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NO. 93-81227
MICROFILMED
1993
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AUTHOR:
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cofia greca. 242 n.
Milano, 1048.
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Fhilosophy, Ancient.
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DATE
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301/587-8202
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BY PPPLIED IMfiGE,
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GIORGIO COLLI
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Studi
sulla
filosofia
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THE LIBRARIES
GIORGIO COLLI
Studi
sulla filosofia greca
MILANO
1943
Alla memoria
/^
/io
di Friedrich Nietzsche
Vamore
cammino. Pi
diffi-
per
quando
bello,
si
mostrare
sione.
la verit
tutti
nuda
i
meno
Quasi
cercatori di verit
hanno
sofferto di questa
malattia,
da tempo immemorabile.
si
Questo libro
propone di svelare
la verit di
uomini che
al
la verit. Il sacrile g e
ha
nersi ed a giustificarsi.
la
verit,
nasconderla di
fanno male.
La
verit
non
mai compromessa,
quanto
si
Gli
studi
offrire
un interpretazione
tutta
la
ed attraverso ad essa di
grecit.
svi-
8
lappo troppo grande
alla
parte informativa.
Abbiamo
preferito
stretta-
dando
all'opera
la
una veste
mente
tecnica, e
presupponendo quindi
campi
della
mente
critica, ac-
sviscerate,
CAPITOLO
La disorganicit
trambi
gli aspetti
La Grecia
dei filosofi
Abbiamo
minimo
secondo
la
punto cercheremo di
giustificare,
ben poco di
vitale stato
com-
preso sinora della Grecia, alVinfuori di quanto hanno detto Nietzsche e Burckhardt,
1.
Introduzione metodologica.
11 dato storico primitivo, azione, parola, figura, concetto, in genere espressione umana, un elemento individuale. La comune indagine storica, a qualsiasi campo di manifestazioni umane venga rivolta, tende a sopprimere l'individualit di questi
dati attraverso concettualizzazioni, ottenute con un processo empiristico di astrazione o con l'imporvi schemi razionali. La guida per tali generalizzazioni fornita dal tempo, secondo cui
i
dati suddetti
si
vengono ordinati. In
tal
modo
la
conoscenza
sto-
riduce ad un concatenamento meccanico oppure finalistico che si applica dall'esterno alle espressioni umane, trattate come termini noti. In realt un dato storico, cio lontano nel tempo, ci a prima vista incomprensibile, e la stessa cosa ci avviene, sia pure in misura minore, per un'espressione assai lontana nello spazio. Si tratta anzitutto di ridurre i dati storici
rica
in
chiari trmini
il
di
esplicite espressioni
alla
nostra portata.
Questo
filologia,
che deve
sal-
vare l'individualit del dato, isolandolo nelle sue determinazioni rese perspicue. In tal modo l'espressione umana diventa materiale diretto di filosofia, costituisce cio una parte rilevante di quell'oggetto universale onde il filosofo deve trarre la sua visione del mondo. Il filologo per altro non adempie al suo compito, perch, come lo storico, vede nel proprio dato qualcosa di compiuto in se stesso, ch'egli non ordina nel tempo ma analizza concettualmente, chiarendone gli elementi e rimanendo
tuttavia egualmente lontano da
La cosa
d'altronde naturale, poich l'eterogeneit tra un'espressione familiare ed una storica non pu essere superata anali-
12
13
termine comune, che imponga una connessione al di l dell'apparente estraneit. L'interesse che proviamo per un'espressione umana del passato non si pu spiegare con il puro impulso che si dice scientifico in tal modo la suddetta eterogeneit sarebbe unificata semplicemente dall'universalit della conoscenza, e quindi delle facolt espressive, dell'uomo nel suo aspetto formale dal momento che tale interesse in nessun caso pu dirsi indifi'ercnziato qualitativamente e quantitativamente. 11 dato storico espressione di un'interiorit umana: nuH'altro che questa pu essere l'elemento comune cercato. Quando una persona a noi amica da molti anni dice una certa parola in certe circostanze noi sappiamo qual la sua interiorit. Soltanto un'espressione di questo genere utile al filosofo; perch questi possa estendere l'esperienza limitatissima e fondamentalmente uniforme ofi*ertagli dal suo ambiente immediato occorre trasformare dati storici in espressioni siff'atte. Si ha cosi una particolare prospettiva metodologica per l'indagine del passato, in cui decisiva anzitutto l'affinit interiore suscitata da un'espressione lontana. Questo primitivo mo-
data la sua impostazione eterogenea, dei risultati degli storici e dei filologi in senso stretto.
filo-
mento
interiore,
sotto
verificato e chiarito attraverso l'analisi del dato singolo (filologia) ed il suo collegamento con gli altri dati che ne formano
l'ambiente (storia). Filologia e storia non sono pi in tal modo complessi formali di relazioni che invano cercano in se stesse un contenuto cui appoggiarsi, ma gli strumenti indispensabili per la riduzione che si detta dei dati storici in espressioni
espressioni
astratta. La storia per contro non ha questo diritto all'astrazione, ed infinite quindi saranno le prospettive possibili nel suo campo, a seconda delle concrete
11 dominio della filosofia, ed essa pu dare una visione completa del mondo, se non concretamente, almeno secondo
possa considerare la realt in termini d'interiorit e di espressione, che in genere i dati storici rivelino radici assolute delle cose, e che infine in questa coesistenza di elementi essenziali la comprensione filosofica si fondi sull'esplicazione di certe affinit qualitative particolarmente importanti per interpretare il complesso del reale. Per quanto cio si tenti di afl-rontare il problema della storia e della cultura senza presupposti concettuali, non si pu fare a meno di imporvi una visione totale della realt, che il passato non giustifica n conferma, costituendo una parte soltanto, e non si sa neppure di quale entit, della realt slessa. A tale impostazione filosofica della stona nessuno sfugge, compreso il pi scientifico degli storici. Ed allora il valore assoluto di ogni indagine del passato e condizionato dalla bont della concezione filosofica che la sostiene e che sola pu afi-rontare e giudicare la totalit dei dati sensibili. A rigore questa totalit dei dati non aff*errata neppure dalla filosofia; per altro tutte le qualit di dati cadono
si
che
strettissimo
umane campo
dove
vata
l'inconfondibile
individualit
umana, che
sola viva.
Raggiungere
anzi
si
scopo
assai difficile,
il
coglierlo compiutamente
progressivo attenuarsi della concretezza secondo la lontananza dell'espressione. II filosofo per altro deve scegliere tra un cumulo di espressioni vicine, ma normalmente destanti in lui scarso interesse e quindi scarsa possibilit di comprensione essenziale, e l'accostamento ad espressioni storiche, verso cui mosso da
grande affinit e che gli forniscono degli appoggi fondamentali, anche se mai compiutamente aff'errabili. L'attuazione di tale indagine assai dura, esigendo da chi la intraprende, oltre che l'attitudine pi propriamente filosofica di cogliere un'intimit nascosta dietro ad un'apparenza espressiva, un lavoro scientifico di induzione e di analisi che pu valersi solo limitatamente,
ancora moltiplicata e resa ambigua dall'incertezza propria delindagine filologica, che tenta invano di dominare scientificamente un materiale fluttuante, opinabile, un campo cio dove 1 evanescenza di cose morte toglie vigore ad ogni dimostrazione Anche la prospettiva metodologica prima esposta sofi"re fatalmente di questa congenita frammentariet, ed in ogni caso non pu aspirare ad altro che a penetrare in una zona assai ris retta del reale, percorrendo inoltre la struttura essenziale
i
dati, senza contare poi i nessi concettuali imposti alla realt e variabili secondo la personalit di ciascuno. Tale molteplicit vertiginosa di visuali storiche, per cui interi mondi di concetti SI costruiscono sull'appoggio di poche e scarne espressioni
di ogni storico, che anche inavvertitamente si riflettono nella scelta del campo d'indagine e nell'accentuazione, che nessun abito di scientifica obiettivit pu eliminare, di particolari
hche
ri-
filoso-
delle
14
15
cose solo in una certa direzione e secondo un limitato campo visivo. Essa ha per altro il sostegno fondamentale della considerazione interiore, ed in secondo luogo assume esplicitamente e con piena coscienza il suo compito filosofico, pretendendo
di
per spiegarle appieno. Prima di passare al contenuto essenziale dell, nostra ncerca, che penetrazione filologica in ciascuna di
quelle
stabilire
dei
nessi tra le
ITZ
supreme espressioni individuali, tocchiamo cos bre'^ ^-"'^-biente greco. Si noti comun.
sua
storica rrica totale tot h"'" e quindi trascurano l'aspetto collettivo e medio delPepoca iKulturgescJucMe), accontentandosi di ess re prospet twe^generah, condizioni oggettive gravitanti attorno a^la filo-
2.
L'epoca suprema.
L'epoca
si
certa precisione
dal
in altre
ricerca storica una vita filosofica, che dovr poi liberarsi dal
suo sostegno e giustificare con i propri mezzi la sua validit. valore storico supremo che prospettiamo, e che l'opera presente ha appunto per scopo di dimostrare come tale, la vita della Grecia antica, quale si esprime nelle parole dei suoi primi
Il
filosofi.
della vita che stata di alcuni tra questi Greci antichi, e fain grado La paradossalit della nostra affermazione viene in certo modo ad attenuarsi, quando si consideri la questione sotto l'aspetto che abbiamo detto pi propriamente storico. Per quanto infatti eccezionale
Crescono
remo
termine pi antico, piuttosto netto quello pi recente. Le fonti storiche non sono molto numerose, e neppure coerenti Un ap ''"%^''^ ^^"^^^^"^^ ^^"^^ --i diffidi una visione u^^' unitaria, per la straripante ricchezza di motivi vitali in ^' '"*^ '^^^^^ ^"^^^^':, ^2>' ^^--^-t om^^^^^^ Tr";^*' complica, 1 aristocrazia va perdendo la sua serenit l'a-onismn '" ^--"' .''^"'t-"o. i Greci li'
Sn"e
LpCo"
in proposito
del'aSit
privi di senso. dominazione contagioso "--'=-'-'- Essi sono cosciemi e'""'"" "' '^'"P"'^^'"o- contemplando la loro '. stessa
qualit indomabile. Quea notevoli mutamenti sobarbarici, alla possibilit di variegate soe
<^'
a contatti
dovuta
buona parte
al
mondo
in cui
sono
vissuti.
Le loro espres-
individ'ri modo"
filosofi-
Srr,
co
sempre
al di fuori di
co
rpiinishad antiche, di cui gi colpisce la concomitanza approssimativa nel tempo con l'origine della filosofia greca [cfr. Sacred Books of the East, I (M. Mller), intr. XVII ]. Dato che influssi di qualsiasi genere sono impensabili, assai interessante notare il parallelismo, che suggerisce quasi una fatale concatenazione storica delle pi alte posizioni di pensiero, connesse a dati momenti di civilt, tra il passaggio dall'afTermativa forza vitale delle Upanishad all'ascetismo pessimistico del buddhismo e l'evolversi della filosofia greca, quale sar da noi chiarito, dall'epoca presocratica a Platone (cfr. Deussen, Allg. Ges. d. Phil. I, 2, 62-5. 229, 307). Il carattere negativo comunemeate attribuito alla filosofia indiana tutt'altro che pacifico; basti pensare
(1) Il
pi
fornito dalle
a la
Il
sarebbe ancora poco, se non fosse unito paradossalmente coscienza della fatalit incrollabile
del
Greco sa che
divenireTosS
.
oto^dV":, 'i"
l'uomo
si
flusso della vita trascina irresistibile '"''' '' "'"""' ""'-"^' ' /""/-"o
il
Zco'
i
affn
prlnct
'''"'"'"'' '"'-
'
^'""
dall'esistenza, e
H!
al
problema
di
(cfr.
-^feitt
3,
134).
Staehlin, Ges.
///Vij
Hr,m
?
'
ice
'
e ^^"^'^
16
17
raristocrazia, tanto pi
Vananke
inebriante.
Una morale
alla
il
priva di senso, dato che il libero arbitrio, con quanto vi connesso, qualcosa di sconosciuto (3). Del pari ogni finalismo assente: per l'individuo conta soltanto il proprio slancio nella vita, e al di l di questo nessun ordinamento oggettivo esiste, in funzione del quale egli possa agire. Il senso del distacco gli fa contemplare la vita come un gioco, un variopinto susseguirsi di immagini attraenti, che la legge dello phthanos delimita plasticamente in una gelida e cattiva bellezza, dando loro figure e realt impenetrabili, ribelli ad ogni disegno unificante. Di qui il carattere unico della politica greca. Lo phthonos degli individui si aggrega meccanicamente in instabili ma necessarie strutture, la polis, dato che Tostilit deve avere un terreno per esplicarsi. La vita si esprime cos direttamente nella politica, ed anche esclusivamente. La natura greca non pu prescindere dal confronto, non ha il senso della solitudine, e d'altra parte non tollera che un unico campo di lotta, la polis, poich vuole giudicare i valori umani secondo un'unica graduatoria. La polis diventa cos tirannica (4) essa il tribunale dello phthonos ma in realt soltanto per i soccomportata di
tutti
ancora non 'si distinguono sentimento ed intelletto, volont e ragione. Per parecchio tempo ancora i Greci oscilleranno nella terminologia riguardante le facolt e le funzioni conoscitive dell'uomo <l'uso dei termini in questione segue in questo periodo il gusto individuale di chi li adopera, e l'indagine filologica non pu attribuire dei significati costanti a determinate parole), per la riluttanza a cristallizzare la vita psichica in specificazioni fontane dal centro essenziale dell'individuo. Nell'et
passaggio sta nell'avvertimento dell'interiorit come tale, del thymos Questo la forza vitale dell'individuo, la fonte metafisica ricca ed inconfondibile, che lo caratterizza, dove
sarono duemila anni prima che uno solo, Spinoza, lo risollevasse era dato dalla natura, non conquistato. Ad esso si aggiungeva la mancanza di una religione oppressiva, di una trascendenza estranea, di una casta sacerdotale che facesse sentire il suo peso, in altre parole di ogni dogmatica. Tutto ci SI rivela ora d'un tratto, nel VI secolo. Il segreto del
mos
eroica
di
il
thy-
si
benti
le
nella
lotta.
il
lealt verso
Null'altro se non Veleiitheria greca, che vincitore, poteva permettere fossero pronunciate
e terribili dei Presocratici o sopportare la loro nessuna potenza terrena toller in seguito alcunch di simile. L'anti-finalismo poi si riflette assai chiaramente nel concreto atteggiamento politico dei Greci come popolo, cio nell'instabilit dei loro organismi statali, nel deciso prevalere di un impulso distruttore, nel frenetico rinnovarsi di odi senza scopo e senza senso, nel periodico riafi'iorare di una ferocia barbarica con cui lo phthonos e l'insensibilit al dolere contem-f piato di un'ebbrezza estetica dimenticano l'innata philanthropia, nell'assoluta mancanza di saggezza politica ed in genere di una diplomazia di ampio respiro, nella loro insofferenza per ogni
verit
empie
alterigia, e
movimento
unificatore.
quando
(3) Tutto ci gi contenuto nei poemi omerici con tale chiarezza che non occorre dimostrarlo. Ingenuo quanto hanno voluto sostenere in contrario i filologi (cfr. Buchholz, D. hom. Real. Ili, 2, 177178, 189; FiNSLER, Hom. 13 2, 79-86; VVilamowitz, Glaube d. HelL, I, 350-3, 361). Alcune osservazioni buone in W. Otto, Dei d. Gr., tr. it.
217-27.
(4) Cfr.
FusTEL DE CouLANGES^ La
it.,
289-95.
queTalora il thymos che fida nella propria potenza travolgente, e contro l'addensarsi inestricabile di nuovi conflitti che dall'esterno lo serrano si slancia a soggiogare l'apparenza con Vhybris tirannica, che non riconosce pi il tribunale dello phthonos, la polis. anche quel distacco innato del Greco, il disdegno per la volgarit, il voler consolidare una segreta intimit, si manifestano
sta situazione, e tenta varie strade.
e lo modificano, lo phthonos esasperato non riesce pi ad unificare su uno stesso piano 1 conflitti e lascia la potenza interiore nell'incertezza sulla via da prendere. Il thymos si sente isolato in un'essenzialit che trabocca, comprende la sua metafisica insufficienza, la sua natura di intimit divorantesi. Il dolore pi profondo scoperto: ogni espressione inadeguata. Le attraenti forme e figure sensibili diventano evanescente apparenza, senza che nulla di sensazionale sia avvenuto, per un semplice mutamento di prospettiva che ha svelato una complessit latente. Apollo e Dioniso si alternano a Delfi. La vitalit greca vuol dominare anche
vitale allo stato primigenio, omogenea in ogni di fronte a s una via semplice ed obbligata di manifestazione in una realt che si off-riva senza resistenza. Ora per contro il thymos viene a perdere la sua semplicit, per molteplici esperienze che lo comprimono
mondo
immagini*
nel difTondersi
18
19
una pederastia non sensuale (5), che raddoppia la potenza del ihymos, ponendolo in grado di affrontare una realt pi ardua e di conseguirvi un'espressione. Le arti figurative soccombono
di
di fronte a pretese troppo grandi per le loro forze, sono disprezzate come banausiche. La poesia stessa perde terreno; Pindaro
e^nzU^i'^U essenzial '^"^^"^^^r falsano in un illusorio stordimento di menti abissali. L'orgia lasciata alla donna, che
,
''
eterogeneit e
le
determinazioni
felicit
i sentiin questo con
porta al suo livello supremo, esprimendo paradossalmente con un'esuberanza immaginativa l'illusoriet della stessa apparenza. La complessit interiore di chi ha gustato fonti nascoste della vita si traduce in lui miracolosamente, senza che nella sua espressione sia avvertibile per un trionfo dell'apollineit alcun vincolo simbolico ne alcun residuo intimo non detto, in immagini culminanti che strappano le catene deWananke, prinla
^--
^^"- ^^"'
e quello dello
ma
n
insopprimibili,
;:
entrambi
v t"
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compiutamente
"
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la
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-^^*-
D '^~
sottomette
cipio del mondo sorpassato, e creano nuove figure folli, che riflettono il gioco metafisico, guidate da una pi alta, invisibile necessit, e lievemente raggiungenti quella bramata espressione
tTs^rVTrr r"""'"^
^ ''""'''''^'^ "^^ "" illuso^'ioTncr esimo sgorgando necessariamente dalla sua stessa natura La ragedia lascia sussistere Vananke irriducibile,
compiuta. I pi
si
smarriscono
Il
rinunciano
allo
plithonos
ed
al-
1""' "^^'' '^*^ '^ ''''''' -"^-^-' ^-ttanti e di inelut tatti stragi concatenate, tabih e di contro conquista al
e
riprono
IbyrnoTun,
tliymos delira nel suo isolamento e tende ad un congiungimento che lo salvi. L'ebbrezza ci che annega il tlumos degli individui in uno spasimo di universale dolore
l'espressione.
salva
in
metafisico, felice della propria unificazione (G); l'inappagamento interiore si consola con la fuga della lotta. Dioniso mescola le anime, il flusso vitale trapassa le delimitazioni individuali,
neirapparenza un mondo di formi an" ^"^^^"^P^^"'^*^^''^' ^'^e pure hanno una figura
^^^' "^'"'''^
esperienza mistica
dei cedimenti
vi-
nieriore.
Qua
e la
comunque avvengono
dove
la
demonico
magico
riere primigenie che distribuiscono la potenza sembrano crollare, lasciando confluire in un mare esaltato di furore l'intimit
del
lievi (eWananke sono travolte da esprime in un'apparenza trasfigurata, docile, intima, disponibile. Le immagini obbediscono ai desi-
'^ '^'^'"^'^ ' ^' ^"^--^' ^"a con Itomi ^^^ hT"""*" ''"^"^""^ pessimismo religioso- immor tJ tlJ H ir tahta dell anima, colpa, purificazione, vita ultraterrena
Tot a
i
(T
mano,
cose perdono la loro fermezza per non sembrare estranei, il tempo si amplifica e si arricchisce, il mondo sembra esaurito, gi spiegato compiutamente, l'intensit e la qualit di questa vita appaiono insuperabili. Tale misticismo seduce ma non per-
peggiora ne.
.ecolo!
'ctr:tLlu: Gr"
GesTir^
mi
'"""" ^"""^
come elementi
da
ori^r^
rf
.,'
suade i Greci, che credono incrollabile l'intima struttura primordiale delle cose e sospettano ogni unificazione totale. La gioia estatica di questi gongiungimenti frenetici di Dio(5) Cfr.
WiLAMOwiTZ, Staat
u. Ges.
d. Gr.,
91-2.
(6) Cfr. iMeister Eckhart, Gtti. Trst., 435: allu ir selikeit ist liden dur gotte...; 443: leit min in got ist: got ist min leit... so ich vinde luter liden dur gott und in gott, do vinde ich got min liden .
='"e-'n'en,o A^afdl^uir/ia In'^'"""^f ""^^'^ i^nsistenza storica, e cosi pure sua cronologia non H in estremo scettico Te? ^1!^^'',^'^"^''''!.''^ !" P--one di ci che va sotto il ""' """^^ ^""""^ '^"'"^ "' nome di Sr^smo ) nente ad un'epoca '^"'d'-ato apparteposTcriore n^ = ''"V."'"
rOrfllo'
la
ner
"-
"PP^fond'^ento
',
delle
fonti
non
teogonia rapsodica)
gfudizi nl^'.l!
'*^'
"" """""''"'da
20
I
21
cedimenti suscitano la risoluzione suprema. La riccheziia del popolo greco trova finalmente gli eletti che la
teplicit palpitante di essenze nascoste ed irriducibilmente individuate. Jeratico, Anassimandro offre questa verit. Tale
filosofica
raccolgono, offrendole un volto. Nascono gli uomini che danno una nuova legge alla totalit dell'apparenza, sfuggendo all'impostazione dello phUionos, ed appagano la bramosia del thymos, senza bruciarsi nello slancio folle ed inconcludente delVhybris e senza ricorrere ad alleanze mistiche con altre essenze interiori, poich la loro potenza ha una qualit senza pari. Dioniso da collettivo diventa individuale, anzi veramente divino,
condizione tipicamente mistica, di un mistici.^mo per dionisiaco nel senso pi profondo, che conserva le determinazioni ultime, supremamente ricche e semplici ad un tempo. E' il trionfo della musicalit, che attraversa giardini mai visti, praterie di asfodeli. Il musicista per altro soffre troppo di quanto
Io
il
circonda, non
si
oltrepassando nell'abisso noumenico la distinzione gioia-dolore; di fronte a questo abisso il mondo si svela per la prima volta nella sua vera natura fenomenica, che espressione di interioormai a rit fondamentali. L'apparenza non pu cosi resistere chi la coglie alle spalle, afferrandone compiutamente le radici nascoste. 11 filosofo l'eroe assoluto che ha vinto tutte le battaglie, non ha pi nulla fuori di s. Il popolo greco comprende tutto, guarda ammirato la risoluzione del suo travaglio, sopporta anche ogni affronto da questi uomini, perch la vittoria sacra, ed oft're loro, che declinano sdegnosi, il dominio nella politica. E' questa l'unica epoca nella storia dell'umanit che si pu chiamare dei filosofi. In tali personalit rivive trasfigurata tutta l'essenza greca. Il senso del distacco diventa trascen-
sempre il pi forte, gioca con un'apparenza dominata nella sua totalit. Un divertimento aristocratico la scienza della natura, dove fantasia e paradossalit razionale possono accoppiarsi piacevolmente. Pi impegnativi, ma ancor sempre passatempi agonistici, sono le costruzioni espressive, che saranno chiamate filosofia. La massima dominazione si esplica nell'assolutezza concettuale, in un compiuto ed armonico sistema di forme che supera ogni riluttanza. II mondo dell'apparenza pura rappresentazione, complesso di rapporti,
dalla conoscenza. Ma il mondo ambiguo, mutevole per la sua stessa natura rappresentativa che moltiplica indefinitamente le relazioni sotto le pi svariate prospettive, e ambigui sono necessariamente i concetti, che espri
Il Presocratico si compiace della cosa, lascia contorni dei concetti, inserendovi figure vive. La perfidia e la falsit di Odisseo ritornano in questa ambiguit, che una maschera apollinea, un non volersi scoprire e ad un
filosofo presocratico
mono
tutto ci.
i
denza, inattingibilit di esperienze divine. La pluralit degli dei olimpici, che istintivamente gi traduceva plasticamente le qualit metafisiche, ora approfondita e messa a nudo come mol-
fluttuare
come i pretesi influssi orfici sui Presocratici (in. particolare su Parmenide, cfr. Kern. A. f. G. d. Ph., 3, 1890, 173-6; su Eraclito, Pfleiderer, D. Phil. d. Her., passim; Macchioro, Er., passim; su Empedocle, Kern., A. f. G, d. Ph., I, 1888, 498-508) non provano altro se non l'accettazione da parte di questi ultimi di mezzi espressivi offerti dall'ambiente culda loro riempiti di ben diverso contenuto turale. Interessanti rispetto a quanto si detto nel testo sono le osservazioni di Kern, D. Rei. d. Gr., sul carattere gioioso del culto di Dioniso, che lo distacca dall'Orfismo, sull'indimostrabilit del collegamento tra il culto di Dioniso e l'immortalit dell'anima e dell'identificazione Dioniso-Zagreus (I, 228-35), ed inoltre sull'affmit tra i misteri eleusini e l'Orfismo (I, 135). Concludendo, riteniamo che, per quanto antica possa essere l'origine dell'Orfismo ed in genere dei misteri, la particolare configurazione del pessimismo religioso di cui si parlato si presenti soltanto alla fine dell'epoca che stiamo trattando. Si noti inoltre come in tutti questi fenomeni manchi assolutamente qualsiasi traccia del libero arbitrio. Non solo, ma la beatitudine dei misteri non dipendeva da alcun genere di meriti (cfr. Macchioro,
rilevare
tempo un rifiuto di cristallizzarsi. La futura interpretazione delle parole dette non interessa; lasciata la porta aperta a varie interpretazioni, tutte vere, coerenti ed intrecciantisi, perch una cosa viva non pu esser colta univocamente. Al di l del sistema rimane poi ancora la vita concreta del filosofo,
che soggioga davvero senza riserve l'apparenza, trasmettendo all'universo l'incanto di gesti e di sguardi divini.
Pochissime ad ogni modo sono le personalit che sopporvita, anche in un'epoca di uomini forti. La filosofia comincia subito ad essere tradita. Nell'occidente greco, dove la vita troppo rigogliosa pi facilmente trabocca in stanchezza religiosa, si presenta con la scuola pitagorica un fenomeno di capitale importanza storica, che segna l'inizio della dissoluzione
tano questa
mondo miracoloso. Gi insospettiscono la coll'anonimo, ripugnanti all'essenza della filosofia. Non vi sono infatti in quest'epoca altre scuole, ma soltanto rapporti
vitale di questo
lettivit e
Zagreus, 251).
Il
Pitagorismo soggiace
alla
seduzione della
lltl^
22
politica e per gustare
23
ad alleanze umane ed insegnare un'accessibile stanchezza della vita. Qui per la prima volta l'espressione si cristallizza, dimenticando l'esperienza dionisiaca da cui sorta, e si dispone in dogmi astratti. Spezzata la vitale unit omerica, un mondo ridotto a gelida rappresentazione che non tradisce alcun fremito appare insopportabile (10). I Pitagorici diffondono il presentimento della crisi, che si manifesta improvvisa con la caduta della loro potenza politica, alla met del secolo V. Crollato il mito del filosofo, la Grecia si trova disarmata, irrimediabilmente perduta, non potendo ormai accontentarsi di una vita pi semplice. Numerose altre concatenazioni fatali confluiscono nel turbamento di questi anni cruciali. Le ebbrezze dionisiache lianno lasciato un sedimento, il demos, che rafforzatosi lentamente parte ora all'assalto.
un trascinato, non riesce pi ad esprimersi, la sua arte volcomincia a teorizzare la politica, la cosa pi viva ed incoerente per un Greco, e si prosterna senza dignit al demos, dichiarando l'eguaglianza degli uomini, parola sacrigare. Protagora
lega (12). In questo ambiente tumultuoso vive Socrate, personalit che pensiamo non possa essere in alcun modo afTerrata compiutamente e con chiarezza. Probabile soltanto che egli sia stato un
citante
Lo plthonos raccoglie l'arma del filosofo, la come ogni cosa sacra screditata, e inizia la
ragione, ecdistruzione.
fortemente gioco illuministico, gettandosi a capofitto nella lotta, con l'ansia del plebeo che vuol conquistarsi un posto nel gran mondo (14). Privo di fantasia, quando la cosa era ancora un difetto,
il
decadente di natura superiore. Qualcosa indubbiamente lo trattenne, ne fece un uomo non riuscito, il fascino di quel pessimismo religioso (13), e forse anche una sete smisurata di dominio politico, che trapela dalla sua cattiveria rafTmata nel discutere. Per questo motivo egli pu aver sentito cos
L'agonismo, cerebrale, sottile, sleale, infuria incontrollato, senza termini di paragone. Atene, citt avida e crudele, pretende di guidare la (irecia; Pericle raffredda la passione politica individuale con calcoli a lunga scadenza, fa parlare per la prima volta di imperialismo. Gorgia, che aveva visto grandi cose in giovent, tradisce maestri e sciupa la sua lunga vita (11). Zenone corrompe, pi tardi Democrito si isola in un'esistenza di
i
conserva ancora il lieve dominio del caso, ma ormai limitata fenomeno. Anassagora, imitatore di Empedocle e privo di slancio, inizia nella cerchia decadente di Pericle il compromesso, glorificando la nuova divinit illuministica dell'Attica. Il demos si accorge che ormai filosofi bramano la politica ed inizia l'attacco lVasebeia. La Grecia s'imbarbarisce, la phU lanthropia scompare nella guerra del Peloponneso. La tragedia decade: Aristofane vede chiaro nella crisi, ma egli stesso
al
i
suo senso spiccato del paradossale trasformare un pregio. Accanto a tutto ci sta il suo eros magnifico, che fa della sua vita una lieve ebbrezza ininterrotta, e !a sua ambiguit, degna dei Presocratici. Superiore anzi, sovrana, poich l'interiorit di questo sileno ci sfuggita. Soltanto vicino alla morte sembra scoprirsi un poco; le sue ultime parole sono una dichiarazione di pessimismo. Sono per anche molto oscure ed equivoche, dette forse con lo scopo preciso di ingannare, lasciando aperte tutte le interpretazioni.
il
egli
sa
con
la
mancanza
in
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in
Wien, Sitzsber.,
(13) Accettando come fonti migliori del pensiero socratico gli scritti giovanili di Platone (cfr. Maier, Socr., tr. it., L 106-49), uno degli elementi che pi colpiscono e che danno maggior affidamento, per gli scritti in cui compaiono, di fedelt storica, per l'appunto tale pessimismo, gi trasparente neir,4/.o/or/iVi. ed esplicitamente dichiarato nel hedone, sulla cui composizione si
Il pessimismo di questo dialogo rifletta il pensiero di Antistene, come vuole JoEL, n. echte u. d. xen. Sokr., II, 1, 207-53, del tutto gratuito; questo parallelismo prova tutt'al pi che tanto il pessimismo del cinico quanto quello del Fedone hanno un precedente immediato). Pensare per altro che la religiosit di Socrate contenesse la fede in una trascendenza, come vuole Martinetti, Rag. e fede 409-52 ci sembra alquanto arrischiato.
'
parler
in
seguito
(che
(10) Si osservi per altro come questo prevalente interesse politico, ferrea legalit dclTuniverso (cfr. Delatte^ Essai s. la poi. pythag., passim), l'astratta apollineit deWharmonia (cfr. i frammenti di Filolao; non siamo convinti dalle considerazioni di Frank. Plato u. d. sog. Pyth., 263-335, contro la loro autenticit), svalutano necessariamente l'importanza del loro pessimismo religioso, che in origine non dovette essere inteso con piena seriet e fu subordinato a scopi
la
>
politici.
(14)
L'impulso politico
'^"''
(11) Sul presumibile sviluppo di Gorgia, cfr. Diels, Beri. Sitzsber., 184, 3.=>8-68.
Socrate, per quanto in un senso diprospettato, gi visto dal Drng, Ges. d. gr.
di
24
Il declino del mondo antico non precipitoso, e Socrate contribuisce a ritardarlo; molte forze vitali resistono. Platone ferma per un attimo la ruota deWananke, l'uomo che da solo d vita ad un crepuscolo splendido. Nelle tenebre che seguono
frammento
di veri-
Poi logica ed etica, cosmopolitismo ed erudizione. Il mondo cambia profondamente, ma vibra ancora una nascosta continuit con quel passato, che d'un tratto prende forma nel jius plotinico. Uno squarcio soltanto di vita presocratica basta a chiudere degnamente la grecit. Riappare qui la capitale concezione metafsica di una pluralit irriducibile di essenze interiori, radici individuali frementi in un congiungimento lontano dall'apparenza (16).
CAPITOLO
Storicismo peripatetico
il principio logico di determinazione (Calogero, 23-83) e la dottrina dell'anima quinta natura (BiGNONE, Arist. per., I, 227-72).
(15) Cfr.
ad
es.
Fondamenti
ecc..
(16) Questa interpretazione del nus, che si impone per chiunque sappia leggere nell'esaltazione di Plotino, non invece altrettanto chiara per suoi interpreti pi quotati; cfr. Inge, The phil. of Plot., II, 37-103; Brehier, Lq phil. de Plot., 81-106; Whittaker, Theo Neoi
plat., 53-64.
fl'i
Uno studio delle fonti indirette della filosofa presocratica fondamentale, dato che, nell'estrema frammentariet delle testimonianze dirette, l'interpretazione complessiva di quel pensiero ancor oggi legata strettamente all'antica tradizione storiografica. Lasciando da parte le non molte notizie in pro
posito di Platone,
rabile, a
il
cui
valore
come
controversia che non Socrate storico e su quello platonico, le fonti pi antiche rimangono Aristotele e Teofrasto. L'indagine su quest'ultimo afl'ronta il nucleo della questione, sia perch tutta quanta la dossografia posteriore, com' ormai astrova decisione
sul
dipende fondamentalmente da lui, sia perch egli essersi proposto la storia della filosofa come oggetto di studio scientifico. Aristotele stesso una fonte meno importante, poich, pur avendo avuto presumibilmente a disodato,
il
primo ad
sposizione
polo,
della
lo
stesso
di
materiale
d'informazione del
non ebbe
mira un
e
esempi frequenti
all'esattezza
sua infedelt
storico
(1).
della
sua
indifferenza
campo
Dalle pagine seguenti risulter un'interessante visuale stoTeofrasto, che segue attraverso le personalit presocratiche il primo evolversi di problemi, la cui formulazione
ricistica di
(1) Sulla falsa prospettiva storica in cui Platone visto da Aristotele, si veda ad es. : Lutosi.awski, Erhalturifj und Untergang der
Staatsverfassungen nach Plato, Aristoteles und Machiavelli, Breslau, 1888, 83-90, e Stenzel, Zahl u. Gest,, 1. Sulla superficialit, imprecisione e infedelt di Aristotele rispetto alla storia ateniese, cfr. lo stesso WiLAMOwiTZ, Ar. u. Ath., I, 308-9, ed in specie G. De Sanctis, Torino, 1911, 162-6. 273, 275, 320-1, 387-91, 400. 408-10.
AT0IS.
&'
29
28
segue infatti con reveadditata da Aristotele, che egli altro non si era curato per maestro Il punti. renza su molti della cosa, cio della condell'aspetto propriamente storico personalit e della successione diverse le tra viva nessione sviluppo reale dei problemi, cronologica, in cui si presenta lo posizioni dottnnah uomini le ed ave;a aggruppato secondo contro si allontana da le per Teofrasto tempo. nel lontani alla sua visuale stofedelt per solo impostazioni del maestro pi l'indisciplina con l'accentuare ancor rica, riparando poi antiche ricondotte dottrine delle coartazione del maestro la
stata
i
affermazioni non sono eccessivamente impegnative per i loro si senautori: il XyeTaL di Aristotele mostra come egli non canto suo non tisse di giurare su quanto diceva. Platone dal accenna espressamente, nel passo suddetto, ad una successione
Senofane-Parmenide;
oltre a ci,
parlando genericamente di un
imi
l^^oc, 'EXeaTizv,
vuole evidentemente comprendere tutti Quanti i flosof in un senso o nell'altro monisti. Che cos egli intendesse ci dicono infatti le parole xal 7:p(7^v p^^tevov, dalle
egli
quali ci
schemi della
filosofa
aristotelica.
in
Un analogo
della distin-
sembra inoltre risultare in modo inevitabile che i flosof di Seintesi fossero gli Jonici. Attraverso Platone la posizione nofane come capostipite non si pu comunque dire affermata. Teofrasto per contro fa una netta dichiarazione, per tramite di Diogene Laerzio: Sv09vou^ Se Sly]xou(T IlapfxeviSy]^ riupyjTO^ 'EX(XT7](;- toutov GsopaaTO^; ev t9) 'Ettltoij^^ ^Ava^ifi,vSpou 9Y]alv xouaai. opio)^ 8' ouv xoudac; xal Sevoovouc; ox 7]xoXou^T^(7v auTW (2). L'accenno di Platone si determina,
1%
impostazioni
peripatetiche,
trascura
stabiliti da Teofrasto, prerapporti dottrinali o di discepolato compendi biografici che vari ferendo in proposito riferirsi ai Lo scopo principaalessandrina. nell'et circolare a cominciano
le
come in tal modo dell'indagine seguente sar di dimostrare dila reale prospettiva storica, radicalmente falsata sa stata la cio nota, di degno elemento l'unico
sperdendo per
di
tiv
Anassimandro si rivela per cosi dire l'avo della flosofa. Il Diels ha voluto vedere nelle parole toutov .... xouaai un'annotazione marginale del redattore, che si riferisce a Senofane (3). La critica del testo non appoggia per tale ipotesi. A parte
la
pi Dalla stessa ricerca sesistemazione cronologica di Teofrasto. neHo studio della fondarsi, di necessit la guir indirettamente
sull'esegesi dei filosofa presocratica, soltanto
frammenti
origi-
nali conservatici.
problema Lo scritto di Teofrasto che interessa il nostro I pochi framS^ocl. O'J^ixoiv delle primo libro (p/a^) il Doxogmphi Graeci menti che ne rimangono sono raccolti nei da quella del Diels difl-erenzier s indagine nostra del Diels. La frammenti, da soprattutto per un nuovo riordinamento dei
cui risulter
^r>
stranezza di una glossa che citi l' 'ETriTOfiv] di Teofrasto, (risalendo tale epitome con ogni probabilit al 3 secolo a. C. ed essendo cos fonte assai antica), la cosa esclusa in modo defnitivo dal xat della frase successiva. Se Diogene dice: dopo di aver ascoltato anche Senofane, deve per necessit aver parlato prima di un altro presunto maestro. Diogene ri-
corda anzitutto il rapporto Senofane-Parmenide, che gi tempi doveva essere quello comunemente accolto, ma
fretta
ai
si
suoi
af-
citare
di
il
cui
giudizio
lo
lascia
evidente-
Diogene: sembra anzi che Teofrasto abbia ragione, dal momento che le dottrine dei due flosof hanno potenzione
chi punti di contatto
(4).
avviso
IX
I,
21.
VoTs5
217, 22-23, n.
incontrovertibili. posito due testimonianze che sembrano aTio una parte Platone: t 8 Trap* y][Jl^^ 'EXsaTixv e^vo^, e^ dalHsvo9vou^ X7L Ti TTpfrO^sv p^fJLSvov {Soph. 242 d)
l'altra Aristotele: 6
Da
ria,
una trasposizione nella prima frase del nome di Parmenide con quello di Senofane, ammettendo la possibilit che
che
si
la frase
XvTOCL
yV(79-8^t
le
|xa^7)TY)^
{Metaph. 98Gb
Osservate pi da vicino,
due
appartenga realmente a Diogene. In tal caso sarebbe poco appropriato parlare di Senofane quando la trattazione passata a Parmenide. Notevole poi il fatto che Suida {Vors.^ 28A2) abbia in-
30
31
Passiamo ad
cia di Teofrasto.
ci d Alessandro aTOu Xy
altre testimonianze,
Una
antitesi
con
Il
predecessore
di
di Afrodisia:
FlapfjLsvLSou
Parmenide aveva posto due principi su di uno stesso piano. Esaminiamo dunque i passi in cui Teofrasto parla di Anassimandro (5); il primo di essi, che doveva precedere l'altro, poich ci presenta il filosofo come nativo di Mileto ed allievo di Talete, cos si esprime sulla sua dottrina: XySL 8 a
TY)V
(JLYjTe
u8o)p
[JL7]T
Tpav Tiv <p\)Giv aTTELpov, 11. T^^ oLTzy.^TOLc, YLVECT^at. zoq O'jpavoc xa To^ v y.\jTOic, xafjtouc (segue la citazione del frammento
di Anassimandro) ... SvjXov S otl ty]v ^ XXvjXa (XTapoX7]v tcov TC(TpCOV CrTOl)^lCoV OUTOC '9'acrfJlV0^ OX Yj5lCL)n'V Iv tl toutcov
u7roxt[jLvov
TTOiTjaai,
Se lasciamo per contro integro il testo la frase signifiSenofane dell'impostazione filosofica qui attribuita a Parmenide. Oltre a ci l'ipotesi del Diels potrebbe aver senso soltanto nel caso che Alessandro avesse posto finfane.
XX
Sia
tl
XX' Tioxpivo(6).
T6)v
vavTUov
ty]^
(ySiou
xivyjfTEOJC.
Vi sono
ciso
si
dopo
TO'jT(o
Senofane non
(5) Il fr. 2.'i (Dox., 494, 4 - 495, 1), che accenna alle teorie nettunistiche di .Anassimandro, non poteva appartenere al primo libro sulle pxat il solo che a noi qui interessi. (6) Prima parte del fr. 2 (Dox. 476, 6-15). Si potrebbe non essere del tutto sicuri sulla provenien<za teofrastea di questo passo, poich
saprebbe davvero chi intendere nel toto> all'i nfuori di Anassimandro, se ricordiamo la precedente dichiarazione di Teofrasto riportata da Diogene. Entriamo cos nel vivo del nostro problema, clie come si detto si propone di indagare sistematicamente le testimonianze teofrastee sui principi della filosofa presocratica. Gi dal passo suddetto di Alessandro si possono trarre degli indizi su quanto doveva precedere. Cos Iti' <y.y.(f)0':ip(xc, ^>a> rc; ^oxjr lascia pensare che gi prima fosse risultata una distinzione tra unit e molteplicit, ma che il filosofo di cui si era parlato non avesse saputo trarne le conseguenze dovute. La cosa si chiarifica maggiormente poco dopo: ouy opLOiox; TTsp [jL90Tp6)v SoEdc^fov, frasc inopportuna se non fosse in
Simplicio soltanto dopo di aver riportato le opinioni di Anassimene e di Diogene, lo cita dicendo: di questo informa Teofrasto intorno
a Diogene . Il Diels considera tuttavia il passo sostanzialmente teofrasteo, non riconoscendo per la citazione testuale nelle parole S^Xov 8 OTt ... T7;v yveatv tzoizi, XX' (476, 11-14). A noi per contro tutto il passo sembra costituire una citazione testuale, a parte le sole parole ox XXotoujjLvou tou otoi/siou e il successivo XX' (476, 13-14). Crediamo infatti di poter troncare ogni dubbio in proposito richiamando una dichiarazione dello stesso Simplicio, a poche pagine di distanza: ...'Ava^tfxavSpo^;, tiizzp t (xeraH Sta t eaXXoitoTov uroTi^sTai (in phy.t., 36, 13-4). Esattamente la stessa concezione dell' cTreipov Simplicio accetta in altri passi: in phys. 452, 32 sgg.; 458, 25 sgg.; 465, 5 sgg.; 484, 8 sgg.; 1266, 36 sgg.; e in Arist. de coelo: 561, 4; 602, 20; 615, 13 sg. Ora, l'interpraiazione dell'areipov come t (jLExa^, di Aristotele, e lo si vedr in seguito: ci vuol dire che nel caso presante, in cui l'cTreipov inteso sostanzialmente come una certa altra natura , la fonte di Simplicio non sar Aristotele, bens con ogni probabilit Teofrasto. Ci varr quindi anche per la seconda parte del passo, in cui incontriamo l'espressione equivalente ri XXo Tcap TauTa. Anche Aristotele, a dire il vero, d un, rpav riva 9U(Tt,v airTCELpov, ma quest'ultimo per lui xar ai)(xp3Y]x(;, riferito necessariamente ad un Tt {jLETa^u. La cosa dunque per lui diversa, e tutto ci sar visto pi chiaramente in seguito; comunque Simplicio, quando ancora parla di un'altra natura , intende la cosa in senso aristotelico {in phys, 149, 12 sgg.). N contano contro la nostra tesi i due passi isolati in cui Simplicio adopera espressioni consimili senza spiegarsi con il xl (xeTa^u (in phys. 41, 17 sgg.; 479, 33 sgg.; il primo
teso Diogene nel senso pi naturale. La confusione e l'incertezza del Diels in proposito chiara da un'ulteriore ipotesi del pari gratuita, cui ricorre in altro luogo dei Doxournphi (147-8, n). accorgendosi della difficolt insormontabile rappresentata dal xat e della stranezza di accennare proprio qui al maestro di Senofane: egli riferisce il TOuTov a Parmenide, ma considera la cosa un errore risalente all'autore dell'epitome teofrastea. Infine inutile richiamare con il Diels DiOG. II 3: vioi 8 xal Hap^jLEViSou cpaalv xouoai arv (Anassimene), come parallelo. Qui non vi alcuna determinazione precisa, parlandosi di Iviot, e d'altronde non vediamo neppur ora la necessit di ricorrere ad una glossa o ad una disattenzione di Diogene. I nostri
cronologici mostreranno che Parmenide solo di dieci o quindici anni pi giovane di Anassimene e la notizia potrebbe anche essere antica.
risultati
V
32
^
,L
33
nella prima parte della citazione si riferisce assai pi naturalmente ad Anassimandro che non ad Anassagora, come vogliono alcuni. A confermare ci sta la frase successiva t?;^ Se X[.V7](76j^ ... niazT^GZ TV vouv 6 'AvaEaypa^, in cui l'esplicita dichiarazione del soggetto non sarebbe necessaria se con xeivoc; si volesse gi intendere Anassagora. Oltre a ci si pu dire che il plurale Xapi^avvTwv dopo alcune righe non si giustmca co^n il semplice e ormai lontano richiamo TiapaTrXr^dwc; Tcp 'Ava^Lfiv^po), se davvero si fosse parlato prima di Anassagora e poi ancora di lui, senza neppur accennare concretamente all'opinione di Anassimandro (8). Ci posto passiamo ad una questione pi interessante: il frammento suddetto teneva realmente nel testo teofrasteo la posizione attribuitagli
Tinterprequi due frasi equivalenti che interessano molto per tazione teofrastea di Anassimandro: kTQ%v Tiv (pxjGi^ ocTreLpov, cio il e pi sotto XX ti XXo Trap TauTa. Anassimandro qualcosa da sensi dei immediato l'oggetto primo che distingue che di diverso ed infinito, che comunque sostiene oltre ci
vediamo e tocchiamo un'altra natura. Sinora dunque tutto va bene nel considerare Anassimandro predecessore di Parmenide, poich pare egli abbia scorto, almeno nella loro distrade di cui parlava il ^esto donde xal Taor 9Y](nv al secondo passo: 09pa(7TO(; 7rapa7rX'/](TLco(; tco 'Ava^ijiv^pco Xyeiv tv 'Ava^astinzione,
'^l>
ambedue
le
siamo
partiti.
Passiamo
ypav xelvo^ yp
yevTi
ytvea^ai /puGov, oti S yv] y^jv, fjLOioc; 8 (7T0V coi; yivo(jLvcov, XX' IvuTrapxvTOjv TrpTspov. Trjc; 'Ava^axivy)(7Co; xal rr^q yV(TOJi; aiTiov 7rcrTT^<7 tv voov 6 ypa^, U9' ou 8t.axpLv(iva toq t x6g\io\jq xal ttjv twv XXwv v^ 9a'LV yvvY](7v. xal outco (jlv (^r^ai Xafxpavvxwv S5iv 'Ava^aypa^ x^ fiv uXtx; p/i; 7rLpou^ ttolelv, ty)v 8 t^<; vouv. eI Se Tt(; ty)V xt.vY](Tcoc; xal tt^c, jzvzGtoq aiTtav (jLiav, tov xal xax [XL^LV Twv jvTCov uTroX^oi fjLLav ELvaL 9i)crLv piaTOv
ElSo^xalxaTfjLEyE^^o^,
(TU(x(^aLVL
tou izdpou tql cruytw TravTi xpuGj ))v 8 xal tcov XXcov^exa-
dal
commento
di Simplicio,
accettare Diels?
una breve scorsa al sistema di Anassagora, proveniente essa pure con ogni probabilit da Teofrasto, che si conclude con due citazioni dal Presocratico; segue poi il passo che stiamo esaminando. Orbene, si adatta
proprio quest'ultimo
in
Quanto precede
in Simplicio
seno
alla
precedente trattazione
su
Suo
tqlq pyc;
auTOV XyEiv
ttjv
cCTTE
9aLVTai Ta
cco(i.aTix
passo,
vedr, potrebbe anche essere teof rasteo) si tratta in si fa a di accenni fuggevoli ad Anassimandro, dove meno di delucidazioni precise, gi fornite altrove. Nel nostro caso Anassimandro invece, che rappresenta la pi diffusa testimonianza su dal parlare del di Simplicio, quest'ultimo non si sarebbe trattenuto Teofrasto, o non tI jxETa^u, se non avesse riportato direttamente avrebbe comunque considerato l'Treipov come sostanziale.
anche
Dox. aveva righe 9-16 presentano alcune divergenze: Diels che nei cambiare idea scelto come pi teofrasteo quello di p. 154, sembr poi versioni. Il male nei Vors. lasciando sussistere nel loro testo le due passi di Simplicio come si per che nei Vors, Diels cita entrambi i di safacenti parte del fr. 4: ci lascia quindi insoluta la questione In pere quale fosse stata la lettura originaria del testo teofrasteo. esame '4. breve Un conclusione Diels non ci dice qual il vero fr.
del resto basta a provare che sin dal possibile in proposito il testo di tutto
:
Seconda parte del fr. 4 (Dox. 479, 2-16). Le righe 9-16 sono {xal sgg. citate da Simplicio nello stesso commento, 154, 14 * 0E9paoTo; 8 tv 'Ava^ipiavSpov tic, tv Ava^aypav ouvco^tiv ... ypa9i testi delle 8 o{St6J(; v Tf) Ouatxf) loTopta... segue la citazione). I due
(7)
scelto quest'ulimo. Le diversenza importanza / Xaap>avvTOJV o;Lv av rsipou?, dove l'omissione del sogge to Anassagora rende del tutto oscura la frase; si parte da un plurale e si passa ad un singolare, di cui la lingua esige una determinazione, anche se possibile ottenere per altra via il senso / Dopo questa frase e prima di -^v S t^^ x.Lvrjaeco? troviamo a P 154 1 inciso ciGTzzp eiprj7.i, appartenente secondo ogni evidenza a Simplicio, il quale trovava naturale in, questa seconda citazione richiamare quanto era stato detto in precedenza, trattandosi di Anassagora La cosa CI sembra pi logica che volere ritenere teofrasteo l'inciso, inserendolo in un luogo dove non era nel testo di Simplicio, e vedervi un riterimento a ci che era stato detto appena prima (p. 478, 20 Dox) riferimento che, come si vedr tosto, non ha ragione di esistere / TOV vouv omesso / tra y^y^^o^ e au{i,3a(vsL,
1JS4 sono: oOtco |i.v ov, TTOLEtv rccq y.ev uXixg p/^
sicuramente genze di p.
il
migliore.
Abbiamo quindi
l'inciso orrep av S^^z (iouEa^aL Xsysiy, non necessario nel testo teofrasteo / aTCo lez. equivalente / tra coaT e 9aLVTai sta Trvrwt;, non necessario,
'
quanto
tedelta interpretativa troppo grave per essere attribuita a ^on si pu dire per contro che l'accenno all'oro non Teofrasto si pu riferire ad Anassimandro, perch in contrario facile osservare che la terra, che e del pari portata come esempio, non ha per Anassagora natura elementare (Anaxag., 16): Teofrasto, come del resto Aristotele, non dava gran peso a queste esemplificazioni.
pu ancora osservare che il contenuto del passo xeTvoc ^^ ""^ ^^'^''**^ Stxptat^, contrasta con Anaxag. Hrr^i9''A?';''?"r'^'' Kb K12, A5,j, il che rappresenterebbe, se riferita ad Anassagora un'in(8) Si
^
34
.>
35 tamente assurdo pensare ch'egli si riferisse proprio a questa parte xal Taura per fondare il particolare rapporto Anassimandro-Anassagora, quale risulta dalle frasi successive (10). In conclusione sembra pi che probabile non sia
airocchio a Simplicio di diretto richiamo Il ci direbbe il contrario. trova per l'appunto ali iniTeofrasto, qtgIv OsopanTO^, si abitudine di Simplicio in queste citazio del nostro passo, ed autore all'inizio oppure al terzioni teofrastee appellarsi al suo dovrebbe cosi concludere che Si (9). testimonianza della mine
salta
meglio, siccome ci non quanto precede non di Teofrasto, o considerazioni generali, che qui Simplicio consigliabile per Teofrasto. Questa impressione inizia una nuova citazione da per un altro ordine di idee. anche potrebbe essere confermata particolare su Anassagora, Teofrasto aveva scritto un'opera teneva in gran conto. Non probabilmente che tlosofo dunque egli, parlando di Anassache sarebbe allora del tutto logico l'apparenza di quanto un tale pensatore
cerchi, contro aveva detto, di ridurre
l'originaria la posizione tenuta dal nostro passo nel testo Simpliciano, e verosimile per contro ammettere si trovasse nel corso della trattazione su Anassimandro. Volgiamoci dunque all'unico passo teofrasteo su quest'ultimo, primn citato. Questo, come si
gora
in
parte
le
una tale primitivo e poco conosciuto. Eppure ad frase finale del framnella giungere a riesce egli conclusione Suo x^ py^ aTOv UyzvJ t7]V ts
un
llosofo
-o57rLOOU9UC>LV... rn procedimento come Anassimandro; <li finitamente pi a posto nella trattazione migliore di giudicare -ed agli occhi di Teofrasto il modo stabilire un influsso apprezzare il Milesio stava nel poterne anzi che persino la flosoha evo-
'^l^''
su Anassagora, nel mostrare espressa in quei termini anluta di quest'ultimo poteva essere considerazioni psicolodelle comunque probative Pi tichi
del testo. U'xoi rauTa giche sono quelle suggerite dalla critica un'espressione che sta proprio al principio del nostro passo sono un suddette cose Le precede. cbe ci riferentesi a e quasi Anassagora, di e patrimonio comune di Anassimandro sxsivo^ seguitando: non bastasse Teofrasto le chiarifica ancora parlasse precedeva quanto che dunque vp OT^riv... Bisognava processo cio per cui ogni elemento tende
18-21 fossero teofrastee, cu, ..on significherebbe altro che far cominciare la citazione di reoirasto dal xal rauTa, ed allora sarebbero inutili le d.scussioiu d. prima. Noi per, contro il Diels, riteniamo che anche questa prima parte del fr. 4 provenga direttamente ' ^""^' ^' '^ "^^*"' -" ^' "' Giallo stesso tsIroTel HH"'t\!'-''' Diels e sarebbe effettivamente difTicile attribuire ad altra fonte ^'^e parte probabilment^^H n'^"''f''-''"'.-^"^''''"'"'-^"-^''^"^"'^' mente da un indagine d, contenuto. Quanto alle frasi successive (478, ""'' '^''"'' '"'^""^ '^'' ^'^^'^ sembrano consistere nello ^', ffr.H stretto parallelo con Ah.st.. Metaph., 984 a 11, e tale ricusa non neppure assoluta. Senonch il parafrasare Aristotele molto ^'^"""^^^ aristotelico si est enei rebbe soltanto alle righe".?'.r.l*'""^^ soltaLto"an'"'-'h 21-23, mentre contro la frase successiva :rvTo>v \LZv xapaxT7;pLJ:o(Xvou nulla di serio si pu obiettare. K' vero che
La prima delle mie critiche, hasajitesi (10) sul coyalv 6 ejpaaTO?, posto a mezzo del fr. 4, sarebbe annullata qualora si ammettesse con ,1 D,els che le righe precedenti non siano letteralmente teofrastee. Rimarrebbe ad ogni modo in piedi l'ultima critica che e anche la p.u importante: risalendo alle ultime parole sicuramente di Teofrasto secondo il testo di Diels (478, 18-21, Dox.) vediamo infatti che esse si adattano tanto poco al xal rauTa quanto le frasi successive. Si veda il contrasto stridente tra Trpcoro^ tx^ra-ras xat Taura 7rapa7rXr,m(0G tco 'Ava^t(jLv8pcp. Comunque U nostra tsi non viene toccata: quand'anche neppure le righe
-"
iZ
della
al
SiLxpiai-,
afTine.
del
suo
sta Senonch, se volgiamo lo sguardo a ci che posanzi simile, di nulla troviamo Simplicio, non infatti del principo anasil contrario. L si parla
:
materiale e prisagoreo del tutto in ogni cosa, della struttura SicLxpiaic; alla accennare mordiale della realt, senza neppur problema della sostanza, qui quello del divesi tratta il
l
' ^" Anassagora, la ripeter con le stesse parole, ma ci e spiegabile come reminiscenza teofrastea, senza dover pea.sare che la frase sia sua. In ci che segue poi da ypuat o stesso Diels ritrova il modo teofrasteo. Cerio, chi H feri fc'TLloc
pZe'l'"*"'' ^'V
X
di
il
susseguici
filosofo
uno
stesso
ed
nire con
(9)
ci
non
fr.
t.
fa ostacolo,
come
si
contrario del
cadono le ragioni di dubbio Un'ultima osservazione sulla duplice provenienza di questo fr 4non sarebbe molto logico che Teofrasto, cominciando a parlare di "'"'''' '' '"^ comunione con Anassimene, q^uando invece tutta ufri' la discussione posteriore si basa sul rapporto Anassiman dro-Anassagora. Quest'ultimo non ritrovato sufpiano sroricT e" ^^^^^^^^" '' '^ *-*^ ^^ t^Tn^rd'r P^;^:LrticT^
--
-^^-r-
37
TY]V
outo^ Ss oux XXoioufxsvou tou cttol/slou XX' 7rOXp!.VO(JLVC0V TOJV IvavTLcov Sia TT^q aSiou X!.v7]aca;. (11). Non si potrebbero trovare parole pi adatte da far precedere al X7i TauTa. Il processo di separazione degli opposti era evidentemente una parte importante nella dottrina di Anassimandro, e Teofrasto non poteva acconvisto,
terminava:
TTOLS'!,
ybjZGlV
tra unit e molteplicit, per analizzarne meglio la natura egli passa a studiare il rapporto dei due termini, costituito in Anassimandro dalla separazione dei contrari. Dall'analisi ri-
sulta come quell'antitesi non fosse tale in definitiva, come cio la distinzione di unit e molteplicit non rappresentasse ancora
accenno che
si
trova nel
fr.
2.
La cosa
doveva interessarlo, proprio dal suo punto di vista fisico. Contemporaneamente gli vien fatto di pensare ad Anassagora, ed i parallelismi son sempre graditi agli storici della filosoia. Egli passa dunque a chiarire la teoria di Anassimandro; il yp spiega in che modo quest'ultima, di cui forzatamente prima
gi dev'essersi parlato, porti in s degli elementi appartenenti nella stessa guisa ad Anassagora, non appena essa venga esposta.
>
Se d'altra parte viene ritenuta necessaria questa spiegazione, evidente che prima l'argomento sar stato soltanto sfiorato. Si noti poi la perfetta rispondenza ed il progresso di determinazione delle due frasi che stanno al termine del primo passo e all'inizio del secondo: 7:oxpLVO[xvo>v tcov vavTiwv ... v t9)
/r-./o genere diffeche i contrari, il mondo fenomenico prima, nell'CTTELpov (XV vuTrapyvTwv Tuprepov, fr. 4; 479, 7). A che cosa si riduceva dunque per Teofrasto quell'antitesi? Evidentemente all'aristotelico contrapposto tra GTOiytlcf. ed uXt]. (12). Qui gli viene in mente Anassagora, che non si era accontentato di quella insufficiente distinzione, e proprio partendo dal processo di separazione aveva dedotto un principio foto genere diverso, il vouq. Ma a Teofrasto non importa poi tanto rilevare la differenza in dignit tra vouc; ed arcstpov, quanto piuttosto venire in chiaro su un
per Anassimandro
la
*>
cruyT^vy;
9pr7i>3
Tipi;
XX'/iXa.
Comincia ora a chiarirsi nel suo sviluppo l'interpretazione di Teofrasto; egli fa cominciare la filosofia da Anassimandro, il quale con l'introdurre il termine di p/Y] si separa per il primo dalla materia, dal fenomeno nella sua immediatezza. Di qui l'insistenza iniziale di Teofrasto nel fr. 2 a distinguere l'aTreLpov dai cosiddetti elementi. Posta questa primordiale antitesi
uno del divenire nella filosofa prevengano trattati nelle sfumature. In ci che segue infatti egli proclama l'identit di vedute di Anassimandro e Anassagora per quel che riguarda il primo problema, della sostanza; nonostante ogni apparenza in contrario entrambi lo risolvono in un'unica p/yj, 1' Treipov. Il problema del divenire per contro, che in Anassimandro non si distingueva ancora a sufficienza dal primo, trova la sua piena indipendenza con Anassagora, nella sua scoperta di una nuova
socratica,
problema
della sostanza ed
comunque
essi
>
apxT],
il
^o\Jc.
(13).
Ritorniamo adesso a quel lontano punto di partenza, il passo di Alessandro di Afrodisia riferentesi a Parmenide;' da
esso ci
(11) Dopo queste parole il testo teofrastco del fr. 2 continua ancora, trattando di Anassimcne, amico di Anassimandro. Il che proverebbe una successione immediata tra i due passi, essendo solito Teofrasto a segnare il passaggio dalla trattazione di un fdosofo a quella di un altro con il rapporto di discepolato. Pi tardi si vedr
eravamo
di
Anassimene Teofrasto
"'^"^''*'
(12) La cosa chiara dalla seconda parte del dice che la sua py^-^
fr.
2,
dove parlando
cosa spiegabile altrimenti. Per ora ci preme successione immediata non sia necessaria, per la soluzione di continuit esistente tra i due passi, nell'inciso, di evidente origine simpliciana, Sto xal tol; TCepl/Ava^aypav toutov 'ApiaTOTsXT]!; cuvTa^ev (476, 15-16). Inoltre non certo contro la nostra tesi che proprio a questo punto Simplicio senta il bisogno di fare una tale osservazione. Secondo noi infatti il testo teofrasteo doveva continuare con il parallelo Anassimandro-Anassagora, e Simplicio, pur interrompendosi per passare ad Anassimene, ne colpito e s ricorda di aver letto qualcosa di simile anche in Aristotele. Anche in questo Teofrasto seguiva Aristotele, interpretando per a modo suo in senso pi storico.
che
la
far notare
come
tale
^^ ^A^a (47b, "^A'^,^?"^; Lo stesso esprime 17-18) tlBoQ xal xar [xye^oQ (479, 13).
"^"^"^
Anassimandro
la
frase:
cpaiv
xal xar'
(13) Il fr. 4 non finisce per qui, dal momento che il testo di Simplicio continmi, parlammo di Archelao (479, 17-480, 3). Di costui leofrasto avr trattato dopo di Anassagora, ed quindi da escludere che queste righe seguissero originariamente 479, 2-16, il passo cio dedotto, come stato dimostrato, dalla trattazione teofrastea su Anassimandro. La parte del fr. 4 su Anassimandro sar quindi stata stralciata da Simplicio e inserita in u passo riferentesi in complesso ad Anassagora.
f;., il'
38
39
su Anassimandro, per vedere se si sarebbero adattate a precedere il toutw 8* TTLYevfxsvoc. (14). Siamo ora in grado di rispondere airermativamente. Anzitutto r*AvaCi(xvSp(o, con
stee
si chiude la citazione leofrastea di Simplicio, si adatta perfettamente davanti al totco S' l7r!,Yv(i.vor. Altrettanto coerente con quel che precede l'Ir:' fjL90Tpac f^Xi^e Ta:; o^oxjc;
cui
ttolcov x^; py^ Trup xol y^v, t 8' q alriov xol ttoiouv, a Tiup ed a y^ tocca un valore simbolico (come del resto aiutano ad interpretare i due (I);), altrimenti parrebbe strano che Teofrasto abbia considerato uno di essi un - 'ltiov, ed abbia dato all'altra il nome della materia
rrjv fxv
cl)^ (iXr^v,
tcria
di cui
si
gi data
sono
le
prima un'interpretazione sommaria. Quali due strade? . Niill'altro se non il duplice problema
si
prima come il centro dell'interesse di Teofrasto a questo punto della sua ricerca: xo.l yp eoe tSiv Ictt!. to tSv
rivelalo gi
Lnorpyl^z-zy.i
/.:
^bjznrj oSiSvai
i
7ZZipoi':y.i
due problemi, ma il suo occhio si era volto alla sostanza, Anassagora per contro era stato maggiormente attiatto dal principio del divenire; logico che ora Teofrasto passi a Parmenide, il quale and su entrambe le vie. l\gualmenle a suo posto la frase seguente o/ ofjioicor Tcepi (jL 90Tp(ov So^sOjv. Secondo Teofrasto Anassimandro aveva considerato due problemi ancora da un unico punto di vista sensibile, la razionalit non interveniva per lui a lisolverc uno dei due; non cosi Paiiuenide, clie guarda la sosta nzax.aT'dcXr.'^eLav ed il divenire zara S^7v tcov ttoXXcov. Quest'ultimo d una soluzione ai due problemi inversa a quella anassagorea, idealizzando la sostanza e materializzando il divenire. meglio
distinto
i
mandro aveva
Parmenide ha gi visto cio il problema del diveuna certa luce ideale, additando la strada della soluzione di Anassagora, mentre dal canto suo ha innalzato di molto la dignit della sostanza. La spodestata 9U(tl; aopLriTOc; nel suo sistema stata ridotta ad elemento passivo nel processo del divenire. Ci rimane ancora, per concludere la nostra dimostrazione, da esaminare quanto Teofrasto dice di Senofane, se per caso non si adatti meglio a precedere il passo riguardante Parmearistotelica.
nire
sotto
Si^SacrxaXov {jTzozi^yerj^y i r^r^cjvj 6 09pacrTOc; fxoXoycov hipyQ elvaL (j.XXov vj t^- Tzep ^ucrscoc: IrJ-oplyc ty]v fjLVYjfjir.v zr^c toutou do^yj-- T yp Iv to'jto xyl 7:av tv 0v Xyv Ecvoovr^c.
(16). Una prima difficolt ci viene incontro, poich il Diels ha considerato testualmente teofrastea la frase HV09vy]v rv KoXo9WVL0V TV nypiizvi8o:j Si57.-x- Xov unozi^tfj^yi. Contro di ci possiamo elevare molte ragioni di dubbio. Anzitutto le parole appartenenti sicuramente a Teofrasto sono da un lato [l7v S ... YjpEfxouv e dall'altro Tpa^ ... S^t^c: tra le due frasi esisteva senza dubbio nell'originale una connessione che non ci pervenuta testualmente. Vi ha dunque una generica presun-
senta
ancora, forse nell'intenzione di Teofrasto Parmenide rappreuna Maggiore idealizzjizione al confronto degli altri
due tlosoli, il che spiegherebbe come in questo contesto egli venga posposto ad Anassagora. Teofrasto infatti gli attribuisce qui tre p/yi, (15). ed il termine ha per lui signilcato di separazione, per quanto in un primo stadio non assoluta, dalla ma-
(14) Si Iloti per incidenza che la frase toutco H' TTtyeviJLevoc; non indica un rapporto di discepolato, ma una semplice successione temporale. Cfr. dalla stessa opera di Teofrasto il fr. 9 (484, 19-20). Qui comunque a noi importa la connessione di contenuto che Teofrasto stabilisce tra Parmenide ed il suo predecessore, poich del rapporto personale tra Parmenide ed Anassimandro eravamo gi stati informati da Diogene Laerzio (IX 21), anche l con l'autorit di Teofrasto.
(16) Dox. 480, 4-8 (il fr. 16 non appartiene evidentemente al libro sulle apxai.). Aderiamo al Reinhardt, Parm., 92-4, nell'attribuire a teofrasto la frase xal o{t ... rjpetxouv. Simplicio avr certamente avuto sotto gli occhi l'anonimo scritto peripatetico d. X G, secondo quanto crede il Diels, e da esso trae infatti tutto il seguito del passo ma se al principio egli crede bene di citare Teofrasto, ci significa che al riguardo possedeva, oltre alla testimonianza dell'anonimo, una dichiarazione delle a)u(Tiy.cv S^ai, la cui preziosit si affretta a sfruttare con una citazione diretta dell'autore. La frase T yap v ... o ivo9vr,; una chiarificazione di quanto precede, che
perch cosi
un^7.py(7]
per Teofrasto non soltanto un. sostrato materiale, chiama anche il voij(;, e d'altra parte non neppure intesa unicamente come il principio del divenire, dal momento che
(15) L'p/ir;
egli
per lui altres, lo si visto, il caos anassagoreo: lo stesso essere parmenideo rientra nel vasto concetto di p/r;. su cui tra breve.
''''"'' '^ '"''''^ ^' esprimersi aristotelico nella Metafisica ?a^Iu\o (98bb 18 sg.) e come tale appartiene probabilmente a Simplicio. Se intatti accettassimo come teofrastea la frase, sorgerebbe un contrasto tra ^ov e l'astratto t 6v di 480, 4. In tutto il seguito poi del passo Simpliciano molto difficile vi sia qualcosa ancora di teofrasteo, neppure, a nostro parere, il poco che cerca di
salvare
il
Diels
40
i
41
^
sua distinzione tra aTreipov e processo di separazione. Senofane invece, a quanto sembra dire Teofrasto, non neppure cosciente esistano i due problemi, e la sua soluzione perfetla
zione di dubbio riguardo all'ampiezza di ci che Simplicio ha inserito per congiungere i due estremi. Inoltre la costruzione
della frase discussa dell'accusativo
con
l'infinito e
non pu
rispondere quindi letteralmente al testo di Teofrasto, che nel passare dall'uno all'altro pensatore fa sempre punto e ricomincia nel modo pi naturale: Anassimandro figlio di Prassiade disse oppure Leucippo poi... non percorse la stessa
strada di Parmenide. Perch Simplicio non citerebbe direttamente solo in questo caso? Infine l'espressione tov ITappLSVLSoi) SiSaxaXov per nulla teofrastea; tutti gli esempi da noi posseduti sono perfettamente univoci nel dichiarare a proposito di ogni filosofo la dipendenza da un predecessore, mai il suo influsso su un altro che verr. Cambia il modo di esprimersi di Teofrasto, che stabilisce delle sfumature tra rapporti personali e di contenuto, parlando di allievo, di amico, di studio
delle, dottrine
di un altro, ma il metodo sempre lo stesso. mi sembra fuori di dul)l)i() che la dichiarazione provenga da Simplicio, il quale era evidentemente intimidito da
tamente unitaria e totale, non lasciando per lui nulla da spiegare. Ci si potrebbe comunque obiettare che la distinzione tra le due strade non era stata constatata da Teofrasto con riferimento ad uno dei due filosofi precedenti e ad introdurla
gli
...
zt^q izep
(pxjGtii;
laTOpta^.
