formato di parti concrete e di parti illusionisti-
che: questultime pensate e ripensate, meditate e rimeditate. Esse mai si sarebbero potute realiz- zare anche per inesorabili limiti spaziali. Ambiente sostanzialmente ambiguo, in parte ancorato alla realt, in parte da essa totalmente disancorato, in grado di suggerire quelle che sarebbero potute essere le strade di una citt ideale (ill. 2). Le supposte vie di Tebe apparten- gono non allo spazio vissuto dagli attori e dagli spettatori, ma a un altro spazio, puramente fan- tastico arginato da architetture che insieme allu- 179 Renato Cevese Incongruenze nel Teatro Olimpico dono a una citt metafisica: frutto di una cultu- ra classica a desinenze manieristiche. Tra laltis- simo arco della frons scaenae e linizio delle lun- ghe prospettive ingannevoli sinterpone un provvido intervallo spaziale, che molto giova a farle apparire presenze delimitatrici di una realt urbana, della quale subito savverte la fin- zione, ma che accettiamo per la straordinaria capacit dellautore Vincenzo Scamozzi, messo a fianco del figlio di Palladio Silla 1 per volere degli Accademici Olimpici di tradurre in episodi concreti teoremi e speculazioni mate- matiche. Il suggerimento molto probabile, dato dallo Scamozzi, incaricato di progettare le scene fisse, di modificare la dimensione dellarco e delle aperture rettangolari, non poteva non comportare la ricerca e ladozione di nuovi rap- porti nella composizione del prospetto. Nasce quindi il convincimento che leventuale propo- sta dello Scamozzi sia stata avanzata prima del- linizio dei lavori e che Silla, magari obtorto collo, labbia accettata. Guidato dal disegno del padre per la frons scaenae, Silla avrebbe scelto subito le indicazioni in esso contenute. Degli squilibri dimensionali conseguenti alleccessiva altezza dellarco e delle due aperture laterali sarebbe stato quindi responsabile lo Scamozzi, preoccupato di far apprezzare le fughe prospettiche delle scene fisse di l dellarco e delle due aperture laterali. Le prospettive lignee avrebbero offerto con maggior efficacia lillusione della profondit e, attraverso laccelerazione delle immagini, lo svi- luppo delle due strade della citt vagheggiata. Laver distanziato dallarco le scene fisse della strada centrale e delle due strade da essa diver- genti fu decisione assai avveduta: opportuna a far sentire la vasta fronte come una realt mura- ria quasi strutturalmente autonoma. Altrettanto non accade dietro le due aperture laterali, cui si saldano con immediato contatto le scene lignee fortemente oblique; appare ibrido il loro essere, casuale la loro presenza, obbediente quindi a un calcolo mirato allillusione; assurdo il loro appoggiarsi alla pulsante fronte del grande apparato, assurdo limmediato contatto delle prospettive con le spalle interne delle alte aper- ture rettangolari (ill. 6). E tutto va pure riporta- to alla estrema esiguit dello spazio entro cui fu calata larchitettura dellOlimpico. A rafforza- 1. Andrea Palladio, progetto per il teatro Olimpico (London, RIBA, XIII, 5. Fototeca del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio [CISA]). 2. Vicenza, teatro Olimpico, frons scaenae (Fototeca del CISA).
15|2003 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org re lillusione prospettica della citt pensata, giova indubbiamente la volta del cielo dipinto, contro cui si stagliano, alla sommit degli edifi- ci scamozziani, statue su balaustre e comignoli a piramide. Come noto, nella raccolta del Royal Insti- tute of British Architects di Londra esiste un disegno gi individuato come riferibile a una fase preliminare del progetto per il teatro Olim- pico (ill. 1). Il primo ad affermare che il disegno di Londra un autografo del Palladio fu Lionel- lo Puppi 2 , il quale scrive: noto che il proget- to [dellOlimpico] non giunto fino a noi: tutta- via, presso la raccolta (RIBA, XIII, 5) esiste un foglio prezioso certamente autografo, e riferibi- 180 le a una fase preliminare alla stesura definitiva del progetto []. da sottolineare che il foglio di Londra rappresenta lunica, anche se parziale,testimonianza concreta e autentica del- lidea palladiana, sulla quale sia lecito fondarsi nellesame dellOlimpico, cos come stato costruito e oggi ci si presenta []. Non c dubbio alcuno che il foglio di Lon- dra risponda alla concezione di un grande archi- tetto. Pur presentando le finestre del secondo ordine tangenti larchitrave della trabeazione soprastante il che non pu non essere conside- rato scorretto il disegno pienamente convince che il suo autore era ben attento alle correlazio- ni formali, ai rapporti dimensionali e alla com- pattezza di un organismo architettonico salda- mente strutturato. Cominciamo a esaminarlo dallarco della frons scaenae: questo si imposta sulla trabeazione del primo ordine in asse con una colonna corin- zia e non su una piatta lesena come quella rea- lizzata. Le finestre del primo e del secondo ordi- ne del vasto prospetto presentano nel disegno la fascia interna modanata e il frontoncino retto da semicolonne, le quali assicurano coerenza for- male con le colonne e con le semicolonne mag- giori, impegnate a reggere la trabeazione degli ordini. Nel disegno, le porte rettangolari, netta- mente pi basse di quelle eseguite sono sormon- tate da