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edilizie e il nome del suo autore.

il caso del
palazzo fatto costruire da Leonardo Spinola,
della residenza dei Castaldi
2
, di quella di Pietro
Paolo Arrigoni, presidente del Senato milanese,
edificata dal 1555 nella contrada di Monforte
3
,
per la casa di Leone Leoni
4
che il testo vasariano
pone precedente al 1566, per i palazzi Orsini,
Taverna, Cusani..., non meraviglier quindi che
la storia del non pi esistente palazzo Medici si
presenti ancora non del tutto chiarita. Ma non
per questo le sue vicende sono meno importanti:
lesemplarit degli intenti di rinnovamento e i
protagonisti coinvolti lo trasformano in un caso
fondamentale per riflettere sulla cultura e sulle
prassi dellarchitettura milanese del secondo
Cinquecento. Lobiettivo di questo studio
apparentemente semplice: si tratta, a partire da
un riconosciuto episodio architettonico, di rico-
struire alcuni aspetti legati alla sua committenza
e ai suoi protagonisti per ampliare gli interroga-
tivi ancora recentemente semplificati che riduco-
no la situazione milanese di met Cinquecento
come sopita in un lungo letargo
5
.
Per ritrovare una prima ricostruzione delle
vicende di palazzo Medici, occorre ritornare agli
studi di Luca Beltrami, pubblicati nel 1889
6
.
Beltrami, infatti, si proponeva di stabilire grazie
alle scoperte archivistiche il nome di chi fu real-
mente liniziatore delledificio e di chi ne fu lar-
chitetto, rintracciando nellancora cardinale
Giovanni Angelo Medici (poi Pio IV) e nellinge-
gnere Vincenzo Seregni i due protagonisti
7
. La
nostra ricerca sembra per ora smentire le conclu-
sioni dello storico milanese, aggiungendo nuovi
dati al suo paziente e tuttora insuperato lavoro, e
documentando linedita partecipazione di
Galeazzo Alessi ai progetti del fronte principale.
I primi interventi al palazzo sono documen-
tati nel 1547, contemporanei a quelli alla villa
Medici a Frascarolo, e interessano la costruzio-
ne di diversi locali nel palazzo di Giovanni Gia-
como Medici
8
, marchese di Melegnano, posto in
Porta Nuova, nella parrocchia di SantEusebio.
Una seconda fase, compresa tra il 1555 e il 1559,
avviata dal cardinale Giovanni Angelo, erede
universale dei beni del fratello, quando il magi-
stro a muro Stefano Brambilla
9
acquista diversi
materiali da costruzione dalla fabbrica del
Duomo. Nel 1565, oltre ai pacta et conventiones
pubblicati da Beltrami, inediti accordi autografi
75
Francesco Repishti La residenza milanese di Pio IV: il palazzo Medici in via Brera
1. Vincenzo Seregni, Disegno della fazata
del palatio di sua Santit in Milano qual
si dice di farla di preda di zeppo et detta
fazatta sar longa braza 98 alta sopra tera
braza 25, sul verso Al reverendissimo
monsignor vescovo di Castello di Santo
Angello a Roma, 1564-65 (BAMi, F 251
inf., n. 215).
2. Vincenzo Seregni, Progetto per la
facciata di palazzo Medici, 1564-65
(BAMi, F 251 inf., n. 216).
Eccovi il palagio che fu dellinvitto Gio Giaco-
mo de Medici milanese, di Pio Quarto Germa-
no, uno de primi generali di Carlo quinto e zio
di san Carlo Borromeo. Da signori conti Simo-
netta ora viene posseduto, e bench ritrovisi
imperfetto il suo frontispizio in ordine dorico
tutto a lavorati marmi, non evvi per alcuno che
in riguardarlo non gli attribuisca perfette lodi,
ascrivendolo tra i pi plausibili edificii che nel-
lItalia si veggano. Uso quelleroe mediceo, a
conversare tra principi, nodriva solo, che subli-
mi pensieri, cos pretese di fabbricarsi una reg-
gia, non che un palagio; cessarono gli scarpelli
di sviscerare questi marmi quando i ferri della
morte posersi a cavargli dalle viscere lo spirito,
quindi di questa sfortuna fabbrica spuntata
appena dal suo orizonte, ai geli dellestinto
padrone non ritrov forze per portarsi al merig-
gio dun essere compiuto
1
.
A eccezione di palazzo Marino nessuno dei
palazzi privati milanesi del Cinquecento sembra
finora rivelarci con chiarezza le proprie vicende
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di Pio IV Medici e una parte dellepistolario Ser-
belloni-Medici-Borromeo riguardano la costru-
zione della partem anteriorem del palazzo: al
progetto di Galeazzo Alessi preferito quello di
Seregni con modifiche suggerite dallo stesso
Alessi, da Gabrio Serbelloni e da Pio IV. Seregni
(ill. 1-4) compare come responsabile del cantie-
re ed extimator delle opere realizzate da Michele
Scala e da altri soci nellimpresa. Infine, una
lunga stima autografa di Lelio Buzzi sottoscritta
da Martino Bassi e Giovanni Ambrogio Alciati,
ingegneri, descrive nel 1588 i lavori fabricati di
novo nel palazo del signor Marchese di Mele-
gnano in contrada di Brera promossi da Pirro
Visconti Borromeo.
Giovanni Giacomo Medici
La nostra ricerca prende quindi avvio proprio da
Giovanni Giacomo Medici e non dal fratello
Giovanni Angelo che verr eletto papa nel
dicembre del 1559. Il primo marchese di Mele-
gnano aveva scelto come sua residenza milanese
un palazzo in Porta Nuova, confinante con la
chiesa di SantEusebio, con i beni di Giacomo
Filippo Archinto e lattuale via di Brera, allal-
tezza dellomonimo complesso Umiliato che
sar successivamente affidato ai Gesuiti (ill. 5).
, infatti, in questa domus habitationis che il
Medeghino sottoscrive nel 1548 i capitolati rela-
tivi agli importanti lavori alla torre, ai portici e
alle stalle della villa di Frascarolo in Valganna
10
,
e i notai Alessandro Rigone, Cesare Fossati e
Galdo Lodi rogano nellagosto del 1550 uno dei
suoi testamenti
11
.
La biografia di Giovanni Giacomo eccezio-
nale: abile a cogliere i limiti del potere dei Fran-
cesi in Lombardia per legarsi a Carlo V, nello
scambiare i territori sul lago di Como con il
marchesato di Melegnano, a diventare tra i pro-
motori di Ferrante Gonzaga e a porsi al servizio
di Cosimo nella conquista di Siena. Nel 1532
Giovanni Giacomo e i fratelli avevano cos barat-
tato alcune fortezze conquistate sul lago di
Como
12
e nel Comasco con il castello di Mele-
gnano, rimasto alla famiglia Medici sino al seco-
lo XIX e oggetto, proprio a met del Cinquecen-
to, insieme alla villa a Frascarolo
13
, di adattamen-
ti e cicli decorativi attingendo, secondo Giulio
Bora, o a stampe tedesche (Hans Sebald Beham)
o a citazioni da Perin del Vaga, MarcAntonio
Raimondi, Bonasone e al ricco repertorio di teste
grottesche leonardesche
14
.
Tuttavia, nelle straordinarie descrizioni di
Albicante
15
delle entrade di Carlo V nel 1541 e
di Filippo II nel 1548, e nelle pagine del raccon-
to del viaggio del principe Filippo in Italia, non
si accenna mai alla residenza dei Medici in con-
trada di Brera. Sono ricordati i tornei al Castel-
lo, nel palazzo Trivulzio provvisoria residenza
del governatore , gli apparati nel rammoderna-
to
16
palazzo di Corte, preceduto da un arco di
maraviglioso lavoro su la porta di entrata di
quello, con molti versi in sua lode. Quivi fra le
altre cose si vedeva da quella parte, che rispon-
deva in corte del palazzo, Cesare che con impe-
rial maest sedeva sopra tutti et il principe
dinanzi a lui che con ogni riverenza se gli humi-
liava. Passata la corte arrivando alla scala del
76
3. Vincenzo Seregni, Il desegno della porta
di sua Santit, 1564-65
(BAMi, F 251 inf., n. 217).
4. Vincenzo Seregni, Di sua santit
in Brera, 1564-65
(BAMi, F 251 inf., n. 214).
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Medeghino. La documentazione emersa sullat-
tivit del da Legnano confrontabile con quella
di molti altri modesti personaggi chiamati per le
loro competenze di extimatores e come esperti
degli Statuti edilizi milanesi, compilati nel 1505
da Bartolomeo Della Valle, Lazzaro Palazzi e
Maffiolo da Giussano, che, anche in questo caso,
regolavano gli obblighi tra il Medici e lArchin-
to. Dal documento appare in ogni modo indub-
bia lintenzione di una renovatio costituita dalla
costruzione di nuovi edifici, forse il cortile di
quel palazzo che sar poi residenza papale.
I documenti per ora tacciono sulle successive
trasformazioni, e una nuova fase sembra prende-
re avvio solo con il cardinale Giovanni Angelo.
Giovanni Angelo Medici
Nel maggio del 1559 i maestri Stefano Brambil-
la e Germano Dal Pozzo ricevono da Giovanni
Battista Serbelloni, procuratore del cardinale
Giovanni Angelo Medici, duemila lire hoc pro
completa solutione etc. quarumque operarum
per ipsos magistros Stephanum et Giermanum
factarum et fieri factarum in pallatio predicti illu-
strissimi et reverendissimi domini cardinalis sito
in porta Nova parochia Sancti Eusebii Mediola-
ni ad hodie iuxta conventionem factam
21
.
il primo riferimento allesistenza di un
palazzo, dato confermato dagli atti della lunga
Discretione delle boteghe et solari di boteghe fatte per il
magnifico Gerolamo Sovico su incarico dei Dodici
della Provvisione del Comune di Milano, datati
settembre 1560: tra gli edifici della parrocchia di
SantEusebio si trovano infatti una cassa del
pappa et palazzo. Il palazzo del pappa sarrato.
Messer Giorgio Coppa detto il Parollo servitor
desso pappa non paga nulla de fitto. Nel 1558
Giovanni Battista Serbelloni aveva acquistato dalla
fabbrica del Duomo una ploda marmoris per
realizzare alcune insegne del cardinale Medici
22
.
Inoltre, la lunga controversia con gli Archinto, che
nel 1547 avevano concesso a Giovanni Giacomo
una parte della loro propriet, sembra concludersi
nel novembre 1560 quando Filippo II conferma le
conventiones in effectu quod dictus Archintus
teneatur vendere suae Santitatis domunculam
prope palatium suae beatitudinis in praesenti civi-
tate Mediolani, questultime conservate con la
firma autografa del pontefice nel fondo Notarile. Si
tratta secondo la stima compilata dallingegnere
Giovanni Ambrogio Landone
23
della definitiva
cessione de una casa situata nela contrada de
Brera [...] ala quale coherentia da una parte el
soprascritto Archinto da laltre due parte el sopra-
scritto reverendissimo monsignor cardinale et da
laltra strada et dita casa la extimo valere libre tre-
milla centodue
24
necessaria pro comoditate
fabricae domus relictae pro dicto quondam domi-
no marchione
25
.
Tra il 1555 e il 1559 si lavora probabilmente
77
5. Ricostruzione della pianta di palazzo
Medici al 1865.
palazzo si vedevano rizzate due colonne, fatte a
guisa di selvaggi, o termini, i quali havevano in
mezzo una finestra alta sopra la corte et sopra
larchitravo che poggiava su le colonne si vedeva
per termini la statua dellimperatore [] sotto li
quali stavano quattro fanciulli che sostenevano
tre corone con questi versi: tales roma fuit quon-
dam admirata triumphos quales nunc urbis gra-
tia pulchra refert. E infine vengono ricordate le
feste in casa di Carlo Visconti e labitazione dei
Castaldi dove ha luogo un altro torneo. Gian-
giacomo Medici non partecipa ai festosi cortei,
ma ha il privilegio di ospitare personalmente il
principe nel castello di Melegnano alla sua par-
tenza da Milano il 7 gennaio 1549
17
.