Al
Con
ci
Passando all'esame
del
sidera la sua filosofia. Senofane diede s una soluzione al problema della sostanza, ma ignor per contro completamente quello del divenire, che poi il solo ad interessare a fondo Teofrasto (17). Di qui le prime diflcolt a far precedere questo frammento al passo di Alessandro su Parmenide. Si detto prima che la frase and su entrambe le strade presuppone un filosofo il quale abbia per lo meno intravisto un duplice modo di considerare la realt, come Anassimandro con
che da parte nostra ancora lecito ribattere che difficilmente Teofrasto si sarebbe riferito ad una generica indagine intorno alla natura , come se con ci avesse enunciato una specifica strada di ricerca; questa Sc significava piuttosto per lui lo stabilire un' p/yj alla yvsaic, ed in tal senso preciso era stata preannunciata meglio che altrove per l'appunto nel passo trattante di Anassimandro e di Anassagora. La problematica della sostanza e del divenire, impostazione come si vedr cara a Teofrasto, che sembra presupposta immediatamente nel passo di Alessandro, non trova certo un riferimento nel frammento su Senofane (18). Senonch rimarrebbe pur ancora possibile sostenere una successione del frammento teofrasteo su Parmenide a quello su Senofane, accettando la nostra costruzione del rapporto Anassimandro-Anassagora e considerando il frammento su Senofane un inciso che permette di riferire a quanto precede il fr. su Parmenide; ogni dubbio cessa per non appena ci si ricordi della frase seguente in Alessandro, oux opLOLco; TTcpl (Xtji90Tpcov So^^oiv. Queste parole si connetpotrebbe obiettare che Teofrasto, parlando di am, non aveva bisogno di riferirsi alla sua dichiarazione su Senofane, bens al passo cui proprio vogliamo egli si sia riferito, al fr. 4 cio. In tal caso, a i)arte il fattjo che quanto riguarda Senofane starebbe in mezzo e renderebbe quindi difficile il riferimento, se seguiamo l'ordine dielsiano e consideriamo appartenente al fr. 4 anche le ultime righe su Archelao, si rende ancora pi duro tale riferimento. E' da notarsi i)oi che il fr, 3 su Empedocle da posporsi al fr. 4, pur senza ricorrere a speciali ragioni interpretative, semplicemente per gli accenni che Teofrasto iniziando ogni nuova trattazione fa ai filosofi che precedono; il Diels segue invece inspiegabilmente l'ordine del testo Simpliciano. I due estremi si distanziano cio ancor pi e la loro connessione diventa impossibile, dal momento che in questo frammento su Empedocle non compare il termine yveaii; e va perdendosi il senso dell'antitesi tra problema della sostanza e del divenire, come mostra l'ipotesi finale di Teofrasto, secondo cui l'Agrigentino avrebbe accolto sei principi delle cose, da considerarsi su uno stesso piano.
(18) Ci
le
si
bedue
strade
riguardo il fr. 5a. Qui Galeno polemizza con Saquale Senofane avrebbe identificato nella terra la natura dell'uomo. Sabino cio sosteneva, da quanto risulta chiaramente dal contesto, che Senofane aveva posto la terra come p/iQ. Se cos fosse stato, ribatte Galeno, Teofrasto non avrebbe certo passato la cosa sotto silenzio nelle Ouctixwv S^ai. Dal che per noi si deduce come Teofrasto secondo ogni probabilit se la sia cavata con la sola frase che che troviamo nel fr. 5, quanto alla fsica di Senofane. Se qualcos'altro d'importante avesse detto, Galeno si sarebbe affrettato a riferirlo, per avvalorare la sua tesi.
(17) Si
veda
al
bino, secomto
il
42 43
i
tono stilisticamente al toutco iniziale ed VItz^ OL[i(pOTpy.(;... r^ 8ou^, opponendosi ad un filosofo od a pi filosofi che precedevano. Dal che, mentre riceve conferma la nostra spiegazione di entrambe le strade , si trae la decisiva deduzione che mai poteva essere Senofane a trattare nell'identico modo il problema della sostanza e quello del divenire, se per lo meno ascoltiamo l'interpretazione di Teofrasto del (^olofonese. Quand'anche poi, trascurando ogni nesso stilistico, si ricusasse alla frase suddetta la possibilit di essere inferita a quanto stava prima, considerandola semplicemente un'introduzione al seguente contrasto tra via y.OLZ* >//]i>iav e via xaT S^av, e lo stesso procedimento fosse applicato alle due strade, senza pi scorgervi dietro alcun filosofo, non si riuscirebbe con tutto ci a convini'cre che il passo su Alessandro segue il frammento su Senofane. (Comunque infatti si voglia variare l'interpretazione dell' O'j/ fxouoc..., rimarr incontrovertibile che con questa frase viene rafforzato ci che segue; a Teofrasto cio non importava certo a questo punto enumerare le pyy.i della S^a
'
di Teofrasto si trae
il
nucleo del
giudizio sui Presocratici. Siamo ora in grado di tentare un nuovo riordinamento dei frammenti di questo primo libro sulle
p7(yi,
il pi importante dell'opera teofrastea. Il fr. 1, che comincia parlando di Talete, lascia adito a dei dubbi seri sulla sua provenienza teofrastea. Una considerazione fondamentale che 'si oppone all'attribuzione del lungo passo Simpliciano (475, 2 - 476, 2) a Teofrasto sta nella forma della citazione di
ma
parmenidea, quanto piuttosto rilevare l'abisso, che qui per la privolta sembra essere introdotto nella storia della filosofia, l'esdi
senziale diversit
fenomenica. Ci posto, come avrebbe potuto parlare a tal modo Teofrasto, dopo la trattazione su Senofane, perch avrebbe considerato quasi una scoperta e una novit (piello che gi prima gli era risultato a proposito del Colofonese? Si veda infatti la sua interpretazione <li quest'ultimo: la sua sostanza dovrebbe essere identica ciucila parmenidea, dal momento che univoco il nodo d'esprimersi teofrasteo per entrambi, anzi, ancor maggiore in Senofane il distacco dal fenomenico, se il suo uno non l finito n infinito, mentre plasticamente limitato quello di Parmenide e inoltre, tanto distante per lui la molteplicit dall'unit, che questa costituisce il centro della sua dottrina, mentre a quella egli sembra non attribuire la dignit di essere oggetto di una trattazione scientifica. In conclusione, constatata quest'identit tra Senofane e Parmenide nell'interpretazione teofrastea, ci sarebbe da chiedere, se davvero Senofane fosse stato considerato il maestro, perch mai Teofrasto non avesse gi insistito parlando di lui su questa
astrattezza dell'
p/;/;.
(19).
(19) Si
noti
zione sn
Parmenide
mantenere
la
Ti
della sostanza fenomenica (.si noti la voluta concretezza delle espressioni v T Trv e di noy.ipozi?)7]C,) e del divenire: essi gli sfuggono di mano e si trasformano' in un contrasto tra unit e molteplicit. Gi per .Anassimandro si sarebbe detta calzante una tale distinzione, ma i due termini stavano ancora su uno slesso piano empirico ed il problema del divenire era salvo. La novit di Parmenide sta per Teofrasto nell'avere elevato uno d? essi ad una sfera superiore (o\}y (i.oicoi;...), e tale impostazione deve fatalmente, come dimostra la successiva presentazione di Senofane, in cui l'astrattezza si accentua, precludere il campo alla ricerca fisica. Tutto ci chiarito dallo svolgimento del fr. 6: nella prima parte -- 482, 8-9 si specificano le due strade (che, comunque siano interpretate, implicano un allacciamento con ci che i)recedeva) nei problemi della sostanza e del divenire; nella secomta parte 482. 10-13 in cui si deve parlare concretamente e determinatamente di Parmenide soltanto, tale distinzione lascia il posto a quella tra unit e molteplicit, concepite come mondi staccati e di valore diverso. Logicissima appare cos la prima parte del frammento nella sua funzione di stabilire un nesso di continuit tra Anassimandro e Parmenide. Per quanto riguarda l'astrattezza di Senofane, come i)rima si accennato all'o^irs rT::pa(T[jLvov outs aTretpov, si noti ancora nella formazione (Jeirdcpyr; senofanea lv t ov xat Trv, a paragone dell'SvT di Parmenide. La prima delle due espressioni detto Trav, indubbiamente la pi astratta, evoluta ed eleatica e sarebbe del tutto incomprensibile che nel testo teofrasteo avesse preceduto l'altra senza che fosse rilev'ata la sua originalit. Secondo la nostra interpretazione invece la cosa naturalissima poich Teofrasto, dopo di avere impostato a proposito di Parmenide il sistema eleatico, avr logicamente accennato appena a Senofane, senza sentire il bisogno di ulteriori interpretazioni, attribuendogli cos la terminologia comune dell'Eleatismo. Rimarrebbe nel fr. 6 un'ultima apparente difficolt da superare. L'inciso di Alessandro "kyei Sh xal EvoQv7;v, donde era partita la nostra ricerca, ed in. cui speriamo risulti ora chiara, dopo quanto si detto, l'impossibilit di una mutilazione del xa l, farebbe sorgere una grave difficolt contro la nostra tesi, se riferito, come pare, in modo preciso a quello che segue. Se cos fosse sarebbe cio attribuita a Senofane, posto sull'identico piano di Parmenide, una ricerca su ambedue le strade . cosa assolutamente contrastante con quanto era risultato dall'analisi del fr, h. Senonch possiamo fare anzitutto notare che la congiun-
44
^
O 4!
quest'ultimo, inserita verso la met del passo, dove parlandosi sempre di Talete, vien detto ttoXXwv \ikv zal XXcov TupoyeyovQ.Tcov, a>;xal0O9paTCoSoxuSe i precursori di Talete sono ri-
cordati anche da Teofrasto, ci significa che il resto del passo non era ricavato da quest'ultimo, e tutt'al pi si potr estendere la citazione teofrastea al periodo in cui inserito il richiamo. Tale estensione stilisticamente consigliabile. Inoltre
zione di Senofane a Parmenide nella paternit di riueste dottrine non poteva sussistere (con l'espressione p.es. napjJLevtSr^? xal HV09v7)(;) nell'originale testo teofrasteo. La cosa per altro impensabile, sia perch non si capireljbe la ragione per cui Alessandro dovesse aggiungere l'inciso, ponendo al singolare i verbi seguenti, anzich restituire letteralmente il testo teofrasteo, sia perch l'ultima parte del frammento per il suo specifico modo di esprimersi e per il suo contenuto non pu che riferirsi a Parmenide. L'equiparazione dunque di Senofane a Parmenide, se non poteva esser stata ritrovata da Alessandro nel primitivo contesto del frammento, e d'altra parte non precedeva di certo quest'ultimo, poich prima si era trattato di Anassim.andro, l'avr forzatamente seguito. Teofrasto, accennando subito dopo a Senofane, aveva senza dubbio identificato la sua impostazione filosofica a quella di Parmenide (ci doveva essere chiaramente espresso, perch altrimenti Alessandro non avrebbe saputo cavare una tale identificazione dal fr. 5, come lo possediamo noi adesso), ed aveva poi rapidamente concluso tenendo presente la seconda parte del fr. 6, cio le ultime parole dette, dove si era fatta luce una nuova distinzione, calzante per gli Eleati. Veduto ci Alessandro volle ampliare la testimonianza teofrastea comprendendo anche Senofane, ed inser il suo inciso in luogo ambiguo. Tutto ci inoltre in accordo con la nostra precedente analisi sullo sviluppo e la trasformazione dei problemi, nell'interpretazione teofrastea, da Anassimandro a Parmenide ed a Senofane: l'inciso in questione non fa che confermarla per altro verso. Siamo ora anzi in grado di colmare in parte la lacuna che avevamo osservato nel fr. 5; infatti l'identificazione di Teofrasto tra Senofane e Parmenide non pu essere situata se non qui, da quanto ci risultato. Il testo originale avr suoMiav 8k Tr,v px^^v ... oute r;p[jLOuv < Eevocpvr^t; nato pressapoco cos KoXo9tviO(; uTTOTiO-srat, ct/eSv TaTa Xycov ca^sp xal nap[jLvtSr,(; >. Riteniamo probabile che Teofrasto abbia scritto uTuoTi^sTat,, nella
:
per Teofrasto un teimine ben preciso, usato nel senso dalla sua indagine storica. Come tale p/v] ha il valore di principio che comunque trascende l'immediatezza fenomenica, cosa riscontrata pienamente per la prima volta proprio a proposito di Anassimandro (si noti inoltre il rilievo dato alla frase TrpcoTO^ tojto Touvofxa y.0[iir70i(; ttj^ '^P'/J^ 476, 5-6); la prova si che la parola evitata quando si parla di Anassimene, dove pure poteva esservi motivo di dubbio. Tanto meno dunque logico che Teofrasto l'abbia usata per Talete; a costui nessuno nega egli abbia accennato nelle
OLpyji
che
gli risulta
OudLywCov
TTpojTOc
(20).
Il
80^7.?,,
ma
ci
sembra
diffiicile
accettare
il
come
teofra-
non
Tzp
passo
GaXr^^
Se
cc,
dcTTOxpu^J^aL TivTac;
si
Peripatetico
su Parmenide, essa doveva rfpprescntare un particolare configurazione del problema posto prima. L'uso del presente accenna ad una discussione gi iniziata: per questo soltanto sarebbe difficile far precedere il frammento su Senofane. (La parificazione teofrastea lasci senza dubbio perplesso Simplicio che prefer chiarire a modo suo la cosa, ricorrendo al punto di vista aristotelico. La congiunzione dei due filosofi, se realmente compariva nel testo di Teofrasto sotto la forma da noi proposta, poteva anche apparirgli non contrastante al rapporto istituito da Aristotele. Ma su ci ritorneremo ancora). Come conferma di quanto sopra si vedano i brevissimi accenni di Teofrasto con i verbi al presente, ad Archelao (Dox. 479, 17 - 480, 2) ed a Metrodoro (Dox. 484, 13-16), che non potevano certo costituire paragrafi a s, perch servivano nello schema teofrasteo unicamente a ricondurre i suddetti ai pensatori che li precedevano nella trattazione (Anassagora e Democrito). In. contrario non provano nulla il passo in Dox. 476, 16 sgg., che sar chiarito pi tardi, n quello in Dox. 477, 17 sgg., in cui il primo verbo non era il ttolel di 478, 1 perch precedente outoc; S introduce evidentemente una seconda proposizione. Nel testo originale la prima proposizione aveva senza dubbio il suo verbo di tempo storico, che Simplicio lasci cadere n.el presentare la citazione come congiunta a quanto precedeva.
(20) Un'altra testimonianza, richiamata dal Diels, ci conduce ancora pi in l di questo breve accenno a Talete, forse proprio all'inizio dell'opera teofrastea (Schol. in Apoll, Rhod. II 1248). Essa parla di Prometeo, considerandolo un aocpq. Teofrasto cominciava forse la sua opera dando uno sguardo ad alcune personalit filosofiche primitive; siccome avvertiamo che solo da Anassimandro incomincia la sua impostazione sistematica, lecito pensare che anche a proposito di Talete egli si sia accontentato di ricordare la sua personalit di sapiente. L'interpretazione di Talete contenuta in 475, 2-8 risale ad Aristotele, Metaph. 983 b20-27. Il che non basterebbe certo
forma
del presente,
Il
argomentando
in
contrasto agli altri frPTimenti delle Ouoixcov S^at, dove nell'introdurre un nuovo filosofo si adopera il tempo storico, passando poi al presente nell'esposizione delle dottrine. Un altro particolare significativo in questo accenno a Senofane: il nome del filosofo non compare al principio del periodo (la cosa non sicura, ma probabile), contraraniente a quanto avviene in tutti questi frammenti teofrastci. Riunite, le due osservazioni ci portano a credere che Teofrasto considerasse secondaria a trattazione su Senofane, non le dedicasse cio un paragrafo speciale. Messa in appendice a quello
di Simplicio.
che
'i
46
<
47
di questa
primo scienziato ed il primo fisico, e segn a Talete, che fu la via alla visione filosofica del mondo, ma lo scopritore vero
il
visione per
lui
una personalit, ma
altres
dottrine
definite.
Facciamo
per rifiutarla a Ttofrasto, poich questi, come si visto, dipende molto spesso dal maestro. Senonch da osservarsi ia primo luogo che qui non si tratta di un'interpretazione jjenerale di Aristotele, ma di una sua ipotesi psicologica \a[iiv tato? Tr;v O-Xr/yiv -y.'Jzr^\f...). con cui cerca di spiegarsi l'origine della tesi di 'l'alete. Sarebbe quindi gi strano che Teofrasto avesse assunto come propria l'ipotesi personale del maestro, dando anzi una prova dinsensibilit, che si addirebbe certamente di pi a Simplicio, con l'assumere senz'altro la cosa come risultato sicuro. Non solo, ma da tutto questo passo risulta una concezione di iy/ji] perfettamente aristotelica, per niente affatto
invece tcofrastea.
Il
zione di
brano suddetto della Metdfisira che segue di poco la definila riassume di b() sgg., p/y; come termine tecnico,
\ii'.i
^ ou YtyvsTai, tojt' arlv p/y; -vTcov. A noi interessa naturalmente qui di stabilire l'uso della parola in Aristotele come termine d'interpretazione storica, e non gi per quanto pu riferirsi al suo sistema. Ci dunque da cui ha origine il mondo l'px^Q secondo lo Stagirita. Kd il pi interessante si che la jjarola significa tanto sostrato materiale cjuanto principio efliciente (... sx tou Osp^iv ex totou TtvTcov pv T/;v Tpo'yVjv Ovpv O'jaav xal aOr t TuvTtov za OTrptxaTa t xal to'jtco t^tov ... xal 8i yt-Y^i/li^^ov quello del divesostanza problema della Il e TTjV 9'jaiv uypv s/s'-v).
nuovo come: t
8'
guaggio comune. principio , inizio , come ad es. in Soph. el, 167 bl3 sgg. su .Melisso, o in De melo 268 alO-11 sui Pitagorici. Questo uso generico si adatta a generare un altro comcetlo di ipX'^t' Troviamo infatti esempi della connessione pyr, paew; in Melaph. 983 b20-27, su Talete, e di cpiella p/yj xivrjaetoc a proposito di Empedocle (3/etaph. 98.1 a21 sgg.) e di Anassagora (Phijs. 2.56 b24-25), dove px^ equivalente ad atriov, e si stacca dalla materialit. In un tale senso approssimativo di causa , p/vj sta pure in De (jen. et corr. 324 b3532.5 a2, Phys. 252 a32 sgg., sugli atomisti. Del pari senza alcuna connessione ed in questo caso decisamente ideale trattalo comcpx^ il vou; anassagoreo, in De an. 405 al5 ed in Metaph. 989 bl6 (si noli che in quest'ultimo capitolo /Udb yfetafaiat. poco prima, IVO. il vv^ detto anche wrw ^-ot/ru.v ij che leiUiiioiiiu lu vxirirU %con:ertiinte della lrrmino)of:ji ttri>lotlic;u. Similmente, u propoxro di Eniclito.
in
De
Ol. 4.'i
ari.
guanto
nire sono cio risolti da Talete mediante un unico elemento, che non esce dal campo della materialit. Lo stesso significato di principio in Aristotele, efliciente oltrech materiale conserva la parola iC'/r^
Si veda Phys. 203 b6 sgg. dove si parla di Anassimandro. laTTSipov considerato come px"/): ... o Tarr^t; dtpyjQ, XX* aorr^ t>v XXcov elvat Soxet xal rrspi/stv oltzolvzol xal r.vzoL xu^iepvav. Similmente i^X'h *^ adoperala a proposito di Anassimene, Diogene, Ippaso ed Eraclito, in Melttph. 984 a.V8. In tale signidcato tecnico la parola attribuita da .Aristotele ai filosoli che largamente possiamo chiamare .Ionici. Kgli la usa per altro anche altrove, e ci fa sorgere
quando
p/aU e nello %v%>Kf 5cno oxKAyttt, umii indifre con valore matcHuIr e iileale: Meiai*h. UM5 t2H .; 986 al.Vl*: H87 a^ k.: |i>72 b0 K:.; W WJ; /Aiyr. 2M *1 jfjC.; De ca*Q 'ib& alO.11. I.a funrHDa questione iittcrpr|;iliv{i $ul eontraiito rilro\jlo nelle tcNtinionianxe di Aristotele Ira numeri materiali e ideali poirviibe for*c fwsvxv illtiniin>ila ddirappruroniiirn.nto dclTindagine vtil <iuplic<' U5o ari?liilelko della poroUip^^r, PftMNiMli) per contro m TiKifranto. lo tnvitiini> llMHto unixxamenle u di un w\o significalo, inello fornkAlc ixl ideale. Il tcrnlnc che per .\rixlolr1e era usto non Iccnic^inefttc diviene per lui un concetto cnneneutnK rltn>vai(o nel |>rinio (llovofo. l.'3:ctf<ttv di Anassiman<lro per nulla p|>Are infatti nel ir. 2 <ofne principio fllrientc.
renteittcilr
rici,
in^iilriaii>o
luendfi
non o>ntrlbui>ce a frollo :tpiexare il pn>ldnin del divenire. o>x!lU soManxM rtxpi t9cOt. In eontra.^lo ;iil .Arlttotele. per cui (5cretpv# er un'ipyr^ in rpmnto jccncravn dirvitamente il ntomio,
per noi evidentemente delle ditlcoll, in accezioni varie e personali, non con precisione di storico, (^os il seguilo del passo sopra citato della Metafisicd (984 a8 sgg.) parla dei principi soltanto materiali di Empedocle e di Anassagora, e li chiama ancora p/at. La limitazione per che Aristotele si affretta a fare ci avverte che non siamo pi di fronte al senso primitivo di l^/x'. ci ehe costituiva la met del suo contenuto, l'essere anche un principio efliciente, qui negato espressamente (-raura yip si 8ia,uveiv xal o yq'vea&ai per Empedocle. e similmente per .Anassagora). .Aristotele avrebbe dovuto usare qui il termine OTOi/Eta, che altrove usa sempre (e che d'altra parte anche spunta involontariamente in zx rsTTapa e nel passo suddetto TTapTOv). Si veda ad es. per Empedocle Metaph. 985 a 21 sgg.; De gen. et corr. 333 bl9-20; De t cielo 301 al4 sgg.; De yen, et corr. 334 *2 SU'-, Phif9. 187 'iii sii^i Mfiaph. 1000 blS-l^; e ptr AnMsaijcora Dt Mf/o 3U2 a2 sta.: Ptttts. 'H),i a 19: Dr g^n. ti cort, 314 ni 8 c<c. Tftl^xiltfl poi dfX't ^'*"^' <llrc. leronilo il scimo piti natumle del Un*
l^
stione appiire
sito di
tamente non rnulernle e non efllrirnle. In Arl5to4clr hw-^v^ non Iro^ viamo alcun esempio inlle a propoc^ilo delTes^err rlcalic<i. I.a que|>i inlrimla per i^li atoinixii t4 Ana$l|^ra. A pr^no-
inipostarr il .\nii!Pdmandro il pn>ldenin del J%Yairr mediante un Uro elemento, vi ri:; i'^C'Vo icerr.ccc;. No joK ma per quanto riguiiniii f:ll altn lilovoli n pco|iociito dei quali AriMotele pu MK*n ^/Y^ nelift |>To|>eia :Kvefionc tecnica di principio materiale ed enicieatc a un tempo, Anoxsiinene e Diogene di Apollonia. possianao far oKxervnrc <Ke Tix>rr.iH|< evito di adopcrarK il termine in questione. Per contro Tei>f rasici sidopern ipyi^ nel fr. 5, chlomando <on tal n^ime T^v senofntxi^ un prlnelfiio dunque a^solu-
Teofrji>ii> fa
Demotrito Tcxifr^iHto ptrla di due f/oti. il TJr,it^ xl il xcvi^ (484, 2), pr oocennandOKi ogII atomi eowH- itifinitc e irrtxyclx (483. 16.17 %M Lcucippo; 494. S-l> e lO-ll %n nemocrito). secondo la tendenza arHlolelica (/;<y. 205 al9 e 33-1: Mrtaph. 1039 a9.10; />e cado 3in ai6). K5.tc alIrxO, ptf rttik, un pao di Arijitotele sudi afornUll cln- cniv^Miern il *'ui>Id f il pieno come
ipW
d^x<
48
9
fr.
2 (476, 1-15).
due (Metaph. 985 b4 sgg.). Scnonch si faccia attenzione: i du elementi sono detti qui aiTia 8 twv vtcov -aura oc, uX-/;v. Aristotel e pu cio a buon diritto chiamarli p/ai, perch d loro nella sua interpretazione il duplice valore di principi materiali ed efficienti assieme, secondo il proprio uso tecnico di pyy]. Si confronti invece in uno stesso contesto di pxaC il fr. 8 di Teofrasto: questi parla infinite, gli atomi, e di due p/at, il vuoto ed il pieno. Sembra che egli voglia sistemare sotto un unico pensiero ci che per Aristotele era un doppio punto di vista. Si noti la frase c, uX-/;v zolc, oai r? T^ouc; u7ro-:t,0vTc, che attribuisce il principio materiale agli atomi. Ora questi ultimi sono le p/at infinite, qualcosa di molto simile di Anassagora, all'cTOipov di Anassimandro ed all' piaTO? c^xgk;
n^ell'interpretazione teofrastea gi superiori,
come
si
visto, all'im-
passo co- 'liXr^v... ^a^; 484, 3-5, rifiutato dal Diels a Teofrasto, se pure non con sicurezza, perch troppo aristotelico. Ci non vero, esistendo anzi nella sua prima parte una divergenza tra i due autori, secondo quanto stiamo dimostrando. Si possono tutt'al pi nutrire dubbi sulla seconda parte, zpzlc, ^ ^iaiq: 484, 4-5). D'altro canto Teofrasto dice poco prima: i-i 8 oSv [xcXXov T ov Y) T (i.y] 6v uTrp/st >tal olUkx {jLOtco<; zhcci -cole, ytvo[i,vo!,i; ci[i(?c. Ritroviamo cio viva l'impostazione generale teofrastea di un problema della sostanza in contrasto ad uno del divenire: l'essere ed il non essere degli atomisti, il-'pieno ed il vuoto, sono p/ai in quanto aiTia, e come tali essi pure staccati dal fenomeno. Aristotele ora parla degli atomi, sostrato materiale, ora del pieno e del vuoto, principi materiali ed efficienti ad un tempo, e nei due casi pxh mantiene il significato di materialit per lui abituale. Teofrasto riconduce agli atomi la sostanza degli atomisti, ed al vuoto ed il pieno il loro principio del divenire. Quanto ad Anassagora, Teofrasto
mediatezza fenomenica.
(11
>
fondamentale di pxV;, il che si applica ugualmente ad Anassagora, non ci autorizza per altro ad affermare che Teofrasto, quando a proposito di Anassagora o di Democrito parla di infinite pyaC materiali, intende veramente qualcosa che sia al di fuori della materialit concreta. La cosa sarebhe assurda, ed egli stesso mostra di essere in imbarazzo, alternando all'uso di py^ quello di n-oiyr7ry (cfr 479, 15-16; 483, 16-17; 484, 10-11). Con '^ materiale eglMntende I uXt) aristotelica (quest'ultima detta gi da Aristotele stesso apxT], cfr. ad es. De gen. et corr. 329 a28 sg.g.), ma non pu fare a meno di constatare come le omeomerie o gli atomi siano rispetto a questa ben pi determinati, e quindi in certo senso pi logicamente degli aTOixeicc, secondo la sua terminologia pi precisa. A quest'ultima conclusione lo induceva la generica interpretazione aristotelicacomunque egli lascia coesistere le due concezioni e rimane convinto* nonostante 1 apparenza in contrario, che i Presocratici videro nelle loro apxai non solo il puro oggetto materiale, ma qualcos'altro, un elemento che pu gi dirsi formale, ideale, un che di genericamente e primitivamente razionale, astratto e vivo ad un tempo. Questo duplice punto di vista compare anche nella sua testimonianza su Anassimandro, il cui CTrapov detto pxV;v re xal aTO^XEiov (arocycrov
Aristotele, a dire il vero, troviamo accoppiati i due termini, ad es in Metaph. 983 b6 sgg., ma la sfumatura da lui intesa e diversa da quella teofrastea, sta nella distinzione tra puntipio principio materiale ed efficiente). Quando un Presocratico ci parla di un principio sensibile, sembra dirci Teofrasto, intende qualcosa che contemporaneamente materialit ed essenza della materialit, ed quindi giusto che noi vediamo apxY] sotto la seconda luce, la pi profonda, e quella cui il Presocratico voleva in estrema analisi giungere, per quanto non si sia espresso adeguatamente. Infine tale distinzione di valore tra ov:;) e aroixsLov ci confermata dal fr. 3 su Empedocle. Dapprima gli elementi sono detti oToiyeXoc, cpilioi e vetxo^ invece pyat, poi, posti questi due sullo stesso piano degli altri, si parla di sei p^a^ ^on gi di sei aTOixeta. Ci perch il carattere comune di tutti questi principi una volta inclusivi anche l'amore e l'odio, non potr essere pi brutalmente materiale, bens animato ed essenziale, e Teofrasto autorizzato a dire pyaL Chiamare dcpya^ i quattro elementi gli sembra troppo arrischiato, poich qui si trova dinanzi alla materia immediata, al puro oggetto dei sensi, ci che non era avvenuto per le omeomerie e per gli atomi; eppure egli sa scoprire la vitalit degli elementi e preferisce sacrificare l'impostazione di un problema della SOS anza distinto da quello del divenh-e per mantenere anche in Empedocle la propria interpretazione di py^. Gli altri esempi di apxT) in Teofrasto, 482, 12-13 su Parmenide (di cui si gi parlato).
gnificato
alla costruzione del sistema atomistico, e faccia interessarsi il primo piuttosto al problema del divenire, il secondo invece a quello della sostanza. L aver mostrato ora l'estensione agli atomisti della problematica di Teofrasto ed il mantenimento al riguardo
(Anche in
gli
attribuisce infinite p/at materiali, seguendo apparentemente le testimonianze aristoteliche sopra citate (fr. 5, 478, 20-1; 479, 10-1), ed inoltre lascia aperta l'interpretazione di due p/ai staccate dalla materialit, Tteipou 9CTt(; e vouc; (479, 14-5), preceduto anche qui da Aristotele (Metaph. 989 bl6-7). In sostanza, Teofrasto accetta la formulazione da Aristotele (che abbozzava interpretazioni senza dare un senso tecnico ad p/r]) dandole per il suo colorito ermeneutico. Con ci diviene definitivamente chiaro lo sviluppo della problemaAnassimandro, da un lato T aTTSipov, dall'altro tica teofrastea: Parmenide, sv t rv (ov) e y^-rrup (uXy); ed aiTLOv); riStoc; xivr.ai; Atomisti cTojxot (ov) e Tz'kripzQ-y.zvv (v e [xt] ov); Anassagora (che si collega ad Anassimandro), da un lato l'Treipou 9UCTI1; dall'altro il voO^. Il collegamento Eleati-Atomisti ci appare adesso per la prima volta, ed saldissimo. In entrambe le scuole l'unit della sostanza (ov, TzXr^pzi;) si sdoppia e si oppone al suo contrario, v-[X7] v, Trup-yTj, 7rXrjp?-xvv, permettendo di risolvere anche il problema del divenire. Parlando degli Atomisti Teofrasto conserva a bella posta la terminologia eleatica dell'v-^T] ov come gi Aristotele, per far rilevare appunto il nesso di continuit. Parrebbe anzi, se si legge bene il fr. 8, ch'egli caratterizzi diversamente Leucippo da Democrito, quanto
;
i^
50
51
tra
Anassimandro
Talete,
rilevalo
frasto
rapporti personali, cui Teole sue testimonianze, ci daranno anche in seguito un criterio per quanto possibile
(21). Tali
frammento
di
ricorre
regola
nell'introdurre
Platone, rientrano nel significato suddetto. Anche per Platone mantenuta la distinzione dei due problemi. Chiusa la digressione ci sembra di poter concludere che Tuso
e 485, 1-4 su di
oggetto di un paragral^. staccato "'""" '""'''"''^" ' continui.' dell crono logia e del pensiero interpretativo. Il testo di Teofrasto continua poi con la trattazione di -Xna.ssinu' e sta i" Simplicio, ma s. riattacca immedialanunte al parallelo "^'' tr-.Anas '^"''simandn, e .Xnassagora nel fr. ' 4 (479 2-16)
nuovo
LrVdH""""
"me
px^
nt'l
fr.
su Talete ed Ippone 'jB<x>g) >^Y*^^ ''^ ^?xV ^^ '^^'^ 9aivo{i,V(ov xar TTjv ataOr^aiv eh; toOto rapajrsvTe^' xal y^9 '^^ l>ep(Jtv tw uypw Cf] xal T vexpoufxeva ^YjpaivsTat xal T OTTSpfxaTa Tivrov uyp xal Tpo9T?) Tcaa X'J>>(''jSt';? (475, 3-6), dove p/r, ha il valore di principio strettamente materiale, ed efficiente per giunta, non pu in nessun modo provenire, dopo quanto si detto, da Teofrasto. Fanno eccezione le parole iniziali <-)aAf^i; (iv *K;otu.>*'j Mt/./^-sio;, che vccondo ogni evidenza vanno sostituite i\ (-)aX7,<^, fr. 10. in |>rlnclpio cio <kl hrvvt frammento teofra^teo da noi rlconoscliato. Passan<lo ad esaminare In parte ulteriore dol Cr. 4. riftuarilaiiti* Ippaso ed Eraclito, 475, 14 - 474v 2. ri si \vaii v^iTvarr del puri l'Accezione arinlotclica in cui viene uafa la pMrola. Ad Ana.Nsiitmc Teofrasto evita di accordare un' ip'/i^ !'Ppitf<7 il *^** prDci|>io e ehinoci Immedltii qualcosa iluM|lie isi mato una ^rirsipo^ 9^!hti<;
incnlr nialcriah*, cui vini. <ialo il nome ili urla iafr^Xtxi<f*cc\rTr^*t li DOtl Pintcrprcln/ioiu' siiiibolic pi clkr niAterialislieii). irn'^ynq per q^icsiu 9vm^ non pu rNscrc, iK-rrh* pi/9}iir*y,. Meno aikota (fulndl poteva furb) per principi di Talete ed Krjt<llto. che soio dHII rcrcpaafjL^va. Si noti poi come l'Accoppi omento di due nomini diMnll tra loro tieogralicamente e (er mtcrc%si cultuntli Mircbbc strano in Teofrasto. che per quanto sistematico ino5tra in qucM'opcrn di \*oUr dlstlnttuere con precisione le singole perv>na1il dei AI090II. <Lo HtcHSO mI dico dciraccoppiamcnto Y:i1etel|>fKine, vixla prima.) Andie quando accenna a perMonalii minori, <i>nie .Archelao o l)to|rnv, t(]i ne tratta Ki'm(>rr xrparalatn<-ntr. rKualiixoIr xlmno sarvl>l>r che iiul m |>ar1aNHr di Ippaso, (]uati<li> in lutt<i i|ar:lu printo libro dell'opem leofcaNlca N<iMl)ra siano <l('l tutto px'ate Mitt<i 5iIeflO peroilftlit& hcn pi importanti del pilajjoriMiKi, ed addirittura la MUola MeMa pitaK'oi'ica nella %uu K'^'iH'ralitii. E' quindi naturale pensare che Simplicio tragga l'accoppiamento da .\mst.. Mtiaph. 984 a 7. Non sagplamo infine dove potrehhe inserirsi rtell'opera tcofrn^tca il passo Jn questione. Non glA tra Talete ed Anaximandro. mancand*i In tal ci che precede, mentre per senso gli abituali accenni dall'autore contro introducendo Anannimandro lo si riallaccia a Talrte; v ne|> pure in <iualHaK allra parte iieir<i|K'ra. dal momat<i che In iMitlra futura indagine stabilir una p<rfcUa conlinuilii nrlla trattazione uttravri'Mo una catena di filosofi in cai min entra Kraclito.
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'" P"'-'"''"i"''-' f--- . ".u-hV.ssa allaccitra lacciata eia *ch"""""".i''' a tio che precede senza soluzione di continuifi 148^. ;"""""'" 1482 7-13). Le quest oni critiche iiipr..nti ..;
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Il
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come Platone ed
in
53
pretazione degli Eleati
frasto
ci
quanto attributo dell' ov, ma nonostante questa maggiore fedelt non mostra di aver compreso Parmenide, a giudicare dalla presentazione naturalistica del filosofo nel frammento precedente (ic, ll^iv n-i T TTocv), che risponde al suo schema interpretativo. Il passaggio dal sesto al settimo frammento si spiega con il bisogno che ha Teofrasto di chiarire meglio il contenuto della pi importante delle due oSol, quella xax* (xkr^^ziy.v. Egli avr detto pressapoco: Parmenide giustifica nel modo seguente che il tutto sia uno. Al settimo facciamo seguire il quinto frammento. Sulla connessione di quest'ultimo con il sesto si gi parlato in una nota precedente: il fr, 7, inserito tra i due, serve a completare la continuit del pensiero teofrasteo. Dopo di
aver insistito sul concetto dell'unit, Teofrasto trova naturale accennare a Senofane, che di questa via un tipico e unilaterale rappresentante. La successione del fr. 5 al fr. 7 era probabilmente immediata. 'Prima si gi tentato di eliminare la discontinuit esistente in seno al fr. 5; con ci abbiamo riempito per una parte soltanto della lacuna, lasciando oscuro il nesso ulteriore con le parole ZTzpcLc, ... ^c^T'C. Al proposito ci viene in aiuto un passo di Aristotele, riguardante genericamente tlosof izzpi MXicrcrv T xal IlaptxVL^7]v, la cui costruzione ricorda talmente da vicino quella teofrastea da far pensare le sia servita di mofj^c,
risultata in
'="."^^'--"
fl"m-' fa ali inizio
--no,
i.
di ogni nuova trattazione, in questo caso espresso da xo.vcovVjaa, n.?y.t.i^ ,^, 9^>^o,^ooi.c Invero si potrebbe pensare che l'a testimonianza sugli Alomi ti "Irebbe allora pi a posto se fatta seguire al fr. 6; con ci si dimeni cherebbe per quanto risultato prima, la stretta dipenden a eoe del quinto frammento dal sesto, di cui forma ^-on^e unTp pendice, tanto da far credere costituissero un unico paragrafo" dedicato appunto a Parmenide. Si osservi poi quel c^'e
'
prima
e di
'"'"" ^^'"'^'^'^ appropriato ^parfr; ancora di Senofane, ''""T^^se la sua trattazione avesse realmente pre '='"' "'" ^'^ " Colofonese no'n ce?to deln '''"T"''"' t'' """1 '""^'*'---"'' '" Teofrasto. La cosa ivec secondo la nostra interpretazione,
ZtJrtZf Z
'
l'orisimle
dello:
ouq
e[
xot
TaXXa
Xyo'jcri
elvcni
xaXwc, oX o 9uaix<0(; ye
olttol
se Te
mantenendosi la continuit con quanto stava prima Inoltre Parmeni.le e Senofane vengono qui posti su un wTn co piano speculativo, ancorch il .secondo vi .sia giunto "; mento del pruno, espresso dall'antitesi essere-non esse e che Atomisti; il che, mentre fornis"' ula
fr"n,m'en; o frammen '''' ^"-'^'^ ""P-sibii: su ":=""' Senofane, che preso in s non contiene in
secondaria,
xai TrpoTspa^ ri tt^c, (pucrtxT;^ un principio astratto che preclude la via alla ricerca fsica: tale la motivazione di Aristotele, e la stessa abbiamo ogni ragione di credere sia stata quella di Teofrasto. L' ixoXoyciv con cui Simplicio introduce la frase in questione un indizTo di pi in tal senso: il riconoscimento di Teofrasto clie non si pu parlare di una fsica senofanea deriva appunto dall'aver osservato l'assolutezza assunta nel Colofonese dal lato astratto dell'eleatismo.
kzipy.c,
(23).
E'
proprio
l'accogliere
al
.XtyJ
'
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'
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"anremZ T.
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esso
nel
riguarda
fr.
''"''''''"' ""''''' appare "u,rSo"''di''":t,a"zTone' e" ta,'"'"P*^"" '^''^ '"'^' l"'^' che Democrito sii = kk
8.
narla di
.'"-"'-"'1"'"'-^
in questo fr
Ti
A
e
seguire
il
fr.
si
adatta perfettamente
il
fr.
8 su
Leucippo
Democrito, anche qui per quanto possiamo credere in modo immediato. La connessione interna del frammento con l'Inter-
(23) Cfr.
tra
due passi
Arist., De caelo 298 bl4 sgg. Una generica parentela gi stata vista dal Diels, nei Proleg. ai Dox., 109-10.
W^^fi*it
54
y
55
Giunto a Metrodoro (l'accenno al quale chiudeva il paragrafo su Democrito, come mostra chiaramente l'espressione px^ (T/sSv TI tlc, auT^ tolc Trspt Ay][xxpiTOv ttolsi) attraverso una serrata catena di filosofi che era partita da Talete, Teofrasto si dovrebbe trovare al termine della sua scorsa sui Presocratici. Ma su altre personalit notevoli, e che non si potrebbero davvero far seguire, con un vincolo cronologico o di discepolato, n a Democrito n a Metrodoro, troviamo attraverso le testimonianze di Simplicio dei frammenti teofrastei; si impone quindi anche per questi il problema di determinarne p/aL Teofrasto poteva la posizione in seno al libro sulle parlare alla rinfusa dei filosofi che ancora gli rimanevano, oppure ricominciare daccapo una seconda pi breve serie di pensatori, parallela alla prima e tale da colmarne le lacune. Abbiamo buone ragioni per credere che egli si sia attenuto a quest'ultimo metodo, che rispondeva al suo istinto sistematico. Si veda infatti il fr. 3 su Empedocle, uno dei filosofi tralasciati; l'usuale riferimento introduttivo a chi precedeva duplice ...00 TcoX xaTOTTiv Tou *AvaEaYppo'j YSyovc^, IlypfjLSviSou 8 ^TjXoiTYjc... Si ha cio un rapporto temporale con Anassagora accanto ad uno personale con Parmenide, contrariamente a tutti frammenti visti prima, dove unico e determinato era il riferimento (25). La cosa non per inspiegabile. Empedocle
i
dovrebbe naturalmente seguire Parmenide, con cui congiunto da vincolo di discepolato, ma ci impossibile perch dopo la trattazione su Parmenide Teofrasto avr parlato secondo ogni veros.migI.anza di un altro suo discepolo, Leucippo. dal momento che quest'ultimo viene introdotto con il riferimento al solo Parmenide. All'Agrigentino spetter
dunque
e
e
,1 criterio organico del discepolato, l'autore accontenta di un semplice nesso temporale. Orbene. Anassagora e proprio un altro dei filosofi tralasciati e si adatta quindi perfettamente nella seconda serie; di lui si era gi accennato
docle; n.ancatogl.
appunto l'accenno al suo raoporto temporale con Anassagora, dal momento che sinora non e. e r.sultato alcun esempio in cui Teofrasto ricordasse dei particolari cronologici per pura curiosit. In sostanza abbiamo trovato primo anello della seconda serie. Anassagora-Empe-
un'altra posi-
s.
vero,
proposil,,
di
il
Anassimandro,
ricordo .nc.dentale ed
ancx.ra
stea.
ma
si
trattava
lui
di
un
paragrafo speciale a
delicato non
da Diogene (482, 20 - 483, 1). A proposito di quest'ultimo non vediamo neppure come necessaria la tesi del Diels, il quale fa risalire alla duplice fonte di Diogene l'attribuzione a Parmenide del rp - yr e poi del ^eg,[i6yj - t];uxpv (ProL, 166). E' ben pi naturale, poich non si scorge facilmente il punto di sutura, supporre dietro a Diogene un unico estratto teofrasteo che attinge anzitutto a quanto era stato detto di Parmenide nel primo libro, ed in seguito alle noattinto
tzie del terzo. Se per caso volessimo invece accettare la duplice fonte, si potrebbe avanzare la presunzione particolare che la prima
Se andiamo ora a vedere quest'ultimo, al principio del fr. 4 diels.ano troviamo una definitiva conferma alla nostra tesi Il sol.to riferimento iniziale suona in questo caso 'Ava^^vp^c ... xo-.v^v,.a; .,, 'Ava?.^vou, ^.Xoao^a,, ed Anassimene e per appunto il terzo ed iilti.no dei filosofi notevoli che non sono s al. compresi nella prima catena. Anassimene per contro SI riallaccia saldamente, come discepolo, ad Anassimandro H personaggio centrale della prima
serie di filosofi.
nuova successione Teofrasto fa entrare a parte Archelao che chiude per cosi dire la trattazione di Anassagora anche Diogene di .Apollonia, dedicandogli un paragrafo parti' colare, per quanto breve, ora che il nesso della catena d^ven-
In questa
compilazione cita piuttosto dal primo, quarto e (juinto libro, la seconda invece dal terzo e dall'ultimo. .Accettiamo in 482, 20, l'emendazione dielsiana aiTia, che sarebbe in cosmologia il termine tecnico parallelo ad ipy^ri.
(25) .Anche il to^jtoj S' STCvevpLEvOi; Hap^jLeviSr^i; del fr. 6, che implica un rapporto puramente cronologico, sar stato integrato nel testo originale di Teofrasto da un accenno al rapporto di discepolato tra i due filosofi, accenno abolito da Simplicio per rispetto di Ari-
stotele: a questa afiFermazione ci si sente ormai autorizzati dalla precedente esegesi di Diog,, IX, 21. Notevole poi la sfumatura tra il xotvcovTQaac loLpyitviSri t7;c; (fikoao(fiOLc; (per l'uso di questa costruzione cfr. Plat.. Leg. 686a), detto di Leucippo ed implicante contatto
Democrito sono legati tra loro dal v^nco o d maPsVrn "^t '^'^^^"''"'' Senofane e Metrodoro, 7a cui rXzone%-'T'"; mc.denale: se quindi incontriamo dei pensatori che non r-.?^ ^ primi, cui sono attribuii ranT",'" "'T" '"'"' " connettere coi semplicemente cronologici e culturali rappor"^ per j unta U*^ mente tra loro possiamo alir. k ""^'^ '?""' "'*'*is"^"li vicendevol-
T^
trattazione sia un
oppure
nuTva "non
sia
coTinufX'
""
inserita in
"'"' ''^
'^'""'""
ir
m
56
tato per forza di cose molto meno successione precisa dei frammenti.
0(
rigido (26).
11
Vediamo ora
la
ad Anassimene ci daccapo, da Anassimandro (27). 11 frammento su Anassimene (seconda parte del fr. 2; 476, 16 - 477, 5) non presenta nulla di notevole quanto al contenuto. Ad esso teneva dietro il passo su Anassagora ed Archelao (fr. 4, cui bisogna sottrarre la parte centrale, appartenente com.- si visto alla trattazione di Anassimandro) (28). Il contenuto invece qui interessante: per pri(26) Che a questo fdosofo fosse dedicato un paragrafo particolare dimostrato dal tempo storico yypatps e soprattutto dal fatto che nonostante la mancanza di originalit rilevata da Teofrasto, egli non poteva essere riallacciato al solo Anassagora, ma tradiva altres l'influsso di Leucippo. Il doppio riferimento conferma la posizione del paragrafo nella seconda serie teofrastea. (27) Ci dimostrato dalle parole con cui viene introdotto Anassimene: ...sTaipoc yzyovcc, 'Ava;L[jLvSpo>j (476, 16-17). Probabilmente Teofrasto avr cominciato il paragrafo su Anassimene con un accenno sintetico alla dottrina di Anassimandro, per l'architettura generale si noti per del libro. A questa funzione si adatta perfettamente un passo di Simpliche intendiamo la cosa come pura congettura cio (in phifs. 41, 17 sgg.), che appunto riassume in breve il pensiero di Anassimandro. Il passo potrebbe essere testualmente teofrasteo: al nostro scopo basterebbe supporre un coarrep etpr^Tat all'inizio, naturalmente abolito da Simplicio. Si veda inoltre la per-
opinioni sulle dcpyaE, introducendo la causa infiniti i principi materiali . Le espressioni TtpwTo; [xeT(TT7)as ed XXstTrouaav lasciano capire che di
le
mo
egli
permut
altri filosofi doveva essersi parlato prima, il che va in accordo con la nostra ricostruzione. Questa infatti lascia seguire ad Anassagora il solo Empedocle (trascuriamo Uiogene d'Apollonia, che non interessa Teofrasto per la sua mancanza di originalit), il quale per giunta
numerosi
perfetto
addirebbe la permutazione anassagorea, non potendo sotto nessun punto di vista ridursi all'unit i suoi principi sostanziali. Anassagora contrapposto da Teofrasto
SI
CUI
non
l'unico Presocratico
scopritore della nuova scienza della natura: questa considerazione aiuta a spiegare il perch egli venga trattato .separatamente da quelli. T.a speculazione presocratica secondo la visuale interpretativa di Teofrasto, aveva scoperto' 1 unita come principio sostanziale, pi o meno connesso con la materiata; Anassagora non appartiene pi a tale ambiente storico, polche la sua unit acquista una dignit prima di lui sconosciuta, ed trasformata in al-M^ permutata* cio a risolvere la sfera del divenire. Prima,
lo
altri filosofi,
come
a tutti
gli
fetta attitudine del passo in questione a precedere il frammento su Anassimene, nella risijondenza arrsipv Ttva 9UCTIV... pyr^v sOeto, 9)(; contro a piiav (j.v xal aTO^ ttjv... 9uatv T7JV iSiov xivr,(7iv aTiav... di xal cTTELpov, ox piaTOv 8 toarsp iy.zivoc,... y.ivr,aiv S xal outo? Si spiegherebbe anche cos il presente 9T,ctlv, che in dtiStov TTOisT. principio di paragrafo costituisce un caso unico tra questi frammenti di Teofrasto inizia ogni paragrafo di questo primo libro con un tempo storico, passando poi al presente nel corso ulteriore della trat:
Teofrasto aveva tentato di inserire Anassagora nella grandiosa prob em,ea degli antichi fisici ed a questo scopo aveva costretto le sue omeomerie ad una rrdpoo 9^^^. Ora per contro eh egli SI accosta direttamente alla personalit del Clazomenio deve seguire la via opposta, ossia insistere proprio sull'infinit P'"'""P1 i'i' i" """'e biella permutazione . attrifa^ Cosi soltanto quest'ultima bu tagli. acquista un valore completo da momento che negli altri Presocratici il principio s<fstan mie e sempre unitario, fatta eccezione per gli Atomisti, quali pur .senza giungere a tale permutazione,
parlando di Anassimandro,
tazione.
frase
breve passo su Archelao siamo indotti a sospettare la xal ScoxpaTT] auyysyovvat. 9aciv, che il Diels lascia sussistere come teofrastea, nonostante il generico 9aaiv, che fa pensare naturalmente ad un inciso di Simplicio. Non abitudine di Teofrasto aggiungere particolari vaghi ed oziosi (egli non tratta di Socrate), o citare a proposito di un fdosofo il suo discepolo oltre che
(28) Nel
co
il
maestro, mentre
pare che
Simplicio ami
aggiungere
di
proprio
una nota precedei ver o ''' ""' ^"'^^'' "" ^""^^ "-- chiar'am t: co"me la come : testimonianza di Simplicio che forma l'attuale fr 4 dielsiano non possa in verun modo riprodurre l'originale testo teofrasteo, dopo che abbiamo in essa individuato due pass" appaHenenti a trattazioni profondamente diverse per spirUo e
in
secondo quanto
si
sono gi avviati
ci
risultato
"T"""
notizie biografiche (cos nel *fr. 5, 480, 5-6, e nel fr. 3, 477, 18, come si vedr presto). Evidentemente anche le parole successive 'Ava^aypou yevojxvcp tiaOyjT^, sono una modificazione di Simplicio, resasi necessaria dall'interpolazione, e la prova si l'uso di ^aOr^TiQ!;, insolito in
si
F.tsn
7:
'' ' ^'^ *'"" " ^'3 '*" Empedocle. In esso stabili!;'""'' ';apporto personale importantissimo per noi r~
iratpoc;
o simili. Si
cfr.
476, 4,
Yopi.ojv.
gene
HoV'-
auTv
58
1
59
(31). Rimane il xal :TX7)<Tiaff-n^(;, che Diels contesta/quasi Teofrasto avesse parlato di un'ammirazione di Empedocle per Parmenide, senza per altro ammettere tra i due alcun contatto personale. Notevole la scarsezza d'uso del vocabolo TrXyi
v<7^at xal
fi.L[JLr^T7]v
v tol^
7zoir\[ic(.Gi'
y.yl
^t^Xcoty)^ Tv Tzzpl rpuazcc, Xyov ^sveyxeiv. (29). si pu essere sicuri che risponda all'originale testo teofrasteo, poich a riportare la parola concordano le nostre due fonti. Altrettanto certi lecito per contro essere sulla non appartenenza a Teofrasto della frase x'I Iti (jLaXXov tcov rTuOyyopetcov,
ntGi
rki
che sul attinge ad un'epitome teofrastea, mostra di ignorarla, mentre diffcilmente la sua fonte Tavrehhe potuta tralasciare (30). Ci non decisivo, perch il contatto con Teofrasto assai pi diretto in Simiplicio che non in Diogene. Vi per ancora una considerazione d'indole generale che ci semhra troncare ogni duhbio: sarebbe molto strano che qui Teofrasto accennasse ai Pitagorici come ai maestri di Empedocle senza dirci che cosa in sostanza gli avrebbero insegnato. Elppure non soltanto in questo primo libro, ma ovunque nelle O'jtixcov Acai, Teoche semhra concordare anche
il
Diels.
Diogene
infatti,
che non incontriamo affatto nei dossografi, e starebbe invece benissimo in bocca a Teofrasto (32). Ma anche qui abbiamo un argomento. Se Simplicio o chi prima di lui avesse interpolato tutta la frase y.yl TrXy-ata^TVjc ... tcv nueayopeEcov SI sarebbe n<lubbiamcnte deciso a ci per aggiungere al rapi porto Parmenide-Empedocle quello Pitagorici-Empedocle non solo, ma per far prevalere quest'ultimo sull'altro; ed allora che bisogno avrebbe mai avuto di rafforzare la lontana ammirazione di Teofrasto, Irasformandola in sfretto vincolo per sonale, dal momento che proprio quest'ultimo doveva essere il maggior ostacolo alla sua tesi? Dopo Empedocle, a-chiudere
CTafT-rr,?,
frasto
mostra
di
ignorare
in
modo
quasi
assoluto
Pitago-
trattazione teofrastea sulle ipyy.i dei Presocratici, on ci manerla collocare allri se non Diogene d'Apollonia (33).
la
ri-
4
(29) Cfr. DiOG.. VII! 55. (30) Si veda inoltre
la
il
d. Siracusa
si
(31) Ricordiamo come uniche eccezioni, il fr. 18. citalo indirpt lamente non certo dal primo libro teofrasteo, e riiurdante ce.; la cui personalit molto incerta ed 2^96
i
cita
testimonianza
di
Ermippo, secondo
Empedocle sarebbe
taior"T
'"""
"'
"""^""'' """^""'^
parS
,i.
-i
"""='''
^Qlr
primrhe
Pi-
stato l'allievo di Senofane, ed ucttscov S -zoiq, n'jOayopixog vTu/etv. A parte il fatto che la frase di Simplicio ci presenta il rapporto
nrh
Empedocle-Pitagorici in modo notevolmente diverso da gene, e che non confutabile la provenienza di quest'ultima da Ermippo, le cui tendenze di scrittore pitagoricizzante sono note, rimarrebbe da chiedere perch mai Diogene non si era degnato di ricordare il suddetto rapporto, se veramente l'aveva ritrovato in Teofrasto, quando un momento prima aveva avuto l'occasione di citare quest'ultimo, che in fondo doveva apparirgli sull'argomento una fonte ben pi attendibile di Ermippo. In conclusione sembra logico supporre che nell'epitome usufruita da Diogene non si dicesse altro
quella di Dioall'infuori dell'accenno allo ^t^Xcott,!; e al {jLtfjtr^TYjC ev zoXc, TroiifjjjLacrt.; gi le parole seguenti sono probabilmente un'aggiunta chiarificatrice Non per contro sospettabile il di Diogene (xal yp ... k^Z'^e^{yxi\f) trasformazione del TcXr^macrTr^c; teofrasteo da parte libera \Li[irizT,Q, dell'autore dell'epitome, il quale non sempre citava testualmente. Quanto alla natura della compilazione che serve qui di fonte a Diogene, possiamo identificarla con quella della prima epitome supposta poco fa a base del fr. 6a (anch'esso attinto da Diogene). In entrambi i luoghi si danno infatti notizie biografiche e si cita dal primo libro dell'opera teofrastea. Il Diels ritiene invece (Vors.5 I, 278, 5, n.) che in questo caso Diogene usufruisca il IlEpl As^eco? e non le Ouatxwv A^ai, probabilmente per l'accenno alla parentela poetica. La sua tesi non comunque provata.
.
anX-s^riU"":,: rl^^^Ztt
^ZoXo<avTv, che si adderebbe "'P' V"" la trattazione dei Presocratici, fn ta e post conveniva secondo Teofrasto a Diogene sia dal punto .b vista e nologico che dalla considerazione delle sue dot rine riferentisl a '''""""" "'^^f" '"^"'' """"^ serie (mei tre era Tf^r-, riferito, per quanto riguarda la prima serie, a Parmenide) e ad Anassagora penultimo della s\.conda. tanto pi polTh er Dio sene non si poteva stabilire alcun rapporto di diJcepola o.
""'"^"^ collocazione nel testo teofras'eo pur essere viTtl'nnl f" "'""'' ''>"<"Seo posto all'inizio del paragrafo lllLf'^""'""" ^"'^^'^
paragrafo su Diogene avrebbe potuto ,1 seguire -^dTto indeterminato riferimento ^ fiv xar Av.faYpav -| S vaTi WrTTOv Xy<ov alla trattazione di Anassagora (non gi a outlla di Leucippo, cu, si riallaccia strettamente quella di Democrito ma a cosa e assai improbabile, perch in tal modo verrebbe al e ;e" in -K^Pe-loele, che abbiamo t :to sg-" gerita e^r d t testo teofrasteo. dal -^"--f .Non rimane allora altro che porr,, il paragrafo su Diogene in coda alla seconda serie teofrastea una
I
Che Diogene non potesse tenere nella trattazione teofrastea " ' '^ ''^" "^"^ mLllta de solito riter mento a 'V'^'^'^r omo'ri;:Hrn!,r" chi precede, in questo caso ad Anassimenp Ci posto
uTf 7
HmpXle
l'in^Wo"
60
serie sono visti pi isolatamente, le I filosofi della seconda problema della sostanza loro teorie, non rientrano nel doppio continuano armoniosamente la vita cui
6-
61
che
una
-
ripetizione di Simplicio);
fr.
= D
-f
476 16
477
e del divenire, non ne Parmenide e gli avevano dato inizio e sviluppo Anassimandro, sostanza al tempo Atomisti. In Anassimene e Diogene infatti la
TA
>
'
^- 478, 18
479,2
479
...
17
480 9
divenire, ogni duplicit assente dal siabbandona la fondastema; in Empedocle, gi lo si visto, si due problemi primifine alla ed sostanza della mentale unit chiaramente; in Anassativi pi non riescono a distinguersi viene capovolta, e gora infine tutta l'impostazione presocratica ad una diaccanto statica un'attitudine ancora pur sussistendo nesso di continamica nel guardare la realt, non vi pi un Anassimandro e di le visuali parallele di
stesso principio del
i
fr 9
- D 477^
in /A
EfiTreSoxXy;;
'
^Utoc; te);
nuit tra
di
esse e
Parmenide. Comunque
condo gruppo
posizione isolata che spetta a questo senon significa affatto per Teofrasto una al primordiale ambiente presocratico, rispetto loro inferiorit prova ne sia la considerazione in cui tenuto
la
di filosofi
anzi tutt'altro:
capire, il pi Anassagora, che per lui, a quanto possiamo dedicato ad spazio largo il ed antichi, grande dei pensatori
Empedocle nel Uspl aiaOrirjziv (34). Possiamo ora riassumere schematicamente nostri risultati, appardando una nuova numerazione ai frammenti teofrastei Alfinfuori di quanto tenenti al primo libro delle (Duar/.covA^at..
.
damentale impostazfonrprobleZica """"''' ,""' """^ '" =*" f""" '"''='" ''" vicino l'interpretazione dei principi drTnasTainr, "^ Peripatetico come il nensatnr,! " ""'"" considerato dal ^' frammenti, dal 10 al '23 '^""'^'' 'i altri (Die s) nl""' "PP""'-'"?" Pi al primo libro. Gi il fr. 10 Diels ancora su , lito di aETta; siccome .""''."'" "P^^ ""' ^^"''o insc
di Platone (dove ' '^'''^>- ^"' P""<^ipi ancL /""'"'* f'""'\^^'"'^' ^'^"'* visto prima) Notevole il generico -o^wLr Pia serie Pr' "craUc; "P"- ""a dot 7nTro7rntT,%anlH:' ''t"^So, non si fosse alTatto arlatn e fa pensare ' in ^'"'''"'- '^'"^^^^^o seguiva cio Aristotele nel eonsiderrrr'i'"''/" a"a fsica. Ci prova "^^"'"'amcnte estraneo ancora ."vu""'" avesse detto Archelao '""", " ''^"P^t'^'ico non maestro dTsn^ t cosa? Si noti inoltre che le Vhen.rn'S'"/"'"' "'''''"' *" >'he dedicate da Teofrasto '^^ principi fisici di Platone ' ai conf^rJ?,
ilTl
-.f
il
testo dielsiano.
quanto
sto.
VsoriLard
possiamo
a
ci
dice
Proclo,
Fr
...
=
=
{lv
...
D. 746,
-yu-zcf.
zione antropologica
3-15 ('4vaauLav8po;
xLVY]crwc)
+
t
D. 479, 2-lG
(xal
'Av74'.Mv8?co)
3
D.
482, 7-13
...
(toutw
...
xal tiolouv);
fr.
D. 483,
10
(t Tiap
ov); fr. 4
D. 480, 4-8
'"" "' pa's'o di D .^ n ?"T' ticXYxoXa di Eraclito, ''" teofrasto, sulla oJiTulJnl^u' A5eco,. Che il Peripa "',"""' ^''"" '''" "ept e.l-o pa sasse s 'h" sto primo libro delle "'''"^'? ^'"'^^o '" q"e'
Quanto'al
tJccZTtf"
'i"""'^'"'
'nx^r"
f
^
^^f-
fatte prima, (Miav 8 ... S^Y]^ in cui, oltre alle emendazioni non probabilmente origila costruzione slvai ... ty]v [JLVY)tJL-/;v 484, 16 (Asuzlt^tto; ... ty)v ^OoSov; nale); fr. 5 = D. 483, 11 teofrasteo il passo 484, 11-13, ritenere non nel Diels seguiamo il
arislotelica. che
vedeva
sbarrata
arrestarci
la
Prima
di
strada chiudere
*omxlv aSI ilToT com! JI V""^^ '''""'interpretazione nella viraleTof':" 1' ?" "' ^"''^f^''''' " a Anassimandro.
'i
le
nostre inlil;!^-
del
frammento
av...
AiovvT?
su Diogene sar stato, anzich xal AioyevY;? 8 parole le Consideriamo inoltre non teofrastee
iiolvoxjiizv^j
...
xal
(Dox. 477, 9;
cfr.
Simpl.,
in
phys.
essere scambiata nell'ori(34) Che la seconda serie non potesse detto a proposito ginale con la prima risulta, oltre quanto gi si dal doppio riferimento del paragrafo dedicato ad Anassagora, altres diventa logico solo che mancava nei filosofi della prima serie e che con la successione da noi proposta.
LirteT's'^!^ Eraclide Lembo ed un lozione attraverso estratto tpnfr^c". venta allora per noi ''" '"'" ^ 'scientifico. Diinteres ante !.?, 7' lente provenienza '^ ""^^^^ P^evateofras ea cnfrnrar tribuito nei <I,aoao9oi.cva ' ^'''"%''i 'successione ata'i Presocrafr """ nella ricostruzione """"<' P'""^ ^'''i'ito di Teofrasto e v^,' parentela tra i due. ' '""acciabile una L'ordine driPulHn t '," docle. Eraclito, ''"''^''' ^""P^" '^ .Anassimandro Anasl Parmenide, Leucippo, '^"^^"go'-a. Archelao, DemocrUo SVnnf mento di Simplicio invTcT successione nel comJ Senofane r', ^' dro, Anassimene, ""'"' -^"simanDiogene Empedocle P^ ' lao, Leucippo, Democrito 'il torTodlD^K"'H-^"'*^^^'-^' ^^^e"CI uiels e di avere dato troppo
" ~''^'- istante sul ^""P''c>o e anche sui OtXooo^oVeva di Ippolito che sonn t1>s"t'd''v''" ? II Diels ha determina osella sua nTr "^ ' ^" """ '"'^'^ teofrastea di Ippolito, un "^ ""^ '"''
ancora
un
,'"'""''
compendirbro^ralico:
r'T""
'
m-^
'.
62
alla seconda. Sinvpeso ad entrambe queste successioni, soprattutto secondo lo schema plicio determina l'ordine della sua trattazione puramente sistematico dato da Aristotele alla filosofia presocratica abbia potuto essere seguito in Phys., 184 bl5. Che un tale ordine tutto anche da' Teof rasto, come pare voglia il Uiels (Prol. 105), del fuori impossibile, gi per il solo fatto che sarebbe allora oziosa e potrebbe posto l'abbondanza di particolari biografici da lui usata. Si si dovrebbe topoi obiettare al Diels che, ad essere coerenti, non al centro della gliere allora Senofane da capolista e trasportarlo farlo precetrattazione teofrastea, e sarebbe tutt'al pi giustificato cui tocca il primo dere dal solo Parmenide (citazione da Alessandro), Diels su Platone posto nello schema aristotelico. Non solo, ma il fr. 9 quello da Simplicio dopo il passo su Kmpedocle e prima di
citato
63
^
-^^al^da^y;!;:^.-^^-;Parmenide.
contrasto tra
di
il
a proposito di di spiegare
^^
-^
Quest'ultimo
Q^ntoabbLo
U
fr
Parmenide, e la f;s di il ""^^^'^^ "^''^'^'^ ^eno^'' ' salvando la buona ^^Ve. edt ,T^'^"\'''^ secondo la tes"rmonl'n. ^^'"pV'^o- Costui inrapporto Senofane-Parmenide '1 ^^^^totelica, a stabilire frasto, dal momento ^'^'' "^^^'^^ falsificare che il div^rL Teo mandro-Parmenide,^ra '' Quesfultimo, Anassl
5
fan malestro
xat
/^^T
^evo9vv;v,
fatti e autorizzato,
sZ.
'^niasto ignoto.
stL':;ez.a7o'n:n'
sedeva Probabilmente
Diversamente
il
prova come
il
commentatore
aristotelico
non
spezzare a suo piacimento l'originale testo di quindi frammentariamente. Per noi la costruspiega diversamente, ricordando che secondo su Parmenide. ogni evidenza egli non possedeva il passo teofrasteo suo schema il (La cosa chiara dal fatto che appena enunciato teorico, ParSimplicio nomina, come rappresentante del secondo caso Teofrasto, a menide senza per altro diffondersi su di lui citando sgg. quanto 'vi sarebbe da attendersi. A ci si aggiunge il passo 38, 19 tratta s diffusamente di di questo suo stesso commento, in cui egli
teofrastea, ma Parmenide, e la testimonianza ha un'indubbia tinta Teofrasto. Da riportando da Alessandro e seaza neppur nominare prova essenla questo passo il Diels (Pro/., 113) crede di aver tratta di Simplicio da Alesziale in favore della sua tesi sulla dipendenza esso semsandro quanto alle citazioni teofrastee. A noi per contro commentatore bra dimostrare proprio il contrario, che cio il nostro particolare su Parattinge direttamente a Teofrasto. In questo caso di citare menide infatti perch mai Simplicio si sarebbe accontentato teofrasteo riporAlessandro e non avrebbe usufruito il frammento pretesa abitudine? tato da quest'ultimo (fr. 6 Diels), secondo la sua Teofrasto ricorfatto che neppure voglia citare il passo di il
pluralit
ete-Anassimandro-Anassimenrcurf' Z"'*^*"/'^' la successione Taschema aristotelico, daT ^'^""^^"^' 'fecondo momento cL'^''''^'? frasteo non era ^ ''"^^^^ "^1 suo testo teo attribuito alrnn Jf scambiare di posto p''^"'?*^' ^'^ P^^i non esit Anassa.orarnn a"
lo finita di
^^ ^^^-o di P ".tauH^^^^^ di continuato '^'"^^"eva a Simplicio se non la seconda '.' altro '"^'^^''^''^'one di filosofi, gamenti come si visto i cui colle sonn che l'opera teofra^tlf ^^" ^^''^^^ ^^ora" nora^e'^^tguit^^^'f'''"o crono ogico ^"^^^'^ preciso, e nella resttSe^!.^^frammenti 'Sistematico nersi al suddetto preferi atteschema aristoteHpn con quanto gli sembrava d^porersalVr^T""'" ''' -annetterlo frasto. Egli possedeva ^^^ "^^"^ costruzione di Teodella or mf. e poi, isolati, Senofane e gi^I^^i:tT^lar'""/^^^*^-'^"----d^^^^ ma in essa l'unico collegamento '"'^^ ^""^^^^ ^^ completo 'rL Anassimene. Gli sembr' qS,ogf?o"rLT-^"f^" Anassimandro:
questo, risulta mancante per Simnlinf trattazione teofrastea, iCeresTe e rr/''r'" ^^^"^ ^^^'^^^ de a successione organica -^^ "^"''^^ ''^'^^^^ rnassimanrnp" nuto a mancare con ''''"'^'"'^^"^tomisti, e veParmen^rn di tutta la "^^^^^^^^ Prima serie ^^
nella
^^"*'^ ^ ^^^ ^^^ cosi si era ..nr T."^ testo teofrasteTn'n^''''^'^"' '^ ^"^^^ P^s''"^ '"^ integrit.) Posto
Ora,
dando
parafrasarlo, averlo ricavato da Alessandro, e si limiti a luogo Teoprova ancor pi la sua scrupolosit; egli cita si in altro frammento il dove frasto richiamandosi ad Alessandro (fr. 7 Diels), per lui impegnativa, ma brevissimo e incidentale e la cosa non propri quando il contesto rilevante preferisce vedere l'autore con conoscenza diretta di occhi. E' quindi logico attendersi da lui una strano, dopo Teofrasto, nel caso che si decida a citarlo. Parrebbe per non quanto si detto, che pur possedendo il testo teofrasteo egli spiegaavesse letto la parte su Parmenide. Anche questo comunque Simplicio (in phys. bile se si tengono presenti due passi dello stesso potuto rintracciare 133, 21 e 168, 2), in cui egli dichiara di non aver Eudemo delle dotnelle opere da lui possedute di Anassagora e di del che avrebbero dovuto esservi contenute. Non affatto fuori
di
i
trine
al ricaso che lo stesso gli sia accaduto per Teofrasto: potremmo guardo supporre che gli scritti di quei filosofi non siano giunti a In queste lui nella loro veste originale, bens raccolti in antologie. Parmeultime non esisteva evidentemente il paragrafo teofrasteo su Parmenide, nide, come dimostra altres il fr. 7, riguardante del pari
per ultimi gli ^'""^^^a' AtomLtTpo chTStre tro^^ li paragrafo su Anassimandro, ''''''' senza canir^^ dendo 11 seguito, ed '^^^"^"^ "" Posseinoltre Anassimandro Anassagora, riguardante f "" ^^'''^ "'" "eora che preferi in il su quest'ultimo. Cambi inf ne di l'osto'n"' ""^P^^^e nel capitolo dare evidentemente peso alla co atleta n7'"V^' Apollonia, senza dano, per l'affinit di '^' "" ^osofo seconpensiero Anassimene (cfr. Aris?, ''' quest'ultimo ed ^ran ^4o" a'2T^/'^*^ ^a o dal generico *^"*^ ^^ ^^"tirsi autoriz. fxsraSXXov'o; rr'r 'n' PO are le parole ch^e "^^^'^^^^^ '' -'-" gi si '"d'ette ^fr^'^ s.f 149, 32, dove, dopo """ commento in di aver rZnr,i.\^ phus u tjavo.a., e la ' '^'''^''*" ^'"^^d-- ^a r.<..La., al solo AnasJime'n ^^nassimene, mone in contrario). esprime la propria opiPassiamo ora brevemente ai ct^,\r. non potranno essere altrettanto sifuri 71?^''"' ^^^' ^^^^ ^ ^^^"^tati (Prol. 44-56). dopo di aver rivelalo nnfn^'r"'';"^^^^"^ ^ielsiana di Ippolito, ^^^''" ^^"*" ^^" scritto un'opera biograficTdi comn 1 frasteo, dimostra """"^P^^^^^^ne ed un estratto tra l'altro
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"\
64
suoi autori, Sozione, Eraclide Lembo, fico pitagorico in possesso dei Pitagora, certamente assente nelecc si rivelano nell'introduzione di fargli seguire come discepoli l'opera di Teofrasto, e soprattutto nel ritroviamo nel Empedocle ed Eraclito. A parte questi primi capitoli, per in ordine inverso. seguito di Ippolito le due serie teofrastee, fonte lontana del cosa tuttavia spiegabile. Il libro di Sozione,
65
Ippolito
trov
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.n
cu,
La compendio
secondo
le
nostre
precedenti
ricerche
la critica, biografico, trattava, secondo quanto ha concluso seguito, dopo di aver anzitutto di Talete e degli altri Jonici, ed in altri ancora, riprendeva parlato di Socrate, Platone, Aristotele e di Senonche IppoPresocratici con Pitagora, gli Eleati e Democrito. i
lito
biografico, in cui la sucfisici, sette saggi, Socrate cessione dei filosofi pare fosse la seguente: Empedocle, Eraclito, Eleati, Atomisti e scuole socratiche, Pitagora, ProL 152). Ad Ippolito, che aveva sott'occhio il compendio
clide
di
Era-
del
compendio
la
accettato
lasciando in sospeso quale fosse il vero mlesf ^ , ""'-l^l:' costru^ione di Ippolito diventa cos chiarL ma Donn H- '"''"' ,lal compendio biografico la success on,TI.'u .
