguirono gli schemi di comportamento suggeriti dalla sola nobilt che in Gallia cera allora: i potentes gallo-romani, per la maggior parte vescovi.
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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULLALTO MEDIOEVO, Nascita dellEuropa ed Europa Carolingia: un equazione da verificare, tomo primo e secondo, Spoleto 1981. pagg. 39-40-41-42.

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Appunto

il

sistema

ecclesiastico

resta

al

centro

della

trasformazione della Gallia. Le varie popolazioni germaniche vengono di volta in volta inquadrate in un episcopato di cultura aristocratica che, anche se semplificato nelle sue organizzazioni, risulta una vittoriosa

organizzazione fin dal VI secolo nella Gallia dei Franchi. Nonostante subiscano variazioni e riduzioni in et merovingia rispetto a quella antica, quel via via reinterpretato sar sempre alla base di ogni progetto di riforma. Ma lassetto dellepiscopato sarebbe ancora mutata. Infatti non vi dubbio che il prelato dellet carolingia, uscito dalle riforme dellVIII secolo, fu un personaggio diverso, per linquadramento nellimpero franco e per le sue connessioni con unaristocrazia diversa, di impronta militare, rispetto al vescovo galloromano. La rinnovata capacit di inquadrare le popolazioni e il suo legame col potere politico era il risultato del modo in cui la sacralit venne esercitata, rifacendosi ad un tuttuno con la sostanza della cultura romana-ellenistica, che non era stata dimenticata, alla vigilia delle incursioni barbariche, anzi si pu dire che la nuova paideia realizz capillarmente quella antica, istituzionalizzando la

predicazione ecclesiastica in forme via via pi semplificate, per avvicinarsi a tutti gli strati della popolazione. Lepiscopato, e in modo particolare quello gallo-romano, fu la forza di organizzazione intorno a cui si and costituendo, su basi aristocratiche antiche incentrate nelle citt, un Occidente latino destinato a trasformarsi, attraverso poi un lungo processo di adattamento delle popolazioni, nellEuropa dei Carolingi.
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Dai primi vescovi romani che preannunziavano in Gallia, il graduale riordinarsi della vita cittadina intorno allapparato

ecclesiastico, con la supremazia delle citt episcopali su i centri rurali, si pass ai vescovi gallo-romani e allabbandono dei centri urbani per ritornare nelle villae dove, in virt dellapparato ecclesiastico, si svilupp una cultura religiosa gerarchicamente unificante che port allegemonia del territorio rurale. Lalto medioevo ci appare, sul piano economico, il trionfo del mondo dei campi sulla collettivit urbana. I vescovi imposero cos una continuit tra lepiscopato e il controllo della popolazione, stessa cosa che fece il monachesimo potenziando, attraverso lefficacia delle aristocrazie locali,

lepiscopato sullintera societ gallo-romana, fino alla dominazione dei Franchi. Si arrivava cos ad avere unegemonia morale altrettanto salda quanto in passato era quella della nobilt senatoria. Sotto il profilo militare i Franchi agirono allinizio come foederati dei romani. La loro partecipazione si intensific con le guerre contro Visigoti e Burgunti che cercavano espansione in Gallia. In virt di questo legame fu facile per Clodoveo, entrato in relazione con lepiscopato, inserire le proprie conquiste nel contesto romanogermanico. Tanto pi che lepiscopato, come soluzione del problema militare e politico, gli offriva il riconoscimento gallo-romano di re dei Franchi nonch la dominazione e pianificazione della Gallia. Linserimento dei franchi nel tessuto di unaristocrazia oramai sorretta dallepiscopato fu il modo in cui la Gallia pot assumere una funzione di guida e restaurazione in Occidente.

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8. Conclusioni personali

Secondo il nostro punto di vista, una novit assoluta un legame cos stretto tra lepiscopato e la nuova dominazione. Anzi, si pu affermare che si tratta sicuramente di un punto di forza sul quale pogger anche la futura amministrazione carolingia. Un legame quindi destinato a progredire, fino a coinvolgere le due massime istituzioni doccidente: il papa e limperatore. Ma il processo che porta alla formazione dellEuropa resta strettamente legato, secondo il nostro parere, alla trasformazione che porta limpero romano ormai in decadenza, attraverso numerosi cambiamenti, alla nascita dellimpero carolingio, classificato un po da tutti come il predecessore dei futuri stati nazionali. Ma andiamo con ordine. Prima vorremmo aggiungere un concetto che crediamo venga fuori osservando lo sviluppo della storia istituzionale di oriente e occidente. I due imperi hanno uno sviluppo diametralmente opposto. Se loriente pu dirsi, o meglio sentirsi, continuatore dellimpero romano, mantenendo cariche e forme di governo imperiali, e addirittura cercando, vedi la campagna di Giustiniano, di ricucire insieme le due parti dellimpero, lOccidente vede lo sviluppo di una serie svariata di etnie. La causa di questo sviluppo, che poi culminer con il progressivo affermarsi del popolo franco, crediamo vada cercato in due aspetti che furono tanto innovativi quanto le conseguenze che portarono: - in primis, lapertura dei confini romani, riconoscendo il diritto di cittadini romani non pi solo al popolo di Roma, ma a tutti i
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membri dellimpero. Riconoscimento che pi avanti toccher anche le popolazioni barbare che entreranno a far parte dellimpero col titolo di foderati. - in secondo luogo, levento che sconvolger un po tutto lOccidente, ossia le invasioni barbariche. Col crollo nel 476 del impero romano doccidente, tutto il territorio che fino a quel tempo aveva visto legemonia romana dettare legge viene diviso tra invasori longobardi, visigoti, franchi, etc. Il paragone che potrebbe ancora venire fuori nella formazione dellEuropa paragonata allo sviluppo orientale , secondo i testi che abbiamo studiato, una sorta di immobilit nelle istituzioni contrapposta alla duttilit che contraddistingue loccidente. Crediamo sia proprio questa duttilit, questo essere incline alla trasformazione, molto pi nelloccidente, a portare alla formazione di quelli che poi chiameremo stati nazionali e alla formazione dellEuropa. Infine, lEuropa resta un concetto unitario che quindi per affermarsi avr bisogno che tutti i nuovi popoli, formatesi dal mescolarsi delle popolazioni barbare con i romani e con gli indigeni ancora presenti sul territorio, sentano di essere parte comune di un unico Impero, quello appunto franco.

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CAPITOLO VI
1. Un impero, tante identit: unintroduzione personale

Prima di iniziare a trattare largomento del sesto capitolo ho creduto importante fare una precisazione su come questo da me sar articolato. Visto che il capitolo che segue sar quello che cercher di dare una spiegazione al titolo e allargomento scelto per la mia tesi. Ho deciso di seguire la seguente struttura. Prima di trattare pi approfonditamente il concetto di identit, o meglio delle identit, ho deciso di dedicare la prima parte a spiegare come queste si andarono formando, agevolate -e come- dal modo di amministrare limpero e dalle sue istituzioni. Presenter cos prima dei dati storici inerenti allo sviluppo delle istituzioni nellimpero di Carlo, per poi mostrare come le scelte del sovrano, vuoi per una classe aristocratica troppo egoista, o ancora immatura per non cadere nella tentazione del potere (oggi non penso sia diverso), portarono ad indebolire il potere centrale e a rafforzare i piccoli proprietari. Infine lascer spazio a delle considerazioni personali. Sperando di essere stato chiaro, mi accingo ad analizzare i fatti.

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PRIMA PARTE

2. Il re e il rapporto con i sudditi.

Il re era listituzione fondamentale del regno e in esso esercitava un potere sovrano su tutti, senza distinzioni di rango o nazionalit. Eppure un potere cos assoluto non aveva niente di una tirannide. Era pi una regalit salvifica, modellata sullesempio dei re dIsraele, di cui Carlo si considerava successore. Carlo assumeva cos la figura di rex et sacerdos, ma attenzione, questa figura era diversa dai re-sacerdoti passati. Era pi una figura retorica: Carlo non si sarebbe mai sognato di salire sullaltare e cantare messa. Ma al tempo stesso era lunto dal Signore, consacrato dai vescovi, perci neppure considerabile un laico come gli altri. Lincoronazione dell800 forniva una dimensione imperiale alla sua regalit34. Interlocutore diretto di Dio, il re dei Franchi fungeva da mediatore fra cielo e terra. Questo suo ruolo si attuava in una sequenza ripetuta ogni anno con immutabile regolarit. Lassemblea di primavera si radunava intorno al re per approvare le sue decisioni e ascoltare i suoi ammonimenti. Diversamente dai monarchi di un et successiva, il sovrano franco non dovr rendere conto del suo operato solo a Dio, ma anche al popolo. Si hanno due legittimazioni diverse del potere regio: la volont divina e il consenso del popolo franco. Questo era il compito dellassemblea di primavera. Ma i due parametri coesistevano non
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senza ambiguit. Da un lato il colloquio del re direttamente con Dio, rendeva sempre meno accettabile il fatto che fosse sottoposto al giudizio degli uomini; dallaltro la responsabilit verso tutta la cristianit faceva diventare insufficiente il consenso solo dei franchi, e da qui la ricerca di un altro modo di rapportarsi con la totalit, che si tradusse col giuramento collettivo di fedelt. Lassemblea annuale era dunque la sede dove si esprimeva la concordia tra il re e il suo popolo. Le ordinanze su cui il sovrano rifletteva tutto linverno, traevano la loro validit proprio

dallappoggio della collettivit. Queste assemblee conservano una memoria scritta dal 596 (re Childeberto). Lassemblea sub, delle modifiche nellepoca di Carlo. La sua convocazione fu spostata dalle Calende di Marzo ad una data pi avanzata, e mentre lesercito franco cresceva, cresceva anche il numero dei membri. Inoltre la presenza sempre crescente dei vescovi sconsigliava di convocare lassemblea nel periodo in cui si avvicinava la Settimana Santa. Lassemblea cess di essere anche la <<riunione di tutti i Franchi>> quando iniziarono a riunirsi in assemblea solo i magnati ecclesiastici e laici, vescovi, abati e conti. Altra novit introdotta da Carlo fu lo sdoppiamento

dellassemblea. Oltre al raduno di primavera, che aveva preso ufficialmente il nome di Campo di Maggio, solita per a riunirsi a Giugno e a volte anche a Luglio, veniva convocata un'altra assemblea in autunno. In questa, a cos poca distanza dalla prima, il re convocava per coloro a cui intendeva trasmettere istruzioni precise. Ad esempio i missi dominici, incaricati di mettere in atto qualche nuovo
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provvedimento. Una domanda a questo punto sembra lecita, ma in che grado lassemblea era capace di condizionare la volont del sovrano? In tale circostanza era chiaro che i rapporti di forza sono fondamentali, e tutto ci fa pensare che una figura cos potente come Carlo, abbia goduto di una totale autonomia. Le scelte del sovrano erano si accompagnate da conclusioni del tipo <<tutti acconsentirono>>, ma ci significava accettazione della volont regia e impegno ad obbedire. Certo per introdurre nuove leggi doveva sottoporle

allaccettazione collettiva, ma altre scelte, come andare in guerra, erano prese da lui perch lui era il sovrano, e la possibilit che qualcuno rifiutasse di obbedire non neppure presa in considerazione, anche se il fatto che le leggi bisognassero della firma di tutti i suoi sudditi, mostrava come il suo potere poggiava su un principio consensuale. Un altro aspetto del rispetto per la volont del popolo si ha anche nella Divisio regnorum dell806, dove Carlo ultrasessantenne stabilisce che alla sua morte il regno venga suddiviso tra i suoi figli. Altro problema che la prima forma dellassemblea dava era un consenso ormai ristretto e la necessit di un consenso maggiore, non ristretto solo al popolo franco, si profilava grazie al ricorso al giuramento di fedelt. Come linea di principio, lobbedienza al re era dovuta gi solo dallessere nati in un paese a lui soggetto. Da qui prendeva base laffermazione del potere regio. Questo era un potere territoriale, del tutto identico a quello di uno stato odierno.
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Ma a superare il legame di questo valore, che verr rivalutato pi avanti, cera il legame dovuto al giuramento di fedelt,

importantissimo per una societ dal grossissimo valore sacrale. Ci spiega perch Carlo chiedesse ai suoi sudditi un giuramento, ma al tempo stesso vietasse loro di associarsi con lo stesso atto. La questione della fedelt comunque attiva nellimpero di Carlo. Nella primavera del 788 ad esempio, si concludeva la questione della Baviera con lassemblea di Ingelheim. Il duca di Baviera Tassilone, accusato di aver rotto il giuramento di fedelt, port allo scoppio del conflitto tra lui, principe indipendente, e il re franco. Ma numerose sono le testimonianze sulla fedelt e sul modo per garantirla, come nel 789 quando i missi dominici furono spediti nelle diverse provincie del regno con lincarico di far giurare tutti gli uomini liberi. Il giuramento dovette essere prestato in maniera molto irregolare, vista la concreta difficolt dellimpresa. Ci comunque non imped quello che Carlo temeva, ossia un'altra congiura. Nel 792 infatti ne fu ordita una addirittura dal primogenito Pipino il Gobbo. Inquietato dopo la rivolta familiare, era un evento questo che si verificava per la prima volta, Carlo ordin che si provvedesse a rinnovare il giuramento collettivo. Latto con cui Carlo ordina ai missi il giuramento del 793, uno dei pi importanti dellamministrazione carolingia, mostra come il re prendesse la faccenda sul serio. I missi , a ciascuno dei quali fu affidata una grande circoscrizione, dovevano far giurare personalmente vescovi, abati, conti, vassalli regi e altri dignitari ecclesiastici. Ogni abate era
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responsabile di tutti i suoi monaci, ogni conte dovette garantire il giuramento di tutti gli abitanti della sua contea dai dodici anni in su. Questo forse laffermazione pi perentoria dellautorit regia, mai spinta cos lontano in passato. Solo gli schiavi che lavoravano per i latifondisti privati riuscivano a sfuggire al controllo del re. Il giuramento di fedelt di tutti i sudditi venne rinnovato nell802, dopo lincoronazione imperiale. Qui davvero si nota come Carlo fosse ossessionato da questo giuramento e dalla sua valenza. Egli pens per che un giuramento fatto ad un re doveva mutare ora che la sua carica era mutata, o almeno andasse confermato e ampliato. Inoltre, e credo sia questa la cosa da sottolineare, Carlo pens che molti giovani avevano compiuto dodici anni dopo il 793, e quindi non avevano mai giurato. Il nuovo giuramento tendeva a rimarcare limportanza del gesto, sottolineando che chi disobbediva era considerato spergiuro. Questo, come abbiamo gi detto, il punto pi alto raggiunto dallidea di potere regio nellEuropa romano-germanica. Lobbedienza al sovrano dovuta: - non solo perch si appartiene al suo popolo; - ma rafforzata da un impegno religioso assunto personalmente. Il giuramento si rinnov ancora nel Marzo 806, con lapprovazione della Divisio regnorum, e nell811 tre anni prima della sua morte.

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3. Il governo

3.1 Struttura centrale Il regno franco non aveva una vera e propria capitale, il re infatti si spostava in continuazione convocando in primavera sul teatro delle operazioni militari il raduno dellassemblea. Nei palazzi invernali trascorreva linverno, fino a passare l il Natale e la Pasqua. A partire dal 794, Aquisgrana cominci ad essere la residenza preferita del re e il pi importante di tutti i palazzi. E importante sottolineare come per questa non fu mai una capitale ma solo una residenza preferita, si dice per la sua vicinanza alle acque termali di Heristal. Ancora, la crescente durata dei soggiorni legata allavanzare dellet. Rare infatti furono le volte che lascer Aquisgrana dopo l807. Con la mancanza di una capitale assume maggiore importanza il palatinum, termine indicante il complesso numero di collaboratori personali del sovrano che lo seguivano in tutti i suoi spostamenti. Deposta, per ovvi motivi, la carica di maestro di palazzo, la carica maggiore del palatinum fu il cosiddetto conte palatino, che aveva il compito di esaminare gli appelli giudiziari inviati al palazzo, risolvere quelli pi semplici e istruire le pratiche da sottoporre al sovrano. Altri elementi erano un custode del tesoro, un bottigliere responsabile delle cantine, un connestabile volto a curare i rifornimenti dei cavalli delesercito. Tutti questi ministri avevano al loro seguito una schiera di
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collaboratori. I ministri erano comunque tutti uomini di fiducia dellimperatore, a contatto quotidiano con lui35. Facevano parte del palazzo anche i cappellani, ossia gli ecclesiastici addetti alla cappella dovera custodita una preziosa reliquia, la cappa di San Martino. I cappellani, chiamati cos forse proprio per il nome della reliquia, officiavano la messa a palazzo e non strano pensare che quando il re doveva designare un nuovo vescovo la scelta cadesse su uno di loro. Alla testa dei cappellani, cera larcicappellano, che non era solo responsabile della liturgia, ma anche la massima autorit religiosa del regno, ottenendo poi per due di loro, Angilramo e Ildebaldo, la nomina ad arcivescovo da parte del papa. Era lo stesso arcicappellano a proporre un cappellano quando cera lassegnazione di un episcopato. Il potere dei cappellani non manc di suscitare critiche. Chiaro era che i vantaggi di cui questi godevano suscitavano le antipatie di molti. Altra carica dei cappellani era redigere i diplomi e forse anche la corrispondenza dei capitolari. Alla Cancelleria gestita dagli ecclesiastici di corte si affiancava anche un archivio. Ma queste sono due strutture che vanno si considerate ma che avevano comunque un potere limitato e subordinato a quello del sovrano.

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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pagg. 167-168.

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3.2 Il governo Locale Cos vista, la squadra di governo di Carlo sembra scarna, incapace di governare un territorio immenso. La soluzione consist nellapplicare al regno un sistema amministrativo il pi possibile omogeneo estendendolo ai territori di nuova adesione. Giunto allapice della sua espansione, il regno carolingio era diviso in parecchie centinaia di province, con a capo di ciascuna un delegato dellimperatore, il conte. Tale sistema, gi in utilizzo presso i re franchi, ci fa capire che Carlo non divise il suo regno in contee, ma potenzi un sistema di deleghe ben radicato nel governo locale franco. Al tempo stesso il sovrano estendeva la suddivisione in contee a tutti i territori conquistati, accelerandone cos lintegrazione. Dal 776 al 78 8 lorganizzazione in contee si estese su: Italia, Turingia, Sassonia e Baviera. Nel linguaggio amministrativo, la provincia affidata al conte prende il nome di pagus, per lo pi lequivalente di una citt romana. Ci sono zone di parecchi pagi, che sono sottomesse allautorit di un solo conte. Dal termine pagus deriva il nostro paese. Ma anche un altro termine inizia ad affermarsi: comitatus. In Gallia, e ancor pi in Italia, la contea poteva coincidere anche con la diocesi ecclesiastica, e diocesi molto grandi comprendevano al loro interno numerose contee. A volte ad un conte corrispondeva un vescovo, e quindi si trovava a convivere in un rapporto paritario; altre volte a pi conti corrispondeva un solo vescovo. Il conte quindi esercitava un controllo, in unamministrazione locale suddivisa tra vari interpreti. Il limite delle sue capacit di
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intervento era dato proprio dalla presenza di possedimenti ecclesiastici, chiamati diplomi di immunit, e dove il conte per esempio non poteva intervenire per arrestare un criminale. Nella sua provincia , mediamente grande quanto una odierna provincia italiana, il conte era a tutti gli effetti il rappresentante del sovrano ma, nella circoscrizione a lui affidata, il conte non era un sovrano,solo un semplice delegato dellimperatore che poteva licenziarlo a suo piacimento. Era insomma un funzionario pubblico al quale si richiedeva la dote di comando36. Non mancano casi in cui una famiglia si trasmette lincarico comitale di generazione in generazione (il comitato del conte di Oberrheingau, nellalto Reno, fu in mano alla progenie di Ruperto dal 764 all807). I conti erano per lo pi uomini molto ricchi che disponevano di grandi propriet e di reti parentali ad alto livello. Carlo prevedeva inoltre per i conti che questi avessero a disposizione unaggiunta alle loro entrate personali, facendogli trattenere un terzo di tutte le ammende. Ma la base delleconomia carolingia pi che il danaro erano, la terra e i suoi raccolti. Cos Carlo assegn loro una parte del territorio che dovevano controllare. Sul piano giuridico le assegnazioni sono considerate come parte integrante dellufficio comitale. Questa assegnazione, per noi che sappiamo come andarono le cose, insieme alla gi diffusa usanza di accumulare i benefici saranno la base di gravi conseguenze per limpero. C poi chi parla anche di marche, affidate ai marchesi, oltre alle
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pagg. 175-176-177.