Pochi anni prima, nel 1540, Giovanni Batti-
sta Serbelloni, in veste di procuratore del Mede-
ghino, affittava da Ippolita Visconti e Catellano
Gallarate
18
nominative de sedime uno et sive
duobus sediminibus [...] iacentibus in Porta
Nova parochia S. Eusebii Mediolani quae sunt
cum suis hediffitiis, cameris, sallis, sollariis,
curiis, zardino et aliis suis pertinentibus quibus
coherent ab una parte strata ab alia ecclesia
Sancti Eusebii e ancora nel 1547 lo stesso Gio-
vanni Battista stipulava con Roberto Archinto
diversi accordi per regolare i diritti di confine
pro beneffitio et comodo ipsius hedeffitii novi-
ter faciendi et costruendi ad instantiam predicti
ill. marchionis in confinibus
19
. Fra i testimoni di
questo secondo documento troviamo indicato il
maestro Rocco da Legnano
20
, uno degli ingegne-
ri attivi nel Comune.
La presenza di Rocco da Legnano alla reda-
zione del documento un po poco per avanza-
re unipotesi circa una sua concreta partecipa-
zione al programma di ricostruzione avviato dal
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neamente impegnato per il Marino nel palazzo e
nella cappella in San Marco, cerca di forzare la
mano a Filippo Serbelloni convincendolo di un
parere favorevole del papa al suo progetto. Le
incertezze di Filippo, non ancora al corrente di
decisioni ufficiali, sono ribadite alla fine dello
stesso anno, quando in una nuova missiva al fra-
tello scrive
31
: Del fabbricare nel palazio di sua
santit non so che dire; il signor Gabrio nelle sue
lettere mi scrive m iusta e qua il signor Giovan-
ni Iacomo Rainaldo volea si butasse zoso tutta la
fazada e principiar da fondamenti come nello
scritto al signor Gabrio e io non ho voluto et cos
havea datto principio di fare sabion et [...] una
navata de calzina; non li far altro se quello non
mello ordinar.
La missiva di Filippo non scioglie nessuna
delle questioni precedentemente poste e introdu-
ce nuovi personaggi e nuovi dettagli finora solo
accennati: il riferimento a Gabrio Serbelloni
32
per
problemi di tipo progettuale in apparente contra-
sto con quanto suggerisce Giovanni Giacomo
Rainaldi
33
, la probabile esistenza di un fronte
principale gi realizzato, lincapacit di Filippo di
prendere una decisione cos importante come la
sua demolizione e la sua richiesta di una indica-
zione definitiva sul proseguimento della fabbrica
apparentemente terminata nelle altri parti.
Tra la fine del 1563 e il novembre 1564, las-
senza di accenni al palazzo nellepistolario Ser-
belloni attesta un cantiere sostanzialmente fermo
sulladozione o meno del progetto alessiano
34
;
inutili appaiono anche le trattative per lacquisi-
zione di nuovi lotti confinanti di propriet delle
famiglie Archinto, Belgioioso e dei padri di San
Carpoforo. Lunico cantiere attivo per il pontefi-
ce quello relativo a una residenza in affitto in
corso Monforte (palazzo Arrigoni?)
35
dove il
maestro Stefano chiamato pi volte per lavo-
ri di muratura.
Di fronte alle insistenze del fratello Filippo,
Gabrio Serbelloni cos risponde da Roma il 18
novembre 1564
36
: Non essendo per hanco com-
parso lordinario me restar tanto meno da
rispondere a sue lettere e non mi occorer dirle
altro et dela fabrica dela casa de Brera qual Sua
Santit vole che ogni modo vada avanti con dili-
gentia et v.s. atenda a veder di [?] in vendita la
casa de Belzoiosi, dellArchinto et quela deli
preti di Santo Crestoforo, prinzipalmente de
quali v.s. ne pigliar particulare cura et perch
cosa di giesa et intereso del s. vicario lo ill. cardi-
nale Borromeo. Scriva al signor Tulio [Albonese]
et vicario che se intromitano et aiutino et sporgi-
no ogni bracio per conseguire questa casa [?].
Sua Santit cos dar ordine di prinzipiare la
faciata nella forma et ordine di messer Vincenzo
gi scrise [?] 8 ottobre 1562, come vedr per
detta sua de qual se ne tene copia et piacendo a
Sua Santit tuto il suo parere dile alteze, longhe-
78
al cortile e ai corpi di fabbrica principali, inter-
venti resi possibili proprio per la cessione di
nuove aree acanto ala casa vechia dove alogiava
il signor marchese, in particolare dalla famiglia
Archinto
26
, ad formam Statutorum Mediolani
de eo qui laute hedificare voluerint. I lavori non
appaiono documentati in nessun modo, ma,
come vedremo pi avanti, sembrano gi conclu-
si nel 1563 quando a Roma Galeazzo Alessi pre-
senta a Pio IV un disegno della facciata e sugge-
risce di far le colone ala porta con qualche
forma someliassero hanco a lornato di dentro
27
in marmi mischi
28
. logico supporre che
Galeazzo sia lartefice di questi lavori, ma nessun
documento e, soprattutto, nessuna immagine del
palazzo ci vengono in aiuto.
La presenza di Alessi si sovrapporr, come
vedremo, a quella di Seregni in modo documen-
tato in altri cantieri: nel ricordato palazzo del
Collegio dei Giureconsulti, avviato nel 1561
iuxta modellum factum per dominum Vincen-
tium de Seregnio ingenierum dictae fabricae
29
e
dove, per i notai, nel 1564 in un atto si accenna
al modello seu disegno fatto per il domino
Galeaz de Alessii da Perosa ricco di ornamen-
ti et adobamenti a San Vittore, nel Duomo e
nella fabbrica di Santa Maria presso San Celso
dove nellaprile del 1563 sono contati a messer
Cesaro agiente del s. Galeazo Perosino ducati sei
doro per sua merzede del dipinger il desegnio
dela faciata della giesia.
Il palazzo di Sua Santit
Giovanni Angelo eletto papa nel dicembre del
1559 e la sua familia comprende i nipoti Carlo e
Federico Borromeo, Filippo, Giovanni Battista,
Gabrio e Fabrizio Serbelloni, e Marco e Anniba-
le Altemps.
Inedite sorprese provengono proprio dal
ricco ma frammentato epistolario tra Filippo,
Giovanni Battista e Gabrio Serbelloni, rispetti-
vamente residenti a Milano e a Roma. Filippo
procuratore per tutti gli affari milanesi della
famiglia, Giovanni Battista castellano di Castel
SantAngelo, Gabrio Serbelloni sovrintendente
alle fabbriche di Castel SantAngelo, Ostia e Civi-
tavecchia.
Il 2 giugno 1563 Filippo scrive da Milano al
fratello Giovanni Battista
30
: Messer G. Galeazzo
ingegnere del Marino venuto e secondo che esso
dice che si dibia principar la fabrica del palazzo
Sua Santit nel modo che ha monstrato a Sua
Santit, quello scrive al contrario, non so che far.
Ma non far cosa alchuna seno tanto quanto quel-
la mi dir, ma la avertisco che il signor Gabrio
non mi scriva daltra natura.
Il contenuto della minuta conservata allAr-
chivio di Stato di Milano davvero sorprenden-
te e, fino a questo punto della nostra ricostruzio-
ne, rivoluzionario. Galeazzo Alessi, contempora-
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pianta o disegno insiema con il valore dil costo.
E questo sia quanto prima e come o detto con
buona resolutione. Se aspeta che v.s. veda se si
po havere quela casa in vendita acanto ala casa
vechia dove alogiava il signor marchese.
La inedita missiva di Gabrio, a cui era allega-
ta la lettera di Vincenzo Seregni che descriveva
il progetto approvato, chiarisce molte delle
incertezze finora incontrate: nellottobre del
1562, Vincenzo manda quindi un primo proget-
to a Pio IV, a cui se ne aggiunge un altro di Ales-
si, documentato a Roma nellaprile del 1563. Le
due proposte progettuali sembrano confluire in
una versione finale impostata secondo le propor-
zioni del milanese e arricchite da nuovi orna-
menti suggeriti dal perugino e fatti propri da
Gabrio.
Ancora Gabrio ribadisce laggiunta di certo
altro ornamento di pi ala faciata in una suc-
cessiva lettera datata 30 dicembre 1564: Scrissi
a v.s. la posta passata che qua non se li saria man-
dato altro disegno dila faciata de la casa di Brera
per non intrare in una disputa che mai harebbe
havuto resolutione, parendomi assai pi apposi-
to che da l venga la deliberatione et [?] qual si
far con la conformit dellusanza de la qualit
della fazada e strada e grandezza e alteza et
secondo la natura dila commodit delle prede e
hanco si misurer di fare cosa che si posa vedere
perfecta. Sich con questa replica il medesimo
che se li manda il disegno vecio che messer Vin-
cenzo mand azi sopra esso se li agiunga quale
parer o se determina nel modo iudicarano stia
bene et circa la porta poi che meeser Vinzenzo
[?] se li meta le colone intere dil miscio dele altre
et con il resto dela compagnatura dil marmo se
doperato al collegio [dei Giureconsulti], se cos
par ali signor deputato tanto piace a Sua Santit
qual sta aspetando con desiderio che sia deter-
minato et seli dia prinzipio coscch sia acordato
le case de preti di Santo Cristoforo
37
.
Un altro epistolario la raccolta delle lettere
inviate da Tullio Albonese a Carlo Borromeo,
gi arcivescovo di Milano, ma costretto a rima-
nere a Roma per la promulgazione dei decreti
conciliari aggiunge altre inedite importanti
indicazioni
38
: la lettera inviata a Roma il 7
dicembre 1564 documenta infatti la risoluzione
delle controversie di confine con i parrocchiani
di San Carpoforo, grazie anche alla successiva
stima redatta dagli ingegneri Bernardino Lona-
to
39
e Vincenzo Seregni il 22 gennaio 1565
40
:
Ho condotto sopra il sitto che si vorrebbe per
ampliare il palazzo di sua santit il signor Philip-
po Serbelloni, messer Vincentio ingegnere et
maestro Bernardino Lonato parimente ingegne-
re, perch si deliberasse qual parte li fosse biso-
gno che fosse della chiesa di Santo Carpoforo,
acci si potesse estimare per esseguire nel resto
la mente di v. s. ill.ma et siamo restati in conclu-
79
6. Milano, fronte su via Brera di palazzo
Medici, 1865 ca. (Milano, Archivio Storico
Fotografico).
za e largheza [?] muralie, faciate et altro salvo
che dice che vole che la faciata sia opera ampia,
magnanima et bela, quanto ve ne sia dalteza et
che abia qualche ornato ala porta de queli mischi
dele colone del portico, ricordandosi che quan-
do fu qua messer Galeazzo de Perrugia li propo-
si che saria stato bene far le colone ala porta con
qualche forma someliassero hanco a lornato di
dentro con fare quele colone dila porta uno pezo
del miscio solo lisato et uno pezo dil ceppo rusti-
co agiongendo hanco certo altro ornamento di
pi ala facciata di quello che era nel disegno di
messer Vinzenzo, qual non mando pensando ne
debba havere il medesimo. Che quando non la-
vese v.s. avisa che gli le mandaria subito. La
sustanzia a di esser secondo quela proportione di
longheza et alteza che se indicar esser apposito.
Si a di comporre uno modo honesto di farla di
vivo che sia bella et ampia ma non pasare tanto
avanti che non se fuse n per veder la concluxio-
ne, n lopera facta, ma atacarsi a lonesto con
buona resolutione e mandarne quanto prima una
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sione mettere detto sitto in dissegno gionto al
pallazzo sudetto, per giudicare poi quello acco-
moder meglio et sar bisogno havere. Il che
fatto subito si estimer et sa na dar aviso a v. s.
ill.ma alla quale mandar ancora detto sitto des-
signato perch lo possi visuare alla santit sua.
Le stime autografe allegate, rintracciate a
Milano e Roma in tre diversi archivi, rappresen-
tano cos una conferma delleffettiva presenza di
Seregni quando il progetto ormai approvato.
Presenza confermata da altri inediti contratti per
la facciata rogati nel giugno dello stesso anno e
nel febbraio 1566.
Nellagosto del 1565 allarcivescovo di Mila-
no, prossimo a giungere nella sua sede per cele-
brare il sinodo provinciale, Pio IV offre il suo
palazzo, ma Albonese cos consiglia il Borro-
meo
41
: Perch il palazzo di sua santit si ritrova
per la fabrica che se gli fa imbarazzo di materie
et altre cose, per questa causa si potr excusare v.
s. ill.ma di non alloggiarvi et vi si potrano acco-
modare qualche vescovi con il mobile che vi sta
dentro del signor Cesare Gonzaga.