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dal confronto suddetto e l'estratto teofrasteo, sembr quindi naturale trattazione la parte riguardante di stralciare dall'inizio della sua dove teofrasteo Socrate ed i Socratici. Fece poi violenza all'estratto includendo nei primi capitoli (ricala cosa gli sembrava pi logica, compendio biografico) Empedocle, vati come si detto per intero dal seconda serie teofrastea, che veniva cosi a perdere il suo posto nella particolarmente abbondanti dato che a proposito di questo filosofo Pitagorici (cfr. Diog. erano le notizie provanti una sua dipendenza dai quanto risultato dalle VIII 54-56), ed inoltre Talete isolato, che da appena sfiorato da Teofrasto, nost're precedenti indagini, era stato di posto senza danno. Si potrebbe e poteva quindi essere scambiato compendio biografico a lalete dire allora, dato che evidentemente nel sarebbe stato lotenevano dietro Anassimandro ed Anassimene, che successione all'inizio della sua gico per Ippolito mantenere questa teofrastea, che egli si opera In tal modo per altro la seconda serie gi doveva sotaccorgeva valer assai pi come contenuto, e cui stesso compendio, satrarre Empedocle, cedendo all'ordine di quello anche non potendo acrebbe andata del tutto in fumo. Comunque, compendio, l'averla ritrocettare completamente la successione del proveniva dalla lettura vata gli fece risolvere un dubbio. Questo gli collegato prima a Parmenide di Teofrasto, dove Anassimandro era era abituato a simili biforcazioni, e poi ad Anassimene. Ippolito non. possedute, e dovenche non aveva conosciuto nelle AiaSoxat da lui Anassimandro-Anassimene, conferdosi decidere prefer la successione fu indotto anche da matagli dal suo compendio biografico. A ci Anassimandro-Parmenide un'altra considerazione: contro il rapporto secondo ogni probabilit stava una notizia di Sozione, di cui Ippolito l'Eleata dal pitagorico Amiera a conoscenza, che faceva dipendere usufruito questa notizia in nia (Diog., IX, 21). Il Diels, ProL, 148, ha Senofane-Parmenifavore della sua tesi sulla successione teofrastea posto che egli teneva in de: Ippolito avrebbe tolto Senofane dal secondo il comTeofrasto per lasciar seguire Parmenide ai Pitagorici, Ippolito Parmenide pendio. Senoich, osserviamo noi, nel testo di Empedocle non segue affatto i Pitagorici, poich vi si tratta, dopo
(cfr.
DiELS,
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Frapltr
serie
of.^Tea'chr.'li
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Atomisti). Notevole conferma alla nostra ipotesi data npl w,. ^ Ippolito dalla presenza dei due .^' capitoli 5 e 10 ''**i'^^o^' ^ nLlf h quali hanno ^'N secondo evidenzi la cviutuza U lunzione fiin^,v.no r
<i
t- "Tso c"n la nei <lue casi Tlw? per ricominciare la trattazione. H' anche spiegbile p ' isl^o che prende Senofane, in coda a.^li altri. Teofratlo nn avevi dc^^nao Il Colofonese di un paragrafo, accennandone di sfuggita dono Farmi n.de. mentre Sozione pare l'abbia tenuto in grande considerLio^e" facendone quasi il fondatore dello scetticismo (s ec^nT , ha dedotto acutamente il Diels in Prol. Utt). Ippo it, , "nnu^nza o da Soz one, non si senti di trascurare Senofane, di cui certo aveva ud" parlare come di una personalit notevole, ^d imbarazzato suf p o da attribuirgli lo colloc verso il fondo della sua tralUz nfdei Presocratici, prima di Ecfanto di Siracusa, il quale per l'appunt secondo la sua fonte aveva sostenuto opinioni scettiche PuT for e ancora esser degno di rilievo il fatto che Ippolito ometta di ricordale qualsiasi rapporto temporale o di discepolato proprio a pposho del filosofi prima discussi, quelli cio che potevano avergli fau fascere de, dubb,, Anassimene, Parmenide e Senofane (oltre a Talete e Piti gora, per .quali per la cosa naturale, es endo dei capiscuola)" Per concludere osserviamo come non .lebba trarre in errore la con '"''"""" "' """"" "^^ '''^ '-<^ Eracmo a< Anat simandro rmandn. ne occorra per questo accettare l'ordine dielsiano Tale eontatto e invece puramente casuale: in Simplicio la su cessione Pre" de origine come si visto, dallo
pnogando
di separare 1p trp unrt; /iiof:..t in poche parole ci 'che prec^d'e^sTah e o trattazione successiva e richiamando
Xt
'^
schema
aristotelico
ed Eraclito e prima dell'Eleata, di Anassimandro, ancora Senotane sagora ed Archelao; poteva quindi essere aggiunto preferenza a Sosenza alcun danjio. Ciononostante egli non diede la
Anassimene, Anas-
totalmente diverso, dalla classifcazJon ra i rapporto Archelao-Socrate di cu la provenienza non teofrastea face am notare che cap. IO di Ippolito, dove appunto contenuto viene c"n l" ""'^ '""^ '"""' "" '"""'"''- biogrflcrR suitati ha" defin,t,v, defln,ivi"no non possono per attendersi dai (Daoao^oOiiCva,
Pitagoric, d. Eraclito. Quanto al gi prima abbiamo sostenuto
i
inlppolTto
pLZ-
;"V
;'"=
66
frammenti estesi del primo per il semplice motivo che noi possediamo gli estratti teofrastei usufruiti libro soltanto di Teofrasto, mentre da tutta quanta 1 opera, da Ippolito erano evidentemente dedotti primitivo poteva essere muanche da altri libri cio in cui l'ordine frammento Ilrpt aiaty)(je>v (su ci tato, secondo quel che si deduce dal quindi le ricerche su altri Tralasciamo 104-5). ProL, DiELS, si veda meno nette e continue che dossografi, in cui le tracce teofrastee sono Aezio. Ippolito, quali Diogene. Plutarco ed
in
Vii
CAPITOLO
III
Aristotele e le origini
della filosofia
il
Per dare una certa completezza alle nostre indagini sulle radici della dossografia presocratica, esaminiamo ora Aristotele,
limitandoci per altro alle testimonianze pi significative sui primordi della filosofa. Tenteremo comunque di individuare il
suo generale atteggiamento interpretativo, che ha agito in modo decisivo su tutta la storiografa posteriore. Si verr inoltre a determinare, precisando meglio l'indagine precedente, in che cosa Tcofrasto dipende dal maestro, ed in che cosa invece in-
nova rispetto a
lui,
in
nome
di
storica.
L'impostazione teofrastea prende le mosse, come si visto, dall' cTrsipov di Anassimandro; su questo punto esiste una questione assai dibattuta riguardo alle testimonianze aristoteliche. Il pensiero pi vero di Aristotele non solo su Anassimandro ma su
Jonici secondo noi rintracciabile nella trattazione delche ci d il terzo libro della Fisica. Qui anzitutto egli distingue nei suoi predecessori due fondamentali concezioni deirTTSipov: gli uni, cio i Pitagorici e Platone, l'avevano considerato xa^' auT, come sostanza, gli altri invece, i fisici, xax
tutti gli
l'infinito
(yuii^z^TiXQ,
come predicato, che viene attribuito ad un principio materiale, ol Ss izzpi (pxjGzcr cTravre- et {jr.OTi^iy.aiv erpav TLv 91)(7lv tco aTrsipcp twv Xs j-0[jlV6w (Ttol/siov, oIov uScop
aspa Ti T [jLSTaE tout(ov. (1). Lo Zeller per primo ha 7^ spiegato chiaramente come Aristotele sia giunto a quest'ultima afl'ermazigne: concepire un aTTSLpov in s, come sostanza e principio materiale (e non altrimenti se non materiali egli ve-
deva le pyat dei fisici), era impossibile per che congiungeva indissolubilmente corporeit
d'altra
la
sua mentalit
limitazione, e
gli
parte scorgere
in
esso
la
propria
vXy]
sembrava
(1)
a 16.18,
70
71
spingersi troppo oltre. Comincia cosi a rivelarsi una prima differenza da Teofrasto. Al senso storico di costui non sembrava
di Anassimandro considerare l' aTieipov xaTa (TUfx^spT^xc, e per convincersene basta confrontare la sua dichiarazione p/Y)V T y,7l (7T0tyL0V SLpTJXS TCOV OVTOJV TO Tustpov {Doi'. 476, 4-5), in cui evidente il valore sostanziale di con l'aristotelico \)7zoti^ol(jiv rpav riva cpudLv t6> aTTSipov, aTreipco. Senonch la struttura generale del suo pensiero gli deriva naturalmente dal maestro, e non gli rimane quindi altro scampo che l'identificazione dell' y.Tzzipov con 1' uX'/j aristotelica: il fatto elle poco dopo, a proposito di Anassimene, egli parli di una 'fuaic aTTStpo^ ed piGyivr^ (e proprio questa per l'appunto la generale interpretazione aristotelica) in opposizione ad una 9U<7ic ocTTSipoc ed picrTO^ (476, 17-8), non lascia dei dubbi al riguardo (2). Torniamo ora al passo della
appropriato
da vicino quale sia la vera interpretazione aristotelica. Noi traduciamo: i fisici tutti quanti pongono sotto all'infinito una natura diversa dai cosiddetti elementi, quale l'acqua, oppure l'aria, oppure qualcosa di mezzo
>llt
(2) Potrebbe lasciare sconcertati, dopo quanto si detto, leggere un poco oltre in questo capitolo della Fisica il passo 203 b 3-15, in cui Aristotele pare contraddirsi nel modo pi completo e passare al punto di vista teofrasteo (e la stessa cosa gi si era lasciata sfuggire ingenuamente in 203 a 3). Kgli dice: sXycc; Bk xat p-/r;v ax (cio rrreipov) TiO^saat. rrvTs:!;, spiegando poi che non pu esservi p^^r) deircTreipov, altrimenti questi perderebbe la propria infinit: dovr quindi necessariamente essere esso stesso un' px'y;- E concludendo: (t tTretpov) ... O^varov yp xal vcXeO^pov, co^ qjr^aiv *Ava^C[i.av8po^ xal 01 TzXzZaxoi twv puatoXycov. L'ijtTrstpov sarebbe cos d'un tratto ridivenuto sostanziale; ma lo straordinario si poi che mentre prima tutti i fisici avevano considerato l'ininito come attributo, adesso con un'espressione equivalente si dice che oi Tikelaroi tcov cpuotoXYcav (cfr. anche b 4) lo vedono come p/r;. Tra questi sono compresi evidentemente perlomeno anche Talete ed Anassimene, il cui principio dovrebbe quindi chiamarsi del pari TCSipov, prima ancora che acqua od aria. Senonch, se procediamo un altro poco avanti, vediamo Aristotele ritornare sui suoi passi... d 8 xar oo[x^e^r^x(; art t Tcetpov, ox v zir, oTOf/etov rtv ovtcov... (204 a 14-5), e decidersi: xar a\[i^z^r,xbc, xpoL uTrp^et t ^ntipoy (204 a 29). Orbene, non era stato pe- l'appunto xar oufx^e^yjxi; l'-ScTreipov, quando anzitutto lo si era attribuito ai fisici? Questa sorta di indovinello non poi alla fine insolubile, e mostra ancora una volta quanto oscillante sia il valore di Aristotele come storico. Il passo suddetto in 203 b 3-15 sembra essere una confessione; se un fisico, come ad es. Anassimandro, ha parlato semplicemente dell' reipov, non si potr certo affermare che ne abbia voluto fare un attributo di qualcos'altro; se l'fScTCEipov significa realt mancante di izpoLC,, non si potr supporre
proclamato T
p/7;.
il
in dignit o lo limiti, anzi sar esso, che principio di tutto il resto. Ma se dobbiamo
basata che non ci trasporta di certo in mezzo alragionare presocratico. E si legga invece avanti nell altro passo. La dimostrazione che r^T:tt.poy sia l'dcpYri se non proprio nelle parole, nello spirito profondamente presocratica (quasi quasi vedremmo in essa le tracce di un primitivo ragionamento di Anassimandro, che si mostrerebbe cos il vero maestro di Parmenide). Poi Aristotele ricorda che questo infinito vvTjTov xat 9apTov, e la cosa non ha per lui che scarso interesse speculativo contrariamente alla normalit delle sue testimonianze. Questa fedelt SI accentua ancora in ci che segue, dove si citano le parole stesse di Anassimandro, rrEpixEtv ... xuPcpvv (accettate come tali dallo Zeller, non invece dal Diels); e poi ancora, con espresso riferimento, a^avarov ... xal avcGXe^pov. Tutto ci non pu essere casuale se si pensa quanto sparute siano in Aristotele le citazioni dirette dei
sul xocra au[i^z^r,x6(;,
1
tremo restituirle nella veste espressiva originale, e saremo costretti a tradurle secondo una impostazione teoretica pi evoluta Solo eccezionalmente cio Aristotele si abbassa ad una visuale storica; da ci e facile trarre una conclusione capitale per le nostre ricerche, doversi logicamente presumere dinanzi ad ogni testimonianza aristotelica, cos ad es. per il passo della Fisica discusso nel testo, un intenzionale trasformazione dall'originale. Naturalmente si dar gran peso, quando essi compaiano, ai pochi sprazzi di verit storica Nel nostro caso, la frase cXyco? 8 xal p^f^v ax ri^aai Trvre?' core yap (xarYjv auro oTov te elvai... addirittura rivelatrice Aristotele aveva appena terminato di constatare il valore di attributo che ha fiTteipov nei fisici e di riaffermare che tutti quanti costoro mostrano grande interesse per il concetto di infinito. Da ci deriva il proprio desiderio di trattare un argomento tanto discusso, ed anche logico e giustificato che tutti considerino l'infinito come principionon e infatti possibile che esso esista invano . Quindi in realt fil sici avevano trattato l'^rreipov come p/rj e non in quanto attributo, ouTE XXY;v uTrapxeiv auri 8va(i.iv 7rXr;v g px^v... L'eOXycoc 8 xoii ha evidentemente valore concessivo; Aristotele non si stupisce affatto che quei filosofi siano giunti ad una simile conclusione, insostenibile invece per lui. Qualcosa sta in contrasto a questa concessione, Cloe li suo modo di vedere, quale ha esposto prima e ritorner tra poco. Non SI pu interpretare diversamente Aristotele, a meno di supporre che qui vi sia la sua trasformazione e prima per contro la testimonianza fedele sui fisici, dal momento che l'opposizione tra I due passi e irriducibile. Questa seconda ipotesi non regge per non appena si consideri che l'impostazione in 203 a 16-8 era
i
riportare le dottrine di questi antichi, pare dica Aristotele, in modo che pur nella loro ingenuit conservino un qualche senso, non po-
il
ambiente ed
al
modo
di
Presocratici;
di
non c' molto infatti all'infuori di qualche frammento Empedocle, generalmente di interesse scientifico, e di pochi altri
72
tra le due. Questa traduzione ci sembra impeccabile, qualunque poi debba risultare il suo contenuto, ed anche la pi naturale. Zeller ha visto le cose diversamente: denn alle geben dem Unbegrenzten zum Substrat einen von ihm selbst verschie-
73
dovendosi sottintendere il von ihm selbst. Non basta: tradurre Tcov Xsyofxvwv cttol/suov come fanno Zeller e altri assolutamente ingiustificato. Con questa espressione Aristotele intende sempre i quattro classici elementi, non scoperti da Empedocle, ma appartenenti alla coscienza popolare greca: essi sono per lui il simbolo dell'immediata apparenza fenomenica e dell'ingenua credenza in essa. Come si pu chiamare cosi le omeomerie e gli atomi, cui Zeller estende il riferimento, e soprattutto il (jLETa^u tra aria e acqua? (4). Abbandonato lo Zeller, troviamo in Liitze un'altra interpretazione, basata su un nuovo riferimento di STSpav, riportato questa volta a ci che precede (5). Aristotele avrebbe cio voluto rilevare l'antitesi tra la concezione dei fisici e quella attribuita un momento prima ai Pitagorici ed a Platone. Neppure a questo modo per si eludono le difficolt. In sostanza, costruendo rigorosamente, si
(3).
ch, data l'interpretazione zelleriana, vi sarebbe stato bisogno di aggiungere STpav al Ttv 9<7lv che costituisce il sostrato; non occorrono troppe spiegazioni per capire che il soggetto diverso dal predicato. Comunque poi la costruzione dura,
Parmenide, anch'essi brevissimi e di scarsa importanza (tranne il sedicesimo parmenideo). In conclusione, per quanto le nostre ricerche siano rivolte in queste pagine a scoprire piuttosto il vero punto di vista interpretativo di Aristotele, non sar certo inutile, anzi pi prossimo al nostro scopo finale, l'aver determinato come lo Stagirita ritenesse in estrema analisi di dover attribuire congiuntamente a Talete, Anassimandro ed Anassimenc, prima ancora di qualsiasi principio materiale, l'arsipov quale essenza primordiale, nel caso ci si volesse avvicinare il pi possibile alle dichiarazioni ingenue di quei filosofi. Tale criterio storico non rappresenta invece per Teofrasto l'eccezione, bens lo scopo principale. La o'jaic, cTTsipo? che anch'egli usa a proposito di Anassimandro {f)ox. 476, 7), non prova nulla in contrario: l'espressione come tale deriva s da Aristotele, ma il suo valore primitivo, sorto dalla concezione attributiva dell'infinito, non pi vivo in Teofrasto, come mostra chiaramente il contesto del frammento. Si noti anzitutto l'uso normale di t aTreipov, in 476, 5 e 479, 4. La congiunzione poi ^^jaic, ixpiG'oc, in 476, 17-8 e 479, 13 vieta nel modo pi assoluto di vedere aristotelicamente in 9uoti; alcunch di corporeo, data l'impossibilit per un Peripatetico di concepire un corpo cui non inerisca in qualche modo un limite. Si veda infine il toO TrsLpoi) cpuaiv in 479, 14-5, per cui entra in gioco un'altra considerazione particolare. A parte infatti la stranezza di una simile espressione, se in essa si volesse parlare dell' irstpov come attributo, occorre ricordare che la cpoLc; in questione di Anassagora (parificato qui ad Anassimandro). Ora, intesa come principio materiale unitario, essa non avrebbe senso in questo contesto, dato l'irrimediabile pluralismo delle omeomerie. Potrebbe essere vista soltanto come astratta propriet materiale, non distinguibile allora per dignit dairtreipov quale attributo, cosicch diventerebbe assurda la sua qualifica di sostrato dell'infinito. In conclusione, la frase significa semplicemente la natura, l'essenza dell'infinito , con uso parallelo a (^xjaic, aTrsLpo?, ossia per Teofrasto un'espressione rafforzata di t reipov. Il termina importante reipov, e (^{jaiQ introdotto per rilevare il carattere sostanziale.
di Eraclito e
filosofica
(3) Cfr. Zeli.er-Xestle, /). Ph. il. G, 17 286, 2. Le critiche a questa interpretazione da parte del Bamker, in Jahrbb. f. kl. Phil. 1885,
(4) L'amplissimo modo che ha lo Zeller di intendere x ^ey^jLCva (TTOLxsta insostenibile. Egli interpreta i cosiddetti elementi come
diejenigen gleichteiligten Krper, vvelche den letzten Bestandteil oder die letzten Bestandteile der zusammengesetzten Krper ausmachen , basandosi su Metaph. 1014 a 32 sgg. Senonch il Xyouat rilevato in questo passo dallo Zeller, per quanto vasto, riferito pur sempre a determinati pensatori, mentre il Iz-^y^evoL che compare nel nostro capitolo della Fisica del tutto indefinito e spersonalizzato. Che poi Xeyfxeva o xaXoufJLSva OToi/eta formi un'espressione particolare, e che come tale non le sia applicabile la definizione di arov/eloi. usufruita dallo Zeller, provato, scegliendo un esempio tra i molti possibili, da Phys. 187 a 25, dove si contrappone Anassagora ad Empedocle... y.y.1 Tv (i,v rreipa ttoislv r te fxoiOfjLSp-^ xal rvavria, tv Se x xaXopieva OTOi^sta fjLvov (secondo Aristotele Empedocle l'unico filosofo che si accontenti nella scelta dei suoi principi di aderire a tale concezione popolare: questo giudizio rintracciabile nel jxvov). Una simile contrapposizione non avrebbe evidentemente senso se an^
che le omeomerie potessero essere comprese secondo lo Zeller tra i Xey^xsva gxoix^Zoc. Se infine il significato normale di CTTOL/eia fosse quello zelleriano, non dovrebbe rintracciarsi, come invece avviene, in Aristotele l'uso di azoiyziov al singolare, o di Suo ... Taaapa in un plurale cio espressamente determinato. Ammesso OTOtxeta, anche un duplice uso aristotelico di aTOiyeTa, quello voluto dallo Zeller rimarrebbe pur sempre l'eccezione; meno che mai comunque ricadr in esso l'espressione particolare XsYofxeva aToi/eta, sempre
riferita specificamente ai quattro elementi empedoclei.
(5) Cfr. LiiTZE, Ueber das aTreipov Anaximanders, Leipzig, 1878, 92-4. Similmente traduce il Carteron, senza per compromettersi espressamente (ed. della Fisica, Belles Lettres ) : Tous les physi-
ciens
mettent sous
les
l'infni
131, 827-9,
nomme
principes,
comme
une autre nature, prise dans ce qu'on l'eau, l'air ou leur intermdiaire .
74
farebbe dire ad Aristotele che i fisici sottopongono all' ocTreipov un sostrato differente da quello datogli da Platone e dai Pitatimi
fatti se
75
che una lampante assurdit, non avendo questi ulalcun sostrato all' rstpov, dal momento che era esso stesso sostanziale. E se poi anche non si volesse
gorici,
il
non a mo' di spiegazione dell'acqua e dell'aria: il termine introdotto in posizione preminente il generico 9i>cri;. Ci troviamo di fronte alla distinzione, altrove non sempre mantenuta, tra OTOL/SLOv e p^^yj, in cui solo quest'ultima principio materiale non immediato ed efficiente ad un tempo. Tutta la costruzione non poi tanto arbitraria quanto a prima vista si direbbe; Aristotele doveva ridurre in termini razionali quelle
filosofi attribuito
scegliere la costruzione pi logica e nella parola in esame si vedesse semplicemente un rilievo di Aristotele sulla diversit della sostanza dei fisici da quella pitagorica e platonica, rica-
quanto abbiamo obiettato prima allo L'infinito di cui si parla adesso non diverso da quello
in
cambia la sua posizione nei sistemi ma esso rimane pur sempre per Aristotele il concetto di infinito, che non ha nulla a che fare con la materialit. Ora, come pu egli pensare di distinguerlo dal sostrato corporeo dei fisici, se tra le due cose non neppur pensabile un rapporto, come pu immaginare quale termine di rafi'ronto una ouaic, in Platone, quando questa parola significa per lui materialit? Assai notevole infine il parallelo con un passo di Teofrasto. Si veda
dei Pitagorici e di Platone,
Xysi infatti la testimonianza di quest'ultimo nel nostro fr. 2: Se aTYjV [ir^Tt liScop (J.ir]T aXXo zi t6)v x7Xou(jlvojv <vuvI><ttoi/suov, XX* Irpyv Tiv ou^lv yjzzipov. Il significato della frase non lascia adito ad alcun dubbio: la certa natura diffestotelico,
non materialisticamente, d'altro canto invece constatava che essi avevano sostenuto l'esistenza dell'infinito. Tale contraddizione, che avrebbe senza dubbio attratto un temperamento mistico, dava per contro del filo da torcere ad un logico. Aristotele risolse la questione dando all' aTisipov il valore di attributo. Senonch il corpo infinito che risultava allora essere 1' p/vj non era gi pi ai suoi occhi materialit immediata; la costruzione dei sistemi jonici si completa cos per lui in una forma particolare di trascendenza primitiva. A ci era anche aiutato dalle parole stesse di quei filosofi, secondo cui la realt
p/7j separata e diversa dall'apparenza fenomenica. L'unico punto oscuro che sembra rimanere in questa interpretazione aristotelica Anassimandro, che aveva parlato s dell'infinito, anzi pi marcatamente degli altri, senza per contro determinare alcun sostrato materiale, cui lo si potesse nel suo caso attribuire. Lo Zeller crede di risolvere il problema affermando che 1' cTreipov, sia nelle intenzioni del suo autore
dell'
rente dai cosiddetti elementi. Ritornando ora al passo ariosserviamo come 1' ETspyv, di cui per l'appunto si
voluto cercare un riferimento pi o meno forzato, vada congiunto nel modo pi immediato e naturale al genitivo tcov XeyO(IV(OV <7TOl/UoV.
che nell'interpretazione
Aristotele avrebbe cio considerato princpio di questi pri-
aristotelica,
non era
altro se
non pura
mi
fisici,
quattro elementi,
qua, o
filosofi
aria,
ac-
qualcosa di mezzo. Ci a prima vista difficile da comprendere, sorgendo spontanea la domanda perch mai debbano rientrare in questo caso tra gli elementi l'acqua o l'aria. Si consideri per altro che ad Aristotele classici quattro elementi, condizionantisi l'un l'altro come opposti, limitati e finiti, dovevano apparire ben diversi da un unico sostrato corporeo, dichiarato infinito, gli toccasse pure il nome di acqua o di aria. Egli distingue due forme di materialit, una immediata, pura apparenza, oggetto della nostra sensibilit, l'altra per contro, come l'aria di Anassimene, in qualche modo diversa da
i
quella
comunemente da
materia infinita, priva di determinazione qualitativa. La cosa per insostenibile: un sostrato del tutto indeterminato per Aristotele soltanto I'uXt), ed in tal caso non si potrebbe pi parlare di corporeit. Se invece si vuol tenere ferma la concezione di una materia infinita, si dovr necessariamente determinare e dare un nome a questa materia; ed infatti lo Zeller non riesce a trovare^ delle testimonianze serie in favore della sua tesi. A noi per contro Aristotele offre una simile determinazione con il suo [JLST^^u, che nulla ci impedisce di riferire ad Anassimandro. Esso compare nella maggior parte delle testimonianze sugli Jonici, ed sempre posto accanto all'acqua, all'aria ed al fuoco, volendo cosi Aristotele comprendere un'unica tendenza di pensiero, senza aver bisogno di nominare i singoli filosofi. Non sapremmo quindi a chi attribuire questo
76
(jLSTa^u, se
n
non
ad Anassimandro. D'altra parte
non
neppur
In conclusione Aristotele
si
necessario indagare una testimonianza dopo l'altra per scoprire se proprio a lui esso convenga; il corso generale dell'interpretazione aristotelica, quale abbiamo ricostruito, esigeva assolutamente alcunch di simile, e se anche non ci si presentasse il
fjLSTa^u,
trova in serio imbarazzo di fronte non poterlo citare per nome se non
concedendogli
come
si
detto,
che
egli
avremmo dovuto supporre nella mente di Aristotele un N abbiamo ragione di credere lasciasse in sospeso la soluzione, dal momento che nel
^t
questa p/j] veniva ad essere parificata alla propria uXyj, e la cosa gli dispiaceva. Quasi a darci ragione infatti, nei due rimanenti passi aristotelici che nominano Anassimandro (6) del
terzo gi
zione,
si
parlato
il
avviene
chiamandosi
troviamo qualcosa di perfettamente adatto al caso nostro. Ci si potrebbe comunque domandare perch mai, se realmente Aristotele pensava cosi, in nessun luogo siamo in grado di rintracciare un'attribuzione espressa del (JiSTa^u ad Anassi{jLETa^
(notevole nel senso della nostra tesi il fatto che esso non sia invece detto aTisipov). (7). Ci potremmo allora domandare per-
mandro, neppure
cipio della Metafisica. Ricordiamo in proposito quanto risultato da una nota precedente, che cio il passo della Fisica di cui ci occupiamo una pura ricostruzione, secondo la struttura di pensiero aristotelica, del sistema jonico, e che in esso
lo stesso Stagirita cosciente di staccarsi da quanto apparentemente avevano detto quei filosofi. Donde consegue che anche il ^STa^Tj che quivi compare appartiene necessariamente alla ricostruzione, e come tale, secondo ogni probabilit, era stato del tutto sconosciuto ad Anassimandro, come concetto e come nome. Non ne troviamo infatti traccia all'infuori di Aristotele, se non nei suoi commentatori; gli scarsissimi resti del Milesio non vi accennano, e ci che pi conta, nulla di simile affermato n da Teofrasto n da tutti i dossograf da lui dipendenti. Inoltre si badi a quanto del pari si detto prima, che cio Aristotele nell'avvicinarsi per un attimo fedelmente agli Jonici attribuisce ad Anassimandro ed agli altri 1' aTTSipov puro e semplice come principio, dimenticandosi del [iSTaEu. Senonch Talete ed Anassimene avevano realmente parlato, accanto
all'ocTTELpov,
in
De
e
ma
il
passo
sono
stati
critici
a volerli
anche dell'acqua e dell'aria, come si pu dedurre dal secondo frammento di AJiassimene; Aristotele si sen-
tiva cos di applicare loro a cuor tranquillo la propria interprecome (7'j(jL(^[^r^xc, e nel primo libro della
mente, poich del onestamente Aristotele non poteva allora attribuirglielo in modo esplicito, pur continuando nella propria visuale interpretativa a pensare identicamente di lui. Si spiega cos perch Anassi-
pyyi nell'acqua cose stavano diversapLSTa^u non vi era traccia nella sua opera:
le
loro
le
mandro
complicare, perch non si adattavano alle loro costruzioni. Tralascieremo quindi le analisi dettagliate, che riteniamo inutili. Il primo testo (Metaph. 1069 b 22), trattando del 8uv(JLet 6v, dice: xal toGt* ^CTTt T 'Ava^aypou sv (pXxiov yp ri [xoi3 Trvra) xal 'EjxTreSoxXoix; T yX-Yy-cc xal 'Ava^t(i.vSpoi). Il senso indubbio ed il volere supporre il testo corrotto, come hanno fatto Schleiermacher e Liitze, pura arbitrariet. All'identificazione qui posta non certo data grande importanza da Aristotele: essa gli venuta in mente come osservazione incidentale, come diversivo. L'unica stranezza sta nel fatto che Anassimandro sia ricordato per ultimo, quasi fosse stato aggiunto. La cosa non ha per bisogno di spiegazioni troppo complicate, un Ipgno della rihittanza, che sar tosto spiegata, ad estendere il parlllelo al Milesio, nonostante gli spettasse pi che agli altri. E' come se Aristotele si sentisse costretto ad aggiungerlo dopo di aver parlato a quel modo di Anassagora ed Empedocle. Ci si pu tutt'al pi domandar come faccia Aristotele ad identificare senz'altro il Suvtxei v con il (jllyM-'^- ^1 ^he contribuisce a rispondere il secondo passo (Phys, 187 a 20-3) ...ot S' ex tou vo? vouaa<; vavTiTTjTaj; xxptvECT^ai, coaTTEp 'Ava^ijjLavSp? 97501 xal 6aoi 8' ev xal TioXX cpaatv slvai coaTTEp 'EfXTieSoxXTJ? xal 'Ava^aypac; ex roG [lifiioLTOq yp xal oC)TOt xxpLvouat rXXa. Tale contesto, assieme a quel che precede, costituisce uno dei pi acuti squarci interpretativi dello Stagirita. Forse per questo, per l'importanza cio da lui stesso attribuita al passo, egli evita qui di stabilire nuovamente un parallelo con la propria teoria. Lo Zeller, sottilizzando parecchio (H, 278, 1), ha voluto vedere nel xal o^toi un'opposizione ad Anassimandro, al quale non sarebbe quindi applicabile l'ev xal TioXX. Approfondendo per altro l'esegesi, osserviamo la stretta connessione del xal oStoi con ex tou (xiYixaTO?. L'ultimo inciso sarebbe perfettamente ozioso se non significasse un'estensione del iii^^icx, ad Empedocle ed Anassagora. Del (xtYl^a a dire il vero non si era parlato a proposito di Anassimandro, ma l'espressione ex tou vi; vouca; vavTiTyjra? xxptvea^at l'equivale senza dubbio nelle intenzioni di Aristotele. Pensare che l'esistenza dei contrari in seno all'unit sia qui considerata potenziale
:
79
78
questa che Aristotele non abbia senz'altro scelto immediata. Perche, abed fedele pi la apparirgli doveva che che il principio biamo detto prima, era per lui un postulato stato fatalmente corporeo. degli Jonici presi in blocco fosse una sua fiducia cieca che una conIl che ci sembra per pi nulla si fa credere statazione: per lo meno in Anassimandro attribuzione di materialit airintnito. Nepesistesse un'espressa
interpretazione,
Quando
lo
vediamo ricordare
le
stadio teoretico pure occorreva porre Anassimandro ad uno si era pur che non poteva essere suo; nei due passi suddetti contenuto di pensiero parlato del \dy\iy-, che racchiude un La ragione quasi uguale a quello della potenzialit aristotelica. costruire una decisiva per cui lo Stagirita ha voluto daccapo
nuova interpretazione
ben raro riscontrare in lui l'istinto di voler fondare su quelle le proprie; normalmente invece egli mosso da un gusto polemico, dal desiderio di stabilire dei raffronti che rilevino il distacco tra s e gli altri. Mai scopriamo in Aristotele un entusiasmo spontaneo per un'idea di un Presocratico, e neppure per Platone. N vale a scusarlo la gelida natura dello scienziato: anzi, proprio questa natura che carica di ostilit. Si spiega cosi agevolmente, anche per quanto riguarda Anassimandro, come lo 9^vo^ gli abbia impedito di farne un suo predecessore. In tale ambiguit Aristotele pare giunga persino isolatamente a non vedere pi neiraTustpov la propria uXv] n a sottoporgli il (xsTa^u, considerandolo semplicemente una certa corporeit, il che nell'ambito del suo sistema costituirebbe la soluzione pi assurda che potesse immaginarsi (8).
significa
storica,
sua particolare struttura teoretica. Inoltre 1 vouaa? e spiegato parla abbastanza chiaro. Nella frase ex rou... vavriTT^Tac; Si tratta di un concetto mistico, il valore dato da Aristotele a ixlvi^oc. molteplicit. Lo Staginta di qualcosa che al tempo stesso unit e poich quel qualcosa poteva vedervi un antecedente alla sua teoria, racchiudendole non era decisamente n unit n molteplicit, pur attribuisce 1 v entrambe. Ad Empedocle ed Anassagora poi Aristotele che presso di loro xalTToXXdc e siccome potrebbe sorgere il dubbio uno molti fossero considerati coesistenti estenorfiente 1
Nonostante la sua infedelt ad altri proprie teorie egli dovrebbe concedere procede molto cautamente; in questo caso poi contenuto approssimativo, bens la propria GXr, non solo nel suo
far dire troppo ad
si
quando
tratta di
Aristotele. attribuire
anche
nella
nella frase successiva accanto agli altri, egli si affretta a precisare congiunti nel (ittica. che anche qui i due termini sono da intendersi due passi aristoteCadono in tal modo le pretese divergenze tra ad y.iy\Ly. del In entrambi chiara l'immediata attribuzione lici primo passo Anassimandro. Quanto ad Anassagora, il fatto che nel giustjfica un suo proposito di ev non affatto strano, ne
i
l'uno ed
uno solo, l'interpretazione storica di Aristotele, l'ultimo per contro l'interpretazione personale, mentre il terzo zelleriano un tentativo di compromesso tra le testimonianze contrastanti, che ha come unico appoggio il passo che citeremo nella nota seguente.
(8) Cfr. Metaph,, 1053 b 15: ... xdvtov yp (jlv tk; (piXiav elval 9/)at T ev, S'pa, S t areipov. E' difficile poter interpretare la frase diversamente da come si detto nel testo. In nessun modo si pu intendere l'Trsipov con valore di attributo, per il semplice motivo che qui si sta proprio al contrario parlando dei sostrati sottoposti
aristotelica. Quanto noi concludiamo in altra parte di quest'opera, che cio la molteplicit inserita misticamente nell'essenza sin dai primordi della filosofia greca, qui confermato dallo Stagirita. Questa visione si inizia da Anassimandro, il maestro di Parmenide, e si protrae sino ad Anassagora. Si spiegano adesso tra l'altro anche le ragioni che hanno spinto la critica a dividersi in quattro opinioni per quanto riguarda l'ocTreipov di Anassimandro: [liy[lo, uXt) aristotelica, materia indeterminata e [xeTa^u. La situazione non per cos sconcertante. I primi due casi non ne formano in realt che
si
parli a
n^l primo caso Aried v xal TToXX non sono affatto in contrasto: limitarsi all'unita, senza stotele vuol semplificare le cose e preferisce molteplicit racchiuso per altro escludere n nascondere l'aspetto di Aristotele parli di un v nella teoria. Neppure si pu dire strano che ben diversamente stabilendo un raffronto con la propria GXt), mentre Anassagora altro luogo, sempre a proposito di si era espresso in apiOTOv TcpU {Metaph,, 989 b 17: ...xal ^repov oTov t[^{XV t
ptcTt^Tvat)
mutamento
del testo.
Le due espressioni
sv (^Xrtov
yp ^
o^xcu Trvra)
la Aristotele non pu chiamare senz altro una pi possibile ali amsua potenzialit, ma qui egli cerca di tenersi il signievidentemente un biente storico di Anassagora; l'v di costui ha quella dello a<patpo? empedoficato mistico; si tratta di un'unit come importantissimo, tenendo sopratcleo. Nel suo complesso il passo rari casi di fedelt storica tutto conto che esso rappresenta uno dei
,1*1
^/
dai vari filosofi all'ev. D'altra parte non si pu neppure interpretarlo facilmente come potenza. Al principio di questo capitolo si proivpetta la trattazione della r^aiQ e dell' ocrta dell'unit, il che non costituisce affatto un'endiadi, come crede il Carlini (tr. it. della Metafisica, 310, 2), bens pone in fondo la stessa distinzione da noi gi vista in Phys, 203 a 4-18, a proposito dell' cTrcipov dove a (piS^tg tocca indubbiamente il valore di una certa materialit. Si noti poi che anche qui, come allora, troviamo zie, (puoi?, cio pur sempre qualcosa di determinato ed in quanto tale non identificabile con la (JXt); Teofrasto pu esser stato meno rigoroso, ma Aristotele segue in queste cose una terminologia precisa, che riguarda il proprio sistema. Infine sarebbe strano porre Anassimandro sullo stesso piano
80
Tcofraslo venne a capo Abbiamo visto per contro come del pensiero il ella cuestione: egli usufru "'-f-J^^f^j";^ tut i i P'^esocratic, storica, senza credere che
81
l'atteggiamento generale di Aristotele nei riguardi degli Jonici, e soprattutto di Anassimandro; siccome per
possediamo
altri'
l' sticamente. Oltre ad identificare azione sentito attratto dall'impos ristot^Uca, Teofras.o si era Egli 1 applica f^cic,. ti? Tpa nell' di trascendenza contenuto ed imal complesso unitario per con maggior rigore storico:
v|>
contrappone pi ad esempio mediato aria-acqua-fuoco-terra non concretamente n>ateriale A non di l'aria infinita, ma qualcosa
passi sull'argomento, non ci sembra inutile dare maggior sicurezza alla nostra tesi con la loro analisi. Lo stesso libro della Fisica dice poco oltre: XX |xy]v oiS ev xa TrXoCv slvat vSytrxi T aTTStpov (TWfia, oC t; XcyouCTt tivs? t Tiap x ffTOtxs(,a,SoTaTa ysvvtcrtv, ou&' TtXi?. eEctYp rive? ot touto TOioucrt T rrsipov, XX' ok pa v, uScop, (L<; ^i^ rXXa
<i>ti
pif)Tat^U7to
Ttv,
o_wv o
peridall'ampia accezione nella scuola ci era altres autorizzato d. vista punto del L'inferiorit (9). patet ca del termine <9^'S<.,. interpretazione Srasteo sta nel venir meno di quella unitaria apparsa attraci e precedente nota una in quale degli ionici, a aristotelica, che attribuiva verso uno sprazzo di fedelt preferisce Per scrupolo Teotrasto 1' Tieipov come px^tutti dati Talete, su cui non possedeva storico lasciare nell'ombra ali inlimitarsi Anassimene, sumcienti, e per quanto riguarda come attributo terpretazione aristotelica dell'inlinito permesso di determinare ha ci sinora Quel che si detto
cui principi sono f^^ i di Fmpedocle ed Anassimene, /""f *' eterogeneo risultano quindi in rapporto slito matTrialisticamente, e per "<>";;. r?spettr alla Vv). Con tu'tto ci non ^f"'^^^^,^, a 1 amipov un senso potenziale rhc in auesto passo Aristotele dia testim,.manze ulteriori sue badando alia logica del sistema e delle tale soluzione Comunque dovremmo anzi credere senz'altro in una sempre constatare che in pur dehhaTnoi stare le cose, possibile bruta ed immenon vede semplicemente la materia
.
r cov si_i?)vev
Tou TtEtpou axiv iyouGi yp Ttp.; XXyjXa IvavTtw jxv i^p i^uxpv, T S' 5a<op CiYpv, T S rilp *ep(jiv cTtsipov, '9apT0 cv i^Sr) TaXXa. vOv 8' ETspov elvaUaciv
i
cr^yjTov Trap r crTOiycLa xaXou|jLvacTiavra yp il co ectti xa| 8i7MtTC(.i elq touto, cIgtz ^v av Ivrau-^a Trap pa xal ttud xai yr^v xal uSwp- 9a^;TaL S' oSv. oS 873 juup oS' aXo TI T6)V GTOixdcv oSv aTTStpov hj^yzzv.i slvat. 6loiq yp xc XWpL^ Tou aTTStpov slvat Tt aTWV, SvaTOV to Tiav, xv ^
7UETrspacr|i.vov, 7^ slvat ytyvs(T-8'at s'v rt auTwv, c^aTisp 'Hpyj xXstT^973(7tv ccTiavTa ytvsd^a^ ttots Trup. 8' auTcXyo^xat ini Tou svo^, otov TTOtoucrt Tiap T CTTOt/sta ot
9U(7txot. TTocvra
(israpaXXst ? svavTtou st^ svavrtov, olov ex ^epiiou (10). Ci troviamo di fronte alla critica della
yp
dq ^uypv,
concezione di un
parlato
si
S
gle
Ari'^te e
Tata;
chiama anche
la
,at empedoclea.
aristotelica nota precedente. La definizione (9) Si veda una delle pi belle pagine dello parere nostro a 4, E A/(aph. sta n ricorda la n.adi ^im<; dell'o Stagirita LCcenno alla pronuncia "'"^^ era di Jacob Bohme. La 9"'? "" Tl^.'' ''"%'i" uZlo sino air6p.a.ov, un qualcosa esideiresi^ -';^Vr"^;^''n7e la fonte dell pnmordialita, materia vista da vicino nella sua di fronte al preludio de ^nza che accresce se stessa. Ci troviamo sorgono VEntstehens ed .1 fifi^nooW ^^^gneriano: AM'L'rzustand di cpot? possiamo giunWelenToti,,. .tttraverso questo significato Ajuy^.
d. 9u<ii
senta molti lati di interesse, che non sono stati per sinora coordinati in una visione unitaria. Ci si accontentati d'interpretare secondo l'apparenza, senza peneti'are nella stringatezza
aristotelica. La prima cosa che ci colpisce la particolare espressione t Trap x (7T0tXt:a. Il Ltze, che ha tentato l'unica interpretazione sinora degna di nota, crede di potervi ritro vare il fiSTa^i!). (11). Senonch lecito osservare che la preposizione Trap con l'acc, il cui significato normale
caso in cui questo corpo sia suppone uno e semplice. Il passo pre-
del
di
ac-
aristoteliche all'unificazione di tutte le interpretazioni cosa vale non e la assieme l'TOipov si riuniscono il iLuza' ed per tutti gli Jonic. Empedocle ma Anassimandro, per soltanto costituisce .1 punto d, in un'intuizione mistica che Anassagora Aristotele nell'anima de. Presomass ma penetrazione da parte di non giunge neppur ora, poich queTraUci. Sino al fondo egli per rappresentativo, non interiore. sto un misticismo
b 22
ciL,
205 a
94-8.
6.
Egli vorrebbe vedere in r Trao TOC GTOLxeta qualcosa di esistente accanto all'acqua ed all'aria e quindi di intermedio tra loro. Senonch gi nell'ampio aTotysta, che non pu comprendere soltanto l'acqua e l'aria, insito un impedimento iniziale a questa tesi, cosicch il Ltze si vede costretto a lunghe ""siic disquisizioni non convincenti.
'
op.
82
contrapposizione, e prencanto a, neben*, indica talora una l, come per accennare <li al oltre, di de allora il senso di posizione (12). ad una parentela di natura e ad un'antilesi suddetta e CTipa Tt<; Notevole inoltre il parallelo tra la frase l/inlerehsc principale dell'au)ot;... Toiv Xsvofjivcuv GTOiyeuov.
rilevare una trascentore ci sembra'nei due casi indirizzato a ma viene rafsintetico, pi <7T0txZa T -ap denza; il T cui si dice da Qualcm:* TaTa. forzato dal successivo ^ oO non evidentctnente posto sul loro mede-
sono
infalll oilcuni
. Si
vono
fatti
J'^; '' '^^''''''' ''"^"" logicamente e II?^.?''i "' conio eoe air oofr %^Xc. Tale riferlmenlo non
lotte
ai
le
ni
m.
p.>^lbile
altre
derivino gli elementi conjjiunljiiicntc simo piano. Aristotele vuol parlare anche qui trascendente nell'acdei sistemi jonici, identificando l'elcnento cerchcru qua, l'aria o il asTa^u inilniti. L*lndaine ^fiuenle
ultrinienli il appunto di dimostrare che non si pu inlriwlcrc oonfcnna alla nopasso; da ci risulter tra l'altro una nuovi
lai
.1
modo,
essi
percb^ uno di loro. innnito, do ebS nece^arlamente distn.xgere tuMi kH allri. Sian.o ora in ir;uio 4ld.mns rrc come eo.to... non possano e.ssene teorici del
i
mondo
sensibile,
contrari
eio*
-Tv;
v^ici;.
Subito
filologi. dai trascurato torto ov^' rrXk, a nt come L'Xrrcipov fiCy^%, dice Arislotelc, non iimm5.sibilr ad es., scj?uciidD zh ttotp TOt <Ttoi/cl3c, t^W tzUz. Tradurre nianiro. non t^ certo soddisfacente. il Carleron. ni d'aucunr infinito: il primo, secondo Si prospettano due casi di corpo per il secondo invece il [Lt^rl<t, .sar^l>bc l'i>pinione di Liilxc. deircnon si lascicrebbe pensare un'altra soluzione airinfnori il caao del che strano nititulto Troviamo fuoco. e qtij. aria Aristotele esw fatto precedere, mentre altrove in
Incontriiimo
cE
Tute
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Isa
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'i.^Menilorl
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nulla d.
"[^V^"^"^^'^' da quel che mkuc risulta compre^, .nelle II fuoco, slr.o v. sarebbe se inoitnr vi Uy,,, ,,nUMcs^ ,,,.;
'"'^'^^^'^' ''''
"^''^'^'^'^
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"^*^"*' ^'"""^'^ "" *'^''< ^^^^^ ' ^treKu.. Tulio !ni K jHM,e ' andrebbe secondo 1. n.stv. tesi: <. l,x,veremmo di fn e ad un obiezione dei fautori deiri^X.0,
''
Tsc^ie
W T:T f
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"-"-^
iiCTolSv sia
contro quelli de
che in fondo seKue tempre le altre pyaL perch presupposte. Quanto al secondo caso non si capiice n coArivtoiele avrebbe dovuto cavarsela con un generico miinquo, lrallandoi al contrario di quakOMi ben determinalo. molto lun^ n dirsi. n6 acqua, ariii o fuoco. Pn.
e
debbono rwerc
valore, la questione dando ad x?:>.6; un altro Il primo esemplo abbrac. sempli<remenle < di originario quello poi nncia secondo noi tutti quanti gli ionici. Il secondo vi. cbVvjo un caso spccillco. in cui VirA%^^y ntUT non pi
ito nel suo particolare attegginmentodlesMire
Imponente. FofM. che .sarx^bbe concepibile un u^t-Jl n acqua ed ari. completamente airinfuorl dell.. leKe dei c^; tran, u non dovrebbe piuttosto tale con.oreit pXipar^ d[ entrambe le qualit sensibili dell'acqua e deM-arial V^ i^^^^ b^e c^e Anslolele auma senxallro
Ione?
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ScnoncW-
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PiUKoriri. Mttaph. 7 ti 22 >- dovu w un posso 5U PUlonc rd dkc: ... piK <rki Platone) -ta^ ^^'M iwtf* -^ , ^rS^ V n numeri ono *l 1 U delle scaso k indKtiallbllc: rumi dice tht ha TWtpi in Plat.. <09e Mmibili . In hUro 5|CniAeato di Ua^cudtttik m questo Phtt^d., 74 ft. Per l'iiw non Qloisoftco dlU preposizione
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I
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Ricordinmo rome
(13)
/>r o<n.
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Mj
20^
onao, cfr. X.
IV.
e Xkx., Cyr.,
2. 29.
84
del nostro testo, v5v
...
85
difficolt.
perfettamente equiChe l'espressione Irepov ...il oO Tai^Ta sia non ci sarebbe TauTa o (TTor/sia x parabile al T Trap conferma ancora il neppur bisogno di dire: tutt'al pi essa Si presenterebbe nasignificato di trascendenza prima rilevato.
turale
si
frase con quanto precede, ne il collegamento di questa discusso. Non potrebbe pi riferire all'aTiAwc il passo sinora conclusione, nulla questa a giungere necessario per riteniamo terminata qui la impedendo che Aristotele abbia considerata semplice, e sia senz'altro trattazione sul corpo infinito puro e durezza del paspassato all'altro caso in questione. L'innegabile stringato di tutto saggio si spiega con il carattere estremamente fraintendersi con quanto il passo. Il soggetto di 9aaiv non pu
possibile parlare di un principio sensibile sottratto alla legge dei contrari, poich questi intervengono soltanto in un'ulteriore stadio cosmico. Quel principio possiede si una qualit sensibile (e nel caso del (jiSTa^u possiamo dire ne abbia due), ma con ci le altre qualit che formano questo mondo non sono da essa affatto soffocate, esistendo su di un piano diverso.
(Otte-
nuta tale costruzione, lecito trarne un corollario, che cio i fautori dell' aTrXcoc; non attribuivano certo al loro corpo infinito alcuna trascendenza. Vedere quindi in esso rpxYj di Anassimandro, come vorrebbe lo Zeller, impossibile, dal momento
che
il
si
applica indiscutibilmente al
s/ouGi, con un altro quello di TTOLOUGL, poich in mezzo sta l' precedente. Inoltre soggetto ricavato forzatamente dall'aTCOv potrebbe esser xXXa ... v tlvec zWi periodo yp il tutto
^^
della dimos^trazione. a rigore necessario per lo scopo principale r crTOt/eta, ed il Tiap to al critica sulla s'impernia Questa al contenuto della passiamo E incidentale.
caso
dell' 7:Xcoi;
frase:
ma
in tal
il
corpo
.
infinito qualcosa
Ci sarebbe piuttosto gi stato detto ozioso, se accettassimo la tesi combattuta, essendo valore indispenprima.' Secondo noi invece l'inciso ha un suo
di diverso da cui deriva questo
mondo
secondo quanto ammettono tutti, tra gli altri Zeller stesso). Il passo procede poi nella sua critica. Le parole in parentesi sono chiarissime seguendo il nostro modo di interpretare. NeirTououv pi facile scorgere il (jwfxa puro e semplice che non il fxera^u. Il motivo psicologico per cui Aristotele sente 'qui il bisogno di avvertire il lettore di una futura critica al corpo infinito in generale ci sembra consistere nella mancata confutazione in ci che precede dei sostenitori dell' TTw^. Perch avrebbe detto allora ou^-' aTuXw^ ? Per costoro, che davano alla loro teoria una formulazione genericissima, non valeva evidentemente una critica specifica. InolMilesio,
tre la parentesi riduce ad un'unica stregua casi che per altro verso risultano differenti. Normalmente ci attenderemmo allora
sabile,
una contro-obiezione posta da Aristotele in bocca ai T aTor/ela. La critica aveva rilevato principio infinito non bisogna sceunico un ammettere che per qualit sensibili, ed gliere alcun corpo possedente determinate trascendenza, secondo cui essi ribattono appellandosi alla loro
cosi un acT aTOiYEia, pi arbitrariamente poich gli manca vada cenno espresso di Aristotele. Ma chi ci dice che questa teoria stessa della riferita ad Anassimandro? Gi n.e dissuade la natura diffibasata su di una concezione evoluta dei contrari; ben
critica,
che questi ultimi fossero stati gi prima presentati, mentre secondo la tesi a noi contraria non si sarebbe discussa sinora che una sola teoria. Stando cosi le cose, che necessit dovrebbe esservi di inserire proprio a questo punto una simile osservazione incidentale ed introdurre l'acqua e l'aria, la cui trattazione comincerebbe solo pi tardi? Dal modo di esprimersi poi della parentesi logico dedurre che i casi prospettativi all'infuori di essa sono considerati in modo divergente, il che va
Ttap
vien fatto di pencilmente essa poteva provenire dal vicino alsare piuttosto a qualche filosofo anonimo, relativamente questa Aristotele. Si potrebhe per sempre obiettare che
Milesio, e
ci
l'epoca di
critica
una sovrastruttura aristotelica. Al che rispondiamo in macoerenza interpreniera decisiva: nonostante la scarsa fiducia sulla ammettere che tativa di Aristotele non giungeremo certo al punto di l'assenza di ogni contraegli faccia qui sostenere ad Anassimandro esplicita della riet dal suo principio, mentre in una testimonianza vouoa; vFisica aveva usato a suo proposito la frase ex toO vq avTtrr^Tac;, gi prima da noi rilevata.
proprio al contrario invece per le altre pensa che la critica fatta pi tardi al TO Trap T (TTOL/sLa identica a quella degli elementi (si veda poco dopo: SVjT-XYO<;xal...). In ci che segue notevole la ^conferma alla nostra interpretazione del t Tiap Ta a-zoi Xeia, data dall'aggiunta di xaXoujxeva. Nella frase ulteriore non vi sono pi dubbi sul significato di rcap: esso accenna chiaramente ad uno stadio cosmico di unificazione. Invece
e
interpretazioni,
si
TOC
(TTO-ysTa
rrup
si
dice
qui
ancora
pi
i
aepa xat
xal yr^v
>cal (JScop,
dove
86
serrato complesso fenomenico, varie disgiuntiva usata altrove da Aristotele a proposito delle concludersi dovrebbe oSv S' 9aLVTyi il Con pyai ioniche. secondo l'opinione comune la prima parte della critica, rivolta
il
87
in
antitesi
airenumerazione
che pur non rientrando nell'argomentazione principale, e colpito particolarmente da questa critica, ed infine il contenuto del T TTcyp r crroi^^sLa nuovamente lasciato nell'indetica,
ed iniziarsi con non ha tuttavia solo il rSjp una sua estensione. Il ToS un senso temporale, ma pu indicare altres lo sviluppo di migliore. significato sul decidere deve contesto il ragionamento; chiaro Se si guarda attentamente alla frase che sta prima, appare come in essa Aristotele enunci anzitutto la tesi della teoria da negativo ((^yhzTGLi lui combattuta, e poi il proprio risultato 8' o8v).| E' dunque questo un caso tipico in cui ci si attende una motivazione da quanto segue, e siccome leggendo avanti la
contro
i
sostenitori del
t Tuap r aTor/sIa,
terminatezza, perch non pu sfuggire in nessun caso alla crienunciata nella sua essenzialit (nLvry yp ... eie ^J^^xpv). Si hanno ora le ultime conferme alla nostra tesi. Aristotele d qui un nome ai sostenitori del x nyp x CTTOiyeZa: ot cpucrixoi.
troviamo, non vi pi ragione di dubitare del valore di S'/;. La frase oS St) ... slvai contiene anzitutto una specificazione immediadell'oSv, e nell'introdurla sta appunto la funzione passo in cui ta del-Srj. Questo cos l'unico punto dell'intero GTOiyzly. con il fuoco si identifica chiaramente il t Tiap r
della o un altro elemento infinito. Viene poi segnato l'indirizzo dimostrazione: Aristotele procede gradualmente nella sua ana determinato, impossibile che il mondo diventi lisi, l' O'jSv o sia uno soltanto degli elementi. L'affermazione si estende anche al caso in cui si sostenga un solo elemento, ma finito, come per esempio da Eraclito. Sembra quasi che Aristotele nel
fare questa estensione
si
Comunque debba intendersi tale termine di fisici , siano da comprendersi o no in questa designazione anche gli ultimi Presocratici, rimane in ogni caso fuori dubbio che esso indica tutti quanti gli Ionici, non solo quindi Anassimandro, ma altres Talete ed Anassimene. Se per salvare il significato temporale di Syj si fa terminare con cpaiverat S' ouSv una prima parte della critica, si presentano difficolt insormontabili. Imla questione sugli elementi infiniti, la frase successiva intorno ad Eraclito non certo risolutiva al riguardo. Ci si aspetta ancora qualcosa, e quando si legge 8' aur^ XyOi^xyi crediamo di dover finalmente essere informati. Ed inTece nulla di ci, si parla del to Trap x GzoiyeZy e non degli infiniti. Non vi sono scappatoie, 8' auTO:; Xyo^ contrapposto chiaramente al caso di Eraclito, non gi all'acqua od all'aria infinite, di cui manca ancora la confutazione. Per di pi si tornerebbe di nuovo al to nypy. Ta CTOtysTa,
postata infatti
elementi
meno
fa-
cilmente confutabile, e se ne possono anche indovinare i moera certo pi tivi, per quanto egli non li esprima. Ai suoi occhi logico sostenere una trasformazione dei quattro elementi finiti per in un unico finito, piuttosto che in uno infinito, ed inoltre quest'ultimo caso possedeva gi ulteriori obiezioni. Chiuso l'inciso su Eraclito, l'obiezione viene rivolta naturalmente anche contro i sostenitori dell'unit infinita, e per ultimo si enuncia il succo vero della critica. Tutte le cose si trasformano per
contrariet, ed sottintesa la conclusione: data una pluralit di qualit sensibili antitetiche, vi sar un incessante avvicendarsi tra poli opposti, mai la riduzione ad un'unica qualit. E' questo un perfezionamenlo della critica formulata dai fautori
dell' aTrXw;.
si
Mirabile lo sviluppo dell'argomentazione. Prima possibile contenuto del to Trap T G-oiyzly. (ouS ed il risultato della critica fondata sui prin(JTOiyziiv) ... Sy) cipi della filosofia aristotelica (il (patvsTaL ouSv spiegato in ouSv aTTSLpov hMyz-yi zhyi). Poi si accenna ad Eraclito,
enuncia
il
mentre la sua trattazione doveva essere stata conclusa prima. Rimane una via: considerare al contrario come incidentale r oS St] TTUp... elvai, intendendosi quest'ipotesi gi confutata da quanto era stato detto al principio del passo. Tale supposizione troverebbe un appoggio nel successivo xai yo^plq tou amipov slvai, che anche possibile interpretare come un ripudio senza discussione dell'infinit. Senonch questa costruzione rovinata dall' 6X(o^ yp. Se cos infatti fosse veramente non vi sarebbe bisogno di alcuna dimostrazione e tanto meno poi di una connessione con la critica di un unico corpo finito. Infatti generalmente implica un allargamento della confutazione, affinch pi chiaramente battuto risulti il caso dell'infinit, che soprattutto interessa ad Aristotele; il xal yo^piQ non cio un rifiuto, ma una momentanea esclusione. Ci rimane ancora da citare un passo a conferma dei risultati precedenti, dove ribadito esplicitamente l'osservato cavai (xCav, olov aspa ri^bntc;
rattere di trascendenza: ...t7)v UTTOxeifjLvyjv uXyjv ol (lv (pymv ti 75 Tiup ^ ti (xeTaEu toutcov, (TcojjLa ts Sv
88
>
i^.
89
di aver chiarito a suffcienza l'impostadata dallo Stagiirta alla filosofa presocratica. Tuttavia resta qualcosa ancora da dire sul ptera^u, questa tipica costruzione interpretativa aristotelica. Il fatto si che gli esempi da noi posseduti di fJLSTa^u non sono univoci: in alcuni passi si parla di qualcosa di mezzo tra aria ed acqua, altrove invece di un (xera^u tra aria e fuoco. Ci sembra fuori di dubbio an-
xal ycopifTTv... (15). A dire il vero la nostra interpretazione potrebbe essere elusa, riferendo il (Tcopt t ov xy.i ycpicsTOv soltanto. Ci possibile se pure non naturale. al [xera^u L'ol [jlIv comprende un unico indirizzo, in seno al quale non abbiamo ragione di credere sia fatta alcuna distinzione; dove avviene la doppia biforcazione come in ci che segue, Aristotele si esprime diversamente: ol Si ... ol [jlIv ... ol Se. Non per pi possibile dubitare del nostro punto di vista se si legge avanti con attenzione. Viene fatta l'ipotesi della pluralit di principi e la si approva nella sua formulazione pi completa, quella empedoclea. I monisti sono invece criticati: ... XX* ol
(xv TTOioijVTS^ U17.V 'jXtjV TTap^r epTjfxva, TauTT^v S aco|jLaTixY]v xal ywpLCTTTjv, uapTvoucLV. Non c' quindi pi dubbio che il Tuap x ip-/j(xsva e 1* uXt] ycpiaTf] si applichino anche ai fautori dell'acqua e dell'aria. La costruzione del periodo chia-
Crediamo adesso
zione
che con questi due pLera^u Aristotele intendesse esprimere, pur a modo suo, le teorie di due filosofi reali e possiamo aggiungere, notevoli ed antichi. Non li avrebbe altrimenti tratzitutto
rissima:
sti
OL
[i.v
(acqua, aria e
(i.Ta^'j)
...
...
ol S (pluralisti, sud-
divisi in ol fxv, ol S, ol S)
nuovo
moni-
indiscutibihnente congiunti). In caso contrario, dove potrenmio ritrovare l'inevitiil)ire critica aristotelica a Talete, Anassimene ed Eraclito? I contrari ineriscono ad un principio materiale, dice Aristotele, ed a questo non pu quindi toccare alcuna trascendenza: l'obiezione, oltre che al [xSTa^u, ancora pi evidentemente diretta all'acqua ed all'aria. Per di pi la
forma in cui vengono enunciate le varie qualit sensibili che dovrebbero spettare a tale principio unico, o leggiero o pesante o freddo o caldo, fa pensare non si voglia intendere soltanto il (jLSTa^. Tutti questi antichi flosot per attraverso le loro disparit si ritrovano concordi su un punto, la vera essenza storica delle loro dottrine, cio to
L'espressione
(XTreipov.
aTrsipov
la
touto, che
p/7).
comune
De
Ricordiamo ancora alcuni passi che potrebbero far nascere dei dubbi contro la nostra interpretazione. In un'altra critica dei monisti (De gen. et corr., 332 a 4-27) Aristotele dice: ... ox ecttiv Sv
TouTcov ^ ou r rvTa. o
{xtjv
ti...
Questo
Sembra qui che il rapa rauTa vada applicato soltanto vero, come pure vero quindi che la trattazione
al (jLera^u.
del {xs-ra^u
separata
implica per alcuna antitesi, dovuta soltanto allo svolgimento dettagliato della dimostrazione; la critica in ogni caso la stessa, basata sulla teoria dei contrari. Cos non vi alcuna necessit di credere che XXo introduca una posizione di trascendenza: esso significa semplicemente qualcos'altro . (iNon deve ingannare l'uso dell'espressione in quest'ultimo senso da parte di Teofrasto, Dox. 476, 13, se si pensa alla sua diversa visuale interpretativa). Anche il Tuap Taura, per quanto sia detto solo del (jiETa^u non affatto rilevato come sua caratteristica particolare: appena un momento prima Aristotele, concludendo l'esame degli altri monisti, aveva dichiarato del loro principio E, o5 r rrvra, e gi abbiamo osservato la complementarit di questa espressione con il Tiap Taura a significare il concetto di trascendenza. E' d'altra parte giustificato che talvolta Aristotele applichi particolarmente il Trap TauTa al (xeTa^u e preferisca denominare il principio degli altri fisici Sv toutcov. Va cosi perduta l'accentuazione immediata della trascendenza di quest'ultimo, ma ne acquista in compenso la coerenza della terminologia: dal momento che Aristotele chiama la realt materiale senz'altro T aroiyzioL, era un po' arrischiato, e qui infatti egli stesso se ne accorge, parlare di un elemento al di l dei quattro aroiycloi, tra cui anch'esso naturalmente compreso. L'infinit ne trasforma vero la natura (per quanto secondo lui ci in realt non avvenga ed anche il Trap TauTa soggiaccia ai contrari), ma una tale espressione pur sempre ambigua. Comunque sia, la nostra interpretazione non affatto scossa. Leggendo avanti si vede il {XETa^u trattato alla stessa stregua degli altri principi. La sua critica per l'appunto basata su quella degli elementi isolati ('oTat yp rjp xal TTUp xELvo (jlet vavTiTr^TOc;...). Aristotele conclude poi: coctt* oux hBixeTOLi {xovoua^ai xeivo oSTTOTe, iaizep cuoiai riveq t tTOipov xal T TTEpt/ov [ioicc, pa tiouv toutcov 9^ oOSv. Quest'ultima frase di diffcile interpretazione per la sua brachilogia; l'unico senso plausibile ci sembra essere qualsivoglia di questi principi soggetto alla medesima critica oppure rimane ancora la soluzione che non vi sia nulla al di l degli elementi . Il jAETa^u, l'aria, l'acqua ed il fuoco sono quindi conglobati assieme in un'unica concezione di trascendenza. Si noti infine l'espressione che viene ancora dopo, et o5v (lYjSv ata^TjTv ye TipTepov toutcov... Il irpTepov non va d'accori
90
'
It
91
tati accanto a ed Anassimene, classificandoli tra i (pxjaixoi. Che poi Aristotele non ci dia delle testimonianze ed enunci invece delle proprie teorie, come pensano alcuni almeno per quel che riguarda uno dei {iSTa^u, gi escluso assolutamente dal suo modo di introdurre queste notizie, a mo* di citazione, con un (pyci^ o un vocabolo affine. Crediamo di poter identificare il sostenitore del fxsTa^u tra aria ed acqua in Anassimandro, e vedere sotto l'altra ipotesi Eraclito, senza per essere ben certi di questa seconda afl^ermazione. Trattandosi di una costruzione interpretativa aristotelica, non vi da stupirsi se nomi dei filosofi mai vengono espressamente citati.
Talete
Quanto ad Anassimandro la cosa pacifica, poich non si saprebbero riferire se non a lui i passi riguardanti il primo In uno di questi infatti si introduce il verbo Trepi/eLV, fiera^u. la cui provenienza anassimandrea nota, in altri poi si ricorda questo (jisra^u tra gli esempi tipici delle dottrine che ammettono un unico principio infinito, ed accanto vengono citate soltanto l'aria e l'acqua, sulla cui attribuzione non possibile
dubitare Tinfuori
(17).
Xon vediamo
a chi altri
e<l
tra
Presocratici,
infinito.
al-
di
Talete,
Anassimandro
tale
Anassimene, Aristotele
monismo
Neppur
do con l'interpretazione del Trap da noi contrastata e sta per contro benissimo come accenno alla trascendenza; quel che precede lo estende chiaramente oltre al caso del jxsTa^u. Anche un passo della Fisica presenta delle difficolt (189 a 34 b 9). Aristotele sostiene la necessit di aggiungere un terzo principio ai
contrari: ...oarczp paolv ol {jLiav riva cpuatv elvai XYovret; t ttcv, oIov uStop 7^ TTup Y) T ptera^ toutcov. Soxet 8 t (jieTa^ jxXXov rrup yp t^St) xal yri xal y]p xal uSwp (jlet* vavTioTiQTcov G\j\ir:tT:'kf]'^yLhcc cfriv. Sto xal oux Xycix; ttoioctlv ol r uroxeipLEvov e-repov toutcov ttoiouvte^, tcov 8* (XXXcov 01 pa' xal yp rjp r^xtaTa e/ei twv iStXXwv Sta90p? ala^^r^Tac;' yfxevov 8 t uStop.
pensabile la sostituzione di Anassimandro con Eraclito, Diogene di Apollonia o Melisso. L'attribuire per contro ad Anassimandro qualcosa di intermedio tra l'acqua e l'aria, come si
t>
L'impostazione generale corrisponde pienamente al nostro modo vedere: riappare l'espressione caratteristica Tiv pucriv, gi spiegata. Il monismo qui approvato, contrariamente al solito, perch pi del pluralismo si avvicina all'uXT) aristotelica, sfuggendo relativamente al dominio dei contrari. L'antitesi anche adesso tra fuoco e terra e aria e acqua e d'altro canto aria od acqua o fuoco o fjLETa^u. . Nell'un caso le contrariet sono predominanti, nel secondo invece quasi del tutto assenti. Neppure pu dirsi che a questo proposito spetti al (xera^u un trattamento diverso che non all'acqua od all"aria; altrove abbiamo visto una critica uguale per tutti, essere cio questi principi pur ancora implicati in qualche modo nelle contrariet. Anche qui non si fa tra loro alcuna distinzione se non di sfumature. Il [xera^u il preferito, ma le sue qualit sono identiche a quelle dell'aria (8i xal ox Xyco^ viene riferito nella stessa misura ad entrambi e si nott l'espressione successiva xal yp 6 aTjp...). Vi solo una difficolt: il {xera^ chiamato Irepov denominazione inestensibile TOUTcov (cio gli elementi), e tale all'aria ed all'acqua (tcv 8' XXwv...) Avrebbe cos ragione il Ltze, essendo a prima vista indubbia l'equivalenza dell'Erepov con il Tcap Ta oToixeta. Noi ripetiamo per quanto abbiamo detto poco sopra, che Aristotele preferisce talvolta, per scrupolo di terminologia, attribuire queste espressioni al solo pLera^u. Ci permettiamo inoltre di osservare come l'uso di repov in questo passo sia notevolmente diverso da quello gi discusso in Phys. 204 b 29. Allora il termine era stato introdotto per rilevare la trascendenza, rafforzato dall's ou rauTa.
di
:
che l'aria infinita un erepov rispetto all'aria Ora invece non si parla di trascendenza; dicendo Aristotele intende projriamente nel toutcov ciascuno degli elementi. Se al contrario avesse voluto vedervi come altrove il complesso fenomenico unitario, l'sTepov sarebbe stato riferito altres all'aria ed all'acqua. Ricordiamo infine il passo in Metaph., K 10, 1066 b :J3 - 1067 a 7, una parafrasi di Phys. 204 b 22 - 205 a 6, cio della critica del corpo infinito semplice, gi ampiamente discussa prima. La contrapposizione ouTE ...t Trap r crTOtxeTa - ouB^' olttXq, che avevamo trovato nella Fisica, non sussiste pi nel brano della McUjfsica. L'ouO^* iuXcf; caduto, e con esso quanto seguiva immediatamente, il che dimostra la connessione da noi stabilita allora. Per contro il secondo termine della negazione diventa adesso oS Trup..., dal che riceverebbe vigore la tesi da noi combattuta. Tutto ci perde per importanza non appena ci si ricordi che l'ultima parte del libro K della Metafsica con ogni probabilit apocrifa (cfr. per in contrario: Jaeger, Ar. tr. it., 225); il suo autore fraintese per primo il diffcile passo, pur andando d'accordo con noi in un punto.
voleva quale
significare
GfTOtxetov.
ifrepov
TOUTWV
Bk
(17) Cfr. De caeo, 303 b 10 sgg. ol S* uSaro? [xv XsTrTrepov, poq, TTuxvrepov, 6 TCEpiyeiv rpoLdl rrvrai; toj; opavot; (ScTretpov v; si noti il rilievo dato all'infinit. Vi sono poi due passi della Fisica, 203 a 16-8, gi visto, e 205 a 25-7: xal Sta toOt o^el? t ev xal cTreipov
:
TTUp jroCQCTev
aTWV...
ouSs yY;v cpuCTtoX^ycov, XX' ri u8wp ri pa ri t [xcov Entrambi appartengono al capitolo sull'infinito, ed enumerano i suoi teorici caratteristici; il contesto del secondo poi sembra contenere una citazione completa di queste posizioni filosofiche, almeno delle pi antiche. Pensare che sia tralasciato proprio Anassimandro, il rappresentante tipico dell'infinito, non certo la cosa pi logica. Su questo primo [xera^u esistono ancora due testimonianze aristoteliche, in Metaph., 989 a 14, e De gen. et corr., 332 a 20, su cui vi nulla di notevole da dire, nulla per neppure contro l'attribuzione della dottrina ad Anassimandro.