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contee. Ma le cose non stanno proprio cosi. Le circoscrizioni fondamentali sono le contee. Marca era il nome che rappresentava delle are sul confine cristiano-pagano. In queste zone cera la possibilit che il conte si trovasse a fronteggiare con le proprie forze di raggio limitato per difendere il confine da eventuali aggressori. Vennero perci creati sul confine dei comandi militari, che a volte prendevano il nome romano di limes. Abbiamo cos limes Avaricus (verso la Pannonia); limes Hispanicus (oltre i Pirenei); e il limes Britannicus (confine con la Bretagna). Queste circoscrizioni, assai pi ampie dei comitati, non miravano a sostituirli, ma ad incorporarne i pi possibile, coordinandone lo sforzo militare. Il coordinare le forze militari di confine viene indicata con lassunzione del titolo di duca. Continuando lanalisi del corpo amministrativo franco, Carlo in molti capitolari indica come suoi rappresentanti nelle provincie, immediatamente sotto i conti, e in posizione per migliore di vicari, i cosiddetti vassalli regi, o vassi dominici, notabili che entravano al servizio del re giurandogli fedelt e impegnandosi a seguirlo in guerra, con una squadra di seguaci armati a loro spese, m in generale a disposizione per qualsiasi incarico finche erano a palazzo. Questa connotazione di servizio domestico quella originaria del vassallaggio, usanza che non venne mai dimenticata. Labitudine volle che il vassallo del re, quando aveva ben meritato, riceveva come ricompensa un beneficio ritagliato dal fisco. I vassalli cos integrati capillarmente nelle province garantivano una cinghia di comunicazione capace di unire il governo locale in collaborazione con i conti. Oltre quindi alla divisione in contee, i
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territori di nuova conquista erano sistemati anche con limmissione di vassalli regi sul territorio. Il vero problema restava dunque il controllo sulloperato dei conti, scoperto solo dai successori di Carlo. Molti di loro rappresentavano nellassemblea annua loccasione per rendere conto del loro operato al re. Ma per reprimere gli abusi era necessario controllare quello che i conti facevano nel fondo delle loro provincie. Visto che ogni contea faceva capo ad un rilievo, il re gi poteva contare sul vescovo locale e, nell813 dopo aver ribadito il fatto che conti e vescovi dovevano andare daccordo, chiar che nel caso di contrasto soprattutto in sede giudiziaria erano i conti a dover obbedire al vescovo. Accertandosi anche sui comportamenti dei primi. Ma listituzione che nasceva col compito di controllare loperato dei conti era rappresentata dai cosiddetti missi dominici. Un missus semplicemente un inviato del re, munito di pieni poteri, che riceve un incarico e si reca sul territorio per svolgerlo. Il messo era un po concepito come unestensione della figura fisica del re, tanto che la resistenza armata contro di lui era considerata lesa maest e punita con la morte. Inoltre questo rappresenta lo sforzo maggiore di centralizzazione amministrativa e razionalizzazione delle procedure di governo tentata da Carlo. Per gran parte del regno di Carlo i messi dominici vennero nominati volta per volta al momento del bisogno,in gruppi di due o tre o quattro, e occasionalmente anche da soli, per le missioni a carattere pi specifico. Quando si organizz il giuramento di fedelt di tutti i sudditi (789, o nel 793), lintero territorio venne diviso in ambiti operativi assegnati a dei missi. Ma fonti ci dicono che questi personaggi non fossero affatto insensibili alla corruzione, anzi, scelti
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spesso tra i vassalli che ancora vivevano a palazzo e quindi non ancora possessori di benefici che potevano permettergli di vivere del proprio, erano molto sensibili alle bustarelle. Dal 802, il re decise di mandare quindi sotto questo incarico prelati e conti. Ma comunque figure di quelle classi sociali ricoprivano la carica di missi, quindi forse Carlo rese pi ristretto lambito di qualifica di quella carica. La circoscrizione territoriale assegnata in permanenza ad una coppia di missi, prende il nome di missaticum. I criteri di queste zone di missione vennero fissati con criteri essenzialmente geografici, seguendo poco quelli dei comitati e delle diocesi. I personaggi ai quali veniva assegnata questa carica, venivano scelti elle medesime aree o nelle immediate vicinanze. Cosa strana, credo per un maggiore praticit, Carlo stabil che solo la parte occidentale rientrasse nel missaticum. Nell802 Carlo affid a un certo numero di arcivescovi, abati , conti, di cui si fidava maggiormente, il compito di sorvegliare tutto lapparato amministrativo ed ecclesiastico, assegnando a ciascuno unaera molto ampia, ma comoda da amministrare, perch comprendente gi la sede in cui abitualmente operava. I missi perdevano cos quellaspetto iniziale che li vedeva come inviati di palazzo, estranei alla zona che dovevano controllare. Venivano ora (come forse anche in passato anche se in numero minore) scelti personaggi locali fortemente legati, per lufficio, allarea in cui dovevano operare. Non bisogna per esagerare nel sottolineare la regolarit del sistema. Spesso ad ogni missaticum non era attribuita una coppia di missi. Questi potevano essere tre, o quattro, composti per sempre da
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figure laiche (conti) e figure ecclesiastiche (abate, arcivescovo). Il sistema insomma non era ancora del tutto burocratizzato come invece avverr con Ludovico il Pio, quando ad ogni arcivescovo saranno attribuite le funzioni di messo del territorio della sua arcidiocesi. Un altro importante aspetto nellamministrazione dellimpero era luso dello scritto. La religione era la religione del libro e richiedeva a tutti i ministri del culto una competenza nelluso della lingua scritta. Il sistema giudiziario si fondava su tradizioni giuridiche conservate per iscritto e anche la prassi governativa incoraggiava un largo uso della documentazione scritta. Luso dello scritto conservato e documentato a tutti i livelli, nelle assemblee e nei rapporti di Carlo con i suoi funzionari. Anche gli intendenti che amministravano la propriet. Il Capitulare de villis infatti stabilisce che essi debbano registrare per iscritto ci che consumano, spendono e comunicare inoltre la consistenza delle scorte.

3.3 Il ruolo governativo degli uomini di chiesa. Nel quadro fin qui presentato viene fuori come i conti siano veri e propri funzionari pubblici. Ma quella dei conti solo met dellorganizzazione

amministrativa. Il controllo del territorio, linquadramento delle popolazioni, il mantenimento dellordine pubblico, erano esercitati da Carlo, attraverso la Chiesa. Vescovi e abati erano i pilastri dellordinamento pubblico,
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rispondendo allimperatore come se fossero funzionari nominati da lui. E questo grandissimo coinvolgimento nelle attivit di governo dei prelati che carica di forte ambiguit le istituzioni caratteristiche dellEuropa Carolingia. Il re era abituato e servirsi dei vescovi come dun personale politico, perch culturalmente pi qualificato dei suoi ministri laici, capillarmente inserito nel territorio e abituato ad operare secondo linee gerarchiche ed era ottimo per lesecuzione degli ordini. Nella stessa persona andavano confluendo quindi due incarichi: quello

ecclesiastico e quello governativo. Inoltre se il vescovo, a cui sono affidate anche le cariche governative, un metropolita ( a capo di un certo numero di vescovi), usa i suoi vescovi suffraganei per lesecuzione locale. Spesso anche i conti si vedranno trasmettere dal vescovo lordine del re e risponderanno a lui dellesecuzione. Parlare di vassi e conti da un alto, e vescovi e abati dalla altro come due gerarchie separate chiaramente impossibile. E chiaro che questi, pur con ambiti di azione parzialmente diversi, si consideravano come membra di un unico organismo governativo, con a capo, per volont di Dio, il sovrano. Entrambi erano a carica di un ministerium, un incarico di governo affidato loro dal re e tanto bastava perch dovessero obbedirgli37. Ma se limpegno politico portava i vescovi ad occuparsi di faccende estranee alla loro vocazione pastorale, anche vero che limpegno politico a loro richiesto era inferiore rispetto al passato.
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pag. 190.

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Al tempo dei Merovingi, i vescovi delle Gallie si erano visti attribuire poteri fiscali, giudiziari, militari, e a volte col declino dellautorit regia se ne erano impadroniti autonomamente, dando vita a repubbliche episcopali. Nellepoca di Carlo il potere dei vescovi viene molto ridotto, lasciando loro la possibilit di amministrazioni fiscali e personali solo nellambito della chiesa, o delle ammende che i conti devono versare al vescovo locale. Resta perci la disponibilit di queste figure di trasmettere e far eseguire gli ordini del re, di legare insieme le varie parti del regno e di sorvegliare su ordine del re loperato dei conti, che permette di considerarli a tutti gli effetti funzionari pubblici. In Occidente, la nomina del vescovo, fondamentalmente affidata al clero, era poi quasi sempre manovrata dal sovrano. Il re sceglieva quindi le persone pi meritevoli e adatte a ricoprire la carica, invogliato anche nel caso di Carlo dal suo titolo di protettore della cristianit. Si spiega cos il gran numero di vescovi provenienti dalla cappella regia. Ovvio era che se il re faceva i vescovi, poteva anche disfrali. Notker ad esempio visto che la parola vescovo, nel suo significato etimologico significa <<sorvegliante>>, chiama Carlo vescovo dei vescovi. La notizia della morte di un vescovo mobilitava la corte. Tutti i ministri avevano dei loro candidati che appoggiavano per lelezione alla carica vacante. Tante sono le storie che accompagnano le elezioni dei vescovi. Le sole occasioni dove era necessaria lapprovazione del papa era
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per quei vescovi dItalia che risultavano suffraganei della sede di romana, oppure per la nomina di un arcivescovo. In questi casi dipendeva molto dalla personalit del papa e nel modo di sapersi porre verso lautorit regia. Ad esempio Carlo ebbe vita pi facile con Leone III, pi sottomesso di Adriano. Con a capo della sede papale Leone III, Carlo decise ad esempio di trasformare il vescovado di Salisburgo in arcivescovado, per farne il centro dellattivit missionaria di pace con gli Avari. La richiesta, formalmente presentata dai vescovi della Baviera, fu accolta di buon grado dal papa che nomin il loro confratello Arno arcivescovo di Salisburgo. Il modo in cui papa Leone III si rivolse allimperatore per informarlo delleffettuata trasformazione era un modo umile, quasi come di un funzionario che esegue un ordine. In queglanni il sovrano era davvero a capo della gerarchia ecclesiastica, col papa suo subordinato. Addirittura, gli abati dovevano il loro posto al re. Tra queste cerano abazie dotate di robuste terre fiscali che optarono per raccomandarsi al sovrano, ponendosi sotto la sua protezione. Spesso erano gli stessi vescovi a presentare il candidato per la loro successione, ma il regolamento che Carlo aveva emanato dimostra come egli poco si fidasse di queste presentazioni. La carica ecclesiastica venne assimilata a quella pubblica e considerata anche essa come un beneficio. Il termine beneficio, designava qualsiasi cosa buona, terre, rendite, incarichi, che un uomo poteva detenere non in piena propriet, ma per concessione benevola e revocabile dellimperatore. Certo che con il benefico non si intende lincarico, ma i possedimenti annessi a questultimo, anche se la distinzione non risultava cos decisiva.
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Vescovadi e abazie finirono per essere considerati benefici come il governo di una contea che il re attribuiva a proprio piacimento. Labitudine di equiparare i prelati ai vassalli del re fu contestata, ma dopo la morte di Carlo. Larcivescovo di Remis, nel 858 disse << le Chiese a noi affidate da Dio non sono una specie di beneficio o comunque di propriet del re >>.

4. Le Risorse dellImpero

4.1 Il demanio pubblico Elemento essenziale dei possedimenti regi erano i possedimenti demaniali, o fiscali. La parola fisco, prima di specificare la riscossione di tasse, designava il patrimonio e le entrate del re. I possedimenti fiscali franchi erano regolarmente ampliati ad ogni conquista. Mezzo milione di persone lavorava nellimpero carolingio su terre fiscali e, non avendo altro padrone che il re, tutto quello che producevano era a disposizione del sovrano che sapeva bene come usarlo. Il modello di ripartizione resta per molto disordinato, accompagnando a luoghi con una forte dispersione, luoghi di forte concentrazione. Fatta una stima, al fisco regio di Carlo confluivano: tutti i possedimenti della famiglia pipinide e i possedimenti della Chiesa. Tutto comprendeva pi o meno duecento vescovadi, oltre seicento monasteri con possedimenti vastissimi. I patrimoni ecclesiastici erano alimentati da donazioni del re, ma comunque questi possedimenti erano considerati possedimenti
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pubblici le cui entrate erano a disposizione del re. Considerando vescovi e abati come uomini che dovevano a lui il suo incarico, trovava del tutto naturale che questi mettessero a sua disposizione le entrate delle loro chiese. Attribuire ad un vescovo o ad un abate grossi possedimenti fondiari di origine fiscale, ossia di propriet del sovrano, significava solo attribuirgli pi direttamente la responsabilit di far fruttare quei possedimenti, sempre per conto del re. Molte villae demaniali erano vere e proprie residenze regie, attrezzate con un palatinum in cui il sovrano e il suo seguito potevano risiedere e approvvigionarsi a sufficienza. Questo era reso possibile dalle scorte conservate nei magazzini e dai convogli mandati dalle aziende vicine una volta saputo che il re stava per arrivare. La regolarit con cui queste erano dislocate fa pensare ad un vero e proprio sistema di tappe. Oltre al poter soggiornare nei propri possedimenti fiscali, i vescovi avevano lobbligo di ospitare il re a proprie spese se ne presentava la necessit. Ma non bisogna pensare che Carlo andasse in giro a consumare le scorte delle aziende, anzi, spesso i beni prodotti restavano immagazzinati e il re dava precise indicazioni per far si che non venissero persi. Andavano per esempio ad aumentare i rifornimenti militari se lesercito era impegnato in qualche campagna. Un passo avanti fu fatto da Carlo pi avanti, destinando ogni gruppo di villae ad un compito, dal sostentamento del sovrano al destinare le proprie eccedenze allesercito. Il controllo di questa gestione ovviamente spettava al gerente responsabile verso il sovrano di un
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grosso numero di aziende. Anche le ricchezze ecclesiastiche erano messe a contribuzione per conto del fisco, soprattutto i monasteri che sorgevano nelle aree pi spesso visitate dal sovrano e che collaboravano al suo mantenimento, ad esempio labazia di Saint Denis che ogni anno era obbligata a consegnare, visto il suo grande vigneto, qualcosa come diecimila litri di vino ai gerenti duna villa adiacente. Vescovi e abati dovevano convogliare ogni anno, presso la residenza dellimperatore, delle forniture che pudicamente

chiamavano dona ma che erano veri e propri tributi. Non neanche sbagliato chiamarli <<regali>> perch nellitaliano colloquiale, etimologicamente significa <<qualcosa che spetta al re>>38. Fare dei regali al re, significava riconoscerne la supremazia e avviare un circuito di reciprocit che il re era obbligato a rispettare, mostrando il suo favore al donatore. Ci valeva anche per i figli del sovrano. Ludovico il Pio infatti stabilisce che i due figli minori dovranno essere subordinati al maggiore e portargli ogni anno adeguati regali. Altro modo per sfruttare i possedimenti ecclesiastici consisteva nel far pagare, ai coloni di alcuni possedimenti ecclesiastici di grosse dimensioni, sia laffitto ai monaci, sia un censo al re. Non tutti i monasteri avevano gli stessi obblighi. In linea di principio questi gravavano su i monasteri regi, ossia quelli che erano stati fondati dal re o comunque serano raccomandati a lui. Il fatto che il re controllasse questi monasteri, fa si che potesse assegnarli come benefici a conti locali, con lintenzione che questi avrebbe potuto utilizzarlo per mantenersi nellufficio, cosa che per
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pag. 208.

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poteva portare i conti a sfruttare fino allosso la manna ricevuta. Altra pratica usata, e anche forse pi sicura, era di nominare direttamente abati quei collaboratori che il re voleva ricompensare per il loro servigi. Ad esempio Alcuino, uno dei pi noti intellettuali di palazzo di Carlo, nel 796 venne insediato come abate nella ricchissima abbazia di San Martino a Tours. La nomina ad abate, va precisato, non obbligava il farsi monaco. Nascono cos quelle figure che prendono il nome di << abati laici>>, abati di nomina regia, non veri e propri laici, ma chierici. Alcuino ad esempio era un diacono. Capitava pure che un vescovo, al quale il re voleva accrescere il potere, fosse nominato abate di uno o pi monasteri. Spesso comunque i monaci non erano contenti di vedersi assegnare per nomina regia un abate, piuttosto che eleggerlo. Per questo imploravano il sovrano di dargli questa possibilit. Ma finch Carlo fu al potere sembra che tali richieste vennero ignorate.

4.2 Linquadramento degli uomini Il fisco quindi aveva il ruolo di gestire un diretto controllo su territorio e uomini, senza mediazioni, grazie al possesso diretto del re di aree abitate, dove tutti erano suoi dipendenti. Nel Capitulare de villis i gerenti locali, o iudices, sono chiamati ad una gestione politica ancora prima che economica degli uomini. Non erano i conti ma i gerenti a giudicare in caso di litigi, differenziando sempre tra i liberi, che erano giudicati secondo la propria legge, e gli schiavi soggetti a disciplina corporale. Accanto alla figura del vescovo a capo di pi propriet ecclesiastiche, troviamo i vescovi a capo delle singole parti della
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propriet che operano come advocati, ossia funzionari pubblici, come quelli del conte. Gli avvocati dovevano conoscere bene la legge e giudicare rettamente. Il loro ruolo giudiziario nasceva dal fatto che vescovi e monasteri godevano spesso dimmunit, rispetto a un conte o un giudice esterno allazienda. La giustizia era quindi garantita anche sulle terre dellimmunit, con la sola eccezione che erano gli agenti della Chiesa ad occuparsene anzich quelli del conte, rimanendo sempre sotto un potere di natura pubblica. Limmunit aveva precisi limiti, e se un assassino si rifugiava sotto la protezione della chiesa questa doveva, sotto richiesta del re, consegnarlo. E chiaro che una concessione cos contraddittoria portasse a conflitti. Famoso il caso di Alcuino, che accolse a Tours un chierico che aveva commesso un delitto ad Orlans ed era inseguito dagli uomini del vescovo locale, Teodulfo, forse il pi famoso rivale di Alcuino alla corte di Carlo. Bench gli uomini di Teodulfo, mostrando il mandato regio, chiedessero di entrare ed avere in consegna lassassino, Alcuino si rifiutava, attestando che la basilica rischiava di essere rovinata. Seccato Teodulfo mand una lettera a Carlo che da parte sua ammon Alcuino per aver sbagliato e condusse unindagine per punire i rivoltosi della citt di Tours che erano insorsi contro gli uomini del duca di Orlans. Le concessioni di terre ecclesiastiche in precaria (con <<precaria>> che indicava la richiesta, o la preghiera, presentata
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dallinteressato al vescovo o abate e lordine sovrano che imponeva a questi di acconsentire) di terre fiscali in beneficio ai conti, che rappresentavano lautorit regia nelle provincie o a notabili, che giuravano fedelt al re e si impegnavano a seguirlo, sono uno degli aspetti portanti su cui si configura quello che, dopo il tempo di Carlo, prender il nome di feudalesimo. E strano notare come la stessa organizzazione voluta da Carlo portasse al rischio di dissoluzione del demanio con conseguente indebolimento del potere regio, che era alla base del suo regno. Come ultima cosa va fatta notare che se il termine fisco, ai tempi di Carlo si riferiva al possedimento e non alle imposte, questo non vuol dire che non esistesse un insieme di prestazioni obbligatorie che gravavano su tutti i sudditi. Abbiamo quindi queste informazioni: messi, ambasciatori, inviati stranieri che si recavano presso il re e tutti i giudici nellesercizio delle loro funzioni, hanno diritto di essere ospitati e di requisire cavalli presso gli abitanti, etc. Questi obblighi rappresentavano la partecipazione dei cittadini al funzionamento del potere pubblico. A questi dobbiamo affiancare: - i censi, canoni annuali pagati sia <<dagli uomini liberi che possiedono in precaria i nostri beni>>, sia dagli affittuari contadini insediati su terra fiscale, ossia di propriet del re, sia da liberi e schiavi pubblici che in aggiunta allaffitto debbono un censo ricognitivo della loro dipendenza personale. Questo veniva fatto pagare anche ai sudditi su territori non fiscali, anche se formalmente il padrone non era pi il re; - i tolonei, imposte prelevate sulla circolazione e vendita delle merci. Erano perci contributi richiesti ai mercanti, l dove il governo
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offriva un servizio (ad esempio la manutenzione di un ponte). Resta comunque chiaro che il riscuotere continuo e il moltiplicare questi prelievi costituisse una fonte di guadagno poco controllabile dai superiori portando, insieme ad altri fattori, al disfacimento dellimpero dopo la morte di Carlo.

5. La giustizia

5.1 I giudici La principale attivit dei funzionari carolingi era il mantenimento della giustizia. Il concetto di funzionario, tradotto con iudices, intendeva genericamente tutti coloro con cui il re aveva delegato una quota della propria autorit. Questo era possibile perch la giustizia allora non era argomento di specialisti, ed era amministrata a livello locale dai funzionari che rappresentavano il re, inanzitutto i conti. Ogni conte era tenuto a presiedere periodicamente unassemblea pubblica detta mallus, dove ascoltava e decideva le cause che gli venivano presentate con la collaborazione dei boni nomine, scelti tra i notabili che avevano una conoscenza pratica della legge. Ogni sessione prendeva nome di placito. Visti i costi, Carlo decise che le convocazioni dei placiti erano massimo tre. A livello locale la stessa amministrazione era replicata attorno a funzionari minori del conte, iuniores, che tenevano il placito con maggior frequenza ascoltando le cause di minore importanza. Cerano poi diverse situazioni locali, dallItalia, dove

linserimento del sistema comitale fu lungo e difficile e i conti erano affiancati se non soppiantati dai vescovi; oppure le aree dei grandi, i
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vescovadi, dove grazie allimmunit la giustizia era mantenuta dallavvocato ma in nome del vescovo. Alla giustizia locale si aggiungeva la giustizia personale del sovrano amministrata nel palatium, in cui si tenevano i processi dei fatti che Carlo pretendeva fossero da lui stesso giudicati. La giustizia del palazzo rispondeva ad un duplice imperativo: religioso, accollando a s i delitti che ponevano particolari problemi morali; politico, cercando di mantenere sotto la sorveglianza dellimperatore i fatti pi importanti39. Inoltre il tribunale regio era il sommo tribunale dappello di tutto il regno. Nei processi importanti il re non giudicava da solo, ma col consiglio dei suoi fedeli.

5.2 La procedura Nei tribunali di Carlo la prova scritta era sempre ovunque decisiva, tanto che si ricorreva a falsi o a distruggere prove scritte schiaccianti prima di un processo che perci poi o venivano a mancare o erano di dubbia legittimit. Ci fece si che la procedura pi usata fosse luso di testimoni. Pi che una convocazione si parlava di querelato che, dopo pagata una cauzione per il rinvio, cerca o crea una testimonianza. Se la querela giungeva a palazzo era allora il giudice a chiamare il querelato, e i testimoni non erano portati dallaccusato ma scelti tra gli abitanti pi conosciuti e rispettati. In mancanza di prove scritte e testimoni, laccusato poteva discolparsi con un particolare giuramento, e con altre persone disposte
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a giurare per lui affermando di non credere che laccusato possa aver compiuto latto di cui accusato. Ogni tipo di colpa prevedeva un certo numero di giuramenti. Oltre a questo cera anche lordalia, ossia il giudizio divino. Ad esempio il giudizio della croce: davanti ad una croce accusato e accusatore sono con le braccia aperte, il primo che abbassa le braccia per stanchezza ha torto. Oppure si fa camminare il presunto colpevole sui carboni ardenti e si guarda in quanto tempo guarisce la bruciatura. Erano giudizi con effetti molto brutali, tanto che lo stesso Carlo affermava che era dovere di ogni buon cristiano credere, se usati, alla loro efficacia. Ma la legge scritta, o quella di Dio, non erano le uniche leggi del tempo di Carlo. Alcuni sudditi non si rivolgevano alla legge, ma cercavano un patto, un compromesso del conflitto e si impegnavano con un giuramento a rispettare le decisioni. Di sicuro il crimine peggiore il furto, punito peggio dellomicidio. Questo infatti era giustificato come possibile conseguenza di un litigio, o di unoffesa. Ma il problema che maggiormente affliggeva la giustizia ai tempi di Carlo Magno era la scarsa affidabilit dei giudici. I conti erano privi di esperienze giuridiche e troppo attratti dallaffermazione personale. Sotto la spinta di molti ecclesiastici, tra tutti Alcuino, Carlo opot dunque per una riforma della giustizia che divent uno dei punti pi qualificati del programma imperiale. Nel capitolare Admonitio generalis, 789 si ribadisce il divieto ai giudici di accettare regali, unusanza che molti, ma non tutti,
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adoperavano allepoca. Fece addirittura scalpore il fatto che Teodulfo dOrlans, in missione nel mezzogiorno della Gallia, rifiutasse di accettare regali. A questa riforma si collega quella dell802 dei missi dominici che affermava che un funzionario non poteva svolgere il suo lavoro come si deve se accettava regali. D'altronde questi, i messi, erano lunica arma per il controllo della corruzione che il re poteva usare. Ma purtroppo per lui anche i giudici erano a conoscenza di ci e addirittura giravano circolari che anticipavano il passaggio dei funzionari e che invitavano a <<stare zitti, finche i missi non se ne saranno andati>>. Agli stessi missi fu affidato il compito che prima era dei tribunali, dando loro il compito di convocare e tenere personalmente il placito quattro volte lanno. I giurati poi verranno istituti come organo professionista sotto il controllo dei missi. Con un vero e proprio ufficio i giurati sarebbero stati meno influenzati dai conti e meno influenzabili di quelli popolari. Nell809 limperatore ordin che solo giurati, vassalli dei conti e chi ha una causa in discussione costretto a partecipare al placito. Questo per non gravare le spese dellassemblea su gli tutti gli uomini liberi. Ma il provvedimento fin per aprire la strada ai conti, che si servivano dei loro vassalli per gestire la procedura giudiziaria, andando a prefigurare quella privatizzazione della giustizia che avrebbe influito sul declino della collettivit.