Il Borromeo preferendo alloggiare nellap-
partamento in arcivescovado si scusa con il car-
dinale di Como (a Roma presso Pio IV)
42
: Io
non mi sono voluto della casa di sua santit per
mia habitatione parte perch si trova molto
impedita per le fabriche che non si fanno e parte
perch dovendosi far spesse congregazioni et
attioni che spettano alla celebratione di questo
concilio necessaria la vicinanza del Duomo, e
cos ho eletto per migliore il ridurmi nellArci-
vescovado.
I lavori citati in queste ultime due lettere
riguardano quindi la facciata su via Brera secon-
do il contratto di pacta et conventiones, rogato dal
notaio Alticonte Caimo nel giugno del 1565,
andato perduto
43
. Lindicazione di questo atto
contenuta in un inedito accordo, rogato il gior-
no successivo, per la costituzione della societ
fra i lapicidi impegnati nellimpresa
44
: Michele e
Andrea Scala
45
, Cristoforo Monte
46
, Michele
Rotula, Girolamo Biffi
47
e Martino da Vimercate
48
si impegnano infatti fieri fatiendi seu costruendi
partem anteriorem pallatii sitam in porta Nova,
parrocchia S. Eusebi Mediolani, sanctissimi
domini d. nostri Pape Pii Quarti per sei giorni
alla settimana per quanto li sar comisso per
magistro Vincentio. Nellatto questo ultimo
nome cancellato e il Seregni non compare fra i
testes sebbene sia rogato nei locali della fabbrica
del Duomo.
In precedenza, nel febbraio dello stesso anno
i maestri Alberto da Marchirolo e Gasparino da
Carona simpegnano, alla presenza dello stesso
Seregni, a fornire il materiale pietra di ceppo
necessario al rivestimento della facciata. Altri
lavori riguardano il possibile ampliamento del
palazzo verso San Carpoforo, secondo un desi-
derio espresso sia da Pio IV sia dal cardinale
Carlo, finora impediti, come abbiamo gi visto,
dallopposizione dei rettori di quella chiesa.
Le opere al primo ordine della facciata, con-
dotte abbastanza celermente, sono inevitabil-
mente interrotte alla morte di Pio IV avvenuta il
6 dicembre 1565, come documenta un successivo
atto tra gli stessi lapicidi datato 6 febbraio 1566
49
:
la confessio per il pagamento ai cinque artisti di
1723 lire a completo saldo delle opere realizzate
nella facciata delledificio: adaptaverint lapides
et opus perficerint [...] que posita fuerunt in fron-
tespitio ipsius pallatii et per modum et formam
pro ut ordinatum fuit predictum Serenium.
80
7. Giovanni Paolo Bisnati (?), Facciata
del palazzo di Tommaso Marino in
Porta Nova, Milano, XVII secolo (ASCMi,
Raccolta Bianconi, Tomo I, p. 25).
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Il 1565 sembra essere dunque lanno fonda-
mentale per la ricostruzione del fronte sulla con-
trada di Brera nelle forme documentate dallim-
magine dellArchivio Fotografico: nel gennaio
Bernardino da Lonate e Vincenzo Seregni stima-
no alcune case e terreni necessari alla nuova fab-
brica; in febbraio acquistata la pietra di ceppo,
nel giugno i lapicidi Michele e Andrea Scala,
Martino da Vimercate, Michele Rottola, Gerola-
mo Biffi e Cristoforo Monte accettano di realiz-
zare la fronte del palazzo, lavori saldati nel feb-
braio dellanno successivo e stimati dal Seregni.
Vincenzo Seregni e Galeazzo Alessi
Seregni quindi il responsabile del cantiere di
palazzo Medici ed anche lautore dei quattro
disegni mandati a Roma nellottobre del 1562 a
Giovanni Battista Serbelloni, vescovo di Cassa-
no e castellano di Castel SantAngelo, e conser-
vati tra i fogli del codice 251 inf. della Bibliote-
ca Ambrosiana di Milano.
Ma, sebbene troppi documenti sembrino
attribuirgli il disegno del fronte, il riscontro tra il
lacerto di architettura visibile dallunica immagi-
ne fotografica del palazzo e i disegni inviati ci
porta inevitabilmente a pensare che i suggeri-
menti di Alessi e Gabrio, o di altri personaggi,
siano stati positivamente accolti. Vincenzo in
questi anni il vero responsabile delle fabbriche
milanesi dei Medici-Borromeo: nella ricostruzio-
ne del Seminario Maggiore, nel palazzo dei Giu-
reconsulti
50
, per dessignare la fabrica del palazzo
di San Graciano ad Arona, nelladattamento del
tabernacolo di Pirro Ligorio; inoltre in contat-
to con Filippo Serbelloni per il quale ingegne-
re in alcune propriet fondiarie
51
, e con Fabrizio
Serbelloni per i lavori di fortificazione del
Castello di Milano. Ma nessuna di queste opere
verr realizzata secondo il modello iniziale e le
indicazioni fornite dallingegnere del Duomo.
La formazione del maestro Vincenzo inte-
ramente legata alla Cassina del Duomo milanese,
e non certamente casuale che, ingegnere ormai
affermato con committenze anche papali, riman-
ga sindaco della Scuola dei Quattro Martiri
Coronati, la confraternita che raccoglieva i lapi-
cidi e gli scultori di questo cantiere, come a testi-
moniare la vera natura della sua formazione arti-
stica. Diventa ingegnere secondo una prassi
quattrocentesca, ma ancora consueta per la
prima met del Cinquecento, ed lultimo di
questa tradizione, proponendosi come il primo
fra gli architetti milanesi ad accogliere le novit
unendo a regole consolidate una discreta abilit
progettuale e grafica.
I quattro disegni di progetto per palazzo
Medici conservati allAmbrosiana sono senza
dubbio uninvenzione di Seregni
52
facilmente
riconoscibili sono lautografia, la semplicit gra-
fica e compositiva, la ripetizione seriale degli ele-
menti , ma i fogli non corrispondono a quanto
venne poi realizzato, documentato da ununica
immagine fotografica (ill. 6) e dai rilievi prece-
denti la demolizione delledificio. Le due varian-
ti proposte rappresentano quindi una prima idea
successivamente mutata sia in pianta, riducendo
lestensione della facciata
53
e avanzando il corpo
centrale (pi alto), che in alzato, nella partitura
architettonica e negli elementi decorativi.
Lo schema architettonico poi realizzato
senza dubbio un preciso riferimento a palazzo
Marino (ill. 7) anche la proposta di Seregni,
oltre a semplificare, nel primo ordine, i fronti
esterni di palazzo Te, guardava al palazzo di
81
8. Giovanni Paolo Bisnati (?), Collegio de
Ss. Dottori, Milano, XVII secolo, (ASCMi,
Raccolta Bianconi, Tomo I, p. 12 r).
12|2000 Annali di architettura
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Seregni nellutilizzo rigido e senza risultati plasti-
ci dellordine dorico, con base di tipo attico e fre-
gio liscio, e nella sovrapposizione dorico-ionico
anche se ottenuta con lesene rastremate con basi
senza toro inferiore. Nel f. 215
55
che, nel verso,
rivela anche il destinatario Al reverendissimo
signor vescovo di Castello di Santo Angello a
Roma [Giovanni Antonio Serbelloni] , le aper-
ture del secondo ordine presentano alternativa-
mente timpani spezzati con volute e triangolari
al cui interno sono disegnati motivi decorativi
che rappresentano angeli, stemmi, fauni,
mascheroni Il secondo prospetto (f. 216
56
)
meno curato del precedente: manca lombreg-
giatura del primo ordine, la prima campata
destra corretta da una pezza inserita, il cor-
nicione non presenta mensole e il disegno del
bugnato semplificato.
Le proporzioni e le dimensioni che il Seregni
indica nel f. 215 (ill. 10) 98 braccia
57
di lun-
ghezza e 25 di altezza (confrontabili con quelle
alessiane per il Marino) non corrispondono ai
rilievi ottocenteschi del sito: la facciata realizza-
ta di circa 47 metri contro i circa 58 del dise-
gno. Inoltre laltezza di 25 braccia non corri-
sponde a quella del cortile di palazzo Marino
sebbene il numero di aperture presenti e il por-
tale a colonne binate trabeate siano analoghi alla
fronte verso piazza San Fedele.
La rigidit e lapplicazione della norma sem-
brano essere contraddette dai progetti per il por-
tale di ingresso, disegni che comunque rivelano
una difficolt e unincertezza nellaggiornare il
proprio linguaggio allimportanza del commit-
tente. Lo stemma del f. 217
58
, identico a quanto
gi rappresentato nei ff. 215-217, veramente
uninvenzione frutto di unabile mano nel dise-
82
9. Vincenzo Seregni, Mausoleo del Conte,
San Lorenzo, 1556, Milano (ASMi).
10. Luca Beltrami, ridisegno della parte
centrale del f. 215 e di un frammento del
f. 216 (L. Beltrami, Il palazzo di Pio IV
in Milano, in Archivio Storico dellArte,
1889, p. 4).
Alessi : larticolazione delle aperture deriva dal
secondo e terzo ordine dellAlessi, identica la
doppia fascia basamentale con specchiature,
simile il rapporto tra ordine architettonico e
aperture, identici i rapporti nella trabeazione
dorica (qui la base della semicolonna attica e
larchitrave non bipartito). Leffetto di questo
primo ordine appare tuttavia pi rigido, meno
plastico, pi corretto nelluso degli elementi.
La fascia del basamento corrisponde solo in
parte a quanto disegnato da Seregni, differente ,
infatti, il numero di aperture inquadrate da semi-
colonne; il trattamento a leggero bugnato della
superficie 17 corsi nel f. 216 e 16 corsi quelli
realizzati simile a quanto realizzato nel palaz-
zo dei Giureconsulti (ill. 8) e nel perduto palazzo
Cicogna. La variet, gli interessanti apporti inno-
vativi nelle aperture, la ricercata fusione fra scul-
tura e partitura architettonica trovano invece
molti pi riscontri nelle opere dellAlessi che in
quelle del milanese Seregni, a cui viene rimpro-
verata proprio questa incapacit
54
.
Ladozione di un lessico alessiano e la com-
presenza in alcuni cantieri di questi due artisti ha
suggerito un loro connubio artistico. Al reperto-
rio del milanese manca infatti la ricchezza lin-
guistica e sintattica. La compresenza di ortodos-
sia e gusto per le novit, la capacit di fondere
architettura e decorazione, solo in parte accen-
nati nelle aperture della rinnovata fronte di San
Giovanni in Conca progettata un decennio pi
tardi. A Saronno, a Corbetta, a Garegnano, a
Milano, nei diversi mausolei a Gallarate, Milano,
(ill. 9), Monza, Seregni non rivela nessuna ansia
di rinnovamento, anzi.
Nei fogli dellAmbrosiana appare tuttavia evi-
dente lestrema coerenza formale espressa dal
12|2000 Annali di architettura
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gno delle figure femminili che, su quattro diver-
si livelli, inquadrano lo stemma della famiglia
Medici; risultato forse giustificabile da una stret-
ta collaborazione con pittori o scultori che ope-
ravano allinterno del cantiere del Duomo
59
. Non
facile trovare riferimenti a quanto proposto
soprattutto per la scala degli elementi: si tratta,
credo, di un fuori-scala, un ingrandimento di
elementi decorativi sovrapposti a un impianto
architettonico gi ben sperimentato negli archi
trionfali eretti in occasione delle entrate di Carlo
V e del principe Filippo.
Il portale disegnato nel f. 214
60
richiama nel
gioco concavo-convesso della fronte e della
scalinata, cui corrisponde un atrio a pianta
ellittica, e nellutilizzo di colonne a bugne alcu-
ni motivi genovesi come la Porta del Molo o
latrio del palazzo di Nicolosio Lomellino, ma
rimane nel suo genere un unicum nella produ-
zione e negli schemi dei portali di ingresso. A
differenza della proposta disegnata per i due
prospetti e ripresa nel f. 217, qui linchiostro
cambia di tonalit, il motivo della decorazione
confinato nel timpano centrale e nei termini
del secondo ordine, con elementi gi utilizzati
per il palazzo dei Giureconsulti. Lelemento del
portale avanza leggermente rispetto al profilo
del fronte: alla coppia delle semicolonne tra-
beate succede una nicchia semiellittica e lin-
gresso inquadrato da colonne libere. Questa
progressione nel profilo degli elementi archi-
tettonici accompagnata dalla particolare
forma convessa della scalinata a pianta ellittica,
che supera la quota della zoccolatura ed con-
trapposta al vestibolo interno a forma ovale,
tracciato a matita nello stesso foglio.