92
gi detto, era naturale
93
in Aristotele, e la
ele-
dall'ambiente menti di riferimento gli era fornita senz'altro Il principio di Anassilesio e dalla cosmologia del filosofo. materiale, mandro era secondo la sua visuale indiscutibilmente identificarlo con un elemento e siccome in nessun modo poteva di p,TO^^u, determinato, gli si preesnt spontaneo il concetto
si avvicina spesso da lui sfruttato. D'altra parte tale concetto cos pi abbastanza all'uX*/], e la sua coscienza d'interprete era
mi-
tranquilla.
La questione non
il
principio
...
intermedio tra aria e di Eraclito. Aridi ritenere nascosto sotto tale teoria il nome tre volte solstotele definisce espressamente V pxh eraclitea nel terzo invece la i^u/y), tanto: in due casi essa il ttu?, notevole, cui (18). E' questo un contrasto
cio
OLVOL^uiih-aiq.
cio confermata da Eraclito stesso: a noi non per chiarire il problema, che ricercare se esistano ancora delle dichiarazioni eraclitee sulla natura dell'anima, dal momento che suW voi^uiiiy.aic, non possediamo null'altro di sicuro. Seguendo il punto di vista fisico, che solo ci interessa nella presente indagine, troviamo il fr. 118: l'anima pi saggia una a^yy) $vjpYj. E' facile di qui trarre un concetto generale dell'anima. Secondo la sua maggiore o minore perfezione essa andr dall'umido al secco (fr. 117), da un fulgore offuscati ad uno splendente. L'anima, e cio V OLVQ(.^\j\iiy.Giq, cosi qualcosa di variabile tra due contrari, in nessun modo quindi confondibile con il TTup, l'elemento meteorologico, che sostituisce
vaporazione
rimane
altro,
significa badato slnora a suflcienza. V va^u(i.ia(nc naturalmente evaporazione, il 7r>p per contro, quale ci preaccende e sentato tipicamente nel fr. 30, fuoco reale che si le due cose non pensi spegne; a porre un'identificazione tra abbia sano i critici moderni, n abbiamo motivo di credere vi termine pensato a suo tempo Aristotele. Non provato che il appartenesse come tale ad Eraclito, pur essendo
non
si
v7.^uiii7.(yiq
la
nel
volta, cosa probabile. La sua forma verbale compare solo una uypcov va-B^ufr. 12, dove si dice che le anime aTi tcov l'anima sia un'efjLtwvTai. (19). La testimonianza aristotelica che
sistema eracliteo. Diamo ora un'occhiata alla cosmodove dovrebbe trovarsi una traccia di tutto ci. Il frammento pi importante al riguardo il 31, che enumera le TpOTiai: anzitutto il mare, poi una met di questo si TTUpt; trasforma in terra, l'altra in TupTjaTyjp. Si presenta un elemento nuovo, il Tup7]aTY]p, che a nostro parere strettamente alfine all' vaa>u[XLa(TL^. Esso infatti, al pari dell'anima, non la stessa cosa del Tuup, come pure pensano alcuni critici, essendo dichiarato proprio in questo frammento una sua tPOtuyj. Inoltre sia l'anima che il TipYjcrryjp sorgono dall'acqua. Un altro notevole frammento cosmologico, il 36, in nessun modo potrebbe adattarsi coerentemente al 31, a meno di eguagliare la ^\Jxh
l'aria nel
logia,
MsTaTrovrivo^; xal (18) Cfr. Metaph., 984 a 7: ... "iTTTracyo; S rup 6 9T,(nv HpxXeiTOt; 'EcpCTLOj;; Phys., 205 a 3 :... coarep 'HpxXeiTg 8 TravTa yivea^at ttots rrup; De an. 405 a 24: .. Kal 'HpxXeiTOT-^v pxr.v elvai <?r^ai
'\>uyr,v, eiTrep tyjv
va^u^JLiaaiv, ;
^j?
TaXXa
ouviaTr^aiv.
di citare il (19) La testimonianza che d Ario Didimo prima contesto 12 non conta molto al riguardo. Pi importante il nell'identificare del De anima, dove Aristotele si dimostra sicuro con la '^/y) Vpxh eraclitea con rva^u^xiaCTic; pi ancora che non Evidentemente egli non fa assegnamento solva^%[xia(nv).
fr.
tanto sul fr. 12, quanto piuttosto sul complesso del sistema, donde principio delegli crede di ricavare con certezza neH'va^Ufxiaait; il usato da l'Efesio. E' quindi probabile che tale termine sia gi stato Eraclito stesso, anche se accanto ad altri di contenuto affine: Aricomparso stotele poi lo prefer (per quanto esso fosse certamente poche volte nell'opera del Presocratico, altrimenti dovremmo possederne tracce pi copiose), forse perch meglio si adattava alla sua
interpretazione. Notiamo, per incidenza,
il
(...
eiTrep
delle
va^ufjLiceti;, contenuta essenzialmente in Dice., IX, 9-11. I cril'assumono senz'altro come autentica, poich ritengono che la testimonianza provenga da Teofrasto. La cosa invece per noi assai improbabile. All'infuori infatti di qualche accenno di Aezio, le usuali fonti che riportano Teofrasto, Ippolito e gli Stromatia plutarchei, tacciono completamente al riguardo. Vi inoltre una pregiudiziale, l'omissione, prima dimostrata, di Eraclito nel primo libro delle OuCTixcov S^ai. A parte tutto ci la tesi, messa a raffronto con le poche dichiarazioni eraclitee sull'argomento, sta con esse in contraddizione tanto grossolana che non ci sentiamo di addossarla senz'altro al filosofo. Eraclito considera un'va^upLiaait;, come si vedr tra poco, sia l'anima, che anche ayyj ^gpTQ, quanto il TrpyjaTTjp. Entrambe le va^u(xt.art,; nascono secondo lui dall'acqua e dovrebbero quindi essere secondo la testimonianza di Diogene delle evaporazioni umide, cio oscure ani^ich splendenti. In sostanza abbiamo buoni motivi per creder che Eraclito non conobbe se non una sola vaOu^xiaaLc;.
tici
due
94
95
in esso
che
compare con
il
7zpr^(yrr^p dell'altro
frammento
(20).
determinazione dell'anima in va'8-u(JLiaaii;ayY) ^T^P ed il 7rpY)(7T7jp si presentano come una serie di immagini collegate ed affini. Ricordiamo per finire il fr. 64, dove si parla del Xcpaovc, da inserirsi anch'esso nella gamma del Tzpr^GTfiP e deH'auYT) ^T^pvj. Notevole la dichiarazione sulla sua ativit: esso regge il mondo. Ci posto, vediamo quale via poteva seguire Aristotele nella sua interpretazione eraclitea. Nella ricerca dell' py^Yj egli non bad di certo ai concetti del Xoyo^ e del ^^, essendo preoccupato soltanto di trovare un principio fisico unitario anche per l'Efesio. Che i Presocratici fossero degli ilozoisti era per lui un presupposto fondamentale, e naturalmente gli sembra di poter estendere ad Eraclito l'impostazione che aveva foggiato per i sistemi jonici. Il t Tryp r rjzoiyziy. trova infatti a tutta prima la sua migliore incarnazione nel Tzup, quale ci presentalo nel fr. 66. Non si tratta per di una trascendenza assoluta, poich questo fuoco al tempo stesso l'ultimo sostrato hsico delle cose (fr. 30); ci risponde egualmente bene alla generale interpretazione aristotelica. Non bisogna per altro esagerare l'importanza del Tiup nel sistema di Eraclito. Strano anzitutto che oltre alle due volte suddette esso venga soltanto nominato in due altri frammenti, il 31 ed il 90, quali non sono se non ampliamenti del 30, mentre molto pi sovente si parla della ^u/vj o del X^oq. Notevole poi che Platone lo ignori completamente e trattando di Eraclito adoperi la terminologia empedoclea dell'amore e dell'odio, ed ancora pi notevole il silenzio, gi rilevato, di Teofrasto, il quale in un'opera fisica rinuncia evidentemente a dare una posizione definita al nostro filosofo. Sembra cosi che questa opinione sulT pyy] eraclitea, radicata profondamente in tutti gli interpreti antichi e moderni, debba risalire in estrema analisi al semplice accenno nel primo libro della Metafisica. Ed anche qui lo stesso Aristotele non troppo reciso: Ippaso di Metaponto pone come pyv) il Tiup,
solo,
la
i
Non
ma
pure Eraclito di Efeso. Lo Stagirita non certo solito il filosofo minore al maggiore, e nulla ci fa credere che Ippaso fosse cronologicamente anteriore ad Eraclito. La cosa si spiega invece benissimo con una scarsa sicurezza di Aristotele nell'attribuire all'Efesio la teoria in questione, che ai
e cosi
far precedere
suoi occhi era rappresentata tipicamente piuttosto dal Pitagorico (21). In conclusione, di una cosa soltanto egli poteva dirsi
nxjp. Questo per considerava Eraclito un monista, come i suoi predecessori jonici, ed appunto per ci, constatata l'insufficienza del TTUp a rappresentare l'unica p/y], doveva porsi alla ricerca
non bastava:
sempre fisico, destreggiandosi tra le oscuapparenti contraddizioni del sistema. Di fronte ad una personalit complessa come quella di Eraclito non si poteva fare pieno affidamento su dichiarazioni isolate. Bisogna inoltre tener presente che l'originale concetto aristotelico di ^?Xh quale ci risultato, implicava la coincidenza di principio materiale ed efficiente. Che questa condizione si avverasse per il TTilp di Eraclito piuttosto dubbio: il fuoco si il
rit
di
un
altro principio,
le
so-
mondo, ed agisce anche su di esso, distruggendolo, ma non ci risulta afTatto che lo crei o lo governi. Sotto questo riguardo l'vaO^upiLacrt^ soddisfa indubbiamente di
pi Aristotele. Il complesso (Xvoi^u[iiy.Giq - Trpvjaryjp (J^uy-yj xepauv^ ugualmente fisico ed ilozoistico, comprende i principi di maggior dignit in questo mondo, e soprattutto ben pi diffuso del TrGp nell'opera eraclitea. Esso del pari qualcosa di efficiente: il TcvT7 xopepv^ di Anassimandro
sarebbe quindi da stupirsi che Aristotele, servendosi della sua terminogia, abbia chiamato questa pyy) un ^sraEi) tra aria e fuoco. L*vaS-u(i.ta(JL^ non pu coincidere con il fuoco, pur essendo talvolta secca e splendente, n d'altra parte con l'aria, sconovi
(21) Si noti che l'attribuzione ad Ippaso del fuoco come principio appartiene esclusivamente ad Aristotele. Oltre a lui la sostengono soltanto Simplicio ed Aezio. Si gi detto che la testimonianza del primo non pu essere stata attinta da Teofrasto: non rimane quindi che farla provenire da Aristotele. Inoltre anche Aezio possiede una notevole conoscenza degli scritti peripatetici (cfr. Diels, Vox., 100). Donde la notizia sia giunta ad Aristotele non sappiamo Laveria accettata senz'altro pu essere dovuto al suo stile soggetl tivo di fare della storia filosofica; l'averla inserita qui in mezzo ai sistemi jonici, testimonia ad ogni modo che egli le
assai vicino al
t<x
Non
proposito anche il fr. 17. Il fr. 76, che solleverispetto al sistema cosmologico sopra accennato, non. secondo noi originale. Osserviamo per che al nostro attuale problema particolare, lo studio dell'interpretazione aristotelica di Eraclito, esso non recherebbe dei seri ostacoli, anche se accolto come originale. L'introduzione che vi si fa dell'aria quale nuovo elemento andrebbe anzi abbastanza d'accordo con la nostra futura soluzione.
(20) Si
in
veda
rebbe
(Ielle
diflicolt
vole importanza.
96 97
neppure possibile fissarla in un principio determinato, essendo variabile tra due estremi. Essa per indiscutibilmente qualcosa di meteorologico e ad Aristotele, che parla sempre in termini dei quattro (TTOi/sIa, non rimane che considerarla un [xera^u. Tutt'al pi potrebbe nascere il dubbio non fosse meglio parlare di una mediet tra acqua e fuoco, anzich tra aria e fuoco, rappresentando per l'appunto l'acqua il limite inferiore, la morte dell'anima. Questo dubbio appartenne gi allo stesso Aristotele, come dimostra l'introduzione in un passo isolato del [iz-uy-^u tra acqua e fuoco (22). Tale mediet evidentemente una variazione di quella tra aria e fuoco; supporre invece che si voglia intendere la teoria di un nuovo filosofo ci sembra improbabile, perch non sapremmo davvero chi possa essere costui, all'infuori di Eraclito. Un'unica testimonianza anonima non offre alcun apsciuta ad Eraclito
m^i^
che parlando di Trup Aristotele pensa forse in primo luogo ad Con tutto ci non possiamo dirci pienamente sicuri dei nostri risultati (24), per quanto dalla stessa analisi dei passi che riportano il ^era^ in questione non si deduca nulla in contrario. Essi danno se mai delle conferme: il contesto di uno per esempio pare escludere qualsiasi confusione tra la mediet di aria e fuoco ed il principio di Anassimandro un
Ippaso.
(25);
altro
piglio.
Concludiamo: l'interpretazione favorita di Aristotele il pur senza che egli rinunci al TTiip, il quale soddisfa a tutte le esigenze del to Tiap x CTTOi/ela. Tale (jLSTa^u si una sua costruzione, per il modo di essere formulato e
[xera^,
l'importanza attribuitagli, ma gi basato pi storicamente di quello parallelo di Anassimandro: quest'ultimo stato forse scoperto in seguito da Aristotele, come un'estensione dell'altro. Eraclito rimane cos un monista, pur presentandosi in figura di un'erma bifronte: dove si cita il (icxa^u, esso viene ricorcosa potrebbe apparire strana TTup. La dato accanto al a prima vista e far pensare a due filosofi diversi. Ci non per necessario dal momento che Aristotele, nel riportare anonimamente queste dottrine, tende soprattutto ad enumerare delle opinioni. Beninteso, sotto ognuna di queste sta un filosofo ben determinato, ma in simili circostanze non gli importa di distinguere le personalit e pu anche citare successivamente due modi diversi di intendere un unico sistema (23). Si noti inoltre
(22) Cfr. Phys., 189
98^4
'senz'aUro 7 l'px^ non pi detta aria, ma generi"^^^ ^^^"^ ""'"? ^^^^^^ a3^a Che poi ^^ ""^ Arhtot^leTn"^'^ Aristotele tenesse in considerazione Diogene indiscutibile; l'interpretazione monistica dei Presocratici gli deriva secondo noi in parte dallo studio dell'Apolloniate, e cos pure la concezione del t ^ap TOC GTOix^ioc (sia nella trascendenza che nell'identificare con i quattro elementi a realt fenomenica; cfr. il fr. 2). Sarebbe quindi abbastanza naturale gli avesse dedicato una formula particolare. A tutto P^[;;>/iecisamente le due testimonianze in Metaph
To^pjxov. Inol
potrebbe anche credere ad esempio che parlando di una Aristotele a Diogene di Apollonia Aaue\V7 ^^!^^f"^^ "^^"^a" pensasse sii appoggi. Il fr. 5 Diels consideTvV' u dera 1 apxY] che sta nella nostra anima un ^jp ^ep^LTspoc; rispetto aliarla comune che ci circonda, e subito dopo la chiama
m.H-^.^'^
?'
^.
"r
re nel fr.
^^^ ? '^^' '^' attrihuiscono espressamente a ap/V]. l Non si pu pi stabilire un'antitesi tra la Metafsica ed il De anima, come si fatto per Eraclito, econdo a visuale piuttosto materiale od efTiciente con cui si gu;rda l'oy^ La soluzione pi logica ci sembra sia di ammettere ^che Aristotele abbia SI concesso a Diogene, oltre all'aria, anche il aeragli tra aria e fuoco ma solo in quanto lo considera per certi
^^'nT"i
aspetti
seguace
'''' penserebbe cos adMiassi'men /^/'"'^ I^oLt del e Diogene rV'^"^ fuoco ad Ippaso ed Eraclito, dell'intermedio tra aria e fuoco ad Eraclito e Diogene. Ricordiamo che il
"
2-3.
(23) Si noti poi che queste p/ai, acqua, aria, fuoco e [itroL^, sono tutte costruzioni di Aristotele, secondo quanto abbiamo dimostrato, il che spiega il suo modo di trattarle, come se fossero formule ormai staccate dai filosofi che avevano permesso di costruirle.
Gli uni sostengono il fuoco, Aristotele non dice mai altri la mediet tra aria e fuoco , bens molto meno impegnativamente: gli uni sostennero l'aria o il fuoco o il {jieTa^u . Per contro la mediet tra aria ed acqua posta in netta antesi al fuoco in Phys. 205 a 25-7 ed in Metaph. 989 a 2-14,
:
Comunque
gli
ammette che la molteplicit sia insita nell' p^V) anassimandrea, e che il mondo nasca da questa per separazione. Per contro *al aeragli tra aria e fuoco viene applicato il processo di rarefazione e condensazione, il che risponcl^rebbe perfettamente al modo aristotelico di intendere Eraclito E vero anche d'altra parte, confrontando De caelo, 303 b 10 sas che la rarefazione e condensazione viene attribuita, ed naturale al txera^u tra acqua ed aria. Rientra in gioco la costruzione aristotelica di Anassimandro, la sua non pi l'rcapov come CXr;, bens il pxh
^^'1/^^ ^ ^^-^'^' '" ^"^^*^ P^^^ ^^ enumerano due serelum"' sene di filosofi: nella prima sono compresi sostenitori del aeraE '""^ !"''''?' "^"^ seconda Anassimandro. Di qui il Bamker j^l'\u '''^ '^'/' '''^' '''-''^ ^"^^ dimostrare l'imposs': bilif di bihta d? attribuire at rlf'il (xera^ ad Anassimandro, senza pensare che a medieta di quest'ultimo tra acqua ed aria, non tra aria e fuoco La seconda parte del passo, gi da noi discussa,
i
'
98
\
99
del loro fXSTa^u, introduce il parlando dell'aria, del fuoco meglio che a quatermine ywpLCTTOv, che si adatta ad Eraclito
e
lunque altro di questi filosofi (26). sull'interpretazione aristoSi chiude cosi la nostra indagine egli pure nella generale telica. Quanto ad Empedocle, rientra (27). Parmenide invece aTOL/sIa. Tiap T impostazione del t
negato come fisico. Aristo staccato dagli altri Presocratici, e soprattutto logico Parmenide un vedere a primo il tele stato
simandro-Parmenide, assume cio Parmenide tra gli altri fisici rigettando Senofane, non accetta la costruzione ica di' Aristotele tacendo cautamente su Talete ed Eraduo ed intro ducendo a
Ins
Anassimandro ed Anassimen;
^'t
ed
il
tazione adeguata (28). noi un imporTutte le ricerche fatte sinora non hanno per per sgombrare la tanza essenziale, e servono quasi soltanto Presocratici attraverso le loro stesse strada, al fine di cogliere
i
^""^^^^P^^'^"- ^^^ Problema della sostanza di'v dnenire nire r (o per meglio dire, del sostrato e delle cause) "on e che un tentativo di ritrovare nelle teorie prercrariie ^-a anstotenche (29). La vanita dTm^l^tr non on"r la Zra^: pensd\a allo stesso modo. Nella lotta tra la sua testardi.
e del
parole.
Un
risultato positivo
comunque
gi l'aver stabilito
che
l'abbiano pensato, percosa abbiano pensato di loro, e perch di noi, ed in informate pi dubbio senza notevoli, sonalit
sempliicato, un'epoca non molto posteriore. Il compito quasi tutta non altro perch ci si pu sbarazzare cosi anche di quani Presocratici secondo interpreta che la critica moderna, trovato in Teofrasto to crede di capire da Aristotele. Abbiamo Anasuno storico fedele, che restituisce la successione capitale
se
''" '-- ad ''^ ""' "Ueressanti. Aristotele e^a accorto che quel sostrato non un. mafp nahta immediata, che i Presorrali^i rappresentava " '^""^^'^atici avevano poeticamente considera,, I,. .toli; t"'""'''^ione; ci non lo indussi
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e la ed egli ridiventa un monista, cui toccano la ttuxvott)? contesto un aav^rV Sarebbe stato difficile opporre in un medesimo Aristotele guardi pi alia filosofo a se stesso, anche ammettendo che
predecessori aecessori.
^ -"<!-
alla loro
anima dionisiaca
jjt[?i;
dottrina che alla personalit. con noi in Pur seguendo un altro ordine d ricerche, concorda Pre-socratic philosophy alcuni punti Heidel, Qualitative change in il G d. Ph., 19, 1907, soprattutto 340-50; egli ritiene che in A t di monismo jonico sia una creazione aristotelica, e che il concetto se presocratica, vivo sin dalle origini della filosofa
. .
sia stato
pure non ancora nella formulazione posteriore. ed Her., 108. Gli altri (26) Cfr. De gen, et con., 328 b 31 sgg., e De gen. et passi che riportano questo ^jLCTa^ri, Metaph, 988 a 30 notevole. cort. 332 a 20-22, non presentano nulla di sua realt fenomenica (27) Cfr. Metaph. 948 a 8 sgg. Dire che la hQ significa equiparare il suo L(patpo(; va e viene el<; Iv ts xal
collegato ad un T rapa T OTOt/eia. Si noti poi che Empedocle uno degli Jomci, strettamente, e proprio per questa trascendenza, ad in Phys. Anassimandro, e ad Anassagora, in Metaph. 1069 b 22-3 ed
187 a 21-23.
^^^^^ '^^u xor (28) Cfr. Metaph. 986 b 18: napjxevtSYjc; jxv yp come fisico si veda Tv XYOv vo? Trrea^at... Per il rifiuto di trattarlo corr. 325 a 13 sgg. Phys. 184 h 26; De caelo 298 b 14 sgg.; De gen. et
'""'"'^--
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"
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1^
CAPITOLO IV
Cronologia presocratica
E* opportuna una breve indagine complementare sulla cronologia dei Presocratici che pi ci interessano, per tentare un inquadramento preciso nel loro ambiente storico e stabilire la possibilit di rapporti culturali. Il lavoro non facile perch
i lesti sovente corrotti. Inoltre biografiche su cui possiamo fare un certo affidamento mancano quasi del tutto proprio a proposito di alcune tra le pi importanti personalit, come Parmenide ed Eraclito. Ci limitiamo alla ricerca delle date di nascita e di morte, dato che si dispone a questo riguardo di fonti migliori, e rinunciamo a trarre l'inaff-errabile fondo storico dagli
le notizie
gue apparterrebbe nuovamente ad Apollodoro. Se infatti anche data di morte fosse di Sosicrate, questi 1^ avrebbe fatto morire Talete non gi a novantanni, bens a 93-94 (il passaggio del fiume Ali del 546). Ci posto, sembra a tutta prima che ci
^) xal tv "AXuv uno^yry^^i Traparpei^avTa. (1). Gli unici studi veramente seri ed esaurienti sulla cronologia presocratica appartengono a Diels ed a Jacobv. Il primo, a proposito del passo suddetto (2), ritiene la frase t^, ^ ScodLxpdcTTi? <priGiv, svsvr^xovra un inciso di Diogene, mentre ci che se-
s^
/-^o^
-/ M^r
*=''^''
^'iS ^^'^^'^'i>'wOc^Tr/?OY007]^o/u(JLTCl-
(1) Cfr.
DioG.,
I,
37-38.
104
105
troviamo in una situazione ancora peggiore: se Apollodoro pone la nascita nel 640/39 e calcola di 78 anni la vita, la morte dovrebbe cadere nel 562/1 e non nel 546/5. Diels risolve brillantemente il problema, leggendo come data di nascita A0 invece di AE, ossia ol. 39, 1 (624/3) invece di ol. 35, 1. L'emendazione paleograficamente giustificata e riceve inoltre conferma dalle notizie di Erodoto e da un passo dello scrittore arabo Ab 'Ifaradsch. L'opinione di Jacoby si discosta alquanto da questa (3). L'ultima parte della citazione secondo lui dedotta ancora da Sosicrate: la difTlcolt vista sopra viene superata con la correzione di 90 in 94. Jacoby non spinge per troppo in l la sua tesi, ed ammette che il 546/5 abbia costituito gi per Apollodoro la data di morte, facendo per contro risalire la discordanza fra due storici quanto alla durata della vita all'anno di nascita, che comparve gi corrotto agli occhi di
i
Apollodoro era diretta o quanto meno salvaguardata dal metro. Tolta di mezzo questa tesi di Jacoby, ricordiamo che quanto all'essenziale, lo stabilire cio le vere date di Apollodoro, egli si trova d'accordo con Diels: il cronologo fiss la vita di Taete tra il 624/3. ed il 546/5. La cosa molto probabile e non mancano testimonianze attendibili a confermare la seriet di Apollodoro al riguardo. Erodoto ci fornisce due notizie cronologiche sicure, la prima sulla predizione da parte del Milesio dell'eclissi solare avvenuta nel 585/4, la seconda sulla gi citata deviazione dell'Ali (4). Il primo di questi dati, secondo i suddetti filologi, fu usufruito da Apollodoro per determinare l'xfjLT] del filosofo. Ci vero in linea di massima. Approfittiamo per altro di questa prima occasione per tentar di liberare l'opera di Apollodoro dall'impronta di schematismo datavi dalla critica di Jacoby. Questi pretende
la tradizione del testo di
che
il
il
modo
rx[jL7],
risalga senz'al-
ci
ragionamento
vevrjxovTa
tro alla data di nascita, sottraendovi quarant'anni. Nel caso predella predizione, nulla gli
la frase
non pu essere un inciso aggiunto altrimenti sarebbe impossibile dopo un cosi breve inciso il ts). su Trarrai yp ..., quando gi prima si era detto ireKeuTr^ae ..., non convincente. Il fatto si che Tz\zurT^<70Ll yp ... ysyovTa xar Kpoiaov, contiene due riferimenti cronologici appoggiantisi l'un l'altro e connessi da Diogene, che secondo ogni probabilit seguiva l'indicazione di
Apollodoro.
Si
sente allora, invece di far contare a Talete 39 anni all'epoca impediva di stabilire la sua nascita
nel 625/4.
iW^
come data
^
di morte da parte di Apollodoro non dovuta secondo Diels e Jacoby (e noi li seguiamo) ad alcuna notizia precisa da lui
posseduta
in proposito.
Egli
Talete dopo quella data, e d'altronde gi allora la sua et era avanzata: la cosa pi logica era di farlo morire subito. Da ci rileviamo come non fosse molto naturale per Apollodoro
insistere con precisione sulla durata della vita. Diogene per contro, elle voleva citare la testimonianza di Sosicrate, doveva per chiarezza stilistica metterla a raffronto con i 78 anni della
Ricordiamo ancora una testimonianza di Diogene (1-22), a Demetrio Falereo, secondo cui Talete|TrpcoTO^ crocp^ 6)V0[jLa^7] nel 582/1, anno di xfjiY] dei sette sapienti. La data di nascita scenderebbe cosi verso il 620, per quanto possiamo credere a prima vista. E' probabile anzi che nel 582/1 Demetrio vedesse Talete pi vicino ai trenta che ai quarant'anni. Secondo la tradizione cronologica pi antica sui sette sapienti, uomini come Solone, Pittaco o Periandro dovrebbero esser vissuti in un'et di almeno cinque o dieci olimpiadi pi antica di quella attribuita da Apollodoro a Talete; se dnque a Demetrio premeva di riunire quest'ultimo agli altri in un'uniattinta
ca data,
m^
necessario supponesse piuttosto giovanile l'et di Taanche possibile viceversa che egli invecchiasse
sua fonte, anche se questa non si era espressa al riguardo. In secondo luogo la correzione in 94 del tutto gratuita. Ritenere infine che la corruzione della data di nascita sia stata anteriore a Sosicrate molto improbabile, dal momento che allora
(4) Cfr. Herodot, /, 74 e I, 75. La plausibilit della prima notizia, nonostante la sua apparente stranezza, e la precisazione della data sono state esaurientemente provate dal Burnet, Early gr. philA, 41-44. Costui, per quanto rifiuti a Talete la possibilit di aver determinato
(3) Jacoby, ApoUodors Chronik, PhiloL, Unters. XVI, Berlin 1902, 175-183; F. Gr. Hist. 726.
UBO
ragioni scientifiche delle eclissi, ritiene probabile ch'egli avesse appreso dai Babilonesi a calcolarne empiricamente la frequenza, pur senza essere in grado di prevedere le localit dove poteva essere osservabile il fenomeno.
le
106
Milesio, per metterlo sullo stesso piano degli altri: in tal caso avrebbe per dovuto ignorare la notizia sul deviamento delFAli, forse il che molto improbabile. Il dato di Demetrio contribu allo spostamento di un anno constatato sopra in Apollodoro. Tirando le somme, due date sono risultate fuori discussione, abbiamo inoltre lasciato intendere una nostra il 585 ed 546: tendenza a ringiovanire alquanto Talete, rispetto alle date di Apollodoro. Si pu ancora dire qualcosa a tale proposito, per quanto in forma congetturale. E' facile pensare che un uomo
il
107
cui vita presenta due episodi salienti alla distanza di quarant'ann l'uno dall'altro, sia un precoce. Si aggiunge che la predizione dell'eclissi non presupponeva lunghi anni di studio, bens semplicemente un contatto con i sapienti babilonesi, che
la
Talete, aviilo di sapere, poteva essersi procurato sin da giovane attraverso viaggi od altrimenti. Quanto alla seconda data, il
546, facciamo soltanto osservare come non sia molto naturale che un uomo di quasi ottant'anni si trovi, a dire di Erodoto,
nell'accampamento di un esercito in guerra. A queste considerazioni tiene dietro un dato positivo, l'opinione eoe di Sosicrate, che prolunga a 90 anni la vita di Talete. Abbiamo ogni motivo di valutare seriamente questo storico, che riteniamo anche pi informato di Apollodoro per quel che riguarda la cronologia pi antica (5). Si ignora per quale data di nascita
<
^bbia accettato Sosicrate. Pi antica di quella di Apollodoro molto difficile, per le considerazioni gi fatte, ed in ogni caso poi non sarebbe ammissibile che uno scarto di pochissimi anni; probabile invece che egli ne abbia accolto una posteriore, oppure la stessa. Da ci sembra risultare che Sosicrate estese la vita di Talete per lo meno dieci anni oltre il limite fissato da Apollodoro. Enunciamo la nostra opinione: il Milesio visse tra il 620/15 ed il 535/25, e l'ipotesi pi recente la migliore (6). Rimarrebbe da capire perch Apollodoro abbia anticipato di alquanto l'epoca del filosofo. Le ragioni stavano evidentemente nelle sue fonti. Quelle strettamente cronologiche sono gi state esaminate e si constatato che egli rimase loro fedelissimo; le fonti storico-tlosofche invece, che dovevano i)ure fornirgli qualche aiuto, sono trascurate da Jacoby e dagli altri critici. Teofrasto, che uno studioso della sua seriet doveva indubbiamente valutare e anche conoscere abbastanza direttamente, non concesse, come si visto, a Talete una vera dignit filosofica, retrocedendolo nelle nebbie dei primordi. Apollodoro dovette quindi destreggiarsi tra i dati cronologici e l'opinione di Teofrasto. Ritrovata la testimonianza sulla predizione dell'eclissi, egli suppone allora gi quarantenne Talete; e soprattutto imbarazzato di fronte al 546, fa morire immediatamente il filosofo, non gi per sua abitudine, come sostiene l'interpretazione schematica di Jacoby, ma per staccarlo cronologicamente quanto
era possibile dai suoi successori
(7).
Poco sappiamo di questo Sosicrate, ma quel poco ispira una discreta fiducia. La tesi di Diels {op, cit., 20-21) che egli segua Apollodoro quanto alla cronologia non assolutamente provata. Diogene
(5)
ricorda le opinioni di Sosicrate, oltre che su Talete, su Solone, Periandro, Pittaco e Chitone, cio su tutto un periodo storico ben determinato, quasi fosse al riguardo la sua fonte preferita. D'altra parte se Diogene avesse realmente attinto ad Apollodoro attraverso a Sosicrate, perch avrebbe dovuto citare quest'ultimo soltanto qui e non altrove, dove la cosa si sarebbe ugualmente verificata? Se invece egli possedeva sui sette sapienti entrambe le testimonianze, di Apollodoro e di Sosicrate, ed esse davvero coincidevano, perch non avrebbe preferito citare il primo, sua fonte normale ed ancor pi sicura? Che infine le dichiarazioni di Sosicrate su Periandro, soltanto perch ricordano la presa di Sardi o determinano delle date sulla base dei quarant'anni, debbano necessariamente risalire ad Apollodoro, del tutto gratuito. Non certo una peculiarit di quest'ultimo servirsi del numero suddetto per i computi cronologici, e neppure giustificato credersi sulle tracce di Apollodoro non appena si incontri uno schematismo. Concludendo, riteniamo d poter togliere ad Apollodoro i frr. 332, 33.^ (F. Gr. Hist. II B 1120, 1121) e 14 (Apoll. Chr.).
non sono mancati per Talete; vengono invece meno passando ai filosofi posteriori, quando maggiormente ci interesserebbero. Su Anassimandro abbiamo una nuova testimonianza di Apollodoro: twv Se p(JxvTCov aurai TTSTTOir^TaL
I
dati sicuri
>te9aXai.a>8Y)
tyjv
AO-yjvaiOi;. oc
xai
ex^zaiv ^Tiep TreptTuys xal 'ATroXXScopoc (^riaiv arv Iv tolc; Xpovtxot^; tco Seurpco erti
Xi-fov TsXsuTr^Gai,
Tscrcrpcov
xal
(jlst'
(6) Vicino alla nostra tesi Beloch, Gr. Ges.2 I 1. 437, I 2. 354-356. che riporta anzi attorno al 600 la data di nascita. (7) La tradizione biografica pi antica rivela una vera e propria tendenza ad invecchiare pi del dovuto gli uomini illustri del VII e VI secolo. La critica alessandrina riusc talvolta a riavvicinarsi alla verit, come dimostra l'analisi di Jacoby (op. cit, 183-188) sulla testimonianza di Sosicrate che fissa l'x^xv) di Chilone al 556/3. (8) Cfr. Dioc. II - 2.
108
insormontabile, essendo assurdo far tutta sua x[j.Y] contare 64 anni al filosofo nel 547/6 e situare poi la tirannia dal all'epoca di Policrate, che esercit sicuramente la testimonianza, 535 al 524 (9). Diels ritiene attendibile la prima concedendo s la e crede di superare l'ostacolo della seconda, falsamente sua provenienza da Apollodoro, ma supponendola ad Anassimandro dalla fonte di Diogene. Jacoby con-
109
prima una
difficolt
riferita
corda con
si
lui
prima
in
pu
alcun
Milesio (10). Ci posto, osserviamo anzitutto come il togliere dall'attual'acceinno all' x(i,7) le contesto, senza alcuna base positiva, Apollodoro su Pidi trattazione alla appartenente ritenerlo e Politagora, soltanto perch Aristosseno mette in relazione con
crate
il
I >
filosofo
Samio quarantenne,
arrischiato (11). In secondo luogo Jacoby ha torto nel non concepire come abbia potuto Apollodoro attribuire senza errori ad Anassimandro una certa et in una certa data. Anche senza ricorrere ai dati astronomici, attraverso l'opera del filosofo o altrimenti Apolbnloro poteva aver trovato una connessione pre-
4>
una notizia biografica ed un avvenimento storico, la cui lui determinabile. Noi riteniamo non si possa contestare nessuna delle due testimonianze. Come superare allora la
cisa
tra.
data fosse da
contraddizione? A prescindere da qualsiasi altro appoggio, ben pi naturale gi dell'ipotesi dielsiana ci sembrerebbe il sospettare una corruzione di data, cosa frequentissima. Se infatti 1' x^yj fatta veramente cadere da Apollodoro nell'epoca di Policrate, egli avr dovuto per. forza fargli contare 64 anni parecchio tempo dopo tale epoca, non gi certo nel 547/6. La soluzione pi immediata cosi di sostituire ol. 68, 2 ad ol. 58, 2, leggendo t^fixoGTTiC, invece di TrevTTjxocrTY]^. La corruzione non avrebbe toccato la metrica. Tutto sembra andare a posto: se nel 506/7 Anassimandro ha 64 anni, la sua nascita cade nel 571/0 e l'xfJLT) pressapoco nel 535/25, cio per l'appunto negli anni della tirannia di Policrate. La paternit della corruzione risale probabilmente ad un compilatore od a un copista del I sec. a. C, poich gi parecchio tempo prima di Diogene, la data non era pi l'originale (12). Tirando le somme, l'opinione di Apollodoro per noi chiara. Naturalmente non possiamo giudicare se essa risponda alla verit, mancandoci del tutto altri punti di appoggio antichi. D'altra parte non le si pu neppure obiettare nulla di rilevante. Noi conosciamo la seriet di Apollodoro, e qui pi che altrove possiamo fare affidamento su di lui. Non possibile accusarlo di schematismo o di sincronismi, non troviamo alcun collegamento con fatti storici, alcuna x{i,y] arbitraria, alcun computo approssimativo od arrotondato, ma soltanto una data unita con sicurezza ad un'et, ci che nella sua opera pare si sia verificato di rado.
(9) Cfr. Beloch, Gr. Ges.2, I 1, 375-378. Policrate esercit la rannia da solo in ogni caso non prima del 539/38.
ti-
1^
(10) Cfr. Diels, op. cit., 24-26; Jacoby, op. F. Gr. Hist. II BD, 726-7.
cit.,
189-192, e 215-217;
(11) Noi siamo anzi quasi tentati a credere che Apollodoro non abbia neppur parlato di Pitagora, o quanto meno non si sia pronunciato sulla sua cronologia. Sue citazioni riguardanti il filosofo non per si trovano n in Diogene n altrove, e tutti gli sforzi di Jacoby ritrovare qualche traccia di lui in altre testimonianze sono vani, spiegandosi benissimo queste ultime come derivazioni dalla notizia di Aristosseno. L'unica notizia di cui si potrebbe supporre con qualche probabilit la provenienza da Apollodoro sta in Diog., VII! 45, dove per altro si pone l'x[jLY) del filosofo all'ol. 60 (540/36), quando cio Policrate non teneva probabilmente ancora il potere da solo, e non gi all'ol. 62. Jacoby (p. 220) cerca di aiutarsi leggendo <8UTpav xal > ;r,xooT7;v, ma l'emendazione non giustificata. Non crediamo del resto neppure che Diogene abbia attinto in questa occasione ad Apollodoro; la notizia gli sar piuttosto venuta, attraverso il suo compendio biografico, da Sozione o qualche altro.
Anche da un punto di vista storico-filosofico, per i possirapporti di Anassimandro con altri filosofi, la nostra tesi soddisfacente. A prescindere infatti dall'interpretazione teofrastea, viene cosi concessa al Milesio la possibilit di contatti con pensatori posteriori, e d'altro canto stabilito tra lui e Talete
bili
un distacco che permette pur sempre un rapporto personale. Nel caso che si accettasse con gli altri critici un distacco di una dozzina di anni appena tra i due filosofi sarebbe meno facile
(12) Cfr. Plin., N. H. II 31, ed Hippol, Ref. I 6, 7. Si pu congetturare la causa della corruzione. Il compilatore che aveva sentito parlare della presa di Sardi a proposito di Talete e di Anassimene e si ricordava l'importanza di quella data, trovandosi adesso di fronte ad un'ol. 68, 2, credette di mostrare acutezza correggendo in ol. 58, 2, senza poi preoccuparsi che la presa di Sardi fosse in
realt avvenuta nell'ol. 58, 3. Questo sincronismo fu gi intravisto da Jacoby, che lo attribu per ad Apollodoro.
HO
111
capire come Anassimandro, assai pi evoluto filosoficamente, possa ancor venir detto l'allievo (13). Pi incerto il problema riguardante la posizione cronologica di Anassimene. Diogene (II, 3) dichiara: xal y^Y^vr^Tai {lv, xa8- 9r^(Tt,v 'TToXXScopoc, ty] ^r/xo^T^ ^P^'Tt >^|^7rLSL (528/4), eTsXs'JTT^a Ss TTspl TYv SpSswv Xcoaiv. L'assurdit del passo manifesta; Simson e Diels hanno per supposto, con l'aiuto di
Snida, uno scambio dei due riferimenti cronologici. Xeppur cosi ad ogni modo si raggiunge un risultato soddisfacente, perch Anassimene dovrebbe morire ventenne. Diels e Jacoby vogliono vedere in yeyvr^Tai un'indicazione dell' xfjLT), ma ci impossibile (14). Anche ora l'unica soluzione ci sembra possa es-
sere
ricercata in
(13) Osserviamo parenteticamente come anche in altro luogo il passo in questione sia discutibile. Nietzsche, {De Laertii Diogenis fontibiis, in Rhein. Mus. XXIV - 1869, 199-200) aveva creduto di riscontrare neirA7roXX8(opo? 'A^r^vaoi; TApollodoro epicureo e non il cronologo. Senonch, detta la cosa senza aggiungere altro, il seguito del passo sembra rendere ridicola la sua affermazione ed il Diels non ha neppure perso tempo a confutarlo. Noi riprendiamo la sua tesi e notiamo anzitutto che mai altrove Diogene, tra le sue pur numerosissime citazioni di Apollodoro, lo chiama l'Ateniese. Egli dice il grammatico , o semplicemente v TOit; Xpovixolf;. Sembra ch'egli, o piuttosto la sua fonte, ignorasse che anche il cronologo era Ateniese, e desse quest'appellativo all'epicureo, quasi per distinguerlo dall'altro Apollodoro. Tutto ci confermato dalla critica del testo. A parte la considerazione che questo punto del testo di Diogene mostra in genere segni di corruzione, possiamo osservare che 8? manca nel Parisnus, e che altri manoscritti offrono la lettura 6:; xal . Non difficile di qui dedurre che sia caduto un nome proprio, collegato originariamente dal xai all'altro precedente. Tale nome non poteva essere se non Apollodoro, il cronologo cio, cui Diogene attribuiva quel che segue. La testimonianza sull'altro Apollodoro, l'epicureo, era invece gi stata esaurita prima. Tolto l'o;;, il testo originale avr suonato: xal 6 < 'ATCoXXScop? > c^r^niv. Diogene non aveva badato alla stonatura; l'amanuense poi, che non capiva la ripetizione immediata dello stesso nome, credette suo dovere il cancellarla. (14) Cfr. Diels, op. cit., 27; Jacoby, op. cit. 193-6; F. Gr. Hist. 748-9. Diels trova come unico appoggio alla sua tesi Hippol, T^xjxaae Trepl TrptTOv eto^ t7J<; TrevTy)xoaryj<; OYSr3(;'Xu[jiri8o(;, 1 7: oTOc; risalente secondo lui ad Apollodoro. Senonch, a parte la discordanza tra 58, 1 e 58, 3, Ippolito non certo un'autorit sufficiente per giuII
determinata approsrapporto tra il filosofo ed il suo maes ro Anassimandro sarebbe ottimamente sistemato, con un distacco di 25 anni circa. Su Senofane abbiamo dei dati generici. La citazione di Apollodoro non sta pi in Diogene: t^,- S EXsarcx^? vcov^;
simativamente. Anche
il
luogo di HF; la trasformazione pa!""""'" P"^^'''"*'- Anassimene sarebbe cosi morto nel n?/? a 38/42 508/4 anni. A titolo di pura supposizione notiamo come a data della sua morte possa esser stata collegala presso Apollodoro con la notizia sopra discussa .su Anassimandro. Ad una tale morte, relativamente giovanile, nulla si oppone; nulla del pan alla data di nascita, nonostante il sincronismo con la presa di Sardi. Apollodoro poteva averla
(ol.
eggere
aH
68). in
>
tyjv xcaoapaxoaTViv XufxrtSa (620/16) Trapareraxvat &y_p, Aapnou re x-A Kupou ypvcov (15). Non mancano neppur qui delle difficolta, poich Dario muore nel 485 e &x?i, dice giustamente Jacoby, significa
ATToXXowpo; Se xara
Yvo(Xvov
^P"""1'- ^""-ebbe vivere il filosofo e Ja(?ob.v leggono invece di (corruzione frequente), riportando la data di nascita al 580/76. Come appoggio essi citano un passo di Diogene (X.2m:7zoirae8
''''
>
(540/36
dazione d. Elea. Co posto, essi sostengono che l'opinione di Apollodoro secondo il quale dunque la vita di Senofane correrebbe dal 580 al 480, risponde presumibilmente alla verit (16^ Siamo d'accordo con i suddetti filologi quanto alla
resti-
meno
BD
rR^Gr^Hisi' Ti B
loT
''^""rW"^^}^
forme
dell'aoristo [fr. 68
e.
venga modificato il significato di una forma verbale, per verso chiarissimo. Esaminando infatti l'uso di YY^^^^'^ limitatamente ai frammenti attribuibili ad Apollodoro, si trovano ancora due esempi: 28, 31 (F. Gr. Hist. II B, 1028), entrambi significanti incontestabilmente la nascita. Osserviamo tra parentesi che il
stificare
altro
1-64.
'''*
''"''''
Hist^*HBD.%49'"' "'
"'
"" "''
^O^-^O;
F-
Gr.
112
anche risalire al cronologo rt'arcordo invece nel far poema infatti, che ricorda un parte prima di Diogene Za sua dalla critica attribuita stata Elea, .li s no aneo uUa fondazione Diogene, due paragrafi pnma nrrecente a Lobone (17). Inoltre senza del padre di Senofane, parlando Teva cita o Apollodoro che r.Clemente, viceversa cronologici: a!' un're particolari Apollodoro, le dichiarazioni d.
il
passo
113
""^'^ --"'<> ^he Apo>foIrl"!bbf .rnoS"""^ "^"T ed Elea. Si ricord ''^ ^^""^- 'T'""'"' sua unica fonte rappresentava la filosofica fermazione che la scelta dd Ss?"" '''f'^'^^ ^^^ contro l'af. unicamente dal suo precedere '" ^' "''''''' ^^"^'a p ecedere di .Hm I quarant'anni la fondazione di
'""
irp'delVof;
fdt.?v'.'
>'
crrdrabbartanza distesamente decisivo quanto lutto ci non sia non ci parla dell- x^xv,. Per compo..onedeUe dalla e p'endo'esser spiegato dalla struttura non vi e alcun motivo per at di Diogene e di Clemente,
fonti
ib
Diogene con sicurezza^ nnon e affatto l'opinione in contrario d. Jacob', flne, nonostante suU' ax^^, "e tanto genere in insista provalo che Apollodoro dei quarant'anni. Premeno la fissi nel termine inderogabile risolvere queste per congettura Ten Uuiio una '^^f^^^:^Diogene ogni probabilit la fon e di lizzando il problema. Con di ^P""? ",' conoscenza doveva avere una duplice dall altra atira
i?
ad Apollodoro
la notizia di
nato numero di anni (quest'ulUm c^' " "'""""' "'' "" "etermisenta il vero concetto di "crA^.nn'J T"" ^"^'^ 'l'PrePlicemente vivere in una d'tu epoca fcn^H-^''' ''igniflcano semchiaro la testimonianza l.mostra nel modo pi su Taleto F^^^
IxS
menti
ciie
parlano
dell'
xjln,l,f!i"?"'
i?osofo
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'
^<'i
trL-
piuttosto antica e narte attraverso un'anlologia secondo opere biografiche, dovuta ver o una compilazione di salle Quest'ultima, che si fondava (18). Ippoboto l'cuni Id Sozione, conteneva forse e Satiro Lembo. op re di Eradide Apollodoro. per quanto trasforisolale desunte da
f^^
-;--^ fvtr
la
Z^^^
essere
risalga ad Apollodoro. "*>' ^'^'^o Notiamo r'/'i 16 e 71, con quelli loro "'"^''""' ' frammenti prec^.dcMiticl M? no, posseduti di .""'^<">o gli unici esempi una tale don,^J' da due fra i sei casi in ^?""^l'<"-ancamente cui Apo lo ^ro aW "r' ato dalla teoria ''''""' "" enunciata nrtsu'lt ^ ^P'eZ"'^''sarebbero cio stati """"""" '" ^"estione ritrovali da r)^en/"n grafica, in cui nel compilazione '"^ caso spcc ico s ava ,?1 bio, lodoro. Costui <*' '^P"'originariamente a v^ parla,? d'""'^ 'T'''^ d' nascita ed ,1 compilatore, o di morte, o
"'"^ "^^^ '' "oirnome ?m' che la m Lild^n'" "" "'''" P-^S^fo"'"'"'
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modo
tutti gua?dingo Jacoby nell'attribuirgli che nelle citazioni anonfr che parlano dell' x(x^, e notare (19). scompare essa espresse
questi
^Cfr.
(18)
di
BURNET. Early
gr.
phiU,
parte con le r.cerche su Questa ipotesi si accorda in Kar., JiU-^, Diogene di Wilamowitz, Ant. v.
le
foni.
fi
abitudine in ternn,r.\u '"o"! a sospettare ane Qn' ? ^gh^^f;-, ^''""'"^n'i, si noti che 74, dedotto da Diodoro, il per indUarfil f non gi x^ci o ^'-^ "'".'' ^v*vi>cvt, K^^icv Probabnmcit naie di Apollodoro ''"''" " termine origiOsserviamo li i^ "" '' ^ '" ''4^ riferita non ad un anno Ue" .m^nTlo ma '"',"" T' pur limitato, di tempo. ?' certo periodo, sia Il 7T fr determinata olimpiade, '" *''"'''' P^-"'" di una ma la cofa s, .^ mente Apollodoro """ *^'""' Probabilposseduto altra "tizia no i/i^*"' ^" se non quella del varcato. suo nasi
meglio rautrldri ,i^ espresso, traduce quef dal? secondo la". " '*""
'",'
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^'"'"'o'''
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deriv\o^trcomp''i"rrr
moltissimi
r. , tram-
_.
quest'ultimo In" samenle l'Ktiij.si basi '"^^^ computo meccanico. Gli sunWeni'Cmo disposizione per un esemprfrniri h f"^ criticati nella nostra indag^e o si Ini , ^"'"^^ ">"" S>^ stati
'^"".^'"^'''"do che in uomT"" "' P-'^scnti un avvenimento
attraverso le sue fontf T?'"?. '^' '^'<=" peraltro citarlo esplicitamente. Quando dl^^ I "'l-^P""'"*''. cnza a sostegno della '"'^^. ^'"'- "'- 41-51) sua tesi sul valore conclusivo. Non vero h"'' '" '^Po'lodoro non
QuirTb''"
In
V'
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tceXpos'ibne'/"
che
114
che pu darsi Elea L'unica notizia cronologica gi vecchio con -epoStsse era un collegamento del filosofo, presenza in qualche corte. sua la esempio per ca di Dario, nonel fr. 8 di aver vissuto da Seno ane stesso gli diceva poi morire qualfarlo sembr gli logica ;:"tadue Inni La cosa pi
ApoUodoro pos-
115
p'Xw,?rt,Sfvi^"sir:L^r /'monianza
e vi abbia conosciuto doro sia stato necessariamente di
ince'r,;
,
--
indimos,rabi,i;
kL'Idem.^vT'
t
"
la
morte di Dario,
risalire
un centinaio di
Clemente, risalenl
ai
data di anni addietro per stabilire la "^^f'^-^^^'^^^tl Che fosse l'aiut in questo senso. Platone di dichiarazione la sull'anno di nasc ta e precisa notizia una a conoscenza di egli lontananza dell'epoca, ed intatti mollo improbabile, data la conclusione, In l'anno. determinarne d"a un oUmpiade senza Senofane puramente concronologia di .XpoUodoro su
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un riferimento Neppure le parole del Sofista davano semplicemente il CoU>fonese uno dichiarava Plaf'ie preciso .Xpollodoquindi a Parmenide. Glie dei primi Eleati, anteriore ce a una ad Senofane, di partecipazione Jo .sapesse di una soggiorno per un certo suo del o Elea, di et, alla fondazione vero vaI citt, non ci ri.sulta
getturale
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109 anni.
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il
quest ulSi voluto riattaccare sua patria a venticinque anni. presumicui in anno al 545,
Nello stesso
fr.
che esclu.le un soggiorno '"7''"- '" la f '^^ abbandonato 8 Senofane dice di aver
ad Epicarnio. Questi era oco ni fan avrebbe dovuto contare 80 va situato ai tempi di n mo Parlo, ed egli ,or certamento ogni probabilit
ur^nZ^f^,
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notizia al fr. 22, e datarla sottomissione della Jonia, e di bilmente Arpago complet la degli esuli che fondarono p uno Sui si visi' in Senofane o Mr,8o, fr. 22: TTViXtxoc r)<T* del parole le altro Per Elea. qualcosa d, sipresumere lasciano n <?UTo; n dicono,
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" '^ofo
oPP-^^'^ " storia politica inoltre ^^n Non Focesi e non gi 1 Colofones 545 emigrarono dalla Jonia i poich^ 1 Perfuggire, di motivi seri vi erano d'altra parte Focesi e gli Joni. Il gesto dei I iani s mostrarono miti verso sottostare a qualsiasi giogo, di insofferenza loro sDe"alo dalla die gi avei Colofonesi,
mile.
La
J^'^
r>r.x:i iTuuo *''^''.',""a. t"^pf'<^^ ;rj ;i''- olia Ja lacuna fosse parlato di Pi niii' "fi termini supposti dal '."" "" '^"'^'e mai avvenu o Die] r
'' ^ --aSione di
no indipendenti erano per contro servit (20). Non si pu vano conosciuto lunghi perio<li di d. Senofane. In sopartenza la per stabilire una data sicura
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Timeo od \r.ru
Clemente
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i^7_4!S8
480-481; Beloch,
or
^:;^:^ liL!'a. dT
l'-ico quell'epoca vi tona essi vengono in Italia e colonie da parte dei Colofonesi; Polieion.
personale tra Empedocle e Ptagor'aTch'''''"'? ''''"''^"' "" -un'atto "['"'^ "' P"" '^'e comunque "S"' >nolorssat'"" che "In rcssato, . T''" '" 'al per le sue tendenze nit caso egli era int ""'"'^ P'tagon.zanti, nel prestar fede "controllate. a not^i.e"
116
117
la
mente
E* pi
pi determinata di quella di pensare vi fosse una testimonianza sul collegabase mento Senofane-Cerone che non qualcosa di preciso alla comunque del generico /pi Aapeiou te xal Kupou xp^'^^^; questa poi la prima notizia non escludeva la seconda, mentre evidentemente ignorava quella. Oltre a questo i dati di Apollo-
sua
Apollodoro.
facile
esposta poco fa, mancando la citazione esplicita e dandosi come unica testimonianza l'indicazione dell'xfAT^ (25). Caduta cosi
la prima notizia, ne riceve per contro vigore la seconda, poco apprezzata di solito dai critici, che a quella sembra contraddire. Poich infatti Platone dice che l'Eleata aveva 65 anni quando s'incontr con Socrate, anche supponendo quest'ultimo appena quattordicenne in quell'epoca, non si riesce a far risalire la data di nascita di Parmenide oltre il 520. La storicit di tale incontro per noi molto credibile. Non importa che Platone metta in bocca ai suoi personaggi ci che essi mai avevano detto; importa piuttosto che egli insista su quell'avvicina-
non apdoro pare dipendessero dal passo del Sofista, e cadono pena quest'ultimo dimostrato non essere impegnativo; contro Timeo invece non si hanno nel caso specifico ragioni di dubidel Colofonese, tare. Concludendo, possiamo far durare la vita
di uscire dal campo congetturale, dal Ringiovanire maggiormente Senofane non ci sembra abbastanza facile la deduzione dal gi citato il caso, essendo fu sottomessa nel fr. 22 che egli fosse in vita quando la Jonia fissata, 545. Questo frammento serve anzi di conferma alla data poich le parole citate sono perfettamente riferibili a ricordi d'infanzia. Con tale cronologia si salverebbe sia la notizia di Platone, risultando ugualmente il filosofo vagabondo di parecchi anni pi anziano di Parmenide, quanto le ricerche- del Reinhardt, per cui Senofane dovrebbe essere un conoscitore ed un
^^
^|y
I
mento tra i suoi due maestri, evidentemente caro al suo cuore, anche altrove, nel Teeteto e nel Sofista, quando non vi era pi
alcuna necessit di ricordarlo, se esso avesse servito unicamente di pretesto per ambientare un dialogo (26). Ricorriamo adesso a dei dati sussidiari. Si ricordi che
rappresentante dell'eleatismo pi recente. Rimarrebbe ancora da trattare la cronologia dei tre Presocratici che pi ci interessano,
cle.
Parmenide chiamato concordemente cittadino di Elea, donde immediata la deduzione che la citt doveva gi esistere quando egli nacque. Nel 545 Focesi, emigrando dalla Jonia, si erano rifugiati nella loro colonia crsa di Alalia; dopo qualche anno, nel 540, furono battuti dai Cartaginesi e dagli Etruschi presso Aleria e dovettero nuovamente cambiare residenza, dirigendosi a Reggio. Dopo di ci fu fondata Elea, come si vede piuttosto
d il colpo di grazia di Apollodoro, secondo cui il filo544/0. Parmenide non pu quindi 535/0. Abbiamo poi ancora un dato, che ci aiuta .indirettamente. Aristotele dice che nel 440 Melisso era navarco dei Sam e comand la flotta nella battaglia combattuta contro Pericle; la notizia la pi sicura di quante
alla pretesa
stanza copioso, e rimandiamo quindi le ricerche cronologiche al capitolo che gli dedicheremo, dato che nel suo caso oltre alla data di nascita e di morte si pu tentare una ricostruzione biografica un po' pi vasta. Essendo per contro impossibile tale ricostruzione per quanto riguarda Parmenide ed Eraclito, pos-
540. Ci testimonianza sofo dovrebbe nascere nel venire al mondo prima nel
nel 535
che nel
tra parentesi
Su Parmenide abbiamo due uniche notizie, una di Diogene, che pone la sua xfXT) nell'ol. 69 (504/500), e l'altra del Parmenide platonico, che narra di un incontro tra il filosofo molto vecchio e Socrate giovanissimo (24). L'attendibilit della prima vien meno non appena si constati, contrariamente a quanto dicono i critici, che essa non pu venir attribuita ad Apollodoro;
trova
qui
applicazione
tipica
la
teoria
interpretativa
fornisce l'xfjL^.
(26)
(24) Cfr. Plat.,
anche una testimonianza espressa di Apollodoro, che lo 'fa figlio adottivo di Parmenide, in Dioc, IX, 25. Ritornando su quanto gi stato osservato, possiamo dire che la fonte di Diogene cita anzitutto esplicitamente dall'antologia apollodorea, e poi, non avendo trovato in essa dati cronologici, ricorre alla compilazione biografica, che gli
(25) Cfr. DioG., IX, 23. La stessa origine ha evidentemente la notizia cronologica su Zenone (IX 29), la cui xpi^ posta secondo Il solito sistema dieci olimpiadi appresso. Su Zenone abbiamo
tra
critici
si
cano
platonici
i
217
e.
veda tra
Ii8
119
(27).
E' difficile
pensare
che Melisso
secondo
tali
risultati
cronologici Parmenide pu
era tenuto normalavesse allora pi di 50 anni: il navarcato ammettere un mente da uomini di 40. D'altronde " consigliabile inpersonale tra Parmenide e Melisso. Quest'ultimo
sciuto, sia
Teofrasto.
rapporto
pi parmenideo degli Eleati. Tirando le somme nel 490, Parse Melisso era nato al pi presto il 460. Nulla verso sin almeno vita in rimanere menide, dovette per parecchi anni. di pi probabile anzi che lo fosse ancora una conEcco dunque che la testimonianza platonica acquista maggiore. Potremo cio stabilire quale nostro
il
periodo 520-450. Per altro forse necessaria una di Parmenide correzione. Ph.tone insiste molto sulla vecchiaia Soph.; (xXa 8y) (Tcvu TrpsaSuT-Tj Thcaet.; [xXa ... TrpsrrpUTOU anni. Nel seTrpsrr^UTV Pann. 127 b), attribuendogli poi 65 si uniscono dialogo del personaggi tutti guito del Parmenide parlare, nonostante la sua a pregare rF:ieata affinch voglia un'impresa difficilissima: et avanzata, come se si trattasse di cavallo di Ibico, tremante e Parmenide stesso si paragona al normale, a vecchiaia. Tutto ci troppo strano: un uomo
risultato
il
'
sistenza
sempre
<
Quanto ad Eraclito, la situazione piuttosto incerta. Mancano assolutamente i dati cronologici attendibili, all'infuori della durata della sua vita, che pare sia stata di sessant'anni (28). Rinunciamo quindi alle ricerche particolari, che sarebbero inutili, accontentandoci di delimitare il periodo in cui visse. In questo senso possiamo dirci fortunati, poich tutti gli indizi posseduti concorrono a situarlo in un'epoca che si potrebbe determinare dal 510 al 450, lasciando aperta la possibilit di ritrarlo anche pi addentro nel secolo quinto. L'unico elemento che si pu opporre a tale cronologia, un'ennesima presunta
testimonianza di Apollodoro, che pone la sua xav] nell'ol. 69 non ha evidentemente ragione di essere dopo quanto SI detto (29). Per contro vi sono seri elementi positivi in suo favore: un passo del Sofista (242 c-d), che tratta da contemporanei Eraclito ed Empedocle la citazione da parte dell'Efesio
(504/0),
(fr.
di
40)
di
Senofane ed Ecateo
(costui
una discussione, 65 anni, perfettamente in grado di sostenere Riteanche lunga, e tanto pi poi un ^siv- come Parmenide. niamo quindi clic Platone quando nel dialogo stabilisce a rapporto erotico 65 anni l'et dell'Eleata, sia attratto dal suo die per essere suo Trai^iz non poteva venire
con Zenone,
ricorinvecchiato oltre i 40 anni. Platone si affretta infatti a filosofi: dare il rapporto erotico non appena detta l'et dei due non quindi fuori luogo pensare che egli menzioni espressamente l'et proprio per giustificare il rapporto, che a lui evidentemente premeva di mettere in rilievo in quel momento. L'unica testimonianza di Apollodoro sugli Eleati che noi possediamo stabilisce invece un rapporto di adozione tra i due, il pi che confernia pienamente la distanza di 35 anni risultata probabile. Concludendo, Parmenide nasce negli anni intorno visita ad Atene al 530 e muore nel 450 o poco dopo. La abbia avuto allora Socrate che possibile 455/1 ( nek porsi da anche soltanto 14 anni, poich alla base del ricordo di Pla-
mente all'insurrezione della Jonia), come di uomini gi famosi l'avversione di Eraclito per il governo democratico della sua citta, possibile soltanto dopo il 478. Per tutti questi indizi rimandiamo senz'altro al Reinhardt, che per primo li ha rilevati ottimamente; cosi pure per la sua critica definitiva alle pretese tracce eraclitee in Epicarmo (30), Come elementi su cui non SI pu fare grande affidamento ricordiamo la notizia fornitaci da Diogene su un incontro di Eraclito con Melisso (IX 24), e l'indubbia identificazione deH'Ermodoro amico di Eraclito con un Ermodoro Efesio, che pare abbia collaborato
slazione
vito di
sopravvisse indubbia-
romana
alla legi-
La
notizia dell'in-
Dario ad Eraclito si pu accordare ugualmente con la nostra tesi (32). Se essa vera, il che per dubitiamo, necessario ammettere che egli avesse un prestigio politico in Efeso,
^/'"
^'''''' .^'"^-
17^
TY l
tanto tone stava il fatto che egli avesse visto Parmenide, non che gli avesse parlato). La data di nascita di Zenone pu esche sere fissata approssimativamente negli anni 497/4. Si noti
Jacoby, op
cf^^^^^^
f^' 1^9, 15; Vor.s.5, I, 277, aristotelica tutt'altro che sicura: cfr. ad es.
"
L
118-25; 155-8; 221-;]0.
//.
iV.,
f
^lll
('i7>
nV'
XXXIV,
21.
Cfr.
Pi.UT..
Perici.
26
s.ug.;
Dior...
IX,
24
(da
Apollodoro).
/.n.^Berlfn 1869'13
s^/r""
''
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^'"'"^^'
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heraklitischen Brie^
>
120
almeno per la famiglia cui apparteneva. E' quindi giocoforza concedere attendibilit alle testimonianze che lo chiamano un Codride e lo fanno rinunciare alle prerogative reali in favore avverarsi del fratello (33), cosa quest'ultima che avrebbe dovuto intelnella sua giovent, tra il 490 ed il 485 cio, quando la sua ligenza l'aveva ormai presentato come un promettente uomo
citare
politico e la sua posizione sociale esigeva la decisione di eserDario pi probabile i propri diritti. Inoltre l'invito di appunto tra il 490 ed il 485, negli ultimi anni del suo regno. sino Salito al trono nel 522, egli non si era occupato degli Joni
alla
gli
loro rivolta. Prima della spedizione contro gli Sciti non avevano certo dato fastidi (34). Durante la ribellione Dario non era probabilmente in disposizione adatta per invitare un
CAPITOLO V
greco alla sua corte: quando essa fu domdta invece contatti del genere potevano essere utili al gran re, date le sue intenzioni di normalizzare i suoi rapporti con la Jonia e soprattutto con le citt che, come Efeso, non avevano preso molto a cuore l'insurrezione.
Parmenide
gli
Sciti fallisce
verso
il
513:
cfr.
Be-
pu
Parmenide raccolto e sdegnoso, un solitario, per quanto esserlo un greco del suo tempo. Il mondo in cui egli vive
compiuto, ricco di esperienza controllata, aristocratico, ma nessuna condizione fenomenica di equilibrio pu bastargli. La sua insoddisfazione non riguarda una certa realt storica, ma l'apparenza come tale. Senza drammaticit, scoprendo la propria natura in giovent si distacca (aTi' v^pcTTWv Ixrq TraTou... 1, 27), per vivere in una sfera inaccessibile. Con ci ha inizio la grande fllosota, e qui forse si arresta quanto di oggettivo essa pu dire. Parmenide sereno, e la chiaroveggenza dello scopritore gli d un controllo di s quale i flosoi posteriori pi non avranno. Egli sa molte cose, ma non soffre della malattia di dire tutta la verit. L'incapacit di tenere per s i tesori scoperti, l'ansia incontenibile di rivelarsi sono debolezze comuni ai non molti possessori della verit, persino all'ascetico Spinoza e all'innocente Bhme, che non sono mossi da desiderio di potenza. Parmenide considera il Xystv un uscire da se stesso, che distingue il soggetto dall'oggetto (voelv - sTvat), costringendo ad una realt che si risolve in opposizioni ed in rapporti, cio in apparenza. La natura puramente rappresentativa del mondo fenomenico colta in pieno, senza che egli si soffermi molto sulla cosa: tw ttocvt* 6vo(jL(a) '(TTat, "Ocraa ppOTol
xara-evro nzizoi^Ttc, slvat
TjaS-^
(8, 38-9).
realt dell' ovofxa, del Xsyeiv, significa accettare l'agone con la politica, poich di questa il campo del contrasto e dell'apparenza. Con la politica si creano dei va-
la verit raggiunta,
fenomeno, le individualit si oppongono le une alle altre, affermandosi in sfere di potenza che di volta in volta si presentano come preminenti. Parmenide non accetta il confronto, poich questi valori non sono assoluti e le opposizioni non
lori nel
124
125
dell'apparenza (01; t iziXziv re xal TaTv, 6, 8-9). La vita intensa
politici e poeti non e invivoragine (yx(y\i a/ave;, l, io;
L
ni,
elvat,
null'al-
diabile (1) da chi ha in s una Staccato in una sfera eteroinaccessibile di luminosa ebbrezza. e senza desiderio, auto-sufTiciente espressione, ogni genea ad da stimoli estergiunge non cose delle quest'uomo cui l'essenza savita isolata e senza contrasti,
ma sgorga da nn'intima uomini se il mondo greco rebbe scomparso dalla memoria degli questo sdegnoso compein non avesse visto cavallerescamente vittorioso. Parmenide accet a un lotta alla rinuncia che titore verso una civilt tanto di essere legislatore, e per riconoscenza gi vecchio (2), perspicace entra anzi nell'agone, probabilmente egli attraversa le citta vita della limite Al 9UcrG);. con un nspl accompagnato da un discegreche (3), silenzioso e venerabile, senza comprenderla, la sua polo che proclama incontrastata, pur Uzpl 9^^^^^ Il ^ ""^ ^^^^'^^ P^' filosofica. legislazione pienamente il terreno poliuomini, in cui Parmenide accetta d la vittoria (co; ou |J.y] tiotc tico indicando la sapienza che pero 8, G) (4). Preoccupato TrapeXd^T], yv^f] t[; <Te SpoTO>v il suo distacco travestimento di perdere con questo scherzoso vuol contrapporre qualcosa a tale e la suo coerenza, egli ad intraprencampo di 8?ai mortali ed costretto veramente l'apparenza. Neppur ora c^rto pensa con sdegnato l'agone dere incrollabile del noumeno ( AM^zific, di esprimere l'interiorit altro incatenare l'appaTpeix; ^Top, 1, 29), ma vuole per ...
un ovo^xa (8, 40), ma ottimo travestimento dell' 'AXrfidr^, perch basta a dimostrare l'illusoriet di ogni distinzione e di ogni antitesi. Lo strumento che compie tale dimostrazione il Xyo; (8, 50), naturalmente desunto dall'apparenza. Con ci la lotta pi ardua si conclude vittoriosamente, gli uomini hanno la legge che persuade con la forza della necessit, il fenomeno costretto a manifestare quanto non nella sua natura, immobilizzato in un'espressione di suprema potenza, plastica, inalterabile ed inattaccabile, che annienta intorno a s
ogni distinzione.
L'indagine particolare dei pi significativi passi parmendei fa risultare chiaramente tale concezione. L'espressione XX* e^Tur^; xal tqlutql (i,a^Y](7aL (1, 31) introduce a nostro avviso un terzo insegnamento della dea, aggiunto a quelli riguardanti il cuore della verit (che non si esprime in parole) e le S^at dei mortali (oggetto pi appariscente del Flepl 9U(7co;, che sar ripreso in seguito). Linguisticamente tale modo di intengliabile, dal
SoxLfxwor'
rappresentazione, mondo umano antitesi, rapporto, pura dimostrare tale illuma una forma assunta dall'apparenza pu Quesoriet ed esprimere
una realt superiore. il dominio di che non la sua: cosi st'ultima viene presentata in una veste di non potere altrimenti vuole l'inganno di Parmenide, che sa conchiusa in se la vittoria. La forma espressiva,,
conseguire
In questo Parmenide,
w; r Soxouvra XpY) TrspwvTa, <5), chiarisce sinteticamente il contenuto della parte del poema che pi preme a Parmenide. Si tratta di mettere a prova la rappresentazione, il fenomeno (r Soxouvra), e di trarne la vera essenza, seguendo la legge di necessit. Sar raggiunta cosi un'espressione
riferiti.
mune^ vengono
dere ineccepibile; se si bada al contenuto anzi il pi consimomento che i vv. 31-2, comunque siano intesi, contengono una valutazione positiva che mal si accorda con tolZc, ox 'vL TrtcTTi; alfine, (1, 30), cui dall'interpretazione co-
Quanto segue:
tzlvtol
come
si
dopo di aver attraversato e dominato la molyo;. Con il TrvTa si presenta il primo problema riguardante. la natura dell'espressione filosofica, se cio questa debba essere unificata oppure risolta in una pluralit di elementi. In questa occasione, come tosto si vedr,
e totale,
il
suprema
teplicit
con
Parmenide
Jahrbb.
f. kl.