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5.3 La pluralit delle leggi A pi riprese Carlo riprendeva i conti affinch giudicassero secondo la legge scritta e non secondo il loro arbitrio e, per fare ci, cera bisogno che tutti conoscessero la legge. Ma in realt la situazione dellImpero era diversa. Non vigeva un unico codice, ma ogni uomo aveva il diritto di essere giudicato secondo la legge del suo popolo. Quindi un caso poteva essere condotto in base alle varie lex. Lex Salica, Lex Ribuaria se linteressato era un franco; Lex Baiwarion se era un bavaro e cos via. Si pu quindi parlare di diritto territoriale anzich personale. Ma un individuo doveva essere giudicato in base alle sue leggi dorigine, anche quando era fuori dai quei confini? Di norma possiamo individuare che la scelta era tra tre leggi, se consideriamo pure il diritto romano impiegato negli affari che riguardavano la chiesa. I diritti nazionali presentavano quindi troppe lacune e per questo erano affiancati da numerosi capitolari che assumevano oltre al proprio valore amministrativo, anche quello normativo. Il sovrano era consapevole dellimportanza di questi interventi, per una maggiore coesione tra i popoli, tanto che nell803 ordin ai missi di spiegare a tutti gli abitanti le novit. Carlo si preoccup di armonizzare le leggi nazionali in modo che non ci fossero troppe contraddizioni, ma forse un po paradossalmente, apprezzava quel senso di identit nazionale che ognuno poteva trovare nelladesione alle tradizioni del suo popolo. La pluralit delle leggi vigenti obbligava i giudici ad assumere una competenza giuridica. Inoltre le leggi non erano tutte scritte e
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Carlo si applic perch anche questo fosse fatto, vedi ad esempio la Lex Saxonum nel 785 dopo la sottomissione dei Sassoni che fino a quel tempo avevano avuto solo leggi non scritte.

6. Una societ clientelare

Il responso che Carlo diede ad un messo dominico, <<non c altro che liberi e schiavi>> cos netto che si pu utilizzare come guida per descrivere la societ dellepoca, in cui la schiavit era ancora in vigore e lopposizione schiavi-liberi appare decisiva per determinare le condizioni sociali. Ma tale risposta va analizzata tenendo conto delle fonti. La risposta sembra solo sottolineare un Carlo seccato. Nellimpero comunque esisteva una cerchia di famiglie straricche che nelle loro provincie facevano il bello e il cattivo tempo. La cosa che pi salta allocchio che, qualunque fosse la loro condizione, tutti gli uomini erano quasi coinvolti in rapporti di dipendenza, ereditari o liberamente scelti, ma quasi sempre di natura clientelare. Ad esempio nel giuramento di fedelt del 793, che tutti i sudditi dovevano prestargli, ai messi ordinato di giurare tutti dai vescovi, e stessa cosa vale per gli abati, ai conti, i vassalli, insomma tutti i dirigenti dellamministrazione ecclesiastica e laica. Segue poi la promessa di fedelt di monaci e chierici. La societ quindi appare definita proprio in base a questa dipendenza a tutti i livelli, in cui uno dipende dallatro fino ad arrivare a Carlo da cui tutti dipendono. Per stabilire il rango di un uomo conta il tipo dindipendenza, ma anche il rapporto che si stabilisce col signore da cui dipende. E
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soprattutto vedere da chi si dipende poich diverso essere uomo del re , dun monastero, o dun latifondista.

6.1 I Potenti Al vertice della societ franca cerano coloro che riuscivano ad ottenere dal re un incarico di fiducia, nellamministrazione laica o in quella ecclesiastica: i potents. Allapice della sua espansione possiamo trovare 189 sedi vescovili, i monasteri ancora pi numerosi. Mentre le autorit laiche contavano duecentocinquanta conti. Oltre alla fiducia con limperatore, caratterizzava questa lite anche il possesso di unimmensa ricchezza. A questi sar chiesto un tributo per alleviare le sorti della gente durante la carestia del 793. Le cospicue donazioni a chi ricopriva queste cariche

permettevano un grosso accumulo di ricchezze, anche se la maggior parte di questi nasceva gi ricca. Avevano anche una spiccata indole al comando che veniva fuori in una societ dove da gestire cerano uomini che lavoravano la terra. E anche questo il mot ivo per cui il re sceglieva da questambiente i suoi conti, vescovi etc. Con lampliamento del regno cresceva la possibilit dazione remunerativa per le famiglie che Carlo aveva scelto per il suo cerchio di collaboratori. Essi riuscivano a mano a mano ad accumulare una pluralit enorme di provincie. Conti, vescovi e abati, secondo lusanza, si raccomandavano al re nel momento in cui prendevano servizio, promettendo di servirlo con la modalit specificatamente clientelare. Praticamente chiunque serviva il re, ad eccezione che non fosse uno schiavo o un libero, si metteva nelle sue mani raccomandandosi alla sua benevolenza.
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Fitto era quindi lo scambio di raccomandazioni, come ci mostra ad esempio Eginardo, mostrando come il successo di un giovane dipendesse dalle amicizie giuste. Questa concessione a cui si aspirava era detta precaria, ossia pregata, richiesta, perch era neccessario avanzare pubblicamente una richiesta (preghiera) per ottenere ci che si desiderava. Questo tessuto di amicizie e alleanze si creava intorno ad ogni potente. Su un aspetto Carlo volle intervenire. Gi da tempo era usanza presso i franchi che un potents si circondasse duna squadra armata che raccomandasse a questo fedelt e tale usanza andava sotto il nome di trustis. Carlo volle evitare che queste clientele armate potessero assumere una connotazione eversiva e ordin che il giuramento fosse fatto pubblicamente e che, chiunque entrasse in vassallaggio, non si impegnava a seguire solo il suo signore ma anche limperatore40. La diffusione dei benefici riflette la natura clientelare della societ, mentre la diffusione del vassallaggio nasce dal desiderio di controllare e disciplinare, alla luce dei vincoli clientelari. Opposti ai potents, andavano collocati servi. Il termine comprendeva tutti quelli la cui soggezione al padrone si configurava come un vero e proprio asservimento. Anche qui per era importante vedere sotto chi si era asserviti. Chi lavorava sulle terre del fisco e della Chiesa poteva andare fiero e guardare a testa alta chi faticava sule terre di un padrone privato, perch dietro il fisco e la Chiesa cera lombra del sovrano. Era meglio lavorare indirettamente per il re. Questi ultimi prendono il
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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pag. 352.

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nome di fiscalini o ecclesiastici, in base allinsediamento su terra fiscale o ecclesiastica. E se gli asserviti a padrone privato erano esclusi dal giuramento, questi invece devono prestarlo. Fatto sta che a questi era spesso, nelle leggi franche, riconosciuto uno statuto privilegiato rispetto agli altri schiavi e fatto sta che questi, attraverso comportamenti non consoni, riuscivano ad arricchirsi, tanto che Carlo dovette vietare che i funzionari locali comprassero schiavi da un servo regio. Ci sottolineava come il palazzo faceva fatica ad arginare un tessuto di illegalit e prepotenze insito nella societ.

6.2 Il mondo contadino Questa moltitudine di liberi e schiavi del fisco e della Chiesa era la parte pi garantita e meno sfruttata di un settore immensamente ampio della societ: i contadini che lavoravano sotto padrone. Lorganizzazione delle grandi propriet in villae richiedeva canoni che una volta fissati restavano poi sempre quelli. Ai padri subentravano i figli ma gli obblighi verso il padrone non cambiavano. Nasceva cos il dominio patronale, una consuetudine che tutti rispettavano e che fin per assumere valore di legge. La legge-quadro stabiliva che quelli che firmavano un contratto accettavano di sottoporsi alla giustizia del padrone in caso di controversie. Gli obblighi che gravavano sui dipendenti sfuggivano cos sempre pi alla sfera del negoziato per trasformarsi in consuetudini perpetue, di cui il padrone stesso era per legge il garante. Fra i contadini che lavoravano sotto padrone, gli schiavi costituivano unimportante porzione. Sul pano giuridico lo schiavo sempre una propriet del padrone
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e pu essere comprato e venduto come nel mondo romano, mentre in termini economici, gli schiavi sono una merce i mercanti si arricchiscono con il loro commercio. Per evitare abusi sul commercio di schiavi, nel 779 Carlo intervenne ordinando che ogni vendita di schiavi avvenisse alla presenza di un vescovo o di un conte, vietando lesportazione di schiavi fuori dal confine, ma il limite pi forte al libero commercio degli schiavi era soprattutto di natura economica. Una volta che un padrone aveva accasato un famiglia di schiavi, assegnando loro un podere, perdeva ogni interesse a venderli. I servi casati avevano la sicurezza di non essere, forse, pi strappati alla loro terra. La responsabilit di un podere poneva lo schiavo in una situazione sociale non troppo dissimile da quella dei piccoli proprietari liberi, permettendogli di organizzare

autonomamente il proprio lavoro e di possedere addirittura a sua volta degli schiavi. Altro miglioramento dato dalla loro condizione religiosa: se erano cristiani, potevano sposarsi, essere riconosciuti e non potevano essere separati. Inoltre, per influenza della religione, venne abolito anche il diritto di vita o morte sugli schiavi. Erano per sempre schiavi e questo viene fuori, rimarcato, in casi come le punizioni. Se per punire lo stesso reato ad un libero era chiesta una somma di danaro, gi schiavi erano puniti con punizioni corporali. La durezza della schiavit era evidente in queste punizioni. Nellinsieme dei contadini che lavoravano per i proprietari terrieri, una percentuale alta, forse la pi alta, era per formata da liberti, ossia schiavi che, divenuti patroni, conservavano una forma di
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rispetto verso lantico padrone. Con lincoraggiamento della Chiesa, le liberazioni di schiavi assumono un ritmo molto intenso e, per evitare che leconomia ne risentisse, gli obblighi del liberto nei confronti del padrone vennero rafforzati. Abitualmente lo schiavo liberato era obbligato a risiedere come prima sulla terra del padrone, lavorare per lui, pagando un affitto e non avendo il diritto di andarsene senza il suo permesso. Ma non si pu certo dire che era una situazione svantaggiosa. Il liberto, abbandonata la terra del padrone, andava spesso ad ingrossare le file dei contadini poveri. Addirittura la legge ne faceva una questione morale parlando di abbandono del proprio benefattore. Lunico dramma per i liberti era il fatto che in questo modo la loro distinzione con gli schiavi si riduceva solo al nome. Una nota va fatta sulla classe degli uomini liberi che formavano lossatura del popolo franco. Questa classe restava schiacciata su pi fronti: - sul fronte delle imposte si dibatteva tra le prestazioni che il re chiedeva loro e gli abusi dei potenti ai quali lo stesso sovrano tent di porre rimedio; - sul piano societario era divisa in due classi, raccomandati e asserviti. In conclusione, al tempo di Carlo stava avvenendo un altro passaggio epocale, quello che dalla schiavit antica portava ad una nuova dipendenza: il servaggio41.

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Barbero A., Carlo Magno..cit. Ed. Laterza, Bari 2004, pag. 367.

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7. Le facce del potere

Sulle origini dellorganizzazione sociale franca sono molti gli aspetti da tenere in considerazione, ma su tutti due meritano una menzione particolare. In primis il dibattito di storici francesi e tedeschi, sullorigine dei Franchi. Per i tedeschi, i germani sarebbero stati un popolo libero di guerrieri e agricoltori. La loro libert and corrompendosi per una volta entrata in contatto con la cultura romana, come nel caso dei Franchi. Per i francesi invece, la storia dei Franchi era comprensibile in pieno solo se collegata al valore genetico dellesperienza gallo romana. Il rapporto e lincontro tra la tradizione germanica e quella romana sicuramente un elemento centrale per comprendere le istituzioni franche di et merovingia e carolingia. Un secondo dibattito si svilupp poi sul tema dello Stato. Poteva un popolo nomade come quello franco dar vita ad uno stato territoriale senza subire influenze esterne? Al di la di questa domanda, lo stato franco si presenta come un progetto di evoluzione finalizzata a cominciare dal periodo merovingio come preparazione della <<fase perfetta>> che sar dello stato carolingio, dove la fusione tra tradizione latina e germanica avrebbe trovato un nuovo equilibrio. Questo periodo coincide col lungo regno di dominio di Carlo Magno. Una volta morto il sovrano, il regno andr incontro ad un periodo

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di inesorabile declino, con lindebolirsi del potere centrale42. Ma ora concentriamo il nostro discorso su un argomento alla base dellimpero carolingio e del suo sviluppo: il potere, facendo prima una premessa di valore storico. Per comprendere le cause e le fasi daffermazione del regno franco stato necessario, per gli storici dellera tedesca a cavallo tra le due guerre mondiali, abbandonare la prospettiva teologica e cercare di comprendere le caratteristiche di alcuni elementi strutturali della societ franca, togliendoli da una dimensione atemporale. Da questo punto, storici come Otto Brunner, Schelesinger, Bols, hanno proposto una nuova interpretazione del potere in et medievale. Fonte del potere e della posizione privilegiata che ne deriva sarebbe stato un potere originario insito nello stesso concetto di nobilt. Cos, lespletamento di diritti di natura pubblica erano esercitati in quanto connaturati con lo status di nobile. Questinterpretazione tende ad enfatizzare loriginalit della societ germanica e il ruolo carismatico del capo e dellaristocrazia. Rispetto a questo modello, la realt era pi sfumata e con grandi variazioni regionali. Centrale nellorganizzazione franca era anche lesercito che, a differenza del mondo latino, non era una struttura rigida e coincideva con la societ dei liberi. Era dunque strumento di organizzazione militare e di ordinamento sociale contemporaneamente. Collegato al concetto di esercito, che con la compara dei vassalli and diventando nel suo rapporto col popolo sempre pi labile, cera quello di Gefolgschaft, termine che indicava un gruppo di guerrieri
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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pag. 63.

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liberi vincolati volontariamente a servizio di un capo, che combatte per lui in stretta unione. Possiamo quindi concludere che i Franchi possedevano unoriginale forma di organizzazione interna basata su tre elementi in stretto contatto tra loro: libert, servizio militare e fedelt.

7.1 Il feudalesimo Ganshof, nel breve saggio Che cos il feudalesimo?, passava in rassegna i principali aspetti storico-giuridici della feudalit, unistituzione che fu una particolare invenzione dei Franchi. Vedere il termine feudale come qualcosa di oscuro forse cosa collegata al tempo della rivoluzione francese e labolizione del feudalesimo fu il simbolo della caduta dellancien regime. Per Le Guen: <<la feudalit trasforma in regime e contiene tutto lasservimento passato della nazione>>. Marc Bloch, nella Societ feudale, aveva definito le diverse caratteristiche del feudalesimo prima e dopo il IX secolo tanto da parlare di due et feudali che si distinguevano per il diverso valore assunto dal giuramento di fedelt: lomaggio e il beneficio. Robert Boutruche, in Signoria e feudalesimo, ridimensiona il ruolo del feudalesimo nella societ medievale ponendo laccento su un altro fenomeno: la signoria, ovvero il potere di un dominus su terre, persone e cose indipendentemente da una delega di poteri o da uninvestitura. Ma lordinamento feudale in et franca era solo una delle diverse espressioni di potere. Le ricerche di Bloch e Boutruche hanno dimostrato che i rapporti vassallatici potevano avere forme assai diverse, inserendo lo stesso
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individuo ad essere contemporaneamente signore di un vassallo e vassallo. Queste rete di rapporti assai disordinata sostituiva la vecchia visione di una piramide perfetta. Le istituzioni feudo-vassallatiche incominciarono a svilupparsi in et merovingia, assumendo un ruolo importante nellorganizzazione sociale franca a partire dallet carolingia, dallXI secolo in poi. Esse derivavano dallevoluzione della tradizione germanica del seguito regio (Gefolgschaft), trovando un ambiante particolarmente

favorevole al loro sviluppo dal regno di Clodoveo. Per i liberi armati poteva divenire conveniente ottenere la protezione di un potente entrando nella sua clientela, in un periodo di tensione ed instabilit. In et merovingia coloro che si sottomettevano alla protezione di un potente, mantenendo la loro libert personale, erano chiamati in modi differenti. Solo in et carolingia il termine vassus si afferm soppiantando le altre denominazioni. Latto con cui un uomo entrava sotto la protezione di un potente era chiamato accomodazione (commendatio) e sottintendeva un contratto tra le due parti nei reciproci impegni fino alla morte. Con la commendatio un uomo si poneva sotto la protezione di un altro uomo dietro giuramento di fedelt. La sottomissione poteva essere rafforzata dalla concessione di un beneficio che prima era di genere alimentare, poi divenne luso di concedere terre. Laccomandato otteneva un diritto su una cosa altrui. A partire dallet carolingia la concessione del beneficio divent parte essenziale del vassallaggio. In particolare, per rafforzare la loro posizione i primi Carolingi, costruirono una rete di clientele dietro
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lassegnazione di ingenti benefici sottratti o alle istituzioni ecclesiastiche o prese dalle grandi propriet terriere della corona. Ci port ad un innalzamento sociale del livello dei vassalli43. Ma solo dalla seconda met del secolo VIII possiamo parlare di sistema feudo-vassallatico, quando vassallaggio e beneficio vengono a costruire lelemento personale e quello reale di un unico atto giuridico basato sulla fedelt delluno e sulla protezione dellaltro. LImmixtio manuum sanciva il legame definitivo tra le parti e il rapporto vassallatico era perci indissolubile. Pi avanti Ludovico il Pio fiss in un capitolare le particolari situazioni in cui un vassus poteva rompere legittimamente il suo giuramento e ci poteva accadere in cinque casi: - quando un senior costringeva il vassallo a compiere un servizio che non gli competeva; - quando il senior tramava contro la sua vita; - quando il senior commetteva adulterio con la moglie del vassallo; - quando il senior lo aggrediva a spada sguainata; - quando, nonostante il giuramento, il senior non proteggeva il vassallo. Il vassallaggio, al contrario di quanto si pensava, era fortemente voluto dai sovrani carolingi, poich costituiva un elemento di coesione dello stato. Un elemento di debolezza del sistema era costituito dalla rivendicazione da parte dei vassalli delleredit dei benefici ottenuti. Altro problema fu quello della pluralit degli impegni vassallatici. Molti signori, laici ed ecclesiastici, dallet di Carlo in poi
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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pag. 68.

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cercarono di rafforzare sempre pi le loro posizioni, radicandosi nel territorio ed espandendo la loro propriet fondiaria. Dal punto invece amministrativo, il modello di Stato applicato da Carlo e dai suoi successori, prevedeva la suddivisione dei territori dellimpero in regna e ducati, divise poi a loro volta in comitati e marche. I confini delle parti in cui era diviso limpero risentivano spesso dei modelli delle vecchie amministrazioni e nelle zone di pi profonda romanizzazione riprendevano i confini delle vecchie civitates o municipia. I comitati erano amministrati dai conti, funzionari pubblici scelti e che rappresentavano il re. I conti erano quasi sempre vassi del re, legati a lui da un doppio filo, quello burocratico pi labile, e quello della fidelitatis, indissolubile. Tra i suoi compiti, oltre al mantenimento della pace e dellordine pubblico, cera anche lamministrazione della giustizia, che avveniva nel mallum,

lassemblea, dove in ogni plactium, udienza, il conte poteva avvalersi di collaboratori: i boni homines. A controllare il lavoro dei conti, dal IX secolo, Carlo nomin dei funzionari, i missi dominici. Ad ogni circoscrizione, che poteva contenere una decina di comitati, erano assegnati due missi, uno laico e uno ecclesiastico, col compito di sorvegliare lamministrazione e di censire tutti gli uomini disponibili per le operazioni militari. La centralit delle attivit del conte non ci deve spingere a trascurare la loro funzione militare. La chiamata generale dellesercito riguardava tutti i liberi, senza distinzione tra vassi e piccoli proprietari. Nei suoi spostamenti lesercito doveva essere mantenuto dalle curtes regie, fondamentale era perci la presenza su tutto il territorio
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di vasti beni statali, essenziali per lapprovvigionamento non solo delesercito ma anche della corte. Ogni soldato per doveva provvedere singolarmente al proprio armamento. Sulla funzione militare si basava lautorit dei sovrani, ma non solo su di essa. I poteri pubblici nellimpero carolingio erano costituiti anche da diversi elementi, spesso in simbiosi tra loro. Da un lato cera unorganizzazione territoriale omogenea, divisa in distretti convocati da funzionari regi, dallaltro cerano i legami determinati dai rapporti feudo-vassallatici che stabilivano a loro volta legami tra i potenti, senza tenere conto della gerarchia. I sovrani franchi basarono la loro autorit sul mescolarsi di questi due fattori, che generavano per un elemento di turbolenza. Non da ultimo poi va ricordato il carisma. Il re era anche supremo giudice, pio e terribile. Suo compito era mantenere la pace, come Dio la manteneva nel cosmo. Il sovrano era vicario di Dio. Si profilava cos una doppia funzione del re : capo militare e dei vassalli ed esecutore della volont divina. Linserimento della Chiesa, e in particolare delle istituzioni ecclesiastiche, nellambito dellorganizzazione pubblica, uno dei maggiori successi della politica di Carlo. Tale successo per dimostrava anche aspetti turbativi: - la convivenza sul territorio ecclesiastico di due personaggi di controllo, uno della chiesa e uno del regno; - la progressiva emarginazione alle cariche ecclesiastiche della declinata aristocrazia gallo-romana, sostituita da quella franca. Una politica mirata port alla formazione di una Chiesa regia. I vecchi schemi che quindi vedevano la contrapposizione tra i due poteri nel regno franco diventarono importante strumento di
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affermazione politica, sottolineata da una certa interscambiabilit tra le due cariche. Vescovi e abati, cos come conti e vassalli, erano totalmente subordinati al potere regio e pienamente inseriti da questo nellorganizzazione territoriale, pur mantenendo una certa autonomia. Le sedi vescovili per, riescono anche a tutelarsi e rafforzarsi grazie allistituzione dellimmunit, esenzione dalla giurisdizione comitale e assunzione, da parte di vescovi e abati, di poteri equivalenti a quelli dei comitati. Vescovi, abati e conti erano per in primis aristocratici e costituivano la classe dirigente. Allinterno dellaristocrazia franca prese una posizione prominente laristocrazia imperiale formatasi nel periodo despansione del regno tramite servizio militare ai sovrani. Legata al governo centrale da molteplici interessi, includeva famiglie di antica nobilt, ad esempio gli Ottocari, e famiglie pi modeste come i Guidoni.