Una planimetria precedente la distruzione di
palazzo Medici, poi Castelbarco, Simonetta
(1864) ci rivela anche limpianto, organizzato
intorno a un cortile quadrato, con un profondo
portico eptastilo sul lato opposto allandrone,
probabilmente delle colonne in marmo mischio
(pietra dArzo) trabeate come nel cortile del
palazzo di Leone Leoni. Il fronte verso il giardi-
no, articolato da due modeste ali laterali, non
denuncia nessuna partizione architettonica. In
pianta, la facciata sulla via Brera presenta nella
parte centrale il ritmo gi osservato nellimma-
gine fotografica, con quattro aperture finestrate
e il portale dingresso. Le due ali simmetriche e
arretrate sono raccordate con forme curvilinee
alla parte centrale e terminano con un raddop-
pio dellelemento (pilastro-colonna); a sinistra,
verso la chiesa di SantEusebio, disegnato un
locale quadrato coperto da una cupoletta emisfe-
rica, mentre sul lato opposto, verso via dei Fiori,
troviamo le ampie scuderie e la cavallerizza.
Tra le proposte del Seregni (e le opere della
sua lunga attivit) e il primo ordine della faccia-
ta esiste quindi uno scarto di linguaggio e di cul-
tura architettonica che fa dubitare anche in pre-
senza di nuovi e importanti documenti, che atte-
stano la sua presenza nel cantiere della facciata,
di una completa attribuzione dellopera al mila-
nese, n credo sia sufficiente affermare che Vin-
cenzo Seregni si stesse esercitando sui modi
83
11. Milano, casa degli Omenoni (palazzo
diLeone Leoni), fronte principale (Milano,
Archivio Storico Fotografico).
12. Milano, casa degli Omenoni (palazzo
di Leone Leoni), cortile interno (Milano,
Archivio Storico Fotografico).
12|2000 Annali di architettura
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nel sepolcro del padre in San Giovanni in Conca.
Qui viene ricordato come scultore e architetto,
responsabile del cantiere del Duomo, invitato da
Pio IV a Roma per la fabbrica di San Pietro; cita-
to il palazzo del collegio dei Giureconsulti, ma
non vi alcun accenno a palazzo Medici
62
.
Il costante richiamo allAlessi trova supporto
anche nella presenza nei cantieri di palazzo
Marino, di Santa Maria presso San Celso (ill.
13) e di San Barnaba degli stessi lapicidi respon-
sabili dellesecuzione della facciata, allontanati
dal Duomo proprio perch impegnati in altre
fabbriche.
Un lungo letargo
Le letture parziali tentate sugli anni che prece-
dono il definitivo avvio dellEt dei Borromei
non sono ancora riuscite a descrivere un profilo
dei personaggi legati a Pio IV e che, anche se
con sfumature diverse, determinano scelte deci-
sive per il contesto milanese sino al primo Sei-
cento. Gli intrecci milanesi a Roma, arricchiti
dalla presenza di Carlo e Federico Borromeo
63
,
e Marco, Annibale e Gabriele Altemps
64
, dai ric-
chi scambi culturali e politici con le altri corti,
dai matrimoni delle sorelle di Carlo, Camilla e
Ortensia, con Cesare Gonzaga e con Annibale
Altemps (personaggi ai quali non possibile
non associare Tommaso Marino, depositario
generale della Camera apostolica, che acquista
nel 1557 dal cardinale Ricci il palazzo Sacchet-
ti-Sangallo in via Giulia con tutto il suo straor-
dinario contenuto archeologico), rimangono
solo sullo sfondo della storia del palazzo di
Brera, apparentemente lontani dalla sua rico-
struzione. Determinanti appaiono invece le per-
sonalit dei cugini Serbelloni
65
, Giovanni Batti-
sta, Giovanni Antonio, Gabriele, Fabrizio e
Filippo, al servizio dapprima degli interessi del
Medeghino, poi di Pio IV
66
: Gabrio Serbelloni,
capitano delle guardie papali, Fabrizio
67
, assolto
nel 1565 per le distruzioni compiute ad Avigno-
ne durante la violenta repressione degli Ugo-
notti, Giovanni Battista, castellano di SantAn-
gelo, impegnato nelle opere di fortificazione del
Borgo, e infine Filippo, suo procuratore a Mila-
no per i cantieri del mausoleo del fratello o del
nostro stesso palazzo.
A Roma, Pio IV sembra affidarsi ad artisti dif-
ferenti per le sue opere
68
: Pirro Ligorio da Saler-
no e Sallustio Peruzzi sono contemporaneamente
impegnati per il Borromeo e per la sistemazione
del palazzo Apostolico, del Belvedere, del Casino
e per le fortificazioni di Avignone; Michelangelo
ancora impegnato in diversi cantieri
69
; Antonio
da Treviso indicato come architectus delle
acque; Giovanni aliter Nanni de Lippi paga-
to per le fatiche e il disegno della porta del Popo-
lo e al Belvedere, mentre Antonio Labacco e i
Vignola compaiono ancora nei Mandati delle
84
13. Galeazzo Alessi, Santa Maria presso
San Celso (BAMi, S 149 B sup. f. 2).
dellAlessi
61
. La differenza tra la sintassi e gli
elementi dei disegni dellAmbrosiana e quanto
viene realizzato troppo evidente ed estraneo
ai modi espressivi fino ad allora utilizzati dal
Seregni: in primo luogo la ricchezza della deco-
razione, estranea al tradizionale sintetismo mila-
nese, le semicolonne scanalate, la fronte non
rettilinea ma con la parte centrale pi avanzata e
raccordata morbidamente, la scelta di semipila-
stri in luogo delle semicolonne negli angoli, il
fregio con mutuli, i triglifi che si trasformano in
mensole, patere circolari a rosette e bucrani,
festoni con burloni (?), teste femminili ioniche
(molto vicine a quelle di San Barnaba) sugli assi
delle aperture ovali e teste di ariete come men-
sole per larchitrave delle aperture. Una capacit
inventiva solo accennata nelle contemporanee
opere alessiane e in quelle pellegriniane, e in
alcuni elementi del cortile del contemporaneo
palazzo degli Omenoni (ill. 11 e 12).
Rimane comunque evidente la ricerca di
Seregni, nelle architetture per i Medici-Borro-
meo, di un linguaggio fondamentalmente rinno-
vato e aggiornato, piegandosi cos a questa par-
ticolare committenza; un linguaggio che abban-
doner quasi subito nel cantiere della certosa di
Garegnano in cui riproporr la rigida ripetizio-
ne di elementi seriali e geometrici nella scansio-
ne delle superfici del cortile di ingresso. I due
episodi promossi da Pio IV segneranno tuttavia
lintero giudizio storiografico sulla sua lunga
attivit, sebbene i suoi progetti vadano interpre-
tati pi come tentativi di mostrarsi aggiornato
che il risultato di una ricerca di una modernit
in grado di rinnovare la tradizione milanese.
C unaltra prova, anche se poco significativa,
della non completa attribuzione dellopera a Vin-
cenzo: il lungo epitaffio che il figlio Vitruvio pone
12|2000 Annali di architettura
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fabbriche camerali. Il comasco Bartolomeo Bul-
gari e Sigismondo Gallerati realizzano straordi-
nari gioielli donati a personaggi della corte spa-
gnola; lopera di recupero della statuaria per il
Belvedere affidata a Niccol Longhi, Nicola da
Brescia, Guglielmo e Tommaso della Porta, Raf-
faele da Sangallo; Giovanni Lanterio coordina
gli investimenti immobiliari; Giovanni Antonio
de Rossi
70
e Giovanni Federico Bongiovanni
incidono le medaglie delle nuove imprese avvia-
te dal papa; Daniele da Volterra, Federico e Tad-
deo Zuccari, Francesco Salviati, solo per indicar-
ne alcuni, affrescano le stanze di diverse residen-
ze, tra cui anche lappartamento del cardinale
Carlo Borromeo. Di fronte a un entourage roma-
no cos complesso e ricco di realizzazioni, ine-
vitabile domandarsi perch Pio IV scelga di affi-
darsi a un magister come Vincenzo Seregni cos
profondamente segnato dalla tradizione lombar-
da e incapace di rinnovare il contesto architetto-
nico milanese.
Profondamente diversa appare invece la cul-
tura artistica che richiama a Milano artisti stra-
nieri grazie alle numerose commissioni, forse
pi attente alla fastosit decorativa e ai temi alla
moda che alloriginalit dei soggetti, e che ritro-
viamo applicata ai cristalli di rocca, alle armatu-
re, ai bronzi e agli argenti
71
.
Se le fondamentali riforme di carattere reli-
gioso e i suggerimenti del nipote Carlo sono
puntualmente ratificati con bolle papali
72
, la pre-
senza a Milano di Pio IV
73
si concretizza, invece,
solo nel mausoleo dei fratelli Giovanni Giacomo
e Gabriele nel Duomo, affidato per la statuaria a
Leone Leoni (ill. 14 e 15)
74
, in una donazione
per il nuovo palazzo del collegio dei Giurecon-
sulti
75
, nel dono della Pace di Pio IV e del ricicla-
to tabernacolo (ill. 16) (precedentemente ideato
da Pirro Ligorio per Paolo IV Carafa) per la cat-
tedrale milanese. Non necessario sottolineare
limportanza, per la chiesa lombarda, delle rifor-
me avviate dal Medici, ma linterrogativo riguar-
da latteggiamento della committenza papale
nella citt natale che si rivela, al contrario, estre-
mamente modesta, uniformandosi ai caratteri
locali cos felicemente espressi da Vincenzo
Seregni. Al contrario, proprio negli anni di Pio
IV che si verifica il cambiamento di mentalit e
di gusti, di prassi e linguaggi espressivi tale da
determinare una rottura, successivamente regi-
strata in maniera definitiva con il romano Pel-
legrino, assoluto protagonista della scena mila-
nese dal 1567.
Il panorama degli architetti-ingegneri milane-
si
76
non offriva altre alternative al Seregni a ecce-
zione dei modesti Giovanni Francesco Sitone,
chiamato in Spagna nel febbraio 1566, e France-
sco Pirovano, nominato ingegnere della Regia e
Ducale Camera nel giugno dello stesso anno,
mentre appare ancora poco chiarita la presenza a
85
14. Leone Leoni, Mausoleo Medici,
1563-64, Milano, Duomo (Fototeca AFDMi).
15. Mausoleo Medici, XVI secolo (London,
Victoria and Albert Museum).
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Milano di Francesco Paciotto
77
, a Madrid nel
1562, e dal 1567 impegnato come capitano delle-
sercito e regolarmente stipendiato dallOffitio delle
Munitioni e dei Lavoreri della Camera milanese.
Neppure il monumento ai fratelli Medici,
estraneo ai modelli milanesi, ma realizzato uti-
lizzando un lessico architettonico affine e in
ogni caso, non in grado di rappresentare nessu-
na svolta, sembra suggerire il nome del suo
autore (Vasari lo ricorda come unidea di Miche-
langelo, mentre Leone Leoni, gi a Milano dal
1542, rappresenta una scelta quasi obbligata per
la statuaria in bronzo); Seregni e Galeazzo Ales-
si si avvicendano nella eclettica rivisitazione del
palazzo con portico e torre nel palazzo dei Giu-
reconsulti; i progetti per il Seminario Maggiore
del Seregni rivelano incertezza e lassoluta man-
canza di modelli di riferimento, mentre lunica
novit larrivo per ordine del papa a Pavia,
gi dallestate del 1563, di Pellegrino Tibaldi.
Perch dunque non affidarsi a Pellegrino
Tibaldi che contemporaneamente protagoni-
sta in altre fabbriche papali non meglio speci-
ficate
78
come documenta una lettera di Tullio
Albonese che, nel maggio 1564, chiede al Bor-
romeo di giustificare le assenze del Tibaldi: Lo
excusi con Sua Santit per lobligo qual dice
tener delle sue fabriche, alle quali, come mi ha
detto, debba haver lasciato buon ordine et in tal
86
14. Pellegrino Tibaldi, Progetto per la
sistemazione del tabernacolo di Pio IV,
1567 (ASCMi, Raccolta Bianconi, Tomo
II, p. 39 v).
modo che non sono per haver bisogno dellope-
ra sua per sei mesi a venire. Per beneficio adun-
que di queste fabriche sar servita vostra signo-
ria illustrissima excusarlo, comho detto, et
ordinarli che non si parti di qua senzaltro aviso
suo et che attenda a queste imprese con la dili-
genza et sollicitudine che suole nelle cose sue
79
.