un altorilievo: i settori nei quali risulta suddiviso il primo ordine sono separati da semi- colonne, cui si affiancano due lesene: questo nodo strutturale presente anche nella divisio- ne dei settori dellattico. Il quale non indicato nel foglio londinese come unalta fascia sculto- rea continua narrante le fatiche di Ercole, ma come una sequenza di riquadri, larghi quanto quelli sottostanti, al centro dei quali viene pro- posta una finestra rettangolare a cornice moda- nata in precisa corrispondenza con le finestre e gli elementi architettonici sottostanti. A destra, due varianti: nella prima il settore non ha la finestra, nella seconda ricompare, a livello pi basso, la divisione in settori separati da elemen- ti architettonici, che lautore indica in pilastri lisci ovviamente sporgenti. A comporre un orga- nismo siffatto non poteva non essere un archi- tetto particolarmente dotato, il quale va certa- mente riconosciuto in Andrea Palladio. Giangiorgio Zorzi 3 , parlando della ristret- tezza e della irregolarit del sito disponibile afferma che Palladio dovette regolarsi secondo criteri personali [] non potendo richiamarsi a quanto [] appreso da altri teatri antichi e dagli insegnamenti vitruviani [] come del resto risulta almeno in parte [] dal disegno di Lon- dra. Indicate le differenze tra il proscenio quale compare nel disegno e quello eseguito, sostiene che Palladio non avrebbe realizzato il modello di cui si parla nella deliberazione del 15 febbraio 3. Vicenza, teatro Olimpico, frons scaenae e versura di destra (Fototeca del CISA). 4. Vicenza, teatro Olimpico, monocromi nella parete a ridosso della quale termina la cavea (Fototeca del CISA).
15|2003 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org Nelle due versure, il discorso architettonico della frons scaenae si interrompe bruscamente. Lo spettatore, infatti, le sente avulse dal pro- spetto, grandioso e pulsante, che domina lo spa- zio del teatro (ill. 3). Se larea messa a disposi- zione dagli Accademici non fosse stata estrema- mente limitata e non poteva non essere cos e se, pertanto, lo spazio non fosse stato impieto- samente tiranno, le pareti delle due versure sarebbero state articolate al primo ordine in due finestre con frontoncini triangolari, lasciando libero il settore intermedio per la necessit fun- zionale della porta, la quale sarebbe stata fian- cheggiata da due colonne (vedi nel disegno lon- dinese il discorso architettonico del primo ordi- ne della frons scaenae). Al secondo ordine si sarebbero avute tre finestre murate con fronton- cini triangolari ai lati di un frontoncino curvili- neo: cornici ad altrettante statue, come quelle del grandioso prospetto. Lattico sarebbe stato composto da tre rilievi con soggetti legati al mito di Ercole. Nelle versure eseguite non ricompaiono le finestre della fronte, sostituite da due nicchie con statue a fianco della porta che immette nel brevissimo segmento della citt ideale. Tre bas- sorilievi a lungo rettangolo quello corrispon- dente alla porta, a rettangolo breve i due corri- spondenti alle nicchie costituiscono lepisodio decorativo sotto la trabeazione. Il secondo ordi- ne appare incresciosamente lacerato da una finestra di dimensioni del tutto inaccettabili, alta e larga cos da occupare con prepotenza il setto- re centrale. Il terzo ordine, corrispondente alla fascia dellattico, sapre al centro in una fine- strella, determinando una frattura in quella che 181 1580 4 se si fosse attenuto al disegno ora a Lon- dra, il quale rivela in modo chiaro di non esse- re stato da lui eseguito. Nella didascalia relati- va al disegno (foto 468), la paternit palladiana indicata, ma con riserva: Palladio e aiuti. Lau- tore per non ne nomina nemmeno uno. Altre incertezze, altri squilibri, altre spropor- zioni si devono lamentare in vari settori del tea- tro. Una parte compositivamente assai debole, non risolta, ma in sostanza irrisolvibile, rap- presentata dalle due pareti a ridosso delle quali termina la cavea. Lestrema ristrettezza dellarea, e quindi dello spazio (ill. 4), costrinse gli esecu- tori a bloccare il coronamento architettonico della cavea in corrispondenza delle due pareti ove essa termina. Pertanto fu presa la decisione di rappresentare con opportuno monocromo colonne, balaustre e statue. Inaccettabile la soluzione data al soffitto, che copre la cavea, dipinto da Piccuti, il quale finse un cielo corso da nubi (ill. 5): lOlimpico si proponeva infatti come un teatro allaperto. Per questo era necessario tendere un velario dalla parete prospiciente la strada fino allattico del prospetto. Sul velario, mancando una diligente manutenzione del tetto, ben presto si fecero notare le conseguenze delle piogge e del disge- lo. Nel 1914 esso fu eliminato e sopra il prosce- nio si realizz un soffitto alla ducale, cio a lacu- nari, decorato da Ludovico Pogliaghi. Tale sof- fitto valse a legare la frons scaenae alle pareti delle versure e dei due brevi raccordi murari donde inizia la cavea. Vantaggio indubbio, ma pura- mente visivo, ebbe la frons scaenae, la quale in tal modo risulta agganciata alle pareti concrete delle versure. 5. Veduta del teatro Olimpico con il velario (da G. Pull, Album di gemme architettoniche ossia gli edifizij pi rimarchevoli, Venezia 1847, fasc. XXII, tav. 1).