7.2 Un potere senza delega: le signorie A cavallo tra i secoli IX e X, i comitati carolingi sparirono per fare posto a nuove entit territoriali. Lindebolimento dellimpero non fu causato da dalla crescente autonomia dei comitati, ma si potrebbe dire che la causa fosse strutturale allo stesso sistema feudale. Nel corso del IX secolo infatti molte famiglie aristocratiche cercarono di radicarsi l dove possedevano un maggior numero di propriet fondiarie. Al di fuori di qualsiasi delega incominciarono a costruire aree di dominio autonomo allinterno delle quali potevano espletare in prima persona il potere di disporre di cose e persone. Il fatto che gli esponenti di queste famiglie fossero conti, vescovi, missi
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non faceva che accelerare la loro affermazione. Paradossalmente, a volte, era proprio il potere regio che favoriva questo loro processo con lassegnazione di benefici. Quindi il re, cercando di rend ere dipendenti da lui i suoi vassalli, non faceva altro che renderli sempre pi indipendenti. Pi che disgregato dal punto di vista istituzionale, limpero aveva al suo interno una rete di potere signorili al di fuori di ogni delega. Dopo questo quadro generale, analizziamo da vicino una parte specifica del regno, forse quella che pi ci tocca: lItalia.

8. I poteri dei Franchi nel regno longobardo

8.1 poteri regi Lordinamento politico-istituzionale non pot essere applicato in Italia in modo uniforme e concreto, confrontandosi con una tradizione amministrativa radicata e ben delineata. Cercando di attirare a s la classe dirigente longobarda, dopo la conquista, questa rimase in gran parte presente nel governo. Il regno Longobardo presentava una divisione simile a quella franca, la differenza stava soprattutto nelle cariche. I duchi non erano semplici funzionari ed eletti a volte per nomina regia, o direttamente dal loro seguito militare composto dai liberi armati. Segno questo di una forte vocazione autonomistica, vedi Spoleto o Benevento. Questi duchi assegnavano lamministrazione a funzionari minori, centenari, decani e sculdasci. Anche il potere regio aveva carattere diverso. Era pi un potere di ordinamento, non assumendo mai i caratteri sacri di quello franco e restando a lungo carica elettiva. Al vassallaggio franco si oppone il
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gasindiato longobardo. Il gasindo, etimologicamente il compagno, era un collaboratore del re che in cambio dei suoi servizi aveva ottenuto beni e privilegi. Fu messo da parte dopo la sconfitta dei Longobardi. Il ruolo e i poteri, assunti dai franchi col titolo di rex Langobardorum, rimasero pi un ruolo di governatore che sovrano in senso stretto, nonostante la posizione rafforzata dalla sacra unzione. Questo vale per i sovrani dItalia come Pipino e Bernardo, trovatisi a convivere con la figura accentratrice di Carlo. La storiografia tedesca conia quindi, per indicare i re italici, il termine Unterkonige, sottore. Lattivit di questi due fu pi militare che amministrati va ed era lasciata nelle mani dei baiuli, Waldo di Reichenau, Rotchild e Adalardo di Corbie, che rappresentavano il re durante la sua minore et44. La situazione italiana da Carlo fu seguita poco, ma maggiore attenzione ci fu quando il figlio Pipino sal al trono. Nella sua vita infatti Carlo scese in Italia cinque volte, spinto sempre da ragioni militari. La corte itinerante si muoveva con lui, in base a dove era richiesta la sua presenza. Dalle zone frequentate durante le campagne in Italia, viene fuori dove Carlo preferiva stare. Si nota che Roma era la sua preferita, anche a discapito della capitale Pavia, visti i suoi rapporti con la Chiesa romana. Con Lotario e Ludovico II la carica divent sia militare che amministrativa, diventando sovrani a tutti gli effetti. Con Ludovico si svilupp la voglia di controllare tutta la penisola. Sogno che si infranse contro lincapacit del sovrano di governare la complessit dei
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poteri

che

attraversavano

il

regno.

La

difficolt

Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pagg. 89-90.

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nellamministrazione dellItalia va anche riconosciuta nella poca presenza del sovrano sul territorio. Spesso infatti, gi a partire da Carlo, la corona dItalia coincideva col titolo imperiale, e anche quando Carlo assegn il regno al figlio Pipino, questi rest sempre un suo generale. Il re restava dunque una presenza lontana. Lo dimostra il fatto che non riuscissero a creare luoghi simbolo della regalit. Cos come lautorit regia, anche quella legislativa mantenne un connotato di ambiguit, o meglio ambivalenza. Alla Lex

Langobardorum, rimasta in vigore per la popolazione di etnia longobarda, si sovrapposero le normative carolinge contenute nei capitolari che cercavano di regolamentare uniformemente tutto limpero sui diversi aspetti economico, politico, religioso e sociale, e da cui il nome capitolare deriva dal fatto che le ordinanze erano divisi in capitula. Inoltre i re dItalia avevano difficolt ad emanare capitolari autonomi applicabili solamente se approvati dallautorit centrale. Anche la divisione in comitati trov difficile inserimento, vista una presenza urbana distribuita su tutto il territorio uniformemente. La citt aveva cos conservato una tendenza allautonomia che rendeva difficile un controllo uniforme dei diversi gruppi sociali. I Franchi si mostrarono flessibili, modellando i comitati sulla base delle diocesi o dei municipia, in modo tale che le citt mantennero la propria rilevanza. Cos, in zone corrispondenti ad esempio alla odierna Lombardia, sorgevano i comitati, mentre regioni come il Friuli, per la sua posizione sul confine, la compattezza e la grandezza territoriale, veniva conservata come marca, avendone le caratteristiche. Il regno dItalia assunse poi dal 774 in poi carattere multietnico
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per linvio di funzionari bavari, burgunti, oltre che franchi. La convivenza di tante etnie per non cancellava lautocoscienza di nessuna di loro. Lappartenenza etnica, rappresentava perci una fattore discriminante in ambito politico e nei rapporti di vassallaggio. Per cercare quindi un maggiore controllo furono scelti, per ricoprire le cariche, funzionari appartenenti alaristocrazia regia, andando a sostituire di volta in volta i funzionari longobardi che si dimostravano infedeli. Fu perci una sostituzione parziale che lasci in carica i funzionari longobardi che si erano dimostrati fedeli. Fu inoltre favorita limmigrazione di vassi che dovevano costruire una coesione allinterno del regno. Si sviluppa, accanto alle migrazioni, il fenomeno della famiglia allargata. Nobili franchi mandati in Italia per svolgere compiti imperiali, restavano in contatto con i parenti doltralpe, mantenendo una serie di possedimenti sparsi in tutto limpero, e riuscendo a volte pure ad assicurare una continuit dinastica, ad esempio Spoleto al cui duca pass la corona dItalia dopo la morte di Carlo il Grosso ultimo sovrano italico di stirpe carolingia. Ci sottolinea la vocazione internazionale dellaristocrazia franca. Gli immigrati di et franca avevano il compito di creare una rete vassallatica di controllo del territorio, a prescindere dallo rdinamento pubblico. Avevano il compito di garantire una costante difesa militare, la custodia Francorum, e di essere sempre pronti allimpresa militare regia. Questi vassi erano pagati con benefici fiscali. Linsediarsi, particolarmente in Lombardia, era sottolineato dalla presenza della capitale, Pavia, a Piacenza da dove partiva unimportante arteria di comunicazione, la via Francigena.
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Lo stanziamento di militari su beni fiscali non era una novit, lo era invece il fatto che ora coloro che ottenevano questi benefici erano legati allimperatore in modo vassallatico e venivano a sovrapporsi al tradizionale exercitus, che per non scomparve. Ma non tutta la societ italiana era inquadrata nel sistema vassallatico. La maggioranza della popolazione viveva al di fuori di qualsiasi vincolo. Queste persone di condizione libera mantenevano, con il potere regio, rapporti di carattere pubblico. Anche ai missi dominici che operavano in Italia fu chiesto, oltre ai soliti compiti, di rafforzare la presenza e il dominio franco sulla penisola e di fornire ai franchi che si erano stabiliti l, un collegamento con le terre dorigine.

8.2 I vescovi e il potere del Papa Lavvento del domino carolingio in Italia port nei territori del regno a un deciso mutamento nei rapporti tra istituzioni ecclesiastiche e potere politico, caratterizzato dal constante antagonismo tra il potere regio, longobardo, e quello papale. In et longobarda, lorganizzazione ecclesiastica che si era formata era quella tardo-antica. Avevano un ruolo centrale le diocesi, circoscrizioni territoriali nel cui ambito si estendeva la giurisdizione spirituale del vescovo. LItalia aveva un elevato numero di sedi vescovili, con il prevalere di una forma di conservatorismo che ne permise la lunga continuit. Fulcro dellattivit liturgica era la chiesa vescovile, chiamata cattedrale perch l si trovava la cathedra, il trono del vescovo. Accanto alle cattedrali poteva formarsi una comunit che operava nelle chiesa, e che grazie alle donazioni poteva possedere beni e amministrarli autonomamente. Insiemi di diocesi prendevano il
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nome di metropolita, la cui guida era sottoposta ad un arcivescovo. In et carolingia sono tante le sedi metropolita,ed esempio Milano, Ravenna, Roma, che aveva il pi alto numero di diocesi, Aquileia che funge da avamposto contro gli slavi. Ma tuttavia fu sempre il particolarismo vescovile a prevalere quasi sempre sulle provincie. Altro ruolo centrale aveva la pieve, la chiesa battesimale. Gi il suo nome latino plebs, tende a identificare lintera comunit cristiana ossia il popolo con la chiesa alla quale era conferito il diritto di battesimo. La pieve, fu una struttura intermedia tra le chiese minori e le diocesi. Inoltre nei territori rurali la pieve assunse anche un ruolo economico, di raccolta delle decime. Un altro apparato che possiamo identificare quello delle Eigenkirchen, le chiese private, fondate da famiglie eminenti su propri territori e sottratte alla giurisdizione vescovile. Queste chiese poi spesso venivano cedute ad altri enti ecclesiastici, in cambio di devozione o interessi economico-politici. Accanto alle sedi episcopali svolsero un ruolo importante le abazie, che sorgevano su posizioni strategiche dei sentieri ed erano fondate grazie a cospicue donazioni. Per le posizioni di privilegio che occupavano svolsero anche un ruolo economico predominante, soprattutto nelle campagne45. Il ruolo di monasteri e abazie era legato non solo alle dotazioni di cui corrispondevano, ma anche alle intenzioni religiose o politiche, in base alle quali erano stati fondati. Svolgono quindi funzioni assai diverse, ma consolidando sempre legemonia sul proprio territorio. Lintento di Carlo era chiaro gi dai primi anni: inserire in modo organico vescovi ed ecclesiastici eminenti nellamministrazione del
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Albertoni G., LItalia carolingia, Ed. NIS, Roma 1997. pagg. 100-101.

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regno. In tal modo veniva a crearsi un altro livello di poteri che avrebbe dovuto affiancare quelli pubblici, i conti, e quelli privati, i vassi. Una via che il sovrano segu per promuovere alcune diocesi fu la scelta personale del vescovo, cosa che doveva apparire normale, vista come espressione della responsabilit del re verso la chiesa sua protetta. Il tentativo di integrazione dellItalia nel sistema franco procedette su un doppio binario: - la concessione ad importanti enti ecclesiastici franchi di beni fondiari in Italia; - lassegnazione di sedi vescovili italiane a persone eminenti della Chiesa e della nobilt franca. Questo rendeva pi fruttuosa la fedelt dei prelati, usando anche cospicue donazioni, come fecero anche i suoi possessori. Cos come i loro parenti che avevano assunto incarichi pubblici, anche gli aristocratici che avevano intrapreso la carriera ecclesiastica mantennero sempre coscienza delle loro origini, ampliando anzi i possedimenti di cui erano a capo con terre doltralpe. Oltre che nellamministrazione del regno, molti vescovi entrarono anche in clientele vassallatiche, legandosi al re o ad altri personaggi. Corbie Wala, ad esempio, si distinse contribuendo ad un rinnovamento dei rapporti tra Chiesa e regno. Episcopati ed abazie trassero anche grande potere dalle immunit. Per tenere a bada un fenomeno cos instabile, al vescovo e al conte della diocesi fu imposto di eleggere un advocatis, personaggio laico che doveva amministrare i beni e la giustizia.
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Praticamente un funzionario regio non ufficlae, che permetteva il controllo degli enti ecclesiastici. In conclusione, il rapporto tra istituzioni ecclesiastiche e sovrani va collocato allinterno di quello pi ampio tra Chiesa e Impero. Questo trov una momentanea regolamentazione con la Constitutio romana dell824, che sanciva lestensione del territorio sotto il controllo franco anche sui domini di San Pietro, ma sottolineava che laccordo di fedelt era valido solo nei confronti dellimperatore, non del re dItalia. Tale ambiguit le permise di garantirsi una posizione di protezione da possibili nemici interni ed esterni e lautonomia dallincombente regnum

Langobardorum.

9. Alcuni approfondimenti

9.1 concetto di fedelt Nell802 Carlo defin, o almeno cerc di farlo, il concetto di fedelt. In passato, per assolvere questo dovere era necessario non minacciare di morte la vita del re. Carlo ora pretendeva ovviamente di pi, visto anche il rapporto di benefici che si andava istaurando tra lui e i sudditi. Tutti dovevano: - attenersi ai precetti di Dio; - rispettare tutte le propriet dellimperatore; - riconoscere il suo incarico di protettore della chiesa e dei deboli. Erano comunque tante le difficolt che il sovrano incontrava. Ad esempio, in un occasione della visita di Carlo al figlio Ludovico,
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questi fece un regalo adeguato al padre, solo dopo che questi glielo ebbe chiesto. Ludovico si giustific dicendo di trovarsi in una situazione difficile, dove i suoi nobili, senza eccezione, miravano solo al loro personale vantaggio. Carlo allora ripristin i beni tolti sotto il controllo della corte ma non pun nessuno, perch? Forse per evitare una rivolta. Il fatto che Carlo abbia obbligato, con un giuramento, il popolo del regno a lasciare intatta la propriet imperiale, fu modo per far riconoscere dalla nobilt la speciale posizione del sovrano, senza imboccare la via del confronto diretto. Le disposizioni del giuramento generale mostrano quanto fosse debole lautorit imperiale nel regno.

9.2 Il vassallaggio Il vassallaggio era stato <<socialmente accettato>> e grossa spinta glielaveva data un evento in particolare: nel 787 Carlo, umiliando il duca di Baviera, Tassilone, lo aveva costretto a diventare suo vassallo. Da quel momento cominciarono ad essere nominati conti persone che da giovani erano entrate alla corte del re per questo vi erano particolarmente legati. Addirittura questo legame poteva essere portato avanti per generazioni. Nel tempo le funzioni di conte e vassallo si fusero. Un conte era allo stesso tempo vassallo del re. Da questascesa si trasformarono anche i contenuti del vassallaggio. Non erano pi richiesti servit e obbedienza, ma consiglio e aiuto. Ma facciamo un passo indietro. Fu Carlo Martello ad introdurlo ufficiosamente, anche se non fu una sua invenzione. Le continue lotte interne allaristocrazia e le
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varie scorrerie saracene, se da un lato diminuivano la sicurezza, dallaltro comportavano lesigenza di una forza armata. Non mancava chi, sentendosi incapace di difendersi, si rendeva schiavo di un protettore. Questo, affiancato alla fierezza dei popoli germanici, tendeva a creare un patto tra uomini liberi. Il comitatus, tedesco divenne lantrustiones franco, ossia membri della trustis, termine dorigine tedesca che etimologicamente rinvia la concetto di fedelt. Si tratta di un atto privato che, proposto nellopera le Formulae Turonenses, si diffuse anche nei confronti dei re merovingi, ma con la loro decadenza si rivolse sempre pi ai maestri di palazzo. Latto, pur riferendosi a uomini umili, si adatter perfettamente al sistema feudale. E appunto col passare da uomini umili ad uomini nobili che la ricompensa del patto cambia e diventa il cosiddetto beneficio. Ma a differenza dei re merovingi che consegnavano le terre regie, i franchi utilizzavano i beni della chiesa, andando cos a non indebolire il proprio potere, visto che alla base del potere regio era proprio la propriet del re.

9.3 Limpalcatura politica, i capitolari, limmunit Al suo vastissimo contesto territoriale Carlo aveva dato unimpalcatura politico-organizzativa. Nei primi anni del IX secolo la struttura statale era stata ormai precisata, fondendo elementi di ordine pubblico e personale con larga collaborazione da parte ecclesiastica. Le varie fonti della legge che governavano anche il rapporto dei benefici risiedevano nella voce dei missi che propagavano le scelte imperiali in tutto il regno, mentre i capitolari segnavano luscita da anni difficili, come nel 789 quando venne emesso il Admonitio
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generalis, uno dei pi famosi, che mirava a riformare la vita religiosa di chierici e laici. I capitolari, se pur generali, non erano validi in tute le regioni, in particolare in Italia, e per questo miravano ad integrarsi con i diritti <<nazionali>> preesistenti, diventando vere leggi territoriali delle regioni che costituivano limpero. Limmunit caratterizzava una serie di situazioni di autonomia e non nacque con il vassallaggio. Caratterizzava precisamente, fin dalla matura et merovingia, lorganizzazione di molti grandi enti ecclesiastici, ma diventer nella tarda et carolingia la premessa giuridica che consentir al vassallo, che riceveva in beneficio una terra coperta da immunit, di esercitare una forte autorit politica al suo interno.

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SECONDA PARTE

Fu il frantumarsi delluniversalismo dellimpero romano in occidente, in una molteplicit di piccole formazioni, la conseguenza pi evidente del trapasso di unepoca. E nozione comune che i Germani abbiano fondato i loro regni nellantica pars occidentis dellimpero e da alcuni di questi siano derivati i moderni stati nazionali europei. Ma quando si pu iniziare a parlare di nazioni? La maggior parte degli studiosi datano come momento culmine il XV-XVI secolo, ossia let dellumanesimo. Ma tornando un po indietro, al medioevo, un momento decisivo per la formazione delle prime nazioni europee occidentali stato il XII-XIII secolo quando, a scapito degli antichi poteri universali, Impero e Chiesa, cominciano ad occupare la scena le monarchie di Francia e Germania. In Francia, le nazioni partono dalle istituzioni di origine feudale. Lalto Medioevo ha conosciuto la presenza effettiva dellimpero carolingio, che inglob buona parte dellOccidente, tenuto insieme da una classe dinastica, da una classe dirigente imperiale, da istituzioni comuni e da un clero fortemente integrato. Loccidente conosceva cos una nuova fase universalistica, tra il V e VIII secolo. Nella dissoluzione dellimpero carolingio, met o fine del IX secolo, si osserva laffacciarsi alla storia delle nuove nazioni. Let tardo antica e il primo Medioevo non sono di solito indagati in relazione al tema nascita delle nazioni nellEuropa occidentale, perch il concetto di nazione ha una tale profondit di significato
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politico che difficile applicarla in quel periodo. Ernesto Sestan diceva: <<la nazione quellaggregato umano che crede di essere nazione>>. Siamo di fronte quindi ad un fatto prettamente soggettivo. Friedrich Meinecke ha escluso che nel Medioevo si potesse parlare di nazioni in un senso cos profondo. Le nazioni, se pure gi esistevano nel medioevo, si presentavano sotto forma vegetativa, cio erano presenti tutti gli elementi che costituiscono una comunit nazionale, ma il risultato complessivo della loro combinazione diverso da quello che si avr nei secoli successivi. Spogliando il termine nazione di tutti i suoi significati simbolici, possiamo trarre notizie importanti sulla formazione degli stati. I nomi degli stessi, Francia, Portogallo, sono di origine medioevale e si legano col territorio che vanno ad occupare. Nel medioevo nascono inoltre anche le lingue nazionali moderne dellEuropa Occidentale. Stato, territorio e lingua non sempre coincidevano, ma esistevano e, insieme ai vari elementi che fondavano le individualit dei diversi popoli europei, arriviamo a identificare cosa fossero le nazioni, nazioni medioevali46. Inoltre il Medioevo, nella sua prima parte sopratutto, dal tramonto delluniversalismo romano agli insediamenti barbarici, con il nuovo universalismo carolingio e la sua successiva crisi, caratterizzato da un gigantesco rimescolamento etnico. Sono questi secoli che mettono in campo tutti, o quasi tutti, i futuri protagonisti dellEuropa.

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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 21.