A Milano la modesta committenza papale
sceglie quindi di affidarsi a un artista conosciuto
e alleato delle maestranze milanesi, suggerito dai
fidati agenti-nipoti, e non impone nessuna svol-
ta innovativa pur in presenza di un cos ricco
contesto romano. Pio IV sembra apprezzare
soprattutto le indicazioni di natura pratica con-
tenute nella lettera di Seregni allegata al proget-
to e datata 8 ottobre 1562, alteze, longheze e
largheze [?] muralie, faciate et altro, salvo che
dice che vole la faciata sia opera ampia, magna-
nima et bela, preferendo, secondo quanto scri-
ve Gabrio Serbelloni, la conformit dellusanza
dela qualit della fazada e strada, e grandezza e
alteza et secondo la natura dila comodit delle
prede e hanco si misurer di fare cosa che si posa
presto vedere perfecta.
Al contrario Carlo Borromeo punta su Pelle-
grino Tibaldi che, dallagosto del 1563, saltua-
riamente risiede a Milano suo ospite, e al quale
affida, oltre a opere non riconosciute
80
, la costru-
zione del collegio di Pavia, il rinnovamento del-
lappartamento arcivescovile secondo un dise-
gno inviato da Roma , e il progetto della cap-
pella per il fratello Federico in Santa Maria
Podone
81
.
Lancora irrisolta vicenda del palazzo papale
costituisce comunque per la cultura architetto-
nica milanese un episodio di disorientamento, di
riflessione sulle proprie continuit e le nuove
invenzioni; il risultato appare forse meno
estraneo di altri episodi lasciando intravedere un
atteggiamento di ragionevole compromesso tra
la rigidit dellimpianto e la ricchezza formale
del linguaggio adottato, giustificato da fasi e
autori diversi.
Epilogo
Pio IV muore nel dicembre del 1565; nel 1567
Giovanni Battista Archinto denuncia Filippo
Serbelloni per il mancato pagamento pretii
domus ipsius domini Johanni Baptiste danda ad
laute hedificandum palatium nunc ceptum
82
;
nellaprile del 1568 viene denunciato un furto di
piante di limone nel giardino del palazzo, segno
del suo completo abbandono.
Nel 1587, la decisione di apparire con una
immagine pubblica in grado di riflettere la rico-
stituita forza economica inducono Pirro I Viscon-
ti Borromeo di Brebbia ad affittare il palazzo
Medici e ad affrontare nuovi lavori. La commit-
tenza Visconti sar protagonista anche della tra-
sformazione della propriet di Lainate e dellac-
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87
Abbreviazioni. ASV: Citt del Vaticano,
Archivio Segreto Vaticano; AFDMi: Mila-
no, Archivio Fabbrica del Duomo;
ASDMi: Milano, Archivio Storico Dio-
cesano; ASCMi: Milano, Archivio Stori-
co Civico; ASMi: Milano, Archivio di
Stato; ASRm: Roma, Archivio di Stato;
BAMi: Milano, Biblioteca Ambrosiana;
BdAMi: Milano, Biblioteca dArte;
BTMi: Milano, Biblioteca Trivulziana
1. C. Torre, Il ritratto di Milano diviso in
tre libri, Milano 1714, p. 270. Cfr. inoltre
S. Lattuada, Descrizione di Milano, V
tomo, Milano 1738, p. 260: Laltro
[palazzo] poi al presente del signor
conte Antonio Simonetta [...] che oltre ai
pregiatissimi quadri, chegli tiene nella
sua casa, ha formata una libreria adorna
de pi ricercati volumi [...] e tal palazzo
fu ampliato con incorporarvi un altro, il
quale prima era di Giangiacomo de
Medici fratello del sommo pontefice Pio
IV zio del glorioso San Carlo ed uno de
primi generali di Carlo V imperatore.
2. Cfr. I. Giustina, Un inedito progetto di
Francesco Maria Richino e alcune precisazioni
sulle vicende del palazzo Monti Sormani a
Milano, in Palladio, 16, 1995, pp. 47-48.
3. Linedito documento, datato 4 settem-
bre 1555 e relativo allassunzione di due
maestri da parte degli appaltatori, sar
oggetto di un prossimo studio: quod
infrascripti magister Abondius de Verte-
mate et magister Franciscus de Chioc-
chis conduxerint ab ill. et m.ce iurecon-
sulto et ex.mi senatus Mediolani preside
d. Petro Paulo Arrigono fabricantur ac
fabricandi vel operum sedimem seu pal-
latii unum extra portam Orientalem
Mediolani videlicet in contrata appellata
ut vulgo dicitur in Monforte.
4. Leone Leoni a Milano dal 1542 quan-
do riceve il primo incarico come incisore
della Zecca e i ponzoni, i torselli e le pile da
Bernardo Scaccabarozzi, responsabile
della Zecca milanese. Per una aggiornata
bibliografia sul palazzo cfr. M.L. Gatti
Perer (a cura di), Leone Leoni tra Lombar-
dia e Spagna, Atti del convegno (Menaggio
1993), Milano 1995.
5. J.S. Ackerman, Le regioni dellarchitettu-
ra italiana rinascimentale, in H. Millon, V.
Magnago Lampugnani (a cura di), Rina-
scimento da Brunelleschi a Michelangelo. La
rappresentazione dellarchitettura, Catalogo
della mostra (Venezia 1994), Milano
1994, p. 341.
6. L. Beltrami, Il palazzo di Pio IV in Mila-
no, in Archivio Storico dellArte, 1889,
pp. 57-65. Fondamentali anche i saggi
dello stesso Beltrami, Disegno dellarchitet-
to Vincenzo Seregni per il palazzo di Pio IV
in Milano, in Edilizia Moderna, 1,
1899, pp. 7-9; P. Mezzanotte, La casa dei
Medici di Nosiggia e il palazzo di Pio IV in
Milano, in Rassegna dArte, 1914, pp.
138-144; A. Vianello, La casa avita di Pio
IV in Milano, in Echi di S. Carlo Borro-
meo, X, Milano 1937, pp. 364-366; C.
Baroni, Ancora sullo scomparso palazzo
Medici in via Brera, in Archivio Storico
Lombardo, 1940, e A. Scotti, Per un pro-
filo dellarchitettura milanese (1535-1565),
in Omaggio a Tiziano. La cultura artistica
milanese nellet di Carlo V, Catalogo della
mostra (Milano 1977), Milano, 1977, pp.
116-117.
7. Cfr. anche BdAMi, Fondo Beltrami, RB
B III 20. Tra le opere di Vincenzo Seregni
ricordiamo quelle a Milano (Duomo,
1534-67; San Lorenzo, mausoleo Del
Conte, 1550-59; San Maurizio, sepolcro
Carretto, 1551; Santa Maria presso San
Celso, 1555-63; monastero di SantAm-
brogio, 1556; San Vittore al Corpo, 1559-
67; palazzo dei Giureconsulti, 1561-67;
Santa Marta, cappella Visconti, 1561;
Castello Sforzesco, 1565; palazzo Medici,
1564-66; Seminario di Porta Orientale,
1565-67; San Giovanni in Conca, 1571-
83; Certosa di Garegnano, 1574-92;
monastero di Santa Maria della Vittoria,
1589), a Saronno (Santuario, 1555-68;
Palazzo Visconti), a Casale Monferrato
(Fortificazioni, 1562), ad Arona (palazzo
di San Graziano, 1561) e a Corbetta (San-
tuario, 1574-80). Inoltre presenta alcuni
quisto di due altri edifici carichi di valore simbo-
lico: la villa Pliniana sul lago di Como nel 1590
e il palazzo Arrigoni in Monforte nel 1596
83
. Un
more nobilium che trasformer Pirro in mecenate
e collezionista, alieno ai caratteri dellaristocra-
zia milanese.
La lunga stima autografa datata 13 feb-
braio1588 di Lelio Buzzi, sottoscritta da Martino
Bassi e Giovanni Ambrogio Alciati, descrive i
lavori realizzati nel palazzo
84
; Martino Bassi com-
pare come il progettista dei lavori realizzati nel
1587, confermando lo stretto legame con la com-
mittenza Visconti documentato dai progetti con-
servati alla Biblioteca Ambrosiana. Giovanni
Ambrogio Alciati rappresenta invece la contro-
parte limpresario Luigi Crena cui vengono
contestati i lavori, mentre Lelio Buzzi una sorta
di arbitro, curando gli interessi della propriet
Medici, estranea ai lavori, intrapresi in modo
autonomo da Pirro Visconti.
Nel 1600 al marchese Ferdinando Medici,
figlio di Livia Castaldi e Gian Giacomo II Medi-
ci, per la complicit con il fratello Giovanni Bat-
tista in un omicidio, sono confiscati tutti i beni,
tra i quali si trova ancora: Sedimen unum seu
pallatium magnum situm in soprascripta porta et
parrochia quod est cum magna curia in antispi-
cio et porticum magno ac celebri cum columnis
sex coloris mixti marmoreiis ac salis magnis duo-
bus in terra ac cameris illis salis inservientibus a
manu sinistra quinque, a manu vero sinistra [sic]
quattuor, giardino grande con un giardinetto
piccolo contiguo, corte della cucina con la cuci-
na et doi lochi, tutti in terra, canepa, stalla et
corte di stalla, tre stalle. Verso strada in terra
altre tre camere con suoi superiori piccoi, canti-
ne sotterranee n quattro in volta. Di sopra un
sallone con sei camere inservienti a detto salone
a man sinistra et quattro a mano dritta con suoi
solari sino al tetto. Al qual tutto sedime cohe-
renzia da una strada di Brera da laltra la cura di
Santo Eusebio in parte et in parte la signora
Giustina Belgioiosa, dallaltra la chiesa di San
Carpoforo, dallaltra il signor Giovanni Battista
Archinto
85
.
Riottenuta la propriet, gli eredi Medici,
residenti a Frascarolo, l11 novembre 1610,
dopo la dispensatio dallOspedale Maggiore di
Milano, al quale la propriet era legata dal
fideicomisso felicissimae recordationis Pii
Quarti ponteficis maximi, cedono definitiva-
mente il palazzo alla famiglia Simonetta
86
.
Nei fondi dellArchivio Storico del Comune
di Milano
87
conservata la ricca documentazione
relativa agli ultimi passaggi di propriet nel seco-
lo XIX: nel 1864 i fratelli Castelbarco Visconti
Simonetta cedono ledificio a Pietro Gonzales,
che si dimostra interessato alle richieste di demo-
lizione da parte del Comune per il riallineamen-
to dellasse stradale. Alliniziale demolizione
della chiesa di SantEusebio far infatti seguito
quella dellintero palazzo.
La lunga trattativa tra il proprietario e il
Comune, arricchita da numerose varianti di pro-
getto, non prevedeva infatti la ricostruzione del-
ledificio, ma solo un suo arretramento lungo via
Brera per eliminare la strettoia esistente con
langolo delle scuole verso la chiesa di Santa
Maria. La possibilit di ricavare un maggiore
profitto dalla vasta area occupata dal palazzo e
dal giardino e la necessit manifestata in segui-
to alla demolizione della porta Beatrice e allo
sviluppo del nuovo quartiere di via Solferino di
ampliare maggiormente il percorso di via Brera
determinavano cos la sua completa demolizio-
ne, avviata dal 1865.
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progetti per le Scuole Canobiane, per il
monastero di Santa Radegonda, per la
chiesa di Santa Maria del Castello e per il
carcere della Malastalla a Milano e per
lEscorial di Filippo II (1572).
8. Giovanni Giacomo uno dei tredici
figli di Bernardino Medici e Cecilia Ser-
belloni; la sorella Margherita sposer Gil-
berto Borromeo, padre di Carlo Borro-
meo, e il fratello Agosto Barbara Maino.
Cfr. P. Morigia, La Nobilt di Milano,
Milano 1595.
9. Pagamento di una pietra stimata da
Cristoforo Lombardo e consegnata a
Stefano Brambilla per i lapicidi che lavo-
rano nel palazzo del marchese Medici
(AFDMi, Registri, 334, 19 agosto 1555).
ASMi, Notarile, 7221, 8 maggio 1559:
Magister Stephanus de Brambilla filius
quondam Iohanni Antonii p. N. p. S.
Bartholomei intus Mediolani et magister
Giermanus de Putheo filius quondam
Gasparis habitator terrae Modoetiae in
porta Nova ipsius terrae: et uterque
eorum contenti ac se se recepisse et
habuisse a magnifico domino Iohanni
Baptista Serbelono filius quondam
magnifici domini Iohanni Petri p. N. p.