Phil.,
XXVSB,
(Kranz,
1899, 653-4.
Beri. Sitzsber.,
3:
xar
Trvr'
arT)
1916,
1159).
(4)
La seconda parte
cfr.
del
poema
(5) Seguiamo il Diels nell'intepretazione linguistica e nella lettuod eccezione del xp^g (tale emendazione gi stata proposta da Peyron, Emp. et Parm. fr., Lips. 1810, 56; da Mullach, Fr. Ph. Gr. inda LiNCKE, Phil., 65, 1906, 472-4; cfr. anche Diels, Parm., 59-60)' Per quanto riguarda il significato intimo dell'espressione
ra,
prima:
TTavTa
Sta TcavTc
TtepcovTa,
cfr. Plat,,
Ili 8, 6.
-^
126
pi di quanto non vorrebbe il costretto a lasciar trapelare ultime parole si 5, 16). A seguire le (frr. 4, intimo pensiero suo 8' (xo); aTueovja vocp U^jggz 4: fr. il presta ottimamente una rettificazione del penTrypsvTa Bspaico^. L'opio.^ indica TiavTo; Tuavxa Sia Infatti precedentemente. espresso siero molteplicit: nella perdersi un ad poteva far credere
Ti-pcovT
e
127
contatto con il noumeno ilfr 4 dimostra per contro che il perduti, ed quindi natumodo tal in vanno la coerenza non accettiamo l'interpretazione riguarda rale il tuttavia. Per quanto \z~J(yaz ed a TcapsovTa del Diels, vco a di riferimento doppio il TrapsvTa significa facendo notare come il suo accostamento a soprattutto questo collegamento. Il Ca-
che a Parmenide preme traduzione del Diels. logero poi modifica giustamente la secondo lui cose pre^ significano non L'dcTisvTa e il -apsvTa quindi un riferimento al soggetto senti ed assenti, non indicano
senso spaziale di mcine e lontane tra conoscente, fondamentale nel llepi vo^, parola loro (6). Si noti che la prima volta, e in un contesto 9(J(o;, viene introdotta per la del suo uso. Il voo^ che pu spiegare tutta la complessit a manifestarsi ed a muo l'interiorit noumenica, qui costretta il tenue connettivo che versi attraverso il mondo. Esso diventa trascendenza inl'inesprimibile vita, di modi vari i
ma hanno
il
tiene uniti il volgare mondo umano teriore, la circolazione del Xvo; e altro Parmenide vuole per parola tale Con 6). vov, 6, (TuXaxTv
legata al fenoche s'intenda un'interiorit in qualche modo verso suddetto, meno, ed in questo senso infatti essa usata nel all'v, che compare contrapposizione in introdotta dove viene significa in geper la prima volta nel verso successivo, e che di cui si parnere l'espressione risolutiva, la forma, la legge voo^ individuazione in questo lato. Non vi ancora dichiarata non pu tardare del v. 1, ma il problema di tale individuazione la verit cirad imporsi, per la natura stessa del vo^ che
agli sovra, quando Parmenide rettifica l'apparente concessione di realta agi. ajrsovTa non userebbe l'ambigua espressione vw TrapeovTa cio un plurale. In tal modo egli viene ad ammettere una p uralila di essenze, ma ricorre a lutta questa complicazione verbale di Trapsovra, rrsvra e t v ro vro? lyea^i, per distinguere bene questa pluralit dalla molteplicit feno! menica. L isolamento e l'opposizione degli &tzs6vtol irreale Considerando invece il mondo con il vo?, imponendogli cio Il noumeno, vien meno questa discontinuit, che non altro se non opposizione tra soggetto e oggetto, e Parmenide pu dire che le cose sono Trapsvxa, cio contigue: non vi sar pi allora modo di esplicarsi per le forme della
che riconosca in certo modo la limiti proprio quell'atTermazione precedente (gli ans^j^y. sono ammessi in quanto nella loro essenza sono dei Trapevra, sono congiunti cio nell'unit universale dell'interiorit). Passiamo ora al secondo verso: ti yp aTTOTtiri^et to v to5 vro? '/.sa^at, che traduciamo: //,tatti non scin(Jerm (isolerai) l'essere delta sua connessione (dall essere contiguo, coufmante) con t'essere (7). Notevole l'esprcssione TO ov toO svtoc yt<yy.r, essa fa pensare che Parmenide non SI limiti a parlare di un unico essere, ma ammetta parecchi eovrx, non hene distinti vero tra loro, ma neppure fusi in un soloeov. Se consideriamo bene il frammento, scopriamo nel verso precedente una conferma a questo modo di vedere Se davvero soltanto riv avesse realt e questa fosse negata
fr.
parmenideo
(oltre al
16)
molteplicit,
non
solo,
ma che
rappresentazione
&noruJl
?.
'"""" ? P^^^""^' "''"'"' <^'""'"- 8*> veva considerato /<>! "^^ yorsokratiker Io ritenne invece sua traduzione rimase comunemente accettata
''
conL'er'':''s1';euT'"'"'/'"
"f'
""^"""o
---^
che Ti otli"
non pu restare colante attraverso la diversit del mondo: esso varie soggettivit, generica interiorit, ma deve scindersi in
traduciamo pur conservanti un unico sostrato. Concludendo
il
pure
II
molivn ^^
^vrl
TJL'A''f''-
tra loro distanti risultino saiV. 1: Guarda tuttavia come le cose contiguit damente vicine per opera delVinteriorit. Chiara la la veper importante molteplicit una presenta con 1, 32, che fr. 4 l'unico passo rit racchiusavi: questo primo verso del
mllEl., 22-3,
n.
ro^Se^^
?nTrnT.. ""'=^'^V' introdotto come elemento risolutivo, ma incidentalmente e dresso SI parla soltanto dopo qualche verso, cio nel fr. 16, ment're i vv de fr. 4 continuano a trattare dell'argomento centrale del v 1 cio della reale continuit di ci che appare disgiunto. Oltre a cT; l tra! """"'""^ ""^ ^^"^ "^o convincente riducendosi' nel cendos nef l?.v""T migliore dei casi ad una ridondanza inutile Assa note co? n 'tt.: "fr"'' ,"^\"1' """"^ "' -''-* '- corrtspo" denza
"."""^ '''^"' '"^ """ " costituiva nep, i""''^^'^. polarizzato dal contrasto ''' tra derivante dai versi precedenti. Il voc vi era
pei^!
"
'
^"'""^
A'-".
'
133-4,
considera
-t
128
^
vi sar
129
leplicit
non
quindi neppure fenomenica, bamolteplicit genere in ne (divenire), causalit il individuazione discontinua. Quanto segue spiega
d'ohm
sata sulla
2-
un'indicazione pi precisa del fenomeno vicrrtievov. Il del v. 1. Il xaT* di quanto non lo fosse il semplice aTisvTa proprio dell'apfinalistico, all'ordinamento accenna xcrpLOv TtvTCo^, che TrvTY) L'espressione discreti. parenza, di elementi
v. 3
OuTS
xax
x(y^ov,
Out
(TU-
che seguono
Pa
idfvuol
du'i^i ,"'!'""
"f
^'^'^'
richiama Sia TiavTc; TivTa Tiepcovra, stordisce. Il penmarsi della molteplicit fenomenica, che qui di poL'affermazione gradualmente. siero parmenideo si svolge aveva in s il rischio di liticit contenuta nel finale del fr. 1
essere fraintesa
ficare, e
il
si riferisce
al
frantu-
"^'-
~"
^'
Immediata
la
connessione
al
come dispersione;
cos
il
fr.
quando la cosa chiarita si pu nella sua effettiva discontinuit. Il successivo fenomeno tesi quanto gi si detto ouT <yuvL(TT[jLvov conferma e completa Parmenide nega che circa la pluralit della sostanza metafsica.
l'essere sia
(JuvicrT{jLvov, a dirla
?nvA>,
'
"^^^"^ Quindi
una
Diels dass sich zasamdistinzioni. L'unit menballe, che sia cio unificato e senza stabilisce una sempre una forma della rappresentazione. Il vo^; contro, lo scindere per 1' 7ioT(jLV(T^ai reale; nel continuit sono necessariamente qualcosa di contrario al
con
il
interiore
ud
^"^^^.^'^^
preme
ed
il
determinare
vo^.
staccato da il dire che vi un essere tutti questi esseri in uno solo. riunire un altro determinazione Anche in questo caso vi sar una scissione e una necessariamente aTroTfXY)collega frammento del costruzione (la auvicTTapisvov), che il vo^ non permette. Al-
Ora
sia
il
lei
anche con
dove
qtn
o e
LnoT
''"""
""^'"'' ^'
^'"'"-' "--colari,
unificazione arbitraria di tutti l'infuori di quell'unico essere, qualcosa, sia questo un essere sempre pur vi sar gli altri esseri, mutilata e l'espressione o un non essere; la realt diventa cos
inadeguata.
L'inizio faticoso:
sulla moltepli-
i*
i-
di imporvi il noumeno. cit discontinua dell' vo[xa, tentando immediatezza, Questo dev'essere senz'altro introdotto nella sua trascendenza di rapporto un stabilire come vo^, in modo da e renda necessache chiarisca l'irrealt della rappresentazione
rio
"' "'"' '' ''^^""" " pienezza dell'elere AI fr. 5 riteniamo seguisse dircltamento il f- ic -, x '"""*''' "'"''^ che da Aristotele, da Teofrasto neU .
' l
"
espressiva suprema, perch domiil rispetto per una forma non pu esser l'v nata da un principio interiore. Sin d'ora introdotto, per alfrainteso come realt fenomenica. Una volta A rigore la forma esprestro, il vo^ porta delle complicazioni. molteplice, e al tempo siva cercata non pu essere n una n molpartecipare dei due attributi. Infatti unit e
stesso deve
(8) Cfr.
Theophr., de sens.,
3.
I
130
da una superficiale interRiguardo al contenuto del pretazione del passo di Teotrasto (9). Frnkel. Nel primo verso, del critica la frammento, importante accet' vo gx<7-o; gyei xpcriv (xsXcov T,<^hj-n:Xxyx'<^v filologo e la sua interpretaquesto di litaffTO? lettura tiamo ia
del poema.
131
altro
zione di
fxeXcov
cfi
loro).
membr-. (l<h 1 Lospressione xpatv sicniflca a nnur,/ , '" '""""' '""'" '"'''""ra (tra Gif Frankel h hT,
>
(isstov
come
i^n.re.rfirr;!-S'n^r-rsr:;.atrt
che se in queslo frammento cer andar olire IMnlerpretazione comune, alla sensazione, siccome sroarlasse d iun pensiero senz'altro identico ^a non s. accennealla esclusivamente appartiene quest'ut ma s e rimarrebbe una lacuna nel a la conoscenza della verit, gelangen ? .. I wie konnte Parmenides zur Erkenntnjs eterna tentativo verso la soluzione: Calooebo. op. rit., 46, n. fa un primo a '/'""o" ?,/^ ';;' 7/;. secondo lui il frammento non citato a conferma '<^" "'.'"'^y,'' rale sulla sensazione, ma piuttosto .f'" conoscenza miglior vazione che anche queslultima 'i''^ -""/^ sarebbe ^heagg.unta pero comprende non Egli certa simmelria K simmetria non fosse altro che il deciso del tutto oziosa se questa concetto gi compreso in prevalere di uno degli elementi, essendo il nostra, proponiamo di modifiparte Per epix6v. T rYnepatpr, teofrasteo '^^ """""; '" eare^U punteggiatura 'di, questo passo sog1 punto fermo dopo Siavotav alto prima di v -{i?, ed un yvo,; in tal !^o<'/"" ^ getto sottinteso della frase seguente cm prevale non e quella oasso diventa chiaro. La (eXrio -(wc^m^ a-eptx6v, cio quella che Sia
(9)
Gi
il
Fraenkel,
Giiti.
Sachr.. 1930,
2, 170, tia
osservai, senza
Se
" "-"a .r"/'"''""'' '''"'"" dell'altro 7f^"','; '"" "8'""" 'irebbe del Du^L Sidtvoiav un chiarimpn.r .? ^""''^SBiatura considera v rio un'opposizione "aTeru'a",a''dr':i:nr""'^' " ?^'^'"
P^t"a."os"Zi,?;~fd";,,a'
'--^
'
'
negata
poi
del
tutto
/^
U calda
si distinvo; dunque caldo puro e 11 entrambi gli elemen i partec.gue da una conoscenza inferiore, cui cit 47-8, n., Calogero op oano attivamente. Le difTicolt che riscontra in Parmenide "-" '^'''"[^^..l^,"" confusione una divedere credendo altro al caldo e sostenere dall llto il principio della conoscenza realt non sussistono. Da ci nin conosce, Cadavere 1 anche che sen^a dubbio alla prima suUa che il frammento in esame apparteneva caldo P"' "" 3^ ' vo, parte del pocma. Teofrasto dice che il prima parte del poema; cfr. 8 35-6), (che la sua espressione nella che egli tende a considerare ma ciVnon ha grande importanza, dato Poich anche nella prima rPrescraUci da un punto di vista fisico. tale il ragionamento del parla di xpSm,
Za
semplicemente
Trjv
Attribuire a le sue tesseri ci sensazione e vo, non '" '-"" ''"'^'""t sar com rn""'"""' ^f''' comunque sembrato vincente del a Teofrasto tutto con ., "."'^"'' '"" ^^"-oniara (D.OG. IX, 22) pi """"2 Penideo, in cui attribuisce ruguaglianz^ gli f r^ poco oltre Teofras'topaHa /'"'""'"' conferma della sens^.i ''"^'-i questa avviene x tS ''" '^""^"e- e dice che vav-1^ xA' J'-'T' anche con il freddo '^' '' ^ "oscenza 'pe7Z%s^! r-'^ ^''o sana opposizione (si _'""-duce una necesnoti il T la quale .*on pu "" ^1?"'^ '^"^ ^ept^v x*' esser """" "^""^ ^"'^^ '* ^ f/PtioV Evidente qui la cost^uzion
'
Parmenide contro
dall'arem-
''^"''
n,
""mediatamente
^ -X^^
e
:''""''
tra,
^^nf^rmrX
.1
(3ti
'
"
1
dica (poco prima del passo Tensazone e bench Parmenide non lo non dc^cipixsv XX (.vov, ori che oSv detto aveva Teotrasto citato con il caldo puro. ecc.), dovr identificarsi ^AtUo pi a ferisce sr Videntificazione tra ^'^ ed clvot In sostanza Teotrasto, ricordando una conoscenza Sia To ep^ov per po. costretto a congetturare
16.
11
di
.o;, questo
non
si
distinguer dalla
meno soddisfacent (soDrat^nu. ":'"^!"' degli altri critici restituzione di Calogero, ''"''^'"' '" p. 0,7 45 n>'?f;^-'^''' " '''' '""'"P''"'' guidati dalla falsa '"-ininternrHazfn^ H , ' ducono xpaiv ^tcXcov '^''" '^' Teofrasto, tra/ ZrcTlanZZ. ogni memftro). Sicuri "'''"'"" di senso (o di infatti vogliono ritrovare in "": '" ^^^ ' ^ Wv, ques La lettura xaroT' '"''^"^^'^^ " del caldo ed 'u s ign naT dT''". dal Diels per salvare '^^^^"''' '""" ' slati scelti .i . una "darle quella consistenza "-'' P
sono
\M
-n
kel,
vrmaT
le
dr^cT'
ut
cte
crS'Tr^p"-^/""^'^^"
successivo ou |Xf,v aXXa, nondiricredersi tosto di fronte al fr. interpretazione, signifimeno una decisiva conferma della nostra non che il pensiero per sia privo '^""'^'^^X^. cando Quind detto . come risulterebbe da quanto abbiamo quella in cui .1 xooKTic essere in alcun modo
^^ic
Cosi
vedrebbe una simmefria. Zuoprevae. perch allora senz'altro vi si TaOTr,v, che non pu espr.xi il spiegherebbe si non ancora
xpaot.:
^statfdt:ipta ^^''^^ ^^'^ 'r"^'" dieserZeit noeh kein eigentliches'wor'; t"' , V'^' " ^= * '^1 es dern nur .AusdrUcke "" 'f^^^disen Leib, sonwie GHeder' fJv, > Data l'impossibilit di "^\ r"^^''" -. 3. in endere xnl; SI potrebbe ""^ ^"^"^o del Diels, anche tradurre "xT^^ ^^^f^ rebbe l'unico modo di salvare ?" <"o"'B"i)- Questo sa"''",'""'"' altri. perch <''^' ^'^''^'^^ ' degli cosi soltanosfootr^hh
-n
.'
de. t.
iTZZTo'^'
,
M./.
f7.
in
di
elementi
flsrci
Una
ha
,'
"^'V''"-' "^1
frammento una
.xi^co
132
TroXuTiXaYXTWv, in evicomprensione del frammento importante membra che err^ano le lato un da opposizione a xpmv:
133
dente
distanti, dall'altro la
xpdi^ che le unisce. Si noli che xpacJt^ ma piuttosto fusione; il termine acmescolanza, non va tradotto al molteplice che contiene. centua l'elemento unificante rispetto esposta di voo^, come sopra concezione la conferma cos Trova Nel fr. 4 U molteplicit. la unifica che interiorit eterogenea del mondo fenomenico vo^ faceva diventare le cose distanti primi versi del fr. Ib loro, congiunte. In questi due
vicine tra
delle nell'identica funzione di produrre l'unione
distanti. Teofrasto
compare
membra
le
chia-
jiapevTa e in xpaaiv rissime opposizioni contenute in aTievTa appunto unificate per opera del fxeXcov TioXuTiXYXTWV fossero di fisico secondo che non poteva quindi essere qualcosa vo; interiore noumenica forza una ma visuale, la sua preconcetta considerazioni ci portano a credi unione e di fusione. Queste in un nesso di continuit accennato, abbiamo sopra dere come
noumeAnche Eraclito ed Empedocle usano (p^t^ in questo significato, come mostreremo. Una prova di tale interpretazione
nica.
t.GTiv Tusp 9povi fxsXwv <pm^ v^pc^TTOKTtv Kal Tuocrriv xal TravTf To yp TiXov lari vTjjia. Gli interpreti si sono trovati imbarazzati di fronte all'apparente ripetizione del concetto gi espresso nei primi due versi, e sono ricorsi a interpretazioni forzate per trovare un altro significato. Secondo la nostra esegesi invece i due versi si spiegano, rimanendo fedeli alla pi semplice costruzione del Diels, come un passo ulteriore verso l'interiorit, nella ricerca della pi vera ess^enza del vo^. Il passo sta nel pLcXwv <p{jmq rispetto alla xpaciv fxeXecv del v. 1. Il senso fondamentale della parola 9^<y^, nei presocratici che consideriamo interiorit
^
ad ogni uomo; l'individualit essenziale, perch il vo^ che nel fr. 4 abbiamo visto rappresentare il noumeno, apparhene qui all'uomo. Passiamo ora ai vv. 2-4: t vp aTO
immediata
tra
il
fr.
il
fr.
16.
Abbiamo
visto
come
sia introdotto
volta il termine voq, il carattere di trascendendell'evidente all'infuori ficato per altro, dell'espresrimane ancora indeterminato. I vv. 2-4 parlano
per
la
prima
in 4, 1 cui signi-
za
nel fr. 5, come qualsione: il vo^ ritorna poi implicitamente poich l'interiorit chiarito, ancora non cosa di presupposto, prima intuizione della di questo frammento si risolve nella dunque necessario per Parmenide chiarire senz'al-
forma. Era
il
tro
e non certamente v0(;, se mai voleva farlo, subito dopo, generico, seconda parte del poema. Nel fr. 4 il vog era dargli concreper dell'interiorit: noumenico piano l'universale umana. L'antijesi tezza egli deve cercarlo nella singola intimit
nella
63 di Empedocle, che usa appunto la stessa espressione [leUoyv (p^jGiq, deducendola evidentemente da Parmenide: il valore di tale frammento sar visto in seguito. In 9ucnc, anzich esprimersi, il vo^ s'interiorizza. La xpoLcic; per contro era gi un'espressione; per questo appunto Teofrasto Iha fraintesa come un principio scientifico. In LieXcov 9^0-^ si sintetizza la coesistenza di noumeno e fenomeno l'in teriorit staccata si infusa nella molteplicit. Questa doppia natura^ serve a spiegare come: t... auro '^rriv 6nep 9povL (9Pov^v e pi interiore ed elementare di
fr.
inoltre
sta
nel
XXI
tra xpaaic; oggettiva tra TuapevTa e aTrevra ora nell'uomo si trascendente, e unitario appariva 4 fr. nel e^^X-/). Il vo^, che ha le sue radici rivela ora molteplice, perch ogni espressione estrema analisi inscinin una intimit. I due principi sono in per cui un'opposizione, stabilire loro tra
dibili, e
tenuta in
Lo stesso piano noumenico unifica le individualit disperse. Una distinzione nella distinzione conTiavri.
TuocaLv
Tcamy xat
xal
TuavTL
non
fr.
l'intimit sia
versi del
si pu una e l'espressione molteplice. In questi due primi d'intimit 16 viene cos riconosciuto un principio
lismo tra
La chiusa del frammento perfettamente coerente con il fr. 5. Il pieno (cfr. 8, 24) vTjpta (oggettivazione nel vooQ). Con il pieno la forma espressiva del tutto determi, nata e fusa compiutamente con l'interiorit (vvjpia). Si pu constatare ora con chiarezza il complesso paralle1
dell espressione).
frr.
4-5 e
il
fr.
16,
Empedocle,
,
dove
un significato 6, 6; (Parm
sente chiaramente l'ispirazione parmenidea, si spregiativo, riferito a ci che umano e molteplice Emp., 20, 5, in cui si parla anche di ^lXTr), 8, 28; membra; 57, 2. Cfr. anche Fraenkel, op. cit.,
quelli.
e nella xpcGiq. Questo il felice momento artistico, estatico e variegato ad un tempo. L'insufficienza di tale unificazione a
134
135
..1
P.nm.ni.le
ni
..6*..
e
ao..a
'fT
-5
so.e
.
K^-?^p
;-.'';,:,;r
:;
H^rturliante
^;:rrni
.lello
rappresentazione e ivr:,eUen;;;a'. .ondo della rendere ""tluant, da tanto forma, .Iella ricerea anch'esso nel fr. 16 ' ec-sament.^n
?.vv, entra
alla prima parte, sembra pi lineare una traduzione che consideri soggetto l'essere (12): dall'analisi seguente risultera per altro come la nostra sia la traduzione pi consigliabile. Ci che Parmenide ha fatto capire sinora
Quanto
circa
il
'<:
trapasso ,n.n,ed.ato '' ['_ f ,^' ,nn.po della n.oUeplicit (il prima notata ,lell o:.:ro.v tu segnato dairinclifferenza , s'individualizza e d.ment.ca 2o-la che polverizza il vo;), trionfo della forma. In il in.pedisce n. endenza che -ntrapp.."o"; P'" si non nounu.no e fenonu-no ,
h'sT
Ido
cn.it e piano rappresentativo come ad un tempo .u,a ', "-'"^P';^' l. 4 la realt espressiva era Tutto ^>oi lo diventa ((xeXscov ?w.Oil anche 16 fr. nel cos v"ole Pannenu^.^ come rappresentazione, in ra foru,andosi ultima la forza d. empiere tntr.ndosi nella 9'iff'.c egli trova perde in una Pe"-z conge
'^
noltepl.cta.
J^Tl^
1
l'autorizza a presentarli qui sinteticamente nel contrasto ffxiv - ox g(TTtv. Osservando inoltre i versi succes, sivi, 6-8, salta all'occhio come questa seconda via sia diversa da quella descritta in 7, 1-5, con cui dovrebbe per altro coincidere se soggetto del v. 5 fosse l'essere. Mentre infatti la via del fr. 7 e esplicitamente disprezzata, questa del fr. 2 detta semplicemente 7rava7rst-a (13). Notevole ancora in questo frammento il v. 4, riferito aUa prima via: 7tsc*oS?l<TTi
dei
due mcindi
distacco
^0?^
llepi guacco;
Illustrate
r
n
bile
noumeno:
xXeunatura politica e agonistica del AXr,zir, yap TTTjSst. Queste ultime parole son., dall inizio di questo capitolo. L' AX^i^sivi l'indici-
che determina
la
fr.
3.
vt J
Ht.
la
sua natura
e del
nel
plastico
Pai poli opposti .lei fenomeno nell'espressione dominatrice, n.mini convergenti s'incontrano espressivamente uniticandosi vanno ed P te "Tli 6v.a che noumenicamente non e il vo;, .lall'altra ^uvv, !ino individuarsi e pluralizzarsi per ni. n,. Iteplice. .leve un via fenomenica l'uni a la ...u gere anch'esso attraverso ha "Parmenide ci Con vr,,a. del p; ssit-a -----J; diventa inattaccabile forma sua la inganno, perpetrato il suo
noumeno due
2 (per cui possibile vo'^aat la seconda spiega cosi con la vasta accezione prima osservata d. voo? - voetv. Notevole inoltre la cristallizzazione nei termini tecnici vo.tv slvoti di quanto nei frr. 4, 5, 16 era fluttuante per un'interiorit non ancora dominata. I due termini introdotti qui per la prima volta
2.
traddizione Ira
Odo?) e
11
tutto oggettiva e dogmatica. Se sono una cosa sola, non si potr ma. trattare del non essere, se non convenzionalmente. La con-
nchiamata
1 1
in
infat
voeiv
elvat
fr.
s.
voeiv
""^
."venta .reddc. e Slo''st^- C- PUI semplice. '--"i;>e =';' ''"', fndt, calma distante, e raccoglie con con C.m ,1 fi. 16 s. e ''t.^;' giustitcazioni. con tono imperativ... inizia uno nuov ne che 2. fr. il pensieri: eluso un corso di ^^ -' Nel v. adatta a seguirlo immediatamente. .^'^^ri
i
"f
rapp"arenzr
Il
^
sono ormai forme vuote (il che pu generare ambiguit, destinato a passare in '^ ^''''"" "' "'" "'''"'" '''"' "^^ dominano ^'
fr. 6,
Xeysw TS vostv
spetta
soltant.,
al fr. 3. trae la
conclusione: yp-h r
eVfxsva^
via.
alla
prima 6S6;,
rArt 9?<Ta-.c del v. 8 riferito rebbe allora un'incoerenza nell' </.c (Fessere) e e che onda via), e la traduzione suoner: parte del verso deve seconda (Ul sia <v, che non i possiNle pr.ma)^ ed imperativa della intendersi come ridondanza enfatica re eaTtv ?oux via: 8 seconda .; Pi ar.luo il V. 5. indicante la ili non es^'"^ traduciamo: che ^^^'' =<^^'xl ? XP^*^^' f^> della che non sio. La raduz.one ser.) non e che necessario v. 3. a..ertala .lai parallelo con il verso del parte seconda
^l-^'-
""" P
'T''
'?^''''''\
T rLL
prima
"^"-
1^
te
'-''"'^i"'-**'' ^ 'Jiventata
l'indicibile
ormai parola. La
^/^^^"^"">
Il
.-
"" ^o^'an^i^Ie la critica logica ^ delTv 7 8 iT.^fir PP""'o ^'T^'' forza di persuasione. Del resto ^'? anche n ^! J If generalmente jravaTOua accolto non spreeiativo II fr 7 "^ " respinge un modo di vita, che considcrat%Jlga;e
:
vil
'."
'.'"a di
cit
17
"'^
L^
136
A
AJiAr
137
non
log a
rura'brh
Svcoya.
I
Parmenide l'introduce
S'
1
in se n^"^^'*''' "?." '^ Questa seconda via non ha (o come traduce il Diels, rifletlcrvi tuttavia ,1 vo-^- bisogna ponendovi di contro riflettervi, :SJhf^;/.e 3") occorre
"'
rjrra'via
(cos ^^
t;rL^.
e la egge sarebbe perch in tal caso fuggirebbe la a a? o8ou 7rpf-7;?yap seguente: cosi il verso pb^sT Si elusa. ^P ''-*\''7' ^' solca verso questo riferiscono .^,^ x aitici I erme 1 rairr,, S.^O'^'o; < e py^ ^^.^^^.^^ ^^^ e cosa la p ma via <lel fr. 2,
.
f^-^^:::::Tr-s^^:^'S, dirla
non
alla
seconda
scegliere,
'
connessione con il (^v;8V Sou^.o.i^ per contro la nostra -" Ci conferma d'altra P^-^'e 1 immediatamente. cede pr che dopo, gi abbiamo via, intro.U.tta subito
gesi di 2.5. .Mia ter/.a
a9a[py]^ vaX^yxiov 6yxco, espressione che dimentica di esser tale e scorda la sua origine (Ou yp vsu to> Ivtoc, v ^) 7r9aTL(Tfxvov |<ttlv, l^upy)<Ti To voELv 8,35-6), pretendendo di assorbire Tincommenl surabile ricchezza del reale, senza aver pi nulla fuori o dentro di s (OUSSV ...'dTLV ... XXo TlpcS TOU lvTO^, 8, 36-7). bd ecco che non allora neppur pi rappresentazione, non essendovi nessuno a contemplarla. Tutto ripiomba nell'insondabile abisso noumenico; con un sorriso maligno, ben sicuro di non essere inteso, Parmenide sussurra .che anche 1' elvat un
8,
determinazione fondamentale che la qualit della vita, il dato primordiale (xpaTspy) yap AvayxTj YIz^cl-zoq v SeapioLmv '^SL, t jxlv .^<r,\^ cspYSL, 8, 30-1), e d'altro canto espressivamente potenza dominatrice che annienta l'apparenza (tw^ yvedi^ ^h ltzdPedTai... 8, 21; Tr[kz fxX* STuXx^Tjcrav, 8, 28), forma che lotta incessantemente con armi rappresentative e raccoglie ancora le armi del vinto ('v, 8, 6; ex^^xXou
43),
IttsI Tiv GTTLV cTuXov, 8, 47-8), limite essere, che Io racchiude facendone un'intimit,
^(TGTov,
supremo
del-
accennato
Il
elementi che abbiamo 8 sviluppa alcuni degli dei poema. La tencruciale parte breve vati impliciti nella con la ugace appa""-tarsi ite "nnincia sin da. fr. 6 ad rida vita alla sua Parmenxle Poi umano. mon.lo rizione del
fr
(14).
kk;^^^ ritroritm
geliZ
la
"^^'^^^^^^^^'^^'^
pu
mo7eplidt/di
^''''ormai danneggiare la perfetta ^"^^'^ ^^^f^l^Jl mondi. Intimamente slancio a due di equilibrio questo vita in
'T}
8. 49)-
boccale
di essenze che
(6,^, tendono
..pa.. xupe,
a con^ung^-rsi
(eov
d 'pi:coi;
ribile
.li
individuazioni (oOXo^xcXc, 8, ^K, ''-.;^ '"Y;;;"" "' ' atteggiamenti (.Xs^TOV 8.. ') ",t '"-'"'^f assoluta di essenze, contiguit una in trascendenza tingibile d. valori non scala ogni e scompaiono d";^ categorie umane (xaXXov ty) zlr^ x-sv vto? T^ ha pi senso (o5t' v .ttiv Sttco;
<l"a' al fr. 6 seguiva il fr. '. P^Ja 2 5 il riter.mento d, 6 3 cosi Se dimostrabile. la cosa non di meno a assurde, conseguenze "%';j'j\''Vf per a vet "-""f poich la seconda quella di 7,1 (il che pare impossibile),
(14)
xl^
CAPITOLO VI
Eraclito
1.
rente. L'affermazione
il
La molteplicit ha per Eraclito un valore reale, non appasembra paradossale, posta a confronto con
d'intendere pi frequente, che attribuisike al filosofo la coincidenza degli opposti. E' opportuno chiarire i suoi concetti di molteplicit e di contrari.
teoria dell'eterno fluire e della
modo
La seconda parte del fr. 1, in cui Eraclito espone il proprio atteggiamento filosofico, dice: ... aTTELpoLcnv eoixacji, TieLpca[JLV0L xal STroiv xal 'pY^"^ toloutwv, xolcov yo) SLT^yeufiat xax (pxjaiv StaLpcov sxacrTov xal 9p^ojv oxco^ 'x^t-- Lo scopo vitale sta del filosofo espresso da xax cp^jGiv Siaipiwv 'xacTTOv, nello sceverare la realt nei suoi discreti elementi costitutivi, attraverso l'intima struttura di ogni cosa (1). Il monismo, o
quanto meno la tendenza ad unificare attribuita ad Eraclito, verrebbero cosi ad essere scossi. Cosa s'intende per altro con IxacTTOv? Il riferimento chiaro ad Irrsa xat 'pya, che una precisazione antropomorfica di TivTa, in cui notevole la distinzione tra realt espressiva fssa e realt interiore
stinzione riflettentesi in quanto segue:
attiva, di-
xar
(pu(Jt,v
Siaipscov
traduceva in HerakI,, 3: ein jegliches nach seiner nach seiner Natur , e meglio pi tardi, in Vors.5 ein jegliches zerlegend . Quanto a c^ugc,, inaccettabile il significato di Herkunft , dato da Gigon, Unters,, 10, in contrasto con i frr. 112, 123. Non basta per la traduzione generica di Diels e neppure quella di Heidel, On certain fragments of the Pre-socratics, in Proc. of t. Ac. of Arts a. Se. 1913, 695-6: distinguishing then each after its own kind a t^daic, tocca il significato di natura trascendente, come si vedr in seguito.
(1)
DiELS
Natur auslegend
,H
i42
della realt che si tratta di (2). Duplice il campo 9pCcov filosofare, determinato a del compito il indagare, e duplice comunicarne la venta raggiungere l'individualit essenziale ed a 7ii?a)(j.voi all'ini... l'-cipoia'.v Notevole stabile. forma in una i quali, xv^pomoi, agli riferita espressione zio del passo citato, di mezzi per cogliere questa molteplicit pur possedendo frutto da quanto spetraggono non interiorit, di e espressioni rimentano.
i
143
loro molteplicit. Per chiarire meglio giova un confronto con fr. 107: xoxol (lpTupeq va^p cotto l(7lv 9^a>;fi.ol xal ara
(j^u/^
TivTa
il 7: Del pari accenna alla molteplicit come reale Per quanto T ovTa xocTuv; yvoiTO, plvs^ v 8iaYV0iv. deve pur sempre discussa possa esserne l'interpretazione, vi si unificazione. Il ogni ad molteplicit vedere la resistenza della come plve^; tro^lay^oisv richiama il Siaipcov esaminato prima, signitca che Cosa TTSipcIfisvoi. precedente nel riscontro va un certo pensare ad una TivTa T 6vT7 (l'espressione astratta non fa tali, anche se unificati? realt illusoria) continuano ad essere di essere visibili, si docessassero cose le Nel caso concreto, se intima (rispetto vrebbe rispondere che per un'esperienza pi
fr.
et
papy>T(ov. In sostanza dunque l'esperienza sensibile acquista il suo valore dall'interiorit individuale che le sta dietro, il che era gi contenuto nell' aTisipoKnv ... tizio ^aivoi visto prima. Tornando al fr. 7, il cui simbolismo abbastanza trasparente, il significato pi profondo voluto da Eraclito ci risultato il seguente: se anche la realt fosse sottomessa ad un principio unificatore, un denominatore comune rispetto a cui
Papou^
ogni pluralit apparisse come accidentale, la nostra pi intima esperienza ci riveler sempre un molteplice ancor pi es^
i
ri
senziale.
Notevole
la
fr.
T0t.(7Lv
(i.?aLvou<nv
xA
a-
avverte gli oggetti nelle esse persistono nella assai pi vicini al centro conoscente) (3)
sono ETTsa, realt fissate; le distinzioni olfattive e le acque diverse richiamano un'esperienza pi intima ed immediata sempre nuova di fronte ad un'apparenza cristallizzata e monotona (4).
Un'ulteriore conferma del pluralismo eracliteo sta nel 125: xal xuxswv Si^orTarai < y.^ > xlvo(j.vo^, il cui valore metaforico accennato dal xat. Gi prima, ma soprattutto ora, vien naturale di pensare ad Anassimandro: a parte infatti 1' atSioc xivriGir (5), che trova riscontro
fr.
accento posa sulla molteplicit: se pure l'apparenza ci rivela unita, il reale discreto. L'antitesi auTOicriv - Irepa parallela a quella del fr. 7, xarrvc - StaYVOLSv. K^tiv^ e Tzo-o^aoi
Anche qui
un
sia da srea un'antitesi al precedente Xyo?, (2> Vedere in che sotto la visuale parte dei sostenitori di un'arcaica logica verbale Eraclito (F. J. esistenzialista in cui si voluto porre recentemente der Philosophie, Brecht, Heraklit. Ein Versuch ber dea Crsprung fondamento. Naturale e Heidelberg 1936, 44), non, ha alcun serio generico icivra preceinvece scorgere in tzzol una determinazione del in rrea xal epya non si dente. GiGON, Unters., 8, dice che a rigore Betatigung , ma pu intendere che der ganze Bereich menschliche come si vedr, con una tutta la realt trattata da Kraclito, ha qui CTtea terminologia ricavata dalla vita dell'uomo. Il termine ed di ci che si esprme con parole ,
il
nel
xivopievoc;
nella leuera
nev
frr PrAi.
.?,flnf-
%r.
mr^'
;
KM
suo significato fondamentale esplicate. Quest ulIpva quello di azioni , non ancora definite n distinzione da timo significato spetta ad epYa per rilevare la sua cui la prima ed confermato dalla distinzione posteriore, Ttea ^t- caso in cui parallela. Significativo l'unico
r^cfv^ ?:tJJ:r^
Rpt^
'"
il''''^''
'"
" frammento non per eracliteo '"^ "^ '^""'^ *""^P' ^^''^'' 42, non lo rite"^"^^^^ ^^ contenuto non si accorda molto con 1 ^^,^/^'b^ano porre sullo stesso piano vista ed udito, ^ ' ""^ falsificazione di origine assai antica.
1
n ^^^'
''"''^*''
stilisticamente infatti debba Eraclito usa il vocabolo cpYOv, nel fr. 48. Comun.que perfettamente intendersi quest'ultimo, colpisce l'antitesi votxa-epYOv, del fr. 48 suggeparallelo a quella del fr. 1 eTrea-pya. Il contesto profonda . risce per spyov il significato di essenza
IW^nTT',
mettendo che
''''
^'^'
^sT'Hsllente^^a"
Vl^^Z.
frammento, che significa ben altro, il ^" ritrovato, e pensiamo giustamente, travisamento di Eraclito, il famoso .dcv.a
fr.
Una decisa conferma in questo senso data dal fr. 98 al risulta caratteristico della K/al a^covTai xa^' "Ai8r,v, dove l'olfatto continua ad inserirle dopo la morte dell indivi:
(3)
Lr.hpt' Wr..f
iuvri
dell'interiorit, e
duo.
ci potrebbe
sembrare contrario
il
fr.
una
nulla di serio ^^ ^"^"^^^ ^""^ testimonianza. Basta pen/'^'"^^t di Anassimandro ci proviene proprio da leotrasto. T""" Il quale doveva conoscere il Milesio assai meglio di AristoP^^^P^^^to le nostre precedenti induzioni). Notevole 1 Lh' f fr. 125 sia il fatto 'k che II citato da Teofrasto.
%'"'"*''''
^.^^-^^ (Theophr... Phys. Op., mJ^L^\^T' espressione sia nella lettera teofrastea,
1
2).
Anche am-
144
facile constatare / /"^^.^^ J^^'^l" di questo frammento, contenuto nel fr. 1 d. Anassi slesso pluralismo radicale indicata con l'espressione n^ndro dove la realt primordiale qualcosa di acciTauTa. Il movimento nel fr. 125 elementi che stanno alla base
145
55: 6(Jcov 6^,^x0 9^ pL^7j(TL^, Tauxa y^TipoTiaco, da chiaramente a [lOL^r^Giq il significato di esperienza viv^ ed immediata (8). Quest'ultima dunque la via che conduce alla conoscenza, ma non basta a costituirla. Con ci siamo in condizione di intendere due frammenti apparentemente contraIl
danza.
fr.
lt
.X
stanti,
'^"iSlie-
che
ci
conduce
verso l'immediatezza sensibile, del Si veda la seconda parte r n eriorit del soggetto conoscente. ol; xa' -fjixepav ej/.upoua , xal polemico: contesto r 72, in
quotidiana, che pu essere renna evidentemente all'esperienza dagli uomini perdi sfruttata non ma fonte d? conoscenza, d. ;evo? e appunto L'opposto ^va. le cose appaiono loro
iWr.
35:
e
il
x?^ yp {lXa
fr.
ovpac Ecvai
conosce intime sono le cose, .intimo., e per chi veramente distinte sempre dal sogquanto per ^idne, amni per natura, real.st_a). Stiliconfessione una getto (in yxupouci contenuta o rP ?P'^-^'^' il fr. 17: longiunto sticamente
""'"^L'^otl
8r'8oX:r;.(/).In6x;o.,
^^^ "-^t*.^"'^^ U ness" esaminata sopra; "\''"T plicato dell'espressione ^"' ^ con .-,.vcax.u,T..v, "^^""' successivo o8 (xa&vT.? ^cytvco^xeiv. Qui P-'^^ il non (xa.^vstv, il ne concesso chiarire dunque Occorre conoscenza. cenni a due gradi della non comdue termini. Il verbo (xav&ocve.v il significato dei quanto usato (x^vi^.,. invece volta una pare altrove, '" ^""-P""";"''^ sostantivo il e sovente Eraclito usi il verbo concorsia v. pare presente sensi alquanto diversi, nel caso
r-P--
T "^
J^
?"
l^ato il significato originario di '^orT<op, testimone, che nulla CI sconsiglia di veder usato nel fr. 35 (10), l'espressione TuoAcov irTTopa^ risulta perfettamente equivalente a ttoXu[lOLd-ir^: concludendo, la grande esperienza vissuta la condizione necessaria, ma non sufficiente per essere filosofi. Si rivela un duplice aspetto assai interessante della personalit di Eraclito: egli si dichiara avido di esperienza (su (lXa ttoXXcov) sfatando con le sue stesse parole quella tradizionale caratterizzazione di solitario, corrucciato, asceta, e si mostra per al tempo stesso sprezzante verso gli uomini soltanto vissuti La seconda parte del fr. 40 accomuna in questa condanna per. sonahta di interessi diversi, esponenti comunque tipici della cultura greca. Il poeta-filosofo vagabondo, Senofane, e il capo religioso e politico, Pitagora (11), non si staccano dai ttoXXo^ L avversione di Eraclito per ancora pi spiccata verso i poeti in genere, che si arrestano tutti a questa posizione
(8)
le
innu-
clrVr
"r^^"
'"' di I^raclito,
non
sia
giusto,
^n'anlicipazio,ve della nostra i"l'-':P^'^'f '''"^^''/.^jl^e'e'ntt una visuale, del tutto ditlerenie, Fraolito Der quanto condotta sotto s, tva^n W^A. intendere il flosofo come fisico e rivolta s'olUnto ad
HEioE,.,
in Fra dito per quanto del pari fuori di strada come impostazioa ^dei problemi, si mostra Arnot. in A. f. G. ci. Ph 26, Wu, 370-77 Pe^ la posizione empiristica di Kraclito, che in questo caso si potrebbe
QualUatwe chance '"/-7"''C.^,'''trn''d";/asc. 318-9: g;., a attenuata, in Rey, Jean, ae la 19 1907, 350-59, e in forma ' A"^">!1'" discusso 'j" del frammento piuttosto
(7)
11
testo
.en^Jizione
tthl^t lu'.s'l^Z -';r;L;;,';,nt^o ^.<^^-^f fr. 17 una P '^""'^^ hanno visto nel ^^^^^.^^ testuale aggiungiamo ''?;"' La derivazione^ e /"i^f^" t accorda con il significato 9povc^v J f-^;
l'uso
d.
L'espressione vov iytiv equivale a opoveZv (nel senso tee che vedremo). Il vocabolo vo, non pa^e comunque fosse un termine filosofico per Eraclito. Accanto al significato filosofico che ha nel tr.
(9)
meo
114, essa
non compare
infatti
se
non
nel
fr.
104,
dove ha
il
'^'.j^^"","^.' ipav del fr. 72, che riii >'*' 'Hdi una p ut^^^^^^^ ma s. Uatla nj,iosto Arch^oco) chiama l',' Vf P- di ^^^ ^n Gomperz Ih. ^^^^^ erana. reminiscenza lei ^^ .ooau., cui Toiau.a, di luogo m propone inoltre,
>i
fiir den Begriff des Wissen, in der vorplatoniscxen Philosopxie, in Phil. Unters XXIX 61-6 e 69 71 esa il primitivo valore linguistico di tarop^a, pur
vd
di
'' '^
*
'''^''^'^^
'^
"'^'"^"^"'^
Pi^^oluto
il
fr.
81.
10
146
al fr. 17, raccogliere esperienze (12). Tornando ili coil significato positivo avere dunque dovr ytvwffxouoiv siamo non ci Con essenza. loro noscenza vera delle cose nella di di determinare il contenuto preciso
147
a
recettiva,
do uraloTHfell:
''''''
"'""'^
nel
mon-
dim t!i
-i
il
(13).
Da
-P-^-vcomune
di
(15).
lutti
Concludendole:
gli
uomini
(16)
senso di conoscenza nella sua essenza. Un chiasu una base intuitiva, di un oggetto seguente ewuTOiOT e boxerimento ulteriore pu venire dal yjvwcxsiv,^ colleil posseggono non che coloro di detto oucrt,
17
il
1'-^'
7'^-"'
''^''- '"^
iv.
""^
~'>-
t:(iov<Tiv oi zoXXoi_co;^ttav gato quanto al significat., al fr. 2: ou Set, coOTtsp e probabilmente al fr. 73: I-/OVTE? opvr,aw, sensibile di per L'esperienza Xvsiv. xal TTOtsv
dette con riferimento alle pr"me narol, termini, a significare la perTetta ^>,r e veglia: e il fr. 21. dove per
idealista, pur considerandola rarsi. Kichiamiaino
irstesso'lsiTnSrdrr'^f'"^^"^' '''""'''
,./l
(
''"'
""^
V ^'^"""'"\'>-
"""^'^
''^^<''<'
rovesciandone
si
non d un mondo chiuso, isolato, che e riconoscere le cose nella stessi noi da uscire di ci permette gnoseologico una stortura metahsica. loro realt (14). E l'errore
ma
ci
si
r.
Frt\l
1 ancora il fr SQ x,,ov .Iva. mentr!. rietTo^n': eL.'euos1 bilisee un perfetto collegamento tra il fr > [ u Tr
^'"^^"^
'a
d'altro
"""
^^rtlr-n
if
^1'''^*^
''^''
'
"""
56, 57,
nominalo Esiodo,
frr.
42.
in Eraclito (13) Il verbo f"?'-^'' ^'"'"^^^'V^"" l'opinione contraria B. Snell, op " -, sitivo di conoscenza (cfr. per in contrar o 92), nonostante l'apparenza 38, 721. inoltre pp. cfr 66 e usato il fr. 97, in cui r"ci<Txew fr 28 su cui tra poco A parte del ' assolutamente a popolare, e il fr. 108, in cui usato
comunque
co;dIna della conoseenrtrbiir'Tfr'lB r"'" blamente alla d isti ion/t'ra ^1^'?',^'"^'"^='' ''''^^"" '"dubil' dell'apparenza ed una realt " ultra-sensibile Si noi ISnM.t '' '"^ ^'"^^^^ -' ^'^^ Po^cv, ed inoltr'e' il cUat" re "n^tr^T^ietT''" TaT 9po^iev. Tutto ci fa ""^^"ica:
yivtiaxeiv,
Ignncato
usato nello stesso significato "'' ""' a noi sco't'rat:T;'" 'T' accennando per l'auDun?n "7""^'"" Precedentemente in <'"?'^^"==a del fenomeno che gli uomini non posswjn^
,
credere inolfr.
li?""''""'"
suo indicare la conoscenza suprema, il oggetto nella sua essenza. 57 86 116 di conoscenza d un ' parlare di u sensualismo di Era(14) Se poco fa si potuto a una sua accennare di caso il qui clito, sarebbe f'^^'^J del dalla chiusa del fr. 17 e tura herkelevana. Il sapore idealistico .5po? roS; vp6>,reeou. nel fr. 3: conferma una nfaU trova 2 r sar sempre insoddisfacente detto del sole, la cui interpretazione e ne franimenti che se"on vi slveda affermato l' esse est percipi , Dice infatl il fr. 75. sogno. danno una realt e un valore positivo al
5,
s.gn.l^^cato
nei frr.
17, 28.
OP. cit. n. 57. Sul cara. efrultra,ensibi7e'"'. fonda cfr. i frr. 54. 123, d? cui T r^uu:
'
P^^^^^f
J.
che '^n piia"m^;reraT,?:;s4"'rrTrcr"^ ^^'"'"""^'' "' ''^^^. ^"''^"'""'^ congetturale J lontana dal significLto gnoseoloeko noi,, v BEHN.vs, Die "'^' ^.' '""^ fterA-Sft:T".T;'BeHin'l8r9 J^enin ib9, "? 'f seguito 12-13, Nietzsche, Werke, X, 40-1. da
uvL
^rlmmenti sull'argomento,
implica evidentemente, come non sognare), dove la real a <'e -gno chiarezza: un simile valore maggior con espressa Dotrebbe essere 5xco<Tep ox&ia parole del fr. 1 POS ivo risulta inoUre dalle ultime probabilmente costituiva un ulteriore TaSovrlc TnXavftvovrai. il che del fr. 26: vp, v eur"mprove o agli uomtni. e dall'inizio
Un
cui
xaI8ovTac
negli altri
il
realta al sogno s gn.ti Wilamowitz). Evidentemente il concedere s. rappresentazione del soggetto conoscente: c ridur e il moi^do a sogno ' ' Ted ad eLmpio la considerazione del ""-J--"',^.'"^ II, l^S. IV. -^* sg. Werke (ed. Grisebach-Bergmann), I, 49 sgg 536 suddetti frammenti e contrasto tra i
ni di
sgg.,
manze assommano
***' "" "'' i ' frammenti Hvohi Jn'. eont^nuto plu ico "2, : '%"'--. -"iose, 5, 14, -^""^mc ai gi citati frammenti contro poeti e Wi n.!.,!) ri M-'
.'""';:^""- ^'''-o: rimane comunque fuori discussione che tutte te" '."^'^''' ' fondano sulla convinzione gnoseologica "opra "'"'' "' '^ ci'ati frr. 2. 17, ,56 72, 73 97 io4 107 V wl""' Si citate, all'in zio ed /""[^ '^' "'^"<= P^'--alla Hn^) 4 \ ''' 37, 49, 51 (all'inizio: oO ^'' 29. 34, ^uv2"v)^' 70' ? I7' ^?X
"' f---" -aclitei che pi o sferzar^lk redioeratVJli'',!/"". A'"''^ violenza, sono aiuta sia a chiarire '^""'''''^^'^'"'= la ^rsonaml di Fr".'V?"'''l '^'^'^'"o, che a stabilirne le intenzioni nel rendere notala . . """' ."'"''uendo arricchire la nostra inoltre ad conoscnza
diretti
cM-L
aggiungono
15.
V
'
'
e quelli di
a ^fr^^
^^Ir^-^t^ill^n^^ZJ^-"-
148
alla
149
si
"
t^a
dei tiranni, che TtoXuixa^b dei poeti e preminenza quantiP^nloro or.ci;. soltanto su una da parte disprezzo stesso neril".^ perci lo e di oggetti accentrato mondo un costruisce df Eraclito possedendo una sua va al soggetto, e pur e disloca o attorno de. s.ngoh o^get -noscenza dalla ^iJ en'menica superata ed individuale, che si intrinseca realt loro in .e stessi nella ma per l'intervento di una fai dati sensibili, roane con le cose, ayv.cinanroS intere che stabilisce un'affinit
arrogano
la loro
epya realt
'Tcsa del fr. 1. La distinzione di realt espressiva e interiore e dei corrispondenti aspetti del conoscere
confermata: da quanto ci risultato sinora si autorizzati ad affermare che l'elemento espressivo, pur avendo una sua validit e costituendo anzi in certo senso l'equivalente oggettivo
dell'altro aspetto, tende alla stabilit e all'isolamento, e per questo carattere viene trasceso dall'elemento interiore. L'esegesi del fr. 28 assicurata da due altri frammenti, il 99: ei ayi ^Xto^ 9]v, ^9pv73 v ^v (18) e il 57: 6<JTiq fjfxspTjv xal s^p-
Serso
al
dot
ed
ralit essenziale.
difficile
interpretazione,
YtV6)(7xV 'cTL yp v. Dato che yiXioq la condizione del giorno, e che per Eraclito i termini riXioq ed yjfjLepT) sono perfettamente equivalenti (tale parificazione contenuta implicitamente nel fr. 6 gi discusso) (19), dal confronto
vy]v
oux
17)
Ter
8ox.pLc:>.aTo?
auanto non si il vocabolo fo come dimostra sia P-sunu.e che a r'ammento. Si deve comunaue senoncne ii positivo sopra stabiito. attribuito il significato accentuato Soxovxa e 8ox.^c;>TaTO, con rato paradossale tra trae ^u d^ nello stesso T-.x. che
senso positivo tocca indubbiamente n vero filosoil con identificare possa del stsso che il seguito
dei due
il
Y---
Sasson 'nza,
se
z iatiVven a
si
riflette
l'ambiguit dell'intero frammento, essen UtlTsteL' ^---"^^^'i della pluralit conoscenza risolutivo In sostanza, la stessa cruciale
della ^oseologia
^:
un punto qualcosa di illusorio. Siamo ad il successivo 9uXac7eraclitea. Chiarificatore come qualcosa di de U conse;vare, fissare, cristallizzare oggetto costituisce per un di essenziale finitivo la conoscenza anche di questo ^-ere supe^^^^^^^ f'apiunto l'elemento debole ^n^^^^^ isolare: si ricade n ^la significa di conoscenza. Fissare si intu^ pero gstesso tempo Al sopra esposta dei frr. 2 e 17. una^u a di conoscenza, o meglio sce che il grado ulteriore la difficolta, dovr sta superare volendo visuale gnoseologica, pur riconoscendolo ufa conn;ssi;ne tra il molteplice, ritroviamo una eco di - cp-^cras.
indagine rivela invece inesistente. Il fr. 99 conferma una volta di pi il pluralismo eracliteo: V eLxppvyj una realt in s (che non sia un concetto privativo provato dall'affinit stilistica con il fr. 23, su cui si ritorner), e cosi il giorno. Nel fr. 57 invece giorno e notte sono una cosa sola: ci non potr significare l'identificazione dei due termini, e neppure il loro condizionarsi reciproco, poich in tal caso la contraddizione con il fr. 99 sarebbe insanabile. Unica soluzione sembra cosi l'intendere questa unit come una nuova realt comprensiva dei due termini antitetici: questi ultimi continuerebbero comunque a sussistere, dotati di una propria indipendenza che li lascia pensare anche a prescindere dalla realt
unificatrice. L'in-
S
come
reale.
In
y.vc;>axs.
soddisfazione rilevata sopra nei confronti di una conoscenza, per quanto interiore, dell'essenza individuale, e derivante dalla' dispersione in una realt frantumata e cristallizzata in isolamenti, verrebbe qui placata da questo nuovo ytvc^axeiv, non pi interiore ma rappresentativo, che unifica e connette le realt disperse. Un altro elemento viene introdotto: il congiungimento avviene tra termini antitetici.
(
Fn7.^^^\^'fQT^ u^""
(17) Accett^iamo l'ottima
-^
frammento secondo
tcov
en d azione
di
e^^^^^^^^^
VrL
H.ll;'.
(19)
ii'
V /'^
/
o 3,
^Xcov
a^crrpwv
prima
di
eopv/j,
aei (codd.
Ytvc;>axiv
^^XacrasO
.^
fndiratr
Il
'.
'"
fr
^'
esprim^ una
e^^^^^^
^if.
106:
(Esiodo)
dcyvoouvTi
iiupoLc
intendere il 7^^"'"l^"'^/''^p Gi per questo solo sforzato di J^/'^- "^^^ dichiarazione di scetticismo o si accoraa y ^^J^ testo di puXaaaet 127 sgg.). Quanto diciamo nel frammento. tamente con la seconda parte del
^f
^""^' contrastare al fr^ giTitato, accen'na ^evTdent:;. 'T'"' dentemente ad una conoscenza essenziale, come mostra l'uso di ro^jaic del giorno mentre il fr. 6 rifletteva il primo stadio gnoseolo^co' che pure ha per Eraclito una sua validit, quello empiristico.
Traric
aav
150
tatto
151
2.
Conyiungimenti
straziati.
Siamo ora
av
Trarr,? I^t-.,
in
TtvTav grado di intendere il fr 53: r^Xe(io? eSet^eTOu? rvrcov 8 ^aacXe?, xai-ou? (.ev^sooc
sintet.zz. per Eracl to tutto Nel concetto d :raeixo; sembra si visione pluralistica del sua sulla sinora detto stato quanto a Questo superch il non mondo. Il rM^^or spiega ma il come, il conpremo problema non si applica il perch questa struttura metafisica della tenuto, l'essenza profonda di
troppo diretto con la molteplicit radicale. 11 Xyo^ s'ima quest'ultima, scegliendo i contrari per la loro affinit qualitativa, che permette un congiungimento armonico (cruviJ/L^ oXa vMoyjy 6Xa...lO). I contrari, che nella dispersione noumenica erano soltanto individualit e come tali distinte, perdono la loro immutabilit ed autonomia per opera del Xyo;, che ne fa per l'appunto dei contrari, e portandoli sul piano rappresentativo, li rende relativi l'uno all'altro. Nel contatto stabilito dal Xvo^ ha cosi modo di svilupparsi in lotta l'inimicizia ispirata da TrXspto; e i contrari, privi su questo piano di essenzialit, possono perdersi l'uno nell'altro (r ij^uyp -B^e-
pone
essenziali che lo precedono. tura e il foggiare delle individualit Per contro il_ 7roX(io; vpc7rou?. 8 TO? av S>eo{,; ... to? to; [xv Sou>.ou; s7toty;<T tou; al tempo stesso un creatore. nome di :rarr,p e di ^a^iXsu?. 8 Xe'^fl-pou?, e merita quindi il ma determina il fenomeno, noumeno, Esso preceduto dal questo. La distinzione tra umadi fondamentale Ic^ijc una primordiale, liberta no e divino radicata in un'eterogeneit per altro non Quest'ultima apparenza. e schiavit sono invece in unicamente attraverso la dispersione messa
realt.
Il
TtXeao;
tzi'^s,
la na-
psTai, aS-epfzv ^'jyz^y,i.,.^ 126). La figura creata dal Xyo^ si muove cosi e si trasforma, per essere unificata a sua volta, in una
e complessa, con un'altra individuarappresentativa di eguale qualit, che il 7z\z\lqq le ha opposto, ed attraversare cosi nuove trasformazioni (rauT t' 'vt ?^wv xal Ta%r^x- ... TaSeyp (jLETaTrecrvra exetv Icttl... 88).
lit
Il
congiunzione pi vasta
fante,
fl*^
Tolc,
TTXEfxoi; non tollera per altro un'unificazione trionper la sua natura impaziente ed irrequieta (xfxaTOi; ecttl auTOL^ [jLoy-B^siv... 84 b). Quando il Xyo^ crede di aver
pu
costituirsi
occorre un principio unificante. luce ed accentuata dal 7rX(xo?: relazione, perche 1 isolaLe individualit debbono esser poste in Interviene una seconda meno. venir possa noumenico mento costitutiva del feforma pura Xyo?, legge fondamentale, il che e a connomeno (20). pi importante dello stesso TrXsfxo?,
distrutta l'essenzialit molteplice da esso dominata nell'omogeniet del contrario prevalente per forza vitale, come avviene nelle superiori individualit dell'apparenza, in cui presente
una grande potenza interiore (cosi ad es. nell'anima, che appartiene sempre alla rappresentazione, in quanto ha un Xyoc,
sia pure unificabile: ^^J^x^!; TreLpara twv oux v e^eupoto... outo) pa^vXyovE/st, 45; |{;u7%s<3'TLXYo:;auTva{)?ct)v, 115; ed anche nel fuoco: 7ri>p siCwov, TTTOfjLSvov (lrpa... 30; Trvra...
T TTup
Yivotivuv yp nvTUV cio) Cfr unidi X^yo? perfettamente signif.cato Il TvSe. X6yov xar Tv fenomeno, cio rappresentazione Tario, s riassume in: legge del soggetto e anche .oKge t<, e rapprto di soggetto e oggetto, in cui il sono altro se non ;nd.v.dua viceversa (si ricordi che i contrari non genere, ''ara quindi anche espressione lit interiori). Il 'apparenza del noumeno, cosi in Pa'-t'^ in quanto manifestazione, Eraclito per .1 fatto di filosofa La umano. lare parola e pensiero dirsi senz'altro .1 >6t?- J^^'che esprime la verit assoluta, pu frammenti variera dall .udralmente fuso concreto del termine nei tale, come legge, a quella quanto in rappresentazione della cazione
Ir.
...
y.cLToCKri^ZTCx.1 66),
1:
TO S XrouToG
8'
vTo?
...
subentra
il il
come
Uw
una singola rappresentazione. . _ numerosissime in erpreRicordiamo come pi interessanti, tra le l"]: Ze.l.chr f. Ph. ?^:< tazioni di X6Y0?, quelle di Aall in f- 453-5. di 0. <(. PK 20. 1908. 1895, 232-50; di M. Wundt, in A. f. HoFFMANN. n. Spr. 11. d. a. l-ogt- 1-8.
.
che aveva condotto verso l'espressione la solitaria essenza interiore e l'immobile, perfetta forma del Xyo^ va distrutta. Il riposo nell'equilibrio di un'allettante figura lentamente trasmutantesi nel tempo e nello spazio (yevpLEVOt CwsLV z^zkorjai ... ptaXXov 8 va7rau(7'Bai ... 20) si addice al mondo illusorio del Xyo^; per la natura tragica e dionisiaca dell'individualit noumenica, guidata in questo mondo dal TTXsfxo^, vero piuttosto che [xsTapXXov vaTrauETat (84 a). In questo atteggiamento unificatore, che la contrappne nettamente al TTXsfXO^, la legge suprema della rappresentazione, cio il XyO(;, prende la veste di pfjLOvia: come tale la sua divisa, in antitesi a fxsTaSXXov vaTiaueTat, diventa t vri^ouv cru(X9pov
152
in cui si 8ia9ptxvov couto) fioXoysi (51), (8), o anche freddo nel chiusa orizzontale, esprime una statica concezione di fronte al dinarazionale dei due opposti limitanti,
153
ciprocamente
del divenire.
sibile
si
e
Il
producendo il flusso mirabile e reversibile fenomeno nella sua pi universale figura sennella
si
schema Alla pienezza fenomenica si mico impulso verticale del TrXsjxo^. attribuisce un vaiooppone il disgusto dell'intimit, che giudica, xexopvTai oxo^arrep yaips'.v, 13; (?op[^pco all'espressione re una questa forma nella sua bramosia di
XT-;Va,29) e distrugge
alta vita.
pi
flusso verLa rappresentazione si snoda cos in di valori, nell ooc; gerarchia una esprimenti forme ticale di perch di nuovo il Xoyo^ riafv6) xTO. \Li% xal wuT-/) (60), muoventesi questa volta su di TrXsfJLO^, del dispersione la ferra noumenico, e la condall'inappagamento una scala tracciata intendersi fondamentalgiunge con il vincolo dello ?uv6v (da pi l'accentuazione mente nel significato parmenideo, con in ^que^sta legge, seguire Bisogna unificante). di un'attiva funzione
zr.zr^^y.i tco che chiarisce i valori della vita, Ul ^uvoii, chiara la nalvzor K Xyou tou in quanto segue: X^yo^ e KT/upLCsd^ai del tura di ^uvv quale atteggiamento esplicata TW Suvc TT^r^oiv (cfr. 114, dove nel seguito
dissolvono n trapassano l'uno nell'altro, ma indistruttibili in se stessi per le interiorit essenziali che esprimono, resi contigui e in comunicazione immediata dal vincolo dello ^uvQv, pulsano di una vita alterna, in cui l'espansione quantitativa di uno di essi nella sua plastica forma espressiva condizionata dall'assorbimento della potenza di un contrario contenuto nell'altro, liberata dal xpo^ di quest'ultimo, che si trova in depressione qualitativa (xaptov tvSe... aXX* ^v l xal (7TLV xal gtoli TTUp LCcoov, 7rTfjLvov fjLETpa xal
xGTfxo^,
graduazione qualitativa
tra
Tiup
quando
il
Trup
7rT{ivov,
xaiioq scompare dall'apparenza, pur sussistendo noumenicamente ed essendo destinato, una volta che il suo xpo^ con il
fargli perdere l'espressione si cambi in 7p7]G-|xooruv7j, a rovesciare la situazione, riducendo a sua volta il Tiup ad essere 7ro(T(5Vvi>(i.vov; izijpc; TpOTral TipcoTOv -O-Xacrca..., 31; Trup^ T vratAOL^T] TTivTa... 90; in questi ultimi due frammenti le
^uvco
(cfr. 2,
VP-))
la
Xyo^ s'interiorizza, riconosce a dal TrXsfXO-, e quindi diventa proclamata noumenca pluralit valide espressioni, non plastie salde in grado di costituire pi le interiocamente racchiuse dall'antitesi dei contrari, perch stabile di un'omopiano pi sul non congiungono rit vi si contiguit con valori geneit qualitativa, ma nelfansia di una misura razionale in cui diversi, nelle due direzioni. La gelida potenza delle interiorit racchiuse si esprimeva il conflitto di auTOvXoyov (^>a<J(Ta ^ixyie'OLi, xal (xsTpeTaL sU tov
sentazione). Nello
?'.vv
il
considerazione di
?uvv
come
legge
parole TpoTrai e vTafjLOLpyj sintetizzano il processo sopra descritto; li'uyyidLS'avaTo^uSojp YV(7-8-at... ? uSaroc; S ^uyji, 36; la stessa concezione si ritrova in tutta la gerarchia della rappresentazio^j O^vaTOi -O^VTjTOt, -^vtjtoI -^vaTOL, Cwvt<; Tv XLvoiv -B-varov, tv S Xlv6)v ptov t-B-vc5t^ 62; imyjirJi 7zp^i^ ri ^vaxov uYp9)(7L yz^ia^oii, 77, dove chiaro il riferimento alla debolezza qualitativa, al xpoc dell'anima
dairpaovLoc
...
chiamato rpiJ^L^, che determina il predominio quantitativo nell'apparenza della realt contigua, in questo caso di valore per natura inferiore; cfr. 117).
dinamica, prossima all'inti30) complicata da un'espressione essenze compomit pura, in cui non pi la quantit delle individuale, che si valore il eterogenea, qualit la ma
nenti,
La gerarchia di valori nella rappresentazione si eleva con raffermarsi dell'interiorit (pfjLOvivj '^avv)^ 9avp-^- xpLTT(ov,
che lo ?uvv va sempre pi unificando. Al di sopra dell'universale unit ancora visibile del Tiup sta la suprema individuazione divina, che raccoglie in una forma immutabile la
54),
contrappone
119).
Il
SLt:r,crar,v I^jlcoutv,
SocLfXCOV,
che nel suo aspetto plastico prende la veste assume sua interiorizzazione come ?uvv nella deir ojjLOVta, facendo rispettare la figura di Aixr^, che giudica l'apparenza,
Xyo^,
i
uniscono
nei
le
due
dpri^ri
e
^
loro
leggi
il
oxv
f^Seil
quantitativi,
r]jipri -
U9pv73: 6 ^^
fenomeno
Aixr^
94).
I
chiaro e
a-po^,
nUiioq
wh'^
ucppv7j, yziiv
ipyjV7],
Aixyj;
xal
xaTaX7ji)>Tai...;
XoYo;
si
yp ox compcnctrano armonicamente,
uTrppYi<TS^ai...,
ypyj tov t:X(jlov sovra Huvv xal Slx7]V dove notevole la conferma di quanto abbiamo detto in precedenza, poich Stxvj risulta l'espressione di ?uvv
filosofo:
CLSvai S
IpLv
(80),
154
7rXe{i,0(;. come ipic, lo di da intendersi come sostantivo La pienezza del ^e^ ha ancora il suo y,po(;. Dopo di aver attraversato Tapparenza, sminuzzato e individualizzato come (ppovsTv (21), il noumeno ancora al di l, nella sua fondamentale xpr^cr^JLOCuv-/], in un insondabile abisso che la sua vera patria, in un tormento solitario la cui inaccessibilit consola: <piXt: (123). Come tale il noumeno perde xp'jTCTerrO-ai 91X71^
di fronte ad un
caratteri che
l'individualit, la determinatezza interiore che si sente isolata reale che la circonda, perde la molteplicit,
l'accompagnano quando
nell'apparenza, e si approfondisce come intimit oggettiva, punto di incontro delle individualit essenziali, delimitazione concreta e vitale che non ha pi line, n direzione, ne ini
pulso,
lante
CAPITOLO
VII
espansione.
E'
questo
(sv
l'e^;
bramosia
di espressione e di
OTT]
dominio
to (709V
7zi(7Ty.(J^yi^ yvcfir^v
xu[ipv7]r7c: TivTa Sta TivTCov, 41), a volte colto a mezza strada, mentre gode nella pienezza del dio dell'apparenza e gi la sua natura tragica accenna al distacco (sv to cro^v [xoOvov
EmpedocJ
i
XYScrO-ai
ox B^Xsi X7 ixHXzi Zr^v^ 6vo(j.a, 32), a volte navigante gi sul mare indicibile della trascendenza 108). Al di l cadono le <7TL TTXVTOV xsycop'.aijLsvov, (... ffo^v distinzioni e le forme, anche quelle dell'intimit e dell'unit, lutto si fa lieve e senza scopo, regna l'eterna giovent dell'ininfine
ncf-Zc,
n-Ti
Trai^cov,
ttsttcuov.
TraiSc
*/)
(52).
^uvv azi Troiai t 9poveiv (in cui si afferma la (21) Cfr. 113: contiguit su uno stesso piano radicale delle intimit di tutte le cose), ripetuto con minore efficacia in 116 v8^p(7rot(n Trtcn [/.TscTTi dove si ha una conferma del sicouTO;; xal 9povTv, YtvccrxsLv gnificato prima stabilito di yivtcrxstv (accettiamo, come per il fr. di Diels; per contro Kranz conserva seguente, l'emend. 9povLV t 9pov'v psTY; [jleyicttt,, 112, la lettura cyw9povLV dei codd.); dove notevole il xar 9uotv ^atovTac;, accennante alla noumeni:
Mh
cit di
9otc.
,t
1.
Pienezza tragica.
Empedocle
si
presenta come
uomo compiutamente
riuscito.