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10. Una storia che parte da lontano

Nell212, limperatore Caracalla eman un editto con il quale concesse la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dellImpero. La constitutio antoniniana, segnava la fine della stato-citt di Roma: dora in poi non ci sarebbe stato pi un nucleo centrale dominante e un impero sottomesso. Ma leditto fu poco considerato, addirittura non fu inserito nel codice di Giustiniano. Ci spiegato con una sopravalutazione delleditto, poich il processo di integrazione dei ceti dirigenti dellimpero era gi molto avanzato ben prima della norma di Caracalla, che non riusc nemmeno ad abolire dun colpo le profonde differenze delle numerosissime comunit confluite sotto la

dominazione romana. Per un reale processo di unificazione bisogna attendere Diocleziano, e poi Costantino. Leditto analizzato parla dellintegrazione di tutti i cittadini, tranne i dediticii, ossia le masse contadine delle provincie dellimpero. Secondo quindi questa rappresentazione restrittiva delleditto, le classi subalterne non cittadine non sarebbero mai state parificate, dal punto di vista giuridico, agli altri liberi dellimpero. Ma che ruolo hanno giocato le masse contadine non romanizzate i questa grande crisi epocale? Lesistenza dei dediticii mette in dubbio il cosmopolitismo universale romano, ossia la sua capacit di raggiungere i ceti pi umili rimasti estranei alla civilt romana fondata sulle citt. Il sentimento di particolarismo provinciale era molto pi vivace allestero, ad esempio la comunit della Gallia, rispetto allItalia. L, in Gallia ad esempio, affioravano sentimenti di appartenenza a un particolarismo del tutto locale. Si prepara cos un doppio scenario: da un lato laristocrazia romana che, spinta dal
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sentimento di identificazione della romanit con la classe dominate dellimpero, cerca un patriottismo difensivo dellordine esistente; dallaltro emerge una coscienza che crede che la soluzione e la sopravvivenza dellaristocrazia alla crisi politico -sociale possa essere trovata a livello locale. Da questi due punti, aventi una base comune ossia la sopravvivenza della classe, le divergenze sono collegate alle alleanze: combattere i barbari senza quartiere o coinvolgerli in una rete di alleanze e collaborazioni? E questultimo atteggiamento ad avere la meglio e il collasso dellautorit centrale di occidente, nel corso del tardo V secolo, acceler la consapevolezza nellaristocrazia tardo romana della necessit di risolvere i problemi nellambito del proprio orizzonte personale. La collaborazione con i barbari era preferibile allincerta fedelt ai lontani imperatori dOriente. Alla fine della storia romana, piccole e grandi etnie, mantenevano la loro individualit. Le rivolte, come quelle dei bacaudae, contadini celtici, che analizzeremo dopo, del 378 durante la battaglia di Adrianopoli tra Visigoti e truppe imperiali, e del 406 rivolta degli schiavi pannonici che si allearono con le orde barbariche, erano la spia significativa del disagio che esisteva tra le classi pi povere dellImpero. Insofferenza sociale dei ceti subalterni e caratterizzazione etnica precisa, sono due elementi propri delle manifestazioni di subordinazioni che si manifestano nei secoli del tardo impero. Il rifiuto socio-economico e quello etico-nazionale nei confronti della classe dirigente dellimpero si doveva appoggiare su un rifiuto che forniva a questi appoggio ideologico: una fede religiosa che in qualche modo si oppose a quella ufficiale, che venne ancora di pi fuori dopo il 313, con la promulgazione delleditto di tolleranza da parte di Costantino, con la quale il cristianesimo iniziava la sua marcia
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di divulgazione. In questo aspetto veniva fuori un dato importantissimo: le masse etniche, nonostante fossero state conquistate dai romani, non avevano perso le radici secolari della loro cultura che veniva fuori quando i missionari cristiani si recavano nelle pi remote zone dellimpero ed entravamo in contatto con etnie che conservavano le proprie radici. Affiorano cos protostorie nazionali, scaturite da frammenti di consapevolezza etnica. La prima tappa della nostra storia stata delineata. La seconda sar spiegare il ruolo giocato dalle masse non romanizzate: dediticii, bukoloi, bacaudae, e altri gruppi che vedremo, nella fine del mondo antico.

11. I bacaudae: larea celtica

I bacaudae, appaiono in relazione ad eventi del 283-286, durante lultima fase della crisi interna vissuta dallImpero nel corso del III secolo. Si tratta di un gruppo di contadini insorti in Gallia, che si erano dati questo nome e con a capo Amando ed Eliano. Diocleziano contro di loro mand le truppe romane, che con facili battaglie domarono i contadini. I bacaudae, erano quindi contadini gallici di stirpe celtica. Il termine stato interpretato come gruppo, assemblea tumultuosa, fino a combattenti. Il termine ceppo celtico ci sottolinea come la cultura celtica in Gallia fosse ancora viva. Tutto assume pi importanza se si osserva che la Gallia era una regione di profonda romanizzazione. E qui entra in gioco la religione. La diversa sensibilit cristiana legata ai suoi obblighi di missione, una volta usciti dal mondo ristretto del paganesimo latino, ci
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fornisce brandelli di una civilt nascosta. I contadini parlavano in lingua celtica, da qui il termine bacaudae. I due capi, Amando ed Eliano, dovevano essere cittadini romani. I bacaudae, erano contadini, privi di esperienza militare e i loro attacchi erano semplici scorrerie, anche se Eumenio ci dice che tentarono di darsi unorganizzazione47. Le etnie sottomesse scoprivano i loro antichi modi di combattere, e non come disse Eumenio, copiando quella barbara. Fu forse proprio lincontro con i terribili conquistatori che impazzavano nellimpero ormai allo sbando a risvegliare lanimo guerriero delle trib, prima contro gli invasori e poi contro i padroni romani. Bisogna ricordare che la qualit militare costituiva una caratteristica fondamentale per qualsiasi etnia che voglia affermare una sua esistenza indipendente. Nel Medioevo, non potevano esserci stati o nazioni disarmate. Dopo la sconfitta infertagli dalle truppe romane di Diocleziano, si pens che i contadini fossero stati eliminati. Ma non era cos. Ottantanni dopo infatti le fonti dellimpero ci parlano di masse contadine che mettono in crisi limpero spopolando i campi e compiendo brigantaggio. Manca solo il nome per chiamarli bacaudae. Siamo negli anni della crisi della prefettura gallica, 406. Barbari attraversano il Reno ghiacciato e mettono a ferro e fuoco la Gallia, trovando la risposta inadeguata dei generali, che anzi si rendevano autonomi prendendo nelle loro mani la difesa, con il solo scopo finale di usurpare lautorit imperiale. Mentre barbari, autorit imperiali legittime e generali ribelli si contendevano la Gallia e la Spagna, i ceti subalterni non erano rimasti spettatori passivi, ma avevano preso a
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pagg. 47-48.

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loro volta iniziative militari. Tipico di queste iniziative era il loro andamento ciclico, cio il ripetersi in coincidenza di crisi strutturali della societ, che rendevano ancora pi invivibili le condizioni del ceto debole. La domanda che vien fuori : si tratta di rivoluzione sociale o di semplici atti di brigantaggio per sfruttare la situazione di crisi? I bacaudae dovettero essere pi dei semplici banditi sociali che esprimevano in modo pi o meno inconsapevole unopposizione socio-economica, ed etnico-culurale, allImpero. La bacauda, appare radicata nella Gallia nordoccidentale, nella zona nota come Tractus Armoricanus (dalla foce della Garonna a quella della Senna) ed ha fondamento etnico e non religioso. Fonti ci informano che bacaudae e Armoricani sono la stessa cosa. Il magister militum Ezio teneva a bada con estrema difficolt i bacaudae e i nuovi potenti barbari invasori, gli Unni, a cui Eudossio, capo degli Armoricani, aveva chiesto alleanza conto i romani dopo essere stato sconfitto. Ezio, per fronteggiare la situazione, decise di servirsi di alcuni barbari per ristabilire lordine, gli Alani. Questo comportamento dei barbari, chi contro, chi alleato dei romani, fa capire che non c un legame tra i bacaudae e i barbari contro i romani. Di fronte ala minaccia degli Alani, gli Armoricani, decisero di trattare. Loro inviato fu il vescovo Germano, divenuto caposaldo del popolo dopo la fuga di Eudossio. Un accordo tra le due parti quindi non era impossibile. Cos i bacaudae, in una Gallia in profonda crisi, si stavano trasformando in organizzatori di uno stato autonomo, il cui
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scopo

doveva

essere

lautodifesa

contro

barbari

non

unirrealizzabile rivoluzione sociale. Salviano identifica le cause del divorzio tra le masse celtiche (della Gallia e della Spagna) e lImpero. Queste risiedono nella durissima oppressione fiscale, resa ancor pi grande dalla disonest dei giudici e dei funzionari. Molti cittadini, anche ricchi, per salvare la libert fuggono presso i barbari. I bacaudae, per Salviano, non sono un popolo barbaro, sono uomini perduti, perch noi li abbiamo costretti a diventare criminali. Come i barbari, anche i bacaudae, potevano diventare alleati di Roma. Questo accadde durante la battaglia dei Campi Catalaunici, del 451 contro Attila e gli Unni e i loro alleati germanici. La battaglia fu fatta per preservare la prefettura gallica dallinvasione unna. Gli antichi bacaudae erano diventati gli esponenti di uno stato romanoceltico alleato dellimpero, al pari dei primi regni romano germanici. Ma non tutte le vicende delle bacaudae erano cos. In Spagna ad esempio, collocabile nelle regioni montuose del nordovest, gi altere contro quelle della costa e del mezzogiorno, e identificabili in seguito con il popolo dei Baschi, che pure sottomessi allet di Augusto non erano mai entrati a far parte dello stato romano, lesperienza della bacauda sembra essere in un fase pi arretrata ed elementare di quella gallica. Appare una semplice rivolta, priva di qualsiasi legame organico, legame che in Gallia gi si stava realizzando.

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12. Il mondo dei Germani

I germani rappresentano lelemento nuovo che si innest, tra la fine del mondo antico e linizio del medioevo, nelle regioni occidentali e mediterranee dellEuropa. La discussione sulle loro origini etniche si collega con due fattori che ne complicano lo studio: la scoperta degli indo-europei (riconoscere ununit tra i moderni europei, iranici e indiani); lapparizione, nelle cultura europea, di tematiche di tipo razzista (che poi esploderanno nel Terzo Reich). I due elementi si collegano, luno con laltro, non a caso invece del termine Indo-europei, in Germania si usa il termine Indo germanici, facendo dei tedeschi i pi puri discendenti in occidente del ceppo ariano. La polemica iniziava gi nel XVI secolo, da unopera di Tacito: Germania48. Il libro ebbe due utilizzi: il pontefice Pio II lo utilizz per esaltare le virt guerriere dei Tedeschi e incitarli alla crociata contro i Turchi; gli umanisti riformisti tedeschi, nellopera del 98 a.c. , videro lesaltazione della virt del loro popolo opposto alla decadenza di quello romano e laffermazione che i loro antenati erano autoctoni, cio originari del paese e quindi immuni dal connubio con qualche altra nazione. Per scardinare questa forma di purezza razziale ci si rif a due schemi di osservazione: - le origini di un popolo scaturirebbero dalla suddivisione di un
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 60.

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primitivo popolo comune in tante trib diverse, che espandendosi sul territorio danno vita a processi di etnogenesi; - c lesistenza, allorigine del processo etnogenetico, di piccoli nuclei tribali che piano piano si sarebbero trasformati in popoli pi grandi. Tenendo come esame la prima teoria, si postula lesistenza di un popolo originario indo-europeo dal quale, verso la fine del Neolitico, si sarebbero staccati i diversi popoli, che poi si divisero nelle varie trib. Si individuava poi larea di sviluppo che, per le trib proto germaniche, sar quella tra la Scandinavia meridionale, la Bassa Elba e la foce del Reno ad ovest. Individuata larea si passava ad applicare lo schema nomandi-sedentari, per spiegarne lespansione e cercare le tracce archeologiche con cui giustificarla. LUrvolk, il popolo originario tedesco sarebbe nato dalla fusione di due popoli, che espressero la cultura dellascia da combattimento e che sottomisero i popoli agricoltori delle regioni baltiche. LUrvolk si sarebbe poi suddiviso in tre grandi popoli: Istveoni, Erminoni, Ingveoni. Questi, a loro volta, nella tarda et del bronzo e nellet del ferro, si sarebbero frantumati in uninfinit di popoli, pi tardi entrati nellorbita romana. Ma cos facendo ci troviamo di fronte ad un triplice ordine di questioni: - non quasi mai possibile collegare con certezza le fonti archeologiche a determinati popoli noti dalle fonti scritte; - il processo di migrazione inteso come processo etnogenetico, non va considerato come unico ed inevitabile. Ad esempio uno schema valido quello dellonda dellavanzamento: le novit si propagano come le onde per spostamento progressivo, in questo caso
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di gruppi umani portatori delle novit; - la questione razziale. I popoli preistorici non rappresentano un etnia chiusa. I germani ipotizzabile che non siano precedenti alle migrazioni. Questa corrisponde alla fase finale del loro processo, nessuna unit di sangue e suolo ma un grosso meticciato con pluralit di relazioni ed etnie. Cos si fa rifermento alla seconda teoria, che ci mostra il germanesimo come prodotto di una lenta e complessa evoluzione storica della quale il risultato finale, non linizio. I Germani non erano molto sedentari al momento della loro penetrazione entro i confini dellImpero, cio avevano uno stadio di civilt molto arcaico. Sarebbe meglio per partire dal processo che li ha portati a sovrapporsi alle popolazioni dellEuropa occidentale: la migrazione (Wanderung), intesa come fase di trasformazione culturale. Popolo seminomade, non avevano citt e campi permanenti ma si spostavano allinterno dello stesso spazio territoriale. La terra era ritenuta propriet collettiva, che ogni anno la distribuiva tra i suoi membri, mediante lazione dei capi, per evitare che gli uomini si attaccassero troppo ad essa trascurando lattivit guerriera. Cesare, nel De bello Gallico, ce li presenta come guerrieri e secondariamente come agricoltori. Erano infatti modesti agricoltori, ci spiega perch erano seminomadi, una volta sfruttata la terra fino allesaurimento labbandonavano per poi tornare una volta finito il giro. Non aveva a che fare con le grandi migrazioni, tipo quella Longobarda che dal Reno arriv fino in Italia e che comportava guerre con i gruppi tribali dei territori dove si passava. La guerra tra le trib infatti segnava lannessione degli sconfitti alla trib trionfante. Non tutti migravano.
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Sui Longobardi si narra che, causa una carestia, un terzo dei giovani dovette emigrare e da quella gente ebbe origine la stirpe dei longobardi. Ma attenzione, i processi messi in atto dalle migrazioni non sono solo di suddivisione, ma anche di aggregazione. Osserviamo come alle trib antiche, Istveoni, Erminoni, Ingveoni, i primi secoli della cristianit andarono sostituendo mediante processi di aggregazione nuovi nuclei: - i Goti tra il Danubio e il Mar Nero, dal III secolo a.c. ; - i Franchi sul Reno, V-VI secolo; - i Longobardi in Pannonia e poi in Italia; - gruppi secondari come gli Alemanni ( alle mannen, tutti gli uomini), fortemente meticcio, i Bavari; Tutti questi processi daranno vita alla gentes, che invaderanno lImpero romano a partire dal IV secolo, in cui della vec chia stirpe delle tre trib non cera pi traccia49. Per definire le aggregazioni etniche germaniche il termine pi corretto trib, comunit che attestano la propria discendenza da un antenato mitico. Le caratteristiche unit della lingua, possesso di diritto comune a tutti i liberi, religione e tradizioni comuni, mito delle origini. Dal dio Tuisto discenderebbero le tre trib arcaiche. La credenza in queste discendenze era elemento culturale e religioso. Chiunque riconoscesse questa tradizione poteva fare parte della trib. Dal mito dellorigine, nucleo principale, discendevano poi tutte le altre usanze, regole e norme. La religione era anche fonte di aggregazione. Pi trib potevano formare leghe sacre cementate da una comune adorazione. La pi
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pagg. 70-71.

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comune era ladorazione della dea Nerthus, una sorta di madre terra (nostra fonte ancora Taicito). Accanto a questo e allassimilazione dei popoli sconfitti cera anche un altro modo di aggregazione: il comitatus, che consisteva nel raggrupparsi intorno ad un capo di bande (comitatus), di giovani guerrieri, che si legavano al condottiero con giuramento di fedelt, rompendo cos i confini tribali. Il condottiero poteva mettersi con la sua banda al servizio di un re, e dopo la battaglia scioglierla, oppure costituire un gruppo stabile, che appoggiandosi ad un principe poteva aspirare ad un comando regale. Il comitatus era il piedistallo per impadronirsi del titolo di re allinterno del suo popolo. Tale la carriera dellamalo Teodirico che pervenne al trono fra gli Ostrogoti e tale sar la carriera del franco Clodoveo. Limmagine quindi quella di un popolo sconfitto che si aggrega attorno ad un capo e nella fedelt verso di lui trova un nuovo orientamento. Nelle trib germaniche re e comandante militare non coincidevano. Il primo era scelto per le sue origini mitiche, il secondo per le sue doti sul campo. La monarchia quindi era a carattere sacro. Ma let delle migrazioni, mettendo la guerra in primo piano, pose il comando nelle mani dei capi militari a capo dei comitatus. Anche la religione subiva questinfluenza. Al centro fece la sua comparsa la figura del dio Wotan, Odino, dio mago, sciamano e guerriero che divenne il progenitore della nuova stirpe: Amali, da Ansis, semidio, Gugingi, da Gungnir la magica lancia di Odino. Fare comunque una generalizzazione di un passaggio da monarchia sacra a monarchia militare ad esempio, resta pericoloso, perch il terreno non e sicuro. Ad esempio i merovingi, con Clodoveo
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in testa, erano una monarchia guerriera, e pure uno degli ultimi re merovingi Chilperico III, dallo storico Eginardo, dipinto come un re sacerdote della madre terra. Le tradizioni tribali e il mito della nascita restano comunque il cemento che tiene assieme le trib germaniche nel periodo delle migrazioni. Ma ora facciamo un bel passo avanti. A causare grosse trasformazioni interne al mondo germanico, furono i romani. Contrariamente a quanto si pensa, vista la violenza con cui i due popoli si affrontavano, alla base la societ germanica era fortemente collegata con quella imperiale. Diviso il territorio in Germania superiror e inferior, lungo il corso del fiume Reno, la presenza romana si fece massiccia e influente. Tra le varie trib e tra loro e lImpero si avvi un vivace commercio, con centro nella via dellambra (dallAquilea alle coste del Baltico), che fece entrare la Germania nellera della circolazione monetaria. In et imperiale non esisteva un'unica civilt germanica, ma parecchie aree culturali differenti tra loro. Linfluenza romana accentu le differenze sociali ed economiche nei tessuti tribali. Il fenomeno di compenetrazione crebbe poi dal II secolo con larruolamento dei Germani nelle file dellesercito romano. E gli stessi capi germanici, aumentando lautorit, accrescevano anche il loro comitatus, per sottomettere altri capi. Infine linfluenza proveniente dai nomadi (dalla Russia meridionale, sulla Germania occidentale). Linflusso nomade che colp in prima fila i Goti, che poi la trasmisero a tutti, ai quali poi si aggiunse anche linflusso turco degli Unni, si fece sentire a tutti i livelli. I goti divennero il popolo barbaro pi prestigioso. Portarono ad esempio lintroduzione del combattimento a cavallo, mentre prima si
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combatteva a piedi. La Germania orientale si diversific da quella occidentale romana: - a capo aveva unaristocrazia cavaliera che dominava su popoli ed era dedita a saccheggi ad ampio raggio; - aveva un esercito a cavallo superiore alla fanteria romana: E il cavallo divenne arma formidabile che port una differenziazione sociale tra chi poteva permettersi il costoso armamento, pi il cavallo, e chi no. Il re diventa allora un re-cavaliere, mentre il dio sempre Wotan ,Odino, rappresentato sul suo cavallo Sleipnir. Gli adoratori del destriero venerano culti equestri, ad esempio quello di Benevento, un Dio germanico che aveva assunto caratteri nuovi. Dei, cerimonie religiose, rituali, mutarono dunque presso i germani orientali, dopo lincontro con i nomadi. Allalba del Medioevo, i nuovi popoli della germani che si affacciavano sullEuropa, non erano un grande nazione, ma un multiforme fascio di culture guerriere attirate verso le terre dellImpero romano.

13. Nuovi regni doccidente: i Franchi da federati a dominatori

Data simbolo del dilagare nelle province romane delle forze barbare il 476, quando cio fu deposto lultimo imperatore occidentale, Romolo Augustolo. A ci si fa risalire la fine del mondo antico e linizio del Medioevo. Ma il crollo dellimpero fu il risultato di una crisi non solo militare, ma anche demografica, economica e civile, con un peso
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anche delle comunit indigene delle province. Gli invasori si stanziarono sulle antiche terre romane, complicando ulteriormente la carta etnica di quelle regioni. Le invasioni inoltre crearono politiche nuove, i cosiddetti regni romano-barbarici, alcuni dei quali costituiranno il crogiolo entro il quale si formeranno le future nazioni europee occidentali. Tra questi, i Franchi non conoscevano con chiarezza le proprie origini. Alcuni li facevano discendere dalla Pannonia, altri da mitiche origini troiane. In realt i franchi erano un popolo nuovo. La composizione spiegata per i Germani vale ancora di pi per i Franchi. Il nome Franchi appare per la prima volta nel III secolo d.c., ed un termine che delle trib distinte si davano solo quando scendevano in guerra: Franchi, ossia coraggiosi, o liberi. Nel III secolo insieme agli Alamanni invasero la Gallia, e tentarono un blitz sul Mediterraneo. La loro spinta si ferm quando, trovato laccordo con i romani, divennero loro federati. Nel 358 dal cesare Giuliano, gli fu assegnata la Toxandria, con il compito di difendere i confini da altri barbari, di popolarla e di rimettere a coltura quelle terre. I Franchi rimasero fedeli anche dopo lo sfondamento del Reno nel 406, ad opera di numerosi popoli barbari, e grazie a tale fedelt, dalle autorit romane superstiti gli fu permesso di espandersi verso occidente, colonizzando il Belgio, la Francia del nord e il corso inferiore del Reno. Lazione franca poteva per essere ambigua, vista come azione di riconquista romana, in quanto formalmente riconoscevano le autorit romane50. Capi dei Franchi erano i re merovingi, che fondarono il proprio potere sia sulle abilit di guerra sia sulla propria sacralit pagana.
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 85.