S. Andreae ad Pusterlam Novam Medio-
lani ibi presente et qui dedid et solvit
nomine et vice illustrissimi et reverendis-
simi domini Iohanni Angeli cardinalis
noncupati de Medicis [...] et hoc pro
completa solutione quarum operarum
per ipsos magistros Stephanum et Gier-
manum factarum et fieri factarum in pal-
latio praedicti illustrissimi et reverendis-
simi domini cardinalis sito in porta Nova
parocchia S. Eusebii Mediolani ad hodie
retro: iuxta conventionem factam pro et
inter agentes nomine praedicti.
10. Contratto tra Gian Giacomo Medici
e il maestro Fabiano Bossi di Gazzalino
per i lavori alla torre maggiore e ad altre
parti della villa rogato da Galdo Lodi in
data 10 novembre 1548. Tra i testes sono
registrati Giovanni Battista e Filippo
Serbelloni, e Giovanni Antonio Calvasi-
na. Copia del 6 dicembre 1696 di Gio-
vanni Battista Della Porta.
11. Eredem meum universalem []
nomino reverendum d.d. Iohannem Ange-
lum de Medicis cardinalem tituli Sanctae
Potentiane fratrum meum (ASMi, Nota-
rile, 10024, Milano, 29 agosto 1558).
12. ASMi, Registri Ducali, 202, ff. 193-
194v e 198. Cfr. anche ASMi, Notarile,
1018, Milano, 6 maggio 1532: Franci-
scus Secundus dux Mediolani [...] magni-
fico domino Joanni Jacobo de Medicis ac
fratribus ob restitutionem Leuci ac
Mussi [...] liberamus non solum crimina-
liter sed etiam civiliter.
13. Cfr. L. Beltrami, Leonardo da Vinci e gli
affreschi della villa Medici a Frascarolo, in
La Prealpina Illustrata, 1905, pp. 3-7.
14. Cfr. G. Bora, Milano nellet di
Lomazzo e San Carlo: riaffermazione e dif-
ficolt di sopravvivenza di una cultura, in
Rabisch. Il grottesco nellarte del Cinquecen-
to, Catalogo della mostra (Lugano 1998),
Milano 1998, p. 39.
15. G.B. Albicante, Intrada di Milano di
don Philippo dAustria Re di Spagna.
Capriccio dhistoria, Venezia 1549.
16. Per le ingenti spese si confrontino i
mandati di pagamento conservati in
ASMi, Registri di Cancelleria, XXII, 8, per
lacquisto di arredi (circa 800 scudi), per
lavori alla corte e alle stalle, per gli affre-
schi nella camera del principe (334
scudi); il Giunti appare responsabile
anche degli apparati trionfali (mandato
di 200 scudi). Cfr. anche ASMi, Potenze
Sovrane, 4. Cfr. P.L. De Vecchi, Nota su
alcuni dipinti veneti per committenti mila-
nesi, in Omaggio a Tiziano, cit. [cfr.
nota 6], p. 79, e il pi recente Bora, Mila-
no nellet di Lomazzo..., cit. [cfr. nota 14],
pp. 37-56.
17. Part di Milano a sette di genaro
1549 accompagnato da baroni, signori et
cavalieri di sua corte specialmente da
Francesco Gonzaga Duca di Mantua []
and quella sera a dormire a Marignano
dove fu ricevuto dal marchese Gio Gia-
como Medici con molte feste et con un
arco trionfale che per tal effetto con
molte lettere gli era stato rizzato. Il d
seguente part da Marignano venne a
Lodi (BAMi, Y 173 sup).
18. Affitto di un sedime e due pi picco-
li con i loro edifici, camere, stalle, solai,
corti, giardino e altre pertinenze siti in
parrocchia di SantEusebio tra Battista
Serbelloni a nome di Gian Giacomo
Medici da Giovanni da Gallarate a nome
di Catellano da Gallarate (ASMi, Notari-
le, 10019, 14 agosto 1540).
19. ASMi, Notarile, 11914, Milano, 3
giugno 1547. Copia negli atti di Alticon-
te Caimo; gli originali in ASMi, Notarile,
7910 (notaio Nicola Vignarca). Gli
accordi del 1547 prefigurano una lunga
battaglia giudiziaria per lacquisizione
delle propriet Archinto, poste verso la
chiesa di San Carpoforo.
20. Agrimensore, architetto e ingegnere
milanese (? - 1550, Milano), figlio di
Giovanni, documentato dal 1545 al 1550
tra i praefecti fabrorum seu magistri
ingenierii Communis Mediolani. Non
si conoscono opere architettoniche ma
compare al fianco dei pi importanti
committenti milanesi della met del Cin-
quecento: con Cristoforo Lombardo
nel 1545 al servizio della Certosa di
Pavia, nel 1547 testimone allacquisto
di beni per il nuovo palazzo milanese di
Gian Giacomo Medici, nel 1550 relazio-
na su alcuni lavori realizzati nella chiesa
del Santo Sepolcro.
21. Alla redazione dellatto sono presen-
ti Andrea de Gana di Induno, Giovanni
Pietro Mandello, Gaspare de Lucera ale-
mannus residenti nella stessa abitazione
di Giovanni Battista Serbelloni (ASMi,
Notarile, 7221, Milano, 8 giugno 1559).
Altre indicazioni sul palazzo si trovano
nella lettera del cardinale Medici al
governatore di Milano Giovanni Figue-
roa. [1558 aprile 2, Roma] credo che
vostra eccellenza sappi che vivendo il
marchese mio fratello [] me fu tolto di
casa nostra in Milano un pezzo di arti-
glieria per mandarla a Novara con pro-
missione che sarebbe o restituito o paga-
to (ASMi, Autografi, 29, f. 191).
22. AFDMi, Registri, 336 a, Milano, 19
ottobre 1558.
23. Agrimensore, architetto e ingegnere
milanese documentato dal 1544 al 1561
tra i praefecti fabrorum seu magistri
ingenierii Communis Mediolani. Non si
conoscono opere architettoniche e la sua
attivit testimoniata da alcune stime per
gli Olivetani di San Vittore o per la fami-
glia Trivulzio. invece autografo il codi-
ce della Biblioteca Trivulziana (Cod. Triv.,
1191) datato 26 giugno 1523 Libro de
Benedeto da Massalia traduto per mi a nomo
deli amizi che raccoglie diversi aspetti
della disciplina di agrimensore: equivalen-
ze relative alle misure, suddivisione di
beni e propriet, calcolo della radice qua-
drata o cubica Cfr. F. Repishti, Marti-
nus de Laqua ingeniarius et architectus
subscripsi. Due codici milanesi del Cinque-
cento sullars mensoria, in Quaderni del-
lAteneo di Scienze, Lettere e Arti di Ber-
gamo, 1999, pp. 11-31.
24. Stima di Giovanni Ambrogio Lando-
ne (ASMi, Notarile, 11914, Milano, 4 set-
tembre 1559).
25. Al documento sono allegati i Capi-
toli conclusi con Sua Santit per il mes-
ser Nicolo Vignarcha in nome del
magnifico messer Giovanni Battista
Archinto suo genero sopra il dare della
casetta per commodit del palazzo di sua
beatitudine qua in Milano adi 20 di set-
tembre 1560. Primo: che appresso la
porta grande del detto Archinto non si
fabrichino stalle n simili habitationi che
possano portare incommidit o putredi-
ne a sua casa soggiongendo sua beatitu-
dine che di ci havea dissegno farli verso
S. Carpoforo et di questa servirsene alla
pollitia del palazzo suo a tal che questa
contrada resti monda et netta. 2 che
dovendosi ruinare muri communi tra
questa casetta et la casa grande di detto
Archinto, tutto si faccia et rifaccia a spese
di sua santit et non si costituisca alchu-
na servit a la detta casa grande n per
dispetto n per stillicidi. 3 che le aque
sutterranee quali decorreno dalla detta
casa grande in questa casetta se gli dia
decorso tale che per la destruttione et
reffacione dessa casetta la detta casa
grande non sia priva del solito decorso di
tal aque n li habbino a restagnare o
regurgitare nella detta casa grande tutto
a spese di sua santit. 4 Che si serva nel
resto lo instromento et conventioni altre
volte fatte tra la felice memoria del illu-
strissimo signor marchese et del quon-
dam signor Roberto Archinto rogato dal
detto signore Nicolo Vignarcha al quale
shabbi debita rellatione [firma autogra-
fa Pius pp IIII] (ASMi, Notarile,
11914). Le controversie tra gli Archinto
e i Serbelloni-Medici si ripropongono
ancora nel 1567 e nel 1579, quando si
aggiunge anche una fede del rettore della
confinante chiesa di San Carpoforo
(ASMi, Notarile, 17255, Milano, 15 set-
tembre 1579).
26. Accordo e convenzioni fra Roberto
Archinto e gli agenti di Gian Giacomo
Medici, marchese di Melegnano, rogato
da Nicol Vignarca il 3 giugno 1547
(ASMi, Notarile, 7910) poi ratificato da
Alticonte Caimo in data 8 novembre 1560
(ASMi, Notarile, 11914). Si parla di una
domuncula e di una domus magnam con
corte, portico e pozzo. Nellaccordo del
1547 presente un maestro Rocco da
Legnano, figlio di maestro Giovanni inge-
gnere. Indicazioni sulleredit Archinto
domus de Mediolano appellata la casetta
sita in porta Nova parochia Sancti Eusebii
Mediolani cui coheret ad una parte strata
ab alia predicti domini Roberti et ab aliis
domus marchionis de Melegnano si tro-
vano in ASMi, Confische, 222.
27. Lettera di Gabrio Serbelloni al fra-
tello Filippo (ASMi, Paddr, 79, 104,
Roma, 18 novembre 1564).
28. Il termine pu essere interpretato in
due differenti modi: nel senso di marmi
tra loro diversi, come avviene nel mau-
soleo Medici nel Duomo, dove le colon-
ne sono di materiali differenti, o nel
senso di pietra mischia dArzo, il cui uso
si stava diffondendo a Milano (mausoleo
Archinto nel Duomo, Santa Maria pres-
so San Celso, santuario di Saronno).
29. I disegni, forse approvati dallo stesso
Pio IV a Milano, vengono inviati a Roma
da Giovanni Battista Rainaldo nel luglio
del 1561.
30. ASMi, Paddr, 79, 98, Milano, 2 giu-
gno 1563.
31. ASMi, Paddr, 62, 24, s.d.
32. Gabrio Serbelloni, condottiero mili-
tare, autore anche di importanti inter-
venti come ingegnere militare nelle dife-
se dellUngheria, nella costruzione del
nuovo forte della Goletta di Tunisi e nei
lavori per Pio IV a Ostia, Ancona e Civi-
tavecchia. Cfr. C. Promis, Biografie di
ingegneri militari italiani dal secolo XV alla
met del XVIII, in Miscellanea di Storia
Italiana, 1875, pp. 208-247; L. Besozzi,
Gabrio Serbelloni nei documenti alla Trivul-
ziana (1527-1566), in Libri & Docu-
menti, 1, 1984, pp. 14-43; Id., Uomini
darme verbanesi alla difesa di Tunisi nel
1574, in Verbanus, 7, 1986, pp. 135-
154; M. Vigan (a cura di), Architetti e
ingegneri militari italiani allestero dal XV
al XVIII secolo, in Castella, 44, 1994,
passim. Secondo Vasari nella disputa tra
Michelangelo e Nanni Baccio Bigio
Gabrio Serbelloni che verifica la fonda-
tezza delle accuse e parteggia per
Michelangelo.
33. Giovanni Giacomo Rainaldi forse da
mettere in relazione con Giovanni Battista
Rainaldi, presidente del Senato milanese,
giureconsulto e deputato alla fabbrica del
collegio dei Giureconsulti, che compare
pi volte negli epistolari di Carlo Borro-
meo. Madre dei diversi Serbelloni Elisa-
betta Rainaldi; la figlia di Filippo Serbello-
ni e Laura Sormani, Ippolita, sposer il
figlio di Giovanni Battista Rainaldi, Fran-
cesco. Cfr. C. Manaresi, La famiglia Serbel-
loni, in Studi in onore di Carlo Castiglioni
prefetto dellAmbrosiana, Milano 1957, pp.
361-387.
34. Sebbene in una lettera a Roma data-
ta 26 agosto 1563 Filippo scriva: Ho
inteso quanto la sua dice del fabricar nel
pallazo di Sua Santit et cos far
(ASMi, Paddr, 79, 104).