15|2003 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org sarebbe dovuta essere la prosecuzione della fascia continua, al sommo della frons scaenae. Le ultime due colonne, che la concludono negli angoli nord-ovest e nord-est, costituiscono, in un certo senso, il raccordo con le versure; a codeste colonne ne corrispondono altre due negli angoli opposti. Gli esecutori hanno pensa- to di collegare le versure alla fronte magnilo- quente, proseguendo lo zoccolo, la trabeazione dei due ordini e la cornice terminale. Nonostan- te questi accorgimenti, per, le due brevi pareti occidentale e orientale, costituiscono una auten- tica frattura compositiva. Considerando la realizzazione, osserviamo come sia stato mal risolto lattacco delle due ver- sure con la frons scaenae. Spiacevolmente disar- moniche in se stesse e del tutto estranee alla composizione sintattica della vasta fronte, le versure sono da considerare tra le parti pi 182 deboli dellintera architettura olimpica. Sia al primo, sia al secondo ordine questo corrispon- dente al piano nobile dun palazzo patrizio gravi squilibri tra i rapporti proporzionali turba- no larmonia della fronte gloriosa. Troppo alto larco centrale; inadeguate le due lesene sulle quali esso insiste; di altezza eccessiva le due porte rettangolari, le quali con larco configurano una serliana, dissociata a tal punto da rendere perplesso lo spettatore posto davanti a intervalli inusitatamente larghi. Al secondo ordine, la distanza tra i frontoncini triangolari e curvilinei delle sei finestre e la tra- beazione soprastante non appare obbediente ai canoni classici. Va detto inoltre che il fregio delle cornici delle finestre murate a tal punto depresso da sembrare schiacciato. Lesene e frontoncini formano comunque la cornice pre- ziosa delle finestre che ospitano altrettante sta- tue. Nellattico, il discorso compositivo cambia totalmente registro, anche se in esso non si arre- sta la sovrapposizione verticale delle strutture: colonne al primo ordine; semicolonne nel secondo; lesene nel terzo. Come spiegare lentusiasmo vero che il tea- tro Olimpico suscita in tutti i visitatori europei e non europei, colti e non colti? La ragione prima da ricercare, a mio pare- re, nelle scene fisse che prolungano lo spazio oltre il grande prospetto popolato di statue, le quali paiono attori di una scena verticale; attori che, insieme con le colonne e le trabeazioni aggettanti e con le cornici a tabernacolo delle finestre del primo e del secondo ordine, anima- no e rendono pulsante larchitettura della vasta parete magniloquente. La seconda ragione penso vada ricercata nella sorpresa che tutti provano quando sentono di trovarsi entro un ambiente che pare ricon- durre alla classicit antica. Incontrare unarchi- tettura che offra lillusione di evocare i fantasmi dun mondo remoto e irrimediabilmente perdu- to, motivo di stupore: di stupore intenso e gioioso. 1. Su Silla vedi G. Zorzi, Le Ville e i Teatri di Andrea Palladio, Venezia-Vicenza 1968, pp. 285 ss. 2. L. Puppi, Il Teatro Olimpico, Vicenza 1963, pp. 44-45. 3. Zorzi, Le Ville, cit. [cfr. nota 1], p. 286. 4. Vedi Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana, B. Ziggiotti, Memorie dellAccademia Olimpica, seconda met del sec. XVIII, Ms. 2916 (gi Gonzati 21.II.2, alla data). 6. Vicenza, teatro Olimpico, attacco delle scene fisse alle due grandi porte rettangolari (Fototeca del CISA).
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