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Primo esponete dei reges criniti, fu Clodio, che si ribell allimperatore doccidente alla met del V secolo. Meroveo, figlio di Clodio, lasci da parte la rivolta e combatt al fianco dei romani contro Attila ai Campi Catalaunici. Anche il figlio di Meroveo, Chilperico, rimase fedele ai romani, nonostante la morte di Ezio avesse fatto crollare lautorit imperiale, affiancandoli nelle guerra contro i Visigoti, che premevano a sud della Loira, fino alla sua morte nel 482. Al nuovo re Clodoveo giunse la lettera del vescovo di Reims, Remigio, che gli sottolineava i vantaggi di unalleanza con la chiesa e lepiscopato gallo-romano. Ci ci mostra come i Franchi fossero riconosciuti dallaristocrazia gallo-romana e come Clodoveo fosse legittimo reggitore. Clodoveo non sottovalutava il potere dei vescovi, autentici capi della comunit cristiana, e accett i consigli del vescovo, abbandonando il paganesimo per abbracciare la religione cristiana. La conversione da sottolineare perch avveniva dopo la caduta dellautorit romana, e quindi non era pi vista come azione legata solo alla possibilit offerta ad un capo barbaro che combatteva al servizio di Roma. Con il crollo dellautorit imperiale i Franchi potevano agire in proprio. Eliminato il generale romano Siagrio (486), e respinti i Visigoti, si impadron di buona parte della Gallia e sottomise Burgundi e Alamanni. In una data tra il 496 e il 506, Clodoveo si convert al cristianesimo, si dice la promessa fosse legata alla richiesta di ottenere la vittoria su gli Alamanni a Zulpich. Diventato cristiano, Clodoveo pot presentarsi come difensore delle popolazioni cattoliche galloromane. Con la sconfitta del re visigoto Alarico II, Clodoveo espanse il suo regno anche sul regno visigoto di Tolosa, raccogliendo un potere superiore a quello posseduto fin ora da qualunque capo barbaro prima
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di lui. Clodoveo governava la Galllia, la regione forse pi ricca dellantico Occidente e in pi aveva, cosa mai successa, lappoggio dei vescovi, indispensabile visto il loro prestigio come capi naturali della popolazione gallo-romana. Il potere di Clodoveo da una base tribale, cio riconosciuto dallesercito, formato da uomini liberi, grazie al legame con i vescovi diventava territoriale, cio raggiungeva la stessa popolazione romana. Il riconoscimento da parte di Bisanzio del titolo di patrizio ben altro che una semplice continuazione della tradizione di federati di Roma. Si trattava del riconoscimento di un nuova legittima dominazione e del suo inserimento nel quadro internazionale. Si capito che nellaffermazione di Clodoveo, i gallo-romani, e in particolare i vescovi, giocarono un ruolo fondamentale. I vescovi infatti erano per lo pi di estrazione senatoria, avevano peso politico e operavano anche in campo militare, guadagnandosi il titolo di defensores civitatis. Ad esempio Ilario vescovo di Arles, combatt contro i re visigoti e burgundi. Accanto ai vescovi fu importante anche lintegrazione dei magnati laici, i senatori, che collaborarono con i Franchi a corte e sul campo militare, con i loro numerosi seguiti armati, i buccellarii (mangiatori di buccellae, gallette). Tutti questi segnali di presenza politico militare e di indubbio prestigio sociale dei Gallo romani spingono a riflettere sullesperienza estrema della romanit come potere politico in Gallia e nel resto delloccidente tra la fine del V e linizio del VI secolo. Analizziamo questo partendo dalla vittoria di Clodoveo su Siagrio e leliminazione dello stato romano con centro a Soissons,
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sopravvissuto alla fine degli imperatori occidentali e resosi autonomo gi nel 461. Lo stato di Siagrio ci fa vedere come questi generali esprimevano un sentimento di autonomia nazionale gallica,

spezzandosi dalla romanit ormai al suo tramonto, e facendo resistenza contro gli invasori. Lesempio di Siagrio ci mostra la brevit di questi episodi di resistenza romana. Dietro il nome romano ormai non si celava pi niente, nessuna identit, ma invece il problema di assicurare al vertice della scala sociale ed economica laristocrazia senatoria che si accorse che poteva ottenere maggiore tutela dallalleanza con i nuovi poteri barbari. Cos, di fronte ad unofferta di protezione, i senatori non esitarono a scegliere Clodoveo e a mettere da parte il generale Siagrio. Addirittura si erano accostati alla parte visigota prima di accostarsi ai Franchi. Ma bisogna fare due precisazioni: - lorgoglio di appartenenza alla origini romane dellaristocrazia gallica rimase fortissima fino allanno Mille; - labbandono dellappoggio dei senatori alle residue autorit romane a favore dei barbari avvenne solo quando parve chiaro che i poteri barbari erano in grado pi di ogni altro potere di tutelare gli interessi materiali dellaristocrazia senatoria; in pi si un una comunanza di fede che risultava pi pura nei capi germanici che nella corrotta Bisanzio. Lelemento identificatore pi forte del tardo V secolo non pi una romanit politica, ma una romanit cristiana. Ecco perch i Franchi appaiono i pi adatti a prendere la testa della societ. Non bisogna infine dimenticare levoluzione etnica,

sufficientemente chiara. Mescolanza di elementi germanici e romani,


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con i primi che prevalevano a livello di potere politico e militare, e i secondi monopolizzavano la chiesa, ridotta a piccola amministrazione civile. In questo quadro si presenta il problema etnico. I Franchi non riuscivano ad occupare tutto il territorio. Erano numerosi nel nordest, per poi iniziare a diminuire a sud, fino a scomparire nella Loira. Di questa disomogenea distribuzione ne risentirono anche gli altri aspetti. La lingua ad esempio. Nelle zone nordest fece indietreggiare il confine linguistico romano, ma a sud erano i franchi che persero la propria a vantaggio del latino. La fusione fu comunque un processo lento. Avvenne un po pi rapidamente ai due estremi societari, ossia tra i contadini e laristocrazia. Pi lenta fu nelle classi intermedie. Anche la legge sent linfluenza della fusione, perch per tutto il VI secolo i romani davanti alla legge valevano la met dei Franchi. I romani erano i liti, gli stranieri liberi. I romani inoltre conservavano il proprio diritto, ma se erano giudicati con un franco lo perdevano e assumevano quello franco. Anche nellimpero romano era cos, i ricchi rimanevano giuridicamente inferiori a un cittadino romano. Altro fattore fu lesercito, cui i romani rispondevano col comando regio di convocazione. Con la trasformazione delle strutture tribali del regno franco in strutture territoriali, il privilegio franco non aveva pi senso. Allalba del VIII secolo i due elementi, romano e germanico, saranno pressoch fusi.

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14. Una piccola parentesi: lItalia longobarda

Con linvasione dei longobardi, la penisola usc per sempre fuori dal sistema politico imperiale romano, nel quale si trovava da tempo immemore. A dare maggior forza a questa uscita fu un fatto che si andava verificando: leliminazione del ceto senatorio, che incarnava la tradizione colta e universalistica dellimpero. Paolo Diacono ci accenna di stragi e confische di terra che imperversavano sulla penisola, a partire dal regno di Clefi e proseguiti per altri 10 anni. Emerge allora, come rimedio alle continue scorrerie e ai continui massacri fatti dai Longobardi, papa Gregorio Magno che, in una sua lettera, ammonisce il re longobardo Agilulfo, affermando quanto fosse assurdo decimare i contadini, il cui lavoro giova a entrambi. In altri termini, la campagna doveva pur essere coltivata da qualcuno. Grazie allazione di Gregorio, che fece da mediatore tra Longobardi e impero, si stabil una prima forma di tregua in unItalia ormai stabilmente invasa, dove ormai del ruolo dominante dei senatori non cera pi traccia. La perdita della classe senatoria port comunque ad una dissoluzione delle strutture amministrative di base nella societ. Ad esempio, i palazzi che crollavano non potevano pi essere ricostruiti, perch era la classe senatoria quella dedita allevergetismo urbano. Regresso economico, rarefazione demografica, decadenza delle citt, inselvatichimento del paesaggio, sono tutti i fenomeni legati allinvoluzione civile che caratterizz Italia e Mediterraneo tra Antichit e Medioevo51.
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 147.

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Tutto questo era legato alla scomparsa del ceto senatorio, lunico in grado di padroneggiare i meccanismi di auto-riproduzione di una societ complessa. La scomparsa dei senatori quindi portava al crollo definitivo della civilt antica. Questo poteva essere un vantaggio per le piccole etnie indigene, perch la spinta verso una forma pi elementare di vita poteva fargli trovare un punto di contatto con gli invasori. In realt, cera una tradizione elevata sopravvissuta, che si andava affiancando a quella germanica delle armi: la cultura ecclesiastica, che per dopo il 569 fu messa ai margini. Vescovi dellItalia longobarda andarono in fuga verso Bisanzio, e in una condizione cos profonda di povert ed emigrazione, i vescovi non potevano incidere in modo efficace sul livello generale della vita. E i romani? Era difficile stilare la loro condizione sociale, specialmente nei primi anni di conquista: servi, liberi o semiliberi? Lesercito longobardo coincideva con i rappresentanti

politicamente attivi, poich ai tempi dellinvasione la loro organizzazione socio-politica era ancora tribale, e si sentiva per questo unito e compatto contro il mondo esterno. La legge longobarda, fino al re Rotari (643), era prettamente tribale, ossia i popoli sconfitti non erano protetti dallordinamento giuridico, non venendo affatto considerati. Ad esempio, quando Rotari decret il suo editto, i romani non furono mai citati, come se non esistessero. Essi vivevano ancora secondo le leggi del diritto romano che progressivamente, affidato alla sola memoria, and trasformandosi in semplice consuetudine locale. La strage dei senatori trova anche un'altra causa. Questi erano
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ricchi latifondisti e la loro uccisone suonava come necessaria per lesproprio della loro terra. I romani divennero la massa di lavoratori della terra che i capi longobardi confiscarono, lasciando sotto pagamento di tributi i romani a lavorare sulla terra dei longobardi. Lesproprio per non si pensa sia stato totale, ma solo parziale, visto che anche i Longobardi, un po come i Goti e i Franchi, erano pochi di numero. Cos ai canoni Romani, per molti proprietari terrieri, si sostituirono quelli longobardi. La separazione tra le due etnie si attenuer poi per tre fattori: - la contiguit fra Longobardi e Romani, pi forte in citt che in campagna, perch in citt, a differenza delle campagne dove la dimora del gruppo familiare dominante sorgeva isolata, questi si stabiliscono nelle vecchie strutture romane a contatto con la parte pi colta della popolazione: vescovi e clero. Cos la minoranza longobarda delle citt era normale che non conservasse la sua separatezza; - i matrimoni misti, numerosi e non vietati dalla legge; - la piena e definitiva conversione al cristianesimo. Avvenuta nella II met del VII secolo, nel 653 con labbandono ufficiale allarianesimo e poi con il ripudio delleresia tricapitolina nel sinodo di Pavia del 698 con re Cuniperto. Il sinodo fu anche un modo per la Chiesa di Roma di riavvicinarsi alla penisola. In pi, si verific uno scambio di nomi: i barbari chiamavano i figli con i nomi dei santi e ai romani non era impedito usare nomi barbari. Tutto questo unito, alluso della stessa lingua, gettava le basi per la fusione.

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15. Limpero Carolingio

Limpero carolingio, formatosi dallascesa dei maestri di palazzo e dalle conquiste di Carlo Magno, era un impero multietnico. Comprendeva genti romaniche e germaniche, e piccole minoranze attive, bretoni e basche. Il problema era come far convivere lorganismo imperiale con differenti realt etniche al suo interno. Limpero, da noi definito carolingio, era per i protagonisti, vescovi, sovrani e pontefici, la continuazione dellantico impero romano-cristiano, in veste integralmente cristiana. Carlo, acclamato imperatore romano nell800, in realt doveva essere inteso come cristiano. Limpero coincideva con lecclesia e i sudditi

dellimperatore erano il popolo di Dio. Limpero diveniva cos connubio tra regnum ed ecclesia, dove convivevano le due forze maggiori dellOccidente52. Assumendo sia il titolo di impero romano sia quello di impero franco, sottolineava la sua pretesa di universalit, negandola allimpero concorrente ossia quello bizantino, erede diretto della tarda antichit dellimpero romano. Da qui il contrasto tra le due identit e la nascita della teoria della translatio imperii, cio il passaggio dellImpero in Occidente, a causa degli errori e dei peccati dei bizantini. Luniversalit romana e cristiana la caratteristica fondamentale dellimpero carolingio. Ma come si risolse il problema di realizzare nella pratica questa universalit? Non avendo le capacit dellantico
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 164.

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impero di imporre ordinamenti politico-istituzionali unitari, i Carolingi rispettarono le realt esistenti, in Italia, Germania, esportando la loro efficace rete di legami vassallatici, e legandosi ovunque con la Chiesa, in primo luogo con abati e vescovi di grandi monasteri. Il cemento dellimpero carolingio era costituito dalle direttive ecclesiastiche, mentre in campo giuridico limpero concesse ad ogni provincia di amministrarsi tramite le proprie leggi, pur rimanendo presente in maniera totale, tramite i capitolari.

15.1 Un impero, tante leggi Differenti leggi nazionali sopravvivevano, allinizio del IX secolo, entro la cornice dellimpero carolingio. Possiamo individuare cos una prima fase di bipartizione giuridica, nella quale si fronteggiano il diritto romano, delle popolazioni indigene, e quello degli invasori. In questa prima fase, trovato laccordo con le popolazioni indigene, furono promulgate leggi che dovevano regolare i rapporti tra le due popolazioni, dai piccoli ai grandi problemi. Come giudicare quindi loperato carolingio? Si poteva pensare forse che questi avrebbero imposto a tutto loccidente arcaiche consuetudini germaniche, ma questo appare poco probabile perch in contraddizione col carattere di rinascita culturale riconosciuto allet carolingia e allo stretto rapporto dei nuovi dominatori con i vertici della Chiesa occidentale: il papato. Riportiamo ora una parte di un testo scritto da Carlo: <<essendo venuti in Italia per lunit della santa Chiesa di Dio e per sistemare la situazione delle provincie, ed essendo state discusse al nostro cospetto nelle varie citt molte e diverse questioni [...] molte
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dispute sono state risolte immediatamente sulla base [] della relativa legge romana o longobarda, altri problemi dovettero essere risolti dal nostro giudizio senza lappoggio di leggi precedenti; noi [] abbiamo aggiunto [] tutto ci che hanno trascurato i nostri predecessori re dItalia negli editti della legge longobarda []>>53. Questo testo, datato 801, assume un carattere emblematico in quanto riguarda i rapporti tra i capitolari degli imperatori e le leggi esistenti nei diversi regni. I capitolari, emanati nelle assemblee nelle quali il re si riuniva con i grandi laici ed ecclesiastici, affrontavano, nella maggior parte dei casi, la redazione di nuove norme dovute a questioni particolari, risolte le quali si cercava di offrire un modello di interpretazione valido per tutti e per il futuro. In seguito alla riunione, venivano redatti dei capitula di norme che i missi dovevano diffondere nellImpero. La vera fonte della legge era quindi la voce del re propagata dai suoi missi. Il capitolare emanato da Carlo si proponeva di proseguire le leggi esistenti, integrandole in tutti i casi in cui si fossero rivelati manchevoli. Il capitolare dell801 ci permette di capire i rapporti fra questi e le leggi nazionali, legittimate dal nuovo regime carolingio che le riconosceva come valide nel momento stesso in cui le integrava con i capitolari. Possiamo distinguere due capitolari: quelli regionali e quelli aventi valore per tutto lImpero che completavano larchitettura del sistema giuridico carolingio. Quello che viene fuori non un sistema primitivo, ma la forza politica di un impero universale, che nonostante fosse incapace di produrre una completa legislazione unitaria, era
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pagg. 165.

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comunque in grado di coordinare le diverse realt giuridiche, e che trova il suo centro nel sovrano. Per chiarire ancora di pi il valore assunto dalle leggi nazionali dei popoli germanici, a partire dallVIII secolo, possiamo riportare un pezzo di un capitolare: <<ogni uomo abbia la sua legge, tanto i Romani che i Salici, e se qualcuno sar venuto da un'altra provincia viva secondo la legge della sua patria>>. Si tratta dunque della legge del paese nel quale si nati, non della legge del popolo a cui si apparteneva. Le leggi nazionali erano ormai le leggi delle province nelle quali si divideva la dominazione franca, gi prima che con Carlo si formasse limpero. La creazione di un impero multietnico comport che le leggi nazionali fossero riconosciute valide non solo nei confini, ma che se ne conservasse la validit anche fuori. Questo rappresenta una novit rispetto a quando, prima, lo straniero era considerato privo di tutela giuridica. Ora limpero dava legittimit a tutti ed era in grado di assicurarne il valore anche al di fuori del territorio di appartenenza. Pi che parlare di personalit della legge, si pu parlare di leggi territoriali mobili.

15.2 Popoli nuovi La negazione della personalit delle leggi legata quindi al forte compattamento etnico e territoriale dellImpero. I processi di fusione tra indigeni e invasori sono andati molto avanti, tanto da dirsi conclusi intorno al IX secolo, con il comune inquadramento politico-ecclesiastico. Mentre si affievoliva anche la differenza tra Austria e Neustria. Singolare il fenomeno che vede gli abitanti dellAquitania
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chiamati romani, dove il termine romano diventa regionale, ossia indica gli aquitani. Solo col processo di regionalizzazione, il termine aquitani prender il suo posto. Cos anche il termine franco andava ad indicare un abitante delle regioni del nord della Loira, e non pi un franco di stirpe. La dinamicit tra il perdurare dei nomi Franchi e Romani celava due realt ben diverse. Non si fronteggiavano pi due trib, ma due popolazioni, una a nord e una a sud della Gallia, caratterizzate da particolarismi regionali, ed entrambe con caratteri misti. Sotto gli antichi nomi le realt etniche saranno diverse dal passato, sottolineando come i processi di etnogenesi abbiano prodotto realt nuove. Comunque, negare la personalit delle leggi, non toglie che a ogniuno fosse riconosciuto il diritto di farsi giudicare secondo la propria legge. Differente era la situazione italiana, dove era presente anche la legge romana.

15.3 La lingua Accanto alla legge emergeva il dato inequivocabile di differenziazione linguistica. Una delle prime testimonianze quella dell813. Al concilio di Tours stabilito che ogni vescovo <<debba tradurre le medesime omelie nella lingua romana rustica o in quella tedesca>>. Il latino infatti aveva assunto un ruolo importante nella rinascita culturale carolingia. Va per sottolineato che alla norma ti Tours vanno contrapporsi precisi ambiti linguistici regionali, non legati alle arcaiche
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sovrapposizioni tra le lingue romano-germaniche. Osserviamo cos una duplice situazione: - nellarea franca della Gallia, compresa quella burgunda, esplicitamente romana (ossia provenzale e aquitanica), compare una lingua romanza che si rif allimpronta linguistica dei romani sterminati; - un'altra area dove parlata una nuova lingua definita col termine theodisca, vale a dire tedesca. Da questa divisione viene fuori che non ci troviamo di fronte al vecchio bilinguismo perch il termine tedesco, che indica la lingua parlata nelle regioni orientali dellImpero, e il popolo tedesco non erano fin ora mai esistiti. E il bacino del fiume Schelda la zona individuata nella quale compare per la prima volta lequivalente popolare del termine tedesco. Stretto il legame che unisce questa lingua alla predicazione religiosa, che si appoggiava sia sulle opposizioni alle conversioni trovate nei popoli del confine tra aree romanze e tedesche, che parlavano il tedesco; sia perch forse, nel contenuto del termine Theudisk, si annidava un significato religioso. Il termine deriva dal antico theod, che significa popolo. Da qui la premessa da cui partir Carlo per insistere che la riforma culturale e religiosa aveva necessit di essere predicata in volgare romanzo sul fronte delle popolazioni di confine. Strabone, ancora, tenta di dimostrare nella sua opera, come la sua lingua, ossia il tedesco, potesse esprimere tutto ci che riguardava la Chiesa e il culto, avvallando la tesi che la lingua barbara, di preciso quella gotica, avesse ricevuto e poi trasmesso a tutti gli altri barbari la grecit, ovvero una delle lingue insieme al latino ad aver raggiunto la
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sacralit (il greco). Chiaro il tentativo di innalzare i dialetti a livello elevato di lingua ecclesiale. Importante anche fare una accenno al campo giuridico. In termini di abitanti, il termine tedesco era usato, in Italia, per indicare i popoli doltralpe che parlavano lingua tedesca: Alamanni, Bavari e Franchi. Questo non ha ancora valore nazionale, ma conserva una sua importanza, soprattutto in campo giuridico. Lo dimostra la testimonianza di alcuni capitolari. Nell801, ad esempio, Carlo parlando della minaccia di pena di morte per chi abbandonava lesercito, ricordava che si trattava di <<ci che in lingua tedesca chiamiamo herisliz>>. Due sono la possibilit: o si intende fare riferimento al popolo tedesco, ossia a quello che parla quella lingua, oppure si rimanda ad un sistema giuridico culturale specifico delle popolazioni a sud delle Alpi. Erano quindi termini di valore tecnico, inseriti nei testi latini dei capitolari, come riferimento allo spessore culturale non romanzo dei legislatori franchi. Alla data dell853 per si verificher un fatto molto pi importante delle apparizioni del theodiscus nei capitolari: a Strasburgo vennero per la prima volta messi per iscritto testi in lingua romanza e tedesca. Ma andiamo con ordine. Il 14 Febbraio dell842, Carlo il Calvo, re dei Franchi occidentali, e Ludovico il Germanico, re dei Franchi Orientali, si scambiarono un reciproco giuramento di alleanza pronunciato in antico francese da Ludovico e in tedesco da Carlo. Lepisodio si inquadra nella guerra civile che attanagliava il regno dopo la morte di Ludovico il Pio nell840. I suoi figli, Ludovico, Carlo e Lotario, il maggiore e investito del titolo di
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imperatore, si contendevano il trono. In questa fase il giuramento di Strasburgo funge da tentativo di eliminare ogni tipo di doppiezza. Il testo, messo per iscritto dallo storico Nitardo, mostra come esistesse una precisa divisione in due aree linguistiche ben distinte, e con chiaro confine. Con i fatti di Strasburgo le due aree linguistiche andarono separandosi anche politicamente. Infatti lanno dopo, nel 843 a Verdun, Lotario dovette incassare la sconfitta contro i due fratelli alleati. Il trattato manteneva a Lotario il titolo imperiale, con possedimenti quali lItalia e una piccola fascia dalle Alpi al Mare del Nord. Nonostante il titolo era il pi debole dei tre. Carlo il Calvo fu confermato re della Francia Occidentale Ludovico re di quella Orientale. La divisione aveva per la prima volta dall800 messo in discussione il primato dellimperatore. Ma la divisione di Verdun che valore ha nella prospettiva della formazione delle nazioni? Sestan dice che da qui presero appunto le fondamenta della formazione delle nazioni. Pirenne invece afferma una diversa scelta di criteri: a divisione non fu fatta su criteri nazionali, perch Lotario governava su una fascia multietnica e multilingue. La divisione nella aree di Carlo e Ludovico mirava a equilibrare e compattare le rispettive aree di influenza. La volont di mantenere lImpero, anche se indebolito, mostra limpossibilit dei quadri dirigenti laici ed ecclesiastici di pensarsi al di fuori di questo. Limpero era una dominazione universale a causa del connubio con la Chiesa.

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Il regno comunque, anche se diviso, restava sempre nelle mani della stessa famiglia54.