In quanto dominatore senza ombre nella vita, egli il vincitore dell'agone assoluto, il primo greco che si proclami un dio, acclamato dalla folla di Olimpia, quando il titolo era assai pi difficile da assumersi che non qualche secolo pi tardi. Il do-
senza sforzo, per lui non successo si conquista. Per questo il suo sguardo trasparente e pietoso, non conoscendo lo <p-9^vo; ellenico, anche se egli sa uccidere per spegnere ru^pi^;. Il destino l'ha posto nell'ebbra vita siciliana del V secolo, ed Eknpedocle beve questa ricchezza di forme e di impulsi, rimanendo
minio su uomini
sempre pi
forte di quanto lo circonda, ed esprimendo l'interna fonte prevalente in apparenze immutabili. Questa mirabile
architettura
umana non
>
candovisi in qualche modo, ma la disdegna, non appena assaporala. E' un conquistatore di regni che rinuncia alla corona, quando gi gli stata assegnata, e la sua rinuncia non romantica, non dovuta n a debolezza n a noia. L'insofferenza di ogni determinazione nasce da un sovrappi di potenza inte-
<
>
che non tollera un indugio sull'apparenza dominata estenmomento concreto di conquista. Facendo leva sulla seconda citt per popolazione della grecit, ed applicando ad una religione di massa i metodi pitagorici, combinazione esplosiva che sta nelle sue mani, ha la possibilit di modificare il corso della civilt umana, ma disdegna anche questo. Empedocle incarna cosi il personaggio tragico per eccellenza, esprime anzi con la sua esistenza l'essenza della tragedia stessa, che eterogeneit dell'individuazione fenomenica rispetriore,
dentesi al di l del
V \y
159 158
suoi versi, pur essendo vividi, immediati, plastici, sono eterogenei a quelli della comune poesia, non esprimendo immagini o vicende, e neppure sentimenti implicati nel tempo e nello spazio, ma traducendo un'anteriore realt noumenica, che sfugge ai poeti, in visioni non simboliche, in espressioni dirette,
i
L'individuazione assume nell'apparenza delle determinazioni che non toccano alla sua natura noumenica, e da cui non si libera se non attraverso la propria dissoluzione come fenomeno. La lotta apollinea dell'uomo per allargare la sua potenza tenta invano di abolire tali determinazioni, che spettano all'apparenza come tale (vyxrj. Come regola l'individuazione noumenica schiacciata da quanto la circonda e la sua espressione nell'apparenza non fa che riflettere tale situazione; quand'anche per essenzialmente un'individuazione prevalga sulla restante realt, e qui si giunge alla condizione
to alla sua radice.
non espressioni di espressioni, e poich la sua filosofa ancor sempre questa poesia, cio sprovvista quasi di astrazione, conintuizioni cariche di signifcati impliciti, in cui il disegno unificatore a stento percettibile e dev'essere sviluppato. Queste espressioni poetiche vanno aggruppandosi secondo le fondamentali disposizioni interiori di Empedocle, trasmettendone attraverso una variazione di forme dell'apparenza la pienezza noumenica. In tal modo l'espressione perde la sua morta fssila, cangiando in sfumature sempre rinnovate, che
sistente in
sua ineluttabilit, la localizzadisperder tale prevalenza, che impossibilitata ad attuarsi dovr ritornare alla propria natura noumenica. La vita di Empedocle lascia prevedere la sua line, come i sonetti degli Eroici Furori accennano ad una morte gi scontata. Per questo la leggenda del suicidio non presumibilmente una leggenda. Una tale pienezza di vita deve alla line fatalmente trovare insufTiciente ed ingombrante la stessa condialla
zione dell'esistenza individuata: l'autore, che ad un tempo personaggio, guida con sicurezza la tragedia verso la sua conclusione.
Il
dramma
recitato
accompagna
la
rivelazione delle
dominata e disprezzata, non pu pi rappresenLa Grecia raggiunge l'ztxY], constatando la propria follia, e concede la palma al nuovo vincitore, che le ha fatto vedere una potenza al di l di quella conosciuta. Empedocle percorre tutta la strada, della posizione democratica, che
La
il
politica,
tare
sommo
valore.
la semplice funzione negativa di salvaguardia dall' u^ptc;, all'atteggiamento di profeta religioso, che insegna la vanit della vita, senza credervi, allo scopo di disincantare gli uomini dalle loro passioni e di umiliarli con una superiorit incontrasta-
ha
esauriscono lentamente la ricchezza interiore, e vibrando di una vita autonoma che supera i limiti dell'intuitivit in cui data. L'atteggiamento prettamente musicale: un unico slancio fondamentale si articola in individuazioni espressive, in motivi sempre nuovi. I gruppi di motivi si possono indicare sinteticamente con ciascuno dei quattro elementi, 'A9PoSltt^, NsLxo^, S9aLpOi;. Il miracolo di tale poesia sta nell'additare attraverso una variet plastica la radice indicibile. Cosi ad esempio si manifesta una prospettiva fondamentale della realt: ^pTSiov (6, 3), un Ny^cttl^ 0-', Y] Saxpuoi^ TyysL xpouvco^a tema con innumerevoli variazioni: o[JLPpov 8' ev TiacTL SvocpevTa T pLyaXov ts (21, 5), ...xal ttovtoc TioXuxupLcov (38, 3),... ril;aXo^ sXXoTco; ly^^\)C (117,2), ecc. Pu anche accadere che due caviamo l'esempio da un'altra di tali prospettive motivi, esprimendo una complessit noumenica, si presentino in apparente contrasto, pur unificato musicalmente: YjTit-
9pCu)V
pfJLY]
3).
Non
tutta la musica,
ben
bile,
sempre cosciente
la
di
brama
poca
.
domina
di
una potenza noumenica, soggiogatrice dell'intera realt, visibile ed invisibile. Poeta o filosofo Empedocle non si propone di essere, altro che per esprimere in certe occasioni gli atteggiamen ma noi non posla sua vera espressione il [iio^ ti suddetti siamo giudicarlo direttamente che attraverso questo aspetto collaterale. E' naturale che non gli sia confesso un posto di rilievo nella storia della poesia o in quella della filosota, poich
risponde a tali requisiti; comunque, nessun'altra poesia. Tale espressione rigidamente determinata, in quanto duplicato di una realt noumenica immutabile, conchiusa e simultanea, e segue come la mipsica un concatenamento razionale, con le sue variazioni ed i suoi ritornelli. 11 corso fatale di queste apparenze poetiche, che sono espressioni di primo grado, l'archetipo delle variabili apparenze del nostro mondo.
La poesia diventa
parenza
sit,
tsica
e flosofca, e
l'intero
mondo
dell'ap-
espressione,
in
cui
-.^
m
sintetiche
161
y
2.
-
eternamente parole immutabili, e in cui nel flusso la molteplicit indicibilmente sgrana si tempo del rinnovatesi rappresentazione. Una radicale trascenfissata al di l di ogni termini di vita concreta, denza viene cosi ridotta totalmente in spezza ogni determiche pessimismo il e individuata, plastica,
nazione non
si
nell'espressione trova un solve in un ottimismo pi forte, che ricostituisce al di la della che e realt della raddoppiamento pulsante da contemrottura di ogni limite una nuova figura
plarsi
(1).
consuma
in
un tormento
distruttore,
ma
si
ri-
Passiamo ora all'analisi di alcuni punti significativi Empedocle. L'ambiguit di una trascendenza, eterorivelarsi nelFapgenea ad ogni espressione, eppure destinata a del lIspL dall'inizio sin plasticamente, corpo 'parenza, prende
filosofa di
della
personalit di Empedocle si fondano, oltre(1) Questi tratti della delle fonti biografiche Laten ch sui frammenti, su di un'indagin.e fondata che nel dibilit di queste ultime assai pi 'f''' .^' l^l^'f' di Ippoboto O';^^^,^-^^^*^^^,,^^,;"^^;altri Presocratici, per merito d Amp 5-19, 78-80, con Biogr. Bidez, da 326-7 e Kar., V. wiTZ Ant. si tratti di un autore difTui^non siamo per d'accordo nel pensare nella sua vita di ^^mped le ?u amente usufruito da Diogene), che risultati antiche. Accettiamo in genere i si giova di notizie molto alcuni punti. I pi importante del serio studio di Bidez, eccettuati che -peniamo sericadi Empedocle di questi riguarda il suicidio l'antichit delle fonti che lo mente possibile. Notevole anzitutto averlo appreso 60 anni aptestimoniano: Eraclide Pontico pu 28), da persone penLdopo la morte del filosofo (50 secondo Bidez, giovinezza quando questa avvenne. Su cio che erano nella prima se la assegnamento, grande Fraclide non si potrebbe comunque fare autore sconosciu o, non fosse confermata da Diodoro Efesio, critica del testo di Dioma piuttosto antico, e quanto risulta dalla riteniamo anzi anteriore a gene [cfr. Biogr. d'Emp,, 50-3; noi lo l'aver e
da Pausania, con il decolosa sparizione era spiegata, probabilmente che si formasse nel 430 siderio di una morte solitaria. Era diflcile conclusione, una semplice riluttanza la leggenda di un'apoteosi). In personalit di Empsicologica, derivante dall'incomprensione della sembrato tale solo a chi pedocle e dal trovar ridicolo quanto non era vicinanza, spiega come era vissuto nell'esaltazione data dalla sua negata la verit storica da antichi e moderni sia stata senz'altro
i podel Dissentiamo poi dal Bidez per quanto riguarda 1 offerta pensiamo derivi da Timeo e sia tere ad Empedocle, notizia che 8' aura k<xi Tiy.CLioQ etquindi attendibile (cfr. Dioc, VIII, 63: xa 131). Quanto all'esilio, crediamo p7^xs,T7]v a'mav {i.a...; Biogr. d'Emp., per la politica mostrato a un sia stato determinato dal disinteresse gioco agli avversari ed certo punto da Empedocle, che diede buon della vita pubblica in parte anche dalla profonda trasformazione comunque molto toccato greca dopo il 450: il filosofo non ne fu
.
del suicidio.
.,
nXia
Timeo
8' vav^torat Tl^cc.o,), (DioG., Vili, 71: TOTOt, filosofo poco noto, conferma trattato in particolare Anassimandro, Oltre a ci la versione carinoltre la sua antichit ed attendibilit]. secondo quanto ha dimostrato ca^urale del suicidio posteriore,
o 448, cio due o tre ad Olimpia presumibilmente da datarsi al 452 data di nascita, tenuto olimpiadi prima di quanto vuole il Bidez. La porsi negli anni 490/88 conto delle diverse notizie attendibili, da doveva essere la data di ApollodoItale o di qualche anno precedente, - 1029, 18). L'uTtepYeYr.paxcc; mostra che ro (F Gr Hist, IIB, 1028, 31 essere posta dal cronologo negli anni la data di nascita non poteva schematica di 484/0- ci una prova di pi contro l'interpretazione
^
(cfr
in
contrario
Bidez,
158-9,
162-3).
La lettura
dei
Ka^ap{XOi
ed aveva creduto di o^mpreso H* significato della fine del filosofo, suicidio. Timeo ^Warne la memoria opponendosi al racconto del
altre versioni, e si accontento di quanto era stato e delle deboli confutazioni fatto che il sacrificio pretramandato (cfr. Biogr. d^Emp., 48-9; il avvenuto in territorio siracusano, cecirte la morte di Empedocle sia accorda ottimamente con la noanzich costituire un'obiezione, si pensare Altri indizi portano infine a t^z a deH'esilio del filosofo). racconto, ma lo trasse da una trache Eraclide non invent il suo pure il come dal B.dez 15-40, dazione lo ale affusa (ci provato racconto, sacrificio e "^He d Empedel parti le entrambe che fat o Eraclide. Non siamo pero d accordo docle nell'Etna, risalgono ad due parti riflettano due fasi con questo cHt co nel ritenere che le leggenda; a nostro avviso si Uatta 'successive nella formazione della miraunitario sin da principio, in cui la di un racconto coerente e
fornire
una
meno vicine a questa, eccetto Jacoby]. I critici fissano date pi o Empedocle. Stein Emp., 4-5, che ringiovanisce assai siano stati Ka^apjxoi Pacifico infine a nostro avviso che i argomenti addotti dal composti anteriormente al Utgl cf<jaeo,Q. Agli d'Emp. 159-74; misero e Bidez gi di per s decisivi (cfr. Biogr. Siizsber., 1898, 406-15), posquanto 'dice in'^contraro Diels. in Beri. 1' xpiY) del successo politico di Emsiamo aggiungere da un lato che non pu essere cronopedocle, sicuramente situata intorno al 460, popolarit presupposto nei logicamente lontana dal momento di mostra un evoluzione, Ka^apiJLot, e d'altro canto che il Hepl 9^00? non appartengono ai una maturit e un'indipendenza filosofica che un immentre questi ultimi rivelano una freschezza e Ka^apiJLot, Proponiamo delle date mediatezza artistica proprie della giovent. anteriori a quelle del Bidez, il 455 per 1 di composizione alquanto (^'^"^to intorno al 450 seKa^apaot e il 445 per il Hcpl 9^<^s"? Sullo stile empedocondo Wilamovvitz, in Beri. Siizsber., 1929, 653)^ Emp., osservazioni si trovano in Mii.lerd, On the mt. of
cleo
buone
21-4.
-t
162
9U<Tco-
163
mortali e si nella contrapposizione fra Empedocle e i dottrina della conoscenza. Qualcosa che tra-
riflette in tutta la
il primo apparire scende la rappresentazione si manifesta con vuia yiyuvTaL xaT 7raX(j.ai [xv (JTivoJ7rol yp della conoscenza: uomini sono deboli e ristretti I mezzi conoscitivi degli 1) (2 un principio inte((TTSivcoTTot), ma pur sempre delle TT^X^xai, opponendosi alla frementi, scorrono che z/;jvTaL,
riore cio,
fissit
dell'organismo non subir l'apparenza dell'oggetto ma entrer con la sua maggior potenza sin nel suo intimo, cogliendone l'individualit essenziale (tc^ SyjXov). 1 yuia (non solo le membra, ma anche le sensazioni in senso proprio, quali rappresentazioni) non dovranno isolarsi, sfibrando con un'esclusiva impressione passiva l'intero organismo, ma
sensibile
(exa<TTOv),
rappresentativa dei y^f^^c, loro espressione nell'apparenza. nonostante la loro Tali 7raX[JLai sono principi individuali, che che urge dall'eprevalente fenomeno essenzialit soffrono del ^pLUV7C sterno: TUOXX 8 8l>; I^XTraia, -zi t' a^P.XV0U(7l si contrappone, pafenomenica debolezza questa (2, 2) (2). A o)t' radossalmente presentato, un mondo superiore: Outw; vw TTspiXr^TiTa TTL^spxT T8' vSpcTLv ouT TTaxouaTa 0'JT in possesso del solo Empedocle, e (2, 7-8). La verit, che Pure, tra i due mondi offerta (rS') a chi non pu coglierla.
esiste la possibilit di
collaborare, divenendo le vie attraverso cui si esplichi l'espansione dall'intimo: Myjts ti to)v XXcov, tt^ty; Tipot; scttI vocerai, Fuicov TTL^TTLV pux, vL ^ ^YJXov xa(TTOv (3, 12-13). L'uuione
delle
gliere
7raX(i.ai
quindi
nella
il
vo;,
gi
r exarrTOv
sua vitalit
si
comparso chiama
in 2,8, e
il
co-
voyjaai.
una connessione: la verit pu assumere l'uomo ha in s un principio divino. Il dila condizione di stacco dall'apparenza (iizti ^^S' XiaS-r^c) a Pausania. La spetta che superiore, realt alla un accostamento sta nella concretezza via poi determinata: il punto di partenza
forma espressiva
pu dirsi la conoscenza artistica della realt, in individuazione ritenuta essenziale e scoperta come tale. E' la stessa concezione pluralistica da cui parte Eraclito: Empedocle per altro imposta pi chiaramente la questione. Non certo per tale la conoscenza suprema: l'unione delle TiaXfjLai spetta anzi, in gradazioni diverse di potenza, a tutti gli uomini. Non altro che questo infatti il principio d'individuazione delci
}
di
una conoscenza
teriore. Ci avviene
quando
le
Tuo^X^JLaL
perdano
la
loro debole
-a^psi individuazione, unificandosi e potenziandosi: XX' ay' L'interiorit (3). tut) SyJXov IxacJTOv (3, 9) 7r(T7] TiaXfir,,
equivale a T:aX[jLai. 1 versi successivi si soffermano trascendenza fondamentale. sulla miseria dei mortali, accentuando la lettura: raupov ev ^w3 assai discusso; proixmiamo la Il V due codd. secondo mi (^too (Wilamovvitz) {xpo; ^pobavrs? (cos dal! eseMULLACH, Fr Ph. Gr., I, 25; il significato risulter chiaro la mediocrit consiste gesi del fr 110) I vv. 5-6 ricordano Eraclito: Ttp Il fenomeno, in una vita frammentaria, cui sfugge lo ^uvv. principio noumenico, le TTpoaxupaev exaaTO?, s'impone del tutto al pura rappresentazioTraXaat, riducendo la vita degli uomini la quindi neirintenorita. I.e vane. L'SXov, contrapposto, si scoprir soddisfacenti; proponiamo: rie emendazioni del v. 6 non ci sembrano (cfr. 15, 4). 8' oXov <t > euxovTat eupelv TcvToa' XauvpLSvot, t
(2)
LLptu.vai
l'uomo: al[xa yp vB-pwTroLC TrEpLxpStv (tti vTjfjia (105, 3). Nel npL 9U<TC0;; ogni nascosta essenzialit prende una figura, e il sentimento fondamentale che nei momenti intensi di vita, quando la parte pi vera di un individuo coglie un oggetto, tumultua nel petto (7TpLxp3iov) si presenta qui come sangue. L'individualit di ogni uomo nasce dalla particolare struttura yuLa ed insieme dalla natura del suo vr^fxa; dei suoi quest'ultimo, cio il sangue, non sar quindi uguale in tutti, ma secondo varie forme rappresentative esprimer i fondamentali caratteri umani (4). Tale principio d'individuazione spetta non soltanto all'uomo, ma a tutti gli animali (Ix tc7)v aiuta te
(4) Cfr. 98, 1 r] 8 /^^ toutoictiv far, CTuvx'jpae jAdcXicTTa. Il (xXiara rilevato dal Bignone. che pone giustamente il raffronto e la distinzione dallo 29aLpoc e cita Theophr., De sens., 11 (Vor.s.5, I, 302, 25-8), affermando per altro a torto che nel sangue esiste anche Neixoc (Emp., 187, 2; 470 n.). Contro di ci sta la lettera del fr. 98; il raffronto con il fr. 109 non prova nulla, in quanto la conoscenza accennatavi di yuta, non di aI(JLa. Il (jLaXwjTa per altro contiene la possibi:
Karslen nel supporre una lacuna dopo 3,5. Quanto a non lasciarsi dosegue (3, 6-8) si rivolge a Pausania, esortandolo illusione di saminare dall'istinto politico, che determina u[ipt? e ^apcret del v. 8 va pienza La filosofia gareggia con la politica. Il 143-4, 393) e tradotto riferito alle parole seguenti (Bignone. Emp.,
(3)
Seguiamo
il
8'
cort
DiELs:
mit Dreistigkeit
ei varie strutture, determinate dall'arduo v. 4, che restituiamo Xtyov |jllCcov. sl'rs ttXov eiTS S' eXoaraov. Con tale emendazione il attribuendo verso riferito per la sua prima parte a quanto precede, un carattere di stabilit, perfezione e serenit al sangue in cui prevale la terra, e per la sua seconda parte a quanto segue, introducendo la possibilit di diverse combinazioni, per enunciare dopo tale generalizzazione la forma espressiva unitaria.
lit di
165
164
ysvTo xal aXXv)^ etSsa <yapx^, 98, 5); tutti gli organismi poi, delle cio gli esseri dotati di Y^^<^> i" quanto questi esprimono
TcaXfjLat,
dualit
sono complessi, anche non unificati, di interiorit, e quindi di conoscenza (wSe [lv ouv Tzvoir^c, te XeXyyaai Tivxa xal (T[jLCov, 102). In sostanza l'essenza noumenica di ogni realquanto la cirt il suo impulso vitale invisibile a reagire su fuori ritrovandosi tutto, con il stessa se congiungere conda, a di s (yaLifi {ih yxp yoiloiv 7ra)7ra[jLv... 109). Tale natura spetcostitutivi ta a tutte le cose, anche inanimate, anzi agli elementi
di
tutte
le
esprime nell'assorbimento conoscitivo della realt inil suo dominio. Quest'aspetto quantitativo, radicato come tendenza all'espansione nei componenti elementari dell'individualit, l'origine pi profonda dell'apparenza.
si
cose,
la
cui
Tcov
p!.Coj{i.aTa...
G, 1)
ppovsLv fondamentale
(xal
TO'jToi;
<ppovoucrL
t^Sovt'
Y]8'
vLwvTai,
gli
107,
2),
uni sugli
determinati da questi reciproci contatti conoscitivi, primordiali e senza intenzionalit (t9)8 [lv ouv lottati Tu^v]*; Tr9pvY]xv GCTTavTa 103). Tutto ci si traduce plasticamente, la pullulante molteplicit al di l del suo statico momento immediato si rappresenta in virt della sua stessa natura: i ptt^wfxaTa si solidificano nei visibili elementi ('E^ wv Sr^V y^vovTO xvuv
te xal ttvtoc;... 38, 2-3) e le comelementare in aggregati interiori unificati in una vita autonoma, le7raX(i.aL e i voY)[i.aTa si esprimono yota ed atpiaTa. (5). a loro volta in Data tale struttura della conoscenza, l'accostamento alla verit determinato da un duplice fattore, qualitativo e quantitativo. Sotto il primo rispetto, decisiva la composizione del
(Topo)[jLv
(XTravTa,
Tcd(k
plicazioni del
9poviv
vY][xa,
su ci ritorneremo. Quanto all'aspetto quantitativo, parlando per l'appunto di un'alta conoscenza, Empedocle dice: TauTa T (TOL [lXa tzlvtol 8C olIC^voc, T:ap(TovTai, "AXXa t ttXX de, ^d-oc, ExaorTOV, TT ToivS' xTYjo-Ea!. oltl yp (xuiti TauT
e
*
OTTY]
(^Gic, cTTlv
x(7TW
(HO,
3-5) (6).
La potenza
di un'indi vi-
(Per l'intima penetrazione contenuta nell' uro, cf r. BrihaddranyakaWahrlich, dieses grosse, ungehotne Upanishad, 4, 4, 22 (Deussen) Selbst ist unter den Lebensorganen jener aus Erkenntnis bestehende. Hier, inwendig im Herzen ist ein Raum, darin liegt er, der Herr des Weltalls... er ist die Brucke, welche diese Welten auseinanderhlt, dass sie nicht vcrflicssen). Nel v. 2 l'interiorit, ormai staccata, si espande nell'apprensione della verit ad essa contigua, in un raggiungimento ed in uno sforzo rinnovato. Il valore mistico del v. 2 gi rilevato da Bignone, 480, n. Si noti ora che l'oggetto indeterminato della conoscenza il filo conduttore di tutto il frammento (CT9', xXel-^UCTi, v. 1; rauTa Trvra, v. 3; XXa te ttXX', v. 4; raux', v. 5; rrvTa, v. 10). La determinazione avviene v. 8; (Tcpwv aTwv, v. 9; nel v. 10: si tratta degli interiori componenti elementari della realt, dotati del 9povei:v. Tanto il soggetto quanto l'oggetto di questa pi Passando ai vv. 3-5, xaGra alta conoscenza sono cos interiorit. indica le essenze elementari prossime al conoscente, che sono Ttvra avvinte dalla sua potenza in una contiguit (TrapaovTai, nel senso (81' alwvot;, gi constatato in Farm., 4, 1) indissolubile per l'eternit sono le interiorit elementari pi cfr. 16 2). Al V. 4 (5cXXa ts ttXX' in pro[Ricordiamo lontane nel tempo e nello spazio dal conoscente. posito il fr. 129, riferito da Timeo a Pitagora, da altri a Parmenide (DiOG., Vili, 54). Anche senza voler dar peso a quest'ultima anonima affermazione, dato il nessun valore in questo campo di una testimonianza del pitagorizzante Timeo, non si saprebbe a chi riferire il frammento se non per l'appunto a Parmenide. Le dichiarazioni di Teofrasto, la cui importanza risultata dalle nostre indagini precedenti, di una stretta dipendenza di Empedocle da Parmenide (CvjXcotyjv xal 7rXr^maaTT]v) ) sono pienamente confermate da un raffronto tra i frammenti dei due filosofi. L'affinit cos appariscente da non meritare una documentazione: basta in proposito seguire la linea interpretativa con cui esponiamo i due sistemi (infondato quanto dice BiDEz, in .4. f. G, d. Ph., 9, 1897, 203-7). Uno stretto contatto personale alla base del fr. 129. Il contenuto di questo frammento ricorda il
:
^
10: 110, TivTa yp la^i 9pv/;oLv t/ziv xal vctiaro? (5) Cfr. aloav, dove chiaro il valore della 9pvr)ai? quale componente del
VTJJJLa.
fr.
110. L'espressione
il
sintetizza
(cfr
132,
1,
(129, 2) (xr;xiaTov TTparriScov xTfjoaTO ttXoutov risultato di 110, 1-5, presentando un vTr]{xa potenziato in cui viene inoltre determinata la qualit del cono. . :
assai importante. Una conoscenza puramente interiore presentata in termini immediati nei vv. 1-2. L'espressione StvfJCTiv utt TcpccTziSeaaiv pelaccc, coglie sinteticamente l'intimo sussulto che istantaneamente distacca. L' peba?, usato in(6)
Tutto
il
frammento 110
teriorit di
transitivamente, significa fissandosi con slancio; TrpaTrtd'ei; l'inaljxa TrspixdtpSiov, e viene determinato qui secondo una (Stvfjatv). qualit superiore, in un addensarsi carico di potenza
-4
.Tviarpiv p^atro TrpaTriSeaaiv riproduce scente con ^Lcov), e l'altra l'interiore momento conoscitivo di 10, 1-2. Il v. 5 pei' 6 ye twv ovtwv TcvTCov XeuaoECTxev exaCTTOV espone l'oggetto della conoscenza, che l'individualit essenziale, in questo caso per non soltanto un'esterna ma anche un v7][xa. Il v. 6, xai te Sex' v^pcTrwv xat t'^ (ppvr^CTic;, etxoaiv atcveaaiv contribuisce a spiegare il contenuto dell' XXa te rXX' di 110, 4]. L'antitesi a-r yp au^ei significa l'accrescimento quanti-
tativo in una costanza qualitativa; la misura di tale accrescimento data dalla natura dell'individualit essenziale del conoscente,
166
167
cyouaa ^OYaLv(134, 4^) (8). L'ambiguit tra cppyjv tra unit e molteplicit, costituisce il fremito di
e
cppovTtSsc;,
principi noumenici rimangono in qualit immutabili, un isolamento senza vita, ma il loro impulso ad affermarsi, un'instabilit, un ansito primigenio li porta a sentirsi reciprocamente, p/er l'interferenza che infrange le onde in cui si propaga la loro vita, a gioire del riflusso che unifica due sfere affini ed a soffrire dell'ostacolo di essenze eterogenee. Nasce cosi l'individualit, ancora invisibile, che ampliandosi diventa visibile;
Come
un caldo nou-
meno, che
si
la
quantit dell'essenza
8[jLac...
le
{jlv
f7<pTZ-
pov
(37)
(7).
La considerazione gnoseologica si radica cosi in una meche la condiziona. Siamo ora in grado di ricostruire nelle lince essenziali il sistema empedocleo. Al di l di ogni apparenza sta il mondo indicibile del 9poviv, dove le detertafisica
parenza. Quest'impulso, come si detto l'aspetto quantitativo fondarsi dell'essenza, per giungere alla rappresentazione deve c^po^zi^ec;, delle campo il primordiale, un'eterogeneit su di inche pur senza essere ancora determinate individualmente, crespano il piano del noumeno, disponendosi in atteggiamenti fondamentali, in implicite localizzazioni, dovute all'aspetto quala conlitativo dell'essenza. L'avvertimento della molteplicit,
minazioni svaniscono. Nella divina intimit la dispersione si unifica, cade ogni limite di estraneit, si scopre in un distacco inesprimibile la straripante ricchezza seminale, che abissalmente insita nella molteplicit visibile: 'AXX 9p7)v lep*)] xal
OL^irr^^oLzoc,
giunzione delle 9P0V7lS^ fenomeno. Le potenze e le qualit primordiali diventano esplicite, accordandosi in domini determinati. Il dolore noumenico qui separazione, ostacolo, estraneiche espandent a ci che sta attorno, la gioia sintesi di parti endosi si sono fuse. Si ha cos un'individualit rappresentativa,
sttXsto
[xo'jvov,
<t>povTi(Ti
yjjfyiifjv
oLTZOLvza
xaTatrr
mutevole sottomesso ad una nuova legge, la y-pr^aic, principio supremo del fenomeno: tcov Sta xp/jm^ iizi^^zi (21, 14). La nuova forma di questo nucleo, in cui si coagulata una disseminata quantrata nella visibilit; tale aggregato plastico e
tit
noumenica,
proporzionale alla sua potenza. .\1 v. 5 la penetrazione nel noumeno interiore che il primo l'unit approfondisce da -Jj^oc a (p'jotc (r,p6vT,csi<; individua ogni realt (cfr. 17, 28), comprendendo sia la che il vy)5xa, la seconda invece l'inesprimibile al di l del fenomeno, che in ogni unit stabilisce un'ulteriore molteplicit e dissolve l'individuazione nei suoi componenti elementari, riducendola a rapporti di essenze inafTerrahili. I vv. 6-7 richiamano 2, 2: la mediocrit sminuisce quantitativamente l'interiorit del contoscitore. La vita superiore tensione incessante ((jLsXTY^oriv, v. 2), potenza che si espande inesorabilmente. Quando lo sforzo e l'an.sia si allentano, le essenze assorbite si svincolano (a' cpap xXei?]>o'Joi, v. 8), bramando un'interiorit affine (Tro^ovTa 9tXr,v eri yvvav.... v. 9). un'individualit che pi possentemente li attrae. (Connesso al fr. 110 12, 3: aiel yp Tf) y' orai, ott*/) x Ti<;'atv Si tratta, evidentemente della stessa conoscenza essenziale: spetS-f). rauTa qui il parmenideo l'ogjjetto, in luogo dell'indeterminato s6v (12, 2). La realt pietritcata nell'eternit in cui il soggetto inebriato del suo slancio si confonde con l'v. Empedocle dimentica l'aspirazione e la vita travagliata del conoscitore e descrive l'attimo si puntualizza in una stain cui la molteplicit contenuta nell'v tica fusione di interiorit, che incatena il reale, esaurendolo.
si
:
di combinazioni razionali, cio di modelli d'individuazione, in cui quella potenza primordiale trovi una nuova via di espressione. La xpr^GK; fornisce una figura in cui quello slancio re(xpv] (9), componenti della fusione, presso possa vivere, e solidificano la primordiale eterogeneit qualitativa in determinazioni precise ed immutabili. Il [lpoc l'immediata espres
i
i
.^
dimostrato (8) Il frammento appartiene al IIspv 9u<jeco?, come ha BiGNONE. Emp., 631-49. Il rapporto tra 9p7)v lepy) e S9atpo? (identificati da DiES, Le cycle myst., 89-91) sar chiarito in seguito. Non si pu certo parlare di una spiritualit della 9pr;v come fa Nestle, in Phil,, 65, 1906, 554-6. Enipedocle, come gi Eraclito e Parmenide, indica il noumeno nella sua purezza altres con il vocabolo 9um?; Tcl cfr 110, 5; 63 (in 8, 1 e 8,4 l'uso della parola convenzionale:
TOit;
vofjLa^ETat v^-ptTroiCTt-v).
(9) Il
concetto di
du
dei),,
I0(i Trpq rapsv yp (xt^tic; aererai (7) Ricordiamo ancora il fr. v^pcroioriv, perfettamente parallelo a 110, '-^; rapev significa essenza interiore resa contigua dall'attrazione del soggetto, e (x9)Tt^
:
vr^pta
(cfr.
2,
8-9\
398-400: entrambi si razione fisica. Particolarmente notevole il verso &[i^por(X. S' 6a<T' pyn SeusTai ayf) (21, 4), dove non soltanto si siSci T xal considera l'aria nei suoi (xpy] (anche Kranz traduce Luftteile), ma si accenna con etSst e SesTai all'eterogeneit qualitativa della fusione operata dalla xpTJai?, nel caso particolare dell'individualit che diventa visibile come aria.
da Rivaud, Probi, maggior precisione da Bignone, Emp., arrestano comunque ad una superficiale conside(jLpY)
gi stato intravisto
169
.
168
che non sione della 9povT^ e quindi pi vicino al noumeno quindi chiamare l'inla fusione operata dalla xpr^crtc. Si pu di autodividualit elementare, per quanto la sua natura manchi nomia e la sua stessa determinazione sia condizionata dalla Ogni (j.poc;ha un'inconfondibile individuazione, conxpYJcTL^.
feritagli
la
lenza
della
sia
perch
xpYidt.^,
sua stessa qualit quanti ogni volta necessario la proporzione complessiva voluta dalla questo stes\L\Jiic, Nelle individualit formate dalla
mantenuta
so assorbimento di
jJLpv),
si
attua ^con
dal suo particolare grado di potenza noumenica, ma sua funzione, dato che esso cede il suo slancio all'individuaconsiste soprattutto nell'expTJO!,;, lit rappresentativa della
un riassestamento interno della mescolanza, d modo a Nslxoc; condi intervenire provocando la StXXa^Lc; nelle fusioni per
possibilit di
sprimere una qualit esplicita, una determinazione fondamendalle diverse potenze [jLpr^ tale della realt, che infiniti altri rappresentano ugualmente. Sei sono per Empedocle le qualit fondamentali, le famiglie di [xpr^, da cui la capricciosa legge trae le sue combinazioni. Queste ultime, in cui xp-?|Gi^ della dei componenti si esprime in rappresenpotenza la particolare tazioni quantitative spaziali, determinando proporzionalmente
l'entit della
proporzionale alla potenza unitaria, cio ^alla espansione. Questa massima quando la xpYJCTi,^ riunisce i fipT] di pi grande potenza di tutte le qualit, eccetto naturalmente che di Netxoc;. Poich uguale la potenza complessiva di ciascuna qualit (cio sono uguali la quantit mitro la stabilit
surata di tutti
di ogni famiglia e quindi anche i mi{xpY) i massimi quantitativi dei (JLpv] di ogni qualit: Tauxa metafsico yp I(T re Tivra) e cosi pure su uno stesso piano yvvav sta la dignit di ognuna in quanto qualit (xal TjXixa
nimi e
partecipazione di ogni [li^or all'individualit complessiva (cfr. 98, 4), sono stabili (oj; S' ot-utoj^ oaa xpY)cyLv sTiapxa jjLocXov lacTLV 22, 4) (10) o instabili, secondo che vi manca o ne fa parte NsTxoc. Quando interviene quest'ultimo a costituire un'individualit, essa contiene il principio della propria
eacyi,
17,
27),
nel
avranno
la stessa
non formano una fusione, ma una suprema della rappresentazione, la assume una forma instabile, chiamandosi [xl^l^ t SiXxpYJCTL^, Xa^k T (jL'.vvTCov (8, 3). Per contro 'AcppoStTT] il connettivo
dissoluzione,
i
suoi
(i,p'/]
mescolanza,
e la statica legge
identica misura, a costituire una fusione del tutto stabile (11). Tale individualit, oltrech per il suo intrinseco prevalente pola tere di espansione, si afferma sulle realt circostanti per semplicit della sua composizione, riproducentesi agevolmente, il sia pure non nella perfetta proporzione originaria (cfr. di 98, 1), nel commisto ambiente noumenico non an(jt.Xio'Toc
rappresentativa, il (lpoi; che si avvindi ogni ghia agli altri: 'Ap^ovLT]^; xXAY)^tv pr^pOTa -^eciTrecrr^^ev (96, non ha quindi contenuto, racchiude semplicexp^(7L^ 4). La mente una complessit noumenica condensata da una coesione
individualit
essenziale, dandole
cora dominato dalla xpYJCTic, e per la facilit con cui avviene l'assestamento interno, ogni volta vengano assorbiti nuovi (Xpy). primi fra tutti i Le altre individualit stabili per contro cosiddetti elementi, 4n cui non entra Nlxo^ ( NLx(; t oXfxs-
vov 8ixa
Twv
...
Kal OlXtt]^
(il
Tot^tv,
17, 19-20)
e la cui
unit nel
la
tempo
e nello spazio.
L'individualit cos costituita si espande fenomenicamente, sua potenza vive nel tempo e nello spazio, esplicandosi nell'assorbimento di individualit simili di minor potenza o di
dell'individualit attrae ancora impliciti. Ogni fxpo^ ciascuno dei quali ha una differente po(j.pY5
[lpy]
nucleo primitivo l'unione del qualit con 'A9P081T7], e l'euna di potenza massima di (xpo^ spansione ulteriore mantiene il rapporto fondamentale, ammettendo l'aggregarsi di qualche \lz^oc, isolato di altre qualit) che soltanto ampliandosi acquistano visibilit e possono chiamar.si fuoco, aria, acqua o terra, non hanno in s alcun prinstruttura molto semplice
allora tanti
mune
verso non stato sinora inteso: con l'interpretazione codeve far dipendere xpr^aiv da un xaTa sottinteso (cfr. Sturz, Emp., 575) e si forza il significato di rrapXY)?. ProponJamo Trapxa prevalenti di considerare xpr^aiv acc. di rei. e di tradurre (cfr. l'uso di rapxco in Soph., Ani., 612). La prevalenza di un'individualit deriva, come si vedr, dalla sua stabilit.
(10)
Il
si
quan(11) Essendo, come si detto, uguali i massimi e i minimi la potenza media dei (xpY) di ogni qualit uguale. Quequando sta potenza media presa in considerazione da Empedocle, vuol dare una formula definitiva alla composizione di un'individuadal fissati numerici lit stabile. Si spiegano cosi i precisi rapporti
titativi,
fr.
le individualit hanno assunto decisamente quindi la loro espansione ha raggiunto un grado tale da permettere una considerazione di media.
96:
in questi
casi
e
un aspetto
visibile,
171
170
cipio di dissoluzione
alla
(12),
ma debbono soccombere
di fronte
sorbe
maggiore potenza dell'individualit perfetta, che ne as(i.p-/;, quando le sfere di espansione interferiscono nel tempo e nello spazio. A maggior ragione ci avverr per le indii
meno semplice:
esse
sa'
.
stabilisce i nuovi rapporti, proporzio(jli^k; potenza di ogni individualit componente. Questi struttura qualiquesti ^liMi P"^ restando per la loro yuia, sono alla SiXXa^LC, tativa mescolanze estrinseche destinate quantitativa (TiaXl'unificazione per complesse individualit
ganica, di cui la
nali
alla
espansione
fenomenica,
che
nei
casi
suddetti
di
individualit
non si risolve in maggior parte dei casi, quando cio tra le individualit interferenti una () pi sia determinata da [ii^iq. Per Fazione di Netxo^ si forma allora una nuova mescolanza complessa (a parte il caso che tra le individualit interferenti ve ne sia una stabile di massima potenza, la quale riesca anche ora a determinare un assorbimento), gravitante attorno all'individualit di maggior potenza, e unificata in una pi vasta composizione orcolorito particolare,
dato che i componenti cedono all'insieme la tiai) determina nuove L'espansione ulteriore di tali individualit e unificate anamaggiore ancora complessit di mescolanze, possono chiamare logamente, cio quelli che propriamente si l'uniorganismi (Y^ta, r <76){i.a WKoyyj, 20, 3). Nell'uomo quantitativa, cio il principio individuale, rappreficazione
loro potenza.
che si localizza nell' aljxa 7rpixpSt,ov, dal vo^, gli deriva centro di gravit dell'organismo, per la potenza che della xpri<yic, perquella a simile stabile, fusione dall'essere una della legge dell'apparenfetta (cfr. 98). Con ci la forza creativa
sentala
il
perch gli organismi sono dotati di un'autonomia la loro espansufRciente per non tendere a mescolanze pi vaste: dei composione limitata si attua con assorbimenti periferici
za esaurita,
nenti stabili.
struttura degli elementi visibili contenuta in parte 22. Le individualit stabili auTwv... (jt.p<TCTtv, (^p^ynoL... in particolare quelle che unite formano gli elementi (22, 2), si trovano disperse nell'apparenza, nonostante la loro affinit (22, 3; leggiamo 9tX', come anticamente Diels, in Herm., 15, 1880, 165). Dopo T:9uxv poniamo una virgola, e consideriamo il v, 4 parentetico (cio un'estensione di quanto si dice al caso di xpYJcrK; perfetta ed alle individualit simili a questa). Nel v. 5 eoTepxTai ha per soggetto il rauTa rvra del v. 1. (loncludendo, la costruzione : TTavra raijTa, la cui caratteristica la stabilit; v. 2, parentetico e chiarificatore, che anticipa il v. 5; 8o<ya del v. 3 che riprende il TrvTa raOra; v. 4 parentetico e la conclusione del v. 5, che esprime la tendenza all'unificazione dell'elemento (la somiglianza delle individualit stabili di una qualit |jLolco^Vt' 'A9poSiT7) e il loro
(12) Tale
fr.
nel
V.
1), e
complessit
si
noumenica:
formarsi
la
diale
riflette nel
la
e nel
quantit delle essenze si attua in variabili domini porali, e statica legge spaziali. 11 tempo ciclico, cio si risolve nella della rappredella xpriGic; e della [xi^t^; queste ultime forme e sentazione hanno una dignit superiore alle forme del tempo \ii^i(;, dello spazio. L'individualit, creata dalla xpr^GK; e dalla non pu essere distrutta dal tempo, la cui natura consister piutnell'esprimerne tosto nello svolgerne perpetuamente la vita, e
impulso
to
confondersi
ixXkr{koic,
(JTpxTat.
dell'espansione). La seconda parte del contro l'impossibilit di espandersi delle individualit determinate da [l^ic,. Al V. 6 y^^p (che contrapposto ad (3tpi>(jLia e sottintende ai)T(ov (xpecTCTiv) implica la presenza di Nlxo^. Accettiamo l'integrazione di Diels, loc. rit, la costruzione cos jerfet8 tamente parallela a quella della prima parte del frammento. L'espresconferma la nostra intersione: tcXeIcttov ... Styo'joi ... xprjCTt pretazione di xprjcriv cTrapxa. Lo stesso processo genetico espresso in altro luogo: ti 8' S.yt (Diels, 38, 1). Dalle individualit TOi X^o) Trpto^' r,Xix t' dtp/YjV stabili, che esprimono le qualit di pari dignit metafisica (-j^Xt-xa), nascono gli elementi (38, 2-4). Chiaramente espresso il costituirsi del fenomeno visibile: ^ aiv SrjX' yvovro... (38, 2); cfr. anche in proposito 21, 2: et ti... Xtrr^uXov ^TrXeTO [lopr;>f^.
per
con una ripetizione infinita. Ogni individualit fenomenica primitiva comincia la sua vita rappresentandosi nel tempo, che in essa ha la sua radice. Il tempo non quindi una
l'incrollabilit
traccia preesistente, n
il
direzione:
vi
sono
infiniti
particolare (13) Il nostro modo d'intendere tlmpedocle, ed in negazione del ciclo cosmico, accettato da tutti (a nostro avviso
la
le
espressioni di
indicano tolgono
20, 2-4; 21, 7-; 26 5-9; semplicemente la legge fenomenica di [i-Ui? ><al StaXXa^i?) di notare al sistema le incoerenze che gi si compiacque
17,
1-2;
17,
7-10;
17,
16-7;
osservano
critici
(cfr.
Kafka, PhiL,
1715
172
/
le individualit In questa vertiginosa molteplicit delFapparenza il flusso assorbendo di stabili di massima potenza solidificano i cicli temporali volta in volta la realt circostante ed unificando ^^^^ V [lipti KpoLTZouai 7rpL7rXo[XvoLo XP^^^^^' 1*^' 2^^ ^^^^' Ci avviene per le masal limite concesso dalla loro struttura. comprese quelle sime individualit stabili elementari (22, 1-5), si attua con l'estendi 'A'-PPoSlty) e Nixo^, la cui prevalenza mescolanze tosto dersi di fusioni amorose o di frammentarie anclie la dissolventisi (15). L'unica individualit indissolubile fusione della xpr^Gic; la sola che trionfi compiutamente: per la sua ricperfetta, espressione del 9pov':v metafsico
noumenica. L'apparenza stabilisce di chiarire un^ambigult non pu modificare ci <:he essa ma valori, di gerarchia una la vita di Empedocle, e cosi distrugge Ntxo^ riflette soltanto. si illuso di un trionfo Quest'ultimo pure quella di S9octpo^. 4). (xoviv) 7rpLT,YL yatcv (27 xuxXorsp^^ 29^^?^^ effmero: tutto 1 appadel superato aver di credere fatto
perch profonda nel fenomeno, non rappresentata come sangue, perma variabile, non componenti suoi la proporzione dei
fetta,
la
Questa individualit
L'ebbrezza gli ha 1' vyxv] non permette renza (Tr^xTiav 7ripo)v, 28, 1), ma in una forma. Il nouineno ancora racchiude lo e falsificazioni la felicita di P9aipo<; non si pu unificare: lo stesso trionfo e solitudine, che mentre gli sono determinati da una circostante sua potenza lo stringe in un fa assaporare la misura della destino tragico spezza 1 estasi il Poi ultimo limite insuperabile. vyxT^v <116). Il tempo riprenperfetta: azuyUi 8(TtX7]TOv che non si sente pm de il suo corso dall'intimo di S9aLpoc; che fa sentire Nelxo^, in prende consistenza
solola LLOViT, conoscitive la molteplicit delle individualit
stabili, fuse nel
come uomo
115,
al
14),
jjLaivofxvco ttlctuvo;,
di
lui
un
dio.
Empedocle
il
limite
fatale
perfetta:
TivTa
yp
^K^^riq TifXEixiQETO
dominio di Ni:xo^, poich in lui l'individualit indistruttiha ripreso il moto espansivo e con uno slancio essenziale dell'individuazione urta ora dolorosamente contro la barriera umana: il suo destino tragico libera quell'impulso dominatore, ormai irresistibile.
bile
di
Alla fine la realt incatenata, ogni flusso ristagna, ci che staccato, la vertigine della molteplicit
si
il
dolore
di-
che
xpu96) orT7;pt.xTaL ogni fremito di <27, 3). Il tempo si unifica sino ad annullarsi: alla vita si irrigidisce in una contiguit interiore, che sfugge rappresentazione, perch una sola individualit esiste ormai. La noumenica (ppYiv kpY), che qualitativamente si era espressa come fusione perfetta, si attua ora pienamente anche nel suo
sperde
placano: outc,
*Ap(jlovly]<;
ttuxlvco
aspetto quantitativo. Il mondo dell'espressione fa risultare come prevalente valore implicito nel noumeno la fusione della 9pY)v di fronte alla molteplicit dei 9povTiS;: il segreto della vita
si
xal 9^iv!. ze, XXr^Xa ... (14) Cfr. anche 26, 1-2. L'espressoniC spiega con l'assorbimento di (xpT) di ogni qualit da parte delle individualit stabili di massima potenza, durante il periodo del loro
predominio.
(15) Il predominio di Neixoc; gi visto in modo analogo da GoMPERz. Weltper. b. Emp., 19, che lo considera per altro secondo l'opinione comune come contrapposto a Soalpoq.
CAPITOLO
Vili
Sulla composizione
degli
scritti
platonici
m mm m minm mnm w
'iw
>n
>
La cronologia dei dialoghi platonici appassion nella seconda met del secolo scorso 1 filologi, senza che per lungo tempo tante fatiche dessero aUro frutto se non un contraddittodi ipotesi forzate rio accumularsi di congetture psicologiche e non c(5hvincenti. Fu l'indagine dello stile a condurre inspee
ratamente al primo risultato concreto, stabilendo la posizione stilotarda dei cosiddetti scritti dialettici. In seguito il metodo il metrico ebbe i suoi fanatici ammiratori, sino a che, dopo primo decennio del nostro secolo, le ricerche cronologiche cominciarono ad interessare meno e soprattutto divent comune
tra
i
statistica
tori
un atteggiamento di disdegno per quella anatomia dell'opera di Platone, cui pure essi andavano debida tutti della prospettiva fondamentale, ormai accettata
filologi
nello sviluppo del filosofo. Forse, con tutti i suoi difetti, l'indagine stilistica meritava un'attenzione maggiore. Se condotta con intelligenza critica,
poteva essa poteva dare risultati ulteriori, e ci che pi eonta, diventare la base per sviluppi nuovi di ricerca. Una comprened sione concreta di Platone nel suo evolversi sino al Teeteto anno di et, dato il al Parmenide, cio sino al suo sessantesimo
tentata carattere esteriore delle notizie biografiche, pu esser ritrovando la successione delle opere principali di questo peportata dalla riodo. Ci provato dal fatto che la luce maggiore essencritica recente alla comprensione del filosofo riguarda zialmente l'ultimo periodo, ormai sviscerato, i dialoghi cio la pu essere cui cronologia assodata. Il valore vitale di Platone il migliore ma vero, sviluppo, suo dal prescindere colto a di tale aiuto che l'indagine storica pu recare alla comprensione valore, dal
momento che
il
un sistema e si esprime piuttosto in isolati e particolarissimi momenti conoscitivi, consiste per l'appunto nello stabilire la successione di questi ultimi. Chi stenta a cogliere singolarmente
12
m
II
179
si progredisce molto, perch gli indici di affinit con le Leggi dei dialoghi che ci interessano sono troppo vicini tra loro per-
susseguirsi.
il
problema
ch
si
Un
aiuto inspe-
pu rappresentare una tavola di salvezza. La posizione di dialoghi fondamentali quali il Fedone e il Fedro non pu essere stabilita per altra via in modo soddisfacente.
Il
rato ci giunge dagli studi sulla composizione della Repubblica. In questo dialogo gli indizi di una successiva stratificazione e
ancor
oggi fissato nella vecchia opera di Lutoslawski, che ha raccolto nel modo pi completo i risultati degli studi in proposito. Gli
indici di affinit dei vari scritti platonici con le f^eggi, ricavati dal Lutoslawski attraverso questo lavoro di sintesi, hanno tacitamente influito sulle principali monografe platoniche posteriori. La base quindi solida, ma non pu essere accolta se non dopo una critica preliminare. La stessa tendenza ilfatti del Lutoslawski a voler raccogliere il maggior numero possibile di osservazioni stilistiche, al fne di una massima seriet scientifica, l'ha indotto a ritenere indizi di seriorit un gran numero di particolarit di stile che non ne posseggono i requisiti sufficienti (1). Ci posto, nonostante tutte le precauzioni non
(1) Ad un esame rigoroso la quinta parte almeno, o anche pi, delle particolarit raccolte dal Lutoslawski (PI. Log,, 74-139) s rivela priva di fondamento. Nella maggior parte di questi casi si tratta di forme stilistiche di scarsa frequenza, il cui uso nei dialoghi tardi non prevale in modo apprezzabile. Ricordiamo come pi criticabili, secondo la numerazione di Lutoslawski, le seguenti 1, 3-10, 22-3, 194, 197-8, 207, 212, 217, 220-2, 234, 250-3, 279-80, 282-3, 292-3, 297-302, 305, 310, 327, 385, 396, 398, 401, 405-6, 410-1, 413, 419-21, 443-4, 457. Non neppure il caso di fare un'analisi dettagliata delle particolarit citate, la cui debolezza evidente. Scegliendo a caso infatti, si vedano ad esempio gli aggettivi in zac, formati da verbi composti: Prot. 2, Men. 3, Phaed. 1, Resp. 1, Phaedr. 1, Polii. 1, Tim. 4, Leg. 3 non si capisce
: :
'k\
particolarit e nel Protagora pi che nel Politico. Cos assolutamente insignificante il caso dell'aggettivo yv7)T0<;: Prot. 1, Phaedr, 1, Leg. 1, che parimenti non pu neppure in minima parte provare la seriorit del Protagora o del
come possa essere assunta come indice di seriorit una che compare nel Menone tante volte quante nelle Leggi
una fondamentale unit, entrambi assai .seri documentati, non possono essere spiegati se non ammettendo una lenta elaborazione di un contenuto disparato, ridotto nell'atto della pubblicazione a un'opera formalmente organica (2). Tale struttura dell'opera centrale di Platone suggerisce una considerazione ancora pi importante, che ci fa penetrare nel processo di formazione delle sue espressioni letterarie in genere. Nell'elaborare i suoi scritti fondamentali Platone si comporta pi come artista che come filosofo; egli non bada tanto alla completa coerenza filosofica quanto alla perfezione costruttiva. Quando egli redige definitivamente un dialogo per pubblicarlo, raccoglie il materiale di molteplici esperienze conoscitive, che ha gi messo per iscritto in vari abbozzi, e costruisce l'opera in modo da soddisfare il suo senso artistico, piena com' di contrasti. E' questa la maniera degli artisti, in cui il lato costruttivo ha la prevalenza su quello impulsivo e improvvisatore, e ricorda cahiers d'esquisses di Beethoven. Questo spunto pu aprire la strada ad un nuovo genere di ricerche sulla cronologia platonica, che pur fondandosi principalmente sull'analisi statistica dello stile, si proponga di distinguere entro uno stesso dialogo due o pi redazioni successive. Le opere pi discusse del periodo in questione sono per l'appunto le pi indicate per un'analisi del genere. L'incertezza della loro cronologia deriva infatti dagli indizi contrastanti della loro forma e del loro contenuto, che secondo la diversa visuale critica appoggiano ora l'una ora l'altra datazione.
quelli contrari di
e
^\
Fedro.
Facciamo poi osservare che numerose sono le imprecisioni da noi constatate in queste statistiche. Cosi ad esempio nel caso del ri (JLTQv; particolarit molto importante, a parte la discordanza nelle cifre riportate dal Dittenberger e dal von Arnim, rileviamo un esempio giovanile, sfuggito ad entrambi, che si aggiunge a quello isolato del Lisid, in Io 531 d. Ricordiamo ancora, tra parecchie altre, la risposta xal |i.Xa, di cui Ritter e von Arnim ritrovano tre esempi nel Fedro, in luogo dei quattro in realt esistenti.
(2) Su questo punto si accordano sostanzialmente le indagini sul contenuto e quelle sullo stile. Esemplare sotto il primo rispetto lo studio del Dummler, Kl. Schr., I, 229-70. Gli indici di affinit con le Leggi di Lutoslawski sono gradualmente crescenti nei vari libri della Repubblica, mentre le ricerche di Von Arnim, in Wien. Sitzsber,
1912, 221-2, mostrano una forte aflfait reciproca tra i diversi Il fatto che l'indice di affinit con le Leggi sia assai pi alto nel caso dei libri VIII-IX, di quanto non consentirebbero gli studi sul contenuto del dialogo si spiega con un'ampia revisione finale,
169,
libri.
che vi pu avere introdotto molti segni di seriorit, o addirittura con un rifacimento di una redazione pi antica.
180
Se rindagine fosse conclusiva nei rispetti del Fedone e del Fedro, che sono ad un tempo tra i dialoghi essenziali del pepi incerti cronologicamente, si avrebbe una verifica riodo e delia tesi che l'eterogeneit del contenuto normalmente dovuta ad una stratificazione successiva e si terrebbero in pugno gli elementi essenziali per ricostruire la formazione giovanile di
i
181
accenneremo
alle ragioni
zione. L'ampiezza (pp. 16, 5 St.) si adatta perfettamente ad uno scritto di quest'epoca e di questo carattere. Lo stile non rivela
a^^
Platone.
Cominciamo dal Fedone: l'inizio e il finale, cio puramente narrativa delle ultime ore di Socrate, rivelano una profonda affinit nello stile, nello stato d'animo e nella fedelt espositiva con VApologia e il Critone, hanno quindi tutti
la gli
parte
alcun indizio importante di seriorit (5). Il breve dialogo non aveva lo scopo di dimostrare l'immortalit dell'anima, ma semplicemente di rilevare la serenit del pessimismo di Socrate, la sua religiosit e la sua speranza in una sopravvivenza, che al tempo stesso giustificava di fronte al pubblico la concezione
della filosofa
come desiderio
di
scritti
tone, mentre la parte centrale, soprattutto nel suo aspetto logico, rivela una maturit teoretica che non poteva essere di quegli anni. Un'analisi filosoica approfondita rivela inoltre
<^
non solo delle disparit, ma dei contrasti tali nelle varie parti del dialogo da fare ritenere assai improbabile una sua composizione unitaria: basta per questo confrontare l'interpretazione che daremo in seguito della prima parte del dialogo con il sistema di logica pura che il Natorp ha dedotto dalle pagine
fondamento (3). compaiono unicamente le idee morali e la sola idea matematica della grandezza, e che soltanto nell'ultima discussione vengono introdotte anche le fondamentali idee logiche. E' assai naturale ricor96-107, attraverso un
di
roismo socratico costituiva inoltre la cornice pi adatta, come si vedr in seguito, per inserire la prima intuizione fondamentale del pensiero platonico (64 a - 69 e). La connessione tra 69 e e 11^ e (XX toutcov Syjlvsxa...) ancora evi(... u v '/oi) dente, nonostante il lavoro di sutura della seconda redazione. L'accentuazione data al motivo dominante di questa pi antica stesura permette di verificare la contiguit dei due tronconi:
TrsLoa-Sfo
TuiO^avcarspov
St-xaCTTOcg (63 b)
...vuv S su
Tip^ ufxa^ TroXoYYjcacr'B-ai yj 7:p<; toc; I'ctts, otl Tiap* avSpac XTii^co 9L(jlsv
^scrO-ai ya^-ou^*
...
xal touto
oux v
slvat ti tol(; TSTsXsuT'yjxcrL (63 e) ...xai (jLa croL aTToXoyia ccttlv, v oLizzp "KzytiQ t^lolc, Treiar)^ (63 d) ...XX'
zi\Li
ufJLLV Sy) toZc,
XX* txzkizlq
Lo
8t,xa(7TaLC
...
(63 e)
...
dare in proposito le note ricerche dello Stenzel, per cui le idee di contenuto morale appartengono ad uno stadio evolutivo nettamente anteriore a quello delle idee logiche. Ancora il Natorp non pu inoltre fare a meno di constatare una contraddizione estremo del Fedone e la parte inspiegabile tra il /copL<7(x^
riconosciuta alla sensibilit nel processo conoscitivo (4). Sulla base di queste considerazioni di contenuto e di un'analisi dello stile condotta nella direzione sopra prospettata, avanziamo l'ipotesi di una triplice redazione del Fedone. Lo strato pi antico si estende da 57 a 69 e e tra 11^ e e 118, e nelle intenzioni primitive di Platone avrebbe dovuto far parte degli scritti biografici e apologetici {Eutifrone, Crito\ne, Apologia),
pubblicati poco dopo
la
... xel Ixavcof;, ou evexa t) ttoXXt] Tipay [jiaTia 7][JLLV V TW TcapeXO-vTi pLO) yyovev, coctte ri ye aTToSrjfJLia ... (XSTa ya-B-T]^ sXtclSo^ ytyvsTai (67 b-c) ... ol cpLxofxvoLi; XTTL^ eCTt-v ou Sta piou ^pcov TU/eiv (67 e -68 a) ... Yj'9-X7;c7av ty]^ tou zie, "AlSou X^etv, utt TauTY]c yfxsvoi tyj^ zXtzi^oq^ 0^Z(5^Cf. T Xl d>V 7r0^UfJLOUV Xal (TUVa(7^aL* 9p0VY)<T0)C S
ouxouv
ttoXXy) X7rL<;
XTYjcracr^ai touto,
xal Xapojv G'9Spa ttjv auTYjv TauTVjv to S' XrjO-^ tw ovtl f) x-B^apcric ti^ acov TOLOUTCov 7rvT6>v, xal Y] (T6)9pooruv7] xal Y) SixatoauvY] xal vSpEia xalauTY) Y) 9pvY)(7L(; [jly) xa'B'ap(jL^TL(;^ (69 b-c) ...XLcrX-9^vT^
Ti^
pa
Tw
ovTt pcov,
...
XTrtSa
(68 a)
risposta xal
ca).
In seguito
1
(3) Cfr. (4) Cfr.
^>
in proposito soltanto un esempio della (Ritter, 68 d), che del resto compare una volta anche neWEutifrone, un esempio del vocabolo presocratico xpatt; (59 a), e l'aggettivo St^jacSy]? (v. sotto) in 61 a (che del resto compare un'altra volta soltanto, nelle Leggi). Ricordiamo ancora, nella sutura tra la prima e la seconda redazione: vSpaTioScSr^? (v. sotto) in 69 b, e Pppopot; (linguaggio dei misteri) in 69 e. E' da notare comunque che, oltre a queste ultime, anche le particolarit precedenti possono es(5)
Abbiamo
ritrovato
{i.Xa
182
183
y
mente con
SoxsL. Ta)T* ouv yw... 7roXoYOi>[jLai... Yjyoufxevo^ xxsi ou8v v^TTOv ri vB-Ss SscTTroTai^ t ya-B^OLi^vTSU^so'^-jy!, xal STaLpoi^...
L TI ouv
u(jLiv
altra
intenzione,
7ri'^av(Tpc zliii v
d-e)
...
TV]
TwoXoyia
7j
TOi^ 'Aa)-r/>aia)V
XX toutcov
xal
Sy]
Vxa /pv]
d)v
^LeXr^Xui^ajXcV
...
9povY;c5"OjC Iv toj
Jitcp (jLTarr-/Lv* xaXv yp t ^Xov xaly) XTrl^ [xeyXy;. t txv ouv zoiySjTy. Siirr/upirrarr^ai out(o^ ^/S'-^? w? syco SiX7]Xu^a, o 7rp7rL vouv 'yovTi v8pr OTt (jlVtoi t^ TaijT' <ttlv ri TOiaur' toJto xal 7rp7:iv pLOL 8oxl y,y. ^iov xiv^DVEucai aTTOc...
almeno sino a 100 a (XX', 9) h* oc...), dove la terminologia rivela una decisa seriorit. Ad ogni modo la seconda redazione costru quasi totalmente il dialogo quale noi ora possediamo, aggiungendo all'antico scritto apologetico un'ampia parte filosofica, che costituisce pi della met dell'estensione totale (pp. 33 S.). Questa parte nuova forma il nucleo del Fedone, ed avendo lo scopo di fronte al
particolare
ad
Anassagora
alla
filosofa
presocratica ed
in
xaXc;
'>[>u/9)
yp
...
8-applv
T::
p.v
Tzzpi
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auT'Tjc
pubblico di dimostrare l'immortalit dell'anima, trasmette questo suo colorito a tutta l'opera. Il suo contenuto filosofico pi profondo sar esaminato in seguito: ora ci preme di rilevare la sua unit stilistica. Neppure la seconda redazione comunque fu pubblicata, per gli stessi motivi psicologici. Una delle particolarit pi importanti dello stile di Pla-coSt;^, tone costituita dall'uso di aggettivi in -ei^rjC, e in che per la maggior parte non compaiono prima di lui, e si presentano con frequenza apprezzabile solo in alcuni dialoghi. Si pu quindi parlare a buon diritto di una speciale disposizione stilistica all'inventivit ed alla ricercatezza che carat-
Xr^f^Eia,
outco
7]
sic
"Ai^O'j
- 1
7ropiav,
..
eoe
7ropu<T[Xvo^ OTav
tJSy]
15
i)
IfjiS v^Jv
x7X^ ... y] t[jLapLivr (115 a) (6). La seconda stesura del Fedone fu intrapresa alcuni anni pi tardi. Neppure allora per altro il dialogo assunse la veste secondo cui ci i)ervenuto; una decina di palline infaitti {{)()-107) si slacca dal resto, come si accennato per una niagt*iore evoluzione teoretica. Questa volta per sijinio meno fortunati, in (pianto non possibile riattaccare il secondo troncone (107 b: ocXX toSs ...) <lella seconda redazione a ci che lo precedeva in origine. Il mutamento di tono nella trattazione si avverte in 95 e ( ouv Xcoxprr^c...), ma non lecito stabilire (jui l'allacciamento perch gi la seconda stesura doveva contenere una risposta all'obiezione di Cebete, sia pure in una forma sostanzialmente ditl'ereiite da (piella pervenutaci. Pu darsi cIk' ([ualcosa della primitiva confutazione sia rimasto nelle pagine seguenti mi esempio il riferimento, probabii-
'^
momento letterario di Platone. 11 Fedone per dialogo di massima frequenza assoluta nell'uso di tali aggettivi, e la nostra ipotesi <H una sua successiva stratificazione trova una conferma assai notevcde nel fatto che la totaterizza qualche
il
l'appunto
lit
meno una
nuova
Questa parte dunque possiede una fondamentale unit di forma, confermata in pieno da un'estensione delle ricerche nello stesso senso. Il momento stilistico che la caratterizza viene a determinarsi meglio come scelta di parole rare o non usate
(7) Cfr. LuTOSLAWSKi. fV. Loy., 111-7. Che tale particolarit non costituisca un indizio di seriorit provato dall'ordine di frequenza relativa dei detti agt^ettivi Resp. 67, Phaed. 32 (Lut., 113, conta per errore .iO). Tinu 29, Leg. 21, Crai. 14, .Sy/np. Phaedr. Polii. 6.
:
(H)
l'.4
Notevole
:
parallelismo dei passi citati con il finale delvvoy;rTto{jiv S xal tt^Se, :; ttoXXt; ric aTtv ya{>v auro ... s S'au olov !XT:o?)r,iir,r!y.i aziv D^vaTOc... ~i [izi^ov ya^v v (40e) ... pa 9au>//; v si'-/; iro^r/^iy.: ... yw (jlev yp
il
-f]
Calcolando la diversa ampiezza dei dialoi^hi, la massima frequenza spetta al Fedone. Ecco ora gli esempi del Fedone (si ricordi che la parte nuova della seconda redazione si estende da 69e a 95^, e da
107fe a 114c): (jlovoeiSt.c,
TToXXxic
fVsXco
Tc:,^vvo(i, 1 Tocj-:'
e^tiv ilr^^r,
(41 a) ...Ta te
yp ^Xkx
79b
811),
Ci),
80d
(2),
81a.
78d, 80b, 83e; ttoXuelSyc, 80b; .ziU,c, 79a (3), 81b, 81c, 8ab; (txotcS7;c, 81b; CTcojjLaroEiS-f,?,
axiGEiSric,
exe twv v^^E, xal r,8r^ tov otrv ypvov ys r XEyptEva Xr^i>r; sariv. /.X xal fi? /pr], w av8pEc ^ixacrrai, EXnSac Eivat Trpi; tv iVvaTOv (41c) ... XX yp r^^r^ (opa nvai ... rTEpoi S yjjjitov sp/ovrai ri |i,eivov Trpy^xa.
sSaiijLOvaTspoi Eaiv
oi
81c,
^vt^toeiSt^c;,
'
86a;
95c; /pugoelSt]?, 11 Oc; ^op^opcSy;?, 11 Id; r.r}.6i^r^(;, 113b. A questi 30 esempi si aggiungono i due ricordati in una nota precedente: uno appartiene alla prima stesura e l'altro al punto di
SeoeiSt;^;,
S/;ov
Travrl
ttXtjv
r^
to)
t>Ero.
(4'2a>.
sutura tra
la
prima
e la
seconda.
184
185
Y
negli scritti precedenti e come tendenza a un linguaggio elaboralo, a volte poetico e ricco di immagini, che rivela spesso l'influsso presocratico (8). Tutto ci non soltanto conferma la nostra ipotesi, ma offre uno spunto ulteriore all'indagine cronologica. Il momento stilistico suddetto presenta infatti una grande affinit con quello del Timeo, offre dei contatti notevoli con Repubblica, Leggi, Cratilo e la prima parte del Fedro, e in misura minore si avvicina a Menone, Eiitidemo, Gorgia e Simposio. Posti fuori causa il Timeo e le Leggi, che non possono essere cronologicamente contigui al Fedone e la cui affinit si pu spiegare soltanto con il ripetersi a distanza di un medesimo atteggiamento stilistico, ed esclusa altres dalla considerazione la Repubblica la cui composizione pi che ventennale non pu
offrire appigli cronologici precisi,
il
La mancanza
95 e- 107 b costituisce gi una prova negativa di una terza stesura: l'ipotesi riceve per altro una netta conferma positiva dall'uso di sISoc - iSa, che nella parte nuova della seconda redazione significano aspetto esterno , e in quella della terza hanno il valore tecnico di idea in senso metafsico, il che non si verifica nei dialoghi giovanili, e anche di concetto, accezione che non compare se non nel VI libro della Repubblica (375 ca) (11).
N>
gruppo degli
altri dialo-
vanile, trova una conferma nella sua affinit stilistica con la se614c, 614d; ctuve/jqc, 616e; conda redazione del Fedone )(aji.a, 7ZoX\JZl8r^(;, 612a; [jlovos (./;(; (unico esempio della Ri'iiubblira), 612a,
[
ghi
si presta ottimamente, anche per altre considerazioni, ad essere situato nello stesso periodo letterario cui appartiene la
ecc.].
Dmmler
ritiene
Trasi-
la
sconda stesura del Fedone (9). In importante elemento connettivo la tendenza al mito escatologico {Gorgia, Fedone, Fedro, Repubblica) (10).
7
parole rare o non usate in precedenza ricordiamo le osservazioni di (Campbell: aviao^ 74b; 74c; Ssctt^co, hna-r^q, 80a, 94d, 94e; T:avT>.(oc, 82b, 94a; ouYxpivsa^at, 71 b, 72c; di Kopetsch SDai^cXEyy.TTaTOf;, 85d; cui aggiungiamo l'uso di v^/o(jLai, 78d 93b. Numerosi sono vocaboli presocratici da noi osservati: 8()d, Ulb (cfr. Parm.. 1(>, 1, Kmp.. 22, 4); /ajjLa, xpcCTtc;, 86b, lllc, llle, 112a (cfr. Parm., 1, 18); TtTpco, lite, auvTiTpw, llld (cfr. Emp., 84, 9; 100, 3); ^p^opo-, llOa (cfr. Her., 13); /etc, 112c, (cfr. Emp., 4, 2); HOd (cfr. Parm.. 8, 6; 8, 25); SLay-pivoptat,, ^uvX"y]<?, 71b, 72c (cfr. Anaxac, 12, 13, 17). L'espressione: ol ex tyj? ^aXTTT;^; h/^^\jzc, vaxuTTTOvTSi;, 109e, ricorda Emp., 117, 2. Non mancano i vocaboli poetici 6/-/;{i.a, 85d, 113d; Xoupyrjc;, llOc, ecc.
(8)
maco, mentre noi la pensiamo posteriore, composta cio sulito dopo seconda stesura del Fedone (cfr. 61 Ih). Si noti ad ogni modo che la sua affinit con quest'ultima non decisiva di per s sola, e che l'ipotesi della composizione giovanile appoggiata soprattutto da ragioni di contenuto. Se l'ipotesi vera, si dovr ammettere un'ampia rielaborazione posteriore (forma stilistica delle risposte; libera
scelta del destino nel mito).
(11) Per l'uso dei vocaboli zX^oq - ISa nel Fedone, e per il loro significato, cfr. C. Ritter, Neue Unters., 270-8, 321-3 (tav.). Applicando la sua statistica ai tre strati del Fedone, abbiamo una piena conferma della nostra ipotesi. Nessun esempio di eXdoc, - Sa nella prima stesura. Nella parte nuova della seconda stesura troviamo sette
Tra
le
Soprattutto notevole l'affinit con la prima parte del Fedro, come si vedr in seguito, e con il Cratilo. Si veda in proposito l'uso degli aggettivi in-eiSrjc e in - cSr,^;, gi ricordato, e le espressioni 6 Ictti, t 6v, T vTa (cfr. Peipers. Ont. Phit.. 20, 24-5, 38-9, 50, 63, 540-1). II VoN Armm. Wicn. Sitzsber., 210. 1929, 4 Abh., 16, fondandosi sulla statistica delle risposte afTermative in vai, rrvu ys, rvu
(9)
ouv, ha stabilito la stretta aflnit del gruj>po Cratilo (40%), Gorgia ed Eiitidemo (41%), Menone (42%). Secondo i nostri calcoli, la percentuale, nella parte nuova della seconda redazione si eleva al 39%, mentre in quella della terza redazione scende al 28% (nel Tee feto del 26%, secondo von Arnim).
(lv
:
1
A.7.
Sdir.