35. Le numerose opere si riferiscono a
un palazzo posto nella contrada di
Monforte. Il palazzo Arrigoni lunico
che trovo segnalato con questa indicazio-
ne topografica. Ricordo che il palazzo
Arrigoni sar, con il nostro palazzo
Medici, acquistato dai Visconti Borro-
meo alla fine del Cinquecento. meno
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probabile che il riferimento possa riguar-
dare il palazzo di Giovanni Battista
Castaldi, marito di Costanza Borromeo,
che sorgeva in porta Tosa dove oggi si
trova il palazzo Monti-Sormani.
36. ASMi, Paddr, 79, 110, Roma, 18
novembre 1564: sul verso si legge Dal
signor Gabrio Serbelloni per lordine
della casa di Sua Santit per fabricar con
la lettera scrisse magistro Vincentio
quando mand il desegnio.
37. ASMi, Paddr, 79, 111, Roma, 30
dicembre 1564.
38. Lettera di Tullio Albonese a Carlo
Borromeo in data 14 giugno 1564
(BAMi, F 104 inf., f. 234): Per altre mie
scritte a monsignor Visconti per lordi-
nario passato lo pregai facesse sapere a v.
s. ill.ma che ritrovandosi la casa in Brera
di sua santit occupata da spagnuoli,
quali la tengono a nome del signor
Andrea Gonzaga, per questo rispetto
non me ne poteva servire per mia habita-
tione conforme allo ordine che v. s. ill.ma
haveva datto. Et lo pregai ancora raccor-
dare a v. s. ill.ma che a me sarebbe stata
maggior comodit haver havuto quella
casa vecchia pur di sua santit nella con-
trada dei Moroni, si per non incomodare
detto sor Andrea, quanto ancora per
essere pi nel centro della citt presso
larcivescovado.
39. Architetto, ingegnere e agrimensore
(1525?-1577, Milano). Spesso confuso
con altri personaggi delle famiglie dei
Cucchi o dei Mottella da Lonate (in un
documento del 1554 si trova indicato un
Bernardo de Mottellis de Lonate). Eletto
ingegnere della Regia e Ducale Camera
nel 1551 (28 agosto) descritto come
maestro Bernardino essere ottimo archi-
tetto e sufficiente in ditta arte del inge-
gnero; nei numerosi documenti appare
soprattutto come ingegnere impegnato
nei lavori di fortificazione dello Stato
(demolizione castello di Monguzzo,
1555) e nella regimentazione delle acque
o come compilatore di relazione dei lavo-
ri eseguiti nelle propriet delle famiglie
Borromeo e Medici (Coronate, Longhi-
gnana, collegio Borromeo a Pavia), e per
i pi importanti ordini monastici come la
Certosa di Pavia o Santa Valeria. Poco
prima della morte indica Giovanni Batti-
sta Strada suo parente come possibile
erede nella carica di ingegnere della
Camera dello Stato di Milano. Nel 1576
partecipa a un concorso su chiamata con
il Seregni e il Pellegrini per il monastero
di San Giovanni in Conca; muore nel set-
tembre del 1577. Nel 1563 Tullio Albo-
nese lo indica come nostro ingegnere.
40. La stima conservata presso lASMi
(Cancelleria Arcivescovile, 35), la Biblioteca
Ambrosiana (F. 105 inf. f. 11) e lASRm
(Notai della Regia Camera Apostolica). Let-
tera di Tullio Albonese a Carlo Borro-
meo (BAMi, F. 104 inf., f. 543, 7 dicem-
bre 1564). Cfr. BAMi, F 105 inf., ff. 81-
82, 1 febbraio 1565: Il signor Philippo
Serbelone et io havemo fatto estimare il
sito delli preti di Santo Carpoforo che
sarebbe bisogno per ampliare il palazo di
sua santit nel modo che vedr per lalli-
gata copia. Et instando detto signor Phi-
lippo et io venni al contratto nel modo
che v. s. ill.ma ha ordinato, parso a
monsignor Vicario [Ormaneto] volerne
prima visitare il luoco come era conve-
niente [] et si risolto non voler che si
faccia contratto alcuno sopra questo
negotio sin tanto che non habbi scritto a
v. s. ill.ma. Lopposizione dei rettori di
San Carpoforo sembra bloccare il cantie-
re per diversi mesi. Nel maggio del 1565
il conte Carlo Belgioioso offre una parte
della sua casa per lampliamento del
palazzo (BAMi, F 105 inf, f. 361), ma
nellagosto Albonese annuncia il sospira-
to accordo con i rettori il cui danno
valutato in 21.672 lire, 1 soldo e 6 dena-
ri versati da Filippo Serbelloni.
41. Tullio Albonese a Carlo Borromeo
(BAMI, cod. F 36a, 25 agosto 1565).
42. Carlo Borromeo al vescovo di Como
(BAMi, cod. F 36b, 23 settembre 1565).
43. Neppure larchivio Medici conserva
documenti chiarificatori sulle opere
architettoniche promosse da Pio IV.
Unica eccezione il contratto per il
monumento di famiglia nel transetto sud
del Duomo.
44. ASMi, Notarile, 12248, 8 giugno
1565: costituzione della societ tra
Andrea e Michele fratelli Della Scala, f.
di Francesco, Cristoforo Monte f. Anto-
nio, Michele Rotula f. Francesco, Giro-
lamo Biffi f. Giovanni e Martino da
Vimercate f. Cristoforo.
45. Gli Scala sono originari di Carona sul
lago di Lugano. Andrea Scala nel 1588
attivo nel cantiere di palazzo Marino, nel
1569 a San Fedele e in seguito capoma-
stro a Santa Maria presso San Celso.
Michele Scala capomastro dei lavori
per il San Fedele, ma tra alterne fortune
lo troviamo nel 1566 come fornitore di
pietre lavorate per il palazzo di Leone
Leoni (S. Della Torre, R. Schofield, Pel-
legrino Tibaldi architetto e il S. Fedele di
Milano. Invenzione e costruzione di una
chiesa esemplare, Milano-Como 1994, p.
218), nel 1573 incaricato della realizzazio-
ne degli ornamenti del campanile di San
Barnaba e a Santa Maria della Passione
(C. Baroni, Documenti per la storia dellAr-
chitettura a Milano nel Rinascimento e nel
Barocco, II, Roma 1968, p. 466).
46. Un Cristoforo da Monte fra i mem-
bri della confraternita dei Quattro Marti-
ri Coronati in Camposanto che racco-
glieva i lapicidi attivi nel cantiere del
Duomo. Nel 1534 indicato come mae-
stro dintarsio del Duomo sino al 1564
quando viene licenziato. Nel 1572 nuo-
vamente attivo nella fabbrica del Duomo.
47. Anche Girolamo Biffi attivo nel
cantiere del Duomo almeno dal 1549
come capomastro della squadra agli aque-
dotti; come Martino da Vimercate e Cri-
stoforo da Monte viene sospeso nel
1562 e licenziato nel 1564 ma successiva-
mente riassunto perch nel 1567 accom-
pagna Vincenzo Seregni in un viaggio
alle cave di Candoglia.
48. Martino da Vimercate fra i lapicidi
licenziati nel 1559 perch sorpresi senza
permesso a lavorare per palazzo Marino;
riassunto nel 1560, chiede di essere
licenziato come Cristoforo da Monte
forse per questo cantiere nel 1564. Nel
1572 lavora alla porta verso gli scalini
del Duomo.
49. ASMi, Notarile, 11916, 20 febbraio
1566: i lapicidi presenti sono Michele e
Andrea Scala, Cristoforo Monte, Girola-
mo Biffi e Martino Vimercate: Cumque
ipsi scharpellini adaptaverint lapides et
opus perficerint circa que posita fuerunt
in opere in frontespitio ipsius pallatii et
per modum et formam pro ut ordinatum
fuit per predictum Serenium ascendentes
ad summam librarum mille septem cen-
tum viginti trium. Contemporaneo il
pagamento per lincarico di perficien-
dum pavimentum seu solum sanctissimae
papae Pii quarti in capela sua Sanctae
Mariae Maioris, opera poi stimata dallo
stesso Seregni e da Filippo Serbelloni.
50. Sul palazzo si veda la raccolta docu-
mentaria di Costantino Baroni (Docu-
menti per la storia dellArchitettura a Mila-
no nel Rinascimento, cit. [cfr. nota 45]).
La bolla relativa alla donazione di 5000
scudi da parte di Pio IV datata 7 luglio
1560 e in essa si accenna alla futura
disposizione del collegio (cappella con
campanile e orologio, biblioteca, sala di
riunione) secondo un disegno iuxta
archetypum sive exemplar desuper ex
commissione nostra trasmittendum
faciendis, nec non ornatu praemissis.
Alcune lettere di Giovanni Battista Rai-
naldo a Carlo Borromeo, a Roma, rac-
contano gli sviluppi di questa fabbrica
(cfr. ad esempio BAMi, F 36a, inf., 9
luglio 1561) a cui sua santit diede qual-
che cura quando venne a Milano.
51. Lettera di Filippo Serbelloni al fra-
tello Giovanni Battista relativa alla casci-
na che si sta costruendo a Camporico in
data 10 febbraio 1563 (ASMi, Paddr, 62).
52. Probabilmente riferibili a unultima
fase di lavori relativi alla facciata brusca-
mente interrotti dalla morte di Pio IV
nel dicembre 1565, sono inviati a Roma
al cardinale Giovanni Antonio Serbelloni
per lapprovazione di Pio IV come si rile-
va nellindicazione che compare nel
verso del f. 215 Al reverendo monsignor
vescovo di Cassano al castello di Santo
Angello (BAMi, F 251 inf., nn. 214-
217). Cfr. Scotti, Per un profilo dellarchi-
tettura milanese..., cit. [cfr. nota 6], pp.
117-118. Sono delle copie redatte in
bella, non presentano quote, indicazio-
ni topografiche e le dimensioni sono
accennate in una breve legenda. Interes-
sante la loro collocazione come per altri
disegni inviati al pontefice e conservati
allAmbrosiana.
53. Nel f. 215 Seregni indica una lun-
ghezza della facciata di 98 braccia (circa
58 metri), che nel rilievo eseguito nel
1865 lunga circa 47 metri.
54. Non si hanno notizie di un viaggio
del Seregni fuori dai confini del Ducato.
Tra i fondi della Cancelleria dello Stato
conservati nellASMi non appare tra i
beneficiari di passaporti o lasciapassare.
55. BAMi, F 251 inf., n. 215: Disegno
della fazata del palatio di sua santit in
Milano, mm 827 390; Disegno della
fazata del palatio di sua santit in Milano
qual si dice di farla di preda di zeppo et
detta fazatta sar longa braza 98 alta
sopra tera braza 25, sul verso Al reve-
rendissimo monsignor vescovo di Castel-
lo di Santo Angello a Roma; punta
secca, matita, penna e inchiostro bruno.
56. BAMi, F 251 inf., n. 216: mm 814
342, punta secca, matita, penna e inchio-
stro bruno. Il fronte pi basso di circa
un braccio.
57. Il braccio milanese corrisponde a
0,596 centimetri ed suddiviso in 12 once.
58. BAMi, F 251 inf., n. 217: Il desegno
della porta di sua santit, mm 415 274,
punta secca, matita, penna e inchiostro
bruno. A matita il bugnato disegnato
anche su una colonna laterale.
59. Altri artisti compaiono nei mandati
di pagamento della fabbrica del Duomo
in questi anni: Giovanni Pietro Sormani
che realizza nel 1563 alcune immagini
sulla facciata e nel 1566 pagato per gli
stemmi di Pio V e unopera per laltare
della Madonna dellAlbero, Giovanni da
Monte che disegna i soggetti per le
vetrate realizzate da Battista e Corrado
da Colonia, Angelo e Giovanni Marini,
Francesco Brambilla. Luca Beltrami sug-
gerisce un confronto con lo stemma
Medici che sovrasta la finestra al primo
piano del palazzo Montalvo a Firenze,
realizzato su disegno di Ammannati.
60. BAMi, F. 251 inf., f. 214: Di sua san-
tit in Brera, mm 548 424, punta
secca, matita, penna e inchiostro bruno.
61. Scotti, Per un profilo dellarchitettura
milanese..., cit. [cfr. nota 6], p. 117.
62. VINCENTIO SERENIO MEDIO-
LANENSI / NOBILI STATUARIO
ATQUE EGREGIO / ARCHITECTO
TEMPLI MAXIMI AEDIFICATIONI /
PRAEFECTO / QUI CUM SUAM IN
PUBLICIS PRIVATISQUE / AEDIFI-
CIIS ARCHITECTANDIS DOMI /
FORISQUE PROBASSET INDU-
STRIAM / IN TOTA GALLIA CISAL-
PINA COMUNI / ARCHITECTO-
RUM CONSENSU / PRIMAS CON-
SECUTUS EST / ROMAM A PIO IV
PONT MAX AD / FABRICATIONEM
BASILICAE S. PETRI / PROSE-
QUENDAM EXPETITUS EST /
CARITATE PATRIAE RETENTUS /
IN EXTRUENDO IURECONSUL.