15.4 Le minoranze I regni di Carlo e Ludovico in realt non erano affatto compattamente nazionali, cio non cera coincidenza tra le tre realt: linguistica, giuridica e politica generale. Questi tre dati anzi trovavano maggiore coesione a livello minore o subregionale. Ad esempio, lAquitania, nata nel 673 quando con la crisi del potere merovingio Lupo ne divenne duca costruendo un principato, nonostante fosse dal 769 sottomessa a Carlo, conservava una sua fisionomia territoriale autonoma. Nel 778 Carlo nomin un ancora giovane Ludovico il Pio re dAquitania, installando l nuovi vescovi, conti e abati franchi. Ma allinterno dello stresso ducato di Aquitania, si distinguevano altre due popolazioni: i Goti della Settimania e i Baschi di Guascogna e della Novempopulana. Non a caso un anonimo autore scrive che ai tempi di Pipino questi aveva sottomesso sia i nobili dAquitnia, sia i Baschi, che ora costituivano una realt in fermento. Il confine dellAquitania, era stato rafforzato con una maggiore presenza franca dopo la sconfitta di Roncisvalle. Per orientarsi bene nella questione basca, dobbiamo distinguere per: i Baschi spagnoli, quelli pirenaici e quelli che facevano parte dellAquitania. Non tutti i Baschi a nord dei Pirenei furono sottomessi. La Guascogna occidentale, la zona pi controllata, si ribell pi volte;
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pagg. 177-178.

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quelli a sud dei Pirenei, rimasero sempre indipendenti. Il problema basco, cos come quello aquitano, era collegato al problema meridionale reso particolarmente grave dalla presenza musulmana nella penisola iberica, perci i Franchi tentarono di assicurare le frontiere dellimpero. Fu eretta la marca di Spagna, dopo la conquista dell801 del territorio tra i Pirenei e lEbro, raggruppata a Barcellona e integrata con lAquitania (saranno le premesse per la formazione della Catalogna). Altra marca fu quella contro la minaccia dei Celti di Bretagna, che comprendeva Nantes, Rennes e Vannes. Primo capo di questa marca fu Rolando, morto poi nel 778 a Roncisvalle. La manifestata pericolosit dei Celti di Bretagna fu sancita nell831, quando Ludovico decise di nominare, dopo inutili conflitti armati, un bretone, Nominoe, conte di Vannes e messo imperiale in Bretagna. Ma la voglia espansiva dellalta aristocrazia franca port ad un riaccendersi del conflitto, che vide la doppia sconfitta di Carlo il Calvo e la caduta della marca sotto il dominio Bretone. La conquista della Bretagna da parte dei Normanni nel 907 sanc la fine del regno bretone. Il microcosmo celtico della Bretagna aveva per messo in evidenza la persistente capacit di resistenza allassimilazione totale delle etnie marginali verso i Franchi. Il quadro del mondo franco occidentale era molto vario e non riconducibile alluniformit. Lo stesso valeva per la parte est del Reno, dove le diverse etnie sottomese, Sassoni, Turingi, Bavari, avevano piena coscienza della loro autonoma fisionomia, manifestata in un quadro territoriale preciso: il regno franco occidentale di Ludovico il Germanico.
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La sottomissione al potere franco e la cristianizzazione avevano portato alla formazione di nuove strutture territoriali, con precisi quadri politico-religiosi. La conquista non annull queste realt, n di giovane formazione come i Bavari, n di lunga resistenza come i Sassoni. Che significava dunque essere franco, visto che limpero era definito dai contemporanei romano e non franco? Una risposta pu venire fuori dal prologo lungo della legge salica, antica legge franca del VI secolo. Qui traspare lidea dei franchi come autentico nuovo popolo eletto. La purezza della loro fede fa accompagnare dallaiuto divino il loro esercito. Non sottolineando aspetti come la ricercata origine mitica troiana dei Franchi e il loro essere satelliti e federati dei romani, il testo ideologico non fa danni. I Franchi dei Pipinidi-Arnolfingi-Carolingi sono il nuovo popolo eletto, portatore di una nuova idea di Impero universale, derivante da quello romano e da loro ereditato, grazie alla purezza della loro fede. Per questo i Franchi hanno il diritto della supremazia su tutti i popoli dellimpero, di cui sono letnia dominante, diventando una nazione imperiale55.

16. LItalia in et carolingia

Nel 774, con la capitolazione di Pavia, lintero regno longobardo cadde nelle mani dei Franchi di Carlo Magno. La spia di unaccettazione generale degli avvenimenti fu il fatto che lunica rivolta degna di nota, della fazione longobarda, fu quella
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pagg. 185-186.

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di Rotgaudo nel 776, che port comunque alla sua resa. Il potere franco appariva cos stabile. La rivolta pero di Rotgaudo va segnalata per un aspetto che per non si realizz, forse per fortuna franca, e che avrebbe sconvolto la storia del nostro paese orientandola in un modo diverso. Il duca friulano aveva cercato, contro linvasore franco, laiuto delle truppe bizantine e quindi anche dellItalia centro -meridionale, la quale dimostrava di non essere pienamente controllata dai Franchi. Laccordo fall per lattenta sorveglianza di papa Adriano I. Dopo la rivolta Carlo sostitu tutta la classe dirigente longobarda insediando, ai posti di comando, i suoi fedeli. La conquista franca si limit quindi a sovrapporre alla popolazione del regno un sottile strato di funzionari, vassalli, o semplici proprietari terrieri, provenienti dalle regioni dOltralpe. Il regno per rimaneva con la sua struttura territoriale e con Pavia capitale. Il suo sovrano fu prima Carlo e poi, dal 781, suo figlio Pipino. Gli immigrati dal nord delle Alpi, i Franchi, erano pochi e sparsi in maniera disomogenea sul territorio. Pi fitta era la loro presenza nellItalia padana, visto che era il cuore del regno, mentre scendendo verso sud la presenza franca andava diminuendo, il ducato di Benevento rimase addirittura fuori dalla dominazione franca vera e propria. Diversamente dalla tradizione longobarda mischiatosi con quella italo-romana dal 569, la tradizione franca portava con s un elemento nuovo: il vassallaggio, il servizio basato su di un legame di fedelt, che anche se non del tutto negato dai longobardi, non aveva assunto per questi limportanza raggiunta invece nel mondo franco. Tuttavia il vassallaggio rimase estraneo alla specifica tradizione politica del
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regno longobardo. Il difficile inserimento del vassallaggio nella realt italiana non pero la sola prova di separatezza della presenza franca. Il capitolare dell801 aveva messo in luce come Carlo, in Italia, si proponesse di raccordarsi a entrambe le leggi l esistenti, romana e longobarda, ma poi, al tempo stesso, sostenesse esplicitamente di voler proseguire le leggi dei re longobardi suoi predecessori. In altre parole la legge longobarda era sentita come territoriale. Sul piano legislativo quindi leredit del regno longobardo rimane solida anche in et carolingia. Ad essa fanno riferimento tutti quei gruppi di uomini liberi, un ceto che per non pi formato da Longobardi di stirpe bens dai membri di una classe socio economica di proprietari fondiari e di mercanti che, grazie alla loro ricchezza, erano coinvolti insieme ai vassalli in queste funzioni pubbliche. In questo modo la base politicosociale del potere regio era pi ampia, non dovendo contare solo sulla fedelt dei vassalli pubblici. Nelle zone dove pi forte era stata limpronta del regno, il diritto longobardo resiste tenacemente a quello romano, almeno fino alla rinascita degli studi giuridici. La vera e propria terra del re era la Padania, sulla quale esercitava un controllo diretto ed assoluto. Le terre rimaste romane erano piccole aree non ben collegate tra loro e intervallate da terre longobarde. Lo sviluppo di una vera territorialit romana era molto difficile, ma abbiamo anche esempi importanti, come Roma, esempio dellesistenza di una tradizione differente da quella Longobarda. Una tradizione che a prima vista pu definirsi romana, ma che dopo un esame pi meditato possiamo definire ecclesiastica
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racconta che, mentre i barbari impazzavano sulla penisola e limpero romano era ormai caduto, gli indigeni del luogo avevano trovato il loro punto di riferimento nel clero, rimasto lunico gruppo di persone in grado di gestire non solo il presente, ma anche il passato della comunit indigena. Aveva cio conservato la memoria del passato e il suo significato. Questa memoria, tramandata da padre in figlio, arriv a costituire i tratti essenziali di quelle comunit. In queste la memoria dellinvasione viva come se i longobardi fossero rimasti sempre una stirpe straniera ed ostile. Ma la memoria ecclesiastica non riusc ad unirsi in una sola identit antagonistica contro gli invasori, rimanendo frantumata e legata alle mille diversit delle situazioni sociali. Ad esempio, troviamo atteggiamenti di separatezza tra Longobardi e Romani, ma anche atteggiamenti di rifiuto verso linvasore franco nella patria longobarda. Questo il quadro per le classi minori. Diversa la situazione per le classi impegnate direttamente nella lotta politica. La contrapposizione durissima tra papato e monarchia longobarda port la prima a rappresentare la seconda come un corpo estraneo allItalia. La memoria qui ci pone di fronte ad un interrogativo: nella citt di Pavia chi si rinchiuse nellassedio del 774? Un popolo-esercito barbarico, visto che in quel tempo i longobardi erano ancora un esercito occupante accampato in Italia, o un re sconfitto con la sua corte e i soldati rimasti fedeli? Le vie della memoria sembrano essere molto diverse, addirittura un prete bergamasco, Andrea, fu autore di una continuazione della Storia dei Longobardi, di Paolo Diacono, dove presenta il quadro di distruzione dellinvasione franca. Per il
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prete, i duchi longobardi sono i capi legittimi di un paese invaso da un esercito straniero. Altro problema sorgeva sul nome del territorio: regnum Langobardorum, o regnum Italiae?56 Pier Silverio Leicht mette in evidenza come, dall817, il re gno fosse definito come regnum Italiae e non pi Langobardorum. La volont era quella di Ludovico il Pio che tentava di cancellare il ricordo del dominio Longobardo dopo aver respresso la congiura del nipote Bernardo. Il problema sollevato da Leicht non comunque solo terminologico, perch il linguaggio politico, nel definire le istituzioni, trasmette sempre messaggi importanti. Ma nellanalizzare le fonti si deve tenere presente sempre da dove provengono. Comunque dietro la morte di Bernardo non cera l a solita cospirazione longobarda, era invece meglio parlare di convulsioni interne al mondo carolingio. Il fatto che il passaggio da un nome allaltro non fosse un bando definitivo lo dimostra nell844 il fatto che il re carolingio Ludovico II fosse nominato da papa Sergio II rex Langobardorum. Il passaggio allaffermazione della definizione di regnum Italiae va visto sotto un processo di progressivo restringimento del concetto di Longobardia. Ci piuttosto evidente dalla conquista di Carlo, perch nelle carte e nelle tavole adottate le datazioni hanno andamento narrativo. Fondamentale anche il concetto di patria, che prende le mosse da un documento senese, ma che assume il significato ancora generale
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 202.

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di natio, ossia luogo di nascita. Resta quindi, per delineare un quadro un po pi chiaro, distinguere tra le regioni al nord del Po, con lappendice della Toscana, che conservano limpronta longobarda, il blocco Longobardo e il blocco romano. Discorso a parte merita forse un luogo dove la dominazione longobarda continu per anni anche dopo linvasione franca: il ducato di Benevento. Carlo infatti dovette accontentarsi di una sottomissione formale del regno meridionale, perch il principe Adelchi poteva contare sullappoggio offerto da Bisanzio. Nel sud quindi non troviamo immigrati franchi, ma esuli longobardi dal nord. Il mezzogiorno rappresentava quindi un territorio favorevole al sorgere di un legittimismo longobardo. Ma Adelchi era tuttaltro, cos come il padre, Desiderio, considerato legato al legittimismo longobardo nel sud Italia. Lo stesso figlio di Adelchi, Grimoaldo, combatt contro il padre sbarcato in Calabria con le truppe bizantine nel 778, perch il principe longobardo poteva essere una minaccia per la dinastia beneventana che pensava ormai di mettersi in proprio. Arechi, duca di Benevento, aveva assunto il titolo di principe della gente longobarda e non quello di re per evitare un scontro frontale con Carlo, che aveva assunto invece il titolo di rex Langobardorum. Questo per fu sufficiente a provocare la reazione di Carlo, seguita dalla sottomissione di Arechi. Ma nonostante questo, gli episodi di indipendentismo dei beneventani furono sempre numerosi57. Concludendo, lItala nel periodo carolingio era un paese lungo e
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 219.

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complesso. Con a nord una lotta continua tra laffermazione Carolingia e la salvaguardia di una tradizione Longobarda affidata solo a tenaci gruppi; al sud la tradizione longobarda poggiava sulla continuit di unantica struttura statale di origine longobarda, destinata a sopravvivere fino alla conquista normanna dellXI secolo. Lincompleta conquista carolingia, sommata allincompleta conquista longobarda, non favor certo uno sviluppo unitario. La realt italiana appare connotata con caratteri propri ma risulta destrutturata al suo interno e priva di quegli elementi di potenziale unificazione politica, giuridica e linguistica-territoriale, attivi altrove anche se solo a livello regionale, e base per la futura idea di nazione (con alla base i tre elementi politico, giuridico e linguistico territoriale).

17. Verso lanno Mille: limpero Carolingio e le nazioni

Per la formazione delle nazioni europee, limpero Carolingio e la sua successiva dissoluzione rappresentano fenomeni di primaria importanza. Let carolingia infatti consegna allEuropa

altomedioevale le sue strutture fondamentali. Le future nazioni sono infatti il risultato di un processo di integrazione messo in moto dalla nascita dellimpero e dalla grande dominazione franca. Analizziamone lo sviluppo, osservando le vicende dei tre paesi che avevano fatto parte dellImpero: parte orientale (Germania), parte occidentale (Francia) e lItalia; - la parte orientale dellImpero, ossia quella al di l del Reno. Qui si pu vedere come limpero avesse giocato un ruolo decisivo di integrazione nei confronti della gentes dellet delle
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migrazioni, facendo da ponte tra due epoche. Infatti nell887 non assistiamo alla riapparizione delle vecchie unit territoriali una volta finita la grande costruzione carolingia. Allindomani della divisione tra regno orientale ed occidentale, al di l e al di qua del Reno, nascono i mattoni della futura nazione tedesca: i ducati di Sassonia, Franconia, Alamannia (poi Svevia), Baviera e Lotaringia. Ma questi ducati non sono la resurrezione delle antiche gens Sassoni e cos via. La differenza qualitativa, la popolazione non ha perso i vecchi legami tribali ma adesso inquadrata da unaristocrazia di origine franca, quindi imperiale e non tribale. Ad esempio i Liudolfingi di Sassonia. La conformazione territoriale dei grandi ducati poi era stata determinata dalla formazione di grandi strutture politiche di comando, in particolare sui confini (marche e comitati). Allinquadramento politico corrispondeva anche quello religioso. La popolazione era ormai cristiana a tutti gli effetti, con rarissime eccezioni. Perci a guida del popolo si trovava anche un clero con ununiforme cultura cristiana. Inoltre i monasteri erano altri importanti luoghi daggregazione. Infatti risultato importante della conversione era stato la nascita di citt dove si erano insediati i vescovi, creando cos un intensa rete di diocesi. La popolazione di tali citt si formava quindi al di fuori dei vecchi schemi tribali, proponendo nuove realt. Anche ormai le province ecclesiastiche corrispondevano solo in parte agli antichi territori tribali. Nell860 per la prima volta il termine tedesco non si riferisce pi solo alla lingua ma anche ad un popolo. Era il segno della necessit comune di trovare un termine per indicare ununit sovrana tribale delle popolazioni stanziate ad est del Reno e con lingua
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comune, o dialetti affini. Novit fu anche lapparizione del termine teutonico, un tentativo di ricollegamento allantico popolo dei Teutoni, noto gi ai romani, creando un falso progenitore per un popolo che in realt era nuovo. Furono comunque gli eventi dell887 a segnare un momento cardine nel percorso autonomo della Francia Orientale (cos chiamato allora il regno transrenano). Deposto Carlo III il Grosso, incapace di fare fronte alle incursioni normanne, tre pretendenti si affacciavano ad ovest, Oddone, Ugo e Rodolfo, mentre ad est veniva eletto Arnolfo, di sangue carolingio ma illegittimo. In tale modo i grandi riaffermavano il loro potere elettivo nei confronti della monarchia. Alla luce di questo vanno letti due fatti: Arnolfo rifiut la proposta di assumere anche la corona del regno occidentale, si pensa per la sua non volont di assumere il controllo diretto del regno occidentale, conformandosi alla volont dei suoi elettori, che non avevano desiderio di essere coinvolti nella difficile situazione politica delloccidente franco. Il secondo fatto vide gli elettori andare contro Arnolfo, quando questi nell889 progett la divisione del regno fra i suoi due figli, Sventiboldo e Ratoldo. La risposta negativa della classe aristocratica fu giustificata con lineleggibilit dei due in quanto illegittimi, il che suonava come una scusa visto che anche il padre era tale. In verit gli elettori si opponevano allusanza franca di dividere il regno fra gli eredi, principio che era stato sempre fonte di disordine. Da allora il regno orientale non fu pi diviso. Questo fu un fatto decisivo per la formazione della nazione tedesca. Portatore di una tale concezione di nazione, ossia il non dividere il regno, era la nobilt, ossia il gruppo di
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elettori. La dimensione imperiale assunta dal regno tedesco come ha giocato nel contesto del processo di auto-identificazione nazionale appena iniziato? E ovvio che lappartenenza ad una realt imperiale come quella franca si intersechi con la natura del regno orientale. Prima di continuare lanalisi dello nascita dello stato tedesco, opportuno analizzare unaltra parte del regno: lovest. - la parte occidentale dellimpero. Il titolo imperiale con Ludovico il Pio aveva assunto valore universale, non aveva cio alcun genitivo etnico, come per Carlo Magno. Molti sovrani da Carlo il Calvo, Ludovico il Germanico e cos via, iniziarono a titolarsi semplicemente re spia questa di unevidente difficolt a definire con chiarezza lambito del loro potere. Lidea di ununit dellimpero era per rimasta in piedi visto che i sovrani erano tutti carolingi. Ci si esprimeva in riunioni a cui i sovrani dei regni parziali prendevano parte e alla cui base cera il principio di carit fraterna, visto che tutti erano imparentati tra loro. Momento importante fu lincontro di Meersen, dell870, quando la Lotaringia, ossia il regno di Lotario II, figlio di Lotario I, alla morte del sovrano fu diviso tra i due fratelli, Carlo, re dei Franchi doccidente, e Ludovico, re ad oriente (disposizioni queste figlie del trattato di Verdun), senza tenere conto del confine linguistico e dei diritti del fratello del defunto re, Ludovico II re dei Longobardi (dItalia). Tra la fine del IX e il X secolo si verificarono altri mutamenti.
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Nel 911-912, Carlo il Semplice, inglobata la Lotaringia nel regno franco occidentale, assunse il titolo di re dei Franchi, rivendicando il dominio del sovrano sulla Francia media, antico centro del territorio franco e affermando cos la superiorit di questo verso la parte orientale58. Ma il senso di franco stava cambiando. Nel 937, quando il pi grande signore del regno occidentale, Ugo il Grande, della famiglia dei Robertini, si intitol Francorum dux, non si rifaceva a nostalgiche idee imperiali franche, ma a quella regione dove si andava sempre pi legando il nome di Francia, e dove egli aveva il suo dominio effettivo, il bacino della Senna. Le vicende del 987 portarono alla fine della dinastia Carolingia in Occidente e, con essa, alla fine anche dellaspirazione del regno occidentale alleredit imperiale franca. I Carolingi furono sostituiti proprio dai Robertini, o Capetingi. Una volta saliti al trono essi conservarono la titolatura di re dei Franchi, ma complice la dislocazione territoriale, sembrava che quel dei Franchi era gi in transito verso Francesi. Va detto per che difficilmente Ugo Capeto e i suoi discendenti fecero sentire il loro potere al di fuori del loro dominio diretto, la Francia. I Capetingi partirono dunque da una base molto fragile: le continue incursioni normanne e il sempre pi crescente potere locale allombra dei castelli, le signorie, che portava a riconoscere pi il ordinamento delle aristocrazie regionali, invece del potere regio. Ma pure se debole la monarchia era indispensabile. E su questa certezza e
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Gasparri S., Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni tra Antichit e Medioevo, Carocci editore, Roma 1997. pag. 227.

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un erede sempre riconosciuto nel figlio del sovrano, essi seppero affermare, nei fatti, una nuova ereditariet del potere regio, che pot essere imposto dopo che i rapporti di forza furono mutati. Nel frattempo iniziarono ad allargare i proprio domini comportandosi come signori locali, facendo guerra ai signori vicini. La storia dellestensione del dominio Capetingio nel corso del XI e XII secolo anche la storia dellestensione del nome Francia, alla parte dellantico regno occidentale. Molto pi tardi, nel 1214, la vittoria di Filippo Augusto a Bouvines, contro una potente coalizione di forze straniere, i re capetingi, i re di terza generazione (Merovingi-Carolingi-Capetingi), poterono legare in modo esplicito il nuovo e pi vasto regno da essi governato al titolo regio, intitolandosi re di Francia. Il nome Francia andava cos a soppiantare quello di Gallia. La costruzione di una consapevolezza francese nella classe dirigente laica ed ecclesiastica fu per lenta.

Prima di analizzare lo sviluppo di un'altra parte dellimpero, lItalia, opportuno dare informazioni sul rapporto tra Francia e Germania. Nel 921 nel loro incontro a Bonn, Carlo il Semplice ed Enrico I si erano chiamati rispettivamente re dei Franchi occidentali e re dei Franchi orientali aggiungendo anche al secondo la specificazione etnica del titolo regio. Era perci confermata la legittimit e il pari rango dei due regni, entrambi come legittimi eredi di una parte dellantico Impero. Secondo lo storico Widukindo, Enrico I, sovrano fondatore della dinastia Sassone, sarebbe stato re dei Franchi e dei Sassoni, eletto
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dal popolo franco e sassone, cosi come per suo figlio Ottone, che per scelse Aquisgrana per la sua elezione, capitale del regno di Carlo Magno e carica di significati simbolici, presentandosi alla cerimonia con abiti franchi e rappresentando la sua elezione nel 936 come un chiaro segno di rottura verso il regno occidentale e unaffermazione di superiorit. Ma Ottone non guardava alla parte occidentale come ampliamento del suo potere, bens allItalia. Limitazione franca forte in Ottone I che nel 962 costru un impero che si present come erede di quello carolingio. Con Ottone, il senso di unit politica del regno orientale era chiaro e riconosciuto anche dai duchi di Svevia, Baviera, Sassonia, Turingia e Lotaringia che lo avevano servito a tavola durante lelezione del 936, riconoscendone lautorit. Il regno tedesco si faceva carico del peso dellimpero, destinato a complicare la storia tedesca, intrecciandola con quella italiana. Il dibattito sul titolo imperiale che vedr nellottocento scontrarsi le tesi di: - Von Ficker sostenitore degli Asburgo chee vedeva limpero come condizione inevitabile dellegemonia politica della Germania nellOccidente cristiano dei secoli X e XI; - Von Sybel, che escludeva gli Asburgo dalla Germania, vedendo nel pericolo imperiale una dispersione di forze della monarchia che non riusc a consolidare il suo potere. Dimensione imperiale, eredit franca,e aspirazione alleredit romana, concorsero a porre su un livello inattaccabile il potere monarchico tedesco, con in pi laffinit linguistica a fare da collante, nonch da primo elemento diversificante del popolo tedesco con le
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altre popolazioni circostanti. Questo, insieme alla forza del potere regio sanzionata dal principio di indivisibilit del regno e del titolo, costituisce lelemento pi importante nella futura costruzione del popolo tedesco.