I,
Repubblica
forma, apparenza corporea esterna (73a (2), 109b, llOd), tre esempi del significato genere del linguaggio comune (79a-d), uno del significato apparenza (llOc) non siamo d'accordo con il Ritter per questi due ultimi significati ed un esempio irrilevante in Old. In nessun caso quindi el8oc, - 8a hanno nella seconda redazione un significato tecnico e neppure un particolare valore filosofico. Al contrario tutti gli esempi (12) della parte nuova della terza stesura, secondo diverse sfumature, hanno un netto valore logico e teoretico 97e, lOOb, 102b, 103e, 104b, 104c, 104d (3), 104e, 105d, 106d. L'essenza ultima delle cose, nel particolare valore che sar chiarito in seguito, inidicata invece all'epoca della seconda redazione di preferenza con l'espressione 6 eaTi: (7 volte nel Fedone: cfr. Peipers, Ont. plat., 38-49), 74b, 74d, 75b, 75d, 78d (2), 92d. Come conclusione osserviamo che in genere gli indizi di seriorit (desunti da Lutoslawski e Von Arnim) vanno crescendo dalla prima alla terza redazione. Cos ad esempio nella parte nuova della seconda stesura: interrogazioni cbn ttoloc;, 89c; Xr^^ox; in luogo di o^ajx^ o\)M[iCq (importante), 78d XTi^aTaTa c, y.r^^Cq, 109a (2); come risposta, 74c, 83e; ed in quella della terza: Xr^O^^ XysK;, 120c; XT^B^CTTara Xyeic, 102a. 104c. Rispetto a quest'ultima stesura, aggiungiamo due altri indizi di seriorit: il passo 102d sgg., che ha una stretta parentela di contenuto, come si vedr, con un
186
187
y
L'ipotesi di una stratificazione successiva si presenta ancora pi naturalmente a risolvere la tanto dibattuta questione cronologica del Fedro. Il contrasto fra l'entusiastica lirica sull'essenza e sull'amore, e la scolastica discussione sulla rettorica gi stato notato: le due parti mancano di continuit filosofica e fanno apparire disunito il dialogo (12). Distanziare nel tempo la composizione delle due parti, e supporre giovanile la prima, per la sua effusione sentimentale e la sua vividezza fantastica e poetica, semfjra a noi l'unica soluzione plausibile che gi a prima vista si offra per giustificare tale contrasto, soluzione conciliabile inoltre con pochi risultati degni di nota della critica in proposito (13).
i
i
Applicando
so pp. 30, 5
il
nostro metodo di indagine stilistica alle due in comples(... tov ?lov 7rOLr;TaL;
257 b
mare pienamente
dalle
'/
l'ipotesi suddetta.
forme caratteristiche
di interrogazione e di risposta
man-
cano quasi totalmente nella prima parte, dove il dialogato circa la met in ami)iezza di quello della seconda parte, mentre in quest'ultima abbondano a tal punto da contribuire essenzialmente
alla costituzione di (piel
le
*^>
Leggi, che ha ormai indotto la maggioranza dialoghi <lella maturit avandei critici a porre il Fedro tra zata (14). Per contro la prima parte presenta una grande aflidi afinit con
i
passo del Purmenide, e l'uso di (paii; in lO.'ib, nel significato evoluto sostanza metafisica oggettiva, quando la stessa parola nelle redazioni precedenti significa essenza interiore o individuale: 67a, 79b, 80a, 87e, l()9e, 11 le. e in 71e ha il senso di natura creatrix (gli esempi sono raccolti da I^ittkr, Sene Cnters., 285).
di
(12) Cfr.
HoMTz:
l'iat.
Nf.,
291,
Shorkv.
Whaf
Plato
said,
Chi-
7
i
accenno generico alla possibilit di una rielaborazione da (iompkrz, in Wien. Sitzsber. 1887. 766-7. La data presumibili della prima redazione, che fu forse conosciuta in una cerchia ristretta, da porsi attorno al 390, tenendo presenti suoi contatti con l'orazione contro sofisti di Isocrate (cfr. Usener, in Rh. Mus,, 35, 1880, 138-9, il quale per altro riporta la composizione del Fedro al 403/2 ed giustamente criticato da ('. Ritter, Unters., 129-39). Indizi importanti di composizione giovanile sono rilevati dal Natorp, PI. Idecnl,, 52-87, che li desume dalla prima parte. Per contro il Von Arnim, Platas Juiienddialoge und die Entstehungszeit des Phaidros, Leipzig 1914, 155-224 ha elencato gli elementi a favore di una composizione relativamente tarda del dialogo. Importanti sono quelli desunti dalla seconda parte, criticabili per contro gli altri. Che la tripartizione dell'anima nel Fedro presupponga la Repubblica non si pu certo dire. Sembra invece che tale tripartizione venga introdotta proprio nel Fedro come immagine poetica, e che nella Repubblica non vi sia che lo sviluppo filosofico del mito. Del resto le parole stesse con cui l'immagine viene introdotta nel Fedro (246a) lasciano chiaramente vedere come di questa tripartizione si parlasse allora per la prima volta. Il Von Arnim dice poi che miti escatologici sono simili nel (ionjia e nel Fedone, mentre (pielli del Fedro ricordano la Repubblica. Xeppur questo |)rova nulla, dal momento che la prima stesura del Fedro secondo noi posteriore al Gorgia e alla seconda del Fedone, e Platone poteva benissimo mantenere le sue idee sull'aldil espresse nel Fedro sino alla composizione della Repubblica: tanto meno poi ha valore questa prova se si ammette come vera l'ipotesi di una composizione giovanile della seconda parte del X libro
i
i
(13) Un fu gi fatto
Ugualmente j)OCo probante il rilievo che la dell'immortalit dell'anima nel Fedro diversa da quella del Fedone e della Repubblica. Lo stesso fatto di una prova deirimmortalit induce a considerare il Fedro come opera giovanile. La tesi cade gi nel Sinfosio e nella Repubblica, dove viene introdotta come paradossale, compare in un |)asso prohabilmente giovanile. (Sul valore dell'immortalit dell'anima nel Timeo, ed in genere sul carattere mitico dato da Platone alla sopravvivenza personale, cfr. Teichmller. f). pi, Fr.. 60-76; 90-1, e in senso pi moderato Zeller, D. Ph. d, G., II, 14, 817-8, 824-7). 11 Von Arnim ricorre poi a singoli passi, che i^rovano o un'affinit tra le stesure giovanili del Fedro e del Fedone, come ad esempio la dichiarazione di Socrate che Fedro i>ioc Tcepl to? T^you?, al pari di Simmia (242 a-b). ojpure un'afTnit tra il Fedro e la Repubblica., senza che con ci venga dimostrato quale dei due dialoghi precede.
della
Reiiubblica.
dimostrazione
dati seguenti da Lltoslavvski t- da Von Arnim, (14) Desumiamo Sitzsber., 169. Abh. 3, 1912, 93-5, oltrech da nostre osservazioni, (ili unici indizi di seriorit da noi trovati nel dialogato
i
Wien.
della i)rima parte sono un esemi)io di Tt {jlyjv; (229a); uno di x.XXLCTra (235d) ed uno di Xr^^^cTaTa "k'fZK; (238d). Abbiamo invece riscontrato nella seconda parte; 10 ti txYjv; (261d, 263c, 267a. 270e, 271a, 272c; 273c, 274b. 278e. 279b); 4 iiterr. con r.oXoc, (273d, 277a. 277d, 279a); 4 xal (jL>.a (258h, 258c, 263a, 274b); 3 TravTaTraen (jiv oi!iv (269a, 271a, 276b; cfr. anche 277c, 278b); un es. di p&TaTa (275d; cfr. anche 268e); un es. di p^Tara eipr^Tai (275e); un es, di SrjXov 259e); un es. di (jiXa ye (261d); un es, di tiS'(o: (267c); un es. di Taura gtoli (279b). Tutte queste particolarit sono molto importanti; del pari la grande prevalenza che nella seconda parte hanno le risposte apodittiche una delle caratteristiche i)i notevoli dell'ultimo stile di Platone. Meno importanti: 2 y.ivSuveusi (262c, 270d); un es. di oc^Tj^aTaTa lycK; (266b); un es. di apiaTa Xyeic (263d); un es. di y.cd fj-X' vSpixx; (265a); un es. di ao9a)':aT ye. (267b), Nella seconda parte del Fedro si trovano inoltre numerosi voeip7]xac
188
189
>
seconda redazione del Fedone, per la ricercatezza di uno stile poetico ed immaginoso, per l'uso frequente di termini presocratici e per il fatto che gli stessi vocaboli sono prescelti ad indicare l'essenza ultima delle cose (15). L'uso di elSoc - Sa rappresenta un'ultima conferma, in quanto nella prima parte del dialogo significano forma , soprattutto come figura, nella seconda invece genere logico e
nit
stilistica
con
la
insegnamento filosofico ed una lode di Isocrate, non pi rintracciabili dopo la rielaborazione. Incerta invece la data della seconda redazione, la quale fu composta forse attorno al 370, ma pot essere ulteriormente ritoccata in seguito (18).
in
appendice un
programma
di
concetto
(16).
Nonostante questi risultali, la situazione non cosi netta come nel Fedone, dato che indizi di seriorit si trovano anche nella prima parte. Una rielaborazione di tutto il dialogo all'atto della seconda redazione pu tuttavia spiegare la che, comcosa (17). Probabilmente gi nella prima stesura stava posta verso il 390, dovette avere una certa pubblicit
La stessa indagine stilistica all'interno di singoli dialoghi potrebbe forse estendersi utilmente, per esempio al Teeteto (19). I risultati precedenti bastano comunque per ricostruire la formazione giovanile di Platone. Lasciando infatti da parte
Fedro presenta una notevole affinit stilistica con il Timeo Jowktt-Campbell, PI. Rep., II, 54, e quanto osserva Lutoslawski, PI. Loyi, 90). Posta per altro la necessit di scegliere tra la contiguit cronologica con il Timeo e quella con la seconda redazione del Fedone, non si pu esitare a preferire quest'ultima. Oltre infatti alle considerazioni di contenuto della critica pi autorevole ed a quanto diremo in seguito nella nostra esegesi filosofica, una prova decisiva in favore della composizione giovanile di questa prima parte del dialogo fornita dal grande divario tra l'indice di afnit con le Leggi del Fedro e quello del Timeo. Nonostante l'opera del Lutoslawski sia criticabile, non si pu non tener conto dei suoi risultati pi
del
(cfr.
>
caboti
(2()5b);
caratteristici
(ivo[xotr/;(;
(Canrpbell) stile tardo Platone dello di (262a); cTreipoc;, m//7//s (207b) ettety]*; (271c); ri^avo^ (tcrm. log., 263c); cfr. anche l'espressione xar tu^t^v yvoc,
:
;
(Lina, 262c).
(15) Ricordiamo tra le parole rare (Kopetsch): yivr^zoq (245d, 246a); laofxTprjTOv (235d); a9i)py]XaT0(; (236b); vufjL^Xy^TTTOf; (238d). Vodialoghi sono ad esempio caboli rari o poetici comuni ad entrambi TravT>i(o 253a (cfr. Phned. 112d); 6/;r,fj.a, 247b (cfr. Phaed. 85d, 113d) vaxjTTTco, 249c (cfr. Phaed. 109e) ;"S^o8o(; 247a (cfr. Phaed. llld) Numerosi i vocaboli empedoclei r:o/T(o, 251e (cfr. Emp., 35, 2) rroppoY], 251b (cfr. Emp., 89); pdSco," 254e (cfr. Emp., 12, 3; 110, 1) TTTEpv 246d (cfr. Emp., 82, 1); roTiTeuco, 250c (cfr. Emp.. 110, 2 term. mistico). Altri contatti di forma e contenuto con Empedocle e Parmenide ricorderemo in seguito. Infine termini t 6v, T ovTa, (iialoghi la verit ooia e altri indocano di preferenza in entrambi delle cose, come risulter dai passi che citeremo pi oltre, e vi sono adoperati nello stesso significato filosofico.
i
:
Nel nostro caso poi il suddetto divario sarebbe tanto pi inspiegabile, a mejio di supporre giovanile la prima parte del dialogo, dato che gl'indizi di seriorit si desumono principalmente alla seconda parte.
netti.
(18) La quantit di particolarit dell'ultimo stile di Platone nel dialogato della seconda parte cosi elevata da far pensare ad un'epoca posteriore al 370. Quest'ultima data suggerita piuttosto da ragioni di contenuto. Da ricordarsi inoltre l'osservazione del Von Ar-
MM,
in
3,
una scarsissima
stilistica
con
il
Parmenide,
significato di eXBoc, - tSa nel Fedro, cfr. il e Unters., 301-4, 323 tav. Il valore di apparenza esterna si trova in: 229d, 238a, 246b, 249b, 251a, 251b, 253c (2), 253d; quello di essenza interiore in: 237d, 253b. Irrilevante l'esempio in 237a. Nella seconda parte invece, secondo diverse sfumature, si riscontra sempre un significato logico: 259d, 263b, 263c, 265a, 265c, sgg., 266c, 270d, 271a-d, 272a, 273a, 273e, 277b. Quanto all'esempio in 249b, si veda sotto.
(16)
Per l'uso
C.
Bitter,
Sene
per contro con il terzo libro delle Leggi. Il circostanza casuale; noi per contro pensiamo che la cosa si possa spiegare sia con la sopra osservata afinil stilistica della prima parte del dialogo con il Timeo e sia con un'effettiva rielaborazione e con una prolungata limatura del Fedro, che pu essersi estesa sino agli ultimi anni dell'attivit letteraria di Platone.
voLLOtTT^j;,
tra le osservazioni di Campbell: fjLoicojjLa, 250a, 250b; 240c; /vsco, 252e; a-rpoiiOLi, 239a, 239e; e soprattutto il passo razionalistico in 249h (Sst yp ... auvaipoujjLEvov), nettamente seriore per la forma, che quindi deve ritenersi interpolato. Anche la
(17)
(-fr.
(19) Una doppia redazione del Teeteto non comunque da ricercarsi nella direzione indicata dal (]hiappelli, in, .4. f.G.d.Ph., 17, 1904, 320-33, giustamente criticato da Dies, Autour de Platon, Paris 1927, II, 317-32. Meglio Wilamowitz, PL, II, 230-7. La via pi logica di supporre come base di ricerca una prima stesura nella parte estendentesi sino a 187a, che si diversifica notevolmente dal seguito per
su
uno strato
Sorge inoltre a
in 245c-24Ha, pur fondanuna rielaborazione tarda. questo punto un dubbio, dato che la prima parte
antico, rivela
contenuto filosofico (cfr. Natorp, PL IdeenL, l>12-5). Abbiamo osservato una notevole prevalenza nella seconda parte di alcune particolarit del dialogato, caratteristiche dello stile tardo (interr. con p^TaTa hiyzic, pp-yj-^r;, Trolot;, tL [lt^'^', xXXiara, r,i)aTaTa, Sr^Xov, TL^'ou;): i nostri risultati non sono per tali da permetterci di formulare con decisione tale ipotesi.
^
k
190
dialoghi socratici minori, che furono probabilmente combuona parte prima della morte di Socrate, si in posti pu ormai stabilire con una certa fondatezza la successione degli scritti pi importanti. Il gruppo individuato sopra, che abbraccia l'attivit letteraria del dect^nnio 395/85, si snoda
i
7*
neirordine: Gorgia (395/4), Eutidemo Fedone {2^ red., 392 ca.), Cratilo (392 della RepubbUea (392/0), Fedro {V
(395/3),
ca.), 2^
Menane
parte del
(393/2),
libro
Simposio (385/4) (20). Negli anni seguenti viene elaborata la Repubblica (21), la cui pubblicazione posteriore al 375; ed composta l'ultima redazione del Fedone (380/75). Verso il 370 completato il Fedro, se pure ancora non nella sua veste definitiva, e negli anni vicini al secondo viaggio in Sicilia sono scritti il Teetelo (la cui prima redazione, se vi fu, da porsi tra il 380 e il 375) e il Parmenide. La presa ufriciale di posizione di Platone in una direzione costruttiva e politica si ha soltanto con il Simposio: gli scritti anteriori pi impegnativi {Fedone, Vedr) sono dopo di allora ripresi sotto una nuova
red.,
390/88),
CAPITOLO IX
La giovent
di Platone
luce e
ginario.
i)ul)blicati
lo
spirito orit
*?
termini del 385/4 e del 395 si possono fissare prendendo di riferimento la data abbastanza sicura del Simposio (cfr. C. HiTTKR. PI. I, 201) e vedendo nel (ionjia il pi antico di questi dialos^hi, perch il i)i vicino per stile e i)er contenuto alla prima redazione del Fedone (cfr. anche, per questa data del Gorgia: PoHi.KNz. Alia Platos Werdezeit, Berlin 1913. 164-7). Sulla successione Gornia-Menone e Menone-Fedone (basata sulla teoria delFvtjLvr^CTic, che compare soltanto nella seconda redazione) parecchi critici autorevoli si trovano d'accordo (Gomperz, Haeder, Hitter, Wilamowitz). Deiraflnit tra la seconda stesura del Fedone e il Olitilo gi si parlato. La successione della prima redazione del Fedro alla seconda del Fedone provata, oltrech dall'evolversi naturale del pensiero filosofico, dalla modificazione dei miti (.scatologici e della concezione dell'anima. La seconda parte del X libro della Hepiibblico pare costituisca il ponte di passaggio tra questi due scritti, poich l'anima vi considerata secondo la visuale del Fedone e l'aldil secondo quella del Fedro. Tra la prima stesura di ciuest'ultimo ed il Simposio cade fors'aiu'he nel 38<) il primo viaggio in Sicilia, compiuto nel 388, o (cfr. Hki.och. Gr. Ges.^ Ili, 1, .{91, 1).
(20)
I
come punti
^?
cui
comunque la possibilit che oltre al Trasimaco, la comi)osizione risqiJe agli anni vicini alla morte di Socrate, gi alcune parti della Repubblica siano state scritte anteriormente al primo viaggio in Sicilia (cfr. ad cs. Krohn. Die platonische Fraye, libri II-IV e VIII-IX risentono Halle 1878, 102-29). Ad ogni modo talmente dell'influsso pitagorico e delTesperienza siciliana da far penisare ad una sostanziale rielaborazione posteriore.
(21) Sussiste
i
1.
//
Fedone.
Atene caduta, Socrate e i grandi tragici morti, Aristofane declino: va un mondo il cui fragilissimo e incredibile equilibrio durato sin troppo. I simposi di Agatone non sono pi possibili, e Platone solo, cosciente di questa fine e con
in
>
rimpianto del passato. Il decennio che segue il 399 vede di sopravvivere della vecchia filosofa. Platone lotta come un eroe e vive mirabilmente prima di arrendersi. L'irraggiungibile concretezza di questi anni decisivi pu essere intravista con la scelta e l'analisi dei suoi riflessi espresil
l'ultimo tentativo
sono
rato,
le
ambiguo, questo nuovo vr^p Tpayix^ comincia con bache altro non sono per lui gli inconcludenti e brillanti primi dialoghi. Egli disprezza poeti perch volgari e superficiali, allo stesso modo di Eraclito; questo dell'arte un suo tormento fondamentale che lo accompagner sempre; e ora soprattutto (Jone) cocente in lui il risentimento verso chi ha reso inservibile per le sue mani lo strumento pi mirabile di espressione. Ancora pi ostico gli l'illuminismo democratico dei sofisti, che tollera soltanto nel maestro. Non tarda comunque a presentarglisi l'occasione di esprimere in modo originale la sua personalit. Il pessimismo di Socrate nell'ultimo giorno di vita, cui del resto si accordava il suo stato d'animo di quegli anni solitari, gli olTre il destro di introdurre una concezione metafsica di stampo presocratico, rimanendo nascosto dietro e spalle del maestro e giocando sulla paradossalit di quell'atteggiamento socratico, che avrebbe fatta passare inosservata l'intimit della nuova concezione. Tutto ci d luogo alla prima stesura del Fedone, che non viene per pubblicata: Platone sente
gatelle,
i
13
194
195
realt
troppo scoperto e palpitante lo scritto, fors'anche decadente. non aveva forse In poche pagine del Fedone (64 a -69 e) sta racchiuso il nocancora trent'anni quando le scrisse ciolo della sua filosofia. L'anima abbandona tutto quanto la circonda e cerca se stessa. Anche Socrate esortava a conoscere se stessi: ci equivaleva tuttavia per lui, in un senso del resto
f
I
spiegazione. Cosi gli indiani avevano chiamato tman la verit mistica scoperta dal soggetto in se stesso, ed il termine ha il preciso significato astratto del greco y.TOC,.
completamente tradizionale ed apollineo, a porsi dei limiti, armonizzare la propria personalit con quella altrui, farle assumere una posizione di equilibrio nella vita della polis. Platone ora su ben altro piano, aderisce piuttosto all'eracliteo
SL^Y]C7{X7]v
l'anima di svuota (i.couTv. Qucsto isolamento ogni contenuto immaginativo e razionale: il vero stato dionisiaco, in cui la vita giunge ad essere pura interiorit, pura aspirazione. L'anima si libera da tutti i limiti, da ogni intesi si
xopic,
auTV]
xa^'
principio del Fedone (64 e), Platone introduce questa espressione, che gli servir poi sempre ad indicare la realt vera, l'essenza ultima di tutte le cose, e l'introduce proprio per poter definire il cammino dell'anima verso
Appunto
questo stato di assoluta indipendenza stessa, anche le essenze di tutte le altre cose (si noti lo stretto passaggio da 64 e - 65 a, dove per la prima volta si parla dell'anima per se stessa, a 65 a 66 a, in cui si viene a trattare la 9pvy]aL^, cio la conoscenza delle idee), in quanto da quella posizione privilegiata in grado di coglierle immediatamente nella loro realt pi intima, spogliandole di tutte le determinazioni astratte ed inessenziali. Platone straordinariamente greco nella sua costruzione metafisica: la sua teoria delle idee nasce ora come traduzione espressiva dell'esperienza dionisiaca che l'ha portato
in
Quando l'anima
e distacco,
la solitudine (1).
La scelta del termine auTO xa^' auTO gli viene da Parmenide; gi questi, parlando dell'essere, ossia della
(1)
/copi?,
La realt ultima delle cose deve essere costida essenze aura xa^* aura, ossia da individualit perfettamente indipendenti, prive di ogni limitazione fenomenica, pure verit interiori, viventi una vita solitaria. Tutto ci schietto misticismo filosofico: il testo platonico, analizzato nei dettagli, ne d conferma. Nessuna attivit razionale attribuibile alla ^^jyj] che vi^ne presentata in queste pagine; la sua fissit esclude qualsiasi processo discorsivo, la sua unit e la sua semplicit escludono la facolt del giualla solitudine.
tuita
separazione nella morte dell'anima dal corpo, ed aT xa^* auro det-r to in tale stato naturalmente anche il corpo. Sembrerebbe quindi che con la suddetta espressione Platone non voglia significare una qualit superiore di reale, e che piuttosto tenda semplicemente a sceverare staccati. il molteplice nei suoi elementi costitutivi Indubbiamente questo il primo scopo di Platone, che parte come Eraclito dalla contemplazione di un molteplice primordiale, ma appunto perch questa stessa interpretazione metafsica egli non tarda a chiarire l'opposizione di questo molteplice essenziale al molteplice empirico, ed ax xa^' aux diventa subito dopo il termine tecnico significante il primo dei due, cos come x^P'^^ viene ad indicare non pi la semplice separazione, ma la trascendenza ed Parallelail distacco dalla realt vera che l'interiorit dionisiaca. mente la separazione del corpo dall'anima, che dapprima secondo l'evidenza immediata si dice realizzarsi nella morte, non^ tarda a chiarirsi come il vero scopo della vita stessa, dato che ol p^ca? 91 Xoao90uvTe^ aTro^vfjaxeiv (jieXeTcot (67 e), e che il^ x^^P^^^^^ consiste per l'anima in olxelv xar t Suvarv xal v reo vuv Trapvri xal v tw
l7retTatJL6v7)vxa^'auT-/jv(67c d). Si noti l'introduzione di un altro termine caratteristico x^9^^[''^<^ ^^ ^^ ^' sinonimo dei precedenti.
dizio. L'aggettivo
eLXtxpLvv]^,
de nell'intenzione platonica ad eliminare dalla 'J;u/yj ed in genere dalla realt in s ogni complessit di determinazione, lasciandole un'unica qualit pura che la individua per s. N deve trarre in inganno l'apparente terminologia razionalista. Questa fa parte della maschera e del gioco di Platone, che si serve delle parole del maestro come se nulla fosse cambiato e si trattasse sempre della vecchia ricerca del concetto. Sussistono soltanto i termini, che nascondono nuovi contenuti. Cos' infatti la 9pv/jaL^, la conoscenza della verit (65 a), se non
daccapo quel distacco della ij/u/Tj (65c-d; 69 mine Stvoia, che dovr pi tardi significare
siva (Sopii. 263
v>
e)? Cosi
il
ter-
attivit discor-
e), qui usato come perfetto sinonimo di u^y): aver detto che la contemplazione della verit si raggiunge con l'anima auTT) xa^' auxyjv, Platone determina il carattere pluralistico di tale verit sostituendo Stvota a tj^uxr),
dopo
infatti
-<
196
l'essenza
197
singola
si
coglie
cnuvfi
ty]
SiavoEa
(65 e)
...
ary]
xa^' auTTjv eiXixpLvsi TY) 8iavo[a(66 a). Gli esempi concreti di queste realt in s sono tratti dalla sfera delle discussioni socratiche (65 d), che per la sua astrazione concettuale si adattava lontanamente, in uno scritto divulgativo, a fornire un'indicazione di quanto ifitendeva Platone. Null'altro allMnfuori di tale enumerazione ci pu far pensare che quest'ultimo volesse seriamente riferirsi a concetti, o a concetti ipostatizzati. Su
bito
'(.
tendenze ad un congiungimento che deve rimanere inappagato, di brame disumanate che nell'essere mancanza e struggimento trovano la loro realt dionisiaca solitaria e per s, e che pure sanno, per la necessit della loro stessa natura che privazione, esservi qualcosa di affine al di fuori, parimenti isolato e struggentesi nella sua ineliminabile individuazione, verso cui
realt in s detta in
modo
inde-
tendono eroticamente e da cui sono a loro volta desiderate in una struttura metafsica che non patisce mutamenti. Acquista signifcato ora l'enigmatica dichiarazione di Platone, qualche
pagina addietro:
(61 a).
cc,
accennante a qualcosa di pi vivo e concreto, lxa<7T0v (65 e), e poco oltre auro xa-B-* auro ziXixpivic, sxacTTOv iziyeipoZ ^yjpsusLV tcov ovtwv (66 a), si accenna chiaramente all'identit fondamentale di natura tra la ^\>yj] e queste realt in s. Lo stesso Xoyi'CzG^ciii infine, con cui si tenta di dare una determinazione alla natura dell'anima aT"/j X7^' auTYjv, determinazione quindi pi funzionale che sostanziale, mostra che tale funzionalit non intellettuale, ma concretamente interiore, poich il suo contenuto si riduce al risolutivo py7]TaL Tou ovTO^ (65 e). Quindi una brama intima, indipendente dalla sensibilit (gi scartata come condizione preliminare del XoyLC^G^ai) l'essenza metafsica della ^u/yj. Non solo, ma in questa lapidaria determinazione sta racchiuso tutto il sistema platonico. Il pluralismo essenziale giustificato: chi desidera, ha qualcos'altro all'infuori di s. Si comprende cos perch venga detto: p* ouv oux Iv tco XoyL^scr^-at che come si visto esprime la natura e l'attivit dell'anima auT"^
terminato,
ma
(piKo<yo(^iof.(; (jlev
ouar^q
(jLSyLCTTr^f; (louaLx*^)^.
Ulteriori conferme alla nostra esegesi si trovano poco olParlando della virt si dice che la giustizia, la sophrosyne, la quale per il tardo il coraggio, sono riducibili alla 9pvr^<Jic, Platone, nelle Leggi ad esempio, significher saggezza e prudenza, un complesso di razionalit e di esperienza della vita. Qui nel Fedone la 9pv7](n;, non altro che la vita dionisiaca
tre.
del filosofo,
>
xoc^apfJiQi;,
x-apo-L^
(69 a-d).
Con
ci
si
dice espli-
citamente quanto gi prima era accennato: la phronesis del filosofo, la sua conoscenza della realt, s'identifica con il suo atteggiamento interiore di purificazione e di distacco ispirato. Platone fa con questo un'aperta dichiarazione di misticismo, propri insegnamenti a quelli dei misteri dioniparagonando siaci, che del pari esigono dall'uomo un xa^apfx^. (2). Platone
i
le
le sue,
xaO-'auTYjV
l'essere
ii tc5v ovtcov
come cio
per s dell'anima coincida paradossalmente con la sua conoscenza, che quasi un possesso, un contatto (il verbo (XTtTOfjLat., di cui si fa uso frequente, conserva qualcosa del suo concreto senso primitivo) di un'altra realt in s. Quest'ultima, come gi accennato, ha una natura fondamentalmente identica a quella della ^^xh' y^cocoasi^a St,* Y](-cov auTWv ttocv t eikixpivc,' TOUTO 8* cTiv iao}i; t orXr^^tQ. [XY] xa^-apw yp xa-B-apou if^LTZTZG'd-oLi [XY) o B-[xi,tv (67 a-b). PI oltrc nel Fedone f^ Platone lo dichiarer ancora pi esplicitamente. E allora, la determinazione concreta e individuale che su questo piano universale di contatti distingue l'una dall'altra essenza sar l'accentrarsi ed il particolarizzarsi di una tale brama metafsica. In ci sta gi prefigurata la futura dottrina dellVros in tutta la sua portata filosofica. Il mondo si presenta nella sua verit
che contengono qualcosa di pi di un semplice misticismo; egli dice: vapO'Y]xo9poi (jtv jcoXXot, ^x/oi S TETiaupof oOtol S'elcIv xy.TOL TY]v (jLY;v S^av ox aXXoi yj ol 71291X0 aocpYjxoTS^; op^cq (69 c-d). Questa frase conferma la distinzione da noi posta in precedenza tra misticismo collettivo dei misteri, e la sua trasfigurazione filosofica nell'individuo d'eccezione, cio la pi profonda visione donisiaca della vita. Si noti ancora che Platone, riparlando pi oltre di questo processo conoscitivo di purificazione, dice che tale TrO^Yj^xa dell'animo si chiama phro(2) Phaed. 69 ed; un riferimento ai misteri sta anche in 81 a. Un altro accenno mistico si ritrova in 67 e: aT7;v xaO^' auTTjv Tcavra/^ev ex Tou a>\j.(x.'ZQq CTuvayeipsaO^at te xal O^poisea^ai, ribadito poi insistentemente (aTY] xa-' auTY;v Euvrj'&poLOfi.vr^, 70 a; auv7]^poicT[xvir) aTY] Eli; auTYjv, 80 e aTTjv 8 zie, aihzri'^ ^uXXYScr^ai xal ^pOL^ea^t irapaxeXsuoixvr^, 83 a). Cfr. G. Bruno, Op. cit, (Gentile), II2, 441: Se aspira al splendor alto, ritiresi quanto pu all'unit, contraasj
;
come un sistema
quanto
possibile in se stesso
198
nesis (79 d).
199
universale, la cui natura a sua volta identificata ora esplici-
La saggezza quindi un moto affettivo dell'anima, una sua passione disumanata. Il rapporto erotico tra essenze interiori, cui si accennato sopra, spiega l'elemento passivo
T:(k^r^llOL.
implicito in
L'ampliamento, intrapreso da Platone verso il 390, della primitiva stesura del Fedone, non fa che chiarire e determinare la visione del mondo rapidamente abbozzata nelle pagine sopra esaminate, fissandola in pi precisi termini razionali, oggettivandola e scemandone in parte l'immediatezza e l'intimit (3). Non mancano comunque in questa seconda parte del dialogo accenni mistici anche pi dichiarati dei precedenti. Vi si nota infatti la tendenza ad unificare le molteplici essenze in un' ocToa
V
tamente con quella della I'u/yj. Con ci si giunge all'equazione voeZv - slvai di Parmenide, o se si vuole, a quella tman brahman delle Upanishad. L'unificazione parmenidea risulta chiara in 78-d: auTT) y] ocia t]^ Xyov SiSofiev tou elvai ... orn t i(Tov, auT t xaXv, auro 'xacTOv o I<7ti t ov,e del resto sembra gi anticipata in 65 d-e: xai tcov XXcov evi Xyco aTivTcav ttJ; Cos pure in 76 d: xoXv ts ocfiac, 6 Tuyxvei SxororTOv 6v. Kal dcya^v x7l 7r<T7. 7) TOiauTT] ocria, che in quanto segue
identificata
con
la
'J^u/v)
'j7rp/ou(T(y v
...
TTpOTcpov
X^'i^ (76 e
veupicrxovTec;
Y)fjLTpav oOcrav
(76 d-e)
TV]v
ysv^rO-aL yjpia^
xal
odiav
-77
a) (4). Si-
I ^^
in seguito:
tw
piv
caso tipico della tendenza costruttiva d questa seconda in 75 a-b, dove compare una con.traddizione, a prima vista stridente, con passi sopra commentati. Che ci possa avvenire a poche pagine di distanza, sia detto tra parentesi, una prova di pi a conferma della successiva stratificazione del dialogo. Si dice
(3)
Un
si
xaL ixovoeiSsi
xal
StaXrco
xal
el
stesura
ha
chiarimento della teoria dell' v(j.vr^at(; che al deirimmortalit dell'anima una novit di questo periodo pyzrcci {i.v ravra raOr' srlvat oTov t I'ctov, r/st 8k cvSsieaTpto? ... fXTj XXo^ev aT ^vevor^xvai fxr^S Suvarv slvai vvoT^aai, XX' 7^ y. tou
pari
ri '^aa^ai y; 'x Tivoq oiXkr^Q tcov aa^Tjaecov ... V. ys twv aoO^Tjaccov 8ei woTJcrai oti Trvra T v rat? aa^T^crsatv xsivou te p^z'oci toO 6 aTtv iCTOv, xal aTo ^Ssorep Icttiv (e similmente in 75e-76a). In
infatti in 75 a-b, a
definitivamente esplicito in 92 d, dove si sintetizzano i risultati precedenti: Ippri^f] yp tcou outco^ y)[XO)v clvat 7) ^^xh ^'^'^ (^^ noti questo anche) TTplv tic (yc\iy. a9Lxcr^at, coCTTiep auTT)
ecTTLv
7]
ttjv
tou 6 oTiv
il
(chia-
>
significato uni-
tSelv
questo passo oltre a parlarsi dell'l'aov (introdotto in 74 a), idea matematica che esce dalla sfera di discussione socratica, onde erano tratte le idee nelle pagine commentate sopra, assai notevole l'uso di
riferito non pi all'essenza ma alle cose sensibili, e soprattutto la valutazione positiva per la conoscenza delle idee della sensazione, quando poche pagine prima la condizione per attingere la verit era il distacco completo dal corpo. L' inappagamento noumenico diventa qui un inappagamento fenomenico, e la realt essenziale viene oggettivata in una sfera di compiutezza. Ci si avvicina alla sfera del Fedro, che nella sua prima stesura appartiene infatti a questi anni: all'ascetismo interiore si sostituisce un atteggiamento romantico, che nella stessa esperienza sensibile, come gi abbiamo visto per Eraclito, ritrova contenuta una molteplicit essenziale. Le due posizioni non sono pi affatto inconciliabili, esprimono anzi due aspetti di una complessa vita interiore, che si stacca dall'apparenza ricercando un'intimit trascendente, senza per altro abbandonare la concretezza dell'esperienza sensibile, ch'essa vede come il riflesso immediato di un molteplice essenziale. Il fissarsi nell'una o nell'altra posizione risponde all'intenzione di insistere maggiormente sul distacco interiore di tale esistenza eccezionale oppure sul senso romantico di insufTicienza che nello stesso molteplice sensibile trova la spinta verso una invisibile verit da realizzare, ipostatizzata in un distacco metafisico.
pyopLxi,
rapporti di eros che legano le essenze, cui si accennato prima, riaffiorano qua e l, in 79 d: xal clx; cri)yyVY]<; ouaoL auTOu si [iz%* Ixsivou t yiyvsTat, OTavTiep auTY) xa^* auTTjv yvYjTat xal l^fi auT^, in 83 e: ty]^ toG B^etou te x&l xa-B^apoii xal (jLovoeiSouc (juvouaiy.c, (il significato erotico-metafisico in quest'ultimo vocabolo ritorner, come vedremo, in Platone:
i
Anche
cfr.
eie,
Ep. VI!, 341 e, e ?uvivat, in Symp. 211 d. 212 a), in 84 b: t 5^yyv^ xal tic to toloutov 9ixofjLV'y). Con tutto ci questa parte del Fedone tende in definitiva all'oggettivazione, presentandoci per la prima volta il mondo delle idee, e spingendo anzi questo tratto costruttivo, probabilmente per uno scopo di divulgazione, verso una sempre mag-
(4) Cfr.
Stenzel, Metaph.
si
d. Alteri., 113.
vale di alcuni di questi passi a riprova della sua interpretazione kantiana di Platone, vedendovi l'affermazione che l'essere delle idee, secondo lui Teine Denkhestimmunqen, ritrovato nel soggetto conoscente {PI. Ideenl,, 138). Senonch in tal modo diventa incomprensibile il y^(pia[i6(;, che ci risultato consistere nel distacco dall'apparenza, come continua aspirazione interiore. Cfr. Stenzel, St. z. Entiv, d. pi. Dialektik, 21-2.
(5)
Natorp
200
giore astrattezza,
201
come
2.
//
Fedro
pra citati. Tale processo giunge nella terza stesura del dialogo ad annullare se stesso, in quanto l'idea da puro oggetto vi diventa forma razionale soggettiva, categoria. Altre cause ad ogni modo tengono lontano Platone da un monismo mistico, facendolo persistere nella sua originaria concezione pluralistica della realt. Anzitutto la sua natura altamente artistica. In quanto poeta, egli portato ad amare profondamente ogni cosa del mondo che cada sotto i suoi occhi, a scoprire una bellezza in
ogni
oggetto
Il
una
solitudine conduce alla perfezione ed alla conoscenza, ma non l'unica via; un'altra meno dolorosa, l'esperienza conFedime si trovata creta dell'eros, additata dal Fedro. Gi nel l'aspirazione traccia di eros metafsico, ma in quel dialogo
La
visibile,
trasfigurare
liricamente
ogni
realt
suo entusiasmo artistico non si arresta alle sensazioni delle singole cose, ma vuole viverle pi profondamente, vuole entrare in esse e scoprirne la vera realt, Tessenza; egli conosce la ragione eterna d essere di ogni cosa, non pi in
prosaica.
lotta inteconoscitiva un eroismo unicamente doloroso, una non ha termine, riore continua per liberarsi dall'apparenza che ineliminabile poich sino alla morte rimane sempre un residuo ogni limite di umanit; un processo che tende a superare da qualunque offerto dalla sensibilit in un'astrazione assoluta
mn
Quando
si allon-
le intuizioni
tana dalla realt immediata, ji^i rimangono tiiUuvia ncIT^lihna poetiche, per cui le com* debbono la loro riigionc vitale di esistere a molte esscnxe rhc slunno nuscoste dietro
forme, e dapprima gli t- alilia.Nlan74k ct<tninc Tidca pi schiettamente mistica di una Hu^|:in?4i infinita) cIhj non iimnielte in s alcuna pluralit e alcuna liUVrrnxii. il) Secondo I11090 il suo istinto politico, che dop< direi anni di convivenxu con Socrate non pu spegnersi del tntlo, nciinrhc in iiurdViMicM. In pi anti-politica di Platone. Ogni concezione pluriilislica lui
le loro
che sola^ pu oggetto, in un'indagine in profondit dell'anima, mantenersi perennemente infinita. L'amore interviene nel Fedro come un sollievo da questo strazio. Esso non altro che un oggcltn. un'imnialimite dato a quc!la 4ispirjiy.ionc iiitnita, nn rulliglnr che d ripuMi u\ lomienlo iuccbWinle. un prvndrrc In cambio di forma para come e siiperslile. sensibile ciwa ma di arlutto il revto clic ii gettato via. i/ocllo amato ^ causa culi si ferina rcsl> per il conojtritore dionisiaco, qualcnsa che tende a contemplare, che nella visione li d gioia. Ogni niiilico
iid
on:
compare improvvisamente
dln^njti
agli occhi,
ama
infatti
in s
qualcosa di politico
le
t*
di ai>ollineo. conio gi s
visto per
Empedocle;
un complcwo di
tt*anai coffvirennf
verit suprema, che racchiude die al di l dcirappariMmi: attravcro di essa in^sslbile comprendei-e come anche quciraspiraiione tonnenliwa debba avere un termine, deblwi raggUin^re cio il contenuti! della vcril e placai*^! In ima pace inlerlore definitiva.
sione,
una
In un'apparenxa clA
nna
ognuno
la
il
dei quali
ha un
.Anche
scelta di tali
bello, tradisce
Il
fondo politico e
-wicnilico.
un dialogo conipk]^<t, dixorii.'inico. nmhKU4. Platone se rfe vergogn per iMirccehio tempo, ni rnglone. In esso riviveva la tllosotla prc><K*rllc, mn In unu vcMr dccndente. A maschcrjn'c un pcsKiniisnio r<l un :i8cHinrio romnnllcl
Fedone
Qualcosa di simile a questo processo abbiamo gii^ trovalo nella creaxlonc filosofica di Empedocle, che d form* e rpow all sua a^ipirazione in espressioni cosmiche. Platone nclIVro pi schiettamente poeta* Jn quantn rtxKKetto amlo non un risultato espressivo, ma gli offerto iinnitMlatanienle dalla rrM, ima perdona belU e viva, concreta e limitata nel visibile. Come cosi gi si visto nel Frdone. gli oggetti sensibili, bench siano
spe?tM>
rinnegati,
hanno
in
fondo sempre
la
loro iKiporianxa
successivamente introd^me sorraslrtdlurc milonallsllche .senza che l'opera raggiunga l'urmoniji. il dialogo influ potentemente su Ai'istolele e sui secoli avvenire, ed in un M^nui impreveduto <lairaut()i'e. nel fissare In distinzione cui f^ii nvcva d4ilo ravvio AniiNsagoni Ira mnleri.q e spirito, tratta inde.sono
e^enziale, in quanto mciti propulsivi alia conoscenxa: lo dice espressamente anche il Frdro che bisogna partire dalle sensazioni per giungere alla verilii (6). Xelloggetlo dell'amore si
diikolt^ ili questo p*!uo. c>nttrsi> Ila do. <6> Ptt^ir. 249 b. trina t\c\y wi[tvf/9i^, sono qiielle i!*;l oanlojthi |mw del Fedont fsunlnati soprA. Cfr. STt;?<xei.: 5lifirJi c<Cm I06-H>7.
bitaincntc dairantilcsi
paw
iz'M^
(79sgg.).
202
concentra tutto lo slancio dionisiaco del conoscitore; tutto ci che stava dilacerato in fondo alla sua anima, quello che era andato disperso o era divenuto astratto nel tormento dell'indagine interiore, viene trasfigurato, riunito e racchiuso come contenuto positivo della ferma figura umana contemplata. Il distacco dal mondo sensihile non pi sentilo come doloroso, rinappagamento e il senso giovanile di insufficienza trovano ora un principio di realizzazione, perch egli possiede un
203
la natura e di slanci lirici, di immagini, pieno di amore per Fedone era espressa in un del tragicit la e l'esaltazione mentre L'arte filosofica prefreddo. volutamente linguaggio trattenuto e attica, sospettosa socratica si rinnova sul terreno della cultura siile del discorso Lo ibride. occhi ai suoi forme queste
punto
amato travolge gli altri interessi della vita: staccata divampa orgiastica, ebbra e sottratta
salit,
il
concreto di riferimento, molto pi entusiasta, felice e pieno di vita compressa e concentrata. L'impulso verso l'oggetto
fisso e
verso non elaborato, centrale del Fedro miracoloso, ricercato ma pur simboliche, espressioni sue delle profondit nella temerario mistici. Il pesenza mai sfiorare l'oscura incomunicabilit dei
riodare
volta
ansimante, spezzato
in
passaggi
di
imma-
una passionalit
alla legge di cauin
e l'amante diviene folle per un'unica immagine caso l'ha fatto imbattere.
cui
>
Sacrilegamente, Platone loda la pazzia, pronunciando la sua pi ardita dichiarazione anti-socratica. La mania espressamente riconosciuta superiore alla sophrosyne, virt caratteristica di Socrate: lo spunto anzi dell'intero dialogo una polemica contro Lisia, che proclamava la necessit di
si mette in antitesi alla cpmune concezione politica greca, pur avendo gi sin d'ora in animo una pi alta politica, fondata su di una comunit
sentimenti musicali, gini e concetti che tradiscono un fluire di dall'armonia ben lontano ancora dalla ctmipiulezza espressiva e Platone un quest'ultimo. di giovanile pi ben del Simposio, e amante geloso ed infelice della poesia, soffre della sua infedelt, concede a chi non ne e si adira perch quasi sempre essa si dei degno. Queste poche pagine del Fedro ci mostrano uno
rato.
Con ci Platone
un amore mode-
suo amore ricambiato e svelano rinuncia. follia della passione di chi condannalo alla sono che^ non coesistenti, e collegatc Le pazzie sono
rari
momenti
in
cui
il
la
gli
aspetti
I
...
della
7]
fondamentale
follia
filosofica
(o^j
vip
7UTpo>Tai
virt sia
di esaltati, la cui
TTTepouTy.L
la
mariia
(7).
Accanto
alla
mane
la
ri-
prima giovent,
magini della
come divina Platone si riaccosta alla realt visibile sia pure considerandola come simbolo, ed ripreso dal demone poetico, che ha adesso la possibilit di esprimersi non pi nella forma passionale e umana della tragedia, superata
follia
quella catartica pi specificamente dionisiaca introdotta nel Fedone, e viene inoltre proclamata seriamente
poetica.
SXcoc ... 248 e - 249 a; {xvv) Tou 9aof7cpou Sivoia, 249 e), in cui yA^ypGic persiste l'ated zpoic; non si contraddicono. Anche nell'amore to'jtou, aG-YjfxavTOi x^ ovtsc xor.^apol Fedone: del teggiamento TpTTOV ^z^zrj S vuv <T(o[JLa TTSpL^povTEC vofxCofjLSV, azpiou
ttXtjv
zo\> 9iXo(TOQYjr77.VTo;
Y)
ma
verit.
il
Fedro riboccante
Prerogativa del filosofo l'ebbrezza del diinteriore che anche allontanamento dagli slacco, il uomini: ,.tir>7L[izvrjc 8 tcov vJ>p(u7rfvtov aTiouSarr^xTCov... ev sensibile 0ou(7i^(ov S>iX'/B^TO(;7woX>oi>c(249c-d). Ci che di rimane neWeros non che, pura visione, in cui si concentra un'interiorit: to IptoTLxv 0[jL|jia (253 e). La parola o^iz, usata
(XEUfxvoi
(250
e).
ycpi(7{ir)Z
(7) I la one e i presocratici vedevano nella pazzia, oltre che uno stato privilegiato dell'uomo, come una particolare saggezza pratica e poht.ca, un aspetto della loro ambiguit. Metzsche sostenne che i Greci davano un grande valore alla pazzia, in quanto qualcosa di involontano e terrificante, attraverso cui si poteva pi facilmente pensare una rivelazione divina. Per questo si diffusero le idee pi ardite: 1 grandi uomini, quando non erano veramente pazzi, fingevano di esserlo. Si veda in proposito L. Andreas Salom, Fr \ietz 282-4; F. Nietzsche. Werke, IV, 21-3; bJrckhVro;" Griech. Kultges., II, 97-102.
... nel senso di visione (250 b), di atto del vedere ( o^ic y,p 250 d) e di sguardo (254 b), sintetizza i vari elementi di questo momento complesso. Lo sguardo spezza l'ansia amorosa in uno schianto che fa rabbrividire (irpcoTOV [xv 9pi?, 251 a), s'impone nel fluire della vita come un'istantaneit irradiante, X7t
CH^hV^
twv Trp^ aTto T vvovTO zal sISov (aoristo!) t/]v otj^iv t7]v TtaiSixwv <7apTCTOU(Tocv, che conduce al di l del tempo, 9i)(7LV r]v/>7] (254 b), ad un proY) fXVYjpLTj TTp; TYjv Tou xXXou^ fondo connettivo interiore, che circola attraverso la molteplicit essenziale delle anime (to tov xXXouc psufjta ... ^l to)v o|X(i,-
204
TO)v tv,
205
fi
Tzirpuxtvem
t7]v jtuyjiv
lvat,
255
e) (8).
Platone teo-
rizza plasticamente in termini empedoclei questa natura noumenica dello sguardo, parlando di un flusso di (jLepT] Ss^(xsvo^; yp -cou xdXKouq aTroppoYjv Sia tcov ofifircov (251 b)
:
Non ^ulteriore pericolo d slittare nell*umano e nel volgare. soltanto pi la propria, ma anche l'anima di un altro interessa
il problema delpunto essenziale della sua politica. Quello che nell'aspetto contemplativo dell'amore era un tenue contatto con la realt visibile, che serviva soltanto a spingere con maggior concretezza alla verit, diventa nel lato attivo ed educativo dell'eros un po' una concessione e una capitolazione. Soltanto sino a che l'amore contemplativo pu sussistere la
t^
... (xp-/)
eTT^LvTa
...ri
(251 e)
TOu
la
In
questo
xal povTa, a Sia Taura iLLcpoc xaXeLTat pU[i.aTOc; xetvou TT'/jy^^, 6v tfxepov ... (255 e) bellezza si distingue dalla (ppvr^GK;. che a
dal
nel cogliere l'essenza interiorit, racchiusa nella sua solitudine
che sar
il
quanto
ci risultato
Fedone consiste
individuale come pura dolorosa: 6^};ic; ... fi cppvyjcri^; o/ paTai - Seivox; yp av Trap pelxsv 'pcoTac, et tl tolootov eaurr^c; vapy^; El'ScoXovTrapetysTO ct(; otJ;LV lv (250 d). Cosi pure le altre essenze tendono ad essere
interiori e a
pazzia dionisiaca ella sua complessit; quando si trapassa alla fase educativa interviene un conflitto insanabile, poich l'ap-
non manifestarsi
nel
altro
>
parenza riattanaglia, nei suoi interessi, bench trasfigurati (10). Incomincia qui la decadenza vitale di Platone. Quando egli parla della padeia, ossia della concreta vita amorosa di due
persone, nonostante proclami la comune ascesa verso la verit, non arriva ad afTermare che entrambi giungano al tts-Slov ed al Xt[jLwv dell'essenza. Eppure egli dichiara a proposito di
questa paideia: oO [XElC^v ya-S-v out (T6)9poc7uv7]
vGpoTTivr]
ma
tripartita,
rende instabile
Presto o tardi l'amante si sente sospinto non soltanto verso lo sguardo, ma verso l'anima che in questo si manifesta, e cerca quindi di far salire anch'essa verso la verit (9). Di qui
OUTS
i
(8) Tale concezione dello sguardo ritorna modernamente nel finale della Klassiche Walpurgisnacht goethiana [Xereus: Du bist es mcin IJebchen! Galatee: O Vater Das Gluck! Delphine, verweilet,' mich fesselt der Bhck. Nereus: Vorber schon, sie ziehen voruber In kreisenden Schwunges Bewegung; Was kummert sie die innre, herzliche Regung! __ Ach, nhmen sie mich mit hinber! Doch ein einziger^Blick ergtzt, Dass er das ganze Jahr ersetzt; cfr. Phaedr. 248 b: ou 8 evex v) ttoXX-^j arrouSTQ, r Xy;^ac; SeTv tteSov (per il testo cfr WiLAMOwiTz, PI, II, 364); Symp. 210 e: oi5 Sy; evexev xal ol [i.Trpo(j^ev TravTEc; TTvoi ^^aav] e in forma assai pi umana e passionale nl Tnstan und Isolde wagneriano. Si pu osservare inoltre che la pi alta musica romantica trova una delle sue ispirazioni essenziali negli stati sentimentali contigui al momento cruciale dello sguardo Gi nel Fedro si trova distinto lo stato di ansiet maniaca, di fre'
!
[xavta SuvarT) TropLcai v^pcTTO) (256 b). Questa duplicit dell'eros induce Platone a trattarne
O-ELa
dopo
della conoscenza estatica, nonostante che quest'ultima sia rappresentata sotto la luce della pi alta esperienza amorosa (la parte riguardante questa conoscenza introdotta come un in-
ciso nell'esposizione della quarta piavia, 245 e - 249 d), inversamente a quanto far nel Simposio, dove l'armonica sistemazione del suo pensiero gli permetter di seguire l'ordine pi
naturale. L'essenza suprema si coglie nel con il yjpiGiir descritto nel Fedone: si
scorso di Socrate
della
^\Jxh
il
che
'
mente
alla
passaggio graduale dalla considerazione il P^^ ^^ stessa, nella sua solitudine essenziale punto di vista centrale del Fedone, qui trattato breve-
comunione
interiore
la
delle
essenze
nell'uTiepou-
^z'i
dallo stato paradisiaco e sognante che segue alla sua apparizione (riovr.v au raurr.v yXuxuTaTYiv v tw TtapvTt xapTroOTai, 251 e - 252 a). Uuest'alternarsi di sentimenti, in una grande variet di sfumature intensit, costituisce la trama vitale di buona parte delle soniate di Beethoven, e la stessa antitesi schumanniana tra Florestan ed Eusebius pu ricondursi parzialmente a queste oscillazioni ed al conflitto tra l'auriga ed il cavallo nero (Phaedr. 253 d - 254 e).
ta
ed
(9)
saggio
Nel testo del Fedro si pu notare una distinzione ed un pasdall'amore contemplativo a quello attivo. In 250 b - 252 e
l'amore contemplativo e diviene attivo in 252 e - 253 e; nuovamente contemplativo da 253 e a 254 e, e da 255 a alla fine inteso invece come rapporto reale tra amante ed amato. (10) Si noti che con amore contemplativo non intendiamo qui affatto riferirci ad una concezione stilnovistica, poich nello sguardo Platone ritrova un contatto metafsico tra due essenze interiori; abbiamo voluto soltanto distinguere tale contatto, che si esaurisce in se stesso, dalla teleologia politica della paideia, che mira ad una realizzazione nell'apparenza.
206
lativa del Fedro, raggiunta attraverso Veros contemplativo, e di. cui non vi erano che fuggevoli accenni nel Fedone, per finire alla paideia, che attenua il /copiafjLc;, e costituendo la conclu-
207
politico ritrova con
tare
colleil mito del cocchio una molteplicit elemengata e disposta gerarchicamente persino nell'intimit prodella ^}^u/Y), pur avvertendo che la verit ben pi
(xv
ai
sione necessaria dell'rros, non permette a Platone di affermare che l'amore come vita, nella sua complessit, culmina nella conoscenza, e di farlo quindi precedere quest'ultima nel corso
della
trattazione.
fonda: olov
SLTjyyjaeco-,
(7TL,
TzLVTfi
TivTfOi;
^sb^
elvat xal
[laxpaq
il*?
Tale struttura della palinodia di Socrate rivela una variet ed una ricchezza espressiva ignote al Fedwie, che danno al dialogo una particolare tonalit fdosotca. Vi si ritrova in genere una tendenza a considerare le realt non nel loro isola-
Bz eoixsv, v9-po)7riv7](; t xal XaTTOvo:; (246 a). Questo pluralismo plastico si accorda complementarmente, quel monel momento conoscitivo culminante del dialogo, con nismo mistico che, accennato nel Fedone, diventa ora predominante. L'essenza suprema chiamata t O^etov, to 6v, oaia,
mento interiore, ma nei loro plastici rapporti. Il pluralismo platonico collegato in una convivenza politica, i cui costituenti sono contemplati artisticamente come puri oggetti, pi che essere colti come intimit, e saldati assieme attraverso un unico connettivo nel to ov o xXXoc, tanto da lasciar coesistere, nella particolare spontaneit ed esuheranza del dialogo,
linguaggio pi schiettamente mistico. La stessa considerazione iniziale della ^^jyy\ per se stessa, che principio interiore di movimento (ttocv yp
il
XY^sia ( T Ss ^zlov xaXv, (yo(pv,OLyy.^y, xal Tiav 6 ti toloutov, 246 e; L8o>7a Si/pvou t 6v yaTia t xalO^ecopouaaTaXr^^y] Tp9eTaL xal euTra^e, 247 d; v tw 6 ecJTLV ov ovtw:; 247 e; olzzIzZc, i^zlv TueStov, 248b; tSoOcrav tyjV' TTic^ TOiovTo; ^a; ... t XY]^ta(; Xy)9-Lav, 249 b; vaxi};acra zl^ t ov ovtco;, 249 e), quello stesso connettivo interiore che gi abbiamo visto costituire la natura del Lo stesso Platone identifica d'altronde quest'ultimo xXXoi;.
con
(250
^f
l'oggetto metafsico
l'espressione
plastica
politica con
0T...
TXo>vTO
Il
b).
supremo: xXXo^SeTOT' -^iv ISsLvXafXTrpv, teXetwv y)v ^jjli; Xyeiv (laxapLOjTaTy^v misticismo di queste pagine evidente e traspare
TtTjv
dallo stesso
realizzarsi
modo
in
ocopia
...
6)
Ss
'v^o^^sv
245
e),
non
'
nel Fedone la sua noumnica solitudine suo dominio politico sull'apparenza che le sottoposta. Ci che non ha anima, il fenomeno, il campo in
in
pone
rilievo
come
dolorosa,
la
ma
il
si
si esprime (11), cercandosi una sfera universale ove manifestarsi (trarr y; ^j;u/y] T.^.-j-zoq eTTifjisXeLTai TOo '];/ou, TuvTa Ss opavv r.zpnzoy.zl) e la cui variet come un suo gioco ed un suo capriccio (X>.OT v >Xo^LSe(Tt yiy^o\L)r): nella sua perfezione essenziale e nel suo x^P^^M-^ la '|/uxv) signoreggia sul mondo intero (reXa (lv ov outra
cui
^uyy]
disattivila
caduta non con una colpa, ma in modo puramente meccanico, addirittura casuale: 7] 8 TTTspoppuTQcraCTa 9pTat (246 e); 7] (Jtv (JtptoTa O^ec 7:o(i,v7) ... Y) 8 tots {xv ripe, tots Ss sSu ... al S 8y) XXat yXtx^i^ai (lv cTracat rou tvco 7rovTai, SuvaroijCTai S uTtojipu/iat ^ufXTrcptcppovTat, TraTOuaat Xkrfkoiq xal rL^XXouaai ... TtoXXal S jroXX 7rTp ^pauovrat
Xp7]aa[jLvy3 XrjOY)^;
xorUTTTepcofxv-/; [it'Zi^fjizogzl t xat Tivra tov x<7{jiov ^loiy.zl, 246 b-c). Platone si trova ancora qui su di un piano
perfetta-
mente presocratico
(12),
7
frase dello Zarathustra nietzschiano si presenta oik portiina ad illustrare la discordanza tra questo passo e quanto Platone dir poche pagine appresso sulla paideia: Die Liebe ist die Gefahr des Eisamsten, die Liebe zu allem, wenn es n^ur lebt {Werke, VI, 227).
(11)
!
orav S SuvaTTjcaoa TTLOTta^ai (jlyj I'Sy), xat Tivt ouvruxia te xal xaxiac; TtXria^zXaoL (iap^v^TJ, [Sapuv^etaa S Trrepopppu7]a7] (248c). La sorte delle anime determinata dalla loro gerarchica struttura metatisica, che si esplica in un agonismo aristocratico e che nessuna inteni5one morale pu mutare. Nel campo dell'apparenza soltanto, dove si applica la moralistica dottrina della trasmigrazione, il merito e la volont buona hanno un peso: v St)
f248a-b);
oc,
Una
(Xvovoc
jioipa;;
raeraXafi.-
Platone parla egli non influenzato in questo punto dalla tradizione orfica-pitagorica, e spiega tale
(12) Del pari presocratico l'amoralismo con cui della caduta dell'anima da questo stato perfetto:
^iCTT[xevO(; (13) Cfr. 249 e: reXou? el reXerf; teXo'Vs^vo?; 249 d 249 e: Traocv twv v^ouotaecov ptaTT) ts ; 250 b-c : v^ouCTi^cov re xal {xuou^svot ... XxXr^poi reXouvTO tcv teX^tv ... yjv wpYt^O(xev xal aYi(xavTOi toutou, 6 vuv oto^a TtOTTTeuovTei; ... xa^apol ov-cec, (punto di vista orfico-pessimistico, nello vo(JL^o(jLev 7tept9povT(; e poco oltre, in 252 d: py^ocov; stile del Fedone); 250 e veoTeXr;(;; 253 a: v^ouatwvTe; ... CTTrep al ^xxai; 253 e: teXety;.
:
...
208
209
rileggendo queste parambigut ellenica. A volte pare quasi, in un elemento trasfigurata costruita, gine che l'esaltazione sia l'unica traduzione possibile architettonico. Il misticismo sembra
si lenta elaborazione filosofica in cui non potranno essere condizioni supreme della conoscenza, che e data allora concretamente vissute. La massima concretezza miracoloj^a della fanun'immagine da poetico, dal surrogato oupavoi) l?o> 7ropu.^~Laai l(TTT;(7av e^ii tcj) tou tasia metafisica: ^ecopoudi -ra S aTc; TTspiysi y] 7rpL9op, ai Se
u[jLV7;r7L xaT' ^''av, per quanto Plavergogni di abbandonarsi al trasporto dell'ispirazione: yzi Se oSs. ToX^ir^Tsov yp ouv t ys X-/;^; eiTTsiv, >.>.oj<; re xal TTSpl X-/i^r'a^ XyovTa (247 e) (14). In questo momento di eccezionale espansivit la visuale erotica acquista, come gi nel Fedone, il suo pi profondo significato metafsico. L'estrema determinazione del reale si riduce al rapporto erotico tra essenze, non pi condannato ad un'incomprensione incolmabile come nell'pY'/;TaL del Fedone, ma fondato su di un contatto
tone
si
di
una
costruiscono
le
^-zi^
<7T<Tac
iSoi>(7a...
si
espande
del prevale'^OTOuopavou (247c). La necessit essenziale sommo del reale, a re r-'cov kcr/aTOc, conduce a questo grado
straziante e contraddittorio questa' dignit pi alta, in cui lo
xal ^ecjpoiicra '7(xXr,^'r^ rpr^zzoLi xyl znoL^ti (247 d; Ep. VII, 341 d). E' questa l'unica volta che l'esaltazione trasporta Platone all' opeia ed all'alterigia presocratica: [jlv-/)
... ^zq cv ^zlc, ZGTl ... T>.C<; YLyvsTaL (249 e) (15). L'estasi non annega in un'accogliente spersonalizzazione, ma fa scoprire l'unica realt divina di tutte le cose (d^zir'jc, Ictti) attraverso l'afTermazione di un'eccelsa individualit divina (^zq ojv). Il prezzo di questa esperienza la solitudine e la derisione: zh(y77.{izv(jr S tcov
7)
TTTcpO'JTaL
ovTOj;
jxvo;
intorno a snoda, chiarendosi ed armonizzandosi si arresta, inil tivo^, lo slancio eroico giunto al suo fine, ^o> cantato e quasi sorpreso di essere il capo ansimante, 7ropu^ioaL l(7Tr,aav, emergendo e levando questa istantaneit (Jvax^^aTa zie, t Sv 6vt(o; (249 e). Con
molteplice
si
una
stasi.
L termina
ruotante
la
-^u/j)
tafisica, e le
essenze
(16).
meottiene la sua posizione nella struttura sforzo, nella le sono tutte presenti, senza
del su-
sua immobilit
xal T:p; tco ^zicd yiyvpLsvoc vou-8-s TZTXi [jzv D7Z Tc5v TioXXcov (b; Tuapaxivcov. Empedocle aveva ai suoi piedi gli uomini e li disprezzava, Platone si sente solo, l'uomo di una civilt che tramonta, e grida la grandezza del suo eroismo: Ivaoum^wv Ss liXr^d^z to^ ttoXXou; (249 d). Questa stessa effusione mistica per ancora dominata dal-
v^S'pojTULvcov fTTCO'jSacrpiTfov
nell'unit Tale compresenza del molteplice essenziale e gi concettualmente, indicibile conoscitivo premo stato del moto iperuranio nella stessa immagine poetica la ciclicit L^ 7rpL9op, 247 e; Co^ v xuzXcp 7] 7rpL9opa (7ip(.yi 247 d) ne un pallido riflesso. L'unica
'fi
TyTv
7:piVyx7],
cit essenziale
(14)
^
rj
[LOLziaroc,
vco,
contiene
Svtco? l'identificazione, gi
oaia
'^^jyr^Q
posta
vuol riferire, come a noi sembra assai pi naturale, t^vx^;? ad oaia e non a xuPspvTjTY]. In caso contrario si avrebbe la connessione piuttosto dura oaia ovtco?, che si ritrova una volta soltanto in Platone (Soph. 248 a; cfr. Peipers, Ont. plat., 30, n.). L'espressione vtco; \)U'/TtC, oaa invece conchiusa in. s, quale determinazione di oota, e sintatticamente corretta. (Cfr. Teichmller D. Pi Fr., 58, 1).
Emp.. 112, 4; 113. L'infkisso stilistico di Empedocle in queste pagine evidente. Oltre ai vocaboli gi ricordati, si notino ad esempio le espressioni: 9^vo? yp '^co ^siou ^opou laTaTat (247 a) e ^earr; vi (247 e), che riflettono la maniera e lo spirito empcdoclei: twv S auvep/.o-jivcov kl ea/arov l'aTaro Netx.oc (36) e vto Scpxeu (17, 21).
(15) Cfr.
brahman,
yp /pcpiaT; Te xal axvj ouaa xuPcpvTjTY) (xvco ^eaTTi dal Fedone, tra dman e
di quel mopur senza tradurre nella sua concretezza l'unit forma del mento indicibile, sia al tempo stesso staccato dalla il quale Platone, da seguita via la infatti fenomeno. Questa
del reale la contemplazione in queste pagine), che cocontinuamente pura essere sensibile, di ogsenza immediata noscenza intuitiva ed possono cosi puri, espressioni delle essenze interiori, che
stabilisce
getti
'^
atteggiamento conoscitivo affiorino vari attegcosa evidente, n occorre documentarlo, dopo daljesto aggiunquanto abbiamo detto dell'Eleata. A ci che risulta ta xpovov giamo la periodicit ciclica di questa conoscenza (iSouaa Anche Natorp, 247 d- cfr. Parm., 5, 2: t^i yp TrXiv i^o^xat a^^i?). in quesia pure dal suo punto di vista, osserva
(16)
Che
in
tale
giamenti parmenidei
PI.
IdeeiiL,
71-72,
ste
14
210
pur senza rkadcrc nel fni>che ulibiaino visto idcn liticarsi nel xa>Jo^, corrisponde quello ometti vo. In Iure (nitro elemento parracnideo), lo splendore puro, inteso poeticamente come forma
di.%tin)$ucrK
211
nclU loro
molteplicttii.
meno. Al connettivo
intcriore,
pi ulta del
mondo
.^cnisitnle.
senxa 9^/10;. Di pii rtorge la fonnula della perfetta politicit, cbe Platone vorr indebitamente tra;!iferire in seguito al campo del divenire: :TpxT?a>v fy.otOTOc :0tc1<v t ^OtOv (247 a). L'ansia dciraspiraxionc qui n<m traspare, n lo sforzo doloro:o. che pure radicati) esseniat mente nel cuore di quegli ogKctli puri:
(247
b).
per rintutivili'i e sottratto ad osnk divenire, condizione supremn ed unica per cui le intcrir>rit;V si possono orilinare in un mondo di pure viitioni. che nello flssit di ci die oggettivato tm^fl^urano in perfetta beatitudine il residuo tonuentiMo delle intimit elle stanno alln loro ba:^e (X^xXy,^ xa ::> xi arpqi^ Kxl ^((lOvx ^Cfiara uiy^O^cvoC t< m ir.fjTzzvW'zt^ vt aO"^ x(hrp^, 250 e: si noti la compresenza in questa frase deiratte^gameoto misticcinterinrc e di quello contempla-
3.
//
Simposio.
tivo) <17).
I^' questo un terzo mondo, distinto da quello del divenire e da quello delle essenze staccate, il mondo delle idee degli dei contemplanti, l'na doppia comunit, di oggetti e di soggetti
come molteplicit di elementi disgiunti che plastico deve arnionixxare e ordinare politicamente, l/articolaxione degli oggetti qui la:sciata da parte, I soggetti
puri, 5i presenta
Tistinlo
pari appaiono invece ordinati in una 7:>.ic divina, in una coSinica convivenza di stile prestM-ratlco. in cui il lo(fos apollineo di ogni oggettivit ed espressione stabilisce untare fu (Ze>; ...
x/. t ^i(it<^*Vcvo:i 246 e) e armonlxia ugni elemento xx-r T$w ^v Ix^*5tOc CTaxflTO (217 nK In niesln necessit oggettiva rimane tuttavia rimpuiio leirintima spontaneit primordiale, e il /r/^iM si traduce in una gioconda vitalitik apidlinea. in un'esistenza danzante, un /op^;
Viene |H*r Platone il momento di piena coinposlesia espre^* Nel Simpfjso non rimane traccia di slancio senza manifestazione n residuo incomunicabile. L'inadeguatezza dcirarte alla lllosoflsi qui colmata, e riminediatexza artistica non miuIkiIo. ma s*identilica con la pi profonda e totale verit tiloaolca. Tutto ci non signitka naturalmente unVfTettivn ira^miv. sione di tale verit: rimportante per Platone che questa volta la vrrit:^ f contenuta per intero neiropcra. per cJii sa trovarla. Concreto e sereno cofne nel Sm^aio egli non li> sar pi, perch qui Mdtanto raggiunge il suo fragile punto di equilibrio, e dovr in seijuit< fatalmente scemlere la china deiraslraxione. Dn miracolo del genere unico nella storia dello spirito. Tutto detto nel SimprAsio, senza che nulla venga detto. Che
siva.
una tale qualit di vita hv ^Xotyjr^lcf, x^^vcii sia stata real* nenie viss^ita e rappresentata, non soltanto una consolazione
per flosotl venuti in seguito, ma per lo storico dovrchtie rappresentare un elemento di valore incomparabile nel sm giudizio deJrambiente grecai, Pd Immc^liatamente ci ntere%xii ora la (llo&aOn di Platone, che per la prima vidta in questo dialogo ridotta a si^etna compiuti!. II Simptida Tunica delle grandi opere di Platone vera* mente organica: Il Fedone^ l Fedra, la liepubbfictu il Teeteta sono aerini a pi riprese, rivelano delle cfmlmddixloni, lasciano scorKere cbe La tura compaslilone dovuta a un tnivogllo prolungalo. 11 Simpatiit invece unitario e appartiene al periodn di niaulma creativit il pi felice della sua vita. L'anteriore )^Capui|A/iC la tendenza cio a cercare la verit ultima nelPintimit^ individuale, colta in un le^lhLpfi/i^ ed in una lsuj che la isolami e la stocrann dalTumaniL cede 11 terreno nel Siai[M4u
i
(t7> Questo pAraltelhmo fuiuioBalc tr^ )cX>/^ e (che. a P*rtc il riferlmcntu c4iirrCo e particolare allo si;uarilo. ufjnifica per l'appunto nel <lialoj;<i <|iicxU forma deirintuitkvlt purji) e *aft-
4^
7
che lo 9tno parallclUn^ tra w^ix (che abbiamo dello Idcntilicurti nel Fedro eoa xdAc) t ^c^ riconip;i nel passo pia nnlslloo della HepathNka (S4tta.5(^b). Qui iicr il ?ii^lrma platonico, ormai elaboralo e erlBlalliuaii> rf>ncyUul mente, mi pi-rmrttv pi Tambigult^ per <ui nel Fedro xi laieia ad ovata ed a x>if>c il iloppio sifniAcoto di puro oiu:e<eo Miiiwrvalissinio della eontrinpiatiunc t di esMOiziBlc co, oettivo intrriorv: IVIemento proprian^ralr noiiniiuiiro vU?ae d'stipt
I
la
mirvtvCik r
W ^^
*9a^
Li'?
213 21
V.