COLLEGIO / A SE PULCHERRIME
DESCRIPTO / CIVIBUS SUIS QUAM
COMMODIS / SERVIRE MALUIT /
DENIQUE CUM IN BENEMEREN-
DO DE / ARCHITECTURA DEQ.
PATRIA / CONSENVISSET, in V.
Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri
edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni
nostri raccolte da Vincenzo Forcella per cura
della Societ Storica Lombarda, vol. I, Mila-
no 1889.
63. Capitano generale della cavalleria di
Pio IV e fratello di Carlo.
64. Sar Annibale che nel 1561 accompa-
gner una spedizione di doni di Pio IV
una testa di marmo antico di Antonio
Pio, molte corone di lapislazzuli, agathe
et simili lavori da mandare al serenissimo
re Filippo per Filippo II. Per il conte
Annibale, Martino Longhi documenta-
to dal 1562 nei lavori del palazzo Altem-
ps a Hohenems.
65. Una prova degli stretti legami tra i
Medici, i Borromeo e i Serbelloni data
dalla lettera di Pio IV a Filippo Serbello-
ni in data 8 maggio 1563: Gli ordini che
12|2000 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org
90
vi ha dati per il passato et che vi dar per
lavenire il cardinale Borromeo sono stati
et saranno tutti nostri (BTMi, Sola
Busca, 37).
66. Nel 1564 acquistano a Roma il palaz-
zo presso il Mausoleo di Augusto da
Paolo Angelo Sodarini. Cfr. Manaresi,
La famiglia Serbelloni..., cit. [cfr. nota 33],
pp. 361-387.
67. Capitano cesareo nel 1552, eletto
membro del Senato milanese nel 1562,
governatore di Avignone nel 1560 e
barone di Mornasso, un castello sulle
rive del Rodano presso Avignone.
68. Il novus viridarii Belvedere appella-
tur, il palazzo Apostolico (gli affreschi
della Loggia superiore e della Sala Regia),
quello di San Marco e dellInquisizione, il
Casino, Civitavecchia, la Magliana, le
porte Pia e del Popolo e i lavori nella
Vigna papale.
69. Si veda la Vita nel testo di Vasari che
ricorda che Pio IV si serv di Michelan-
gelo nel fare un disegno per la sepoltu-
ra del marchese Marignano suo fratello,
la quale fu allogata da Sua Santit per
porsi nel Duomo di Milano al cavalier
Lione Lioni aretino, per porta Pia e per
Santa Maria degli Angeli. A causa della
tassa sui monasteri, dalla Spagna arriva-
no accuse sulle ingenti spese per la fab-
brica di Santa Maria degli Angeli vista
come nuovo imponente mausoleo papale
e cappella funeraria.
70. Anche in occasione dellinstauratio
collegi per il collegio dei Giureconsulti
milanese.
71. Si vedano su questo aspetto gli studi
di Maria Teresa Fiorio e Giulio Bora.
Bora riconosce la fabbrica del santuario
di Santa Maria presso San Celso come
uno dei centri pi vivaci della cultura
figurativa a Milano promuovendo com-
missioni agli artisti pi innovativi, nella
quasi totalit stranieri. sempre a
Santa Maria presso San Celso che
Galeazzo Alessi subentra allinizio del
1564 a Vincenzo Seregni ridefinendo
completamente il progetto della facciata.
72. Nel febbraio 1564 sopprime labbazia
di Morimondo e unisce le rendite allO-
spedale Maggiore e al Capitolo dei Cano-
nici del Duomo (ASV, Registri Vaticani,
1931, Roma, 28 febbraio 1564, e ASMi,
Fondo di Religione, 150); nel novembre
dello stesso anno su queste rendite istitui-
sce la Massa Pia (ASMi, Fondo di Religione,
150, Roma, 1 novembre 1564), primo
passo per la costruzione della canonica
degli Ordinari successivamente favorita
dalle rendite del priorato di Calvenzano.
Privilegi sono concessi al santuario di
Corbetta (ASV, Registri Laterani, 1866,
Roma, 5 giugno 1564), alla cappella in
Arce Mediolani, al monastero delle Ver-
gini (ASV, Registri Vaticani, 1925) e al san-
tuario di Saronno (ASV, Registri Vaticani,
1928). Inoltre concede una pensione di
mille scudi annui al collegio Borromeo di
Pavia (ASV, Bullae Secretae e Registri Vati-
cani 1931) e al collegio dei Giureconsulti
(ASV, Registri Vaticani, 1924, e ASRm,
Registri Tesoreria Segreta, 1563-1564, f. 15)
73. In precedenza come cardinale aveva
donato un armadio e un banco alla sacre-
stia della cattedrale milanese (AFDMi,
Registro, 335 a).
74. L11 novembre 1565 Carlo Borro-
meo consacra laltare del mausoleo
Medici nel Duomo di Milano; nello stes-
so anno Filippo Serbelloni fa realizzare
due vetrate della cappella (AFDMi, Regi-
stri, 340, f. 292). L. Beltrami, Il monu-
mento funerario di Gian Giacomo Medici
nel Duomo di Milano, in Rassegna dAr-
te, IV, 1904, 1-4; M.T. Fiorio, A.P. Vale-
rio, La scultura a Milano tra il 1535 e il
1565: alcuni problemi, in Omaggio a Tizia-
no..., cit. [cfr. nota 6].
75. Oltre ai privilegi concessi al collegio
dei Giureconsulti ricordiamo quelli a
favore del collegio Borromeo e al colle-
gio dei Santi Simone e Giuda (ASV, Regi-
stri Vaticani, 1925).
76. F. Repishti, Architetti, ingegneri e agri-
mensori a Milano: i Dies utiles annorum
(1505-1561), in Libri & Documenti, 1,
1999, pp. 27-33.
77. Francesco Paciotto indicato come
magnificus et peritissimus vir dominus
eques Paciotus, ingenierius serenissimi
Regis catholici, ac excellentissimi Ducis
Sabaudiae, qui tunc in praesenti civitate
aderat ob eius eximiam virtutem a praefa-
to illustrissimo d.d. cardinale (AFDMi,
Ordinazioni Capitolari, XII, 1 dicembre
1569) conosce personalmente Pellegri-
no Tibaldi in occasione della seduta del
Capitolo della fabbrica del Duomo del
primo dicembre 1569 che assolve Pel-
legrino dalle accuse di Martino Bassi for-
mulate nel novembre precedente.
78. Nei diversi registri dei mandati di
pagamento della Camera apostolica,
personalmente verificati, non compare
mai Pellegrino Tibaldi a eccezione di
quello del 1 agosto 1563 (E ad datto
scudi cento di mandato pagati sotto il d
passato a messer Pellegrino Tebaldi) e
quello gi conosciuto e riferito a
SantAndrea sulla via Flaminia, datato
12 novembre 1553 (mro Pellegrino Pit-
tore scudi 20 per sua mercede di haver
depinto li due nicchi dellaltare di
SantAndrea).
79. C. Baroni, Documenti..., cit. [cfr. nota
44], p. 257-258.
80. Potrebbe trattarsi della fortificazione
del porto di Ancona con Gabrio Serbel-
loni o di altre opere a Bologna dove risie-
de con il padre Tibaldo e i fratelli Pietro,
magister a muro, e Damiano, pittore. Si
vedano i recenti contributi di Marzia
Giuliani e John Alexander in Studia
Borromaica, 11, 1997.
81. LAlbonese annuncia limpegno di
Pellegrino per Santa Maria Podone lo
stesso giorno in cui racconta dellarrivo
dei padri Gesuiti a Milano che avevano
accompagnato il corpo del conte Federico
Borromeo (BAMi, cod. F 104 inf., f. 406,
16 agosto 1564). Il 25 novembre dello
stesso anno invia il disegno a Roma (ibi-
dem) e alla lettera datata 27 febbraio
1565 allega la stima autografa di Pelle-
grino dei lavori da realizzare al campani-
le e alla volta (BAMi, cod. F 105 inf., ff.
142-143). Il 28 aprile 1565 Albonese
conferma al Borromeo lavvio dei lavori
(BAMi, cod. F 105 inf., f. 311).
82. La risoluzione della causa tra Gio-
vanni Battista Archinto e Filippo Serbel-
loni relativa al pagamento del prezzo sta-
bilito della casa danda ad laute hedifi-
candum palatium tunc ceptum nomine
summi pontificis Pii quarti con la rispo-
sta del Senato conservata fra gli atti di
Alticonte Caimo (ASMi, Notarile, 11916,
Milano, 27 febbraio 1567).
83. significativo, come suggerisce
Angelo Morandotti (Nuove tracce per il
Tardo Rinascimento italiano: il ninfo-museo
della villa Borromeo, Visconti-Borromeo,
Litta, Toselli di lainate, in Annali della
Scuola Normale Superiore di Pisa, XV,
1985, pp. 129-185) che Pirro Visconti
per esigenze di decoro abbia scelto pro-
prio la residenza dellex presidente del
Senato e di Pio IV.
84. Misura et stimatione deli lavori
fabricati di novo nel palazo del signor
Marchese di Melegnano in contrada di
Brera in Mediolano fabricati per don
Luigi Crena per ordine dellillustrissimo
signor conte Pirro Visconte Boromeo
misurato alla presenza delli agente delli
sudetti illustrissimi. Alla redazione del
documento sono presenti Lelio Buzzi
che rappresenta il Marchese di Melegna-
no, Martino Bassi per Pirro Visconti
Borromeo e Giovanni Ambrogio Alciati
per Luigi Crena. Tra i lavori descritti si
accenna a banchete fra sei colonne del
portico, ai piani alla scala principale, il
muro alzato sopra il frontespitio [] e
per aver alzato il restante di detta faccia-
ta e riguardano diversi locali sia nella
corte principale sia in quella rustica.
Il documento datato 13 febbraio 1588
collocato fuori posto tra un atto del 7
settembre 1588 rogato da Benedetto
Coerezza (ASMi, Notarile, 20573). Altre
notizie si ritrovano nel fondo Localit
Milanesi, 45, dellArchivio Storico Civico
di Milano.
85. ASMi, Finanze Confische, 1924, 17
agosto 1600. A questa relazione allega-
ta anche una breve indagine sulla consi-
stenza dellarredo che rivela una condi-
zione delledificio assai modesta.
86. ASMi, Notarile, 11366, Milano, 11
novembre 1610: Pallatii Braidae cum
domuncula contigua in quibus de prae-
sente habitat ill. d. Rentius Pallavicinus
thesaurarius generalis et situm est in
contrada Braidae porta Nova, parochia
S. Eusebii [] cum suis edifitiis, salis,
cameris, in terra et in solario, coquina,
canepis, putheis, necessariis solaris et
viridariis et aliis suis iuribus et pertinen-
tis, cui coheret ab una parte ecclesia
Sancti Eusebii Mediolani, ab alia Appo-
lonii Archinti, ab alia Iustinae Cusanae
et eius filiorum, ab alia strada et ab alia
ecclesia Sancti Carpofori Mediolani.
Tra le carte della famiglia Simonetta
allASCMi conservata la richiesta del
conte Giacomo Giuseppe Simonetta nel
1695 di occupare una porzione di area
stradale per poter realizzare un amplia-
mento del suo palazzo in contrada di
Brera per poter attaccare per retta linea
dicta fabrica alla fabrica vecchia. Cfr.
Beltrami, Il palazzo di Pio IV..., cit. [cfr.
nota 6], pp. 5-6.
87. ASCMi, Localit Milanesi, 45, e Piano
Regolatore, 1431. Vendita del palazzo con
giardino ai numeri civici 20-22 (1556) da
parte dei fratelli Castelbarco Visconti
Simonetta (13 aprile 1864). Permuta tra
il Comune e Pietro Gonzales di unarea
di pertinenza del palazzo (19 luglio
1867). Vendita in compropriet a Pietro
Gonzales e Gerolamo Silvestri (novem-
bre 1889). Oltre alla documentazione
della lunga trattativa tra il Comune e i
proprietari per lampliamento della sede
stradale sono conservati anche le varian-
ti dei progetti. Non si ha invece nessuna
notizia sui materiali recuperati, secondo
una prassi comune, dalla demolizione
delledificio.
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