- LItalia Le vicende italiane sono molto diverse da quelle di Francia e Germania. Il primo e pi evidente dato che emerge il differente ruolo dellordinamento pubblico del regno, che non era riuscito, neanche in et carolingia, ad unificare tutto il paese. Da sottolineare anche la debolezza dei vari sovrani che si succedettero sul troni italico dopo l887. Alle lotte tra i vari pretendenti italiani, Berengario I, Guido e Lamberto, marchesi di Spoleto, seguirono anche pretendenti stranieri, spesso vittoriosi provenienti dalla Francia. Tra questi, Ugo di Provenza stabil un regno al quale non riusc per a dare continuit, visto che il figlio fu sbalzato da Berengario II, marchese dIvrea (950). Pi massiccio fu lintervento tedesco. Ottone I, portava il marchese dIvrea a riconoscere il suo potere. Dieci anni dopo questultimo veniva allontanato e il regno italico unito a quello tedesco, sotto la persona del sovrano di origine sassone. La debolezza del potere regio italico sta nella sua natura. Le grandi famiglie che si disputarono il potere non avevano profondi radici in Italia, ma potevano contare su propriet e legami dislocati oltralpe. Queste famiglie non avevano quindi un saldo radicamento territoriale allinterno del regno. Laristocrazia si presentava osservabile in due categorie: le maggiori stirpi aristocratiche, che
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erano in larga misura estranee al paese; quelle di origine longobardoitalica, che non erano abbastanza potenti per aspirare alla corona che era perci lasciata al potente vicino settentrionale. Il dominio della casa sassone in Italia, fu una semplice egemonia di stampo militare, esercitata in modo irregolare dai sovrani, non molto presenti sul territorio e che lasciarono perci il regno nelle mani dellaristocrazia laica ed ecclesiastica da essi insediata o comunque loro alleata. I sovrani stranieri si preoccupavano per solo di mantenere il controllo delle vie di comunicazione, ad esempio quella attraverso le Alpi. Si verificarono cos diversi processi convergenti, ovvero insufficienti al controllo e inquadramento del territorio. Laristocrazia si impegn in processi fra loro concorrenti, di consolidamento territoriale, tra crisi di vecchie e affermarsi di nuove famiglie, ad esempio i Canossa. La linea di tendenza era quella di una pluralit di poteri incentrata soprattutto sul nord, segnata anche dallincapacit di una sola famiglia di prendere il comando generale. Erano comunit cittadine in rapida ascesa economica e politica, che riconoscevano lautorit dei vescovi, ma respingevano le famiglie comitali ai margini del potere, nellattesa di farlo pure con gli episcopi, per iniziare ad amministrarsi da sole. Gi tra il X e XI secolo era evidente levoluzione del regno italico, verso una presenza di poteri concorrenti fra loro. Ma la situazione cambia se ci spostiamo verso il centro e il sud. Al centro era in espansione il progetto territoriale della Chiesa di Roma; al sud, lantico ducato di Benevento si era diviso in tre formazioni politiche: Benevento, Salerno e Capua. In pi la presenza di Bisanzio era sempre crescente ed esercitava una vera e propria
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egemonia sui ducati di Amalfi, Napoli e Gaeta. Ancora cera la minaccia islamica che, pure se sventata, aveva in mano la Sicilia e restava sempre attiva. Tirate le somme siamo di fronte non solo ad una pluralit dei poteri politici, ma di una loro profonda diversit. Se i principi franchi erano si concorrenti fra loro, ma strutturalmente simili, qui si tratta di aree politico-culturali estranee che si fronteggiavano: dalle citt e dalle aristocrazie del centro-nord, ai territori della Chiesa, ai principati longobardi, al tema bizantino, alla Sicilia islamica. Da qui si misura anche limpatto che Franchi e Longobardi ebbero. Basti osservare il nome che prenderanno le due nazioni: in Italia, i Longobardi saranno capaci di legare il loro nome solo ad una regione italiana. La dominazione longobarda non svolse unazione unificante, vuoi per suoi demeriti, ad esempio confini molto mobili, vuoi anche per lintervento franco e limpatto di una classe dirigente straniera. Ma in realt al di fuori dellinvasore franco, sul territorio si scontravano gi due fazioni: quella di origine longobarda, chiaramente politica, e quella pi vicina alle strutture ecclesiastiche,

caratterizzabile come romana. Diritto longobardo contro diritto romano. Non facile fare una chiara distinzione tra chi utilizzava luno e chi laltro. Si trattava di gruppi familiari che facevano riferimento a tradizioni differenti: alcuni maggiormente legate allordinamento pubblico che rivendicavano il ruolo di liberi collegati al regum( presenti nellesercito e nelle assemblee); altri che facevano parte di gruppi prosperati allombra delle istituzioni ecclesiastiche grazie alla possibilit di vivere la legge romana.
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Lincapacit dei primi di superare i secondi dimostrava la sostanziale debolezza politica e culturale del regno longobardo. La debolezza politica, unita alla frantumazione del valore unificante della legge longobarda, visto che i principi longobardi del Mezzogiorno applicavano un diritto territoriale diverso da quelli del centro-nord, misero le basi per il crollo del potere longobardo. Quelli di Carlo furono forse gli anni pi costruttivi politicamente dellet medioevale. In essi giunse a maturazione la soluzione concepita dai franchi dellassetto delloccidente latino-germanico, risolvendo il problema di un ordinamento politico tendenzialmente variegato. Il frazionamento carolingio non determin la fine della concezione pubblica dellautorit politica, ma la avvi verso processi pi complessi. Dopo la morte di Carlo non si osserv il collasso dello stato e delle sue strutture, quanto la formazione di nuove realt politicoterritoriali, destinate ad assumere altra durata. Dellimpero carolingio pu insomma essere pi utile giudicare non i presunti fallimenti, la sua debolezza e linadeguatezza a fronteggiare le spinte al particolarismo, ma la sua natura di laboratorio di tradizioni politiche e di forme istituzionali che agiranno in profondit nelle vicende dei secoli successivi59.

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Benigno F., Donzelli C., Fumian C., Lupo S., Mineo E.I., Storia medievale, Donzelli editore, Roma 1998. pag. 201.

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CONCLUSIONI
1. Un punto di vista personale: lidea didentit

Lanalisi della storia dellimpero carolingio genera, secondo il nostro punto di vista, una questione importante: lidea didentit. Ma cosa potremmo intendere per identit? Come spiegare un concetto palesemente astratto con le basi concrete della conoscenza storica? E ovvio che per spiegare un concetto che si sviluppa dentro gli avvenimenti occorre avere una base solida di dati, dalla quale poter ricavare le giuste informazioni. Non bisogna per fermarsi al semplice avvenimento ma scavare dentro il suo valore simbolico. E il periodo che ho preso in esame credo dia ampio spazio a questo tipo di analisi. Parlare infatti di Impero Carolingio , secondo il mio parere, giusto dal punto di vista delle argomentazioni storiche: una persona, limperatore e in questo caso Carlo Magno, capo supremo di un territorio vastissimo che impone, o meglio cerca di imporre, il suo potere su tutti i sudditi. Ma le cose cambiano quando si passa ad analizzare i risultati che lamministrazione carolingia riusc ad ottenere. Perch una cos grossa diversit tra le prospettive iniziali e il risultato finale? Una risposta pu essere trovata analizzando le forme sulle quali si sviluppa il progetto di Carlo. C da fare per una piccola premessa. Le popolazioni dellepoca post-romana avevano una sola idea dimpero che gli derivava
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dallunico grande impero da loro osservabile, limpero romano. Partendo da questo punto, credo che la causa generante vada a riscontrarsi proprio nelle basi dellorganizzazione carolingia. Come poter emulare il passato impero romano poggiando il nuovo impero su basi completamente diverse? La prima osservazione fatta mentre consultavo le fonti del mio lavoro riguarda il fatto che Carlo aveva in mente lidea di forgiare un impero, ma quello che riusc a realizzare, sotto laspetto strutturale ed amministrativo, fu altro. Questo credo sia riscontrabile appunto nelle basi sulle quali limpero carolingio and poggiando la sua struttura, basi che non erano pi quelle romane, ma che facevano parte del bagaglio delle trib da cui discenderanno i vari popoli barbari, basate sulle associazioni volontarie che si evolveranno nei futuri vassallaggi. Partendo da questo presupposto lanalisi si pu focalizzare su alcuni aspetti di questa societ: - la privatizzazione. E il primo aspetto nuovo che stravolge lamministrazione imperiale. Osserviamo, in primis, due cose: come lo Stato passi dalla res publica romana alla privatizzazione carolingia, e come nel regno franco, per la prima volta, fosse introdotto il diritto privato, sia in riferimento allassetto territoriale, sia alla sua forma legislativa. Nellambito territoriale questi passaggi minavano, col loro degenerare, quello che il fondamento del potere del sovrano: il potere regio. Il territorio smetter anche di essere solo di propriet dellimperatore, dopo avere gi perso il suo significato romano. La cosa che pi c da sottolineare la controtendenza che cos si
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va creando. lo stesso sovrano che si priva a poco a poco della base del suo potere a differenza del passato, quando si cercava sempre di diminuire quello altrui per potenziare il proprio. La res publica si era trasformata, diventando prima propriet privata del sovrano e poi di tutti i suoi vassi. La stessa cosa capiter nellambito legislativo. Il concedere ai popoli conquistati di conservare una propria amministrazione e di amministrarsi con le proprie leggi con a capo funzionari natii (ossia di quel luogo) , nonch il concedere ai conti, padroni dei benefici, le stesse cose, denotava una mancanza di forza da parte del sovrano per imporre la propria legislatura. Tale difficolt si collega anche con un difficile controllo sul lavoro dei funzionari che operavano sul territorio. La privatizzazione degenerer da struttura di amministrazione a forma di potere quasi indipendente dal sovrano quando ad essa si legher il fenomeno dellimmunit. Il legarsi di questi due aspetti dar al potere (forse anche eccessivo), conferito dal sovrano ai conti, la base per la creazione di una politica nuova e soprattutto legittima. Da qui muover la trasformazione del vassallaggio in feudalesimo. - multiculturalit. Prima di parlare di questo aspetto, credo sia opportuno fare una precisazione: la grande solidit di cui si vantava essere possessore il grande impero romano non era cos totale. Nonostante limpero arrivasse con le sue istituzioni a controllare anche la pi remota provincia, non mancava la presenza di piccole etnie che conservavano ancora usi e costumi selvaggi. Le stesse etnie giocarono un ruolo importante nella formazione di quelle che poi sarebbero stati i futuri regni barbarici. Sotto laspetto culturale quindi,
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limpero di Carlo e dei suoi successori si presentava come un grande contenitore di diverse culture ed etnie, venute fuori dal mescolarsi tra i popoli barbari, anche loro multietnici, con la gens romana e le etnie selvagge. Questo fattore assume sempre pi importanza, legandosi anche allaspetto prima citato, la privatizzazione, soprattutto nelle forme di amministrazione del regno. Infatti la grossa diversit etnica pu essere, ad esempio, una scusante del modo di amministrare la legislatura. Fare una legge con lo stesso valore per cos tante razze era difficile, meglio optare per una conservazione delle leggi nazionali, integrate con alcuni leggi speciali, o specifiche, i capitolari, cio norme che venivano create quando cera la necessit di far fronte ad un evento particolare che non trovava risoluzione nelle leggi nazionali e che doveva avere valenza per tutti, andando a colmare, se ce ne fosse stato il bisogno, la mancanza in una legge nazionale. - legittimit-fedelt: aspetti simbolici ed aspetti reali. Un potere frazionato come quello di Carlo, che poteva risentire anche di un capriccio di un potente beneficiario, aveva bisogno di essere legittimato da pi fonti, Bisanzio, la Chiesa, Dio, per ricevere il giusto riconoscimento e la giusta fedelt, visto che, nellepoca in cui ci troviamo, il titolo che accompagnava la persona e la fonte da cui derivava era carico di valore simbolico e tenuto in grossa considerazione. La fedelt era lunica richiesta che il sovrano faceva ai suoi sudditi tramite un giuramento che richiamava la forte carica mistica che questo aveva ed era, gi dalle origini, alla base del rapporto tra il beneficiario e chi elargiva il beneficio. Per ottenere tutto ci Carlo aveva dunque bisogno che il suo potere fosse riconosciuto e legittimato.
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Un aspetto che da qui possiamo trarre che la base dellorganizzazione dellimpero fosse rappresentata dai rapporti umani (le stesse cariche erano assegnate a persone di famiglia o di fiducia), anche se una tale forma di rapporti diventava impossibile da applicare con la continua crescita territoriale del regno. Una crescita che, oltre alle cause militari, era legata anche alla concessione dei benefici. Per concederne dunque di continui, il sovrano aveva bisogno di allargare i propri possedimenti territoriali. Era una sorta di mercato, potremmo dire, dove pi la richiesta cresceva, pi il numero di territori da assegnare doveva crescere. Il legame per con i sui vassalli anche dovuto ad aspetti reali, uno su tutti la mancanza di un esercito. Carlo infatti manca di un proprio esercito, a parte la piccola milizia armata che lo accompagna, ed ha quindi bisogno di promettere benefici ai vassalli in cambio della loro partecipazione alle campagne militari. Allo stesso tempo il sovrano doveva riuscire a tenere sotto controllo alleanze pericolose. Laspetto critico di questa continua elargizione di benefici appunto il crescere dellindipendenza dei vassalli che arrivavano a possedere proprie milizie, proprie terre e propria amministrazione, creando un potere concorrente a quello dellimperatore. La perdita di valore del diritto sottolinea il prezzo da pagare per il sovrano per garantire la sopravvivenza del regno. Inoltre, un altro aspetto, ma sarebbe meglio chiamarlo simbolo, mancava allimpero carolingio: la capitale. Fatta eccezione per Aquisgrana, che diventer il palazzo preferito dallimperatore, la capitale franca era sempre in movimento, soprattutto durante le campagne militari, e questo segnalava ancora una volta lincapaci di controllo del potere franco. Infatti la
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mancanza di un centro dellImpero era legata alla scarsa possibilit di controllo che il sovrano aveva sui possedimenti, e faceva mancare al regno un luogo dal valore simbolico paragonabile a quello avuto in passato da Roma. Esempio lampante fu la campagna sassone.

Ma una situazione tanto fragile come pot sopravvivere cos a lungo? Due furono i collanti: la Chiesa, o meglio la cristianit, e Carlo. - Carlo. Sicuramente nelle decisioni che prese tenne conto dei suoi consiglieri, ma il sentirsi direttamente nominato da Dio nella sua missione gli dava la sicurezza dei suoi giudizi. Per questo fu un sovrano difficile da controllare per laristocrazia. Ma solo una persona eccezionale poteva tenere insieme un Impero che di impero aveva ben poco, almeno a livello strutturale, con rapporti fragili e controllo insufficiente. Furono quindi il grande carisma e la capacit di giostrare con destrezza i rapporti con i vassalli pi potenti, le armi su cui Carlo forgi il suo impero e la sua fortuna, accompagnato anche da un alone mitico dovutogli dalle sue continue vittorie militari. LImpero di Carlo quindi non mirava a sottomettere totalmente le diverse popolazioni, fortemente attaccate alle loro radici anche dopo la sconfitta, ma a fargli riconoscere la legittimit imperiale del sovrano tramite giuramento. A differenza dellimpero precedente, Carlo non port delle innovazioni, ma si limit a modificare lorganizzazione scarna delle trib da cui discendevano, per adattarle allesigenze del suo impero. Lazione di Carlo va veramente lodata, perch a renderne ancora
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pi arduo il compito fu la grandezza territoriale del regno. Tenere unito, con unamministrazione dalla dubbia resistenza, un territorio cos vasto, era unopera affatto facile. chiaro che per ottenere un tale risultato il sovrano dovette scendere a compromessi: benefici, leggi nazionali, etc. Fatto sta che limperatore franco mirava sempre a trovare il modo per cementare lunit del suo regno, pur sapendo della difficolt dellimpresa. - la Chiesa. Su questo argomento va fatta una piccola precisazione. Credo che allambito del mondo ecclesiastico possa essere meglio accostato il termine utilizzato per la descrizione del mio lavoro sullimpero: ambiguit. La chiesa in queglanni non era quellunico corpo che oggi conosciamo. Si potevano distinguere tre grossi tronchi: il papato, o meglio lo stato della Chiesa con a capo il papa, i vescovi e il potente episcopato franco. Ed , come spesso accade, proprio il potere a creare delle divisioni. Il papa, pur essendo una figura forte, non riusciva a tenere sotto il suo controllo i vescovi, il cui potere cresceva col passare del tempo e con il progressivo aumentare di gente franca che ricopriva questa carica. A maggior ragione, possiamo ricordare come spesso la fonte del potere di questi vescovi fosse appunto di origine imperiale. Il rapporto quindi Chiesa-Carlo si snoder su due fronti: quello col papa e quello con i vescovi. Con questi ultimi il rapporto sar per la maggior parte legato al loro ruolo, e quindi ristretto al campo amministrativo. I vescovi infatti avevano un ruolo centrale, di guida, nelle varie provincie e diocesi, che gli deriva dal fatto di essersi posti come unico punto di
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salvezza durante la crisi scaturita dal passaggio tra il crollo dellimpero romano e la nascita dei nuovi regni romano-barbarici. Lamministrazione carolingia andava cos a poggiarsi su queste figure, affiancandogli i suoi conti e integrandoli nella propria amministrazione, per poi sostituirli pi avanti con i vescovi franchi. Questo sottolinea ancora come Carlo volesse emulare le gesta dellimpero romano, facendone rivivere la struttura. Ma lerrore stava nel non considerare i propri mezzi come incompatibili con la vecchia architettura imperiale. Se il rapporto con i vescovi era di interdipendenza, quello col papato, almeno finch Carlo fu in vita, fu un rapporto di vassallaggio. Se il papato aveva calcolato che bastava eleggere il popolo franco come il nuovo popolo cristiano, e chiedere ai sovrani carolingi di scendere in Italia per liberare le terre che spettavano al papato dalla minaccia longobarda, i signori di Roma avevano fatto male i loro calcoli. Ma attenzione: entrambi avevano bisogno luno dellaltro. Il papato aveva bisogno di protezione dalle minacce straniere, dopo la rottura con Bisanzio, e Carlo aveva bisogno di un forte potere che ne legittimasse lascesa. Tra i due la lotta per quale potere sia sottomesso allaltro sar solo un altro capitolo di una lunga storia.

Traendo le somme, andavano a mancare i tre aspetti fondamentali che si dovevano riconoscere ad un territorio per far si che si parlasse didentit di impero, ossia unit territoriale, politico -amministrativa e culturale. Lunico aspetto che, insieme alla forza della figura di Carlo, teneva insieme limpero era la cristianit. La religione cristiana era e
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sar il collante continuo anche durante la formazione degli stati nazionali.

2. Un punto di vista personale: un paragone diverso

chiaro come partendo da basi diverse si giungesse a risultati diversi. Dal quadro che viene fuori da questanalisi, secondo il mio punto di vista, si potrebbe proporre un paragone: si sempre detto che limpero franco mirava allimitazione dellimpero romano. Ma la sua amministrazione, con la presenza di tanti piccoli centri indipendenti e con poteri indipendenti, non potrebbe assomigliare allantica Grecia delle poleis? Ovviamente la mia solo unipotesi, ma considerare le varie contee franche come delle moderne Sparta e Atene, non penso sia del tutto una follia. Certo, le differenze sono abissali, ma sul piano dellindipendenza totale e della capacit di alcune di essere pi forti, importanti e con un maggiore sviluppo di altre, credo che il paragone non sia completamente azzardato. Inoltre, nonostante le divisioni, le contee franche, un po come le vecchie citt greche, facevano fronte comune quando allorizzonte si affacciava la minaccia di un nemico. Ovviamente, quello che abbiamo di fronte, un mondo diverso da quello greco, come anche da quello romano. La grande diversit dellimpero carolingio, che poi diventa un paradosso con lo scopo che si era prefissato, credo stia proprio nel fatto che, partendo dal tentativo di emulazione di un grande impero del passato, sia diventato contenitore di tante identit che daranno vita ai grandi imperi del futuro.
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Cercando di rifare il passato diventa dunque base del futuro. Un futuro che per risentir sempre del suo legame col passato. Infatti, una volta morto Carlo e mancando una figura del suo calibro, limpero andr sfasciandosi. Ma non ci sar un ritorno alle vecchie trib o ai vecchi regni romano-barbarici anzi, nascer qualcosa di nuovo che sar la base dei futuri sviluppi. In questo limportanza dellimpero carolingio: creare strutture che, inadatte alla realizzazione di un progetto di rifacimento del passato, siano la base di una creatura futura, le nazioni. Ad esempio, dalle vecchie aggregazioni sui confini dellimpero, le marche, nasceranno i ducati da cui prender vita la Germania. chiaro che le strutture di cui parliamo non sono certo quelle tribali, ma una nuova struttura creata dal mescolarsi di quella giacente romana con quella barbarica. A queste nuove strutture si affianca anche una nuova generazione, non pi primitiva, che rivendicher anche il suo ruolo nella societ. In Germania sar la nuova classe ad eleggere re Astolfo, eliminando cos quella forma, tanto cara ai sovrani franchi, della divisione del regno, salvaguardandone lunit. questo uno degli esempi tangibili che dimostrano come la classe, che si crea dalla disfatta carolingia, sia nuova e meno legata al passato. Volendo quindi tracciare una linea guida dellevoluzione che dallimpero romano getta la base dei futuri stati nazionali, possiamo evidenziare un processo che vede il disgregarsi dellimpero e laggregarsi, sotto nuove forme, dei regni romano-barbarici, fino alla nascita di un impero nuovo, quello carolingio. Al suo disgregarsi poi, esso sar la base per una ancora pi innovativa forma politica: imperatore-> aristocratica.
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vassallaggio->

feudalesimo->

monarchia

Un processo di formazione di nuovi poteri politici parte sempre dalla disgregazione di un potere presente e dal riorganizzarsi di questo in nuovi assetti e forme, mescolandosi con le novit presenti. Se comunque, il disgregarsi di ununit grossa come quella del Impero Carolingio, porter alla formazione delle pluri-identit nazionali, quali Francia, Italia e Germania, bisogna anche dire che queste sentiranno sempre un legame di appartenenza luna con laltra che le render parte di un unico grande contenitore che solo pi avanti sar definito Europa.

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Bibliografia
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