^'
Fedone termini rappresentativi, sistematici, razionali. Nel indiad usate principio da erano xojpL^eiv -/copiafxi;, le parole processo care non una distinzione oggettiva della realt, ma il L'esindividuale di liberazione dell'anima da ogni mediocrit. viene chorisms, del risultato dell'anima, xa-B-'auT^ sere aTY]
in
il
dimostrando sviluppo platonico la cosa molto interessante, verso il 385) scritto dialogo (il quarantina la che poco dopo filosoe all'ambizione politica, ma il filosofo cede all'illusione avvertirsi nel dificamente l'interesse dell'opera comincia ad principio supremo del scorso di Erissimaco. Eros diventa qui il dirapporto che stringe assieme la presupposta
fenomeno,
il
Fedone, a
di individualit separate, venza. Questo introdotto invece nel Fedro, dove l'essenza suprema la coordinatrice delle idee in una sfera superiore di in cui politicit: sussiste quindi un chorisms fondamentale,
-^If 7
per
tivo.
da connetL'individuo superiore non pu vivere politicamente che assieme agli dei ed alle idee nella polis iperurania; quando per vuole con l'eros farvi salire un altro, vede invece se stesso costretto a ridiscendere sulla terra. E' questo il passaggio che si fa nel finale della palinodia del Fedro; nel Simposio troviamo
altro l'impersonale essenza interiore funge altres
oOai, 180 a). Si tratsparit originaria delle cose (v tzcgi tolc eracliteo, come dello quello simile a ta di un concetto assai pone in evidenza del resto era cosciente lo stesso Platone, che Eraclito perfettamente a mezzo del discorso uuia citazione di in genere viva l'ima proposito. In quanto dice Erissimaco Eraclito e inpostazione presocratica: accanto all' p^iovia di
fatti
(si nominata la xpocat^ (188 a) parmenidea ed empedoclea Senonche, in veda anche il caratteristico xupepvocTat, 186 e). empedocleo ritroviadel TTXsfXO^ eracliteo e del vslxoc;
luogo
mo
u[3p0)(; una forma degradata di Eros stesso ( (j,T t7(; tendenza platonica a "Epwc, 188 a), il che prova da un lato la
una trasformazione quasi completa. Venendo meno anche quello il chorisms dell'anima, viene attenuato in parte delle idee che, come abbiamo visto, non ne era che l'estensione. Si forma quindi in Platone una concezione metafisica e politica notevolmente diversa. Mentre sin qui la rinuncia alla politica umana l'aveva portato ad una netta distinzione tra vita volgare e vita ideale, in cui soltanto possibile una convivenza con individualit senza u^pic;, con il Simposio egli introduce nella realt una scala di perfezione che giustifica ogni grado. Con questa nuova concezione ritorna possibile una politica umana: Veros che gi nel Fedro accennava a mutarsi da contemplativo^ in educativo, inteso chiaramente nel Simposio come mezzo politico di educazione, e diventa non soltanto rapporto tra due persone, ma sentimento che tiene unita la
gi avvenuta
ridurre
della realt
termini di attrazione, come gi si accenil prevalere di un'interpretazione principio strutturale moralistica del mondo, che condanna un di introducendo cosi una graduazione metafisica
la realt
in
e dall'altro
la
massima pro-
^.
non pi semplice fondit filosofica del dialogo. All'eros che ritorna ad essere connettivo ed espressione di un rapporto, ma analogamente al Fedro come interiorit vitale, non
concepito
spetta
neppur
sotto questa
si
forma una
realt assoluta.
La
tra-
scendenza platonica
trova qui approfondita: il molteplice insulla personalit metafisica cede ad fondato teriore essenziale non pi indiun molteplice ulteriore ancora determinato, ma tendenza invidualizzato antropomorficamente come unilaterale
teriore.
Il
comunit.
Esaurienti sotto questo punto di vista sono
l'eros platonico
le
indagini sul-
per una parte soltanto del Simposio, e quella meno rilevante, contenuta nei primi discorsi, di Fedro e soprattutto di Pausania (18). Per lo
di
Stenzel:
con ci
si
tratta
ri
V
colo
414-5). Tale idealit, che (cfr Burckhardt. Gr. Kultces., IV, II, 40), non costiaveva un carattere religioso (cfr. Kern, Rei. ci. Gr. lo riassorbiva in se tuiva il superamento dell'elemento fisico, ma nel tedro come trascurabile: il dissidio diventa palese in Socrate, /mposio mediocre nel Simposio senofonteo. Il
(18) L'intepretazione complessiva di Stenzel, PI. ed., tr. it. 163201, infatti dominata da questo punto di vista unilaterale. Del resto la pederastia greca, espressione della societ aristocratica del VI e del V secolo (n.on gi fenomeno specificamente dorico, cfr. Beloch, Gr, Ges.2, I, 1, 407-8) cominci a perdere la sua idealit nel IV se-
'iv
platonico e in forma l'estensione dell eros alla platonico, e ancor pi la Repubblica, con fondamentale della pederadonna, tende ad annullare la spiritualit dovettero scandalizzare come stia greca: queste opere platoniche opposta a democratiche e decadenti. Questa nostra valutazione e quella fiata da Stenzel, op. oit,, 142-63.
I
215
214
dai contatti di tali tendenze interiori. La nuova realt compiutezza, sovrabbondanza di potenza, e quindi anch'essa riducibile in termini d'interiorit rispetto a cui Tessenzialit
\h
Dopo
Agatone
il
e la
mediocre discorso d Agatone, il dialogo Socrateprima parte del seguente discorso di Diotima ci
dell'amore e del desiderio viene abbassata ad apparenza. Quella pi alta potenza ha una complessit noumenica interna, la cui
determinazione come sovrabbondanza d'amore possiede il requisito dell'indipendenza spettante alla realt in s, requisito che nessuna interiorit di una certa tendenza, che significa mancanza e relazione, potr avere, e d'altro canto, contenendo il pi profondo significato erotico del mondo, giustifica le interiorit amanti come suoi componenti e d un senso alla realt temporale come esplicazione di questa complicazione metafsica.
Quest'arduo contenuto filosofico trova la sua espressione nel mito di Aristofane. La trascendenza interiore pyjxiOL (pxGic un oXov, ha cio la complessit unitaria che racchiude dei componenti. Tale (pxnic primordiale attingibile per quanto trascendente, risultandone determinata la natura interiore dalla sua affinit con Vrros personale componente (tou xoivoO TfjLT^fxa, 191 d; T(JL/ia, 191 e; zi- to otxetov, 193 d); la sua potenza selvaggia, tracontante e dionisiaca (rr^v l^t/v SsLv xal TY]v pa)fX7]V, xa r 9pov7j[xaTa fxsyaXa sl/ov, iizzy/ipr^aa.v Ss
della realt. Il riportano alla visione moralistica e teleologica piramiconcezione la introduce tXo^; porre V ya^v come decisiva nella stona dale del mondo, che segna una svolta mediazione orizzontale dell'eros di Erissimaco
della filosofa.
La
verticale del qui sostituita dalla mediazione non pi coesistente su un piano si differenzia in un molteplice disposto su una scala di valore morale risa5uvv,
il
Sai^cov:
reale
come
ma
Diotima ritorna alla connon tanto la xpocai; presuppone che siderazione orizzontale, L'oscura, interiore, di Erissimaco quanto 1' 6Xov di Aristofane. nell'astratta arnon qui manifesta si 9U(n; p/^ta metafsica neirespressione ma componenti, i monia che lascia sussistere Toxot; immediata e sopra-personale del xxo^ v xaXco. Il adeguata dell' oXov, del contatto metafsico che
l'espressione
la radice ultima delle cose, e xaXv nel mondo dell'espressione la qualit
per l'appunto
si
chiama
suprema
'}
teriore.
il
ToZ^ -B-eoLi;, 190 b; dc<TXYaivi,v, 190 e). Qui sta il segreto pi profondo della vita, che nessuna categoria e nessun finalismo pu dominare: XX' XXo ti PouXofivr^ xaTspou
y;
6 o SuvaTai zlr.tlv,
XX
[lolvzzuztoli 6
a,
pouXTai,
xaXv la manifestazione dello ^uvv che condiziona del Socicontatto delle essenze interiori. In luogo dell' vScia tXewv re si ritrova qui la sovrabbondanza dell' 6Xov: (jLCov, vtyvUai xal eu9paLv{JLvov Sta/etTai (206 d), ed un po' oltre dionisiaco 11 (209 b). i}>u7> ^SLo:; wv T-^iv ... yxupiwv fi oggettiva: ... aTrypywvTt pi forma in una ritorna dsXyaiveiv
ttoXXy)
7)
255 d)
(19).
TiToir^Gic;
TcoXueiv
tv
xaXv Sia to
(xevXYjc
wSivoc
Lo spirito e lo stile del discorso di .Aristofane risentono evidentemente influssi presocratici. Cos eTriycptov, usato nel senso
(19)
il
termine ca-
189 b: cfr. Emp., 62, 8; cfr. Parm.. 8, 4; 38; Emp.. 2, 6; l'espressione zoiQ (xXeaiv 7repi8(x.vot 190 a, che ricorda lo stile empedocleo; l'espressione tz* a/vi xuxXoTspEt, ofjLOta rvTy), 189 e: cfr. Emp., 27. 4; 45; Parm., 8, 22, riferimenti notevoli anche per il contenuto, essendo attribuiti questi termini all'espressione della realt ultima, cio allo sphairos e all'essere.
di
T)
l'accostamento d'un passo in 191 a eTreiSr) ov exacTTOv t riyna^j t aurou ^uvfjei, con due frammenti empedoclei, il 63 dcXX SiaTTaaTat [i.eXwv 9u(n?- i] [ih v ySp?, ed il 64 -rw 8' erri xal tz6^oq zXai 8i 6'^io(; [i[Li[ivf,ay.ov. La derivazione stilistica e il parallelismo della costruzione sono tanto evidenti da rendere superfluo il commento: il mito aristofaneo doveva quindi trovarsi prefigurato in Empedocle. Gi Diels ha colto perifericamente la relazione tra queste pagine del Simposio ed due fram
:
Ancor pi notevole
Stya
(faic,
T|xtq^73, ttoO^ouv
parole aristoteliche che introducono il raffronto posto da noi risulta fr. 63, e 1' fxpLi(jLvf,CTXcov del fr. 64. Dal attribuirsi a cpuot; tra l'altro il significato di essenza noumenica da si era scelto nel fr. 63 di Empedocle. Dato il contesto frammentario Senonch, sinora il significato di origine offerto da Aristotele. quanto poco ci si possa fidare di quest'ultimo a proposito dell'uso accerpresocratico di piSot? lo si pu vedere dal fr. 8, 1, unico caso origine , dove tato in cui cpoi? abbia per Empedocle il senso di tale siAristotele (Metaph., 1014 b 36) fraintende grossolanamente conosceva gnificato. Nel caso del fr. 63 Aristotele, che evidentemente si pento l'influsso esercitato su Platone da quei versi empedoclei, non suddetti frammenti di servirsene in materia di embriologia. I due
tra
le
quanto riguarda riori dell'Agrigentino su Platone, in particolare per nel Fedro, e fors'anche in genere per la dotla teoria dell' o^^ii;
trina dell' vpLV7]aic.
empedoclei
ci
di
influssi
ulte-
216
217
\r
Senonch, essendo con il txo^ v xaXw ridotto totalmente in termini espressivi il noumeno, si perde ogni traccia di/copL(T[Lq concretamente la cosa suggellata in 209 b, sv Ivtuysvvaia xoLiz\)(puzi^ 7:vu Sy] cTTrCsTai to ^uv7.71 ^^yff ^^'^^T >^^-t a(jL9Tpov e si riprende la considerazione verticale, che sola nel campo ormai puramente rappresentativo pu giustificare una graduazione di valori. L'adeguazione pi o meno perfetta al tz'Koc, morale oij St] svsxsv xal ol 'fjLTrpoC^ev tzlvtzq Twvol -/jcrav, 210 e) costituisce un completo ordinamento gerarchico della realt ideale, ridotta a pura rappresentazione. Per la prima volta Platone ha qui costruito un sistema. Dalla procreazione fsica traggono la loro realt le idee delle specie viventi, da
contecedenti si concentra ora nella realt suprema: qui dominer in nuta l'origine della speculazione teologica che della chiusa seguito la filosofia. Si spiega cosi la paradossalit Ambiguamente Diotima. di discorso del scomposta entusiastica e Platone introduce il passo senza far mostra di sopravalutarlo, Una donquasi seguendo la necessit architettonica del dialogo. pi facile al trasporto, e pu darsi dica anche delle cose
na
serie, se
non
la si
prende
alla lettera.
Che comunque
ci si trovi
mettere qui nell'ambiente della conoscenza estatica non si pu onestamente in dubbio. La bellezza contemplata non ha ne viso,
quella
virt
xar
ttjv
<J^u/7jv
le
politiche.
A produrre
la
Adattato all'approfondimento filosofico, ritorna il tema del discorso di Pausania: questo di Platone un sistema politico deHa realt (20). L'^avacria,
Veros giunge
attraverso
xaXv ne mani, n alcunch di sensibile. La determinazione di si tenta una appena non senso di vuota diventa data alla verit descrizione, e rimane l'astrazione mistica dal sensibile: auTO xar ai)T, [JLsO-' auToCi, iiovoz'Mq, sl 6v (211 b). I dubbi di Diotima che Socrate possa seguirlo sino in fondo per l'incomunjcabilit
delle
che un tempo era la qualit della staccata interiorit individuale, qui un carattere desunto dal fenomeno. La realt delle idee pura rappresentazione, spogliata di ogni contingenza ^ sottratta alla condizione del tempo, non altro se non questa -^-avaata, (aggetto puro di contemplazione. L'interpretazione dell'idea platonica di Schopenhauer, a torto ignorata dai critici, si applica pienamente al Simposio ed alla Repubblica, ed in certo senso gi al Fedro, nelle pagine in cui prevale la considerazione oggettiva
Il
210 210
a),
e),
la
il
sue dottrine (r.zipi ^k znza^y.i, 7.^ oVjCtz riQ subitaneit attribuita alla visione suprema (E7.19Vt^c;, rifiutare alla conoscenza del xaXv ogni carattere ra-
oS Ti;
7r!,(7TY][jL-/],
211
a)
non fanno
che confermare
la
stessa cosa.
Affiorano in questo folle ditirambo, cui Platone non d valore dogmatico, ma musicale, e che in questo senso per non dir poco oltre Alcibiade: lui qualcosa di molto serio xxolv6)V7]X7.t t?^; 9{,Xoa90u [lyviy.Q-zz xal pax/etac; TrvT?
yp
(21).
t^8y]
tuttavia, per assolvere alla sua funzione di rXo^, dovr possedere una trascendenza. Un altro valore oltre a quello sopra toccato viene quindi a spettare al xaXv. Il /copL(7(i,^ interiore e pluralistico dei dialoghi pre-
motivi dell'antico pluralismo (pXeTiwv iipc, ttoX (218 b)? t xocXv ... XV ZTz T TToX TrXayo^ TZTp7.[i\izvo- tou xaXou, 210 c-d), che dispersione artistica ed esultante nell'intimit staccata delle cose (vTau^a tou ptou ... ziiizp tiou XXo^t,
pLWTv vB-pcTTCo, -S-swjJivw aT T xaX^^, 211 d), dato che la contemplazione estatica del xaXv pur sempre contiguit, comunione e contatto di essenze interiori, come nel Fedone, nel Fedro e nel mito di Aristofane (XX -B^ea^ai (jlvov xal ^uveivai,
211
d).
(20) Nou si pu giustificare altrimenti che con la j^reponderanza dell'intento educativo il fatto che il processo conoscitivo venga spie-
gato come un'ascensione al misticismo attraverso l'amore e la vita politica, mentre abbiamo visto che la concreta vita spirituale di Platone segu il cammino opposto. Per costruire un sistema politico efficace Platone non espone il proprio processo interiore, ma ne fonda uno oggettivo, basato non sullo slancio individuale, ma sulla razionalit. La stessa astrazione si nota nel metodo educativo, in 210 a-b, dove si esorta ad amare prima un corpo, poi pi corpi, e in seguito le anime.
(21) Cfr.
I,
Bergmann),
427 sgg.
(l
CAPITOLO X
Spegnersi di
un mondo
..^i*^.*>*'-
li
1.
//
Parmenide
indivi-
duare
ad Nelle nostre ricerche su Platone ci limitiamo Dopo la pubblicae ad analizzare dei punti nevralgici. suggellato. Plazione del Simposio, il destino della filosofa rassegna all'edutone cessa di lottare sul piano presocratico, si raziocazione ed alla politica, e quel che peggio, si serve del
costruttivo. nalismo dell'epoca illuministica come di un mezzo Con ci l'interesse che ha per noi Platone verrebbe meno e potremmo senz'altro far punto. Nella produzione posteriore esiParmenide, uno scritto ste per ancora un punto nevralgico, il che cosciente della crisi, nostalgico, profondamente ambiguo,
pur muovendosi
sul
delle
del connessioni astratte. Un'analisi accentrata sulla prima parte dovendialogo d la chiave per comprendere l'insieme e pur formale, dosi limitare alla convenzionalit speculativa soltanto problemi, mette in luce l'autoin cui ormai Platone presenta delle critica retrospettiva, con cui il flosofo svela la povert
i
soluzioni dottrinali sperimentate nel tentativo di cristallizzare ed oggettivare con efficacia politica la vita indicibile della prima
giovent.
Il
Parmenide
tiene
del
interiore,
passato, di cui riconosciuto valido soltanto lo slancio rappresenta un giudizio anticipato dell'opera di ulteriore e pi grave compromesso, che Platone vede sin d'ora
prefigurata dinanzi a
lettica
?
s,
immanente,
in cui
interiore.
alcune Il dialogo si rivela sin dall'inizio interessante. Dopo schermaglie tra Zenone e Socrate, quest'ultimo giunge rapida-
.^y
222
'
223
mente ad un'importante affermazione: v 8 tic, ... TrpwTOv (xv ^lOLlpT^Ty.l yoipc, aT xa9' auT Ta slSt) ... eira v auTOi^ TauTa
^ijv[jLva
Ir
<iUYXpvv'j<7.S-aL
...
[Ly7.i[lr^^
v Vcoy
(129 d-e). Non sono pi i rapporti erotici tra essenze interiori che interessano Platone, ma i vincoli tra concetti, un'architettonica razionale che non esprime pi alcuna vita. Tale per l'appunto sar il tema del Sofista e del
0a'j[jLaorTCo;
del fuoco e dell'acqua, ed infine nega recisamente vi siano idee del capello, del fango e del sudicio (130 b-d). Con quale criterio dunque viene ammesso che di alcune cose vi siano idee e di altre no? Le idee concesse senza discussione costituiscono
due gruppi:
le
potremmo chiamare
Politico,
che evidentemente
il
filosofo
ha gi in animo quando
queste pagine. Senonch: tuoX'j {JivV av oi^z (jiXXov... ya^rB^sir^v, conclude Socrate, se qualcuno fosse in grado di estendere alle idee Vaporia che Zenone ha prospettato per le cose sensibili. Orbene, proprio questo avverr nella seconda
scrive
si giunge ad una considerazione particolarmente importante per l'interpretazione complessiva di risultati conseguiti nella Platone: egli valuta maggiormente seconda parte del Parmenide che non tutta la costruzione gno-
i Pitagorici, la cui speculazione era essenzialmente rivolta appunto ai concetti di unit, di molteplicit e di uguaglianza; ma come potevano tali concetti esser assunti in un'unica teoria accanto alle varie virt, sulla cui definizione aveva disputato Socrate, quando la speculazione pitagorica e socratica non avevano nulla in comune? Il punto d'incontro secondo la critica pi recente sarebbe costituito dairelemento formale dell'intuizione matematica e dei concetti etici (1). Ma questo non pu costituire di
seologico-metafisica del gruppo Sofista, Politico e Filebo. L'interpretazione infatti del passo preso in esame non permette altra conclusione: anche la tesi che il contenuto <Iel Parmenide sia ironico da cima a fondo deve per forza cadere, perch a
:<,
f,
supporre non seria l'ammirazione rivolta a colui che riuscisse a dimostrare quanto sar in efVetti dimostrato nella seconda parte del dialogo ne conseguirebbe una valutazione ironica della dottrina del Sofista, ci che nessuno si mai immaginato di fare, dal momento che uno stesso genere di ammirazione, in due gradazioni ditTcrenti. viene manifestato rispetto ad ambedue risultati. Osserviamo ora che la conclusione del dialogo assolutamente negativa e scettica riguardo alla possibilit di i^na conoscenza razionale. Ci risulter ciiiaramente in sei
guito:
dunque giudicata
in
precedenza come appartenente ad un livello speculativo inferiore. Il S(yfista, per quanto vicino, posteriore al Parmenide: a meno quindi d pensare che motivi pratici abbiano spinto il filosofo ad una posizione di rinuncia e di compromesso, risulta <lillcilc comprendere come egli abbia potuto indursi a scriverlo, quando gi l'aveva superato con il dialogo precedente. Termina cosi la breve conversazione tra Zenone e Socrate, e sottentra Parmenide ad esaminare la teoria delle idee. Socrate deve (lire a quali cose egli ammette corrispondano delle idee. Riconosciuta l'esistenza delle idee della somiglianza, dell'unit
e
della
molteplicit, e
si
inoltre
della giustizia,
a
del
bello e del
buono, Socrate
quelle
dell'uomo,
questione eoa un comjromesso, suppotroppo allontanato nella fase giovanile suoi predecessori, ed abbia unificato in il punto di vista pitagorico e quello socratico. Egli avrebbe esteso alle idee matematiche il concetto caratteristicamente greco e socratico dcWaret, come specifica essenza e capacit di ogni cosa, ed avrebbe ritrovato nel giusto e nel bene d Socrate la scoperta dell'universale nel singolo, proprio dell'intuizione matematica. Senonch, da un lato non riusciamo a comprendere come si possa riscontrare nWaret ad es. nell'idea della molteplicit, senza falsarne del tutto il concetto, e d'altro canto ci sembra che Socrate, quando parla di giustizia, non pensi ad una singola azione giusta, dove si pu ritrovare l'universale, ma si riferisca sempre ad un'interiorit e non ad un'azione. Da tale interpretazione risulterebbe un eclettismo :ion troppo felice di Platone: per dare alla sua teoria delle idee la vitalit che essa possiede, egli dovette considerare i due suddetti punti di vista non gi come germi di una dottrina da elaborare, ma come un riflesso divulgativo di una pi alta esperienza. Con l'interpretazione* dell<j Stenzel non si capirebbe a sufficienza la separazione delle idee dalle cose, che essendo la sola determinazione generale data loro con nettezza da Platone, dev'essere il punto donde si deve partire per comprendere a fondo la teoria stessa. Al principio del passo che stiamo esaminando, proprio la prima domanda che Parmenide rivolge a Socrate stabilisce nel modo pi chiaro il chorisms /coplg jxv siSr] aura aTTa, xcoplc S T toutojv jJj [i.T/ovTa (130 b) Stenzel rimprovera a Xatorp di non giustificare la separazione delle idee, senza per altro chiarirla egli stesso molto meglio. Pu essere spiegato il chorisms semplicemente dalla tendenza del fdosofo, per cui le idee nascono solo con l'individuo, di afferrare la forma per s sola e non attaccata al singolo oggetto? (Stenzel, Stu(1) Stenzel ha risolto nendo che Platone non si da quanto avevano detto una dottrina comprensiva
la
sia
i
224
Platone per s solo l'idea; come s giustiricherebbe allora che indiproclarni apertamente ancora qui nel Parmenide l'assoluta pendenza e separazione delle idee dalle cose? E' certo poi che formale: Platone non aveva chiara la distinzione dell'elemento quella moderna esclula matematica greca non costruita come noto sivamente a priori, ma legata all'oggetto singolo. Com' materialit. Pitagorici attribuivano al punto ed alla linea una i priori; Per Kant anche la conoscenza del fango fondata sulTa
distinPlatone invece dinanzi a un oggetto sensibile non sa due aspetti della conoscenza e pone da un lato guere bene negativit, il fango ci che ai suoi occhi si presenta ctmie pure entra qualcosa di cui in oggetti gli dall'altro ed il sudicio, e in cui intuitivo, che gli ricorda le idee. Tale aspetto intuitivo, vengono unificati socratismo e pitagorismo, si potrebbe dire consuo trascendentale: esso conduce al trascendente, la il bens dizione del suo manifestarsi, ma non un lato formale,
i
trascendentale ha la stestamente commista. Questo particolare gli interpreti platonici che tanto sa natura del trascendente, pur sempre sehanno confuso i due momenti, ma ne rimane non legata dunque L'idea chorisms. del dall'abisso parato con il singolo oggetto, ed e in nessun modo con il fenomeno,
riconducibile piuttosto al noumeno kantiano. giovent platonica Per indagare per cosa sia l'idea nella riflesso nel fenomeno. occorre comprendere la natura del suo kantiano, essere, come abbiamo visto, Va priori
concretezza dcWente15). Questa forma, che mancherehbe della metafsico lecheia aristotelica, non pu avere un valore sostanziale e come lo stesso Stenzel ammette che ahhia. Insistiamo dunque sul vhorisms e vediamo come Platone si esprime nel Parmenide: xal ti
clien,
COI
8oy.zl
posseduta (lao h), che cosa pu mai essere la somiglianza da noi matematica del nella conoscenza fenomenica, se non quell'intuizione (Il fatto singolo che Stenzel farehbe coincidere con; l'idea stessa? a Natorp, si accorda poi si che Stenzel, con tutte le sue critiche vada ricercata in fondo con lui nel ritenere che l'origine dell'idea interpretazione in nella scoperta dell'a priori, pur esponendo questa un modo pi aderente alla posizione storica di Platone). Se invero supPlatone parlasse dell'uomo e della sua idea, si potrebbe anche della porre che egli avesse di mira l'opposizione tra il dato materiale sensazione ed il lato formale della conoscenza. Kgli invece riluted etiche, tante ad ammettere delle idee oltre a quelle matematiche gi insito in ci che oltre a quelle cio in cui l'elemento a priori
dvai aTy;
\ioi'r,^
y/opk
'^^
'^il^^'''^
jxoitt^to? '/ofxev
...;
Questo non pu per s sola, perch non si e neppure l'intuizione matematica giustzia e della giustiicherebbe allora la presenza di idee della manifesta nel fenomeno e bellezza. Il carattere comune che si viva ed essenziale, ma rivela l'idea dunque un'interiorit L'intuizione matenon pura, perch legata all'oggetto singolo. applica ad un matica un atto immediato dell'anima che si cui numero e in geometrica tgura una rapporto numerico o ad che Socrate chialgura sono qualcosa di tangibile e visivo; ci riferentesi mava giustizia non era un'azione, ma un'intimit un'interiorit, intuiad un'azione. Dove Platone riscontrava considerarla come zione o sentimento che fosse, era indotto a nel Parmenide si cui con criterio il Tale traccia di un'idea. riguardo giudica degli oggetti che ammettono un'idea. Il dubbio b- 107 b, all'esistenza dell'idea dell'uomo ricorda il Fedone (102
cfr. la
considera l'interiorit essennel mutevole, si pu idee del fuoco e sulle L'esitazione staccata. l'idea ammettere questi ele(lell'acqua deriva dal duplice modo di considerare come aspetti menti, come bruta materialit o presocraticamente un'idea a vitalit eterne. Del pari il ritnto di concedere
nota precedente): solo se
si
anima immutabile
di
cose
possibilit
Platone dice fenomenico e separato nettamente dalle idee. Quando che qui bene cu noti i)ene (si non yo[LZV vsi iLOirr-o- s/o^sv Platone dice X^Pk tm^ o[LOirjrr-rjIq "^-1^^^^ X^9^^ '^i^ Fedone: o [xovov egli non dice neppure T uLoZa; cos pure nel t sIT [lyzQoQ ... XX xal ' v r,idv [itfzQoq 102 d; [xt] [lvov aT ty;v xsivou \i Soc ... XX xal aXXo ti, 6 san y.kv oy, xcivo, yzi puro al semplicemente 103 e) non pu accennare tV oTavrep fj, della dato materiale della sensazione, perch non vi sensazione somiglianza. Senza voler insistere sul fatto che Platone abbia prepocorso Kant con la distinzione di un elemento a priori e di uno a sue steriori nella conoscenza, senza dubbio occorre riconoscere nelle dottrine qualcosa che corrisponde allVi priori kantiano, ed in cui l'intuizione matematica entra certamente per buona parte (cos limitate le ricerche di Stenzel sono utilissime).
fango si spiega con l'apparente imil riscontrare in esse un principio di interiorit. a Notevole quanto ribatte a questo proposito Parmenide^ Socrate: voc vp zi zzi ... xalouTTw crou ixvTz'0-r^T.zc/i 9LXo(T09La, oSv auTCov <x-i[Ly.nti<;' oj; 7i vTiXr/VsTaL zaT cfJLViv Scav, ot
come
il
capello ed
di
vriv
trarsi
Y]XLXLav S ti -pc vi>pc7:cov TrofiATTSi- Sca- Sia rr.v non evidentemente un accenno e). Tale' dichiarazione dovrebbero sotalla futura teoria (lell'idea-concetlo, cui non logicamente neanche questi oggetti vili (2). Parla qui
(130
testo per escludere tale (2) Basta una considerazione attenta del sarebbe qui riferimento. Anzitutto la riduzione dell'idea a concetto
15
mm
Mwpii<wi'ii
iii
2^6
piuttosto il Parmenide storico, che sa ritrovare anche nel sue con ci Pladicio un'interiorit; egli ammonisce Socrate tone confessa di aver seguito talvolta, sulle orme del maestro,
227
rienza interiore. Quando viene a contatto con le brutture del riesce pi a ritrovare in esse per cos dire la verifica dell'interiorit essenziale, che nella sua conoscenza entusiastica aveva ritenuto universale, ed portato ad un pessimismo assoluto. Platone vicino ad uno di questi momenti
mondo, non
un'idea troppo convenzionale d'interiorit, ponendo delle distinzioni etiche ed empiriche nel principio noumenico della realt che il vero filosofo sa trovare un'eternit pur nelle cose brutte, se in grado di considerare ogni oggetto intuitivamente sub specie aeternitatis. Riportiamo ancora un passo, ri-
quando scrive
sofo,
il
accostandosi
Parmenide. Concludendo, ogni volta che il filoun oggetto empirico, sia esso cosa od a<l
suo valore profondamente rivelatore deiraninio platonico. Non appena Socrate ha ricusato di ammettere un'idea per il capello ed il fango, soggiunge:
masto inosservato
ai critici nel
intuizione matematica, sentiazione, vi ritrova un'interiorit spontanea e mento morale o spunto di fantasia artistica
'ffir^
xatsOpa^S
Siy.oOapco
LLY]
TI
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TTSpl TlvTCOV
[xyj
TaUTOV
ETTElTa
izo-zztic, tlv'
puGov
^X'jocpiav
[j,7rrrc.jv
La confessione romantica
la
a priori, nonostante i suoi riferimenti ad altri oggetti empirici ed il legame al mondo fenomenico, pu considerarla come il segno dell'idea corrispondente, che sta al di l dell'oggetto. Questa idea, abbiamo visto prima, esprime il noumeno, spoglia di qualsiasi attribuzione fenomenica; poich per alla sua
Non
vale davvero
la
maschera.
L'equilibrio degli uomini che manifestavano misuratamente la loro ebbrezza non pi in possesso di Platone. La preoccupa-
zione di celarsi ad ogni costo gi un segno di decadenza e l'anima si dilacera sino a prorompere talvolta in modo urtante. Il dubbio stesso, non come posizione metodica che precede la conoscenza, ma come terrore del nulla che scuote le convinzioni gi acquisite, un tipico sentimento decadente, ignorato prima d'ora in Grecia. A parte queste considerazioni, il passo citato
conoscenza si giunge proprio attraverso l'interiorit legata al fenomeno, questa particolare specie di a prori deve possedere un'intima parentela con l'idea ed averne la stessa natura, sia pure in un grado di perfezione inferiore. Tutto ci richiama passo poco sopra ricoril il Fedone, sia per quanto riguarda dato quanto per l'affermazione, di cui del pari gi si discusso, che all'idea si giunga partendo dalla conoscenza sensibile. Si pu inoltre dedurre da quanto si detto che l'idea esprime ancora un'interiorit, ma pura e suprema, senza alcun
riferimento ad oggetti del
mondo
fenomeno
staccata:
la
dimostra che se l'idea fosse un risultato ed un possesso razionale, la constatazione dell'impossibilit di estendere il suo dominio ad alcuni oggetti del reale non avrebbe dovuto condurre Platone ad un dnl)hio tanto universale da coinvolgere anche le indiscutibili idee originarie. Evidentemente egli invece considera le idee come un'ipotesi, traduzione espressiva di un'espe-
i
..1
dall'artista
dallo
scienziato,
la
presentata come uno scopo da raggiungere, il che risulta assai problematico, dopo l'esame fatto sopra del passo di poco precedente in 129-d - 130 a, e tanto pi problematico poi in bocca a Parmenide, che distrugger nella seconda parte del dialogo la validit oggettiva dei
concetti. In secondo luogo, l'esortazione di Parmenide non di cambiare radicalmente la via di ricerca, ma di approfondire quella iniziata estendendone il campo d azione: per contro le idee, quali sono prospettate in questo passo, sono basate completamente sul chorisms e non hanno quindi assolutamente nulla in comune con
seconda spetta al filosofo soltanto. Pu apparire a prima vista strano, data tale interpretazione, che Platone talora sembri elfettivamente identificare la conoscenza dell'idea con l'intuizione matematica; eppure lo stesso si potrebbe dire della spinoziana cognitio intuitiva delle cose sub specie aeternitatis, la cui parentela con la teoria delle idee gi stata sfiorata. Spinoza infatti, per dare un esempio di cognitio intuitina, ricorda l'atto conoscitivo immediato per cui, dati tre numeri molto semplici, si trova il quarto proporzionale (3); quando invece nel quinto libro deWEthica tratta diffusamente della cognitio intuitiva, appare evidente che que-
concetto, n a questo si potrebbe in alcun modo giungere con qualsivoglia elaborazione della teoria, come qui presentata.
il
Spinoza, Op. (Van Vloten - Land)2, 1, 104-5 (Eth., II, XL, Per la stretta connessione di matematica e mistica presso i Greci si veda: Jol, Der Ursprung ecc., 58 sgg., e Ges. d. ant. Phil.,
(3) Cfr.
s.
II).
345.
229
228
sta
un non pu essere limitata all'intuizione matematica, ma modo continuo di vita, uno slancio mistico coincidente appunto prima. La cognilio coli quell'interiorit pura di cui parlavamo e non intuitiva infatti origine dellV/mor Dei intcllcctualis nella sua della matematica, un sentire estatico che si esaurisce di immediatezza, e non un'intuizione formale che sia principio
una discontinuit razionale (4). Notevole a questo riguardo un'osservazione di Schopenhauer, che fa coincidere perfettamente la contemplazione dell'idea platonica (gi abbiamo rileintuivato l'alto valore interpretativo di tale teoria) e la cognitio
sembrata ancora una volta naturalmente ai critici una conferma dell'idea-concetto (6). Si osservi per quanto Parmenide distrugge la definizione non apvien dopo: pena posta con il famoso argomento del zpiTOc, v^pcoTCO^, di Socrate come estrema difesa propone a Parmenide e che considerare l'idea un vrjtxa. Da tale contesto risulta perch solnel passo citato l'idea ha un valore ontologico, av^pcoTiot;. tanto in questo caso ha senso la prova del TpiTOC
Di ci
Platone, che si salva perfettamente cosciente lo stesso dall'argomentazione chiamando l'idea vvjfjia, togliendole cio a) insuo carattere oggettivo: poco pi avanti (132 e 133 il
vece,
Ritornando
al
testo platonico,
vediamo impostato
cose
all'idea.
il
pro-
blema
della
di
partecipazione
se quella
delle
Alla
do-
rientrer in
quando l'idea acquister di nuovo un valore ontologico, campo il TpLTO^ oLv^po^noQ. Sarebbe inoltre assurdo
vada intesa come totale o come solo parziale, Socrate mostra di preferire la prima ipotesi; non osa ancora infatti l'accoglie, ma dopo la critica di Parmenide difenderla, ci che di rado fa nel corso del dialogo, e la se-
manda
Parmenide
di Parmenide assai debole (131 a-c). Non occorre evidentemente spiegare i motivi di tale preferenza, che illu assai naturale in una concezione dell'idea quale abbiamo raziostrato. Era indubbiamente difiicile tradurre in una teoria nalmente solida il clorisnis, il cui valore primitivo, quale ci
conda obiezione
all'idea-concetto, se nel passo citato si accennasse davvero che Socrate si difendesse dall'obiezione del TpiTO^ av-8>p<07roi; con la medesima proposta di prima, dato che in vT^[J.a alcuconsiderani critici scorgono di nuovo il concetto (7). Una fondazione pi attenta e fedele del testo riconduce a quella mentale concezione dell'idea sopra esposta. Anzitutto la termizizl TivTa lSovtl ... tt] ^uxf ^^'^ TivTa lSyc, intuitiva: nologia dialoghi giovanili. Inoltre anche qui si ritrova la ricorda distinzione dell'elemento trascendentale dall'idea: ISiy. y] auT-yj... (intendiamo Sa nel suo significato tecni9-SV ev T [jtya
i
fase espressiva in
apparso nel Fedone, doveva fatalmente falsarsi attraverso la una posizione ontologica. Contro questa per gioco la critica razionale di Parmenide. buon ha l'appunto
In realt
si
il
co, e
non
nel
in quello di carattere,
impronta).
Si
noti infine
chorisnis autentico
si
vive nel
mondo
sensibile e
'
deve dire quindi che l'idea come contenuto noumenico sia tutta nella cosa singola: pi propriamente per altro la cosa die sta nell'idea, o meglio ancora, la localizzazione di quellA del un fenomeno che si radica nell'idea, un'apparenza
l'idea
stessa,
la
passo in esame ci che a prima vista sembra l'apcome plicazione dell'argomento formale del TpiTOQ vB-pcoTio- non quell'interioin realt che un chiarimento dell'inadeguatezza di o meglio rit legata all'oggetto rispetto all'interiorit staccata,
quale ne costituisce
il
fondamento insoppri-
(6) Cfr.
ad. es.
Wahl, Et
s.
/.
Parni,2,
34,
Stenzel, Siudicn,
etc, 30.
la definizione dell'idea come difendersi dalle critiche precedenti contro Dies nella sua inle forme di partecipazione (come pare voglia il troduzione al Parmenide delle Belles Lettres, 26), perch la nuova proposta di Socrate rivolta, dato il contesto, in modo particolare si pu contro l'obiezione che immediatamente la precede. Neppure a,^ un attribuire all'idea della grandezza, quale ci prospettata in 132 TpiTO? valore formale, pretendendo poi che l'argomentazione del Plato4, 355), v^pcoTTOC sia fondamentalmente errata (cfr. Taylor, quando Platone, come abbiamo detto, toglie all'idea il suo valore ogobiezione, gettivo soltanto in seguito e proprio per sfuggire a quella che tutto fa credere egli non stimi un solsma,
(7)
mibile.
Segue la critica della partecipazione parziale, poi Parmenide riprende daccapo, definendo l'idea: OTav n^X arra [iz^i^y. aoi So;-/] dvai, ptia -zie, L(7aj^ Soxsl iSsa r^ auTV] slvai ettl TTXVTa SVTL, 60V Iv TO jxyy. T^Y^i th^i (132 a). La formula
cxperimur(4) Cfr. Spinoza, Op., I, 255 (At nihilomimis sentimus que nos aeternos esse) e 259 {Eth. V, XXIII s. e XXXIII). war es auch, (5) Cfr. Schopenhauer. Saniti. Werke, I, 245: Es was dem Spinoza vorschwebte... In solchcr Kontemplation nun wird mit Eincm Schlage das cinzelne Ding zur Idee seiner Gattung und das anschaucnde Individuum zum reinen Siibjekt des Erkennens .
Non
si
vr^jjLa
abbia
lo
231
230
la
di
tempo
in
tempo
un'interiorit
non ha pi fuori
di se nulla
un'altra senza giungere mai al distacco totale. Si ha con ci romantica. confessione coperta Passando ora all'ipotesi del vr^pta (132 b-c), si pu escluNon si dere anzitutto che Platone intenda riferirsi al concetto. vocaun chiarimento alcun senza che infatti pu aninu'ttere
non bolo arcaico e di uso raro sia introdotto in un significato parsuo (8). Dnl momento inoltre che la parola tipicamente menidea e viene usata qui come qualcosa di noto e presuppologica sar di sto proprio di fronte agli Eleati, la cosa pi ammettere che essa vada intesa nel senso datole dal Parmenide e sastorico (9). Spetta cos a vr^fjia il valore di interiorit, rebbe questa l'unica volta in cui Platone dice esplicitamente sotto qual il contenuto vero della sua idea. Il passo diventa
questa hice estremamente istruttivo. La critica di Parmenide porta alla conclusione che, data tale ipotesi, tutto si ridurrebbe di accettare. a vo7][j.aTa, risultato che Socrate non si sente non abbia ci Platone spiega implicitamente il perch egli
l'apparenza. essenza piuttosto che trasformare in interiorit Prosegue poi l'esame di Parmenide, e la teoria delle idee la chiude il TpiTo; definitivamente smantellata: da una parte razionale del v0poj7roi; e dall'altra l'applicazione rigorosamente che porta alla separazione e all'incomunicabilit XOpiaiiQ, inconosciassoluta dei due mondi, e fa in definitiva dichiarare cui viene in culminante, momento al cos giunge Si idee.
bili le
coctts (XTropeiv t tov enunciato il succo di tutto il dialogo: xouovTa xal jjL^^iaSyjTSLv w; outs: iazi TauTa, eUz ori ji-Xiaxa vvcocTTa ttoXXt] vdcYxr/aT sivai tT) v0pw7TLVY) 9uaL! st-/], Ancora (135 a). RiafMora un motivo gorgiano, assai sofferto per.
una volta
si
come una
sofa.
presenta il terrore del nulla, episodico e scacciato visione importima, ma annuncianle la line della filo-
Con
mai teorizzato l'interiorit, ponendola con chiarezza pio fondamentale della realt. Se infatti egli avesse
a
princici,
fatto
ridurre tutto in termini d'interiorit, ne avrebbe potuto trovare alcun posto il fenomeno, nella sua realt espressiva ed esteriore. Sarebbe venuto cio meno quello che a lui soprattutto
L'abnegazione dell'autocritica comunque premiata con un grande risultato speculativo e la paradossalit dell'argomentazione posta in bocca a Parmenide ha un fondo^ molto xal -rauTa XyovTa ^oxlv t ti X^yeiv xat, 6 apri serio: il zki^oiity, i9'au{J,a(TTC0C eoe SuaavaTTSi^TOV elvai. In sostanza, enunrisultato della Critica della ragion pura che viene qui razionalmente ciato. Il noumeno per altro sussiste, pur essendo inconoscibile, e si attinge con un'altra esperienza. Che Platone
fosse ancora convinto della realt delle idee, dopo tale spiederivare tata indagine distruttiva, non pu logicamente che dalla fondamentale fiducia nel suo momento interiore origina-
premeva
di rilevare,
il
t
in questo passo il (8) Cfr. AsT.. Lex. plat.. II, 384. Si noti che vocabolo compare ben sei volte e non mai sostituito, dove potrebbe solesserlo, da altra parola: all'infuori del Parmenide lo troviamo Teotanto una volta in Men. 95 e, dove entra in una citazione di parole di }?nide. una in Nfymp. 197 e, in un passo retorico e intessuto ricercate (discorso di Agatone), e una in Polii. 260 d. in un contesto
rio,
cos
pi forte di qualsiasi argomentazione razionale. Si spiega come nel corso della discussione tra Parmenide e Socrate pi egli non esiti a far assumere da quest'ultimo le posizioni disparate di pensiero, lasciando poi che le ritratti con tutta
facilit.
compare una del tutto irrilevante. Nella filosofia preplatonica vr^^a quatvolta in Senofane, (^lorgia. Antifonte, due volte in Empedocle e tro volte in Parmenide: cfr. Diels. V'ors.5. Ili, 292-3.
(9)
La concezione basilare dell'idea, com' risultato dalla nostra esegesi, rimane immutata, senza che l'idea-concetto venga ancora presentata: cambiano le formulazioni espressive, che tentano di presentare sotto varie visuali una complessit indicibile, per far valere anche nel mondo dell'apparenza, come costruzione di concetti, ci che aveva un'incrollabile saldezza
Per comprendere TafTinit di questo passo con il reale penb-c: si ponga a raffronto quanto Platone dice in 132 " ^^^ Ev xaaTv crri. TcJv vor^jxaTcov, ^or/^y. Bh oSzvq ... - XX '^i^'^?' rouvTo;, - ovTOc ^ ox ovToc; - vTOC, con Parm. 8, 35-6: o yp veu Cfr. inoltre Wahl.^ Et. s. v o) rsoartcrtJLvov ariv, eupr;a^ r voev. oSaixou tra 132 b: l. Parni'.2, 37. Altro raffronto interessante <iuello v aTco 7:poG7;x7] yyiyvsax^ai aXXoOi r^ v t^^u'/ac; e Kl>. MI- 341 d TT 'r/ri vevii-svv! in un contesto indiscutibilmente mistico.
siero deirp:ieata
:
ma egli non teme di dichiararsi quando tutte le sue tesi razionali sono di.strutsempre alle idee. Se anch'esse fossero state te, egli crede un puro frutto razionale, sarebbero andate in fumo, scalzate da una pi accanita razionalit. La maggior parie delle obiezioni anzi dovevano sin da principio esser note a Platone, e angumetafsica.
Tutto inutile,
il
232 che sorgeva Parmenide, che si presentato come distruttore, ad esprimere ora la sua fiducia nelle idee: X7.l vp^ Tivu [ih s^uoi); tou Suvr^nopLsvoi) [xaGsiv oic;
stiarono
233
ma non
impedirono
la
sua creazione,
da un pi
La dichiarazione d'inconoscibilit delle idee lasciata cadere soltanto per venir posta in seguito pi fortemente in luce, ed amplitcata a condanna universale della ragione. L'ebbrezza di un agone supremo, l'inventivit e il gioco costituizione.
y-'j-r^v^ stl Se xy.O' aXXov SuvT(70'j.vou Si^Hai Tai>TX TTxvTa Lxavco; SL^JXpivr^Gai:vov(135 a-h). Nel modo pi evidente qui posta la distinzione tra esperienza conoscitiva originaria clic rimane chiusa nell'individuo, e momento espressivo ed educativo, per il quale soltanto necessaria la razionalit. Cdi Falcati ammirano Socrate perch in possesso della conoscenza, ma lo criticano percli non sa imporla agli altri. Parmenide vissuto seguendo quest'aspirazione, ed quindi l'uomo pi ndatto per esortare ad un tale agonismo, cui dev'es-
zrjTi ^{b^jc,
TI
IxaTTO'j
T0\>
X7.1
orTLOc
auTT)
9'a'jtjL7.r7TOToo'j
s'jOT^ovTOc xal
i.
cui concetti scono il contenuto vitale di questa distruzione, diventano gli inessenziali strumenti di un divertimento per uomini forti. Non solo la Critica della ragion pura anticipata, ma i suoi risultati non sono ritenuti in un certo senso una cosa seria. Dice lo stesso Parmenide che quanto si accinge a compiere una Tzpr/.yiiOLzzu^T^c TraiSi: egli sa gi che i concetti sono eterogenei rispetto alla verit. Tale compito non spetterebbe pi
i
a lui, che
.serc
dedicata l'esistenza temporale del llosofo. La diak'ttica, per esempio la precedente discus-
sione tra Socrate e Parmenide, servir a costi uire delle ipotesi, a dare delle formuhizioni teoretiche che stahiliscano fermamente di fronte a tutti la verit, ma quest'ultima gi stata
ormai vecchio: Y'wjy.ac/.i pLa>>.ov ... (oc s^i vioc el, aveva detto poco prima a Socrate. Queste parole ancora una volta ci avvicinano alla vita di Platone. La razionalit distruttiva appartiene al giovane entusiasta che non vuole abbandonare nulla della verit trascendente, e spera sempre d'importa
cos com'. Invecchiando
si
mibile, e
l
si
scoperta prima,
e sussiste
che sar
dotta
strazione razionale. La stessa cosa ripete poco dopo Zenone con altrettanta chiarezza: vsu t7ut'/;:; tt^c Sia TrvTCuv ^LsHSou t
oO.rfizl
e)
(10).
appunto introseconda parte del dialogo. Proprio qui per altro Platone diciiiara inconcludente tale via di ricerca, prima ancora di percorrerla a fondo. K' un incoraggiamento a non sea
nella
potrehhe per altro scorgere una fiducia tinaie nella ragione: l'uomo Oy.uuaoTTSpo^ forse imprigioner l'inatTerrahile essenza delle cose. La TiAavv) sopra citata per l'appunto il metodo di cui si serviranno gli Eleati nel seguito del dialogo e su cui fanno pieno affidamento, perch l'unico veramente scientifico e compiuto. Il risultato paradossale: non solo la teoria delle idee, ma la dottrina stessa di Parmenide, anzi ogni possibile costruzione razionale, escono annientate da questo esame approfondito. Il vero scopo della seconda parte del Parmenide sta proprio nel
prima
hanno
Evidentemente l'inconcludenza dell'indagine concettuale nella seconda parte del Parmenide dovuta al suo contenuto, che continua ad essere nounienico. Per poter costruire, la razionalit deve diventare scienza del fenomeno, come avverr nel Sofista e nel Politico. Le nove ipotesi del Parmenide invece sono un ultimo sguardo al molteplice travaglio del passato, danno un'espressione logica, che nel suo estremismo annulla se stessa, delle varie intuizioni fondamentali della realt sperimentate. Vari sistemi llosolici, tutti quelli possibili crede Platone, sono rappresentati nel loro contraddirsi reciproco e nell'assurdo particolare di ciascuno. La paradossalit greca giunge qui alla sua vetta: nulla pi serio di questa indagine e nulla
dimostrare a saziet che la conoscenza del noumeno inattingbile per questa via, rendendo del tutto detinitivo il risul-
prima parte del dialogo. La razionalit ellenica vela qui la sua pi profonda natura, che di annullare
tato della
stessa, di
ri-
se
pi ridicolo.
L'ipotesi zi V saTiv (137 e) riflette la posizione iniziale del
mostrare
l'illusoriet
del
mondo come
rappresenta-
r
(10)
Accettiamo
a/iv,
'/tv,
cod. Rodi.
(Proci.), in
lettura
cod.
Fedone. La solitudine dell'essenza interiore non teorizzabile: in quanto xaO' auTY,v, '/0)piz, la ^|^o/y) non patisce attribuzioni, [xvT] in senso assoluto, senza aver nulla fuori di s, pura
\\'n.
234
e ascetica,
235
priva di gioia
la
1'
e di
dolore
altro
ha qualcos'altro seconda ipotesi sintetizza nell' sgtiv (Iv zi (7Ti, 142 b). Questo connettivo, questa prima forma universale in cui si presentano le essenze contrapposte, non tarda a rivelare gli elementi che unisce (to Iv 6v 7:o>7, '^vv], 143 a); posto il congiungimento tra l'i'v e 1' 7tiv, tutto si pu dire del primo, l'essenza primitiva circondata da ogni parte da infinite altre essenze, che le sono strettamente avvinte. Questa
ev
realt. In
un
terminalo in qualche modo, sebbene non si possa dire come, momento che nella sua pi profonda natura o'jt zg-i tt ouT ox <7Tt (157) a). Qui Platone osa teorizzare l'interiorit stessa, per quanto sia convinto della paradossalit di tratdal
tare
auTT,
>
.
come omogeneo
o\j(yic
aTOTTOC,
cosa.
iioumenica per altro gi l'espressione di un'anteforse la pi vitale, del ccntatto stesso che precede la distinzione, del punto d'incontro tra due essenze, che non appartiene n all'una n all'altra, ma le condiziona entrambe e si o.ugetliva nella loro contrapposizione. E' questo r prr^Tai dei Fedone e 1' oXov del Simposio, l'instabilit stabile che radice di tutte le cose, un arrestarsi e un prendere le mosse (oTav ^k xivou^jlsvv t iryzr^zy.i xal oTav IrrTo; 7:1 to xivsiPhaedr. r7t>ai [j,-:7fi/.>.-/] loOc; cfr. e^co 7ropuOi<7a!, '^r/jo-av di
pluralit
riore
esperienza,
Per esser compiuta l'espressione razionale deve tradurre in termini metafsici il /copiajji;, oggettivandolo nella contrapposizione noumeno-fenomeno, v -tocXXo', con cui il valore essenziale e staccato del primo termine, pur senza conservare la sua qualit interiore, non pu essere frainteso come pura rappresentazione, risultando la sua preminenza nella stessa costruzione espressiva. Di qui in avanti si riflettono, pi che fondamentali posizioni interiori nuove, conigurazioni diverse
si
noumenica dell'lv zi Igti, tutto pu dire di TaXXa (quarta ipotesi). TI mondo noumenico si esprime adeguatamente nel fenomeno, e il yojpLapLoc si riduce a una graduazione ascendente di realt, come nel Simposio.
del sistema. Data la pluralit
247
e).
Non
si
tratta del
//op'.o-fji:;
ma
ipotesi,
ma di un /copLr7fi.^ interno alla vita, riconoscimento di un molteplice irriducibile (alla conclusione <li questa parte si dice: TaiiTa Syj r TraGrjfjiaTa TivT' av Tia/ot, - Iv, zi 'crT!.v, 157 b) che deve ancora distinzato in una sostanzialit senza attributi,
un momento (chiamato 9U(7t.c, 156 d, qui nel senso pi profondo della parola) che esplicitamente posto nella sua natura noumenica, sfuggendo al tempo (r/j^z zv /pvcL) ov 15()d; v ypvco oSsvl ouay. 150 e), cio alla forma suprema in cui pu oggettivarsi e coordinarsi una molteplicit, e pur si coglie nel fluire della vita concreta, come attimo (to ^at9vr^^ 15Gd), come quell'improvvisa rivelazione entusiastica e artistica che abbiamo trovato nel Fedro e nel Simposio, che non pi priva di gioia e di dolore, secondo (pianto avveniva nel caso dell' v o:tlv, perch non squallida soliguersi,
Tutto divino, tutto in tutto: ci che spetta all' v spetta anche a TXA7. Quelle essenze supreme per altro possono anloro rjipporti erotici in una poideia terche non esprimere visibile; pu loro contatti metafsici in un toxoc rena o che le congiunge tolga loro qualsiasi tendarsi che l'oaia denza ad oggettivarsi, e li lasci come yrT. xaO' auTa interiori e purificati come nel Fedone, senza nulla al di fuori con cui comunicare od in cui riflettersi (/copie [izv to V tcov XXo.v. ycplc S TaXa tou vc, 159 b). Il fenomeno risulta cosi del
i
Ad ogni modo il noumeno, visto attraverso l'Ev l Cti, manca di chiarezza espressiva. L'ambiguit che sorge dalla coesistenza di
e di un pluralismo essenziali, portando tra paradossalit della terza ipotesi, non pu essere risolta che oggettivando maggiormente l'essenza. Si presenta Iv L iJLT) ECTTi (lOOc), u cui \i totalit (Ielle essenze contrap-
un monismo
l'altro alla
tudine,
ma brama
e contatto,
dei
poste
sit
air V.
riconosciuta come reale, ma non ccngiunta La forma logica sintetizza mirabilmente una conplesmetafsica. Ora soltanto si hanno degli auTa xcB' o UTa
(<7T!.)
Maitrijana-Upanishad, 2, 6 (Deussen.) Prajapati, fiirwahr, bestand alleili zu Anfant^. Er batte keine F'reude...; Brihaddrannaka-Vpanishad. 1, 4, 1 Am Anfani^ war dieso Welt allein der Atmaii, in (estalt eines Menschen. Der blickte uni sich: da sah er nichts andere:; als sich selbst. Al)er er halle keine Freudc.
(11) Cfr.
:
espressivi, plastici,
loro.
perfettamente
settima
isolati
inconuinical^ili tra
dimostrano per altro che non si tratta tanto di una concezione fondamentale diversa, come pu apparire a tutta prima, quanto di una visuale nuova.
La
sesta
la
ipotesi
ti
236
sotto cui viene prospettata una medesima intuizione. Per sfuggire airinesprimibilit del contatto tra essenze, clie pure il momento pi vitale, si ripiega verso l'essenza isolata, che si presta maggiormente ad essere racchiusa in una forma, e la si determina per la prima volta come individualit, distinguen-
237
xal 9aLvTai t xal o 9aiveTai. (166 e). Il compiacimento o^pL^ maschera la tristezza di assistere al crollo finale della pi atta aspirazione. 11 tratto decadente del Parmenide sta nel suo carattere a volte di confessione personale, nel lasciarci scorgere in Platone l'uomo che dubita e dispera. Platone soggiace all'impostazione illuministica dell'agonismo greco. Il senso plastico travolto, la creazione filosofica non pi la massima TiOLT^dL^, indiscutibile. L'opera colossale, scritta per tutti i secoli avvenire, non per per la Grecia antica. Di questa sopravvive ancora l'ambiguit: forse quel crollo non essenziale. Esposte le conseguenze paradossali della prima ipotesi, ^ Suvarv ouv Tiepl t ev TauO' ouTOjq e/eiv; si conclude: ouxouv e^OLye Soxei (142 a).
dell'
dola da tutta la rimanente realt gi riconosciuta ([jly] gzi). Fatalmente per la realt esterna essenziale, in quanto presupnonostante ogni sforzo posta, ancor sempre legata all' ev, per staccarvela, dal momento che questo, essenza primitiva, la condizione suprema, e allora I'scttl tender a riafferrare rlv (laTiv pa ... t ev ox 6v 162 a), e tutto daccapo potr congiungersi a quest'ultimo, pur essendone separato (sesta ay^ ^cTfjiaTy. ... ev ipotesi; cfr. Phaedr. 250: /xXvjpa ... xaO-y.pa). Se per contro tutti i vincoli sono radicalmente speznella solitudine assoluta di un'individualit distingue da quella della prima ipotesi, pura infinit. L' Igti rimane al di fuori nebuloso ed eterogeneo, puro ricordo di altre determinatezze essenziali, di esperienze incomunicabili, ciascuna delle quali racchiusa in se stessa. Il contenuto interiore di quest'ultima ipotesi richiama quella pluzati,
r ev
piomba
si
concreta che
2.
Stanchezza
dispers^ione.
Dopo
stezza. Si
il Parmenide, la vita di Platone sommersa nella triconclude un lento processo iniziato vent'anni prima.
essenza solitarie, che abbiamo visto costituire un atteggiamento nuisicale del Fedone. rapporto dell' ev e', fiv] eazi con TaXXa pu dar luogo Il a un riflesso delle individualit essenziali nel fenomeno dove, infinitamente moltiplicate e intrecciate nel tempo e nello spazio, quelle vengono ad esprimersi nelle cose visibili. Questa posizione si differenzia dalla quarta ipotesi, viove in TaXXa si sprimeva il contatto tra le essenze; qui del pari il yopiay.Q si attenua, ma la cosa singola che, vista sub specie aeternitatis, esprime l'idea. L'atteggiamento frequente in Platone,
ralit di
egli
della realt che si ritrova ancora in Schopenhauer. L'ultima ipotesi invece paralannienta TaXXa. lela alla quinta: anche qui il '/Cpi(j\ic Rimane un mondo di essenze plastiche e determinate, la polis iperurania del Fedro, che non ha nulla di reale sotto di s. Il gioco finito :il mondo dei concetti ha rivelato sino in fondo la sua natura rappresentativa, di tenue apparenza, di inessenzialit capricciosa e docile a un tempo. Le contraddizioni interne ad ogni ipotesi si esaltano in una paradossalit vertiginosa, quando tutti i risultati sono congiunti nella formula sintetica: ev zW e<TTiv s'ire [xy] eriTiv, auro tc xalxaXXa xal Tcp; aura xal izpoc, aXXr^Xa Trv-y. TrvTCo^ zgt Te xal ox Ictti
la
visione
e
artistica
Spinoza
in
ne il Simposio aveva risentito. La pienezza di vita e l'eros per Dione avevano per ancora mantenuto questo dialogo in una sfera ascendente e fresca. Negli anni che seguirono la vita and cristallizzandosi in schemi. L'eroismo interiore costava troppo e il riposo del compromesso attrasse Platone: il lustro dell'Accademia gli sembr cosa piacevole. Questo trapasso ricorda da vicino l'evoluzione di Goethe, e in entrambi i casi la gloria mondana dell'uomo universale si paga con un'intima vilt, che rinuncia a quanto la giovent esuberante ha fatto intravedere come vero cammino. Evidentemente a provocare tale scadimento non sono gli influssi esteriori, che costituiscono tutt'al pi le occasioni perch un tratto fondamentale del carattere d'un tratto si manifesti. Qualcosa di rigido, di duramente astratto, fa parte della natura di Platone, un tratto apollineo, come moralismo sociale e svalutazione dell'uomo di fronte alla divinit, che trova piena rispondenza nello spirito pitagorico (12). Di fronte all'aspetto dilettantesco e geniale della cultura attica, che ha sem-
demone
politico e dal
^loc,
pitagorico, e gi
f
(12)
II,
Su questo valore
di Apollo, cfr.
Wilamowitz, D.
G. d. Hell,,
3.5-6.
238
pre indispettito Platone, il pitagorismo si presenta come salda costruzione dogmatica, seria e specializzata indagine scientifica. Su questa base Platone crea per il primo la cultura ufficiale e scolastica, che offre alla posterit. La scienza, come sistema del sapere staccato dalla vita, nasce ora: la conoscenza fine a se stessa, subordinata soltanto a un'unit costruttiva. L'attivit speculativa divisa, oi;ganizzata, diretta, cessa quasi di essere una <7/oyj per diventare un dovere, e la filosofia per la prima volta si fa professionale. Il pensiero si volge verso
239
stato padrone della sua vita, ha espresso la sua personalit con il controllo di un dominatore: ora la fatalit degli avvenimenti lo trascina come una povera individualit politica. L'agonismo massimo dell'antica Grecia, quello tra filosofia e politica, dopo che l'equilibrio gi si spostato a favore di quest'ultima per opera di Atene, si conclude ora con la sconfitta definitiva della filosofia. Un secolo prima o poco pi la politica aveva chiesto protezione alla filosofia: si erano chieste le leggi a Parmenide e si era offerto il potere a Empesenza ottenerne grande attenzione docle e adesso la filosofia che si abbassa alla politica, raccomandandosi alla sua benevolenza e supplicandola di esser presa in considerazione. I rapporti tra Dionisio II e Platone sono tutt'altro che dignitosi per quest'ultimo, e soprattutto per quei valori inestimabili che egli ancora rappresentava. Platone getta quanto pi pu di zavorra, abbandona le sue cose pi care, il ywpKTfjiq e la metafisica, concettualizza e semplifica tutto, riducendo completamente la filosofa a scienza del fenomeno, non esita a modificare in successivi compromessi le sue dottrine politiche, schiaccia l' XeuOepia greca sotto un astratto giogo tirannico e teologico, che a volte supera i limiti della pi rigida apollineit per apparire quasi barbarico, ma tutto ci non lo alleggerisce tanto da fargli sostenere con successo la lotta su un piano in cui altri lo sopravanzano. Egli getta suoi privilegi unici per essere battuto in un campo volgare. L'Accademia diventa teatro d'intrighi, vi si prepara la figura poco simpatica del filosofo che nell'et ellenistica sta dietro alle quinte di quasi tutte le congiure politiche (13).
schemi
fatali, e la
preminenza della
7zy.i8zic(.
politica si riflette
metafsicamente nell'apparizione del finalismo. persona di Archita si impone vivo il ricordo dell'antica aristocrazia pitagorica. Platone si rivolge ancora al passato, dimenticando per Eraclito, Parmenide ed Empedocle: la sua lotta per arrestare la caduta di un mondo si sposta sull'assurdo terreno politico. Egli confida in una rivoluzione miracolosa, che avrebbe anche potuto riuscire, per un concorso fortuito di circostanze e senza speranza alcuna di stabilit, nel fluido e fatale decorso storico di quell'epoca, ma che impegnava tutta la sua vita in una direzione forzata, inaridendo lo slancio rivelato in giovent. In ogni caso poi il modello prescelto nel passato per
tale
Attraverso
la
attuazione
politica,
e
il
sodalizio
pitagorico,
era
un
ele-
scadente del mondo che egli voleva ricostituire. Lunghi anni sono dedicati all'elaborazione della Repubblica, che traduce in termini moderni lo Stato pitagorico e pietrifica Vcros in un'apollineit astratta. L'etica irrompe nella metafisica, vien costruita una teologia di concetti morali, e fa capolino in forma timida persino un'eresia per la pi antica grecit, la libert del volere (mito di Er). La stessa attivit letteraria ha per Platone un valore nuovo. I filosofi pi antichi avrebbero trovato incredibilmente estesa ed anche in parte oziosa l'opera di Platone: questi scrisse parecchio in giovent, pi per divertimento che per altro, seguendo il gusto polemico e brillante di Atene, e ancor di pi scrisse in seguito, riprendendo altres tronconi non pubblicati, come il Fedone e il Fedro, questa volta con un preciso scopo politico e professionale. Si creano gli strumenti oggettivi dell'indagine filosofica, e per la prima volta la straripante ricchezza della lingua greca viene incatenata in una terminologia che pretende di diventare ufficiale. Con il secondo viaggio in Sicilia questa evoluzione compiuta ed un'altra fase pi dolorosa si inizia. Sin qui Platone
mento aberrante
Tutto finisce male, quasi ridicolmente: Platone fa il professore incompreso alla corte di Dionisio e scampa miracolo-
samente alle ire dei mercenari; Dione pi tardi si mostra incapace di stare al potere, e finisce trucidato come un tirannello. II maligno Dionisio, con l'intuito pratico di un conoscitore di uomini, colpisce nel punto pi debole, propalando una contraffazione della pi intima dottrina del filosofo. Ci determina il crollo finale. Dopo di aver indirizzato buona parte della
cfr.
posteriore importanza politica delle scuole fdosofiche v. Kar., 178-80, 187-95; Burckhardt, Gr. KultUn giudizio sfavorevole sulle dottrine politiche di Platone e sulle loro applicazioni, per quanto in senso differente dal nostro,
(13) Sulla
WiLAMowiTZ, Ani,
d Burckhardt, op.
cit.,
I,
287.
240
vita su
241
una strada che non era la sua, Platone vede violato il riserbo che costituiva un elemento fondamentale del suo carattere. La nascosta intimit che aveva portato con s attragli
verso
non soltanto
anni di dispersione, e di cui egli voleva si ignorasse i! contenuto, ma l'esistenza stessa, ora messa in
pubblico sotto falsa veste. Egli tenta almeno di salvare tale intimit, rinnegando la sua attivit politica, troppo tardi invero, e minimizzandola. Nella settima lettera giustifica distesamente il suo intervento politico, confessandosi un trascinato (327 b- 329 b), e si dichiara superbamente in possesso di una sapienza inattingibile: egli non voleva chiudere la sua vita
TaTa, quando negli ultimi anni egli non si occupato d'altro che di politica e di legislazione (15). Platone comunque lotta ancora e porta nella tomba il suo segreto, la luce e la vita di quel mondo passato che non ritorner pi. Ora che tutto perduto, pu dire almeno chiaramente di aver avuto un segreto, senza aver bisogno ormai di mascherarlo dietro esaltazioni poetiche o paradossalit dialettiche, e pu trincerarsi finalmente dietro il baluardo dell'alterigia presocratica. Da tale posizione, che pur egli sa es.sere
ammettendo
la
che un
Con
la prima volta usurpata proprio in questo momento di decadente confesfilosofo greco giunge a tanto sione del proprio intimo, egli offre agli amici di Dione un
questa urtante mescolanza di sacro e profano, che quasi non ci farebbe cre-
silenzio di
famosa digressione filosofica della settima lettera (14). Alla fine quella frattura traspare ugualmente. Nell'orgasmo dell'auto-difesa egli dichiara: 8l jzxc, vyjp atrouSaLO^ Tcov ovTOJV TrpL TtoXXoii 8zZ Ili] vp^a^ ttots sv v6pc7roL^ zie,
l'autenticit della
90VOV xal aTTopiav xaTa^XY] (34*4 e), dimenticandosi di aver scritto troppe opere nella sua vita per potersi ormai presentare nella veste di Tou^ (iUYY?a[X[i.aTa
pur sempre di un Xyo^ non poco dopo: Sta t tcov X^wv aOsvi;, 342 e) (16), ma tutto quanto i suoi lettori possono forse capire. Anche qui Platone adopera il suo ormai abituale schematismo didattico, con Fa divisione scolastica dei cinque gradi della conoscenza (342 a-b), con l'esigenza del possesso dei primi quattro perch si possa ascendere a quello supremo
Xvo; X7]0Yj^ (34-2
della
a).
Si
tratta
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(342 d-e, 344 b, dove si ritrova quell'astratta costruzione pedagogica verticale, gi da noi osservata nel Simposio), con la designazione stessa della conoscenza suprema come 9pvr^ai^ TTspl exacTOV xal vo\Jc, (344 b), dando al proprio misticismo la sua forma pi semplice di cognizione sub specie aeternitatis di IxacTTOv. (17). Lo stesso contenuto vitale del Parmenide non ha
(14) Caduto ormai ogni dubbio riguardo all'autenticit della settima lettera nel suo complesso, alcuni critici non hanno riconosciuta genuina la digressione, evidentemente per il suo incontestabile misticismo, che non rientra nelle loro interpretazioni (ricordiamo il
(15) Per l'interpretazione dei due passi riportati, cfr. WilamowiTZ, PL, II, 297-8; Friedlander, PI., I, 133-5 fraintende il significato del secondo; meglio Novotny, Platonis epistulae, Brno 1930, 232-3.
U6)
(jLuGo?;
pi autorevole: C. Ritter, Platos Gesetze: Kommentar, Leipzig 1896, 367-376, e Neue Unters., 404-5, il quale per l'appunto si fonda su motivi psicologici, riconoscendo che stilisticamente non si pu provar nulla contro l'autenticit del passo). Questo non davvero un motivo sufficiente, come non lo sarebbe la considerazione da noi fatta nel testo. Una volta riconosciuta l'autenticit della digressione da 431 ab a 345 e, ogni tentativo di sminuirne o alterarne il significato mistico condannato all'insuccesso (tra gli studi pi recenti, si veda Pasquali, Le lettere di Platone, Firenze 1938, 82-111). Il misticismo del passo, che conferma in modo conclusivo la nostra interpretazione, talmente chiaro da rendere oziosa una qualsiasi dimostrazione.
cfr.
(17) Dalle nostre indagini precedenti risultato come l'interiorit essenziale di ciascuna realt individuale non costituisce il limite pi profondo del pensiero platonico. Interessante nella frase suddetta l'uso del termine 9pvY)cic; che ritorna quasi nello stesso significato della prima stesura del Fedone, dimostrando la saldezza della pi vou?, che ricorda da vicino il significato intima vita del filosofo, e
parmenideo.
"
Interessante nellaiprecedenle descrizione della suprema conoscenza 341 ed l'ambiguit dell'uso di ouvouaLa, aut^YJv, che nel testo sembrano riferirsi al rapporto tra maestro e discepolo (cfr. Friedlancontempo DEi^, PL, I, 70; NovoTNY, op. cit., 217), pur accennando nel di sfuggita al pi profondo significato di contatto tra essenze (Phaed.,
in
16
242
pi bisogno di maschera, e viene ora francamente esposto, in termini semplificati. Il contrasto tra ev ed eativ, spogliato della sua complessit metafsica, tradotto nell'antitesi logica del TI e del tcolov te. (342 e, 343 b-c). Quest'ultimo costituisce il campo del giudizio, o meglio della rappresentazione, della distinzione cio tra soggetto e oggetto, ed condannato quindi a rimanere fondamentalmente eterogeneo all'interiorit
del TI, che non
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;
INDICE
Premessa
P^S*
pu esser
colto se
non
al
in se stesso, al di fuori
Tt,
la
ne
la
impedisce:
^^->'/Sf
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to
(jf)j
C'^tou(jlvov
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exaaTOv
TTpOT&LVOV T^
Xif/ZTy.i
^^VJ) '^^^ ypOL^OLVTOC, 7] XcaVTOc; Tc5v TSTTapcov r^xjGic, xcTTOu, 7r9uzula cpauXco<;
^^Z
CAPITOLO
-
(343 c-d).
Aristotele
non
e
comprender
tale
y^copiafx^,
non
La Grecia
1.
dei filosofi
9
11
quel ri. Platone si ritrae stanco in se stesso, nel baluardo interiore che il mondo vuole contestargli, non contento di avergli distrutto tutto al di fuori, e che xetTaL S ttou v ycofa T7) xaXXLCTTY) Twv TOUTOu. (344 c). L'Gotvaaia del Simposio stata un breve sogno. Egli non ha potuto esprimersi apollineamente nell'apparenza come i suoi* antichi: la fine non serena.
4^u/y)
possedendo quella
Introduzione metodologica
>
2.
L'epoca suprema
II
14
CAPITOLO
Storicismo peripatetico
25
The
rest is silence.
CAPITOLO
III
e
le
Aristotele
67
CAPITOLO IV
Cronologia presocratica
101
CAPITOLO V
Parmenide
*
^^l
CAPITOLO VI
Eraclito
1.
-
139
141
Essenzialit
interiore frantumata
straziati
...
!
2.
Congiungimenti
VII
150
CAPITOLO
I
1.
-
Empedocle
Pienezza
tragica
2.
-
1^^ 157
161
Trionfo dell'espressione
CAPITOLO
.Vili
. . .
pag.
175
CAPITOLO IX
La giovent di Platone 1.-11 Fedone 2.-11 Fedro 3.-11 Simposio
191
193
201 211
CAPITOLO X
Spegnersi di nn
2.
-
219
221
Stanchezza
e dispersione
237
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Tipografia del
Via Solferino, 28
Milano
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DEC i 7 1948
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